n VOTI GIORNALE DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE PUBBLICATO PER CURA DELLA SOCIETÀ DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO VOL. XVI, (ANNO 1883-84) PALERMO TIPOGRAFIA DI MICHELE AMENTA Via Vitt. Em., Palazzo Colonna, 431 — 1884 GIORNALE SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE e____r_r—rr—TrT—"—"—Trrr* GIORNALE SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE PUBBLICATO PER CURA DELLA SOCIETÀ DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO VOL. XVI, (ANNO 1883-84) PALERMO o DI MICHELE AMENTA tt. Em., Palazzo Colonna, 431 — 1884 LIT i LIS Bh Di }% meg si INDICE GENERALE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME XVI. Anno 1883-84 Elenco dei componenti della Società di Scienze Naturali ed Economiche . . . . . Pag. Sopra altri fossili del Titonio inferiore di Sicilia, pel dottor Giovanni Di-Stefano. . . » Sopro alcune figure ottenute per elettrolisi. Nota del dottor Pietro Cardani . . . » Riassunto delle osservazioni astrofisiche solari eseguite nel R. Osservatorio di Palermo E A. Riccò nell’anuo 1882. . . . Pe oi » Coordinate geografiche e azione îi una O arie. a Tempo vero e > medio i in Casti- glione Etneo, per l’astronomo T. Zona . . . re » Sulla fecondazione autogamica e Dicogamica nel regno Vegetale, per aL lajacono SOA » Osservazioni ed osservatorj sismici. Nota di G. De Lisa. . . ; » Sui Brachiopodi della Zona con SE Alpina di Monte Ucina. presso Galati, pel dottor G. Di-Stefano . . . » Su” fossili degli strati a RA aspasia 106 Contrada Rocche Dosss: presso ) Galati i di Messina) del pref. G. G. Gemmellaro. . . . ip Ta » Sulla durata delle scariche rallentate. Memoria del oe BUA ‘condari PRE NA » Bullettino della Società di Scienze Naturali ed Economiche NERA SeduiaRde/hU8kfebbraro SESS93Rt to ani ae a ai e Pag. Ness reseduta delle STot0Dret1889 mt. soa re e e e E le » Nago Sedutagdelliz25movembre: 18830 af a ate o a i » Bullettino del R. Osservatore Autonomico di Palermo Stazione di Valverde PREFAZIONE . . . c Di Pag. N. 4. Gennaro 1880 _ Note ca nani an del gennaro 1380. SE » N. 2. Febbraro 41880 — Idem. » N. 3. Marzo 1880 — Idem . . . » INSEAZ ANT MOR ASSO SI TEM e e TO de RP » bo fi LEE ION =MCR RR SIRO » to CC HETe Dato eeoe bois » N. 7. Luglio 1880 — Idem. » N. 8. Agosto 41880 — Idem . » N. 9. Settembre 1880 — Idem . » N. 10. Ottobre 4880 — Idem . ni N. 41. Novembre 1880 — Idem . € N. 412. Dicembre 1880 — Idem . n 233 236 238 IS ®. dt VOTE, Ph PETRA iii e brit any de cn i 21 A "i 1 (Re 3 A il 4 # A n 1 FRATTA n Da. NI nio si aa da = e ai re - I La AT - Li i spa ® i x TT » AT x: | TINI PARITA A x ì j° * a "i Je sa i Î Meg.) dat e Di Lai Lg di nane a ” act | A Ta da A, }.;4 Ba ie Meta) i; è I uo meri dre DO I Ni dg Lal e ì LA dd î > RAR ante VR i ha e «sg ” ( Ù pil e @ Elenco dei soci della Società di Scienze Naturali ed Economiche al 1° dicembre 1884, UFFICIO DI PRESIDENZA Presidente — Paternò di Sessa prof. cav. uff. Emanuele. Vice-Presidente — Doderlein prof. cav. Pietro. Segretario — Ruggeri comm. avv. Leonardo. Vice-Segretario — Scichilone prof. Salvatore. Tesoriere — Campisi prof. cav. Giovanni. SOCI ORDINARII 1. Albanese prof. comm. Enrico. 13. Federici prof. comm. Cesare. 2. Albeggiani prof. cav. Giuseppe. 44. Gemmellaro prof. comm. Gaetano Giorgio. 3. Basile prof. comm. G. B. Filippo. 15. Inzenga prof. comm. Giuseppe. 4. Cacciatore prof. comm. Gaetano. 16. Paternò di Sessa prof. cav. ufl. Emanuele. 5. Caldarera prof. cav. Francesco. 17. Ruggieri avv. comm. Leonardo. 6. Campisi prof. cav. Giovanni. 18. Scichilone prof. dott. Salvatore. 7. Corleo prof. comm. Simone, Deputato. 49. Sirena prof. cav. Santi. 8. Cuccia prov. avv. Simone, Deputato. 20. Todaro prof. comm. Agostino, Senatore del 9. Cusumano prof. Vito. Regno. 10. Deltignoso prof. cav. Gaetano. 21. Turrisi di Bonvicino barone Nicolò, Sena- 41. Doderlein prof. cav. Pietro. tore del Regno. 412. Fasce prof. cav. Luigi. SOCI CORRISPONDENTI 4. Albeggiani ing. Michele Luigi — Palermo. 2. Anca barone Francesco — Idem 3. Alfonso prof. cav. Ferdinando — Idem. 4. Agnetta Gentile prof. Francesco — ldem. 5. Arzelà prof. Cesare — Bologna. 6. Arata prof. P. N. — Buenos-Aivss. 7. Bellio prof. Vittore — Palermo 8. Briosi prof. Giovanni — Roma. 9. Caliri prof. Filippo — Palermo 10. Capitò prof. Michele — Idem. 11. Cervello prof. Vincenzo — Idem. 12. Ceradini prof. Cesare — Roma. 13. Damiani prof. cav. Giuseppe. - Palermo. 14. Denza cav. Francesco — Moncalieri. Iò. Di Betta Conte Eduardo — Modena. 16. Di Blasi prof. Andrea — Palermo 17. Di Maria Tommaso Marchese di Monterosato — Idem. 18. Di Menza consigliere Giuseppe — Idem. 35. “1 Ci Ut DS dI IO me Emery prof. Carlo . Fileti prof. cav. Enrico. Fileti prof. cav. Michele Finoc:hiaro-Apriie avv. comm. Gamillo, Deputato . Fubini prof. Simone.: . Koerner prof. cav. Guglielmo Lieben prof. cav. Adolfo. . Macaluso prof. Damiano. . Maggiore-Perni avv. Francesco. Menabrea di Valdora S E. il Marchese Luigi. . Mottura prof. cav. Seb stiano Naquet cav. prof. Adolfo . Oglialoro prof. cav. Agostino. . Padeletti prof. Dino . Patricolo prof. Giuseppe . Perez prof. comm. F. Paolo Pintacuda prof. Carlo . Pisati prof. Giuseppe . Randacio prof. comm. Francesco . Riccò prof. cav. Annibale . Righi prof. Augusto . Roiti prof. cav. Antonio. . Salemi-Pace prof. Giovanni Sampolo prof. cav. Luigi Schiaparelli prof. comm. Luigi. . Spica prof. Pietro Seguenza prof (Giuseppe . Tonelli prof. Alberto . Traina avv. Tommaso . Zona prof. Temistocle SOCi EMERITI . Blaserna prof. comm. Pietro Bruno prof. comm. Giovanni Cannizzaro prof. comm. Stanislao, Senatore . Tacchini ing. comm. Pietro . Tasca d’Almerita conte Lucio . Theis ing. cav. Guglielmo. . Tommasi-Crudeli prof. comm. Corrado, Deputato — Bologna — Palermo — Torino — Palermo. — ldem. — Nilano. — Vienna. — Catania. — Palermo — Parigi, — Palermo. — Parigi. — Napoli. — Idem. © — Palermo. — Idem — Idem. — Roma. — Palermo. — Idem. — Idem. — Firenze. — Palermo — Idem. — Milano. — Padova. — Messina. — Roma. — Torino. — .dem. — Roma —- Palermo. — Roma. — Idem. — Palermo. — Idem. — Roma. SOPRA ALTRE FOSSILE DEL ‘TOMO INEBRIORE: DI SICILIA PEL Dott. GIOVANNI DI-STEFANO Con questo mio secondo lavoro credo bene di ritornare sullo studio della fauna titonica di Sicilia, perchè molti fossili non restino sconosciuti o lunga- mente inediti, e si possa sempre più estendere e assodare la conoscenza pa- leontologica di un membro del Giurassico superiore, che ha dato luogo a di- spute sì vive e sì lunghe. Per questo, il prof. G. G. Gemmellaro, riconoscendo sin dal 1876 la necessità di monografie ulteriori che illustrassero le specie len- tamente trovate, pubblicò la sua « Prima appendice agli studj paleontologici sulla fauna del calcare a TereBRATULA JANITOR del Nord di Sicilia »; e nel 1882 anch'io ebbi il bene di poterne stampare una seconda, dal titolo « Nuovi Ga- steropodi titonici » ; tuttavia la ricchezza inesausta del Titonio siciliano ha fornito tanti altri fossili, da rendere necessaria la pubblicazione di questa terza appendice. In essa discorro di trentacinque specie, per la massima parte nuove, appartenenti alla grande collezione giurassica del Museo di Geologia e Minera- logia dell’ Università di Palermo, e che ho potuto studiare grazie al benevole consenso del prof. Gemmellaro, a cui debbo qui esprimere pubblicamente la mia più viva riconoscenza. Questi fossili provengono dai tre aspetti del Titonio inferiore di Sicilia , nei quali sono così ripartiti : a) In quello con gasteropodi e coralli: Scurria oxyconus, Litt: Turbo Cortesei, Di-Stef. Pileolus aequicostatus, Gemm. Natica Torrettensis, Di-Stef. Nerineca Neumayri, Di-Stef. » Nebrodensis, Di-Stef. | » politus, Gemm. » Schlosserì, Di-Stef. » Scinai, Gemm. Itieria Austriaca, Vitt. Neritopsis tuberculata, Di-Stef. » obtusiceps, Zitt. » Salemii, Di-Stef. Cryptoplocus consobrinus, Uitt. Natica Boehmi, Di-Stef. Cerithium Baidensis, Di-Stef. » Phasianellaeformis, Di-Stef. Purpuroidea elongata, Di-Stef. » Canavarii, Di-Stef. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 2 10 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA b) In quello con cefalopodi : Lissoceras carachtheis,var.subtilior,Zitt.| Simoceras Venetianum, Litt. » Pintacudae, Di-Stef. » coarctatum, Gemm. Oppelia Paternoi, Di-Stef. » Gemmellaroi, Di-Stef. » Fallauzi, Opp. sp. Cosmoceras simum, Opp. sp. Waagenia hybonota, Opp. sp. Perisphinctes, sp. ind. c) In quello con fauna promiscua : Nerinea Paronae, Di-Stef. Cerithium crenato-cintum, Zitt. Itieria subaustriaca, Di-Stef. Nautilus Geinitzi, Opp. » obtusiceps, Zitt. Perisphinetes senex, Opp. sp. » Simmenensis, Oost. Questo tipo con fauna promiscua, cioè con coralli, echinidi, brachiopodi, lamellibranchi, gasteropodi, cefalapodi, crostacei e pesci, speciale del Titonio in- feriore di Sicilia, finora si è potuto accertare solo nei dintorni di Palermo, e precisamente nei calcari compatti, leggermente cristallini o argillosi delle con- trade Rotola e Castellana, alle falde di Monte Pellegrino; Santa Maria di Gesù e Favara. Ma benchè relativamente poco esteso, è pure della più grande impor- tanza nella scienza, sia per l'ampia illustrazione ricevuta, che pel carattere della sua fauna, la conoscenza della quale è servita a poter riferire alla stessa età degli aspetti distinti del Titonio inferiore di Europa. Sicchè , per farlo in- tieramente e nettamente conoscere, io credo assai utile di dare qui appresso una lista compiuta, salvo i coralli, di tutte le specie che vi si sono trovate, e ch'io noto con l’indicazione dei luoghi che le hanno fornite. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 41 FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE CON FAUNA PROMISCUA DEI DINTORNI DI PALERMO CONTRADE SPECIE Castellana | Rotola S. Maria (f. di Monte (f. di Monte| Favara di Gesù Pellegrino)|Pellegrino) Echinidi 4 | Cidaris carinifera, Agass. + 0 o) » dicosma, Gemm. 37 3 » tithonia, Gemm. + sa 4 | Rhabdocidaris Erctensis, Gemm. + 5 | Pseudocidaris consaguinea, Gemm. + + sia + Brachiopodi 6 | Rhychonella isotypus, Gemm. + + 7 |Terebratula janitor, Pict. ale 8 » immanis, Zeusch. - 9 » Nebrodensis, Gemm. + + 10 » ciclogonia, Zeusch. + +; 14 » pseudobisuffarcinata , Gemm. se 12 » Moravica, Glock. + sha — 13 » Billiemensis + 14 » Neumayri, Gemm. + + 45 » isomorpha, Gemm. + + — 16 » Himaerensis, Gemm. + + 47 » multilamella, Gemm. | 18 | Waldheimiamagasiformis Zeusch.sp.| + + Lamellibranchi 19 | Lima Stoehri, Gemm. + 20 » tithonia, Gemm. + 24 » Chaperi, Gemm. + 22 » Eretensis, Gemm. + + SL 23 » Moeschi, Gemm. = 24 | Hinnites Waageni, Gemm. + + + 95 » Lorioli, Gemm. + + 26 | Pecten Nebrodensis,Gemm.et Di Blas.| + + + PALI » anastomoplicus, Gemm. et + + Di Blas. 28 » Erctensis, Gemm. et Di Blas. | 29 » arotoplicus,Gemm.et Di Blas.| + + + 30 » Catulloi; Gemm.et Di Blas. + 31 » cordiformis,Gemm.et Di Blas.| + + 32 » Oppeli, Gemm. et Di Blas. + + 33 » Billiemensis,Gemm.et Di Blas. dt 34 » tithonius, Gemm. et Di Blas. + su # 35 » acrorysus, Gemm.etDi Blas. + "n 42 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA CONTRADE SPRIGIE Castellana | Rotola Mari (f. di Monte|(f. di Monte] Favara n RR Pellegrino)|Pellegrino) —_ ——_—___—_——_—____——_________ ____— _ ‘" ——n22222z2z24111—--+---»+__P__—_——T__—————— _el_w __tctt@«l_—r——_____z 36 | Pecten diplopsides, Gemm. et Di Blas. = 37 » poecilographus, Gemm. et Di Blas. + + 38 » Zitteli, Gemm. et Di Blas. + + + 39 | Arca soluntina, Gemm. = Le 40 | Isoarca Baylei, Gemm. Ep 4A » Gemmellaroi, Bihm. (= Is. inflata, Gemm.,non Et.) + 49 » umbonaria, Gemm. = 43 » intermedia, Gemm. + 44 | Cardita Oosteri, Gemm. 395, 45 | Diceras Escheri, de Lor. + + + - 46 » sinuatum, Gemm. + 47 » carinatum, Gemm. ei SL 48 » Oosteri, Gemm. sE 49 | Isocardia lineolata, Gemm. L Gasteropodi 50 | Pleurotomaria Michelotti, Gemm. + 51 | Pleurotomaria Davincii, Gemm. + 52 | Phasianella Panormitana, Gemm. + 53 | Pileolus imbricatus, Gemm. + L 54 | Natica Erctensis, Gemm. + dò » athleta, d'Orb. + 56 | Tylostoma striatum, Gemm. + 57 | Nerinea Pillae, Gemm. BE ii 53 » conoidea, Pet. SR Da 59 » peregrina, Gemm. + 60 » Airoldina, Gemm. + AJ 64 » pudica, Gemm. + 62 » cochlea, Gemm. DE 63 » Hohneggeri, Pet. + 64 » conulus, Pet. + 3 + 65 » Loryana, Gemm. CR 66 » Paronae, Di-Stef. cip 67 » parvula, Gemm. + + + 68 » Mojsisoviesi, Gemm. + 69 | Piygmatis pseudobruntrutana, Gemm. + + + 70 » Carpathica, Zeusch. + st gr 74 » quinqueplicata, Gemm. = 72 » Meneghinii, Gemm. SA 3 73 » excavata, Gemm. + q4 » baculiformis, Gemm. + + 715 | Itieria Cabanetiana, d'Orb. Sp. + + 716 » Staszycii, Zeusch. + + ua Ss SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA SREGIE 43 Tr25o 6 ____________________________—&_—_——_—__—i=—_— == :r=—_—__ .---—_—— _—______ Itieria Simmenensis, Oost. » obtusiceps, Ditt. » subaustriaca, Di-Stef. » nana, Gemm. » polyinorpha, Gemm. » subfusiformis, Gemm. » Clymene, d’Orb. » Moreana, d’Orb. » Heberti, Gemm. » pyriformis, Gemm. Cryptoplocus succedens, ZLitt. » depressus, Voltz. » Picteti, Gemm. » pyramidalis,Miunst,sp. Cerithium Zeuschneri, Gemm. » (Euostoma) Gemmellaroi, Zitt. » Vallisnieri, Gemm. » crenato-cinctum, Litt. Pterocera Stenonis, Gemm. Petersia Nebrodensis, Gemm. » costata, Gemm. Zittelia ciprueformis, Gemm. Purpuroidea Ombonii, Gemm. Acteonina Picteti, Gemm. » utriculum, Gemm. Cefalopodi Belemnites, sp. Nautilus Geinitzi, Opp. Aptychus punctatus, Voltz. Pylloceras serum, Opp. sp. » Kochi, Opp sp. » piychostoma, Ben. sp. » piychoicum, Quest. sp. » Silesiacum, Opp. sp. Mediterraneum, Neum. Li o quadrisulcatum, "d’Orb. Sp. » montanum, Opp. sp. Lissoceras Staszyciì, Zeuschn. Sp. » elimatum, Opp. sp. Oppelia lithographica, Opp. Aspidoceras Rogoznicense, Zeusch. Sp. » cyclotum, Opp. sp. Olcostephanus emendatus, Gemm. CONTRADE Castellana | Rotola SU Maria f. di Monte|(f.di Monte] Favara : Così Lallegnos) Caino) LoL sn DE Sr ul 1 + + È + | + + + IL + + + ds SL "i + + + + de ne SE - + + sf CS Sp + - + + + + SE + SL de + Si al + + + + du BO e n + + + - dl =L e + 14 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA SPECIE Perisphinetes eudichotomus, Ditt. » senex, Opp. sp. Grostacei Prosopon marginatum, H. Mey. » Etalloni, Gemm. » Reussì, Gemm. » tithonium, Gemm. » oxythyreiforme, Gemm. » Polyphemi, Gemm. Pesci Pycnodus pyriformidens, Gemm. » transitorius, Gemm. » irregularis, Quest. ? » Soluntinus, Gemm. » sp. ind. Lepidotus gigas, Agass. Gyrodus Fortisi, Gemm. Sphenodus tithonius, Gemm, » Virgai, Gemm. Strophodus subreticulatus, Ag. » Nebrodensis, Gemm. CONTRADE Castellana | Rotola (f. di Monte]|(f. di Monte Pellegrino)|Pellegrino) + + Favara ++++++ +++4+4++t+++ S. Maria di Gesù MOLLUSCA JE GASTROPODA AGMAEIDAE, Carpenter. ScurRIA, Gray. ScurrIA oxyconus, Zitt. (Tav. I, fg.1a,b). 1869. Patella sublaevis, Ooster (non Buvignier); Le Corallien de Wimmis ; pag. 25, PI. 40, Fig. è, 6. 4873. Scurria oxyconus, Zittel.; die Gastrop. d. Stramb. Schichten; pag. 473, Waf.®590 Hie. 5; 6. La Scurria oxyconus è rarissima in Sicilia, tanto che nella ricca collezione titonica del Museo di Geologia e Mineralogia dell’Università di Palermo se ne possiede un solo esemplare; ma esso, benchè abbia l’apice appena spezzato, mo- stra chiari i suoi caratteri, e non lascia alcun dubbio sulla esatta determinazione specifica. Luogo in cui è stata trovata: Contrada Guléa, tra Castelbuono e Isnello. TROCHIDAE, d’Orbigny. TurBo, Linnè. Turso Cortesi, Di-Stef. (Tav. I, fig. 2 a, Db). Luncehezza{dellafconchisliatpaste cessati. ". tt. aio 40m ATOzza sd eu ltimorsIPont e ie eee ee Ce e TRI Larghezza » SS SITO ERI SR TORE SEO RE OST Re MEO IT 4 TEA STR it Me TRE Conchiglia conica, appuntita, più lunga che larga e non ombellicata. La sua spira, che si svolge in un angolo lievemente concavo, è formata da giri stretti, convessi, lisci e divisi da suture un po’ canaliculate. L’ ultimo giro è 16 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA grande, ventricoso, convesso sopra e con un angolo ottusissimo nel mezzo. Esso è coperto da forti strie di accrescimento trasversali, e ornato, alla base, di strie longitudinali, sottili e distinte, che cominciano appena sotto l’angolo. La apertura, benchè un po’ sciupata, si mostra arrotondita. Il lato columellare porta una chiara callosità. Questa specie ha qualche analogia col Turbo Oppeli, Zitt. (1); ma se ne di- stingue nettamente per le proporzioni un po’ maggiori, per la mancanza di fessura ombellicale, per le strie della base e pei giri che crescono meno ra- pidamente, in una spira più allungata ed appuntita. Luogo ec.: Billiemi, sulla scala di Montelepre (Palermo). NERITIDAE, Gray. PiLeoLus, Sowerby. PILEOLUS aa Gemm. (Tav. I, fig. 3 a, b; 4 a, Db). Pileolus aequicostatus, in coll. » » Di Gregorio; Sul Titonio di Aquileia e il Coralliano delle Madonie (Nataralista Siciliano; N. 4, 41884; pag. 22). Altezzadelipiùsrande\esemplate RR e ein Larghezza » » 9mm Conchiglia piccola, conica, più larga che alta, a contorno ovale - roton- dato e con l’apice eccentrico indietro. Essa è ornata di molte coste raggianti, strette, distinte ed eguali, che giungono fin sull’apice e sono separate da spazj anch’essi eguali. Il contorno è assai plicato; l'apertura grande e semilunare; il labbro spesso e marginato. Il lato columellare, un po’ arcuato, è provvisto di piccoli denti, divisi in due serie laterali da un solco profondo, che si allunga indietro sulla callosità columellare. Questa è un po’ elevata e con una forte depressione anteriore, sicchè è angolosa dietro e assai declive verso la depres- sione del contorno. È una specie molto vicina al Pileolus Michuelensis, Buv. (2); se non che (1) Zittel, die Gastrop. d. Stramb. Schichten (Paleontologische Mittheilungen ec.) pag. 436, Taf. 48, Fig. 9. (2) Buvignier, Statistique géol., minéral., minérallurg. et paléontol. du départe- ment de la Meuse; Atlas, pag. 30, PI. XXII, fig. 33, 35. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA AT ha la conchiglia più spessa, la callosità columellare angolosa dietro e le estre- mità del labbro mancanti dei due tubercoli così prominenti nella specie del Buvignier. Luogo ec.: Carini. PirroLus PoLitus, Gemm. (Tav. I, fig. 5 a, b; 6 a, Db). Pileolus politus, in coll. Altezza (del più erande esemplare... < . 20 +e e 10m Larghezza » » ARR NA i ce Gao dOnn Conchiglia conica, assai più larga che alta e con l’apice eccentrico indietro, terminato da un piccolo bottone embrionale. Il contorno è ovale, un po’ ri- stretto alla parte posteriore e slargato avanti, con gli orli sottili. Questa specie è compiutamente liscia e ornata solo di finissime strie circolari di accresci- mento. L’apertura è grande e semilunare; il labbro spesso e marginato; il lato columellare un po’ arcuato e provvisto di piccoli denti. Alla parte posteriore c'è una callosità larga, liscia, elevata, un po’ appiattita avanti e dietro, sicchè si mostra leggermente angolosa nel mezzo. Essa è limitata da una stretta de- pressione del contorno. Questa bella specie mostra tracce di colorazione, perchè è grigia con mac- chie oscure. Essa ha intime analogie col Pileolus laevis, Sow. (4); ma ne differisce per le maggiori dimensioni, per l’ apice un po’ più eccentrico indietro e più alto, per la callosità columellare angolosa e più larga, e per la stret- tissima depressione del contorno. Ha pure molti rapporti col Pileolus sublaevis Buv. (2); ma la mancanza delle leggiere coste radiali lo separano nettamente. Luogo ec. : Carini. PrueoLus Scinar, Gemm. (Tav. I, fig. 7, 8). Pileolus Scinai, in coll. Altezza del più grande esemplare. . . . . . . . . 0... . 16mm Larghezza » » E a RE i larice AI Conchiglia grande, spessa, conica, ovale-rotondata, molto più larga che aa,3[ con l’apice ottuso ed eccentrico indietro. Essa è ornata di molte coste raggianti, (1) Sowerby, Min. Conch.; 5, pag. 13, PI. 432, fig. 5, 8. (2) Buvignier, Statistique ec.; Atlas., pag. 30, PI. XXII, fig. 22, 24. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 3 18 | SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA grosse, eguali e che sembrano un po’ nodulose, tra cui se ne scorgono altre, in numero variabile, piccole ma distinte, che mancano nella parte posteriore. Il con- torno è plicato dalle sporgenze delle costole maggiori; la bocca è grande e seminu- lare; il labbro spesso e marginato; il lato columellare arcuato e provvisto di forti denti. Alla parte posteriore e’ è una grande callosità, liscia e molto convessa, limitata da una stretta depressione del contorno. Questo pileolo, benchè nell’insieme abbia qualche rassomiglianza col Pileo- lus imbricatus Gemm. (4), è assolutamente distinto dalle dimensioni molte mag- giori, soprattutto, e dall’avere l’apice meno alto e acuto, le coste un po’ nodu- lose, ma non imbricate, la parte posteriore senza coste minori e la callosità co- lumellare senza depressione longitudinale. Luogo ec. : Carini. NeRITOPSsIs, Gratéloup. NERITOPSIS TUBERCULATA, Di-Stef. (Tav. I, fig. 10 a, Db). Lunghezza della/conchieliatia e eee ea Larghezza » » SE DO I cine erro Chaz Conchiglia trasversalmente ovale, spessa e con la spira evidentemente assai corta; della quale è solo osservabile l’ ultimo giro, che è grandissimo e forma quasi l’intiera conchiglia. Esso è ornato in lungo di due file di grossi tubercoli, e trasversalmente di strie di accrescimento. L'apertura è grande e arrotondita; il labbro spesso; la columella escavata e callosa. ‘ Questa bella specie mostra ancora tracce di colorazione, perchè è scura con larghe macchie biancastre. Essa è sufficientemente distinta da’ suoi chiari contrassegni. Luogo ec.: Carini. NerIropsis SaLemI , Di-Stef. (Tav. I, fig. 9 a, Db). Eunghezzazdellaftconchie ee e ro Larghezza » » DI CEI ES, VI RA 0 rent SO Conchiglia piccola. spessa, accorciata e trasversalmente ovale. La sua spira, assai corta, è formata da giri convessi, che crescono rapidamente, e dei quali, (1) Gemmetllaro, Studj pal. sulla fauna del calcare a Terebratula janitor ec.; II, pag. 71, Tav. X, fig. 19, 25. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 19 l’ultimo, grandissimo, forma quasi l’intiera conchiglia. Essa è ornata in lungo di molte coste poco convesse, separate da spazj subeguali e fatte plicose dallo incrociamento di strie trasversali, finissime, rilevate e molte avvicinate fra di loro. L'apertura è subarrotondita ; il lato columellare arrotondito e calloso ; il labbro spesso. Questa specie ha molte analogie con la Neritopsis imbricata, Étallon (4), fisgurata dallo Zittel (2); però se ne distingue per le costole plicose, ma non imbricate, per le fine strie trasversali e per la forma un po’ più accorciata. Ha pure delle relazioni con la Nerifopsis himerensis, Di Stef. (Nuovi gasteropodi fitonici; pag. 8, Tav. II, fig. 12 e 13); ma se ne separa per la forma più accor- ciata, per la mancanza di costole trasversali e per la columella non escavata. Luogo ec.: Termini-Imerese, sulla montagna del castello. NATICIDAE, Forbes. NaTIcA, (Adanson) Lamarck. NaricA (AmAUROPSIS) PHASIANELLAEFORMIS, Di-Stef. (Tav. 1, fig. 11). Eunshezzaidellateonehislia tte aeree i TRINO. 0200 74850 Altezzatdelltultimo»giro ste rent otto. oto ab Larghezza » riot et anno Lanci «lap 0 Amologspiralezztt ea 260 Conchiglia ovale, appuntita, più lunga che larga e senza tracce di ombel- lico. La sua spira, lunga e crescente in un angolo quasi regolare, è formata da giri stretti, molto convessi, lisci e divisi da suture profonde. L’ultimo giro è grande e regolarmente convesso; |’ apertura ovale, un po’ arrotondita avanti e ristretta dietro; il labbro acuto; il lato columellare calloso. Essa ha dei rapporti con la Natica Marcousana, d’Orb. (3); ma se ne di- stingue per la mancanza di fessura ombellicale, pei giri più stretti, più con- vessi, con un modo di accrescimento più rapido in un angolo quasi regolare , e per l’ultimo giro meno rigonfiato. Ha pure somiglianze con la Nazica Pha- (1) EtaZlon, Études pal. sur les terr. jurassiques du Haut-Jura ; monographie de l’ ét. corallien; 1, pag. 49. (Mémoires de la Societé d’ émulation du département du Doubs). (2) Zittel, die Gastrop. d. Str. Schicht., pag. 426, Taf. 47, Fig. 21. (3) d’Orbigny, Paléontologie francaise; Térrains jurassiques; Gastéropodes; pag. 216, PI. 298, fig. 4, 5. 20 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA sianelloides, d'Orb. (41); però se ne separa, perchè non mostra tracce di ombel- lico ed ha i giri più convessi e con un modo di accrescimento più rapido, dei quali, l’ultimo è un po’ meno sviluppato. La forma della Phasianelloides, figu- rata dal de Loriol (2), che a ragione potrebbe considerarsi come tipo, oltre che dei caratteri notati sopra, differisce dalla Phasianellaeformis pei giri disposti in leggieri gradini. La Nazica Phasianellaeformis, Di-Stef. è anche un po’ vicina alla Natica Elea, d’Orb. (3); ma ne è distinta dall’avere la spira più appuntita ed allungata, l’ultimo giro meno sviluppato e l’angolo quasi regolare, mentre nella Elea è assai convesso. Luogo ec.: Billiemi, sulla scala di Montelepre (Palermo), e Carini. NAarICA (AmavRoPsIs) CanavarI, Di-Stef. (Tav. I, fig. 12 a, b). Lunghezza:diella.-conchiolio et Re ee Ra Altezza. dell'ultimo. Siro si alle ue ie e Sto Larghezza » En e ESTE Ono o eo Ro o e DIS 1 o 9mm Conchiglia piccola, ovale, acuta, più lunga che larga e non ombellicata ; con la spira crescente in un angolo regolare e composta da giri convessi. di- sposti a gradini e inferiormente appiattiti. L’ ultimo, assai grande, forma la maggior parte della conchiglia; è appiattito sotto, regolarmente convesso nel resto e coperto da fortissime strie di accrescimento, alcune delle quali sono sviluppatissime e quasi varicose. Il lato columellare è provvisto d’una callosità limitata ma spessa, che ricopre, a guisa di turacciolo, l’asse columellare. La superficie di questa bellissima specie mantiene ancora tracce di colora- zione, perchè mostra delle macchie nerastre sul fondo grigio dei giri. Essa ha qualche analogia, per la forma, con la Nazica Clio, d’ Orb. (4); però se ne distingue nettamente per le minori proporzioni, per la mancanza di ombellico, per la bocca più stretta e per la spira più corta e con un modo di accrescimento più rapido. Ha pure dei rapporti con la Nazica Crithea , d’Orb. (5); ma è più piccola, manca di ombellico, ha una forma più sottile, più allungata e un accrescimento più rapido dei giri, che sono anche meno ap- piattiti alla parte inferiore. Differisce poi dalla Nazica Clytia, d’° Orb. (6), per- (1) d’Orbigny, Pal. trane.; T. jur.; Gastér.; pag. 212, PI. 297, fig. 6. (2) de Loriol, Roger, et Tombeck; Déscription géol. et pal. des étages jurassiques de la Haute-Marne; pag. 115, PI. VII, fig. 19. (3) d’Orbigny, Op. cit.; pag. 212, PI. 297, fig. 4 e 5. (4) » » pag. 199, PI. 292; fig. l'e 2. (5) » » pag. 200, PI. 292, fig. 5 e 6. (6) » » pag. 200, PI. 292, fig. 3 e 4. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA dt chè più piccola, senza ombellico, con la spira più corta ed i giri appiattiti sotto. i Luogo ec. : Billiemi, sulla scala di Montelepre (Palermo). Narica Bornm, Di-Stef. (Tav. I, fig. 14 a, Db). Eupehezza della concisa 0. «3 up deal «e a -]] 48m Larghezza » SR I o dA e MO Den Conchiglia ovale, globosa e non ombellicata; con la spira assai corta e for- mata da giri stretti, appiattiti sotto e divisi da suture leggermente canaliculate; dei quali, l’ ultimo assai grande e globoso, forma la maggior parte della con- chiglia. Essi sono ornati in lungo di solchi larghi, diseguali e poco profondi , che diventano debolissimi e appena visibili nella parte superiore dell’ ultimo giro. Gli spazj rilevati fra i solchi son fatti quasi plicosi dall’ incrociarsi con forti strie trasversali di accrescimento, segnatamente nei primi giri, ove diven- tano sub-tubercolosi. L'apertura, benchè sciupata , si mostra grande ed ovale. Il labbro non è bene osservabile; il lato columellare porta una chiara callosità. Questa bellissima specie non può confondersi con altre Natiche del Giu- rassico. Luogo ec.: Contrada Guléa, tra Castelbuono e Isnello. Narica TorreTtENSIS, Di-Stef. (Tav. 1, fig. 13). ? Natica amata, Max Schlosser (in p.); die Fauna d. Kelheimer Diceras-Kalkes; erste Ahtheil., 1884; pag. 47, Taf. VI, Fig. 4 (non Taf. V, Fig. 19, 20). EHunohezaydelltesemplare e e a e Ce e Om ILErsnezze: ci retention ARA SR Modello interno grande, più largo che lungo ed obliquamente ovale ; con la spira alquanto prominente e composta da quattro giri molto convessi, lisci, leggiermente appiattiti sotto e con un un modo rapido di accrescimento. L’ul- timo, grandissimo, forma la massima parte della conchiglia; è un poco appiat- tito alla parte inferiore, convesso regolarmente nel resto, coperto da fortissi- me strie di accrescimento, di cui si notano sul modello le tracce profonde, e declive verso una depressione ombellicale. 99 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA L'apertura si mostra grande ed ovale; il lato columellare porta una callo- sità spessa, assai sciupata, ma nondimeno chiaramente visibile. Il labbro non è bene osservabile; però da un frammento della conchiglia si rileva ch’era obli- quamente tagliato. Questa specie ha dei rapporti con la Nazica grandis, Miinster (41); ma ne è distinta dalla depressione ombellicale e dal più rapido accrescersi dei giri, che formano una spira più acuta e prominente. Credo che l'esemplare riferito dallo Schlosser alla Natica amata, d'Orb., e figurato nella Tav. VI, fig. 4 dell’ opera citata, possa riunirsi alla Natica Tor- rettensis , Di Stef.; però resto in dubbio, perchè lo Schlosser nel notare che i piccoli individui da lui studiati presentano l’ombellico, sembra naturalmente escludere che l’esemplare più grande lo abbia. Luogo ec.: Torretta (fondo Sommariva). NERINAIDAE, Zittel. NERINEA, Defrance, s. str. NeRrINFA PARONAE, Di-Stef. (Tav. I, fig. 15 a, b, c.). Lunshezzadellafconchi elio RE Re Re eee oa Altezza "dell'ultimo Siro RR RE RR ORE ISO O ORIANA rr Larghezza » GIOR RA OE TIRIPRIAIF VANI TIE ORE SI Per NEREO Conchiglia piccola, turriculata e strettamente perforata ; con la spira cre- scente in un angolo regolare, formata da giri larghi, quasi piani, disposti ad alti gradini e con una forte e stretta depressione alla parte superiore, Essi sono obliquamente dentati all’orlo inferiore, e ornati di un cingolo noduloso a quello superiore. Nel mezzo portano piccolissime coste longitudinali, limitate inferior- mente dalla fascetta del canale; delle quali, le minori si presentano in forma di fine strie semplici, e le maggiori son fatte molto plicose dall’inerociarsi con le strie trasversali di accrescimento, specialmente la media, che prende l’aspetto di un chiaro cingolo moniliforme. L'ultimo giro è angoloso e plicoso in fuori; leggiermente convesso e striato sopra. L’ apertura mostra tre pieghe semplici ; una sul labbro e due sulla columella. Questa elegante specie ha dei rapporti con la Nerinea Crithea, d'Orb. (2); ma sene distingue, perchè assai più piccola, perforata, meno conica, e con orna- (1) Goldfuss, Petrefacta Germaniae ec.; III, pag. 110, Tab. CXCIX, fig. 8. (2) d’Orbigny, Pal. frang.; T. jur.; Gastér.; pag. 142, PI. 276, fig. 5, 7. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 23 menti che differiscono per numero e disposizione, avendo un maggior numero di coste semplici, l’orlo inferiore dentato e quello superiore provvisto di un cingolo moniliforme. Ha pure qualche somiglianza, nell’aspetto, con la Nerinea subsca- laris, Mister (1); ma ne differisce, perchè ombellicata, meno conica e con i giri meno fortemente gradinati, con i denti e senza carena; oltre di che per altre differenze di ornamento che sono subito visibili con la comparazione delle due figure. Luogo ec.: Rotola (Palermo). Nerinea NeumayRI, Di-Stef. (Tav. I, fig. 16 a, b, c). PUISTezza rd llaze0 NEI SARA SER E Sn 25m ANCO LOFSPILAle Aa e e MPI CTS Self toi) 8? Conchiglia piccola, poco allungata, conica e con istretto ombellico. La sua spira, crescente in un angolo regolare, è formata da giri stretti, escavati nel mezzo e rilevati alle suture da due rigonfiamenti; dei quali, il superiore con noduli più grossi, allungati ed uniti, ha l'apparenza di un monile, e l’inferiore, più piccolo e con noduli minuti e obbliqui, sembra un cordoncino. Nel mezzo dei giri si notano quattro coste longitudinali, semplici e assai sottili, e tra di esse tre cingoli moniliformi con tubercoli uniti; dei quali il cingolo medio è molto evidente. La fascetta del canale è visibilissima e coperta da fine strie di accrescimento. L’ultimo giro non si può osservare. L’apertura è quadrangolare e provvista di tre pieghe semplici; una sul labbro e due sulla columella; delle quali, l’inferiore è più stretta, più lunga, un po’ falciforme e rivolta dietro. Questa specie, per la forma e per gli ornamenti, ha delle analogie con la Nerinea Cecilia, d° Orb. (2); ma ne differisce, perchè ombellicata ed assai più piccola, pel cordoncino all'orlo inferiore dei giri, che sono più stretti, più esca- vati, e con tre soli cingoli moniliformi. Ha pure molte somiglianze con la Ne- rinea Nebrodensis, Di Stef.; ma se ne separa nettamente per le sue minori di- mensioni, pei giri meno escavati e relativamente più larghi, e per gli orna- menti che differiscono pel numero e per la disposizione. La Nerinea Cynthia , d’Orb. (3), che le somiglia, è meno conica, non ombellicata, con i giri più lar- ghi e con gli orli rilevati ma senza noduli, con un minor numero di cingoli moniliformi e più coste semplici. Luogo ec.: Favarotta. (1) Goldfuss, Petrefacta Germaniae ec.; III, pag. 40, Tab. CLXXV, fig. 12. (2) d’Orbigny, Pal. frang; T. jur.; Gastér.; pag. 131, PI. 272, fig. 1, 4. (3) » » pag. 135, PI. 274, fig. 1,3. 24 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA NerineA NeBRODENSIS, Di-Stef. (Tav. II, fig. 1 a, b, c). Lunghezza: del'frammentorfisurato Ni ea ADEOLO\SPIrale®. 123. Me toe e RT I I OI ENI DL Questa bella specie è discretamente allungata, conica ed ombellicata. La spira, che si svolge in un angolo regolare, è composta da molti giri, stretti, escavati nel mezzo ed assai rilevati alle suture. Essi sono ornati, sopra e sotto, di una serie di tubercoli disposti a merli; dei quali, gl’inferiori sono piccoli, ma largamente uniti alla base, e i superiori grossi e distinti. Nel mezzo por- tano cinque cingoli moniliformi, con tubercoli concatenati da un filetto. Il medio, assai più evidente degli altri, ha i tubercoli più allungati e più di- scosti fra di loro. L'ultimo giro non è osservabile. L’ apertura è grande, qua- drangolare e provvista di tre pieghe semplici; una sul labbro, più grossa e po- sta nel terzo superiore, e due sulla columella, delle quali, l’inferiore è più stretta, più lunga, un po’ falciforme e rivolta dietro. La Nerinea Nebrodensis ha molti rapporti con la Nerinea Wosinskiana , Zeusch. (1); ma si distingue dai giri meno escavati, provvisti di cingoli moni- liformi e senza coste trasversali, dall’essere più allungata e un po’ meno conica e dalla forma differente delle pieghe boccali. Ha delle analogie anche con la Nerinea Mariae, d’Orb. (2); però se ne separa per le minori proporzioni, per la forma più conica, pei giri più stretti e per quelle differenze di ornamento che si rilevano subito da un superficiale confronto delle due figure. Dalla Ne- rinea Oppeli, Gemm. (3), con la quale ha somiglianze nell’ aspetto , differisce, perchè ombellicata, più conica e sfusata, e con ornamenti diversi per disposi- zione, numero e forma. Luogo ec.: Contrada Aculia (Madonie), NerineA Scurosseri, Di-Stef. (Tav. II, fig. 2 a, b, c). Lunghezza -della conchiglia, (tte. MEO (RI. | I Altezza. dell'ultimo» giro AA e I Tana Larghezza » O RA MEMO ST PSI ABIORE co SI tali Angolo spirale .. calle seas ee e a O Conchiglia discretamente allungata, conica e con istretto ombellico. La spira, (1) Zeusehner, Geog. Beschreibung des Nerineen-Kalkes von Inwald und Roczyny (Nat. Abhandl. gesammelt. ec. von Haidinger) 3 Bd.; 1 Abth.; pag. 138, Taf. XVII, fig. 7-9. (2) d’Orbigny, Pal. frang.; T. jur.; Gastér.; pag. 188, PI. 275, fig. 1 e 2. (3) Gemmellaro , Studj pal. sulla fauna del calcare a T. janitor ec.; II, pag. 28, Tav. Vv, fils, Ie! SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 25 che si svolge in un angolo regolare, è formata da giri piani, disposti in leg- gieri gradini e ornati, sopra, da un cingolo moniliforme, occupante una leggiera depressione suturale. Nel resto essi portano quattro piccole coste longitudinali, fatte plicose dall’ incrociamento di forti strie trasversali di accrescimento, in ispecie alla parte inferiore, sulla chiara fascetta suturale, dove la costola diventa quasi tubercolosa e le strie prendono un aspetto falciforme. L'ultimo giro è angoloso in fuori, striato longitudinalmente e convesso alla base. L'apertura è allungata, stretta e con tre pieghe semplici ; una sul labbro e due sulla colu- mella. Essa ha, nell’ aspetto, qualche somiglianza con la Nerinea Danubiensis, Zitt. (4); ma è più piccola, meno conica, più sottile e con diversi ornamenti; giacchè nella Danubiensis non si nota, in certi casi, che una sola e debolissima linea tubercolosa. Luogo ec. : Favarotta. IrieRIA, Mathéron (emend. Zittel). Irreria AustRIACA , Zitt. (Tav. II, fig. 3 a, bj; 4). 1873. Itieria Austriaca, Zittel; die Gastrop. d. Stramb. Schichten; pag. 343, Taf. 44, Fig. 4-9. 1881. » » Max Schlosser; die Fauna d. Kelheimer Diceras-Kalkes; i erste Abtheil.; pag. 40, Taf. V, Fig. 8, 9. Riferisco questa piccola forma alla Ifieria Austriaca, Zitt., per la prima volta trovata nel Titonio siciliano; e credo bene di figurarla per certe differenze che presenta con le varietà coniche di questa specie, date ai numeri 5, 8 e 9 della tavola 41, nell’ opera sui gasteropodi di Stramberg. La conchiglia è più rigonfiata; i suoi giri, più stretti, crescono assai rapidamente in un angolo un po’ concavo, e l’ultimo, assai più sviluppato che negli individui descritti dallo Zittel, forma molto più di metà dell’ intiera conchiglia. Nel resto però offre i caratteri dell’ Austriaca : è ombellicata, ha Ie suture canaliculate, i giri disposti a gradini e provvisti di tubercoli diritti, l’ ultimo giro regolarmente convesso, l’apertura stretta, allungata e provvista di cinque pieghe; due sul labbro e tre sulla columella. Per questo io la riguardo come una delle forme molto co- niche della variabile Ifieriu Austriaca, della quale forse si estendono troppo i limiti. (1) Max Sehlosser, die Fauna d. Kelheimer Diceras - Kalkes; erste Abtheil.; 1881; pag. 29, Taf. III, Fig. 13, 14. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 4 26 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA I molti esemplari che ho studiati hanno dei rapporti con certe forme della Itieria Simmenensis, Oost.; ma se ne distinguono dai loro tubercoli diritti, dalla forma conica e dalla spira appuntita. Luogo ec.: Carini. ITIERIA SUBAUSTRIACA, Di-Stef. (Tav. II, fig. 5 a, b). Lunghezza approssimativa della conchiglia +... +... . +. +. 22mm Altezza dell'ultima Egr Ne ARR e e Orta Larghezza » STE E ra Conchiglia piccola, ovato-globosa ed ombellicata. La spira, che si svolge in un angolo convesso, è corta e formata da giri discretamente convessi e prov- visti di tubercoli diritti, allungati longitudinalmente, limitati dalla fascetta del canale e che svaniscono sull’ultimo giro. Questo è grande, ventricoso , liscio e regolarmente convesso. L’apertura è stretta, allungata e provvista di sei pieghe; tre sul labbro, semplici, e tre sulla columella, delle quali, la media è semplice e le altre due sono complesse. Questa specie ha molte analogie con la Ifieria Austriaca, Zitt. e con la Itieria Simmenensis, Oost.; ma si distingue da ambedue per la sua forma molto globulosa e pel maggior numero di pieghe boccali; dalla seconda , inoltre, pei suoi tubercoli diritti. Ha pure somiglianze con la Itieria Polcenici , Pir. (4); ma è diversa, perchè ha l’ultimo giro più corto e un maggior numero di pie- ghe boccali. Luogo ec.: Santa Maria di Gesù (Palermo). ImieRIA oBrUSICEPS, Zitt. (Tav. II, fig. 6 a,b, C;.%). 41873. Itieria obtusiceps , Zittel ; die Gastrop. d. Stramb. Schichten; pag. 347 , Taf. 44, Fig. 10, 43. Ho potuto paragonare i moltissimi individui di questa specie con alcuni esem- plari provenienti da Inwald, che si trovano nel Museo di Geologia e Minera- (1) Pirona, Sulla fauna fossile giurese del Monte Cavallo in Friuli; pag. 15, Tav. II, fig. 1,3. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 27 logia dell’Università di Palermo; e per l’ottusità della spira, per le ondulazioni della sutura, pei giri disposti a gradini, lisci o con debolissimi tubercoli, e pel numero delle pieghe boccali confrontano bene con la specie descritta dallo Zit- tel; se non che, debbo notare che nella massima parte degl’ individui lisci la conchiglia ha l’ultimo giro molto gonfiato, sicchè essa mostra una forma assai globulosa (fig. 6 a, b, c). Gli esemplari provvisti di tubercoli hanno dei rapporti con la Itieria Sim- menensis, Oost.; ma ne sono distinti dai tubercoli diritti e appena sviluppati, e dalle ondulazioni della sutura. Luogo ec.: Rotola (Palermo), Scala di Monte Pellegrino (Palermo), Santa Maria di Gesù (Palermo), Carini. Irreria SimmeneNsIS, Oost. (Tav. II, fig. 8 a, b). 1855. Nerinea Staszycii, Peters, (in p.;) die Nerineen d. Ob. Jura; pag. 17, Taf. II, Fig. II, (non Fig. 6, 8). 1869. Nerinea (Itieria) Simmenensis, Ooster; Le Corallien de Wimmis; pag. 5, PI. 2, Hot 9 1873. Itieria Simmenensis , Zittel; die Gastrop. d. Stramb. Schichten; pag. 343. Alle falde di Monte Pellegrino, presso Palermo, si trovano dei rari indi- vidui, che per la forma allungata e pupoide, pei giri crescenti in un modo re- golare, pei tubercoli trasversali ed obliqui e pel numero delle pieghe boccali, confrontano bene con le varietà allungate dell’ Jfieria Simmenensis. I parecchi esemplari da me studiati presentano l’ultimo giro quasi cilindrico. Non si possono disconoscere però i rapporti che hanno con le varietà pu- poidi dell’Ifieria Austriaca, Zitt.; ma i loro tubercoli obliqui e il regolare accre- scersi dei giri li distinguono nettamente. Luogo ec.: Rotola (Palermo). CryPToPLOCUS, Pictet et Campiche. CRyPTOPLOCUS CONSOBRINUS, Zitt. 1873. Cryptoplocus consobrinus, Zittel; die Gastrop. d. Stramb. Schichten ; pag. 378, Taf. 42, Fig. 18, 19. Questa forma, che io credo poter riferire al Cryptoplocus consobrinus, Zitt., è molto conica, appuntita, largamente ombellicata e con la spira svolgentesi in 28 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA un angolo lievemente concavo. Ha i giri stretti, non gradinati, un po’ concavi nella metà inferiore e coperti da strie di accrescimento flessuose. L’ ultimo è angoloso in fuori e convesso sopra. La piccola fascia del canale mostra la pro- prietà di quella del Crypioplocus succedens, Zitt. (1) e del consobrinus, perchè è separata dalla sutura da uno spazio largo quasi il doppio di essa fascetta. Per l’insieme di questi caratteri mi pare si possa bene riferire alla suddetta specie dello Zittel. Essa ha qualche analogia col Cryptoplocus pyramidalis, Miinster (2); però la fascetta del canale allontanata dalla sutura e la debolissima depressione dei giri nella parte inferiore lo separano assai bene. Perchè si potessero valutare esattamente i suoi caratteri avrei dovuto figu- rarlo; ma le angustie delle tavole non me lo hanno permesso. Luogo ec.: Carini. à CERITHIIDAE (Férussac) Menke. CeRITHIUM, Adanson. Cermmamum Bamensis, Di-Stef. (Tav. II, fig. 9 a, b). Lunghezza della conchiglia . . . . ORIO e RS Larshezzatdellultimotgito ERROR Amgolospirale:so acta ARIMA Conchiglia discretamente allungata, turriculata, appuntita, con la spira cre- scente in un angolo regolare e formata da giri piani, con l’ orlo inferiore ap- pena sporgente e divisi da suture lineari, ma distinte. Essi sono coperti da sottili strie di accrescimento e ornati trasversalmente di sedici pieghe stret- te, acute, oblique, separate da spazj più grandi della loro grossezza e spesso leggermente ondulose. L’ultimo giro, benchè sciupato, si mostra angoloso. L’a- pertura non è bene osservabile. Questa bella specie, per l’ insieme de’ suoi caratteri, non può confondersi con altri Cerizii giurassici, provvisti di costole trasversali. Luogo ec.: Billiemi, sulla scala di Montelepre. (1) Zittel, die Gastrop. d. Str. Schicht.; pag. 376, Taf. 42, fig. 15, 17. (2) Goldfuss, Petrefacta Germaniae ec.; III, pag. 43, Tab. 176, fig. 11. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 29 CeRITHIUM CRENATO-CINCTUM, Zitt. 41873. Cerithium crenato-cinctum, Zittel ; Die Gastrop. d. Stramb. Schichten ; pag. 386, Taf. 44, Fig. 12, 13. Riferisco a questa specie un frammento di Cerizio del calcare di S. Maria di Gesù, presso Palermo; e lo fo senza dubbj, perchè esso mostra tutti i carat- teri notati dallo Zittel. Ha certamente dei rapporti col Cerithium nodoso-cinctum, Schloss. (4); ma se ne distingue dalle suture assai profonde e dalla mancanza del cingolo tubercoloso. Luogo ec.: Santa Maria di Gesù, presso Palermo. PURPURIDAE, Gray. PurPUROIDEA, Lycett. PURPUROIDEA ELONGATA, Di-Stef. (Tav. II, fig. 10 a, b) Munshezzafdellatconehigliate:g ani e» (62m Avirezzaidelliulpimog giro ee e (88m Larghezza » rp ao eat ©... (08m AME OIOES PICO CR ee N e n e n © VO Conchiglia allungata ed ovato-conica; con la spira lunga , appuntita , cre- scente in un angolo un po’ concavo e formata da giri lievemente convessi, di- visi da suture un po’ escavate e che cresrono rapidamente. L'ultimo giro, assai grande , forma quasi i ?/, dell’intiera conchiglia ; è regolarmente convesso , ed ornato sotto di grossi tubercoli, allontanati dalla satura, e dei quali non può bene precisarsi il numero, perchè la conchiglia è un po’ sciupata. L'apertura è ovale, allungata e ristretta dietro in un canale piuttosto sporgente; il labbro si mostra sottile; il lato columellare prevvisto di una evidente callosità. Essa ha qualche rapporto con la Purpuroidea Oosteri Zitt. (2); ma se ne distingue dall’essere più allungata e dall’avere l’ultimo giro assai meno rigonfiato e la spira che si accresce rapidamente in un angolo un po’ concavo. (1) Max Sehlosser ; die Fauna. d. Kelh. Diceras-Kalkes ; erste Ahtheil; pag. 43, Taf. V, Fig. 14. (2) Zittel, die Gastrop. d. Str. Schicht; pag. 314, Tav. 43, Fig. 5. 30 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA dels CEPHALOPODA Naumtus, Linné. NauriLus Gemrrzi, Opp. 1865. Nautilus Geinitzi, Oppel; Zeitschr. d. deutsch. geol. Ges; XVIII, pag. 546. 1866. » Aturioides, Pictet; Mélanges pal.; II; Faune de Berrias; pag. 63, Cable. 41,2: 1868. » Geinitzi, Zittel; die Cephalop. d. Stramb. Schichten; pag. 45 , Faf-92; Ele: 4A. L’unico esemplare di questa specie , trovato nella serie titonica di Sicilia, è un frammento, che mostra uno strettissimo ombellico e le pareti settali pie- gate a zig-zag, dal tipo goniatitico, in modo che la sua determinazione specifica non lascia alcun dubbio. Luogo ec.: Falde di Monte Pellegrino, nella contrada Castellana (Palermo). LissocERas, Bayle. LISSOCERAS CARACHTHFIS, Var. SUBTILIOR, Zitt. 1870. Haploceras carachtheis, var. subtilior. Zittel; die Fauna d. aelt. Cephalop. fuehr. Tithonbildungen; pag. 172, Taf. 27, Fig. 11. Nel Museo di Geologia e Mineralogia dell’Università di Palermo si trovano parecchi esemplari di questa varietà. dei quali, l'individuo più grande, che ha un diametro di 34mm., mostra benissimo sui giri le coste falciformi, deboli e sottili. Luogo ec.: Montagna della Ficuzza. contrada Vaccaria. Lissoceras PinrAcuDaE, Di-Stef. (Ravioli Mb)! Diametro:dell'esemplareihaio Lire dante 63mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . . . . 0,36 Spessore dell’ultimo giro » 0) CARE CON] Larghezza dell’ombellico » A TR MORTO Questo modello, che conserva solo la parte concamerata, è discoidale, com- presso, largamente ombellicato e con la regione sifonale larga e arrotondita. Ha SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 3A la spira composta da giri assai più alti che larghi, che si ricoprono per metà dell’altezza e scendono rapidamente nell'’ombellico, formando un angolo alquanto acuto. La loro sezione è ovale, più alta che larga , con la maggiore larghezza presso la satura e assai incisa sotto dal contorno della spira. Questa specie mo- stra tracce di antiche bocche , indicate, sull’ultimo giro, da cinque strangola- menti larghi, un po’ ondulosi, limitati avanti da un cercine stretto e poco ri- levato, e che passano sulla regione sifonale, piegandosi un po’ avanti. La linea dei lobi non si può esattamente descrivere; però si mostra molto frangiata. Il Lissoceras Pintacudae fra” suoi congeneri giurassici, ha, per la forma, delle analogie col Lissoceras elimatum Opp.sp. (1); ma se ne distingue pel più lento accrescersi della spira, che forma un ombellico assai più largo, pei giri meno alti e per l’esistenza dei solchi trasversali. Il Lissoceras Belus, d'Orb, sp. (2) del Neocomiano ha, per la forma e per i solchi, molte analogie con esso; però ha l’ombellico più stretto, i giri più ricoprenti e più alti, eun maggior numero di solchi. Luogo ec.: Valle della vite, tra Chiusa-Sclafani e Palazzo Adriano. OppPELIA, Waagen OppeLia PareRrNOI, Di-Stef. (Tav. II, fig. 12). Dlametrogdelliesemplare: ton a n 83mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . . . . 0,63 Spessore dell’[ultimo giro » e e 0A Larghezza dell’ ombellico » a 40708: Questa Oppelia del Titonio siciliano è discoidale, involuta e molto ap- piattita. Essa ha uno stretto ombellico, la bocca alta e la regione sifonale stret- tissima, ma non tagliente. I suoi giri sono larghi, leggermente convessi ai fian- chi, scendono rapidamente nell’ombellico, formando un angolo smussato, e sono provvisti nella metà esterna di coste falciformi, arrotondite, poco evidenti, di- stanti fra di loro e limitate, internamente, da un’indistinta piega longitudinale. La sezione traversale dei giri è a forma di punta di lancia. Essa appartiene al gruppo di forme dell’Oppelia subradiata, Sow. sp. (3), (1) Oppel, Zeitschrift. d. deutsch. Gesellschaft, XVII, pag. 549. (2) d’Ordigny, Paléontologie francaise; Terr. crétacées; I; Céphalopodes, pag. 116, PI. 52, fig. 4, 6. (3) Sowerby, Min. Conch.; V, pag. 23, PI. 421, fig. 2. 32 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA le cui variazioni sono state così magistralmente esposte dal Dottor Waagen (4). Si distingue da questa forma stipite per l’ombellico più stretto, pei fianchi as- sai fortemente appiattiti e per la regione sifonale strettissima e senza strie trasversali. Essa ha delle analogie con l’Oppelia aspidoides, Opp. sp. (2) e con l'Oppelia latilobata, Waag. (3); ma si separa da ambedue, perchè ha i fianchi più appiattiti, la regione sifonale meno acuta e l’ombellico più stretto. Però i rapporti più intimi li ha con l’Oppelia Waageni, Zitt. (4) e con l’Oppelia sub- costaria, Opp. sp. (5), dalle quali differisce tuttavia per l’ombellico più piccolo, pel contorno meno stretto e pei fianchi assai appiattiti. Luogo ec.: Valle della vite, tra Chiusa-Sclafani e Palazzo Adriano. OPPELIA FALLAUXI, Opp. Sp. 1866. Ammonites Fallauxi, Oppel; Zeitschrift. d. deutsch. geol. Ges.; XVIII, p. 547. 1868. » » Zittel; die Cephalop. d. Stramb. Schichten; pag. 89. 4870. Oppelia Fallauxi, Zittel; die Fauna d. aelt. Cefhalop. fuehr. Tithonbildun- gen; pag. 89, Taf. 28, Fig. 4, 6. 1880. Amm. (Oppelia) Fallauxi, Favre ; Déscript. d. fossiles d. couches tithoni- ques des Alpes Fribourgeoises; pag 34, PI. 14, fig. 9. Nel Museo di Geologia e Mineralogia dell’ Università di Palermo ci sono tre individui di questa bellissima specie, che per la forma, per gli ornamenti e per le dimensioni sono perfettamente conformi agli esemplari figurati dallo Zittel. Luogo ec.: Montagna della Ficuzza, contrada Vaccaria. WaaGENIA, Neumayr (6) WAAGENIA HYBONOTA, Opp. Sp. (Tav. II, fig. 13 a, b) 41863. Ammonites hybonotus. Oppel; Palaeont. Mitth; 4, pag. 254, Tab. 74, fig. 1,3. 1863. » Autharis, » A, pag. 255, Tab. 74, fig. 4,6. (1) Die Formenreihe des Ammontites subradiatus (Benecke; geogn. pal. Beitr.; Bd. li, Heft. 11, pag. 179, 256). (2) Oppel, Juraformation, pag. 474. — Ueber jurassischen Cephalopoden (Pal. Mitth. pag. 147, Tab. 47, Fig. 4, a, Db). (3) Waagen, Op. cit.; pag. 216, Tab. XVIII, fig. 1 a, b; fig. 6, a, c. (4) Zittel, Die Fauna d. aelt. Cephalop. fuehr. Tithonbildungen; pag. 191, Taf. 29, Big. da, b. (5) Oppel, Ueber jur. Cephalop. (Pal. Mitth. pag. 149). (6) Jahebuch d. K. K. geol. Reichsanstalt.; 1878. 28 Bd., 1 Heft. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 33 1866. Ammonites hybonotus, Benecke; Geogn. pal. Beitr; 4, pag. 187, Tab. 44, fig. 4, a, c. 1869. » » Zittel; Geol. Beobacht. a. d. Centralen Apenninen (Benecke; Geogn. pal. Beitr.; 11, pag. 148). 1870. Aspidoceras hybonotum , Zittel; die Fauna d. aelt. Cepiiuion: fuehr. Ti- thonbildungen; pag. 201. 4873. » » Neumayr; die Fauna d. Schicht. mit. A. Acanthi- cum; pag. 229, 230. 1877. Amm. (Aspidoceras) hybonotus, Favre ; La Z. à Amm. Acanthicus dans- les Alpes. de la Suisse et de la Savoie; pag. 58, DI VIS figt, Di questa Waagenia si conosce nel Titonio di Sicilia un giovane individuo, che mostra sì chiari i suoi caratteri, da non far dubitare della esatta determi- nazione specifica. È assai appiattito, con le due caratteristiche file di tuber- coli e il solco ventrale profondo e limitato di due rigonfiamenti nodulosi. Le sue coste, che sono assai chiare e numerose , partono semplicemente dall’ orlo ombellicale , oppure a pajo dai tubercoli interni; si diriggono verso il con- torno, piegandosi in avanti. senza scancellarsi , e prima di raggiungere i due rigonfiamenti del solco ventrale, terminano tutte con un tubercolo. Appunto perchè si possa meglio valutare questa disposizione delle coste, ho creduto bene di figurarlo. Luogo ec.: Fra Ginisi, tra Castellammare e Calatafimi. SIMOCERAS, Zitt. SIMOCERAS coARCTATUM, Gemm. (Tav. III, fig.2 a, Db). Simoceras coarctatum, in coll. Diametro maggiore della conchiglia. . . . ARSA, SICINESIEN, 72mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al Diane Fat dr ee ZO Spessore dell’ultimo giro » A RE TONSÙI Larghezza dell’ombellico » MERA AL. 10; 49 Questa specie è discoidale, compressa ai lati, largamente ombellicata e con la regione sifonale stretta e appena arrotondita. La sua spira è formata da sette giri molto appiattiti sui fianchi, più alti che larghi, abbraccianti poco meno di '/, dell’altezza, e che scendono rapidamente nell’ombellico, senza for- mare un angolo acuto. La loro sezione trasversale si mostra subquadrata e poco incisa sotto. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 5 34 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA La conchiglia è ornata di costole raggianti, poco rilevate e divise da spazj un po’ più larghi della loro grossezza. Esse sono semplici e dicotome, irrego- larmente poste; partono dalla linea suturale e si diriggono, piegandosi un po’ avanti , sulla regione sifonale, dove sono interrotte da una fascia stretta e liscia. Le coste dicotome si biforcano a varie altezze; ora sulla metà interna dei-giri ed ora su quella esterna; predominano nei giovani individui , mentre diminuiscono di numero col progressivo sviluppo. Il disegno dei lobi è sco- nosciuto. Questo Simoceras, pel carattere delle sue coste, appartiene al gruppo del Simoceras Agrigentinum, Gemm. (1), della zona con Aspidoceras Acanthicum, Opp. sp.; però per la forma dei giri si avvicina dippiù al Simoceras Venetianum, Zitt. (2), del prossimo gruppo del Simoceras Herbichi, v. Hauer; ma se ne di- stingue dai giri un po’ meno alti e più abbraccianti, dalla regione sifonale più stretta e dalle coste più piccole, più avvicinate fra di loro e nella massima parte dicotome. Luogo ec.: Montagna Grande (Calatafimi). SimoceRas GemmeLLAROI, Di-Stef. (Tav. III, fig. 1 a, b) Diametro della conchiglia . . . . Sd ec 137mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto ai ai o AVS) Spessore dell’ultimo giro » ST ORC ce RO TASZE Larghezza dell’ ombellico » AA (019) Conchiglia discoidale , assai largamente ombellicata e con la regione sifo- nale larga e arrotondita. La sua spira è formata da molti giri, un po’ appiat- titi sui fianchi, che ricoprono la sola regione sifonale e scendono rapidamente nell’ombellico, senza formare un angolo acuto. La loro sezione trasversale è un poco più larga che alta, arrotondita sopra e leggermente incisa sotto. La conchiglia è ornata di molte coste, un po’ arcuate, strette, rilevate, divise da spazj più larghi della loro grossezza ed interrotte sulla regione sifonale, senza rigon- fiamento e in un modo brusco, da una fascia discretamente larga, che si con- tinua dal primo all'ultimo giro. Esse sono generalmente dicotome; si biforcano al principio della regione sifonale e diventano assai grosse e distinte col pro- gressivo sviluppo. In rari casi si notano delle coste semplici. Sui giri ci sono degli strangolamenti così deboli, che si confondono per lo più con gli spazj (1) Per la filogenia dei Simoceras si veda : « Gemmellaro, Di alcune faune giu- resi e liasiche di Sicilia, pag. 209. » (2) Zittel, die Fauna d. aelt. Cephal. ecc., pag. 221, Taf. 33, Fig. 8, a, b. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 35 intercostali. La parte concamerata di questa specie giunge fino a metà dell’ul- timo giro. Il disegno dei lobi, benchè sì veda incompiutamente , si mostra alquanto frangiato. Esso appartiene al gruppo del Simoceras Agrigentinum, Gemm.; dalla quale specie differisce pei giri più larghi, più compressi sui fianchi, con la sezione trasversale ovale e ornati di un numero assai minore di coste semplici. La determinazione generica di questa specie offre delle difficoltà , giacchè essa pare una forma intermedia tra i Simoceras e i Perisphinetes; nondimeno pel carattere dei giri pochissimo ricoprenti e per la fascia della regione sifonale, che si continua dal primo all’ultimo giro, credo bene di porla fra i Simoceras. Luogo ec.: Valle della Vite, tra Chiusa-Sclafani e Palazzo Adriano. SimoceRAs VENETIANUM, Zitt. sp. 1870. Perisphinetes ? Venetianus, Zittel; die Fauna d. aelt. Cephalop. fuehr. Ti- thonbildungen; pag. 224, Taf. 33, Fig. 8, a, Db. 18741. Simoceras Venetianum, Neumayr; Jurastudien ; pag. 75 (Jahrb. d. K. K. Reichsanstalt; pag. 374). 1881. Perisphinctes? Venetianus, Parona; Di alcuni fossili del Giura superiore raccolti nelle Alpi venete ec.; pag. 7. 1882. » » Taramelli; Geologia delle Provincie venete; pag. 127. Nel Museo di Geologia e Mineralogia dell’Università di Palermo ci sono due Simoceras, che pei loro caratteri si possono riferire con sicurezza al Simoceras Venetianum, Zitt.; noto solo che in questi individui gli strangolamenti si rile- vano anche negli ultimi giri e non solo nei primi, come aveva osservato lo Zittel. Luogo ec.: Fra Cinisi, tra Castellammare e Calatafimi. CosmoceRras, Waagen. CosmoceRAs sIMuM, Opp. sp. (Tav. 1, fig. 14 a, Db). 1865. Ammonites simus, Oppel; Zeitschrift. d. deutsch. geol. Ges., XVII, pag. 554. 1870. Cosmoceras simum, Zittel; die Fauna d. aelt. Cephalop. fuehr. Tithonbil- dungen; pag. 216, Taf. 34, Fig. 8. È un piccolo esemplare, col diametro di 7mm. confitto da un lato nel cal- care; ma che nei suoi caratteri confronta interamente con la specie dell’Oppel. Luogo ec.: Contrada Piano delle giumente, sul Monte S. Calogero (Sciacca). 36 SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA PeRISPHINcTES, Waagen. PERISPHINCTES, Sp. ind. (Tav.III , fig. 3 a, D). Diametro della conchiglia. + 04. 6.0» 53mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . . . . 0, 26 Spessore dell’ultimo giro » 06 Pak bc095 Larghezza dell’ombellico » «memi a 000) Modello discoidale, alquanto rigonfiato, largamente ombellicato, con la re- gione sifonale larga e arrotondita. La sua spira è formata da giri più larghi che alti, elevati sull’ombellico , regolarmente convessi sui fianchi, abbraccianti poco meno di metà dell’altezza e che scendono rapidamente nell’ombellico, senza formare però un angolo acuto. La loro sezione trasversale si mostra nn po’ più larga che alta, arrotondita sopra e incisa sotto dal contorno della spira. Esso è ornato di molte coste, strette, acute , separate da spazj più larghi della loro grossezza e che si biforcano regolarmente e strettamente assai presso la regione sifonale, rimanendo semplici assai di rado, e passano all’ altro lato senza interrompersi. Sull’ultimo giro sono visibili due strangolamenti, larghi e profondi. Il disegno dei lobi non si può osservare. Questa forma ha molte analogie col Perisphinctes, sp. ind. dato dal Favre nel suo lavoro sulla Zone à Amm. Acanthicus dans les Alpes de la Suisse et de la Savoie (pag. 44, Pl. IV, fig. 1); ma se ne separa pei giri più convessi sui fianchi, più elevati e cadenti in un modo più rapido sull’ ombellico; oltre di che, pel nu- mero assai maggiore di coste, le quali si biforcano assai presso la regione sifo- nale. Ha pure dei rapporti con la specie riferita dal de Loriol (1) all’Ammonites biplex, Sow. ma è più gonfiata, con i giri più elevati sull’ ombellico, e con le coste più numerose, più avvicinate fra di loro, e che si dividono in due rami, mai in tre, quasi al cominciare della regione sifonale. Noto infine che il Peri- sphinctes colubrinus, Rein. (2) è più discoidale, con l’ombellico più largo, i giri meno alti, meno ricoprenti, più elevati sull’ombellico e con le coste che si divi- dono sulla loro metà. ì Mi pare che questo Perisphinctes abbia una forma distinta; ma siccome ne (1) de Loriol et Péllat , Monografie géol. et pal. de 1’ ét. portlandien d. env. de Boulogne s. m.; pag. 7, PI. 11, fig. 3 et 4. (2) Reinecke, Maris protogaei Nautilos et Argonautas ec.; pag. 88, Fig. 72. Pambusceio dis TAN imtit "isconti Lit. lil CANA pSNTAITIIIAN Toiegli mera imbuseio dis niger » Do Snia Ì i) NET 4 * 525 à 9 ditE (98 ' ny : j î tI Sin Ù Ù % : ' i Ù) PRI G. SOPRA ALTRI FOSSILI DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 37 conosco degli esemplari incompleti, mi limito a figurarlo, senza dargli un nome specifico. Luogo ec.: Valle della Vite, tra Chiusa-Sclafani e Palazzo Adriano. PERISPHINCTES SENEX, Opp. Sp. 1855. Ammonites Eupalus, Hohenegger; Jahr. d. K. K. geol. Reichsanstalt; pag. 304. 1861. » Eupalus, Hohnegger; Geogn. Verh. der Nord-Karpathen, pag. 19. 1865. » senex, Oppel; Zeitschrift. der deutsch geol. Ges.; XVII, pag. 554. 1868. » » Zittel; die Cephalop. d. Stramb. Schichten ; pag. 143, Taf. 28, Fig. 4, 3. Di questa specie ho potuto studiare un bello e grande esemplare (170mm.) per- fettamente determinabile, che non presenta tali contrassegni particolari, da richie- dere una figura e una descrizione. Luogo ec.: Contrada Castellana , alle falde di Monte Pellegrino (Palermo). SOPRA ALCUNE FIGURE OTTENUTE PER ELETTROLISI NOTA del Dott. PIETRO CARDANI Se si produce l’elettrolisi di una soluzione di nitrato d’argento disposta in istrato sottilissimo sopra una lastra coibente, per esempio di vetro, con elettrodi formati da lamine di platino piane poste sul vetro, si ottengono al polo nega- tivo delle curiose diramazioni cristalline, di forma dendritica, di argento puris- simo, le quali nel loro assieme fino ad un certo punto ricordano la disposi- zione delle linee di efflusso, ed in pari tempo presentano una certa analogia di forma colle ramificazioni positive prodotte da scariche su coibenti. L° analogia tra queste diramazioni d’argento e quelle della scarica positiva continua anche variando diversamente la disposizione degli elettrodi come lo provano le espe- rienze seguenti: Il polo negativo è circolare, il positivo è una lamina rettangolare: in que- sta, come nelle altre esperienze, gli elettrodi adoperati sono di platino. Le di- ramazioni, che si ottengono, sono quelle rappresentate dalla figura 1%. Anche al polo positivo si deposita una sostanza nera, il perossido d’argento, che pro- duce pure in molti casi delle diramazioni, ma molto differenti nella forma da quelle prodotte dall’ argento puro al polo negativo : non si ha più la forma dendritica ma tanti aghi riuniti fra loro ad angoli ben netti e definiti. Questo perossido nero mi servì per conoscere i poli positivi quando adoperai diverse correnti nello strato elettrolitico; in generale però ne interrompeva sovente le ramificazioni per lasciare che si formasse con maggiore libertà il deposito di argento. SOPRA ALCUNE FIGURE OTTENUTE PER ELETTROLISI 39 II. I due elettrodi sono quadrati : la figura 2* mostra le ramificazioni che si ottengono: esse partono esclusivamente dai vertici degli angoli del quadrato negativo. La figura 3 in cui questa proprietà delle punte è marcatissima sì ot- tiene con elettrodo quadrato negativo posto tra due lamine comunicanti col polo positivo. Era questo del resto un fatto prevedibile, risultando dalla distribuzione della corrente. Infatti le linee di efflusso della corrente in un dato piano con dati elettrodi, sono identiche alle linee di forza di due conduttori paralleli le cui sezioni sieno eguali agli elettrodi considerati. Ora si sa che, nel caso dello equilibrio elettrostatico, se uno dei conduttori ha degli spigoli come il prisma di cui il quadrato che si adopera nell’ esperienza precedente per elettrodo ne- gativo rappresenta la sezione retta, l’elettricità si accumula a preferenza sugli spigoli d’ onde le linee di forza si dipartono assai fitte. Quindi anche nel caso della nostra esperienza le cristallizzazioni dovevano formarsi a preferenza sulle punte dove le linee di effiusso della corrente dovevano esser più fitte. III. Poniamo tra i due elettrodi di platino quadrati un terzo quadrato pure di platino, ma isolato nel liquido come nella figura 4, in modo che 6 vertici dei tre quadrati sieno in linea retta. Se A B è positivo e E F negativo, si osserva formarsi in E la solita diramazione di argento puro,in B quella nera di peros- sido. In C D, in cui la corrente si propaga da C verso D, si formano due cri- stallizazioni; in G una cristallizzazione d’argento simile a quella in E, in D una cristallizzazione nera simile a quella che si forma in B. In altri termini il con- duttore C D si comporta come nell’elettricità statica un corpo sottoposto all’in- fluenza di un corpo elettrizzato. Un fenomeno analogo ha luogo nel caso di parecchi conduttori posti iso- latamente sul percorso della corrente. ING L’azione di più elettrodi nel piano elettrolitico modifica sensibilmente la forma e la disposizione delle cristallizzazioni. Così prendiamo due lastrine di platino fusiformi e poniamole in comunicazione col polo negativo: il polo po- sitivo sia formato da una lamina rettangolare, figura 5. Dagli estremi A e D si dipartono le solite cristallizzazioni mentre negli estremi C e B non si depo- sita che una debole quantità di argento ammonticchiata, come avviene nella di- stribuzione delle linee di forza fra due conduttori carichi di egual elettricità. 40 SOPRA ALCUNE FIGURE OTTENUTE PER ELETTROLISI v In questa esperienza adoperai due correnti distinte. I due poli negativi erano quadrati, i due poli positivi circolari. I quattro poli formavano i vertici di un quadrato. Appartenevano ad una corrente i poli A e B, all’altra corrente i poli C e D. Le diramazioni si formavano sempre da C verso B e da A verso D, fig. 6. Anche questo fatto è facilmente spiegabile esaminando quale deve esser la distribuzione delle correnti nel piano. Infatti poiché C è più vicino a B che a D ed A è più vicino a D che a B in realtà le due pile costituiscono un’unica pila interrotta da due vasi elettrolitici. La corrente totale delle pile P e P' va da Ba Ce da Dad A come se invece di un sol vaso elettrolitico se ne aves- sero due come nella figura 7. Eguale fenomeno si avrebbe nell’ elettricità Statica con quattro conduttori paralleli di cui A B C D fossero le sezioni e si ponesse in comunicazione colle armature di un condensatore A (negativo) e B (positivo), e colle armature di un altro condensatore © (negativo)e D (positivo). Le linee di forza che partono da C si diriggono quasi tutte su B e poche su D, se B è più vicino di D. VI. Un risultato simile si ottiene disponendo i poli delle due pile, ai vertici di un rettangolo, in modo che i poli di una pila si trovino sopra lo stesso lato maggiore del rettangolo. Nella figura 8 i poli di una pila sono in A e B, i i poli dell’altra in C e D. Le diramazioni si formano da D verso A e da B verso C. Anche in questo caso la corrente totale delle pile deve esser diretta da A a De da Ca B,come se si avessero le due pile separate da due vasi e- lettrolitici, in uno dei quali si trovino gli elettrodi A e D e nell’ altro i due elettrodi C e B. VII. Finalmente ho disposto i poli delle due pile sopra una stessa retta alter- nati, in modo che i poli positivi delle due pile erano all’estremità, i negativi nel mezzo. Nella figura 9 i poli di una pila erano in A e B, i poli dell’ altra in C e D. Le diramazioni si formarono a preferenza da A a D e da Ca B, cioè dal polo negativo di una pila al polo positivo più vicino. Anche questa esperienza è spiegabile supponendo il piano elettrolitico se- parato in due da uno strato isolante tra A e C. Si avrebbe anche in questo DR PIETRO CARDANI - Figure elettrolitiche. SI Sl AI SI N RI AL sl i + A x v | 7Î = P E da Sd (SH SI \ - = È S (9 I E D == o) == È CN a A / DI e ) r_ N° A D® PIETRO CARDANI - Figure elettrolitiche Fig: { | | | | il Il ad +8) | | > | Peas, B:,) nana | = | pè «ela. +@ L35-1a eaN | | we di Ù 5 a À | | STE fà dr | | è “ LS a | E AR È A Mia fast tai \ | ta | Lei] P | ; | | p' | + Fi Fi& (An dae , a (B | | ' \ r y e, Pr D_ pi Br) |a dal | ; | ca La ra | | ì, Re — pod | A I 3 | A DÒ: si 2 Rss Se] LAST 0 ci da # © LIT C.VISCONTI SOPRA ALCUNE FIGURE OTTENUTE PER ELETTROLISI 4A caso due pile separate da due vasi elettrolitici e la corrente totale dovrebbe an- dare da Dad AedaBaC. La bellezza delle cristallizzazioni dipende essenzialmente dalla intensità della corrente e dal titolo della soluzione. Se si adopera una soluzione non molto ricca di Nitrato d’ argento, invece di quelle cristallizzazioni di struttura delicata quali sono quelle disegnate, si hanno delle larghe lamine. Queste figure però parmi non abbiano altro d’interessante che di assomigliare assai alle dira- mazioni positive delle scariche per cui non ho creduto conveniente farne una apposita tavola. Malgrado questa analogia tra le diramazioni ottenute ed il loro modo di comportarsi, e le ramificazioni della scarica positiva, e malgrado che il profes- sore Righi abbia dimostrato che queste ramificazioni della scarica rappresentano in generale le linee di forza nel caso dell’elettricità Statica, pure non abbiamo ragioni sufficienti per credere che le diramazioni dell’argento rappresentino le linee di efflusso della corrente. Infatti il deposito d’argento per elettrolisi che si forma al polo negativo, costituisce un prolungamento di questo polo, per cui nel corso della esperienza la forma dell’ elettrodo negativo e quindi anche quella delle linee di efflusso e delle linee di livello deve modificarsi. Però quan- tunque sia fallito qualche tentativo per ottenere con queste diramazioni d’ ar- gento un diagramma esatto dalle linee di efflusso, pur è sperabile che, modi- ficando le esperienze, sia diminuendone la durata, sia regolando l’intensità della corrente, sì possa giungere a questo risultato. E anche in vista di ciò che ho creduto di qualche interesse di render note le descritte esperienze. Altri liquidi come solfato di rame, nitrato di piombo ecc. danno figure a- naloghe ma nella loro costituzione ben differente della forma dendritica del ni- trato d’argento. Il rame specialmente da tal ricchezza di diramazioni da costi- tuire coll’estremità di esse quasi delle curve continue che nelle parti prospi- cienti agli elettrodi molto somigliano alle linee equipotenziali: ma di questo ne farò oggetto di un’altra nota se le ulteriori ricerche mi daranno risultati di qualche interesse. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 6 RIASSUNTO. DELLE OSSERVAZIONE ASTROFISICA SOLARI ESEGUITE NEL R. OSSERVATORIO DI PALERMO da A. Riccò nell’ anno 1882 Queste osservazioni furono fatte cogli stessi strumenti e cogli stessi me- todi usati nel 1884: cioè le macchie si disegnarono e si rilevarono sopra pro- iezione col refrattore di 0” 25 d’apertura, della quale proiezione però, in que- stanno 41882 si mantenne sensibilmente costante il diametro a 0" 57, cambiando al 15 d’ogni mese la distanza delio sechermo su cui si riceveva la detta proie- zione. Le protuberanze si osservarono e si disegnarono col solito spettroscopio di Tauber (4), congiunto al nominato refrattore. Per le inversioni della 1474 & e delle d e di altre righe dello spettro, vista la scarsità del fenomeno e la coincidenza colle protuberanze e coi getti più vivi della cromosfera, per ri- sparmio di tempo, si adottò il sistema di cercare le inversioni medesime sulle protuberanze e sui getti più vivi: trovata l’inversione della 1474 % o delle 5, che sogliono dare il primo indizio dell’ attività eruttiva del sole, si passava a cercare le inversioni nelle altre parti dello Spettro. Nelle osservazioni si è seguito sempre l’ordine : macchie, protuberanze, in- versioni, perchè le migliori immagini delle macchie si hanno generalmente nel primo mattino, ed è poi noto che una leggera agitazione delle immagini ha poca influenza sulla osservazione spettroscopica delle protuberanze: inoltre que- ste nell’anno 1882 non presentarono mai uno straordinario interesse ; quanto alla ricerca delle inversioni delle righe si fa per l’ultima, onde avere la guida della posizione delle protuberanze, e perchè a quella ricerca, assai delicata, giova certamente una maggiore altezza del sole. Tutte le date sono in tempo civile, medio di Palermo. Quantunque il 1882 sia un anno di massimo delle macchie, pure presenta (1) I disegni dei dordi, ossia della cromosfera e delle protuberanze verranno pub- blicati insieme a quelli di Roma,in modo da formare una serie la più completa pos- sibile. OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI 43 delle grandi oscillazioni nel numero dei gruppi, e nel numero e nella grandezza delle macchie stesse: infatti il numero dei gruppi spesso fu di 9 e arrivò ad 44 (al 27 novembre) e spesso si ebbe in un giorno da 15 a 20 macchie (al 17 maggio ) di cui alcune grandissime, e parecchie decine di fori, fino a 441 fori (al 13 maggio): mentre per tre volte si ebbe il disco privo di macchie; sempre però vi furono almeno dei fori. Ma le oscillazioni del numero delle macchie e dei fori sono assai più evi- denti, se si considerano distintamente i due emisferi, boreale ed australe, giac- chè il numero dei gruppi boreali in un giorno giunse a 6, e quello degli australi a T:in ciascuno emisfero le macchie giunsero al numero di 44,i fori a 72 nello emisfero boreale, a 84 nell’australe; ma poi furono trovati privi di macchie il primo emisfero 35 volte, il secondo 80: e 16 volte nel boreale mancarono anche i fori, 48 volte mancarono nell’australe. Questi minimi di attività accaddero nell’ emisfero australe ordinariamente da 10 a 20 giorni dopo che nel boreale, ossia dopo un tempo in media di non molto diverso della durata della semirotazione sinodica del sole, per cui i due minimi dei due emisferi si presentarono alternativamente; e quindi nell’osser- vazione complessiva del disco solare le vicende dell’attività riuscirono meno gravi e meno palesi. Le più grandi macchie furono le colossali e bellissime di aprile e novem- bre che poterono esser viste anche coll’occhio munito di un semplice vetro an- nerito. La prima si mostrò nel suo maggior sviluppo dal 18 al 20 aprile in cui la sua massima dimensione era di 2'!/, ossia di circa 8 diametri terrestri: e l’area quasi 3 millesimi del disco. L’ altra fu di poco minore, la sua maggior dimensione giungendo a 2' !/, al 16 novembre. Anche il numero dei gruppi di facole fu pure vario : da 0 una volta sola (al 23 febbraio) a 7 parecchie volte: e separatamente nei due emisferi da 0 a 5 parecchie volte. Il più grande gruppo di facole fu quello del 9 febbraio che occupava 45°, ossia 1/3 del bordo solare, e si estendeva a 0, 3 del raggio del disco. Le protuberanze non furono così abbondanti come era da aspettarsi in quest'epoca di massimo delle macchie, e inoltre esse pure variarono assai spesso di numero, da 41 a 414 (al 25 novembre): e da 0 a 40 nell’emisfero boreale, da O a 7 nell’australe. Le più alte protuberanze osservate furono quelle del 16 marzo e del 26 giugno; la prima aveva l’altezza di 158!"=2/,38", cioè l'enorme altezza lineare di 4112000 chilometri; la seconda giunse a 147! = 2', 27", ossia 108000 chilo- metri, ma poi rapidamente, da 8°, 49" a 9°, 410%, cioè in 2A© , si ridusse alla relativamente modesta altezza di 29", ossia di 21000 chilom. Le inversioni delle righe Fraunoferiane furono scarsissime ed affatto spo- radiche, mentre nel massimo undecennale precedente furono abbondantissime 44 OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI ed estese perfino a tutto il giro del bordo solare. Due volte solamente si trovò oltre l'inversione della 1474 & e delle è, quella delle D, D, e della BC. La Tab. I° dà il numero dei giorni di osservazione, il numero osservato ed il medio (4) o frequenza diurna dei gruppi, delle macchie e dei fori, per mese, trimestre, semestre, ed anno. Anche i medii mensili hanno notevoli oscil- lazioni irregolari: in novembre si ebberoi maggiori medî del numero di gruppi e del numero di macchie: i quali medì superarono alquanto anche tutti quelli del 4884. Il maggior medio trimestrale pei gruppi fu il H°, per le macchie il IV° per i fori il II°. Il I° semestre fu per tutto superiore al II°. Il minor medio mensile fu per tutti gli elementi quello di agosto, il mi- nore trimestrale il III°. I medî annuali sono di poco inferiori a quelli del 4881, eccezione fatta pei fori che furono più abbondanti nel 1882. Nella stessa tabella sono dati i giorni senza macchie nel disco solare, che furono solo 8, ossia meno dell’4 °/,, come nell’arino precedente. In quest'anno 1882 non vi fu alcun giorno senza macchie e senza fori, mentre ve ne fu uno nel 41884. Considerando ora solamente i gruppi diversi per rotazione, o formazioni di macchie e fori che si presentarono nelle varie semirotazioni visibili ( rite- nendo come nuovi anche i gruppi che riapparvero dopo la loro semirotazione invi- sibile), nel 1882 si ebbero 335 formazionì di cui 192 presentarono macchie, 143 non presentarono altro che fori; per cui in media si ebbero 0, 92 forma- zioni nuovi al giorno, delle quali 0,353 con macchie e 0,39 formate di soli fori. Di questi gruppi 32 in tutto, ossia 0,09 al giorno, son ricomparsi dopo la semirotazione invisibile, e 7, ossia 0, 02 al giorno, sono ricomparsi ancora u- n’altra volta. Escludendo anche le riapparizioni, che in tutto sono 39 (comprese alcune alquanto incerte), risultano 296, ossia 0,84 al giorno, formazioni affatto diverse o nuove. Questi numeri 335.e 296 delle formazioni nuove per rotazione ed assolu- tamente nuove, sono notevolmente maggiori dei corrispondenti del 1884, e sic- come si è trovato che le frequenze medie dei gruppi nei due anni sono pres- socchè eguali, ne viene che /e formazioni del A882 dovettero essere meno per- sistenti di quelle del A884. La latitudine eliocentrica media delle 333 formazioni diverse per rotazione fu nell’ emisfero boreale 15°,3, nell’ australe 16°, 4, nei due emisferi assieme 45%, 9. (1) Il medio è sempre il quoziente del numero osservato pei giorni di osservazione; quantunque possa esser discutibile se questo sia il miglior modo di fare i medii dei trimestri, semestri ed anni, lo si è preferito perchè con esso i detti medii sono indi- pendenti gli uni dagli altri. OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI 45 Queste latitudini sono minori delle corrispondenti del 1884, il che signi- fica che nel 1882 le macchie furono più vicine all'equatore che nel A884, fatto che si accorda colla legge stabilita dal prof. Spòrer, che le latitudini medie delle macchie decrescono fino all’epoca del minimo undecennale, dopo il quale saltano improvvisamente ai più alti valori. Le latitudini medie nelle successive rotazioni dei gruppi riapparsi va- riarono, ma non colla notevole regolarità che feci rilevare nell’anno precedente, in cui risultò, quasi senza eccezione, che le latitudini inferiori a 415° diminui- rono e le maggiori di 15° aumentarono. Questa legge si verificò abbastanza bene nel I° semestre, che naturalmente conservò alquanto del carattere dell’ anno 1884, mancò invece nel II° semestre, in cai anzi sì notò una prevalenza del moto verso l’equatore anche nei gruppi delle maggiori latitudini. Nell'insieme dell’anno 1882 rimase traccia della detta legge, ma con nnmerose deviazioni. Questi risultati delle variazioni delle latitudini delle macchie nel ‘1881 e 1882 concordano perfettamente con quelli ottenuti dal prof. Sporer dalle osser- vazioni fatte da lui a Potsdam. Anche l’altra legge che trovai verificata tanto nettamente nel 18841, che cioè i gruppi sono più ricchi di macchie nella prima apparizione che nella suc- cessiva (il che indica che la formazione dei gruppi procede più rapidamente che la dissoluzione) in quest'anno si verificò non molto decisamente, avendosi 24 così favorevoli, 6 indifferenti, 12 contrarî. Il numero massimo di macchie presentato da un gruppo fu in media 2,57; il numero massimo di fori presentato da un gruppo formato di soli fori fu in in media 3,87. La Tab. II° dà i giorni di osservazione , il numero osservato ed il medio o frequenza diurna delle facole, delle protuberanze e delle inversioni delle ri- ghe spettrali, per mese, trimestre, semestre ed anno. Per le facole le oscilla- zioni dei medî mensili non sono troppo forti; il maggior medio mensile è quello di giugno, il minore quello di marzo : i medì del II° e II° trimestre sono e- guali tra loro e maggiori di quelli degli altri due trimestri: il II° medio se- mestrale è un pò maggiore del I°. Il numero medio annuo delle facole in quest'anno 1882 è di una unità superiore a quello del 41881. Le protuberanze, quantunque assai variabili di numero da un giorno al- l’altro, nei medì mensili presentano non grandi oscillazioni; Il medio maggiore fu quello di dicembre, il minore quello di febbraio; il maggior medio trime- strale fu il IV, il minore il II°; il II° medio semestrale fu maggiore del I°. Il medio annuale fu alquanto maggiore di quello del 1881. I medî mensili delle inversioni risultano da valori troppo piccoli e scarsi per avere un significato positivo; però vi è un massimo deciso in maggio ed un minimo assoluto, o di mancanza totale delle inversioni, in settembre. 46 OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI Il medio annuale, che fu solo 0, 41, non è comparabile al risultato del 1884 nel quale anno si ebbero durante il III° trimestre inversioni molto fre- quenti ed estese a gran parte del bordo solare. La Tab. III° dà la distribuzione dei fenomeni solari nelle diverse latitu- dini eliografiche, per trimestre, semestre ed anno, e l’unita 7avola fa vedere que- sta distribuzione a colpo d’occhio. Cominciando dalle macchie, i numeri riportati sono quelli delle formazioni o gruppi nuovi per rotazione, considerando come nuovi anche quelli riapparsi dopo la loro semirotazione invisibile. Si vede che la distribuzione ne è sem- pre assai regolare, e tale apparisce anche nella fig. 1%; il massimo cade costan- temente fra 10° e 20° in ambi gli emisferi. Nell’anno precedente il detto massimo cadde alquanto più lungi dall’equa- tore; il che si accorda colla notata variazione delle latitudini medie annuali. Il massimo australe è alquanto più grande del boreale, sebbene il numero delle formazioni boreali sia ‘un pò maggiore delle australi, circostanze queste che si verificarono anche nel 1881. Sull’ equatore non vi è una zona priva di macchie, come nel 18841, ma solo un forte minimo, alquanto portato a sud. Dalla Tab. N1I* e dalla fig. 41% si rileva che i gruppi di macchie e di fori ebbero come limiti superiori circa +40° e—-40°%;i limiti reali farono pei gruppi con macchie + 28°, 5, — 29°, 5 e pei gruppi formati di soli fori + 34°, — 37°. Dunque la zona dei gruppi australi, tanto con macchie che di soli fori, fu al- quanto più larga della corrispondente dei gruppi boreali (come nel 1884), ed i fori giunsero a latitudini più elevate che le macchie: ciò vuol dire che a quelle latitudini estreme l’attività solare fu così fiacca da non poter produrre che fori. I centri delle zone di macchie e fori furono + 17° e — 18°, 5, poco diffe- renti da quanto si ottenne per il 1884, in cui furono a 18° per entrambi gli emisferi. Al di là dei detti limiti si ebbero le calotte polari larghe più di 50°, sempre nette di macchie e di fori. I gruppi di facole ebbero nell’emisfero boreale una distribuzione piuttosto regolare, come appare anche dalla fig. 2°; il loro massimo nei varì trimestri oscilla fra 20° e 40°; nei semestri e nell’anno cadde fra 20° e 30°. Nell'emisfero australe il massimo fu tra 10° e 20° nel I° semestre, tra 20° e 30° nel II°. Nel complesso dell’anno fu pure tra 20° e 30°. Il massimo boreale fu sensibilmente più grande dell’australe. Nella regione equatoriale non mancarono le facole, ma vi fu un minimo nell'emisfero australe fra 0° e 10°. Presso i poli le facole neppure mancarono, però vi fu un minimo più deciso dell’equatoriale È da notare che la curva (fi- gura 2°) della distribuzione delle facole nel 1882 è affatto simile a quella del OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI 4884, se non chè in quest'anno, ultimo nominato, il minimo equatoriale fv più forte. La distribuzione delle protuberanze è assai complicata: nell’ emisfero bo- reale il massimo, che dovrebbe essere principale, oscilla fra 10° e 40°, nei se- mestri e nell’anno cade fra 10° e 20°; il massimo secondario nel 1° trimestre e nel I° semestre sta intorno 60°; negli altri trimestri, nel II° semestre e nel- l’anno trovasi fra 70° e 80°; questo massimo ha un valore di poco inferiore anzi nel I° trimestre superiore) a quello del massimo principale, ma bisogna riflettere che le protuberanze le quali danno luogo al massimo a così elevate latitudini, per poca altezza che abbiano, mettono assai più tempo a scompari- re, per la rotazione solare, che non le protuberanze le quali formano il massimo a latitudine più bassa: e così si esagera la frequenza delle protuberanze di alta latitudine ed il corrispondente massimo. Nell'emisfero australe vi è un solo massimo,che presso a poco si mantenne sempre intorno a 30%; da questo massimo il numero delle protuberanze va de- crescendo irregolarmente fino al polo Sud ove sono ridotte ad un minimo o mancano affatto in certi periodi. Il minimo equatoriale cade, come quello delle facole nell’emisfero australe, fra 0° e 140°. La fig. 5° fa vedere chiaramente queste singolarità della distribuzione delle protuberanze. Nel 1884 i massimi principali delle protuberanze furono più lontani dal- l’equatore : il massimo secondario boreale fu invece più vicino all’equatore: vi fu anche un massimo secondario australe, ma poco sentito: presso i poli le protuberanze mancarono affatto. La distribuzione delle inversioni della 1474 & e delle 6, stante la scarsità del loro numero, non può venire studiata utilmente che nell’anno, in cui tro- vasi un massimo fra 10° e 20° in entrambi gli emisferi, il boreale assai più forte dell’australe : le inversioni stesse furono limitate fra + 5° e + 48° e fra — 4° e— 45°, per cui nell’equatore non ne fu osservata alcuna, e per lo meno su di esso vi fu un minimo fortissimo. Nella fig. 4° si è regolarizzata con una punteggiata, l’estrema porzione boreale della curva, giacchè e quasi certo che l'andamento irregolare che risultò è accidentale e non venne eliminato nem- meno nel cumulo annuale delle osservazioni, perchè di numero troppo piccolo. È evidente specialmente nella fig. 4° l'analogia della distribuzione delle inversioni delle 41474 & e delle % con quella delle macchie, che si spiega facil- mente dietro il fatto noto che l'apparizione delle macchie è spesso accompa- gnata dall’apparizione di righe lucide. Nell'insieme di tutti i fenomeni si può dire che l’attività solare si mani- festò principalmente fra 5° e 40° di latitudine eliografica in entrambi gli emi- sferi, con massimi fra 15° e 25°, un minimo presso l’equatore, un po’ a sud, più forti minimi o mancanza di fenomeni nelle regioni polari. 