$nqk GIORNALE DI SCIENZE LETTERE ED ARTI TOMO LXVII. APRILE , MAGGIO E GIUGNO 1836. ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE ARCADICO PRESSO ANTONIO BOULZALER ili COLLABORATORI DEL GIORNALE ARCADICO. NTALDJ marchese Antaldo , consigliere della le- gazione , a Pesaro; ANTINORI marchese Giuseppe, professore, a Perugia. A RM ARO LI conte Leopoldo, giureconsulto, a Macerata. ASTOLFI avv. Angelo , a Bologna. BALBO S. E. il conte Prospero , ministro di stato , presidente della R. accademia delle scienze, a Torino. BARLOCC! Saverio , professore e membro del colle- gio filosofico dell' università, segretario del consiglio amministrativo degli acquedotti , in Roma. BELLENGHI monsig. D. Albertino , benedettino ca- maldolese , arciv. di Nicosia , consultore delle sa- cre congregazioni dell' indice e degli affari ecclesia- stici straordinarii , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in ,!oma. BIANCHINI Antonio , segretario della società degli amici delle belle arti , in Roma. BONAPARTE S. E. D.Carlo, principe di Musica- no , in Roma. BRIGHENTI Maurizio , ingegnere , a Rimino. BRIGNOLI di Brunoff Giovanni, professore, a Modena. CA MILLI Stefano , a Viterbo. CAMPANARI Vincenzo , in Roma. CANALI Luigi , professore e bibliotecario, a Perugia. CANONICI FACHINI marchesa Ginevra , a Ferrara. CANTALAMESSA CARBONI Giaciuto , in Ascoli. CASSI conte Francesco , a Pesaro. CECILIA Gio. Francesco , in Roma. Ci A VU'I cav. Sebastiano , a Firenze. CONTI ab. Andrea , presidente del collegio filosofico dell' università , in Roma. COPPI ab. Antonio, socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in Roma. CORDERÒ DI S. QUINTINO cav. Giulio, membro della reale accademia delle scienze , a Torino. COSTA Paolo , a Bologna. DE-! UCA ab. Antonino , in Roma. DIONIGI ORFEl Enrichetta , in Roma. DUVlOU HEL padre Stefano , della compagnia di Ge- sù , astronomo del collegio romano , in Roma. F\BI-MONTANl Francesco, in Roma. FERRUCCI avv. Luigi Grisostomo , a Lugo. FERRUCCI Michele, membro del collegio filologico , a Bologna. FIORINI MAZZANTI Elisabetta , a Terni. FOLCHI cav Clemente, consigliere dell' insigne e pon- tificia accademia di s. Luca , ingegnere ispettore mem- bro del consiglio d'arte , ingegnere della s. congre- gazione delle acque, membro della commissione con- sultiva delle belle arti, architetto del sacro tri- bunale della consulta , in Roma. FONTANA cav. Pietro , a Spoleto. FRANCESCHI FERRUCCI Caterina, a Bologna. GUADAGNI avv. Francesco , membro collegio filolo- gico dell' università, socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in Roma. JONII avv. Lodovico, giudice, a Norcia. LA BUS dott. Giovanni , a Milano, LUI PREDI ab. Urbano , a Napoli. MAI monsig. Angelo , protonotario apostolico , prela- to domestico , segretario delle ss. ce. di propagan- da fide e della correzione de' libri del chiesa orien- tale . segretario dell' accademia teologica , consulto- re delle ss. ce. dell' inquisizione e dell' indice, mem- bro del collegio filologico dell' università e della pontificia accademia di archeologia , in Roma. MALVICV barone Ferdinando, socio ordinario del rea- le instituro d' incoraggiamento , a Palermo. MAMIANI DELLA. ROVERE conte Giuseppe , a Pe- saro. MARCOTULLI dott. Luigi , medico , a Sezze. MASSABO' avv. ab Antonio , in Roma. MORDACI Filippo , a Ravenna. MONTANARI Giuseppe Ignazio , professore , a Pesaro. MORICHINI monsig. Carlo Luigi , referendario dell' una e dell' altra segnatura , ponente del buon go- verno, prelato aggiunto alias, e. del concilio, ab- brevialore soprannumero del parco maggiore, pro-pre- sidente dell'ospizio apostolico di s. Michele, in Roma. MORICHINI cav. Domenico, professore e membro del collegio medico dell' università , in Roma. MUZZARELLI monsig. Carlo Eramanuele, prelato do- mestico , uditore della sacra rota , in Roma. NARDI ab. Luigi , bibliotecario , a Rimino. ODDI Giuseppe, professore e membro del collegio fi- losofico dell' università , in Roma. PAOLI conte Domenico , a Pesaro. PERETTI Pietro , professore , in Roma. PERUZZI ab. Agostino , rettore dell' università , a Ferrara. PIANCIANI padre Gio. Battista , della compagnia di Gesù , professore nel collegio romano , membro del collegio filosofico dell' università , in Roma. PUCCINOTTI dott. Francesco , medico , in Firenze. PUNGILEONI padre maestro Luigi , min. conv., con- sultore della sacra congregazione de' riti , in Roma. RAMBELLI Gio. Francesco , a Lugo. RANALLI Ferdinando , in Roma. VI RICCARDI doti. Gregorio, medico, in Roma. RICCI marchese cav. Amico, a Macerata. DE -ROSSI dott. Francesco, medico, a Velletri. ROVERELLA, conte Gio. Antonio, a Cesena. SALVI cav. Gaspare , presidente e professore nell* in- signe e pontificia accademia di s. Luca , ingegnere ispettore membro del consiglio d'arte, membro del collegio filosofico dell' università , architetto de' ss. palazzi apostolici e del sacro tribunale della con- sulta , in Roma. SANTARELLI Michele , professore , a Macerata. SANTUCCI ab. Loreto , custode generale emerito di arcadia , membro del collegio filologico dell' univer- sità , in Roma. SCLOPIS DI SALERANO conte Federico , membro della re.ile accademia delle scienze , a Torino. SORGONI dott. Angelo, medico comprimario, a Narni. TORTOLINI ab. Barnaba, professore, in Roma. VACCOLINI Domenico, professore, a Bagnacavallo. VALDRIGHI conte Mario , a Modena. VENTUROLI Giuseppe , presidente del consiglio d'ar- te pei lavori di acque e strade , membro del col- legio filosofico dell' università , in Roma. VERMIGLIOLI cav. Gio. Battista, professore, diret- tore del museo di antichità , a Perugia. VESCOVALI Luigi , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in Roma. VIOLA Sante , segretario del comune, a Tivoli. VOLPICELLI dott. Paolo , professore , in Roma. / iiihiìii ni ma— immuni un un ni in— il SCIENZE Prospetto delle principali malattie curate nelV anno scolastico 1833-1834, nella clinica chirurgica del R. liceo lucchese, dal dolt. Ippolito Borelli profes- sore ec. ec. socio ec. ec. Lucca 1835. M, (continuazione e fine.) a tempo egli è di far ritorno donde necessaria digression ne trasse : e volgendoci al cap. VII scor- giamo , che il N. A. alle registrate osservazioni ( di grave interesse) di fratture complicate fa susseguire pregevolissime considerazioni di pratica. La prima , che ci si offre , risguarda l'itterizia , una delle più frequenti e micidiali complicazioni eh' egli rilevò nel suo clinico istituto. Essa aggrava realmente la pro- gnosi delle fratture , e si oppone al buon esito delle malattie che ne risultano. In mezzo ai vari dubbi emessi per determinarne la provenienza e la genesi a dilucidazione di una terapia ben intesa e raziona- le, confessa che sventuratamente le osservazioni cli- niche e le risultanze cadaveriche degli ammalati che fu roti vittima di tale affezione non vengono all' appog- gio di alcuna delle opinioni da lui immaginate , e tanto più che noti senza sorpresa frequentemente gli avvenne di non osservare sintomo alcuno di male al fegato durante la vita ì ne riscontrarne dopo la mor- G.A.T.LWil. 1 2 Scienze te vermi indizio con lo cadaveriche dissezioni. Addottri- nato quindi da un'esperienza quanto infelice , altrettan- to costante , asserisce che da qualunque cagione pos- sa muover l'itterizia , a qualunque periodo del male si in uiifesti , ed a qualuuque metodo di cura ne piac- cia di ricorrere , vien sempre susseguita la medesima da esilo infausto. Altro oggetto di profonda ammirazione trovia- mo nel conto di altra gravissima complicazione del- le fratture , cioè nelle infiammazioni , raccolte mar- ciose , e versamenti sierosi nelle parti le più lon- tane dalle fratture medesime , non che nella singo- iar maniera con cui si ordirono , e fecero il corso loro Giacché in qual modo darsi , a ino di esem- pio , nel caso di frattura complicata della gamba si- nistra , una conveniente spiegazione della marcia tro- vata nella profondità della coscia destra e nelP ar- ticolazione tibio-femorale dello stesso lato ? Quali re- lazioni e quai consensi anatomici e fisiologici stabili la teoria , o confermarono le cliniche osservazioni fra l'uno e l'altro membro addominale, Si che infermato l'uno, temer si debba nell' altro una eguale od ana- loga malattia ? Che dovrassi poi dire del genio clan- destino ed occulto , con cui quasi sempre avvengono cotali spandimene e raccolte di siero e di marcia , che fin dalla prima loro appariscenza non ammet- tono guarigione ? Span dimenìi e raccolte , che bau trat- to le laute volte iq errore i più esperti pratici , che miravano a presagirne un non erroneo vaticinio , ed a squiltinarne il modo raen fallace di comprenderle. Span- dimenìi e raccolte , che , qualunque esser possa il cou- cello che aver ne debba il patologo, pongono costan- temente il pratico nel più grande imbarazzo tulle le volte che debbe decidersi ad amputate un grosso mem- bro. Clinica lucchese 3 Ed in vero non è egli fermo , che i precetti stabiliti su questo punto presentino al letto degl' in- fermi quella chiarezza e quella semplicità che si rav- visa nella teorica : né agevole riesce il portar giudi- zio , con quella rettitudine che in sì grave materia sarebbe pur necessaria , sui criteri , dai quali in si difficili circostanze desumesi la convenienza della ope- razione: cioè sulla cognizione dell'importanza del mem- bro offeso , sulla gravezza delle alterazioni dell' or- ganismo e dell' eccitamento , e sulla buona o catti- va costituzione degl' infermi. Di più non sono eglino assai varianti siffatti criteri ? non sono eglino bene spesso insufficienti a determinare all'amputazione, e molto più nel decorso del male ? Or tali giustissime perplessità e dubbiezze sembrano al N. A. vieppiù giu- stificate dietro il riflesso , che l'espertissima pratica di un Dupuytren non fu sempre sufficiente a determinarvi con esattezza le vere indicazioni curative. Tornarono inutili i tentativi del N. A. per con- seguire su due individui la riunione immediata dei mar- gini della ferita nel moncone dopo l'amputazione della gamba , quantunque già egli saviamente ritenesse cotesta immediata riunione per un avvenimento rarissimo anche in quei casi ove sembra che concorrano tutte le condi- zioni per ottenerla. Siffatta emergenza schiude il cam- po al prof. Borelli per discorrerla intorno ad una quistione non ancora decisa dai maestri dell'arte; di determinare cioè a priori quali sono le circostanze, nelle quali la riunione immediata possa praticarsi con ra- gionevole speranza di buon successo. Premette a tal effetto , che anche i più caldi partigiani di questa foggia di medicare , fatti accorti dalla pratica e dai clinici risultamenti , convengono oggidì non potersene sostenere la convenienza. in ogni caso .- dubita d'altron- de che sperar si possa con fondamento di ottenere 1* /, Scienze cicatrizzaziowe immediala intuiti quei casi , nei quali dilla miglior parte dei chirurghi si raccomanda l'im- mediato combaciamento della labbra della ferita. A sostegno 'di tale dubitazione incomincia dall' esaminare gli effetti , che da cotale medicatura si ottengono in altre operazioni più semplici , e nelle quali compren- dasi poco p'ù che il tessuto cutaneo : ed asserisce avere un sufficiente numero di proprie osservazioni piatiche , nelle quali vide fallito il progetto di ot- tenere il coalilo delle ferite senza suppurazione. In cento e più individui non ebbe la soddisfazione di con- seguire l'intento che in soli quattro casi. Or se la riu- nione immediata non ha sempre luogo nelle ferite più semplici , quanto lo è meno probabile di ottenerla in ferite vastissime, le labbra di cui comprendono tan- te parti fra loro diverse nella maniera di vivere e di sentire , che nò sempre portar si possono ad esatto combaciamento , uè sempre è agevole il ritenervele per tutto il tempo che richit ggasi. Stupende guarigioni si narrano conseguite dai più valenti chirurghi del secol nostro sul campo di bat- taglia ; ma nella pratica civile e più di tutto negli ospedali non addiviene lo stesso. Ed in vero depone il N. A. che in venti amputazioni praticate all' Hotel- Dieu di Parigi negli anni 1821 -182J , neppure una vol- ta ebbe luogo la riunione immediata. Lo stesso as- serisce egli essergli avvenuto in altrettanti casi , nei quali giudicò cimentarla nella clinica chirurgica e nella sua pratica, quantunque tenacemente si unifor- masse a tutte le principali regole commendate sul pro- posito dai più valenti favoreggiatori di una tale me- dicazione; regole che non trascura il prof. Borelli registrare in apposita nota. Volendo egli in pari tem- po formarsi una idea delle ragioni e cause , per le quali dassi luogo a si infelici risultanze , s' irape- Cmnioa lucchese !> gna con sodi ragionamenti in dimostrare , che non possono i nostri occhi ravvisate nella cute , né ar- gomentare nei sottoposti tessati quelle condizioni ne- cessarie alla riunione immediata ; condizioni , che men- tre da tutti i chirurghi si predicano , spiegano d'al- tronde assai poco , e ci si rendono in« ufficienti a pre- sagire qual sarà per essere l'esito della immediala riu- nione dei labbri dì una ferita. Ma ciò non è tutto : poiché ritiene il N. A. e con salde prove il confer- ma , che nocivo oltremodo torna per l'infermo un lai metodo curativo , e ne ritarda almeno la guarigione. Assorbimenti , flebiti, ascessi ancora alle parti più lon- tane , seni , fistole , sono gli esiti funesti che vi sus- sieguono, e conducono per lo più 1 malati alla torn- ea. Chiaro quindi apparisce per le varie e ben sode riflessioni del N. A., che i partigiani della riunione immediata hanno magnificato i vantaggi della medesi- ma , ed hanno esagerato gì' inconvenienti dell' antica maniera di medicare. Risulta egualmente , che ,, se la „ riunione immediata non può estendersi alle ampu- „ tazioni di tutte le membra , ed a tutte le malat- „ tie , per le quali si ricorre a questo estremo com- ,, penso dell' arte : se anche nei casi ove sembra più ,, indicata è di un esito molto incerto : se non otle- ,, nula può tornare a danno degli ammalati ritardando ,, la guarigione: e se in qualche caso potè cagio- „ nare qualche grave inconveni ente , o fa d'uopo ri- ,, nunziarvi affatto , seguendo l'esempio di molti pra- „ tici valentissimi ; o praticarla in modo, che preve- „ nir si possano gì' inconvenieuti che ne potrebbero ,, risultare.,, Tra le modificazioni poi dai chirurghi proposte , soggiugne il N. A. essersi egli g'ovato in qualche caso, col miglior esito , della pratica d'intro- durre delle fila nelle ferite perchè nascano i bottoni carnosi in ogni punto , ed al vederle rosse vermiglie 6 S " e i : t ti *■ -i disposte a cicatrizzare , avvicinar sì possano i labbri e le pareti eoa cerotti adesivi e con leggermele compressiva fasciatura. Importantissime osservazioni contengono nel cap. Vili die abbraccia le ferite di punta e di taglio ; ne ha minor pregio quella che appartiene a morsicatura della vipera nel piede sinistro di una giovane nubile di anni 2ò , e di non buona costituzione. Distanti era- no le due piccole ferite -appena un mezzo pollice fra loro , ed occupavano la faccia dorsale del piede istes- so in corrispondenza del metatarso del dito minimo , rassomigliando due morsi di pulce , con estravaso di sangue sotto la cute , e con sintomi gravi ed impo- nenti, lacchè pallido, giallo ed orribilmente coutra- fatto si era il volto , spenti ed abbattuti gli occhi , vivissima ed inestingui bile la sete , costante la nau- sea, frequentissimo il vomito , diffìcile la respirazio- ne , fredde le carni e ricoperte di un viscido sudo- re, debole concentrato il polso , estrema la prostra- zione delle forze, considerevole il turbamento delle facoltà intellettuali , invincibile sonnolenza e molto simiie al letargo, tumefatto enormemente il piede, ma di mia gonfiezza molle, fredda, edematosa. Iti si grave apparato di cose usavaosi tosto dal Ni A. quei rime- di , che sono stati reputati efficaci contro il veleno della vipera, di cui l'azione era a lutti manifesta. In- cisione di un pollice alle due punture per dilatarle , passaggio rapido di un bottone di ferro rovente, in- terna amministrazione del sotto-carbonato di ammonia- ca , addizione a questo del liquore anodino , fregagio- ni di ammoniaca succinata su tutto l'articolo, furono i presidj tosto messi a profitto. L'inutilità in sulle pri- me rimarcata costrinse a valersi di clisteri di satura decozione di china , e delle fregagioni di aceto scna- 7 no pato a tutto il membro. Per l'ajuto di tali compensi, HuSICA LUCCHESE 7 con zelo ed insistenza protratti, si dissiparono quindi gradn teme» te i morbosi fenomeni, s po!è vedersi la in- felice nel dì seguente al sicuro da ogni pericolo die tanto la minacciava. Intanto però i mentre la ferita cauterizzata sembrava aver risentito appena l'azione del fuoco , ed era stala invasa da leggiero grado d'in- fiammazione , e il membro conservava la gonfiezza nei suoi riferiti Caratteri, nacque sulla pai te media del dorso del piede una infiammazione in tutto flemmo- nosa , se prescindasi dal corso lento. Socceduta la sup- purazione , se u' evacuò col taglio la marcia; se non die sopravvenne ivi un' ulcera $ la guarigione di cui fu lungamente desiderata , r»è si ottenne che dopo es- sersi abbandonato l'aere dell' ospedale , e Commutato col puro della sua patria, Fra le ferite delle articolazioni registrate nel c'ap. X. non possiamo dispensarci dal parlare di una ferita d'ar* ma da fuoco delle articolazioni astragalo-peroniera , ed astragalo-calcauea del piede sinistro ; ferita lacerala e contusa con margini neri, frastagliati 4 irregolari; ft* rita , che incominciando dalli parte inferiore del mal- leolo esterno dirigevasi perpendicolarmente in basso fra le parti molli e le ossa , e terminava nella regioti plantare del piede ìa corrispondenza dell' orlo ester- no che si vedeva in quel punto lacerato e distrutlo. L'accurata indagine delle cose , procurata pur con qual- che incisione, fé Conoscere che la speletta , della quale era carico il fucile , aveva dapprima Urtato contro 1 estremo inferiore del malleolo esterno avendolo frat- turato ed asportato; che seguitando in basso il suo cam- mino , aveva aperto le articolazioni dell' astragalo culla fibula e dell' astragalo col calcagno; e che da ultimo incontrando quest' osso nella sua parte anleriore ed es- terna, lo aveva fratturato in minutissimi pezzi facen- dovi un solco, dai margini del quale il dito eslrae- gj Scienze va facilmente dei piccoli frammenti per intiero di- staccati. In mezzo alle imponenti circostanze , che de- stavano timori per l'esito di una ferita cosi grave , si prese il partito di tentar la conservazione del mem- bro finché fenomeni più allarmanti non avessero po- sitivamente richiesta l'amputazione ; tanto più. che non solo mancavano i sintomi d'insensibilità , di stupi- dezza , di commozione cerebrale , ma vi era anzi uno stato diametralmente opposto , di smania cioè , di agi- tazione , di orgasmo , di sensibilità decisamente ac- cresciuta. Rivolse bensì il N. A. tutte le mire a com- battere la vivissima infiammazione, che non tardò pun- to ad accendersi , e che presto si estese a tutta l'ar- ticolazione della gamba col piede , e si propagò in alto ed in basso. Nulladimanco agli atroci spasimi che tollerava il paziente , si aggiunse per colmo di male una terribile scossa convulsiva , che facea balzare il membro da un punto all' altro del letto , raddoppian- do i dolori , e nuovamente suscitandoli se per av- ventura tacevano per qualche minuto secondo. Un tale stato di cose sopra ogni credere tormentoso per l'am- malato durò per molti giorni , e mentre lo ridusse ad una compassionevole esistenza , non lasciava seti 'a ti- more sulla insorgenza del telano , la più micidiale di tutte le complicazioni delle ferite. Le conduioni ia oltre dell' universale cessarono dopo alcuni giorni dall' essere in armonia collo stato della parte offesa , la quale durò lungamente a presentare un dolentissimo turgore biancastro , una vivissima infiammazione che in vari punti ebbe l'esito della suppurazione ; men- tre l'universale non potea più sostenere l'uso delle so- stanze deprimenti , e molto meno quello delle deple- zioni sanguigne. Fu quindi il governo della malattia un dei più difficili t che presentar si possano al chi- rurgo ; poiché , mentre si continuava l'uso dei topici Clinica lucchese 9 ammollienti, fu d'uopo concedere più copioso vitto, e prescrivere il chinino , la chinachina , ed il laudano. Con ciò infatti migliorarono le condizioni dell' univer- sale , raitigossi l'infiammazione , ed incominciarono le piaghe a detergersi ; ma quindi tutto procede con len- tezza , e dall' apertura della ferita dell' arma sì vide uscire per molto tempo la sinovia unitamente alla mar- cia , e mista bene spesso con frantumi delle ossa. Tar- da d'assai fu pur la granulazione , e fu d'uopo ecci- tarvi un poco di vita colle sostanze irritanti , e più di tutto col nitrato di argento. Furon poi superstiti alla guarigione varie inevitabili conseguenze, la prima delle quali fu un turgore considerevole con sensazione di peso , torpore , ed inerzia nella parte , che si dile- guarono colla doccia delle acque termali di Lucca. L'altra conseguenza si fu il cambiamento di forma e di direzione del piede , che pur meno sensibili e meno incomode potè il N. A. riscontrare dopo il las- so di oltre un anno. Una lezione ben istruttiva e dotta ci offre il N. A. nelle considerazioni teorico-pratiche aggiunte al cap. X , in cui trattasi delle contusioni : quantunque frivolo sembrar ne possa ad alcuni l'argomento. Una delle cir- costanze molte, sulle quali si calcolano gii effetti delle contusioni , si è la proporzione di quelli alla impor- tanza delle parti che ne rimasero offese , ed al grado delle alterazioni sofferte da queste. Nella indagine di cotali effetti trova il N. A. motivi di consigliare la più seria avvertenza ai differenti stati della macchina indotti dall'azione dei corpi contundenti; poiché dal di- sprezzo che abbiasi di tali distinzioni , e dalla non cu- ranza delle vere ed efficienti cagioni da cui muovono i morbosi fenomeni degli accennati stali , può age- volmente il chirurgo rimanere illuso dalle apparenze , e valersi di non opportuna terapia. Inerendo perciò 10 SClIKt I il N. A. a questo scopo, promuove in sulle prime la disamina dei sintomi costituenti il quadro fenomenolo- gico delle lesioni sofferte dalle membra e dalle parti esterne in generale , sia tratto o no in consenso l'uni- versale ; passa quindi in rassegna i morbosi fenomeni insorti nelle contusioni a Commozioni ai visceri delle tre cavita , ed in tutti ei;!i trova l'espressione di par- ziale o generale debolezza i qualunque sia la parte rimasta offesa, liavvisa dipoi , che trascorso Un certo periodo più. o inòu lungo di tempo , altra serie di sin- tomi ne conseguita diametralmente opposta : sintomi che per quanto sieno fra loro diversi pel numero , pel gra- do , e per la durata , sono però tutti l'espressione di un' organica reazione vitale e di accresciuto eccitamen- to (1). Ma cessato che sia un tale stato , sorgono di nuovo , assai frequentemente , nel progresso e sulla fine del male , sintomi o fenomeni analoghi ai primi- tivi , ed appalesanti languore di tutte le funzioni e debolezza generale. Utile corollario ne desume da tal distinzione il N. A. per inculcare l'astinenza nel pri- mo stato da rimedi eccitanti , affine di non invitare le parti offese ad una più energica reazione e ad una più viva infiammazione. Addiviene però talfiata , che anco una terapia ben intesa , e con tali principii diretta, non giunga a sal- var la vita del paziente : ed un caso ben singolare di tal genere ci viene dal N. A. descritto. Riportò un vetturino nella spalla destra una contusione per ca- duta da cavallo : acutissimo fu il dolore sofferto nelT (i) Qui la diversità delle dottrine delle scuole mediche' muover potrebbe delle obiezioni ai divisamene del sig. prof. Borelli ; noi peraltro schiviamo questa impresa. ( Il compilai. Tonelli. ) Clinica, lucchese 1 1 atto , ma dileguatosi in breve dissipò egualmente ogni timore dall' animo del paziente , che putè riprendere i lavori del suo mestiere. In sulla sera tornò il do- lore , il quale aumentò nei due giorni avvenire, presen- tandosi intanto la parte tumida , calda ^ rossa , dolen - te, con febbre acuta , sete viva , calore urente , nau- sea , vomito , agitazione. L'aumento di grado di que- sti siatorai si fece più imponente col vaniloquio, de- lirio, tremori , sussulti, e sopore. Mitigatosi alquanto il dolore, si rimarcò aumento di volume nella Spal- la : né andò guari , che la mano esploratrice putè ri- scontrarvi quel senso di cupa ed incerta fluttuazio- ne , eh' è propria delle profonde raccolte di marcia. Venne questa indi evacuata per mezzo d'incisione per due pollici profonda, e sorse allora il dubbio che la sede della raccolta si fosse entro la casstila articolare : dub- biezza che acquistò maggior peso, allorché il professore, introdotto l'indice della man destra nella pori tura dila- tata i percepì l'omero per molto tratto denudato dal periostio , ne potè giugnere a toccare i confini dell' ascesso. Niun profitto in vero si ricavò da tale Opera- zione , e dalla successiva medicazione : poiché non mi- tigandosi la febbe , si unirono ai superiormente de- scritti sintomi il dolore cupo e forte al iato destro del petto ( che di già si faceva sentire fin dal giorno pre- cedente all' apertura ) con difficolta di respiro , tosse inane, escreato sanguigno, ed il dolore si rese pun- torio : indizj non dubbi della propagazione di flogosi alla pleura ed al polmone. Cessò quindi l'infermo di vivere sul 15 giorno dalla riportata contusione. La istituita necroscopia dimostrò ,, che la marcia si era ,, raccolta entro un sacco vastissimo formato dal pe- „ riostio dell'omero distaccato dal collo chirurgico fino „ a quel punto in cui confinano i due terzi inferiori „ col superiore. L*articoIazione scapulo omerale non 12 Scienze ,, solo non era aperta , ma neppure ammalala. Nella „ cavita destra del petto fu trovata una copia grande „ di siero puriforme, il pillatone destro infiararaalo T „ il sinistro ingorgato di sangue , e nella pleura cor- „ rispondente un versamento sieroso . . . „ Per il grave interesse , in cui debbono aversi tal- volta le piccole cose che possono agevolmente con- durre ad esito infausto , non è da pretermettersi fra le osservazioni delle ferite lacerale e contuse ( che for- mano il subietto del cap. undecimo ) quella di una ferita di tal genere nella sommità del dito minimo della mano sinistra in un giovane. Fino all'ottavo gior- no nulla soffrendo , non vi avea posto mente l'infe- lice ; ma in quel torno, sembrandogli risentire una cer- ta debolezza ed un certo mal essere universale, consul- tò persona dell'arte, che nulla scorgendo di straor- dinario il tranquillizzò, consigliandogli soltanto di ri- coprire il dito con un cataplasma emolliente. Lungi però dalla desiata calma , aumentarono in intensità i sintomi, sopravvennero una sensazione di stringimento alla regione dell' appendice xifoide , sete, molestis- sima cardialgia, insolita rigidezza nei muscoli della parte posteriore del collo , ed una costrizione con- siderevole in quelli della faringe con difficolta nel deglutire. Sopraggiunsero quindi l'ansietà , la costipa- zione del ventre , le scosse convulsive , e quella ri- gidezza di tutt' i muscoli che annunzia la più terri- bile complicazione delle ferite , il tetano. Tradotto il paziente in tale stato alla clinica , altri molestissimi sintomi incominciò a presentare , come la testa forte- mente piegata all' indietro , la bocca chiusa per meta , difficilissima la deglutizione , duro al pari di un legno il ventre , frequentissime le scosse convulsive , pieni forti e vibrati i polsi , lurida nera la piaga , e ma- nifestamente presa da cangrena. A frenar l'andamento Clinica LtìCduesE 13 rapido del morbo non valsero i salassi, le sanguisughe applicate alla colonna vertebrale , i drastici, ed i più forti controstiraoli. Che anzi da una ferrea rigidezza vennero aggrediti i muscoli delle membra , più mo- leste e frequenti divennero le scosse , impossibile la deglutizione , quasi interamente chiusa la bocca , e da ultimo sopraggiunse la iscuria. A tale scena lugu- bre pose fine la morte , che avvenne suli' undecimo dal giorno della riportala lesione. Dimostrò la necro- scopia umettamento nella opinai midolla da un punto all'altro, ed induramento di essa nella regione cer- vicale. Manifesto era in oltre nel plesso brachiale un processo infiammatorio più distinto nel nervo cubitale che in tutti gU altri. I visceri del capo , del petto t e del ventre furono trovati immuni da sensibili pa- tologiche alterazioni. Passando all' ultimo cap., nel quale veggono re- gistrate varie istruttive osservazioni di ferite d'arma da fuoco, troviamo aggiunte nel fine pregevolissime con- siderazioni teorico-pratiche sul proposito. Le principali di queste presceglieremo a riferire , onde abbiasi com- pleto il quadro delle cose dottamente dal N. A. di- scorse nel suo prospetto. La gravezza ed il pericolo di simili ferite non è sempre in ragion diretta delle al- terazioni sofferte dalle parti che furono immediatamen- . te offese ; dipendono bensì dalla scossa e dalla lesione occasionata al sistema sanguigno , ai nervi , al cervello. Ed in vero ove i morbosi fenomeni annunziatiti simil genere di alterazioni , manifestansi nell' atto istesso del colpo o nello sdazio di poche ore , con carattere per- manente e durevole , avviene d'ordinario che gli am- malali soccombono in qualunque maniera vengano trattati. E quantunque tali sintomi , per la celerilà dell' appariscenza loro , paragonar si potrebbero agii effetti dei veleni coulrostiraolanti di azione pronta e 14 Scienze diffusiva , pur ne differiscono grandemente, perchè pro- manano da manifeste gravi e durevoli alterazioni dell* organismo , e percbè dissipar non si possono finché le slesse alterazioni sussistono ; siccome risultò per al- cune delle ivi registrate osservazioni, diaccile p. e. di cinque infermi , elle tutti aveauo riportato una ferita lacerata e contusa nella mano, tulli di buona e forle costituzione , tutti costituiti nel fior degli anni , tutti soccorsi in tempo debito , tutti sottoposti ad una grave operazione chirurgica ( o amputazione dell' avanbrac- cio , o disarticolazione della mano) , quattro risana- rono perfettamente , ed uno dovette soccombere , non per altra ragione , se noti che per la ravvisata pre- senza di sintomi generali , che negli altri quattro man- carono. Nelle semplici contusioni , nelle ferite lace- rate e contuse, e nelle fratture complicate , le altera- zioni del principio vitale sono più o meno proporzio- nate a quelle che risentirono i tessuti e l'organismo ; all' incentro nelle ferite d'arma da fuoco o non ri- scontrasi proporzione alcuna fra loro , o essa non è che apparente. E mentre passaggieri soglino essere gli effetti delle lesioni del primo genere , spontaneamente a gradi si dissipano, e vengono susseguiti da sintomi di Lutt' altra natura; frequentemente addiviene nelle ferite d'arma da fuoco, o che inducano una mortale al- terazione nelle parti , o che siffattamente ne scemino il principio vitale da non permettere alcun vitale riseutimeuto. La mortificazione però , la cangrena , lo sfacelo son fenomeni assai frequenti nelle forze di que- sto secondo genere , quantunque non sembri trovarsi l'organismo gravemente alteralo. Fa slima quindi il N. A. non andar lungi dal vero chi asserisca, potersi Stabilire fra le ferite d'arma da fuoco e le altre quel- la differenza che i chirurghi pongono fra la infiam- mazione del flemmone e quella dell' antrace : ,, poiché Clinica lucchk« 15 „ nella prima i sintomi della località sono per ordi- ,, nario mj relazione con quelli dell' eccilamento e della ,, vita , mentre nella seconda qualche volta la feb- „ bre è minore del guasto soffri to dalla parte invasa ,, dall' antrace , e non li rado non si appalesa in „ questo uè pericolosa iie grave alterazione organica , „ e non.liineno la febbre ed i sintomi che l'accora- „ pign-mo, conducono gli ammalati senza riparo al se* „ polcro. „ Possono talfiala ravvisarsi delle anomalie, che formino per dir cosi una eccezione alla divisata regola, e ben il N, À. sagacemente ne discorre, com- provandolo con alcune delle sue slesse osservazioni ; ma in tali casi egli soggiugne , che la sproporzione os- servata fra i fenomeni della località e quelli dell'uni-, versale deriva forse dalla poca resistenza offerta dalle parti ferite , la quale dando luogo a minore scuoti- mento ha salvato da più valida offesa le parti lon- tane , siccome talora accade nelle ferite del capo , in cui la lesione dei tegumenti e la rottura del cranio salva il cervello da una mortale commozione. Dalla importanza , che convien dare alle fitiquì espresse av- vertenze , emerge il gran conto che far di esse si deb- be per istabilire le idonee curative indicazioni ed il più conveniente metodo di cura, intorno al quale dis* sentono cotanto i chirurghi, maestri dell'arte, fina al punto di essersi da alcuni di essi insegnato do-> versi trasandare del lutto i fouoraeni primi delle fe- rite d'arma da fuoco. Ma se la fallacia di questi illude non di rado per 1 esatto governo da prenderai dei sintomi primitivi del- le ferite d'arma da fuoco , non meno imbarazzante liesce quello dei sintomi secondari , siccome ad evi- denza rileva il N. A. in sequela delle risultanze delle addotte osservazioni. In mezzo alla discrepanza di opi- nione in cui si dividono i medici sul giudizio di de*» 1(5 Scienze rivazione della febbre , cioè se abbia questa a rite- nersi o come perniciosa , o come ingenerata da umori guasti e corrotti ricondotti per riassorbimento nel si- stema in igatore , o come effetto di cupa e sorda fle- bite cui fanuo sostegno i trovamene necroscopici), o come febbre tifoidea prodotta da principii deleteri agenti sul sistema nervoso e sul cervello; e se, ri- tenendosi per tifo, abbiasi a risguardare d'indole aste- nica , o di opposta natura la infiammazione di quelle parti o delle Joro membrane: emerge per il risulta- mento delle osservazioni del N. A., che i dotti col- leglli di quel clinico istituto , nulla valutando lo stato dell' organismo alterato dalle ferite , si attennero in celti casi all' uso delle sostanze stimolanti. E se ar- gomenti non mancano per riporre l'origine della feb- bre nelle alterazioni dell' organismo con esito inevi- tabile nella morte , con qual coraggio potrà aversi ri- corso alle amputazioni delle membra ? Giustamente perciò il N. A. s'impegna in commendare le raolti- plici avvertenze da tenersi in mira in simili casi per non riporre fiducia in una operazione , che non può togliere se non le alterazioni più manifeste dell' or- ganismo , e che quasi sempre ne lascia indietro mol- le altre che con più forza insidiano la vita degli am- malati , e che sono di per se sole capaci a tron- carla. Né agevol cosa si è la scelta del tempo più fa- vorevole ad operare, e la scelta del punto preciso in cui eseguire nelle membra la operazione. Subietto egli è pur questo di meritevoli titubanze ed incertezze , in mezzo alle quali non vengono da fausto risultamento coronate le più profonde meditazioni e scrutimi. In con- ferma di che lasciamo che parli il valente N. A. ,, Noi „ tutti credemmo di aver compito le nostre parti de- „ terminando di operare ( qui siegue il uome dei tre „ inferrai relativi ai caso di cui tratta il nostro Bo- Clinica luco ese 17 „ relli ) ; ma la necroscopia dei medesimi dimostrò „ tante e tanto gravi alterazioni organiche nelle parti ,, che non erano accessibili al coltello , che , cono- „ sciute in tempo , avrebbero trattenuto chiunque dall' ,, operare. Di fatti uel primo l'infiammazione si esten- ,, deva al plesso sciatico , al midollo spinale , al cer- „ vello , ed alle sue membrane , e più di tutto alle „ vene della coscia entro alle quali si trovò in varj „ punti della marcia. Nel secondo non solo si videro „ lesioni simili a queste , ma di più esisteva una co- ,, pia considerevole di siero nella cavita sinistra del pel- „ to , ed una flogosi chiara e manifesta nel polmone ,* di quel Iato e nel fegato . . . Nel terzo finalmente, ,, oltre le descritte gravi lesioni, si trovò una profouda ,, lacerazione di muscoli e di tessuto cellulare fino alla ,, tuberosità ischiatica , ed oltre l'articolazione ileo- ,, femorale. Come mai l'operazione praticata nei pri- ,, mi due avrebbe potuto rimediare a lesioni tanto gravi ,, e tanto lontane dal punto in cui fu praticata ? Avreb- „ be ella nel terzo migliorato la condizione del suo ,, stato, se si fosse determinato a sottoporvisi? . . Con- ,, chiudiamo pertanto quello che già dicemmo in prin- ,, cipio , che quando le ferite d'arma da fuoco sono „ accompagnate da sintomi universali , e che si roa- ,, nifestano di buon ora , e sono poi durevoli e per- ,, manenti, gli ammalati per ordinario soccombono, e ,, non v' ha operazione chirurgica , non y* ha rime- ,, dio alcuno per salvarli.,, Quantunque siffatta con- chiusione fluisca legittima dalle premesse , e sia ben fiancheggiata dalle osservazioni stesse del N. A. co- sicché non abbia bisogno di venir rafforzata da ulte- riori argomenti di conferma , pur non reputiamo inu- tile di qui soggiugnere altra osservazione analoga che nell'aiino teste sepolto ci si presentò in una donna di circa 40 anni , madre di più figli , e di lodevolo G.A.T.LXV1I. 2 48 Scienze costituzione. Essa di buon mattino i! 23 gennaio ri- portò una ferita nel femore per esplosione di arma da fuoco. Dalla sua casa rurale, in cui soggiornava , fu tradotta in sul momento nella propria abitazione in que- sto comune di Paliano , da cui distava poco più di uu miglio e mezzo. La gravezza del caso impegnò il chi- rurgo , che uè assunse la cura , a ricercare sul pro- posito il nostro debole parere medico : ed ecco lo sla- to qual fosse della infelice inferma due ore dopo l'in- fortunio. Poco al di sotto della parte media nella faccia esterna del femore sinistro si risconti!) una ferita ro- tonda del diametro di linee 10 in 12 , profonda circa otto dita trasverse, dal basso in alto, ma in direzione piuttosto trasversale. Era chiusa la ferita nella sua som- mità dai soli comuni integumenti, che non erano stati recisi dagli esplosi projettili ; molti di questi esilis- simi occupavano l'ambito della ferita ad una estesa pe- riferia ; ma niun projettile voluminoso si potè avvertire nel tragitto della ferita stessa. Il femore non era frat- turato ; la cute livida ed ambusta nei bordi della fe- rita , livida pur la cute di tutta la coscia ; non fluiva da si ampia caverna che poco siero sanguinolento ; presentava tutta la coscia una ben grande tumefazio- ne, molle , pastosa. Pallido era il volto , abbattuto lo spirito , sospirosa era la respirazione , stupida anzi che no la paziente , non molto vigorose le forze. Si tenne una discreta cara antiflogistica , la quale si fé consistere in moderati salassi , e nell' uso dell' austo salino alternato da una pozione di acqua comune con l'aggiunta dell' acqua coobata di lauro-ceraso. Il do- lore della ferita si rese quindi acuto , sviluppò ri- sentita febbre preceduta da freddo intenso e prolun- gato ; aumentò la goulìezza del membro : il respiro si rese più affannoso. La sete si accrebbe , cupa e tri- ste si rese la fisonorqia, profondi gemili e sospiri man- Clinica lucchese 19 dava la paziente. Macchie livide rossastre si offersero in tutto l'articolo , ma più confluenti ed estese nella interna superior parte del femore , nell' inguine sini- stro e pube : fetentissima sanie si vide quindi fluire dalla ferita. Sopravveunero sussulti de' tendini , tre- mori , e sul declinare del sesto giorno cessò di vivere la sventurata Antonia Musetti, che tale si era il suo nome. Nel dar qui fine al sunto del Prospetto pubbli- cato dall' ili. prof. Barelli , dobbiara seco lui congra- tularci degli ottimi pregi , dei quali ha egli arricchito la presente sua opera. Giacché sebbene in gran parte non sia che una diligente , chiara e ben ordinata rac- colta di osservazioni bene spesso non comuni intorno agli argomenti dei quali si tiene ivi discorso , pur non manca d'idee originali , e rifulge per la dovizia di pregevolissime teorico-pratiche considerazioni. E se il suo giudizio talvolta discorda da quello di alcuni som- mi maestri dell' arte ; è però sempre il più esatto , ed è quello eh' è fondato sulle migliori ragioni. Molto pur ci aggrada la somma delle cautele , con le quali rende avvertiti i suoi alunni a ben rettificare le pro- prie idee , a ben afferrare i più idonei e fermi cri- teri , senza smarrirsi nelle titubanze ed incertezze , che gravissime sovente si offrono, e per le quali emer- ge il grossolano errore di alcuni , che schernir volen- do il medico esercizio van buccinando della oscurità in cui spesso trovasi il cultore della medicina in- terna , magnificando la sognata e costante chiarezza di tutte le circostanze nelle quali trovasi il cultore della medicina esterna. Egli è per il complesso di tutti gli ora esposti motivi , che ci siamo interleuuti con qualche prolissità nel sunto di un tal prospetto , aven- dolo riputato degno di somministrare ai lettori un op- portuna dilucidazione di vari punti di pratica , e in- 20 8 C I E Pi Z K tendendo con ciò di dare al dolio prof. Borelli una prova della nostra grandissima stima per l'esimio suo sapere, To NELLI. Biografìa di Ernesto Mauri. D elle persone , che si resero chiare per scienza , è doverosa cosa encomiare il nome e per gratitudine- verso di chi colle dottrine ammaestrò gli uomini per- fezionandone la condizione , e per luminoso esempio a coloro , cui la natura da ingegno da potere slanciarsi nella carriera scientifica. Splendè nel novero di queste Ernesto Mauri, insigne botanico romano testé rapito da immatura e lagrimevole morte , del quale diremo in brevi cenni quanlo valga a ricordarne la celebrità , e a perpetuarne la memoria. Nacque egli in Roma ai IO di gennaio dell' an- no 1791 di Filippo Mauri e di Flavia Ghcsman. Kdu* cato per tempo allo studio delle umane lettere nella casa paterna, passò di poi a quello delle scienze nell' archiginnasio romano : e la facilita che era in lui nello apprendere , e la perspicacia nel disccrnere , fe^ cero presto conoscere, che egli possedeva ingegno ol- tre il volgare, e particolarmente adatto al coltivamento delle scienze naturali. Lo studio delle piante era quel- lo che più di ogni altro gli riusciva aggradevole i perchè a questo prescelse dedicarsi. La botanica risorgeva appena in Roma per le cure del dottore Antonio Sebastiani , che pubblicamente la professava in quell' archiginnasio. Se Fabio Colonna f Biografia del Mauri 21 Se Nardo Antonio Recchi , se Pietro Castelli , se To- bia Aldini , se Giambattista Trionfetti , se Liberato Sab- bati , se Gianfrancesco Maratti , se Nicolò Martelli ed altri ebbero cola rinomanza in questo ramo de' na- turali studi , allorché la filosofia e la critica bota- nica non erano ; ben può dirsi , che elupo il comparire di queste sino al Sebastiani , cioè dopo le linneane scoperte sino a' giorni nostri , nessuno fu in Roma che di questo novello e più nobile studio desse segno né in pubblico , ne in privato* Adunque il Mauri, caldo di amore per la bota- nica, facilmente si acquistò la benevolenza del Seba- stiani , il quale guari non i stette ad associarselo ne suoi lavori , e nelle sue ricerche principalmente rivolte a far fiorire la botanica linneana , e ad illustrare le piante del suolo romano. Ciò avvenne nelP anno 1811 , tempo in che il Mauri interamente si rivolse a percor- rere le vicine contrade , ed a raccoglierne attentamente le .piante , che insieme col Sebastiani decifrava : ed amendue di questa guisa preparavano il materiale , che poi servì loro di fondamento all' opera pregiatissima , che congiuntamente pubblicarono l'anno 18 18 sotto il titolo di Florae romanae prodromus exhibens ceti- turias XII pianta rum circa Romani , et in cisapen-> ninis pontificiae ditionis provinci is sponte nascentiunt seguali sy sternale digestas , aucioribus Antonio Se- bastiani M. D. P. fi. P. , et Ernesto Mauri, fin-» mae 1818 apud Fine. Poggioli R. C< A . typographwn, Se non che l'infelice Sebastiani, addivenuto poco dopo demente, non potè continuare nella bella asso- ciazione col Mauri. Che anzi fu mestiere dargli uri coadiutore, o supplente alla cattedra nella romana sa- pienza, perchè reso inetto a detiare precetti. Alloiat fu che si tenne il pubblico concorso per questo no- vello uffizio , ed il Mauri concorrente con altri ne ri-3 22 S 0 I K N 2 E portò di preferenza la maggiorità de' suffragi : perche nel 1820 cominciò a salire la cattedra, e di la a dif- fondere qne' saldi principii , che già furono i principii del Sebastiani , ma che ebbero nel Mauri più estese vedute , più filosofico scopo. Per la disavventura del Sebastiani rimaso solo il Mauri nella ricerca e nella ulteriore illustrazione delle piante romane, non mancò d'animo e di solle- citudine. E vaglia il vero, non era per anco giunto al suo termine il volgere dell'anno 1820, che egli pub- blicò da per se solo un' aggiunta al già rammentato Florae romanae prodromus, alla quale die il titolo di Romnnarum plantarum centuria decimatertia (Moto- re Ernesto Mauri. Romae 1820, typis De-Romanis. Il Sebastiani più non si riebbe dalla sua sciagu- ra, c<\ a sciagura più compiuta cessò di vivere nel 1821, lasciando gran desiderio di se per il nuovo lustro , che aveva procacciato alla botanica romana, e per il buon sentiero in che l'aveva ricondotta in quell' archigin- nasio. Tosto il Mauri divenne professore ordinario di fitognosia nella Sapienza , e con ogni impegno si ri- volse ad ordinare e ad arricchire di piante il giar- dino botanico al Gianicolo , di che si era fatto no- vello acquisto per la munificenza del pontefice Pio VII di grande sovvenire , e che al Mauri era stato affida- to. Sotto la direzione di lui vi furono costrutte le stu- fe , disposte a metodo le piante , regolati e abbelliti i comparti , aperta la corrispondenza cogli altri giar- dini d'Italia e d'oltramonte. Che più ? Agevolandoglie- ne il modo S. E. il sig. duca di Montmorency, allora ambasci?»dore di Francia presso la santa sede, recossi il Mauri stesso a Parigi nell'anno 1824, mosso principal- mente dall'ardente desiderio di farvi acquisto di scelte e rare specie , onde abbellirne l'affidatogli giardino. Né gli mancò il divisamente prefisso : perchè tornò dì la rie- Biografia del Mauri 23 co di preziose piante esotiche , che ben può dirsi es- sere state le prime dopo lungo volgere d'anni a salu- tare le piagge romane. Ed in questo viaggio fugli an- che di fortunato incontro lo avere avuto per qualche tempo a compagno il chiarissimo prof, cavaliere Mi- chele Tenore , per la cui opera la botanica partenopea oggidì è salita in sì alto grido. Continuarono frattanto nel Mauri le premure per Io studio delle piante del suolo romano : perchè gio- vandosi dell' amicizia contratta col Tenore , e della co- noscenza di una novella alunna di flora , che arden- temente coltivava Io studio della botanica , la sig. Eli- sabetta Fiorini, oggi Mazzantì, di Terracina (1), nell' anno 1826 mosse nella loro unione a visitare il Cir- ceo e i contorni di Terracina stessa. Di poi nel 1829, avendo a compagni e l'anzidetto cavaliere Tenore , vuta alla mutazione di stato , l'autore si esprime co- s'i: ,, Ci si offeriscono quattro distinti fenomeni; cioè 1, l'abbassamento di temperatura nella liquefazione de' solidi : 2 l'innalzamento di essa nel consolidamento de' liquidi: 3 l'abbassamento della medesima nel passaggio de' liquidi o dei solidi allo stalo aereo : A il suo innalzamento nel passare dei fluidi elastici allo sta- to liquido. Il primo di questi fenomeni è conferma- to dalle sperienze di Lavoisier , Laplace , Black , Laiidriani , e di altri ; dalle quali si osserva che i solidi struggendosi assorbono il colorico senza punto variare la temperatura loro. I corpi, su i quali sif- fatte sperienze furono eseguite, sono il ghiaccio, il se- vo , l'allume , il nitrato di potassa , il zolfo , il bianco di balena , il piombo, la cera , lo zinco , lo Stagno, il bismuto , e vari altri metalli. Si è pure o nervato che questo calorico di fluidità varia iti cia- scun corpo; e perciò Irvine padre e figlio hanno a tal Istituzioni fisico-chimiche 37 uopo formata una tavola di confronto , che però sa- rebbe necessario rendere più. accurata, ed estendere a un maggior numero di solidi. Il fenomeno di cui par- liamo è suscettibile di varie applicazioni, che interes- sano le scienze non meno che la vita civile. In fatti mescolando fra loro alcune sostanze solide , o due di queste con un liquido , spesso la mischianza diviene totalmente liquida , e nel divenir tale produce un ab- bassamento di temperatura più o meno grande. Lo struggersi dei solidi proviene in questi casi dall af- finità chimica, la quale però non è tanto energica da eccitare una quantità di calorico uguale o maggiore ó\ quello assorbito dai solidi liquefatti. Cosi, acido solforico allungato , e neve, produce un abbassamento di temperatura ^—30° R; ma se la neve sia poca, la tem- peratura del miscuglio invece si eleverà, pel calorico sviluppato dall' affinità elamica dell' acido per l'acqua; onde fa d'uopo che in tali mescugli, così detti fri- gorifici , la quantità delle sostanze che si debbono li- quefare non sia tanto poca, da produrre invece delL abbassamento di tempera tura l'innalzamento della me- desima. Mischiando neve e idroclorato di calce , può arrivare il raffredamento a — /j0n R, e si può avere la congelazione del mercurio. Walker avendo prodotto una temperatura di — 55°, 65. G, espose il corpo cosi raffreddato ad un miscuglio di neve, e di acido solfo- rico allungato, ed oltene la temperatura di — 68', 33. G. , che è la più bassa finora prodotta dall' arte. " Farenhait fece varie sperienze sull' abbassamento di temperatura , prodotto dai miscugli frigorifici ; al- tre ne fecero Walker e Lowitz: ond' è che sono state redatte delle tavole per questi miscugli , e pel cor- rispondente loro abbassamento di temperatura. Il ca- lorimetro di Lavoisier è un applicazione aneli es- so del fenomeno di cui abbiamo finóra parlato. Os- 3$ S r r t n 7 k serva il nostro autore ili passaggio, che questo istrtt- mento può servire a determinare il calorico svilup- pato dalla combustione e dalla respirazione; ovverà più general mente dalle combinazioni chimiche ; e ri- ferisce che a tal uopo si aggiungono al calorimetro stesso due tubi , uno de' quali couduca nell' interno del medesimo l'aria che bisogna per le nominate ope- razioni , l'altro faccia escire quella che ad esse ha ser- vito. L'applicazione di questo secondo tubo, comec- ché sia proposta da qualche autore gravissimo , per dar esito ai prodotti aeri i della combustione, che im- pedirebbero con la presenza loro i progressi del- la medesima , a noi sembra essere cagione di noti lieve inesattezza nei risultamene di siffatte sperienze. Giacché per tal modo si disperderà non poco di quel calorico che dovrebbe pur servire alla liquefa- zione del ghiaccio. Pare adunque, se mal non ci op- poughiamo, che l'uso di questo secondo tubo nuoca piuttosto alla giustezza dei risultamene , e che per- ciò si debba praticare solo quello destinato al- la introduzione della nuova aria nel calorimetro, at- tendendo lo spegnersi della combustione per l'azione contraria de' suoi prodotti, e l'abbassamento di que- sti alla temperatura di 0°, prima di raccogliere la quan- tità, di ghiaccio fuso in tale operazione. Inoltre a valutare con esattezza la quantità di calorico sviluppato , in questo fenomeno , fa d' uopo conosce- re principalmente i pesi delle sostanze che hanno bruciato nel calorimetro , e generalmente parlando non potranno conoscersi fuorché per mezzo dei pro- dotti della combustione medesima. Ognun vede chia- ro quanto necessiti raccoglier questi scrupolosamente, e perciò quanto si opponga alla verità dei risulta- menti l'uso di quel secondo tubo, pel quale dovreb- bero i prodotti medesimi prontamente disperdersi. Quel- Istituzioni fisico ■ chimiche 39 Io che abbiamo delto per determinare il calorico svi- luppato nella combustione, facilmente s'intende con- venire del tutto alla determinazione del calorico svi- luppato nella respirazione ; quante volle gli animali si obblighino a respirare nell' interno del calorime- tro a ghiaccio, convenientemente ridotto all' uopo. L'autore dopo riportate le \ spedente per dimo- strare che la temperatura s' innalza nel passaggio dei liquidi allo stato solido , e che si abbassa nel passaggio dei medesimi allo stato fluido elastico, v.tm omette le applicazioni che di questo fenomeno pos- sono utilmente farsi nella vita civile. Ed in fatti la congelazioue dell' acqua e del murcurio può mediante l'evaporazione ottenersi. Così posto sotto la campana preuraatica un vasellino di acqua, entro un altro mag- giore, contenente acido solforico,e fatto il vuoto, l'acqua evapora prontamente , i vapori sono avidamente assor- biti dall'acido stesso, e si ottiene tale raffreddamento che quella si gela. Altrettanto avviene del raercui», se l'esperienza si accompagni con le dovute cautele. II prof. Confìgliacchi , essendo la temper atura dell' aria a -{- 20". G, pervenne ad abbassarla fino a - 41% 25. C; e sostituendo l'etere solforico all' acqua, ottenne in meno di 15' la congelazione del mercurio , che restò solido più di 4', e divenne frangibile, facendo al tatto speri- mentare una sensazione di bruciore. Il rinfrescarsi delle strade, delle camere, dello frutta, dei liquori ec. dipende dal passaggio dell' acqua allo stato eli fluido elastico. I liquidi, nei vasi detti boccheri e al~ carazas, conservano una temperatura inferiore di alcuni gradi a quella dell'aria circostante: perchè fatti questi di terra porosa, lasciano trapelare il contenuto liquido al- la esterna loro superficie , dove copiosamente si evapora. A questo modo potrebbe ognuno , senza il consumo della neve, procurarsi nella stagione calda delle be- vande sufficientemente rinfrescate. 40 Scienze Parla dopo ciò l'autore della ebullizione dell'acqua, ed osserva , che sebbene si alimenti sempre più il calorico del vaso che la contiene, tuttavia la tempe- ratura della medesima, ed in ispecie quella del vapo- re sviluppato da essa , rimane costante , e s'olo questo romperà in maggior copia dalla superficie dell' acqua che bolle. Dunque allorquando il combustibile è bastante a mantenere V ebollizione dell'acqua, sarà inutile accrescerlo per volere aumentare la tempera- tura dell'acqua stessa, che sensibilmente rimane sem- pre ai 100°, G. Questa conseguenza tratta dall' espo- sto fenomeno , forse il più frequente nella vita socia- le, deve molto apprezzarsi, perchè risguarda l'economia del combustibile tanto pregevole per ogni nazione. E qui cade in acconcio riflettere alcun poco sulla necessita ed utilità di questa economia , dalla quale strettamente dipendono gì' interessi sociali, per- chè l'industria , unica ed assoluta ricchezza dei po- poli , trova in quella come prosperare e dilatare i suoi confini. Gì' illuminati governi mostrarono pie- no convincimento di questa verità quando con pro- vide leggi promossero la coltura dei boschi , e la riproduzione dei medesimi, e quando animarono e fa- vorirono Io scavo delle miniere di carbon fossile. Volgasi uno sguardo sull' attuale stato dell' Inghil- terra , e vedrà ognuno che una delle principa- li sorgenti d'industria in essa è l'abbondanza della mate- ria che somministra il fuoco. A questo bene furono di- retti gli sforzi di quei dotti fisici, che procurarono di ottenere dal combustibile il massimo effetto, profit- tando di tutto il calorico sviluppato dalla combustio- ne; fra i quali più d'ogni altro si distinse il conte di R imford col trovato di quei fornelli , che il no- me ricevono dall' inventore loro. Il risparmio del combustibile è prezioso pel povero ; e se taluno lo Istituzioni fisico-chimiche 41 Stimerà spregevole per l'economia del ricco, certo do- vrà riconoscerlo di gran momento per l'economia pub- blica. Ma potrebbe obbiettarsi: A. qual prò questa eco- nomia ? Il povero ha sempre vissuto senza di essa , e la legna non ha mancato mai al comune bisogno. Il diminuito consumo di questo combustibile diminui- rebbe proporzionalmente la circolazione di quel da- naro che dal traffico di esso proviene , e la sua ri- dondanza avvilendone il prezzo , recherebbe pregiu- dizio almefto agli abitanti del contado, che in gran parte sostentansi pel commercio di que sto genere. Noi per conoscere la insussistenza di questa obbiezione ri- flettiamo primieramente che il risparmio della legna è necessario dove la medesima scarseggia , ed è utilis- simo dove abbonda. Imperciocché nel primo caso la diminuzione del consumo compensando la scarsezza di quel genere , non permetterà che il suo prezzo si aumenti di troppo : nel secondo il suo risparmio di- verrà sorgente di nuova ricchezza , giacché potrà in es- so aversi una profittevole merce di cambio. Inoltre gì' impieghi moltiplici della legna , sia in costruzio- ni di ogni sorta, sia in alimentare le fabbriche igni- vore, preziosissima rende in qualunque luogo la sua economia. Perciò la legna che verrebbe a risparmiarsi non potrebbe riesciere sterile , né agi' interessi con- traria degl' individui che ne fanno commercio. Le nuo- ve manifatture che questo risparmio introdurrebbe, nelle quali la materia del fuoco é il principal mezzo, fa- rebbe si che lo smercio della legna crescesse con vantaggio di chi ne traffica, e che la sfera industria- le dilatasse i suoi confini, e procacciasse nuovi gua- dagni alla popolazione. Ma si potrebbe supporre in via di obbiezione , che 1' impiego riproduttivo del risparmio annuo di legna non abbia luogo. Noi rispondiamo che in tal caso , presso che impos- 42 Scienze sibile ad accadere , non mancherebbe il vantig- gio della privata economia. Imperocché se il nu- mero degli offerenti di legna rimarrà lo stesso, di- minuirà il prezzo di quella, e perciò spenderà il con- sumatore una parte di quello che prima spendeva : se poi diverrà minore il numero degli offerenti stessi, ri- marrà presso che inalterato il prezzo della legna , ed il consumatore, atteso il risparmio , spenderà me- no per essa. Le persone ritiratesi per necessita da quel genere di traffico , si dirigeranno ai nuovi la- vori, e riempiranno i vuoti della coltivazione. Fi- nalmente avuto il riguardo alla crescente popola- zione, l'eventuale aumento della medesima ritrovereb- be nel cumulato risparmio un fondo di materia da fuoco , che basterebbe ad allontanare il timore della crescente inopia boschiva. Le moltissime piante sottratte ogn' anno alla scure, potrebbero considerarsi qual indiretto tacito mezzo d'imboschimento , tendente a favorire in una maniera nuova l'economia foresta- le, ed insieme l'interesse privato. Noi non diremo già come un certo autore tedesco, che la fine del mondo sarà prodotta per la mancanza del com- bustibile, essendo troppoevidente l'assurdità di questa pro- posizione, tanto considerando i nuovi mezzi che le scien- ze apprestar possono a produrre la combustione , co- me neir Inghilterra è avvenuto pel ritrovamento delle miniere di carbon fossile , quanto considerando la va- riabilità somma ed incertezza dei dati , dai quali de- ve 1 autor tedesco esser partito per voler provare quel- la sua proposizione. Ne avverrà la fine del mondo, a parer mio, per la mancanza del principio eminen- temente comburente , l'ossigene , come qualche altro autore parimente tedesco pretende. Forse questi con- siderando che tutti gli animali consumauo inces- santemente nell' atto della respirazione uno solo dei Istituzioni fisTco-chJmichk 4^ prìncipi che respirano, cioè Possigene , ed inoltre che questo medesimo è 1' unico alimento alla ordina- ria combustione; che non arde una candela, una lam- pada, una lanterna se non a spese di questo gas ; che finalmente l'ossigeno ha una parte principalissi- ma nella vegetazione ; si sarà fatto lecito supporre che l'atmosfera colf andar tempo varii sensibilmente nella sua composizione, e quando che sia, tornar possa nociva alla respirazione, e che allora ogni animale sarà di necessita spento, ed il mondo finito. Noi cre- diamo che il mondo finirà, ma ne per mancanza di fuoco, né per mancanza di fiato ; giacché 1' ossige- ne speso nelle operazioni sopra indicate non già ritorna nel niente , da dove fu estratto per in- finita potenza , ma solo si trasforma in altro cor- po , e vi rimane con la tendenza a ricompari- re nella sua relativa semplicità , tosto che la na- tura glie ne agevoli la via ; lo che certamente av- viene in mille guise, senza che noi lo avvertiamo. Quindi è che, seguendo, l'ordine naturale, possiamo con molta ragione ritenere, che P ossigene scomparso per certe operazioni, ricomparisce per certe altre; tal che vi abbia in natura un perfetto compenso fra il con- sumo e la riproduzione di questo principio vitale. Quel- le fisiche rivoluzioni , dalle quali fanno taluni geolo- gi dipendere la fine del mondo , non saranno sem- brate forse all' autore tedesco bastanti alla completa fine di cui si tratta , perchè od onta della immensa lo- ro estensione, lasciar potrebbero qualche via di sal- vezza per quegli individui, che si trovino in qualche favorevole situazione. E certo la mancanza del re- spiro aramazzerebbe tutti , ed io pochi minuti : e sfido a trovare un mezzo più pronto e più sicuro di quello felicemente immaginato dell'autore tedesco per vederti bene in due battute di tuttoil genere umano; ne le 44 Scienze zone ghiacciate del polo , nò le ardenti regioni dell' equatore, ne l'interminabile oceano, né le pianure sì prodigiosamente elevate dell'Asia, o dell'Amene», ne le nevose cime delle Gordelliere e dtll' Himalaya, potrebbero in tal evento servire per ischermo a chic- chessia. Ma lasciando stare la causa per la quale il mondo avrà termine , ciò che dobbiamo ritenere per certo si è, che senza il risparmio della materia coni • bustibile una gran parte dell' attuale industria, che da tabbriche ignivore ha origine, verrebbe a mancare. L'economia del combustibile per tanto deve ri- guardarsi come utilissima e favorevole agi' inte- ressi nazionali , ed i mezzi per procacciarla con- sistono non solo nel mantenere la ebollizione col me- no possibile di fuoco , mi eziandio nel procura- re che i fornelli adoperati per ciò abbiano la for- ma prescritta dalle fisiche dottrine, che riguardano questo argomento. Tetermineremo questa digressione facendo riflettere, che per assegnare l'utile reale pro- dotto dal risparmio del combustile ottenuto per qual- siasi mezzo, fa d'uopo escludere dal calcolo le fa - miglie contadinesche, e limitarsi a quelle sole stabi- lite in città. Poiché sebbene un focolare agreste il t'i- pio consumi della legna di un focolare civile; nondimeno il contadino, che per questo genere noti conosce né dispendio né scarsità , che nell' educar le piante ar- bitro si tiene della loro distruzione , che nelle lun- ghe sere d'inverno attorniato dal fumo e dalla rusti- ca sua prole, ama scuotere le brage e frugar tra le flamine del suo rozzo ma vivo focolare , di mal ani- mo rinuncerebbe a queste per lui comode abitudini, per l economia di una materia, che pronta sempre al suo disogno ritrova. Per calcolare adunque il rispar- mio prodotto dall' economia del combustibile in una popolazione , fa d'uopo detrarre da questa il celo con- Istituzioni risico- chimi che 45 tadinesco e la classe dei veri mendicanti , senza ca- sa e cucina , pei quali non può aver luogo quel ri- sparmio, e poscia dividere la residuai massa della po- polazione in famiglie, ognuna di cinque individui ; e si avrà così una giusta base per determinare nume- ricamente i rapporti economici sulla economia in di- scorso. La temperatura s'innalza nel liquefarsi dei fluidi elastici. Il vapore dell' acqua bollente, traversando una massa di acqua fredda , la riscalda più di quello farebbe se in essa s' infondesse pari quantità d'a- cqua con la temperatura del vapore slesso ; e si è sperimentato che il calorico, emesso dal vapo- re nel passaggio per una data quantità d' acqua fredda , sta a quello che fonde un' egual quantità di ghiaccio, come 7,166: 1, ed a quello che riscaldereb- be di i° una egual quantità di acqua, come 537,5: 1. Si deve da ciò concludere che il calorico necessario a fondere una data quantità di ghiaccio , è d' assai maggiore di quello necessario a riscaldare di i° una egual quantità d'acqua. Fa osservare l'autore che la più parte de' 'fisici, per ispiegare i fatti derivanti a guisa di corollari dalla dottrina della capacita dei corpi pel calorico, ricorrono al cosi detto calor la- tente, supponendo cioè che il calorico entrando in un corpo si divida in due parti, una sensibile, l'altra / no E qui uou possiamo dispensarci dal riflettere, che i fisici poco studio hanno posto nel ricercare le va- riazioni, che i sali disciolti in diverse proporzioni pro- ducono sul punto dell' ebollizione dell' acqua; sebbene siffatte ricerche abbiano una grande importanza scien- ISTITU IONI FISICO-CHIMICHE f)3 tìfica , ed interessino pri '■ ieramente perchè il ritardo prodotto nel punto dell' ebollizione dell'acqua dai salì disciolti nella medasima , presso a poco può riguar- darsi come la misura delle affinità che i medesimi han- no per l'acqua stessa: secondariamente perchè la delique- scenza di un sale ha un rapporto notabile col rilardo prodotto dal medesimo nelF ebollizione dell'acqua: ter- zo perchè le ricerche in proposito riescono molto uti- utili , per determinare ia concentrazione o la purez- za delle soluzioni saline, e la temperatura coni- spondente alla saturazione loro , che poi fissa un limite superiore, oltre il quale non è necessario giungere, per togliere a un dato sale tutta l'acqua di cristallizza- zione. Quello che attualmente ha richiamato la sua attenzione sopra questo argomento , e che ha preso ad un tempo di mira tutte queste circostanze, si è I. Le- grend , il quale nell' agosto del 1835 presentò all'ac- cademia delle scienze di. Parigi una memoria sulle va- riazioni prodotte nel punto della ebollizione dell'acqua, dai sali disciolti nella medesima in diversi proporzioni. Questo fisico ha sperimentalo sopra i cloruri di sodio , potassio, e bario ; sopra il carbonaio , il fos- fato , il nitrato, e l'acetato di soda ; sopra il dolu- to, nitrato, carbonato ed acetato di potassa, sopia il nitrato di ammoniaca cristallizzato , e di calce ; sul sale ammoniaco , sul cloruro di strontio, e di calcio ; e sul tartarato neutro di potassa. Queste sperienze so- no esposte con molla precisione dal citato fisico , e per ognuno dei nominali sali ha formata una tabella in cui si trovano i rilardi della ebollizione conti- nuamente crescenti di mezzo grado del centigrado ; le quantità che vi corrispondono, e la differenza che intercede fra le quantità medesime. Si ottennero que- sti risullametili dal sig. Legrand riducendo le quan- tità di sale impiegale in ciascuna sperienza a quelle 5^1 S'(! I E W 1 6 che sarebbero supponendo l'acqua costantemente ugua- le a 10(1 parti in peso ; tracciando per ciascun sale ciò che diccsi la curca dei ritardi di ebollizione , prendendo i ritardi medesimi per ordinate , e le cor- rispondenti quantità di sale che li produssero per ascisse. Mediante queste curve riesce facile determi- nare le quantità di sale che a dati ritardi di ebol- lizione corrispondono , e con tal mezzo sono state co- struite le tavole pei diversi sali. Iuoltre i corpi assai porosi , come la pomice ed altri, posti nell' acqua non ancor bollente, accelerano il ptuito della sua ebollizione ; altrettanto fanno. i vasi metallici ; e Ira un vaso di latta ed uno di vetro può esservi la differenza di 1.° R, e anche più. Finalmente la mancanza dell'aria nell'acqua allontana per l'op- posi to il punto della ebollizione. Un' applicazione della teorica esposta è la marmitta di Papiri , nella quale si aumenta in guisa la temperatura, per essere questo vase chiuso ermeticamente, che non pure vi si estrae dal- le ossa la gelatina, ma vi si fonde il piombo , lo sta- gno , ed il rame. Varie sono le temperature alle quali bollono i di- versi liquidi, né si conosce quella altissima alla quale bollir dovrebbe il platino fuso , uè quella bassissima, certo molto sotto 0.*, alla quale bollir dovrebbero l'aci- do solforoso , il carbonico , ed altri gas , resi liquidi per la pressione. Faremo qui osservare di passaggio , che nell' esa- me della ebollizione si deve anche tener couto del fenomeno chiamato dai francesi soubresaut , non ancora studiato quanto merita dai fisici. Allorquando si fa bol- lire dell' acqua in un vaso di vetro , la ebollizione si opera da principio regolarmente con isvolgi mento di numerose bolle , e senza strepito ; ma quando l'acqua ha perduto la maggior parte dell' aria in essa disciol- Istituzioni fisico "Chimiche 55 ta , l'ebollizione si opera mediante una eruzione inter- mittente di vapori accompagnata da strepito, nella qua- le il termometro è soggetto ad oscillare considerabil- mente con le sue indicazioni. Molti sali aggiunti all' acqua, sebbene in tenue dose, hanno l' efficacia notabile d'impedire questo fenomeno : ve ne ha però degli al- tri che sommamente lo favoriscono , e fra questi oc- cupa il primo rango il tartarato neutro di potassa. Si crede generalmente che per impedire la produzione di questo fenomeno basti aggiungere al liquido alcu- ne particelle di un metallo qualunque , ed allora sa- rebbe natura 1 issi ilio servirsi del platino , a cagione del- la sua inalterabilità. Questa credenza peraltro si tro- va erronea , quante volte si prolunghi per qualche tompo l'ebollizione. Gettando infatti nelF acqua una presa di limatura di platino, si facilita certo l'è boi - lizione, a motivo dell'aria che insieme al metallo s'in- troduce nel liquido ; ma quando quest' aria sia svilup- pata , si vedrà tosto ricomparire il fenomeno del sou- bressaut. Non si pretende qui di affermare che lo stato del metallo è senza influenza , e che il medesimo agi- sce ugualmente spolverizzato che in massa : ma solo che la cessazione dell'anzidetto fetiomeno dipende dalla natura di esso metallo. E per verità molle sperien/.e dimostrano che i metalli più eflicaci ad impedire il fenomeno stesso sono il zinco, e quindi il ferro, vale a dire quelli che decompongono l'acqua con maggior facilita. Il zinco alcune volte non prova verun' al - terazione , altre si trova in superficie leggermente appannalo. Da queste osservazioni concludiamo, che se occorra fare delle sperienze nelle quali si debba otte- nere una ebollizione uniforme, silenziosa, e costante nella temperatura , si dovrà immeigere nel liquido sog- getto a bollire alquanta limatura di zinco , o di ferro. In quanto alla rarefazione dei solidi e da oss* r- 56 S (* l K W Z K vare, che questa è minore dei liquidi, perchè nei pri- mi la forza attrattiva è maggiore assai più che nei se- condi. La dilatazione di un sol'do è sensibilmente equa- bile , fra limiti termometrici non assai distanti; giac- che pili cresce la temperatura , e più grande quella rie- sce per ogni grado del termometro. Pare secondo il nostro autore, che le dilatazioni dell' acciajo temperalo si oppongano in parte a questa legge , poiché vanno esse decrescendo , fino ad un certo termine , col cre- scere della temperatura. Osserveremo inoltre col me- desimo che le verghe di metallo, dopo essere state scal- date o raffreddate, non tornano del lutto alle prime di- mensioni, conservando parte del ristringimento od al- lungamento subito; che molti corpi sogliono riscaldati ristringersi , e ciò avviene perchè questi ritengono sempre fra i loro pori della umidita ; che le sostanze animali contraggonsi al fuoco, ed increspatisi, perchè il forte calore obbligando i principj evaporabili , che si trovano in esse , a fuggire dalle loro fibbre , pro- duce il condensamento e la contorzione delle medesi- me. Un' applicazione utilissima della rarefazione dei corpi, e specialmente della inegual dilazione dei diversi metalli, è la costruzione del pendolo cosi detto di com- pensazione, come degli orologi da tasca, distinti con lo stesso nome. Un'altra applicazione del suddetto princi - no pure i termometri , de' quali ora l'autore entra a parlare : noi lo seguiremo uelle cose più rimarche- voli. Il primo termemetro a noi noto è quello ad aria detto di Drebbel, la invenzione del quale ignoriamo pre- cisamente se attribuire allo stesso Drebbel medico in Alkmaar , o a Galileo, o a Santorio medico a Ve- nezia; ed è insieme termoscopio, e baroscopio, per- chè le indicazioni sue ad un tempo sono l'effetto del calorico e della pressione atmosferica ; onde niuna di Istituzioni fisico chimiche 57 queste due cagioni misura con esattezza. Bayle fece al termometro di Drebbel un' utile medificazione, col- locando il serbatojo dell' aria al di sotto, lo che permet- teva la immersione del!' istromento in un liquido per isperimentarne la temperatura. Il padre Lana immaginò e descrisse nel 1670 varie ingegnose fogge di termo- metri ad aria ; e nel 1702 ne inventò e descrisse uno Amontons parimente ad aria , che fu poi perfezionalo per opera del Bondelli e dello Stancari. Utile in molte ricerche è lo strumento inventato da Rumford, che per la prontezza delle sue indicazioni e squisitezza delle medesime , marcando anche i mezzi centesimi di grado dei termometri comuni , fu detto termoscopio. Il ter- mometro differenziale di Leslie non differisce gran fatto da quello di^Rumford ora indicato ; ma solo ha un difetto , ed è che l'aria dilatata dai calorico in una delle due palle , solleva una colonna di liquido sempre maggiore ; laonde per eguali aumenti di tem- peratura non dovrebbero le divisioni della relativa sca- la essere uguali come sono , ma decrescenti. Nelle aggiunte all' opera in proposito da l'A. una breve descri- zione con figura del collettore del calorico , invenzione del Bellani che non era ancor pubblicata Ultimamen- te l'inventore stesso ha dato in luce una memoria su tale strumento. Ciò è quanto sommariamente concer- ne i termometri ad aria , che cerio se avessero le indicazioni loro indipendenti dalla pressione sia dell' atmosfera , sia di un qualche liquido in essi conte- nuto , noi non esiteremmo punto a convenire col sig. Pouillet , il quale asserisce che dovrebbero essi pre- ferirsi agli altri tutti ; giacché l'aria, sempre dilatan- dosi equabilmente , è il solo corpo che possa ben servire a misurare tutte le temperature conosciute : ma , dice Berzelius , ancora ci rimane a trovare il modo per farla servire a questo fine- 58 S e i i s u Il termometro tutto chiuso fu ritrovato in Fi- renze dal granduca Ferdinando TI : il liquido in esso contenuto era l'alcool. Da prima questo istroraenlo non aveva termini fissi; fu il Riaaldini di Ancona che propose di segnare il punto a cui si arresta il li- quore tanto nel ghiacci", quanto nell'acqua bollente ■. Oggi questa, e il ghiaccio che si fonde, sono i termini fissi comunemente ricevuti sul continente di Europa ; e l'intervallo di temperie fra essi compreso dicesi assai comodamente metro termometrico. Newton nel 1781 fece il suo termometro a olio di lino: Reaumur nel 17 50 propose il suo termometro a spirito di vino indebolito (acquavite), assai diverso da quello che oggi abusi- vamente si conosce col suo nome : altri ne propo- sero De Liste, Micheli, du Crest , Hales , ec ; ma la sustituzione del mercurio all' alcool , come an- cora la scala conosciuta sotto il nome di Fahrenheit , si deve a Roemer di Danzica. Ora sono tre i termo- metri adoperati dai fisici , quello di Fahrenheit propo- sto nel 1724, quello ottagesi male di De-Luc , che per apparente somiglianza dicesi abusivamente rcaunm- riano: e quello centigrado di Gelso, professore svedese, promulgato anche da Cristin e da F . Fontana. Se- guita l'autore ragionando sui termini dei termometri , sulle loro scale , e sui rapporti fra queste. Fa egli osservare le circostanze necessarie a verificarsi perchè il termine della ebollizione corrisponda sempre alla me- desima temperatura. Però alle cautele da esso esposte per fissare questo termine , il quale consiste nel por- tare la temperatura dell' acqua bollente a quello che sa- rebbe se la pressione atmosferica fosse di 7G centi- metri , aggiungeremo le seguenti, le quali consistono: 1 nel metterla in ebollizione dentro un vaso di metal- lo: 2 nel sottoporre tutto l'apparato alla temperatura che deve indicare:.') nel non immergere la bolla del lermomc- Istituzioni fisico-chimiche 59 tro fuorché ad una piccola profondità nell' acqua. In- fatti è necessario impiegare acqua distillala: perchè se l'acqua contenesse dei sali estranei, questi ritardereb- bero l'ebollizione. Deve il va.so essere di metallo, per- chè dietro le sperienze di Gay-Lussac nei vasi di vetro l'ebollizione ha luogo ad una temperatura più elevala di quello che nei vasi di metallo. La necessita di sotto- mettere la totalità dell' istromento all' azione del ca- lore dell' acqua bollente , apparisce chiara di per se. Si potrebbe soddisfare a questa condizione immergendo l'istrumento interamente nell' acqua bollente ; ron la troppo grande massa d'acqua , che bisognerebbe im- piegare a tal effetto, potrebbe cagionare gravi errori ; poiché gli strati inferiori dovendo sollevare non soia- niente il peso dell'atmosfera, ma eziandio quello degli strati superiori, la loro temperatura sarebbe necessaria- mente più elevata ; quindi è che fa d'uopo impiegare un apparato , che senza incontrare inconvenienti nuo- vi , soddisfi alla condizione in proposito , e che noi descriveremo nella memoria che siamo per pubbli- care sulla teorica del termometro a mercurio , e sulla costruzione del medesimo. Queste cautele potrebbero evitarsi quante volte per trovare la temperatura da no- tarsi 100" C, ovvero 80° R. si riscaldi tanto una certa lega detta di Arcet, composta di 5 parli di bismuto, 3 di stagno, e 2 di piombo, quanto basti onde la medesima si liquefacela ; perchè , secondo le sperienze di Newlon , ciò avviene sempre alla temperatura corrispondente al suddetto termine. Se nel suggellare il termometro al dar- do della lampada restasse un poco d'aria nel mede- simo , avverte il N. A. che sarebbe gran male , e noi faremo osservare che i moderni credono anzi es- ser ciò necessario. Infatti da che il can. Bellani ha richiamata per la prima volta l'attenzione dei fisici sulla variazione dello zero del termometro a mercurio , e bG S c i e ir z e da che la elevazione dello zero termometrico, cagionata secondo le osservazioni di Flaugergues dalla pressione atmosferica, venne confermata dai fisici , si è creduto necessario lasciare Dell' estremità superiore del tubo termometrico un piccolo serbatoio di aria, e poi chiu- dere alla lampada il tuho medesimo. Quest* aria cosi lasciata facendo equilibrio con la sua elasticità alla pressiotie dell' atmosfera , impedirà la variazione dil serbatoio di mercurio , ed in conseguenza lo sposta- mento dello zero nella scala del termometro. Il can. Bellani ha riconosciuto un' altra causa , che f;i variare dopo Un ceito tempo il termine marcato 0' nella scala termometrica, eJ è il passaggio rapido che fa il vetro del termometro, dalla temperatura di sua fusione, a quella dell' atmosfera, nel momento che si lavora. Per questa specie di tempra, dice il N. A. , le molecule del vetro non prendono esattamente quella posizione che prenderebbero se raffreddassero con leu tezza , ma restano dilatate violentemente , come l'ac- ciajo temperato. Questo effetto nei termometri chiusi sigillati a fuoco , e ben purgati d'aria , può essere au- mentato dalla pressione interna del mercurio. Le molecu- le, così dilatate oltre quello che porterebbe lo stalo loro naturale, vanno a poco a poco riavvicinandosi e strin- gendosi le une sulle altie , per cui dopo passati al- cuni mesi o un anno, da che si è al solito soffiata la palla del termometro, questo si troverà diminuito di capacita, e posto da capo nel ghiaccio fondente l'indi- cazione 0° della sua scala non si troverà più cor- rispondere con l'indicazione del mercurio in esso con- tenuto , il quale resterà un poco più alto di quel ter- 1° mine. La differenza in un anno può arrivare b -- ovvero anche a 1° R. , ma dopo non cresce più. Que- Istituzioni fisico-chimiche GÌ sta differenza non è da ripetersi dalla pressione dell* aria ; poiché il Bellani l'osservò anche nei termometri aperti , né deve attribuirsi all' aria che s'insinua tra i pori del mercurio e ne accresce la mole ; poiché lo stesso fisico ha mostrato che quel metallo non assorbe neanche la più piccola quantità, sia di aria, sia di acqua , sia di alcool: onde pare non potersi dubitare che la cagione del fatto medesimo sia quella riferita di sopra. Posto ciò, il nostro autore ad ovviare tale in- conveniente nella costruzione dei termometri, propone di graduare i medesimi dopo passato un anno in cir- ca. Noi però saremmo di parere distruggere quella ten« sione violenta nel vetro del termometro , facendo che questo dopo soffiato alla lampada si raffreddi lenta - mente in un fornello di una temperatura assai eie • vata , onde cosi le molecule prendano la posizione elio loro naturalmente conviene , senza doverla più cangiare col decorrer del tempo. A questo modo non saremmo co- stretti di far passare un anno per graduare un termome- tro, dopo averlo soffiato e suggellato. Fa inoltre avver- tire l'autore che il dilatarsi del vetro non altera l'esat- tezza delle osservazioni termometriche ; da che le di- latazioni delle varie specie di vetro sono eguali sensi- bilmente nei diversi gradi della scala termometrica , e perciò diminuiscono è vero le ascensioni del li- quiudo nel lubo del termometro, ma non impediscono che le medesime sicno fra loro paragonabili , almeno fra i limiti del metro termometrico. Per le dilatazioni superiori al termine della ebollizione vedasi Berzalius T. 1 pag. 71. Passa quindi l'autore a parlar del termometrogra- fo , o termometro a indice , strumento destinato a far conoscere la massima o la minima temperatura di un luogo, durante l'assenza di un osservatore dal me- desimo ; e fa noto che il can. Bellani ha formalo e 62 S C I E M 2 E descritto un nuovo termometrografo , o termometro per luoghi inaccessibili, che malgrado degli urti e de' movi- menti, conserva tuttavia le indicazioni della massima e minima temperatura ricevuta nel medesimo luogo . Questo fisico, egli soggiunge, ci ha dato un termo- metro , strumento che in un tempo diviene barome- tro e termometro , e che perciò indica da se stesso le correzioni da farsi a cagione della temperatura alle osservazioni barometriche. Passa quindi a dire dei ter- mometri solidi o metallici , descrivendo quello a fog- gia di oriuolo da tasca , e quello di Breguet : e fini- sce l'articolo sui termometri eoo una osservazione per determinare il zero vero della scala centigrada , cioè la total privazione di calorico , il freddo assoluto. Un corpo , egli dice , quantunque marchi 10° , ed un al- tro 20' , non perciò potremo riguardare il calorico del primo meta del calorico del secondo ; anzi né anche la temperatura dell' uno sarà metà di quella dell' al- tro. Quale sarà dunque la temperatura vera di un cor- po che indica 10°, 20", 30° di una determinata sca- la? Dalton , Clèment , Desormes, Herapath , e molti altri hanno tentato risolvere questo fisico problema , che in altri termini corrisponde a cercare quanti gla- di sotto al zero convenzionale del termometro si tro- vi lo zero reale del medesimo. Ma la differenza dei risultamene ai quali sono essi giunti , seguendo vie diverse , mostra che le supposizioni dalle quali hanno mosso , non sono egualmente esatte. L'autore riporta il ragionamento di Clement , Desormes , ed Herapath, il quale consiste nel riflettere che la forza espansiva dell' aria, secondo Gay-Lussac, è per ogni grado G. rap- prcsentatata da 0,00375 del suo volume a 0°, espres- so da 1. Ora siccome tal forza è dovuta al calori- co , sembra doversi ammettere che annullandosi la medesima , debba l'aria rimaner priva di calorico. Sia ISTITUZIONI FISICO-CHIMICHE 63 per tanto x il numero dei gradi sotto allo zero del cen- tigrado , corrispondenti a tale annullamento , avre- mo in questo 1 - 0,00375 x *» , 0 , donde x = 2G6,66. Da ciò apparisce clie il zero del calorico dovrebbe porsi a — 266,66.° C. Passa quindi l'autore a parlare della conversione dei solidi nei liquidi , e dei liquidi ne' solidi, per le variazioni di temperatura: e giustamente riflette che dall' analogia e dalla cognizione degli effetti calorifici pos- siamo concludere la liquefazione dei solidi tutti, quan- te volte si applichi ad essi per modo il calore, elio senza distruggerli e senza punto alterarne la natura, li renda liquidi , e li fonda. Questa fusione per ogni sostanza corrisponde a un grado fisso di temperatura, che difficilmente si determina pei corpi che la richieg- gono assai elevata. Ne! saggio delle temperature C, alle quali si liquefanno molti solidi , qui riportato dall' autore , noi non vediamo quella del vetro , il quale si fonde a un dipresso alla stessa temperatura dello zinco, cioè a 374.° G. La notizia di ciò interessa per la costru- zione dei termometri , e specialmente per impedire , come già riferimmo , il ristringiraento della palla , osservato nei medesimi dal Sellarti. L'autore si li- mita a dire, che il vetro si fonde presso a poco alla temperatura a cui diviene rovente. La tempera- tura corrispondente alla fusione di alcun corpo può diminuire mediante il soccorso dei cosi detti fondenti, dei quali da un cenno l'autore. Per quello poi riguarda il passaggio dei liquidi allo stato solido , e da osservare che se certi liquidi G\ Scienze si raffreddino tranquillamente e con lentezza , la tem- peratura dei medesimi talvolta si abassera qualche gra- do sotto quella corrispondente alla congelazione loro, senza che i medesimi divengano solidi. E' frequente che l'acqua non geli a 0° , ovvero a — 3 ' ; e preser- vandola dall' agitazione dell' aria con dell' olio , si è conservata liquida, secondo De Lue, a — 10°, e secon- do Gay-Lussac, a — 4 2.° G. Osserva pure l'autore che il volume di vari liquidi , come l'acqua , il ferro , il bismuto, e l'antimonio fusi, aumenta nell'atto della congelazione loro ; quello di altri , come il mercurio, l'olio, lo zolfo, l'acido solforico, l'acido antico, dimi- nuisce nell' atto medesimo. Pare che nelle acque agi- tate non difficilmente la temperatura divenga uniforme nei vari strati delle medesime. A pari temperatura più agevolmente si aggela quella che è in contatto dei corpi solidi, appunto come avviene nelle altre cristallizzazioni. Mentre l'acqua si aggela diminuisce per evaporinone più che non fa quando è fluida alla stessa temperatura , e tanto più quanto è più rapida la congelazione me- desima; perchè il calorico, ceduto all' acqua dal ghiac- cio che formasi da essa , la fa passare allo stato di vapore» L'evaporazione , prosieguo l'autore , consiste nel passaggio delle molecule di una massa liquida allo stato aereo o elastico , quando la forza del calorico vince pienamente quella dell' attrazione moleculare. Osser- veremo noi che , onde succeda la evaporazione , de- ve la forza del calorico vincere nel tempo slesso la pressione del mezzo in cui si opera , e la gra- vita delle molecule ; perciò si potrebbe anche di- re che l' evaporazione succede quando la forza dei calorico vincndo nel tempo stesso l'attrazione mo- leculare , la pressione del mezzo ambiente , e la gravita , fa passare le molecule di una massa liqui- Istituzioni fisico chimiche: G5 da allo stato aereo. Essendo questa vittoria parziale nella superficie di un liquido, e non continuala, l'eva- porazione di questo sarà lenta ed ordinaria ; nel caso contrario poi sarà copiosa, e produrra Yebol- lizione del medesimo. Nei diversi liquidi è diversa la vaporabilita , e l'autore lo prova con molti e rilevanti esempi. Alcuni solidi evaporano anch'essi, come il ghiac- cio, l'arsenico, il jodo, la canfora, ec. ; ma questa spe- cie di evaporazione si chiama particolarmente subli- mazione. Qui l'autore trova opportunamente luogo a parlar degli effluvi odoriferi , ed osserva che l'evapo- ramento, (piando l'attrazione molecolare, unita alla gravila ed alla pressione atmosferica, fanno equilibrio con la forza del calorico , allora deve cessare. Ciò in diverse sostanze ha luogo a qualche grado sotto alla congelazione: quindi nasce il seguente quesito: Donde avvenga cioè che mentre da una parte la forza del calorico non è sufficiente a vincere l'attrazione mo- lecolare, e render liquido il solido, dall' altra trionfan- do di tutto , persino della gravità, produce in esso la evaporazione ? L'autore fa dipendere assai propriamente la spiegazione dell' esposto fenomeno, dal molo che il calorico imprime alle particelle dei corpi, ancorché so- lidi : per cui molte di esse vengono spinte fuori della sfera di attrazione omogenea, e sono quelle che si co- stituiscono in istato elastico, formando parte dell' at- mosfera, nella quale furono lanciate. Cosi può conci- liarsi l'evaporazione anche nei corpi che si trovino sotto al grado di loro congelazione. Alcuni hanno cre- dulo che l'attrazione dell' aria fosse causa dell' evapo- razione ordinaria dell' acqua, piuttosto che il calorico, al quale però si permetteva produrre l'ebollizione. Per vedere l'insussistenza di questa ipotesi rifletteremo coli' autore, che un dato spazio a una data temperatura è capace della medesima quantità di vapore, tanto se sia G.A.TXXV1I. 5 6f> 5» C I K N Z X pieno d'aria o di filtro gas , quanto se sia vuoto ; ed in altri termini, che l'aria e lo spazio vuoto sono sa- turati da egual copia di vapore. Il calorico adunque è la causa dell' evaporazione , ma le circostanze che in essa influiscono sono : 1.° la radezza dell' aria sovra- stante:'-?.0 l'umidita della medesima: 3. J l'agitazione dell' aria: 4.* l'ampicza della superficie vaporante: 5.° trattan- dosi di liquidi posti ad evaporare io uno spazio de- terminato, la quantità dello spazio medesimo. L'autore procede a dichiarne con belli argomenti le circostanze ora enunciate, i'assa egli dopo ciò all' articolo sulla ebol- lizione; ma noi avendone già reso conto, lo seguiremo nel cap. seguente, ohe riguarda gli effetti della tempe- ratura sui vapori, fra i quali non si escludono i così detti gas, perchè questi debbono lo stato loro al calo- rico, e sono permanenti solo nelle ordinarie circostan- ze, mentre con opportuni artificii si possono, come il va- por d'acqua, trasformare in liquidi, che però entra- no in ebollizione ad una temperatura mollo bassa. In un dato spazio se la temperatura necessaria al vapore in esso contenuto diminuisca , parte del va- pore medesimo dovrà precipitate. Spesso questa pre- cipitazione è un condensamento del vapore nel seno del aria , è un aggregato di glubetli opachi e sospesi nella medesima , come avviene di certe sostanze pre- cipitate nell' acqua. Questo precipitato dicesi vapor visibile, e ancora, specialmente quello dell' acqua, va- por vescicolare. A questo proposito l'autore, per vie meglio di- mostrare come onesti globelti d'acqua possono rima- ner sospesi nell'aria, fra le altre ragioni riflette con Laplace che (nell'ipotesi che sicno palloncini vuo- ti) la pellicola dei medesimi è men pesante in ispecie dell' acqua ordinaria. Infatti, essendo essi globetti vuo- ti , le molecole della loro pellicola non aflètla dall' Istituzioni fisico chimiche 67 attvazion molecolare delU massa interna , come quelle poste io superficie di eguali globelti pieni , si adden- seranno meno , e perciò la pellicola da cui sono formati , dovrà essere specificamente più leggera dell' acqua. L'alito degli animali d' inverno precipita facilmente in vapor vescicolare , tra perchè in que- sto tempo lo spazio e facilmente saturo di vapo- ri , e perchè incontrasi coli' aria molto di esso più fredda. Per lo contrario nell' estate sembra talvolta che il ghiaccio o qualunque altro liquore gelalo fu- mi, perchè il vapore elastico abbondante i;i questo tempo nell' aria , raffreddato dall' avvicinarsi del cor- po freddo , precipita in parte nello stato vescicolare. La tensione dei vapori elastici, ossia la forza loro di espansione, aumenta o diminuisce con le temperature dei medesimi , ed è misurata dall' equilibrio che il peso di una o più atmosfere fa con essa. Molli fu- nesti avvenimenti ha cagionato la tensione del vapor d'acqua elevato ad alta temperatura . Se un can- none , dopo avere sparato più volte , sia rinfre- scalo con tale strofiuacciolo, che ne riempia il ca- librio con troppa esattezza , il vapore che vi si for- mi non trovando altra uscita , lancia quello con tal impeto, che talvolta porta con se il braccio del cannoniere. Una prova eloquentissima della forza pro- digiosa del vapore sono gli effetti portentosi che si otleugono con le macchine mosse da questo agente. Le applicazioni di lali macchiue sono numerose, dice il nostro autore: se ne fa uso per le miniere, per muo- ver le trombe , per far girare i molini , per batter le monete, per la stampa dei libri, delle stoffe , per ogni genere di manifatture, e sarebbono lodevoli quanto sono ammirabili , se il vapore fosse impiegato soltanto a supplire alla mancanza delle braccia , e non a render queste forzatamente oziose. Pur troppo da queste muc- 63 S C ! E N I E chine, benché per se stesse ottime eri ammirabili, può derivare qualche inconveniente per colpa degli uomini, come da tutte le cose di questo mondo, e perciò con-' fessiamo che la lode meritata da esse non dev' essere illimitata. Però se i beni che producono sieno , come ora vederemo , di gran lunga valutabili e più dure- voli assai dei mali passaggieri di cui le macchine pos- sono essere non già vere cagioni ma solamente oc- casioni, basterà perchè la introduzione loro debba ri- guardarsi come al vantaggio dei popoli conducente, e«d alla prosperila degli stati ; e perchè debba essere favorita. Ci sia permesso adunque intertenerci alquan- to su tal proposito , giacché le istituzioni che abbiam per le mani ce ne porgono la occasione. Se ci faremo alquanto ad esaminare la conve- nienza che l'uso delle macchine ha con l'uomo, e la in- fluenza di queste sul ben essere della società , vedremo primieramente, che le medesime sono indispensabili agli individui dell' umana specie , aftinché godano delle fa- coltà loro concessi1 , per conseguire quel fine, al quale ordinati furono dalia natura : secondariamente, che fan- no in più modi prosperare la società, giovando agi' interessi morali e materiali della medesima : in terzo luogo che quei mali da malti temuti per la intro- duzione delle macchine stesse , o non sussistono af- fatto , o sono passaggieri : finalmente potremo con- fermare tutto ciò esaminando qualcuno dei processi meccanici adottati nella società per supplire all' uma- no travaglio. L'uomo non solo fu dal creatore destinato ad abi- tare la terra , ma eziandio a migliorare la propria esi- stenza sulla medesima ; perciò gli fu dato per istinto di ordinare a questo line tutti gli oggetti che lo cir-« fondano. Di qui nasce quel diritto di perfettibili- tà , che tutti godiamo , e pel quale siamo dagli al- Istituzioni risico-mtMiciia 09 tri animali essenzialmente distri! ti , ili cui la esi • ite n za sulla terra è monotona , uniforme , ed inca- pace di verno progresso , di vermi meglioraniento. Affinchè gì' individui della umana specie potessero questo loro diritto sperimentare,- furono dotati di mez- zi necessari a tal fine , cioè d' intelletto e di vo- lontà. Però con questi soli agenti morali potrà l'uo- mo discernere, potrà immaginare , potrà volere ; ma non potrà sugli oggetti materiali agire , per dirigerli ed ordinarli al proprio bene. Quindi è che l'uumo venne anche fornito di una forza fisica nel suo cor- po residente, la quale dal medesimo sviluppasi dipen- dentemente dalla volontà dell' uomo stesso. Però im- belle come è l'uman corpo , sprovveduto di mezzi acconci ad operare direttamente sulla materia , e pri- vo anche di quelli che la natura concesse a molti al- tri animali , come artigli , rostri , denti , epidermi- de ec, non potrebbe trasfondere la sua forza nella ma- teria , e non potrebbe operare in essa quelle modifica- zioni e quegli effetti da lui voluti, se non vi fossero degl'intermediari fra la forza medesima e l'oggetto male- riale su cui vuole agire, per produrre in esso un qua- lunque cangiamento. Intermediari di tal sorta sono appunto gli utensili e le macchine che l'uomo , gui- dato dall'intelletto, si procaccia per comunicare la sua forza, e diciam così la sua volontà , alla materia, e per ordinarla al fine dettatogli dall' esercizio del suo diritto di perfettibilità, Dunque l'uso delle mac- chine non solo all' uomo è utile , ma eziandio ne cessarlo , per giovarsi di quelle facoltà , e di quei diritti dalla natura concessigli ; dei quali non po- trebbe senza grave colpa rimanere infruttuoso posse- ditore. Deve perciò l'uso dei mezzi meccanici riguar- darsi nelP uòmo come una conseguenza inviolabile della sua fisico-morale costituzione. 70 S G I K tf Z E Coloro, i quali non abbisognano per giungere alle conseguenze Vedere in tutto sviluppata !a ealena dei raziocini che ad esse conducono , dedurranno facil- mente da questi generali e semplici principj , che quante volte nella società , per conseguire certi fini diretti a migliorare la condizione degli uomini , s'im- pieghino cause capaci di maggiori effetti , con eco- nomia di materia , di tempo , e di forza ; quante volle cioè s'impieghino delle macchine , dovremo es- ser certi che si opera secondo la norma segnata dall ordine sociale. Perciò le difficolta e i danni che al primo apparir di una macchina si manifestano per l'uso della medesima , specialmente presso coloro dai quali ne dipende l'approvazione , debbono riguardarsi come apparenti, o come passaggieri, e sempre tali da potersi ovviare. Le opposizioni adunque che da ta- luni si fanno alla introduzione delle macchine , so- no, per conseguenza necessaria dei principj esposti , declinazioni dalla norma naturale e sociale , sulla quale debbono gli uomini progredire per accostarsi vie più a quello stato di felicita , cui l'uomo naturalmente ten- de ed anela. Concludiamo per tauto , che una società perfettamente industriosa , e perciò costituita nello stato di maggior possibile felicita, quella dovrebbe reputar- si , ove gli uomini fossero tutti occupati solo a que- gli atti, che assolutamente richieggono intelligenza, ed ove tutto quello che puramente da processo mec- canico deriva, fosse dalle macchine e dagli animali eseguito. Veduto cosi brevemente quanto all' uomo si addica l'uso delle macchine a vivere nella società, per la quale fu destinato , vediamo di passaggio quanto le medesime , risparmiando l'impiego delle baccia , sie- no utili agli uomini, e sotto quanti rapporti ne mi- gliorino la esistenza : Io che forma il secondo dei ri- flessi proposti sul principio dell' attuale disgressione. Istituzioni fisico chimiche 71 Le macchine sia che suppliscano ai travagli umil- ili , sia che più acconciamente dirigano i medesimi t danno sempre maggiori e migliori prodotti con minori mezzi; e ciò forma il principale vantaggio delle mac- chine , il quale da molti viene riguardato come un inconveniente gravissimo per la società. L'uomo, pro- curandosi coli' opera sua quanto a 'suoi bisogni sod- disfa, cambia i travagli coi prodotti ; perciò meno impiega esso di quelli , e più il cambio con questi diviene per lui vantaggioso. Quindi se a tanto l'in- dustria umana giungesse , che i prodotti non costas- sero all' uomo verun travaglio , potrebbero questi ot- tenersi da lui senza dispendio di sorta. Vero h die in tale ipotesi non si troverebbero più lavori per gli ope- rai : ma è vero altresì , che non avrebbero essi più bisogno di lavorare. La verificazione di questa ipo- tesi costituisce un limite , al quale si va sempre più accostando l'economia del travaglio , e la utilità della produzione , senza mai poterlo raggiungere. Il processo meccanico speditivo adottato per ot- tenere un qualunque prodotto , diminuendo il prezzo del medesimo, ne accresce la produzione , e ne mi- gliora la qualità. Perciò il consumo di esso dovrà necessariamente aumentare ; giacché per esperienza è noto, questo crescere più rapidamente , che non di- minuisce il relativo prezzo ; laonde si produrranno dei notabili risparmi , clic giovevanno alla società sot- to due aspetti. Primieramente gioveranno ai consu- matori di quel prodotto , i quali si provvederanno del medesimo in maggior abbondanza , ed a minor prezzo ; e siccome fra questi sono compresi anche i raauufatturieri , che si saranno dovuti ritrarre dall' esercizio dell' arte loro , per la introduzione delle relative macchine ; si vede chiaramente che se per queste avranno ricevuto da una parte ini danno j re- 72 M-'if y.n cario, avranno certamente per le medesime avuto dall' altra un vantaggio permanente , nel godere cioè an- ch' essi dall' abbassamento di prezzo procurato dall* introduzione e dall' uso di esse. Secondariamente i ri- sparmi suddetti faranno ben tosto nascere nuovi tra- vagli , e forni ranno alla classe lavorante nuove oc- cupazioni. Sara, perciò ben presto migliorata la sorte della società, e specialmente di quelli rimasti nella medesima privi di lavoro per l'adozione dei processi meccanici. Dunque le macchine, anzi che diminuire i mezzi di sussistenza per la classe laboriosa , le por- gono invece un aumento di travaglio , e moltiplicano coli' andar del tempo il numero dei lavoranti , non esigendo altro sacrificio da taluni di essi , fuorché il cangiamento delle occupazioni loro : e niuno cred' io avrà l'impudenza di riguardare questa permuta di tra- vaglio come un danno ; essendo invece una benefica risorsa , che le macchine offrono a coloro dei quali hanno rimpiazzato il lavoro. Se pei diversi lavori, che la terra esige a for- nirci lo derrate , non si potessero impiegare altri mezzi fuorché la vanga e la zappa , utensili cosi poco spe- dili ; forse per alimentare la popolazione attuale vi bisognerebbe l'impiego di tutte le braccia , che oggi servono all' industria di tutte le nazioni ; e forse, lo che è peggio , vi bisognerebbe anche l'opera di que- gl' individui , che si occupano a coltivare le facoltà dello spirito , e ad aumentare il tesoro delle umane cognizioni. Dunque le macchine non solo riescono in pratica utili alle arti t ma eziandio giovano ai pro- dotti dell' intelletto , e concorrono indirettamente a promuovere le scienze. Affinchè meglio si ravvisi l'utilità che le mac- chine arrecano alla popolazione in cui sono intro- dotte , riflettiamo che ove 1' industria manufalturie- Istituzioni fisico-chtwichk 71 va h molto sviluppata, vi sono dei momenti nei qua- li si arresta il travaglio , soffrendone perciò grave- mente la classe degli operai. Questo inconveniente può aver luogo qualunque sieno i processi adottati nelle fabbricazioni , perchè dipende dalla qualità dei prodotti , dall' indole dei tempi , dalla diversità dei costumi , e dai rapporti politici, commerciali, e topo- grafici ; le quali circostanze tutte possono influire sull' aumento e sulla diminuzione delle richieste di un qua- lunque prodotto , e perciò siili' aumento e sulla di- minuzione dei lavoranti del medesimo. Ma l'inconve- niente in proposito sarà molto meno funesto la dove i processi meccanici speditivi si trovano in uso , di quello che sia dove tutto a braccia si eseguisce. Infatti qui se il travaglio manca , resteranno molti senza pa- ne ; ma la se una macchina cessa di agire , non avrav- vi altro danno , fuorché la perdita incontrata dal pro- prietario della medesima sull' interesse del capitale da essa rappresentato. Venendo alla terza parte di questo cenno sulla convenienza ed utilità delle macchine , vediamo come i mali temuti per la introduzione loro sieno apparenti o passaggieri , e sempre capaci di essere allontana- ti : Io che faremo dandoci carico delle principali ob- biezioni , che all' uso delle medesime per supplire all' umano travaglio si oppongono. La circostanza pre- caria di non poter somministrare lavoro a certuni ope- rai , che la introduzione delle macchine pone fuori dell' arte che professano , viene considerata da molti come un danno maggiore di quello cagionato dal più caro prezzo di un prodotto. Non possiamo ne- gare che f introduzione di uia macchina spediti- va può causare siffatto inconveniente , il quale pe- rò non deve impedire l'uso dela medesima ; giacche da esso rimani ben presto annullato- Non altrimenti 74 Scienze accade nei pendali , e ne' bilancieri di compensazio- ne , dove il calorico annulla esso stesso le variazioni che produce nella distanza dal centro di sospensione a quello di oscillazione. La differenza die intercede fra questi due fatti , uno politico-economico , l'altro fisico , e che l'annullamento degl' inconvenienti pro- dotti dall' impiego delle macchine , si fa dalle me- desime in un tempo più o meno corto ; mentre l'an fluitarsi delie variazioni prodotte dal calorico nelle sudette distanze , si fa da esso nel momento. Il compenso che le macchine procacciano a co- loro , che vennero per l'uso delle medesime respinti dal travaglio, nasce dalla diminuzione di prezzo che inducono esse nei prodotti, e dall' aumento del rela- tivo consumo che ne deriva. Dalle quali cose , come già in altro luogo abbiamo indicato , nascono capi- tali nuovi , e quindi altre speculazioni e lavori , nei quali troveranno di che occuparsi gli operai dalle mac- chine rimpiazzati. Vero è che un cangiamento di oc- cupazioni si opera non senza difficolta t che una in- dustria uuova onde abbia vita , deve trovarsi fra i con- sumatori di quel nuovo prodotto, i quali non sub' té ma col tempo si manifestano , e che finalmente ab- bisogna di nuovi mezzi, d'intraprendenti nuovi , e di nuovi capitali , per essere stabilita , condotta , ed avan- zala ; ed è vero altresì che tutto ciò non si trova quasi mai sull' istante. Ma dunque per queste difficoltà, di lor natura passaggiere , i progressi arrestar si dovranno che migliorano la esistenza della umana specie , avvi- cinandola sempre più a quella felicita che può sperare in questa terra ? Inoltre la spesa più o meno forte, che sempre incontrar si deve nell'acquisto delle macchine speditive , e noli' alti/azione delle medesime , lo spi- rito di abitudine , il timore di azzardare il danaro, il desiderio di calcolare all' appoggio dei fatti , sono cir- Istituzioni fisico-chimiche 75 costanze che non impedendo l'adozione definitiva delle macchine , ritardano sempre l'epoca della estesa loro introduzione ; e dando luogo perciò alla graduata per- muta fra il processo meccanico speditivo e l'uma- no travaglio, allontanano tutti gP inconvenienti , che da esse risultar potrebbero , e specialmente quelli de* quali ora si é fatta menzione. Supponiamo per un istante che l'uso delle mac- chine destinate a dare taluni prodotti sia vietato pres- so qualche nazione. Gli esteri ed i nazionali si tro- veranno perciò al confronto sui medesimi ; però con questa differenza , che i primi usando le macchine li produrranno migliori ed a minor prezzo , mentre i secondi, non usando gli stessi mezzi , non potrauno godere né l'uno né l'altro dei citati vantaggi. La na- zione respingerà, è vero, dal suo confine i prodotti este- ri , mediante una gravata imposizione sui medesimi ; ina l'enorme squilibrio di prezzo fra questi ed i nazio- nali, promuoverà il contrabando; e finalmente l'in- dustria estera somministrerà tanto di quei prodotti alla nazione , quanto le ne occorre pel suo consumo. Le relative fabbriche nazionali perciò non si potranno più sostenere per la mancanza di richieste - cesseranno es- se dal produrre ; la popolazione operaja diverrà di più in più miserabile ; ed i nazionali dovranno final- mente rimaner privi di qualla specie di produzione , rinunciando nel tempo stesso alla speranza di fornir la- voro ad un solo di quegli operai, che l'ingnoranza na- zionale e l'industria estera posero fuori di travaglio. Così la nazione, per non incontrare nn male passag- gero e tenue nelP adottare le macchine, dovrà sop- portarne uno durevole , e maggiore d'assai nel privarsi delle medesime. Fermiamoci ora un poco ad esaminare una ob- biezione che altri fanno, se non per escludere, al TC S C I E I» Z TÌ certo per limitare la introduzione delle macchine in rimpiazzo delle umane braccia . Dicono que- sti che se il consumo super;) i mezzi di produzione , allora i processi meccanici speditivi giovano alla so- cietà , perchè soddisfano al bisogno esistente nella me- desima. Quante volte però si verifichi l'opposto , cioè che la produzione faccia equilibrio col consumo, saia ogni macchina un vero danno per la società ; giacché se per una parte diminuisce i! prezzo di alcuni pro- dotti , per l'altra sopprime la vita dei produttori ; ne si deve porre il buon mercato in bilancia con l'esistenza. Si risponde facilmente a questa obbiezione riflettendo , che i bisogni di qualunque società non sono sempre gli stessi, ma crescono tanto nella spe • eie, quanto nella quantità, crescendo in essa la ci- viltà e la produzione. Volgiamo per poco in dietro lo sguardo, e trasportiamoci al deciraoterzo o decimo- quarto secolo : vedremo i nostri avi mancare di molte cose , che oggi noi riguardiamo come necessarie , ed è indubitato che i nostri nipoti useranno prodotti , di cui non possiamo noi formarci alcuna idea. I mez- zi per acquistare le cose godibili si estendono a mi- sura che queste si moltiplicano : i prodotti creati da uno, forniscono ad esso come procurarsi quelli creali da un altro: e cosi ambedue si trovano meglio prov- veduti , e la produzione mai non diviene eccessiva. Oltre a ciò, crescendo la massa degli oggetti per uso degl'individui riuniti fra loro in società, crescerà la popolazione, ed il consumo si troverà sempre corri- spondente alla produzione. Certo in un paese il nu- rnoro dei cappelli non deve superare quello delle te- ste , ma la moltiplicazione dei prodotti oltre ai cap- pelli moltiplica eziandio le teste ; e quaud' anche non aumenti la popolazione, tuttavia può aumentale il con- sumo di molto , giacche i prodotti copiosamente otte- IsHTtUlOM FISICO- CHIMICHE 77 nuti dalle macchine , possono impiegarsi nell'acqui- sto di altri nuovi , che giovino al ben essere della nazione , occupando nel tempo stesso le braccia poste inori di lavoro dalle macchine. Dira forse taluno, che nelle citta in cui si pro- duce molto vedesi languire d'inopia un prodigioso nu- mero di operai. Ma facciamo riflettere n questo pro- posito, che si vede altrettanto nelle citta prive dei processi meccanici speditivi : ed in Inghilterra sotto la regina Elisabetta , epoca nella quale non erano in quel paese introdotte molte macchine , il pauperismo non era minore dell* attuale : in Polonia, ove non an- cora si è propagato il rimpiazzo dell' umano trava- glio con le macchine , si verifica una indigenza mol- to estesa ; nella Gina finalmente , in cui quasi tutto si eseguisce con le braccia , gli operai sono dalla più grande miseria oppressi. JNon è la sostituzione delle macelline alle braccia la cagione del pauperismo , bensì la mancanza d'industria e di attività, la penuria di capitali, la mal' amministrazione , non che altre cir- costanze dipendenti della particolar economia delle va- rie nazioni , stati , e provinole. Ora veniamo al quarto scopo di questo episodio sulle macchine, richiamando l'attenzione sopra qualche industria umana, già coli' opera delle braccia eseguita , ed ora invece praticata con processi speditivi; poiché in tal esame ci sarà dato concretare (pianto in astratto ab- biamo dimostrato sulla convenienza a sol vantaggio delle medesime. La slampa ci offre un esempio assai rimar- chevole della utilità degli anzidetti processi , e della insussistenza dei danni economici che taluni pretendo- no derivare da quelli. Il processo meccanico della stam- pa permette a ciascuno stampatore di fare tanto lavoro , quanto ne facevano prima dugento amanuensi. Parrebbe che da lauta economia di umano travaglio derivar dovesse 78 S C I E K % E una forte mancanza di lavoro , e non poca miseria per la classe dei lavoranti suppliti dalle tipografie. Ciò nulla ostante la perfezione , la degenza , e la moltiplicita dei libri, ha per mudo aumentato il consumo dei me- desimi, che non solo ha fatto rinunciare ai manuscrit- ti, d'altronde rozzi ed imperfetti, ma nel tempo stesso ha prodotto più e più arti nuove , come 'a incisione dei punzoni , la fusione dei caratteri, la fabbricazione della carta , le professioni di autore , di correttore, di legatore , e di libraio ; le quali tutte forniscono un lavoro tale da tenere occupato il centuplo dei lavoran- ti che prima occupava la copisteria. La fabbricazione dei tessuti di cotone manifesti), meglio d'ogni altra cosa , come in pratica si ve- rifichi quanto brevemente abbiamo in teorica espo- sto, sul vantaggio che la società ricava dalla introdu- zione delle macchine per qual siasi prodotto , e sulla nullità degl'inconvenienti, che si presumono derivare dati* esercizio di esse. Da poiché Vasco di Gama il passaggio aperse del capo di Buonasperanza , i porto- ghesi prima , gli olandesi e gì' inglesi poi , tolsero al mediterraneo il commercio dei prodotti indiani , ed ap- provvigiornarono di questi 1' Europa con più abbon- danza ed a miglior mercato. L' importazione del cotone, non che de' suoi tessuti dall' India, più facile divenne, per cui si occuparono molt°, parti di Europa nella fab- bricazione delle tele in cotone. Nel 1769 l'Inghilterra contava circa 7900 persone, delle qualli 5200 trava- gliavano in filare il cotone , e 2700 si occupavano a tesserne le stoffe : quando un barbiere inglese chia- mato Arkwright inventò una macchina , mediante la quale una sola persona poteva filare contemporanea- mente più centmaja di fili di cotone , facendo cosi nelle 24 ore un lavoro circa trenta volte maggiore di quello , elie nel medesimo tempo si faceva senza il soe- Istituzioni fisIco-ohImicuis 79 corso di questa macchina .speditiva. Il nominato in- glese non solo con questa macchina seppe imitare il processo dalle mani praticato nello stendere i filamenti di cotone , e del fuso nel torcerli a quel grado di fi- nezza che si vuole , ma giunse ad avanzarlo : giacché il filo con questa macchina ottenuto superava d'assai per la eguaglianza ed uniformità di torsione, come an- che per altre circostanze, quello che una mano india- na , delle più esercitate in questo genere di lavoro, poteva produrre. L introduzione di queste macchine tan- to perfette , e tanto speditive , invece di lasciare in Inghilterra senza lavoro la maggior parte degli ope- rai che si occupavano in filare il cotone, accreb- be il numero dei medesimi ; cosicché nel 17S7 si contavano in quel paese 352000 persone occupate nella fabbricazione delle cotoncrie, invece di 7900 ; e fra grandi e piccali, 105000 occupati nella filatu- ra , e 247000 nella tessitura. Inoltre le macchine sles- se accrebbero il salario dei lavoranti, giacche prima di esse una operaja guadagnava 20 soldi di Francia per giorno, e dopo ne guadagnava invece 50. Un uo- mo che prima guadagnava 40 soldi, dopo la intro- duzione delle macchine poteva esigere cinque franchi al giorno. Tutto ciò prova che si richiedevano più operai di quello che se ne offrissero ; che il numero dei tessitori erasi aumentato; e che il consumo "di cotoncrie pel suo buon mercato era cresciuto. Dai rilie- vi presentati al parlamento risulta, che la quantità me- dia di cotone annualmente impiegata nelle diverse fab- briche di cotoncrie in Inghilterra dal 1786 al 17q0 fu di circa 26 milioni di libbre ; ed abbiamo veduto che le persone impiegate a lavorare in quest'epoca era- no circa 352000. Ora dal 1821 al 1825 si trovò la quantità media di cotone annualmente impiegala nel paese medesimo essere di 155 milioni di libbre; duu- 80 Scienze que il numero degli operai occupati a lavorar cotone in quest' epoca dovette superare i due milioni. E vo- lendo anche ritenere per esagerate le notizie statisti- che degl' inglesi sul proposito , dovremo sempre con- fessare che la invenzione delle macchine destinate a rimpiazzare il travaglio umano sul cotone , fu accom- pagnata da un accrescimento cousiderabile del travaglio medesimo, nel quale non abbiamo considerato ne i marinari , né i vetturali , né i negozianti , ne i commessi , né i sensali , né i tintori , né i mecca- nici, né i venditori a minuto ec. , i quali tutti si oc- cupano, ciasciuno alla sua maniera, nel commercio delle cotonerie; Il prodigioso consumo di cotone, che per la sola Inghilterra è giunto a circa 155 milioni di li- bre per anno, ha moltiplicato non solo il numero delle persone occupate in questo paese , ma iu tutti quei luoghi ancora , nei quali si è promossa la coltivazione di lai pianta. In fatti le manifatture di cotone, che at- tualmente sono in Europa, occupano una quantità pro- digiosa di persone al Brasile , nella repubblica d'Hai- ti , sopra tutta la costa di Cumana , negli Stati-uni- ti , nella Grecia , e dell' Egitto , dai quali luoghi oggi ne giunge del cotone grezzo ; mentre prima della in- venzione delle macchine , o non ci veniva per nulla , o ce ne veniva in poca quantità. Si può dunque af- fermare, che le macchine speditive per filare il cotone, anzi che togliere agli operai di che travagliare, hanno ad essi aumentato per modo le occupazioni, da far cre- scere considerabilmente il numero dei medesimi» L'influenza delle macchine per filare il cotone non si é limitata solamente a moltiplicare il numero dei lavoranti e degl industriosi, che si occupano at- tualmente nel commercio e nella lavorazione di que- sto genere ; ma giuase a far nascere dai terreni , dai capitali , e dalla industria europea nuovi prodotti , IsTITU IONI FISICO CHIMICHE 81 e nuovi valori , per acquistare quelli delle cotone- rie , che ora si consumano in maggior copia di pri- ma-. Imperciocché gì' industriosi di Europa , che si occupano al presente del cotone, danno i prodotti di questa loro industria in cambio di tut ti gli oggetti che dall'altra parte bisogna far nascere per l'acqui- sto delle cotoncrie. Ecco in qual modo i progressi di una sola industria estendono la influenza loro so- pra tutta l'economia di una nazione , e ne fanno pro- sperare gì' interessi. Forse dirà taluno, che la introduzione delle mac- chine per filare il cotone se non cagionò danno agi' in- teressi materiali di Europa , gravemente pregiudicò il commercio degl' indiani , stante la cessazione delle nostre richieste pei loro tessuti di cotone. Però e da riflettere , che sebbene considerabile fosse in Eu- ropa il consumo delle cotoncrie indiane sino al prin- cipio del secolo decimonono , tuttavia paragonato al consumo dell' India stessa , deve riguardarsi come li- mitato d'assai. Quarauta milioni d'individui soggetti all' Inghilterra , ed altri quaranta milioni sparsi nel resto di quelle vaste e popolale contrade, i quali tutti, uomini , donne , fanciulli, dalla prima all' ultima fa- miglia vestono di cotone , producono tal consumo del medesimo, che tenue apparir deve quello di Europa , ove gli uomini e le donne usano poche cotoncrie per vestirsi, né sempre le indossano. Inoltre il commer- cio dell'India con l'Europa variando generi , ha po- tuto aumentare; giacché se dovettero sulle rive del Gange fabbricare meno calicot e meno percale per no- stro uso , vi prepararono invece dell' indaco e dello zuccaro : mentre per lo innanzi quel paese neppure un sol barile di queste merci aveva spedito di qua dal capo di Buon? -Speranza ; vi coltivarono e rac- colsero il cotone in maggior copia , inviandone in G.A.T.LXTII. G 5 3 S.c i ir m Inghilterra più assai di quello che prima vi spedi- vano ridotto in tessuti. Nel 1825 l'Inghilterra, secon- do gli stati d'importazione , ha tratto dall' Indoslau 59350 balle di cotone, ciascuna del peso comune di 340 libre. Ma riprendiamo il camino lasciato, e torniamo sull' oggetto primario di questi nostii articoli , cioè sulle istituzioni fìsica- chimiche del p. Pianciani , che troppo da esse abbiamo già divertito per discorrere sui rapporti delle macchine cogli uomini , e per convin- cere chi per avventura noi fosse, del vantaggio gran- dissimo che le medesime arrecano alla società. L'autore dopo aver parlalo dell' eolipile, viene ad esporre alcune sperienze, che hanno rapporto con la formazion del vapore , ma che sembrano paradossi. L'acqua ed altri liquidi , che bollono di subito e con violenza al contatto di un corpo assai caldo , se ca- dono sul medesimo assai più caldo e rovente , svapo- rano tranquilli senza bollire , o al più con lento ed appena sensibile bollicamene). Prima espone l'autore i fenomeni osservati gettando dell' acqua sopra solidi fusi, poi sopra i medesimi soltanto roventi ; e sem- pre ne risulta che l'acqua senza entrare in ebollizione svapora tranquillamente e con lentezza , finche il me- tallo sul quale trovasi cessi di essere candente ; giac- ché allora sviluppa in essa violentemente la ebolli- zione, che la trasforma del tutto in vapore. Varie sono le ipotesi che i fisici hanno adottate per la spie- gazione dei fenomeni accennati. Rumford crede che i medesimi sieno dovuti alla riflessione del calorico sulla superficie dell' acqua : Pouillet l'attribuisce alla proprietà del calorico raggiante, il quale traversando •, liquidi diafani gli scalda meuo assai di quello che farebbe se fossero nien caldi, essendo allora mag- IsTiTuziom risico chimici» ò3 gioie la densità dei medesimi : altri pensano che i cor- pi fortemente arroventati possauo comunicare a certi liquidi assai calorico , anche prima di toccarli , onde essi emettono vapore in copia sufficiente ad impedire il contatto. Che se il vapore formato si dissipi , o il liquido sia sul punto di toccare il corpo candente, nuo- vo se ne formerà, e respingerà il liquido. Se cosi è, il liquido ricevendo calorico soltauto per mezzo della radiazione e pel vapore frapposto, può non bollire mal- grado della temperatura elevatissima del corpo candente. Questa ipotesi può ancora servire a spiegare quella specie di pulsazione avvertita dal cau. Bellani in cer- te sperieuze analoghe a quelle in proposito. Altri fi- nalmente pensano che la repulsion calorifica sia la cagione dei fitti sopra indicati , quella repulsione os- servala già da Libri in una goccia d'acqua sospesa ad un filo metallico, la quale sempre si allontana dalla sorgente del calorico dove riscaldasi una estremità del filo medesimo, ancorché il filo s'inclini alquanto ali orizzonte. Secondo le osservazioni di Perckins, fatte ne' suoi generatori, pare che tal forza repulsiva , o re- pulsion calorifica, si estenda nei metalli alla distanza . 1 . . . di — di pollice inglese dalla loro superficie , e che sia un effetto fisico del calorico , come la rarefazio- ne , la liquefazione, e il vaporamento , pel quale i diversi corpi si mantengono a distanza sensibile, quan- do però la temperatura dei medesimi è altissima. L'au- tore, dopo avere sviluppato con molte sperieuze que- ste dottrine, si trattiene alquanto sulla lanterna di si- curezza del celebre Davy , e poscia viene a dire del vapore dell' atmosfera , e degl' igrometri. Nei nostri climi temperati il vapor d'acqua nelP aria vicina alla terra, suol variare per o»ni metro cu- 6* 8'i S <.: j rc «e /, k bina da G a poco più di 12 grammi : queste ugua- gliano circa 0,01 in peso dell' aria in cui trovasi quel vapore disperso. Alcuni corpi hanno grande affinità per l'acqua, come il sai comune, l'idroclorato o mu - rialu di calce ec, i quali tolgono il vapore acquoso ad uno spazio anche non saturo di osso. Altri poi avidissimi di acqua, come l'idioclorato suddetto ma de- acquificato , l'acido solforico concentratissima , la po- tassa disseccata coli' arroveulatnento ec, possono to- gliere del tutto ad uno spazio, nel quale sono rac- chiusi, la umiditi che trovasi nel medesimo. I corpi, dice l'autore, tendono all' equilìbrio igrometrico: pa- re a noi che ciò significhi essere l'umidita o il va- pore acquoso tendente a distribuirsi nello spazio e nei corpi compiasi nel medesimo, in proporzione dell' affinità che il primo ed i secondi hanno pel vapore slesso. Infatti si deduce lo stesso dal ragionamen- to dell' autore per dimostrare la tendenza suddetta, perehè si raggira nel considerare 1' attrazione che i corpi hanno pel vapore acquoso , e la tendenza di questo a diffondersi nello spazio ; ed è mani* festo che allora l'equilibrio in proposito avrà luo- go , quando fra quelf attrazione e quella tendenza vi sarà eguaglianza. Dopo avere l'autore accennati gli sperimenti per conoscere lo stato igrometrico dell' aria, come sarebbe il metodo descritto dal Magalotti nei saggi dell'accademia del Cimento, pubblicati nel 1666, l'altro di F. Fontana , quello detto di appannamento usato da Le-Roy e da Dalton, migliorato poi da Da- nieli, da Dobereiner, e da -Belli, finalmente quello del raffreddamento per evaporazioue, praticato da Leslie , da August di Berlino, e dal suddetto Belli, passa egli a descrivere gì' istromeuti coi quali, mediante semplici osservazioni, si Conosce lo stalo più o meno vaporoso doli' aria medesima , e parla dell' igrometro a pernia IsTlTUZfON! FISICO- CHIMICHE 85 usato dal De-Luc e dal Chiminello, dei metodi tisa'i dal card. Nicolò Cusano , da Leonardo da Vinci , dal p. Lana, dal p. Kircher,*e da vari altri: finalmente viene a descrivere l'igrometro a capello , preferito ad ogni altro da Saussure , e generalmente adottato. Noi qui riflettiamo, che quando 1' ignometro a capello è stato costrutto diligentemente , 1° le sue indicazioni posto nelle medesime circostanze saranno1 sempre identiche ; 2° qualunque sia la temperatura dell' aria, giunto a saturazione, marcherà sempre 100 , e giunto a siccità perfetta marcherà 0' ; giacche 33° 3 C. di calore fanno variare l'igrometro di solo di grado. Perciò l'azione igrometrica del capello è co- stante , l'effetto della temperatura per far variare la sua lunghezza è sensibilmente nullo nei limiti dell atmosferica temperatura, e qualunque sia questa, purché il capello rimanga suturo di vapore, sempre conterra la medesima quantità d'acqua , poiché sem- pre si allunga egualmente. Le indicazioni dell' igrometro non danno a C0-> noscere l'assoluta quantità di vapore che l'aria con- tiene , ma solo, come giustamente osserva l'autore ., quanto essa dista dal punto di sua saturazione, ov- vero dallo stato di sua massima umidita. Infatti ri- manendo costante la quantità di vapore e crescendo1 la temperatura, è manifesto che l'aria aumenterà la sua capacità pel vapore, cioè si allontanerà dallo sta- to di saturazione* Ora l'igrometro per l'evaporamento sofferto procederà contemporaneamente verso la sic- cità , cioè si allontanerà pur esso dal grado cor- rispondente alla .saturazione , tanto sua quanto dell'1 aria , ed indicherà la distanza dell' attuale suo stalo da quello di massima umidità* Ad ottenere però, mediante le igrometriche in- dicazioni, il peso assoluto del vapore contenuto in un dato volume d' aria, ad una determinata temperatu- ra , facciamo qui riflettere che Gay-Lussac ebbe ri- corso alla corrispondenza dell' igrometro con la ten- sione del vapore ; e formò una tavola per la tem- peratura di 10° C, ove le diverse tensioni si tro- vano espresse in centesimi di quella che appartiene alla saturazione. Con questo mezzo , e con la den- sità del vapore d'acqua , ognuno potrà facilmente calcolare il peso della medesima. Dalla semplice ispe- zione della suddetta tavola risulta che le indicazioni dell' igrometro, corrispondenti successivamente a 0, 1, 2, 3, 4, . . . decime di vapore , si trovano essere da 0 , 22°, 29°, 53°, ... Da ciò concludiamo non po- ter essere l'allungamento del capello in verun moda proporzionale alle quantità di vapore contenute nell* aria. Si avrà di questo fatto la ragione fisica riflet- tendo, che l'affinità del corpo igrometrico per F acqua è la causa che fa variare le dimensioni di esso cor- po , e che l'energia dell' affinità medesima dipende T come sappiamo per altra parte , dalla temperatura, e dallo stato di saturazione ; cosicché nella scala igrometrica 100" non corrispondono ad una quantità di vapore doppia di quella che a 50° si riferisce. Saussnre ha costruito una tavola che presenta pros- simamente l'affetto del calorico sull' igrometro, e che Despretz chiama effetto pirometrico, nella quale pre- senta le variazioni che un grado di calore produce noli* igrometro a capello , portato successivamente col mezzo del vapore a diversi punti della sua sca- la. L' applicazione fatta dal nominato Despretz di essa tavola , nel suo trattato di fisica pag. 1 24 , traduzione italiana , merita di essere consultata. Do- po aver parlato Fautore dei miglioramenti arrecati Istituzioni nsico-cuiMicnfi $1 all' igrometro a capello , e dopo detto di altri si- mili stromenti , passa a dire degli effetti termo- chimici. Nei precedenti capi si è parlato degli effetti fisici del calorico; in quello che ora percorriamo si parlerà degli effetti- chimici del medesimo , cioè tanto degli effetti prodotti dalla temperatura sulle azioni chimiche , quanto di quelli che queste pro- ducono sulla prima; de' quali, a volerli coli' autore brevemente indicare, diremo :1° che il calorico dimi- nuendo la coerenza de' solidi , o totalmente distrug- gendola, facilita gli effetti dell' affinità chimica fra i medesimi : 2° che distrugge le combinazioni, facendo passare uno dei componenti allo stato elastico, nel quale non può l'altro seguirlo : 3' che modifica la causa delle chimiche operazioni , diminuendo o an- che aumentando le affinità fra i corpi che tendono a combinarsi : 4U che un aumento di temperatura è necessario perchè i corpi delti combustibili combi- nino gli elementi loro coli' ossigene dell' aria , ed abbrucino. Viceversa il calorico, che influisce tanto nelle chimiche operazioni, viene anche da queste ec- citato ; poiché nelle combinazioni propriamente dette, per lo più. s'innalza sensibilmente la temperatura, e massimamente quando la combinazione ha luogo eoo celerità. Per accennar qualche fenomeno meritevole del- l'attenzione tanto dei dotti quanto dei principianti < e per procurare a questi delle nozioni esatte il più possibile , s'introduce l' A. a discutere sulla pro- prietà della voce combustione, tanto considerala nei comune linguaggio , quanto in quello degli scienziati; e riflette primieramente che nel comune linguaggio le cosi dette combustioni altro non sono fuorché al- terazioni chimiche delle sostanze , con isviluppo di 8S Scienze calorico , e luce , o almeno di forte calorico ; noti essendo combustione il semplice riscaldamento , la ignizione , e la fosforescenza. Il riguardare la vo- ce combustione come sinonimo della ossidazione non è proprio , tanto perchè dal popolo è quella voce adoperata a significare assai più che una semplice ossidazione , quanto perchè non è L'ossisene il solo corpo comburente o negativo, cioè l'ossigeue non è so- lo ad unirsi coi corpi combustibili o positivi , svi- luppando calorico e luce; ma il cloro, il jodo, e qualche altro corpo producono lo stesso feuoraeno, e chi sa quanti altri per ora sconosciuti lo produ- ranno egualmente. Di più la luce e il calorico si sviluppano anche nella combinazione di due composti binari , e talvolta per la operazione contraria , cioè per T analisi dei medesimi , come avviene del- l' ossido di cloro , del cloruro di nitrogene , e del suo joduro. Forse può darsi il nome di combustio- ne ad ogni mutamento chimico accompagnato da fuo- co , e di combustione oscura a quel fenomeno chi- mico accompagnato da calorico senza luce. Però la com- bustione luminosa non è distinta essenzialmente da quella oscura, solo differisce da essaper la intensità ed energia; e non in modo assoluto, ma relativo ai nostri limitati sensi ; giacché diminuendosi l'azione dell'af- finità per qualunque siasi circostanza, diviene oscura la combustione che sarebbe stata senza di ciò lumi- nosa; ed accade lo stesso per la minore intensità dell' organo visuale. Quindi V autore dice, cbe non saria gran male se la chimica abbandonasse del lut- to la voce combustione , e si limitasse a dire invece.