prati serra rpg tr Vi SIT ei sa, esa #1 mi TRIO et : UL î he 4 (0) tu 5 CATA l'ala "a Ù ala NERA lil RETE atri Pa ghi i IMP nia SEI TO MT 4 40) nigi nc] i Ma A Vie ; PESÙI IRSA i PORN aper Cr HART ARLTE Ve Lg AZAY 1 teli SALA) TALOD % l n DI PALERMO VOL. XXI, (ANNO 1896) PALERMO TIPOGRAFIA MICHELE AMENTA Via S. Chiara N. 2 1897 GIORNALE DI SCIENZE NATURALI BD ECONOMICHE PUBBLICATO PER CURA DELLA SOGIETÀ DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO VOL. XXI, (ANNO 1896) + MUST) LA Ù +- tti 1 30 AMI AU Larghezza . vv. > CORRE Idra Spessore + 300 lata ISEE GR e te Ao Conchiglia piuttosto piccola, depressa, trasversalmente ellittica, molto ine- quilaterale e completamente chiusa. Il lato posteriore è regolarmente arcuato, e l'anteriore quasi troncato. Gli omboni sono piccoli, curvati, appuntiti e avvi- cinati fra di loro. La superficie è provvista di rughe concentriche, sottili, ele- vate, divise da solchi piani ed incrociate da strie radiali più o meno fine e ser- rate, che la rendono graticolata. Questa specie per la ornamentazione è strettamente legata in parentela con l'Edmondia multilamellosa, Gemm. Essa si distingue da questa specie, perchè è più piccola, depressa, molto inequilaterale e più allungata, e perché gli apici sono piccoli e poco arcuati. L'Edmondia isocosmica, Gemm. proviene dal calcare grossolano con P'usulina della Pietra di Salomone vicino Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, dove è rara. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano tre esemplari. GRAMMYSSIDAE ? SANGUINOLITES, M°’ Coy. SANGUINOLITES SAuMARDI, Gemm. (Tav. XXIII, fig. 26 a 28). Lunghezza: gii RR ASA er) Larghezza, i Miti RR I TONO SILE ORIO Larghezza massima... RAR e dim Spessore... RR ARIETE SD III Mi è riuscito impossibile di preparare completamente la cerniera degli esem- plari della specie, della quale do le figure, onde poterli identificare generica- mente con certezza. Però , siccome ho potuto assicurarmi che essi mancano di denti, ed hanno la impronta muscolare anteriore profonda, ovale e situata vicino il margine anteriore, e che possedono ancora alcuni caratteri esterni che, seb- DELLA VALLE DEI FIUME SOSIO 13 bene non essenziali, predominano nelle specie del genere Sangwinolites, M' Coy, così ho creduto conveniente di considerarli come appartenenti a questo genere. Questa specie è grande, rigonfiata, quadrangolare, fortemente carenata, più lunga che alta , stretta e rotondata in avanti e larga e troncata in dietro. La lunvula nell’ esemplare fig. 27 e 28 è piccola e profonda , in quello fig. 26, le valve essendo slogate , essa non si distingue. Il margine cardinale è lungo e leggermente convesso e quello ventrale concavo. Gli omboni sono relativamente piccoli, prominenti, fortemente curvati, appuntiti e situati presso il terzo ante- riore del margine cardinale. Da essi parte una carena stretta ed elevata , che si estende fino all'angolo postero-ventrale, facendosi viemaggiormente grande e dividendo la conchiglia in due porzioni, delle quali [la posteriore è un poco più grande e allargata dell’anteriore, che è depressa e sinuata. Tutta la super- ficie della conchiglia è munita di rughe concentriche , più o meno lamellose , grandi e irregolari. Questa specie ha qualche rassomiglianza con il Sangwuinoliles rhombeus, Phill. sp. dal quale differisce, perchè è più grande, meno inequilaterale e più ristretta nella sua narte anteriore. Questa rara specie proviene dal calcare grossolano con Fusulina, della Pietra di Salomone vicino Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. I due esemplari qui figurati si trovano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. CARDIIDAE CONOCARDIUM, Bronn. Conocarpium FriTscHI, Gemm. (Tav. XX, fig. 18 a 20). 1892. Conocardium Fritschi, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. cd econ., p. Db; n.41, Palermo. Lunghezza del corpo della conchiglia.» . 19mm 15mm quam Barghozaatt: {et gere i a Jom Yum SI VERE E N e A I e (VE Ie Il Conocardium Fritschi, Gemm. è di media grandezza, allungatissimo e quasi fusiforme. La sua parte anteriore manca della caratteristica area cordiforme del genere, ma è leggermente depressa , e si prolunga sopra in un lungo rostro striato longitudinalmente. La sua parte posteriore è allungatissima, beante alla estremità e separata dal. corpo della conchiglia da due strangolamenti obliqui e ineguali, che partono dalla parte posteriore dell’apice e si estendono fino al mar- 14 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA gine ventrale ; d’ essi l'anteriore vi produce una profonda sinuosità. Gli om- bori sono rigonfiati e fortemente arcuati sopra sè stessi. La superficie del corpo della conchiglia e del suo prolungamento posteriore è munita di coste nume- rose e regolari, che percorrono in modo radiale il corpo della conchiglia, e tra- sversalmente il suo prolungamento posteriore. Queste coste vengono intersecate da numerose strie concentriche d’accrescimento, che le rendono quasi granulose. Questa specie per la mancanza dell’area cordiforme nella sua parte anteriore appartiene al tipo del Conocardium rostratum, Mart. sp. Essa si distingue da que- sta specie per essere più rigonfiata e provvista di lungo rostro e di un prolun- gamento posteriore che è distinto dal corpo della conchiglia da una più profonda sinuosità; oltre a ciò le sue coste sono quasi. granulose, mentre quelle del Co- nocardium rostratum, Mart. sp., sono lisce, Il Conocardium ouralicum, Vern., che il de Koninek considera come identico al Conocardium rostratum, Mart. sp., rassomiglia di più alla specie di Sicilia, però la forma del Verneuil se ne allon- tana ancora, perchè manca di rostro e le sue coste non sono affatto granulose. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R, Università di Palermo si con- servano parecchi esemplari di questa specie, provenienti dal calcare grossolano e compatto con Fusulina della Pietra di Salomone e dalla Rocca di San Benedetto nella valle del fiume Sosio (Provincia di Palermo). Conocarpium SicuLum, Gemm. (Tav. XX, fig. 21 a 23). 1892. Conocardium Siculum, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 5, n. 4, Palermo. Lunghezza del corpo della conchiglia. . . . . Gum 6mm Larghezza: i. iii LO o VM n Spessore! ti “Ott RA Ri Conchiglia piccola, rigonfiata ed allungata. Il lato anteriore è un poco esca- vato in modo da formare un’area cordiforme non chiaramente circoscritta. Nella maggior parte degli esemplari appartenenti a questa specie il rostro è rotto; in quelli in cui è intiero, esso è corto, stretto e appuntito all’ estremità. D’ essi non ho potuto dare la figura, perchè li ho avuto dopo d’avere fatto eseguire le tavole di questo lavoro. La regione mediana è gibbosa, e la posteriore aliforme. Gli omboni sono rigonfiati , fortemente curvati, appuntiti e rivolti in avanti. La superficie della conchiglia è ornata di coste radiali, numerose, strette e av- vicinate che sono intersecate da linee concentriche sottili e lamelliformi, che la ei et calle DELLA VALLE DEL FIUME SOCIO 15 rendono finamente reticolata. Queste coste nella parte posteriore della conchi- ‘glia sono più strette e divise fra di loro dai solchi piani e larghi. Questa specie, sebbeue richiami molti Conocardium, non può identificarsi con nessuno d'’essi. Il Conocardium regulare, de Kon. e il Conocardium inornatum, de Kon. sono quelli che più le rassomigliano; ma, mettendo da parte parecchie differenze che hanno fra di loro, basta la mancanza dell’area cordiforme nella sua parte anteriore e la ornamentazione differente per distinguerla da essi. Questa specie è comune nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salamone e della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Pa- lermo ce ne sono varî esemplari. ANATINIDAE ALLORISMA, King. ALLORISMA SERICEA, Gemm. (Tav. XX, fig. 6 e 7). 1892. Allorisma sericea, Gemmellaro, Bull. de la Società di scienze nat. ed econ. p. 5, n. 4, Palermo. EE pe ee O EA I E RE OA toe ZZZ RAEE A pd SE OE E cn A RR PR O 1 OE IRA Li SITR IO PORRE OTRS Lam Questa specie è allungata trasversalmente, molto inequilaterale, senza lunula ed appena beante nella sua parte anteriore. Essa ha il lato cardinale dritto e lungo, che incontra quello posteriore ad angolo ottuso, mentre si curva grada- tamente nel punto d’incontro con il lato anteriore. Il lato anteriore è regolar- mente arcuato, quello posteriore troncato obliquamente ed il ventrale leggermente convesso. l suoi omboni sono acuti, prominenti, avvicinati fra di loro e situati presso il terzo anteriore della sua lunghezza. Da essi parte una carena elevata, ina non acuta, che si estende fino all’ angolo postero-ventrale della conchiglia, dividendola in due parti. La sua superficie è provvista di fine strie concentri- che d’acerescimento, fra le quali ve ne sono molte rilevate e un poco irregolari, che divengono grosse nella parte posteriore della conchiglia. I granuli, che ador- nano la sua superficie esterna, sono tinissimi e disposti in serie regolari. Questa specie per le dimensioni e la forma ha grande analogia con l' Al- lorisma dubia, Waag. Se ne distingue per essere meno spessa, provvista d’una 16 LÀ FAUNA DEI CALCARI CON EUSULINA carena estesa dall’apice all’angolo postero-ventrale ed ornata di granuli finissimi, L’Allorisma sericea, Gemm. è rarissima; essa proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano (Provincia di Palermo). Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si ha soltanto l’esemplare, del quale si dà qui la figura, ALLORISMA MEDITERRANEA, Gemm. (Tav. XXI, fig. 1 a 8). Eunghezza'.i 0 A e I Larghezza. ili LR, RR A Spessore; -.. 7... e A RT L’Allorisma mediterranea, Gemm. è anche essa rarissima, e proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone de’ dintorni di Pa- lazzo Adriano nella Provincia di Palermo. Essa è allungata trasversalmente e molto inequilaterale. Il lato cardinale è dritto, l'anteriore fortemente arcuato e il ventrale leggermente convesso. Il lato posteriore nei pochi esemplari, che ho in esame, è più o meno rotto. Gli om- boni, situati verso il quarto anteriore della sua lunghezza, sono arcuati, piccoli e avvicinati fra di loro. Da ognuno d’essi parte una carena elevata e piuttosto acuta, che si estende fino all’angolo postero-ventrale, dividendo la conchiglia in due porzioni ineguali, di cui la posteriore è assai più piccola dell’ anteriore. Essa è guarnità di rughe concentriche, equidistanti e prominenti, che ingran- discono verso il lato posteriure. La sua granulazione è grossolana. Questa specie è vicina per l’ornamento all’ AWlorisma elegans, King, da cui differisce per essere carenata più fortemente e munita di rughe concentriche più regolari; inoltre manca, vicino il suo margine cardinale, della carena, che nell’Allorisma elegans, King. forma una specie di corsaletto. L’esemplare, di cui qui si dà la figura, si trova nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO £° ASTARTIDAE CLEIDOPHORUS, Hall. CLEIDOPHORUS EDUCTUS, (remm. (Tav. XX, fig. 10 è 11). 1892. Cleidophorus eductus, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 5, n. 4, Palermo. Lunghezza. (i lie e Sim YI] Im Larghezza: e ie a 1900) Ian SPessorens i pala ne 7 a. — 4 Questa conchiglia è spessa, molto inequilaterale, ovale trasversalmente, stretta nella sua parte anteriore e larga in quella posteriore. Le valve sono fortemente rigonfiate e gibbose nella loro regione mediana e depresse nella inferiore. Il mar- gine cardinale è arcuato, il ventrale appena sinuato nella sua parte anteriore; il posteriore lungo e fortemente curyato e l’anteriore stretto e troncato. La lu- nula è larga, profonda ed occupa quasi tutto il lato anteriore. Gli apici, che sono piccoli, marginali e fortemente arcuati in avanti , si estendono fino alla parte superiore della lunula. La sua superficie è provvista di fine strie concen- triche di accrescimento , fra le quali parecchie sono forti e prominenti. Sopra tutta Ja sua regione ventrale si notano molte linee oblique, leggermente curve, distanti fra di loro e con andamento strettamente ondulato , che dall’ apice si estendono verso la parte posteriore della conchiglia. Il legamento è esterno, stretto e poco esteso. Sopra i suoi modelli interni si vedono: la impronta palleare semplice e leggiera, la impronta del muscolo posteriore grande e superficiale, e quella del muscolo anteriore, piccola, profonda e circoscritta in dietro da un leggiero solco che dall’apice si estende quasi fino al margine ventrale. Questa specie ha intime relazioni di affinità con il Cleidophorus Pallasi , Vern. sp. Essa se ne distingue perchè è più larga , più rigonfiata , più spessa e con gli apici più fortemente curvati in avanti. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si conser- vano parecchi esemplari di questa specie che si trova frequentemente nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vo!. XXI. 3 192 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA CLEIDOPHORUS STRIATULUS, Gemm. (Tav. XX, fig. 8,9, 14 e 15. 1892. Cleidophorus striatulus, Gemmellaro, Bull. della Società di-scienze nat. ed econ., p. 6, n. 4, Palermo. Lunghezza, int RR e O A O ni Larghezza massima: <. i Reese elio Spessore». & «0.4 IA n e aa O Conchiglia spessa, molto inequilaterale, allungata trasversalmente, rigon- fiata nella sua parte anteriore, regolarmente convessa in quella posteriore e più stretta avanti che dietro. Il margine cardinale è leggermente curvato, il ventrale dritto , il posteriore regolarmente arcuato e l’ anteriore corto ed escavato. La lunula è larga, profonda ed occupa tutto il lato anteriore. Gli apici sono mar- ginali, piccoli e leggermente arcuati. La superficie della conchiglia è ornata obli- quamente di linee radiali numerose, finissime e più o meno flessuose , fra le quali ve ne sono di tratto in tratto più grosse ed elevate, e di strie concentri- che d’accreseimento finissime e serrate, che incrociano le linee radiali e le ren- dono più o meno finamente granulo-squamose. Fra le strie concentriche parec- chie sono grandi e variciformi in guisa da dare uno aspetto gradinato alla su- perficie della conchiglia. i Nei suoi modelli interni la impronta palleare è intiera e alquanto profonda. La impronta del muscolo posteriore è grande e superficiale, mentre quella del muscolo anteriore è piccola, profonda e circoscritta dietro da un profondissimo solco che si estende dirittamente dall’apice al margine ventrale. Il Cleidophorus striatulus , Gemm. si distingue dal Cleidophorus eductus , (iemm. per essere più stretto, meno rigonfiato e più allungato. Oltre a queste lifferenze i suoi apici sono meno arcuati e la sua superficie è provvista di nu- imerose e fine linee radiali. Per la ornamentazione questa specie ha strette affi- nità con il Cleidophorus Catherinae, Gemm., ma ne differisce per la forma e. altre particolarità che indicherò oceupandomi di questa specie. Questo raro Cleidophorus proviene dal calcare grossolano con Lusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono Ire esemplari. SE Rina DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 193 CLEMOPHORUS CATHERINAE, Gemm. (Tav. XX, fig. 12 e 13). 1892. Cleidophorus Catherinae, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., pag. 6, n. 4, Palermo. LR EZRA ie 1 re Lie Marehezzagmassima geo «00 O 9 SHERSArAMe e o e 7 Sr e a 7 Il Cleidophorus Catherinae, Gemm. è una delle più comuni specie di Pele- cypoda, che si trovano nel calcare grossolano con Fusulina della valle del fiume Sosio nella Provincia di Palermo. Questa specie è piccola, sottile, molto inequilaterale, allungata trasversal- mente e più strelta nella sua parte anteriore che nella posteriore. ll margine cardinale e il ventrale sono dritti, il posteriore è arcuato e l’anteriore corto e fortemente curvato. La lunula è piccola, ellittica e superficiale. Gli omboni sono di discreta grandezza, anzichè piccoli, appena curvati e non marginali. Da ognuno d’essi parte una carena oltusa, che, estendendosi fino al lato posteriore, rende la conchiglia gibbosa e la divide in due porzioni. In quella superiore alla carena si notano delle coste più o meno parallele ad essa e variabili in numero (da 3 a 5) e in grandezza. Tutta la superficie della conchiglia è inoltre provvista di linee radiali numerose, avvicinate fra di loro, più o meno regolari e intersecate da strie concentriche d’ accrescimento finissime. In taluni esemplari si nota qual- cuna di queste strie concentriche assai più grande delle altre e prominente. Il legamento esterno, negli esemplari in cui è aderente, è lungo '/, della lunghezza del margine cardinale. Sopra i suoi modelli interni la impronta della lamina interna, che circo- scrive posteriormente quella del muscolo adduttore anteriore, è larga e profonda relativamente alla grandezza della conchiglia. Questa specie per l’ornamentazione, come si è detto, ha grande affinità con il Cleidophorus striatulus, Gemm., però ha molti caratteri che la distinguono nettamente da esso. Il Cleidophorus Catherinae, Gemm. è più piccolo e meno gibboso, i suoi apici sono relativamente più grandi e non arcuati, il suo mar- gine cardinale è retto, la sua lunula piccola e superficiale e le coste che ador- nano la sua parte superiore la rendono spesso multicostata. Le figure di questa specie sono state mal disegnate. Le coste trasversali nel disegno sono poco prominenti, mentre in realtà esse lo sono molto come quelle che si notano nel Pleurophorus costatus, Brow. 20 LA FAUNA DEI CALCARI CON NFUSULINA Nel Museo di (Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo vi sono moltissimi esemplari di questa specie che provengono dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. PRASINIDAE ? GEINITZIA, Gemm, 1892. Nei calcari grossolano e compatto con lusuZina della valle del fiume Sosio nella Provincia di Palermo si trova un certo numero di fossili, che non ho. potuto identificare con nessuno dei generi dei Pelecypoda fin'ora conosciuti, per cui ho stabilito un nuovo genere, che ho chiamato Geinitzia. Questi fossili sono ovali, obliquamente allungati, o modioliformi, più o meno rigonfiati, inequilaterali, beanti verso la parte anteriore del loro lato ven- trale e fortemente costato-squamosi. La loro parte anteriore è ristretta e coar- tata verso il margine ventrale. Gli apici sono piccoli, appuntiti, anteriori, più o meno fortemente arcuati e avvicinati fra di loro. Il lato cardinale è arcuato , senza denti e provvisto internamente d’ una lamina spessa, parallela all’ orlo esterno ed estesa dall’ apice fino a metà della sua lunghezza, la quale lamina serve per la inserzione del legamento. Il legamento è esterno. La impronta del muscolo adduttore anteriore è piccola e profonda; quella del muscolo adduttore posteriore è grande e piuttosto profonda. La impronta palleare è intiera e larga. Mi è riuscito impossibile di potermi formare una idea esatta sulla posizione sistematica di questo nuovo genere di Pelecypoda. Questi fossili hanno qualche rassomiglianza con i Cleidophorus, ma questa rassomiglianza è puramente appa- rente e punto essenziale. Non così però, con Ie Myochoncha e i Mytilus sens. lat.; con questi hanno molti caratteri comuui, e se i fossili in esame avessero il lega- mento interno, anzichè esterno, non esiterei a collocarli nella famiglia delle Mytilidae. Per la presenza del ligamento esterno e per altre intime relazioni orga- niche pare invece che abbiano più rapporti d’affinità con le Myoconcha; quindi ion conoscendo altro genere di Pelecypoda, con cui essi abbiano affinità mag- giori, credo conveniente di considerarli provvisoriamente, come appartenenti alla stessa famiglia delle Myoconcha, ossia a quella delle Prasinidae. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 2A GEINITZIA CATHERINAF, Gemm. (Tav. XX, fig. 24 a 28). 1892. Geinitzia Catherinae, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed ed econ., p. 6, n. 1, Palermo. Eanehezzaion a 0, e e 7g 61 25700 LParglezzana:te e 0 a 48m 2], Qu SPESSDIGENIE II e I Lek 99 gg 77m Conchiglia ovale, obliquamente allungata, o modioliforme, molto inequila- terale, rigonfiata, ristretta in avanti, più o meno dilatata in dietro e beante nella parte anteriore del lato ventrale. Il margine anteriore è corto e ratondato , il posteriore fortemente curvato, il superiore arcuato e il ventrale coartato. Gili apici sono anteriori, piccoli. arcuati, diretti in avanti e avvicinati fra di loro. Dalla loro parte anteriore parte una depressione più o meno forte, che estendesi obliquamente fino alla parte anteriore del margine ventrale e circoscrive in dietro la parte beante della conchiglia. Essa ha delle coste radiali, basse, appiattite, ine- guali e irregolari che occupano la sua superficie, meno quella corrispondente alla parte beante. Queste coste sono ora semplici, ora biforcate e talvolta tri- forcate e divise da solchi molto variabili in larghezza e profondità ; esse sono intersecate da strie concentriche più o meno distanti, larghe e profondissime che le rendono fortemente imbricato-squamose. La lamina, che serve per la inserzione del legamento esterno, è spessa e si estende parallelamente al bordo cardinale dall’ apice fino a metà della sua lunghezza. La impronta del muscolo adduttore anteriore è ovale, piccola e pro- fonda, quella del muscolo adduttore posteriore grande c non molto superficiale, e la impronta palleare intiera e larga. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si tro- vano molti esemplari di questa specie in tutti gli stadî del suo sviluppo. Essa è{comune nei calcari compatto e grossolano con Pusuliza della Pietra di Salomone » della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. 196 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA GEINITZIA CARINATA, Gemm. (Tav. XX, fig. 29 e 80). Lunghezza . st + RE RR Oo Larghezza maggiore’ .. Re eo na Spessore . ‘ji... «RR OE ? Conchiglia obliquamente ovale , alquanto depressa, più o meno carenata , molto inequilaterale, dilatata nella sua porzione posteriore e beante nella parte anteriore del suo lato ventrale. Il lato cardinale è arcuato e incontra quello po- steriore formandovi un angolo ottusissimo e arrotondato. Gli apici sono anteriori, piccoli, appuntiti, fortemente curvati, diretti in avanti e avvicinati fra di loro. Dagli apici parte una carena, che si estende obliquamente fino all’ angolo po- stero-ventrale dividendo le valve in due parti ineguali, delle quali la inferiore è più piccola e fortemente declive. Questa carena nell’esemplare qui figurato è oscura, ma, giudicando da un modello interno, nei grandi esemplari diviene più elevata e distinta. La sua superficie è ornata di coste radiali più o meno elevate, rotondate, irregolari, semplici e. talvolta biforcate, fra qualche pajo delle quali ve ne è in- tercalata qualcuna secondaria e marginale. Esse sono incrociate da lamine con- centriche più o meno fine e serrate, che di tratto in tratto si condensano e si ispessiscono rendendole granuloso-imbricate. Questa specie si distingue dalla Geinilzia Catherinae , Gemm. per essere carenata, più depressa e dilatata; inoltre i suoi omboni sono più fortemente curvati, e la sua superficie è ornata di coste radiali più strette e rotondate. Essa è rarissima e proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone nei dintorni di Palazzo-Adriano (Provincia di Palermo). Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono due esemplari. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 197 ARCIDAE MACRODON, Lycett. Macropon Wuirki, Gemm. (Tav. XXI, Fig. 7). 1892. Macrodon Whitei, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 7, n. 4, Palermo. IDO REZZA A ER o RR Se OA Parehezz3smMassIMarne stia i I Questa conchiglia è grande, molto inequilaterale, trasversalmente allungata, con carena obliqua ottusissima, più rigonfiata e gibbosa nella sua parte ante- riore che nella posteriore, in cui tende ad appianarsi. Il margine cardinale è lungo e dritto. Il margine anteriore è corto, arcuato ed incontra in alto ad an- golo retto quello cardinale, mentre in basso, arcuandosi gradatamente, si uni- sce con il margine ventrale, che è fortemente arcuato. ll lato posteriore è obli- quamente troncato. (li omboni sono rigonfiati, curvati e avvicinati fra loro. L’area legamentare è bassissima e non ben distinta. La superficie della conchiglia è munita di forti strie concentriche d’accrescimento. Di questa specie si sconosce la parte anteriore della sua linea cardinale; la posteriore ha presso la sua estremità tre denti lamelliformi quasi paralleli al margine cardinale. Il Macrodon Whitei, Gemm., sebbene rassomigli assai per la forma al Ma- crodon meridionalis, de Kon. sp. ne differisce per essere più stretto, allungato e mancante di strie radiali. Per questo ultimo carattere si avvicina di più al Macrodon modestus, de Kon. sp., ma se ne allontana, perchè è più dilatato nella sua parte posteriore, con carena meno pronunziata e con omboni più piccoli. Questa specie è rarissima nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone de’ dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Mu- seo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono due esemplari. 24 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Macropon comPrus, Gremm. (Tav. XXIII, fig. 4 e-5). 1892. Macrodon comptus, Gemmellaro , Bull. della Società di Scienze nat. ed econ., p. 6, n. 1, Palermo. Lunghezza . 00. RR Larghezza... i e at Il Mucrodon comptus, Gemm. è sottile, molto inequilaterale, allungato tra- sversalmente , molto convesso e provvisto d’una carena distintissima che dagli apici si estende un poco obliquamente fino al lato posteriore. Il margine car- dinale è lungo e dritto, il posteriore tagliato obliquamente e l’anteriore curvo. Questo margine in alto si unisce con quello cardinale ad angolo retto, e in basso si curva fortemente e si congiunge con il margine ventrale che è arcuato. Gli omboni sono larghi, fortemente curvati e terminano appuntiti vicino il margine anteriore. L'area legamentare è stretta, ma distinta. La superficie della conchi- glia è adornata di pieghe concentriche, lamellose, sottili ed imbricate, e di nu- merose strie radiali che, incrociandole, le riducono papillose. Questa elegante specie non ha affini nel periodo permiano, mentre nel car- bonifero ne ha parecchie. Fra queste, quelle che più le rassomigliano, sono il Macrodon amaenus, de Kon. sp. e il Macrodon comoîdes, de Kon. sp.; però il primo è meno rigonfiato, con omboni meno larghi che terminano con la punta situata più in dietro e con scultura molto più grossolana , e il secondo più stretto, con gli omboni assai meno larghi, con la carena che nel lato posteriore incontra l’angolo postero-ventrale e con la ornamentazione diversa nelle sue par- ticolarità. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si conser- vano parecchi esemplari di questa specie provenienti dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone de’ dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 25 MacRropoNn LATISINUATUS, Gemm. (Tav. XXIII, fig. 1 a 3). UTENZE ee ee RE i a VINO ZZ AR AE A ne Tom SPESSOTBM RIE ai i pole de. SE 13m 1Jmm Conchiglia molto inequilaterale, rigonfiata, allungata trasversalmente e prov- vista di una depressione, che dall’apice scende verticalmente al margine ventrale, facendosi sempre più larga e profonda. Gli omboni, grandi e fortemente curvati sopra se stessi, stanno situati con le loro puute vicino l’ angolo anteriore del margine cardinale. Dal loro lato posteriore parte non ben distinta e larga carena, che si estende in modo leggermente obliquo verso il terzo superiore del lato posteriore. Il margine cardinale è lungo e dritto, mentre gli altri margini sono più o meno arcuati. Tutta la superficie della conchiglia è provvista di pieghe concentriche, nume- rose, lamellose e avvicinate fra di loro , che vengono intersecate da finissime ‘e quasi indistinte strie radiali. Questa specie per la scultura ha qualche analogia con il Macrodon comptus, Gemm., dal quale differisce per essere carenata in modo indistinto e provvista di pieghe concentriche meno sottili e più avvicinate fra loro. Oltre a ciò i suoi omboni sono meno larghi e fortemente curvati sopra se stessi. Essa si trova frequentemente nel calcare grossolano con fusulina della Pietra di Salomone nella valle del fiume Sosio nella Provincia di Palermo. Parecchi esem- plari di questa specie si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. MACRODON MULTILAMELLATUS, Gemm. (Tav. XXI, fig. 4). 1892. Macrodon inultilamellatus, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 7, n. 4, Palermo. Lunghezza . ME CTS IRIS IS SIAT REA 0 si, alla cc, 6 Questa rarissima specie proviene dal calcare grossolano con fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Conchiglia sottile, piccola, inequilaterale, leggermente convessa, allungata trasversalmente e provvista d’una carena un poco ottusa, che dall’ apice si estende Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XXI. 4 26 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA all’angolo postero-ventrale. Il lato posteriore è troncato obliquamente, il ven- trale arcuato, e l'anteriore , corto e arcuato , si unisce al margine cardinale , che è lungo e dritto, ad angolo retto. Gli omboni sono piccoli, leggermente cur- vati e situati presso il terzo anteriore della lunghezza della conchiglia. La sua superficie è ornata di pieghe concentriche, sottili, lamellose, e un poco distanti fra di loro, che nell’area compresa tra la carena e il lato cardinale divengono più elevate. Esse vengono intersecate da finissime strie radiali, che si distin- guono con forte lente. Questa specie richiama il Macrodon Kingianus, Vern. sp., da cui si distingue per essere più allungata trasversalmente, più stretta, più fortemente carenata, con gli apici situati verso la metà della sua lunghezza e provvista di pieghe concentriche più distanti ed elevate. L’esemplare, di cui si dà la figura, si conserva nel Museo di Geologia e Mi- neralogia della R. Università di Palermo. ARCA, Linnè. Arca DouviLuer, Gemm. (Tav. XXI, fig. 8 a 10). 1892. Macrodon Douvillei, Gemmellaro, Bull. della Società di Scienze nat. ed econ.} p. 6, n. 1, Palermo. \D Lunghezza]: Lek RE Aero ra d'arohezzan RE 22mm 2]jmm 15mm, ; Spessore! ft IR TA 19mm q4mm Questa conchiglia è di forma ovato-romboidea, rigonfiata, dietro troncata obli- quamente , avanti leggermente arcuata e con il margine ventrale curvato. Le sue valve, molto convesse sulla linea mediana. terminano con omboni assai pro- minenti, fortemente arcuati, distanti fra di loro e appuntiti. Dalla parte cen- trale degli omboni parte una depressione larga e superficiale che va direttamente al margine ventrale, c dalla loro parte posteriore una carena che estendesi obliqua- mente fino all’angolo postero-ventrale; essa è prominente, rotondata e limitata da un largo solco. L'area legamentare è romboidale, larga, lunga quasi quanto il margine cardinale e provvista di strelte strie, che unendosi con quelle della valva opposta, formano una serie di losanghé. La sua superficie è adornata di numerose coste radiali che, sottili e quasi s‘ancellate nella sua parte anteriore, divengono gradatamente più grandi nella sua parte posterio e ; esse sono incrociate da strie numerose forli e serrate e diventano granulo-squamose. lo lei I Na DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO Li La sua cerniera è munita di denti numerosi, eguali e un poco grossolani. Fino a pochi mesi addietro credevo che questa specie appartenesse al ge- nere Macrodon, ma in seguito, avendone potuto preparare la cerniera, mi sono convinto dell’equivoco, in cui ero caduto. Nel periodo permiano l’Arca solida. Sow. è la sola specie che le ha qual- che lontana rassomiglianza. L'Arca Douvillei, Gemm. però è più corta , più ven- tricosa, con gli apici più prominenti ed ornata differentemente. Questa specie proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Sa- lomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, dove è rara. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne con- servano alcuni esemplari. ARCA SALOMONENSIS, Gemm. (Tav. XXI, fig. 11). 1892. Arca Salomonensis, Gemmellaro , Bull. della Società di Scienze nat. ed econ., p. 6, n. 41, Palermo. uNENezza ri e ne PNR e ag LarchezZaR ae a e tr, Lem STDIESSOLO a o Arca spessa, di forma quadrangolare, trasversalmente allungata e rigonfiata. Essa non è carenata, ma ha un forte rigonfiamento, che si estende obliquamente dall’apice al suo angolo postero-ventrale, dividendo la superficie delle valve in due parti, di cui la postero-cardinale è convessa, e l’ antero-ventrale quasi piena c un poco sinuata. Il lato posteriore è leggermente curvato, il ventrale dritto e un poco sinuato e |’ anteriore più corto del posteriore e fortemente arcuato. L'area legamentare è di forma romboidale, bassa, lunga e provvista di forti strie. La sua superficie è ornata di rughe concentriche, forti spesse e un po’ irrego- lari, che nella parte superiore dell’obliqua gibbosità della conchiglia sono inero- ciate da parecchie coste radiali, grandi e rotondate, che impiccoliscono verso il margine cardinale. î La sua cerniera è munita di denti numerosi piccoli ed eguali. Questa specie per la sua ornamentazione differisce da tutte le Arca della serie permo-carbonifera. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si con- (servano molti esemplari di questa specie, che è comune nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo, 28 LA FAUNA DEI CALCARI- CON FUSULINA AVICULIDAE PSEUDOMONOTIS, Beyrich. PSEUDOMONOTIS IMMANIS, Gemm. (Tav. XXII, fig. 7 e 8). 1392. Pseudomonotis immanis., Gemmellaro, Bull. della Società di scienze ‘nat. ed econ.,. p. 7, n. 4, Palermo. Gunghezza==.i wire OR e DO Larghezza” + hi IRR e e 00 Spessore: >. er RS N oO Conchiglia grande, inequivalve, obliquamente ovale, rigonfiata, anzi gibbosa al centro, e dilatata e appiattita verso la sua parte posteriore. La sua valva sini- stra è convessa fortemente nella sua regione centrale, leggermente in quella periferica e provvista d'ombone gibboso, fortemente arcuato, prominente e ap- puntito. La sua valva destra è poco convessa , quasi piana nella sua porzione posteriore e con ombone leggermente arcuato, piccolo e appuntito. che non ar- viva all'altezza di quello della valva sinistra. Le orecchiette sono di media gran- dezza ; di esse le posteriori sono alquanto più lunghe delle anteriori e meglio distinte dal corpo della conchiglia per la presenza d’una stretta depressione, che si estende dall’apice all’angolo postero-ventrale. La valva destra sotto la sua orec- chietta anteriore ha un grande seno per il passaggio del bisso con i margini rialzati, che si estende, restringendosi . fin sotto la parte anteriore dell’ apice. ll margine cardinale è spesso, dritto , lungo e munito d’una area legamentare triangolare, bassa, piana e striata longitudinalmente. i La superficie della conchiglia è ornata di circa 16 a 18 coste radiali, fra ogni paio delle quali ve ne è intercalata un’altra secondaria. Esse sono interse- cate da linee concentriche, numerose, irregolari e Jamellose che rendono larga- mente scagliosi gli spazì intercostali e le coste. Molte di queste linee concentri- che, incrociando le coste, si ispessiscono più o meno e vi producono delle lamine grosse, imbricate, elevate e tubiformi. Questa specie, che per le sue dimensioni uguaglia la Pseudomonotis grandis, Waag., che è la più grande del genere, ha strette affinità con l’altra specie pro- veniente dal Salt-Range delle Indie che il Waagen riferisce al Pseudomonotis. (iarforthensis, King. sp. Che che ne sia di questa identificazione fra la specie indiana e la europea, la Pseudomonotis immanis, Gemm. si distingue dalla forma DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 99 data dal Waagen per essere obliquamente ovale, rigonfiata, anzi gibbosa, nella sua regione centrale e dilatata e appiattita in quella posteriore. Inoltre essa è ornata d’un numero maggiore di coste principali, negl interstizîì delle quali ve ne è soltanto una secondaria, che talvolta manca. Essa proviane dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone nella valle del fiume Sosio (Provincia di Palermo), dove è rara. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono alcuni esemplari. Pseupomonotis WAAGENI, Gemm. (Tav. XXII, fig. 8). 1892. Pseudomonotis Waageni, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 7, n. 4, Palermo. IP eZZA ia I Me a LEE O gonn TLarghezzat. cz > PIRO SPESSO TRE A e 0 e sone? gram 4501 Questa elegante conchiglia è grande, poco inequivalve, quasi equilaterale, orbicolare e più rigonfiata nella sna metà anteriore che nella posteriore. La sua valva sinistra è rigonfiata e con l’ombone piccolo, arcuato e più prominente di quello della valva destra. La sua valva destra è meno rigonfiata, ed è provvi-. sta d’un ombone piccolo, poco arcuato e poco prominente. Le orecchiette poste- riori sono di mediocre grandezza e vengono limitate dal corpo della conchiglia da una leggiera depressione che, partendo dall’ apice, scende lungo il suo lato posteriore. Le orecchiette anteriori sono più piccole; la sinistra è più distinta della destra, perchè un solco la limita nettamente dal corpo della conchiglia. "Sotto la valva anteriore destra ci è la sinuosità per il passaggio del bisso, la quale è larga, profonda e si prolunga, sempre più restringendosi , fino al lato anteriore dell’ apice. La superficie della conchiglia è ornata di numerose coste radiali, avvicinate fra di loro, uguali e rotondate. Esse’, come gli stretti solchi che le dividono, sono alla lor volta provviste di fine costicine radiali, le quali, essendo incro- ciate da linee concentriche, numerose, serrate e fine, divengono elegantemente imbricato-granulose. Questa specie per la sua ornamentazione si distingue facilmente dalle Psew- domonotis conosciute. Di questa rarissima specie nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità di Palermo se ne conservano due esemplari. Essi sono stati trovati nel calcare grossolano con Fusolina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. 30 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA PSEUDOMONOTIS FIMBRIATA, (remm. (Tav. XXIII, fig. 16 a 19). 1892 Pseudomonotis fimbriata , Gemm. , Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 8, n. 4, Palermo. Lunghezza ‘. i. RETE N Sn o Larghezza... 0, Cee 0 am Spessore... Ri ta Qmm Conchiglia di media grandezza, obliquamente ovale, molto inequivalve e ine- quilaterale. La sua valva sinistra è rigonfiata nella sua regione mediana e più o meno leggermente convessa, e talvolta appiattita, nella sua regione posteriore; essa ha l’ombone piccolo, appuntito, ricurvo e più prominente di quello della valva destra; da’ suoi lati partono obliquamente due solchi leggieri e larghi che de- limitano le due orecchiette dal corpo della valva; essa è ornata di lamine con- centriche e sottili, fra le quali di tratto in tratto ve ne sono alcune elevate per ispessimento e fimbriate al margine per l’ incontro di coste radiali, leggiere e distanti. La sua valva destra, appena convessa lungo la linea mediana, è appiattita ai lati, con ombone piccolo, appuntito e depresso, e provvista di coste radiali strette, elevate e divise fra di loro da larghi interstizî piani. Le orecchiette sono grandi, le anteriori però meno delle posteriori. Quella anteriore della valva de- stra è munita di quattro coste longitudinali, avvicinate fra di Joro e rese aspre dalla intersecazione di strie trasversali. Sotto d’essa vi è il seno per il passag- gio del bisso, il quale è profondo, stretto ed esteso fino all’apice della valva. La, linea cardinale è dritta, spessa, striata longitudinalmente e provvista d’ un tu- bercolo dentario triangolare e largo, dietro di cui ci è la fossetta legamentare. La Pseudomonotis speluncaria, Schl. sp. ha alcune varietà, che somigliano per la scoltura della loro valva sinistra a questa specie; però, tolta questa ras- somiglianza, la Pseudomonotis fimbriata, Gemm. ha molti altri caratteri, che la fanno distinguere facilmente da esse. Essa , infatti, è meno rigonfiata nella regione mediana e meno dilatata in quella posteriore, le sue orecchiette sono più grandi e la sua valva destra è provvista di coste radiali, che m ancano nella Pseudomonotis speluncaria, Schl. sp. Questa specie ha più legami d’ affinità con la Pseudomonotis Toulai, Gemm.; ma essa è meno rigonfiata ed obliqua, ed è ornata, sulla sua valva sinistra, di coste radiali, grandi, avvicinate, angolose e intersecate da rughe concentriche non fimbriate al margine; e sulla valva de- stra, di strette e sottili coste radiali. che nella sua parte posteriore stanno fra di loro avvicinatissime. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 34 Questa specie è comunissima nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono moltissimi esemplari. Pseupomonoris TouLar, (remm. (Tav. XXIII, fig. 20 e 21). 1892. Pseudomonotis Toulai, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 8, n. 4, Palermo. map hezza te e a A Bn dimm Marohezzae ee e e ey AS gn SPESSOEE Re RR e tt MR ? qmm Conchiglia inequivalve, leggermente convessa, un poco obliquamente ovale e con le orecchiette posteriori più grandi delle anteriori. La sua valva sinistra è poco convessa e con l'apice piccolo, poco curvato, appuntito e più elevato di quello della valva destra; nella sua parte anteriore ha un solco stretto e pro- fondo, che dall’ apice si estende alla base della corrispondente orecchietta .li- mitandola chiaramente dal corpo della valva. La sua superficie è munita di coste radiali relativamente grandi, ineguali, angolose, avvicinate e incrociate da lamine concentriche, che di tratto in tratto si ispessiscono e si elevano, formando da 6 a 8 cercini gradinati. La valva destra è appiattita, con |’ apice piccolo e appuntito e con costicine radiali, sottili e distanti, che nella sua parte posteriore sono avvicinatissime fra di loro. Negli esemplari, che conosco di questa spe- cie, l’orecchietta anteriore è più o meno rotta, percui la sinuosità per il passag- gio del bisso non si presta ad una rigorosa descrizione. Questa specie è molto affine alla Pseudomonotis fimbriata, Gemm.; le loro differenze sono state indicate precedentemente. Essa è rarissima e proviene dal calcare grossolano con Pusulina della Pietra di Salomone nella valle del fiume Sosio (Provincia di Palermo). Nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono due esemplari. 32 | LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA BAKEVELLIA, King. BAKEVELLIA ELEGANS, Gemin. (Tav. XXII, fig. le 2 ). Lunghezza .. #nC e RR O ai Larghezza massima. io en Spessore. i 0a ARR a Lunghezza del margine cardinale. . . ... . .. 