148 OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI Nel complesso del 18841 si ebbe che l’attività solare fu maggiore in ragioni alquanto più lontane dall’equatore, e che i minimi equatoriali furono più forti e più vicini all'equatore che nel 1882. La Tab. IV* dà il rapporto dell’attività nell'emisfero boreale a quella del- l’australe La frequenza dei gruppi si vede che fu sempre maggiore nell’emisfero bo- reale. Le singole macchie ed i fori boreali nel I° semestre furono meno fre- quenti degli australi, 1’ inverso accadde nel II°: nell’anno rimase la maggior frequenza per le macchie ed i fori boreali. Le formazioni boreali diverse per rotazione (ritenendo come nuovi anche i gruppi riapparsi dopo una o più ro- tazioni) furono meno numerose delle australi nel I° semestre, l'inverso fu nel II°: nell’anno rimase appena una preponderanza nell'emisfero nord. Merita considerazione questo fatto verificatosi anche nel 1884, che mentre le formazioni nuove sono prossimamente eguali di numero nei due emisferi, la frequenza dei gruppi fu notevolmente maggiore nell'emisfero boreale; ciò in- dica che i gruppi boreali furono più persistenti degli australi, e questo è di- mostrato anche da ciò che segue. I gruppi di macchie e di fori che ricomparirono dopo una o due rota- zioni furono più numerosi a nord, eccetto nel I° trimestre e nell’ insieme del I° semestre. Le formazioni affatto differenti o nuove, escluse cioè tutte le riappazioni, furono più copiose a sud, eccetto nel IV° trimestre e nell’ insieme del II° se- meetre: nell’anno rimase appena una piccola prevalenza a sud. Vi fu un numero maggiore di gruppi boreali con macchie che non di au- strali, infatti ve ne fu 103 dei primi e 89 dei secondi (rapporto 1, 15), ossia i boreali furono di !/, superiori ai boreali; invece i gruppi che presentarono solo fori furono più numerosi nell’emisfero australe, cioè se ne ebbe 66 a nord, 77 a sud (rapporto 0,86), ossia dei gruppi australi senza macchie ve ne fu! di più che dei boreali. i In media il massimo numero di macchie nei gruppi con macchie fu 2,52 nell’emisfero boreale, e 2,62 nell’australe; in media il massimo numero di fori nei gruppi che non presentarono chè fori fu 4,08 nell’emisfero boreale, e 3,70 nell’australe. Sotto il riguardo delle ricchezze non vi fu dunque decisa preva- lenza dei gruppi dell’uno o dell’altro emisfero. Le facole furono sempre più frequenti nell’ emisfero nord, talchè nell’ in- sieme dell’anno ve ne fu !/, più delle australi. Invece nel 1884 vi fu prepon- deranza a sud. Le protuberanze furono sempre più frequenti a nord che a sud, come nel 1881. La cromosfera ordinariamente fu più alta nell’emisfero boreale, che nello emisfero australe. OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI 49 Nel rapporto della frequenza delle inversioni a nord e a sud dell’equatore vi furono delle oscillazioni durante l’anno, nel complesso il numero fu eguale, ma però la curva della fig. 4% fa vedere che le boreali furono più condensate nel luogo del loro massimo. Il numero dei giorni in cui l'emisfero boreale fu osservato privo di mac- chie fu sempre minore del corrispondente numero per l’emisfero australe, ecce- zione fatta per il I° trimestre in cui avvenne il contrario; nell'insieme dell’anno ve ne fu nell’emisfero boreale un numero metà di quello dell’australe. Il nu- mero dei giorni in cui l'emisfero boreale fu privo di macchie e di fori fu sem- pre minore del numero per l’ emisfero australe e nell’anno il primo numero fu metà del secondo. Questi giorni di minimo di macchie furono più frequenti per |’ emisfero borcale intorno al 10° giorno delle rotazioni sinodiche solari (cominciandole a contare dal principio del 1884) e per l'emisfero australe specialmente intorno al 22°, ed alquanto anche intorno al 5° giorno; e i corrispondenti luoghi di minimo della superficie solare caddero più spesso, i boreali intorno 240° di lon- gitudine eliografica, gli australi fra 40° e 80° ed anche, in minor grado, fra 280° e 320° (contando le longitudini dal meridiano solare passante per il cen- tro del disco al principio del 1884); la regione di maggior freqnenza dei mi- nimi boreali fu dunque circa a 180° od opposta a quella di maggior addensa- mento dei minimi australi. La metà dei minimi boreali fu concentrata entro 80°, da 200° a 280° di longitudine: la metà dei minimi australi fu raccolta entro 80°, da 40° a 120°. Questa stazionarietà o frequenza dei minimi in certe parti della superficie solare ha dato origine ad una certa periodicità dei detti minimi , ossia al ri- torno di queste aree prive di macchie in ciascun emisfero ad intervalli irre- golari, ma in media non molto discosti da quello della rotazione sinodica solare. Tutte queste particolarità relative ai minimi di macchie si verificarono pure nel 1884 ed anche i luoghi di questi minimi coincisero abbastanza nei due anni: e di più nel 1884 la concentrazione dei minimi boreali fu ancora maggiore. Anche i giorni senza facole furono sempre più rari nell’ emisfero boreale che nell’australe e nell’insieme dell’anno ve ne fu nel primo emisfero meno di 1/3 di quel che vi fu nel secondo. I giorni in cui fu trovato senza protuberanze l’ emisfero nord furono in numero minore 0 talora eguale a quello per l’emìsfero sud. In complesso si conclude che nel 1882 l’attività solare fu maggiore nello emisfero boreale che nell’australe. Ad egual risultato ed anzi ancor più rimar- chevole si giunse nel 1884 per tutto ciò che riguardava le macchie e le righe lucide; le facole nel II° semestre e le protuberanze nel III° trimestre diedero risultato opposto. Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 7 30 OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI È difficile il decidere se l’attività solare nell’ insieme di tutti i fenomeni che la manifestano sia stata maggiore nel 1881 o nel 1882: infatti, come sì disse le medie annuali per tutto che concerne le macchie furono nel 1884 di un poco superiori a quelle del 1882, ed anche lo furono alquanto i massimi del numero dei gruppi, del numero delle macchie, del numero dei fori nel 18841 di fronte al 1882; pureil massimo medio mensile delle macchie del 1882 superò il massimo medio mensile del 1881: e inoltre nel 1882 vi fu maggior numero di macchie straordinariamente grandi, fino da esser visibili ad occhio nudo, il che nel 1881 non si verificò che perla macchia gigantesca del marzo, la quale inoltre non giunse alle enormi dimensioni delle due maggiori del 1882. Le protuberanze e le facole diedero invece nel 1882 medî annuali maggiori di quelli del 1884, ma la massima altezza raggiunta dalle protuberanze nel 1882 fu inferiore a quella del 1884. Le inversioni delle 1474 %& e delle % all'incontro furono nel 1882 molto al dissotto di quel che furono nel 1881. Pare dunque si debba concludere che in entrambi gli anni si continuò il massimo undecennale dell’attività solare, interrotto però da grandi e frequenti oscillazioni. L'Astronomo prof. T.Zona ha fatto le osservazioni solari cogli stessi stru- menti e cogli stessi metodi durante una mia assenza da Palermo nella prima metà di luglio. L’Assistente Ing. G. Agnello mi ha aiutato nei calcoli. OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI 54 DABELEASI: E GRUPPI = ‘E 3] di macchie | MACCHIE FORI S S| Sé 3 S e fori 5 Bi 288 Gennaro 28 | 126| 4,50] 147|3,25| 678/2421] 0 0 Febbraro 255 159 | 6,35 | 210 | 8,39 { 1177 | 47,09 0 0 Marzo 2 | 132|5,49| 170)7,08| 812/3384] 0 0 Aprile 23 | 167| 7,26] 201|8,7341011|43,95f] 0 0 Maggio 28 | 136/485] 200| 7,14 984 |35.14f 0 0 Giugno 28 | 122|4,35| 139|4,97 804 |28,71 0 0 Luglio 30 | 130 | 4,33] 133| 4,44} 1032 |34,43| 1 0 Agosto 31 | 112|3,61|] 137|4,421 611 |19,72 A 0 Settembre 28 | 1238 | 4,57] 185|6,61f 814|2904| 0 0 Ottobre 25 | 117|4,68] 207|8,28Ì 691 |27,67 4 0 Novembre 29 149 | 6,78] 216 | 9,82 774 | 35,08 0 0 Dicembre 22 | 100| 4,54 114 | 5,18} 5762618] 0 0 I Trimestre |77| 417 | 5,42] 527 |6,84 | 2667 | 34,63 0 0 Il » 79 | 425 | 5,381 540|6,84{ 2799/3540] 0 0 HI =» 89 | 370|4,59| 455 |5,12| 2457 | 27,61 2 0 Md > 69 | 366 | 5,31 537 | 7,78} 2038 | 29,51 1 0 I Semestre [156 | 842 | 5,39 f 1067 | 6,84 | 5466 | 35,08 0 0 II ’ 158 f 736 [4,66] 992 |6,23 | 1495 | 28,4 3 0 Anno 314 | 1578 | 5,02 | 2059 | 6,56 | 9961 |31,76{3=1%{| 0 | di OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI TABELLA II. INVERSIONI della 1474 K e delle b FACOLE 1882 — = Ssel 2 | ® Gennaro 25 90 | 3.60 Febbraro 25 71| 2,84 Marzo 29 59 | 2,68 Aprile 21 69 | 3,29 Maggio 28 105 | 3,75 Giugno 28 143 | 5,40 Luglio 30 414 | 3,80 Agosto 84 131 | 4,23 Settembre 25 106 | 4,2% Ottobre 25 83. 3592 Novembre 20 64 | 3,05 Dicembre 29 106 | 4,82 I Trimestre 72 220 | 3,05 II » 77 317 | 4,12 IT D 85 354 | 4,13 VI » 67 250 | 3,73 T Semestre 149 537 | 3,64 II » 152 601 | 3,95 Anno 3041. | 1138 | 3,78 PROTUBERANZE s'aaee 9 58 | 6,44 45 | 5,00 10 64 | 6,40 8 47 | 5,87 19 107 | 5,64 19 105 | 5,52 17 88 | 5,18 2h 153 | 6,97 15 10! | 6,73 9 57 | 6,34 28 167 | 5,96 (16) 259 | 5,62 56 342 | 6,41 18 117 | 6,50 74 426 | 5,75 74 459 | 6,21 158 885 | 5,98 di © 9 cs5s D DS) 35] Z = i) 2 0,25 92 0,29 10 4 0,40 s 4 0, 50 16 13 0,81 16 10 0, 62 13 d 0,23 22 40 0,45 95 8 |0,32 40 | 28 | 0.70 48% |_M3 | 0597 15 3 | 0,20 65 | 36 | 0,57 63 | 416 |0,26 128 | 52 | 0,44 53 OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI a Y 9 (( « e 6 « (C T DI a « « T « « g I « « J « € « « ÙI « « 06 8 « « TI Je « « 6 T « (C G (A q « 8 7 « qa G « ( « Y il (( « 06 (0) « & TI JÉ. « r 60 |T C « CI « K QUG « « 6 T LI « Or {e « OL 09 2 ci 66 [OT [e € ep (60 | [e (08 |L [e |C |E | | IC [OT (6 | de |6 [a |C |C [ITS |c 09 < O0S/E To |e9 for | Jr [eg [eg [e [e [eg [80 [e [e [orfz |c [JT [ea |sa|c Je [9a fa |< fc |9 [9 |< | 06 < 07)5 6 OL |99 {6 T |er [SE |6 ja |Le (86 |< CITE GT |T JT [66 [SG |T II [ET |GT|C {V_ |M |GI |C 07 © 06|= L 88° [LOT [SH |P |E7 (7OT|SE |J9 |ST7 [G9 (81 fc [GP [66 [OT IF |16 |S9 [GI 9 (66 [96 [L | (OT [ZE [TT] 08 © 06 OT |Z9 [Ser [96 fe [oe [SS |C& ÎZ |ZE |E8 [19 fC |L [EG [RT JE [Ge (66 [LV FS [86 [66 [IE {6 |6 [NG [06] 0% © 07 G € 07 [Sg |a [sg [13 [9Y de [St [61 (6 [EP [L [Fr [orit [Talz {7 {6 [6 |L {7 |° 9 [arjS |00F 2 00 | 6 GL |SL [LE de [Ly [176 [Me |a (86 [TG [ST Je [OY [Se [er je |L6 [66 [GI IF |9T |f |9 [I |6I [61 [ZL 01° 0 GF [88 |[67T {76 fo [67 |L8 [ST fop [66 [69 [67 JT |6 [TE (0 {7 [07 [9G [ST 19 [86 [ee [Lo {7 [IT [07 [GG] 06 € 0} 9 IL |G6F [9E |E |96 [SOT[OT KG [GE (18 |03 {T [IF [EGIZ {6 [SG [GGI6 JE [6F [78 [8 Jc [OT (0OG|eh] 08 © 06/_ Il OL [601 |G c|07 [LE I V_ (06 |S9 E «_|9T |06|C fe Xe [LT |Y [IT [ST [66 |C |C [GI (96 [I OX © 06 @ TE |ST |C (AA ACTA c |S [9 |< fc [el [9 | fa [eT[ag|e ic |7 [TT |< 0G € 07) co [Ta |ow [e de [6 [or fe fe fer [ra je [e (3 [8 [e fe [L [8 [c.c [S fonfe [e IZ mrje fog 08ìs cose [oe [eo fe de [Lo [e fe [ag [ea [e [e (1 [6 [e fe (3 [SG |e fe (TH/Z |c [e [Ta [9r|e | Oz 09 «deg (rr fe [e [ge [o fe fe [98 [8 [e fe [e [8 [ce [e [te [e [e [e [6ra [e [e [2 [9 |« fog oz « 6 G « « L % q « VA (O « « |@ | « « |G [@d |< « IG « « Vi [E Je 006 ® 008 Ero conEeccn Sn ES GRERcGERRGERO Li el a|i S| A a5) 3 A SSI&|S JE JB S| ogoyeiSo1 mg AetRE UST —È She Plate Le —_ I E DE SESAZIES — e e ci e E TUPU}HEeT] 6881 Q.I]SQ9WU9S |] 9Q.1)s9U9S | QI) SQUITLIT ALY 94ISQUILI ], II 9QMNSQUILIT, II Q.1}SQUITI], J HI VITHUAVI OSSERVAZIONI ASTROFISICHE SOLARI 54 PA) REI ci) (CU) DS CIS VE Da) AS Un AO, cr'olgr Joc'olea 6 186°0lL 6. Jt {9 0 Joo°oje e [es'olst 9 es'olcea 01 f[ec'olsr 9 feotolit TT |po°of7zt 6° fer'oltr è |zLe‘olz VI ae ‘0/0G =LY foo'ojoe gt for'ofer £ eroe vi Jes'olea e |eo<1i8 CI 00 °1|8 8 Joo‘1st 8T jooli a [Ss'olz 9 {z8colcr gi [99°1E G CI *T|GTE #73 [80 ‘1|07 tag {60°T|9S = 19 |ST°T|6C7 EST JTO°T|68E 0EI {0g*I|OL 16 0a nlaza 668 {ISCT|7IO eee [ew ‘TIGor 8tT [OOCTIOLT 18T {891/68 SEI |O7°T|ZEI SCSI so‘iiezo ZL [estoloz oz fertiee cv [Roolze ce ice cose se leo'olge ce CL*1|7 LO |i6coltr 07 [os°tja e |Joo ‘le 7. {00°T|7 7 [98°0/£ 9 OT‘IlgL = 98 {60/88 8 fer'tiim 67 jJoo°tize ze [som 17 |Îre°097 è ne ‘NOVE GICCIIG*T|STOI LL6G{9N‘0TE6E GECE|GTT|OIS EEGIIOG'E|TOL COLIIES ‘O|OGGI ELEI|O6‘0|COVT 931 GH'T|896 TGONIL‘T|E9E 629 {OL ‘0|C09 #97 [ES *T|ité ode |oo'ejaci gog {ez ‘0/60 13 I8L‘0/966 TE GI TITEL 928 |Jex°Ifcog cer [TO *T|617 Ser fee *TILeT 60 |me ‘TOTI. #e3 ETICT|1OS #26 JI6°0|ST6 661 bo = ages Peer evvai ea Vea e e LA oljsowlos I a1]s0Wog ] Q1)SQUILIT, AI T omsowta], II QIISOtULI], II QISQUILIJ, | AI VTIHAVI *jo1d ezuas 101019) @[O9E] EZuas IU1019) "L10J EZU9Ss a 2149 -0eu eZzuas IUI019) ‘9000 eZUaS IU.I019) Me IE ClPw ULTI CITP LUOIS -JRAUI 2[[Pp "Dad * ©‘ aZuUelIqu) -01d ejjop ‘nbelg 3 9[OOLJ IP iddna$ rop ‘nbag 090 OSISAI ON1e]je IUOIZEWI.IO J ‘100126104 nid i9d nuagsisIad 110] 2 etqooew rp iddn19 ‘auo1ze;oI dad as -19AIp 1UO1Z2TI.IOJ ‘110] [dp ezuanda.I ; Sega: 0: (1) eu a]jop “bold 110} 9 aIlooetI cp 1ddn18 10p bag CALI DISTRIBUZIONE DEI FENOMENI SOLARI NEL 1882. int cane 70% e0'+ 504 40% 304 20° + 10° Formazioni di Macchie e Fori Gruppi di Facole Protuberanze Inversioni della 1474 K e delle b Liegi gole ae d0°+ 30% 20+ 10° 0° ag Spe, oi eee Latitudini Eliografiche A Terzi ino Lit A_Brat tag pe n ha = sel / ° DIA: è \ \ù »|À*ÎÎ TÙÒ )Ò N x N (AN|YÎYYD _Ù_ZÌÌ Ù_—ÌÌ mOEÒÒ‘ àN \|''|('NNN N Ù è TRIO TT nu E NYMNYN |ÎÙ _- (le) o) ti 2 di pm ca PR AL x sIdioty osjosneni è» x }Ò \\ » o F QoT z ULZI 010Vd 3 OYLIldndy Ss 130 OTOLILTI OLLOS VITIOISIO FNONTOI LSYVOIO IAYOVWN vSIIHO V1713N O10VYd 3 OHL3/d'SS130 v11IddvIv1130 VINVId x qs Di INONOILSVO 10 VNVICIBIN ‘3HOIWON09I CI IVUNIVN IZN310S [A VLI100S ti COORDINATE GEOGRAFICHE E COSTRUZIONE DI UNA GRANDE MERIDIANA A TEMPO VERO E MEDIO IN CASITIGLIONE ETNEO per l’Astronorao T. Zona Invitato in Castiglione Etneo a costruire una grande Meridiana nella Chiesa Madre , colà mi recai il di 8 agosto 1882 onde procedere alla determinazione della longitudine e latitudine, studiare la località e disporre il da farsi. La città di Castiglione è collocata sopra una collina a nord-est del gran cratere e dallo stesso distante orizzontalmente circa 17 chilometri. 11 monte su cui giace il paese, benchè circondato dalla lave dell’ Etna, non è di natura vulcanica, a nord di Castiglione passa l’ Alcantara. I terremoti che scuotono tutta la regione Etnea scuotono debolmente o nulla affatto Castiglione, anche le lave dell’Etna possono difficilmente raggiungerlo perchè esse trovano sfogo facile e sufficiente nella valle dell’Alcantara, in una parola nella regione vulcanica su cui giace è un paese sicuro e solido ed una meridiana può farsi senza timore che i terremoti in breve possano guastarla. Per eseguire l’ operazione affidatami portai meco ; un teodolite di Amici che ha i due cerchi orizzontali e verticali di eguale diametro entrambi con quattro nonii con i quali si possono leggere i 10", un ottimo cronometro della fabbrica Wiffin che aveva per andamento diurno medio + 35,00, una bussola, un aneroide , un termometro, ed un metro campione; tutti strumenti di pro- prietà dell’Osservatorio di Palermo. Prima di partire il dì 7 agosto a mezzodì presi dei confronti fra il crono- metro Wiffin ed il Mudge, ottimo pendolo dell’Osservatorio, e trovai la corre- zione del Wiffin — 18,m9,57 : 56 COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA Il giorno 16 agosto essendo di ritorno determinai, con confronti col Mudge nuovamente la correzione del Wiffin e trovai — 18.0 29,59 la differenza divisa per 7 diede per andamento durante l’assenza + 38,02 Questo risultato insieme a quelli ottenuti sopra luogo mi persuasero che il viaggio non alterò l'andamento del cronometro e che le sue indicazioni po- tevano servire ottimamente per la determinazione della differenza di longitudine; devo però dire che durante il viaggio tutte le mie cure furono rivolte al cro- nometro; il viaggio si fece parte in mare, parte in ferrovia e parte in carrozza; in ferrovia il cronometro fu tenuto sospeso con cinghie e continuamente sor- vegliato, in carrozza fu tenuto a mano ed i cavalli fatti procedere al passo. Se fui contentissimo del cronometro altrettanto non posso dire del teodo- lite; questo strumento sia per essere di costruzione antica ed avere l’asse ver- ticale troppo alto, sia principalmente per essersi rallentati nelle scosse del viag- gio di carrozza le morsette, non presentava i requisiti di stabilità e rigidità necessarii, quindi i risultati ottenuti non furono tali quali potevano aspettarsi da uno strumento i nonii del quale permettono di leggere i 10"; se però i ri- sultati geodetici ottenuti non furono tali quali si potevano desiderare furono però sufficientemente esatti per lo scopo al quale erano destinati. Tempo, longitudine e latitudine Tempo e longitudine. — Per la determinazione delle coordinate geografiche scelsi una roccia sovrastante al paese, sopra questa feci costruire un pilastro in pietra e sullo stesso coliocai il teodolite ; una tenda opportunamente disposta riparava lo strumento. Il giorno 10 agosto (civile 44 mattina ) assistito dall’ Ing. Lamonica con distanze zenitali del Sole prese al primo verticale Est, trattandole tutte separa- tamente colla formola Agri — {°sen(s — 9) sen(s — ò) wzi=V È cos 8 cos (8 — 2) ) 1 i incu s= — D COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA determinai la correzione locale del cronometro e trovai : TEMPO CRONOMETRO m dD. 36 h 200% 20. 20. 20. DI. De 24. Medio 20. LT. - 26, 18, ut u = 10 N wo 3 CORREZIONE m — 41. 40, (IC dl 14. (BE 10. did. Idi Medio — 441. S 12, 10, 14, 12, 10, 14, 44, 8 ID 0 SD Mn Bi d9 14,3 57 Per lo stesso istante la correzione a Palermo tenendo l’andamento + 35.02 sarebbe stata — 180 145 4. Quindi in base all’ipotesi del regolare andamento del cronometro la diffe- renza di longitudine sarebbe stata 7" .381 Castiglione ad Est di Palermo. Il giorno 44 agosto presi delle distanze zenitali di Arturo ed ottenni : TEMPO CRONOMETRO h DORSSS 8-1O ln 8. 4h. 6, 9. 27. 48, 9. 40. 37, Medio 9. Ùa 2 0 2 3 CORREZIONE m — 11. dd 14. dl: Medio — 41. N 12, A 12, 41, 19, Dì O I 12, 3 Per lo stesso istante la correzione a Palermo sarebbe stata sempre in base all’ipotesi del regolare andamento — 418 .15%,9. Quindi la differenza di longitudine sarebbe 7m 95,6 Nel giorno 12 agosto ripetei le distanze zenitali col sole ed ottenni : TEMPO CRONOMETRO SE Se (Sia Medio 4. Giornale di Scienze Nat. m 49. 46. Ss 4A, Mia 16, ed Econ. 5 © So N HI 4 Vol. XVI. CORREZIONE m — dl. AC dal LIL AL: Ad Medio — 41. Ss 14,9 15, 0 58 COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA Il cronometro sul tempo di Palermo avrebbe avuto per correzione — 18M .185 4 quindi la differenza di longitudine sarebbe stata TA Paragonando l’osservazione del sole del 10 con quella del giorno 12 si ha un andamento diurno del cronometro + 35.37. Tenendo conto del breve inter- vallo di tempo che mi servì per determinare questo andamento e della incertezza della determinazione del tempo, per nulla paragonabile con quella fatta al cerchio meridiano di Palermo , il risultato, andamento + 3537, mi persuase che l'orologio non si è compensato nel viaggio di andata e di ritorno ma con- servò realmente il suo andamento, quindi l'ipotesi del regolare andamento era vera e la determinazione della longitudine eseguita in tal modo era superiore per esattezza a qualunque altra determinazione che avrei potuto fare adoperando la luna e gli strumenti che avevo. Siccome per il calcolo dell'angolo orario mi occorreva la conoscenza della latitudine così per prima approssimazione presi la latitudine dalla carta dello stato maggiore. Avendo poi calcolato la latitudine rifeci il calcolo del tempo ed i numeri sopra riferiti sono il risultato del secondo calcolo. Per avere la differenza di longitudine fra Palermo e Castiglione, tenendo conto dei tre risultati ottenuti, feci una media considerando il numero delle os- servazioni cioè : TO 954: TO 9960342560 106 418 pa — 7 3504 Per tutte le operazioni assunsi come differenza di longitudine 7% 35,0 Determinazione della latitudine. — Per la determinazione della latitudine, avendo sempre, sopra luogo, qualche piccolo dubbio sulla determinazione del tempo, approfittai della Po!are ch'era in prossimità della culminazione superiore. Nella notte dall’ 44 al 12 agosto presi 10 distanze zenitali della Polare GOORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA 59 ed usando, per la riduzione al meridiano, le formole favoritemi dal professore Lorenzoni. tg m= tg p così oppure m = p cos 6 cosm send gp ESE n da cos(p + mn) ig © = 93 a sen @ cos (9 + ) senr=senp —_—_____t COS @ Colatitudine = distanza zenitale + p è la distanza polare della Polare 9 è l'angolo orario è la latitudine (valore approssimato). calcolai la latitudine ed ottenni : 87. 88, (Li = (Lo ino, O n N 9 9 CBS D 2 433 ND Medio 37. 57. 53, 3 Siccome la chiesa nella quale si doveva costruire la meridiana è qualche secondo più a Sud del luogo dove si fecero le determinazioni, così per il cal- colo della curva del tempo medio addottai per latitudine il numero rotondo DUO: 100 60 COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA Usai le tavole della rifrazione date dal Tuschenbuch di Wolf. I risultati ottenuti nella deierminazione della longitudine e latitudine ac- quistarono per me maggior valore perchè paragonandoli a quelli ottenuti dallo stato maggiore, trovai che ne differivano di molto poco. Non così devo dire dell’ altimetria. Avendo meco un buon aneroide, ap- proffittando delle osservazioni barometriche fatte in Catania con barometro a mercurio dal Prof. Macaluso e da lui favoritemi (*) ed usando della tavola del signor Mattieu pubblicata nell'annuario del Bureau delle longitudini per il 1883 determinai l’altezza del paese sul livello del mare e trovai una differenza di 28 metri in meno dal valore ottenuto dallo stato maggiore. Dubitando che tale differenza dipendesse da variazioni di errore di indice per la diminuita pres- sione, tornato in Palermo, determinai nuovamente l° errore d’indice dall’ ane- roide sia a pressione normale sia sottopponendolo ad una pressione artificiale eguale a quella di Castiglione, ma trovai che l'errore dell’aneroide era pochis- simo differente, e che in ogni modo invece di diminuire la differenza fra il mio risultato e quello dello stato maggiore l’avrebbe aumentata. Siccome la livella- zione fu fatta dallo stato maggiore con distanze zenitali, così credo che il mio barometro per le scosse ricevute in viaggio abbia variato temporaneamente il suo errore d’indice, e poi si sia nuovamente ristabilito; non tenni pertanto in nessun conto la mia livellazione barometrica che del resto non mi interessava per l'operazione che dovevo fare, essendo solo una semplice ricerca di occasione. Sulla lastra in marmo della meridiana si incise l’ altimetria ottenuta dallo stato maggiore ridotta al livello della chiesa cioè metri 606 circa. Meridiana La Chiesa Madre di Castiglione, nella quale era stabilito che si dovesse fare la meridiana, consta di una navata centrale con due cappelle laterali all’altare maggiore. Il muro meridionale della chiesa declina a levante di circa 72°. Non potendo stabilire il gnomone sul muro meridionale della navata per esservi allo stesso addossate delle fabbriche dovetti accontentarmi di scegliere la cappella meridionale e sul muro della stessa in fianco all’ altare di S. Pietro e Paolo sopra una finestra stabilii il gromone. Per rendere però stabile il gnomone si costruì sopra la finestra un’arco di scarico. Scelta la località per il gnomone procedetti alla determinazione della mi- nima ampiezza che doveva avere la finestra dello stesso onde potesse servire al tempo medio; dovevo determinare le minime dimensioni non potendosi dare una grande ampiezza alla finestra ad occidente perchè si sarebbe indebolito il muro di angolo della chiesa. (*) Nei 3 giorni di osservazioni la pressione barometrica si conservò pressochè costante. COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA 61 Tenendo conto della declinazione del muro 72 gradi circa, del massimo azimut del sole vero a mezzodì medio 5° circa e della grossezza del muro metri 0, 67 calcolai le dimenzioni della finestra; avendo col calcolo ottenuto che dovevasi aprire la finestra in modo che all’esterno avesse 0.15 e 0M.29 con- tati verso occidente dal piede della perpendicolare calata dal snomone sulla facciata esterna; così, per dare anche un po’ di garbo alla finestra, stabilii aprirla nel seguente modo: dal foro del gnomone portai a destra e sinistra 5 centimetri, da questi due punti si abbassarono sulla facciata esterna due perpendicolari, dal piede della perpendicolare a levante verso levante, portai 10 centimetri, dal piede della perpendicolare a ponente, verso ponente portai 40 centimetri. Si unì con una retta il punto lontano è centimetri a levante dal gnomone con il punto lontano 10 centimetri dal piede della relativa perpendicolare ed il punto lon- tano 5 centimetri a ponente con il punto lontano 40 centimetri dal piede della relativa perpendicolare; ottenni così la sezione orizzontale della finestra all’al- tezza del gnomone, la larghezza esterna della stessa risultò di 60 centimetri. Al di sopra del gnomone il muro si estendeva per 1.75, invece di fare una fenditura di 60 centimetri per tutta la rimanente altezza e grossezza del muro, la qual cosa avrebbe indebolito langolo della fabbrica, stabilii di diminuire verso l'esterno la sezione orizzontale della finestra ; tenendo conto della mas- sima altezza del sole trovai essere più che sufficiente che in sommità la fine- stra avesse lo sfondo eguale a circa metà della grossezza del muro. Costruzione di un punto della meridiana.—Stabilito il luogo del gnomone si collocò in esso una piastra provvisoria di ottone con un foro di un centi- metro di diametro. Fissato il gnomone, conoscendo dalle fatte operazioni |’ equazione (47) del cronometro e prendendo l'equazione del tempo (e) dall’Iahrbuch calcolai mercé la formola t= — AT +e il tempo dell'orologio del passaggio del sole vero al meridiano. Nell’istante calcolato mi si diede un segnale e colla massima rapidità trac- ciai sul pavimento il contorno per quell’istante dell'immagine del sole. Questa operazione si fece per due giorni consecutivi 13 e 14 agosto. Disegnato il con- torno del sole, con il compasso determinai il centro della figura ed ebbi così due punti dalla meridiana. Dei due ‘punti presi il medio ed ebbi così un nuovo punto che chiamerò punto estivo della meridiana. Non essendo l'agosto stagione opportuna per la costruzione di una meri- diana stante la cortezza delle ombre, mi riservai di ritornare in dicembre per tracciare altri punti e fare la esatta costruzione della meridiana. Per il momento intanto perchè nel paese si potesse dare con discreta esat- 62 COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA tezza il segnale del mezzodì tracciai una meridiana provvisoria servendomi del piede del gnomone e del punto estivo. Prima di partire feci scolpire, sopra un’asta di legno molto stagionata, u- sando il metro campione, un doppio metro il quale doveva servire per tutte le misure sopra la meridiana. Piastra del gnomone e capisaldi. —Ritornato in Palermo feci costruire la piastra stabile per il gnomone ed i capisaldi in ottone. Alla piastra si diede la lunghezza di 20 centimetri e la larghezza di 10 e la grossezza di 0,5 la sezione minima del foro è di 41 centimetro essendo fog- giato a tronco di cono colla base maggiore sopra. A questo foro feci fare un esatto otturatore con un forellino del diametro di un ordinario filo di seta nel centro. Il caposaldo che doveva marcare il piede della perpendicolare calata dal gnomone si foggiò a parallelepipedo rettangolo avente per base un quadrato di 6 centimetri di lato con la grossezza di 4,5; la superficie superiore era piana, l’inferiore era armata di tre appendici , lunghe 7 centimetri foggiate a radici di dente e ciò per poter saldamente murare il caposaldo. L'altro caposaldo era della stessa forma solo aveva un centimetro di gros- sezza e nella sua faccia superiore precisamente nel mezzo portava un’appendice conica con un forellino nel vertice capace di un filo di seta. Tracciamento definitivo della meridiana.—Nel giorno 21 dicembre 1882 mi recai nuovamente in Castiglione per procedere al definitivo tracciamento della meridiana. Avrei dovuto ritornare in Castiglione con il cronometro ed il teodolite e fare novelle determinazioni di tempo; questa laboriosa operazione specialmente d'inverno e sui fianchi dell'Etna mi fu risparmiata dalla gentilezza della dire- zione compartimentale dei telegrafi di Palermo la quale con squisita cortesia accon- sentì a darmi la comunicazione diretta telegrafica fra l’ufficio telegrafico di Ca- stiglione e l'osservatorio di Palermo, mercè tale gentilezza io non portai meco che il cronometro e da Castiglione potei prendere gli accordi telegrafici con Pa- lermo per determinare la correzione dell’ orologio. Giunto in Castiglione feci con la massima cura murare con buon cemento la nuova piastra nel preciso posto della precedente e feci togliere la vecchia. (*) Sotto il gnomone feci murare il caposaldo a superficie superiore piana sulla quale doveva scolpirsi il forellino corrispondente al piede del gnomone. Murata la piastra stabile ed il caposaldo segnai sullo stesso il piede della perpendico- lare calata dal centro del foro. Per segnare il piede della perpendicolare calata dal centro del foro del gnomone posi il detto otturatore sul foro conico della piastra e per il forellino dell’otturatore feci passare un filo di seta al quale so- spesi un piombino fabbricato con tutta cura. Sulla faccia del caposaldo incollai (*) La piastra del gnomone invece che orizzontale si collocò un po’ inclinata verso 1’ esterno e ciò per la ragione dello scolo dell’ acqua e perchè |’ immagine fosse rotonda in un punto della meridiana. COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA 63 una carta e distesi sopra la stessa uno strato di farina bianca. Sullo strato di farina la punta del filo a piombo marcava il piede della perpendicolare e questo con una matita a punta acuta tenuta verticalmente il più possibile, veniva ripor- tato sulla carta. Con questo processo segnai indipendentemente uno dall’ altro venti punti e tenni come piede della perpendicolare il loro baricentro. Nel punto così ottenuto con un sottilissimo trapano praticai sulla superficie del caposaldo un forellino, in questo infilai un ago la cruna del quale rimanendo al di so- pra del piano della piastra doveva servire per passarvi il filo di seta necessario per il tracciamento della meridiana. Nelle sere dei giorni 21, 23 e 25 dicembre presi gli accordi telegrafici con Palermo (*) e così venni a conoscere esattamente la correzione (At) del Wiffin ri- spetto al meridiano di Palermo Con tale correzione, ritenendo la differenza di longitudine 7% 35,0 = A L (positiva ad Est) determinata nell’agosto, e con l’e- quazione del tempo (e) presa dall’ LaRrbueh calcolai il tempo dell’ orologio del passaggio del sole vero per il meridiano di Castiglione colla formola t=—AT+e- AL. In tal modo wei giorni 23 e 25 dicembre 1882 segnai due punti della me- ridiana. Per riuscire in breve tempo e con grande precisione a tracciare detti punti usai il seguente processo : Calcolai come dissi il tempo del passaggio del ‘sole vero al meridiano; incoliai sul pavimento dei fogli di carta bianca; quindi per 7 minuti prima e dopo il passaggio del sole vero al meridiano, di minuto in minuto , e per l'istante del passaggio mi feci dare dei segnali (top). Ad ogni segnale tracciavo rapidamente sulla carta, fissa al pavimento , il contorno del- l’immagine del sole in quell’istante usando la massima cura nel segnare spe- cialmente i bordi orientali ed occidentali delle immagini; trovai poscia i punti centrali delle varie immagini; ogni dui punti egualmente lontani dal meridiano mi somministrarono un punto della meridiana Degli 8 punti così ottenuti, dando quindi un valore doppio al punto del mezzodì, trovai il baricentro e questo ritenni come punto della meridiana. Così feci il 23 ed il 25 dicembre; dei due punti ottenuti presi il medio e questo costituì il punto invernale della meridiana. Determinato il piede della perpendicolare calata dal gnomone , un punto estivo ed un punto invernale della meridima restava per ultimo da individuarla materialmente facendo murare il secondo caposaldo. A questo scopo per la cruna dell’ago del primo caposaldo e per il foro dell’a p- pendice conica del secondo feci passare un filo di seta, portai quindi il secondo ca- (*) Da Palermo i segnali mi furono gentilmente trasmessi dal Direttore Cacciatore e del Prof. Riccò. 64 COORDINATE GEOGRAFICHE FE GRANDE MERIDIANA posaldo vicino al luogo (luogo riparato sotto un gradino della balaustrata del- l'altare maggiore) dove doveva essere murato, tesi il filo di seta, feci porre una squadra col vertice dell’ angolo retto nel punto invernale della meridiana quindi mossi il secondo caposaldo finchè il filo di seta toccò il lato verticale della squadra collocata nel punto invernale ; nel luogo così trovato feci mu- rare con buon cemento il secondo caposaldo. Una controprova della buona collocazione dei capisaldi si ebbe dal fatto che il filo teso fra essi passava pure per la verticale innalzata nel punto estivo della meridiana. Curva del tempo medio Individuata la meridiana a tempo vero, coll’ avere murati i capisaldi, per potere calcolare le coordinate della curva del tempo medio restava da prendere l'altezza del gnomone. Per misurare tale altezza presi una fettuccia metrica, la quale per avere nel suo interno del tessuto metallico era inestensibile , e con questa si rilevò l’altezza; non si volle però fidarsi delle divisioni della fettuccia ma la lunghezza della porzione di fettuccia rappresentante l’altezza del gnomone si rilevò sul dublometro costruito col metro campione. L'operazione si era già fatta nell’agosto ma dubitando di piccoli spostamenti risultanti del mutamento della piastra e caposaldo si volle rinnovare. Le medie delle misure, quelle cioé fatte in agosto ed in dicembre, ad onta dei mutamenti fatti, molto concordarono. L’ altezza rilevata in agosto era metri 6, 053 quella del dicembre 6, 050. Si ritenne quest’ultima. Questa misura 6, 050 è la distanza del centro del gno- mone ( centro della sezione minore del foro conico ) alla faccia superiore del caposaldo. Siccome poi la superficie del marmo per la costruzione della me- ridiana per accordarlo col resto del pavimento della chiesa si doveva tenere un centimetro più alto della faccia del caposaldo così per il calcolo della curva del tempo medio si adottò per altezza del gnomone 6, 040. Ritornato in Palermo mi occupai del calcolo della coordinate della curva del tempo medio. Si trattava dapprima di stabilire per quale anno si doveva calcolare la curva, si sa che lasciando da banda i piccoli successivi mutamenti dell’ equazione del tempo vi è una variazione piuttosto sensibile da un anno all’altro, variazione che chiudesi in un ciclo di 4 anni; ossia ogni quattro anni meno piccoli mutamenti l'equazione del tempo ritorna per gli stessi valori. Volevo dapprima fare la media delle equazioni del tempo di un ciclo di 4 anni; ma poi riflettendo che in tal caso la curva del tempo medio non a- vrebbe soddisfatto a nessun anno in particolare, che essendo stata fatta nell’1882 era giusto che portasse l'impronta di tale anno e che innoltre i valori dell’e- quazione del tempo per il 1882 non si discostano di molto dal medio dei quat- tro anni, così scelsi l’anno 1882. COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA 65 Per il calcolo della curva avevo dapprima pensato di trovare, data l’equa- zione del tempo e la declinazione del sole, il suo azimut (A) e la sua distanza zenitale (Z) e quindi calcolare le assisse e le ordinate mercè l'equazione x= hitgZcosA y= htgZsenA iu cui 4 è l'altezza del gnomone. Sembrandomi poi molto lungo questo mezzo mi rivolsi al prof. Lorenzoni ed egli mi diede le seguenti semplicissime ed ele- ganti equazioni cgc=htg(L— ò) y= h sec (L — d) tg così nelle quali » è l'altezza del gnomone, L la latitudine geografica, è la declina- zione del sole a mezzodì medio ad e l’ equazione del tempo a mezzodì medio. Per il calcolo delle coordinate della curva adottai naturalmente le formole del professore Lorenzoni. Presi gli elementi del calcolo dall’ A. J. per il 1882 ed il calcolo lo feci di 8 in 8 giorni tenendo conto in (L — È) della rifrazione media alla pres- sione di 700%; i risultati in metri sono riuniti nel seguente quadro : 1882 x Y x Y Gennaro 41 10, 880 +0, 193 Luglio 4 4,648 +0, 103 9 10, 436 0, 362 412 4A, 724 0, 125 47 9, 883 0, 491 20 A, 8712 0, 157 28 028) 0, 574 28 2, 068 0, 164 Eebbraio 2 8, 506 0, 610 Agosto 5 2, 308 0, 155 10 7, 714 0, 603 13 9, 592 0, 129 48 7, 054 0, 562 24 2, 9418 0, 085 26 6, 369 0, 496 29 3, 285 0, 024 Marzo 6 5, 725 0, 443 Settembre 6 3, 696 — 0, 054 44 5, 129 08322 44 4, AB4 0, 144 99 4, 584 0, 234 99 A, 654 0, 243 30 4, 080 0, 444 30 5, 198 0, 348 Aprile 7 3, 628 + 0, 065 Ottobre 8 5, 793 0, 452 45 3, 219 — 0, 000 16 6, 434 0, 548 23 9, 855 0, 050 2 7, 116 0, 627 Maggio 4 2, 534 0, 084 Novembre 41 7, 828 0, 684 9 2, 256 0, 101 9 8, 554 0, 702 47 2, 023 0, 104 47 9, 263 0, 679 25 4, 835 0, 086 25 9, 94 0, 608 Giugno 2 4, 694 0, 059 Dicembre 3 10, 458 0, 488 40 4, 601. — 0, 022 44 10, 843 0, 325 18 1,557 +0, 020 19 14, 024 — 0, 134 26 1, 568 0, 063 DAL] 10, 980 + 0, 066 I - Ce) Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 66 COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA Per poter costruire con maggior cura la curva, dai valori di x ed y cal- colati di 8 in 8 giorni interpolando in mezzo, tenendo conto delle differenze se- conde. dedussi i valori di x ed y di quattro in quattro giorni. Col mezzo della formula d’interpolazione calcolai pure le assisse per la fine di ciascun mese ed ottenni : 1882 VALORI DI X EMerGennao een 8, 643 > EeDDIALO 0, a; 6, 163 A Marzon sostano seco 371999 od ANIME ope 2, 559 ra cMaggiopi wa. I ata 413 ‘748 2 Gion dito ri 5 dò tengo; Mero 2, 168 D'RABOSTOI I Ra MIS AZ0O > Settembre: st 0 5, 234 » Ottobre... 1,188 » Novembre... .... 10, 302 °°» Dicembre... i. 10, 858 Perchè si potesse fare la stima del mezzodì vero con maggior esatezza sta- bilii di far tracciare sui marmi oltre che la linea meridiana anche due linee convergenti che fra di loro contenessero tutta l’immagine del sole all’ istante del mezzodì; a questo scopo per due dati lontani calcolai il diametro dell’ im- magine del sole sul pavimento usando la formola MAE r essendo il semidiametro angolare del sole ottenni per il 19 dicembre con 2=14,024 d-0,0595 26 giugno con 2= 4,563 Η0,0286. Per mezzo della formola del Lorenzoni tenendo conto della rifazione cal- colai l’assissa dell’equinoziale e trovai x = metri 4, 697 Completati tutti i calcoli spedii i risultati al signor ing. Giuseppe Lamonica il quale si assunse l’esecuzione della preparazione del fondo, della collocazione dei marmi e del tracciamento sui marmi della meridiana a tempo vero e medio. Ed ecco quanto miriferì con lettera l’ing. Lamonica sul seguito delle operazioni. Si disposero dapprima sul pavimento della chiesa grandi lastre di marmo bianco di Carrara alte metri 0,065 quindi si regolarono, squadrarono e sago- COORDINATE GEOGRAFICHE E GRANDE MERIDIANA 67 marono per dare al loro assieme la figura che dovevano avere in opera. Nel- l’asse di simmetria della figura presentata dalle lastre si scolpì l’ incastro che doveva rappresentare la meridiana. Nel luogo in cui dovevano essere murati i Marmi si scavò una fossa profonda sino a raggiungere la viva roccia, questa per tutta la lunghezza della meridiana meno che per un piccolo tratto adiacente al muro del gnomone fu raggiunta a metri 0, 59; vicino al muro del gnomone, dove si avrebbe dovuto affondare di più, si costruì una volta appoggiata a Sud sul muro del gnomone, a Nord sulla roccia. La fossa profonda 0%,50 venne in parte riempiuta di muratura fatta di mattoni cementati con buona malta di calce di Malvagna ed arena vulcanica, i mattoni furono adattati esattamente e ben battuti colla mazza, sopra la muratura si stese, anche in vista di togliere l’umi- dità naturale della roccia, uno strato alto otto centimetri di ciottolini vulca- nici; sopra i ciottolini si stese uno strato di malta grassa e finalmente sopra questa si collocarono i marmi battendoli e livellandoli con la massima cura in modo che tutto il piano riuscisse orizzontale e solido. Nel collocare i marmi si ebbe la massima cura che l’ incastro rappresentante la meridiana venisse esat- tamente bissecato dal filo di seta teso fra i capisaldi. Per togliere le piccole ine- guaglianze la superficie del marmo venne spianata con arena ed acqua. Alcuni giorni dopo quando cioè l’assodamento dei marmi sì credette assicurato si tracciò la curva del lempo medio. Per tale operazione gli strumenti usati furono il dublometro già accennato, un doppio decimetro confrontato con lo stesso ed una grande squadra fatta espressamente, un lato della quale fu graduato col dublome- tro. Per tracciare la curva col dublometro si segnarono lungo la meridiana tanti punti corrispondenti ad ogni metro a partire dal caposaldo del gnomone, questa operazione si ripetè più volte; assicurata così l’esattezza dei punti distanti del piede del gnomone di metri intieri si segnarono le varie assisse; appoggiato al filo teso fra i capisaldi si pose un regolo e contro questo veniva posto un lato della squadra e con questa si seznavano le estremità delle relative ordinate; con una curva regolare continua furono uniti i varii punti così ottenuti; in tal modo risultò tracciata con matita la curva del tempo medio; lungo tutta la curva ed a cavallo di questa si scolpì un incavo largo tre millimetri, si fecero quindi i due incastri laterali alla meridiana si scolpì la equinozial®© e le due rette concorrenti fra le quali doveva essere compresa l’immagine del sole — Negli incavi della curva del tempo medio, delle linee laterali alla meridiana e dell’equinoziale si fecero con trapano dei fori in varie direzioni quindi si cola- versò nei detti incavi sino a riempirli piombo fuso. Nell’ incastro della meri- diana si pose un regolo di ottone collocato in modo che il filo di seta fra i capi- soldi lo bisecasse; siccome il regolo di ottone era di tanti pezzi così questi fu- rono l’uno all’altro saldati con piombo. Finalmente finite tutte le dette operazioni si scolpirono sui marmi le pa- role necessarie e si fece un’ultima pulitura. SULLA. FECONDAZIONE AUTOGAMICA È DICOGAMICA NEL REGNO VEGETALE PER M. LOJACONO Parrebbe strano che si imprendesse la critica di un soggetto tanto com- plesso , e grave pei risultati che verrebbe a stabilire nella teoria della ripro- duzione vegetale, nella biologia vegetale , ed in ultimo nella ardente quistione dell’origine delle specie, senza un corredo di particolari esperienze, che sareb- bero le sole che potrebbero con un certo diritto spingere a pronunziare un giudizio, confermando le opinioni già esposte o confutandole e portandoci così a contradire quanto sull’ argomento di recente e stato maestrevolmente dimo- strato con ragioni di elevatissima portata, dal sommo "Darwin , il genio più grande che questo secolo ha contato, e da un gruppo di Botanici che ha se- guito le discipline del maestro con pari energia, e con argomenti impressi di grande acume, e di filosofia. A dispetto della grande voglia di approfondire esperimentalmente |’ argo- mento non possiamo, oggi, presentatasi questa occasione esimerci dal rinunziarvi, adattandoci ad esporre le nostre idee in quel breve termine imposto alla com- pilazione di questo scritto. Fortunatamente però l’ indole dell’ argomento per poco che si abbia una regolare conoscenza dei principali fenomeni fisiologici del vegetale, e delle idee ben salde sulle affinità della serie vegetale, consente una discussione accademica sulla sintesi che c'è da ricavare dagli principii che stabiliscono la teoria dicogamica , e di emettere un franco giudizio su di essi, quasi per appello alle personali convinzioni e diremmo alli sentimenti di fede ai quali si è ispirati, e ciò per la stretta analogia che passa tra le quistioni che riguardano la biologia vegetale, e l’animale, val quanto dire ad un mondo le cui leggi si ripercuotono sull'uomo, preso come specie, che è stato il soggetto più interessante delli studii che hanno mirato a rischiarare le spesse tenebre della sua origine. La discussione però per quanto può essere libera, deve strettamente esser basata sui fatti, se no, si cadrebbe in quelli stessi difetti che questo scritto tenderà a rilevare , cioè nelli ragionamenti ipotetici che sviano dal corso na- turale delle cose. Pur troppo l’impossibilità di controllare la serie dei fatti che si sono svolti nell’epoche remote, e la necessità di dover congetturare su quelle FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 69 scarsissime prove del passato (1) che rimasero a noi allo stato di fossili, im- pedisce di ricostituire i legami genetici che debbono annodare la Natura attuale a quella passata, ma non può sottrarci alla tendenza di speculare sn questo i- gnoto che ci si para d’innanzi, e sostituire ai dati sicuri, versioni del tutto per- sonali che se nel caso della teoria dicogamica, sono come tutte quelle che l’ in- gegno acutissimo del Darwin ha creato, inspirate alli argomenti più profondi, non cessano di essere ipotetici, e perciò di dar luogo a varie interpetrazioni ed ap- picco ad indefinite discussioni. E perciò che alla teoria del trasformismo non sì può attribuire il pregio di argomento apodittici e che a questa stupenda serie di congetture, a spiegare il grave problema , altre ne ha formato |’ Agassiz altre il Naudin, altre ancora più dubbiose il Jordan, credendo appoggiarsi alle dogmatiche sentenze dei Libri Santi. Ecco perchè è pur concesso il pronunziare chiaramente il suo giudizio su una disputa sempre aperta, a patto però di rispettare integralmente i fatti già stabiliti nella scienza che ne formano il più bel retaggio , e che sono la base di ogni nuovo progresso negli studi sperimentali. La teoria dicogamica e l’autogamia è quistione che riguarda esclusivamente il regno vegetale, essa ha un interesse grandissimo nella biologia vegetale, primo chè riguarda la fase la più importante nello svolgimento dei fenomeni vitali delle piante, la riproduzione, secondo perchè attacca direttamente la grave qui- stione della sessualità nella sua essenza, scorrendo così nel campo di qualsiasi essere organnizzato , implicandosi all’argomento della discendenza delle forme. Nel caso dei vegetali può asserirsi che secondo il modo di interpetrare i rap- porti sessuali, accettando o l’uno o l’altro modo di riproduzione, la fecondazione diretta o la fecondazione crociata, si deve implicitamente addivenire a pronunziarsi su l’una o l’altra delle due ipotesi sull’origine delle specie, sia alla loro stabi- lità, o al loro trasformismo, tanto grandi sono le conseguenze che verrebbero a risentirne le forme per l’uno o l’altro modo di fecondazione. E vantaggioso dunque per la chiara intelligenza della teoria dicogamica, avere anzitutto delle idee sane sui fenomeni sessuali che sono stati general- mente accertati nei varii gruppi della serie vegetale, e la cui evidenza, e la ge- neralità sembra che debbano parlare a favore delli principii che sino ad oggi sono stati ammessi nella scienza, per procedere indi alla disamina delli con- cetti recentemente divulgati dalla scuola Darwiniana, che stanno decisamente in’opposizione ai primi. La quistione si presenta adunque sotto due faccie; prin- (1) I residui fossili vegetali oltre ad essere più scarsi ed incompletamente rappre- sentati, dell’Animali, offrono maggiore difficoltà ad essere interpetrati, onde i dati Pa- leontologici non meritano una completa fiducia. Vedi J. DAaLToN HookER Dela variation dans le Régne végétal. Ann. Sc. Natur. IV Série, v. XVI, p. 94-193. 70 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA cipieremo dall’esaminarne la diritta poi il rovescio, e siccome la teoria dicoga- mica è basata sulle relazioni sessuali che si vuole esistano tra gli individui della medesima specie vegetale, pria di ogni altro giova riportarci all'individuo, chia- rire li diversi punti di divergenza che esistono tuttora nella sua definizione, per presagire con maggior sicurezza i fatti sessuali che essi compiono. Onde essendo la quistione molto complessa, per la serie di fatti che vi si annodano, è d’uopo stabilire un piano ed esaminare i diversi articoli nell’ or- dine che segue : 1.° Definizione dell’ individuo nel regno vegetale ; 2.° Esame dei fatti ses- suali nei varii gruppi della serie vegetale; 3.° Teoria dicogamica, ed argomenti, che sostengono i rapporti sessuali tra gli individui; 4.° Argomenti principali che si oppongono alla dicogamia : Variazioni artificiali e naturali, fiori cleistogami, ufficio dei nettari; 5.° Conclusioni generali. Sembra strano a prima giunta che si possano avere dei dubbi sul concetto che si debba formare dell’ individuo vegetale, e possa esistere una discordanza, mentre nel regno animale nella maggiorità dei casi, salvo le pochissime eccezioni, esso concetto e invece tanto limpido. Ma il fatto non parrà singolare quando si consideri che le piante , checchè si voglia asseverare sul riguardo agli infimi organismi, ove si dice manca assolutamente ogni distintivo per separarli dagli esseri ugualmente microscopici animali! differiscono del tutto per la loro struttura dagli organismi animati, in ciò principalmente che ogni loro parte, per via artificiale, o limitatamente per certe loro parti, per via spontanea, sepa- rata dall’individuo che la sostiene ha la facoltà in capo ad un certo periodo di gestazione che si chiama il germogliamento, di costituire certi organi man- canti, e tosto atte a vivere da per loro stesse, vengono a rappresentare un indi- viduo fisiologicamente identico a quello d’onde hanno avuto origine. Così sono le gemme, i bulbilli, i turioni, gli stoloni, che naturalmente perdono il nesso che li tratteneva alla pianta madre, e costituiscono delle piante del tutto simili alla stessa, e così sono tutte le parti senza eccezioni del vegetale che artificialmente, procurando di farle fornire di radici, costituiscono nuovi individui. E questo e il mezzo adottato universalmente nelle pratiche orticole per moltiplicare grande numero di piante che difficilmente maturano i semi nei nostri climi, o quelle razze 0 varietà che l’uomo artificialmente ha prodotto e che moltiplicate per via di semi, non riproducono nella prole quelle facoltà, e i caratteri tipici ottenuti nella cultura per condizioni speciali di trattamento alle quali erano state soggette. Nel Regno animale simili condizioni non si rinvengono eccezionalmente che in gruppi inferiori, come i Polipai, i Coralli, i cui numerosi individui vivono in colonie concrescendo assieme e formando quel tutto che è volgarmente in- teso l’arboscello del corallo. Molti Botanici dal momento che riconoscono nelle gemme, nei rami, questa FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 74 facoltà di potere costituire un individuo, hanno applicato a queste parti del ve- getale la definizione di individuo, affiggendo ad esso perciò un idea esclusiva- mente morfologica. Altri Autori hanno creduto dare alla definizione un senso ancora più lato, estendendo le loro vedute giù sino ai fenomeni che avvengono nei gruppi inferiori della serie vegetale a struttura cellulare ed in considerazione della riproduzione che agamicamente si compie in quelli per la dissociazione delle cellule di cui sono composti, hanno dovuto rilevare che anche Ja cellula isolata può essere capace di costituire un individuo del tutto simile alla pianta madre. Infatti nelle Alghe, nei Licheni, in gruppi inferiori di Funghi, il con- cetto morfologico può star bene applicato alla cellula, dell’ istesso modo come nelle piante vascolari più complesse esso applicavasi ai rami, alle gemme. Onde si è detto che l'individuo è la cellula, dando alla definizione un senso che per volere essere vasto riesce invece limitato alli soli gruppi cellulari, e che non ha valore se non istologicamente considerando gli infimi elementi che in dati casi per un semplice distacco dal corpo che li avea creati, costituiscono già un in- dividuo bello e fatto. Infine non è mancato un terzo modo di apprezzare |’ idea dell’ individuo, prendendo per base, criterii strettamente fisiologici che in parte a noi sembra rispondano al mal definito concetto del Gaudichaud, e di Fermont; quali criterii si fondano sulla facoltà che l’ individuo si ha a vivere da se, e secondo Delpino, poi subordinando il concetto ad un legame di discendenza sessuale. Con quest’ul- timo modo di vedere, fisiologico anch’ esso, ma in modo troppo speciale, però verrebbesi ad avvilire totalmente l’ incontestata entità dei risultati di ogni altra riproduzione fatta agamicamente. che se non è certo la via più generale che allo stato spontaneo la natura compie, è senza dubbio un processo pel quale vengono a crearsi organismi completi, atti a compiere integralmente ogni funzione ed in ultima quella stessa della riproduzione sessuale alla quale pure essi non debbono la loro origine. In tal modo a noi pare che si verrebbe a distruggere il senso più pratico che all'organismo sj debba affiggere, senso che si deve tener presente, qual si vogliano i principii teorici che debbono accompagnarvisi. Da quanto detto, risulta che l’ individuo puossi considerare sotto tre punti di vista speciali : 4.° Il morfologico, 2.° 1’ istologico, 3.° il fisiologico, secondo Delpino. Tutte e tre non possono avere che una limitata applicazione. Per simili ragioni, a noi parrebbe più appropriata l’antica idea del fifone di Gaudichaud che non sapremmo dir quanto differisca da quella del fitogeno del Fermont, che rende un concetto esatto, sebbene vagamente stabilito, quanto quello che fu una volta pronunziato, diremmo sotto formula matematica e del tutto estranea al soggetto, che l'individuo è un tutto îndiviso di parti riunite assieme, esempio che potrebbe paragonarsi a quella teorica che chiama il circolo l’unica curya che sta ugualmente distante da un punto. 72 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA Le due ignote nel nostro caso consistono precisamente nel sapere quali sono queste parti? quale è il tutto ? Il tutto è l’ individuo. Ma seguendo la serie vege- tale, questi parti noi le sappiamo pur troppo numerose nelli vegetali superiori, poi vanno mano mano riducendosi, sino a che nelli infimi gradini della serie, noi le tro- viamo tutte sparite e le funzioni fisiologiche, edi caratteri morfologici, tutti com pen- diati in una sola cellula, individuo completo, ed autonomo sufficiente per se stesso e morfologicamente del tutto uguale in valore al grande albero della foresta, ac- canto al quale la microscopica cellula ugualmente disimpegna il suo modesto ufficio nella grande scena della natura. Quale latissimo senso non ha dunque questa parola individuo! Eppure è in questo senso che si deve definire L’ indi- viduo, e se esso è vasto, esso è tale, per la vastità dell’ idea che esso è chiamato a rendere; e inutile procurare di precisarla; coloro che l’hanno fatto, in mira di rendere più chiara è concisa la definizione, hanno lasciato il lato pratico, sono usciti dall’ argomento, o hanno specializzato in modo da non riuscire a carat- terizzare l’ individuo che dal solo lato della forma o della struttura istologica, l’in- dividuo, facendo astrazione delle idee di Delpino, non può esser definito che fisio- logicamente, e quando si avrà detto, che esso è quell’organismo che autonomi- camente compie tutte le sue funzioni vitali, è quanto basta a rendere la espres- sione adequata al soggetto. In fondo, quest’ idea poco si allontana da quella che De Candolle annunziava sull’ individuo, che vuole che esso compia o abbia fa- coltà di menare una vita separata dalla pianta madre. Sebbene siaci qui da os- servare che stante l’esistenza di organismi, i quali pur liberi da ogni nesso colla pianta originaria, non sono individui completi, ma rappresentano stati transi- tori, o fasi parziali di un ciclo vegetale, che non si attinge che dopo il compi- mento di queste specie di metamorfosi del tutto paragonabili a quelle di cui ci danno esempio gli Insetti Artropodi. Tali sono le fasi di pleiomorfismo di alcuni sruppi di Funghi e di Alghe, il cui ciclo biologico si completa nello svolgimento di forme eterogenee perfettamente autonome e prive di nesso con quella che le precede. T.’ istesso fenomeno ci presentano i Muschi e nelle Grittogame Vascolari (Felci, Equisetacee) ove il protallo, massime in questi ultimi gruppi è un corpo che vegeta per conto proprio. Onde è necessità convenire che il carattere della possibilità di menare vita separata, per quanto sembra ed è effettivamente nella generalità il più essenziale a definire }’ individualità vegetale, in molti casi è insufficiente e non definisce che gli stadii del ciclo biologico della specie. A queste forme morfologiche transitorie, di recente si è esteso anche il nome di indivi- duo, e si dice spesso del protallo, come dell’ individuo maschile di una specie dioica, l’ individuo sessuato; come per la produzione singolare che i Muschi ven- gono a formare dopo la fecondazione dell’oosfera dell’archegonio, che è l’urna sporigena, si usa dire che essa colla guaina e colla seta, rappresenta un nuovo individuo asessuato del ciclo biologico, che dà le spore, sebbene il nesso orga- nico tra la pianta madre e tale prodotto non cessi d° esistere. Da ciò la distin- FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 73 zione che si fa in codesti gruppi vegetali di generazioni sessuate ed asessuate, e di alternanza di generazioni, che sarebbe meglio chiamare fasi, abolendo la definizione inesattamente adibita che implica un idea di perfetta autonomia ed addippiù di una procreazione per un atto sessuale. Questo senso abusivamente applicato a queste tali forme biologiche, allor- quando per il perfeziamento delle cognizioni sui fatti che hanno luogo nelle piante Crittogamiche , si venne ad instituire una rigorosa analisi comparativa nelle fasi biologiche della serie dei vegetali, condusse all’ applicazione del nome di individuo, ai pollini ed all’ovulo, facendo rilevare i caratteri dei primi, che distaccandosi dal nesso che si aveano colla pianta madre e per un modo spe- ciale istologico di formazione, e per una vegetazione propria, quasi di germoglia- mento simile a quella delle spore, emettevano al pari di esse un corpo che si è voluto paragonare ad un tallo (il tubo pollinico); e per l’ ovulo abbenchè si avesse notato che il legame colla pianta che lo produce non venisse meno (4) si è detto che essi hanno una individualizzazione, ed a quest’ ultimo si applica il nome di individuo cormoide di natura feminea (2). Eilcaso quà forse di dire che se a queste parti del vegetale essenzialmente depu- tate allo adempimento dell’ atto sessuale si vuole accordare il titolo di individuo, si fa ciò in omaggio a tutt'altro ordine di idee che si connettono ai criterii ai quali orsù accennammo, cioè alla distinzione delle fasi genetiche nei vegetali Fanerosami, per procurare di stabilire dei dati comparativi colle Crittogame, della cui esat- tezza non è qui il luogo di parlare, perchè polline e nucella coi suoi tegumenti, se sono gli elementi sessuati, non sono al postutto, nonostante tutte le specia- lità di cui sono corredate, che le parti le più immediate alla nuova formazione che è l’abbozzo della pianta novella, l’ embrione, pel caso della nucella ; ed il polline poi una cellula speciale che si distacca dall’ individuo produttore, come uno (1) In ogni caso pare evidente che se si vuole distinguere nelle Fanerogame, la formazione di un nuovo individuo, non si debba fare tale distinzione nè dall’ovulo né fors’anco dalla nucella. Warming e molti autori tedeschi son d’accordo nel vedere nella nucella una nuova formazione che spunta sul mammellone ovulare che non è che un lobo o una foglolina della foglia carpellare e l’omologa formazione del sacco pollini- fero. Bensi si dovrebbe tener conto della nuova formazione, dalle cellule speciali del sacco embrionale, e precisamente da quella privilegiata sulla quale viene ad esercitarsi l’azione del tubo pollinico e che viene a formare l'embrione, e questa è paragonabile al granello pollinico e morfologicamente anche e fisiologicamente. Se si conta la nuova formazione dall’ovulo o dal nucella, non si vedrebbe ragione perchè non si dovrebbe tener conto dell’ avviamento al fine sessuale che si manifesta negli organi che li pre- cedono e che sono la foglia carpellare, e la loggia dell’ antera e lo stame stesso. Vedi Warming De l Ovule Ann. Sc. Natur v. V, 6% Série et J. Vesque Sur le sac em- bryonn. l. c. v. VII, 6* Serie, p. 268. (2) Vedi Caruel Morfol. veget. Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 10 74 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA spermatozoide; quest'ultimo un mero elemento istologico , il primo un organo protettore in intima connessione colla pianta madre. La fecondazione segna adun- que l’intima fase biologica del vegetale, il cui risultato è la formazione di un individuo, iniziato coll’origine della vesicula embrionale. Dai confronti dei fatti che si avverano nelle piante Crittogamiche è venuta la distinzione nelle Fanerogame di due generazioni alternanti come si è nelle Felci e nelle Crittogame vascolari tutte, ove più o meno distintamente, per la formazione di un protallo, piantolina autonoma, vegetante libera da ogni nesso colla pianta produttrice. che produce gli organi sessuali, evvi effettivamente un alternanza di due forme, l’una sessuata che è il protallo, l’altra asessuata che è la pianta sporifera. Ma la distinzione di analoghi procedimenti nelle Fane- rogame, per quanto ora detto del polline e dell’ovulo, ci sembra stentata, onde anzichè eterogenesi noi saremmo portati a non fare distinzione alcuna nelle ge- nerazioni, ove noi vediamo invece una perfetta omogenesi, basandoci sul fatto principale , che a caratterizzare l’ individuo, il precipuo requisito è la perfetta autonomia, e la libertà dell’organismo che si considera. Ciò non avviene nel caso della nucella , che oltre alla incapacità a menare una vita separata, non ha alcun titolo a chiamarsi un individuo ed a segnare una nuova generazione che potrebbe autorizzare alla distinzione di una eterogenesi. I protalli non sono neanco individui nel senso che noi abbiamo affissi in questi termini, ma cer- tamente per tutti i loro caratteri marcano una spiccata fase nel ciclo biologico dell’ individuo che si alterna con quella che nelle Crittogame vascolari giustamente si distingue col termine di pianta asessuata. Ci rincresce che per la esatta co- gnizione della quistione dell’ individuo dobbiamo tanto a lungo scostarci dal nostro principale obbiettivo, ma è d’uopo ancora seguire più a fondo quest’ar- gomento ultimo, sebbene contro nostra voglia ci impiglierà con gravi quistioni morfologiche che avremmo voluto evitare. Quanto abbiamo detto ora, ci si potrebbe dire, è ciò che si giudica da un ana- lisi superficiale, fatta con non soverchio acume. Gli studii approfonditi, recen- temente avviati sulle Crittogame hanno svelato molti fatti e molti analogie che hanno indotto celebri morfologisti a costruire un intero piano di affinità mor- fologiche tra le due classi dei vegetali che conduce direttamente a quelle stesse idee che noi ci siam ben guardati dal criticare, anzi che consideriamo con grande rispetto, ma che per il punto di vista nostro non potevamo seguire. Effettivamente una profonda filosofia vegetale dovea un giorno o l’ altro condurre alle conclusioni che pel primo un celebre ingegnoso anatomista e mor- fologista l’Hofmeister annunziò in Germania (4). Le analisi sì approfondite doveano aver per meta una sintesi rigorosa. La (1) Vergleich. Untersuch. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 715 estrema varietà nella forma, che è un dono essenziale delle produzioni naturali, non potea pregiudicare un altra legge, principio naturale che sovrastà alli feno- meni morfologici derivati dalle influenze delle peripezie che hanno dovuto ma- nifestarsi sin dall’origine della creazione, cioè l'uniformità del concetto nel piano di ordinamento dei mezzi pei quali debbonsi compiere le funzioni biologiche essenziali, che costituiscono il fine della esistenza di ogni corpo organizzato. Così i fenomeni di nutrizione , di assimilazione , sono conseguiti per via di organi variabilissimi per tutti i loro caratteri, ma la vera essenza di questi non è mai mutata e le foglie sono fatte per esalare o immettere i gas indispensabili all’esi- stenza, e le radici tutte sono fatte per assorbire i liquidi dal suolo. E così gli organi fiorali variati all’ infinito , nell’ intima loro essenza non possono essere mutati, e la riproduzione scopo finale è attinta mediante la miscela di due ele- menti plasmici diversi, per chè questo è lo spirito dell’atto sessuale, e la filosofia della sessualità. Con tali criterii, mascherati per quanti si fossero le parti dell’apparecchio sessuale nelle Crittogame e apparentemente tanto considerevolmente differente di forma dalle Fanerogame, in sostanza, una stretta omologia fra le parti dovea esistere, e dovea sapersi ravvisare. A questi sentimenti sembrano siansi rivolti le ricerche degli autori recenti e bisogna convenire che essi sono al più alto grado filosofici e leggittimi. Però la interpetrazione di questi fatti nelle pratiche investigazioni degli organi, è facile il supporre quanto possano esser fallaci, onde i principii dei morfologisti non possono essere errati, ma le deduzioni pare che in molti punti riescono stentate, e richiedono ulteriori verifiche. Ciò premesso, gettiamo uno rapido sguardo sul modo come i Tedeschi rias- sumono i fatti sessuali di ambidue i grandi gruppi vegetali. La spora delle Grittogame vascolari dà origine al protallo. Nelle Felci, negli Equiseti e negli Ophioglossacee, il protallo è una pianta autonoma che vegeta anco per un tempo considerevole (Ophioglossacee) libera ed indipendente. Per le produzioni degli anteridii e delli archegoni su questo corpo talloide si è dato a questa fase biologica il nome di generazione sessuata, in essa si compie la fe- condazione dell’oosfera, d’ onde nasce poi la pianta cormogena e sporigena Ma se passiamo alle Rhizocarpee un importante modificazione si osserva, il cui si- gnificato sembra accennare ad un deciso progresso, le spore sono qui sessuate, cioè a dire che la spora può dirsi maschile o femminile, perchè da essa ha origine un protallo che sopporta o anteridii, o archegoni, e già questa differenza sessuale trascina una diversità, che la spora esternamente accusa, per una differenza di volume, infatti si distinguono le macrospore, che producono archegoni e le mi- crospore che sono anteridifere. Ma ciò non è solo, il protallo che abbiamo visto libero vegetante nel suolo, nelle Rhizocarpee e nelle Licopodiacee. va perdendo questi caratteri di autonomia, esso non giunge a staccarsi dalla spora che l’ori- gina, mentre nelle Licopodiacee prominendo fuori , tanto per emettere gli an- 76 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA terozoidi, esso resta racchiuso dentro la spora più 0 meno completamente. Da questo stadio i morfologisti odierni ci riportano alle piante Gymnosperme (Cy- cadee e Conifere) le quali si ritengono i gruppi inferiori nella serie delle piante Fanerogame e perciò un anello intermedio tra questi e le Crittogame. E biso- gna qui cominciare col rintracciare il protallo. Questo corpo, si dice, ha qui su- bìto una maggiore riduzione esso è omologamente rappresentato dall’endosperma, sostanza che sta racchiusa dentro una grande cellula che è il sacco embrionale formatosi dentro la nucella, che si vuole nelle Gymnosperme rappresenti l’ovulo per intero, privo in questo gruppo dei suoi ordinarii tegumenti. In questo modo ragionando, le vescichette embrionali che nelle Gymnosperme verrebbero a rap- presentare le oosfore , ed i corpuscoli, sarebbero le omologhe formazioni degli archegoni, il sacco embrionale è la macrospora e la nucella il macrosporangio. Nelle Piante Monocotiledoni e Dicoliledoni le cose però starebbero diversamente, l’endosperma non preesiste come si dice nelle Gymnosperme, alla fecondazione, le vescichette embrionali sono prodotte a spese del protoplasma del sacco em- brionale, mancherebbe perciò il protallo, ed infatti si ritiene, che questo seguendo coll’ ascendere nella serie una progressiva decrescenza e qui scomparso del tutto (4) Millardet (2), Vesque (3) in Francia sono d’accordo, che nelle Fanerogame An- giosperme il corpo vegetativo della generazione sessuata recisamente viene a mancare. Pur stando così le cose, non credemmo andare errati nel dire che coll’abo- lizione della pianta sessuata o protallo, doveasi abolire la distinzione di genera- zioni alternanti e di forme neutre asessuate o sessuate e con essa la distinzione della individualità nelle forme alternanti. La natura per quanto profusamente avesse dotato i vegetali di mezzi onde moltiplicarsi, per la separazione delle parti, e per la facoltà che quasi in ogni organo o parti di esso, abbiamo riconosciuta, a formare un nuovo individuo si- mile alla madre spontaneamente, non ha creduto con ciò avere attinto il suo fine, che è quello di stabilire con mezzi sicuri la imperitura esistenza di nume- rosa progenie. Quale mezzo avrebbe potuto attingere questo scopo più comple- tamente che quello della riproduzione sessuale, per la quale miriadi di germi vengono diffusi sul suolo? E quanto è superiore questo mezzo a quello della (1) Il Sig. Pfeffer paragona l’endosperma che si forma nelle Fanerogame angio- sperme , dopo la fecondazione, a quella sostanza che si forma nelle Selaginelle dopo la fecondazione dell’oosfera; ma su di ciò non si va d’accordo, e c'è molto da dire; il Sig. Pfeffer aggiunge in seguito altra opinione, che tende a riconoseere i rudimenti del protallo nelle vescichette antipode del sacco embrionale , e nell’ apparecchio fila- mentoso dello Schacht i rudimenti delle cellule di canale dell’ archegono; ma queste idee sono premature e del tutto ipotetiche. (2) Millard. Sur le Prothalle màle des Cryptogames heterosp. (3) J. Vesque. Sur le sac embryonn. Ann. Sc. Natur. Serie 6* v. VII. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA DI moltiplicazione vegetativa ! Che questo è il fine essenziale che la natura ha im- posto ad ogni organismo è facile il rilevarlo, nell'osservare quale generalità ha il fenomeno della riproduzione sessuale, e nell’osservare i mille prodigiosi ap- parecchi con i quali la natura sicuramente riesce allo scopo propostosi. I van- taggi risultanti da tale moltiplicazione sono pur troppo evidenti, e quando noi ci fermiamo a questo fatto tanto provvidenziale, noi conveniamo che la produ- zione immensa di semi , la dispersione di essi sulla superficie terrestre , sono vantaggi reali a conseguire i quali, la natura ha saputo ricorrere al mezzo si- curo della riproduzione sessuale. Ma sono questi i soli fini a cui la natura ha mirato ? Popolare profusamente il suolo di individui ?... Queste sono le qui- stioni che ai tempi attuali i Naturalisti si rivolgono, nell’ interpetrazione di questo meraviglioso fenomeno della riproduzione sessuale, tanto nelli animali quanto nei vegetali. Una serie di ricerche filosofiche, di osservazioni sperimentali condotte con insuperabile acume dal Darwin, hanno aperto un vasto orizzonte di nuove vedute che si sono volute comprovare con fatti più o meno evidenti, e di nuove ipotesi fondate su principii in vero al massimo grado filosofici. Le idee attuali tendono a vedere nell’ atto sessuale una esigenza della natura, la quale ha voluto che per la miscela di due elementi sessuali, venisse a for- marsi un nuovo prodotto, che temprato ai principii apprestati da due con- tingenti diversi, acquisterebbe ognor nuova forza per lottare contro le avversità causate dalle cause naturali tutte riunite, e dalla concorrenza degli altri orga- nismi che aspirano a procurarsi un posto favorevole per compiere con loro mas- simo vantaggio le loro facoltà vitali. Sin dall’epoca del celebre Andrew Knight era surta la quistione se le forme organiche condannate, come molte, piante economiche lo sono, ad essere moltiplicate per via vegetativa (4) coll’andar dei tempi non volgessero ad un deterioramento. Ciò prova che sin da quell’ epoca i fenomeni della riproduzione sessuale aveano destato quel giusto interesse che oggi hanno attirato. Il valore di questi fatti è stato massimamente controllato dalle esperienze che si son fatte sugli animali, e le deduzioni positivamente hanno affermato il principio, che l’atto sessuale, che è il solo mezzo di cui qui la natura dispone per la riproduzione delle specie, riesce massimamente giove- vole quando tra le forme che si accoppiano passa una notevole differenziazione di caratteri , ed all’inverso è dannoso, funesto anco, quando l’accoppiamento si avvera tra organismi al massimo grado affini; e perciò i matrimoni consan- guinei è saputo che tornano tanto sfavorevoli alla prole. Su questi principii il Darwin dall’ esperienze sugli animali ha inferito che gli stessi principii debbono esistere nel regno vegetale. Da ciò è surta una nuova (1) Si citano a questo esempio la vite, la canna da zucchero e tante altre piante che si moltiplicano per divisioni dei fusti sin dai tempi remotissimi degli antichi Ro- mani (la Vite) ed in via eccezionalissima per via di semi. 78 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA teoria che è la dicogamia. Nel Regno vegetale domina singolarmente una legye, che corrisponde precisamente alle esigenze, subordinate al modo di vita delle piante, che al contrario degli animali, prive di mobilità sono fissate sul suolo; da ciò la riunione degli organi sessuali su uno stesso individuo non solo, ma su una stessa parte in modo da stare in intimo contatto. Questo fatto sta in deciso contrapposto con quanto si avvera negli animali ove i sessi sono separati, gli individui sono maschi o femine. L’andare in cerca perciò nelle piante, dei mezzi che la natura, conseguente alli suoi principii, ha usato per riuscire a che la ripro- duzione sessuale potesse compiersi mercè il concorso di due elementi sessuali di distinti individui negli animali, quando invece tutto sembra additare qui una tendenza manifesta a seguire tutt'altro sistema, è stato un’opera ardua che l'ingegno profondo del Darwin ha potuto abbracciare , però facendo entrare in campo una serie di ardue ipotesi, di congetture, più o meno validamente confermate dai fatti, che ora è scopo di questo scritto l’esaminare. Premetteremo però un breve riassunto dei processi che vengono adottati nella fecondazione vegetale. L'abbiamo già veduto a dato momento previa la formazione di una serie di organi tanto più complicati e differenziati per quanto più elevato è nella serie, l'organismo, tutti passeggeri o fugaci raramente persistenti, e che hanno il mero ufficio di proteggere quelli immediatamente destinate all'atto sessuale, o ad agevolarlo , due porzioni di plasma nude, cioè privi di membrana cellu- lare, vengono ad assumere carattere propri, a specializzarsi, ‘come si dice , dai tessuti degli organi che li contengono e d’onde hanno avuto origine e fon- dendosi formano una nuova cellula che è il germe d’onde si forma l'embrione della pianta simile a quella che l’ha prodotta. Di queste due plasma l uno è detto maschile , l’ altro feminile. Negli organismi inferiori nessun carattere e- sterno presentano i due plasma che si mescolano in unica massa. La zigospora è il corpo che risulta dalla miscela del contenuto plasmico di due cellule vicine che vengono a contatto e saldansi, i cui caratteri esterni sono assolutamente uniformi. Essa è il risultato della riproduzione sessuale delle Alghe Conjugate. In questi casi mancano i criterii onde distinguere l’indole ses- suale delli due plasma che si confondono e questa distinzione viene esclusivamente fondata su uno sviluppo più precoce di uno dei tubi che si connettono, e che si muove ad incontrare |’ altro che è passivo e sta fermo al suo posto (1). Queste sono le primi manifestazioni della sessualità ed i caratteri primitivi che assumono i sessi, i quali poco a poco si fanno più salienti, rivestendo forme diverse di an- terozoide, di polline e subordinando la forma alle condizioni che essi debbono attraversare per compiere il loro ufficio; e mano mano che ci eleviamo nella serie vegetale quelle parti che abbiamo detto sono passeggiere , tanto più si (1) Vedi Sachs. Théorie Elem. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 19) rendono caratteristiche del gruppo a cui spettano ed assumono delle forme che sono in rapporto coll’organo sessuale che debbono originare , quasi 1’ essenza della sessualità si faccia risentire anco sino alle parti che vi stanno d’appresso. Così sono nelle Fanerogame gli stami, le foglie carpellari. L'elemento maschile ha per carattere generale di essere attivo, di contro il plasma feminile, salvo caso assolutamente raro come in certe Alghe (1) è pas- sivo e subisce l’azione fecondante, stando racchiuso dentro l’oogonio, l’ archegono, o il sacco embrionale, aspettando l’arrivo dell’anterozoide o del polline. In ordine alla conformazione del plasma maschile è facile constatare che la natura regolandosi sulle condizioni di esistenza che i vegetali doveano sop- portare, ha adottato due tipi principali. L'uno, esclusivamente proprio alle piante crittogame, l’ anterozoide, fatto per potere compiere dei movimenti autonomi e guizzare nei liquidi a mezzo delle ciglia vibratili, sufficiente per sè stesso ad incontrare l’oosfera nell’archegono, ottemperando così alla mancanza di agenti esterni come i venti, e diciamo anche gli insetti, che altrove diconsi il veicolo dei pollini. Questi , immobili per loro stessi aspettano un ajuto esterno, e si mo- strano provvidamente conformati per prestarsi ad essere trasportati sulle ali dei venti per certe espansioni proprie come nelle Conifere o superficialmente in vario modo coperti di asperità, e appiccaticci onde attaccarsi al corpo degli insetti che visitano i fiori. Nel polline pare che due tipi si possono distinguere, uno proprio alle Cicadee , Conifere, Amentacee ed altri gruppi affini, che si distingue per la sua estrema tenuità, per il suo aspetto pulverulento, e per l’e- strema abbondanza, in cui viene ad esser prodotto; l’ altro meno tenue, meno abbondantemente prodotto, dalla superficie più o meno accidentata, e quasi sem- pre appiccaticcio, proprio a tutto il resto delle Fanerogame. Tutti questi caratteri rispondono meravigliosamente alle sorti a cui questi pollini sono destinati, per giungere sull’ organo feminile. Infatti nelle Gymnosper- me e come si vuole in tutti gli alti alberi (2) si ritiene provato che l’impollinazione avviene per via dei venti, perciò il polline si vede adattato per la sua legge- rezza ad essere trasportato dalle correnti aeree, e siccome per tale mezzo, l’ ar- rivo all'organo feminile potea riuscire incerto , per ovviare a questo rischio la Natura ha provveduto, dando a queste piante la facoltà di creare una prodigiosa quantità di granelli, la cui diffusione considerevolissima, attenua la probabilità della non riuscita della impollinazione. Delpino (3) ha distinto questo polline col nome di anemofilo. (1) Nelle Floridee è saputo che gli organi si staccano dalla pianta madre, e si danno in balia all'elemento acqueo ove avviene il contatto cogli anterozoidi. (2) E opinione sostenuta dal Chiar. Delpino, ma che non ha gran fondamento , come più oltre procurerò dimostrare. (3) Delpino. Descriz. di un lignaggio Anemofilo in Giorn. Bot. Ital. Questo Egregio Autore adotta questo nome per le piante la cui impollinazione avviene per mezzo dei 80 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA Esso è proprio delle piante dicline nel senso che risponde alle Amentacee del Jussieu. Sembra che questo sia un adattamento che la natura abbia creato per le piante i cui sessi sono separati su distinte inflorescenze o su individui diversi. - Tanto i pollini che gli anterozoidi hanno impronte tipiche nei rispettivi gruppi naturali, i loro caratteri morfologici sono variati e nel caso dei pollini queste diffirenze acquistano tale grado di costanza e di specialità, che servono nella sistematica a definire i gruppi di famiglia ed anche di generi. Il plasma femineo ìn tutto il Regno ha una grandissima uniformità, esso è mai sempre immobile e se eccezionalmente esso vien messo in libertà (nelle Fucacee) esso non è animato di movimenti proprii, esso dunque, racchiuso dentro l’organo che l’ha formato, aspetta l’azione fecondatrice dell’ elemento maschile. Se istologicamente esso differisce nelli grandi gruppi per il modo di .sua for- mazione sia che avvenga per contrazione del corpo protoplasmico (Vaucherie Oedogonium, Cryptogamae Vasculares Musci), o per divisione, e contrazione nello stesso tempo delle porzioni già specializzate come nei Funghi (Saprolegnie) e nelle Fucacee, o che si formi come nelle Fanerogame per formazione libera , morfologicamente esso viene a differirsi di poco, essendo mai sempre ellissoideo, sferico o nelle Angiosperme alquanto allungato. Però tanta apparenza di uni- formità certamente è illusoria , le differenze essenziali, la: chimica sua com- posizione sfuggono ai nostri sensi, e queste sicuramente debbono ritenersi pro- fonde anche nelle varie specie, altrimenti non potrebbero spiegarsi le misteriose affinità che il plasma addimostra di fronte all’azione del polline, salvo che non si voglia ritenere che questi fenomeni avvenissero per ragioni estranee al do- minio delle cause naturali fisico-chimiche, e perciò promanino da influenze i- gnote e soprannaturali. Le ricerche in questa via sono sinora appena iniziate. Chi sa che tali fenomeni coi progressi della chimica , e colle analisi di queste quantità imponderabili , non riceveranno in seguito vieppiù sodisfacenti spie- gazioni. Tali sono i caratteri morfologici che gli elementi sessuali ci presentano. E rimarchevole che evidentemente le tre forme assunte, fisiologicamente corri- spondono alle tre condizioni alle quali i tre gruppi principali dei vegetali si trovano soggetti. Nelle Crittogames ad una fecondazione che deve aver luogo nei liquidi o negli ambienti umidi, nelle Gimnosperme (1) alla fecondazione pei venti, venti, ciò che è eccellentemente detto. Se adibisco ora la definizione del Delpino per tale polline non pregiudico la quistione riguardo agli alberi elevati che più oltre viene trattata. (1) Parliamo qui solo delle Gimnosperme (Cycadee Conifere) per una certa forma, poichè come dissimo più sopra molte Amentacee (Quercus Betula Fagus ete. etc.) sono anch’esse provviste di polline anemofilo, e sembra perciò si fecondano per via delle FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 81 nelle Fanerogame con una certa verisimiglianza alla fecondazione anch'essa aerea, alla quale spesso concorrono gl’insetti. Questi fatti nella generalità abbastanza evidenti, con ragione hanno dovuto attirare l’attenzione, ed hanno suscitato un numero di congetture fra le quali è difficile fare nna scelta. Sul riguardo al'e Piante Crittogamiche non ci potrebbe essere una grande divergenza di opinioni, la loro struttura cellulare e delle più semplici, ha sempre fatto presumere che questi vegetali debbono essere stati le prime creazioni della natura, allorquando la vita organica potè stabilirsi sulla crosta terrestre, e che la vegetazione primitiva consisteva appunto in questi or- ganismi che dovevano popolare le acque che allora coprivano la più gran parte del suolo. Il modo di fecondazione, fu dunque adattato alle condizioni che al- lora imperavano. Vi sarebbe però da riflettere che le Alghe essenzialmente acqua- tiche sono provviste di anterozoidi nell’ istesso modo come le hanno le Gritto- game vascolari, quali le Felci, per le quali in niun modo potrebbero invocarsi le stesse condizioni di esistenza , e fra queste (le Felci arborescenti), piante di alto fusto, di origine remota, tanto abbondanti nell’epoche della formazione car- bonifera, il cui modo di vegetare deve paragonarsi del tutto a qualsiasi arbo- scello od arbusto Fanerogamo, essenzialmente aereo, in cui la conformazione del- l'elemento sessuato in anterozoide parrebbe un controsenso, nonostante che la dif- fusione delle spore paragonabile a quella del polline anemofilo lo sostituirebbe nell’ufficio, attingendo uno scopo consimile. Le congetture più differenti sono surte sul polline anemofilo. Alcuni seguaci accaniti, della nuova teoria dicogamica, hanno creduto azzardare l’ ipotesi che questo carattere andasse pari passo con l’elevazione del vegetale, nel senso che gli alti alberi sottraendosi alla possibilità della visita degli insetti, dovessero per necessità aver assunto la facoltà di fecondarsi per mezzo dei venti. Ciò si è detto però senza pensare che le Cicadee, piante essenzialmente dotate di polline pulveru- lento e forse anemofilo, non sono state in alcuna epoca geologica degli alberi di alto fusto ed avrebbero potuto trovare negli insetti i oronubi per la loro feconda- zione. E dall’ altro lato se nei nostri elimi i nostri alberi sono Amentacee di alto fusto ed anemofili, nei climi tropicali ove la vegetazione arborescente attinge un lusso incomparabile, i grandi alberi probabilmente non sono anemofili per la ragione che non sono Amentacee, ma spettano a tante altre famiglie che a giu- dicare dai rappresentanti nostrali e dalli dati che sono a nostra conoscenza, hanno un polline del tutto analogo a quello che dicesi fatto per la fecondazione degli insetti. corrente aeree. I dicogamisti citano molti altri gruppi anemofili, le Graminacee le Cyperacee, il cui polline in effetti sembra analogamente conformato e Delpino parla del gruppo delle Artemisie anch’esse anemofile. Quali sono però i criterii che tali fatti debbono suscitare, è oltremodo dubbio il dirlo. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 11 82 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA Altri anche della scuola dicogamica non hanno potuto sottrarsi all’istesso ragionamento ipotetico, ma sono più conseguenti. Essi dicono che nell’ epoche remotissime gli insetti non erano ancora comparsi sulla terra, dunque l’impol- linazione per necessità dovea effettuirsi per mezzo dei venti, e perciò dovette esistere questa conformazione di polline di cui giustamente le Cycadee, le Co- nifere, le Amentacee, ci danno tutt'ora un esempio, addimostrando così l’anti- chità della loro origine. Infine un terzo modo di vedere non fa quistione dell’ esistenza o dell’ as- senza degli insetti, ma constata il fatto, abbastanza evidente, che il polline pul- verulento ed anemofilo si riscontra precisamente nelle piante a fiori unisessuali Amentacee , Conifere, Cycadee ete. o dioiche, quasicchè la natura per assicu- rare il risultato della fecondazione avesse dotato quelle piante della facoltà di produrre quantità immense di pollini facilmente diffusibili coll’ ajuto dei venti. Se questo mezzo più rozzo fu quello che in epoche primitive la matura seppe creare per la impollinazione, che non potea aver luogo per mezzo degli insetti, se questo sia un mezzo proprio dei grandi alberi come vogliono altri che si sottraggono quasi, per la loro elevazione, dagli strati ove gli insetti usano brulicare, ciò non si può dire. Il primo concetto è arduo a provarsi, il secondo potrebbe ben provarsi, ma è assolutamente erroneo ; onde dovrebbe ritenersi , basandosi su fatti apodittici, che effettivamente la impollinazione anemofila se- gna un mezzo meno perfetto di quello che attualmente in modo generale la na- tura ha saputo sostituire colla impollinazione entomofila (1). E tale imperfe- zione risponde perfettamente a tutti i caratteri delle piante che conservano que- sta antica prerogativa, che dai dati attinti dalli fossili rimasugli, risultano es- sere stati tra i primi organismi che popolarono la crosta terrestre. E ciò si desume dalla struttura dei fusti, dall’incompleta organizzazione fiorale e più di ogni altro dalli caratteri dell’ unisessualità dei fiori che deve supporsi fu uno stadio di imperfezione che dovette precedere l’ermafroditismo che siccome con- viene Darwin stesso (2) per l’ ottenimento del fine a cui mira la natura , è il mezzo più sicuro e vantaggioso nei risultati. Riandando, per quanto puossi senza ipotetizzare, questo argomento molto più grave, della successione delle forme di fecondazione, che va di pari passo collo sviluppo successivo degli organismi, considerati come forme specifiche, noi troviamo che tutt'ora esiste nelle Crittogame cellulari un modo di fecondazione detto di coniugazione. Cosa si deve pensare di questo modo ancor più rozzo di (1) Diciamo entomofilo pur intendendo lasciare impregiudicata la quistione degli insetti. Adottiamo tale termine quale mera definizione morfologica e quale contrapposto al polline pulverulento. (2) Fecondation Croisée ete. traduct. E. Heckel. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 83 riproduzione sessuale ? (1) Dobbiamo astrarci da ogni idea evoluzionista e senza rispetto nè ad un passato nè ad un avvenire, dobbiamo considerare la conju- gazione di una Alga Zignemacea o d° una Spirogyra, quale mera espressione potenziale di adattamento alle condizioni di ambiente, di un organismo atto a vivere nell'elemento acqueo, a cui le condizioni esterne hanno dovuto imporre tale semplicità di struttura ? Ciò non ci sembra logico; dobbiamo perciò darci in braccia alle teorie evoluzioniste e considerando una genesi di forme, adgdi- veniamo perciò a vedere nelli organismi cellulari, delle forme meno perfette che hanno dovuto precedere all’ origine, quelli più perfetti, onde dobbiamo vedere nella conjugazione, un mezzo ancor più rozzo della pollinazione anemofila e della diclinia, ancor’essa meno perfetta della pollinazione entomofila e dell’ ermafro- ditismo. Allora le parti non erano specializzate , ciascuna cellula era capace a conjugarsi, ciò ovviava alla scarsezza della produzione di nuova prole. Colla for- mazione di organi speciali il processo riproduttore fu perfezionato, colla distin- zione degli organi sessuali surse la distribuzione di essi negli individui. Tre modi di distribuzione esistono in natura, le piante a sessi divisi su piedi di- stinti, quelli a fiori unisessuali nell’ istessi piedi, e poi le piante ermafrodite. Questi tre modi segnano a quanto pare il corso che la natura ha seguito nella via di perfezionamento. Il come tali evoluzioni sono avvenute, è ignoto; noi non pos- siamo seguire il concetto Darwiniano, non vale dunque diffonderci in discus- sioni sterilissime. Dalla sintesi dei fatti attuali, di cui l’indole essenziale, è lo- gico il credere, non ha potuto alterarsi collo svolgere dei secoli, salvo solo a modificarsi nelle proporzioni in cui essi avvengono, pare si fosse autorizzati a pensare che nell’osservare la conjugazione relegata negli organismi i più sem- plici, il monoicismo e la diecia verificarsi con una generalità caratteristica nelle Conifere, nelle Cycadee, e in quei gruppi a perigonio imperfetto (Diclini in parte di Jussieu) e l’ermafroditismo poi assumere così vasta proporzione nelle piante Dicotiledoni e Monocotiledoni ove stanno i vegetali i più complessi, c'è ragione, ripetiamo, nel seguire tale serie ascendente, di considerare l’unisessualità e l’er- mafroditismo come le precise espressioni dei sudetti perfezionamenti, perchè il perfezionamento ha dovuto camminare di pari passo tanto nel complesso delle funzioni vegetative, quanto in quelle riproduttive, onde per essere conseguenti a noi stessi, dobbiamo ritenere che l’ermafroditismo è realmente un progesso e segna una superiorità di struttura, tanto più che esso è di regola quasi assoluta nel Regno vegetale. ii I meravigliosi fenomeni che l'apparecchio sessuale ci mostra, le mille pre- (1) Come dissimo più sopra, abbenchè morfologicamente, i due tubi copulatori non presentano differenze salienti, per i caratteri della precocità addimostrato da un ramo sull’altro, sia a formarsi, sia ad allungarsi verso quello contiguo c’è ragione di vedere nell’uno maggiormente attivo, l’elemento maschile, il femineo nell’ altro. 84 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA veggenze usate dalla natura nel compimento dell’atto sessuale aveano dovuto attirare sin daì primi tempi l’attenzione dei scienziati. Linneo che il primo espose metedicamente la sessualità delle piante, (4) consacrò delle belle pagine a rivelare i svariati artificio che gli organi sessuali compivano per riuscire alla fecondazione, ed abbenchè allora nessuna nozione si avesse delle intime particolarità che si avverano nell’atto della fecondazione, che ben tardi poi nel 1822 | Amici dovea scovrire ed illustrare, questi fatti che ogni dì più che l’altro si accumulavano numerosi, fermamente stabilirono le relazioni tra stami e carpelli, e l'intimità di contatto di questi organi era il segno più eloquente che l’uno era indispensabile all’altro per compiere il grande atto riproduttore. Sino a tempi addietro queste idee tramandateci da Linneo, e confermate sempre fin da quell'epoca erano il credo dei Botanici. Non mancarono pertanto come sempre avviene in ogni tempo, in epoche contemporanee a Linneo, contradiitori a questi principii. Ogni nuova idea ha bisogno del tempo per maturare i suoi frutti. Si cita Siegesbeck, Heister e Tour- nefort stesso, che ricalcitranti ad accettarle, producevano ognuno strane versioni, econ meraviglia si parla dell’Heuschel che in questo secolo stesso disse che il polline avesse ufficio di mortificare lo stigma che così matura gli ovuli. Dell’ istesso modo non mancarono preclari ingegni che con vedute impresse ad una profonda filosofia sparsero i germi di idee precocissime a quel tempo, ma che in appresso pare fossero state destinate ad attecchire vigorosamente ed a mettere a soqquadro quanto in base alle più legittime inferenze parea fosse tanto solidamente stabilito. C. K. Sprengel fu il primo a rilevare (2) dalle osservazioni su certi insetti che questi andando a cercare nei fiori il loro nutrimento, avessero delle intime relazioni colle parti fiorali. L’ importanza dell’ ufficio che Sprengel credè rico- noscere negli insetti presso i fiori, si può rilevare dalla frase da lui evulgata, cioè: « che la natura non volesse che ogni fiore fosse fecondato col suo proprio polline. » Ma egli non lasciò alcuno esperimento, e più oltre non andò ; ma l’aver detto tanto non era poco. And. Knight nel 1799 (3) si pronunziò ben più chiaramente dicendo che la natura volea che « dei rapporti sessuali si stabilissero tra le piante vicine della stessa specie, » e Kélreuter (4) nel 1809. affermando lo stesso principio, alludendo ai fatti da lui osservati, che gli insetti perpetravano nei fiori, esclamava « Certe natura nil facit frustra; » non è senza scopo che gli insetti visitano i fiori. Nelle osservazioni di And. Knight e di Kòl- reuter stava latente tutta una nuova teoria, che per assumere valore scientifico dovea aspettarsi che essa venisse appoggiata su fatti sperimentali. (1) Philosophia Botanica, Fundamenta Botanica N. 35. (2) Die entd, Geheimn. der Natur. (3) Philosoph. Transact. ann. 1799. (4) Mem. Acad. de S. Petersburg 1811. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 85 Queste prove si fecero aspettare ma vennero al fine, presentate da un genio preclaro a cui le scienze Naturali debbono quel lustro che hanno attinto in que- sto secolo e sotto la garanzia del grande mome di Darwin irruirono impetuose, e si imposero rapidamente quali teorie classiche, mercè il fascino che esercitava sulle menti il grande nome del celebre filosofo Naturalista. Darwin nel 1862 diè alla luce uno studio sulla fecondazione delle Orchidee ove l’ Illustre Autore viene a dimostrare in termini chiari e concisi che la strut- tura dei fiori di questo gruppo di Monocotiledoni, era in tal modo ordinata , che la impollinazione del pistillo non potea riuscire se non coll’ajuto degli in- setti i quali rovistando tra il polline dei varii fiori degli individui vicini, sta- bilivano tra essi quei rapporti sessuali intraveduti dallo Sprengel, indispensa- bili al buono risultato della fecondazione, perchè per il loro mezzo veniva ad operarsi una fecondazione crociata, cioè l’ immissione del polline di un fiore di un individuo sopra il pistillo di un altro, realizzando quelle previsioni alle quali Sprengel avea accennato cioè che la natura non voleva che ogni fiore fosse fecon- dato pel suo proprio polline. I fatti constatatati dal Darwin erano decisamente sovversivi a quanto sino allora si avea ciecamente creduto. I Botanici tanto ben sicuri del fatto loro, ed estatici alle mirabili strutture dei fiori di quei talami ove tranquillamente tutto pareva disposto alla perpetrazione di un atto legittimo tra le parti sessuali sirettamente racchiuse dentro quelle pudiche corolle, dovettero dolorosamente ricredersi a quelle inattese rivelazioni, e tanto più dovettero im- pressionarsi perchè le deduzioni tanto rivoluzionarie del Darwin erano state fatte su fiori ove più che in ogni altro per la saldatura delle antere coll’organo femi- neo, la natura parea ayesse preso le più sicure misure per fare che il proprio polline accedesse sul pistillo degli stessi talami. Nelle Orchidee infatti sembra che li due organi sessuali fusi in unico corpo mirassero a mettere in intimo contatto le parti che racchiudono le essenze sessuali. I fatti esposti dal Darwin erano a suo senso tanti convincenti che lo condusse- ro a formulare il noto aforisma « la natura abborrisce le perpetue fecondazioni.» Fu questo il segnale della riscossa; subito dopo il lavoro sulle Orchidee, per come suole avvenire allorquando un concetto nuovo è stato lanciato, gli animi, im- pressionati con viva passione si accinsero a seguire la china, e due grandi lavori comparvero, uno dell’Hildebrand, l’altro di H. Miiller (1) ove è consegnata una mole di pazienti e delicate osservazioni su più che 600 specie di fiori di tutti i gruppi, e di un numero non meno considerevole di Insetti, tra i quali la na- tura ha stabiliti i più iniimi rapporti, tanto che gli uni possono ritenersi in- dispensabili agli altri; gli insetti perchè aspettano dai fiori il loro alimento, que- st'ultimi perchè si è mediante il rovistare degli insetti che debbono essere impol- linati. Sin quà veramente nulla evvi che potrebbe essere disdetto , gli insetti (1) Hermann Miller. Die Befruchtung der Blumen durch Insecten etc. 1851. 86 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA contribuiscono effettivamente a trasportare il polline da stami a pistili, e bru- licando tra la miriade di fiori, asportano sul loro corpo la polvere fecondatrice che vi si è impigliata e nelle innumerevoli visite ai talami della massa degli individui, essi sono gli agenti incoscienti dello scambio del loro polline. Però le osservazioni non mirano a questo solo fine. Hildebrand, Miiller, Delpino, hanno attribuito a questi fatti un valore significatissimo. Gli insetti visitano i fiori per nudrirsi di polline, di nettare principalmente; ora si dice, il nettare è prodotto dai fiori per lo scopo di attirare gli insetti onde costringerli a depositare sui loro pistilli quelli pollini di cui loro hanno di bisogno che sono precisamente quelli degli individui che stanno vicini. Ed il fiore non solo che si è fatto produttore di nettare, ma tramanda i più soavi odori attinge e fa sfoggio dei più bei coloriti non mai per ricerare i no- stri occhi, ma per rendersi visibili, per guidare gli insetti, là ove debbono com- piere quest’alto ufficio a cui essi da pronubi sono chiamati. È per tale scopo che le corolle assumono certe forme strane, variate all’ infinito, che gli stami, i pi- stilli tutte le parti fiorali infine, morfologicamente rivestono tante diversità di aspetto. Esse si sono foggiate, modellate sulle forme degli insetti, i quali alla loro volta si sono adattati in modo da non potere visitare che certi dati fiori. Seguendo il concetto di Hildebrand, di Miiller, dunque fiori ed insetti in ogni loro dettaglio reciprocamente rispondono gli uni agli altri per favorire la fecon- dazione crociata. Le tante forme di corolle, strane, bizzarre , al cui cospetto ognuno si di- manda, ma perchè tale conformazione? a quale scopo tante differenze ? ora ver- rebbero a ricevere una soddisfacente naturale spiegazione. C'è un tubo corollino adatto all’ introduzione delli insetti Ditteri, ce n° è un altro che non permette l'immissione che ai Coleotteri. Sperimentalmente con prove meccaniche si è riu- scito ad accertare questi fatti, onde il grande aforismo Darwiniano vieppiù si è divulgato, la fecondazione, crociata è la legge fondamentale della natura, che in ciò e conseguente con quanto si avvera nel regno animale. Per quanto accertati questi fatti si vogliano, e per quanto evidenti sembrino le conclusioni che dovrebbero scaturirne , resta ad accertare un punto capitale che solo avrebbe potuto legittimare tutte le deduzioni che i dicogamisti aveano stabilito sul grande piano della natura di cui credeano aver carpito le fila. I rapporti tra insetti e fiori sono sicuri, innegabili, la conseguenza di tale traffico era lo scambio inevitabile dei pollini dei varii fiori, i ragionamenti i più filo- sofici conduceano ad esaltare il grande principio Darwiniano, il dogma dello Sprengel, che la natura non volea che ogni fiore fosse fecondato col proprio pol- line. Ma perchè ciò ? come spiegare i tanti meravigliosi rapporti di forma e di situazione tra stami e carpelli che accennano ad uno scopo decisamente inverso cioè di realizzare quanto più possibile una fecondazione autogama ? Quale mezzo potea prevenire l’azione diretta del polline proprio la cui in- FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 87 fluenza potente in modo assoluto, sullo stigma dell’ istesso fiore era constatato da chiunque in una miriade di casi ?..... Nel 1876 Darwin diè alla luce un libro famoso (1) ove questi problemi con esperienze numerose fatte su tutti rappresentanti del Regno vegetale e con acume e cura impareggiabili sono svolti sulle basi della più sana filosofia naturale. Le conclusioni principali possono riassumersi : 4. Che il polline dei fiori di un individuo della medesima specie era pre- valido sul pistillo fornito dagli stami del medesimo fiore, nel senso che ne pre- viene l’azione fecondante, e che i risultati di tale azione sono migliori in quanto al volume dei semi prodotti, ed alla superiorità della progenie, più vigorosa in costituzione, che quella avuta dalla fecondazione autogama. 92. Che il crociamento non è vantaggioso per sè stesso, ma per il bene che viene a risultare dalla differenza di costituzione che passa tra gli individui che si fecondano, quale differenza implica la introduzione di un elemento feconda- tore diverso dagli elementi proprii della pianta fecondata, la cui azione alla lunga è funesta allo sviluppo delle specie e che perciò la natura ha interesse di evi- tare per tutti i mezzi possibili. Queste conclusioni principali siccome dice il Darwin conducono alla discus- sione di una serie di quistioni importantissime che riguardano la biologia vege- tale, e che stanno con quelle come cause ad effetti; in prima linea sorge quella di sapere per quali fenomeni può nascere la differenziazione tra gli individui, che trae come conseguenza una diversità negli elementi sessuali, i cui effetti si presume sono eosì importanti, e perciò la discussione della variazione spontanea, tale quale si crede avviene in natura, i cui fenomeni non possono essere diret- tamente controllati, ma giudicati solamente dalli fatti analoghi che avvengono nelle variazioni causate dalla cultura. E portata la quistione su questi argomenti dovrebbe accertasi quali sono gli effetti di quel principio tanto vantato dal Darwin e che è il dogma degli dicogamisti, la selezione naturale. Può ben dirsi che la selezione naturale incitata da quel complesso di circostanze che implicano la lotta per l’esistenza è effetto di una causa prima, la suscettibilità che hanno tutti gli organismi a variare. Questa prerogativa è comune a tutti gli organismi e insita nell’essenza stessa di ogni corpo organizzato, di ciò né i più zelanti seguaci della permanenza delle specie, nè i più appassionati trasformisti ne dubitano; poichè le discordanze non sono nel principio, che è inconcusso, ma nei limiti che tale variazione può attin- gere. Questi ultimi hanno fondato su questa illimitata suscettibilità, la teoria evoluzionista e perciò la successione delle forme, i primi, quelli che credono alla immutabilità delle specie, non hanno consentito alla variazione che una ristretta (1) Degli effetti della fecondazione crociata. Traduzione francese di E. Heckel. Pa- ris 1877. 88 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA latitudine, e con ciò giustamente stanno in osservanza all’ordine dei fatti attuali che sono soggetti al controllo, evitando le ipotesi insostenibili. In ultimo le conclusioni Darwiniane implicherebbero la discussione dei fatti dell’ibridismo. In effetto è dai risultati desunti da questo genere di rapporti sessuali che casualmente avvengono tra specie diverse, la cui inefficacità è con- cordemente affermata dagli varii sperimenti che i dicogamisti hanno creduto riferire e che sta in quel grado differenziale di costituzione che reciprocamente vengono ad assumere gli individui della stessa specie che risiede diremmo il juetum medium che torna tanto a favore della buona fecondazione e dei risultati ereditati dalla prole. La quistione come dissimo e troppo complessa; in seguito ci affacceremo ai punti più essenziali, torniamo per ora alla dicogamia. Dicogamia come abbiamo visto è la fecondazione tra individui diversi, au- togamia o meglio come Delpino la definisce, omogamia, è la impollinazione tra stami e pistilli dello stesso fiore. Per seguire con metodo la disquisizione dell'argomento, separiamo ciò che può dirsi fatto , da ciò che è una mera previsione. Quali sono i fatti d’onde tanti vasti concetti sono originati ? Non crediamo ingannarci, nè peccare di par- tigianeria dicendo che la materiale constatazione di un atto sessuale dicogamico spontaneo, naturale, nessun dicogamista vanta la cognizione; effettivamente tale fatto si sottrae alla osservazione. I dati dicogamici dai quali si venne alla in- ferenza, non del tutto legittimata come vedremo in appresso, che un rapporto sessuale tra individui dovea stabilirsi per seguirne l impollinazione sono i seguenti : In primo, l’asinceronismo della maturazione del polline, e dello sviluppo dello stisma. In alcuni casi si è osservato che il polline era già maturo quando lo stigma non era pronto a riceverlo, questi sono i fiori proterandri , poi in- versamente, quei fiori ove gli stigmi sviluppavansi prima delle antere, che fu- rono detti fiori proterogini. In questi due casi si è dovuto credere che la pol- linazione non potendo avvenire autogamicamente, dovea per necessità succedere mediante il polline di altri fiori. Secondo, i fiori dimorfi o meglio detti e/erostili da Hildebrand. Gli stili negli individui della stessa specie, sono di diversa dimensione, alcuni fiori hanno stili molto brevi, altri li hanno lunghi, non mancano casi in cui si è osservata una forma intermedia tra i due, in modo che i fiori sarebbero trimorfi; vuolsi che la impollinazione non avvenga tra stami e stili dello stesso fiore, ma crociata- mente, gli stili lunghi sono impollinati dal polline delle forme brevistile e vi- ceversa. Questo caso non potrebbe neanco meritare il titolo di fatto dicogamico. Si sa infatti che esistono questi fiori di-o tri-morfi, però è artificialmente che Darwin ha sperimentato la fecondazione crociata fra di essi, ma spontaneamente il caso di crociamento certamente non si è potuto osservare. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 89 Infine si citano i fiori di Urticacee (Mercurialis, Parietaria) che hanno gli stami irritabili, dotati li certi movimenti a scatto che fanno spruzzare la pol- vere fecondatrice con veemenza a discreta distanza. I dicogamisti avrebbero po- tuto ben supporre che questo spruzzo se lancia il polline sugli insetti, e sui fiori degli individui vicini, a più forte ragione può giovare ad impollinare gli stili dell’istesso talamo; ma ciò non ostante si è vantato questo fatto tra quelli che debbono deporre a favore della teoria dicogamica. Tolti questi casi, che non sono al coperto di gravissimi dubbi, si sono citate le piante dicelini e dioiche (ove è superfluo il dire che in queste ultime la fe- condazione non può operarsi che tra individui distinti) quali esempii dell’istesso intendimento della natura , negligendo di notare che queste piante a sessi se- parati, poteano forse rappresentare il primitivo stadio pel quale la sessualità venne a manifestarsi nei primordii della vegetazione fanerogamica, considerando che per tutti i riguardi queste tali piante stanno nei primi gradini della serie vegetale. Artificialmente poi Darwin operò la fecondazione crociata su tutti i più ovvii rappresentanti delle famiglie vegetali. Che la fecondazione avvenisse in ogni caso, è inutile l’accennarlo, il fatto forse e di nessun valore, però i risul- tati ottenuti dal Darwin pei vantaggi acquisiti dalla prole, formano il valore capitale delle sue esperienze e giustamenie hanno dovuto impressionare gli ani- mi. E inseguito a questi esperimenti che tanti fatti, che sino allora non erano stati chiariti, come la mai riuscita maturazione degli ovuli di molte piante, ve- nuta a bene colla fecondazione crociata, vennero provati come fatti che affer- mavano lo stesso principio. In effetto, quali argomenti potevano arrestare più la foga delle conclusioni Darwiniane, dopo che s’era riuscito a provare che il polline eteroclino era prevalido sul polline proprio ? Fintantochè i criterii di- cogamici si fondavano sui rapporti sessuali fra gli individui, che vogliamo am- mettere abbiamo il valore di fatti constatati (ciò che non è), il caso non avrebbe meritato alcuno interesse. Chi potrebbe mai mettere in dubbio che per il con- tinuo traffico che gli insetti hanno coi fiori e pel conseguente scambio che deve nascere da questo traffico delle polveri dei varii fiori, spesse volte la feconda- zione non potesse avvenire per l’azione del polline estraneo delli fiori dell’istesso individuo, o di altro individuo distinto anzichè pel proprio ?! Le ibridazioni spontanee, rarissime, eccezionali, non sarebbero una prova di questo scambio che in niun tempo si è voluto contrastare ?.... Ma da questi fatti a quelli, che vo- gliamo ritenere veri in fede del nome di Darwin, passa un gran traito ! Coll’as- serzione che il polline estraneo, è prevalido nell’azione e negli effetti, al pro- prio, la teoria dicogamica in vero acquista un imponenza incontestabile, tanto più che lo spirito di tale asserzione, siccome abbiamo convenuto, ha un valore filosofico assoluto. Però chi ha seguito il corso delle idee che Darwin con somma maestria e Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 12 90 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA coscienza ha svolto nella sua « Fecondazione crociata etc. », deve affiggere nell’istesso tempo una grande importanza alle conclusioni Darwiniane, ma non può evitare di riconoscere un uguale peso ad una serie di argomenti contrarii, che Darwin stesso, con tutta quella coscienza che lo distingue, fa rilevare e poi viene a com- battere con mezzi ingegnosi per il trionfo della sua causa. Le obbiezioni del Darwin disgraziatamente non sono basate su fatti, bensì su ipotesi. Questo grave difetto risalta principalmente nella discussione dello stato ermafroditico che la generalità delle piante Fanerogamiche ha assunto, e che a Darwin come a qua- lunque altro più volgare osservatore, dovea sembrare lo scoglio contro cui va- namente venivano a frangersi gli argomenti dicogamici i più sottili. D’altronde nel lato pratico, seguendo i ragionamenti dicogamici, ed ammettendo con Dar- win che la fecondazione crociata non si compie constantemente nella serie di riproduzioni, ma potesse qualche volta dar luogo all’azione degli stami omo- clini, caso che i Dicogamisti si credono in obligo di ammettere per dare un im- piego ad un apparecchio che la natura dovette sicuramente formare per realiz- zare un qualsiasi fine, i risultati pratici dell’azione combinata di due processi tanto diametralmente opposti nei loro effetti, mal si potrebbero comprendere, e nella vicendevole azione, e nell’esiti finali che verrebbero a raggiungere in na- tura. E giova qui accennarlo, a qualche Dicogamista anzi a fieri plagiatori di Darwin, si è affacciato alla mente la difficoltà a cui si va incontro seguendo la teoria dicogamista. Qualcuno ha accennato (4) che la teoria sudetta è incompatibile e neutra- lizza i grandi risultati che per le leggi sanzionate dal Darwin stesso , la sele- zione naturale, la lotta per l’esistenza, darebbero la ragione dell’esistenza delle mille forme organiche e della loro progressiva evoluzione. Il signor Coutance non esita confessare, che la teoria dicogamica condurrebbe alla permanenza delle specie, anzichè alla loro trasformazione (2). Noi non partecipiamo di questa in- ferenza del signor Coutance, perchè riteniamo che tali quali le cose sono stabi- lite, non possono condurre ai risultati previsti da lui; ma questa sua opinione per quanto valga, basta a mostrare come nel campo stesso dei dicogamisti, le opinioni non sono affatto concordi, anzi divergono tanto, da mettersi in evidente opposizione con i principii che servono di base alla teoria di cui Darwin stesso è stato il grande maestro, alla teoria del trasformismo. / I seguaci della teoria Darwiniana sulla dicogamia, tra i quali in Italia fi- gura l’Illustre Prof. Delpino, hanno creduto per rendere l’argomento più strin- gente, con poca continenza accumulare nuove deduzioni che hanno un solo me- rito, quello di essere improntate di un singolare acume che torna a grandé onore delle ingegnose menti che hanno trattato la grave quistione, ma che per questo (1) Vedi Prefazione Forme des Fleurs traduz. franc. Heckel, (2) Coutance Prefaz. op. cit. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOCAMICA 94 stesso hanno il difetto di trascendere flagrantemente in un campo del tutto ipotetico, che in scienze sperimentali non è lecito battere. Il Prof. Delpino p. e. fra le tante altre sue osservazioni, accenna ad una che egli crede molto con- cludente a favore della dicogamia, il fatto della generale apertura dei fiori. Egli dice che ovunque, la dicogamia è possibile, perchè ovunque c’è accesso ai pro- nubi, stante |’ apertura della corolla. Il Darwin avea già fatto quest’istessa cs- servazione , egli dice che il carattere comune a tutti i fiori, la loro occlusione è ciò che depone evidentemente a favore della dicogamia, poichè se i fiori aves- sero dovuto fecondarsi autogamicamente, essi avrebbero dovuto restare chiusi, come lo sono i fiori Cleistogami che sono i soli fiori ove c’è la fecondazione diretta. E da ciò l’ antitesi tra fiori cleistogami e fiori chiamati casmogami da Axell, due casi tra i quali non dovrebbe istituirsi alcun paragone, 1° perchè la minima proporzione dei primi in rispetto agli altri, ci fa avvisati che questi fiori chiusi, sono un’eccezione alla regola che universalmente impera; 2° perchè la costruzione dei fiori cleistogami, singolare, imperfetta, non può ascriversi che ad una mostruosità, e basare il ragionamento su una mostruosità eventuale, non è base logica di stabilire il dilemma, tale quale i dicogamisti lo fanno. La lotta che gli studii scientifici hanno seguito nello scorcio di questo se- colo ha accennato al beninteso proponimento di affrancare la mente dalle pa- stoje del dogma , e di scrutare le cause naturali, dalle quali scaturiscono quei tanti effetti che ci si sono presentati e tuttora ci si presentano sotto un fitto velo di mistero che impone, e ci obliga a riportarci ai fenomeni soprannatu- rali, che si vuole a certe epoche dovettero intervenire, perchè dal nulla si venis- sero a creare le miriadi di forme che ci circondano e fra le quali noi stessi fi- guriamo quale il più nobile organismo. Le credenze metafisiche hanno subìto un periodo di arresto, la teologia è caduta di moda, gli spiriti in via di ardenti ricerche, sono cadute nel più crudo materialismo. Nelle Scienze Naturali la teoria Darwiniana del trasformismo, segna un epoca di rivoluzione, un èra nuova nell’indirizzo degli studii, i cui risul- tati non possono essere dubbii. Però non potremo mai aspettarci che su una quistione tanta misteriosa, quanto quella dell’origine delle specie si possa giun- gere ad una positiva soluzione. La teoria trasformista è non pertanto i) risul- tato di un accordo di cause così naturali, di tale grande portata, di un valore così evidente, e spiega tanti fenomeni sino a quest’ora inesplicabili, che se non contenta completamente, se lascia all'oscuro la prima comparsa delle forme or- ganiche da cui si crede le altri hanno potuto scaturire, se è basata su una il- limitata variazione, che tutti i dati attuali in vero tendono a negare, è sempre la teoria la più verosimile che in mancanza di altre migliori, dovrà essere se- guita e tenuta per base di indirizzo alle ulteriori ricerche. Però nella teoria dicogamica ci sembra che quella sicura scorta che offrono le cause naturali fosse trascurata, o meglio soppiantata da un’ idea al massimo 92 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA grado preconcetta, tendente a rintracciare in ogni manifestazione degli organi, un adempimento di un fine per legittimare la sua esistenza. i Senza dubbio è difficile il supporre, che nella creazione degli organi la natura non si fosse prefisso l’ adempimento di una funzione, e perciò che la loro esi- stenza non avesse uno scopo. Ma quando come per il caso della produzione netta- rifera, si dice che le parti dell'organismo vegetale si sono determinate ad assu- mere tale modificazione istologica per attirare gli insetti, quando si vuole che i fiori cleistogami fossero stati creati per fornire una produzione (autogamica) di germi, perchè eventualmente la fecondazione aerea per via degli insetti si crede potrebbe fallire, allora bisogna credere che nella ricerca della finalità delle cause, una soverchia dose di personale obbiettivo abbia dovuto influire sui criteri da seguire nella interpretazione, e che decisamente l’ interpetrazione è erronea. Infatti siccome tali fatti non sono del tutto chiari, lasciano largo campo alla interpetrazione e diremmo anche alla speculazione filosofica. Il Bon- nier con idee meno grandiose, senza esser costretto ad usare delle soverchie tensioni mentali, oggi ha messo in perfetta evidenza , in fatti, l’ ufficio dei nettari, e sul riguardo ai fiori cleistogami, sui quali i dicogamisti hanno grande- mente speculato, può asserirsi con sufficiente certezza che stante la sparutissima proporzione in cui queste singolari costruzioni fiorali si ritrovano in natura (4), per l’ indole stessa di queste trasformazioni fiorali, per le particolarità delle con- dizioni in cui questi fiori vengono a svilupparsi, c'è ragione di credere che que- sti non siano che mostruosità e casi eccezionalmente comparsi, di cui deve sve- marsi l’importanza. Procedendo secondo l’ordine delle idee Darwiniane in cerca di tali cause finali, si abbandonano i giusti criteri di base da fondarsi rigoro- samente sulle schiette cause naturali, per cadere in un labirinto di concetti me- tafisici, e nel soprannaturale. Quanto non è soprannaturale in effetto il volere attribuire ad esseri ina- nimati, idee di preveggenza per un fine probabile, quanto quello che si fa di- pendere da un eventuale sciopero dei pronubi nel caso dei fiori cleistogami, 0 attribuir loro come vogliono altri, sentimenti di economia (virtù di cui la na- tura invero in tutte Je sue creazioni ci si mostra poco propensa) e di prudenza nello sfoggio delle forze vitali, adoperate nella riuscita di uno scopo, quale quello che i dicogamisti presumono, esista nei fiori cleistogami ?! Gli animali stessi, coi loro istinti tanto elevati, come il cane, il cavallo, non sarebbero capaci di concepire un'idea di un lontano probabile avvenire, nè questa facoltà di pre- sagire, se da tali animali fosse posseduta, avrebbe potuto subordinare un loro organo ad una premunizione contro un danno tanto grave poi quanto quello della non riuscita riproduzione. (1) Secondo Kuhn, sono appena 55 casi di tal genere che si conoscono sinora nella gran massa dei vegetali fanerogami. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 93 Qualora non si voglia far intervenire nella creazione degli organi, una causa extranaturale , ipotesi che la teoria evoluzionista mira rigososamente a escludere, mal si comprenderebbe come le parti di un organismo che non tro- verebbero una diretta ed incessante applicazione potrebbero nascere e persistere, solo per un ufficio incerto o eventuale (41). Tali sono le difficoltà a cui si va incontro quando si vuole a forza seguire un idea preconcetta, Noi crediamo che i moderni dicogamisti in molti casì si disdicono, e vengono in decisa contradizione con quelli stessi principii sanzionati nella teoria evuluzionista , divenendo decisamente metafisici e cadendo nel so- prannaturale. Tutti gli argomenti della dicogamia, siccome dissimo pei Nettarii, vengono categoricamente confutati, nel lavoro che il signor Bonnier ha scritto testè sui Nettarii. Per la forma didattica di questo scritto, non conviene, che noi a punto e a segno precisassimo la critica dell'argomento; perciò rimandiamo al- l’opera del Bonnier. Quanto ora segue è la esposizione del nosiro modo di ve- — dere su una quistione tanto grave, che verte principalmente sui seguenti punti: 4° Sulla variazione spontanea ed artificiale, 2° Sui Nettarii, 3° Sulli fiori clei- stogami; tre punti principali, le cui deduzioni chiaramente ce’ inducono a consi- derare la teoria dicogamica, quale un’ ingegnosissima versione dei fatti naturali, fatta a pro di quel principio che pare debba imperare nel Regno Animale e che per- ciò in quello vegetale debba anche esistere, la differenziazione degli elementi sessuali che concorrono alla formazione della nuova prole. Il principio accennato è tratto dalle osservazioni che Darwin stesso fece su- gli animali, sulle loro variazioni allo stato di domesticazione (2), presso i quali accertavasi che l’unione fra intimi parenti era dannosa alla progenie. Per quale ragione questo avvenisse era allora dubbio; molti sostenevano che nella ripro- duzione sessuale effettuivasi la trasmissione di tendenze morbose che avrebbero affettati gli organismi e che mano mano accumulandosi nella progenie causa- vano un deperimento che alla lunga riusciva funesto. La trasmissione eredita- ria dei caratteri dei genitori, che è il fatto precipuo più incontestato della ri- produzione sessuale, implicava con ragione anche la perpetuazione ‘di certi vizii proprii a qualcuno dei due organismi venuti in contatto. Darwin però non crede che questo sia il solo scopo ed il precipuo, a cui mira la natura, evitando li rapporti sessuali tra affini parenti. Appoggiandosi sulli dati mondiali statistici (1) Secondo Darwin, è saputo oggi, che gli organi rudimentarii che in molte piante si osservano , rappresentano le vestigie delle parti che un tempo erano destinate ad ufficii che oggi non sono più richiesti dalla natura, ed è saputo che coll’ inazione , colla mancanza di applicazione, gli organi tendono mano mano a deteriorarsi e ad eliminarsi. (2) Darwin. Variation under domestication. 9 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA tratti sulla nostra specie (1), che non provano a quanto pare l’asserzione gene- ralmente accettata. Egli ritiene che i danni dei rapporti sessuali per una paren- tela troppo intima, derivano dalla soverchia identità dei caratteri costitutivi de- gli organismi che vengono in contatto. Le prove sono state attinte dagli ani- mali sotto la domesticazione, i quali vengono soggetti ad una completa unifor- mità di condizioni di esistenza ed in tale stato addimostrano i cattivi risultati nelli prodotti della generazione. L’ atto sessuale si rende spesso invalido alla fecondazione, o in altri avviene raramente, onde ne segue la sterilità. L’ af- finità sessuale nasce appunto dalla uniformità di condizioni d’ esistenza che ten- dono ad uniformare la costituzione individuale degli organismi, perciò ne viene a risultare una conclusione capitale, che per l’ottenimento di buona prole, è ne- cessità variare quanto più possibile le condizioni d’esistenza. E questa una pra- tica per lungo tempo conosciuta dagli allevatori d’animali, che per le riprodu- zioni usano scegliere quell’ individui, che sono stati allevati in condizioni le più disparate; e perciò mai si lasciano accoppiare i prodotti di uno stesso po- dere o di una stessa contrada, ma invece quelli che per un differente regime, presentano differenze rilevanti che ritengonsi valevoli a rinnovare il sangue, ad apportarvi un contributo di nuovi elementi. Queste pratiche mostrano che il grande principio che Darwin fu il primo a dimostrare, era preinteso anche dal volgo. L’' argomento siccome più volte abbiamo detto, altamente filosofico, ci conduce all’enunziazione della legge, che la intima affinità sessuale è funesta al risultato della prole ed implica per conseguenza la conclusione, che la differenza nell’ organica costituzione deve tornare vantaggiosa. Questi vantaggi sono ap- punto realizzati per la diversità delle condizioni di vita che si ripercuotono sulli caratteri esterni tutti, non solo, ma anche sugli elementi deputati al compimento dell’atto fecondatore. Che un certo grado di differenziazione è voluto dalla natura nell’ atto ses- sunle, è provato da un altro lato dall’ esperimenti che sin dal Kélreuter sono stati fatti, coll’ unione di elementi sessuati differenti ad un alto grado, quali sono quelli di due specie diverse. L’ibridismo, i cui risultati sono contro natura, perchè trascina l'imbastardimento della progenie nel caso eccezionale di una fecondazione avvenuta, e la più o meno rapida tendenza alla sterilità nei pro- dotti che derivano da tale congiungimento, prova, che tale grado di differenzia- zione degli elementi sessuali non è meno pernicioso della loro soverchia iden- ticità, onde oggi giorno si è venuto al concetto, che per il buon fine della pro- genie, un juxtum medium, diremmo, deve realizzarsi tra gli elementi che ven- gono in contatto, e con Darwin si potrebbe dire, che questo punto che segne- rebbe la più perfetta fecondità, ha due estremi ugualmente dannosi, la sterilità (1) Vedi Darwin Fecond. croiséè, ove sono riportate le notizie attinte da Fr. Darwin e dal Prof. Mitchell. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 95 assoluta da un canto, dovuta all’eccesso di differenziazione sessuale, dall’ altro ad una insufficienza di differenziazione. Queste leggi stabilite dallo studio sul regno animale, doveano trovare un eco nel regno vegetale; le grandi leggi biologiche doveano esser comuni a tutti gli esseri organizzati; era contro ogni senso filosofico il supporre che la natura avesse adottato un sistema negli animali, per seguirne un altro negli vegetali. Però in quest’ ultimi una singolare circostanza, la riunione dei sessi su uno stesso piede, più ancora, la stretta vicinanza degli organi sessuali in un assie- me cche è il fiore, sembrava contropporsi seriamente alle conclusioni Darwiniane, eludere la forza dei suoi ragionamenti. Come sostenere infatti, che la natura mira anche quà acchè la riproduzione si avesse effetto mediante l’ intervento di due elementi sessuali diversi, quando un fatto imponente per la sua estrema gene- ralità, principale caratteristica dei vegetali, l’ermafroditismo, parca al contrario volere affermare un principio diametralmente opposto, la fecondazione tra le parti di uno stesso individuo, l'organo sessuale femineo, il carpello, e lo stame, mirabilmente riuniti in modo da stare nel più intimo contatto ? Le esperienze a cui Darwin fu spinto, chiarivano un fatto che parea dovesse sciogliere il nodo gordiano : il polline dell’ individuo di una medesima specie è prevalido e su- periore negli effetti a quello dell’ istesso fiore ; con tale prova in mano si era autorizzati ad apprezzare nei modi i più arbitrarii,i fatti certi, eloquenti, che si aveano sott'occhio, e costruire una teoria del tutto ipotetica, colla quale si potessero salvare iutti e due i punti tanto antagonisti, la fecondazione crociata tra individui separati, che avrebbe dovuto realizzare il principio Darwiniano, forte dell’accertata prevalenza del polline estraneo sull’ omoclino, e l’ermafro- ditismo, forte per sé stesso, perchè è la manifestazione più schietta della natura. E qui naturalmente che il lato debole dell’argomentazione dei dicogamisti si pa- lesa chiaramente. A spiegare le ragioni, lo scopo dell’ ermafroditismo, essi hanno dovuto presentare argomenti artifiziosi, e raggiri che a nostro senso non valgon in alcun modo a concordare i fatti, ma invece riportano al primitivo concetto che dovette ispirare la natura, nel formare quel nec plus ultra di adattamento che è il fiore androgino, quale concetto non può racchiudere un sutterfugio, nè tampoco mira ad altra cosa di quella che chiaramente dimostra. La natura va retta al suo fine, e non usa raggiri. Ecco in brevi termini in quali sensi i dicogamisti, rintracciando nei vege- tali i principii che si sono accertati negli animali,hanno interpetrato 1’ erma- froditismo. Essi non negano che la fecondazione autogama avvenga, ma essa è eventuale, non essendo sufficiente per sè stessa, anzi essendo dannosa pei risultati. Quando ha luogo, è per un ripiego, per una dura necessità risultante da quell’ impre- scindibile evenienza a cui la natura mira anzi tutto, la riproduzione della specie, e che essa avvenga in un modo o l’altro. [{®) (©P) FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA La fecondazione crociata, si dice, è in ogni caso la legge che deve imperare negli rapporti sessuali. Questa idea teorica non mancherebbe del resto pratìca- mente di divenire l’atto più comune, ed il più inevitabile, secondo il nostro giu- dizio, dal momento che gli insetti ogni giorno a miriadi vanno a rimescolare nei fiori, e punto capitale, dal momento che il polline estraneo, prevale, anzi precisiamo , previene l’azione del polline omoclino. I dicogamisti di fronte al- l imponenza dello stato ermafroditico nell’immensità dei vegetali, pure in generale sono di accordo, ad acconsentire all’autogamia un posto subordinato del tutto alla dicogamia; (1) però si credono in obbligo di fare subentrare casualmente l’au- togamia all'atto predominante , in date circostanze, le quali si ritengono siano quelle che derivano da un possibile mancato crociamento per |’ assenza degli insetti. Immodochè in natura ci sarebbe un alternanza dei due modi di fecon- dazione, senza regola, poichè l’atto diretto subentra all’ incrociamento, non già per un impellente bisogno dell’ organismo, che pare invece dovrebbe avere cura di evitarlo, ma diremmo per un capriccio di quegli esseri che i dicogamisti riten- gono gli agenti indispensabili ad ogni atto di fecondazione crociata. Questo sarebbe dunque il misero ufficio che si vuole attribuire al mirabile apparecchio che ci presenta il fiore androgino ! Tanta precauzione, tante meraviglie di struttura, non sono fatte adunque che per restare impassibili alli capricci di un mondo di esseri egoisti, che un bel giorno non vogliono o non possono visitare i fiori, per ragioni pur dipen- denti, se vogliamo, da cause naturali ammissibilissime. E quei buoni stami, poi scordando tanta ingratitudine, generosamente si presterebbero a disimpegnare un ufficio, che in vero vi sarebbe ogni ragione di credere che stante le visite continue ed inevitabili degli insetti, questo sempre differito e quasi caduto in di- suso, quei buoni stami avrebbero dovuto essere inatti a disimpegnare (2) a com- piere. Davvero la esposizione dei fatti non ci pare abbastanza chiara. La fecon- dazione omoclina infatti in nessun caso potrebbe aver luogo, salvo nel caso che i dicogamisti prevedono, che potremmo chiamare lo sciopero degli insetti; in altri casi, la prevalenza del polline, la continua pratica che gli insetti si hanno coi fiori, la impedirebbero. Ma gli insetti potrebbero essi mancare totalmente, e per quanto tempo? C'è ogni ragione di credere che cause eccezionali sfavorevoli allo sviluppo di questi animali, potrebbero compromettere in parte o anche del tutto (1) Noteremo, che Delpino asserisce che non esistono fiori esclusivamente auto- gami. (2) Si potrebbe quà osservare, che seguendo le filosofiche idee di Darwin, gli stami come ogni organo che cade in disuso, potrebbero essere stati condotti a delle riduzioni ed anche ad obliterarsi,. Darwin a tale obiezione crede potere ovviare, ma non sappiamo con quanto successo. Noi crediamo forse che essa potrebbe fondarsi sul fatto, che gli stami, se non sono in azione per li stimmi dello stesso fiore, lo sono in ogni evenienza per quelli dei fiori estranei, onde non sarebbero mai inattivi. : FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 97 una generazione. Ma questo fenomeno non possiamo aspettarci a vederlo riprodotto, se non localmente, ed in limiti ristrettissimi, tanto da non potere influire pro- babilmente, che su determinate regioni, onde queste circostanze non potrebbero avere nè la generalità, nè Ja importanza di un fatto naturale, al pari di una legge fisica o di un fenomeno cosmico, al quale potrebbe esser subordinato il piano di struttura di un Regno, i cui rappresentanti, al postutto, non hanno alcuna relazione col regno animale, salvo quelle di un ordine diversissimo e privo di ogni significato, quale quelle relazioni che potrebbero esistere tra la pianta di una barbabietola, e l’animale che se nutre. Citiamo giustamente questo paragone, facendo piena adesione alle idee del grande fisiologo Claude Bernard (4), che rias- sumeva lo scopo di certe formazioni di sostanze nutritive in certe parti dell’or- ganismo, (come la formazione glicogenica nel fegato di molti animali, o l’accu- mulo di sostanze saccarigine in alcune parti dei vegetali), chè doveano tornare utili agli organismi stessi nelle fasi di sviluppo chè consecutivamente erano te- nuti ad attingere. GC. Bernard intendea concludere, che ogni organismo era com- pleto per se stesso, e che è del tutto fuori delle mire della natura, dare origine a delli organismi i quali potessero completamente svolgere le loro funzioni vi- tali salvo mediante il concorso dei rappresentanti di un altro regno. In siffatto modo non pensano i dicogamisti; senza il concorso degli insetti parrebbe che il grande atto della riproduzione non potrebbe compiersi. Ma que- sto singolare ragionamento non dovrebbe sostenersi, tanto più perchè nell’ erma- froditismo la natura rivela un altro grande provvedimento alle esigenze che risul- tano dal modo di conformazione del vegetale, che costretto a stare fisso sul luogo che lo ha visto nascere, privo di facultà ambulatorie, non avrebbe potuto com- piere l’atto sessuale, se i sessi fossero stati separati su individui distinti. Onde è nell’ermafroditismo che si deve vedere il precipuo mezzo per ottenere il grande fine della riproduzione. I dicogamisti in senso ben differente raffigurano la quistione ; antepongono ad ogni esigenza, quella precipuamente utile all’esito della specie, la differenzia- zione tra gli elementi sessuati che debbono congiungersi. Mettono poi l’ erma- froditismo in seconda linea, invocandolo ad ajuto, per il timore di veder com- promesso per la scomparsa degli insetti , il grande fine della riproduzione, attribuendogli un ufficio passivo, minimo, che come abbiamo visto può anche ritenersi nullo, perchè il caso della scomparsa degli insetti, sarebbe difficile lo spiegare come potrebbe verificarsi sotto le attuali condizioni naturali. Avvilire, misconoscere l’ ermafroditismo , questo è il grande torto dei dicogamisti; torto fatale alla loro teoria. Giova qui però precisare le idee Darwiniane e seguirne il corso appuntino. Noi abbiamo detto che esse avviliscono l’ufficio del fiore androgino, che ne di- (1) Legons sur les phénoménes de la vie. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 13 98 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA sconoscono tutta l’ importanza; abbiamo con ciò voluto esprimere il concetto che risalta ai nostri occhi, da una sintesi di tutti i raggiri di questa famosa espo- sizione tutta opera del Darwin. Ma |’ Illustre scienziato non crede di aver in nulla menomato l’importanza dell’ ermafroditismo, anzi secondo i suoi piani, debbesi convenire, che senza |’ intervento interpellato della fecondazione diretta, le forme, chi sa cosa sarebbero divenute, e l’ impronta vegetale quale trasforma- zione avrebbe potuto subire. Darwin accenna con questi precisi termini all’er- mafroditismo « Al di sopra di ogni altro, ia natura vuole attingere la riprodu- » zione della specie, questo scopo è attinto con una sicurezza di gran lunga « superiore nelle piante ermafrodite, che nelle piante a sessi separati. Però esi- « stono indubitatamente i fiori costruiti per la fecondazione crociata. (I fiori pro- terandri, proterogini eterostili, ec le piante diclini). Per tali fatti sembra che si « vogliano attingere due fini che spiegano un deciso antagonismo. L’ immediato « contatto delle antere collo stigma, che in una massa di piante rende obbligatoria « la fecondazione diretta, nelle altre, c'è I inerociamento » (4). Ma ciò non sembra il fine reale, il fine evidente. E qui si aggiunge, che sel così fosse stato, i fiori non avrebbero avuto ragione di schiudersi , esponendo così il polline a tutti i danni degli agenti esterni. Addippiù, se lo scopo fosse stato l’autofecondazione, una piccola quantità di polline sarebbe stata sufficiente ad assicurare la fecondazione. Invece una enorme quantità ne è prodotta. Que- sti due fatti convincono i dicogamisti, più che la struttura meravigliosa dei fiori ermafroditi; vedete, essi dicono : appunto i fiori destinati all’autogamia non si aprono, (anzichè dire che certi fiori eccezionalmente chiusi, necessariamente sono autogamici) essi non hanno corolla, non hanno nettari non spirano odori, nè hanno colori, mancano infine di tutti i caratteri fatti per attirare gli insetti, infine producono una minima quantità di polline, eppure sono al massimo grado fecon- di (2). Questi sono i fiori cleistogami, che secondo l’Egregio Prof. Delpino diconsi i soli fiori autogami, mentre gli altri sono dicogamici, presentando il carattere generalissimo e principalissimo della dicogamia , la deiscenza! Ecco portati in confronto due tipi di fiori destinati a due scopi differenti ed antagonisti, i fiori cleistogami chiusi, autogami, non già per necessità, ma come per attingere un fine ; i casmogami, quelli aperti, dicogami, o casualmente fecondati dagli stami omoclini, per un ripiego, come più sopra detto, che la natura ha adottato al mo- mento dello sciopero degli insetti. Casmogami casualmente autogami , e cleisto- gami, hanno ricevuto uno stesso significato. Nella mancanza dei pronubi essi as- sicurano, secondo Delpino, in ognuna di queste disgraziate evenienze una prov- vista di semi. Darwin introducendo poi addirittura un idea abbastanza strana, (1) Darwin. Fécond. croisééè. (2) Darwin nota che i fiori chiusi, eleistogami, sono fecondissimi, e che il risul- tato dei loro semi è superiore ad ogni altro prodotto. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 99 aggiunge, che il fine nella formazione dei fiori cleistogami sarebbe quello di for- nire dei semi con mezzi molto economici, con poco sfoggio di polline e di rela- tiva forza vitale (4). Ma queste, non sono le sole ipotesi strane che la teoria è obligata a pro- durre, per menomare la evidenza dei fatti, e far trionfare un principio, che in astratto è pieno delle più grandi attrattive filosofiche, ma che disgraziatamente è contradetto da quelli stessi adattamenti che si intendono invocare. Abbiamo detto che i dicogamisti hanno affisso uno speciale ‘ufficio, e perciò annettono un valore singolare, all’autogamia, essi non dicono che tale atto non abbia valore, tutt'altro! Si è detto, che la fecondazione diretta è un ripiego eventuale. Le se- guenti argomentazioni addimostrano però, che quest’atto che alcuni vogliono che abbia luogo interpellatamente, (e che a nostro senso o deve avvenire sempre, 0 mai) trae seco dei risultati grandissimi, e che in vero si dovrebbero qualificare provvidenziali, ed indispensabili, perchè ad intervalli, si dice, serve a frenare nei giusti limiti le espansioni esagerate, alle quali si troverebbero spinte le forme vegetali sotto la continuata azione della fecondazione crociata, che agirebbe in modo intensivo, concentrando nella prole ogni giorno una maggior somma di nuovi caratteri, contribuiti dalle due essenze in vario grado differenziate che si vengono a fecondare. Infatti si ritiene che per la produzione crociata, per le unioni fortunate di due individui, mano mano i prodotti realizzerebbero tali beneficii ed accu- mulerebbero tale somma di caratteri proprii, da allontanarsi decisamente dal tipo d’onde hanno avuto origine. Ma questo corso di cose può un giorno venir meno, una distrazione di un ape o di un altro insetto (2) permetterebbe agli stami omoclini di esercitare le loro facoltà. Cosa ne avverrebbe? Di botto, (poi- chè tale potenza, si consente al polline omoclino nonostante le tante detrazioni) la forma stravagante è arrestata nella sua folle corsa, e per una, o una serie di autofecondazioni, è ricondotta ai suoi antichi limiti, d'onde la fecondazione cro- ciata l’avea spostata; e se gli insetti continuano il loro sciopero, gli stami (ben fortunati di non lasciarsi scappare l'occasione di saziarsi alfine di un godimento per loro sì raro) continuando ad esercitare il loro mestiere, dalle proporzioni di una volta, condurrebbero la forma ad una progressiva discesa nel degenera- (1) Lo stesso autore della prefazione al libro « Formes des Fleurs » (trad. Heckel. pag. XXXI) che esclama a proposito della scoverta del fine dei fiori eleistogami: « quale « preveggenza | un organo non è solo creato per la necessità d’ un atto da compiersi, «ma è trasformato in vista di una probabilità,» prudentemente poi crede rigettare l’ ipo- tesi del Darwin, convenendo sinceramente chei principii di economia, sono virtù di cui la natura, nelle sue creazioni suole dare ben rari esempii. (2) Riferiamo le parole troppo figurate forse di certi dicogamisti avventati, ma se l’imagini sono vivaci, al postutto il senso non può esser mutato e l’argomenti darwi- niani condurrebbero direttamente alle tali conclusioni che il sig. Coutance ha messo in testa all’opera classica della dicogamia, Forme des Fleurs pag. XV et seg. 100 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA mento. Essa è già tisica, si estinguerebbe (ripetiamo le parole del plagiatore), se gli insetti ritornando colla stessa magica rapidità, non rifarebbero la stessa via e la stessa altilena. Questa è la filosofia dicogamica. È superfluo far rilevare che se le cose stanno così, come i dicogamisti pretendono, la loro teoria è inammissibile, e di- remmo quasi ridicola. Queste asserzioni , che vogliamo credere sono positiva- mente basate sulle esperienze, poichè noi non osiamo contradire le esperienze del Darwin, sulle quali si deve riporre ogni fiducia, sono di una gravissima por- tata, è facile il rilevare, che esse si connettono alla grave quistione della evo- luzione delle forme, sulle quali nei sensi testè esposti, la dicogamia, più che ogni altra causa naturale per quanto intensa, ha una grande influenza. Su queste basi, vien ratto al pensiero la dimanda: Dicogamia e trasformismo in quali termini verrebbero a stare? Ripetiamo quanto dissimo dapprincipio in questo scritto, gli stessi dicogamisti prevedono che la dicogamica deporrebbe seriamente a favore della stabilità delle specie, anziechè alla loro evoluzione. Se le cose starebbero come le abbiamo riferite, in vero è così, le forme, per questa artifiziosa dinamica, passando per tutte le esagerazioni possibili di degeneramento , e di lussureggiamento o di trasformazioni (4) resterebbero in equilibrio. Ma noi non crediamo a questi artifiziosi raggiri, che ci sembrano più che innaturali, a noi la teoria non ci persuade; ma se pur volessimo seguire le deduzioni dicogami- che, ci sembra che la quistione non è neanco ben ponderata. Non crediamo di ingannarci, ma pare che i fatti dicogamici dipendano anzi tutto dai risultati che gli individui vengono ad assumere per la variazione spontanea, onde cre- diamo indispensabile discuterli, pria di accennare alle nostre conclusioni e dire qualche cosa su questo fenomeno che è il punto di partenza di tutte le ulte- riori vicende, alle quali le specie sono condotte pel complesso degli altri feno- meni alli quali stanno soggetti. Pria di passare a questo argomento , concludiamo su ciò che è permesso sino ad ora congetturare su questa famosa teoria Darwiniana. Distinguiamo in prima le prove veridiche dalle induzioni; fiori dicogamici sono stati ritenuti, i fiori proterogini, proterandri, e gli eterostili, (oltre quelli di- cogamici per necessità,) le piante diclini, questi fiori si sostiene che non possono essere fecondati che crociatamente. Respingiamo questa condizione sine qua non dei dicogamisti. Chi non dice che, fiori proterandri e proterogini, non siano fecon- dati dai fiori dell’istesso individuo, i quali possono non avere, ne hanno una fio- ritura sincrona? Certamente tutte le piante che hanno dei fiori numerosi su una spica, un racemo ete., possono reciprocamente trovare gli uni il loro polline su gli stami di altri fiori già sviluppati in basso, sullo stesso asse, se a fiorescenza centrifuga, come il caso delle spiche ete., o centripeta, per l’altr’ordine di inflore- scenze definite del tipo cimoso , ed i proterandri, gli stili sviluppati nei fiori già evoluti. È superfluo dire che la impollinazione tra fiori di uno stesso in- FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 104 dividuo, non costituisce un caso dicogamico, perchè tale deve intendersi il caso. dell’ impollinazione tra fiori di individui separati. Respingiamo anche il secondo caso, la ipotesi dell’alternativa tra la feconda- zione crociata è la diretta. O gli insetti in ogni tempo sono i pronubi, (poichè la loro scomparsa non può ammettersi, che come un fenomeno localizzato e di minima importanza) ed allora stante il fatto capitale della prevalenza del polline eterocli- no, l’autofecondazione non è più possibile, e la trasformazione delle forme sarebbe illimitata, ed è a supporre poi quanto è intensa e rapida; o se si vuole ammettere la prevalenza del polline, e la visita indefessa dei pronubi, ed allora l’ermafroditi- smo non ha più il menomo scopo. Nè luna nè l’altra delle due ipotesi è possibile, tutte due sono ugualmente sopraffatte dall’evidenza dei fatti reali, la sufficiente permanenza delle specie, e le eloquenti adattazioni degli stami ed i pistilli nel ma- raviglioso apparecchio che è il fiore androgino. Stretto così l’argomento, il fatto ca- pitale, intangibile, è uno solo : la prevalenza del polline eteroclino sul proprio. Contradire le prove senza altre esperienze in contrario, é un falso sistema nelle scienze naturali. Ma chi sà, che come nelli fatti delle variazioni delle piante nello stato di cultura, nei fatti dell’ ibridismo, non si debba dire che esso sia vero sotto certe date condizioni e sotto peculiari modalità dipendenti essenzial- Le rapide e profonde modificazioni che le piante subiscono, sottoposte alle energiche azioni dello stato culturale, hanno generalmente fatto valere |’ opi- nione, che i vegetali variano dello stesso modo, se non con l’istessa rapidità, allo stato spontaneo ; tale deduzione, erronea, ha influito potentemente e malaugu- ratamente sul concetto da serbarsi sulla stabilità della specie. La faciltà colla quale il polline di una specie può agire sul pistillo di un altra, mediante gli artifizi, intelligentemente messi in giuoco dall'uomo, ed i ri- sultati del tutto conformi allo scopo che questi si prefigge nella riproduzione, hanno, contrariamente a tutti i fatti naturali, portato a credere, che un tale fe- nomeno, facilmente, giusta per la possibilità con cui si verifica nelle pratiche orticole, accada nello stato naturale. Dell’istesso modo noi crediamo che le asserzioni Darwiniane sul riguardo alla prevalenza del polline eteroclino, su quello dei propri stami, sono vere , e che i fatti da lui diligentemente studiati, frutto di delicatissime esperienze, con- dotte con la guida di un profondo acume, sono assolutamente veri. Però le de- duzioni del Darwin, sembra non debbano essere attendibili, e che la generaliz- zazione di essi, ai processi naturali, per quanto cura l’Illustre Naturalista avesse usato chè le condiziori sotto le quali le sue esperienze sonosi operate, fossero con- formi alla natura, è del tutto ingiustificata. Onde, ci è ragione di credere, che come pel fatto della variazione allo stato di cultura, per l’altro dell’ibridismo, la fecon- dazione crociata non avvenga che sotto quelle condizioni che l’ uomo viene ad usare, le quali non potrebbero del tutto sottrarsi ad essere stigmatizzate di ar- 402 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA tificiali, e quel che più, non del tutto scevre di una prevenzione a favore di quel concetto, che l’uomo si è proposto vedere trionfare. Del resto Darwin ac- cenna ad una prevalenza del polline, nel senso, che i risultati della riproduzione, per la costituzione degli individui, in taglia, in vigorìa di vegetazione ete., sono superiori ai risultati ottenuti dalla fecondazione autogamica. Noi non crediamo aver dovuto rilevare dai suoi detti, che sperimentalmente egli avesse potuto provare che l’ accesso del polline eteroclino, possa precedere quello del polline degli stessi stami. Sperimentalmente questo fatto si sottrae ad ogni prova; in- tanto è questa la condizione essenziale mercè la quale potrebbero verificarsi gli altri fatti, in conseguenza dell’azione preponderante del polline estraneo. Questa è dunque la chiave di tutta la teoria dicogamica. Pertanto i dicogamisti si sono sforzati di ammettere nella fecondazione il concorso degli insetti, condizione sine qua non, perchè il regime dicogamico si potesse spievare, perchè hanno presentito quale insuperabile ostacolo all’accesso del polline estraneo, era stato opposto dalla natura, coi mille stupendi adattamenti dell’androceo che sta inti- mamente collocato presso il gineceo. Gli insetti possono essere tanto solleciti ed accorti da prevenire |’ accesso del polline omoclino? Questo noi non lo crediamo, ed abbiamo esposto sufficien- temente il perchè (1). In conclusione, crediamo potere argomentare che la possibilità della feconda- (1) Il prof. Delpino nel suo articolo, Difesa della teoria dicogamica, a proposito della impollinazione della Pieris hieracioides e dell’Erigeron canadense, dice che le Composte sono eminentemente dicogamiche. Tralasciando di notare lo scambio di pol- line che necessariamente può operarsi per mezzo degli insetti, tra la massa dei floseuli di uno stesso capitolo, che non costituisce un atto dicogamico di sorta, (e che secondo le nostre vedute avrebbe un risultato assolutamente vano) crediamo potere assicurare, stantechè il fatto ci sembra abbastanza chiaro, tanto da esser accertato dietro un esa- me superficialissimo, che le deduzioni di questi fatti depongono decisamente a sfa- vore dell’ opinione del chiarissimo Autore. Sembra in effetto un caso generale che nelleComposte la impollinazione dei floseuliavvenga pria dellaloro deiscenza.Quasisem- pre noi abbiamo visto le logge dell’antere già vuote di polline e tutta la enorme massa di polline appiccicata sulla sua superficie, quando i lobi corollini non si sono ancora, dischiusi. Quando lo stilo per un ulteriore accrescimento si allunga considerevolmente tanto da sorpassare il livello dei lobi e la guaina staminifera, la impollinazione è da lungo tempo avvenuta, e gli stami sono già avviziti. É curioso con quale arte i di- cogamisti giungono a travisare i fatti più ovvî a favore della loro teoria. Si è detto, non sapremmo dire da chi, che l allungamento tardivo dello stilo, la espansione dei lobi stilari è un carattere dicogamico, un adattamento che queste parti assumono per rendersi evidenti alle visite degli insetti. Ci permetteremmo di qualificare queste idee di visionarie. E pur troppo saputo, e sarebbe superfluo rammentarlo, che lo stilo coi suoi peli collettori come Cassini li ha chiamati, è facultato a compiere questo allun- gamento per spazzare la massa di polline che lo stilo trascina, strisciando sulla super- ficie della guaina anterale. I lobi stigmatici non possono svolgersi che in seguito, dopo sorpassata la guaina, ed allora il loro ufficio è compiuto , e se gli insetti con le loro FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 103 zione dicogamica, la prevalenza del polline estraneo, nella pratica artificiale, non implica in alcun modo che lo stesso processo debba necessariamente aver luogo in natura. Tutti i fatti provano in effetti. che a dispetto dell’alto valore teoretico di cui i principii dicogamici sono ampiamente corredati, la natura, coll’ermafro- ditismo addimostra ii nec plus ulra delle disposizioni per ostacolare la fecon- dazione crociata. Per portare un paragone tratto dalla natura inorganica, cre- deremmo a proposito rammentare , che la chimica esperimentale, ogni giorno sotto le precise condizioni che in natura si realizzano, (come calorico, rea- zioni etc.) è giunta a formare le più variate combinazioni tra i varii corpi semplici, che spontanei, potrebbero con ogni giusta previsione, rinvenirsi in na- tura, ma che sinora non pertanto non si conoscono che come prodotti dei la- boratori. i In ultimo se i nostri argomenti sono infondati, se la dicogamia è una legge, se come dicono i dicogamisti, fecondazione crociata e diretta, vengono ad alter- narsi ed a sostituirsi vicendevolmente, giusta quelle artifiziose disapparizioni di insetti, quali sarebbero i risultati di tale processo? I dicogamisti pare o che non abbiano ponderato per bene gli effetti, o che vogliano ingiustamente affig= gervi singolari attribuzioni. Se si presume che da tale regime ne debba nascere l’equilibrio nelle forme, ecco che la teoria viene in aperta opposizione alle grandi conclusioni di Dar- win, alle teorie evoluzioniste , che certamente non possono dispregiarsi. Se co- me pare poi, la dicogamia non possa alternarsi con l’ aito autogamo , e che il voluto ripiego che i dicogamisli forzatamente credono dovere ammettere , per dare un corpo all’ ermafroditismo, non si verifichi, in forza di una continuata fecondazione crociata, le forme dovrebbero subire tale rapida trasformazione e così frenata, che il regno vegetale sarebbe un caos inesplicabile, e tale conclu- sione è un’incoerenza ed in flagrante contrasto con tutti i fatti naturali passati ed attuali. La dicogamia, di un modo o l’ altro sembra che debba giudicarsi uno dei fattori più energici nella evoluzione delle specie, il più potente certamente di tutti gli altri, che agendo in complesso, lentamente e perennemente sugli orga- visite apportassero su di essi del polline, non si saprebbe in verità, cosa questo pol- line potrebbe fare su lo stilo che è già stato fecondato. Sulla famiglia delle Composte molte osservazioni ed assidue dovrebbero farsi. Sarebbe importante ricercare, cosa po- trebbe risultare, per la forma dei fiori così differente, da una fecondazione crociata omo- cefala, e se questa è possibile, le forme dei fiori del raggio e dei discoidei perchè si conser- vano così pure e distinte? non potrebbero esse modificarsi per l’ incrociamento? E la struttura degli achenii periferici, come potrebbe serbarsi così costantemente diversa, se l’incrociamento si verificasse tra le due specie di fiori, ligulati e flosculosi ? Quale significato si hanno nell’economia delle Composte queste forme di acheni?... 104 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA nismi, tendono a modificarne i caratteri. Ha essa un ufficio regolatore, per fre- nare gli slanci della fecondazione crociata, o agendo perennemente, escludendo la autogamia è invece la leva più potente all'evoluzione delle forme? Anzi tutto per rispondere a questi quesiti bisogna considerare i fatti della variazione, di questa facoltà ingenita all’ organismo stesso, e generale, senza la quale la di- cogamia non troverebbe agio a manifestarsi, ed alla quale le grandi teorie Darwi- niane, di lotta per l’esistenza, di selezione naturale sono ispirate. Replicatamente Darwin insiste che la più importante conclusione delle sue esperienze, si è che i beneficii della fecondazione crociata si debbono alla diffe- renza di costituzione individuale. Tale differenza e il risultato della diversità delle condizioni alle quali gli in- dividui sono stati soggetti pel corso di numerose generazioni, o a quella mi- steriosa suscettibilità ingenita ad ogni organismo, che si chiama variazione spon- tanea. I risultati dell’ibridismo, secondo le esperienze di Godron, Naudin, e Nàe- geli da un canto, e dall'altro il cattivo esito, la sterilità più o meno completa, che si dice risulta dalla fecondazione diretta, hanno indotto i dicogamisti a sta- bilire come principio naturale, fecondo dei più valevoli beneficii nella feconda- zione, un jux/um medium tra il grado di affinità sessuale dei due elementi che vengono in contatto, e tale juxtum medium si realizza nell’incrociamento di due individui della medesima specie. È importante precisare le vicende degli individui, quistione capitale per la considerazione, chè è dal complesso degli individui che emerge il concetto del- l'essenza delle specie. Se la assoluta identicità degli individui potesse essere af- fermata, ammettendo possibilissimi i rapporti sessuali tra di essi mediante il concorso degli insetti, questi rapporti sarebbero privi di effetto, destituiti di qualsiasi scopo, e la teoria Darwiniana perderebbe il suo principale appoggio. Ma così non è. I Botanici sono tutti di accordo , che individui perfettamente identici, non ne esistono. Questo concetto è basato sullo studio delle piante cul- turali, non solo, ma anche su quelle spontanee. La scuola recente si è valsa di questo fatto inconcusso, per trarre i più stringenti argomenti a favore della evoluzione delle specie. Altri Botanici convengono del fatto, ma sono ben lon- tani da affisgervi tale grande importanza ed hanno creduto stabilire, ciò nono- stante, la immutabilità della specie. Brevemente accenneremo ai principii che guidano le due scuole. Linneo ed i suoi contemporanei riassumono l'origine della specie ad una creazione indipendente, da un lignaggio primitivo che per successive genera- zioni si è tramandata sino a noi. Ma non ce’ è alcun naturalista che accetti le idee Linneane al giorno d’oggi; ora si tende invece ad ammettere che nelle ripro- duzioni delle forme, a causa della modificazione delli agenti esterni, o siccome FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 105 presumono altri, a causa della suscettibilità degli organismi a modificare certi loro caratteri, per una facoltà innata, le forme hanno potuto divergere dal tipo originario. Quali divergenze vieppiù accentuandosi, col tempo hanno condotto le forme a differenziarsi essenzialmente dai tipi, in modo da assumere carat- teri proprii, da essere morfologicamente considerate come tipi di famiglia, di generi, di specie, a seconda del grado della loro differenziazione. Le opinioni divergono in ciò, che alcuni ammettono una variazione senza limite , altri persistono nel credere che tali modificazioni sono realizzabili in minor grado, e che al postutto, salvo la estinzione di certi tipi per locali vicis- situdini, e la comparsa di certe nuove forme per azioni anche circoscritte e prin- cipalmente per l'isolamento, la primitiva struttura dei tipi non ha potuto can- cellarsi. La teoria del trasformismo venne dapprima formulata da Lamarck nel 1809 (1), che ammetteva addippiù la generazione spontanea, consentendo alla materia, una facoltà che oggi si crede che più non possieda, di organizzarsi in modo, che dalle prime manifestazioni organiche abbiano in seguito potuto pro- venire i tipi più complicati. E su queste basi, più o meno, che Darwin stabilì la sua teoria evoluzionista. Darwin attribuendo le cause di variazione degli or- ganismi piuttosto alle condizioni di vita a cui essi sono sottoposti, che a ten- denze innate, vuole, che queste variazioni si compiano in quel senso che riesce più vantaggioso alla loro esistenza, e siccome ad ottenere questo scopo, non tutti gli individui si trovano ugualmente provvisti, si viene a stabilire una gara, risultato della concorrenza delle forme per realizzare una supremazia in rispetto alle altre, che meno vantaggiosamente adattate, perderanno sempre terreno, si estingueranno, mentre le più favorite persistono, si estendono e sì sostituiscono alle prime. Darwin riguarda l’ origine delle forme come derivativa, e naturale conseguenza delle forze ingenite nell’organismo stesso, mentre la vecchia teoria attribuisce l’origine delle specie, ad un fatto soprannaturale, ed il piano strut- turale dell’attuale vegetazione, il risultato di una primordiale disposizione. Per Darwin , variazione spontanea, lotta per l’ esistenza, selezione naturale, sono le cause feconde di sì grandi risultati, atte a spiegare la tanta varietà nelle forme attuali. E fuori del punto di vista di questo scritto andare più oltre , per di- battere il prò ed il contro di quistioni tanto contrastate; è interessante però discu- tere i fatti delle variazioni, cardine del trasformismo e della teoria dicogamica. Nonostante il parere di Naturalisti profondissimi (2), è assolutamente in- (1) Philosophia Zoologica. (2) Non sapremmo approvare l’opinione manifestata replicatamente dall’Ill. Alph, Del Candolle nella sua opera Géographie Botanique, alle pag. 1091, 1092, 1094, nei se- guenti termini « les espèces cultiveés etant fleribles, c'est une des causes pour les quel- «les on les cultive », e poi; «le mode de formation des races ne nous est connu que Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 14 106 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA incontrastato il fatto che qualsiasi lignaggio soggetto a quel complesso di con- dizioni risultanti dallo stato culturale, non mancherebbe di ripetere la stessa serie di fenomeni che giornalmente ci presentano le piante fruttifere, le piante ortalizie e quelle che sono cadute sotto la mano dell’uomo per l’attrattiva dei fiori (4), val quanto dire, che è positivamente stabilito che qualunque organismo possiede la facoltà di modificare certi suoi caratteri, a seconda del regime di vita a cui è sottoposto, in forza di una suscettibilità ingenita nell'organismo stesso, di flettersi all'influenza degli agenti esterni. Discordano positivamente però le opinioni sul grado a cui può spingersi tale modificazione, chè la facoltà non è uguale in tutti; resta poi del tutto a provarsi ciò che da alcuni viene asse- rito, che tale facoltà è virtualmente posseduta dagli organismi, in modo- chè si potrebbe supporre, che quasi facendo astrazione degli agenti esterni ed ammettendo (cosa certamente difficile a realizzarsi) che tali influenze siano iden- tiche per tutti i riguardi, sopra una data massa di individui, queste modifica- zioni continuerebbero non pertanto ad aver luogo (2). Però bisogna distinguere due ordini di fatti, da un canto quelli che risul- tano dalli esperimenti culturali, dall’ altro quelli che avvengono spontanea- mente in natura ; i primi sono alla portata delle nostre cognizioni ed incon- cussi, giusto perchè dipendono dalle azioni a cui l’ uomo assoggetta le forme nelle pratiche culturali, i secondi sfuggono ad un controllo diretto e sinora l’u- nico modo di giudircarli, pur troppo si è basato sull’ analogia e sull’inferenze più o meno legittime, tratte dai fatti dell’esperimenti della cultura. «dans les plantes cultiveés ou il est aiséè, rapide, à cause de la nature de ces plantes». Quale differenza di fronte alle altre piante, hanno le piante di cultura, se non la sola, di possedere tali pregi per i fiori, per le foglie, per le frutta, da meritare l’attenzione dell’uomo, e di essere cadute sotto la sfera delle sue azioni?! (1) Darwin Variation under domestication. A. Gray. Darwiniana Essays and re- views pertaining to Darwinism. p. 26-27. (2) L'accertamento di questo fatto darebbe un valore decisivo alla ipotesi Darwi- niana, dell’ordinaria fecondazione crociata che si verifica tra gli individui della stessa specie. È troppo esatto, che le condizioni a cui sono esposte gli individui in un dato circoscritto spazio, possono non esser perfettamente identiche. E conosciuta la influenza di una esposizione più o meno scoverta e soleggiata, sulla più abbondante formazione degli strati legnosi nelli tronchi degli alberi di un bosco, tali influenze in altri casi non è dubbio che dovrebbero anco ritrovarsi negli elementi sessuali che acquisterebbero perciò una sufficiente differenziazione, utile per l’azione crociata. Ma in ogni modo, consen- tendo su tutti i punti (niente affatto accertati), per simile ragionamento si dovrebbe presumere che a fortiori quelle specie cosmopolite che per la vasta diffusiune geo- grafica si trovano soggette alle condizioni di esistenza le più eterogenee, dovrebbero assumere considerevoli diversità nei loro caratteri. Niente affatto; sotto tale disparate influenze, le specie si addimostrano per tutti i riguardi tipicamente identiche ! deri dendo quasi la grande importanza che si è voluto ammettere alle influenze delle cause cennate. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 4107 Nella cultura noi proteggiamo le razze favorite contro gli ostacoli che si frappongono al loro sviluppo o mantenimento, noi facciamo agire sui vegetali che ci tornano utili, una specie di selezione artificiale (1) adoperando mezzi energici, la cui portata però difficilmente potrebbe presumersi che spontanea- mente la selezione naturale saprebbe apprestare. Secondo Darwin, nello stato naturale, questa potente leva al differenziamento dei caratteri, ed alla successiva evoluzione delle forme, è suscitata dalla lotta per l’esistenza, che nasce per l’im- pellente necessità, che risentono gli organi, di adattarsi alle condizioni esterne, ed alla svariata serie di cause che risultano dalla concorrenza della massa degli individui che vegetano assieme in uno spazio circoscritto. Gli effetti tanto meravigliosi che la cultura ritrae dalle piante utili all’uomo, sono stati ben dimostrati dal Darwin. Di quella esatta concordanza che passa tra lo scopo che l’uomo nella cultura si prefigge, ed il risultato delle sue pra- tiche, è Darwin che ne dà la più veridica dimostrazione. Supponiamo che l’uomo volga la sua attenzione ad una pianta fruttifera, un pero p. e., i cui frutti per il loro volume, pel loro gusto, meritano a prefe- ferenza degli altri la cultura, le sue cure sono rivolte verso questa tale forma, una rigorosa selezione, tendente a segregarla dall’azione fecondatrice degli indi- vidui vicini, un nutrimento abbondante, tendono a migliorarne i prodotti, fra i quali egli sceglierà quelli più vistosi ; le stesse intelligenti precauzioni var- ranno ancor più a perfezionare i prodotti delle sue culture , queste piante fa- vorite trasmettendo alla progenie, questo nuovo cumulo di qualità, ognor più tenderanno a migliorarsi e a distinguersi dalle altre forme, che meno degne di essere coltivate e favorite, volgeranno ad un decadimento , o almeno reste- ranno stazionarie e molto indietro alle altre , tra le quali la continuata sele- zione artificiale adottando sempre i prodotti più perfetti, alla lunga porterà queste forme al punto di rendersi appena riconoscibili dal resto rimasto ne- gletto. Nel caso del pero, l’uomo ha mirato essenzialmente ai frutti, le nuove - casuali modificazioni vantaggiose che hanno potuto affettare le altre parti nei dati individui, un ampio fogliame, un lusso di corolle, non hanno potuto quivi aver agio di svilupparsi. Di queste nuove modificazioni, l’uomo non aveva al- cun scopo di avvalersi, esse non hanno perciò subìto la selezione, e non hanno potuto perciò seguire la loro evoluzione , ed un maggior perfezionamento; ma altrove, nella Patata p. es., l’uomo ha preso di mira i tubercoli, ogni nuovo mi- glioramento, casualmente verificatosi in qualche individuo su quest’ organo, egli l’ha cautamente marcato, se l’ha appropriato e con l’istesso processo selettivo, i tuberi vieppiù perfezionati, hanno invaso le culture a discapito di quelle meno provvisti che sono caduti in oblio, e rimasti stazionari. E così, se sulle foglie, (1) Alph. De Candolle Géographie Bot. giustamente osserva che è la selezione ar- tificiale che fa le razze. 108 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA come pel caso delle barbabietole, se sui fiori, se sui frutti, in forza del conti- nuato ed intelliggente metodo di selezione, ed in perfetta corrispondenza collo scopo che l’ uomo si è prefisso, i vegetali hanno potuto profondamente subire tali modificazioni, da rendere appena riconoscibili questi prodotti artificiali, dalla stirpe primitiva di cui essi sono la progenie, e da svolgere una infinita serie di forme variatissime, il cui successivo perfezionamento si potrebbe dire non avrà mai fine! In questi fatti è però da notare alcune circostanze di grave interesse. Nella riproduzione delle specie per via gamica, la identità della progenie è una legge che potrebbe dirsi assoluta , ma i prodotti artificialmente ottenuti da un tipo specifico, con molta probabilità, a cagione del crescere promiscuo di differenti varietà, avverandosi fra queste delle fecondazioni crociate, stabiliscesi una fre- quente ibridazione naturale, per la quale i prodotti, per via di semi non sono mai del tutto identici al tipo, ma ne divergono in più sensi, è fra questa pro- genie che si vengono a manifestare casualmente dei nuovi caratteri, che l’uomo nota subito che tornano utili al suo scopo, e che attirano sull’individuo le sue cure, e lo destinano perciò a novelle rapide e più sensibili trasformazioni. Onde la pratica orticola nella moltiplicazione delle varietà ottenute, avvalesi allo scopo di ottenere analoghi prodotti, dalla divisione vegetativa del ceppo, delli gettoni, dei rami, o dell’innesto. Questi fatti accennano da un canto, l’importante prerogativa che gode la specie di fronte alle varietà di cultura, che è la tipica riproduzione per via ses- suale, dall’altro, ciò che massimamente giova alla dimostrazione del nostro as- sunto, una facile tendenza alla acquisizione di nuovi caratteri, venuti su im- provvisamente, che se in questo caso non troverebbero una causa immediata ed evidente nell’ibridazione e nel complesso delle azioni tratte in giuoco dalle pra- tiche artificiali, potrebbero indurre giustamente al concetto del Naégeli, che la causa della variazione è innata nell’organismo , concetto del resto giustificatis- simo, quando si rifletta, che questi caratteri eventuali, improvvisati, vengono a presentarsi anche nelle specie vere, spontanee, ed in tal caso sono trasmissibili spesso alla progenie, fissandovisi definitivamente. Ma qui partecipando del con- cetto Darwiniano, ispirato in questo caso, più all’ azione degli agenti esterni che alla variazione ingenita voluta dal Naégeli, si potrebbe forse dire, che tali va- riazioni sebbene a noi ci giungono inesplicabili, e non ne vediamo la ragione, potrebbero trovare una causa derivativa in azioni che a noi riescono oscure perchè troppo delicate, e perciò sfuggono ai nostri mezzi di osservazione. Questa differenza sembra sia sufficiente per distinguere le varietà dalle spe- cie, tra le quali i Darwinisti dicono non vi sia limite naturale, ma è poi capi- tale quell’ altra che si viene a stabilire tra le stesse, e che si basa sul fatto, che le specie costantemente ed integralmente si riproducono tale quali, sotto qualsiasi sfera di azioni, mentre la stabilità delle varietà (almeno di quelle orticole) FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 109 dipende dalle condizioni esterne. E perciò che gli esempii tratti dalle zucche, cavoli etc., non debbono per alcun verso mettersi di fronte a quelli tratti dalle piante spontanee come Rubus, Rosa, Hieracium, ove si potrebbe credere che si possono riscontrare gli stessi fenomeni dovuti ad una analoga causa di variazione, poichè nei primi la riproduzione genuina delle forme è un problema, mentre nelle forme di Rosa, di Hieracium, ove le tante impercettibili differenze indurrebbero a credere che quivi si tratta di mere variazioni del tutto analoghe ai casi delle piante di cultura ora citate, tipicamente sotto le più eterogenee condizioni , esse si trasmettono per via gamica, al pari delle specie le più accreditate. Con giusta ragione si fa la distinzione tra varietà e razze, poichè queste ne diffe- riscono pel fatto, che riprodotte per via sessuale come le specie, esse danno ori- gine ad una prole del tutto identica ai genitori. I fatti osservati nella cultura, l’ingenita facoltà a variare, la selezione ar- tificiale, in ultimo le fecondazioni che avvengono tra le forme, i cui rapporti deb- bono supporsi al massimo grado intimi per favorirle, queste sono le cause che nel complesso spiegano a sufficienza le prodigiose modificazioni che si verificano nei tipi, subitochè sottoposte alla cultura. Ma questo che succede nella cultura non può esser preso ad esempio per ispiegare ciò che succede allo stato spontaneo. I fatti testè citati smentiscono addippiù il concetto Darwiniano, della illimitata variazione delle forme, che in- giustamente si è voluto appoggiare su di essi, poichè sembra invece che debba dedursi: che rapide e profonde per quanto fossero le trasformazioni, esse hanno un limite fisso al di là del quale esse non si spingono. Quali prove più con- vincenti infatti del limite che è posto alla mutabilità delle forme, non si hanno, nel considerare quali azioni intense e complicate sono state imposte per ripe- tute e ripetute generazioni, senza che esse fossero riuscite per anco a fondere le caratteristiche che passano tra un Pomo ed un Pero, nè a cancellare quelle mi- nime differenze che passano nella struttura degli organi delle varie specie di Pomacee che tipicamente si riproducono inalterate, confermando quel concetto intangibile dell’essenza specifica e del valore generico dei gruppi! Nello stato spontaneo nessuna delle potenti cause alle quali abbiamo ac- cennato, ha ragione di esercitarsi. La diversità di climi, di elevazione, di espo- sizione, di suolo, influiscono a modificare in certi sensi gli individui. Tali mo- dificazioni però non sono stabili e come nelle varietà orticole, esse spariscono tosto- chè le cause che l’hanno prodotte vengono a cessare. Esistono non pertanto delle varietà fisse che si riproducono francamente come le vere specie, ma quest’istesso carattere sembra che debba se non morfologicamente, fisiologicamente di certo, farle ritenere come specie. La impossibilità a segregare le nuove qualità ca- sualmente acquisite da certi individui a farvele fissare dell’ istesso modo, co- me artificialmente si fa per le razze domestiche , questo è il maggiore osta- colo alla formazione delle varietà o razze spontanee. Darwin ha maestrevol- 410 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA mente esposto quali altre cause agiscono spontaneamente per effettuire questi stessi risultati che più o meno si verificano nella cultura. La lotta per l’esistenza costringe le forme ad una selezione spontanea e naturale, cause lentissime che è facile prevedere però che in lunghissimo spazio di tempo daranno i loro effetti. Però gli antagonisti alla teoria Darwiniana mettono in dubbio la lotta a cui il grande naturalista accenna, e queste obiezioni non sono vane, poichè effet- tivamente i fatti provano piuttosto, che la lotta che in natura verrebbe spesso a stabilirsi, anzichè tra individui di una medesima specie, avviene tra organi- smi eterogenei di differente struttura. Perciò, se da un lato coll’ipotesi Darwiniana mirabilmente si viene alla più chiara intelligenza di una serie di fenomeni altrimenti inesplicabili, quali sono i mirabili adattamenti degli organi, all’ esigenza risultanti dalle condizioni di vita ete., (quali fatti costituiscono i più stretti paralleli con i fenomeni di adat- tamento allo scopo prefisso dell’ uomo nelle piante di cultura) dall’ altro lato, l’evoluzione delle varietà, la loro limitata cerchia , la istabilità di esse, e la re- versione al tipo originario , sono tutte ragioni che pesano contro all’ ipotesi Darwiniana e che ci conducono alla conclusione, che i fatti spontanei, non pos- sono giudicarsi per analogia con quelli di cultura, e che in massima parte essi ci restano inesplicati. Se abbiamo creduto dilungarci, sulla storia delle variazioni, non l’abbiamo fatto che per riuscire con maggiore probabilità di convincimento, alla conclu- sione dell'argomento che è quì trattato. Il juztum medium nella affinità sessuale, perchè si ottengano i migliori effetti, è rappresentato dalla differenziazione che passa tra gli individui dello stesso tipo specifico , i quali compiono l’ atto che si vuole tanto ricco di effetto: la fecondazione crociata. Ammettiamo che tutte le asserzioni dei dicogamisti fossero esatte, che in una massa di individui in istretto consorzio (4), la differenziazione presenti quel juztum medium utile al- l' incrociamento. Quali sarebbero i risultati di tali rapporti, per |’ evoluzione, delle forme? Che essi debbono avere un grave risultato , da tutti si conviene , ma quale questo sia, pare che non si abbia saputo ben precisare. I dicogamisti fanno intervenire una serie di processi, della cui difficoltà teorica e pratica più oltre fecimo allusione, l'alternanza tra un’interpellata fecondazione crociata (1) È necessità ammettere questa precisa condizione per spiegare le ipotesi Dar- winiane, perchè le differenze degli individui manifestatisi in un punto molto distante sarebbero vane, o almeno utili per quelli dello spazio stesso, stante la difficoltà alla im- pollinazione che gli insetti sarebbero destinate a compiere. Questa condizione però porta a pensare ad una circostanza che si dovrebbe ritenere poco d’accordo coll’ipotesi di- cogamista. Infatti si potrebbe supporre che sotto le più identiche condizioni, in ri- stretto spazio, gli individui non avrebbero agio a potere attingere un grado di differen- ziazione tale,da rendere utile a qualche cosa l’atto crociato. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 444 e diretta, e quest’ultima come un ripiego, secondo taluni, come un atto subor- dinato se vuolsi, alla legge prevalente e naturale, ma indispensabile secondo tali altri, perchè è un freno provvidamente stabilito all’ escandescenza a cui le forme sarebbero portate per una continuata e lunga serie di incrociamenti. E tosto che tale interpetrazione si è data all’ atto autogamo alcuni non credono potere disconvenire che per necessità di logica, il finale risultato che si verifi- rebbe in natura, si è to stato di equilibrio delle forme! Molti dicogamisti in ef- fetti hanno confessato coscienziosamente che la dicogamia è contraria alla teo- ria trasformista , è favorevole piuttosto alla vecchia teoria della stabilità delle specie. Ed a noi sembra che seguendo il corso delle idee Darwiniste tale conclu- sione è inevitabile. Esse convengono infatti; 4. Che la fecondazione crociata ha ragione di essere, perchè essa è il mezzo pel quale gli organismi attingono nuovo vigore, e che l’autogamia condurrebbe alla deperizione delle forme, sarebbe loro fatale alla lunga. 2. Non credono dovere escludere però quest’atto tanto ripro- vevole, che vogliono si eserciti eventualmente, a fine di riparare è dunni gra- vissimi della mancata azione deì pronubi. Ciò posto, al punto di dovere sincro- nizzare queste due azioni di un effetto così disparato ed inevitabile, si conchiude, che un solo atto di autogamìa frena lo scompiglio causato dalle continue fecon- dazioni crociate, e si ha poi la cura di affermare nell’istesso tempo, che stante il grave danno che poi avverrebbe per la fecondazione diretta (continuata per quelle ragioni di sciopero più volte accennate), per un effetto magico in vero ! un atto solo della fecondazione crociata ha la potenza di ricondurre tutto nel- l'ordine primitivo (4). Chi non vede, che da queste due forze antagoniste, capaci di effetti diame- tralmente opposti, ugualmente potenti e sempre in lotta, debba nascerne un equilibrio che tende a mantenere le forme vegetali stazionarie , immutate?! E che questa uniformità annullerebbe da un canto tutti i vantaggi che nel concetto filosofico e nella pratica applicazione dei principii dicogamici i fautori della nuova teoria giustamente si aspettano , togliendo ogni valore ai fatti da loro invocati, perchè il loro fine è frustrato e le loro combinazioni messe in sbara- glio? Dall’altro canto, esse positivamente si mettono in completo disaccordo con l’altra serie di teorie evoluzioniste, che per i grandi principii Darwiniani, veri o non veri, selezione naturale, lotta per l’esistenza, hanno costruito la più fe- lice ipotesi sul grande problema della origine delle specie. Francamente, checchè ce ne potrebbe tornare, diciamo che l’ incongruenza dei ragionamenti dicogamici è flagrante! (1) Delpino Difesa della teoria Dicog. l. c. (2) Parole testuali ripetute da tutti i Dicogamisti e sparse per ogni dove nei trat- tati dicogamici. 112 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA Noi non possiamo qui fare a meno di affacciarci ad altro argomento posto avanti da un illustre scienziato, il Naudin, che militando in una schiera contra- ria alle teorie moderne, scriveva sul proposito dei fatti di ibridismo, da lui tanto profondamente studiati, che il trasformismo è la negazione della eredità (A). Noi siamo ben lontani dal dividere la opinione di Naudin, e crediamo che questa grande forza , l’ eredità, che è il carattere precipuo di cui per la riproduzione sessuale è ispirato ogni organismo, ed il trasformismo, o a dire più esattamente, la facoltà, ingenita o no, che questi hanno a mutare certi caratteri, vanno ben d’accordo, non solo, ma anzi crediamo che una volta convenuti della possibilità della comparsa di nuovi caratteri in dati individui, l’unica ragione che spiega la loro fissazione e la trasmissione, è l’eredità. Il sig. Naudin intende, ciò dicendo negare forse la facoltà della comparsa di nuovi caratteri, o almeno non crede che queste nuove qualità possano trasmettersi alla prole. È questo veramente il caso ordinario e naturale, che non contradice però una serie di fatti accer- tati, dove a dispetto della legge dell’eredità, che obliga la prole a rivestire tutte le fattezze dei genitori, per generazione gamica o vegetativa, anche spontanea- mente vengono sù, certe date forme, che spessissimo riproducono per legge di ata- vismo i caratteri di lontani parenti, altre volte dei nuovi caratteri che gene- ralmente non sono trasmissibili, e per reversione, in forza della legge di eredità la forma torna al tipo originario, o altre volte per questa stessa forza i carat- teri vi si consolidano e si perpetuano, vieppiù rendendosi ereditari. È questo il processo negli ibridi, la cui viabilità nello stato spontaneo è nulla, e nelle pratiche artificiali più che problematica, ma non v'ha dubbio che questi stessi fatti avvengono con maggior facilità nelle razze, ove i caratteri sono trasmissi- bili e stabili fintantochè le condizioni esterne perdurano. Acciò le trasformazioni si compiano, i Darwinisti non possono fare a meno, giustamente, di invocare la forza ereditaria, che permette a queste di perdurare. Se al postutto, esaltato al rango di legge naturale. ed invocato come spiegazione all’origine delle forme , il trasformismo, spinge con non minore ragione il si- gnor Naudin ad esclamare all’impossibilità di concepire che tale caos possa esi- stere in natura (2) sotto tale regime, ciò non pregiudicherebbe i fatti testè di- mostrati che sono i veri; su questi poi la teoria Darwiniana, dando larga am- missione alla variazione, concedendole una facoltà illimitata niente affatto giu- stificata (3), ha accampato una serie di ipotesi, alle quali non a tutte è stata concessa piena sanzione. (1) Variation desordonnée des hybrides. Ann. Sc. Natur. (2) Naudin. l. c. (3) Vedi Sachs. Lehrbuch von Botanik, trad. Ph. v. Tieghem, ove quest’ Egre- gio scrittore fervido Darwinista, conviene che l’ipotesi ingiustificata su cui il Darwi- nismo è fondato, è precisamente l’illimitata variazione che si è voluto accordare alle forme organiche. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 143 Come già dissimo, altri dicogamisti hanno creduto convenire, che la dicoga- mia è contraria alla trasformazione delle forme. Noi non crediamo neanco esatta questa previsione. Dopo quanto abbiamo creduto riferire sulle variazioni, svol- giamo il nostro concetto sull’ipotesi più probabile a cui condurrebbe la teoria dicogamica nei suoi risultati pratici e finali. Immaginiamo una specie costituita da una massa di individui, tra i quali non esiste una perfetta identità , bensì quel grado di differenziazione che per- metterà di riconoscere non pertanto, che essi appartengono ad un medesimo tipo specifico; conveniamo infine che fra questi, secondo le vedute dicogamiche, passa quel juxtum medium utile alla impollinazione dicogamica, e che questa si av- veri per via degli insetti, giusta le stesse previsioni. É facile il supporre quel che deve risultare da questa condizione di cose. Gli elementi sessuali differen- ziati vengono in contatto, un terzo individuo sarà il risultato di questa fecon- dazione crociata, quale individuo non può che partecipare dei caratteri del padre, e della madre, vuol dire che accumulerà in sè quei due contribuiti di differenze, minime se vogliamo, che distinguevano i due individui, ed in grazia alle quali questa fecondazione potè compiersi. Tralasciamo di osservare a qual grado è mar- cata tale divergenza dal tipo primitivo, e mettiamo da banda le considerazioni, di quanto tempo fa bisogno perchè un terzo tipo venghi a formarsi, il quale differisca già sensibilmente dai genitori e ancor più, come è naturale il sup- porlo, da quel tipo d’onde questi cominciarono a divergere. Sarebbe facile il supporre, che se tali rapporti si conserverebbero in questo grado di semplicità, tra i due individui presi in esame, ed escludendo l’ingerenza di ogni altro rap- porto con altri individui, alla lunga i prodotti di tale unione, rapidamente do- yrebbero assumere notevoli differenze dalle forme originarie. In un grado ben molto più lento, in proporzioni molto più miti, sotto gli auspicii della più per- fetta legittimità, questi rapporti sessuali tra gli individui, tali quali voluti per la fecondazione crocia!a, potrebbero per tutti i riguardi, con le dette riserve, ben paragonarsi a quelli, che eccezionalmente, contro ogni legge naturale, accadono tra le specie, per l’ibridazione. I varii risultati dell’ibridazione stigmatizzano questo processo illegittimo, i cui effetti sono contro natura, e perciò i dicogamisti per- sistono tanto più a ritenere che il juxtum medium, e tutte le garanzie per la fi- nalità del principio filosofico annunziato dal Darwin, si realizzano nelli rapporti tra gli individui. Però queste previsioni che sembrano al postutto tanto differenti e nell’a- zione e negli effetti, da quelli cagionati dall’ ibridazione, pur troppo sembrano tali nell’apparenza, ma non lo sono nella sostanza, se considerasi pacatamente come il processo potrebbe praticamente svolgersi. Ci aggiriamo sempre in un caos di ipotesi, ma fra queste, devesi avere il tatto, 0 la coscienza, di ammettere quelle più possibili. Nella massa degli individui, tra tutti quelli che chiaramente accusano una identica essenza specifica incontestata, la fecondazione crociata è Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 15 114 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA possibile, e se si ammette che avvenga in un caso, per una coppia di individui, per necessità si deve supporre, che possa aver luogo, promiscuamente in ogni tempo, e senza alcun ordine, fra gli altri individui viìcini; tanto più che questa è lasciata in balìa agli capricci degli insetti incoscienti. E siccome risulta da tutte le notizie (4), che le variazioni di un tipo non avvengono tutte in un senso, ma invece, che simultaneamente o successivamente, una forma specifica dà luogo ad un numero variabile, spesso grandissimo di varietà, (2) è facile il supporre che anzichè semplice quel rapporto sessuale, stabilendosi fra una serie di individui, risulti perciò dei più complessi ed intricati. Onde ad una causa per sè stessa più che sufficiente ad alterare profondamente le forme specifiche, ne segue per necessità un’ altra, in forza della quale un crociamento promiscuo inevitabile tra la massa degli individui, introdurrebbe negli organismi il più grave disordine. Aggiungasi , che tale malaugurata confusione non sarebbe limitata in un solo campo, o ad un circoscritto poggio; la vasta diffusione delle specie , l’illi- mitata area di vegetazione di molte altre, darebbe luogo nelle loro rispettive stazioni, alla ripetizione delli stessi fatti, i quali stante la diversità delle in- fluenze che hanno dovuto agire in ogni luogo, ed alla legge ogni dove preva- lente della diversità dei prodotti causati dalle variazioni, creerebbero in ciascuno, nuovi tipi, fra i quali alla lunga si potrebbe presumere che ogni legame mor- fologico e di affinità, dovrebbe scancellarsi. Ora allorquando noi consideriamo nelli varii luoghi la specie, (confronto in vero reso impossibile, perchè stando così le cose , ogni affinità nei lontani rappresentanti dovrebbe essere distrutta) noi dovremmo aspettarci difficilmente a riscontrare tra di esse la menoma analogia; invece è pur troppo vero che sotto le più disparate condizioni di esistenza, i rappresentanti di ogni stirpe ci si pre- sentano sotto l'impronta della più perfetta identicità. A tali gravi inconvenienze gli dicogamisti si hanno dovuto certamente af- facciare, essi han dovuto prevedere che la conclusione del loro sistema, li dovea portare inevitabilmente, all’amalgamazione delle forme, se non alla loro cappric- ciosa e profonda trasformazione, senza limite nè direzione. In vista di ciò, eglino hanno avuto ricorso all’eventuale azione degli stami omoclini, risuscitando l’au- togamica fecondazione, come un punto di riparo, un ripiego, un freno ai prepo- tenti effetti dell’inerociamento ed alla sua corsa vertiginosa. Ma dell’insussistenza di quest’ ipotesi ne abbiamo lungamente discorso. Quale estrema potenza non si verrebbe a concedere in effetti, alla autogamia esercitata eventualmente per casi fortuiti, nell’ammettere che un solo atto di questo genere potrebbe distrug- gere tutti i gravi effetti dell’incrociamento? E la forza della eredità dei carat- (1) Vedi Sachs. Traité de Bot. trad. Ph, v. Tieghem, p. 1080. (2) Sachs 1. c. parla delle varietà delle Dahlie, benchè applicata alle piante orticole, la stessa osservazione può estendersi alle piante spontanee, e non solo alle varietà già spiccate, ma anche alle prime divergenze individuali che presenta una specie. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 1415 teri, la loro tenace persistenza , cederebbero di fronte ad un’ azione sì debole, che tale dovrebbe ritenersi quella degli stami inoperosi per tanto tempo, che invero, ci dovremmo aspettare, seguendo le profonde teorie di Darwin stesso, a vedere caduti in disuso, e perciò inetti e rudimentarii? Tale dinamica di forze sprecate, quest’altilena capricciosa, questo filo di Arianna svolto in un giorno per disfarsi in un altro, non ci persuade; molte ragioni positive, uniformemente accettate, come le forze di eredità, l’ estrema antichità delle specie, l'identità di struttura nei suoi più minuti dettagli, in quelle specie sparse sotto le zone le più diverse etc., sono i dati più sicuri, che escludono de- cisamente le ipotesi dicogamiste. Abbiamo combattuto sinora la dicogamia colle stesse armi di cui si è av- valsa per distruggere la vecchia teoria autogamica, abbiamo procurato rivolgere contro di essa gli stessi suoi argomenti. Le nostre discussioni non si sono ri- volte al principio per cui essa teoria potrebbe aver ragione di esistere, perchè esso in astratto ha un'alta portata, ma abbiamo tentato di dimostrare che per farlo prevalere, i Darwinisti hanno dovuto opporsi ad una serie di fatti che chia- ramente accusano che la pratica naturale al postutto non ha creduto elevarsi all’altezza dei loro concetti. Sormontare queste valide barriere è stato uno sforzo potente, che i dicogamisti hanno fatto, ma con un esito più che dubbio. In questi due ultimi capi resterebbe a discutere due quistioni, quella dei nettarii, e quella dei fiori cleistogami. Di tutte e due, i dicogamisti ne hanno fatto punto di ap- poggio capitale per la teoria. Nella prima parte di questo scritto noi ci siamo stret- tamente avvinghiati al fatto più importante, ed il solo, la cui eloquenza non può essere misconosciuta, l’ermafroditismo. I Darwinisti sono andati in cerca della fi- nalità delle cause; noi stessi ci siamo inspirati appuntino a questo concetto lo- gicissimo; ogni adattamento debbe avere il suo fine; ma anzichè incominciare dal- l’incerto, e procedere poi per induzioni azzardose, là ove una guida sicura fa difetto, abbiamo preso per punto di partenza per le nostre deduzioni, i punti certi. Il risultato delle ricerche e le conclusioni evidentemente debbono essere più esatte seguendo tale sistema, e la prova se ne ha nel bel lavoro testè edito dal G. Bonnier sui nettarii (4) ove con mezzi pratici, e non astratti, si riesce a trovare un fine a questi fenomeni, ed una utilità immediata, un impiego diretto nella economia vegetale. Fiori cleistogami. Linneo ed i primi Botanici non affissero alcuna impor- tanza a questi fiori che chiamarono clandestini; ma coll’introduzione della teoria dicogamica, le ricerche dei suoi fautori caddero su questi fiori, e un grande si- gnificato vi si venne a scoprire. La natura avea riserbato a questi, la facoltà di (1) G. Bonnier. Sur les Nectaires ann. Sc. Natur. 6 Ser. Vol. 8, ann. 1878. 116 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA potere produrre eventualmente dei semi, risultati da una fecondazione stretta- mente autogama, e Darwin sul loro proposito credè affermare questo concetto in questi precisi termini : « Lo scopo della fruttificazione (notisi bene) può essere « attinto con una certezza incomparabilmente maggiore, per la fecondazione diretta, « che per 1’ unione sessuale di elementi appartenenti a due fiori o a due piante « distinte, però questo fatto sta in antagonismo con un altro fatto, non meno evi- « dente, che è l’apertura dei fiori. E vero si dice che per la stretta contiguità delle « antere con l’organo femineo, si potrebbe credere che il fine precipuo della na- « tura si fosse quello di ottenere una fecondazione diretta, ma se questo fine si « fosse proposto la natura, essa avrebbe potuto raggiungerlo con maggior garanzia, « facendo che i fiori restassero completamente chiusi, evitando così le tante dannose « ingerenze degli insetti, degli agenti esterni, come la pioggia,i vénti, che avrebbero « potuto sciupare il polline.» Addippiù si conchiude, l'enorme produzione di polline nelle antere è un fatto che depone a favore della fecondazione crociata. Posta in tal modo la quistione, i dicogamisti doveano venire alla conclusione che i fiori aperti erano fatti per la fecondazione crociata, e che quelli esclusivamente autogami erano quelli chiusi. Tutti i fiori perciò, meno dei cleistogami erano dicogamici. Allora si venne a tessere una serie di antitesi fra i due. Nel caso dei fiori clei- stogami la corolla è ermeticamente chiusa, manca in questi la secrezione nettarife- ra, la emissione di odori, il vivace colorito della corolla, caratteri tutti fatti per la fecondazione crociata, per attirare gli insetti, proprii dei fiori aperti. In ultimo, i dicogamisti di accordo hanno convenuto, che i risultati della fecondazione auto- gama dei fiori cleistogami sono favorevolissimi, dando una progenie di perfetta costituzione. In nessun caso i dicogamisti hanno tanto improvvidamente ceduto alla manìa di interpetrare dei fini e di scoprire degli adattamenti favorevoli alla loro pre- concetta teoria, quanto nel caso dei fiori cleistogami! Qui decisamente tra- scinati da tale foga, essi lasciano il terreno dei fatti naturali, e con ipotesi tra- scendentali ci trasportano nel campo arido della metafisica e del soprannaturale. Qui si giunge sino a transigere colle proprie convinzioni, quando si fanno tali ragionamenti, da insinuare l’idea tanto peregrina, che nella formazione dei fiori cleistogami, ci sono dei sensi di economia, di premunizione, contro certe vicende probabili. Quali sentimenti neanco ci è dato supporli negli animali più perfetti dopo l’uomo. E superfluo il far rimarcare che il ragionamento Darwiniano è stabilito su una base falsa, o almeno è di una rimarchevole singolarità. Si dice che se i fiori fossero stati fatti per la fecondazione diretta, essi avrebbero dovuto essere chiusi (4). (1) Il carattere dicogamico principalissimo e generalissimo è la deiscenza dei fiori. Vedi Delpino, Difesa della teoria dicogamica. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 117 Delpino aggiunge che il carattere più essenziale della legge dicogamica è l’essere i fiori, in modo universale, aperti, là ove la dicogamia non ha luogo ad eser- citarsi, ecco che eccezionalmente la corolla vien meno, e si cita la mancanza di corolla nei fiori idrofili ed anemofili. Ma il ragionamento Darwiniano, dicendo che la natura avrebbe dovuto fare i fiori chiusi, se si proponeva la autogamia è stranamente astratto! Noi non possiamo trattare i fatti naturali che su ciò che essi sono, se vorremmo discutere su ciò che essi avrebbero potuto essere, della possibilità delle cose che essa avrebbe potuto creare, non vi sarebbe più limite alla ipotesi. Chi potrebbe presagire quale avrebbe potuto essere la struttura dei fiori, se non fosse stata quella che attualmente ci offre?!! Con quali argomenti apodittici si potrebbe provare che la natura, ancorchè avesse avuto bisogno di popolare la faccia del suolo, di specie vegetali, con un processo riproduttore af- fidato alla fusione di due elementi differenti, ai quali noi diamo l’attributo di sessi, avesse dovutto ricorrere alla formazione di un fiore ? I dicogamisti cre- dono di ragione, fondandosi sui fiori cleistogami, supporre, che i fiori autogami dovrebbero esser chiusi; noi crediamo inevitabile l’osservare in questo caso che volendo non frapporre limiti al grado di eccellenza a cui la natura può arrivare, questa al pari che coi fiori, se non in modo superiore, avrebbe potuto riuscire allo scopo della creazione di individui simili alli genitori, in tanti diversi modi, e chi sa, forse ugualmente bene, formando qualche cosa, che con organi ben diversi nella forma, nella sostanza ed in tutto il resto, potendo riuscire a vegetare dentro il suolo stesso, avrebbe maturato là stesso i suoi corpi riproduttori, che sareb- bero stati in tal modo sottratti a tutte le influenze dannose degli agenti esterni. Ma lo scambio degli elementi sessuali, principio essenziale voluto dalla natura, in qual modo operarsi ? Però, alla onnipossente natura avrebbero mancato mezzi perchè anche sotterra tale fenomeno si verificasse ?... Ma infine, precisiamo lo scopo dei fiori cleistogami. Quale si è? Si dice che la natura ha voluto realizzare i suoi fiori con il minor possibile spreco di forze; ma tutt’ altro sistema questa usa nelle sue creazioni, e in tutti i suoi atti, al contrario, si osserva uno sfoggio prodigioso di sostanze per la formazione di certe parti, che quasi superfluamente presentansi nelle minuziose strutture degli organi fiorali, e l'abbondanza di queste, la profusione di semi prodotti, tutto mostra al contrario, il lusso col quale la natura procede nelle sue opere. Ma al postutto consentiamo al ragionamento dei Darwinisti, salvo a rico- noscere ai fiori cleistogami un fine più legittimo e più positivo. Questi fiori son fatti per la fecondazione diretta, le piante che ne sono fornite sono vantaggio- samente dotate per riprodursi per questa via, nelle evenienze che potrebbero con- trariare la fecondazione dei fiori casmogami crociatamente. (1) Vediamo quanto (1) Delpino I. c. 118 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA la natura ha saputo profittare di questo vantaggio che si è potuto realizzare; quanti sono queste piante così favorevolmente costruite? Davvero è derisorio il progresso che essa ha fatto su questa via!Secondo Kuhn e Darwin in 55 casì appena si è notata la esistenza di fiori cleistogami !... E d'uopo però tener presente che da un canto i dicogamisti, sostengono come fatto principale che la natura aborrisce le perpetue autofecondazioni, perciò non sono impressionati dallo sparutissimo numero delle piante cleistogame, nè potrebbesi aspettare che la natura con maggior frequenza avesse permesso la formazione di questi fiori, perchè allora mercè la sicurezza della loro riprodu- zione autogamica, questo principio avrebbe acquistato tale generalità, da compro- mettere seriamente l’altro, che i dicogamisti esaltano come il più vantaggioso alla riuscita della specie. In ogni modo, è evidente però che i dicogamisti cadono qui in flagrante contradizione; poichè o si conviene che i fiori cleistogami ap- punto per il loro scarsissimo numero, non meritano nei fatti biologici alcun valore, e son ben lontani perciò da avere quel fine che i dicogamisti loro attribuiscono, ed allora non debbono porsi in antitesi colla generalità dei fiori aperti, nelle funzioni fisiologiche della riproduzione; o se si consente a questi fiore un fine, una ragione di essere, e perciò una funzione importante a disimpegnare, ed allora si con- verrebbe che la fecondazione autogama, è di necessità in natura,e un atto di cui essa non potrebbe fare a meno, e quindi mal si comprenderebbe, perchè la natura sia stata così avara nell’accordare tale vantaggioso apparecchio, solo a qualche specie in uno sparuto numero di gruppi naturali. Alla fine, nonostante che dei fiori cleisto- gami si è fatta la pomposa antitesi con i fiori casmogami, nonostante che si è cercato scoprire una superiorità nei prodotti, rispetto alla generalità dei fiori, pare che a quelli non si creda affiggere una grande importanza, siccome noi abbiamo creduto rilevare; infatti se il Delpino crede che la trasformazione in fiori cleistogami si è fatta in vista di assicurare la produzione di semi, nelle vicende ostili che potrebbero ostacolare la dicogamia, Darwin quasi a ritroso accetta tale interpetrazione, e suggerisce la singolare opinione, che la produzione di un certo numero di semi, senza uno sfoggio di forze vitali ed uno spreco di ‘iaterie nutritive, sia stata la ragione probabile della esistenza dei fiori cleisto- gami (4). Accennammo più avanti alla incongruenza di tale ipotesi. Fa meraviglia che queste ipotesi sterilissimi del Delpino e di Darwin abbiano potuto convincere certi autori al punto di esclamare : « Oh! preveggenza ammirevole! non è più «dunque la necessità che crea l’organo, è in vista di una probabilità che esso a si trasforma (2). » Queste in vero, sono convinzioni che sta ad libitum di ogni (1) Darwin, Formes des Fleurs. (2) Ciò si legge nella prefazione al lavoro sudetto del Darwin; in seguito lo stesso plagiatore aggiunge « non è questa la più meravigliosa adattazione, quella del pre- sente per un futuro incerto ? » FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 4149 personalità il nutrire, ma che certamente la generalità dei naturalisti deve trovare strane e ripudiare. Chi potrebbe a piè pari permettersi di saltare sui legittimi fatti naturali, per ingolfarsi in un campo di supposizioni tanto gratuite, quanto quelle di attribuire ai vegetali, qualità di economici sentimenti, di preveggenza, che toccherebbero i limiti del soprannaturale e dello strano ? A nostro senso è inevitabile la conclusione, che i fiori cleistogami non hanno alcun fine speciale nelle fasi biologiche della riproduzione per le seguenti ragioni : 4° L’osservare che tali fiori si riscontrano in certe date famiglie come Le- guminose, Scrophulariacee, Acantacee a preferenza, e con particolarità in questi tali gruppi a corolla gamopetala irregolare, quasiechè il fatto avesse una con- nessione (il cui indole difficilmente si può prevedere) colla struttura di questi tipi fiorali. 2° L’osservare che questa trasformazione si avvera interpellatamente e sotto certe date condizioni di esistenza, in connessione colle condizioni locali del suolo e di stagione, in modochè una pianta può dare fiori cleistogami per certo tempo, e poi far sosta per tornare da capo. Queste cause efficienti sfuggono sinora alle nostre ricerche. 3° Che le piante hanno fiori cleistogami e fiori normali nel contempo, ciò che esclude la probabilità che la esistenza dei primi si avveri per il fine di sopperire alla mancata riproduzione per parte dei secondi, pei quali la mancanza degli insetti tanto preconizzata dai Darwinisti, non sarebbe una ragione di sorta nell’impollinazione, almeno in quella che si ammette crociata, perchè in tal caso come i dicogamisti credono presumere, l’azione degli stami omoclini subentrerebbe, per riuscire anzitutto allo scopo precipuo della riproduzione e comunque essa si voglia. E nostra opinione che bisogna studiare meglio queste trasformazioni fiorali. Per ora ci permetteremmo ricordare certe circostanze che potrebbbero accennare forse alla via retta per sciogliere questa quistione. I fiori cleistogami se mal non ci sovveniamo, stanno sempre nelle infime parti del fusto , in molti casi quasi sfiorano sul suolo. In questi fatti bisogna distinguere due cose. Se non per tutti, certo per una gran parte, gli effetti sono dovuti a cause inerenti al- l’organismo, questa trasformazione verificandosi per spostameuto di corso negli umori, per anormalità nello sviluppo degli organi che giusto perciò è impossi- bile precisare, molte altre modificazioni nelli organi di tali fiori sono subordi- nate all’azione primitiva e derivate da questa causa originaria; esse sarebberò puramente meccaniche , e per quanto importanti sono gli effetti, essi possono essere menomati se non nei risultati almeno certamente nel fine fisiologico , perchè dipenderebbero da cause palpabili immediate che cadono sotto i nostri sensi, e perciò dovrebbonsi ritenere spoglie di qualsiasi ispirazione provvidenziale. Le cause dalle quali deriva la trasformazione di questi fiori, difficilmente possono spiegarsi. Però si possono, come dissimo, notare delle circostanze che 120 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA tendono a fare un po’ di luce su questi fatti. E pria che la generale tendenza dei sostegni fiorali verso il suolo viene a manifestarsi, per un fenomeno speciale di geotropismo, che la corolla già è rudimentaria, che gli stami per conseguenza, sono anch’ essi ridotti nelle fproporzioni e ciò maggiormente nei tipi corol- liflori che nei tipi polipetali. L’ ovario non sembra alterato nei suoi caratteri essenziali, sebbene lo stilo e lo stigma pare che siano ben lontani dal presentare la forma normale. Or bene, questi sono i caratteri assunti da cause ingenite nell’organismo stesso, gli altri sono derivati, e conseguenza necessaria di questo stato acquisito. Così, se la corolla è scolorata, ciò proviene dal fatto primo, della sua reclusione e della sua riduzione, se gli stami sono ridotti ciò è anche causa del primo fatto, la mancanza di secrezione nettarifera, di emanazioni odorifere, tuttociò non è sempre la conseguenza dell’unico fatto accennato ? La secrezione vien meno perchè le condizioni termiche, che tanto influiscono sù questi tessuti, non possono agire come nei fiori aperti; per gli odori lo stesso ragionamento può farsi valere, l’esalazione delle particelle volatili senza dubio che è in istretta dipendenza, dalle cause esterne di temperatura; in modochè, una sola è la causa che produce tanti effetti, e se si tiene presente che in molti casi i fiori cleisto- sami per effetto della loro prossimità col suolo, verso il quale i peduncoli fiorali per una causa misteriosa tendono tanto più a svolgersi o a sotterrarsi, come nei molti fiori di tanto Leguminose detti amficarpi o generalmente clandestini , si addiverrà, che una causa puramente meccanica influisce per impedire ogni ul- teriore sviluppo della corolla, poichè un ostacolo materiale vi si oppone. Così es- sendo, la volta della corolla premendo sulli organi sessuali, tende ad impedire il loro accrescimento e perciò gli stami non avranno agio di svolgersi comple- tamente, e lo stilo e lo stigma, per la compressione potranno crescere in modo affatto anormale, senza che nè l’uno, nè l’altro dei due organi genitali perdano la essenziale qualità di potere completamente e coi migliori risultati compiere l’atto sessuale, al quale per la normale struttura fondamentale di essi può seguire e segue.una normale produzione di semi ben costruiti e fecondi. Giò dicendo noi non intendiamo avere spiegato nè lo scopo nè la organogenie dei fiori cleistosami, ma tendiamo a scartare le idee che i Darwinisti hanno annesso a queste trasformazioni, che crediamo erronee. Già il senso di trasfor- mazione con cui Darwin li definisce, ci rende avvisati sull’ opinione che se ne debbe avere, al postutto Darwin stesso ammette che essi hanno origine da un arresto di sviluppo, e ciò è convenire che essi sono anormalità. E precisamente questo che noi intendiamo stabilire, i fiori cleistogami segnerebbero già un grado verso la mostruosità e se immaginiamo per poco, caso del resto che non deve essere raro, (41) che in qualche fiore l’imperfezione dello sviluppo si estende sino (1) Non siamo ancora fissati sul valore di alcuni fatti di tal genere osservati in qualche specie del genere Mentha. La M. Todari n. sp. presenta due forme di fiori, FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 421 al punto di atrofizzare gli organi genitali, in vero, cessato interamente lo scopo della esistenza di questi fiori, non si dovrebbe esitare ad affigervi che il mero valore di pure mostruosità accidentali. E qualsiasi mostruosità, siccome è una deviazione dal piano strutturale stabilito, è facile il convenire, che qualsiasi l’effetto che tale mostruosità produce, per il suo carattere individuale, per la sua eventuale occorrenza, essa sfugge alle leggi che presiedono al piano economico dell’ orga- nismo. E strano che sul proposito di questi fiori trasformati l’ Illustre Darwin, l’autore della teoria tanto celebre che ha fatto il giro del mondo, della selezione naturale, quegli che ha con sommo acume analizzate nelle loro più late conse- guenze, tutte le forze della natura ed i suoi elementi, che ha decomposto, diremmo così, gli organismi, pesandone sino gli istinti, e che amalgamando e disponendo poi il tutto in bell’ordine, ha saputo edificare il più grandioso monumento di scienza in questo secolo, sul proposito di questi miseri fiori deformati ha abjurato quasi ai suoi principii, contradicendo quelle stesse cause naturali tanto da lui giusta- mente esaltate, per seguire delle ombre fugaci, cozzando inconscientemente contro quello scoglio dell’arida metafisica e del soprannaturale, che è nell’idea oggi nelle ricerche sperimentali. di dovere in ogni tempo ed in ogni luogo scartare. Nettari. Fra i molti caratteri fiorali che si sono interpetrati a favore della fecondazione dicogamica, uno dei principali, al quale si è affisso una grandis- sima importanza, è la secrezione dei liquidi zuccherini che si avvera nella più gran parte dei fiori. Questa sostanza appresta agli insetti il più essenziale ali- mento, onde questi animali in ogni epoca sono attirati nei fiori e pascendovisi, nell’istesso tempo col rovistare fra gli stami ed i pistilli, contribuiscono a com- piere la impollinazione, e perciò sin dai tempi antichi sono stati ritenuti, se non gli agenti indispensabili alla fecondazione, di certo giovevoli, e la causa di certi rapporti illegittimi che casualmente in natura si avverano cagionando tra specie diverse uno scambio tra gli elementi sessuali, che è l’ibridazione. alcuni a corolla normale grandissimi, altri a corolla rudimentaria incolore ridotta in tutte le sue parti, ma normalmente foggiata; le antere però e gli ovarii sono ovunque imperfettamente costruiti, fatto che ci farebbe esitare a definirli dei fiori cleistogami, poi chè questi al contrario sono sempre sterili. Donde viene questa sterilità ? sono fiori tra- sformati all'eccesso, sino al punto di perdere le prerogative dei sessi e non pertanto sarebbero anche fiori cleistogami? o sono mostruosità derivate da certe azioni prodotte dagli insetti ? Notisi che nel fondo di ogni corolla, al posto delle nucule, sempre de- formate, inserite su un disco variamente lobulato, molto prominente, in tutti questi fiori deformati, si trovavano allo stato di larva, 5 o 6 ditteri annidati. Cosa facevano quelli insetti ? quale influenza aveano esercitato sul fiore e precisamente sul pistillo 2 I calici di questi fiori erano grandissimi, notevolmente spalancati. Questa insigne forma, in tutti i suoi individui ci ha presentati gli stessi fenomeni. Che il caso si ripeta in altre Menthe, e in altri luoghi, non è dubbio poichè la M. acquatica var. gallifera di Ber- toloni (FI, Ital.) certamente deve accennare ad un fatto analogo. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 16 422 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA Le parti del fiore che segregano queste materie zuccherine sono molte, e di differente natura, onde il termine di nettario ha ricevuto un senso latissimo, che di recente si è cercato di limitare. Se però il senso morfologico della parola nettario ha ricevuto tante varie interpetrazioni, fisiologicamente esso se non è stato concorde, ha variato ben poco. E strano però l’osservare, che tale funzione fiorale fu meno misconosciuta nei tempi ove la Botanica era bambina, che in quelli più recenti. E le opinioni del Pontedera, di Boehmer, di Soyer-Willemet, di Bravais, Kurr, Dunal, chiaramente accennavano, all’idea, che le sostanze se- gregate dalle parti fiorali, potevano tornare utili all’ulteriore incremento di certi organi del vegetale stesso; Dunal anzi esplicitamente diceva nell’esperienze sulla Mirabilis, che l'assorbimento del nettare dovea contribuire all’ incremento del giovane ovulo fecondato; altri Botanici come Medikus, Ludwig, ritenevano che la funzione nettarifera era una funzione di secrezione. E singolare l’ opinione del Caspary, recentemente accennata, che definendo 1° ovario morfologicamente con le più esatte vedute, riteneva poi che esso potesse tornare utile agli stami. Ma sin dal 1793 C. Sprengel nello studio che riguardava le relazione che gli insetti si aveano coi fiori, avea annunziato l’idea che il nettare era prodotto dagli fiori per adescare gli insetti, nutrirli, e nell’ istesso tempo costringerli a compiere lo scambio del polline per far verificare la impollinazione dei pistilli. Darwin, Miiller, Delpino, hanno precisato in seguito, che il fiore avea attinto questo adattamento pel compimento del grande principio naturale della fecon- dazione crociata, e tutti i dicogamisti oggidì esaltano questo fatto, come la più evidente manifestazione del fiore, che la natura avea attinto per la realizzazione di questo importante principio. Ma a tale giudizio abbenchè sostenuto dall’ autorevole voce del Darwin, non pertanto i botanici hanno creduto non sottostare. Sembra che le osser- vazioni del Dunal non dovevano andar perdute, anzi doveano attirare l’atten- zione sul fatto annunziato (da Dunal), che accertava una cosa abbastanza spiccata, la cui generalità meritava nota, cioè la vicinanza di queste parti nettarifere , coll’ovario. Le ricerche su questa via non sono state infruttuose, tutt'altro, anzi a noi pare, che il sig. Bonnier con sanissima logica nella sua elaboratissima memoria comparsa or son pochi anni, abbia fisiologicamente posto al fine la quistione nei suoi giusti termini. Messe da banda tutte le idee preconcette , a favore della teoria dicogamica, le analisi accurate doveano dimostrare che la pro- duzione saccarigena anzichè tornare utile alla pianta stessa, indirettamente per una innaturale ed astrusa via, dovea trovare un immediato impiego con un appli- cazione diretta. Non era supponibile che tanto spreco di forze doveva tornare utile agli insetti, nonostantecchè questi in reciprocanza rendessero alle piante un servizio insigne, quello di rendere possibile l’atto più importante della loro esistenza. Come accennammo già, i principii filosofici della fisiologia del Ber- nard, applicati alla funzione nutritiva negli animali doveano trovare nelli ve- FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 123 getali uno stretto parallello. Bonnier vede nella accumulazione delle sostanze zuccherine dei fiori, un’analogo fenomeno dell’accumulo di altre sostanze nutri- tive come la fecula, l’inulina, che avviene nei tessuti di altri organi, e precisa- mente in quelli che sono destinati a compiere un’ ulteriore sviluppo. Così lo zucchero, sostanza che nell'economia vegetale è abbondantemente sparsa, è adi- bito per Ja nutrizione dei tessuti speciali che debbono in prosieguo seguire un particolare accrescimento, come quelli dell’ovario che dopo la fecondazione deve compiere le ulteriori fasi della sua evoluzione in frutto, infondendo nutrimento agli ovuli che racchiude. Il fatto della segregazione di tali sostanze utili, po- trebbe sembrare contrario all’ atto accennato, se le esperienze non avessero di- mostrato che questo sovrappiù di sostanze, sotto le condizioni ordinarie è messo fuori della più gran parte dei fiori, ma può arrestarsi sotto altre circostanze, e le piante ordinariamente nettarifere possono cessare di essere tali se traspor- tate in altre regioni; viceversa piante che abitualmente non hanno mai emesso nettare, possono emetterlo alterando le condizioni, precisamente quelle di tem- peratura, calorico , etc. Addippiù il fatto del riassorbimento di questi umori constatato dall’ Egregio sig. Bonnier, sarebbe un caso probante a favore di un concetto chiaro, naturale, cioè che le sostanze stesse delle piante non possono essere utili che allo stesso organismo. Le analisi chimiche hanno poi permesso al sig. Bonnier di seguire i processi pei quali tali sostanze si rendono assimilabili, ed in ciò evvi una perfetta concor- danza coi processi che la natura adibisce per rendere assimilabile 1’ amido, l’i- nulina. Nel caso degli zuccheri un fermento inversivo li muta in glucosi e li rende assimilabili. Questi fenomeni hanno luogo in un periodo di statica, che segna quasi una sosta, tra le fasi vitali dell'organismo, quella della fecondazione e della distruzione delle sostanze che sono il risultato della assimilazione. Alla formazione dello zucchero, all’accumulazione dei tessuti saccarigeni, succede collo sviluppo dell’ovario la scomposizione di queste sostanze in glucosi che vanno ad alimentare e formare le nuove parti che debbono compiere le ultime fasi biologiche del vegetale. I tessuti nettariferi non sono esclusivamente fiorali; già Caspary avea no- tato quelli estrafiorali che stanno accanto alle stipule e che servono all’ulteriore sviluppo che la foglia deve conseguire. Il sig. Delpino persistendo tenacemente nelle sue idee dicogamiche, dà di questo fatto una spiegazione singolare. Egli non esita asserire che questi nettari furono creati per attirare le formiche che potrebbero coll’accedere nei fiori, danneggiare le parti e compromettere la in- pollinazione. Sarebbe superfluo il citare l’ osservazione del Bonnier sul propo- sito; egli ha visto gli insetti in un campo di Veccie non ancora in fiore, darsi alle stesse ricerche che usano fare sulle corolle. Contro tutte le argomentazioni dei dicogamisti, il sig. Bonnier ha opposto tassativamente delle adattate osser- vazioni, sulle quali, noi non potendo dilungarci oltre i limiti di questo scritto 124 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA non ci diffonderemo: tanto più che noi crediamo che l’ opposizione alla teoria Darwinista non ci può chiamare alle minute discriminazioni dei dettagli, ma schiettamente deve farsi al principio, sia o non sia corredato di ragionamenti validi, che non possono pesare sulla forza di una logica semplice e naturale. Bonnier non è stato un genio, nè ha scoverto la pietra filosofale! mentre a Darwin ancorchè avesse errato, spetta sempre il primo posto tra i grandi Naturalisti di questo secolo! Però Bonnier ha il singolare pregio, nell’epoca attuale, di scartare dalle sue ricerche il sistema delle idee preconcette, che sono stato il peccato di origine della dicogamia e di tutte le odierne teorie; è seguendo questa via che Bonnier à potuto di primo slancio, nel caso dei nettarii, appigliarsi al par- tito di considerare anzi tutto la funzione come direttamente utile ai vegetali pel conseguimento di un fine immediato. Addippiù, pare che debbesi prestare una speciale considerazione al feno- meno della secrezione nettarifera. Siccome abbiamo detto , assegnare ai nettari un preciso senso morfologico è impossibile. Tutte le parti fiorali, assili o appendicolari possono diventare net- tarifere per l’accumulo di questa sostanza, per la più o meno localizzata diffe- renziazione che subiscono i tessuti che li formano. Se néÎla struttura fiorale però queste parti assumono forme Ai organi precisi che rientrano nelle defini- zioni morfologiche, esse non sono nettarii che nel senso anatomico , nel piano fiorale essi aveano tutt’altra ragione di esistere. Colla loro forma pare che essi avessero mutato l’ufficio pel quale vennero sù, ed ora è difficile l’interpetrare cosa questi organi venivano originariamente a rap- presentare, se non dal solo criterio attinto alla simmetria fiorale, pel posto che essi occupano nel fiore, nel quale essi hanno una precisa disposizione, ed un rap- porto con i verticilli che li compongono. Queste parti pare che fossero ora i rudimenti di organi completi una volta, atrofizzati, trasformati, o del tutto abortiti, e perciò ci si mostrano come mere vestigie di ciò che furono. È questo il caso di ciò che nelle Ranunculacee (Helleborus, Nigella) nelle Apocynee (Vinca, Apocynum) nelle Crucifere , si chiama nettario, e che mor- fologicamente si sono definiti come staminodi nelle Ranunculacee, carpelli abor- titi (i corpuscoli carnosi che alternano coi carpelli perfetti) quelle delle Apocy- nee, disco carnoso, il posto dell’ ovario atrofizzato nei fiori maschi dell’ Ilex, e glandule quelle collocate tra i sepali e gli stami nelle Crucifere, giudicate solo dal rapporto che hanno nel piano fiorale. Tutti sono stati ritenuti generalmente quali petati (staminodi) o stami (Crucifere) o pistilli atrofizzati, e quasi tutti questi corpi sono quelli che segregano il nettare. Quale rapporto questi due fatti si hanno, non bastano le sole ricerche istologiche a precisarle, e pare che la scienza non abbia approfondito la strana coincidenza di questi fenomeni. Darwin ha tratto un gran partito di questi organi rudimentarii per la sua teoria evoluzionista, e le sue vedute sono preziosi acquisti di cui la scienza saprà av- FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 125 valersi. Però il sapere che questi mozziconi di organi che noi veggiamo, sono i residui di organi perfetti un tempo, non può interessare la quistione nostra. Salvo che non si vorrebbe forse concepire che il fenomeno della modificazione di questi organi si sia fatta in vista di munire le piante di quelli dati mezzi per disimpegnare quella funzione che in seguito esse furono portate a compiere? Ma è possibile che la genesi (diciamo così) di questi organi degenerati, ha po- tuto avvenire per riuscire a questo nuovo adattamento ? A questa conclusione noi ci siamo portati dagli argomenti Darwinisti. Sugli organi rudimentarii la scuola moderna ha emesso un'opinione molto adequata, nel dire che essi sono gli resti di quelli che un tempo esistevano quando aveano ragione di esistere per l'adempimento di una funzione, ma che tosto questa funzione cessata, mano mano caduti in disuso essi tendevano ad obliterarsi a sparire. Ma stabilito che li organi attualmente nettariferi delle Ranunculace, Cruci- fere, e forse Apocinee, provengono dalla modificazione dei petali, degli stami, originariamente esistenti, deve allora convenirsi che nel tempo del loro perfetto sviluppo essi non erano nettarî, onde questi fiori non erano nettariferi e che essi lo sono diventati di poi. Onde il dilemma, che questi fiori in cui la di- cogamia era allora sconosciuta, erano autogami.sia perchè la fecondazione cro- ciata non avesse ancora preso posto in natura, quasicchè questo processo po- tesse segnare un maggiore perfezionamento nelle leggi biologiche, (caso davvero incongruo ed insostenibile), o perchè gli insetti non fossero ancora comparsi sul globo. Ben si osserva come a seguire una teoria che i Darwinisti credono tanto piana, si va invece incontro ad una serie di ostacoli che è difficile l’evitare, anco ammettendo le ipotesi le più favorevoli. Conchiudiamo dunque che e più na- turali l’ammettere le spiegazioni del Bonnier, anzichè imaginare, che almeno nel caso delle famiglie citate, la natura avesse potuto compiacentemente mutare il piano fiorale e trasformare gli organi fiorali in glandule, solo allo scopo di invi- tare gli insetti, e col Bonnier di accordo con Claude Bernard ripetiamo quelle stesse parole « che la legge della finalità fisiologica è in ogni essere in parti- « ticolare, e non fuori di esso, l’organismo vivente è fatto per se stesso, e esso « ha le sue leggi proprie ed intrinseche ; esso lavora per lui e non per gli altri (4). Riepilogando le idee svolte, facciamo notare i fatti principali. L'esame della teoria dicogamica ci ha fatto rilevare due fatti, che secondo Darwin starebbero l’un a pro l’altro contro la teoria, ma che noi non abbiamo creduto confondere, nè farne dei contrapposti. Il primo è un principio astrattissimo. La fusione di due elementi sessuali differenziati, apprestati da due individui separati, sensibilmente (1) Claude Bernard, Legons sur les Phénoménes de la vie. 126 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA differenti nella loro costituzione, voluta come principio biologico essenziale. l’altro un fatto positivo di un grande significato l’ ermafroditismo , che è il mec plus ultra degli adattamenti della natura e che sta diametralmente opposto al princi- astratto ed a tutti gli adattamenti invocati dai Darwinisti. Un’ asserzione po- trebbe essere probante e di valore incontestato. La prevalenza degli effetti della fecondazione crociata sulla autogama, ma a quest'imponente asserzione abbiamo creduto opporre, riferendoci alle pratiche artificiali dell’ibridismo, a quelle della variazione delle piante sotto cultura, la considerazione che le esperienze di Dar- vin abbenchè condotti sotto le condizioni artificiali le più analoghe a quelli che si verificano in natura, hanno il peccato originale d’ aver forzato le premuni- zioni essenziali della natura, che coll’ adattamento meraviglioso degli stami in stretta contiguità cogli stimmi, questi si trovano in condizione di prevenire V ac- cesso degli elementi estranei, e ciò tronca ogni ulteriore esito che il polline eteroclino possibilmente caduto sullo stesso pistillo, potrebbe conseguire. Riportandoci al modo come possibilmente i fatti si compiono spontanea- mente in natura, notammo che le varietà di un tipo non sono mai simili e che queste, si presume, sono tanto numerose forse per quanto lo sono gli individui. I rapporti sessuali perciò non possono supporsi semplici, bensì complicatissimi per la massa degli individui viventi promiscuamente. In tali condizioni un incrociamento reciproco fra la massa degli individui viventi in consorzio, doveva infondere alla prole, profonde variazioni, che in un tempo indefinito avrebbero dovuto trasformare le forme rapidamente, e sostan- zialmente mutare i tipi primordiali, con mezzi così intensi che non poteano ri- tenersi capaci ad esser frenati da alcuna altra causa. I dicogamisti hanno creduto mettere un freno a tali disordine, hanno fatto intervenire l’ atto, sugli stami, diretto eventuale, ogni qualvolta gli insetti potessero distogliersi dalle visite dei fiori. Ma questo fatto è puramente ipotetico. L'azione di queste cause se si vo- lesse ammettere sarebbe localizzata, non mai generale , l’ alternanza del pro- cesso dicogamico all’autogamico, circoscritta secondo gli eventi delle singole re- gioni o contrade, dovea necessariamente per la sua irregolare applicazione nei luoghi rispettivi, alterare 1’ aspetto delle stesse forme, sparse in molti casi per vastissimi continenti, o cosmopolite, fra le quali doveva distruggersi l’analogia 0 l’identità specifica. Invece meravigliosamente, nelle specie , nelle varietà anche, delle specie a vasta area geografica , osservasi la più perfetta identità in ogni minimo carattere. Infine rientrando nella categoria dei fatti, abbiamo voluto vedere i prin- cipali adattamenti ai. quali hanno alluso i Darwisti, i nettarii, ed i fiori clei- stogami. Questi ultimi per noi non hanno alcun fine positivo nè debbonsi mettere in antitesi coi fiori normali. La sparutezza di questo fenomeno, la variabilità nella comparsa di questa forma di fiori in istretta dipendenza colle condizioni di abitato e di ambiente, l’esistenza di questi, in certi date famiglie naturali, FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 4127 ci hanno persuasi a ritenerli mere mostruosità, ed abbiamo escluso ogni finalità nella loro esistenza, con tanta più ragione, che al postutto i Darwinisti non la sanno dimostrare in altro modo, che attribuendo a questi fiori un fine economico, nello sfoggio delle forze organiche. Premunizione per una probabilità avvenire, nè eco- nomia, dissimo, non sono pregi di cui la natura inanimata può essere dotata ! Volemmo esser brevi nel caso dei nettarii, ma qui avremmo potuto stendere lun- ghe pagine per una stretta critica quale l'argomento complesso avrebbe richiesto. Forse è utile qui aggiungere alcune riflessioni che tanto pei nettarii quanto per ogni altro organo fiorale vengono sù spontanee, e dimandarci quale è il fine della loro esistenza. Il naturalista filosofo non può astenersi dal rivolgersi tale dimanda. E la parte più stuzzicante della morfologia, il definire lo scopo pel quale gli organi son fatti. I dicogamisti hanno approfondito queste ricerche; agli occhi loro il piano fiorale, la conformazione della corolla, del gineceo, degli stami, è subordinata al precipuo scopo della riproduzione per mezzo della fecon- dazione crociata. Ma i dicogamisti sono in errore, essi hanno avuto il torto di non avere abbracciato l’intera serie delle conformazioni che tutti gli organi fiorali vengono ad assumere, sino al compimento della ultima loro fase, la produzione dei semi. Ecco ciò che noi tendiamo a credere : I vegetali molto più che gli ani- mali, per gl’intimi rapporti che si stabiliscono fra i loro organi e le condizioni esterne, hanno dovuto risentirne potentemente gli effetti, ed hanno dovuto perciò assumere negli organi che vi stanno in contatto, dei caratteri di forma, di consi- stenza, di indumento, che stanno nel più preciso rapporto come causa ad effetto. Le influenze del complesso delle grandi cause esterne sono così intense, che potrebbesi dire che le forme degli organi della nutrizione, adattandovisi com- pletamente, ne sono derivate, ma queste tali influenze hanno un limite; è qui che la teoria darwinista cade in esagerazioni e dissente dalle idee adequatissime di un profondo botanico come il Grisebach, che vuole che indipendentemente da ogni azione esterna, il piano di struttura dei fiori, è un patrimonio di caratteri ereditati sin dall’ origine delle specie, rimasto intangibile per il concorso delle cause suaccennate (1). Le idee del Grisebach ci sembrano le più nitide, le più felici, che si siano evulgate nel secolo. Scevre di pregiudizii metafisici, esse sono ispirate alla logica la più sana, e sono l’espressione di un naturalista consumato. L’IIl. Autore ha saputo distinguere questi due ordini di fatti : quelli dovuti ad una causa a noi ignota, quelli che debbonsi alle azioni di un complesso di cause che hanno agito ed ogni giorno agiscono, modificando gli organi massimamente suscetti- bili alle azioni esterne. L’abito, la conformazione delli organi i più importanti nella economia del vegetale, come il fogliame nella sua forma e nella sua consistenza han- no dato agio al Grisebach di distinguere quei tipî di vegetazione, che ora seguendo (1) Grisebach. Vegetation der Erde vol. I. (Introd.) 128 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA i concetti del signor J. Vesque (4), facendo astrazione della impronta propria fiorale, costituirebbero i caratteri ed il tipo efarmonico assunto dalle forme vegetali, danno un idea di ciò che puossi con ragione attribuire alle influenze del luogo, e ciò che è modificabile, ed è il risultato evidente dell’adattamento alle condi- zioni locali; da ciò che si sottrae quasi ad ogni azione. I tipi fiorali ci permet- tono perciò riconoscere le affinità e perciò di apprezzare i fatti, che si sono tanto esagerati, della modificazione per mezzo delle grandi forze tanto bene distinte dall’ Illustre Darwin. Questi, caratterizzano le varie famiglie, i cui rappresentanti coll’assoggettarsi alle variate condizioni di luoghi disparatissimi non mostrano risentirsi di queste cause e conservano la caratteristica del tipo a cui appartengono, Onde si citano nei varii gruppi naturali le forme deserticole p. e. delle Euphorbie, delle Crucifere, che assumono forme singolari, rivestendo un abito che permette di riferirli ad altri tipi viventi in condizioni analoghe, d’ altronde differentissimi, come quello cactiforme delle Euforbie, analogo ai veri Cacti, ove non pertanto con- servansi in ogni gruppo, inalterati i caratteri del fiore, quasi questi fossero il re- taggio di antiche e salde qualità assunte per ragioni che sfuggono ad ogni umana investigazione. I trasformisti colla selezione naturale colla lotta per l’ esistenza spiegano la origine delle forme, colla dicogamia essi addippiù aggiungono altra causa potente alla evoluzione delle specie. Ma è difficile concepire il perchè gli orga- nismi colla lotta per l’esistenza, per realizzare quelle condizioni maggiormente utili a resistere alla concorrenza degli altri vicini, abbiano ciascuno dal loro canto, assunto, quella serie di particolarità che costituiscono nel complesso la rispettiva essenza specifica propria a ciascuno, dissimile da ogni altra. Come risultato della lotta per l’installamento delle forme, si potrebbe concepire una maggior vigoria di accrescimento, di adattazione nella consistenza delle parti, per resistere alle azioni intense di temperatura, rapidi e sicuri mezzi di riproduzione, facile diffusione dei semi; ma non sapremmo concepire per quali forze e per quali fini tanta varietà di conformazione degli organi ha potuto verificarsi! Al postutto se le azioni delle condizioni esterne potessero spiegare la varietà delli organi vegetativi, se la dicogamia principalmente avesse influito a modificare all’infinito la struttura fiorale, nessuna ragione potrebbe spiegare il perchè di altrettanta meravigliosa varietà di struttura, di tante bizzarie di forme, nei frutti, il cui fine è ben li- mitato : è quello di proteggere i semi! Qui la logica dei dicogamisti viene a nau- fragare, qui è vano parlare di adattamenti, di rapporti di forme, rispetto ad altri organismi, Eppure non c'è un frutto che somigli ad un altro. Si potrebbe ben dire che certi gruppi vegetali, hanno una struttura fiorale al massimo grado (1) J. Vesque. Nouv. Arch. du Mus. Paris Ann. 1881, ed. Ann. Sc. Nat. 6° Serie, tom. XIII et XV. Ivi l’Autore tratta la dibattuta quistione dell'ammissione dei carat- teri anatomici nella sistematica dei vegetali e ne espone il metodo ed il grande valore. FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA 129 uniforme. Le Crucifere, le Ombrellifere, p. e., quasicchè gli insetti (a seguire i dicogamisti) avessero trascurato di visitarli, e perciò gli adattamenti reciproci non hanno avuto agio a manifestarsi. In questi gruppi, principalmente, in com- penso, la diversità dei frutti è estrema ! Ciò è oscurissimo spiegarlo , tale fatto poi è evidentemente contrario agli ragionamenti dei dicogamisti (41). Per molti di essi e vero, si è parlato dei mezzi di dispersione dei germi che la natura ha usato, munendo i frutti, di cigli, di uncini, etc.; ma tale caso è di limitata appli- cazione. I semi stessi in moltissimi casi sono anch’essi variati all’ infinito, e dif- feriscono da specie, a specie, e non parliamo degli achenii nelle Composte ove tanta differenziazionesi presenta, perchè per la natura di essi potrebbero non chiamarsi semi, ma tante Scrophulariace tante Cariofillee, perchè presentano tanta diversità di screzii sulla superficie dei loro semi, le cui sorti sono effimere, poichè salvo per alcuni, atti ad appiccicarsi all’indumenti di certi animali, la maggior parte sono destinati a cadere sul suolo e a disfare i loro tegumenti ? Probabilmente ci si dirà che la ragione esiste, ma che sinora non si è arrivato a scovrirla ; onde, giudicare da questi fatti, a sfavore di ciò chei dicogamisti hanno creduto accertare pei fiori, è insano. Sarà forse così.... e le ricerche su questo proposito potranno forse aprire un nuovo orizzonte di adattamenti, tra semi ed uccelli per esempio, tanto più, che questa lacuna, pertanto che esiste, dando adito a ra- gionamenti scettici come il nostro, pregiudica in vero la dicogamia. Ma noi lo abbiamo più volte ripetuto, la ricerca della finalità delle cause, è legittimo scopo degli studii scientifici, però certe guide in tali intricati dedali di quistioni non dovrebbero mai perdersi. Il punto di riparo a tutte le ambagie che presenta il grave problema è un fatto imponentissimo, l’ermafroditismo, e tanto più da meritare con- siderazione, in quanto che esso è il carattere proprio, essenziale del Regno ve- getale, e quello che ci avvisa che per quanto analoghe debbono essere le dedu- zioni dei fatti che si verificano nei due regni, la natura ha impresso al Regno vegetale questo speciale suggello che fa distinguerlo dall’altro che gli sta parallello per tanti riguardi. Giustamente notava Kélreuter, in un senso ben diverso di come noi in- tendiamo, « natura nil facit frustra », Noi facciamo nostro questo assioma, ma per dire invece, che col fare l’ermafroditismo, questa ha realizzato quanto era di necessità, per organismi destinati a star fissi sul suolo perennemente. Or è già un anno che questa dissertazione assegnatami per tesi di esame (1) È noto che di recente da qualcuno si è cercato di trovare nei frutti certi adat- tamenti per alcuni dati animali, come uccelli etc. Forse si giungerà a questo estremo caso di preconcezione delle idee, da sostenere che i frutti come ogni fiore fossero adattati ad essere beccati od ingojati da certi dati animali. Di conseguenza ciò che si è fatto pei fiori, si dovrebbe fare per i frutti. La miriade di frutti o di semi variati all’ in- finito, quale scopo deve attingere nell'economia vegetale ? Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 17 130 FECONDAZIONE AUTOGAMICA E DICOGAMICA dalla Facoltà di Scienze Naturali dell’Università di Palermo, è stata scritta. Durante questo tempo, ebbi notizia di un lavoro pubblicato in Inghilterra, contrario alla attuale corrente di idee che favoriscono la dottrina di Darwin. Questo lavoro dell’ Henslow , è inserito nelle Transact. della Soc. Linn. Sinora non ho avuto il piacere di leggerlo, nonostante i miei sforzi. Ciò pregiudicherebbe il valore di questo scritto, poichè dalla discussione delle due opinioni, pro e contro la teoria, un quadro più completo avrebbe potuto formarsi dello stato in cui oggi giorno è la quistione. Ma nello scrivere questo lavoro, è stato lungi da me ogni idea di presunzione e di primato, nell’ argomenti che ho creduto portare contro la dottrina dicogamica. Onde se Henslow ha potuto esporli prima , e certamente con tutte quelle probabilità di successo, sulle quali io non ho mai contato, nè aspirato, ciò importa che le mie osservazioni giungeranno in ritardo, prive di interesse, ma avranno per me però sempre il merito di essere originali, per- chè fatti indipendentemente, ed io non potrò esser tacciato di appropriazione o di inutili ripetizioni. Questa corrispondenza di due opinioni, annunziate senza alcuna intesa, in due diversi centri, in ogni modo è sempre nella scienza un fatto che depone a favore delle quistioni. Tale lusinga sarebbe superiore ad ogni mia aspirazione. OSSERVAZIONI ED OSSERVATORI SISMICI Aggiunto nel R. Osservatorio di Palermo Poco dopo la prima metà dell’anno, che or volge al tramonto, aveva atti- rata l’attenzione generale la pubblicazione continua, fatta in molti giornali poli- tici, di moti più o meno sensibili del suolo, avvenuti in Catania e dintorni. Anche a me fece impressione un tal fatto, che volli attentamente studiare. Però, esa- minando bene i risultati di tali pubblicazioni , e paragonando fra loro quelli di luoghi poco lontani, mi nacque qualche dubbio sulla loro attendibilità e sul loro valore, sopratutto dopo che io ebbi conoscenza dell’ apparecchio per tali osservazioni impiegato, del suo impianto e del modo come tali osservazioni ve- nian condotte. Avrei desiderato annunciare i miei dubbî in una pubblicazione scientifica; ma preferî farlo in un giornale politico, sopratutto per calmare le giuste appren- sioni del pubblico di Sicilia , seriamente preoccupato dalle continue notizie di moti sismici e microsismici, comunicate dall’Osservatorio vulcanologico di Catania allo stesso Giornale. Nei giornali politici però riesce assai difficile trattare un po’ seriamente la scienza; ed è perciò che ora ritorno sull'argomento, per espri- mere e convalidare meglio il mio pensiero. (1) I dubbî, che io allora espressi, possono ridursi in poche parole ai seguenti : Dati istrumenti tanto sensibili quali son quelli che voglionsi impiegare per rivelare i minimi movimenti della crosta terrestre, meritano fiducia le loro indicazioni se essi non vengano con scrupolosa cura completamente riparati da tutte le cause esterne alla terra che possono loro imprimere moto ? Ed in caso diverso, essendo impossibile sceverare quali siano i moti dovuti a causa endogena, e quali a causa esogena , possono in qualche modo riuscire utili le osservazioni fatte in tali condizioni? Quali sono le precauzioni da usare ? (1) I miei dubbî sulle osservazioni microsismiche dell’ Istituto vulcanologico di Catania furono pubblicati nel Giornale di Sicilia dell’ 11 luglio 1883, N. 118, cioè prima che fosse avvenuta la grande sciagura d’ Ischia e la susseguente acre polemica sul valore delle osservazioni microsismiche e sulla previsione dei terremoti; polemica che ho aspettato fosse da qualche mese finita per esprimere con maggiore calma il mio concetto. 132 OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÎ SISMICI Come si vede l'argomento è abbastanza grave; ed oggi, più che mai, dacchè le osservazioni sismiche sono ritenute tanto necessarie per svelarci i misteri delle oscillazioni del suolo, e le leggi della loro propagazione attraverso i differenti mezzi che le onde incontrano, non sarà vano accennare quali le condizioni op- portune per la migliore collocazione degli strumenti esploratori, e quali le pre- cauzioni che a loro vantaggio occorre usare. E mentre lunga sarebbe la enu- merazione delle autorità che potremmo citare a conforto dei nostri dubbì, pre- feriamo attenerci soltanto a pochi pareri, che ritenghiamo indiscutibili. E primo fra tutti il De Rossi ci dice: « bisogna porre gli osservatorî in edi- ficè molto solidi, per non avere le vibrazioni locali, dovute sopratutto al vento, alle vetture ed all’interno dell’edifizio. Gli strumenti han bisogno di esser posti e rilegati molto solidamente con le pareti, o meglio ancora fissati su basi iso- late ed elevate sul suolo.» (41) E poi soggiunge, parlando delle trepidazioni del suolo: « Io ho detto ancora che queste trepidazioni provengono ordinariamente da vibrazioni terrestri dotate di grande velocità, che possono quindi confondersi facilmente con le scosse meccaniche ed accidentali, dovute ai movimenti interni di una casa, o al passaggio delle vetture sulla strada, o ad altri accidenti. » (2) E poi, a proposito dell’istrumento, il tromometro, « bisogna garentire questo pendolo contro ogni specie di agitazione, sopratutto quelle che potrebbe pro- durre l’aria. » (8) Il prof. Plantamour, Membro corrispondente dell'Istituto di Francia, par- lando di certi studî fatti sullo spostamento della verticale, dice: (4) « Volendo mettermi al riparo dai possibili movimenti del suolo del padiglione, fondato da un solo anno, ed anche da quelli che potea produrre la prossimità del lago, io mi son deciso a trasportare il livello nella mia cantina, il cui suolo consiste in un mattonato fissato con malta sopra uno strato di smalto (béton) di m 0, 20 di spessore, che riposa sull’argilla bleù compatta, lavoro eseguito or son venti anni. Il signor M. C. Wolf, volendo fare uno studio, come egli dice, delle oscil- lazioni del suolo, e della deviazione della verticale, (5) ha voluto mettere il suo apparecchio nelle cantine dell’ Osservatorio di Parigi a ventisette metri di profondità; ed aggiunge (6): « Ma mentre in tutte le esperienze istituite sin oggi con i bagni a mercurio, col pendolo, o col livello, le influenze esterne de- gli scuotimenti superficiali, del calore solare, e dei rassettamenti del suolo, son venute a sovrapporre i loro effetti a quelli delle forze cosmiche, io ho ragione (1) Bollettino del Vuleanismo italiano, anno X, pag. 57. (2) Ibid. pag. 64. (3) Ibid. pag. 72. (4) C. R. anno 1878, 1° sem., pag. 1523. (5) C. R. vol. 97, pag. 229, 1883 luglio 23. (6) Ibid. pag. 233. OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÎ SISMICI 133 di credere che l’istallamento dell’apparecchio nelle cantine dell’Osservatorio lo terrà al riparo dalle influenze perturbatrici. » Le precauzioni prese da questi valentissimi osservatori, e le loro idee circa alla stabile collocazione dei delicati apparecchi, mostrano come le influenze eso- gene non son poche nè trascurabili, ma tali invece da sfidare la previggenza più sperimentata dell’uomo. Il moto dei fabbricati, il consolidamento delle basi, il passaggio delle vetture, che più? fino l’aria e la temperatura, avranno la po- tenza di disturbare la quiete dell’ istrumento se non sarà stato con ogni cura da essi posto a riparo. Il d’Abbadie, p. e., parlando di un sostegno fatto costruire per osservare le variazioni della verticale di un posto, dice: « Io feci costrurre un cono tronco di smalto (béton) ad asse vuoto, altu dieci metri, e che si ap- poggia sulla roccia. —- Dopo aver costrutta una sala attorno a questo cono, io aspettai cinque anni per eliminare quei moti intestini che si è tentati di attri- buire ad una fabbrica che si consolida. » (1) Negli Annali dell’Osservatorio di Parigi 1855, Leverrier scriveva che colà nessuna osservazione era abitualmente possibile di giorno nell’orizzonte a mercurio; nella notte si poteva avere un bagno assai calmo; ma allorchè un veicolo, anche leggero, entrava in Parigi dalla Barriera San Giacomo o dell’Inferno, tosto l’Astronomo ne era avvertito dalle oscillazioni del suo bagno a mercurio. Leverrier quindi opinava che per diminuire tale inconveniente bisognava far di terra battuta le vie di Parigi fino alla distanza di almeno cinquecento metri in giro dell’Osservatorio; che i bagni a mercurio fossero collocati molto profondamente nel suolo, e che i sostegni fossero assolutamente isolati dall’edifizio in cui erano riparati; e tutte queste precauzioni furono eseguite. Anni sono una viva polemica sorse tra il prof. P. Monti di Livorno ed il padre Bertelli di Firenze — Il primo attribuiva i moti dei tromometri ai tremiti degli edifizî, agli esquilibrî di temperatura che producono correnti ascendenti e discendenti nell’aria dell'involucro che circonda il pendolo tromometrico, ed altre cause accidentali esterne alla terra; e mostrò al De Rossi stesso, il quale andò a visitarne l’ Osservatorio , che i legni o carri che passavano a distanza grandissima facevano vibrare i pendoli anche prima che si sentisse il rumore prodotto dai carri stessi. (2) Ed il Bertelli non sapeva spiegare questi fatti , sui quali non cade dubbio alcuno, se non attribuendoli alla disposizione del- l’ apparecchio del Monti, non isolato completamente dai muri del fabbricato. (Armonia di Firenze, 30 gennaio 1874) IL prof. Zona, parlandomi appunto dei movimenti del suolo, dicevami che essi sono per lui una vera dannazione, quan- do deve fare collimazioni nell’orizzonte a mercurio — Per effetto di detti mo- vimenti gli riesce impossibile fare in Palermo, durante il giorno, delle colli- (1) Daguin, vol. I, u. e. pag. 725. (2) V. De Rossi, Meteorologia endogena, vol. II, pag. 89. 134 OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÎ SISMICI mazioni; solo in qualche tranquilla notte, ed in ora molto inoltrata, arriva a vedere sufficientemente bene le imagini dei fili del reticolo del cannocchiale ri- flessi dal bagno a mercurio; ma se per caso un orologio batte le ore la imma- gine sparisce. Durante il giorno l’ondulazione è tale che non si possono for- mare immagini, e le onde del bagno sono circolari e concentriche. Quali le cau- se di queste onde? Carozze, treni lontani, vento, suoni, moti sismici, e cento altre, molte delle quali forse ignote. Ed allo stesso Osservatorio di Palermo non è stato possibile tenere apparati sismici di discreta sensibilità, perchè, quantun- que collocati su muraglione solidissimo, risentivano tutti gli effetti delle influenze esterne, tanto che il Comm. Cacciatore. Direttore dell’ Osservatorio, pensa far costruire apposito sotterraneo per collocarveli con sicurezza. Non mi pare opportuno continuare ancora ad insistere su tali disturbi do- vuti a movimenti esogeni che si sperimentano nella pratica dell’uso degli stru- menti di precisione, sembrandomi abbastanza chiaro che un osservatore, il quale voglia sul serio raccogliere nozioni utili per la scienza, debba mettersi in con- dizioni tali da eliminare il più lontano dubbio degli accennati inconvenienti, qualunque sia l’istrumento al quale nelle sue ricerche voglia dar preferenza. Piuttosto dirò qualche cosa riguardo all’istrumento oggi in uso in molte sta- zioni sismiche italiane, ingegnandomi di dimostrare che questo apparecchio, sia per le ragioni dette innanzi, come ancora per condizioni proprie, lasci molti dubbî sulla esatta indicazione dei moti sismici, e gravi difficoltà nell’uso spe- ciale cui si destina. È il tromometro l’isteumento cui accenno, il quale in altro non consiste che in un pendolo, cui tal nome si dette dal Bertelli quando primo pose in rilievo i movimenti microsismici. Questo istrumento, ritenuto da taluno come prezioso, non è ancora provato se sia il più adatto per lo studio dei movimenti sismici e microsismici. In quanto a noi lo troviamo inadatto; e ripetiamo ciò che altra volta avemmo a dire, cioè che, trattandosi di pendolo , che ha un tempo proprio di oscillazione, niente di meraviglia che certe ondulazioni, prodotte da causa esterna qualunque, per la loro speciale natura, o durata, non possano fare oscillare quel dato pendolo, che oscillerà invece se la durata dell’ondulazione sia diversa, cioè se la causa perturbatrice sia diversa. Inoltre, se simultaneamente esistono pa- recchie cause di oscillazione, possono benissimo, per influenza reciproca, avere risultante o nulla o piccolissima. Insomma un tromometro, dato che sia perfet- tamente collocato, non può abbracciare che le oscillazioni di un sol ritmo, e per questo appunto è per lo meno insufficiente — Ma non è nostra intenzione in- golfarci nella trattazione di questo argomento, che potrebbe dar luogo ad uno speciale esame, e ci restringiamo al nostro tema, quello cioè della inattendibilità dei risultati ricavati dall’osservazione di un tromometro in date condizioni di collocamento. Si sostiene da taluno che l’uso di troppo delicate precauzioni null’altro sia OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÎ SISMICI 135 che sofisticheria teoretica ; che stando anche in un centro abitato si possano fare buone osservazioni, e che il tromometro indichi precisamente i moti endo- geni. La soverchia leggerezza colla quale coteste asserzioni si fanno non deve punto arrecar meraviglia, perchè, tranne poche onorevoli eccezioni, i tromometri non sono studiati da persone competenti e che conoscano la teoria dei pendoli , delle corde in tensione, ecc. Bisogna esser fisici provetti ed astronomi per comprendere tutta la impor- tanza dell'apparecchio, e se le precauzioni sieno inutili o soverchie. Ed a que- sto si aggiunge un altro errore, quello cioè di credere che un sol tromometro, posto che sia perfettamente collocato, sia sufficiente allo studio dei moti sismici. Infatti, come innanzi accennammo, un pendolo non può dare che le oscillazio- ni di un sol ritmo; le altre si perdono: bisognerebbe quindi aver parecchi pen- doli per esaminare le varie oscillazioni, ed in tal caso la cosa diventerebbe molto complicata. Non può quindi, a parer nostro, chiamarsi prezioso un ap- parecchio, e ritenersi completo per l’uso cui è destinato, quando esso non ci rivela che le sole oscillazioni di un dato ritmo. Or qual ragione può addursi nella preferenza di un dato ritmo, trascurando le altre ondulazioni o più lente o più rapi- de che siano ? Il De Rossi dice di aver parecchie volte avvertito, stando se- duto per terra, o altrimenti, delle sensibili scosse del suolo di durata non bre- vissima, ed ha in seguito trovato il suo tromometro perfettamente fisso. Dun- que è chiaro che un sol tromometro non basta: che esso, non tutte, ma solo alcune delle oscillazioni del suolo ci rivela, e che spesso può non avvertire le più importanti; e che, quando non sia ben collocato, può anche trarci in serio errore. In base a tutte queste ed altre riflessioni, come al principio di questo scritto accennai, non mi parve dover dare soverchio credito a tutti quegli annunzî di movimenti microsismici pubblicati nella prima metà di quest’ anno nei bullettini dell'Istituto Vulcanologico di Catania, e ciò non solo per la natura dell’istru- mento adoperato per l’osservazione, ma ancora per le condizioni della sua collo- cazione. i Lo impianto di un Istituto Vulcanologico presso il gran vulcano etneo e di una rete di osservatorî sismici tutto attorno allo stesso, è certamente una istitu- zione di indiscutibile utilità scientifica. Se non che, trattandosi di istituzione ancor giovane, e di studî nuovi e delicatissimi, bisognerebbe che ogni cosa fosse fatta con serietà e con ogni accorgimento. È per questo che, mentre lodiamo la istituzione, non ci pare inutile aprire la discussione su fatti di dettaglio dai quali dipende esclusivamente la riuscita di essa. Lungi da noi l'idea di cri- ticare quello che altri ha fatto con indiscutibile intenzione di bene, non fac- ciamo che esprimere la debole nostra opinione, ritenendoci più fortunati di ve- derla vinta da ragioni d’insegnamento per noi, che di vederla trionfare. È per questo che non esiterò a dire che le stazioni sismiche della rete etnea 136 OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÌ SISMICI non mi sembrano soddisfare alle condizioni da valenti esservatori determinate. Quella di Catania specialmente, che è la centrale, ha invece tutte le condizioni contrarie ai precetti stabiliti dalla scienza moderna, che, ad eliminare qualun- que dubbio , relega gli Osservatorî astronomici e fisici lungi dai centri abi- tati, in aperta campagna, lontani per chilometri da ogni possibile causa di di- sturbo esterno. Il tromometro della stazione sismica di Catania « è stato espressamente piantato a piano terreno nella parete interna del cortile universitario, per non avere la influenza di oscillazioni prodotte da cause accidentali su pareti verticali alte. Nell’essere a piano terreno si è con grande cura e dietro uno studio speciale del sottosuolo, reso completamente indipendente da tutte le cause accidentali che possono produrre qualche vibrazione nello strato superficiale del suolo, dan- dogli un punto di appoggio basato a otto metri e settanta centrimetri di profondità in un sottosuolo formato di solida lava, mentre il soprasuvlo costituisce un ter- reno detritico e di riempimento, incapace di trasmettere la benchè minima oscil- lazione che venga dall’esterno » (1). Or mentre si è cercato di dare alla base del pitastro un punto di appoggio a circa nove metri di profondità, si sono poi avute tutte le possibili cure per fargli fare unico corpo col muro interno del cortile universitario, per non avere la influeuzu di oscillazioni prodotte da cause accidentali su pareti verlicali alte. Il pilastro di sostegno dell’istrumento inoltre s'innalza, sempre attaccato al muro, per tre metri circa sul livello della stanza, e per quattro sul livello stradale. Non c'è chi non veda in questo una manifesta contradizione. Tanta cura, tanto lavoro e tanta spesa per dare una base incrollabile al pilastro, per poi mantenerlo attaccato ad uno dei muri oscil- lanti dell’edifizio! È però vero che trattandosi di un pilastro, che ha circa me- tri 0, 40 di lato della sezione quadrata, o quasi, era necessario attaccarlo al muro, perchè, essendo sottile come una canna, si sarebbe mosso di più senza un tale appoggio. E non è tutto. Nel piano immediatamente superiore si tro- vano sale per le lezioni universitarie, iu una delle quali il numero degli udi- tori suol variare dai quindici ai cinquanta, ossia si ha un peso accidentale mo- bile variabile da 900 ai 3000 chilogrammi. E questo senza tener calcolo delle variazioni di temperatura; delle due porte che immettono nella stanza in cui l’istrumento è collocato, una delle quali a vetri che dà nell’atrio interno; del traffico di carri e vetture solo a pochi metri di distanza; dei treni ferroviarî che passano a meno di un tiro di palla; e di molte altre circostanze, che sommate insieme, rendono completamente quel luogo inadatto allo scopo. Nè si tenti smentirci con argomenti di nessun valore, come sarebbe la quiete del pendolo per tempo parecchio, o i suoi movimenti in correlazione di quello di altra sta- zione. Cinque o sei osservazioni per giorno non sono sufficienti per fare affer- (1) O. Silvestri — Giornale di Sicilia 1883 N. 196. OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÎ SISMICI 137 mare la quiete o il moto del pendolo, il quale poi quasi sempre resta inos- servato per lungo periodo, dall’ imbrunire alla mattina seguente—Ed anche in questo è difettoso il sistema, perchè, oltre che un solo tromometro, come abbiamo visto, è insufficiente per indicarci tutti i movimenti endogeni, crediamo sia indi- spensabile la continuità delle osservazioni , alla quale si dovrebbe provvedere con apparato registratore. Così il Wolf (1) parlando dello studio che vuol fare, col suo istrumento posto a 27 metri.di profondità, delle azioni periodiche ed accidentali, provenienti dal centro della terra, aggiunge che le osservazioni fatte di quando in quando non possono dare alcun risultato valevole, e che solo le continue potran mettere in evidenza i due ordini di fenomemi. « Io mi propongo di applicare a questo fine il registramento fotografico per l'osservazione continua dell’immagine » Quando una prima volta palesammo i nostri dubbî sui risultati delle os- servazioni fatte in modo tanto imperfetto ed in condizioni tanto sfavorevoli, ci si rispose che tutte le persone più competenti, italiane e staniere, avevano acquistata la più grande fiducia dell’istrumento di Catania sulla scorta dei fatti osservati coi proprî occhi. A noi invece persone competenti, quali son quelle che pubblicano i risultati dei loro studi negli atti delle Accademie, ci han detto esser risibile il pensare a far misure serie nelle condizioni in cui è posta la stazione sismica catanese. Ci si rispose inoltre che una Commissione scientifica, inviata dal Governo francese, prendeva ultimamente dall’ Istituto vulcanologico etneo le norme per introdurre anche in Francia simili osservazioni presso i vulcani estinti dell'Alvernia ed altrove, con lo scopo di studiare i minimi mo- vimenti del suolo in un paese ove mancano e sono rarissimi i terremoti sen- sibili. Saremmo però curiosi di sapere se la Commissione scientifica francese, oltre alla missione dell’ impianto degli apparecchi, abbia anche l’ altra di far fabbricare, presso i vulcani dell’Alvernia ed altrove, una città popolosa, e mettervi nel centro una università col relativo movimento, per poi dentro di essa stabilire le osservazioni geodinamiche, con un pilastro di m. 0, 40 di lato, e dieci o dodici metri di altezza, ed appoggiato al muro. Ma si può in serietà asserire che una Commissione straniera, la quale va in giro visitando e vedendo tutto, possa pronunziarsi @ priorì su quanto può es- servi di buono o di cattivo? Ed una espressione di soddisfazione, in dati casi, più che ad altro, non deve attribuirsi a cortesia ? L’impulso che si è dato in Italia agli studi geodinamici da osservatori va- lenti e coscienziosi, fa deplorare che i loro precetti non siano scrupolosamente seguiti. Le poche osservazioni buone, confuse alle molte cattive, non potranno più servire per risolvere il complicato problema; e pensando che, per annullare una osservazione mal fatta, se ne domandano molte di ben fatte, fo voto caldis- (1) C. R. vol. 1883 luglio, pag. 232. Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 18 138 OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÎ SISMICI simo, pel bene della scienza, che si apporti rimedio in tempo. Il tornare indietro al principio del cammino è poco male; gravissimo sarebbe il ripercorrerlo se male e lungamente fatto. È tempo e denaro sciupato a detrimento delle nostre utili cognizioni, le quali tutte a loro volta ridondano a vantaggio dell'umanità. E purtroppo pensano alcuni che il correre in via nuova e sconosciuta sia cosa facile; ma a torto; e mentre ancora s'ignorano completamente le leggi fondamentali della geodinamica, taluno, in base a fatti isolati e non ben con- statati, crede essere già al caso di far predizioni. La immane catastrofe di Ischia, che dette in pochi giorni tanto sfogo alle svariate opinioni sull’origine del di- sastro, ci ha rivelato quanto vuoto ancora ci circondi, e come ben lontani ci troviamo dal poter chiedere un responso ai nostri strumenti. « Si possono prevedere questi disastri cogli apparecchi sismici o microsismici ? (Gosì il prof. Palmieri nella conferenza tenuta in Napoli il 10 agosto 1883) Se vi è persona appassionata a questi apparecchi, sono certamente io; ebbene, io rispondo chiaramente: No. Io che mando sismografi in tutte le parti del mondo, e che recentemente ne ho mandato uno al Giappone ed un altro al Messico, non dovrei fare questa confessione. In un luogo come Casamicciola, ove i piccoli terremoti sono così frequenti, il sismografo metterebbe continua- mente sul chi vive gli abitanti, i quali finirebbero col negargli fede; ed al si- smografo accadrebbe come al pastore della favola ‘che chiamava per ischerno aiuto, aiuto contro il lupo, e fu poi dal lupo divorato. — Più fortunati dei sismo- grafi sono gli avvisatori delle tempeste che stanno sulle spiagge dell'Atlantico, i quali colgono sul segno 1’80 00, al contrario degli apparati sismici che sba- gliano 1'80 010 e forse più. Ebbene, anche questi avvisatori non sono più con- sultati. » Ed il P. A. Serpieri ci dice ancora: « L’epoca in cui le deduzioni teoriche potranno tradursi in una pratica abbastanza sicura e positiva è ancora assai lontana, perchè più cose convien prima definire con perfetta chiarezza, fra le quali principalissime io reputo le due seguenti. Prima bisogna giungere a saper distinguere e sceverare nei delicati apparecchi microsismografi i veri moti di lontana provenienza da quelli che facilmente son dovuti a vibrazioni parziali ziali della fabbbica, o a correnti di aria, od a semplici azioni e vibrazioni , qualunque ne sia la natura, tanto dell’aria che dell’apparecchio medesimo. Al qual fine io vorrei, e più volte l’ho raccomandato, associandomi,ai voti del Monte e del Respighi, che l’astronomo, invitato dal telegrafo, prendesse parte qualche volta all’osservazione microsismica per mezzo del cannocchiale rivolto ad una stella, e rilevando ingrandito il moto del suolo. In secondo luogo, valendo la teoria dei radianti così pei piccoli come pei grandi moti, bisogna poter conoscere se si tratta di onde microsismiche traversanti quali semplici raggiamenti il nostro paese, ovvero di urti primarî , fatti direttamente nel nostro radiante, i quali saranno sempre accompagnati da ben scolpiti sussulti. Una tale distinzione è OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÌ SISMICI 139 veramente capitale se non vogliamo gridare l’allarme per ogni lieve terremoto di consenso, o fare le nostre predizioni come le fa il lunario quando mette bel tempo o tempesta senza dir dove, che è un predire inutile ed illusorio, un far paura a tutti senza alcun prò, o piuttosto un far paura a nessuno, » Il prof. Zona, astronomo nel R. Osservatorio di Palermo , scrivevami sul ri- guardo: « Dopo la discussione che avemmo insieme a proposito dei moti sismici, non ti dispiacerà leggere la presente che riassume le idee che insieme discu- temmo. Molti geodinamisti si accorsero in questi ultimi tempi che il suolo è in continuo moto; nulla di più vero. Gli astronomi conoscono, come si dice, da anni annorum tali movimenti del suolo, ma non ci tennero troppo ad attri- buirli a causa endogena, perchè numerosissime sono le cause esogene capaci di produrre oscillazioni e tremori. Non so precisamente quali siano i microsismo- grafi che adopera il sig. A o il sig. B., ma so di certo che questi strumenti de- vono essere sensibilissimi ai più piccoli movimenti del suolo, altrimenti sarebbe tempo perduto osservarli. Per mia parte credo la sismologia destinata a rag- giungere un'alta meta; ma mi permetto di credere dall’altra parte che essa sia ora un po’ fuori strada. Si studîno pure i piccoli moti del suolo, ma si stu- dino in luoghi convenienti e con strumenti convenienti. Se l’ istrumento è po- co sensibile non servirà allo scopo; se lo è molto tradirà moti che sono tut- t'altro che endogeni. In secondo luogo non è alla superficie terrestre che si devono studiare tali moti, ma a grandi profondità. Alla superficie terrestre vi sono troppe cause di tremori puramente esogeni.