- ,, 1° che i chimici mutamenti spessissimo inr- ,, nalzano le temprature, e tanto più quanto meno il „ calorico può disperdersi , quant* e più rapida l'ope- „ razione t e specialmente , trattandosi delle sintesi ISTITUZIONI FISICO -CHIMICHE 89 „ principali produttrici di tal' effetto , quanto più ^, forti sono le affinità : 2° che allorquando il ca- „ lorico innalza ad un certo grado la temperatura, „ divien luminoso , ossia arroventa il corpo , ap- ,, punto come accade nei calorico allorché senza ve- ,, run' azione chimica si comunica a un corpo, e: g: „ all' oro , al platino , all' amianto : 3" che più or- ,, dinariameute quando appare il calorico luminoso, „ il mutamento chimico è la combinazione dell' os- „ sigene con un combustibile semplice , idrogeno , ,, zolfo, fosforo , carbonio, potassio ec. , o cogli ele- „ menti di un composto , cera , sego , olio , ec. , „ che dicesi combustibile , perchè quegli elementi ,, hanno conservato nello stato di combinazione il „ potere di combinarsi coli' ossigene , e talora con ,, altri elementi comburenti o negativi, con eccitamento „ di fuoco. ** Premesso ciò, passa l'autore a rintracciare le cau- se onde si genera il calorico nelle combustioni , o più generalmente nelle chimiche operazioni, ed osser- va: 1° che Lavoisier ha creduto essere il calorico medesi- mo senza più quello già latente nell' ossigene, e manife- stato all' occasione de'la combustione pel passaggio dell' ossigene stesso allo stato solido , o liquido, o per la sua condensazione. Ma se pongasi mente agli effetti della combustione , si vedrà essere il più delle volte in essa la rarefazione maggiore del ristringimento : dal che dovrebbe aversi abbassamento, e non elevazio- ne di temperatura, (ontro il fatto : 2° che Crawford ri- petè il calorico suldetto dalla diminuzione di quello specifico de' compoienti, nell' atto che i medesimi bru- ciano. Ma le sperinze hanno contradetta queste opi- nione; e poiché quache composto, come il vapore acquo- so, ha calorico spcifico maggiore della somma dei calorici specifici decomponenti , dovrebbe la combu- 90 S C ! K N X t Stione dell' idrogene produrre freddo invece di fuoco , lo che si oppone al fatto : 3° che altri, per ispiegar;> lo sviluppo del calorico in proposito, 'supposero la esi- stenza di uà certo calorico di stato , il quale fosse qua- si la fonila dei fluidi elastici, e si trovasse in mag- gior quantità nelP ossi gene che negli altri gas. Ma il calorico del quale cerchiamo la causa si osserva eziandio quando l'ossigene è solido , o liquido , quando niuu corpo prende Io stato elastico , e quando chi non h> aveva l'acquista : 4° che Luigi Brugnatelli spiegò il fenomeno in proposito, supponendo che il calorico all' o^- sigene combinato abbandonasse questo , a cagione della prevalente affinila di un' altro corpo; giacche a' suoi tem- pi era plausibilmente invalsa l'opinione che il calorico fosse combinato coi gas , e che il gas ossigene si com - ponesse di termico , cioè calorico , e di una base , laonde chiamavasi gas termossigene. Però questa di- stinzione dovrebbe estendersi al cloro , al bromo ed allo zolfo, e chi sa a quanti altri corpi semplici, e com- posti , e con tutto ciò non resterebbe spiegato il ca- lorico prodotto dalle analisi. Il calorico , dice il no- stro autore , che. in gran copia si eccita nelP atto della combinazione dell' idrogene coli* ossigene, ad onta dell* enorme dilatazione del vapor d'acqua, dovrebbe per- suadere che in tal caso l'ossigene e non il termossi- gene si è veramente congiunto al combustibile : dopo ciò come spiegare, all' appoggio de.la teorica di Bru- gnatelli, lo sviluppo copioso che si eccita nella combi- nazione del potassio coli' ossigene dell' acqua ? Fatte varie altre osservazioni molto interessanti, conclude l'au- tore , che all' agitazione molecolari sembra dovuto Io sviluppo del calorico nelle chimiche operazioni , riser- vandosi però di spargere nuova luce su tale argomen- to, quando gli converrà esporre la dottrina sulla elet- tricità. IsTlTltfrfW FISlCO-CITIMlCUE f)f Prima di entrare coli' autore nel capitolo, col quale termina la pirostatica di cui abbiamo reso conto col presente articolo , non possiamo a meno di comentare le riflessioni da esso presentate sulla voce combustione, e sulle pretese cause dello sviluppo di calorico in questa sempre osservate. Molto è l'uti- le che i giovani potranno dal meditare sovr' esse ri- trarre , e moltissimo è l'interesse che i fisici debbono unire alla indagine delle cause e delle circostanze che accompagnano il fenomeno della combustione. Poiché l'origine delle epoche le più gloriose della chimica dal- l' esame attento di questo fenomeno debbe ripetersi. Ognun sa che circa il finir del secolo decimo sesto ancora la chimica era una riunione di fatti fra loro sconnessi , e per Io più congiunti all' empirirismo, al prestigio , ed anche alla malafede degli alchimi- sti : quando Stalli fissando l'attenzione sul fenomeno della combustione, immaginò la ipotesi del flogisto, il quale sviluppato dal combustibile produce va il fuoco. Questa fu la prima epoca gloriosa per la chimica , giacché allora i fatti raoltiplici cominciarono a classifi- carsi , allora fra i medesimi si ravvisò un vincolo di rapporti , allora in fine la chimica si acquistò merita- mente il nome di scienza. Di qui si vede quanto le ipotesi giovino al progresso delle scienze ; tutto sta che non si ritengano con ostinazione o spirito di par- te, allorché nuovi fatti e nuove sperienze costringono ad abbandonarle. Non così avvenne della ipotesi flo- gistica, la quale dopo aver servito alla spiegazione de' fe- nomeni per più di un mezzo secolo, trovandosi in contrad- dizione con le nuove scoperte, ebbe ciò nulla ostante quei propugnatori che più non meritava. L'esame però della combustione la fece del tutto proscrivere dalla chimica , e questo esame lo istituì Lavrisier prima d'ogn' altro. Provò egli che la combustione invece di essere 92 S e i e w z f accompagnata dalla perdita di qualche principio , era l'effetto della combinazione del combustile con un coi-' pò ponderabile e gassoso che nominò ossigene. Que- sta fu la seconda epoca di perfezionamento per la scienza chimica ; giacché per siffatte prove fu intro - dotto in essa il calcolo delle masse , dei volumi , dei pesi , e la numerica precisione. La ipotesi an- tiflogistica , quale da Lavoisier fu esposta , ebbe in appresso bisogno di essere modificata , ed i chimici fu- rono perciò costretti ad esaminare nuovamente il fe- nomeno della combustione. Rintracciando essi la caus;i dello sviluppo del fuoco in questo fenomeno, furono da interessanti sperimenti e scoperte indotti a concludere, che in tutte le combinazioni chimiche avvi neutralizza- zione di elettricità opposte , e che questa neutralizza- zione produce il fuoco, nello stesso modo che lo por- ducono la scarica della bottiglia elettrica , della pila elettrica , e del fulmine. Questo progresso della chimica ebbe luogo circa il principiare del secolo in cui sia- mo , e stabili la terza epoca da segnalarsi nella mede- sima ; giacche diede a conoscere al chimico la presenza di una forza efficacissima nei fenomeni da esso analiz- zati, e produttrice dei medesimi, che a suo beli' agio può con molti e semplici modi procurarsi nel suo la- boratorio. Voglia m dire che per siffatto progresso co- nobbe il chimico i rapporti che passano fra il fuoco e la elettricità, e si aprì l'adito ad un vasto campo di preziose ricerche , alle quali tuttora stanno rivolte le menti degli uomini più distinti nella scienza chimica. La teorica della combustione adunque, coi fenome- ni che l'accompagnano , ha sempre servito di base ai più segnalati progressi della chimica , e forse non cesserà di servire in appresso egualmente. In ogni epoca lo sviluppo di questa scienza si è ricono- sciuto dall' impulso delle cognizioni allora possedu- Istituzioni fisico-chiwicue 03 fé riguardo al fenomeno della combustione , e si è procurato sempre accordar quelle coi fatti, e conci- liare per mezzo di esse tutta la probabilità possibile alla spiegazione dei medesimi. Lo stesso a' giorni no- stri si pratica dai più valenti fisici: e sebbene da essi non si disperi poter fornire i necessari materiali al per- fezionamento della teorica risgnardante il ;:ukletto feno- meno , pure sono ben lungi dal pretendere che i can- giamenti ora introdotti debbano essere conservati uell* avvenire senza vermi alterazione ; soprattutto se la scienza continuasse a fare dei progressi tanto rapidi , quant) sono quelli che hanno segnalato questi ultimi tempi. Il calore animale forma l'oggetto del capitolo XIV, col quale termina l'autore la prima sezione dal terzo libro delle sue istituzioni. Gli animali detti a sangue caldo , cioè i mammiferi e gli uccelli, hanno la tem- peratura interna quasi costante, e generalmente maggio- re di quella del mezzo i cui vivono; ed i pesci, ben- ché non si classifichino fra gli animali a sangue cal- do , pure hanno la temperatura un poco più. elevata di quella che ha l'acqua in cui vivono. Crawford e La- voisier, Berthollet, Gay-Lussac, Humboldt, Pronvensal, Spallanzani, Schede , Ed'.vars, Nysten e Dulong , Bi- chat, Legallois, Tillaye, Brodié, Chossat, Delarive, De- spretz, Gio. Davy e Hetulerson , Nobili, e Melloni si sonu occupati di tali ricerche , e dalle sperienxe di questi ultimi due risulta , che gì' insetti hanno aneli* essi l'interna temperatura maggiore di quella dell' am- biente, La [irincipal cagione del calor animale consi- ste nella respirazione dei medesimi. Ciò risulta dal ve^ dere, 1° che gli animali di respirazione più perfetta sono a sangue caldo: 2° che fra questi più caldi sono gli uc- celli , i quali hanno la respirazione proporzionalmente maggiore : 3J che i bruchi hanno sempre temperatura t,4 Se i i £ u più elevata delle crisalidi , e delle farfalle perfette ; avendo quelli nel tempo stesso il sistema respiratorio molto più sviluppato di queste. L'aria mentre serve alla respirazione si altera, ed una porziotie del suo ossigene combinandosi nel polmone col carbonio del sangue venoso trasforma questo in arterioso, prò - ducendo al tempo stesso il gas acido carbonico , il quale si emette con alquanta umidita ; l'altra porzione di ossigene probabilmente serve a formar dell' acqua. Che avvenga poi del nitrogene in questa operazione, an- cora è controverso ; altri lo dicono assorbito , ed al- tri esalato. Checche sia di ciò, egli è certo essere una sorgente del calor animale, il calorico sviluppato uella sintesi del gas acido carbonico , il quale secondo le sperienze di Desprelz può fornire 0,095 circa del ca- lore animale. Se poi quella parte di ossigene, che spa- risce nella respirazione, produca veramente dell' acqua, troveremo in questa seconda sintesi un' altra sorgente del calor animale ; e dagli sperimenti a questo fine isti- tuiti risulta che ad essa dovrebbe tribuirsi circa 0,296 del calore stesso. La respirazione pertanto rende plausi- bilmente conto di circa 0,99 del calore medesimo. Dun- que o negli animali oltre alla respirazione avvi un' al- tra sorgente di calore , o le due nominate sintesi ese- guite sotto l'imperio misterioso delle forze vitali sono di maggior calorico feconde. Osserva inoltre il nostro autore, che alcune piante elevano la temperatura al- lorché fioriscono , e che per alcune sperienze di Hun- ter , di Slevogt e di altri, sembra che nello stato or- dinario abbiano i vegetabili una temperatura loro pro- pria, e sensibilmente maggiore di quella dell'ambiente. Shubler è andato più oltre sopra questo argomento , ed ha dimostrato con esperienze , che la temperatura media degli alberi eguaglia la temperatura media dell' atmosfera. Istituzioni fisico-ciiimichk g5 Lo studio del calorico tanto animale quanto ve- getale, sia riguardo alla sua origine, sia riguardo ai suoi rapporti con le funzioni organiche e con le forze vi- tali, è un soggetto di somma importanza per la fisio- logia del regno organico. Sotto questo aspetto al pre- sente si occupano i sigg. Becquerel e Breschet di tale questione , al certo delle più astruse che abbia mai la fisica. E poiché i tentativi da uno di essi già fat- ti , per conoscere l'influenza chimica della elettricità sulla germinazione dei giani, e sullo sviluppo della giovane pianta, mostrarono tutte le difficolta che s'in- contrauo ricercando intorno ai fenomeni della vita, per- ciò hanno determinato i suddetti fisici seguire un' altra direzione per indagare i fenomeni stessi, cioè lo studio degli effetti calorifici. Allorquando l'elettricità , dice il sig. Becquerel, propagandosi nei corpi iucontra de- gli ostacoli capaci di rallentare il suo corso . là ove si manifestano tali ostacoli avvi produzione di calo- re ; e reciprocamente allorquando il calore si propa- ga , se incontra un ostacolo che si oppone al suo li- bero circolare, avvi separazione delle due elettricità precisamente la ove la sua propagazione è modificata. Questo rapporto fra il calorico e la elettricità è ca- gione sufficiente a istituire , come stanno praticando i nominati fisici , delle indagini sul calore animale , per quindi sparger luce sui fenomeni elettro-organici , sulla natura elettrica o chimica delle forze vitali , e sul modo particolare di agire dell' organismo. Le speri enze fin qui fatte sul calore degli animali e delle piaule sono ristrette di numero, e poco inte- ressanti. Ciò nasce dal non avere i fisici adoperato altro mezzo fuori che il termometro : il quale, 1° non può penetrare uell' interno degli organi senza la pre- via incisione dei medesimi , lo che altera non poco gli effetti calorifici tutti propri della vitalità • 2" 96 Scienze quantunque piccolo , presenta sempre una massa che deve assorbire molto calorico per mettersi in equili- brio di temperatura coti le parti ad esso contigue , le quali se non potranno ricuperare immediatamen- te il calore perduto , produrranno un abbassamento di temperatura : 3° non può accusare i cangia- menti istantanei di temperatura , poiché abbisogna di un certo tempo per equilibrarsi col mezzo ambiente, ed intanto se nascessero dei fenomeni termo-fisiolo- gici di poca durala, non sarebbero avvertiti, 4° si rende impossibile introdurlo negli organi essenziali alla vita , come nel cuore , nel polmone , nel fe- gato , nel cervello ec, nei quaii , più che negli al- tri , al fisiologo interessa conoscere come la tempe- ratura si modifichi , pel moto , per lo sviluppo delle passioni , per l'applicazione di certi agenti, ec. Pertanto i nominati fisici, ad esplorare il calore animale sotto l'aspetto indicato, si sono valsi di un ago metallico più o meno delicato, non essendovi altro mez'.o fuori di questo atto a traversare im- punemente la maggior parte degli organi animali , Hanno composto il detto ago di altri due similmen- te metallici , ma di natura diversa , aventi due estremi saldati solamente in qualche punto , e gli altri due communicanti coi fili di un eccellente moltiplicato- re. I più deboli cangiamenti di temperatura facen- do nascere nei puuti di congiungimento una corrente elettrica reagente sull' ago calamitato , lo fa deviare di un certo numero di gradi , e l'angolo di devia- zione fa couoscere la temperatura dell' ago , e per conseguenza quella del mezzo ambiente. Le precauzioni prese nella esecuzione di siffatte sperienze sono le seguenti. Affinchè l'ago metallico, de- stinato a ricevere la temperatura del mezzo in cui veni- va introdotto, cedesse il meno possibile del ricevuto ca- Istituzioni fisico chimiche 1)7 lorico al resto dell'apparato, e indichi perciò la temperatura più prossima alla vera , si è dato all' ago medesimo il più piccolo diametro che si poteva. Si è adoperato uu moltiplicatore di tale sensibilità, che saldando gli estremi dei reofori coti quelli di un filo di ferro, la differenza di temperatura di 1° C. fra una saldatura e l'altra, faceva deviare l'ago calamitato di un grado. Gli aghi adoperati furono di due specie : i più semplici formati di due altri , uno di platino , o rame , l'altro di acciaro , saldati in uno degli estre- mi nel senso della loro lunghezza , ciascuno avente un mezzo millimetro di diametro, ed un decimetro di lunghezza al meno. La forma di questi aghi esige che si trapassi la parte dell'animale: ma vi sono dei casi nei quali ciò non può eseguirsi , come trattandosi di sperimentare la temperatura dell' esofago , dello stomaco , del tubo intestinale , ec. In tali casi furono adoperati degli aghi formati di due parti longitudi- nali , una di platino o rame , l'altra di acciaro , terminate ambedue in punta , ed ivi saldate sopra l'estensione di una linea , e separati da membra- na isolante e resistente. Le due estremità libere di questi aghi furono messe in comunicazione col molti- plicatore. Siccome la corrente agisce con tanta maggior for- za quanto è minore l'angolo di deviazione dell' ago calamitato, cosi prima di cominciare l'esperienze si è procurato che l'ago stesso avesse tal posizione , da pro- durre il massimo effetto. Senza di ciò sarebbe im- possibile osservare le piccole differenze ncll' inten- sità della corrente, attesoché più la deviazione è con- siderabile , più la corrente agisce obliquamente siili* ago , e meno questa deviazione aumenta per l'effetto di uu accrescimento d'intensità. G.A.T.LXVII. 7 93 S C 1 E M % E Per evitare che le parti dell' ago non immerse si raffreddino nell' aria, si sono coperte di una vagina di lana. Ma ciò non basta quando la temperatura dell' aria è sotto i 10' C. ; dal che deriva la necessita di sperimentare in un mezzo, in cui la temperatura sia per lo meno di 15.° G. I/ago dovendo essere separato sovente dal filo del moltiplicatore , si e preso l'espediente di terminare in spirale a bastanza stretta i due estremi del filo me- desimo, giacche a questo modo l'ago può essere con- giunto e separato dal filo con molla speditezza, intro^ ducendo ed estraendo dalla spirale l'estremità dell' ago stesso. Si é avuta l'attenzione di non diminuire giam- mai la lunghezza dei fili , affinchè a deviazioni eguali sempre corrispondessero delle correnti eguali in in- tensità. Tutte le volte che si è operato con diversi aghi , si è avuta sempre la precauzione di assicurarsi che i medesimi fossero stati costrutti con metalli provenien- ti dal medesimo pezzo , giacche la menoma etero- gcuita basterebbe per modificare gli effetti termo-elet- trici. Con questi mezzi e con queste precauzioni hanno i nominati fisici sperimentato il calore in diverse parli del corpo di parecchi animali ; però i metodi per ese- guire siffatte sperienze, riportati nella citata memo- ria , sono tre , 1' ultimo dei quali è quello seguito da issi. Gol primo di siffatti metodi s'introduce uno degli aghi descritti nella parte del corpo , di cui si vuole sperimentare il calore, collocandone la saldatura nel mezzo stesso , e mettendo poscia le sue estremità in comunicazione con quelle del filo del moltipli- catore . Operando con aghi di platino e acciaio , saranno platino e rame , acciaro e rame i putiti di Istituzioni fisico -chimiche 99 congiunzione coi reofori : operando con aghi di accia- ro e rame, i punti medesimi saranno acciaro e rame. Questi congiungimenti sono immersi nel ghiaccio fon- dente , affinchè sia costante la temperatura loro ; e l'ago calamitato devia in ragione della differenza di temperatura fra quella della parte esplorata e Io zero. Appena l'ago si fissa, si ritira l'altro dalla parte esplorata , e se ne immerge la saldatura in un bagno d'acqua di temperatura tanto elevata , da produrre una deviazione maggiore di qualche grado rispetto a quella precedentemente ottenuta. Si lascia raffreddar l'acqua len- tamente, e si determina mediante un eccellente termo- metro la temperatura in cui la deviazione dell' ago cor- risponde a quella già ottenuta : e questa sarà la tem- peratura cercata del mezzo in cui trovavasi prima la saldatura ; infatti essa produce il medssimo effetto ter- mo-elettrico. Questo metodo di sperimentare si riconosce dai nominati fisici molto semplice : ma fanno essi nel tem- po stesso riflettere, che ha l'inconveniente di esigere Fi ni piego del ghiacco , per lo che si rende impra- ticabile in molte località; inoltre fornisce risultamenli di un mezzo grado circa , precisione che non è suf- ficiente in molti casi. Tal difetto di sensibilità pro- cede dalla troppo grande differenza fra le temperatu- re delle due saldature. Il secondo metodo indicato dai suddetti fisici con- siste nel diminuire questa eccessiva differenza. Pro- pongono essi perciò di operare con due aghi simili, riuniti con un filo di ferro , collocando le due salda- ture in due parti differenti del corpo animale , una delle quali abbia cognita la temperatura. Però questo metodo ha l'inconveniente di produr- re degli effetti elettro-chimici, che turbano per modo 7* 1 00 S C I E N i E j risultamenti , da ingannare facilmente coloro die non li sanno distinguere dagli effetti termo-elettrici. Si evi- tano per verità gli effetti elettro-chimici, mantenendo una delle saldature nella bocca di qualche persona , mentre l'altra è portata successivamente nei luoghi che si vogliono esplorare. Però colui che prestasi a ciò deve abituarsi a respirare pel naso , per non introdurre dell' aria fredd.» nella bocca , e deve badare che la saldatura non cangi di posto. Inoltre siccome la tem- peratura della bocca è soggetta continuamente a va- riazioni , è necessario determinarla di tempo in tem- po con un eccellente termometro, che indichi la quin- ta parte del grado. Avvi però un modo per verifi- care i risultamenti che si ottengono con siffatto me- todo , ed è di operare all' inverso , cioè collocando la saldatura dell'ago in contatto con la bocca, nella parte di cui si cerca la temperatura. Se i risulta- menti sono i medesimi, si è certi della loro esattez- za ; se no , deve cercarsi donde provenga la diffe- renza, fino a tanto che non si giunga alla eguaglianza ricercata. I metodi ora da noi brevemente riferiti non sono quelli adoperati dai fisici suddetti, sebbene da essi analiz- zati e discussi nella citata memoria. I medesimi da que- sti , e da' molti tentativi fatti sul proposito, ne hanno dedotto uno , che più acconcio di tutti si presenta per l'esperienze di cui parliamo. Questo consiste nel procurarsi mediante un op- portuno apparato dell'acqua mantenuta costantemente alla medesima temperatura , per es. a 36.° G. , quando trattisi di sperimentare sui mammiferi. In questo ba- gno s'introduce uno dei due aghi per modo, che la sua saldatura sia nel medesimo immersa : l'altro ago poi s'introduce, come si è detto, nel muscolo sul quale si vuole^sperimentare, e gli estremi di questo sono messi IsTITU IONI FISICO- Ch [MICHE 101 in comunicazione coi .fili del moltiplicatore. Per co- struite poi la tavola delle temperature che deve ser- vire di guida nella interpetrazione dei risultamene ot- tenuti con questo processo , suppongasi che la tempe- ratura di una delle saldature sia mantenuta a 36°; s'im- merge l'altra saldatura in un vaso d'acqua , la tempe- ratura della quale si fa variare da 30' p. e. sino a 45', volendo sperimentare sopra tutti i mammiferi: e si noia in ciascun caso la deviazione corrispondente dell'ago magnetico del moltiplicatore. L'assieme di queste os- servazioni basta per far conoscere a colpo d'occhio Ja temperatura corrispondente ad una deviazione data, e per interpetrare subito i risultamenti di siffatte spe- rienze. Le conseguenze, alle quali sono stati condotti i nominati fisici per siffatto modo di sperimentare, sono le seguenti. Primieramente ad essi è sembralo che la presenza degli aghi nei muscoli e nelle altre parti del corpo non modifichino sensibilmente la loro temperatu- ra ; e ciò perchè gli aghi nel!' introdursi spostano so- lamente le parti, senza produrre in esse alcun disordine capace di turbare il tessuto organico. Secondariamente hanno essi trovata una differenza notabile fra la tempe- ratura dei muscoli e quella del tessuto cellulare nell'uo- mo e negli altri animali, che sembra dipendere dalla tem- peratura esteriore, e dalla maniera di vestire dell'in- dividuo. Questa differenza nel!' uomo varia da 2 ,'25 a 1°,25 in favore dei muscoli. In terzo luogo la tem- peratura dei muscoli di tre giovani di 20 anni si h trovata di 36°, 77, che è il medio fra i risultamenti adottati da parecchi fisici e fisiologi per la tempera- tura media del corpo umano. In quarto luogo si è conosciuto che la temperatura dei muscoli prova dei cangiamenti notabili in ragione dello stato di sanità, e si aumenta per le contrazioni, pel movimento , e per 102 S C I K W Z E la pressione , ed iti generale per tutto ciò che serve a determinare un afflusso di sangue. Per lo contrario la compressione di un' arteria diminuisce la tempera- tura dei muscoli situati al di la del vaso adiacente I uominati fisici dopo aver esposto questi principali risultamene, e vari altri secondari, che per brevità tra- lasciamo , terminano questa prima memoria sul calo- re animale, promettendo di esaminare in un' altra, se e come il sistema nervoso influisca nella variazione di temperatura dei muscoli , e qual sia la tempera- tura del sangue arterioso e venoso , e di varie parti del corpo dell' uomo , e di altri animali non trovate in istato normale ; e tutto ciò con la veduta di portare qualche giudizio sul modo, col quale dallo stato patologico del corpo animale viene modificato il calor proprio di ciascuna sua parte. Noi rimania- mo in aspettazione dell' adempimento di tali promes- se, per continuare il presente transunto sopra un sog- getto, al certo fra quelli che hanno più stretto rap- porto coi fenomeni della vita. Ci auguriamo poter ciò fare nel V articolo sulle istituzioni che formano lo scopo primario di questi nostri ragionamenti, e che al tempo stesso ne porgono l'occasione di entrare in va- rie fisiche disamine , per alternare con esse la esposi- zione delle teoriche proprie alle istituzioni medesime. Paolo Volpiceli.*. Statistica della litotomìa eseguita Col taglio latera- le ed obliquo in basso al collo della vescica , per quindici anni nel gabinetto di litotomia dell'ospe- dale degf incurabili, e per due anni neU ospeda- le di santa Maria di Loreto. {Articolo estratto dal Tom. IX negli Annali civili del regno di Napoli scritti sotto la direzione del reale ministero del* t interno. ) JL/a medicina , lenta ne' suoi avanzamenti , dubbia ne* suoi passi, si giova di tutte le umane dottrine per chia- rire in parte le tenebre fra le quali spesso si avvol- ge. E negli ultimi tempi meglio che mai confortava- si della chimica , dell'anatomia patologica e del cal- colo delle probabilità , di che avvalevasi a rendere in qualche maniera men difficile l'interpretazione de' se- greti della natura. Ma l'umano ingegno , inchinevole per indole a non rispettare i confini naturali delle co- se , sovente ne abusa , e vaga ne' campi dell'imma-1 ginazione. Però l'arte di guarire era minacciata d'iu^ dietreggiare fin da' tempi di Paracelso per la chimi* ca che chiamava in soccorso ; e di smarrire il dritta cammino, e di prender sovente le cagioni per gli ef- fetti , troppo e malamente confidandosi all'anatomia che, meglio consultata , poteva esserle di guida sicura ; e d'incespicare fra gli errori e le stranezze per l'appli- cazione del calcolo delle probabilità , mercè del quale troppo leggermente crede veder tutto e sempre con matematica chiarezza. Infinite e cospiranti esser debbono le condizio- ni, perchè la statistica applicata alla medicina possa di- \0\ S C l E TC Z E venir seme che frutti i vantaggi che tic ha tratto fa civile economia. Non ha guari , a proposito della dop- pia statistica della litotomia e della litotrizia , di che il Giviale presentava l'accademia delle scienze dell'in- stituto di Francia, il signor Doublé andava ad una ad una enumerando tali condizioni e la difficolta di po- terle conseguire in medicina. A noi pare nondimeno, che l'illustre accademico francese avesse trascurata la cagione precipua, dalla quale uopo è ripetere il poco profìtto che le scien ze mediche traggono dall'applica- zione del calcolo delle probabilità. Questa cagione sta in ciò che troppo estesamente sonosi abbracciati i fat- ti medici , alcune volte conghietturali , altre volte dif- ferenti per cagio ni accidentali , e sempre diversi per età, per sesso , per temperamento , per organismo , per abi- tudine , per modo di vivere , e poi per le influenze esteriori e comuni del clima , delle stagioni , de' luo- ghi dove si vive, e del potere che esercitano la mo- rale , la religione e le condizioni civili del secolo ; laonde sono modificati in maniera, che non si posso- no per la loro diversità unire insieme e farne l'addi- zione senza il pericolo di grave errare. Risulta da tutto ciò , che per ottenere una sta- tistica vantaggiosamente applicata alla medicina, è duopo dividere i fatti , attentamente ordinarli per i punti più prossimi di analogia , ed escludere da' computi ogni cifra eterogenea. In tal modo egli è vero che non più si possono avere quelle verità generali, dietro le quali corre indarno e senza prò si affatica la scienza medi- ca ; ma si può conseguire almeno un certo numero Ji verità parziali , che potrà considerarsi come un tesoro per l'utile applicazione che può farsene nella cura de' mali. Forti di siffatta condizione , noi presentiamo il pubblico della statistica della litotomia degli ospeda- Litotomia 105 H civili in Napoli , la quale poggiando i suoi com- puti sopra cifre di fatti , essendo pubblici, autentici, ufficiali , sono tali da escludere anche il sospetto che errori venissero a congiungersi agli errori che taluno crede inseparabili dalla natura. Fin dalla fondazione dell'ospedale degl' incurabi- li venne stabilita una sala espressamente per coloro che soffrono la pietra nella vescica orinarla , ed alla medesima fu annesso un gabinetto , in mezzo al qua- le era un talamo operatorio su cui ponevano gì in- fermi nel momento di subire l'operazione. ISella sala nondimeno ab antico era vietato l'ingresso alla gioven- tù ed al pubblico , ed i chirurgi vi operavano a por- te chiuse. Al cavaliere Viveri'- io , che nel 1790 ne di- venne direttore , devesi la gloria di avere distrutto un uso tanto ignominioso : e fin d'allora all'una ed all'al- tra estremità del letto operatorio si costruirono de' se- dili graduati , su' quali adagiasi la gioventù studiosa che viene ad assistervi. Il talamo ha una doppia incli- nazione per potersi operare egualmente bene dall'una e dall'altra parte, e dar campo alla doppia ala di gio- vani di bene osservare. In tal modo , da nove lustri , in pari tempo questo gabinetto serve al vantaggio degl'infermi ed alla istruzione della gioventù , la qua- le di buon'ora si addestra ad una operazione dalla scuola napoletana tanto semplificata e perfezionata, da aspirare ragionevolmente al primato. Altra volta al gabinetto presedeva un direttore, il quale eseguiva ciò che ora vieti praticato da una com- missione direttrice. Il Polirò, il Ferrara, il Vivenzio, I'Araantea , il Penza , il Boccanera , tutti valentissi- mi suggetti e della chirurgia patria benemeriti , oc- cuparono successivamente il posto di direttore : ed ora la commissione è composta da' signori Cattolica , Pc- trunti, Lauritano e Galbiati , a' quali è aggiunto il 40G Scienze professore Grillo per consulente onorario , ed il dot - tor Gastellacci per segretario. Suo particolare incari- co è quello di osservare gl'infermi che si presentatili, esplorarli per riconoscere l'esistenza della pietra e , ciò verificato , ammetterli nella sala , la quale è pub- blica ed aperta a chi psr istruzione o per curiosità si presenti. Le operazioni non si eseguono in tutto il còrso dell'anno. Dappoiché l'esperienza ha provato, che tut- te le ferite che si fanno sopra corpo infermo , menati- si più facilmente e prontamente a guarigione nelle sra- gioni temperale di primavera a di autunno, anziché ne' forti calori o ne' freddi intensi. E poiché il ma- le della pietra è tale, che può soffrire una certa di- lazione senza grave danno, però ne' soli mesi di aprile e maggio , di settembre ed ottobre , eseguonsi le ope- razioni di litotomia. Ove si presentino casi che non ammettano dilazione, sono gli infermi sottoposti al- l'operazione in ogni stagione nelle altre sale , ma non mai al loro primo arrivo all'ospedale. Chiamasi fra noi preparare V infermo una cura diretta ad allontanare tutte le complicazioni del male, a scemare per quanto è possibile le sofferenze che dep- rivano dall' esistenza del corpo estraneo in vescica , a disporre la macchina in condizioni favorevoli all'o- perazione. Comunque queste pratiche sieno a cura del- la commissione , esse affìdansi per l'esecuzione al chi- rurgo eletto per ogni ammalato. Serve ciò da una par- te a familiarizzare l'operatore nell'esplorazione di quan- to riguarda l'infermo , ed a conciliare in questo una speciale fiducia in chi deve salvarlo. Tutto ciò of- fre ancora l'opportunità, di rilevare lo stato anamne- stico dell'ammalato , e preparare più solidi materiali alla storia clinica ed alla statistica. Dopo ciò sono gl'infermi sottoposti all'operazione, Litotomìa 107 ect 11 metodo nella generalità è uniforme , cioè il la* ter ale ed obliquo in basso al collo della vescica , meno qualche lieve modificazione richiesta da condizioni di eccezione. Tal metodo vien detto , in chirurgia , del Maureau : ma il dottore Cianflone crede che meglio si direbbe napoletano ( Annoi, din. degf ii%- curab.) : imperocché i chirurgi nostri , eseguendolo da secoli e senza interruzione, l'hanno spogliato di ogni rozzezza nella meccanica operativa , e tanto col mo- dificare la forma degli antichi strumenti , quanto col minorarne il numero, l'hanno in modo resa sempli- ce e spedita , che della morte di qualche operato devesi meno accagionare il metodo , che gli acci- denti , i quali spesso travolgono l'esito delle ope- razioni ancor più. semplici e comunali. Non credasi nondimeno che la coro missione ri- cusi di adoperare altri rnezz i , ove se ne presenti il bisogno. Non ha guari avendo ricono sciuto per l'esplorazione the un infermo portava una pietra di si ampio volume , da non potersi estrarre per mez- zo del taglio laterale , si decise di usare il taglio ipo- gastrico : grande apparecchio , abantico usato in chi- rurgia , e testé bellamente perfezionato e chiarito in Parigi , per cura di un nostro concittadino ed allie- vo della nostra scuola , il dottore Rognetta da Reg- gio. E poiché l'infermo, in seguito delle lunghe e gravi sofferenze della pietra , trapassò prima di aver- si potuto sottoporre al coltel lo chirurgico , ad istru- zione della gioventù ed a conferma della dignostica che se n' era fatta , il professore Petrunti con singo- lare sveltezza ne esegui l'operazione nel cadavere. Ne tutti i chirurgi dell' ospedale sono indistin- tamente adoperati a tal' opera , ma quelli soli che nari dato costante e ferma prova della loro destrezza nel- l'eseguirla. E taluno può esserne escluso dopo , se 108 Scienze l'esperienza mostri che il fatto non corrisponda alle concepule speranze. Queste discipline rendono veri sempre e però de- gnissimi di fede i documenti statistici raccolti in Na- poli sopra tale operazione. Non solo i fatti sono pub- blici ed autentici , ma riguardano altresì ad un so- lo e particolare metodo , e quindi il computo si compone di cifre omogenee ed uniformi . Né , per quanto sappiamo , siffatte condizioni si verificano per altra statistica analoga : imperocché quelle ese- guite in altri paesi dell' Europa o del Nuovo Mon- do appartengono ad operazioni fatte in uno o in più ospedali , secondo se ne presentava 1* opportunità , e con metodi differenti , come la mano che operava ; o pure contengono fatti raccolti da qualche clinica par- ticolare, ed alterati dalle passioni dell'operatore. Osia- mo quindi affermare , che solo la statistica nostra ab- bia tutte le condizioni richieste da una severa esattez- za. E' solo da lamentare che la sonnacchiosa indolen- za de' chirurgi anteriori avesse trascurato di serbar- ne nota ne' registri dell' ospedale , in modo che tut- ti i casi fossero sempre indicati con le osservazioni che sono indispensabili per formare una compiuta sta- tistica. Fu il professore Boccanera (1) il primo che nel 1821 cominciò a dettare la storia di tutte le ope- razioni, e dopo un decennio ne presentò lo specchio al governo dell' ospedale, che conserva quelle carte nel suo archivio, e nel 1831 ne diede notizia al Gi- viale , che ne faceva l'inchiesta. (i) Il Boccanera di Lionessa in Abruzzo , diocesi di Rieti, fu allievo, prima di domiciliarsi in Napoli, della scuola romana. llcompilat. dell' arcadico. Litotomia 109 Dal 1831 vari altri proseguirono a raccogliere gli stessi elementi , de' quali le notizie parziali ve- nivano ancor pubblicate in un giornale , come nel principio del 1833 lo furono anche nei nostro Fi- liatre : e dopo noi presentavamo in Napoli al pro- fessore Dupuytreu , che sinceramente ammirava le co- se nostre , e spedivamo in Parigi al cl)i;uissimo dot- tore Jules Guèrin , che ne faceva ricerca , gli ele- menti statistici di 13 anni , che si pubblicavano nel tempo stesso in un giornale francese ( Gazzette mèdi' cale de Paris) e nel nostro Filiatre-Sebezio , e da- vamo occasione ad una polemica che sostenemmo col Civiale , non senza alcun fruito per la scienza e l'onore del nostro paese. Da allora in poi noi continuammo a da- re io ogni stagione la statistica delle rispettive opera- zioni : ed allorché in giugno 18^4 aprivasi un nuo- vo, magnifico e bello ospedale, sotto il titolo di S. Ma- ria di Loreto , unimmo agli elementi statistici raccolti nel gabinetto di litotomia dell'ospedale degl'incura- bili quelli che avevansi nel novello ospedale. Di tali elementi camponesi la tavola statistica che amiamo nuo- vamente pubblicare con la giunta di qualche nostra considerazione. 110 S e i lì « Z E ^zaMBB \ Pro- EPOCA OPERATI RIUSCITA ETÀ por- dell' operazione 1 zione de' morti I in- vec- uo- don- gua- mor- fan- Viri- chiez- sugli operali Anno . 1821 mini 27 ne riti 20 ti zia lità _!a_ 4 4 12 11 i-T 1822 28 26 2 12 12 4 i823 33 1 ói 3 H ii> 5 1824 -*— 1825 35 2 32 5 i5 16 6 3o 14 2b 4 i4 i5 1 1826 35 2 32 b J7 18 2 1827 1828 18 I 12 7 7 9 3 « 25 „ 19 6 IO *4 1 & — — 1829 35 1 Si i> 16 18 2 i83o ( iS3i 32 3i 3 1 29 3o t> 2 i5 J7 *7 12 3 3 O i832 22 17 5 »4 6 2 | i833 38 1 33 6 23 10 6 a r 1834 37 1 04 i3 5 18 i3 16 5 Primavera i835 i3 1 1 1 >> Autunno i835 24 463 >> 2l ò 16 3 5 Ii5 v/ -■*%. . 1 7* U09 69 a33 i93 52 Qui è duopo notare : 1." Le donne, che fan parte della statistica, sono- si tutte salvate. 2.° Negli anni 1827 e 182S si osservò nella cit- ta intera una influenza epidemica di affezioni ga- striche e verminose , le quali non solo menarono a morte moltissimi fra la intera popolazione , ma altre- sì vennero sventuratamente a rendere sempre men feli- ce il successo delle operazioni di litotomia , per mo- do che la popolazione de' morti sugli operati fu stra- ordinaria oltre il consueto. 3.° Le complicazioni sono slate le emorragie , Litotomia 111 primitive o secondarie : le quali avvennero nella pro- porzione di circa 15 sopra 1 00 operati. In niun ca- so la morte fu conseguenza immediata dell' emorragia. Tutto al più quell'incidente fece più o meno diffici- le la cura degli operati. Rare volte l'emorragie furono si profuse da ricercare l'applicazione di un cannolato di gomma elastica sul tragitto della ferita, < d ancor più raramente fu necessario usare la compressione col di- to. Nel più de' casi bastò l'uso della torunda bagna- ta nell'aceto , sostenuta con fascia a doppia T , e l'ap- plicazione della neve sul pube. Le emorragie sono derivate quasi sempre dalla recisione dell' arteria del setto. 4.° Sul predetto numero si contano dieci indivi- dui operati due volte , ed altri tre operati per tre vol- te consecutive , ed in quasi tulli l'esito fu felice. In niuno de' casi potè aversi sospetto che la pietra fos- se io vescica nella primi operazione , ma sempre si eb- bero prove di novella riproduzione. La seconda ope- razione in niuno si esegui fra lo spazio di tempo mi- nore di anni due : uno ne conosciamo operato tre volte in quattro anni. 5.° In tutti coloro, in cui la pietra erasi gene- rata spontanea , la guarigione si è osservata più fa- cile , e rari ne sono stati gli accidenti consecutivi. Non cosi in coloro in cui la pietra erasi formata die- tro l'accidentale caduta di uu corpo estraneo nella ve- scica. In questi più stentata e lenta è stata la guari- gione, e talora gì* infermi ne han conservato incomodi permanenti. G.° Il tempo decorso per la guarigione può fis- sarsi per termine medio a 18 giorni, hi pochi ha ol- trepassato un mese : e contasi anche qualche caso in cui la guarigione fu compiuta in una settimana , in- nestandosi la ferita per prima intenzione. 1 1 2 Scienze 7.° Il minimo di tempo, da che aveano data le sofferenze della pietra, è di circa tre mesi , il medio può assegnarsi ad uà anno. Vi sono stali peraltro alcu- ni , ì quali comunque operati in età adulta , tuttavia aveano cominciato dalla prima loro età a patire gl'in- comodi della pietra. 8.° L'età , in cui questo male mostrasi più fre- quentemente , è la fanciullezza. La metà circa degli operati non oltrepassa i 15 anni , e pochi eccedono i 40 anni. La mancanza di notizie autentiche non per- mette di decidere se avviene per lutto la stessa cosa, o debbesi al nostro clima , al modo di vivere , alle nostre acque ed alle nostre abitudini. 9.° Le malattie consecutive alla operazione si ri- ducono a tre principali; 1.° all'incontinenza dell'ori- na ; 2.* alle fistole orinane ; 3,° alla stranguria. I ca- si di tali malattie si restringono a piccolissimo nu- mero. Noi non possiamo dare i particolari che de' so - li ultimi cinque anni , ne' quali sopra 170 operati si sono avuti due casi d'incompiuta incontinenza di ori- na, e de' quali non si è avuta di poi notizia , né si conosce se la malattia sia rimasta incurabile con tutti i sussidi che V arte può somministrare. Due altri casi conosciamo di fistole orinarle divenute irreparabili, ed in quattro o cinque altri casi n'è avvenuto osserva- re che, lungo tempo dopo l'operazione, ed ancor do- po anni , l'orina accumulatasi fino ad un dato pun- to nella vescica , vi sveglia un dolore spasmodico , che obbliga l'individuo ad emetterla tosto e con un sen- timento doloroso. Tale grave incomodo in molti si è andato affievolendo , e quindi è compiutamente cessato con la età, come per esempio avvenne nel figlio del* l'ottimo chirurgo Melchiorre Imbimbo di Ariano. 10.° La pietra semplice si è estratta in otto decimi di casi. Essa si è trovata piccola quasi nella metà de' sug- Litotomia 1)3 getti, dal volume di una mandorla a quello di una noce in due terzi dell'altra meta, e nel resto si è estratta gran- dissima. La massima finora estratta è del peso di once undici e mezzo , e di un pollice e mezzo di estensio- ne nel diametro minore. Essa conservasi nel gabinet- to di anatomia patologica de' signori Sorrentino e Ra- maglia , e fu estralta dal dott. Rispoli in uomodifjl a imi , che ancor vive. Circa una meta di esse sono- si trovate scabre e bernoccolute. Riguardo alla com- posizione chimica, predominano gli urati. Sono vari anni dacché tutte le pietre , col nome di chi la por- tava , si conservano in un armadio del gabinetto di litotomia. 11." Le cagioni della mortalità si riferiscono , per due terzi , ad infiammazione della vescica , del perito- neo o di altri visceri contenuti nell'addome ; e per il rimanente a felibri gastriche-verminose, a febbri tifoidi, ed a malattie anteriori all'epoca dell'operazione. Si con- tano due casi di morti per perforamento della vescica per poca sveltezza degli operatori , ed altrettanti per iscollamento della vescica , essendosi operato con la tanaglia fra quest'organo e l'intestino retto. In tali ca- si la colpa non fu del metodo, ma della mano che lo praticava. 12.° L'autopsia cadaverica fece rinvenire i seguen- ti guasti organici: 1.° Iperemie di vario grado nella vescica , nel pe- ritoneo , ne' reni ed in altri visceri ; corruzione del- la ferita ; suppurazione della mucosa vescicale o de' reni ; mollificamento di questi ; infiltramenti orinosi nella cellulosa che circondava la ferita; tracce di sfaci- mento ne' medesi mi luoglii. 2.° In molti casi di febbri verminose ed anc'ie tifoidi , si è trovato il tubo gastro -enterico ingombro G.A.T.LXVII. 8 114 8 e r k - n* >. 1 1 ■ di enlozoi , i centri nervosi mostranti tracce di flo- gosi , la ferita o nello stato di lodevole suppurazio- ne , o anche di un'apparenza anemica. 3.° In alcuni individui , morti due o tre gior- ni dopo l'operazione , e ne' quali il processo della flogosi non avea potuto subire le sue fasi , i reni si sono trovati o compiutamente suppurati , o ammol- liti , o con le pelvi renali astratte da' gran numero dì calcoletti. 4-.° Altri trapassati molto tempo dopo l'operazione, da 20 a 40 giorni , bau presentato La traode della ta- be , o della tisi tubercolosa preesistenti all' opera- zione. 5.° Finalmente si sono trovate tracce di malattie an- tiche , come Io scirro di una parte più o men vasta della vescica o del suo collo; tubercoli adiposi gros- si ed addossati alla pietra ; ipertrofia della mucosa della prostata , ec. Risulla da ciò, che solo i primi sono morti per la operazione ; per i secondi l'operazione tutto al più è stata una concausa della morte : uelle tre altre clas- si gì' individui sono evidentemente trapassati per ma - latlie anteriori. 14. ° Giova qui notare che , per una opinione ma- lamente radicata nell'animo del nostro popolo , i soc- corsi dell'ospedale diraandansi solo da chi sia nella mag- giore miseria , e non abbia come farsi operare nella propria casa. Però gì' infermi arrivano in malissimo condizioni per le sofferenze ad essi cagionate dalla pie- tra, ed aumentate da' la povertà. Kcco perchè la sta- tistica della citta pi esenta risul lamenti lungamente più favorevoli di quelli dell'ospedale. 15,° E' d'uopo finalmente osservare, che un ter- zo solo degli operali appartiene alla citta di Napoli; mentre che gli ai t ri accorrono dalle vicine province Litotomia 1 f 5 ordinariamente ridotti in pessime condizioni di sa- lute. Tal'è la statistica di quindici anni , tali i par- ticolari delle 4?8 operazioni di pietra esegui te negli ospedali di Napoli , delle quali 1,3 appartengono ali* ospedale di S. Maria di Loreto con la morte di un solo. Noi possiamo dare la più solenne garantia della fedeltà con che furono notate le cose delle quali facemmo parola. Tocca a'dotti professori dell'Europa intera de- terminare quanto possa essere per noi gloriosa la sto- ria, della quale abbiamo con somma diligenza raccol- ti gli elementi. Giova ripetere , che in niun paese potranno mai aversi registri che facciano tanta fede quanto quelli de' nostri ospedali. Altrove , e noi ne siamo testimoni oculari , mancando un particolar ga- binetto unicamente addetto al taglio della pietra , le operazioni ed i loro risultamene sono quasi perduti e nascosti nelle sale comuni, e spesso nel luogo me- desimo vedesi quivi adoperare il taglio la/erali:zatot cola il bilaterale , altrove l'alto -apparecchio , o il ta- glio retto-vescicale, o il piccolo apparecchio di Celso. E come può aversi una statistica complessiva in tan- ta incertezza e varietà di elementi ? E pure non ha guari il signor Cimale si è av- visalo di presentare all' accademia di Parigi una sta- tistica comparativa che parte da cosiffatti documenti. licitiate, a cui la chirurgia riconoscente applaude per avere il primo praticata sul vivente la litotrizia , ha concepito l'idea di formare una triplice divisione de'me- todi adoperati per liberare l'uomo dalla pietra vessi- cale. Primo metodo. Di sciogliere i calcoli nella ve- scica , per mezzo de' litontritici diretti o indiretti, generali o locali. 8* 1 I 6 • S C I 1£ N i H Secondo metodo. Di estrarre la pietra con ope- razioni cruente , per mezzo di strumenti taglienti. Terzo metodo. Di estrarre la pietra a traverso del canale dell'uretra , senza niuna incisione , e con l'aiu- to dello stritolamento meccanico. Il Civiale , non tenendo alcun conto del primo metodo, ^istituisce il suo paragone unicamente fra il secondo ed il terzo : e per far ciò, ha raccolto dal- l'Europa intera vari documenti statistici sulla litoto- mia. Nondimeno siccome alcuni di questi non sem- bravangli abbastanza autentici, gli ha taciuti , conser- vando solo quelli che non presentavano dubbi : fra' quali van comprese le operazioni notate nella statisti- ca di Napoli. Questi ultimi appartengono a 5,715 ope- razioni , sulle quali si contano 1141 morti , 4473 gua- rigioni , e ad un centinaio di malattie consecutive. Inol- tre riflette egli che , sebbene la mela di tali sug- getti contasse un' età minore di anni 14, tuttavia si ha la proporzione di un morto sopra cinque inferrai. D' altra parte contrappone a tali cifre quelle del- la litotrizia , che ascendono a 257 tutti adulti , su' quali sono morti appena sei , vale a dire uno so- pra 42 infermi. Io onore della verità dobbiamo noi osservare che questa seconda parte , ossia la statistica propria del Civiale , non presenta esatti documenti. L' accademia delle scienze di Parigi avea verificato , per mezzo di dotti fedeli e diligenti accademici a ciò deputati , che la mortalità degl' individui sottoposti alla litotrizia era assai maggiore di quanto vorrebbe farla credere il Ci' viale : imperocché raccolsero quelli solenni documen- ti acconci a provare che la mortalità fu nulla meno di uno sopra quattro operati. Ma se la seconda posizione de' computi del Q- yiale e lontana dalla verità , no» lo b meno la pri^ LltOTOMf A \ 17 ma , la quale , quando si volesse ammettete per esatj ta , non potrebbe negarsi che Contenga elementi etero- genei. Ed e forse giusto die il Civiale abbracci sot- to la categoria di secondo metodo tutte le operazio- ni che si eseguono col taglio , ossia per dieresi ? E che altro lian di comune gli svariati metodi cruenti fra loro , se non che tutti si eseguono per mezzo di strumenti taglienti ? Può forse confondersi l'alto ap- parecchio col taglio I a tera lizzata , e questo col ret- to-vescicale, Col bilaterale , ec? E ciascuno di tali raej lodi non presenta svariati risultamenti, secondo le di- verse modifiche fatte nelle diverse scuole Cerusiche ? Erroneamente adunque si fa addizione di cifre co- si eterogenee ; e si avrà dritto di formare una stati- stica comparativa, solo quando si avranno raccolti do- cumenti uffiziali ed esatti per ciascun metodo io par- ticolare , in ogni ospedale ed in ogni paese. E sic- come finora non si è proceduto per gli altri metodi nel modo stesso che si è fatto in Napoli per il late- ralizzato , questo solo può vantare l'appoggio dell'es- perienza , e per gli altri si deve riguardare il passalo come non avvenuto, ricominciar da Capo le osserva-1 zioni , ed attendere che un numero sufficiente di an- ni venga a dare risultamenti genuini ed esatti. Tale ragione appunto, e la costante riuscita del suo metodo, induce la scuola cerusica napoletana a guar- dare con Una Certa ritrosia ogni proposta di novità, non ancora confortata del suggello dell'esperienza. E quando non guari i signori f^elpeail e Sanson , citan- do anche la nostra statistica come esatta , sosteneva- no in seno all' accademia reale di medicina di Pa- rigi (1), che la litotomia dovesse tenersi per il me- (xì Dottissima e del massimo interessamento fu la ve!.** 118 SciiitfzE todo generale, e la litotrizia per un semplice metodo di eccezione, e suscitavasi perciò grave ed aspra discus- sione fra' dotti di quell'illustre concesso; la più par- te de' nostri chirurgi si faceva a dire elio tal quistione non sarebbesi agitata , ove i fatti relativi agli altri me- todi si fossero osservati con la diligenza , la fedeltà a la costanza con die sonosi raccolti numerosi fat- ti negli ospedali di Napoli. Si aggiunga a tal ragione , che i pochi casi ? che i nostri chirurgi hanno avuto occasione di osservare riguardo alla litotrizia , non furono tali da far loro concepire favorevole idea di quell'operazione. Talu- ni di essi vollero ancora sperimentare su' cadaveri gli strumenti di Civiale, di Heurtloup e di Jacobson , che si conservano negli armadi dell' ospedale: e le dif- ficolta che incontravate nel prendere e frangere o tri- lare la pietra , la lungheria e la iterata ripetizione del- l'opera , le confricazioni che producevansi nella vesci- ca , lo stato forzato in che lenevansi le parti per gli strumenti rettilinei , la facilita di rimanere in vesci- zione del Velpeau, siccome Acon un estratto tolto dal F il/a tre fu in queste carte registrato. Ciò che poi ha richiamato , e riscossa l'universale attenzione si è la meditata sentenza del dotto con- sesso dell'accademia reale di medicina di Francia, che dappresso quell' analitico statistico rapporto, e profonde e reiterale discus- sioni, pronunciò solennemente, che come metodo generale doves- se ritenersi la litotomìa, ed eccezionale la litotrizia: il che fu pari- mente in queste carte accennato. Vuoisi tuttavia la litotrizia per alcuni casi, come un grande acquisto dell' arte in questi di as- sai migliorato. E noi desideriamo che i nostri giovani chi- rurghi , ben diretti , si addestrino incessantemente profonda- mente nella medesima. - Il compii, dell' arcadico. Litotomia 119 ca frantumi di pietre novelle , ed altri consìmili ìd- convenienti, dissuasero di addottare la litotrlzia come metodo comune , e la conservano per qualche rarissimo caso di eccezione. Ne a ciò soltanto si arrestarono le es- plorazioni de' nostri chirurgi. Essi altresì diffidando che la mancanza di esercizio avesse potuto essere la cagione precipua di tanti inconvenienti, vollero, a solo fiie di meglio chiarire il fatto , esaminare su' cadaveri in che modo maneggiavano gli strumenti medesimi al- cuni stranieri che diceva nsi peritissimi nella mecca- nica operativa. Il risulta mento di tale prova si fu , che si stentava collo strumento di Heurtloup uu quar- to d' ora e più. per prendere la pietra , che de' bra- ni della mucosa vescicale venivano attaccati all' istru- mento , ed infine che dopo lunghe e stentate ope- razioni , che non avrebbero affatto potuto sostener- si dall' uomo vivente , li pietra appena appena dava indizi dell' azione dello strumento. Finché dunque nuo- vi fatti autentici e più. costanti non verranno alme- no a controbilanciare quelli raccolti col metodo la- teralizzalo , sarebbe contrario alla prudenza ed alla saviezza , se i chirurgi napoletani volessero posporre questo alla lilotrizia. Possiamo inoltre soggiungere, che risultamenti ben altramente felici la pratica del metodo napoletano van- ta per la clinica della citta.- ed ove non avessimo dovuto limitarci a documenti officiali , avremmo potu- to riportare la statistica degli operati particolari de signori Santoro e Petrunti , i quali bau perduto u perdono uno sopra venticinque operati , o al massi* mo uno sopra venti. Né credasi che tali dati sieno sem- plici supposizioni : imperocché sono il risultameli!...» di fatti autentici , non usandosi fra noi , come altrove « di dare a' giovani il clinico insegnamento soltanto ne- gli ospedali : che per aulica abitudine seguono essi i 120 Scienze professori per la citta. E siccome la istruzione è i\i* nico loro scopo , per tal motivo raccolgono i casi clinici particolari con molta solerzia , per modo che si può conoscere la clinica privata di un medico odi un chirurgo come nelle sale di un pubblico insti- tuto (1). Tuttavia, in onta di quanto abbiamo esposto , non manca qualche straniero che con insolente temerità osa mettere in derisione o almeno in dubbio fatti così notorii: ed evvi chi ci crede anco capaci di sì sfron- tata calunnia, da mentire sopra cose che non si pos- sono nascondere e cadono sotto gli occhi del citta- dino e dell' estero, delle persone dell' arte e di quelle che non l'esercitano. Ne valga di prova un esempio. Un tal cav. Martinengo dell' ultimo settentrione t già, da speziale felicemente tramutato in medico , fu nella primavera del 1835 in Napoli. Festeggiato amorevol- mente , come per antica gentilezza son usi di fare con tutti gli stranieri i nostri professori , ebbe campo di osservare cinque operazioni di litotomia nel ga- binetto dell' ospedale ed altrettante nella clinica chi- rurgica , e vide del pari morire un individuo nel pri- mo, e tre nella seconda. Non vide egli dopo alquanti giorni operarsi altri quatro uomini ed una donna nel- l' ospedale , e tutti salvi .- sicché nel solo gabinetto di litotomia si ebbero dieci operati ed un morto, K (i) I celebri Sisco e Gaetano Fìajani , non Jha guari de- funti, dopo avere praticato il novello metodo sul cadavere, ed il secondo dopo averlo incominciato , e poscia sospeso sull' uomo vivo , portarono lo stesso avviso dei professori napo- litani. Arroge che in Roma mai sempre sperimentossi , e tuttora sperimentasi cogli stessi felici risultamenti, il vantag- gio del lodato metodo laterale - Il compii, dell' arcadico . Litotomia 121 così noi dicevamo nella nostra statistica , senza 'te- ner conto de' cinque operati nella clinica , in cui il direttore è uso di operare col metodo di Scarpa da lui modificato , e quindi non doveano quelle opera- zioni in alcun modo sommarsi con le altre eseguite iteli' ospedale. Né da noi si tacque tuttociò ; che an- zi nel nostro articolo pubblicato nel Filiatre chiara- mente notammo di escludere dal computo le opera- zioni eseguite nella clinica. Il dotto giornale france- se , la Gaiette medicale de Paris, siccome suole ogni volta , riportò nelle sue carte del 31 ottobre , e con onore, la nostra statistica. Ma il dott. Martinengo allora in Parigi , rimeritandoci con poco gentili modi, nel cinque novembre scriveva al direttore di quel giornale , che le nostra statistica era falsa , perchè aveva osservato egli stesso le dieci operazioni , cin- que cioè praticate nelf ospedale e cinque nella eli- ca , ed aveva veduto morire quattro e non uno de- gli operati. E' vero che il medico settentrionale era stato tratto in errore dall' aver confuso le operazio- ni della clinica con quelle dell* ospedale , edall'aver osservato una parte soltanto di queste ultime: ma un errore cosi grossolano non sarebbasi preso, ove egli avesse posto mente tanto al titolo della statistica , che siguardava solo al gabinetto di litotomia dell' ospedale , quanto alla nostra dichiarazione forma- le di escludere gli operati della clinica. In ogni modo, se vogliamo perdonargli un errore, non po- tremo giammai soffrire che con tata leggerezza si ardisca di far onta all'onore di uno scrittore , ed at- taccando un particolare , si tenti svillaneggiare una intera nazione , la quale se in fatto di sapere ha poche eguali, è d'altra parte sopra tutte in fatto di buona fede ! Salvatore de Renzi. 422 Ricerche intorno alla condizione patologica nelle malattie , in cui si trovano esposti i principi della dottrina delle condizioni organiche coli' ap~ plica: ione a tutt1 i singoli morbi ed in partico- lare alla diagnostica di essi , per servire di base ad una importante riforma nella patologia. Me-* moria di Luigi Ferrarese dottore di medicina , socio ec. Napoli 1833. Ricerche intorno alt origine dell' istinto , alla parte che esso prende ne ir esercizio e sviluppo delle facoltà intellettuali , delle passioni , volizioni, ec: e del modo come vi agisce, per servire di schia- rimento nelle quistioni risguardanti la moralità ed imputabilità delle azioni. Opera di Luigi Fer- rarese ec. ec. Napoli, 1834- Programma di psicologia medica forense, di Luigi Ferrarese dottore di medicina , e socio di co spi' cue accademie nazionali e straniere. Napoli, 18H4. Della monomania suicida , trattato di Luigi Fer- rarese , ec. ec. Napoli , 1835. Esame dello stato morale ed imputabile dei folli monomaniaci, ed in particolare, dei monomania- ci suicidi con le corrispondenti applicazioni alle azioni di questi , tanto per determinare lo stato della intelligenza , quanto per istabilire il grado di libertà morale , onde risolvere molte quistioni difficili nel foro ; di Luigi Ferrarese , ec. ec . Napoli 1835. E* •Lira già solidamente stabilita la medica riputazio- ne del eh. prof. Ferrarese per i pregi delle varie OpnTtE di L. FsRr.iiKSB 123 sue ciotte produzioni , fra le quali primeggia quella interessantissima ,v Delle malattie della mente , ov- vero delle diverse specie di follie " , di cui si è reso pur conto in queste carte (1). Brevemente di- remo ora alcun che delle cinque opere qui annun- ziate, che stretto scambievole libarne offrono. Scopo della prima si è il presentare un piano grandioso di lavoro per l'edifizio di una sana medicina Dimostrata la fallacia dei sistemi , che con vezzose teoriche e con oscurità di astrazioni han saputo affascinare l'in- telletto dei medici, mira egli a dilucidare ciocché di fermo e di stabile offre la natura alla medica in- vestigazione ; ed a fare quindi l'applicazione a tutti i singoli morbi della sua dottrina delle condizio- ni organiche nei medesimi. Rammenta le basi di tal sua dottrina , di ,, non potersi dare , ne concepire „ manifestazioni di fenomeni normali od innormali ,, senza la cagion prossima degl' istromenti materia- „ li ; 2. di non poter esistere alcuna malattia , che „ non possa , né debba essere rapportata alla le- „ sione di un tessuto particolare , di un organo , o „ di un tessuto di organi, sia temporario , sia per- „ manente. *' Quindi se è vero , che l'esercizio di una funzione è sempre in relazione e corrispondenza colla condizione dell' organo : è vero altresì che la ir- regolarità di azione nell'economia suppone sempre un cangiamento, una perturbazione qualunque nell* ordinario stato materiale dell'organismo. D' altron- de la conoscenza minuta della tessitura di una parte è necessarissima per la scoperta della funzione. Or l'anatomia patologica t studiata sotto il doppio rap- porto delle alterazioni materiali e delle deviazioni («) Trimestre i del i83i , e voi. di aprile i83». 4-34 Scusa organiche esaminate su i cadaveri , ed i fenomeni delle malattie osservati durante la vita , riescono la miniera più ricca di preziosi risultati, proprj ad il- luminare tutt' i rami della medicina. E perciò lo sco- po , cui debbono i medici mirare nelle autopsie ca- daveriche , nelle ricerche delle lesioni organiche, deb- b' esser quello di pervenire ad assicurare con preci- sione la Corrispondenza della lesione di una funzio- ne coli' alterazione dell' organo ; o, in altri termini, di rimontare dai sintomi alla sede del male. Un tale studio perverrà forse un giorno a determinare quaT è il tessuto che il primo ha subito il cangiamento o la mutazione innormale. Intanto, per la mercè di tante belle ricerche od importanti lumi, meo arduo e dif ficile può dirsi addivenuto il gran problema in pa- tologia tanto difficile a risolversi , quello cioè che ha sempre costituito il maggiore scoglio della scien- za dei morbi, quello cioè , ripetiamo , racchiuso nella seguente lesi: ,, Disvelata la successione dei fenom;- - ,, di organici, determinare la lesione od il disturbo ,, organico materiale; o dai fenomeni delle malattie „ arguire le interne occulte cagioni. " Iti otto le- zioni promette il N. A. voler dividere la sua opera, prendendo di mira nella 1" C encefalo e sue dipen~ denze ; nella 2" il midollo spinale ; nella 3" le vie aeere ; nella 4" il cuore e sue dipendenze ; nella 5" V apparecchio digestivo e sue dipendenze ; nella 6" le vie ordinarie ; nella 7" gli organi della generazione ; e nella 8" finalmente i tessuti. Nelle sue ricerche non sarà per limitarsi alle nude e sole lesioni degli organi f non ai soli vizi od alterazioni visibili ; ma estese saranno le sue indagini fin dove è necessario supporre un cangiamento, una mutazio- ne nel misto organico , nella natura degli elementi organici , nella tessitura delle parti , tutto che noi» Litotomia 125 appariscenti alla cadaverica autopsia. Neil' anello di corrispondenza fra lesioni rinvenute e sintomi osser* vati avrà pur cura di rimarcare e distinguere que' sin- tomi, già caratteristici di determinate lesioni o mu- fuzioni delle parti di dati organi o tessuti organici, da quelli che meno lo sieno. Finalmente, a maggior interesse di questo prodromo di classica opera, espo- ne il titolo degli undici capitoli , che saranno com- presi e trattati nella prima sezione : indice , che qui viene preceduto da una eruditissima rivista dei tra- vagli fatti sull' argomento della biologia e relativo studio di fisiologia comparata , non che di anato- mia patologica in questi ultimi tempi da molti vali ul- tissimi ingegni. Premette nella seconda memoria intendere per istinto quella specie d' impressione , quella involon- taria tendenza , che parte dall' interno degli organi dell' animale , la quale mena alla conservazione dell* individuo , della specie , ec: senza bisogno di esse- re preceduta da alcuna particolare istruzione : im- pulsione però più pronunziata e meno automatica a misura che l' animale nella gradazione più all' uomo si avvicina , ed in particolar maniera rendesi più pronunziata per quanto più dalle semplici tracce del nervoso sistema si sale agli animali che più com- pleto sviluppo presentano. Fiancheggiata quest' ulti- ma proposizione dalle laborirse ricerche di tanti egre* gi scrittori nella scienza della organizzazione , e nella notomia e fisiologia comparata , conosciamo che gli elementi organici , o globettini della mate- ria organica , appena principiaci a riunire in vir- tù della forza formativa , ed aggrupparsi fra loro , l'istinto non tarda a manifestarsi , ed esattamente seguire il rispettivo progredimento di formazione « sviluppo delle parti organizzate. Avuto riguardo pe- 126 Scienze rò a tale rispettiva conispondeuza di fenomeni istin- tivi, secondo la gradazione degli esseri dai più sem- plici ai più complicati , dalle spugne , dagli alcio- ni, dalle idre, dalle attinie, dal semplice polipo fino all' uomo , die costituisce il tipo della perfe- zione organica , distingue il N. A. due serie di at- ti nell' istinto , e varie gradazioni ancora. Negli atti non avvertiti dall' io , o con coscienza, si compren- dono quei della vita sensitiva e mista. Onde abbia- no luogo i primi , non sempre vi abbisogna il mez- zo del sistema cerebrale; perchè avvengano i secondi^ vi ha luogo la partecipazione del cervello , e quin- di l'intervento dell' intelligenza. Il senso organico primitivo , o istinto (se possa dirsi) degli elementi organici, è il primo grado dell' istinto negli alti che appartengono alla prima serie ; ma esso, addivenuto per le funzioni più manifesto ed attivo, viene dal N. A. denominato istinto pronunziato . Negli atti poi della seconda serie egli distingue altri due gradi, di senso istintivo cioè con coscienza , diverso dall' istinto imperioso con partecipazione dell' io,, il quale, benché avesse l'intervento dell' intelligenza , pur que- sta non impedisce , o non ha forza d'impedirne gli eccessi : eh' è quello che costituisce il secondo. In distinti capitoli son quindi considerate queste quat- tro gradazioni d'istinto con la descrizione dei carat- teri per le medesime relativi. Succede dipoi la se- fonda parte che tratta „ delle influenze ed effetti dell' istinto suil* intelligenza '.* , e quindi nel pri- mo capitolo addimostra quanta parte prenda l'istinto nello sviluppo e direzione delle facoltà intellettuali. Queste non possono svilupparsi , né la serie delle nostre idee e le combinazioni loro partorir possono volizioni decisive ed energiche , se non ricevono una spinta istintiva ; se questa non eccita l'intere*- QbKBM DI L. F^RRAhfiSE 127 se , I' amor di se , e la conserva/Jone doli' indivi- duo ; e se non vi si mescola quel sentimento di ben essere e di piacere. L'istinto egli è che accen- de il fuoco potenziale dell'intelletto, che pone in azione le misteriose ed incompensibili sue forze, che a guisa del fuoco di Prometeo vivifica ed infiamma il mondo morale. Gli atti dell' istinto degli orga- ni vengono dal N. A. considerati come tanti raggi , o fasci di raggi a guisa di coni, aventi la base ne- gli organi dell' animale economia ; l'estremità dei me- desimi va a metter capo nel punto ove lVo pensante risiede , in quel centro ove la intelligenza esercita le sue funzioni, 'vi ciascuno di essi , secondo il grado di maggiore o minore attività e predominio, ap- porta le influenze nell' ordine delle idee , nello svi- luppo ed attività degli atti del pensiero , ed in pai- ticolar modo delle volizioni. Ma „ come 1* istinto si „ mescola coli' intelligenza nelle operazioni intellet- tuali ? " Ciò forma il subietto del cap. II , in cui l'A. singolarmente osserva, che in quel centro or men- zionato si uniscono i materiali tanto d all' interno , quanto dall' esterno provenienti ; che ivi si creano i prodigj dell' intelletto , prendendo elementi da que- sti e da quelli , e col mescolarsi poi i materiali di dette due sorgenti, gli uni rafforzano gli altri per formare il mobile di azione. Son dovute a questi rap- porti di associazioni il carattere morale dell' indivi- duo , le più bizzarre combinazioni intellettuali , ed insieme le passioni più vive e più forti. In alcune di queste passioni domina più l'istinto , ed in altre meno: e cotale argomento viene svolto nel cap. 111. Cosi son desse più istintive, qualora abbiano il fo- mite principale negli organi e visceri interni, o qua- lora più direttamente risguardino lo scopo del biso- gno di esse , come la conservazione propria o quella 123 S e i k m i k della specie, o simili. Dicousi poi meno istintive quelle , che più sono di origine intellettuale , che si formano da quelle idee le quali sono meno collegate co' bisogni istintivi. Fra queste , che in estesa grada- zione contempla l'A. , l'amor della gloria può dirsi la più intellettuale : è diretto alla virtù , al sape- re , all' onore ; non lascia di far provare all' indi- viduo delle sensazioni di piacere , per effetto di quel- la grata prospettiva che la immaginazione rappre- senta all' anima : e l'uomo per soddisfarvi è capace di ogni sacrificio. Fluisce da ciò l'influenza dell' istin- to nella liberta morale, maralità ed imputabilità del- le azioni : argomento che il N. A. prende di mira nella terza parte , ragionandovi pur della misura di dette azioni secondo il grado d'istinto che vi preti - de parte. Di doppia natura sono i motivi delle nostre azioni, istintivi cioè e razionali: son dessi in mol- ti incontri fra loro in opposizione, menando cie- camente i primi a volizioni precipitate ed irri- flesse , e mirando o il presente fugace diletto , o un illusorio ed apparente bene : laddove i secondi mirano il presente ed il futuro ben essere , la giu- stizia, il timor delta pena, ec. , costituendo tanti motivi di resistenza onde impedire la colpa e il delitto. Cosi ,, l'uomo, finche serba la coscienza del „ suo essere , può resistere, fino ad un certo punto, „ alle sue inclinazioni , e massimamente quando i „ motivi di azione non sono accompagnati da forti „ e violenti emozioni degli organi e visceri interni, „ le quali oscurano e talvolta eclissano per fiuo „ la ragione e la stessa coscienza del libero arbi- „ trio. Egli possiede nella religione , nei doveri so- ,, ciali , nel timore della pena, tanti motivi di resi- „ stenza onde poter subordinare in certa guisa il „ fisico alla iutelligenza , le affezioni alla virtù, rin« Op;:re dì L. Ferraukse 129 dividuale all' universale, all' ordine l'anarchia delle „ volontà particolari, e trionfare infine dei più. grau- „ di eccessi , delle più nefande azioni , qualora però ,, non trovasi estinto ogni lume di ragione. M A mi- surare quindi (siccome dimostrasi nel II cap.) la mo- ralità ed imputabilità delle azioni , deve tenersi sem- pre conto dei motivi: poiché sono tanto più morali ed imputabili le azioni , quanto i motivi si risentono più di origine intellettuale , sono più ragionati, ed hanno minori rapporti coli' istinto. E perciò è da premettersi , che per dichiarare un' azione o meri- toria o degna di punizione richiedesi nel soggetto cognizione , volere , e potere esecutivo. Per la co- gnizione si ricerca la verità , pel volere la spon- taneità , e pel potere esecutivo la libertà. Il simul- taneo concorso di queste tre condizioni forma l'at- to legittimo , l'atto morale , l'atto imputabile. Ma l'uomo non sempre può avere cognizione chiara, netta e precisa per la verità ; potendo quella addivenire inesatta, erronea e diffettosa per colpa della per- cezione o della riflessione , per ignoranza dei veri attributi o di alcuni più essenziali all' essere , per alcune viziose abitudini dello spirito, e per difetto di analisi , e finalmente per varie malattie. Il vole- re altresì può non sempre essere spontaneo , ma sib- beue talora strascinato irresistìbilmeute dalla forza istintiva , può inferocire e perfino distruggere la Jco- scieuza dell' io ed ogni impero sopra di se , e quin- di la moralità delle azioni e la imputabilità di que- ste. Per le azioni finalmente dei maniaci e dei monoma- niaci, siccome da vari tristi esempi risulta, può dirsi che ne la ragione , né il sentimento, né la volontà libera nel potere esecutivo vi abbiano avuto parte; ed ancor- ché sieno i medesimi avvertiti di tutto l'orrore del- J'atto che sono per compiere , la volontà viene per- G.A.T.LXVll. 9 130 S e i i: h 2 e vertita o vinta dalla violenza della propensione irri- flessa , e quasi che automatica e brutale ; cosicché commessa l'atrocità , cessato il pendio , se ne mo- strano oltremodo dispiacenti. Or tutto il riferito grup- po di condizioni viene dal N. A. partitamente e con ampiezza considerato; e quindi per determinare le „ basi su di cui debbono poggiare le regole per una ,, misura della moralità ed imputabilità delle azio- ,, ni *■* prende nel 111 ed ultimo cap. a disamina, se- condo la distinzione di Puiel, la scala della grada- zione della intelligenza dall'idiotismo al sommo ge- nio , scrutinando in pari tempo i disordini , ai quali può in esse gradazioni soggiacere la intelligenza. Si propone il IN. A. nella terga memoria di vo- ler considerare l'uomo sano nei suoi rapporti colla società , e l'alienato in tutti i deliri ed in tutte le perversioni e disturbi della intelligenza, affin di spia- nare la conoscenza delle vere molle delle umane azio- ni, stabili-re la misura in materia criminale del gra- do di moralità ed imputabilità delle azioni medesi- me , e quindi risolvere le questioni più difficili nel forOf Avendo il prof. Ferrarese luagamente meditato su tutt' i rapporti del subietto, e profittando della lettu- ra d'innumerevoli opere fin qui pubblicate ( a norma di una ben estesa ,, letteratura della psicologia me- dico forense ", che fa precedere all'attuale su lavo- ro ) , possiam dire francamente, che sì grandiosa im- presa dell' opera che ci promette , riuscir debba di soda utilità e di verace interessamento universale. Giac- ché egli è un gravissimo oggetto quello di applica- zione di fisse regole per potere assicurare il riposo a chi commise alcun male senza esserne conscio, e ven- dicare la società de' mali fatti da chi va libero nel- la ragione. A ben riuscire in questo generoso , sebben difficilissimo disegno, rileva primamente il N. A. , Opere di L. Ferrarese 131 che non giunsero a conseguir lo scopo loro i moderni fi- siologi , medici , e forensi , per aver commesso impor- tanti omraissioni nei tentativi loro di applicare i lu- mi degli attuali progressi delle scienze negli argomen- ti in quistione. Che di vero riflette , che non son des- si partiti dallo studio de' fenomeni dell' umano orga- nismo , delle leggi loro ed influenze sugli atti del pen- siero ; che non han data quella importanza necessa- ria allo studio dei disturbi della ragione , e cause lo- ro, tanto ne' casi di follie , quanto ita tulli i punti di contatti e relazioni sociali; che finalmente non han- no portata un' analisi rigorosa sullo stato della mor- te del delinquente , una ideologìa , e quindi annessa una ideologìa comparata coli' uomo giusto, onesto e vir- tuoso , affinchè meglio si avesse potuto conoscere il peso, la malizia e quindi la gravezza ed il grado del delitto per istabilirvi cosi le norme di proporzionate punizioni. A tal effetto poggiar volendo la misura delle pene per i delitti sulle basi di una illuminata conoscenza degli atti del pensiero , si propone egli voler dividere la sua opera in tre parti , trattando nella prima ,, della storia analitica del pensiero , con- „ siderato l'uomo iti istato di sanità ,, secondo le condizioni naturali in cui l'uomo ritrovasi indipeu- dentemente dai rapporti sociali e della civilizzazio- ne , per quindi passare alla storia del pensiero istesso posto sotto i differenti stati di una graduata civiliz- zazione di lumi , ec. e sotto i principali rapporti sociali per istituirne poi il confronto colla prima. Vie- ne in tal modo a porsi iti chiaro la positiva influen- za ed il vero valore di queste potenti cause , o di queste influenze sulla formazione del carattere morale degli uomini , non che a conoscersi la vera natura dei motivi delle nostre azioni , e meglio decidersi della moralità di esse. Poiché col lume di siffatta com- 9* 4 33 S « i « n 4 i parazione può corrispondere allo scopo lo studio di questa psicologia , e venir applicata alla scienza dei doveri ed alla morale. - Subietto della seconda parte sarà quello,, della storia analitica del pensiero, con- „ siderato l'uomo in istato di follia ed in tutti i suoi ,, disturbi, anche i più momentanei e passeggieri,, sot- to il triplice rapporto psicologico cioè , morale , e penale. Subietto della terz.i parte sarà quello ,, delia „ storia analitica del pensiero dell' uomo delinquente , „ considerato sotto le influenze delle affezioni , peu- „ dii , isti uti , passioni , ec. fino alla risoluzione cri - ,, minale : ,, non già perchè dell' A. intendimento sia dimostrar diverse da quelle dell' uomo onesto le fa- colta, intellettuali del delinquenti.' j laddove egli ri- tiene in vece , che l'andamento loro combinato colle affezioni , pendii , e passioni , a tempo non repres- se , ha preso una direzione ed una certa piega dif- ferente e diversa da quella dell' uomo da bene , da menare alla colpa, al delitto. L'accuiato esame dei pro- posti argomenti nella preaccennata estensione di tutt* i relativi indicati rapporti , potrà facilmente guidare ad una classificazione dei delitti poggiata sulle prin- cipali relazioni che serbano colla natura umana fisico- psicologica , e morale. In tre grandi classi ritiene il N. A. potersi coordinare i delitti , cioè ,, I in delitti „ coti predominio istintivo e con poca riflessione e », calcolo. - 2 in delitti con predominio razionale con ,, riflessione e calcolo. - 3 in delitti misti , cioè in „ dove istinto ed intelligenza con riflessione e cal- ,, colo concorrono a prendervi parte . ,, Sara pur di guida cotal classificazione pel modo di disporre ed ordinare le ricerche analitiche della menzionata ideo- logia del delinquente , onde istituirne il confronto cou quella dell' uomo giusto e virtuoso , per vedere in qual modo si comportano rispettivamente i sentimeli- Opere di fe. Ferraresi* 133 ti , le affezioni , e l'intiero assieme ideologico di cia- scuno. ,, Marcare le differenze nel teatro della co- ,, scienza , nel primo cioè , come si comportano , „ e come si concatenano le idee co* motivi pro- „ vocali o suscitati dalle eccitazioni ed impulsioni de- ,, gli organi, dagli appetiti illeciti non combattuti ,, dalla ragione : come si formano sviluppando per ,', fino la forza del genio , gli attentali di un Cati- „ lina e di un Cromwel : come si asconde sotto le ,, larve reverende della virtù la più nefanda sedu- ,, zione , ed il più nero tradimento : e nel secondo , ,, come la ragione guidata e diretta da saggia edu- ,, cazione morale, e da religione di sentimento, sa „ trionfare degl istinti e degli smodati ed illeciti ap- ,, potiti in tutte le circostanze della vita. „ Commen- devole troviamo , sebbene ardua ed oltre modo am- pia , la impresa del N. A., e convinti dell' interesce dell' opera , e della sapienza e talenti di esso , lo ec- citiamo a non defraudarne ulteriormente il pubblico. Nello stato di piena sanila fisica ed intellettuale non può mai darsi impulso cieco , o bisogno ragio- nato di distruggersi. L' esecuzione quindi dell' alto del suicidio è sempre l'effetto di una malattia , di un delirio, di una follia , di un trasporto od ecces- so di una passione violenta , ec. Tale si è l'argo- mento interessante del quarto superiormente annunziato lavoro del N. A. , il quale riguarda siffatta ma- lattia come una depravazione dell' istinto di a.n'er* vcrìone. Si funesta monomania vien da esso distinta in automatica senza delirio ; con delirio ; e ragio- nata. Consiste la prima in un impulso cieco al sui- cidio , ed è più dipendente dalle Condizioni degli or- gani e visceri interni ; nella seconda , che consiste in una follila delirante , prende parte ancora lo stato delle intellettuali e morali facoltà ; da quest' ultima dipen- ♦ vVl SciEUZK de più direttamente la terza , la quale consiste in Una determinazione volontaria e ragionata al suicidio stesso. E' tale nella prima varietà cotesto impulso , che pri- vando l'uomo dell' istinto conservatore della propria esistenza, distrugge in esso ogni sensibilità fisica e mo- rale ; ma a questo grado d'insensibilità non si per- viene che nell' ultimo grado del parosisrao soltanto , quando cioè il pendìo di distruzione ha tutto ecclis- sato , ed !ia riepilogato ( saggiamente si esprime così l'A.) , per così dire, l'esistenza nella esecuzione dell* atrocità suicida. La follia delirante della seconda va- rietà di questa monomania risguardasi dall' A. come una malattia del cervello , donde un pervertimento o disturbo della intelligenza. Il pervertimento o distur- bo della umana ragione , che mena all' eccesso dei suicidio , può aver luogo in tanti sensi e direzio- ni diverse , quante possono essere le cagioni fisiche e morali , quante possono essere le affezioni ed i motivi del falso interesse di sì miserabili individui : ma a tanto non si può giungere senza uno stato mor- boso dell' encefalo. Del pari altresì uella terza varietà risguarda il N. A. uno stato abnormale o malattia, in cui ha sempre ed indispensabilmente luogo nell' alto dell' eccesso uno stato di forzata violenza , uno stato di esaltato eccitamento nell' encefalo , sia pur acuto o cron'g del pendio ragionato a si orribile passo. Egli rimarca assai bene , come e perchè nel tempo del parosismo sieno le azioni , di questi folli t senza coscienza , senza partecipazione dell' io ; come la intelligenza non vi prenda parte alcuna , cosicché molti di essi non ricordano affatto gli eccessi che commettono in quel tempo , ed altri chieggono istan- temente nei prodromi del parosismo essere custoditi e frenati per la propria ed altrui incolume preser- vazione. Ma in pari tempo con esattezza s'impegna il N. A. ad istruirne per discernere la parte che vi ha potuto prendere l'umana malizia , da quella di cui l'infortunio di una malattia o di altro simile perver- timento ha potuto esser cagione. Ed a conseguir que- sto scopo è di mestieri decomporre , per cosi dire, l'intiero sistema intellettuale fino ai suoi primi ele- menti; e dopo avere stabilito in cerio modo ed alla miglior maniera possibile il tipo normale dell'anda- mento e procedere del sistema psicologico e mora- le in proporzione del grado di sviluppamene primi- genio degli organi cerebrali , non che del loro per- fezionamento per l'opera della educazione , delle cir- costanze della vita dell' individuo , scrutinar conviene nel più segreto dei naturali pendii, nelle più nascoste ed assopite qualità morali le particolari influenze , che queste ban potuto esercitare sull' ordine e sviluppa- mene della serie d'idee dominante , in che si aggira il delirio, il falso ragionamento. La saggezza del crea- tore ci ha costituiti coti condizioni tali da possedere in noi , anche sotto il pendio al mal fare, i mezzi oud' essere morali e virtuosi : ci ha fornito di talune facoltà e sentimenti affettivi che menano al bene , al- lorché ben guidati ed opportunamente diretti possono Opere di L. Ferrarese l3T resistere e controbilanciare quelle che ci dispongono al male. Quindi , se da una parte alcune facoltà pri- mitive , quando sieno favorite dalla educazione , o da altre circostanze ec. , divenir possono cosi dominanti, ed imperare così fattamente l'individuo da farlo ope- rare talvolta anche ciecamente nel senso di esse , ed in contraddizione col sentimento del giusto e dell onesto ; colpa d'altronde sarà l'aver assopito le ri- spettive facoltà primitive , che avrebbero potuto es- sere di contrapposto per frenare e domare le malva- ge propensioni emanate dalle prime : e ciò per ne- gligenza , o per istudiata volontà e malizia , onde senza resistenza interiore e combattimento alcuno possano questi malvagi sfogare ogni sorta di scelle- ratezza : nel qual caso gì* individui , che si abbando- nano ad illeciti eccessi , meritano tutto il rigor de'- le leggi. E cosi col complesso di opportuni rilievi e di robusti ragionamenti ne eauChiude il dotto prof. Ferrarese , che non possono essere imputate le azioni di monomonici suicidi anche ragionanti ( cioè con falsi ragionamenti ) nel momento in cui attentano alla pro- pria vita, poiché trovansi fuori di loro stessi, con l'intelletto privo della coscienza del proprio essere , e la esecuzione rassembra il prodotto di una volontà violentata. Ma siccome l'ultima azione è il seguito di altre precedenti , l'imputazione dovrà cadere sulle azioni e stili' assieme della riprovabile condotta pre- cedentemente osservata , essendosi da queste preparato e disposto l'individuo al terribile passo del suicidio. Tonklli. 438 Riflessioni sopra di alcuni principii stabiliti nelle feb- bri intermittenti, e sul metodo curativo delle me- desime ; del dottor Angelo Sor goni , membro di varie accademie , e medico condotto della città di Montalto. J i ella mia memoria sulle febbri intermittenti stam- pata nel tomo 40 di questo giornale di scienze ; letlere ed arti , ed in Bologna nella raccolta delle opere mediche moderne italiane nel tomo 10, io sta- biliva in seguito alle osservazioni fatte sulle febbri periodiche i seguenti principii .* 1r Che la febbre pe- riodica si sviluppa moite volte coi soli suoi segni ca - ratteristici ; 2° Che si danno febbri periodiche aventi una data forma, a tenore dell' alterazione gih accaduta in un qualche viscere o tessuto ; 3° Che si ha la feb- bre periodica di una data forma senza che si possa supporre diatesica , o chimico-organica alterazione in soggetti , che mai non furono affetti da malattie così dette diatesiche ; 4° Che in individui , per lo innanzi ammalati di diatesica alterazione, la febbre periodica della forma relativa alla sede della chimico-organica alte- razione si associa a quest' affezion diatesica in alcuni casi , ed in altri quantunque della stessa forma non e associata alla diatesica affezione ; 5° Che è maggiore il numero delle febbri periodiche associate a diatesi di quello delle adialesiche ; G° Che succede febbre pe- riodica ad affezioa continua , e per contrario l'affe- fcion continua succede alla febbre periodica. Per co- noscere la ragione di siffatti principii farò alcune ri- Febbri intehmitTenT! 139 flessioni intorno i medesimi, onde passar poi ali1 in- dagine di ciò , che si esige per istabilire un ragio- nevol metodo curativo delle febbri intermittenti. Inanzi tutto vuoisi avvertire , quanto al primo principio stabilito , che l'esame della febbre perio- dica relativamente a* soli suoi segni caratteristici è riferibile all' iudagine sul semplice accesso febbrile , la quale in seguito sarà esposta ; ora perciò s' incomin- cerà a riflettere che è cosa ragionevole il corrispon- dere la forma della febbre periodica all' alterazione già accaduta in un qualche viscere o tessuto. E ve- ramente si dimostra col fatto e colla ragione , che quella parte una volta affetta da processo diatesico , ossia da chimico-organica alterazione , abbia una su- scettività maggiore di quella , che hanno altre parti a sentire le impressioni delle potenze morbose; in conseguenza di ciò avviene , che quelP aumento di circolazione sviluppato durante l'accesso febbrile af fetti qual causa morbosa più una parte già alterata che un' altra , in cui non accadde alcuna alterazione. Questa maggiore affezione in una parte già alterata, piuttosto che in altre non soggiaciuta ad alterazione, determina la manifestazione di que' sintomi , che si riferiscono all' alterazione di quel viscere, o di quella parte già affetta , e che costituiscono la forma mor- bosa delle febbri intermittenti. Oltredichè è da no- tarsi , che sotto l'urto febbrile succede in al cime parti un qualche turgor vascolare. Questo turgor vasco- lare dovrà accadere con più facilità in quella parte già alterata , in quella parte che allo stesso turgori già è disposta per causa della sofferta alterazione t di quello che avvenga in altra parte non soggia- ciuta ad alcuna alterazione. E perciò siccome il tur- gor vascolare può esser periodico, ed il fatto lo ad- dimostra ; può in conseguenza render ragione de* sin- 440 S C I E W l E tomi , ebe intermettono per determinati spazi di tem- pò ; e perciò stesso il turgor vascolare nella parte già affetta avvenuto nell' accesso di febbre intermit- tente sarà altra cagione de' sintomi costituenti la for- ma morbosa della febbre periodica in relazione alla parte già soggiaciuta a malattia. Dunque tanto per l'urlo febbrile maggiore in una parte già affetta che in un'altra non antecedentemente affetta, quanlojel turgore vascolare avvenuto nella medesima parie già alterata , Ja febbre periodica prende quella data foi- ma relativa all'alterazione già accaduta in quella da- ta parte , che si riduce a tessuto , viscere , ed orga- no alterato. Ma affinchè quest' urto febbrile , e questo tugor vascolare producano maggiore impressione in una da- te parte piuttostochè in un'altra, none sempre cosa necessaria che questa parie sia stata già alterata. Im- perocché il fatto , come si vide nella succitata me- moria nel tomo 40 di questo giornale, e nel tomo 10 ■della raccolta delle opere mediche moderne italiane, ciò presenta, e colla ragione concorda esattamente ilfa:- to. E di vero egli è indubitabile , che sotto le me- desime circostanze non tutti gì' individui soggiacciono ad uguale alterazione , mentre alcuni cadono più fre- quentemente in alcuue malattie , ed altri in altre. Co- si per esempio si vedono alcuni individui soggiacere a malattie di capo più che a quelle di qualunque al- tra parte: si vedono altri rimanere affetti particolarmente dalle malattie di petto , altri in modo particolare da quelle del basso ventre ec. Ora questo vario svilup- po di malattia piuttosto in alcuni soggetti che in al- tri conduce a stabilire ne* varj individui una partico- lare idiosincrasia , proveniente da particolare organico impasto da rendere un sistema od un viscere più su- «cetU'vo di altro sistema o viscere a rimanere affetto FEBBB4 iNrCRJVUTTGMT! 141 dalle potenze morbose. Per la quale suscettività, mag- giore in una parte che in un'altra, mi sembra poter- si intendere la ragione per cui l'urto febbrile possa produrre maggiore impressione nel cervello, per esem- pio , nel polmone, oppure nel fegato che in in altre parti : potendo essere questi visceri per il loro parti- colare organico impasto più suscettivi o predisposti che altri a rimanere impressionati dall' urto febbrile, ed affetti da turgore vascolare. E così il cervello, per esempio, per sua sola predisposizione , senza che in an- tecedenza sia stato già leso da malattia , affetto doli urto febbrile più di qualunque altro viscere, renderà regione de' sintomi encefalici, che si sviluppano negli accessi d'una febbre periodica : cosi pure il polmone, nel caso che sia più d'ogni altro viscere predisposto a rimanere impressionato dall' urto febbrile , rendei a ragione de' sintomi pneumonici, che le molte volte com- pariscono , e percorrono il periodo degli accessi nelle febbri intermittenti. Ciò medesimo può dirsi di qua- lunque altro viscere o tessuto , che per sua partico- lare predisposizione rimane affetto dall'urto febbrile a preferenza di altre parti , e che per tal guisa rende ragione de' varj sintomi , che costituiscono le varie for- me morbose delle febbri di periodo. In conseguenza anche per causa di sola predisposizione d' un tessuto o viscere senza antecedente sua lesione si possono svi- luppare nelle febbri periodiche sinto mi encefalici, pneu- monici, e così anche per sola predisposizione può pren- dere varie forme la febbre periodica. Questa febbre periodica di una data forma svi- luppatasi tanto in individui , che già furono affetti da alterazione diatesica , o chimico organica , quan- to in quelli che in un dato sistema o viscere han- no soltanto una predisposizione relativa a tal forma febbrile , questa febbre periodica , dissi , avrà luogo 14^ Se uni senza unirsi ad una diatesi , oppure le molte volte a questa sarà associata ? I fatti esposti nella sopra ci- tata mia memoria, da'quali furono desunti i principi 4.° e 5.°, dimostrano accadere si l'uno e si l'altro caso. Il che concorda ancora colla ragione. E veramente si distinguono nella febbre periodica i sintomi, che sono proprj dell' accesso febbrile da quelli , che sono riferi- bili all' alterazione di qualche tessuto o viscere. Dall' intermettere i primi con determinato intervallo di tem- po si ha la febbre periodica : i secondi in alcuni ca- si intermettono , ed in altri persistono a manife- starsi auche nelT intervallo degli accessi. Gonvien dun- que trovar la causa dell'intermittenza di questi sintomi in alcuni casi, ed in altri della loro persistente manifesta- zione durante l'intervallo fra i morbosi accessi. Lt ca- usa dell' intermittenza di tali sintomi per le cose già dette fa d' uopo stabilirla nell' urto febbrile in quel tessuto o viscere più suscettivo degli altri a sentirne l'azione; in conseguenza terminato quest' urto col cessa- re del febbrile accesso , debbono ancora terminare gli effetti , che da siffatta causa eran prodotti. Quest' urto febbrile però che intermette per determinati spazj di tempo, non può esser causa, e né può render ragione di que' sintomi , che persistono ancora nell' intervallo de' febbrili accessi ; poiché se questi sintomi ripetessero la la loro cagione dall' urto febbrile, ne conseguiterebbe, che per un dato tempo dovessero manifestarsi senza che ne sussistesse la causa : il che è assurdo , raeutre du- ra 1' effetto , finché dura la causa , da cui provieue. Dunque la cagione della persistenza de' sintomi mor- bosi nell' intervallo degli accessi febbrili convien cer- carla fuori dell' urto febbrile medesimo. E pertanto sic- come la costanza de' sintomi encefalici, pneumonici, ec. in casi di malattie di capo, o di petto , ec. indica al- terazione diatesica del cervello , o del polmone , ec* Febbri ixtermitteivti 143 cos'i quando in una febbre periodica si ha persisten- za di sintomi nell' intervallo degli accessi febbrili , è ragionevole il pensare , die la causa di 'al persi- stenza di sintomi sia un' alterazione diatesica , o chi- mico-organica in qualche tessuto o viscere, a cui so- no riferibili gli stessi sintomi. Dunque la causa di quegli effetti , che si dissipano in un collo stesso ac- cesso febbrile, è l'urto febbrile medesimo; la causa poi di quegli altri effetti , che persistono anche du~ rante l'intervallo de' febbrili accessi , è una diatesica •alterazione in un qualche sistema o viscere. Per ciò distinta manifestamente si conosce essere la periodicità dalla condizion diatesica , che le molte volte si asso- cia al periodo morboso ; e perciò stesso si ravvisa il periodo unirsi alla diatesi quando si ha persistenza di sintomi nel!' intervallo che passa tra l'uno e l'altro accesso febbrile; ed a questa diatesi non si associa quando non esiste la suddetta persistenza. Dopo di che se si considera quanto le esterne cause morbose sieno capaci di produrre un'alterazione nell' organica composizione di qualche viscere ; e se si considera pure quanto sia facile ad accadere sif- fatta alterazione per le ripetute accensioni febbrili ; se si considera inoltre la disposizione di quel sistema o viscere a rimanere affetto più d'altro sistema o vi- scere dalle nominate cause morbose , si vedrà come co- sa ragionevolissima esser minore il numero di quelle febbri periodiche associate ad una diatesi, di quella che sia l'altro numero espressivo delle febbri inter- mittenti non unite a diatesica condizione. Dalle quali considerazioni si rileva ancora come ad una febbre periodica succeda una continua affe- zione. Imperocché i ripetuti accessi febbrili soli od uniti a tante altre cagioni , che possono darsi capaci ad alterare il nostro fisico relativamente a qualche tes- \hh S e f k k z e suto o viscere , producono un' alterazione diatesica , o chimico-organica , che si annuncia con tutti i ca- ratteri di continuità in seguito al morboso periodo. In siffatta circostanza si può credere , che cessi quella condizione qualunque , che mantiene la perio- dicità , ovvero segniti ad esistere nell' organismo , e non faccia mostra di se solo perchè gli effetti dell affezion continua mascherano il morboso periodo ? Sia- mo molto circondati da tenebre in tal materia : non si sono fatte osservazioni bastanti a dilucidarla. Se- nonchè considerando esser distinta la condizione dia- tesica da quella della periodicità ; considerando che le molte volte, vinta la diatesi, torna di nuovo a ma- nifestarsi marcatissimamente il morboso periodo , e che talora nel corso della stessa affezion diatesica il mor- boso periodo torna anche ripetute volte a prodursi ; e riflettendo pure, che altri sono i rimedj atti a distruggere la diatesica alterazione , ed altri son quel- li che servono a troncare i febbrili accessi d'una pe- riodica ; sembrami esser probabile il non dissiparsi al- meno in molti casi la condizione della periodicità quando per gli effetti generali d'una diatesi alla febbre periodica succede una continua affezione. La quale probabilità sembra , che acquisti un grado maggiore neir osservare, 1. quella continuila d'affezione di lieve grado , o quell* effimera , a cui le tante volte succede la febbre periodica ; imperocché in questo caso un sa- lasso , che si faccia, oppure una sostanza purgativa, od altro rimedio iu rapporto alla natura della conti- nua affezione , vince tosto l' affezion continua ; do- po di che immediatamente si manifesta il morboso pe- riodo. Nel quale caso non è forse ragionevole il pen- sare , che la condizione della periodicità esisteva nell* organismo , e che pienamente non manifestavasi per causa di quell'affezione di carattere continuo, che FliBBllI lMTERJMiTTESTj I /|J le si associava? 2. Questa successione di periodo mor- boso all' affezione continua non solo avviene ne' casi di lieve entità , ma ancora accade in seguilo delle ^ravi malattie, come in seguilo alle gravi infiamma- zioni. In tali circostanze , che per lo più si notano ne' luoghi dove sono endemiche le febbri intermit- tenti , appena cessati i sintomi del morbo continuo , si manifestano quelli del periodo morboso. 3. Negli stessi luoghi , de' quali sono proprie le febbri d'acces- so , nella medesima continuità d'una malattia di ca- rattere diverso da quello della febbre periodica (e tante volte si nota il morboso periodo , che cede alla china , od al solfato di chinina , senza che perciò rimanga vinta la continua affezione ; come di ciò of- frono moltissimi esempi le così dette fisconie addo- minali , che si associano di quando in quando agli accessi di febbre intermittente. Per il che larvate si presentano ordinariamente le comuni malattie iti que* luoghi , ne' quali predominano le febbri periodiche. In qualsivoglia malattia ne' medesimi luoghi sempre bassi a temere la complicanza della periodicità , di quella periodicità non confondibile coli' ordinario an- damento o periodo delle comuni malattie , ma sibbene di quella periodicità che cede alla china, in conse- guenza delle quali cose sembra probabile , che la condizione della periodicità esista le molte volte nell* organismo unitamente alla causa, che mantiene la con- tinua affezione , senza che in molti casi si manife- sti il periodo per gli effetti generali dell' affezion con- tinua , quantunque in altri tra questi effetti mede- simi si noti distinto il morboso periodo , ed in al- tri casi vi rimanga larvato. E nuovamente tornando a quella continua affe- zione , che succede al periodo morboso , vuoisi ri- flettere , che è ragionevole in molte circostanze il ma- G.A.T.LXVII. IO 4 /j6 Scienze infestarsi ancora l'affeziou continua senz' alterazion feb- brile ; imperocché un qualche grado di turgor va- scolare limitato ad una parte , una parziale angioide si , uria lenta flogosi in qualche tessuto o viscere T un esito qualunque succeduto agli accessi febbrili può esistere , senza che dal generale ne sieno risentiti gli effetti , e perciò senza che si manifesti con alterazion febbrile. Le riflessioni fin qui esposte non sono bastanti a stabilire una cura ragionevole di que' casi di feb- bre periodica contemplati ne' principi*! stabiliti in que- sta memoria. A conseguire siffatto intento di altro si abbisogna ; cioè conviene indagare la natura de' febbrili accessi, della condizione diatesica , o chimi- co-organica , e dell* irritativa , o meccanico-organi- ca , agli stessi accessi associata. Per ciò vedere di- stintamente, si deve separare il periodo morboso dall' accesso febbrile , dalla condizione diatesica ed iri- tativa. Ognuno di questi quattro stati merita consi- derazioni distintissime. E primieramente, in quanto al morboso periodo, la costante osservazione dimostra tron- carsi esso colla china , o col solfalo di chinina. Non sappiamo come avvenga un tal fenomeno : se ne tentò da molti la spiegazione , inutile però è riuscita ogn' indagine ; e cosi sempre , io penso , riuscirà , fino a tanto che la periodicità sarà per noi un mistero , che rese infruttuose le ricerche fatte su tale oggetto tanto relativamente ai disquilibrio di temperatura at- mosferica tra le ore diurne e le notturne, quanto re- lativamente al miasma palustre. In secondo luogo in rapporto all' accesso febbrile i tre sladj , da' quali è costituito , si devono esattamente distinguere per po- tere regolare il metodo curativo secondo la natura di ciascuno de' medesimi : cosi nello stadio del freddo , ossia di depressione, fa d'uopo amministrare quelle so- Febbri intermittenti 4 4T stanze eccitatiti capaci a correggere il difettoso ecci- tamento in proporzione della sua intensità. Nello sta- dio del caldo conviene fare attenzione all' accresciuto eccitamento ed all' afflusso sanguigno che si sviluppa iti questo stato per la minaccia , die può arrecare a qualche viscere alla vita importantissimo , e per po- terlo frenare. Per il che quando durante l'accesso feb- brile non trovavo minacciato alcun viscere , come ciò poteva dedursi dalla non esistenza di que' sintomi re- lativi all' alterata funzione di un dato viscere, allora facevo uso di pozioni nitrate o acidule , o di accnia comune unita a poca quantità di acqua coobata di lauro-ceraso. Quando poi nello slesso secondo stadio per l'accresciuto eccitamento e per il conseguente af- flusso sanguigno trovavo minacciato qualche viscere, ricorrevo al salasso , alla soluzione acquo->a di pochi grani di tartaro emetico amministrato in modo , che per essa non si avessero evacuazioni soverchie o per vomito o per secesso , ed alle suddette bevande. Ho osservato non lieve utile dalla soluzione stibiala epi- cralicamente amministrata nel nominato stadio del cal- do , allorché per l'urto febbrile si scorgeva minaccia in qualche viscere a causa del parziale afflusso san- guigno. JNello stadio del sudore si deve far riflessione sulla quautita di questa secrezione vista in rapporto allo stato dell'eccitamento per poter secondare la na- tura in tal critico movimento , oppure di moderar- la, quando si ha il caso di difetto o di eccesso dello stesso umore traspirabile. In terzo luogo di massima importanza è l'iudagiue , che si deve fare intorno la condizione diatesica , o chimico-organica talvolta as- sociata alla febbre periodica. Sulla quale ricerca però lo stato attuale della medicina non presenta oggi dati superiori ad ogni questione , da' quali derivino mas- sime incontrastabili. In qualunque aspetto questa me- lo* 4A8 Sci v. m z k desima indugine venga inlrapresa , qualunque sia la medica dottrina che si voglia adottare come scor- ta in tale indagine , la verità del fatto si è , che oggi in questa materia non si può evitare l'incon- tro di gravi difficolta. Ed e perciò , che dovendo di- scorrere su questa medesima materia , io non farò al- tro per l'intelligenza del fatto pratico che servirmi di quelle mediche dottrine, le quali mi sembrano le più ragionevoli , e le meno incontrastabili. Pertanto nell' indagine da farsi in proposito della diatesica , o chimico-organica alterazione conviene esaminare co* medici criteri di cause, sintomi, modi di risolu- zione , e metodo curativo se questa alterazione dia- tesica affetti i sistemi organici , od i visceri. Co' suddetti criteri si conosce la diatesica alterazione ne* sistemi o visceri per le varie esterne manifestazioni , delle quali essa può esser causa. Cosi dietro l'influenza de' rapporti atmosferici , da' sintomi relativi al reuma , dal risolversi questo malore con abbondante traspiro, ovvero con profusa separaziooe d'orina , o con molte alvine evacuazioni , e dopo l'analogo metodo curativo si conosce l'alterazione diatesica di tutte le membra- ne , ed apparato relativo all' influenza degli atmo- sferici rapporti ; e si conosce come stabilitosi per tal guisa il reuma nel detto organico apparato , egli possa manifestarsi in varie forme . Co' medesimi suddetti criteri si rileva l'alterazione diatesica del sistema va- scolare iti rapporto alle cause relative a' materia li or- ganici. In siffatta alterazione colla scorta de' nominati criteri si deduce quando la diatesi in quest' apparato vascolare è costituita o per l'abbondanza de' materiali organici , oppure per la deficienza , o per l'alterazione de' medesimi, li cosi stabilita la diatesi nel nominato vascolare apparato in relazione all' abbondanza , de- ficienza , od alterazione degli organici materiali, si svi- Febmu intermittenti 143 luppano io ciascuno di questi tre casi molte e va- rie forme morbose , come ad esempio l'infiammazione in varie parti , tutti i mali ipostenia , lo sialo rosi detto astenico , o ipotrofico , tutte le cachessie , e tutt' altro che sia riducibile a' nominati tre princi- pj relativi alle tre citate qualità de' materiali orga- nici , e riconoscibile co' noti medici criteri di cau- se, sintomi , modi di risoluzione , ed analogo metodo curativo. Cogli stessi accennati crileii si conosce t quando La diatesica alterazione affetta il sistema ner- voso. Mediante le cause morali, e le fisiche rela- tive soltanto al sistema nervoso , si produce iu que- sto sistema un' alterazione diatesica , o chimico-or- ganica in rapporto alle nominate cagioni , e si ma- nifesta con varie forme morbose , come ad esempio molle specie di mentali alienazioni , l'ipocondri asis , il primo sviluppo della clorosi , il deciso stato di sti- molo e di controstimolo , ecc. che si trovano ridu- cibili all' alterazione diatesica del cervello , de' gan- gli , del midollo spinale, e delle nervose diramazio- ni , che noi riconosciamo colla scorta de' criteri so- pra citati. A seconda del predominio delle cagioni agenti in un apparato orgauico piuttosto che ili un altro, si sviluppa la diatesi in uno piuttosto che in un al- tro sistema , in un viscere piuttosto che in un nitro. Cosi col predominio delie atmosferiche vicende spe- cialmente in primavera ed in autunno si produce il reuma , che in modo particolare in queste stagioni si associa alle febbri periodiche. Cosi pure in qoe* soggetti , ne' quali predomina il disordine nelle cose alimentari , l'umidità , si producono le alterazioni del sistema sanguifero : nelle quali alterazioni hanno gran parte ancora gli accessi febbrili siccome cagioni di disquilibrio in siffatti sistema. Queste medesime al- 150 Scienze terazionl si presentano sotto varie forme. Finalmente in que' soggetti , che sono in preda de' patemi d'ani - mo , o di altre sensibili impressioni, la febbre pe- riodica trovasi congiunta alla diatesica condizione del sistema nervoso nelle varie forme relative all' al- terazione del cervello , de' gangli , del midollo spi- nale , e di altre nervose diramazioni. Riconosciuta la concomitanza del reuma nella feb- bre periodica, il metodo di cura da praticarsi viene re- golato da' movimenti , che tiene la natura nelle tre vie, per le quali si libera l'organismo dal reumatico pro- cesso , le quali sono il traspiro, la separazione dell'o- rina, e le alvine evacuazioni. Si devono prendere in con- siderazione questi naturali movimenti per amministra- re analogamente ad essi o le sostanze diuretiche, o Je diaforetiche , o le purgative. Il che deve farsi col- le debite osservazioni dirette ancora al temperamento dell' infermo , al suo costituto , al clima dove dimo- ra il paziente , alla stagione , e particolarmente poi ai movimenti dinamici di aumentata o diminuita forza vitale. Quando alla febbre periodica si congiunge l'al- terazione diatesica del sistema sanguifero relativa a'ma- teriali organici , il metodo curativo deve essere pia ticato a seconda dell' abbondanza , deficienza , od al- terazione degli stessi organici materiali. Allorché coi medici criteri si rilevano le malattie prodotte dall' abbondanza de' materiali organici in una data parte , tra le quali primeggia il processo infiammato! io ne* vari visceri , o parti , il metodo di cura è diretto essenzialmente alla causa de' morbi in discorso , qual* è la suddetta abbondanza : il che viene eseguito colle sanguigne sottrazioni e colla dieta , non che con que' rimedi, che mediante la loro azione elettiva sono ri- conosciuti efficaci a vincere gli alterati rapporti chi- FOBBI mrERAUTTENTI 151 mico -dina ìlici dell' intero organismo, e singolarmente delle parti flogosate : oltreclichè il metodo curativo è regolato secondo le sopra dette generali relazioni. La pratica di amministrare sostanze medicamentose in rapporto a'tessuti o visceri affetti secondo gì' inse- gnamenti di quegli uomini sommi nell' arte saluta- re, che colla dovuta moderazione unita a singolare intelligenza valutano le cose prodotte dalla natura , viene sempre preceduta in caso di flogosi dalle neces- sarie sanguigne sottrazioni, affinchè per esse si possa* no impedire gli effetti irritanti prodotti dalle stesse sostanze medicinali. Cosi trattandosi di curare la in- fiammazione del fegato, o della milza, che frequentis- simamente si associa alla febbre periodica , premesse le necessarie sottrazioni di sangue , adoprato il calome-» làno , l'aloè , il rabarbaro , I' acetato di potassa , il solfato di marte , l' estratto di cicuta , 1' empiastro fat- to colle foglie di questa pianta a seconda de' varj ca- si , ne' quali si potea desumere una particolare indi- cazione piuttosto per 1' una , che per V altra sostan- za medicinale. Se il processo infiammatorio interessa- va il tubo gastro -enterico in concomitanza della feb- bre di accesso , dopo le necessarie sottrazioni san- guigne ho adoprato le sostanze oleose, ovvero la pol- pa di cassia e di tamarindo , secondo le forme mor- bose della malattia essenziale. Allorché si è trattato d' infiammazione nel polmone congiunta alla febbre pe- riodica, premesse le opportune sanguigne deplezioni, ho fatto uso degli antimoniali , delle gomme cosi dette pet- torali , della bevande demulcenti, e di altro di que- sta natura. Nelle circostanze d'unione del processo in- fiammatorio di capo colla febbre intermittente , dato luogo in prima alle emissioni sanguigne, ho ammini- strato i catartici , oppure i drastici secondo 1' intensi- tà dell' infiammazione : mi sono se'rvito pure in quc~ 152 Sori ufi sii casi delle fredde bagnature al capo , de' clisferj ir- ritanti drastici. Lo stesso ordine nel metodo curati- vo ho tenuto , quando l' infiammazione si presentava in altre parti. Qualunque altra forma morbosa prodotta dall' ab- bondanza de' materiali organici viene curata secondo le viste terapeutiche esposte già nella cura dell' infiam- mazione , nel caso che per la suddetta cagione si tro- vassero interessati i tessuti in genere, od i visceri: e ciò fassi colle sanguigne sottrazioni , e quindi con quelle sostanze medicinali , che hanno azione elettiva ne' varj tessuti o visceri. Quando co' medici criteri si riconoscono i ma- li diatesici prodotti dalla deficienza de' materiali orga- nici, che per lo più avvengono in seguito a lunghi di- giuni , a sottrazioni e perdite di ogni genere , come talora per siffatte cause avviene 1' idrope , la tabe , mol- ti fenomeni nervosi, ec. allora il metodo curativo si ri- duce intieramente a riparare la deficienza degli organi- ci materiali, amministrando le sostanze nutrienti colle debite cautele dirette allo stato dell' individuo , a cui si amministrano le nominate sostanze. Nelle malattie riconosciute co' medici criteri per risul- tati di alterati materiali organici, il metodo curativo è in 1 -apporto all'indole di siffatta alterazione. Per questa cau- sa può darsi il caso tanto di abbondanza degli alterati materiali organici , quanto di deficienza de' medesimi. Nel primo caso può svilupparsi anche l'infiammazio- ne , mentre dietro analoghe circostanze succede afflus- so di sangue costituito di alterati principii in qualche tessuto o viscere. In questo caso la flogosi esprime un* accensione , siccome l'esprime nel suo producimento per semplice abbondanza di organici materiali ; con tutto ciò però il metodo curativo antiflogistico esige una modificazione diretta all'alterazione degli organici F'B'BTU INTERMITTENTI ^5S materiali, quantunque per tult" altro, a mio avviso , le viste terapeutiche sono indentiche in ambidue i sud- detti casi. In conseguenza nell' infiammazione in di- scorso per alterati materiali organici fa d'uopo in pri- ma istituire'la cura , siccome s'istituisce , quando l'in- fiammazione è soltanto prodotta dall abbondanza de materiali organici , e quindi conviene indagare secon- do ciò , per cui si manifesta la malattia , la natura dell' alterazione in discorso : ed a tenore dell' indole di quest' alterazione si deve modificare il metodo di cura antiflogistico. In questa foggia, per esempio, quan- do co' medici criteri si conosce , che 1' alterazione degli organici materiali si riduce ad un difetto d'os- sigene , nel caso di flogosi per la causa suddetta al metodo di cura antiflogistico si associa l'uso degli aci- di , od altro , che possa correggere il detto difetto. Su queste viste è basato il metodo curativo tutte le volte , che all' infiammazione prodotta dalla nominata «ausa si unisce qualunque alterazione degli organici ma- teriali. Ma quest'alterazione può esìstere anche sen- za infiammazione , come per esempio sono di questa natura tutte le cachessie : in tal caso il metodo cu- rativo viene diretto secondo la natura di quest' al- terazione medesima. Cosi nel primo stadio dello scor- buto , che ragionevolmente si vede consistere, in quan- to ai fondo organico, in una malattia del sistema san- guifero venoso risultante d'alterati materiali organici per difetto d'ossigenazione, la cura diretta a correg- gere questo fondo organico è basata nell' amministra- zione degli acidi , di altre sostanze di questa natura , e nell* analogo metodo dietetico. Le altre malattie per alterati materiali organici sono trattate su questi fon- damenti. Da' quali fondamenti non si esclude neppu- re l'altro caso sopra contemplato di deficienza degli alterati organici materiali , da cui deriva lo stato ipo- 154 S C I V. NT l K stenico con alterato fondo organico , ed altre formi' morbose. In questo caso medesimo la cura consiste nell' amministrazione delle sostanze nutrienti , e di que' me- dici presidii , che sono in rapporto coli' alterazione in discorso. Quando alla febbre periodica si congiunse la con- dizione diatesica del sistema nervoso , che si ricono- sce mediante i medici criterj di causa , sintomi , modi di risoluzione , ed analogo metodo curativo, colla scor- ta di questi medici criterj si devono distinguere i tre centri d'alterazione nei nervi , quali sono il cervello , i gangli, ed il midollo spinale; e quindi il metodo curativo deve esser diretto a questi centri, nel tempo medesimo che sono poste a calcolo le nervose dira- mazioni provenienti da questi slessi centri. Nella qua! cura l'amministrazione de' medicinali nervini cosi detti è regolata da' movimenti dinamici espressivi delle for- ze vitali, dal temperamento dell'infermo, dal clima, ec. Egli è in questo sistema nervoso , in cui per qualunque agente nel nostr' organismo , e per l'azio- ne delle sostanze medicinali si rileva la cognizione intorno il risultato dell'azione di siffatti agenti espresso dall' aumentato o diminuito eccitamento , dall' aumen- to o difetto delle forze vitali , insomma dallo stato di stimolo o di controstimolo . E siccome tutte le sostanze pe' rapporti dinamici hanno un' azione sul sistema nervoso , il risultato della quale dimostra Io eccitamento o lo stato delle forze vitali , cosi di ognuna sostanza agente nel nostr' organismo si può avere in seguito alla sua azione il risultato di depres- sione , o di accresciuto eccitamento T di stimolo , o dì controstimolo. E siccome pure questo risultato dell' azione delle sostanze medicinali nel sistema nervoso riconosciuto nello stato dell' eccitamento , o delle for- ze vitali , e forse l'unico fenomeno che possiamo cai- r ETTORI TIS'TERMITTENTI IDO colare; cosi questo medesimo fenomeno ci serve d'in- dice tanto per rilevare lo stato morboso, quanto per regolare l'amministrazione de' medici presidii sotto qual- sivoglia curativa indicazione. Havvi in quarto luogo un' altra condizione mor- bosa ad essere esaminata , la quale molte volte si as- socia alla febbre intermittente , ed è la così detta ir- ritazione , o condizione meccanico-organica. E vera- mente accade spessissimo di rilevare nella febbre di periodo un gastrico perturbamento proveniente tanto da materie indigeste , delle quali aveva fatto uso il paziente in antecedenza dello sviluppo della febbre periodica , quanto dalla ripetizione de' febbrili acces- si , che banno perturbato le funzioni digestive : da cui è derivata la irritazione nel tubo gastro-enterico a causa delle materie impure, che ivi si trovano. In questo caso è di molta importanza il prendere in con- siderazione nel metodo curativo siffatta morbosa con- dizione, dovendosi procurare l'espulsione della causa irritante. In conseguenza conviene produrre l'elimina- zione delle suddette materie impure o per vomito , o mediante le alvine evacuazioni secoudo le indica- zioni particolari , che s'incontrano peli' infermo , a te- nor delle quali devono pure esser prescelte quelle so- stanze purgative , che sono adattate alla soddisfazione delle particolari indicazioni curative. Anche l'irritazione per cause diverse dalle sunnominate si può incontra- re : e questa , riconosciuta co' medici criterj , deve esser trattata con quel metodo curativo , che è atto ad eliminare la causa irritante , mentre questo solo metodo ammette la irritazione ove essa sia capace di medica cura. Le morbose condizioni fin qui considerate si pos- sono associare alle febbri intermittenti non solo iso- latamente , vale a dire una di loro in modo esclusivo 156 S C I E W /. E al morboso periodo congiunta , ma ancora più di una contemporaneamente si può rinvenire unita alla feb- bre di accesso, siccome le molte volte avviene , che associate alle febbri in discorso si trovino le due con- dizioni morbose di diatesi e di irritazione. In quo sto caso, premesse le avvertenze terapeutiche relative all' accesso febbrile , conviene prendere in considera- zione anzi tutto nel metodo curativo la cansa irri- tante per poterla espellere , affinchè la sua presenza Dell' organismo non abbia ad aggravare la condizione diatesica 7 e rendere più imponenti i febbrili accessi ; perciò il metodo curativo diretto all' espulsione della causa irritante deve essere ancora in rapporto alla diatesi ; e fa d'uopo , che mentre si cura l'irritazio- ne , anche la diatesi da questa cura abbia a risen- tire utili risultati. Nel tempo però , che in una febbre periodica asso- ciata ad una causa irritante , ed alla stessa condizione diatesica, s' istituisce il metodo curativo in modo che per esso venga espulsa la causa irritante , oppure frenata la condizione diatesica , si devono ancora avere in vista i febbrili accessi per prontamente tron- carli. A tale oggetto nel più presto possibile al me- todo curali vo in rapporto alle due suddette condi- zioni univo la china od il solfato di chinina , ed avevo il vantaggio di vedere troncato il periodo mor- boso : dopo di che conveniva continuare la cura diretta alle citate condizioni ; e questa cura in tale stato libera dal morboso periodo riusciva più effi- cace, in quanto che non più esisteva la cagione con- sistente ne' febbrili accessi , che o aggravavano la con- dizione diatesica , appure rendevano più imponenti gli effetti prodotti dalla causa irritante. Ma con tutto ciò , che nel metodo curativo si prendessero in con- siderazione tanto i febbrili accessi , quanto le rcor- FliBBBI INTERMITTENTI 157 bose condizioni, che si assaoiano' agli stessi accessi febbrili , e che per siffatta considerazione rimanesse troncato presto il morboso periodo, pure questo do- po varj giorni tornava a riprodursi , e recidivava con maggiore o minore intensità a confronto di quel che aveva fatto per Io innanzi secondo la varia entità, delle cagioni , le quali s'incontravano in questa re- cidiva. E tale recidiva degli accessi febbrili accade- va si negl' individui , che erano affetti dall' una o dall'altra , ovvero da tutte e due insieme le sunno- minate condizioni , come in quegl' individui , che con opportuno metodo curativo si resero liberi dagli ac- cessi febbrili , e dalle condizioni irritativa e diate- sica ; come ancora la febbre periodica recidivava in que' soggetti , che non furono presi d'alcuna delle dna suddette condizioni. In siffatta differenza di casi v'et.t pure differenza di tempo , e d'intensità di male ne* febbrili accessi, secondo che questi invadevano u i sog- getti liberi dalle condizioni irritativa e diatesica , oppure vessavano quelli , che anche da queste con- dizioni erano affetti ; imperocché ne' primi i sintomi dell' accesso febbrile erano meno intensi di quelli , che erano ne' secondi ; e maggior distanza di tempo tra la febbre vinta e la recidiva si notava ne' primi a confronto di quella, che si notava ne' secondi. Ed è cosa ragionevole , che si dovesse rimarcare la cita- ta diversità, mentre se negl' individui liberi dalle condizioni irritativa e diatesica , la recidiva febbre periodica accadeva per la sola cagione , da cui vuoisi ripetere la periodicità , questa medesima febbre reci- diva negli altri individui affetti dalle sunnominate con- dizioni morbose non solo si produceva in forza dell* unica nominata cagione , ma ancora era prodotta per l'influenza delle medesime morbose condizioni in di- scorso. Appena comparsa la febbre recidiva io adot- 158 S C I E N Z K tava quella viste terapeutiche medesime , che sopra ho esposto , onde debellare il morboso periodo , e oude vincere le condizioni irritativa e diatesica ; per il che trovava queste viste efficaci, essendo apporta- trici di ottimi risultati avuti colla felice e stabile risoluzione degli accessi febbrili e delle citate mor- bose condizioni. Queste sono quelle riflessioni tanto relative a'prin- cipii da me stabiliti nelle febbri intermittenti , quan- to a quelle viste terapeutiche , che sono riconosciute per le più ragionevoli : le quali sono basate sulle osservazioni fatte intorno a questa malattia da Lan- zoni , Dulong, Ramazzi ni , Schultz, Torti, Strak , Borsieri , Frank , Rubini , Gelrnclti , Puccinotti , e da altri , che si sono resi celebri uell' arte salutare da loro professata , e che avranno sempre un diritto sulla riconoscenza degli uomini. Di alcune ossa fossili rinvenute in Roma e né" din- torni , e conservate nel museo kircheriano. -» cosa assai nota che ne' dintorni di Roma, in mez- zo a terreni vulcanici e negli stessi tufi vulcanici, siensi più volte rinvenute ossa di elefante e di altri gran- di quadrupedi. Gli scritti di parecchi per diligenza e sapere autorevoli osservatori mettono fuor di dub- bio un tal fatto , che del resto è assai conforme a ciò che in tanti altri luoghi si osserva . Lasciando i fatti riferiti da celebri naturalisti e pei ciò abbastanza no- ti ai cultori di questi studi , ne ricorderò solo uno tratto da un libro , ove niuno per avventura aude- OiSA POSSILI l^ii ra a cercare tali notizie. li Culi. Lucidi, nella sto- ria dell' Ai'iccia (a) , narra come ivi , sotto uno strato di peperino alto circa palmi 1 2. , si trovò uno strato di pozzolana mista con brecce ( dice egli ) di selci , alto palmi dieci , indi altro masso di peperino allo palmi setl^ sotto questo e sovrapposto ad altra pozzo- lana ciuericcia delle ossa di cervo , 1' impressione delle quali vedevasi uel peperino. Benché il tutto fos- se malconcio da' lavoratiti, l'autore», recatosi sul luogo due giorni appresso , vide nel peperino V im- pressione dell' estremila d' un corno lunga un palmo e più , e d' un osso di gamba , e raccolse varj pezzi d' ossa . Pretermetto altri ritrovamenti anche più cospi- cui , più recenti e più vicini a Roma , e vengo sen- za più ad alcuni ebe si sono fatti entro le mura di questa citta. ( omechè questi non sieno più degli al- tri mirabili , pur tuttavia sembra ebe viepiù ecci- tino l'attenzione comune , o sia perchè non sono fre- quenti le scoperte geologiche entro le mura d. una citta , o perchè , trattandosi di Roma , facilmente vo- la il pensiero a quel numero immenso d' animali eso- tici , eh' erano in altri tempi qua trasportali , spe- cialmente dall' Affrica , per divertire il popolo roma- no. E iu vero , per dir solo degli elefanti , dapoichè Curio Dentato condusse a Roma i quattro elefanti pre- si a Pirro 1* anno bnij di iioma , e alcuni anni do- po Metello più di cento presi ai cartaginesi , questi animali non furono più una rarità per gli occhi ro- mani . Scipione Nasica e Lentulo mostrarono ad es- si degli elefanti nella loro edilità l'anno 584. Clau- dio Pulcro ne fece combattere alcuni 1' anno 0.35 , e (a) Mem. storiche della Ariccia §. i C. V. p. 5o- 160 SciEMlK venti anni appresso gli edili L. e M. Lucullo diede- ro lo spettacolo d' un combattimeuto d' elefanti con tori. Pompeo » che liysèì a riunire in Roma 600 leo- ni , fece tirare dagli elefanti il suo carro in uuo de* suoi trionfi , e mostrò ai romani 20 di questi ani- mali secondo Plinio, o 18 secondo Dione Cassio. Ce- sare ne mostrò 40. Agli imperatori crederemo che mancassero questi animali ? Certamente no. Sono men- tovati quei di#Nerone , di Domiziano, d'Antonino Pio , di Commodo , di Settimio Severo, di Caracal- la , d' Elagabalo , di Gallieno. Sotto Gordiano IH erano in Roma , fra gii altri animali stranieri, con dieci giraffe, e settanta leoni addomesticati , anche trentadue elefanti ( Jul. Capitolili. XXXIII ). Né so- lo spesso in Roma vissero e morirono gli elefan- ti , ma ancora ci nacquero , come accenna Eliano , e chiaramente lo afferma Columella: Inter moenia no- stra natos animadvertitnus elephantes ( De re ru- stica L. III. 8 ). Questi fatti si sono qui ricordati [a mostrare che meritano qualche scusa le persone non istruite nel- la storia della natura se , quando sentono di avanzi elefantini trovati- in Roma o ne' dintorni, sono diffi- cili a riconoscerli antidiluviani, e preferiscono di cre- derli monumenti delle vittorie o del lusso degli an- tichi signori del mondo ; e meriterò , se mal non av- viso , ancor io qualche scusa, se in questo breve scrit- to spenderò poche parole per confutare tra* opinio- ne , che non conta più segnaci fra i naturalisti. Or veniamo al nostro soggetto. E nota la roc- cia di tufo vulcanico pietroso (tufa litoide, Brocchi) che si scava sull'Aventino come pietra da costruzione. Due naturalisti italiani ne hanno parlato , il Breislak , che lo giudicò una lava, e il Brocchi, il quale più giustamente sostenne che ninna corrente di lava si ravvisa entro Ro- Ossa foss,-u 10 1 ma, e che la roccia indicata , la quale si osserva nella vi- gna situata incontro alia chiesa di S. Prisca, non è che un tufa litoide, come pure la roccia al tutto ana- loga della rupe tarpea ( Catal. ragion, p. i , 2. Sfato fisico dtl suolo di Roma p. 163 ). In questa dell' Aventino si è trovata qualche cavita ingemma- ta da cristallini calcarii , e qualche avanzo vegeta- bile cangiato in autraconite 0 carbonato di calce a fiat- tuia laminosa. Questo tufa , dice il Brocchi , è co- perto da uno strato di pomici mescolale ad una (er- ra vulcanica gialla. Più esaltamente diremo che im- mediatamente sopra il tuta litoide giace, almeno in al- cune parti , uno stratarello di tufa granulare bruno sparso d' una quantità d' amfigene farinose , e sopra questo un deposito di particelle vulcaniche miste a parli calcarle e a molti ciottoletti silicei. Oia in questi due slratarelli o fra uno e l'altro si so- no trovale in questi ultimi anni parecchi avanzi fos- sili di grandi quadrupedi e in particolare d' elefanti. Nel superiore si trovarono primierameute due zanne o difese elefantine, le quali, divenute più fragili del- la materia che le involgeva , nelf estrarle andaro- no in conquasso. Una era in una parte già rotta , ma fortemente saldata dalla terra circolante. In una manca 1' estremità della punta , perdutasi nell' estrar- la ; nell'altra qualche cosa di più . La parte vuota , ove era il nocciolo polposo , manca nella prima e qua- si al tutto nella seconda : si sono peraltro trovati al- cuni frammenti di questa parte inferiore. Ravvicinate le varie parti dell' una e dell' altra , formano nella prima una lunghezza di metr. 1 , 76 in circa , e nel- la seconda un poco meno. Si scavò pure un altro pezzo di zanna alquanto più grossa delle preceden- ti, appartenente ad altro individuo, e lungo o , 46 met. Il suo diametro maggiore è o, i345 , e poco tue- G.A.T.TAV1I. 11 152 5 e i *. a i m no è il minore- Pia recentemente si sono trovati altri pezzi di zanne elefantine , e fra gli altri una punta al tutto illesa, qualche pezzo di molare e varie altre ossa. Fra queste le meglio riconoscibili sono due grandi vertebre. Una assai conservata poco differisce da quella trovata alla riva de! Po , e rappresentala dal Cuvief tav. X fig. 26 e 2? della grand' opera sulle ossa fossili (ed. 2a) , la quale, second oche egli dice , è la seconda vertebra de* lombi d'un elefante di dodici piedi e mezzo d'altezza. Questa nostra ha dimensioni un poco maggiori , e più la larghezza che la lunghezza. La cavila del midollo spinale era infarcita principalmente di piccole pomici. Si sono trovale le apofisi d' una terza vertebra , che doveva esser maggiore. Varie altre vertebre considerabilmente minori sem- bra che appartenessero ad altro quadrupede , probabil- mente del genere bue. Si è trovata pure una gran parte d' un grosso e lungo corno internamente cavernoso : dee appartenere al genere bue, ma schiacciato come, e solo verso l'apice quasi rotondato, somiglia più alle corna del bue muschia- to , che non a quelle del bue comune. Ultimamente sono stati recati in questo museo kircheriatio degli avanzi d'altro simil corno, e d* altre ossa ( qual- cuna appartenente a un grande elefante ) , che deb- bon pure essersi ritrovate in queste vicinanze, in ter- reno simile al deposito superiore dell' Aventino. Il terreno dell' Aventino , ove si rinvengono qne- ste ossa , è terreno vergine , non punto rimescolato dall' uomo , benché in qualche luogo sia attraver- sato nella parte superiore dai fondamenti d' antica fabbrica romana. 