19m Conchiglia sottile, aviculoidea, inequivalve, convessa e sinuata nel suo lato anteriore per il passaggio del bisso. La valva sinistra, che è convessa nella sua metà anteriore, si deprime nella sua metà posteriore; il suo ombone è curvato, rivolto fortemente in avanti, appuntito e marginale. La valva destra è appiat- tita e soltanto appena convessa verso la regione ombonale; il suo ombone è ap- puntito, marginale , rivolto fortemente in avanti, ma molto meno curvato di quello della valva sinistra. Le orecchiette anteriori sono piccole, triangolari, ap- puntite e chiaramente distinte dal corpo della valva per la presenza d’un solco profondo, che dall’apice si estende al margine ventrale della conchiglia. Le orec- chiette posteriori sono aliformi, grandi e appena sinuate al margine. Il lato car- dinale è dritto, lungo e con superficie legamentare {triangolare, stretta e prov- vista di fossette d’attacco del legamento, il numero delle quali, negli esemplari che ho in esame, non si può stabilire con esattezza. La superficie della conchi- glia ha delle linee concentriche lamellose, sottili e ineguali. Questa Bakevellia ha qualche lontana rassomiglianza con la Balevellia ceratophaga, Schl. sp. ce la Bakevellia Sedgwickiana King. , dalle quasi si di- stingue, oltre d'essere più grande e più inequivalve, perchè è meno allungata trasversalmente, più dilatata e mancante della depressione ben limitata ed estesa, che in queste specie si nota dall’apice al loro lato posteriore. Questa rarissima specie proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pie- tra di Salomone de’ dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. ‘L’esemplare, di cui si dà la figura, si conserva nel Museo di Geologia e Mine- ralogia della R. Università di Palermo. i DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 33 LIEBEA, WAAGEN. LIEBEA ? MEDITERRANEA. Gemm. (Tav. XXII, fig. 2). 1892. Liebea ? mediterranea, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 7, n. 4, Palermo. PINgnezzr Massi MATE a N Ta dea ATE NezzagmasBimMar oto e, a O n 0 SPESSOLR IR Le TR n Riferisco con dubbio al genere Liebea, Waagen una conchiglia che , seb- bene sia molto sciupata, ha alcuni caratteri fondamentali di questo genere. Essa è di forma mitiloidea, inequivalve, alata posteriormente, con gli omboni marginali e anteriori e con il margine cardinale dritto e lungo. La valva sinistra è più grande e convessa della valva destra. Questa è piano-convessa e così forte- mente depressa lungo il lato cardinale da formare una specie di scannellatura, che dall’ apice va fino all’ angolo postero-ventrale ; essa sotto l’apice ha il margine anteriore rivolto in dentro, formando in basso una leggiera sinuosità , mentre in alto sì prolunga in dentro fino all’ apice, producendovi una specie di setto interno. Questa leggiera sinuosità pare che sia stata prodotta dalla forte curva- tura dell’orecchietta anteriore della valva sinistra; ma in questo esemplare es- sendo essa rotta, ciò non può asserirsi con certezza. Il margine cardinale è dritto, lungo, di discreto spessore e con la faccia legamentare striata longitudinalmente e provvista di fossette per l’attacco del legamento. Queste non sono tutte distin- guibili, perchè la superficie della faccia legamentare è alterata; ma due di esse sono chiarissime, e non dipendenti d’alterazione, perchè si vede che la sostanza conchigliare vi si deprime per formare queste fossette. La conchiglia ha forti linee concentriche d’acerescimento, parecchie delle quali sono grosse e più o meno elevate. Sulla sua superficie si nota ancora l'epidermide, che è di color fulvo ed or- nata di strie leggiere, interrotte, flessuose e disposte obliquamente all’asse mag- giore della conchiglia.. La sua struttura risulta d’uno strato esterno spesso e prismatico, e d’ uno interno sottile e madreperlaceo. i Questa conchiglia, per la sva struttura, appartiene indubitatamente alla fami- glia delle Aviculidae. Essa è sconservatissima; ma, per il suo assieme, per la dispo- sizione del suo apice che ha il lembo sotto-auricolare anteriore della valva destra Giornale di Scienze Nat., ed Econ. Vol, XXI. 5 34 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA depresso e rivolto in dentro a guisa di setto interno, e per il suo margine cardi- nale con la faccetta legamentare longitudinalmente striata e avente qualche fossetta legamentare, pare che debba con grande probabilità riferirsi al genere Liebea, Waagen, anzichè a tutto altro genere di questa famiglia. ì Essa, sebbene assai più grande, ha molta rassomiglianza con la Liebea in- dica, Waag., dalla quale si distingue per avere la valva destra meno convessa, il margine cardinale più lungo e il lato anteriore della valva sinistra non de- presso. Questa rarissima specie proviene dal calcare compatto con Fusulina della Rupe del Passo di Burgio nella valle del fiume Sosio nella Provincia di Paler- mo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne è un solo esemplare. AVICULA, Klein. AvicuLa JosEPHINAE, Gemm,. (Tav. XXII, fig. 4a 6). 1892. Avicula Josephinae, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 8, n. 4, Palermo. Lunghezza della linea cardinale. >... /.. +0... 9mm Lunghezza del corpo della conchiglia... . . .... imm Larghezza del corpo della conchiglia. . . . . .. 18um(1) Conchiglia più o meno obliquamente ovale, inequivalve, inequilaterale, con l’orecchietta posteriore stretta, lunghissima e rostriforme, e con l’orecchietta an- teriore piccola. Il margine cardinale è dritto e lunghissimo, e il posteriore for- temente sinuato , mentre il margine anteriore e il ventrale sono arcuati. La valva sinistra, meno della sua parte posteriore un poco depressa, è regolarmente convessa ed ornata elegantemente di cercini concentrici, rilevati e distanti, che vengono intersecati da coste radiali, strette e rotondate, e in ognuno degli spazî intercostali da uno strettissimo solco radiale. Questi cercini sulla porzione po- steriore del margine cardinale si curvano prolungandosi longitudinalmente sul- l’ orecchietta posteriore. La valva destra è molto appiattita e provvista di coste radiali strettissime e distanti, fra ogni pajo delle quali sono intercalate 2 0 3 (1) Il più grande esemplare che io conosca, di questa specie, ha il corpo della conchiglia lungo 46mm e largo 44mm, DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 35 altre secondarie. Il seno per il passaggio del bisso è stretto. Il margine superio- re ha internamente un piccolo dente cardinale, ed uno laterale lamelliforme e un poco trasversale. L’ Avicula Josephinae, Gemm. non ha speci@ affini nella serie permo-car- bonifera. Essa è comune nel calcare grossolano e compatto con Fusulina della Pie- tra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità ce ne sono parecchi esemplari. LEIOPTERIA, I. Hall. È comune nei calcari grossolano e compatto con Fusulina della Provincia di Palermo un gruppo di conchiglie, che nel 1892 (41) ho riferito al genere Avicula, Klein. In seguito, però, avendo avuto molti altri esemplari di queste specie ho dovuto convincermi che mancano di taluni caratteri essenziali di questo genere; mentre, invece, esse essendo dimiarie e mancando del dente cardinale e della sinuo- sità per il passaggio del bisso, sono piuttosto identificabili con il genere Leiopte- ria, Hall, a cui il de Koninck (2) riferisce parecchie specie carbonifere , che hanno strette relazioni d’affinità con le specie provenienti dai calcari con Vusu- lina di Sicilia. Esse sono le seguenti : LEIOPTERIA ANGUSTICONCHA, Gemm. sp. (Tav. XXIH, fig. U a 8). 1392. Avicula angusticoncha, Gemmellaro, Bull]. della Società di scienze nat. ed econo. pon 1, Palermo. PIRA BOZZAR te ga. O Farghezza®maggiore: n lea elle te e Jin SPESSOLO ENTER i e Re e o n «Gm Questa specie è di grandezza media, inequilaterale, obliquamente allungata, convessa, carenata e con il margine anteriore sinuato e beante nella sua parte superiore. La valva sinistra è appena più rigonfiata della valva destra, per cui la conchiglia è un poco inequivalve. Gli omboni sono piccoli, appuntiti, margi- (1) Bull. della Società di Scienze nat. ed econ. p. 8, n. 1, Palermo. (2) Fauna du calce. carbonifère de la Belgique, Lamellibranches, pag. 187 a 196, Bruxel- les, 1885. 36 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA nali e anteriori; quello della valva sinistra è più arcuato di quello della valva de- stra. Dal lato posteriore degli omboni parte una carena distintissima che si estende obliquamente, appianandosi, verso il margine ventrale. L’ orecchietta anteriore è corta, arrotondita e ben distinta dal corpo della conchiglia da un solco che dall’apice si estende fino al margine; mentre l’orecchietta posteriore è grande, aliforme, acuminata e leggermente sinuata in dietro. Il margine cardinale è dritto e lungo. La superficie della conchiglia ha delle fine strie concentriche d’ accre- scimento, alcune delle quali sono grosse ed elevate. Sopra i suoi modelli interni si vedono le impronte muscolari; quella del muscolo adduttore anteriore è piccola, profonda e situata sotto l’orecchietta an- teriore, e quella del muscolo adduttore posteriore, grande e superficiale, è sita sotto la base dell’ala posteriore. L’ impronta palleare è intiera, piuttosto larga e discretamente profonda. Questa specie è rassomigliante alla Leiopteria emaciata, de Kon. proveniente dal calcare carbonifero di Furfooz (Belgio), da cui si distingue per essere meno allungata trasversalmente, sinuata e beante nella parte superiore del suo lato anteriore, e con l’orecchietta anteriore più corta e arrotondita. Essa si trova frequentemente nel calcare grossolano con Fusulina della Pie- tra di Salomone de’ dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne con- ‘servano parecchi esemplari. LeIOPTERIA consimiLis, Gemm. sp. (Tav. XXIII, fig. 9, 10, 12, 13 e 14). 1892. Avicula consimilis, Gemmellaro , Bull. della Società di Scienze nat. ed econ., p. 8, n. 1, Palermo. Lunghezza, cite ao A lo ia] pun Larghezza maggiore... e SR OST Son SPESSOLO. Ln a E eV I I I Conchiglia di media grandezza, obliquamente allungata, molto inequivalve ed inequilaterale. La valva sinistra è fortemente rigonfiata lungo la linea mediana e scende gradatamente e con uguale pendenza ai lati, mentre la valva destra è molto depressa, quasi appiattita e soltanto convessa nella porzione superiore. (li omboni sono piccoli, appuntiti , rivolti in avanti, avvicinati fra: di loro e arcuati; però quello della valva sinistra in modo leggierissimo. Il margine car- dinale è lungo e dritto. L’orecchietta anteriore è relativamente lunga, stretta, un po’ appuntita all’estremità e non limitata da depressione alcuna dal corpo STI e pu" DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 37 della conchiglia L’orecchietta posteriore è grande , aliforme e appena sinuata al margine, La superficie della conchiglia è provvista di strie concentriche di accrescimento più o meno forti ed elevate. Sopra alcuni modelli interni le impronte dei muscoli adduttori sono chia- rissime. La impronta del muscolo adduttore anteriore è piccola, profonda, mar- . ginale e situata sotto il centro dell’orecchietta destra: quella del muscolo addut- tore posteriore, collocata alla base dell’ orecchietta posteriore, è grande e su- perficiale. La Leiopteria consimilis, Gemm. sp., si distingue dalla Leiopteria angusti- concha, Gemm. sp., perchè è meno rigonfiata, più inequivalve, non carenata e mancante. di sinuosità sul margine anteriore. Inoltre la sua orecchietta anteriore è più lunga, stretta e non limitata dal corpo della conchiglia. Essa proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, dove si trova meno frequentemente della specie precedente. Se ne conservano varî esemplari nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. LEIOPTERIA INFLATA, Gemm. (Tav. XXIII, fig. 15 e Tav. XXIV, fig. 30 a 32). Lunghezza: Rao i it ita Rn Warshezza fe o Rotte e SPESSOLOUCL E i E e n ram Conchiglia grande, modioliforme, rigonfiata, inequivalve e beante nella parte superiore del suo lato anteriore. La valva sinistra è rigonfiata, anzi quasi gib- bosa nella sua regione mediana, da dove scende rapidamente verso il lato ante- riore e dolcemente verso quello posteriore; essa ha l’ombone grande, fortemente arcuato e diretto in avanti. La valva destra è assai meno rigonfiata e con l’om- bone meno grande e arcuato. Le orecchiette anteriori sono corte, larghe , ro- tondate all’ estremità e non limitate dal corpo della conchiglia, e le posteriori lunghe, aliformi e leggermente sinuate al margine. Il lato cardinale è lungo e dritto, l’ anteriore quasi dritto, ma, nei grandi esemplari, esso è sinuato e beante nella sua parte superiore. Questa specie differisce dalla Leiopteria angusticoncha, Gemm. sp., perchè è più rigonfiata, più larga e mancante di carena. Vicina ancora alla Leiopteria consimilis, Gemm. sp., se ne distingue, perchè è meno inequivalve, più rigon- fiata, con l’orecchietta anteriore meno lunga e appuntita, e l’ombone più grande e arcuato. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne “ie (IAS TMRORSO cl 38 LA FAUNA DEl CALCARI CON FUSULINA sono varì esemplari, provenienti dal calcare grossolano con FusuZina della Pie- tra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. LEIOPTERIA VERRUCOSA, Gemm. sp. (Tav. XXIII, fig. 11). 1892. Avicula verrucosa, Gemmellaro , Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 8, n. 1, Palermo. Lunghezza: |. RR E reo Larghezza: maggiore (7° Ri SM Irma Di questa specie si conoscono tre valve sinistre, delle quali quella. di cui do la figura, è in migliore stato di conservazione delle altre. “ssa è trasversalmente allungata, regolarmente convessa e con una depres- sione che dall’apice si estende, allargandosi, alla parte superiore del suo lato anteriore. La sua orecchielta posteriore è aliforme, grande, sinuata in dietro e distinta chiaramente dal corpo della valva, da una forte depressione canali- forme, che dalla parte posteriore dell’ ombone si estende fino alla parte poste- riore di questa orecchietta. La sua orecchietta anteriore è corta, larga e arro- tondata al margine. Il suo margine cardinale è dritto e lungo. La superficie del corpo di questa valva è ornata di rughe concentriche, forti, elevate e divise fra di loro da solchi leggieri , piani e più larghi di esse. Queste rughe tendono a scancellarsi nella sua parte posteriore, di guisa che sopra la depressione canalifor- me, che divide il corpo della valva dall’ orecchietta posteriore e sopra di questa, esse si riducono a forti strie. i In un suo modello interno la impronta del muscolo posteriore è nello stesso sito, in cui sì nota nelle specie precedenti. Questa specie per la forma, per la scultura e per la depressione, che dal- l’apice si estende alla parte superiore del margine anteriore, somiglia all’ Avicula Chidruensis, Waag. La sola differenza consiste nell’essere la specie, proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto de’ dintorni di Pa- lazzo-Adriano (Provincia di Palermo), meno obliquamente arcuata. Le tre valve di questa specie, che io conosco, si trovano nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 39 RUTOTIA, de Koninck. RuTOTIA THYRRENA Gemm. (Tav. XXIII, fig. 29 e 30). BinEnezza ee a none i Larghezza . ENI TAM ale ORE DO I Qmm 16mm i VALVALdestrasg. ati ee Spessore re valvassimistra ak n! oa eg) Conchiglia sottile, più o meno ovale, quasi equilaterale, rigonfiata nella re- gione mediana e più o meno depressa in quella anteriore. Gli omboni sono gib- bosi, arcuati, diretti in avanti, appuntiti e più elevati della linea cardinale. Le orecchiette sono piccole e angolose alle loro estremità; le posteriori, però, sono un poco più lunghe e meglio distinte. Il lato cardinale è dritto e corto. La su- perficie della conchiglia è munita di finissime strie concentriche d’accrescimento. L’interno della conchiglia è ornato di larghe e basse coste radiali con i margini sottili e prominenti come quelle che si notano in parecchie Amusium. Queste coste lasciano sopra i modelli interni di questa specie dei solchi radiali, distanti, sottili e lineari. Questa specie ha una certa rassomiglianza con la Rufotia ovalis, de Kon. del carbonifero di Pauquys (Belgio), però la Rutotia thyrrena, Gemm. è più dilatata, meno obliqua, meno alta e con l’orecchietta anteriore più piccola; inol» tre essa è provvista internamente di coste, il che non si nota nella Rufotia ova- lis, de Kon. e nelle altre specie fin’ora conosciute. Questa rara specie, di cui si hanno tre valve nel Museo di Geologia e Mi- neralogia della R. Università di Palermo, proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo: 10 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA PINNA, Linnè. Pinna CREDNERI, Gemm. (Tav. XXI, fig. 12 e 13). 1892. Pinna Credneri, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p..-7; n. 4, Palermo. Lunghezza dall’apice alla base. ta. 0.... + 199 Larghezza maggiore .. . ca ie ee a 0 Spessore, +... it e (Lt RR RO e A ORTO Questa Pinna è di grandezza media, cuneiforme, dilatata, equivalve, col mar- gine inferiore leggermente escavato e con quello superiore lungo e dritto. Lé valve sono irregolarmente convesse, perchè un poco depresse nella Joro porzione superiore. Gli apici sono appuntiti. anteriori e terminali. La superficie della con- chiglia è munita di rughe concentriche, irregolari ed elevate. La impronta del muscolo adduttore posteriore è grandissima, ovale, allun- gata e quasi centrale. Questa specie non richiama nessuna Pinna permo-carbonifera. La Pinna prisca, Goldf. non Munst. del keuper di Wurzburg ne ha qualche lontana ras- somiglianza; però la specie del calcare grossolano con Fusulina di Sicilia, essendo inolto ristretta nella sua porzione anteriore, escavata nel suo lato inferiore e un po’ depressa nella sua metà superiore, se ne distingue facilmente. Essa certamente ha più stretti rapporti d’affinità con la Pinna triquetra, Gemm. che proviene dalle stesso giacimento ; la Pinna Credneri, Gemm., però, ha il lato inferiore meno largamente escavato, è più dilatata e manca di carena mediana, per cui riesce facile distinguere l’una dall’altra. Specie, piuttosto comune, che proviene dal calcare grossolano con Fuswlina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Pa- lermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano parecchi esemplari. Ji DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO Al PinNA TRIQUETRA, Gemm. (Tav. XXI, fig. 14 e 15). 1892. Pinna triquetra, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 7, n. 4, Palermo. Lunghezza dall’apice alla base. . . ....... 119mm IEREOHOZZABmMaselOreni ln eten oe e e Mn SPESSOLCA CANE Re er E e A Rd Conchiglia di grandezza media, cuneiforme, allungata, un po’ arcuata, ca- renata ed equilaterale. Le sue valve hanno, quasi sulla linea mediana, una forte carena che le divide in due parti ineguali; essa verso il margine posteriore si scancella. Gli apici sono appuntiti, anteriori e terminali. Il suo lato posteriore ‘è regolarmente arcuato e beante, il superiore lungo ‘e leggermente convesso, e l’ inferiore lungo ed estesamente escavato. La superficie della conchiglia è prov- vista di rughe concentriche di accrescimento più o meno forti ed irregolari. Questa specie si distingue dalla Pinna Credneri, Gemm. per le differenze precedentemente notate. Essa proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano (Provincia di Palermo) dove è meno comune della specie precedente. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Univer- sità di Palermo se ne hanno varî esemplari. PECTINIDA E AVICULOPECTEN, M°’ Coy. AVICULOPECTEN ACANTHICUS, Gemm. sp. (Tav. XXIII, fig. 22 a 25). 1892. Avicula acanthica , Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 9, n. 4, Palermo. Lunghezza del corpo della conchiglia . . . . 10mnm Qmm Lunghezza del margine cardinale. . . . . . 9mm 10mm REZZA En o ia Tome Conchiglia piccola, quasi orbiculare e qualche volta ovale, equivalve, con- vessa e munita in ambo le valve di lamine concentriche, sottili, serrate e con contorno flessuoso, alcune delle quali di tratto in tratto si elevano gradatamente e formano dei cercini, stretti superiormente, a larga base e distanti fra di loro. Giornale di Scienze Nat., ed Econ. Vol. XXI. 6 di 42 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Questa ornamentazione si riscontra eccezionalmente ; mentre nel maggior nu- mero dei casi le lamine concentriche vengono intersecate da costicine radiali , distinte, strette e più o meno leggiere, che alla parte inferiore dei cercini e al contorno delle valve producono degli aculei, che vi si conservano ancora in posto, o dei quali si trovano le impronte, Gli apici sono regolarmente curvati, piccoli e appuntiti. La orecchietta posteriore è aliforme, lunga, sinuata fortemente nella sua parte posteriore, appuntita all’ estremità e distinta dal corpo della conchi- glia per una leggiera depressione estesa dall’apice al margine posteriore. La orec- chietta anteriore è un poco più piccola di quella posteriore. Esse, le orecchiette, sono provviste soltanto di lamine sottili, serrate ed oblique, prolungamento di quelle che formano il sistema ornamentale concentrico del corpo delle valve, e ne hanno la stessa disposizione. Il margine cardinale è lungo. Mi è riuscito impossibile di potere preparare la cerniera e d’ osservare la struttura di questa specie, che è sottile e fortemente attaccata alla roccia. Essa per la grandezza della sua orecchietta posteriore e per |’ estesa sinuosità , che ha nella sua parte posteriore, pare che fosse un’Avicula; però la sua forma or- biculare od ovale, la configurazione del suo ombone, e l’analogia nell’ornamenta- zione che ha con |’ Aviculopecten Sedgwicki, M° Coy sp., 1’ Aviculopecten cinetus, M’ Coy sp. e l’Aviculopecten Jonus, Gemm., me la fanno piuttosto considerare come un Aviculopecten. Questa specie si distingue dall’ Aviculopecten Sedgwicki, M' Coy sp. per es- sere provvista di costicine radiali, e dall’ Aviculopecten Janus, Gemm. per avere le due valve ornate allo stesso modo. Essa è comune nel calcare grossolano con -Fusulina della Pietra di Salo- mone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano parecchi esemplari. AvicuLoProTtEN JANUS, Gemm. (Tav. XXIV, fig. 12 a 15). Lunghezza. LR 0 e Doe ira Larghezza .. tt IR IR N Vi i Spessore: ".; 1. SIERO OO È ? 8 1pgnm Questa specie è con contorno orbiculare od ovato-orbiculare, inequivalve, ed ornamentata diversamente nelle due valve. La valva sinistra è leggermente con- vessa, con ombone appena curvato, piccolo e appuntito, ed ornata di: costicine radiali, irregolari, poco elevate e distanti fra di loro, intersecate da lamine con- centriche, sottili e non serrate, che di tratto in tratto s’ ispessiscono, si elevano DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 43 e formano dei cercini concentrici, stretti, lamelliformi e distanti fra di loro. La valva destra è così poco convessa, che può dirsi appiattita, con ombone piccolo, appena curvato, appuntito e un poco meno prominente di quello dell’altra val- va; la sua superficie è provvista di spesse linee concentriche che di tratto in tratto si elevano e formano dei cercini concentrici, distanti e resi nodosi dal- l’ incrociamento di costicine radiali che, sebbene siano leggiere, s’' ingrossano so- pra di essi a forma di piccoli nodi. Le orecchiette posteriori sono grandi, aliformi e sinuate dietro. Esse sono adornate come la superficie della valva a cui appar- tengono. Il seno per il passaggio del bisso è stretto ed esteso sino alla parte anteriore dell’apice della valva destra. Questa specie, per la scultura delle sue valve, si distingue facilmente dagli Aviculopecten conosciuti. La ornamentazione della sua valva sinistra richiama quella dell’ Aviculopecien acanthicus, Gemm. sp.; però, se ne dislingue , perchè le sue lamelle concentriche sono meno serrate, i cercini più stretti alla base e lamelliformi, e le costicine radiali più elevate, meno distanti fra di loro e man- canti di spine. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della. R. Università di Palermo si con- servano parecchi esemplari di questa specie, che è meno comune della’ prece- dente, e proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone nella valle del fiume Sosio (Provincia di Palermo). AvICULOPECTEN Sicanus, Gemm. (Tav. XXIV, fig. 18). PIRO Zz agi rn E en Ti Are hezzAge sese a e ri o Tim SAPISOTOAE IR I OI n A RR Di questa specie conosco soltanto la valva destra. Essa è con contorno ovato-orbiculare, leggermente convessa ed ornata di costicine radiali, numerose e sottili, che vengono rese finamente granulose dall’ incrociamento di forti strie concentriche, alcune delle quali di tratto in tratto s’ ispessiscono, e si elevano a guisa di cercini concentrici e distanti fra di loro. L’apice è piccolo, appuntito e appena curvato. Le orecchiette sono triangolari e chiaramente distinte dal corpo della valva. L’ orecchietta posteriore è un poco più lunga e sinuata in dietro. L’anteriore è provvista di strie trasversali incrocianti delle costicine longitudinali granulose. Il seno per il passaggio del bisso è stretto ed esteso fino al lato ante- riore dell’apice. i Questa specie si distingue nettamente dagli Aviculopecten permo-carboniferi. L’Aviculopecten Comelicanus, Stach. le rassomiglia in qualche modo per l’ornamen- 4A LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA tazione: ma, oltre che la sua rassomiglianza è lontana, perchè la specie siciliana ha dei cercini concentrici che mancano in esso, la sua forma è ancora molto diversa. Essa è rarissima e proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pie- tra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. L’esemplare Tav. XXIV, fig. 48 si conserva nel Museo di Geologia e Mineralo-. .gia della R. Università di Palermo. AvicuLoPECcTEN BertrANnDI, Gemm. sp. (Tav. XXIV, fig. 6 a 10). 1892. Pecten Bertrandi, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 9, n. 4, Palermo. 1892. » Shumardi, Gemmellaro, idem, p. 10. Lunghezza... 0 IR AR e Dm] Larghezza . i. Rot RT e o O O pura Spessore: 0. IR N RINO ? ? Conchiglia quasi equilaterale, orbiculare , talvolta un poco ovale e appena inequivalve. La valva destra è un poco meno convessa della sinistra, e con strie concentriche numerose, forti e serrate. La valva sinistra è convessa ed ornata di forti strie concentriche, che di tratto in tratto si elevano più o meno a guisa di cercini concentrici, variabili in numero e distanza, incrocianti numerose co- sticine radiali, irregolari, strette, poco elevate e spesso quasi scancellate. Gli apici sono piccoli, avvicinati fra di loro, appuntiti e poco curvati, di cui quello della valva dritta è meno arcuato ed elevato di quello della valva sinistra. Le orecchiette sono chiaramente distinte dal corpo delle valve per la presenza d’una stretta depressione a forma di solco, che dall’apice si estende alla loro base. La orecchietta posteriore è lunga, triangolare , acuminata all’ estremità e sinuata dietro, e |’ anteriore un poco più corta , triangolare e rotondata all’ estremità, Sopra di esse le linee concentriche del corpo della conchiglia si riuniscono a fa- ‘ scetti, divisi da solchi, c le percorrono obliquamente; questi fascetti di strie sulla orecchietta anteriore destra sono incrociate da 4 a 5 solchi longitudinali, stretti. e alquanto profondi. {l seno per il passaggio del bisso, che sta situato sotto la orecchietta anteriore della valva destra, è stretto ed esteso fino al lato anteriore dell’apice. Il margine cardinale è lungo. i Le due valve di questo Avicwlopecten sono così diverse fra di loro che per qualche tempo le ho considerate, come appartenenti a due distinte specie, dando alla valva destra il nome di Pecten Bertrandi e alla sinistra quello di Pecten ‘ DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 45 Shumardi. Ora che ho parecchi esemplari con le valve in posto, avvedutomi dell’errore commesso, riunisco le credute due specie sotto il nome di Aviculopecten Bertx andi, Gemm. Esso non ha veri rapporti d’affinità con le specie conosciute fin° ora, pro- venienti dal carbonifero e dal permiano. L’ Aviculopecten concentricostriatus , M’ Coy ha qualche rassomiglianza con la sua valva destra, ma la specie del cal- care grossolano con Fusulina della Sicilia se ne allontana di molto , perchè è inegualmente ornata nelle due valve. Specie comune nel calcare grossolano con Fusuliza della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne hanno varî esemplari. AVICULOPECTEN DENSISTRIATUS, Gemm. (Tav. XXIV, fig. 16). 1892. Aviculopecten densistriatus, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 9, n. 4, Palermo. Durata e e TE. ea eanpnozaal dass ani e A Questa specie è piccola, quasi equilaterale, ovato-orbiculare, poco convessa ed ornata di strie radiali, finissime e serrate, che vengono intersecate da fine strie concentriche d’accrescimento fra le quali alcune sono più grandi ed elevate. L’apice è piccolo, leggermente curvato e appuntito. L’orecchiette sono relativa- mente grandi, distinte e adornate come il corpo della conchiglia; l’orecchietta posteriore è più grande e dietro leggermente sinuata. Il margine cardinale è dritto e lungo. | Essa per l’ornamentazione ha qualche rassomiglianza con l° Aviculopecten crebristriatus, de Kon. sp., ma se ne allontana, perchè è più finamente striata e con le orecchiette configurate diversamente. Questa specie è rarissima. Essa proviene dal calcare grossolano con Pusu- lina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano (Provincia di Palermo). L’esemplare qui figurato si conserva nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. 46 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA AVICULOPECTEN NITIDUS, Gemm. (Tav. XXIV, fig. 17). 1892. Aviculopecten nitidus, Gemmellaro, Bull. della Società delle scienze nat. ed econ., p. 9, n. 4, Palermo. Lunghezza," cate vale al A Larghezza. Lidi ld RAV I O Conchiglia piccola, sottile, quasi orbiculare, regolarmente convessa. un poco inequilaterale, ed ornata di costicine radiali formanti due cicli; quelle del primo cielo sono da 10 a 41 strette, elevate e percorrono tutta la superficie della con- chiglia; quelle del secondo ciclo, più strette, occupano i suoi ?/ inferiori. Gli apici sono curvati, piccoli e appuntiti. Le orecchiette sono grandi e non bene limitate dal corpo delle valve ; le posteriori più grandi delle anteriori , poco sinuate nella loro parte posteriore e con strie trasversali, e le anteriori provvi- ste di strie longitudinali finissime e avvicinate fra di loro. Il seno per il pas- saggio del bisso è stretto. i Questa specie ha una lontana rassomiglianza con l’Aviculopecten Trinkeri, Stach., da cui sì distingue per essere più dilatata, con costicine più distanti fra di loro e meno numerose, e con strie concentriche estremamente fine e distin- guibili con forte lente. Questa rara specie proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pie- tra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano tre esemplari. DELLA VALLE DEI FIUME SOSIO 4T STREBLOPTERIA, M’ Coy STREBLOPTERIA PUSILLA, Schl. sp. (Tav. XXIV, fig. 22 a 24). 1816-17. Discites pusillus, Schlotheim, Denksch, d. K. Ak. d. Wiss. zu Miinchen p.i9tx Tav: VI, figa 1834. Pecten pusiltus, Goldfuss, Petr. Germ., 44, p. 72, Tav. 98, fig. 8. 1848. » » Geinitz, Deutsch. Zechst, p. 10, Tav. IV, fig. 22. 1850. » » King, Mon. Perm. Foss., p. 153, Tav. XII, fig. 4 a 3. - 1853. » » Schauroth , Sitzber, d. K. Ak. d. Wiss. zu Wien , XI, fig. 12. i 1861. » » Geinitz Dyas, p. 80, Tav. XV, fig. 4, a, d, c. ‘1881-83. Streblopteriu pusilla, Zittel, Handb. der. Palaeont. tom. 2, p. 34. 1892. da LS Gemmellaro , Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p, 9, n. 1, Palermo. Eunehezzasca ea o e i [um game PAIENezZZa nano Rca gen, 2 SPESSOFOM I O a omm Gum La Streblopteria pusilla, Schlot. sp., proveniente dal calcare grossolano con Fu- sulina della Provincia di Palermo , è un poco più depressa della forma data da Goldfuss e Hing; essa somiglia piuttosto a quella data da Geinitz (Dyas, Ta- vola XV, fig. 4, a, d, c). Inquanto poi alle sue strie concentriche d’accrescimento esse sono appena distinguibili negli esemplari aventi la superficie un poco alte- rata, mentre in quelli ben conservati queste sono, non solo visibili, ma ben distinte. — Essa è rara nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone . nella valle del fiume Sosio nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano quattro esemplari. 48 \ LA FAUNA DEI. CALGARI CON FUSULINA STREBLOPTERIA SERICEA, Vern. sp. 1845. Avicula sericea, Murchison, Verneuil e Keyserling, Géol de la Russ. d’ Europe, Tom. 41,3, part., p. 324, Tav. XX; fig. AB. È 1861. Pecten sericeus, Keyserling, Petschoraland, p. 246, Tav. X, fig. 12. 1861. x » Geinitz, Dyas, p. 8, Tav. XV, fig. 2e 3, Tav. XIX, fig. 23. 1884-85. Streblopiteria sericea, Zittel, Handb. der Palaeont., tom. 2, p. 84. 1892. » » , Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 9, n. 4, Palermo. Le due valve di Streblopteria, che riferisco a questa specie, provengono dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone della valle del fiume Sosio nella Provincia di Palermo. Esse si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. i StREBLOPTERIA ANTINORI, Gemm. (Tav, XXIV, fig. 25 a 27). Lunghezzak}, sl Ra Re Larghezza. ii. I ARTE. Spessore: ici: AR e E A Conchiglia ovale, più larga che lunga, fortemente depressa e. inequilate- rale. Gli apici sono acuti e leggermente curvati. Il margine posteriore è arcuato, e raggiunge quello ventrale curvandosi gradatamente. Il lato anteriore è esca- vato verso l'apice. Le orecchiette posteriori sono piccole e tagliate obliquamente; le anteriori molto più grandi,. bene limitate e provviste di costicine radiali intersecate da fine strie trasversali. i ire LIE La sua superficie è ornata di strie concentriche, forti e un poco distanti fra. di loro. : e Questa specie ha intimi rapporti di affinità con la Streblopteria sericea, Vern. ‘sp., dalla quale differisce per essere ovale, molto più depressa e con strie con- centriche più forti e non serrate. Vicina pure alla Streblopteria pusilla , Schl. | sp., sebbene meno strettamente, se ne distingue, perchè è ovale, molto de- pressa e con le orecchiette anteriori ornate di costicine radiali incrociate da strie concentriche. I RR 7$ | pria DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 49 Di questa rara specie, proveniente dal calcare grossolano con fvsulina della Pietra di Salomone nella valle del fiume Sosio nella Provincia di Palermo, nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università vi sono parecchi esem- plari. i LIMATULINA, de Koninck LIMATULINA ASPERA, Gemm. (Tav. XXII, fig. 9 a 14). 1892 Limatulina aspera , Gemmellaro , Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 10, n. 41. Palermo. ILE EZZ ANO i e e non pm O ARE RR ni ii gi di ET AO A JO SPESSONO A E e oi SO E ot e TO an Omm Questa specie è quasi equivalve, chiusa, ovale, più o meno obliqua di avanti in dietro e regolarmente convessa. La vaiva destra è un poco più risonfiata della sinistra. Gli apici, curvati, distanti l’ uno dall’altro e appuntiti, sono si- tuati quasi nel mezzo del margine cardinale, che è lungo la metà della mag- giore lunghezza della conchiglia. L'area legamentare è triangolare, distintissima ed estesa fino all’ estremità del margine cardinale; essa nei centro ha una su- perficie deitiforme, appena depressa, qualche volta elevata, c striata trasversal- mente per l'attacco del legamento. Le orecchiette anteriori sono molto più grandi delle posteriori; quella sinistra è molto convessa e ben limitata, mentre quella destra è quasi piana e divisa dal corpo della valva da un solco per il passaggio del bisso. Questo solco, sempre ingrandendosi, si estende dall’ apice fino alla parte inferiore dell’ orecchielta. Le orecchiette posteriori sono anche esse limi- tate, ma molto meno delle anteriori, e tagliate obliquamente. La superficie della conchiglia è ornata da 16 a 18 coste radiali, fra te quali qualcuna biforcata, rese imbricate, aspre e squamose dallo incrociamento di nu- ‘merose lamine concentriche. i Le Limatulina, fin’ ora proprie del periodo carbonifero, sono più o meno inequivalvi e con la valva destra meno rigonfiata della sinistra. Le specie pro- venienti dai calcari con Fusulina della Provincia di Palermo hanno invece la valva sinistra meno rigonfiata della destra. Questa sola differenza, sebbene es- senziale, non è sufficiente per potere giustificare l’elevazione a gruppo autonomo di queste Pelecypoda, le quali conguagliano con le Limatulina in tutti gli altri Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XXI. 7 50 LÀ FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA caratteri fondamentali; quindi mi pare giustificabile la loro identificazione con un gruppo di specie, quali sono le Limatulina , che si svolse in un momento geologico immediatamente precedente a quello del calcare con Fusulina della Sicilia. La Limatulina aspera, Gemm. ha intimi legami d’affinità con la Limatulina consanguinea, Gemm., dalla quale si distingue per essere meno inequivalve, meno dilatata e provvista di coste generalmente semplici e regolari. Essa ha pure qualche rassomiglianza con la Limatulina radula, de Kon. proveniente dal car- bonifero di Visè, ma se ne allontana, perchè è con la valva destra leggermente più rigonfiata della sinistra, meno obliqua e con le coste più aspre e scagliose. Questa specie è comunissima nel calcare grossolano, e rara in quello com- patto con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto de' dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano moltissimi esemplari. LIMATULINA CONSANGUINEA, Gemm. (Tav. XXIV, fig. 1 e 5). 1892. Limatulina consanguinea, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 10, n. 4, Palermo. Lunghezza; c.c e STO a Larghezza: E EC e SORA o nn Spessore: 0. sal Sena o SR, È 13mm Questa conchiglia è inequivalve, quasi ovale, obliqua, dilatata verso la sua parte posteriore e rigonfiata nella sua parte ombonale. La valva destra è più rigonfiata della valva sinistra. Gli omboni, che stanno situati nel mezzo della linea cardinale, sono piccoli, appuntiti e distanti fra di loro; d’essi quello della valva destra è più curvato e prominente. L'area legamentare è larga, triangolare e lunga quanto il margine cardinale. Le orecchiette anteriori sono grandi, trian- golari, con l'angolo esterno arrotondito, e circoscritte chiaramente dal corpo delle valve; l’orecchietta sinistra da una profonda depressione , e la destra dal seno del bisso che dall'apice, dove è stretto, si. estende, allargandosi, fin sotto l’orec- chietta. Le orecchiette posteriori sono piccole, ben limitate e tagliate obliquamente. Essa è adornata di coste radiali, molte delle quali si dividono, nella regione ombonale, in due o in tre secondarie e la percorrono fino al suo contorno. Que- ste coste spesso sono irregolari e variabili in grandezza, e talvolta, alcune es- sendo divise fra di loro da solchi superficiali, assumono la configurazione a fasci. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO DA Inoltre tutta la superficie della conchiglia è provvista ancora di lamine concen- iriche che, intersecando le coste, vi s’ ispessiscono, si elevano e le rendono sca- brose, squamose e imbricate. Questa specie si distingue dalla Limatulina aspera, Gemm. per le differenze sopra notate. i Essa è comune nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone, e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Parecchi esemplari di questa specie si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. PECTEN, Klein. PecteN PoLitus, Gemm. (Tav. XXIV, Fig. 19 a 21). 1892. Pecten politus, Gemmellaro , Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 140, n 4, Palermo. ARIE e a AE e RA i en Vila, Jiayghezza massima ii e e SO (mm SPOEssor e el o rr ae ? Conchiglia con contorno ovale, fortemente depressa, inequivalve ed cquila- terale. La valva destra è quasi appiattita e liscia. La valva sinistra è legger- mente convessa sulla linea mediana , depressa ai fianchi e provvista di coste radiali, basse e ineguali, che essendo divise fra di loro da solchi più o meno profondi, parecchie di esse sembrano resultare dall'unione di più costicine riu- nite a fasci. Queste coste sono incrociate da strie concentriche forti, fine ed equi- distanti. La orecchietta posteriore è grande, triangolare, striata trasversalmente e nettamente limitata dal corpo della valva dalla presenza d’una purche nes sione. L’orecchietta posteriore non si conosce. Questo Peefen si distingue facilmente per la sua ornamentazione dalle specie permo-carbonifere conosciute. La sola specie, con cui ha qualche lontana rassomiglianza, è il Peeten praecox, Waag.; però la forma siciliana è più grande e le sue coste sono più irregolari, generalmente più larghe e divise da solchi più stretti e variabili anche essi in forza e distanza. Questa rarissima specie proviene dal calcare compatto con /usulina delta Pietra di Salomone de’ dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Gli esemplari di cui si danno i disegni appartengono al Museo di Geologia e Mi- neralogia della R. Università di Palermo. ba LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA RADULIDAE LIMA, Bruguière Lima CONNECTENS, Gemm. (Tav. XXI, fig. 16). 1892. Lima connectens; Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., p. 10, n. 4, Palermo. Tpothezza il i CU OO Tiarghezzai.. it E SAR LT I Questa conchiglia è piccola, equivalve, un poco rigonfiata, obliquamente ovale e strettamente beante nella parte superiore del suo lato anteriore. Essa in questo lato, che è quasi troncato, ha una escavazione piccola e profonda che circoxerive nettamente le orecchiette anteriori. Il lato posteriore e il ventrale sono arcuati; quello cardinale è dritto. Gli omboni sono curvati, rivolti in avanti, prominenti, appuntiti e distanti fra di loro. Le orecchiette sono piccole, spesse e ben limitate; l'anteriore è molto più piccola e meglio circoscritta della poste- riore. L'area legamentare, visibile esternamente, è triangolare, alta, lunga e con fossetta legamentare stretta e centrale. La superficie della conchiglia è provvista di strie concentriche d’acerescimento forti e irregolari. Questa specie ha stretti legami di affinità con la Lima permiana, King, da cui si distingue per essere più stretta, obliquamente ovale, quasi troncata nel lato anteriore, con il lato cardinale più corto e con le orecchiette più piccole. Questa Lima proviene dal calcare grossolano con /usulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università se ne conservano parecchi esemplari. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 53 LIMA SUBRETIFERA; Gemm. (Tav. XXIV, fig. 11). 