—Secondo il mio modo di vedere un osservatorio sismico dovrebbe essere lontano da qualunque centro abitato, città o villaggio, da ferrovie e da grandi strade almeno cinque chilometri, ed a profondità di trenta e più metri; sarebbero opportunissime per tali studî mi- niere isolate ed esaurite. Studiare i moti sismici solo alla superficie è tempo perduto. Chi vuole studiare i fenomeni celesti, e molto più colui che vuole studiare i fenomeni endogeni, deve adattarsi a vivere lungi dalla società—Non si ripeta, per carità, sino a che siamo in tempo, l’assurdo commesso per gli osservatorî astronomici, assurdo che per rimediarlo occorrerebbero oggi milioni. di stabilirli cioè nelle città o troppo ad esse vicini: si imiti Pulkowa o non si faccia nulla. Si comprende benissimo che a tutti dispiace il vivere da eremita, ma chi si vota alla scienza deve sapere adattarsi alle sue esigenze. « Un apparecchio estremamente sensibile ad ogni genere di moto del suolo, è quello che si adopera sempre in tutti gli osservatorî per osservazioni nadi- rali, o per osservare stelle a riflessioni, cioè un bagno di mercurio ed un can- nocchiale collimatore. I microsismografi che crederei più opportuni sarebbero appunto bagni a mercurio con cannnocchiali collimatori, onde osservare le oscil- lazioni delle immagini—Di questi sismografi ogni stazione dovrebbe averne più di uno, ed i bagni a mercurio dovrebbero essere collocati a profondità variabili di 40 in 40, oppure di 20 in 20 metri. Si noti che i cannocchiali collimatori 440 OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÌ SISMICI possono essere alla superficie terrestre, e così l’Osservatore non avrà la pena di discendere ogni tratto a grandi profondità — Inoltre i bagni a mercurio po- tranno ripararsi secondo quanto scrive il prof. Macaluso (1) perchè non troppo facilmente se ne ossidi la superficie.—Col paragonare le oscillazioni a varie pro- fondità si potrà distinguere le cause esogene dalle endogene: si devono fare studî analoghi a quelli dei geotermometri, e forse si arriverà allora a determinare le leggi dei moti sismici. I bagni a mercurio possono associarsi con microfoni e telefoni onde ascottare i rumori sotterranei; ed ogni osservatorio sismico do- vrebbe pure avere un pozzo d’acqua onde osservare, con appareechi sensibilis- simi, le variazioni di livello che potessero succedere. Conchiudo col ripeterti che la sismografia comincerà solo allora che si studierà lungi dai centri abitati ed a grandi profondità. » Ed ora parmi avere sufficientemente dimostrato le ragioni dei nostri dubbî che, avvalorati dalle osservazioni e dai risultati ottenuti da osservatori e scien- ziati rinomatissimi, diventano argomento non trascurabile di seria attenzione. Il servizio vulcanologico costa non lieve spesa allo Stato, il quale, in que- sto, fa opera commendevolissima; ma se a noi fosse dato emettere una opinione sul riguardo, crederemmo far considerare che in ordine alla Vulcanologia, che, secondo gli specialisti stessi, ha teorizzato abbastanza sin quì , essendovi tutto a fare, e trattandosi di studî che abbisognano di esser condotti con molta accuratezza ed accorgimento, più che a raccogliere osservazioni disparate ed im- perfette, si dovrebbe prima pensare a stabilire un concetto regolatore, e norme tali da assicurare il conseguimento dello scopo. Si determinino prima quali gli strumenti, quali le condizioni necessarie alla bisogna, mentre senza questo, pare a noi non resti che sciupo di opera e di denaro e grave detrimento alla scienza. Piuttosto che sognare impianto di osservatorî sismici sulle alte montagne, 0 presso gli orli dei più elevati crateri , si cominci una buona volta a dar serio indirizzo a questi studî, e non si perda di vista la Meteorologia e le vere ra- gioni del suo progresso Il Governo riconosce l’importanza degli studî vulcanologici in Italia; e se crede bene il promuovertli, si affidi ai consigli, agli studî ed alle cognizioni di scien- ziati serî, che fortunatamente nella nostra patria non mancano. E a stabilire un programma di studî, ed una serie proficua di esperienze, non si creda oc- correre soltanto l’opera di un solo specialista; ma è necessario vi concorrano le cognizioni di varî ed ottimi cultori di diverse scienze. Il geologo ed il fisico non facciano a meno dell’astronomo, che impiega gran parte del suo tempo nella ricerca e nel calcolo di errori che l’atmosfera ed il suolo producono di continuo ai suoi istrumenti. E quando, determinati i mezzi e le condizioni di osserva- zione, si sarà sicuri della esattezza delle indicazioni, al quale fine non si arri- (1) Macaluso—Sulla ossidazione del mercurio. Catania, Giugno 83. OSSERVAZIONI ED OSSERVATORÎ SISMICI 14t verà se non dopo lungo e paziente lavoro, allora si comincino a raccogliere quegli elementi, che forse a lungo andare, ci squarceranno qualche lembo del fitto velo che copre al presente la geodinamica. Nè si abbia troppa fretta; la via è lunga ed accidentata; la meta lontana, e forse ad altra generazione spet- terà far tesoro delle nostre messi. Si proceda con animo onesto e rassegnato da chi a tali ricerche si dedica: essendovi tanto a fare, s'impieghino bene i mezzi che lo Stato concede; e si pensi che se i presenti forse non applaudiranno chi a lavoro modesto, assiduo, ma sempre proficuo si dedica, vi sarà senza meno chi, nell’avvenire, negli utili risultamenti saprà riconoscere il merito e l’im- portanza dell’opera con costante pazienza condotta. Palermo settembre 83. SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA. CON POSIDONOMYA ALPINA DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI L’esistenza della Zona con Posidonomya alpina, Gras nel territorio di Galati (provincia di Messina) fu accertata per la prima volta dall’ Ing. E. Cortese (4), che nel 1882 ne indicò alcune specie caratteristiche , trovate in un calcare rosso , macchiato di bianco o di grigio, con uno spessore massimo di 65 metri circa e sovra- stante a quello nerastro della zona con Harpoceras opalinum. Su queste indicazioni si fecero appresso, per conto del Museo di Geologia e Mineralogia dell’ Univer- sità di Palermo , delle ricerche estese e accurate in contrada Tre fontane, alle falde del Monte Ucina, presso Galati, e se n’ebbe un’ importante raccolta di fos- sili, il cui studio mi è stato affidato dalla consueta liberalità del prof. Gemmel- laro. Ora io do in questo lavoro il risultato di tale esame, intrattenendomi sol- tanto dei brachiopodi, perchè il resto dei fossili, tolta la Posidonomya caratte- ristica, sono rappresentati da pochissimi individui e così sciupati da non per- mettere delle determinazioni sicure. Intanto tutte le specie esaminate sono queste : Rhynchonella Berchta, Opp. » Ucinensis, Di-Stef. » Alontina, Di-Stef. » adunca, Opp. » Tambusciana, Di-Stef. » Szainochae, Di-Stef. » Galatensis, Di-Stef. » Baldaccii, Di-Stef. Terebratula Recuperoi, Di-Stef. » Gerda, Opp. ->» Apolloniensis; Di-Stef. (1) Brevi cenni sulla geologia della parte N. E. della Sicilia. (Bollettino del R. Co- mitato geologico; anno 1882, n. 5-6.) SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA 443 Pygope pteroconcha, Gemm. sp. » Redti, Di-Stef. > Gemmellaroi, Di-Stet. > Chydas, Di-Stef. » Alamanni, Di-Stef. » Mykonionensis, Di-Stef. Aulacothyris pygopoides, Di-Stef. Posidonomya alpina, Gras. > sp. Trochus Sp. Oppelia sp. aff. all’Opp. subradiata, Sow. Ha il tipo dell’Opp. subradiata, Sow., ma è più compressa sui fianchi e con una linea lobale un po’ differente. Spenodus Sp. Le specie che io descrivo modificano un poco la conoscenza paleontologica che si è avuta della zona con Posidonomya alpina, Gras di Sicilia; perchè essa ‘ non è povera di brachiopodi, come è stato ritenuto finora, ma invece abbon- dante. Questo è anche assodato dallo studio dei fossili di altri luoghi dell’ isola, ‘ nei quali i calcari con Posidonomya, oltre a un buon numero di specie note; hanno fornito molti brachiopodi nuovi, che bisognerebbero di un lavoro spe- ciale ; ma siccome per ora non è possibile di attendervi , io mi limito a dare solo gli elenchi di tutti i fossili già noti dei varj luoghi di Sicilia, aggiungen- dovi brevemente i caratteri petrografici degli strati. a) Nel calcare con crinoidi, di color rosso-carneo, macchiato di bianco e di nero di Piana dei Greci presso Palermo, si sono trovate le seguenti specie : Rhynchonella Ucinensis, Di-Stef. Pygope pteroconcha, Gemm. sp. » cfr. curviconcha, Opp. sp. » Alamanni, Di-Stef. Terebratula Erycina, Gemm. » Gerda, Opp. Spenodus longidens, Ag. b) In quello marnoso, con crinoidi, di color grigio tendente al giallastro, sovrastante al Lias medio, della Muntagna-chi-parra, presso Calatafimi (provin- cia di Trapani): Rhynchonella Atla, Opp. » » var palymorpha, Opp. 144 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA Rhynchonella Zisa, Opp. (un esemplare asimmetrico) Terebratula Phryne, Gemm. » Erycina, Gemm. » Fylgia, Opp. » Gerda, Opp. Pygope Mykonionensis, Di-Stef. » pteroconcha, Gemm. sp. c) In quello grigio-scuro, con crinoidi, riposante sul calcare nerastro della Zona con Harpoceras Opalinum, della contrada Cappuccini, sul monte Erice , presso Trapani : Rhynchonella Atla, Opp. » deflura, Opp. » orthoptycha, Opp. Terebratula Erycina, Gemm. » Phryne, Gemm. { Pygope pteroconcha, Gemm. sp. Phylloceras isomorplum, Gemm. (4) Haploceras monacum, Gemm. Stephanoceras Daubenyi, Gemm. d) In quello color rosso-mattone , con crinoidi, di Favara (provincia di Girgenti): Rhynchonella defluca, Opp. Terebratula Gerda, Opp. » Fylgia, Opp. Pygope pteroconcha, Gemm. sp. (1) L’ illustre prof. Meneghini nella sua « Monographie des fossiles du caleaire rouge ammonitique de Lombardie ec. » ha espresso il dubbio che il Ph. isomorphum, Gemm. possa riunirsi al PA. Partschi, Stur.; ma, paragonando rigorosamente le due specie, si vede che sono ben distinte, perchè il PA. isomorphum, Gemm. ha i fianchi molto più convessi del Ph. Partschi, Stur. e che scendono molto regolarmente e senza angolo verso l’ombellico, il quale è sempre piccolissimo; la regione sifonale più larga, la bocca più ovale e con la massima larghezza quasi sul centro ela linea radiale dei lobi, che invece di passare sotto il centro della prima sella ausiliare, come avviene nel Ph. Partschi, Stur, ne taglia quasi l’ apice. Per queste ragioni credo che il PA. isomor- phum, Gemm,, il quale del resto appare per la prima volta nella Zona con P. alpina e prende il massimo sviluppo individuale nel Calloviano, mentre il Ph. Partschi, Stur., si ferma nel Lias superiore, debba togliersi dalla sinonimia, anche dubitativa di que- st'ultimo, proposta dal sig. prof. Meneghini e accettata dall’ egregio dott. Canavari nel suo noto lavoro. « Beitràge zur Fauna des unteren Lias von Spezia. » DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI 145 Phylloceras Kudernatschi, v. Hauer sp. » isomorphum, Gemm. » disputabile, Zitt. » mediterraneum, Neum. » Dov. Spi (4) Amaltheus nov. sp.” Lytoceras tripartitiforme, Gemm. Oppelia plicatella, Gemm. Oppelia undatiruga, Gemm. » fusca, Quenst. Stephanoceras Daubenyi, Gemm. » DOV. Sp. * Cosmoceras ditomoplocum, Gemm. Perisphinctes Hoffmanni, Gemm. Spenodus longidens, Ag. e) In quello rosso-carneo, con crinoidi, della Montagna della Ficuzza (pro- vincia di Palermo): Rhynchonella deflura, Opp. » Atla, Opp. » » var. polymorpha, Opp. Pygope pteroconcha, Gemm. sp. Posidonomya alpina, Gras. Phylloceras subpartitum, Par. » Lardyi, Oost. sp. » subotusun, Kud. sp. » Kudernatschi, v. Hauer sp. » mediterraneum, Neum. » nov. sp. * aff. al Ph. tortisulcatum, d'Orb. sp. * » nov. sp. * aff. al Ph. harolicum, v. Hauer. Stephanoceras nov. sp. * Peltoceras nov. sp. * aff al Pelt. annulare, Rein. sp. Perisphinetes problematicum, Gemm. Questi sono i risultati delle ricerche fatte sinora; ed io qui in fine li rias- sumo in un quadro, per maggiore comodità di studio e perchè siano conosciute in un modo sintetico la ricchezza paleontologica e l'estensione che la Zona con Posidonomya alpina ha in Sicilia. (1) Le specie segnate con l’asterisco furono brevemente descritte dal prof. Gem- mellaro nella sua pubblicazione « Sopra alcuni fossili della Zona con |Posidonomya alpina, Gras di Sicilia; 1877. (Sopra alcune fause giuresi e liasiche della Sicicia.) » Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 19 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA 146 + + Eroe AMT Ciagorrci ‘IS (4 NUUDULD]W « CE + NRE letto Ole NC: lb LISCIA RAD J9IS-IC (4 svpfy « VT + DNS TT) MO Ue DI NT RITI ‘J9IS-IC ‘“1040]] a uwtd « e + OLIO COMO POOR PSICOSI J91S-1 (4 UPIY « Pad ste ds «dd ‘0yuonamo ‘199 « 1% + + + + + + QI I ds ‘Wuwar, ‘09U0904d adobfid | 03 + CE ORORETIS OI sO O E E oO J9IC-IC “n049dnIIg « 67 + dl + CORANA E O idea pete ir L= to 4011239) ‘uf « 97 + + a) e legni alga Me) (nen oc CSO DARLE ‘dd ‘big « DE he ie oa fa ‘s15u21U0ppody - 9T + + mai (a) lee Qi CH hi LORETO SU Mi 1100065)9) ‘QUASYT « CJ dl Al + + rato iaia dei sa er e 'algatele Riso de PV ‘dd ‘npi?9) DIMIDAQGILI,T a? + DESIO DIO Doo ne ooo ddo ‘nyofirdoyzio q 8 + IT EC IO E ae; DRRTORO Td 4 ‘J9IS-1 ‘11990Ppog « PA? + ata n rotto OTTO RO SAMO Eee 0 ta. 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La valva imperforata è convessa, con la maggiore convessità sotto l’apice, donde poi scende al contorno in modo più o meno rapido ; quella per- forata è meno ma regolarmente convessa, con l’apice alto, ristretto sui lati, appun- tito, lievemente curvato e con i margini laterali ottusi. Il forame sembra discre- tamente grande ed ovale; i caratteri del deltidio non sono bene osservabili. L’ incontro delle valve si fa con angolo ottuso, e la loro commessura, salvo una leggierissima inflessione che mostra talvolta sui lati della regione cardi- nale, corre sempre nello stesso piano pel resto del contorno. La conchiglia è fibrosa, liscia e coperta da forti strie di accrescimento; inoltre essa mostra spesso negl’ individui adulti, quando manca de’ suoi primi strati, una striatura radiale fina ma distinta. Certi individui confrontano esattamente con quello figurato dell’Oppel nella succitata pubblicazione, al numero 7 della tavola V; altri con quello del numero 8; ci sono poi varj esemplari, che pur mantenendo chiarissimi i caratteri della specie, sono relativamente più accorciati delle forme tipiche, meno ovali, più compressi sui lati dell’apice e più slargati ai fianchi. Su tutti questi esemplari, in vario stato di sviluppo, io non ho mai notato vere coste, sicchè mi confermo nell’ opinione che la varietà microptycha della Rh. Berchta, Opp. debba ritenersi come una specie distinta. Oltre della Sicilia, questa specie si trova anche a Mitterwand presso Hallstadt. L’esemplare della Tav. 4, Fig. 4, che io ho creduto bene di figurare è stato DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI 149 raccolto a Piana dei Greci presso Palermo; tutti gli altri in contrada 7re fontane, sotto M. Ucina, nel territorio di Galati. RayncHoneLLA UcinensIS, Di-Stef. (Tav. I, Fig. 5-9) I II III Lunghezza 33mm 20mm 20mm Larghezza 30mm 18mm 16mm Spessore 17mm 11mm 11mm Conchiglia più lunga che larga, più o meno suborbicolare e qualche volta tendente a divenire ovale ; ristretta sui lati dell’apice e gonfiata sulla regione cardinale. La sua valva imperforata è convessa, con la maggiore convessità sotto l’apice, donde poi si abbassa rapidamente verso la fronte; la valva perforata è meno ma regolarmente convessa, con l’apice appuntito, più o meno alto, leg- germente curvato, compresso sui lati e con i margini laterali arrotonditi. Il fo- rame è grande, ovale e formato sotto dalle due piastre del deltidio, che è largo e basso. Le valve s'incontrano con angolo ottuso, e la loro commessura, sporgente in modo più o meno acuto, s’ inflette appena sui lati della regione cardinale e corre poi alla fronte sempre sullo stesso piano ; però talvolta mostra sul mar- gine frontale delle ondulazioni strettissime e poco distinte (Tav. 4, Fig. 7 a, b,c). La conchiglia è liscia, chiaramente fibrosa e coperta da strie di accrescimento assai forti, che spesso si presentano come risalti bruschi e irregolarmente disposti. Questa specie è abbondante nel calcare con Posidonomya alpina , Gras di Galati, sicchè ho potuto studiarne molti esemplari e notarne le variazioni. La conchiglia si mostra più o meno suborbicolare, ordinariamente gonfiata e con i fianchi un po’ slargati; però talvolta si restringe sui lati e si allunga. I suoi individui giovani hanno, come del resto è solito, il deltidio rudimen- tare o nullo, nel qual caso il forame tocca l’umbone della valva imperforata. Gli esemplari raccolti a Galati sono di discreta grandezza ; però uno, tro- vato a Piana dei Greci, presso Palermo, si mostra così sviluppato, che ho cre- duto bene di figurarlo, per la compiuta conoscenza della specie (Tav. 4, Fig. 6). In esso la leggiera inflessione laterale della commessura è quasi sparita. La Rhynchonella Ucinensis, Di-Stef. ha molti rapporti con le forme tipiche della RR. Berchta, Opp.; ma se ne distingue perchè d’ordinario suborbicolare e relativamente più slargata ai fianchi, più corta, con apice più compresso sui lati, meno largo e meno alto. Loc.—Monte Ucina, in contrada 7re fontane, presso Galati. 450 SUI BRACHIOPEDI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA RHYNCHONELLA ADUNCA, Opp. 4863. Arynchonella adunca, Oppel, Ueber das Vorkommen von jurassischen Po- sidonomyen-Gesteinen in den Alpen (Zeitschr. d. deuts. geol. Gesells.) pag. 215, Tab. 7, Fi- gura Il a-d. Questa specie è rarissima nel calcare con Posidonomya alpina, Gras dei dintorni di Galati. L'unico esemplare che ne ho potuto studiare, tolta una leg- gierissima asimmetria di forma, corrisponde perfettamente nel resto con la fi- gura e la descrizione dell’Oppel. Questa specie si trova anche a Mitterwand presso. Hallstadt. Loc.—Monte Ucina, in contrada Tre fontane, presso Galati. RqHyNcHonELLA ALONTINA, Di-Stef. (Tav. I, Fig. 10-14) I II III VI Lunghezza 14mm 13mm 1Imm 10mm Larghezza 12mm 12mm 8mm 8mm Spessore 1lmm 9mm mm 6mm Questa specie è inequivalve, più o meno globulare e talvolta ovoidale, più lunga che larga e a contorno subpentagonale. Essa è un po’ troncata alla fronte ed ha sulla valva perforata un seno largo, superficiale e lungo, che comincia appena sopra il centro della conchiglia e si protrae in un lembo linguiforme sino all’ incontro della valva imperforata. In questo lembo si notano talvolta Aelle leggiere rughe longitudinali, prodotte dal rialzamento de’ suoi orli La valva imperforata mostra un lobo largo ed evidente, che corrisponde al seno di quella perforata, ed è fatto chiaro da una depressione su ognuno de’ lati. Esso è più visibile sulla fronte, mentre indietro si confonde col forte rigonfiamento della regione cardinale. L’apice è piccolo, bassissimo, poco appuntito e curvato. Esso sembra avere degli ottusi margini laterali, e presenta un forame piccolo, ovale e formato, sotto, dalle due piastre del deltidio, che è basso ma largo. La valve s'incontrano con angolo ottuso, e la loro commessura si mostra fortemente si- nuosa sui fianchi e sulla fronte. La conchiglia è liscia , fibrosa, con superficie molto lucente e coperta da nette strie di accrescimento sinuose. La Rhynchonella Alontina , Di-Stef. che è fra le specie più abbondanti di Galati, è piuttosto variabile. La conchiglia si fa spesso meno gonfiata, più corta DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI 154 e un po’ slargata sui lati; negl’ individui giovani si mostra più ovale e talvolta piriforme, perchè si restringe indietro e diventa più ingrossata avanti. Il lembo su cui sì protrae il seno è più o meno allungato ; la valva perforata , negli esemplari giovani, si fa assai ristretta e la conchiglia allora vien costituita in gran parte da quella imperforata. Il deltidio, come è solito, varia secondo lo stato di sviluppo della conchiglia, essendo largo e basso negli individui adulti, rudimentare o nullo nei giovani, che quando ne sono sforniti, hanno il forame intaccato dall’umbone della valva imperforata. Questa specie ha molte somiglianze con la RA. Aa, Opp. (4); ma si distin- gue dalla forma tipica, per le minori proporzioni, per essere più lunga che larga, pel seno meno profondo e più stretto, per l’apice più piccolo e più basso e per aver sempre una forma simmetrica ; dalla varietà polymorpha poi si se- para, oltre che pei caratteri citati, per la mancanza delle due pieghe nella parte media della fronte. Ha pure dei rapporti con la Rh. coarctata, Opp. (2), ma è diversa, perchè più lunga che larga, con l’apice più piccolo e più basso è il seno meno profondo e senza angolo nella sua parte mediana; inoltre poi si differisce dalla varietà miscela per le sue piccole proporzioni. Essa ricorda anche la R%: penninica, Uhl. (3) dei Carpazi; ma quella ha l’apice più robusto e meno cur- vato, il seno più largo ed una lunghezza minore della larghezza; dippiù porta linee di accrescimento assai più forti. Noto infine che per la forma mostra il tipo della Rh. spoliata, Suess (4), del Giurassico superiore, ma che ne differisce per la mancanza della fina striatura radiale, pel seno meno largo e sempre sfornito di angolo nel mezzo, oltre di che per essere più lunga che larga. Loc.—Monte Ucina, in contrada 7re fontane, presso Galati. RayncHoneLLA Tamusciana, Di-Stef. (Tav. I, Fig. 15-17) I II Lunghezza 19mm 21mm Larghezza 21mm 19mm Spessore Imm Imm Conchiglia più larga che lunga, ristretta sui lati dell’apice e slargata ai fian- chi. Ha la valva imperforata convessa e rigonfia verso il suo centro, donde poi (1) Oppel, Ueber das Vorkomm. v. jurass. Posidonomyen-Gesteinen in d. Alpen; pag. 208, Tab. VI, Fig. 1 a-c, 2,8 a, b. (2) Idem; pag. 209, Tab. 6, Fig. 4 a-c, 5 a, b. (3) Uhlig, Beitràge zur Kenntniss der Juraformation in den karpatischen Klippen; 1878. (Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanstalt; 28 Bd. 4 Heft) pag. 655, Tab. XVII, Fig. 5. (4) Suess, die Brachiopoden der Stramberger Schichten; 1858 (Beitràge z. palaeoni. v. Oesterreich, von Hauer; 1 Bd) pag. 51, Tab. VI, Fig. 4. 152 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA scende più o meno rapidamente verso la fronte; la valva perforata pochissimo ma regolarmente curvata. L’apice è ristretto sui lati, alto, appuntito, assai lie- vemente curvato e con due ottusi margini laterali. Il forame è di media gran- dezza e formato, alla parte inferiore, dalle due piastre del deltidio, ch’è largo e basso. Le valve s’ incontrano con angolo acuto, e la loro commessura, tagliente, corre sempre sullo stesso piano fino alla fronte , dove si mostra dentata per l’ interpolazione delle coste alterne. La conchiglia è fibrosa, coperta da forti strie di accrescimento e ornata su ogni valva da 18 a 22 coste forti e un po’ angolose sopra. Esse irraggiano dagli apici, giungono , ingrossandosi, al contorno’, e si biforcano qua e là a varie altezze, mà più spesso sulla regione apiciale. Questa specie è poco variabile; talvolta però si fa più ristretta sui fianchi e si allunga un poco, mostrando una forma subovale. Essa, pe’ suoi caratteri, si distingue assai nettamente dalle altre Rhynconelle della stessa zona. Solo ricordo, a titolo di confronto, che ha qualche somiglianza con certe forme della RA. Lotharingica, Raas (4), segnatamente con quelle poco gonfiate e con debole lobo, dalle quali si distingue perchè ha l’apice compresso sui lati, meno largo, con i lati ottusi e che non limitano una falsa area ; per la mancanza di lobo e di seno, per le sue coste meno angolose e per la forma costantemente simmetrica. Loc.—Monte Ucina, in contrada 7re fontane, presso Galati. RHEYNCHONELLA SZAINOCHAE, Di-Stef. (TAv. I, Fig. 18-27) I II II IV V Lunghezza 20mm 15mm 15mm 14mm 11mm Larghezza 17mm 12mm 12mm 12mm 10mm Spessore 9mm mm 6mm 6mm Omm La Rhynchonella Szainochae è più lunga che larga, di forma variabile, spesso asimmetrica e troncata alla fronte. Ha un apice alto, appuntito, compresso sui lati, appena curvato verso la valva imperforata e con ottusi margini laterali. Il forame è elissoidale, assai più lungo che largo e formato ai lati dalle due piastre triangolari del deltidio. La valva imperforata è più o meno convessa , con la maggiore convessità un po’ più sopra del centro; quella perforata è meno ma regolarmente curvata. Le valve s'incontrano con angolo ottuso, e la loro commessura corre sui (1) Haas und Petri, die Brachiopoden d. Juraformation v. Elsass-Lothringen (AbhandIg. z. geol. spez. Karte v. Elsass. Lottirg. Bd. II, Heft Il) pag. 212, Taf. V, Fig. 4-9, 16-18; Taf. VII, Fig. 19-20. DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI 153 lati diritta o lievemente inflessa per eccezione, e si mostra chiaramente dentata alla fronte, dove rimane sullo stesso piano, oppure si fa leggermente sinuosa quando gl’ individui sono bilobi. La conchiglia è spesso leggiermente ed asimmetricamente biloba. La piccola depressione che dà luogo ai due lobi indistinti, è in generale a sinistra di chi guarda la valva perforata : però talvolta si mostra in forma di seno leggiero, sulla linea mediana della sovraddetta valva, nel qual caso la con- chiglia prende una forma simmetrica. Essa è fibrosa, coperta da forti strie di accrescimento , che negl’ individui adulti si presentano come bruschi risalti , e ornato da 16 a 28 coste alterne , piuttosto larghe, leggiere, arrotondite sopra e qualche volta ineguali. Esse partono dagli apici, si biforcano spesso a varie altezze, e giungono al contorno, diventando più grosse. Questa specie è molto abbondante nel calcare con Posidonomya alpina, Gras di Galati; sicchè ho potuto studiare su molti individui le variazioni che presenta. Essa è generalmente ovale, un po’ troncata o rotondeggiante alla fronte, tal- volta subtriangolare o triangolare. I due piccoli lobi, che sono, come abbiamo detto, simmetrici o asimmetrici, spariscono compiutamente in certi individui; la valva imperforata si mostra più o meno convessa; la conchiglia diventa spesso molto accorciata, rigonfia, ingrossata sul margine frontale, e in certi casi piut- tosto compressa sui fianchi. Nonostante queste variazioni, i caratteri delle coste e della regione apiciale rimangono sufficientemente costanti. La RAhynchonella Szainochae, Di-Stef. è vicinissima alla RR. subechinata, Opp. (4); però se ne distingue dall’essere in generale biloba e asimmetrica, dal non avere rigonfiamento sulla parte anteriore e mediana della valva imperfo- rata, dal mostrarsi meno troncata alla fronte nelle forme triangolari o subtrian- golari, dall’ avere |’ apice più appuntito e compresso sui lati, le coste in nu- mero molto minore, più forti, spesso biforcate, e infine dall’essere meno spessa e meno larga. Ha pure intime somiglianze con la varietà microptycha della Ri. Berchta, Opp., ma è per lo più biloba, compressa sulla regione apiciale, più slargata ai lati, con le coste più larghe, l’apice più piccolo e più appuntito. Certe sue forme simmetriche e non bilobe offrono delle somiglianze con la RA. palma, Szain. (2) dell’Oolite di Balin, presso Krakau, però esse sono in generale più lunghe che larghe, con l’apice più compresso sui lati e perciò meno largo, con le coste spesso biforcate e con la piccola valva ordinariamente gonfiata. Altre ricordano gl’ indi- vidui allungati o triangolari della RA. plicatella, Sow. (3) dell’ Oolite inferiore (1) Oppel, Ueber d. Vorkomm. v. jurass. Posidonomyen-Gesteinen i. d. Alpen ; pag. 217, Tab. 5, Fig. 8 a-c, 9 a, b, 10 a-d. (2) Szainocha, die Brachiopoden-Fauna der Oolithe von Balin bei Krakau (Denkschrf. d. k. Akademie d. Wissenschaften) pag. 37, Tav. VII, Fig. 15-18. (3) Sowerby, Min. Conch; V; pag. 167; Tab. 503. Fig. I. Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XVI. 20 154 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA figurati dal Davidson (1), soprattutto quelli del « Supplement to the british Jurassic and Triassic Brachiopoda; n. 2; pag. 190, PI. XXVII, Fig. 5-7 » ma esse sono gonfiate, con l’apice più piccolo, più appuntito e meno curvato, oltre di che generalmente bilobe, e con le coste più leggiere e in numero minore. Gli esem- plari accorciati e rigonfi poi mostrano delle somigiianze con la RA. rostralina, Roem. (2) del Dogger ; ma quella è assai più slargata, ha un maggior numero di coste e la linea cardinale che forma quasi un angolo retto coni fianchi della conchiglia. Loc.—Monte Ucina, in contrada 7re fontane, presso Galati. RuyncHoneLLA GaLateNnsIS, Di-Stef. (Tav. I, Fig. 28, 29.) I Il Lunghezza 13mm 11mm Larghezza 15mm 12mm Spessore 6mm Tmm È una specie più larga che lunga, subtriangolare, compressa sui lati della regione cardinale , rigonfia sotto l’apice e attenuata alla fronte. La sua valva imperforata è convessa, con la maggiore convessità sulla regione cardinale, donde poi scende più o meno rapidamente ad incontrarsi con la valva perforata, che è regolarmente convessa e fornita di un apice un po’ alto, acuto, ristretto late- ralmente e appena curvato. Esso è piuttosto sciupato, nondimeno pare che porti degli ottusi margini laterali. Il forame e il deltidio non sono bene osservabili. Le due valve s’ incontrano con angolo ottuso; la loro commessura s’ inflette leggermente sulla regione cardinale, e poi va sullo stesso piano alla fronte, dove si mostra dentata dall’ interpolazione delle coste alterne e talvolta ingros- sata e riflessa dentro. La conchiglia è fibrosa, coperta da forti strie di accrescimento e ornata da 20 a 22 coste chiare, di grandezza media, angolose sopra e separate da sol- chi che hanno quasi la loro grandezza. Esse cominciano sugli apici, giungono, ingrossandosi , fino al contorno , e spesso si biforcano a varie altezze. C° è dei casi in cui se ne osserva qualcuna triforcata. La Rhynchonella Galatensis, Di-Stef. è sufficientemente costante ne’ suoi ca- (1) A _monograph of British ool. and lias. Brachiopoda, p. III; 1852; pag. 86, PI. XVI, Figs. 7, 8. (2) Roemer , die Versteinerungen des norddeutschen Oolithen-Gebirges ; 1839; pag. 20, Tab. XVIII, Fig. 7 i DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI 155 ratteri, e benchè abbia l’apice un po’ sciupato, pure non mi fa esitare a distin- guerla con un nuovo nome specifico. Essa è vicina alla RA. Tambusciana, Di-Stef.; ma se ne differisce per le sue minori proporzioni, per le coste più piccole e talvolta triforcate, per essere assai compressa sulla regione cardinale, relativamente più slargata sui fianchi, e con la commessura delle valve un po’ inflessa sui lati e mai acuta e sporgente. Ha pure dei rapporti con la RA. sudechinata, Opp. ma è molto compressa sulla re- gione cardinale e slargata lateralmente, col margine frontale rotondeggiante, le coste più forti, meno numerose, suddivise, e le valve senza lobo nè seno. Noto infine che si distingue dalla RA. Szainochae, Di-Stef. dall’essere più larga” che lunga, assai più compressa sui lati della regione cardinale, con le coste meno larghe ma più distinte, senza lobi, nè asimmetria di forma. Loc.—Monte Ucina, in contrada Tre fontane, presso Galati. RayxcHoneLLa BaLpaccn, Di-Stef. (Tav. I, Fig. 30-82.) I II III Lunghezza 12mm 10mm ? Larghezza 12m 11Imm 8mm Spessore Imm nm Amm Conchiglia triangolare, un po’ più larga che lunga e talvolta tanto larga che lunga, ristretta sui lati della regione apiciale, con i fianchi slargati a modo di ali e il contorno generalmento ingrossato. La sua valva perforata, poco con- vessa, è provvista di un seno che comincia debolissimo un po’ più su del centro della conchiglia e si fa rapidamente profondo sulla fronte. In alcuni individui a questo seno corrisponde, sulla valva perforata, un rigonfiamento mediano, stretto e più o meno evidente. L’apice è lateralmente compresso , piccolo, appuntito . lievemente curvato e con i lati arrotonditi. Il forame sembra ovale e largo; il deltidio, osservabile solo da un lato, si mostra alto e stretto. Le valve s’ incon- trano con angolo ottuso; la loro commessura, talvolta ingrossata e riflessa verso dentro, corre diritta sui fianchi e fortemente sinuata sulla fronte, con l’ aper- tura della sinuosità rivolta indietro sulla valva perforata. La fronte della con- chiglia è quasi sempre molto ingrossata. La conchiglia è fibrosa e con forti strie di accrescimento verso il margine fronta le. Su ogni valva si notano da 16 a 20 coste di discreta grandezza, spesso bifor- cate a varie altezze, che partono fine dagli apici e giungono, ingrossandosi, al contorno. Di queste pieghe se ne contano da una a tre sul seno, da due a quattro sul lobo, quando c’ è, e da cinque a sette su ognuna delle due parti laterali della conchiglia. 4156 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA La Rhynehonella Baldacci, Di-Stef. manca assai spesso di lobo sulla valva perforata; nel resto de’ suoi caratteri rimane però molto costante, e benchè non sempre sia ben conservata, si mostra ben distinta dalle altre Rhynconelle della stessa zona. Essa mostra certe analogie con RA. Ferryi, Deslong. (4), specie del Calloviano di Francia e dell’Oolite di Balin (Krakau); però se ne distingue per- chè più slargata sui fianchi, con l’apice più alto, con la regione cardinale priva di quell’appiattimento (meéplat) ovale, e pel seno della valva perforata che si fa più rapidamente profondo sulla fronte, dove non isporge verso avanti, ma sì piega indietro sulla valva imperforata. Noto poi a titolo di confronto, che ha qualche somiglianza con quella RAynehonella del Dogger riguardata dal Dott. Haas (2) come forma intermedia tra la RR. angulata, Sow e la Rh. varians, Schl.; ma ne differisce per l’apice assai ristretto lateralmente e senza angoli che limitano una falsa area, per le coste meno angolose sopra, pel seno della valva perforata un po’ più stretto e che si fa rapidamente profondo verso la fronte, e per la con- chiglia meno spessa, ma col contorno più ingrossato. Loc. Monte Ucina, in contrada 7re Fontane, presso Galati. TEREBRATULA, (Llhwyd) Klein. (s. str.) TEREBRATULA GeRrDA, Opp. 1833. Terebratula Gerda, Oppel, Ueber das Vorkommen von. jurassischen. Posi- donomyen-Gesteinen in den Alpen. (Zeitschr. d. deuts. geol. Gesells.); pag. 204, Tab. 5, Fig. 4. 1877. » Benecke, Ueber Trias und Jura in den Sidalpen (Geogn. pal. Beitràge, 4 Bd.); pag. 176. 1877. » Gemmellaro, Sopra alcuni fossili della zona con Post- donomya alpina, Gras di Sicilia (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia); pag. 149. 1880. » Parona, I fossili degli strati a Posidonomya alpina di Camporovere nei Sette Comuni, pag. 25. (Atti della Soc. italiana di Sc. Naturali). Fra i brachiopodi della zona con Posidonomia alpina, Gras di Galati ho tro- vato due grandi esemplari della 7erebratula Gerda, Opp., un po’ mal conservati, (1) Deslongechamps , Mémoire sur les Brachiopodes du Kellowayrock; pag. 47 — Szainocha die Brachiopoden-Fauna d. O. v. Balin ec.; pag. 31, Taf. VI, Fig. 81-21. (2) Haas und Petri, die Brachiopoden d. Juraformation von Elsass-Lothringen (Abhand!]. z. geol. spez. Karte v. v. Elsass-Lothr. Bd. II, Heft II); 1882; pag. 207 e 233, Taf. VII, Fig. 21-22, non Fig. 20. DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI 4157 ma nondimeno assai sicuramente determinabili. Essi non presentano nessun con- trassegno particolare, pel quale io li debba figurare e descrivere. Questa specie in Sicilia è stata anche trovata a Piana dei Greci (Palermo). a Favara (Girgenti), alla Munfagna-chi-parra , presso Calatafimi (Trapani) e al M. Erice nei dintorni di Trapani; fuori dell’ isola, a Camporovere nei Sette Co- muni, negli strati di Klaus e di Mitterwand presso Hallstadt , nei dintorni di Brentonico e a Cesareda nel Portogallo. Loe. Monte Ucina, in contrada Tre fontane, presso Galati TeREBRATULA RecupeROI, Di-Stef. (Tav. I, Fig. 33-40.) ] II IlI 1V V Lunghezza 35mm 23mm 22mm 19mm 17mm Larghezza 26mm 16mm 16mm 16mm 15mm Spessore 15mm mm mm 10mm 18mm Conchiglia piriforme, talvolta asimmetrica, ristretta sulla regione apiciale e rigonfiata verso il suo centro. Ha la valva imperforata regolarmente convessa, con la maggiore convessità verso il suo centro; la valva perforata meno ma regolar- mente curvata; l’ apice alto, sfusato, ricurvo e con due ottusi margini laterali. Il suo forame non è bene osservabile; il deltidio, ch'è alto, occupa tutta la parete apiciale. Le due valve s’ incontrano con angolo ottuso, e la loro commes- sura, salvo una leggiera inflessione sui lati della regione cardinale, corre sem- pre sullo stesso piano. La conchiglia è coperta da forti strie di accrescimento, e quando manca dei suoi primi strati mostra delle sottili linee irraggianti dagli apici. La punteggia- tura è fina, regolarmente distribuita e visibile con una lente d’' ingrandimento ordinaria. Questa specie è abbondante nel calcare con Posidonomya alpina, Gras di Ga- lati; sicchè ho potuto studiarne molti individui, in vario stato di sviluppo. Gli esemplari giovani sono, com'è solito, appiattiti e col contorno tagliente; gli adu]ti più o meno spessi, ma generalmente gonfiati. Fra di essi certuni mostrano una forma piuttosto allungata, l’apice più alto e la commessura delle valve ingros- sata, segnatamente alla fronte, che non di raro è un po’ troncata. La compres- sione sui lati della regione cardinale è anche variabile, perchè talvolta si ma- nifesta assai leggiera e tal’ altra fortissima. La conchiglia in parecchi individui, soprattutto in quelli allungati, si mostra asimmetrica, avendo l’apice ora incli- nato a destra e ora a sinistra di chi guarda la valva perforata. La Terebratula Recuperoi, Di-Stef. è sufficientemente distinta, perchè si possa confondere con altre specie della stessa zona. I caratteri della sua regione api- 158 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA ciale l’avvicinano al tipo della 7eredbratula Moravica, Glock. (4) del Giura supe- riore e le danno certe somiglianze con la Pygope Gemmellaroi, Di-Stef., dalla quale differisce del resto per caratteri generici e specifici. Talune sue forme, un po’ grandi e con apice non molto elevato, hanno dei lontani rapporti con la T. Phryne, Gemm. (2), però ne sono assai nettamente separate dall’avere l’aspetto dell’apice e la forma del deltidio essenzialmente diversi, una maggiore compres- sione sui lati della regione cardinale e una larghezza relativamente minore. Loc.—Monte Ucina, in contrada 7re fontane, presso Galati. TereBrATULA ApoLLoniensIs, Di-Stef. (Tav. II, Fig. 7.) Lunghezza Imm 10mm Larghezza 8mm 8mm Spessore Omm Omm Conchiglia piccola, liscia, ovato-globosa, più lunga che larga e un po’ ri- stretta sui lati dell’apice. Ha la valva imperforata assai convessa, con la mag- gior convessità sul suò centro; quella perforata pure molto curvata e fornita di un apice discretamente alto, curvo e con un piccolissimo forame, dal quale par- tono due ottusi e corti magini laterali. Il deltidio non si osserva bene. La linea cardinale è arcuata. Le valve s'incontrano con angolo ottuso, e la loro commes- sura resta sempre sullo stesso piano per tutto il contorno. La conchiglia mostra una punteggiatura fina, visibile con forte lente d’ in- grandimento, ed è coperta da strie di accrescimento fortissime, specialmente sugli apici. Questa specie è assai piccola, però le forti strie che presenta sulla sua parte posteriore , lo spessore e il rigonfiamento della conchiglia ne indicano chiara- mente lo stato adulto. Essa è ben distinta fra le terebratule della stessa zona, e se mostra, per la forma, qualche somiglianza con la 7. Erycina, Gemm. (3) ne differisce netta- mente per le sue piecole proporzioni, per l’apice più alto e meno curvato e per la minore gonfiezza Loc.—Monte Ucina, in contrada 7re fontane, presso Galati. (1) Glocker, Nova Acta Acad. Caes. Leopoldo-Carolinae; 1845; vol. XXI, pag..497, Tav. 35, Fig. 1-8. (2) Gemmellaro, Sopra alcuni foss. della Z, con P. alpina, Gras di Sicilia; pag. 152, Tav. XX, Fig. 8,9. (3) Gemmellaro, Op. cit., pag. 151, Tav. XX. Fig. 6, 7, DI MONTE UCINA, PRESSO GALAT 159 Pycope (Link) Zittel. PyGoPE PTEROCONCHA, Gemm. sp. 4877. Terebratula pteroconcha, Gemmellaro, Sopra alcuni fossili della Zona con Posidonomya alpina, Gras di Sicilia; (Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia); pag. 150, Tav. 49, Fig. 13. 1880. » » Parona , I fossili degli strati a Posidonomya al- pina di Camporovere nei Sette Comuni; pa- gina 28. (Atti della Soc. italiana di Sc. Na- turali). Di questa specie, tanto largamente diffusa, ho potuto studiare tre individui, che pei caratteri dell’apice, per quelli della valva imperforata, poco convessa e con un seno profondo, per la forte curvatura della valva perforata e pel lobo elevato non mi lasciano alcun dubbio sulla loro esatta determinazione specifica. In Sicilia questa specie si trova anche a Piana dei Greci (Palermo), a Fa- vara (Girgenti), alla Muntagna-chi-parra, presso Calatafimi (Trapani), a M. Erice, nei dintorni di Trapani e fuori poi a Camporovere nei Sette Comuni e a Ce- sareda nel Portogallo. Loc.—Monte Ucina, in contrada 7re fontane, presso Galati. Prcope Repu, Di-Stef. (Tav. II, Fig. 3.) I II II Lunghezza 21mm 21mm 18mm Larghezza 29mm 29mm 27 mm Spessore _ 15m 14mm 12mm Questa bellissima specie è più larga che lunga, ristretta anteriormente, ri- gonfiata verso il suo centro e con le parti laterali slargate a modo di ali. La sua valva imperforata è convessa e fornita di un largo seno mediano, che inco- mincia debolissimo sul rigonfiamento della regione cardinale e diviene assai pro- fondo sulla fronte, inflettendosi indietro sulla valva perforata. Questa porta un lobo mediano un po’ largo e non molto forte, reso chiaro, però, sulla regione frontale, da deboli e larghe depressioni laterali. L’apice è robusto, non molto alto, ricurvo, con ottusi margini laterali e troncato da un forame piuttosto grande. Il deltidio, triangolare, è piccolissimo, basso e leggermente concavo. La. linea cardinale si mostra un po’ angolosa, 160 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA Le valve s'incontrano con angolo ottuso e la loro commessura , che è un po’ inflessa sui lati della regione cardinale, diviene fortemente sinuosa nel mezzo della fronte, con l’apertura della sinuosità rivolta verso avanti, sulla valva per- forata. La punteggiatura è fina, regolarmente distribuita e visibile con forte lente d’ ingrandimento. La conchiglia è liscia e coperta da forti linee di accrescimento sinuose, che si mostrano assai rilevate sulla regione frontale. La Pygope Redii, Di-Stef. è molto costante ne’ suoi caratteri; noto solo che essa talvolta è poco rigonfia e un po’ più slargata sui lati che non ordinaria- mente, e che il seno si scava in certi individui precisamente sul centro della conchiglia e in certi altri un po’ più su. Questa specie ha dei rapporti con alcune nwueleate del Dogger, soprattutto con talune forme della P. Gemmellaroî. Di-Stef., dalla quale si separa però per essere meno compressa sulla regione apiciale, sempre più larga che lunga, mai asimmetrica, con i lobi assai largamente divaricati e senza la forte tendenza a con- vergere verso la linea mediana della conchiglia, e soprattutto poi per l’ apice più robusto, più basso, più rapidamente curvato e con un deltidio più largo e meno alto. Ha pure qualche analogia con la P. pferoconcha, Gemm. sp., ma se ne distingue nettamente, perchè di maggiori dimensioni, assai più slargata sui fianchi, con l’apice assai più robusto e più alto, la linea cardinale arcuata, la valva imperforata meno convessa e il loho debole. La Pygope Gemmellaroi , Di-Stef. prende il suo posto nel gruppo della P. Aspasia, Menegh. sp., fra le quali ha pure qualche relazione con la P. ne- pos, Canav. sp. (A) del Dogger inferiore ; però ha con essa tali differenze che basta per differirla una superficiale comparazione delle due figure. Credo poi inutile di notare i rapporti che ha con altre specie del sovraddetto gruppo, che si trovano in piani più antichi o più recenti della zona in esame, come sarebbero principalmente la P. Aspasia, Menegh. sp. del Lias, Ia P. Bouei, Zeuschn. sp. e la P. rupicola, Zitt. sp. del Giurassico superiore. Loc.—Monte Ucina, in contrada 7re fontanè, presso Galati. Pyrcope GEMMELLAROI, Di-Stef. (Tav. II, Fig. 11-26.) I Ii III IV V Lunghezza 25mm 21mm 19mm 19mm 18mm Larghezza 27mm 23mm 25mm 19mm 14mm Spessore 17mm 10mm 1lmm Imm La Pygope Gemmellaroiì , Di-Stef. è abbondantissima a Galati, sicché ho potuto studiarne più di cinquanta individui, in tutti gli stadj di sviluppo. La (1) Canavari e Parona, Brachiopodi oolitici di alcune località dell’ Italia setten- trionale; 1882; (Atti della Soc. toscana di Sc. Naturali); pag. 14, Tav. X, Fig. 1-4. DI MONTE UCIRA, PRESSO GALATI 164 La sua conchiglia è biloba , triangolare o subtriangolare , talvolta asimmetri- ca, generalmente più larga che lunga , ristretta sulla regione cardinale e slar- gata ai fianchi. La valva imperforata si mostra più o meno convessa , con la maggiore convessità sul suo centro o un po’ più su, e fornita di un seno largo che si manifesta leggiero sul mezzo della conchiglia e si fa rapidamente pro- fondo sulla fronte, dove s’ inflette indietro sulla valva perforata. Questa suol portare un corrispondente lobo mediano debolissimo, reso chiaro talvolta da leg- giere depressioni laterali; ma spesso non è ben visibile. L’ apice è assai ristretto sui lati, molto alto, curvato e con due ottusi e forti margini laterali; il forame di mediocre grandezza ; il deltidio un po’ alto, stretto e leggermente concavo. Le valve s'incontrano con angolo ottuso; la loro commessura, qualche volta un po’ acuta, mostra generalmente una leggiera inflessione sui lati della regione cardinale, e poi diventa molto sinuosa sulla fronte, con l’apertura della sinuo- sità rivolta verso avanti, sulla valva perforata. La punteggiatura è fina e visibile con forte lente d’ ingrandimento. Le strie di accrescimento sono forti e sinuose , specialmente sulla valva perforata. Su quella imperforata si osservano spesso le impressioni vascolari e i solchi che indicano l’attaccarsi dei seni venosi. Questa specie è molto variabile nella sua forma. Gl’ individui giovani sono, come del resto è solito, appiattiti, col contorno tagliente, il seno debolissimo e senza traccia di lobo corrispondente; quelli di un’ età media si mostrano di già un po’ rigonfiati sotto l’apice, fortemente ristreiti sui lati della regione cardi- nale, col seno assai leggiero e il lobo quasi nullo; dippiù sono ora più larghi che lunghi ed ora più lunghi che larghi; in certi casi presentano il contorno tagliente ed in altri ingrossato. Gl’ individui adulti si mostrano anche più va- riabili; essi sono molto gonfiati oppure relativamente appiattiti, in generale più larghi che lunghi, non di raro tanto larghi che lunghi e qualche volta più lun- ghi che larghi. Questa variabilità nel rapporto delle dimensioni dipende dallo sviluppo dei lobi, che sono ora forti, rigonfi e divaricati, ed ora piccoli, gonfi o appiattiti e poco slargati. Anche il seno varia molto, essendo in alcuni indi- vidui profondo e in altri leggiero; cominciando un po’ più su del centro della conchiglia o manifestandosi rapidamente sulla regione frontale. Il lobo della valva perforata è in generale debolissimo e spesso nullo ; la compressione sui lati della regione cardinale talora fortissima. Si nota in certi casi un’ asimme- tria di forma, cagionata da uno sviluppo ineguale dei lobi. La conchiglia per queste variazioni si mostra triangolare , subtriangolare e per eccezione anche subovale ; però resta sempre distintissima pei caratteri costanti della regione apiciale, che somiglia a quella della 7. Moravica, Glock.del Giurassico superiore e della 7. Recuperoi, Di-Stef. della zona con Posidonomya alpina. Ha delle intime analogie con la Pygope Redii, Di-Stef., dalla quale differisce per quei contrassegni di cui fu discorso precedentemente. La conformazione Giornale di Scienze Nat. ed ecom. Vol. XVI. 21 162 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA dell’apice la separa in modo da quelle Pygopi con le quali ha delle somiglianze pel resto dei caratteri, che io non credo di dovere stabilire altre differenze. Loc.—Monte Ucina, in contrada Tre fontane, presso Galati. Prcope CHuypas, Di-Stef. (Tav. II, Fig. 8.) Lunghezza 12mm Larghezza 13mm Spessore &mm La Pygope Chydas, Di-Stef. è una bella specie con la conchiglia rigonfia, biloba, triangolare, più larga che lunga e con un forte appiattimento (meéplat) ellittico, che, partendo dagli apici, si estende fino al principio dei fianchi. Ha la valva imperforata assai convessa, con la maggior convessità sulla sua parte po- steriore , e provvista di un seno largo che comincia appena più su del centro della conchiglia e si fa rapidamente assai profondo sulla regione frontale , in modo da dividere la conchiglia in due lobi distinti, rigonfi e con la tendenza a convergere verso il suo asse. La valva perforata è molto convessa e con un rigonfiamento mediano quasi indistinto. L’apice, di discreta grandezza, è ristretto lateralmente, curvato e con i lati ottusamente angolosi, per cagione dell’appiat- timento che la conchiglia mostra nella parte laterale posteriore. Il forame è me- diocremente grande, il deltidio non bene osservabile, la linea cardinale un po’ angolosa. La commessura delle valve si fa con angolo ottuso; corre nello stesso piano sui lati e diviene molto sinuosa sulla fronte, con l’apertura della sinuo- sità rivolta verso avanti, sulla valva perforata. Il contorno è ingrossato sui lati e leggermente acuto sulla fronte. La finissima punteggiatura è visibile con forte lente d’ ingrandimento. La conchiglia è liscia e coperta da forti strie di accrescimento sinuose, so- prattutto sulla valva perforata e verso il margine frontale. Essa ha delle analogie con la P. curviconcha, Opp. sp. (4); però se ne separa perchè ha l’apice meno curvato, la valva perforata meno convessa e col rigon- fiamento mediano quasi indistinto, la commessura delle valve diritta sui lati, la regione cardinale con un forte appiattimento e il seno che comincia appena più su del centro , si fa profondo nella fronte in modo assai rapido e non si prolunga in avanti. Con gl’individui della P. curviconcha, Opp. sp., figurati dal De- slongchamps (2) le sue analogie sono maggiori, appunto perchè in essi il seno (1) Oppel, Ueber das Vorkomm.'v. jurass. Posidomyen-Gesteinen in d. Alp.; pag. 206, Taf. 5, Fig. 6 a-g. (2) Deslongehamps , Paléontologie frangaise; terr. jurass; Brachiopodes; 1862-77; pag. 319, PI. 91, Fig. 1, 5. DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI 163 non si protrae verso avanti; ma i caratteri sopra notati la distinguono assai nettamente. Credo bene notare che mostra pure molte somiglianze con la P. Bowuei, Zeuschn.(A) del Giurassico superiore, ma che ne differisce per essere compressa sulla regione cardinale, con l’apice meno curvato , la linea cardinale piuttosto angolosa, e il seno meno profondo, incominciante appena sul centro della con- chiglia , arrotondito e col rigonfiamento corrispondente della valva perforata quasi indistinto. [o non voglio indugiare oltre a stabilire rapporti con altre Py- gopi del Giurassico superiore, come sarebbero la P. nucleata, Schloth. sp. e la P. rupicola, Zitt, sp., perchè se la specie in esame ha con esse delle somiglianze, ha pure delle grandi differenze di caratteri e di piano geologico. Loc.—Monte Ucina. in contrada Tre fontane, presso Galati. Prcope ALAMANNII, Di-Stef. (Tav. II, Fig. 9-10.) I II Lunghezza 19mm 17mm Larghezza 17mm 17mm Spessore 11mm Imm Conchiglia più lunga che larga, o più larga che lunga, talvolta subpenta- gonale, a contorno ingrossato e in qualche caso asimmetrica Ha la valva imper- forata discretamente convessa, e provvista di un seno che comincia debolissimo sotto l’ apice e si fa regolarmente più profondo sino alla fronte, dove s’ inflette indietro sulla valva perforata. Questa è convessa, e con un rigonfiamento sulla linea media- na largo ma non molto forte, reso chiaro sul margine frontale da una leggiera de- pressione per ogni lato. L’apice è robusto, basso, curvato e con un piccolo forame, dal quale partono dei corti e distinti margini laterali, che limitano una parete somi- gliante ad una falsa area Il deltidio è quasi interamente nascosto dall’apice. La linea cardinale si mostra arcuata. Le valve s'incontrano con angolo ottuso, e la loro commessura, ingrossata dalle linee di accrescimento, corre diritta sui lati e si fa sinuosa sulla fronte, con l’apertura della sinuosità rivolta verso avanti, sulla valva perforata. La punteggiatura è fina e visibile con forte lente d’ ingrandimento. La con- chiglia si mostra liscia e coperta da linee di accrescimento forti, soprattutto sulla regione frontale. Le variazioni della conchiglia si restringono al rapporto delle dimensioni, perchè in essa ora supera la larghezza ed ora la lunghezza, e al carattere del lobo che si mostra o chiaro o scancellato. (1) Zittel, die Fauna d. aelt. Cephalapod. fuehr. Tithonbildungen (Pal. Mitt. ec. II Bd. II Abtheil); pag. 249, Taf. 13, Fig. 15-24. 164 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA Questa specie ha dei rapporti con la P. Chydas , Di-Stef., dalla quale si distingue perchè più grande, più lunga che larga, non triangolare, meno gon- fiata, senza la forte compressione sui lati della regione cardinale, con l’ apice marginato e il seno cominciante sulla regione cardinale, meno profondo e che separa due lobi non molto distinti. Ha pure qualche somiglianza con la P. cur- viconcha, Opp. sp.; ma questa non mostra un contorno subpentagonale , come è spesso nella P. Alamannii, Di-Stef., ha l’apice più grosso, più curvato, senza margini, con un forame più grande, e senza una parete somigliante ad una falsa area; la valva perforata più convessa e con forte lobo, il seno più profondo e che non si prolunga in avanti. Nel comparare la P. Alamannii, Di-Stef. con altre specie giurassiche, ho trovato che essa ha delle relazioni con alcuni indivi- dui della P. nueleata, Schloth. (4) provenienti da Kobilany (Cracovia) e che si trovano nel Museo di Geologia e Mineralogia dell’ Università di Palermo ; però questi si mostrano assai più gonfiati, con un apice più robusto , più curvato senza parete somigliante a una falsa area e con un forame più grande; oltre di che presentano sulla valva perforata un lobo assai forte, mentre nella P. Ala- manmnii, Di-Stef. è poco rilevato. L’esemplare della Tav. II, Fig. 22-24 proviene da Piana dei Greci, presso Pa- lermo; quello del numero 25 da M. Ucina, in contrada Tre fontane, presso Galati. Pycope MykonionensIs, Di-Stef. (Tav. II, Fig. 4-6.) 1 II III Lunghezza 13mm 15mm 13mm Larghezza 20mm 16mm 14mm Spessore 1lmm 6mm mm Questa Pygope è più larga che lunga, subtriangolare, ristretta sui lati della regione apiciale e slargata ai fianchi. La sua valva imperforata è convessa, con la maggior convessità, ch'è più o meno distinta, sulla regione cardinale; inoltre porta un seno mediano largo ma debole, che incomincia leggierissimo più su del centro e si fa più profondo sulla fronte, dove s° inflette appena sulla valva perforata. Questa è assai convessa, senza rigonfiamento mediano, e con un apice piccolo, compresso sui lati, non molto alto e curvato. Esso porta degli ottusi e distinti margini laterali, che presso il piccolo forame, si piegano, passandogli di sotto, e compiono la parte superiore del deltidio, ch è estremamente piccolo e non sempre visibile. La linea cardinale è arcuata. Le valve s'incontrano con angolo ottuso, e la loro commessura corre diritta sui lati e leggermente sinuosa sulla (1) Ooster, Synopsis des Brachiopodes des Alpes Suisses ; 1863; pag. 14, P1. 3, Fig. 4-8.—-Zittel, Handbuch der Pal&ontologie; I Bd, pag. 700. DI MONTE UCINA, PRESSO GALATI 165 fronte , con l’ apertura della sinuosità rivolta in avanti, sulla valva perforata. La punteggiatura è finissima e non sempre ben visibile. Le strie di accrescimento sono molto chiare, specialmente sulla regione fron- tale, e leggermente sinuose sulla valva perforata. Queste strie , negl’ individui giovani si mostrano in forma di solchi sottili e distinti, che danno un ornamento elegante alla conchiglia. Gli esemplari di un’età giovane sono, secondo il solito, appiattiti. ma con la maggiore convessità sulla regione cardinale ben visibile, inoltre hanno il con- torno tagliente e il seno leggierissimo; talvolta mancano di deltidio o lo hanno rudimentare, nei quali casi il forame tocca l’umbone della valva imperforata. Questa specie ha dei rapporti con la P. Alamanmnii , Di-Stef., dalla quale si differisce per l’apice un po’ più lungo, più compresso sui lati, più appuntito, senza indizio di falsa area e con un differente carattere dei margini; oltre di che per la mancanza di rigonfiamento mediano sulla valva perforata. Ha pure qualche relazione con la P. curviconcha, Opp. sp.; ma se ne distingue perchè ha l’apice più piccolo, meno curvato e con i margini, il seno meno profondo e non protratto in avanti, la commessura diritta sui lati e il lobo della valva perfo- rato nullo. L’esemplare della Tav. II, Fig. proviene dalla Muntagna-chi-parra presso Calatafimi, gli altri da Galati. Loc.—Monti Ucina, in contrada 7re fontane, presso Galati. AuLACOTHYRIS, Douvillè. AuLACOTHYRIS Pyaopomes, Di-Stef. (Tav. II, Fig. 27-28.) I II III Lunghezza 12mm 11mm 10mm Larghezza 13mm 11mm 10mm Spessore a 7mm 6mm 6mm Questa specie è liscia, leggermente biloba, subtriangolare, un po’ più larga che lunga o tanto larga che lunga e con un forte appiattimento sulla parte laterale anteriore, dove è perciò angolosa. La valva imperforata, poco convessa, porta una depressione mediana piuttosto larga ma non forte, che incomincia leg- gierissima sul centro della conchiglia e si fa più profonda sulla regione fron- tale, in modo da dividere la conchiglia in due lobi piccoli e arrotonditi. Que- sta depressione s’ inflette indietro sulla valva perforata, ch° è molto convessa e con un leggiero rigonfiamento mediano, però hon sempre ben distinto. L’apice è alto, molto curvato, largo ma assottigliato, e angoloso sui lati. Il forame, ben- ” 166 SUI BRACHIOPODI DELLA ZONA CON POSIDONOMYA ALPINA chè un po’ sciupato, sembra rotondo e piccolo. Il deltidio è un po’ concavo, alto e largo. La linea cardinale è ottusamente angolosa. Il setto si vede chiaro o per trasparenza o in forma di solco, quando la conchiglia manca de’ suoi primi strati. La lamine rostrali sono ben visibili sulla regione apiciale della valva perforata. La conchiglia ha una punteggiatura finissima e chiaramente visibile con lente d’ ingrandimento. Le strie di accrescimento sono assai forti, specialmente sulla regione frontale, dove si mostrano gradinate. Questa specie non è molto variabile ne’ suoi caratteri. Negl’ individui gio- vani o di un’età media la conchiglia si mostra appiattita, subtriangolare e tal- volta suborbicolare, l’apice si fa un po’ basso, la depressione della valva imper- forata leggierissima, il rigonfiamento di quella perforata nullo e i due lobi indi- stinti. Noto poi che un individuo di media grandezza mostra sulla linea mediana della valva perforata una leggierissima depressione in forma di solco. L’ Aulacothyris pygopoides , Di-Stef. ha delle relazioni con le forme accor- ciate dell'A. Meriani, Opp. sp. (1) ma se ne distingue per essere più ristretta an- teriormente e con l’apice meno curvo e più largo. Loc.—Monte Ucina, in contrada Tre fontane, presso Galati. (1) Oppel, die Juraformation ; pag. 424, n. 214.—Deslongechamps, Catalogue dé- scriptif des brachiopodes du système oolithique inférieur du Calvados. (Bull. de Soc. Linnéenne e Normandie) 1857; vol. II, pag. 33, PI. 4, Fig. 1-6.—Paléontologie frangaise; terr. jur. Brachiopodes, 1862-77; pag. 238, PI. 64, Fig. 1-5. TRANS: G.Tambuscio dis. Lit. Visconti sà | —i Î Ù A x ù : : hl P, » È È NES Pt . n A n bd D) vd . { ui à ci * A PA è Sa) Wigo CAI ART n ill Ai = “4: où DS salti * » CI cd DÒ LI ; “, 3 Pref i : DI > _ ma t SI a "a ò . 4 n l'di è, u Li Ugg IIPPIE IE L "9 A APRI A î 5 5 x i ‘ fo : è $ in d è do 13 uf” 9 @ x 4 e ii. a "3 4 Ni hl À tI si A - ICE F x x : R Met apro s < x SUE ) 3 Z4 *- È ol 3 MELI a ‘ Ò Ù " “ LI a a ui VP a LI RL Na Tav.ll Tambusciodis G. Lit G.Huber Palermo n Fon La « , n o dA LA Mei ? x. si 4 È A ‘ Ù - x n a 1 À si 7 Rie ni at; ; . (TA Le Pata Ti È i £ "= al \ C d - o 2 i WS DI « * î Ri ; n ; ai sitio " Ur. NA ; x TS ra b é Wi d LÌ è "i A î sd ur o (I sro } x A pa dai de br » i % pone 4° Valt le) 3 Pi DA, da ì pi Doe a ; Ù p . . 7, i » PI, p 1° pui 4 % Z xp “i n * a” dd Ù di Mi s é 24 Ls » . È Ù: PA n I i a "| Ro” di, » pa tia Ù - " 6 < pie ij % i hi : o n ri ; 5 rp) i n ; Ù . i, e è t_. & À d 1 * è # }. | à ; nasa A 73) b , n” Ri # » Ped, PI " # p : . Li x ’ SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI (PROVINCIA DI MESSINA) DEL PROF. GAETANO GIORGIO GEMMELLARO Circa due anni addietro, il Sig. E. Cortese, uno degl’Ingegneri del R. Corpo delle Miniere addetti al rilevamento della Carta geologica della Sicilia , trovò nella Provincia di Messina, e propriamente nella contrada Rocche rosse presso Galati, alcuni fossili degli strati a 7erebratula Aspasia, Menegh. che ebbe il pen- siero gentile di comunicarmi. Esaminati que’ fossili, sebbene pochi, pure per l'abbondanza relativa de’ cefalopodi sugli animali d’altre classi, riconobbi l’im- portanza di quel giacimento fossilifero, e quindi la necessità di farvi ulteriori ricerche. Queste vi sono state fatte estesissime, e sono state coronate d’un re- sultato ottimo, poichè insieme a moltissime specie di brachiopodi, pelecypodi gastropodi ec., trovate in gran parte negli strati con 7erebratula Aspasia, Menegh. d'altri siti del bacino mediterraneo, si son rinvenuti cefalopodi in numero grandissimo. I quali, come si vedrà nella seconda parte di questo lavoro, pro- vano incontestabilmente, che gli strati a Teredratula Aspasia, Menegh. de’ din- torni di Galati appartengono alla parte inferiore del lias medio, e che quelli d’ altre località della Sicilia, qualunque sia la loro potenza, per la identicità delle specie d’altre classi d’animali (echinidi, brachiopodi, pelecypodi e gastro- podi) che si trovano indistintamente ne’ varî loro livelli, sono tutti sineronici a’ medesimi. 168 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA PARTE PRIMA CEPHALOPODA PHYLLOCERAS, Suess. PHYLLOCERAS LIBERTUM, Gemm. (Tav. II. Fig. 1 a 5). 1854, Ammonites Mimatensis, Savi e Meneghini, Considerazioni sulla Geologia della Toscana, p. 116 e 124. 1853, » » , Savi e Meneghini, Nuovi fossili Toscani, p. 9, 10, 34 e 32. 1854, » » , Hauer, Beitr. zur Kennt. d. Heterophyllen d. òs- i terr. Alpen, p. 415. 1856, » » , Hauer, Ueb. d. Cephal. aus d. Lias d. nordòstl. Alpen, p. 56, Taf. XVII, fig. 1 a 3. 1867-84, >» » , Meneghini, Monogr. des foss. du calv. rouge amm. de Lombardie ec., p. 84, PI. XVII, fig. 4.—App. Foss. du Medolo, -p. 26, PI. IV, fig. 2. 1880, » » , Taramelli, Monogr. strat. e paleont del Lias nelle Provincie Venete, p. 73, Tav. 3, fig. 2. Diametro (1) . 53mm 37m 28mm 2mm Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0,40 0,42 0,42 0,42 Spessezza » » » 0,25 0,28 0,26 0,30 Larghezza dell’ombellico » » 0,33 0,33 0,33 0,39. Questa conchiglia è discoidale, compressa a’ lati, con ombellico largo e gra- dinato e con regione sifonale un po’ stretta e rotondata. I suoi giri sono leg- germente convessi, o piani, e scendono rapidamente nell’ombellico, producendovi un eontorno smussato. L’ultimo giro in gran parte (la metà o i due terzi an- teriori) è ornato di coste trasversali più o meno dirette in avanti, rotondate in alto e col lato anteriore più esteso del posteriore, le quali occupano la sua metà esterna e la sua regione sifonale. Esse incominciano deboli, ma larghe, ingrandiscono lentamente, e sulla parte anteriore del giro divengono più larghe, prominenti ed estese verso l’ombellico. Sopra ogni giro la conchiglia porta al- cuni strangolamenti (5 a 6) più o meno leggieri, che danno un aspetto larga- (1) L’esemplare maggiore è di 53,mm DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 169 mente ondulato al suo contorno ombellicale, e si vedono soltanto, quando la conchiglia è conservatissima. Questi strangolamenti sopra i modelli interni lasciano delle impressioni trasversali, alquanto dirette in avanti, e che, sebbene siano più larghe e profonde sul contorno ombellicale , si vedono chiaramente estese fino alla regione ventrale. Oltre a queste impressioni, che si notano in tutti i loro giri, si trovano ancora sull’ultimo d’essi quelle delle coste. La se- zione trasversale de’ giri è di forma ellissoidale, compressa a’ lati e incisa in basso, la cui maggiore larghezza corrisponde al terzo inferiore della sua altezza. I giovani di questa specie fino al diametro di circa 35"® hanno i giri lisci e convessi, che scendono nell’ombellico, producendovi un contorno rotondato. Il suo lobo sifonale è largo e corto, esso termina con quattro punte per lato. Il lobo laterale superiore, lungo più del doppio del precedente, è assai dissim- metrico e termina con due rami, di cui l’esterno è curvato in fuori e manda tre rami secondarî, mentre l’interno è molto più piccolo. Il lobo laterale infe- riore è più piccolo e dissimmetrico del precedente; esso termina con due rami, l’interno de’ quali è più lungo e sì divide in due rami secondarî, e l’ esterno in due. Le selle sono sottili e profondamente tagliuzzate. La sella esterna , la laterale e le due prime ausiliari terminano difilli. La linea radiale taglia la se- conda sella ausiliare un po’ sopra della sua base, e il contorno ombellicale cade sulla metà del secondo lobo ausiliare. Ho riunito a questa specie il PhyMoceras Mimatense di Meneghini, Hauer ed altri ancora perchè, sebbene eglino abbiano fatto notare le differenze che essa presenti col tipo dato da d’Orbigny, pure essi non han creduto di distaccarnela. Per me, fra la specie di Mende (Lozéère) e quella del lias medio del bacino mediter- raneo, corrono tali differenze che mi pare più naturale di doverle considerare come specie distinte. Avendo solt’occhio nove esemplari di questa specie e alcuni del Phylloceras Mimatense, d’Orb. del Plateau de Larzac (Depart. de l’Aveyron) essi mostrano in tutti gli stadî del loro sviluppo delle notevoli differenze. Quando sono gio- vani si distinguono, perchè il PhyMoceras libertum, Gemm. è meno compresso a’ lati, ha i giri più bassi e convessi e l’ombellico più largo; e quando adulti, perchè il PhyMoceras Mimatense, d’Orb , oltre d’essere più compresso, co’ giri più alti e coll’ombellico assai più stretto, ha gli strangolamenti più profondi verso la parte esterna de’ suoi giri, anzicchè verso l’ ombellico , e la linea de’ lobi provvista di selle più robuste. Questa specie è piuttosto comune nel calcare variegato a crinoidi della con- trada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano varî esemplari. 19 do Giornale di Scienze Nat. ed ecom. Vol. XVI. 170 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA PHYLLOCERAS DIOPSIS, Gemm. (Tav. II, Fig. 6 a 8; Tav. VI, Fig. 1 e 2). Diametro. (I) e ea 25mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . 0,45. 0,39. Spessezza » » » 0,31. 0,29. Larghezza dell’ombellico » » 0,26. 0,34. Conchiglia discoidale, compressa a’ lati, con ombellico largo , gradinato e profondo e con regione sifonale rotondata. I suoi giri hanno i fianchi appena convessi, anzi si possono dire piani, che scendono perpendicolarmente nell’om- bellico producendovi un contorno acuto, e che portano sulla loro metà esterna delle strie trasversali, finissime, capillari, fortemente dirette in avanti ed ar- cuate. Negli esemplari completi, verso i due terzi anteriori dell’ ultimo giro, queste strie vengono sostituite da coste che lasciano una zona stretta e liscia intorno l’ombellico. Le coste sono semplici e soltanto rare volte dicotome, for- temente dirette in avanti, un po’ arcuate e acutissime in alto, le quali, avendo il lato anteriore assai più esteso del posteriore e lo spigolo rivolto in dietro, prendono una disposizione imbricata. Esse incominciano sottili e ingrandiscono piuttosto rapidamente, divenendo principalmente nella regione ventrale anteriore, alte e robuste. Di tratto in tratto fra due coste se ne nota un’ altra piccolis- sima e quasi rudimentare. La sezione trasversale de’ giri è di forma ellissoi- dale, compressa a’ lati e fortemente incisa in basso. I modelli interni della con- chiglia mancano di strangolamenti. L’esemplare Tav. II, fig. 6 a 8 ha l’ultima camera di abitazione dell'animale uguale a metà dell’ultimo giro. Il suo lobo laterale superiore non è molto largo, ma lungo, e termina con tre rami, de’ quali l’ esterno e il medio sono i più lunghi e partono da unico tronco. Il lobo laterale inferiore è anch’esso diviso in tre rami, ed è più corto d’ un terzo del precedente ; esso ha il ramo medio più lungo degli altri due. Il primo, secondo e terzo lobo ausiliare sono obbliquamente diretti in fuori. La sella esterna è robusta ed ha cinque foglie grandi, delle quali due sono ter- minali; la sella laterale e la prima ausiliare arrivano quasi alla stessa altezza, sono a foglie grandi e terminano trifilli. La seconda sella ausiliare è piccola e difille. Questa specie è parente del PhyMoceras libertum, Gemm. Essa ne dif- ferisce non solo per essere co’ giri più robusti e senza strangolamenti, colla regione ventrale meno ristretta e coll’ombellico più stretto, a contorno acuto e a parete verticale, ma pure per avere le coste acute e imbricate, fra le quali ve ne sono alcune dicotome e parecchie rudimentari ; inoltre i giri interni di questa specie sono nella metà esterna de’ loro fianchi trasversalmente striati , (1) L’esemplare maggiore è di 101mm , DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 174 mentre quei del PhyMoceras libertum , Gemm. sono lisci. Il PhyMWoceras diopsis, Gemm. richiama ancora il PhyMoceras transilvanicum, Hauer. I giri però della specie in esame sono meno alti ed hanno la regione ventrale più stretta ; le sue coste non sono punto falciformi , si prolungono meno verso la parte in- terna e incominciano assai più sottili In quanto poi al disegno de’ lobi, essa, ha le selle più robuste, i lobi laterali più ramificati e quelli ausiliari obbliqui, il che non si nota in que’ del Phylloceras transilvanicum, Hauer. Questa specie è rara nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati, nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mine- rologia della R. Università di Palermo si conservano soltanto gli esemplari, di cui qui si danno i disegni. PHYLLOCERAS PARTSCHI, Stur sp. (Tav. II. Fig. 9 a 10). 1851, Ammonites Partschi, Stur, Yahrb. d. k.k. geol. Reichsanstalt , 14 Bd; 3 H., pag. 26. 1853, » striato-costatus, Meneghini, Nuovi foss. d. Toscana, p. 28. 1854, » Partschi, Hauer, Beitr. z. Kenntn. d. Heterophy]len d. òsterr. Alpen (Sitzungsb. d. k k. Akad. d. Wissenschaften , Bd. XII, 'p.‘884, Taf. IV, fig. 1 a 8) 1856, » » , Hauer, Ueb. Ceph. a.d. Lias d. Nordòstl. Alpen, p. 37. 1864, » » , Hauer, Ueb. d. Amm. a. d sog. Medolo (Sitzungsb. d. kk. Akad. d. Wissenschaften, p. 405). 1863, » » , Ooster, Pètr. rem. d. Alpes Suisses, Cat. d. Cèph. foss. p. 38 (parte) PI. 18, figs1 a 4. 1868, » Sturî, Reynès, Ess. d Géol. et. d. Pal. Aveyr., p. 16, PI. 3, fig. 2. 41878, Phylloceras Partschi, Gemmellaro, Sopra alc. faune giur. e liasiche della _ Sicilia, pag. 236. 4879, Ammonites » , Reynéès, Monogr. d. Ammonites, PI. XXXIV , fig. 30 a 982; e PI XLIV; fig. 12 a 46. 1879, » tenuistriatus, Reynès, Monogr. d. Ammonites, PI. XLIV, fig. 16. 1867-84, Ammonites ( Phylloceras) Partschi, Menghini, Monogr. des foss. du cale. rouge amm. d. Lombardie et. p. 88—App. Foss. 5 du Medolo, p. 26, PI. 3, fig. 3 a 5. 1882, Phylloceras Partschi, Canavari, Beitr. z. Fauna d. unt. Lias v. Spezia, p. 24. Il Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo possiede due esemplari di questa specie. provenienti dal calcare variegato della contrada 172 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA AS PASIA Rocche rosse presso Galati (Provincia di Messina). L'esemplare disegnato è con- servatissimo, del diametro di 34" e non ha particolarità degne di nota. PHYLLOCERAS MENEGHINII, Gemm. (Tav. II, Fig. 13 a 17). ‘1874, Phylloceras Meneghinii, Gemmellaro, Sopra alc. faune giur. e liasiche della Sicilia, p. 102, Tav. XII, fig. 23. Nel 1874 descrissi un Phylloceras giovane, proveniente dagli strati a 7e- rebratula Aspasia, Menegh. di Chiusa-Sclafani (Proviucia di Palermo) che chia- mai Phylloceras Meneghinii. Ora, avendo trovato nel calcare del lias medio della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina altri esemplari adulti di questa specie, ritorno su di essa, estendendone la descrizione e dandone altri disegni. Diametro un nas dae e ra 26m 48mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,66. 0,61. 0,59. Spessezza » » » 0,54. 0,52. 0.49 Larghezza dell’ombellico » » 0,04. 0,10. 0,12. Questa specie è rigonfiata a’ fianchi, strettamente involuta, senza strango- lamenti e con contorno ventrale piuttosto largo e rotondato. I suoi giri, nei giovani, convessi regolarmente ai fianchi, incominciano verso la metà interna a deprimersi gradatamente e scendono verso l’ombellico, che è strettissimo, piut- tosto profondo e mancante di spigolo intorno l’ombellico. Coll’ulteriore sviluppo della conchiglia i suoi fianchi divengono sempre più rigonfiati, principalmente verso la metà della loro altezza, d’ onde scendono fortemente arcuati nell’ om- bellico e meno verso il lato ventrale. Allora l’ombellico si mostra più largo e profondo , e nello interno vi si vede il penultimo giro. La sezione trasversale de’ giri è di forma ovale incisa in basso. Essa ha su’ fianchi 7 lobi. Il lobo sifonale è largo alla base quanto il lobo laterale superiore, e meno lungo d’esso d’ un terzo. Il lobo laterale superiore è lungo, esteso e ramificatissimo; de’ suoi tre rami terminali l’esterno e il me- diano partono d’un tronco solo e sono i più estesi e ramificati. Il lobo laterale inferiore è un po’ più lungo del sifonale ed ha, in grande, la stessa forma del primo lobo ausiliare. Le selle sono sottili e frastagliate. La sella esterna, la laterale e le tre prime ausiliari terminano con due foglie ; le altre selle ausi- liari con una. La linea radiale nell’interno dell’ombellico lambisce 1’ apice del quinto lobo ausiliare, tagliando nel suo cammino le ultime ramificazioni degli altri lobi. DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 178 Questa specie è molto affine al PhyMWoceras Hebertinum, Reyn. da cui si di- stingue per essere più involuta, più rigonfiata a’ fianchi e con andamento di- verso nella linea de’ lobi. Gli esemplari qui disegnati si trovano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. PHYLLOCERAS ALONTINUM, Gemm. (Tav. I, Fig. 7; Tav. II, Fig. 18 a 20) Diametro . TRI SEE ARSA AI I N I 28mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . . . . 0,50 Spessezza » » » 0,39. Larghezza dell’ombellico » » 0,19. x Questa conchiglia è compressa a’ lati, con ombellico discretamente largo, in cui si vedono i giri precedenti e con regione ventrale rotondata. I suoi giri sono appena convessi, o appiattiti ai fianchi, e scendono verticalmente nell’om- bellico producendovi un contorno rotondato. Su’ fianchi de’ giovani si osser- vano da 4 a 5 strangolamenti leggerissimi, che si estendono, un po’ obbliqua- mente diretti in avanti, dal contorno dell’ombellico alla regione ventrale. Nel grande esemplare, qui disegnato , la superficie essendo alterata non se ne ve- dono. La sezione trasversale de’ giri è di forma ellittica, compressa a’ lati e in- cisa largamente e profondamente in basso. La sella esterna è meno lunga della sella laterale, ed entrambe terminano con tre foglie grandi ed ovali; delle quali nella sella esterna la foglia esterna e la mediana sono sostenute da unico peduncolo, e nella sella laterale sono la foglia interna e la mediana quelle che nascono da un peduncolo comune. Le tre prime selle ausiliari terminano con due foglie, le altre con una. Il lobo sifonale è stretto e diviso in basso d’una sella sifonale lunga e sottile. Il lobo laterale superiore e quasi un terzo più lungo del sifonale; esso è robusto e assai esteso e diviso in basso in tre rami principali, de’ quali il medio e l'esterno si bi- forcano dopo di quello interno. Il lobo laterale inferiore, che ha in piccolo la stessa forma del lobo laterale superiore, è disposto in modo inverso di questo, ed è ancor d’esso più corto, ma più lungo del lobo sifonale. La linea radiale passa al di sopra delle ultime divisioni del ramo mediano del lobo laterale superiore, e al contorno dell’ombellico taglia alla base l’ultima sella ausiliare. Questa specie ha stretti legami di affinità col PhyMoceras Calais, Menegh. Però se ne distingue per essere più compressa a’ lati, colla regione ventrale meno larga, coll’ombellico più stretto e colla linea de’ lobi conformata diver- samente. Essa è vicina pure del PhyMoceras Persanense, Herb. da cui differisce per la configurazione dell’ apertura, per l’ andamento degli strangolamenti e 4174 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA per la terminazione della sella laterale e della prima ausiliare. Le quali nel Phylloceras Persanense, Herb. terminano con tre foglie, e d’esse la mediana e l’ esterna della sella laterale hanno unico peduncolo ; mentre nel PAylMoceras Alontinum, Gemm. la prima sella ausiliare è difille, e la foglia mediana e l’in- terna della sella laterale sono quelle che nascono da unico peduncolo. Di questa specie i due esemplari qui disegnati si trovano nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo. Essi constano della parte concamerata, e il diametro dell'esemplare maggiore, essendo di 81", prova che questa specie arriva a grandi dimensioni. Provengono dal calcare variegato a crinoidi della contrada focche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. PHYLLOCERAS MICROGONIUM, Gemm. (Tav. I, Fig. 4 a 6). Diametrone nnt de IAT, i rn Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . . . . 0,48. Spessezza » » » 0,45. Larghezza dell’ombellico » » 0,28. Conchiglia liscia, compressa a’ lati, con regione ventrale larga e rotonda e con ombellico, largo, profondo e gradinato.I suoi giri, appena più alti che lar- ghi e piani ai fianchi, scendono verticalmente nell’ombellico, producendovi un contorno più o meno rotondato. La sezione trasversale de’ giri è quadrangolare, rotondata in alto e incisa in basso; la sua larghezza maggiore corrisponde sul contorno dell’ombellico. Su’ fianchi del modello interno di questa conchiglia si vedono sei solchi trasversali, arcuati e diretti in avanti, che a metà della loro altezza tendono a far gomito. Essi sono larghi e piuttosto profondi presso il contorno om- bellicale, e divengono sempre più superficiali, come si estendono verso la re- gione ventrale. Sulla linea mediana di questa regione essi incontrono i solchi del lato opposto, e vi si uniscono, prodacendovi un angolo ottuso, diretto in avanti, e rotondato che viene delimitato in avanti da un cercine leggerissimo. L’ esemplare disegnato resulta dalla parte concamerata e d’ una porzione della ultima camera d’abitazione dell'animale, che è lunga poco più d’ !/, della lunghezza dell’ultimo giro. La linea de’ lobi ha su’ lati cinque selle. Il lobo sifonale è lungo quasi guanto il lobo laterale superiore. La sella esterna ha sull’estremità quattro fo- glie, termina difille e al lato esterno della sua base porta una foglia che ar- riva alla stessa altezza della sella sifonale. Il lobo laterale superiore è molto asimmetrico; esso dividesi in due rami ineguali, l'esterno de’ quali è più grande e si suddivide in tre rami secondarì , e l’ interno in due più piccoli e meno DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 475 estesi. La sella laterale porta in alto quattro foglie , d’esse le tre interne na- scono da unico peduncolo, da cui la foglia più interna, staccandosi prima delle altre due, pare che questa sella termini difille; di queste quattro foglie l’esterna, però, è quella più grande. Il lobo laterale inferiore ha in piccolo l’assieme di quello laterale superiore , ma disposto in modo inverso. La prima sella ausi- liare é caratteristica per la disposizione simmetrica e regolare delle sue foglie: essa termina difille , mentre la seconda e la terza sella ausiliare finiscono mo- nofilli. La linea radiale taglia la punta del ramo medio del lobo laterale supe- riore e passa al di sotto di tutti gli altri lobi. Ho stabilito questa specie sopra un solo esemplare, perchè esso ha carat- teri distintissimi da’ Phylloceras liassici fin'ora conosciuti, e perchè la sua co- noscenza credo d’essere di molta importanza per lo studio filogenico d’ alcune specie di questo genere. Il Phyl/ioceras microgonium, Gemm. non può punto staccarsi dal Phylloceras tortisulcatum, d'Orb. e dal PhyMoceras Loryi, Heb. coi quali ha strettissimi legami di parentela pe’ caratteri esterni della conchiglia e per la disposizione della linea de’ lobi; e se i solchi trasversali del modello interno della specie in esame non hanno il gomito completamente sviluppato, che è caratteristico delle due sopraddeitte specie più giovani, ma soltanto rudimentare, ciò è dipendente, perchè il PhyMWoceras microgonium, Gemm. è una specie d’esse molto più antica. È da sperare, quindi, che trovandosi altre specie dello stesso gruppo nella serie intermedia de’ terreni fra il lias medio e il dogger superiore si potrà arrivare a conoscere la direzione dello svolgimento filogenico di questo gruppo di Phylloceras. L’esemplare di questa specie, che si conserva nel Museo di Geologia e Mine- ralogia della R. Università di Palermo ,proviene dal calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati, nella Provincia di Messina. PHYLLOCERAS WAHNERI, Gemm. (Tav. I, Fig. 1 a 3). PRAFRCICORIET Ae e I en Vo e e Se et te ‘9 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. . . . . . 0,59. Spessezza » » » 0,45. Larghezza dell’ombellico » » OSE Conchiglia discoidale, compressa a’ lati, ombellicata strettamente e arroton- data alla regione ventrale. Essa è ornata di strie longitudinali, piuttosto larghe, superficialissime e quasi scancellate, distinguibili soltanto colla lente d’ingran- dimento, le quali vengono intersecate da strie d’accrescimento fine e semplici. I suoi giri appena convessi a’ fianchi scendono gradatamente verso l’ombellico, in cui un po’ sopra delle suture divengono ripidi producendovi una parete ver- ticale. La sezione trasversale de’ giri è ellittica ed incisa in sotto. - 176 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA Il suo lobo sifonale è più corto del lobo laterale inferiore. Il lobo laterale superiore è lungo, esteso e strangolato al centro della sua lunghezza per lo svi- luppo delle due corrispondenti foglie del penultimo ciclo della sella esterna e della laterale; questo lobo si biforca in due rami ineguali, di cui l’interno, che è più piccolo, si suddivide in due rami secondarî, e l’esterno in tre rami, che si estendono maggiormente, suddividendosi più volte. Il lobo laterale inferiore è più stretto e corto del precedente. Le selle sono molto simmetriche e frasta- gliate ; la esterna, la laterale e la prima e seconda ausiliari terminano netta- mente a due foglie; però la sella esterna e la laterale avendo, la foglia con un grande lobo al lato esterno, pare che terminino a quattro foglie. La terza e la quarta sella ausiliare terminano con una foglia. La linea radiale taglia quasi alla base la quarta sella ausiliare. Questo Phylloceras richiama assai il PhyMoceras frondosum, Reyn. e, se non fosse per la sua depressione minore a’ lati, per la sua striatura longitu- dinale e per il diverso andamento della sua linea de’ lobi, gli si potrebbe ri- ferire. Esso è meno vicino del PhyMoceras Hebertinum, Reyn. non solo perchè questo è più rigonfiato a’ fianchi, e meno involuto, ma ancora perchè la sua linea de’ lobi è assai diversa. Il Prof. Meneghini nella sua classica opera inti- tolata (Monog. des fossiles du calce. rouge amm. de Lombardie et de l’Apennin central, App. p. 30, Milan, 1867-84) riferisce al PhyMWoceras Hebertinum Reyn. una forma che, stando al disegno e alla descrizione che ne dà il mio illustre amico, mi pare essere alquanto diversa dal tipo di Reynès. Or questa specie ha grandi affinità col PhyMNoceras Wiéhneri, Gemm., da cui eziandio differisce per avere i fianchi rigonfiatissimi principalmente alla loro parte interna, e la re- gione ventrale rotondita più strettamente. Inoltre il suo lobo sifonale è assai più lungo e il resto della linea de’ lobi ha alcune particolarità che mancano nel Phylloceras in esame. Di questa specie, proveniente dal calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina, nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano parecchi esemplari. Il più piccolo ha un diametro di 16" , e il più grande di 32."" Essi constano sol- tanto della parte concamerata. PHYLLOCERAS N. SP. INDET. (Tav. II, Fig. ile 12). DIAMELrO i ca E ST ee ME RR RE, AI Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. . . . . . 0,61. Spessezza » » » 0,35. Larghezza dell’ombellico (diametro esterno della depressione). 0,28. Di questa specie si conosce soltanto il modello interno della parte conca- merata della conchiglia. Esso è discoidale, fortemente compresso a’ fianchi, senza DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI ATT strangolamenii , strettamente ombellicato e con regione ventrale strettissima e rotondata. I suoi giri sono quasi completamente involuti e crescono rapida- mente in altezza. I suoi fianchi sono declivi e appiattiti verso l'esterno, e scen- dono obbliquamente nell’ombellico, producendovi intorno una depressione imbu- tiforme come quella del Phylloceras serum, Opp. La sezione trasversale dei giri è a forma di punta di lancia, rotondata in alto e incisa strettamente in sotto, la cui maggiore larghezza corrisponde al quarto inferiore della sua altezza. Sopra ognuno de’ suoi fianchi ci sono sette selle. La sella esterna e la la- terale terminano a quattro foglie, e la prima e seconda ausiliari a due foglie lo- bate, di cui quelle della prima sono più lobate di quelle della seconda. Il lobo laterale superiore è assai più lungo del sifonale e un po’ più del laterale inferiore; esso si divide in tre rami, e manda prima l’interno e dopo il medio e l’esterno, per lo che i due ultimi rami partono da unico tronco. Questa specie per la sua forma generale e per quella delle sue selle è so- migliante al PhyMWoceras Zetes, d'Orb., da cui, però, si distingue per la dispo- sizione imbutiforme della sua regione ombellicale e per la ramificazione diversa del suo lobo laterale superiore. Più vicina ancora per l'andamento della linea de’ lobi e per la depressione imbutiforme dell’ombellico al Phylloceras Laviz- zarti, Hauer (1) se ne discosta, perchè manca di depressione sulla regione sifo- nale, e la sezione de’ suoi giri ha la larghezza maggiore assai più sotto di dove notasi nel PhyMoceras Lavizzarii, Hauer. Finalmente essa non può mica con- fondersi col PhyMoceras psilomorphum, Neum., perchè questo è meno involuto, manca di depressione imbutiforme alla regione umbellicale ed ha tult’altra di- sposizione nella linea de’ lobi. L’esemplare qui disegnato proviene dal calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse vicino Galati nella Provincia di Messina ; esso si trova nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. LYTOCERAS, Suess. LYTOCERAS FIMBRIATOIDES, Gemm. (Tav. III, Fig. 20 a 23). Diamar, act ei i eeeMrRI: 760m 30mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . 0,38. 0,39. Spessezza » » » 2 0,39. Larghezza dell’ombellico » » 0,36. 0,36. Conchiglia nell’assieme compressa , con ombellico largo e profondo e con regione ventrale regolarmente rotondata. I suoi giri sono quasi cilindrici, for- (1) Il Sig. v. Hauer descrivendo il PAyloceras Lavizzarii—Beitr. z. Kennt. d. Hete- rophyllen et p. 875, (Sitzungsb. d. k. k. Akad. Wissenschaften, Wien 1854) non fa cenno d’esser questo provvisto di depressione imbutiforme intorno l’ombellico. Questa depressione però si nota nella figura che ne dà l’illustre paleontologo di Vienna, ed è ancor meglio distinta in quella che il Reynès—Monogr. des Ammonites,Atlas,PI. XLIV, fig. 17 a 19—fece conoscere di questa stessa specie. Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol., XVI. 23 178 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA temente arcuati a’ fianchi e soprapposti gli uni sugli altri. Essi sono ornati di coste trasversali lamelliformi, poco prominenti, increspate e generalmente equi- distanti, fra cui vi stanno intercalate altre coste secondarie (4 a 7) più piccole, meno increspate e divise fra di loro da interstizî più larghi d’ esse. Le coste secondarie ordinariamente sono semplici, ma negli esemplari adulti se ne no- tano parecchie biforcate. Tutte queste coste (le principali e le secondarie) sono molto flessuose; esse hanno sulla parte ombellicale de’ giri la concavità diretta in avanti, su’ fianchi la convessità rivolta in avanti, e sono quasi dritte sulla regione ventrale. La sezione trasversale de’ giri e quasi circolare con incisione leggerissima, o senza, in sotto. I modelli interni di questa specie mancano di strangolamenti. Il lobo sifonale è strettissimo e assai più corto del lobo laterale superiore. Questo è grandissimo, piuttosto stretto alla base, e diviso in due rami, che si suddividono più volte, e di cui l’esterno è più esteso. La sella esterna è pro- prio strangolata alla base, e termina divisa in due rami da uno stretto e lungo lobo secondario; questi due rami si suddividono in altri tre più piccoli, e d’essi l’ esterno e il medio del ramo esterno principale si estendono quasi fino alla linea sifonale. Il lobo laterale inferiore ha la stessa forma, sebbene più piccolo, di quello superiore. La sella laterale è strangolata alla base e termina divisa in due parti da un lobo secondario strettissimo; essa non supera in altezza la sella esterna , e delle sue due parti l’ esterna si divide in tre ramoscelli, il medio de’ quali si ripartisce nuovamente , e l’ interno si divide in due rami. La prima sella ausiliare è piccola, strangolata strettamente alla base e bipar- tita in alto. Il lobo antisifonale è stretto e il suo ramo orizzontale è così lungo che esce per metà del contorno dell’ombellico. Questa specie è vicinissima per la sua ornamentazione al Lyfoceras jfim- briatum, Sow. Però ne differisce pe’ suoi giri che sono più involuti, più arcuati a’ fianchi, ed ornati di coste più fine e regolari , le cui principali sono sopra ogni giro più numerose e assai meno sporgenti. Inoltre la sezione trasversale de’ giri è più circolare e i loro modelli interni non hanno strangolamenti. In quanto poi alla sua linea de’ lobi è ancor essa diversa da quella del Lyfoceras Simbriatum, Sow. e principalmente per la grandezza minore del suo lobo late- rale inferiore e per lo sviluppo maggiore del ramo laterale del suo lobo anti- sifonale. Per l’assieme della linea de’ lobi il Lyfoceras Jimbriatoides, Gemm. ri- chiama molto il Lytoceras lineatum, Schlt. Ma in questa ultima specie, oltre che i lobi sono più robusti e le selle più sottili, la prima sella ausiliare è estre- mamente larga alla base, e il ramo orizzontale del lobo antisifonale è corto in confronto di quello del Lytoceras fimbriatoides, Gemm. Circa poi a’ loro orna- menti e proporzioni si distinguono facilmente queste due specie, essendo il Lyto- ceras lineatum Schlt. ornato di coste più numerose e fine, ed avendo i giri meno rigonfiati a’ fianchi e crescenti meno rapidamente. La specie in esame ha an- DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 179 cora delle analogie col Lytoceras nothus , Menegh., ma questo, essendo ornato di coste secondarie assai più numerose, avendo i fianchi meno rigonfiati , es- sendo più involuto e provvisto d'una linea de’ lobi che ha il lobo antisifonale con ramo orizzontale cortissimo, non si può mica confondere con la specie del lias medio di Sicilia. Questa specie è piuttosto rara nel calcare variegato a crinoidi della con- trada Rocche rosse de’ dintorni di Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si conservano i due esemplari qui disegnati. AEGOCERAS, Waagen. AEGOCERAS SELLAF, Gemm. (Tav. III, Fig. 1 a 5). II TANTIDEURO) gi See SERI RE 39mm 26mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,33. 0,34. 0,33. Spessezza » » » 0,26. 0,25. 0,25. Larghezza dell’ombellico —» » 0,43. 0,45. 0,45. Conchiglia compressa a’ lati, ombellicata largainente e con contorno ventrale rotondato. I suoi giri hanno i fianchi poco convessi ne’ giovani e quasi piani negli adulti, e il contorno ombellicale rotondato. I loro fianchi sono ornati di coste radiali, numerose, strette e dritte, ognuna delle quali ordinariamente a metà dell’ altezza de’ giri porta un tubercolo piccolissimo, da cui partono due coste secondarie, che percorsa la regione ventrale s’ arrestano nel tubercolo della costa del lato opposto. Sulla regione ventrale fra ogni paio di coste ce ne sta inter- calata un’altra della stessa grandezza. La superficie della conchiglia è munita ancora di strie radiali, finissime che si vedono e sulle coste e su’ loro interstizî. La bocca è circoscritta d’ un leggiero cercine e termina co’ margini sottilissimi. La camera d’abitazione dell'animale è lunga 4/. della lunghezza dell’ultimo giro. La sezione trasversale de’ giri ha la forma d’un ‘ellissoide più alto che largo e inciso in sotto. La sua linea de’ lobi richiama quella dell’ Aegoceras Heberti, Opp., però la sua prima sella ausiliare ha il ramo interno profondamente diviso in due secondarî. Fra’ diversi Aegoceras della sezione degli armati vi sono l’ Aegoceras Leckembyi, Wright e l’Aegoceras Davoei, Sow. che hanno molte affinità con questa specie. Essa però si distingue dall’ Aegoceras Leckembyi, Wirght per essere assai più compressa a’ fianchi, e per avere le coste principali provviste d’ un tubercolo più piccolo; e dall’ Aegoceras Davoei, Sow. per asere i giri assai più involuti, 180 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA la regione ventrale più ristretta e le coste molto meno obbliquamente dirette. Essa richiama ancora l’Aegoceras submuticun, Opp. e alcune forme dell’ Aego- ceras armatum, Sow., ma in questi la posizione e la grossezza de’ tubercoli, e la forma della sezione trasversale de’ giri sono talmente diverse da quelle del- l’Aegoceras Sellae, Gemm. che riesce facile distinguerli da esso senza venire ad altre differenze. L’Aegoceras Sellae, Gemm. è frequente nel calcare variegato a crinodi della contrada Rocche rosse presso Galati, nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono parecchi esemplari. AEGOCERAS SEGUENZAE, Gemm. (Tav. II, Fig. 8 a 11). Diametro. LI IRE, Ma IR ASI 34mm 22mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro ? 0,35. Spessezza » » » ? 0,46. Larghezza dell’ombellico » » 0,46. 0,41. Questa conchiglia è compressa a’ lati, è con ombellico di discreta larghezza e profondo, ed ha la regione ventrale alquanto larga e rotondata.I giri, negli esemplari giovani, hanno i fianchi convessi e fortemente declivi verso l’ombel- lico, il che osservasi meno negli adulti. I giri ‘oltre di numerose strie radiali, sono ornati di coste trasversali, che dopo di aver formato al contorno esterno de’ tubercoli aculeiformi si dividono in due o tre coste secondarie e percorrono la regione ventrale. Spesso su’ grandi esemplari fra due gruppi di coste secon- darie ce ne stanno altre (1 a 3) della stessa grossezza. La sezione trasversale de’ giri è di forma trasversalmente ovale , che varia coll’ età della conchiglia, essendo molto più larga che alta ne’ giovani che negli adulti. Il lobo sifonale è lungo e largo quanto il lobo laterale superiore. La sella esterna, grandissima, termina divisa in due parti ineguali, che si suddivi- dono nuovamente. Il lobo laterale superiore manda cinque punte corte. La sella laterale è piccola e termina divisa in due parti ineguali. Questa specie si distingue dall’ Aegoceras pettos, Quenst. non solamente per- chè essa è assai meno rigonfiata, più involuta ed ornata d’un numero maggiore di coste sulla regione ventrale, ma bensì perchè la sua linea de’ lobi è diversa di quella di questa specie. Essa si allontana pure dall’ Aegoceras Maresi, Reyn. per essere più compressa, ed ornata di tubercoli aculeiformi , d’ onde le coste invece di bipartirsi regolarmente, come ha luogo nell’ Aegoceras Maresi, Reyn., sì suddividono in un numero maggiore di coste secondarie che passano sulla regione ventrale. DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 4184 Questa specie non è rara nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse de’ contorni di Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono tre esemplari. AEGOCERAS PETTOS, Quenst. sp. (Tav. VI, Fig. 3 a 5). 1830, Ammonites crenatus, Zieten, Versteinerung Wiirttembergs, p. 4, Tab. 4, figura 4. 1843, » pettos, Quenstedt, Flòzgeb. Wiirttembergs, p. 178. 41847, » Grenouillouxi, d°Orbigny, Paleont. Frang., Terr. Jur., t. 4, pa- gina 307, PI. 96. 1849, » pettos, Quenstedt, Die Cephalop., p. 176, Tab. 14, fig. 8. 1853, » » Oppel, Der Mittlere Lias Schwab. p. 55. 1856, » » Oppel, Die Juraformation, p. 165. 18614, » » Hauer, Ueb. d. Amm. a. d. sog. Medolo (Sitzungsb. d. k. k. Akad, d. Wissenschaften, p. 413, Taf. 4, fig. 18 e 49). 1863, » » Schlonbach, Eisenstein d. Mitt]. Lias (Zeitsch. d. Deutsch. geol. Gesell., p. 527). 1876, Aegoceras Grenouillouri, Tate and Blake, Yorkshire Lias, p. 280. 1882, » pettos, Wright, Monogr. on the Lias Ammonites of the Bri- tish Islands, p. 363, PI. XXXVII, fig. 5 a 7, PI. LXIX, fig. 5 e 6. Riferisco all’ Aegoceras pettos, Quenst. alcuni esemplari un po’ sciupati e quello di cui do la figura, perchè essi mostrano i caratteri essenziali della spe- cie di Quenstedt non ostante la sua abituale variabilità. Questo Aegoceras è piuttosto raro nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse de’ dintorni di Galati nella Provincia di Messina. I so- praddetti esemplari si trovano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità di Palermo. AEGOCERAS SUBPETTOS, Gemm. (Tav. VI, Fig. 6 a 9; Tav. VII, fig. 19). DTERIEHTO oe a UR cr A 10mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,30. Spessezza » » » 0,52. Larghezza dell’ombellico » » 0,55. Conchiglia nell’assieme compressa, con ombellico largo e profondo e con regione ventrale larga ed arcuata leggermente. I suoi giri sono assai più larghi 182 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA che alti, e hanno i fianchi convessi e declivi verso l’ombellico. Essi sono ornati per ogni giro , oltre di strie radiali finissime , di 15 coste trasversali , dritte, grosse ed acute in sopra, ognuna delle quali, dopo d’aver formato al contorno esterno un tubercolo, robusto e aculeiforme, si sfiocca in parecchie coste secon- darie, deboli e fine, che percorrono curvate, con la convessità diretta in avanti, la regione ventrale. In questa regione fra ogni gruppo di coste, che parte dai tubercoli, ce ne stanno intercalate altre. Esse vengono intersecate ad angolo retto da strie longitudinali, finissime e interrotte. La sezione trasversale de’ giri è di forma quadrangolare assai più larga che alta. L’esemplare disegnato ha un frammento della ultima camera di abitazione, che è lungo un terzo del giro esterno. Il suo lobo sifonale è più largo del lobo laterale superiore , e d’ esso un po' meno lungo. La sella esterna è più stretta, ma assai più lunga della se'la laterale ; essa è divisa alla sua estremità in tre parti ineguali , di cui la me- diana è la più grande e termina a cinque lobi. Il lobo laterale superiore divi- desi in tre rami principali, d’essi il mediano è il maggiore e termina con una lunga punta. La sella laterale è corta, larghissima e divisa all’estremità in due parti principali, di cui l’interna, che è la più larga, termina con quattro lobi. Il lobo laterale inferiore ha in piccolo la forma del lobo laterale superiore. Questa specie differisce dall’ Aegoceras pettos, Quenst. per essere co’ giri più rapidamente crescenti, ognuno de’ quali è ornato d’un numero minore di coste più robuste ed acute, e per avere la linea de’ lobi differentemente con- formata. L’Aegoceras Alberti, Reyn. la richiama per |’ assieme e per la forma della linea de’ lobi, ma venendo al loro confronto si vede subito che sono due specie chiaramente distinte. Le affinità dell’ Aegoceras subpettos, Gemm. co’ gio- vani dell’Aegoceras Seguenzae, Gemm. sono maggiori; però si vede che sono di- versi, perchè la specie in esame ha i giri più lentamente crescenti, e perchè è ornata su’ fianchi di coste più robuste e meno numerose, e alla regione ven- trale di coste secondarie assai più fine e numerose. Oltre a ciò essa ha l’aper- tura più depressa e la linea de’ lobi con altra disposizione. Questa specie è rara nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati (Provincia di Messina). L’esemplare disegnato si trova nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. AEGOCERAS. SP INDET. (Tav.IV,Fig.15e 16). Conchiglia discoidale, compressa, piuttosto evoluta, largamente ombellicaiwa e con fianchi convessi che scendono gradatamente verso l’ombellico, ed ornati di coste generalmente semplici, numerose, avvicinate e taglienti. Esse presso la DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 183 regione ventrale si dividono in parecchie costelle secondarie che la percorrono dirette in avanti. Le coste principali dell’ ultimo giro sul lato esterno pria di sfioccarsi s’ispessiscono. La superficie della conchiglia è ornata di numerose strie radiali. La sua apertura è più larga che alta. Il solo esemplare che conosco di questa specie, è quello figura 15 e 16. Esso è un giovane Aegoceras del gruppo degli armati che mi pare di differire dai giovani delle specie di questo gruppo che si conoscono nel lias medio. Però, mancandomi gli elementi per poter dare un giudizio sulla sua entità, non credo interessante di fermarmi sulle sue differenze e rapporti con altri Aegoceras affini. Esso è stato trovato nel calcare variegato a crinoidi della conirada Rocche rosse presso Galati, nella Provincia di Messina, e si conserva nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo. AEGOCERAS BECHEI, SOW. SP. 1824, Ammonites Bechei, Sowerby, Min. Conchology, vol. 3, p. 143, PI. 280. 1830, » » Zieten, Versteiner. Wiirttembergs, p. 37, Tab. XXVIII, figura 4. 1849, » » D’Orbigny, Paleont. Frang., Terr. Jurass., t. 1, p. 278. PI. 82. 1842-49, » » Quenstedt, Cephalopoden, p. 135. 1855, » » Simpson, Foss. of. the Yorkshire Lias, p. 70. 1867-84, Amm. (Aegoceras) striatus, Meneghini, Monogr des. foss. d. calcaire rouge amm. de Lombardie ec., p. 77. 1882, Aegoceras Bechei, Wright, Monogr. of the Lias Amm. of the British Islands, pi 380 P1 XLI, fio Aran 5 Questo Aegoceras nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse de’ dintorni di Galati nella Provincia di Messina è rarissimo. Nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce n’ è un-esemplare. che ha tutti i caratteri necessarî per una determinazione esatta. AEGOCERAS SUBMUTICUM, Opp. Sp. (Tav. III, Fig. 6 e 7). 1842-49, Ammonites natrix oblongus, Quenstedt, Cephalopoden, p. 85, PI. 4, fig.16. 1853, » » » Oppel, DerMittler. Lias Schwab., p. 73, P1.4, figura 5. 1856, » submuticus, Oppel, Die Juraformation, p. 158. 1869-81, Coeloceras submuticum, Meneghini, Monogr. d. foss. des calcaire rouge amm. de Lombardie, p. 4197, App. PI. VI, fig. 3. Questa specie è piuttosto comune nel calcare variegato a crinoidi della con- 184 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TERMBRATURA ASPASIA trada Rocche rosse de’ dintorni di Galati (Provincia di Messina). D'essa ne co- nosco varî esemplari fra’ quali due intieri che corrispondono perfettamente e pe’ loro caratteri esterni e per la linea de’ lobi al tipo del lias d’ Oftertingen e di Hinterweiler. L'esemplare fig. 7, che è del diametro di 55" , ha sull’ultimo giro degli aculei lunghi 7.®m L'altro (fig. 6) in rapporto al diametro di 46" presenta le seguenti dimen- sioni: l’ombellico largo 0,52, e l’ultimo giro alto 0,26 e spesso 0,22. I Signori Dumortier (1) e Wright (2) riferiscono a questa specie degli esem- plari che, a giudicare delle loro figure, non mi pare le si possano sicuramente riferire. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo, oltre degli esemplari di cui si danno qui le figure, se ne trovano altri cinque. AEGOCERAS GRANULIFERUM, Gemm. (Tav. III, Fig. 19; Tav. IV. Fig. 3 a 6). Diametroral a e i e o 28mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,30. 0,30. Spessezza » » » 0,21. 0,22. Larghezza dell’ombellico » » 0,46. 0,46. La conchiglia di questo Aegoceras è piccola, discoidale, compressa, ombel - licata largamente e un po’ ristretta, ma arrotondita, alla regione sifonale I suoi giri sono piani a’ flanchi ed ornati di coste trasversali, dritte, strette, uguali ed equidistanti fra di loro. Esse al contorno esterno de’ giri formano un gra- nulo, piccolissimo ed acuminato da cui s’inflettono fortemente in avanti, e, per- corso, più o meno assottigliandosi, il declive lato ventrale, vanno sulla sua linea mediana.a congiungersi con le coste del lato opposto. La sella esterna è alta, larga e divisa alla sua estremità in due parti ine- guali, l'esterna delle quali è più grande e termina con quattro piccoli lobi. La sella laterale ha in piccolo la forma della precedente colla differenza che la sua parte più grande è all’interno. Il lobo sifonale è lungo quanto il lobo laterale superiore, ma più largo, e manda da ogni lato due punte principali e la ter- minale, che è assai più lunga delle laterali. Il lobo laterale superiore termina con cinque punte. Questa specie ha strette relazioni coll’ Aegoceras Coregonense, Sow. Questo però si distingue dalla specie in esame, perchè è meno evoluto e assai meno compresso lateralmente. Il disegno da’ lobi, poi, è differentissimo in questi due Aegoceras. (1) Etudes paléont. sur les depots jurass. du Bassin du Rhone, vol. 3, p. 63, pl. XII, fig. 1 e 2, e PI. XLIV, fig. 2 a 4. (2) Op. cit:, P..1938, PITXXWMI Ag anzi DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 185 L’Aegoceras granuliferum, Gemm. è raro nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. Gli esem- plari di cui si danno le figure si conservano nel Museo di Geologia e Minera- logia della R. Università di Palermo. AEGOCERAS CORTESFI, Gemm. (Tav. III, Fig. 17 e 18; Tav. IV, Fig. 7 a 9). Diametro sl ae ee n 39mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,32. 0,31. Spessezza » » » 0,22. 0,21. Larghezza dell’ombellico » » 0,46. 0,46. Conchiglia piccola, discoidale, compressa a’ lati, con ombellico largo, su- perficiale e leggermente gradinato, e con regione ventrale rotondata. I suoi fian- chi sono convessi, e scendono verticalmente nell’ombellico, producendovi un con- torno rotondato. Essi sono provvisti di coste trasversali, dritt» e strette che passano sul contorno ventrale curvate fortemente in avanti. Esse su’ giri in- terni sono piuttosto lontane fra di loro e inequidistanti, e sull’ultimo più av- vicinate e a distanze uguali; parecchie di loro al terzo esterno de’ giri s’ispes- siscono, producendovi nun granulo estremamente piccolo e acuminato. La sezione trasversale de’ giri è di forma ovale e leggermente incisa in basso. Gli esem- plari disegnati hanno un gran frammento dell’ultima camera d’abitazione del- l’animale lungo più di ?/, dell’ultimo giro. Il lobo laterale superiore è appena più lungo e assai più stretto del sifo- nale e termina con quattro punte. Il lobo laterale inferiore è obbliquo, stretto e più corto del precedente, e termina con tre punte. La sella esterna è larga, alta e coll’ estremità profondamente divisa in due parti, ognuna delle quali subisce un’altra divisione. La sella laterale, più stretta e corta della precedente, ha cinque lobi di varia grandezza. Essa ha de’ rapporti intimi coll’ Aegoceras Mazzettii, Gemm. da cui diffe- risce, perchè è meno compressa a’ lati, più strettamente ombellicata, ed ornata su’ giri interni di coste più distanti, fra cui ve ne sono alcune provviste di gra- nuli estremamente piccoli; inoltre le loro linee de’ lobi sono diverse , come si vede chiaramente dal confronto de’ loro disegni. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si con- servano quattro esemplari di questa specie, i quali provengono dal calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol., XVI. 24 I 186 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA AEGOCERAS N. SP. INDET. DEL GRUPPO DELL’AEG. CORTESEI, Gemm. (Tav. III, Fig. 16). Diametro. . . . SIIBRA TATO VISO SRG SG AIPORE O STO TOMI NOE SCE 0 ILE Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro = 0,30. Spessezza » » » 0,20. Larghezza dell’ombellico » » 0,46. Questo Aegoceras ha ad un di presso le stesse proporzioni dell’ Aegoceras Cortesei, Gemm. Però ne differisce per la distribuzione delle sue coste ne’ giri interni che sono più avvicinate ed equidistanti e per la forma della sua linea de’ lobi che richiama quella dell’ Aegoceras wenigmaticum, Gemm. D’esso conosco un solo esemplare (fig. 16) che proviene dal calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina, e sì conserva nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. AEGOCERAS MAZZETTII, Gemm. (Tav. III, Fig. 13; Tav. IV, Fig. 1 e 2). Diametro: ge at e ER O 29 29gmm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,27. 2,26. Spessezza » » » 0,20. 0,19. Larghezza dell’ombellico » » 0,52. 0,52. Conchiglia piccola, discoidale, compressa a’ lati, con ombellico larghissimo e con regione ventrale rotondata. I suoi giri hanno i fianchi leggermente con- vessi ed ornati di coste trasversali, un po’ dirette in dietro , dritte e strette, che passano sulla regione ventrale curvate fortemente in avanti e alquanto as- sottigliate. La sezione trasversale de’ giri è ovale, leggermente compressa a’ lati e incisa in basso. La camera d’abitazione dell’animale, nell’esemplare disegnato, è lunga circa ?/, dell’ultimo giro. Il lobo sifonale è più largo del lobo laterale superiore e manda due rami per ogni lato compreso il terminale. Il lobo laterale superiore è lungo quanto il precedente e diviso in tre rami, di cui i laterali si bipartiscono nuovamente, e il mediano termina con tre punte. Il lobo laterale inferiore è piccolo e termina con tre punte. La sella esterna è con base larga e bipartita all’estremità da due lunghi lobi secondarî. La sella laterale è strangolata alla base e profondamente bipartita all'estremità da un lobo secondario. Questa specie ha relazioni strette coll’ Aegoceras Aegion, d’Orb.; ma ne dif- ferisce perchè essa ha l’ombellico più largo, la regione ventrale rotondata e la DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 187 linea de’ lobi assai diversa. Essa si distingue dalla specie precedente per le dif- ferenze sopra indicate. L’Aegoceras Mazzettii, Gemm. è alquanto raro nel calcare variegato a cri- noidi della contrada Rocche rosse ne’ dintorni di Galati (Provincia di Messina). D’esso ci sono alcuni esemplari nel Museo di Geologia e Mineralogia della Regia Università di Palermo. AEGOCERAS ALLOPLOCUM, Gemm. (Tav. IV, Fig. 17 a 20; Tav. VII, fig. 22). IIAIA ERRORE Me e i n ie n I Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0,27. Spessezza » » » 0,20. Larghezza dell’ombellico » » 0,51. Conchiglia piccola, discoidale, fortemente compressa a’ lati, con ombellico lar- ghissimo e superficiale e con regione ventralefo rtemente ristretta, o angolosa.I suoi giri hanno i fianchi piani, o appena convessi, che scendono verticalmente nel- l’ombellico, producendovi un contorno angoloso. D’ essi i primi sono ornati di coste trasversali, strette e situate a distanze inegualissime , e l’ ultimo giro di coste numerose, equidistanti, dritte, o leggermente flessuose, e più o meno leg- giere. Esse, arrivate sul declive contorno ventrale, si spingono fortemente in a- vanti e sulla linea mediana si congiungono -con quelle dell’altro lato, rendendo la carena, negli esemplari che hanno questa regione angolosa, leggermente cre- nulata. La sezione trasversale de’ giri è di forma ellittica, compressa a’ lati, più o meno angolosa in alto, e leggermente incisa in basso. Nell’ esemplare disegnato la camera ultima d’abitazione dell’animale è più lunga di ?/, dell’ultimo giro. Il lobo sifonale è più largo e lungo del lobo laterale superiore ed ha il ramo terminale a tre punte. Il lobo laterale superiore è corto e termina con tre rami, i cui laterali terminano con due punte piccolissime. Il lobo laterale inferiore è piccolissimo e un po’ obbliquo, e termina tripuntato. La sella esterna è larga , coll’ estremità divisa in due parti ineguali e col contorno fortemente frastagliato. La sella laterale è anch'essa col contorno frastagliato, ma più stretta della precedente. Questa specie per la disposizione delle coste sopra i suoi giri interni si lega coll’ Aegoceras Cortesei, Gemm., ma se ne distingue per essere più compressa ai lati, con contorno ventrale più o meno angoloso, e più evoluta; inoltre non vi ha esemplare che abbia qualche costa granulo-spinosa, il che è costante negli esemplari dell’ Aegoceras Cortesei, Gemm. Nel Museo di Geologia e Mineralogia se ne conservano cinque esemplari, che provengono dalla contrada Rocche rosse de’ contorni di Galati nella Pro- vincia di Messina. 4188 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA AEGOCERAS CIRCUMCRISPATUM, Gemm. (Tav. IV, Fig. 11 a 14; Tav. VII, Fig. 21). DIALOG. i ie ate Pe nt I Inn RIT TIRO I 32mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,27. Spessezza » » » 0,15. Larghezza dell’ombellico » » 0,50. Questa conchiglia è piccola , discoidale , fortemente compressa a’ lati, con ombellico largo e superficiale, e con contorno esterno che si restringe maggior- mente da’ giri interni all’ esterno. I giri hanno i fianchi piani e provvisti di strie trasversali, fine e dritte, spesso riunite a fascetti rughiformi, che sulla re- gione ventrale s’ ispessiscono e si dirigono fortemente in avanti. Nell’ ultimo giro de’ grandi esemplari queste strie rughiformi prendono la forma di coste, ineguali e più o meno rilevate, che passando sul contorno sifonale, che è in essi assai stretto, lo rendono increspato , oppure seghettate. La sezione trasversale de’ giri è ellissoidale, fortemente compressa a’ lati, e sempre più ristretta in alto, come la sezione cade verso l’ultimo giro. Nell’esemplare Fig. 11 a 13 la ca- mera d’abitazione dell’animale è lunga circa 3/, dell'ultimo giro. Il lobo sifonale è appena più corto, ma più largo del lobo laterale supe- riore. Questo lobo termina a tre punte, la cui mediana è più lunga delle altre. La sella esterna è larga, alta e divisa all’estremità in due parti ineguali, ognuna delle quali è leggermente dentata. La sella laterale ha in piccolo l’ assieme della sella esterna. Il lobo antisifonale è lungo, stretto e multidentato a’ lati, e termina sotto con due punte. Da’ varî esemplari di questa specie, che ho sotto gli occhi, quello Tav. IV, fig. AA a 43 è il solo che ha la linea de’ lobi asimmetrica. L’Aegoceras circumcrispatum, Gemm. ha qualche analogia con l’ Aegoceras aenigmaticum, Gemm., da cui si distingue per essere più compresso a’ lati e con regione sifonale più ristretta, quasi angolata e fornita di coste ineguali e più o meno sporgenti che la reudono increspata, o seghettata. L'andamento e lo sviluppo delle coste sulla sua regione sifonale legano strettamente questa specie ad alcuni Amphiceras, e particolarmente all’ Amphiceras Marianii, Gemm. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si con- servano parecchi esemplari di questa specie, i quali provengono dalla contrada Rocche rosse presso Galati (Provincia di Messina). DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 189 AEGOGERAS AENIGMATICUM, Gemm. (Tav. lII, Fig. 12, 14 e 15; Tav. IV, Fig. 10; Tav. VII, Fig. 20). 1882? Aegoceras polymorphum, Wright, Mongr. of the Lias Amm. of the Bri- tish Islands, p. 376, Tav. XL, fig. 1 a 3. Diametro Rae Re a TEGO 26,mm 50 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,29. 0,28. Spessezza » » » 0,23. 0,29. Larghezza dell’ombellico » » 0,48. 0,49. Questa conchiglia è discoidale, compressa a’ lati, con ombellico larghissimo, superficiale e leggermente gradinato e con regione ventrale rotondata. I suoi giri sono appiattiti a’ fianchi, e scendono verticalmente nell’ombellico, producen- dovi un contorno smussato. Essi sono provvisti di coste leggerissime, rughi- formi, dritte, o flessuose, e inequidistanti fra di loro, che, arrivate al loro con- torno esterno, si piegano fortemente in avanti, e, percorsa la regione ventrale, si congiungono sulla sua linea mediana con quelle dell’altro lato, formandovi una ansa colla convessita rivolta in avanti. La sezione traversale de’ giri è di forma ellittica, un po’ compressa a’ lati e incisa leggermente in basso. L’ esemplare qui disegnato ha un gran frammento dell'ultima camera d’abitazione dell’ani- male, ch'è lungo circa 3]4 dell’ultimo giro. Il lobo laterale superiore è un po’ meno largo e così lungo quanto il sifo- nale. Il lobo laterale inferiore è leggermente obbliquo e assai più corto e stretto del precedente. La sella esterna, con larga base, è divisa all’estremità in due parti ineguali che terminano con contorno dentato. Il Signor Wright riferisce all’Ammonites polymorphus, Quenst. un Aegoceras del lias medio del Nord Lincolnshire, che mi pare di non avere punto rela- zione con la specie del Quenstedt. Esso invece ha rapporti intimi con la specie in esame e per l’ornamentazione, e per l’appiattimento de’ giri, e per le pro- porzioni. Le loro linee de’ lobi sono pure foggiate sullo stesso stampo, e il fra- stagliamento maggiore de’ lobi dell’Aegoceras inglese potrebbe dipendere dal suo sviluppo maggiore. A ciò bisogna aggiungere, ancora, che la linea de’ lobi della specie di Galati, di cui si dà la figura, è alquanto sciupata, e perciò più sem- plice di come è realmente. Quando l’Aegoceras circumerispatum, Gemm. non è completamente svilup- pato, ha molta affinità con questa specie; ma la compressione maggiore a’ lati e la disposizione punto gradinata dell’ombellico lo fanno distinguere dall’ Aego- ceras aenigmaticum, Gemm. Questa specie è piuttosto rara nel calcare variegato con crinoidi della con- 190 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA trada Rocche rosse de’ contorni di Galati nella Provincia di Messina. Nel Mu- seo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono quat- tro esemplari. AMPHICERAS, GEMMELLARO. Nel lias medio della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina vi sono alcune specie, che non si possono riferire in modo incontesta- bile ad alcun genere delle Ammonee. Esse hanno i caratteri seguenti: La conchiglia è discoidale, involuta, compressa a’ lati e con regione ventrale rotondata, che da’ primi giri all’ultimo si restringe gradatamente. Essa è or- nata a’ fianchi di strie, o di pieghe falciformi, che nella regione ventrale si curvano in avanti, e arrivate sulla sua parte ventrale, s'ispessiscono, e si uni- scono con quelle del lato opposto, formandovi delle anse convesse in avanti, larghe e corte, che la rendono più o meno increspata. La sua apertura, come sì vede in alcuni modelli interni, e si detegge dalle sue strie d’accrescimento, è falciforme con appendici laterali arcuati e con quello ventrale linguiforme, largo, corto e rotondato. La linea de' lobi è complicata, con lobi estesi e ramifi- cati e con selle frastagliate. Il lobo laterale superiore è più lungo del sifonale, e la sella laterale biforcata e più lunga della esterna. I lobi ombellicali arri- vano allo stesso livello. L'ultima camera d’abitazione è lunga da ?/, a 3/, del giro esterno. Gli Aegoceras pleuronotum, Cocchi, Atanatense, Wihn., calcimontanum, Wihn., Kammerkarense, Giimb,, torophorum, Wihn. ecc. del lias inferiore del ba- cino mediterraneo hanno rapporti strettissimi cogli Amphiceras. Essi hanno, come questi, i giri involuti e la regione ventrale rotondata che si restringe col pro- gressivo loro sviluppo. Gli ornamenti di questi due gruppi di fossili si compor- tano quasi ugualmente sulla loro regione ventrale; però essi sono dritti suì fianchi degli Aegoceras (1) e falciformi su que’ degli Amphiceras. Circa alla linea de’ lebi, essa ha lo stesso andamento generale, ed è soltanto più frasta- gliata negli Amphiceras, perchè questi sono più giovani. In questi Aegoceras, però, come in moltissimi angulati del lias inferiore, il lobo sifonale è asimme- trico, ossia esso non cade sul centro della regione ventrale, e i lobi ombellicali sono pendenti indietro. Questi caratteri mancano negli Amphiceras, nè si sono (1) Vi ha parecchi Aegoceras come p. e. l’Aeg. Atanatense, Wàhn., l’Aeg. aniso- phylum, Wiahn., l’Aegoceras Guidoni, Sow ecc. (Wahner, Beitràge z. Kenn. d. tiefer. zon d. unter. Lias. in d. Nordòst. Alpen, Taf. XXVI, Fig. 2 e Taf. XIX, Fig. 1 — Beitràge z. Palaeont. Osterreich-Ungarns ec. herausg. E. v. Moisisovies und M. Neumayr Bd. III. — Canavari, Beitràge z. Fauna d. unt. Lias v. Spezia, Tav. IV, Fig. 16), che sull’ultimo giro hanno le coste leggermente falciformi. Ciò prova che essi aveano una tendenza sensibile a deviare nella direzione delle coste. DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 194 trasmessi a tutti gli Aegoceras più giovani del lias medio. Se si eccettua, in- fatti, l’Aegoceras circumcrispatum, Gemm. (4) le altre specie hanno il lobo si-' fonale simmetrico e i lobi ombellicali estesi fino allo stesso livello. Ciò pare di- pendere perchè l’asimmetria del lobo sifonale e la pendenza indietro de’ lobi ombellicali non fossero caratteri permanenti di tutti gli Aegoceras del gruppo degli amngulati, ma efimeri di parecchi d’essi del lias inferiore, i quali caratteri non si trasmisero a’ loro successori dell’epoca geologica susseguente. Finalmente se sì studiano i primi giri degli Amphiceras e per la direzione quasi dritta degli ornamenti su’ loro fianchi, e per la forma rotondata della loro regione ventrale, e per la loro linea de’ lobi (2) essi confrontano perfettamente con que- sto gruppo d’Aegoceras. Si vede dunque che gli Amphiceras sono in stretta pa- rentela con questi Aegoceras, che li precessero e da cui probabilmente derivano; ma che intanto non gli si possono riferire, perchè gli Amphiceras, avendo ai fianchi gli ornamenti falciformi, che stanno intimamente legati alla forma della loro apertura, ciò derogherebbe i principì che regolano la delimitazione gene- rica delle Ammonee. Gli Amphiceras per questo carattere hanno legami intimi cogli Harpoceras, ragion per cui gl’illustri Neumayr (3) e Meneghini (4) riunirono a questo ge- nere, il primo, l’ Ammonites Wechslerì, Opp. e, il secondo, 1’ Ammonites (Harpo- ceras) falcicula Menegh. che sono indubitatamente degli Amphiceras. È, però, da riflettere ch’allora mancavano gli elementi per potere apprezzare l’impor- tanza di queste due specie rarissime. Ora, invece, che se ne conoscono parecchie di questo gruppo, riesce facile di studiarle in tutti gli stadî del loro svolgi- mento, e di metterle in rapporto colle Ammonee del lias inferiore del bacino mediterraneo, illustrate egregiamente da Neumayr (5) Canavari (6) e Wahner (7), e quindi di potere apprazzarne i caratteri essenziali e stabilirne le relazioni genetiche. Gli Amphiceras, sebbene abbiano gli ornamenti falciformi degli Harpoceras, sono colla regione ventrale diversamente conformata. Essa, come si è detto, è (1) Questa é la sola specie d’Aegoceras degli angulati del lias medio di Sicilia che ha i lobi ombellicali pendenti indietro (vedi Tav. VII, Fig. 21). In quanto all’asimme- tria del suo lobo sifonale l’ho trovato in un solo esemplare (vedi Tav. IV, Fig. 11 a 13). (2) Vedi Tav. IV, Fig. 24, 25, 36, 37 e 38. (3) Die Ammoniten d. Kreide u. d. System. d. Ammonitiden. — Zeitschrift d. Deutschen geologischen Gesellschaft, p. 909, 1875. (4) Op. cit.—App., p. 14. In seguito il mio venerando amico nella Rivisione sistema- tica delle specie descritte nella Monografia e nell’ Appendice riferi con dubbio questa specie al genere Harpoceras, e dice « On escrit douteusement au genre Harpoceras cette forme ètrange, n’osant pas supposer une Oppelia dan le Medolo ». (5) Zur Kenntniss d. Fauna d. unterst. Lias in d. Nordalpen. (6) Beitràge z. Fauna d. unter. Lias v. Spezia. (7) Op. cit. Ul 192 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA rotondata e provvista di strie, o pieghe, che vi si spessiscono ed hanno la forma di anse convesse in avanti, corte e larghe; mentre negli Harpoceras questa re- gione ha sul centro una carena più o meno rilevata, su cui si vedono le tracce dell’appendice ventrale, stretta, lunga ed acuta. La loro linea de’ lobi è la stessa nella direzione de’ lobi ombellicali; in quanto poi al suo andamento generale essa non ha grande importanza, poichè negli Harpoceras varia a secondo i di- versi gruppi d’essi. Finalmente i primi giri di moltissimi Harpoceras non solo mancano di carena, ma ancora sulla regione ventrale sono ornamentati come gli Amphiceras. Or, dopo ciò che si è detto, è naturale il supporre che questo nuovo genere, che ha parecchi caratteri d’aleuni Aegoceras degli angulati e degli Harpoceras, non sia altro che un gruppo intermedio di forme fra questi due generi; il quale essendo proveniente d’alcuni Aegoceras, e avendo dato nascita in seguito ad un certo numero d’Harpoceras, non ha ancora tutti i caratteri di questi, ed invece ne conserva ancor varî de’ suoi antenati. A ciò si potrebbe obbiettare che nel lias medio cogli Amphiceras si trovano pure parecchi veri Harpoceras. Questo fatto non inferma punto l’esposta opi- nione, poichè gli Harpoceras, provenendo da stipiti diversi, alcuni son potuti derivare d’un ceppo plastico, le cui evoluzioni si svolsero rapidamente in for- me harpoceriche, ed altri, invece, d’uno più tenace le cui modificazioni si sono successe lentamente; ragion per cui ne’ mari del lias medio vissero insieme gli Amphiceras e gli Harpoceras, e in que’ del lias superiore soltanto gli Harpoce- ras, provenienti da diversi ceppi, comprese le specie derivate degli Amphiceras. Nel lias superiore, infatti, che si considera come il regno degli Harpoceras per la loro abbondanza, ci è il gruppo dell’Harpoceras elegans, Sow. che ha relazioni intime cogli Amphiceras, e che si può ritenere d’essere derivato dal ceppo più antico amphicerico. Le specie che si possono rapportare a questo nuovo genere sono le seguenti : Amphiceras aegoceroides, Gemm., Amphiceras flexistriatum, Gemm., Amphiceras falcicula, Menegh., Amphiceras propinquum, Gemm., Amphiceras Mariani , Gemm., Amphiceras Wechsleri, Opp. e Amphiceras harpoceroides Gemm. AMPHICERAS AEGOCEROIDES, Gemm. (Tav. IV, Fig. 26 a 33; Tav. VII, Fig. 24). Diametro, arenile rali SI 46mm —36mm 3lmm gomm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,42. 0,43. 0,39. 0,40. Spessezza » » » 0,29. 40,29. 0,27. 0,27. Larghezza dell’ombellico » » 0,33. 0,32. 0,35. 0,34. Questa conchiglia è discoidale. compressa a’ fianchi, con ombellico di di- DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 193 screta grandezza e con regione ventrale rotondata. I suoi giri sono piuttosto rapidamento crescente e più alti che spessi. La loro maggiore larghezza corri- sponde presso il contorno ombellicale, donde vanno verso l’esterno, restringen- dosi gradatamente. Essi hanno i fianchi piani, ed ornati di coste falciformi, leg- giere, più o meno larghe e inequidistanti, che verso il loro terzo esterno si piegano fortemente in avanti, e passano sulla regione ventrale, sulla cui linea mediana unendosi con quelle del lato opposto, vi producono delle anse con la convessità rivolta in avanti e più o meno rilevate. Le coste sono più svilup- pate su’ 213 interni de’ giri e più o meno scancellate sulla regione ventrale, ma non di raro parecchie d’esse sono ancora rilevate sopra questa regione. Il con- torno dell’ombellico è rotondato, e la sua parete alta, ripida e leggermente con- vessa. La forma della sezione traversale de’ giri è quella d’un ovale, che dai primi all’ultimo giro è sempre più ristretto in alto. Il lobo laterale superiore è robusto, lungo e termina con tre grandi rami. Il lobo laterale inferiore è appena più lungo di quello sifonale e termina a tre rami. La sella esterna è bipartita profondamente all’estremità d’un lungo lobo secondario. La sella laterale è assai più lunga della sella precedente ed è an- ch’essa bipartita all’estremità. La linea radiale cade al contorno ombellicale molto al disotto dell’apice del secondo lobo ausiliare. Questo Amphiceras ha relazioni intime di parentela coll’ Aegoceras plew- ronotum, Cocchi, che, come si è detto precedentemente, pare d’essere una delle specie del gruppo degli Aegoceras del lias inferiore del bacino mediterraneo, da cui provengano probabilmente alcuni Amphiceras. Queste relazioni sono principal- mente apprezzabili ne’ giovani dell’ Amphiceras aegoceroides,Gemm.,iquali avendo le coste quasi dritte o appena flessuose su’ fianchi (Fig. 29) e la linea de’ lobi poco complessa, pare che si avesse sott'occhio un vero Aegoceras; anzi se non si conoscessero i loro adulti, si potrebbe sostenere fondatamente l’identità del tipo generico d’essi e dell’ Aegoceras pleuronotum, Cocchi. Esso per l’assieme richiama |’ Amphiceras flexistriatum, Gemm., ma la sua ornamentazione grossolana lo distingue a colpo d’occhio da questo, ch'è elegan- temente adornato. Questa specie è comune nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse de’ dintorni di Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano una do- dicina di esemplari. 19 (91 Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol., XVI. 194 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA AMPHICERAS FLEXISTRIATUM, Gemm. (Tav. IV, Fig. 21 a 25; Tav. VII, Fig. 25). Diametro. crete e Sn Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,49. Spessezza » » » 0,30. Larghezza dell’ombellico » » Di Conchiglia discoidale, compressa fortemente a’ lati e con contorno ventrale rotondato. I suoi giri sono leggermente convessi a’ fianchi e provvisti interna- mente d'una depressione longitudinale, che contorna l’ombellico. Esso è di di- secreta larghezza, con contorno rotondato e con parete bassa, ripida e convessa. I fianchi de’ giri sono adornati di strie falciformi e sottili, il cui gomito in- terno è fortissimo. Esse sono riunite in fascetti distinti sulla parte interna della conchiglia, i quali si sfioccano sulla esterna in strie sottilissime e scancel- late, che divengono sulla regione ventrale distinte e dirette fortemente in avanti. La sezione trasversale de’ giri è di forma ovale, compressa a’ lati e ristretta in alto. La linea de’ lobi resulta di lobi assai estesi e ramificati e di selle robuste e tagliuzzate. Il lobo sifonale è esteso a’ lati e assai più corto de’ due lobi late- rali. Il lobo laterale superiore, molto lungo ed esteso, termina con tre grandi rami, di cui l’esterno e il mediano partono da unico tronco; il ramo mediano è lungo e si suddivide più volte. Il lobo laterale inferiore, più corto assai del precedente, ne ha la forma, ma disposta inversamente. La sella esterna è tripartita all'estremità. La sella laterale ha l’estremità profondamente divisa in due parti principali, ognuna delle quali è fortemente incisa da lunghi lobi secondarî. La linea radiale sul contorno ombellicale taglia l’apice del secondo lobo ausiliare. I primi giri di questa specie, aventi il diametro di 4", sono a’ fianchi con coste quasi dritte che al contorno esterno si curvano in avanti, e con regione ventrale largamente rotondata; la loro sezione trasversale è ovata. Questa specie è assai vicina all’ Amphiceras falcicula, Menegh., con cui ha comune gli ornamenti e la depressione longitudinale intorno l’ombellico. Però ne differisce per essere meno involuta e con regione ventrale più ristretta. O1- tre a ciò i suoi lobi sono più robusti e più estesi a’ lati. e quello laterale in- feriore è più lungo del sifonale, mentre nell’ Amphiceras falcieula, Menegh. essi hanno la stessa lunghezza. L'Amphiceras flexistriatum, Gemm. è raro nel calcare variegato con cri- noidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono tre esemplari. DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE TRESSO GALATI 495 AMPHICERAS PROPINQUUM, Gemm. (Tav. VI, Fig 10 a 14). Diamebirag/96nmridotto rami e A Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,45. Spessezza » » » 2. Larghezza dell’ombellico » » 0,31. Conchiglia discoidale, involuta, compressa a’ lati e con regione ventrale strettamente rotondata. I suoi giri sono assai più alti che spessi, e crescenti piuttosto rapidamente. Essi hanno i fianchi leggermente convessi, e que’ dal- l’ultimo giro declivi fortemente verso l’esterno. Essi sono ornati di coste rughi- formi, strettissime e ineguali, che sull'ultimo giro de’ grandi esemplari sono più o meno scancellate. Esse resultano dall’unione di strie numerose e finis- sime, che camminano loro analogamente. L’ombellico è piuttosto stretto, pro- fondo, gradinato, con contorno rotondo e con parete laterale convessa. La forma della sezione trasversale de’ giri è variabile; essa è ellittica ne’ primi, e va gradata- mente restringendosi sopra fino a divenire, nell’ultimo giro de’ grandi esemplari, quasi lanceolata, con l’apice rotondato e la base fortemente e strettamente incisa; la sua larghezza maggiore corrisponde presso il contorno ombellicale, L'esemplare figura 10 e 14 consta della parte concamerata, dal che si desume che questa specie arriva a grandi dimensioni. Il lobo sifonale è corto, largo e manda due rami per ogni lato, oltre del terminale, che finisce a due punte. La sella esterna è fortemente frastagliata e divisa in due parti all'estremità, ognuna delle quali si suddivide in tre parti se- condarie. Il lobo laterale superiore è assai ramificato e assai più lungo del lobo sifonale; dopo una prima divisione in tre rami, ognuno d’essi si suddivide in parecchi rami secondarî. La sella laterale ha quasi lo stesso assieme della sella esterna, ma è d’essa più lunga e robusta. Il lobo laterale inferiore è anch’esso assai ramificato e più lungo del lobo sifonale. La linea radiale presso l’ombellico passa sulla base della seconda sella ausiliare. Questa specie è vicinissima dell’ Amphiceras harpoceroides, Gemm., da cui differisce per essere più involuta, meno compressa a’ lati, senza depressione longitudinale intorno all’ombellico ed ornata di coste rughiformi, più leggiere e meno regolari. Quando è giovane somiglia pure all’ Amphiceras Mariani , Gemm., da cui però si distingue facilmente per essere meno compressa a’ lati e con regione ventrale più largamente rotondata. Essa è rara nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati (Provincia di Messina). Gli esemplari, di cui si dan le figure, si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. 196 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA AMPHICERAS HARPOCEROIDES, Gemm. (Tav. I, Fig. 8 a 12; Tav. IV, Fig. 40). DIAMOMO ee e IRON E NE 53mm Domm 82mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,41. 0,4l. 0,44. Spessezza » » » 0,27. 0,25. 0,25. Larghezza dell’ ombellico » » 0,29. 0,30. 0,27. Conchiglia discoidale, involuta, molto compressa a’ fianchi, con una depres- sione longitudinale più o meno leggiera intorno l’ombellico e con regione ven- trale stretta e rotondata. I suoi giri hanno i fianchi alti, leggermente convessi e quasi piani, che scendono rapidamente nell’ombellico, formandovi un contorno rotondato e una parete convessa. Essi sono ornati di strie fine, strette e falci- formi, che riunite a fasei formano delle coste rughiformi, anch'esse fa lciformi, ineguali, basse ed acute, che sono più sviluppate sul centro de’ giri. Al loro terzo esterno, dove le strie fanno un gomito diretto indietro, queste coste si scancellano, o meglio i fasci si sfioccano in strie, e queste poi passano forte- mente dirette in avanti sulla regione ventrale, ove s'ispessiscono talmente da rende- re il contorno sifonale rugoso. Le coste in alcuni esemplari (Fig.44) sono svilup- patissime. L'ombellico è alquanto stretto, profondo e gradinato. La sezione tra- versale de’ giri ha la forma d’una punta di lancia coll’apice smussato e co’ lati leggermente convessi; la sua larghezza maggiore corrisponde un po’ al disotto della metà della sua altezza. I suoi giovani hanno la regione ventrale meno ri- stretta, i giri più regolarmente convessi a’ fianchi e le coste rughiformi meno pronunziate. Il suo lobo sifonale è largo, corto e col ramo terminale che finisce a due punte. Il lobo laterale superiore è meno largo alla base, ma assai più lungo del precedente; esso termina con tre rami, di cui l’esterno e il mediano sono i più estesi e ramificati. Il lobo laterale inferiore ha la metà della lunghezza del precedente, e il primo lobo ausiliare, che sta situato un po’ fuori del con- torno ombellicale, è ancora più corto di questo. La sella esterna, più larga della sella laterale, termina all'estremità tripartita. La sella laterale, più lunga della sella esterna, è stretta alla base e divisa profondamente all’estremità d’un lungo lobo secondario in due parti principali, delle quali l’interna viene tripar- tito da due piccoli lobi secondarî, e l'esterna bipartita d'un altro lobo più lungo de’ precedenti. La linea radiale taglia quasi a metà della sua altezza il lobo laterale superiore, c alla base la seconda sella ausiliare. Le relazioni intime che ha V Amphiceras harpoceroides, Gemm. coll’ Harpo- ceras Kurrianun, Opp. avvalora l'opinione che gli Amphiceras e parecchi Har- poceras rappresentino stadî diversi dell’ evoluzione d'un gruppo di specie, pro- DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 197 venienti dallo stesso ceppo. Queste due specie, che stanno al limite di contatto de’ sopraddetti generi, si distinguono, perchè l Amphiceras harpoceroides, Gemm. è più involuto, perchè le sue pieghe falciformi si sfioccano in strie sulla sua regione esterna e la percorrono, leggermente ispessendovisi, e perchèla sua re- gione ventrale strettamente rotondata non è arrivata a quello stadio di svolgi- mento da rendersi angolosa, e quasi carenata, come vedesi nell’Harpoceras Kur- rianum, Opp. Questa specie è piuttosto comune nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse. ne’ dintorni di Galati (Provincia di Messina). Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano parec- chi esemplari. AMPHICERAS MARIANI, Gemm. (Tav. I. Fig. 13 a 17; Tav. IV, Fig. 34 a 39; Tav. VII, Fig. 23). DIAMETRO RE ai 37mm 37mm — 38mm 34mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,42. 0,44. 0,38. 0;39. Spessezza » » » 0,26. 0,26. 0,26. 0,26. Larghezza dell’ombellico » » 0,34. 0,35. 0,36. 0,35. Questa specie è di forma discoidale, compressa a’ fianchi, con ombellico di discreta grandezza e con contorno esterno stretto e rotondato I suoi giri sono bassi, più o meno leggermente convessi, e qualche volta con una depressione longitudinale e oscura lungo il loro contorno esterno, che contribuisce a ren- derlo quasi strangolato. Il contorno ombellicale, mentre ne’ primi giri è ro- tondato, diviene quasi angoloso negli ultimi. Tutta la superficie della conchi- glia è solcata di strie falciformi e sottili, che riunite a fasci formano delle co- ste rughiformi e ineguali, che sono più pronunziate nel centro dell’altezza dei giri e sulla regione ventrale. Queste coste. che camminano conformemente alle strie, sulla regione ventrale dell’ultimo giro si sviluppano fortemente, ed es- sendo angolose e col lato anteriore più lungo e meno declive del posteriore ,. prendono una disposizione imbricata, e rendono il contorno sifonale seghettato. Su’ modelli interni di questa specie si trovano le impronte delle sue coste. Esse essendo ineguali, le più sviluppate ne han lasciato delle profonde che sembrano degli striangolamenti falciformi. L'ultima camera d’abitazione dell’animale è lunga 3]4 dell’ultimo giro. La sezione trasversale de’ giri è ovale, ristretta in alto e incisa in basso. Il lobo sifonale è largo e lungo quanto il lobo laterale inferiore. I due lobi laterali hanno quasi la stessa forma, sono con base larga e terminano con tre rami; d’essi il lobo laterale superiore è doppio quasi in lunghezza del lobo si- fonale. La sella esterna è divisa profondamente all’estremità d’un lobo secon- 198 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA dario in due parti, e la sella laterale anch’essa egualmente divisa, ha la porzione interna più alta dell’esterna, che termina suddivisa in due parti dentate alla pe- riferia. La prima sella ausiliare termina tripartita. La linea radiale al contorno ombellicale passa sotto la base della seconda sella ausiliare. I giovanissimi di questa specie (fino al diametro di circa 8") hanno la regione ventrale più largamente rotondata e i giri più convessi ed ornati di coste rughiformi, leggerissime e quasi dritte. Esse arrivate sulla regione ven- trale si spingono in avanti, e sulla sua linea mediana si uniscono colle opposte, producendovi delle anse colla convessità rivolta in avanti. La loro linea de’ lobi (Tav. IV, Fig. 39) è simile a quella che dà il Branco (4) d’un esemplare del- l’ Aegoceras planicosta, Sow. del diametro da 6 a 20" Come si vede dunque l’Amphiceras Mariani , Gemm. in questo stadio ha tutti i caratteri del suo sti- pite aegocerico. Superato questo diametro, fino a quello di circa 35" i giovani di questa specie sono così vicini a que’ dell’ Amphiceras harpoceroides, Gemm. che viene assai difficile di poterli distinguere; però col loro ulteriore sviluppo essi vanno sempre più distaccandosi, sicchè adulti non hanno che analogie lon- tane. L’Amphiceras Wechsleri, Opp. ha soltanto l’assieme dell’ornamentazione e la forma della regione ventrale che ricorda in qualche modo quella di questa specie; ma essendo assai più involuto e con giri assai più alti, ed avendo la linea de’ lobi diversamente conformata, si distingue facilmente dall’ Amphiceras Mariani, Gemm. Questa specie è una delle più comuni del calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse de’ contorni di Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralegia della R. Università si conservano numerosi esemplari di questa specie. HARPOCERAS, WAAGEN. HARPOCERAS n. sp. indet. (Tav. V, Fig. 1° e 18). DIAIMBLLO: 1 a rien te SR e A 18mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,41. Spessezza » » » 0,26. Larghezza dell’ ombellico » » 0,39. Questa specie per l’assieme dell’ornamentazione e per la linea de’ lobi con- fronta coll’ Harpoceras Affricense, Reyn. Però non gli si può riferire in modo (1) Beitràge z. Entwickelungsgesch. d. foss. Cephalopoden, Th. 1 (Palaentogra- phica, Dunker und Zittel) Cassel 1879-80 DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 199 incontestabile, perchè essa ha le coste più avvicinate fra di loro che si prolun- gano sulla sua regione ventrale, e perchè è fornita di carena ch'è limitata so- pra ogni lato d’un solco longitudinale, stretto e piuttosto profondo. Nel lias su- periore vi è l’Harpoceras elegans, Sow. e l'Harpoceras ovatum, Young. et Bird che le rassomigliano, ma la loro linea de’ lobi è diversa. Questo Harpoceras, che si conserva nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università, è stato trovato nel calcare variegato a crinoidi della con- trada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. HARPOCERAS n. sp. indet. Tav. V, Fig. 19 e 20 Di questa specie conosco soltanto l'esemplare figura 19 e 20 che proviene dal calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. Esso confronta coll’ Harpoceras instabile, Reyn. nell’anda- mento delle coste e della linea de’ lobi, ma se ne allontana per la carena piut- tosto alta limitata per ogni lato d’un solco longitudinale e leggerissimo, e per la spira che è maggiermente involuta. Esso per la carena richiama l’Harpoceras bicarinatum, Minst. e Vl’ Harpoceras elegans, Sow. da’ quali differisce, pure, e per la forma della linea de’ lobi, e per le coste che sono meno falciformi. Questo Harpoceras si trova nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità di Palermo. Le sue dimensioni sono le seguenti: DAD Etro e AA RARE 190m Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro... ... . 0,41. Spessezza » » » 0,27. Lunghezza dell’ombellico » » 0,35. HARPOCERAS FLANDRINI, Dum. sp. 1869, Ammonites Flandrini, Dumortier, Ét. palèont. sur les dep jurass. du Bas- sin du Rhone, part. 3*, p. 72, Tav. XIV, Fig. 1 e 2. Questa specie è estremamente rara nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse de’ dintorni di Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si trova un frammento d’un grande esemplare di questo Harpoceras proveniente dalla loca- lità suddetta — 200 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA HARPOCERAS MASSEANUM, d’Orb. (Tav. V, Fig. 1a 4). 1842, Ammonites Masseanus, d'Orbigny, Paleont. Frang., terr. jurass., t. 1, p. 225, Tav 58. ; 1856-58, » » Oppel, Juraform. p. 164. 1856, » » Hauer, Cephal. Lias Nordéstl. Alpen, p. 30, Tav. X, Fig. 4 a 6. 1869, » » Dumortier, Ét. palèont. sur les dep. jurass. du Bas- sin du Rhone, part. 3, p. 74. 1867-81, » » Meneghini, Monogr. des foss. du calce. rouge ammon. de Lombardie ec. p. 63. 1867-84 Harpoceras Masseanum, Meneghini, op. cit, p. 206. Dell’Harpoceras Masseanum, d’Orb., quantunque esso non sia raro nel cal- care variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Pro- vincia di Messina, pure mi è fin’ora riuscito impossibile di potere avere degli esemplari intieri. Essi differiscono alquanto dalla forma tipo francese. Hanno le coste prin- cipali più avvicinate, il contorno ventrale più ogivale, il lobo secondario, che divide profondamente la sella esterna in due parti, meno lungo del lobo sifo- nale, e la sella laterale divisa in due parti principali, anzi che in tre, come trovasi nella forma tipo data dal d'Orbigny. Si vede, quindi, che gli esemplari di Sicilia conguagliano quasi in tutto colla forma proveniente dal calcare rosso di Enzesfeld, meno che nella lunghezza del lobo secondario che divide la sella esterna, il quale nel disegno, che dà il v. Hauer della linea de’ lobi di questa specie, è lungo quanto quello che ha la forma tipo. All'esemplare Fig. 2 e 3 si sono tolti gli ultimi due giri per vedere come gl’interni sono adornati. In questo stadio ha a’ fianchi delle coste quasi dritte (30 per giro) che sul margine ventrale si piegano fortemente in avanti. In esso le pieghe secondarie ventrali mancano, mentre ne’ giri esterni, che gli sono stati staccati, fra due coste principali sulla regione ventrale ce ne stanno in- tercalate altre tre secondarie. Le sue dimensioni in rapporto al diametro di 42” sono le seguenti; altezza dell'ultimo giro 0,37, spessezza dello stes- so 0,24, larghezza dell'ombellico 0,38. La linea de’ lobi di questa varietà, che chiamo mediterranea, dell’ Harpo- ceras Masseanum, d’Orb, proveniente dalla contrada Rocche rosse presso Galati, meno la differenza d’età, è costantemente la stessa. Il d'Orbigny parlando de’ rapporti e delle differenze dell’Harpoceras Mas- DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 201 seanum, d'Orl., dice (1) < Cette espèce montre des rapports de groupe avec toutes les especes des Falcati, tout en s'en distinguant par plusieurs caractères, par ses còtes simples et ses plis extèrieurs, et surtout par ses lobes très-ramifiès et réel- lement exceptionnels ». Or gli Zarpoceras Zancleanum, Gemm., Galatense, Gemm. Demonense, Gemm., erythraeuwm, Gemm. e calliplocum, Gemm. del lias medio della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina per la forma della loro linea de’ lobi hanno rapporii intimi con questa specie, onde è, che mentre fi- n’ora credevasi , l’ arpoceras Masseanum d' Orb. fosse una specie eccezionale, non solo non lo è, ma fa parte d'un gruppo d’Harpoceras dominante nel lias medio del bacino mediterraneo. A questo carattere comune bisogna aggiungere ancora quello della ornamentazione de’ loro fianchi che, in tutti questi Har- poceras, consiste in coste appena falciformi, o quasi dritte, la quale disposizione dipende da quella della loro apertura che, come si vede nell’arpoceras Demo- nense, Gemm. è con appendici laterali appena convessi e quasi rudimentari. La direzione quasi dritta delle coste a’ fianchi di questi Harpoceras e la loro carena piuttosto robusta richiamano gli Arietites. Però in essi, come nei loro giovani, manca il grande sviluppo del lobo sifonale, il lobo laterale supe- riore è assai lungo e ramificato e i lobi ombellicali pendenti in dietro; il che ba- sta, senza fermarmi sopra altre ragioni, a provare che «uesti Harpoceras non han relazione genetica cogli Arietites. Vi sono intanto nel lias inferiore del bacino mediterraneo alcune specie d’Ae- goceras evoluti del gruppo degli angulati, quali p. e. l’Aegoceras Panzneri, Wihn., l’Aeg. megastoma Gimb., l’ Aeg. anisophylum, Wihn., l Aeg. latimonta- num, Wihn. ec. che, oltre che s’angolano fortemente alla regione ventrale del- l’ultimo giro, hanno molti punti di vicinanza con questo gruppo di Harpoceras. Essi hanno la stessa disposizione nell’ornamentazione e la stessa forma gene- rale e direzione nella linea de’ lobi. Dico forma generale della loro linea dei lobi, perchè se si confrontano i loro adulti, essa è più complicata negli Harpo- ceras, ma ne’ giri interni di questi essa è assai meno complicata, e si avvicina talmente a quella di questi Aegoceras, che non si può fare a meno d’ammet- tere un’analogia grandissima fra di loro. Aggiungo a ciò che i primi giri di questi Harpoceras mancano di carena, che come incomincia a svilupparsi è bas- sissima ed ottusa, ed hanno allora le coste dritte a’ lati e fortemente piegate in avanti sulla regione ventrale nè più nè meno come in parecchie specie d’Ae- goceras del gruppo degli angulati. Laonde pare non essere improbabile che le specie del gruppo dell’ Harpoceras Demonense, Gemm. (2), che hanno rela- (1) Op. cit., p. 226. (2) Riunisco in questo gruppo alcuni Harpoceras a coste semplici ed altri come p. e. l’Harpoceras Masseanum, d’Orb. e l’Harpoceras Zancleanum , 65Gemm. a coste semplici, ma colla regione ventrale provvista di coste secondarie, perchè essi hanno fra di loro parecchi altri caratteri comuni. Fra gli Aegoceras del lias inferiore del ba- Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol., XVI. 26 202 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA zioni strette ed intime con questi Aegoceras, provengano da loro. I quali, dopo d’esser vissuti ne’ mari del lias inferiore del bacino mediterraneo, subendo una serie di evoluzioni, la cui mercè d’angolosi alla regione ventrale, carinandosi, ed i loro lobi complicandosi viemaggiormente, si siano estesi nel lias medio sotto tale aspetto harpocerico. HARPOCERAS ZANCLEANUM, Gemm. (Tav. V, Fig. 5 a 9,) Diamietrorti i. A FL WTA ae erano 68mm 65mm 47mm 40mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto aldiametro maggiore 0,34. 0,34. 0,384. 0,36. Spessezza » » » » UDO More Mono OS. Larghezza dell’ombellico » » » 0,40. 0,40. 0,40. 0,40. Conchiglia discoidale, fortemente compressa, largamente ombellicata, e con regione ventrale arcuata e munita al centro d’una carena, alta e tagliente. La spira resulta di giri lentamente crescenti, che abbracciano 1[4 dell’altezza di quelli precedenti. Essi sono appena convessi a’ fianchi, anzi si possono dire piani. e scendono nell’ombellico verticalmente, producendo ne’ primi giri un contorno rotondato, che va sempre più angolandosi con il loro svolgimento. I fianchi de’ giri fino al diametro di circa 15"” sono lisci, e al di là di esso prov- visti di coste più o meno dritte, di media grandezza, superficiali ed avvicinate fra di loro, che partendo dal contorno ombellicale si estendono al lato esterno, dove curvandosi si dirigono in avanti, e si assottigliano gradatamente fino alla base della carena, in cui si arrestano. Sulla regione ventrale dell’ultimo giro degli esemplari adulti fra due coste ci è intercalata ordinariamente una piega piccola, obbliquamente diretta in avanti e della loro stessa grandezza, che non si estende al di fuori di questa regione, L’ombellico è larghissimo, piuttosto su- perficiale e gradinato, ma con bassi gradini. Il lobo sifonale è circa la metà in lunghezza e larghezza del lobo laterale superiore. Questo è molto esteso, ramificato, lungo e diviso in due grandi rami che si suddividono più volte; d’essi l’interno è molto più lungo e ramificato. Il lobo laterale inferiore è strettissimo, corto e irregolare. I tre lobi ausiliari sono piccoli, obbliqui, terminano a tre punte e decrescono dal primo al terzo. cino mediterraneo c’è pure l’Aegoceras diploptyehum, Wahn. che, sebbene abbia la regione ventrale ornata di coste secondarie, pure è si strettamente vicino all’ Aegoce- ras latimontanum, Wiahn.e ad altre specie a coste semplici che non si possono punto dividere dallo stesso gruppo. Questa correlazione fra due gruppi di specie, uno più antico e l’altro più giovane, ad ognuno dei quali appartengono specie ornate ugual- mente in due maniere, e che hanno alquanti caratteri comuni, avvalora ancora la opi- nione della loro relazione genetica. DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 203 La sella esterna è divisa in due parti da un lobo secondario molto più corto del lobo sifonale; la parte esterna di questa sella è con larga base e punto ra- mificata, ma soltanto dentata; l’interna è più alta dell’esterna, strangolata alla base e divisa in due rami che terminano suddividendosi. La sella laterale è più alta dell’esterna, strangolata alla base e divisa da due lobi secondarî in tre rami che terminano suddividendosi più volte, e de’ quali l’interno è il più alto e ra- mificato. La prima sella ausiliare è più corta e più piccola della sella laterale e divisa in due rami, di cui l’ esterno è più grande. La seconda e terza. sella ausiliare sono piccole, obblique e soltanto dentate alla loro estremità. Questa specie per la disposizione della sua linea de’ lobi e per la sua ornamentazione esterna è assai vicina dell’ Harpoceras Masseanum, d’Orb., però se ne distingue chiaramente per essere più evoluta, più largamente om- bellicata, ed ornata d’un numero maggiore di coste. Inoltre sulla sua regione ventrale fra due coste si trova intercalata una sola piega, mentre nell’ Harpoce- ras Masseanum, d’Orb. ce ne stanno da due a quattro. Inquanto poi alle loro linee de’ lobi, benchè esse siano foggiate sullo stesso stampo, presentano pure delle differenze, essendo nell’Harpoceras Zancleanum, Gemm. le selle meno ta- gliuzzate, il lobo secondario della sella esterna molto meno lungo del lobo sifo- nale e la prima sella laterale divisa soltanto in due rami principali. Gli esemplari di questa specie che per il loro non inoltrato sviluppo man- cano di pieghe ventrali, somigliano molto all’ Harpoceras erythracum, Gemm., ma essi sono con ombellico più largo e hanno le coste dritte, meno grosse e più avvicinate, talchè riesce facile distinguerli da questa specie. L’Harpoceras Zancleanum, Gemm. non è molto comune nel calcare varie- gato della contrada Rocche rosse presso Galati Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano 6 esemplari. HARPOCERAS n. sp. indet. _ (Tav. VII, Fig. 10). BRAFCirOR() MERE RE A n n I nn e 50mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . . . . 0,33. Spessezza » » » 0,17. Larghezza dell’ombellico » » 0,45. L’esemplare, Tav. VII. Fig. 10, è discoidale, compresso a’ lati e con regione ventrale rotondata, che ha sulla linea mediana una carena circoscritta da ogni lato d’un solco stretto e superficialissimo. I suoi primi giri sono lisci e quasi (1) L’esemplare ha il diametro di 55m, 204 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA piani a’ fianchi, e gli altri convessi e costati. Lo coste, da 24 a 25 per giro, sono un po falciformi, larghe, rotondate superiormente, rilevate e distanti. Esse partono dal contorno ombellicale, e si estendono all’esterno, dove arrivate si curvano fortemente in avanti, e percorrono, assottigliandosi, la regione ven- trale. Sopra questa regione dell’ultima porzione del giro esterno fra due coste principali sta un’altra secondaria della stessa grandezza. L’ombellico è largo e superficiale. La sezione trasversale de’ giri e di forma ovale, compressa a’ lati e incisa in basso. La sua linea de’ lobi confronta nello assieme a quella dell’Harpoceras Zan- cleanum, Gemm., ma ha molte particolarità, principalmente nella forma della sella laterale, che non si osservano in quella di questa specie. Questo Harpoceras, sebbene vicinissimo all’Iarpoceras Masseanum, d’Orb. e all’Harpoceras Zancleanum, Gemm., non si può riferire nè all’uno nè all’al- tro, perchè è ornato di coste meno numerose, più grosse, rilevate e distanti, e perchè ha la linea de’ lobi diversa. Esso è rassomigliantissimo all’Harpoceras Actaeon. d’Orb., ap. Hauer (41), che ancora per la linea de’ lobi mi pare d’appar- tenere allo stesso gruppo, ma mancandomi gli elementi per fare un confronto esatto fra di loro mi limito a cennarne soltanto la rassomiglianza. Questo esemplare e un frammento d'un altro più grande sì conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. Essi pro- vengono dalla contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. HARPOCERAS ERYTHRAEUM. Gemm. (Tav. V, Fig. 10 a 16.) DIamMetrosta:t eee e o SI 5lmm 40mm 28mm 26mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro maggiore 0,36. (0,36. 0,37. 0,38. Spessezza » » » » 0,20. 0,19. 0,21. 0,21. Larghezza dell’ombellico » » » 0,36. 0,38. 0,37. 0,38. La conchiglia di questa specie è discoidale, fortemente compressa, e colla re- gione ventrale a contorno ogivale e provvista sulla linea mediana d’una carena stretta e piuttosto alta. La sua spira resulta di giri leggermente convessi ai fianchi, che ne’ primi giri scendono arcuati nell’ombellico e negli altri produ- cendovi un contorno sempre più angoloso. Gli esemplari di questa specie, fino al diametro di circa 15", hanno i fianchi lisci, o provvisti di poche coste larghe, superficiali e inequidistanti, e quelli più grandi ornati di coste, strette, superfi- ciali, avvicinate, equidistanti e un po’ falciformi, che, siccome sul terzo esterno de’ loro fianchi tendono a scancellarsi, o si scancellano completamente, sem- (1) Op. cit., pag. 31, Taf. IX, Fig. 4e 5. DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 205 brano di forma semilunare colla convessità rivolta in avanti. Le coste sull’ ul- timo giro de’ grandi esemplari si assottigliano, si avvicinano, divengono ine- guali e non di rado tendono a scancellarsi, o si scancellano completamente. L’om- bellico è largo e superficiale, ma gradinato. La sezione trasversale de’ siri è con contorno ogivale, la cui larghezza maggiore corrisponde alla metà della sua altezza. Il lobo laterale superiore è simmetrico, esteso e lungo 1]3 di più del lobo si- fonale; esso si biforca in due grandi rami che si estendono suddividendosi sim- metricamente. Il lobo laterale inferiore è un poco più lungo di quello sifonale e sì divide in due rami, di cui l'interno è più grande ed esteso dell’ esterno. I due lobi ausiliari sono piccoli ed obbliqui, e decrescono in grandezza dall’e- sterno all’interno. La sella esterna è divisa in alto in due rami da un piccolo lobo secondario; d’essi l’esterno è dentato e con larga base, e l’interno, stran- solato alla base. e diviso in due rami, che terminano suddividendosi nuova- mente. La sella laterale e la prima ausiliare hanno la stessa forma; esse sono sottili, strangolate alla base e divise in due rami principali; però la sella late- rale è più grande e ramificata, e il suo ramo interno è più alto dell’esterno, mentre nella prima sella ausiliare è quello esterno il più alto. La seconda sella ausiliare, che cade quasi sull’orlo dell’ombellico, è piccolissima ed obliqua. Questa specie si riconosce facilmente dall’Harpoceras Zancleanum, Gemm. perchè è più involuta, perchè ha le coste più strette, più avvicinate e apparen- temente semilunari, perchè è sfornita di pieghe secondarie sulla regione ven- trale e perchè ha 1’ ombellico più stretto, meno superficiale e gradinato. Però in quanto alla disposizione generale della linea de’ lobi di queste due specie, seb- bene ne’ loro particolari vi sia qualche differenza, esse appartengono allo stesso gruppo. Essa per l’assieme ha pure qualche analogia con l’Harpoceras mactra Dum., però, confrontando gli esemplari di queste due specie, si vede subito, che sono diverse e pe’ loro ornamenti e per le loro linee de’ lobi. L’Harpoceras erythraeum, Gemm. è uno de’ cefalopodi più comuni del cal- care variegato della contrada Rocche rosse de’ dintorni di Galati nella Provin- cia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Pa- lermo se ne conservano moltissimi esemplari. HARPOCERAS DEMONENSE, Gemm. (Tav. VII, Fig. 1 a 9). DAR STRO RA e i a i (6000 pg Id 2500 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,33. 0,32. 0,32. 0,32. Spessezza » » » 0,18. 0,19. 0,18. 0,19. Larghezza dell’ombellico » » 0,42. 0,43. 0,43. 0,43. Questo Harpoceras è discoidale, lentiforme, fortissimamente compresso ai lati, con ombellico largo e superficiale e con contorno ventrale rotondato, al- 206 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA quanto declive e provvisto sulla linea mediana di una carena alta e tagliente. I giri sono poco convessi a’ fianchi e crescenti lentamente fino al diametro di circa 50", al di là del quale si svolgono rapidamente, e divengono gradatamente quasi piani. I fianchi scendono nell’ombellico verticalmente, producendovi nei primi giri un contorno rotondato, che col loro ulteriore svolgimento va maggior- mente angolandosi. Essi ne’ primi giri sono lisci e negli aliri ornati di coste quasi dritte, o appena falciformi, più o meno larghe, ma sempre rilevate e di aspetto grossolano che s’estendono dal contorno ombellicale all’esterno, dove, ar- cuandosi, si spingono in avanti assai assottigliate, o quasi scancellate. Le coste nell’ultimo giro de’ grandi esemplari divengono per lo più strette e avvicinate, e tendono a scancellarsi, o si scancellano completamente. La bocca ha i lati mu- niti d’un cercine robusto e appena falciforme, che si prolunga in avanti contor- nando l’appendice ventrale. La sezione trasversale de’ giri è di forma ellittica, compressa a’ lati e incisa in sotto. L’ultima camera di abitazione dell’animale è lunga un poco più di 213 dell’ultimo giro. Il lobo sifonale è corto, manda tre punte per lato, crescenti in lunghezza da sopra in sotto, e termina con una punta assai più lunga dell’altre. La sella esterna alla sua estremità è divisa d’un largo e lungo lobo secondario in due parti principali, delle quali l’interna, ch'è la più grande, viene suddivisa d’al- tri tre lobi secondarî piccolissimi in quattro rami secondarî. Il lobo laterale superiore è lunghissimo, largo e simmetrico; esso si divide in due grandi ra- mi, ognuno de’ quali si divide in aliri due ramoscelli, che subiscono ancora al- x tre divisioni. La sella laterale è strangolata alla base e termina con due rami frastagliati. Il lobo laterale inferiore è un po’ più lungo del lobo sifonale e ter- mina biforcato. Il lobo antisifonale è lungo, stretto e con quattro denti per lato oltre il terminale che è piccolissimo. Le due selle interne che delimitano questo lobo nella specie in parola, nell’ Harpoceras calliplocum, Gemm. e nell’ Harpoceras Masseanum, d’Orb., var. mediterranea hanno la stessa forma. Questo Harpoceras si distingue facilmente da’ suoi congeneri. Ma più vi- cino all’ /Zarpoceras Galatense, Gemm., se ne allontana per le differenze che dirò appresso. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si trovano moltissimi esemplari di questa specie, che è la più comune fra’ cefa- lopodi che provengono dalla contrada Rocche rosse presso Galati (Provincia di Messina). DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 207 HARPOCERAS GALATENSE, Gemm. (Tav. VI, Fig. 15 a 23). DIANE UROR I e TE ORTO A ae, PEPE 39mm 39mm 37mm 270m Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . 0,37. 0,39. 0,37. 0,38. Spessezza » » » Mez 10,22: 22A10,23. Larghezza dell’ombellico » » 0,40. 0,37. 0,40. 0,37. Questa conchiglia è discoidale, fortemente compressa e colla regione ven- trale a contorno ogivale e provvista sulla linea mediana d’ una carena alta e tagliente. I suoi giri sono rapidamente crescenti, molto più alti che larghi e a’ lati leggermente convessi. I fianchi ne’ primi giri scendono regolarmente curvati verso l’ombellico, e negli altri producendovi gradatamente un contorno sempre più angoloso. Essi sono lisci fino al diametro di quasi 410%"; però ol- trepassata questa dimensione essi hanno delle coste semplici, uguali, superior- mente rotondate e quasi dritte, che verso il loro terzo esterno si curvano, diri- gendosi in avanti, e passano sulla regione ventrale fortemente assottigliate. Que- ste coste nell’ultimo giro de’ grandi esemplari tendono a farsi meno rilevate e ad avvicinarsi fra di loro. L’ombellico è di media larghezza e alquanto profondo. La sezione trasversale de’ giri è di forma ellittica e incisa sotto dal ritorno dei giri precedenti. In un esemplare di 49" la camera d’abitazione dell’animale occupa circa due terzi della larghezza dell’ultimo giro. Il suo lobo sifonale è più corto e largo del lobo laterale superiore. La sella esterna è divisa all’estremità in due parti eguali, di cui l’interna è più lobaia della parte esterna. Il lobo laterale superiore è lungo e diviso in due rami che si suddividono nuovamente, e d’essi l’interno manda un ramo ch'è il più esteso di tutti. La sella laterale, più lunga della sella esterna, è anch’essa divisa in due parti all’estremità; d’esse quella interna è la più lunga. Il lobo laterale infe- riore è stretto, lungo quanto il lobo sifonale e termina con tre punte. Questa specie è vicina all’ Harpoceras Demonense, Gemm., da cui differisce per essere più involuta, meno compressa a’ lati, ed ornata di coste meno gros- solane. La sua varietà assai involuta ricorda l’Harpoceras Eseri, Opp., ma se ne allontana, non solo perchè non confronta nella linea de’ lobi, ma anche per- chè è fornita di coste assai meno numerose e più grosse. Essa è frequente nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse de’ contorni di Galati, Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Minera- dogia della R. Università di Palermo se ne conservano diversi esemplari. 208 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA HARPOCERAS CALLIPLOCUM, Gemm. (Tav. VII, Figli a 18). Diametro «ni o e MA RR I TE 29mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro... . .. 0,38. Spessezza » » » 0,20. Larghezza dell’ ombellico » » 0,41. Questa conchiglia è discoidale, compressa fortemente a’ lati, con ombellico largo, superficiale e gradinato e con regione ventrale a contorno ogivale e care- nata nel centro. I suoi giri crescono lentamente, ed abbracciano !1/ dell’altezza de’ precedenti. I loro fianchi sono quasi piani, o leggermente convessi, e scen- dono perpendicolarmente nell’ombellico, formandovi un contorno un po’ roton- dato. Essi sono lisci ne’ primi quattro giri e costati negli altri. Le coste, da 29 a 32 per giro, sono appena falciformi, strette, uguali, equidistanti e piuttosto av- vicinate fra di loro. Esse partono dal contorno dell’ombellico, camminano quasi dritte sui fianchi, ed arrivate presso la regione ventrale, si curvano fortemente in avanti, vi si assottigliano e si arrestano alla base della carena. La sezione trasversale de’ giri è di forma ellittica, compressa a’ lati, acuminata in alto ed incisa in basso. Il più grande esemplare di questa specie ha un diametro di 48": esso consta dalla parte concamerata e da un piccolo frammeuto del- l’ultima camera d’abitazione. Il lobo sifonale è un po’ più corto del lobo laterale superiore e termina in due rami alquanto divaricati in fuori. La sella esterna è divisa all’estremità in due parti quasi uguali, la cui interna è più alta e più profondamente lobata. Il lobo laterale superiore è molto simmetrico; esso si biforca in due rami uguali, che si suddividono in altri due secondarì, gl’interni de’ quali terminano a tre punte. La sella laterale, sebbene più alta e stretta, ha la stessa forma dell’e- sterna. Il lobo laterale inferiore, più corto del lobo sifonale, è stretto e punto simmetrico. Questa specie ha affinità grande coll’ Z7arpoceras Algoviamum, Opp., (4). Essa però è più compressa a’ fianchi, manca di solco longitudinale a’ lati della sua (1) I Signori Tate e Blake (The Yorkshire Lias, p. 302, PI. VIII, Fig. 1) riferirono a questa specie l’Harpoceras nitescens, Young et Bird. Di seguito il Signor Wright nella sua splendida opera (Mon. of. the Lias Amm. of the British Island, p. 182, P]. XLIX, Fig. 2 a 7) adottò la stessa opinione colla differenza che, attesa la priorità del nome dato a questa specie da Young e Bird, mette il nome datole dall’Oppel co- come sinonimo dell’ Harpoceras nitescens. Però, a giudicare dalla descrizione e dalle figure della specie inglese, io credo che questo Harpoceras sia differentissimo dall’ Har- poceras Algovianum, Opp. DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 209 carena, ed ha la linea de’ lobi differentissima. Per questo ultimo carattere que- sta specie appartiene al gruppo dell’ Harpoceras Demonense, Gemm. In esso ci è l’Harpoceras Galatense, Gemm., che la richiama, ma questo essendo più in- voluto, con spira più rapidamente crescente e con coste più distanti e meno re- golari si vede subito che si ha da fare con tutt’altra specie. L’Harpoceras stria- tulum, Sow. del lias superiore le somiglia per la mancanza di coste su’ fian- chi de’ suoi giri interni, però se ne allontana per essere meno evoluto e prov- visto di coste più falciformi e avvicinate, le quali presso il contorno ombellicale divengono leggiere e finissime. L’Harpoceras calliplocum, Gemm. è frequente nel calcare variegato con crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne tro- vano parecchi esemplari. AMALTHEUS, MONTFORT, AMALTHEUS n. sp. indet. (Tav. I, Fig. 18 e 19). L’esemplare, di cui dò il disegno, è il solo Amaltheus che fin’ora conosco del calcare variegato con crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella provincia di Messina. Esso, sebbene sconservatissimo, per la disposizione della sua linea de’ lobi e particolarmente per la lunghezza del suo lobo laterale superiore si distingue chiaramente da’ suoi congeneri del lias medio. Questo Amaltheus per la sezione trasversale de’ giri rassomiglia all’ Amaltheus Lyna, d’Orb. e all’ Amaltheus Sae- manni, Dum. Esso si discosta dal primo per la configurazione della sua regione ventrale che è semplice e per l’andamento della sua linea de’ lobi, e dal se- condo, non solo perchè ha la linea de’ lobi differente, ma pure perchè è più ri- gonfiato a’ lati. Questa specie ricorda anche l’ Amaltheus Coynarti, d’Orb., ma questo è meno strettamente ombellicato, ha i fianchi de’ giri più compressi, ed ha la linea de’ lobi così diversa, che si vede subito, che si tratta d’altra specie. Questo Amaltheus si conserva nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 27 240 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA BELEMNITES, AGRICOLA. BELEMNITES confr. paxillosus, Sch]. (Tav. VIII, Fig. 1 a 3). 1843. Belemnites parxillosus, Schlolheim, Petr. p. 46, (in parte). 1830. a c , Zieten, Die Verstein. Wiirttemb; p. 29, Tab. 23, Fig. 4. 1842. « Bruquierianus, d'Orbigny, Pal. Franc, Terr. Jurass., p. 84, Tav. VII, Fig. 4 a. 5. 1849. ( parillosus amalthei, Quenstedt. Ceph. p. 404, Tab. 24, Fig. 4. 1856-58. « c , Oppel, Die Juraform., p. 152. 1866, “ a , Phillips, Mon. of. Brit. Belemn., p. 47, Tav. 6, Fig. 15. 1869. a c , Dumortier, Ét. pal. s. les dép. jurass. du Bassin du Rbhone, 3, part., p. 33. Nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati (provincia di Messina) questa specie è comune; ma, la roccia essendo assai te- nace, riesce difficile di poterne staccare degli esemplari intieri. I pochi esemplari determinabili confrontano nell’assieme col Belemnites paxillosus, Schl., meno però nella lunghezza del loro cono alveolare che occupa un poco più della metà della lunghezza totale del rostro. Un rostro conservatissimo ha le seguenti proporzioni: Lunghezza maggiore . . . 64m Diametro dorso-ventrale . . 414,0 Lunghezza del cono alveolare 34.9 Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si con- servano varî esemplari di questa specie. BELEMNITE Sp. indet. Questa specie è meno frequente della precedente. Gli esemplari che ho d’essa, essendo rotti, mi mancano gli elementi per poterli determinare. Questa specie appartiene al gruppo del Belemnites virgatus, May. Essa proviene dal calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geologia e Mineralogia se ne conservano parecchi rostri. DELLA CONTRADA ROCCHE ROSSE PRESSO GALATI 24 ATRACTITES, Giimbel. ATRACTITES Sp. indet. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si con- serva il frammento d’un fragmocono d’Atractites, che proviene dal calcare va- riegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati (Provincia di Mes- sina). Esso é conico-cilindrico, rotondo e resulta di due setti, l’anteriore dei quali, al centro, è profondo 30®® e il posteriore 16 .m® NAUTILUS, BREYNIUS. NAUTILUS BRANCOI, Gemm. (Tav. VIII, Fig. 4 a 11). Drametto(ee ione Miocene eno è o%mm -j4mm 420m Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,56. 0,56. 0,57. Spessezza » » » 0,54. 0,55. 0,54. Larghezza dell’ombellico » » 0,14. 0,15. 0,14. Conchiglia compressa e con ombellico piuttosto largo che lascia vedere par- te de’ giri interni. Essa ha i giri un po’ appiattiti a’ fianchi e alla regione ventrale. La sua apertura è quadrangolare, più alta che larga, la cui larghezza maggiore corrisponde presso il contorno ombellicale. La sua superficie è prov- vista di strie d’accrescimento piuttosto forti, che sulla regione ventrale vengo- no intersecate da linee longitudinali, leggiere e distanti. I suoi setti sono di larghezza discreta e con due sinuosità leggiere, una che corrisponde sul centro dell'altezza de’ giri e l’altra sulla parte centrale della regione ventrale. Il fo- rame sifonale sta situato un po’ al di sopra del centro dell’altezza de’ setti. Essi hanno inoltre una depressione contro il ritorno della spira. I giovani di questa specie sono ornati di strie d’accrescimento che vengono intersecate da linee longitudinali, ed hanno la regione ventrale rotondata. Di seguito le linee longitudinali si scancellano completamente a’ fianchi e la re- gione ventrale si va man mano appianando. Questa specie è vicina del Nautilus intermedius, Sow., da cui si distingue per essere assai più compressa, con ombellico più stretto, con setti meno lar- ghi e striata longitudinalmente soltanto sulla regione ventrale. Essa ha rap- (1) Il più grande esemplare ha un diametro di 60,mm 242 SU’ FOSSILI DEGLI STRATI A TEREBRATURA ASPASIA porti più intimi col Nautilus affinis, Gemm. che trovasi pure nel lias me- dio della Sicilia. Però, questa ultima specie essendo più compressa ai fianchi, co’ setti più larghi e sinuosi e col forame sifonale situato più esternamente, riesce facile distinguerla dalla specie in esame. Essa è comune nel calcare variegato a crinoidi della contrada Rocche rosse presso Galati (Provincia di Messina). Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano parecchi esemplari. NAUTILUS AFFINIS, Gemm. (Tav. VIII, Fig. 12 a 18). Diametro 1) ri E E e ose 0 o 40mm Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . 0,57. 0,58. Spessezza » » » 0,48. 0,48. Larghezza dell’ombellico » » 0,17. 0,17. Conchiglia compressa fortemente a’ lati, e con ombellico largo in cui si vede una parte de’ giri interni. I giri hanno i fianchi leggermente arcuati, o piani, e la. regione ventrale rotondata che si appiattisce soltanto nella parte an- teriore dell’ultimo giro de’ grandi esemplari. L'apertura e quasi quadrangolare e assai più alta che larga. La sua superficie è provvista di forti strie d’accre- scimento che sulla regione ventrale sono intersecate da linee longitudinali leg- giere, quasi scancellate e distanti. I setti sono larghi e sinuosi fortemente ai fianchi de’ giri. Il forame sifonale sta situato molto al di sopra del centro de’ setti. Essi hanno ancora una depressione contro il ritorno della spira. I suoi giovani hanno la superficie reticolata dall’incontro d’un sistema di linee longitudinali, fine e distanti fra di loro colle strie d’ accrescimento , che sono d’esse più numerose e avvicinate. Un esemplare del diametro di 35®" ha sulla superficie quattro aculei si- tuati irregolarmente. Questo Nautilus, che ha relazioni strette colla specie precedente, è pure vi- cino per la forma al Nautilus semistriatus d’Orb., da cui si distingue per avere i fianchi più appiattiti, la regione ventrale rotondata, i setti più larghi e sinuosi e la regione ombellicale senza linee longitudinali. Questa specie è pure frequente nel calcare variegato a crinoidi della con- trada Rocche rosse presso Galati nella Provincia di Messina. Nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne hanno molti esemplari. (1) Il più grande esemplare di questa specie ha il diametro di 52mm. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 12. 18, one 249 TAVOLA I. Phylloceras Wahneri, n. sp. » d > >» È) » Esemplare visto di lato. Lo stesso esemplare visto di faccia. Linea de’ lobi, ingrandita, dello stesso esemplare. Phylloceras microgonium, n. sp. Esemplare visto di lato. » > Phylloceras Alontinum, n. sp. Amphiceras harpoceroides, n. Amaltheus n. sp. indet. > >» è) È) >» » Idem visto di faccia. Linea de’ lobi ingrandita. Esemplare visto di lato. In esso si vede por- zione della linea de’ lobi. sp. Esemplare visto di lato. Idem visto della regione sifonale. Esemplare visto di lato. Frammento di un esemplare con coste assai sviluppate. Linea de’ lobi, un po’ più ingrandita, d’un altro esemplare. Esemplare visto di lato Idem visto della regione sifonale. Altro esemplare visto di lato. Idem visto della regione sifonale. Linea de’ lobi (ingrandita). Esemplare visto di lato. Linea de’ lobi un po” ingrandita dello stesso esemplare. Linea de’ lobi (ingrandita). TAVOLA II. Phylloceras diopsis, n. sp. > Phylloceras Partschi, Stur sp. » ») » d » . Philloceras libertum, n. sp. Esemplare visto di lato. Lo stesso esemplare visto della regione sifo- nale. Linea de’ lobi dello stesso esemplare. Altro esemplare visto di lato. Modello intorno d’un altro esemplare. Esemplare grande visto di lato. Lo stesso esemplare visto della regione sifo- nale. Linea de’ lobi dello stesso esemplare, ingran- dita. Esemplare visto di lato. Lo stesso esemplare visto di faccia. 