11 terreno superiore è tulio ingom- brato di avanzi di terra cotta , di vetri vagamente colorali per 1' alterazione sofferta collo stare sotter- ra , e d'alfr" orw-v umane. Fra queste ho trovato va- Os$a FESSILI !< 3 vie conchiglie ma ri uè , cioè il trochus mauritianus , il mure* brandaris , il murex trunculus , !o spon- ci) lus gaederopus e delle ostriche. Queste conchiglie al certo non sono fossili , né ivi sono slate depositale dal mare- Era agevole immaginare che fossero state impiegate ad ornate qualche parte inferiore dell'edificio degli anti- chi romani , che assai si piacevano di siffatti adorua- m nli ; tanto più che il p. Lupi ci narra come , appun- to in quella parte dell'Aventino , 1' anno i73i , cry- ptoporticus adliuc stantes , et conchyliis oinalae , opere eleganti detectae sunt ( Epit. Severae M. p. Aa ) . Negli scorsi mesi s' è trovata , appunto nel terreno di cui parliamo , una volta ornata di più file di cardii. Nella pianura aretina , secondochè attesta il celebre signor conte Fossombroni , alla profondila di più di venti braccia si trovano ossa fossili d' elefan- te , di bue e d'altri quadrupedi , e alla piofondila per lo più di cinque o sei braccia riu vengonsi bion/i e vasi antichi coperti di terra e di gl.iaja ( Soc. 1 lai. T. XIX, P. Matem. ) . Sull'Aventino si lijeie in pic- colo lo slesso fenomeno : qui la distanza fra i mo- numenti della natura e quelli dell' aite invece d' essere di quattordici o di quindici braccia , nosi è talvolta d'alti elianti pollici : benché in qualche pun- to sia consideraci mente maggiore, varia essendo la spessezza del'o strato sovrapposto al tufa litoide , secondo le sinuosità di questo. Non v' ha peia'tro alcun dubbio che i primi non sieno veramente fossili. Oltre a ciò che abbiamo già detto , la dispersione delle ossa ci' uno slesso indivi- duo mostra che sono state depositale dalle acque , co- me il terreno che le involge . Inoltre gli antichi romani s che non concedevano, se non per privilegio rarissimo , la sepoltura entro le mura della città a' 11* 164 Scismii loro concittadini più illustri , avrebbono ivi sepolto questi animali ? E avrebbono con essi sepolto quel- le lunghe zanne d'avorio , eh' erano presso loro in si gran pregio ? Aggiungo che V avorio degli ele- fanti fossili al tutto scomposto e, come dicesi, cal- cinalo e d' aspetto affatto diverso dall' avorio del commercio , mollo bene si discerne da quello degli antichi monumenti , che non è mai così alterato , anzi , ove no* sia troppo sottile , Suol trovarsi assai conservato. Che poi le ossa di cui parliamo appartengano ad animali antidiluviani , ossia , come soglion parla- re i naturalisti , anteriori alla catastrofe che ha la- sciato i nostri terreni a un dipresso nello stato in cui sono , pare assai certo : perciocché dopo quell' e- poca non sembra che siensi potuti sa quel colle deporre quel tufo e quelle brecce , uè trasportarsi sul!' Aventino le pomici , che a quelle ossa sono fram- miste ( e lo stesso dicasi del Quirinale , dell' Es- quilino , dei Gianicolo e del Pincio , ove pure si trovano pomici ) , e pare che debban ripetersi da'vul- cani de' monti cimini , ove abbondano , non già dai più prossimi a Roma , che ne mancano al tutto (V. Brocchi , Stato fis. ec. p. 202, 204 ). Inoltre , se questi avanzi appartenessero ad animali non già sepolti da quella grande catastrofe o anteriormente , ma vissuti in epoca meno antica , perchè , io domando , per qual ca- giont non avrebbero continuato a vivere nel Lazio gli elefanti , i grandi buoi di specie diversa dall'or- dinaria , e altri grandi animali , di cui pur si tro- vano talvolta degli avanzi , come i rinoceronti e gl'ip- popotami ? E se ciò fosse avvenuto , perchè non si farebbe menzione di lai giganteschi animali nelle an- tiche storie o nelle leggende miste di storia e di fa- Tobi , che precedono la vera stona ? E se i pruni Ossa fossili ^5 scrittori delle istorie romane furono i poeti , tan- to più dovremmo aspettarci di trovar menzione di queste straordinarie crealure. Ci hanno pur fatto sa- pere gli antichi che i leoni un tempo abitavano nel- la Grecia. Ma né Livio , né Plinio, uè altri , per quanto io sappia , parlano di leoni , di elianti , o di rinoceronti italiani. Troviamo per contrario scriversi a lode dell' Italia : „ Haec loca non tauri spirante^ cariba* ignem ,, In vertere , „ At rabidae ligres absunt & saeva leonum ,, Semina. ( Virg. Georg. L. 1 1 . ) Le nostre ville già non furo arate Da indomiti giovenchi , che furenti Spirasse!- foco per le nari enfiate. Ma non v'ha tigri , né squassa le folte Giube fero lion ( Trad. del march. Biondi ). Nella stessa mitologia n*n troviamo vestigio di sif- fatti animali abitatori delle nostre contrade . Ercole viene ancora nel Lazio : ma il domatore de'mostri non trova qui da domare colla sua mazza ne leoni , co- me nella selva Nemea , sol Citerone e sul monte Ten- mesio , ne altre fiere , ma solo il famoso abitatore di questo stesso monte Aventino , quel Caco , il qua- le per avventura è un personaggio simbolico , e se- condo Tito Livio ( al cerio non troppo ne*mico del maraviglioso ) ed altri prosatori ( Dionisio L. 1 ; Aur. Vitt. de orig. gentis rom. C. G , 7 ; Servio ad Vili, Au. ) non era che un assassino , del quale Virgilio e 165 S e i s v a s O/idio hanno fatto un mostro ignivomo ( a ) coli.» stessa licenza poetica colla quale e Dante ne La fat- to un centauro , e alcuni moderni naturalisti l'han- no trasformato in un vulcano : benché 'ulto ci dica che niu.i vulcano lui mai ar«o siiti* Aventino. Le os- sa, che sicuramente ne' tempi antichi ivi si rinven- nero , scavando per le fondamenta delle fabbriche , potevano conciliar fede ad Ovidio , che dipinge bian- cheggiatili per le ossa i dintorni della spelonca di Caco J ,, Squallidaque humatiis ossibus albet humus. E se trovossi qualche gran corno , potè supporsi di quel toro , che da Ercole vittorioso fu subito sacri- ficato a Giove ; 1t Immolai ex illis taurum libi , Jupiter, unum „ Victor ( Fast. 1 ). Tornando alle ossa elefantine scavate in questi anni dentro Roma, nell'aprile del 83o se ne tro- vò qualche avanzo al Piucio presso la nuova strada del passeggio. Ho avuto in ninno un pe///o di zan- na rivestilo in patte di concrezione calcanti e d'una terra giallognola : la superficie era segnala di punti neri e di piccole dendriti : la cavila era in parte in- farcita di concrezione bigia , ma vuota nella parte superiore e ingemmata da cristallini di caibonalo di (a) Parrebbe che a Properzio fosse ignota questa virtù di Caco di spirar fuoco per la bocca. Accula Caus erat , metuendo raptor ab antro, Per tria partitos qui rfabat ore sonos. Ma alcune stimate recenti edizioni leggono_/ocoi inveca di sonos. L. IV. El. O- Ossa Fossili ^67 calce, ai quali aderiva un guscio di bulimus decolla tus convellilo in ispato calcano e coperto da quelli mila su- perficie interna e celi' esterna. Alcuni anni prima era stato riferito al Brocchi , die sullo slesso Pincio era- no slate trovate delle grandi ossa , che si giudicaro- no di elefante ( Stalo fìs. ec. p. 1T9 \ Gli avanzi fossili trovali stili' Aventino sono sta- ti presso che tutti riposli nel museo kicluriano » ove fin da gran tempo addietro eransi collocali al- tri simili zooliti , di parecchi de' quali lasciò ricor- do il P. Boriarmi , e più recentemente ne parlarono il Brocchi e il Cuvier. De' principali tra gli avan- zi fossili di glandi animali terrestri esistenti in det- to museo passo ora a darfe una qualche notizia , ri- portando insieme ciò che ne hanno detto i due natu- ralisti pur or mentovali. Il Cuvier ( t.i. p. 80 ) scrive : ,, Il gabinetto del ,, collegio romano possiede denti e frammenti di di- ,, fese ( d'elefanti ) , fra i quali ve rie ha taluno di ,, quasi un piede di spessezza : ivi ho disegnalo una ,, mascella inferiore notabile pe' suoi denti più stret- ,, li e a lame più lunghe dell' usalo, trovala a Mon- ,, te Verde presso Pioma. Questo gabinetto possiede ,, un femore notabile per la sua lunghezza , benché ,, ancora fornito delle a potisi , del quale pure ho ♦, preso il disegno . ,, Fa ancora menzione ( p. i9a ) d' una testa di femore fossile d' elefante dello stes- so museo , della quale da la figura (Tav. X. fig. 4. ). Il Brocchi , nella notizia delle ossa fossili ele- fantine trovale in Italia , ha scritto : ,, All'Acqua Ace- „ Iosa presso Roma nella villa Bonadies due pezzi ,, di mandibola guarniti ciascheduno di un molare. ,, Nel museo del collegio romano „ \ Monte Verde presso Roma. Io slesso trovai co- ,, li» un pezzo di zanna , e nel museo del collegio 'If>8 S C 1 E X Z K ,, romano sono molte ossa scavate in quel luogo ,, ,, cioè vari frammenti di zanne , uno -di cui è lun- ,, go quasi due piedi e del diametro di circa roez- ,, zo piede ; un altro simile molto più grosso e se- ,<, guato di eleganti dendriti di manganese : una man- ,, diboia inferiore con due molari , una fetta segata ,, di zanna del diametro di 6 pollici ,, ( Concilio!, foss. p. i82 ) . La mascella inferiore , ei»e il Broc- chi e il Ouvier dicono ritrovata a M. Verde , sia perchè cosi fu loro riferito o perchè la videro col- locala con altri avanzi elefantuli trovali in quel luo- go , io credo probabile che sia stata scavata a Ca- stel Guido 12 miglia lungi da Roma , donde ven- ne sicuramente una simil mascella a questo museo t come rilevo da una vecchia memoria in esso conser- vata , e da ciò che dice il Bonanni ( Mns. Kirch. p. 200 ) , cioè che da quel luogo gli furono re- cate inferi ores maritine de riti bus molaribus muni- tele , de quibus dubitari nullo modo potest reliquia S esse alicujus elephantini cadaveris. Vi sono ancora altri pezzi di ossa , di zanne e di molari elefantini , provenienti o da Castel Guido o da altri luoghi di queste vicinanze, per nulla dire de' molari e d'altre ossa d'eie fante , e di avanzi d' al- tri quadrupedi raccolti nel territorio di Viterbo, o ve- nuti da più. lontane contrade. Il Cuvier, fra i gabinetti d'Italia ove osservò avan- zi dell' animale da lui detto mastodonte a dents e'troites , nomina eziandio il nostro ( t. i. p. 252) . Vi sono di fatto due denti molari non del tutto in- tieri , ciascuno fornito di sei eminenze , alcune in- tatte , altre alquanto logorate dalla masticazione. Il maggiore è lungo circa met. o , ia , e largo m. o , i : lo smalto ha colore azzurro - verdigno. Il minore e lungo m. 0 , 095 o in quel torno , e largo m. 0 , 057 : Ossa fossi lì 109 lo smalto ò v'erde-gial liccio con qualche macchia ros- signa : nella materia delle radici appare l' aspetto dell'a- vorio scomposto. Donde sono ventiti ? Forse d« Monte Verde , ove il Guvier afferma essersene trovalo taluno ? Mi pare più verisimile che da Castel Guido , dacché non gli ho trovati collocati cogli altri fossili di Monte Verde : e d'altronde ha lasciato scritto il Bonanni , che oltre alle mascelle d' elefante recarono da Castel Guido al museo del collegio romano nliquos dentes in loco eodem effossos, in lapideam substan- tiam conversos adeo durarti, ut fere calcedonii la- pìdi's duritiem aequet , et chal) beam aciem retundant. E' verisimile che questi denti siensi creduti e det- ti impietriti ; e invero lo smalto del minore e lucen- tissimo e si direbbe un' agata , né è facile segnarlo col ferro . D'un favoloso animale detto odontot if-anno han- no scritto Giorgio Cedreno ( Collect. Byzant. t. IX p. i53) , Michele Glica ( ivi t. XI p. i .{a ) e Giulio Valerio ( Res gestae Alex. Maced. edente An- gelo Mai p. (67 ) e più veramente Esopo greco da quello tradotto. Un valentuomo, nel render conto dell' opera di quest' ultimo , ha scritto che qualche moderno naturalista sarebbe forse tentato di confon- dere col mastodonte quel tremendo animale ( Bibl. f tal- t. VII. p. 3f)8) .Può essere; ma sembra «Uf- ficile il cedere a questa tentazione. L'odontotiranno , di cui non parlano né i più antichi, né i moderni scritto- ri , che ninno ha veduto , del quale C&dreno e Gli- ca contano favole ridicole , il quale sì rammenta in quella parte della storia di G. Valerio , che fu dal- l' illustre editore pubblicata in diverso carattere co- me assolutamente favolosa , 1' odonfofiranno , dico , è un essere immaginario , che non esisteva al tempo de! 170 8 e 1 s n ?. » gran macedone punto più che a' di nostri. Si aggiun- ga che, secondo Cedreno e Glica, esso è anfibio ; mentre le indagini anatomiche hanno fallo afleitnai;; al Olivier che il mastodonte ( o almeno il gran ma- stodonte) non era fatto per nuotane o per vivere spes- so ncir acqua , come 1' ippopotamo , ma era un ve- ro animale terrestre ( p. i/jo,24cS ). JNè è facile il trovare che cosa abbia dato origine alla favola dell' o- dontoliraimo. Se fosse piovalo che nel Gange , ove lo collocano Cedreno e Glica , vivano o vivessero un tempo gì' ippopotami , potrebbono quesii aver som- ministrato occasione alle favolose relazioni di quel- lo , come pare che il rinoceronte 1' abbia dalo alle descrizioni del monoceronte di Plinio ( L. Vili òi ). dell' asino delle Indi.,' , del cavallo unicorno , e de! bue unicorno. Ma I' esistenza dell' ippopotamo ne'fiumt del continente dell' Asia non è punto provata ( Cuvier p. 27) ). H gavial, che vive ri*4! Gange (Incerta gang''- tica Gmelin) , diviene assni grande : ma questo reti i le non pericoloso per l'uomo, e che dicesi nutrirsi soltanto di pesci , nulla ha da fare v?r loro , tosto che apparve giusto in Nizzs , a farlo giudicare senz' altro importalo da que' dipartimenti francesi. Se non che il eh. Meli, riferendo altre prove ed ai ( ri fatti per dimostrar:1 l'additata introduzione del contagio da quel lato in Italia, combatte vigorosamente la strana opinione di coloro che il eluderà di Nizza come malattia unicamente epidemica andavano predi- cando ; sicché conduce via via i leggitori a farsi ac- corti, che non potevano noti valutarsi que' fatti e quelle prove seuza palesar mala fede o caparbieria di so- stenere una grossolana assurdità. Però egli lamentando di ciò esclama : „ E teniam per fermo che quand' ari - „ che quel contagio ingrandito a material mole per pas- ,, saie il Varo , su di un carro trionfale fosse entrato ,, in Nizza, pure si negherebbe che il morbo scoppiato „ nel suo bagno derivasse dal medesimo contagio , ,, sol che ivi la sua visibil mole non avesse penetrato „. Il terzo libro parla del morbo colerico in Genova , delle varie vicende onde ora se ne ammetteva or si nega- va il contagio, delle misure inefficaci, delle coatraddi- zioni nel dirlo ora contagioso or epidemico , or ne- Cholkra morbus 1 77 garlo epidemico e contagioso. Mostra quindi di poco o niun potere i mezzi prescritti come preservativi, giu- dicandoli secondo la ragione delle scienze. Termina col doloroso quadro statistico de' inalati e de' morti , e ne fa esalti ragguagli. Poscia, nel quarto libro il eh. au- tore parla di questa orribile peste importata a Livor- no : che è il terzo punto uel quale si è potuto ve* dere, e dirò quasi toccar con mano, come vi sia stata introdotta dall'estero. Tocca del suo manifestarsi in altri luoghi di Toscana , e spezialmente in Firenze , e si loda de' mezzi eHìcaci usali dalla saviezza di esso governo a spegnere quelf idra nascente nella capi- tale , e preservarne la Lunigiana ; né si omelie ac- cennare i premi, di che il gran-duca fu largo ai me- dici che si prestarono all' uopo. Il libro quinto espo* ne l'inopinato apparimento del contagio asiatico nelle isole venete, e segnatamente a Lorèo nel distretto d'Adria. Mostra come rapidamente .siasi esteso a Ve- nezia e in molte altre città di terra ferma, e come per luugo tempo siasi dubitato di alFermarne la presenza in Venezia , forse in buona fede scambiando il cho- le'ra con altre malattie, come con danno gravissimo ha fallo il tedesco Hildebrand. Nel sesto libro il Meli si fa a domandare , se in Italia il chole'ra siasi mostra- to con fenomeni diversi dalle consuete esterne forme nosologiche che si osservarono altrove, e ricerca che abbiano notato di più i medici italiani intorno que- ste forme esterne , e quale terapia sia stata opposta al morbo tra noi. Segue nel settimo ad indicare che, più che la terapia, l'igiene dà alcuna speranza di scan- zare dal cholera asiatico. Si propongono formali espe- rienze onde meglio conoscere ed avverare l'azione de* mezzi preservativi , e fermarne l'uso: si addita la pro- babile utilità profilattica di qualche sostanza da molti oggidì adoperala : e si fa osservazione sopra alcuui G.A.T.LXVII. U 178 S e i £ n m preservativi e sulla maniera di giovarsene , indican- do alcuni allri che furono decantati in Italia. Ter- mina l'opera con alcuni quesiti su molti agenti pre- tesi o dimostrati preservativi , indiritti al celebre chi- mico pesarese conte Domenico Paoli , e se ne danno per esteso le opportune risposte riportate dal mede- simo ; con che si forma l'ottavo ed ultimo libro. Quando noi avremo detto che quest' opera è de- gna del suo autore , avremo detto abbastanza. Perchè però non manchi un autorevole giudizio, riporteremo ciò che si legge della medesima iteli' opera intitolata : Il contagio del chole'ra -morbus , di Gaspare Federigo ( seconda edizione corretta ed accresciuta , Padova i 836 in 8°). Parlando di quest'opera adunque egli dice cosi : ,, Dobbiamo ingenuamente asserire che egli ( il „ Meli) ci addusse i più evidenti ed altrettanto nitidi ,, argomenti e falli per confermare sempre più. la „ natura contagiosa del cholera -morbus , la differenza t, dei morbi contagiosi dagli epidemici , arricchendoci ,, di uà esalto itinerari" relativo alla propagazione ,, del morbo per diverse contrade d'Italia per le co- ,, mnnicazioni o sospette o reali. Ne fu minor pre- „ gio in questa seconda parte quello di aver cora- „ battute le contraddizioni di alcuni rapporti sanitarj , „ di alcune gazzelle, le maniere assurde già concepite „ sull' essenza e sui caratteri del morbo , e le frasi ,, usate da taluno a guisa degli oracoii per la man- „ canza di un linguaggio logico-filosofico , vagliando ,, oltre di ciò i danni e i pericoli del salasso nello „ sialo algido abbandonato da alcuni medici , che ,, ne furono prima i più caldi encomiatori. „ X. Y. ITfl SUL CALCOLO DEI RESIDUI MEMORIA 2* Integrazione delt equazioni differenziali lineari. applicazione del calcolo dei residui all' integrazione dell' equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti. 1* Abbiamo già veduto nella precedente memo- ria la facilita , che prosenta il calcolo dei residui nel- r integrali dell' equazioni lineari di differenze finite a coefficienti costanti ; vediamo ora , comr> i medesimi principii sieno applicabili all'integrali dell'equazioni lineari differenziali a coefficienti costanti. Noi a que- st'oggetto seguiremo il metodo dato dal sig. Caucliy, mostrando in fine come il calcolo dei residui com- binato con l'analogia delle potenze con le differenze ci conduca con molta prontezza a questa sorla d'in- tegrali. 2° Sia data l'equazione differenziale a coefficienti costanti , e dell' ordine /*£«• , rappresentata da Procuriamo anche qui di soddisfare per una serie di esponenziali proporzionali alle diverse radici di una 180 S C l E K % I data equazione : quindi per i metodi stabiliti neììa pre- cedente memoria (nura. 4° form. 36) potremo supporre cTX )XT + £e""lK- ' ((F(r)))- Dalle supposte condizioni ne segue , che per tntti i valori di rra<« — i dovrà all'equazione (16) unirsi 434 Scienzk di) £«"-77- •r(F(,.))) — dj dy Sostituendo nella (1 3) i valori di / , - , , » •« avremo in quest' ipotesi ed essendo evidentemente 4,(r,x)e'-V'F(r) la (18) si riduce alla semplice La questione dunque vien ridotta a trovare una fun- zione «4(rvr) , che s'odisi! sì multa ueameuté all' equa- zioni (17) (19). Ma [ niem. 1 ' num. 7 fumi. (03) (65 .] ppr tutti i numeii ni + i< n , ed w < n — i si ha tempre „«-♦-» (20) £, >7 rr- — Um. — ; = o (per r = ce). ed anche (21) f, //— x-*= #/»•■ : --= » (pcrr« oo). 1 ((*»)) r'+a.^-'+.-.+a. Calcolo dei residut 4 85 perciò si verificheranno simultaneamente le formule (17) (19) se prendasi d.-(r,x) ' -£■ =/(r) ed integrando (23) X{r,x) = fe"r*f(x)dx + ?(r) e chiamando x0 un valor particolare della x , che renda nullo l'integrale , e sostituita una nuova varia- bile z compresa fra x , ed xQ potrà ancora esibirsi il valore della 4(>\#) Per l'integrale definito (24) 4(r,*) =J X e"f{z)dz + 9(r) cve ' - £ ((f«)) + & -qpwjf- Tal' è l'integrale completo dell' equazione (13) , e com- prende nella cp(r) , n arbitrarie costanti. E' importante di osservare 1° che ponendo f{x)^=oì il valore della y espresso per la formola (25) si ri- duce all' integrale della (l) , 2° che ponendo Scienze e s^uita a rappresentare l'integrale deli* equazione (13). Cosi data per esempio l'equazione differenziale del 3° ordine (27) — — 3 + ,ì — - — r m=tf(x\ dx" dx sarà evidentemente (23) F(r) « r^-'òr2 + 3r-i = (r— i)3 dunque l'integrale si esprime per (29) r==£ ffry rx-+^ ((('-ì3)) (((-')3)) Ma dalle formolo generali sul calcolo dei residui (me- moria I" mira. 3 forra. 25) si sa che $(r)er i d.2(p(r)er (30) £ ' (((r-i)')) " 2 ^ -i1 »»•(*"* Ì/OV* -C *'(i) = c — r - + dx od anche la simbolica (34) (£-->-^> sostituendo in luogo delle potenze gli ordini dei dif- ferenziali, quindi per mezzo dell' equazione (25) l'in- tegrale sarà Il calcolo dei residui ci conduce prontamente ad al- cune trasformazioni cognite di quest' ultima equazio- ne. Infatti dai principi del calcolo dei residui si ri- cava 158 Scienze (p(r)er* i dl-U(r)er- • £■ \ (((>— /•,)"))" I.2.3. ..w-i i*-*)f(z)dz r/"-y " e<*-*y(z)(r)errrm (33) r« -■=.-& 77 e quindi a motivo dell' identicità 9m= & ((—)) si verifìekera la richiesta condizione per la formula CALCOLO i)KI RESIDUI i[)ì + »(r— 4) + »* e cambiando gli esponenti in indici Calcolo dei residui 105 *(r) = (r*-4r + 5>0 + (r-4) », + *2 e dovrà farsi »o — i , », =» 2, », •■=» 3 7 quindi £. (ar- i) + C] + /V~_l)%.£zl.)/(2y:. Non sarebbe difficile ora determinare con il calcolo dei residui le costanti arbitrarie introdotte dall' integra- zione, per condizioni date, ed il processo è simile a quello atloprato per l'equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti , d'altronde trovasi questa materia ampiamente esposta dal citato sig. Cauchy in diverse parti delle sue opere (*'). Barnaba Tortouni. H Exercìces des Mathematiques tom. n, pag. 3», — un. 199 LETTERATURA Elogio di monsignor Niccola Maria Nicolai udito- re generale della R. C. A., scritto dal principe D. Pietro Odescalcki socio ordinario e conserva- tore perpetuo dell' archivio della pontificia acca- demia romana, di archclogìa , socio di onore del' V insigne e pontificia accademia romana di s. Lu- ca e dell' I. e R. accademia delle belle arti di Fi- renze , corrispondente della R. delle scienze di To- rino ec. M» caro sommamente, emmentissirni principi, colleglli ornati ssimi , per la prima volta in cui l'ono- re mi è dato di far udire la mia voce in questa dotta ed onorevole radunanza , d'intertenervi su tale argomento , che per se medesimo non può non me- ritare la cortese vostra attenzione. Monsignor Niccola Maria Nicolai , già uditore generale della camera apo- stolica e presidente di questa nostra accademia (i), le mi lodi debbo io tesservi in questo giorno per coman- damento di chi regge al presente la somma delie co- se del nostro instituto , e di chi per dolce ed antico vincolo d'amicizia può sulf animo mio ciò che vuole, (i) Questo elogio fu recitato alla pontificia accademia ro- mana di archeologia. ?nO Letteratura è stato , per quel che io penso , uomo chiarissima, e da tutti avuto in grandissima riputazione , ancor- ché non si consideri che come pubblico magistrato, e come proteggitore munifico delle scienze e delle let- tere. Il perchè io , bene usando il vantaggio che spon- taneo mi si offre , lascerò da parte ogni studiato ar- tifìcio di orazione : e dietro !a scorta fidata de' fatti della vita e delle opere di lui , vi mostrerò , con quel- la brevità e con quella pienezza che potrò maggiore, quanto seppe egli ben fare alla cosa pubblica come magistrato , e quanto utilmente giovare alle scieuv.e ed alle lettere come protettore di queste; I. L'anno 1750 da Antonio Nicolai e da Cecilia Coccia nacque Niccola Maria il giorno t4 del me>e di settembre. Fra i suoi si tramandava memoria, eh e* discendessero dai marchesi Nicolai della prima gen- tilezza di Francia. Fatto sta che il padre era mag- giore sopra i fatti della casa Ruspoli , e la madre, uscita da una famiglia delle civili di questa citta T niente altro portò in dote al marito suo , che un pic- ciolo poveretto posto su i colli che sovrastano la via ostiense presso san Paolo : poderetto che in mezzo si giace di quel tenknento , il quale in processo di tem- po il nostro monsignore cotanto estese ed allargò. Dnc sorelle ei s'ebbe : Maddalena passata a civili nozze; e Maria savia e cortese donna , che visse con lui, e che morì, in Frascati. Ebbe altresì quattro fratelli ; due pre- lati di manlellone , e furono D. Alessandro rettore del collegio Capranica ed ufficiale della sacra penitenzie- ria , e D. Giuseppe professore d'istoria sacra in que- sta romana università e cerimoniere pontificio. D. Sal- vatore, terzo fratello, si rese canonico regolare late— ranense in san Pietro in vincoli ; poi tornato al seco- lo , mori rettore del collegio di san Roberto. Un solo secolare s'ebbe egH tra' fratelli ; ed è il cavaliere Elooio d-t. Nicolai 20'1 Tommaso presidente regionario , che viv1 serr/a figli. Tutti uomini onorati ed in buona fama dell' univer- sale. E poiché ho qui toccato della sua gente e della origine di sua famiglia , mi piace di riporre in que- sto luogo un fatto, il quale come che sia intervenuto l'ann > innanzi la morte del Nicolai , pure per la ma- teria io stimo doversi a questa prima parte del suo elogio annestare. Fatto che io tengo per verissimo , poiché e prima mi fu narralo a bocca da' suoi più intrinseci e più dimestici , e quindi mi fu tra le me- morie della vita di lui consegnato. Viaggiando adun- que il prelato Nicolai , uditore generale della camera , per alla volta di Genova, passò' in Lucca : ed ecco un uomo ragguardevole per sembiante ed ornamento della persona rimescolarsi fra i famigliari , e far pres- sa di vedere , come egli diceva , il suo parente. l'ira un fornaio ; ma copioso d'ogni bene di fortuna , ed in buona fama d'industria e d'onesta. Il prelato , avu- tone sentore , sei fece venire innanzi , e senza vo- lere ascoltare le ragioni che il fornaio diceva aver beile e pronte , l'assicurò eh' egli non si vergognerei»! e mai d'esser congiunto a valenti nomini , e che il paren- tado era fatto. Poco stante si avvenne egli ad altro Ni- colai , il vescovo cioè di Montepulciano , che in sulle prime accoglienze voleva anch' egli essere avuto per parente: Me ne terrei onorato , gli rispose l udito- re : ma non so se vostra signoria illustrissima e i e- verendiss'una vorrà ingentilirsi con nn fornaio ; e gli contò il caso di Lucca. Per questo fatto si può con- chiudere, che il Nicolai rispettava ir altrui la nobiltà de' maggiori e de' nomi onorati ; ma in se non ri- conosceva che quella delle opere e del merito. E di ciò basti il detto Cui qui. IL Ora io dico , seguitando a narrare la vita del nostro monsignore , com' c_jli fanciullo fu educato 202 Letteratura da prima alle lettere nel seminario vescovile di Civi- ta-Castellana ; poi in Roma nel collegio umbro-fnc- cioli ancor diretto dai padri della compagnia di Ge- sù. Assai giovane entrò nel foro , vi disse il vero , e da lui detto piacque. E fu mentre eh' egli era an- cora nello studio delle leggi , che mandò alle stam- pe un libro sulla depositeria urbana , in cui espo- nendo tutti i diritti , i privilegi , le costituzioni e le leggi sopra gli emolumenti di quel tribunale , si stu- diò d'infrenare il più possibile gli abusi che vi com- mettevano gli appaltatori delle tasse , e di arrecare eziandio conforto e sollievo a quegli sventurati , che per dura necessita di fortuna vi debbono comparire d'innanzi. Al libro aggiunse un' appendice , in coi tratta nel modo d'interpretare le leggi su quella ma - teria. UE. Essendo il Nicolai ancora nel foro tra' cu- riali di collegio , veune eletto a fiscale della fabbri- ca di san Pietro, di cui iti eia più ferma e più piena fu nominato altresì giudice. E con tanto zelo si mise egli ( come fu sempre usato di fare in ogni pubblica incumbenza ) in essi uffici , e seppe trarre si buon profitto dall' esamina delle carte dell'archivio di quel gran tempio ( carte che per gì' incarichi che sosteneva era in debito di ricercare , di studiare , e di svolgere continuo) che potè fin d'allora imma- ginare queir opeia intorno la basilica vaticana , che non prima dell'anno «817 rese di pubblica ragione. Qucst' opera , pei' dirne alcun che , è in un sol vo- lume , in quattro libri spartita , e seguitata da una larga appendice. Ella è latinamente scritta , e perciò che risguarda quel santuario di tutta eristia a ila , pa- re a me che niente di più sia a potersi desiderare. Il primi) libro muove fin dai più remoti tempi in cui Costantino imperatore fondò , ad onoranza del Elogio dst, Nicolai "20 j principe (logli apostoli , un tempio assai splendente per quella età. Da Costantino vieu giù. mano mano discor- rendo di tutti que' pontefici, che per qualunque sia- si maniera dettero opera all' avanzamento ed ali or- namento della gran mole vaticana , e giugne fino a Pio VI , it quale con tanta larghezza , e con una ma- gnificenza veramente sovrana la condusse a quel per- fetto compimento in che essa si sta. E ( come quasi a beli' esordio ) egli consagra alcune pagine di que- sto primo libro a dire de' templi del paganesimo , con molta scienza e dottrina delle cose di antichità : ap- presso di quello di Gerusalemme , e de' primitivi cri- stiani. Talché a degua conchiusione di questa pri- ma parte dell' opera si fa egli in sul fine a tessere un' assai bella e grave difesa della fabbrica vaticana , e trionfalmente combatte certe calunnie e certe male voci che da taluni si andavano gridando contra i pon- tefici per aver essi versati tanti tesori in quel (empio immenso. Gli altri 'tre libri sono tutti di m-iterie le- gali, e toccano delle facoltà e dei diritti accordati alla fabbrica vaticana ; de' privilegi intorno ai lasci- ti , ed alle così datte cause pie ; ed espone in fine i metodi economici e giudiziarii di quel tribunale. L'ap- pendice è scritta in nostra lingua , e può dirsi un se- guito del quarto libro ; anzi in essa è riportato sic- come in sunto dal Nicolai il libro che intorno al tribunale della fabbrica vaticana aveva qui in Roma medesima nell'anno 1792 pubblicato Filippo M.ria Renazzi , giureconsulto profondo e celebra tissimo. Io niente altro fo , o colleghi , come vedete , che dirvi cosi per somma le principali cose delle opere del no- stro presidente; imperocché troppo sarebbe, ed il tempo mi verrebbe meno a tanto lavoro , se io vo- lessi di tutte qui ragionare a minuto. Ma innanzi di metter fine a parlare intorno questi libri del vatica- ?(H L E T T fi R i T w ft A no , io vi dirò , ad onore di quel prelato , come l'ope- ra fu da lui con un'assai pietosa e divota letteci ai due principi degli apostoli intitolata : che anzi piace a me , e son certo che voi me ne loderete , di ri- portare le parole con le quali egli chiude quelP umile sua de li dizione: Hi ma libr/im qwilemcumque , vostra indulgertlia fretus , tamqitam voti vani tabellam vestro religiosissimo sepularo e v /ubere non dubito , ubi cives et advenae e e ornai natione multa pietatis monumen • tu ojerre , a! qui etiain reges diademata sita depo- nere praeclarimi esse du cerimi. Fos igitur , quorum alteri a divino pastori traditae sunt claves regni eoe lorum , altari munns datimi gentes ac praeserlim ro- manani civitàtem Christiana religione instruendi ; quo- rum firmi ss imo praesidio liane urbem semper sta - turam esse confidimus , obsecro atque obtestor , ut e carato clementi ss imo domino, quandocumque me hinc migrare iusserit , ostium coelestis tabernaculi mihi occludendum esse curetis. • IV. Dette le cose che a questi suoi primi uffici sì appartengono , è d'andare innanzi ne' fatti della vi- ta di lui. Il nostro prelato era stato dalla graziosa na- tura dotato di tanto ingegno a tanta prontezza di spi- rito ed a tanta sagacita accompagnato , che non doves- se rimanere indietro nella carriera in cui si era mes- so , né essere alcerto tenuto gran tempo nell' oscurila e nella oblivione ; come assai volte accade a mol- ti , i quali , quantunque per V ingegno e per la virtù, potrebbero tanti altri sopravanzare , pure per non ave- re l'animo a cosi fatte doli ben disposto ed informa- to , non s' alzano a niun onore, vivono non saputi dal- l' universale , pur troppo niuno essendovi che fino a loro discenda a ricercarli. Il Nicolai per queste sue na- turali disposizioni non molto stette, che fuori emer- se alla veduta di tutti ; e presentato a Pio Sesto poti- Elogio dì;!. Nicol'*i '20') teSco di gloriosa ricordazioue , questi se I' ebl»e Leo presto in grazia, e restò altamente preso alla piacevo- lezza ed all' arguzia de' suoi motti. Laonde nel con- versare con lui avendolo ravvisalo uomo destro , intra- prenditore , e da non isbigoltirsi nelle diffìcili imprese, volle nelle sue mani riporre la direzione dell' asciuga- mento delle paludi pontine , che quel ina Rianimo pun- tefice diceva essere una delle più splendide gemme del suo triregno. Il Nicolai vi consumò lunga ed utile fa- tica ; ed il papa in premio gli profer.se la prelatura e l'uditorato del camerlingato , dicendogli, con far sem- biante di gioia, clie quello era stato il primo giudo della scala che lo aveva portato al sommo delle altez- ze. Ma il nostro prelato , stretto dalle angustie fami- gliari , se ne scusò .- ed allora fu che Pio con un suo ruotu proprio creò un quarto ufficio di sostituto di ca- mera , perchè soprastesse alla grande 'impresa de! bo- nificamento delle terre pontine, e glielo cencedè , fa- cendo ampia e bella commendazione dell'industria e dell' ingegno di lui. Il creare un nuovo ufficio per gui- derdonare un suggetto meritevole , pare a me che ono- ri sommamente tanto il principe che lo pensa , quan- to l' uomo che lo riceve. Il pontefice Pio Sesto nel mettersi in quell' opera dell' asciugamento delle paludi pontine voleva che se ne scrivesse 1' istoria , non tan- to per fasto o per ambizione di gloria , che pur molta e vera gli si doveva , quanto perchè servisse a mante- nerne le norme, e facesse che stabili e durevoli fos- sero que' frutti che con tanto beneficio si sarebbero ri- tratti. Marco Valsecchi , gesuita di assai bella fama, si accinse al lavoro ; ma morto di li a non molto , tol- se sopra se 1' incarico Giacinto Stoppini , egli pure del- la compagnia di Gesù. Il manoscritto, che nell'anno 17S5 lo Stoppini presentò, all' intuito non soddisfece al pon- tefice ; il perchè rimuneratolo largamente , come si con- 206 Let teratuka v«niva a gran principe e generoso , diede esso mano- scritto tal qual' era a Niccola Spedalieri , filosofo di quel nome che tutti sanno , ed al nostro Nicolai stret- tissimo di una verace amicizia , affinchè totto il rifon- desse , e di nuove forme lo rivestisse , e di antiche no- tizie istoriche più ricco e copioso il facesse. Lo Spe- dalieri fra le cose più sode ed amene tratte dagli an- tichi scrittori facendo eletta di quelle , che meglio al- l' argomento suo rispondevano , da' più remoti ed oscuri tempi dando incominciaraento, discese prima fino a Teo- dorico ostrogoto re d' Italia , poi procede fino alla ten- tata impresa del pontefice Clemente XIII. Ne quel pro- fondo scrittore si fece già ad esporre semplicemente i lionificamenti in varie età nella palude pontina o fatti o tentati : ma con la guida della più sana critica , e con la luce della più severa filosofia , si mise a conside- rare bene addentro lo stato non meo fisico , che po- iitico di quelle terre; ed in ispezialita le dubbie co- se degli abitatori antichi di quei paesi sottomettendo al più scrupoloso esame , e con fino giudizio e con giu- sto criterio le molte erudite quistioni disnodando. Or quando appunto lo Spedalieri aveva l' opera sua fino a qu-. sto termine condotta, opera scritta tutta in lingua latina come il pontefice avevagli comandato , Pio Se- sto pe' rivolgimenti repubblicani sopravvenuti iu Ro- ma discacciato dagli stranieri , andò in durissimo esi- lio ; e lo Spedalieri da immatura morte soprappreso cesse al comune destino degli uomini. Sendo questi già in su gli estremi del vivere , confidò il suo lavoro non ancor compiuto alle mani dell' amico suo , a lui quanto meglio poteva raccomandandolo. Fu nell' an- no 1800 finalmente , che il Nicolai pubblicò l'opera intorno ai bonificamenti delle lene pontine , divisa in quattro libri ; de' quali i primi due sono quelli già detti dello Spedalieri da! nostro prelato in italiano voi- Elogio del Nicolai 207 tati. Il terzo eh' è tutto del nostro collega , chiude <[ue' fatti che da lui , il quale tanta parte s' ebbe ne' bonificamenti pontini , erano slati diligentemente ri- trovati : ed ivi medesimo ha raccolti in bell'ordine tutti gli atti legali, i chirografi ,. gli editti , ed ogni altro provvedimento che a tale impresa possono per qualunque maniera giovare tanto al pubblico , quanto al privato interessamento. Nel quarto libro finalmente si leggono tutte le memorie idrostàtiche di Gaetano Astolfi bolognese, uomo peritissimo, il quale per ciò che spetta all' arte sua molto fece e molto si adoprò in- sieme coli' altro ingegnere Rapini , affinchè a bene riu- scisse quel grande disseccamento. Tutta l' opera è in- titolata a Giovanni Torlonia marchese di Roma Vec- chia : e ciò in argomento di riconoscenza , perchè co* denari di quel banchiere fu mandata alle stampe. V. Nò soltanto in queste cose di pubblica ammi- nistrazione Pio V£ pontefice si giovò dei collega no- stro ; ma avendolo ognora più in istretta dimestichez- za , e conosciutolo uomo acuto , segreto e di facili ed accomodati partiti ne' dubbi ed intralciati affari , lo in- viò a Napoli sotto colore di trattarvi la compra del palazzo Sautobono , ora Braschi : ma in fatto diede- gli riservatissima commessione di conciliare i mali umo- ri pel tributo detto la chinea , e di comporre le questio- ni degli affari ecclesiastici di quel regno. La concordia pel bene adoprarsi che fece il nostro prelato , e per indotta eziandio del ministro Acton , era in sullo strin- gersi: e Pio non meno che Ferdinando se ne contentava- no. Quaudo , sopragiuntovi improvviso il cardinale Spi- nelli , il concordato si sturbo , restandone sempre na- scosa la ragione , e più nou ebbe quel prosperevole effetto che il Nicolai in sulle prime s' imprometleva. VI. Ma le cose politiche di Europa al cadere del secolo decimottavo precipitavano giù a grande rovina , 208 L E T T E R 1 T li R A e la misera Italia -, i desi sopra del capo ammassare spes- se e minaccevoli nubi apportatrici di non pensati ri- volgimenti* La Francia , guasta della mente dalie dot- trine de'suoi filosofi , vendicavasi in una pazza ed isfre- uala liberta , facendo a quella sgabello , con non più odila scelleranza , delle innocenti leste de' suoi re , ro- vesciando ogni sociale diritto , e ponendo in bando la sacrosanta religione de' nostri padri. Ne contenti quegli spiriti subitani e bollenti all' aver commosse da for- sennati tutte le provincie di quel fioren rissimo regno , sormontarono le alpi , e giù calaiisi in questo nostro vago giardino , tutto da capo a fondo lo misero a ru- ba , ed il contaminarono. Quel sogno repubblicano giun- se fino a noi ; e molti pur troppo vi ebbe , i quali , sebbene fossero per iscienze e per lettere reputatissi - ini , pure ia quel sogno vaneggiarono , ed a que' nuo- vi e ridicoli prestigli si lasciarono andare. Non pochi eziandio vi furono , i quali dovettero in quello scon- volgimento obbedire all'impero sempre durissimo delle circostanze , e furono nel grado loro costretti a reggere un qualche pubblico ufficio. Fra questi fu il Nico- lai, ?canzando peraltro qualunque incumbenza che a co- se di religione, o ecclesiastiche s'appartenesse: al non voler torre le quali avrebbe egli senza meno qualun- que più dura calamiti sostenuto. Fu egli dunque ob- bligato a prestar opera in materia di finanza. E quel- la violenza , è duopo pur confessarlo , fu gran- dissima ventura nell' universale infelicita , perchè così da essa provenne un qualche bene a Roma no- stra , e vantaggi non leggeri ne ritrassero i cit- tadini. Ma perchè le democrazie de' libri non posso- no riuscire in pratica , e si cangiano sempre nella più stemperata licenza , quel sogno durò poco , e si rup- pe contra la guerriera autorità di un solo. Mentre que- sta autorità medesima andavasi mano mano assodando, Elogio dkl Nicolai 200 risero per la nostra patria tempi migliori e più sereni. VII. Morto Pio VI , non so dire se più grande fra* ceppi in Valenza , o più glorioso di lutto lo splen- dore del trigreno sul soglio del Vaticano : ed asceso nell' anno 1800 in stilla cattedra di san Pietro il mo- desto ed intemerato Pio VII , le armi si nudarono , e la pace ricondusse qui in Roma da Venezia il novel - lo pontefice. Le cose in que' primi momenti del nuo- vo regno alla meglio si racconciarono , ed a' passati danni si apprestarono que' rimedi che la imperiosa ne- cessita de' tempi comandava. Il Nicolai nell' univer- sale riordinamento della pubblica amministrazione fu riposto nell' ufficio di quarto sostituto di camera , che prima aveva ; e percorso il giro degli altri tre gra- di fra' sostituti , venne egli nell'anno 1806 finalmen- te promosso a commissario generale della camera , fa- cendosi in lutti questi incarichi ammirare per somma diligenza e non comune fermezza. VIII. Mentre il collega nostro era ancora nella car- riera de' sostituti di camera, pubblicò nell' anno 1 S03, per le stampe del Pagliarini , la sua opera intilolata Osservazioni sulla campagna e sulV annona di Roma. Ed ecco come e perche' si mise egli in questo grande lavoro. Il pontefice Pio VI nell' anno 1 783 ordinò che da' periti agrimensori diligentemente si formasse il ca- tasto dell' agro romano ; ma non per altro fine che per richiamare alla osservanza quelle leggi e quegli anti- chi comandamenti , i quali , come d'ordinario accade di tutte cose , erano stati violati o lasciati la in una vo- luta dimenticanza ; le quali leggi e comandi costri- gnevano i possessori de' vasti fondi della campagna romana a fare , sotto certe buone regole , le neces- sarie seminagioni e gli opportuni lavorìi , affinchè da questi e prosperila ed augnmenlo ricevesse l'agricol- tura. Ma perchè a que' tempi , che veramente potè- G.A.T.LXVIL 1.4 210 L K T V s n. A X li R A yauo dai possessori de' fondi chiamarsi tempi di Sa- turno , i terreni non andavano suggelli a tributo , il pregio di quelli siccome inutile fu ne' catasti la- sciato stare. Pur troppo però , tanto pel mutamento delle eia , quanto per le novelle dottrine di pubbli- ca economia che insegnavano a trarre maggior profitto d'i fondi , si venne a conoscere eh' era necessario d'imporre un dazio su' teuimeuli dell' agro romano ! Peraltro , cosi come si stava allor formalo il cata- sto , per quello noti si poteva avere che la quanti- tà , non mai il valore delle terre. Or ciò che sotto il reggimento di Pio VI non fu che semplicemeulo immaginato , ebbe il pieno suo effetto nel regno del successore di lui ; e fatto un nuovo ordinamento di dazi, in quello comandò che al catasto formato sotto il suo precessore s'annestasse la estimazione de' ter- reni. Queste novelle sovrane provvidenze poisero al nostro prelato la facile occasione di mandare in luce l'opera di cui discorro , in tre libri divisa , che a lui piacqu • Ai chiamare parti. Comprende la prima il catasto piano , a cui ha fatto seguitare alcune note dottissime, che le antiche nostre istorie ci richia- mano alla mente ; e ciò , come egli medesimo va di- cendo , noi per pompa , o per fasto di erudizione , ma perchè servano quasi di sprone a bene applicarsi alla coltivazione de' nostri campi. E come noi siamo per la natura nostra più da' fatti e dagli esempi , che dalle parole e dalle ragioni persuasi ; cosi egli si pensa , che mettendoci sotto degli occhi quelle nu- merose popolazioni , già un tempo doviziose e possen- ti , le quali sudarono su quelle terre medesime che noi ereditammo , ci sentissimo in cuore commossi ad imitarne le cure e le fatiche, per quindi raccoglier- ne, siccome essi, largo ed abbondevole fruito. JNdla seconda parte dell' opera sta il catari. ; , che può chia- Elogio del Nicola» 211 marsi daziale, perche al regolamento 'de* dàzi impo- sti sopra le lasse dell' agro romano sono indirizzale le due descrizioni, che ivi medesimo si riferiscono: delle q utili la prima , fatta da' geometri Ricci e Sar- di in adempimento defila leggo de' 10 di marzo dell' anno 1801 , da siccome quasi il regolo al ripartimeli - lo del nuovo generale tributo , chiamalo con quél suo nome di dativa reale : la seconda ordina e pro- porziona l'alira. novella tassa , che con proprio suo vocabolo chiamisi di migliorazione , comandata con altra legge sovrana de 15 di settèmbre de! seguente anno l80> ; la qual legge fortemente pesando sovra i negligenti , e gì' industriosi proprietari largamente favoreggiando , giova non poco a promuovere diret- tamente l'agricoltura. L'autore fa precedere quelle due descrizioni primamente da un discorso legale fatto per combattere la opinione di coloro , i quali predicavano essere ingiustissima cosa che i lenimenti dell' agro romano fossero da balzello gravati : secondamente da tutte jle leggi siili' annona , che ab antico fino a quella età erano conosciute , o furono pubblicate ; di tutte formando siccome un codice copiosissimo di annona- ria legislazione. La terza parte finalmente , intorno la quale confessa il collega nostro d'nver durata più lun- ga fatica , contiene quasi la istoria de' metodi annonari avuti in uso nel nostro territorio. Seguono non poche osservazioni e memorie , le quali grandemente giovano a dichiarare molte leggi oscure : indi i calendarii ru- stici e pratici de' lavori della campagna, tanto anti- chi quanto moderni , e per tutte le stagioni dell' an- no ; e vi si leggono eziandio alcune gravi e ragio- nale scritture intorno a certe speziali coltivazioni da migliorarsi ed accrescersi con minor dispendio , e con maggior profitto di chi si facesse a metterle in ope- sa. K perchè niente fosse a desiderarsi in questo la- 14* 2t'2 L ti T T E IV A T U Jl A voro , vi si trova da ultimo aggiunta una nota de' migliori libri che parlano d'agricoltura. Se tutte le opere dal nostro presidente sono d'aversi in gran pre- gio , questa , a mio giudizio , deve senza meno aversi iti grandissimo : perchè oltra le preziose e peregri- ne notizie archeologiche che si ammirano partico- larmente nella prima parte , vi stanno dentro chiusi tanti buoni ed utili provvedimenti a prò della nostra agricoltura , che maggiori al certo non è cosi facile cosa trovare in altri autori. E mi penso che con que- ste scritture del Nicolai alla mano con poco si po- trebbe formare una statistica dell' agro romano ; della quale non so se a maggior nostro danno , o a più grande nostra vergogna , all' inlutto manchiamo. Quest' opera piacque , e tutti gridarono l'autore meritevole di Iodi e dì onori. IX. E lodi ed onori si ebbe il Nicolai dal giu- stissimo e clementissimo principe. Il perchè, lasciatolo non più in la di un anno nel commissariato generale della cambra, volle che vestisse abito di prelato; fos- se tra quelli che sono chiamati domestici annoveralo; e nominollo ad uno de' giudici della segnatura di gra- zia» E certamente ad uffici gelosi , ed a magistratu- re ragguardevoli Io avrebbe senza meno innalzato , se prima la iuiquissima usurpazione degli stati della chie- sa fatta per le armi francesi , e dopo la infame cat- tura e l'esilio durissimo del venerando pontefice , non avessero qui in Roma mutalo faccia ad ogni or- dinamento di cose. Il Nicolai , non uscito ancora del commissariato di camera , vedendo come dalla stra- niera soperchiatrice potenza si andasse con trame e con cavillosi raggiri minacciando il pontificale reggi- mento , per tema di essere in alcuna guisa domandato ad incarichi o ad incumbenze da chi avrebbe forse sic* come signore in questa citta dominalo, per islriguersi Elogio del Nicolai 21!J ognora più nella divozione del suo principe e padre, entrò negli ordini sagri, e vi tolse il primo grado. Sotto il comando del coronato reggitore di Francia si tenne egli lontano da ogni pubblica faccenda. Si fece si il Nicolai ammirare per prudenza e per sape- re da quanti allora erano a capo della somma delle cose ; ma non si lasciò mai svolgere , ne prendere alle lusinghe ed alle dolci profferte che gli si face- vano; e per questo, senza alcuna esitanza, rifiutò d'es- ser mandato a reggere la provincia di Viterbo: e più in là , invitato da Napoleone ad entrare nel consiglio di stato , seppe da destro uscir sotto a chi gliene fa- ceva premura , senza farsi venire addosso il corruc- cio di chi al certo mal sofferiva repulse, pacifici in quanto a se corsero pel collega nostro quegli anni, in cui Roma fu detta imperiale ; mentre in niente altro egli si occupò, che in giovare di consigli tutte le università ed i ceti de' negozianti di questa città, ed in soprastare alle amministrazioni delle principali nostre famiglie , le quali in Ini confidandosi da uiuut altro volevano essere rette nell' economia. X. Caduto , più per celeste miracolo che per ordinaria opera degli uomini , l'immenso impero di Francia : ed uscito dal duro suo carcere il santissimo Pio VII ; all' incominciare dell' anno i8i4 tornò il pontefice in Piorria tra l'amore e 1' esultanza de' po- poli a se suggetti. Non si rimase 1' ottimo principe dal dare opera , subito e come meglio poteva , per- chè in qualche buon' assetto tornassero le pubbliche cose. Fu allora che tra' prelati negli antichi offici ri- posti venne il collega nostro eziandio richiamato ali' esercizio delle passate incumbenze. Or qui pare a me, che le magistrature quindi innanzi date a reggere al Nicolai siano quasi con gli anni da doversi annove- rare. Conciossiachè nel brevissimo spazio di due lustri, 21 4 Letteratura o poco più, venne egli nominato a segretario della con- gregazione economica , e di quella del nuovo censi- mento : fu scello a presidente di camera, e quindi a cherico d'ella medesima : non molto tempo passalo fu in lui rimessa la presidenza delle strade, da cui a quella dell' annona si trasferì: e da ultimo, sendo pon- tefice Leone XII, fu promosso ad uditore generale della camera: ciò che è un medesimo che dire primo tra' prelati della romana curia. E se Pio VII volle ol- irà gT incarichi addossatigli sceglierlo ancora a visi- tatore apostolico dell' amministrazione laurelana a fine di ben regolare , e di meglio ordinare la economia di quel santuario : se il cardinal Consalvi gli com- mise la corrispondenza epistolare co' legati e co' de- legati di tutto lo stato : Leone XII , non avendogli minore stima del suo predecessore , volle che par- ticolarmente facesse l'ufficio di segretario della con- gregazione di vigilanza ; ed egualmente per la rot- ta dell' Aniene lo deputò commissario straordinario apostolico. XI. Ne queste pubbliche mogistralure resse egli mezzanamente , o se ne tenne investito quasi fosse- ro mere onorevoli dignità. No certamente: ma come se egli avesse avuto a sostenerle in perpetuo , o al- meno per lunghissimi anni , si metteva tutto in or- dinarle da capo a fondo , affinchè meglio procedes- sero , e andassero a dovere. Il perche è forza con- fessare , che Roma piuttosto da quel che vedeva, che da ciò che udiva , s'argomentava quali erano gì in- carichi che il sovrano nelle mani del nostro prela- to commetteva. Fermo fu egli sempre , continuo , pronto , vigilante e faticatore solennissimo negli uf- fici che esercitava, e faceva che andassero più per la sua che per l'altrui opera. Ed infatti quante vol- te non fu veduto il Nicolai andare attorno a piedi Elogio del Nicolai 215 per la citta t come capo dell' annona , e presentarsi improvviso a' pubblici spacci di pane per vedere da se medesimo se v' era inganno ne' pesi , o se le tabelle che erano al di fuori alla veduta di chi pas- sava in tutto rispondessero tanto nella qualità, quan- to nella misura a' generi che entro il negozio si te- nevano in serbo? Quante volte non fu veduto com- parire di persona a' pubbli ci mercati per vedere co suoi occhi se quel che vi si vendeva era secondo le leggi e le nonne imposte ? Imperocché egli non si quietava a quel che gli riferivano i subalterni ; i quali, ancor non che compri per moneta, possono facil- mente assai volte esser parziali con quelli tra' ven- ditori , che nelle mei ci fanno loro un più largo pe- so. Ed oli come lo mettevano fieli* amore del po- polo , ed a tutti andavano a grado quelle giustizie pronte e severe, eh' egli cos'i per somma faceva nel cospetto dell'universale! Edi grazia non abbiamo noi debito alle cure sue , soprastando alle strade, se queste vedemmo meglio curale , e più che dell' ordi- nario alla loro mondizia provveduto ? se vedemmo farsi più spaziose , più agiate , più belle ed appa- riscenti quelle vie che principali traversano la cit- ta ? se vedemmo altresì per le sue sollecitudini di- sbarazzarsi le piazze , ed in ispezialta quella del Pantheon , da certe luride casipole, o piuttosto ba- racche , che vi stavano nel mezzo , e che erano d'impedimento a' riguardanti di più comodamente e vagheggiare ed ammirare le memorie di questa eterna citta ? Si , o colleghi , il Nicolai fu magistrato gran- dissimo tanto per quel che fece , quanto per quel che scrisse reggendo gli uffici. XII. E qui , condotto dall' ordine de' fatti , deb- bo confessarvi che io non posso rimanermi dalla ma- raviglia vedendo come un uomo, che tanti juctuichi 21) Letteratura ad un tempo medesimo aveva sopra se , e che cor» tanto zelo compieva , potesse poi bastare eziandio a dettare tarile erudite , gravi e prediate scritture , e per fino opere , quante son quelle che , oltre alle già, dette da me , di lui ci rimangono, e che io per non, esser con voi indiscreto , senza molto disaminarle , non farò che semplicemente accennarvi. Sendo stato il nostro monsignore per ben quattordici anni segretario della congregazione economica , seppe in quell'inca- rico empire niente meno che dieci volumi di mate- rie tra giuridiche ed economiche, massime sulla liber- tà del commercio: sulla utilità che verrebbe all' agri- coltura dall' abolizione della servirtù. de' pascoli: sulT incoraggiamento che dovrebbesi ai manifattori: sull'abu- so de' porti franchi: sulle leggi delle dogane ai confini e sopra altre cose di simil genere. Scrittura , come vedete , che per gli argomenti gravissimi che vi si prendono a trattare, piuttosto che una vita attiva ed operosa come egli faceva per debito d' uffieio , do- mandavano una vita affatto scevra da cure , solitaria, ed in se ristretta; affinchè la mente meglio potesse va- care ed intertenersi in quelle svariale e difficili con- siderazioni. Fu altresì , mentre che appunto il Ni- colai era presidente sulle acque e strade, che ap- parecchiò quel!' opera intorno essa presidenza e sua giurisdizione , e che mandò poi alle stampe nell' an- no i82f>: opera di cui ha parlato con tauto buon giudizio e con la debita lode nel giornale arcadico il chiarissimo nostro presidente marchese Biondi. In- torno alla quale , senza che io vi spenda sopra molte parole , basterà dirvi eh' è spartita in due volumi : e come nel primo si discorre , dirò cosi , della ori- gine di quel tribunale tessendone la istoria dietro la scorta delle costituzioni e de' piaciti de' romani pon- tefici da Martino V fino a Pio VII : cosi nel sccon- Elogio dei- Nicolai 2 1 7 do si parli della parte amministrativa, ed in modo speciale de' metodi da osservarsi negli appalti de' la- vori : de' tempi de' pagamenti : come debbano rego- larsi i conti di prevenzione, e quelli da darsi intor- no alle spese fatte : ed in fine vi stanno aggiunti con assai buono iutendiraento certi pracetti intorno l'arte , affinchè tanto il preside a quella magistratu- ra , quanto i consiglieri stiano in sull' avviso, e non si lascino trarre cosi facilmente in inganno. Da ul- timo fu come commissario apostolico per la retta dell'Amene che egli pubblicò, nel medesimo an- no i8^9, la sua relazione sulla costruzione d'Ila nuova chiusa di quel fiume in Tivoli ; ove , fatti al- cuni pochi cenni istorici e geologici sul corso del- l'Aniene dai tempi antichi fino al novembre i82G in cui accadde la rotta , dà una chiara e precisa con- tezza di tutti que' primi subitani e temporanei lavo- ri , a' quali si die mano affinchè i danni non s' ac- crescessero : espone appresso i metodi dagli architet- ti e dagli idraulici proposti a render ben fermi e du- revoli i ripari : e da ultimo discorre di ciò che dal- la congregazione a tale impresa deputata venne de- finitivamente sancito , non intralasciando per giusti calcoli di far pubblico ciò che in quelle prime ri- parazioni si era speso , e dice alcun che eziandio del modo di spendere ed amministrare il denaro per quel- la grand' opera raccolto. E perchè di questa sua in- combenza restasse lunga memoria , s' avvisò di tutto depositare , come fece , e piante e carte artistiche e tult' altro, nella insigne biblioteca dei padri dome- nicani a comodo altresì ad a satisfazione dogli stu- diosi ed amatori di così fatte ricerche. E tutto il fatto fin qui quasi nulla fosse per la sua gran men- te , e per l'amore ardentissimo che nutriva per la nostra Roma , erano già molli e molti anni eh' e; 218 Lkttkr.atwrA lavorava intorno ad un'opera, dismisurata (convìei cosi chiamarla) e di so min issi ma utilità , la quale era niente meno che la istoria «lolla origine e de' pro- gressi della camera apostolica ; opera però che ri- mastasi inedita , è andata nella più gran parte smar- rita , come ne assicura l'erede: con quanto gran dan- no della cosa pubblica , lascio a voi l' immaginarlo. XJ1I. Or per le cose fin qui discorse pare be- ne a me , che senza tema d' esser tassato di troppo facile lodatore , possa io con ogni buona ragione chiamare il collega nostro magistrato solcnnissimo e repulatissimo , tanto per ciò che fece , quanto per ciò che scrisse. Ed oh molti vi fossero stati , i quali avessero le orme di lui seguitate, e che mossi dal- l'amore delle cose patrie, si fossero dati ad illustra- re, o a tessere le istorie di tutte quante le altre par- ti del civile nostro reggimento! che in esse avrem- mo noi belli ed apparecchiati gli elementi a forma- re una statisca della nostra amministrazione. Così 'hi entrasse a reggere gli uffici, in quelle illustrazioni ed in quelle istorie troverebbe eziandio una sicura guida da consultare, e non sarebbe talvolta da ne- cessita costretto a doversi rimettere ai non sicuri consigli de' subalterni, solo perchè più di lui ne san- no ; né costoro sarebbero per quella loro possanza orgogliosi e soperchiato^ con chi si fa in quegli of- fici a spacciare le sue faccende. Ma non ci perdiamo in queste troppo dispiacenti considerazioni , e andia- mo innanzi nell'argomento. XIV. Monsignor Nicolai , in mezzo le pubbli- che cure , ebbe in singolarissimo amore le lettere , e di queste come delle scienze fu largo favoreggia- tore e cultore preclarissimo. E perchè io ho per fer- mo , che sia debito di ben fatto animo il ricono- scere per solenne maniera i beneficia che si ricevo- Elogio del Nicolai 21 ) no ; quindi toccando qui di quel suo amore alle let- tere , voglio che per lutti si sappia per prima cosa t come il giornale arcadico, die io da ben sedici anni col voto de' miei colleglli dirigo , ottenne dalla santa memoria di Leone XII , in gran parte per le inter- poste officiosità di quel!' onorando prelato, una mo- desta annua dotazione per bastare in qualche guisa alle molte spese che a mandarlo innanzi abbisogna- no. E fu ben per la patria affezione , pel pubblico bene, e per quell' amore eh' ei nutriva per le scien- ze , eh' ebbe egli eziandio carissima questa nostra ac- cademia di archeologia , non che l'altra detta de' lin- cei. In quest' ultima dettò leggi , e fece eh' ella s'aves- se nobile stanza sul Campidoglio , ed in riconoscenza degli ottenuti favori meritò da' suoi colleghi il grado di presidente. Né vi sedè inoperoso : poiché scrisse per quell' instituto due memorie assai lodate , Putta sulT accademia medesima , l'altra sull' utilità delle scien- ze applicate alle arti meccaniche : gravi scritture amen- due, le quali accrebbero la fama del nostro prelato. Fu eletto ancora a presidente di questa nostra acca- demia , e ne tenne l'ufficio per fin che visse : e ciò per unanime consentimento de' soci , i quali ben ri- cordavano ( e della mente di tutti , io ho per cer- to , che non mai cadrà ) , com' egli fu operatore , che il generosissimo Canova dotasse l'accademia no- stra di un annuo dono, largo e magnifico per ciò che a modesta e privata persona si conveniva ; come dopo la morte di lui diede opera affinchè Pio VII , prin- cipe munificentissimo , statuisse che quel dono mede- simo dovesse essere per innanzi a carico del pub- blico erario : e come in fine gli statuti nostri per mez- zo del cardinal Consalvi , segretario di stato , venis- sero da quel sovrano benignissimo sanciti ed appro- vati. Ne pensò solo a dotarla , ma volle altresì ono- 220 L 3 T T K R A T V R A rarla ; ed onore grandissimo e spezialissirao le olio i- ne dal pontefice Pio VII! di cara ricordanza , facen- do che quindi innanzi pontificia V accademia nostra si nominasse. Ben fondata , e per cosi fatto modo ono- rala l'accademia , volle che ella pubblicasse i suoi at- ti , affinchè grata si dimostrasse alle sovrane largi- zioni : e bea quattro volumi , sendo il Nicolai pre- sidente , uscirono alla pubblica luce , i quali , co- me era ben debito, furono, secondo l'ordine de' tem- pi , ai pontefici Pio VII , Leone XII , Pio Vili e Gregorio XVI intitolati. Ed in que' volumi stanno mol- le dissertazioni del nostro presidente su' luoghi una volta popolati dell' agro romano , nelle quali , sen- za che io entri a darne particolare contezza , voi ben sapete , perche per voi medesimi le avete udi- te, quante archeologiche notizie siano per entro in beli' ordine esposte ; dissertazioni che al presente ha intrapreso a continuare il dottissimo collega nostro si- gnor abate Coppi. Nel lomo quinto di essi alti , e- seito dopo la morte di lui, è stata pur fatta di pub- blica ragione altra sua memoria intorno l'accademia archeologica. Ma non è da maravigliare che il Nico- lai si sapesse di antichità , egli che sempre le amò, e ne' cui studi sempre si piacque, come chiara di- mostrazione ne diede fin dalla sua gioventù allorché , sendo ancora ne! foro, dettò uno scritto assai grave per dottrine archeologiche intorno il Velino e la ca- duta delle Marmore. XV. Tutte queste scritture sue per altro si fan- no seconde quando si consideri quella grande opera eh' egli scrisse ne' primi anni della sua presidenza : opera già pregevole di per se stessa , e dappoi ve- nuta in pregio anche maggiore per una pubblica ca- lamita : voglio io dire , l'opera sulla basilica ostien- se- di san Paolo , ornala ili diciotlo tavole incise in Elogio d::l Nico&ài 221 rame , le quali rappresentano ciascheduna parte di quel gran tempio die fu dalle fiamme miseramente distrutto. Ed in fatti chi ricorderebbe a noi , se non vi fosse l'opera del Nicolai , tante cose preziose di quel me- desimo tempio ? Chi più potrebbe conoscere la serie cronologica de' romani pontefici , come ella si stava un di in san Paolo ? Chi potrebbe più studiare sulla maggior parte di quelle antiche iscrizioni ? Chi tra non molto avrebbe più in memoria quella stupenda e veramente preziosa porta di bronzo per l'incendio in parte perita , se il collega nostro non l'avesse in quel suo lavoro così dottamente illustrata e descritta? Sì, quest' opera del nostro presidenti: se ebbe fama, e fu dall' universale lodala quando uscì alla luce , tanto per la ricchezza delle notizie archeologiche che vi si ammirano , quanto per le precise ed esalte di- chiarazioni intorno a monumenti d'aite che vi si leg- gono ; fama al cereo durevole per lunghissimi anni elìa si avrà, perchè conserva a noi la istoria di uà tempio che per quanto risorga magnifico e bello dalle ceneri sue, non sarà però mai più quello che riedifi- carono Valcntiniano , Teodosio , Arcadio , ed Onorio. Ma è tempo , che mettendo fine alle mie parole , io passi innanzi e dica gli aitimi fatti della vita del col- lega nostro. XVI. Il nostro monsignore , sorpassato di tre me- si e poco più l'anno settantesimo sesto della età sua , venne a' termini di morte. La gotta , che d'assai lun- go tempo quando più quando meno fortemente il mar- toriava , all' incominciar dell' anno 1833 lo soprap- prese con più forza e con maggior violenza che all' ordinario ; e ciò che subito mise tutti in forse de' giorni suoi si fu il vedere, come quel malefico umo- re , lasciate le usate parti del corpo , andò a posarsi e a far sua sede nelle interne , attaccando le più no.- 222 Letteratura. bili e le più vitali. A far ristare l'acerbità del mori)© nulla giovando o arte di medico , o virtù di me- dicina , andò esso l'uri giorno più che l'altro aggra- vandosi, e mise il Nicolai in breve spazio di tempo agli estremi del vivere. Il perche; apprestatigli i sa- gramenti della chiesa , egli , in mezzo ai dolci con- forti della religione nostra santissima , in su! I* en- trar del giorno diciottesimo del mese di gennaio , vide l'ultima sua ora Fattegli solenni esequie , secondo sua di "futa , nella parrocchiale di Santa Lucia del Gon- falone , furono esse , qualche mese dopo la sua mor- te , {innovellate in questa chiesa dell' università ro- mana, nelle cui superiori sale , per lf cure sue , ave- va egli ottenuto stanza alla nostra accademia ; e quel- le esequie furono solenni e pietose come domandava l'affezione che lutti noi gli portavamo , e come chie- deva la riconoscenza che per tanti beneficii gli sape- vamo tutti sincerissirua. XVII. Fu il Nicolai , perchè in queste carte si rimanga eziandio in qualche guisa la immagine di lui, grande, e per muscoli ed ossa aitante della per- somi ; talché fin all' estrema vecchiezza piaoquesi dell' integrila delle forze che era in lui veramente singo- larissima. Forme gentili ebbe, ma pelle olivigna , ca- pelli folli, occhio vivissimo, ed ali* uop* con una teriibilita di luce da smarrire i più arditi. Si diceva, ed era , eh' egli guardava ne' cuori. Voce sonora e crescente al frastuono : e sovente se ne valeva a so - praffare chi voleva dire la sua. I suoi modi erano coi grandi di ossequio , cortesissimi cogli amici , con la gente di anticamera e di affari molto subili. Pure godeva della fama popolare. XVIII. Fu caro a' papi , a' principi , a' cardina- li. Tra' pontefici principalmente a Pio VI , a Pio VII , a Leone XII. Pio Vili e il regnante Gregorio XVI ELOGIO DHh j\ 'COLAI 223 l'onorarono pure della loro bontà. Con beneplacito di Pio VII sotlentrò a ministro degli affari ecclesiastici del re di Prussia presso la santa sede invece del ba- rone di Humboldt! N' ebbe in testimonianza di grazia reale l'ordine insigne dell'aquila nera , con onorevole diploma del gran cancelliere Hardembergh : ma egli , non borioso , non mai usò l'insegna dell' ordine. Tra' cardinali in più particolar modo fu avuto in grau- de stima dal Consalvi. Fabrizio Ruffo non sapeva muo- ver orma senza lui : lo chiamò a Napoli presso il letto della morte , e se ne consolò. Alessandro Lante lo chiamava il suo padre , e tale gli si mostrò sem- pre ; fu suo vicario nella diaconia di santo Eusta- chio , ne scrisse l'elogio , ed onorollo di esequie. XIX.. Ebbe in onoranza le accademie di scienze o di lettere ; ma non brigò di farne parte ; ed ascrit- toci , non se ne tenue untili da più. Prese al nome suo ed alla sua bella fama il vollero socio le accademie dell' instituto di Bologna , l'insigne e pontificia di san Luca , la nostra di archeologia , quella de' lincei , la reale di Torino , la reale di scienze , lettere ed ar- ti di Padova , l'agraria del dipartimento della Sen- na , l'arcadia , ed altre mólte ancora. Fu amico a' primi uomini di lettere del buo tempo , e con essi visse famigliare ed intrinseco. I più cari furono Spe- dalieri il filosofo , cui proseguì con amore nella tom- ba , avendogli eretto il monumento e la lapide iti san Michele in 13orgo : il Pessuti , il Canova , dal quale era slato prescelto ad esecutore testamentario nel te- stamento di Roma , che poi ( male per Roma ! ; ri- mutò iti Vene/.ia : il Cancellieri , da cui eòbe un la- scito di manoscritti , e poi il Monti , il Thorvaldsen , il Caiuuecini , il Biondi , l'Amati , i Visconti , il Djrossi , il Mastrolilli , I'Ackerblad , il Venuti ed al- tri tali d'aver vita uelìc venture eù. 2'2'i L E T T K « A T U R A XX. D'ozio il collega nostro ebbe poco , e di quìi poco ni uno seppe usar meglio e cori dignità. Le sue stanze erano sempre calcate e piene non mica di lusinghieri , ma d'uomini di faccende che andavano a lui per consiglio , e per essere ben inviati nelle cose del mondo. Il Torlouia fu il più assiduo. Il suo più caro diporto era quel bel podere lasciatogli pic- colo dal padre, e da lui ampliato in magnifico co- la , come dissi a principio , ai colli di Bagnara presso stri Paolo. E come Hveva assai scritto ncll' opera dell' annona ed altrove de' campi romani,, cos'i volle dar- ne un bello esperimento k* quel suo ferreoo lutto al- berato , ingiardinalo , e pieno d'ogni maniera di pian- te nostnli e strane. Questo è il primo esempio di ri- storata agricoltura nell' agro romano, e questo è il polo patrimonio, oltcs Uè domestiche masserizie, la- sciato dall'uomo eh' ebbe in mano tanti affari pubbli- ci e privati , e che visse senza pompa e uiuna altra maniera di vanita. Eccovi , o colleghi , cosi come meglio per me si poteva , narrate le gesle di monsignor Niccola Ma- ria Nicolai , già nostro presidente ; ecco come egli si diportò , sendo pubblico magistrato : ecco come egli giovò ed usò le scienze e le lettere , sendo di quelle e cultore e proteggitele solenne. Il perchè , bene a lui accomodando le ultime parole di Tacito nella vita di Giulio Agricola , pare a me di poter chiudere le lodi sue dicendo : che ciò che noi ab- biamo in monsignor Nicolai amato ed amiuiralo , ri- mane , e durerà negli animi degli uomini in eterno per la memoria de' fatti : e che saranno molti aut- tiehi quasi senza gloria e nome dimenticati : il Ni- colai verrà narrato e conio agli avvenire. 225 Dissertazioni della pontifìcia accademia romana di archeologia. Tomo sesto. Roma, dalla stamperia del- la R. C. A. 1835, in 4 di facce XC1X e 464 , con XV tavole in rame. I due volumi degli atti accademici (questo di cui imprendiamo a scrivere , ed il quinto del quale rendemmo conto ultimamente) che in un solo anno vennero a luce , palesano dall' una parte la munifi- ca protezione che l'ottimo regnante pontefice conce- de all' accademia romana di archeologia, dall' altra la somma alacrità con che i soci procurano mostrarsi idrati alle sovrane beneficenze. Noi tenteremo strin- gere in poco il molto che questo volume racchiude: ma la ricchezza delle 'materie ci obbligherà ad ac- cennare piuttosto e semplicemente, di quello che slar- garci riell' esame degli argomenti usati dagli autori diversi nelle diverse dissertazioni. Queste sono tredi- ci : di giunta si leggono due elogi di accademici defonti. Dopo la dedica al somma pontefice , che a no- me dell' accademia fa il dotto e benemerito presi- dente, siegue la notizia delle adunanze ordinarie e straordinarie dal finire del i632 al settembre del i834» compilata per cura e diligenza del segretario perpetuo. Essa notizia spazia per LXKIV facce ; e la conse- guita il catalogo dei soci ordinarli , onorarli , e corrispondenti. Vengon poi le dissertazioni , delle quali faremo parola seguendo l'ordine con che sono alle slampe. G.A.T.LXVII. 15* 2i6 L E T T E K A T U 11 A /. Cenni storici e ricerche icnografiche sul teatro di Pompeo , e fibhriche adiacenti , letti dal socio ordinario cav. Luigi Canina nell adunanza del dì 2 gennaio i838 (con tre tavole in rame). L'indefesso studio di molti anni intorno la pre- cisa situazione e forma delle principali fabbriche di Roma antica, fé' scoprire all' A. eli. cose per altri non prima osservate. Prova luminosa ne è la presen- te dissertazione intorno il teatro di Pompeo e fab- briche adiacenti. Primamente ricorda i più antichi teatri di Roma ; quello di L. Crasso distrutto pria che terminato ; uno rovinato nel triumvirato di Ce- sare , Pompeo e Crasso ; il celeberrimo di M. Scau- ro ; e l'altro non meno famoso di G. Curione: ma questi, ed anche altri che per ispeciali evenienze innalza- rousi , furori teatri tempora ri i , che cessata la circo- stanza venivan distrutti. Il primo che venisse conso- lidato con fabbrica stabile , fu quello fatto murare da Pompeo. Egli , per canzare il biasimo che tor- nar glie ne poteva da coloro che amavano ancora l'antica romana semplicità e rigidezza di costumi , aggiunse al teatro, che contener pateva oltre a 27 mila spettatori , un tempio di Venere ; e questo nel mezzo superiore della cavea : dietro la scena poi innalzò un portico; ed un secondo vicino , che dal numero delle colonne fu detto Hecatonst) lon; e di- nanzi un* ampia curia. Incendiato , Tiberio lo restau- rò : Nerone lo fé' dorare quando volle onorar Ti ridate ìe di Armenia: arse di nuovo sotto Tito; e la terza volta a' tempi dei Filippi : Diocleziano fé' riedifica- re l' Hecatonst) lon : e Teodorico die incarico a Sim- maco di restaurarne la scena. Ne' bassi tempi gli Orsini lo ebbero in possesso : ma non più se ne fa- ceva cenno nella meta del secolo XVI; e quasi s'igno- rava dove anticamente sorgesse. Gli scrittori della topo- Accademia di archeologia 227 grafia di Roma a noi più vicini ne riconobbero gli avanzi sotto il palazzo Pio , ma non poterono stabi- lire precisamente la grandezza dell' intera fabbrica. Il eli. Canina potè giungere a farlo dopo avere scoperto qual fosse il vero frammento delle tavole capitoline icnografiche, e gli errori commessi nel rin- novarlo : questa scoperta inoltre gli fé' riconoscere in altri due frammenti altre parti della stessa fabbrica; porzione del portico cioè situato dietro la scena. Con l'aiuto poi del sig. ingegnere Becchio e del dotto ca- nonico Richebach , potè palmo a palmo percorrere , misurare , osservare qualunque vestigio di antichità esistente nei sotterranei delle abitazioni che circon- dano il palazzo Pio : e tanta diligenza adoperò in queste minute indagini , che potè darci la pianta di quell'edificio, diversa in assai cose da quante altre in- nanzi a lui ne erano «tate prodotte al pubblico. Sta- bilì la situazione del tempio di Venere; ordinò la po- sizione , dimensione , e disposizione del portico die- tro la scena; fissò la situazione precisa di quello dalle cento colonne; precisò le sostruzioni della ca- vea , l'orchestra , la scena1, i boschetti piantati fra le parti interne del portico dietro di essa , le conti- gue fabbriche, la curia , l'arco che Claudio eresse a Tiberio. Si riserbo a scivere della particolare archi- tettura di questo importante edifìcio nell' articolo dei Teatri romani della sua opera sull' architettura antica. II. Dissertazione sopra un antica iscrizione, let- ta dal cav. P. E. Risconti segretario perpetuo delV accademia, nslladtcnnanza del 24 di gennaio i833. La lapida che forma il subietto di questa disser- tazione , lapida scavata in un predio presso le ca- tacombe di s. Ermete, dk motivo a credere che di là in altri tempi fosse tratta. Ora si conserva nel museo kircheriano. Ricorda essa un Alessandro servo degli 228 Letteratura augusti (dei Filippi crede il N. A.), il quale vivcu- tlo fece il sepolcro a se , ed al figliuolo Marco abi- tante nel vico dell' antica Roma , che dicevasi Ca- put Africae. Esso Marco poi DEPVTABATVR IN- TER .I3ESTITORGS : e va immaginando il si». Vi- sconti, che foss'egli deputato a tjuella carica, che nella chiesa primitiva dicevasi Vestiario. Il che ci par difficile, sì per la sola età di 18 anni che contava il giovinetto , sì perchè alla meta del teiao secolo igno- riamo che vi fosse quella carica. Termina il marmo con la seguente preghiera: PETO A BOBIS FRA- TKES BENI PER VNVM DEVM NE QVIS VII TI- TOLO MOLESTET. POST MORTEM MEAM; e cre- dei' A. eh. che si debba interpretare septimum titulumz cioè che il marmo fosse posto al sepolcro distinto dal numero sette. Il che non vogliamo contraddire , non ammettere : conoscendo quanto facilmente si potreb- be leggere in modo diverso , ma senza alcuna mag- gior probabilità. III. Ragionamento primo sulle scoperte recen- temente fatte in Tivoli , letto dal socio ordinario cav. Clemente Folcili nell' adunanza del 28 di marzo 1833 ( con due tavole in rame ) . Dovendosi porre ad esecuzione il progetto di vol- tare l'Aniene a destia del suo corso per allontanarlo dalla città di Tivoli , e perforando con due cunicoli il monte Calillo, farlo scaricare in gran parte al di la delle grotte di Nettuno e delle Sirene ; era ne- cessario far precedere uno sterramento al taglio della pietra del monte. In quello sterramento furono esca- vati alcuni antichi oggetti , sui quali aggirasi questo primo ragionamento del cav. Folcili. E dice in pri- ma di un muro di opera reticolato-certa , lungo ol- tre i trenta metri , piantato al piede e sul vivo del monto ; il quale assai probabilmente serviva a parzial Accademia di archeologia 2*?9 sostegno della via Valeria , come per molte ragioni argomenta l'A. eli. A contatto di questo muro, dalla parte verso il fiume, fu rinvenuto un sepolcro con mol- te ossa e scheletri , alcune iscrizioni e monete , ed altri minuti oggetti metallici : la qualità delle epi- grafi , il mudo con cui i cadaveri erano ricoperti , la quantità delle ossa di ogni età , fecero giustamente supporre che in quel luogo si deponessero le mortali spoglie della plebe. Una celletta mortuale fu scoperta vicino a! muro verso tramontana ; ma in altri tempi era stata ridotta a conserva di acqua.- e perchè il più. basso luogo de' sepolcri era coperto da due strati di deposizione fluviatile , ci sembra che ragionevolmente FA. eh. ne desuma , essersi ricoperto il più antico se- polcreto per istraordi natie piene del fiume ; e che si continuasse poi l'umazione ad una determinata profon- dita dalla superficie della ripa alta. Quindi in pros- simità del fiume si rinvenne un grande acquedotto, pre- cisamente verso quel luogo dove fu deciso voltare le acque col traforo del monte. Esso acquedotto som- bra doversi ritenere non diverso da quello che cou- duceva le acque alla villa di Vopisco , ricordato da Stazio. E'itro di esso furori trovati alcuni frammei ti di architet tura e di ornato ; un cippo ; alcuni pezzi d'iscrizioni. Ciò non potè avvenire se non per una forte escrescenza , la quale ponendo a soqquadro il contiguo sepolcreto, infrangesse e disperdesse per ogni dove ossa , lapidi , monumenti : e forse ciò accadde iti quella catastrofe dell' \. 105 dell' li. V. descrilt ada Plinio l'epistolografo. Dal che può cavarsene per con- seguenza , che mite le trovate antichità siano ante- riori a queir epoca. IV. Ragionamento secondo sulle scoperte fatte in Tivoli , letto dal socio ordinario cav. Clemente 2'W Letteratura Falchi nelV adunanza del 17 di aprile 1834 ( con una tavola in rame ) . Come già notammo, fecero subietto del primo ra- gionamento del eh. Folcili le scoperte fatle alle fal- de del monte Gatillo a tutto il. febbraio i833. Pro- seguirono i lavori ; e sino al principiar di aprile 1 ÌS34 furono rinvenute altre antichità ; un secondo muro reticolato simile al primo , piantato sopra il ripiano di esso, e destinato a sorreggere la superior parte del pendio del monte : una rampa che dal primo muro scende al sottoposto sepolcreto : altri scheletri , ep i- grafi , monete ; un anello in oro avente una elegante figurina intagliata in pietra preziosa : V! cenotaffìo in marmo di C. Bicleio Prisco , il quale dopo aver so- stenute tutte le cariche municipali , lasciò erede dd suo asse Tivoli sua patria : altro cospicuo cippo di Senecione Memmio Afra : ed il cippo del giovinetto C. Sestilio Rufo ; poco lungi dal quale essendo trovata una statuina mutilata , rappresentante un fanciullo, si opinò fosse quella di esso C. Sestilio , veggendosi tut- tora sul cippo il perno che serviva a reggerla. Chi desiderasse più dettagliate notizie intorno gli scavi del monte Gatillo , può leggere le lettere del eh. Viola , che furono per intero inserite in questo giornale. V. Degli orli serviliani , dissertazione letta nel- V adunanza del .'• di luglio 1 833, dal socio ordinario e censore A. Nibby professore dt archeologia nelt università di Roma. I topografi di Roma antica conoscevano la preci- sa situazione degli orti ( noi li diremmo giardini ) di Pompeo, di Agrippa , di Augusto, dei Dumizj ; e di quelli che ebbero nome da Mecenate , dagli Elii Lamia, da Agrippina seniore ; e degli altri che Cesare lasciò al popolo romano ; e dei Luculliani , Largiani , Sai- Accademia di archeologia 231 laotiani , Pallanziani, Epafrodisiani , Torquatiani , Va- riani , Liciniani , Asiniani , Sulpiciani , e Settimiani: di tutti i quali il eh. prof. Nibby in questa disseriazione fa una breve rassegna , indicandone la ubicazione ed i ruderi che rimangono. Ma degli orti serviliani , fa- mosi per ricchezza e sontuosità , ricordati da Plinio , da Tacilo , da Svetonio , niuno de' moderni avea per anco fatta parola. Alcuni grandiosi ruderi esistenti al- la pendice meridionale del colle che sogliono volgar- mente confondere colf Aventino ; ruderi rimasi forse dimenticati per la infrequenza del luogo ove giaccio- no ; fecero sospettare al eh. A. che appartenessero agli orti serviliani. Nuove osservazioni lo confermarono in quella opinione , che con molti argomenti convalida in questo ragionamento. La situazione è una delle più amene del circon- dario di Roma: verso occidente al di là del Tevere i colli gianicolensi ; a mezzo di il fiumicello Aimo- ne ed il rivo di Grotta- perfetta, che irriga i prati al di là di S. Paolo ; l'immensa pianura verso oriente dominata iti fondo dai monti albani ; solo verso set- tentrione sovrastano a tali orti le mura della città re- gina delle nazioni. Tale situazione fa prova che erari essi destinali per le stagioni più fredde. Quando Sve- tonio racconta le circostanze che accompagnarono gli gli ultimi momenti della vita di Nerone , narrando com'egli si ritrasse negli orti serviliani , fa di essi tal descrizione che in tutto conviene ai ruderi sco- perti dal eh. Nibby; perchè in luogo appartato , vi- cino alla città , non lungi dal Tevere , nella dire- zione di Ostia. Che fossero ricchi d'insigni monumenti di scultura , lo sappiamo da Plinio ; il quale ricorda una Flora, un Trittolemo , ed una Cerere di Prassite- le : una Vesta di Scopa : un Apollo di Calaraide : i pugiUtori di Duttilide , o, come il N. A. crede, Do- '-?'2 L F. T T e n A T O R A riclide. Ultimamente il sig. Vescovali scopri in essi orti una sala quadrata di piedi 36 per lato , desti- nata a triclinio, con un musaico rappresentante frut- ta > vegetabili, rimasugli di animali, di pesci, di cro- stacei ; forse copia , o imitazione di quello celebre di Soso esistente in Pergamo , e menzionato da Plinio. Fu lavorato da un Eraclito ; e la paleografia della bre- vissima greca iscrizione consiglia ascriverlo al termi- nare del settimo secolo di Roma. Ma chi fu il fondatore di tali orti ? Ciò non può conoscersi per mancanza di storiche notizie. Crede il eh. Nibby che spettassero ai Servilii Cepioni , e li possedesse allo spirare della repubblica quel famoso M. Giunio Bruto che per eredita dello zio si disse pur anche Cepione , e che passassero ne' dominii dell' impero quando fu condannato come uno degli uccisori di Cesare. La qual cosa , cel perdonerà l'A. eh. , a noi non sembrava vera ; ricordando che i beni de' pro- scritti del 710 non furono incamerati , ma sì ven- duti all'incanto; e ci pareva diffìcile il supporre che Ottaviano avendoli comperati , avesse poi conservato loro il nome del primo fra i congiurati contra il pro- zio. Ora poi che conosciamo , come parere uguale al nostro abbia esternato il eh. Borghesi in una ami- chevol lettera die cortesemente ci venne comunicata , ci siamo confermati in quel nostro dubitare : e per le dottrine del lodato sig. Borghesi diremo, che assai facilmente quegli orti furono fondati da P. Servilio Vatia , discendente dagli antichi Servilii Gemini , ce- lebre pel trionfo isaurico , dal quale ne ottenne il secondo cognome , emulo nella splendidezza di Pom- peo e di Lucullo , console nel 675 , censore nel G99. La famiglia di lui nulla soffri nelle guerre civili po- steriori a Siila : il figliuolo fu collega di Giulio Ce- sare nel consolato del 70G ; suo nipote tenne i fasci iparici nel 713 , ed una sua sorella fa la prima mo- glie ili Ottaviano. Dal console del 7I r> nacque il pre- tore del T2g , che die sontuosi giuochi , e mori poco dopo la caduta di Sei-ano. Sembra che in lui si estin- guesse la famiglia , e che non avendo avuto figli , chia- masse erede l'imperatore di uni parte di sue ricchez- ze. Cosi poteron gli orti serviliaui venir in possesso della casa augusta. VI. Notizie intorno alla vita ed alle opere in Roma di Melo zzo da Porli pittore del secolo XV , lette dal sodi ordinario marchese Giuseppe Mei' chiorri neW adunanza del 2 di gennaio 1834- Con bel vincolo di amicizia nnisconsi insieme le belle arti e 1' archeologia; e sta nei limiti stabiliti dulie leggi della pontificia accademia archeologica il te- ner discorso di cose die non oltrepassino, a noi av- vicinandosi, il secolo XV. Usando di ciò il eh. Mel- chiorri scrisse del famoso Melozzo da Forlì , le cui memorie non furono per altri innanzi raccolte : per- chè quelle stampate da G. P. R. nel giugno 1?3'i- sono posteriori di sei mesi a questo ragionamento. Se iucerti i genitori , certo è però che egli fu detto Marco degli Ambrogi ; solo nelP arte essendo cognito col nome di Melozzo da Forlì. Nacque l'8 di giugno 1438: ebbe i primi rudimenti in pittura da Baldassare Garrari: fu eccellente nel disegno, nel co- lorito; sommo prospettico; inventore del modo onde fare scortar le figure, massimamente nei volti. Assun- to a] trono pontificale il card, della Rovere, Sisto IV , Melozzo viene in Roma per favore del suo mecenate conte Girolamo Riario signore di Forlì , e nipote del pontefice : ottenne largo stipendio ; fu annoverato tra* familiari del papa; dichiarato pittore di corte. Delle molte opere che in Roma esegui t due soltanto ne ri- 2'M Letteratura corda la storia; e su di esse si allarga il discorso del sig. Melchiorri. La prima è la pittura a fresco dell' abside della basilica de' santi dodici apostoli ; nella quale colori l'ascensione del signore per modo , da lasciarne dopo di se lunga fama. Nella rinnovazione dell' abside fatta l'anno 1704, per opera di Agostino Taja e di Seba- stiano Mesta , furun conservati alcuni brani di quel fresco. La figura del Cristo segala dal muro venne (issa alla parete sul primo ripiano della regia scala nel ponti- ficio palazzo al Quirinale; e se Giuseppe Chiari con bia- simevole licenza l'ebbe imbrattata , il baron Camuccini a' di nostri la ritornò all' antica bellezza. Altri quat- tordici pezzi di quel grandioso affresco furon collo - cali al valicano ; e dopo diverse traslocazioni, nel i S'?i> vennero trasportati nella sala capitolare annessa alla canonicale sagrestia della basilica. Fuvvi allora chi li reputò del Manlegoa ; e li credette porzioni delle pit- ture da esso operate nella privata cappella d' Inno- cenzo Vili : ambedue le quali opinioni giustamente contraddice il Melchiorri; si perchè diverso è lo stile ; si perchè una cappellina, di soli undici palmi in qua- dro , non poteva sopportare figure di grandi dimen- sioni , come son .queste. L' altro dipinto nel Melozzo , già in muro , a' di nostri trasportato in tela , era nel locale dell' antica biblioteca vaticana , ora nella vaticana pinacoteca. Sie- de sul dinanzi il pontefice Sisto IV : genuflesso gli sta a piedi il Platina in atto di ricevere la prefettura della biblioteca : alla destra del papa vedesi il card. Pietro Riario ; rimpetto il card. Giuliano della Rovere , poi Giulio II : a sinistra due figure giovanili sono spetta- trici ; ed in esse per buoni argomenti il sig. Melchiorri riconosce Girolamo Riario signore di Folli, e Giovanni della Rovere prefetto di Roma ; mecenati quegli del AccademU m atttt^ot.ogia 2,15 Melozzo, questi del Platina. Chi aggiudicò questa pit- tura a Pietro de Franceschi , ebbe dimenticalo che l'e- rezione della vaticana biblioteca fu nel 1475, e che Pietro era cieco sìa dal 1453. Chi ne fece autore il Ghirlandaio , non aveva altro appoggio se non la cer- tezza che il Ghirlandajo era in que' tempi in Roma. Ma sono ben altre e di più, peso le ragioni che in- ducono il IV. A. a dirlo del Melozzo: lo stile ; lo es- ser egli pittore di corte ; le prove di sua eccellenza ne' ritratti : la certezza che dipinse nella biblioteca. Ricordate poi brevemente altre pitture del Meloz- zo fuori di Roma, ne narra la morte, avvenuta 1' 8 di novembre 1494. Fra i suoi scolari , due soli son cer- ti ; Marco Palroagiani da Forlì , e Giovanni Maria Fal- conetto veronese. VII. Ragionamento sul clivo , sulla posizione , e sulV architettura del tempio di Giove Capitolino, let- to dal socio ordinario cav. Luigi Canina nelV adunan- za del 13 di febbraio 1834 ( con tre tavole in rame). In tre parti divide 1* A. eh. questo ragionamento. Discorre nella prima la situazione di quel celeberrimo tempio di Giove ; e rigettata la opinione di coloro che lo credettero situato sulla sommità meridionale del colle, si unisce al parere a' tempi nostri più generale , che sorgesse cioè sulla sommità settentrionale , dove è erefta la chiesa di S. Maria in Aracoeli ; e questo conferma con bene ordinati ragionamenti desunti dalle noti/ie c!ie ne lasciaron gli antichi. La seconda parte tratta della direzione del clivo che metteva al tempio di Giove Capitolino ; e prova che dall' antica via , di cui son trovate tracce a' lato dei piedistalli delle colonne ono- rarie che stavano presso quella di Foca , si rivolgesse verso il tempio della Concordia , piegasse poi fra quel tempio di cui rimangono otto colonne ioniche , e quello detto di Giove Tonante. Dice nel terzo luogo dell'archi- 2?>R L - r r e r a r e r \ lettura del tempio ; lo prova esastilo ; ne da una pianta, secondo ciò die può ricavarsi dagli antichi scrittori e dalle medaglie. Il portico era formato dinanzi di tre fila di colonne , di sole due fila ne' lati ; diviso nel- l' interno in tre celle, dedicate a Giove quella di mez- zo , le altre due a Giunone ed a Minerva. Aggiunge in una tavola il prospetto di esso tempio, cosi nella pri- ma edificazione dedicata dal console Pulvillo, come nel - la seconda eseguita da Q. Cattilo; e nelf una e nell' al - Ira l'architettura presentavasi tozza : arso dai vitcllia- ni , Vespasiano lo riedificò aumentandone solo l'altez- za : arso di nuovo al morir suo, Domiziano v'impiegò dodici mila talenti nella doratura. Vili. Dell' isola di Tato, e degli antichi mo- numenti che in essa si veggono , ragionamento primo letto dal socio corrispondente cav . Prokesch-d 'Osten neW adunanza del 1 di maggio 1 834 ( con una tavola in rame). L' isola del mare egeo la men visitata da' viag- giatori , e che conserva ancora monumenti in gran nu- mero , è quella di Taso situata a poca distanza dalla costa della Macedonia. Al dire di Erodoto i fenici la colonizzarono 16 o 17 secoli innanzi l'era volgare: passò quindi in potere dei persiani , godendo di una certa tal quale indipendenza politica : se ne impadroni- rono poi gli ateniesi , e sotto nome di liberatori le tolsero ciò , che i tiranni aveanlc lasciato godere : terminò allora la potenza, la prosperità dell' isola. Mol- ti antichi ruderi indicano dove sorgeva la citta di Taso: appiè di essa al fondo della rada era un ampio porto: lungo la sponda son molti sarcofaghi ornati di encarpi e bucrani; sol uno conserva i resti di antica iscrizione. Nella più elevata parte della citta era l'acropoli ; le costruzioni di opera antica s' innalzano a rimarchevole altezza , e per la immanità de' sassi e per la severità Accademia di archeologia 237 della costruzione sono ammirabili. I veneziani dopo la presa di Costantinopoli vi si fortificarono : fu in pote- tele della famiglia Dandolo che ne restaurò le mura ; e sopr' una delle porte veggonsi ancora i veneti leoni. Presso ad un Iato di nord ovest è una nicchia escavata sul vivo, ornata di molte figure a bassorilievo. Era dedi- cata a Pan, che si vede nel mezzo con pelo e fistola ( V. 1' annessa tavola ) ; il lavoro è squisito , e ricorda 1j mano di chi scolpiva in Atene il monumento di Li- sicrate. Nella necropoli sono oltre a cento sacrofaghi più o men conservati, e posti sopra grandi scaglioni che clevansi a modo quasi d'anfiteatro; sono ornati d'encar- pi e di bucrani nel mezzo, di capi d' aritte ne' fianchi; i coperchi sculti a squamine ; pampini , fiori , vittorie alale, altre figure sono ad essi d'ornamento: in pochi v'ha iscrizione; esse non altro dicono che il nome , il pubblico impiego, l'addio. Forse niuno può vantare una necropoli tanto conservata quanto quella di Taso; se pur non fosse Asso nel golfo di Adramita: ma niun viag- giatore visitò ancora Asso; niuno parlò di Taso. Una porta delle sue mura è di tale bellezza, che non ve ne ha una uguale ne' resti greci sia d'Europa , sia d'Asia : se è più. singolare quella de' lioni a \Iicene, è però di stile men perfetto : a iuella di Salouichi non spetta il nome di porta, essendo un arco di trionfo : e se le al- tre di Efeso e di Nicea sono ugualmente conservate, son anche di gusto assai inferiore. IX. Delt isola di Taso . e degli antichi monti" menti che in essa si veggono , ragionamento secondo , aggiuntavi la relazione di un vaiggio a Pella , letto dal socio corrispondente cav. Proltesch cTOsten neh tadwianza del 1°. di maggio (noi crediamo del 26 di giugno ) 1834. In continuazione del primo ragionamento ricorda l'A. eh. alcuni avanzi di monumenti antichi all' est 238 Letteratura dell' acropoli di Taso : la sommità meglio elevata , si corona di uà sepolcro cinto all' intorno di maestosi pi- ni: al di la della necropoli è in un fosso un bel grup- po di marmo , mulitu'alo però di teste e piedi. Fra i diversi villaggi dell' isola , quello di Castro siili' erto monte conserva avanai di mira ciclopee. L' isola è abbondante per ogni dove di limpidissime acque : l'at- tuile popolazione di circa cinque mila anime : conser- van le donne qualche modo dell' antico greco vestiario. Ove il suolo fosse escavato con buon metodo, offrireb- be senza dubbio nuovi capo- lavori dell' arte antica. Pella, capitale del re Filippo, citta che vide na- scere il magno Alessandro , situata a sei leghe da Salonichi , sorgeva dove è il meschino villaggio Allah - Clilisseli. Nella vasta pianura, che le sta innanzi, pochi sepolcri ridotti a mucchi di sassi sorgono sulla terra: frammenti di colonne , di capitelli , di fregi , di statue, furono usati dai musulmani ne' loro ponti, ne' sepolcri, ne' pozzi. O Pella non ebbe ricinto di mora , o se lo ebbe fu egualiato al suolo per modo da non restar- ne avanzo alcuno. Pochi paralellepipedi di marmo e di granito nero mostrano gli avanzi o di una porta, o di un arco di trionfo; altre pietre riquadrate sono presso una chiesa di rito greco ; un frammento con frammento con poche lettere in un pozzo : e son questi gli unici avanzi antichi che il eh: Prokesch vide in Pella , luogo che pochi viaggiatori han visitato. X. Dissertazione sopra la cristianità di Costan- tino magno , dimostrata co" monumenti e con le me- duglie , e sopra il nimbo usato ne ritratti di esso imperatore , letta dal socio ordinario dott. Alessandro Visconti nell' adunanza del 15 di maggio 183j. Non è nuova la quistione intorno allo avere o no Costantino professata la religione di Cristo : quelli che lo uiegarono , o ricusarono \e testimonianze degli an- Accademia» di archeologia 239 tichi monumenti , o con mala ferie le travolsero. Gon- fio essi il eh. A. dirige questa dissertazione. E fa- cendo fondamento al suo dire i monumenti dell' anti- chità, prima d'altri scrive dell' arco , che sta ancora la dove la via trionfale si unisce alla sacra. La iscri- zione di esso indica la cristianità di Costantino ; la dimostrano i bassorilievi spettanti a quel T epoca (che < gnun sa esservene alcuni de' tempi di Traiano); l'avreb- bero dimostrata anche più le immàgini all' arco so- vra poste , se fossero campate dalle mani dei crudeli devastatori di Roma. Ma iu mancanza di esse vengon le medaglie a provarlo.- medaglie battute vivente Co- si inlino, e dopo morto; medaglie descritte già da Eusebio, da Sozomeno , e da tutti i conoscitori ri- tenute in gran pregio. Il nimbo infine , non radiato , ma semplice , di cui Costantino è il primo a far uso nelle medaglie, è secondo il N. A. iltra prosa di sua cristianità ; perchè simboleggiando la eternità, in- dica la speranza di lui nelle cose eterne , e di quel religioso godimento al quale agognava. Quest' ultima prova per alcuni forse si dira più ingegnosa che vera. XI. Di un nuovo diploma militare delV impe- radore Adriano , dichiarazione letta dal socio corri- spondente Clemente Cardinali nelt adunanza del 26 di giugno I «3 ' . Teniamo silenzio di questa dichiarazione , sì per- chè non dobbiamo noi farne parola , essendo cosa no- stra ; sì perchè avendo dato in luce un volume che tutti i monumenti consimili prende a comentare , ne siiamo attendendo il giudizio che ne daranno i cortesi amatori di questi studi. Dobbiamo notare però che il eh. sig. Borghesi ritiene il console Severo di questo bronzo diverso dal polionirao C. Oppio Sabino Giu- lio Nipote Matiio Vibio Severo del marmo osiraate in 240 Leu ceratura Grutero p. 446. 4 ; perche il Leona che gli dedicò quel cippo è indubitatamente quel medesimo che in al- tra lapida si dice G. OPPIVS . G. L. LEONAS (Grut. p. 68. 7 ) ; e ciò dimostra che i veri nomi di quel polionimo furono G. Oppio Sabino, non Manio Vibio Se- vero. Nel che conveniamo pienamente ; ma se pure non prendiamo un grosso inganno , ci sembra che non per- ciò la nostra opinione sia priva di appoggio. Perchè l'uo- mo dottissimo beu ricorda, che non sempre ne' monu- menti si notavano tutti i nomi dei personaggi polionimi come il nostro G. Oppio ; e che in essi spesso s'in- contrano ora con uno , ora con altro diverso. Per ci- tarne un esempio, quello che in un marmo arvalico (tav. XIX) dicesi L. POMPEIVS, in un bronzo di Cor- sica ( Marat. 1091. I) vien detto G. ARRVNTIVS CA- TELLIVS CELER; iti Tacito (Hist. I. lì) Pompeio fropisco : cosi il G. Oppio Sabino del marmo osima- lo potè nel bronzo dirsi Manio Vibio Severo. Ma ripe- tiamo che di ciò non dobbiamo noi darne giudizio. XII. Dissertatone sopra una statua antica simile al così detto Aristide di Napoli, letta dal socio or- dinario Luigi Vescovati nelt adunanza del 18 di di- cembre 1834 (con una tavola in rame). Son già trascorsi più che due lustri , dacché in alcune rovine, fra l'antico porto di Claudio e quel- lo di Traiano, fu rinvenuta una statua mancante di testa e di piedi. Su di essa aggirasi questa disser- tazione del sig. Vescovali : il quale facendo nel bel principio un giusto elogio della brama di conoscere l'as- petto degli uomini che lasciaron di se lunga rinomanza, palrebbe forse taluno orservare che quel principio non va d'accordo col subbictto della dissertazione ; cioè con uu marmo acefalo. Ma procedendo innanzi leggera , come la naturalezza della mossa di questo marmo, la bella composizione della figura , i' eleganza del pan- Accademia di archeologia 241 neggiamento , lo provati simile alla celebre slatua er- colanese che in Napoli si conosce sotto nome di Aristi- de ; e che solo da essa diversifica io cose cosi piccole, le quali mentre provano non esser l' ima copia dell'al- tra , costringono insieme a crederle rappresentanti la stessa persona. Qaindi il sig. Vescovati nel far ese- guire il restauro della portuense , fece imitare le par- ti in essa mancanti dalla statua orcolauese: la quale non aveva un nome sicuro ; del che era dolente V A. chiarissimo ; quando incontrando nel museo vaticano l'erma rappresentante Eschine , fu colpito dalla per- fetta rassomiglianza di quel ritratto con la statuì d'Er- colano. Confrontò allora altri ritratti di Eschine esi- stenti in Roma ; ne ricordò uno in Inghilterra col nome , come insignito del nome è il vaticano ; e non potè più dubitare che un Eschine rappresentasse co- sì la statua ercolenese , come V acefala portuense. Né ciò gli bastò: leggendo nelle aringhe dell' acerrimo suo nemico Demostene , trovò , a non poterne dubitare che il modo di esser tutto avvolto nel manto, come le sta- tue fan vedere , fu tutto proprio di Eschine , quando si difese nella celebre aringa contro Timarco. Quindi nella seconda parte della dissertazione impreild ; I' A. eh. a difender Eschine dalle molte accuse di Demo- stene ; ma questo essendo fuori del campo archeolo- gico , ci basterà notare , che forse con ugual facilita potrebbonsi rivoltare gli argomenti a prò di Demostene e contro Eschine. XIII. Intorno un frammento marmoreo di fanti consolari , dissertazione letta dal presidente niircliese Luigi Biondi nelle adunanze dell 8 di gennaio^ \\) di febbraio , e 16 di luglio 1835 ,con quattro tavole in rame e due in istampa). Se tutti i diversi monumenti illustrati in questo volu- me degli atti archeologici sono meritevoli delle cure ado- G.A.T.LXVII. 16 2/»'i Letteratura perate dagli editori intorno ad essi ; e se tutte le me- morie soti piene di dottrina e di lodevele diligenza: cre- diamo pronunziare il vero dicendo, che il marmo im- preso a dichiarare dal eh. presidente dell' accademia agli altri monumenti tutti sovrasta per le novità che ci reca in cose storiche e cronologiche ; come la me- moria del sig. marchese Biondi alle altre per interes- se è preferibile. In un fondo lungo la via Cassia ( incerto però se scavato in esso ), due miglia e mezzo lontano da Ro- ma , rinvenne il eh. A. il frammento marmoreo di fa- sti consolari che imprende ad illustrare. Rotto da tutte le parti T è diviso in due colonne : nella pri- ma alla sinistra di chi legge sono i consoli dal 713 al 718 di Roma ; nella seconda quelli dal 732 al 742 : il fac-simile si ha in una tavola in rame ; in una se- conda il suppl'nnento delle lettere , color. indo in ros- so quelle che mancano. Divide l'A. eh. la sua dis- sertazione in tre parti : dice nella primi dei consoli surrogati nel 715; nella seconda di quelli che tenne- ro i fasci come suffetti nel 7J(j : ambidue questi col- legi consolari erano per 1' avanti ignoti : nella terza toc- ca alcune osservazioni relative ai consoli degli an- ni 718. 734. 735. 737 e 738. Dice il nuovo lalerolo che nel secondo nundino semestrale del 715 furon consoli L. Cocctio e P. difetto. Era cognito M. Cocceio Nèrvo, console nel 718; anche d' un L Cocceio avevasi notizia in Appiano: ma i critici supponendo che gli amanuensi varialo avesse- ro il prenome, confusero i due fratelli , e ne forma- rono un solo. Ora che questo marmo ricorda un L. Coc- ceio , il eh. Biondi va segregando le geste dei due fratelli , e ragionevolmente attribuisce a Lucio l'ono- re delle ricouciliazioui fra Ottaviano e M. Antonio ; la brundisina cioè e la tarentina. L'altro console Accademia dt archeologia *2fò è quel P. Alfeno Varo celebre giureconsulto , la cui vita fu ultimamente scritta dal eh. Lancelti. Male al- cuni gli negarono il consolato ; pèggio altri lo con- fusero col figlio console nel 7^5 : il nuovo later- colo decide la quislione , e toglie eli mezzo quella con- fusione tra padre e figlio. Noti minor vantaggio riceve la serie ipatica per l'anno 716, facendo conoscere esso marmo, che nel secondo nundino furon suffetti P. Cornelio e L. Mar- cio. Il primo è P. Cornelio Scipione marito di Scri- bouia prima che essa fosse moglie di Augusto ; e lo prova il eh. Biondi ad evidenza con molli e sottili argomenti, distinguendolo da altri Cornelii che ebbero i fasci verso quel torno di tempo. Il secondo è L. Mar- cio Filippo trionfatore della Spagna nel 721 , figlio del Filippo console nel 698 , che fu padrigno di Otta- viano. Merita esser letto il dotto ragionamento, pel quale il sig. Biondi distingue i due Filippi; prova che cosi il padre come il figlio tolsero a consorti due sorelle Accie ; e porta gran luce nell' albero ge- neologico de' Cesari , correggendo i gravi errori da altri commessi. La terza parte della dissertazione in cinque capi diversi tratta alcune osservazioni relative ad altrettanti anni. Glie vi fosse un suffetto nel 718 sapevasi da u n frammento capitolino , e lo conferma il latercolo del liioodi ; ma da quel primo nuli' altro si scopriva, se non che quel console era nipote di un Lucio ; e dal secondo che il gentilizio di lui incominciava da una N. Il perchè conviene il eh. A. nella opi- nione , già da noi altra volta esternata , cioè non poter essere L. Munazio Planco : anche contraddice, e saviamente , chi volle nel 718 aggiungere un secon- do suffetto ; e chi pretese che fosse P. Sulpicio. Neil' anno 734 il nuovo latercolo conferma al console Silir 16* 2 4 -V Letteratura il prenome Publio. Dai surrogati dell'anno 735 giu- stamentente il marmo ed il Biondi escludono il famo- so A°rippa; del che ricordiamo avere scritto anche noi altra volta. Nel 737 vieti confermata la lezione G. FVRNlVS che si aveva già nel sasso colozia- no : e nel 733 si conferma come surrogato L. Tarlo. Quindi in un' appendice produce l'A. eh., 1 un frammento de' fasti capitolini consolari , che deve unir- si a quella porzione della terza guerra punica che dal 607 va al 613. Sono in esso i prenomi , e le let- tere iniziali dei gentilizi dei primi consoli di quegli anni , e quelle de' censori che celebrarono i lustri 5t> e 57. 2 Altro piccolo frammento de' fasti palatini , che supplito a dovere ricorda i consoli dal 962 al q6j di Roma. 3 Venti iscrizioni da lui trovate presso il luogo dove era il primo latercolo consolare ; molte fra esse spettano a militari toscani. E per ultimo con bella e lodevole generosità fa dono del primo latercolo all' accademia , perchè essa lo conservi nella sala delle sue adunanze , ovvero ne faccia deposito al museo capitolino. Consegna all' egregio Fea ( di cui piangiamo la perdita ) il frammento de' fasti capitolini , perchè lo faccia allogare in Campidoglio insieme co' fasti com- pagni. Dona al museo vaticano tutte le rimanenti iscri- zioni, delle quali ha tenuto discorso. XIV. Elogio di monsignor Niccolo. Maria Nicolai uditore generale della il. C. A. e presidente della pontificia accademia romana di archeologia , letto dal principe D. Pietro O descalchi socio ordinario e con- servatore perpetuo dell' archivio nell" adunanza del 9 di luglio 1 835. Accademia di archeologia 245 Nacque il Nicolai in Roma nel 1756; si avviò) negli studi del foro , e fu primamente eletto a fìsca f 9 della fabbrica di S. Pietro : quindi Pio VI di S. !YT. nelle mani di lui ripose l'asciugamento delle paludi pontine , creando appositamente un quarto ufficio di sostituto di camera : poi fatto commissario della cu • mera , ed uno dèi giudici della segnatura di grazia ; quindi presidente della camera , appresso delle stra- de , poscia dell' annona , infine uditore generale de!U camera , che è quanto dire primo fra 1 prelati della romana curia ; ufficio che tenne sino alla morie av- venuta nel gennaio 1833. Dotato dalla natura di molto ingegno e di bella prontezza di spirito , conobbe i grandi , entrò nelle corti , si fece dovunque amare e stimare. Caldo amatore delle lettere e delle scien- ze, non solo le coltivò con profitto , ma operosamen- te le protesse. Abbenchè non brigasse per farne par- te , fu ascritto in molte accademie italiane ed oltra- montane : della pontificia romana di archeologia fu per molti anni zelante presidente , appassionalo favo- reggiatore. Lo amarono gli uomini i più ledati del tempo suo ; fra i quali ricorderemo solo uno Spedalieri, un Pessuti , un Canova , un Visconti , un Akerblad , un Monti , per tacere de' viventi. Le opere che die alle stampe furono in gran numero. Senza accennare le molte dissertazioni , le scritture legali , i voli econo- mici , notiamo quelle sulla depositeria urbana ; sulla basilica vaticana ; sude bonificazioni pontine ; sulla campagna ed annona di Roma ; sulla presidenza delle acque e strade ; sulla costruzione della nuova chiusa suW Aniene ; e sulla basilica ostiense di S. Paolo. XV. Elogio di Filippo Aurelio Risconti socio ordinario vice-segretario ed archivista dell" accade- mia , letto dal socio ordinario cav. Luigi Cardinali ne li" adunanza del 30 di aprile 1. Ricci. c „ , k_7e 1 opera di molti secoli vuoisi ad innalzare un re- gno ove la felicita dei sudditi sia giusta conseguenza della virtù dei regnanti , una maggiore celerità al decadimento strascinalo allorché dal pessimo esempio del reggitore vedesi il popolo condotto ad ogni eccesso di vizio e di debolezza. La storia io tracciai nell'ul- timo mio discorso dell' origine e dei progressi del popolo piceno soggetto alla romana dominazione ; caac oggi io acconcio parlare della fine loro , e di conoscere 1' infelice servaggio a cui questo popolo medesimo fu costretto assoggettarsi , allorché sciolto da ogni legat- ine di municipale società , preferì il lusso e V intempe- ranza di Roma al tranquillo e domestico vivere , ed ivi uon correndo che al peggio contribuì involontaria- mente alla distruzione di quel paese , per cui difendere aveva prima perduto e genitore , e figlio , e amico , e servo. Se la virtù non prende nell'uomo un perpetuo dominio, deviandone si dissipa, ogni vantaggio del pas- salo , e si prepara un avvenire funesto : questa è una Stato del Piceno 253 verità senza contrasto , comprovata da fatti così an- tichi com'è antico il mondo. La storia che andrò ac- cennando de'luoghi in cui viviamo dall'epoca dell'innon* dazione de'barbari , fino al dominio dei pontefici , se formerà l' argomento dell' odierno discorso , servirà altresì di valevole presidio a confortarci all'unione , alla giustizia , alla temperanza , ad ogni virtù insieme che ci renderà capaci di quella felicita e di quel bene , ohe ardentemente vi desidero. Il fatale rovescio, che prevedevasi nell'Italia dalla cattiva politica degli imperatori romani , avvenne final- mente. Indebolite , come vedemmo (1) , le provincie per le deduzioni coloniche, si trovarono queste spogliale affatto di mezzi , onde far argine ai popoli , che ab- bandonando selvatiche settentrionali regioni non aveva- no altri aiuti ond'esser sicuri di loro conquiste , che la certezza d'aìfrontare uomini , che perduta totalmente la forza ed il potere non oserebbero presentare ne osta- colo , né difFesa. L' anno quattrocento cinque , per ciò che narrano i più reputati cronologi , fu qi elio , che succedendo alla debolezza de' romani imperatori segnò 1' epoca dell'italiano esterminio : e se Radacauso re goto fu sconfino da Stilicone, non tardò a subentrare- Alarico, die più barbaro del primo , ed inasprito per la morte dell'antecessore , ridusse in cenere molte città, e degli uomini fece macello. E noi fra gli altri deplo- riamo la distruzione d'Urbisaglia pei- le armi sue. Erano (t) Dello stato geografico e politico del Piceno dalla su origine fino alla gaerra sociale. Dissert. letta nell'accademia dei Cateuati di Macerata le sera del 5 di luglio i855 dal M. Amico cav. Ricci. Roma tip. Boulzaler i835. ( V. uno de' tom. .le! gior- nale arcadico ). 254 L K 'i T K R A T U fi A questi germani popoli cosi rozzi , che ai dire eli Tacilo a' suoi tempi appena le lettere conoscevano. Se l'uso dei caratteri è uno di quei mezzi , che distingue una colta nazione , mancandone quelli furono incapaci di scien- za e di riflessione. E' certo che senza qùest' ajuto artificiale l'umana memoria perde presto e corrompe le idee affidatele , e le facoltà più nobili della mente non più. ajutale dagli esempi o dai materiali perdono a poco a poco la loro attivila. E* del pari certissimo, che le arti non hanno sede , che dove esiste civiltà : onde non è a maravigliarsi , che le case di cosloro non fossero ne contigue , né distribuite in regolari villaggi , ma ogni goto fissasse la sua indipendente abitazione nel luogo al quale una pianura, un bosco, una sorgente di acqua viva lo aveva indotto a dare la preferenza ; ed abitava in capanne piutlostochè di circolare figura fab- bricate di rozzo legno , coperte di strame , ed aperte in cima per lasciare libero il fumo ad uscire. Ma se tutto dovesse dirsi dei costumi nazionali di questi popoli , in una tediosa serie di minuti racconti avrei con che a lungo trattenervi ; essendo però inutili a spiriti riflessivi , i quali da questi fatti , e da altri non meno noti apprendono agevolmente a quale strano modo di vivere doveva l'Italia assoggettarsi governala da gente si rozza e barbara. Le citta del settentrione op- posero quella resistenza naturale ad uomini agredili , ma fiacca in confronto alla corrente che loro sovrastava. Le altre del mezzo giorno , e le nostre specialmente t erano troppo ad infelice stalo ridotte per presentare una qualunque diffesa : e se fra i fiumi Musone e Tronto Ascoli e Férmo rimasero meno malcoucie, non sapreb- besi a che attribuirlo, giacché certamente lutto il resto del Piceno non presentò che mucchi di case sparse qua e la sopra eminenze, asilo di pochi individui sfuggili alla spada micidiale di quei feroci. Non mancarono esperti Stato del Pick ciò 255 capitani spediti da'greci imperatori ad arrestare questo furioso torrente , ma gì* intrighi delia corte di Costan- tinopoli dominata dall'ambizione dell'imperatrice Sofia condussero quest' infelice paese a sempre nuove cala- strofi. Allorquando Narsete , il flagello denoti, co- stretto fu da imperiale decreto a deporre il comando dell'esercito d'Italia, di cui fino allora eia stalo il con- servatore, a vendicare il ricevuto oltraggio mandò ad Alboino signore della Pannonia un maggio de'più squisiti prodotti dell'italiano suolo, scrivendogli, che non tar- dasse a fare sua una terra ove il latte ed il mele scor~ cono in abbondanza ; e così il torrente de' longobardi, non tanto sedotti dall'invito di .Narsete , giacche essi conobbero l'Italia allorché alla vittoria di questo ca- pitano contro l'olila contribuirono , quanto profittan- do della conseguenza di fidissima carestia , e di pe- stilenza sterminatrice , che poco prima quasi deserta 1 avevano , entrarono in questa regione senza gravi ostacoli , e fecero proprio un paese , che preda final- lora d'ogni disastro , indifferente erasi ridotto ornai ad ogni variare di leggi e di padroni (2). Le prime imprèse furono dirette dal duce lon- gobardo a sottomettere la Liguria : e questa a que'tempi abbracciava Milano, Pavia, Novara, Varcelli , oltre il Monferrato, il Piemonte, e tutta la riviera di Ge- nova (3). Ed intanto il Piceno" ubbidiente all'esarca Longi- no, che avea sua sede in Ravenna, vedeva adottarsi nella provincia un opposto sistema : e quindi varian- dosi i coafioi, Pentapoli venne denominato quel tratto , che si estende da Ravenna fino ad Osimo : dalla quale (a) muratori Annali cU Italia, Tom. Ili' Par. II peg. 297. (3) Idem , Tom. III Pan. II pag. 3o8. 256 Letteratura condizione sono d'avviso che non ambiasse per lnngo stadio, giacche nel concilio romano tenuto nell'anno 680 Ir sottoscrizioni dei vescovi di Ancona , Umana , e Osimo sono distinte col nome di vescovi della Pentapoli. La parte poi meridionale del Piceno , allorché ebbe compiuta Alboino la conqusita d'Italia , ed innalzato il suo trono in Pavia , venne costituita in ducato , la rm sede volle fosse Spoleto , e Provincia Spolitium Sacensis si chiamasse. La politica di questo re mostros- si ben diversa da quella degli antichi padroni : impe- rocché la dovei romani per tenere in soggezione i po- poli conquistati solevano spedire colonie dentro e fuo- ri d'Italia , i longobardi all' incontro stabilendo dei ducati ne assegnarono il governo ai più vaiolosi capi- tani, perchè potentemente resistessero alle imperiali mi- lizie qualora queste si presentassero a vendicare gli an- tichi possedimenti. Il dominio del duca di Spoleto estendevasi a tutto il territorio piceno da Ascoli fino alia Pentapoli : e se un duca apparisce avere avuto Fer- mo , come si ha da una iscrizione trovata nel territorio fallei io riportata da Muratori e da Gol ucci , o convien dire che questi fosse dipendente da quello di Spoleto, o deve riguardarsi come no capriccio del capricciosis- simo re Desiderio , che con tali stravaganze ed infran- gimene d'organiche costituzioni diede un forte crollo al regno longobardo. Non può peraltro in verun modo revocarsi in dubbio che l'antico Piceno diviso fosse in Pentapoli e ducato spoletino, il quale, come accen~ nammo , estendevasi dal fiume Tronto al Musone. Ed in tal guisa stabilita trovò la provincia Feroaldo , che pel primo assunse il ducato di Spoleto: cosicché lo stato geografico non variò fino all'anno 590, epoca in cui pos- siamo credere ch'egli morisse, avendone un cenno dai bollandisti nella vita di S. Geteo vescovo dAmiterno citta appartenente al ducato di Spoleto , da'quali si nar- Stato del Piceno 257 ra che questo santo governò quella chiesa ai tempi di S. Gregorio magno e del duca Fcroaldo (1). Ariol- fo , che gli successe, ne estese la conquista combattendo i greci nel distretto di Camerino : perlocchè aggiunse all'antico dominio anche quella citta, aprendosi cosi più facilmente la via all'invasione di tutto il Piceno(2). Se queste imprese pertanto giovarono ai longo- bardi , non furono meno capaci ad inorgoglire il du- ca, il quale credendosi quasi sciolto da oggi soggezio- ne al sovrano potere, diresse le cose del ducato a sua voglia : e simile arbitrio non venne meno , che ai tempi del re Agilulfo, il quale richiamando Teudi- lapio terzo duca di Spoleto , alle antiche leggi lo av- verti con l'esempio di altri suoi uguali , che ricalci- tranti ai suoi voleri aveva già fatti uccidere. Ma lasciando ogni ulteriore ricerca sullo stalo geo- grafico del Piceno , che difficilmente potrebbe rintrac- ciarsi fra le fitte tenebre dei secoli barbari, ci esten- deremo piuttosto sulle regole politiche e civili, di cui ci rimangono più recenti e storici monumenti. Alla venuta di questi ospiti feroci venne meno ogni lodevole costumanza roraaua : non più le per- sone si distinguevano col nome e prenome , ma col (i) II Muratori accerta non avere trovato documenti capaci a renderci sicuri dell'epoca precisa in cui Ferondo morisse. La data da noi riferita l'abbiamo dedotta dal tempo, nel quale si sa eletto S. Gregorio al pontificato, cioè nel settembre dell'anno 590 : lo che smentisce l'opinione di alcuni die dis- sero morto Feroaldo nell'anno 5Sa. Diremo anzi di più, cioè ehe lo stesso Feroaldo asistette all'elezione, che la veduva regina Teodolinda fece di Agilulfo in di lei marito : lo che avvenne al riferire di Paolo Diacono l'anno 5qo. (3) Paolo Diacono lib. IV. e. 17. G.A.T.LXVU. 17 • ld5H L E T T E 11 A T U R A solo nome, cui spesso aggiunge vasi il nome de! padre. Sparì la lingua Latina , e quindi l'italiana favella si formi a poco a poco mediante il mescolamento di tante voci introdotte da nazioni che succedevansi l'una do- po l'altra : la goffaggine dei barbari nel delicato ma- neggio delle declinazioni e delle coniugazioni li ri- desse ad usare gli articoli ed i verbi ausiliari : e mol - te nuove idee furono espresse con voci teutoniche. Non pertanto il fondo principale dei termini tecnici e familiari vuoisi generalmente derivato dal latino , il che dottamente provarono Muratori e Maffei (I ) , sebbene oggi induca diversamente ad opinare il eh. To- selli nella sua erudita opera dell' origine dell' italiana favella . Quando avremmo sufficente contezza degli obsoleti rustici e municipali dialetti dell' antica Italia, potremo rintracciare anche l'origine di molti voca- boli che forse erano rigettati dalla classica purità di Roma. Più non si riguardarono i nuovi duchi come cor- rettori , o presidi , che autorità essendo di pura e semplice vigilanza, lasciavano a' municipali statuti tut- to il loro vigore : ma levarono essi alto la testa , e piantate le prime colonne del sistema feudale, sovrani sì credettero , finché non vi fu chi il loro ardimento umiliasse. Rimase il diritto di schiavitù , se pure la schiavitù può chiamarsi diritto. Ma chi mai creduto avrebbe che d'onde venne il male scaturire dovesse il rimedio ? Eppure convien dirlo , alla nazione lon- gobarda andiamo noi debitori di un qualche miglio- ra mento nella nostra politica esistenza. In questa gente barbara fu cosi rapido l' influsso del clima e dell* (x) Muratori, Antich. ital. dissert. 