1892. Lima subretifera, Gemmellaro, Bull. della Società di scienze nat. ed econ., pag. 410, n. 4, Palermo. Lunghezza . SV ft OE RESTA TIM LO NP ala lar Bhezzant e e re ei AR Conchiglia piccola, ovale, allungata, convessa, troncata nel suo lato anteriore e rotondata in quello posteriore. Gli omboni sono curvati, prominenti, acuti e distanti: fra:dieloro. Le orecchiette sono piccole e ineguali, e-di esse l’anteriore è piccolissima. La superficie del corpo della conchiglia e delle orecchiette è or- nata di costicine radiali, sottili, elevate e divise da larghi solchi, e di linee con- centriche che. incrociando le costelle, le rendono un poco papillose. Questa specie ha stretta analogia con la Lima retifera Shum., da cui si allontana per essere troncata nel suo lato anteriore e per avere le orecchiette meno grandi e adornate di costicine. Per questo ultimo carattere essa ha più rassomiglianza con la Lima Footei Waag., ma la sua forma e l’ornamentazione sono diverse. Questa bella specie proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone nella valle del fiume Sosio nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ce ne sono tre esem- plari. dA LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA ANOMIIDAE ANOMIA, Linnè. AnoMia PRISCA, Gemm. (Tav. XXIV, fig. 28 e 29). 1892. Anomia prisca, Gemmellaro, Bull. della Società di Scienze nat. ed econ., p. 44, -n. 47 Palermo, Lunghezza: VE MISSOORE Recioto Larghezza tif RO IA OI Spessore i A LR E O Questa specie è sottile, traslucida, irregolare, rugosa, concentricamente la- mellosa, inequivalve e con il margine cardinale dritto. La valva sinistra è in- tiera, un poco convessa verso l’ombone , irregolarmente depressa e appiattita nella regione periferica; il suo ombone è piccolo, marginale e appena curvato. La valva destra è più piccola della sinistra, opercolare, appiattita, escavata alla ra- gione periferica, con i margini rialzati e largamente forata. Il forame è largo rotondo e situato sotto l’apice. Questa interessante specie è rarissima. L’esemplare, che ho in esame, era aderente. vicino a una Lyttonia e parecchie Richtofenia, sopra un pezzo di cal- care grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Esso è più irregolare, con l’ apice più appuntito, con il margine cardinale meno lungo e con il forame più largo dell’ Anomia antiqua, M° Coy, che è la sola Anomia che si conosce nella serie permo-car- bonifera. L’ esemplare, di cui si dà la figura, si conserva nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. , st DELLA VALLE DEI. FIUME SOSIO 55 QUADRO della distribuzione verticale delle Pelecypoda nei calcari con Fusulina della Valle del fiume Sosio (Provincia di Palermo). A B Calcare Calcare compatto grossolano 20 Pseudomonotis immanis, Gemm. —_ 4 Edmondia Gimbeli, Gemm. _ + 2 » multilamellosa, Gemm. — + 3 » isocosmica, Gemm. _ - 4 Sanguinolites Shumardi, Gemm. — + 5 Conocardium Fritschi, Gemm. + dl 6 » Siculum, Gemm. _ + 7 Allorisma sericea, Gemm. _ + 8 » mediterranea, Gemm. _ + 9 Cleidophorus eductus, Gemm. —_ + 10 » striatulus, Gemm. - + 41 » Catherinue, Gemm. _ + 12 Geinitzia Catherinae, Gemm. + t 43 » carinata, Gemm. _ t 14 Macrodon Whitei, Gemm. _ + 15 » comptus, Gemm.. —_ + 16 » latisinuatus, Gemm. _ — 17 » multilamellatus, Gemm. - + 18 Arca Douvillei, Gemm. sp. _ + 19 » Salomonensis, Gemm. — + sr 24 » Waageni, Gemm. _ + 99 » fimbriatus, Gemm. — = 23 » Toulai, Gemm. — + -24 Bakevellia elegans, Gemm. — + bo SI A riportarsi 2 56 LA FAUNA DEI CALCAREI CON FUSULINA A B Calcare Calcare compatto grossolano Riporto 2 dA 25 Liebea ? mediterranea, Gemm. + — 26 Avicula Josephinae, Gemm. + + 27 Leiopteria augusticoncha, Gemm. sp. - + 28 a consimilis, Gemm. sp. — + 29 ) inflata, Gemm. — + 30 » verrucosa, Gemm. sp. — — 341 Rutotia thyrrena, Gemm. = at 22 Pinna — Credneri, Gemm. — t 33 » triquetra, Gemm. — cu 34 Aviculopecten acanhicus, Gemm. == E 35 » Janus, Gemm. i —_ + 36 » Sicanus, Gemm. = + 37 » Bertrandi, Gemm. sp. _ DE 38 » densistriatus, Gemm. — = 39 » nitidus, Gemm, —_ + 40 Streblopteria pusilla, Schl. sp. _ “ Aci sericea, Vern. sp. = * 42 » Antinorii, Gemm. _ + 43 Limatulina aspera, Gemm. + i 44 » consanguinea, Gemm. — a 45 Pecten politus, Gemm. + — 46 Lima connectens, Gemm. - t 4T » subretifera, Gemm. — # 48 Anomia prisca, Gemm. n ur DI TAVOLA XX. Fig. 1. Edmondia multilame!losa, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusu/ina della Pietà di Salo- mone. Fig. 2. ) » » Valva destra vista dalla parte interna, idem. Fig. 3. » > » Altro esemplare, con il legamento esterno, vi- » sto dal lato posteriore, idem. Fig. 4. Edmondia Gimbeli, Gemm. Esemplare della medesima provenienza Fig. s. » » » Valva destra vista dalla parte interna, idem. Fig. 6. Allorisma sericea, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zwsuliza della Pietra di Sa- 4 lomone. : Fig. 7. » » » Un frammento dello stesso esemplare in- grandito. Fig. 8. Cleidophorus striatulus. ‘Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano della Pietra di Salomone. Fig. 09. » » » Lo stesso esemplare visto dal lato anteriore. Fig. 10. C/esdophorus eductus, Gemm. Esemplare proveniente dalla medesima lo- calità. Fig. 11. » » » Lo stesso esemplare visto dal lato anteriore. Fig. 12. C/eidophorus Catherinae, ‘Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusu/zna della Pietra di Sa- lomone (Nell’originale le coste principali longitudinali sono molto più rilevate). Fig. 13: » » » Lo stesso esemplare visto dal lato anteriore. Fig. 14. C/eidophorus striatulus, Gemm, Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusulzna della Pietra di Sa- lomone. Fig. 15. » » » Lo stesso esemplare visto dal lato anteriore. Fig. 16. Pleurophorus? retrocostatus, Gemm. Esemplare della stessa provenienza (1). Fig. 17. » » » Lo stesso esemplare visto dal lato cardinale. (1) Questa specie ha l’aspetto d'un Macrodon; essa però nei suoi modelli interni è prov- vista per ogni valva di due impronte di denti cardinali, e di quella del muscolo adduttore anteriore, che nel suo lato posteriore viene circoscritta nettamente da un’altra impronta stretta e a forma di solco. Questi caratteri l’allontanano dai Macrodon, mentre invece l'avvicinano ai Pleurophorus, con i quali ha ancora comune gli ornamenti e lo spessore. La descrizione di questa rara specie, che mancando di lunula, riferisco con dubbio al genere Pleurophorus, è stata inavvedutamente omessa nel testo. : Giornale di ScienzeYNat. ed Econ. Vol. XXI. 8 Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 21. Conocardium Siculum, 22. » 20 > 24. Geinitzia Catherinae, 25. » 26. » 207 » 28. » Leni 4. Macrodon . Edmondia UIL 6. » 7. Macrodon . 18. Conocardium Fritschi, » d multilamellatus, Gemm. ZSOCOSMICA, Whitei, . Allorisma mediterranea, » Gemm. Gemm. Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con ZFusu/ina della Pietra di Sa- lomone. Lo stesso esemplare visto dal lato cardinale. Altro esemplare proveniente dal calcare compatto con Zwsulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dal calcare tenero con ZFusulina della Pietra di Salomone. Lo stesso esemplare visto dal lato cardinale. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Fusz/ina della Pietra di Sa- lomone. Altro esemplare della medesima provenienza. Lo stesso esemplare visto dal lato anteriore. Valva sinistra vista dalla parte interna. Altra valva sinistra vista dalla parte interna. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Fusulina della Pietra di Sa- lomone. Lo stesso esemplare visto dal lato poste- riore. TAVOLA XXI. Gemm. Genm. » Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusulina della Pietra di Sa- lomone. Lo stesso esemplare visto dal lato cardinale. Un frammento dello stesso esemplare in- grandito. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusulina della Pietra di Sa- lomone. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusulina della Pietra di Sa- lomone. Lo stesso esemplare visto dal lato anteriore. Esemplare proveniente dal calcare grosso- Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 8. Arca Douvillei, 9. » » IO, » » 11, Arca Salomonensis, 12. Pinna Credneri, 13. » » 14. Pinna triquitra, IS. » » 16. Zima connectens, I. Bakevellia elegans, 2. » » 3. Liebea? mediterranea, 4. Avicula Josephinae, 7. Pseudomonotis immanis, Gemm. Gemm. Gemm. Gemm. 59 lano con Fusulzna della Pietra di Sa- lomone. sp. Esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Zusu/ina della Pietra di Sa- lomone. Lo stesso esemplare visto dal lato cardinale. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con ZFusu/zna della Pietra di Sa- lomone. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusu/ina della Pietra di Sa- lomone. Profilo d’una sezione trasversale. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusulina della Pietra di Sa- lomone. Profilo d’una sezione trasversale. Esemp'are proveniente dal calcare grosso- lano con ZFusw/tna della Pietra di Sa- lomone. TAVOLA XXII. Gemm. Gemm. Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Zusu/ina della Pietra di Sa- lomone. Lo stesso esemplare visto dal lato posteriore. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rupe del Passo di Burgio. Valva sinistra proveniente dal calcare gros- solano con Zusulina della Pietra di Sa- lomone. Valva destra della stessa provenienza. Altra valva sinistra, della stessa provenienza, disegnata dalla faccia interna per far ve- dere la cerniera. Esemplare visto dal lato della valva destra proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. 8. Psendomunotis immanis, 9. Pseudomonotis Waageni, Fig Fig Fig. 10. Fig. 11. Fig. 12. Fig. 13. Fig. 14. Fig. 15. Fig. 1. Fig. 2. Rio 3% Fig. 4. Fig. 5. Fig. 6 Pip.cere Fig. 8 Fig. 9. Fig. 10. Fig. 11. Limatulina aspera, » » » » » » » D) » » Macrodon latisinuatus, »:] » » » Macrodon comptus, . Leiopteria angusticoncha, Leiopteria consimilis, » » Letopteria verrucosa, Gemm. Lo stesso esemplare visto dal lato posteriore. Gemm. Esemplare visto dal lato della valva destra proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Gemm. Esemplare visto dal lato della valva destra proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. » Lo stesso esemplare visto dal lato della valva sinistra. » Altro esemplare, della stessa provenienza, visto dal lato posteriore. » Idem visto dal lato cardinale. » Un altro esemplare, della stessa provenienza, visto dal lato della valva sinistra » Idem visto dal lato della valva destra. TAVOLA XXIII, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Fusu/ina della Pietra di Sa- lomone. » Lo stesso esemplare visto dal lato anteriore. » Altro esemplare della stessa provenienza. Gemm.. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Fusu/ina della Pietra di Sa- lomone. È » Altro esemplare proveniente dalla stessa località, i Gemm. sp. Esemplare visto dal lato della valva sini- stra; esso proviene dal calcare grosso- lano con Zusu/ina della Pietra di Sa- lomone. » Lo stesso esemplare visto dal lato posteriore. » Altro esemplare, della stessa provevienza, visto dal lato della valva sinistra. Gemmn sp. Esemplare visto dal lato posteriore pro- veniente dal calcare grossolano con /w- sulina della Pietra di Salomone. » Idem visto dal lato della valva sinistra. Gemm. sp. Valva sinistra proveniente dal calcare Fig. 12. 43: 1CL& DLE SEXO, LI: SITO: . 19. = 20, . 2I. . 22. se 23; 24. mi2G, 26. NEL 5 283 Letopteria consimilis, D » Leiopteria inflata, Pseudomonotis fimbriata, » » Pseudomonotis Toulai, » » Aviculopecten acanthicus, » » » » » » Sanguinolites Shumardi, 64 compatto con FusuZiza della Rocca di San Benedetto, Gemm. sp. Altro esemplare, proveniente dal calcare Gemm, Gemm. grossolano con Fwsu/zra della Pietra di Salomone, visto dal lato della valva si- nistra, Un altro esemplare, della stessa provenienza, visto dal lato della valva sinistra. Idem visto dal.lato posteriore. Esemplare, proveniente dal calcare grosso- lano con, Zusu/iza della Pietra di Salo- mone, visto dal lato della valva sinistra. Esemplare visto dal lato della valva sini- stra proveniente dal calcare grossolano con Ausulina della Pietra di Salomone, Idem visto dal lato della valva destra. Altro esemplare, della stessa provenienza, visto dal lato della valva sinistra. Idem visto dal lato della valva destra. Esemplare, proveniente dalla stessa località, visto dal lato della valva sinistra. Idem visto dal lato della valva destra. Valva sinistra proveniente dal calcare gros- solano con Fusulina della Pietra di Salomone, Altra valva sinistra della stessa provenienza, Un’ altra valva sinistra proveniente dalla stessa località. Valva destra della medesima provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con Fusu/zna della [Pietra di Sa- lomone. Altro esemplare della medesima provenienza. Idem visto dal lato cardinale. 62 Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 1. Zimatulina consanguinea, N rr. Zima subretifera, 12. ngi 14 Is. 16. 1971, 18. 0 20, 21, 22 23. 24. » » » » >» . Pecten polttus, » » . Streblopteria pusilla, » » » . Aviculopecten Bertrandi, » » Aviculopecten Janus, Aviculopecten nitidus, Aviculopecten Sicanus, » » TAVOLA XXIV. Gemm. »d » » » Gemm. » » Aviculopecten densistriatus, Gemm. Gemm. Gemm, Gemm. » » Schl. Valva sinistra proveniente dal calcare gros- solano con Zwusulina della Pietra di Sa- lomone. Valva destra della stessa provenienza. Altra valva sinistra, idem. Altra valva destra, idem. Esemplare visto dal lato anteriore. sp. Va'va destra della stessa provenienza. Altra valva destra, idem, . Valva sinistra proveniente dal calcare gros- solano con Fusu/ina della Rupe di San Benedetto. Valva sinistra idem. Esemplare visto dal lato ‘posteriore prove- niente dal calcare grossolano con Z- sulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dalla stessa località, Valva sinistra, idem. Valva destra, idem. Esemp'are visto dal lato della valva sini- stra, idem, Lc stesso esemplare visto dal lato della valva destra, idem. Valva sinistra proveniente dal calcare gros- solano con Zuswlina della Pietra di Sa- lomone. Valva sinistra della medesima provenienza, Valva destra della stessa provenienza. Valva sinistra proveniente dal calcare com- patto con Fusu/zna della Pietra di Sa- lomone. Altra valva sinistra, idem. Valva destra, idem. sp. Esemplare visto dal lato della valva de- stra, idem. Lo stesso esemplare visto dal lato della valva sinistra. Idem visto dal lato anteriore. Lil Huber “ AFicarrotta lit ui mMeTine Lit. Visconti TAV.XXII ne dis Vilas aliotti b \ Lat. F.Ca TAVXXII | Stablit F Cataliotti-Palermo F.Fazzone dis F.Fazzone dis. tua, Mi Lal E ERA i el I ‘o = gi RA SIOE d LA . A È b, # î | i F n “ atta f A . x Ù I € : L x î “% x } ad PR ' è» ’ #4) _ lA «l n°, dl [| è Ù , ita pi; si ola Ka c- MAI “ : x Li Li nf SA Ù i 4 ni SPA DU , x 7 Li 9 : : a NAT LI, A CA . « der - det Ù Ù , bi dt AI vi L pas Ù i gp. f IP) , A Ù A ù 4 ® kh; * ud Ù e CI î . er RELA ds E . ‘ x fut bo r A bhò ‘# Ù o dal a . , ‘ x vm Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 25. 28. 29. 30. du: ga Streblopteria Antinorti, Anomia prisca, Letopteria inflata, Gemm, Gemm, Gemm, 63 Valva destra proveniente dal calcare gros- solano con Fusu/zna della Pietra di Sa- lomone. Valva sinistra, idem. Esemplare visto dal lato anteriore della stessa provenienza. Esemplare visto dal lato della valva sinistra proveniente dal calcare grossolano son Fusulina della Pietra di Salomone. Lo stesso esemplare visto dal lato della valva destra. Esemplare visto dal lato della valva sinistra proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Lo stesso esemplare visto dal lato della valva destra, Idem visto dal lato posteriore, RICERCHE SULLA TECNICA E SULLA ISTOGENESI DEL SANGUE DEL Dott. VINCENZO ACQUISTO «Assistente Tecnica — È noto che le cognizioni istologiche progrediscono, essenzialmente in virtù di perfezionamenti di tecnica, che permettono osservazioni più complete gli studiosi, che si occuparono della costituzione anatomica del sangue, trovarono sempre nelle condizioni della tecnica uno scoglio grave; tanto grave che bastò ad occultare per lungo tempo addirittura l’esistenza di uno degli elementi isto- logici del sangue, quello che oggi conosciamo col nome di piastrine. I tentativi per escogitare tecniche rispondenti alle difficoltà dell’ osserva- zione del sangue , sono tanto numerosi , che riescirebbe lunga la loro esposi- zione ; tralascio quindi di menzionare i metodi proposti da M. Schultze, dal Riess, dallo Schmidt, dal Ranvier ecc. per ricordare solo quelli che, più deli- cati, hanno permesso le ultime conoscenze sul sangue. L’ Hayem che pel primo riusciva a vedere nella loro forma le piastrine (ematoblasti com’ egli le chiama) eseguì l'esame del sangue mantenendolo alla temperatura di — 1° a + 4°, 5 G: propose l’ aggiunta del siero jodato di Schul e di soluzioni di sali neutri (solfato di soda, solfato di magnesio), o di un liqui simile a quello del Pacini (acqua distillata 200, Cloruro di sodio 4, sodio 5, Bicloruro di mercurio 0,50). Adoperò inoltre ii liquido amniotico unito all'acqua jodo-jodurata, la solu- zione di acido osmico all'1 per 100 pel sangue dei mammiferi. Ma con tutte queste pratiche riuscì soltanto ad ottenere che gli ematoblasti mantenessero per qualche ora e non più, senza subire quell’alterazione alla quale tendono con grande rapidità, e riconosce che anche il reattivo più impor- tante, quello dato dalla formola di Pacini, fissa gli ematoblasti ma decolorati e î er È E SULLA ISTOGENESI DEL SANGUE 65 fortemente retratti, e nello stesso tempo dà luogo alla precipitazione di una ‘sostanza albuminoide, che contribuisce a riunire gli elementi in ammassi più o meno voluminosi (4). Come mezzo per fissare gli emotoblasti in preparati stabili si loda partico- larmente dell’essiccamento rapido eseguito alla lampada sui vetrini, tecnica già ‘seguita dal Ranvier ed altri osservatori per la conservazione del sangue, ma che se ha potuto essere usata malgrado i risultati insufficienti che permette , . gli è solo perchè in mancanza dei metodi buoni, si è costretti a servirsi di quelli che si possiedono. Il Bizzozzero, che per il primo considerò come elemento normale e costante «del sangue le piastrine, riuscì a conservarle inalterate per 24 ore servendosi di una soluzione sodo-metilica, del violetto di genziana sciolto nella soluzione so- dica, della soluzione di alcuni sali, ch'egli annovera fra i migliori conservatori, quali: il solfato di magnesia (20-22 9/,) e il solfato di soda in soluzione satura. Mondino e Sala, che si proposero di provare che spettava alle piastrine la «dignità di elemento dimostrandone l’origine e la moltiplicazione autonome, indi- pendenti cioè dalla storia degli altri elementi sanguigni, diedero un nuovo im- i pulso alla tecnica di preparazione del sangue, adoperando , come mestruo dei reattivi fissatori e coloranti, il siero stesso del sangue che si studia, e circon- ‘dando il modo di estrazione del sangue dall’animale, e di allestimento del pre- parato, colle più delicate cautele, a fine di eliminare ogni causa di alterazione. Riuscirono in tal modo a conservare le piastrine per più di un giorno, ma pre- parati persistenti, consevazione indefinita degli elementi del sangue , neppure con tali tecniche vennero ottenuti. Come si vede un metodo tecnico sicuro e di facile uso, che potesse riuscire ‘utile tanto nello studio del sangue dei vertebrati ovipari, che in quello dei mam- miferi, tanto per lo studio del sangue normale, che per quello patologico man- ‘cava affatto; ciascun osservatore si è limitato a dare la preferenza ad un liquido «di aggiunta anzichè ad un altro, urtando sempre contro il solito scoglio della instabilità dei preparati e della conseguente discutibilità delle osservazioni fatte, «delle quali non poteva conservare indefinitamente la prova incontrastabile. Per questa considerazione intraprendendo una serie di ricerche sul sangue, ‘mi proposi come punto di partenza il perfezionamento della tecnica, e credo ‘aver raggiunto |’ intento in modo da non lasciar luogo a desiderii. Prima di esporre il mio metodo devo dire , che fra tutti i proposti dagli osservatori e da me provati senza eccezione, trovai che quello dell’essiccamento ‘rapido, di cui si lodano il Ranvier e l’Hayem, serve meno male degli altri per lo studio delle piastrine; però s' impone la necessità di modificarlo in modo da ‘rendere più sicura, costante e completa la riuscita dei preparati, perchè coll’es- (1) G. Hayem. Du Sang et de ses Altérations Anatomiques, Paris 1889. Giornale di Scienze Nat. ed Econ. Vol. XXI, 9 66 RICERCHE SULLA TECNICA siccamento praticato alla lampada si ottiene un piccolo gruppo di elementi non sempre ugualmente conservati. Io raggiunsi in certo modo lo scopo di ottenere buoni preparati, ricorrendo. a questo facile procedimento: dispongo un certo numero di vetrini coproggetti su di una stufetta ad acqua, portata alla temperatura di 43° a 45° G. e su di uno di essi faccio cadere direttamente dalla ferita dell’ animale che occorre di studiare, una goccia di sangue; colla maggiore rapidità possibile ho cura di di- stenderlo sulla superficie del vetrino, servendomi all’ uopo di un altro vetrino,. che passando di coltello, ne porta via |’ eccesso. Gli elementi del sangue così fissati si prestano assai bene per la doppia colorazione con l’emotossilina e con l’eosina in soluzione alcoolica, e inclusi in gomma Damar si conservano indefinitamente. Il metodo di preparazione ora descritto, che si può adottare quando si di- sponga, come nelle esperienze fatte amputando un arto di rana, di una ferita da cui geme il sangue liberamente a gocce, non si presta più evidentemente quando si vogliano esaminare ad esempio gli elementi sanguigni contenuti in un organo come il midollo delle ossa, la milza ecc., che devono essere prepa- rati mediante la dilacerazione. In questi casi è indispensabile un reattivo col quale gli elementi fissati stabilmente nella loro forma resistano a tutti i maneggi necessarii. Sono riescito, dopo una serie di tentativi, a comporre un tale reagente, di cui do la formula : e Soluzione di gr. mezzo di Acido cromico in 100 di Acqua distillata. p. 4 Soluzione picro-solforica . . . . . “BOY: SA e e Soluzione di Bicloruro di mercurio I per 1000 i in LIAIGORA distillata. p. 4 Si agita e si filtra; indi si aggiunge: Miscela di alcool ass. e Acido acetico glac al terzo. ........p. 4. Questo miscuglio che ha un peso specifico esattamente eguale a quello del- l’acqua distillata, giallo appena formato, acquista dopo qualche ora una tinta di un bel verde chiaro; ha la proprietò di fissare rapidamente gli elementi san- guigni e spesso i leucociti rimangono fissati nelle forme assunte coi movimenti amoeboidi di cui sono dotati; fissa senza la menoma alterazione le emazie come pure le piastrine tanto degli ovipari che dei mammiferi, anche quando si tro- vino in fase attiva di cariocinesi , nel qual caso, come si sa, la loro estrema delicatezza si esagera notevolmente. Occorre che prima di usare questo liquido. lo si diluisca più o meno con una o due parti di acqua distillata, a seconda del sangue che si deve esaminare, poichè la concentrazione non solo deve variare: per ogni classe di vertebrati. ma qualche volta per individui della stessa spe- lrn » E SULLA ISTOGENESI DEL SANGUE 67 ‘cie. Per tale ragione l’idratazione precisa occorrente nei singoli casi perchè il reagente non raggrinzi i globuli, nè li scolori, non può che determinarsi me- «diante un piccolo saggio preventivo , fatto sopra una goccia del sangue che si vuole preparare. Alle piastrine non nuoce una concentrazione del liquido mag- «giore di quella che occorre per le emazie; in ogni modo però volendo ottenere preparati perfetti, si deve nel saggio preventivo tener conto della buona con- ‘servazione delle emazie: quando si ottiene questa, tutti gli elementi si conser- mano bene. Idratato opportunamente il reattivo lo si versa in un vase a bocca larga e vi si fa cadere dentro il sangue, mentre si rimescola continuamente mediante “una pipetta. Il sangue non coagula affatto se il liquido fissatore è, come deve ‘essere, in quantità abbondante rispetto al sangue, e se l’atto di rimescolarlo è eseguito istantaneamente: dopo alcune ore gli elementi sono sedimentati e de- cantando il liquido si possono lavare ripetutamente con acqua, senza che subi- -«scano alcuna alterazione; riescono così stabili che è possibile conservare in boc- cette sangue così preparato per mesi ed anni; esaminandone in qualunque mo- mento una goccia, gli elementi suoi non si distinguono da quelli recentemente preparati, come ho potuto dimostrare ai membri del Congresso Medico Inter- nazionale testè tenutosi in Roma. Questi elementi si possono o colorare in totalità, o volta per volta che si ‘allestiscono in preparato istologico. La inclusione si fa in glicerina opportunamente diluita con acqua distillata e, superfluo dirlo, i preparati si conservano indefinitamente. Cariocinesi delle piastrine — Fra le questioni che si dibattono sul sangue, ‘occupa un posto notevolissimo quella che tende a stabilire il valore anatomico, o in altri termini a conoscere la storia istogenetica di quegli ‘elementi , che Hayem chiamò col nome di ematoblasti, e il Bizzozzero con quello di piastrine. Da questi due nomi stessi emerge l’importanza della questione, avendo autori ‘come Hayem sostenuto che si tratta di elementi che si trasformano in emazie, _ mentre il Bizzozzero li reputò elementi a sè, autonomi : aggiungasi che altri ‘osservatori li interpretarono prodotto di metamorfosi che si avverano nello svi- luppo delle emazie, altri. granuli di fibrina ecc. a seconda dello stato di con- | -Servazione nel quale, la tecnica da loro adoperata , permetteva di vedere le piastrine e gli altri elementi del sangue. Mi limito ad accennare così di volo la questione notissima , e aggiungo soltanto che, a provare il valore di elemento autonomo delle piastrine, mancava «il dato essenziale, il solo dal quale esso possa desumersi, cioè la dimostrazione 65 RICERCHE SULLA TECNICA che fossero capaci di riprodursi come tali, indipendentemente da altri elementi, fino a che questa veniva data dalle ricerche di Mondino e Sala (4). Il constatare che le piastrine esistono normalmente nel sangue circolante; è vi si ripristinano quando artificialmente ne vennero tolte, non basta difatti a provare che essi si moltiplicano per proprio conto, cioè siano elemento ana- tomico, piuttostochè un prodotto dello sviluppo di altri elementi, ad esempio nuclei perduti dai globuli sanguigni rossi, come venne sostenuto in tempi di- versi ed anche recentemente da qualcuno, perchè in entrambi i casi si vedrebbe sempre ugualmente il loro ripristinarsi nel sangue circolante. La dimostrazione però della proprietà di riprodursi delle piastrine data da Mondino e Sala, e- la descrizione del processo mitotico modificato, che esse presentano data da Mondino (2). confermata da osservatori autorevoli, come Fusari e Monti (3), e tenute in conto da altri come ad es. il Golgi, (4) vennero accolte con diffidenza dapprima ed impugnate poi in recenti lavori da altri osservatori, i quali mentre neppure citano tali ricerche , affermano però non esser facile convincersi dei risultati in esse consegnate, e ritengono utile e concludente , il ritornare, per risolvere la questione della autonomia delle piastrine, a quelle osservazioni, a quegli esperimenti che, in qualunque senso riescano, mon possono se non af- frire campo a tutte le ipotesi già emesse sul valore anatomico delle piastrine. Qualche altro autore come ad es Hayem (pag. 589 dell'o. c.) si limita a riferire come una opinione le conclusioni del Mondino , ma riconosce però il bisogno di una tenica nuova che permettesse di fare ricerche delicate , prima di emettere un giudizio sicuro sulla questione. Citologi del valore di Flem- ming (5) poi accettano e trovano interessante la descrizione del processo mi- totico speciale delle piastrine descritto dal Mondino. Il processo cinetico delle piastrine si studia con grande facilità nel sangue degli ovipari in generale, e devo dire che veramente si prova una certa me- raviglia pensando che, non tutti gli osservatori abbiano potuto convincersi del pro- cesso, quando questo non è più difficile a constatarsi, in opportuni materiali, di quel che sia la cinesi dei globuli rossi. Ho potuto però costantemente no- tare che Ja riproduzione di questi due elementi del sangue, non avviene in- identico tempo; ma prima e cioè verso il 7° ed 8° giorno dal salasso, praticato. (1) C. Mondino e L. Sala « Sulla produzione delle piastrine nel sangue dei vertebrati. ovipari. Palermo 1888. (2) Mondino : Sulla genesi e sullo sviluppo degli elementi del sangue nei vertebrati. Giornale della Società di Scienze naturali ed economiche Palermo 1888. (3) Fusari e Monti: Compendio d’Istologia generale 1891, pag. 156. (4) S. L. Schenk: Elementi d’istologia normale dell'uomo. Trad. del D.r Monti con note- originali di Camillo Golgi; pag. 81, 32. (5) Ergebnisse der Anatcmie und Entwi: Il Band. 1892: pag. 60. E SULLA ISTOGENESI DEL SANGUE 69 per provocare la riparazione , nella generalità degli ovipari entrano in ripro- duzione le piastrine, più tardi, dal 20° al 30° giorno le emazie. Il sangue delle salamandre e dei tritoni per.la grandezza degli elementi, superiore a quella degli altri ovipari, ho trovato ch’ è il materiale più oppor- tuno per queste osservazioni. Nel mio reagente gli elementi del sangue di questi animali lasciano vedere senz'altro le più delicate particolarità di strut- tura, mentre in un liquido indifferente il nucleo riesce quasi invisibile. Nella tavola che presento ho disegnato a camera lucida le forme progres- sive di scissione a partire dalla piastina a riposo — V. fig. @ — a quella che sta per dividersi in due elementi figli; — V. fig. e. — I preparati dai quali ho ricavato i disegni per la tavola, sono quegli stessi che ebbi occasione di mostrare al Congresso Medico internazionale di Roma, Gome si vede, dando uno sguardo alla tavola, è sempre caratteristica in ogni momento , tanto a riposo che in tutte le fasi di riproduzione delle pia- strine, la disposizione dei cromosomi nel nucleo: sono disposti cioè in cordoni cromatici che descrivono ripetute cifre a otto, come ha fatto notare il Mondino. Questa struttura si può rilevare già da un esame molto accurato di elementi anche a riposo ; ma riesce di una evidenza particolare quando , iniziandosi la profasi , si allontanano leggermente tra di loro i cordoni nucleari , o quando al fine dell’anafasi non si sono ancora completamente serrati. Un confronto fra le figure 8, c, m, meglio che le parole può dare un con- cetto chiaro del fatto. Anche le diverse figure del processo cinetico si presentano non meno par- ticolari e caratteristiche di questa struttura nucleare , e tali particolarità di- pendono in conclusione da ciò, che lo sdoppiamento dei cromosomi avviene senza che essi vengano portati nella regione equatoriale dell’elemento. I cromosomi, sempre mantenendo la loro disposizione in cordoni a cifra otto, aumentano di volume prima — V. fig. e — indi si scindono, avviene cioè la cosidetta divi- sione longitudinale delle anse, che prima si vedono aumentare di diametro , poi di numero, mentre il diametro rimpicciolisce — V. fig. d e — come ap- pare evidente dal confronto di piastrine in profasi con altre nelle quali è su- perata la metafasi. Dopo di ciò avviene l’ascensione ai poli degli elementi nu- cleari figli — V. fig. f9 ® è — naturalmente queste figure di ascensione rie- scono in particolar modo caratteristiche in conseguenza della disposizione che hanno i cromosomi figli al momento della metacinesi. Invece di avverarsi le note figure mediante le quali gli elementi dei nuclei figli, già divisi gli uni dagli altri in due distinti gruppi, ripigliano la disposi- zione propria del nucleo a riposo, qui si nota un movimento generale della massa di cordoni cromatici figli, che ancora stanno distribuiti in unica appa- ‘rente figura nucleare, poichè dapprima vanno diradandosi alle regio popolari e accumulandosi in quella equatoriale; poi avviene il fatto opposto : vanno 70 RICERCHE SULLA TECNICA cioè accumulandosi le anse cromatiche alle estremità della figura nucleare, fino a che sì dividono in due gruppi situati uno dall’una , l’altro dall’ altra parte della regione equatoriale, che di sostanza cromatica riesce perfettamente libera, al qual punto succede , com'è chiaro , la divisione del corpo protoplasmatico -- V. figgkl—- Pig Per la descritta caratteristica forma del nucleo a riposo possono le piastrine distinguersi a colpo d’occhio dai globuli rossi e dai linfociti, e possono distin- guersi del pari da questi elementi nelle varie fasi cinetiche, perchè queste nei linfociti come nei globuli rossi avvengono secondo il processo ordinario. Evi- dentemente questo ordinamento speciale dei cromosomi nel nucleo delle pia- strine a riposo o in cinesi, dipende da un ordinamento speciale delle fibrille protoplasmatiche; però le mie osservazioni in questo ultimo campo abbisognano di essere completate, la qual cosa non meraviglia alcuno che pensi alla estrema delicatezza degli elementi in questione. Per ora solo posso dire che nelle piastrine già notevolmente ingrossate , nelle quali le anse nucleari subiscono la divisione longitudinale , e perciò al momento della metacinesi, il protoplasma o corpo cellulare, che nelle piastrine degli anfibii urodeli è relativamente esteso, mostra una striatura longitudinale come quella che si può osservare nella piastrina x della tavola. È facile com- prendere che, per quanto la tecnica sia delicata, le piastrine che possono con- servare inalterato nella forma e nella struttura il loro corpo protoplasmatico, sono quasi sempre scarse ; ad ogni modo il preparato dal quale ho disegnato la fig. n, ne presenta parecchie simili. Un fatto ancora sul quale desidero di richiamare l’attenzione è che, tanto nelle piastrine fissate col mio metodo, quanto in quelle studiate con altre tec- niche, sempre appaiono colla morte dell’elemento, numerosi corpuscoli brillanti nel corpo protoplasmatico; in talune piastrine se ne presentano tre, quattro 0 più, assai grossi, vicino ai poli della figura nucleare; in altre se ne mostrano molti e piccoli, alcuni nel protoplasma, altri fuorusciti, ma ancora aderenti al- l'elemento. Non è improbabile si tratti di paraplasma, che si raccoglie così a ‘ goccioline, e tende a fuoruscire dall’elemento quando esso muore, anche perchè le piastrine appena allestito il preparato ne sono prive. Potrebbe questo fatto stare in rapporto colla potenza coagulante che le piastrine esercitano, com’ è ormai provato, sul plasma sanguigno ? Ematopoiesi negli ovipari — Mentre le ricerche istituite dal Mondino, sul- l’origine embrionaria delle piastrine, forniscono dati per ammettere che la loro comparsa nell’ embrione sia contemporanea a quella dei globuli rossi, il Boc- PE PRO Da. CETTOTOTO E SULLA ISTOGENESI DEL SANGUE gl: cardi ha sostenuto che esse sono scarse per lungo tempo nel sangue embrio- narîo, e il Fusari, che si era occupato quasi contemporaneamente dello stesso argomento , venne alla conclusione che |’ origine delle piastrine debba ancora ritenersi oscura, e che non possa escludersi la loro esistenza anche nella linfa (1). L’ Hayem (2) riconosce che questa è una delle questioni più difficili a risol- versi, a causa della estrema alterabilità degli elementi in parola. Per conto mio non posso ancora offrire ricerche completamente concludenti sulla origine embrionaria delle piastrine; ma cercando di osservare se la loro neoformazione negli animali adulti, avesse luogo negli organi ematopoietici, che vennero descritti, da una parte ho potuto convincermi, studiando il sangue degli anfibii, che le piastrine sin da quando possono distinguersi nel torrente circo- latorio, seguono una storia comune a quella dei globuli rossi, e dall'altra ebbi opportunità di convincermi che negli animali a cellule sanguigne nucleate non esistono organi ematopoietici, almeno nel senso di quelli che esistono nei mam- miferi, cioè focolai speciali di neoformazione del sangue. Esaminando il sangue di rana, dopo dodici giorni da un copioso salasso, si osserva che le emazie e le piastrine in attività cinetica sono piuttosto numerose; i globuli rossi che non hanno ancora raggiunta la fase di gomitolo, presentano indistintamente le sfere attrattive alle regioni polari del nucleo, quasi in con- tatto con esso, intensamente colorabili dall’ematossilina, ed in aleune forme avan- zate nel processo di cariocinesi, riesce di vedere, con una certa chiarezza , le figure acromatiche nello spazio ristretto che resta, ai poli, fra le anse cromati- che e la periferia del corpo protoplasmatico dell’elemento; ma esaminando dello stesso animale il midollo delle ossa (di tutte le ossa lunghe) non si riesce a con- statare che gli elementi sanguigni che vi si riscontrano in attività cinetica, siano più abbondanti che nel sangue circolante ; non si resta convinti adunque che si abbia a che fare con un focolaio particolarmente importante di loro produzione, come da autorevoli osservatori si è ammesso. Anche | Hayem occupandosi dello stesso argomento notò costantemente nel midollo delle ossa di rana con sangue in via di riparazione, abbondanza di grasso e non si credette perciò autorizzato a considerarlo come organo ematopoietico. Negli anfibii urodeli: salamandra maculosa e triton cristatus, il sangue che si ottiene da un secondo salasso praticato dopo otto giorni o più tardi dal primo, presenta molto numerose le forme di piastrina nelle diverse fasi di scissione sopra descritte. S' incontrano già a questo periodo anche frequenti i globuli rossi entrati in attività cinetica, e a differenza di ciò chie succede nelle amazie di rana, le sfere attrattive sono poco evidenti e raramente si possono distinguere le figure (1) R. Fusari — Contributo allo studio delle piastrine Archivio di Bizzozz. V. 10. (2) Hayem l. c. pag. 597. 792 RICERCHE SULLA TECNICA acromatiche; ma per trovarli più numerosi ed in fasi più progredite occorre che il secondo salasso sia praticato a distanza di 15 a 20 giorni dal primo, e specie dopo un mese sono poi frequentissime le forme di diastro, mentre le piastrine in fase attiva si riscontrano allora assai di raro. Se dello stesso animale si osserva il sangue ottenuto colla dilacerazione della milza appena asportata, con una certa attenzione si resta convinti che di ema- zie e di piastrine in fase attiva non se ne trovano nella milza, più di quante se ne osservano nel sangue circolante , ottenuto da altre regioni nel momento stesso in cui è asportato quest’organo. Ho insistito nel ripetere queste ricerche sopra un grande numero di tritoni e di salamandre, poichè si è ritenuto che in questi animali la funzione emotopoietica, in casi di bisogno per l’organismo, si esplicasse principalmente nella milza; ma i risultati rimasero costanti come furono costanti quelli ottenuti dall’osservazione del midollo delle ossa nelle rane. Tali risultati sono a mio modo di vedere perfettamente spiegabili, perchè men- tre nei mammiferi gli elementi sviluppati del sangue, cioè gli elementi circo- lanti, sono diventati, colla scomparsa del nucleo, incapaci di moltiplicarsi, e la riproduzione loro non può avvenire che a spese di forme embrionarie, le quali s’ incontrano per tutta la vita soltanto in organi speciali, giustamente detti ema- topoietici; negli ovipari invece tulti gli elementi sanguigni adulti conservano indi- stintamente il nucleo e la proprietà di moltiplicarsi, quindi s’ incontrano in ‘ fase attiva di riproduzione tutti gli elementi del torrente circolatorio, da qua- lunque punto si estragga sangue, allorquando occorre la neoformazione di essi per riparare le perdite avvenute per una qualsiasi caasa. * * Sono in grado di confermare sin da ora che il metodo di fissare gli elementi del sangue, da me escogitato, permette di constatare negli embrioni di mammi- feri numerose piastrine nucleate in via di scissione, come furono descritte dal Mondino; ma mi propongo di continuare ed estendere le ricerche in proposito per farne oggetto di una prossima comunicazione. TAVI dis.dell'autore NUOVE RICERCHE SULLA RIFRAZIONE IN SICILIA dell’ Ing. E. SOLER Presentiamo una. nuova serie di osservazioni relative agli studî sulla rifra- zione in Sicilia ; studî già iniziati da diverso tempo dal Gabinetto di Geodesia -della.R. Università di Palermo, sotto la direzione del Prof. A. Venturi *; e che saranno proseguiti nell’anno in corso e nei seguenti. Le osservazioni inscritte nella presente nota abbracciano un periodo di 6 mesi: dal Luglio al Dicembre 1894 ; ed in parte si riferiscono alla rifrazione terrestre, in parte alla rifrazione astronomica orizzontale. Le prime furono eseguite nell’ intento di ricercare se si verificasse qualche dipendenza tra la variazione della quantità di rifrazione e quella dell’ umidità atmosferica. Per quanto non manchino degli studî in proposito, pure, trattan- dosi di un fenomeno che presenta tanta variabilità, non è sembrato inutile riten- tare la. prova. | Le altre furono eseguite nell'intento di verificare se le quantità di rifra- ‘zione astronomica orizzontale osservate in Sicilia avessero lo stesso valore di ‘quelle osservate in altri paesi. Per eseguire quelle terrestri facemmo stazione nella Specola geodetica della Martorana e sulla terrazza di Valverde. Dalla prima prendevamo le zenitali dei segnali trigonometrici di Monte Alfano (distanza m. 14426, dislivello m. 443 circa) e di Monte S. Margherita (distanza m. 412007 ; dislivello m. 436 circa). Si osservavano nello stesso giorno i due punti, giacchè mentre la traettoria Martorana-S Margherita corre completamente sulla terraferma, la traettoria Mar- torana-Alfano corre per la massima parte (12 Km circa) sulle acque del Golfo di Palermo. Dalla stazione di Valverde pigliammo le zenitali del Semaforo di Capo Gallo (distanza m. 12609, dislivello m. 459 circa), collimando il parapetto del terrazzo. Tali osservazioni si fecero di giorno e di sera, avendo all’uopo collocato sul pa- rapetto una mira notturna, già adoperata dal Prof. Venturi per la determina- ‘zione dell’Azimut di M. Alfano. Nel periodo dal 20 Settembre al 30 Ottobre ci riuscì per 8 sere soltanto di eseguire delle osservazioni accettabili, giacchè spesso ci furono impedite dalla nebbia o dal vento impetuoso. * Cfr. A Venturi ed E. Soler. Prime ricerche sul coefficente in Sicilia. Palermo 1893. Giornale di Sc. Nat. ed Econ. Vol. XXI. 10 -—1 Ss NUOVE RICERCHE Le osservazioni terrestri occupano le tre prime tavole: di cui nelle prime. colonne sono segnate le zenitali apparenti, i dati termometrici, barometrici e l’ umidità relativa, e le ultime quattro son formate pigliando la differenza tra la media delle varie quantità osservate (media inscritta a piè delle prime co- lonne) e ciascuna osservazione. Notiamo che la temperatura , letta più volte durante le osservazioni, era data da termometri ad !