8414 Fio g. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. n Fio Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. TI, 12. 13: I4. I5. 16. 17. 18. 19. zo. (51° 22, 23. Phylloceras n. sp. indet. » » » Phylloceras Meneghinti, Gemm. » » » » » » » » » » » » Phylloceras Alontinum, n. sf. d » » >» » >» Esemplare visto di lato. Lo stesso esemplare visto di faccia. Esemplare visto di lato. Lo stesso esemplare visto di faccia. Linea de’ lobi, ingrandita, dello stesso esem- plare. Esemplare giovane visto di lato. Lo stesso esemplare visto di faccia. Esemplare giovane visto di lato. Lo stesso esemplare visto di faccia. Linea de’ lobi, ingrandita, dello stesso esem- plare. TAVOLA III . Aegoceras Sellae, n. sp. » » » » » » » » d » » » . Aegoceras submuticum, Off. sp. » » » . Aegoceras Seguenzae, n. sp. d d d » » » » » » . Aegoceras aenismaticum, n. sp. . Aegoceras Mazsettii, n. sp. . Aegoceras acenigmaticum, n. sp. » » » . Aegoceras Cortesei, n. sp. » » » . Aegoceras granuliferum, n. sp. . Lytoceras fimbriatoides, n. sp. » » » » » » >» » » Esemplare visto di lato. Lo stesso esemplare visto della regione sifo- nale. Esemplare giovane visto di lato. Lo stesso esemplare visto di faccia. Linea de’ lobi, assai ingrandita, d’un altro e- semplare. Esemplare visto di lato. Altro esemplare visto della regione sifonale. Esemplare visto della regione sifonale. Lo stesso esemplare visto di lato. Esemplare giovane visto di faccia Lo stesso esemplare visto di lato. Esemplare visto di lato. Linea de’ lobi assai ingrandita. Esemplare, fig. 12, visto della regione sifonale. Lo stesso esemplare visto di fronte. . Aegoceras n. sp. indet. del gruppo dell’ Aeg. Cortesei. Esemplare visto di lato. Esemplare visto di lato. Lo stesso esemplare visto della regione sifo- nale. Esemplare visto di lato. Esemplare visto di lato. Linea de’ lobi, ingrandita, dello stesso esem- plare. Sezione trasversale d’un giro. Altro esemplare visto di lato. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. g. Fig. Fig. Eig. Fig. Fig. 248 TAVOLA IV. 1 Aegoceras Mazzetti, n. sp. Esemplare visto di lato. 2. » Lo stesso esemplare visto di faccia. 3. Aegoceras granuliferum, n. st. Esemplare visto di lato. 4. » > » Lo stesso esemplare visto di faccia. Ri » » > Idem visto della regione sifonale. 6. » » » Linea de’ lobi ingrandita dell'esemplare Ta- vola III, fig. 19. n. Aegoceras Cortescî, n. sp. Esemplare visto di lato 8. > » » Lo stesso esemplare visto di faccia. 9. » » « Linea de’ lobi, ingrandita, dallo stesso esem- plare. . 10. Aegoceras aenigmaticum, n. sf. Linea de’ lobi dell’ esemplare Tav, III. Figura 12, 13 € 15. (ingrandita). 11. Aggocerascircumerispatum, n. sp. Esemplare visto di lato. 12. » » » Lo stesso esemplare visto della regione si- fonale. E3, » » > Linea de’ lobi, ingrandita, dello stesso esem- plase. Essa è asimmetrica. La linea per- pendicolare cade sul centro della regione ventrale e il lobo sifonale S sul lato. I4. » > > Esemplare giovane visto di lato. 15. Aegoceras sp. indet. Esemplare un po’ ingrandito visto di lato. 16. » » Idem visto di faccia. 17. Aggoceras alloplocum, n. sp. Esemplare visto di lato. 18. » » » Idem visto di faccia. 19. » » » Idem visto della regione sifonale. 20. » » » Linea de’ lobi ingrandita. 21. Amphiceras flexistriatum, n. sp. Esemplare visto di lato. 22 » » : » Idem visto di faccia. 23. » » » Linea de’ lati, assai ingrandita, d’ un altro e- semplare. 24. » » » Primi giri del diametro di 3"" dell’esemplare fig. 21 e 22 visti di lato (ingranditi). 25. » » » Idem visti di faccia. 26. Amphiceras acgoceroides, n. st. Esemplare visto di lato. 27. » » » Lo stesso esemplare visto di faccia. 28. > » » Altro esemplare visto di lato. 29. » » » Esemplare giovane visto di lato. 30. » » » Linea de’ lobi, ingrandita, d’un altro esemplare. 216. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig bd* Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 31. Amphiceras aegoceroides, n. sp. 32. » » » 33. » » » 34. Amphiceras Mariani , n. sp. 35. » » » 36. » » » 37. » » » 38. » » » 39. » » » Altro esemplare visto di lato. Idem. visto di faccia. Altro esemplare giovane visto di lato. Modello interno visto di lato, Esemplare tagliato trasversalmente. Primi giri del diametro di 2®m visti di lato (ingranditi). Idem visti di faccia. Linea de’ lobi, ingrandita, d’un esemplare del diametro di 8mm Linea de’ lobi, ingrandita, d’un esemplare di zmm,Essa mostra il passaggio dallo stadfo goniotitico a quello ammonitico. 40. Amphiceras harpocerotdes, n. sp. Esemplare visto di faccia. TAVOLA V. T. 2a » » 3. » » 4 » » 5. Harpoceras Zancleanum, n. sp. 6. » » » 7. » » » 8. » » » 9. » » » 10. Marpoceras erythraeum, n. sp. II. d » » 12. » » » 13. » » » I4. » » » 15. » » » 16. » » » 17. Harpoceras n. sp. indet. 18. » » 19. Harpoceras n. sp, indet. Harpoceras Masscanum, dOrb. var. medittrranea. Esemplare visto di lato. » » Altro esemplare, a cui sono stati tolti i due giri e- esterni, visto di lato. » » Idem visto di faccia. » > Linea de’ lobi , ingrandita , di un altro esemplare. Esemplare visto di lato. Altro esemplare visto di lato. Altro esemplare visto di lato. Idem visto di faccia. Linea de’ lobi, ingrandita, dell’esemplare fig. 5. Esemplare visto di lato. Idem visto di faccia. Altro esemplare visto di lato. Altro esemplare giovane visto di lato. Linea de’ lobi, ingrandita, d’ un altro esem- plare. Altro esemplare più giovane visto di lato. Idem visto di faccia. Esemplare visto di lato. Idem visto della regione sifonale. Esemplare visto di lato. Idem visto della regione sifonale. 247 TAVOLA VI. Fig. 1. PAylloceras diopsis, n. sp. Esemplare giovane visto di lato. Biez. » » » Idem visto di faccia. Fig. 3. Aegoceras pettos Quenst. sp. Esemplare visto di lato. Fig. 4. > » » [lem visto della regione sifonale. be o. » » > Un frammento dello stesso esemplare visto di faccia. Fig. 6. Aegoceras subpettos n. sp. Linea de’ lobi (ingrandita). Fig. 7. » » » Esemplare visto di lato. Fig. 8. » » » Idem visto dalla regione sifonale. Fig. 09. » » » Un frammento dello stesso esemplare visto di faccia. Fig. 10. Amphiceras propinguum, n. sp. Esemplare visto di lato. Fig. 11. » » » Un frammento dello stesso esemplare visto di faccia. Fig. 12 » » » Linea de’ lobi dello stesso esemplare (ingran- dita). Fig. 13. » » » Esemplare giovane visto di lato, Fig. 14. > xl. > Idem visto della regione sifonale. Fig. 16. Harpoceras Galatense n. sf. Esemplare visto di lato. Fig. 16. » » » Altro esemplare visto di lato. Fig. 17. » » » Altro esemplare visto di lato. Fig. 18. » » » Idem visto di faccia. Fig. 19. » » » Esemplare assai involuto visto di lato. Fig. 20. » » E) Altro esemplare assai involuto visto di lato. Fig. 21. » » » Esemplare giovane visto di lato. Fig. 22. » » » Idem visto di faccia. Fig. 23. » > » Linea de’ lobi (ingrandita). TAVOLA VII. Fig. 1. Marpoceras Demonense, n. st. Esemplare visto di lato. Hie: a, » » » Lo stesso esemplare visto di faccia. Riga 3. » » » Altro esemplare visto di lato. Fig. 4. » » » Altro esemplare visto di lato Fig= 5. » » » Altro esemplare visto di lato. Fig. 6. » « » Esemplare giovane visto di lato. Fig. 7. » > » Altro esemplare giovane visto di lato. Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 28 218 Fig. 8. » > » Fig. 09. > ’ » Fig. 10. Marpoceras n. sp. indet. Fig. 11. Marpoceras calliblocum n. sp. Fig. 12. > « » Fig. 13. ò > » Fig. 14. > » » Fig. IS. Ò) d d Fig. 16. È) > « Fig. De d » È) Fig. 18. » > > Fig. 19. Aegoceras subpettos, n. sp. Fig. 20. Aegoceras aenigmaticum, n. sp. Fig. 21. Aegoceras circumcrispatum, n. sp. Fig. 22. Aegoceras alloplocum, n. sp. Fig. 23. Amphiceras Mariani, n. sp. Fig. 24. Amphiceras aegoceroides, n. sp. Fig. 25. Amphceras flexistriatum n. sp. Linea de’ lobi dell'esemplare fig 1 2. Linea de’ lobi ingrandita (dal lobo sifonale a quello antisifonale). Esemplare visto di lato. Esemplare visto di lato. Idem visto di faccia. Linea de’ lobi (ingrandita) dello stesso esem- plare). Altro esemplare visto di lato. Altro esemplare visto di lato. Idem visto della regione sifonale. Altro esemplare visto di lato. Linea de’ lobi dalla prima sella ausiliare al lobo antisifonale, Esemplare visto di lato. Linea de’ lobi (ingrandita) dal lobo sifonale a quello antisifonale. Linea de’ lobi (ingrandita) ‘dal lobo sifonale a quello antisifonale. Linea de’ lobi, ingrandita, dalla sella laterale al lobo antisifonale. Linea de’ lobi, ingrandita, dal lobo sifonale a quello antisifonale. Linea de’ lobi, ingrandita, dalla prima sella ausiliare al lobo antisifonale. Linea de’ lobi, ingrandita, dalla seconda sella ausiliare al lobo antisifonale. TAC Lit G.Huber. Tav. Il 6. dis. Lit:G Huber e, TAV. II G6.dis * Lit.6.Huber 0) Li Alf e 0.C0. dis. ur. VTADIITI 1A 9 } ‘ Tav, IV. Lit G.Huber C.C.0. dis. i Lit.G.Huber, Pal" LE.0.Dedis. ; Lit. G Huber. SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE Memoria del Dott. PIETRO CARDANI Sono ben note le numerose esperienze fatte sulla durata della scarica dal Feddersen. dal Felici, da Cazin e Lucas ecc. e le non piccole contraddizioni che si riscontrano nei loro lavori. La parte essenziale, che nelle varie esperienze venne dagli esperimentatori affidata alla vista, è probabilmente una delle cause di tali disaccordi, trattandosi di fenomeni tanto rapidi, quali sono le scariche elettriche, mentre è ben accertato che sulla durata della visione influisce gran- demente l’intensità della luce (4). Sotto questo punto di vista i lavori del Feddersen, nei quali fece uso, per quanto gli fu possibile, della fotografia, sono i più attendibili, ma la fotografia non gli permise di poter a sua volontà variare le condizioni delle esperienze. Ne bisogna dimenticare che i diversi sperimentatori si sono posti in con- dizioni differenti, giacchè, mentre in alcuni lavori non si produceva che unica scintilla , in altri si produceva un’ altra scintilla nel circuito oltre di quella studiata (2). Uno dei punti più controversi riguardo alla durata della scarica è l' in- fluenza che possa esercitare la resistenza del circuito. I lavori del Righi provano quanto grandi sieno le modificazioni che nel- l’ aspetto presentano le scariche col semplice variare della resistenza , ma che rispetto alla durata debba l’effetto della resistenza esser inverso secondo il va- lore di essa è difficilmente concepibile. Eppure a questo strano risultato sono giunti quasi tutti gli esperimentatori. Il Felici ammette necessario un accresci- mento della resistenza per avere una durata maggiore della scarica ma non sufficiente ; il Feddersen trova che la durata diminuisce mentre la resistenza cresce fino ad un certo valore, ma che poi cambia e cresce col crescere della resistenza e con legge meno rapida della proporzionalità. Lucas e Cazin poi ammettono la diminuzione della durata della scarica coll’accrescimento della re- sistenza con una legge che condurrebbe ad una durata nulla per una resistenza grandissima. Il certo si è che la durata cresce colla resistenza tanto che il Righi ottenne (1) Mascart—Electricité Statique T. II, p. 53 -- HEMHoLTz—Optique Fisiologique $ 26. (2) RicH1 — Scariche elettriche — I memoria $ 9. 220 SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE delle scariche di parecchi secondi; ma con quale legge non si sa e molto meno sì sa il perchè per resistenze piccole la durata debba diminuire. Ne minori dubbi esistono sull’ influenza che esercitano sulla durata della scarica la capacità del condensatore e il potenziale a cui avviene. La formola data da Lucas e Cazin per la variazione della durata colla ca- pacità del condensatore è t_=h(1—-a") dove # è la durata, 7» il numero delle bottiglie e % ed @ due parametri dei quali a< 1. Per il Feddersen invece la logge è ian Complessivamente la durata eresce colla capacità del condensatore e in que- sto sono anche d’ accordo il Felici ed il Righi: ma anche in questo caso nes- suna legge sicura. Finalmente pel potenziale il Felici ha trovato che aumentando il potenziale la durata della scintilla diventa minore, ma le condizioni in cui sperimentava non gli permettevano di dare questo fatto come assoluto, giacchè nel circuito aveva un’ altra scintilla oltre quella che studiava. Il Feddersen trova al con- trario che la durata cresce colla distanza esplosiva ma non stabilisce alcuna legge. mentre Lucas e Cazin danno la formola t=k(4— be) come rappresentante l'andamento del fenomeno, essendo e la distanza esplosiva e k e b due parametri di cui 9<4. Devo far notare che i numeri dati dal Feddersen potrebbero rappresentarsi, almeno parmi , con una formola analoga a quella data da Lucas e Cazin. Anche il Righi parlando delle scariche rallen- tate trova che la durata cresce col potenziale, di modo che su tale questione vi è maggior accordo che nelle questioni riguardanti la resistenza e la capacità, ma una conferma dei risultati di Lucas e Cazin e del Feddersen non sarebbe del resto inutile. In tal difformità di risultati mi parve che l’idea del Feddersen di adope- rare circuiti di forte resistenza per aver una scarica di maggior durata, fosse l’idea più pratica per conoscere le leggi con cui quesia durata varia col va- riare la capacità del condensatore, la distanza esplosiva, e la resistenza, in quanto che le leggi dei fenomeni naturali non ammettono in generale discontinuità nel variare continuo delle circostanze nelle quali avvengono. È bensì vero che vincolandosi. ad adoperare forti resistenze si viene a stu- diare solamente una delle tre forme che può assumere la scarica secondo il SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE 22 Feddersen, e precisamente la scarica intermittente ; ma le esperienze del Fed- dersen dimostrano chiaramente esistere un graduale passaggio dalla scarica în- termittente alla scarica oscillante, corrispondenti la prima a circuito molto re- sistente e la seconda a circuito poco resistente , e sussistere per i due tipi di scariche alcune leggi identiche. Che se alcune leggi della durata delle scariche a circuito molto resistente differiscono da alcune altre delle scariche a circuito poco resistente, tali differenze devono essere più illusorie che reali e dipen- dere dal non tenere in debito conto tutte le circostanze accessorie , tanto nu- merose del resto in questo genere di fenomeni. Ro quindi pensato di applicare senza restrizioni l’idea del Feddersen: ed ora rendo conto dei risultati ottenuti e che mi sembrano abbastanza attendi- bili avendo sostituito al metodo ottico adoperato finora dai vari sperimentatori un metodo grafico. Il. Disposizione degli apparecchi. Per ottenere simultaneamente la traccia della scintilla e la sua durata, ho fatto uso di un cilindro girante di Breguet e di un elettro-diapason di Kénig. Un elettromotore di Holtz i cui poli sono raffigurati nella fig. I* in P ed in N serviva per caricare una batteria formata da 36 bottiglie di 50 centi- metri di altezza e 13 centimetri di diametro. La disposizione delle batterie permetteva con facilità di poter usare un numero arbitrario di bottiglie. La manovella della macchina era girata in tempo colle battute di un metronomo e si aveva così un flusso continuo e quasi costante di elettricità. Le armature interne delle batterie erano in comunicazione con una delle palline A di uno spinterometro mentre le armature esterne erano in comuni- cazione col suoio. Tra le armature interne e lo spinterometro cerano poste le resi- stenze le quali erano formate di tanti pezzi di tubo di vetro di egual diame- tro e riuniti fra loro con fili di rame masticiati ; questi tubi erano ripieni di acqua distillata. Essi erano in numero di 8 dei quali 4 di 410 centimetri di lunghezza e 4 di 30 centimetri; il diametro comune era 3 mm.; nella figura in R si vede la disposizione di queste resistenze. Un filo ricoperto faceva comunicare l’altra pallina B dello spinterometro col cilindro di Breguet CC sul quale era avvolto un foglio di carta affumicata. Sopra questa carta affumicata scriveva le proprie vibrazioni l’elettro-diapason di 500 VD per ogni secondo ed era montato sopra un sostegno dotato di movimento elicoidale di modo che si spostava lentamente al momento della scarica. L’elettro-diapason comunicava quindi colle armature esterne delie batterie. La scarica passando 222 SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE dal cilindro all’elettro-diapason scrivente, lasciava sulla carta una traccia mar- catissima del suo passaggio e della sua durata. Dopo una serie di esperienze, alcune volte contava le vibrazioni che conte- nevano la traccia della scarica sul cilindro stesso che indi ripuliva e riaffumi- cava; altre volte invece, volendo fare le diverse serie di esperienze presto per mantenermi presso a poco nelle identiche condizioni di rendimento della mac- china e di stato igrometrico dell’ aria, tagliava la carta dopo che il diapason aveva terminata la sua corsa e vi incollava un nuovo foglio. Così aveva an- che il vantaggio di conservare i fogli e di contare le vibrazioni con maggior comodità e sicurezza. Adoperai sovente nel corso del lavoro la derivazione che si vede partire da B; il filo BE terminava in un bicchiere con mercurio F comunicante colle armature esterne e si poteva chiudere la derivazione abbassando la leva con manico d’ebanite E. Con questa derivazione veniva preservato i) cilindro e l’elettro- diapason, quando si escludevano dal circuito le resistenze RR. È inulile che avverta che tutti gli apparecchi erano isolati essendo collo- cati sopra grandi lastre di ebanite. HI. Aspetto delle scariche Il primo punto su cui ho rivolto la mia attenzione è stato quello di esa- minare l’ aspetto che prende la traccia della scarica sulla carta affumicata col variare della capacità del condensatore, del potenziale e della resistenza. Tanto il Feddersen che il Felici avevano già notato che la scarica era com- posta di un numero grandissimo di scariche parziali. Il Righi poi aveva po- tuto distinguere quattro tipi di scariche prodotte da un semplice graduale au- mesto nella resistenza; e nel terzo e quarto tipo la scarica non era più unica ma formata da un numero grandissimo di scariche parziali; era quindi natu- rale che prima di cominciare le misure esaminassi se a tali differenze di aspetto corrispondevano eguali differenze nella durata. È noto che la scarica, attraversando un foglio di carta affumicata, quando il circuito è poco resistente , oltre di un foro circolare lascia attorno ad esso un aureola grigiastra, giacchè gran parte delle particelle di nero fumo attorno al punto dove passa la scarica vengono lanciate via per una zona più o meno grande secondo la potenza della scarica (lig. 2*). Questa forma rimane ancora se si fa passare la scarica tra il cilindro girante ed il diapason anche se il cilin- dro gira a grandissima velocità. Quando invece si interpone una resistenza di acqua anche lieve, la scarica nel cilindro girante a gran velocità risulta di due scariche parziali, delle quali SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE 223 la prima conserva i caratteri di quella precedente mentre la seconda già rivela un ammasso di tante altre scariche parziali che si effettuano in un tempo mi- nore a 2 o 8 millesimi di secundo. La figura 3* rappresenta appunto tale traccia. Col crescere della resistenza questa seconda parte della scarica va mano mano risolvendosi mentre la prima rimane inalterata. Col crescere continuo della resistenza la scarica diventa tutta omogenea cioè formata in tutta la sua lunghezza da tante scintille parziali, ed allora sembra quasi che l'elettricità sì neutralizzi nella scarica goccia @ goccia. Un semplice sguardo alle tracce dise- gnate nella figura 4° farà comprendere il passaggio dall'uno all’altro di questi tipi: tengo però a far rilevare che le modificazioni sono lente e continue. La capacità del condensatore non sembra influire a determinare |’ uno o l’altro di questi aspetti. Se per un dato potenziale ed una data resistenza la scarica è discontinua, rimane tale qualunque sia il numero delle bottiglie ado- perate e lo stesso dicasi, se invece, per un altro potenziale ed un’altra resistenza, deve essere continua. In un solo modo influisce la capacità del condensatore e cioè sul numero di parti in cui si suddivide la scarica. Le traccie presentate nella figura 5° mostrano come vari l'aspetto della scarica discontinua col cre- scere la capacità del condensatore. Il prof. Righi nella sua memoria sulle scariche elettriche fa notare che l’influenza della capacità sulla variazione dell’ aspetto delle scariche consiste o nel fare aumentare il diametro delle scintille, o nel farne crescere il numero, secondo che le scintile, appartengono al 1° od al 2°, ovvero al 3° od al 4° dei tipi da lui descritti. L’aspetto però resterebbe lo stesso, ciò che sarebbe concor- dante col risultato grafico da me ottenuto. Invece mantenendo costante la capacità, l’ aspetto cambia col crescere del potenziale, e mentre la scarica diventa continua coll’aumentare della resistenza, si può render nuovamente discontinua col crescere del potenziale. Quello che realmente mi interessava era di conoscere se, in condizioni di- sparatissime deil’esperienza, il principio e la fine della scarica erano abbastanza definiti da non esser incerti sul numero di vibrazioni che rappresentavano la sua durata : ho visto che non vi poteva essere su questo ombra di dubbio, come pure era fuor di dubbio che nelle traccie presentanti discontinuità dove- vasi contare la durata dalla prima scintilla che veniva segnata sulla carta. 224 SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE Variazione della durata della scarica colla capacità del condensatore. Cominciai anzitutto dall’assicurarmi se la quantità di elettricità che si neu- tralizza in una scarica a potenziale costante ed a resistenza costante varia con esatta proporzionalità col numero delle bottiglie Dopo avere chiuso il circuito della derivazione ho contato il numero dei giri necessario perchè la scarica avvenga quando dal circuito trovasi esclusa le resistenza e quando invece la re- sistenza fa parte del circuito. Ho avuti i seguenti risultati: Resistenza == 1. - NUMERO DEI GIRI DISTANZA NUMERO esplosiva delle osi ps } Bottiglie senza resistenza con resistenza 32 21 23 5 mm 16 10 10 $ 5 4,8 32 34 8a) 7 mm 16 15 15 I S 7,2 6,5 | 32 5 58 9 nm 16 23 2 8 10.5 Il Prendo per unità di resistenza la colonna d'acqua di 10 cent. di lunghezza. Si ricava dalla tabella precedente che data una resistenza ed un potenzia le co- stante si neutralizza maggior quantità di elettricità con un condensatore molto capace, ma però la differenza è ben piccola e solo converrà al caso tenerla a mente come termine di correzione. SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE 225 Mi sono pure assicurato che le bottiglie non offrivano fra loro differenze sensibili di capacità; indi ho fatto un numero grandissimo di serie variando nelle varie esperienze di una serie il numero delle bottiglie e da serie a serie le condizioni di resistenza e di potenziale nelle quali avveniva la scarica. Trascrivo qualcuna di queste serie dinotando con N il numero delle bot- tiglie, con T la durata in diecimillesimi di secondo e serivendo in una terza : È colonna il rapporto N: SERIE L° Resistenza = 2. — Distanza esplosiva 3 mm. | x i SERENI 32 458 14 16 212 13 8 106 13 SERIE IL. Resistenza = 5. — Distanza esplosiva 7 mm. i N T ecaN | ali nei na 32 4250 39 16 600 38 8 300 38 SERIE III. Resistenza = 9. — Distanza esplosiva 5 mm. N T TON 32 1020 32 16 520 SZ | 8 246 31 Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 29 226 SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE SERIE IV. Resistenza = 3. — Distanza esplosiva 4 mm. N I | RON 18 398 29 14 324 93 10 210 DIA | 7 156 29 | 6 145 2 | Da tutte queste serie trascritte appare evidente che la durata della scarica è proporzionale alla capacità del condensatore : il rapporto + è pressochè co- stante e quelle piccolissime differenze che sussistono possono attribuirsi sia al fatto prima accennato che realmente si neutralizza una quantità di elettricità maggiore di quanto la vorrebbe la semplice proporzionalità col erescere della capacità del condensatore, sia anche ad una lieve differenza nella capacità stessa delle bottiglie. Possiamo quindi enunciare questa prima legge sulla durata delle scariche rallentate: Rimanendo costante la resistenza ed il potenziale, la durata cresce in ra- gione diretta della capacità del condensatore. Vedremo in seguito l’estensione che si deve dare a questa legge. Va Influenza della resistenza e del potenziale sulla quantità di elettricità che sì neutralizza in una scarica. Anche in questo ho creduto conveniente, prima di cominciare le esperienze regolari, di conoscere se la resistenza si comportava differentemente , rispetto alla quantità di elettricità che lasciava neutralizzarsi , col variare del poten- ziale. Infatti uno degli scogli principali in cui si è imbattuto il Feddersen è stato appunto l’aver dovuto limitarsi nelle esperienze fra confini assai ristretti perchè « 2° introduzione di una colonna d’ acqua un po’ lunga nel circuito po- teva far variare anche nel rapporto da 3 ad A la frazione della scarica totale che si neutralizza tra le palline dello spinterometro ». Ed il Righi, nella sua prima memoria sulle scariche elettriche, nota che dopo la scarica rimane il con- densatore carico ad un potenziale p, e che il rapporto tra questo potenziale ri- manente p e quello P che esisteva prima della scarica va diminuendo col ere- scere del potenziale, ma che basta introdurre una colonna d’acqua nel circuito perchè questo rapporto tenda rapidamente a diventare eguale ad 1. SULLA DURATA DELLE SCAR\CHE RALLENTATE 227 Era dunque naturale che dapprima vedessi quale influenza poteva eserci- tare la resistenza sulla quantità di elettricità che si neutralizzava sia mante- nendo costante il potenziale, sia variando il potenziale, giacchè se il rapporto tra la quantità di elettricità che si neutralizzava colla resistenza e quella che si neutralizzava senza resistenza non rimaneva costante i risultati dovevano ve- nire necessariamente inesatti. Anche in questo caso ho chiuso la derivazione per mezzo della leva E. Poi contai il numero dei giri necessari perchè la scarica avvenisse quando era esclusa la resistenza, e quindi il numero dei giri perchè la scarica avvenisse dopo in- terposta la resistenza Ho notato che in generale il potenziale a cui deve ar- rivare la batteria perchè la scarica avvenga colla resistenza é più alto un poco di quello necessario a scoccare la scintilla senza resistenza, ma dopo la prima scarica il numero dei giri è molto minore , di modo che la caduta di poten- ziale della batteria è molto minore colla resistenza che senza di essa. Trascrivo una serie per esempio NUMERO DEI GIRI veter R f n ——— senza resistenza colla resistenza ia | 2 6 | DÒ (a) SÉ 6 3,8 | 8 | 6 2,5 Oltre a questa decisa influenza della resistenza nella quantità di elettri- cità che si neutralizza, ho notato anche una influenza del potenziale. Col cre- scere del potenziale il rapporto tra il numero dei giri senza resistenza e colla resistenza va avvicinandosi all’unità. Per esempio : Bottiglie 16 — Resistenza = 4 NUMERO DEI GIRI | DISTANZA AMI] esplosiva | senza resistenza con resistenza 2mm | 6 i 5 10 7 15 Vo) (N°) o 228 SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE Per queste due ragioni i risultati dapprima da me ottenuti per la durata della scarica variando il potenziale e la resistenza erano sconcordanti, in causa cioè della differente quantità di elettricità che si neutralizzava sia variando il potenziale e mantenendo costante la resistenza, sia variando la resistenza e mantenendo costante il potenziale. Per avere risultati più concordanti pensai di eseguire le esperienze con questo sistema : I. Senza resistenza faceva passare la scarica nello spinterometro alla di- stanza di e mm, e contava i giri della macchina necessarii per produrla. II. Introduceva la resistenza ed allontanava le palline dello spinterometro fintantochè il numero dei giri della macchina era quello di prima: attribuiva quindi i valori che otteneva al potenziale corrispondente alla distanza esplo- siva di e mm. Così avevo sempre la quantità di elettricità che si neutralizzava costante, e costante la perdita del potenziale. A rigore non si può assicurare che con questo sistema si correggano d’un tratto tutti gli errori che prima si avevano per la differente quantità di elettricità che si neutralizzava variando potenziale e resistenza, giacchè bisognerebbe che le proprietà della scarica dipendessoro solamente dalla quantità di elettricità e non dal valore assoluto del potenziale nell'istante in cui essa comincia ed in quello in cui finisce, ciò che non è di- mostrato: ma certo, se anche il valore assoluto del potenziale influisce sulla du- rata della scarica , questa influenza sarà molto meno decisiva di quella della resistenza, tanto più che nelle esperienze da me eseguite questa differenza nel valore assoluto del potenziale era poco notevole. La legge prima stabilita sulla proporzionalità tra la durata e la quantità di elettricità che si neutralizza mi permise inoltre di esperimentare in condi- zioni pressochè eguali per evitare l’influenza della dispersione , giacchè adope- rava un numero di bottiglie tale per ogni potenziale da dover impiegare per raggiungerlo presso a poco lo stesso numero di giri della macchina. VAL Variazione della durata col potenziale e colla resistenza. Trascrivo le medie di un gran numero di osservazioni fatte variando da serie a serie la resistenza ce in ogni serie il potenziale. Colla lettera E nella prima colonna sono notate le distanze esplosive. A questo punto faccio notare che ho considerato come proporzionali le distanze esplosive al potenziale, la quale proporzionalità, come hanno dimostrato il Thomson, il Gaugain, il Mascart, il Righi ecc., quantunque non sussista, si può ammettere come sufficientemente soddisfatta fino alla distanza esplosiva di 10 mm. SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE 229 Colla lettera T indico in diecimillesimi di secondo, il rapporto tra il tempo dato dalle vibrazioni del diapason ed il numero delle bottiglie. Con R denoto poi la resistenza; e prendo per unità la resistenza offerta da uno dei tubi di 40 em. di lunghezza. | | T | T 1 T | | per | per per per | | R—2 | R_3d R==6 TRO | ai | | 6,8 8,3 10,5 Il 11,5 15 20 21,5 3 8.5 15 19 28 30 4 9 16,5 25 35 -38 8 10,8 19,5 28 45 59 Presi i numeri scritti nelle varie colonne come ordinate e le distanze esplo- sive como ascisse sì ottiene una curva che diventa assintotica ad una retta pa- rallela all’asse delle ascisse e che verso quest’ asse rivolge la sua concavità. L’an- damento del fenomeno è adunque quale lo trovarono Lucas e Cazin: pensai quindi di applicare a questa curva la formola data dagli stessi sperimentatori, cioè: i) t essendo la durata della scarica, # e 4 due parametri dipendenti dalla resi - stenza ed e la distanza esplosiva od il potenziale. Eseguiti i calcoli ho trovati i risultati seguenti ie Re=s2 = — == | n n | E | E ut T | calcolato | osservato , ‘| calcolato | osservato ‘| calcolato | osservato ih i 1 4,2 4,2 2 6,7 6,8 l 8,2 8,3 2 14,4 15 2 11,9 11,5 (Ve) 8,3 8,5 3 14,6 15,0 5) 19,0 19 4 22,5 25 lo 9,3 9,0 8 10,8 10,8 LI 6,7 6,8 4 16,8 16,5 8 20,8 19,5 8 | 29,7 28 230 SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE R= 6 R=9 - î fi Bra T T È calcolato | osservato Î calcolato | osservato A 410,4 10,5 Id 10.9 LI 2 19,4 20 i RO 21,8 21,5 3 | 26,5 | 28 | 3 | 292 | 30 4 32,8 35 i 4 36.8 38 | | 8 49,3 45 | i 8 60 59 L'accordo tra î valori osservati e calcolati è più che sufficiente, avuto ri- guardo alle tante cause di errore che esistono in qnesto genere di lavori espe- rimentali, specialmente colla correzione che ogni volta doveva fare per rendere minima l’influenza della resistenza sulla quantità di elettricità che doveva neu- tralizzarsi. È notevole il fatto che il parametro % che meglio si addotta nelle formole è proporzionale alle resistenze; ciò vuol dire che siccome per E= ce di- venta T = K. così per distanze esplosive grandissime la durata sarebbe propor- zionale alla resistenza. Un altro fatto che merita di esser segnalato è la reciprocità tra i valori della durata a potenziale variabile ed a resistenza costante , ed i valori della durata a resistenza variabile ed a potenziale costante. La stessa forma di formola t=X(41— ce") si addatta alla variazione della durata colla resistenza, con questo di notevole che per r = e i due parametri diventano x=dk ee = Caleolati i numeri della tavola disposti orizzontalmente si hanno i seguenti risultati : RSS pio iS x= 141; C=0,62 x= 22; C= 0,695 \ <83% ‘= R T T R T T | R T calcolato | osservato calcolato | osservato calcolato | osservato 1 4,2 42 a 6,7 6,8 | 1 8.3 | 8,5 9 6,7 6,8 | 2 44,3 14,5 2 14,4 15,0 3 8,9 8,3 3 14,6 15,0 3 19,0 19,0 | 6 10,4 10,5 6 19,7 20,0 i 6 27,1 28,0 9 10.85 11,0 9 921,1 21,5 | 9 30,5 30,0 SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE 234 E=4 E= 8 r = 44; C — 0,788 MN 88: IC 0/81 an R D | Ji T IE osservato calcolato | osservato EL 9.8 9 | |a 10,8 | 10,8 | i E 46,7 16,5 | 2 20,2 19,5 II 3 22.4 25 | 3 28,6 28 6 33,4 | STIRO e O o 9 38,8 | 38 | | 9 61,0 59 | Se noi indichiamo con T la durata quale veniva osservata sul cilindro gi- rante con C la capacità del condensatore e con e il potenziale a cui avviene la scarica con una resistenza » sì ha che Le e (AE NE a rh [11 rk s | formola che nel caso speciale di & = % si trasforma in di : d — er {e Tusa rk (1-) ia e che paragonata con quella che dà la durata in funzione del potenziale ci fa conoscere subito il parametro 1—- ce” b= A il qual caso speciale a me non sembra fortuito poichè le curve delle resistenze dovendo convergere verso la retta T=y% è almeno verosimile che avendo per = Li valori comuni della curva Si) siano anche assintotiche agli stessi valori di queste curve. VII. CONCLUSIONE I risultati sopra esposti sono, come è facile vedere , concordanti parzial- mente coi risultati ottenuti dai vari sperimentatori. Riguardo alla legge di pro- porzionalità da me trovata tra la capacità e la durata è, direi quasi, un limite 232 SULLA DURATA DELLE SCARICHE RALLENTATE verso cui tendono i risultati del Lucas e Gazin e del Feddersen : molto proba- bilmente la causa di queste differenze consiste nella variazione del diametro delle scintille colla capacità del condensatore. Infatti tale variazione sembra se- guire una legge complicata secondo la resistenza del circuito, giacchè nel lavoro del Villari la sezione delle scintille cresce proporzionalmente alla capacità, men- tre con una forte resisteaza nel circuito , come ho potuto constatare , sembra che la sezione delle scintille tenda a restare costante. Il Righi ha trovato in- vece che la sezione cresce meno rapidamente della legge di proporzionalità del Villari, sicchè i risultati del Villari , del Righi e quelli da me ottenuti sem- brerebbero discordanti, perchè eseguiti in condizioni differenti di resistenza del circuito. Passando alla durata della scarica è facile comprendere che tali differenze nei risultati della grossezza delle scintille devono riflettersi nella loro durata; e la legge di proporzionalità da me ottenuta non sarebbe che solamente vera per resistenze notevoli. Riguardo poi alla variazione della durata col potenziale le mie esperienze sono concordanti con quelle di Lucas e Cazin e del Feddersen: come pure avrebbe una spiegazione il fatto accennato dal Feddersen che nella scarica oscillante non varia la durata coll’aumento del potenziale, infatti basta nella formola fare R_picco- r 7 ope: RI. lissimo per vedere che il rapporto + diventa costante anche a cominciare da G distanze esplosive piccolissime. Riguardo infine alla resistenza credo che la formola che riasume le mie espe- rienze sia preferibile a quella di Lucas e Cazin, che diventa erronea per resistenze un pò grandi, del resto è inverosimile che la resistenza presenti queste anomalie nel far crescere o diminuire la durata secondo il suo valore, a meno che una piccola resistenza non si comporti nell’elettricità, come un tubo di aggiunta nei fenomeni idrodinamici. i Da tuilo questo parmi però che si potrebbe facilmente passare dai risultati da me ottenuti a quelli della scarica a circuito poco resistente, con uno studio esteso sulla variazione della sezione delle scintille colla resistenza del circuito, sull’ influenza che può esercitare il potenziale assoluto nelle proprietà della scarica, e sulla quantità di elettricità che si neutralizza variando il poten- ziale e la resistenza, e mentre si troverebbero così de!le leggi indipendenti dagli errori di osservazione che accompagnano i metodi ottici finora usati , si potrebbero trovare possibili tra loro tanti risultati che attualmente sembrano discordanti. E di tali questioni è mio proponimento in seguito di occuparmi. "dI8NH"9 VI] "ip *0*9*9 «ag (8 ASI ; i Cg Sar 00 BULLETTINO DELLA SOCIETÀ DI SCIENZE NATURALIED ECONOMICHE DI PALERMO N. 18.—Seduta delli 8 febbraro 1888.—Presidenza del prof. E. PATERNO”, Il socio Prof. Riccò presenta la rappresentazione grafica del passaggio al perielio della grande cometa di settembre 1882 (giorno 47 ora 6 !/, pom. circa) e dello stato del sole quale fu trovato nello studio completo fattone fra 12 e 45 ore dopo il detto passaggio. Non avendo riscontrato nulla di anormale si deve concludere che è! passaggio della cometa ad una distanza dalla superficie del sole di circa ?/, del suo raggio non ha prodotto nulla di nuovo in esso. Nel detto intervallo di 12 a 15 ore non avendo il sole rotato sopra se stesso che di 7° a 9° non può per questo esser modificato che di ben poco |’ aspetto dell’astro stesso. Il gruppo di macchie boreale era spuntato sul sole al 13 settembre, e tra- montò al 24 senza notevoli cambiamenti. Il piccolo gruppo australe fu osser- vato per la prima volta a 6% 40" del mattino del 17, quando la cometa era an- cora assai lontana dal sole, e si conservò quasi identico nel giorno successivo, e svanì poi dal 21 al 22. Delle facole ve ne erano 5 gruppi prima, e 5 dopo il passaggio della co- meta, e presso a poco nelle stesse posizioni. Le protuberanze al mattino del 18 non erano straordinarie nè per numero nè per dimensioni; ve ne erano 9 di altezza maggiore di 30" e circa altret- tante di minori; la massima giungeva a 85" di altezza (circa °/, del raggio solare), ma trovavasi ad Ovest-Nord-Ovest, mentre la parte del bordo che era stata circuita dalla cometa al perielio , era quella ad Est-Nord-Est ; in questa anzi non si trovò alcuna protuberanza. È poi molto improbabile che delle pro- tuberanze suscitate dalla cometa siansi dileguate nell’intervallo di 14 ore, giac- chè l’osservazione quotidiana di questi fenomeni ci fa vedere che ordinariamente essi persistono per molte ore e talora per alcuni giorni. Inversioni delle righe fraunhoferiane che indicassero eruzioni od anche sol- Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. tv 30 2394 BULLETTINO DELLA SOCIETÀ levamenti di vapori incandescenti non ne fu trovata alcuna nello stesso mat- tino del 18. Questi risultati sono una prova di più della grande esilità della materia di quest’astri, poichè emerge che uno dei più cospicui fra essi da sì piccola di- stanza non fu capace di attrarre a se e nemmeno di agitare o muovere i gas più leggeri ondeggianti per così dire sulla superficie del sole. Le orbite calcolate sulle osservazioni delle posizioni della cometa dopo il passaggio al perielio rappresentando bene anche le osservazioni anteriori al detto passaggio , si deve ammettere che la cometa, non sia stata disturbata nel suo corso dall'atmosfera coronale del sole che ha attraversata. Le precedenti osservazioni dello stato del sole dopo il passaggio della co- meta al perielio possono servire a constatare che reciprocamente la cometa non disturbò per nulla il corso degli ordinari fenomeni dell’attività solare. Devesi notare che questi risultati sono poco incoraggianti per certe ipotesi avanzate in varii tempi, le quali si fondano sopra azioni reciproche od anche passaggi di materia dal sole alla cometa o da questa a quello. Il socio Prof. Doderlein partecipa la preda fatta nel paesello di Mondello presso Palermo , nel giorno 30 dicembre 1882 p. p., di una delle più rare ed eccezionali specie di uccelli che annoveri l’ Avifauna dell’ Italia. — È questa la Sula Bassana Lin. (Le fou de Bassan, dei francesi, il Gannet , degli Inglesi); specie acquatica, appartenente all’Ordine dei Palmipedi totipalmi, ed alla fami- glia dei Pellicanidi, indigena delle regioni boreali dell’ Europa e dell’ America. Essa vive d’ordinario, pressochè localizzata, sulle coste dell'Islanda, delle Ebridi, della Scozia , della Norvegia, e s’inoltra assai più raramente in paesi di lati- tudini medie e meridionali. — Avviene però talvolta che non pochi individui di codesta specie , incalzati da forti venti e burrasche di mare, vengano so- spinti e gettati sulle coste occidentali della Francia, mentre altri si trovino forzati a ripararsi sulle coste del Portogallo, della Spagna, e persino dell’ A- frica occidentale. — A prova di che il Colonello Jrby fa noto, nell’ Ornitologia dello Stretto di Gibilterra p. 207, di aver veduto buon numero di questi uc- celli aggirarsi in tempo d’ inverno all’ imboccatura dello Stretto; laddove l’egre- gio Dottor Howard Saunders narra d’ aver osservato, nei suoi viaggi, pa- recchi individui di codesta specie pescare nel mese di dicembre presso il Capo Trafalgar. $ però caso raro che la Sula Bassana s'inoltri nel Mediterraneo, ed an- che più raro che raggiunga le coste d’Italia.—Il Dott. Dresser nella splendida sua Opera History of the birds of Europa, riporta la voce, nel relativo articolo (Pars. LXXVII-LXXIX), esserne stato osservato qualche soggetto presso Marsi- glia, fatto che il sig. Jaubert pone in dubbio. In quanto all'Italia, questa specie vi è così rara ed eccezionale, che il dot- tor Salvadori non l’elencò ne manco nella sua fauna Ornitologica, fra gli Uc- DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO 235 celli Italiani, e solo aggiunse in una nota a pag. 278, che gli venne asserito dall’illustre viaggiatore P. Armand David, d’ averne visto volare un individuo nell'inverno 1874-72 sulla spiaggia del mare fra Genova e Savona. — L’ unico esemplare della cui cattura in Italia si hanno autentiche prove fin’ora, è quello di un giovane maschio, che un pescatore colse con un colpo di fiocina, il giorno 5 novembre 1877, nel canale di Piombino; esemplare che venne di poi donato al Museo Zoologico di Firenze dal Cav. Toscanelli, e che il Prof. Giglioli , nel riferire il fatto nel suo Elenco delle specie di uccelli Italiani, qualifica, per la sua rarità, spoglia preziosa. L'individuo predato a Mondello è pure un giovane maschio dell’ età circa di 4a 2 anni, caratterizzato all’infuori dei dati generici, da un abito generale del corpo di color bruno volgente al cinereo , sparso di numerose piccole macchie biancastre a ferro di lancia, più fitte e frequenti sul capo, sul collo; più rade e più grandi sul dorso e sulle ali.—Esso ha inoltre petto, addome, sottocaudali, di color cinericcio, variato di macchie triangolari biancastre e bruno-cineree; re- miganti e rettrici brune , le prime collo stelo in parte biancheggiante , le se- conde interamente bianche. — Parti denudate del capo, della gola, di un colore bruno-azzurrognolo. becco bruno intenso, colla punta più chiara ed unci- nata Piedi bruno-verdastri , colla membrana interdigitale bruno-cinerea , e le scanellature delle dita biancastre. Iride albicante. Lunghezza totale del corpo 0,86; lunghezza del becco 0,10; lunghezza della prima remigante 0,35 ; tarso 0,06; particolarità corrispondenti in massima parte ai caratteri specifici propri di un giovane di un anno, indicati dai signori Degland et Gerbe nella loro Ornitho- logie Europèenne Tom. II p. 348. Questo esemplare venne colto da un pescatore sù di uno scoglio nei con- torni di Mondello, e precisamente nella così detta località della Fossa del Gallo, sul quale scoglio erasi momentaneamente posato, per essere così stanco ed ab- battuto , a quanto disse il suo predatore, da poter essere catturato mediante una piccola rete a mano, e portato vivo al Museo dell’Università. Sembra però che questo soggetto non fosse il solo apparso in quella oc- casione nei pressi di Mondello, poichè il pescatore che lo predò, disse, di aver veduto nella stessa giornata, uno o due altri individui consimili aggirarsi in quei contorni, che non gli venne fatto di catturare. Non è questa d’altronde la prima volta che consimili uccelli nordici per- vengano in tempo invernale in Sicilia, essendochè le cronache scientifiche del- l'Isola registrano parecchi altri esempî analoghi, avvenuti in tempi più o meno recenti.—Tuttavia in questo fenomeno è d’uopo distinguere le apparizioni fatte da specie acquatiche eccezionali, che vi vennero sospinte per il momentaneo imperversare di forti venti e burrasche di mare, da quelle dovute a specie, pur rare, le quali, per essere assoggettate a regolare passo invernale, vi pervengono, negli inverni più rigidi, raggiungendo od oltrepassando alquanto l’estremo li- mite delle loro annuali emigrazioni. 236 BULLETTINO DELLA SOCIETÀ Fra le prime la Sicilia ha il vanto di annoverare fin’ora la Frazercula ar- tica, Leach (Pulcinella di mare), l’Alca torda, Lin. (Gazza marina), il Colym- bus septentrionalis, Lin. (Strolaga minore), e forse anche il Colymbus articus , Lin. (Strologa mezzana), il Mergus merganser Lin. giov. (Smergo maggiore); mentre fra i secondi essa registra l’ Archibute 0 lagopus, Brehm (Poiana calzata), il Dryopicus martius, Boje (Picchio nero), la 7ychodroma muraria, Ilig. (Ram- pichino murajolo), probabilmente il Plectrophanes nivaiis, Mey. et Wolt, (Zi- golo della neve), da che si coglie persino a Malta, la Pyrhula rubicilla , Pall. (Ciuffolotto), 1 Accentor alpinus, Bechst, (Accentore alpino o Sordone),il 7urdus tor- quatus, Lin. (Merlo dal collare bianco), ecc.; le quali ultime specie il socio Do- derlein vide presentarsi sul tardo autunno, per varî anni successivi, sui monti della vicina isoletta d’ Ustica ; particolarità sulle quali egli già tenne discorso nella seduta del 20 Novembre 1872 di questa Società, in un articolo riprodotto dal Giornale di Sicilia del 5 dicembre n. 280, non meno che in parecchi arti- coli relativi della sua Avifauna del Modenese e della Sicilia. Codeste specie comunque eccezionali e rare, concorrono ad accrescere il nu- mero delle specie componenti la ricca Avifauna della Sicilia , le quali mentre raggiungono oggidì il numero di 316, superano altresì quello pur notevole delle specie riscontrate sin’ora nelle vicine Isole del Mediterraneo. Il Vice-Segretario S. Scichilone N. 19. — Seduta delli 8 ottobre 4888. — Presidenza del Prof. E. PATERNO’ Il socio A. Riccò presenta un elettromagnete di nuova costruzione da lui ideata. Risulta di una lunga striscia di lamina sottile di ferro arrotolata attorno un nucleo pure di ferro, essendo interposta fra i diversi giri una lista di carta oliata per isolarli. Un reoforo è unito posteriormente al nucleo (il quale è sal- dato all’ estremità interna della lamina) l’ altro reoforo è unito all’ estremità esterna del rotolo. La corrente elettrica circolando nella lamina magnetizza tutte le spire (meno l’ultima esterna) ed il nucleo, e così la striscia di ferro fa da conduttore e da sostanza magnetizzata. Esplorando la forza attrattiva sulla faccia polare col metodo del contatto di ferro usato da Jamin si hanno qnantità con sufficiente approssimazione cre- scenti dalla periferia al centro proporzionalmente al quadrato del numero delle spire; il che significa che /° intensità magnetica cresce dalla periferia al centro proporzionalmente al numero delle spire. Dunque le azioni magnetizzanti delle DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE 237 diverse spire si sommano, secondo la legge di Jacobi e Lenz per gli ordinarii cir- cuiti. Sul nucleo la forza magnetica cresce con un salto. Lo spettro magnetico è formato di filamenti radiali che coprono tutto il cir- colo della faccia polare; vi è debole traccia del campo magnetico esterno. Il ciuffo che vien formato dalla limatura di ferro che si attacca direttamente alla faccia polare, è più lungo nel centro : i filamenti esterni si ripiegano in fuori e vanno ad aderire alla periferia, indicando con ciò che ivi per induzione si produce polarità contraria. La forza portativa di questo magnete è notevole, superiore a quella degli ordinarii elettromagneti: 1° perchè stante la concentrazione del magnetismo sul polo (a scapito del campo esterno) l’ ancora si trova in un campo magnetico di grande intensità, incontra maggior numero di linee di forze, 2° perchè per la reazione dell’ ancora , la periferia del rotolo ( che sarebbe allo stato neutro ) acquista polarità contraria, e quindi agisce vantaggiosamente, come il tubo esterno delle elettrocalamite a camicia. E L’ossido che si forma sulla faccia polare e sull’ancora è sufficiente ad im- pedire dannose derivazioni della corrente. Si aumenta ragguardevolmente la forza portativa applicando posteriormente, cioè sull’altra faccia polare, un disco di ferro isolato da una rotella di carta oliata. Avvolgendo un filo di rame vestito attorno al rotolo e facendo passare la corrente solo entro di esso rame, il rotolo di ferro funziona come nucleo di un ordinario elettromagnete e come in questo (Pisati e Scichilone) il magnetismo vi è decrescente dalla periferia al centro; sul nucleo vi è un leggero aumento. Lo spettro magnetico indica un forte campo esterno; la forza portante è debo- lissima. Facendo circolare la corrente tanto nel rotolo che nel filo di rame (sia di seguito, sia in derivazione), e nello stesso senso, si combinano le due magnetiz- zazioni sopra indicate e le corrispondenti forze portative. Facendo circolare la corrente nel rotolo e nel conduttore di rame in senso contrario, secondo le rispettive grandezze delle forze magnetizzanti dei due cir- cuiti può prevalere la polarità prodotta dall’ uno o dall’altro, ed anche averle entrambe sulla stessa faccia polare : l’una al centro l’altra alla periferia. In ogni caso per la presenza delle due polarità si ha una notevole forza portativa. Unendo posteriormente i nuclei di due dei descritti rotoli mediante una tra- traversa di ferro, si ha un clettrocalamita a ferro di cavallo ; si interpongono dei dischi di carta oliata per il necessario isolamento. La traversa serve ancora al passaggio della corrente da un nucleo all’altro. Si può anche mandare la cor- rente in un filo di rame avvolto attorno ai rotoli ad ottenere le diverse com- binazioni di cercuiti prima descritte. In questo magnete a ferro di cavallo la maggior forza portativa si ha man- dando la corrente entro al filo di rame solo; od entro al rotolo ed al filo di rame 238 BULLETTINO DELLA SOCIETÀ nello stesso senso, al contrario di quel che si verifica nell’elettromagnete sem- plice ; perchè agendo sull’ancora due poli contrarii si ha con ciò la necessaria separazione delle polarità nell’ancora, ed è inutile, anzi dannosa, la complicata distribuzione del magnetismo dipendente dalle polarità contrarie su di una me- desima faccia polare. che si producono quando circola la corrente solo nei rotoli di ferro, o in questi e nei conduttori di rame in senso contrario. Facendo convesse le quattro faccie polari, si evita l’effetto nocivo della po- larità contraria nell’ultima spira, poichè questa così resta lontana dalla traversa e dall’ancora ; e pertanto anche colla corrente solo nei rotoli di ferro, la forza portante risulta assai grande. Il socio E. Paternò presenta un lavoro del dottor V. Oliveri sulla sintesi dell’ acido floretico. L’ Autore, dietro una serie di considerazioni , conchiude che tal composto debba avere la formula di struttura dell’acido paraossifenilisopropionico. Con tali vedute, cerca ottenerlo sinteticamente. Con un nuovo metodo prepara l’anisilmetilchetone e lo descrive, e passa da questo acetone alla corrispondente cianidrina. Spera in seguito trovare il me- todo di saponifare questa cianidrina, che darebbe un’acido della struttura mo- lecolare dell’acido floretico, con un ossidrile alcoolico in più che potrebbe essere eli- minato per mezzo dell’ acido bromidrico e successiva riduzione con l’ idrogeno nascente, e così arrivare alla preparazione sintetica dell’acido floretico. IL Socio Vice-Segretario S. Scichilone N. 20.---Seduta delli 25 novembre 1888.—Presidenza del prof. E. PATERNO”. Il socio Prof. Pietro Doderlein presenta alla Società una specie di pesce del- l’esotico genere Pimelepterus, presa ultimamente nelle acque del golfo di Paler- mo, ed aggiunge in proposito la seguente relazione : Nel ricco mare di Sicilia, del quale siamo tuttora ben lontani dal conoscere le svariatissime produzioni animali e vegetali, abbiamo testè avuto la sorte di rinvenire una interessante specie di pesce appartenente alla famiglia degli Spa- roidi, ed alla sotto-famiglia dei Pimeletterini, il Pimelepterus Boscii, Lacep; specie indigena delle regioni calde dell'Atlantico, e del mare delle Isole Canarie. Essa venne predata la mattina del giorno 10 corrente (Novembre) nelle adiacenze dell’ Arenella presso Palermo , da pescatori locali , che sorretti dalla pratica loro esperienza, ce l’additarono sotto il nome di Pisci mai più vistu, e di Zippulu impiriali.—Codesto pesce, di fatto, è novello per le acque del Medi- lerraneo, e a più forte ragione per la fauna ittiologica della Sicilia. DI SCIENZE NATURALI ED ECOMICHE DI PALERMO 239 Due caratteri principali emergono a prima vista dall’ esame del corpo di queste pesce: L'esistenza, cioè, di pinne pressochè tutte estesamente rivestite di squamme, ed una conformazione al tutto eccezionale dell’ apparato dentario.— Ed invero se si eccettui la parte spinosa della natatoja dorsale, e le ultime estre- mità delle pinne pettorali e ventrali, tutte le altre parti delle sue natatoje sono quasi interamente coperte di esilissime squamme subimbricate; mentre la sua bocca si trova armata di due serie di denti, l’ anteriore delle quali, costituita da denti lunghi lanceolati, sorge in un solo rango sull'orlo di entrambe le ma- scelle, e la seconda, formata da esilissimi denti villiformi, disposti in una unica e stretta fila semicircolare, spunta qualche a distanza dalla precedente nell’ interno della cavità orale. I denti però della prima serie, oltre ai preaccennati caratteri, presentano un’ altra particolarità notevole, quella cioe di essere forniti di un tallone po- steriore allungato ed appuntito, che si stende orizzontalmente, convergendo coi compagni, verso l’ interno della bocca ; mentre la loro parte superiore o coro- naria, conformata in una piramide triangolare acuta, compressa e ricurvata alquanto posteriormente , si rialza verticalmente sull’orlo delle mascelle , e si connette alla porzione orizzontale o sessile, sotto un angolo retto. —Il Vomere inol- tre, i Palatini e la Lingua di questo pesce, sono altresì tapezzati di esilissimi denticini, che ne rendono aspra l’intera superficie. Codesta particolare conformazione dell’ apparato dentario dell’attuale pesce, ricorda più o meno una analoga disposizione profferta dalle specie pure esoti- che dei generi Pachimelopon , Girella , Scorpis ecc.; senonchè nella specie no- strana i denti della prima serie, in luogo di ossere larghi, taglienti, crenellati, tricuspidati, o villiformi come in alcune specie dei generi suindicati, hanno il margine esterno triangolare, compresso ed alquanto uncinato , e quelli della seconda serie, anzichè essere condiformi, oppure consimili ai precedenti, si veg- gono modellati in forma di esilissimi denticini acuti, che restano inseriti, come si disse, a qualche distanza dalla serie precedente, in una unica fila semicircolare interna; particolarità che ravvicinano codesta specie a quelle della sottofamiglia dei Pimeletterini. Per quanto concerne la giustatezza di codesta determinazione, dirò per primo, niun dubbio esservi che l’attuale specie appartenga alla famiglia degli Sparoidi. Il corpo compresso, ovoidale allungato , rivestito di scaglie ctenoidi, finamente dentellate, le quancie scagliose, i pezzi opercolari inermi, ma scagliosi, l’ unica dorsale avente la porzione spinosa pressochè di eguale lunghezza della molle, l’anale con 3 spine, i raggi posteriori delle pettorali ramificati, le natatoje addo- minali inserite nella regione pettorale e composte di !/. raggi, caratteri tutti che sì rinvengono nella specie predetta, lo confermano pienamente. Riguardo alla ulteriore sua determinazione generica, ed alla presunta sua corrispondenza colle specie del genere Pimelepterus, dirò altresì che, giusta le 240 BULLETTINO DELLA SOCIETÀ recenti osservazioni ittiologiche, sonovi nella famiglia, degli Sparoidi due parti- colari gruppi di specie caratterizzati dalla presenza di natatoje eminentemente scagliose; il primo dei quali gruppi trovasi rappresentato dalla seconda sezione della sottofamiglia dei Cantharini, e dai corrispondenti generi Pachimetopon , Dipterodon, Proteracanthus, che vi sono inclusi (4) ; ed il secondo gruppo dalla sottofamiglia dei Pimeletterini, e dall’unico genere Pimelepterus che vi è con- tenuto.—Questi due gruppi però, prescindendo dal carattere della presenza delle preaccennate due serie di denti, che è comune ad entrambi, si trovano distinti fra loro, perchè le specie del primo gruppo hanno la cavità ovale priva di qual- siasi altra sorta di denti, laddove quelle del secondo gruppo hanno il vomere i palatini e la lingua quarniti di esilissimi denti. Escludendo quindi a ragione le specie del primo gruppo che non convengono al caso nostro, torna evidente che dobbiamo rivolgere unicamente le nostre ricerche alle specie del secondo gruppo, a quelle cioè del genere Pime/epterus, che, come l’attuale pesce, presentano l’anzidetto carattere dentario; e fra esse all’atlantica specie Pimelepterus Bosctì, Lacep., che offre maggiori dati di somiglianza col pesce testè predato. Tuttavia anche in codesto ultimo conquaglio specifico, evvi modo di avver- tire alquante particolarità distintive che non coesistono in entrambe le specie. Tali sono, ad esempio, una forma alquanto più allungata del corpo negli indi- vidui esteri in confronto dell’esemplare nostrano; una disposizione a scardasso in più ranghi dei denti villiformi posteriori negli individui atlantici, anzichè in una unica e stretta fila come nell’ esemplare nostrano; le narici posteriori di quelli, ovali, anzichè lineari come in quest’ ultimo; le natatoje pettorali di forma piuttosto ovale, anzichè lanceolate e ristrette come nel saggio nostrano ecc. Alieno qual sono dal creare generi e specie novelle ove non ne risulti una stretta necessità, ritengo tuttavia miglior consiglio, ad onta di cotali differenze, riterire per ora il pesce testè predato alla specie Pimelepterus Boscii, già vali- damente stabilita da Lacepede e successivamente illustrata da recenti ittiologi; annettendovi però l'appellativo var. Sicula, onde ricordare cotali differenze, ed il mare ce la località ove essa venne pescata; salvo il caso che, pel rinvenimento di altri novelli esemplari Siciliani, ne fosse dato di rilevare altri caratteri di- stintivi più essenziali e validi, onde separarnela definitivamente. Dapoichè esistono parecchie figure che ritraggono abbastanza bene il Pimelepte- rus Boscii, credo inutile di riprodurre qui l’effigie della varietà o specie testè re- perta; della quale per lo contrario, trovo necessario di esporre alquanto più estesa- mente i caratteri distintivi, calcandoli per confronto sulle dottissime descrizioni che il Giinther, e gli Ittiologi Americani ne porsero delle specie affini all’attuale famiglia. (1) Vedi Ginther Cat. I, p. 413. DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO ZIA Caratteri del PimeLePTERUS Boscii Lac. var. Sicula Dod. SINONIMIA Pimelepterus Boscii Lacep., Hist. nat. Pois. IV, p. 429. Cuv. Val. vol. VII, p. 258 pl. 187. — Dekay, New-York Fn. Fish., p. 400, pl. 20, fig. 56. Id. Valence. in Webb. et Berth. Hist. Nat. Isl. Canar, Poissons, pl. 19. Id. Giinth., Catal. I, p. 497. Id. Jordan et Gilbert Sinops. Fish N. America, p. 564. Pimeleptus incisor Valence, l. c. p. 47 (nec Cuv.,) _ favolineatus Poey, Sinops. Pisc. Cubens. p. 324. D. 11/,, 2 A. 3/1 P. 15-16 V. 1/ L. lat. 80 L. trans. 32 Raggi. branch. 7. Corpo ovale un pò allungato, mediocremente compresso, completamente ri- vestito di scaglie ctedoidi, aventi il margine esilissimamente crenellato. Profilo del corpo, sì inferiore che superiore, notevolmente ricurvo; il supe- riore di questi ascende gradatamente incurvandosi, senza veruna insenatura, o protuberanza intermedia, sino all’8° raggio spinoso della dorsale, d’onde discende, con declivio un pò più rapido, sino alla base della coda, ove risale per formare la codale. La maggiore altezza del corpo, presa dietro la base delle pettorali, è con- tenuta un po’ meno di 2 volte !/, nella lunghezza totale del pesce, compresa la codale. La lunghezza del capo (che è proporzionatamente breve), stà 5 volte nella stessa misura. Il muso è breve, ottuso; la docca piccola non protrattile, il mascellare su- periore breve, triangolare, rotondato posteriormente e coperto di minute scaglie. L’inframascellare e la parte anteriore del muso sono lisci; la porzione po- steriore della mandibola non è visibilmente scagliosa. Il sottoorbitale è alquanto più lungo che largo, e grossolanamente solcato, col margine inferiore convesso, ma intero. Gli occhi sono di mediocre dimensione; il diametro dell'orbita è contenuto 3 3/, volte nella lunghezza totale del capo. 1 '/, volte nello spazio interorbitale ed 4 1/, volte nella lunghezza del muso. Le narici sono situate avanti l’angolo superiore dell’orbita, alquanto distanti fra loro; la narice posteriore è in forma di fessura allungata, l'anteriore più rotondata. Le guance sono coperte di 40, 12 serie di piccole scaglie esilmente dentellate. I pezzi opercolari sono inermi ; il Preopercolo è bensì tapezzato di scaglie, ma presenta un piccolo spazio marginale nudo e leggiermente striato coi mar- Giornale di Scienze Nat. ed Econ., Vol. XVI. 31 242 BULLETTINO DELLA SOCIETÀ gini finissimamente seghettati. Il suo margine posteriore è dritto, l'angolo ro- tondato, il margine inferiore leggermente convesso. L’opercolo è piuttosto grande, col margine posteriore rotondato intero, ma munito di una lieve prominenza posteriore. Gli altri pezzi opercolari, sono co- perti di scaglie senza veruna dentatura o spina. Le scaglie del corpo sono piuttosto grandi, più alte che lunghe, col mar- gine posteriore elittico ed esilissimamente dentellato; se ne contano circa 80 in una linea longitudinale, e 32 circa in una trasversale. Il soprascapolare che sporge alquanto all’esterno, presenta la forma di una scaglia più larga delle altre, col margine rotondato e la superficie esilmente radiata. La linea laterale, mediocremente marcata, stendesi paralellamente al pro- filo dorsale del pesce sino alla base della coda, d’onde prosegue rettilinea e si insinua nella natatoja codale. Le scaglie che la compongono sono contrasegnate da un unico e leggiero rialzo del canale mucoso. La dorsale è unica e formata di una parte spinosa e di una molle di pres- sochè eguale lunghezza. Essa conta 44 raggi spinosi ed altrettanti molli , l’ul- timo doppio.—Essa incomincia ad !/; anteriore dalla lunghezza totale del pesce, compresavi la codale, un pò dietro l’ inserzione delle ventrali ed ai ?/3 posteriori della lunghezza delle pettorali, e termina al livello della 60° scaglia della linea laterale. La sua parte spinosa è mediocremente consistente. Il suo primo rag- gio spinoso è breve, ed uguaglia circa la !/, del 2°, ed '/, del 6°, e 7° raggio, che sono i più lunghi, ed è pari ad 4 3/, parti della lunghezza del capo. La distanza fra la dorsale e la codale è presso a poco eguale all’altezza della coda sotto l’estre- mità posteriore della natatoja dorsale. Tutta la porzione molle, del pari che quella dell’ anale è pressochè interamente rivestita di squame. L’anale e scagliosa e di pari estensione della dorsale molle. La sua origine cade verticalmente alquanto dietro a quella della porzione molle della dorsale; le sue spine sono forti; la prima è circa la metà meno lunga della 2*. La se- conda uguaglia i ?/, della lunghezza della più lunga spina dorsale; essa è più forte, ma non più lunga della 3°. I raggi sono quasi eguali tanto fra loro quanto a quelli della porzione molle della dorsale. Le pettorali sono brevissime, lanceolate, e misurano circa 1/; della lunghezza totale del pesce. La distanza che corre fra il suo apice e l’origine dell’anale, è pari alla lunghezza totale della porzione molle della dorsale. La sua porzione basale è per la metà in lunghezza rivestita di scaglie. La radice delle ventrali cade al terzo anteriore della lunghezza delle. pet- torali. Questa pinna è del pari breve, per cui il suo apice resta notevolmente discosto dall’apertura anale. Codesta distanza è pari ai ?/, della estensione della porzione molle della dorsale. La codale è mediocremente sinuosa, coi lobi leggermente appuntiti ed equalmente lunghi ; essa pure trovasi rivestita di scaglie fino quasi alla estre- mità dei raggi. DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO 243 I denti della serie anteriore, come già si disse, sono lanceolati, stretti, com- pressi, coll’apice triangolare appuntito ed alquanto uncinato, e col tallone poste- riore assottigliato, ed orizzontalmente convergente coi talloni attiqui verso l’in- terno della bocca. Di questi se ne contano 34 nella mascella superiore , e 32 nella inferiore. Esse sono inseriti sull’orlo delle mascelle, ma i centrali od an- teriori di ciascuna mascella sono maggiori dei posteriori, che divengono vieppiù esili col procedere verso l'interno. Per lo contrario i denti della seconda serie o posteriore, sono esili, villiformi, e disposti in una unica e stretta fila paralella e concentrica alla serie precedente.—Il vomere, i palatini e la lingua sono rivestiti di minutissimi denti. Il colore del corpo è grigio uniforme, con traccie di una ventina di strette zone longitudinali argentine più chiare. Le natatoje sono grigiastre uniformi. Venni anatomici. Vertebre. Se ne contano 410 dorsali, e 15, 16 codali. Denti faringei superiori minutissimi vellutati, stesi su larga superficie ossea; gli inferiori alguanto maggiori, a scardasso. L’Esofago è membranoso, ampio. Lo Sto- maco in forma di sacco ovoide membranoso , è fornito nelle due facce laterali di un centro tendineo fibroso arrotondato. Tratto pilorico piuttosto lungo, colla parte posteriore più consistente fibro- muscolare; guarnito all’estremità di numerosissimi piccoli ciechi pilorici (oltre 100), disposti a gruppi intorno allo stretto del piloro, ed estesi pur anco per notevole tratto lungo la parete inferiore dell’ intestino tenue. Intestini membranosi, molto lunghi e larghi; regime interamente erbivoro, poichè nel preparare il pesce si sono trovati unicamente avanzi di alghe tanto nello stomaco che negli intestini. Vescica natatoja ovoidale allungata, alquanto rigonfia nel mezzo; bipartita posteriormente , e terminata in due lunghe appendici che si stendono oltre la cavità addominale, fra mezzo ai muscoli laterali del tronco sino all’apofisi ema- toide della quinta vertebra caudale. Fegato bilobato, con piccolo lobo intermedio superiore. Cuore triquetro piut- tosto piccolo. 244 BULLETTINO DELLA SOCIETÀ Misure Lunghezza totale del corpo compresa la codale. . . . . . 0,300 Idem: |. esclusa Ma-codlale 2h 20.000 rit RO A) Altezza imassima-delotorpo. i 2.0.0 RR Lungebezza::del'-anpo: nti 898) RR AREAS Distanza fra gli occhi 0, 026 Diametro dell’orbita . tt 0, 0414 Lunghezza della 5°, 6* spina dorsale 0, 030 Idem della 2° spina anale . 0, 0417 Idem della natatoja dorsale 0, 125 Idem della pettorale . 0, 040 Tdemit uadelle ventrali Se eine 0, 034 Idem — dell’anale. ; 0. 062 Idem delle scaglie in media 0, 008 Il Pimelepterus Bosciì è specie Atlantica che vive anche presso le Isole Cana- rie. Essa, unitamente alle affinissime sue specie congeneri, appartiene alla schiera dei pesci viaggiatori che si agirano comunemente pel grande Oceano inoltran- dosi talvolta a grandi ‘distanze dai continenti. A quanto narrano gli ittiologi questi pesci sogliono altresì tener dietro alle navi in corso, onde approfittare, tuttoche di regime piuttosto erbivoso, degli avanzi di pasto che si rigettano da bordo.—Perlocchè non sarebbe improbabile che, guidato da cotale istinto, l’esem- plare testè reperto abbia potuto attraversare lo stretto di Gibilterra , ed inol- trarsi sino ai mari della Sicilia, al seguito delle moltissime navi che oggidì vi pervengono dalle più remote latitudini dell’ Oceano. Ne questo sarebbe il solo esempio di siffatta immigrazione ; mentre noi tutti ricordiamo ancora le belle specie atlantiche predate in questi ultimi anni, nei mari della Sicilia, quali sono ad esempio il Cybium Veranyi, Dod. il Lobotes auctorum, Ginth., il Carana carangus, G. V.. la Molva vulgaris, Flem. ecc. le cui spoglie figurano tutta nelle vetrine del nostro Museo Zoologico; singolari avvenimenti onde la natura si vale per modificare gradatamente le faune dei mari attuali, e renderne la popola- zione vieppiù omogenea e generale. Il socio Zona riferisce alcune idee sulla esistenza dell’atmosfera della luna e sul modo di determinarla col mezzo delle occultazioni. Lo spettroscopio, disse, fece in Egitto sospettare ai signori Thollon e Treppied l’ esistenza dell’ atmo- sfera lunare, Je occultazioni possono comprovare il fatto ed in qualche modo misurarlo. DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO 245 Se esiste atmosfera nella luna le immersioni delle stelle saranno ritardate e le emersioni accelerate; le altre grandezze restando costanti le longitudini de- dotte dalle immersioni saranno per tal fatto più orientali di quelle dedotte dalle emersioni. La semi differenza delle due longitudini sarà pressochè |’ effetto di tale atmosfera. Esaminando le longitudini dedotte dalle occultazioni, se tutti e due i feno- meni sono stati osservati per una occultazione, si vede pressochè costante il fatto che la longitudine dall’ immersione è più orientale di quella dedotta dalla emersione. Discutendo alcune occultazione con metodo che pubblicherà più tardi trovò che l’atmosfera lunare avrebbe circa un secondo d’arco di rifrazione orizzontale, tale risultato sarebbe in accordo col debole assortimento osservato dai signori Thollon e Treppied. Il socio Vincenzo Cervello riferisce che da qualche tempo si occupa insieme al suo aiuto Signor Coppola della influenza che esercitano alcuni farmaci svi processi psichici elementari. Descrive brevemente il metodo delle ricerche e lo apparecchio grafico di cui si servono; questo nello insieme presenta delle no- vità. Dice che hanno sperimentato sopra quelle forme di reazione la cui durata può stabilirsi con qualche precisione cioè colla reazione semplice (suono e luce) colla reazione di discernimento (suono e rumore) e colla reazione di discerni- mento e scelta; finora si sono studiati il cloralio idrato e la paraldeide e pare che queste sostanze portino un allungamento del tempo di reazione semplice ; però il riferente deve continuare le esperienze e in altra seduta annunzierà più dettagliatamente i risultati ottenuti colle dette sostanze e con altri farmaci da studiare. IL Socio Vice-Segretario S. Scichilone * pie ©, nuto À RU Ur (dini Uri i Wa bj >» a 4 SUN (VR VE vi UE hi. OSSERVATORIO DI PALERMO STAZIONE DI VALVERDE ee OSSERVAZIONI METKOROL OGICHE NUOVA SERIE— Anno I.-1880 PALERMO TIPOGRAFIA DI MICHELE AMENTA Via Vitt. Emm., Palazzo Colonna, 43I 1883 PREFAZIONE Le anguste località del R. Osservatorio Astronomico, costruito sopra antica torre, dei grandi Emiri Saraceni un tempo prima dimora , e che dell’ attuale Reggia forma la parte più eminente, l'impossibilità d’ una maggiore ampiezza, i bisogni sempre crescenti dello stabilimento sia per collocamento di nuove macchine ed apparecchi scientifici, sia per ragione di studî e di esperienze, a- vean da più tempo resa incompatibile la convivenza sotto lo stesso tetto di due scienze, le quali sebbene sorelle, ognuna di esse però avea diritto ad una vita propria, e a non trovare nell’altra un ostacolo alla sua esistenza. Però la mi- nore di esse, dovendo pur cedere alle esigenze della sorella più forte, ridotta nei limiti più ristretti, altamente reclamava un cambiamento di sito ed una nuova sede. D'altronde i progressi della scienza meteorologica, la maggior precisione portata sugli apparecchi, che servon di base alle sue esperienze, l’assoluta ne- cessità che gli elementi meteorici, dei quali sono essi le manifestazioni, da cause estranee non fossero alterate o falsate, imperiosamente chiedevano l’abbandono d’una residenza, in cui per necessità non ben collocati taluni apparecchi o per alte muraglie sovrastanti, o per la riflessione di correnti aeree, gli studî me- teorologici trovavano grandi ostacoli al proprio sviluppo. Preoccupato da siffatte condizioni di cose da parecchi anni vagheggiava l’idea di trasferire in luogo più adatto la sezione dell’ osservatorio addetta alla meteorologia, idea che mi fu dato finalmente di effettuire, mercè la generosa e nobile condiscendenza della illustre Società di Acclimazione per la Sicilia, la quale pei proprî studî avendo fatto acquisto di vasto casamento e di spaziosi 4 PREFAZIONE giardini, fu lieta di accogliere nel suo seno la meteorologia, mettendo alla sua disposizione parte del fabbricato, e dell’amena villa. Superata la maggiore difficoltà, accolta con tanta nobiltà la mia proposta, pronto il sito per la nuova stazione, non tardai a riferirne a S. E. il Ministro della P.I., chiedendogli l’autorizzazione del trasferimento a mezzo del seguente rapporto : Eccellenza, « La scienza meteorologica segna ai dì nostri tal rapido progresso, che fa bene sperare forse in un tempo non molto lontano, utilità vera e vantaggio nel civile consorzio. Le osservazioni meteorologiche e dei fenomeni atmosferici per il passato retaggio degli scaffali di pubbliche o private biblioteche, oggi son divenute do- cumenti importantissimi e preziosi alle investigazioni dei fisici e dei meteoro- logisti. Egli è che fisici e meteorologisti han potuto finalmente mettersi d’accordo, si son date scambievolmente le mani, d’onde uniformità, omogeneità, unità nei mezzi e nei modi di osservazione. Per tal guisa gli studî e le esperienze gui- date sopra elementi paragonabili, han dato risultati splendidissimi e non mai ottenuti. E in vista dell'incremento d’una scienza tanto intimamente legata ai biso- gni della società, all’industria, al commercio, alla marina, all’ agricoltura, alla pubblica igiene, con mirabile unità di proposito presso le più civili nazioni completansi le istituzioni che mirano alle esperienze di meteorologia, si rin- novano o miglioransi le antiche con nuovi apparecchi e strumenti più conformi e più adatti al genere di osservazioni cui son destinati, e novelle stazioni me- teorologiche sorgono per ogni dove, affinchè le osservazioni sulle vicissitudini atmosferiche praticate sopra varî punti del globo, e a differenti latitudini, po- tessero apprestare elementi e dati da servir di norma nella investigazione del loro andamento. In tale opera d’immegliamento scientifico non han certamente lieve impor- tanza le condizioni locali del sito d’un osservatorio meteorologico : dappoichè in ispecial modo richiedesi che apparecchi e strumenti destinati alle indicazioni dei varî dati meteorici, non incontrino nelle circostanze di luogo ostacoli o impedimento che ne deviino l’azione, e possano liberamente procedere e rispon- dere senza dubbio allo scopo cui son designati. Sin dal 41792 l’Osservatorio di Palermo, se non come obbietto principale, ha assidualmente e con ispeciale premura coltivata la scienza meteorologica. Vi ha quindi un osservatorio meteorologico corredato di buoni apparecchi, e col- locati nei siti più adatti e di meno disturbo allo scopo primario dello stabili- mento. PREFAZIONE 5 Però mi è forza confessare che l’ osservatorio meteorologico non offre in- vero le condizioni più utili e più felici di località, quali richieggonsi dall’ at- tualità della scienza. Varî elementi infatti restano alterati nelle loro manife- stazioni, nè gli ostacoli al loro libero sviluppo, dipendenti dal sito, potrebbero rimuoversi. E pure la stazione meteorologica di Palermo non è delle meno importanti del Mediterraneo. Centro d’ una zona meteorologica potrà essere il punto cui convergeranno tutte le stazioni di Sicilia. Ricca d’ una serie di circa 90 anni di osservazioni, non può per qual- siasi causa interromperle, ma invece apportarvi quelle modificazioni e migliora- menti altamente reclamati dal progresso della scienza. Da più tempo quindi ho concepito l’idea di trasportare in sito più con- forme all’obbietto il nostro osservatorio meteorologico. Ora la illustre Società di Acclimazione di Palermo che ha sede a due chilo- metri di distanza dalla città, e che ivi possiede giardini e vasto caseggiato , offre località eccellente per lo impianto d’ un osservatorio. Quel sito da ogni lato aperto e libero alle vicende dell’ aria, con precisione e verità ne avverti- rebbe i movimenti; e gli strumenti tutti sarebbero in condizioni da apprestare le più veridiche indicazioni. Nè è a dire del vantaggio che si otterrebbe negli studî di applicazione della meteorologia all’agricoltura, alla fioritura ete., espe- rienze fin’oggi fra noi poco praticate. Membro ordinario della detta Società ho presentato il mio progetto, il quale nella seduta del 3 gennaro 1878 è stato con sommo favore accolto. Prego quindi VE. V. a voler decretare, che in vista delle concessioni della Società d’Acclimazione per la Sicilia, l’ osservatorio meteorologico sia trasferito nei locali della Società medesima , formando sempre parte del R. Osservatorio Astronomico ». S. E. il Ministro, plaudendo alla mia proposta fu pronto ad approvarla, concedendomi in pari tempo i mezzi pel trasferimento. Per tal guisa in breve tempo ridotti i locali, e trasferite le macchine, all’inizio dell’anno 1880 il nuovo osservatorio intraprese il servizio meteorologico. Volli inaugurare questo novello altare della scienza nella ricorrenza del 12 Gennaro, giorno memorabile in Palermo, come quello che iniziò |’ era del risorgimento d’Italia ; e alla presenza delle autorità civili e militari, dei Pro- fessori della R. Università, di distinte Signore, dei rappresentanti della stampa, e della più culta cittadinanza credei mio obbligo svolgere coi seguenti cenni lo scopo della nuova istituzione. Signori, « Celebrare con vane pompe, e con tripudi smodati, la ricorrenza d’un grande avvenimento storico, di cui un popolo è fiero e conserva altero ricordo, non più si addice ai tempi in cui viviamo. 6 PREFAZIONE Alle dimostrazioni clamorose, alle espansioni soventi volte esagerate, con maggior serietà di consiglio or si sostituisce l’intelligente attività del pensiero, nè più bel ricordo può farsi d’un avvenimento memorabile, che legandone la rimembranza ad un fatto di civile progresso. Nel 1865 una stupenda macchina, a mezzo della quale il nostro osserva- torio astronomico entrava nel consorzio dei grandi osservatorî, e potea con quelli concorrere alle sperienze moderne, fu inaugurata nel giorno 4 Aprile , anniversario di data più recente, ma non meno glorioso. Parimenti fortunato in questo giorno precursore dell’Italiano risorgimento, ed onorato dalla pre- senza d’egregi campioni di quell’epoca memorabile, son lieto di potere innalzare questo novello altare al culto della scienza. Certamente non sarebbe opera gradita quì in seno ai fertili e verdeggianti piani della Conca d’ oro, al profumo dei fiori, ed all’olezzo dell’ arancio e del limone intrattenervi con lunghi ragionamenti, spero però che non vi riuscirà inopportuna la breve esposizione dello scopo di questa istituzione. A culti ed illuminati uditori non fa d’uopo ricordare quanto innanzi sie- no andate ai giorni nostri le scienze sperimentali, e più di tutte la meteorolo- gia. Scienza invero di antichissima data è però a riguardarsi come moderna pel nuovo indirizzo impresso alle ricerche ed alle sperienze, che le sono di base e di sostegno. All’illustre: Americano Maury và dovuta l’idea di aver saputo rac- cogliere e riunire le sparse osservazioni meteorologiche che i naviganti nelle lunghe traversate al di là dell'Atlantico, consegnavano nei loro registri. Coor- dinate mirabilmente fra loro, sapientemente discusse; il genio del Maury seppe rinvenirvi leggi e dati di tale importanza, che potè segnare ai navigatori le e- poche più opportune ai loro viaggi, e ridurre alla minima durata i più lun- ghi cammini. Questa semplicissima idea del Maury feconda di splendidi risultamenti se- gnò ta via a percorrere nel campo della scienza, onde renderla utile ai biso- gni del civile consorzio: allora riunite in unico fascio tutte le forze attive, dato un indirizzo uniforme in tutte le regioni del globo agli studî sulle vicende dell’atmosfera, corretti migliorati e perfezionati gli apparecchi e i mezzi per le osservazioni, siam pervenuti a conoscenze tali, che vieppiù ci impegnano a non deviare dalla via intrapresa. Scienza intimamente legata ai bisogni della società, può rendere i più eminenti servizî nello svolgimento della vita economica ed industriale delle nazioni. I venti che dominano, la quantità delle pioggie che si distribuiscono nelle varie contrade , la temperatura alle varie altitudini, la pressione dell’ aria e il suo grado di umidità, son tutti elementi di supremo interesse per l'agricoltura, per la coltivazione, per l’ingegneria, e più di tutti per la navigazione. Sorretta ed ausiliata dalla elettricità , fattore potentissimo di civiltà e di progresso, può in uno stesso istante seguire le vicissitudini dell’aria e le loro manifestazioni per tutta la terra, e quindi segna l’ avvici- PREFAZIONE 7 nare della tempesta e la traccia che deve percorrere, ne previene la violenza ed annunzia la furia dei venti, e le procelle del mare; e mentre le industrie ne traggono vantaggio e profitto, non di rado la vita degli uomini e Je sostanze van sottratte agli estremi perigli. In vista di tanto progresso per ogni dove miglioransi gli istituti di me- teorologia, e si trasferiscono nei siti più adatti, e i governi civili secondando un tale sviluppo, han creato degli ufficî centrali che raccolgono e pubblicano le sperienze delle proprie ragioni sottomettendole alla più severa disamina. Ed un ufficio centrale per l’Italia ha sede in Roma sotto la dotta direzione di un egregio scienziato, assai caro al nostro Paese, e di cui il nostro osserva- torio altamente si onora. Pupilla prediletta del nostro osservatorio astronomico, la meteorologia vi ebbe culla e stanza sin dallo scorcio del secolo passato. Crebbe e si fe” adulta insieme all’ astronomia, e quali sorelle si amarono in ogni tempo di reciproco affetto, di che fà fede la quasi secolare serie di osservazioni , modificate qual- che volta ma non mai interrotte sino all’ epoca presente. Però la primogenita sorella non potea all’altra concedere che quanto non serviva ai proprî bisogni. Per siffatta causa gli apparecchi meteorologici, che per lunghi anni presta- rono il loro concorso, per le angustie e per la non opportunità del sito, non più rispondevano alle esigenze attuali. Era quindi divenuta una necessità il trasferirli in dimora più propizia, e che avrebbe meglio garentito la verità delle loro indicazioni. Questo luogo ameno, in cui ho avuto l’onore di sedere per molti anni qual socio ordinario della Società di Acclimazione, presentava per avventura tutti i requisiti indispensabili per divenire una bella stazione meteorologica. Invero io non ebbi chea cennare la mia idea, e l’illustre Consesso, facendo eco ai miei divisamenti, con unanime slancio metteva a mia disposizione stanze e giardino, sì che il mio desiderio fu tosto un fatto compiuto. Ed oggi finalmente la mercè di tanti favori, e della squisita condiscendenza dell’esimio personaggio che siede a capo di questa Società, posso con animo ri- conoscente aprir le porte di questo nuovo tempio. Non è senza rammarico che l’astronomia si distacca da una diletta sorella, ma a simiglianza di quei genîtori che in vista di maggiori dovizie soffrono con rassegnazione la separazione dalla loro prole, in pari guisa si conforta nel pen- siero che esse si ameranno sempre dello stesso affetto, che l’una sarà pronta a correre ai bisogni dell’ altra, e che godranno d’ un più prospero avvenire. E di tanto mi è garenzia il valore dei miei egregi colleghi all’ osservatorio, la cooperazione dell’illustre Direttore della stazione agraria, e più d’ogni altro lo zelo e l’operosità del distinto giovane, cui ho affidato il servizio scientifico di questa sezione dell’osservatorio astronomico. Debbo in tale opportunità porgere i miei ringraziamenti ai Ministri d’Istru- 8 PREFAZIONE zione e d’Agricoltura i quali concedendomi dei soccorsi mi incoraggiarono alla impresa, ma più di tutto debbo esprimere la mia riconoscenza alle onorevoli rappresentanze provinciale e comunale, le quali con annue assegnazioni vollero assicurare l’esistenza della istituzione. Signori —-In tempi non molto remoti, e di triste memoria per molti di noi, il tuonar dei cannoni, e lo squillo delle trombe annunziava l’alba del 42 Gennaio. Erano gli sgherri che inneggiavano all’anniversario del despota, e il popolo fremente contava ancora un anno di duro servaggio. Per virtù di popolo con una sfida inaudita questo giorno divenne solenne. Oggi l’alba del 12 Gennaro ritorna lieta e ridente all’ aura della libertà , e la scienza porgendo il suo tributo a quella rimembranza acclama l'Italia e l’Augusto Rappresentante delle sue libere istituzioni. » OSSERVATORIO VALVERDE È Valverde un vasto caseggiato sul lato meridionale del Corso Calatafimi a circa due chilometri dalla città. Guarda dal principale prospetto il Set- tentrione, e dall’opposto il Sud, stando a cavaliere d’un’amena villa, e di deli- ziosi giardini di limoni e di aranci. Proprietà un tempo di privati citiadini , servì indi a luogo di delizia d’un monastero di signore : oggi è proprietà della Società d’Acclimazione per la Sicilia. Il fabbricato giace sulla via che conduce a Monreale, ed è quasi nel centro della Conca d’ oro, e dei monti che fan co- rona alla città, a un di presso tanto distante da questi, quanto dal mare. L'osservatorio, che occupa la parte superiore del fabbricato, è una sezione dell’ osservatorio di Palermo, è destinato alle sperienze ed alle osservazioni di me- teorologia e di magnetismo terrestre, e comunica telefonicamente col R. Osser- vatorio. Un aggiunto del R. Osservatorio è incaricato del servizio scientifico. È annesso alla Società di Acclimazione, colla quale concorrerà d’ accordo in quelle ricerche ed esperienze, che potrebbero tornare ad utilità degli studî agrari e dell’ agricoltura. Le stanze superiori dalla parte del Nord immettono in lungo corridoio co- perto e difeso da persiane, ove stan collocati varî strumenti. In due quadrati di terreno nel giardino stan disposti i padiglioni pei ter- mometri, e per gli altri strumenti ad aria libera. Nel terrazzo o stanze superiori son collocati : Il metereografo Secchi; I Barometri; Barometro pei massimi e minimi; PREFAZIONE Psicometro; Pluviometro; Apparecchi sismici; Anemometro. 1° Padiglione în giardino Termometri; Termografi; Evaporatore; Psicometri. 2° Padiglione Pluviometro; Geotermometri; Albero meteorologico; Termometro al Sole. Posizione dell’ Osservatorio Latitudine N = 38° 6° 24,; Longitudine da Roma = 3" 26° 82 E; Altitudine del terrazzo sul mare = 74" 29; » sul terreno=13® 53. II Direttore G. CACCIATORE (9°) nai So HER » har * dl P tab PER ] RA - Mep Caf A di‘ a 3 Ù; 18°. 0 stento msg fo vili Al ie va consi sioni) ua » he pe ") Ù à fo: ii a Bu IA Pr Poi ae HA; DEA MA. i nt vira, SUPRA ritrgnont ar 4 +, plui ee pet fr: î Digi TEU CL quasi } “Pig "n Ja 1 n è s | vi) te, fit inion ta & dr To oa Sal (ovedi va 165) bi Ò “ : fol va) fe 1a if AINVCOATE crap) iu NRE n: va N te g- Ad NRE (hO TG fi wi sh x - ea “ : 190) \p Ùa d «DI | Lo qa. ì so RZ LE pets” | i u ui : i: id PIT da. FIOABI Ma ei pi Giara vit ian h) ta RAI dd : LI E e e Lt ii ba. hag Ni TI ER : i Po Eli a art
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5 {hm.|zodì|p.m.|p.m.|p.m.|zan.|lh m.|zodì |p.m.|p.m.|p.m.|zan.|| hm. zodi | p. m. | p. m. | p. m. | notte
A |{7,45|5,89|4,76|7,03|6,78|6,48]| 82 | 55 | 45 | 73 | 77 | 78 |[Cop. Nuv. Cop Osc. Osc. Cop.