32-35, pag. 71 365. Maf- Jei Veron. illusi. Pari. I psg. 5io-3i2Ì Stato del Piceno 2."9 esempio , che con curiosila e timore i ritratti guar- davano dei loro antenati. E per quanto orrido fosse il loro aspetto , ricoprivano sovente una buona e ge- nerosa indole (I). Il Piceno era deserto , anzi inselvatichito. La guer- ra sociale, le leggi Plozia e Giulia, le deduzioni coloniche, l'avevano spogliato affatto d'abitatori: quin- di boscaglie e solitudini da ogni parte. Ora una delle massime fondamentali de' longobardi legislatori fu mai sempre d'aumentare con tutti i mezii possibili la po- polazione de' paesi conquistati. Invitarono pertanto de- gli stranieri a venire a stabilirsi ne' nostri paesi con privilegi accordali, e colla liberta di seguire le pro- prie leggi , quando ad essi piaciute non fossero le longobarde : ed ecco scendere dall'Ungheria, dalla Ger- mania , e dall' Illiria numerose famiglie , sicché vive tuttora la memoria di contrade dove ebbero domici- lio, distinte col nome della nazione medesima: esem- pio, che se dal Muratori si propone per parecchie ter- re e villaggi del modenese , non è nuovo non meno osservarlo mantenuto in tanti altri luoghi d' Italia. Dopo di che fecesi severissimo divieto d'abbandonare il paese senza espressa permissione del re : e questa legge, che forma tanta parte della polizia degli at- tuali governi, fu concepimento d'un longobardo. Ma una buona legislazione fu sempre reputata la sorgente feconda della popolazione d'un paese. In forza di essa le donne erano tenute alla più severa riservatezza , e punivansi le più piccole licenze come tutte somma- fi) A parecchi di costoro potrebbe applicarsi 1' epitaffio di Droctusfo riferito da Paolo Diacono lib. Ili e. tg. Terribilis visti facies , sed corde benignus , Longaque robusto pectore barba fuit. 17* 2G0 L iì T T E n A T U R A mente gravi. Pene severissime tenevano dietro l'adul- terio : dal die l'unione coniugale più forte e più santa addiveniva: d'onde pure derivava, che i matrimoni! de' longobardi erano d'una straordinaria fecondila. Leg- ger: non si pai senza sorpresi nelle memorie di que tempi il numero grande de' fratelli , figliuoli , nipo- ti , e cugini che componevano le . longobarde fami- glie, dove non ebbe mai luogo quello scandaloso ce- libato che fu così fatale a Roma nel suo decadimen- to. Mettere però al mondo una copiosa turba d'in- dividui senza somministrare loro mezzi di mantenersi , non formerebbe che un esistenza troppo infelice e precaria. Distribuire adunque dei beni , ed assicurarne a ciascuno il posesso , aiutare l'industria , punire l'ozio, vendicare la società dai delitti contro di lei commessi, estinguere gli odi , e condurre i particolari a ricon- ciliarsi fra loro, furono giusto le principali cure di quei prudenti legislatori ; ed a Luitprando non isfug- girono neppure i danni , che promoveva l'eccessivo abuso del duello, il quale volle pure abolire : e se si ridusse a tollerarlo di poi , derivò dal conoscere i più tristi effetti , che potevano aver luogo in una nazione già troppo abituata a queste sigolari offese , ed an- cora lontana da quei lumi di religione : e servirono indi ad escludere dalla società un mezzo , che tanto la disonora e la deturpa (1). / Nei coutratti i venditori ed i compratori col- locati erano al sicuro d'ogni fraude, né temere do- ( i ) Quia incerti sumus de iudìcio Dei , et multos audivi- mtts per pugnarti sine iusta causa , suam causam perdere. Sed propler consuutudinem gentem nostrani longobardorum legem impiam velare non possumus ( Ved. p. 74-2 65 delle leggi di Luitprando promulgate A- D. *}i'\. ) Stato del Pira-s-o 261 vevano d'essere ingannati da preventive ipoteche, da sconosciuti fidecoraissi : imperocché tutti i contratti, le vendite , e le assegnazioni ipotecarie , i testamenti stes- si si facevano sotto gli occhi de' magistrati in loro presenza , ed alla vista del popolo. A prevenire le par- zialità, dell' amore paterno , e gli artifizi d'una matri- gna , ordinarono che senza un grave ed evidente motivo i genitori favorire non potessero ne' loro testa, menti un figliuolo a pregiudizio dell' altro, escluden- do così ancora ogni motivo d'odio e d' inimicizia , e provvedendo ai bisogni di tutti. Le usurpazioni per via di diritto erano a quei tempi non solo difficili, ma direi quasi impossibili : poiché le guarentigie , le cauzioni che dare dovevano da ambe le parti diminuì - vano notabilmente il numero dei temerari litiganti. Se presso i romani l'istruzione dei processi era lun- ga e rovinosa , niuno di tali disordini aveva luo- go presso i longobardi. Nella maniera con cui da essi s'amministrava la giustizia , tanto in civile quanto in criminale, non era a temersi die le parti litiganti ve- nissero desolate da proroghe , o lungherie straordina- rie : stabilito essendo, che i processi dovessero essere compiuti dopo breve spazio di tempo, obbligati i giu- dici in caso diverso d'indennizzare co' propri danari le persone interessate : e non già era questa , osserva giudiziosamente il Deniua , una giustizia speditiva ,, e alla turca , ma una necessaria conseguenza del ,, modo stabilito per la giudiziaria amministrazione ,, - Senza avvocati , e senza farraginosi interpreti , non si consultava che la le^e nella sua semplicità dietro le ragioni dedotte dalle parli stesse oralmente , che nel trattare i propri interessi , e nel far valere i pro- nti diritti ciascuno , dice Cicerone , è naturalmente eloquente. ?®2 Letteratura Queste leggi, scritte in latino teutonico (i) ot- tant' anni dopo il dominio di longobardi in Italia, as- sicurarono ad essa una migliore esistenza politica , e ripararono alquanto, a que' mali da cui era afflitta da si lungo tempo. Wlevasi però die ogni cosa ritornas- se nell' ordine : ma per giungervi conveniva , che ogni classe riprendesse l'antico vigore , e che l'esistenza morale , intesa nel più lato senso , fosse surrogata alla fisica» !Ma non era facile l'ottenerlo si prontamente, dap- poicchè il paese a conquiste frequenti , micidiali T replicate era stato soggetto. L'agricoltura languiva, per- chè agli schiavi affidata : qnantuuque le servili catene alleggerite fossero, concedendosi a quegli infelici il di- ritto d'ammogliarsi , e di mettere a profitto per se e pe' figliuoli i prodotti dell' industria . Le occu- pazioni della vita pastorale erano più. confacenti ad ad un popolo , che veniva dall' avere esercitata questa soltanto ; e per essa in tutti si miglioravano le razze dei cavalli , quelle de' buoi e delle bufale . Nelle nostre provincie forse se ne introdussero: ma più che ad ogn' altro oggetto furono queste preferite per le cac- ce che impiantaronsi con un ingegno raffinato, ed igno- to ai greci ed ai romani (2). E alle cacce erano op- (i) La più esatta edizione delle leggi longobarde è quella dei Script, rer. ital. toni, i. pari. 2 , /mg. 1-181. Fu questa collazionata sul manoscritto più antico , ed illustrata con in- finita critica ed erudizione da Muratori. (a) ( A. D. 596 ) Primum bubuli in Italiani delati italiae populis miracula fuere (Paolo Varnefridio lib. IV e. II J I bufali , che sembrano originari dell' Affrica e delle In- die, non si conoscano iu Europa eccettochè in Italia. Gli an- tichi non averano menomamente idea di questi animali, a meno che Aristotale ( Hist. anint. lib. Ili e. I) non abbia iu- Stato del Pkeno \ 63 porlune, dapoichè & tante distruzioni non poteva suc- cedere , che si riedificassero con celerità i paesi, man- cando per tali opere sussidi , capacita , ed uomini per popolarli. In tal guisa erano le cose d'Italia , e del Piceno insieme, allorquando Carlo magno impadronitosi del regno de' longobardi , volendolo organizzare ad uso di Francia, ai duchi sostituì i conti urbani , e pres- so ai confini dell' impero i marchesi. Essa fu l'epo- ca in cui la provincia non fu più detta Piceno , uè ducato spolettilo , ma il nome ebbe la prima volta di marca : e Marca Permana fu nominata nel ,73 ai tem- pi di papa Benedetto VII, coni!- riferisce Leone Os- tiense. Prima però di questo tempo sappiamo per le di- ligenti ed erudite cure del padre Fatteschi (I) , eh' teso darne uua descrizione sotto il nome di buoi selvaggi d1 Aracosia ( v. Buffon hist. nal. tom. XII. ) Del resto non deve tacersi , che Paolo Diacono ha ve- risilmente per errore , forse comune nel volgo , dato il nome di bubalus all' auroco , o toro selvaggio di Germania. La ventesima dissertazione sulle antich. italiane del Mu- ratori ci somministra nozioni sufficienti per conoscere da che dipendesse l'ampliamento delle foreste fatto in questo tem- po : fra le altre ragioni vi fu anche quella di dare più va- sto campo ai piaceri della caccia. Le leggi poi di Rotano per regolare le falconerie e le cacce sono una prova dell' in- dustria de' longobardi nel promuoverle ; mentre questo gene- re di sollazzo poteva dirsi ignorato nell' impero dei greci e dei romani. (i) Memorie istor. diplom. riguardanti la serie dei duchi di Spole/o, e la topografia dei tempi di mezzo nel durato di Spoleto. Raccolte dal padre D. Giancolombino Fatteschi ab. cistercense della prov. romana. Camerino i8oi, in 4 red. Ap- pend. mini. XXX l alla pag. ojj. 26/j. Lettera, tura ebbe giH nel 776 un tal Lupo in qualità di conte , ed un altro con simile nome teneva a se soggetta la ciltà di Ascoli , eJ una lunga serie di questi pre- sidi avremmo d'uopo d'aggiungere , qualora le polve- rone carte degli archivi venissero per solerzia d al- cuno tolte da quel!' oblio a cui da tanti anni si riman- gono. Quello clic soltanto possiamo con certezza nar- rare si è, che la serie di questi conti noi la estendiamo fino all'anno 1098, sapendosi che Ofìbne ed Ugulino sostennero tale dignità in questo torno. Le conquiste di Carlo magno furono antivedute dai longobardi , i quali a (ine di fuggire Tira dei fran- chi si condussero a Roma , e prestando ubbidienza a papa Adriano I (1) supposero in tal guisa evitare quell' infamia, che il nome di longobardi produceva ne' vittoriosi francesi , come d'altronde dispregevole e pericoloso era stato il nome romano allorché essi in Italia penetrarono. Non tardò il papa a fare uso di quei diritti che gli convenivano in virtù di tal donazione: e ad esperimentarli, s'indusse primieramente a rimuovere dal ducato spoletino Teodicio per surro- garvi Ildebrando, corrispondendo in tal guisa alle istan- ze dal popolo a lui promosse. Se poi Carlo magno ed i successori suoi confermassero questi medesimi po- teri con espressa donazione alla santa sede, è argomento che fu soggetto a molte controversie, le quali non fa ora mestieri di qui riportare, uè all' uopo nostro sono neces- sarie. A sciogliere pertanto un tratto di storia sul qua1- Ie, piuttosto che la verità, le passioni prevalsero, pro- fittandosi dello smarrimento dell' autografo di Carlo magno , sembra potersi dedurre che i carolini do- (i) Così viene riferito da Anastasio bibliotecario nella vita di questo pontefice. Stato del Vicr.yo 005 nassero al papa non l'assoluta sovranità del ducato di Spoleto, ma bensì i proventi die da esso derivavano , desumendolo dalle parole stesse delle costituzioni de- gli augusti Lodovico il pio , Ottone il grande , ed Arrigo il santo (1). Fra i molti esempi, che si potrebbero produrre, non sarà fuor di luogo i decreto dì Lotario per 1 e- rezione dell' università di Fermo, la quale piuttosto da lui , che da Bonifacio Vili , come ad alcuni piacque supporre , riconoscer deve l'origine (2) : lo che esclude un dominio libero ed assoluto nei pontefici. fiilenendo quindi che ai carolini spellasse il go- verno di questi luoghi succedendo ai longobardi, si conobbe essere mira di questi nuovi padroni quella di rovesciare coli' introduzione delle nuove leggi feudali tutto ciò che di municipale legislazione poteva es sere restato: imperocché se i duchi non avevano toc- cato , per dire cosi, che la sola superficie del cor- po sociale , i conti ed i marchesi che furono suc- fi) Quello , che puossi con certezza affermare si è, che Ildebrando allorché fu duca di Spoleto riconobbe in qualche modo per suo sovrano il papa. Il padre Falteschi ( oper. cit.) riferisce un documento dell' anno 7^4- Temporibus ter bea- tissimi et evangelici domini Adriani pontificis , et univer- sis papae-Ego in Dei domine II debrandus ; ed alla pag. 5o accenna poi un altro documento dell' anno 775, il quale non è di diverso tenore del riferito. Dopo ciò sembra certo , che indicandosi in un atto pub- blico e solenne le note temporarie di un principe, questi pa- re dovesse essere il sovrano in quel tempo; ed in quel ^pae- se ove il documento è stipulato ; almeno nel modo come fu da noi supposto. {1) Ved. ne capitolari dell' imper. Lotario al cap VII. 26G Letteratura cessori ben tosto si videro disposti a perturbare fino al fondo le più. vitali e sensibili parti delle leggi. Se nel loro giungere in Italia erano questi puramente progetti, nel consolidarsi nei loro domimi ne decre- tarono l'adempimento, e per conseguenza la loro si- gnoria doveva essere detestata in Italia: come in fatti lo fu . Per la qual cosa è verisimile che Carlo ma- gno non avrebbe potuto fondare in questi luoghi la sua possanza, se un'aureola immensa di gloria abbagliato non avesse i suoi contemporanei , e rivestita d'un in- gannevole luce la vera natura del suo governo. Fioche visse dunque questo re , solo colla possanza della sua mente e coli' ascendente di cotale gloria capace fu di sostenersi : ma dopo lui prevalendo l'usanza che il sovrano legnante dividesse ancor vivo il dominio di stato fra i suoi figliuoli, assegnando a ciascuno una parte , e riservando a se il rimanente : e di più : vi- vendo fra essi l'altro costume , che il padre designas- se uno dei propri figlinoli come erede della sua po- tenza, né essendo questi sempre il primogenito, gra- vissimi inconvenienti ne risultarono continuamente . Quindi la guerra civile desolava quasi sempre il pae- se ad ogni successione , ben rado essendo che tutti i figli del medesimo padre si trovassero coutenti della parte loro : ciascuno di essi ambiva assai spesso di pren- dere per se tutta quanta la paterna eredita , a tal che i cortigiani e le donne vi prendevano partito , ina- spri vansi gli odii paterni, soffocate dalle passioni tace- vano le voci del sangue, mentre interminabili guerre fratricide il seno del paese laceravano. Ne rimaneva scosso lo stato , la potenza andava in perdizione , e gli stranieri venivano a fondare un dominio sulle rovine di un edifizio , che i propri abitatori sforzavate dibat- tere colle stesse loro mani. Accadeva eziandio che i figli associati alla podestà suprema dai padri , avidi Stato otx Picrw> 767 di comandare, impazienti d'attendere, levavano le ban- diere della rivolta, e snaturati facevano ogni sforzo per usurpare il trono a colui che data aveva loro la vita. Erano queste le triste conseguenze d'un governo , che fondava le sue basi fra il sangue delle guerre civi- li , e fra gli orrori delle intestine discordie. Per accrescere poi vieraaggioimente la gravita delle circostanze , e complicare sempre più gli affari d'Ita- lia , una nuova nazione conquistatrice comparve tutto ad un tratto sulle .sue rive , e furono i saraceni; Co- me i primi conquistatori sbucati erano dalle regioni settentrionali della Germania, questi piovvevo, in certa guisa , dall' Affrica. Fu pertanto in quest' incontro, che i piceni vissuti fio allora in ristretti villaggi pen- sarono a fondare castelli , o poggi fortificati con tor- ri , mura, baluardi , ed ogni altra sorta di difesa po- sero in opera, fondando i loro domicili sulla vetta dei monti ove l'accesso riusciva difficile per non dire impossibile. Anzi questo sistema fu in molte parti d'Italia in tale periodo adottato, siccome rilevasi dal Ghronicon valuerense , da Leone ostiense , e dal Sigonio. Può quindi dedursi , che di tutti i paesi ora esistenti nella picena provincia , esclusi Ascoli e Fermo , niuuo è anteriore al secolo X : o al più esi- steva nell'attuale luogo del paese una qualche bor- gata o villaggio. Dove la natura e l'arte meglio cor- rispose a tenere lontani dai sovrastanti pericoli i nuovi abitatori , dove più cultura , e popolazione concorse, si riunirono a vicenda le piccole ville , o borgate. E questa è l'origine , o signori , delle nostre citta , delle nostre terre , e de' nostri paesi : e a fornirne un esempio mi giova il ricordarvi , che all' attuale in- grandimento della citta di Fermo ebbero parte i due castelli di Montone e di Aquilino, considerati di qual- che importanza nell' epoca longobarda. 233 L E T X E R A. T li R A Questi affricani , prima d" inoltrarsi in Italia , dimoravano gii da lungo tempo in Sicilia , e signori di quel paese si consideravano ; per cui nel decorso del tempo pel felice clima, per la civiltà degli abitanti, e pe' lumi die vi dominavano , e che i siciliani attinti ave- vano dalle greche tradizioni , dimessa alquanto la loro barbarie, le cose reggevano tranquillamente. Chiamati poi furono a nuove conquiste parte dall' ambizione loro, e , ciò che più ne duole , parte per suggestione tal vol- ta degli stessi figli d'Italia, i quali intrapreso avevano il crudele costume di fare intervenire gli stranieri nel- le loro domestiche querele. Laonde il Petrarca, ricor- dando fiu da' suoi tempi i danni che da tale costu- me ne derivavano, esclamava : ,, Che fan qui tante pellegrine spade ? „ Perchè il verde terreno „ Del barbarico sangue si dipinga ? ,, Vano error vi lusinga : ,, Poco vedete , e parvi veder molto : ,, Che in cor venale amor cercate o fede. E cos'i essendo, tornava questo popolo nella nativa ferocia : e come fuoco dal vento agitalo , che tutto strugge e devasta , cosi avvenne de' saraceni a que' luoghi ove a transitare furono astretti . Non è mai a fidarsi che un popolo , che fu da prima barbaro , lasci d'essere barbaro se l'occasione di fomentare uu' antica passione gli si presenti ! . . . Poco appresso ai saraceni si videro comparire i normanni, e parliti dalle rive del Baltico conquistare una parte della Francia e dell' Italia , fondare una po- tenza che durò per più. secoli, e lasciare sul tea- tro delle loro conquiste grandi ed indistruttibili mo- uumenti. Stato del Pick no 269 A riparare questo nuovo disastro sembrò oppor- tuno ad Arrigo III il proporre a papa Leone IX co- me generale delle armate del pontefice un tale Guar- niero , clic condottosi in Italia nel 1053 rivolse piut- tosto a suo vantaggio le conquiste , che si ado- perasse a redimere lo stato agli antichi padroni : per- locchè abbandonale le spiagge della Sicilia e del regno di Napoli, si diresse in Ancona ove non ri- sparmiò suggestioni per trarre a ribellione quel popo- lo: il che riuscitogli, ne divenne poi il tiranno. Que- sti fu dunque il primo marchese di Ancona e del- la Pentapoli , che poi in appresso si chiamò Marca dei Guarnieri , o di Ancona. I figli di Guarniero ed i nipoti estesero le lo- ro prede a tulli que' paesi , che formarono un tem- po il ducato di Spoleto , compreso il marchesato di Camerino. \ù ad estendere poi i loro dominii, occupa- rono nell'anno 1165 anche la marca di Fermo , ed unendola colf anconitana, la chiamarono col nome ge- nerale di Marca d'Ancona. Coli' andare poi degli an- ni se questi luoghi variarono di padroni, non però si divisero , e col nome di Marca furono mai sempre distinti. A togliere dalle mani d'una famiglia usurpatrice queste provincie impiegarono tutto ciò che potè vasi di forza e di autorità i pontefici , e fra essi ricor- deremo Innocenzo III e Gregorio IX : ma era ri- serbato a Celestino III il compiere un' impresa cosi importante : ed a cooperarvi chiamò in soccorso il ve- scovo di Fermo , e l'abate di Farfa Gentile. Le cure di questi furono da prima dirette a di- sporre favorevolmente gli animi dei marchigiani : e se per un lato trovò l'abate sommissione, nella maggior parte recalcitranti si mostrarono alili. A domare di questi ultimi l'ardimento s'indusse il monaco a far 270 Letteratura ricorso alle armi. Il suo impulso trovò seguaci in co- loro che reputavano sacre simili imprese ; perlocchè intrepidi lottarono per fiaccare l'orgoglio de' loro vi- cini. Fra molti si distinsero gli ofhdani, i quali va- lorosamente combattendo contro la citta di Ascoli, la ridussero finalmente ad assoggettarsi alla papale sud- ditanza. Dopo essersi sparso molto sangue, e superati in- finiti ostacoli, tornarono i papi al governo di questi luoghi. A stabilirlo però con qualche solidità astretti furono per parecchi anni a tollerare sempre nuove e singolari vicende, , le quali se da essi si consideravano grandi e penose, fornivano nel tempo stesso nuove ca- gioni a domestiche civili discordie, le quali lentamente ogni vitalità andavano spegnendo in un popolo reso da si lungo tempo bersaglio delle più orribili disav- venture. La pace e la tranquillità era divenuto un indispensabile bisoguo. Come questa poi s'ottenesse, non è di presente mio scopo il narrarlo, riserbandolo in vece ad argomento di altro discorso. Basti per ora il rile- vare a nostra istruzione l'origine di questa pace medesima; derivandola da quel morneuto medesimo nel quale i popoli cominciarono ad avvedersi che le cagioni dei inali , che soffrivano da loro stessi , può dirsi , pren- devano il principio, e quindi cooperavano a peggio-* rame i successi. L'ambizione , l'avarizia , la vendetta eccitavano al sangue : il sangue si spargeva, ma non per questo il tnoudo migliorava. Era di mestieri l'ammorzare invece la forza di si nocevoli passioni , ed. alla carità e alla concordia ri- volgerle. A questo lodevole sforzo non era sì facile che la nazione concorresse universalmente : imperocché non è da sperarsi che molti al bene ritornino , quando al Stato nr- l Picì'no 271 male inclinano i più. Fondamento dell' unione so- no le civili virtù , e le repubbliche «tigri si edifica- no , e non si reggono che su quest' unica base. I tempi, che noi siamo andati scorrendo , non danno iu generale grandi esempi di virtù pubblica ; erano gli uomini da troppo ree passioni agitati: ed a frenarle non y* era altro scampo che un comune regolatore nascesse, il quale al pari della distrutta israelitica anarchia qual nuovo Davidde prendesse a ristorare i danni d'Italia. A questo fine si giunse : e se la pace non fu permanente, neppure si rinnovellarono i disastri che si fieramente percossero l'in ti tra penisola nel medio evo. Elegie di Tibullo con alcune di Properzio volga- rizzate pel marchese Antonio Cavalli di Raven- na , ristampate e corrette. Ravenna preso A. Ro- veri e figli 1835, iti 8. di pag. 226. V "Jn cortese spirito di Romagna, educato alla scuola dei classici nostri , ci diede in terza rima le elegie di Tibullo ( Bologna pel Nobili 1827) , ed ebbe lo- de di terso ed elegante : pregi che notò Quintiliano nell'aureo scrittore latino , che merito l'amore del poe- ta filosofo : il quale e consolava lo della crudeltà di Glicera ( od 33 ) , e lo chiama ( epist. 4 ) : Albi , nostrorum sermonum candide index , e dicevalo corpo , ma non senz' anima , e cuore che sente > e sa esprimere quello che scute : ed altre dol- 272 Letteratura ci cose notava di lui , che noi potremmo ridire del traduttore. E giova conformità di vita e di fortuna e d'ingegno a rendere in altra lingua i versi di uno scrittore originale; perocché ciascuno che scrive ha lo stile suo proprio , che si accorda al modo di vi- vere e di sentire. Quanto alla lingua , la nativa ita- liana è come una figlia alla madre , che è la lati- na : e tutto che nelle forme non si accordino per- fettamente , sono per tanto simili in sostanza , che tra due lingue non può quasi sperarsi di più ; benché l'una non è l'altra , e la madre vince ancora la fi- glia , e cosi il testo vince quasi sempre la traduzione. Ma se vogliamo esser discreti , e starci contenti a quel- lo che nella natura delle lingue è possibile, non sa- premo non pregiar molto la fatica del marchese Ca- valli ; tanto più che in questa nuova edizione ha mi- gliorato il suo lavoro , e vi ha aggiunto la traduzione di alquante elegie di Properzio , scrittore latino as- sai nitido , e pieno di forza e di rapidità quanto lo è Tibullo di soavità e di grazia. L'anima del degno volgarizzatore è temprata molto prossimamente come già quella di Tibullo: ed ecco ragione, per cui par- ve a taluno, lui essere meglio riuscito nel rendere le cose del cavaliere romano , che quelle dell' umbro. A noi , per dire il vero , ne sembra che il marchese Cavalli abbia conosciuto doversi altramente rendere Properzio , die Tibullo : e che lo abbia fatto per quan- to era in lui. Di che dobbiamo esser contenti : ne già vogliamo entrare in una quistione piena d'invidia, qua- le si è quella , in cui si tratta decidere s' egli abbia vin- ti o no gli altri volgarizzatori : solo noti vogliamo tacere quello , che altra volta dicemmo, ed è che il chiaro Peruzzi ha in pronto da un pezzo il manoscritto della sua nuova traduzione de' tre poeti , e noi lo abitiamo veduto per cortesia di lui minutamente , e Tibullo tradotto 273 lui stesso abbiamo pregato e ripregato a darlo tutto in luce , come ha fatto di alcuni tratti già lodati in questo giornale . Ma noti ci riuscì per anche di vincere la sua modestia : ne credemmo sollecitarlo più oltre, quando il vedemmo intento a por fuori quel suo sudato lavoro dell' istoria d'Aucona. Tornando alla ver- sione del marchese Cavalli , affinchè niuno creda che noi siamo sempre in lodare cosi alla cieca , e temia- mo di dire il vero che spiace , daremo qui un brano dell' eleg. I del lib. IV di Properzio , che è la cu Ila di Roma : e vi faremo sopra qualche osservazione con quella schiettezza , che mostra il cuore. Questo , quanto tu miri , ove superba S'innalza Roma , o pellegrino , avanti Al pietoso troian fu colle ed erba. E più di evidenza nel latino - Hoc quodeumque vides , hospes , qua maxima lioma est -. e Yhospes è me- dio collocato. ^> Ed ove or sono gli edifici santi Del naval Febo , unite ivi a. ristoro Giacean d'Evandro le giovenche erranti. Giacquer ci piacerebbe : infinitamente più ci piace poi l'originale: Evandri profugae procubuere boves : uè l' erranti equivale a fuggenti , come suona qui il profugae. Da nuda rupe i suoi tuoni fremeuti Mandava il tarpeo Giove , ed era loco Il Tevere straniero a'noslri armenti. Non diremo, che loco è qui più per amore della ri- G.A.T.LXV1I. 18 2 7-'i Le t t e n a r u k a ma , che per altro ; ma ci conviene osservare che nel latino la prima idea che si presenta è questa , Tarpe- iiiscjite pater , e non fu bello metterla dopo ; come non fu buono il tacere quel pater. L'alta curia , che splende per novelli Or protestati senatori , avea Duri padri vestiti in rozze pelli. Pei che quel novelli? e perchè oltre il novelli quell' or ? Suon di cornetta a scrmonar movea I vetusti quiriti ; e in verdi prati Spesso il senno dei cento s'accogliea. Buccina cogebat priscos ad verba quirites , dice il latino : e non ci sembra beti reso con quel Suon di cornetta a sermonar movea ; - egli è il movea a ser- tuonare , che non ci quadra , o certo ci pare raen chia- ro , e nuni bello del cogebat ad verba. Potremmo se- guitare di questo passo , se volessimo aguzzar gli oc- Zeni come vecchio sartore fa nella cruna , o come que' fortunati , che veggono nella luna uomini vipistrelli. iNon amiamo sottigliezze , uè fantasie : ci giova pen- sare alle difficolta del tradurre , che abbiamo provate noi stessi : ci bisogna osservare , che le idee de' lati- ni non sono , quanto a religione , per tacere di al- tro , le nostre.- e tutto considerato dobbiamo ringra- ziare il marchese Cavalli del molto amore , che ha po- sto agli studi , e rallegrarci del suo buono ingegno : di cui è prova assai chiara la traduzione , di cui par- liamo. Così l'esempio di lui sia imitato dai nobili gio- vani del bel paese : i quali volgendosi a'peusieri di lettere e di scienze, sfuggiranno non che altro quel bia- simo , che aspro pur suona nella bocca dolcissima del venosi no {ìib. \'r>p:st. 2)j Tibullo tradoito 275 Nos numerus sumus , et fruges consumere nuli , Sponsi Penelope;, nebuLoaes , Alcinoique In cute curanda plus aequo operata Juventus; Cui pulcrum fuit in medios dormire dies , et Ad strepitum citharae cessatum ducere curara. E qui non vogliamo lasciare senza risposta quel detto di alcuni , clic poesie d'amore tinte ne' colori della mitologia a noi non sono più buone : che il secolo vuole non giocondezze, ma utilità. Anzi non risponde- remo già noi ; ma il traduttore medesimo vogliamo ri- sponda colla versione dell' elegia 2 del lib. I di Pro- perzio , dove il poeta sconsiglia l'amata donna dai trop- pi adornamenti , e dallo smodato desiderio di piacere altrui : e mostra preferibile la bellezza schietta e na- tiva a quella artificiata. Il che gioverà eziandio alle donne gentili del nostro tempo , che al lusso e alla moda straniera sacrificano tanto , che è una compas sione. Bello è richiamarle allo specchio della natura anzi che guastarsi a quello , che viene con ogni cor- riere d'oltremonte o d'oltremare ! bellissimo innamo- rarle di questo caro giardino del mondo , e toglier lo- ro dintorno i tristi doni degli stranieri ! Ci giova altresì scegliere questa elegia : peroc- ché gli studiosi avranno l'agio di confrontarne alcuni luoghi con quelli di un chiaro volgarizzatore Iodato da noi nel tomo XLV di questo giornale a pag. 2^6. Portar che giova , o vita mia , la testa Cotanto adorna ? e che di Coo ne' fini Drappi ondeggin le pieghe di tua vesta ? A che lo studio del far molli i crini Con la mirra d'Oronte ? a che la eura Del venderti per doni pellegrini ? '270 L £ T CERATURA E il perder eoa insolita coltura Tua beltà , che più vai quanto è negletta , E il tor che de' suoi rai splenda natura ? Ungiraenti e belletti non aspetta , Deh ! mi credi , il tuo volto : i nudi amori Odian che l'arte al bello s'intrometta. Mira in quanti dipingasi colori Ver se la terra , e come belli e vari Sieno della non eulta edra gli errori ; Come leggiadro agli antri solitari Il corbezzolo sorga , ed i ruscelli Fuggan senza che lor la via s' impari : E di quante natie pietre s' abbellì Il variopinto lido : arte non rese Più gradilo il concento degli augelli. Non cosi Febe di se tanto accese Castore un giorno ; e Ilaira sua germana Non Polluce infiammò per ricco arnese. Sul patrio suolo in quell' età lontana Marpessa non a vea fastosa dote; Ma per lei furo a lite Ida e Peana. Ne si falsava Ip pò da mia le gote , Quando Pelope ti' arse in tai facelle , Che seco la portò su frigie ruote. Ma seno nulla gemma splendean belle Sue fattezze, siccome è ne le antiche Tavole pintc per la man d'ApelIe. Non voglia in esse del vantarsi amiche A troppi amanti : era abbastanza fama A la grande beliate esser pudiche. Né temo io già che te non punga brama D'imitar quelle : se un garzon desila Una fanciulla, assai colta si chiama. E tu più eh' altra , tu cui Febo inspira TlBBLIiO TRADOTTO 277 I carmi egregi , ed in silenzio t' ode Calliopèa toccar l'aonia lira. Non venga meno la sovrana lode A tua sola facondia , e agli altri doni Di che Ciprigna e Pallade si gode. Per questi , insinché me non abbandoni Lo spirto , sola mi sarai conforto : Ma semplice modestia al lusso opponi Del secolo che va per cammin torto- Gli amatori della bella poesia italiana confrontino que- sta poesia di Properzio col canto XV del paradiso di Dante , dove è descrillo a maraviglia il semplice e modesto vivere de'fiorenlini del (empo di Cacciagui- da : e ricordino ciò che della donna dice Dante stes- so nel Convito ( tratt. I cap. X) : „ La bellezza d'una donna ( non si può bene mani? „ festare ) quando gli adornamenti dell' azziniare e ,, delle vestimenta la fanno più ammirare che essa ,, medesima : onde chi vuole bene giudicare di una „ donna , guardi quella quando solo sua naturai bel- ,, lezza si sta con lei da tutto accidentale adorna- „ mento discompagnata. „ D. Vaccolini- 273 Ercerpta e lexico epigraphico morcelliano vocibus italicis ih usum tironum digesta. Bononiae A. i830 ex officina Annesti Nobilii et soc. in t\. Lexicon epigraphicum morcellianum in h. Bononiae ex officina Anne sii Nobilii et soc. Anno i835 : 30 : fascio. 1. 2. 3. 4. 5. I n quanto alta stima salisse il Morcelli , cos'i per la sua perizia nelle cose sacre e profane , come in ispe- cie per 1' eleganza con cui latinamente scriveva , è ad ognuno ben noto. Il volerne far qui parola ad altro non costringerebbeci , se non a ripetere quanto da valentissimi è stato detto , non avendo niuno dubitato di accordargli il primato particolarmente nella epigrafìa latina , ch'egli richiamò al suo vero splendore ed all'anti- ca maestà, congiungendo alla semplicità , all'eleganza , ed alla brevità tutta la grandiloquenza di quella lingua. La mole peraltro non piccola delle sue opere fa- ceva si , che non senza molto tempo si potessero in que'volumi consultare le frasi , e quelle voci in ispecie che indicavano titoli e cariche per lo più ignote agli antichi : per la qual cosa avveniva non di rado , che non tanto facilmente ne potessero usare se non co- loro che di frequente le avevano per le mani. Era adunque dcsiderevole , che se ne formasse un esatto indice, o vocabolario , il quale a prima vista potesse riempire questo vuoto , ed appagare' le brame de'dolti : dico de'dotti , perocché il vero gusto dall' epigrafia non consiste per certo nell'accozzamento di alcune frasi qua e là rinvenute ne'dizionari , come lutto dì JLKXlCniV EPIGRAPHICIJM 279 veggiamo pur farsi da taluni. Allorquando vivente ancora l'autore si eseguì in Padova nel 1S18 per cura d' illustri letterali la più bella e copiosa edizione delle sue opere epigrafiche, il eh. latinista canonico D.Filippo Schiassi , amico ed emulo di lui , saggiamente divisò di aggiungervi per appendice un suo lessico in cui venendo registrate tutte le voci e frasi morcelliane , potessero rinvenire non lieve soccorso coloro , che di siffatti studi si dilettavano. Il cominciò egli all' istan- te , ed intramessa ogni altra sua occupazione , a questa per intero si dedicò ; ma siccome I* opera richiedeva non tenue fatica , ne mai egli , o quasi mai piacevasi di molti suoi articoli ( si grande era la sua diligenza e modestia ) cosi tardava a vedere la pubblica luce. In- tanto l' illustre giovane signor Michele Ferrucci , de- gno scolare dello Schiassi, gli appalesò il disegno conce- pito di restringere, e di aggiugnere l'interpretazione ita- liana a quanto da esso latinamente facciasi. Piacque allo Schiassi il divisamente del Ferrucci, incuorollo a porlo in esecuzione, ed avendogli non solo ceduto l'uso del suo manoscritto, ma eziandio giovandolo col consiglio , pub- blicò il suddetto Ferrucci in Bologna nel i S 3 0 pe'fipi del Nobili l'opera intitolata ,, Excepta e le x ico morccl- liano vocibus italicis in usimi tironum digesta in 4 ,, nella quale riunì specialmente quelle frasi , che non essendo di comune uso , non tanto facilmente si pote- vano avere sott'occhio. Questo lavoro fu con piacere accolto dai dotti , né mai è da commendarsi abba- stanza , per avere aperto una via tostamente, colla quale si potesse conoscere se un vocabolo fosse stato o no dal Morcclli adoperato , e come si potesse con sicurezza e con eleganza rendere latinamente. Intanto però non mancava lo Schiassi di compi Te il suo dizionario , gli articoli del quale più e poi volte limati prendevano sotto le sue mani forma no- 280 Letteratura velia ; lo sottoponeva al giudizio di Celestino Cave- doni , di Michele e Gio: Crisostomo Ferrucci, di Giuseppe Fabiani, e di altri eruditi, dai quaii non consigli ma alte lodi riceveva ; e finalmente nel com- piersi dello scorso ann o ne incominciava la pubblica- zione. Esso conterrà circa XX fascicoli ; cinque ne sono già usciti alla luce , e giungono fino alla parola basis Noi brevemente daremo contezza del metodo tenuto dal eh. autore, imperocché da questo solo dedurrassi in quanto pregio abbiasi ad avere questo dizionario. Nella prefazione, che va a nome del Nobili, rendesi brevemente ragione dell'opera: seguono due lettere dello Schiassi al suo amico Michele Ferrucci, in cui lo esorta a rivedere e ad accrescere , se il creda, l'opera inviatagli: viene in appresso un discorso dal medesimo Schiassi recitato nell'università di Bologna nel giorno 5 di luglio del i82i in occasione che conferivasi la laurea ad al- cuni giovani : il qual discorso è lutto delle lodi del Morcelli , e viene indirizzato al giureconsulto Gio- vanni Battista Cofi . Si leggono quindi dieci belle iscrizioni del Ferrucci in onor del Morcelli precedu- te da una breve dedicatoria al canonico Paolo Bido- sclii di Chiari scritta dallo Schiassi , in cui si commen- da la valentia del Ferrucci , che allora toccava appena gli anni XX di sua età. Hanno poi luogo due tavole esattissime ; nella prima sono confrontate le pagine dell'edizione romana in un volume de stilo inscriptionum con quella di Padova in 3 volumi : e nella seconda quelle della edizione padovana con la romana : motivo per cui chiunque possegga l'una o l'altra di queste stampe può su- bitamente rinvenire l'esempio de' vocaboli citati. Final - ente un indice copiosissimo di tutte le abbreviazioni, che sono nelle opere del Morcelli con la rispettiva inter- pretazione , e due altre tavole intitolate numeri ac no' Lexicon bpigRApHJCUM 281 tae inscriptionum, contenendo la prima tutti i numeri secondo che li scrivevano gli antichi ; come per es. DCCCC. CM. e oo (nongeni) ec. , e la seconda al- cuni segni o sigle solite a vedersi nelle lapidi , come per es. S = — = ( Deunx sive Unciae XI ) ec. Il metodo seguito del eh. autore è quello , che ricercasi in siffatte cose , cioè l'alfabetico : ma sovente contro le ordinarie leggi de'lessicografi gli aggelivi pre- cedono i sostantivi, i nomi comparativi e superlativi seno anche riferiti, ma disgiunti dai positivi, cosi pure i gerun- di, i futuri, i participii sono dai loro verbi separati. Ne' vocaboli prima pone la significazione propria, e quindi la traslata : prepone i nomi , quando essi reggono gli altri , li pospone allorché sono retti ; si soggiungono i nomi , se ve ne sono , i quali sogliono unirsi con quello di cui si parla, e che sembra con esso possano for- mare una qualche proposizione. Siccome poi di tutte le voci che possono adoperarsi nella epigrafia latina, non fé' sempre uso il Morcelli , cosi egli ha creduto be- ne di aggiungerne alcune delle più necessarie o usi - tate , traendole da ottimi fonti , e supplendo cosi a quanto mancava per formare un buon dizionario : ne di tratto in tratto astiensi dal porgere brevemente que'precetti , che sono di mestieri in siffatto genere di scrivere. Affinchè però il lettore da per se stesso possa me- glio conoscerlo, non sarà fuor di luogo il darne un qual- che saggio, scegliendo due fra i più brevi articoli. acerbus , a , uni ( pag. 16 ) doloroso : immaturo. luctus. Acerbo. Luctu. Funns. Prosequentibus. Pa- cemque. Aelernam. Precantibus. Julia. Uxsore. Guidone. Filio. et Sororibus. Eius. ( niT. 371. ) moeror. Tantum. Virimi. In. Galiano. Defiuictum. . . C82 Lettera tura Anselmus. Frater. Acerbo. Moerore. Proscquu- tus. In. Urbem. EfFerendnra. Curavit (mi. 371.) mors. Heu. Qnae. Bona*. Fovrt. Artes. . . . Mors. Uno. Acerbo. Funere. Patriae. Moereuti. Eri- puit; (il. '07. a. ) fatum. Quoius. Fa tura. Acerbum. Populus. Indigne. Tulil. ( il. 228. ) funus. Parentes. Heu. Acerbi. Funeris. Memore». Fi- lium. Reverentissimum. Perenni. Lnctu. Ho- oorani ( V. \1\). ) interitus. Acerbo. Interi tu. Amissum . . . Domus. Tota. Magnifico. Funere. Elatum. Diuturno. Moerore. Deflevit ( mi. 379. ) et immaturus. N^mo Bonoruni. Funus. Eius. ( Alexandri Albani. Card» ) Prosequutus. est Cui. Non. Tanti. Viri. Mors. Acerba. Poene. Atque. Immatura. Vissi. Sit. ( III. 22 o. ) Adrainister, tri . Ministro. Modevatorum rei publicae. Proceri bus. Nosfris. Moderatoribus. Rei. Publicae. Aequi. Obsor- vantissimis. Atque. Administris. Eorum(V. 280.) ' A' Magistrali e a'ioro ministri. sacrorum. Tui. Hoc. Muneris. Fatentur. Esse. Et. Fateri. Gaudent Virtns. Ac. Sapientia. Lectos. Sacrorum. Administros. Decoret. ( mi. 31 4. ) Gli ecclesiastici. * nwnerus adniinistrorum. Duplicato. In strumento. Et. Adniinistrorum. Numero. Aucto ( V. 25'>. ) * lectfis v. s. sacroram. sanctissimus. Administro. In. Exemplum. Sancis- simo. Ordo. Alumnorum. Parenti. Salutis. Suae. Gnra.Lacr. Pos. (V. 127. ) *petere et accipere quid. Praescriptum. Ab. Innocen- LEXICON E^TGTlAPniCUH °^3 tio (XII). Ne. Quid. Rescriprormri. Guisa. Adntinistri. Peterent. Acci perenta* ini. 2)1.) quaerere in Administros. Huius ( Eugenii mi ) Jussu. In. Martini (V). Administros. Quaesi- tum. Est ( UH. 206. ) Furono inquisiti. revocatus. In. Aulae. Unius. Conspeclum. Revocatus. Administris. Excitata. Singulorum. Diligenlia. est. (mi. 394.) (pag. 28.) Noi ben di cuore desideriamo , che al più presto compiasi la stampa di un'opera dettata con tanto senno ed utilità, e non lasciamo di raccomandarla con tutto il calore : imperocché il solo nome dell'autore dei 2 volu- mi delle iscrizioni del Cimiferio di Bologna ( Bon. 1808 1815) è atto per se stesso a persuadere anche i più schifi , ed a farla tenere in altissimo pregio. F. Fabi Montani 2R4 s^BsmmmmtBK Saggio sulle gra:ie di stile delV ab. D. Bernardino Bellatreccia prof, di belle lettere nel seminario di Velletri. rixhctiyóvcjv Miìì'jcc'j eVi'oKOTro/ , KÀl/V , 8TT8 è\>X°P-Xl • St/v jeep rfu'ìv icl Tg'p-Tri'fZ , noci 7 movimento presenti una reverenda e modesta gran- dezza, vale a dire la venustà, è dicevole anche alle più caste matrone. Cosi le grazie erano la più bella allegoria della l ivola antica. Si dipingevano danzanti, e tenentesi per mano , e non si entrava ne' loro templi se non coro- nati di fiori. Innamorato il grande Canova di queste bellee buone dive volle rappressentarcele ignude, seguendo in tutto i greci maestri: per insegnarci che il loro pregio miglio- re è la semplice nudità , non avendo bisogno l'inge- nua loro bellezza d'altri vani ornamenti. Ed ecco, carissimo mio sig. Mnzio, che siccome il greco del Cento-novelle trovò il destriero nutricato a latte d'asina per gli orecchi chinati, e s'avvisò nella pietra preziosa avervi un vermine dal sentirla calda, e conobbe il re Filippo figlio essere d'un pistore, poi- ché per si maravigliose scoperte gli assegnò mezzo Grazie di stile 305 pane al giorno; cosi io per quasi simili cont;hietture ho procurato di sciogliere indirettamente il problema de' tanti libri smarriti. Non già che l'ignoranza degli uomini , e il caso non abbiano potuto contribuire al- la perdita di varie delle opere migliori : ma io ho inteso solo parlare di quelle senza numero , che pe- rirono per loro unica cagione. Voglia il cielo che que- sti miei fogli non abbiano ad incontrare una sorte co- mune con essi! Io quanto a me, benedicendoli, già ho loro cantato sopra divotamente un rechiesca. Sul volgarizzamento della Forzaglia di Lucano, dato- ci compiuto dal conte Francesco Cassi. AL CHIARISSIMO PROFESSORE SALVATORE BETTI segretario perpetuo dell' accademia di S. Luca> Mio carissimo amico. T ' . IJ amico mio Filippo Luigi Polidori , uomo di mol- te lettere latine e italiane , e scrittore di tanta ele- ganza quanta avete potuto ammirare nell' elogio di Cristoforo Ferri ch'egli ha dettato, e che il prof. Silorata inserì nella sua lodata Collezione di poesie e prose di autori viventi italiani, desidera di essere vo- stro com' è mio amico , e per mezzo mio a voi tutto si offre. I suoi molti pregi d'ingegno e di cuore mi assicurano che voi l'accoglierete fra le vostre fio. care amicizie, ed io fin d'ora a vostro nome gliene fo promessa . Egli mi ha mandato un articoletto , il G.A.T.LXVII, 20 ;50G L K T T E U A T U K A quale perchè è tutto nelle lodi del traduttore della Farsaalia , onore d'Isauro e d'Italia non mcn che amor nostro, bramerei, com' egli consente, che fosse stam- pato nell' arcadico. Vogliate voi darvene pensiero : che io ve ne sarò tenuto come di favore singolaris- simo. E perchè vi si parla di alcune persone , senza porne il nome, voglio che sappiate che i tre interlocu- tori sono il conte Andrea Gabrielli di Fano, auto- re della stanca che leggerete nell' ailicoletlo , il con- te Francesco-Maria Torricelli di Fossombrone , e lo stesso Polidori. La dama poi, di che ivi si accenna, è la signora Fanny Wiseman moglie al conte Gabriel- li sullodato, nella quale non so qual più. vada in- nanzi o la gentilezza o la coltura. Ho voluto dichia- rarvi queste cose per addoppiare il diletto che pren- derete nel leggere l'articolo. Addio, mio buon amico: abbiatemi sempre qual sono Di Roma 25 di luglio 1836 Il vostrissimo Montanari Fano 25 di maggio 1836. Desinavano insieme in una citta non lontana di Pesaro tre uomini , amatori di lettere se mai ne furono , e solidalmente amici del cortese e celebratis- simo traduttor di Lucano. L'un d'essi , che aveva as- sai di fresco visitato il conte Gassi , affermava , con piacer grande de' suoi compagni , come gli ultimi due libri della Farsaglia fossero non solo già impressi, ma in termine altresì da esserne fatta distribuzione agli associati ; e facca fede nel tempo stesso dogi' iu- Traduzioni* di Lucano 307 culcati e sinceri mi-rallegro che a lui , al Gassi , da ogni parte eran diretti per l'opera con si forte e co- stante ingegno menata a compimento. E qui gli udi- tori faceau plauso agli applausi accennati dal par- lante , ed altre considerazioni lor proprie aggiugne- vano : pochi essere oggidì que' letterati che sappiano o vogliano proporsi ne' loro studi uno scopo, o ne- gli scritti un soggetto da durarvi e spendervi nobil- mente un lungo tratto della vita : i più mirare alla soddisfazione di se stessi, anzi che all'onore e all' in- cremento dell' arte che professano , e cercar piuttosto le lodi de' presenti che una durevol fama tra gli av- venire : un lavoro come quello della Farsaglia , in tanto andazzo d'opericciuole di circostanza, di sag- gi , di articoli inserti o spicciolati , in somma di prosaici o poetici passatempi , esser cosa piuttosto am- mirabile che rara, singoiar fregio dell'odierna, do- vizia aggiunta al tesoro della nazionale letteratura. Al- cuno dicessi numerava persino le molle migliaia de' bel- li e buoni versi, di che quella versione è composta : e chi ne indicava , chi ne ripeteva eziandio segnalati brani cosi de' primi libri come degli ultimi , facen- done paragone, e conchiudendo, non passare tra quelli e questi alcuna assai notabile differenza : e certa mag- gior disinvoltura di stile, che il lungo esercizio ap- porta ai ben disposti scrittori, doversi attribuir piut- tosto a progresso dell' arte , che a decadimento dell* artistica loro potenza. Da questi ed altri recenti fasti delle lettere pesaresi sdrucciolò a poco a poco il discor- so alle altre citta della marittima e montana legazio- ne , ed altri nomi sonarono che io non ripeterò per non incorrer taccia di provincialismo ; benché a fati- ca mi tenga di non raccontare con quanto affetto di rammarico quivi scoppiasse di nuovo il desiderio del morto Ferri , e del vivente ma troppo lontano Ma- \ 2C* 308 Letteratura miani. Opportunamente però , a rattemprar quel do- lore , l'uno de' convitati eh' era pur cugino del con- vitante , a lui accennando cogli occhi , ma volgendo le parole all' ultimo dei tre che gli sedea più vicino, prese a dire: Or vedi , amico; questi che sì ben parla per abbondanza d'ingegno e tace il più delle volte per deferenza, che detta versi per inspirazione e non li pub- blica per verecondia , si è questa mattina stessa a me scoperto per tale, la cui musa perfettamente in- tuona suo metro stili' andar di quella che fu già del tuo Ferri ; ed io lo sfido ad ismentire il mio detto col recitar quella stanza, che poco fa vennegli quasi improvvisamente immaginata leggeudo l'ottavo libro di Lucano nei versi del conte Cassi. Allora il terzo con- vitato assalse il suo concittadino con tanti e siffatti scongiuri, che quegli non potè per niun modo dine- garsi , e con bene scolpita favella lasciò intendere le seguenti rime : Ouando nel sermon nostro il fero carme ,, Ritraggi con lo slil che m' innamora ? „ 11 sangue cittadino veder parme „ Che la valle di Parsalo colora .- ,, Ascolto il suon dell' ire e quel dell' arme , „ E quanto ne sublima e ne addolora : „ Si che s'arretra il tempo, e fai presenti ,, Le guerre antiche a le moderne genti. Era stata tuttavia regina del convito , siccome sposa a quel medesimo che mettea tavola in quel giorno , una illustre e giovane dama , delle cui qualità que- sto solo io debbo qui dire ; che nessun ragionamen- to di letterario soggetto non potrebb' essere né stra- no agli orecchi di lei , né alla sua presenza inop- portuno. Ora a quella che con fina modestia erasi Traduzione di Lucano 300 sin qui taciuta , perchè , siccome non nata in Italia , stimava non di suo diritto il tramettersi di quistioni, ove , sovra ogni cosa , è di mestieri un sentimento tutto italiano , uno dfgli astanti così parlò : Le poe- tiche frasi adoperate dal vostro consorte a rilevare i pregi del pesarese , riconducono naturalmente vii pen- siero a rammentar quelli del poeta cordovese. Or vi prego, madama, non vi gravi il dirci, se e sino a qual segno la delicatezza di un'anima muliebre so- stener possa l'attroce tema e il „ fero carme „ di Lu- cano. A! che quella gentile rispose: Sebbene un cuor di donna, al racconto delle gravi calamita sociali, non possa armarsi d'una al tutto viri! fortezza , pu- re io non credo né impossibile al mio sesso né trop- po intollerabile lo studio della Farsaglia. E quanto a me , confesso di aver letto, con molta ma pur com- portevole emozione , alcune più famose parti di quel poema ; e che , s' io fossi uomo , mi recherei a de- bito il rileggere ed eccitar gli altri a leggere spesse volte quella terribile istoria , per confermar me stessa ed altrui nella paura e in quel sempre salutare abbor- rimeuto delle discordie e delle guerre civili. F. P. sto Poche rime dell* abate Loreto Santucci già custode generale d'arcadia. Roma, tipografia delle belle ar- ti 1835. D, elle rime di questo eultissimo scrittore non darò io qui altro giudizio da quello che io stesso portai nei fogli della Ricreazione di Bologna , e portano tutti coloro che sentono innanzi nella poesia de' classici. E però basterà qui il ripetere che le sono tali da onorare Roma e l'Italia, e da assicurare grido chiarissi- mo al loro poeta (1). Ben mi piace parlare qui del vol- garizzamento di alcune odi d'Orazio , eh' egli ha ag- giunto alle rime , le quali a creder mio sono tali da meritare l'attenzione di quanti de* modi più cari del Lazio si conoscono. Fu tempo in cui il tradurre si ebbe per cosa as- sai lieve , e parve che traduttore , e poeta o prosa- tore di poco conto, andassero del pari ; né mancò chi disse quest'arte cosa da fanciulli , e al più da aversi in quella stessa stima in che i pittori sogliono avere la copia d'un buon dipinto. Gol progredire degli an- ni però, conosciuta a molte prove la difficolta che vi è nel recare d'una lingua ad altra o prosa o verso, si fece grazia alquanto ai traduttori , e furono le buo- ne traduzioni pregiate e lodate : ma come d'un pen- (i) La Ricreazione. Anno a n. i3, 4 g'uono '835, pag. 4 col. a. Veggasi anche ciò che si legge nell' Amico della Gio- ventù al t. 14 fase. 84 i5 aprile i836. Orazio trad. dal Santucci 311 siero un altro rampolla , si cominciò a gridare che la traduzione doveva essere uguale al suo originale nelle forme, nei modi, nelle frasi , e rendere parola a pa- rola o poco meno : e si cominciò a dare per licen- ziosa qualunque si dipartisse dalla stretta ragione gram- maticale. Errore in vero peggior del primo , poiché veniva inceppando l'ingegnò de' tradottori , e rendeva impossibile il dare non solo buona ma mediocre una traduzione. Non dirò io che il traduttore debba libe- ramente vagare : ma ben dirò che una modesta li- berta gli deve essere concessa , altrimenti è nulla ogni prova : che il volere tradurre con superstiziosa fedeltà renderà debole e tisica ogni qualunque traduzione. A costoro io assomiglio gli amanti gelosi , i quali d'ogni cosa per lieve che sia adombrano , pe ano i delti, mi- surano gli sguardi dell' amante , e se ad ugual legge stringendo , si fanno a se e altrui gravi a sopporta - re ; e sempre sdegnosi e pieni di sospetto, mostrano al moto incerto degli occhi la niuna sicurezza dell'ani- mo , al pallor delle guance la bile che hanno mossa nel petto. Tale è de' traduttori che s'impigliano di soverchia fedeltà ; incerti sul valore d'una paroluzza , ne recano in mezzo alcuna sfrattata dall' uso,o bassa : non osauo aggiungere un tocco di perielio che avvivi un' idea , non un' ombra che rilevi un concetto, non una grazia che addolcisca una sentenza. Il sospetto d'avere errato , lo stento, la fatica si vedono e ne' co- strutti travolti , e nel suono stesso de* periodi or lenti or vaghi or aspri or fluttuanti. JNc loderò io que* che per troppa licenza danno in vizio contrario ; e in- frascano di cose tutte fuor di ragione i testi che si fanno a tradurre , sicché non rendono presso che niu- na immagine del vero. Bene affermerò una ragione- vole liberta doversi dare a' traduttori , i quali non so- no già, come alcun disse, semplici operai che le cose 312 Letteratura dette in una lingua trasportano in un' altra , a quel modo che il pittore da una tela all' altra traduce uà dipinto : poiché il pittore copista in questo caso usa materia eguale a quella che usò il pittore originale : tela egualmente preparata, colori eguali , ed ha mo- do di rendere si somigliante la copia, che mal si di- stingua dall' .originale ; mentre chi reca da una lin- gua all'altra, maneggia materia differente affatto, e tal- volta di natura opposta ; che non vi ha lingua che as- sai e nelle forme e ne' suoni e nei costrutti non dif- ferisca dall' altra ; anzi troviamo che ciò che è grazia in una è vizio in un' altra , ciò che in una aggiun- ge forza e grandezza, nell'altra affievolisce e impiccolisce affatto. E però a me piace il dire, clie portare d'una lingua ad un' altra è il primo grado dell' imitare , e la traduzione non è che una imitazione. Infatti che cerca egli il traduttore ? Non altro che presentare in modo le idee del suo originale, che abbiano quell' ef- ficacia siili' animo de1 lettori , che ebbero nella lingua natia sull' animo de' popoli, per diletto o istruzione de' quali scrisse l'autore che noi trasaliamo , e mostrino per quanto si può le fattezze lor primitive. Ora ad ot- tener questo non si potendo usare de' medesimi colori di favella , conviene imitando trovar quelli che più si avvicinano, e cercare che le idee tengano l'abito sles- so che loro fu dato in prima : opera certo non da me- diocri ingegni , ma da sommi , poiché conviene inten- dere la forza di due lingue , averne alle mani i co- loriti corrispondenti , e cercare che alla fine l'effetto, che siili' animo dei lettori fa lo scritto originale , sia indifferente da quello che fa la traduzione. E sic- come ogni scrittura porta in se il modo di sentire dell* autore , e il carattere speziale della nazione a cui ap- pai' tenne , forza è che amendue queste cose appaiano nel traduttore. Ben so che alcuni opinarono che il Ojuzio trad. dal Santucci 3i3 traduttore dovesse anche ne' vizi dello stile imitare il proprio originale , onde nulla si tolga direi quasi alla fisonomia di lui ; ma io penso che in ciò sia d'uopo d'arte assai ; e si debba imitare il greco pittore che nel ritrarre in tela l'immagine dell' amico offeso in un occhio , il mostrò di profilo , e cosi nulla tolse al vero delle fattezze, e nulla die di diffettoso. Infatto hai tu a tradurre Seneca ? Ebbene mostrati studioso coni' egli e d'antitesi , ma cerca di renderle meno pe • santi e stucchevoli che non sono in lui : addolcisci que' concetti talora troppo aspri , talora slegati dal soggetto , e fa che nella tua traduzione si paia Se- neca qual è in latino , ma si paia con più diletto de' lettori. E' legge d'arte, che non tutte ad una si de- vono copiare le rughe del volto se hai a dipingere un vecchio , ma quelle più sentite che ti danno il carattere della vecchiezza , e la pronta immagine del vecchio che vuoi colorire in tela. Ma ciò che il traduttore dee studiare e di ritrar- re le qualità principali dello scrittore eh' ei volge d'una ad altra lingua : e tutta la fedeltà più scru- polosa tornerà a nulla, se gli manca questa qualità. Mi venne letta non ha molto una Eroide d'Ovidio re- cata in terzine dal Bolaffi , la quale, osservata come poesia , è degna in molte parti di lode per la bon- tà dello stile e delle tinte dantesche : ma quello stes- so colorire troppo grave , e a quando a quando ;i r - tifizioso , quello sfoggio di frasi e di colori poeti- ci , è ciò che rende quella traduzione non buona. Ovi- dio è poeta di elegante vena si , ma fluidissima ; il suo carattere è la facilita , e direi quasi lo sprezzo dell' arte. Elegante si, ma non profuso nell' eleganza , non ha que' tocchi sfolgoranti che escano del consueto ; più che alla finezza dello stile egli attende alla pron- tezza de' pensieri , i quali anzi che scegliere, lutti e 3 1 \ L E T T E R A T (J R A per tutti i lati ti vuol presentare : la qual cosa ge- nera talora sazietà che conduce a stanchezza. Or chi non vede che il traduttore ha studiato sì di porger- si buon poeta , ma non si è dato pensiero di porgersi quale il cantore degli amori latini? E questo stesso di- fetto ( perdonabile in tatit' uomo ) trovo io nelle let- tere di Cicerone tradotte dal Cesari : poiché mentre in Tullio tu vedi la penna che corre rapida al par del pensiero , nel Cesari tu la vedi a quando a quan- do arrestarsi , troppo vaga di minute eleganze , e met- tere in modi comici le sentenze d'un console romano. E mente anche ne1 tratti più famigliari Cicerone gran- deggia , e si mostra eloquente , il Cesari troppo stretto a superstiziosa semplicità non solo non raggiungo, ma troppo più che non conveniva si lascia indietro . e impoverisce i concetti dell' oratore romano. Il che più apparisce nella traduzione della miloniana, la qua- le se ha molte parti lodevoli , molte pure uè ha da non lodarsi. E questo io dico a modo d'esempio: né vor- rei che alcuno me lo apponesse a poca riverenza ver- so quel grande maestro d'italiane eleganze , poiché io sopra molti lo stimo, e pochi a lui enti pongo t ma sì vorrei che altri intendesse, che volendo parlare <\c di (Tetti de' traduttori io doveva prendere a dir^ de' più chiari e degni, non della vile plebicciuola che ingombra oggidì la letteratura nostrale. Chi vuole adunque esse- re buon' traduttore dee studiare principalmente i ca- ratteri dell' autor suo. L'eleganza, la grazia, la sceltez- za delle immagini e la magnificenza distinguono Vir- gilio sopra ogoi epico : e questi pregi a maraviglia posti dal Caro nella sua traduzione fanno che, ad on- ta di letterali infedeltà, quella sia la più fedele im- magine che abbia l'Italia della divina Eneide. E in vero chi direbbe il Bondi vano, intemperante , seuza studio di grazie e di stile, o l'Alfieri duro, aspro, con- Orazio trad. dal Santucci J?t5 torto , o l'Arici molle , ineguale , e talora stempe- rato, essere più vicini a Virgilio per che a ragione di lettera stettero più ristretti all' originale , non si av- vedendo che il troppo stadio di ritrarre minutamente le parole toglieva loro il ritrarre le forme in grande, il vero carattere vigiliano ? Di qui nasce principal- mente che pochi traduttori eccellenti veramente ab- biamo noi ; e non ne avremo a gran copia mai , se questa verità non sia bene intesa. Oltre a ciò con- viene far ragione della vària indole delle lingue , e conoscere come senza cambiare i concelti si debbano presentare quando occorra sotto altre forme ; quando l'ordine delle idee si debba invertire , non potendo se- guitare quello dell' autore che si traduce ; quando ad un' armonia, ad una frase che non ha più espressione d'uso presso noi , debba un'altra sostituirsi : cose tutte che non può fare chi non abbia piena cognizione e profonda d'amendue le lingue , e non sappia cono- scere e misurare i diversi gradi di forza di ciascuna frase , per darne una equivalente. Ma se ogni genere di poesia è diffidi cosa recare da una lingua all' al- tra, difficilissimo sopra tutti al certo e il genere lirico , poiché egli si forma di quanto una liugua ha di più ardito, di più fantastico , di più elitlico , e non tutte le lingue valgono ad un modo. E se vorremo os- servare le lingue antiche a paragone colle moderne , vedremo distauza immensa che è dalle prime alle se- conde , e troveremo che come le prime sono nate dalla fantasia e dall' affetto nel più alto grado di bollore, queste sono nate da più fredde nozze , e come al parto di quelle le più vigorose passioni, al parto di que- ste la ragione e la filosofia assistettero. E però alcuni crederono essere i lirici vera disperazione de' tradutto- ri , e le colonne d'Ercole olirà cui non è senza peri- colo varcare. Ma osservando io che noi pure lirici va» 3 i^ Letteratura lenti abbiamo , che alcun ve ne ha che tiene forza e volo di fantasia da' greci e da' latini , credo che difficilissimo sia voltare i lirici latini alla favella no- stra , ma non però impossibile , quando si conceda ciò che è d'uopo al traduttore per riparare i difetti che sono nella lingua nostra. Infatti chi dira che il Pe- trarca , Torquato Tasso ( che io pongo a capo de' li- rici italiani, e confido di non prendere errore ), che il Testi , il Chiahrera, il Filicaia, il Guidi, il Meuzini non hanno spiriti lirici degni di Pindaro e di Fiacco? Se dun- que anche noi abbiamo una lirica che tiene assai dal greco e dal latino , potremo certo avere traduzioni di lirici greci e latini , accomodandoli a' modi no- stri , come comporta l'indole dell'italiano idioma. Dif- fìcile cosa è , il ripeto , ma non impossibile : e a prova di questo vieue ora in punto parlare del vol- garizzamento di alquante odi di Orazio Fiacco datoci dail' abate Loreto Santucci ; il quale pieno la men- te degli spiriti della poesia oraziana , l'ha presenta- ta , a mio credere , in modi tali che Orazio stesso non avria forse trovato più acconci nella favella nostra. Carattere spezialissimo di Fiacco nelle odi è una vi- gorosa eleganza, unita a rapidità somma di concelti, coti mirabile efficacia espressi. Pochi traduttori hanno certo anche da lungi ritratto il Fidiceli romanae lirae, benché molti vi abbiano provalo : ma nulladimeiio alquanti ne abbiamo lodati assai , i quali mi piace por- re a confronto col Santucci, per indi porre lui a con- fronto con Orazio. E qui voglio avvertire che non re- cherò alcuno di que' traduttori, che furono con tanta so ligliozza giudicati da quel fior di senno che era emendilo Vannelti , ma bene gli altri di cui egli non e unse a parlare. ]\è farò paiola dei vani tentativi di Claudio Morelli , di Pietro Matani , del Mancini , del Landoni , del Baibarolla, i quali non solo mau- OiiAaio tiud. dal Santucci 3i7 cano de' pregi caratteristici del lirico latino , ma di quella conoscenza di lingua , di quella bontà di sii- le , senza cui non dirò io traduttore di un classico ma neppure mediocre scrittore si può riuscire. E mi tacerò pure della parafrasi fatta delle odi d'Orazio da Federigo Nomi, e della meno infelice f a 1 1 a da Loreto Mattei ( il quale forse aveva fantasia da tanto , ma man- cava del molto che è duono oltre la fantasia ) per- chè i vizi superano le virtù, né stanano bene nella schiera de' traduttori , perchè tali non vollero, ne de- gli imitatori perche non seppero essere. Io recherò la traduzione della XX.ll ode del libro 1 dataci dall' ab. Luigi Godard , dal padre Giuseppe Solari, da Lodo- vico Antonio Vincenzi , da Ippolito Pindemonte , dal padre Antonio Cesari, da Tommaso Gargallo, dall' aba- te Loreto Santucci : e prima, perchè più agevole sia il confronto, porrò l'ode d'Orazio. Ad Àristium Fuscum Integer vitae scelerisque purus Non eget mauris iaculis , neque arcu, Nec venenatis gravida sagittis , Fusce , pharetra ; Sive per syrtes iter aestuosas , Sive facturus per inhospitalem Caucasum , vel quae loca fabulosus Lambì t Hydasjjes. Namque me silva lupus in sabina , Dura meam canto Lalagcn , et ultra Terminimi curis vagor expeditus , Fugit inci meni : Quale portentem neque militaris Daunia in latis alit esculetis, Nec Iubae (cllus generat , leonum Arda nutrì*. 35 vanni Battista, inciso poi dal Mulinari. Oltreché gli parve die Raffaello non da altro archetipo , che da que- sta scultura , traesse l'idèa della sua celebre tavola della vergine col bambino, eh' è presso il duca d'Or- Isans. Ed è veramente cosi : ne chi bene consi- deri quella tavola e questo marmo potrà muover dub- bio , che il divino urbinate non avesse, veduta in Fi- renze l'opera del grandissimo fiorentino. La qual cosa giovi a mostrare l'alta riverenza che Raffaello, an- che in quella sua onestissima emulazione , ebbe sem- pre all'ingegno maraviglioso del Buonarroti : ora che a certi novizi della pittura non sembra poter degna- mente portare la barba di Ciraabue , la guarnacca di Giotto, e la berretta del perugino , se per primo do- vere di una novella scuola non si fauno a vituperare la fantasia più potente che siala sia nelle arti dal secolo di Fidia a questo che ci fiorisce. Gioyanesca insolenza e temerità , che appena i posteri crede- ranno ! Con questi aiuti , congiunti ad un giudizio cosi fino e ad una mano cosi valente, il cavaliere Agri- cola condusse il suo dipinto sul bassorilievo di Miche- langelo. Né qui vuol dirsi come : basti eh' è opera di Filippo Agricola. Salvatore Betti. 3o6 Notizie di Pietro Antonio Meloni pittore irnolese. I mola, antica ed illustre citta dell'Emilia, fu patria a Pietro Antonio Meloni che vi nacque a di i2 mag- gio i76i di Domenico Leonardo ingegnere di Vaglia , e di Costanza Giuliani femmina costumatissima. Il pre- coce ingegno del fanciulle Ito dispiegossi maraviglio- samente nel'e scuole de' gesuiti, ove gli sorti avere a maestri il dotto p. Rieva, ed il celebre p. Alfonso Muz- zarelli. Compitili gli studi filosofici, scorgendo il pa- dre in lui attitudine ed inclinazione al disegno, il die- de in cura ad Antonio Villa, che negli elementi del- l'ornato, dell' architettura, e della prospettiva lo intro- dusse. Ad avanzare viemaggiormenfe in tali studi a Bo- logna il mandò, facendolo discepolo a Paolo Dardani, lodato allievo del cav. Bibiena. Dipingendo e disegnan- do coti assidua applicazione, non è a dire quanto profit- tasse: onde non di rado se ne valeva ne' commesigli lavori , come fu di alcuni nella citta d' Imola che eb- Le affidati al Meloni. Il quale si allettarono le dolcez- ze del patrio soggiorno , che fra non guari volle tor- narvi, accomiatandosi col suo concittadino Angelo Got- taielli dipintore di nome , che gli pose tanto affetto da tutti aprirgli i segreti dell' arto , e da averlo in luogo di figliuolo carissimo. E poiché i dipinti che il Melo- ni metteva al pubblico venivan lodati e pregiali forse oltre il merito loro , falsi e invidiosi amici all'inesper- to giovinetto adulando presero a dirgli, esser già divenu- to assai buon maestro: ornai teneisi in conto le opere del suo pennello.- ornai doversi torre ad ogni disciplina, po- nendo mano ad operare da se. Colali suggestioni, e i Iu- Belle Arti 3->7 singhieri giudizi della età lo trassero incautamente ad abbandonare il Gottarelli , lavorando senza guida non poche cose , delle quali in breve non trovandosi soddi- sfatto , conoscente e pentito dell' error suo tornò fra le braccia del maestro , che di buon grado Io accolse, e di nuovo a calcare le orme del bello e del vero il con- dusse. Ben dolevasi il Meloni, avanzato negli anni, de* lavori fatti nel suo traviamento : e bramando perderne ogni memoria, pregò sovente , onde al tutto si distrug- gessero , od almeno rifarli gli si concedesse: tanto lo crucciava il desiderio di lavare totalmente questa mac- chia dal suo nome. Frattanto accompagnava gli studi pittorici con quelli sì utili e necessari della mitologia, della storia, e della poesia, in cui diletta vasi in guisa che nel 1786 1' accademia imolesede' forti lo ebbe ag- gregato a' suoi: molto egli usando allora della dimesti- chezza di Francesco Zacchiroli e di Girolamo Papotti, co' quali nel verseggiare si esercitava; tutte di poesie, di begli improvvisi , e di scelte erudiiioui essendo alle- grate le lunghe passeggiate in che soleansi ricreare in- sieme. Accadde a questi anni ( r 789) che Pio VI pontefi- ce santissimo a Vienna recandosi venisse a passare per- la citta d'Imola , ove onoratissimamente ricevuto, fu dal Meloni ritratto al naturale per la casa Sassate Ili , che poi mandava quella tavola a Venezia. Alle Iodi che merilavasi la valentìa del suo pennello seguivano ornai la onorificenze: giacché nel iT90 il card. Chiaramon- ti (allora vescovo d'Imola) lo volle pittore della mensa vescovile , e nel i79i non solo ebbe laurea in geometria, presiedendo il card. Archetti alla bo- lognese università, ma da questa gli si conferiva il premio che dicono di prima classe di figura pel disegno di Scipione Affricano che rende la sposa ad Alliccio principe de celtiberi ; e quindi accade- mico dementino di venia. Tre anni appresso (i 71)4) sot- G.A.T.LXVII. '22 3;y B e l l « A w t i to gli auspicii de' marchesi Maucinforte fondò l'accade- mia di belle arti in Ancona , ove trasse lungo soggior- no, avuto in amore e stima universale, e consolato di a- lunni, che a care speranze gli crebbero. Per il che mon- sig. Domenico Mancinforte vescovo di Faenza, grato al- le molte e fruttuose cure di lui, fece che L'io VI l'ono- rasse del titolo di cavaliere & sproti d'oro: titolo che il Meloni, consultatone, modestamente rifiutò : rappre- sentando il pennello ed il censo avito non prestargli i comodi e lo splendore a vita cavalleresca convenien- ti. A non fagliare il filo del racconto lascerò di notar particolarmente le molte opere che condusse in Ancona, riservandomi ad annoverarle nell' elenco de' suoi dipin- ti. Era già da alcun tempo salito al soglio di Pietro l'ira*» mortai pontefice Pio VII, clic fin da vescovo imolese avendo protetto e favoreggiato il Meloni, ora pittore onorario de' sacri palazzi apostolici il nominava (25 fe'o. 1 804). Gli studi ed il pennello avean sempre oc- cupato il cuore del Meloui , che soltanto alcuna volta e brevemente avea dato luogo all'amore. Invaghitosi pe- rò di Paola Malocchi sua concittadiua , la fé sua spo- sa (iS04): e visse con lei concorde e pacifica vita, aven- done in più tempi e luoghi cinque figli, Domenico, Giu- seppe , Luigi , Gostanza e Rosa. Da Ancoua passando soveute a Loreto, prese a disegnare i contorni della san- ta casa : de' quali non pubblicossi che il solo profeta Ge- remia inciso in Roma. Che se il mutarsi de' tempi negogli condurre a fine que' lavori , venne però (aprile i8i2) da mousig. Stefano Bellini eletto deputato di pittu- ra scultura ed architettura della santa casa. Gessata già fino dal marzo 1 8 1 2 l'accademia anconitana, crasi egli ricondotto in patria iti casa l'ottimo fratello Vincen- zo, parroco di S. Gio. Battista e cav. gerosolimitano. Ivi ei procurò tosto che a Cosimo Morelli architet- to fosse innalzato quel monumento che vedcsi nella Belle Arti 339 chiesa di S. Cassiano; ed ivi trova vasi quando Pio VII , tolto alla francese cattività, tornava trionfalmente alla romana sede. Nel breve soggiorno che Pio ebbe in Imola, vide e accolse amorevolmente il Meloni, coi fu imposto ritrarlo in disegno : il che sotto gli occhi del pontefice lodatamente eseguì , valentissimo essendo nel rappresentare con somiglianza i volti delle persone. Alcun tempo appresso (1818), vacando nel liceo lu- ghesc la cattedra del disegno , fu prescelto a soste- nerla : ed imprese il magistero con grande frequenza di discepoli (del numero de' quali io pure mi fui). Indefesso era egli nello istruire, tenero degli scola- ri e de' loro progressi ; copioso bastevolmente nello spiegare la notomia esterna , la prospettiva , e la geo- metria pratica in cui instituiva i giovanetti , solleci- tandoli al continuo ad applicare l'animo alle antiche e moderne istorie , alle mitologiche finzioni , e a' clas- sici poeti . Perocché teneva un dipintore inerudito , comechè abilissimo di pennello, non poter mai sa- lire a grande eccellenza: che se molto esliraavasi il perfetto eseguimento nella dipintura , assai più pre- giar doveasi la filosofia che è a porsi nel lavoro, e la nobile e vivace invenzione. Nella qual pa: A ii t i lughcsi , ed i molti forestieri accorsivi il mercole- dì i7 febbraio 18, U2 Belle Arti deva l'ospitalità di (jueì vescovo mousig. Federico Ben- civenui ; e la quasi per ozio diverse tavole dipingea. Sperilo poi quel degno prelato, eh' ei pianse in istam- pa con lungo epicedio , si recò più anni a Casola Val- soia presso la facniglia Linguerri Ceroni , per cui eseguì più cose dell' arte sua, dirigendo principalmente nel iS30 i solenni funerali di Antonio Linguerri Ce- roni , retore e musico di lodala memoria. Ancora aven- do passate le vacanze del 1 83 1 in Bellavia, ospitalo dal conte Ferdinando Pasolini nobile e chiaro poeta faentino, in segno di animo riconoscente a lui dedica- va gli Epigrammi serio faceti, che die in luce nel i832. Cosi pieno di speranze di un lieto avverare erasi condotto il Meloni, che due figli vedea ben collocati in Ferrara (i), e mollo bene prometteasi degli altri : quando un mal d'orina, che a più riprese lo avea tor- mentalo , lo assalì con tali repentine e grandi forze , che in dieci di il sopraffece in modo da condurlo in fine di vita : alla quale mancò a' 10 di aprile i835 (2) (i) D. Domenico mansionario in quella cattedrale , e Giu- seppe allora pittore in quella città. (2) Poco appresso la sua morte fu da me composta e fatta inserire nella Ricreazione ( N. q3 anno 2 ) la seguente epigrafe. PIETRO ANTONIO MELONI DIPINTORE IMOLESE DI ERVDIZIONE VASTA E FANTASIA VIVACE INSTITVI' PVBBLICAMENTE ALLE ARTI DEL DISEGNO L'ANCONITANA E LVGHESE GIOVENTV CHE IN LVI AMMIRO' RELIGIONE INTEGRITÀ' DI COSTUME E GIOCONDEZZA DI MOTTI SINGOLARISSIMA VENNE A MORTE A' io DI APRILE i835. GODAN L'OSSA ONORATE ETERNA PACE. Belle A e t i 34 3 pieno di que' sensi di vera pietà che ebbe ognora nel cuo- re, essendo uno di quegli uomini d'antica virtù che suc- chiata col latte ed appresa ne' domestici esempi e do- cumenti purità di religione , sempre seguita rettamente ed osservata l'avea , forte abborrendo dall' empie e larghe massime che sciaguralamente vide diffondersi a' giorni suoi. Vivendo lutto agli studi, immischiarsi sdegnava nelle cose del mondo , rifiutando infino il familiare regginerito , che tutto in mano alla moglie lasciava. Amico leale ed officioso, usar sapea di quella franca destenla , che rende caro l'uomo si a' gran ■ di , e sii agi' infimi : ne forse in lui poteasi notare che un soverchio amore di gloria, che a uomo dipintore e poeta facilmente condonare si debbe. Modesto ei fu però nelle favole, in cui sfuggi ogni oscenità: dal che debbe venirgli non poca lode , sendosi trovato a tempi in cui la corruzione ed il libertinaggio sfac- ciatamente trionfavano. Lungo sarebbe a dire de'grai- di e sapienti cui visse accetto , e co' quali tenne com- mercio epistolare. Di questi , oltre i sovra detti, fu- ron principalmente i cardinali Baidi , Doria , Colon- na , Gamberini ; l'arcivescovo Godronchi ; i vescovi Boari, Alessandretti , Caciai ini : il march. Albergati ; i padri Ringhieri , Fusconi , Roberti : Alessandro Ver- ri , Vincenzo Monti , il Giordani , il Milizia , monsig. Peruzzi , gì' improvvisatori Natali , Ferroni , e la ce- lebre Bandettini. Innanzi di chiudere queste parole accennerò in breve que' che giovali da' suoi insegna- menti molto avanzarono nelle arti del disegno. Di tal numero furono in Ancona Diego Mattia disegnatore , fatto poi cavaliere , e primo guarda fortificazioni in Venezia : Luigi Parenti e Benedetto Donati pittori di vaglia ; Pietro Ribichini miniatore e ritrattista ; Ca- rolina Carmelati Bellaire miniatrice e ritrattista pre- giata , or dimorante in Corsica : il march. Francesco .Vi 4 B e t, t, k Arti Passeri architetto fermano , Gio. Battista Marion! di- gnatore , Vincenzo Rozzi lordano, ito pittore alla cor- te del re di Persia : e Vincenzo Maglio che fu prof. in Senigallia. Fra gli alunni del liceo lughese men- toverò Salvatore Martelli buon incisore, perfezionatesi in Firenze alla scuola del Morghen e del Garava- glia : Gio. Bertazzoni pittore in Roma : ed il figliuol suo Giuseppe Meloni or succedutogli nelia cattedra lughese, al quale molto giovanetto m' è grafo ricor- dare aver io primo posta in mano la matita. Tacerò di Venanzio Casa«randi , Carlo Ruina , Andrea Pirazzoli, e di altri , aftinché l'amicizia e la patria carità non paia mi facciano trascendere nella lode. Giuste parole mi piacque dettare spontaneo di Pietro Antonio Meloni a testimonio di vera e schiet- ta amicizia ; e onde la memoria delle opere e vir- tù di lui non cada sì presto dall' animo de* presenti , e fce' futuri passi ammirata e venerata. G. F. Rambelu. OPERE DEL MELONI. Quadri. Quattro fatti di sacra scrittura dipinti per la came- ra di Gio. Battista Fornioni medico imolese. Gli ornali e la soffitta sono lavoro di Antonio Villa. La predicazione di S. Gio. Ballista , pel card. Chiara mon ti. Maria SS. in trono col Bambino ed altri santi , quadro grande per una chiesa di fine, isola dell' Ar- cipelago. La B. V. della concezione, S. Giov. Battista, e l'angelo tutelare d<^l paese, per Camerino. Nella chiesa de' cappuccini di Ripatransone, due quadri grandi. Catone che si squarcia le ferite, pel sig. capitano Giov. Battista Costa. B u u Arti 345 La S. Casa trasportata dagli angeli, per la chie- sa di Zello. Una locandiera , quadretto sul gusto fiammingo. Il ritratto in figura intera, grande dal vero, del generale la Groix col suo cavallo, fu esposto in An- cona , e trasportato in Francia. La tomba simboleggiata per la morte della sorel- la dell' aiutante maggiore Gifflenga , quadro traspor- tato a Torino , ed il pensiero a due matite a Milano. Il ritratto di monsig. Celano governatore di Loreto. La risurrezione della figlia di Tairo , e la cena in E ma-us, due quadri grandi nel coro de' cappuccini d'Ancona. S. Francesco nel porto d'Ancona, clie miracolosa- mente fa scegliere i religiosi compagni pel viaggio d'Asia, uel refettorio de' cappuccini suddetti. L'arcangelo Raffaele, quadro in S. Maria d'Ancona. Una B. V. col bambino, S. Francesco Saverio, e S. Eurosia, pel sig. canonico Luigi Giarnini di S. Aga- ta Feltria. S. Luigi, e S. Antonio ab. in mezze figure, per suo fratello parroco. Posturaia , presso il medesimo suo fratello par- roco.Le prime brane furono trasportate a Milano. S. Giov. Battista nel deserto , quadro per l'aliar maggiore de' cappuccini di Lugo : e sopra in qua- dro separato un Dio padre. La deposizione dalla croce, per la chiesa parroc- chiale di Fusignano. S. Stefano protomartire, perla chiesa parrocchiale di Barbiano suburbio di Lugo. La concezione di M. ssma ed alcuni santi dell* ordine de' min. conventuali, per un aitar laterale di S. Francesco di Bagnacavallo. I SS. arcangeli Gabriele e Raffaele; S. Pietro d'Alcantara , e la B. Veronica, per l'aitar maggiore delle monache di S. Giov. Battista di Bagnacavallo. S. Macario, per la chiesa de' cappuccini di Ber- tinoro. S. Francesco che pubblica il giubileo d'Assisi, nella sala del vescovo di Bertinoro. 34o B f l l e Arti Un eterno padre, nella capella contigua. Maria SS. corteggiata dagli angeli nel calino di S. Lìonardo in Schiora ; e gli ornati e figure del pre- sbitero dipinti , in cui ebbe molla parte il figiiuol suo Giuseppe. S. Leonardo, S. Severo, e sant' Antonio abate noi quadro dell' aitar maggiore di della chiesa. La B. vergine con Gesù bambino , altro quadret- to per delta chiesa. Un ecce homo , per morisig. Federico Bencivenni vescovo di Beitiuoro e Sardina. Il ritratto di mOnsig. Federico suddetto. Il ritratto di monsig. Turchi suo vicario generale. La B. vergine col bambino Gesù, per monsig. Ba- ronio vicario generale, per la cattedrale di Sarsi n; . L'adorazione de' magi, e due santi, per uuconsei- vatorio di Faenza. Il B. Alfonso de' Liguori, per la chiesa de' car- melitani di Faenza. Altro B. Alfonso, in Fusignano. Il B. Bertoni., per una chiesa fuori di Faenza. S. Vincenzo che moltiplica il pane e il vino : quadro nella chiesa de' domenicani di Lago. La B. Giovanna d'Aza, madre di 8. Domenico , nella chiesa suddetta. La scoperta del corpo di S< Giacomo in Galizia, presso gli eredi. Andromaca salvata dal sacrifizio col figlio Molos- so , abozzo presso gli eredi. Disegni. Sofonisba che riceve il veleno , disogno in gran- de all' acquerello fatto nel 1824 nel liceo di Lugo , mandato pel parere a varie accademie, è presso gli eredi. Alessandro alla tenda di Dario , disegno in gran- de all' acquerello , per S. E. il march. Francesco Cal- caguini. Parte de' disegni , de' contorni della santa casa di Loreto. 347 VARIETÀ' Vite e ritratti di XXX illustri bolognesi. Bologna tip. del Nobili e compagno. Litografia Zanoli i835 (i). vJTli scrittori dei fogli letterari iu Italia avevano già ( non son passati molti anni ) il brutto costume di porre spessissi- mo in derisione le scritture che venivano alla pubblica luce. E si affaticavano, e razzolavano dentro di esse , affine di tro- varci o errore di lingua , o falso concetto , o qualsivoglia altro mancamento nell'esecuzione. E cosi fatti biasimi (senza mai far motto di alcuna buona qualità) mettevano in aper- to con sarcasmi : e spesso anche con villanie si facevano bef- fe degli scrittori ; veramente bruito e detestabil costume. Nel nostro secolo per lo contrario si suole aver più rispetto alle lettere ; ma da un precipizio si cade in un altro. Si lodano a cielo anche quelle scritture che meriterebbero bia- simo e derisione. Oh ! quanti scrittorelli da nulla che vere ci- me! di Parnaso si possono con Orazio denominare , quanti di quegli insulsi rimatori che vanno ramingando per le città, (i) Di queste vite, pubblicate dalla N. D. signora Caterina Franceschi Ferrucci, sono stampate quelle di Ulisse A.ldrovandf, di Guido Reni, di Eustachio Manfredi, e di Luigi Ferdinan- do Marsigli. Due volumi in foglio con magnifici ritratti di- segnati dallo Spagnoli e fac-simile della scrittura degli uomini lodati ; il prezzo di associazione è di paoli 5 per ciasche- dun fascicolo. 3'lS V A R I E 1 A' mungendo le borse, e chiamandosi improvvisatori , vengono in- censati , e come novelli Tirtei , o novelli Pindari magni- ficati ! Brutto costume si è pur questo: perciocché la lode, che dovrebbe esser premio del vero valore, dispensala agli inetti perde tutta la sua forza e il suo pregio , sicché più non vale a stimolare gli ingegni ad opere eccelse ; e questo fa che quelli, che bramano di dare ai prosatori o ai poeti la lode per loro meritata , si stanno peritosi , temendo che il pubblico possa tener per false le loro parole , e che quindi la lode torni in gran biasimo de' lodati. Io sarei nel numero di questi timorosi , se ora dovessi lodare la scrittura di qual- che giovane non ancor conosciuto : ma volendo dir poche cose della Caterina Ferrucci, prendo la penna con animo tran- quillo e sicuro. Questa donna si acquistò già gloria in Ita- lia per diverse sue scritture di prosa e di verso , ma glo- ria assai maggiore le acquisteranno , io mi penso, le vite dagli uomini illustri bolognesi che ora viene pubblicando di tem- po in tempo. Non le daremo lode della purità della lingua : per lo che il far buon uso della lingua nativa è il dovere d'ogni scrittore, siccome ne sarebbe ignominia lo scrivere bar- baramente. Abbiasi dunque lode la chiarissima donna della perspicacia e venustà di quel suo scorrevole , facile, ed in- genuo stile che secondo la materia facilmente si piega : lode della gravità delle sentenze usate a proposito , e non a pom- pa : lode della sagacità culla quale scpglie le cose degne di ricordanza, e dell' ordine co! quale le dispone; lode di quella sana morale che in ogni sua pagina traluce , ed ai cuori si fa strada. Questo poco ci basti aver detto in encomio di lei per invogliare l'italiana gioventù a leggere quelle vite , ed a considerare col proprio senno se le lodi che qui le si compartono abbiano colore alcuno d'adulazione. Paolo Costa. Varietà' 3/,y Antichi monumenti sepolcrali scoperti nel ducato di Ceri ne- gli scavi eseguili d'ordine di S. E. il sig. D. Alessan- dro Torlonia signore del luogo , dichiarati dal cav. P. E. Visconti commissario delle antichità romane , presidente del museo capitolino ec. ec. Fol. Roma , tipografia delle belle arti i836. (Sono pag 33 con XIII tavole in rame.; Gemme incise del cav. Giuseppe Girometti pubblicate con le illustrazioni del cav. Pietro Ercole Visconti commissa- rio delle antichità romane ec. ec. Fol. Roma, tipogra- fia delle belle arti i836 ( Soqo pag. 46, con dieci tavole in rame. ) Jntorno alla prima di queste opere, colla quale il chiaris- simo cav. Visconti intende non solo a sostenere la gloria del- le arti italiche di un temp,> antichissimo , senza che la ci- viltà greca di oltremare v'abbia parte veruna : ma anche a mantenere nobilmente la riputazione delle dottrine domesti- che , si parlerà in altro volume del giornale arcadico , là dove si darà il sunto del tomo VII degli atti della ponti- ficia accademia romana di archeologia , in cui è stala posta come seconda edizione. Quanto all' altra opera , non abbiamo che sinceramente a congratularci col signor cavaliere della bellissima erudizio- ne , onde si è fatto ad. illustrare dieci delle più classiche gemme che sieno state incise dal nostro celebre professor Girometti. Soprattutto poi vorremo lodarlo dell' egregio di- scorso preliminare , nel quale con dottrina e criterio ci ha dato l'istoria della italiana incisione in gemme. L'opera sarà quindi carissima ed agli archeologi ed agli artisti : trovando- vi sì gli uni e sì gli altri valentemente dichiarati ed incisi tanti capolavori dell' arte antica: come a dire le teste di Me- dusa , di Giove , di Ercole, di Paride , di Pallade , di An- tinoo , della Baccante, di Aretusa ; l'Aurora traente i cavalli del sole , e il Giove di Atenioue che fulmina i giganti. S. R. 350 V A R I K T a' Elogio di Antonio Cesari prete che fu dell' oratorio di Ve- rona , letto nel serbatoio di arcadia da Tommaso Az~ zocchi cappellano segreto di N. S. Si aggiungono due dissertazioni sulla lingua italiana. 8 Roma, stamperia di Crispino Puccinelli ii>3Q (Un voi. di pag. 68. ) i^e noi chiameremo d'oro questo libretto, non gli daremo altro che il nome suo propro. Infatti non poteva monsignore Azzocchì né con più dottrina , né con più amore , né. con più eleganza dire le lodi ed i meriti di quell' Antonio Ce- sari, che spirito potentissimo e veramente italiano operò il primo che la bella lingua del sì al tutto non ruinasse, per- dendosi ne' modi stranieri : e mostrò qual tesoro di ricchis- sima vena , chi sa conoscerlo , ci lasciarono ne' loro scritti i nostri grandi padri di un secolo che vide rinascere la ci- viltà europea delle lettere per opera principalmente dell' Ali- ghieri , del Petrarca e del Boccaccio. Pari all' elogio in bontà sono le due dissertazioni , che il chiarissimo autore ha stam- pale quasi per appendice : e difendono invittamente le ra- gioni del valgar nostro , quanto a purità ed a legggiadria , dalla temeraria ignoranza di chi usa bestemmiar ciò che igno- ra , e slima una gentile nazione non dover avere altra (avel- la die quella che le viene di là dall' alpe e dal mare : solo gì' italiani convenendo in ciò essere senza patria. E questo gridano (né so qui dire con quali parole di ridicola gravila) e questo gridano pur tutto giorno coloro , che omaj assor- date ci hanno le orecchie col ripetere Ilalia Italia , senza sapere intanto che sia la vera nobiltà e gloria d'Italia ! Salvatore Betti. V A. Il I K T A' 3?) i Effetti delle passioni secondo la diversa costituzione fisica dell' uomo : dissertazione letta all' accademia tiberina di scienze lettere ed arti di Roma il giorno 27 maggio 1827 dal dottor Francesco Calori medico legale del supre- mo tribunale della consulta ce. presidente attuale della società medico-chirurgica di Bologna. 12 Bologna dai ti- pi del Nobili e comp. 1 853 ( Sono pag. i5 ) . XXnnunciamo alquanto tardi questo bel discorso , perchè non prima d'ora ci è venuto alle mani : né vogliamo che sia igno- rato dai nostri leggitori. Imperocché l'egregio professore ro- mano vi tratta cosa gravissima , la quale si leya colle dottrine cosi metafisiche, come fisiche : e può riescire di utilità non lieve alla civile educazione, e a quella parte di medicina che si dice legale. Cosi egli non fosse stalo stretto a quella legge di brevità, che richiedesi in un discorso accademico,' Del soperchio rigore dei grammatici , discorso primo dell' av- vocato Luigi Fornaciari , letto alla reale accademia luc- chese il dì 27 gennaio iS55-8. Lucca ducale tipografia Bertini 1806 (sono carte 94.)- A-Javv. Luigi Fornaciari , nome carissimo ad ogui maniera di gravi e di gentili studi , e luce dello lucchesi lettere , ha qui preso a mostrare come i grammatici abbiano spesso di pro- pria autorità condannato alcune maniere di favellare , delle quali non furono schivi in verun secolo i più politi scrittori del volgar nostro. Nel che ha usato tanto senno e tanta dottrina , eh' è veramente a maravigliarne. Noi ce ne congratuliamo assai coli' uomo chiarissimo, come d'opera eh' egli ha fatto utilissima, anzi come la più filosofica dopo la grande Proposta del Monti : né gli taceremo che già ci tarda l'ora di vedere alle slampe l'al- tro discorso che ci promette. Che se in alcuna cosa noi non [tossiamo al tutto con lui concordarci, non è certo nel non 3.r>2 V A RI K T A' riconoscere l'autorità degli esempi eziandio classici , e del trecento, ch'egli ci reca contra i grammatici: ma piuttosto nell' avere per fermo, che non già in uno o in due esempi , si bene nell'uso ricevuto universalmente di' nobili scrittori sia posta la vera norma di un bel parlare. Nel che ci giova seguire una grande sentenza : quella di Cicerone , là dove parlando della eloquenza di Cesare , dice come quel famosis- simo , usando ragione, emendava egregiamente la consuetudine viziosa e corotla del dire colla incorrotta e pura : Rationem adhibens , consuetudinem vitiosam et corruptam pura et in- corrupta consuetudine emendat { in Brut. e. 75). Né forse , chi ben consideri , v'ha nelle lingue altra più certa filoso- fia che questa : e lasciamo che a loro posta si abbaruffino i libertini e i pedanti , sette del pari perniciosissime. Se non che lo stesso giudiziosissimo Fornaciari sembra in parte ac- costarsi a questa sentenza quando scrive nel fine del suo discorso: ,, Ciò che ho detto panni che basti a dimostrare , ,, che una delle cagioni del soverchio rigor de' grammatici , ,, è il non essere abbastanza pratici ne' buoni scrittori Non ,, già eh' io pretenda , che tutto quello che in essi trovasi , ,, possa liberamente usarsi. No. Io non vi ho portato , o va- ,, lorosi accademici , il lui e il lei , per egli e per ella : il ,, gli , per a lei o per a loro : V erano , V amarono ec. per ,, erano , amarono ec. Non vi ho posto que' favellari : le quer- „ ce grandette mane, i fatti mia , ed altri simili venuti giù „ dalla penna in un tempo , in cui si scriveva a caso , o ,. nei quali talora diedero per inavvertenza anche gli scrit- ,, tori nella lingua più esperti. Le mie parole unicamente ,, sono contro le regole arbitrarie. E né pur queste io inten- ,, do che si violino per sola smania di violarle. Oramai sono ,, stabilite : la maggior parte degli scrittori venuti da poi , ,, sonovisi accomodati : perchè vorremo noi trasgredirle a ca- ,, priccio? Minor male è alle lettere una soverchia strettez- ,, za , che una soverchia licenza. Per altra parte ai gramina- „ tici dobbiamo l'aver tolto dalla incertezza la lingua , e da- j, tale stabilità. Possiamo adunque esser loro cortesi di qual- „ che coudescendenza. Ma se per amore di buon suono » Varietà' 353 „ per amore di varietà , per dare alla dettatura un pò dell* „ insolito , ci torni alcuna volta bene di abbandonar quelle „ regole, non ci venga conteso: anzi chi sappia f.rlo oppor- „ tunamente e con garbo, n' abbia la dovuta lode. Lo straor- „ dinario piace e si cerca. Se non concederemo di prenderlo ,, da' nostri classici, si prenderà dalle letterature stranière, „ si fabbricherà dagli stravaganti cervelli. „ Tutto bene : ma non per questo potrei concedergli, che per alcun vano amore di suono e di varietà , o per dare alla dettatura un pò dell' insolita e dello straordinario ( di grazia non se ne offenda il eh. autore ), debbano risuscitarsi certe viete maniere, che l'uso ha da molto tempo o abbandonate alle plebe , o anche sepolte , come direbbe il Monti , nel cimitero della lingua. Quindi un prosatore , se gentilmente saprà l'arte sua, cerche- rà miglior suono al periodo , che nel dire avaro ed averà , invece di avrà ed avrà : udirò ed andaro , invece di udirono ed andarono: messi e permessi, invece di misi e permisi: vol- se invece di volle ; aviamo invece di abbiamo. E così pure il poeta, se piuttosto che parer nuovo e straordinario a troppo buon mercato , non vorrà parere e rozzo e strano , fu^irà di dire , senza che siavi costretto da rima ( e con forza pre- potentissima ) , io fusse , io credesse , egli trapisse, egli di- cessi, egli avessi: comecché il sig. Fornaciari n'abbia trovato esempi in buoni scrittori, non che dell' antico trecento , ma anche del cinquecento. Imperocché queste maniere non dal capriccio , ma dalla ragione furono escluse , quando ne' se- co, 1 che seguitarono si filosofò meglio sulla grammatica : e si vide che valevano piuttosto a confondere senza gran prò e a deturpare , che ad arricchire e a nobilitare una lingua già ferma , coinè le a'tre civili, nelle sue regole, e adulta e geo- ide. Per la ragione medesima crederei che , salva la riveren- za all'Omero ferrarese, debba lasciarsi che in soli due luo- ghi dell' Orlando furioso siasi potuto dire le la , e le lo , cioè nella st. XXXI del e. XXIII ,, E se sì pazzo alcuno o si villano „ Trovasse , che levar le lo volesse : G.A.T.LXVII. 23 35 f\ Varie t £ e nella $t. CLVI del e. XL1II: „ Ma tanto Astolfo ascosa le la tenne , ,, Che a lei con Sausonetlo se ne venne : o unicamente permettersi a chi ci darà quind'innanzi un al- ìro poema ia tante parti divino, e scritto in XLVI lunghissimi canti. Salvatore Betti. Biografia di Ernesto Mauri scritta da Filippo Gerardi. 12 Roma tipografia delle belle arti i836 ( Sono pag. 12 ). J-/a morte di Ernesto Mauri è stala reputata universalmente in Italia e fuori una grave perdita che abhiano fatte le scien- ze. Veggasi in questo stesso volume ciò che ne ha scritto uu botanico insigne, il prof. Bertoloni : e veggasi pure nel V Om- nibus, giornale napolitano, l'elogio dettatone dal celebre cav. Tenore. Eccone una più ampia biografia : la quale con dilet- to non minore si leggerà : perciocché il Mauri vi è dipinto con sì vivi colori , che tutto è desso negli usi del vivere e nella scienza. Di che daremo una bella lode a quella cima d'in- gegno e di eleganza , eh' è il nostro Filippo Gerardi : cui pregheremo di non lasciare , che niuua nostra gloria sia nelle lettere e nelle arti , sia nelle scienze , ci venga mancando senza il conforto di essere da lui , che il può si bene , rac- cj mandata alla posterità. S. Betti. Varietà.' £«>5 Diplomi imperiali di privilegi accordati ai militari , raccolti e comentati da Clemente Cardinali. 4 Velletri dalla tipografia di Domenico Ercole i836 ( Un voi. di pag. XXXXVIH e 355) Oi parlerà di quest' opera cou miglior proposito in altro volume del nostro giornale. Intanto vogliamo qui rallegrarci di cuor sincero col dottissimo autore , che ci ha dato in essa un lavoro degno de' più insigni maestri d'antichità. S. B. Pontificia accademia romana di archeologia. Jn adempimento de' paragrafi i e a del titolo 8 dello statu- to , si propone un premio a chi meglio dichiarerà il seguen- te argomento : Dichiarare, più ampiamente di quello che si è fatto sinora, il vero stalo delle colonie romane. Quale fu lo scopo politico o economico che Roma proponevasi nella istituzione delle Colo- nie ? Quale la differenza tra le militari e le civili, e in che si distinguevano da quelle de' greci ? In qual condizione ri- manevano i vecchi abitanti , e in quali diritti e doveri entra- vano i nuovi ? Potranno concorrere al premio i letterati di qualunque nazione , eccettuati i soli soci ordinarii ed onorarii dell' ac- cademia. Il premio è di una medaglia in oro di zecchini qua- ranta. Le dissertazioni , in lingua latina , italiana , o france- se , dovranno essere presentate , senza nome di autore , en- tro il mese di novembre del futuro anno 18J7. Porteranno esse una epigrafe , ed avranno una scheda si- gillata con entro^il nome e l'indirizzo dell'autore , e di fuori l'epigrafe stessa posta alla dissertazione. 23* 356 Varietà' Il giudizio sarà pronunziato nel mese di dicembre del medesimo anno. La dissertazione premiata verrà impressa ne- gli atti. Le schede appartenenti a quegli scritti , a' quali non sarà stato aggiudicato il premio , non si apriranno , ma sa- ranno bruciate. Le dissertazioni dovranno essere dirette per la posta , od altrimenti , ma chiuse , sigillate , e franche di porto , al cav. Pietro Ercole Visconti segretario perpetuo della pon- tifìcia accademia romana di archeologìa. Quando non vengano per la posta , dovranno essere con- segnate nelle mani del detto segretario perpetuo dell' accade- mia, il quale ne darà ricevuta al portatore. Dall' aula del romano archiginnasio il 28 di giugno i833> // presidente Marchese Luigi Biondi. Il socio ordinario segretario perpetuo Cav. Pietro Ercole Visconti. Inno alla pace. Bologna tip. dall' Olmo e Tiocchi i836 in 8 di pag. 12. iVXeglio che agli dei consenti delle favole ci pare appro- prialo alle nozze presentemente un inno alla pace- Perchè lodiamo l'autore ( avvocato Antonio Strozzi di Lugo ) che ha scelto questo tema , e lo ha svolto in terzine con dignità e con eleganza E conveuivasi nella letizia de' novelli sposi, dott. Mar- co Giovannardi Corelli e Teresiua Schiassi di Bologna , di ogni bel pregio forniti. Eccone un saggio , che acquisterà fede al giudizio dato da noi di questa cara poesia. Ma se all' italo ciel , che si colora D'un eterno sercn , per cui natura S'allegra ai r*i di^sospirata aurora , Varietà' 357 Se a queste chiare , venerande mura , In cui d'ingegno e di virtù si serra Quel divo spirto , che morte non fura , Fiammeggiasse sanguigno astro di guerra, Qual sei ti mostra dall' eterea sfera : Salva, diva immortai , salva la terra ; Né consentir che la beltà primiera , Di che il genio dell' arti è a noi cortese , Vegga la paventata ultima sera. Parlino a te le gravi antiche offese Di vandalica rabbia, onde addolora E piange ancor l'italico paese. D. V. Il libro de' salmi voltato in versi italiani dal professore Pie tro Bernabò Sdorata ec. Voi. I. Bologna, della Volpe al Sassi in 8. ( -E" uscito il V fascicolo di pagine in tut- to 64 comprese le 3i del primo , di cui toccammo al voi. 198 a pag. 5yo. ) -Della accoglienza faranno ognora più le anime gentili a questa versione ; perocché , siccome notammo altrove , vi ha un genere di poesia che mai non invecchia : e si è quella de' sacri libri . Da quella fonte trasse il sommo Alighieri ciò che lo fa singolare da tutti i poeti antichi e nuovi , ciò che lo fa essere il poeta jsovrano non pure dell' Italia nostra , ma di tutto il mondo : non pure di una età , ma di tutti i secoli. A conservare questo vanto , che è bellissimo di tutti , vuoisi studiare con molto ampie nelle carte del poe- ta , e più in quelle onde egli stesso tolse virtù da volare so- pra gli altri siccome aquila , vale a dire nelle inspirate : mi. niera inesausta del bello universale. E tanlo più è da fare ciò al nostro tempo , quando alcune fantasie lasciandosi tra- sportare per poco alle idee esagerate e melancoliche del set- tentrione, minacciano di passare quella cima , oltre la quale 358 Varietà' l'arco distende , e bellezza più e più si perde precipitando al basso. Non saremo profeti di sventure al regno beato delle lettere, ma le precauzioni non sono mai troppe , e i tristi esempi del matto seicento deono assennarci. Intanto racco- mandiamo di nuovo il libro de' salmi voltato in versi italiani dal Sdorata .- il quale delle cose di Dante si è fatta succo e sangue , e va animando i suoi canti di guisa , che vivono e vivranno più d'un secolo. Ne ha già dati sinora i primi no- ve salmi , preferendo la terza rima , all' esempio di quel can- tore dei tre regni , il quale così tradusse i salmi peniten- ziali. Egli ha dato però il salmo Vili in metro lirico più atto al canto : e poiché sposavansi all' arpa i versi del re profeta, noi ameremmo frequente anche nella versione l'uso de' metri , che alla musica si prestino meglio forse che le terzine. E gii quel chiaro spirito del professore Luigi Valeriani Molinari (ono- re della Romagna onde nacque, e di Bologna ove fiorì ) ne ha dato a' nostri giorni , negli erotemi di pubblica economia singolarmente , il ritmo ebraico de' salmi. Se il traduttore a quello vorrà conformarsi , riuscirà senza dubbio ; poiché a- vendo l'anima temprata a tutte le dolcezze dell'armonia, sa piegare il verso come gli aggrada , e trionfare de' cuori. Cosi non gli manchi ozio e favore, e la vita più e più gli fiorisca ne' buoni studi ! D. V. Discorsi sacri ed accademici , dissertazioni, lettere, istruzioni pastorali ed omelie di monsignor Ignazio Giovanni Cado- lini arcivescovo di Spoleti. Foligno tipografia Tomassi- sini i836, voi. i in 8 pag. in. IVJLonsignor Cadolini arcivescovo di Spoleti è nome assai chia- ro non meno nella chiesa di Dio, che nella repubblica delle lettere. Infatti i savi esempi di pietà eh' egli ha dati, spe- zialmente nel terribile disastro de' tremuoti di Foligno , gli faranno sempre ragione ad essere collocato tra gli uomini Varietà' 3r>9 benefattori della umanità. E^e lettere poi, che molte egli ha, gli danno diritto d'essere annoverato fra la schiera di que' pochi, i quali oggidì il bello dello stile mostrarono in santi ar- gomenti, con che più dilettevole e più efficace se ne rende la lettura. E però sieno grazie al tipografo Tomassini che ha impresa la stampa di tutte le opere di questo insigne prelato, e ne ha già dato il primo volume pieno di auree cose. E perchè ognuno conosca tutto quello che vi si contiene, dirò che oltre la lettera del tipografo , in cui sono narrate breve- mente le lodi di monsig-nore D. Girolamo D'Andrea , al quale è donato il titolo del libro , e quelle dell' illustre autore che tutti i beni ha procurato all'inclita città di Foligno , vi sono quattro discorsi letti in diverse occasioni , due orazioni ac- cademiche , una pastorale al clero e al popolo folignate , il manuale ecclesiastico , e una pastorale alle religiose dell' ar- chidiocesi di Spoleto. Non è da noi dare sentenza sulle ma- terie , le quali invero ci paiono utili e oportunissime : solo ci contenteremo dire che in esse erudizione profonda, dot- trine sincere , e vero fior d'eloquenza di leggieri si scorgo- no. Intorno lo stile poi , ci basterà osservare che è attinto alla fonte dei classici , e molto ritrae dall' antica semplicità. Ma perchè meglio il lettore da se ne giudichi, ci sia permes- so recarne un saggio. ,, Ma perchè della pudicizia e di ogni santità è nemica la crapula e l'ebrezza , i nostri ecclesiastici tengano modo di temperare a se il vino , e se nel vino , e guardino che non abbiano i loro cuori ad aggravarsi nella crapula. Non ci pa- tirebbe l'animo di vedere ad alcun ecclesiastico officio sacer- dote preso dal vino ( e ben sappiamo che la Dio mercè di questi non ve ne ha fra noi), ed allontaneremmo da ogni ordine maggiore il chcrico che al bere si fosse dato. Vietiamo quin- di assolutamente ai oberici , tranne la circostanza del viag- giare , di porre pie nelle taverne , nelle bettole o in altri sif- fatti luoghi , ov' è malagevole il ristarsi senza occasione di pec- care. Non li allonlaneremo sempre da' lauti conviti , purché in meszo la lautezza serbino in tutto modestia e sobrietà' Ben desideriamo che da' nuziali banchetti si tengano lungi, 3G0 V A 11 I E T A' perchè in quelli non così si satollano, da poter ricordare che anche nella notte hanno debito di adorare a Dio, né così par- lano da mostrar di sapere che Iddio tutto ascolta (Tertul. in apologct. cap. "«9^ . „ Così i eh eri ci debbono comporre ad onestà i loro costu- mi , che alcuno da essi offesa non abbia , né per essi ne ven- ga vergogna al divino ministero. Danze , tripudi, balli, spe- cialmente ove siano donne , andar con maschere al volto , e fare altre cotali cose che troppo si dilungano dalla mode- stia , dilla gravità, d. Il' onestà, sarebbe ad un cherico col- pa di nequizia e licenza ripugnante al viver chericale , e de- gna d' essere puuila severamente di sospensione e di altre pene. ,, Arrossisca poi un cherico di porre la mente, gli occhi, le orecchie devote ai santi misteri della religione e al cullo di- vino, a danze muliebri, a scenici spettacoli , a favole d'istrioni, a giuochi di mimi : le quali cose tutte chiamaiemo con Ci- priano macchia del costume, ed eccitamenti a mal fare. Arros- sisca nei giorni di carnevale mostrarsi e intrattenersi a que' luoghi pubblici, ove la sfrenata moltitudine in sembianza d' in- sana qua e colà trascorre , e trasportata dalla fega di sover- chia allegrezza folleggia. Noi, se ci avverrà di cogliere alcuno frammischiato a questi piaceri profani, noi lasceremo certo senza punizione. ,, Che i chetici non portino veruna guisa d'armi, è pre- scritto dai canoni di più concili : e il diritto canonico ne in- segna, che i elidici che portano armi hanno a punirsi di sco- munica. Quindi noi pure ordiniamo che i cherici non por- tino arme d'alcuna maniera , meno piccoli coltelli per tem- perare la penna da scrivere , o per altre bisogne domestiche. Vogliamo che scrupolosamente si osservino dai cherici della nostra archidiocesi le provvide leggi del sovrano, che vietano portare o ritenere armi : e se li troveremo in fallo, saran- no tenuti alle leggi «tabilite. Meglio è che, secondo l'avviso dell' apostolo (ad ephes. ; si facciano scudo della fede, usber- go della giustizia , cimiero della speranza di salute eterna , spa- da dello spirito ( che è la parola di Dio ) . E queste sicno Varietà' $6fl le armi , di cui si vantino andar cinti ; con queste potranno affrontare i malvagi , vendicarsi provocati , e menar certo trionfo in nome di Cristo Gesù, in cui solo è salute ec.,, Ben altro si potrebbe recare a prova del sapere, della pietà , del bello stile di questo chiarissimo prelato : ma cre- diamo die a chi ben sente delle cose, questo saggio basterà senza altra aggiunta di parole , che tornerebbero soverchie ed inferiori sempre del merito. G. I. M. Accademia reale delle scienze di Torino. Classe delle scienze morali, storiche , e filologiche. Il risorgimento d'Italia, ossia quella mutazione di cose per cui la maggior parte delle città e delle contrade di essa giun- sero a governarsi con leggi , statuti e magistrati proprii,non andò disgiunto da gravi travagli. Virtù comune era allora l'amor della patria , e sia ebe si lattasse di difenderla dal- le ostili pretensioni dell' impero , come di ampliarne i con- fini o di schermirla dalle offese dei vicini , ogni cittadino era soldato ed accorreva volonteroso ad ogni cenno di essa. Ma il continuo star sulle armi intiepidiva il primiero fervore , scemava la popolazione, ed arrecava grave detrimento all' in- dustria ed all' agricoltura , pei bisogni delle quali venivano meno le braccia. Ond' è che i governi italiani sin dal prin- cipio del secolo XIV furono solleciti di soldare parte di quelle masnade tedesche che , scorta ordinaria dei re germani che scendevano a prendere la corona in Italia, allettate dal cli- ma e dalle altre dolcezze di questo cielo ricusavano di ri- valicare le alpi. Ma licenziate queste ad ogni avvenimento di pace, e fatte inoperose e fameliche, sitavano ad invadere le terre sguernite ed a mettere a ruba ogni cosa : sconfìtte in varii incontri e disordinate, ma non distrutte, si acconcia- rono inline sotto varii capi o condottieri , e diedero così ori- gine a quelle compagnie di ventura infeste per tanti anni alle popolazioni italiane. 362 V A K 1 K i a' L'origine di queste compagnie di ventura , il loro nu- mero, gli ordini per cui si reggevano, e tutto quanto con- cerne alle precipue fazioni alle quali contribuirono, parvero alla classe argomento degno di quesito accademico. E parve che fosse eziandio da esaminare, se la militare disciplina pili o meno larga , alla quale queste compagnie si sottoposero nell' acconciarsi che fecero agli stipendi de' diversi condottie- ri , e la tal quale regolar forma che presero gli ordinamenti con cui erano rette , ed ai quali è da assegnare così il pron- to aumento, come Pugualmente celere cadere di esse : se tali cause abbiano , ed in qual parte , contribuito al successivo riordinamento della milizia che s'introdusse ne' governi italia- ni , e se da essa prendessero origine e si stabilissero poscia quelle regole , mercè delle quali ogni ben ordinata regione d'Europa provvede , a' giorni nostri , con armi proprie all' interna ed esterna sua sicurezza. L'accademia propone quindi il solito premio di una me- daglia d'oro del valore di seicento lire a chi meglio tratterà il seguente quesito : ,, Dell' origine , dei progressi e delle principali fazioni „ in Italia delle compagnie di ventura sino alla morte di Gio- „ vanni de' Medici capitano delle bande nere; e qual parte „ esse abbiano avuta al riordinamento della milizia italiana ,, . I lavori dovranno essere presentati prima del finire di settembre mille ottocento trentasette , in lingua italiana, la- tina o francese , manoscritti e senza nome d'autore. Essi porteranno un'epigrafe , ed avranno unita una poliz- za suggellata , con dentro il nome e l'indirizzo dell'autore, e di fuori la stessa epigrafe posta sulJo scritto. Se da que- sto non sarà vinto il premio , la polizza non aprirassi e sarà bruciala. Sono esclusi dal concorso i soli accademici residenti. II giudizio sarà pronunziato nel primo trimestre del mille ottocento treutotto. I pieghi dovranno essere diretti pej' la posta od altrimenti , ma suggellati e franchi di porto , alla reale accademia delle scienze di Torino. Quando non vengano per la posta , do- V a n i k t a' 363 vraano essere consegnati all' uffizio dell' accademia medesi- ma , dove al portatore se ne darà ricevuta. Torino , il 29 di maggio i836. // presidente CONTE PROSPERO BALBO Lì 'accademico segretario CAVALIERE COSTANZO GAZZERA. Le melanconiche - Versi di Tommaso Gargallo - Napoli i836. Ootto nome di melanconiche il marchese Gargallo ha scrit- to tre belle poesie, e veramente degne della sua fama. E' la prima in versi sciolti, in cui di vari casi dell' italica fortu- na ., e della propria si compiange. E' intitolata : Le calende d'aprile del i854, e& ^ indiritta al conte Crivelli , a cui sul fine dice: Son questi i fior che soli all' appassito Lauro intesser mi lice ; il carme è questo Che il settantesim' anno a me consente. D'una lacrima il degna .... La seconda in morte del marchese G. G. Trivulzio ('no- me caro ed onorato alle lettere non men che all' Italia) è una terzina piena , non so quale più , se di alti sensi di dolore , o di gravi sentenze. A lode del trapassato illustre egli can- ta così , né questo è il minor pregio che dia alla virtù di lui. A raddolcire i barbari costumi , E' raccogliea per oro e per fatica Vecchi papiri , e splendidi volumi. Che ancor non era quest' età nemica 3G4 V a'r ri i a' De' vetusti portenti , ed or di vento Sì si gonfia in se stessa , e s'affatica. De' nostri avi oh degenere talento ! Chi potrà dir s' è nostra colpa o sorte , S' è maggior la vergogna o il tradimento ? Torni ah ! torni la barbara coorte Fra le nordiche rupi , e là si pasca De' fantasmi , dell' odio , e della morte. Là vagheggi una strige in ogni frasca, E piene di terror notti omicide , E d' ogni luce muto il sol che nasca. Ma qui dove natura e il ciel più ride, Questo riso d'amor sia manifesto; Qui regni il bel, se altrove il bel si uccide . . >• La terza ha per titolo II nevembre del i833, e sono do- dici ottave pietosissime iu morte della moglie sua marchesa Lucia Gargallo nata Grimaldi di Monaco. Io non dubito af- fermare che questo componimento, a mio avviso, è non solo di molto superiore ai due primi , ma quasi per poco affermerei eh' è de' più belli che uscissero della penna del eh. autore. Affetto , dilicatezza d' immagini , colori soavissimi ed effica- ci, stile piano, naturale , classico. Il Tasso non isdegnereb- be queste stanze per sue. Vedi una freschezza , un non so che di vivo per tutto, che ti ricrea nello stesso dolore , e direi quasi ti rende soave il parlare di morte. E se nelle due prime pur volesse alcuno di difficile contentamente dire , che vi è qualche orma di veccjfiezza , io non mi opporrò all'av- viso , pur che mi si conceda eh' ella è non indifferente alla vecchiezza d'Omero. Ecco alcune stanze. O da la sorte mia , de la mia vita , Finché piacque al destin, mite compagna , Non t'adirar se de la tua partita L'innamoralo spirto anco si lagna ; Varietà' 3G3 Se ancor vien sangue da la mia ferita , Che per tempo e ragion non si ristagna : Tu sai, tu stessa, che beata or sei , Ne l'involarti a me quanto perdei ! Lucida mente , generose voglie , Dolci parole , accorgimenti onesti , Amor di madre , carità di moglie , Umanissimi sensi, atti modesti, T'ornaron sì ne le dilette soglie , Ch' immenso desiderio anco ne desti , E con voce di duol senza speranza Te chiama ognor la vedovata stanza. Qual senno è il mio , qual cor ne l'ora , quando Le solitarie mense altri procaccia, E voi , figlie , cadete palpitando Per novello terror tra le mie braccia ! A cotanta pietà commiserando , Non rigo io no di lacrime la faccia ; Muto m'assido , e poi che sol rimango , Lascio il pan che mi è tosco , e fuggo , e piango. Fuggo e piango ; e dubbiosi a tanto eccesso Per me , per quelle misere, si stanno I due eh' ella mi die del miglior sesso , Fiorenti di virtù , spogli d'inganno. O figli miei, se nel paterno amplesso Ragion non ho di mitigar l'affanno ; Quest' è eh' io veggo di bellezza tanta Ne le mie case inaridir la pianta. 366 V A 11 I £ T A* Perchè giunto a l'età quand' uom soccomba De le miserie sue sotto l'incarco , Me chiuderete doloroso in tomba, E segnato cosi d'alto rammarco ; E perchè quell' angelica colomba , La qual m'aspetta delle sfere al varco , Wel chiedermi di voi, di nostra gente, Meco in cielo dovrà farsi dolente ? Mio diletto Francesco , ah I tu che sei La speranza miglior del genitore , S'ogni tuo voto precorrendo empiei , M'allevia tu da si gran lutto il core : Chi crederà che gli ultimi anni miei Non rallegrasse anche un pensier d'amore ? E pur se sdegni, o caro , i miei consigli , Io non vedrò del mio figliuolo i figli . . . G. L M. Tavole sinottiche di cose pia notabili della città di Fermo e suo antico stato, redatte sopra autentici monumenti da Giuseppe Porti conte canonico. Fermo i856 Tipog. ar- cit>. del Bartolini. Oe ad esempio di Lucio Floro Gestor. Uom. lib. i, di Lat- tanzio Firmiano , e dello stesso Dante nel convito, vogliam noi considerare l'età di un municipio come quella di un uo- mo , io ben mi avviso doversi rintracciare l'infanzia della città di Fermo al disopra della infanzia stessa di Roma , e V A 111 K T A.' 367 risalire a quegli oscuri e remotissimi tempi che i siculi , e quindi gli umbri e i liburni erano incoli e possessori deli agri Adriano Pretuziano e Palmense. Ma cacciarsi dentro a tanto prunaio di antichità, più che ardua cosa mi sembra opera da nen poterne uscir lieto , opera tenebrosa e senza speran- za di luce. Corse il tempo che gli ateniesi menavano il van- to di essere indigeni come la terra da essi abitata , e per tale dimostrazione si recavano intersiali fra i capelli e fra gli strofi alcuni emblemi di cicale, perchè questo insetto è generato dalla terra. Simile immodestia di origine, o poco me- no, fu qualche volta e arditamente imitata nelle istorie mu- nicipali. Sebbene ignota sia l'origine della città di Fermo, io non so che alcuno l'abbia mai recata al vituperevole orgo- glio di una antichità sì lontana : ed io mi guarderei dalla vastità di una pompa favolosa; però mi giqva , non facendole frode niuna , ricorrere alle parole del canonico Giuseppe de* conti Porti : Se incerta è l'origine di Fermo, questa incertez- za stessa è la miglior prova della sua antichità. Egli aiutato da ottimi scrittori , che le fermane cose hanno ragionate , rovistando acconciamente gli annali , e studiando con rettitu- dine sui monumenti, seppe raccogliere in tavole sinottiche , e disporre con metodo positivo le vicende, le scienze, le ar- ti , e lo stato religioso politico e civile della patria , cosic- ché ogni cittadino , il quale abbia interesse e caldo amore alle sue cose , non durerà fatica senza manco in gettandovi un occhio a comprendere la vita e l'età di lei piena tutta di felici reminiscenze. Ogni cittadino pertanto gli saprà buon grado per siffatto lavoro , il cui inerito precipuo è l'ordine e l'esattezza : poiché tu vi scorgi gradatamente questa patria medesima seguir le fortune della repubblica romana e dell' impero , irne vestila di un sirma glorioso , ripararsi all' om- bra di quella grandezza , e fede acquistarsi di colonia ine- spugnabile ; e quindi vincere a volta a volta le reità de' tem- pi , fra le izze de' municipii erigersi fortemente , non le- gata da improbe condizioni pattuire colla sua dignità , e pre- munirsi di statuti e di leggi intemerate , e respingere gli as- salti delle ruberie straniere , e tutta porsi fra le armi e le 36 1 Varisi a.' scienze a far nome di prediletta nelle istorie picene per co- tanta serie di uomini valenti e da senno. E voglia il ca- nonico Poi* ti esser grazioso sempre alla patria di tali doni , e voglia redigere l'ampia mole delle, sue memorie fermane spogliate di quelle viete e pompose fiabe , che spesse vol- te deturpano le istorie civiche , e fan gabbo , sulla maniera di Annio da Viterbo , alla santità de' giudizii j egli darà opera caritatevole ai presenti ed ai futuri, perchè si raccorgano i di- sviati , se mai venissero , di quell' ozio che assorbe la miglior parte della vita , rientri nel vuoto dell' animo il gagliardo studio pel vero , sia ribaciato il dittico della pace , e ripetuta la vulgar sentenza che concordia civitates costruuntur , di- struuntur autem discordia ; ed infine sia la larghezza di tanti esempi patrii eccitamento forte al valore, alla scienze, alla virtù. Serafino d'Altemps 3*70 3t2 373 ivi Errori incorsi nel voi. ij Pag- 3^6 lin. 7 •> )> 327 ivi 328 »» >> 2 6 7 JJ Ó29 *> 11 )) IVI 532 *> J7 7 5> 5b9 5> 29 6 6 3z seconda ganerale idei crudeli imperbole imitativi 3 degli undici N è e Gaspari non poteva feconda generale del creduli iperbole imitativi o simbolici 1 dei dodici & a Gasparini non si poteva NIHIL OBSTAT Aem. Jacopini Cehs. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Coli. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Cens. -Ph.il. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni O. P. Sac. Pai. Apost. Magister. IMPRIMATUR A. Fiitti Archiep. Trapezunt. Viccsg. 3G9 INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TOM. LXVII. DEL GIORNALE ARCADICO Nota de* collaboratori del giornale. SCIENZE Sorelli , Clinica chirurgica del R. liceo lucchese negli anni i833 e i834 ( continuazione e fine ) . p. 1 Bertoloni , Biografia di Ernesto Mauri p. 20 Piancianì, Istituzioni fisico-chimiche (art. If.) p. 2(5 De- Renzi , Statistica della litotomia eseguita col taglio laterale ed obliquo ce. p. 103 Ferrarese , Opere varie di medicina ec. p. \T2 Sorgoni , Sulle febbri intermittenti p. 138 Pianciani , Owa fossili rinvenute in Roma e ne dintorni. p. 158 if/e// , // cholera asiatico in Italia. p. 174 Tortolini , Calcolo de residui ( memoria 2" ) /?. 179 LETTERATURA Ode scalchi , Elogio di monsig. [Piccola Maria Ni- colai, p. J93 Dissertazioni della pontificia accademia romana di archeologia. Tomo f^I. p, 2"25 Montanari, Intorno lo stile e le opere del conte Cristoforo Ferri. p. 247 Ricci, Stato geografico e politico del Piceno do- po la guerra marsica ec. p. 252 ;,70 Cavalli , Elegie di Tibullo con alcune di Pro- perzio tradotte. p. 22i Schiassi e Ferrucci , Excerpta e lexico epigrafi- co morcelliano , e Lexicon epigraficum mor- csllianum. p- 228 Bellatreccia , Grazie dello stile. p. 284 Montanari e Polidori, Sulla Farsaglia di Lucano volgarizzata dal conte Cassi. p. 305 Santucci , Poche rime ec. p. 3 1 0 BELLE ARTI Betti , Sacra famiglia condotta in pittura dal cav. agricola sopra un bassorilievo del Buo- O'X'X narrati. P- ooo Jìambelli, Notizie di Pietro Antonio Meloni pit- tore imolese. p. 336 Varietà. Tavole meteorologiche. \1 \ Osservazioni Meteorologiche. )( Collegio Romano )( slprile i836. Ore ina. 1 8<- ser. sei: ma. 3 gì. sei- ma. 4 gi. ser. ma. 5 gi. ser. ma. 6 gi. ser. ma. ma. 9 £'• : ser. ma. lo «. ser. I ma. Baromet. 28/?. loZ/o „ o 8 „ „ 4 rp Termometro T max. i min. groiu. 7 5 , 5 o ! i3 ì ser. e1- ser. 27 11 4 _» 9 5 ,, 8 8 | 8 5 „ 9 3 » >• 7 „ „ 4 „ lo o „ 11 5 „ „ 4 » » 7 28 e o 27 11 7 „ „ o » » 6 _4 3 5 7 5 5 .__ 9 6 3 5 1 7 7 7 » 5 o „ 6 6 „ 8 5 „ 10 o „ ,, 6 » 11 4 ,. ,. 6 » » 9 i-i a 2 >i lo 3 » 9 4 4 5 1 7 1 1 6 5 12 8 5 7 25 7 » 4o 15 55" 8 42 Vento S. v. f. „ a. roggia O o S. V f. „ d. SO. i. pio. » m. I o li.75 gr. EflE.'m. I 4 00 11 5 9 12 8 5 5 ' '"."• ■£<• i ser. __>» » .7.. 7 9 7 "~6 12 6 TT 12 9 5 5 12 6 95 12 5 12 5 io 5 6 3a 18 i4 18 3 NO. d. 3 40 SO. f. S. m. pio. noi. Sii. m. 1 S. J. INO. „ NE. „ i 1 i5 N, q. O E\apor. Stato del Cielo li. 3 o nuvoloso I „ sole trai, cli.p.nuv.or. 4 » chiarissimo ser.nu.sp. chiarissimo 1 45 1 OO 28 N. d. .ncb.ur. SO. f. o O »7 N. f. 5 5 3o 4 e 2 3 z cli.onz.nu». nu.sol -trai. „ piove ser.nu.sp. nnvoloso nu.sol. trai, sci. mi sp. cliiar. ÌB -ser.nu.sp. nuv. cop.com. e pio, ! nuv. „ piove : „ sol.tral. cop. nuvoloso 1 5 3I0V. I z. eli o 7 1 5 nuv. ,, sol.tral. lutto cop. „ piove II 1 7 1 s ser.uuv.sp. nuv. cliiar. ser.uuv.sp. cliiar. ser.vap.neli. „ sol. pali. z.cliiar.ori.nuv. I [ 11U.0IZ p.cll. ,, sol. trai, tutto cop. u ...-.■ara 1 - ! 1 o P !'i fi 1 '7 ? 18 f l° 1 20 1(31 li L liaG 37 *8 'Ora Baromet. Terra. Termo Max. e0 i5 metro Min. lgrom. Vento Pioggia OD Eva por. Stato del Cielo ft ma. ba- 27/9. 9/1.0 » „ 1 ,,10 2 8° i4 9 5 5 ti 6 9 7 5 8 (3 25 56 N. f. NE. m. STI 0. „ n 0 1 2 3 tuUo cop. nu.sole trai, z.cli.oriz.nuv. lliti, gr- illa. g'- ser. ma. SL ser. ma. è'- ser. ,. „ 4 » » 6 „ 1 1 5 8 io 9 '9 43 8 pio.ab.gr. a'ii. 2 5 0 -5 t C nuvoloso i ì „ '« y » ., 9 6 1 j 0 i, i3 i7 iv. a. ,1 ">. 2 G . . i 1 li la iis&i ilio I 1 ser nuv. sp.. ■/. cli.onz.nuv. „ 11 0 » » 6 9 1 5 9 4' 3 S. in. 0 0 4 5o 1 8 nuvoloso |3 „ sole trai. \k ; : 5 ò .5 9 » 7 J7 i3 N. d. SO. in. s. a. 1 6 eluai issano § ser.vap. z.cli or.nur. ma. 8L sci: 2.5 u U „ „ 5 8 :5 9 5 5 5 «6 7 3j t\:sE.„ 0. ni. 0 0 pio. tuo n. 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I Ore mat, gl- 'i ser. mat. \mat. 4«-. lìlUt. 8>- mat. gì- mat. Sigi- 9gi- \ser. \mai. lo g'- ,ser. \niiit. ìi gì- ìser. \mul. 12 g'- .ser. mat 13 gl- ser. ìli al •i Sl- .5 Baromet. | 1 aSp. 7/1.0 ,,8 8 » 9 3 » 8 7 „ io 7 .,11 8 28 0 0 ,, 1 3 » » 6 » ., 7 » ,, 4 » 0 8 » ti a 27 11 6 | » •■ 0 . .,10 6 ] >» » 8 „ n'~'3~ » » 8 1 28 0 8 | » 1 2 1» #1 ° « 0 8 27 11 4 ! ,, ., ° i „ 10 2 ! ,7" S~~6~| »__9_j>J „ 10 0 ■ ,,11 6 a8 a 4 | ,, 1 5 „ ., 8 1 „ So „ 2 5 „ 3 2 11 » <> » « 8 tt~s~ „ a .8 .. .. 4 leim. lei LUDI esterno j mai. 0 lo 12 i3 9 8 5 10 5 11 6 5 6 5 12 b i5 8 5 5 5 i5 5 i5 8 £> 11 12 9 9 i4 5 i5 10 5 lo i5 16 13 5 8 ili 5 17 11 ò 1 1 i5 i5 10 7 -4 14 5 9 1 11 11 7 5 5 5 u 14 8 5 5 i5 16 9 8 i5 5 lo 6" 5 i5 u |5 nello , Igrom. min. 6 9 44 _ a4 i 5" 8 17 - I ;. 6 33 1 18 . I 7 01 14 8 5 3c 9 '3o 6 T io 5 9 '«7 60 17 [75" 47 34 16 Veuto SO. m. ,, Jorle 8, J. E. m. 80. f. E. d. o o S.. d. o o O. £ O O OSO. f. o O N d~ S. ni. N. d. NE. „ SO. „ o o O. m. S. „ NE. dT E. „ N. „ nneTitI NO. „ o o N.~d7 SO. f. E. d. N. „ SO. „ o o N. q. o Pioggia Evapor. Sialo del Cielo. li. li. 3 37 3 43 o 40 a oo p.m. 2 20 i 43 0 5 o 75 i nuV. „ sol. trai. ,, pio.in col. ,, piove „ sol.lr, z.cli.on/., vuf. U II V. „ sole Irai. pali, chiarissimo 1 i , nuy.aol.lnd. . hHP- con piove 1 7 L sole irai, L alc.stclle nuv. 20,, sol. Irai, chiarissimo pie. pio. * 4 ,, vap.or. nq sol.tial. «■l-pio. 1 « ! 1 5 1 6 2 25 , 5 O 25 3 8 2 4 1 6 „ pie. !i). ch.nuv.or. vap.nel ti DUV.Sij. Irai. j z.eh.ni uuv.sp. li cop.pio z.ch.oriz.vap. ,, nuv. 1! leg.sp. chiarissimo ser.nu. rg.s.lr. „ va 1>- nuvolo;. 0 chiar. ser. nuv . sparse cliiar. ser.va,, uuv.sp. , ni ìi ..sp. co.p. p ove — — — —— ■ ■'.t 'n^ ,«£* ' Termòmetro r lgiom Venlo I Pioggia lEvapor.l Stato del Ciclu rc&fiB£oaxuu ■r*WTOMl'l IéiIIMW llillIflllHH'l—lllin l'I i iii.i Osservazioni A/eleurologiehe )( Collegio Romano )( Giugno 1836. Ore mal. S1' ser. mal. gi- ser. mal. mal. SL ser. mal. 8*' ser. mal. ser. mal. ser. mal. gi. ser. mal. .1 er. mal. ser. mal. ter. mal. Termometro | Baioni •1, esterno max. aSp. il .0 12 ,, ,, „ 17 5 i8u il 0 9 io 7 « >) 7 12 » „ 4 18 ,, 1> tt 2 14 27 II s i5 " »> 7 J9 20 28 0 0 13 l4 - „ „ 2 „ „ „ 19 5 20 >> » ia 5 14 27 li 5 2o 20 „ » 7 i5 5 1» » 0 i4 „ 10 7 19 16 „ u 0 i5 J> >t 8 28 0 9 '9 23 >! ° ■>>' 10 lì ° 8 10 » J> 9 19 5 „ „ 1 0 '4 1 1 1 4 i5 l6 I, » 5 i4 ,, „ 7 i3 jj „ :9 20 „ 2 0 i5 2 i3 5 20 21 n „ 7 16 „ „ „ i4 „ ,, 6 20 2o » » 4 t2 „ Ti 5 „ l 8 18 18 J\ 2 0 14 5 T5 ,, 1 - „ „ 4 21 22 '1 >ì 7 16 „ „ 8 i5 „ » 9 2, 5 ] 22 « Il « 17 5 1 lgron ~3°' \T 44 4- li) 23 4 Vento | Pioggia neL. SO. m. o o o. a. 0 0 SO. d. s. „ pie.nio. o,ii.55 cop.neb. 1 7 i 11uT.sol.t1al. eli.oriz.vap. ' ser.niiv.snarse cliiar. tutto «se rj^z^L^n t&Gì ,-.'.jnwgra wSNsJ APRILE , MAGGIO E GIUGNO VOL. 199, 200 e 201. GIORNALE DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI «ffivisJ ROMA NELLA STAMPERIA. DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO BOULZALER 1836. isNgj* GIORNALE DI SCIENZE LETTERE ED AUTI TOMO LXVIII. LUGLIO , AGOSTO E SETTEMBRE 1836. ROMA NULLA STAMPERIA DEL GIORNALE ARCÀDICO niliSSO ANTONIO BOULZALER Memoria sui ponti sospesi a catene di ferro costrutti in questi ultimi tempi in Inghilterra e in Rus- sia; del cai>. di Wiebeking. Prima versione italia- na ili Basilio Soresina. Montova presso i fratelli Negretti i 834 ; in 4 di facce 3/\ , e nove grandi tavole in rame. c ^-Je fu poetico quel paragone fra le vene del corpo umano , e le vie di comunicazione nel commercio , certo non fu strano : perchè niuno può contrastare , somma essere la importanza di esse vie per la pro- sperita si agricola e sì industriale; quindi bene a ra- gione le più incivilite nazioni gareggiarono in render- le più perfette. E perchè gran parte di tal perfezio- ne dipende dal collocamento dei ponti, si rivolsero gli studi a quelle opere grandiose ; e si tentarono i mez- ii opportuni onde ottenere l'utile col minor dispen- dio possibile. I ponti sospesi di ferro , quelli di fer- ro ad arco, presentarono doppio vantaggio ; per essi è tolta la gran difficolta che s'incontra nella costruzio- ne de' sontuosi ponti di pietra viva ; essi producono assai notabili risparmi nella esecuzione. La memoria del cav. di Wiebeking, che il sig. Soresina ci die tra- dotta così in nota all' opera di Rondelet su i lavori di ferro , come stampata separatamente , parla dei soli ponti sospesi a catene di ferro ; e non di quanti se ne conoscono , ma di sei soltanto. Dopo una brevissima prefazione del traduttore, incomincia la descrizione del ponte sospeso eseguito da Telford in Inghilterra sullo stretto di Menai , che divide l'isola di Anglesey dalli» contea di Carnavon- 1* 4 Scienze shire : esso ponte nomasi anche di Bangor. Sin dal principiare del secolo presente l'architetto Rennie ave- va fatti diversi progetti per la costruzione di esso : nel 1810 e nel 1814 altri progetti furono presentati da Telford : pure il lavoro non venne incominciato se non che nel settembre 18!S ; e fu compito il 30 gennaio 1 826. Questo gran monumento ha due lun- ghe spalle di muratura ad archi : lo spazio fra l'una e l'altra spalla è di oltre a metri 180 ; esso è co- perto da uu tavolalo orizzontale alto 31 metri sulP alta marea ; vien sostenuto da venti grandi catene di ferro. La sua larghezza di nove metri è divisa in tre parti : la più stretta nel mezzo serve da marciapiede , le altre due pel transito delle vetture. La superficie del tavolato ha 1336 metri quadrati. In tutto vi sono 4520 catenoni , che pesano più di 240,000 chilogrammi : il peso delle catene coi loro 5520 anelli , 4 872 ca- vicchie a vite e dado di tre pollici di diametro , e le i332 cavicchie di pollici 1,/4 di diametro , che at- atlaccano i 444 sospensori, è di 200,304 chillogram- mi : i cento undici suoli di ferro pesano 25,400 chi- logrammi : i 444 sospensori 7,300 chilogrammi : tut- to il peso dei pezzi di ferro è di ghisa impiegati nelle catene , nelle opere sospese , e nelle otto paja di rinforzi, è di 643 tonnellate, i5 quintali , 2 li- bre e sette once; cioè chilogrammi 654,104 ( a peso romano circa libre i, 028,000). Qual peso enorme ! Vetigon dopo le notizie sul ponte di Conwar , che mette in comuuicazione V Inghilterra coli' Irlan- da. Provis lo incominciò nell'aprile i822; fu ter- minato riell' estate del 182(3. Ha i05 metri di apertu- ra ; l'area del ponte s'innalza i5 piedi sopra la più alta marea ; ha sole otto catene di sospensione ; ogni catenone è formato di 'S barre; il parapetto di ferro e allo 5 piedi ; il numero de' sospensori in tutta la Ponti dì Fkrro .r> Costruzione è di iGO ; io ciascuna linea di catene di sospensione sonovi 4c cale Boni ; la superficie del. ta- volato ha metri quadrati 393. Il ponte di Hanimers- mi/h, eseguito dal 182') al iSaì da Tliicrtiey Clark , ha di apertura i30 metri ; di larghezza circa undici , oltre a due dei quali per ogni Iato son destinati pei passeggeri , il resto per le vitture : 36 sono le cate- ne di sospensione ; 46 i catenoni in ciascuna linea di catene di sospensione ; il numero totale dei sospen- sori è di 756 ; e la superficie del tavolato ha me- tri quadrati i030. Seguon poi le notizie dei tre ponti sespesi co- struiti a Pietroburgo dal generale De Traitteur. L'uno dicesi egizio , perchè le catene di sospensione po- sano sopra sei colonne ' egizie di ghisa ; ha circa 5-} metri di apertura ; 3 di larghezza : gli altri due, a solo uso dei pedoni , diconsi de' grifoni e de' l'ioni ; per- chè quattro grifoni colossali di ghisa sostengono nelle fauci le catene dell' uno , quattro lioni quelle dell' altro : il primo è in lunghezza 22 metri, a5 il secon- do : tutti e tre incominciati nel *825 , furono aperti nel 1.820. Questa memoria è molto interessante ; racchiude belle notizie istoriche intorno i sei ponti di cui trat- ta , e specialmente su quello di Menai ; da utilissimi ragguagli circa i metodi usati nelle costruzioni ; ac- cenna le difficolta incontrate dagli ingegneri , gli ar- tificii usati per superarle ; presenta ottime regole pra- tiche per l'eseguimento di tali opere ; e termina con una esposizione generale delle parti essenziali di tutti i ponti sospesi a catene di ferro fatti in Europa sino a tutto il >832. In una tavola ne ricorda cinque in Inghilterra (oltre i tre descritti, quello di Drjburg, l'altro sul Tweed); cinque a Pietroburgo (quello della posta e quello di Pantaleimon, oltre i tre ricor- ti S C I E N 2 K dati ) ; uno t'uso in Inghilterra per l'isola Borbone ; uno sulla Senna a Parigi : uno di Sofia a Vienna ; uno sul Lahn presso Nassau. Non sono però epiesti quattordici i soli che si conoscano : sen:a dire dei molti che sono nell' America settentrionale , dove pri- mamente furono usati, certo assai più di cinque ne conta l'Inghilterra : nella sola Francia i fratelli Seguili ( i quali sostituirono ai catenoui di grosse verghe di ferro , i fasci di filo di ferro ; e con provata utilità ; nota essendo la proprietà del ferro di divenire tanto più resistente , quanto più viene assottigliato dalla filiera) dal iSa5 in poi ne gettarono 28. Vogliamo accennarli : sei sul Rodano , a Valenza , Vienna , Lagnew , e Beaucaire •. tre suHn Vienna , a Ckau- vigny , all' isola Boucliard , e Aux Ormes : tre sulla Loira , a Port-Boulet , a Salir , ed a Feurs : tre sulla Senna , a ISeully , a Parigi ( ponte Luigi Fi- lippo ) , a Rouen : due sulla Durance , a Pertuise ed a Cavaillon : due sull' Ardeche , a Valz ed a Vii" le : due sulla Sonna , a Lione ed a Saint-Bernard : due sulla Garonna , a Marmand ed a Saint-Bernard : uno sul Gard a Rernoulins : uno sull' sJin a Cha'.ey : uno sulla Marna a Petite -Brio-, uno sul Tier a Ker- melo : uno sulla Mosella nei dintorni di Metz. E nel solo Parigi , fra diciannove o venti ponti sulla Sen~ na , quelli di Austerli: e delle arti son formati di archi in verghe ferree fuse ; il piccolo ponte d'Arcole fu la prima applicazione del sistema di sospensione i:i verghe di ferro, seguita poi negli altri due de- gli Invalidi e di Berry ; come, se il primo modello di un ponte sospeso in filo di ferro fu il ricordato di Luisi Filippo , venne poi dal Polomeau gettato qucl- lu dei Carrousel con modo di costruzione affatto nuovo. Anche vogliamo ricordare in Isvizzera il ponte di Ginevra ; e quello sul fiume Saraina nella strada di* Ponti di ferro T Berna a Friburgo, opera di Clialley , il più lungo che si conosca , avendo 260 metri di lunghezza. Pres- so la citta di Vienna iti Austria V ingegnere Ivan Mitis fé' costruire sul Danubio un ponte, sostituendo a quelle di ferro , catene di acciaio , credesi con uti- le si per la solidità , si per la economia. Né lascere- mo senza menzione alcuni ponti effettati in Italia. Non sappiamo se sia incominciata la costruzione dei due sull' Arno ne' contorni di Firenze , fuori le porle S. Nicolò e al Prato , accordati dal sovrano con re- scritto del i3 ottobre 18*5 ai sopranominati fratelli Seguiti di Parigi. Il primo ponte sospeso di ferro che si ebbe in Italia, fu quello di Padova sulla Brenta, opera del colonnello Galateo , terminata nel 1828 : poi surse l'altro sul Gcirigliano in Terra di lavoro aperto nel iS3i , e diretto dal cavalier Giura : quin- di quello sulla Cecina in Toscana e lungo otlanta metri , largo cinque, diretto dal cav. Larderei, e so- speso a sei catene doppie , due delle quali di soc- corso. Che se , come dicemmo nel principio di quest' articolo , dal buon collocamento dei ponti ne deriva molta Utilità alle vie di comunicazione ; e se le di- verse nazioni gareggiarono onde formarli col minor dispendio possibile : anche maggiore fu la cura usata per la migliorazione delle vie. Per analogia di subiet- to , faremo qui menzione di alcune (di tutte sareb- be assai lungo) a rotaie di ferro, non da molti anni terminate , o in costruzione. Nelle provincie unite di America , secondo un prospetto pubblicato per ordine del congresso, se ne contano quarantasei già compite, centotrentasette iu progetto, la Egitto si sta formando quella che traversa l'istmo di Sue* : l'altra che a Suez conduce dal Cairo vien diretta da Waghorn.Sono in pro- getto quelle da Trieste a Pene ia ; da Arona a Genova H S C i E N Z F. ed a Torino. In Francia son già terminate quelle da Saint-Etienne alla Loira, lunga 21 , 2<*$5 metri; da Saint-Etienne a Lione, di sessanta mila metri ; da Andrezieioc a Roanne di 68 mila metri ; da ///nw a Beaucaire di 70 mila metri ; da Epines al canale di Borgogna di a8 mila metri : e sono in progetto quelle da Parigi ad Orleans ; da Parigi a Pontoise ; da Parigi a Saint- Germain ; da Parigi a Calais; da Z/o- rce a /Marsiglia ; da Tolosa a Montauban. Nella Ger- mania fra le terminale , le incominciate , le sempli- cemente decretate, se ne contati ventilila : due da El- berfeld , alla /?oer e a Dusseldorf : quattro da Z?er- Z/ho , a Postdam , a Lipsia, a M agonza , a ifte£- fcVjo , tre da Lipsia , a Dresda , a TVurzen , a Tl/rt- gonza : due da Pierina , a Lember^a ed a Trieste : e quelle da Norimberga a Furth; da Colonia ad ,/^rt- verra ; da Minden al 7?e/zo ; da Monaco ad Augu- sta ; da Annovra all' ./?