/,, di grado; e la umidità determinata mediante psicro- metri di August. Notiamo ancora che le zenitali diurne inscritte nelle tavole sono media di 6 osservazioni almeno; e quelle serali di 40. almeno. Le altre 5 tavole comprendono le osservazioni stellari, eseguite dalla Spe- cola della Martorana nell’Agosto e Novembre; essendo stato il periodo interme-. dio occupato da quelle del Semaforo di Capo Gallo. Nella prima abbiamo inscritti gli stati cronometrici, riferentesi al cronome- tro Weichert n. 2153, posseduto dal Gabinetto di Geodesia. Per le determinazioni di tempo si adoperò in Agosto il Sole, e in Novem-. bre l'a Tauri, che, nell’ ora in cui si eseguivano le osservazioni , si trovava verso il primo verticale. Per le altre quattro tavole, ove sono inserite le osservazioni stellari, le varie colonne non hanno bisogno di spiegazione. Diremo solo che nell’ultima colonna ciascuna delle quantità di rifrazione inseritte è data dalla media della quantità relativa ad una osservazione col connocchiale destro e ad una col connocchiale sinistro. Le osservazioni sono state accoppiate, com’è naturale, in ordine crono- logico: la 4% di destra colla 1* di sinistra etc. L'ultima tavola porta uno specchietto, in cui le medie delle quantità di rifrazione serali relative ad ogni stella son paragonate colle quantità di rifra- zione che si sono tralte, data l’altezza della stella e le condizioni atmosferiche della sera di osservazione, dalle tavole inserite a pag. 635-636 della C. des T. (1894). Non ci fu possibile adoperare stelle molto basse, giacchè il meridiano della Specola della Martorana è, verso Nord, per vari gradi coperto da M. Pellegrino. Lo strumento adoperato tanto per le osservazioni jdiurne che per le serali fu il teodolite Starke N. 339 posseduto dal Gabinetto di Geodesia, e da noi già studiato. * Per le osservazioni serali s’ illuminava il campo mediante apposito disco. collocato dinanzi all’obbiettivo. Chiudiamo rendendo grazie all’Amministratore dell'’Acclimazione che ci per-. mise l’accesso sulla terrazza di Valverde; alle Autorità della R. Marina che ci. permisero la collocazione della mira sul Semaforo, ed al personale del Semaforo. che curava la mira stessa nelle sere di osservazione. * Cfr. A. Venturi ed E. Soler. Prime ricerche sol coefficente di rifrazione in Sicilia. Pa-- lermo 1893. 2 IN SICILIA RI ) 7, SULLARIFRAZIONI So rt +) E SS co) e (e o Vo) | DE E‘0 | RIE 4 gS ITO Lr oto g ‘ot SD E gl e‘zol.| gtz1 Sele MAr 09 r*1gl S91 £ ‘gt e E 019 6°gpL | SLI o ‘05 Ce ZO e‘cgl | v°61 z ‘gt sc gs 6gSL| 9661 L ‘gt a So SdoL | S'iz c ‘Sh Qta 99 t'ogl | o°I 9g ‘6 Lot. 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Solo nelle osservazioni diurne si nota qualche volta un sensibile decremento della zenitale corrispondentemente ad un sensibile decremento della umidità atmo- ‘sferica. Ciò avvenne principalmente, durante le osservazioni di Capo Gallo, nei giorni 419, 20, 24 Ottobre, in cui spirò un forte vento di scirocco. Ma questo non può assumersi come fatto costante, giacchè o le stesse quantità di rifrazione si ri- presentano con umidità più forte, o delle zenitali alte si trovano in giorni di umidità scarsa. In quelle serali’ neppure una volta si constata quel fatto; anzi alla zenitale più bassa corrisponde lo stato igrometrico più elevato. 2) Le lievi differenze che si riscontrano fra ie zenitali diurne osservate per tre traettorie diverse e con condizioni atmosferiche tanto differenti, provano an- ‘cora una vulta che, per distanze non eccessive e per dislivelli non grandi, resta sempre preferibile l’uso di un coefficente costante determinato nella regione in cui si deve eseguire la livellazione: risultato già altra volta da noi messo in rilievo *. In quanto alle traettorie molto lunghe e tra punti di forte dislivello , per ‘cui il coefficente costante non è più adoperabile, resterebbe a studiare quale in- fluenza esercita sulla traettoria la legge di distribuzione della temperatura ne- gli strati atmosferici circostanti al luogo stazione. In altro lavoro ** mostrammo * Cfr. Soler. Su talune teorie di rifrazione geodetica. Palermo, 1392. ** Cfr. idem. Giornale di Sc. Nat. ed Econ. Vol. XXI. 12 eil: 90 che la teoria di Iordan rispondeva meglio, staccando il più possibile i dati dei. due luoghi stazioni; e a quei calcoli fummo condotti dalla persuasione che con- venga far dipendere la quantità di rifrazione relativa ad ogni stazione dalle con-- dizioni atmosferiche osservate nella stessa *. Dal. quadro riassuntivo delle osservazioni stellari tragghiamo : 4) Nissuna dipendenza si riscontra anche in questo caso tra la variazione della quantità di rifrazione e quella dell’umidità. 2) Il fatto che per tutte quattro le stelle adoperate , le medie delle diffe- renze tra le quantità di rifrazione osservate e quelle calcolate secondo la C. des T. risultano negative, accenna alla tendenza della quantità di rifrazione di tenersi durante il periodo delle osservazioni più bassa nei nostri paesi che in quelli setten- trionali. Questo risultato si accorda col valore basso riscontrato in Sicilia pel coeffi- cente di rifrazione terrestre ** nel periodo 1891-92. Ci riserbiamo di decidere- mediante altre serie di osservazioni se tale fatto sia costante od accidentale. Palermo, Giugno, 1895. * A questo proposito accenniamo che l’ Ing. Lo Perfido, dell’ Istituto Geografico Militare, trovandosi di passaggio a Palermo, ci annunziava aver fatto delle esperienze assai concludenti sulla influenza di cui è parola sopra. i Siamo lieti che un fatto scientifico così notevole, e da noi provato per come ci era pos- sibile, abbia avuto più sicura conferma da chi dispone di mezzi superiori ai nostri. "* Cfr. A. Venturi ed E. Soler. Prime ricerche sul coefficente di rifrazione in Sicilia, 1893. Va Laboratorio di Fisiologia della R. Università di Palermo : Pror. A. MARcACCI I NERVI VASO-SENSITIVI RICERCHE dei dottori F. SPALLITTA e M. CONSIGLIO «La sensibilité est l’ intellicence des organes » Dopo la scoperta fatta dal Cyon nel 1866 di un nervo sensitivo del cuore, «denominato depressore per gli effetti che produce sul circolo sanguigno , e la geniale interpretazione data dallo stesso Cyon dell’ufficio di questo nervo quale regolatore della distribuzione fisiologica del sangue nel sistema vasale, doveva naturalmente pensarsi alla possibilità che i vasi sanguigni fossero anch’ essi provvisti di nervi sensitivi. Ed infatti le ricerche sui nervi motori ed inibitori ‘del cuore e su quelli dei vasi avevano dimostrato tale analogia tra l’innervazione cardiaca e la vascolare da far pensare come a cosa possibile che tale analogia potesse estendersi anche alla sfera dell’ innervazione sensitiva. Però nelle scienze biologiche non bastano i semplici supposti, anche se sug- geriti da eriteri esatti, per farci ammettere un fenomeno; ma, perchè esso possa entrare nel dominio della scienza, è necessario che venga avvalorato dall’espe- rimento. E la ricerca sperimentale non è mancata allo studio dei nervi sensi- ‘tivi dei vasi; essa è stata però poco fortunata nei resultati. La causa che si è, a parer nostro, opposta principalmente alla determina- zione dell’esistenza nei vasi sanguigni di nervi centripeti la cui attività possa provocare effetti sul circolo generale, risiede nella disposizione anatomica delle parti che dovrebbero mettersi in esperimento. Risiede cioè nella mancanza di tronchi nervosi isolati che si rechino ai vasi, mentre invece è noto come essi decorrano in tronchi misti, uniti ai nervi degli altri tessuti: ciò fa sì che negli effetti prodotti dall’eccitazione non sia possibile dissociare quelli che spettano alle "fibre sensitive degli uni od a quelie degli altri. D'altra parte, il resultato negativo fornito dall’eccitamento elettrico delle tuni- che vasali parlava contro la esistenza di una sensibilità vasale, capace di spie- gare effetti a distanza. Questi insuccessi non autorizzavano però ad escludere il 92 Il NERVI VASO-SENSITIVI fenomeno in maniera assoluta,; basti solo pensare alla lesione di filamenti ner- vosi, facile a prodursi nelle manovre d’isolamento del trattò di vaso sul quale doveva applicarsi lo stimolo, per riconoscere che le condizioni dell’esperimento erano difettose e che potevano le preparazioni necessarie nuocere alla riuscita di esso. i Come osserva giustamente CI. Bernard, !e quistioni fisiologiche non ven- gono in generale risolute che da una serie di sforzi collettivi, a misura cioè che i nostri mezzi d’ investigazione vengono perfezionati, e l’analisi sperimentale pene- tra profondamente nel meccanismo dei fenomeni. Dato il bando dunque agli ecci- tamenti elettrici, bisognava ricercarne degli altri che potessero agire in modo più fisiologico. I primi tentativi sono stati iniziati in tempi recenti dall’ Heger adoperando stimoli chimici invece che elettrici, da lui stesso riconosciuti insuf- ficienti. Erano note dalle ricerche di Sehrofl (1), Stienon (2) e Lacques (3) le azioni riflesse sui vasi prodotte da iniezioni di sale di chinina; non era però deter- minato il punto di partenza dell’eccitamento dalla superficie dei vasi, indipen- dente dall’azione dell’alcaloide sul cuore. Quando si inietta un alcaloide direttamente nel sistema vasale di un ani- male curarizzato, la cui carotide è stata posta in comunicazione con un mano- metro, compaiono nella curva chimografica una serie di cambiamenti. che ordi- nariamente vengono attribuiti all’azione dell'alcaloide sul cuore. L’Heger (4) però à fatto giustamente rilevare che l’alcaloide entrato in cir- colo non resta solo in contatto coll’ endocardio, ma anche coll’ endotelio vasale,. e che le modificazioni che compaiono nella curva per un acceleramento od un: rallentamento del ritmo cardiaco, possono coprire gli altri fenomeni indotti dal- l’azione del veleno sulle pareti dei vasi. Le ricerche dell’ Heger sono dunque condotte a dissociare i due fenomeni, e a stabilire l’esistenza di riflessi vasali di origine puramente vasale. In cani o conigli curarizzati , Vl Heger metteva allo scoperto l'arteria e la vena crurale di un lato, alla piegatura dell’inguine, e stabiliva per questi vasi una circolazione artificiale nell’arto di sangue defibrinato a 40° C. Posta la caro- tide dell’animale in comunicazione col chimografo, iniettava nel capo periferico dell’arteria erurale soluzioni di nicotina o di nitrato d’argento. La curva chimo- grafica tosto si modificava mostrando od un innalzamento della pressione con consecutivo abbassamento od un primitivo abbassamento. Gli stessi risultati otten- (1) Med. Iahrb. 1875, II, S. 175. (2) Action de la quinine sur la circulation du sang. Bruxelles, 1876. (3) Essai sur la localisation des alcaloides dans le foie. Bruxelles, 1380. (4) P. Heger—Einige Versuche iiber die Empfindlichkeit der Gefàsse— Beitr. zur Phy-- soli; C. Ludwig gewidmet. Leipzig, 1887, p. 193 a 199. Tal I NERVI VASO SENSITIVI 93 ne l’Heger iniettando nel moncone periferico di un’ arteria crurale una solu- zione di nitrato d’ argento all’ uno per cento, dopo che il membro corrispon- dente era stato staccato dal resto del corpo e lasciato unito solo dal nervo sciatico. Se non che, è bene notarlo, in cinque esperienze simili fatte su conigli robusti o0s- servò costantemente innalzamento di pressione sanguigna di 10-20mm, e solo in due esperienze, fatte su di animali più deboli, la pressione sanguigna si abbassò primitivamente. I risuitati di queste esperienze erano sufficienti per autorizzare l’ Heger a con- cludere che i vasi sanguigni sor.o provvisti di nervi sensitivi, l'eccitamento dei quali produce notevoli modificazioni della pressione del sangue. Sede di questa sensibilità sarebbero , secondo lui, i capillari: la trasmissione dell’ eccitamento avverrebbe principalmente, ma non esclusivamente, lungo il nervo scialico. Lo studio dell’ Heger, ben condotto per tecnica sperimentale, ed ingegnoso nell’esame analitico dei resultati, è appena sufficiente a dimostrarci che la super- ficie interna dei vasi è sede di sensibilità atta a provocare azioni riflesse sopra i vasi stessi; nulla però ci dice dell’ ufficio fisiologico di questa sensibilità, nè ciò pare possibile dedurre dall’analisi stessa dei resultati. Lo stesso eccitamento à dato ora aumento, ora abbassamento della pressione, con o senza modificazioni del polso, nè l’ Heger si è preoccupato di ricercare a quali cause o condizioni sperimentali dovesse addebitarsi questa diversità di effetti. Ma non basta limitarsi a riconoscere la esistenza di una sensibilità vasale; è necessario che l’ analisi sperimentale si spinga più innanzi, che ne spieghi la ragione di essere, che ne mostri possibilmente il significato fisiologico, mettendo per così dire in funzione questi nervi vaso-sensitivi, come il Cyon à già fatto per il nervo sensitivo del cuore. È dunque l’ importanza dell’argomento dal punto di vista fisiologico che ci à invogliati ad intraprendere le presenti ricerche, proponendoci : 4° raccogli re nuovi dati sperimentali a conferma dell’ esistenza di nervi vaso-se nsitivi, 2° determinare gli effetti dell’eccitazione sperimentale di questi nervi, 3° ricercare quali delle diverse parti del sistema vascolare siano provviste di nervi sensitivi, e disegnare il decorso centripeto di questi nervi, 4° stabilire l’ ufficio della sensibilità vasale, e lo stimolo fisiologico che la mette in funzione. Le nostre esperienze sono state fatte sopra cani e sopra conigli, osservando le modificazioni che si producevano nella pressione sanguigna e nel cuore quando veniva applicato uno stimolo sull’endotelio vasale. Gli eccitanti che meglio ànno risposto sono stati i chimici ed i meccanici; negativo è stato il resultato degli eccitamenti elettrici, non sempre costante quello _ dei termici. 04 I NERVI VASO SENSITIVI Oltre la nicotina, l’‘eccitante chimico che abbiamo trovato atto a fornire ri- sultati più spiccati e più ‘costanti, e che perciò abbiamo ‘adottato nella massima parte delle mostre esperienze , è stato il citrato di ferro ‘in soluzioni conicen- trate (10 0/). L'applicazione di un ‘eccitante chimico sulla superficie interna dei vasi ‘@sige l’ introduzione nel sistema vasale dell’ eccitante medesimo. Da qui le difficoltà dell’esperimento, che solo può fornire risultati attendibili, quando l’eccitamentto rimane isolato ai soli vasi. Il metodo ‘sperimentale, ché solo può rispondere alle esigenze della ricerca, è quello di isolare un territorio vascolare dal resto del circolo generale, stabilire in questo territorio ‘ùna circolazione artificiale atla a mantenere gli elementi nervosi in condizioni fisiologiche, pronti cioè a reagire agli stimoli che possono metterli in attività; mon resta poi ché far venire in dato momento con adatta iniezione la sostanza eccitante in contatto colla superficie interna dei vasi, osservando nello stesso tempo se compaiono modificazioni nella pressione generale e nel polso. L’ Heger, come abbiamo detto, si limitava a stabilire il circolo ‘artificiale a traverso l’arteria e la vena crurale di un lato. Però con questo processo non è evitato nè forse altenuato |’ inconveniente principale al quale bisogna ovviare, e la sostanza iniettata à tutto |’ agio di penetrare con grande rapidità nel cir- colo generale ; ciò che rende difficile, in modo speciale poi se si tratta d’inie- zioni di nicotina, ottenere la dissociazione voluta dall’ Heger dell’ azione locale dell’alcaloide sui nervi vasali da quella ch’ esso può spiegare sopra altre parti del sistema nervoso e sul cuore. In queste condizioni è facile che gli effetti si sovrappongano e prevalgano quelli degli organi sopra i quali l’azione del veleno è stata più energica ; ed è forse a questo fatto dovuta la non omogeneità dei risultati che |’ Heger à ottenuto con quel processo. Più attendibili sarebbero invece i risultati delle esperienze fatte dall’ Re- ger sopra gli arti isolati dal resto del corpo ed uniti ad esso solo per mezzo del nervo sciatico. Però questo processo, se permette di escludere in modo asso- luto la penetrazione della sostanza iniettata nel circolo generale, fa incorrere in- vece in altro inconveniente, forse altrettanto nocivo; esso espone cioè l’animale ad un traumatismo grave , e specialmente a lesioni nervose che possono esser punto di partenza di fenomeni di eccitazione a distanza, dei quali non possiamo sempre apprezzare nè la durata nè l'entità. Vero è che |’ Heger portava l’eccitamento quando già la pressione sangui- gna si manteneva ad un livello costante; ma questa pressione rappresentava sem- pre quella normale , oppure risentiva ancora |’ influenza dell’ eccitazione che partiva dai filamenti nervosi tagliati e contusi dall’ecraseur di Chassaignac ? In questo caso , |’ eccitamento chimico portato sopra i vasi, riflettendosi sopra organi già posti in attività, non è possibile che invece di spiegare un’a- zone dinamogena ne abbia una inibitrice? I NERVI VASO-SENSITIVI 95 Per queste ragioni non abbiamo adottato questo secondo processo e ci siamo attenuti al primo, modificandolo in modo da ovviare o per lo meno attenuare gl’ inconvenienti ch’esso presenta. Il territorio vascolare, che veniva da noi isolato dal circolo generale, era uno degli arti posteriori del cane. La circolazione artificiale era fatta in que- st’arto per l’arteria e la vena iliache primitive corrispondenti. In tal modo era meglio assicurata l’ indipendenza del circolo artificiale e la penetrazione della sostanza iniettata nel circolo naturale veniva impedita o notevolmente ritardata. L'animale era sempre leggermente curarizzato e sottoposto a respirazione arti- ficiale costante nel ritmo e nell’ampiezza. I vasi iliaci primitivi erano isolati e legati in vicinanza della biforcazione dell’aorta e della cava, avendo cura di non maltrattare nelle manovre i filamenti nervosi vicini. Con tutte le cautele neces- sarie, s' introducevano nei monconi periferici dei due vasi due cannule di vetro, delle quali l’arteriosa era messa in comunicazione col serbatoio del liquido cir- colante, la venosa, per mezzo di un tubo di gomma, con un recipiente nel quale si raccoglieva il sangue refluo. Considerata la necessità speciale che in queste ricerche si richiedeva di man- tenere il liquido in circolazione a pressione ed a temperatura costanti, abbiamo fatto costruire un serbatoio apposito che potesse soddisfare a queste due condizioni. Consiste in un recipient> di zinco a doppia parete, cilindrico nei ?/ superiori, conico nel terzo inferiore. Il recipiente interno si apre alla sua estremità inferiore in un tubo, al quale lateralmente è innestato un altro tubo di vetro che segna all’esterno il livello del liquido posto entro il vase. L'apertura inferiore si con- tinua con un lungo tubo di gomma, biforcato inferiormente e comunicante da una parte con un manometro a mercurio e dall’ altra colla cannula innesiata nell’arteria iliaca. L'apertura superiore del recipiente interno è fornita di due bordi, i quali limitano uno spazio circolare che viene riempito di mercurio. Il coperchio del recipiente si adatta a dolce sfregamento sul bordo interno e pre- senta due aperture; una centrale per la quale, fissato ad un tappo di gomma, passa un tubo di vetro che pesca quasi sino a livello dell’ apertura inferiore; all’altra più esterna è fissato un termometro che segna la temperatura del liquido entro il recipiente. Il recipiente esterno, a fondo cieco inferiormente, è superiormente chiuso da un coperchio che lascia passare per due fori il tubo di vetro ed il termome- tro che pescano nel recipiente interno. Tutto l'apparecchio è tenuto sospeso ad una carrucola, in modo da potere essere innalzato od abbassato secondo il bisogno. Il recipiente interno è destinato a contenere il liquido che deve esser posto in circolazione; l'esterno viene riempito d’acqua calda, che serve ad impedire li raffreddamento del primo. 96 I NERVI VASO-SENSITIVI Come liquido circolante abbiamo sempre adoperato sangue di ‘bue ‘defibri- nato, allungato con una soluzione fisiologica di cloruro di sodio nella proporzione di 4: 8, e riscaldato a 40° C. ll recipiente era posto a tale altezza da dare al liquido la pressione media di 60mm di mercurio. i i Disposta in tal modo l’esperienza, e stabilita la circolazione artificiale nel- l'arto posteriore, si metteva ‘allo scoperto l'arteria erurale corrispondente , e, quando la pressione carotidea si manteneva in un livello costante, si iniettava in quest’arteria in direzione periferica, con una siringa di Pravaz della capacità di geme, una soluzione acquosa di nicotina o di citrato di ferro, riscaldata alla temperatura del sangue circolante. 3 Crediamo inutile riprodurre integralmente la lunga serie di esperienze da moi fatte ; ci limitiamo solo a descrivere i risultati che furono , si può dire 5 costanti. Si possono così riassumere : i 1° Le iniezioni arteriose di nicotina o di citrato di ferro in un territorio vascolare isolato dal circolo generale, sono costantemente seguite da notevoli e pronte modificazioni della pressione sanguigna e del polso. 2° Le modificazioni della pressione carotidea consistono in un rapido da zamenio ed in un consecutivo ma graduale abbassamento , che. in un periodo da 30” ad. 1’ riconduce la pressione al livello primitivo. Il tracciato chimogra- fico descrive così ‘una curva, di cui l'ampiezza e l'altezza variano a seconda’ della sostanza iniettata ‘e delle condizioni dell'animale in esperimento. 2 Men . 3° Le modificazioni dell’attività cardiaca sono rappresentate da un rallen- tamento e contemporaneo aumento: d’ampiezza delle pulsazioni, ch'e appaiono nel momento in'cui la pressione à raggiunto il massimo d’ innalzamento ed iniziano ed accompagnano su tutta la estensione la linea di discesa. Sembra che l’inter- vento di queste modificazioni del: cuore interrompa il cammino ascendente della curva e tenti ricondurla al valore primitivo. Nessun dubbio che i risultati da noi descritti siano l’espressione di un’ec- citazione riflessa sui vasi sanguigni e sul cuore. Ma quale il punto di partenza dell’eccitamento ? Non crediamo che esso sia rappresentato dai nervi sensitivi dei tessuti perivasali coi quali sia venuta in contatto la sostanza iniettata. Ci fa escludere questa possibilità anzitutto la comparsa rapida delle modificazioni della curva chimografica, ciò che parla in favore dell’ ipotesi che l’eccitamento abbia luogo prima che Ja sostanza iniettata, trapelando dai capillari, possa arri- vare ai tessuti perivasali. Dall altro canto, la transitorietà! del 'fenomeno:mal si accorda; coll’ ipotesi. di un eccitamento duraturo che la sostanza, porterebbe col suo prolungato contatto sngli elementi extra vascolari, ed invece fa supporre sia l’effetto di un’eccitazione anch'essa passeggiera. Infine un argomento di na- ‘01109 10 1YSVA 12) 017ÎDI ]1 0gop.0442f 1 I pAgulaf -01.42141 gy0u 0442f IP_03DAJII 3) ‘201Z4IU] —— ‘] VITMPII 'IUOSZITUI «/}2P 0Ozuaou 07DA7TI 1) QUO0IZIIUT — “[] PILAPIYII ‘240322141 ]]2P: gquanttonei n» Cero) " Uabel \NSTICLITTI XXI. Giornale di Sc. Nat, ed Econ. Vol. 98 I NERVI VASO-SENSITIVI : tura sperimentale ci è fornito dal fatto che le iniezioni parenchimali di citrato di ferro in soluzione uguale per titolo a quella adoperata per le iniezioni en- dovasali, od il contatto della stessa sostanza con una larga superficie muscolare posta allo scoperto , non ànno prodotto notevoli modificazioni “della curva chi- mografica. Per queste ragioni, come anche per i risultati fornitici dalle iniezioni endo venose, che in seguito riferiremo, fap iino che l’eccitazione Feo si parta dai vasi stessi. Questa prima serie di esperienze he fatte, ci porta quindi alle seguenti conclusioni : 1° che è la superficie interna dei vasi sanguigni provvista di nervi sen- sitivi; 2° che l’eccitazione sperimentale di questi nervi, fatta per mezzo di agenti chimici, determina costantemente innalzamento della pressione del sangue e ral- lentamento dell’attività cardiaca con aumento d’ampiezza del polso. Era logico il domandarsi se ‘le modificazioni” del cuore fossero dipendenti dalle modificazioni della pressione , ovvero se i due effetti fossero indipendenti l’uno dall’altro. Per rispondere a questa domanda abbiamo intrapreso un’altra serie di espe- rienze delle quali riproduciamo solo le due seguenti , a parer nostro, molto dimostrative. I. Ad una cagna, del peso di Kgr. 8,700, abbiamo stabilito la circolazione artificiale nell’arto posteriore destro nel modo ‘precedentemente descritto. Cura= rizzato l’animale, la carotide sinistra è posta in comunicazione col manometro di un chimografo. Quando la circolazione artificiale procede regolarmente, e la pres- sione carotidea si_mantiene costante, si iniettano in direzione periferica nell’ar- teria crurale destra messa allo scoperto, geme di soluzione di citrato di ferro (10 Y))» Appena questa soluzione viene spinta nel circolo, la pressione carotidea s’ innalza, ed il polso diviene più raro e più ampio (graf. 1). Il tracciato corrispondente, che riproduciamo, dimostra chiaramente queste modificazioni; in a è indicato il momento in cui si comincia a spingere il liquido nell’arteria crurale; dopo 30’ circa, la pressione ritorna al livello normale. Si tagliano i due vaghi al collo; il tracciato chimografico ne segna gli effetti è B% caratteristici: aumento della pressione, polso piccolo e frequentissimo. Lasciato - l’animale tranquillo per circa 15’, si ripete, sotto la stessa pressione, l’ iniezione di citrato di ferro nell’arteria crurale, introducendo la stessa quantità di liquido precedentemente adoperata. La pressione sanguigna sale tosto rapidamente; però. la frequenza del polso rimane invariata, solo aumenta leggermente e per breve durata |’ ampiezza quando la pressione à già raggiunto il massimo d’ innal-- ‘2U022920U? \]]9P Oquautowt e ‘01109 ]D 1/SVA 19p 027S0I ]2 Odop vursosru 1p 9U0ZIIUT — ‘AI PITIITVII ‘2U0NZ9IUL ]]9P OpUIMOUL ‘apvaow?f D24214D jjau Vu209LU Ip 9u0ZIIUI — TIT VIOIHVII 100 1 NERVI VASO-SENSITIVI zamento. Dopo 38'/ la curva manometrica riacquista il livello primitivo (graf. Il). I. Ad una cagna, del peso di Kgr. 9,200, posta nelle stesse condizioni di quella adoperata per l’esperienza precedente, si iniettano nell’arteria femorale dell’arto destro, nel quale è stabilito il circolo artiticiale, 20me. di una soluzione di nicotina al 0, 50 9. La pressione carotidea tosto s’innalza; il polso diviene molto raro ed ampio. La curva chimografica offre gli stessi caratteri osservati nella graf. I dell’esperienza precedente : solo è ora più notevole l’ innalzamento della pressione e più accentuata l’ampiezza del polso (graf. III). i Si tagliano i due vaghi al collo: la pressione s’ innalza ed il polso diviene più piccolo e più frequente. Dopo che si è lasciato per 12’ tranquillo l’animale, si inietta nella stessa arteria femorale e colla stessa pressione una quantità di soluzione di nicotina uguale a quella. precedentemente iniettata. La pressione sale immediatamente; il polso rimane invariato di frequenza, solo aumenta leg- germente d’ampiezza (graf. IV). L'andamento della curva non mostra differenze apprezzabili da quello osservato nella graf. II. Dai risultati di queste esperienze può bene dedursi che l'eccitazione dei nervi sensitivi deì vasi produce due ordini di azioni riflesse, sui vasi e sul cuore, indipendenti l’uno dall’altro. Bisogna adunque ammettere che i prolungamenti eilidrassili di questi neuroni sensitivi abbiano rapporti da una parte coi neuroni motori dei vasi, dall’altra con quelli del pneumogastrico; alla trasmissione dell’ecci- tamento ai primi segue costrizione vasale, donde aumento della pressione del sangue; l’eccitazione trasmessa al vago mette in gioco l’attività di quest’ultimo, donde la maggiore ampiezza ed il rallentamento del polso. Questo secondo ri- flesso si contrappone al primo, in modo :da moderarne gli effetti. E che realmente si tratti di due riflessi distinti Jo dimostra il fatto che dopo il taglio dei vaghi al collo, l'eccitazione dei nervi vasali produce ancora innal- zamento della pressione sanguigna , senza però che venga modificata |’ attività del cuore, La frequenza delle pulsazioni rimane infatti invariata, solo aumenta leggermente l'ampiezza, come fenomeno collegato all'aumento stesso della pres-. sione. i Non solo, ma perchè in questo caso manca quel freno che l’attività mode- ralrice del vago mette al movimento ascendente della curva chimografica, que- sta raggiunge un livello più alto, descrivendo una curva più regolare, e mani- festando intero l’effetto della costrizione vasale. Dobbiamo, però osservare che alle volte anche su di animali a vaghi intatti, l’eccitazione sensitiva dei vasi modifica soltanto la pressione e lascia invariato il polso. Questa diversità di risultati può attribuirsi principalmente a due cause differenti : una dipende dal grado di curarizzazione, la quale può portare, com'è: ; 6 È È I NERVI VASO-SENSITIVI 191 noto, paralisi delle fibre terminali cardiache del vago, ciò che incorre non di rado non essendo possibile precisare la dose di sostanza attiva che si inietta. L'altra, causa è riposta nel grado di eccitazione che spiéga la sostanza iniettata; se lo stimolo è debole viene solo riflesso sopra i vasomotori; se più forte, de- termina il doppio ordine di fenomeni riflessi che abbiamo descritto, cioè sui vasi e sul cuore. Da ciò ne segue : o che vi siano due ordini di neuroni vaso-sensitivi, alcuni in rapporto col vago, altri coi vasomotori, e che questi ultimi siano provvisti di maggiore eccitabilità che non i primi; oppure, come crediamo più probabile, che esista un solo ordine di neuroni vaso-sentitivi, i cui prolungamenti cilindrassili abbiano un doppio rapporto terminale; con elementi più eccitabili, che sareb- bero quelli dei vasomotori, e con elementi meno eccitabili, che sarebbero quelli del vago. i Per la conoscenza completa del riflesso vascolare di cui ci occupiamo , è necessario conoscere: il punto di partenza dell’ eccitamento ; le vie centripete che l’eccitamento percorre; le vie centrifughe sulle quali si riflette. Poichè que- ste ultime ci sono già note dai risultati delle esperienze sopra riportate, cerche- remo di determinare gli altri due elementi. E, pria d’ogni altro, è tutta la superficie dei vasi capace di reagire agli sti- moli, oppure questa sensibilità speciale à sede in determinate zone vascolari, siano le arterie, grandi, medie e piccole; siano i capillari o le vene? Secondo l’ Heger, essa à sede unicamente nei capillari, ciò ch'egli deduce da una parte dalla quantità di liquido che iniettava, ch’ era così poco che non poteva oltre- passare i capillari, e dall’ altra dal fatto che non si manifestava alcun effetto nolevole sulla pressione se la sostanza iniettata nell’ arteria (nitrato d’argento) non. arrivava ai capillari stessi. i Questa asserzione così recisa dell’ Heger ci sembra però troppo esclusiva. Noi non abbiamo dati sperimentali che ci autorizzino ad ammettere che la su- perficie interna delle arterie prenda parte alla produzione del riflesso ; però i risultati positivi delle esperienze, dirette alla ricerca della sensibilità delle. vene, ci inducono ad ammettere la possibilità che anche le arterie siano provviste di nervi sensitivi, i quali abbiano ufficio analogo a quello delle altre parti del si- stema vasale. Se, a dimostrare la loro esistenza. mancano prove sperimentali dirette, ciò non basta a farli escludere. Ed infatti, mentre da un lato non è pos- sibile fare arrivare direttamente ai capillari un eccitante chimico senza che que- | sto sia prima venuto in contatto colle arterie, dall'altro poi, se si vuole isolare l’eccitazione alle sole arterie, escludendo i capillari, sono necessarie tali mano- «vre, che possono rendere incerti i risultati dell’ esperienza. Basti solo pensare che sarebbe necessario comprendere un lungo tratto di arteria tra due legature, ed isolarlo accuratamente onde intercettare le vie collaterali, per convincersi della facilità colla quale possono esser lesi i nervi dei quali si ricerca la funzione. 402 [ NERVI VASO-SENSITIVI La ricerca invece è più sicura per le vene. Quando si sia stabilita la circolazione artificiale in un arto posteriore, lasciando libero lo sbocco all’ esterno della vena iliaca primitiva, e si inietti poi in dire- zione centrale sia nella vena safena che nella femorale, la sostanza eccitante, si può essere evidentemente sicuri che 1° eccitamento non percorrerà altre vie che venose. È appunto in tal modo che sono state condotte le esperienze seguenti : III. Ad un cane curarizzato si stabilisce col solito processo la circolazione. artificiale nell’arto posteriore destro. La pressione è registrata dalla carotide sini- stra. Isolata in basso e per breve tratto la vena safena dell’ arto destro, vi si iniettano in direzione centripeta, con una siringa di Pravaz, 2 !/seme. di soluzione di citrato di ferro a 10 °/, Ne segue tosto un innalzamento della pressione carotidea, la quale riprende il livello primitivo dopo 18” (graf. V). IV. Una cagna viene disposta come nell’esperienza precedente. L’ iniezione di citrato di ferro nella vena femorale dell’arto sottoposto a circolazione artifi- ciale determina un brevissimo arresto diastolico del cuore, tosto però la pres- sione risale, descrivendo una curva simile alla precedente, e riprendendo dopo 22” il livello normale (graf. VI). Questi risultati, come quelli di numerose altre esperienze ch’è inutile ripro- durre, sono concordi a dimostrare che le vene sono provviste di nervi sensitivi, l’eccitamento dei quali può modificare lo stato della pressione sanguigna per un riflesso sul sistema vasale. Queste modificazioni appaiono certamente meno spic- cate di quelle che si ottengono spingendo il liquido eccitante nelle arterie , e ciò è molto facile a spiegare. Ricorderemo solo quanto sia ampia |’ estensione della superficie vascolare che viene eccitata quando la sostanza iniettata prende la via dei capillari, e quanto sia in confronto ristretta quando l’eccitamento re- sta circoscritto ad un solo tronco venoso. Gli effetti, riguardo alla loro inten- sità, devono essere dunque proporzionali alla superficie che viene eccitata ; nel primo caso sono il prodotto dell’ eccitazione di una superficie sensitiva che oc- cupa tutta l’estensione delle larghe basi dei due coni vascolari, arterioso e ve- noso ; nel secondo invece la superficie eccitata rappresenta un tronco di quel cono, staccato dalla base , e più vicino all’ apice. Si può dire con altre parole che una sostanza iniettata nelle arterie, appunto per |’ ampiezza della super- ficie sensitiva colla quale viene in contatto, rappresenti uno stimolo forte, è che la stessa quantità dt sostanza, iniettata in una vena, rappresenti uno stimolo de- bole. E gli effetti ottenuti dalle iniezioni endovenose non solo sono meno spiccati di quelle arteriose, ma sono anche meno costanti. | : i I NERVI VASO-SENSITIVI 103 Noi abbiamo fatto numerosissime esperienze sopra cani e sopra conigli per la ricerca della sensibilità delle vene, e dobbiamo confessare che qualche volta ci [anale \ MEERBE IMMVAVINAANWAANM | \ Ì (CO. zione di citrato di ferro nella vena femorale, o p3 = n sa = x "I | Di | $ 4 n Q | LS) n ' S 4 N SI | SS DS ; => 5 —. % IS S LS S $ È (os) - d N a momento dell’ iniezione. GRAFICA V.— Iiezione di citrato di ferro nella vena safena. GRAFICA VI. — Inie Ne SS Na Pasi c- »- she > \ > 7 »; 3 C a \ x Pd Sa > > P | MAMA \ siamo trovati di fronte a risultati negativi, altre volte poco evidenti. Però le ma- nifeste modificazioni della pressione sanguigna , non di rado ottenute, non ci imma 404 1 NERVI VASO-SENSITIVI lasciano alcun'dalibio sulla esistenza di tun'rifiesso che prenda origine dalle vene. Tia isua mantinza deve ‘invece addebitarsi calle condizioni di eccitabilità:nelle'quali si trovano i nervi sui quali si esperimenta. Ricordiamo a tal proposito che i risu!- tati dubbii, dei quali abbiamo fatto parola, furono specialmente ottenuti nei primi tentativi sperimentali, quando, per mantenere in buone condizioni lo stato dei tessuti dell’arto. posteriore, credevamo sufficiente adoperare come liquido scirco- lante la sola soluzione fisiologica di cloruro di sodio. Altre volte invece il gireolo artificiale non s'era stabilito presto in maniera conveniente, ma coaguli sangui- gni intercettavano il corso del liquido , donde |° ineccitabilità dei nervi quale effetto dell’ asfissia. i In quest'ultima serie di esperienze non si può certamente ammettere che la sostanza, iniettata nella vena, possa penetrare nel circolo generale. Oltre che le disposizioni anatomiche non ci lasciano alcun dubbio sul riguardo, pure ab- biamo voluto darne la dimostrazione sperimentale. In cani, non curarizzati, nei quali uno degli arti posteriori era sottoposto a circolazione artificiale per i vasi iliaci primitivi , abbiamo iniettata sia nella vena safena che nella femorale fortissime dosi di atropina o di stricnina in solu- “zioni acquose, e mai abbiamo visto insorgere i fenomèni di avvelenamento carat- teristici di quegli alcaloidi. i Sull’origine del riflesso vasale, la conclusione alla quale crediamo poter veni- re, è dunque la seguente : Se tanto le iniezioni nelle arterie che quelle nelle vene determinano effetti riflessi, non si può logicamente localizzare il punto di partenza di questi fenomeni in un dato territorio vascolare, ma bisogna invece ritenere che tutta Ja superficie vascolare sia provvista di. sensibilità specifica , capace di produrre notevoli modificazioni nella distribuzione generale del sangue. Quali Sono ora le vie centripete che seguofiò i nervi vaso sensitivi, per venire in rapporto colle vie centrifaghe ? È da ammettersi che questo rapporto si faccia nel midollo; ma , per ciò che riguarda il tragitto periferico degli ele- menti sensitivi, seguono essi i nervi spinali o i filetti del simpatico che accom- pagnano i vasi sanguigni? Traseriviamo i risultati fornitici dalle esperienze fatte onde rischiarare questo punto, credendo inutile dilungarci a riprodurle integral- mente. 1° L’iniezione di sostanze eccitanti nell’arteria femorale di un arto sotto- posto a circolazione artificiale, provoca ancora un riflesso vasale generale dopo. il taglio del nervo sciatico corrispondente. 