2 {7,98|6,82|6,83/6,98[7,06|6,82)| 88 | 61 | 63 | 74 | 76 | 83 |(Cop. Misto |Cop. Misto |Misto {Bello
3 {7,19|6,87|7,66|8,03[6,42|7,23]| 72 | 56 | 67| 88 | 87| 81{|Misto [Bello |Misto Lucido |Cop. Cop.
4 {7,72|7,47|7,44|7,48|7,25|7,24|| 76 | 65 | 69| 72 | 72 | 84|/Osc. Cop. Osc. Osc. Misto |Bello
5 [6,98|7,35|7,47|7,39|7,30|6,99]| 75 | 65 | 67 | 82 | 85| 78{INuv. |Bello |Cop. Osc. Cop. v. |Cop.v
6 {7,21/6,06|5,89|6,50/6,92/6,81|| 76 | 57 | 55 | 80]| 74| 73 [[Nuv. Misto |Misto {Nuv. Osc. Cop.
7 {5,82|5,30|5,20|53,34|5,83|5,38|| 69 | 53 | 53 | 62 | 75| 75|[Cop. |Cop. |Cop. Cop. |Cop. Lucido
8 [6,27|5,28|5,28|5,68|5,62|5,75|| 77 | 51 | 54 | 61 | 80 | 79 [[Cop. Misto |Misto |Cop. Bello |Bello
9 |5,73/5,09|4,71|5,37|5,51|5,40| 70 | 47 | 45 | 56 | 62 | 58 |[Cop. Cop. Cop. Osc. Osc. Osc.
10 {6,87|6,78|6,78|6,56[6,56|6,33]| 7£ | 65 | 65 {| 82 | 76 | 72 |{Osc. Cop. |Misto |Misto |Osc. Ose.
11 [6,98[6,26|5,52|6,56|6,37|6,44| 83 | 63 | 55 | 76 | 84 | 82 [[Osc. Cop. |Nuv. {|Cop. |Misto |Misto
12 {6,74|6,44|5,44|6,21|5,89|4,30|| 91 | 72 | 65 | 84 | 89 | 59 |[Osc.c.p.|Osc.c.p.|Misto |Cop. Osc.c.p.|Osc.
13 [4,20|3,46|4,00|4,38|4,72|4,28]| 70| 50| 59| 60| 63 | 58 |(Cop. Cop. |Osc. Osc. Bello |Bello
414 {3,79/3,35|5,22|6,41|5,22|5,06]| 57 | 441 | 61| 94 | 74 | 75 |[Misto Cop. Cop. Cop. Misto Bello
45 {5,99|7,22|6,44|5,77|5,90|6,43| 71 | 89] 84 | 69 | 72 | 88 |[Cop. Cop.c.p.|Osc.c.p.|Osc.c.p. |Cop. Cop.c.p.
16 {6,80|7,13|6,66|6,97/5,87/5,74|| 81 | 82 | 82 | 90 | 78 | 72 |[Cop.c.p.|Cop. Osc. Cop. Nuv. Osc.
17 [6,51[3,60|5,99|5,92|6,38|5,49| 76 | 63 | 741 | 75 | 88 | 76 |[Cop. Cop. Cop. Osc. Osc. Nuv.
418 {4,71|5,97|6,09|3,64/5,66/5,42|| 54 | 58 | 60 | 62 | 64| 63 |[Misto |Bello |Cop. Ose. ose. Osc.
19 {7,08|8,33|7,90|7,61|7,27|6,86|| 7L4| 74| 75 | 78| 77| 72|(cop. |Cop. |Cop. |Cop. |Nebb. |Osc.
20 {8,44|7,92|7,02|5,33|5,58|5,51|| 86 | 88 | 90 | 70| 80] 8I |/Osc Osc.c.p.|Osc. Osc. Cop. Osc.c.p.
21 |4,94|4,36|4,46|5,20|4,87|4,53|| 72 | 61 | 62 | 77 | 86 | 75 [Osc. Cop. Osc. Osc. Misto |Cop.
22 {5,52|6,24|5,90|5,43|4,59|4,57]| 86 | 82 | 81 | 91 | 84| 82 /{Osc. Cop. |Nuv. |Bello {Bello |Bello
23 [5,14|7,19|5,35|5,71|5,16|4,87|| 69| 71] 58| 68| 64]| 62|osc. |Nuv. |Cop. |Osc. |Cop. |Cop.
24 {5,27|5,80|6,05|5,64|5,63|3,84|| 58 | 57 | 62 | 62 | 64| 71 |[Cop. Cop. Osc. Osc. Osc.c.p. |Osc.c p.
25 |7,35|8,44|8,75|7,98|7,52|7,94|| 85 | 94 | 85 | 89 | 85 | 92 |(Osc.c.p. {Osc. Osc.c.p. |Cop. Cop. Osc.
26 |8,99/9,38|8,51|8,70|8,17|9,34|| 97 | 90 | 79 | 79 | 69 | 85 [[Osc.c.p.|Osc. Osc.c.p. |Osc. Osc. Osc.c.p.
27 [9,61|8,98|7,39|6,81|7,84|8,15| 96 | 69 | 55 | 58 | 68| 72 |losc.c.p.|Misto |Cop. {Bello |Cop. |Osc.
28 {7,36|7,17|7,02|6,81|6,39|6,22]| 59 | 50 | 52 | 56 | 53 | 54 |[Misto |Misto |Bello |Cop. Misto {Misto
29 {7,05|7,30/6,63|6,63|7,96|7,96)| 62 | 60 | 58 | 58 | 70 | 74 [Osc. Osc.c.p.|Osc. Osc. Osc.c.p. |Osc.
30 {7,74|7,45|8,18|7,87|7,90[8,63)| 63 | 50 | 59 | 64 | 70| 84 [[Nebb. |Nebb. |Nebb. |Nebb. |Nebb. |Osc.c.p.
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3. » [5,54[5,35[5,32|5,87|5,62/5,30]/74,4|63,0|64,8|76,0|75,8|72,4
4, » {6,71|6,99[6,73|6,29[6,15|3,80||73,0|73,0|75,6|75,0|77,4|72,8
5. » [5,64[6,39[6,10|5,99[5,53|5,55]|74,0|73,0|69,6|77,4|76,6|76,4
6. » {8,34|8,13|7,8717,73|7,90|8,18|/78,7/63,8|65,7|67,7|70,2|75,2
1. d. [6,92[6,29|6,20/6,63|6,62|6,44||75,9|57,5|58,0|73,0|76,4|76,1
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STAZIONE DI VALVERDE
Tav. III — Osservazioni Meteorologiche del Gennaio 1880
(Terrazza Osservatorio a m. 13, 53 sul terreno)
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14 R. OSSERVATORIO DI PALERMO
Tav. IV. — Osservazioni Meteorologiche del Gennaio 1880
(Terrazza Osservatorio a m. 13, 53 sul terreno)
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13 95 9 100 8 100 8 100 8 ò ò 15 5) 4,01 6
14 40 6 60 6 90 ò ‘85 5 40 ò 15 4 )) 6
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16 95 7 60 6 100 9 98 7 30 4 100 8 8,25 4
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19 80 5) 95 7 95 7 95 7 100 3 100 5 4,96 3
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21 100 6 90 6 100 6 100 6 50 5 98 6 ) 6
22 100 7 98 7 30 6 5 ò 5 5 10 ò 0,59 2
23 100 ò 30 5) 90 6 100 ò 90 5) 95 19) » 1
24 98 6 98 5 100 5 100 ò 100 5 100 5 0,28 4
25 100 8 100 6 100 8 98 ò 98 bj 100 5 14,09 b)
26 100 8 100 6 100 6 100 8 100 7 100 7 7,62 3
27 100 8 50 6 90 7 20 lb) 70 5) 100 5) 7,25 4
28 40 ò 60 5) 20 6 70 6 40) ò 50 5 ) 5
29 100 8 100 8 100 8 100 8 100 8 100 8 » ò
30 100 3 100 3 100 3 100 3 40 3 100 6 0,82 6
31 100 7 100 6 400 7 95 Db) 100 6 90 6 3,37 4
STAZIONE DI VALVERDE
45
Tav. V.— Osservazioni Meteorologiche del Gennaio 1880
TERMOMETRO CENTIGRADO
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13,0 [15,7 |12,7 | 8,7 | 8,0 | 8,5 [18,3
12,7 |14,7 |13,2 | 6,58 | 9,0 | 8,6 [20,2
10,3 |11,5 [11,2 | 7,4 | 6,2 | 45 [12,8
8,5 |14,0 |13,2 | 8,9 | 5,0 | 5,7 [185
9,1 |14,0 |12,2| 94|90 | 8,4 [15,8
10,0 |12,2 |14,7 | 6,9 | 8,6 | 8,7 |16,2
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11,01|13,86|12,66| 8,96] 8,06] 7,49|16,79
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(Giardino)
GEOTERMOMETRO
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3,9 || 82 | 8,9 [10,4 |10,8 | 9,9 | 9,2
40 ||73|79|91|941|83|79
2,5 590 |59|61|59]|58 | 6,0
0,6 || 43 | 50 | 6,3|6,9 | 62 | 6,1
10 ||49|56|62|65|64|62
SO 62 860] Bd 78076
5,7 [| 63 |89|95]|90]|84]|79
3,7 [55 | 82 [101] 96]|98,7|82
7,9 || 7,9 | 8,8 [10,0 |10,0 | 9,3 | 7,8
4,3 ||90|91|92|{90|79| 7%
1,8 ||641|65|73]|75]|6,8]|62
44 ||4,3{54|72|75|61|5,%4
1,2 [41|71{94|92|81]76
5,4 ||64|78|86]85f80]|76
6,8 || 7,2|/81|91]|91]|9,0 | 8,6
7,6 || 83 | 9,0 [10,0 [10,1 |10,2 | 9,1
9,7 || 9,3 |10,7 |12,2 [14,9 [11,0 |10,6
13,2 ||0,1 |14,5 [13,1 [12,5 |11,8 {10,9
11,9 [10,1 |10,6 {10,7 |10,5 |10,5 |10,0
11,8 |10,4 [14,8 [13,1 |13,7 |12,9 [12,1
9,2 ||10,9 |44,3 [12,5 [12,6 |12,1 [14,0
MEDIE
6,38] 7,74| 8,80[10,30|10,36| 9,80] 9,18
4,30|| 7,90| 8,68|10,08|10,14| 9,34| 9,10
2,80 6,12| 6,66| 7,62| 7,84| 7,32| 7,08
5,32|| 7,02| 8,42| 9,46| 9,20| 8,36| 7,78
3,26] 3,62] 6,98| 8,32| 8,36| 7,60] 7,08
10,57|| 9,85|10,82|11,93|14,88/14,42|10,62
5,34 7,82 8,74|10,19[10,25] 9,67| 9,14
4,06] 6,57] 7,54| 8,54| 8,52| 7,84] 7,43
6,9 7,73] 8,90|10,12|10,12| 9,54| 8,85
5,44|| 7,37] 8,39] 9,62| 9,63] 9,01| 8,47
TEC
Minima a CINI
Pioggia
temperatura
s in
alla superficie
del terreno TO:
» »
0,40
) »
, »
) »
) »
) »
Ste vu
vu
© 0 S > e 10 a © e 10 CC 0 UU WU
SECIEOEIETET 5
mo © ho ur do O i ho 00 ho bo ooo tè doo Sì
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vw
ini
peu
vu
vi
>
16 R. OSSERVATORIO DI PALERMO
Tav. VI.— Osservazioni Meteorologiche del Gennaio 1880
(Giardino)
TENSIONE DEI VAPORI UMIDITÀ RELATIVA EVAPORAZIONE
i UR A TEM Epi ; A a
‘A 9 Mez- | 3 h | 6 h | 9 h |Mezza-|| 9 |Mez-|3h{| 6h] 9 h [Mezza|] 9 3 h |Mezza-
3 Totale,
5 hm. | zodì | p.m. | p.m. | p. m. | notte || hm. | zodì | p.m. | p.m. | p. m. | notte || hm. | p.m. | notte
1 |s44|8,03]|765| 616] 7,24|6,80]) 86 | 69 | 70 | 54 | 84 | 87 || 0,80] 4,24] 0,25 | 2,26
2 | s,21]| 6,28] 7,53| 740] 7,36| 6,88] 87 | 56 | 69 | 86 | 86 | 97 || 0,19] 4,03 | 0,32 | 4,54
3 7,96 | 7,63 | 7,74 | 8,48 | 7,25 | 7,76 71 59 63 97 9% 89 0,20 | 1,20 | 0,80 | 2,20
4 8,14 | 7,36 | 8,57 | 814 | 7,99 | 7,19 78 64 80 80 91 93 0,17 | 1,03 | 0,24 4,44
5 7547 | 7,70 | 9,01 | 8,06 | 7,42. | 7,27 67 58 82 96 89 87 0,13 | 4,48 | 4,40 | 3,01
6 | 7,53|7,06|7,35| 6,81] 7,54| 7,66% 69 | 57 | 65 | 94 | 88 | 92 0,00] 4,24| 0,42 | 4,66
7 f663|6,49| 6,21] 6,46) 6,03| 5,40] 70 | 64 | 62 | 80 | 85 | 85 || 0,21| 0,94 | 0,38 | 4,53
8 6,70 | 6,63 | 7,72] 7,02 | 5,71 6,00) 81 dò 68 82 87 88 || 0,21 | 1,04 | 0,46 | 4,74
o |es4| 748] 5538] 729] 742/624) 73 | 63 | so | 83 | 86 | 75 || o21| 444| 0,55 | 2,20
10 | 7,27] 7,36] 8,26 | 6,90 | 6,75] 6,69 79 | 70 | st | 93 | 81 | 80 || 0,30] 0,49| 0,24 | 4,03
ti 7,44 | 8,47 | 6,06 | 7,13-| 6,60] 6,45 || 85 | 69 | 57 | 83 | 91 | 94 || 0,35] 0,89] 0,64 | 4,88
12 | 6,22] 6,62] 6,88 | 6,40 | 5,52| 4,28). 85 | 69 | 84 | 83 | 79 | 60 || 0,76] 0,66 | 0,54 | 4,93
13 | 353|3,98| 427 | 418|3,88| 4,48: 58 | 58 | 62 | 57 | 51 | 61 || 4,76] 2,26] 0,94| 4,96
i4 |475| 5,26] 549] 6,07] 348] 5,07]) 75 | 62 | 65 | 97 | 83 | 79 || 4,24| 4,19] 044 | 2,87
15 { 5,72] 7,57|645| 654| 5,98] 6,891 65 | 9 | 80 | 84 | 75 | 86 " 0,28] 0,65] 0,35 | 4,28
16 | 745] 7,26) 6,94 | 7,30) 6,22| 5,94) 86 | 74 | 86 | 94 | 91 | 85 || 0,65] 0,52 | 0,09 | 4,26
17 | 3,53| 6,27| 6,36| 630|6,47| 641 55 | 63 | 75 | 79 | 92 | 89 || 0,99] 4,94| 4,29 | 4,22
18 È 6,90] 6,59| 6,91] 5,80] 5,54| 6,24: 67 | 62 | 69 | 63 | 62 | 70 ||os41| 1,79] 0,94 | 3414
19 7,54 | 8,66 | 7,84 | 7,56 | 7,27 | 7,27 il 73 74 74 80 78 79 0,68 | 0,46 | 0,61 | 4,75
20 8,68 | 7,97 | 6,96 | 5,92 | 6,21 | 5,89|| 89 87 89 78 98 89 0,40 | 0,43 | 0,55 | 1,38
24 3,52 | 5,33 | 4,69 | 5,78 | 4,91] 4,64] 79 7 64 90 89 2 0,541 | 1,60 | 0,15 | 2,26
22 | 3,83] 5,86] 5,92 | 5,47 | 4,68| 4,501 83 | 77 | 78 | 98 | 94 | 85 || 0,35] 0,41 | 0,12 | 0,88
23 | 5,97] 7,53] 706] 5,37 | 516] 5,26)| 78 | 68 | 76 | 63 | 64 | 65 || 0,29] 4,38 | 0,87 | 2,54
24 {5,63| 6,48| 5,90] 6,25|549|6,39] 61 | 63 | 63 | 68 | 62 | 73 || 0,58] 4,30] 4,26 | 3,414
23 [ 7,41|8,50| 917] 857]|783| 8,39 85 | 86 | 99 | 99 | 93 | 95 || 0,84| 0,34| 0,24 | 4,36
26 | 8,99| 9,70] 9,70] 9,46 | 7,54| 8,95 97 | 92 | 90 | 87 | 64 | 82 ||0,08]| 0,15 | 0,85 | 4,08
27 [9,54] 905] 7,27] 8,71|8,16| 8,23) 96 | 64 | 54 | 77 | 70 | 70 ||0,20| 1,33 | 2,36 | 3,89
28 7,42 7,61] 6,64] 7,73] 6,33] 6,51] 60 | 54 | 49 | 64 | 53 | 56 || 4,41| 2,92] 2,06 | 6,39
29 { 8,47] 9,69] 8,51-| 7,11 7,60] 7,99] 74 | 70 | 77 | 62 | 62 | 66 || 3,40| 1,25] 2,70] 7,35
30 7,56 | 8,72 | 9,82 || 7,6271772. 7,96 60 57 67 60 68 75 4,60 | 2,75 | 4,68 | 6,03
31 ] 9,43] 9,22] 9,40] 9,68] 9,23] 8,93]] 93 | 82 | 86 | 96 | 96 | 96 || 0,16] 0,57] 0,05 | 0,78
STAZIONE DI VALVERDE AT
Tav. VII — Osservazioni Meteorologiche del Gennaio 1880
FREQUENZA RELATIVA DEI VENTI
Z DR [£a]
1. p. DI 4 1 1 » 1
DD 1 2 1 3 2 1
3. 5) 7 1 9 » »
4, » 9 » » » » 4
dd » 4 9 LÀ DI 2
6. » DI » » 3 » 7
d.dil 2 6 2 U 2 2
di» 5 7 4 2 » 1
{{3. » 4 4 2 4 4 9
Tot 8 44 5 10 3 42
|
Sereni | Misti | Coperti | Pioggia
i D: » 2 8) 1
112. » » 3 9 4
3. » 1 4 4
4. » » 13) 4
De » » 4 4 3
5, » » 4 5 4
Tot. » 8 23 17
Terrazza Osservatorio a m. 1°
Barometro ridotto a 0°
Termometro centigrado
Tensione dei vapori
Umidità relativa . -
Serenità del cielo in centesimi e
Velocità del vento .
Vento predominante
Massima altezza barometrica nel giorno 7.
Minima » » » li.
Escursione barometrica .
Massima temperatura nel giorno sa
Minima » » 23
Escursione termometrica . . . .
pas
29 ZE È z pe = È Predo-
5 = 7, ss
S dà (79) EA D > > > = = Ss minante
» )) » 92 3 10 4 » 4 2) 3 WSW
» » » 4 4 8 3 » 2 » 2 WSW
» » » » 5 L 1 1 1 5 » NNE
1 2 » 2 9 4 ) » 6 5 1 SW
92 2 4 3 8 92 » » 3 » 2) SW
7 7 4 » » 4 » » » » 6 |ESE,SE,SSE
» » » 3 7 18 4065» 3 2 5 WSW
4 2 » 2 14 5) 1 DI 7 10 1 SW
9 9 5 3 8 3 » » 3 ) 8 |ESE,SE,SSE
10 11 5 S| +29 26 5 1 13 192 14 SW
|
NUMERO DEI GIORNI
i . | Vento
Neve |Grandine| Nebbia | Tuoni | Baleni fonia Rugiada | Brina
» » » » » D) 4 »
» » » » » » 2 »
2 2 » 2 2 2 » )
» 4 » 2 DI 41 » »
1 » » ) » D 2 )
» » } » » 2 » »
3 3 3 4 a 5 8 »
MEDIE MENSILI
33 Giardino
(e)
mm. 760,72 | Termometro centigrado . . . . . .. +. 9,82
96/0 NTEDSIONERdeIEVaADOrigeei «i e e 6,98
mm 6 /0RiMUmiditàgrelativa ese 76, 4
7A M6RIMGEeotermometro ene e 8.75
23, 5 A 3 o
Km 9,1 | Massima temperatura nel giorno 6 . . . . 20, 2
sw | Minima » DAI PeR Mei 0, 6
Escursione termometrica . . 19, 6
mm. 767,64 { Min. temp. alla superfic. del terreno nel giorno Nogine 4,4
mm. 752,29 | Totale della evaporazione in mm. . . . . 78,92
13/35 di
È Totale della pioggia in mm. . . .... 114,72
17, 5
AI
15, 8
91,57
Totale della pioggia in mm. . . .
48
ISO
13.
R. OSSERVATORIO DI PALERMO
Osservazioni Meteorologiche del Gennaio 1880
NOTE
. Tempo variabile. Sulle montagne da W a SSW vedesi tuttora la neve caduta nei giorni 9 e 10
dicembre 1879.
. Nella notte leggiera pioggia. Durante il giorno cielo misto, venti varìi moderati con alta corrente
del primo quadrante e mare mosso.
. Cielo misto, venti varî moderati, mare tranquillo. Tanto nel mattino che nella sera rugiada co-
piosa.
. Alta corrente e venti moderati del quarto quadrante; cielo coperto, mare mosso. Dopo le 9% p. m.,
serenatosi il cielo, rugiada.
. Cielo vario, venti moderati, mare leggermente mosso. Tanto nel mattino che nella sera rugiada..
. Cielo misto, molto variabile; venti moderati, mare tranquillo. Nella notte e nella sera rugiada.
. Nella notte rugiada copiosa. Alta corrente del quarto quadrante, cielo misto, venti moderati, mare
lievemente mosso.
. Cielo misto, venti moderati, mare lievemente mosso.
. Alta corrente del quarto quadrante, cielo coperto, mare mosso, venti moderati.
. Cielo coperto, e dopo le 9 a. m. piovigginoso. Venti deboli, mare tranquillo.
. Nel mattino pioggia; poi cielo coperto vario con alta corrente e venti del quarto quadrante. Mare
lievemente mosso.
. Nel mattino pioggia leggiera con venti meridionali: più tardi il vento gira al quarto e poi al
primo quadrante; e nella sera, aumentando di forza, è accompagnato da forte acquazzone ed
abbassamento di temperatura. Alle 9 p. m., e più tardi verso mezzanotte è una vera tempesta.
La pioggia delle 9 p. m. era mista a nevischio e neve, ma in tenue quantità.
Nella notte tempesta dal primo quadrante, pioggia e neve. Al far del giorno i monti da W, SW,
S e SE, son coperti di neve. Nella notte la burrasca fu accompagnata da forti scariche elettri-
che. Alle 85, 20m a. m. burrasca di pioggia e neve per pochi minuti. A mezzodi continua il vento
impetuoso del primo quadrante, ed a 0h, 30m p. m. fiocca la neve. Dall’ 1" p. m. all’Ih e 30 piog-
gia e grandine. In tutta la sera vento forte di NNE; alle 9° p. m col diminuire della forza del
vento, il cielo si fa sereno.
Cielo misto, venti varî, mare molto agitato, alta corrente del quarto quadrante.
. Alta corrente del quarto quadrante; pioggia spesso accompagnata da venti fortissimi del terzo
quadrante, e qualche volta da tuoni lontani e baleni. Mare molto agitato.
. Continua l’alta corrente del quarto quadrante. Cielo coperto con pioggia. Colpi di vento da varie
direzioni, ed alle 5h e 30m p. m. tuoni lontani.
. Continua l’ alta corrente del quarto quadrante. Alle 7 a. m. tuoni e baleni e cielo temporalesco.
Alle 11h e 40m a.m. forte NW accompagnato da pioggia per pochi minuti. Alle 0%, 50% p.m. piog-
gia e grandine per brevi istanti. Mare agitato.
. Alta corrente del quarto quadrante, e venti forti del terzo. Cielo variabilissimo, ed alle 9h e 45m
p. m. leggiera pioggia. Mare agitato.
Alta corrente del quarto quadrante, e venti di varie direzioni. Pioggia nel mattino e nelle ore me-
ridiane. Mare agitato.
. Giornata burrascosa. Corrente intensa del quarto quadrante. Venti fortissimi sin dopo le 6 p.m.;
ma poi, col rapido aumentare della pressione, cessa il vento che dopo le 10 p. m. ricomincia a
spirare debolissimo dalla medesima direzione. Questa burrasca con copiosa pioggia ha lasciato
sui monti di W, SW e S, nuova neve, ma non molta come nelle nevicate precedenti. Anche sui
monti di NW vi è neve sopra una grande superficie. Mare tempestoso.
. Giornata molto fredda per la corrente del primo quadrante. Cielo coperto, mare molto agitato,
22.
23.
24,
25,
26.
VALE
28.
29.
31.
STAZIONE DI VALVERDE 19
Sui monti di NW, W, SW e S vedesi altra neve caduta nel giorno precedente. Nella sera la
neve sui monti di NW è scomparsa, e diminuita quella delle altre montagne.
Corrente del quarto quadrante. Cielo coperto nel mattino, e pioggia mista a ghiacciuoli alle 9 e
15m e 10% e 45m a. m. Sera serena. Mare leggermente mosso.
Cielo quasi sempre coperto; ma spesso si ha avuto un po’ di sole che ha reso l’aria tiepida e ri-
creante. Venti moderati del terzo quadrante, mare leggermente mosso.
Cielo coperto ed a tarda sera piovigginoso. Venti gagliardi del secondo e terzo quadrante, spesso
a forti colpi. Mare lievemente mosso.
Giornata piovosa. Venti deboli del secondo e terzo quadrante. Mare mosso.
Alle 8 a. m. tutta la valle di Palermo è coperta da densa nebbia umida; piove. La nebbia dura
sino quasi al mezzodi, poi si scioglie concentrandosi ai monti. Sera piovosa. Alle 7 p.m. vento
forte di SE, che a colpi continua sino alle 10 p. m. Aria calda, mare lievemente mosso.
Nel mattino cielo oscuro e nebbie basse e dense, principalmente ai monti di SW. Alle 9 a. m.
pioggia e nebbie più dense da impedire la vista dei monti circostanti. Alle 11 a. m. comincia
a spirare il SE con sufficiente forza per disperdere le nebbie e le nubi; più tardi spira violento.
Alta corrente di S. I venti del secondo quadrante spirano a colpi forti tutta la sera. Alle 11h e
30m p. m. pioviggina.
Nella notte vento impetuoso di SSE e SE che continua più violento nel giorno. Al far della sera
accenna a diminuire, ma presto riprende la primitiva violenza, mantenendola sino a mezzanotte.
Cielo misto, mare moito agitato.
Durante la notte, e nel mattino vento violento di SSE, che variando di qualche rombo, si man-
tiene tale tutto il giorno, acquistando dopo le 7 p. m. la forza dell’ uragano. Cielo oscuro, pio-
vigginoso alle 11h e 502 a. m. ed alle 2 p. m. Alta corrente di SE; mare molto agitato.
. Alle 6 e 1/, del mattino, continuando il SE con una certa forza, tutta la valle vedesi immersa in
una densa nebbia umida che impedisce la vista dei monti non solo, ma anche degli edifizî di-
stanti qualche chilometro. Alle 7h e 15m a. m. piove per pochi istanti. Alle 8 a. m. la nebbia
continua, ma diradata in alto e meno fitta all’intorno. Alla stessa ora si mette il SSE con vio-
lenza maggiore, e piove. Verso mezzodi i colpi di vento cessano, la nebbia ha il solito colore
grigiastro, e nella pioggia raccolta si è trovato il pulviscolo meteorico. Alle 6 p. m. continua il
nebbione con vento di SE moderato. Alle 9 p. m. S debole; nebbia diradata in alto, ma che co-
pra ancora tutti i monti. Alle 10 e 1/, p. m. pioggia. A mezzanotte la nebbia resta soltanto ai
monti.
Dopo la pioggia della notte la nebbia si è diradata restandone qualche residuo verso i monti.
Continuano nel corso della giornata i venti del secondo quadrante, ma deboli, ed il cielo pio—
voso. Alta corrente di SE, mare -agitato.
20
R. OSSERVATORIO DI PALERMO
Tav. I.—Osservazioni Meteorologiche del Febbraio 1880.
(Terrazza Osservatorio a m. 13,
53 sul terreno)
58,76
87,46
55,27
57,94
56,94
54,51
58,33] 59,39| 57,6:
57,78| 58,49] 56,44
85 55,27
757,16| 756,45
BAROMETRO RIDOTTO A 0° TERMOMETRO CENTIGRADO
d 9 Mez- | 3h | 6h | 9 h | Mez- | Mas- | Mi- 9 |Mez-|3h| 6h} 9h |Mez-|Mas-| Mi
o
(S) hm zodì | p. m. | p. m. | p. m. [zanotte| simi | nimi ||hm.| zodì [p. m.[p. m.|p. m.| zan. | simi | nimi |
mm mm mm mm mm mm mm mm (0) (0) (0) (e) (0) (o) lo] o
1 762,47] 762,49|761,83| 762,22] 762,79|762,70|762,79!761,410|14,1 {12,1 (12,4 [11,7 [10,1 | 9,6 [12,7 8,4
2 62,53] 62,64| 64,94] 62,26/ 62,83/ 62,70] 63,00] 614,91/(14,4 |13,4 |12,4 |42,3 (11,8 [10,5 [46,2 | 7,4
3 | 62,90] 63,22] 62,25] 61,98| 62,44| 62,50| 63,22| 61,98|| 9,8 [10,9 [11,2 [11,4 |14,0 [10,7 [14,4 | 8,7
4 | 63,02] 62,48] 61,60| G4,41| 61,67] 64,54| 63,02| 64,44|\11,4 [13,2 [13,1 |12,1 [10,6 | 9,4 [14,2 | 7,9
5 | 60,42) 60,12] 58,77] 58,57] 38,23] 57,70] 61,54| 57,70|12,4 [16,0 |12,8 [11,8 [11,0 [10,6 [17,5 | 6,9
6 | 56,72] 56,35] 55,24] 35,24) 53,18| 54,86] 57,70] 54,86/14,5 [12,2 |11,7 [10,6 [10,5 | 9,8 [12,3 | 8,3
7 | 53,90] 54,07| 53,85) 54,46] 54,78] 54,66| 54,86| 33,70/10,5 [42,8 [12,5 [10,7 | 9,6 | 7,8 [13,0] 7,8|D
8 | sail 54,55) 53,60] 53,96] 54,64| 54,80) 54,80] 53,60|12,4 [13,8 [12,8] 9,6 8,3 | 7,5 |15,2| 6,8 [f
9 | 55,57| 55,62] 55,13] 53,97| 56,17| 56,35) 56,35] 54,80|12,2 [13,4 [13,4 [10,41 | 6,6 | 6,2 [13,9 | 6,0
10 | 56,63] 56,08] 55,28] 53,79) 55,90) 55,51] 56,68| 53,28||11,8 {44,1 [13,8 [10,8 | 8,3 | 7,6 [14,6 | 4,5
11 | 55,35) 55,66] 54,93] 56,46] 56,87| 56,99] 56,99] 54,93|(12,6 [15,5 |15,8 [14,0 | 9,8 | 9,7 [18,4 | 6,9
12 | 58,27) 58,54) 58,14| 58,51| 58,59] 58,54| 58,59| 56,9912,2 [14,1 [12,4 [10,8 | 9,7 | 9,4 [14,2 | 8,3
13 | 58,24| 57,81) 57,05] 57,42] 57,46] 57,02] 58,54) 57,02/10,4 [44,3 |10,7 | 9,3 | 8,5 | 7,7 |14,4| 7,7
14 56,62] 57,141| 56,85) 58,41] 58,67| 58,60) 58,67] 56,52| 9,5 [12,1 |11,9 [14,5 [14,0 9,4 |12,8 | 7,5
15 | 58,85] 59,00] 58,57] 58,48| 58,73] 58,80) 59,00] 58,48|12,1 [14,0 [13,1 [11,9 [10,2 | 9,8 [16,7 | 8,4
16 | 58,69) 58,34| 57,62| 57,84| 58,00] 57,00| 58,70] 37,62/14,7 |13,8 |13,2 {14,6 | 7,8 | 7,0 [14,2 | 7,0
17 | 57,13] 55,95] 54,77| 54,69| 54,29] 54,45) 57,90] 54,15|/10,0 [14,9 [14,4 [141,6 | 9,3 | 8,9 [14,9 | 5,4
18 | 53,97] 54.41] 53,52| 54,30] 53,55) 85,46] 55,55) 53,52/113,3 |18,8 [16,3 [12;38 [11,6 [12,9 |18,8 | 6,7
19 | 56,28] 57,04| 57,19] 58,50] 59,69| 59,77| 59,77] 55,46|13,3 [14,5 [14,2 |11,3 |11,0 | 9,0 |15,0 | 8,0
20 | 61,23] 64,10] 60,43] 60,54| 60,67| 60,33] 61,23| 39,77|14,5 [15,4 |14,6 |12,4 [10,8 [10,4 |16,5 | 5,8
21 | 60,40] GO,44| 60,27| 60,43| 60,49) 60,37| 60,80] 59,70||13,8 |16,0 [15,3 [42,9 | 8,7 | 8,3 [17,8 | 6,4
22 | 59,18] 58,35] 56,94| 57,19) 56,64] 56,42) 60,37| 56,42|14,0 [14.9 [14,7 [14,8 [10,4 | 8,6 [15,7 | 6,2
23 | 54,08] 52,17| 52,149] 53,47] 33,83| 54,44| 56,42| 52,47||13,8 [17,4 [19,4 |14,6 [12,4 [11,9 [21,8 | 6,6
24 | 53,18] 55,48] 54,65] 54,93] 55,26] 53,73 53,73) 54,44|113,7 [15,3 [14,8 [14,2 [11,9 [414,7 [15,3 | 9,8
25. | 58,32) 58,87] 38,24| 59,04] 59,67] 89,93) 59,93 553,73/10,1 [13,7 [42,8 [14,1 | 7,9) 7,0 [13,7 | 7,0
26 | 59,89) 59,21] 58,22] 87,72] 57,17| 56,15| 59,99] -56,15/13,0 [12,9 [12,5 [11,5 | 9,8 | 9,0 [14,8 | 5,3
27 | 53,40] 52,54] 54,09] 50,59] 50,15] 50,20] 56,45] 50,15/13,2 [14,0 {13,3 [12,4 [41,5 [14,0 [15,2 | 7,3
28 È 49,19] 49,27] 48,69] 49,55) 50,37| 51,22] 31,22| 48,88||13,4 [14,8 [14,2 [11,7 [10,8 [10,2 [15,4 | 7,01ì
29 | 52,39] 52,93) 52,29] 52,99] 54,13| 55,35] 55,40] 51,22|\t&,4 |14,1 [44,7 [12,9 | 8,7 | 8,3 |16,2 | 6,0
MEDIE
I.pent.| 62,27| 62,19] 61,27] 61,29| 64,59| 64,43 62,71| 60,82|141,82|13,12|12,38
2. » | 55,47| 55,33] 54,62] 55,08| 55,33] 55,24|-56,08| 54,45|111,68|13,26|12,84
3. » | 57,49] 57,62| S7,11| 57,80] 58,06| 57,99] 58,36| 56,79|111,36|13,40|12,72
4. >» | 57,46| 57,31) 56,74| S7,47| 57,64| 57,57| 58,63| 56,10;12,56|15,42|14,54
5. » f 57,43] 57,06] 56,46] 37,01| 57,18] 57,32] 58,05] 55,63/|13,08|45,46|15,40
6. » f 53,72] 53,48| 52,57] 52,74] 52,95! 53,23| 55,69) 51,60/113,50|13,93|13,72
389(12,33
STAZIONE DI VALVERDE DAI
Tav. IIL—Osservazioni Meteorologiche del Febbraio 1880
(Terrazza Osservatorio a m. 13, 538 sul terreno)
TENSIONE DEIVAPORI|| UMIDITÀ RELATIVA STATO DEL CIELO
— || x == IAIATITTOOT. r——rr_—__——_ ro
E 9 [Mez-]3h|6h|9h]Mez-|| 9 |Mez-|3h{Gh|9h logi 9 Mez- 3 h 6 h 9h | Mezza-
°
5 {hm.|zodì|p.m.|p.m.|p.m.|zan.||hm.|zodì |p.m.|p.m.|p.m.{ zan. hm. zodì | p. m. | p. m. | p. m. | notte
4 {8,38|7,90|8,08|8,87|8,03|7,63]| 85 | 75 | 75 | SG | 87] 853 |[Osc. Ose. Osc. Osc. Bello |Cop.
2 [9,13|8,59|8,45|9,14|8,93|7,44| 75 | 75 | 79 | 86 | 86| 78 |[Cop. Misto |Osc. Osc. Osc. Cop.
3 {8,33|8,50|7,61|8,02|8,32|8,26]| 92 | 87 | 76 | 81| 83 | 86 |(Osc.c.p.{Osc.c.p.|Osc.c.p.|Osc. Misto |Cop.
4 {7,49|8,08|9,28|9,43|8,32|7,17|| 74 | 72 | 83 | 87 | 87| 8I|Osc.c.p. |Cop. Osc. Osc. Bello |Bello
5 |7,84|8,69|7,83|7,83|7,85|7,27|| 73 | 64| 741| 76) 80| 76 |[Bello Bello Cop. Osc. Cop. Misto
6 {7,07|6,76|6,48|7,15|6,29[6,93| 70 | 64| 63 | 75| 66 | 76/lose. |cop. |ose. |Ose. |ose. |Ose.
7 47,33|6,99|6,70|7,44/7,40|6,36|| 77 | 63 | 62 | 77 | 83 | 80 |[Osc. Cop. Cop. Cop. Osc. Cop.
8 {7,00|6,87|7,11|7,98|6,93/6,32/| 65 | 59 | 64 | 89| 85 | 81 |[Nebb. |Nebb. [Misto |Misto |Bello |Lucido
9 {7,59|7,11|7,60|6,87|5,90|3,82|| 72 | 62 | 66 | 74 | 81 | 82 |[Bello |Nebb. |Misto |Bello |Lucido |Lucido
10 {7,72|7,17|6,51|6,94|6,71|3,73]| 75 | 60| 53 | 71| 82| 73||Nebb. {Bello [Bello [Lucido |Lucido |Lucido
41 {7,06|9,12|8,15|7,98|7,75|7,92]| 64 | 70| 61| 67|85| 88 |[Cop. Misto |Cop.v. |Bello |Lucido |Lucido
12 {9,07/8,80|9,26/9,05|8,27|8,22]| 86 | 73 | 88 | 94 | 92] 93 (lOsc. Osc. Osc.c.p. |Osc.c.p. |Osc.c.p. |Osc.
13 {7,85|7,67|8,03/8,16|7,49|7,44|| 83 | 76 | 83 | 92 | 90] 94 [(Osc.c.p.|Osc. Ose. Osc.c.p.|Osc.c.p. |Osc.c.p.
14 }8,39/8,63|9,50|9,36/9,05|7,99]| 95 | 82 | 941 | 93 | 92 | 91 [[Osc.c.p.|Osc. Osc.c.p. |Osc. Osc. Osc.
45 {8,50|9,38|9,28|9,63/8,09|7,75]| 81 | 79 | 83 | 93 | 87 | 85 |/Osc. Cop. Osc.c.p.|Misto |Cop.v. |Cop. v.
16 {8,99|8,10|8,59|7,60[6,79|6,30| 88 | 69 | 76| 74 | 86| 84 [Osc. Cop.v. |Misto |Lucido |Lucido |Lucido
47 {6,81|6,33|8,24/9,06|7,59|7,25]| 74 | 50 | 67 | 89 | 86 | 85 [[Nebb. |Nebb. |Nebb. |Nebb. |Lucido {Lucido
18 [6,84{6,08[6,46|7,71|7,96|7,90|| 60 | 38 | 47 | 70 | 78 | 71 |fLucido |Nebb.v. {Osc. Ose. Cop. Cop.
49 {7,17|8,06|7,86|8,02|/8,08|7,42|| 63 | 65 | 63 | 80 | 82 | 86 [lOsc. Cop. v. |Cop.v. |Nuv. |Bello |Bello
20 J7,67|9,63|8,37/9,13|8,54|7,85)| 63 | 75 | 63| 87| 99| 83|[Bello [Lucido |Nebb. {Nebb. |Nebb. |Nebb.
24 {7,72|7,90|7,57|8,89|7,52|6,49] 66| 58 | 58 | so| 96| 79|nebb. |Nebb. |Lucido |Lucido |Bello |Nebb.
22 {9,51|9,09|9,08|9,31|9,17|8,35)| 80 | 72 | 73 | 90 | 97 |100||Nebb. |Nebb. |Nebb. |Nebb. |Nebb. |Bello
23 {7,85|8,62/5,84|7,61/7,84/6,95|| 67 | 58 | 35 | 62| 73 | 67|[Nebb. [Lucido {Lucido |Bello |Misto |Cop.
24 |6,45|6,08|5,32|6,21|5,67|5,94|| 55 | 47 | 42 | 62| 55 | 57 |[Bello |Misto |Nuv. |Cop. Misto |Misto
25 {6,64|3,28|5,70|6,61|5,86|6,19| 72 | 45 | 51 | 67 | 73 | 82 |[Cop. Cop. Misto |Osc. Cop.v. |Cop.v.
26 {6,76/6,22|6,70/6,73/6,88/6,54|| 60 | 56 | 62 | 66 | 78| 76 |[Bello |Nebb. |Cop. Ose. Osc. Osc.
27 {7,23|7,60|7,66|8,02/8,02|7,35)| 64 | 64 | 66 | 76 | 79| 80 |(Cop. Nuv. Cop. ose. Osc. Ose.
28 {7,53|9,02|6,54|9,12|8,09|7,62]| 66 | 72 | 54 | 89 | 83 | 82 [Bello |Bello {Lucido |Bello |Bello |Cop.
29 {7,24|7,17|6,93|7,29/7,25/6,82]| 59 | 60 | 56 | 66 | 86 | 83 |[Lucido [Bello |Bello [Bello |Lucido [Bello
MEDIE
4. p [8,23|8,35[8,25[8,60|8,29|7,53|[79,8|74,6|76,8/83,2|85,0
2. » {7,34|6,98|6,88|7,27|6,65|6,23||71,8]64,6|62,0|77,2|79,4
3. » {8,17|8,72|8,84|8,84|8,13|7,86|(31,8|76,0|81,2|87,8|89,2
&. » {7,49|7,64|7,90|8,30|7,79|7,34||69,6|59,4|64,6|80,0|86,2
5. » {7,63|7,39|6,70|7,73|7,21|6,78||68,0|56,0|51,8|72 2|78,8
6. » f7,19|7,50|6,95|7,79|7,56|7,20||62,2[63,0|59,5|74,2|841,5
1. d. {7,78|7,66|7,56|7,93|7,47|6,89|73,8/68,1 82
2. » {7,83|8,18|8,37|8,57|7,96|7,60|173,7|67,7 8
3. » {7,44|7,44/6,83|7,76|7,39|6,99||65,1|59,5 8
Mm. f 7,68|7,76|7 7,46||72,2|65,1
R. OSSERVATORIO DI PALERMO
Tav. IILT- Osservazioni Meteorologiche del Febbraio 1880
(Terrazza Osservatorio a m. 13, 53 sul terreno)
Giorni
3 DE KS LO 19
Pa hO NO TO 19 19 LO IO LO DI LO > pi it it
uvcuorvue9 o 0JIOAUA We 0 DIA Dro
VELOCITÀ DEL VENTO
IN CHILOMETRI
DIREZIONE DELLE NUBI DIREZIONE DEL VENTO
-
TT
=.
9 |{Mez-|3h|6h|9 h | Mez- 9 Mez- | 3 h 6 h 9 h |Mezza-|| 9 |[Mez-|3h|6Gh|9h|Mez-
hm. | zodì |p. m.|p. m.|p. m.| zan. || h m. | zodì | p. m. | p. m. | p. m. | notte (hm.|zodì|p.m.|p.m.|p.m.|zan.
» » » » » » |[Calma [Calma |ENE |Calma |Calma |SW 0,0) 0,0) 2,6) 0,0] 0,0] 9,0
» » » » » » ||SW ENE |ENE |Calma [Calma [Calma || 3,5] 8,8] 3,9] 0,0] 0,0| 0,0
: » » » » » » |[Calma |Galma |SSE Calma |Calma |ENE 0,0) 0,0) 7,7] 0,0| 0,0], 5,5
/ » |SE » » » » |ISE ENE ESE E WSW |WSW 2,8] 4,6] 0,4| 0,4| 4,8| 5,6
» » » » » » ||WSW_ [NE NÉ ENE Calma |NE 6,6| 4,0| 8,9| 2,0] 0,0) 4,0
} » |NNE |NNE » » » ||NNW [NE NNE |NNE |NNE |NNE 8,2|16,2|14,7| 4,6] 5,2| 2,3
» » » » » » ||WSW |NNE NE Calma |ESE E 5,9| 7,3] 4,8] 0,0) 7,9|10,0
» » » » » » ||SW NE ENE |NE SW WSW "|| 6,9] 1,9] 7,3] 4,8/14,0/14,8
» » » » » » ||SW NE NE NE WSW |WSW 3,9] 3,4] 3,9] 7,0[14,4| 9,5
» |WNWI » » » ». SW ENE ENE Calma |WSW |WSW 4,1] 3,2) 5,2] 0,0] 8,0 4,8
{1 » » » » » » |Calma |ENE _|NE NNW |WSW |SW 0,0) 0,0) 0,6] 4,6] 4,4| 4,7
2 » » » » » » |calma [Calma |NNW |Calma [NNW [NNW 0,0) 0,0) 4,3| 0,0] 5,3| 0,4
» » » » » » |Calma |NNW |Calma |NW SW SW 0,0) 0,6| 0,0| 0,4| 9,4| 7,8
» » |NE » » » |WSW |SW Calma |Calma |Calma |Calma || 3,6| 1,0] 0,09] 0,0] 0,0| 0,0
» » » » » » | Calma [NNE |NE Calma |NW WSW || 0,0| 6,0) 8,4| 0,0] 6,7| 4,2
» » » » » » |INNE NNE ESE ENE SW SW 0,1] 0,6) 8,6) 4,6/40,8| 1,6
» » » » » » |WSW_ |NE NE NE WSW |WSW 1,6| 2,4] 8,6] 0,2] 9,3| 6,4
» INNW|NNW | » » » |Calma |N N WNW [NW NW 0,0] 3,5|17,8|16,0|19,4|10,2
NW [NNW [NNW | » » » |NNW [NNW |NNW |N NW WNW ||27,1|28,5|24,6|12,1| 8,4] 9,8
» » » » » » | SW NE NE Caima |WSW |WSW 4,8| 4,9) 7,4] 0,0] 9,4| 2,7
» » D » » » | Calma |NE NE Calma |SW SW 0,0! 2,7] 3,6! 0,0/10,1/14,5
» » » » » » | SW NE NNE |Calma |WSW |SSW 4,2] 6,6) 4,9] 0,0] 5,4] 6,2
» » » |NW » » |Calma |NE SSW |WSW |WSW |WSW || 0,0] 4,7|29,7|13,3| 5,4| 5,4
» |W W WSW| » » |W SSW |WSW |SW W W 14,9|18,3|15,8| 2,1|20,8|20,3
WNWINW |WNW|NW » » |W NW NW N WNW |WNW 8,0|16,0|17,4| 2,7| 8,4| 7,0
» » » » » » | SW NE NE NE Calma |WSW 3,8|11,4| 8,2) 0,8| 0,0| 7,5
» |W W » » » |Calma |NE NE Calma |SW SW 0,0) 4,6| 4,8] 0,0] 0,4| 5,2
» » » » » » | SW NE E ID) Calma |W 2,61 7,9] 9,2] 0,4/ 0,0] 0,2
6,0] 9,4| 5,4| 9,4] 0,6/41,8
» » » » » » | SSW NE NE NNE WNW |WNW
MEDIE
| | 2,6] 2,9] 4,7
i 5.8| 6,31 7,2
0,7| 4,5| 2,7
6,1| 8,0|13,4
4,8) 9,4|14,3
3,1| 8,3] 6,9
4,2| 4,6| 5,9
3,4| 4,7| 8,0
3,9] 8,7|10,6
STAZIONE DI VALVERDE 923
Tav. IV.— Osservazioni Meteorologiche del Febbraio 1880
(Terrazza Osservatorio a m. 13, 53 sul terreno)
NUVOLE
9hm. Mezzodì 3 hp. m. 6hp.m. 9h p.m. Mezzanotte
SAT. —r__—=r_||._——> —---y-||{_—-—-_--||[.__--_--_--:||-_—- _ Ty
Pioggia in mm.
Stato del mare
alle8ha.m.
Vol. |Densità]| Vol. |Densità]l Vol. |Densità]| Vol. |Densitàll Vol. |Densità]| Vol. |Densità
SS)
=
CISU II O: e
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(>)
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STAZIONE DI VALVERDE 67
Tav. V.— Osservazioni Meteorologiche del Luglio 1880
(Giardino)
TERMOMETRO CENTIGRADO FROFERNOMETRO Minima I
A 20 CM. DI PROFONDITÀ Pioggia
DEA da Sana MM temperatura
9h |mez-| 3h | sh | 9h |Mez- So it eta Bigi na Potae= Serio
Mass.| Min. del terreno mm
m. | zodì |p. m.|p. m.|p. m.| zan. m. |zodì [p. m.|p. m.|p. m.| zan.
(e) (©) (e) (o) (e) (0) o o o (e) (e) (o) o o
24,7 |28,0 |27,5 [23,7 [18,6 [16,2 [29,0 [13,8 [24,4 |24,8 |29,2 [28,6 [25,5 |23,7 2,2 »
26,9 |28,2 |27,2 |25,5 [19,6 [17,6 |29,3 |16,0,|22,1 [27,2 |29,4 [28,9 [26,1 [24,2 4,3 »
27,0 |27,7 |27,9 [24,7 [18,5 |13,6 [28,0 [13,0 [[22,1 |24,5 |29,2 [28,4 [26,0 [24,1 SRI »
27,0 |28,5 |28,0 |25,7 [19,4 |18,1 [29,8 |14,1 [22,1 |26,9 [29,7 |29,1 [26,6 [24,6 1,6 »
26,5 |26,9 |27,0 |26,5 [24,2 |19,1 [28,0 [13,7 [[23,1 [27,14 |29,6 |29,1 |26,6 [24,8 3,0 »
25,7 |26,4 |26,5 |24,5 [21,7 [19,4 |27,2 [14,1 [(22,9 [25,7 [29,3 [29,1 [26,3 {24,8 4,4 »
24,7 |26,9 |23,9 [23,2 |19,5 [19,2 [28,0 [17,5 ||23,5 [25,9 |26,2 [25,6 [24,1 |22,6 4,3 »
25,4 |26,2 |25,7 [25,2 |20,6 [19,4 [27,3 |17,3 ||22,4 [26,5 |28,9 |28,6 [20,6 [24,9 3,8 »
26,7 |28,7 |28,0 |26,5 |21,7 [20,2 |29,3 [17,0 [[23,0 [28,1 [34,1 [34,3 [28,5 [26,3 4,3 »
27,7 |29,7 |29,2 |28,0 [24,2 |20,0 [30,4 |17,5 [24,1 |27,1 [32,0 |32,4 [28,7 [27,1 4,3 »
29,7 |30,5 [30,7 |27,1 |24,2 [19,7 |34,2 [15,7 [24,1 |29,1 [32,1 [33,1 |29,2 |27,1 2,2 »
28,0 |31,0 |30,6 {26,9 |22,0 [19,7 [34,6 |16,3 ||24,0 [26,2 [32,2 [33,3 [29,1 [27,1 2,4 »
29,2 |34,1 |30,6 {27,7 [22,5 [21,6 [32,0 [17,7 [l24,8 [28,1 [33,1 [33,0 [29,3 |27,3 3,5 »
28,0 |29,2 |28,6 [27,2 [21,4 [20,2 |29,8 [18,3 [24,9 [27,1 [32,2 [34,1 [29,1 [27,4 4,2 »
23,3 [29,4 |32,6 |28,2 [24,7 |20,5 |33,2 [16,8 ||24,1 (26,8 [32,9 |32,1 |29,5 |27,4 1,9 »
28,3 |29,5 |30,7 [28,2 |20,2 [19,9 [32,7 |17,2 |(24,3 [27,4 [33,0 |34,9 [29,2 [27,1 1,6
29,7 |32,6 [32,2 [28,0 [22,0 [20,4 [33,9 [17,4 [24,5 [29,1 [33,0 [32,1 [29,5 [27,1 1,6
33,7 |34,2 |34,0 |32,9 |22,2 |24,7 [35,3 [18,4 [24,5 [30,6 [33,1 |33,1 |29,6 [27,2 2,4
34,2 [34,7 |32,5 |34,5 [22,7 |24,2 [35,5 [19,5 ||24,8 [30,5 [33,9 |33,7 |30,0 |27,7 2,4 )
33,2 |34,2 [32,1 [30,5 |23,4 |24,4 [34,9 |17,3 [24,6 [27,6 [34,1 |33,3 [30,6 [27,9 14, »
33,6 |33,6 |32,0 |30,2 |23,0 [24,1 [35,2 [18,5 [23,3 [28,9 [34,7 [34,1 [30,3 |28,6 16,0 »
34,2 |36,7 |35,0 |32,5 [23,7 [24,1 |37,7 |18,7 [25,7 [29,7 [35,7 [34,3 [34,1 [29 16,6 »
35,7 |36,9 |36,6 |30,7 [25,0 [22,5 |38,3 |20,0 |(26,1 [34,9 [36,1 [35,1 [31,6 |29,3 17,3 »
30,5 |34,7 [29,2 |29,0 [22,5 [20,7 [32,3 |20,0 [(26,0 [30,2 [33,0 [33,9 [34,6 |28,5 16,5 »
29,2 |34,5 [34,1 [29,0 {22,2 {19,7 [32,0 |18,4 [(25,1 [31,3 [34,2 [33,1 [30,5 |28,0 13,7 »
32,1 |34,7 [35,6 [29,0 [23,0 [22,0 [36,5 |15,6 [{24,6 [28,8 [35,2 [33,6 [30,1 |28,5 13,4 »
36,5 |36,0 |33,7 [32,7 [26,5 [23,4 [37,9 [17,9 |[25,6 |29,1 |35,6 [34,5 |32,3 [29,1 15,4
30,2 [310 |31,0 |28,4 [24,5 [21,0 [32,3 [20/2 ||26,1 [321 [35% [3373 [3071 [27,5 47,7 »
30,2 |30,9 |29,5 [27,0 |21,9 |20,7 [31,2 [18,8 ||24,7 [34,0 [34,1 [32,4 |30,1 |27,7 13,3 »
28,7 [30,5 [30,5 |29,6 |23,9 [21,9 [32,0 [1879 [25,1 [2879 [343 [3373 [3470 [28,6 16,3 »
34,4 |33,9 |33,4 |34,0 |33,2 [33,2 |35,3 |17,8 ||24,9 |29,4 |33,6 [33,6 |30,6 [28,7 13,0
MEDIE
.]26,42|27,86|27,52[25,22/19,46|17,36|28,98|14,92/22,16[26,10|[29,42|28,82|26,16]24,28 »
26,04|2758/26,66|25/48|20,94|19764|28/38|1668, [23,42 26,68 29,50 29,10 26,84|25,14 »
28,68|30/24|30)62|2742|24/76|20734|34/56|17700|24738|27/46|3250|32)54|29724|27720 »
34,86/33,04|32/30|30,22|22710|20792|34746|17796/|24/54|29,04|3342|32)82|29778|27740 »
32/64|34/08|32/78|30728|23/28|21722|35/14|19) 12 |25)64|30,40 35714|34,10|31)02|28)70 »
31,52|32/83|32728|30712/25/00|23/70|3420|18) ,20) 25/17|29/88|3468|33745|30770|28/35 »
. [26,23|27,72|27,09|25,35|20,20|18,50|28,68|15, 80) 122,64|26,39|29,46|29,11|26,50|24,71 »
30,27|34,64|31/46|28/82|21,93|20,63|33,01|17748|24746|28/25|32796|32/68/29/54|2730 »
32,08|33/45|32)53|30/20|24,14|2246|3467|18)66|25)40|30714|34794|33/77|30,86|28,52 »
29,53|30,94|30,36|28,12/22,09|20,53|32,12|17,31|24,17|28,26|32,44|31,85|28,96|26,84 »
68 R. OSSERVATORIO DI PALERMO
Tav. VI.— Osservazioni Meteorologiche del Luglio 1880
(Giardino)
TENSIONE DEI VAPORI UMIDITÀ RELATIVA EVAPORAZIONE
| E 9 h | mez-| 3 h | 6 h | 9 h |Mezza-|| 9 h | Mez- | 3 h | 6 h | 9 h |Mezza-|| 9 h | 3 h {Mezza-
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45. |17,49 [17,89 [10,85 |16,02 [16,52 [13,99 || 60 39 29 36 86 78 0 0,73 | 3,
16 {17,49 [18,99 [16,89 [13,55 |16,27 [12,50 |] 60 | 62 SI 48 92 72 || 2,84
17 {16,56 [16,68 [13,20 [19,52 [18,95 [14,69 || 53 46 37 69 96 82 || 1,43 | 4,
18 {13,18 [10,45 | 7,73 |14,87 [14,71 [10,94 || 34 27 21 40 74 | 57 ||1,29| 7,
419 [13,79 [11,02 [16,93 |15,84 |19,23 |13,71 || 34 2 47 | 46 94 73 || 2,25 | 5,
20 {10,30 [10,67 |18,56 [20,96 [20,45 |16,53 || 27 | 27 | 52 | 65 | 96 | 87 || 4,76] 4,
24 {42,33 [11,45 [22,14 [20,33 [19,23 [16,06 || 32 | 29 | 63 | 64 | 92 | 86 || 1,22|%4,
22 [18,67 [14,65 |19,19 |23,34 [19,52 [13,64 || 47 | 33 | 46 | 64.| 90 | 69 [| 0,74] 4,
23 [15,02 |14,59 |14,74 [17,28 |20,03 |15,19 || 35 32 33 53 83 7000101523405;
24 {19,53 [20,82 [20,15 [19,30 [18,82 |13,54 || 60 60 67 65 93 75 || 1,78] 3,
25 {16,50 |17,36 |14,78 [19,09 | 8,14 [13,27 || 55 50 44 | 64 94 89 || 4,47 | 2,
26. {13,80 |12,56 [13,30 [18,56 [15,55 |12,28 || 39 30 31 62 74 63 || 0,91 Î
27 [13,44 [13,84 |21,48 |16,23 |18,73 [17,20 || 30 I 55. | | 734180, |I7ON 4
28 {14,79 |17,28 |14,12 [42,92 [14,65 [10,04 || 46 d2 42 45 77 54 || 1,84 | 5,
29 {10,95 |19,30 [17,07 |19,18 [16,57 |10,08 || 34 58 36 72 83 56 || 2,08 | 3,
30 |16,84 |20,35 [18,56 |22,97 [24,10 |16,57 || 57 63 57 75 96 85 || 0,95 | 2,
341 [16,08 |18,85 |19,77 |14,29 [10,82 | 4,47 || 47 48 52 36 28 15 || 1,13 | 3,
MEDIE
16,04 [18,02 [15,92 [13,23 || 56,4 | 52,2 | 58,8 | 75,0 | 94,2 | 89,4|1 0,82 | 2,92
17,70 |18,56 |17,83 [13,70 || 66,0 | 66,2 | 68,2 | 76,6 | 96,8 | 92,2]| 0,63 | 2,09
15,44 |19,17 [18,15 |(5,69 || 59,8 |53,0 | 47,0| 70,6 | 93,8 ( 87,6 || 0,78 | 2,09
14,66 |16,95 |17,92 13,67 || 41,6 37,8 | 44,6 | 53,6 | 90,4 | 74,2 || 4,91 | 4,82
18,19 |19,86 |17,44 14,74 | 45,8 | 40,8 | 50,6 | 62,0 | 90,2 | 78,8] 1,29 | 4,20
17,38 |17,36 [16,24 |14,77 || 42,2 | 47,0 | 48,8 | 55,7 | 72,2] 58,8] 1,43 | 4,12
16,87 118,29 [16,87 114,46 || 64,2| 59,2 | 63,51 73,8] 95,51 90,8] 0,72 | 2,51
14,90 |18,06 |18,03 |14,63 || 50,7 | 45,4 | 44,3 | 62,1 | 92,1 | 80,9 || 1,353 | 3,91
17,78 16,69 |13,25 || 44,0 | 43,9 | 49,7 2| 68,8 | 1,36 | 4,16
STAZIONE DI VALVERDE 69
Tav. VII — Osservazioni Meteorologiche del Luglio 1880
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FREQUENZA RELATIVA DEI VENTI
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= |A ER e Att e 4
NUMERO DEI GIORNI
Vento
Sereni | Misti | Coperti | Pioggia | Neve |Grandine| Nebbia | Tuoni | Baleni fonia Rugiada | Brina
bp: 4 4 » » » » » » » 5 »
pd 4 » 1 1 » » 2 » » D 5 »
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Tot 29 LI 1 4 » » 3 » » » 23 »
MEDIE MENSILI
Terrazza Osservatorio a m. 13, 53 Giardino
o
Barometro ridotto a 0° . . . . . . mm. 736,48 f Termometro centigrado . . . . . .. . 26,37
Termometro centigrado . . . . . . 26,29 { Tensione dei vapori . EMA 0529
igiione del vapori . . . . . . . mm. 43,74 f Umiditàrelativa . . ... 4... 64, 9
Mimuehta relativa. . . . . - ... DEMONI NGCOLEEMOMENO e RR 28,75
Serenità del cielo in centesimi . . . . 92, 9 i 4 o
Weldeltà-del vento... . .... . Km. 6, 4 Massima temperatura nelfgiorno:23 ft 38, 3
Vento predominante . . ..... NE | Minima LINO SPEARS 13, 8
; A È Escursione termometrica . . . . . . 24, 5
Massima altezza barometrica nel giorno 19. mm. 739,50 { Min. temp.alla superfic. del terreno nel giorno 6 4, 4
Minima » » » 27. mm. 752,63 { Totale della evaporazione in. . . . mm. 223,69
Escursione barometrica . . . ... mm, 6,87 AOSTA
Massima temperatura nel giorno 27 . . 37, 4 { Totale della pioggia in mm. . . . . . + 0,00
Minima » » DE 15, 3
Escursione termometrica . . . . . 22, 4
Totale della pioggia in mm. . . . . 0,04
70 R. OSSERVATORIO DI PALERMO
8
(Sai
Osservazioni Meteorologiche del Luglio 1880
NOTE
2. 3. 4. Cielo bello, venti regolari, mare calmo.
. Tempo bello. Dal mattino, sino quasi a mezzodi, cielo coperto da nebbia alta ed uniforme, che più
tardi si spezza, e poi si disperde.
6. Nel mattino nebbia rada da ESE; poi cielo bello. Giornata umida, venti regolari.
7. Nel mattino cielo vario : all'una e mezza p. m. leggera pioggia per pochi istanti; indi cielo coperto
che a tarda sera si rasserena.
8. 9. Tempo bello.
. Tempo bello. Nella sera nebbie basse ai monti.
. Tempo bello.
. 18. Nel mattino leggeri veli — Giornata calda, venti deboli, mare calmo.
. Cielo bello, venti regolari, mare calmo.
. Giornata calda: alle 6 p. m. N forte di breve durata. Cielo lucido, mare calmo.
a 22. Giornate serene e calde, con venti regolari e mare calmo.
Dopo la solita calma del mattino ed i venti deboli del meriggio, che hanno resa questa giornata
più calda delle precedenti, alle 5 p. m. si pose il NNW forte, ma di breve durata. Dopo il tra-
monto la solita calma e le normali condizioni atmosferiche.
. 25. Tempo bello; temperatura e venti regolari.
. Aria calma, calda e un pò caliginosa. Venti debolissimi, mare calmo.
. Nel mattino cielo caliginoso — Giornata caldissima con venti varî. Mare calmo.
. Durante il giorno venti forti del terzo quadrante. Cielo sereno, mare agitato.
. 30. Cielo sereno, venti deboli, mare calmo.
. Cielo sereno. Dopo le 5 p. m. comincia a spirare il SW caldo, che più tardi, volge a S con una
certa violenza sollevando molta polvere, ed elevando la temperatura al massimo della giornata.
Mare calmo.
STAZIONE DI VALVERDE TA
Tav. I.—Osservazioni Meteorologiche dell’ Agosto 1880.
(Terrazza Osservatorio a m. 13, 53 sul terreno)
BAROMETRO RIDOTTO A O° TERMOMETRO CENTIGRADO
i 9h | Mez- | 3h | 6h| 9h | Mez- | Mas- | Mi- || 9h |Mez-|3h|6h| 9h |Mez-|Mas-| Mi-
o
5 m. zodì | p. m. | p. m. | p. m. |zanotte| simi | nimi || m. | zodì |p. m.|[p. m.|p. m.| zan. | simi | nimi
mm mm mm mm mm nm mm mm o (e) (e) (o) (0) (o) (o) o
1 |753,02|753,00|752,98|751,07|752,05|752,15|753,24]751,07|32,5 [34,9 [32,6 [32,0 |28,0 [26,2 [37,0 |25,0
2 51,52] 54,06| 50,50] 50,83| 50,99] 50,62| 52,15] 59,50/[30,0 [30,5 [28,4 [26,3 [23,0 [22,4 [31,7 |22,4
3 49,84| 49,90| 50,45] 50,38| 50,54| 50,82| 50,82| 49,81|29,1 [26,9 |26,4 [24,7 [24,2 |24,0 [29,9 |19,9
4 | 54,54| 51,76] 34,98| 52,86] 54,03| 54,44| 54,44] 30,82|[24,7 [26,3 [25,5 [23,8 [24,1 |19,9 [27,2 |19,9
5 55,52| 55,59| 35,52| 55,68) 36,10| 36,24| 56,24| 54,44|[26,0 [25,4 [25,1 |24,5 [21,8 |20,8 [27,5 [17,4
6 56,34| 36,37] 54,92| S4,41| 54,17] 54,62| 56,37| 51,62|127,8 [27,4 [27,2 [26,8 [24,2 [27,0 |29,0 |18,8
7 52,41| 32,22] 52,06] 54,12] 54,55| 52,29] 52,82| 51,12||29,8 [28,2 [25,8 [24,4 [23,7 [22,7 [31,2 |22,7
8 | 54,59] 54,54| 51,24| 54,00] 54,87] 52,27| 52,29] 54,00|[24,4 |26,3 [26,4 [27,0 [23,9 [23,7 |27,3 |24,0
9 52,40| 54,62] 31,70] 31,87| 52,54] 52,56| 32,56| 51,62|126,8 [28,3 [28,1 [24,0 [21,9 [20,7 [29,0 |20,7
10 | 52,31] 52,78] 52,18] 53,53| 53,50] 53,08] 53,53| 52,18|123,8 |23,8 [23,9 [18,4 [24,5 [22,1 [24,6 [18,4
11 54,A7| 54,55] 54,55) 04,95] 55,44] 54,84) 53,41] 33,08|123,2 [24,3 [24,7 [23,0 |20,7 |18,5 [25,6 |18,3
19 54,10| 53,06| 52,92| 53,13| 53,86] 53,94| 54,84] 52,92||27,5 [30,2 [30,9 {29,3 |24,2 |22,9 [32,0 [16,8
13 54,72] 54,89] 54,48| 54,07| 53,75| 53,53| 54,89| 53,33|27,0 |25,4 |23,6 [24,8 [23,8 [24,4 |28,6 [19,0
15 | 53.55| 53,52| 52,93] 52,56| 53,64| 53,89) 53,89| 52,56/27,3 [27,7 [27,9 [25,9 [22,6 [21,6 [29,8 [20,4
15 53,90] 54,13| 54,21| 54,32) 55,33| 55,69| 53,69 33,43](27,0 [26,2 |25,8 [25,1 |22,1 [21,5 [28,8 [19,4
16 35,46| 55,65| 55,03] 55,03] 55,40| 55,413] 53,69] 53,03/27,9 [27,7 |26,6 [25,2 [24,5 [22,5 |29,7 [18,5
17 | 55,25] 55,34| 54,62| 54,50| 54,83| 54,99 35,34| 54,50|129,3 [29,0 |28,2 |27,2 |24,0 (23,0 [31,6 [20,5
18 | 54,27) 54,18] 53,60] 53,13| 33,34| 53,65] 54,99) 33,15|28,8 [28,7 |27,6 [26,5 |23,7 [24,5 |30,3 |20,0
19 | 53,23] 53,22] 33,26] 53,47] 54,35| 54,54| 54,51| 52,92||27,6 [28,5 [27,1 |26,3 |23,0 [24,5 [29,7 [18,8
20 | 53,96] 55,96] 35,81] 55,84| 55,86| 56,52) 56,52] 34,54||28,4 [27,4 [26,9 [25,8 |22,7 [21,3 |29,6 [19,0
21 37,29] 57,22| 56,79] 56,80] 57,32| 56,67| 57,32| 56,32||28,6 [28,4 |28,4 |26,8 [24,4 [23,6 |34,1 |18,7
22 55,45| 55,97] 55,88) 55,78] 56,27| 56,97] 56,97| 55,35|[33,4 |34.7 [34,1 [30,8 [26,7 [24,0 [35,2 [22,4
23 | 57,27| 37,26) 56,99| 56,13] 57,22] 55,98] 57,27) 55,98|132,1 [32,4 [30,7 [30,4 {31,7 |30,7 |33,0 |23,0
24 | 57,10] 55,96| 55,98| 54,86] 55,40] 86,03| 57,44| 54,86/31,0 [33,6 |32,0 {28,8 [30,1 |27,8 |35,5 |28,4
25 | 56,09] 56,33] 55,38| 53,01| 56,08| 56,21) 56,33) 53,01|30,5 [30,8 |29,5 [29,1 [25,5 [24,2 [34,3 [22,4
26 57,09| 57,53| 56,75] 56,10| 56,92| 58,36| 58,36| 56,10/|30,0 |28,8 [27,1 [26.2 [25,5 [24,7 [32,8 |24,3
27 56,45| 56,68] 56,33] 55,54| 56,72] 37,611 58,36] 53,34|l28,9 |27,8 [28,0 [26,6 [24,3 |24,6 |32,7 |24,3
28 | 56,75) 57,63| 36,78) 56,21| 56,41| 35,91| 57,641] 53,94|28,4 [26,8 [27,5 [26,7 |24,7 |24,2 [32,5 [241,9
29 | 35,60] 54,40] 54,13] 33,43] 52,66] 53,84| 56,42| 32,66|129 2 [32,8 [29,2 [27,9 [26,0 [25,2 [33,2 [22,3
30 | 541,64| 54,80] 52,42] 52,02| 53,53| 53,64| 33,84| 50,90/127,5 [30,5 [24,3 |24,9 [23,5 [22,2 [30,3 [19,7
34 54,83] 55,27] 55,55|] 53,82] 87,37] 57,88] 57,88] 53,6426,2 |26,0 |23,7 [25,1 |21,9 |20,8 [31,0 |19,9
MEDIE
i.pent.| 52,28| 52,26| 52,22] 52,17| 52,74] 52,85] 53,38| 51,33|/28,46|28,80|27,60|26,26|24,02|22,65|30,66|20,86
2. » | 53,00] 52,91] 52,42] 52,39] 52,73) 52,36| 53,54| 51,31|26,52/26,80|26,22|24,12|23,04|23,24|28,22|20,32
3. » f 54,08] 54,03| 53,82| 53,81| 54,40] 54,37| 54,94| 53,07)|26,40|26,76|26,98|23,62|22,68|21,18|28,96|18,82
4. » | 54,83] 54,87| 54,46| 54,40] 54,76| 54,96] 55,41] 54,02/|28,40|28,26|27,28|26,20|23,58|24,96|30,18/19,36
5. » | 56,64] 56,55] 36,20] 55,72| 56,46| 36,37| 57,07| 55,5434,12|31,98|30,94|29,18|27,68|26,06|33,82|22,32
6. » | 53,39] 35,53) 33,33] 54,85| 53,55| 36,24] 57,08| 54,12//28,37|28,78|26,97|26,23|24,32|23,62|32,12|20,92
4. dec. | 52,64| 52,58| 52,32] 52,28| 52,73| 52,60] 53,44| 31,42}127,49|27,80|26,91|23,19|23,53|22,93|29,44|20,59
2. >» | 54,45] 54,45] 54,14) 34,10] 54,58| 54,66| 55,17| 52,5427,40|27,51|27,13|25,91|23,13|24,57|29,57/19,09
3. » | 56,01] 56,05] 55,76| 35,28] 38,00| 56,29] 57,07| 54,83||29,74/30,38|28,93|27,70|26,00|24,84|32,97|21,62
Mm. | 754,37|754,36|754,07|733,89|754,44|754,52|755,23|753,26)|28,21|28,56|27,66|26,27|24,22/23,12|30,66/20,43
70) R. OSSERVATORIO DI PALERMO
Tav.II.-Osservazioni Meteorologiche dell’Agosto 1880
(Terrazza Osservatorio a m. 13, 53 sul terreno)
UMIDITÀ RELATIVA
STATO DEL CIELO
| TENSIONE DEIVAPORI
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