/&« ; da Brema ad Anno- erà ; da Stuttgardia a Kanustadt; da Francoforte a Ma gonza ; da Manheim a Basilea ; da Neustadt ad Allotta. In Inghilterra ne ricordiamo otto da Zorc- */ra ; a Birmingham cioè , a Greenwich , a Brigh - £o/z , a Croydon , a Gravesend , a Blackwall , a Dou* vres , a Southampton -, una da Liverpool a Man- chester ; una da //«// a Selby ; e quella Great- J We- stern \ e l'altra North- Midland ; e per tacerne as- sai più , quella che da Londra passando per ,Fbr& deve giungere ad Edimburgo. Essa strada si congiun- se con le altre di ferro di Leeds e di Selby : al- lungasi poi da KorÀ- a Cailisle , e s'incontra in quelle di Stucton e Darbington , di Pickeriny e Whileby , di Casi le e Carli sle : da Carli si e continua ad Edim- burgo e Glasgow, a Mossat si divide per unirsi alle altre pure di ferro da Dalkuth ad Edimburgo dall' una parte , e dall' altra per Hamilton nella direzione Ponti ni Ferro 9 di Glasgow : impresa immensa , alla quale potrà ap- pena far fronte il capitale degli azionisti di tre mi- lioni e mezzo di lire sterline. Ora chi non vedesse la molta utilità di queste stra- de , può desumerne la certezza dai fatti seguenti. Per la ricordata da Londra a Manchester furon pagale per ogni azione ìOO lire sterline : in oggi , ogni azio- ne ha di valore 22O lire : per quella da Londra a Birmingham furono sborsate venti lire per azione ; at- tualmente ogni azione vale 97 lire. Ma chi vorrà ne- gare la grande utilità di queste strade , in que' pae- si specialmente ne' quali l'attività deli' industria e del commercio sono nel massimo incremento ? Esse dal lato della celerità , da quello dell' economia del tra- sporto la vincono d'assai sopra le migliori strade co- muni. E' computo fatto, che per trasportare un peso di mille chilogrammi nella migliore fra le strade Co- ti O muni è di bisogno una forza uguale a quattro ; men- tre in una strada a rotaie di ferro è necessaria una forza uguale ad uno ; dunque la resistenza è quattro volte minore nella seconda ; e quindi in essa con ugual forza si trasporta quadruplicato il peso. Anche è pro- vato l'utile sii per la economia, si per la celerità; sta in proporzione maggiore della indicata. Infatti la strada a rotaie di ferro nel Belgio da Bruselles a Ma- lines , primamente aperta il di 8 maggio 1 835 , fu percorsa da tre carri a vapore, cui ne erano accodali altri trenta , in soli cinquanta minuti ; nel ritorno tulli e trenta i carri furono accodati al solo carro detto l'Elefante , e non perciò v'impiegò tempo maggio- re, lu pochi minuti si percorrono due leghe da Lon- dra a Greenwich : da Parigi a Londra si fa il viag- gio in meno di i4 ore: da Londra a Dublino in meno di dodici. Cosi mercè del ferro e del vapore (seri- 10 S C I E N 2 t veva il Baruffi), i due elementi incoercibili, lo Spa* zio ed il tempo , restano quasi annullati. E perchè intorno il vapore venne il nostro di- scorso , ci sia perdonato se alquanto più lo produ- ciamo innanzi. Chi ignora come una enorme leva a vapore , nella strada di ferro vicino a Saint-Etienne, solleva una gran vettura con trenta viaggiatori e tutti i bagagli ad un tempo? Chi non sa che per il va- pore una macchina nella zecca di Londra riduce in pochi istanti essa sola Toro e l'argento tu moneta ? Chi non conosce che uria macchina a vapore taglia e cuce a centinaia in un giorno le scarpe ? In Parigi una carrozza a vapore, detta il rimorchiatore , trae dietro a se due omnibus con cinquantacinque per- sone: in Edimburgo il Mac-Farlane ebbe surrogato una macchina a vapore del costo di soli quaranta fian- chi al cavallo nel biroccio per una persona .- il Wi- sthon in America fabbricò un legno a vapore , del quale si può far uso e per terra e per mare : in In- ghilterra una macchina a vapore per l'agricoltura , lavora , polverizza , livella , semina ed erpica il ter- reno sopra una larghezza di 10 a Ì2 piedi, e con la celerità di cinque in sci miglia l'ora. Il Matthieu ha depisto al ministero dell'interno a Parigi il modello di una macchina a vapore , la quale percorre sessan- ta leghe all'ora : il West ad Castel in Cornovaglia con una macchina a vapore innalzò di un piede un peso di 90 milioni di libre , senza altro fuoco che quello di uno staio di carbone : fu forza del vapore , se il ricordato Baruffi potè leggere a Londra sul Times, alle undici della mattina del mercoledì , il discorso pro- nunciato nella mezzanotte del lunedi precedente in Edimburgo da lord Grey in un pranzo : è forza del vapore se un inglese può comparire la sera in socie- tà tutto vestilo di panni nuovi , per fabbricare i quali PoWTl DI FEIVRO 1 1 solo la mattina si è tosata la lana alle pecore : e s« in Francia nel 1 834 contavansi circa mille macchi- ne a vapore della forza di 14 in i5 mila cavalli. Neil' Inghilterra nel i8l() ne esistevano dieci mila di una complessiva forzadi seicentomila cavalli ( ossia di tre in quattro milioni d'uomini ) , e producenti una eco. nomia di tte in quattro cento milioni di franchi ; ed in oggi i resultamene si calcolano il doppio. Ma , per legare queste invenzioni al subietto del nostro articolo , diremo che assai utilmente il vapore fu usalo come mezzo di comunicazione sulle acque. Or chi potrebbe nove rare tutti i battelli a vapore che percorrono i mari diversi ? Per dire di alcuni , più di venti tagliano le acque dell' Erie ncli' America setten- trionale: per la navigazione fra l'Inghilterra e gli Stati Uniti sonovi quattro legni a vapore, della portala di 1200 tonnellate , ossia della forza di 200 cavalli ognuno ; ogni 14 giorni evvi partenza da Porthsmoulh e da Nuova York ; la lontananza esseudo di 3500 miglia inglesi, il tragitto si fa in ragione di oltre a dieci miglia l'ora: un battello detto V Oceano mantiene la co« muuicazione tra Falmouth e Nantes. Sul Mediterra- neo due battelli inglesi partono settimanalmente da Mar- siglia , e ne partono due francesi ; due napoletani viag- giano da Napoli a Marsiglia ; uno sardo parte ogni sabato da Genova per Livorno , ogni mercoledì da Livorno per Genova ; uno francese ogni settimana va da Livorno a Marsiglia ; dieci pachebolti a vapore son destinati dalla Francia per la corrispondenza con Costantinopoli ; in breve ne avremo uno da Fiumici- no a Napoli. Anche l'Adriatico è tagliato da battelli a vapore per le comunicazioni fra Venezia , Trieste , Ancona , le isole ionie ec. Da Ostenda si va a Lon- dra in sole quattordici ore , ed è calcolo fatto che il viaggiatore paga appena tre quatrini per un miglio 12 Scienze inglese ' da Lione a Chalons si fa tragitto in dodici ore : nel Reno da Colonia a Magonza fra andata e ritorno impiegansi trentadue ore : sul solo Danubio contansi in attività sette battelli della complessiva for- za di 43S cavalli ; ed a Nuova York Bnden inven- tò un battello a vapore per la navigazione dei ca- nali , di tanta velocita , che in un' ora percorre da 20 a 25 miglia. Dicano pur dunque taluni , esser questo il secolo del vapore , il secolo del ferro : non veggiamo come si possa contrastare la molta utilità per il commercio industriale e per l'agricoltura , il molto risparmio di tempo , l'avvicinamento de' luoghi prodotto dai ponti e strade di ferro , dalle macchine e battelli a vapore. G. G. Dei prezzi de generi di grascia , del barone Duri' ni. Napoli tip. Plautina 1 836 in 8. P v^omiucia l'autore dicendo cogli economisti , nulla essere più acconcio al bene del commercio ed al mi- glioramento dell' industria, quanto il lasciare ad ognu- no liberta di vendere, comprare, Contrattare senza porre ostacoli e impedimenti. Ma esaminati gli abusi di una liberta , che si couverte pure in licenza , viene a questa conclusione nelle circostanze particolari del suo paese singolarmente. „ Conchiuderemo (sono sue pa- ,, iole) per la necesita de' prezzi quindicinali de' ge- ,, neri di grascia , il bisogno delle voci annuali di „ molle nostre produzioni agrarie , la giustizia , il Prezzi della! <;n\sciA V.S „ bisogno e la convenienza ili fissare il prezzo delle „ granaglie in maggio. Vorrebbesi qualche riforma , ,, ed un ordinamento generale sulla maniera di sta- ,, bilire questi pubblici prezzi , e la destinazione de' „ luoghi ne' quali questo determinazioni sarebbero „ sanzionate e falle di pubblica ragione. Le conoscen- ,, ze de' consigli distrettuali o provinciali potrebbero ,, giovare nell' applicazione di questi generali prin- „ cipj. Della liberta della vendila de' commestibili „ di uso comune ogni decurionalo potrebbe disporre „ a suo modo per un anno , secondo le circostanze. „ Giammai determinazione arbitraria de' prezzi de' ge- ,, neri , in qualunque aspetto la cosa si presenti , ma ,. si bene determinazione nascente da libere e spou- ,, tanee contrattazioni per le quindicine e le voci. ,, Non debbono comandarsi i prezzi : venda ognu- ,, no a suo talento ; ma da queste libere vendile ,, nasca l'adequato , che rimangasi per norma delle „ vendite pubbliche de' commestibili per uso del po- „ polo meschino , de' contratti de' generi a prezzo ,, determinalo , del valore de' generi nelle verifiche ,, giudiziarie. Avrassi cosi la tanto desiderala liber- ,, la di commercio , senza esporci alla licenza , al „ monopolio , all' intrigo , che saranno allora ,, dalle leggi e dagli statuti infrenati ed impe- citi. « Ben fu savia la massima scolpita dai greci nel tempio delfico: nulla di troppo. E' vera altresì nelle cose di economia , dove tutti eccessi sono dannosi, e il meglio sta in quel mezzo desiderabile tra il fre- no eccessivo e la licenza : del qual mezzo poteva dare esempio all' autore la saviezza de' provvedimene economici posti dal nostro governo , ed in parte in dicati già prima di altri moderni pensatori da quella- mcntc profonda del professore Luigi Valeriani Beli' 14 J5;« ii,R z,.i aureo libro Del prezzo : Bologna 18O6; non ci- tato dal Durini , e mal conosciuto dal Pecchie Gio- va riferire le parole del lodato prefessore sull' ar- gomento a pag. 1 62 e segg. del suo libro, onde sappiasi generalmente , che la luce delle sane dottri- ne economiche balenò a noi puma che ad altri ■. . . ,, „ S'egli è vero (cosi il Valeriani), che una niedici- ,, na negativa, che il non far nulla, che il lasciar „ fare possa tener lontana una carestia , per cui un „ aumento del prezzo reale dei generi ; egli è vero „ altresì , die quando pur venga; benché non sem- „ pre , pure il più delle volte si può imbrigliare „ dall' umana prudenza per via di fatti ; sicché non ,, giunga agli eccessi. „ Finora (prosegue) si è generalmente credulo, t, che le tariffe servano a questo , od almeno si è „ mostrato di credere così dall' universalità de' prati- „ ci , mentre i teorici hanno grandemente ragionalo ,, contro una simile pratica assurdissima. Io però non „ darò tutto il torto a' pratici in tali date circo- ,, stanze , e premesse certe operazioni : fuori di quel- ,, le , e senza di queste non evvi cosa certamente „ più assurda delle tariffe, e più conducente ad un ,, fine opposto a quello stesso , che mostrarono di ,, proporsi. Ma quali sono le circostanze in cui , „ le operazioni dopo le quali convengono le tariffe? ,, L'ottimo in astratto è pur troppo non rade volte „ il nemico del bene pratico. Suole un condottier ,, d'arme, ancorché venga a dare una battaglia cam- „ pale, ciò non ostante tener sempre in serbo una „ buona mano della sua gente a piedi ed a cavallo, ,, non tanto per dar addosso e pe' fianchi al ne- „ mico, quando sia pressoché sbaraglialo , quanto per „ coprire a se stesso la vitirata , ove venisse ad ,, avere egli la peggio ; ma non sarebbe egli stato Tkezzq della grascia 15 „ miglior partito udoprar tutta la sua gente 3c mercatabili ; delle ricerche critiche ed economi- Economìa pubblica 21 ,, elle sopra le monde di conto in genere : una dis- „ seriazione contro Adamo Smith sull'unità monela- ,, ria di conto : in cui scende ad un* esposizione ,, del sistema monetario degli antichi romani : euV i ,, anche pubblicò un'apologia della formula P == ,, contro l'autore del prospetto delle scienze econo - ,, miche, a cui aggiunse un discorso apologetico a ,, sostegno di questa : e finalmente un trattato del „ cambio traiettizio. In tutte queste opere egli mo- ,, stia esattissime cognizioni di ogni sorta di dot- „ trina e profondita nelle scienze economiche , e si „ rende sostenitore de' più saggi principii di economia a ,, a favore sia della libertà d' industria , sia di com- „ mercio , onde meritevolmente questo scrittore ha ,, ottenuta celebrità anche presso le estere nazioni. ,, Osservo poi a sua special lode , avere nelle ,, indicate opere fatto alcune dotte osservazioni sulla ,, proprietà e garanzia sociale ; trattando del prezzo , e ,, particolarmente di quello della moneta conobbe la ,, natura dell' utilità assoluta e dell' utilità speciale ,, delle cose, con dire: II volgo crede che il loro ,, pregio sia non relativo ai nostri bisogni , ma asso- ,, luto, insito in loro quasi parte della loro essenza. „ Ed aggiunge: Non negheremo avere le cose un pregio ,, loro assoluto , come parti di questo bel tutto che ,, mondo ed universo chiamiamo. A lui si deve so- ,, pia lutti il vanto di aver riconosciuto lo stretto ,, legame che hanno fra loro la legislazione civile e „ l'economia col mezzo dei priucipj" di giustizia : e „ quantunque in alcuni argomenti possono essere le ,, nostre opinioni diverse , ciò non toglierà mai che io „ non renda al medesimo un omaggio vivo e sincero ,, della più grande stimi , anche per le estesissi- ,, me cognizioni nel diritto pubblico e nella giuris- ,, prudenza. ,, 22 Scienze Avemmo occasione di notare in questo giornale le opere e le lodi del professor Val enani ( Tom. XL pag. 380 , e Tom. XLVII pag. 169 ) : ne parlò la bi- blioteca ilaliana nel suo num. 1 58 pag. 2(>(> , ed al- trove ; onde non poteva ne doveva lo storico dell'eco- nomia pubblica ignorare il merito del lodato profes- sore , il maggior numero delle opere di lui , oltre il trattato del prezzo , che appena si è degnato accenna- re col nome di dissertazione. Ma egli lasciò di ri- cordare anche Michele Agazzini italiano, che nel iS22 pubblicò in fracese un'opera sopra l'economia politica , della quale parlò il Bosellini in questo giornale ( Tom. XXIX pag. G3 ). E non fece motto dell'abate Marco Mastrofmi noto per la discussione sulle usure (Roma i83i ): né di Eutimio Carnevali noto pel suo ragionamento sull1 Tnduttria nazionale , e pei pen- sieri Sul ristagno dell' industria e del traffico , e per altre cose publicate in questo giornale negli an- ni iS29, I.S30 singolarmente: non rammentò Emidio Cesarini lodato dal Romagnosi pe' suoi Prìncipi del diritto commerciale , .di cui il primo tomo usci fino dal 1 827 ; non rammentò l'ottimo monsignor Mori- chini autore di Memorie assai lodate : né Stefano Camilli , che propose sino dal giugno iS29 in questo giornale un Sistema di compensazione , od assicura- zione mutua dai danni meteorici nei principali pro- dotti rurali : né il signor marchese del Drago ; né tan- ti altri gravi ed utili scrittori dello stato nostro , per tacere di quelli, che in Sicilia e in altre parti più. chiare della nostra Italia pongono il senno e l'opera alla scienza della pubblica economica , e meritavano almeno di essere nominati. Ma 1' autore ha dettato forse il suo libro lungi dalla terra natale , e per le nebbie interposte gli fu tolto il vedere o il veder bene in questo cielo , dove la luce del vero e della Economia puhdlica. 23 religione risplendono congiuntamente. Comecché sia , doveva annunciare il suo lavoro come un primo ten- tativo , e non già con quel tuono di gravita , che si fa ammirare da pochi , e non persuade gli uomini di mente sana e di cuore sincero. D. V. Rivista di alcune opere italiane di medicina. I. Leggi fisiologico-palologicìie , dalle quali desumer si dee principalmente la scelta e fuso appropria- to degli eccitanti, dei deprimenti positivi e nega- tivi, e degf irritanti : del dott. Fulvio Goz~i prof, nella pontificia università di Bologna. - Ivi 1835. n i, «-/ala una malattia dinamica , trovarne il rimedio proporzionato e conveniente. ,, Alla soluzione di questo problema , che il eh. N. A. presenta ai suoi discepo- li , fa stima egli potersi aggiugtiere alili dati , oltre quelli già proposti da non pochi valenti medici. E sic- come , per quanto spetta alla general terapia , non debbono essi dati desumersi se non da certe ed im- mutabili leggi fisiologico -patologiche:; quasi al nume- ro di 12 egli le offre in modo aforistico nella pre- sente memoria da tenersi in continuazione ai suoi Fon- damenti di terapia generale e di materia medica , di cui si tenne già proposito in queste carte al voi. di agosto 1831. Non prestandosi queste leggi ad es- ser compendiate , perchè già iti modo aforistico es- presse , ci limitiamo a trascrivere la prima , da cui direttamente derivano le altre. ,, La forza , o quantità 24 S é i e k z k „ e qualità dei rimedi eccitanti , deprìmenti , ed ir- „ ritatili debbonsi adattare , per quanto è possibile, „ alla eccitabilità , ovvero al grado di reazione vi- ,, tale, e come dicesi , di tolleranza di un indivi* ,, duo e delle sue parli.,, Promanano da questa le al- tre leggi , poiché la reazione vitale si cambia o s'in- verte per la qualità e quantità delle potenze che ope- rano sull* organismo vivo , conforme allo stato sano e morboso ed alle circostanze individuali- Cos'i nel- la 2," 3," 4," e 5," legge si da ulteriore sviluppo alla indicata reazione ; nella fi," si discorre, perchè non pos- sano insorgere e coesistere dite eminenti irritazioni in varie parli del corpo senza che l'uria prenda incre- mento con diminuzione dell' altra , donde proviene la utilità della cosi detta contro-irritazione; nella 7,"1 si tratta della legge di abitudine , in forza di cui l'azion ripetuta di una medesima sostanza rende la parte meno idonea a sentirne l'impressione e reagirvi ; nella 8," si avverte a valutare la durata dell' effetto surto per l'azione di un rimedio usato ad alta dose , per co- noscere se abbia luogo , e come , la ripetizione di esso , e quivi pur si discorre del tempo in cui ab- bia luogo la cura per compensazione ; nella 9," re- lativa pur alla precedente, si mira all'avvertenza di norma da tenersi nel riassumere l'uso di farmachi già sospesi dopo averne spinto ad alle dosi l'amministra- zione , ovvero surrogarne altri , come emerge nella 10," nella 11," e nell'ultima. Affinchè poi torni più fa- cile , più esatta e sicura l'applicazione di esse leg- gi , varie circostanze occorrono altresì a valutarsi , come la età, il sesso, il temperamento , la idiosin- crasia , le abitudini e metodo di vivere , la profes- sione e mestiere , il clima , la costituzione e le va- rie stagioni dell' anno , l'abitazione , le affezioni di animo ; cose tutte , che valgono a mutare d'assai la Medicina 25 reazione tlella fibra viva, o la tolleranza per le po- tenze in genere , ed in particolare pe' rimedi. Dalla scrupolosa indagine di siffatta tolleranza, che debbesi colf ajuto delle rammentate leggi istituire , uopo è dipartirsi come da principal guida per ordinare e pro- porzionare la qualità e quantità dei rimedi eccitanti, deprimenti ed irritanti che richieggasi nel principio e nel seguito della cura per sanare tuto, cito et iu- Cìinde un infermo affetto da malattia dipendente da eccesso o da deficienza di stimolo , non che da slato di controstimolo e d'irritazione. II. Memoria sulla natura e cura della commozione e delle lesioni violenti in generale : di Giuseppe Martino dottore in medicina e chinirgia. - Na- poli ce. ec. ec. Pien di caldo zelo il N. A. imprende in quest' opuscolo a dimostrare l'inganno, già da moltissimi co- nosciuto , di avvisare fomentato da debolezza il primo periodo delle violenti lesioni , e che perciò non po- chi ancora opinano doversi trattare cogli eccitanti. Studiasi a tal effetto chiarire vie meglio questo pun- to di patologia chirurgica, confermandolo con le pro- prie osservazioni : e resa evidente l'erroneità del pe- riodo di debolezza co' fatti e colle ragioni, sostiene a buon senno esser sempre di vita accresciuta quel periodo, e sanabile unicamente col metodo antiflo- gistico , la utilità di cui vien pur fiancheggiata da fa- vorevoli risultanze. In due parti divide il N. A. la sua memoria , esponendo nella prima l'origine e l'an- damento istorico di alcune proprie osservazioni in un col metodo da esso lui tenuto nella cura di commo- zioni e di altre violenti lesioni ; e nella seconda le sue Riflessioni sulla natura e cura della commozione e 2G Scienze e delle lesioni violenti in generale. In tre articoli è suddivisa ha seconda parie, esaminandosi nei mede- simi : Qual è la maniera di agire delle violenti le- sioni ? - Qual n' è la natura ? Qual n' è il me- todo curativo ? E col sostegno di ragioni di fat- ti , di autorità , di analisi dei metodi curativi im- piegati conchiude , che la maniera di agire delle vio- lenti lesioni è quella d'irritare ; che la natura è. sem- pre di stimolo : che il metodo rinvenuto il più gio- vevole è fin nel nascere il debilitante , il deprimen- te , coli' avvertenza di non incorrere in estremo vi- zioso , ma sibbene serbar modo e dar tempo. Nel- la serie dei compensi controstimolanti e debilitanti , eoli si loda singolarmente dei replicati salassi, dell* applicazione di sanguisughe, del tartaro stibiato , dell' acqua eòobata di lauro -ceraso , e più di ogni altro dell' applicazione della posca diacciata sul luogo do- lente , seguendo la pratica dell' ili. Boyer. - La me- moria del sig. Martino è scritta con eleganza , con erudizione , e con la scorta dei più accreditati prin- cipii della nuova dottrina medica italiana. Ili De tuta quadam et praecipua morbum scrophulo- sum curati di methodo , dissertatio habita in acca' demia scientiarum instit. bonon. a prof. Fulvio Gozzi ec. ec. - Bononiae ec. 1834. La lusinga di possedere la promessa seconda par- te della enunciata dissertazione ci ha intertenuti fin qui a render conto della prima ; non volendo per al- tro ulteriormente defraudare i lettori delle utili noti- zie in questa contenute , ci riserbiamo tornar sul pro- posito tostochè ne verrà dato conoscere la seconda. Non può impugnarsi , che oltremoJo malage- vole riesca al medico la cura di si ribelle malore t Medicina 27 comechè snapte natura medtlae impatiens , medicam- qae artem saepe saepius eludens oc fallens. Inten- der qui vuoisi della scrofola legittima , che costitui- sce un morbo essenziale , come dicono i pratici , ed universale , non della spuria , riè della secondaria. Di quella imprende il eh. prof. Gozzi a discorrerla, es- ponendo le ragioni dalle quali è sostenuto il suo me- todo terapeutico , eh' egli ha rimarcato nella sua pra- tica susseguito da prospera risultanza : ed appellan- dosi al giudizio dei dotti , perchè sancito sia o ri- provato il suo divisamente Declinar però volendo egli dalla comune terapia , perchè non sempre torna- tagli soddisfacente , pria di abbracciar novello meto- do premise a se stesso il seguente raziocinio , che qui giova trascrivere per intendere i' aggiustatezza delle sue norme curative. ,, Quaecumque gianduia obdu- „ ruerit , naturamque suam sic mulaverit , uli scro- „ phula seu struma facta sit , non absurde conside- „ rari potest taraquam abnorme quidpiam corpori ad- ,, ditum , suis jam vi ri bus aut omnino , aut maxima „ ex parte vegetans; deniqne, ut paucis rem expediam, ,, taraquam extranea quaedam slirps alque adeo qnod- „ dam animantis gcnus corporis lexturae insitum , iti ,, eam illatum , atque ibi vix aut ne vix quidem uni- „ versalis vitae partera habens , propriaque jam fere „ virtute succrescens parasitico more , non sinc vi- ,, cina rum parti una jactura , toliusque microcosmi di- „ scrimine , quicum puguat novus ille orgaoismus , ,, haud vincendus , pisi direcle comprimatur , atque „ ab sede , quam occupavit , fuuditus radicitusque ex- „ turbetur. - Propterea scrophulas fere eia vis assimi- „ larem , ac verrucis , atque hydatidibus, quae vege- ,, tantia sunt aut animantia membris inserta , ncque ,, buie sentcntiae adversatur haereditaria ea dialhesis , ,, de qua supra verba fecimus. Potest enim in Iioc 23 S e i i: n z e ,, sila esse cìiathesis ejusmodi , quod giambi lae non- ,, nullae vilio quodam primigeniae struclurae procli- ,, ves sint ad eam degenerationem , propfer qtiani uui- „ versalem vitam dimittunt , ejusque participes fieri „ desinunt , et peculiari modo vivere incipiunt , seu- „ sim ac pedetentim evan escent ibus iis velati vincu- ,. Iis, per quae priori vitae jungebanlur , prout no- ,, vum peculiare vivetis systema evolvitur, pullulat, at* „ que exeritur. Subii Ha liaec nonnullis ridebunlur , ,, atque a communi palhologorum ratione aliquanli- ,, sper longinqua ; veruni non aliler apud neotericos ,, clarissimi nominis putantur oriri entozon pleraque , ,, non aliter carcinomata ; non aliter degenerantia mul- ,, ta : quae licet ab initio corporis ipsius pars es- ,, seut , et a corporis vita pendentia , tameu proces- ,, sus morbosi vi a reliquo systemale nervea segrega- ,, ta sunt , aut omnino , aut maxima ex parte ; et „ sic nova efformaverunt individua , priori individuo ,, infesta , et cuin ilio luctantia. ,, Stabilita per tal modo dal dotto N. A. la natura delle scrofole come più consentanea alla ragione , egli vede doversi dal medico soddisfare a tre indicazio- ni; Per la prima rimane questi avvisato a tosto e con sicurezza togliere la scrofola o le scrofole ( se più Ste- no di numero ) onde abolire quegli organismi alla uma- na macchina infesti ; per la seconda a pervertire e distruggere nel tempo slesso quel seminio o quella venefica forza , che da tali organismi promanando e per l'intiero corpo diffondendosi cagion rendeasi d in - generare e fomentare la così detta diatesi scrofolo- sa ; per la terza ad avere in mira , che il metodo da tenersi per la prefata rimozione delle strurae tor- ni al più possibile meno incomoda e dolente per lo infermo , ond' evitare perigliose irritazioni , e con- seguenze loro giustamente temibili. A tal uopo do- Medicina 2'J vcndosi per vigor dì ben salde ragioni , eh* egli viene enumerando , risparmiare l'intervento del ferro per ri- muovere i morbosi parasiti organismi , non trova d'al- tronde eguali inconvenienti nell' uso topico dei cau- stici. Nò rinviene anzi difficile in tanta dovizia di Caustici dalla materia medica posseduti presceglierne alcuno , ebe dotato sia di facoltà acconcia a svilup- pare più maniere di anione , come di leggermente e senza grave irritazione corrodere le parti vive ; di uccidere insensibilmente l'organismo accolto nella glan- dola ; di gradatamente e quindi all' intuito arrestare il flusso del seminio scrofoloso, o virus, dalla glandola promanante ; da ultimo di estinguere la scrofolosa dia- tesi , riconducendo il corpo umano alle condizioni nor- mali di salute. Usandosi perciò un caustico, l'appi i- cazion di cui men dolente emerga , o che coli' as- sociazione di qualche slupefaciente sostanza render pos- sa più tollerante la fibra della irritante e corrodente azione sua , non sarà fuor di proposito l'abdicare alla vieta sentenza, che riprovava l'uso dei caustici nel trat- tamento delle scrofole. Servirà d'impegno a tal fine la natura degli effetti da conseguirsi con siffatto me- todo ,, ut eodem tempore , quo glandulae extirpan- „ tur , scrophulosa etiam ea diathesis paulatim im- ,, minualnr, tandenique aut oranino aboleatur , aut ,, ad ej asmodi conditionera deveniat , quae per com- ,, muoia ac poliora antiscrophulosa praesidia intus vel „ exlrinsccus et eudcrmice adhibita destrui , aut, sai- „ tem compesci possit. „ Per questi , ed altri per brevità qui ommessi ra- ziocini, persuaso il chiar. N. A., tentar volle degli es- perimenti : e giovandosi di un chirnrgo , che magni- ficava segreti , voli' esser testimonio oculare di va- rie sanazioni , confessando la sorpresa nello scorgere il ritorno della salute tener dietro di pari passo alla 30 Scienze erosione e distruzione delle ghiandole strumose. Ed avendo egli con varie e molte sostanze medicamen- tose istituito i suoi cimenti, si riserbò render conto in altro tempo delle risultanze delle sue osservazioni , e con esattezza indicare checche abbia in sulle prime conisposto ai concepiti disegni, o sia stato coronato da pienezza di prospero evento. ToNELLI. Saggio di una teoria sulV equilibrio delle volte ap- plicabile con generalità alla pratica, letto nel 1835 aW accademia delle scienze dell' istituto di Bo- logna da Francesco Bertelli. Bologna 1836 , ti- pi della Volpe al Sassi, in 8.° di pag. 44 , tre ta- vole di confronto , e due con figure . V^ome i cieli mostrano singolarmente la sapienza in- finita del creatore ; cosi direbbesi le volte negli edi- ficii mostrare la mente , benché finita , dell'architet- to. Ma questi ne ha tolto i modelli alla natura : sen- za la quale non sarebbe andato innanzi , come può arguirsi da ciò , che il fabbricare le volte essendo forse antico quanto lo stesso fabbricare , la teoria dell* equilibrio di esse, dopo le cure di tanti sublimi in- gegni è ancora lungi da quel vigore e da quella per- fezione , che vuoisi avere nelle cose di matematica. Sono però a lodare gli sforzi de' nostri italiani , e fra essi del Mascheroni, del Bordoni, dell' Amici ; non meno che quelli degli oltremontani , e fra essi di La Mire, Coulomb, Bossut, Bclidor, Prony, Barard,Gauthey, per tacere di altri. Egli è ben vero , che resta seni- Equilibrio delle volte 31 pre a desiderare una esatta teoria , la quale si pre- sti snelle più. utilmente alla pratica. Pertanto è da lodaie grandemente quel sicuro giudizio del sig. in- gegnere Francesco Bertelli , che seguendo più dappres- so i lumi della osservazione entrò bene innanzi ne- gli arcani della scienza , e dopo mature considerazioni ha posto fuori questo saggio di una teoria sull' equi- librio delle volte, applicabile con generalità alla pra- tica. Lo aveva già letto nel 1835 all'accademia delle scienze dell' istituto di Bologna , e ne aveva riscos- so meritato plauso da que' savi, e dalle persone più dotte , che ebbero dinanzi almeno il rapporto , che ne fu dato ne' pubblici fogli. Ma la modestia ( che per poco diremmo soverchia) del chiaro autore, è pure stata vinta dalle istanze nostre e dall'universale de- siderio ; ed ha condisceso finalmente , che a comune utilità ne esca questa stampa : la quale vogliamo cre- dere sarà susseguita da altre di quelle tante lucubra- zioiu di matematica applicata , alle quali da forse trent' anni ha posto mano con buon successo. Limitandoci ora a questo saggio ( veramente pre- zioso iti tanta difficolta ed importanza dell' argomen- to ), e dovendo servire a brevità; non possiamo che dare un cenno de' capi , iti cui il saggio è diviso , e riferirne at più qualche tratto. Dopo uria erudita prefazione sono esposte pri- ma le osservazioni, e sperienze , ed ipotesi principali sull' equilibrio delle volte : indi nella sentenza dell* autore trattasi dell' equilibrio parziale , poi dell' equi- librio concreto delle volte : poi viene un ragionalo confronto della esposta teoria con quella di La Htrc e di Coulomb: si dà in fine l'applicazione alla pra- tica in una tavola di confronto , la quale in tre qua- dri distinti ( per una volta a tutto sesto, per una voi a scema murata io mattoni sino al livello del ver- 32 Scienze tioe , e per una volta scemi ia mattoni) ne offre la grossezza dei pi ediritti determinata secondo La Hire , Coulomb , Ghezy , e secondo il presente saggio ; tanto pel solo equilibrio, quanto supposto duplicato il peso della volta per assicurarne la stabilita : accennando da ultimo il valore , che dovrebbe avere la resistenza as- soluta del cemento alla chiave per equilibrare la spin- ta della volta. Le dimensioni delle opere di soste- gno calcolate nella teoria dell' autore vengono plau- sibilmente corrispondenti alle reali : ed in alcuni casi ( com' egli avverte ) sono esse maggiori , ma per su- perfluità. Più che in altri la forinola bertelliana mo- stra sovrabbondanti le dimensioni trasversali de' pie- diritti della grati cupola di S. Pietro di Roma. A ra- gione pertanto ( conchiude l'autore ) il celebre Pole- ni , chiamato a dar sentenza del temuto pericolo di mina di quella mole , affermò esser la solidità loro più che bastante. Daremo ora un tratto di questo saggio : e terra luogo di quel più che vorremmo dare, e che molti ri- chiederanno ; ma delle opere di matematica non si può in un giornale dar tutto,, e nemmeno un sunto che appaghi. Almeno i dotti però conoscer sanno ab unque leonenu ,, §. 24. Si consideri la semi volta ALDC (fìg. 3), la cui linea de' centri di gravita degli elementi sia MP, terminata alle sue estremità dalle superficie o sezioni AL , CD senza peso , e ad essa connesse invariabil- mente. Le pressioni prodotte dal peso della semivol- ta contro i piani d'appoggio AL , CD saranno egual- mente diffuse in tutta l'area loro ; e ridottane l'azio- ne alla risultante comune , il centro o punto della sua applicazione sarà lo stesso centro di gravita y. della sezione AL alla base della volta, ed il cen- tro p della sezione CD alla chiave. Condotta la ver- Equilibrio delle volte 33 ticale mV che passi pel centro n di gravita della se- mivolta , e tagli in m l'orizzontale pm , ed iti U la corda o apertura della volta ; e guidata ra^, si chiami : n il peso della semi volta. ix il peso specifico del piediritto A.HKL, Op. = b . = cot. U ni =r

+c) — sa' R/«(a + £) 8 S C J K N 2 E Il secoudo elemento del secondo stadio dello scorbuto è il pertubarmento nervoso; imperocché que- sto risultato delle morbose cagioni relative al sistema de' nervi nasce non solo dall' azione fisico organica di siffatte potenze, ma ancora dalla loro azione chi- mico-organica , che ha luogo nella produzione del primo stadio , colla differenza che nel medesimo pri- mo stadio il perturbamento nervoso è in rapporto colla sanguificazione in quanto alla formazione de* viziati materiali organici relativi alle vene; nel se- condo stadio è in rapporto a' movimenti dinamici del sangue nella funzione della circolazione , in quanto che per siffatto turbamento si disequilibra il circo- lo sanguigno nel sistema venoso. E che realmente il perturbamento de' nervi sìa causa di disequilibrio nella circolazione del sangue , mille fatti dimostrano questo vero. E difatti una morale impressione so- venti volte ha sconcertato la circolazione, sopracca- ricando di sangue o i vasi del Capo , o quelli del cuore , o di altre parti : e cosi pure una causa qua- lunque anche semplicemente fisica, agente nel sistema nervoso, molte fiate è stato motivo di sconcerti nel circolo sanguigno in que' tratti del sistema vasco- lare , che cran più suscettivi degli altri a rimanere impressionati da siffatto perturbamento. Con tali due elementi , a mio avviso , si produ- ce il secondo stadio dello scorbuto ravvisato nelf angioidesi parziale , ossia negli stravasi ed emorra- gie , che succedono al primo stadio di generale ca- chessia. E veramente il perturbamento nervoso pro- dotto dalle morbose cagioni , siccome è uno de' fon- damenti , pe' quali si altera il tessuto delle vene nel descritto primo stadio , così pure è uno de' fonda- menti ? pe" quali si sconcerta il circolo del sangue, Sullo scorbuto 59 come sopra si è accennato , rimanendovi alcuni vasi sopraccaricati di sangue. In conseguenza il nervoso perturbamento relativo al secondo stadio dello scor- buto influisce in questo stadio si in rapporto all'al- terata sanguificazione nello sviluppo della cachessia per viziata nutrizione , e si in rapporto al sopraccaricarsi di sangue , che producesi in alcuni vasi , che sono suscettivi di tale aumento di sangue. La quale su- scettività sempre si richiede, affinchè si possa di- sequilibrare la circolazione del sangue piuttosto in una parte che in un'altra, E questa suscet ti vita ap- punto è costituita dalla flaccidita del tessuto venoso, che si è sopra considerata qual primo elemento nello sviluppo dello scorbuto. Per questa medesima suscet- tività , e pel suddetto nervoso perturbamento si di- sequilibra il circolo sanguigno , ed avviene l'ingor- go di sangue in quelle vene flaccide Dell' organico loro tessuto per l'alterazione generale già considera- ta. E siccome questa venosa flaccidita s'incontra in varie parti del corpo ; così l'ingorgo di sangue nelle vene avviene nelle stesse varie parti, nelle quali esi- ste la citata flaccidita. Per questa ragione si rin- viene l'ingorgo di sangue nelle vene delle estremità inferiori , in qnelle di altri vari tratti della cute , come ciò viene espresso dalle macchie , che si os- servano nella stessa cute , e dalle durezze special- mente delle estremità inferiori, che pur vi si notano. Per la medesima ragione avviene ancora 1' ingorgo di sangue in que' visceri , le cui vene sono ri- maste flaccide dall' alterazione contemplata nel pri- mo stadio. Né Io stesso ingorgo di sangue può ac- cadere in altri vasi diversi dalle vene, realizzando- si soltanto in questi vasi le cagioni di suo produ- cimene. CO S e i k n % i: Accaduto nel modo indicato l'ingorgo di sangue nelle vene, o l'angioidesi parziale in quelle parti, ove si produsse flaccidita nel venoso tessuto , questo medesimo ingorgo giunto ad un certo grado relativo sì alla quantità di sangue, che sovraccarica le flac- cide vene 7 e si alla resistenza fatta dalle pareti ve- nose allo stesso sangue, produce le esalazioni sangui- gne , e stravasi , che costituiscono le varie ecchimosi sparse nelle diverse parti del corpo : e produce an- cora l'emorragia , che pure si manifesta in varie parti del corpo a seconda che queste sono predominate da* due elementi , che sopra si sono esaminati , cioè dai nervoso pertubamento, e dalla flaccidita delle vene. Per tali cause l'angioidesi parziale con stravaso ed emorragia sopra contemplata può considerarsi il risultato d'un nervoso perturbamento prodotto dalle morbose morali cagioni nel modo sopradescritto , e duna meccanico-organica disposizione costituita dallo stato delle pareti delle vene. In conseguenza di che tre indicazioni si presentauo nella cura del secondo stadio dello scorbuto : la prima è di togliere la so- verchia quantità del sangue, che forma il materiale all'ingorgo vascolare, e dell' emorragia , colle oppor- tune sanguigne deplezioni: la seconda è di moderare il nervoso pertubamento mediante ' que' mezzi , che servono a correggere quelle cause morali, che hanno parte nella produzione dello scorbuto , e la stessa ner- vosa alterazione : la terza è di vincere la meccanico- organica disposizione delle venne coli' uso di que* presidii , che sono stati riconosciuti efficaci a sanare quella flaccidita , che si è prodotta nel primo sta- dio dello scorbuto ; e ciò si ottiene col metodo cu- rativo là alicato nel medesimo primo stadio. Sullo scorbuto 61 L'alterazione censiderata nel secondo stadio in discordo o si r isolveva felicemente dietro l'opportuno me- todo curativo mediante le critiche secrezioni di co- piose orine e traspiro, oppure passava al terzo stadio, divenendo cosi cagione del processo infiammatorio. In ambidue i casi coli' uno o coli' altro modo di risolu- zione restava confermata l'alterazione soprannunciata nel suddetto secondo stadio. In conseguenza con siffat- te considerazioni sembrami che si renda manifesta la ragione della genesi del secondo stadio dello scorbuto, e della sua corrispondenza colle morbose cagioni , co* sintomi , col modo di risoluzione , e col metodo cu- rativo già citato visto utile nella sua cura. Da tutto ciò , che si è detto intorno il secondo stadio , si rileva che questo medesimo stadio non del tutto impedisce il proseguimento dell' alterazione con- templata nel primo stadio , mentre non tutte le vene sono flaccide , e né tutte sono flaccide in quel gra- do, che si richiede per esser condizione necessaria la flaccidita all' ingorgo sanguigno in caso di scorbuto. Per il che si nota, che quantunque il secondo stadio di siffatto malore sia essenzialmente costituito dall' arigioi- desi parziale, e dalle conseguenze di quest' angioide- si» pur nondimeno si trova esser composto dalle due alterazioni esaminate nel primo e secondo stadio. 11 terao stadio dello scorbuto , che sopra venne considerato, è l'infiammazione in un tessalo, od in uno o più visceri. Quest'infiammazione è un immediata con- seguenza del secondo stadia sapradescritto; imperocché succeduto l'ingorgo di sangue in que' dati tratti del sistema venoso, che si videro suscettivi del medesimo, si produce in essi per siffatto ingorgo di sangue una delle condizioni essenziali allo sviluppo dell' infiam- mazione, e si dà motivo per lo slesso ingorgo a qui 11' 62 S C 1 E N Z li organica reazione , che in uuo alla citata condizione prodotta dal venoso turgore concorre alla formazione de' riconosciuti due dati necessari al produci mento dell' infiammazione. Negli elementi del qual processo infiam- matorio nel caso di scorbuto non solo si devono valu- tare i suddetti due dati di venoso turgore, e di or- ganica reazione prodotta dalle vene ingorgate di san- gue ; ma ancora conviene considerare il fondo organi- co, ove quest'infiammazione si accende. Ed in que- sta considerazione si ravvisa, sebbene la flogosi nel suo prodursi esprima un' accensione , siccome l'esprime in qualunque caso, tuttavia relativamente al fondo orga- nico , ove si sviluppa , essa ha un modo particolare di processo : in vista di che esige una modificazione nel suo metodo curativo , che deve essere in rapporto all' alterazione del fondo organico in discorso. In con- seguenza , allorché si accende la flogosi come terzo stadio dello scorbuto , la cura, che si richiede in ge- nerale , è costituita dalle sottrazioni proporzionate alla flogistica intensità, ed al costituto dell'infermo: in particolare poi è costituita da quelle viste terapeuti- che, che sopra si sono esposte discorrendo del primo sta- dio dello scorbuto. Nelle quali viste teurapetiche esi- ste la ragione dell' amministrazione degli acidi , e di altre sostanze cosi dette antiscorbutiche , che sì sono riconosciute utili nello scorbuto anche nel suo stadio d'infiammazione, perchè dirette a combattere il fondo dell' organica alterazione generale ravvisata nel pri- mo stadio del medesimo. Tale è la ragione, per cui nella cura dell' infiammazione sviluppata nel terzo sta- dio dello scorbuto sono nocevoli , fuori delle sud- dette sostanze antiscorbutiche, tutte le altre, che si trovano valevolissime a vincere il processo infiamma- torio acceso in tessuto diversamente alterato da quello contemplato già nel primo stadio dello scorbuto. Sullo scorbuto 6.» La flogosi co' teste ravvisali caratteri o inte- ressa in generale il venoso tessuto , oppure si limita a quella serie di vene , che formano l'apparato venoso o de' visceri , o di qualche parte. Ne' casi di scorbu- to , che a ine si sono presentati , mi è sembrato di rinvenire una siffatta distinzione. E veramente in al- cuni soggetti presi da questo malore io osservava i segni, che m'indicavano il processo flogistico svilup- pato in uno od in un altro viscere, in una od in un' altra parte ; ed in altri soggetti rinveniva soltanto quelle marche , che si ritengono per gì' indizi della flogosi venosa accesa nel generale delle vene. Difatti ho rin- venuto soggetti , che oltre i segni annunciati nel pri- mo e secondo stadio dello scorbuto, presentavano i ca- ratteri flogistici relativi al tessuto venoso in genera- le, e consistevano questi in gran frequenza e vibra - zion febbrile de' polsi , difficolta di respiro , senso d'interno ardore e di grave spossatezza , andamento di male non caratterizzato da vespertine esacerbazio- ni e mattutine remissioni , abbattimento morale mag- giore di quello indicato nel primo stadio , come di maggiore intensità si presentav ano pure gli altri sin- tomi nello slesso primo stadio indicati. Si aveva la ri* soluzione di questo male , mentre era giunto nello sta- to suddescritto , con copiose critiche orine , e traspi- ro. Siccome tutti questi sintomi, che sono gì' indizi di flogosi , si presentavano dopo il secondo stadio so- pranntmeiato , e noti si avevano affatto i segni d'im- pegno locale in nessuna parte particolarmente consi- derata , ed in nessun viscere; cos\ convien giudica- re, die il sistema venoso in senso universale ne' ca- si citati sii stato impegnalo dal processo infiammatorio. Il qual giù dizio veniva confermato dal metodo curativo ritrovato utile , che era l'antiflogistico regolato se- coado le anzidette viste terapeutiche risguirdan'i la G | S C I E N Z K flo«osi in discorso. Oltredichè ho pure osservato sog- getti, che noa solo presentavano i sintomi rimarcati nel primo e secondo stadio dello scorbuto , ma an- cora manifestavano i flogistici in rapporto a qualche tratto delle vene della superficie del corpo ingorgale di sangue , oppure in rapporto a qualche viscere. Nel primo caso le vene della superficie del corpo ingor- gate di sangue mostravano tensione , calore più del normale , colore azzurrognolo , e quindi soggiacevano a piaga. Nel secondo caso , quando da flogosi erano presi i visceri , oltreché si producevano tutti que' sin- tomi sopra considerati nello sviluppo della flogosi del tessuto venoso in generale , avveniva ancora il produ- ciraento di quelli , che sono riferibili all' alterata fun- zione de' visceri medesimi , siccome si è notato nel ter- zo descritto stadio dello scorbuto. Nella quale circo- stanza d'impegno flogistico in un qualche viscere si aveva per lo più emorragia dallo stesso viscere , la quale siccome può esser conseguenza del turgor va- scolare , può esser pure il risultato d'un flogistico la- voro. Anche quando l'infiammazione si produceva par- ticolarmente in una od in un' altra parte , in uno od in un altro viscere, riscontravo utile il metodo anti- flogistico praticato secondo le sopracitate viste terapeu- tiche. In conseguenza delle quali cose sembrami di- stinto il caso di scorbuto con flogosi nel tessuto delle vene in generale dall' altro caso , nel quale siffatta flogosi è limitata a qualche viscere , o parte. La flogosi, per me considerata nel terzo stadio dello scorbuto sviluppata in un fondo organico di venosa cachessia per difetto d'ossigene mediante viziato processo di nutrizione, può soggiacere a vari esiti, qua- li sono la suppurazione, l'ingrossamento delle pareti del- le vene, la dilatazione, l'ulcerazione, l'emorragia, la cancrena. I quali esiti si producono , come furono SuT.LO SCORBUTO (J5 osservali da Fodere, Hodgson , Lieutaud , Travers , ttibes , Duncan , Velpeau , Morgagni , Testa , Davis \ Chaussier , Wilson nelle circostanze di flogosi accesa nel venoso tessuto. Gli esiti dell' infiammazione in di- scorso, che io ebbi ad osservare ne' casi di scorbuto che^ vennero affidati alla mia cura , furono l'emorragia e l'esulcerazione. Da tutto ciò vuoisi dudurre , che tanto per l'origine, pe' sintomi e per gli esili, quan- to pel metodo curalivo l'infiammazione, di cui qui si tratta, rimane dimostrata nella sua natura, cioè nell' essere essa un' accensione prodotta in un fondo orga- nico di venosa cachessia , che ora investe il tessuto delle vene ingenerale , ed ora qualche sua parte cor- rispondente a' visceri , od altre parti. ^ Dalle cose fin qui dette si rileva , che l'infiam- mazione contemplata nel terzo stadio dello scorbuto non si produce in modo , che nel suo sviluppo abbia- no a dissiparsi interamente le due alterazioni esami- nate nel primo e secondo stadio di questa malattia ; imperocché succedendo essa all' ingorgo di sangue nelle vene, il quale non può esser che parziale, siccome sì è veduto nel secondo stadio della scorbutica affe- zione , non impedisce interamente questa flogosi il proseguimento dell'alterazione contemplata nel primo stadio dello scorbuto. Neppure la stessa flagosi impe- disce del tutto il proseguimento dell'alterazione con- siderata nel secondo stadio, mentre non tutte le vene ingorgale di sangue s'infiammano, sussistendone alcu- ne in istato d'angioidesi solamente , e soggiacendo al- tre al processo infiammatorio. Perciò l'infiammazione , che costituisce il terzo stadio dello scorbuto , e che e una conseguenza del secondo stadio , non si produce in modo , che per essa restino dissipate le alterazioni esaminate negli antecedenti due stadi ; e perciò stesso G.A.T.LXVIII. e t)6 S C I ìi N /, E nel terzo stadia si rincontrano tutte e tre le altera- zioni già considerale. Pertanto si è veduto , che il primo stadio carat- terizzalo della generale alterazione dell' organismo svi- luppata nella composizione organica del tessuto venoso, e iu immediato rapporto colle cause morbose cosi dette remole ; che il secondo stadio costituito dal turgor va- scolare , e dal conseguente stravaso ed emorragia, è l'immediata conseguenza del primo stadio , e che la flogosi nel terzo stadio contemplata è il risultato del primo e secondo stadio. Conseguita dalle quali cose , che il terzo stadio suppone il secondo ed il primo , e che il secondo stadio suppone il prima iti maniera , che questi tre stadi sono formati da una catena di al- terazioni così in rapporto tra loro , che dopo il pri- mo sviluppo, mia all' altra si succede. In conseguen- za tutti e tre gli stadi esprimono quel lutto insieme , che da' uosologi vien chiamalo scorbuto. Da ciò si ri- leva , che lo scorbuto è un' affezione composta degli elementi soprannominati, e che per la sua conoscenza è necessaria la cognizione di siffatti elementi. Si è veduto inoltre , che il secondo stadio, quan- tunque sia conseguenza del primo , non esclude la continuazione del primo stadio medesimo , perchè noti tutte le vene s'ingorgano di sangue, rimanendo molte nella sola alterazione considerata nel primo stadio , mentre che molte altre soggiacciono al turgore sangui- gno , che costituisce il secondo stadio; e cosi questo secondo stadio , mentre è essenzialmente costituito dal venoso turgore , si trova composto delle due alterazioni esaminate nel primo e secondo sladio. 11 terzo stadio, quantunque conseguenza del secondo, si unisce pure alle alterazioni considerate ne' due stadi antecedenti , per- chè nel caso di sviluppo dell' infiammazione non tutte Jc vene si trovano infiammate , e ne tutte ingorgate Sullo scorbuto 6; di sangue ; ma soggiacciono alcune soltanto al processo infiammatorio, altre rimangono ingorgate di sangue, ed altre persistono affette della generale cachessia con- siderata qual fondo organico dello scorbuto. Pei il che il terzo stadio, quantunque essenzialmente costituito dal processo infiammatorio , pure si trova composto di tutte e Ire le alterazioni considerate ne' tre stadi della scor- butica affezione. Per siffatti elementi resta pur distinto il metodo curativo analogo a ciascuno degli stadi suddetti. Si conosce , che i presidii richiesti alla correzione dell' alterazione considerata nel fondo organico in discorso sono distinti da quelli , che si esigono per la cura dell* ingorgo sanguigno , e della conseguente emorragia ; e che i mezzi terapeutici necessari alla cura del pro- cesso flogistico sono più energici di quelli , che si esi- gono per la cura del vascolar turgore, e delle sue con- seguenze. Sebbene però i mezzi terapeutici indicati sia- no distinti tra loro iti ragione della loro applica- zione a ciascuno stadio dello scorbuto, pur nondimeno sono tra loro in rapporto tale da formare un lutto coerentissimo nelle sue parti , senza che perciò una parte sia inconciliabile coli' altra, secondo la ragion filosofica di quelle mediche dottrine , che sono oggi ie più accreditate, e che io applicai alla intelligenza dello scorbuto por rilevare la sua natura. Da quel che già si è esposto si rileva , die quan- do fu definito lo scorbuto per una cachessia , non si espresse altro che indeterminatamente il primo stadio del medesimo. E dico indeterminatamente , perchè non si precisò la specie di questa cachessia , e molto me- no si stabili , che una tal cachessia era un' organica alterazione del tessuto venoso. Si rileva parimenti , che quando Io scorbuto fu definito per un' infiamma- zione di suo genere , non si espresse altro , ch« il ter- 5* OS Sci E N Z E zo stadio della malattia in discorso ; ed ancor questo terzo stadio, nominalo infiammazione di suo genere, fu esposto ia modo indeterminato , perchè non si preci- sarono gli elementi di siffatta infiammazione , e né si fissò le sede di suo sviluppo. Negli ultimi tempi no- stri si definì questa sede , e si fece e«sa consistere nel tessuto delle vene : ma in tale definizione non si po- teva comprendere la cognizione dello scorbuto, per- chè in essa sono mancanti i due stadi primo e se- condo già contemplati , e perchè volendo ancora per essa flogosi venosa definir soltanto il terzo stadio, col- la medesima definizione non restavano compresi tutti gli elementi , che furono sopra considerati nello stesso processo flogistico , ed in complesso nel terzo stadio. i\è per siffatte definizioni i medici pi esitili riconosciuti efficaci nello scorbuto sono in corrispondenza coli' al- terazione fissala io questo malore , e né tutti mostra- vano la ragione della loro efficacia. E difatti dicen- dosi lo scorbuto una cachessia, non trovasi la ragio- ne , per la quale abbiasi a praticare il salasso , ed il metodo antiflogistico. Dicendosi poi lo scorbuto una flogosi di suo genere , o del tessuto venoso , non re- sta dimostrata la ragione , per la quale sono efficaci gli acidi e gli altri rimedi antiscorbutici , ed abbiano ad esser dannosi gli altri rimedi deprimenti diversi dagli antiscorbutici. In conseguenza i medici presidi] riconosciuti efficaci nello scorbuto non sono in cor- rispoudanza colle definizioni, che fin qui si erano date di questa malattia. Le quali difficolta tutte sono dis- sipale colle considerazioni disopra fatte sui tre sta- di dello scorbuto, avendo rinvenuto in ciascuno di essi, e nel tutto insieme la convenienza del metodo cura- tivo visto utile in tutti i tempi nello scorbuto. L'evento fausto od infausto di questa malattìa io l'ho potuto desumere dalla mancanza o comparsa de' Sullo scorbuto 00 naturali movimenti , che tendevano alla risoluzione di essa , e dal prodursi gli esiti felici o funesti come con- seguenze delle alterazioni considerate ne' tre stadi della suddetta malattia. Cosi, per esempio, nel primo stadio la comparsa de' naturali movimenti , che tendevano alla risoluzione del male , pe' quali si avevano cri- tiche orine e critici sudori , m' istruiva sull' evento fortunato , che andava ad avere lo stesso primo stadio del malore in discorso. Ove poi questi naturali mo- vimenti mancavano , io temeva lo sviluppo del secon- do stadio come conseguenza del primo ; e difatti il mio timore veniva confermato dal reale successo dell' alteraziene contemplata nello stesso secondo stadio. In questo secondo stadio medesimo, quando i suddetti na- turali movimenti comparivano in modo , che per essi succedeva la manifestazione delle sunnominate critiche secrezioni , allora si poteva sperare la completa feli- ce risoluzione della malattia. Il fatto realmente ne addimostrava il fausto evento. Quando però i citali naturali movimenti mancavano , o conveniva temere l'emorragia come conseguenza dell' alterazione osser- vata nel secondo stadio, e col temer questa si dove- vano pure calcolare tutti gli effetti , che possono de- rivare dall' emorragia : oppure per la stessa mancanza de' noni nati naturali movimenti conveniva temere lo sviluppo dell' infiammazione , come realmente essa si sviluppava. Nel qual caso, per calcolare l'evento fausto od infausto, si deve tener conto di tutti gli esi- ti , che sogliono susseguire al precesso infiammato- rio ; si deve conoscere il loro sviluppo mediante gli analoghi segni diagnostici ; ed a seconda di questi esi- ti si può rilevare l'evento felice o funesto dello scor- buto. Noterò per ultimo, che fuvvi questione sulla na- tura contagiosa o non contagiosa dello scorbuto. Molti 70 S' l' I E ,1 ? 6 untoti la sostennero contagiosa , tra i quali si annove- rano Ezio , Willis , Boerhaave , Iaraes, Horstio, Bram- billa , Fodere', Platero, Hoffmann , le Roy , Buchar- nani , Giovanni Romano, Charleton , ed altri. Dichia- rarono poi lo scorbuto non contagioso Buisier de Sau- vages, Van-Swielen, Noges, Kramer, Greinger , Linci, Artur , Edmonstron con molti altri autori. Pertanto in mezzo a questa disparita di opinioni sembrami esser ra- gionevole il pensare , che lo scorbuto risultando dalle comuni cagioni , come si è veduto discorrendosi della genesi di tutti e tre gli stadi , de' quali egli si com- pone , non sia contagioso. E veramente lo sviluppo del primo stadio è in rapporto immediato colle cau- se comuni si fisiche e si morali , in cui non si scor- ge principio contagioso di sorte alcuna : il secondo stadio conseguenza del primo , ed il terzo conseguen- za del secondo , tutti e tre insomma provenienti per rapporti immediati e mediati dalle suddette comuni cagioni , escludono nella loro genesi qualunque prin- cipio contagioso. Da me infatti si vide costantemente, che si produceva lo scorbuto in que' soggetti , ne' qua- li si realizzavano le sunnominate cagioni, sviluppandosi sempre nel luogo predominato dall' umidita , negl' in- dividui più malmenati , più afflitti della loro situa- zione , ed anco più tormentati dall' indigenza. Nò mai potei osservare , che per solo contatto questo malore si propagasse, per quante indagini fossero da me isti- tuite su tale oggetto. Riassumendo intanto tutto quello che ho sopra es- posto intorno allo scorbuto, posso concludere : 1. Che questa malattia risulta da quelle cagioni si fisiche e sì morali , per le quali rimane viziata rematosi col con- seguente processo di nutrizione nel tessuto venoso : per il che producesi una cachessia delle vene , ossia un'organica alterazione di questi vasi costituita da di- Sl'M.O SCORBUTO Tt fcttu d'ossigena per viziato processo di nutrizione re- lativo alle stesse vene; 2. Che risulta da siffatta alte- razione una flaccidità del tessuto venoso , per la qua- le , e per l'influenza nervosa, succedono ingorghi di sangue, stravasi, ed emorragie in molte vene flacci- de , mentre in molte altre vene si mantiene la pri- maria alterazione ; 3. Glie si produce in alcune vene in- gorgate di sangue il processo infiammatorio cogli ordi- nari suoi esiti , e specialmente colf ulcerazione e coli' emorragia, nel tempo slesso che molte altre vene rimangono ingorgate di sangue senza essere flogosate, e molte altre seguitano ad essere affette dalla prima suddetta alterazione di cachessia ; 4. Che da questi tre dati da me si sono stabiliti nello scorbuto Ire sta- di, de' quali egli si compone, e che sono caratteriz- zati da cause proprie a ciascuno di essi , da sintomi a ciascuno d'essi riferibili , da modi distinti di risolu- zione , e da corrispondente metodo curativo analogo tanto al primo , quanto al secondo ed al terzo sta- dio ; 5. Che in conseguenza vidi non potersi ritenere, che lo /scorbuto sia semplicemente una cachessia, se- condo il parere d'alcuni autori, e ne semplicemente una flogosi, secondo altri ; G. Che l'evento felice o fu- nesto di questo male si rileva dalla comparsa o man- canza de' naturali movimenti , che tendono alla sua risoluzione , e dal prodursi gli esili fausti od infausti quali conseguente delle alterazioni considerate ne* tre 6ladi di questo medesimo male ; 7. Finalmente che lo scorbuto non è contagioso. Tali sono le osservazioni e le riflessioni , che io potei fare sullo scorbuto : intorno alle quali la gui- da , che si è avuta , è stala primieramente l'analisi seni, plicissima de' fatti , onde conoscere ne' suoi minimi termini l'affezioue scorbutica ; e secondariamente e 72 Scienze stata la sintesi per considerare in concreto la stessa affezione. Con siffatti mezzi vuoisi ritenere, che nelle cose mediche si possa giungere a conseguire lo scopo di essere utile all' inferma umanità t e di fare un in- cremento alla medica scienza. T3 LETTERATURA Intorno ai voti degli antichi. Del F avv. Lodovi- co Maria Ionii. J& venerazione ed il culto dagli uomini sempre prestato alla divinità non solo è necessario , come base e sostegno delle nazioni e degli imperi ; e non solo è doveroso, come argomento di perenne gra- titudine , appalesando essi con ciò , clic la vita e la conservazione ed i ben mille e mille altri loro be- nefici!, li lipetono da lei: ma ancora si è dimostra- zione di caro e dolcissimo conforto ; poiché essi fan- no a lei ricorso e sperano solo da lei ogni verace consolazione nelle loro assaissime miserie ed infermila. Quindi è assurdo supporre la esistenza della umana gente , senza l'idea di Dio ; perciocché quella al certo non può esistere senza l' onnipotenza divina. Ond' è che ne i più raffinati e falsi ragionamenti , ne la sottilità della scuola , né le frivolezze di bello spi- rito , né il prestigio delle più ridenti voluttà , né il brio e l'eco della moda , ne l'impero e l'esempio di alcuni principi, hanno potuto mai spegnere o me- nomare o render debile un assenso sì uniforme, si uni- versale, e si costante e tenacemente impresso ne' cuori umani del conoscimento e del culto di un nume pietoso e supremo. Ed egli di fatti é principio, è centro ed è fine di ogni felicita : e le nostre .pra- 74 L K T T K R A V L li A ve voglie guida ne' limiti dell' onesto , e addolciseli ancora la fiera indole delle nostre menti ; e lui nelle angustie del dolore e degli affanni invochiamo, af- fine ci racconsoli, facendo esauditi i. preghi umani. E però dovunque ti conduca vaghezza ed il naturale talento a conoscere nuovi mari e terre , ivi mede- simamente rinverrai i sacerdoti , i riti , i sacrifici-!, Je offerte , gl'incensi , i templi , le are , i simu- lacri ed i culti consacrati e devoti alla religione. Ed è la relisione come suggello inviolabile alle solen- uita dei trattati, e come testimonio celeste ai giura- menti ed agi' intimi di guerra : e le si affida e le si lascia la punizione di quegli atri misfatti , diesi sot. traggono al conoscimento ed al potere degli uomini; riè formasi mai niuna impresa , senz' aver primamenle implorala l'assistenza di lei , cui si riferiscono le glo- rie ed il successo delle imprese con pubblici esulta - menti e con lietissime azioni di grazie: e le spoglie opime e le primizie e le oblazioni e gli olocausti e i doni noti vennero mai dimenticati ed omessi t come porzione alla medesima giuridicamente spettante. Quindi la bella fidanza Dell' aiuto divino; quindi le origini della preghiera ; e quindi i semi ai voti de- gli uomini. Sono i voti tanto antichi quanto i primordi del mondo; essendo che i desideri e le passioni de' cuori umani ebbero in tutti i seceli i medesimi impulsi ed eccitamenti , come da essi ci sentiamo al presente com- mossi ; onde fin dalle più remote età la madre al suo tenero bambino succhiatile latte ed assopitosi in seno di lei, facea voti di sognare la felicita: e facea voti il vecchio padre di numerosi figliuoli nel tu- multo di sanguinose guerre, che la belligera trom- ba non turbasse la tranquillila dei loro sonni ; ma fossero solo desti al grato canto degli augelli; e la Voti dkgLi antichi T*> cara vergi.ie facea voti di fedeltà e di beali giorni ne' suoi pensieri del desiderato e lieto imeneo ; ed il fratello facea voti al fratello ammalato di ricuperata salute ; e l'amico al dolce suo amico afflitto inviava voti di cara consolazione e di conforti ; e la sposa desolata sopra la fossa dell' estinto ed amato consor- te sospirava ai voti di requie e di pace eterna im- passibile. Ed in vero sono elli , come intercessore paci- fico presso la divinità a placarla se irata, ed a ren- derla propizia alle nostre umane operazioni. Onde Ome- ro con savie parole fa dire a Fenice, andato ad Achille insieme con Aiace ed Ulisse per mitigare l'animo di lui fiero e sdegnato , essere cosa disonesta e brutta agli uomini addimostrarsi inflessibili e privi di mise- ricordia e di mansuetudine ; quando die gli dei , sebbene supremi e potentissimi, si placano coi sacri- ficii e si piegano ai placidi voli dei supplicanti: e qui descrive le deformità della colpa e come per es- sa si move a sdegno la clemenza dei numi; e quin- di predica le bellezze della preghiera, che (ulta mite ed umile intercede per la ria colpa e toglie il fla- gello di mano al dio irato (1 ); della qual morale eiian- dio sono aspersi e pieni que' casti e bellissimi versi della Eneide di Virgilio (2) ; avendo voluto que' som- mi poeti con tali ragionamenti appalesare i bei pre- gi e la convenevolezza dei voti. E però appresso tutte le nazioni furono essi reputati inviolabili e sa- cri, e protetti e muniti da sanzioni penali. Tullio ne* suoi mirabili libri delle leggi fa lamento, co- me la pena di violata religione non avesse pronta fi) Homer. ItiaJ lib q v. 492 >d 3o8- {■ìì Vir«j. Kuoid. lib. 5 V. *tir>-i6 1-S71) -^7- j^$-45;V 70 L E T T i: tt A T L II A e sollecita esecuzione ; mentre a rincontro erasi nelle leggi stesse saviamente ed abbastanza provveduto alla diligenza ed alla promessa dei voli. 1) Ed a buon diritto è , che sempre ed ovunque siasi venerala la santità dei voti ; perciocché con essi possiamo assai consolarci d'intercedere da' cele- sti animo e forza contro la malizia e le persecuzio- ni degli uomini. Il magnanimo Scipione affricano col mezzo de' voti si liberò dalle calunnie dell' ingrata plebe dopo la guerra del re Antioco. Accusato egli con invida perfidia dai due Petelii tribuni sedizio- sissimi del popolo , come no» avesse versato nel pubblico tesoro il danaio ritratto sul re Antioco; per lo che gli venne assegnato il giorno a comparile in giudizio a dire sue ragioni ; e citato, comparv' egli in sui rostri sfolgorante di maestà e pieno di bella fiducia ; trovando certamente nella purità della propria innocenza un caro conforto alla sua umiliante situa- zione : e disdegnando di purgarsi dalle suspicioni in- famissirae dei tristi tribuni , esclamò : O quiriti, ri* corre appunto oggi queir auspicatissimo giorno, in che egregiamente vinsi Annibale e debellai l'Affrica intera, ed aggiunsi al vostro impero tanto di do- minio , per cui dovunque ora si è reso illustre , chiaro ed ampio il nome romano ; e però è ben decoroso e giusto , che in giorno cosi solenne me- desimamente suprassiedasi alla contenzioni e a tutti i litigi ; e né senza gioia e tenerezza posso ram- mentare quindo in tempi pia felici me chiama- ste difensore dei miseri oppre ssi , odiatore degC (i) Diligentia votorum satis io lege dieta est , ac voti sponsio , quo obligatmu- Deo ; poena vero violatae religionis iustaiu excusalionem non haliet. Cic. de legih. lib I Voti degli antichi 77 iniqui e rii uomini , e personaggio primo di equità e modello di temperanza. Laonde per la dolce mc~ moria dì quella vostra universale ed onori ficentissi- ma acclamazione, e per l'annua gratitudine dovuta agVidii per le glorie nobilissime dell' assoggettata Car- tagine , io me ne andrò tosto da quinci , e condur rommi sul campidoglio a salutare Giove O. M. e Giù - none e Minerva e gli altri dei ; e irriderò loro nssaìssime azioni di gra ie per così immensi bene - fidi elargiti a vantaggio della nostra fiorente e mas- sima repubblica, lenite voi insiememente meco, ve ne prego , cui è conceduto ora propizio como- do ; e pregateli e fate voti , acciò vi diano go- vernanti a me simili. E di fatti la plebe e chiun- que altro, persuasosi al suo savio favellare, ed al- tresì vinto dalla sua pietà , senza più oltre insi- stere sulle accuse, seguillo in campidoglio, come in bellissimo trionfo; e lo storico dice, che quello si fu a Scipione affricano il giorno più luminoso ed avventurato ed estremo pur anco delle glorie di lui ; perciocché cede all' invidia de' malevoli tribuni con un volontario esilio, e si ritirò per sempre alla sua villa di Liuteruo (1). JVoll' universale adunque appresso i popoli idola- tri dell' antichità mantenuesi sempre in vigore la lo- data costumanza di osservare religiosamente i voli fatti agli dei ; di che abbiamo un chiaro esempio nel console P. Goni. Scipione; il quale, prima della sua dipartila per le Gallie contro i boli, richiese il senato di danaio pei pubblici ludi o spettacoli , di (r) T. Liv. Dee. 4 lib. 8 cap. 32. EdilJon. Patavii apud Ioan. Maufie 1718, et sic. semper deinceps. 7=5 Letteratura cui crasi votalo tempo addietro in [spagna nella dub- biezza di sanguinoso conflitto. Al senato sembrò tale inchiesta non equa, e nuova : stante che egli erasi di sua privala volontà astretto a simil voto ; onde decretò che soddisfacesse al medesimo o col danaio del bottino nemico , se a ciò fosse stato riservato, od a sue particolari spese ; ed il console diede a suo to- tale conto e dispendio per dieci giorni i pubblici spet- tacoli , piuttosto che mancare al soddisfacimento del voto fatto (1). E questa religiosa osservanza dei voti dagli antichi degenerava in folle superstizione , fino a non dubitare di commettere sacrilegi! e rapine ; co- me avvenne al censore Q. Fulvio Fiacco ; il quale durante la sua pretura nelle Spagne e nella guerra celtiberica votatosi di un tempio alla Fortuna Eque- stre , mentre facevalo fabbricare , procurando som- mamente che superasse in amplitudine e magnificen- za tutti gli altri di Roma , impose per sommo or- namento al letto di esso delle marmoree tegole, che avea ordinalo che si levassero dal sacro domicilio di Giunone Lacinia appresso i calabresi. Questa sacrile- ga rapina eccitò grave scandalo fra' senatori romani , sembrando ai medesimi che il censore , eletto a rego- are i costumi altrui , desse esempi tanlo perniciosi e rii di violare e deturpare i venerevoli domicili delle divinità ; onde, giustamente proverbiato il censore del suo male operare, decretò il senato che le tegole mar- moree fossero ritornale alla loro antica sede (2). E quando un console , un pretore ed uno stra- tego non avessero potuto adempiere a' lor voti , per essere mancali di vita o per qualunque altra causa , (i) T. Liv. Dee. 4> !• 6, e. a3. (a) Id. Dee. 5. L 2. e. 4. Vorj DEGLI ANTICHI 79 i loro successori o figliuoli soddisfacevano a tali pie- tosi uffici : non potendo pur il lasso di tempo intie- pidire ne' loro cuori un sentimento tanto lodevole e religioso, fi che ci è conto da Livio , il quale nelle sue storie registrò , come il duunviro Q. Marzio Ralla dedicò a Giove nel campidoglio due sacre cappelle , di cui per lo addietro e r ansi votati nella guerra gal- lica il console ed il pretore L. Furio Purpureo '('!) ; come M. Porcio Calonc dedicò alla Vittoria un pic- colo santuario un biennio dopo il volo da esso fatto (2); come G. Gicereio dedicò sul monte albauo un tem- pio a Giunone Moneta cinque anni dopo che si era di esso votato , trovandosi pretore in Corsica (3) ; co- me il console L». Papii io dedicò un tempio al dio Qui- rino , di che in un aspro e dubbio cimento di guerra erasi votato il di Ita lo re suo padre : e lo adornò di tan- te spoglie nemiche, che non bastò a capirle uè il tem- pio uè il foro; mandandosene di quelle ad ornare an- cora i templi ed i pubblici luoghi degli alleati e delle prossime colonie (4) ; come il console C. Cornelio Ce- tego dedicò un tempio a Giunone Sospita nel foro olilorio quatt'anni dopo che di esso erasi volato nella guerra contro gì' insubri (5) ; come venne dedicato uo tempio h Giove nell'isola, per voto fatto sei anni addietro nella guerra gallica dal pretore G. Getego Porpureoue (6) ; e come nello stesso anno si dedicò un tempio alla Fortuna Primigenia uel colle quirinale, (i) Id. Dee. 4,1. 5, e. 32. {i) Id. ibi cap. q. (3) T. Lif. dee. 5, lib. 5, cap. 14 f4) Id. Dee. 1,1. io, e. 3i. (5; Id. Dee. 4> 1- 4> e. 17. (6) ld. ibi. 80 L E T T E 11 A T U R A votatosi a questo dicci anni innanzi nella guerra pu- nica il console P. Sempronio (I) ; e come il duunviro G. Licinio Lucullo dedicò un tempio nel circo massi- mo alla Gioventù , di cui erasi votato sedici anni ad- dietro il console M. Livio in quel dì, in che, oltra aver rotto e fugato l'esercito di Asdrubale, ucciselo anco- ra (2) ; e come M. Marcello dedicò a porta Gapena un tempio alla Virtù diciassette anni dopo il voto fatto di esso dal suo padre nel primo consolato nelle Gal- lie a Glastidio (3) ; e come il duunviro M. Acilio Glabrione dedicò una capella sacra alla Pietà nel foro olitorio , per voto fatto dal suo padre Glabrione, guer- reggiando alle Termopile col re Antioco , ed innalzò quivi parimenti al suo padre una statua dorata , la quale si fu la prima di tal artificio a vedersi in Ita- lia (4). E non la sola santità della religione , ma si be- ne ancora il timore di attrarre sopra i loro capi e con- tro la salute della patria Tira celeste e le pestilenze e le sedizioni ed i tumulti popolari astringevano al- tresì gli antichi alla osservanza dei voli fatti. Onde Achille vuole che si consulti un qualche vate o sacer- dote per sapere da che nasca lo sdegno del dio del- fico contro l'esercito greco flagellato da fierissimo mor- bo contagioso, se cioè per voti non adempiuti o per desiderio del sacrificio di una ecatambe (5). Socrate dopo di avere bevuto la cicuta, e sentendosi prossi- mo al suo finire di vita, disse ( e queste furono le (i) Id. ibi. (i) Id. Dee 4, 1. 6, e. a5. /3) Id. Dee. 3, 1. e,, e. io. (4) Id. Dee. 4; •• I0> crP- !4- (5) Hom. Iliad lib. i, v. 62, ad 67. Voti dkgli ani uhm 81 estremo sue parole) : Critone, io sono debitore dì un gallo ad Esculapio : soddisfate voi per me a questo voto , e non ne pigliate dimenticanza : temendo quel savio, clie tanto mirabilmente avea predicata la im- mortalità dell' anima, ili macchiarla di colpa per quella noti osservanza, e gire incontro alla sua dannazione ; e però volle più presto comparire idolatra supersti- zioso , che violatore della santità dei voti. -E quan- tunque spessissimo il merito di quegli antichi eroi della Grecia venisse guiderdonalo da nera ingratitudine e da esilii e da morti , non dimenticavano però il soddisfa- cimento de' loro voti , per temenza ( come si è detto ) di chiamare i flagelli celesti contro la patria , il cui amore nulla valeva a spegnere ne' loro petti. Cosi Dio- medoue capitano invillo ateniese , dopo la celebre vit- toria delle Aginuse riportata sopra i lacedeinonii , ven- ne unitamente ad altri sette condottieri dannato a pena capitale, perchè prevenuti di non aver sotterrali i lo- ro cadaveri rimasti nel combattimento. Tant' era la ri- verenza pei trapassati , fino a divenire ingiusti ! Egli non fa lamento del suo vicino morire , m;j dolcemen- te favella a' cittadini ingrati, e solo raccomanda loro di soddisfare ai voti fatti agli dei pel felice evento della vittoria , chiamandosi di ciò debitore e come posto fuori di speranza ad adempierli (1). Cosi M. Furio Camillo, quell' integro e religiosissimo dittatore ro- mano , non dubitava di attribuire le sciagure della patria , lacerala dalle sedizioni e dai tumulti de' pa- trizi e del popolo renitente a dare i nomi per la co- lonia da condursi fra' volsci , alla violazione dei voti fatti ai numi. Imperciocché egli innanzi di pigliar d'as* /i) Rollin , Stor. de' persiani e tic' greci Uh. 3, p. 3oo. Ediz. Roma, Poggioli 1807, G.A.T.LXVIII. 0 52 LETTERATURA salto Veia fé' Voto ad Apollo Pizio di consacrargli la. decima porzione della preda nemica ; ed a Giunone , eh' era in venerazione nella detta citta, di trasportarla in Roma e dedicarle un magnifico tempio : ed espu- gnata e presa Veia, asportò a Roma il simulacro della dea e le eresse sull' sventino un tempio , insiemente alla Madre Matuta; ma non cosi poteva soddisfare alla decima delle spoglie nemiche : essendo che la plebe lavi d'iosa e maligna in ciò contraddiceva^. E rimessa la controversia al collegio de' pontefici , sembrò loro che la decima del bottino fosse sacra al dio delfico, e quella a lui doversi attribuire: laonde non trovata co- pia di danaio bastevole nel pubblico tesoro , le matro- ne romane recarono i proprii ornamenti ed i loro ori nel!' erario della repubblica ; alla cui spontanea libe- ralità sensibile e grato oltra modo il senato , decretò loro l'onore di usare del pilento ne' pubblici ludi e nelle sacre ceremonie , e del carpento ne' di festivi (1), Poco però ci avremmo ad ammirare della esattis- sima osservanza dei voti di que' virtuosi e magnanimi greci o latini , nelle cui menti fioriva la religione e la pietà verso i numi fino al delirio ed all'entusiasmo; ma dubbiamo assaissimo stupire , come simile venera- zione alle promesse votive potesse scendere ed alber- gare ne' petti inumani e feroci de' ladroni e de' pirati. Imperciocché pel voto fatto , di cui testé avemmo men- zione, essendo della medesima materia stata fusa e com- posta una degna e bellissima coppa aurea, si allestì una nave, su cui si avesse a trasportare a Delfo il dono ed i le- gati destinati alla presentazione dell' offerta. Giunta la nave allo stretto siciliano , fu depredata dai corsari li- paresi , ed i legati medesimamente colf aurea lazza fu- (i) T. Liv. Dee. I. lib. V. cap. 12 j3 14. Voti degli IciTichi 8-4 rono trasportati a Lipari. Capo e conduttore della ma- snada depredante era un certo Timasiteo, il quale fatto istruito da' legati della causa di loro andare e del dono da offrirsi ad Apollo in Delfo , pigliato da re- ligioso spavento per la empietà del sacrilegio, e rispet- tando sommamente la santità del voto , con singolare ed incredibile magnanimità restituì l'aurea coppa, ricevette in pubblico ospizio i legati, servi loro di scor- ta e di presidio fino al tempio delfico, e ricondusseli sani e salvi a Roma. La qual grandezza di animo non rimase certo priva di ricompensa ; perciocehà il senato romano rimunerò largamente con pubblici doni Timasiteo , e seco lui ebbesi ancora un ospitale senato-consulto (1) — Ed a Cicerone a buon diritto facevano orrore e raccapriccio le singolari libidini ed empietà di Verre, il quale non si astenne di derubare e spogliare de' suoi nobilissimi e ricchi monumenti vo- tivi il magnifico tempio di Giunone nell' isola Melita , quando aiuti predone ne alcuna flotta di parati avea per lo innanzi ciò tentato , quantunque fosse usata nel tempo invernale a stazionarvi le sue navi; e quantun- que quell' isola fosse presa e saccheggiata dai cartagi- nesi nella guerra siciliana e punica , ciò nondime- no non fu mai violalo né manomesso il sacro asilo della dea. Anzi contasi che un ammiraglio dell' ar- mata marittima del re Massinissa, avendo portati via da quel tempio alcuni denti eburnei d' incredibile grandezza , li portò iu Affrica , e ne fece dono al monarca ; il quale non appena seppe e conobbe don- fi) TU. Liy. Uec. I. lifa. V. cap. i5. 84 L E T T E R A T U II A de venivano e da che tolti , si diede subito premura di restituirli e ri por li nel tempio della dea (1). Ed una e concordante si è la osservazione degli storici nel riferire , che coloro i quali con sacrilega mano non si astenuero di spogliare i templi degli dei delle ricche e preziose offerte, ebbero tutti un fu- nestissimo fine . Onde Brenno regolo dei galli sac- cheggiò empiamente il ricco tempio di Apollo in Del- fo, ma una tempesta impetuosissima di mare vendicò il sacrilegio commesso contro la inviolabilità del dio delfico. E Filomela, capo dei focesi nella guerra cosi detta sagra , per sostentarsi con vantaggio e provve- dere alle sue molte spese , impiegò i doni votivi som- mamente preziosi dello stesso tempio ; ma Diodoro la- sciò scritto , come la maggior parte di quelli , che avevano avuto parte nello spoglio del tempio , durante l'anzidetta guerra , deplorabilmente cessarono di vita : perciocché non havvi atrocità più indegna . più lut- tuosa e più acerba de' furti nefandissimi delle cose sacre e votive , con che si appalesa , al dir di Tul- lio , la pietà e la religione si pubblica e sì domesti- ca , si adornano mirabilmente i templi , si addimo- strano le vittorie, e dassi testimonianza del culto e della venerazione verso gli dei. Ond' Eschine ci ha tramandalo una forinola de' militi , i quali innanzi di arrolarsi a' vessilli della loro compagnia giuravano so- lennemente di proteggere i doni votivi del tempio delfico, e di punire colla morte i suoi sacrileghi pre- datori. Ecco le parole : Se si trovasse un uomo co- sì empio che osasse involare alcuna delle ricche offerte conservate in Delfo nel tempio di J pollo , o (i; Cic Act. V in Verr. lib. IV p. 443 edit mea Palu- \il apud Io. Manne 1 7 1 4- Voti diìgli antichi 85 agevolasse ad alcun altro i mezzi di commttere questo delitto dandogli aiuto o consiglio , impiegherò ma- ni , piedi, voce, ed in una parola tutte le mie forze per vendicare un tal sacrilegio. Indi a questo giura- mento seguivano le imprecazioni e le esecrazioni le più terribili (1). Questo vocabolo voto, nella amplitudine della sua significanza , è il concetto mentale di un desiderio colla espressione delle parole emesso alla divinità , di cui aiìdimandasi l'aiuto e la valevole assistenza pel felice e buon successo di una azione umana ; col- la promessa inoltre di obbligarsi ad un dono, o alla edificazione di un tempio, o ad una astinenza, ed a cose in somma pie e gratissime al cielo. E però appresso i latini dicevasi reo di voto ( voti reus ) quel- lo che invocava l'aiuto divino , obbligandosi in para tempo al soddisfacimento di qualche cosa : e condan- nato a voto {voti vel votis damnatus ) quello che , ottenuto il favore celeste , eia nel dovere di adempie- re alle promesse fatte (2). Ed affinchè questi voti, nelli opinione degli antichi , potessero più condegnamente e favorevolmente ottenere il fine bramato, richiedevasi la purezza del profferente e le corrispondenti e ben dovute foratole , o modi d'invocare i numi nel pro- nunciare i voli , che si appellavano min cupa, ioni vo- tive. E la purezza mentale dei voti dov.ea mirabilmente associarsi alla mondezza esteriore del corpo ; essendo pia credenza che fossero impuri e non esauditi dagli dei i voti emessi da coloro, che aveano coinquinate e (i) Rollin. stor. de' greci lib. X p. 266, 67. (2) Cornei. Nep. in vit. Timoleont. cap. 5 in fin- T. Liv. 7 2S, 5 7. Virg. eclog. 5 v. 80. Id. Eneid. lib. 5 v 207. Macrob. Saturnal. lib. 5 e. 1. oli Letteratura lorde le vestimenta e le mani di polvere e di san- gue (1). Onde Omero maestro e primo dipintore per- fettissimo delle religioni , de' riti e delle costumanze de' popoli più antichi , ci narra come Ettore non po- tea fare a Giove libazioni di generoso vino per non avere lavate le mani ; ne potea pronunciar voli , per essere bruttato e pieno di sangue corrotto (2) ; e ci fa sapere , come Nestore consigliasse Fenice , Aiace ed Ulisse, che prima di partire a piegare l'animo indo- mito di Achille e di far voti e libazioni a Giove Sa- turnio ed a Nettuno , fosse d'uopo di nettare con pu- ra e limpid' acqua le loro mani ; siccome essi ciò su- bitamente eseguirono (3) : e come Achille , dopo di avere armato iì suo diletto Patroclo contro i troiani , pigliò da quella bellissima arca la sua sacra tazza , con cui facea solo a Giove libazioni ; e la purgò pri- mamente collo zolfo, e la nettò nell' acqua pura , e similmente lavò nelle acque chiare le sue mani; e cosi purgato e mondo, libò al nume tonante e fecegli umi- li voti e preghiere (4); e come Priamo, innanzi di por- si in viaggio a redimere con doni dal fiero Achille il cadavere dell' amato Ettore , ed innanzi di far voti e libazioni e suppliche a Giove , onde venisse favo- revolmente accolto dall'uccisore invitto del suo figliuo- lo , comanda alla sua ancella dispensiera di prendere (i) Erat enim mos antiquorum , qui mine etiam sen>alur, ut qui caeclem hominum vel aliorum animaliwn commisissent , perenni aqua. manus abluei ent ad commissi piaculi lustratio- nem. Anliclides lib. 74 rcd'Jt. Virgil. Eneid. 1. 17 v. 119,120, 164. Ovid. Fast. lib. 4. (a) Hom. Iliad. 1. 6 v. 166, 67 68. (3) Id. ibi 1. 9 v. (70 ad 1 84- (4) Id. ibi lib. 16 v. Q2i ad a54- Voti degli antichi: 87 la conca ed il gutto, e di versar acqua nelle sue mani per mondarsi (I ) : ed Enea, nella ultima sventura dell' arsa Troia e prima di darsi alla fuga , scongiura il suo padre Anchise a pigliar seco i dei penati ; poi- che egli , per essere lordo e pieno di sangue umano , non ardiva seppur toccare que' sacri idoli , senz' ave- re innanzi lavale le sue mani nella corrente di un fiume (2). Ciascuno poteva fra i suoi focolari domestici , così mondo e puro di mente e di corpo , a suo bel talento usare di que' vestimenti e di quelle parole le più conformi a' suoi bisogni ed alla sua religiosa pie- tà nel concepimento de' suoi voti. Ma i sacerdoti che pronunciavano la nuncupazioiie solenne dei voti pub- blici ( come vedrassi in seguito ) per la salute della repubblica , dell' imperadoie e del popolo, adoperava- no i loro abiti pontificali , cioè velando il capo di pur- pureo amitto e di sacre bende ; siccome Eleno rende istruito Enea di questi riti (3) : ovvero cingevano le tempia di una ghirlanda di olivo, ed un ramo di al- loro portavano in mano, e proferivano forinole e nun- cupazioni sacre e tutte proprie alla loro istituzione. Ed i generali , eziandio prima di condursi a'eombat- limenti , sacrificavano e concepivano voli per la fe- licita degli eserciti e per le glorie della vittoria , pro- mettendo ed obbligandosi agli dei dell' imperio di rap- presentanze, di pubblici ludi scenici o di erger loro de- vote are : e mentre proferivano tali voti , costuma- vano inoltre d' indossare una tunica militare chia- mala paludamento., che era comune a lutti i militi , (t) Idi ib. lib. q4 v. 3o-2 ad 5o6. (a) Virg. Eneid. lib. i v. 717 18 19 20. (3) Virg. Eneid. lib 3 v. 4°4 4'1"- &8 L K T T E n A T IJ ti A a1 centurioni ed a' littori , ma quella loro distingue- vasi pel colore , cioè candido o purpureo (1}s e pe- rò essere del medesimo spoglialo fra i romani era un atto di eterno vituperio ed ignominiosissimo . co- me avvenne al loro esercito appresso le forche caudi- ne, che da' sanniti orgogliosamente fu fatto passare sotto il giogo, non senza essere stato prima spogliato delle sue vesti, e tratti ancora dal dosso de' consoli i loro paludamenti (2). Tito Livio ci ha lasciato un beli' esempio della nuncupaJone votiva e del ^ìodo di vestire dei gene- rali nel console P. Licinio, il quale prima di condursi alla guerra mecedonica contro l'erse , pronunciò in cam- pidoglio i suoi voti , e parli da Roma coperto di pa ludamento : la qual ceremonia (come narra lo storico ) veniva sempre eseguita con gran pompa e maestà (3). Ecco la formolo votiva, che adoperò M. Furio Camil- lo prima di porsi alla ossidione di Veia : O jépullo Pizia , io mi reco alla distruzione di Pela animato dalla tua divinità e sotto il tuo auspicatissimo di- fendimento : ed a te fo voto della decima parte della preda nemica : ed insiememente prego te , o regina Giunone, che sei venerata in P eia, di voler se gì tire i passi di noi vincitori per abitare nelle nostre mu- li) Valer. Max. lib.. i. cap. 6. C. lui. Caes. de beli, civil- lib. i cap. 6. (?) T. Liv. dee. ì. lib IX cap. V- (r>) Per bos forte dies P. Liciaius cos. , votis in capitolici nuncupatis , pabulatus ab urbe profectus est. Semper guidem ea res eum magna dignitate ae maiestate geritur: praecipue ta- mcn couverlit oculos animosque , cum ad magnani nobilem- que aut virtute aut fortuna bostcni eunlom consules prosequun- tur, Tit. L!v 13(0 5 lib. ■> cap. 3(j. Voti degli antichi 89 ni , le quali or ora egualmente saranno tue , onde te accolga e riceva un tempio condegno della tua gran- dezza e maestà (l)..E cosi nella dichiarazione di guer- ra contro il re Antioco il console M. Àcilio pronunciò i voti a Giove , e proferì le parole: Se l'armeggiare^ che per ordinamento del popolo ed altresì per sen- tenza del senato, devesi ora intraprendere contro il ve Antonio sarà felicemente condotto a fine ; allora , o Giove, lo stesso popolo romano celebrerà a tuo onore per dieci giorni continui i grandi ludi , e si attribui- ranno doni a tutti i pulvinari ; quanto di danaio ver- rà dal senato decretato (2). Ed allora che il console P. Decio sostenea con minor vantaggio del suo colle- ga il combattimento contro i latini alle pendici del Vesuvio nella via che conduceva a Veseri , pel subito tumulto e per la trepidazione nata nel suo esercito , chiamò ad alta voce il sacerdote M. Valerio e gli dis- se : Abbisognasi , o Valerio , il soccorso degli dei : orsa , o pontefice del popolo romano, proferisci prima di me le parole , con cui io faccia devota la mia (t) Tuo ductu (inquit) , Pythice Apollo , tuoque mimine insti/ictus pergo ad delendam urbent Veios : libique Itine de- cimarti partetn praedae voveo : te sitnul, lutto regina , quac mine Veios colis , precor , ut nos victores in nostrani , tuam- que mox futuram urbent sequare : ubi le dìgnum amplitudine tua templum accipiat. Id. dee. / lib. V. Gap. XII. (2) Si duellimi , quod cum Antiocho rege sunti populus ius- sìt , id ex sententia senatus povulique rotti, confectum erit , tum libi, Jupiter, pop. rom. ludos magnos dies X continuos fa- ciet , donaque ad omnia pulvinaria dabuntur de pecunia , quan- tum senatus decreverit : quisque magistralus cos ludos quan- do ubique faxit, hi ludi recto facti , donaque data recte sunto. Id. dee. 4' 00 Letterato a a vita per la salvezza delle legioni. Il pontefice gli co- mandò di pigliarla toga pretesta, e dopo velato il ca- po e tirata fuori la mano dal di sotto della to^a fino al mento , stando sopra un dardo assoggettato a'sunì piedi , dovesse cosi pronunciare : Giano '. Giove , pa- dre Marte , Quirino , Bellona , lari , dei novensili e dei tutelari di Roma , o numi , il cui potere è sopra di noi e de' nemici , o iddìi mani , io sup- plico e venero voi e chieggo perdonanza e mi sa* crifico, affinchè siate prosperevoli al valore ed alla vit- toria de" quiriti ; ed empiate di terrore, di spavento e di morte i nemici del popolo romano. Siccome prò - nunctui il volo con parole , così per la salute della repubblica de1 quiriti, dell' esercito, delle legioni e de- gli ausiliarii del popolo romano sacrifico con meco agli dei mani ed alla terra ancora le legioni e gli ausi- liarii de' nemici (1). Cosi P. Decio Secondo, condot- to dal famigliare destino ad essere vittima propiziatoria pe! bene dell' esercito romano e di Roma, co' medesimi vestimenti e colle parole medesime deprecatorie votive si sacrificò in espiazione agi' iddii mani e alla terra (2). Di diverso genere , ma degna da conoscersi, è la .supplicazione votiva , con clic si dedicò un tempiet- (ij lane, Iupiter, Mars pater, Quirine , Bellona, Lares , divi novensiles , dii indigetes , divi , quorum est potestas no- strorum , hostiumque ; diiqne manes , vos precor , veneror , versiam peto , Jeroque , uti pop. rom. quiritium vini viclo- riamque prosperei ti ; hostesque pop. rom. quiritium terrore , Jbrniidine morteque afficiatis. Sicut verbis nuncupavi , ita prò repub. quiritium, exercitu , legionibus , auxiliis pop. rom. qui' ritium , legioncs , auxiliaque hostium mecum diis manibus Ttllurique devoveo. T. Liv. Dee. I. lib. 8 e. 8. pi.) Id. ibi lib. 9 e. 19. Voti degli antichi 91 lo alla Pudicizia plebea. Virginia figlia del patricio Aulo, per essersi congiunta al console plebeo L. Volun- nio , condottasi colle altre femmine nella cappella della Pudicizia patrizia , che veneravasi nel foro boario nel tempio rotondo di Ercole , venne dalle matrone pa- trizie discacciata e posta fuori del sacro asilo. Ella punta da sdegno , come nata da sangue illustre e non meno delle altre pudica, e data in isposa ad un uomo egregio e magnanimo e di cui non avea che a gloriarsi , condottasi nel vico tango , ove abi- tava , e dopo avervi innalzata un' ara , convocò le ma- trone plebee , con cui assai dolutasi della ingiuria delle patrizie , con degne e nobilissime parole dedicò l'ara e disse : Io dedico e consacro quest* ara alla Pudi- cizia plebea : e vi esorto, mie care compagne , che siccome in questa città bel contrasto di virtù fiori- sce ne* petti degli uomini , così una venerevole emu- lazione di pudicizia nasca fra le nostre matrone ; e diate opera che si dica , che a quesC ara più, che a quella loro , per quanto si può , santamente e da più caste viene fatta onoranza e venerazione (1). E la bella Teano, sacerdotessa di Minerva in Ilio , do- po che Ecuba e le altre matrone troiane recarono in dono alla dea il sidonio e pregevolissimo peplo , ella interprete delle volontà loro e supplichevole per la conservazione di Troia , fece con magnifiche ed elet- tissime parole questa sacra nuncupazione votiva, e dis- se : Veneranda Minerva , tutrice della città e divi- nissima fra le dee , fiacca V indomito ardire del bel- licoso Diomede, e fa eh" egli giaccia disteso a terra innanzi la porta scea ; onde or tosto abbiamoti a sa- crificare nel tempio dodici giovenche non mai sotto- (i) T. Liv. Dee. i lib. io e ifi. p2 L E T. T E K A T li a A poste al giogo , se pur ti piglierà commiserazione di noi e della città e delle mogli troiane e de' loro te- neri bambinelli (1)* Mirabile è pure la nuncupazione voliva di Cloante nel combattimento navale , mentre per ottenere l'assistenza degli dei marini e riportare Io statuito premio , fa pieghi e voti di sacrificar loro uno sbuffante loro , di gettarne le interiora nel fondo de! mare , e di eseguire le consuete effusioni di vino (2). E qui , innanzi di più oltre progredire, sembraci necessarissimo il tenere alcun breve ragionamento sulla differenza che intercedeva fra i doni , o diremmo con più proprio vocabolo latino , ì donarli votivi , e fra le tavole o le tabelle votive. Imperciocché la lodala gra- titudine (che primamente germogliò nel petto sensi- bile degli egizi , e da essi parimenti sopra ogni altra nazione venne praticata ) strinse il cuore della uma- na gente ad appalesare e perpetuare ancora i favori ce- lesti degl' iddii ottenuti colla edificazione de' tempii , degli altari e dei simulacri, e colle offerte di decime e di primizie e di donarii preziosi e ricchissimi : la medesima gratitudine gli eccitò ad erigere colonne, archi e monumenti in signifìcauza di vittorie , per aiuti celesti , sopra i nemici riportale. E questa medesima gratitudine dettò a'Ioro animi di rappresentare in tela i naufragii ed i morbi sofferti, e come da essi per ispe- cial cura e proteggimelo di una qualche divinità ve- nissero lietamente sottratti e posti in salvo. E però Didone, fuggila dal regno di Tiro per le avare e cru- deli persecuzioni del germano Pigmalione , si rifugiò in Affrica ai confini della Libia e fabbricò Cartagi- (i) Hom. Iliaci, lib. 6 vers. Soi ad 3 io. (5) I3ii , qui bus imperi um pelagi , quorum acquora cur- ros. Yirg. Aeneid. I. 5 v. 2j5, ~>G 3y. Voti degli antichi 03 ne , ove eresse un tempio sontuosissimo sacro a Giu- none, e lo empiè di copiosi doni in testimonio della sal- vezza ottenuta (1). Quel peplo elegantissimo, e ad Ecuba sommamente caro , fu deposto dalle suppli- chevoli donne troiane nelle ginocchia di Pallade in dona rio votivo per piegare la dea a' loro preghi ed a favorire la cadente patria ; e qui Omero ci con- duce al talamo bene odoroso della tapina moglie di Priamo , in che ella discesa là ove aratiti varii pepli elaborati con artificio mirabile da donne sidonie , uno ne tolse che era il massimo fra gli altri bellis- simi, ed ultimo nel loro collocamento, ed isfolgorante a guisa di una Iucentissima stella (2). Ne sembra do- versi omettere di dire di quel regale ed insigne can- delabro, tutto splendiente oro e gemme preziose e ra- rissime , cui il re Antioco avea destinato in donano votivo ad ornare il gran tempio di Giove 0. M. , e degno di un tanto nume e della amplitudine e mae- stà del campidoglio e della munificenza del re asia- tico : perciocché Cicerone con inimitabile e subli- missima eloquenza descrive i rari suoi regi ; fattura stupenda ed eccellentissima , cume quella , che per la sua varietà e bellezza sembrava contrastare mi- rabilmente colla ricca materia ; e come lo stesso fosse nefandamente rapito e distratto dal vile e sacri- lego Verre : candelabro , la cui destinazione santis- sima era a sostenere le faci per illuminare il tempio, le pareti e la statua del dio tonante ; laddove nella casa o nelle ville di Verre fu costituito a testimonio ed a ministro de' suoi conviti intemperanti , de' suoi empissimi stupri, e delle sue singolari e domestiche scel- ( i) Virg. Aeneid. lib. I. v. 45 1- (a) Iloii). Iliad. lib. 6 v. -288 ad 295. 94 Lettera tra leratezze : dipigne il dolore e le lagrime di Antioco , sensibile non alla sola perdita di cosi gran dono , ma perchè ancora frodato di soddisfare ad un atto si re- ligioso , e di cui già da assaissimo tempo godeva far- ne la solenne dedicazione ;. ed altresì si sparge nella sua mente un sacro orrore a quella empietà del male- detto pretore , per la sua impudente audacia di vio- lare e far proprio un dono regio votivo , consacrato dall' altrui mente al maggiore degf iddìi fra' romani , a Giove O. M. (1). E comuni erano le parole a'donarii , a'monumen- ti , a' trofei ed alle tabelle nella loro ceremonia di so- lenne dedicazione e nuncupazione votiva , cioè dare , donare , dicare , consecrare Jovi O. M. , reginae J linoni , athenae Minervae , Pjlhico Apollini. E però peculiarmente nelle pareti dei templi , sugli al- tari e nei sacri sacelli si locavano i doriarii votivi , cioè i tripodi, i candelabri, i vasi, i lebeli , i let- ti , i rostri , i vessilli, i monili , le monete , le tazze , le patere , le collane , le armille , le corone e le spo- glie opime e nemiche, come monumenti parlanti della religiosa pietà dei generali , e fregi esimii e decorosis- simi de' templi. Lo che asserisce Tullio , dicendo che il gran tempio di Giove nel campidoglio era ricco e doviziosissimo pei doni votivi e per le opere mirabi- lissime di arte ; essendoché per arricchirlo ed ornarlo a molti re, a molte città e ad assaissimi privati opu- lenti stava sommamente a cuore di decorare di doni il campidoglio, come era meritevole la dignità del tempio , e poteva rimaner soddisfatto il nome roma- no (2). Onde si ammiravano quelle tre antiche coppe (i) Cie. act. 5 in Verr. lib. 4 pag- 425 ad 427. (2) Id. ibi pag. 425. Voti degli antichi 05 auree dedicate in dono a Giunone nella cella di Gio- ve capitolino dalla pietà di M. Furio Camillo (1). Ed aurea eziandio era quella corona del peso di una li- bra, che per comandamento del popolo il dittatore Ma- merco Emilio depose in clono votivo a Giove nel cam- pidoglio. E da Paolo Emilio fu consacrata in dono vo- tivo a Giove nel campidoglio una tazza di oro mas- siccio del peso di cento talenti, trovata , dopo la to- tale sconfitta del re Perseo , negl' immensi tesori di lui; la quale , secondo la nostra moneta, varrebbe più di centomila scudi , senza comprendere le molte pie- tre preziose , di che essa era adorna. Oltra il tempio capitolino, altri ancora ve ne avea- no celeberrimi, ed assaissimo più di quello antichi, e non meno ricchi di copiosi doni votivi ; come i tem- pii sacri a Giove in Aminone, in Dodona , ed in Olim- pia; il tempio di Giunone in Samo ; quelli di Apol- lo in Delo ed in Delfo; il Parlcnone devoto a Miner- va in Atene ; quello di Cerere in Eleusi : i tempii di Venere iu Cipro , in Pafo ed in Amatunta ; e quelli di Diana in Efeso , in Pirgi ed in Segesta, e l'ara gran- de nella Taurica Chersoneso appresso il Ponto Eussi- no : e quello di Esculapio in Epidauro. Sopra tutti pe- rò il tempio delfico era pienissimo d'immensi doni vo- tivi e di preziosi tesori , avendo , come dicono Ero- doto e Diodoro Siculo, in ogni secolo i principi fatto a gara nell' arricchirlo, fra' quali si distinsero Gige e Creso re di Lidia : e reca veramente stupore , come potesse sempre fiorire e risorgere vie più sontuoso e magnifico , ed onta degl' incendii che lo distrussero e delle rapine che lo disertarono e lo spogliarono. Onde Paolo Emilio , dopo la memoranda vittoria ripor- to T. Li'v. Dee. I lib. 6 cap. 2. 96 Letteratura lata sul re Perseo , andato in Delfo a sacrificare ad Apollo , rimase a buon diritto attonito ed ammirato ai doni , alle statue ed alle ricchezze immense ivi ac- cumulate , con tutto che egli avesse accostumato la vi- sta alle grandezze romane ed al fasto del debellato re macedone. E sarebbe materia di più volumi , se si volessero descrivere le vicende e tutti i ricchi doni di questo tempio : e però riferirò, che i bei tripodi di oro e di argento cospersi di preziose gemme , che avevano la costumanza per voto di ottenuta vittoria gli strategi ed i conquistatori di consacrare ad Apollo in Delfo (1) , diedero origine a'vincitori ne' celebri lu- di della Grecia, il cui più consueto premio erano i tri- podi , di dedicarli ed appenderli eziandio in dono vo- tivo a quelle divinità , ad onore delle quali si erano commessi i combattimenti (2). £ Ciro avendo regalato Lisandro di una nave di avorio e di oro della lun- ghezza di duplice cubito , si pensò bene il comandan- te spartano di farne presente votivo al dio delfico , dopo la gloriosa battaglia marittima di Egopotamo. Monumenti votivi erano le metalliche e le mar- moree iscrizioni , la edificazione di un tempio, di un altare , di una basilica , di una colonna ; e l' innal- zamento delle statue , degli archi e dei portici. Iscri- zione votiva fu quella da Pausatila fatta porre nel tri- pode di oro destinato in dono ad Apollo , esprimente : Suo ductu barbaros apud Plateas esse dcletos , eius~> que victoriae ergo Cipollini donum dedisse (3). (i) Herod. Hb. 8. Tucid. lib. I histor. (2) Horat. lib. 4- od 8. Plutarco nella vit.di Aristide pag. 3o3. Traci, di Girolamo Pompei. Firenze Passigli i853. (5) Cornei. Nep. in vit. Pausan Voti degli antichi 97 Questa fastosa ed ingiusta iscrizione eoa che il capitano lacedemone attribuiva tutto a se , togliendo agli altri l'onore della vittoria , recò ollremodo onta e dispetto agli spalloni ; onde raserò questi versi , uè altro vi scrissero che i nomi di quelle citta , col- l'aiulo e col valore delle quali furono i persiani sbaraftati e vinti. Altra iscrizione votiva fu quella , che dal censore M. Emilio Lepido venne incisa sulle imposte dell'uscio di un tempio degli dei del rn:»re o permanili ; volatosi a ciò dodici anni innanzi L. Emi- lio Regillo in uno scontro navale contro i prefetti del re Antioco , la quale era cosi concepita: Duello ma- gno regibus dirimendo caput .... patrandae pa- cis .... ìlaec pugna exeunti L. Aemilio M. Aemilii F. Regillo praetori auspicio, imperio , felici* tate , ductiujiie eius inter Ephesum, Samum , Chium- que classis regis Antiochi ante D. XL. K. ian. vieta , fusa , contusa , fugataque est : ibique éo die naves longae cum omnibus sociis captae XLIl. Ea pugna pugnata rex Antiochus , regnumque eius Eius tei ergo aedem laribus permarinis vovit. E copia dì simile iscrizione venne intagliala nel marmo sopra le porte del tempio di Giove capitolino (i). Monumento votivo fu il remeggio delle ali di Dedalo , che appese in Cuma nel tempio di Apollo, da lui edificato per me- moria di sua salvezza (2). Monumento votivo fu lo scudo di L. Marzio cavaliere romano; in che vedevasi l'im- magine di Asdiubale Gisgone , segno del suo valore e della gloriosa vittoria riportata sopra i cartaginesi iti (i) T. Liv. Dee 4- l'I'- '*>• c»p. 28. (2) Virg. Acncid. lib. 6. v. 14. ad 33. G.A.T.LXVIH. 58. ^3) T. L. Dee. I. lib. 4. e. 10. Valer. Max. lib. 3. cap. 2. Virg. Aeneid. lib. 6. v. 855. 85;}. Fropert. lib. {■ Eleg. 8. Voti degù antichi 09 altro monumentò votivo sacro a Diana , per addimo- strare la entusiastica religione di que'romani , anche i più integri e pii, che da nulla frode od inganno si aste- nevano nella sola fiducia di ampliare ed eternare la loro repubblica. Servio Tullio sesto re di Roma eresse insiememenlc ai latini a Diana un magnifico tempio; il cui sacerdote avendo inteso parlare di una vacca di mi- rabile grandezza e bellezza , nata ad un padre di fami - glia sabino , e su cui gii oracoli avevano pronosticato che quel cittadino , il eguale avessela immolata a Diana della sua patria , avrebbe essa patria ceitamcnle tenuto l'imperio del mondo, mentre perciò il sabino tro- vavasi già a Roma nel tempio di Diana per sacri- ficarle la surnmentovata vittima , esso sacerdote ro- mano cosi con frode gli favellò : u4 che , o ospi- te , ti prepari a fare a Diana un impot liuto sa- crificio^ se nati t'immergi nella corrente del fiu- me ? Il Tevere non da qui lungi trascorre. Lo straniero, punto dalla santità della religione, discese all' istante nel Tevere ; e frattanto il romano antistite immolò a Diana l'animale. Il che non è a dire quanto fosse grato al re ed alla citta tutta ; ed aggiunge Livio che in ricordanza votiva di tale avvenimento si videro'per molte età posteriori affìsse le corna della vacca nel vesti- bolo del tempio; e quando elle pur'anchc mancarono alla vista , la tradizione del padre faceva assicurato il figlio del fatto, colla speranza di avere a dominare la terra (I). Trofei votivi erano que'cumuli di armi e di spo- glie nemiche, che s'innalzavano ad onore e gratitudine di ,i) T. Liv. Dee. I li!) 1. eas. 17. V 1Q0 Letteratura qualche leUa («) e peculiarmente di Marte (2) nel luo- go , ove il generale o l'esercito glorioso aveva non solo vjnlo, ìììa posto in fuga il nemico. Si formavano di metallo (3) o di tronchi di pini e di quercie (4). Onde Plutarco osserva nel trofeo di Romolo , che le quercie annose inspirano un non so che di sacro e di vendevole : e perciò sembran quasi nate ai trofei ed ai voli..I ro- mani , in luogo dei trofei votivi , usavano degli archi trionfali , come quelli di Romolo , di Camillo , di Fa- bio censore allobroge e di Domiziano (5), ed Augusto per l'arco dedicato alla memoria ti i Ottavio suo padre si servi dell'opera dui famoso ed eccellentissimo Li- dia (6). I trofei votivi non di rado s' innalzavano in vicinanza dei sepolcri de'forli e dc'magnanimi guerrieri per ricordare il valore di essi ed accendere ne'petti altrui le virtù della gloria e della pietà (7). E difalti a cotali immagini di prodezza non potea non eccitarsi bella emulazione in cuore genoroso ad azioni elette e lodate. Onde , dopo la giornata di Maratona vinta dalla virtù di Milziade, Temistocle sentiasi putito l'animo da nobile gelosia, e poco mangiava e pochissimo o nulla dor- miva , ed agli amici che inlerrogavanlo di si strano can- giamento , rispondeva : che i trofei di Milziade gli toglievano il riposo. (i) Plin. lia 6. cap. 28. (2) Virg. Acneid. lib. n, v. 7. 8. (5) Pausania Attic. Cic. lib. 2, de finiti. (4) Virg- Acneid. lib. io. v. ^5 Claudian. lib. 1. in Rufti. Statius. Thebaid. (5) Martial. lib. 8. epigr. 65. Sveton. in vit. Domitiani. C. Taciti lib. 2. Annal. (6) Plin. lib. 36. cap. 5. (7) Virg. Aeu id. lib. 11. v. 5 6. 83. 8{. Voti ukgi.i Armeni 101 Ed è bella la descrizione della reggia del re La- tino , ch'era pur un gran tempio sacro ai genii del loco ed ai domestici penali .-"filivi infinita serie d'immagini avite; quivi assaissime armi tolte ai nemici : e quivi mille trofei votivi appesi per gloriose ricordanze alle sue pareti (i). E delle spoglie nemiche non sempre for- mavansi trofei ; ma si appiccavano in voto ne' muri o nelle colonne dei templi (2) , unitamente alle corone navali , a'rostri, ed a'remi , ed alle clamidi^ ed agii scu- di, ed a'vesilli, ed ai carri (*$), Ovvero per singolare va- lore si concedeva a'militi di affliggere agli dei domestici ne' loro privati focolari i doni del loro generale, le corone della loro piodezza e le armi ostili (4) ; anzi ne usavano eziandio ad ornamento dei loro talami ge- niali (5). E soventi fiate il vincitore abbruciava in ri- verenza degli dei le armi e le spoglie nemiche. Cosi Creso dopo di aver votato ad Apollo le ostili prede, in sua venerazione le incendiò ancora (6); cos'i Paolo Emi- lio , vinto Perseo , e fatto un gran cumulo di armi e di spoglie nemiche, evocò Marte, Minerva e la madie sua e le altre divinità , e vi appiccò fuoco insieme con gli altri circostanti tribuni militari , e le ince- neri e le pose al niente (T) ; cosi Fabio Massimo (i) Id. lib. 8. v. 6t. Ovid. metamorph. 1. 8. e. 5. (2) Horat. Hb. 3. Od. 5. Pers . Satyr. 6. (3) Cic- Acl. 5. in iti. G. Verr. lib. 4- P- 44°- T- l»»V. Dee. 4- l''0- I0, caP- 2^. (4) Polib. lib. 6. Ovid. lib. 4 Trist- eleg. 7.Sveton. in vit. Claud. e. 17. Silius lib. 6. Seneca in Thyeste. (5) Claudian. in pangyr. Sliliconis. (6) Herod. lib. 1. (•j) T. Liv. Dee. 5. lib. 5. cap. 28. ^02 Lai T K R A 1 u n A fece voto a Giove vincitore (I); e così Mai col lo dopo la presa di Siracusa, e Scipione affrica no dopo quella di Cartagine fecero voto a Vulcano : e riferisce Appiano nella guerra punica che' gì' imperadori o comandanti romani r nell'alto .di cosi fatti abbruciamene , andava- no discinti , quasi che si volessero sciorre dal voto contratto. Tavole o tabelle votive erano i dipinti a colori in tela od in altra materia , con che si esprimevano le grazie celesti ottenute ; e le angoscie penosissime di chi aveva sofferto naufragio , e gli alti umili del sup- plicante , e la misericordia implorata del nume , e l'azione ricordevole di un doloroso sacrificio , od i un qualche celebratissimo combattimento. Queste colali tavole adunque si appiccavano in voto negli archi , ne' muri e nelle colonne di un tempio o di qualche pubbli- co e decoroso edificio ; le quali propriamente ed in modo peculiare si possono chiamare voti. Così ICgeo re di Atene in ringraziamento agi' iddii , perchè avessero salvato dal veleno e dalle insidie della crudele Medea il suo figliuolo Teseo , fece sacrificii ed attaccò voti di salute e di grazia ottenuta (2). E vi erano artisti che per mercede pattuita coloravano questi variali casi ; e peculiarmente (coma dicemmo) le triste scena di un naufragio ; perciocché in alcuni famosi tempii si ve- deano navi dipinte ; e quale con 1' albero fiacco e rotto e con le vele ravviluppate , e quale tra dubbiosi scogli sospinta o già sopravinta dall'onde correre per perduta, e quale sdruscita essere balestrata in alcuna (») Id. Id. , Dee T. lib. 20. cap. 20. (2) Ovid. metanmiph. liJ>. 7. cap. ir. Voti dkg-m a anciit 103 piaggi a , e tutte però donare, testimonianza a'risguar- danti de loro infiniti fortunosi pericoli incorsi. Lo che è mostro da Cicerone (1) , da Orazio (2) e da Tibullo (3). E però non sempre l'amore vile del prezzo eccitava la fantasia e guidava la mano de'dipintori a simili rap- presentanze : perciocché Polignoto , che pingeva cosi mirabilmente, non operava sempre per danaio, ma spes- sissimo per la gloria e per la immortalità. Egli da natura inchinato alla generosità, non che da un vero amore di pa- tria , reppresentò gratuitamente Milziade nel combatti- mento di Maratona alla testa eli dieci comandanti , che esortava i soldati alla vittoria , dando egli slesso invitti esempi di magnanimo valore. E gli ateniesi per rendere perpetua con pubblico voto una gloriosa ed onorevole giornata commisero appunto a Polignoto la esecuzione di questo quadro , il quale riuscì lauto mirabile e pre- gevole che meritò di essere locato nel famosissimo Pecile di Atene. Micone , che pinse medesimamen- te nel portico della stessa galleria , non era cosi generoso ed alieno dal pattuirne la mercede : onde il consiglio degli anfizioni, rappresentanti gli slati delia nazione greca , attesi al gratuito e raro adoperare del primo , volle con solenne decreto ringraziarlo e gui- derdonarlo ancora , ordinando che n tulle le citta gre- che veniss'egli ricevuto in ospizio a speie del pubblico. Similmente tavola votiva fu la Ifigenia di limante. In essa ravvisavasi il luttuoso sacrificio della immolala vergine in modo che il dolore , assai più che espresso, (t) Nonne animadvertis ex tot tabellis pictis , quam multi votis vim tempestatis efìugeriut ? Gic. de nat. deor. lib. 3. (a) Horat. Art. Poet. v. 20. 21. , et lib. I. Od. 5. in fin. fi! Lib. I. Eleg. 2. 104 Letteratura poteva essere ancora maggiormente immaginato , per- ciocché avresti veduto innanzi l'are il sacerdote Cal- cante immerso in profonda tristezza , ed in più mesta altitudine immobile rimanere Ulisse : Aiace con alti gridi e singulti penosissimi esprimere le augoscie del- r interno affanno: ed estremamente afflitto ed abban- donato nel più lamentevole cordoglio starsene Menelao. Or come rappresentare il dolentissimo padre ^ il sospi- roso e piangente Agamennone? I lineamenti della af- flizione si erano di già tutti esauriti , e l'arte non sa- peva più esprimete le acerbità della doglia : e però un velo, di cui il valente artista si valse a ricoprire il volto di Agamennone , lasciò ingegnosamente a'risguar*. danti ravvolgere nell' animo qual essere dovesse lo strazio del tenero cuore paterno a cosi lagrimobilo scena (1), Sebbene a dir vero non conoscasi ora, se Timante fosse inventore di tale atteggiamento , od aves- selo tolto dalla Ifigenia di Euripide (2). E dipinti vo- tivi erano le rappresentanze guerriere dei casi varii e delle scambievoli fortune de'greci e della infelice Troia espressi nel'Ie pareti nel sontuoso tempio di Giunone edificalo dalla pietà della bella Didoue (3). Ed a Giove fu votata da Tiberio Gracco quella tavola , in cui si erano pinti i diversi combattimenti e la figura della soggiogata Sardegna , con tale iscrizione : L'esercito e le legioni, del popolo romano avevano assoggettata la Sardegna 'sotto la condotta e gli auspicii del console Tib. Sempronio Gracco. In essa furono uccisi e presi sopra ottomila nemici. Oltre essere stata felicemente fi) Quintil. lilj. 12 cap o cu»r se(T- Voti degli antichi 105 amministrata la repubblica , e riordinate le pubbliche rendite , ricondusse a casa sana , e salva e piena di preda tarmata ; ed egli fece a Roma ritorno di nuovo trionfante , di che per ricordanza perpetua questa, tabella votiva dedicò a Giove (i). £ dipinto votivo era la pugna equestre del re Agatocle, che adornava le par- ti interiori del tempio di Miuerva in Siracusa , di che tiene argomento Cicerone; appalesando la sua profa- nazione e rapina commessa da C. Verre (2). Non v ha certamente dubbiezza alcuna che i preghi, le offerte , i sacrificii , le orazioni ed i voti non sieno i «radi propiziatorii , con che si arriva agli orecchi del- la divinità ; onde nulla creatura umana mai fuvvi che nelle sue afflizioni e necessita non formasse in suo cuore e colle Iabara umili voti a Dio. E questi si chiamano peculiarmente voti privati : i quali fra gì' israeliti , adoratori del vero Dio , erano molti , co- me il digiuno , a cui taluno particolarmente obbli- gavasi per voto in alcuni giorni con tutta religione di osservare (3). E bellissimo volo privato fu quello che Anna moglie di Elcana fece colle lagrime agli occhi al Signore per aver prole ; promettendo che se le con- fi) Tib. Sempronii Gracchi consulis imperio auspicioque legio exercitusque P. R. Sardiniam subegit. In ea provincia hoslium caesa aut capta supra LXXX inillia. Rep. felicissime ge- sta , atque liberal is * vectigalibus restitutis , exercitum sal- vimi atque incolumem plenissimurn praeda dotnum reportavit : iterimi Iriumphans in urbem Romani rediit : rei ergo hanc tabu- lam domati Jovi dedit. T. Liv. Dee. 5 lib- I cap. aS. {lì Cic. Act. 5 in Verr. lib. 4 p- 45 1.. fSj II Rcg. e. 3 v. 35 „ ibi „ e. \->. v. 16. | *°6 Letteratura cedeva un figlio maschio ; avrebbelo tosto offerto pei1 tutti i dì delia sua vita in servizio di lui. Ella difntti rimase incinta , e partorì un figlio maschio , il cui nome fu Samuele , cioè domandato dal Signore e eh i • lui concesso. E ricordevole del suo Voto , da poi ch'cbbelo allattato, lo condusse in Silo nella' casa del Signore , ed a lui irrevocabilmente l'offri e donollo (l)ì E voti tutti privati , cioè non dell' intera nazioie giudaica, erano quelli de'nazarei, con che eglino si ob- bligavano per certo tempo di non ber vino , di non re- cidersi i capelli , e di préseverarsi con gran zelo dalle impurità legali (2). Simili a questi erano i voti dei recabiri < discendenti da Giouadabbo figliuolo di Recai) , che vivea a'tempi di Jeu re d'Israele e del profeta Eli- se(? (3). Cosi appresso le nazioni gentili a ciascuno era lecito, senza niuna solennità , di adempire a'que'voti , di cui particolarmente avea assunta 1' obbligazione ; onde in quella elegantissima elegia di Tibullo, i voti fatti agi' iddii per ritornare nella benevolenza della sua amata Neera , erano appunto voti privati (4). Voti pubblici per lo contrario erano quelli , che non uno o più individui di una nazione pronunciavano ; ma si bene quei che da'sacerdoti erano formati a nome del popolo. E però fra'giudei i pubblici digiuni si chiama- vano parimenti voti pubblici ; essendo che a questi si ob- bligavano nelle calamita per ispirilo penitente a placare l'ira di Dio. Ed essi erano annunciati,come le solennità fe- (i) I Reg. e. I v. ii »o »4 25 26 27. (2) Num. cap. 6- (3) N. Reg. e io v. i5. £*.£. (i) Tibull. eUg. 3 4 lili. 4. Voti degli antichi 107 Stive, dallo squilla di argentee trombe , sonate peculiar- mente dai sacerdoti. Da cui è venuto il giubileo; poiché con un conio di ariete sonavasi il suo incomincia mento; e così fra gli antichi anacoreti della Tebaide vigeva il co- stume di sonare la tromba per indicare le ore della ora- zione; cosicché l'uso delle campane è a noi più. vicino e novello. Ed altresì per pubblico voto ed in monumento perenne di elettissima gloria ottenuta da Dio volle la nazioue israelitica porre nel suo santo tabernacolo le armi del filisteo Goliath , dopo che venne atterrato ed ucciso dal prode Davidde (I). La cui spada conservata in un pallio di lineo, ephod, venne a lui resa dal sa- cerdote Achimelech , allorché quegli inerme e fuggitivo sottraevasi alle mortali persecuzioni del re Saul (2)d E pubblici voti eziandio fra gl'israeliti erano le oblazioni fatte al Signore di qualche parte dei loro beni In ren- dimento di grazie ottenute , o le decime prelevate dal buttino nemico (3). Dal che nacquero le molte ric- chezze accumulate per uso dei sacriflcii del taberna- colo santo , offerte peculiarmente dalla religione di Samuello , di David , di Abner e di Gioabbo. Similmente i pagani arricchirono i tempii dei loro iddii di offerte e di decime votive dopo una memoranda vittoria. Così Cimone ancor giovanetto of- ferì una briglia a Minerva per piegarla a favorire le cose disperate della . desolata Atene, minacciata dal grande esercito di Serse. E primo pensiero entrò nelle grate e religiose menti di tutti i greci, dopo la com- (r) IReg. e. 17 v 54. (-ì) Reg. e. 21 v. 9. t'JL' Levit. e. 1 v. a, 3. 4 5. 6. 7. 8. 9. Numei. e. 7. Pftruliponi. T. e. id r 28. 29. 108 L E ' * E A A T CJ A A l'iuta vittoria di Salami™, di offerire a Delfo le EJ? del ,ÌCC0 bottino diportato sopra i persiani. M Agesilao re di Sparla, avendo in più scontri di arra, vinti e fugati „eIl' Asia i barbari ed acqui- eta bnoua {)arte de.lofo tesoji offtlad Apo||oiii Uelto la decima di essi, ascendente a cento talenti (centomila scudi); conciossiachè reputavano que' grandi uomini d, lunga cosa più gloriosa essere pii e re- i'g'osi, che tremendi conquistatori: onde in ninna oc- casione cessavano mai di addimostrare agli dei colle Offerte la loro riconoscenza per le vittorie consegui- te; dichiarando con questo pubblico e solenne omag- gio che le ripetevano dalla loro protezione. E così «greci, dopo la giornata di Platea, detrassero la de- cima porzione dalle molte e ricche prede ostili, e la offerirono in voto agli dei. Virgilio ed Orazio ci fan- no conoscere che i marinai , i quali sopravvivevano al naufragio , costumavano di offerire le loro vesti- menta in voto al dio, da cui ripetevano la loro sal- vezza (i). E Fedro racconta che l'offerta votiva di colui che avesse acquistata la salute era il sacrificio di un porco ad Ercole (2), Innumerevoli poi erano le votive oblazioni presentate quotidianamente ad Escu- lapio ne' suoi più celebri tempii , dopo il ricupera- mento di perduta sanità. E così Tibullo facea voli innanzi alle sacrate are dì sacrificare ad Apollo , se rendea la salute all'ammalata Sulpicia (3). Dicemmo superiormente che i sacerdoti con ogni solennità nuncuoavano o pronunciavano i voti pub- blici a nome del popolo, a differenza dei voti :>«'. (i) Virgll. Aeneid. lib. 13 v. 766-67-68-69. Horat. Od. 5 lib. I. (2; Phaedr. Jil>. 5 fabul. 4. (3; Tibull. lib. 4 «legia: fotum. Voti deci a antichi 10.9 vati , i quali non abbisognavano del minisleiio sa- cerdotale , ne della pompa di singolari vestimenti , né delle solennità del sacrifìcio, imperciocché quando i flamini pontificalmente pigliavano il voto pubbli- co (e ciò per lo più dopo le calende di gennaio) alla presenza de' censori, de' consoli , e de* pretori e di tutto il popolo, ed avanti alle are de' loro dei, e non senza, la ccremonia di un qualche sacrificio, domandavano la eternità e la sicurezza d<'gl' impera- dori e de' cittadini , la grandezza della casa de' prin- cipi , la gloria degli eserciti , la fedeltà del se- nato , la obbedienza del popolo , la vittoria contro i nemici, e la pace del mondo. Ed erari') annrali (1): come il solenne decreto proposto da Aristide nella prima assemblea generale dopo la giornal? di Pla- tea f nel quale religiosamente si stabili che ogni anno nella sua ricorrenza le città della Grecia dovessero inviare i deputati a Platea per offerire sacsificii votivi ed azioni di grazie a Giove liberatore ; il qual co- stume vigeva encora al tempo di Plutarco, Ed era- no quinquennali , decennali , vicennali, tricennali e quadricennali; lo die ci è mostro da assaissimo me- daglie , le quali dai magistrati si facevano battere , quando avevano già fatti scrivere i nuucupati pub- blici voli o in marmo od in una tavola di rame , onde perpetuare la loro ricordanza , insieme alla lo- ro solennità : cioè se annuali per ricominciarli do- po un anuo , e se quinquennali dopo il lasso di un lustro. A questi tennero dietro le supplicazioni votive o le preghiere di rendimento di grazie agli dei; avendosi da loro ottenuti gì' implorati favori. E però Enea fa le (i) Virgil. Ecloga 3 v 6&io, Aeneid. lib. 8 v. 17^-7^-74. 