2° La stessa iniezione lascia invariati la pressione carotidea ed il 20) dopo che sono stati sezionati il nervo crurale e lo sciatico. ; " Queste esperienze ci dimostrano chiaramente la via percorsa dall’eccitazione. Essa dunque segue” ‘tronchi ‘misti. spinali e penetra mel midollo ‘iper ‘le radici Spinali posteriori; conformemente ‘alle:leggi generali della ‘sensibilità. L° esperienza che segue lo dimostra ancora in maniera molto evidente. i dii I NERVI VASO-SENSITIVI 105 V. Ad una cagna di media grossezza durante l’anestesia cloroformica si mette allo scoperto la sezione destra del midollo spinale nella regione Iombo-sacrale , senza lesione delle apofisi spinose. Isolate accuratamente tutte le radici poste- riori di questa regione, si sezionano al disopra del ganglio corrispondente, Dopo 40 giorni |’ animale è rimesso completamente dal grave traumatismo; l’arto posteriore destro non dà più, com’è naturale, alcun segno di sensibilità. Gurarizzato il cane, si stabilisce, come al solito, la circolazione artificiale nel- l’arto posteriore destro e si registra la pressione carotidea. Le iniezioni ripetute di citrato di ferro e di nicotina nell’arteria femorale destra non modificano in alcun senso la curva chimografica. bbiamo in tal modo seguito le vie centripete del riflesso vasale dai vasi sino al midollo, ove si mettono in relazione cogli elementi motori. Riguardo alla na- tura di queste fibre vaso-sensitive, le conoscenze anatomiche attuali sull’ inner- vazione dei vasi sanguigni ci fanno giustamente supporre che, come le vaso-mo- trici, appartengano al sistema del gran simpatico. Esse danno ai vasi quella sen- sibilità speciale degli organi della vita organica, che il Bichat con frase felice denominò sensibilità insensibile , ma che à un ufficio speciale, importante nei fenomeni della vita. L'arco riflesso vasale sarebbe perciò costituito dal rapporto tra neuroni sen- sitivi e motori simpatici: sarebbe dunque questo un altro esempio di riflesso esplicato da soli elementi della vita vegetativa, da aggiungere ai riflessi noti di Sakownin per la vescica e di Langley ed Anderson per lo sfintere interno del- l’ano, ed al riflesso pilo-motorio di questi due ultimi ricercatori. Constatata la esistenza di nervi sensitivi nei vasi sanguigni, ci resta ora ad interpretarne l’ufficio; senza di questo la ricerca fisiologica rimarrebbe certamente incompleta. Le presenti ricerche, messe in rapporto con quelle classiche del Cyon, ci fanno riconoscere che la superficie interna del sistema cardio-vascolare è in tutta la sua estensione dotata di sensibilità, la quale può in via riflessa modificare la distribuzione generale del sangue. Gli effetti però dell’ eccitazione sperimentale dei nervi sensitivi del cuore e di quelli vasali sono diversi, anzi addirittura op- posti: nel primo caso si à un notevole abbassamento della pressione sanguigna, che sta in rapporto con una vaso-dilatazione periferica, nel secondo invece la pressione s’ innalza, quale espressione di una costrizione vasale. Questa opposizione completa di risultati sperimentali deve stare in rapporto con una diversità d’ influenza che , nelle condizioni normali dell’ organismo, devono esercitare i due ordini di nervi sensitivi. Per quello che riguarda i nervi del cuore, l’interpretazione data dal Cyon sulla Joro funzione non può meglio corrispondere ai risultati dell’ esperimento. Essi servono ad impedire un accu- Giornale di Sc. Nat. ed Ec. Vol. XXI. 14 106 I NERVI VASO-SENSITIVI molo soverchio di sangue nella regione centrale del circolo a scapito delle parti periferiche. Quando infatti la sensibilità della parete del cuore è eccitata da una - forte replezione di sangue , ne risulta un’ azione riflessa energica, che dilata i vasi capillari ed attira il sangue alla periferie. Supponiamo ora la condizione opposta : che del sangue oltre il bisogno si accumoli nelle parti periferiche. È questo il caso in cui, secondo noi, entrano in azione i nervi sensitivi dei vasi. Essi eccitati determinano un'azione riflessa altrettanto energica quanto la prima, producendo una costrizione dei vasi perife- rici, per la quale il sangue è spinto verso le parti centrali del circolo. Quando però la sensibilità vasale è troppo debolmente eccitata, i vasi peri- ferici si dilatano in modo da ricevere una quantità maggiore di sangue. Que- sta diminuzione di eccitabilità periferica agisce dunque sinergicamente all’ au- mento dell’eccitazione nelle parti centrali, come la diminuita eccitazione delle parti centrali agisce sinergicamente all’aumento dell’eccitazione periferica. I capporti tra la circolazione centrale e la periferica sono in tal modo man- tenuti in un equilibrio costante e perfetto, mercè l’azione concorde dei nervi sen- sitivi cardio-vascolari, i quali sarebbero perciò destinati a dotare i vasi sangui- gni ed il cuore d’ un potere autoregolatore della distribuzione fisiologica del sangue. L’eccitante fisiologico che mette in giuoco la sensibilità vasale e la cardiaca è dunque uno stimolo speciale , quale può produrre un accumolo soverchio di sangue nelle parti centrali o nelle periferiche del sistema circolatorio. Questo non è che un semplice supposto, dedotto dai resultati delle eccitazioni elettrica del depressore e chimica dei nervi vasali.: sinora però nessun esperi- mento lo à dimostrato in maniera diretta. Bisognava dunque osservare se l’accu= molo e la diminuzione di sangue nelle parti periferiche potesse determinare per azione riflessa variazioni della pressione generale del sangue. Certamente è impossibile in un animale in condizioni normali produrre mo- dificazioni nella quantità di sangue che affluisce in un dato territorio vascolare, senza che le variazioni nella massa totale del sangue per la sua ineguale distri- buzione producano effetti idraulici che possono modificare da sè la pressione sanguigna anche senza l’ intervento di un’azione nervosa. Gli animali invece sottoposti all’ esperienza col metodo da noi adoperato, pel quale si manteneva in una regione del corpo un circolo sanguigno indipen- dente da quello generale, soddisfacevano completamente alle esigenze della no- stra ricerca. In essi infatti era da una parte facile aumentare o diminuire l’af- flusso di sangue nel circolo artificiale, mentre dall’altra le possibili modificazioni della pressione generale non potevamo riconoscere altra causa che un’azione ner- vosa riflessa. L'aumento o la diminuzione dell’afflusso del sangue si otteneva innalzando ed abbassando il recipiente che lo conteneva : così se da un lato il manometro XI VIITAVTO IIIA VIIIVITO TIA VIOIIVIO TOCE NTTEAESTOTEASNINOTefCE = TE RI Aaed cea! N piane Pes RAT ANIIS ANAL NANNI ANANAS cat EE e ea 108 I NERVI VASO-SENSITIVI unito all’apparecchio e’ indicava di quanto veniva aumentata o diminuita la pressione nel circolo artificiale, dall’altro la quantità di sangue, che fuori usciva dal tubo innestato nella vena iliaca, e che poteva facilmente essere misurata. ci serviva d’indice del grado di replezione vascolare. Furono così disposte le esperienze, delle quali riproduciamo alcune. VI. Si stabilisce in un grosso cane curarizzato la circolazione artificiale nel- l’arto posteriore destro, sotto la pressione di 90mw di Hg. S'innalza il recipiente che contiene il sangue sino a dare al liquido circolante la pressione di 150mm, Si osserva tosto un notevole e pronto innalzamento della pressione carotidea (graf. VII. Se poi si abbassa rapidamente il recipiente fino a far raggiungere al liquido circolante una pressione al disotto della primitiva normale anche la curva ma- nometrica discende. VII. La stessa esperienza viene ripetuta in una cagna di media grossezza. I risultati furono identici ai precedenti. La grafica VIII riproduce |’ innalzamento della pressione carotidea per l’ innalzamento della pressione con cui penetra il sangue nel circolo artificiale; la grafica IX, la discesa della pressione carotidea, che accompagna l’abbassamento della pressione del circolo artificiale. Un'altra disposizione sperimentale, che ci rese possibile produrre variazioni nella quantità di sangue circolante in un limitato distretto vascolare fu la seguente: Disposta nel cane Ja circolazione artificiale in uno degli arti posteriori, si isolava l’arteria femorale di quel lato tre centimetri circa al disotto dell’arcata crurale : si innestava quindi in quest’arteria una cannula a 7, di cui due bran- che servivano a mantenere la comunicazione del moncone centrale col periferico del vaso, mentre l’altra, per mezzo di un tubo di gomma, comunicava con una lunga buretta. Rimanendo costante la pressione Sona quale il liquido destinato alla circo- lazione artificiale penetrava nell’ arteria iliaca , si poteva far variare l’ afflusso del liquido stesso nell’ arto corrispondente secondo che era aperta o chiusa la comunicazione dell’arteria femorale con la buretta. Ciò posto, se in un primo tempo si lasciava libero 1’ ingresso ad una parte del sangue circolante nella buretta, e poi si arrestava bruscamente l’ascensione del liquido nel tubo e contemporaneamente si spingeva il sangue, che già vi si conteneva, nell’arteria femorale, si provocava in tutte le diramazioni di questa arteria un afflusso maggiore di sangue rispetto al primitivo, una vera e transi- toria replezione vascolare. La pressione colla quale si spingeva il sangue della buretta era fornita da una colonna liquida di altezza conosciuta : essa era sempre superiore a quella destinata a mantenere il circolo artificiale, I NERVI VASO-SENSITIVI : 109 Che con questa disposizione sperimentale si potesse riescire ad ottenere nel ‘momento voluto un maggiore accumolo di sangue nell’arto corrispondente, ce lo dimostrava in primo luogo l’aumento dell’efflusso dalla cannula venosa, che co- stantemente seguiva la spinta del liquido dalla buretta. Non solo, ma potevansi coi dati da noi posseduti, quasi matematicamente determinare le modificazioni ‘circolatorie che avvenivano nell’arto sottoposto ad esperimento. I dati che ci po- tevano servire a questa determinazione erano da un lato le pressioni adoperate a mantenere il circolo artificiale (P) ed a spingere il liquido dalla buretta (p) e ch’erano misurate dall’ altezza delle rispettive colonne liquide; dall’ altro poi la quantità di sangue che effluiva nell’ unità di tempo (15’) dalla vena iliaca ‘quando la circolazione si manteneva normale (0), e quando , coll’ iniezione di muova quantità di sangue, si voleva far variare lo stato della circolazione loca- Je (g). I dati che rileviamo da una delle esperienze fatte, sono i seguenti : PMO eterne At) p= m. 3, 40 q= cme. 44. Il Esaminiamo se nel nostro caso si possa stabilire un rapporto tra l’efflusso ‘e la pressione, conformemente alle note leggi fisiche. Per stabilire questo rapporto dobbiamo anzitutto per un momento supporre “che il circolo avvenga in tubi rigidi, non capaci cioè di variare in un senso 0 ‘nell’altro nel loro diametro. Ammesso ciò, non troverebbero nel nostro caso esclusiva applicazione nè il teorema di Torricelli nè la legge di Poiseuille, perchè tra tubi di diametro rela- tivamente grande quali le vene e le arterie , trovasi intercalato un sistema di “vasi capillari. La velocità dell’efflusso deve dunque essere rappresentata da una ‘cifra che non è proporzionale alla radice quadrata della pressione, nè alla pres- “sione stessa, ma intermedia tra questi due limiti estremi. Per conoscere questi limiti, supponiamo sconosciuto il valore p. Se si vo- lesse allora applicare il teorema di Torricelli, il rapporto tra velocità e pressione verrebbe rappresentato dalla formola seguente : Vosgi 47° Va 4’ cioè : a = 19.43. Nel caso invece che il rapporto tra velocità e pressione si volesse stabilire ‘secondo la legge di Poiscuille, avremmo : 9.9 17 1410 1 NERVI VASO-SENSITIVI Supposto dunque che il deflusso avvenga in tubi rigidi, per ottenersi nel- l’unità di tempo l’efflusso di 44eme. di liquido la pressione dovrebbe essere rap- presentata da una cifra intermedia tra l’altezza di una colonna liquida di m. 19.43. e quella di m. 6.9. | Se poniamo mente invece che |’ efflusso di 44eme. nell’ unità di tempo fu ottenuto con una pressione di soli m. 3.40, dobbiamo ammettere l'intervento di quel fattore che abbiamo tenuto sinora in disparte, cioè la natura dei tubi in cui circola il liquido, tubi a pareti elastiche e non rigide come da noi si era per un momento supposto. E questa elasticità, ch'è intervenuta quando è stata aumentata la pressione del liquido, à prodotto come effetto una dilatazione va- sale e quindi un maggiore accumolo di sangue nel distretto vascolare sottopo- sto ad esperimento. Veniva in tal modo perfettamente stabilita la condizione spe- rimentale che si voleva da noi provocare. I risultati delle esperienze così disposte furono costanti : l'aumento dell’af- flusso del sangue nell’ arto posteriore posto in circolazione artificiale provocava un innalzamento sempre pronto, più o meno notevole della pressione carotidea. Questa. modificazione della pressione sanguigna, per la disposizione stessa dell’esperienza, non poteva essere il risultato di azioni idrodinamiche, ma l’espressione di un fenomeno riflesso. Riproduciamo due tracciati chimografici raccolti da due cani curarizzati e disposti nel modo che abbiamo descritto (graf. X-XI). In 5 è indicato il momento in cui, arrestata l'ascesa del liquido nella buretta, viene invece spinto nell’ar- teria femorale. 3 i Concordi nei risultati, queste due ultime serie di esperienze dimostrano al- l'evidenza che la maggiore o minore replezione di un dato territorio vascolare. provoca effetti rimarchevoli sul circolo generale, e questi effetti sono d’ indole nervosa riflessa. i Esse ci danno inoltre la vera dimostrazione sperimentale della funzione dei nervi vaso sensitivi, giustificando l’ interpretazione da noi data, dedotta dagli ef- fetti della loro eccitazione chimica, I fatti che nel presente studio abbiamo potuto rilevare ci suggeriscono due considerazioni : una d’ indole fisiologica, l’altra farmacologica. Stabilita l’esistenza dei nervi vaso-sensitivi, conosciuto il Ioro ufficio fisio- logico, determinate le vie centripete del loro decorso, ci è facile metterli in raf- fronto coi nervi sensitivi della vita di relazione, specialmente riguardo agli effetti che produce sul circolo generale l'eccitazione sperimentale degli uni e degli altri. Quando si pensi alla completa analogia che ànno tra loro questi effetti nel comportamento della pressione del sangue, e si consideri che i due ordini di fibre nervose, decorrendo in unico tronco, penetrano nel midollo per le radici poste- riori, non si può fare a meno di pensare anche alla possibilità che le variazioni. ATI RETE TT TE IX VIOIIVITO f e} — ge “asi n X PIIIVITO 142 I NERVI VASO-SENSITIVI della pressione e del polso, descritte come effetti dell’eccitazione centripeta dei nervi sensitivi della vita di relazione, non siano che il risultato dell’eccitazione dei nervi sensitivi vasali. Noi non possiamo certamente avanzarci troppo in questa ipotesi che può sembrare molto azzardata quando mancano prove dirette che possano avvalorarla; quello però che possiamo affermare con maggior sicurezza è che nella produzione del fenomeno debbono per lo meno prendere una parte non indifferente anche i nervi vaso-sensitivi. H | La seconda considerazione è, come abbiamo detto, d’ indole farmacologica. Se si riconosce che tutta la superficie cardio-vascolare rappresenti una su- perficie sensitiva, si deve ammettere che le sostanze introdotte nell’ organismo per iniezioni endovasali possano mettere in gioco questa sensibilità. Ora. a noi pare che sin’oggi nelle esperienze farmacologiche si sia trascurato questo fattore importante, e non siamo lungi dal ritenere che effetti attribuiti a gretese azioni centrali di sostanze introdotte direttamente nel circolo non siano che |’ espres- sione dell’attività dei nervi vaso-sensitivi. | Crediamo dunque sia un errore l’ammettere che una sostanza iniettata nelle vene o nelle arterie ‘cominci ad esplicare la propria azione dal suo arrivo nel cuore o nei tessuti al difuori dei vasi sanguigni, come se tutto il territorio va- scolare che à dovuto attraversare fosse rappresentato da tubi inerti nei quali si potessero impunemente iniettare sostanze eccitanti , senza che essi avessero il. potere. di reagire. E-questo un argomento che ci proponiamo‘ trattare ‘in un prossimo lavoro. Sr ra ar ra dra ot TOSO SET Vi e ei dn n. SOPRA DUE NUOVI GENERI DI BRACHIOPODI PROVENIENTI DAI CALCARI CON FUSULINA della Provincia di Palermo Per GAETANO GIORGIO GEMMELLARO I Brachiopodi provenienti dai calcari con Fusulina della Provincia di Pa- lermo sono interessanti per il numero delle specie , per la bellezza delle loro forme che spesso sono eccezionali, c per lo stato di fossilizzazione che si presta «quasi sempre a potere preparare in tutte le particolarità i loro caratteri interni, essenziali. Questi fossili in gran parte appartengono ai seguenti generi (1): Lyttonia , Dielasma, Hemiptychina, Rhynchonella, Uncinulus, Stenoschisma , Retzia, Cyrtina, Reticularia, Martinia, Spirifer, Spiriferina, Orthis. Enteletes, Streptorhynchus, Derbya (=concameratiì , Waagen) Strophalosia , Aulosteges , Productus , Marginella e Richthofenia (2). Però ve ne sono parecchi, che si allontanano dai generi fin’ ora conosciuti, onde ho creduto conveniente di sta- bilire i generi Scacchinella e Megarhynchus, di cui mi occupo in questa mono- grafia. ‘’ (1) Vedi Bullettino della Soc. di Scienze naturali ed econ. di Palermo 1891, n. I—-1892, n. III---1894, n. I. (2) Nella seduta del 25 Aprile 1894 della Società di Scienze natur. ed econ. di Palermo presentai ai socì molti esemplari di Rie/rthofenia, provenienti dai calcari con Fusulina della Provincia di Palermo, dicendo che dal loro studio resultava: « 1° Che gli esemplari studiati da «de Koninck, da Kayser e da Waagen, provenienti dalla China e dal calcare con Produetus — del Salt-Range delle Indie, non erano adulti e completi. 2° Che il resultato delle mie ricerche sulle ichthofenie della Sicilia, che sono nello stesso stadio di sviluppo di quelle indiane, con- corda quasi in tutto con quello ottenuto e descritto maestrevolmente da Waagen. 3° Che gli ‘esemplari adulti, ben conservati e completi, hanno, sopra la lamina opercolare rialzata, uno strato vescicoloso spesso e molto convesso verso il lato del cardine, il quale strato vescico- loso forma la base del loro calice. 4° Che la lamina opercolare negli adulti è alzata, addos- «sata alla parete interna della cavità viscerale e suddivisa al suo margine superiore in lamine incurvate, che concorrono alla formazione dello strato vescicoloso della base del calice. 5° Che nel punto corrispondente alla base d.1 calice la parete della teca porta una zona di fori lon- -gitudinalmente stretti e allungati. 6° Che in questi fori penetra lo strato poroso sottoepitecale Giornale di Sc. Nat. ed Econ. Vol. XXI. 15 414 SOPRA DUE NUOVI GENERI DI BRACHIOPODI Genere, SCACCHINELLA, Gemmellaro, 1891. La conchiglia di questo gruppo di Brachiopodi è irregolare, conico-convessa, o convesso-appiattita e aderente nella gioventù per l’apice, e di seguito per uno dei lati, o per la parte anteriore della valva ventrale. La sua linea cardinale è dritta e senza denti. Le due valve hanno l’area : quella della valva ventrale è grande, appiattita, triangolare, con pseudodeltidio indistinto e provvista di linee longitudinali , forti, irregolari e intersecate da strie d’ accrescimento ordinaria- mente fine e talvolta forti; quella della valva dorsale, stretta, striata longitudi- nalmente e talvolta non bene distinta. La superficie della conchiglia è ornata di fine strie d’accrescimento e di numerose e avvicinate spine tubolose, caduche, più o meno lunghe e sottili. Quando queste son cadute essa si mostra più o meno finamente perforata. Le spine mancano sulle aree. La superficie interna della conghiglia, pustolosa e perforata, produce sopra i suoi modelli interni una superficie reticolata o grossolanamente punteggiata. formandovi dei setti che penetrano nella cavità viscerale e, suddividendosi in numerose lamine. oblique e incurvate, insieme a quelle provenienti dal margine superiore della lamina operco- lare, danno luogo alla formazione dello strato vescicoloso della base del calice. 7° Che lo strato vescicoloso, che si trova alla parte periferica della teca e alla base del calice, quando è alte- rato si presenta sotto una forma reticolata. 8° Che le pareti interne del calice non mostrano punto dei setti, ma una superficie papillosa ». Dopo ciò conchiudeva che le RieGrthofernie in- complete e quelle sino allo stadio di sviluppo, descritte dal Waagen, avevano un insieme di ca- ratteri ch: richiamavano i brachiopo.li; i loro adulti, però, si allontanavano da essi e non po- tevano che rapportarsi alle ma lreporarie, anzi credeva che fossero delle Tetracorallia da ri- guardare come Pleonophora, che passano alle Cystiphyllinee. Le Riehthofenie di Sicilia appartangono a due specie: una conico-allungata e con poche spine che chiamai Riehthofenia communis, Gemm., e l’altra conica larga, bassa, rugosa e con molte spine a cui diedi il nome di aienthtofenia sicula, Gemm. Per una quistione, riguardante i Megarkynehus, avendo mandato, ultimamente, al Pro- fessore Zittel alcuni esemplari di Aielhthofenia, questi mi ha espresso l’opinione che, sebbene le Riehthofenie alulte e complete presentino ancor maggiormente forme enigmatiche , pur tuttavia i loro caratteri essenziali le avvicinano più ai brachiopodi che ai tetracoralli. Le osservazioni dell’ illustre paleontologo di Monaco mi han fatto tornare a studiare con particolarità i caratteri interni di questi fossili. Con le nuove ricerche non solo ho avuto la fortuna di potere preparare l'interno della grande valva di due esemplari, in cui si vede in tutte le sue particolarità l’apofisi miofora sottocardinale simile a quella dei MegarAynehus; ma ancora di potere osservare nell'interno della sottile valva opercolare le impronte dei.mu- scoli adduttori, che sono dentritiche, come quelle di aleune Produetidae. Questi caratteri ,. con quelli notati dal Prof. Waagen (a), avendo una importanza maggiore di quelli, che ri- chiamano molto le madreporarie, sono ora pervenuto alla convinzione che questi strani fos- sili, sebbene non siano affatto brachiopodi tipici, pure hanno più affinità con questi che con i Tetracorallia. (a) Paineont. Indica, Salt-Range Fussils, Brachiopola, pag. 729. sl PROVENIENTI DAL CALCARI CON FUSULINA DELLA PROVINCIA DI PALERMO ‘148 La valva dorsale ha nell’interno il processo cardinale che resulta di due “staccate e distinte apofisi, spesse, lunghe, disposte quasi parallelamente fra di loro e leggermente arcuate con la convessità in avanti. Esse, sulla faccia esterna e sull’apice, presentano una chiara e ben limitata impronta dei muscoli divari- «catori. Alla parte ‘anteriore della base di queste apofisi stanno le impronte dei muscoli adduttori; esse sono fortissime, dentritiche, estese e divise in due parti «da una spessa lamina miofora, che dalla faccia anteriore d’ogni apofisi cardinale si estende in avanti, divergendo e ispessendosi, fin quasi alla metà della lun- «ghezza della valva. Queste lamine miofore, che hanno il lato interno alto e ta- «gliato un poco obliquamente, lasciano fra di loro uno stretto spazio triangolare «sul fondo del quale si eleva un basso setto mediano. Le impronte reniformi sono ‘obsolete, lisce, quasi ovali e situate al lato esterno e anteriore di quelle dei muscoli adduttori. La valva ventrale è provvista nell’ interno d’ un esteso setto mediano, che -dall’apice si prolunga sino ad un terzo della sua lunghezza, dividendola in due parti. La porzione anteriore di questo setto si arresta in questo sito, mentre la ‘posteriore, avente la forma d’una lama di coltello coll’orlo anteriore marginato, ‘si prolunga oltre il margine cardinale della valva. Questa lamina sta situata fra le due apofisi del processo cardinale della valva dorsale, e, quando le -due valve «della conchiglia sono chiuse, si immette fra le lamine miofore degli adduttori «di questa medesima valva. Le impronte muscolari sono leggiere, estese, flabel- liformi e situate yerso l’apice ai lati del setto mediano. ‘Il genere sScacchinella mi pare che debba riferirsi alla famiglia delle Pro- -ductidae, le sue maggiori relazioni essendo colle Strophalosie e le Aulosteges. Le Scacchinelle si distinguono esternamente dalle Strophalosie per la man- «canza della lucentezza serica della conchiglia , per la grandezza dell’ area della valva ventrale e per la mancanza del pseudodeltidio. Le loro differenze sono an- (cora più rilevanti nella parte interna della conchiglia. Le Strophalosie sono prov- viste di denti cardinali, e hanno nella loro valva dorsale il processo cardinale poco prominente, il setto mediano lungo, le impressioni reniformi grandi, bene limitate e che vanno a riunirsi verso |’ estremità anteriore del setto mediano. Le Scacchinelle invece mancano di denti, e nella loro valva dorsale sono munite -d’ un processo cardinale resultante di due grandi apofisi, d’ impronte dei mu- scoli adduttori, estese, dentritiche e divise in due porzioni dalle lamine miofore, d’ impronte reniformi obsolete e poco estese, e di basso e corto setto mediano. Inoltre nella loro valva ventrale hanno un grande setto mediano, che dopo di ‘aver diviso in due camere secondarie l’ interno della sua regione umbonale si prolunga in dietro a guisa di lama di coltello fino ad oltrapassare il margine «cardinale. : Le Scacchinelle si avvicinano molto di più alle Au/osteges per la forma ge- nerale, e per la grandezza dell’area della valva ventrale; esse però hanno il pseu- 116 SOPRA DUE NUOVI GENERI DI BRACHIOPODI dodeltidio indistinto, mentre questo nelle Au/osteges è distinto e coperto di pic- cole spine. Il loro interno è ancora molto diverso, perchè le Aw/osteges presentano nella loro valva dorsale le impronte reniformi sviluppatissime e molto estese in avanti, in modo d’arrivare quasi fino al suo margine anteriore, quelle dei muscoli adduttori,. pure dentritiche, ma piccole, e il processo cardinale quadrilobato, anzichè diviso in due grandi apofisi; oltre a ciò nella valva ventrale mancano del setto mediano delle x ° Scacchinelle , il quale per la sua disposizione è proprio caratteristico di questo. genere. t>) Questo genere resulta di due specie : la Scacchinellu variabilis Gemm. e la Scacchinella depressa Gemm. Esse provengono dai calcari grossolano e compatto. con Fusulina dei dintorni di Palazzo Adriano nella Provincia di Palermo, SCACCHINELLA VARIABILIS, Gemm. (Tav. A, fig. 1 a 13) 1891. Scacchinella variabilis, Gemmellaro, Bull. della Soc. di scienze nat. ed econ. di Palermo, N. IV, p. 22. 1892. » » » Bull. della Soc. di scienze nat. ed econ. di Palermo, N. II, p. 26. Lunghezza dall’apice della valva ven- Typus Var. brevis Var. oblonga trale alla commessura frontale. . . . . 47Mm45mm8]1mmI7mmIjmm 36mnm85mm{6mm 40mmg4mm93mm L'ATehezza e e na ci IA4mm3ImmIAmmIIMM] Gmm B4mmZ4mmj 7mm 20mm]8mm] Gum. Spessore dall'apice della valva dor- sale al punto opposto della ventrale . 23mm22mm]Smm]5mm{3mm Q]jmmY]mm]?mm 16mmj5mmjQmm Questa conchiglia ha la forma d’un cono obliquo, più o meno alto e ordina- riamente irregolare per l'aderenza sui corpi marini, la quale nei giovani ha luogo per l’ apice, e negli adulti pec il corpo della sua valva ventrale. La sua linea cardinale è dritta, e l’area doppia. La valva ventrale è alta, più o meno conica e variabilissima , non solo a seconda del suo punto di attacco, ma ancora della sua maggiore o minore esten- sione; onde si mostra or depressa d’uno o dell’altro lato, spesso compressa, tal- volta sinuata, e rare volte fin’anco carenata. La sna area, triangolare, grande, più o meno alta e limitata ai lati da spigoli taglienti, è ordinariamente piana, ma risentendo le modificazioni dell’apice, spesso è concava e talvolta leggermente convessa. Essa è provvista di strie longitudinali più o meno profonde e avvici- nate, intersecate da fine strie trasversali, anche esse variabili come quelle lon-. gitudinali. Il suo apice, che termina acuminato, è rivolto ora verso uno dei lati,. ora in avanti, ora in dietro e talvolta è un poco contorto sopra se stesso. è" ice tn PROVENIENTI DAI CALCARI CON FUSULINA DELLA PROVINCIA DI PALERMO 117 La valva dorsale è opercolare, di forma più o meno ellittica, più lunga che larga, o più larga che lunga, qualche volta quasi circolare, ma sempre troncata nel suo margine ‘cardinale , che talvolta termina quasi auricolato ai lati. Essa nella sua metà anteriore è appiattita, e qualche volta depressa o sinuata, men- tre in quella posteriore è arcuata e leggermente rigonfiata al centro. L’apice è piccolissimo, leggermente arcuato, depresso e marginale. L’area è stretta e striata longitudinalmente. La superficie esterna delle due valve, meno le aree, è provvista di spine dritte, tubolose, caduche, numerosissime, serrate e disposte irregolarmente, al- cune delle quali sono sottili e altre grosse e lunghe da 7°" a 10"", come ancora è ornata di strie concentriche di accrescimento ordinariamente fine , parecchie delle quali in alcuni esemplari sono forti e disposte a gradini. La superficie interna è pustolosa e perforata, per cui lo esterno dei modelli interni di questa specie si presenta irregolarmente reticolato. I suoi caratteri interni sono quelli indicati nella descrizione del genere Scac- chinella (v. fig. 8, 9 e 10). Questa specie fra i brachiopodi è una delle più comuni provenienti dal calcare grossolano con Pusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto; nel calcare compatto con Fusulina delle sopraddette località è piut- tosto rara. Trai numerosi esemplari di questa specie ve ne sono parecchi con i carat- teri essenziali del tipo, ma più corti e larghi (fig. 44, 12 e 13), ed altri più alti . e Sfusati (v. fig. 7). Essi vengono considerati da me come due sue varietà, che chiamo, i primi var. drevis e i secondi var. oblonga. SCACCHINELLA DEPRESSA, Gemm, (Tav. A, fig. 14 a 17) 1891. Scacchinella depressa, Gemmellaro, Bull. della Sue. di scienze nat. ed econ. di Palermo, N. IV, p. 22. 1892. » » » Bull. della Soc. di scienze nat. ed econ. di Palermo, N. III, p. 26. Lunghezza dall’ apice della valva ventrale alla commessura frontale 24mm 25m 15m AR e N e RI, 2) ma Spessore dall’apice della valva dorsale al punto opposto della ventrale Qmm Omm 7nm Il contorno generale di questa specie, che sta aderente per l’ apice della valva ventrale, è quasi triangolare oppure romboidale, e la linea cardinale dritta e di discreta lunghezza. i 118 SOPRA DUE NUOVI GENERI DI BRACHIOPODI La valva ventrale è longitudinalmente arcuata in modo ‘assai forte nella sua porzione posteriore. mentre trasversalmente forma una ‘curva quasi piana e tal- volta ancora un poco depressa al centro , la quale scende rapidamente‘ai lati. L’apice è prominente e curvato verso la cerniera. L'area ‘è grande, arcuata, ap- piattita e provvista di finissime strie longitudinali, che ‘vengono incrociate nda strie trasversali fine, fra le quali alcune sono fortissime. Il :pseudodeltidio non vi si distingue. La valva dorsale è con contorno più o meno ovale, concava ce coll’apice pic- colo, acuto e marginale. L'area è stretta e provvista di finissime strie parallele alla linea cardinale. Questa è dritta , di discreta lunghezza, e termina in ogni lato in modo da produrvi una piccolissima orecchietta, che è resa apprezzabile per la presenza d’una leggiera depressione, che si esiende obliquamente dall’apice ai lati della valva. La superficie esterna della conchiglia è ornata di finissime lamine concen- triche d’accrescimento e di spine tubolose, caduche, numerose, finisssime e dritte. L’interno è finamente pustoloso, per cuni i modelli interni di questa specie sono grossolanamente punteggiati, anzichè reticolati come quelli della Scacchinella ‘vari’ bilis, Gemm. 1 suoi caratteri interni essenziali sono simili a quelli della Scacchinella va- riabilis, Gemm.; però il setto mediano della valva ventrale ha la porzione an- teriore più lunga, e le apofisi del processo cardinale della valva dorsale relativa- mente più grosse. Questa specie è assai meno comune della precedente; si rinviene nel calcare grossolano con Vusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo Adriano nella Provincia di Palermo. Genere. MEGARHYNCHUS, Gemmellaro, 1894, Le conchiglie appartenenti a questo genere di brachiopodi sono più o meno coniche e aderenti per |’ apice della loro valva ventrale. Questa valva è conica ed alta; l’altra, la dorsale, opercolare e con un piccolo prolungamento medio-po- steriore, che a guisa di coperchio s’ incastra nell’apertura cardinale del pseado- deltidio. La linea cardinale è senza denti, corta e arcuata. L’area manca. Il pseu- dodeltidio è molto prominente, più o meno largo. superiormente appiattito e ta- gliato perpendicolarmente ai lati. La superficie della conchiglia è ornata di spine fine’, corte, dritte e molto distanti fra di loro. La valva dorsale ha internamente la regione marginale provvista d’un lembo largo, spesso, tagliato obliquamente e solcato-granuloso; e quella centrale, di leggie- rissimi solchi vascolari raggianti, che si dividono e si uniscono nel loro percorso. Il processo cardinale ha la forma d’un prisma triangolare, dalla cui faccia poste- PROVENIENTI DAl CALCARI CON FUSULINA DELLA PROVINCIA DI PALERMO 4149 riore sorge un grande tallone cuneiforme , anch’ esso solcato-granuloso ai lati, che sì estende, assottigliandosi, fino al suo apice. Sulle facce laterali del processo cardinale stanno le impronte dei muscoli divaricatori, fortissime, ovali e cir- coscritte da un contorno elevato, laminare; esse nella loro parte anteriore sono divise da un setto mediano, che si estende fino alla metà della lunghezza della valva, dove si arresta ingrossandosi a forma di tubercolo. Le impronte dei mu- scoli adduttori , situate al lato esterno della base di quelle dei muscoli divari- catori, sono di forma ovale, forti e sorrette da apofisi miofore. La valva ventrale è nell’ interno escavata profondamente, col contorno avente la forma d'un lembo inclinato in dentro e solcato-granuloso alla superficie. Essa | porta un’ apofisi miofora sottocardinale per lo attacco dei muscoli divaricatori, avente la forma d’un lungo e strelto prisma triangolare, che si estende dall’apice fino al contorno cardinale della valva. Questa apofisi, aderente alla valva per i suoi spigoli laterali, ha I’ angolo interno solcato ; essa risulta di due serie di piccole lamine oblique soprapposte le une sull’altre. Le impronte dei muscoli adduttori sono indistinte. La conchiglia internamente è punteggiata. I Megarhynehus sono un gruppo di brachiopodi, che si allontanano dalle famiglie fin’ora stabilite. Essi hanno delle relazioni con alcuni generi delle Pro- ductidae, delle Thecideidae e della Richthofenidae, ma non si possono riferire, “a mio credere, a nessuno di questi grappi senza derogare le norme, che re- valid vii ta L e n È 4 È golano la sistematica dei brachiopodi. Tra le Productidae, i Megarhynehus hanno principalmente delle affinità con le Aw/osteges e le Scacchinelle, ma queste af- finità sono esterne e secondarie, mancando d’uno dei loro caratteri essenziali, quale è l’esistenza delle impressioni reniformi. I Megarhynehus, sono provvisti al centro della loro valva dorsale d’ impressioni vascolari, e al contorno d'un lembo marginale, spesso, inclinato e solcato-granuloso; e hanno inoltre nell’in- «terno della loro valva ventrale un’apofisi miofora sottocardinale. Questi caratteri mon si trovano punto né nelle Aw/osteges. nè neile Scacchinelle. nè in altro igenere delle Produetidae. Essi invece si notano in alcuni generi delle Phecidejdae, ma nei Megarhynchus manca quello principale e caratteristico di questa famiglia, cioè : il setto mediano marginale ordinariamente munito di setti laterali. Anche: nelle Rich/hofenie esiste un’ apolisi miofora sottocaridinale come quella dei Jegarhynchus, però ne differiscono immensamente per tutti gli altri caratteri. Oltre a ciò le Richthofenie hanno l’impronte dei muscoli adduttori den- ftritiche nell'interno della loro valva dorsale, che sono analoghe a quelle di molte Productidae, anzichè con quelle dei Megarhynchus che sono semplici e sorrette d’apofisi miofore. I Megarhynchus sono certamente un anello che lega di più ai brachiopodi le Richthofenie, ma essi non han che fare con questi enigmatici fossili, perchè î Megarhynchus hanno dei caratteri assri differenti e nettamente brachiopodel. 120 SOPRA DUE NUOVI GENERI DI BRACHIOPODI Or atteso l'insieme dei caratteri principali dei Megarhynchus, mi pare, che quesio genere costituisca il tipo di una nuova famiglia, che mentre da un lato è intermedia fra le Producetidae e le Thecideidae, dall’altro colma una parte della lacuna che esiste fra i brachiopodi tipici e le lich{hofenie. Chiamo questa famiglia MegarRynchidae. I Megarhynchus sono comunissimi nel calcare grossolano con Fusulina, e rari in quello compatto con Fusulina dei dintorni di Palazzo Adriatico nella Provincia di Palermo. Mecarayncnus Mart, Gemm. (Tav. A, fig. 18 a 29). 4894. Megarhynchus Marii, Gemmellaro, Bull. della Soc. di scienze nat. ed. econ. di Palermo:s Nap: Lunghezza dall'apice della valva veutrale Typus Var. brevis alla commessura frontale... /. 0... 45mmM45mmAmm3 7 mmm IImMZMMIImm 4 mm Larghezza Gra SAGRA si 1810nm2)mm9 | mm] 8mm] gmm 9ZmmIImMm] Imm] 4mm Spessore dall’ estremità del prolungamento medio posteriore della valva dorsal: al punto opposto della ventrale. . .-. ./. +... 20)mmIImMI |mm]Qmm]Gmm 2)mm2)mm] 6mm]Imm La forma della conchiglia di questa specie è più o meno conica, alta e a- derente per l’apice della valva ventrale. La sua linea cardinale è corta ed ar- cuata. La valva ventrale è conica, più o meno alta e coll’apice rivolto ora late- ralmente, ora in dietro ed ora in avanti. L'area è indistinta. Il pseudodeltidio è più o meno largo, molto prominente, un poco appiattito, talvolta piano, ta- gliato perpendicolarmente ai lati e in modo obliquo all’estremità cardinale. La valva dorsale è opercolare, ordinariamente appiattita, qualche volta appena con- vessa, più larga che lunga, o così lunga che larga e con un piccolo prolunga- menlo medio-cardinale, che come un coperchio, curvandosi, s’incastra nell’aper- tura cardinale del pseudodeltidio. L’apice è piccolo e quasi marginale. La sua superficie è ornata di strie concentriche laminari, di tanto in tanto rugose che vengono incrociate nella valva ventrale da strie longitudinali, larghe, superficiali, scancellate e spesso indistinte, e di spine dritte, corte, alquanto di- stanti e disposte irregolarmente fra di loro. Gli esemplari di questa specie si distinguono in due gruppi: uno è con forme strette e allungate (fig. 18, 24, 22 e 29) e l’altro con forme larghe e basse (fig. 19 e 20). Prendendo come tipo gli esemplari del primo gruppo con- sidero come varietà quelli del secondo che chiamo var. brevis. I caratteri interni del Megarhynehus Marii, Gemm. sono quelli notati nella descrizione del genere. VERTE ad PROVENIENTI DAI CALCARI CON FUSULINA DELLA PROVINCIA DI PALERMO 4124 Questa comunissima specie proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rupe di San Benedetto; nel calcare compatto «con Fusulina di queste località e di quella della Rocca del Passo del Burgio è rara. Queste località sono nei dintorni di Palazzo Adriano (Provincia di Palermo). MrGARHYNcHus orRNATUM, Gemm. (Fig. A e B nel testo) Lunghezza da un apice all’altro . AME A 100, 150 Larghezza. ; È c 7 5 ; . c 3 È 7 È 120m 160m Spessore dall’estremità cardinale del pseudodeltidio al margine frontale . 12m 15m : Conchiglia conica, non molto alta, aderente per l’apice della valva ventrale, ‘e con linea cardinale un poco lunga e arrotondata ai lati. La valva ventrale è conica e con l’apice rivolto in varî modi come quello del MegarRynchus Marti, -Gemm. Il pseudodeltidio, prominente, largo superiormente e un poco convesso, ‘cade perpendicolarmente ai lati e in modo obliquo alla faccia cardinale. L’area è indistinta. La valva dorsale è opercolare, appiattita, più larga che lunga e col | piccolo prolungamento medio-cardinale curvato, che si incastra nell’apertura del eudodeltidio. L’apice è piccolo e quasi marginale. Questa specie è ornata di strie d’accrescimento laminari, di tratto in tratto rugose, che nella valva dorsale sono intersecate da costicine radiali granulose. ‘Queste mancano nella valva ventrale, mentre invece vi si notano delle spine corte, fine e numerose. Il Megarhynchus granulosus, Gemm. è più piccolo, meno alto e più largo ‘della specie precedente; inoltre ha la valva dorsale ornata di costicine radiali «granulose, che mancano nel Megarhynehus Marii, Gemm. Questa specie è piuttosto rara, e proviene dal calcare tenero con lusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo Adriano nella Provincia di Pa- dermo. Giornale di Sc. Nat. ed Econ. Voi. XXI. 16 sà.| SPIEGAZIONE DELLE FIGURE DELLA TAVOLA A (Gli originali delle figure di questa tavola si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo) Fig. 1. Scacchinella vartabilis, Fig. 2, » » Milo: 3. ea » Fig, + 4. » » Fig. s. » » Fig. 6 » » Wp. 7. » » Fig. 8. neri Fig. 9. » » Fig. 10. » » Fig. II. » » Gemm. Esemplare visto dalla faccia cardinale, pro- veniente dal calcare grossolano con Z- sulina della Pietra di Salomone. Lo stesso esemplare visto dalla faccia an- teriore. Altro esemplare, proveniente dalla stessa lo- calità, visto dalla faccia cardinale. Lo stesso esemplare visto dalla faccia an- teriore. Altro esemplare, proveniente dal calcare grossolano con FusuZina della Rocca di San Benedetto, visto dalla faccia car- dinale. Altro esemplare visto dalla faccia cardinale della stessa provenienza. Altro esemplare visto della stessa faccia e della stessa provenienza. Valva ventrale preparata per far vedere il setto mediano. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusul/ina dal- la Pietra di Salomone. Esemplare preparato per far vedere la re- lazione fra le apofisi del processo car- dinale della valva dorsale con la parte posteriore del setto mediano della valva ventrale, della stessa provenienza. Valva dorsale vista dal lato interno. Que- sto esemplare previene dalla stessa lo- calità. Var. brevis. Esemplare visto dalla faccia cardinale e della stessa provenienza. 12. Scacchinella variabilis, Ig 14. Scacchinella 193 16. 1%: 13. Megarhynchus Marti 19. AL 26. 27. 28. 209. » » » depressa Gemm. » Gemm. Var. brevis. Idem, idem, idem. Var. brevis. Idem, idem, idem. Esemplare visto dalla faccia cardinale, pro- veniente dal calcare grossolano con Z- sulina della Pietra di Salomone. Idem visto dalla faccia anteriore. Esemplare visto di lato avente rotta la por- zione umbonale della valva. ventrale per far vedere il setto mediano. Esso pro- viene dal calcare grossolano con Zusw- lina della Pietra di Salomone. Esemplare visto di lato della stessa prove- nienza. Esemplare visto dalla faccia cirdinale, pro- veniente dal calcare grossoìi. no con Zw- sulina della Pietra di Salomone. Var. brevis. Esemplare visto dallo stesso lato e proveniente dalla medesima lo- calità. | "a Var. brevis. Esemplare idem, idem. Esemplare idem, idem. Esemplare idem, idem. Valva opercolare in posizione orizzontale per far vedere la sua faccia interna, idem, idem. Idem in posizione inclinata per fare vedere il contorno. Idem visto di lato. Esemplare preparato per fare vedere l’apo- fisi miofora sottocardinale della valva ventrale in relazione col processo cardi- nale della valva dorsale idem, idem. Esemplare tagliato longitudinalmente lungo la sua linea mediana, idem. Frammento di valva ventrale per fare ve- dere la sua superficie interna. Esemplare, avente il pseudodeltidio estrema- mente largo, proveniente dal calcare gros- solano con Fusulina della Pietra di Sa- lomone. ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890, IV (Zona) PARTE PRIMA Della Cometa Zona si possiedono osservazioni poco numerose e distribuite sopra un piccolo arco della sua orbita : giacchè quelle che con diligenti ricer- che ho potuto riunire non oltrepassano il numero di 120, e credo che ben po- che abbiano potuto sfuggirmi. Esse appartengono agli osservatori di Algeri , Amburgo , Bordeaux , Cambridge (Mass.). Charlottemburg (Virg.) . Columbia (Missouri), Dresda, Kiel, Kremsmiinster, Marsiglia. Milano, Monaco. Monte Ha- milton, Nizza, Padova, Palermo, Parigi, Pulkowa, Roma, Strassburgo . Urania (Berlino) Vienna, Washington. L'arco di orbita su cui queste osservazioni sono distribuite, è di soli 20° all’ incirca; la durata meno di due mesi; la natura del- l'orbita allungatissima. Non vi è. dunque, a sperare di potere ottenere, in que- ste condizioni, un’orbita definitiva completamente sicura: essendo facile preve- dere, che ad un arco così breve e così poco determinato dai dati sperimentali, possano, dentro certi limiti, adattarsi varie orbite, anche discretamente diverse fra loro. Ma. ad onta di ciò), la trattazione di questo caso è utile per diverse ragioni: sia per costatare sino a che punto vi sia indeterminazione, onde que- sto caso possa servir di criterio in casi analoghi: sia per vedere come si com- portano. in tali circostanze, i metodi comunemente usati, e sia, infine, per dare un risultato che tenga conto di tutto il materiale d’ osservazione conosciuto , cosa che non credo sinora sia stata fatta. Con questo programma , e fermo restando il metodo della conica generica sottoposta alla condizione di render minima la somma dei quadrati delle diver- | genze fra l’orbita provvisoria e i luoghi normali, prescelsi le formule differen- . ziali dello Schénfeld, sia perchè molto comode, e sia per mostrare che esse sono perfettamente applicabili anche al caso , un poco speciale , di cui intraprendo ora la trattazione. Anzi, vedremo che esse ci avvertiranno appunto, come le condizioni del nostro problema non sieno delle più felici: la qual cosa ognuno “ascriverà ad un pregio, piuttostochè ad un difetto del metodo stesso. Avverto, infine, che quanto ai dati astronomici, essendomi stato impossi- bile verificare le posizioni delle stelle di riferimento, per mancanza dell’esteso ‘materiale occorrente, ho assunto le posizioni apparenti della Cometa quali sono state pubblicate dagli osservatori. scartando solamente quelle poche che mi par- Vero troppo discrepanti dalla congeneri; e ciò, ripeto, per forza maggiore. 4126 SULL'ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 1v I. Effemeride L’orbita provvisoria da me posta a base dei calcoli è quella stessa citata dal Prof. Zona, e cioè : T=41890 Ag. 7.5076 t. m. astr. di Berlino © =-834° 34221008 o= 855 2392/88 ME ASI i= 154: 195202 log g = 0,3142072 Da questa cominciai a dedurre gli elementi è’, 0’, i’ relativi all’equatore, che abbisognano nella formazione delle condizioni, e servono anche a controllare le costanti impiegate nel calcolo dell’effemeride. Risultò : OA OO | o = 18. 40. 46. 2 M. E. 1890,0 Ù — AUT. 12. 50. si Indi furono calcolate Ie costanti dell’effemeride in doppio modo, passando per l’ecclittica e per l’equatore. Eccone i risultati : A' B' C' 99510006 10-42 95000 18°.40”.46”',2 330, 40, Dott 76123058 18.40. 46. 