110 LETTERATURA sue azioni di grazie votive a Marte dopo la morte di Mezenzio (i); e Minos re dei cretensi , avendo vinti in guerra gli ateniesi, rese grazie a Giove e gli sa- grificò una ecatombe (2): ed una ecatombe votiva per rendimento di grazie sacrificò P. Scipione in memo- ria delle sue vittorie conseguite in Ispagna (3); ed il cospicuo sacrifìcio di quattro cento cinquanta tori da immolarsi perpetuamente ogni anuo a .Giove libe- ratore dai siracusani , fu parimenti decretato per rin- graziarlo con tale solennissima ceremonia della ri- cuperata dominazione (A). Ed è da notare che que- ste pubbliche e votive azioni di grazie erano sempre accompagnale da feste , e da danze, e da tripudii, e da concerti musicali , cantando i sacerdoti inni e peani, e sonandosi da essi i flauti , e le trombe, e le cetere. Ma dai latini con peculiare denoroinazio- De dieevasi eziandio supplicazione quella ricompensa ambita ed onorevolissima decretata dal senato a' gene- rali conquistatori ; i quali dopo di aver ottenuta ima vittoria , oliberata la repubblica da qualche grave ed imminente pericolo , e dopo di essere stati salutati da' loro soldati col nome d'imperadori , inviavano un messo al senato con lettere adorne di alloro , chia- mate laureate , implorando l* onore de pubblici ren~ dimenti di grazie-, indi conseguivano ancora il trion- fo : lo che ci è ben indicato da una lettera di Ca- tone a Cicerone (5). Ma le più solenni supplicazio- ni votive erano quelle che si facevano ad omnia pul- (i) Id. Eneid. lib. n v. i ad 5 (a) Ovid. Metaraorph. liv. 8 e. 3. (3) T. Liv. Dee. 4 lib. 8 e. ao. f4) Bollin stor. de' persian. e de'greci lib. 7. p. 5. (3) Euripid. Ippolit. coron. ed Jfìgcn in Aulide Voti deot.i antichi 119 ca il filosofo, mentre ha detto che un voto empio tie- ne luogo di una scelleratezza (1). E qui non ista- rerao a chiosare ( che il nastro assunto noi comporta ) le parole e ì precetti delP oratore e la sentenza del filosofo, potendosi empire assaissime pagine , ina sa- remo conlenti solo dimostrare altrui che essi hanno par- lato e scritto, giusta gli ammaestramenti del genti- lesimo : conoscendosi anche dai nien sottili ed addot- trinati ed a prima giunta in questi pochi detti gli as- surdi e le contraddizioni della loro morale. Crudele e spietata fu la promessa votiva del fe- roce Achille ai mani del diletto Patroclo di strascina- re il cadavere del bellicoso Ettore e di sacrificare dodici giovanetti troiani sul tumulo di lui (2) : sicco- me egli a ciò soddisfece fedelmente con singolare inu- manità (3). Similmente Enea , dopo la morte acerba del bellicoso Pallante, tolse della preda nemica otto do' più. imberbi giovani e promise in voto d'immolargli nelle esequie all' ombra dell'estinto e caro amico (4)- E narrasi di Amestri moglie crudele di Serse , eh* el- la per soddisfare ad un voto pubblico e solenne vigenle nella Persia, fece abbruciare vivi quattordici fanciulli delle più nobili e delle più ricche famiglie in olocau- sto propiziatorio agli dei infernali (5). Questa mede- sima principessa, dopo la guerra degli ateniesi in Egit- to , per voto fatto all' ombra del suo figlio Acho- (i) Votum impium secìeris vicem obtinet. Sen. de bene- fic. lib. 6 e. 58. (2) Homer. Iliad. lib. 18 v. 334 a(1 357> bb. 21 v. 27 28, lib 22 v. ^96 ad 4°5 , bb. 25 v. 20 21 22 2.5. (5) Id. ibid. lib. 22 v. 5q5 ad 400 lib. 25 v. 175 181 182. (4) Virg. Aeneid. lib. io v. 517 ad 52o, lib. II v. 81 82. (5) Éollin. slor. de' pers. e de'grec. lib. 6 p. 169* 120 L E T T T I\ A T U R A menide , gli sacrificò Inario re di Edilio fatto pri- gione irr guerra , con cinquanta altri prigionieri ate- niesi (1). E siccome fra' cartaginesi le madri ed i pa- dri , più inumani che le tigri , sacrificavano i loro figliuoli a Saturno per voti pubblici di salvezza dello stato : per cui si spopolavano le loro città , non aven- dosi rispetto nella scelta di tali innocenti vittime ne a stato, né a sesso , né ad eth ; Gelone di Siracusa, dopo la memorabile vittosia dimera vinta sopra i car- taginesi , impose loro per primissima condizione di pace che cessassero d'immolare a Saturno i loro figliuoli : lo che addimostra l'animo fiero di quelli, e la pietà del principe siracusano (2). Ed appresso i galli me- desimamente vigeva la empietà d'immolare vittime uma- ne agi' jddii nell' atto delle preghiere e della forma- zione de' loro voti di felicita e di prosperevoli eventi di guerra (3) : lo che ha scritto Cornelio Tacilo par- lando dei germani , fra i quali era lecito in alcune ri- correnze festive dell' anno di sacrificare a Mercurio uma- ne vittime (4). Se fummo compresi da orrore nel conoscere i vo- ti inumani e crudeli che vigevano presso le nazioni rozze e che a buon diritto dagli storici vennero chia- mate barbare , dovremo ora trascorrere pur sui vo- ti volonlarii di morte piaculaforia e non meno fero- ci , ma di quei assai più folli : periocchè co!a la (i ) Id. ibid. lib. 7 p. oG. [i) Id. ibid. lib. 7 p. 82. (5) Commentar. lui. Caesar. de bello gallico lib. G e. i5. Cic. iti orat. prò Fonteio. Iuslìn. lib. 26. (4) Deorum maxime colunt , qui certis diebus , Immani* quoque hostiis litare fas habeut. C. Coni. Tacit. de morib. ger- manor. Voti òegm antichi 121 cieca supestizione facea credere ad ignorantissimi po- poli clic a piegare V irresistibile fato erano uecessa- rii i voti di umane vittime : e però in questi una sola ombra di gloria facea empiuta la fervida mente di al- quanti ad aver per fermo che la salute della patria e la felicita de' cittadini e dello stato dipendevano al postutto dalla oblazione voliva delle loro persone. Ed in fatti per tale ragionamento non si offerirono de- voti a morte volontaria pei tebani Meneceo, e Codro per gli ateniesi ? Non si offerirono devoti a morte quegli spartani , i quali volontariamente per salvezza .della patria andarono a Dario in Persia per placarlo ed espiare colle proprie vite il fallo orrendo della ucci- sione di un suo araldo , commesso dagli altri loro concittadini contro la equità e il diritto delle gen- ti (1)? Non si offerse devoto a morte volontaria lige- toride di Taso , volendo esser unica vittima espia- toria a salvare la pallia e la vita de' suoi amatissimi cittadini (2) ? E Temistocle avuto ordine da Artaserse di andare a combattere contro V Attica , per non ad- dimostrarsi sconoscente ai tanti tanti beneficii ricevu- ti dal monarca persiano , né guerreggiare contro la patria , che sebbene ingrata ama vaia pure , fece in Magnesia un solenne sacrificio, e quivi dato un af- fettuoso addio a tutti gli astanti ed agli amici pre- se del sangue di toro , o come altri vogliono del ve- leno , e fé voto di consacrare la sua vita in memo- ria delle dolcezze della sua cara patria e dell' ospizio e della gratitudine dovuta al re persiano (3). E che altro furono , se non devoli a morte volontaria t (f) Rollin stor. de' pers e de' grec I>b. 6 p. 176. (2) IH. ibid! lil>. 7. p. TQ (3) Id ibid lil>. 7 pi 1?. *22 Le t r k r a t u n a Leonida ed i suoi trecento spartani alle Termopili (1)? E fra* romani nella prima irruzione dei galli non si sacrificarono volontari! in voto a morte que* senato- ri, venerandi per canizie e per autorità, assisi ne' se^* gi curuli iti atto il più augusto e maestoso innanzi i Jimitari dei loro usci di casa (2j ? E Curzio nel- la voragine (.'3), ed i due Decii non si diedero per prn* prio impulso devoti a morte , ove era più aspro e sau- guignoso il conflitto, e maggiore la copia delle armi noruiche (4) ? iCoi voti imprecatogli si desideravano a qualche in- dividuo, ed anche a qualche nazione intera, tutti i ma- li più dannosi e i più tremendi , scongiurandosi pur a tale uopo 1' ira celeste. Onde è non solo fiero» ma sì bene ingiusto quel voto imprecatorio, conche il sacerdote Grise , ricevuta privata contumelia e vi- lipeso dal solo Agamennone, evocò la divinità e Io sde- gno di Apollo a far pagare il fio a lutto I* esercito greco (5). Volo imprecatorio fu quello di Didone ab- bandonata da Enea , nel quale quanto mai di più fu- nesto e penoso si poteva concepire , ella desiderò che fosse avverato contro il capo di lui (6) . Ma se brutale ed inumano devesi ritenere ogni voto impre- catorio , come manifestante desiderii daunevoli e fune- sti , non puossi immaginare come si chiamasse in soc- corso la religione , affinchè colla sua santità apponesse quasi un suggello alle atre esecrazioni e le rendesse (i) Rollin stor. de'pers. e de' g»'ec. lib. 6 pag. «5. (a) T. Liv. dee. I. lib. 5 cap. il in fin. {3) Id. ibid. lib. 7 cap. 4- (4) Id. ibid. lib. 8 cap. 8 lib. io eap. iy. (fi) Homer. Iliad. lib. I. v. 35 ad t^i. {6) Virg. Acaeid lib. 4 v. 38 1 , ad 387-607, ad 699. \roTt degli amticiii 123 eziandio più orrende e formidabili : perciocché Aristi- de, non contento di aver fatto giurare al popolo ate» niese odio eterno contro i persiani, volle inoltre de- cretare che i sacerdoti caricassero di tremende male- dizioni coloro che osassero proporre condizioni di pace coi barbari , od avessero animo di torcere dall' allean- za comune de' greci (i). E medesimamente a questo fie- ro decreto conseguitarono più atroci fatti : poiché uà certo Licida ateniese , avendo solo esternato il suo opinamento di udire un legato dei medii , fu inconta- nente lapidato , e le donne della plebe forsennate cor- sero alla casa di lui a lapidare la moglie ed i suoi fi- gliuoli. E feroce e brutalissimo fu quel volo impreca- torio del popolo di Taso, che avendo concetto un li- vore cosi indomito ed ostinato contro gli ateniesi , decretarono supplicio capitale contro chiunque avesse soltanto nominato Atene e gli ateniesi. E fecero gli ateniesi , al tempo di Pericle, voto solenne impreca- torio eoa quel duro decreto , in cui dichiaravano a'me- garesi uu odio irreconciliabile ed eterno, ed ordinavano che se alcuno dei medesimi avesse posto piede nel!' Attica, venisse tosto ucciso : e che tutti i generali ate- niesi, dando il consueto solenne giuramento , espres- samente giurassero di devastare ogni anno per due volte il territorio di quel loro paese nimichevole (2). E del ministero della religione eziandio usavasi a prof- ferire voti imprecatori!* contro il capo di un dannato a morte .- come avvenne ad Alcibiade, che accusalo di empietà contro i simulacri di Mercurio ed i misterii di Proserpina e di Cerere, venitegli decretata, seb- bene contumace , la pena capitale ; e si ordinò a tutti (\) Plutar, vita di Aristide pa'g, 3oS. (i) Id. vita di Pericle pag. 172. f2f L E T T E R A 1 L R A i Sacci tltiti ed alle sacerdotesse clic lo .1 vesserò solen- nemente a maledire ; fra le quali Plutarco narra che mia sola ebbe ardimento di disdire loro, escla- mando c/i era sacerdote per supplicare e non per ma- ledire (1). E poscia clic egli ritornò in Atene fra le moltissime acclamazioni popolari, e veunegli revocato l'esilio , la confisca e la pena di morte , si decretò si- milmente che gli eumolpidi ed i banditori dovessero ritrattare con altri voti propizievoli le loro maledizio- ni , che contro di lui aveano pronunciale per ordina- mento del popolo ; e cosi eseguendosi , Teodoro gè- rofante fra essi esclamò : Ma io non l'ho esecrato , se egli niun male ha fatto alla nostra città (2). iNori è cosa straordinaria a pensare quali essere dovessero (come tuttora sono) i voti auspicatissimi e prosperevoli che si facevano con bella e lodata costu- manza negli sponsali e nelle nozze di qualche ben' amato congiunto o tenerissimo amico. Poiché si gareggiava ad accumulare sul capo de' novelli sposi infiniti augu- rii di beatitudine e di lunghissimi contenti : e li a vi- sta delle liete vesti sponsalizie, e le facelle accese, e la verdura, e il colore e l'olezzar grato de' fiori, e Fin - frecciare delle danze, e le melodie dolcissime de' can- ti e de' suoni, e l'apparato ridente e festevole della so- lenne pompa si accoppiavano mirabilmente alle vivaci idee della inseparabile felicita coniugale. E però frai romani le nozze non si celebravano mai ne' giorni delle calende , delle none e delle idi (3) , o nella ricor- renza delle feste dette parentalia (4), poiché opina- (1) Plutarc. vila di Alcibiade pag. ?o3. [ij Id. ibid. pag. ^og. (3) Macrob. Salimi. lil>. i c»p. i5. (4) Ovid. Fastor. lib. 2. Voti dkgli avi reni 125 v:tsi che td l i tempi t'ossero infausti e di pessimo pro- nosticamento a' futuri destini degli sposi : ma come il più favorevole scegl levasi il mese di giugno : il die ci e mostro da Ovidio, quando parla degli sponsali della sua figlia (I). Quindi ne' tripudi) del nunziale convi- vio udivasi di sovente con liete esclamazioni gridare Thalasùo , Thalassio , mentre alquanti giovanetti iti mezzo aloro versi fescennini con ben concertate voci cantavano inni elettissimi alla pronuba Giunone, e l'epi- talamio della parentela o dell' amicizia addimostrante i bei voti a'novelli sposi , con cui si desiderava che non mai stranieri amori nefandi ed illeciti entrassero ne' loro animi a far tradita la fedeltà, coniugale , ne che insidiatore impudico maculasse la purezza di quel ta- lamo santissimo che esser doveva depositario inviola- bile della loro mutua pudicizia , e testimonio della più secreta parte della lor vita, e consapevole de' loro le- gittimi alibracciameuli, e fonte perenne di care benevo- lente e di pace inalterabile dolcissima. Era pure appresso gli antichi il religioso costu- me di fare solenni voti pel prospero viaggio e pei fe- lici successi di una flotta, che scioglieva dal porlo ad una qualche impresa od a tal altro combattimen- to navale. Onde nella facilissima conquista di Si- cilia tentata dell'ardimento di Alcibiade e degli ate^ niesi , per la quale si erano allestite ceucinquanta galere , prima che elle dessero le vele al vento , tutti i cittadini di ogni rango , di ogni età e di ogni sesso si condussero in su ll'albeggiare del giorno al porto del Pireo ad ammirare questa spedizione militare pompo - dissima e seiii'dltri esempi. Ed ceco, da poi che le navi furono cariche e montale da'soldati e da'marinai , udissi (i; Ovili. Fastor. !il>. f> 1 26 L E T T E h A T U R A sonare la tromba e videsi tosto salpare la flotta ed a po- co a poco allontanarsi dalla riva ; allora i singulti, le lagrime e le voci di rammarichio miste e quelle di gioia ad uà tratto universalmente scoppiarono ; e si empierono coppe di oro e di argento per le consuete libazioni : e si cantò l'inno solenne d'iraraanchevoli speranze, e di pro- pizi e di fausti eventi : ed il popolo innalzava le mani al cielo acclamando e con mille voli augurando lieto e favorevolissimo viaggio (i). Ed il comandante di armata facea voti agi' iddii prima di cimentarsi a battaglia, od anche nella dubbiezza o maggiore perturbazione della medesima. Cos'i il console Atilio , mentre combatteva contro i sanniti in Puglia , e le sue legioni vinte dal timore fuggivano ed entra- vano con disordine negli accampamenti , alzatele ma- ni al cielo , ad alta voce fece voto a Giove Statore di edificargli un tempio , se avesse fermati i suoi fug- gitivi militi , e se , ristorata la pugna , fossero di nuovo tornati a combattere ; lo che avvene ; ed egli religio- samente soddisfece al voto concetto (2). Ed il console L. Papirio, guerregiando medesimamente coi sanniti , nell'ardore più fervente dell'aspro conflitto prora isein volo a Giove vincitore di fabbricargli un tempio , se avesse fugate le legioni nemiche , ed al suo esercito avesse conceduta vittoria ; e poiché vinse e pigliò la loro citta di Aquilonia , uon mancò di adempire al suo voto fatto (3). Egualmente al padre che vedea rapito alle sue te- nerezze il giovane figliuolo consacralo alla milizia , e (i) Rollili Stor. de'persian. a de'greci lib. 8. p. ao5. 06. (?) T. Liv. Dee. I. lib. io. cap. 25. (5) là. ibid, cap, 29. Voii oboli Aisricm 121 che partiva alle magnanime imprese , batteva assai il cuore in petto pel timore di non averlo più ad ab- bracciare ; ed a rincontro , dopo le durale fatiche , de- siderava^ i lieti onori di bella gloria; e però in ruez- 70 a questi diversi sentimenti , tulli benevoli e caldis- simi , gittavasi innanzi agli altari ed arricchivali di do- ni e d'incensi, ed innalzava la mente alla divinità , e finti preghi e voti chiedevale la gloria ed il ritorno del \aloroso figliuolo. Siccome il vecchio Peieo , prima della dipartita per la guerra troiana del suo carissimo figliuolo Achille , fece volo allo Sperchio (concjossiachè gì' idolatri tenevano in venerazione divina i fonti, i la- ghi ed i fiumi) che se a lui restituivalo sano e salvo , avre begli consacrato in dono perpetuo la chioma del- l' invitto eroe ; ed avanti i suoi odorosi altari sa- crificata una ecatombe e cinquauia agnelli (1). E cosi Evandro accumulava di ricchi doni le are sacrate, e profferiva mille affelluosissimi voli pel ritorno del suo amato Pallante (2). E si formavano da ullimo tristi e tenerissimi voti mortuarii pel gaudio eterno e pel riposo dei trapassati: perciocché sarebbero stati ben da commiserarsi que'geni- tori che nella morte luttuosa de'loro figliuoli non aves- sero avuta una lagrima negli occhi, né un prego vo- tivo nel cuore j ed infelicissimi per Io contrario si re- putavano coloro che si morivano senza la cara assistenza e senza l'onore del pianto di amorevoli congiunti, e di cortesi e dolci amici , da cui le loro ombre invano avrebbero aspettate le consolazioni di tutti i sacri of- ficii parentali (3). E però la gratitudine lodata di que* (\) Hom. Uiad. lib. 23. v. 144. ad i.{8. (i) Virg. Aeneid. lib. il. v. 5o. 157. 1 58. (5) Tibull. lib. I. eleg. II. Id. lib. III. èlèg. II. Ovid. el«g. in morie Tibulli. l'iopert. lib. III. elcg. 6. 128 L E l T E R A TURA pietosi ed umanissimi antichi non comportava ne'di di essequie o di anniversario de'defonti di non confortare di lagrime e di bei voti funerei le ceneri od i loro mani. Cosi Atene decretò un sacrificio annuo perpetuo e perpe- tui voti funebri in memoria delle auime valorose che era- no morte nel combattimento di Platea (1) : e Tucidide ci ha conservato il bellissimo discorso di Pericle recita- to in laude dei trapassati , durente il primo anno del- la guerra peloponnensiaca [2) : e certamente quest'ul- timo solenne elogio sarebbe stato più puro e mirabile , se non contaminato dal sangue civile e nazionale , perciocché in tale guerra i greci pugnevano contro i greci. Ed | innanzi di formare i voti mortuari costu- mavano d' indossare atri vestimenti , e di ornare il capo e la fronte di bende cerulee e di verdi cipressi ; e le donne in significanza di estremo cordoglio si scioglie- vano le chiome (3). E poi venivano i sacrifica , detti inferiae , di vittime di pecore nere e di neri tori ; indi seguivano le libazioni e le effusioni di sangue spumante e di vino (4) ; e vi aggiungevano ancora il latte (5) ed anche i fiori (6) ; e per pegno eterno di somma benevo- lenzaal defunto i consorti od amici di lui si recidevano la chioma in dono funesto alla sua memoria, e la riponevano insieme con lui nella medesima fossa (7) : e final- mente sovra il suo cadavere , o veramente , ne giorni di (j) Rolliti Stor. de'pers. e de'grec lib 6 p. 261. 6a. (2) Id. ibid. lib. 7, p, 119, ao. (3) Virgil. Aeneid. lib. 3, v. 64, 65. (4) Hom. Iliad. lib. 23. v. 220, 2i.Tibull. lib. 5, eleg. 3. (5) Virg. Aeneid. lib. 3. v. 66. !6) Id. ibid. lib. 5. v. 75, ad 79. (7) Hom Odvss. lib. 4 Id. Iliad. lib. 25, v. i44,ad i53. Voti degli antichi 180 anniversario , sopra il suo tumulo si pronunciavano gli estremi voti di un triste e lunghissimo addio ; avvi- cinando i desiderii umani alla fruizione di felicita eter- na. E qui vogliamo riferirne alcuni elegantissimi. Achille dopo di aver adempiuto verso il suo Patroclo tutti i do- veri funerei , preso da dolce desiderio di lui ed in- sieme da tristezza molesta , salutollo caramente con tai delti : Addio , Patroclo , addio I\e 'regni anche di Pluto- Ecco adempite Le mie prò messe (1). Cosi Enea , dopo i funerali fatti a Polidoro , per la estrema volta lo chiamò ad alta voce : et magna supremum voce ciemus (2). Ed Andromaca , sposata ad Eleno figlio di Priamo , memore eternamente del suo Ettore facea sacrificii fu- nerali alle sue ceneri ed invocava altamente i suoi mani : Lib ab ut cineri Andromache , manesque vocabat Hectoreitm ad tumultuili ...... (3). Ed Enea così salutò il suo estinto genitore : Salve , sancte parens , iterum , salvete, recepti Nequicquamcineres,animaequcumbraequepaternae(A). (i) Hom. Iliad. lib. a5. v. i83. iS:{. (2) Virg. Aeneid. lib. 3. v. 67. (3) Id. ibid. v. 3o5 3o4- (4) Id. Aenrid. lib. 5. v. 80. 8 1, G.A.T.LXV11L 190 Le t t e r a t u r a E medesimamente salutò 1' amato e bellicoso Fal- lante : Salve aetermtm mihi , ma x ime Palla , Aeternumque vale (i). E l'ultimo addio dato da Augusto alla consorte ? Liv a , nostri con iu gii memor vive , valeque. E Catullo sulla tomba del diletto fratello , esclamò s Jccipe fraterno multimi manantia fletti : Atque in perpetuum , frater , ave atque vale. E vie maggiormente possiamo concepire quali es- sere dovessero i nobili sentimenti e la effusione di un* anima dolente e benevola tiel funere acerbo di qualche obietto a lei congiuntissimo da alcuni epitaffi , espri- menti ì bei voti morluarii e scolpiti in su le urne o ne'veuerevoli santuari! del riposo. Ecco il desiderio- estremo di Ovidio alle ceneri di Tibullo: Ossa quieta precor tuta requiescere in urna : Et sit humus cineri non onerosa tuo. Ed in altri marmi si leggono i seguenti : S. T. T. L. cioè , sii tibi terra levis. Vale. Vale. Vale, tfos te , ordine quo natura permi- sero , sequemur. Vale et salve, anima,Oppiafeliciss.Nos,eo ordine, qua na- tura permiserit, te sequemur. Valejnater etilicissima. fi) lei. ib ri. hb. il. v. 97. 98. Voti degli antichi i9\ Nel die a' dì presenti e fra'nostrali sono eccellen- tissimi i signori professori Schiassi eBoucheron , Luigi Biondi , Michele Ferrucci , Giuseppe Ignazio Monta- nari, poiché a quelle loro nobilissime funeree epigafì tuo malgrado l' invogli per tenerezza a lagriraare , sentendoti compresa l'anima da mille dolci effetti alla memoria appunto delle egregie virtù di que'lero onorati defunti , ed alle accumulate voci di assaissimi desiderati voti di pace eterna e di beatitudiue celestiale. mulinili iit??j^ Meditazione sopra T arbore della croce , testo di lin- gua citato a penna , ora nuovamente recato in pubblico dall' abate Giuseppe Manuzzi , secondo un codice chigiano , colf aggiunta degli Ordinamenti della messa , altro testo non pili stampato. Firen- ze presso David Passigli e soci MDCCXXXf^I, in 8.° gr. pag. FUI, 102. J- vi ale si grida per alcuni , che il riporre in luce siffatte anticaglie è quanto un dissepellire cadaveri ; perocché que' cadaveri serbano almeno le grandi for- me native di nostre lingua , le quali è bello tene- re dinanzi in un tempo , che l' oltrepotenza straniera soperchiando trascina i pusilli a parlare ed a scrivere altro idioma che il nostro gentil sonante e puro. Per- chè vuoisi saper grado ai pazienti ricercatori di vec- chie scritture del degno secolo, e far loro buon viso, ed incuorarli a portare la fiaccola della ragione per entro alle tenebre di quella età , ed a spirare quasi aura di vita in quel regno de' morti. Fra i generosi 9* L S T T E R A 1 y R A investigatori i' Italia onora l'abate Giuseppe Manu. zi da Forlì , che stanzia nella beata Firenze , e inten- de alle cose della lingua e del vocabolario con tanta amore , che noi lo diremmo il Cesari redivivo. Ecco, la sua mercè , due opuscoletti nati appunto nel beata trecento : 1' ultimo inedito , 1' altro già lieto delle cu-» re di Luigi Rìgoli e del chiarissimo Parenti e di Pao-< lo Za notti : questo è una Meditazione sopra l'arbore detta croce, giusta un codicetto di quel fiore di giudi- zio del signor principe Chigi, 11 codicetto è in carta , di lettera ho n issi ma. , scritto a quel che pare nel se-, colo quartodecimo : trovallo appunto in Roma il Ma- muzi nel 1831 in casa di quel gentile e dotto ca- valiere, il quale condiscese ali' uomo di lettere che ne usasse a suo senno con prò della lingua. Ne esce ora la slampa intitolata al signor cavaliere Pier Francesco mai> chese Rinucciui uelle nozze della figliuola sua Emilia col marchese Pompeo Azzolina di Fermo. Segue, sic- come fiorellino aggiunto ad un bel mazzo, la stampa de- o[\ Ordinamenti della messa : e dopo alcune note ven- gono due tavole diligentissimamente condotte : V una, di voci e modi allegati nella quarta impressione del vocabolario della Crusca , i quali Irovansi in queste opericciuole ; l'altra di vari modi in quella impressia- ne non registrati. Dacché quel sole delle lettere, il gentilissimo Pe-* trarca , di cuore e di senno veramente italiano , dis- sipò pel prima la caligine della barbarie, e dalle in- giurie del tempo e della fortuna difese i codici più pregiati dell' antichità , spargendo una luce nuova di civaia e di cortesia : è fatto privilegio d' italiani intel- lelli il suscitare dalla polvere delle biblioteche i te- sti, cui l'ignoranza o indiligenza di amanuensi o l in- curia stessa degli uomini fece oltraggio, o lascio inde- Àrbore della croce 1HV gttàmenle nell' oblio. Fra gli -spiriti gentili, che han- no in amore le cose del devoto trecento, bene sfa adun- que al Manuzzi P operarsi in così degne fatiche ; tan- to più che la religione dominando coli' innocenza in molte mal curate carte, giova dar luce a queste , per» che il secolo al lume delle dolcissime lettere venga mi- gliorando : e pregio ed ufficio delle lettere si è ap- punto di raggentilire i costumi e per la via del cuore trionfare degli spiriti e volgerli a carila. Gon questo consiglio, che raccomanda all'univer- sale f opera del Manuzzi, vogliamo scritto il suo no- me nel cedro, e la sua lode ne' secoli. Né saremo per condiscendere alle voci importune di chi pretendesse nelle edizioni del trecento , o a meglio dire dalle co- se del trecento , si facessero tutte quelle emende le qua- li pare siano domandate dalla ragione : né si portasse alla luce del nostro saColo p. es. la parola inftrtade per infermita.de ; perocché è chiaro quella parola , al>- b eliche paia in altri codici di solenni scrittori , non essere che un' abbreviatura usala dagli emanuensi , do- ve si sottintende quanto è bisogno a compiere itifer - mitade. L' origine della ultima voce è manifestamente dal. Ialino , e non è forza di autorità che ci possa pie- gare mai ad avere per buona quel!' infertude nel sen- so d' infermitade . Ma l'editore, inteso a dare la lezio- ne sincera del testo, si dovea fare coscienza di porvi le mani. Egli è ben vero , che a pag. 3 v. 16 sostitui- sce sàzia a sana , e corrisponde al frutex salviflcus ciò che leggesi in due manoscritti e nelle stampe della Me- ditazione cosi : 77 qual frutto sempre sana. Né giova 1* osservare che s. Bonaventura nell' operetta intitola- ta Lignum Oitae, di cui la Meditazione stessa tiensi una libera versione, ha il verbo satiatur ; perocché avvisa lo stesso Manuzzi che il traduttore é meglio imitatore, che 1 9/| Tj e t t K II A r li R A altro ; e trattandosi de! frutto di vita , cioè di frutto celeste e salutifero , ebbe forse buona ragione di dire sana anzi che sazia ; per cui qui pure il testo volea es- sere rispettato. Se non che queste sono lievissime cose , e non me- ritano la pena , se già non fosse per dare altrui .segno di avere noi letta a considerata bene la stampa offer- taci dal Manuzzi : al quale vogliamo rinnovare lodi e conforti , tanto più che fortuna non sorridendo oggidì agli uomini di lettere ( intesa solo a largheggiare co' vir- tuosi di canto), vuoisi negli studiosi tanta magnanimità da vincere con opera di virtù una palestra di tardi al- lori o di scarsi distributrice. D. Vaccolini. VARIETÀ' Causa celeberrime inglesi, spagnuóle , tedesche e francesi, rac- colte dall' avv. Fabrizio Giunoni degli Ancarani di Cor- reggio. Il chiarissimo e nobile sig. avv. G-uzzorii di Correggio si pro^ pone un'opera veramente utilissima agli studiosi delle leggi non meno che agli amatori della storia delle colpe umane, e de' vari modi con cui in Europa si punirono. E' una collezione delle cause più celebri che fossero agitate innanzi ai tribunali d'In- ghilterra, di Spagna, di Germania, di Francia. Queste sono di- sposte in ordine alfabetico , e corredate di profonde annota- zioni, nelle quali il sig. avv. fa mostra di quel gran sapere che egli ha in fatto di giurisprudenza e d'ogni ragione di filo- sofia. E certo egli è gran senno il non mandare sprovviste di commentario Cause tanto celebrate > perchè ove si trova istru- zione dai giurisperiti , non si desideri erudizione storica da ogni altra guisa di colti leggitori. Ma perchè non veggendo accennate cause che vi sono celebratissime italiane, alcuno pre- correndo alle intenzioni del dottissimo raccoglitore non gli faccia colpa d'avere per cause estranee trasandate le nostre , voglia- mo che si sappia avere gli pure a ciò pensato , e stare colle mani siili' opera , la quale sarà come seconda parte della rac- colta. Crediamo poi ch'egli l'abbia all'ultimo serbata per le maggiori difficoltà che vi sono a superare , e perchè da quella intende principalmente dovere ottener perfezione e compimen- to il suo lavoro. A chi si conosce dell' importanza di tai co- se , a chi sa quanto la legislazione ajutata dalla civiltà vada progredendo ad ut'li avanzamenti , e quanto di prosperità i Uu Va e i e t a' possa da questi sperare l'Europa, anzi l'umana generazione, non è bisogno spendere parole a raccomandare questa collezione } e però noi ce ne passiamo , e in luogo di quel molto che si potrebbe dire , diamo l'elenco delle cause in quelP ordine in cui saranno disposte. G. Ignazio Montanari. ACCUSA DI ADULTERIO Contro Anna Bolena moglie di Enrico Vili re d'Inghil- terra- Cenni Storici, giudizio , sua difesa , e condanna. Contro Federico di Struensee , e Metilde regina di Dani- marca. C. S. Giudizio e condanna. Contro Carolina Amalia di Brunsvik principessa di Galles moglie di Giorgio IV re d'Inghilterra. C. S. giudizio , sua difesa proferita dall' avv. Brougham, ora pari d'Inghilterra, suo esito. Contro miledi Grosvenoor, e il duca di Cumberland fra- tello di Giorgio III. C. S. giudizio , e suo esito. ASSASSINIO [Giuridico) di S. A. R. d duca d'Enghien. C. S. giudizio, e condanna. (Bestiale e sacrilego) Di S. A. R. il duca di Berry. C. S. giudizio , e condanna di Pietro Louvel. ( Con aguato) Del sig Fualdes regfo procuratore. C. S di- fesa, e condanna degli assassini , assoluzione di Clarina Enyer- laad moglie separata d'Antonio Alanson , pretesa complice. ( Per fanatismo ) Di Gio. Battista Kleber generale in capo dell' armata di Egitto. C. S. sulla spedizione francese in Egitto del collettore. Difesa , e condanna àe\V assassino , sua costanza, suoi detti al carnefice. ( Proditorio ) Di Gustavo III re di Svezia. C. S. giudi- zio , e condanna di Gio. Anckestron* capitano delle guardie , e suoi complici. V K K I E T A" ,f*7 ALTO TRADIMENTO ( accusa di ) Contro Algernon Sidny , e Villiam Russel. C. S. Giudizio , e condanna. Contro Antonio Perez segretario di stalo di Filippo II re delle Spagne. C. S. giudizio e condanna. Contro Michele Ney principe della Moscwa, duca d'EK chingeo. C. S. giudizio , e condanna. Contro Thislevood, Ingns , Broun t j ed altri, C. S. giù- dizio , e condanna. B BIGAMIA ( accusa di ) Contro miledi Elisabetta Chudleigh duchessa di King- ston. C. S. giudizio , e condanna. c CONCUSSIONE fàcùusa di) Contro Bacone di Verulamio lord cancelliere d'Inghil- 'erra. G. S. giudizio, e condanna. COSPIRAZIONE ( accusa di) Contro il duca di Redtnar ambasciatore di Spagna presso la repubblica di Venezia. C. S. giudizio , e condanna di a56 complici. ( Macchina infernale ) C. S. giudizio e condanna di Saint Rejant , e complici , assoluzione di Adelaide de Crie prete- sa complice ; sua sublime difesa. Contro Gio. Battista Berlon di Namur generale e cavai di S. Luigi e suoi complici. G. S. giudizio , e condanna. Contro Bories De la Rocchelle , e compii, i. C. S. giudizio e condanna. Contro i generali Mallet , Guidai , e Labori*-. C. S. G. « condanna. Contro Rforeau , Pichegru , e Cadouda'. C. S. G. e eoo- danna. ttì9 Vnij t tè E ERESIA ( accusa di I Contro Gio. Huss , e Girolamo da Praga. C, S. giudi' fcio , e condanna. Contro Don Carlo figlio di Filippo II. C. S. giudizio e condanna. Contro Gio. Custus inuanzi I' inquisizione di Lisbona C. S. G. e C. V FALSO TESTIMONIO Contro Tito Oaetes. C. S. G. e C. FIGLIO NON RICONOSCIUTO DAL PADRE E DALLA MADRE. C. S. e giudizi favorevoli per Vittorio Voynean annullati dalla cassazione. Riflessione sul parag. I delleistitut: Quibus modis ius pa- trie potestatis sohitur. FURTO DOMESTICO Storia di Francesca Salmon condannata per questo de- litto , e per vcnefìzio ad essere abbracciata viva , con due sentenze , annullate dal parlamento di Parigi. G GRASSAZIONE ( accusa di ) Contro il capitano Giovanni Hind. C. S. giudizio, e Con- danna. I INFANTICIDIO SUPPOSTO C. S. giudizio e condanna di Maria Roning e Anna Marlin di Norimberga aecusalrice di se medesima. V a n i e T a* r&9 L LUE VENEREA La comunicazione fattane da un conjuge all'altro è caus* di separazione , o di divorzio ? Risposta negativa. C. S. giu- diaio , e relazione della dimanda della S. L. L. M MINORE SOTTO CURATELA Opposizione al suo matrimonio quando , e come per- messa. C. S. giudizio e sentenza per Chiara di Balaincilliers, sua funesta catastrofe. MOGLIE RIGETTATA DAL MARITO Articolo di diritto. Una moglie dopo 12 anni di matn" monio con figli viventi , e fatti battezzare dal marito come propri , e di irreprensibile condotta , giustifica il suo matri- monio coli' alto religioso , e le fedi di battesimo. Risposta negativa, C. S. giudizio , e condanna della Vittoria Moncetz litigante con Iacopo Antonio di Ralraain giudice nella corte d'appello di Grenoble. Riflessioni del collettore. MONETARI FALSI C. S. giudizio e condanna dei fabbricatori di cedole del banco di Vienna, e dai valori reali , e rappresentativi d'al- tri governi europei. MONOMANIA Suo carattere, sua colpabilità. C. S. giudizio , e condan- na di Luigi Augusto di Papavoine. Riflessioni del «ollettore. N NASCITA PROLUNGATA Articolo di diritto. Data l'irreprensibile condotta della ma- dre, è legittimo il suo parto dopo 5 16 giorni della morte del 200 Varie t i* coniuge? Risposta negativa. Opinione dei medici- decisioni dei tribunali per la Rosalia Chapelet. C S. giudizio e con- danna. PARRICIDIO Contro donila Maria Vincenza de Moradiela , e don Gia- como san Iuan. C. S. giudizio. Arringa del procuratore fisca- le Melendez Valdes chiamato l'Anàcreonte delle Spagne. PIRATERIA Osservazioni sui tre suoi sostanziali requisiti. C. S. giu- dizio , e condanna di i65 pirati al capo Corso in Affrica proferita da una commissione militare inglese. Q QUESTIONE DI STATO Storia di Maria Bogres Lusignano reclamante il suo sta(o< sentenze criminali , e civili chela rigettano. Consulto ad èssa favorevole del celebre De-Seze, R Ratto con seduzione C. S. Giudizio e condanna dei siìjg. Ponterie padre e figlio, accusati di avere percosso a morte l'amante di Cecilia loro figlia e sorella sorpreso di notte nella di lei camera s SEPARAZIONE TRA MARITO E MOGLIE Osservazioni preliminari del collettore. C. S. giudizio , * sentenze fra i coniugi de' Mailly V A il I E T A' STUDIO DELL'AVVOCATO Articolo di diritto. Come e quando possono essere pu- nibili i consigli dati ai clienti ? C. S. giudizio , e condanna dell' avv. Boileau. Condanna poi dei giudici suoi. Pensieri del collettore. T TRUFFA. C. S. Giudizio e condanna dei conjugi Marco Antonio e Giovanna Valois della Motte per questo delitto sopra una col- lana di brillanti stimata italiane lire 1,600,000, Pretesa com- plicità del conte Cagliostro. Qualche notizia di questo im- postore. u UXORICIDIO (accusa di) Contro Pietro Stefano Le Licure, detto Chevallier, segre- tario della prefettura del Rodano , per questo delitto in tre mogli, e di infanticidio in un proprio figlio , non che di pla- gio d'altro fanciullo. V venefizio \& ;■$!£ <25l nifi Articoli medici; 1. L'indigestione in donna incinta può estere mortale ? 1. Il vetro è veleno o no 3. Se lo è , in quali intervalli di tempo , e su quali organi agisce ? 4- I visceri d'un cadavere dopo 4^ giorni di sepoltura lasciano o no scoprire la causa violenta di morte ? Opinioni di celebri professori di medicina. C. S. giudizio so- pra Luigi Lovalley pedestà di Bayeux- Osservazioni Meteorologiche )( Collegio Romano )( Luglio i836. Ore Baroraet. Term. Termometro esterno max. min mat. |a8p. 5lii 1 17 ìser. •> 2 •> 8 7 25 18 5 5 18 'mat. j> >i b 2^- » » 3 »4 ]ser. » •• 7 20 ! mat. a» ,, 9 17 3 i**"' >> 3 2 25 .ser. » a 3 -9 1) 18 5 \mat. >> 5» 0 4 gì. » 2 8 23 \ser. >j •» 4 2o mat. » 2 '7 sU Jl 1 5 24 5 5 \ser. il •> » *9 \mat. •> 5 20 6 gi. )* 31 0 24 b \ser. J> „ 9 "9 ìmat. -•> >i 7 •7 25 1 si- 11 » » (se/*. H 2 0 20 4 5 16" io iti Igrom. 26 ■5 5 .5 5 6 5 17 i5 Vento N. q. O. n N. q. o SO. m. S. il. W. J. SSO. m. 0. q. o Pioggia Evapor.. Stalo del Cielo. nuv.sol.tr»!. 4 o ser. nuv. sparse il chiarissimo 46 SO. m. N d. SO. f. NO. q. SO. rn. o o N. d. ~ SO. f. N. d. N. d. SO. i. 5 5 4 6 5 6 nu.sol.tral. chiarissimo nuvoloso ser.nuv.sp. chiar. nuv.sol. trai, chiar. ser.m.nuv.sp. chiarissimo nuv.sole trai, chiar. nuv.sol.tral. cliiar t.tuo.pio. ,li. i5 j 3 1 | nut. z.ch.oriz, nut. cop. nuv. z.ch.nuv.oriz. ■ e Ore ' Baromet. ™ Termometro ierra' |Mbz. Min.f. Igrom. capei. Vento Pioggia lEvapor.l Slato del Cielo lf 7 R l» 20 il 2 2 2.") »4 ma. ?'■ ser. aHp oli.y o 1 «7 4 10 s»1 2 33 26 |6 i5° *3 11 N. q, 0 SSO. f. S. m. li. ier.vap.nu.leg. diarissimo » » 4 „ „ b 20 1 23 ! '9 l 20 10 33 5i .SSO. d. S. f. 0 0 5 ìu voi oso ser.vap. chiarissimo ma. ser. 1 ma. gì. ser. ,, 1 0 „ „ 1 „ ., 4 17 25 '9 1 5 : 16 20 55 20 JN. ti. 0. f. 0 0 5 " '. 1 »! ma. gL ser. j, ,, o ., o 8 „ 1 0 " ì 2fc) 20 l6 1 2 S 1 20 N. il. 0. in. SO. d. 5 nuvoloso z.rh.oriz.nuv. 1 ma. gL ser. ma. g<~ ser. » ,, 9 m i» 6 » » 3 '7 •21 25 lo 5o 1 7 N. q. 0 SO. m. „ d. 5 6 ser.vap. cbiar. *7 „ 0 li 7 18 23 ;9 7 5 24 24 16 1 5 43 1 2 0 0 SO. 1". " | 2 ma. ser. 91 io 8 il 5 lS 2 3 16 7 5 17 i5 49 34 0 0 0. £ NO. d. la.tn.p.p. o,!i.75 6 ser.vap. nuv. ser.vap. 1 \ ma. g'- ser. 28 V o o „ 2 i3 H ì 5 31 20 2. ,3 12 13 12 i5 ■7 5o 21 0 0 SO. f. S. d. 4 chiar. ser.m.nu.sp, oliinr. ! ? ma. gL ser. ma. ■ P- ser. |l 11 » 1 1 u » 7 16 1 0 57 2a N. „ 0. m. „ d. pic.p 0. 4 „ nuv.oriz. nu.sole Irai. „ luna ,, \ il - II \ » » 6 „ 3 <■ 7 i5 ai) '7 13 4i '7 0 0 SO. f. SSO. m. pie. pio. 5 z.ch.ariz.nuv, nuv. ì i 1 27 98 »! a, ma. gì- ser. '„ n 5 » .. 7 n 2 o 13 '9. ii> S 5 7 53 4'n 0 0 N. f. „ m. '„' il. 4 chiar. ser.nuv.fp. chiar. ma. gì- ser. » « 4 „ >, 8 » 3 o i5 22 »7 ,3 Ho 60 47 6 » fi ì ma. gì- ser. " >> 2 » ° Il 2 '4 22 17 12 54 57 0. f. 0 0 N. q, 0 SO. m. 0 0 4 11 ma. gì- ser. 13 25 18 lo 55 5o 3 1» ! ma. ,£'• ìser. Una. r. " >■> >i » ), 3 16 23 17 24 i3 1 5 55 i3 SO. f- O 0 5 1 " 2 8 » 3 i3 21 16 5 5 |22 12 7 33 . 8 0 0 SO. f. 0 O 5 [nuv. sole trai, z.ch.or.nuv. il ivA^fvaBm mkaiwww! Guuaa 11 mail mi1 «osi K'I NIHIL OBSTAT Àem. Jacopiui Cehs. Theo!. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Coli NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Cens. Phil. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni O. P. Sac. Pai. Apost. Magister. IMPRIMATUR A. FUtti Archiep. Trapezunt. Vicesg. INDICE DELLE MATERIE Contenute nel volume 202. SCIENZE Wiebeking, Ponti sospesi a catene di ferro, p. Durini , Prezzi de' generi di grascia. p. Pecchio, Storia dell' economia pubblica in Italia. p. Tonelli, Rivista di alcune opere italiane di medicina. p. Battelli, Teoria sull'equilibrio delle volte (con litografia). p. Sorgoni , Osservazioni sullo scorbuto. p. LETTERATURA *9 23 3o 35 Jonii ,Voti degli antichi. p. ^3 Manuzzi, Edizione della meditazione sulP ar- bore della Croce, testo di lingua. p. igi Varietà. Tavole meteorologiche. GIORNALE DI SCIENZE f LETTERE , ED ARTI R O M A NELLA STAMPERIA. DEL GIORNALE PUliSSO ANTONIO BOULZALER 1836. 145 SCIENZE i». ' ■■■J& •-.• '-;. rti Roma 19 agosto 1836. AGOSTINO CAPPELLO AL CHIARISSIMO SIGNOR BARONE FERDINANDO MALVICA uno dei direttori delle effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, a Palermo. Signor e , P A er gentile cortesia di un mio dottissimo amico e col- lega mi è stalo comunicato un articolo riprodotto nel u. ?tQ ( febbraio i836 ) di codeste effemeridi sulla cura dell idrofobia del signor dottore Buisson, a cui è im- mediatamente apposta una di lei nota risguardante i miei lavori sullo stesso morbo. Premessi i miei più sinceri ringraziamenti per le lusinghiere lodi che si è compiaciuta tribuirmi , ri- levo che per suggerimento di un chiarissimo e valente cultore dell'arte salutare di cotesta metropoli ha ella attiuto le notizie de' miei lavori in un giornale pari- gino intitolato Archivio generale di medicina, 2 serie tom. V. Quantunque vi si faccia grandissimo conto G.A.T.LXVIII. 10 440 Scikkze di quelle mie fatiche, veggo tuttavia dai periodi estrat- ti da quel giornale e riportali nella sua nota, esserle da ultimo sembralo , assegnarsi da me alla rabbia spontanea del cane l'istessa sorgente da cui supponesi derivare l'idrofobia umana. Questo si è un errore , nel quale non sarebbe certamente ella caduta , se aves- se avuto sotto occhio le due mie memorie in queste carte pubblicate (giorn. arcad. dicembre i823- gennaio 1 824, e marzo rS27), e poscia nuovamente edite con aggiunte nel i830 con altri miei lavori , siccome annunziasi in quel generale archivio , ed ella medesima ripete nella sua nota. Per aderir quindi ai desideri non meno dell' amico che mi ha comunicato l'accennato articolo, die ai suoi voti quivi manifestati , prima procurerò dimostrare l'il- lusione del signor Buisson t rischiarerò dipoi l'invo- lontario errore in cui ella è caduta. Presso gli antichi non solo, ma eziandio presso i moderni ogni volta che si lesse , o videsi annunziare al pubblico ( il che accade sovente) la sicura tera- pia della rabbia , toruossi fatalmente agli stessi ingan- ni. Cosi finora avvenne , e così a mio avviso è ac- caduto al dottor Buisson. II serbato silenzio nelle loro risposte di alcuni miei amici e distinti medici di Pa- rigi , da me caldamente interrogati intorno l'importan- tissimo argomento della cura suddetta , e , per quello che io ne conosca , il silenzio precipuamente degli stessi giornali dopo l'epoca (i8o\3) della pretesa e sicura cu- ra dell' idrofobia di quell' autore , mi hanno confer- mato nel mio parere , che , nel discuterlo , sot- topongo al giudizio del pubblico intelligente ed im- parziale. Narra il signor Buisson, che nel curare una donna morta idrofoba per morso di cane due ore dopo la sua visita , praticò il salasso ; in che imbrattò di san- Idrofobia 147 gue le sue mani , le quali asciugate in uà tovagliuo- lo, che era servito a pulire la bocca dell'inferma ridon- dante di saliva , iucontrossi per caso che un suo dito era esulcerato per carie , e credette apporre riparo alla commessa imprudenza con lavarlo nelF acqua pura. Do- po 9 dì, andando egli in vettura, senti improvvisamente dolore alla gola , e più agli occhi : parevagli anco- ra di esser si leggiero da elevarsi in aria a grande al- tezza. Incessante era la salivazione , e molesta sensa- zione cagionavaugli F aria e gli oggetti lucidi. Non lieve era il bisogni» di correre e di mordere orga- nici ed inorganici corpi. La sola vista dell' acqua au- nieutavagli il dolore della gola, bevendo con som- ma pena . Rinnovossi il fenomenologico tre.uo ogni cinque minuti , sembrandogli che il dolore dall' esul- cerato dito si stendesse pel braccio insiuo alla spalla. Pel qual morboso apparalo giudicossi il Buisson affetto d'idrofobia , e decise di darsi la morte mercè del sof- focamento in un bagno a vapore di 42 gradi ; ma lungi dal morire, videsi egli con indicibile piacete e sorpresa totalmente sanato , avendogli il bagno pro- cacciato eziandio grande appetito. Questo fortunato av- venimento fece praticargli il vaporoso bagno iu più di 80 persone morsicate da cani rabbiosi , ed in 4 di esse svolti già eransi i sintomi di rabbia , da cui gua- rirono, ad eccezione di un ragazzo che mori nel bagno. Egli quindi prescrive più bagni a vapore, e rac- comanda che nella notte si sudi profusamente avvol- gendo il corpo concoperla di lana , e addosso di esso un letto di piume , senza cessare di bere con- tinuamente una decozione calda di salsapariglia. Dalla quale pratica afferma 1' autore prodursi la guarigione stante copiosissima traspirazione. E per avvalorare egli il «suo metodo riporta che molti individui morsicati da cani rabbiosi perirono tutti idrofobi , eccetto uno 10* 14S S C I E N Z lì che fisso nel!' idea di morire allegramente , ballò gior- no e notte , e guarì. Ricorda ancora che non sudano gli animali, nei quali la rabbia sorge spontanea, co- me sono icani, i gatti, i lupi e le volpi. Propose da ulti- mo il Bu isso n alla reale accademia delle scienze d'ino- cularsi il virus rabbioso sopra se medesimo. Intorno il quale progetto, da quanto raccogliesi nelle effemeridi siciliane, ed anche negli annali universali deUOmodei, ignorasi se il virus per leti esse ad un uomo, oppure allo stesso genere canis et felis di secouda provenienza. Il che era indispensabile a conoscersi , mentre a quelP epoca erasi di nuovo nei giornali medici di Parigi parlato di quanto io ora debbo ripetere. Se adunque per gli esperimenti miei ed osservazio- ni continuate oltre cinque lustri mostrasi, che allora solamente riprodneesi la rabbia , quando la sorgente sua scaturisca da un animale dei generi cane e gatto (escluso qualunque altro genere e specie ) spontanea- mente arrabbialo , ed arrestasi ella sempre nelle me- desime specie , se esse fossero state morsicate anche da loro simili, affetti uon di spontanea ma di comunicata rabbia : onde fui in diritto di pronunciare che la rab- bia canina non riproducesi al di la del secondo grado; ii caso del Buisson si merita tutt' altra derivazione di quel- la che si è da esso pretesa. Prima di rischiararla , vo- gliono riportarsi altre autorità e fatti convincentissimi. Se egli si fosse dato la pena di svolgere la storia della vera idrofobia., avrebbe rilevato uon pochi esempi nell uomo, fino dalla più remota antichità, che divenuto co- munque idrofobo , non comunica agli altri animali in- clusive alla sua specie l'orribile malore. Difatto i più gravi autori poggiati sopra reiterate osservazioni , sic- come può riscontrarsi nella mia prima memoria , ove con ordine cronologico dassi un sunto istorico del male dai più vetusti tempi fino ai nostri dì , negano la Idrofobia \\) spontaneità e la contazione dell* idrofobia umana. Le ceutinaja di esperimenti , io qui ripeto, mostrarono che inutilmente fu inoculata la saliva d'uomo rabbioso nel- lo stesso cane(0. Se l'ottimo amico mio, il chiar. pro- fessor Rossi tuttora vivente, il sangue non meno che la saliva dell' uomo rabbioso più. volte inoculò senza risentirne affezione di sorta (2) ; se il simile avvenne in decisivi e reiterali tentativi praticati all'Hotel Dieu di Parigi (3); cade del lutto l'idrofobia canina del Buis- son presa per lavarsi in un tovagliuolo servilo a don- na idrofoba, benché egli avesse la subita accortezza di lavarsi in acqua pura. Come dunque , si dira con ra- gione , nianifestaronsi in esso i segni di rabbia ? Pri- ma di chiarir questo fatto , vuoisi ripetere che invi- luppossi non poco la patogenia della rabbia colle tan- te proteiformi affezioni nervose somiglianti in qualche modo ai parosismi della rabbia canina, e sovente fu questa confusa colla rabbia morale e sintomatica , non venefiche , e suscettive si queste come quelle di cura , la quale è deGciente finora, a giudizio universale, nella rabbia essenziale , eccetto talvolta il caustico appli cato subito dopo il morso rabbioso , capace a neutra- lizzare , o strascinar via l'orrendo veleno. Ora la rabbia del Buìsson , oltreché sarebbe sta- ta di 3° grado, in cui secondo i miei risultameuti non mai più si riprodusse la vera idrofobia , proveniva eziandio da umana sorgente : di che si è veduto so- pra 1' innocuità non con polemiche discussioni od fi) Frank, poliz. med. tom- S, Portai meni, sulla rabbia. (%) Annali universali di Omodei voi. XXXV p. 272 « Giorn. medico Napol. voi. Vili pag. 54- {"$) Annali di medicina ital- pag- 45 1802. 1!')0 Scienze isolali fatti , ma eoa replicati esperimenti in isva- riate regiani ed in diversi tempi praticati. Ne con- segue quindi chiaramente , che V affezione del Buis- son fu di morale derivazione, alla quale potrassi pur concedere il giovamento de' bagni , siccome general- mente sogliono essi giovare nelle nevrosi. Galeno, Celio Aureliano , Boheraave , Morgagni , Frank, Gnecchi ed altri ripetono numerosi esempi di rabbia morale. Il fatto recente di questa malattia al più alto grado pervenuta, e riportato dal professor Barbanlini diLucca, venne pdjr cura di esso da me medesimo nel 1S25 av- verato in quella città. L'altro più recente (i1 Perrone. Quello però che rende la sua opera dì molto pregio si e, che non ha trascurato di chiamare ad esa- me alcuno de' moderni sistemi , e che a spada tratta combatte il razionalismo , eli cui coraggiosamente si adopera per impuntare le armi pur troppo fatali : avvegnaché sotto 1' allegoria de miti tentasi di scon- volgere e distruggere le prime verità di nostra fede. Il eh. prof, eziandio non ha omesso di consultare qua- si tutte le opsre di tal genere , che in oggi si danno alla luce particolarmente dagli oltramontani , e dì ribattere ancora quelle opinioni filosofico-religiose che da molti anni spargonsi non solo ne' libri teolo- gici, ma anco in quelli di letteratura, e per fin ne'gior- nali . E ciò ben può ravvisarsi dalle continuate ed erudite note di vario genere che ad ogni trotto s' incon- trano , e che ha voluto egli medesimo attingere dalle fonti originali , non essendo sì rato il caso, che ine- satte siano le altrui citazioni. Pe' quali motivi non dubitiamo punto di confermare quanto nel volu- me LXV" pag. 333 abbia modetto , quando annunciam- mo i due primi volumi di questo corso teologico eie* mentare,il primo che in Roma sia stato con tal me- todo composto, ed in cui i giovani , che danno opera alla teologia (pe' quali principalmente è scritto) possono avere una sicura cognizione e un antidoto contro le principali obiezioni de' nostri giorni , che alme- no così unite non ritrovansi negli altri libri, quantun- que alcuni di essi sieno per se stessi accreditali ssi- rai e pregevoli. | ■ . . F. FàBI MOHTINI. G.A.T.LXVIII. 1 1 162 Del calcino, malattia che assale i bachi da seta. v^ueir insetto , che ora è divenuto il primo artefice del lusso presso tutti i popoli civili, diciamo il ba- co da seta , non era conosciuto in Europa al prin- cipiare del sesto secolo dell' era volgare. Teofane bi- zantino , Teofilo Si mocrata, .Procopio , Niceforo co al- tri scrittori antichi , benché con qualche varietà l'uno dall' altro , in questo però concordano , che prima- mente fosse trasportato in Costantinopoli a' tempi di Giustiniano imperatore, verso l'a. 552, da due monaci persiani , i quali lungamente avendo dimorato nella Cina , ed osservata cola la educazione di qucll' inset- to , ne portarono via la sementa rinchiusa in una can- na vuota , per evitare la vigilanza de' gelosi cinesi. Allora ebbe principio in Europa la coltivazione de* fi- lugelli ; la quale si diramò facilmente a quelle regio- ni, in cui il clima la permetteva ; e fu ad esse pro- duttrice di annue non poche ricchezze. Quelli anima- letti però, ridotti dall'uomo a vivere entro le sue pro- prie abitazioni , contrassero alcune malattie, che pare non temano la dove sono indigeni e vivono in grem- bo alla natura. Sono tali Y atrofia o macilenza , gra- cilità ; la idropisia; il flusso o diarrea ; V itterizia o giallume; l'appoplesia ; il negrone o cancrena ; il rie- rione, che è un affiue della cancrena ; il calcino o moscardino , o mal del segno , detto anche calcinel- lo , calcinaccio. Quest' ultimo morbo fa talvolta stra- ge numerosissima : quindi generale è il lamento dei coltivatori dei bachi contro un tanto flagello ; lamento che richiamò ognora la cura de' più. dotti bacologi. Del calcino 1G3 Gli studi de' quali dieron motivo ultimamente a di- verse opinioni ; queste passarono in dispute ; e cad- dero talvolta in quella mordacità di frasi , che discon- viene a tutti , molto più ai cultori delle sciente e delle lettere. Ma perchè dall' urto appunto delle con- trarie opinioni limpida sorge sovente la verità , noi daremo un sunto conciso di alcune fra le molte ope- re che intorno questo subietto furono non ha molto pub- blicate. Prima però convien descrivere la malattia del cal- cino. Essa attacca i bachi da seta in qualsiasi pun- to di loro vita : più. rari sono i casi nelle prime età ; in ragion diretta dell' ingrossamento dell' insetto si dif- fonde a maggior numero d'individui; il decorrere del- la quinta età è il periodo, nel quale fa le strigi più grandi. Quando i bachi ne sono assaliti , incomincia- no ad apparire su loro piccole macchie di un ros- siccio vinoso, le quali aumentandosi ne cuoprono tut- to il corpo, e si fanno di colore più cupo. L'anima- letto rallenta nella facoltà locomotiva , e si fa staziona- rio ; il tessuto del corpo perde la cedevolezza, di- venta a mano a mano più resistente , finché muore , e rimane rigido e duro nell' atteggiamento in cui si trovava. Poche ore dopo morto sorge sul corpo una patina biancastra vellutata , che si estende a tutta la superficie del cadavere ; ed incomincia sempre a ma- nifestarsi nelle parti più depresse , nelle divisioni anu- lari cioè , e nelle cavita delle stimiti o fori respira- tori : il cadavere presto è disseccato, e diventa fran- gibile per poco che si tenti di piegarlo. Si disputò se questa malattia fosse o no contagiosa ; si disputò quale ne fosse la causa , e quali i rimedi da usare per te ncrne preservati i bachi: Intorno a tali due qaistioui si aggirerà, il nostro discorso. Il dottor Ignazio Lomeui credette dapprima che 1!* dal dottor Bassi (1) , che il buon alimento e il buon governo preparano il materiale costituitivo della malattia , ed il veleno distruttore , non po- teva si facilmente venir abbracciato : e piccolo aiuto fu quello posto in campo dalla Biblioteca italiana (2); la quale tentò convalidare il teorema del Bassi col parere del rev. De-Capitani parroco di Vigano (3)^ Quesli in verità ebbe scritto che il calcino è pro- prio del monte , non del piano; delle bigattiere po- ste a piano superiore , non di quelle a pian terreno ; dei luoghi secchi ed ariosi , non degli umidi e mal costrutti ; delie partite migliori infine , non delle go- vernate con trascuranza. Ma tali asserzioni erano trop- po leggermente azzardate , e non restaron prive di risposta. Si legga la memoria del dolt. Lomeni jntito- 1 ila : Del calcino , malattia che assale i bachi da seta , o avvertenze all' esame intorno la causa della medesima dal sig. li. pubblicato nel N. CCXXXI della Biblioteca italiana (4) ; e si vedrà che i mi- gliori teorici , i pratici più attenti sono contrari a quelle asserzioni ; e che il De-Capitani stesso più ma- turamente scrivendo la contraddisse. Tutti infatto con- cordemente opinano , che per tener lungi il fatai mor- bo del calcino conviene usare diligentemente le pre- cauzioni di polizia e salubrità d'aria, prescritte nelle opere più accreditate intorno le bigattiere. Si vegga che (i) Nuovi cenni intorno all' arte di fabbricare i vini , alt' educazione de' filugelli e dei mori e di altri ogetti agrari. Lodi , tipografia Orocsi 1S26 8. (2) Fase. 23 1 p. 355. (3) Sulla malattia dei bachi da seta chiamata il segno 0 calcinaccio. Milano 181S. (4) Giorn. agrario : Milano i835 voi. 4 P- 65. Del calcino 1GT cosa ne scrissero il già ricordato Foscariu'i (i) , il Ci- vati (2) , il Gallo (3) , il Betti (4) , il Pollini (5; , e assai più che rimandiamo in nota (6) : e lo stesso De- capitimi in molte pagine della seconda edizione di quel libro (7) contraddisse se stesso ; e si contraddisse nell' a lira opera sua intitolata Regole pratiche per l'edu- cazione dei bachi da seta (ti). Per tali autorità dun- que , e molto più perchè logicamente contraddittoria , non reggeva la ipotesei del Bassi , per la quale si vo- leva accusare come produttore del calcino il buon go- verno dei bachi. L'importanza della cosa nel pubblico interesse (i) Raccoglitore del 1820 fase. 3o 32 35; Bibl. ital. del 1S21 fase. 64. (2) Istruzione sulla coltivazione de' gelsi e de' bachi da se- la. Milano 1800. (3) Nelle venti giornate di agricoltura. (4) Nel Baco da seta. (5) Nel Catechismo agrario. (6) La Modena nel voi. terzo degli opuscoli scelti sulle scien- ze e sulle arti. - Il Lavezzari nelle annotazioni al voi. secon- do degli elementi di agricoltura del 31itterpacher - II Fonta- na nel saggio sopra le malattie dei bachi da seta. - Il Fer- rano nella vera agricoltura pratica della Lombardia. - Il La- stri nelle lezioni di agricoltura , ed il Ricci nelle giunte e note. - Il Sisti nell'agricoltura pratica della Lombardia. - Il Moretti nelP istruzione sui gelsi e sui bachi. - Valmont-de Bo- mare nel diziou. universale d'istoria naturale •• Costans de Ca- stellet nel nuovo dizion. d'agricoltura. - Laurent Saint- Vincent nelle istruzioni circa il modo di allevare i bachi da seta - Pit- taro la teience de la seti/ere to. ce. (7) Milano r8iQ p. 16S 167 171 i;5 e<$. (%) Milano i£iy. 1 S S C I E N Z K eonsigliò il dottor Lomcni a studiarla tentando altra via (i). Dagli esperimenti fatti , e che qui sopra fu- ron da noi ricordati , se gli risultò che il calcino « mal contagioso , gli risultò ni» re , che la vera su- scettività nei cadaveri dei bachi morti di calcino a co- municare l'infezione non è compiuta , se non allora quando son essi coperti della patina caratteristica , nella quale si comprendono le molecole che operano la trasmissione del male : lo che esclude la possi- bilità che la malattia discenda per disposizione eredi- taria. Ma ciò , secondo lui , non chiarisce la natura del morbo circa i mezzi producenti il primo sviluppa- melo del medesimo : gli esperimenti fan fede che sia contagioso , ma non ispiegauo come si produca : il contagio calcinarlo non esiste se non dopo svilup- patasi la malattia ; dunque esso contagio non è cau- sa prima della malattia. Quindi, abbandonalo il pen- siero di cercarne la derivazione da cause estrinseche alla coltivazione dei bachi , sembra secondo lui pia coufacente alla ragione ed al senso comune chiamar a disamina gli ogetti che intrinsecamente appartengono alla coltivazione stessa , e ne son parti integranti : e crede aver trovala la causa del calcino nelle fermen- tazioni de' rimasugli de' pasti e di tutte le materie stercoracee de' bachi , che rappresentano ciò che di- cesi letto ; e nelle umide esalazioni che escono di con- tinuo dal loro corpo. In tal modo spiega facilmente il perchè nella prima età il calcino sia assai più raro che nella seconda , e così progredisca poi in aumen- to sino alla quinta ; imperocché nella prima difficil- mente possono i bachi colla loro traspirazione viziar (a) Giornata agrario : Milano i854 voi i p. 287. Del galcimo i69 l'aria (i) ; ed esile essendo, e nei primi dì facilmen- te prosciugato dall' aria circostante il letto , non en- tra io. fermentazione : ma crescendo i bachi nelle età successive , maggiore ne diviene la traspirazione; ed aumentandosi il letto (2), facilmente fermenta. Da tali fermentazioni emanano effluvi che molto concorrono a viziar l'aria , e recar danno ai bachi, i quali ispi- rano immediatamente i fluidi elastici dai letti fermen- tanti che sono sotto i loro piedi. A convalidare questa ipotesi era necessario cono- scere da quali sostanze siano composti i letti dei ba- chi. Esaminandoli il Lameni, vi riscontrò la concor- renza di molta materia animale e vegetabile ; i cui in- gredienti prencipui sono albumina , principio zucche- roso , gommoresina, sostanza estrattiva vegetale , so- stanza colorante, acqua ec; e ne dedusse che la fermen- tazione di queste materie partecipa necessariamente di una natura mista , cioè vinoso -acetoso-putrida, le cui produzioni ridotte allo stato gasiforme dalla presenza del calorico costano di azoto , di ammoniaca , di car- bonio in parte ridotto anche allo stato di gas-acido , di acido fosforico ed acetico ec. , il qual complesso rendesi irrespirabile pei bachi. Questi , e molti altri argomenti che difficilmente potrebbero ripetersi ih un breve sunto , lo portarono a concludere, che il calcino trae origine direttamente da errori che l'uomo fa nel (i) Il baco nelle prime sue cinque età at'.menta la pro- pria lunghezza di circa 4° volte, e di 9000 volle "i| sue p so ; il cibo che egli consnma equivale a sessanta mila volte il primitivo di lui peso. (2) I bachi di un' oncia di seme fpeso milanese di once 28 a libbra / nelle prime quattro età mangiano libbre 25o di foglia , e nella sola quinta età ne mangiano libbre ottosento. 17O Scienze governo dei bachi ; e che l'osservanza delle migliori re- gole , spezialmente la spessa rinnovazione dell' aria in quelle età dei bachi nelle quali il letto è maggiore , e la frequente mondatura dei graticci , sono gli unici mezzi per prevenirlo , 0 impedirne il diffondimento. Questa opinione del Lomeni non andò a garbo ad ini gionalista (1) ; il quale ebbe ad asserire che la ipolesi del Bassi meritava ben maggiore attenzio- ne, perchè a voglia sua sapeva egli produrre il cal- cino , e distruggerne i germi già applicati al corpo dei bachi. Ed altrove (2) aggiungeva , non potersi am- mettere che dal letto dei bachi dovesse aspettarsene am- monii! ca ; e chiamava a conferma le esperienze del prof. Luvini (3), al quale da esse risultò che le materie es- crementizie dei bachi non sono auimalizzate. Della ipo- tesi del Bassi diremo or ora : rapporto alle esperienze del Lavini , rispondeva il Lomeni (4) , sapersi a non poterne dubitare , che anche negli insetti si da una vera digestione delle materie ingeste : tale operazione sup- porre la presenza se non di un vero sugo gastrico , di un umore almeno che ne adempia in qualche mo- do le funzioni: ora, simile umore non potendo es- sere se non aniraalizzato , ne viene che i residui della chilificazione, che si versano nelle dejezioni , so- no stati umettati ed anche impastati di quell'umor di- gestivo , del quale debbono portar seco necessariamente alcune parti. (1) Bibl. ital. fase. 126 p. 84. (2) Fase. a3r p. 355. (3) Osserv. fisiologiche e chimiche intorno a diverse pro- duzioni de' bachi da seta : nel voi. 5j delle Mena, della R. ac- cademia delle scienze di Torino- 1 834 4: (t\) Giorn. agrario: Milano iS35 voi. 4 P- 7^- ! Del galcino i7* Il dottor Agostino Bassi, dopo aver promesso sin dall' ann* i82G (1) che avrebbe pubblicate le sue sco- perte intorno la vera causa del calcino, aggiugnendo che avrebbe recalo stupore il vedere che la base fon- damentale ne è il buon governo dei bachi ; dopo nove anni, cioè nel 1 835 , pubblicò la prima parte della sua ipotesi (2), cioè la teoria : e senza più ripeterne la causa dal buon governo dei bachi , scrisse che il cai' cino altro non è se non che la vegetazione di una pianta crittogama, la quale incomincia nell'interno dell insetto per seme ivi pervenuto , e col crescere arreca morte al medesimo ; dopo di che matura i propri se- mi , per ugual modo probabili apportatori di morte ad altri insetti. Se un filugello morto di calcino, mas- sime nello stato di ninfa , si pone in luogo umido e caldo, dove l'aria sia tranquilla, dice il Bassi, che la vegetazione ottiensi rigogliosa per modo , da poterne distinguere ad occhio nudo gli steli , e col microsco- pio discernere il diramarsi di essi in fili diritti e cur- vi che s'incrocicchiano. Secondo lui tutti i corpi or- ganisi ed inorganici, comprese l'aria e le acque, sono conduttori del morbo ; ma più specialmente ordi- nari mezzi di sua propagazione sono i bigattieri , i filatori già tocchi da animali infetti , le mosche che arrecano dall' uno all' altro luogo la materia contagio- sa : e talvolta ne è infestata la semenza stessa. Poco (i) V. l'opera citata alla nota 12. (2) Del mal del segno o moscardino , malattia che afflig- ge i bachi da seta, e sul modo di liberarne le bigattoje indie le più infestate : opera la quale oltre al contenere molti utili precetti intorno al miglior governo de' lilugelli , tratta altresì delle malattie del negrone e del giallume. Parte prima . Teoria- Lodi tipogr. Orcesi i835 in 8 di pag. 68. l72 S C I K N Z E dopo pubblicò la seconda parte (1) , cioè la pratica. Se v'è timore che la semenza sia infetta , propone il Bassi l'infusione delle ova per un momento in una miscela di spirito di vino del commercio, e di altret- tanta acqua in misura che segui detta miscela circa 18 gradi dell' areometro di Beaume ; e ciò senza timore di alterarle. Se il calcino dominò nel luogo in cui vo- glionsi coltivare i bachi, convion distruggere i semi pestiferi che esso diffuse ; bruciare gli oggetti inutili e di minor conto ; immerger gli altri in acqua bollen- te; lavarli con liscivio caustico , o con soluzione di clo- ruro di soda ; esporli al sole ; collocarli ne' forni ; ventilare i locali ; purificarli con suffumigi , e lasciar libero in essi l'adi t-u ai raggi del sole. Se il calcino fa comparsa , per non far propaga re il morbo , con- viene rimuover subilo dalla partita dei bachi quelli uc- cisi dal calcino ; cambiare quanto si può di arredi e di locali, o almeno disinfettarli con la ventilazione, e con liquori appropriati. Se ciò non ostante i bachi seguono a cader affetti in molto numero , e non vi fossero nuovi locali per trasportare i superstiti, var- rebbe meglio, dice il Bassi, esporli all' aria libera ; so- lo tenendoli difesi dalla pioggia e dal sole. Per me- dicare i bachi , il Bassi propone dar loro un pasto o due di foglia spruzzata di soluzione di potassa cau- stica , formata di quattro parti di potassa , trentadue di acqua , una di calce ; avvertendo di mutar subito il letto che si mostra troppo inumidito. A diminuire infi- ne il mal del calcino consiglia sollecitare la nascita e l'allevamento de'filugelli, per evitare il caldo del giugno, che molto contribuisce alla propagazione di esso. Que- (r; Parte secondi. Pratica. Lodi: tipogr. O rcesi i836 in 8.* di paj. Co. Del calcino i 73 sta è la teoria , questa la pratica che propone il Bassi. Il cui libro fu trado tto in Francia ; vari giornali e nostri e stranieri lo annunziarono, e dicono che ve- nisse con favore accolto dalla parigina accademia del- le scienze (i). Dubitarono però alcuni se la teoria del Bassi poggiasse sopra vere basi : altri se veramente esi- stesse, e sopra i bachi calcinati si ritrovasse il singo- lare crittogame Della esistenza di esso però non cad- de più alcun dubbio , dappoiché il dottor Giuseppe Balsamo Crivelli d* appresso molte osservazioni potè decidere, che esso crittogamo e una mucedinea da ri- ferirsi al genere Botrytis. Egli dapprima la disse pa- radoxa ; poi in onore del Bassi la nominò Bassìn - nei (2). La frase specifica è la seguente: Floccis cleri- sis albis erectis ramosi s , ramis spodoriferis , sportili s subovatis. Essa muffa, secondo il Balsamo, non si svol- ge che sui bachi morti da calcino: quella di cui si cuoprono i bachi artificialmente essiccati , e posti in luogo umido , benché sembri analoga a quella del cal- cino, pure osservata col microscopio è Xhypliax boni- byeina. Anche il botanico Montagne a Parigi, osser- vando col microscopio il crittogamo prodotto dal cal- cino nei bachi da seta, lo riconobbe per una Bo- trytis (3). Ma !a esistenza della Botrytis paradoxa o bassiana sui -buchi morti di calcino , fa pruoVa forse che essa sia la causa del male ? Notiamo che le os- servazioni del prof. Balsamo non coincidono con quelle del Bassi ; e ricordiamo per soprappiù , che il primo (i) Bibl. ìtaL fase. 263 p 356. (•>,) Osservazioni sopra la nuova specie dimucediaea d«l genere Botrytis che si svolge sui bachi da i«U morii di eal- «ino. Nella Bibl. ital. fase. 235 p. i25. (3) Biblioteca ital, fase, a/p p. 355, iT/i Scienze dichiarò di non essere della opinione del secondo per riguardo al considerare la muffa come la causa del raa- le calcinano (1) : anzi il dottor Calderini ('_*) portò opinione che la materia contagiosa sia tuttora scono- sciuta ; che diversa essa è certamente dal vegetabile crittogamo; il quale appunto, perchè vegeta dopo la morte , non la produce. Neppure il dottor Lomeni potè restar contento della nuova ipotesi bassiana ; e con tre lunghe e ragionate memorie ne provò la in- sussistenza (3). La ipotesi del Bassi infatti sta tutta nel capi- tolo IV della prima parte dell' opera sua. In esso in- segna che il calcino deriva sempre da un ente esler- no, che introdotto nell'animaletto produce la malattia, la morte, ed il susseguente indurimento e l'efflorescenza del cadavere. Questo essere micidiale è , secondo lui , organico , vivente , vegetabile ; è una pianta del ge- nere delle crittogame ; è un fungo parassito. Non si pasce che di sostanza animale ; vegeta e propaga nei soli bruchi ; non si schiude , ossia non assume i pri- mi movimenti di sua vita che nell' insetto vivo ; e mentre ha bisogno della vita dell' individuo invaso per isvilupparsi , e crescere , e rendersi alto alla riprodu- zione , è singolare che non produce i suoi frutti o semi , o almeno non li matura e non li seconda, se il) Giornale agrario : Milano i835 voi. 4 P- "5. (2) Ricoglitore; luglio i835. (3; Del calcino malattia che assale i bacili da seta , o dub- bi intorno la teoria ultimamente pubblicatane dal dott. Bassi di Lodi. Nel Giorn. agrario : Milauo i835 toI. \ p. io3. Del ealcino ec. memoria quinta. Nel Giorn. agrario: Mi- lano i835 voi. 4 P- 225. Del calcino ce. memoria sesta- Nel Giorn, agrario : Milana i335 voi. 5 p. 5. non dopo estinto l'animaletto che l'ha ricevuto e ali- mentato. Questo ci sembra il sunto della nuova teo- ria : nella quale minutamente guardando , ed operosa- mente esercitando la critica il Lomeni, scoprì inesattez- ze e contraddizioni. Ma noi ci dilungheremmo trop- , pò se tutte volessimo qui , anche brevemente , accen- nale. Quindi staremo contenti a ripeterne una , che ci sembra la dia vinta a coloro che alla nuova ipotesi si mostrai on contrari. Quella pianta crittogama , ap- punto perchè si svolge e cresce dopo che i bachi pe- rirono per opera del calcino , invece di confermare la teoria bassiana , è ad essa contraria : perchè svol- gendosi dopo che il baco morì di mal calcinano , non potè essere la causa di quel morbo ; e solo deve con- siderarsi come un fenomeno che al medesimo tien die- tro , o se vuoisi anche ne dipende , attese le sostan- ziali mutazioni che il morbo stesso accagiona nella pervertita economia animale. Quindi è che noi col Cal- derini ripeteremo, che' la nuova mucedinea, vegeta udì) dopo la morte dei bachi , non produce la morie ; e per conseguenza la teoria del Bassi , la quale di tutti i fenomeni che precedono, accompagnano , e susseguo- no la morte calcinarla de' bachi , ne accagiona il nuo- vo fungo parassito , per le sue stesse osservazioni non regge. Le cose fin qui discorse ci conducono a dire, che il Bassi merita molta lode per l'impegno dimostrato in istudiare una cosa di lauto intererse , ma che i suo» studi non furon finora coronati da un esito felice. Vol- lero infatti onorarlo come scopritore del contagio del mal calcinarlo ; e vedemmo che il Foscarini aveva già detto altrettanto sin dal i820 : vollero salutarlo co- me scuopritore della nuova Botrytis che si sviluppa sui bachi morti da calcino ; ma altri ricordarono , che lT6 S C I E K % E già prima i professori Brugnalelli e Conllgliacchi (1) avevano scritto, essere fungosa o crittogama la efflore- scenza de' bacili calcinati; e lo aveva ripetuto il Lo- meni nel i 832 (2) : volle egli creare una nuova teo- ria del male , basandola tutta sopra quella nuova rau- cedinea ; e forse non altro fece che produrre al pub- blico im ingegnoso parto d'immaginazione. Nulla di- remo della sua prima ipotesi ; di aver cioè accusato il buon governo dei bachi , come produttore del cal- cino ; perchè sufficientemente fu ad essa risposto. Re- sta quindi, secondo noi, inconcussa finora la ipotesi del Lomeni ; cioè , che il calcino sia prodotto dalle umi- de esalazioni che escono di continuo dal corpo dei ba- chi , combinate con la fermentazione de' rimasugli de' pasti e delle materie stercoracee dei bachi stessi , che formano il loro letto. E crediamo che con tutta ra* gione il medesimo Lomeni scrivesse:,, Mi si facciano ,, vedere coltivazioni di bachi in luoghi mantenuti ven- ,, filati notte e di , ed in cui non si permetta mai ,, accumulamento di letto sotto i piedi dei bachi stes- ,, si ; nelle quali infine siano esattamente osservate le „ regole del buon governo , ma che ciò non di meno ,, vengano attaccate dal calcino in modo struggito- ,, re , ed in allora soltanto soffrirò una mentita per „ parte di chiunque (3).. Ed infatti son forse afflitti dal calcino i bachi nella Cina , nel Bengal, e negli altri luoghi, ne'quali sono in- digeni , e vivono nel grembo della natura ? E se ap- po noi vengono educati allo scoperto (4) ne sono for- (i) Giornale fisico-chimico di Pavia, dee. II voi. VNI. (i) Scuola del bigattiere p. 176 (3) Giorn. agrario : Milano i834 voi. I. p. 394. (4) Annali unive rsali di agricoltura-Milano 1828. Del calcino iT7 $e attaccati ? Asserisce Coslans de Castellet (i) di non aver mai trovali bachi calcinati nelle educazioni di- verse da lui fatte all'aria aperta: aggiunge il Ciu- lich (2) che educati da lui alla cinese in aperta cam- pagna , in stagione varia e tempestosa, non furon mai afflitti da alcun morbo : continua il De-Capitani (3) di aver esperimentate replicate educazioni de' bigatti sui gelsi , senza averne mai trovato alcuno colpito dal calcino. Dunque par giusto inferirne , che la causa de- vesi ripetere da que' luoghi , dove l'uomo gli ha ridotti per trarne maggior profitto. Ad evitare un male tanto struggitore , popone il Lomeni due raerzi (4) ; permanente stato di nettez- za ^ aria costantemente salubre- Si ottiene la nettezza" col mantenere sgombarati i luoghi destinati alla col- o ri tivaziotie dei bachi da ogni materia che spanda odore, o possa fermentare; colf imbiancare aunualmante di calce i muri ed i soffitti di essi locali ; col tenere sce- vri da ogni sozzura i graticci ed altri utensili ; col dare ai bachi l'alimento ben mondato e proporzionalo al bisogno, affinchè i pochi rimasugli dei pasti noti formino un letto, che per ispessezza ed umidità sia ca- pace di fermentare ; col sottrarre ai bachi il letto un ginmo si ed uno no dopo la quarta muta , e finche tutti siano montati al bosco. La salubrità dell' aria si (i) Istruzioni , applicazioni e riflessioni circa il aiodo di allevare i bachi ^da seta. (a) Lettera sull' allevamento de' filugelli «Ha cinese in campagna. (3) Sulle'malattie dei bacili /la seta ec. Milano 1819 p. 36. (4) Istruzione per mandare sceveri da ogni malattia e par- ticolarmente dal calcino o mal del segno i buchi da seta. Gior- nale agrario : Milano x835 voi. 4 P- 9$- G.À.T.LXVHI. ?2 17S S e i a w z e ottiene col procurarne la rinnovazione continua, apren- do duranti le prime tre età ora una finestra, tua un' altra alternativamente per alcuni minuti; con lo accen- dere qualche fiamma di paglia ai cammini; col mante- nere la temperatura geneiale superiore ai \/\ gradi del termometro di Reaumur ; coli' aprire più frequentemen- te le fenestre e gli usci fra la terza e la quarta età, ; col tenerle costantemente aperte di notte e di giorno dopo la quarta muta , purché vi siano reti di filo di ferro , che impediscano l'ingresso ai topi ed ai pol- li, naturali divoratori dei bachi; col non impedir mai l'ingresso alla luce del giorno; col non cucinare ( per quanto è possibile) nelle camere ove i bachi dimorano. Che se non ostanti tali precauzioni si affacciasse la ma- lattia in qualche individuo , l'occhio attento dell' es- perto coltivatore , appena la riconosce , deve togliere quell' individuo dal letto su cui sta in compagnia de' suoi simili , affinchè non si comunichi ad altri , ed assalga l'intiero graticcio, per la essenza contagiosa del male. Si noti ih ultimo che se durante la quinta età , l'atmosfera fosse al di sotto dei 14 gradi , convien ri- durre a soli quattro, ed anche a tre i pasti giornalieri, perchè la diminuzione del calore dell' ambiente rallenta nei bachi la facoltà della digestione. C. C. 179 Discorso sull'attuale occorrenza d'osservazioni di' rette a perfezionare le forinole e le tavole del mo- vimento de' corpi celesti , e necessità di accomo- dare a tale scopo i calcoli delle effemeridi astro- nomiche , di Francesco Bertelli. Bologna 1336 tipi della Polpe al Sassi , in 8 di fàc. 20. stalo letto questo discorso nel i836 all' accade- mia delle scienze dell', istituto di Bologna. U dotto autore , che sente tanto innanzi nelle cose di matema- tica come è degno ad un concittadino de' Manfredi e de' Za notti , fa prima l'elogio ben meritato del te- sté definito prof. Pietro Caturegli astronomo bologne- se , poi viene a queste giuste conseguenze : J impor- tar moltissimo ed a preferenza nello stato presente dell' astronomia l'intendere alle osservazioni ; 2 che a renderle utili . atteso il grado di precisione già otte- nutosi nelle formole e nelle tavole relative, voslion farsi con istrumenti i più perfetti , e colle più scru- polose cautele affla di trarne sicure conseguenze diret- te all' ullerior correzione delle tavole; 3 ed ultimo, che a tale scopo deggiono indispensabilmente cospira- re le effemeridi astronomiche, coli' esibire secondo le forinole più accurate tutti i dati cosi esattamente de- dotti , che dalle discrepanze anche piccole co' risul- tamenti delle osservazioni ne proceda ( scevra da in- fluenza di motivi estranei) la misura degli errori delle tavole, e ss ne arguiscano le vere cagioni con che rag- giungere il dichiarato intento. A dare quasi un saggio del modo di ragionare dell* autore, accennerò un tratto del discorso, nel quale 12* 180 Scienze parlando dulie tavole lunari avvisa come evidente , che trascurando negli argomenti la cifra dei decimi di se- condo in arco , la loro somma algebrica , che dà ri- spettivamente la longitudine e la latitudine volute (quan- do non accada compensazion totale di errori) deve riu- scir eccedente o difettiva di più secondi, e talvolta coli' error massimo, quale appunto si comproverebbe col calcolo diretto della probabilità del più grande error possibile in questa particolare investigazione , dipen- dentemente dall' omissione summentovata. ,, Le con- ,, seguenze di ciò (prosegue l'autore) sono di molta ,, importanza. Per calcolare le posizioni di luna per ,, un' ora qualunque intermedia a due mezzodì succes- „ sivi , si ha la forinola d'interpolazione •" (a) . . . L = L + AH + BH1 + CH3 ,, dove L è il valore di L pel mezzodì o pel princi- ,, pio del giorno astronomico, relativamente al quale ,, vuoisi lo stesso L , ma corrispondente all'ora H. I ,, coefficienti A , B e G sono funzioni , com' è noto , „ delle differenze prime , seconde, e terze delle quan- „ tifa X , 'L , L , L' , L" prese per giorni successi- ,, vi ; e l'equazione (a) rappresenta il termine gene- ,, raie d'una serie a differenze quarte costanti. Dipeli— ,, derido le quantità A , B e C dalle 'L , '% , L , „ L' , L" , se in queste sussista errore, riusciranno „ perciò inesatte altresì le A , B e C ; e nel deter- „ minare il valore di L per un' ora H qualunque del „ giorno, dovendosi aggiungere ad L , che seco por- „ ta errore, la quantità Ali + BH'-r- Gir , potrà ac- ,, crescersi di molto l'errore per l'ora data : il che „ facilmente può verificarsi, o dedursi , se piaccia , a „ rigore ( calcolato che sia l'errore massimo di L ) • „ Su la qual cosa non rimanendo alcun dubbio , Astronomia 181 ,, se uè inferisce che , non provvedendo per l'avvenire ,, all' enunciato difetto , resterebbe infruttoso ( quando „ non volesse soddisfarsi che di un' approssimazione ,, assai incerta ) uno de' più interessanti articoli, di „ cui le solertissime cure del Caturegli fregiarono le ,, effemeridi di Bologna , quello cioè di porger mez- „ zo comodo e spedito all' interpolazione per avere f, molto precisi , se tali fossero i valori esibiti di L y „ A,B,«C, i luoghi intermedi della luna riferita ,, tanto all' eclittica che all' equatore , al mezzodì „ medio , ed al vero. „ E' desiderabile, che la mente del Bertelli tanto acu- ta e tanto esalta coutinui le cure amorevoli all' osser- vatorio di Bologna , e che non manchino a quest' ul" timo , per provida munificenza , macchine astronomi- che più squisite ; affinchè i nomi dei Cassini, dei Gu- glielmini, dei Manfredi, dei Zanotti , dei Canterzani non siano di rimprovero all' età nostra , che studia pure al perfezionamento. D. Vagcoi ini. 182 Breve relazione sulla peste divampata neW isola di fPerak presso il gran Cairo. Scritta da G. Ca- ronti (*) al generale dot-Bey. ncombenzalo di dirigere la coltivazione di qtiest* isola ad uso europeo, mi sono nulladimeno spesse volte occupato a soccorrere gl'infelici isolani, che o per frattu- ra o per altra infermila a me si rivolsero , di modo che ognuno de' miei soggetti credeva che io l'arte medica trattassi, per cui della notte del 4 di febbrajo venni avver- tito trovafsi de' miei lavoranti ammalati. Corsi io to- sto a visitarli , e trovai aver uno un bubone alla de- stra ascella. Era di robusta complessione, di anni 30 , per nome Maaraet Algarb.il secondo, Aly Abusagher, di anni 20, attaccato all' inguine sinistro, di complessione debole. Il terzo di forte complessioue, nominato Ralib Aba Ibrahim, d'anni 18, attaccato parimenti all'in- guine sinistro. Erano allarmantissimi i sintomi : estenuazione di forze , lingua grossa , biancastra , pupille allungate , occhi torbidi , dolor dì capo precisamente alle tera- pie , volontà di vomitare come se ebbri fossero stati gì' infermi. Questi sintomi, che per lo più trovansi mani- fosfati in lutti gì' individui attaccati , fanno evidente- mente conoscere che tutto il sistema gtandulare è at- taccato , che la bile pure è interessata : ed allorché (*) Scritto che ilj sig. Guidi ha avuto dall' autore nella sua dimora in Egitto , e che ha consegnato poi al giornale arcadico- P*STS DI ECITTO l83 manifestaci le petecchie t non solo esternamente que- ste esistono , ma sullo stomaco e sugi* intestini ancora manifestansi , come si è veduto dalle sezioni cadaveri- che fatte dai sig. dottori Clot-Bey , Gaetaui , Boular , Lapes , nel periodoidella malattia allo spedale delle Sbelhie. Allarmatomi da questi sintomi, giudicai che potes- se essere la malattia di peste : quindi mi credetti in dovere di avvertire il sig. Boufort, direttore generale dei giardini di S. A. Ibrahim Paseia, onde desse av- viso al consiglio sanitario di Cairo di qui recarsi per giudicare se veramente la mia supposizione era giusta- II prelodato signore non mancò di dar subito av- viso di ciò al presidente di detto consiglio. Diffatti lo stesso giorno, cioè il 5, venne il con- siglio , visitò i malati , riserbandosi di rivisitarli il dì appresso per decidere se realmente era peste: e alla visita del 6 fu affermato unanimemente esser peste. Allora chiesi al presidente del consiglio Clot-Bey e ai membri Gaetani e Debagi di fornirmi di medica- menti e di un ajutante, onde formare un luogo separalo per soccorrere coloro che avevano la disgrazia di es- sere attaccati. Fu eseguita la mia domanda , e fui for^ nito di medicamenti e di un sotto ajutante arabo al- lievo di Abous-abel. Aperto il mio ospedale , se cosi piace chiamar- lo , furono cola trasportati i tre attaccati. Circondai di guardie le casipole onde nessuno avesse con loro comunicazione, e solo il sotto ajutante, gì' inservienti e le donne dei malati cola furono rinchiusi. Ciò non ostante dopo due giorni vi fu altro attacco, e cosi di giorno in giorno fino al 20 di marzo si aumentò l'ospe- dale di 10 individui. I primi cinque li trattai con decozioni d'orzo, qualche blando purgante di manna e senna , clistei e i$4 S e i t n z i cataplasmi , «li modo che di cinque uno morì dopo 2$ giorni di malattia. Dal 20 marzo al 29 il mio ospedale era popola- to di 46 individui , parte con buboni , parte con car- boni , e parte con petecchie : altri non avevano ne gli uni , uh le altre. Dal 29 marzo al 20 giugno furono nel detto luo- go 14 > attaccati , fra i quali erano 6l allievi del giar- dino. E' parimenti da notarsi, che furono gli altri pri- vi di buboni e carboni, avendo invece alcune mac- chie nerastre livide sulla superfìcie di tutto il corpo. E' indubitato che la mancanza dei soccorsi ne- cessari non solo di medicine , ma di nutrimento con- veniente , e di un locale atto a difenderli dalle impres- sioni del caldo e del freddo, avranno portato uno scon- certo al sistema animale : è certo ancora che oscuro finora essendo il vero metodo di cura anche ai più valenti medici , non potrà attribuirsi a benché mini- mo merito , se pur si vuole cosi chiamare , l'avere io salvato 144 in 146 attaccati. Le riflessioni che ora sottometto al giudizio vo- stro , o eccellenza , potranno forse dare un lustro alle tante cognizioni di cui siete adorno. Dopo il 29 che trattato avevo gì' infermi con leg- gieri e semplici medicamenti , vedendo che a nulla essi servivano, nemmeno a sollevare il malato per un solo minuto , dopo di avere veduto costantemente in tutti una disposizione al vomito , mi risolsi di prendere quattro individui aggravati da eguali sintomi , due dei quali col primo metodo trattati , e due col tartaro emelico , unzioni mercuriali ai buboni ed ai carboni. Apprestai ai due del nuovo metodo grani 4 di tar- taro emetico in once 6 di acqua , e dato a sorsi : ot- tenni vomiti stentati e non copiosi di una materia biancastra : aumentai la dose, e questa agiva come pur- gante. Peste di licrrro 135 Mi rivolsi all' ipecacuana unita alla scialappa in dose di 15 grani a parte uguale, sciolta nell* acqua di 6 a 8 once , presa a sorsi coli' intervallo di mezz' ora : ottenni vomiti copiosi di una materia verdastra e giallognola, come olio gelato. Il di appresso i due cosi trattati stavano meglio : diminuito eia il dolor di capo : solo si dolevano del carbone e bubone , che ognuno di loro aveva , i quali vennero curati con frizioni mercuriali , e con ceroto pure mercuriale. Quelli del primo metodo seguitavano a peggiorare di modo , che li trattai come gli altri due : e da quell epoca in poi tutti egualmente trattai , solo aumen- tando o diminuendo la dose in ragione della loro co- stituzione. Trattai i buboni, come dissi, col mercurio, e soli tre suppurarono : il carbone parimenti col mer- curio trattai , e n' ebbi ottimo risultato. Quanto a quelli con macchie alla pelle , le materie emesse per vomito erano nerastre, o piuttosto color di piombo. Uno di questi dopo tre giorni mori. Quanto alle cure fatte fuori dell'ospedale, che sono in numero di 41 , le medicine apprestate ai diversi villaggi , che in tutto sommano a duecento , mi si dice che abbiano salvato tutti , fuorché tre soli che sono morti : cosa da me non vista , né posso accer- tarla. Il fatto si è che anche oggi vengono parecchi benché guariti di peste, ma con buboni e carboni aperti, onde io li curi , e mi accertano di aver preso il sul- lodato medicamento. E' ben da sperarsi che ingegno più. colto in simile circostanza possa fare le dovute esperienze , per ritraine i vantaggi che sarebbero tanto proficui dalla società intiera. I tre suindicati primi attaccati si portarono il gior- no di Ramadan in Bolacco al bagno insieme coi Cig- gi , che dopo il loro attacco niuno della fami- 186 S e i x n z i glia fu prffso : cosi pare 1'ajutante chirurgo , l'inser- riente , le donne eli' erano nel così detto ospedale fu- rono esenti per due mesi , scorsi i quali gì* inservienti e le donne furono attaccali. Sulla epidemia e contagiosità di questa malattia dovrei io astenermi di dare qualunque siasi benché minimo giudizio: ma però ad onor del vero accennerò le cose accadutemi nel corso di delta malattia. Di 1A6 attaccati, che io stesso trattai, furonvi da 20 compromessi : 20 ebbero la disgrazia di essere attaccati, e gli altri nulla soffrirono. Se alle osservazioni pratiche stare si voglia , e calcolare l'influenza delle cagioni fisiche più note , bi- sogna conchiudere , che onde la malattia prenda in- tensità fa d'uopo che vi concorrano tutte quelle cir- costanze atmosferiche atte a sviluppare quei principi' pe- stilenziali, che restano inattivi allorché dalle circostan^ ze isolate non restano mossi. Per il che é indubitato, che la mala seppellizione dei cadaveri che qui praticasi, per cui molti lasciansi disseccare al sole , e la poca nettezza nell' interno della citta e villaggi allorché so- pravvenga uno straripamento fuori dell' ordinario delle acque del Nilo* impadronandosi di luoghi che da gran tempo erano privi di umido, fanno si che sviluppasi in n aggior copia i gas , e che questi uniti agli altri provenienti dalla decomposizione degli esseri organici sì animali e sì vsgetabili , formano un gas acido carbo- nico, il quale anco credesi atto allo sviluppo della ma- lattia : giacche lutto l'anno vedonsi ammalati con bu- lloni che gli arabi chiamano Cajar per la forma che hanno di piccoli cocomeri. E' ben vero che finora nulla si può stabilire su fatti positivi , perciocché si manca di esperienza-. Il villaggio é composto di 5i8 individui, e ne sono morti 169. Tutto il villaggio e stato compromesso : 85 Pìste di Egitto 18T non sono stati attaccati . Dal che vedesi , che man- cando la disposizione fisica si può essere compromes- so senza nessun pericolo. E poi indubitato, che l'atmosfera era carica di principii pestiferi, giacche non solo io sentiva giornal- mente dolori alle glandole , ma molti europei ancora ed arabi di ciò si dolevano. E' ben certo che il generale Clot-Bey si è in- nestato il pus : che il dottor Boular ha vestito una camicia inzuppata nel sudore di un morto di peste : che Lapes e Gaetani in tutto il tempo della malattia operarono siigli attaccati e cadaveri , e che nulla di si- nistro loro intervenne : che sei condannali a morte fu- rono dati ai suddetti nello spedale onde farvi esperimen- ti : che due morirono , due furono attaccati e guariti, e due non furono attaccati ; ed io pure, trattandola , ebbi continui dolori alle glandole. E' desiderabile che l'Europa prenda in considera- zione le osservazioni fatte dai suindicati signori, onde giugnere a conoscere quello che fino ad ora resta fra le tenebre. Dallo stato dei decessi qui aggiunto si vede, che più del terzo della piccola popolazione di detto vil- lagio è morta nel lasso di 5 mesi, non dirò tutti di pe- ste , mentre è certo che non più di 10 sono morti d'altre malattie. Dal sopra esposto, o eccellenza , ella avrà rav- visato che fui veritiero allorché appo lei presi scusa : ma che l'animo generoso , di cui ella è adorna , sapra non solo perdonare, ma accertarsi che l'unica mia bra- ma è quella di dirmi suo devotissimo servitore. iSS STATO DELLA MALATTIA IN TOTALE DELL' ISOLA DEL VERAK. 'Ragazzi ! Donne Uomini Totale Totale general 3 2 3 8 H 10 9 7 26 2G 41 32 99 H 3 16 10 34 4 T 8 19 ?M 4 Totale generale 1 86 te 1 18» Parte seconda del ragionamento terzo di Domenico de Crollis a sua eccellenza D. Antonio Boncompa- gni duca di Sora (i). Bembo. Miei cari amici , io pienamente appa- gato de vostri ragionamenti presi commiato da voi, e tutto festevole , come vedeste , di qui mi partii; ed ora quanto esser si può ci ritorno lieto. Poiché posso con sicuro animo dirvi , che se noi per atten- dere alle scienze ed alle lettere sosteniamo lunghe vigilie , e non curiamo quei piaceri di cui suole es- sere desideroso il mondo , il nostro benigno papa e con parole e con fatti ne da larghissima mercede. E posso dirvi ancora , che la materia della nostra ul- tima tornata piacque tanto a quel magnanimo, che in luogo di chiedermene la semplice conclusione , se- condo il suo primo proposilo , volle che io a parte a parte ogni cosa ragionataci fedelmente gli ripe- lessi. Ora udite come fu egli verso di noi cortese, « come noi della sua cortesia dobbiamo essere pie- namente appagati. Poiché quel savio ebbe per lo mio discorso assai ben compreso, aver noi mostrato la ca- gione della febbre e la via per fuggirla, con quella letizia e con quello affetto stesso con cui Alessandro VI abbracciò il cardinale Sforza annunziator di pace col temutissimo re di Francia , mi prese per mano dicendo : Caro Bembo , il tuo ragionare mi fu sem- pre grato , ed oggi mi è stato gratissiruo. Tu sai e vedi , che io ho fermo e vivo desiderio di ristera- ~ ti Yed. la priva parta «ri ;•« IH p. j , « i«|. 1 90 Scienze re questa misera Roma più per l'altrui crudeltà, che per la sua vecchiezza venuta quasi al niente; e non è a dire quanto il tuo discorso in ciò possa gio- varmi. E veramente ben ti sovvieni , aver noi per consentimento concoide più volte ripetuto , che dai cittadini sono formate le citta, non già quelli da que- ste ; e sai che per si giusto concetto , nell' animo mio già da più anni fermo, io fin dal primo giorno del mio regno mi diedi a cercare i savi d'ogni pae- se ; e con doni , blandimenti , e larghe promesse a me li chiamo per accrescere il numero de' cittadini romani del fiore d'ogni più colta gente. Ma non sì che per me stesso non veda che i savi , coraechè ai regni ed ai comuni utilissimi , han pur bisoguo di altra diversa gente che loro procacci alimenti ed agi; e che io non sappia ancora che se continuassi lun- gamente cosi fatte ricerche , senza fare altro provve- dimento che nella citta si accresca il numero de' cit- tadini di ogni altra condizione, e nel contado quello de' lavoratori di ogni maniera , avrei assai male ac- conciato i fatti di Roma, e si riderebbe di me come di un re guerriero, che più capitani che soldati avesse nel campo. Ora , la mercè tua e de' tuoi compagni, io già vedo l'opportuno modo di evitare questo danno- so scherno. Ed acciocché lu con creda che io parli a voto , veniamo a' fatti. Lasciamo stare i savi dall' un de' lati : la buona agricoltura, le arti diverse, ed il continuo traffico accrescono il numero de' cittadi- ni, e rendono le citta grandi adorne abbondevoli di ogni cosa non che necessaria , ma utile e dolce alla vita, e quindi frequentatissime dalla nostrale e dalla straniera gente. Ma se nel tempo , in cui i nostri miseri agricoltori sono intesi alle loro ricolte, e per la memoria della immensa fatica dell' anno , e per la speranza già fatta sicura dovrebbero a buon diritto .Rag iosa mb nvo di db-Caolun 191 esserne lieti, debbono invece o morir di febbre , o luogaroente esserne infermi, o almeno impallidirne per la paura , poteva io sperare di vederli nel nostro contado , e nelle vastissime nostre campagne mulli- plicare ? no certamente. E quale peregrino artista vor- rà volentieri rimanere a Roma , finché teme o di per- derci la vita nei vegnente autunno , o infermarci per modo, che i suoi guadagni non bastino a ristorarlo dei danni della lunga e fastidiosa malattia ? forse uno sbandito , non altri sicuramente. E se negli altri tem- pi dell' anno qualche straniero o per trafficare, o per qualsivoglia cagione rimane tra noi , tostochè ve- de egli avvicinarsi 1* autunno , fugge e si allontana di qua come dalla più rea cosa del mondo. Tu, mio caro Bembo, vedi oggimai a qual fine riesce quel ra- gionamento che mi hai fedelmente rapportato ; e ve- di ancora come io mi sono di te e de' tuoi compa- gni assai giustamente lodalo. Non voglio però che tu pensi , poter io senza il tuo aiuto compiere ciò che fa mestieri a bene e sollecitamente usare le dot- trine da te significatemi. Il credere che questo cielo sia in ogni tempo non buono, e nell'autunno maligno, è antico tanto , ed è per modo ;fitto nelle menti dei romani e di quanti udirono parlare di Roma , che a voler contraddire con tutti costoro e vincerli , con- yien adoperare le tue e le mie forze , e con le une e con le altre assalirli da più lati. Ond' è che io chiamerò a me i più ricchi ed industriosi agri- coltori ; e senza dar loro nuova legge , che spesso si crede data a prò di chi governa e non dei go- vernati, persuaderò ad essi, che se eglino divideranno le loro vastissime terre in piccioli campi ; se in ciascu- no di questi formeranno un rustico albergo , dove nel piovoso tempo e nel freddo della notte i lavoratori possano ripararsi; se li provvederanno di grossi panni 192 S C I E N Z X che dall'improvviso freddo li difendano, più non ve- dranno a molti di quei meschini nel rigor della feb- bre cader di mano la falce ; più, non vedranno spa- rirne molli , condotti negli spedali con grave danno delle loro ricolte ; ma vedranno in vece venirne in maggior numero da' vicini paesi , ed a più discieto salario essere assai più contenti , e non cosi solleciti di abbandonarli. Dopo ciò dirò a' miei preti, che dal pergamo (dove ogni argomento può esser buono, se mira al bene , e se acconciamente e con giusto con- tegno è trattato) facciano manifesto che non la mali- gnità del nostro ciclo , ma l'improvviso freddo aiu- tato forse dalla crapola e dal disordinato vivere , è la vera cagione , onde cosi spesso qui nell' autun- no si cadde infermi. Ed in ultimo dirò a' miei pre- lati , che sollecitamente sarà fabbricata la casa nella via portuense per mio diporto ; e cola tutti verran- no meco nel vegnente autunno , per mostrare col nostro esempio che , se altre cagioni non ci danneg- giano , e se si tiene l'opportuno modo di viverci, in quanto è l'aria nostra , in ogni tempo ed in ogni luogo si può viver sano. Mentre io queste cose andrò dicendo non alla maniera di chi comanda , ma di chi altrui mostra la via ad evitare un. dannoso scon- tro , tu pubblicherai con le stampe il ragionamento rapportatomi ; e con tanti scienziati e letterati ne parlerai , con quanti di essi o accortamente, o per ventura ti abballerai. Cosi con le stampe saranno tratti alla giusta opinione nostra i savi stranieri , e eoa le tue parole i nostrali. E tu bea sai che i grandi con lo esempio loro , ed i savi con la loro opinio- ne dopo or più or meno corto tempo vincono gli antichi errori del volgo , che spesso siegue chi lo precede , o chi gli parla, come cieco va dietro a sua Ragìonàwukto di De Crojllis 193 guida. Quando dunque tornerai ai tuoi compagni , dopo averli da mia parte salutati e ringraziati mol- to , questa mia cosi ordita tela fa loro tutta ma- nifesta ; e procaccia di più incitare le menti loro col tuo esempio , e col dire ad essi che , essen- do io per divina speziai grazia allogato la dove ogni speranza di più salire è spenta , non per altro modo posso appagarmi e piacere a Dio ed al mondo , se non adoperando le mie forze, e da tutte parti , dove più confido , chiedendo l'altrui soccorso a prò della chiesa santa , e de' miei soggetti. Questo dire si cortese , questi così giusti con- cetti , quella papale maestà tanto benignamente a me rivolta mi furono cagione di confusion tale e di tale allegrezza insieme miste , che io non ci seppi fare alcuna risposta ; ma solo promettendo e ringranzian- do mi gittai a' santi piedi, né su mi levai finché il pa- pa stesso , porgendomi la mano , non mi ebbe amo- revolmente licenziato e benedetto. Eccovi, miei cari amici , una larghissima mercede dei vostri studi , e dei vostri ragionamenti; ed ecco la cagione, ond' io sono contento , e cosi come voi mi vedete di letizia pieno. Lancel. Oh !.. . noi possiamo giustamente dire di aver ricevuto dal papa per ognun cento , secondo la promessa dello evangelio. E benché io sia certo che debba in ciò riguardarsi molto l'animo suo as- sai benigno verso si fatte cose ; e debbasi ancora con- siderare il tuo modo di dire, che avrà certamente da- to alle nostre idee quella forma e quel colore che per se non avrebbero potuto aver mai; pure non me- no di te me ne compiaccio. E questa tua e mia com- piacenza chiaro mi dimostra che i sovrani , senza far ricchi doni di quello che spesso contro giustizia fon- G.A.T.LXV11I. 13 194 S C I E K 7. fi de l'avere dei comuni, possono anche con gli atti e con le parole iuuanimire e premiare i buoni, e farli contenti. Ma convien loro baciar bene ad usarne sem- pre con debito accorgimento ; poiché se in ciò fal- lano , questi atti e queste parole , cioè questo lor te- soro , che senza togliere altrui e senza venir mai me- no potrebbe contentar molti , perde ogni suo valore, stizzisce quelli che giustamente ne furono guiderdona- ts , e torna a scherno di chi se ne gloria , e di chi avidamente lo brama. Non ho io mica detto questo , perchè ci siano meu care le parole del papa, ne per- chè si scemi la nostra gratitudine verso chi le disse , e verso chi così vogliosamente ce le ha riferite. Io ho parlato cosi , perchè , a voler dire liberamente ciò che penso , temo forte della naturale gentilezza di Leon X, non altrimenti che l'agricoltore teme del so- le e della pioggia , benché ogni campo e dell' uno e dell' altro abbia mestieri. E quando tu , rapportan- do le sue parole , hai detto che egli eoa doni e con blandimenti chiama a se i savi d' ogni paese , mi sono subitamente ricordato di un discorso di Giulio II che ha la mia paura raddoppiato. Ognuno sa che io era suo medico , e suo buon servidore ; perciò , par- landomi egli un giorno assai familiarmente diceva: ,, I sovrani, che Iddio mise al governo de' popoli , del» - bono avere nella sinistra mano il fulmine, e nella de- stra l'alloro, per mostrare al mondo che più a pre- miare che a punire son presti. Ma comcchc conven- ga a costoro essere poco disposti a punire , certo è i:he , se devono essi attentamente esaminare i rei e le colpe loro , cou attenzione non minore devono con- siderare a cui e perchè il premio è dalo. Io non so dire se all' ordine civile più noccia la punizione in- giusta o il premio dato o per benignila d'animo o per Ragionamento di De-Crolus 105 benevolenza di chi concede , ovvero per pregili e per seccaggine di chi lo addiraanda. La non dovuta pena rattrista i buoni , non però li ritrae dalla diritta via ; il premio non meritato sconforta questi , e col malo esempio da tutte parti chiama alla corte la immensa turba di quelli cui la fatica rincresce , e piace il po- ter volare con le penne altrui. E quel che più è gra- ve, non potendo costoro esser tutti soddisfatti a 1 r modo , quegli sciagurati, che rimasero della loro spe- ranza ingannati , non mica tornano la donde si mos- sero : non sentendosi eglino da meno degli altri loro compagni, che furono premiati, bestemmiano chi li governa , e vivono con male arti , non mai accusan- done la loro malizia , ma solo colui che agli altri li pospose . ,, Cosi diceva quel mio signore. Ed io da tali detti ammaestrato , amando la casa Medici , e più quello che a mio parere per buona uni versai ventura è fatto papa , vorrei che questi per tuo mezzo, ed an- che parlando a mio nome , se tu il credi convenevo- le , tenesse per verità dai fatti dimostrata , che questo ingiusto premiare con l'accrescere il numero degli ar- ricchiti ed ingentiliti cittadini , assai più che nou era bisogno, ha volto in basso l'altezza dei romani anti- chi , e che questa medesima cagione potrebbe rattene- re i moderni , che la mercè sua già incominciano a salire là donde discesero quelli. Ma lasciamo star ciò , che quantunque grave e di forte acume , per taglio e non per punta può ferirci. Torniamo a quello che più ne deve importare. Hai tu detto a quel corlesissimo principe come fu da te proposta la quistione dell' aria di Roma , e come io, non perchè fossi certo di dare nel segno , ma solo per soddisfare la tua voglia , prima di voi due mi misi dentro quel laberiuto ? Tu non puoi credere , che que- 13* I'jG S C 1 E N z e sta dimanda si faccia da me senza giusta cagione ; poi- ché da le stesso chiaramente vedi che , se il papa pensa poter egli ripopolare questa citta con le nostre dottrine , come Deucalione con le pietre , ed Eaco con le formiche ripopolarono la Tessaglia , ed i fatti non risponderanno poi a questo suo pensiero , noi ne resteremo scornati , e la nostra letizia si cangerà in tristo rammarichio. Bemb. Il tuo discorso prova che tu , caro Lan- cellotto , sei stato in corte come quelli che vivono alla buona , e lasciano correre due soldi per ventiquattro denari. Ma ora , non volendo io parlar di questo , dico che il tuo sospetto è giusto , e che non però ti sarebbe caduto nell' animo , se io per l'ardentissima voglia di presto mostrarvi la somma cortesia del papa non avessi nel mio racconto lasciato quello che può certamente rassicurarci. Ti dico adunque , che quan- do il nostro signore intese dalle mie parole le tue di- chiarazioni , che mostravano la incertezza dell' animo tuo , interruppe il mio discorso dicendo : ,, Lancellol- to la guarda troppo nel sottile : io non so il perchè non debba tenersi per vera una dottrina , nella quale il ragionamento e la esperienza sono perfettamente con- cordi. Le verità cosi fatte può dare la medicina , le infallibili sono da cercare nella teologia. ,, Poi m'im- pose che cor»tinuassi. E perchè ora la memoria me ne rimette innanzi ogni particolarità , vi dico ancora essermi io da un semplice movimento delle sue lab- bra accorto, che al papa non piace quell' andar cer- cando il perchè i raggi solari meno riscaldano i cor- pi , come più ci vengono obliqui : ond' è che io più noti ci ho posto mente da poiché di qui mi partii , e credo che meglio faremo , se , saltando questo pun- to che ci eravamo proposti di trattare questa sera , Ragionamento di De Crollis 197 entriamo subito nella materia , che più direttamente alla medicina si appartiene , e che 'dal vostro e mio signore sarà più gradita certamente. Or via dunque , Accorora- boni , tu , che senza esserti molto commosso per le affettuose parole del papa , ti stai cosi mutolo , din- ne le infermità notabili che tu vai curando o da le solo o col nostro buon Laucellotto : e pensa che se nella sera di giovedì la lunghezza del tema non ci permise di parlare di nessuna malattia particolarmente , non e perciò scemato in me il desiderio di farlo que- sta sera ed in ogni altra nostra tornata , ed in voi il dovere di soddisfare questo mio desiderio già da me di- mostrato giusto. Accoromb. Le cortesissime parole, da voi si lie- tamente recateci, anche a me sono state piacevoli. Ma se il mio animo ne fosse stato cosi come il vostro com- mosso , ne dovrei esser beffato come la mosca , che seduta sul collo di un robusto giovenco si gloriava de' campi bene e sollecitamente arati. Io so bene qual parte devo prendere della lode che il mio maestro e voi , signor segretario , potete aver meritalo , e so bene ancora che in questo luogo , dove io la mercè vostra mi trovo ad apprendere e non ad insegnare, a me sta assai meglio l'udire tacendo che il parlare. Perciò né il mio poco calore, né il mio silenzio de- vono farvi alcuna maraviglia. Bemb. Tu fai vista di non ricordarti di quello che fu da noi stabilito la sera , in cui per la prima volta qui ci ritrovammo insieme , e però torni a que- sti convenevoli ed alla tua modestia. Ed io nuovamen- te ti dico , che lasci stare l'una e l'altra cosa , e che parlando liberamente con noi come con amici , che li amano e che si sono di te giustamente lodati , ci car- ri le particolarità de' tuoi malati. VJò S C I £ R Z E Accoromb. Io dunque senza più dico che , la- sciando stare taluni da noi spesso visitati non per vera malattia che essi abbiano , raa per vano timore che li turba , quattro infermi sono da noi in questi giorni curati : Alberto da Carpi , Camillo Paleolto, Cristofo- ro Tasso , ed Agostino Chigi da Siena. Alberto di età forse di quarant' anni, e ben com- plessionato, per improvviso freddo avuto l'altr' jeri in su l'alba fu la sera preso da nojosa gravezza , da ri- gor di febbre , da nausea , e da fastidiosa sete. Per due ore egli fu da tali molestie travagliato : poi a poco a poco, rinascendo il calore nelle sue membra , si sen- tì alquanto confortato : non sì però che il caldo, il quale più e più andava crescendo , non lo abbia an- gosciato , finche non è sopravvenuto in tutta la per- sona un sudore, che nelle quattro ultime ore della notte lo ha fatto tranquillamente dormire. IMa poi- ché Alberto sapeva bene , che questa infermità senza nuove cagioni da se stessa rinnova , non fu contento al sentirsi sano, e come prima si fu svegliato, man- dò per me , onde io lo visitassi. Io volentieri e pre- sto soddisfeci al suo desiderio , ed udito da lui ogni cosa avvenutagli dall' ora in cui fu colto dall' improv- viso freddo , e non trovando altro indizio del male sofferto , fuorché i polsi un poco indeboliti ed il se- gnale torbido e del colore della rosa secca , fui su- bito certo esser egli ammalato per febbre intermitten- te. E perocché il solo subitaneo freddo produsse la malattia, né quello fu da altro cagionato fuorché dal vento che non avvedendosene lui aprì la finestra dove non ben coperto dormiva , io fra me dissi : Ecco nuo- vo argomento per mostrare la vera cagione della feb- bre : la camera di Alberto è lungo la via de' cap- pellari , dove le case e le genti sono più spesse che PiAGIimAUKNTO DI De -Oli i,MS 199 in altra delie nostre contrade , e dove né paludi ne vetriuolo uè zolfo oè somiglianti minerali iufluirono mai. Egli per quarant' anni ci ha ordinatamente vis- suto sano , e solo l'altro jeri per lo freddo repentino ci cadde infermo. Ma già in questa materia io era stalo da voi due per tal modo ammaestrato , che oltre più non mi bisognava : perciò pensai a quei rimedi , che sogliono in somiglianti casi giovare. E credei che un oncia di tartaro depurato in un bicchiere di acqua di- sciolto convenisse primieramente , tra perchè Alberto non suole troppo soltilmenle cibarsi , e perchè in que- ste febbri sogliono gli umori essere nel ventre con dan- no accresciuti. Poi, tornato a visitarlo verso la se- ra , e inteso che la medicina apprestatagli aveva già mostrato i suoi buoni effetti , lo feci con brodo di cappone ristorare , e gli dissi che in una comunale gua- stada di acqua infondesse tre oncie della cortecia me- diana di frassano secca e polverizzata , e che ne be- vesse mezzo bicchiero in ciascun' ora insino alla mia nuova tornata. Ossi l'ho similmente due volte visi- on tato .- e poiché mi è parulo che il suo slato non fosse da jeri in qua in nessuna parte mutato , ho creduto che la cura non dovesse altresì in alcun modo essere variata. Camillo Paleotto fu parimente preso dalla febbre intermittente , la quale, essendosi in sei giorni tre vol- te nella medesima ora e coi medesimi segni rinnova- ta, moslrossi fin dal suo principio terzana precisamen- te. Ed essendo questo inf ermo debole naturalmente , e già presso alla sua vecchiezza, tostochè fu da me co- nosciuta la natura del male , e la seconda febbre fu finita , per suo fortificamento gli feci bere l'acqua in cui era disciolta la corteccia d'ipocastano al modo col quale Alberto usa quella di frassano , e molto gli coni- 200 Scienze mendai il buon brodo e l'ottimo vino , come rimedio da Celso in somiglianti casi sommamente lodato. Que- sta cura nelle ore , in cui la febbre si rimane , in sino a jeri mattina è continuata. Ma poiché per es~ sersi questa tre volte rinnovata , mi so.No accorto che io assai poco utilmente operava, ho messo iu luogo del- la corteccia d'ipocastano quella di frassano , \. domani mattina , se si o no ritornerà la febbre , sì o n^ po- trò lodarmi di questa sostituzione. Cristoforo Tasso giovane e robusto , non è ancora il quarto di passato , si senti tutto per improvvisa piog- gia bagnato e freddo , e nella sopravvegnente notte incominciò a dolersi del mal di capo , che andò sem- pre crescendo con febbre calda e sete grandissima , finché la mattina io non lo ebbi con un copioso sa- lasso alquanto quietato. Continuando il male tutto quel giorno e tutta la notte appresso , benché con digiu no , con abbondevoli bevande rifrigerati ve , e con un secondo salasso abbia io procacciato di scemarlo , je- ri mattina fui certo esser egli febbre continua vera- mente. E però temendo non nel veutre fosse una delle sue cagioni , volli che nella bevanda fosse disciolto il tartaro depurato, che con una mediocre soccorren- za liberasse lo infermo da questa dannosa cagione. E stamane e questa sera visitandolo mi è parso non aver operato vanamente , perchè mi sono accorto che egli era meno dalla sua infermità travagliato. Ad Agostino Chigi, che per quel suo smodato cac- ciare ad un' ora istessa suda e gela assai sovente , nei primi giorni di agosto venne la febbre quartana. La quale dopo la terza accessione essendo per forza di ot- timi vini e di radice di quercia dispartita , jeri in su 1» sera dopo una rabbiosa quistione è riapparsa eoa sete più fastidiosa , e con più forte amarore. Prima Ra.gion\.«ento di De-Crolli* 201 di ritornare agli usati rimedi lio di consentimento del mio maestro fatto si che il Chigi per virtù della ipecacuana vomitasse stamane quella soverchia bile dall ira adunata ; e per quello che ho questa sera veduto, spero di non aver ciò fatto senza utilità sua. Bemb. Questo tuo parlare , che a me pare assai preciso , tanto più mi piace , quanto meno suole esser dai medici usato ; e tanto più mi giova, quanto più so- gliono essi con lunghi discorsi e con istrani ravvolgi- menti confondermi. Ma dimmi, qual forte cagione po- ta muovere ad ira il Chigi d'animo pazientissimo ? Accoromb. Avendo io con egual maraviglia fatto questa dimanda istessa , detto mi fu che Antonio da San Marino orefice lo aveva fieramente istizzito , ed udite come. Voi ben sapete che il Chigi, ricchissimo mercatante, con parte non picciola delle sue ricchez- ze favoreggia le arti e le scienze; e che di ciò die- de novella prova nel giorno del magnifico possesso del papa con quelP arco , di cui la grandezza e forma , le colonne le dipinture le statue e gli altri ornamen- ti tutti avrebbero pareggiato quei li dei romani anti- chi , se per la strana nostra usanza non fossero state poste le persone nelle nicchie , dove quei gloriosi allo- gavano i marmi da' gran maestri effigiati. Voi sapete ancora che in quel lato dell' arco , che era a rincon- tro del castello , con caratteri d'oro leggevasi : Olim habuit Cypris sua tempora , tempora Mavors Ohm habuit ; sua nunc tempora Pallas habet : e che Antonio, orefice e letterato, a piedi di una sta- tua di Venere locata poco lontano dall' arco , fece la seguente scritta : Mars fuit f est Pallas , Cypria semper ero. 202 Sci k nu Ora fatto fu che jeri ritrovandosi il Chigi, Antonio , ed il poeta Poreellio iti casa di raesser Bindo Aftoviti con gli altri due ricchi mercatanti Bernardo Bini e Pandolfo della Casa , ed insieme d'una cosa e d'altra parlando, non so se per ventura o se per malizia del Poreellio vecchissimo seminatore di scandali e di sci- smi, caddero in sul ragionate delle molte e raaravi- gliosissime cose fatte per onorare il papa nel gior- no del suo gloriuso possesso in Luterano. Ed il poe- ta , quasi nulla avesse saputo di quel tanto che era stato parlato della stizza del Chigi per la Venere del ser Antonio e della sua scritta , dopo aver con atti e con parole dubbie lodato moltissimo la magnificen- za del sanese per l'arco fatto da lui edificare , sorri- dendo gli disse : Io ho recato in volgare una delle tue iscrizioni con questi versi : I seguaci di Venere e di Marte , Trionfando Minerva , menan guai , Perchè non giova più menaj lor arte. Poi volto ad Antonio proseguì dicendo : Sapresti! vol- gere in lingua nostra quel tuo famoso verso ? Io non mi sono poeta , rispose questi ; ma in cose volgari tanto sa altri quanto altri. E dopo aver pensato al- quanto disse : Pria Marte , or regna Pallade , e a caso ; Cipri menracci sempre per lo naso. Il Poreellio ne rise molto ; ma il Chigi ne rimase turbatissimo ; e dopo avere alquanto sofferto il ri- so , frenando l'ira , incominciò : Che ognuno possa a buon diritto esaminare e condannare ciò che si fa Ragionamento di De Crollis 20,'} nelle pubbliche vie, io ben lo sapevo; non però credeva che contro ogni civiltà cosi sfrontatamente se ne potesse parlare a giuoco. A me pare che chi fu dal cielo provveduto de' suoi doni più. che bi- sogno non era , possa , e meglio direi , debba spen- dere ciò che gli avanza a prò della gente. E mi pare ancora che più lodevole sarà la spesa , come meglio diffusa ad utilità di quelli, che la vita lo- ro con fatica e con industria guadagnano onestamen- te. Io la Dio mercè per far quello che mosse la boc- ca di taluni morditori , e che ora fa si sconciamente ridere , ne tolsi da alcuno , né fusi il mio picciolo avere ; e feci si che più centinaja di artefici , (ra i grossolani e quelli ingegnosi, non senza loro onesto gua- dagno ci ponessero mano. Ed oltre a questo , io ho creduto che ciascuno dovesse a tutto suo potere sfor- zarsi di render solenne il possesso di Leone X, e di mostrarsi grato verso chi fece quella elezione , che la improvisa musa di messer l'orefice par che voglia attri- buire a 1 caso. Voi dite vero , rispose allora ser Antonio con volto ed animo fermo : ma a chi che vogliate voi riferire sì fatte elezioni , il vero è che quella le- tizia , quel festeggiamento , quei trionfi che succedono a queste non sono indizi di pubblico bene , ma di quanto ciascuno vivamente spera ; ed è vero ancora che i mercatanti , che con solleciti guadagni smisura- tarnen te arricchiscono ,f non sogliono mai far cosa sen- za cosa. Queste ultime parole punsero sì amaramente l'animo del Chigi, che senz' altro rispondere , mostran- do nel volto l'accresciuto sdegno , in pie levatosi dis- se all' Altoviti : Io non avrei mai creduto trovarmi in casa vostra con gente sì fatta. E non prendendo commiato da alcuno , partissi subitamente. L' Altoviti e gli altri vituperarono il Porcellio della sua malefica 20/' S e , E K '/. K natura , e con agre parole condannarono lo scortese ed ingiusto parlare di quel da S. Marino. Ma poco vai- se; che costoro, avvezzi da gran tempo a simili ba- ratte , non ne mutarono viso, ne ne mutarono costu- me ; ed il buon Chigi ne ha riguadagnato la febbre. Lancel. Ecco i gloriosi effetti che tutto dì na- scer possono da molti di quei tanti letterati e scien- ziati , che da tutte parti a se c|liama ,a genti(eZ2a e la magnanimità del papa. Le scienze e le lettere esser dovrebbero il pomo vietato per coloro che han- no stomaco da ben digerirlo- poiché dalle fetide brut- ture di questo mal digerito cibo furono spesso le più ■UT reg.oni appestate. E perocché il trafficare del Ungi mede eagiaae a questa parte del nostro discor- so , rag,onando per esempio dico, che i ricchi mer- catanti avveduti ed onesti render possono un paese ab- bondevole di ogni cosa necessaria o utile alla citta- dinesca vita ; ma che un ser Ciappelclto misero e fraudolente , il quale pur mercatante si facoa no- mare guastando ogni civile ordinamento, l'Asia tutta avrebbe impoverito. De' mercatanti venuti per voler del papa ad arricchir Roma , tranne il Bembo ed il Sadoleto, altri non vedo ancora; ma dei ser Ciap, peletli già ne potrei contar cento. Tu , Bembo , sai bene quanto caro costa Io scrivere prosa o versi che piacciano a quei pochi che per tempo drizzarono il collo al pane degli angeli; ma vedi ancora con quanto picciola fatica si può, scrivendo al modo del Por- celli e di mess. Antonio, acquistar fama tra la cie- ca turba ; quanto per questo modo agevolissimo può crescere il numero di sì fatti scrittori; e quanto dan- no possono recar questi ai regni ed ai comuni dove •acquerò , e molto più dove furono da' principi ad- domandati. i Ragiona kf.nto di De-Chollis 205 Bemb. Io ho ben compreso , caro Lancillotto , la cagione del tuo timore rispetto a questa nuova gente scienziata e letterata che qui si va radunando; e tanto mi par giusto , che io stesso, benché udo di coloro novellamente venuti per voler del papa, ne par- lerò ad esso arditamente ; e quando egli mi nomi- nera qualche altro glorioso paladino, di cui all'usalo modo si sarà per fama innamoralo , senza intiepidire quel santo ed ardente suo zelo a prò dc^li scenziati e dei letterati veramente gloriosi , gli recherò in mezzo questi concetti di Cicerone: „ La gloria è cosa so- lida e perfetta , e non è già l'ombra di questa. Ella è il concorde laudare de' buoni , la voce sincera de- gli esperti giudici della virtù somma , che per que- sta virtù stessa come per ecco risuoua. E perocché le più volte essa è seguace delle opere oneste, non deve dalle oneste persone essere rifiutata. Ma quell' ardita , ed incosiderata che s'ingegna di contraffarla, e un volgar romore , che i difetti ed i vizi com- mendando, le guasta la sostanza, ed il leggiadro aspet- to. Sprezza tu dunque questa ingannatrice per vani segni di virtù glorificata; ed abbi per fermo che el- la e fuggendo e vacillando vive poco. „ (i) Ed af- fi) Gloria est solida quaedem rea et expressa, non adum- bruta : ea est consentiens laus honorum , iucorrupta vox be- ne judicantium de eccellenti virtute : ea virtuti resonat, tam- < I uà in imago gloriae , quae quia recte factorum plerumque Co- mes est , non est bonis viris repudianda Illa aulem quae se ejus imitatiicem esse vult , temeraria alque inconsiderata, et plerumque peccatorum viliorumque laudatrix fama popularis simulatone hoiiesuuis, formami ejus pulcritudinemque corrum- pit. Tu ergo quae habent speciem gloriae, collecta ex ìna- nissimis splendoris insignibus , conlemne.- brevia , fugacia, et caduca exislima . 3 Tusc. 200 S C I E N Z E finche queste generali sentenze siano per fatti parti- colari raffermate nella mente del papa e meglio da lui comprese , gli nominerò taluni letterati che so- migliano assai bene il Porcellio , gli mostrerò qual- che picciola parte de' loro scritti , considerandone le parole tutte una appresso dell' altra, e dicendogli es- ser questo l'unico ed il vero modo da ben giudicare di costoro. Poscia , parlanndo degli scienziati , toc- cherò quel Giov. Giac. Peoni medico da Firenze , caro alla casa Medici , e più alla sorella del papa. E perchè lo conosca veramente , gli reciterò le seguenti parole: „ Alla clarissima signora et madonna , ma- donna Gontessina Medica , del magnifico Piero Hidol- phi consorte , et del sommo pontefice Leone X car- nale germana , maestro Gio. Giac. Penni fiorentino S. P. D. „ E farò sì che da queste poche paiole da me attentamente esaminate comprender possa gli strani vocaboli , gli sconci modi di dire , e gli sciocchi e bestiali concetti de' quali tutta è piena la lunga let- tera , in cui il Penni si sforza di narrare le cose avvenute in Roma nel giorno del magnifico posses- so (2). In somma abbi per certo , caro Lancellotto » che io benché mi sia del suo favore verso i lette- rati e gli scienziati più e più volte a lui stesso lo- dato , e benché per questo favore medesimo io sia questa sera venuto a voi sì l'iato , così come voi mi avete veduto, pure ardisco dirti che, mostrando a Leo- ne X con ragionamento e con fatti la pubblica uti- lità che aver si può dai veri savi , ed il comune danno che recar possono i falsi , lo intiepidirò per questi , come più lo avrò di quelli con novello ar- dore acceso. (1) Vita e pontificato di Leone Xp di Guglielmo R oscoev Milano 1817 toni. V pagina liig. Ragiona .mento di I)k-Ckollis 207 Lunedi. Io lodo il tuo buon zelo, corlesissi - tuo Bembo , e sodo assai contento di averlo via più con le mie parole incitato. Ma , avendo io alcun tempo vissuto in coite , temo che , non vedendo tu seguitarne gli effetti proporzionali a quello che di- rai , ed alle lusinghevoli risposte che ti verranno date , del più andare innanzi ti rimanga. Perciò ti dico die i grandi non sogliono mutare il loro pro- posito per altrui ragionamenti , ma sì bene per amor di se , e per lo esempio o de' grandissimi, o di molti lor pari. Il figlio di Lorenzo de' Medici e di Cla- rice degli Orsini che ha tre corone in testa , ed è dal gran manto coperto , non potrà certamente per questo esempio da' .suoi pensieri esser rimosso. E l'amor di se è troppo in lui dolcemente appagato dalle meretrici parole e dagli scritti di quella stessa gente, contro la quale tu ad adoperare tutte le lue forze sci disposto. Io non ho in animo già di vi- tuperare con questo mio dire quel magnanimo prin- cipe ; mia intenzione è di confortarti, perchè sma- gato nella prima giunta , dalla tua bella impresa non li rivolga ; e di far sì che alquanto ti giovi la mia cortigiana speiienza. Per la quale ti dico ancora, che tu con le loio armi stesse potrai vincere i tuoi av- versari. Poiché , lasciando stare l'adulazione, alla qua- le chi nacque da' grandi presto si ausa , eglino so- no cari al papa perchè si crede che parlando e scri- vendo possano spandere ed eternare la gloria sua. E tu potrai a tempo e con sagaci modi dire, che le genti lontane lodano i fatti e non si appagano di vane parole; che quelle le quali chiameranno questo tempo anti- co , polendo senza timore e senza speranza giudicar- lo , maravigliando leggeranno i bestiali scrini per es- so intitolati ; e che se dalla cosa gustata il gusto si argomenta , egli non ne saia glorificato certamente. E 203 S G I E N Z E quando il credi convenevole, rammenta ad esso, che uon molti né grossi volumi , ma pochi versi di Ora- zio hanno immortalato Mecenate , e tanto gloriosa- mente , che chi favoreggia le scienze le lettere e le arti è del suo nome fregiato. Questa esser deve l'ala- barda tua , se vuoi vincer la prova. Tu ben sai, ca- ro Bembo , che i grandi , non potendo di migliori cose avvantaggiarsi nella mortai vita, cercano di reo der più illustre quella che alla storia è commessa. E comechè assai pochi di loro a questo virtuoso fine ag- giungano , nessuno è che non ci aspiri. La novità del paese e della corte , che potrebbe scemare un poco la forza della sagaci ta tua, scusa me di questi forse un poco troppo arditi ammaestramenti. Bemb . Che è ciò che tu dici , Lancel lotto ? Tu non hai alcun bisogno dì scusarti né di quello che mi hai detto della pratica cortigiana , né di quello che desidero me ne vada dicendo. Io benché nuovo già incomincio ad accorgermi che in coite non tanta ma- lizia fa bisogno a chi ci conta fole , quanta prudenza e senno é mestieri a chi ci porta il vero. Di questa digressione dunque , che spero non sarà slata senza uti- lità de' buoni , io ringrazio l'Accoromboni che te ne porse la occasione , e le che così bene l'hai colta. E perché ancora un poco posso io qui rimanere , pre- goti che al nostro proposito tornando , ragioni di quelle malattie dal nostro Accoromboni descritte. Lancel. Volentieri : ma per ingegnarmi di dire cosa che alcun poco possa piacervi , devo dar prin- cipio al mio discorso con alcuni concetti, i quali, co- mechè pure alla medicina appartenenti , sembrano trop- po da quelli della materia nostra remoti. Dico adun- que che, avendo naturalmente l'uomo sempre deside- rato la vita e la sanità perfetta , fu naturale desiderio dei più grossolani l'andar cercando il rimedio al male fUaioiMAiKKino 01 Db-Ckolus 209 onde erano turbati , e dei più savi l'investigarne la cagione per più efficacemente indirizzar contro que- sta il rimedio , e per prevenirne il i innovamento. Quel- li formarono la medicina empirica , questi la dogma' tica , di cui primo maestro fu Ippocrate, il quale ve- deva bene quanto più efficacemente avrebbe curato e previsto le malaltie, se avesse potuto conoscere il prin- cipal regolatore del viver sano , e attribuire al mag- giore o minor valore di questo la sanila e tutte le ma- lattie come alla loro universal cagione. E perciò qua- si avesse egli dimenticato la sua stessa sentenza , che vuole non dalla fantasia ma dalia sperienza dover es- sere il medico guidato , immaginò un calore innato , che chiamò natura ; e credette che questa fosse al go- verno del nostro corpo per regolarne ciascun movimen- to , e per esser sollecita della sua salute , opponen- dosi alle malattie e guerreggiando contro esse finché rimane o vittoriosa o viuta. Io non so dire se la fantasia di questo espertissi- mo medico sia stata eccitata dalle qualità occulte de* peripatetici , o dal celeste fuoco di Prometeo ; ovvero se avendo egli appreso dalle dottrine degli antichi Cal- dei che il fuoco muove , o come altri dice , forma la natura universale , abbia creduto giusto che una picciola parte di quello formi la particolar natura dell* uomo. Il vero è che il credere di aver trovalo la re- golatrice della nostra vita, la quale a tutto suo potere la difende , non solo è stato cagione che Ippocrate ad ogni passo delle sue ingegnosissime opere ammonisse i medici di blandire , di confortare , e di ajutare que- sta nostra eroina ; ma che coloro , i quali si fanno suoi seguaci , assai meno di lui di queste cose esper- ti , facessero valere assai più questi geucrali concelti. Ond' è che un giusto e sodo ragionamento vale mol- to meno a scusare il medico della morte dell' infermo , G.A.T.LXVIII. 14 210 S C I K W L % che queste semplicissime parole : la natura dalla wo- lenza del male fu vinta. Tanfo forte è in molti il desiderio di essere Senza fatica del loro intelletto ap- pagati ! Pochi hanno pazienza di soffrire un lungo ed ordinato ragionamento ; assai meno sono coloro che pos- sono intenderlo, e pochissimi quelli che si danno ad esaminarlo a parte a parte per poterne dirittamente giudicare. Perciò i romani furono assai delle leggi della immaginata ninfa Egeria contenti , e gli atenie- si dannarono Socrate che a lungo ed ordinatamente ra- gionava. Ma lasciamo star questo. Pregiando io mol- tissimo le dottrine del sommo Ippocrate , ben potete conoscere , cari amici , con quanto rincrescimento ar- disca di non lodarle tutte quante. Certo è che se per esperienza non sapessi , che un picciolo errore de' gran- di maestri germoglia nel capo dei discepoli più che già* no di spelta , e se il mio discorso non avesse come per suo necessario principio richiesto questo ardimen- to , non lo avrei avuto certamente. E perchè della mia devozione a quel sommo medico sia prova il mio ragionamento istesso , seguito recando in prima una sen- tenza che procede dai suoi medesimi scritti , e che ne fa accorti essere state da Dio le parti del nostro corpo con si sottile artificio ordinate , che ciascuna di esse può turbare , e può quietare tulle le altre : e poi , lodando il desiderio che egli ebbe di trovare quel- la priucipal regolatrice delia nostra vita, cioè quella parte che tutte le altre governa e difende , mi do an- cor io ad una ricerca in parte simile a questa , ma as- sai più di essa discreta per nou meco stesso , e con questa medesima sentenza contraddire. Perciò affermo esser ben vero che ogni parte del corpo uaiano possa turbare e quietare le altre , ma nou che ciascuna pos- sa farlo egualmente. La milza può turbare e quietare gli organi tutti , ma meglio il può lo stomaco , e più Ragion 4. u*nto di De-Cromjs 211 e più prontamente può farlo il cuore. Considerando dunque le parti , e meglio direi gli organi umani , ed il diverso loro operare , si può cercar quello che più degli altri può turbare e quietare , cioè quello che più degli altri al ben vivere ed alla vita è necessario. Non però si fatta ricerca potrà esser utile alla medi- cina , se l'organo trovato non è , quanto esser si può , ad essa obbediente. Il cervello ed il cuore sono cer- tamente più che gli altri organi al ben vivere ad aila vita necessari : ma l'ano dentro il capo, e l'altro den^ tro il petto sono come in chiusa rocca , e quando as- saliti sono dagl' interni nemici della vita , possono as- sai raramente essere dalla medicina aiutati. Io per me penso che quei pori innumerabili , quei tanti piccio- lissirai vasi che sono nella nostra pelle , e che , come dicemmo nell'ultima tornala , danno parte del nostro calore all'aria, ricevendone forse qualche altra invi- sibile sostanza , che portano e disperdono in essa la maggior parte del nostro alimento, e che spesso ci purgano di quanto è dentro di noi con nostro danno raccolto, questi pori e questi vasi , dico , perchè for- mano un organo più che gli altri esteso ; perchè i loro uffici sommamente importano al viver sano ed alla vita ; e perchè la medicina può facilmente que- sti uffici regolare, sono a mio credere quella cosa che dal mio più discreto desiderio era richiesta. Ve- niamo a' fatti. Quel Cornelio Celso , che al Bembo è giustamente più che ogni altro medico caro, nel ca- pitolo terzo del suo libro terzo distingue le febbri chiamandole quotidiana , terzana, e quartana, secon- dochè o in ciascun giorno , o nel terzo , o nel quar- to rinnova , e non parla di quella che più tardi ri- nasce , e che rade volte apparir snoie. La quartana, dice egli , ha sempre una medesima natura ; ma la terzana talvolta si rimane dal tormentare l'infermo f4* 213 ScisnaiK per una intera giornata , e talvolta con molto mag- gior pericolo continua tanto, che o lo lascia stare per poche ore, o rimette per questo breve tempo • picciola parte della sua gravezza. E poi continuando dice , che molto più di questa variar suole la febbre quo- tidiana , la quale alcuna volta è annunziata dal cal- do or più or meno grande , altra dal freddo o delle mani e dei piedi , o di tutta la persona ; che in taluni e con sudore e senza finisce come per salute, io altri continua con vigore o per poco o per quasi niente più. e meno tardi scemato , facendo sì che il male di un giorno or quello dell'altro, or quello del terzo so- migli, edora il tempo e la forza disordinatamente muti.