2 logsen a logsen d log sen e 1.9551989 41.9754738 1,7336016 141.9551989 1.9754738 .71336015 L'effemeride è di luoghi veri, riferiti all’equinozio medio 1890,0, ed è cal- colata per la mezzanotte di Parigi, solendo io adoperare la Connaiss des temps. Siccome nelle osservazioni vi sono due lacune : una dal 23 Nov. al 28 Nov. e l’altra dal 18 al 27 Dicembre, così l’effemeride risulta divisa in 3 parziali effe- meridi. Nei prospetti seguenti, abbiamo |’ ascens. e la declinazione colle diffe- renze prime e seconde, che serviranno all’ interpolazione : il log del raggio vet- tore geocentrico, e il tempo d’aberrazione, espresso in parti decimali di giorno. | La 127 SULL’ ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 41890 1v G678 VIVE: 7678 9678 9678 L678 0978 6878 8188 64480030 — ‘110QQe ‘L TET6ELIO ©86LILVO 09686970 687689/0 9766797 0 CIL6GEITO L&G669V9 9861790 08197910 08GESOTO 86469970 TO6SLOTO 9L80697°0 CEISOLVO d 30 9 ‘60 — 6 ‘VW "LO ‘98 Calaraa (a © ‘TE ‘60 ‘98 DO ae © ‘1 60 ‘8 V.67.0 + F,,60°,600' 8 6 ‘GG ‘89 ‘78 LOTORLESE GIRI a 8 ‘13 (97 ‘78 e-Egpsont gi G ‘80 ‘8878 NAS Aa x Ma G ‘68 ‘86 VE 9° “wr '0k + IO L‘'0G LI "#8 TONI 5500 re pei T ‘10 ‘90 ‘78 Li ‘WE pe nia # ‘90 "EG ‘88 | LIO ER SO) Mia pPesdie 8 ‘07 ‘68 ‘8 SA A DOSE V ‘91 ‘DE ‘88 | ASACIVI SV ln 0,,'86',80°,88 2 6 ‘69 8 ‘GS L',,67 € ‘97 VT 66 8,16 VG ol (GRAVA 6 76° V,,97 64 099 WLW. 0V 088 L'ALA ‘60 ‘66 ‘67 ‘CF 8086 6L860860 | # "SH — E ‘18 ge ‘68 | S ‘eo + 6 i: URTO AI 6 ‘6700 "F— i 6696 8LLySeo0 | SS ‘9V- L ‘00 °VF ‘88 | 8 "8854 8 5e 86 GF} SESSI) Li ‘GS GO C66 GoLLOggo | F_'6F- G ‘8186 58/6 Et GU'Cp ‘96 "7 SE} Leo pr ONEST70 RE 1676 86819150 | 6 ‘76 — € ‘90 °S8 ‘88 | 9 ‘eh + V "47 1897 GGI 8 ‘88 I Gee :900 4 > 8886 COGLFIGIO | S_ "LE. O ‘Se ‘97 88 | 7 ‘It 8 ‘68 ‘88 L7 ST ola € IO ORC 0060 PD 7676 IE68LOGO | 0 ‘68 — e ‘oso ’selo ost 6 ‘88 ‘LY ‘87 GOT A 8 ‘6601 — CES e 8166 971680700 | 3 ‘SE — O ‘90'80 "#8 | 9 (LIF+ v'86 gag) SG î 6 ‘89°6 — persa S 6876 88616670 | 8 ‘07 — G ‘60 LV 78/9 7IDHt G ‘98 EE FE ‘8 < bps L peg = 2° 7606 8078670 | L'IW—- Di gl LO Me SULLA © “Lo ‘96 ‘88 G'L S w- "Je: = 9 ‘6791 < 0468 98995610 | 9 ‘8% — O ‘77 ‘98 78/0 ‘907 + 8 ‘60 "87 "Sc c‘9 2 Ot a RR) I e Z 0068 09878870 | è ‘a — 8 ‘96 ‘87 78 | L'00V+ 7 ‘8850 ‘Sg c‘q 2 g. beige CLES 0a A 1888 860678140 | 7 ‘98 — EP ISS 0 605 LICLI Fo 98 (Ha0 z & (NQ — een 2 eLL8 GLE8I9VO | S ‘86 — DPI 98 DI 68 O ‘18 ‘SV Le c‘g E RR Corio a 3° (4118 GIL6G8LVYO | 0 ‘89 — CATO RO G "87 ‘90 ‘6 c‘G Da AI 0/08 He pe t99800::0 — | KETEILFO | 8',,0L — 0°;,007 00788 | W°,.FL + G,,°€%. H80'09 G‘} 60,,17°.6 ar V°,,67° 660 V “ 068} ‘2IQ ‘JI0qqe "I d S0] Q L voodH 129 SULL’ORBIA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 Iv .1906 1 668} OSLIY 609 1Y VLYIY GETTO 0 — OSTOTO ‘0 — TE007 6166000 — ‘110QQ2 “I 0899760 £007 17600 660966 0 C6SLOEE 0 06078680 686006800 L69760 7086606 0 76686060 L80Y866 0 19666660 EISCIYEO 05810760 I761S660 d Fo] 20 do) — + 6 ‘StT+ (er) 20 — + 0 ‘606 — "Spore MENO I ‘8701 0 ‘#0 HW — v ‘601 VW 0 '8t I - T ‘106 — V.EV.6 — 0 ‘66 6h (bieten L',.6W .6V "Vo 66 86 ‘06 ‘67 ‘86 + © ©% ‘96 ‘64 ‘86 V ‘80 60 ‘66 © 96 66 © 00 SG ‘66 9 ‘67 ‘96 ‘66 L ‘EG LY 66 L “IV 68 ‘66 V ‘67 II 06 64,18" ,66 06 8 ‘99 ‘61 ‘66 8 GG 66 66 L',18% SV 066 CORAGGIO Io e ++t+t+t+++ ESSI +t+ 0 ‘065F + Er + VODA Sl GENIO o Ga Tar Gi a Vle sce 6 AT (66 — 790 gaeta Le Gee IPER ERI ea Sist a: LONEZASI MICASA CORRE bea Resort 0 Ts9tT=9o. 0 1% ,8680 — 6 ‘66 ‘LE ‘86 9 "16 ‘60 ‘66 8 ‘06 86 ‘66 66 Sc 66 ‘00 ‘76 ‘06 ‘97 69 ‘06 "TA 76 N6 ION (GO i iGY “Wa "L8 "16 9 ‘91 ‘16 ‘88 V ‘14 ‘90 88 V,,18,8V,88 € "8 ‘88 ‘07 V ‘66 Le ‘W SV AGI G'g SG ‘7 1687 ‘U99) G° 16 608 G‘66 G‘86 GL G*8T GLE G‘97 0681 ‘Ig v00dH 17 Giornale di Sc. Nat. ed Ec. Vol. XXI. E ) DI 00 = < E 52 9807100 — S 4 6681 E ALLE s = 1398 Z E 6778] (=) < L868I 2 5 L&I8T (| (| > _GL610:50 — ‘310QQe ‘L 130 8179L86°0 IE99€860 CIV9LLE0 9LSGLE0 10LYL96°0 08686960 C9ITTLSE0 76661880 d S0] VGLPSLAGSLIE BRE SEL SO 6 "56 (08 LE © ‘00°8 6 ‘97 + V ‘86 ‘88 ‘LE FL} 18 0 LV + G ‘079% "LE V ‘78 °8 9 Ly A- S ‘FR Se LE PARISI RESO V'99+ 0 ‘90 "70 ‘8% 9 L0 ‘6 E 8 ‘8181 ‘88 SRGTO n ult V.,68,66'086 G',,64°,6 Q +++ +++4+ ‘67 ‘91 UA: st 2) a ‘98 ‘87 G ‘68 ‘67 S ‘18108 G ‘Ge ‘16 O ‘98 ‘36 9.,1W°,86 et lla (0 0) 6 ‘86 199 ‘08 ‘66 (87 ‘96 "70 “VE ‘96 ‘68 ‘67 ‘97 ‘I ‘60 ‘LG ‘87 ‘66 "LG ‘GV "19 "LE 9 ,,46"6V 086 168} ‘U99 good TTT gene, = SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 Iv 134 Quanto al controllo di questi numeri, si può osservare che |’ andamento regolare delle differenze prime e seconde, ci è bastevole garanzia della loro e- sattezza. Ma per dare anche un controllo diretto, ho dedotto dapprima le posi- zioni della .cometa per le epoche dei Il. nn. cioè 1890, Nov. 19,5 , Dic. 3,5, Dic. 12,3, Dic. 31,5 t. m. di Berlino, ricavandone : Nov. 19,5 a = 78°.13/.017".3 Dic. 3,5 a = 57°.46/.04/".A $= 34.17.30. 0 è = 34. 56. 21. 7 Dic. 12,5 « — 46. 33. 42. 7 Dic. 34,5 a = 31. 25. 50. 6 di—.390 35/9805 d = 29. 36. 40. 8 indi per le stesse epoche ho calcolato la longit. e latitud. x, ® della cometa : ricordando poi, che dev’ essere cosa così = così cos 8 ho avuto per le stesse epoche : - Nov. 19,5 Dic. 3,5 Dic. 12,5 Dic. 34,5 cosa così —1.2271425 1.6407001 1.7579660 1.8703049 cos) cos =1.2271423 1.6407006 4.7579658 1.8703054 che sono sufficientemente concordanti. II. Riduzione delle osservazioni e confronti coll’effemeride Le posizioni apparenti della cometa vennero , anzitutto, ridotte geocentri- che, coll’applicazione della parallasse : indi furono ridotti i tempi locali al me- ridiano di Parigi pel quale fu calcolata l’effemeride. Dai tempi così ridotti, ven- nero sottratti i tempi di aberrazione planetaria : si ebbero così le epoche per cui le posizioni apparenti geocentriche possono considerarsi come posizioni vere, riferite però all’equinozio vero dell’epoca relativa. Resta a riferirle all’equinozio medio del 1890,0 per cui fu calcolata l’effemeride : perciò coll’ascensione e de- clinazione calcolate, e coll’ uso delle ben note costanti date negli almanacchi astronomici, furono dedotte la precessione e la nutazione che furono applicate | in senso inverso alle posizioni vere già ottenute. Così si ebbero posizioni come- tarie direttamente comparabili con quelle che si possono, per le stesse epoche dedurre dall’ effemeride. Quanto sa questa deduzione dirò , che essa fu fatta interpolando nell’ effe- 4132 SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 Iv meride, per ciascun’epoca, col tener conto delle differenze prime e seconde, le posizioni volute, coll’uso della nota formula : iui ii e adoperando la comoda tavola dell’Albrecht. Avuti così tutti i valori di (4,), si sottrassero da questi le posizioni cor- rispondenti della Gometa, e si formarono così le differenze € — 0 ossia Calcolo meno osservazione, i cui valori per ciascun tempo e luogo, sono qui registrati. DAD ARIA 133 OMETA 1890 1v n Tl SULL’ ORRITA DEFINITIVA DELLA 0$InqseI]g ‘WUSUIIY BUUAIA MONT « « OpIog U0FHUIYSPA as pia quer) 0U119|Eq U0jSUIYSE AM ospilquer) BZZIN BAOped 2spraqueg 911 eq UOJZGULYSE AM aspiriquer « 119$|V OUII9|ed a$priqu er) oson] cò | Suono N48 20 GITE DD = coro re «nda e | | = GIrOra ASIAN QUIO—9 88969606 6691606 09676606 96790L'06 VISGLEVE 00GE8E 66 076666 889087 86 COL8YS*86 Y9TV199"6G 07S7E6 GG COGOGE'TE BL88V9'CG GEGOIYTE 0CY88S TE CEEETO" TG 80976916 6607G9 TE 86.879" VG LB6OLEI TE CYOOE9 0G YE6609 06 8S6198 06 68E8ES'0G CGEOY6E GI 06EEGC'6I ‘AON 0687 GI . . decina nti ad 6 + |++++1[11++++++++++++1+++ = — Orrr 0 NI + DD GI 9 DI +70 0 cio 3 = vUO—I LAIOLIICI ouElt ‘NOTTEUO BUUIIA epsa!( aspiaque) ‘MO eUO BOY eIUCI(A « 110S|y VAOped UO) S UIQSB A 0wu.l9|ed OUT] BUOY PI|SISIP] RZZIN « 1198] BAUPed « [91M BOY « BUUOIA « 0u19]ed oSon'] dTdunrcntItrznAEN La) QUO N ©, — LO 20 5 DI070 GIO GIGI GN DS = ++ 1+++++11++ < = oO A + OGGI - | aoddoaoair | iddesc + rali SEE +++j+ ZULDED TECCHI67 O9ESEL'OI ETELOEGI LEGI8E SÌ CITEOCLI 996788 ST ©8008 81 GYEIEY SÌ IGGEST SI Y9T09 81 LEVESS 81 GS6ISELI OGGSGI LI OLLY9E LI QITIGY LI 0678VY LI 96T89€ LI GE1SVY LI ESTIVE LI TOVeTe LI LVOLSYLI RESTA ANI EGLOYS OI OCCEYEOT SIVOGr'OL CELIIO9I TIGYSGCOI LYLOGWCY 0ITHOE CI 'AON 068F good O TI IPP EIOAEL SULL’ ORBITA DEFINITIVA DELLA CoMETA 4890 Iv 184 OSInqsse17g HOLT ‘}70]12Y9 Opiog ‘])0]1249 0$I1Nqse1zS 0IgUON 031Nqse1jS epsaJ(] OpIoT epsaJ(] ospilquen IQUSSATO! 0$Inqse.13S « BAOPed eUIOY osInquy eIun]o”) UOjSUIYSE A BAOPed 0OgUON 0$IN(SP1IS BAON[O eiqun]o”) 090 GI-DO ci —_ | mA ONE DONGITSONANIAID I cisi tit didnt GI ‘660 80153 ‘hg Vira OL = ne) Ger orsoaao i DI9O GI DI _ Qlionealeriveit: chi —- Li I GLLY8E*€T 81079L'6 _SLYOG9L 6E0068°9 06SOTIG CLES "UU99 T68T 88806078 609LST'66 ILOOEG*66 0689C6‘86 LVGGSELY VIUCTE"CT CTOE8CGT CESTEYSY E8ISEECI TOGEEETI GEGLEVYI 8EOLOETT G0099 ET E07Y8S‘ET TIE6EE6ì EO6GEGEÌ CEISLE VI LESGVY GI EOGEEETÌ OGOLLE"TI ‘9A 0687 good « 0I2UON BAOPEg, U0jGU1YSE KM eiqunjon _ BUOY ‘130]|1eUO) BI]SISICN 1198[V MINT i i BAOPped 0$10q'19S eiqunjoy ‘USWI9IIY Opilog emoY 119S[V BAOPed « « ICISSI o3Inquy 119$|V U0jGUIYSEAM * US II eUUOLA BAOPed NOT OSOnNT OTI IP EIOAEL 20 GI = | sic Scicici | Ssoedisicizeze |d3 |S . = = . DIF+I+II+I+ ++ + ImMGIO Sì. GIO OMO, FIDO GIRANDO SOI rn Sis rara QUIO=D da A ShSITISTAÀÌ T_ n 97:90 NOLO rrQ00sDmoDR RIG Stereo cio] edo] 26 = = DUO_D 6OLVWIETI 990EEETT GELOVEOT 9£C0690T 9879LS*O7 81861601 LO9GGEOT L6ES17‘07 LW7168 6 GEISI9*G CI80SE6 cITTHE8 STOLGE8 9978198 GE0686*8 8LE£0£8 GETTIOL 86697849 80GE8E"e G6ITS7"e L&£097:G 96EECr:e 060178*G cETIG£C 67ESC97 LOTOVG7 9SY6ITT GSETTE"E OgOLE7*e ‘9 0687 coodq SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 Iv 495 III. Formazione dei luoghi normali Date più osservazioni di un’astro, per non portarle tutte singolarmente in calcolo (il che sarebbe enormemente laborioso), si sogliono coordinare in una unica formula del tipo (p. e. trattando delle ascensioni rette) : aa, A+ B(t- 7) (4) ove « è l’ascensione al tempo 7, «, è il valore di essa tratto dall’effemeride : 7° è l’origine arbitraria del tempo, 4A e 8 son costanti da determinarsi nel modo più probabile. Dicendo, quindi «, l’ascensione esservata al tempo #, e sottraen- dola da due membri della (1) avremo l’espressione dell’errore teorico in «: A,-A+B(4—T1)+(x—-a). (2) Il modo migliore per determinare A. B è quello di render minima la somma dei quadrati delle «, Così le A, B vengono funzioni di tutte le osservazioni del gruppo, e perciò la (4) viene a sintetizzarle. La differenza «. — a, non è che C— 0 della tavola precedente : se n è il numero delle osservazioni, e p, p,..... i toro pesi, le equazioni normali corrispon- denti a (2) sono: p]A+jp(@— D)BH+[p(C-0)]=0, [pl MIA+(U— D]B+pC-D(C-0)]=0 8) che forniscono B, A. Gol mezzo di queste formule si possono aggruppare in una tutte le osservazioni di un giorno. In questo caso, se si ammette che le singole osservazioni abbiano lo stesso peso, e se sono n di numero, le (8) si riducono alle nA--|t--7]B+[C_0]=0 [t-T])4+[(-7)Y]B+[C—7)(C-0)]}=0 (4) Si scorge di qui, che se come luogo nomale diurno vogliamo prendere a = 4 E >= pd ®) n n come si fa abitualmente, bisogna, rigorosamente parlando, prendere per epoca di tal |. n. la media = dei tempi di osservazione. Ciò risulta immediatamente dalle (4), giacchè deve essere |t — 7] =0 per trovare la forma (5). 136 SULL'ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 41590 Iv Per la formazione dei ll. nn. definitivi si adopreranno le (8), coll’osservare che la «, delle (2) sarà la @.:i # saranno i 7, le p sono le n; quindi le C— 0 di (3) sono «, — a_, dè, — è, dedotte da (5), Qui, per semplificare, prenderemo per origine del tempo, la media ponderata, 0, dei tempi 7, cosicchè [p (ft —)D]=0, e le (3) si riducono a: PAK [p(—-«)]}=0, pG—-9]8+bG-9(—=)]=0 (6) e così per è. In tal modo si hanno A e B separatamente. Quest'ultimo non occor- rerebbe nemmeno, ove si assumesse 8 come epoca del |. n.; ma quando tale epoca si prefissi, la B si calcolerà pure. Il periodo delle osservazioni fu diviso in quattro periodi di quasi ugual du- rata, cioè il 1°, 3°, 4° di nove giorni, il 2° di otto, perchè più denso. Per cia- scun giorno, valendomi delle C — 0 già esibite nella tavola precedente si fecero le medie secondo le (5), e si calcolarono insieme le 7, e di seguito le t —0, dalle quali si deducono le A, B, colle (6). Ecco i quadri sinottici : SULL’ ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 41880 1v 437 1° Luogo normale a D) T a—a,|p|T—-0 T è—-d. |p| T—-9 Nov. 15,442 | + 1'8| 2 | — 3.683 n 416,477| + 0.8| 5 | — 2.648 Nov. 16,455 | — 5".7| 6 | — 2.581 47,472 | + 2.8| 9 | — 1.653 17,482 | — 5.9| 9 | — 1.554 18,592 | + 3.9] 8 | — .0533 18,592 | — 5.2] 8 | — 0.444 49,425 | + 0.3 4 | + 0.300 19,525 | — 6.9| 4 | + 0.490 20,597 | +40. 6| 4 | + 1.472 20,566 | — 4. 6| 3 | +4.530 21,603 | + 2.5] 7 |+2.478 21,606} — 3.6| 6 | + 2.570 99,720) +42.5| 3 | + 3.595 22,720) — 6.0| 3 | + 3.684 23,664 | + 9.8| 1 | + 4.536 A=—4"'.00, B=—A1'".00 A=+5".39, B=—-0.% 6 = Nov. 19,125 6. 19= Nov,036 2° Luogo normale a 3 Li a—a. | p|tT—8 1) èò-è.|p| Tt-0 Nov. 28,545 | + 8.3] 2 | — 4.460 Nov. 28.549 | + 3".7| 141 | — 4.480 29,267 | + 4. 8| 2 | — 3.688 29,267 | — 16.3| 2 | — 3.762 30,366 | + 7. 4| 5 | — 2.589 30.366 | — 5. 8| 5 | — 2.663 Dic. 3,390) — 7. 0| 2 | +0.435 Dic. 3,390| — 0.2| 2 | + 0.360 4,390 | 4- 3. 7| 4 + 4.435 4,225 | + 2.5| 2 | +1.493 5,446 | — 4. 8| 6 + 2.491 DA446 | + 2.4]|] 6 | + 2.416 6,347 | +40. 5| 1 | +3.392 6,947| — 2.1 + 3.317 7,112) — 3. 6| 1 | + 4.257 7,242] 4-48. 41] 1 | + 4.182 A--—-2"5 B=4+1"1 | A: MUD b— — 4149 6= Dic. 2,935 I 6= Die. 3,029 Giornale di Scienze Nut. ed Econ. Vol. XXI. 1S SULL’ ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 1v 3° Luogo normale a D) d—- = a,— a. | P T è—-d.|p|r—-8 Dic 859907 7534485 Dic. 8,390| — 0".2| 5 | — 3.548 ) 9170.) 19: .0.|1 43. ee 2398 9,470 0. (0; ZO 198 10,473 | — 9.5| 6.| —1.385 10,452 | + 2.3| 5 | — 1.456 41,414| — 5.9| 3 | —0.3% VAJA4 0.0} 3 | — 0.494 1995892 0 | L00550 12,358 | + 4.3| 2 | + 0.450 18,400 | —412. 3| 3 | + 1.592 13,445 | + 2.4| 4 | + 1.537 14,356 | —21.2| 3 | + 2.548 14,356 | + 2.9| 3 | +2 448 15,394 | —18.7| 4 | + 3.586 15,394 | — 41.7) 4 | + 3.486 17,256 | —2. 8| 1 | + 5.448 17,256 | — 5.2| 4 | + 5.348 A=+42".00, . B=+4!"".61 AE 060% BESTIA = Dic. 11,808 6= Dic. 11,908 4° Luogo normale a D) T a 4. t_-0 T è —è.|p| T—-9 Dic. 28,257 |— 61”.2| 1 | — 6.645 Dic. 28,257 | —44!.9| 1 | — 6.645 929,243 | — 39. 0| 2 | — 5.659 99,243 | — 4.0| 2 | — 5.659 31,296 | — 53. 8| 1 | — 3.666 91,296 | — 7. 4| 1.| —3.666 Gen. 2,255 |— 48.0| 1 | —1.647 Gen. 2,255 | —21.5B| 1 | — 1.647 5,624 |— 70.7] 41 | -- 4.720 B 621 = ‘8-104| MR NERA10720 6,390 | — 64. 4| 1 | + 2.488 6,390 | — 8.2| 1 | + 2.488 7,630 |— 57,9] 1 | + 3.728 7,630| —42. 7] 1 | +3.728 9,764 | —108. 9| 41 | + 5.862 9,164| — 2. 6| 1 | + 5.862 13,384 |— 93. 8| 1 | + 9.482 13,384 | — 4.0| 1 | + 9482 A=63".67 B=+3".30 A=+8".70 B=—0"25 6= Gen. 3.902 6= Gen. 3,902 «I SULL’ORBITA DEFINITIVA DELIAy GIAMERA (48901102 189) digiuogon:t ati 45.0 — d°°.0.(£ — Nov. 49,125) dia a=a — 2. 5BYHedoikktesdc.VI2,955) Sona a=a, | 12. 044. 4(£— Dic. 441,808) E a= a, + 6ILITIIZID I LLofen1A128 902 sine À Ul el obnessa .ilstidso iteeprala ileob itn9modldi 4° luogo: è = è, + 53”4—0/.2(£— Nov. 49,036) PIO SE A :8:(— Dia.“ ‘8,029) È » ò — RE ) ad — 0, | t — Dic. b008 Ì da Paor A AS dD Gil in vd 08) eb 6 409 AP Sea T_0- 2 ì sisiddk x nl C—Gen. 3,902) $ T@ “ » QI *i . . . ove, naturalmente, è Meygga del) Log. ed ai dl s$ri0/ Valeri di «, d tratti, pel tempo £ .dall’effemeride. e ni d Assumiamo per epoche dei Il. nn. rispettivamente le date : puolb CRE Yao ; Now 495 eo BI5+ n) sioe Die7:42,5 È n. +Die. 81,5 o 6 E 209 del t. m di Berlino. Essendo l'effemeride at. m. di Parigi, ed a questo tempo riferendosi le 0, che cinbanosnele, parentésh precedenti, si ridussero al tempo di Parigi le quattro date sopra scritte, e si sostituirono al luogo di # nelle corri- spondenti;(M-8i, ehe: ATA dicendo dina sca la deglinaze norzgali : o? olieoggs sllo» .ibom sub ni 91809159 osonni vstesn0 .\Y oi _ Paseo 91115 sl OO aa e ioirslionine) ERI ulran— d.°9 è, =0, +0. 3 (8) (e) Son mala 0 va »w x ogonl3% Sori et 12 Iaogi ed» dg Rei do SID, a, =, + 52. 3 lo, == 0191 Oà, 8980 1ef8e.dhh = ag ceraei — €828 01 N Per VÉ eua2foni di L'ondiigfe , ocdr0fo liOWaloribfi, Wx098 3, dd Ricor- dando i veloei detle È pestisdojggd’effemerigle agmbiam@o dale (dp .9lum (08,08 ET = Qu.0B LATI Ta 08.891 8A Bg Idv dluoso :dieicos tì = — 36 2° luogo: dacosò —— 41/5 -n0d92 ollsb stsb slo ace st ono1s1oglso ie. 5 O glinaBh pos I (9) 9.() RI 1M9SP5 TB60SÀ 7 ststtolo) unì ofeot1950 st ia SP 3A, bio imoizz91ge9 dI iz09 iddff rino its ottisup iob iqmof dog.8b Îli Fodlsasti iimtinsgo! omo issdnonsg si inomun i ovo .iinongse Infine, ponendo nelle (8) le «,, d. gia calcolate per le epoche dei 11. nn. dopo l’effemeride, abbiamo le 4 posizioni normali : 4° luosg:a ==MSYA9-569 Deajuoco see A021 pin SALATI 9958 » è — 84 56.22 2 10) Solluoso a = 4633/95” .6 e luotortat=9196749779 » e SRI SESAMO » O, — 29 86. b0:C2 140, SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890’ 1v IV. Formazione: delle condizioni Assumiamo: le espressioni dei differenziali primi di x e è in funzione degli incrementi degli elementi orbitali, secondo la forma data ad essi dallo Sch6ufeld. In 2, abbiamo: v \ (+3) cos è d « Se) con (9 +0) dk — asia 22 kV? HI: Vr 4 — v rseny h,tag 2 de elit A cos(g + E) L cos 5 © \ (4) RMpicO Lai j sen (9 -+-F) dlogg A 4 I 1 o cos + V 2 | RIO CORI AA senvdr. I Per dò, avremmo la stessa formula ove alle costanti g , y si sostituiscano le altre costanti 9g”, y". Queste furono calcolate in due modi, colle apposite for- mule, e si ottennero valori identici. Si ebbe Costanti : 1° luogo 2° luogo 3° luogo 4° luogo g 144° 55/,83 = 126.°45”,36 = 4116.°387,24 = 403°.53,40 Y 110..51, 04 104. 00, 34 95. 05, 70 86. 55, 30 9’ 302. 24, 06 286. 46, 37 283. 48, 04 59. 09, 24 vi 157. 35, 48 168. 20, 67 174. 46, 50 175. 40, 20. Le quantità H, /,, j, f si calcolarono dall’apposita tavola data dallo Schòn- feld , le », v si avevano già, e presto fu calcolata la A. Così calcolai la (1) e l’analoga in dè, pei tempi dei quattro luoghi normali. Ebbi così le espressioni seguenti, ove i numeri in parentesi sono logaritmi : cos dida così da così da così da d è d è SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 189) 1v + (3.99153) 47 + (1.33569,) de + | = (0.17909,) dk + (0.47017 ) d log g + (4.61977,)d% + (4.61035,) dv =:(0.20341,) + (0.58540 ) = (047810,) + (0.59369 ) = (0.08825,) + (0.53278 ) (478375) + (0.18472,) = (147828 ) + (1.93602,) = (1.10776 ) + (1.56848,) — (2.64233;) + (1.28119) + (3.94012 ) + (1.30957,) + (3.86617 ) + (2.92685,) + (3.68877 ) + (2.57173 ) + (3.52435,) + (0.03430,,) + (3.13230,) + (0.01969,) + (4.73318,) + (4.97655,) + (5.29461,) + (4.84049,) + (4.22596,) + (1.37181,) + (4.07561,) + (4.03321,,) + (2.59438,) + (2.76832 ) + (2.74018 ) + (0.02488,) + (2.15366 ) + (0.08193,) + (3.65986 ) + (0.08291,) + (2.13266 ) + (0.03708,). 144 + + : + Prima di adoperare questi valori alla formazione delle condizioni, è impor- tante controllarli, onde esser sicuri di non fare un lavoro inutile. Ecco come ho disposto questo controllo. Ho considerato un’orbita ausiliaria poco differente dall’orbita di partenza; cioè : 1390; Ag: ‘7,1200 tm. Berl. w = 331°.36”.00”0 o =#65x20 00! 50 i = 4154, 18. 00. 0 e —="1.005 log q = 0.312200 M. E. 1890,0 la quale ha, coll’orbita fondamentale, le differenze seguenti : AaT=4+- 0.2124, do=+ 987.7, di = — 112.2, de=+- 8.005, ed anche dk=+ 20.1 di = + 207.2 do=+ 87/2, d log g = + 0,000128 dv= — 116’’.6. 142 SUIL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 4890 1v Ora, in quest’orbita fittizia, la posizione della Cometa si può calcolare in dop- pio modo : 1° nel modo finito solito : 2° nel modo differenziale, servendoci delle (2). Il confronto di questi due risultati fornisce il controllo cercato. Cogli elementi (3) e per le epoche dei Il. nn. calcolai, quindi, le «, è fit- tizie, che confrontate colle «, è normali, mi diedero i primi membri delle (2). In- trodotti, poi, gli incrementi (4) nelle (2) ebbi i secondi membri di queste che debbono uguagliare i primi. Ecco i risultati del confronto : cos è da 1° luogo 2° luogo 3° luogo 4° luogo Direttamente. . ... 78°.48*.567/.2) 57°.52” 1022404639220 RIA Differenzialmente . . | 78.418. .55. 7| b7. 52 1402146999208) (8103003 Differenze + 0”.5 OS — 0°.7 — 0.6 dò 1° luogo 2° luogo 3° luogo 4° luogo Direttamente. . . . . 94° AT.43,774| 794°. 5720 0033310032029 38004000 Differenzialmente ‘. . | 34.47.13. 6| 34.57. 49. 933.37.04. 3 29.38.0654. 0 Differenze —- 0/’.2 + 0/4 —- 1/.3 0.0 Questi controlli ci rassicurano pienamente sull’esattezza dei coefficienti delle condizioni. Per formare queste, basta, evidentemente porre nei primi membri delle (2) i valori registrati sotto le (9) del $ precedente. Chiamai rispettivamente a:, Db, c, d, e, fi coefficienti delle dk, dIT..... nelle (2), e con v i termini noti, cambiati di segno, che non sono altro se non le (9) predette, col segno contrario. Affine , poi, di rendere la @, d... alquanto più omogenee, cambiai le variabili in parte. ponendo : dbk''=x dT—4000Y de=103, d'loggii=4,4X7=1005 N T404086) il che equivale a dividere le @ e le d@ per 10; a moltiplicare le 5 per 100, ed infine a dividere per 10 tutti i termini noti v. Continueremo a chiamare a, d... v queste quantità così modificate. we rano, Gti ii dn Di i tep S [esp] [as 9] [ps 9] segisne 1800 Muaogzaoo 1 Me[[oa]uoo 0uoInz 18S9 Ip cunosti) UT eqoue 249 ‘quad ‘o3uni8 -$e 1 0eIodiI Ip opeso uou ‘ejraaIgq a9d oyo ‘Mjopui 1AIssa99ms IR ossed Is ‘ssnep Ip 0pojaw [09 ‘ew9)sis ojsanb eq E SJ VI T OT 8 619z6rE 11 + | LegeaLe6 + | GreLtosto — | @L09999°0 — | 7OSELE8to + | SL6GGLOO + | ‘005900 euuW1OS I39G6VZ1T + | orogeLe:s + | segLiogo — | eL099830 — | 71S6L680 + | 98666L000-4+ |" 0MouIP OpON [84] [8 9] [s p] [8 0] [5 9] [8 0] ‘opou orddop UI SSA ql [8 D] O| ep 9049 E[uuao] ejou U?g E|[ep QUoIseU ‘eIU9]SIS ojsanb Ip EZZ9]}2SO,] OUBINIISSE 9”) I]|047U0I I 0 = VIO8EIEtT + ® 86601978 + 0 = 319607600 + @ 0988687 + @ 8807L98"°8 + ELEVOSL'I — MEFI69ILO0 + @ GFLLESO"O + 68818890 + < = g68L66F0 + @ 81ELEYO"0 + @ 8F809F0"0 + " FGLESGFO — 2 OFLE760"0 + = 01689886 — ® SEIOOLO'0 — @ EEOLELOO — NOBOITETVI + 2 SYSTIGV'O — ll TI6ETEIT SA = 18760190 + #0181£00°0 — © #L6900°0 — " 18076130 — 3 08609800 + / c888687°0 — 7 L66LOG0"0 ‘ e|eu1ou ewaqsis jod ‘rpummb “oqqa IS GYEVE8IYT — | 9618183 — | 00681973 — | LI98GYO(E — | 98SYIGL'E — | 0TGGTGE'O — | CI68889°0 + | GONGEYTO + $ Li € te re | ] OMR TT | Sg Lg 98 8 s *s ‘0][01]U09 Ip OUOAIAS YI ‘8 0] ‘OjUEJUI ‘099 ‘0.1JUOIUI RA IS IMI B I}UAI9]}909 10p ezzojo901d R[ BISIA ‘“Ijo1940S ‘fosto 09S0u [au ‘o0uos nou @uo ‘ IRurdep L è ojoagy 9] reso ‘*[9] [vv] e;[op ouerzewa0y e||oN +04 +++ =" opuossa ‘ [sq] [sv] Lierjisne 17 u919]gjaoo Mou uoq i raedope ‘17U9191]j900 1 QUIE[]0I] SULL'ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 4890 Iv - 10) ddq ‘Ojeuiou ewdjsIs [I I2w10] 07jopeados opowr ju mMeogipow ‘g $ (6) a[[oo è 7 $ (€) ®][p Muongjaoo 10) QUOIZNJOSII ENS a efeurIOU EUISISIS “A | FINITIVA DELLA COMETA 1890 1v " VI SULL’ORBITA DI 444 ‘ng,a — = ‘06r,L+=@ ‘99,006 — =" ‘877,68 —=% ‘037.01 — =f ‘489,80 — = ‘ ezuonSasuoI Jod 9 "EIWS9SL'O | F9I6LOLSO | "ELOLTES'T | "OGLTOGG"T | "coLeeso'a | e688e0°e n $0] a So] n So] z 50] fi 30] x S0[ 2 IOIpeI quanfes 0] 019qqo Is ‘eiulid ejje ours opuo[jesia a ‘euorzenba eunm,j[Ep IBIOUIWOI B ‘09JOPra EWIOISIS |I OpuoA|osty de G+ “Ae a Vea Sila LIGSWOO"0 + TO68609'S + 8LL6£80°0 + GL87600°0 — 07L68TL'0 + 8L6€6LO"0 + | ‘995909 eWWIOS 666ST7O0"0 + I 168609"G + 6LL6S80°0 + 998760000 — 96L687L'0 + 986661040 + | * 0H9IIp ‘99 [e 8£] [7 89] [85] [8 8 0] [ps 9] [s 0] i 0I9perp ‘euogsis 07sanD 1p 1]]017u09 ] 0 = LLY8800°0 + ® 07L9000°0 + 0 = &FSESL70 i M08986L8"E + € 0ELEISHE + 0 = #YELIVO0 + # 68816000 + 2 ELL6ISO"0 + # L6L8000'0 + 0 = 78061000 — ELESLOOO + € 0LL8800°0 + ? 8080000°0 -- 2 78730000 + 0 = 8906606°0 + @ 987698000 — @ 97088000 — # 7691ES0(0 — 2 67178600 — È 99697900 + 0 = 18760190 + 0 018180000 — 2 7L69600°0 — 2 18076120 — 2 0860980°0 + / 68886870 — 2 L66L10600 + : aguonSas JI ‘010 odop ‘a ‘0qgopiJ a]jewI0U EBUl9jSIS 1 I 01 o I ! 145 ‘4,0 = : Ipumb ‘oqgoes ‘ortexgun o|jiqeqoad QJ0119,[ 9 net iUOIAB ‘3 B[OpuodIp d : QUOU 0}I[OS [09 OWIQIIURIYO E] ‘OSjRAGI = QquamugeIomo$ osn |] opuerimfas ‘ aq ‘€ enpisal ezuasIsAIp erpawr » epguenb ejjop ozewergo o1Ido1d nid aqqoaes ‘249 -11]a 098 tuorzipuoo aridoid 0 osoA ew ‘1J0119 tp ruorzenbo vuos uou 7 $ (7) al tuo ur ‘oJad ‘oseo 0.17S0U |oy “orrezian OIpotu JO.LIO ,[ 9AGILIBI] IS ISSO BP * VUOIZEAI9SSO IP_IMPISOI 1IOJI9 OIISSOJ OS QUIOI I[OPUEesIPISUOI : BAIRIUITOP V}Iquo.] 9 UU "]] 1 Bd] OZUOTIOAIP 1]EMpISOI 0] OUBOIPur 1IOUINU 1SON() ‘oduijfiui 9J0sS9 0gqe170d uou 07Bgqosia |I © @poA IS 0409 a 9°,0 re 2070000 70 OOO ‘21PUOd ,8 | ‘ZIpuo. ,L | ‘ZIpuo9 ,9 | ‘zipuoo ,G | ‘zipuo? 7 | ‘Zipuo9 ,g | ‘ZIpuo9 ,6 ‘ZIpUOI ,} ‘7 $ (©) @jfou ‘0uorzaaigsos e] odop ‘vaoffe eao4q Ig + ap ‘7 p ‘Yp Ip LIO[eA I ojsonb UI OWRIN]t]S0s * IUOIZIPuo? e] tagsaIduro9 ‘ 1}en]}azjo eaouIs 1[09jed ! 1770g ORC 94) 0[[047U09 047] un gJep J0q PRU 610700: 0 — = d 501 p Rie) 86W700° 0 — = 92 9,,LV.,61 — = © 69L88 30 — =D C]IQIO [Op MUOWLO.IDUL [OS I ‘OUYUI ‘OUBABILI IS ‘p[ojUguog 0/[ap ruorze]jo1 970u 0][00 ‘Qwrid 93) 9]]eq ps ‘Groroo°o— = 2501p ‘83170000 — =?P ‘69L8930 — =ZP ‘67,898 — =4P ‘08,4L+=%P ‘89,8L0V — =,4P% VIAB IS 9 ‘(0ISS2A Ip ed ur cuuesw | Idso 18 2 $0[p ‘0p “7 p ‘sand ig ‘enquo jap nuew9]o 1]$e @|estI IS 7 $ (G) 0] Muosaid opuaua], SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 rv ‘9AITROgJIUSIS QI} fas adwos isendb oueuI0) 049 aIeajsow 19d ‘ 0z09I9]}Ip e[[ep tIo]ur 9pued e[jou oyout 1197 nid Muuaz Uos IS 940 0000 ‘00 — 1000 ‘00 — | S000 ‘000 — 7000 ‘000 — | €000 ‘000 — | 0000 ‘000 UZUOLOJI(T 6818 ‘97 — 817. VW — | E1h6 686 S8TT ‘HOT — | 669 99 — | 98766 S0F—- |— ‘ 6818°,,97 + G8LY,,}7H + | 8YL6.826+ | 87,401 + | 6899,,696+ | 863,80} + + IUIW.I9], ‘zendba ,9 ‘zenbo ,G ‘zendo ‘zenda ,g ‘zendo ,6 ‘zenbo : QAOJY 1S 9 ‘o[equOUTepuoy ejeuLiOU rUIESIS [op Luorzenbo 0]jou 0uoagz1od Is ‘Poipea ajsond a4t[[01}uo9 d0q n Giornale di Sc. Nat. ed Econ. Vol 446 SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 Iv VI. Orbita definitiva e suo grado di stabilità Applicando all'orbita provvisoria le correzioni trovate nel $ precedente , sì arriva all’orbita definitiva, per la quale abbiamo i seguenti elementi : T = 6.91990 Ag. 1890 t. m. Berlino oi SU 450901 Q='*S9 022405, M. E. 18900. è = Alb 18° V26 e = 0.995872 log g = 0.311053 Essa è, dunque, una ellisse allungatissima. Per fare , ora, il controllo de- finitivo, diretto, occorre cercare le posizioni della Cometa nella nuova orbita, e confrontarle ai ]l. nn. Le costanti ausiliarie, sono in questo caso : AI 6:33 LES AOO BIOGAS Ge = 169000 log sen a = 41.9351165; log sen d = 141.9755169; logsene = 41.7337007 e, con queste, al solido modo, si ebbero le posizioni cometarie nella nuova or- bita alle epoche dei 4 ll. nn. Esse sono: 1° luogo 2° luogo 3° luogo 4° luogo ai ISAIA DI LOI 46°.334.557 31°.26/.43’’.0 ZITTI 34. 56. 22. 0 SARO PAR 0 IU Confrontando queste colle posizioni normali (10) $ 3, si ebbero i seguenti risultati : 1° luogo | 2° luogo | 3° luogo | 4° luogo A dred 9 + 0”.9 + 0/4 IA e MO E o che sono soddisfacentissimi, e garentiscono l’intero caleolo. Occorre ora vedere il grado di stabilità di quest’orbita , dopo che abbiamo veduto come la parte geometrica del problema sia completamente riuscita. Perciò, determiniamo le quantità che sono veri coefficienti di deformabilità dell’orbita. Ricavando dal sistema mormale un’ incognita qualunque, X, col me- todo dei coefficienti indeterminati X, X...., si sa che essa può porsi sotto la forma X= (GX + DA, +IVA +) e quindi, siccome ad una piccola variazione dei Il. nn. (e quindi delle v) con- segue una variazione in X, ci possiamo proporre di dedurre ua questa formla,u vr, PARERI SULL’ORBITA DEFINITIVA DFLLA COMETA 1890 Iv 147 la media variazione di X, corrispondente ad una variazione media comune di tutte le v. Questa ricerca è materialmente la stessa di quando si cerca il peso della X: perciò occorrono quelle ausiliarie che si sogliono chiamare «,, f,, Y,, d,, e. C Fatte le soluzioni dei sistemi corrispondenti. e controllatele nel solito modo, si ebbe mela] dol | doely | logk/8, | logVa, | tel 3.6496520 | 2.8191003 | 2.9752102 | 2.8896270 | 1.71238 | 1.58567 Si osservi ora che queste quantità, o coefficienti di deformabilità dell’ orbita, si riferiscono rispettivamente, alle incognite ausiliarie x, y, z.... mentre ci occor- rono quelli relativi alle d &, d 7, de..... Basta perciò ricordarsi che le a, 4 fu- rono divise per 10, e le £ furono moltiplicate per 100. Queste modificazioni si dovranno pur fare sui numeri rispettivi scritti nella tavoletta precedente, e inol- tre moltiplicheremo il 2°, 3°, 4° per sen 1’, onde esprimere nelle unità corri- spondenti. Si avranno i seguenti coeffleienti logaritmici di deformabilità , ossia le inverse delle radici dei pesi : dk dT de dlogg dA dv 2.649652 | 1.504675 | 3.660785 | 4.575205 | 4.71238 | 1.58567 Un'ultima deduzione dobbiamo fare da questi numeri; e, cioè, dedurre i coeffi- cienti di deformabilità riguardanti d0, 40, di. Usando le relazioni (14) dello Schonfeld, fra le dk, d%, dve led, do, di, si deducono detti coefficienti, per dw do di 2.660654 | 2.052223 | 1.621714 Moltiplicando questi coefficienti (di cui si son dati i logaritmi) per 0,54 (error probabile unitario) avremo le quantità probabili di deformazione per ciascun ele- mento, corrispondenti ad una variazione media di 0/8 nelle posizioni normali. Eccone i risultati : Variazione probabile nel tempo perielio : 4 0%1726 SUA: nel nodo ste004719 » nel perielio a NI A » nell’ inclinazione ZE e i) \ » nell’eccentricità + 0.00247 | » nel log dist. perielia # 0.000203. Come si vede, queste quantità sono sensibili, cosicchè l’orbita si modificherebbe sensibilmente appena i Il. nn. si spostassero anche di pochissimo. Questo, come — dicevo in principio, sta ad indicare una tal quale indeterminazione nel problema fisico, con tutto che il problema geometrico sia stato risoluto nel modo più sod- disfacente. Vedremo ora, nella parte che va a seguire , come, si possano stabi- lire altre condizioni restrittive che, senza cessare di darci buone rappresentazioni dei Il. nn. valgano ad impiccolire i coefficienti di deformabilità dell’orbita. PARTE SECONDA Adottando come orbita definitiva una conica libera, colla sola condizione di. render minima la somma dei quadrati delle note divergenze, abbiamo visto che il problema presenta una indelerminazione, nel senso che a piccoli spostamenti dei ll. nn. possono corrispondere sensibili deformazioni dell’ orbita definitiva, pur rimanendo benissimo risolto il problema geometrico. Questo fatto fa pensare che l'assunzione della conica libera sia, nel caso nostro, troppo generale, e che si possa diminuire l'entità dei coefficienti di deformazione coll’ assumere, come orbita definitiva, una conica sottoposta a qualche opportuna condizione, ossia una conica vincolata. Questa condizione a cui sottoponiamo |’ orbita definitiva (oltre quella, ben inteso, di render minima la solita somma di quadrati) è av- bitraria ; ma deve esser posta in modo da diminuire al più possibile i relativi coefficienti di deformabilità. Fra le varie condizioni a cui si può sottoporre | orbita definitiva si può limitarsi ad uno di questi due generi: o lasciar libera la forma dell’ orbita e vincolare in parte la posizione del suo piano : o. viceversa lasciar libera questa posizione e vincolare invece la forma dell’orbita. In ciascun di questi due casi il vincolo si può mettere in varî modi : io esporrò quelli che mi son parsi più convenienti e che hanno dato errori probabili tollerabilissimi , sempre rappre- sentando ottimamente i luoghi normali. Così procedendo, non si fa altro che scegliere , fra le infinite orbite che , dentro certi limiti, si adattano ugualmente bene ai luoghi normali, quelle che oflrono la migliore stabilità. Ed aggiungerò, che se pure altre forme delle cqua- zioni differenziali di condizione conducessero direttamente ad un’orbita stabile, ciò non proverebbe altro che tali forme, nel caso nostro, conducono a risultati più particolari di quelli a cui si è pervenuti colla forma qui adottata. Segue, ora, l’esposizione dei risultati a cui son pervenuto vincolando l’or- bita in ciascuno dei due modi sopra indicati. Diremo orbite vincolate di A° spe- cie quelle che nascono dal lasciarne libera la forma, e vincolarne la posizione: orbite vincolate di 2° specie quelle in cui avviene il contrario. e SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 Iv 149 I. Orbite vincolate di 1° specie (N. 1) Uno dei modi più convenienti per porre la 1° specie di vincolo , è quello di mettere dy=M essendo m un piccolo numero di secondi , positivo o negativo , od anche zero. Ricordando l’espressione di dv, abbiamo anche coso dì + senosenidQ = m (4) cosicchè questa equazione rende una delle di, 40 funzione dell’altra. Trattiamo prima il caso dim = 0. Saràd y = 0,e si avrà subito il sistema delle condizioni in questo caso, facendo f = 0 nelle condizioni generali (2) $ 4. Il siste- ma normale relativo verrà dal generale del $ 5 sopprimendovi la penultima co- lonna e l’ultima linea, e lo stesso pel sistema ridotto. I logaritmi delle radici che se ne deducono sono i seguenti : loga = 2.623212,, logy=41.378732,, logz3 =41.735403, log = 1.986938,, — logo = 1.346959,. Queste furono controllate, al solito modo, e diedero la solita esattezza nel controllo. Sostituitele nelle condizioni relative si ebbero i seguenti residui : 4* cond. 2° cond. 3° cond. 4° cond. 077.00 A te E AT EVASI NO) 5° cond. 8° cond. 6° cond. | T° cond. Va e 0 07248 | H+ 08701 Da questi fu tratto error probabile SROE II cn (07869 che è sensibilmente identico a quello dell’orbita generale Dedussi, poi, dalle radici, e dalla condizione (1) per m = 0, i seguenti in- erementi : do=— 6.539 do= +b&"51, di—=+41”08, dT=— 0113960, de=+ 0.002635, dlogg = — 0.000470. 150 SULL'ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 1v Applicandoli all’orbita di partenza, ebbi la seguente orbita vincolata : l = 1.39164 Agosto 1890 t. m. Berlino o = 994.271.258" .4 Di== #85; 23341089 MM DE 9010 == do 195 e = 1.002635 log g = 0.311602. Essa è dunque, un’ iperbola. Per vedere come quest’ orbita rappresenti i Il. nn. valutiamo le posizioni in essa per le epoche dei 4 Il. nn. Avremo : 1° luogo 2° luogo 3° luogo 4° luogo Ci Pe CI VI GA DIO 4604/40 46° Spa eci 31°.26.'43”.4 ò 34. 17.:84. 7 QU 3624 5 39. SANI 0 29. 36. 50. 6 Confrontando queste colle posizioni normali più volte menzionate, viene : 1" luogo 2° luogo | 3°luogo | 4° luogo Aa + 07.4 — 0.°7 + 27.5 + 0/.5 aè | — 0. 6 | — 0. 6 | — 41.0 | +0. 4 il che mostra come anche quesl’orbita soddisfi bene i ll. nn. Parleremo in se- guito dei suoi coefficienti di stabilità. II. Orbite vincolate di 1° specie (N. 2) Mostriamo, ora, un altro caso dello stesso genere. Facciamo nella (4) $ pre- cedente m = — 41007. Allora neile equazioni di condizione introdurremo per d v il valore — 100 e riuniremo la ultima colonna coi primi membri che formeranno i termini noti v. Il sistema normale non differirà da quello del $ precedente, che pei termini noti. Adoperando il fattore di omogeneità = 100 per le v, questi termini noti sono : [av] = + 0.064236, [b v) = — 0.163677, [c vy] = — 0.026753, [dv] = — 0.230860, — [ev] = — 4.445790. I logaritmi delle radici del sistema così ottenuto, sono : log 2 = 2.197080,,, log y = 1.288829,, log 3 = 1.278791,, log u= 1.470320,, log v = 119896. | SULL'ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 4890) Iv 154 Queste, oltre i soliti controlli, furono introdotte nelle relative equazioni di condizione e si ebbero i seguenti residui : 4° cond. 2° cond. 3° cond. 4° cond. — 077.07 | — 077.45 | — 07.09 | 4 0”.34 5° cond. 6° cond. 7° cond. 8° cond. — 077.85 | 4 0.68 | + 07.91 | — 0”/.84 Di qui si dedusse, come sempre, l'error probabile = 077.66 della stessa piccolezza degli altri. E gli incrementi dell’orbita saranno : do = — 28/.36/7.15, dio 2431199, di= — 2’.30.’6, dl = — 0°94277, de= — 0.009212, dlogg = — 0.001432 Applicando questi agli elementi dell’orbita fondamentale, si ricavò 1’ altra orbita vincolata di 1% specie: T = 6.56483 Ag. 1890 t. m. Berlino wi—=:9314.05 459 Oi==! 859:20:55.. 4 M. E. 1890.0 = AGATA 16 e = 0.990788 log g = 0.310640. Questa orbita è, danque, ellittica. Per vedere come rappresenti i ll. nn. cal- colai in essa le posizioni della cometa alle epoche di essi, e vennero: 1° luogo 2° luogo 3° luogo 4° luogo 4 HOA4A259" 8 51°.467.00/7.2 46°.33”.54”7.0 31.°26”.40’”.6 ò 34.17.34. 4 Sd 22.1 98095. 28079 29. 36. 49. 0 e confrontatele colle posizioni normali, avemmo 1° luogo | 2° luogo 3° luogo 4° luogo MR Sd i 73 SO: | De a Dunque anche la 2° orbita vincolata soddisfacentemente rappresenta i luo- ghi normali, sebbene di natura diversa dall’altra orbita vincolata che abbiamo Visto iperbolica, mentre questa è ellittica. Ed è a notarsi che queste due orbite 152 SULL'ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 1v hanno lo stesso grado di stabilità, o se vuolsi dire, lo stesso peso: dacchè i coef- ficienti di deformabilità sono identici nei due casi, non dipendendo essi dai ter- mini noti dei relativi sistemi normali, termini che soli differenziano nei due casi. III. Grado di stabilità delle orbite vincolate di 1° specie Riferendomi a quanto dissi nel $ ultimo della varte I°, calcolai le solite ausiliarie che questa volta sono cinque, e che servono per tutte le orbite di que- sta specie. Fatte le soluzioni dei sistemi opportuni e controllatele nel solito modo, si ebbero i seguenti risultati : tog Var | og V/& |togW7, | toe W37 | log Vi” 2.52617 1.68027 1.88254 T.91115 41.83365 Facendo in queste le solite modificazioni per avere i coefficienti di defor- formabilità degli elementi dell’orbita, come si disse nel $ ora citato, si ebbero i seguenti valori logaritmici dei varî coefficienti di deformabilità. de da di | dT de | dlogg 1.53649 | 0.18046 | 1.57840 | 9.36595 | 4.56842 |74.49673 Moltiplicando questi coefficienti per 0”.66 (erro probabile unitario) si a- vranno le quantità probabili di deformazione per ciascun elemento, corrispon- denti ad una variazione media comune di circa 1” nelle posizioni normali : Probabile variazione nel tempio perielio = # 0°%.0152 » nel nodo = » nel perielio == 22011 » nell’ inclinazione = 0 » nell’eccentricità = + 0.00024 » nel log dist. perielia = # 0.00002 Si vede dunque come queste orbite vincolate, abbiano stabilità molto mag- giore di quella dell’orbita definitiva generica, perchè col porre una condizione abbiamo tolto, sebbene arbitrariamente, una parte dell’ indeterminazione che ave- vamo coll’orbita generica. Si consideri, poi, che le due orbite vincolate rappre- sentano bene i ll. nn. e si vedrà che non abbiamo nessuna ragione di scegliere l'una piuttosto che l’altra di esse, trattandosi di pari stabilità. E dotate di que- sta stessa stabilità sarebbero state anche altre orbite , che si potevano ricavare dando ad m altri valori: ma mi son contentato di presentare due orbite di forma diversa : tutte le altre sarebbero certo venute, o dell’una o dell’altra forma. SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 1v 153 IV. Orbite vincolate di 2° specie Dopo di ciò sorge naturale la questione, se dopo aver bene e stabilmente rappresentati i Il. nn. con una ellisse ed una iperbola, si possano altrettanto bene rappresentare con una parabola. Siamo allora nel caso dell’orbita vinco- lata di 2° specie; quando, cioè, si determina @ priori la forma dell’ orbita, la- sciandone libera la posizione. Anche in questo secondo caso si potrebbero cer- care delle ellissi o delle iperboli libere di posizione : ma avendo già trovate forme di questo genere nel caso precedente, basterà qui limitarsi alla parabola. Le equazioni di condizione corrispondenti alla parabola, si otterranno dalle generali (2) $ 4, facendo in esse de= 0. Quindi si considererà c = 0 nei coef- ficienti delle equazioni normali: per cui porremo ==] = 0. Il sistema normale ridotto, risultò il seguente : .0907997 2 — 0.4828585 y — 0.2194084 u — 0.0026974 0 — 0.0031810 20 + 0.6105484 = 6 + 0.0646266 y — 0.0221694 u — 0.0880463 0 — 0.0869236 w + 0.9099068 = 0 — 0.0000803 w 4 0.0088770 v + 0.0075272 2% — 00190545 = 0 + 2.8537985 0 + 3.5113143 w — 0.0530154 = 0 + 0.10313541 w + 0.2317932 = 0 I soliti controlli adoperati anche in questo caso, pei nuovi coefficienti, (che son quelli delle due ultime equazioni solamente) hanno soddisfatto pienamente, essendo : [e s 3] [fs 4] Calcolo diretto . . . + 6.312098 + 0.334932 Somma coefficienti . + 6.312098 + 0.334928 0 4 4 Le radici tratte dal sistema ridotto, sono : log x = 2.830646,, logy = 41.791087,, log u = 21450414,, logo = 0.444648, log w = 0.351694.. Queste, oltre i soliti controlli, furono introdotte nelle condizioni corrispon- denti alla parabola, e di cui sopra si è parlato; i residui trovati sono i seguenti: 1° cond. 2° cond. 3° cond. 4° cond. + 07.20 — 0””.82 + 0’’.86 0148 5° cond. 6° cond. 7° cond. 8° cond. — 0.07 — 0/44 | + 0/32 — 0/47 3 Giornale di Sc. Nat. ed Econ. Vol. XXI. 20 154 SULL’ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 1v Da questi si ricavò l’error probabile Pe". TACARII AT 6 e, = 0.49. Dalle radici, al solito modo, si dedussero gli incrementi dell’orbita fonda- mentale. Essi sono: deo = — 11°.45”.8, do= —831”.9, di = — 33”0, d1 = — 0£.299683, dlos g = — 0.000685. Da questi e dall’orbita di partenza, nascono gli elementi della parabola : T =1.20792 Ag. 1890-t. m. Berlino 9910227950 AO = 85423200089 M. E. 1890.0 Vi = NOIRE \ log g = 0.311387 e questa sarebbe una delle orbite vincolate che chiamai di 2° specie. Vediamo come essa rappresenti i luoghi normali. - Calcolando in essa le posizioni della Cometa alle epoche dei detti ]l. nn. si ha 1° luogo 2° luogo 3° luogo 4° luogo T8r12250/50 57°.46”.01”7.2 46°,399°.5D7”.1 341°.26”.43/.6 SALA T091909, 34. 56.21. 4 389-100, di 1 29. 36. 50. 0 e confrontando colle posizioni normali, abbiamo 41° luogo |! 2° luogo | 8° luogo | 4° luogo na | + 07.9 + 079 | — 17.5 — 0”.7 AòÒ | +0. 4 + 0.7 + 0. 9 4-0. dI Quindi anche la parabola rappresenta benissimo i ll. nn. non meno bene dell’ orbita generica , e alquanto meglio delle due orbite vincolate di 1° specie che abbiamo stabilite. V. Grado di stabilità della parabola Visto che la parabola è soddisfacentissima, è necessario vedere quale sia il suo grado di stabilità per accertarsi che anche da questo lato è accettabile. we e LIE SULL'ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 rv 155 Perciò, al solito modo, calcolai le ausiliarie ben note, che, come sempre, furono controllate, sistema per sistema. I logaritmi di esse, sono : logVa, | logV8 | logVy | logV/d, | logie 2.43270 1.33732 1.81097 0.58846 0.49330 Anche quì, mediante le solite modificazioni relative ai coefficienti di omo- geneità, si hanno i valori seguenti dei logaritmi dei varì coefficienti di defor- mabilità. de do dì dl d \0g 1.45025 0.93450 0.53148 2.02290 5.49655 Moltiplicando questi coefficienti per 0.49 che è l’error probabile unitario, ‘corrispondente a 0’”.75 di error medio, si avranno le probabili variazioni degli ‘elementi, corrispondenti ad una variazione media di circa 1’ (0”.75) nelle po- sizioni dei ]l. nn. Esse sono : Probabile variazione nel tempo perielio = # 0°. 00527 » nel nodo == Ana » nel perielio = » nell’ inclinazione aa i FA » nel log. dist. perielia = * 0.000015. Ecco, dunque, come anche le orbite vincolate di 2% specie, abbiano stabilità molto rassicurante’, non diversa da quella che si suole esigere nei casi che si ritengono ben determinati. Perciò la parabola che appartiene a detta specie, si può dire soddisfacente sotto ogni punto di vista. Riepilogando, ora, quanto son venuto esponendo in questo lavoro, dirò che al problema geometrico di dare un’orbita che ben rappresenti i ll. nn., soddi- | sfano pienamente, tanto l’orbita generica, che è ellittica, quanto le orbite vin- colate che abbiamo stabilite in numero di tre, e che hanno le forme delle tre specie di coniche. Siamo, dunque, in un caso, pel quale le condizioni sperimen- tali non furono adatte a rimuovere dal problema una certa indeterminazione : x ‘(e questa circostanza è immediatamente messa in rilievo dall’ entità dei coeffi- ‘cienti di deformazione che si riferiscono all'orbita generica. Restringendo la ge- CON 156 SULL'ORBITA DEFINITIVA DELLA COMETA 1890 1v neralità di questa, l indeterminazione è stata in parte corretta, e si sono avute | orbite soddisfacenti insieme, e al problema geometrico e alla questione, che si potrebbe dir, fiduciaria. Ma queste sono state vincolate in modo arbitrario; quindi, se come orbite di data specie, si possono dire soddisfacenti, non si può dire perciò che il pro- blema è divenuto determinato. Però, questa discussione ha servito, se non al- tro, a mostrare, quanto sia vera l’opinione di qualche illustre astronomo, il quale ritiene che gli errori probabili che i calcolatori soglion dedurre per i loro ele- menti purabolici sieno completamente illusorî. L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE (ISOLA D'ELBA) APPUNTI GEOLOGICI E PETROGRAFICI Del Dr. LORENZO BUCCA L’isola d’Elba è per il naturalista sorgente inesauribile di studii. Mentre i suoi giacimenti ferriferi c i celebri filoni di S. Piero hanno arricchito tutte le collezioni mineralogiche e lasciato aperto sempre il campo alla critica scientifica di ricercare il loro modo di formazione, d’altra parte la grandissima varietà di roc- cie, appartenenti ai terreni più differenti e ristrette in tanto breve spazio offrono al geologo i problemi più difficili da risolvere. Non è quindi a meravigliare se dopo tanti serii lavori, dopo le importantissime memorie del v. Rath, del Cocchi, del Lotti e i lavori speciali del Nessig, del Dalmer e di molti altri, restino ancora molte quistioni da risolvere. La bellissima carta geologica rilevata dal Lotti, per cura del R. Comitato geologico italiano ha facilitato immensamente, per la scrupolosa esattezza delle sue delimitazioni, il compito del visitatore, obligato altravolta a perdere buona parte del suo tempo ad orientarsi nell’intrigato pelago di quelle formazioni geo- logiche. E appunto perchè nelle pagine seguenti dovrò dichiararmi contrario a certi apprezzamenti geologici del Lotti, non voglio ora tardare un momento per manifestargli quì la mia più sincera stima, a che oltre che la sua personale cono- scenza, mi ha spinto l'ammirazione per .il suo eccellente lavoro. Scopo principale di questa nota è di esporre il mio modo di vedere intorno all’età del granito elbano. Tratterrò oltre del granito propriamente detto, anche del porfido quarzifero e dell’eurite, perchè queste due roccie sono state intima- mente collegate alla storia di esso. Ho tralasciato quindi i filoni granitici d’inie- zione e quelli di S. Piero, e il non meno importante argomento dell’età delle serpentine e delle roccie diabasiche dell’ isola, che mi avrebbero portato molto per le lunghe. Ho procurato di esser breve, condensando quanto più possibile la parte isto- 158 L'ETÀ DEL URANITO DI MONTE CAPANNE rica delle singoli quistioni, e restringendo le citazioni al puro necessario. Del resto, chi amasse avere maggiori dettagli, potrà consultare i lavori segnenti : G. von Rath. « Die Insel Elba » Geognostisch-mineralogische Fragmente aus Ita- lien (IIT Theil) Zeitsch d. d. geol. Gesellsch. Berlin 1870 pag. 591. 1. Cocchi « Descrizione geologica dell’isola d’ Elba ». Firenze 1871. W. R. Nessig « Die jiingeren Eruptivgesteine des mittleren Elba » Zeitsch. d d. geol. Gesellsch. Berlin 1883, pag. 101. K. Dalmer. « Die geologischen Verhiiltnisse der Insel Elba ». Zeitsch. f. Natur- wissenschaften. Halle 1884, pag. 258. B. Lotti « Descrizione geologica dell’isola d’ Elba ». Roma 1886. È a tali lavori che noi ci riferiamo, allorchè, riportando le parole testuali i questi autori, citiamo le pagine corrispondenti. (DA U Il Granito I graniti, siano essi in grandi ammassi, siano in filoni, vengono riferiti ad epoche geologiche antiche e in generale molto antiche. Anzi essi appartengono a quei pochi tipi, pei quali può sostenersi ancora una distinzione tra roccie an- tiche e roccie giovani. Di graniti riferiti ad età geologiche relativamente giovani, se ne ha così pochi e in così limitata estenzione, che in confronto alle enormi masse di gra- niti indiscutibilmente antichi, scompaiono. Eccezioni così limitate in geologia sono rarissime, e il naturalista piuttosto che entusiasmarsi e creare nuove teorie per spiegarle, dovrebbe rimanere dubbioso, e non ostante le replicate osserva- zioni di illustri scienziati, ricercare assiduamente se esse realmente non rien- trino nella regola generale. Una di queste eccezioni, oramai classica, è il granito di monte Capanne, nell'isola d'Elba: riferito da molti scrittori all’epoca terziaria. Ora a chi non sor- prende la giovane età assegnata a questo granito a così breve distanza dai gra- niti, notoriamente antichi, delle Alpi e delle vicine isole di Corsica e Sardegna ? Eppure da che Paolo Savi, nel 1833, lo ritenne posteriore al macigno, una schiera di scrittori si è succeduta per sostenere brillantemente questa tesi , e più recentemente, nella sua pregiatissima memoria, l’ingegnere Lotti esclamava (pag. 139 (1)) che « fatte poche eccezioni, si ritenne generalmente da coloro che e studiarono questa località, che il granito elbano fosse indubbiamente terziario « 0 tutt'al più cretaceo... in contrasto coll’opinione preconcetta e allora dogma- « tica di un’assai più remota antichità del granito: mentrecchè attualmente si « fanno, da coloro però che mai visitarono quest’isola, le grandi meraviglie sul- a l'età terziaria di essa ». (1) Vedi introduzione. OT e ____mn [aL L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 159 Mi piace di far notare come al Lotti e al Cocchi toccasse di arrivare all'i- sola d’Elba coll’opinione di un’età molto antica di quel granito e di tornarsene col convincimento del contrario. Anch'io arrivai all’Elba poco favorevole all'i- potesi di un granito giovane; ma per quanto allontanassi da me ogni idea pre- concetta, dovetti ripartire col pieno convincimento che quello dell'Elba fosse un granito dei più antichi. Se il monte Capanne, emergendo dalle acque ilel Tirreno, a somiglianza della vicino Giglio, non mostrasse che la sola roccia granitica, a nessun sarebbe ve- . nuto in mente di riferire il granito di questo scoglio ad un’epoca geologica di- versa da quella dei graniti della Corsica, della Sardegna e delle Alpi, dai quali spesso differisce così poco. Ecco infatti come il v. Rath ce lo descrive (p. 604 (1). « Il granito di monte Capanne mostra in tutta la sua estensione una grande « uniformità, tanto per la composizione mineralogica che per la struttura : carat- «tere questo che distingue le rocce eruttive antiche dulle recenti. La roccia è « di color grigio-chiaro . essa è formata da feldspato ortoclase e da oligoclase « bianchi, da quarzo grigio e da biotite bruno nerastra. I cristalli d’orlosa e di « oligoclase presso a poco delle stesse dimenzioni e legati intimamente tra di « loro, non si distinguono che per le geminazioni. Il quarzo è granulare e in « media raggiunge la grossezza di un pisello. La mica è in grande quantità : « essa appare in tavolette esagonali piccole v piccolissime, che raramente fanno « vedere le faccette laterali. A secondo le dimensioni degli elementi, questa roc- « cia viene chiamata dai minatori coi nomi di granito, granitello o granitone. « Quali elementi accessorii vi compaiono: amfibolo. titanite, magnetite, clo- « rite, pirite, muscovite, tormalina, ortite. ecc. « La roccia contiene spesso delle concentrazioni grigio-oscure quarzoso-mica- « cee, che sembrano inclusioni di frammenti di scisto : altre volte queste con- « centrazioni, essendo feldspatiche, pigliano una tinta chiara o del tutto bianca. « IL granito elbano non si distingue per nulla da quello di Montecristo e « del Giglio. Esso rammenta il granito di Brixen, col quale si scambierebbe asso- « lutamente nei campioni. Ricorda anche certe varietà di granito di Baveno, Mon- « torfano e della parte orientale del monte Matterone. In generale però il granito « di monte Capanne suol essere più ricco in mica ». E più avanti (pag. 606) lo stesso v. Rath : « L'ipotesi di nna formazione relativamente recente di questa roccia, pel « carattere petrografico e per la sua uniformità lungo un'estensione di più che «un miglio quadrato, non trova alcun appoggio ». Quest'ultimo periodo ci dice chiaramente chs il v. Rath era persuasissimo (1) Per le descrizioni delle roccie ho sempre preferito portare quanto ne hanno detto gli altri potendo essere le mie sospette di preconcetto. 160 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE Cà PANNE dell’antichità del granito di monte Capanne. e che non può certamente contarsi fra i sostenitori della età terziaria di esso. Per la fisiografia microscopica del granito di monte Capanne, oltre ai nume- rosi campioni di roccie da me raccolte, ebbi occasione di studiare anche quelli della collezione Lotti, esistente a Roma, presso il R. Comitato geologico italiano. Concordando le mie osservazioni con quelle fatte dall’ingegnere Mattirolo (4), riporto qui alcune descrizioni ch’egli dà: « Granito della spiaggiu delle Sprizze (N. 15 della Coll. Lotti). « Questo granito è a grana media, a feldspato bianco, a mica bruno-oscura « e ricco di quarzo. Il quarzo è limpido e presenta qualche screpolatura e, come « il feldspato, contiene delle piccolissime inclusioni, principalmente d’apatite. « Vi sono due feldspati : l’ortoclase e il plagioclase. Il primo prevale sul « secondo : i suoi cristalli si presentano talora alterati, anzi taluni, per l’avanzata « caolinizzazione, ci presentano il fenomeno della polarizzazione degli aggregati « La mica è ben conservata : però talora i suoi cristalli di color bruno o bruno- « verdastro, verso il contorno si cambiano in clorite. Nella roccia si trovano inol- « tre irregolarmente distribuiti degli aggruppamenti cristallini di tormalina oscu- « ra per lo più associata alla mica, più raramente in cristalli isolati, Si notano. «anche neila roccia delle lamelle di mica bianca, dei cristallini di zircone e « pochissimi aggruppamenti di pirite circondate da chiazze di idrato ferrico. « Granito di S. Piero (N. 230 della Coll. Lotti). « È questo un granito non alterato a grana media, a feldspato bianco, hio- « tite di color bruno-oscuro abbondante. Contiene due feldspati : l’ortoclase e il « plagioclase. Quesl’ultimo prevale sul primo, e sovente sembra doversi riferire « all’albite. Principalmente nel feldspato s’incontrano dei cristallini di apatite. Granito raccolto presso la cima del monte Capanne. (N. 262 della Coll. Lotti). « Questo granito è di color biancastro, a grana media ea mica bruna, quasi « nera, Il campione esaminato sì presenta un pò alterato e non molto coerente. « Assieme al feldspato ortoclasico compare anche del plagioclase: ma special- « mente il primo, frequentemente torbidi per caolinizzazione. Alcuni cristalli di « biotite al contorno sono alterati in clorite. Tanto nel feldispato che nel quarzo « si notano le solite inclasioni e microliti di apatite. Nel quarzo fu possibile « osservarvi delle inclusioni con libella invariabile, anche col cambiamento di « temperatura. Nella roccia infine notansi poi delle chiazze di sostanza caolini- « forme, ocracea, che talora penetra nelle scepolature e sta attorno agli ele- (1) L'ingegnere E. Mattirolo, incaricato dello studio petrografico del materiale raccolto dal Lotti, per il rilievo geologico dell’isola d'Elba, pose a mia disposizione la sua stupenda collezione di preparati di quelle roccie, non che una memoria sua, rimasta inedita, la quale dovea accompagnare il lavoro del Lotti sull’isola d'Elba. Celgo quest'occasione per ringraziarlo publicamente della sua squisita gentilezza. L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 164 « menti. In alcune lamelle di mica si osservano dei cristallini molto probabil- « mente riferibili a zircone». Da queste descrizioni risulta chiaramente l'uniformità di struttura e di com- posizione mineralogica del granito di monte Capanne, non che la sua perfetta somiglianza con molti graniti alpini : e che se nel monte Capanne non compa- rissero altre roccie, nessuno avrebbe messo in dubbio la sua età antica. Però ‘attorno al monte Capanne troviamo una serie di roccie, che poggiano sul gra- nito e talora sono attraversate da filoni sranitici. Sono scisti silicei , micaceo- ‘arenacei , argillosi, calcareo-cristallini; cipollini, ecc. e in taluni punti dei veri gneiss : un complesso di roccie, indicate dal Lotti (p. 52) col nome di rocce sedi- mentarie metamorfiche del monte Capanne, le quali, secondo il Lotti stesso, for- mano uno degli argomenti più oscuri della geologia dell’isola d’Elba : non solo perchè privi di fossili, ma perchè non sono in rapporto stratigrafico che col solo granito, del quale si vuole appunto determinare l'età. Il Savi e l’Hoffmann riferirono queste roccie alla formazione appenninica; però anche alla stessa epoca riferirono le roccie scistose della parte orientale dei- l’isola, le quali ora sono riconosciute come indubbiamente paleozoiche. Dell’opi- nione del Savi furono molti altri scrittori, e di recente il Cocchi, il quale, non solo ritiene le suddette roccie essere eoceniche metamorfizzate, ma parla anche di macigno incluso nel granito e attraversato dai suoi filoni, di calcare alberese e ‘scisti galestrini alterati per il contatto del granito slesso. Ma nè al Lotti (p. 56), nè a me fu dato poter confermare queste osservazioni : anzi vedremo appresso che bisogna rigettare le stesse asserz oni per il caso del porfido quarzifero. Il Lotti però riconosce al Cocchi il merito di avere avvertita una certa differenza tra que- ‘ste rocce matamorfiche del monte Capanne e quelle antiche della parte orientale dell’isola. Ma procediamo con calma. Per quelle comprese fra Sprizze e Procchio ‘il Lotti stesso non vi trova alcuna differenza con le antiche della parte orien- ‘tale dell’isola. AS. Lucia alla Pila e nelle collinette adiacenti, andando verso i Marmi, i calcari alberesi ecocenici e i calcari cristallini 0 ceroidi vengono a con- ‘tatto; ma non presentano un passaggio graduale, anzi lasciano la convinzione di ‘essere due formazioni completamente indipendenti. Alla Guardia, presso S, Andrea, (p. 61) compariscono calcari e scisti, che si direbbero eocenici per il loro aspetto niente affatto alterato, che non permette «di riguardarle come roccie antiche. Il Lotti, basandosi sopra analogie litologiche, riavvicina tutte queste roccie al lias superiore, non esclude però la probabilità che possano riferirsi ad età presiluriana, benchè, secondo lui (p. 65) non devesi dare troppo importanza al Toro aspetto antico per decidere sulla loro età; poichè (p. 52) le stesse azioni ‘modificatrici sviluppatesi nella formazione del granito potevano produrre uguali ‘risultati su roccie paleozoiche e su roccie più giovani. Da quanto si è detto risulta che queste roccie non solo non hanno alcuna. Giornale di Sc. Nat. ed Econ. Vol. XXI. 21 162 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE rassomiglianza colle eoceniche, ma quando con queste ultime vengano a con- tatto, non offrono con esse alcun legame; e che pur non volendo riferirle come quelle della parte orientale dell’isola, al presiluriano, come sarebbe più natu- rale, anche i più ardui sostenitori dell’età terziaria debbono rifuggire da servir- sene come argomento di dimostrazione. Un altro argomento grave su cui riposa la-dimostrazione dell’ età terziaria del granito di monte Capanne è quello messo avanti dal Savi. nel 1833, cioè che le roccie granitiche e porfiriche non siano che modalità di una stessa for- mazione. Questo ritennero anche molti scrittori della geologia elbana. Il Burat semplificava molto la questione riunendo tutte le roccie feldspatiche dell'Elba alle trachiti di S. Vincenzo presso Campiglia. Paolo Mantovani poi andava più innanzi non vedendo all’Elba che trachiti , trachititormalinifere e trachiti por- firoidi, che egli identificava a quelle della Tolfa. A questa facile soluzione si oppone lo stesso Lotti, che si dichiara sinanco contrario al Lapparent (p. 176). laddove questi applica il nome di lipariti alle roccie elbane. Però il Lotti è strenuo sostenitore dell’ipotesi del Savi (pag. 176, 181, 186) e dopo aver descritto i quat- tro tipi principali di roccie feldspatiche dell’ Elba (granito tipico normale, gra- nito tormalinifero, porfido quarzifero ed eurite), soggiunge : « Questi quattro tipi « sono collegati fra loro da forme di passaggio. Così abbiamo un granito por- « firoide, che altro non è se non che il granito tipico con grossi cristalli d’or- « tosio geminati secondo la legge di Carlsbad : un granito porfirico costituito da « una massa minutamente cristallina, formata dagli elementi stessi del granito « normale con cristalli melagoscopici porfiricamente disseminati. Di questo gra- « nito porfirico si hanno numerose varietà, che distinguonsi fra loro più spe- « cialmente per le dimensioni degli elementi della massa fondamentale , tanto « che si può stabilire un completo passaggio dal granito tipico al porfido quar- « zifero tipico ». E più avanti : « Anche dall’eurite a nuclei tormaliniferi, strettamente associata ai porfidi, « si fa passaggio, per mezzo di varietà « granulitiche » con tormalina uniforme- « mente distribuita , al granito tormalinifero di grana minuta, che forma più « frequentemente le apofisi del granito normale nelle roccie di contatto ». Ora ciascuna di queste roccie ; il granito propriamente detto, il porfido quar- zifero (granitico o a massa compatta) e l’eurite, si mostra in generale con una grande uniformità di struttura e le variazioni sono così rare, circoscritte e iso- late. da non poter servire alla dimostrazione dell’unità di massa. Per esempio: il granito talvolta acquista una struttura porfirica, tanto da ricordare in qual- che campione, certe varietà di porfido quarzifero : altrove quest’ultimo può scam- biarsi per l’aspetto coll’eurite. Ma queste accidentalità non ci danno ancora la dimostrazione dell’unità di massa per Je roccie in quistione. Iufatti queste varia- zioni di struttura non si trovano mai contemporaneamente in uno stesso luogo, L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 163 nè tanto meno sono rilegate da passaggi graduali. E poi dovrebbero ripetersi ogni volta che due delle roccie tipiche vengono a contatto, e invece, come 0s- serva lo stesso Lotti (pag. 181) « quando queste vengono a contatto fra loro, « presentano ordinariamente un limite netto » Fra i fautori dell’ipotesi dell’unità di massa delle roccie feldspatiche elbane, il Lotti enumera il v. Rath, il Messig, il Dalmer e il Mattirolo. Ora da tutto il lavoro del v. Rath traspare chiaramente essere egli molto lontano dal considerare il porfido quarzifero e il granito dell’ Elba come unica roccia : tanto che si esprime così (pag. 676): « Nonostante la sua grande varia- « bilità petrografica, il porfido non diventa mai simile al granito di monte Ca- « panne. Il Nessig dedica un capitolo speciale (pag. 126) per dimostrare, anche coi dati delle analisi chimiche, che le differenti roccie porfiriche dell'Elba sono molto diverse del granito di monte Capanne. Il Dalmer dice esplicitamente (pag. 280) di non poter considerare il porfido e il granito dell'Elba come formanti uno schlieren, ossia come aspetti struttu- rali differenti di una stessa roccia, perchè in nessun punto porfido e granito si confondono. Il Mattirolo poi, di cui il Lotti (pag. 477-178 a nota) cita alcune analisi macroscopiche non dà il benchè minimo accenno di passaggio d’una roccia ‘all’altra. Egli dice che le due roccie hanno gli stessi elementi mineralogici, però l’una (presso la costa della Cala, Marciana) è un vero perfido, sia che la si chia- mi porfido quarzifero. porfido granitico o granito porfirico: mentre l’altra di San Piero) è un granito tipico normale, con tutti i caratteri inerenti a questa roc- ‘cia cristallina. Ad appoggiare l’ipotesi dell'unità di massa il Lotti (pag. 177) cita il fatto « di vene di granito tormalinifero in roccie eminentemente porfiriche, inclusioni « porfiriche nel granito normale e spaccature ripiene contemporaneamente di « granito normale e di porfido quarzifero ». Che il granito dei filoni debba riguardarsi come facente corpo unico col gra- nito di monte Capanne , a guisa di apofisi di quella grande massa, non credo ‘sia stato ancora dimostrato. Ad ogni modo cogli esempii riportati da Lotti (p. 167, 168, 178) non pare necessario ammettere la contemporaneità del granito e dei porfido quarzifero. molto più che, come egli stesso dice « le due roccie manten- « gono sempre un contratto nettissimo ». A me pare anzi che tutti quegli esempi lascino la convinzione che il porfido quarzifero sia posteriore al granito (4). Il Lotti (pag. 178) dice che una prova poi dell’epoca terziaria del granito di monte Capanne si desume dalla disposizione a mantello dei lembi di sedi- menti eocenici rimasti quà e là sulla cupula granitica. (1) Vedesi il capitolo seguente riguardante i Porfidi. 164 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE Pria di tutto fo notare che nessun legame sì potè trovare fra questi sedi- menti eocenici e quelle roccie di tipo antico, tanto che lo stesso Lotti, riferì que- ste ultime al lias superiore. Quelle poche roccie , nettamente eoceniche che vi compaiono non mostrano alcun segno di alterazione e perciò non si arriva a capire perchè debbano considerarsi come residuo di un enorme mantello ricuo- prente il massiccio di monte Capanne e non, in modo più semplice, come de- positi formatisi sulle coste, durante un’epoca in cui tutta l’isola era più de- pressa d’oggigiorno. Il Lotti (pag. 174) dice che « nella Corsica a nella Sardegna si hanno come « all’Elba, graniti e porfidi, ma tali roccie, piuttostochè a quelle dell'Elba, sono « collegate forse (sic) a quelle alpine e calabresi, per avere con queste la mag- « giore analogia litologica nella struttura prevalentemente a grossi elementi, nella « tiota rosea del feldspato nei graniti e nella massa fondamentale nei porfidi, « e per essere, come nelle Alpi, associate a sieniti, protogini stratificati ec gneiss. « protoginici, che mancano affatto al'’Elba ». Ora, come si è visto più sopra, il v. Rath, dopo aver dato una dettagliata descrizione del granito di monte Capanne, da noi riportata, concludeva che sarebbe riuscito difficile distinguerlo nei campioni da quello di Brixen, Baveno, ecc. E d’altra parte il carattere del colorito del feldispato del granito o della massa fon- damentale del porfido, è troppo fallace, come ce lo provano i numerosi graniti e porfidi chiari della Sardegna ; per esempio il granito ‘chiaro d’Arbus, che si scambirebbe assolutamente con quello dell'Elba. Se poi all’Elba non troviamo nè sieniti, nè protogini, ciò è molto spiegabile colla limitata estenzione dell’isola. È ammissibile teoricamente quanto dice il Cocchi, cioè « che nessun argo- « mento si oppone a credere che si formino anche attualmente roccie granitiche « nelle grandi profondità, nel mentre che sotto la pressione atmosferica si for- « mano delle lave ». Ma ciò, almeno sin oggi, non risulta d’essere stato dimostrato dalle osservazioni. L’immenso numero di osservazioni fatte sinora ci porta a do- vere riferire i graniti ad epoche molto antiche e pur troppo il granito elbano, come quello della Corsica, della Sardegna, della Calabria e delle Alpi , rientra nella categoria generale. I pretesi passaggi poi del granito alle roccie porfiriche e all’eurite, colle- gherebbero |’ età del primo a quella di queste due ultime roccie, però parmi, siano tutt'altro che dimostrati. Pur non dimeno, anche ammettendoli e accet- tando in generale la contemporaneità di formazione di queste roccie; resta sem- pre a dimostrare che esse fossero state formate dopo l’eocene : ed è appunto ciò, che dimostreremo falso, in un capitolo seguente sui Pseudoporfidi. [] inc “ni di inn nti L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 165 I porfidi I primi serittori di cose geologiche dell’ isola d'Elba indicarono con unico nome di granito tanto il granito propriamente detto di monte Capanne, che quello nei filoni, non che il porfido quarzifero e l’eurite, Così il Savi, l’IHoffmann, lo Studer, il Collegno fu il primo a parlare di un granito porfirico nella parte cen- trale dell’isola. Fournet fece poi notare il distacco netto fra il granito ilvaico (di monte Capanne) e le roccie euritichè (porfido quarzifero ed eurite), Nau- man non parlò che di solo granito. Delanone invece insistette sopra la natura porfirica delle roccie del centro dell'Isola. G. v. Rath fu, tra gli scrittori recenti, ii primo a dare una dettagliata descrizione geologica e mineralogica dell’isola, improntata all’esattezza degli studii moderni. Egli descrisse diffusamente oltre al granito di monte Capanne, quella dei filoni tornaliniferi e dei filoni di S. Piero e il porfido quarzifero nel quale incluse l’eurite, come una varietà di esso. La stessa classificazione venne adottata dagli scrittori successivi. Il Nessig divide le soccie porfiriche dell'Elba in tormalinifere e non torma- linifero. Alle prime riferisce il porfido granitico e l’eurite; alle non tormalini- fere il portido quarzifero a massa compatta. Questa distinzione possibile in un ristretto numero di campioni, qual’era quello di cui disponeva il Nessig, scom- pare allorchè si studia una ricca collezione di roccie elbane o si abbia visitato quell’isola. Inoltre io considero l’eurite come una roccia differente dal porfido: e però di questo non restano che due soliti tipi diversi per la struttura della massa fon- damentale, cioè : il porfido granitico e il porfido quarzifero a massa compatta. a) Porfido granitico. La massa fondamentale di questa roccia è grigio-oscura, finamente granulare ruvida al tatto: e al microscopio si risolve in un fitto aggregato cristallino di feld-" Spato, quarzo e in minor proporzione mica oscura, — Dalle numerose osserva- zioni fatte in posto, sui campioni da me raccolti e su quelli della Collezione Lotti, ho potuto concludere che bisogna distinguere due varietà di questo por- fido, probabilmente rilegate fra loro da termini di passaggio. La prima presenta grossi cristalli d’ortosa, che spesso raggiungono più di un decimetro di lunghezza e numerose segregazioni di quarzo. Nella seconda varietà invece mancano i grossi cristalli di ortoclase o per lo meno vi-sono ridotti a dimenzioni assai più mo- deste, e le segregazioni di quarzo sono scarsissime, sembrano anzi talvolta man- care totalmente. Del resto la massa si conserva in tutte e due le varietà la Stessa, ossia è formata da una seconda generazione di feldspato (in parte plagio- clasico), da lameile di biotite e da granuli di quarzo, rilegati da un fitto aggre- gato degli stessi elementi in dimenzioni appena apprezzabili al microscopio. 4166 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE La descrizione fatta dal Nessig (pag. 106) per queste roccie, mi fa dubitare molto che egli abbia avuto in esame campioni molto ben conservati. Esemplari assai meglio conservati sottoposi io all’analisi e ne dò qui breve descrizione. Costa di Beccaria, presso il fosso di Mortigliano (N. 268 Coll. Lotti). Presenta la mica bruna benissimo conservata, oltre alle altre segregazioni, di cui il Nessig (ag. 16°) dà una dettagliata descrizione. La massa fondamentale a luce naturale sembra essere amorfa, ma tra i nicol incrociati si risolve in un fittissimo aggregato cristallino, con microfluttuazione molto accentuata, deter- minata principalmente dalle lamelle di mica. Cala, presso Marciana (N. 189 Coll. Lotti). È un campione abbastanza conservato di questo tipo, Il feldspato dulize grosse segregazioni è meglio conservato di quello delle piccole e però si spiega così il colore più biancastro della massa fondamentale. Inoltre nella roccia si osservano quà e là delle macchielte nere formate da aggregati fibbroso-raggiati di tormalina. Questi aggregati di tormalina sono spesso aderenti ai feldspati : e talora partendo dal loro contorno s’irradiano nell’interno. Ecco le descrizioni che il Mattirolo dà di alcune di queste roccie : Presso la Conca, Marciana (N.486 Coll. Lotti). « Questa roccia si trova a contatto colla diabase e coll’eufotide. È un po’ al- « terata , come risulta dall’essere il feldspato molto caolinizzato, e la mica clori- « tizzata. La roccia è biancastra e per l’ aspetto si avvicina più ad un porfido « quarzifero. Presenta numerose segregazioni di feldspato e quarzo, mica bruna « e aggruppamenti fibbroso-raggiati di tormalina. La massa fondamentale è mi- « crogranulitica e ad elementi minutissimi, costituita da feldispato, quarzo e bio- « tite. AI microscopio si vede che alcune segregazioni feldispatiche sono anche « di plagioclase. Il quarzo è in cristalli bipiramidati a contorno arrotondato : « spesso presenta intrusioni della massa fondamentale. Im generale la mica è .« poco punto alterata, raramente è circondata da clorite. Allo spettroscopio vi « si potè constatare la presenza del potassio e del litio. La tormalina si trova « irregolarmente distribuita in aggregati: fra cui sovente sono frammiste lamello « di mica: più raramente la tormalina si trova in cristalli isolati. Accessoria- <« mente si nota l’apatite. « Presso la Cala, Marciana (N. 487 Coll, Lotti). « Questa roccia compatta è grigio-oscura: essa è sostituita dai minerali ca- « ratteristici del granito. ma ha struttura porfiroide. Presenta infatti una massa «a minuti elementi, in cui sono impigliati delle segregazioni cristalline più « grandi. La mica bruna s'incontra frequentemente inclusa nel feldspato e allora « è in laminette ben definite, mentre nella massa della roccia è in piccolissime « squamette. formanti degli aggruppamenti irregolari e non lucenti : poche, al « microscopio, mostrano di essere circondate da squamette di clorite. Fra le « laminette della mica si osservano frequenti e piccole chiazze, nere molto pro- a n d L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 167 « babilmente riferibili a tormalina. Oltre alla mica bruna, notasi qualche gruppo « di lamelle di mica incolora. I cristalli di quarzo abbondano, si presentano a « contorno irregolare e arrotondati : sono un po’ nebulosi per inclusioni picco- « lissime fluide e per microliti; e mostrano spesso intrusioni della massa. I cri- « stalli di feldspato, tranne poche eccezioni, sono di ortosio e si presentano di « preferenza geminati secondo la legge di Carlsbad, ed in generale sono molto « alterati e ricchi d’ inclusioni. In più punti la roccia presenta una struttura « micropegmatitica, dovuta alla speciale disposizione di frammenti di quarzo e « feldspato, impigliati nel feldspato stesso. Nella massa è sparsa quà e là un « po’ di sostanza caoliniforme. Gli elementi più minuti della massa, e special- « mente le laminette di mica, si dispongono sovente radialmente attorno ad « un centro, costituendo delle pseudo-sferuliti , le quali mostrano spesso tra i « nicol incrociati la croce nera. » « Nella massa si notano dei cristallini di apatite. « Cima del monte Capanne (N. 263 Coll. Lotti.) « Qui lc segregazioni ortoclasiche sono meno numerose : la mica vi è un poco « cloritizzata e il feldispado è molto caolinizzato; in modo che la roccia ha una « linta molto chiara: In certi punti con:pare la tormalina, diffusa in macchie da = ricordare quelle dell’eurite, II microscopio conferma, lo stato di alterazione della « roccia; infatti la mica è cloritizzata alla sua parle esterna: il feldspato caoliniz- « zato, la pirite, in cubetti è quasi completamente limonitizzata. « Altro campione della cima di monte Capanne (N. 264 Coll. Lotti). « Mostra una grana assai più fina della precedente : manca poi di segre- « gazioni a dimenzioni notevoli. Al microscopio rassomiglia ad un granito un « po’ alterato a elementi minuti, associati inlimamenle fra loro. Gli elementi « sono in generale più grandi che nella roccia precedente, e il feldspato tanto « ortoclasico che plagioclasico vi è caolinizzato. La mica è completamente clori- « tizzata. ]l quarzo, raramente in grosse segregazioni, si presenta per lo più in « piccoli granuli cristallini, spesso inclusi nel feldispado. Si notano nella roccia « molti aciculi di apatite e una sostanza caoliniforme e ferruginosa. che si dif- « fonde in tutta la massa. « Altro campione della stessa località (N. 265 Coll. Lotti) è tormalinifero ; « e simile a quello descritto innanzi (N. 263), ma la sua massa è a struttura « più fina, e oltre agli elemenli citati in quella roccia, contiene pure porfiri- « camente distribuiti degli aggruppamenti fibbrosi, formati da cristallini o da “ frammenti di cristallo di tormalina nera; l’idrato ferrico diffuso nella roccia « è in quantità maggiore. Il feldspato ha una leggiera tinta rosea. Vi si osserva « anche qualche cubetto di pirite limonitizzata.» È importante notare come le varietà più alterate di questo porfido, a causa della caolinizzazione dei feldispati e della diffusione di questu caolino nella massa della roccia, acquistano un aspetto molto simile al porfido quarzifero a massa litoide. 168 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE Nella seconda varietà del porfido granitico sono rare le segregazioni di quarzo e di feldispato , ma la massa fondamentale si conserva la stessa come — nelle roccie precedenti. Tipo di questa varietà ce l’offre una roccia proveniente da Poggio (IV. 196 Coll. Lotti). Di un’altra erratica rinvenuta presso Marciana marina (N. 192 Coll. Lotti) il Mattirolo dà la seguente descrizione. « Roccia porfirica di color cinereo, formata da una massa microcristallina «in cui sono sparsi : cristalli bianchi di feldispato, alcuni dei quali colle strie « caratteristiche dei plagioclasi : granuli di quarzo e lamelle di mica bruna, quà « e là cloritizzata. AI microscopio, la massa appare costituita da minuti elementi « cristallini, fra cui predomina l’ortose e il quarzo. Il feldispato delle segrega- « zioni di seconda consolidazione è in massima parte ortoclasico, ma non vi è « raro il plagioclase. Alcuni cristalli di feldspato sono un po’ alterati , spesso « presentano una struttura zonale e talora racchiudono lamelle di biotite ben « conservata. Il quarzo è in cristalli arrotondati, talora con intrusioni della « massa fondamentale. La mica diede allo spettroscopio le strie della potassa e « di traccie di litina. Disseminati nella roccia, ma principalmente nel feldispato « s'incontrauo degli aciculi di apatite; accessoriamente si trova anche la pirite. » Alcune roccie provenienti dalla stessa località sono a tinta più oscura, a causa di gran copia di mica che contengono In essi è importante la presenza di cristallini di anfibolo bruno , molto pleocroitico e di piccoli aggregati acicu- culari di un verde bluastro, che dal Mattirolo vengono riferiti a pirosseno. Altra roccia consimile proviene dalla costa fra Punta della Fornace e Fosso Morti- gliano (N. 270 Coll. Lotti). ; Un campione di Felici, presso Marciana (N. 331 Coll. Lotti) ha la mica | completamente cloritizzata, in modo che essa ci presenta delle macchiette verde — oscure e una massa verdastra. È Il Nessig da una bella descrizione di queste roccie, e della loro massa fon- damentale dice (pag. 111), « La massa fondamentale è completamente granulare-cristallina , e gli ele- « menti, anche con debole ingrandimento, si possono distinguere l’uno dall’altro: « essi sono quarzo e feldspato caolinizzato, e in minore proporzione mica. sia * biotite, in parte cloritizzata, che muscovite di formazione secondaria. Le loro — « dimensioni però sono variabilissime , e da ciò deriva l’aspetto granulare che s la massa di questa roccia ha anche macroscopicamente. » È notevole che le località citate dal Nessig (Srada Portoferraio-Marciana , | Golfo d’Enfola e Villa Napoleone in Val S. Martino pag. 106), non abbiano for- nito a me e al Mattirolo alcun esemplare di questo tipo, ma solo porfido al massa compatta, Ciò potrebbe spiegarsi solamente ammettendo che il porfido gra-. nitico alterato possa in molti casi assumere tutto l’ aspetto di porfido a massa compatta. SITO VV TO LATO VO À L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 169 b) Porfido a massa litoide Si deve al Nessig l’aver distinto questo tipo speciale di porfido , caratteriz- ‘zandolo dalla massa fondamantale, che ad occhio nudo è bianco-grigiastra se fre- “sca, verdastra se alterata. Su questa massa, la quale è sempre più abbondante ‘delle segregazioni, spiccano i cristalli di ortosa, talora molto grandi e quelli bi- piramidati di quarzo. Al microscopio questa massa si mostra simile a quella dei porfidi granitici, ma i suoi elementi sono assai più minuti; anzi molte volte è assolutamente criptocristallina. Vi predomina il feldspato, sempre profondamente caolinizzato , Che è causa principale della compattezza della massa. Minute la- ‘melle, sempre a contorno irregolare e cloritizzate sono diffuse irregolarmente in ‘questa massa. Il carattere della mancanza della tormalina, proposto dal Nessig, non è co- ‘stante. chè anzi diversi campioni tipici la mostrano e in discreta quantità. Il Nessig fa di questa roccia tre suddivisioni. Di queste, la prima sola, cioè quella formata sui campioni di Portoferraio, Laconella e della strada Procchio- Marciana, pongo io fra queste roccie, giacchè le altre due suddivisioni conten- gono roccie, che per lo stato di avanzata decomposizione, fanno sospettare trat- tarsi semplicemente di pseudo-porfido (1). Il campione più conservato di perfido a pasta litoide proviene dal ufo oc- cidentale della penisola d’Enfola (N. 741 Coll. Lotti) ed è così descritto dal Mat- tirolo : « La roccia è un porfido quarzifero a grossi cristalli di feldspato. Consta .« di una massa fondamentale d’aspetto omogeneo, color bianco-grigiastro, in certi -« punti leggermente verdognola, nella quale sono inclusi cristalli ben sviluppati «« di quarzo grigio, cristalli più o meno voluminosi di feldspato e laminette o «aggregati lamellare-fibbrosi verde-oscuri di clorite. « Al microscopio il quarzo si presenta in cristalli o frammenti di cristalli « assai arrotondati e spessissimo con intrusioni della massa fondamentale, le quali «si possono anche talvolta osservare ad occhio nudo. Contiene inoltre inclu- — sioni fluide di forma variabile, ma tanto più regolari, quanto più piccole. o diari DIS « I cristalli di feldspato sono per lo più molto alterati; Alcuni però si fanno ‘ « riconoscere chiaramente per plagioclasi. I grossi cristalli macroscopici sono di « ortosa, spesso ben conservati, specialmente all’interno, dove mostransi anche _« branslucidi. | « Nella massa cripto-cristallina si riconoscono alcuni cristallini o frammenti (1) Vedasi il capitolo seguente, Giornale di Se. Nat. ed Econ. Vol. XXI. 22 n) ner 170 I’ ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE « di cristalli di tormalina violelta-oscura, cristalli di apatite e probabilmente « anche di zircone ». Anche a questo tipo di porfido va riferita una roccia proveniente dalla spiag- gia dì Palombara (N. 145 Coll. Lotti) della quale il Mattirole dice: « Roccia bianca, « assai compatta e a frattura scagliosa, da rammentare l’eurite. Sulle superficie « di più facile frattura è tapezzata da un sottile strato di calcite cristallina, che racchiude esilissime squamette di una mica talcoide. AI microscopio mostra un’alterazione molto avanzata tanto nei feldspati che nella mica, che d’altronde è molto scarsa. Gli elementi della massa essendo molto piccoli , impediscono un’esalta determinazione microscopica. Allo spettroscopio non si potè consta- tare che molto debolmente la linea del potassio , ciò che fa argomentare la « presenza di molto plagioclase nella massa ». Di un allro campione del monte sopra Palombaia (N. AAT Coll. Lotti) il Mattirolo dice : « Questa roccia è un porfido a grandi e ben dislinti individui di feldspato, « talvolta più grandi di quelli del porfido dell’ Enfola, di cui conserva il tipo . « La massa fondamentale è infatti, come in quello, bianco omogenea , però un pò meno ricca di clorite. Vi compare anche la tormalina in cristallini. « I cristallini grandi d’ortosa sono meno alterati di quelli più piccoli della « massa. Il quarzo è in granuli arrotondati, spesso con intrusioni della massa « fondamentale. In alcuni feldspati si osserva la biotite ancora ben conservata. Quà e la compare anche dell’apatite e qualche chiazza d’idrato ferrico ». Di un campione proveniente dal Capo S_ Andrea (N. 220 Coll. Lotti) il Mat- tirolo dà la seguente descrizione. « La massa è molto alterata, poco coerente, di color cenerognolo tendente « all’ocraceo. In essa vedonsi disseminati porfiricamente cristalli o frammenti di « cristallo di feldspato bianco, di quarzo grigio e di mica bruna accompagnata « dal suo prodotto di alterazione, la clorite. AI microscopio la massa micromera « si presenta alteratissima, ad elementi confusi, cosparsa di prodotti di altera- « zione del feldspato e di elorile, non che da macchie ferruginose e da cubetti « di pirite limonitizzata. Le segregazioni più grandi si presentano discretamente: « conservate : spesso racchiudono delle lamelle inalterate di biotite. Il quarzo è «in frammenti di forma irregolare e arrotondati ». x Laddove i filoni porfirici attraversano il granito, nelta è la separazione tra le due roccie. E questo ha potuto constatare il Lotti presso Capo S. Andrea: presso l'abitato di Mortigliano, nella valle di Pomonte e in altri siti. Attra-. verso gli scisti, alla costa di Chiesi, il Lotti (pag. 170) ha osservato accanto ad un filone di granito un altro di porfido, i quali, benchè a certo punto vengano: a contatto, non si confondono però mai l’uno coll’altro. E nella stessa località, un filone di granito è attraversato da un altro di porfido, e senza alcun passaggio fra le due roccie, Ciò mostra chiaramente che il porfido è roccia molto distinta & [) a a 70 IT REI ET, VE SI L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 4714 dal granito e di formazione sicuramente posteriore ad esso. fl Lotti (pag. 181) dice che « le due roccie compenetrandosi a vicenda, non può stabilirsi per esse « una serie cronologica, ossia una successione nella loro formazione, Così men- « tre il granito porfirico trovasi in filoni o masse filoniformi nel granito nor- « male, vi si trova anche in sferoidi inclusi, che evidentemente dovettero con- « solidarsi o al tempo stesso o prima della massa ineludente. » E altrove (p. 167) «descrive così il fenomeno : « A capo S. Andrea il granito normale giunge sino al mare. Le inclusioni « ellissoidali di microgranito micaceo (4), che abbiamo veduto nel porfido quar- « zifero della parte media dell’isola e che sono quasi dovunque nel granito nor- «« male del monte Capanne, prendono qui uno sviluppo tale da predominare sulla « massa granitica, e conferisce ad esso l’aspetto di un agglomerato : e non sol- «« tanto il numero delle incInsioni vi è straordinariamente accresciuto, ma anche « le loro dimensioni, che mentre non superano altrove 15 o 20 centim., quì giun- « geno a qualche metro ». Una di queste inclusioni, di cui il Lotti dà la sezione (pag. 4167) risulterebbe formata da « porfido micaceo » (2) involgente alla sua volta due inclusioni ellissoidali, una di granito tormalinifer> e una di « micro- «granito micaceo ». Queste sole descrizioni bastano a farci nascere il dubbio che invece di &ra- mito o di porfido quarzifero, si tratti di roccie aventi tutto l’aspetto di queste, “alle cui spese si sono formate; cioè di pseudo-granito e pseudo-porfido. Secondo il Lotti (pag. 181) « si osservano molte vene di granito tormalini- « fero a grossi elementi nel porfido quarzifero più caratteristico ». Però nè sul posto, nè sulle descrizioni date dal Lotti mi fu possibile trovare un solo esem- pio, che dimostrasse chiaramente questa sua asserzione. Secondo il Lotti (pag. 165) ad occidente di Marciana il porfido forma una ‘specie di colata sul granito, dal quale però ne resta separato da un sottilissimo letto di roccie stratificate. La roccia di questa colata verso il crine della Serra ‘assume un aspetto peculiàre, « essendo formata da una massa fondamentale mi- « crogranulitica (3), con aggruppamenti lamellari di mica bruna disposti iu serie « fra Joro parallele e ondulate, la qualcosa conferisce alla roccia un aspetto gnei- « sico 0 fluidale ». Dalla quale descrizione risulta trattarsi di tutt'altro che vero porfido , e però non ci meraviglia che il Lotti appresso dica : « Ma ciò che vi « ha di più notevole si è che questo porfido racchiude qualche filoncello di gra- ‘« nito tormallnifero, con gcodi, ove sono meglio sviluppati i cristalli di feldspato <« quarzo e formalina », (1) Eurite ? (2) Porfido quarzifero. (8) Compatta, afanitica ? 