(1) (i) De Febrium generibus. Atque haec quidem sanis facienda sunt, tantum causam metuentibus , sequitur vero curatio febrium, quod et in toto corpore , et vulgare maxime morbi genus est. Ex his una quotidiana , altera tertiana , altera quartana est. Interdum etiarn longiore circuitu quaedam redeunt , sed id raro evenit. In prioribus et morbi sunt, et medicina. At quartana? qui- dem simpliciores sunt. Incipiunt fere ab borrore, deinde ca- lor erumpit , finitaque febre biduum integrum est , ita quarto die revertitur. Tertianarum vero duo genera sunt. Alterum eo- dein modo quo quartana et incipiens et desinens, ilio tantum interposto discrimine, quod unum diem praestat integrum , terlio redit. Alterum longe perniciosius , quod tertio quidem die revertitur ex octo autem et quadraginla boris, fere se xct triginta per accessionem occupat , interdum etiam vel minus vel plus , neque ex toto in remissione desistit , sed tantum levius est. Id genus plcrique medici hemilritaeon appellant. Quotidianae vero variae sunt, et multiplices. Aliae enim pro- tinus a calore incipiuut, aliae a frigore, aliae ab horrore. Fri- gus voco , ubi extremae parte» membrorum ìnalgescunt: hor- Ragionamento di Db-Crolli» ?13 Kd a me [tare che quesfecosi svariate febbri, che sono non picciola parte dei mali che tormentare e distrugger ci possono , tutte procedano da quelP organo della pelle per piccioli vasi e per pori innumerevoli for- mato. Per averne la prova ricordiamoci come fu da noi dimostrato che per quesl' organo l'aria, che con- tinuamente ci sta d'intorno , prende a se parte del no- stro naturai calore, e del nostro alimento mescolato con alcune nostre invisibili sostanze , e che forse noi altre da essa ne riceviamo. Sovvengaci ancora del mollo e presto variare di quest' aria iteli1 autunno , e dell'aver noi detto che da quel suo uffizio del dare e del prender da uoi , e da questo così fatto varia- re nascono le febbri , onde il nostro cielo è reputa- rorem ubi totum corpus intremit. Rursus aliae sic desinunt, ut ex toto sequatur integritas ; aliae sic, ut aliquantum qui- dem miuuatur ex febre: nihilominus (.amen quaedam reJiquiae remaneant , donec altera accessio accedat , ac saepe aliae vir quicquam, aut nihil reniittant, sed ita ut continuent. Deinde aliae fervorem ingentera habeut , aliae tolerabilem, aliae quo- tidie pares sunt , aliae impares , atque invicem altero die le- niores , altero vehetnentiores , aliae tempore eodem poslridie revertuntur , aliae vel serius vel celerius, aliae diem noctem- que accessionem et decessionem iniplent , aliae minus , aliae plus , aliae cum decedunt sudorem nioveut , aliae non mo- venti atque alias per sudorem ad integritatem venitur, alias corpus tantum imbecillius redditur. Accessiones etiam , mo- do singulae singulis diebus fiunt, modo binae , pluresve coa- currunt. Ex quo saepe evenit , ut quotidie plures accessio- ues , remissionesque sint. Sic tamen ut unaquacque alicui prio- ri respondeat. Iuterdum vero accessiones quoque confundun- tur , sic ut notari neque tempora «arurn , neque spalla pol- sini. Caput HI. 21 4 S e i k m, a s to maligno. Delle quali cose alla nostra memoria ri- parlate ora per lo nostro proposito più distesamente parlando , affermo che i pori ed i piccoli vasi della pelle per freddo stringendosi , ed impedendo l'uscita di quelle diverse sostanze , che l'aria deve continua- mente aver da noi , producono , secondo che queste sostanze sono o qua o là, o più o meno dentro sospinte , non solo quelle varie febbri da Celso no- tate , ma ben altre malattie ancora- E udite come. Quando le sostanze rimangono nella pelle istessa, ca- gionano iti essa un picciolo rigore , perchè il san- gue più non vi scorre debitamente ; o producono nel capo o nel petto una certa gravezza , ovvero una molestia nel ventre, perchè il sangue scacciato da quei piccioli vasi viene con più forza in una di que- ste tre parti. E se trascorrono esse o nelle orecchie, o negli occhi o dentro il capo, talvolta irritano , e talvolta infiammano questi organi ed il cervello istesso. E quando queste medesime sostanze , per ciò che di- ce Ippocrate (1) della uniforme natura della pelle- e della membrana che copre le vie tutte del respirare, del nutrirsi, del purgarsi e del nascere , vengono da quella a questa , se irritano solamente, producono il dolore della gola e dei denti , l'inghiottire ed il re- spirare non agevole , la corizza, la tosse , il catar- ro , la digestione non buona e quindi la collica ed il flusso di ventre, l'urina abbondevole troppo e troppo lungo tempo rattenuta , ed il turbamento delia ma- trice ; e se infiammano ancora , generano le diverse angine , la odontalgia per infiammazione , la pueu- monia , la gastritide , la enteritide , la nefritide , la eislitide , e la isteritide. E se le più volte nomate (i) ^Liber sexagesimus tertius de carnibus. U AGI u» AMENTO DI De-CrùLLIS 215 sostanze vanno ai muscoli ed ai loro legamenti , ir- ritandoli solamente , ne deriva 1' arlritide , tan- to per la . varietà di questi muscoli e di questi legamenti dai medici variamente nominata ; ed in- fiammandoli puranche , ne procede il reumatismo acuto , che da taluni è ancora con diversi nomi per la diversità delle parti inferme significato. Queste dot- trine non sono certo discordi con quelle d'Ippocra- te ; anzi molte di esse procedono da ciò che egli stesso dice nel suo libro cinquantesimo secondo. Venendo poi alle febbri descritte da Celso , e prima a quelle che non sogliono né per tempo né per modo variare, dico che se le sostanze rattenute da quell' organo , che stringendosi può essere prima cagione di lutti i sopraddetti mali , irritano i pic- cioli ed infiniti nervi che sono nella pelle o po- co lungi da essa , e se questi comunicano V irri- tamento ricevuto non solo ai minimi , mi anche ai meno piccioli vasi sanguigni , fortemente e gli uni e gli altri stringendo , ne scacciano il sangue cagio- ne del nostro calore; e perciò producono quel freddo che suole essec principio di così fatte malattie. E que- sto freddo suol durare finché il sans'ie scaccialo da' piccioli vasi va con più forza nei grossi e nel cuore, e quelli e questo irritando, li eccita a quel movi- mento, onde uasce il fervore che con greco voca- bolo chiamasi febbre ; poiché riaprendo questa i vasi che prima erano ristretti, ci riconduce con più. forza ed in maggior copia il sangue , il quale, po- sciachè fu cosi accresciuto, cagiona quel soverchio calore che allo infermo non meno del freddo è gra- ve a sofferire. E quando quel disordinato movimento de vasi e del cuore, per ^stanchezza delle loro irri- tate fibre si rimane, la febbre cessa; e la parte del soverchio fluido portato da esso ai riaperti vasi, resa 2 i 6 Syc r k w x. e ancor più sottile dall' accresciuto caldo , bagna di sudore la pelle; e lo infermo tornato sano si sente co- me per lunga ed angosciosa fatica stanco. Ma prima eli procedere più innanzi convien che io cerchi di sciogliere il seguente dubbio : Se la ca- gione della febbre non è distrutta , perchè questa in poche ore finisce ? e se è , perchè nel secondo, nel terzo o nel quarto giorno rinnova ? Ognuno se stes- so esaminando può chiaramente vedere die gli or- gani nostri sogliono ordinatamente alternare gli uf- fici loro ; perciò la fame , il sonno , quel sangue se- gno della feminile giovinezza , ed alcune voglie a ne- cessita congiunte sogliono a determinato tempo rina- scere. E perchè non si dica che queste cose ordina- tamente ritornano , quando così fanno pure le loro cagioni ( le quali sono il ben digerito cibo , la man- canza di ciò che vegliando è necessario ai volontari movimenti ec.) reco in mezzo la epilessia , la quale , benché venuta da subito terrore non più rinnovato, a dato tempo riassale il misero infermo. Questa com- parazione potrebbe forse appagare i medici , che spes- so non potendo trovar le cagioni, devemo essere con- tenti dei fatti, e compiacersene quando molti ne ve- dono conformi. Ma io in questo caso mi sforzerò di andar cercando una qualche ombra di quelle cagioni che assai raramente è dato di trovare : e però cosi brevemente ragiono : Ogni fibra sensitiva stimolata , movendosi , deve la contrazione col rilassamento al- ternare , benché lo stimolo sia continuo. Questa ne- cessaria alternazione non pur negli animali , ma nelle piante ancora è più o meno visibile. Ond'è che il dolore non mai è veramente costante , comechè tale sia la sua cagione. Benché dunque le dannose sostanze per freddo ratlenufe sotto la pelle non siano distrut- te , alla contrazione da esse cagionata dei nervi, dei Ragiona hic* ro di uk-Grollis 217 vasi e del cuore , dalla quale nasce la febbre , deve succedere or più or meno tardi il loro rilassamento, ond' essa febbre cessa. Dopo ciò torno alla mia stra- da per vedere se quelle medesime dannose sostanze, le quali producono la semplice febbre o quotidiana, o terzana, o quartana , possano anche delle tante loro varietà notate da Celso esser cagione. Per ciò che dice Gelso , e per Io comune in- tendimento chiaro apparisce, che le febbri variar pos- sono nel loro incominciare , nel crescere e nel finire. Rispetto al primo tempo , ognuno sa che il moto delle membra in tanto ne fa vermigli ed accresce il no- stro calore , in quanto sos pigne il sangue nei piccioli vasi della pelle. Quando dunque le sostanze danno- se , irritando e stringendo questi vasi , ne scacciano il sangue , deve seguirne pallore e freddo , durevoli finché l'irritamento comunicato ai grossi vasi ed al cuore produce quel fervore , che con più forza re- spingendoci il sangue scacciato accresce il caldo più che bisogno non era. E quando questa comunicazione o per la natura dell' irritamento o per la disposizione dello infermo si fa subitamente , non il freddo , co- me suole , ma il caldo è principio della febbre. Ed in quanto è al secondo tempo , cioè al crescere della febbre , se si pensa che le dannose sostanze di qua e di la scorrendo , or sì or no irritano le parli o molto sensibili , o immediatamente necessarie alla vita, e più e meno in queste appigliandosi , or più or me- no le danneggiano , si conoscerà facilmente il perche con si svariato modo crescono le febbri. E questo più e meno appigliarsi è cagione puranche delle va- rietà nel terzo tempo, cioè delle varie maniere onde le febbri finiscono; poiché il meno fa si che , finito l'irritamento delle parti irritate , queste si rilassano, la febbre cessa , e torna la salute con quel sudore e 218 S*ri« tt'i£ eoo quella stanchezza da me sopra toccata ; ed il più porta la continuazione della febbre , che solo sce- ma in alcune ore, perchè, come ho già detto, la fibra non può lungamente nel medesimo modo esser contratta. Dalle dannose sostanze dunque , e più giu- stamente dall' organo della pdle che le rattiene , pro- cedono le febbri notate da Gelso, tutte le varietà lo- ro , e la maggior parte delle infermità rimanenti. Ora mettiamo da l'un de' lati la venerazione do- vuta ad Ippocrate , che fu la vera guida de' buoni me- dici greci latini ed arabi, e di cui io mi sono lo- dato e mi loderò sempre ; certo è che colui , il qua- le va cercando quel principale regolatore del viver nostro , deve a mio credere essere appagato più di un organo, il quale, essendo formato de' pori innumere- voli e de' piccioli vasi , è visibile a ciasenno anato- mico, e sensibilmente operando, mostra anche ai non medici la sua influenza nella salute e nelle malattie, che non di un fuoco innato, della cui esistenza e dei cui operare nel conservare e nel difendere la nostra vita nessun de' sensi nostri ci ha potuto accer- tar mai. E poiché l'utilità della materia di cui si ra- giona , ed anche un poco il ragionare istesso mi al- larga il freno, prosieguo dicendo, che l'organo'della |)elle, come di tutte le malattie, cosi è puranche ca- gione di nostra salute quasi sempre ; più sollecita- mente , se quelle sostanze dannose , che da questo or- gano rattenute or qua or la , or più or meno dentro vanno , sono dalla forza del cuore e de' grossi vasi fuori della pelle ripinte; e più tardi , se si fermano la dove con più forza si appresero. Poiché in questo secondo caso, ricevendo esse dal sangue i principii suoi continuamente , e divenendo cosi in qualche parte simili a questo, in fine ci si mescolano; e per una di quelle vie per le quali il detto sangue si purga f Ragionamento di De-Crolljs 219 ed assai più facilmente per quella della pelle , ne sono pur con salute dello infermo fuori del corpo scac- ciate. Questo è la crisi e la cozione , delle quali tanto ba ragionalo Ippocrate , e di cui disordinata- mente è pieno il capo di molti de' suoi seguaci. Que- sto è , se cosi vuol chiamarsi , la forza medicatrice della natura , non però immaginata , ma sensibilmente per causa e per effetti nota. E questo è ancora il fertile podere de' medici, a' quali le così fatte salu- tifere operazioni sono falsamente attribuite ; ed il se- me onde sicura nasce la lor fama. La quale per la sua forma non è in tutto simile a quella da Virgi- lio descritta (1) ; e per l'ufficio suo non è locata là dove Ovidio disse essere il suo uatural seggio (2). Ella è una mostruosa bestia alata con cento bocche e con cento trombe ; stassene volentieri nelle città grandi ; trascorre velocemente per le loro più ampie strade ; e sopra gli omeri suoi ne porta l'astuto medico. Il quale gloriandosene, come fosse stato su tratto dal car- ro di Elia , lascia dietro a se lutti coloro che , vo- lendo per aspra ed erta via giunger cola dove la Glo- ria è donnescamente assisa , muovono a grave sten- to l'incerto piede , e non rade volte tornano indie- tro per ammenda. E poiché a questo mostro per reg- gere se e la grossolana materia che gli è sopra ver- rebbe meno la forza delle deboli penne , per soste- nerlo finche riprende lena , a quando a quando ci si sobbarca la frode ; cioè quella che per la sua be- nigna pelle mostra la faccia di nomo giusto ; che ha due branche pilose infino le ascelle ; che di nodi e di rotelle ha il dosso , il petto , ed ambedue le co- fi) Aeneido» lib. IV. (i) Fastorum lib. XII. 2Ì0 S C I K N Z lì' ste dipinte meglio die drappo tartaro o turco ; che ha aguzza la coda ; che passa i monti , rompe mu- ra ed armi ; e che tutto il mondo appuzza (1). E perchè i fatti meglio provino la verità che io va- do significando, pongasi mente alla storia della me- dicina , e vedrassi che l'andamento ed il termine delle sopraddette malattie , che per l'organo della pelle han- no principio e fine, e che innalzano taluni medici nell' anzidetto modo , non variarono quando nessun romano scriveva di medicina; quando Roma fu , co- me narrano , seicento anni senza medici ; quando ci vennero i medici greci ed Asclepiade ; quando An- tonio Musa medico di Augusto trovò novello modo di curare gì' infermi ; e quando Valentiniano I fece esaminare i medici delle loro dottrine , ne scelse quat- tordici perchè uno ne avesse ciascun rione, e gli ono- rò assai più che gli altri imperatori non solevano onorarli. Ne un maggiore o un minor numero di ma- lati di cosi fatte malattie guarirono per lo favore di Teodorico che creava i conti degli archiatri ; uè per la famosa scuola di Salerno , o per quella di Bolo- gna ; né per le dottrine degli arabi , o per quelle de- gl' italici che nel decimo quarto secolo più che al- tri attesero alla medicina ; ne per lo scarsissimo ag- grandimento di questa nel quinto decimo secolo; né da ultimo pe' tanti moderni scrittori di anatomia, di piante, e di animali, di che giustamente tutta Ita- lia si loda. Non ho io già con questo mio dire inleso pro- vare che i comuni non abbiano , o che avendoli deb- bano vituperare quei medici , i quali , dopo aver ap- preso un saggio di scienze ed una volgare pratica (\) DaaU, Inftrno «ant. XVII. Ragionamento di Dk-Chollis 221 della medicina , furono dottorati. Eglino ci devono essere; poiché non solo possono pure alcuna volta accorciare il termine di talune malattie , usare a ve- ra utilità qualche notissimo rimedio , ed anche tro- varne a caso uno novello, ma sono oltre a ciò ne- cessari per appagare gì' infermi , comechè con ismoz- zicate o disordinate parole ragionando. E se costoro non ci fossero , la storia ne fa certi che ci verreb- bero quelli che senza alcun privilegio, e con mag- gior danno ingannerebbero i miseri infermi dall' ar- dente e comune voglia di guarire accecati» Non però cotali medici debbo essere moltiplicati più che non bisogna ; ne debbono esser creduti savi sì come questa parola suo ia veramente ; né con vituperio del- la giustizia e con danno delle lettere e delle scien- ze debbono essere sì stoltamente glorificali. A me non ista bene il dire con qual modo debba essere ono- rata la raedicin.i ; ma posso liberamente affermare che come la gramigna dalle viti , cosi debbono que- sti medici essere separati dai veri savi. I quali se- guitando lo esempio de'greci e de'nostri migliori anti- chi , non rimasero contenti a quella medicina che per non esere stata dalle altre scienze nullità dir non so se sia ombra o persona certa; ma per lun- go studio s' ingegnarono di conoscer l'uomo , e l'ope- rare degli organi suoi e della sua mente , la natura delle cose che in qualunque modo toccano quelli e questa, ed i vali effetti che ne procedono. Tu, caro Bembo , che sopra i volumi di Aristotile ti as- sottigli , ben puoi conoscere l'ampiezza e la utilità di questi temi. E per te , Accoromboni , tai discorsi non son nuovi ; e ben ti ricorderai averti io detto che la medicina , la quale deriva da questi puri ed ubertosissimi fonti , se rade volte cura Io infermo , oon però fa vista di giovargli j certo non gli nuoce ; 222 S e i k n % i lo guarda dallo inganno degli astuti medici ; ed è agli ordinamenti civili non che utile , ma necessaria. Ma avendo io principiato il mio discorso con cose in apparenza dal proposito nostro remote , ed avendo promesso di parlarvi poi delle infermità dal nostro Accoromboni notate , voi potreste giustamente dirmi, che il mio polmone sarà certamente stanco, e più ancora la vostra pazianza primachè io per at- tendere la mia promessa metta il mezzo ed il fine , che a cosi fatto principio sia conveniente. Perciò sog- giungo dicendovi , che se io vi ho parlato un poco a lungo pe' concelti generali della medicina , così non farò per quelli particolari. Poiché io credo che quei concetti generali possano essere assomigliati ad una tala con 'pochi e lunghi fili ordita; e che prima di tesserla ( cioè prima di averne i concetti particolari per la cura delle malattie) sia mestieri un più luu- go tempo ed una maggiore industria per andarne to- gliendo le filaccica , che per obliquo e per traverso intralciano ed annodano ogni cosa. Io non so se gli scarsi fili della mia tela procedano ordinatamente e senza gruppi ; so che la loro materia è soda e non è immaginata , ma sensibile ; so che il tempo speso per ordirli non fu soverchio , se ben si riguarda la loro lunghezza, ed il molto panno, che se ne po- trebbe avere da esperto tessitore ; e so ancora che , non credendomi io tale, non volendo stancare voi e me con più lungo sermone , e sperando nuova opportunità per ritoccare questo tema , sarò contento di tesserne poche spanne. Perciò vi dico che le in- fermità di Alberto da Carpi , di Camillo Paleotto , di Cristoforo Tasso, e di Agostino Chigi da Siena , benché nell'apparenza diverse, tali non sono per la loro principal cagione , per la loro natura , e per la essenza di ciò che deve curarle. Ed in fatti, i pò- Ragionami;» io di Dc-Cuollis 22* ri ed i piccioli vasi della pelle dal freddo ristretti furono la prima cagione di quelle quattro infermità ; le sostanie dannose da questo stringimento raltenute sono la essenza di ognuna di esse ; ed il trovare opportuno tempo e modo porcile queste sostanze sia- no dalcorpo degl' infermi scacciate, forma la essen- zial cura di tutte. Ma io già vedo che tu , caro Bembo , ti maravigli di ciò pensando ohe il Chigi non per freddo che abbia ristretto l'organo della pel- le fu dalla febbre riassalito , ma per la slizza con- tra quel facitore di versi , che avendo l'oro e l'argen- to nelle mani , ha lo sterco nel capo e nella bocca - Onde io devo significarti che i pori ed i vasi ( e forse i nervi in prima ) mossi dallo stringimento ca- gionato dal freddo acquistano disposizione tale quale è necessaria perchè novellamente e nel medesimo modo si muovano non solo quando si rinnuova il freddo , ma anche quando opera in noi qualunque altra dan- nosa cagione. Perciò come il freddo , cosi 1' ira , la crapula , la soverchia fatica , le lunghe vigilie , ed altre somiglianti cose possono rinnovare la febbre. In quanto è poi la natura delle dette infermila , elleno appariscono differenti per la loro maggiore o mi- nore gravezza, per le allre infermità accidentali con cui sono congiunte, e per le diverse disposizioni de' quattro infermi. Ond'è che la crapula , la giovinezza , e la naturale robustezza di Alberto, ed il corpo ma- gro e debole di Camillo e la vecchiezza che gli è mol- to vicina, formano il diverso apparente stato di que- sti due infermi. E la forza maggiore, con cui le so- stanze raltenute nella pelle corsero in prima ad irrita- re il capo di Cristoforo , ci cagionò il forte dolore , comunicò l'irritamento ai nervi tutti, alle membrane , al cuore ed a'grossi vasi ; e produsse il maggior calore , la fastidiosa sete e la continuazione della febbre. La 224 Scienze quale tu stesso vedrai intermettere , come quella dei «opra nomati infermi , tostochè l* irritamento dovrà col rilassamento alternare. Non parlo di Agostino, perchè l'amarore, che fa parere la sua febbre da quella degli al- tri differente , è solo per la occasione che la fece ri- nascere. De queste apparenti differenze , rispetto alla na- tura delle infermità dall'Accoromboni notate , deriva ciò che par differente nel modo di curarle. Poiché dopo purgato il ventre di Alberto, dopo avere scemato l'ir- ritamento nel capo di Cristoforo , e dopo avere scac- ciata la soverchia bile dallo stomaco nel Chigi , i ri- medi confortativi detti da' greci axpSiavet, "che meglio operano , come più sono amari , devono formare la essenza di ognuna di quelle quattro descritte malattie. Di questo che io affermo è prova ancora ciò che Celso nel suo terzo libro ragiona (i). E tornando ai concetti generali della medicina die sogliono essere più difficili dei particolari , e che sono necessari al medico non altrimenti che ad ogni arte- fice le generali leggi della meccanica , voglio dirti ancora che le febbri cagionate dall'organo della pelle per lo freddo ristretto , e che sembrano continue , perchè f una non cessa prima che V altra incominci , possono dirsi nervose quando il cervello ed i nervi o furono più delle altre parti slimolati , o più erano disposti a risentirne ; infiammalive quando in vece tali furono il cuore ed i grossi vasi ; e putride quan- (i) Neque de re , sed de verbo contro versiam movent , qui cum aliter aliterque in eodem morbo febres accedant, non easdem inordinate redire , sed alias , aliasque subiude oriri di- cunt. Quod taraea ad curandi rationetn nibil pertràeret , etiarasi vere diceretur. Ragionamento di De-Croi.lis 225 do gli orgìUii del ventre. Per queste tre febbri assai più. sovente che per le altre infermila accade quel mi- racolo dei pori e dei piccioli vasi , i quali dopo la così detta cozione delle dannose sostanze venuteci per lo strignimeoto loro , le scacciano fuori per una delle vie purgative; e senza alcun aiuto vero dell'arte de'medi- ci , a guisa della spada di Achille, sanano Io infermo dopo averlo fatto infermare. JNon però così spesso per questo mezzo sogliono cessare le febbri intermittenti ; poiché , se nelle febbri continue nervose forse può alcuna volta giovare veramente il giusquiamo; se nelle infiammati ve qualche salasso , e nelle putride io sci- roppo lassativo di manna , nelle intermittenti i rimedi confortativi sono quasi necessari. E mi pare che la ra- gione di tale differenza sia risposta nalla maggior forza che nelle febbri continue hanno il cuore ed i vasi di risospingere le dannose sostanze prima della loro co- zione , e più facilmente dopo. Onde è che per supplir- vi bisognano i rimedi confortativi. E di questo mio parere credo che possa esser prova l'accrescersi la de- bolezza dei piccioli vasi , come più la febbre intermit- tente rinuova ; ed il vedere che per questo accrescimen- to gli umori sono rattenuti nei visceri del ventre , dove quella debolezza è sempre maggiore , ne accrescono il volume, ci si fanno più densi , turbano le loro operazio- ni , e danno perciò novella cagione al ritornare della febbre. Edi questo medesimo mio parere è prova anco- ra la sperienza , onde si è certi che a guarire di que- sta febbre più volte rinnovata , e dei suoi effetti che diventano cagioni , sono necessari non pure i confor- tativi , ma i più forti slimoli che da savio medico più opportunamente adoperar si possano. Vedi , Bembo : tu avevi gran sete di medicina , ed io credo di avertene questa sera saziato per modo , che te ne rimarra la noia assai lungo tempo. G.A.T.LXVIIL ir, 22 ) S C 1 E x z K Bemb. Tu sei del tuo credere ingannato , Lan- cellotto mio ; che se così , come tu dici , non mi ha potuto noiare lo studio nei libri di questa scienza, meno lo avrebbe potuto l'udire un tuo ragionamento. Il qua- le forse , o perchè io sono ornai più disposto ad in- tendere il tuo dire che gli scritti de'medicì , o forse per altra cagione , certo è che in un momento mi ha mostrato più dottrine , e chiarito più dubbi che il lungo studio non aveva fatto prima. Ed a dire il vero , io per questo tuo discorso ho adesso solo chiaramente compreso , che il principio della medicina dogmatica dTppocrale fu l'andar cercando il regolatore principale della vita ; e che questi credette di averlo ritrovato ia quel calore innato , il quale ne dalla medicina ne dal- l'anatomia fu visto mai ; ed ora solo ho conosciuto il perchè ogni pagina di medicina ed ogni medico ad ogni ora ci rammentano questo calore col nome di natura. Alla quale ora ben mi avveggo che sono stati attribuiti tanti uffici in nostra salute, quanti non ne aveva in cielo Mercurio , comechc Luciano affermi aver avuto egli so- lo più faccende che lutti gli altri della corte innumere- vole di Giove. Ma io spero che come Mercurio fu scac- ciato dal cielo e reso mandriano, cosi per lo tuo ra- gionare sarà tolto via dalla medicina il giuoco di que- sta regina del viver nostro. E questa tua vittoria più mi piacerà pensando che i medici onorano la natura , non altrimenti che gli astuti mercatanti di Roma nel dì l5 di maggio onoravano Mercurio per essere del loro ingiusto trafficare assoluti. Ne se ciò ti verrà fatto , come io spero , potrà credere alcuuo che tu a modo di taluni altri medici abbi votuto atterrare uu idolo per esaltarne un altro. Poiché, se tu sostituisci al fuoco innato i pori ed i vasi della pelle, puoi hen giustificarlo co' nostri sensi medesimi che vedono quest'organo sostituito al fuoco immaginalo ; vedono Ragionamento di De-Crollis 227 nascerci tante malattie ,' quante ne furono da te anno- verate; ed aiutati dalla storia da te acconciamente toccata , e da' tuoi avvertimenti , possono conoscere come per quest'organo islesso procedano quelle gua- rigioni generatrici della bestia delle cento bocche e delle cento trombe. La quale mi è piaciuta non solo per la nuova maniera con cui fu da te descritta , ma perchè mi ha ricordato un botai maestro Simone da Villa , il quale era mio condiscepolo a Firenze nel tempo in cui mio padre vi era ambasciadore della no- stra repubblica ; ed aveva la mente sì grossa e si con- fusa, che, veuendo spesso per sua sfacciatezza nell'acca- demia di Lorenzo de'Medici frequentata dal fiore degli scienziati e de' letterati , ed essendo incitato da costoro ed alcuna volta da me ancora a difendere Aristotile ac- cusato da taluni di quelli che s' infingevano di essere larghissimi lodatori di Platone ; o rimaneva mutolo , mostrandosi vogliosissimo di dire cento cose , o reca- va in mezzo le dottrine de'più famosi scrittori cos'i di- sordinatamente e tanto fuor del proposito , che nessuno ci eia che ridendo non prendesse di lui grandissimo pia- cere. Ora potrete da ciò comprender bene , come mag- giore fosse il mio ridere quando , dopo passati due anni appena, lo rividi in Venezia gran dottore in medicina con gli scarlatti e con vai ; e come il mio ridere si con- vertisse in seriosa maraviglia allorché in meno di un anno lo sentii glorificalo da tutti i veneziani più che se disceso fosse dal cielo per chiudere il vaso di Pandora. Io nel mio pensiero diceva : Gelso afferma che i greci tenevano la medicina come la miglior parte della sa- pienza (a). Ippocrate dice che troppo è lunga l'arte de'tnedici , e troppo breve la vita di chi studiando sem- iti) Primactue mcrlaudi scicntia sapicntiae pars habehalur. Lib. I. 1.V 228 S C I K N % E pre in essa vuole apprenderla ; e dice ancora che la medicina , la scienza , e la sapienza sono tra loro con- giunte e miste per modo che non si possa chiaramente conoscere se l'una dall'altra , o se questa da quella sia compresa ; e che perciò il medico è sapiente , è filo- sofo , ed è simile ad un nume (i). Come dunque que- sto sciagurato in sì breve tempo è divenuto sì valente medico ? E poiché questa mia maraviglia io andava significando a molti veneziani , tali e tante curagioni mi furono di lui raccontate , che io medesimo , come creduto lo avessi un novello Salomone da Dio immedia- tamente ed in un subito ammaestrato , mi sentii dispo- sto ad averlo per mio medico : benché Gisniondo vec- chio legista e sollazzevole mi avesse detto , che di so- miglianti astri apportatori di salute sempre ne stanna due nell'asse del primo mobile , e che nel continuo gi- rare di questo cielo l'uno sorge , e l'altro tramonta. Essendo egli sollazzevole molto , io non attesi allora questo suo dire se non come si fa dei piacevoli molti. Ma adesso che mi è stato col tuo discorso chiarito quel- lo che mi era duro più che il parlare di Temi e di Sfinge, ogni mia maraviglia è finita; più non crede» che per sì picciola cagione la divina provvidenza produ- ca questi novelli Salomoni ; ed assai meglio conosco il senso del metaforico parlare di Gismoudo. Io dun-» que quanto il meglio per ine si può te ne ringrazio. E tu T Accoro taboni , che ne pensi? hai nulla da opporci contro j o vuoi metterci la giunta ? sai bene che qui liberamente si parla. (1) Quatnobrem singula haec permutentur , misceanturve sa- pienza scientiave cum medicina , et medicina cum sapienti»; me- dicus eoim vir sapiens eut philosophusve Deo sitnilis. Hip.dc pro- bitttelik IV. R i giovaménto di Db^Crollis 229 Jccoromb. Comeché il mio parlar fosse franco , in quanto sono le dottrine dal mio maestro signifi- cateci , né per oppormi né per aggiugnere potrei dirci alcuna cosa ; ma per quello che è il modo onde i medici sogliono essere giudicati , poiché voi , signor segretario , mi stimolate , dirò che studiando in filo- sofia , in mattematica ed in medicina teorica , io te- neva per certo che il naturai senno , il costante amore del giusto, la ferma ed opportuna voglia di arricchire lo intelletto ponessero gli uomini in glorioso od al- to stato ; e che l'ingrhsto biasimo , e la non meritata lode si dovessero assomigliare al vento impetuoso che forma delle acque marine quelle valli e quei monti altissimi , che in poco d'ora sono dalla legge natu- rale dui fluidi rappianati. Ma posciachè mi diedi alla pratica della medicina, ed incominciai a gustare gli ammaestramenti veri del savio Lancellotto, vidi que- sta comparazione , per taluni alcuna volta ingiusta, per li medici ingiustissima sempre. Me ne dolsi al- lora , come adesso me ne ridolgo, ne la speranza di miglior ventura può confortarmi ; poiché se questa speranza deve asscre giudicata dai fatti avvenuti nel nostro tempo , e Ja quelli che ci sono dalla storia narrati, ella sarebbe vana sicuramente. Voi ben sa- pete che Filippo Visconti signore di Milano aveva più che venti medici , e che per averne ad ogni sua richiesta un salutare consiglio , uno di essi era sem- pre al suo lato che che egli si facesse , e dove che egli si andasse. E saprete ancora che se talvolta il consiglio non eradei tutto alla sua intenzione conforme, ed il consigliere voleva con esso lui ragionarne un poco , era dalla corte subito e vilmente scacciato (1). Ma più (i) Tiraboschi , Storia dulia letteratura italiana , tom. VI pag. li. Venezia 1796. 2130 S l i R \T 7. E ili questo mi è grave quello che mi h stato nar- rato da ser Giovanni de Nobilibus fiorentino e fa- miliare del papa. In Firenze , disse egli , non è ancora gran tempo passato , viveva maestro Al- berto , il quale per la sua memoria tenace e salda e per la sua buona volontà era , benché della eia di circa trent' armi , divenuto esperto di molti scritti di letteratura, e di molte dottrine dei più famosi medici. E tra per questo , e perchè la fortuna in ogni suo fatto gli si era mostrata benigna , divenne in breve tempo il più famoso medico che fosse allora in Fi- renze. Ma poiché il suo intelletto era debole tanto , quanto robusta era la sua memoria , parlando e più scrivendo mostrava essere il suo valore men che me- diocre. Di che tutti coloro , i quali per la sua no- minanza erano stati ingiustamente soperchiati , ne nior- moravan forte. Ma questo mormorio o era nullo , o ripetendo il nome dì lui , più e più lo rendeva fa- moso. E cosi andando la bisogna per circa venti anni , nessuno tra i più nobili e più ricchi fioren- tini credeva giusto un parere in medicina , se non era del maestro Alberto, o se non fosse stato già da lui approvato. Dopo questo tempo infermò per febbre il primogenito di casa Medici , ed Alberto per cu- rarlo ebbe a compagno Castelnovate da Milano. La febbre era di quelle che appariscono continue , e che, come Laucellotto ha mostrato, senza l'altrui soccorso finir possono per l'organo della pelle, dal quale eb- bero il loro principio. E poiché si fatta febbre suole sensibilmente scemare in alcune ore del giorno, il Ca- stelnovate disse, essere necessita assoluta il dare allo infermo in questo tempo il cardo benedetto. Al che, non so se per volere o per destino , il maestro Al- berto si oppose fortemente : non sìperò che , come av- Rauio.namknto di Diì-Chollis 2.j1 venir soleva , ognuno ne rimanesse appagalo. Fu per- ciò eletto arbitro della quistione il dottor Jacopo Za- nettini, che la sciolse a prò del Castelnovate. Fu dun- que adoperato il cardo benedetto, l'infermo guan ; e la fama di Alberto , stata per tanti anni vivamente ac- cesa , ne rimase come per subitano turbine spenta. Così quello che non aveva potuto il rumore di molti savi medici , i quali esaminando il modo di curare e gli scritti di Alberto , ragionavano giustamente di lui ; poterono un fatto solo mal conosciuto , ed il giudizio trattone assai peggiore. I fiorentini confessa- rono la loro milensaggine , onde erano stati per quat- tro lustri creduli troppo alle parole non ben ordi- nate di maestro Alberto. Non però ne diventarono più accorti; poiché in luogo di questo , per loro scherno maggiore e per maggior danno della medi- cina misero il Castelnovate. Ne con miglior senno giudicarono della misera medicina i romanie di gre- ci , benché quelli e questi fossero più che ogni al- tra gente sagaci. Servi miseri ed inviliti erano i medici che con zelo e con senno curavano gì* in- fermi in quella Roma , che aveva già arricchito e sommamente onoralo chi di Epidauro le recò quel raiiacoloso serpente , che al credere degli stolti fece cessare la trienne peste. Esopo , che esaminava le costumanze de' greci , e s'ingegnava di correggerle dolcemente , vide la cieca fidanza che prendevano essi nei falsi medici : e per ammonirli dell' univer- sale errore disse, come un cattivo calzolaio oppres- so dalla miseria , infingendosi medico , fosse dalla me- dicina non solo dei danni della sostenuta povertà ri- storato , ma su tratto e messo in luminoso slato; co- me , perchè confessasse la sua ignoranza intera , la ^32 S C I E N 7. E sua vilissima condizione ,"è l'ardita sua sfacciatezza , fosse stato mestieri il timore di subita morte ; e co- me il re di quelle ingannate genti , fattele prima adunare , rimproverasse loro la colpa comune dicendo, che il considerare aver eglino commessa la loro te- sta a chi nessuno aveva prima voluto affidare il pie- de per averne i calzari , esser doveva la giusta mi- sura della universale stoltezza (i). Tra per questi fatti , che se bisognasse, raffer- merebbero il parere del mio maestro, e per quello che io da me stesso vado considerando , di giorno id giorno sento più e più rintuzzato iu me il de- (i) Ex sutore medicus. Malus cum sutor inopia deperditus Medicina m ignoto facere coepissct loco , Et venditaret falso antidotum nomine , Verbosis adquisivit sibi famam strophis. Hic cum jaceret morbo eonfectus gravi Rex urbis , ejus experiendi gratia , Scyphum poposcit : fusa dein simulans aqua Antidoto miscere illius se toxicum ; Hoc bibere jussit ipsum , posito praemio. Timore mortis ille tum confessus est, Non artis ulla medicum se prudentia , Vcrum stupore vulgi factum nobilem. Rex , advocata concione , haec edidit : Quantae putatis esse vos dementiae , Qui capita vestra non dnbitatis credere , Cui calceandos nemo commisit pedes ? Hoc pertinere vere ad illos dixerim , Quorum stullitia quaestus impudentiae «st. Phed. fabul. XIV. Lib. I. PiAGWiNAiHENTO DI Dg-Cr0LI,1S 253 siderio di esercitale medicina, benché la mia voglia di studiare in essa non finirà , siccome io credo, se non per morte. Bemb. Tu hai fatto una buona giunta alla der- rata del tuo maestro. Ma comechè io veda ornai que- ste cose esser tutte verissime , non però posso lo- dare il tuo animo che ne va perdendo la buona di- sposizione a curare gì' infermi. Lo zelo di Leone X a prò delle scienze e delle lettere potrebbe forse dopo i nostri discorsi , che da me gli saranno fe- delmente rapportati , cangiare quando che sia il de- stino de' buoni medici. Tu sei ancora al principio della tua giovinezza , e non puoi sapere qual ven- tura dal cielo ti sì apparecchia. Tu hai senno e buon volere , e se segai tua stella , non puoi fallire a glorioso porto. Cos\ parlando il cortesissimo Bembo levossi; e vedendo l'ora già tarda , raffermando la promessa per la prossima tornata vegnente , tra vicendevoli saluti partissi. 234 S e i t u 8 NOBILISSIMO DUCA, Sapendo voi con quale animo sia stato accolto ed in qual conio sia ora tenuto quel discorso intorno la cagione della febbre , ed il modo di schifarla , vi sembrerà assai redicolo il vanto datogli da Leone X, e la compiacenza avutane dal Bembo. Ma queste ridevoli apparenze si dilegueranno forse pensando che quel papa era quanto esser si può disposto a lodare cosi faite cose ; e che il suo segretario oltre a ciò era cortesissimo , e sommamente godeva come della sua , cosi della buona ventura degli amici suoi. E non volendo pensare a que- sto , sarà bene ricordarsi che non ogni cosa è in ogni tempo egualmente pregiata. Il fare torneamenti , ed il muover giostre era reputalo atto nobile e valoroso ; ed ora appena s'intende il senso di queste parole. Colui, che armato cavaliere trascorreva d'uno in altro paese , ponendo in qualsivoglia luogo ogni possibil cura per sapere , e per subito vendicare le offese fatte alle don- ne gentili , se era valoroso ed aveva a se la fortuna be- nigna , ferendo ed uccidendo gli offensori era in ogni do- ve temuto ed onorato sommamente , e tornando in patria vi era gloriosamente accolto. Ma ora nella prima giunta sarebbe egli da ognuno siccome pazzo additato. Le opere intellettuali sono pure a queste medesime vicende sog- gette ; per le quali i popoli sogliono credere avere in eccellenza avanzato i loro antichi , e gli scrittori per lo contrario vituperano assai sovente le cose presenti f quelli per la vana gloria comune , questi per la pro- pria. E perciò , dovendo io toccare queste vicende , e non polendone in ogni cosa lodare i moderni , devo Ragioinaihewto di De-Crollis 235 temere che taluno pensi esser di ciò cagione un certo mio volato e biasimevole orgoglio. E questo mio timore è tale , che non credessi se io essere al mio proposito sufficiente il recare i soli fatti , ad evitare questo sco- glio avrei per altra via rivolto la mia debile barca. Fat- to è duuque , che nel decimosesto secolo con ogni di- ligenza si andavano cercando gli scritti di quei greci e di quei latini, che nel modo di dire erano stati più pre- cisi, e in iscieoza più profondi: che gli scienziati di quel tempo studiavano sommamente nei libri di Ari- stotile ed in quelli di Platone , e con fatica s' ingegna- vano di chiosarli ; che le chiose loro erano addiman- date , attentissimamente lette , ed avute carissime dai loro compagni ; che non altrimenti avveniva a'buoni me- dici per le opere d'Ippocrate , per quelle di Gelso , e per quelle di Galeno , ed ai letterati grandi per la pro- sa di Cicerone e pe'versi di Orazio e per quei di Virgi- lio. Fatto è ancora , che nel nostro tempo senza il ne- cessario discernimento si cercano i libri solo per erapir- ne gli scaffali delle vaste biblioteche ; che i più famosi scienziati ( molti de'quali , a voler dire il vero, sono de- gni di onore per le dottrine fisiche chimiche e matemati- che) sprezzano gli scritti , comechè precisi , ordinati , e profondi , se non ne vedono accresciuto il numero di queste nuove dottrine ; che quasi costoro non sapessero che le scienze sono tutte tra loro congiunte, hanno-a disdegno i libri che toccano una materia , la quale ad essi direttamente non appartenga ; che i medici soglio- no leggere solo per conoscere novelli sistemi , onde con- tradiando e biasimando quei dell'antica scuola , farne miglior mercato ; che i letterati non usano di lodare prosa o versi, dove non traluca alcuna volontà di par- teggiare; che gli scienziati, i medici , ed i letterati il più spregiano rilmente lo scritto che richiedendo il lettore 23G S C I E H 7. E attento ed intelligente, sembra alla Idre pazienza oscu- ro ; che i grossi volumi sogliono avere miglior ven- tura, solo perchè l'uomo grande della persona è temuto * benché non si conosca il suo valore: e che gli scien- ziati , i medici , ed i letterati sogliono lodare Aristo- tile , Ippocrate e Dante con quell'animo islesso , con cui i farisei lodavano Cristo. Io spero che questi fatti ba- stino a giustificare il parere del papa ed il contentamento del Bembo * e posto ancora che io credessi vana questa mia speranza , non però oserei altro aggiungerci , ma seguiterei siccome seguito parlando un poco della qui- stione per voler del papa omessa dal Bembo , voglio dire del perchè i raggi che dal sole ne vengono obli- qui riscaldano assai meno di quelli a piombo ; benché io sappia che questo perchè non potrà mai credersi veramente giusio , se prima la natura della luce e quel- la del calorico non ci saranno per fatti concordi e non per supposizione note. Avanti che i più. famosi scienziati disputassero sì vivamente , come ora fanno , per sapere se si o no la luce ed il calorico siano una medesima sostanza , e se ti o no venga questa dal sole, io cercando la cagione del freddo della febbre, e vedendo che il mercurio del termometro R. , posto nella bocca dello infermo tre- mante , saliva all'usitato grado 33mo circa , incominciai a credere che veramente il caldo ed il freddo uon fossero già l'effetto di accrescimento o diminuzione di una sostan- za , ma si bene di un suo maggiore o minore movimen- to. Ed il sapere che per li raggi , che vede l'occhio percosso al bujo , si può facilmente mostrare la luce ancora essere uon per se una sostanza , ma un moto di essa, più la mia credenza sicurava. E poiché la mate- ria , la quale movendosi poteva cagionare calore e lu- ce , non era ne a mene ad altri sensibile, io andava Ragionamento di De Caollis 23 7 ripensando a quelle particelle rotonde e leggerissime , a quell'etere purissimo noto già a Lucrezio ed a Cicero- ne (1), e clie con altri nomi pare essere stalo indicato dai peripatetici , da Cartesio e da Newton. Vedendo poi di giorno in giorno crescere il numero dei tisici , i quali con novelle prove mostravano la esistenza di questa sottilissima sostanza , ed il suo muoversi più e meno essere del maggiore e del minor calorico cagione, io ne era assai contento come di cosa che rischiara alcuni pun- ti oscuri della medicine , tra'quali sono il freddo della febbre, e la luce veduta dagli occhi al Imjo percossi. E tra me diceva : Vedi stoltezza di chi crede le scienze poter essere l'uria dalle altre disgiunta ! Poi rivolgendo l'animo alla quistione omessa dal Bembo , e desideran- done quel vero , che con essa si andava cercando , e che nella supposizione che il calorico venga direttamen- te dal sole non può trovarsi , io era e sono quasi certo che il supporre nei corpi terrestri una materia sottile percossa secondo le leggi della dinamica con più forza dai raggi perpendicolari, e con minore da quelli obliqui, può solamente appagarci. Per un certo contentamento avuto dal dubbio per (i) Quae quanto magis inter se perplexa coibant , Tarn magis expressère ea , quae mare , sidera , solem , Lunainque efflcerent , et magni moenia mundi. Omnia enini magis haec levibus atque rotundis Seminibus , inultoque minoribu' sunt elementis , Quam tellus. -Lucret. Lib. V- 453 et seq. Inde mare, inda aer , inde actber ignifer ipse. Idem v. 4pO- Ex aqua oritur aer , ex aere aelher. Cic. de nat. deor. 238 Scienze cosi fatta ^supposizione chiarito, assai volentieri, ca- ro duca , qui noterei tutti gli argomenti che mostra- no quauto questa supposizione sia giusta ; ma poiché il mio proposito mi vieta il dirvi quello che con altri scritti vi può essere egualmente manifesto , tra- scorro a quelle infermità curate clall'Accoromboni per rammentarvi che non essendo prima del i640 stata reca- ta la china in Europa, non dovete maravigliarvi, se quel medico del decimosesto secolo abbia in vece di questo rimedio adoperato la corteccia mediana di fras- sano , e quella d'ipocastano , e cose simili ; per dirvi che, essendo la utilissima sua natura stata conosciu- ta per la sanità ricuperatane dalla moglie del conte de Ghincon vice -re del Perù, ben potete vedere che se il curare i vostri pari , per li falsi giudizi significanti da Lancellotto e dall' Accoromboni , può danneggiar molto la buona medicina , può egualmente giovarla , se dirittamente si ragiona ; e da ultimo per addurre un* esempio di carità del generoso animo del cardinal de Lugo. Il quale , come ebbe inteso la virtù della china , volle con sua non picciola spesa averne tanta , quanta ne bisognava a curare tutti i poverelli della misera Roma. Ma poiché alla medicina molto potrebbe giovare il sapere come contro la febbre opera la china, io volen- tieri mi do a cercare questo come , e mi duole che qiù ancora alla supposizione soltanto dobbiamo esser con- tenti. Voi forse vi ricorderete che io ragionando della infermità, la quale nell'anno i83i fieramente percuoteva il principe vostro genitore, vi mostrava la somma in- fluenza del fluido elettrico nella nostra vita. Ed ora r come per seguitare quel discorso che qui è necessario , soggiungo che , se il calorico ed il fluido elettrico so- no una medesima sostanza , secondo il parere di molli Ràgionaiuicnto di Dk-Croilis i?39 moderni fisici, se il solfato di chinina e la chinina pu- ra hanno le elettricità positiva ; e se è vero , siccome io credo , che la diminuzione del calorico cagiona la febbre; sarebbe assai facile trovare quel come che si cerca. Poiché ognuno vedrebbe che la china dando allo infermo quella elettricità , cioè quel calorico , che dal subito freddo gli era stato tolto , lo fa tornar sano. Questa supposizione via più mi par buona , perchè , se fosse quando che sia raffermata con prove certe , mostrerebbe più chiaramente quanto in noi è il potere dell' organo della pelle, dove continuamente opera il calorico o il fluido elettrico qual dir si voglia , e ci renderebbe perciò il discorso di Lancel lotto assai più caro. Ed i medici vedendo per questa istessa supposi- zione con nuovi argomenti divenuta cartezza , che il fluido elettrico, sostanza imponderabile , può esser ca- gione di nostra infermità e di nostra salute, meno si maraviglerebbero delle invisibili particelle contagiose , e meglio concepirebbero il potere dei rimedi parimente imponderabili adoperati da Hahnemann. Il quale , se fosse rimasto contento a questa sola parte della sua nuova dottrina , ne sarebbe stato più giustamente glo- rificato , e non avrebbe bruttato la medicina coi nomi di alcuni suoi novelli seguaci. E poiché il discorso è secondo il mio proposito acconciamente caduto sopra un inventore di un novello sistema di medicina , voglio mostrarvene alcuni altri , onde da voi stesso possiate giudicare di una parte del ragionamento di Lancellotto. Io lascio stare la medi- cina peripatetica di Galeno , che prese da quella set- ta le qualità occulte ed altre vane parole; lascio stare Van-Helmont , il quale immaginò 1' archeo , e fece la medicina chimica ; lasciò stare ancora la medicina corpuscolare di Cartesio , l'altra meccanica del mate- 2|0 S C I E W Z K matico Bellini , e quella psicologica di Stalli ; poiché la storia di quasi tutte queste differenti sette altro qui non potrebbe mostrare, se non la loro comune origi- ne in quel fuoco immaginato da Ippocrate , di cui Lati- cellotto non ha potuto lodarsi. Ma in vece ragionerò un poco di due di quei sistemi nati uel nostro tempo , che possono provare ben altro. Brown medico ài Scozia, mosso dai comune desiderio dei sieteraatici di non seguire , ma di aver seguaci , immaginò un novello sistema , e ne fu sì vago , che con istrano ardimento disse : l'arte medica stata finora congetturale, incoerente , ed in gran parte falsale final- mente ridotta al grado di scienza dimostrativa , quale si può denominare scienza della vita. Sapendo egli che i medici indarno si erano affaticati per conoscere la essenza della vita , volle imitare Alessandro ; tagliò il nodo , sperando forse che come questi n'ebbe l' impero dell'Asia , così esso ne avrebbe avuto quello della me- dicina. Perciò spregiati quei vani sforzi , diede un nome a questa essenza ignota , e chi amolla ecitabilità. E ricordandosi egli forse che Newton potè sapere gli effetti dell'attrazione senza conoscerne la vera natura , tutto si diede a cercare il modo con cui quella eccitabilità opera in noi. E gli parve di vedere che essa sia eccitala dalla luce , dall'aria, dal cibo , e da cose somiglian- ti ; che da sì fatto eccitamento nasca la vita ; che quel- li eccitatori , delti da lui stimoli , consumino quella parte di eccitabilità che col sonno ricresce. E credette ancora di esser certo, clie la sanità perfetta sia nella giu- stissima misura dello scemare e del ricrescere della eccitabilità ; che il soverchio vigore , detto da lui male steiùco , proceda a da troppi stimoli , o da trop- pa eccitabilità ; e che o per molti stimoli che consu- mino troppa eccitabilità, o per pochi che ne consurai- d o meno , possiamo essere indeboliti , cioè malati aste- Ragionamento di De-Crollis 2A1 tettici', nel primo caso per debolezza indiretta, t nel se- condo per quella diretta. Ond'è che per questo medico , f accresceie e lo scemare gli stimoli a tempo tutta forma la essenza della buona medicina. Quei concetti così chiari , questo modo facilissimo di ordinare la vita , e di sanare gì' infermi , il poco conto in cui da taluni erano avute le dottrine dell'Hoffmann, quelle del Ballivi, e le altre del Cullen, e forse anche l'amore di quei novelli sistemi che sogliono sollecitamente dare fama e ricchezza, mossero mille a seguitar Brown , già in tutta Europa divenuto chiarissimo. Ma, non erano ancora molti anni passati, sorse in Italia, dir non saprei se con la medesima intenzione, Giovanni Ra-ori , e gagliardanieute a lui si oppose. La battaglia non fu lunga , poiché molti campioni , ed il Tommasini tra' primi , lasciandole in- segne dello scozzese, seguitarono quelle dello italiano, o ci fecero le gloriose prove. Questo combattimento , questo trionfo , e forse anche quel solo cangiar di par- te dei più famosi medici., basterebbe per confermar ciò che Lancellotto ha provato con gli argomenti tratti dalle sue dottrine , e col toccare la storia delle tante vicende della medicina. Ma poiché cosi fatte guerre pos- sono ad ogni momento rinnovare con noja e scandalo, se non con pericolo più dei pacifici vostri pari che degli affannati combattenti , io , come per ausarvi ad udire tali quistioni , prosieguo rimettendovi innanzi alcuni miei brevi concetti che pubblicai con le stampe sono già alcuni anni passati (i). Brown credeva che ogni cosa , la quale opera in noi , stimoli la nostra eccitabilità , e produca secon- (i) Giornale Arcadico , Tom. Xf. p. II. G.A.T.lAVlir. 16 242 S e -i * n i. r noa durevole tanto che le uova sue siano dal tem- po o da altri ancora ignoti mezzi distrutte ; ommet- tendo cos\ forse quell' unico modo perchè questa tri- sta, lunga e fastidiosissima noia finisca. Ma perchè con fatti vediate che io non voglio ragionare a lungo di questa materia , senza più noterò i segni coi quali , dopo che ha cagionato negF intestini i primi turba- menti , suol essa mostrare la sua gravezza. Un gelo in tutta la persona , e più nei piedi e nelle mani, un pallore di morte, ogni muscolo fortemente e dolorosamente attratto , le vie delle se- crezioni ristrette tanto, che la saliva l'orina e la bile vengono quasi al niente , immensa gravezza nel capo, nel petto e nel doloroso ventre , e da questo e dalla bocca uscite in prima di tutto ciò che suole essere nello stomaco e negl' intestini , e poi di molto sie- ro sanguigno. se io ho bene questi segui conside- rato , di ognuno può esser cagione lo stringimento dei piccioli vasi , e più di quelli che formano l'or- gano della pelle , il quale a parere di Lancellotto è via per cui moltissime infermità vengono ed esco- no fuori , ed a cui per la orditura dei nervi, dallo Scarpa assai meglio chiarita, è comunicato in prims l'irritamento degl'intestini , dove forse l'insetto si ap- prese. E a dire il vero , mettiamo dall' uno de' lati la quistione della natura del calorico; certo è che il cal- do ed il colore or più or meno vermiglio della pelle procedono dal sangue , il quale scorre per li pic- cioli vasi. Quando dunque questo sangue ci è dallo stringimento scacciato via , forza è che quivi venga meno il caldo ed il colore vermiglio. E poiché la saliva, la bile e l'ori u:i .sono dal sangue per mezzo dc'piccioli vasi separate, quando questi sono dal male ristretti , più non può aver luogo tale separamento. Ragionamento di Dk-Crollis 24 5 Come il cosi fatto stringimento cagioni fortissimi do- lori non deve essere ignoto a chi sa, che per esso le fibre muscolari ed i fili nervosi sono premuli ed irritati assai fortemente , ed a chi sa ancora che per la mancanza dei-calorico dilatante più una fibra all' altra si stringe, e che le nervose via più ne diven- go!) dolenti. E come poi da queste irritate fibre mu- scolari e nervose delle esterne parti del corpo siano ancor più fortemente irritati la faringe, l'esofago, lo stomaco e gP intestini , tanto che per li due oppo- sti fori cacciai) via con maggior turbamento ciò che dentro ci hanno, ben lo conosce l'anatomico il quale vede la pelle e la membrana che forma la interna superficie di tutte queste parti avere la stessa ma- teria e la medesima tessitura ; e meglio il vede se ricorda gli scritti dello Scarpa, i quali mostrano la via onde l'irritamento da quelle parti a queste , e da queste a quelle trascorre. Ed affinchè si conosca ancora che la gravezza nel capo , nel petto , e nel ventre procede similmente dalla medesima cagione , dico che per lo strigniraento de! piccioli vasi essen- done il sangue scacciato, e non essendo la sua quan- tità di una sola dramma scemata , convien che tutto si raccolga nei vasi maggiori , cioè in quei vasi che stanno dentro il capo , dentro il petto , e dentro il ventre. E per questa maggior quantità di sangue in queste parM rifuggito non solo si vede la cagione della loro gravezza , ma si conosce il punto da cui in questa infermità dipende o la salute o la morte dello infermo. E nel vero , il sangue il quale come più il male si avanza, in più copia si va nei vasi mag- giori adunando , irrita e da tutte parti preme , ed in fine , non poteuclo essere da questi vasi ratte- nulo , si apre la via la dove la resistenza è minore. 250 c ,. I E N Questo e il detto punto che o sana Io infermo o I uccide; poiché se quel sangue nei vasi maggiori compressa trova più debole impedimento in quei pic- cioli vasi che furono dol male ristretti [ quivi rien- tra , riporta il caldo ed il colore vermiglio, e ca- giona un sudore copioso e salutifero ; ma se verso questa parte trova maggiore il ritegno, |a sua più sottile sostanza esce per li pori 0 per gIi a,t,,j jc_ cioh vasi che sono nel cervello , negli organi del petto, ed m quelli del ventre. E se il male solle- citamente avanza , e questo tristo e subito lavorio si fa prima nel capo , l'infermo muore come per ful- mine colpito ; e se meno rapidamente e più deità altre due parti si apprende , termina questi la sua vita con gravissimo affanno, con dolori immensi e con uscite più o meno miste di sangue, secondochè que- sto più e meno ha rotto nel ventre gli argini suoi. Considerando dunque i segni co' quali si suo- le manifestare la gravezza del cholèra , apparisce a mio credere che lo strigli i mento de' piccioli vasi della pelle sia la principal cagione della morte. E questo mio parere forse anche più facilmente appaga chi oltre a ciò pensa, che il timore, il subito freddo, e la crapola in tanto dispongono a questa malattia, in quanto stringono quei vasi, i primi direttamente, e la crapola indirettamente, irritando cioè gli organi del ventre ed attraendovi quel soverchio sangue , il quale e poi dal male smodatamente accresciuto. Se queste cose sono giuste , siccome a me pare , giusto è ancora che la principal cura per sanare V in- fermo sia riposta nel togliere, come si può il meglio, ogni dannosa stimolo degli organi interrii , aftinché il sangue micidiale non vi 3ia da questo invitato ; e nel vincere lo impedimento per cui il sangue seffe- Ragioni uento di De -Crolli* 2ó< ciato « I alio stringimento de'piccioli vasi della pelle n-on può benignamente ritornarvi. Al primo di questi due propositi può convenire un discreto vomitivo , pur- ché preceda i più gravi effetti dell' irritamento do Ile micidiali cose contenute nello stomaco ; poiché quando essi sono già incominciati , la ipecacuana , o cose si- mili , con danno dello infermo li accrescerebbe. In questo secondo caso l'olio di mauclorle dolci o di oliva, e la bevanda acquea di orzo o di riso , che nel primo caso avrebbero dovuto seguire il vomitivo , debbouo stare in sua vece necessariamente. x\l secon- do proposito sta bene lo stimolare con senapismi lar- ghi e moltiplicati , e con ogni altra maniera pnssi- bile la pelle e più. la pianta de' piedi e la palma delle mani , allineile in quel punto , da cui dipende la salvezza dello infermo , sia nei piccioli loro vasi il salutifero sangue dallo stimolo attratto. Vi può star bene ancora il cavar sengue dalle vene delle braccia, e meglio dai vasi emorroidali, perchè più direttamente si scema quel sangue il quale in quantità mortale e' sospinto e raccolto nei vasi maggiori degli organi in- terni. Questi rimedi possono esser dedotti dai tanti scritti di tale materia. Ma io mosso dal ragionamento di Lan- cellotto, e da qualche ammaestramento della fisica, vor- rei tentare se ancor un altro trovar se ne potesse. Avendo voi studiato nella fisiologia del Riche- rand ben sapete, che l'uomo di mezzana grandezza è per l'aria che lo circonda da tutte parti premuto dal peso di circa treulasei libbre (il; e che „ se l'uo- ,, mo portandosi nella sommità delle più alte raon- ,, tagne si eleva per qualche migliaia di tese sopra „ il livello dei mari ... il polso si accelera , e si (t) Undecima edizione di Pavia, voi. primo curi. 353. 252 S e i 8 « z « „ promovono fieli* emorragie ; e che se una parte della „ superficie dei nostro corpo viene dal peso dell' aria „ momentaneamente sottratta, ella si gonfia, gli umori „ vi si portano in copia , ed i tegumenti provano ,, tanta distensione da minacciare persino la rottu- ,, ra ". E poiché avete letto ancora la fisica del ,, Poli , vi sono parimente note queste sue parole : ,, La pressione dell'aria è quella che ritiene lutti gli „ umori entro aìle vie della loro circolazione, e lor ,, vieta la libera uscita fuori di quelli. Ce lo dimo- „ strano ad evidenza le gravi emorragie che veg- ,, gonsi sopravvenire non solamente agli animali che „ fatisi perire nel voto, ma eziandio a coloro che ,, montano sulle vette delle più alte montagne , ove „ l'aria estremamente rara non può far argine alla ,, forza da cui vengono dilatate le picciole boccuc- „ ce dei vasi. Ce lo dimostra similmente l'effetto delle „ ventose , le quali applicate alle spalle , o a qua- ,, lunque altro membro del corpo , dopo aver rare- ,, fatta sensibilmente l'aria in esse contenuta mercè „ della stoppa infiammata , di cui si riempiono in ,, parte , vengono a scemare notabilmente la pres- ,, sione dell' aria sulle membra stesse ; onde è che ,, la pelle vedesi tosto elevare, e gonfiarsi sensibil- ,, mente ; ed il sangue racchiuso nei vasi contigui „ trova libero V adito nelle boccucce di quelli per f, iscaturire al di fuori del corpo '* . Or dunque , se per lo peso dell' aria scemato il sangue viene con tanta forza nei piccioli vasi della pelle , che o ne esce fuori , o li distende , o au- che li spezza; e se la venuta di questo sangue nel pericolosissimo punto notato può salvare lo infermo, che abbiamo noi a fare se non a cercar modo onde, locato questo nel letto , e tutto ricoperto, salvo la faccia , con una tela incerala sostenuta da robusti ar- Kagioma MENTO di De -Ckollis 253 chetti simili a quelli sotto cui dormono i fanciulli, ed adattata in un foro di questa una estremità di un tubo pieghevole, essendo l'altra congiunta con quello che mette capo nel piatto di una macchina pneu- matica , sia scemato il peso dell' aria che Io circon- da ? L'artificio , che secondo il discorso di Lancel- lotto potrebbe esser utile a molte altre malattie , non è implicato ; non la macchina boyleana , ancor più. e più volte corretta , ma una rozza siringa , simile a quella che in prima fece Ottone da Guerrike , è bastevole certamente ; e l'aria meno grave delle mon- tagne , esenti infino a qui dal cholèra, accresce la spe- ranza della utilità sua. Questo mio discorso non ben maturo io palesai al duca di Rignano vostro cognato. Ed ora il colti- varlo , ed il trarne buon sugo , se per avventura ne avesse , tutto commetto a lui , come a persona nella quale quasi per miracolo si trovano in tanta pace congiunti nobiltà di sangue, naturale ingegno, am- maestramenti venuti a tempo, volontà buona e ferma, e ricchezza a si fatti studi necessarissima. Non però voglio tacere che la esperianza di Gay Lussac , e di quelli che salirono su per le altissime montagne , se per una parte conferma la mia speranza, per l'altra la fa ancor più dubbiosa. Questi per dover respirare in un'aria molto rara, e perciò con poco ossigene, erano affannati ; l'infermo di cui parlo , avendo la faccia fuori della tela incerata , che deve avere i lembi co- me attaccati alle sue ossa , non sarebbe per questa cagione molestato certamente. Ma se la forza dell' aria , che e mista co' nostri fluidi ed è dentro ogni poro del nostro corpo , deve si agguagliar quella dell' atmosfera che ne circonda , come questa l'altra che entra nel nostro polmone , dir non saprei qual danno potesse nascere all' infermo quando per virtù 254 Scienze della macchina pneumatica , che scema il solo peso cieli* aria atmosferica , è l'equilibrio delle tre ami- dette forze turbato. Certo è che questo sospetto non ha luogo in quelli che respirano nelle alte cime de' monti , o più sopra ancora : poiché l'aria che li cir- conda , e quella che entra nei loro polmoni, è una medesima cosa. À me duole, corf esissi ino duca , F avervi per lunga e noiosa strada condotto a questo ancor più fastidio- so termine. E temendo che ne siate rimasto un po- co stizzito , io, m'ingegnerò di rappaciarvi dicendo- vi, che lo scrivere della pratica in medicina ed il ùoiarvi meno , era non pure a me, ma forse a molti altri ancora difficilissima impresa. Ed oltre a ciò voi avete potuto da voi stesso vedere che gli altri scrit- ti di cholèra , se sono stati insufficienti a curare gì* infermi , squu stati sufficienlissimi a spaventa- re i sani ; mentre il mio , se è vano per quelli , non è dannoso per questi ; poiché tranne l'annove- razione di quei segni che !o palesano , io non ho adoperato né pai ole uè modi spaventevoli. Ed ho così operato anche perchè io ho per fermo che , essendo ad ognuno che ci nacque inevitabile lo scontro della morte , sia ben crudele colui che ce la dipinge con tanti orribili colori. Io vorrei che. fossero questi ser- bati per colorirne la sozza frode , e gli altri vui tutti, onde ne fossero spaventali coloro che non pei naturale necessità , ma per inaljzia e rea voglia li cercano e li seguono assai volentieri. Ma sia quale si voglia il valore di queste ra- gioni a perdonarmi la sofferta noia , assai più nel- la benignità dell' auimo vostro , che iu esso io mi confido. 255 LETTERATURA Sulla costituzione del governo in Roma in tempo dei re, e sulle sue varia rioni, pregi e difetti. Discor- so dell' eminentissimo e reverendissimo principe , sig. cardinale Giacomo Giustiniani pro-si gretario de memoriali di Sua Santità, e prefetto della sa- cra congrega. ione dell' indice , letto da lui in un adunanza di arcadia iliS'òij. Sfibbi altre volte , arcadi valorosi , quando io era e per et'a più florido , e per dolce ozio letterario più libero , ebbi l'onore di seder fra voi , ora prevenen- do il vostro canto con un qualunque si fosse mio ra- gionamento , ora mescendo ancbe lo stridore della mia incolla zampogna al concento delle vostre cetere ar- moniose. Ma ora aggravalo dagli anni , distratto da molte e poco piacevoli cure , non ben fermo ancor di salute , avea determinato di osservare un rigoroso silenzio. Ma come resistere alle cortesi premure del nostro buon custode Filandro ? Venne egli ad ecci- tarmi a prender parie iti questa vostra adunanza , pre- venendomi , die non proponendosi essa alcun tema determinato, avrei potuto liberamente ragionare di ciò che più mi piacesse. Questa circostanza se per una parte m'ispirò coraggio , per l'altra però , lo confes- so , mi cagionò un tal quale imbarazzo , poiché m'im- pose la necessità della scella di un soggetto , che pa? 256 Scienze tessi prevedere non fosse a voi disgradevole. Dopo ave- re alquanto esitato mi determinai a trattenervi su di un argomento, che risalisse a que' tempi, in cui abi- tavano in queste nostre contrade quei popoli , da'quali voi voleste desumere il nome , e si riferisse all' ori- gine di questa nostra citta , che con antonomaslica, - ma non del tutto ingiusta esagerazione, si è detta eter- na. Ora una interessante questione , che riguarda non meno la storia che il pubblico diritto , si è quella di fissare quale fosse precisamente il governo in Roma in tempo dei re. Di questa dunque mi sono propo- sto di ragionarvi , determinando , per quanto a me sembra , la forma del governo eh' ebbe luogo nella fondazione di Roma , seguendone i cambiamenti ac- caduti iu tempo dei re successori di Romolo , e ri- levandone particolarmente le virtù ed i vizi ; e sen- za più, entro immediatamente in materia. Per indagare quale fosse la forma del governo , eh' ebbe luogo io tempo di Romolo , parmi che con- venga prima di tutto fissare , quale fosse lo stato della società , che concorse alla fondazione di Roma. I risultaraenti delle azioui morali degli uomini presi in generale , e lasciati in liberta di agire , non so- no men certi che quelli delle fisiche esperienze , o sia in quelli non men che in questa alle medesime cause corrispondono i medesimi effetti : e perciò gli uomini considerati in massa e non individualmente , quando sieuo posti nelle medesime circostanze , pen- sano ed agiscono nella slessa maniera. Il Robertson nella sua introduzione alla vita di Carlo V, alla no- ta 6." , confuta il Bochard ed altri filologi , che dal- l'osservare una uniformità di costumi e d' istruzioni fra i barbari conquistatori dell' impero romano , ed i selvaggi di America , han preteso di attribuire ad essi una origine comune. Egli osserva , che in tutti Governo antico di Roma 25T i tempi) ed in tutti i luoghi gli uomini collocati nel- le medesime circostanze presenteranno i medesimi co- stumi , e si lasceranno vedere sotto una stessa for- ma , e che perciò dal carattere delle nazioni e dallo stato della società dipendono le istituzioni politiche. Dall' esaminar dunque lo stato morale de' primi abi- tatori di Roma potremo facilmente dedurne , quale do- vesse essere il loro governo politico : e ci sarà poi di non piccola compiacenza , se col lume della sto- ria vedremo confermati dal fatto i nostri raziocini. La nascita e l'educazione di Romolo non meo che i principii della fondazione di Roma sono invi- luppati da favole , come lo sono i principii della sturia di presso che tutte le nazioni. La vanita na- turale degli uomini gli ha indotti a sdegnare una ori- gine comune e volgare , che si è voluta nobilita- re coli' intervento di alcuna divinità , e di qual- che circostanza miracolosa; il non men naturale amo- re delf uomo per tultociò che ha del maraviglioso , ha fatto facilmente trovar fede ne' tempi d'ignoran- za a queste favolose tradizioni ; e la maucanza di do- cumenti in una così remota antichità ha accordata 1' impunita alla menzogna. Non è però che non sia facile, a chi legge la storia con ispirilo di vera cri- tica e filosofia, il sapere la verità dalla favola. In que- sto modo non perchè abbiamo a ripor tra le favo- le e la sovrumana generazione di Romolo e Remo per opera di Marte , e il miracoloso nutrimento pre- stato loro dalle poppe di una lupa , abbiamo pui diritto di dubitare di quelle verità, che accompagnano la fondazione di Roma, particolarmente se non da un fatto solo , ma da una serie di fatti viene rilevata. Nel numero di queste verità è appunto , a mio giudizio , lo stato di società , in cui trovava nsi all' epoca del- la fondazione di Roma le città del Lazio , ed in cui G.A.T.LXVIII. 1 7 258 Letteratura in conseguenza dovettero essere coloro , che dalle me- desime , e da Alba singolarmente, concorsero sotto la condotta di Romolo a fondare questa nostra citta destinala ad essere un giorno la capitale del mondo. Questo stalo è quello intermedio fra lo stato di so- cietà barbara e quasi selvaggia , e lo stato di per- fetta e civil società. Non penso io già, che siavi mai stato un tempo , in cui gli uomini siensi aggirati soli- tari pe' boschi a guisa di leoni o di tigri. No, quand' an- che la storia sagra non lo smentisse , la semplice os- servazione della natura e fisica e morale dell* uomo basta ad avvertire , che noi siamo fatti per la so- cietà : e se qualche malinconioso filosofo de' nostri giorni ha asserito il contrario , ciò non fu che l'ef- fetto di queir orgoglio , che lo rendea nemico de' suoi simili , e faceagli ripor la sua gloria ne' sostenere 1' as- surdità e la stranezza. Ma non per questo vuoisi ne- gare , che la società abbia avuto i suoi gradi , e che fra le tribù de' selvaggi ottaiti , o de' feroci abita- tori del Canada , e la società de' greci ne' bei giorni di Pericle, o de' romani nei secol d' Augusto , debba porsi , ed abbia in realta esistito uno stato interme- dio. La prima società ha dovuto essere quella del- la famiglia : ma questa società , che negli animali non dura , che fino a tanto dura il bisogno pel nutrimen- to della prole , nell' uomo dotato di ragione ha do- vuto essere permanente. Gessato anche il bisogno, la gratitudine per parte de' figliuoli , ed un amor ra- gionevole per parte de' genitori, ne assicurò la conti- nuazione , e ne stabili la forma. I figliuoli, avvezzi già ad ubbidire fin dall' infanzia ai lor padri , si lascia- rono interamente governare da essi , nella sicurezza di non poter trovare una miglior difesa per la con- servazione e custodia de' loro naturali diritti , che sot- to il governo de' loro padri. Ecco il governo patriar- Govkrwo antico di Roma. 259 cale di Àbramo , e de' primi suoi discendenti. Le fa- miglie si moltiplicarono , e più famiglie si unirono a formare una stessa triLù. Allora o insorse il bisogno di difendersi dall' iuvasioue d'un nemico estero , o si suscitò in qualcuno de' capi di quelle famiglie l'am- bizione di soggiogare un vicino. Mei primo caso si scelse un duce, nel secondo si seguì l'invito dell' am- bizioso , che fecesi duce. Qualunque fosse l'esito del- l'impresa , il duce che (condusse felicemente la spedi- zione , restò anche iu tempo di pace capo o prin- cipe della tribù : i capi delle famiglie che li segui- rono furono i patrizi : i soldati formarono la plebe . Ecco quello stato intermedio di società , di cui io vi parlava : ecco quello de' tempi eroici della Grecia descrittoci da Omero, noti meno sublime esemplare di perfetta poetica , che d iligeulissimo storico tic' costu- mi de' tempi suoi , o di quelli ai suoi più vicini , ond' ebbe giustamente a chiamarsi dal nostro lirico italiano: Primo pittar delle memorie antiche ; ed ecco finalmente quello stato di società , in cui trovavano le città del Lazio all' epoca della fondazione di Ro- ma , e che dovette iti conseguenza aver luogo sotto il regno di Romolo. L'argomento che a parer mio di- mostra più d' ogn' altro essersi trovate le citta del Lazio , ed Alba specialmente , in un tale stalo di so- cietà al tempo della nascita e della educazione di Ro- molo , e il non veder fatta nella storia alcuna men- zione di agricoltura, ma solo di pastori e di armenti. Quel Fauslolo che o si prese spontaneamente , o ri- cevette da Nu mito re la cura dei due fanciulli involati alla crudeltà di Àrnulio, era custode del regio armen- to : riè era già egli di sangue vile , ma discendente Jagli arcadi compagni di Evandro, ed aveva amici e re- lazioni di uomini culti nella vicina città di Gabio , se e vero , come indica Dionisio di Alicarnasso , eh' ei fe- ti* 2(30 LETTERATURA re istruir cola nelle affini e nelle lettere greche i due giovanetti. Il non trovarsi dunque fatta parola che di pastori , il vedere che i re e i principi della fami- glia reale di Alba erano possessori di vasti armenti , l'osservarne commessa la cura a persone di una tal qual distinzione , tutto ci prova , che la pastorizia era ripu- tata e tenuta in conto a quei tempo. Ora chi non sa che come la caccia è la profession del selvaggio , e l'agricoltura è propria della società matura , cosi l'arte pastorale conviene singolarmente alle società che trovati- si in uno stato di mezzo ? Se iu questo stato di società erari dunque i latini allorché Romolo fabbricò Ro- ma , la quale non dee considerarsi nella sua origine se non come una colonia del Lazio , non diversa cer- tamente dev' essere stata la condizione sociale de pri- mi romani. Ed a persuadercene non dobbiamo conten- tarci di semplici congetture, ma possiamo valerci di ben forti e chiari argomenti, lo non li trarrò dalle leggi po- litiche e fondamentali di Romolo : che queste , sicco- me mi sono proposto fin dal principio , voglio mostra r- vele come l'effetto, e non come la prova di un tale stato di società : ma ne dedurrò la dimostrazione dalle istituzioni e regolamenti civili di Romolo. Fra varie che potrei sceglierne , a due principalmente mi at- tengo , che nascono da uno stesso principio. Que- ste due istituzioni sono V asilo e la clientela. Per ac- crescere la moltitudine, e dar maggior forza alla nascen- te citta, Romolo scelse un luogo fra il campidoglio e la cittadella , eh' era allora posto fra due boschi secon- do il nome che in seguito ne conservò , consagrollo ad una qualche divinità , il cui nome non ci è rimasto -, e lo dichiarò un asilo per tutti coloro,, che suppli- chevoli vi fossero concorsi dalle vicine citta. Ora l i- stituzione di siffatti asili è istituzione , che ha avuto il suo principio e la sua più grande estensione in quel Governo antico di Roma 201 periodo di società , di cui vi parlo. E qui vi prego a por mente , che non intendo io parlare dell' asilo nei templi , piesso le are , ed in genere presso qualun- que luogo sagro , eh' evidentemente è stato suggerito da quel rispetto , che la natura ha infuso nel cuore de- gli uomini verso la Divinila ; parlo solo de' luoghi de- stinati espressamente per servire d'asilo , come lo era- no le citta di rifugio designate dallo stesso Iddio presso gli ebrei, il cui stato di società, era in parte consimi- le a quello di cui trattiamo. L'ultimo sagrificio che ha fatto l'uomo della naturale sua indipendenza, per ritrar- ne poi in compenso lutti quo' vantaggi, che risultano da un perfetto ordine di società, è stato certamente quelli» di rinunciare alla passione della privala vendetta per de- positarla in mano delia forza pubblica. A questa ces - sione , che tanto è costata al cuore dell' uomo , non si dee né si può esser giunti se non quando le socie- tà furori condotte alla loro maturità. ì'rima di quest'e- poca , e nello stato di mezzo fra la barbarie e la cul- tura della società , le ingiurie e le offese private do- veano essere, ed erano vendicale da' privati medesimi. I soli delitti , che la forza pubblicasi riservava a pu- nire, erano quelli di violata religione : e nel punirli aveva, in idea più di placare l'offesa Divinila , che di at- terrir gli altri dal seguir l'esempio de' malvagi. Quin- di troviamo dato alla pena pubblica il nome di sup- plicio : quiudi la condanna esprimevasi colle parole sa.' cer esto : e quindi l'uso di ctmsagrare particolarmente alle divinità infernali , la cui vendetta si aveva per più terribile , coloro che volevansi uccidere impune- mente: costumanza che de'primi romani singolarmente e di Romolo ci attesta Dionisio d'AIicarnasso con quelle parole: Mos erat romanis , ut qusm vcllent impune occidere , eorum corporei alieni deo, praecipue vero in- ferno devoverent , qnod et ip.se Romulus tane fecit ; '2)2 Le r t b n a t u n \ che questa sala autorità '«.li Dionisio basi crebbe a pro- varci lo stato sociale di que' primi romani. Comunque peraltro si lasciasse a'privati il diritto di vendicare le proprie offese, non poteano non sentirsi da que' primi legislatori i gravi danni, die ridondavano dall'eserci- zio di un sin» il diritto. Non polendo adunque toglierlo direttamente, è ben naturale die cercassero di mode- rarlo indirettamente: né potevasi trovare partito miglio- re , che quello di obbligare l'offeso a differire la sua vendetta col destinare de' luoghi sacri, in cui egli non avesse il diritto di esercitarla ; in questo modo indebo- livasi la forza della passione , e davasi luogo a compo- sizione- Tale fu l'origine di siffatti asili : ed io mi dis- penso per amor della brevità di recarvi gli esempi delle frequenti menzioni di essi , che trovansi in Ome- ro e nelle greche tragedie , in cui sono descritti i co- stumi de' greci corrispondenti a quelli de' primi abita- tori di Roma. Lo stesso diritto della vendetta priva- la fece nascere presso tutti i popoli, che si trovarono in questo periodo di mezzo di società, l'uso della clien* tela. Non tutti hanno la forza per respingere o vendicare offese altrui: i più deboli cercano il sostegno e la pro- tezione de' più forti , cedendo loro una parte della na- turale indipendenza : e questi offrono loro in compenso la tutela de' loro diritti. Non fu infatti Romolo l'inven- tore della clientela, ma trovolla forse già introdotta nel Lazio: probabilmente aveanla recata i greci, presso de* quali era in uso: e singolarmente presso gli ateniesi, che dettero ai lor clienti il nome di T,eti(@nTXi)ì e presso i tes- sali, che li chiamarono Penesti(nev&s da Romolo, assai chiaramente l'asserisce Dionisio d'Ali- carnasso , che più di Tito Livio diffusamente la de- scrive. Egli ci fa sapere che Romolo , condotta a fine la fabbrica di Roma, chiamò il popolo a parlamento, e per suggerimento dell' avo materno Numitore lo con- sultò sulla forma di governo da stabilirsi; al che tutti concordemente risposero , esser decisi a volere la mo- narchia , come governo di cui aveano speri ni eutato i vantaggi: ed aggiunsero, a niuno doversi accordare il regno più che a lui, come discendente della stirpe reale, e condottiero della colonia. Checché siasi della verità di questo racconto , è certo che Romolo regnò, ma non regnò con potere assoluto. Sebbene egli fosse so- verchiamente ambizioso, pure conobbe non potere sta- bilire nella nuova citta una forma di governo di- versa da quella che avea luogo ha Alba , e nelle altre citta del Lazio , da cui avea tratto i nuovi coloni. Il primo passo che fece il novello re fu quello di separar dalla plebe più oscura quelli che o per valore , o per ricchezze, secondochè comportavan que' tempi , si distinguevano : e un ordine ne formò, che chiamò de' patrizi , dai quali poi scelse cento padri a comporre il senato. A quest' ordine comunicò una gran parte della potestà giudiziaria e di amministra- zione. A se stesso, o sia al re, attribuii la custodia delle leggi , il supremo comando nella guerra, la co- gnizione delle cause più gravi , e il diritto di con- vocare il popolo ed il senato , che dovea esaminare gli affari proposti dal re; in una parola riservò a se stesso la potestà esecutrice , e la parte più inte- ressante della giudiziaria. La plebe fu esclusa dall' amministrazione di qualunque magistratura ; solo, di- viso il popolo in tre tribù e in trenta curie , gli con- cedette, che radunatosi per curie colla pluralità de'voli delle medesime stabilisse le leggi , scegliesse i ma- 26 *) L fi T T E R A T U R A bistrati , e decretasse ia guerra. Lasciò dunque al po- polo la potestà legislatrice , tua con uria riserva che uè limitò assii l'esercizio ; fu questa , che i plebi- sciti, o sia le risoluzioni del popolo radunato per curie , non potessero aver forza di legge, se non col l'approvazio- ne del senato; la quale istituzione dopo stabilita la re- pubblica, ed introdottasi in progresso di tempo una for- ma di governo larga e democratica, si cambiò in con- traria , poiché il senato inveee di conservare il di- ritto di approvare le risoluzioni della plebe, dovette sot- tomettere all'approvazione di essa i propri decreti. Un'altra istituzione particolare delle società, che tro- vatisi in quel periodo di mezzo di cultura civile , in cui abbiamo mostrato essere stati i romani in tempo della fondazione di Roma , è che la cura della religione e delle cose sagre sia presso il re ed i patrizi. Fra le varie ragioni, che se ne possono addurre , sembrami questa la principale : che siccome i soli delitti , che si credono dover interessare la forza pubblica, so- no quelli contro la religione , cosi 1' ispezione di questa dee riservarsi al solo re ed ai patrizi, a' quali soli si appartiene la potestà giudiziaria. Che infatti in Roma cos'i fosse , oltre la chiara autor tà di Dioni- sio di Alicarnasso , abbiamo ne' frammenti delle leggi regie: Sacrorum omnium potestas sub regibus est. Sa- cra patres custodiant (a). ,'a\ Nel catalogo delle leggi regie restituite da Giusto Li- psie , fra quelle di Romolo, trovasi espresso ciò che abbiamo detto sulla forma del governo in Roma in tempo di quel re. Pel re ei dice : Rcx sacrorum praeses , legum custos est, iu- dicia exercet , belli imperium habet ;pei patrizi: Patres sa- cerdotia et magistratus capiunt , plebeis patroni sani ; pel popolo; Populi suffragio, sunto , magistratus creatilo , leges sciscento , pacarti bellumque iubanlo. Governo antico di Roma 2<>7 ' Filialmente non può in un popolo , posto in quel grado di cultura che vi ho descritto, aver luogo la mo- narchia ereditaria, ma dee essere certamente elettiva. L'idea che ad evitare i mali delle fazioni, difficil- mente separabili dalle elezioni del re, corrvenga piut- tosto correr l'azzardo di un monarca ereditano, è an- ch' essa idea che non può intendersi , se non nel- lo sviluppo di una società matura. Fu infatti elet- tiva in Roma la monarchia. Lo fu per legge stabi- lita dopo il lungo interregno , che segui la moite di Romolo, allorché i padri, al dire di Tito Livio lib. I cap. VII: Decreverunt , ut cum populus regem ius~ sisset, id sic ratum esset , sì patres auctores fierent. Ai figliuoli di Anco Marcio fu infatti preferito Tar- quinio Prisco tuttoché forestiere , ed a' figliuoli di questo fu anteposto il genero Servio Tullio. Che se in ambedue i casi vi concorse un qualche artificio, questo sembra essere stato diretto unicamente ad al- lontanar quolla propensione, che il popolo poteva avere ad eleggere i figliuoli del morto re. Per re- stringere dunque l'idea della costituzione, o sia forma del governo in tempo di Romolo, sembrami poter di- re , ch'essa fu una monarchia elettiva, mista assai più di aristocrazia , che di democrazia. Ma questa costituzione non si mantenne sempre la stessa sotto i successori di Romolo : e le altera- zioni che soffrì furono i gradi , che prepararono la strada al cambiamento , che seguì poi colPespulsione dei re : giacche quell' assioma , che non si danno i salti in natura , se ha luogo in fisica , molto più lo ha certamente nelle politiche rivoluzioni, le quali uoq sono mai V effetto dell' ultima causa apparente, ma si veramente di un concorso di molte cause preparate da lungo tempo. Numa Pompilio, savissimo e pacifico re, non si occupò che a sedar le discordie , ed a raddol- 268 L K T T E R A T If R A ciré i costumi colia istituzione di molte osservanze re- ligiose (a). Se egli avesse avuto de'successori simili a lui , la monarchia sarebbe stata in venerazione , e non venuta in odio presso i romani. Tulio Ostilio segui il gonio guerriero di Romolo, come Anco Màrcio fu per carattere seguace piuttosto dell'indole pacifica di Numa, di cui era nipote. Accadde sotto.il regno di Tulio Osti- lio un delitto, che alterò di passaggio, e solo per via di eccezione la forma del governo. Fu questo Fuc- (a) IN urna rese più civili i romani non solo colle osser- vanze religiose , ma ben anche con molte savie istituzioni di politica economia- Egli stabilì delle leggi favorevoli all' agri- coltura , distribuendo le campagne in ville /paga) a diversi coltivatori, che pose sotto l'ispeziona di alcuni prefetti, i quali poi gli riferissero lo stato di coltivazione di ciascuna villa, ond' ei potesse lodare e premiare i coltivatori diligenti, e ripren- dere e anche punire i negligenti. Dion. lib. a 76 . Lo stes- so Numa, al dir di Plutarco, istituì i collegi degli artefici ed operai , sebbene L. Floro sembri attribuir questa istituzione a Servio Tullio. Comunque sia, colla introduzione di tali collegi , ne' quali come prova Sigonio ebbero luogo i citta- dini o sia la plebe urbana, fu abolita l'istituzione di Romolo, che al dir di Dionisio avea destinato per le arti sordide e se- dentarie i servi ed i peregrini , riservando ai cittadini romani la sola arte militare e l'agricoltura. Cbe poi si trovi fatta menzione di agricoltura sotto Remolo , non esclude che la società fosse ia quel periodo di mezzo , in cui abbiamo det- to aver luogo singolarmente la pastorizia ; giacché non si vuol negare , che anebe in quello stato si conosca in qualche modo l'agricoltura, e dee poi convenirsi che Romolo, coinè uomo dotato di molto ingegno , rendesse di qualche grado più civile la società: onde non è maraviglia , «he conoscesse la necessità dell' agricoltura, e la favorisse. Governo antico dì Roma - ) cisione commessa da Orazio della propria sorella. L' accusa del delitto fu portata dinanzi al re , a cui si apparteneva il giudicare particolarmente nelle cau- se più gravi. Trovossi però quel re in un grandissimo imbarazzo. Vedeva per una parte il disordine , che po- teva produrre il mandare impunito un delitto sì gra- ve : altronde non reggevagli il cuore di condannare un cittadino così benemerito della patria, e che con tan- to valore avea sosteuuto la superiorità di Roma so- pra gli albani , e capiva a quale odiosità col mandar- lo a morte egli sarebbesi esposto. In questa incertez- za credette non potere far meglio , che rimettere il giu- dizio al popolo, o interamente, o almeno V appellazio- ne dai duumviri , comi1 riferisce Tito Livio. Sano pe- rò meritevoli di osservazione le parole di Dionisio di Alicarnasso in questa circostanza , che provano l'ec- cezione, dicendo: Tane primam populus romanus ca- pitalis iudicii potè staterà adeptus. Cominciò ad alterarsi la costituzione di Roma sotto Tarquiuio Prisco. Questi, discendente da illustre famiglia greca , educato presso gli etruschi, nazione assai eulta in quel tempo , e perciò istrutto nelle arti del dispotismo , non si tosto si vide sul trono , il quale aveva già con mirabile artificio occupato , che sotto l'apparenza di far cosa grata alla plebe , ar- rolò nel senato altri cento senatori scelti fra i ple- bei , i quali perciò furono detti minorutn gentlum. la realtà però non ebbe in animo con quella in- novazione , che eli assicurarsi un partito , da cui so- stenuto potesse impunemente opprimere i patrizi e la plebe : quindi Tito Livio chiama qne' senatori: Factio haud dubiu regis , cuitis beneficio in curiam venerarti. Ucciso Tarquiuio Prisco da' figliuoli di An- co .Marcio , Servio Tullio fu il primo che senza forma 2'° Letteratura legale , ma per solo artifìcio di una scaltra femmi- na , quale fu quella sua suocera Tanaquilla, usurpò il reguo intrudendosi ne' primi giorni sotto il pre- testo di amministrarlo a nome di Tarquinio , die peraltro era già spento. Sono fra loro totalmente di- scord, sul modo della elezione di Tullio i due isto- rici Tito Livio e Dionisio d' Alicarnasso. Il primo dice, che Tullio primus iniussu populi , voluntate pa- tron regna.it : lib. I cap. XVII; sul secondo al contra- rio , riferendo a lungo i discorsi da lui tenuti al popolo , che seppe particolarmente accattivarsi col distribuir del denaro in sollievo dei debitori, dice eh' e. fu eletta re a pieni voti dal popolo, senza curarsi che ,1 plebisc.to , come costumarsi , fosse approva- to dal senato. Comunque ciò fosse, Servio Tullio eb- be nell'amministrazione del suo regno quella con- dotta eh' è propria di un principe, che sa di avere usurpato il trono , ma non ha poi un' anima abba- stanza crudele per mantenerlo con modi tirannici. Anziché attribuir tutto a se stesso , ei si spogliò, al dir di Dionisio, della meta della sua autorità: poiché ove per l'iunanzi la cognizione di tutte le cause, al- meri più gravi , al solo re apparteneva , egli il pri- mo separò i giudizi pubblici da' privati , riservan- do a se stesso la cognizione de' pubblici ( col qua! nome s'intesero allora que' delitti , che «sguardia o l'intera repubblica ) , e de' privati rimise ,1 giudi- zio a cittadini privati, contentandosi solo di prescri- ver loro alcune regole , che dovessero seguire ne' loro giudizi. Desideroso di rassodarsi sul trono coli' acqui- starsi 1 amore de' diversi ordini, ora adulò la plebe col dividere ai poveri le pubbliche campagne , ora favori j patrizi , escludendo quasi totalmente la plebe dall'amministrazione del governo coli' istituzione, per i GoVGRNO ANTICO DI PiOMA 2T1 altro sommamente politica , del censo e de' comi- zi centuria ti. Cercò sostegno anche nella propria fa- miglia, credendo poter raddolcire gli animi de' gio- vani Tarquinii, figliuoli o nipoti di Tarquinio Prisco, col dar loro in matrimonio le proprie figlie. Ma dif- ficilmente si estingue la sete del regno, particolarmente iti chi consideri in esso una eredita , di cui si cre- de spogliato. Lucio Tarquinio, pel suo orgoglio poi * chiamato il superbo, istigalo singolarmente dalla mal- vagia sua moglie Tullia, colla uccisione del suocero, senza alcuna autorità né del popolo uè dei patrizi, ma per sola violenza si fece strada al trono : e na- to ai delitti più atroci, cercò colla scelleraggine di mantenere quel regiiu , che colla scelleraggine si era acquistato. Non i diritti del popolo , non 1' autorità de* patrizi fu rispettata : la sola forza ed il terrore furono i mezzi, che adoperò; in una parola si vide sotto di lui il governo di Roma cangiato in una ma- nifesta tirannide. Ma un popolo ancor giovine, e di costumi non corretti , qual eia allora il popolo in Roma , non soffre lungamente la tirannia : ed allora particolarmente si scuote, quando vede che alla man- canza d'influenza nel non avere alcuna parte del governo politico , si aggiunge la prepotenza del tiranno , 1* insulto , e la minaccia delle proprietà indivi- duali , e sopra tutto del proprio onore. L'inconti- nenza di Sesto Tarquinio fu la face che accese il fuoco già preparato della rivoluzione: e che dando luogo all'espulsione dei Tarquinii, fece cambiare la forma del governo in Roma , rendendo abbominevole il no- me e l'autorità regia. Vi ho esposto (jual fosse la forma del governo istituita da Romolo: ve ne ho indicati i cambiamenti , accennandovi i semidei dispotismo gettati da Tarquinio Prisco , e le lusinghe accordale da Servio Tullio ai pa- 27:2 Letteratura trizi e ai plebei , che contribuirono poi a render gli uni e gli altri meno capaci di tollerar la tiranni- de introdotta da Tarquinio superbo. Resta ora che rilevi i vantaggi ed i vizi di quella costituzione : bre- vemente peraltro, per non abusare di soverchio della vostra condiscendenza. Il governo di Roma in tempo dei re fu piut- tosto , come abbi a ni veduto , un governo nato spon- taneamente dallo stato interno , e dall' indole della società , che dato estrinsecamente. Romolo non si pic- cò di essere un legislatore , e nello stabilire la co- stituzione , fu indotto più dalla conoscenza pratica di quella società che aveva a regolare , che da lumi o cognizioni che non poteva aver acquistato. Le leg- gi fondamentali di Roma debbono dunque avere avuto quella bontà , che voi ben sapete esser l'unica vera- mente necessaria , cioè la borita relativa : non furono peraltro neppur prive e mancanti di una bontà assoluta, il popolo rimase in possesso della potestà legislati- va : e questa fra le mani di una popolazione ristret- ta , e certamente virtuosa, in ispecie dopo che Nuraa n' ebbe raddolciti i costumi , non poteva esser dan- nosa : e molto più non potea divenirlo , per la sa- vissima istituzione di sottomettere i plebisciti all'ap- provazione della parte più sana del popolo , cioè de' patrizi. La potestà esecutrice fu riservata interamente al re : e chi non sa quanto giovi all'attività, all' ener- gia dell' esecuzione , e particolarmente all' esito felice delle imprese militari , che più di tutto si dovettero allo- ra avere in vista, il dipender esse interamente dal solo «: supremo capo della nazione ? Ebbero anche i re la maggior parte della potestà giudiziaria : e questa ve- ramente sembra che uè si debba , ne si possa ammi- nistrare direttamente dal re. Ma quando essi Parami - astrarono, dovette la popolazione essere limitata, ed a Governo antico di Roma 273 proporzione eitc si estese , sentirono i re la necessita di spogliarsene , come abbiamo veduto accadere iu tem- o di Servio Tullio. Ai soli patrizi , che furono ai- ora gli uomini per virtù , per educazione , e per co- gnizioni adattate a que' tempi,, i più distinti , fu con- cesso l'esercizio delle magistrature , e porzione della potestà giudiziaria : ed il senato , composto fino a Tar- quinio Prisco di soli patrizi , fu destinato come il consiglio permanente del re alle deliberazioni più dif- fìcili. In una parola furono i diversi poteri con tal saviezza distribuiti e combinati , che fino al re- gno di Tarquiuio superbo , cioè per lo spazio , come si crede, di sopra due secoli , non si legge che ac- cadesse in Roma alcuna discordia fra i diversi ordini del popolo , o alcun principio di sedizione. Tali furono i vantaggi della costituzione del gover- no in Roma in tempo dei re. Ma fu essa esente da vizi ? No , non lo fu , e ni una forma di governo potè mai esserlo. I vizi inerenti alla costituzione di Roma fu- rono fuise inevitabili, per essere stata quella costituzio- ne , come vi ho mostrato , il risultato naturale e ne- cessario dello stato della società. Non per questo vo- glionsi dissimulare , o non si hanno a considerare per gravi , particolarmente per l'effetto a cui essi tende- vano , di esporre cioè la società alla rivoluzione , clie è sicuramente il maggiore fra i mali politici. Io rav- viso quei vizi nelle due qualità del governo di Ro- ma, di monarchia mista , ed elettiva. Una monarchia mista in una società non corrotta non può lungamen- te conservarsi. Ove il principe non abbia luogo a gua- dagnare i voti de' patrizi , per indurli , quando che sia, alle sue voglie ( nel qual caso la monarchia non conserverà che il titolo e l'apparenza di mista ), tro- verà sempre in essi un imbarazzo, un ostacolo all' eser- cizio dell' autorità regia , che vorrk toglier di mezzo. G.A.T.LXV11I. ,S 274 Letteratura Nel conflitto di que' due poteri dipenderà dalla ple- be il fare inclinar la bilancia. Se essa si unirà al re , sarà soppresso il senato , spogliati di autorità i patria zi e si stabilirà una monarchia assoluta ; se la ple- be si accosterà ai patrizi , sarà espulso il re , come ac- cadde in Roma , poiché Tarquinio superbo ne 11' op- primere i patrizi non ebbe né avvedutezza uè modi per guadagnar l'animo della plebe. In ambedue que' casi peraltro dovrà passarsi per una rivoluzione. Un uguale eccitamento alle rivoluzioni è la qualità di elelliva in una monarchia , quando, come allora in Ro- ma , vi concorrano queste due circostanze , cioè che il re lasci de' figliuoli ,'e non sia stabilita una classe di persone , a cui privativamente sia accordata la ca- pacita di essere elette alla monarchia. In Roma dopo la morte di Romolo troviamo fissata uua forma d'in- terregno , ed il modo dell'elezione: ma niuna legge ristrinse ad un solo ceto di persone la capacita ad es- sere eletti ; e noi sappiamo, che non mancarono gra- vi contese nel destinare il successore a Romolo fra gli originari abitatori , ed i sabini posteriormente ammes- si nella città. Debbono poi specialmente eccitarsi tur- bolenze e sedizioni dai figliuoli del morto re , quau- do educati questi nello splendor della reggia ed all' om- bra del trono , vogliansi alla morte del padre costrin- gere a menar vita privata. Vediamo pertanto , che nella breve serie di sette re in Roma , due, cioè Tar- quinio Prisco e Servio Tullio, furono uccisi da' figliuo- li de' loro antecessori, che con quel delitto pensarono rivendicare il retaggio paterno. Se quelle rivoluzioni , e fin auche l'ultima roti cui si cambiò la forma del governo, non furono feconde di stragi , di crudeltà , e di tutti qua' mali che sogliono essere il corteggio delle rivoluzioni , ciò si dee attribuire ai costumi di Roma, in quei tempo certamente moderati e virtuosi. Governo antico di Roma 275 Quando i Tari|uiaii espulsi da Roma, e meritevoli sen- za contrasto della universale indignazione, mandarono a richiedere i loro beni , il senato da principio deli- berò doversi loro restituire ; tanta fu la moderazio- ne , che per forza del costume si seppe apportare an- che nella rivoluzione! Questa osservazione deve con- durci a riflettere , che se le leggi senza i costumi , al dire di Orazio , non giovano a nulla , i buoni co- stumi al contrario servono a mitigare ed impedire an- che gli effetti della cattiva legislazione. Ho cercato, come meglio ho potuto, di esporvi la forma del governo , eh' ebbe luogo in tempo dei re , i cambiamenti che soffrì , e fina Unente i vantaggi e i difetti che l'accompagnarono. Se l'argomento è stato forse più grave di quello che all' amenità di questa vostra adunanza si convenisse, rammentatevi , che a me per le mie circostanze si morali e si fisiche poco ora si adatta la giovialità delle muse. Abbiatemi dunque iu questa parte per iscusatc , e la serietà del mio ragio- namento compensate voi colla dolcezza e vivacità del vostro canto. i8< Elogio dell' avvocato Filippo Maria Renazzi romano, letto ne ir adunanza generale di t luglio 1 836 da Eliodoro Pelopeo letto nelf adunanza generale di arcadia del 1 dì AGLI EGREGI SIG. CAVALIERE PAOLO MARIA E MONSIGNOR CLETO FIGLI DI FILIPPO MARIA RENAZZI JL>£ éa molta gentilezza colla quale vi compiaceste udirò eri aggradire l'elogio del padre vostro , che io lessi in Arcadia, sì mi obliga a voi, che io non posso né deb- bo passarmene seoza mostrarvi la gratitudine mia. E perchè altro modo io non ho d'adempiere il desiderio mio , quello stesso lenuissimo -lavoro vi ofFero : e prego che come allora non vi parve indegno della memoria del chiarissimo padre vostro, vogliate ora accoglierlo io buona parte, dacché io il fo cosa vostra: e a riguardare in esso non alla pochezza del dono , ma al cuore di chi ve lo presenta , e alla bontà vostra quanto più sa e può si raccomanda. Di Roma i5 di luglio i836. Delle SS. VV. Illihe. Drfta obbino servitore G. Ignazio Montanari Elogio del Renazzi 217 ELOGIO Ben è stata grande ventura la mia , arcadi com- pagni , uditori quanti siete umanissimi , ben è stata grande ventura la mia essere da voi chiamato a par- lare in questo onorevolissimo luogo , e alla presenza d' illustri e sommi personaggi ; ne certo io avrei mai ardito sperarmi un tanto onore , troppo sopra le forze del basso ingegno mio , sebbene nel mio segreto ago- gnassi di meritarlo: né avrei creduto o immaginato mai che fra tanta copia d'uomini dottissimi, in che abbon- da questa augusta stanza delle lettere e delle arti, per- sona per cortese che si fosse avesse potuto degnare di benigno riguardo la mìa pochezza. Ma a non minore ventura mi reputo l'essermisi offerto , anzi quasi spon- taneamente venuto fra le mani, un argomento degno di Roma e di voi, sicché io mi stia in forse di che più. debba ringraziare alla fortuna , e tenermi conlento. In- tatto non potrei io meglio per quanto è da me rispon- dere alla fiducia che in me vi piacque porre , se non dando nelle lodi di uno de' più celebrati uomini che nel decorso secolo sostennero la gloria della giuri- sprudenza, voglio dire di Filippo Renazzi a cui non so se più debbano gli studi o l'umanità. Perocché egli la scienza scomposta e giacente ricompose e sollevò, anzi primo le die faccia di Scienza : e precorse a quelle riforme, alle quali la forza del secolo e degl'ingegni la recarono in appresso. E tanto più mi è bello tener- vi di lui ragionamento , quanto so che il campo è quasi intatto.- poiché non v' ebbe eh' io mi conosca , chi tessesse un elogio a questo grand' uomo , e in piena luce lo mostrasse qual fu; vizio dell' età nostra, che meglio i mediocri ingegni si gode porre a cielo , e i sommi di leggieri dimentica. Se non vogliam ere- 278 Letteratura. dere clic ciò avvenga avvisatamente , perchè dei medio- cri senza conforto di lodi presto la memoria si spe- gne , mentre quella de' sommi viva e durevole nelle opere Joro eternamente rimane. Quantunque mi pare che ove si voglia giovare i presenti colla ricordanza degf illustri trapassati, stia bene venirne rinfrescando le glorie , né basti che un marmo ne additi le ceneri venerande ed il nome , o brevità di biografiche note tocchi a volo di penna ciò di che non è mai discorso sì lungo, che basti all' uopo e adempia il cornuti desi- derio. E non paia strano il pensiero di parlare di un sacerdote d'Astrea al cospetto di seguaci ed alunni delle muse : poiché troppo mi so eh' elleno non abboniscono talora da severità di studi , e spezialmente di quelli che tendono dirittamente a migliorare la società , cui la dolcezza de' modi apollinei ebbero rammollita, e di feroce tornata gentile. Arroge che il Renazzi all' al- tre doti di che si fregiò , pur quella aggiunse di buon poeta , e fu arcade, e qui fra voi soventi fiate mostrò di quale schietta vena il suo labbro dissetassero le latine e le italiche muse : e qui pure lodando le arti de' poeti, ragionò de' vantaggi che la poesia può ren- dere alla scienza de' costumi e delle leggi. Per le quali cose io confido che a voi non sarà discaro l'udi- re le lodi del Renazzi , anzi mi penso che le mie pa- role terranno alcun abito dal gentile subictto, e non in- grate vi scenderanno nel!' animo. Quando si prende a lodare alcuno, e a celebrare le opere di che egli fece dono o alle lettere o alle scienze o alle arti , panni che si debba principal- mente tener l'occhio al secolo in che egli. visse , e alla condizione dei' tempi in cui fiorì : perocché molte ope- re che in un tempo sono utili , coli' andar degli an- ni per altre migliori venute appresso perdono alquanto della nativa loro utilità , e gli uomini lieti del vedere Elogio del Rjebazzi 279 il bene che godono , a mala pena fanno ragione del debito che li stringe a coloro che ne hanno posti i principii, o dato il primo impulso. E benché sia più agevole condurre a perfezionamento ciò che bene fu incominciato , che ritorcere da mala consuetudine a bene le cose umane , pure falso vedere fa che noi ce ne passiamo di leggieri del merito de' primi , e quasi poniamo in non cale le difficoltà che essi ebbero a superare. Necessario è dunque, perche giusta e conve- nevole sia la lode, esaminare i tempi e le condizioni , poiché di questi nasce sovente maggiore, lnfatto pre- parare gli animi ad abbandonare vecchie costumanze, spogliarli di torte opinioni , combattere l'ignoranza e l'interesse di coloro cui duole ogni avanzamento dell umano intelletto , è cosa piena di pericolo e di fati- ca , e nelle storie veggiamo che molti pur grandi in sì dura tenzone hanno dovuto soccombere , moltissimi arrestarsi ai primi passi. E' poi certo che non meno andiamo noi debitori a quelli che la prima traccia Segnarono , che a quelli che si diedero, e posck» inol- trarono a vie già rispianate ed aperte. Laonde sebbene non possa io dirvi che Filippo Renazzi , testa verri- mente filosofica e prepotente, abbia portata la scienza criminale ad altezza da non raggiungere , pure con ve- rità posso asserire ch'egli riordinandola pel primo Là ridusse a certi precetti , la vivificò degli spiriti generosi della filosofia , e la spogliò della ferocia che le ave- vano appresa i barbari , e delle frasche e del rigoglio di che l'avevano ricoperta e quasi oppressa l'ignoran- za e l'interesse de' forensi, e quel che è più, ne rese fa- cile ai giovani l'apprendimento. E come potevasi in fatto insegnare speditamente e con sicurezza prima delle fatiche del Renazzi ? Ti si presentava un ammasso di leggi e di statuti gli uni sulle altre accatastati, in cui ogni finezza d'intelletto , ogni robustezza di memoria 280 Le t t e i\ a t i; n A smarriva. Decisioni contro decisioni , falli contro fat- ti , autorità contro autorità , da cui combattuto l'in- gegno rimaneva ondeggiante ed incerto. La filosofia sdegnosa pareva nascondersi , o negare di mettere il piede fra tanti errori : e lo studioso abbandonato a se , deserto d'ogni buon conforto, trovavasi tanto più im- pedito, quanto maggiore era il fascio delle male appre- se dottrine. E quale petto, per sicuro che fosse, non im- pauriva al vedersi innanzi gl'immensi volumi del Cuiac- cio , il quale quantunque a buon drillo dall' immor- tale Gravina avesse titolo di padre della rediviva giu- risprudenza romana , pure senza determinato ordine spande a guisa di straripato fiume le sue teorie , e in un pelago di questioni direi quasi le affoga ? Chi po- teva porre mano al Farinaccio, che senza chiarezza, sen- za metodo, trattando a modo de' pratici la giurispru- denza criminale, la ingolfò in un mare di vanita, e la rese più versatile, più dubbia, più intricata ? Impe- rocché .costui, come nei più avveniva, non aveva avuto a scorta de' suoi studi la filosofia ; era sfornilo di ret- te dottrine , ne alle fonti del diritto, ma alle lagune de' più volgari interpreti aveva attinto; e così ammas- sando quanto confusamente i forensi avevano raccolto, sotto sterminata mole di questioni, di statuii, di false opinioni aveva quasi sepolto la scienza. Nulla dirò io degli altri di siffatta risma che meno grido levarono , poiché certo non hanno più che costui ragione ad es- sere ricordati. Dobbiamo però rendere il debito pre- gio al vasto sapere di Antonio Mattei , che bene trat- tò dei. delitti e delle pene, commentando le antiche leg- gi romane , delle cui delirine si valse pure il Reuaz- zi ; ma troppo ancora rimaneva a desiderarsi nella cri- minale giurisprudenza. Ben è vero che Ugone Grozio , Samuele Pufi'endorf , e il presidente di Montesquieu ri- Elogio dkl Rknazzi 2R1 chiamando animosi la filosofia , e della face di lei fa- cendosi scorta, avevano recata nuova luce, scoperte le veraci fondamenta della scienza , e mostrato com' ella si riposa sulla natura dell' uomo , e sul diritto delle genti ; ma le dottrine loro non andavano esenti da errori , anzi a quando a quando dipartendosi dai prin- cipii della santissima religione cattolica, ne rendevano lo studio t spezialmente ai giovani , vieppiù mal sicuro e pernicioso. Opere di tanto senno adunque rimane- vano ai soli filosofi , e meritamente a tntt' altri occul- te , non fruttificavano ad aumento della scienza. La creatrice potenza del Vico aveva frattanto ridestali i principii di una nuova scienza, e veniva appianando la strada al Filangieri e al Pagano. L'opera dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria metteva a rumore l'Eu- ropa , e minacciava rovinare dalle fondamenta la vec- chia legislazione. La Francia sempre studiosa a novità faceva plauso , e tentava rafforzare i nuovi dettati , mentre l'antica sapienza ristretta a consiglio colla re- ligione e colla ragion di stato, trovando in mezzo molti veri false sentenze, condannava quel libro, e lo strappava di mano alla gioventù che incominciava a sentirsi sedot- ta. Paolo Risi profondo giureconsulto, spogliando d'ogni prestigio quell' opera , ne sceverava il buono dal reo e poneva in chiaro quelle dottrine che dal retto si di- lungavano. In mezzo queste cose non vi era guida fi- data alla gioventù; poiché negli antichi si sarebbe per- duta, tanta era la farraggine delle vanita e de' cavil- li , ne' moderni avrebbe smarrito e corso rischio di peggio. L'età avversava a lutto che sentiva di novità , e sospettosa de' mutamenti che ovunque gittavano, fra il vecchio mal sicuro e il nuovo pericoloso ondeggia- va:! giovani come sempre correvano volonterosi a quan- to aveva faccia d'insolito , i vecchi amatori per na- 282 Letteratura tura del passato tenevano piede fermo ed ostinati fron- teggiavano qualunque innovazione. Cosi per un Iato sfre- nate brame , per l'altro paurosi sospetti impedivano sa- lutari riforme nella scienza criminale, e rendevano più faticoso l'insegnarla, più difficile l'apprenderla. Ciò vide il Reuazzi: e sul fior degli anni, che non sudavano ol- tre ai 23 , chiamato a leggere diritto criminale nelf archiginnasio romano , tentò a tutto potere ristorare quella scienza , e vi riuscì. Correva l'anno i769 , allorché mirando egli al vantaggio che ne verrebbe dal ridurre a regola ed a metodo g!i elementi del diritto criminale, si pose ali impresa : e comecché si sentisse da natura disposto a dolci e miti studi, pure per lo prò comune vinse se stesso , ed avvolgendosi fra le umane miserie trattò animosamente dei delitti e delle pene. Aveva il Re- nazzi da gran tempo messa in tutti di se grande spe- ranza con alcune opere stampate in quell' età, in cui altri appena si conosce vivo agli studi ; ma la spe- ìanza crebbe , e si volse in ammirazione quando nel 1773 apparve il primo volume de' suoi elementi. Opera veramente nobilissima e magnanima, e tanto più degna di encomio, quanto maggiore disagio di fati- ca ebbe a costargli , e quanto più forti contrarietà di vecchie consuetudini dovette superare. Appresso nel 1775 vide la luce il secondo volume, indi nel 1781 il terzo, poi nel 1786 l'ultimo. Lungo e inopportu- na sarebbe porre ora ad esame ad una ad una le dottrine ilei Renazzi , e dichiarare quanto a lui debba la scienza , e come all' apprendimento della mede- sima abbia agevolata la via ; e però basterà che io ne tocchi i sommi capi. Il primo libro tratta dei delitti in generale , e «i «livide in 15 capi , nei quali disputando ampia- mente e colla maggiore chiarezza del mondo, stabi- Elogio del Iìf.nazzi 28.'5 lisce s.ldi e inconcussi piincipii. Egli assomigliando il corpo morale della società ai corpi fisici, Ila voltilo in prima parlare delle malattie che sono i delitti, poi delle medicine che sono le pene, come già disse Pla- tone : quindi a modo de' savi medici, che alla cono- scenza de' rimedi premettono quella de' malori , egli prima dei deli! ti , poi delle pene, si occupa. E qui provato eh' egli ha , nessuna società potersi promet- tere lunga e prosperevole vita senza la punizione dei delitti, mostra quanto debba ne' legislatori potere la voce dell' umanità, e come essere debbano parchi di castigo , e nella stessa punizione miti , si che si paia la pena essere data dalia necessita dt! bene pub- blico, non dalla vendetta e dalla prepotenza : la dol- cezza il più delle volte dover prevalere all' asprez- za , e a migliorare gli uomini sovente tornare meglio la clemenza di Tito che la severità di Aureliano : aversi anche a por meute, che pene troppo atroci non ingenerino ferocia negli aniani de' popoli, essendo certo che talvolta le leggi dispongono a crudeltà , poiché coll'atrocita de' supplizi e de' tormenti il naturale senso della pietà ne' petti umani si attuta , il cuore per abitudine asseta sangue, che poi dal cuore passa alla mano. E questa è una delle ragioni per coi noi av- versiamo alla scuola di coloro , i quali nelle opere loro non fanno che dipingere atrocità , delitti , tradimenti, ire di tiranni , disperati consigli di amanti , scal- trezze infami di cortigiani, malignità di corti, sven- ture luminose , proscrizioni, patiboli : perchè la gio- ventù, s'imbeve di tali ferocie , si disumana .- e co A quegli stessi che a piena bocca gridano agi' italiani civiltà , non mirano col fatto clic a inseìvaggire e rendere barbara quella terra privilegiata che uatura consolò del suo più dolce sorriso. Ma per rendermi al Renazzi , dico che la seconda parte è divisa in 18 284 Letteratura capi , ne' quali nulla li rimane a desiderare o tu Vr> glia erudizione , o forza di ragionamento, o penetra- zione d'ingegno. Stupendo però sopra gli altri mi sembra il capo quattordicesimo, in cui esposto eh' egli ha, essere assai meglio prevenire i delitti che averli a punire, esce a parlare de' modi co' quali può sa- via legislazione percorrere ai delitti ; e sono, tenere in fiore la santità della religione e la bontà dell' educazione, dar premi a tempo, avvivare le lettere, le scienze, le arti e il commercio. La religione e l'edu* cazioue sincera fanno crescere a bene gli uomini; le lettere, le arti, le scienze e il commercio ingentili- scono i costumi , e allontanando coll'ozio le cagioni de' vizi , rendono i cittadini buoni , industriosi , tran- quilli : la società ricca , fortunata e sicura. Ma perchè il conoscere i mali e la virtù de' rimedi saria indarno, se Parte non i'seorgesse l' inge- gno e la mano ad applicare a tempo e luogo i ri- medi , cos'i nulla sarebbe del conoscere i delitti e le pene se non si sapesse modo di allontanare i pri- mi colle seconde usandone oporlunamente. Quindi il Renazzi scende a favellare dei giudizi , e dopo avere toccato della potestà giudiziaria , definito il giudizio, e fattane divisione , esamina quanto sia necessario che i giudizi abbiano una regola e una forma deter- minata. E invero non vi ha cosa che al pari di questa debba essere a cuore ad ottimo reggitore, perchè in ciò appunto sta la misura più giusta della civiltà : e più liberi veiameute sono que' popoli, presso i quali le forme e le regole dei giudizi sono più savie, e me- glio adempiute. Indi considerando le vicende che in vari tempi ebbero a sostenere i giudizi o per ignoranza o per feròcia de' legislatori, e mettendo in pieno lume come il diiitto canonico cominciò a mitigarli, e ren- derli umani , il nostro giureconsulto si volge a colo- Elogio del Renazzi 283 ro cui è data facoltà di giudicare e di punire, e con parole infiammate di buon zelo lor grida, che se vo- gliono nome di padri de' popoli, non cessino mai for- ma o solennità ne' giudizi , e badino che lungo in- dugiare non addoppi la pena a' rei, e tolga forza all' esempio , né lunghenza di carcere maceri chi pagò le debite pene, o non fu che un innocente sventurato. Appresso fa parola intorno Vaccum e Vinq ikisìziqna , e insegua quali cautele rigorosissime convenga usare per- chè la licenza degli accusatori non isciolga e rom- pa il santo vincolo della società , e la pubblica pu- nizione non si cangi in vendetta di privati. Il giu- dice che inquire non dovere ostinarsi a voler tro- vare colpe, ma dover meglio bramare di riconoscere l'innocente nello slesso accusato. Indi, passando alle prove e ai testimoni , da chiaro a vedere quanto in mezzo gli stessi delitti e la severità delle pene im- porti che il giudice sia moderato. Avrebbe a que- sto luogo il Renazzi desiderato di noti parlare de* tormenti come indegni di popolo civile , e mal atti a scoprire il vero ; invenzione in somma non della giustizia, ma della ferocia : pure costretto a dirne , apre il cuore alla dolce speranza che presto saraa- no aboliti, come è' poi avvenuto la Dio mercè ; e riferisce le auree parole di Tertulliano, che noi vor- remmo sempre presenti alla mente di coloro che seg- gono al governo delle repubbliche: Né lungo andar di secoli, né dignità di legislatore potere mai rendere buona quella legge che dai principii d'equità si di- parte ; la giustizia sola dare piena sanzione allo leg- gi: e però , come Ippocrate al re di Cipro, cangiate, dice , e rimovete le leggi e le consuetudini intro- dotte dall' abuso e non dalla ragione! Danno mate- ria agli ultimi capi del terzo libro, che in 18 si divide , il sacro diritto della difesa dalla natura e da 2'òG Letteratura tutte le savie leggi dato ai rei , l'officio nobilissi- mo e il debito dei difensori, il metodo da tenersi nelle cause criminali , il dovere che il giudice ha di ponderar tutto da se senza amore e senza odio, af- fetti contrari alla giustizia: e infine il modo di pro- cedere contro i rei contumaci. A questi tre libri volle il Renazzi aggiungere il quarto, che trattasse in particolare di ciascun de< iitto , e delle pene che vi rispondono , non che del modo speciale d'inquirere e di giudicarne. E sicco- me l'ordine rende -più fruttuosa la trattazione delle cose , egli divide in quattro classi i delitti ; prima jione quelli, dai quali la religione è violata, poi quelli che offendono il costume , indi quelli che mirano a sovvertire l'ordine e la tranquillità pubblica, in fine quelli con che si fa offesa alla sicurezza dei citta- dini. Innanzi però di dar mano a svolgere que- ste cose ingenuamente confessa , quest' ultima parte avere egli di qua e di cola raccolta , valendosi di ciò che prima di lui altri avevano detto , disputato , scoperto ; talora averne recato i modi e le parole sles- se diffidando di meglio , uè altro esservi di suo fuor l'ordinata disposizione e lo stile , e qualche acconcia osservazione messa innanzi con tutta modestia, e direi quasi con verecondia. Quale grido si levasse d» quest'opera , tosto che ebbe visto la luce , si può meglio immaginare che narrare a parole. Roma , l'Italia , anzi 1' Europa con- gratularono al novello giureconsulto , e tutti i dotti più chiari si onorarono di stringere con lui amicizia e corrispondenza. Le accademie più rinomate il vollero suo , e parve che dal nome del Renazzi nuova lu- ce s' impromcttessero. La sua opera fu voltata in fran- cese , in tedesco , in inglese , presa a scorta degli stu- di criminali da celcbratissiine università , tra le quali Elogio del Redazzi 287 quelle di Lovanio e di Pisa , e non v' ebbe chi noti volesse aversela , o per appararne la scienza , o per riordinare le male apprese dottrine. Né solo gli stu- diosi del diritto criminale ne facevano tesoro , ma gli amatori stessi delle lettere non volevano ignorar- la , e si deliziavano in quello stile che molto ritrae dalla bontà, degli antichi latini. So che a' di nostri diverse dottrine del Renazzi sono rifiutate , alcune contraddette: ma so benanche che in mezza le censure soverchiano le lodi, poiché, come osserva il profon- dissimo Carmiguaui , egli pel primo intese V impor- tanza della teoria sulla quantità del delitto , e adot - tò il domina della dolcezza delle pene. Che se pur questo non fosse , a lui basterebbe la lode di essere slato primo ad imprendere l'erculea fatica di rior- dinare a modo di elementi il diritto criminale, e fa- cilitarne lo studio e l'apprendimento alla gioventù. Sebbene io non dubiti, che molle cose di quelle che i moderni hanno recato pur vedesse il Reaazzi , ma conoscendo che in tutte le cose umane , a cbi voglia riuscire a bene , è forza procedere per gradi , che mal sicuro troppo è l'andare a salti e a lanci, egli si tenue contento a misurati passi : e più bello gli seppe avanzare di poco il piede e piantarlo da atle- ta , che gittarli innanzi arditamente per dover poi ritornare sulle prime orme. Savissimo avvedimento : e vorrei io che a' giorni nostri fosse in tutti : che cosi non vedremmo anzi tempo dà smodati desideri na- scere inutili pentimenti, e da mal ponderati tenta- tivi derivare danni, mine e tarde lagrime. ÌSh di- sconfessero che la scienza del diritti» criminale siasi condotta ad altezza maggiore di quella a cui la portò il romano giureconsulto : ma non istarò per temenza dal dire, che molti dell' oggidi considerando la so- cietà degli uomini non quale è , ma quale esser do- 288 Letteratura vrebbe , hanno immaginato leggi e reggimenti troppo più perfetti di quel che comporli la tralignata razza umana , e cadendo nelle fantasie di Platone, hanno con- seguito che le dottrine loro non escano a salutevoli effet- ti. Forse col girar degli anni^ e coll'aiuto della filosofia migliorando gli uomini, potranno le nuove teorie volgersi ad utilità: forse (e cosi Iddio, che solo il può, lo vo- glia ) giungeremo ad una età fortunata, in cui più spes- so che di delitti e di pene avrà a favellarsi di meriti e di ricompense ; ma egli conviene pur dirlo , questo non è che un voto dei buoni, una lontana speranza. Io non temo affermare, o signari, che se il Renazzi null'al- tro avesse lasciato fuor quest'opera , avrebbe abbastan- za raccomandato il suo nome alla più tarda posterità : conciossiachè per la fama che di questa gli venne, ebbe onori sommi dalle prime corone d'Europa : di che potè tenersi fortunato, anzi privilegiato sopra molti , perchè rado assai incontra che si dia pregio alla virtù de viventi ,, per illustri che siano , anzi talvolta il sovrastare agli altri non dà che frutti d'amarezze e d' invidia. Egli ad onorifiche condizioni fu invitato a Pietroburgo dairimperadrice Caterina seconda, la quale del sapere di lui voleva giovarsi alla formazione del codice criminale : egli dalla corte imperiale d'Austria fu chiamato a leggere giurisprudenza nelf università di Pavia : egli dal coronato conquistatore d'Europa si vide offerta la cattedra di diritto criminale uella ri- pristinata università di Bologna, patria de'suoi mag- giori ; ma devoto com'era alla santità de' romani pon- tefici, non gli pati il cuore partirsi di Roma, e amò piut- tosto viversene senza fusto d' onorificenze nella terra nativa , che fuori fra le lusinghe di corti straniere. E però intese aj sempre più meritare , ritornan- do ogni di la mano e 1' ingegno a' suoi Elernen* ti di diritto criminale r e arricchendoli di sempre Elogio del Renazzi 289 nuove aggiunte nelle molte edizioni che per ogni dove iti brevissima ora se ne fecero. In fatto le accrebbi: di alcune memorie , una sull'ordine e sulla forma de'giu» dizi criminali , una sul sortilegio e sulla magia, una sui sordo-muti dalla nascita, una sulla pena di morte, una infine sull' ufficio dei nuovi codici penali : le quali in quella che uscivano dalle mani dell'autore, vo- lavano per tutta L'Europa vestita di svariate lingue , ed erano presso gli stranieri grandemente ammirate e lodate. Mi passo di molte minori opere, delle quali pur metterebbe assai bene il dare alcuna contezza , perocché il lungo tema mi sospinge , e troppo altro ancora mi resta a dire. Né ciò mi duole , poiché Fran- cesco Cancellieri, uomo che fu diligeutissimo e caldis- simo amatore delle patrie glorie , lasciò tutto il no- vero delle opere edite e inedite del Renazzi ; e solo mi Lastera aggiungere, che quando egli scrisse que'cenni in- torno il defunto amico , alcune non per anco avevano rista la luce , e furono publicate colle slampe negli anni veglienti appresso. Di queste è la vita di Nicolò Zabaglia , la confutazione del sistema del contratto sociale di Rousseau , il paralello di Dionigi d'Alicar- nasso e di Plutarco. Certo è da desiderare che tutte queste opericciuole, ed altre die tuttora restano a pub- blicarsi, non vengano più oltre negale al commi desi- derio degli studiosi , e non si tralascino le poesie latine e italiane , in cui egli ebbe facile ed elegante veua : sebbene temo che nelle italiane troppo si atte- nesse allo stile fluttuante del secolo in cui visse ; colpa da rimettersi di leggieri ad uomo che solo per ricrea- re l'animo da* severi studi cercò ristoro nell' ingenuo sorriso delle muse. E innanzi alle poesie a modo di prefazione vorrei che fosse posto quel veramente gra- ve e filosofico ragionamento , nel quale mostrando quanto i poeti possono giovare la morale pubblica, li G.A.T.LXV1II. f'J 290 Letteratura assolse dal baniìo con che ingiustamente Platone li ebbe confiniti dalla sua ideata rupubblica , e die chiaro a vedere quale grande conto si debba fare di costoro dai b:joni principi, e com'essi, non meno che l'immortalità di chi li protegge , assicurino ai popoli una civiltà vera e durevole , e preparino alle arti secoli prospe- rosissimi. Il che si prova evidentemente dalla storia , per la quale veggiamo sepolte nella barbarie quelle età che non furono consolate dal canto de'poeti. I quali però, onde cogliere quel frutto che di loro si aspetta, devono intendere qual cosa domandino le di- verse condizioni del tempo iti che vivono , e a quelle recar l" ingegno e la potenza de' carmi. E' qtiesto concerto dichiarato assai difesamente dal Renazzi in una orazione latina, iu cui trattò del modo che dovevano tenere le lettere per riuscire utili alla repubblica; ora- zione sulla quale volentieri mi arresterei , se i miei occhi e la mia mente non corressero all'ultima grande opera del nostro giureconsulto , per la quale chiaro si pare l'amor grande ch'egli portava agli studi e alle glo- rie della sua Roma. Conciossiachè non i monumenti solo a le stupende maraviglie dell' antichità rendono illustre questa regina che fu de'popoli , ma bene il sapere e il nome di que'rnagnanimi che da lei ebbero cura , e intesero ad ammaestrare il mondo dettando sapienza dalle cattedre nell'archiginnasio romano. A que- sto considerando il Renazzi, tolse a scrivere la storia di quella famosa università , e insieme degli studi e delle lettere romane : opera di immensa erudizione , e di dottrina senza pari , nelle lodi della quale non mi stenderò poiché il consenso dei dotti e le onorevoli te- stimonianze dell' eruditissimo Francesco Cancellieri , e di quel Gaetano Marini che i posteri meglio che sa- piente riguarderanno come vero miracolo di sapere , Listano a quanti meritati elogi potessi di lui qui porre. Elogio del RknazzI 291 Egli si fa dapprima a mostrare quale fosse lo stalo delle lettere io Roma nel secolo decimoterzo : come dal pontefice Bonifazio Vili venisse fondata V uni- versità romana : quale fosse l'infelice condizione del secolo XIV, e quali fortune sostenesse la università, nascente a que' giorni. E mentre credi caduti allatto gli studi , li vedi risorgere per opera del senato e del popolo romano , cui diede autorità e conforti il pon- tefice Eugenio IV , ed essere rinfrancati da Nico- lò V papa nobilissimo e veramente degno d'immortali- tà , il quale le lettere greche e latine che sbandeggia- te per ogni dove, povere e ignude ramingavano per lo mondo , raccolse all' ombra ospitale del sacro suo trono , e diede loro crescere e prosperare , preparando così il secolo gloriosissimo che sarebbe di Leone X. L'erudito istorico ti pone innanzi vicende di tempi e turbamenti svariati , né hai. a bramare notizia alcuna intorno la vita e le opere dei dotti che iti que 11' età furono in fiore. Ti si allarga il cuore , e te ne vai in dolcezza quando leggi i fasti di Leone X , e coni' egli nella gloria delle lettere e delle arti creasse la sua ; e se poco appresso ti si restringe , e trema leggendo ciò che segui di sinistro dopo il tramonto dell' astro me- diceo , non tardi a prendere alcuna consolazione allor- ché miri lo studio romano t'innovellarsi sotto Pao- lo HI e giungere di nuovo a cima d'onore. Richiami quindi alla memoria in benedizione gì' illustri nomi di Sisto V, di Paolo V, di Gregorio XV, di Urbano Vili; e se hai a dolerti del vedere le lettere folleggiare iti sembianza d'ebbre e di parassite nel secolo XVII , non hai ad aspettare cura di amorevoli principi per tosto ristorarle e ricondurle alla smarrita via. Nella storia poi del secolo XVIII l' animo si riposa e si ralle- gra ; e quasi spazia a grand' agio , e si piace de' pon- tificali d'Innocenzo XII , di Clemente XI , di Bene- 19* 292 L « t t u a t « a a detto XIV e di Clemente XIV, nomi eterni quan- to Roma stessa , anzi quanto il cielo e la terra : e dolce ti è pure udire ciò che la magnifica mente del VI Pio in tempi difficilissimi sapesse operare a prò delle lettere e delle arti. Sin qui la storia del Renazzi, lavoro degno del grido che ottenne : a cui però è a bramare che consegua la storia degli anni venuti ap- presso , sicché non manchino le debite lodi al glorio- so Pio VII, e agli altri beatissimi pontefici che fina al regnante Gregorio XVI prolungarono le glorie di questa dominatrice dell' universo. Quale maraviglia è poi che al Renazzi fossero re- si onori dai grandi e dai dotti, fossero dati privilegi e cariche luminose ? Che a lui fossero sottoposti i co- dici di nuova legislazione italiana , che a mercè di tante opere gli fosse anzi tempo concesso onorato ri- poso fi larga pensione, che il senato e il popolo ror mano lo donasse delle insegne e dei diritti del patri- ziato con diploma splendidissimo foggiato all' esempio di quelli , con che ne' tempi andati il Petrarca, il Mer- curiale, il Mureto furono decorati ? Ben è a maraviglia- re , liberamente il dirò , o signori ( che io non so chiu- dere ili petto ciò che nel cuore mi sento) , ben è a ma- ravigliare che troppo umile pietra ricopra le ceneri del generoso cittadino, del sommo giureconsulto , e un mar- mo che renda agli strani e ai futuri l'immagine sua non sorga fra i molli di che si odornano le sale del campidoglio ; conciossiacchè mal si addica negare quest ultimo tributo alla memoria di chi tanto illustrò Ro- ma , e rischiarò la fama de' grandi ingegni che in tanti secoli fiorirono in quest' Atene dei popoli. Quantunque maggiore maraviglia mi colga all' intendere, che il Re- nazzi ebbe alcune e gravi amarezze dall' invidia di mol- ti che gli vollero fare coscienza di quelle colpe che erano del secolo , non sue ; poco facendo ragione della ELOGIO DEL RliflA'ZZl 203 vita illibatamente condotta , dell' amore agli studi , della fedeltà mostrata a saldissime prove , e dell' obbedienza devota eh' egli ebbe sempre alla maestà de' romani pontefici. E che l'animo del Rena/zi fosse tutto inchi- nato alla santa sede, ben si conobbe anche meglio in appresso, e ne fecero .suggello da rimovere ogni dub- biezza, gli anni della vita che gli rimase , e le sue ul- time fatiche. E come altrimenti pensare di lui ? Egli pio quanto dotto, la religione de' suoi padri si ebbe a petto sopra ogni cosa del mondo : fedele ai romani pon- tefici, non volle mai, anche a suo grande lucro , par- tirsi da loro; le acerbità sofferte dimenticò, e solo a sol- lievo dell' animo bastogli lamentarne uel suo secret» , o dividerle cogli amici ; odio non ebbe a persona : la stessa malignità della fortuna non potè mai invilirlo , ne il favore dell' infida inorgoglirlo. Lieto della corona de' figli onorati che il circondavano, non ebbe a deside- rare dolcezza di padre, non di marito. Di ricchezze non fu vago ; che u'avria potuto avere a gran copia : e si tenne contento allo stato, in cui nascendo l'avevano po- sto Ercole Maria suo padre, e Barbara Mantuclieti sua madre, onorati cittadini di Bologna , che lor famiglia trapiantarono in Roma ove nacque Filippo. Il qua- le in vero di molla gloria accrebbe ai genitori, alla patria, all'Italia negli anni che visse, pochi se guar- di al corso della vita che suole stendersi più innanzi , molti se alle cose da lui operate , e al vantaggio recato co' suoi ammaestramenti alla gioventù. Perocché egli nato nel 1747 giunse al fine della sua mortale carriera fra i conforti della religione e il pianto degli amici nel 18OS. Roma e l'Italia ne lamentarono la perdita , e la pietà de' figliuoli e della ben amata moglie gli face umile sepolcro nella chiesa di S. Eustachio . Il Cancellieri sulla pietra sepolcrale scrisse i pregi e le virtù del defunto, le quali se degnamente non ho io al 294 Lkttkrai'urv presente ritratte , piacciavi perdonarlo alla pochezza mia, o signori; ella è colpa dell' ingegno t e non del cuore. BftMriBBMBM— I ««■ ^** Sugli scherzi anacreontici del marchese Luigi Biondi . Lettera di Salvatore Betti al celebratissimo Giani- batista Niccalini. Illustre ed egregio amico A llorchò le guerre cittadine disertavano Roma e l'Italia , Virgilio a divertire l'animo da quegli or- rori cantava Amari llide. Io non so , Niccoliui caris- simo, se i tempi che ci corrono vincano in fierezza gli antichi .- so bene die da molli anni non pare che i gentili spiriti possano avere riposo , se noi cer- cano nelle lettere , e soprattutto nella poesia : la quale perciò si è fatta gran parte de' civili bi^<>- gni , chi leggiadramente v' intenda come a cosa di pace e di cortesia. S\ dico , di cortesia e di pace: né più bello e caro ufficio stimo alla soavissima do- ver piacere , che l' umana vita consolare di queste beatitudini. Il che però non vedo in qual modo po- trebbe adempiere se , come oggi per alcuni si grida, la poesia dovesse fare solamente ritratto de' pensieri e delle opere del proprio secolo. E non sarebbe ciò un volerla pur tinta di quanti vizi possono macchia- re tutta una sciagurata generazione ? JNTo , tale non è l'ufficio della poesia , perchè tale non è quello del bello: anzi tale non è l'ufficio di aiuti genere di sapienza, quando se ne tolga l'istoria , a cui per qua- lità essenziale della natura sua (altrimenti non sarebbe AjUCRKONTIUIE UÌ.L BluiN'DI 295 istoria ma romanzo) sta solo il narrare il bene ed il male che operato abbiano gli uomini , e distributri- ce incorruttibile di lode e di biasimo rappresentarci con fede severa i secoli quali furono. Né sia per ciò chi ad Omero e a Virgilio anteponga Tucidide e Livio , e a Dante il Guicciardini : che prima gli sarebbe duopo combattere il giudizio di un sapien- tissimo (*) , che l'istoria e la poesia fra loro para- gonando , questa sopra quella giustamente innalzò di maggiore filosofia .• considerando che la dove l'istoiia è intenta a* soli particolari, la poesia con liberissi- mo volo spaziandosi nell'universale, per quel raggio della divinità eh' è il bello , maravigliosamente soc- corre la moral perfezione. Non immagine dunque né specchio di un solo secolo vuol essere la poesia , ma specchio ed im- magine di tutti i secoli : perciocché di tutti i se- coli è la sapienza , di tutti il buon senno , di tut- ti il bello. Laonde se il secolo generalmente de- lirerà , non per questo il poeta vorrà delirare eoa esso , se amera di essere avuto savio : né per seguire i più , che sempre sono gli stolli , e farsi per un istante mostrare a dito , si partirà dalia schiera di quegli elettissimi spiriti , che un gran favore del cielo privilegiò a tener viva in mezzo alle tenebre la sacra fiamma della ragione , o per dir meglio , a far fede che per forza di ninna barbarie può can- cellarsi in lutto la somiglianza che 1' umilia stirpe ha col suo creatore. S' egli ciò non farà , qua) mi- nistero di bene sarà il suo fra le genti ? di qual filo- sofia sarà maestro ? qual gloria pretenderà? anzi qual frutto adoprerà il poeta coli' arte sua ? Dovranno po- C) Aristotile nella poetica. 2 0 L E T T E n A T u n A poli e re confortarsi a favorirlo per aver blandite le loro follie, e cantate a grado le loro colpe? Per essere stato superstizioso fra i superstiziosi , dissolu- to fra i dissoluti , barbaro fra i barbari ? Certo la natura umana è già poco da se stessa inchinala al male, perche' a darle urto debba aggiungersi l'opera delle lettere. Oh corrasi dunque a giltar corone sul capo di chi l'anima vuole inebriarci a questi calici di ma- ledizione , e così poi ci aiuta a divenir migliori ! Corrasi a udir narrare le citta sforzate, gli abbattuti altari , le rapine , le stragi, le atrocità d'ogni manie- ra , quando lutto intorno è un grido di guerra, e genti e paesi sono posti alle spade ed al fuoco ! A udir celebrare chi tradisce la patria , e vitupera- te le leggi ne usurpa la potestà , quando le ar- mi cittadine sono rivolte al petto de' cittadini ! A udir lusingare il soldatesco orgoglio , quando tutta Europa , disegnata preda ad una moltitudine sedizio- sa eh'1 le armi rendono audace , minacciata è di pre- cipitare un' altra volta nella età del ferro ! A udire in- fine il verso della lascivia , quando la disonesta pub- blica signoreggiando ha rotto il freno di ogni pu- dore ! E corrano pur tutti , e tripudino: che io muto e solitario mi rimarrò, ancorché non dovessi che un solo uomo avere compagno. E non bastava al giu- dizio di quel filosofo greco aver con >se V unico Platone? Si, Niccolini, io mi rimarrò : ed a quauti vorranno udire dirò, che quello accade della poesia, che un antico savio insegnò accadere della pittura e della scultura ; non doversi cioè più computare fra le arti che diconsi belle , quando altro ufficio non abbia che di favorire i comuni vizi ed errori. Né dal forte proponimento mi ritrarrà il romore delle acclamazioni, che subite e tumultuose possano di lon- tano ferirmi le orecchie : sapendo bene com' elle sieno Anacrkowtiche dkl Biondi i?97 un* assai dubbia testimonianza della ragione e bontà di una cosa. Imperocché fra l'essere profondamente persuaso del vero, ed il venire in alcuna singoiar ma- raviglia , è quella diversità che scorgesi fra 1' eterna luce del sole e lo splendore di un baleno , che vi- vamente ti sfolgora agli occhi , e ti abbaglia, e spa- risce. Maravigliava Roma l'eloquenza'di Seneca, e si alle grida ne levava il parteggiar degli sfolti, che quan- do Quintiliano apri scuola in Roma d'insegnar lette- re trovò che niun giovane aveva più alle mani le opere di Demostene e di Cicerone. Era ciò un es- sere persuaso ragionevolmente del vero , o non piut- tosto un rimanersi attonito all'udir que' concetti di sì ambiziosa novità e ricerca tezza ? Maravigliava Ita- lia i giuochi di parole, le arguzie, le ampollosità del Marini , facendo grand' eco ad un Achilliui non vergognatosi pubblicare , che quel nov atore napole- tano era il maggior poeta di quanti ne nascessero o tra greci, o tra' latini, o tra gli egizi, o tra1 caldei, o tra gli ebrei : sicché ognun sa come a stento in mez- zo quella insolenza di fama potè ottener grazia la voce di art Redi e di un Manfredi , accorsi pietosa- mente dopo settanta e più anni di vergogne a richia- mare le menti italiane a quelle norme , che non Ari- stotile , non Orazio determinarono , come vuole il vol- go , ma furono poste da un' eterna ragione che go- verna tutte le arti. E più maravigliavano gli artisti alla memoria de' nostri padri quel far manierato , que' contorcimenti , quegli svolazzi , che senza la bi- le generosa di un Francesco Milizia, e l'esempio di un Canova sarebbero tuttavia lo stupore insieme ed il vituperio di questa età. Uomini veramente bene- meriti della civiltà nostra , non che delle lettere e delle arti , anzi d'ogni bene dell' intelletto : i quali non lasciatisi vincere a uiutia accusa di non secondare 2y» Letteratura il secolo , e di non volere negl' ingegni un progres- so (che è pure l'arroganza de' moderni dispregiatori de* classici ) , mostrarono come solo certo e bello è il seguire l'esperienza e la lode di tutti i tempi civili, e come spesso nell' umano intendimento un grande pro- gresso di sapienza è il tornare a'principii. Fra' poeti del bel numero che insieme con voi , IViccoliui dottissimo, siedono oggi decoro delle itali- che fantasie , niuno è più fondato in queste dottrine che sia l'amico vostro e mio dilettissimo, il marchese Luigi Biondi : il quale per intjmo convincimento di bene levatosi sopra tutte le superbie delle moderne scuole , e solo inteso alla ragione dell' arte , cosi scri- ve come se delle opere sue dovessero sentenziare tutte le età. E tutte le età infatti sentenzieranno : tutte cioè le avranno fra le cose più graziose , onde oggi le no- stre lettere imitano le graziosissime antiche : percioc- ché niuna dote, che richiedesi ad un egregio scri- vere , parmi in esse desiderarsi : non ordine luci- dissimo , non nobiltà di sentenze , non varietà di mo- di , non quella purità ed eleganza , la quale finché in estrema barbarie Italia non precipiti , dirassi vera vaghezza della favella del sì. E qual seguace più cal- do della natura in ciò eh' ella può dare d'imitazione all' arte ? Quale anima più accesa al bello ? A quel bel- lo io dico , eh' è luce dell' intelletto , e che a si po- chi vediamo risplendere , perchè pochi sono che vi- vamente il cerchino dentro a se , sia ne' cari effetti , sia nelle mirabili elevazioni del proprio spirito : aman- do i più tener dietro a certe gelate disputazioni di me- tafisici , nelle quali assegnandosi al raziocinio matema- tico ciò eh' è della parte in noi creatrice e divina , si dà quasi che senza favilla possa accendersi una gran fiamma. Or eccovi una nuova opera di questo eccellente A\à.creomichz Dt:r, Biondi 29!) ingegno : alcuni sedersi anacreontici pubblicati son po- chi giorni (*) . Scherzi anacreontici ! So bene che molti offenderà questo titolo : coloro cioè che nella grave età che viviamo , vorrebbero veder gli spiriti ad altro intesi che a giuochi ed a leggiadrie. Ma per- chè appunto l'età è grave, a me pare ch'egregiamen- te siasi consigliato l'amico nostro nelT averci invitati cantando ad alcuna onesta ricreazione. Gran prò vera- mente , che fra tanti orrori debbano anche le muse venirci innanzi accigliate ed austere : anzi tutto di co' pugnali e co' veleni , come una civiltà novella ce le porge raccapricciando di là dall' alpe e dal mare ! Il che dicono essere gran forza di quelle immaginazioni. E il sarà bene , quando voglia credersi che l'umano ingeguo non abbia alle sue inspirazioni più alla e no- bile norma , che le azioni del carnefice e del sicario. Io però dirò sempre , che lieve cosa , e più che alcuni presuntuosi vogliano darci ad intendere , è muovere gli animi a inorridire: ne lo scrittore ha in ciò maggiore van- taggio del più vile e scellerato degli uomini. Oltredichè mostra una mente ben poco feconda colui, che per con- citarci salutevolmente lo spirito in un' arte imitativa, ha con brutalità ricorso a* materiali effetti delle passioni. Ma cosa difficilissima , perchè domanda una lunga abitu- dine ad opere di gentilezza , ed un' anima virtuose e soave che tutta quasi si versi nelle parole, è raddol- cire gli animi che già sfavillano d'ira , è trarre a pen- sieri di concordia chi già levasi al sangue, è fra le atro- cità render bella l'umanità , è consolarci infine fra le sciagure, e quasi messo della provvidenza non farci di- sperare del vivere. ("V Scherzi anacreontici del marchese Luigi Biondi roma- no. 120. Roma, tipografia delle belle arti i836. Sono carte 174. UOO Letteratura Molti sono in Italia che scrivono anacreontiche : mi non so dirvi quaP opera vana farebbe chi per entro al più di que' canti cercasse alcuno spirito di Anacreonte. Un pensieruzzo di amore, posto in versi di cinque, sei o sette sillabe , ecco ciò che generalmente dal vol- go de' nostri rimatori stimasi cantare su lira teia. Ma quanto essi s'ingannino , noi dirò a voi, amico gentile, il quale come delle cose latine e italiane , così siete dottis- simo delle greche. Parlarono spesso di amore in versi di pochi piedi i poeti tragici, specialmente ne' cori : né per questo diremo essere anacreontici. Nò anacreontiche chia- meremo molte rime antiche de' nostri , e singolarmente quelle che diconsi ballate , fra le quali è la gentilis- sima di Dante : Fresca rosa novella ; per tacere del ca- pitolo XIX del Tesorett.o. Non sarà dunque chi non si convenga meco, che pochi altri ci sono fioriti , i quali al pari del Biondi abbiano sentito veramente oell* ani- ma la presenza delle musa teia e il suono di quella li- ra. Il qual giudizio farsi pure dopo aver lette alcune delle più. care odi che in questo genere ci lasciarono il Chiabrera , il Menzini , il Mctastasio , il Monti , il Lam- berti , il Parini , il Foscolo, il Vittoiclli ; e dirò anche , dopo avere ammirata quella incomparabile versione dell ode IV di Anacreonte dataci da Paolo Costa , la più bella e perfetta cosa che abbiano dettata le grazie ita- liane a concorrenza di ben tradurre le greche. Sotto che gentil velo di favola in questi scherzi del Biondi na scoste sono tante utili sentenze di filosofia ! Che im- magini dilicalissime ! Che vaghissime allegorie ! Che ve- nusta, che soavità, che semplicità di uno stile ornalissimo senza niuna apparenza di ornamento ! E' egli l'amico no- stro , o non piuttosto è il famigliare di Policrate, che lia dettate le odi dell' ^more insolente , dell' Amore venditore de cuori , del Nido degli amori , dell' Amor contadino , de' Figli di Amore ? Sì , mio Niccolini , Anacrbuinichi del Biondi 301 •gli è il nostro amico che le ha dettate : il quale per un' arte egregiamente secondata dalle più rare disposi- zioni dell'animo, sa de' suoi pensieri e del suo stile d'oro mostrarci mirabili trasformazioni. Si paragoni l'amabile giocondità di queste odi colla tenera mestizia , che quasi ci fa tremar l'anima nelle cantiche per la morte della Bruni e del Perticari ! Si paragoni coli' affettuosa ingenuità, che sì c'innamora nella traduzio- ne delle egloghe pescatone del Sannazaro ! Colla dignità infine , colla magnificenza , coli' armonia si dolce , si temperata , sì casta , sì propria in tutto della divinila virgiliana, ond' è uon pur bello, ma quasi maravigiio- so il volgarizzamento della Georgica ; e vedasi quale po- tenza di favella italiana * e quale eccellenza e varietà d'ingegno sia in questo moderno principe della poesia romana. Non pochi di questi Scherzi potrei qui recare per testimonianza di ciò eh' io dico, noti a voi elegan- tissimo e gran maestro di poesìa, ma a chi pur vo- lesse compiacersi leggere queste carte , ne avesse ancora veduto il caro libretto. E lo farei volentieri , senza tema che di alcuna verecondia dovessero tingere la guan- cia dell' innocenza. Imperocché se nelle cose del Bion- di è sempre la gran gentilezza congiunta colla gran- de onesta , in queste dirò aver egli sorpassato quasi ogni stima de' più timidi e dilicati nella morale : sia che abbia voluto mostrare, come anche possa favo- leggiarsi di amore con purità e con modestia , chi l'ani- ma uon ha volgare : sia che temuto abbia , che la sua musa non potesse in altro abito che decentissimo presentarsi gratamente a una dama di sì specchialo co- sinole , coni' b la contessa Gabriella Sclopis di Salc- igno , a cui. questi versi sono intitolali. E bene quel sicuro giudizio del cavalier Mustoxidi avvisato lo ha liei proemio posto al libretto , allorché graziosamente 302 Letteratura è uscito in queste parole : „ Però qui Amore non giace sulle rose ridendo mollemente , e non vacilla strin- gendo il nappo ; che il Biondi sa accoppiare alle gaie immagini non so quale squisita dilicatezza morale : e scherza, egli è vero, col riottoso e bizzarro fanciul- lo , ma per condurlo con finissimo accorgimento alla scuola di quelle grazie medesime , delle quali Platone eresse il simulacro nell' adito della casta sua scuola. „ Di che basti dar qui in esempio queste tre odi : Amore insolente. 1 Presso Torà del merìggio Mesto e senza cojnpagnia Chetamente i' me ne già Sotto l'ombra degli allor : Quando fuori d'una siepe Uscir vidi un fauciullino, Ricciutello , piccolino , Tutto gioia e tutto ardor. 2. Sottil verga in mar portava , E correndo a tutto passo La scotea dall' alto al basso t E faceala sibilar. E se bene avesse gli omeri Tutti avvolti in un mantello , Si vedean di sotto a quello L'ali or crescere or mancar. 3. Ben eh' ei fosse travestito , Per Amor lo ravvisai ; Che con esso militai Quando fu mio condottici-. Pur non fei parola : e quasi Non lo avessi conoscilo , Lento lento , muto muto Seguitava il mio scntier. AffACREONieilE del Biondi 303 h. Verso i pie chiaando il viso M' infingea pensoso e astratto : E il guardava di soppiatto Se veniva a me vicin. Ma , facendo inchini e smorfie , E ridendo un cotal poco , Si prendeva di me giuoco Quel malvagio fanciullin. 5. Or seguendomi mi dava Della verga in su le spalle : Or poneasi a mezzo il calle E impedi varai l'andar. E mettendo all' improvviso Una gamba fra le mie , Mi facea per que'le vie Or cadere or traballar. 6. Alla fine a lui rivolto , Dissi : O caro , se ti piace Vanne via , lasciami in pace , So chi sei : va lungi , Amor, All' etate già matura Mal s'addicono i trastulli : Vanne vanne co' fanciulli E sollazzati con lor. 7. Egli allora : I' vò star teco , E o ti piaccia , o non ti piaccia Seguir devi la mia traccia , E udir voglio i tuoi sospir. Che mai dici ? io rispondea : E non vedi , o fanciul , come Sulle tempie le mie chiome Incominciano a imbianchir ? 8. Fanciul mio ! se avrò su i labbri Voci tenere e lamenti , Senza dubbio dalle genti Mostro a dito alfin sarò. 304 Letteratura Ei fuggendo : Odi ragione Gh' or m' adduce ! Scimunito ! Se sarai mostrato a dito Io cogli altri riderò. De versi suoi. 1. Allor che versi io scrivo, Spesso alla destra mia Siede Filosofia ; E della benda privo Sta , non seduto , Amore Dalla parte del core. 2. Allo stil mio dà norma Amor che il cor mi tocca Baciandomi la bocca : Onde da lui s' informa L'amorosa favella , Che , sua mercè , par bella. 3. Filosofia, che a vile D'Amor tien l'arti e l'opre , D'un velo si ricopre : Ma il velo è sì sottile , Che s' apre leggermente AH* occhio della mente. 4. E' pur bello il terreno Dove surgano amiche Le mortelle alle spiche : E dove a veder sieno Le ulive fruttuose Fra le ridenti rose ! I figli d'Amore. 1. Non è favola che l'api, Se di prole amor le alletti , AcfAciiEoniTicnt: del Biondi 305 Per se stesse i figliuoletti Soglian sugge re dai fior. La nel bosco di Serapi Ier vid' io che Amore anch' esso De* suoi figli per se stesso Divenia generator. 2. Ei giaceasi tutto solo ; E al girar delle pupille , Ch' or turbate ed or tranquille Parean sempre fiammeggiar , Pullulava il ferlil suolo Bambolette e bambinelli , Come al sol ne' dì novelli Soglion l'erbe pullular. 3. Nudi tutti : fuor che al fianco Giù dal tenero lor collo Discendeva ad armacollo Un bel nastro porporin : E sovr* esso a color bianco Tutti i nomi ad uno ad uno l' leggea di ciascheduno Che faceasi a me vicin. 4. Il fanciul che venne innanti Fu Desio : Timore e Speme Poi d'un parto usciano insieme , Né poteansi disunir. Fin che l'un vagiva infante , L'altra feasi grandicella : S' ei cresceva , la sorella Ritornava a impicciolir. 5. Furor v'era in viso orrendo , E Sospetto , e Gelosia , La qual tanto ingigantia Che vinceva il genitor. G.A.T.LXVIII. 20 30G L E T. T E R A T U R M S'alternavano nascendo Riso e Pianto , Sdegno e Pace : V'era Gioiate a lei seguace Pentimento iva e Dolor. C. Di sembianze si leggiadre Parve Amore agli occhi miei , Ch' aspro o mite , io lo vorrei Meco sempre ricovrar : Ma , se penso che col padre Egli è duopo eh' abbia stanza Quella tanta figliuolanza , Tarpo l'ali al desiar. Or voi , Niccolini carissimo , abbiatevi questo do- no , che panni essere de' più graziosi che possano da- re oggi le nostre muse : e fate che non si scompa- gni da' alcuna opera vostra , che tenga viva nel bel paese la dignità del nome fiorentino, iti Europa 1 al- tezza del senno italiano. Salvatore Betti. 307 Cenni intorno alcune recenti opere biografiche. T n eh. nostro collaboratore scrisse non è gran tem- po in questi fogli (Tomo LX1II. p. 2i8 ) intorno l'u- tile che poteva risultare dalle biografie ; notando assai giudiziosamente , coni' esse ( quando siano scritte per modo, che ponendo iti vista le virtù e i difetti, invogli- no a seguire le prime, facciano abborrire i secondi) pos- sono considerarsi come un trattato di morale pratica. Ed in fatti la biografia , assai più che la storia, serve a conoscere il cuore dell' uomo ; cognizione diffìcile ad. acquistare , ed insieme di prima necessita. La storia rac- conta le luminose geste di Giulio Agricola , 1' odio che Domiziano ne concepì ; ma Cornelio Tacito ci fa cono- scere le domestiche e sociali virtù di lui , 1* eroismo nel sopportare la disgrazia , V amor di patria di che era acceso. Quindi , se Cicerone ebbe detta la storia mae- stra della vita , volendo noi riferire quella sentenza al- la vita sociale, dobbiamo credere che appellasse a quel- la parte di storia , che diciamo biografia. La quale sap- piamo essere stata assai utilmente coltivata dai popoli che più non sono. Scrittori lodatissimi di vite furono Plutarco e Laerzio fra i greci, Cornelio e Svetonio fra i romani : ne tali studi mancarono affatto nella barba- rie de' bassi tempi , come ne fanno prova Donnizone ed Alcuino. Risorte poi le lettere in Italia , primi gli italiani li tornarono in onore; e dopo il Boccaccio , po- tremmo tessere cosi numeroso elenco di scrittori biogra- fici , che questi fogli mancar potrebbero alla materia , non la materia ad essi. Ma volendo ora far cenno di al- cune recentissime opere di tal fatta , dobbiamo innanzi .V0* 30.^ L S T r K li A 1 U R A. dichiarare , che le guarderemo solo da quel lato che si riferisce all' Italia : a dovendo stringere le nostre paro- le entro i confini eli un articolo da giornale , mentre ci dichiariamo scevri dalla temeraria presunzione di dar- ne un compiuto giudizio , vogliamo insieme mantenere la facoltà di dirne il nostro qualunque siasi parere, cou quella onesta linei tà che ci siamo tolti a divisa. E fac- ciamo principio dalla più voluminosa fra esse. 1. Biografia universale antica e moderna , ossia storia per alfabeto della vita pubblica e privata di tut^ te le persone che ebbero fama per operazioni ,' inge- gno , virtù o delitti ; opera affatto nuova. Seconda edizione riveduta e corretta , aggiuntaci la parte mi- tologica , e il supplemento. Venezia presso Gio. Bat. Missiaglia dalla tipografia di F. Andreola 1834 -1 835* 8J-( j)el!a biografia fascicoli sei , i quali compongono il primo volume : del supplimento, ì tre primi del pri- mo volume: della parie mitologica, il primo volume di facce 400 a due colonne per faccia ). E' conosciulissima quell'opera gigantesca incomin- ciata a Parigi sin dal Itfl ! da una società di scienziati e letterati , sotto il titolo di Biographie universelle. iS'ou era essa giunta ancora al suo termine , quando in Ilaiia, e precisamente a Venezia, ne fu procurata la tra- duzione cou giunte e correzioni. Tale traduzione, pro- cedendo con alacrità , potè darci compiuta quella bio- grafia di ben sessantacinque grossi volumi io ottavo a a due colonne il minuta stampa per ogni faccia , qua- si contemporaneamente al terminare dell' opera origi« naie. Videro i francesi compilatori , che non ostanti le lodi loro tributate e giustamente ineritale, la rac- colta avrebbe avuto bisogno di supplimento e di emen- dazioni ; e questo fu provato dalle molle osservazioni del Barbier. Né poteva essere altrimenti di una im- presa 1 il cui scopo era di ridurre in un sol corpo Opere biografiche 30Q quanto i ciotti di ogni nazione ebbero scritto, di cin- que secoli a questa parte, intorno la vita e le ope- re degli uomini celebri. Anche i veneti traduttori co- nobbero la necessita di supplire e correggere l'opera originale ; e lo fecero , specialmente ne' primi volumi : ma le note più volte pubblicate ne' giornali romani , toscani, lombardi, facevan chiaro che l'impresa era ancor lungi dal toccare quel punto , cui i lumi del secolo davano speranza di poter attendere. Allora fu pro- messo un supplimento all'opera intera : e vediamo ora, che non solo il supplimeuto , ma ci danno anche una seconda edizione della prima traduzione. Se giudicar si dovesse delle mancanze che èrano nell' opera originale dal supplimeuto di questa ristam- pa , converrebbe dirle di numero stragrande : impe • rocche al primo volume della ristampa, composto di ottocento trentadue facce, nella serie alfabetica de' nomi e degli articoli corrispondono esatta mèo te i tre primi fascicoli del suppliraento ; i quali slargandosi in trecento dieci facce , provano che mancava nell* ope- ra un terzo circa. Ma con una cosi copiosa giunta si toccò almeno lo scopo? Si ottenne una possibilmente completa biografia universale ? Noi ne dubitiamo : ed in un giornale lombardo leggemmo alcuni nomi ita- liani che mancano nel supplimeuto, e che meritavano di esservi notati. Ora che cosa sarebbe se i dotti dell'In- ghilterra , della Germania , e di altre nazioni , sottil- mente guardando in questa biografia universale, notas- sero le mancanze relative a'ioro letterati , e scienziati, e artisti , e uomini d'armi e di stato , che potevano aver diritto in essa di un posto , perchè non mi- nori nel merito a molti francesi che vi sono ricor- dati? Senza tema d'errare diciamo, che in tal caso il supplimento all' opera originale non sarebbe di un terzo; ma che l'opera rimarrebbe d'un terzo a rimpetto del supplimento. 3 1 0 L E T T E II A T U R K Questo vogliamo s'intenda detto , noti per detrar- re alcun minimo che alla lode meritata sia dai com- pilatori dell' opera originale , sia dai traduttori ed au- tori dèi sappi unenti : ma solo perchè non crediamo im- possibile evitare in tali lavori le omissioni. Una bio- grafia veramente completa ed universale potrebbe solo sperarsi , se alla compilazione di essa concorressero scienziati, letterati, artisti di ogni popolo, anzi di ogni citta ; scevri però da qualunque prevenzione sia na- zionale, sia di municipio : ed inoltre sarebbe necessa- rio stabilire un limite, oltre il quale a noi avvicinan- dosi non dovessero indagare i compilatori : perchè an- nualmente mancando di vita uomini che bari diritto alla ricordanza de' posteri , mai non si avrebbe un lavoro completo, se si volessero estendere le indagini sino ai tempi presenti. Ma , tornando a questa seconda edizio- ne della traduzione veneta , ringrazieremo i chiaris- simi letterati che la dirigono , e si mosfran pieni di zelo , onde lodevolmente condurre così nobile impre- sa. L'aggiungere però alla biograia la parte, mitologi- ca , fu buon consiglio ? Dare i supplimenli staccati da questa ristampa sarà cosa utile ? Ci sia permesso dubitare dell' una e dell' altra cosa. E per vero , se la biografia è parte essenziale della storia , anzi altro non è che una storia particolare de' diversi uomini che salirono in fama per meritare che il nome loro venisse tramandato alla posterità , unire ad una raccolta storica la parte mitologica , sarà lo stesso che mescolare le favole con la verità. Si dira che la parte mitologica si compone d'una diversa se- rie alfabetica ; che anche gli autori francesi opinaro- no essere la mitologia un compimento necessario della storia ; che quell' opinamento fu ridotto ad esecuzione dal Parisot. Sia pure : ma non perciò può dirsi bio- grafia un dizionario mitologico, fino a che le due di- Opere biografiche *> i i verse voci biografia e mitologia ritengano il loro ade- quato e vero significato. D'altronde , se nel primo vo- lume di questo dizionario sono i soli articoli che dalla lettera A. giungono alla sillaba BA.S , ci sembra che essa abbraccerà così eccessivo numero di volumi , da fare spavento. Questo poi non è il luogo opportuno per notare se il lavoro originale possa dirsi compiuto ; se giuste le giunte , ragionevoli le omissioni fatte dai (ra- do ttori : ma, per ragion d'esempio ,• diremo che l'arti- colo Abandì spiegato per regina delle donne bianche, non appartiene certo nò alla biografia , né alla mito- logia : esse donne bianche esisterono solo nella cre- dulità di alcuni popoli del medio evo; furon rese ce - lebri dal romanzo di Gualtiero Schott , intitolato il Monastero ; possou reputarsi della classe dei folletti , dei vampiri , e simili ; quindi non ebbero certo una regina. Ma vedrem forse nella continuazione, che anche la regina delle fate meriterà posto in questa parte di biografia. Dicemmo che non crediamo utile l'aver dati i sup- plimenti staccati da questa ristampa , e non ci sem- bra totalmente soddisfacente la ragione addotta dagli editori per giustificarsi : perchè esso supplimento ben poteva , e doveva stamparsi separato come van facen- do , per comodo di coloro i quali acquistarono la prima traduzione; ma facendo di essa prima traduzio- ne una ristampa , doveva in essa fondersi il suppli- mento, per rendere il lavoro uno ed intero. Disgre- galo, com' esso attualmente è , se vantaggia gli acqui- renti della prima traduzione , obbliga gli acquirenti della seconda a percorrere due serie alfabetiche , che formano quasi due opere per rintracciate un nome qualunque. //. Storia e. ritratti di uomini utili , benefattori delf umanità , di tutti i paesi e di tutte le condì - -ioni. Bologna , tipografia Sassi 1835, 8. 3*2 Letteratura La socie la Monthyon e Francklin va pubblican- do in Parigi VHistoire et portraits des hommes uti- les ce ; della quale opera è una traduzione quella qui annunziala. Viene in luce a fascicoli : soli sei ce ne giunsero finora alle mani : in essi tutte le vite sono tradotte dall' opera francese ; sol una è originale ita- liana ; diciamo quella di Bernardo di Mentone. Essa è firmata con due lettere D. S ; e noi crediamo che in esse si celi il nome del signor Difendente Sacchi ; perchè ricordiamo aver letto , conT esso nel 1835 pub- plicò una vita di Bernardo. Vero è che no* avendo noi avuta sott' occhio quella vita, non possiamo asse- rire con certezza che sia la slessa che si legge nella raccolta ; ma le iniziali del nome ci sembrano argo- mento non vano per crederlo. Speriamo che tale rac- colta venga arricchita di altre vite d'italiani : i quali non furon certo secondi a ninno nel procurare il bene dell' umanità. Ma dare un giudizio qualunque, ora che la raccolta è sul principio , sarebbe cosa più. teme- raria che lecita. III. Vite e ritratti delle donne celebri cf ogni paese ; opera della duchessa d Abrantes e di Gius. Straszewicz , tradotta dal francese per cura di lette- rati italiani. Milano, tipografia Bernardoni 1835. 8°. Pare che questa raccolta si comporrà nel tutto in- sieme di dieci volumi in ottavo grande di circa 400 facce ognuno. Dichiariamo non averla veduta; e qui ne facciamo ricordo per averne letto un articolo in un giornale italiano. Nel quale se le vite delle donne celebri sono lodate cos'i pel loro merito originale , co- si pur la diligenza delle'traduzioni ; si nota per con- trario , che la parte calcografica potrebb* essere, ge- neralmente parlando, migliore. Noi siamo inoltre in- clinati a credere che questa biografia possa dai tradut- tori migliorarsi in quella parte che riguarda la nostra Opere biografiche 3i3 Italia : perchè fra uoi non ci fu mai [anuria di don- ne che si applicassero alle buone lettere, agli utili stu- di. Esternò diversa opinione quella isolana , nelle cui opere la parte storica volgesi in romanzo , quella che tratta dei costumi de' popoli è quasi intieramente basata sul falso : ma la opinione di lei vittoriosamente eb- be contraddetta quella gentil ferrante, nella quale non sappiamo se prevalga la dottrina alla cortesia , o questa a quella. Ricordate queste tre traduzioni , diremo ora di al- cune opere biografiche originali italiane; fece odo pre- cedere le speciali alle generali. IV- Biografia soncinate di Paolo Ceruti. Milano tipografìa Ferrano 1834. in 4°. di pag. 399. L' avvocato Gio. B. Gussalli, erede dei manoscrit- ' li del Gemuti , premette a questa biografìa alcuni cen- ni storici sulla vita dell' autore. Vengon quindi le no- tizie statistiche di Sonci no ; poi la serie cronologica delle più notabili vicende di esso dal tempo degli im- peratori romani al 18 1 t\. Siegue la prefazione del Ge- ruti; nella quale espone il perchè abbia egli compilata la biografia soncinate indipendentemente da quella di Cremona. Forse si potrebbe rimarcare, che non tilt ti i nomi di questa biografia paion degni di essere tiammdati alla posterità : ma iti tali opere ci sembra miglior cosa difettare nel più , di quello che nel meno; perchè spet- ta poi a chi debbe farne uso per una storia delle let- tere italiane , lo scegliere da esse eia che degno è di special menzione. Termina la biografia con alcune in- dagini sull'epoca della fondazione dell' ebraica tipogra - fìa in Solicino. L' A., per buoni argomenti la fa risali- re al 1484 ; e nel catalogo delle edizioni di essa si mo- stra non men diligente bibliografo , di quello che nel- la parte biografica si fosse mostrato caldo e zelante ama- tore della patria. 314 L E T T E I\ A T U n A V. Notile biografiche e letterarie degli scrittori dello stato estense. Reggio, tipografiaTorreggiani 1833 e segg. 4°. Se l'Italia non può vantare ancora una sua biografia universale ( che gli scrittori italiani del Mazzucchelli non procedettero oltre la seconda lettera dell'alfabeto ) è però cosi ricca di parziali biografie , che nino' altra nazioae può vantarne. Ve ne sono dei diversi stati in che essa è divisa ; ve ne sono ed in gran numero delle diverse città , d'Ilo diverse classi di letterati , di scienziati , di artisti. Si aggiungono ora ad esse le notizie biografiche e letterarie degli scrittori dello sta- to estense: vengono in luce a fascicoli; de' quali n'^ ri- cevemmo soli sette finora. Contengono la vita di dician- nove individui ; fra i quali ne piace ricordare i nomi di Filippo Re e di Paolo Raffilai. Alcune fra esse. vite han- no alla fine una giunta di prose o versi inediti dell'au- tore cui riferisconsi ; ve ne sono a cagiou d'esempio in quelle di Luigi Ce; retti , di Francesco Cassoli , di Vin- cenzo Cattelani : ma noi dubitiamo forte che molte di queste rime siano per aggiunger nuovo lustro al nome degli elogiati. VI. Biografia degli scrittori padovani: di Giuseppe Vedova. Padova costipi della Minerva 1832 e segg. Ci basterà aver ricordata quest' opera ; perchè il sig. Hanalli avendo promesso di scriverne in questo giornale giunta che fosse a compimento (ved i voi. LXl pag. 346), noi non vogliamo entrare nel T altrui mes- se. E qui avremmo dovuta far menzione delle Me- morie degli scrittori parmigiani , racco' te dal P. Ireneo Affo e continuate da angelo Pezzati j, il cui settimo ed ultimo volume in 4° venne a luce in Par- ma nell' anno iS33 ; e delle Memorie storiche delle arti e degli artisti della marca d'Ancona raccolte dal marchese Amico Ricci, e pubblicale in Macerata Ol'EUE BIOGRAFICHE 315 l'anno 1834 in due volumi in 89 .- ma perchè la pri- ma di queste due opere in gran parie era già co- guila ; cioè quella che debbesi all' Affò : e perchè la seconda sebbene tratti la parte biografica degli ar- tisti , pure ci sembra più pregevole dal lato delle ar- ti , e dovrebbe quindi un sunto di esse trovar luogo nella terza divisione del giornale, piuttosto che in questa seconda : ci è sembrato sufficiènte averle ri- cordate, retribuendo agli autori chiarissimi quelle lodi, che già in altre parti d'Italia hanno meritamente ri- cevute. VII. Biografìa e ritrotti di XXI V illustri ro- magnuoli , pubblicati per cura di Antonio Herco- lani. Forlì 1834. 8". Vili. Vite e ritratti di XXX illustri bolognesi. Bologna litografia Za fin oli 1835. Sono utilissime queste parziali raccolte biogra- fiche, siano di un municipio, siano di una provin- cia ; e ciò non solo perchè rifrescando la memoria de' dotti concittadini, eccitano nella gioventù del mu- nicipio e della provincia l'amore della virtù e della dottrina , ma anche perchè le vite sono in esse più accurate , con più diligenza ed esattezza ricercale le notizie sia delle opere , sia delle sociali virtù de- gli elogiati. Di queste due raccolte un breve cenno fece già il nostro giornale (tomo LXV p. 3 1 0) : e perchè non son esse ancora condotte a termine , e perchè altri già promissero scriverne in questi fogli più a' lungo ; noi ci staremo contenti allo accen- nare alcune cose le quali più all' estrinseco , che al merito intrinseco di esse si riferiscono. La prima , quella cioè dei XXIV romagnuoli, per la parte delle incisioni de' ritratti a semplice contorno viene ese- guita dall' editore sig. Antonio Hercolani. Le vite sono scritte da diversi chiarissimi romagnuoli: la spesa 31 6 Letteratura è assai modica; perchè ogni biografia non minore di otto facce in ottavo, compreso il ritratto , costa soli baiocchi quindici : cosicché il corso dell' intera rac- colta sarà di soli trentasci paoli. La seconda (dei XX.X bolognesi) per la parte letteraria è opera di Cateri - ria Franceschi Ferrucci, valentissima fra i viventi scrit- tori italiani : ad ogni vita precede così il ritratto dell' uomo illustre eseguito in litografia dal Zaunoli, come il fac-simile del carattere. Prima di passare ad un' altra raccolta , vogliamo far ricordo delle Vite degli illustri ravegnani , scritte con sapor di lingua e dot- trina dall' egregio Filippo Mordani. Giungono fino- ra al numero di quaranta ; ed originai ine ite furon tutte di mano in mano pubblicate in questo nostro giornale. IX. Serie dei dogi di Vene.ia intagliati in ra- me da Antonio Nani , giuntevi alcune notizie bio- grafiche estese da diversi. Venezia 1 834 » tipografia di Francesco Picotti. Questa serie esce a fascicoli: finora ci giunse alle mani il quarto. In ogni fascicolo sono due ri- tratti con le vite relative; essi però non sono distri- buiti cronologicamente; ma sì con questo metodo, che nel primo fascicolo sono le vite e i ritratti del pri- mo e dell' ultimo d »ge ; nel secondo quelli del se- condo e del penultimo ; e cos\ via discorrendo. Com- piuta però la raccolta, sarà facile distribuirla secondo la cronologica successione. Essendo i dogi 120, l'ope- ra sarà compiuta in sessanta fascicoli, i quali impor- teranno in tutto novanta lire austriache: prezzo certo noti eccedente , avuto riguardo ai rami che ci sem- brano intagliati con buon gusto ; come pare , che le vite scritte con sobrietà meritino essere siuceramente lodate. Questa impresa calcografico-biografica , a cre- der nostro , è assai pregevole : perchè la storia della OpEUK BIOGRAFICHE 31 J veneta repubblica legandosi necessariamente con le .vite dei do<»i , queste diventano di un interesse non muni- cipale, un italico. Chi non sentirà commoversi in leg- gere le vite di Andrea Gontariui trionfatore di Geno - va, di Ziani ospite generoso di Alessandro HI , di Fo- scari no ìagerario obbligato a rinunziare gli ornamenti ducali ? Chi non ispsrgera una lagrima sulla tragica fine di Marino Faliero ? Gin non godrà nel vedere le irom igini di Enrico Dandolo il vincitore di Costanti- nopoli, di Francesco Morosiui il peloponnesiaco ? Sia dunque lode a chi immaginò la raccolta; sia lode a quegli illustri che la penna loro impiegano nella parte biografica. Solo una dimanda vogliami fare al sig. Na- ni : I ritratti dei primi dogi da quali monumenti fu- rott desunti? Visse al finire del settimo secolo Paolnc- cio Anafesto ; al principiar dell'ottavo Marcello Te- galino , ed Orso Ipato ; e Teodato Ipato doge as- sunse il comando solo nel 74'2. Forse parrà ad alcuno che le arti di que' tempi difficilmente valessero a con- servar la memoria di essi dogi ne' loro ritratti; e se la conservarono , perchè il sig. Nani non accenna da quali fonti li ebbe copiati ? sarà ingiusto dubitare della loro genuinità ? Famiglie celebri italiane, del conte Pompeo Lit- ta. Milano 1819, i 835, S3 fig. Non vi sarà , lo speriamo , chi voglia accusarci di contraddizione; perchè avendo promesso scrivere di alcune recenti opere biografiche , facciam poi ricordo di una che è cognita da oltre tre lustri. Noi po- tremmo rispondere , che recentissima è quella porzio- ne pubblicata \iei i835. Ma senza ricorrere a quest* argomento , confessiamo che non ci sarebbe bastato il cuore , scrivendo di cose biografiche , tacere di una che reputiamo la più celebre che in questo genere ab- bia prodotta l'Italia nel secolo XIX. Venne appena •*i3 Letteratura pubblicato il principio d'essa, ciie il nostro giornale fu sollecito retribuire all' illustre autore le giuste e meritate lodi (tomo IV p. 171) : quel primo fasci- colo riferivasi alla famiglia Attendolo Sforza. L'ulti- mo che ci giunse alle mani è il trigesimoterzo, e con • tiene la prima parte della famiglia Gonzaga di Man- tova. In questi trentatrè fascicoli sono illustrati i fatti e i monumenti di cinquantaquattro famiglie. Se la va- stità dell'impresa poteva far dubitare nel e 8 1 0 di vederla ridotta ad effetto ; quel dubbio ora è svani- to; perche il lavoro è già molto inoltrato , e il dotto autore procede sempre con egual impegno nella con- tinuazione. Di esso il eh. Defendente Sacchi , fra le molte più lodi , così scriveva noti è gran tempo: ,, Fare „ la storia di tutte le famiglie illustri di una na- ,, zione, nella quale ogni citta ed ogni terra ne ebbe „ di grandi e potenti , che s'acquistarono rinomanza ,, e credito colle armi , colle virtù cittadine , e col ,, principato ; tracciare l'origine di queste famiglie , „ seguirle nel loro crescere e diramarsi , segnarne i „ fasti e il decadimento, sino alla loro estinzione ; ,, era pensiero che appena potrebbe potersi ridurre ad ,, effetto da una accademia , da un consesso di dotti: ,, eppure vi valse un solo uomo, un concittadino di ,, Guicciardini , di Giannons , di -Tira boschi , il sig. ,, conte Pompeo Litta ". Né alcuno dirà che questo elogio del Sacchi sia esagerato , se porrà mente alle difficoltà che dovevansi superare ; al come le ebbe il sig. Litta superate. Nelle origini delle famiglie sep- pe togliere quanto di fantastico , quanto di favoloso vi era innestato sin dagli antichi tempi per colpa degli uomini , amanti più del maraviglioso , di quello che conoscitori della sana critica che sa scernere il vero dal falso. Dai documenti de' privati archivi , dalle Opere biogr/lf'ciis 310 cronache municipali , il a Ile sljrie incuorali e parziali seppe rilegare le epoche diverse dei diversi personaggi di ogni famiglia, tracciarne la biografia, dire le vicende pel- le quali influirono nelle cose pubbliche, dimostrarne il vero carattere , indicandone i vizi , lodandone le virtù. Per mezzo dei monumenti, che sono i testimoni coevi degli avvenimenti diversi , potè convalidare la storia ; quindi dopo aver raccolto da ogni dove i di- segni delle statue , dei quadri, dei sepolcri, dei ce- no tallì, dei trofei , delle medaglie e monete relative alle diverse famiglie, ne usò con sano criterio, e chia- mò cosi le arti ad illustrare la storia e la biografia. Prosiegua il sig. Lilta nella ben condotta impresa ; e sia certo che l'opera sua basta da se sola ad ono- rare non un sol uomo , ma un secolo intero , un' intera 'letteratura. XI. Dizionario degli architetti , scultori , pit- tori , intagliatori in rame , in pietre , coniatori di medaglie , niusaicisti , mediatori, intagliatori di ogni età e W ogni nazione ; di Stefano Ticozzi. Mda- no 1831-1834, voi. 4 in 8° a due colonne per ogni faccia. Già per altri lavori consimili il sig. Ticozzi erasi reso benemerito deg li sludi biografici che riferisconsi alle belle art": né in questo ha egli menomamente di. minuita quella giusta fama di diligenza e di esattezza che erasi acquistata ; anzi V ha aumentata. Ed infatti dobbiamo dire utilissimo questo dizionario , reputan- dolo come un compendio delle tante opere della specie già pubblicata ; utilissimo guardando al comodo ma- nuale degli artisti e degli amatori delle arti, i quali troveranno in quattro volumi raccolto quanto di neces- sario avrebbero dovuto cercare in molte centinaia di torni : e d'altra parte guardando la lunga fatica du- rata dall' A. chiarissimo, la somma diligenza, il buon J20 Letteratura ordine , il retto criterio, dobbiamo sinceramente con- gratularci con esso lui; certi come siamo, che ogni cor- tese leggitore dell'opera sua esternerà simile opinione. XII. Biografia dogli italiani illustri nelle scienze lettere ed arti del secolo XVIII e de contempo- ranei , compilata da letterati italiani di ogni pro- vincia , e pubblicata per cura del prof. Emilio De- Tipaldo. Venezia tipografia Aivisopoli in 8'. Santa impresa noi reputiamo quella del prof. De- Tipaldo , cosi per lo scopo cui mira , come pei mezzi de' quali egli usa per condurla a fine. Ha per iscopo cor- reggere i molti errori sparsi nelle biografie e nelle sto- rie letterarie straniere rispetto agli uomini italiani , e specialmente a quelli del secolo passato e del presen- te. Questo farà veder chiaro quanto sia inesauribile la ricchezza degli ingegni d'Italia nostra : ques'to farà rinsavire coloro che scrissero , nulla aver pensato da se gli italiani del secolo XVIlI , ma aver solo ripetute le dottrine degli stranieri : questo risponderà a quella du- ra sentenza del Buhle : „ Dal secolo XVIII sino a'tem- „ pi nostri, la filosofia aver poche obbligazioni , e forse „ nessuna agli italiani"; quasi Gravina e Spedalieri, Vico e Beccaria, Filangeri e Genovesi, Gioia e Roma- gnosi, Piazzi e Volta, ed altri cento, fossero nati fra i sar- mati. Ne men santi sono i mezzi adoperati dal Tipaldo per conseguire la meta, perchè invece di di aver tolto intera- mente sopra di se il carico di scrivere questa biografìa, non volle che esserne il compilator principale : aven- do chiamati a suoi collaboratori tutti i più illustri ita- liani delle varie provincie. Dal che quanto vantaggio debba resultare , sia per la verità delle date , sia per la piecisa cognizione de* fatti , ognuno facilmente cono- sce. I principii generali poi, che regolano l'intiera rac- colta, sono i seguenti: Tutti quegli scrittori, che con più della mela della loro vita entrano nel seco- OpEUE BIOGRAFICHE \Y1 1 lo XVIII , faraa parte della biografia : vengono indica- te le più pregevoli edizioni delle varie opere di ogni autore , delle più famose si da un' idea distinta , facen- do conoscere 1' utile che ne è derivato , oltre le noiizie riguardanti la vita , le vicende , la morte dell'uomo il- lustre , si toccano !a controversie letterarie di lai , e gli effetti che produssero : anche più <;i preu.le di mi- ra il carattere morale ed intellettuale dell' uomo, é del suo tempo. l\ou sono esclusi dajla raccolta i letterati di minor grido , perchè sarebbe sconoscenza tacerne. Ma gli articoli, che ad essi si riferiscono, si stringouo in più brevi parole: non sono dimenticati alcuni uomini di sia- lo , non alcuni fra i molti che dedicaronsi alle armi, e ne ottennero rinomanza. Finora ci giunse alle mani il 1°. volume che si spazia in 595 facce in 8°., e contiene cento ottanta- sette vite: anche, ricevemmo i due primi fascicoli del secondo volume , nel quale sono oltre ottanta vite cir- ca. Se l' opera , come vivamente speriamo , prosiegue con alacrità e con impegno , e se si continua il meto- do finora adoperato rapporto alla maggiore o minore estensione degli articoli , al terminare di essa avremo circa mille cinquecento vite di italiani illustri. Perchè si promettono otto volumi , diviso ognuno in quattro fascicoli : e non avendo 1' editore eh. potuto adottare l'ordine alfabetico , alla fme di ogni volume e un indi- ce de' nomi di coloro , le cui vite sono per entro al vo- lume pubblicate: ed oltre a ciò, promette di dare alla fi- ne dell' opera gli indici generali disposti , cosi per or li- ne alfabetico, come per ordine scientifico, i quali saran- no al certo molto utili per abbreviare il tempo neces- saria alle ricerche. Abbeuehè in questo giornale il sig. Rambelli scri- vesse del primo fascico o di quest'opera (Tomo LXIII pag. 218) , ed alcun brano recasse di alcune biogra- G.A.T.LXVIII. o, 322 L E T T R TI A T U R A fie , pure avendo essa d'allora in poi progredito di mol- lo . noi dobbiamo ora rimarcare , che l'egregio edito- re aumentò sempre di zelo , i diversi scrittori di stu- dio e d' impegno. Tutte le vite sono scritte in isti le as- sìi chiaro: fra esse ci piace ricordare qualle di Alessan- dro Albani e di Stefano Borgia cardinali di S. R. C, i finali un minore onore dalla porpora riceverono , di (ideilo che ad essa ne dessero; le altre di Gio. Batt. Bal- ducci , Angiolo M. Bandini , Stefano Arteaga , Gio. Lodovico Bianconi, Appiano Buonafede, Ferdinando Ga- llarli, Carlo de Rosmini , Gius. Bossi, Marco Porcel- lini , cav. Compagnoni , conte Napione , e quelle di Ottavio Assarolti fondatore della scuola dei sordo-mu- ti , di Francesco Bar to tozzi valentissimo incisore , di Gio. B. Brocchi sommo geologo , di Gaetano Filan- gieri restauratore della scienza dell' uomo di stato , di Antonio Genovesi e di Melchiorre Gioia economisti ce- leberrimi, di Giulio Perticali difensore del patrio amo- re di Dante, di Gio. B. Bodoui tipografo lodatissimo , di Nicolò Tornelli e di Gio. B. Pergolese trovatori di sublimi armonie, e per tacerne altre moltissime, di Gius. Piazzi astronomo a niu::o secondo. Fra' gli au- tori poi delle vite , leggiamo i nomi di molti illustri : che son tali senza dubbio Gio. Domenico Romagnosi , Nicolò Tomaseo , Cesare Canlù , Melchior Missirini , Salvatore Betti , Domenico Vaccolini , Manno , Gam- ba , Mustoxidì , Mordani , Zendrini, Rambelli, Mamia- ui , Renieri , Sclopis , Carrer, Monchini, Cibrario ec. Abbiamo sicura fidanza che quest' opera sia pro- tetta ed incoraggiata , perche è diretta ad un fine che grata la rende ad ogni figlio d'Italia , e perchè for- merà il documento più certo della nostra storia let- teraria, cosi pel secolo XVIII, come per l'attuale. Ac- celerando il termine di questi cenni , faremo ricordo di due opere straniere , una relativa tutta all' Italia , l'altra in gaa parte. Opere biografiche 323 X1LL l'ite de più celebri missionari cattolici , scritte da Giovanni Carne. Londra presso Fisher 183.*). Di questa raccolta nulla possiamo dire , perchè so- lo ne conosciamo il titolo per menzione fattane da un giornale romano. Niuno dubiterà però che in essa molta parte si riferisca agli italiani , e forse molti verranno nella nostra opinione , cioè che in Roma più che in Londra potevansi avere i materiali per renderla piena e veritiera. XIV. Calerle ec. Galleria storica degli uomini cehbri d'Italia, scritta da Noivins , Didier, fValche- naer , Legouvé , Royer , Berlioz , Royer de Beau- voir , e Lemonnier, coti ritratti disegnati da Deveria. Parigi presso Coste s i835m 4". Chiudiamo il nostro articolo con ricordare que- sta galleria che fu incominciata sul finire dell* an- no scorsa. Il primo fascicolo contiene la vita di Vit- torio Alfieri. Il sig. Legouvè nel programma scrive dell' Italia per modo , che noi crediamo debito di ri- conoscenza addurne qui alcuni brani. „ Il cielo, il mare ed i monumenti , non sono ,, che meta dell' Italia : gli uomini soli la fanno com- „ pita. La qual cosa se per ogni altro paese del mon- ,, do è vera , per l'Italia è verissima , ove il cielo , „ la terra ed i mari sono le sue minori bellezze. L'Ita- „ lia per favore, speciale della provvidenza ha dato in ,, tutto l'esempio del moderno incivilimento. Il primo ,, gran poeta lirico è un italiano, Petrarca; il primo poe- „ ta epico moderno è un italiano , Dante ; il primo scul- ,, tore ed architetto del mondo è un italiano , Miche- ,, langelo ; il più gran pittore del mondo è un italia- ,, no, Raffaello: il primo novelliere del mondo è ita- „ liano , Boccaccio : il primo Omero comico è italia- „ no, Ariosto .-il più profondo politico de' mezzi tem- „ pi è italiauo, Machiavelli: il più gran rcstaurato- 21* 324 L e t t e rt a t o u a ,, re della filosofia naturale è italiano , Galileo : il „ primo che abbia rischiarata colla filosofìa civile la ,, storia è italiano , Vico. „ Vede ognuno come quest' elenco potrebbe facil- mente ampliarsi. Poi il sig. Legouvè siegue cosi : ,, Innanzi a tutti gli ambulacri del tempio del ,, genio, trovasi ritto in sulla soglia un figlio d'Ita - „ lia. Mentre altre nazioni si affaticano secoli interi ,, per produrre una turba di mediocri , l'Italia riposa ,, per un istante , e poi slancia nel mondo un nuovo ,, colosso. Pare che la provvidenza spiri un soffio di- ,, vino su questa terra , e ne faccia nascere i gran- ,, di ingegni, come gli alberi colossali che in essa al- ,, Ugnano. Da questa classica terra , da questa immen- „ sa famiglia di uomini illustri , noi scerremo i più „ grandi , e ne formeremo la sublime assemblea, che ,, rappresenta il genio italiano ,, . Siano retribuite sincere grazie agli illustri compi- latori. Il rendere giustizia a noi, ai uostri uomini illu- stri , come onora la loro franchezza scevra dai pre- giudizi di nazionalità , cosi torna a lode e vantaggio dell' intiera repubblica letteraria, la quale formar do- vrebbe una sola famiglia , unita tutta concordemente a procurare il progresso delle lettere, delle scienze, del- le arti. Uno quindi essetido lo scopo, la lode degli ita- liani torna a vantaggio de' francesi , degli inglesi , de' tedeschi , di ogni altro popolo ; come a vantaggio dell' Italia torna quella degli esteri, perchè gli scenziati, i letterati, gli artisti, uon sono stretti fra i limiti delle politiche divisioni degli stati. C. G. o2o VARIETÀ' Lettera di Bajfaello d'Urbino a papa Leone X , di nuovo posta in luce dal cavaliere Pietro Ercole yisconti «e. 8. Roma , tipografia delle belle arti i856. (Sono cari. fò. ) JLi qui con nuove ed importanti dichiarazioni data dal eh. Visconti la famosa lettera , che co' pensieri di Raffaello, ed a nome del divino pittore , dettò Baldessar Castiglione ( e cer- to è così , chi conosce lo stile dell' autore del Cortigiano ) , indicizzandola al gran pontefice Leone X. La lettera , come ognun sa , era stata posta da prima fra quelle del Castiglione medesimo : e fu l'ab. Daniele Fraucesconi che la restituì all' Urbinate nell' edizione che ne fece in Firenze pel Brazzini nel 1799. S. B. Raccolta di rime sacre di Enrichetta Dionigi Orfei. 8 Or- vieto presso Sperandio Pompei i835 . (Un voi. di car- te i54> ) X. ra le più gentili poetesse italiane che ci fioriscono tiene un bel seggio l'Enrichetla Dionigi Orfei , dalla quale così giusta» mente si gloria la romana letteratura. Ella dotta , ella elegan- te , ella praticliissima non solo de' nostri classici , ma e de' latini e de' greci. Quindi non possiamo che sommamente lodare il pensiero di chi , raccolte insieme tutte le sue rime sacre , 326 Varietà' ne ha fatto questo volumetto, come un caro dono intitolan- dolo a quel lume del sacro collegio e della chiesa , eminen- tissimo signor cardinale Lamhruschini , segretario di stato di Sua Santità e prefetto della sacra congregazione degli sludi. Noi vorremmo eh' elle andassero alle inani di molti così per le cose , come per le parole : e soprattutto quella Epistola sul campo santo di Bologna , eh* è una delle più splendide poe- sie eh' escile sieno a questi giorni in Italia , e eh' è stata qui nuovamente stampata con un proemia elegantissimo del nostro celebre marchese Biondi. S. E. Salmodia volgare, i836. JLj egregio signor Tommaso Panzieri inconsolabile per la per- dita immatura della sua dolce compagna , ad alleviamento dell' animo e della vedovanza sapendo che Dio solo è vero con- fortator degli •afflitti, ha composto una salmodia volgare , e l'ha dedicala con parole di pietà alla defunta sposa. E mentre egli ha posto un monumento d'amore indelebile a quella cara ani- ma , che viva lo consolò del suo sorriso , morta dal cielo ne governa gli affetti, ha pure mostrato apertamente quanto egli sia pio , e quanto gli stia a cuore , alla corrente de' libri perni- ziosi che innondano l'Italia, opporre per quanto è da lui un libro religioso , che sollevi la mente de' leggitori alla contem- plazione delle cose di Dio ; e metta nel cuore sani principii di sincera morale, e diletto di verità certe , non lusinga di men- zogne poetiche. Con ottimo giudizio poi ha prescelto d'imitare i canti profetici , e perchè i salmi ritengono un non so che di grande dai modi concessi unicamente a questo genere di poe- sia , e perchè bene sta richiamare gì' italiani a questo modo di poetare ornai andato in disuso , sebbene se ne piacessero i pa- dri nostri. Infetto il serafico d'Assisi primo foggiava salmi a gui- V a n i v. t a' 327 sa de' davidici , il divino Alighieri consolava la sua ultima età e l'amarezza dell' esigilo cantando su italica cetra i sette sal- mi di penitenza , alcuni salmi pure cantava l'amatore di Lau- ra , e alquanti scelti di qua e di colà bellissimamente ne re- cava alla poesia italica Girolamo Benivieni. Bernardo Tasso non solo donava veste ma forma italiana a questo genere di poesia , che per l'innanzi o sentiva di troppa imitazione , o non era che volgarizzamento ; e dir si può senza errore, egli primo mostrava che la lingua nostra basta degnamente al can- to ispirato de' profeti. Appresso anzi che comporre salmi si volle tradurli, e quindi fra i latini il Flaminio e il Casa si di- stinsero , ma non moki furono i salmi ch'essi tradussero : che due o al più tre ne voltò il Casa; trenta il Flaminio. Il Buca- nano die intera la collezione de' salmi in tale bontà di lirica latina , che io credo niuno ancora gli abbia tolto il vanto di primo e di più elegante traduttore. Non dirò io che pure ele- ganti non sieno le traduzioni fatte in appresso da Pietro Ros- si senese, e dal faentino Antonio Laghi , scrittori nutriti alle scuole più pure del Lazio: ma il Bucauano , mi sia lecito dir- lo , ha tale impronta di originale , tale forza di colorito e di frasi, e un lanciarsi di fantasia così sentilo e così vivo , che pare non scriva ciò che altri dettò , ma ciò che la mente e il il suo cuore gì' inspirano. Delle traduzioni italiane ve ne ha pur varie, ma tranne quella di Loreto Matlei ( che, spogliata de' vizi del secolo in cui visse , saria robusta e degna poe- sia ) e quella di Saverio Mattei , che quanto le cede per la forza poetica tanto sovrasta per la retta interpretazione , e pei com- menti veramente dottissimi, altra non conosco io da farne men- zione. Ben dirò che ora il chiarissimo professore Pier Bernabò Sdorata si è posto a rendere i salmi biblici in italiano con tale buon successo , che io ho per certo che vincerà la prova sui due Mattei , ,, E l'uno e l'altro caccerà di nido : 328 V A R 1 ì T a' tanta è la bontà dello stile, e della lingua eh' egli usa Ma persona non aveva ancora tentato di dare intera una salmodìa, e ridestare su cetra italiana le soavi note dell' arpa davidica : e questo ha fatto il signor Panzieri. ,, La mia salmodia , di- ce egli, p^i'la delle medesime cose fdi cui parlava la davidica) ma con linguaggio semplice ed accomodalo all' intelligen- za di tutti , benché tratto dai libri de' santi padri della chie- sa, fra i quali è mia principale delizia qutll' Agostino che è il principe de' dottori. E' vero che sono argomenti scritti da un cristiano, e che dai cristiani devono essere letti ; ma è vero al- tresì che essendo stati scritti ad imitazione di un esemplare ebraico, e diretti a quel Dio medesimo che come fu allora il vero Dio d'Israele , è oggi ancora il vero Dio de' fortunati cri- stiani, non potevano trascurare quell' impronte preziose che caratterizzano questo genere di poesia , e che non recano ol- traggio alcuno alla santità della cattolica nostra religione. E parlando per ultimo dagli argomenti e dei metri dirò che ognu- no degl' inni ha un argomento , e tutti gli argomenti si acco- modano i.i tempi in cui viviamo , e trattano dei doveri che ha l'uomo col cielo , con la terra , con se medesimo. Trattano di quella vera , santa, e soavissima religione per la quale si apro- no unicamente le porte della beata Gerusalemme. Non amore di parte, non fanatismo, non eccesso rettorico , non umano rispetto hanno consigliato i miei versi, o trattenuto il mio di- re. Ho cercato di pensare scrivendo, e di scrivere pensieri e ve- rità più che parole : il far mostra di poesia non era, e non è il soggetto • del mio lavoro: i versi possono prendere soltanto la parie minore dell' onesto diletto , e perciò non mi si ac- cusi d'inegualità di stile, mentre lo stile ha seguito la natura degli argomenti : non si riebiegga uniformità di metri , poiché i metri hanno secondato alla qualità dei pensieri .... ,, Do- po queste parole dell' eh. autore, a noi non resta che ringra- ziarlo del pensiero che si dà d'usare ad uso si santo la poesia , e pregare Iddio che le sue fatiche fruttifichino a bene. Perchè poi ogni lettore abbia un saggio del poetare del sig. Panzieri, recheremo alcune strofe del XV salmo - la notte. Varietà' 329 Ecco la notte : il ciel tutto si copre D'alte tenebre : orror , silenzio e pace Al tumulto succedono ed all' opre : La natura si tace , E l'uom col sonno invita A cercar nuove forze e nuova vita. In mezzo all' ombre della notte bruna Sorgon le stelle intanto a uuova danza, E superba fra lor passa la luna: Nella romita stanza Solitario son io ... . Ma tu sei meco, e teco io son, gran Dio! E coli' arcane tue voci secrete Già mi favelli dolcemente al core, Già mi oerebi se in mezzo alla quiete Potrà d'alcuno errore Il gelido rimorso Troncar de' sonni a mezza notte il corso ec. G. I. M. Poetici tentativi di Nicola Tomasini da Castel-Fidardo. Loreto presso i fratelli Rossi i836. ,x\lquanti sonetti , decassi llabi odi, terzine , stanze , formano questo gentile libretto , dal quale si scorge die l'autore è stu- dioso de' classici nostri , e ritrae da essi alcune non comuni buMezze. Non diremo ebe tutti questi componimenti siano co- sì finiti da porre in esempio : ben diremo ebe v' ba del buono in tutti , e per esser tentativi sono da riputarsi felici , e de- gni di lode. G. I. M. 330 Varietà' Discorsi accademici del cav. Dionigi Stracchi faentino. Ravenna presso A. e figli Roveri 1806, in 8 pag. 85. V^uel Nestore dei letterati della eulta Romagna , quel sicuro maestro a moltissimi nelle greche e latine ed italiche eleganze dello scrivere , ha posto in luce questi discorsi dettati con quel suo stile , che tutti sanno ed ammirano. Prima si parla delle traduzioni , siccome è degno a chi dal greco ne die- de gl'inni di Callimaco e di Omero, dal latino la G-eorgica e la Buccolica di Virgilio: e lodò degnamente quell'insigne me- cenate delle lettere e delle arti , che fu il cardinale Ales- sandro Albani , e quel fiore degli eruditi , che fu Ennio Qui- rino Risconti. Notiamo questi tratti.,, Se fu tempo di volgere t, il secolo a studio di lettere migliori , questo mi sembra ve- ,, ramente: uè so, modo più buono , che dall' una parte fa- „ vore di principi , dall' altra esempi vivi. La voce , che „ in mal punto giugnesse a disertare la classica scuola , sa- ,, rebbe cenno a chiuder l'entrata a studio di belle lettere e ,, di belle arti nate di un ceppo sempre congiunte , parte- „ cipi sempre di una sorte , testimone e misura di gentilez- „ za di nazioni ....,, Poi è discorso dello stile poetico : e sta bene a chi diede già innanzi precetti di eloquenza a gio- ventù generosa, ed esempi lodati a tutta Italia ,, . . . Dirò fso- „ no sue parole ) come ogni semplice idea scritta naturalmente „ in ogni intelletto, in ogni cuore, s'innalzi a poetica ragione ,, con adunare cumolo di altre a quella circostanti. ,, Poi .ì parla di Catullo e di Orazio , e prima è raccomandato stu- dio di latino , che fu a' padri nostri scuola di virtù e di gen- tilezza , ed ai novelli è fastidio : con che viensi a varie nuove ed iugegnose interpretazioni di alcuni luoghi dei due poe- ti, eterni maestri del bello scrivere. In fine è discorso delle belle arti colle gravi parole , onde il chiaro autore la dignità e la utilità ne difese o spiegò nell' accademia di Ravenna il mag- gio del i853, quando agli studiosi di buone ed utili arti si di- Varietà' 331 spensavano le eorone. Intendano i giovani le parole de' vec- chi, e si adornino come essi la fronte non di vane frasche o di fiori caduchi , ma di alloro immortale , che è però tardo premio di fronti onorale ! D. Vaccomni. Poesie e prose edite e inedite di Napoleone G. Dalla Riva. Voi. ì. Verona tipografia Bisesti 1 833. v^/ueste rime e queste prose, con tanta modestia dall' autore concesse alle stampe, sono piene di gentilezza e di vivacità. Se animo ingenuo , dice il eh. cav. Dionigi St rocchi , vor- rà stare contento non ad altro che al diletto di amene dot- trine , beneficio non lieve riceverà da modo , che lo scampi dal rischio di marcire nella lentezza e nella solitudine. Quan- to di tali abbonda il numero, tanto è da congratulare all' abbondanza di nazionale civiltà: e però noi ringraziamo alle mu- se che intendano ad ingentilire la nostra nazione ispirando anime bennate, fra le quali certo è il sig. dalla Riva , da' ver- si del quale, perchè si abbia alcun saggio, alcuni porremo qui appresso. Che se alcuno talora vi desideri un pò più di lima e di studio , sappiano a scusa , che non sono altro die gio- vanili eserchj di letteratura ne' brevi ozi conceduti da pia gravi studi , e ne' scarsi momenti di serenità consentiti dalle tristezze della vita. Così l'autore, la eui umiltà esemplarissi- ma non deve essere passata sotto silenzio né senza lode. In- tanto ecco i versi. ALLA LUNA. Poesia giovanile. 0 placid' astro , o tenero Degl' infelici amor , 332 Varietà* Sempre il tuo mesto e pallido Raggio mi scese al cor ! A te devoto e vigile, Sempre ti seguo in ciel , O il sen tu mostri , o copralo D'oscure nubi un vel ; Sempre fedel compagnati , O luna , un mio sospir Se in vetta al colle io veggioti Tacita comparir : O se inargenti gli embrici Di gotico castel , Se in labil' onda tremoli Di limpido ruscel ! Sorgi , e modeste inchinansi Le stelle al tuo fulgor, Ancelle ti coronano Cosperse di pallor. Tal fra le belle , al nunzio D'un subito tacer, Veggo l'amata incedere Donna de' miei pensier. Ah ! di mie notti illumina La veglia ed il dolor ! Squarcia ìe nubi , e versami In seno il tuo cbiaror! Per te romita e flebile Compagna del soffrir , Care mi son le lacrime , Soavi i miei sospir. M. Varietà* 3j3 Osservazioni del conte Alessandro Cappi sopra un articolo pub- blicato in Venezia intorno Ravenna sua patria. Ravenna , presso Roveri iS34, in 8 di facce ?6. T J-iodevole amore di patria , santo amore del vero consiglia- rono il eh. A. a scrivere queste osservazioni. Esse riferisconsi all'articolo Ravenna che leggesi a facce i453 fase. 75 del Nuo- vo dizionario geografico universale statistico storico-commer- ciale, che da poco tempo si pubblicò in Venezia da una so- cietà di dotti. Non ci fece maraviglia che il sig. Cappi trovas- se tinte cose a correggere e rettificare nelF articolo relativo alla sua patria ; perchè avendo noi fatto altrettanto per l'ar- ticolo Velletri , lo trovammo bisognevole di tante correzioni quasi , quanti sono i periodi che lo compongono : oltrecchè nulla vi si nota di statistica , nulla di commercio , poco e ma- le di storia. c. e. Solenne distribuzione de' premi ed esposizione dell' a. i834 nelV accademia provinciale di belle arti in Ravenna. Ra- venna , presso Roveri iS35, in 8 di facce 56. Solenne distribuzione de' premi ed esposizione dell' a. i855 nel? accademia provinciale di belle arti in Ravenna. Ravenna t presso Roveri i836, in 8 di facce 54. Utile precedenti premiazioni fecero parola in questo gior- nale i chiarissimi professori Gius. Ignazio Montanari e Dome- nico Vaccolini : e noi iacciam eco alle lodi da essi proclama- te : lodi tanto giustamente meritate sia dall' emo. sig. card. Ri- varola , e da monsignor Lavinio Spada de' Medici , ai quali si deve quella provinciale istituzione ; sia dai signori presi- 334 Varietà' dente , direttore, consiglieri e segretario dell' accademia , che con tanto zelo ed amore si prestauo al miglior andamento di essa ; sia dai giovani artisti , ne' quali per questo lato è ri- posta la speranza della provincia. Nei due libretti che abbia- mo sott' occhi , oltre i processi verbali del consiglio accade- mico , contenenti l'esame ed il giudizio delle opere presentate al concorso , e oltre la descrizione di tutte le altre esposte, sono le seguenti scritture : Del modo di tenere in onore la pittura storica , prefazione del conte Alessandro Cappi se- gretario alla premiazione del i83/f. Della influenza del bel- lo morale delle belle arti su i costumi dei popoli , discor- so di monsignor Giulio Buoninsegni. Lodi del cav. Federico Raspolli , prefazione del segretario conte Cappi alla premia- zione del i835. Delle ragioni dell' inventare nella pittura , vedute nella poesia , discorso di monsignor Pellegrino Fa- rini. Rapporto intorno ai dipinti di Guido Reni del duomo di Ravenna. Queste annue pubblicasioni , oltre al contenere giusti precetti e savie osservazioni intorno le belle arti , ser- vono anche a svegliare ne' giovani la emulazione; senza la quale di rado , o non mai si dà valore eccessivo. C. C. Aloisii Salinae coni. eq. cor. fer. advocati epigrammatum , Michaelis Ferrucci commentariis subiectis. Bononiae ex officina Saxiana i855; in 8 di facce 60 in tutto. lN 011 è poi tanto decaduto in Italia lo studio della lingua la- tina , come alcuni vorrebbero far credere : e non difficilmente tessersi potrebbe un lungo e glorioso elenco de' benemeriti cultori di esso , che vivon fra noi , e scrivon latinamente in modo da non temere il confronto , non diciamo di coloro che abitano di là dai monti e dai mari , che non sarebbe cosa V a n i e x a.' 335 degna di esser notata , ma sì dei Frascatori, dei Sigonii , dei Vi- da, dei Bembi, dei Flamini, dei Poliziani. Fra questi egregi cul- tori del Ialino idioma sì annoverano degnamente, così l'illustre cavaliere ed avvocato Salina , i cui epigrammi sono marzia- leschi alcuni , altri catulliani ; come il eli. Michele Ferruc- ci , che di belle annotazioni li corredò. Gli epigrammi son trenta in tutto. A saggio di essi crediamo far cosa grata ai nostri lettori , riportando qui il quinto. In quemdam. Tu modo germanum , gallum modo laudibus ornans , Sin minus utrumque , at decipis alterutrum, Ludibrium alterutri : quidni ? rìdetur ubique Qui sua despiciens , ipse aliena probat. Il libretto è dal Ferrucci dedicato al marchese Angelelli uo- mo dottissimo nelle lingue di Grecia e del Lazio : ed ag- giunge pregio all' edizione il seguente epigramma di quello Schiassi , che meritamente fu salutato maestro di latine e di italiane eleganze : Eia age , rumpe moras , Ferrucci. Dulcia nostri Carmina Salinae promere quid dubitas ? Una viri te forte haerere modestia cogit- Hac UH una in re te , rogo , displiceas. c. c. :36 Varietà' Di alcuni monumenti inediti del gabinetto archeologico di Pe- rugia , lettala di G. B. Vermigioli al nobile sig. con- te Gio. Girol. Orti. Perugia i835, in 8 di facce 12. Uopo che l'A eli. ebbe data alle stampe la seconda edi- zione delle iscrizioni antiche perugine , vennero a luce alcuni altri monumenti, i quali fonnan l'oggetto di questa lettera. Son essi tre ghiande missili di piombo , usate a scagliarsi dai from- bolieri ; una di difficile e disperata lezione : una ricordante for- se un primipilo ; la terza , con menzione della legione un- decima. Che questa fosse in Perugia nella guerra fra Lucio Antonio ed Ottaviano, none da dubitare; quindi ragionevol- mente il N. A. ne inferisce , che tali ghiande furono in quelF epoca scagliate. E ciò convali hi la testimonianza di Appiano, ricordante che in quella guerra con tali anni meglio che con altre i cesariani combatterono contro ì nemici. E a propo- sito di ghiande scritte , corregge il eh. A. un errore corsogli nella ricordata seconda edizione delle perugine iscrizioni; cam- biando il prenome di Rufo , che fu Publio e non Caio ; ed è questi quel P. Sulpicio Rufo legato di Cesare nelle Gal- lie , pretore nel 706 , proconsole in Macedonia nel 709 , col- lega di L. Antonio nella censura del 712. Dopo queste tre ghiande pubblica l'illustre professore la leggenda di due antiche fiale di vetro , in una delle quali ve- desi un montone, nell'altra un Ercole con la clava e pelle leonina : e per ultimo riporta due nuove marche signatorie , * metallica la prima , plastica la seconda. Benché questa lette- ra sia assai breve, pure dimostra che fu dettata da un mae- stro in tale studi. C. C. Varie t a' 337 Dissertazione storico-critico sopra il busLo di Virgilio del mu- seo delia reale accademia di Mantova , di Antonio Mai- nardi. Mantova , dalla tipografia virgiliana i835 in 8. vallando nel voi. LXVI di questo giornale , a facce 20") , inserimmo un estratto del museo della reale accademia di Mantova, non ci era giunta alle mani questa operetta ; ed ora ci gode l'animo nel vedere che l'opinar nostro non dis- sente nel fondamento da quello del eh. Mainardi. Perchè se noi , seguendo il sommo Visconti , dicemmo che quel preteso Virgilio è una testa ideale , nega pur egli che quel busto rap- presenti Virgilio, e lo nega con validissimi argomenti : pe' quali gli è permesso poter concludere , che mai non sussistette la statua che dicevasi innalzata a Virgilio dai mantovani nella piazza maggiore , a' tempi stessi del poeta ; quindi non aver- la atterrata Carlo Malatesta, dotto capitano e delle muse aman- tissimo ; e per necessaria conseguenza non poter essere il bu- sto in quistione un frammento di essa. Quel busto sembra al sig. Mainardi che rappresenti Apollo ; ed aggiunge che forse gli antichi sotto le sembianze di quel nume vollero rappresentare il sommo cantore di Enea: la quale opinione non ci sembra assai fondata. Per contrario col sig. Mainardi conveniamo nel credere immaginario quel ritratto che il Visconti desuuse da una miniatura in pergamena , ed allegò nella sua romana ico- nografia come ritratto di Virgilio. C. C. G.A.T.LXVIII. 338 . Varietà i Ultimi uffici resi aW augusta memoria di Maria Cristina regina delle due Sicilie ec. S. Maria presso Filippo Majore. a Elogio di S. M. Maria Cristina recitato da Giulio Genoino. Napoli i836. 3 Alla memoria di S. M. Maria Cristina, di Nicola Nicolini. Napoli. 4 AW augusta memoria di Maria Cristina, di Luca de Samuele Cagnazzi. 5 Nel funere solenne ee. Orazione del cav. Angelo Maria Ricci. Rieti ec. 6 In morte ec- Discorso di un parroco di un villaggio. Napo- li ec. i836 ec. 7 In morte di Maria Cristina di Savoja regina delle due Sicilie. Versi di Luigi Scovazzo. Napoli ec. 8 // pianto di Partenope ali urna di Mar ia Cristina ec. Na- poli ce. g Carme apoteosio di Domenico Bocchini. Napoli ec. V_/uesle prose e questi versi sono una prova incontrastabile dell' amor grande e della venerazione in che era avuta (Ini po- pol suo l'augusta M<.ria Cristina regina delle due Sicilie. In. ogni età fu gran mercede ai regnanti la lode de' popoli, e il pubblico pianto rese più pregiate le urne reali che non l'oro e le gemme di che splendono a mostra di fasto e di grandez- za perduta. E però il principale eiogio della buona priocipes- Varietà 339 sa, è il vedere quanti gareggiano ad infiorare il suo sepolcro , e a tramandare in esempio ai posteri per mezzo delle lettere le sue rare virtù. La qual cosa mentre onora quella sublime aui- ma, onora pure il popolo napoletano che dà si alti segni di gratitudine, di devozione, e di amore alla sua rapita sovrana. Non possiamo però tacere che dei versi e delle prose non ve ne ha che tolga la speranza del meglio ad altri oratori e poe- ti, diche abbondano le due Sicilie: perchè, liberamente con- vien confessarlo , delle orazioni alcune sono vuote di pensieri , e disadorne affatto ; alcune hanno pensieri , ma difettano trop- po nello stile. Nulla diremo dei versi, i quali non solo sentono di romantica depravazione, ma sono fiacchi e ineleganti a segno che di tanti male ci fideremmo di poterne recare ad esempio pochissimi. Grande sciagura al regno è stata la perdita di una regina si eccellente ; ma non men grande sciagura è vedere i napolitani gittarsi al romanticismo , e disertare dalle insegne nobilissime sotto cui tanti preclari insegni con onore militaro- no : e disertare sotto gli occhi del Gargallo , del Montrone , del Puoti! E. P. 22* 340 V A !! I E T ti Dell' origine dell' idioma inglese d'oggidì e delle parti onde si compone , lezione prima data dal maestro approvato Francesco Fra/dì. Bologna tip. gov. della Volpe al Sas- si i83b", in 16 di pag. i£. Xl giorno primo di giugno recitò in Bologna il maestro si- gnor Frank a colta udienza il prodromo delle sue lezioni , che fu raccolto stenograficamente da uno scolate , il quale poi lo ha dato alle stampe. Si mostra primieramente che l'idioma inglese è un misto di sassone e di normanno alquanto corrotti , arricchito poscia dai dotti, che vi hanno innestato latinismi, grescismi ed al- cune parole ebraiche prese alla sacra scrittura, non che alle lin- gue (lei mezzodì dell' Europa. Poi si dice , che quando col mezzo del tatto e della fa- colta locomotiva sentiamo il materialismo delle sostanze , la fa- vella ci porge oltre la diversa nomenclatura individuale delle sosla-ize dei segni atti ad aggiugnervi o porvi a lato , onde de- terminarle , qualificarle , o presentarle alla mente in islalu dazione o di passione. Con uu esempio L'aquila fendendo l'aere , e coli' analisi si mostra , che fendendo è un aggettivo attivo; fesso ( che si sottintende) un aggettivo passivo. Si continua no- tando gli aggettivi qualificativi in un esempio particolare, r di bianchezza, 2 di bontà , 3 di grandezza : e si trova che il un è aggettivo determinativo , buono è qualificativo , fendendo ò attivo, fesso passivo. Oltre questi quattro diversi segui aggiunti alle sostanze ve ne ha un altro più speciale o più complessivo a significare l'idea di modo , di tempo , di persona. Ecco il ver- bo , che chiamasi aggettivo complessivo. Dal che si concliiude uou essere che due le parli del discorso , cioè sostantivo ed "b gelivo , suddividi quanto al primo in assoluto e relativo; V A R i K T X 34f quinto al secondo in complessivo e semplice : e ciò si fa chiaro per esempli appropriati. Col nome comune d invariabili vengono le congiunzioni preposizioni , avverbi. II metodo dell' insegnamento proposto è filosofico in quan- to che si dà principio alle lezioni con un discorso in ingle- se , dal discorso si passa alle frasi , dalle frasi alle parole , dalle parole alle sillabe , dalle sillabe alle lettere: nel che si al- lontana dall'antico metodo de' grammatici, i quali sogliono pren- der le mosse dall' alfabeto , far passo alle sillabe , indi alle parole , alle frasi , al periodo , al discorso. Alla prima lezione del signor Frank successe un esercizio di lettura di alcun periodo inglese del celebre David Blair scritto in grande sulla lavagna, colla corrispondenza possibil- mente imitativa della pronunzia , e poscia tradotto letteralmen- te in italiano. Il metodo non può fallire , sempre che gli uditori abbia- no già il sussidio della lingua italiana , e l'abito di ben ragio- nare : quanto a'fanciulli (con cui vuoisi perdere del tempo a fornir loro la mente di idee , ed insegnare ad ordinarle , e dedurle l'una dall'altra , e rappresentarle con segni appropri ili prima nella lingua nativa , poi nella straniera-) il metodo par- rà incontrare delle difficoltà : le quali agli antichi grammatici persuasero di tenere una via opposta , un altro metodo : che ( tranne non poche eccezioni ) si pratica ancora nelle scuole. Sedici anni di esercizio pongono però il signor Frank in grado di sapere sgombrare molte spine, onde il buon sentiero è tuttora ingombro non ostante le cure del Soave , del Bia- gioli, del Rossi e degli altri chiarissimi institutori , di cui si onora l'Italia , madre feconda de' buoni studi. D. V. «»4. J-Je nuove scoperte fatte nella luna fornivano materia per un bel carme in poesia scherzevole. Ciò conobbe quel lieto spi- rilo di A. Guadagnoli , natofatto per ricreare con mirabili versi le gemili brigale: e il pose ad effetto: e noi con mol- to piacere annunziamo questo suo nuovo lavoro, perchè adorno di tutti que' pregi, onde si ammirano le altre sue produzio- ni , che valsero ad ottenergli il primo posto nella schiera de' poeti bernieschi del secolo : vale a dire una cara spontaneità di verso e di rima, una disinvoltura di discorso che alletta al sommo , e in tutto il componimento qua e là motti e sali cosi graziosi ed arguti , che non ponno a meno di non man- darti il riso sulle labbra. Chi da natura sortì un ingegno di- sposto a poetiche lepidezze , studi l'arte di esporle in questi bei lavori del toscano poeta , li mediti , e non potrà certo fal- lire a glorioso porto. Peccheremmo di scortesia , se non rallegrassimo i nostri leggitori con aloune sestine di questa carissima poesia. Qui il poeta parla degli uomini-pipistrelli veduti nella luna. Nei giudizi per altro non conviene Troppo precipitar : questi animali Herschel visti gli avrà, ma non ne viene Per conseguenza che sien tutti uguali , Che volin tutti , o vadan tutti a branchi ; Anche fra nei ci sono e i neri e i bianchi. Figuratevi eh' uno di quegli uomini Al nostro globo il canocchial puntasse , E in Empoli nel dì del corpusdoiuini Volare il solit' asino mirasse , E annunziasse con gioja ai circostanti .;,.. Che in terra siam lutti asini-volanti. Concluderebbe ben , che ve ne pare ? 350 Varietà* Non dico che sia quel l'asino solo Che in capo all' anno vedesi volare ; Oh altri asini conosco , ed altro volo ! Quello si fiacca per cadere in giù , E gli altri ingrassan per volare in su. E dopo di aver mostrato desiderio di volare nel nuovo mondo per non vedere i gravi disordini che scoulransi tutto di nel nostro ; cou questi non inen graziosi versi pon fine al suo can- to , lamentando la cecità del secolo in che viviamo , che è detto dei lumi , e adducendo a prova alcuni fotti. Questo dei lumi il secolo si crede Dai lodatori dell' età presente ; Quando ci son dei lumi ci si vede , Ed a me par che vediam poco, o niente; E qui parlo dei lumi della testa , E non dei lumi della scorsa festa. Che vai che a noi dalle remote Antille Con quella fretta che incredibil è Giungano bastimenti a mille a mille Con zucchero , cacao , droghe , caffé , Ed ogni altra delizia della vita, Quando il buon sento è merce proibita ? E perchè dai di bianco alle colonne Di pietra ? dissi in Borgo (i) a un imbianchino. Oh che vuol ! me l'han detto queste donne , E accompagno i pilastri del casino (a) ; Ma per me se mi dan qualch' altro grosso , M' importa assai , le tingo anco di rosso. Colla stessa beata indifferenza La specola ho veduto demolire ; (i) Via con portici frequentatissima in Pisa. (■).) Pilastri di marmo dei bagni di s. Giuliano, imbiancati nel i856. Varietà' 3f>ì La magnifica porta di Sapienza iìidolta quasi un uscio a comparire (i). Peccato che non c'entrino nemmeno Due bovi con un carico di fieno ! Or da rimodernar che più ci resta? C è da imbiancare il duomo , il camposanto , E al campanil raddirizzar la testa . . . Raddirizzarla al campanil soltanto? Ah che al mondo ogni cosa è storta in guisa, Che la più dritta è il campanil di Pisa ! ! Fhìncesco Capoezi. Interno a un discorso del signor Cesare Canta sopra i vo- eàbolarii della lingua italiana . Osservazioni di Gio- vanni Adorni con alcune parole ad un articolo del Fi- garo scritto contro il signor conte Giovanni Marchetti. Parma dalla stamperia Rossetti i836, ito 8." di fac. 5i. vJTIi studi del Gravina, del Cesarotti, del Monti e del soavis- simo Perticari sopra la filosofia della lingua nativa , con quelli del Cesari, del Colombo e di altri generosi spiriti : i quali non pure di precetti, ma di esempi gravissimi ed utilissimi confor- tarono la sentenza dell' Alighieri sul volgare eloquio: doveano bastare per tenere già decisa la quislione della lingua. Ma ra- gionando intorno ai vocabolari nel Ricoglitore ( marzo, aprile e maggio i836) il signor Cantù , amico della popolarità , ha creduto indicare per 6ola norma costantissima da tenersi nel- lo Scrivere 1* uso di Firenze. Contro tale sentenza , che dai più discreti non può essere abbracciata nella sua generalità , è surto con oneste parole il sigtior Giovanni Adorni di Par- li) Operazione fatta nel i855. 3^2 V A. R I E T A.' ma: il quale colle autorità de' principali nostri filologi è ve- nuto mostrando la necessità di sottoporre 1' uso al freno della ragione , e di comporlo allo specchio degli approvati scritto- ri , che sono In ine non pure ad una città e ad un municipio; ma più largamente „ Al paese gentil , che Apennin fende , „ E l'alpe e il mar difende. „ Egli è vero pur troppo ciò che ripetesi dai savi , che il popolo non ha ragione , che non ode ragione quanto alla lin- gua : e non vuole escludersi lo stesso popolo di Firenze, co- me può vedersi nel discorso di D. A. Farini intitolato ,, Qual sia V amore dei toscani air idioma parlato ( Forlì per Mat- teo Casali 1806 ) „ dove sono esaminale alcune opinioni de' chiarissimi Bagnoli e Benci , e riportate voci e frasi dell' uso in Firenze, certamente non commendevoli a squisito giudizio. Al quale discorso , ed alle osservazioni dell'Adorni , ed a ciò che di tanto in tanto è scritto da chiarissimi letterati nostri, ci riportiamo ; non volendo risuscitare un fuoco sepolto sotto la cenere , e rimestare quistioni sulla lingua ; quando vuoisi ornai non più disputare sulle parole , mai scrivere cose degne de' secoli futuri. Una cosa non taceremo , che quanto a' vocabolari ci pia- cerebbe ( come altra volta avvisammo ) che tra le parole , se- gni delle idee, si eleggessero le normali , e come le radici di tutte le altre: e ben fermate quelle, si facessero derivarne le al- tre, come i rivi dai fonti .- con che i vocabolari acquistereb- bero minor mole e più utilità ; porgendo come 1' analisi delle parole e la sintesi rispettivamente. Né accettiamo per indubitata la opinione del Cantù senza distinzione alcuna : che la prosa francese sia la prosa migliore. Tutti paragoni sono odiosi , e noi non crediamo importi il de- cidere in tanta eccellenza della lingua nostra : il pregio della quale confessò tra gli altri altamente una egregia scrittrice fran- Varietà' 353 cese , madama di Sevignè , la' quile consolavasi col conte di Bussy , clic apprendesse un pò d' italiano , ed aggiungesse que- sta che mancava allo sue perfezioni (*). Né con quella della lingua vorremmo risuscitata la quistio- ne del classicismo e del romanticismo. Un articolo del Figaro (agosto i836 ) si scaglia contro uu chiarissimo letterato, conte Giovanni Marchetti, che nell' insuhre città reina indicò aver posto sede un mostro venuto dalle contrade del nord ; e ciò fece in quella canzone nobilissima , che comincia , conio è già nota in Italia a tutti i cortesi spiriti : Spinto dall' irto Borea , Scorto da cento larve , Sovra corsiero aligero Ignoto genio apparve : Orribilmente nero Cavallo e cavaliero. La libertà soverchia si converte in licenza : la passione vuoisi moderare colla ragione : ed alla luce dell' ordine è a giu- dicare la bella letteratura. Por sotto e calpestare la dignità de- gli antichi scrittori più venerati .- conculcare i precetti de' sa- vi : far licito di libito : e non volere più legge né freno : è co- sa nemica del buono, del bello e del vero ! è contraria al pro- gresso tanto vantato de' lumi , ed alla felicità del secolo , chi ben T intende ! Facciamo voti , che i letterati senza ingiuria alcuna aminsi tra loro , ed amino il bene vero degli studi gentili , fuggendo licenza e novità riprovevoli ! D. V. (i) Vedi il libro intitolalo : Choix de lettres. Tom. second. Venise 178?. pag. 3o. G.A.T.LXVIil. 23 354 Varietà' Sillabario italiano proposto da F. M. Bologna tip. della Volpe al Sassi i836. -il perder tempo a chi più sa più spiace : questo notava l'Ali- ghieri con quella sua mente : ed è ben vero. Ecco ragione , che molti savi hanno posto P ingegno e V opera ad abbreviare ai novelli la via delle lettere , studiandosi che la ragione non manchi del suo lume anche nei primi passi dell' istruzione. Così avemmo occasione di rammentare il Metodo d'apparare a leggere (voi. 129 pag. t^oS ) come venne proposto dall' avvo- calo Luigi Grisostomo Ferrucci: ed ora ci giova toccare di quel- lo proposto dal signor F. Minarelli bolognese, il quale con buono ingegno e migliore volontà si è dedicato ad insegnare la gioventù nelle cose delle lettere e dell'aritmetica : di che avemmo a lodarlo anche altrove (voi. g5 pag. i54 ) • In un libretto di appena ottanta pagine chiude un Silla- bario ragionevole : fa conoscere le vocali con questo ordine l'i e , à , ó . u : vi unisce la e innanzi , onde le sillabe ci , ce , ca , co , cu : con questi elementi compone venti parole , quali di sole vocali; quali di vocali e consonanti; come io, ei , aio , aia , iete ec. in colonna, e distinta a sillaba per sillaba , poste a rincontro le stesse parole senza separazione di sillabe. Non è questa , che la 1 faccia del libro : nella 2 ricom- pariscono le cinque vocali aventi innanzi la lettera' g , e con queste e colle cinque sillabe apprese nella faccia antecedente compone altre venti parole , che disposte in colonna con di- visione di sillabe e senza , seguono il modo tenuto nella fac- cia antecedente , e fanno progredire l'allievo. Indi vengono le altre sillabe a due lettere li , mi , ni, ri ec. col metodo istesso , che passa dal noto all' ignoto , e delle cognizioni apprese si serve a crescerne delle nuove. Seguono le sillabe di 3 e 4 Uctlcre , l'ultima delle quali « vocale , e segue lo stesso metodo. Alla pag. 28 vedi in fronte dieci sillabe a due lettere prin- Varietà' 31)5 cipiando con vocali : ed in colonna vedi combinate paiole di due e tre sillabe; la prima cominciarne da vocale, l'altra da consonante. Vengono, nelle altre pagine, parole disposte in tre co- lonne : nella i una sillaba terminante in vocale è seguila da un' altra , che comincia colla stessa vocale e termina in con- sonante ; cosi giovato è l'allievo a leggere le sillabe di tre lettere terminate da consonanti : nella 2 colonna alla prima sil- laba è aggiunta altra sillaba , che compie la parola : nella 3 colonna viene l'intera parola senza divisione di sillabe. Succedono gli esercizi sulle parola tronche , sdrucciole , contenenti dittonghi, o coli' apostrofe congiunte alle parole se- guenti. In fine vengono tutte le lettere dell' alfabeto coli' ordine comunemente seguito : così dove altri comincia., l'autore finisce. Una breve raccolta di massime e di racconti di approvati autori serve per l'esercizio, di lettura , e giova altresì a for- mare il cuore dell'allievo : cosa principalissima in ogni istruzio- ne , e più nella istruzione elementare ; perocché i primi av- viamenti influiscono forse su tutta la vita! La natura non è ma- trigna ad alcuno ; abbencbè può parere avara talvolta di ciò che dicesi talento , compensandolo con altre qualità; ma a niu- no ha negato facoltà di esser buono. A questo mira il savio institutore, che ba proposto il Sillabario , di cui parliamo : e merita altresì per lo squisito giudizio e per lo zelo costante ogni commendazione (*) D. V. (¥) Circa il metodo sillabico si dà lode in Bologna per la invenzione tra noi al signor L. Muzzi , e per l'insegna- mento al maestro di lingua signor Frank. 23< 33.(3 \ R l E T A. Sul miglioramento del sistema ipotecario. Progetto del dott. An- drea Russo. Napoli tipografia di Francesco Masi iSo4- SulV applicazione di nuove vele alla navigazione. Pensieri del dott. Andrea Russo. Napoli dalla società tipografica iS35. I, .1 vero oggetto che devesi proporre per iscopo il filosofo è tutto ciò che può tendere al miglioramento ed al vantaggio della società. Questo sempre hanno avuto in mira le leggi ed i trovalidegli uomini , i qiiali tanto più sono stati apprezzati quan- ta più hanno corrisposto alla fine suddetta. Tale lodevole mira ha avuto il sig. dott. Russo , noto per altre produzioni , negli opuscoli da noi accennati. Nel primo si propone per oggetto la sicurezza del sistema ipotecario di lauta necessità quanto lo è la proprietà medesima. Divide in due capi la materia. Riguarda primieramente le ipoteche in rapporto alla sicurezza : quindi esamina il regolamento del servizio interno per le con- servazìoni delle medesime. Questi due capitoli sono riportati in varie sezioni , nelle quali viene esposto brevemente quanto ha ad essi rapporto. Vi aggiunge per appendice le riforme di competenza de' direttori generali e particolari. Nel secondo opuscolo primieramente osserva , che i mezzi per migliorare la navigazione (senz' includervi quello del tirar i legni con gli argani o con gli animali ) sono stati tre : cioò i remi , che si posero in uso circa l'anno del mondo -23oo ; le vele adoperate circa il 2700 ; e le ruote , le quali a guisa di tanti remi circolarmente posti, mossi dalla forza del vapore, por- tano avanti la nave col molo di rotazione Quest' ultimo moto, die' egli, fu quasi a'nostri giorni perfezionalo , perche sull' esem- pio de' portoghesi e de' polacchi il sig. Da Quet ed il sig. Du ver- ger nel 1699 presentarono all' accademia delle scienze di Parigi macchine attivate da tali ruote. Passa dipoi il sig. Russo a consi- derare , che quantunque il vapore abbia recalo grande van- taggio alla navgazione , presenta in se molti pericoli ; non si Varietà' 3">7 rende adulto ai lunghi viaggi per la provvisione de' combusti- bili; e che dandosi un vento a prora al di là della forza medesi- ma del vapore, non possono navigare: ed è perciò spesso ritardata la loro partenza. Per ovviare a tale gravissimo incomodo pre- senta PA. il suo progetto : e stabilita la base , che i molini a vento con volanti orizzontali hanno la particolar proprietà di girare con ogni vento (p. io), descrive primieramente il modo di applicar queste vele alle navi, tenendo presente amendue le specie di volanti in essi usati. Esamina qual potrebbe essere la loro forza, quale velocità potrebbero comunicare al naviglio, ribatte le opposizioni che potrebbero farsi , enumera finalmente i vantaggi che da tale applicazione conseguiterebbero. Que- sto scritto è accompagnato da opportuua erudizione , e ben mostra la perizia dell' A. in questa scienza. Non lascia fin da bel principio di avvertire, che di un simile progetto parlava nei giorno 7 gena. i855 F Indicatore anno V, e lo avea tratto da un giornale inglese ( Un ite ci Service Journal) ; e , che 1' in- gegnere sig. Bruschetti ha fatto su tal proposito dei lavori , i quali si accennano- nella biblioteca italiana : ma eh' esso pe- rò non avea potuto approfittare di tali cognizioni : perchè con- temporanee ( p. 8. ). Forse anche questo progetto sarà di gran- de utilità alla navigazione : ma la sicura maniera per accertar- sene è quella di porlo in opera : per lo che sarebbe de- siderevole , che qualche principe , o almeno qualche ricca so- cietà di commercianti, s' interessasse a mandarlo ad esecuzione: imperocché la forza di un privato , e molto meno di un uo- mo di lettere, potrà giammai giungere in questi casi a verifi- care col fatto le teorie. Francesco Fadi Montani. 358 V ARIE T A. Orazione detta nella chiesa della pia casa di lavoro di Fi- renze li 3 ottobre 1806 giorno natalizio di S. A. I. e R. Leopoldo li granduca di Toscana dal p. Stanislao Gat- teschi delle scuole pie. Firenze tip Calasanziana iS36 in 8 di pag. 16. -L(a carità fervente ed operosa di Paolo è il carattere della sana eloquenza : la quale avvivata come da fuoco celeste può superare i miracoli di Atene e di Roma antica , quando l'amo- re della patria scaldava i Demosteni e i Ciceroni. Di questo vero bella prova ci porgono anche oggi giorno le orazioni , che ogni anno da chiari dicitori si recitano nella chiesa della pia casa , dove per mano di principi generosi il ricco viene stringendo al suo seno il povero industrioso , e lo colma di beneficii : dove è vivo e costante il trionfo della carità cri- stiana. Disse il Signore ad Adamo : che mangerebbe il pane bagnato dal sudore della sua fronte. Disse Gesù ai redenti : che il ricco sparga sul povero i suoi tesori. La carità , che provvede i miserelli giovandone l'industria , adempie per eccel- lenza l'uno e l'altro comandamento : non tiene tanto dell' uma- no , che non tenga più del divino. Qual campo alla sacra elo- quenza di trionfare ! In quest' anno ha colto di belle palme il p. Gatteschi , il quale con purità di dettato e con fervore di affetto ha recitato l'orazione , che con piacere annunciamo, evolgendo tutti i beni della pia casa di lavoro. Legganla i ricchi , ed apparino a largheggiare : legganla i poveri , ed apparino a ben meritare! D. V. V A R i {.; t A* 359 Le colombe , idillio di Francesco Capozzi . Lugo coi tipi Melandri i836 in 8.° di pag. Vili. ■T iore di greca fragranza diresti questo idillio , dove si fin- ge Venere aver fatto dono di due aororose colombe alla bel- lissima delle fanciulle , Alfesibea. Occasione di porlo fuori sono state le nozze del dottor Marco Giovannardi Corelli coli' egregia Teresina Schiassi. Gli offerenti sono il dottor Giovan- ni e Francesco fratelli Capozzi. D. V. 3G0 NECROLOGIE Cesare Arici v^uante vite ha mietute la morte nella state di quest* anno infelicissimo ! Ma di tante nìuna è che più pesi alle anime gentili , alle lettere , all' Italia, quanto quel- la di Cesare Arici mancato ai vivi il 2 luglio, di età, ancor vigorosa, in Brescia sua patria nativa ! Non avea più che 54 anni , assai per la sua gloria , pochissimi pel bene degli studi, per l'amore universale! Ben è a do- lere , che i primi anni, i migliori in che i semi si git- tano dalle lettere , ei donasse a lingue straniere , che verso la nostra dolcissima direbbersi poco meno che bar- bare. Ma l'esempio dello Strocchi , e la voce del Mon- ti lo assennò: egli bebbe alle fonti greche e latine, e tut- to s'immerse nell'oro di Virgilio e di Dante. Presto mo- strò a che lo avesse fatto la natura , e sulle poste del- l' Alamanni , del Rucellai , dello Spolverini , del Ba- ruffaci , del Lorenzi , e dello stesso Roberti ( i quali cantato aveano i campi, le api, il riso, la canape, i monti, e le fragole ) egli cantò a vent'anni in quattro libri la Coltivazione degli ulivi, dandone il titolo al poeta del se- colo: il quale come padre a ben amato figliuolo non bia- simò il bell'ingegno, non tacque le mende, non lasciò d'incorarlo a palme maggiori. Vani non caddeio i con- forti di tale, che sedeasi in cima alle nobili fantasie: e surse il Corallo, seguo alla giusta ira de' critici, Ira* quali Necrologie 361 il principe della prosa Giordani soavemente avvisava il novello poeta di studiare più e più l'arte, che par natura. Indi nacquero quelle gioie delia Pastorizia, e dell' 0/7- gine dei forti. Iti prima il rinnovamento delle pecore no- strali colle finissime di Spagna fu dolce pensiero de' go- vernanti, fu argomento agli studi del Dandolo, fu poscia segno ai dolci versi dell' Arici : il quale divise il suo nuovo poema in sei libri dedicati al fiore degli amici , Paolo Tosi. E' chiaro in Italia e fuori il giudizio , che ne dava il Giordani: il quale d'invenzione, di stile, di lingua , di verso lodò a cielo il poema : non tanto pe- rò che non notasse le poche nubi , che lievemente qua e la ne rompevano il sereno. Ma su' quali lingue non suona il grassosissimo poemetto dell' Origine dei fonti ? E quanto ancora non suonerà in futuro , quasi l'ultimo canto di un cigno Così gentile ? JNè sia alcuno, che vo- glia offendersi di trovare in lunga opera il sonno di Omero , e troppo più spesso ancora que'io sforzo ne' concelti o nello stile , che è nemico a bellezza più che altro mai : dove è sole senza macchie , dove cielo s< nza nubi ? E quando largamente si stendono lue», splen- dore , chi sarà tanto invidioso di notar lievi e rare men- de ? Ben è degno notare a documento de' secoli la cau- sa dei pochi difetti dell'Arici , onde causarli. Dirò co- sa , che parrà grave a taluno , e pure è vera ! I pii- mi studi sulle lingue e sulle carte straniere ne fu- ron in colpa : e Torma de' primi studi non si cancella, tanto è forte negli animi ! E non dubiteremo noi dun- que di bruciare continuo incensi alle are straniere ? e daremo le tenere menti in cura a mani inette ed inde- gne? e stimeremo vile opera e di vile mercede sol de- gna quella di educare i novelli alle lettere ? e l'oro nie- gato a' maestri delle sante e belle dottrine saia prodi- gato alle sirene ed ai mimi della musica ? Vogliamo prodigi di lettere e di virtù ? Stimiamo il travaglio del- 362 Ne crologie la educazione santissimo , nobilissimo , degnissimo e di conforti e di onori a chi meritamente il sostiene. Ma tor- niamo all' Arici : del quale è lode l'avere tradotto tutte le belle e grandi cose di Virgilio, se non in modo da tor- re ad altri speranza di far meglio, almeno in modo da innamorare i più schivi di quel divino. Ma che dire del volo tentato dall' Arici dell' epopeia? Ognuno sa che agi' ingegni da natura una meta , che mal si argomen- tano oltrepassare. Quel soavissimo spirito alla poesia didattica e descrii tiva dovea restarsi contento ; a quella era nato : così non poteva piacere la prova della sua Gerusalemme distrutta , né voleva già essere conforta- ta dapprima dal grave consesso, a cui dubitando il poe- ta chiedeva consiglio del porsi o no a quella impresa : la quale dopo il Tasso ben doveva far disperare ogni spirito più sicuro; tanto più al nostro tempo che uso a prodigi di guerre e di paci non maraviglia a quelli del- l'epopeia. Più die le finzioni dell' epico converrebbero forse le pitture del narratore , più la musa di Lucano che quella di Virgilio, quando si vuole meglio descrive- re maraviglie , che idearle : maraviglie , che ai posteri ( ai quali parla il poeta epico ancora più singolarmente di quello che ai presenti ) parranno incredibili , così come sono avvenute sotto gli occhi nostri! Ma non cre- dasi per alcuno volere noi torre l'alloro di capo all'A- rici : che vorremmo ben porglielo, dove già il consen- so de'savi non glielo avesse conceduto^ se non alla pom- pa delle antiche coronazioni per mano di principi, cer- to col volo della ragione per opera di tutti i cuori gentili , che sorridono a' poeti degni di vivere im- mortali ! Ora si chiederà: Se eguali premi si avesse in vi- ta un spirito così leggiadro, qual fu l'Arici ? Nel 1809 fu posto ad insegnare eloquenza ed istoria nel patrio li- ceo , e l'anno appresso fu dato segretario alla sezione Necrologie 333 bresciana dell' istituto italiano di scienze lettere ed arti : caduto il quale dal la cima primiera per volgere di fortu- ne, l'Arici ripatriò e fu solenne maestro di filosofia e di storia sino all' estremo sospiro. Né il nido nativo lasciar mai volle per luogo altro più fruttuoso : tanto fu tenero della patria! Ivi si piacque aggirarsi ne' campi della pro- sa, e fu degno segretario dell' ateneo: dove mostrò che pieghevole ingegno non pure sa temperare la lira (testi- moni la versione di Bachilhde ed altri carmi), ma sa co- gliere bei fiori negli umili sentieri dell' eloquenza. Cosi egli seppe mescolare l'utile al dolce, e ne'costumi di lui generalmente parve soavità e cortesia degna di letterato. Insidie non potè sfuggire, e fu prova di merito e di virtù imitabile ai generosi , se già seppe levarsi ad altez- za di rettitudine ! D. V'acculimi. Gaetano della Casa. VXaetano della Casa venne alla vita in Lugo il di pri- mo di luglio 1798 da Luigi della Casa e Luigia liudrie- s'u Fin da'primi anni a svegliato ingegno, ed indole ben temperata congiungendo lunghi studi, avanzò sempre i condiscepoli, vincendoli inoltre nejla molta e salda pietà verso Dio. Percorsi in patria gli studi delle letteree scien- ze, ov'ebbe maestri il Francolini, il Mazza, ed il Serrano, si largo frutto ne colse da ottenere concessione di dare privati ammaestramenti nella grammatica e rellorica:in che molti giovanetti avventurosamente allevò, insegnan- do eziandio altri di cose matematiche, metafisiche, e fisiche, in cui erasi addentrato assai e che spoueva con facili e chiari metodi. La verace sapienza , di che non 364 Necrologie cessava ornarsi l'animo, provandogli più e più la vanita de' mondani dileltamenti , misegli in cuore di rendersi cappuccino : il che non valse a porre in effe Ito, contra- riato dal padre, che in lui primogenito, e si bene av- viato alle lettere riponeva ogni speranza del futuro so- stentamento famigliare. Frattanto non rimanendo cela- ta la sua virtù, nel 1 820 fu chiamato ad insegnare le umane lettere in Solarolo non ignobile terra del faenti- no , ove stato presso a due anni , e venuto in voce di perito ammaestratore, lo volle a se Faeuza ove passò nell'ottobre r 822. Fu allora che egli assunte le sacre veslimenta a' 16 ottobre del seguente anno sacrossi sa- cerdote , sovvenuto di ecclesiastico benefizio dalla faentina amministrazione di beneficenza. Dimoiando il della Casa in citta di bellissime lettere , ove fioriva- no lo Strocchi , il Gucci , il Pasolini, il Morini ed al- tri, ebbe campo a mostrare in pieno lume l'ingegno suo, che fortificava di studi si indefessi da partirne il non robusto suo temperamento. E qui datosi a tutt' uomo alla lingua volgare, che già molto valea nella latina, collo svolgere e meditar sempre i trecentisti e il p. Cesari, che ebbe sovratlutti in amore e conto grandissi- mo, aiutato dal suo buon gusto, e dalla consuetudine de'sapienti, potè formarsi uno stile elegante, puro, scor- revole, che non sente di quella leccata e affettata maniera che spesso uomini dottissimi non valsero a fuggire. Bel- la prova di ciò diede in quel suo discorso Sulla ne~ cessità di appropriare lo stile alla materia , ed alcu- ne altre avvertenze per chi scrive italiano : che re- citò a 4 settembre 1 828 per la solenne dispensa de'premi, e che tosto comparve in istarapa ( Faenza per Mon- tanari e Marabini 1829). In questo ragionamento dopo avere ben provato il suo assunto , parlate le lo- di della nostra lingua , e divisato il vero modo di apprenderla , s'introduce eloquentemente ad encomia- N E 0 11 O L 0 G I E 355 re il suo Cesari , toccando sotto brevità de' pregi del- l'opere da lui composte , difendendolo appresso de' di- fetti die a quel benemerito vengono apposti. Buone ac- coglienze si fecero ad un tal libro , come è a vedersi nel giudizio datone dal Vaccoliui nell'Arcadico , e in una lettera del Costa all' autore, in cui congratulando- sene aureo scritto lo chiama. Gli ottimi metodi con che insliluiva la gioventù , la costumatezza e pietà in che fu sempre specchialo, lo fecero scegliere ad incam- minare alle lettere le educande del monistero di S. Chia- ra. Fra cure siffatte , fra quelle della cara famiglia da cui non si separò mai , e che tutte sovra lui posavano, fra gli studi in che s'immergeva continuo, e di cui non fu l'ultimo quello del greco idioma, sfcorrevangii pro- speri e ridenti gli anni : quando a tempi si lieti e tran- quilli altri succedendone turbolenti e rei (17 ohi , de) Manuzzi, del Vaccolini, de' Ferrucci, di Tom- maso Azsocchj e di molti altri siffatti. L'accademia de' filoponi di Faenza fin dal febbraio 1823 lo fé de' suoi , e il somigliante adoperò l'Arcadia nel 23 gennaio 1830, chiamatolo Clito Omoleo. GlANFRANCESCO RaMBELLI. Conte Alessandro Maggiori di Fermo. c \-J orrendo il 30 di gennaio 1764 nacque in Fermo dal conte Annibale, e dalla N. D. Rosa Sciarra, Ales- sandro Maggiori , la cui puerile educazione fu diretta nel collegio Campana di Osimo , ove fra i molti no- bilissimi di ogni citta italiana ebbe a compagno An- nibale della Genga , che vedemmo elevato alla tiara pontificale. Non rimase lungamente in quel convitto, per- chè non solamente pel naturale suo ingegno, ma sì bene per la forte sua volontà si trovò presto capace di uscir- ne ricco di quelle elementari cognizioni , che furon- gli poi utili a studi più gravi. Ebbe di che stare con- tento de' progressi de' suoi studi, allorquando venne a far parte di que' giovani marchigiani in Bologna riu- niti nel collegio di Montalto. Che fu ottima istituzione di papa Sisto V , ed ora con particolare danno della marca d'Ancona soppresso. Gli studi legali furono da lui prescelti cornei più opportuni alla sua condizione : e non andò guari che meritò la laurea dottorale, assumendone l'ufficio di pro- motore il vivente chiarissimo giureconsulto conte Lui- gi cav. Salina. A moderare l'aridità di questi studi avvicendavali 368 Necrologie talvolta con l'esercizio delle belle arti , per le quali avendo egli naturale dispostezza gli erano di grande eccitamento gli stupendi monumenti di cui va ricca Bo- logna. Ne esaminava con amore le particolari bellez- ze, i suoi pensieri rettificava con uomini valentissimi , e quindi quegli oggetti da cui ottenuta aveva una più forte impressione andava ritrattando. Parecchi anni con- tinuò in quest' esercizio : finché ridottosi a partire da una citta , che considerò qual sua seconda patria , noi fece che per recarsi a Roma , ove specialmente ve lo chiamava il suo genio per le arti , a cui s'abbandonò pienamente trattovi dalla fervidezza di sua fantasia , e dalla sen sibilita dell' animo suo. Non appena vi fu giun- to , che trovò quivi una terra capace a perfezionare la sua mente, e ad occupare il suo cuore. Le sue idee si elevarono, si rese più abile nel dipingere, dirigen- done l'ammaestramento il Corvi , uno dei disegnatori più accurati di quell'epoca , che molti certamente non ne vantava. Le sue cure erano in particolar modo dirette a confrontare fra loro le belle opere dell' arte, d'onde po- tè a più beli' agio ravvisarne la decadenza. Egli non sapeva tollerare , che venissero lodate le opere meno meritevoli : dalle quali lodi ne derivava più pron- ta la rovina. A diminuirne il danno si propose dichia- rare , col mezzo d'un giornale che intitolò il Capric- cio , i difetti che racchiudevansi in que' dipinti, o sculture , che dal pubblico erano troppo applaudite, ed a lui s'unirono altri dotti. Appena uscito alla luce il primo volume insorse turba di letteratuzzi e di artefici di poco conto alta- mente querelandosi delle accuse , che loro venivano da- te : né avendo animo , ne intelletto capace a profittare dei savi e civili ammonimenti, tentarono si sospendes- se la continuazione di quello scritto. L' ottennero: per Necrologie 3 9 lo che vedendo il Maggiori riuscire inutile ogni ulteriore sua cura , abbandonò Roma per ripararsi nella pro- vincia nativa. Sperò ivi di trovare calma lontano dai tu- multi della capitale , e dalle molestie di coloro che sogliono ora fuggire dalla verità , ora perseguitarla. Ma la tranquillità necessaria all' esercizio delle arti fu tur- Lata dalle guerre d'Italia , e le seisse opinioni ovun- que tumultanli rendevano penosa la vita. Gli studi, a cui applicavasi il Maggiori, erano troppo discordi da questo stato violento. L' animo di lui disposto alla quiete chiedeva ardentemente pace : laonde fermo nel propo- nimento di non volere , che pochi amici , essendoché chi molti ne cerca non ne ha veruno, si rifugiò in una sua sua villa posta sulla cima di ridente colle , al cui piede lambisce l'Adriatico : ed ivi raccolto in se , si occupò di fare pubblici quegli scritti , che con tanto studio e fatica aveva radunato» Non trovò poeta che più si confacesse al suo spi- rito di Michelangelo : sublime in tulle le opere , che produsse quel genio. Quello pertanto, che in lui com- prese di bello e di storico , si occupò dichiararlo in dottissime annotazioni , e quindi in una nuova edi- zione che si fece in Roma nel 1 il 7 delle rime de' Buo- narroti furono quelle sue note impresse. Ebbe plauso T incognito autore ( perchè a lode di sua non volgare modestia mai , fuorché dagli amici, non si seppe quel- lo che dal Maggiori si pubblicava ) : e prova dell u- niversale consentimento fu lo smaltirsi cosi pronto di quel libro , che il Silvestri di Milano lo riprodusse nel 1825. Incoraggilo dal buon esito di questo suo pri- mo lavoro , s'accinse a dichiarare con altro scritto , in forma di dialogo , molte notizie, che teneva per fal- se , o inesatte riguardanti la vita e le opere del Seri io: Dialogo intorno alla vita e alla opere di Sebastiano Strilo architetto bolognese , dedicato al conte Pie- G.A.T.LXVIII. 24 370 Necrologie tro Alethy degli Stay. Ancona pel Sartori 1824. Lo studioso di queste artistiche e biografiche curiosità eb- be a ritrarrle grandissimo frutto: potendosi dire del Mag- giori quello che accade di pochissimi , eh' egli scri- veva per 1' olile di molti sopprimendo ogni idea di pro- prio interesse o ambizione. Ma intanto che queste cose andava egli scriven- do , ravvolgea nella mente più ampio e grave lavoro. Aveva il Maggiori vinggiato nella nostra Italia, e con molla diligenza ritrasse i disegni , ed annotò tutte quelle bellezze dell'arte che di citta in citta ammirò. Dal che abbiamo una prova sufficiente nell' intenzione eh' egli dimostrava avere di descrivere particolarmente gli og- getti di arte raceolli in alcuni paesi d'Italia, fia i quali incominciò a darne un bel saggio in quelle di Ancona e di Loreto. Della prima pubblicò una Guida nell82J, dell'altra nel 1 824- Riassumendo poi quest'idea, e co- scendo quanto grande fosse l'impresa a cui s'accingeva, si propose di esporre in un solo Itinerario quanto in fatto di belle arti sia ancora ricca l'Italia, avendo di mira, che in quello avessero a pascersi specialmente i dotti : e siccome fu questo libro apprezzato come co- dice di artistiche consultazioni , così potrà anche a lui perdonarsi il non avere talvolta considerate le nota- bili mutazioni, che soffrirono tanti oggetti di arte, non salvi neppur essi da quelle vicende dalle quali fu scon- volta Italia. In tre volumi ordinò la sua opera. I due primi, che riguardano il viaggio dell' Italia superiore, videro la luce pei tipi di Alessandro Sartori di Ancona nel 1SÒ'2. Il terzo poi , che doveva comprendere le guide di Roma , di Napoli , della Sicilia, rimase inedito: pei- lochè non possiamo che raccomandarne la stampa co- me onorevolissima ali* autore , e di certa utilità agli studiosi delle artistiche storie. Aggiungasi a ciò , che Necrologie 37! delle più minute notizie dei pittori e scultori ora egli eultissimo , e che il merito d' ognuno aveva sempre li- brato con finissimo criterio: per cui il dichiarare il ve- ro valore delle loro opere non era più per esso , che agevol cosa. Soleva il Maggiori avvicendare a que- sti studi l'agronomia , e con quel non interrotto suo vivere in campagna ebbe talvolta ad affermare, o an- che ad escludere colla pratica alcuni precetti , che dai sommi maestri di quest' arte furono diffusi. Donò al pubblico le sue agronome osservazioni , e fra gli altri opuscolctti riguardanti tali materie ( che inserire face- va negli almanacchi , che pel Sartori si stampavano in Ancona ) ebbe molta lode , e trovò seguaci il suo discorso sulla coltivazione del mais, ossia del gran turco. Una epistolare corrispondenza conservò il Maggiori con coloro , che si uniformarono alle sue dotte ricerche ; di libri , e di disegni, e di carte incise mai non la- sciò di provvedersi, tantoché a1 ebbero gli credi largo tesoro. S' egli pertanto s'allontanò dal cittadinesco com- mercio, non deve accagionarsi a rozzezza , ma piutto- sto lodarne il fine il quale fu unicamente rivolto al- l' universale utilità. Chiunque conobbe Alessandro potè agevolmente scorgere nell' animo di lui una naturale lealtà , che ne' suoi franchi modi manifestavasi : una tranquillità di coscienza che al di fuori il mostrava mite e dolcis- simo ; una sagacila di mente che il mostrava oltremodo arguto , e ad un tempo piacevole nel conversare. Era della persona alto e gracile , di viso alquanto palli- do , il naso anzi che no aquilino , occhi neri , pic- coli , vivacissimi. Morì nella villa detta del Castellano quest' uo- mo sommamente pio nell'aprile del 1834, confortato dai soccorsi di religione. Il corpo di lui trasporta- si 372 Neguo logie to nella principale chiesa del paese di S. Epidio , ivi ebbe suffragi e sepolcro , lasciando di se grande numero di amici inconsolabili. Maucii. Amico Ricci. Olimpiade Presenziai da Bevagna. chi entra nella chiesa che sorge sulla cima di monte Celio in Bevagna , sacra ai gloriosi ss. Gio- vanni e Paolo , si offre allo sguardo un marmo sopra cui si leggono queste parole : OLYMPIADI . PRESENZIAI . MEVANIAE QVEM . FILIVM . PIISSIMVM CIVEM . EXOPTATVM . IVVENEM . BENEMERENTEM VLTRA . AETATIS . VIRES BONIS . MORIBVS . LITERIS . SCIENTIJSQVE . IMBVTVM VTRIVSQVE . IVRIS . DOCTOREM PRO . MVNERE COELVM . TERRIS . COMMENDAVERAT MORS . INVIDA COELO . PRAEMATVRE . REDDIDIT ANNO . VITAE . SVAE . XXIV REP . SAL . MDCCCXXXVI . Ili . NONAS . IVNII HOC . MONVMENTVM AMICITIA . ET . VERITAS . SCVLPSERVNT PETRVS . ET . AMALIA . PARENTES LACRYMANTES .P.C E poiché ha letto si lungo elogio , e saputo che un giovane ottimo dottissimo dorme il sonno di morte Necrologia 373 sotto quel funebre sasso, mentre si sente stringere il cuore di pietà, cerca desideroso conoscete l'infelice in- nanzi tempo rapito all'amore de' suoi e alle speran- ze della patria : e dà frattanto un sospiro e una lacrima alle benedette ceneri , e prega loro lieve la terra. Oh ! cessa il pianto , qual chi tu sei , e serena la fronte. Olimpiade Presenziai , che qui riposa in pace , non morì giovinetto qual pare. Egli visse mol- to , benché si paia non valicasse il ventiquattresimo anno. La vita degli uomini , se tu noi sai , non dee computarsi dal numero degli anni, ma delle vir- tuose opere e delle bontà , e però colui visse assai che compi ogni debito di virtù ; e benché vecchio e decrepilo altri s'incurvi sotto gran fascio d'anni, è vivuto assai meno, se scénda nel sepolcro colle ma- ni vuote d'ogni buona opera. Giovinetto non anco uscito di pupillo aveva egli percorsa la carriera de- gli studi, e stampatevi orme profonde di gloria e di onore, così che gli occhi di tutti a lui solo furo- no rivolti, e le speranze della patria in lui solo ripo- ste. Bello era vedere in tanto fiore di età senno ca- nuto : del che mentre gli uomini si ammiravano, so- vente ai genitori di lui Pietro ed Amalia andò V ani- ma in dolcezza, e benedissero le mille volte il gior- no in che amore lor die si caro frutto. Infelici ! fra poco piangerete a inconsolabili lagrime. Cosa tanto oltra costume rara e pregiata é cosa di cielo , uè il cielo patirà che a lungo s'abbia la terra ciò che è nato alle superne delizie. Altri non fu uè più ob- bediente né più rispettoso del giovane Presenziai. Si pareva aver egli uell' anima ogni virtù , anzi la virtù stessa essersi sotto quelle sue sembianze a noi vo- luta mostrare. Non egli , come il più de' giovani, fol- leggiò dentro a vanità di dolcezze fugaci : tutto il suo pensiero era fisso nelle bellezze della sapien- 374 Necrologie za ; e solo in lei si veniva deliziando : e quasi ogni di più stanco delle cose che fanno si balda e in- docile la gioventù , Cercava conforto nei libri, e sde- gnoso di abbrutire nella ignoranza sollevava la mente ad utili meditazioni. Non aveva che diciassette anni d'eia , tre volte più ne aveva di studio e di sape- re: quando si fece studioso delle leggi , e nel cuore di quella scienza gitlaudosi , quasi direi sì corse da venirne a riva prestissimo. E che grande fosse l'in- gegno di lui, grandi prove ne aveva già dalo, quan- do in età di pochi anni , appena che ebbe salu- tata da' limitari Astrea , patrocinò difficilissime cau- se (avutone per ciò facoltà da' superiori , perocché non per anco poteva egl alzar voce ne' giudizi), una d'infanticidio , e Y altra di stupro prematuro : e in quelle difese die a vedere quanto valesse a strello ragionare, quanta copia d'autorità avesse alle mani , quanta robustezza d'argomenti , e quant' arte a di- sporli ; e, quel che più è mirabile, mostrò in cause laidissime e svergognate tutta la modestia e la ri- servatezza che aveva nella casta sua anima , e che sincera gli traspariva nel volto . Quale maraviglia poi che con festa di plauso inusato Perugia il de- corasse della laurea e dalle insegne dottorali , Roma l'avesse per singolare dagli altri molti? Basterà dire che due avvocati rinomatissimi , l'Ala e lo Slurbi- netti , i quali ne' loro studi raccolsero il Presenzini e dell' opera di lui si valsero , il lodavano a cielo , e gii posero amor grande, e pari stima. A prova di quanto egli avanzasse ogni dì in sapere ed in fama, ba- sti ciò che il prelodalo Ala scriveva ad un amico il 4 di aprile del 1835: // giovane Presenzini, se vor- rà fissarsi in Roma, occuperà il rango fra gli eccel- lenti : se vorrà sistemarsi in un capo luogo dì pro- vincia , sarà il sommo fra i legali. Ne solo il Prese»* Necrologie 375 zirii si piacque de' severi studi della giurisprudenza: soventi volte si concesse alla filosofia e alle ledere , e sciolse il labbro a canti che avresti detto veramente spirati dalle muse. Fu in varie accademie udito dis- sertare sopra punti d' erudizione astrusissimi , e n' eb- be plauso e lode di eccellente scrittore. Tali doti dell' ingegno non si scompagnarono mai da altre non men nobilissime dell'animo. Schiettezza nelle opere e nelle parole , costumi integerrimi , cuore tutto aperto agli amici e agli infelici , parco nelle amicizie e in esse saldissimo, sentiva bassamente di se, altamente di tutti gli altri, credeva suoi fratelli lutti gli uomini. A Dio devoto, a' suoi santi voleri volonteroso, ebbe nella religione regola sicura a' suoi pensamenti, sicché non traviò mai dal retto sentiero. Il morire gli parve un giungere a porto: e forte de' misteri della chiesa, e sicuro della sua coscienza, disse l'ultimo addio al mon- do con un sorriso di pace sul labbro. Or ti parti contento , qual che tu ti sia , se avrai reso pregio alla virtù canuta di questo giovane, che visse assai vita in pochi anni ; e se nel partire avrai posta una corona sul suo sepolcro, e dato un sospiro di pietà ai poveri suoi genitori , e alla patria infelice che in lui tanto bene perdettero. E. P. 370 INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TOM. LXVM DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Wiebéking , Ponti sospesi a catene di fer- ro, p. 3 — Durini , Prezzi de* generi di grascia, p. 12 — P e echio , Storia delV economia pubblica in Italia. p. 19 — Tortelli , Rivista di alcune opere italiane di medicina. p. 23 — Bertelli , Teoria sulV equilibrio delle volte ( con litografia ). p. 30 — Sorgoni , Osservazioni sullo scorbuto. p. 35 — Cappello , Lettera al barone Malvica sulV idrofobia. p. — M\h Perrone , Praeìectiones theologicae. p. — 159 Cardinali, Del calcino de1 bachi da seta. p. — 162 Bertelli, Formole e tavole del movimento de' corpi celesti. p. — 17q Curanti , Peste di TVerak. p. — 1 82 De-Crollis , Parte seconda del suo ragiona- mento terzo ec. p. — 189 LETTERATURA Jonii , Voti degli antichi. p. 73 — Manuzzi , Edizione della meditazione suW arbore della croce, testo di lingua. /?. 101 — 270 j / ì Emo Card. Giustiniani , Sulla costituzione del governo di Roma in tempo dei re ec. p. — 255 Montanari , Elogio di Filippo Maria Renaz- zi p. Biondi , Scherzi anacreontici. p. — 294 Cardinali^ Intorno ad alcune opere biografi- che, p. — 307 Varietà Necrologie di C. Arici , G. della Casa , A. Maggiori, O. Prese/i: ini. Tavole Meteorologiche. NIHIL OBSTAT Aem. Jacopiin Cehs. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Coli. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Cens. Phil. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni O. P. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR A. Piatti Archiep. Trapezunl. Viccsg. Osservazioni Meteorologiche )( Collegio Romano ){ agosto i836. Terni, i Termometro Pioggia Evapor. Sta lo del Cielo li. chiarissimo (^tZFa'JVT a 8 /?<• r> »> 2 24 5 20 i5 43 SO. m 3 ser. mat. .» „ 5 17 5 «4 8 0 0 » » 4 7 N. {. è1- •i » 3 24 24 10 i>7 O. m. / mat S'- >' i> 0 i3 ,5 _7__ a 0 0 » >? n >» 1 8 24 24 1 3 49 SO. in. .ser. e mal. §«'■ » 2 » 1 o 6 o 17 5 25 i3 9 4 3i 0 0 1 3 5 22 N. d. SO. f. 1 *er. » » 3 18 5 9 0 0 6 '"fli- A''- „ O r i5 5 20 20 i5 5 3j SSO.' in. ier. » #, 8 16 lo » q 0 mat. » >i 4 »4 5 0 0 ■; Sl- » « 7 '9 20 i4 33 SO m. ser. » I o 16 5 iti SE „ 8 mat. 16 7 „ » » 7 3 j4 12 5 17 l8 12 12 E d. i3 7 3o 0 » SO V. f. V. ser. mat. 8L » X 7 10 18 7 8 F4 .. „ 4 8 5 18 3 37 N. d. SO. m. ser. mat. " " 14 ò 7 S. d. i5 12 5 7 SE. „ 8'- „ „ i» 17 l8 12 27 SO. ni. esr. » )> 5 i3 5 ' 7 0 0 rioggia Jhvapor. 5, 5 1, 00 im.pio. ! 4 Stalo del Cielo.1 cniar.no.nu.oriz z.cli.uriz.vap. mur. sp. cliiar. coperto ser.nu.spj iR chiar. z cli.oi'iz.niiv. nuvol'iso z.elu:ir nuv.orm ohia rissimo nuvoloso „ sol.tial. alc.slel. z.cliiai'.iniz.iiu. ■ tu v .01. Irai. clnar. — 1J TOmraa- taas—w w ■ lumini !-irr?-— r •r^«r5T_«3ratNV»a«i!sa3aao3Kew»k* " z.cliiar.oriz mi, llirf sol.lral. cl.iar. nuv. tulio scr.nUv. sp. clijar. ser.iuiY..s£. iiuv.solctral. nÙTjlaVipfg. chiar. nuvsol Irai. » 16 poetica , poesia, ,, 262 l> 22 offese le offese „ 264 >> 20 politiche politica „ 268 >> i3 (pag-a) (pagos) ""'ri !•"• \-*-M? — » AGOSTO E SETTEMBRE 1836. VOLUMI CCIII , CCIV.