172 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE Altro esempio di filoni granitici dentro il porfido è citaio dal Lotti (p. 164) all’Isolotto presso Marciana : dove una formazione scistosa viene a contatto con una roccia porfirica. Però aggiunge subito il Lotti: « la roccia porfirica non ha « l'aspetto del porfido o del granito porfirico ordinario, però la struttura è quella « di un porfido (sic.) ». Infatti «in una massa fondamentale microcristatlina costi- « tuita da elementi quarzosi e feldspatici confusamente aggregati sono dissemi- « nati grani di quarzo arrotondati e talora screpolati con intrusioni della massa « stessa ». Questa descrizione ci persuade però non solo che la roccia non ha Va- spetto, ma neppure la struttura del porfido. Queste osservazioni servono a confermare quanto fu detto nel capitolo pre- cedente, cioè che tra porfido e granito non v’ha nalla di comune, e non è nep- pure a pensare ad una unità di formazione delle due roccie. I Pseudoporfidi Nel golfo dell’Acona, a misura che ci avviciniamo alla spiaggia, il terreno di formazione alluvionale, appare sempre più chiaremente formato a spese del porfido, che predomina nelle colline e nei monti circostanti. Questo terreno bian- castro, più o meno terroso, ricchissimo di caolino , esaminato attentamente, mostra numerosi cristallini bipiramidati di quarzo, affatto simile a quello descritto: nel porfido, dal quale esso proviene; e numerosissimi cristalli di feldspato, che non ostante la subìta caolinizzazione, mostrano faccie liscie, nitide, talora ancora splendenti, dei veri splendidi modelli da studio. Basta rimuovere il terreno per ritrovarne in grande quantità. 3 Laddove questa formazione è stata denudata da qualche torrente, essa ci mostra un fenomeno moito interessante, per quanto semplice. La parte terrosa, che rilega i cristalli di quarzo e di feldspato, diventa in profondità sempre più compatta; perchè i granuli da cui essa è costituita, rile- gandoli intimamente fra di loro, formano una pasta litoide, la ‘quale spesso è difficile a distinguere da quella di un porfido a massa compatta. Tanto nel terriccio superficiale, che nella roccia compatta inferiore non è raro osservare dei frammenti di porfido inalterato. di serpentina e di calcare o marna dell’eocene, tutti provenieati dalle vicine colline. î Analoghe formazioni si ripetono in quasi tutte le vallate, sui cui fianchi com- pare il porfido, di cui assumono tutta l’apparenza. Io le ho indicate col nome di pseudoporfidi, Questo prodotto di denu lazione, che solo per il suo moto di formazione ho, detto alluvionale, si è formato durante un lungo lasso di tempo, attraverso cioè i diversi periodi geologici decorsi dal momento che la roccia porfirica rimase sot- toposta all’azione degli agenti esterni a tutt'oggi. [ORI A De LA liane da TP L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 1753 Potenti banchi di questo pseudoporfido sfuggono all’osservazione del geologo, non solo perchè ricoperti da una lussureggiante vegetaziune, ma anche perchè avendone tutta l’appareza, si cambiano col perfido, riuscendo talora impossi- bile distinguere dove l'uno termini e cominci V’aftro. Salendo dalla spiaggia della Maddalena (Golfo della Stella) verso il piose di Capoliveri, s'incontrano dapprima le formazioni eoceniche, che poggiano diret- tamente sopra gli scisti arcaici del monte Calamita. A misura che ci avviciniamo a quel paese, la valle s'incassa in mezzo ad una potente fermazione di pseudo- porfido. In molti punti questo è sciolto, ma generalmente si presenta compatto e non lascia riconoscere che i granuli di quarzo. Il v. Rath (pag. 718) e il Lotti (pag. 155) nei pressi ‘di Capoliveri hanno descritto questa roccia come porfido, facendo menzione di frammenti di calcare alberese cerulco (di cui la maggior dimenzione non vltrepassa 40 centm.) che vi si trovano inclusi. Con loro grande meraviglia però non poterono constatare alcuna traccia di metamorfismo su que- sti frammenti, o tutt'al più una leggera scoloritura (per lo spessore di un centm. circa) alla loro parte esterna. Ma dopo quanto abbiamo più sopra detto, circa l'origine di questa roccia, non ci sorprende la mancanza di metamorfismo su questi frammenti, che l'azione sola delle acque hanno associato agli elementi del porfido. La leggera scoloriture dei frammenti calari è poi comunissima nei ciottoli dei torrenti o dei conglo- merati alluvionali, E se in mezzo a questa potente formazione di pseudo-por- fido spunta quà e là qualche scoglio del sottostante calcare eocenico, non ci sor- prenderemo se esso al contatto con quello non offre alcun segnodi alterazione. Interessantissima e la formazione del pseudoporfido nella spiaggia detta delle Chiare , presso Portoferraio. Quivi il porfido non alterato forma le mag- giori pendici circostanti. in tutte le insenature di questa spiaggia , per una e- stensione di oltre 150 m., vi sì osserva una breccia costituita da frammenti di porfido, di serpentina e di scisti marnosi eocenici, senza traccia di metamorfismo, tutti rilegati da una pasta biancastra più o meno verdognola per maggiore 0 minore quantità d’ inelusi di serpentina , Il Lotti (pag. 155) considera questa breccia come un vero porfido, e i frammenti di roccie come inclusi, strappati durante la sua eruzione post-eocenica. Auche alla trincea del forte S, Claud, presso Portoferraio (Lotti pag. 156). al contatto del porfido coll’eurite, si osserva una breccia formata da frammenti angolosi di eurite rilegati da una pasta compatta di pseudo-porfido. Lo stesso si ripete alla spiaggia dei Bagnetti. La spiaggia tra la punta d’ Acquaviva e |’ Enfola è celebre per le pretese relazioni tra il porfido e il calcare della formazione del macigno. Il Naumann, .cilato dal v. Rath. (pag. 681), osservò oltre alla discordanza tra il porfido e le formazioni sedimentarie, anche delle inclusioni di macigno nella roccia eruttiva, facendo notare come questi frammenti non avessero subita alcuna azione di 174 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE Ci PANNE metamorfismo. Del porfido di questa località, che, come osserva lo stesso v. Rath (pag. 680), muta spesso di aspetto, io potei riportare campioni molto differenti. Uno di essi è ricchissimo di quarzo, talora bipiramidato; ma generalmente gra- nulare : la sua massa fondamentale è profondamente caolinizzala , cosparsa di numerosi e piccoli frammenti di quarzo, di cristalli di feldspato e di mica clo- ritizzato. Un altro campione offre abbondanza di segregazioni quarzose, ma un po meno della roccia precedente. Però questo quarzo è sempre rivestito da una sottile pellicola bianca di caolino, che spicca sul griggio del quarzo e sulla massa oscura della roccia, rinforzando le prove della sua origine di trasporto. Questa roccia è molto cavernosa e le sue cavità sono tapezzate da piccolissimi cristalli aciculari (non più lunghi di 4 mm.) di quarzo, di formazione secondaria. Un'altro campione di queste località viene così descritto dal Mattirolo ; « Qnesta roccia presenta una massa d’aspetto omogeneo, in cui sono sparsi « nuclei verdognoli di varie dimensioni e forme (i più grossi raggiungono circa «4 mm. di diametro) e a superficie arrotondata. Presenta quà e la agglome- « ramenti di una sostanza caoliniforme. che tapezza pure alcune piccole cavità a disseminate nella roccia. Nei campioni esaminati fu osservato un solo cristallo « di quarzo. AI microscopio la massa della roccia appare confusamente cripto- « mera e presenta qualehe analogia con quelle di talune petroselci. In essa ve- « donsi sparsi cristalli di feldspato. probabilmente ortotomo, assai profondamente «alterato e aggregati fibbroso raggiati verdi di clorite. Non fu possibile osser- « varvi segregazioni di quarzo » Il Nessig., (pag. 121) cita della stessa località un campione, che racchiude frammenti di macigno, intatti al solito, e di porfido quarzifero. Lo stato di de- composizione della roccia, la variabilità di struttura e di proporzione degli ele- menti componenti, l’inclusione di frammenti inalterati di macigno; l’inclusione di frammenti di porfido , ancora non alterato, sono tutte prove più che suffi- cienti per convincere di trattarsi di pseudoporfido. Il Nessig descrive alcune di queste rocce , ch’egli pone fra i porfidi quar- ziferi a massa compatta e liberi di tormalina. Di quella della Val di tre acque, presso Portoferraio, descritto geologicamente dal Naumann e dal v. Rath, dice di aver da fare con una roccia in tale stato di decomposizione da non permet- tersi un dettagliato studio al micrescopio. Il Lotti (pag. 187) parlando di questa stessa località nota la frequenza degli inclusi ellisoidali di « microgranito micaceo (4), dei quali alcuni raggiungono un diametro di 45 centimetri. È inutile aggiungere che trattasi di un pseudopor- fido, e però non sorprende la sua singolare giacitura attraverso al macigno, e anche sovra di esso. (1) Eurite ? L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 175 Altra roccia consimile viene descritta dal Nessig (pag. 121) proveniente dalla fortezza inglese, presso Portoferraio. È una breccia formata da frammenti inal- terati di macigno, rilegati da nna pasta molto decomposta , giallastra. Al mi- croscopio non mostra neppure traccia di sostanza vetrosa o micerofelsitica . ina invece presenta ditre ai frammenti di macigno, anche altri di eurite. Il v. Rath. (pag. 677) nel parlare delle roccie porfiriche della parte cen- trale dell’Elba nota due cose interessanti, cioè : la dislocazione e sollevamento delle roccie stratificate prodotte dal porfido, e poi la mancanza in esse di qua- lisiasi traccia di alterazione al contatto col porfido. Questo fatto contrasta coì netti fenomeni di contratto del granito (per esempio al Colle di Palombaia), tanto che il v. Rath arriva a supporre per il porfido un modo di formazione completamente differente del granito, sia per la temperatura, ma più probabil- mente perchè alla sola eruzione del granito e non a quella del porfido sì col- legasse un’attività di sorgenti d’acqua e di vapori, da cui dipenderebbero i fe- nomeni di contatto. Però lo stesso v. Rath (pag. 682) confessa essere questo un esempio unico, perchè il porfido sienitico del sud della Norvegia ha alterato le roccie calcaree vicine come il granito, anzi in modo tanto simile, che riesci- rebbe impossibile a trovare una qualsiasi differenza tra i due prodotti nel me- tamorfismo. Il Lotti che descrive tutte queste roccie come vero porfido non si dissimula però la difficoltà di spiegare la mancanza di metamorfismo nelle roccie coce- niche venute a contalto o racchiuse in questo porfido. Egli tenta di spiegare così il fenomeno (pag. 192): * « Soluzione minerali acquose, in speciali condizioni di temperatura ce pres- « sione, determinarono la metamorfosi completa degli scisti (antichi, più o me- nofeldspatici,) in granito nella regione occidentale. e alterarono solo in parte la formazione stessa nella parte orientale, inducendovi concentrazioni , filoni e vene granitiche. La massa metamorfica, ridotta fluida e decisamente fusa, in seguido forse ad una diminuzione di pressione, e sollecitata dalle forze oroge- « niche potè sollevare conformandosi a guisa di cupola i sedimenti sovrapposti... Contemporaneamente potè iniettarsi in forma di granito nelle spaccature nelle roccie cislose, calcaree e serpentinose immediatamente contigue o introdursi « nelle formazioni più superficiali eoceniche in masse laccolitiche , in dicchi e filoni a struttura porfirica, dipendentemente dalle condiziooi differenti in cui «avveniva il consolidamento del magma cristallino stesso. Gli strati eocenici per la loro superficialità e forse anche per il loro non troppo grande spessore, furono sconvolti, dislocati; rotti e i loro frammenti impastati nella massa e- ruttiva. « La mancanza o almene la esiguità della loro alterazione, in confronto a « quella notevolissima dei sedimenti del monte Capanue , trova subito ragione « d’essere nella loro superficialità, quando si ammetta che il metamorfismo dei Ci A a a E) 176 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNI « sedimenti contigui alle masse eruttive non è dovato al loro contatto diretto « ma alle condizioni speciali di profondità e pressione in cui si trovavano »- E difficile immaginare una massa eruttiva, benchè superficiale, la quale sìa stata abbastanza fluida por coinvolgere le roccie vicine e trasportarne lontano i frammenti, ed abbia avuto tanta forza espansiva da dislocare e sollevare le for- mazioni eoceniche e poi non abbia esercitato aleun’azione di metamorfismo su di esse. Questo dovrebbe meravigliare precisamente coloro che negli scisti me- tamorfici di monte Capanne scorgono dell’eocene metamorfizzato. Se all'Elba oltre all'eocene, fossero rappresentati terreni più giovani, si sa- rebbero constatati anche con essi analoghi fenomeni di contatto e d’inclusione, e però si sarebbedovuto riportare |’ età del porfido, e secondo alcuni anche l'età del granito di monte Capanne al miocene, al pliocene e forse anche al quaternario, Quando si va a studiare sul posto queste formazioni, senza alcuna opinione preconcetta. si trova più naturale spiegare tutto ricorrendo alle cause che agi- scono tuttora sulla terra, piuttosto che ricorrere a vaghe teorie e a forze ar- cane, che agiscono ora d’ un modo. ora d’un altro, seconde che faccia comodo al geologo. Da quello che si è detto in questo capitolo, risulta chiaramente che il vero porfido non attraversa mai le roccie eoceniche, nè tanto meno ne racchiude i frammenti. L’epoca di sua formazione dunque non potrebbe dedursìi degli ap- parenti rapporti stratigrafici coll’eocene, E però quand’anche si ammettesse che il porfido e il granito di monte Capanne formassero diverse facies di una stessa roccia, cosa che per altro fu dimostrata insostenibile, non potrebbesi perciò rife- rire questo granito ad un’epoca post-eocenica. : L’Eurite Fournet ehiamava porfidi euritici tutte le roccie porfiriehe dominanti nella parte centrale dell'Elba. Poco a poco però la denominazione di porfido euritico, o semplicemente eurite, si e limitata ad una roccia speciale : che accompagna quasi costantemente il porfido quarzifero. Essa è bianca, afanitica, talora dall’a- spetto di calcare compatto con una pseudostratificazione distinta e a facile frat- tura scistosa : altre volte dall’aspetto di quarzite o di pietra cornea, dura, te- nacissima e fa frattura scheggiosa, Generalmento questa roccia presenta delle macchie nero-bluastre, che spiccano sulla candida massa come delle macchie d’in- ohiostro, di forma varia e di diverse dimensioni, sempre però tondeggianti e costituite da tormalina. Il v., Rath (p. 686 la descrive così. « Nelle colline a N, di Acquaviva e in modo molto distinto al Capo bianco, «si trovano delle varietà di porfido bianco, finamente granulare, iu cui la tor- È Ri È > ta Pleo ica fo delia E LA eine date rat it Ani ict A I° ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 177 « malina forma delle caratteristiche conerezioni più dure, di color nero. A Capo « bianco poi il lido è coperto da ciottoli bianchi e macchiettati di questa roccia. « Simile e spesso con frattura scistosa è il porfido delle basse colline ad occi- « dente di Portoferraio. Il monte Albero, un po’ ad occidente del monte Bello «è formato da un simile porfido bianco, quasi compatto, le cui fenditure sono « tapezzate da dentvriti bellissime, donde è venuto il nome del monte. » Il Nessig (p. 112) chiamò l’eurite roccia porfirica a tormalina, con abito di microgranito, descrivendola così : « Questa roccia, indicata dal Naumann col nome di Porfido appartenente «al granito, comparisce alla costa settentrionale dell’ Elba , presso Acquaviva « Capo bianco (1). È caratterizzata dal zolor candido di neve, dalla struttura « compatta, ma ancora visibilmente granulare. Vi si osservano oltre a pochi e « piccoli quarzi porfirici, delle macchie nere o nero-bluastre, simili a macchie « d’inchiostro, formate da noduli concerezionali di tormalina, di varia grandezza. » « L’apparente struttura granulare , non che lo scarso numero di segrega- « zioni porfiriche, fanno nascere naturalmente il dubbio se debba riunirsi anche « ai porfidi di questa località. Le ricerche microscopiche mostrano, che non ostante «la sua struttura un po’ diversa, si può benissimo riunire a quello. » Il Nessig riportò questa roccia al microgranito , nel senso di Rosenbusch, non solo perchè corrispondesse alla descrizione data da questi per tale tipo di porfido; ma anche perchè il Rosenbusch (2) riporta ad essa dei campioni pro- venienti dall’Elba, e più precisamente da Capoliveri, ce che presumibilmente, secondo il Nessig, debbono essere di eurite. Ecco il risultato dell’analisi microscopica del Nessig : « In una massa fondamentale grigiastra, giacciono scarse segregazioni di « quarzo, non sempre a contorno nettamente definito , e contenente delle in- «elusioni liquide. Le inclusioni di zircone, tanto caratteristiche negli altri tipi «di porfido, qui mancano non solo nel quarzo, ma anche nel resto della roccia: « lo stesso dicasi dell’apatite. » « Meno raro del quarzo è il feldspato microporfirico., e per lo più forte- « mente caolinizzato e coperto da prodotti micacei. Rasi sono i geminati dî « Carlsbad. « La massa fondamentale è costituita da un aggregato granulare relativa- « mente grossolano di quarzo c feldspato : il primo generalmente predominante (1) Ricordo qui che il Nessig ha fatto i suvi studii sopra esemplari raccolti dal Naumann. (2) Realmente il Rosenbusch nella 1% edizione della sua Fisiografia (Vol. II p. 87) tra i micrograniti pone una roccia di Capoliveri, Elba; ma poi nella 2* edizione non la cita più; parla invece (Vol. II p. 293) di una roccia, colla semplice indicazione di Elba, ma riportan- dola ai graniti porfirici, e però non trattasi evidentemente di eurite, nè di roccia di Capoliveri. Giornale di Sc. Nat, ed Econ. Vol. XXI. 23 178 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE « sul secondo. Il feldspato è in parte trielino, La mica parteci pa molto parca- « mente alla composizione di questa massa : è mica potassica primaria, per lo più «in piccole lamelle, più abbondavte e in maggiori dimensioni nei campioni di « Portoferraio. Aggregati fibbroso-raggiati di mica potassica di seconda forma- « zione si trovano nell’eurite di Capo bianco. » Interessanti sono poi le macchie di tormalina. Queste non sono formate esclusivamente da questo minerale : già ad occhio nndo si vedono cosparse da una fina polvere, che al microscopio si risolve in tanti granelli di quarzo. Spesso i noduli di tormalina, verso l'esterno presentano una tinta più sbiadita, talora anche una struttura fiblroso-bacillare. Il Nessig spiega ciò con la formazione di mica potassica pseudomorfica secondo la tormalina , a spese della quale , si è formata. Il Mattirolo, che ebbe occasione di studiare l’eurite di Capo bianco (N. 89, Coll. Lotti) e della Collina di S. Rocco. presso Portoferraio (N.144 Coll. Lotti), diverse sole per la forma e distribuzione delle macchie di tormalina, la de- scrive così : « Questa roccia è costituita da una massa compatta per lo più bianca, nella « quale sono disseminate delle macchie grigio-bluastre di tormalina. Nella massa « appaiono rarissimi cristallini di quarzo, di feldspato e laminette di una mica leggermente colorata in bruno. Quest'ultima qualche volta forma dei piccoli ag- «gruppamenti di esilissime lamelle, distribuite porficamente nella massa, che «allora appare tutta punteggista in bruno chiaro. « AI microscopio questa massa mostra una fine struttnra micro - granitica «ed è costituita principalmente da minutissimi ed irregolari cristallini più o « meno torbidi e sovente geminati di feldspato ortoclase e in minor quantità « da granuli di quarzo. V’ha inoltre disseminata nella massa una mica legger- « mente colorata in bruno, talora un po’ cloritizzata. Le segregazioni feldspa- « tiche si mostrano molto alterate, esse sono riferibili per lo più all’ortoclase, « più raramente al plagioclase. Le rare segregazioni di quarzo sono a contorni « più o meno irregolari, arrotondate e offrono talora intrusioni della massa « fondamentale. » | Qui aggiungo le analisi microscopiche, ch’ io potei fave sopra campioni da me raccolti; Bognetti , presso Portoferraio. Roccia bianchissima, compatta, terrosa al iatto: si rompe facilmente in mattonelle di forma prismatica e presenta le faccie di più facile frattura, corrispondenti alla pseudostratificazione, tapezzate di un sottile strato bleu oscuro di tormalina. Al microscopio offre una massa fondamentale granulare cristallina e po- chissime segregazioni irregolari di feldspato caolinizzato e di quarzo. A luce riflessa la massa fondamentale risulta formata da una parte predominante limpida, tra- sparente, incolora su cui spiccano numerosissimi cristallini rettangolari di feld- L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE CAPANNE 179 spato opachi, bianchi per coalinizzazione e che sieguono colla loro fiuttuazione la direzione di scistosità della roccia. A luce refratta, e meglio ancora fra i nicol incrociati, la parte chiara si risolve in un aggregato cristallino principal- mente formato da feldspato, che segue la fluttuazione generale della roccia e si alterna con fitti aggregati fibbroso-lamellari di mica chiara e con granuli di quarzo. Nei più grossi cristalli, benchè caolinizzati, è possibile vedere spesso le ge- minazioni polisintetiche dei plagioclasi : nei piccoli cristalli invece è facile os- servare tanto nelle sezioni trasversali, pressocchè quadrate, che nelle longitudi- nali rettangolari, sempre una estinzione obliqua. E quì fo notare come le sezioni quadrate mancano assolutamente di caolinizzazione , che spesso compare nelle sezioni rattangolari : e ciò perchè l’alterazione sì sarà sviluppata di più secondo i piani di sfaldatura, che traversalmente ad essi, secondo quale direzione cor- rispondono le sezioni quadrate. Inoltre si osserva frequentemente che i feldspati caolinizzati al loro interno, restano limpidissimi all’esterno. Questo si può be- nissimo spiegare attribuendolo au un'azione di metamorfismo che abbia rifuso la parte esterna dei cristalli o frammenti di cristallo feldspatici già caolinizzati. La tormalina che forma delle incrostazioni sulle superfici di frattura, penetra anche nell’ interno della roccia, e quando si è molto inoltrata nella massa di essa, racchiude dei cristallini di quarzo, assai più raramente di feldspato. Anzi è a notare che mentre la tormalina è verde sbiadita laddove la parte feldspa- tica della massa è dominante , essa diventa blù-oscura quando forma il fondo della roccia, non racchiudendo che il solo quarzo, in cristalli e mai in granuli irregolari. Questo ci fa sospettare che la tormalina siasi formata a spese anche del feldspato : ciò che non sarebbe il primo esempio. Eurite oscura, alternante con quella chtara. Spiaggia di Acquaviva, presso Portoferraio. Questa roccia rassomiglia molto ad una quarzite. Dura, compatta, tenacis- sima, bianca leggermente ceroide, con qualche segregazione feldspatica, più ra- ramente quarzosa, presenta de!le striscie verde oscure tormalinifere. Già ad occhio nudo la lamina sottile di questa roccia fa scorgere delle parti chiare, perfettamente incolori in strisce o lenti molto appiattite, che si alternano con altre parti opache. bianche, ricordando nell'insieme la struttura d’un gneiss. Le parti opache risultano costituite da feldspato caolinizzate e d’ab- bondante copa di esilissime lamette di muscovite in fitti aggregati fibbroso-rag- giati : ed è solamente là che compare la tormalina in granuli verdi o blù oscura Le parti chiare son formate principalmente da cristalli di feldspato, a contorno intatto, spesso in geminati, e disposti per lo più secondo la scistosità apparente della roccia; ad essi si associano dei granelli di quarzo irregolarmente dissemi- nati. Lo stato di limpidezza di questo feldspato fa nascere il dubbio ch’ esso possa essere stato formato per metamorfismo a spese di altro presistente, simile a quello delle parti opache. 480 L'ETÀ DEL GRANITO DI MONTE GAPANNE Cava di Monte Bello (lato Sud). Roccia bianca, leggermente tendente al bruno, con larghe macchie di tormalina. Struttura compatto-terrosa : attenta- mente osservata mostra una massa biancastra con numerose punteggiature brune di biotite e delle segregazioni di quarzo e di feldspato oltre alle solite macchie di tormalina. Nella frattura fresca la roccia presenta un minutissimo luccichio dovuto ad esili lamelle di muscovite. AI microscopio la massa si risolve in un fitto aggregato cristallino, formato principalmente da piccoli iudividui feldspatici, in parte caolinizzati e distribuiti senza alcuna regolare disposizione. Quà e là compaiono lamelle di mica bruna o chiara, in dimenzioni maggiori dei cristallini della massa, ma non in forma di segregazioni, ma formanti il fondo su di cui spiccano cristallini di quarzo. Le grosse segregazioni di feldspato sono caolinizzate, talvolta però trasformate in parte in aggregati di muscovite, oppure di biotile. E però è a dubitare che queste due miche possano essersi formate, per azione di metamorfismo, a spese prin- cipalmente del feldspato. Analoga conclusione si trae dall’osservazione della tor- malina, che compare tanto diffusa in nuclei in questa roccia. La sezione di uno di questi nuclei ci mostra della tormalina in granuli irregolari racchiudenti esclu sivamente del quarzo cristallino. Procedendo dall’esterno verso l'interno si vede che la tormalina va formandosi a spese dei piccoli cristalli feldspatici della massa, che a poco a poco spariscono. Nella parte interna di questi nuclei la tormalina domina : essa è in granuli o cristalli a contorno più o meno netto, e costituisce il fondo della roccia. sul quale spiccano, come si disse innanzi per la musco- vite, dei cristallini di quarzo. Spiaggia di Monte Bello — Roccia bianca , compattissima , dall’ aspetto di calcare litoide; presenta delle segregazioni di quarzo feldspato e biotite: inoltre delle macghie brune o nerastre, facilmente manganesifere, come fanno sospet- tare le dentriti che si trovano nelle fratture della roccia. AI microscopio la roccia è molto simile alla precedente, però vi scarseggia la parte caolinizzata. Due fenomeni attirano la nostra attenzione. Primo, che nelle macchie di tormalina, vediamo alternarsi, specialmente alla parte esterna, la biotite, più raramente la muscovite; e tutti e tre questi minerali (tormalina, biotite e muscovite) costituiscono il fondo della roccia su cui spiccano cristal- lini di quarzo. Poi nelle segregazioni di feldspato, molto caolinizzato si presen- tano dei granelli di tormalina, tanto più distinta quanto maggiori sono le sue dimensioni; e questi granelli di tormalina vanno sostituendo poco a poco tutta la massa dei feldspati sino a che talora di questi non resta che la sola forma esterna, essendo ridotti ad un agg«egato di granuli di tormalina. I granelli fon- dendosi fra di loro costituiscono poi dei cristalli più grandi. Qui appare dunque più palese una epigenesi della tormalina sul feldspato a spese del quale spesso si sono formati anche i descritti aggregati lamellari di muscovite. Da quanto abbiamo dettò, risùlta evidente una notevole differenza tra l’eu- CI, VET ER BET, L'ETÀ DEL GRANITO IN MONTE CAPANNE 181 rite e le altre roccie feldspatiche dell’ Elba. Il Lotti stesso, pur considerando ‘questa roccia come una semplice varietà del porfido, nella sua carta geologica l’ha sempre distinta da esso. L’analisi microscopica poi ci dimostra che l’eurite non si sia formata come la vediamo adesso, ma che abbia subìto un certo me- tamorfismo. Ma da che cosa potrebbe esser stato prodotto questo metamorfismo? Escluse le pretese azioni di contatto del porfido quarzifero e le roccie eo- ceniche, non che le inclusioni di queste in esso, sorprende di non trovare alcun fatto che attesti l’azione metamorfizzante del porfido. Intanto noi troviamo la ‘eurite sempre accompagnata dal porfido quarzifero e se talora comparisce iso- lata, non si tarda a trovare quello a poca distanza. In nessun punto l’eurite fa passaggio al porfido; anzi in molti luoghi in cui viene a contatto con esso, la linea di separazione delle due roccie è nettissima: così a Monte Bello, a Monte Consumello a alle cave di S. Rocco. L’eurite non compare mai in forma di fi- loni attraversanti altre roccie, di qualsiasi natura o età. Essa forma per lo più «delle espansioni, pressochè orizzontali, imitando aleune volte una pseudostrati- ficazione, che spicca di più quando c'è un cambiamento di tinta nella massa della roccia, o quando compaiono striscie quasi orizzontali di macchie nere tor- malinifere. Noi non troviamo mai frammenti di altre roccie, nè antiche, né giovani, racchiusi nell’ eurite. Troviamo bensì talvolta i suoi frammenti costi- tuire assieme a frammenti di serpentina o di scisti eocenici delle breccie , da noi descritte a proposito dei pseudoporfidi. L’alto contenuto in silice (da 72 a 75 %,, secondo il Nessig) dell’eurite più che le roccie porfiriche e il granito del- l'isola, ci fa rammentare gli scisti antichi presiluriani della parte orientale del- l’ Elba. D’ altra parte non troviamo mai il porfido quarzifero a contatto cogli «scisti antichi: laddove esso è più vicino a questi (p. e. al fosso di Mar di Gar- visi) ne resta separato dall’eurite. Tutto dunque ce’ induce a supporre che l’eurite più che una roccia originaria «sia una roccia metamorfica. fatta molto probabilmente a spese di scisti antichi. 25 0CT.1902 SA cà I È) al Ri NI ‘Rai d _<0 HS, 7] GIORNALE DI PUBBLICATO ; gr: PER CURA DELLA SOCIETÀ DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO PALERMO TIPOGRAFIA DOMENICO VENA Piazza Sett’ Angeli 6, ?, 8. 1899 SUEVZE SATURI ED CONONI AI, 0 43 pi) MERO. A ACRIOE : GIORNALE DI SCIRNZE: NATURALI BD ECONOMICHE PUBBLICATO PER CURA DELLA SOCIETÀ DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALERMO (VOL. XXII — ANNO 1899) _————_———_m€m6—Tr—T———T———Tz PALERMO TIPOGRAFIA DOMENICO VENA Piazza Sett Angeli 6, 7, 8. ul È Sr i im sit 1599 lnficcnlae tone ascritti CIC - SCIENZE. NATURALI RD ECONOMICHE INDICE GENERALE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOL. XXII Anno 1899 PO) i >. _—_ Gli effetti della forza centrifuga sulle funzioni animali; A. Marcaccì . . . . . . Pag. Nuove ricerche sulla rifrazione in Sicilia; E Soler... ./.0.0/./.0.L + » La fauna dei calcari con Fusulina della valle del fiume Sosio nella provincia di Pa- lermo; G. G. Gemmellaro . . . ‘ E È y » Sopra alcune nuove Rhynchonelline della Sicilia; E. ERI e L. F. Scopi. c » Azimut della lanterna del Faro sull’orizzonte della specola geodetica della Marto- rana in Palermo; A. Venturìi . . . . . IRE Len » Le regioni dell’aria nella Divina Commedia; F. li fngoliaa Rie E » Sullagpioloriazdelle@mantidistA/iGiardina:o. o lu i e a an » Studî sulla sensibilità del cuore e dei vasi sanguigni; G. Pagano. . . ..... » Elenco dei soci della Società di Scienze Naturali ed Economiche- Al 31 dicembre 1899. 0-93 UFFICIO DI PRESIDENZA Presidente — Gemmellaro prof. Gaetano Giorgio. Vice-Presidente — Ricca Salerno prof. Giuseppe. Segretario — Peratoner prof. Alberto. Vice-Segretario — Cusumano prof. Vito. a Bibliotecario — Marcacci prof. Arturo. Tesoriere — Macaluso prof. Damiano. SOCII ORDINARII 1. 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Saverio — Termini 1merese. 19. Damiani prof. Giuseppe — Palermo. 20. De Mattei prof. Eugenio — Catania. 21. Delpino prof. Federico — Idem. 22. Di Blasi prof. Andrea — Palermo. . Di Stefano Teodosio . Di Stefano dott. Giovanni . Emery prof. Carlo . Felici prof. Riccardo . Fileti prof. Michele . Finocchiaro-Aprile Camillo, Dep. . Foderà dott. Filippo . Gerbaldi prof. Francesco . Guccia prof. Giambattista . Grassi prof. Giambattista . Koerner prof. Guglielmo . Lazzaro prof. Carmelo . Lojacono prof. Michele . Lieben prof. Adolfo . Manfredi prof. Luigi . Maggiore Perni prof. Francesco . Merenda dott. Pietro . Mondino prot. Casimiro . Minunni prof. Gaetano . Naccari prof. Andrea . Naquet prof. Adolfo . Oglialoro prof Agostino . Oliveri prot. Vincenzo . Orlando prof. Vittorio Emmanuele . Pagano dott. Giuseppe Pennesi prof. Giuseppe . Patricola prof. Giuseppe . Pintacuda prof. Carlo . Pisani prof. Giuseppe Randacio prof. Francesco Rattone prof. Giorgio . Riggio prof. Giuseppe . Riccò prof. Annibale . Righi prof. Augusto . Roiti prof. Antonio . Ross prof. Ermanno . Salvioli prof. Giuseppe . Scacchi prof. Eugenio . Salemi-Pace prof. Giovanni . Sampolo prof. Luigi . Schiaparelli prof. Luigi . Schopen ing. Luigi . Soler dott. Emmanuele . Spallitta dott. Francesco . Spica prof. Pietro . Struever prof. Giovanni . Tanzi prof. Eugenio . Terracciano dott. Achille . Torelli prof. Gabriele . Tonelli prof. Alberto . Traina avv. Tommaso . Zona prof. Temistoche — Palermo. — Roma. — Bologna. — Pisa — Torino. — Roma. — Paalermo. — Palermo. — Idem. — Roma. — Milano. — Palermo. — Idem. — Vienna. — Palermo. — Idem. — Idem. — Pavia. — Palermo. — Torino. — Parigi. — Napoli. — Palermo. — Idem. — Idem. — Padova. — Palemo. — Idem. — Roma. — Palermo, — Modena. — Palermo. — Catania. — Padova. — Firenze. — Monaco. — Palermo. — Napoli . — Palermo. — Idem. — Milano. — Palermo. — Idem. — Idem. — Padova. — Roma. — Firenze. — Palermo. — Palermo. — Idem — Torino. — Palermo. oO IpuowNnH SOCII EMERITI . Blaserna prof. Pietro . Cannizzaro prof. Stanislao . Tacchini prof. Pietro . Theis ing. Gugliemo . Tommasi-Crudeli prof. Corrado . Paternò di Sessa prof. Emanuele — Roma — ldem. — Idem. — Palermo ‘ — Roma. — Idem (ili effetti della forza centrifuga sulle funzioni animali del Prof. A. MARCACCI I disturbi del circolo durante la centrifugazione Sommario — Necessità assoluta di determinare con esattezza i disturbi del circolo durante la Centrifu- gazione. Critica dei lavori di Salathè, Gutniîkow. Descrizione della Centrifuga. Modo di fissare graficamente i cambiamenti della pressione sanguigna durante il moto. Due mudi di centrifuga- zione; cefalopeta e cefalofuga. La pressione nella carotide, nella giugulare, nell’’arteria e nella vena femorale durante le due specie di moto. La pressione endocranica în queste stesse condizioni, I risultati ottenuti. Problemi che suscitano questi risultati, e, primo, se possano tutti spiegarsi movendo da soli fattori fisici. Si prova l'intervento di forze fisiologiche, che agiscono specialmente sul cuore e sui vasi. Modo di spiegare il fenomeno ricorrendo alla sensibilità vasale. Nel leggere i pochi lavori che esistono sulla centrifugazione degli animali, e che hanno preceduto questo mio, mi son convinto che una condizione essenziale, per la retta interpretazione dei dati raccolti, è stata trascurata; la determinazione cioè esatta dei di- sturbi idraulici che negli animali venivano prodotti, sia quando la forza centrifuga si esercitava verso la testa, sia, nel caso opposto, verso le estremità posteriori. I di- sturbi funzionali infatti, sia immediati che tardivi, essendo quasi tutti secondarî di di- sturbi idraulici, (il che, in ultima analisi, significa nutritivi) era naturale che i primi non potessero essere giustamente apprezzati nel loro significato, quando non si era riusciti a localizzare i secondi. La prova più evidente della necessità assoluta di far precedere la determinazione esatta dei disturbi idraulici prodotti colla centrifugazione alla interpretazione dei fatti osservati, mi pare che risulti dal modo con cui si son creduti autorizzati a concludere Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 2 10 I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE due autori, il Salathè e il Gutnikow, dopo avere impiegato questo mezzo in condizioni pressochè identiche di esperimento : « Negli animali, dice il Salathè, che hanno la parte posteriore rivolta alla periferia, la morte avviene in seguito ad anemia del cervello... in quelli che hanno la testa alla periferia, la morte... si spiega con l'accumulo di sangue al cervello. » « La centrifugazione di un porcellino morto, dice il Gutnikow, con la testa in fuori, produce iperemia cerebrale : anemia se con testa in dentro. La centrifugazione di un por- cellino vivo (è la condizione comparabile a quella del Salathè) produce negli stessi casi, fenomeni circolatori inversi ». Vale a dire, aggiungo io, per il Gutnikow, nella centrifu- gazione a testa in dentro si ha iperemia cerebrale, in quella a testa in fuori anemia del cervello : proprio l'opposto di quel che sostiene il Salathè !... Chi di questi due autori ha ragione ? Forse tutti e due, o uno dei due, o nessuno dei due : la quistione non poteva esser risoluta che dallo esperimento diretto; e il pro- blema che si imponeva in questo caso era il seguente : «trovar modo di conoscere e de- terminare con esattezza quali disturbi idraulici si producessero nei diversi momenti della centrifugazione, e dopo arrestato il movimento rotatorio » Questo problema, non facile a risolversi, è stato del tutto trascurato da chi mi ha preceduto nell'uso della forza cen- trifuga per lo studio delle funzioni animali : mi si permetta quindi di indicare breve- mente quali artifizi ho usato per risolverlo. La centrifuga di cui mì son servito per le mie ricerche, e che io stesso ho fatto co- struire, ha qualche cosa che merita una speciale menzione. Ho rivolto, prima di tutto, ogni mio sforzo a renderla robusta, capace cioè di sostenere sul letto rotatorio (V. fig. I a) due cani di media grossezza durante un solo esperimento. e ui Il mi HOST d q ll | (Figura 1.) Quello che io, per brevità, chiamo «letto rototario » non è altro che una tavola posta orizzontalmente imperniata e fissata al suo centro sull’asse, verticale, di rotazione I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE 11 della centrifuga. Su questo letto vengono fissati gli animali, talora colla testa rivolta verso l’asse di rotazione, talora verso -la periferia : in moltissime ricerche ho legato con- temporaneamente due cani, presso a poco dello stesso peso, 1’ uno colla testa in dentro, l’altro colla testa in fuori. Quando veniva usato un solo cane, si adattava alla centri- fuga, nel braccio opposto a quello in cui era legato 1’ animale, un peso scorrente ( D ) su due guide (c) fisse, che, a guisa di romano, poteva bilanciare il peso dell'animale, e rendere così regolare e facile il movimento. Il punto d'arresto del romano veniva fissato per ogni animale empiricamente : sì legava cioè quest'ultimo sul braccio del letto opposto al romano, si distaccava il letto stesso dall’ asse di rotazione, e collocandolo, nel suo centro, su uno spigolo, si cercava, scorrendo il romano in fuori o in dentro, quale fosse il punto in cui faceva equilibrio al peso del cane : era una specie di pesata che pre- cedeva la centrifugazione e che, naturalmente, bastava fare una sola volta per ogni animale. Ho avuto una cura speciale nel fissare gli animali sul letto rotatorio, perchè, dopo i primi tentativi, mi accorsi che le legature degli arti destinate a impedire che l’animale sfugga o venga lanciato in fuori durante la centrifugazione, potevano, stirando fortemente le parti, impedirci un giusto apprezzamento dei disturbi consecutivi al moto rotatorio, e specialmente di quelli che potevano riferirsi al senso e al moto. Sono riuscito ad ottenere questo scopo fissando sul letto rotatorio, in corrispondenza del punto in cui ve- nivano a trovarsi le gambe anteriori e le posteriori, delle larghe strisce di tela (4) in cui si facevano passare le estremità corrispondenti, attraverso fori praticativi in ante- cedenza, e che poi, affibiate o sulle scapole o sulla regione sacrale, venivano così a costituire delle specie di panciotti o di brache per il cane; e, come tali, non ostaco- lavano per nulla il circolo. Per maggiore sicurezza altre cinghie di cuoio venivano passate sul dorso dell’animale : la testa in generale, quando era posta verso l’asse di ro- tazione del letto, era fissata ad un morso speciale (e) che io vi avevo fatto adattare; talora, in questa posizione, bastava passare una fascia aldi sopra della testa e al di sotto del letto : questo mezzo si adoperava sempre quando la testa era collocata in fuori. In questo modo dunque io potei ottenere lo scopo essenziale che mi proponevo; di fare cioè un tutt’ uno del letto rotatorio e dell'animale che quello sopportava, senza meno- mamente inceppare il circolo o stiracchiare le parti, specialmente durante il movimento. Quanto al modo con cui quest’ unità costituita dal letto rotatorio e dall’ animale veniva ad esser messa in moto, è cosa facile a dirsi e a comprendersi : l’ armatura in ferro solidissima e verticale, che sosteneva il letto con sopra 1’ animale, era messa in rapporto con un forte e lungo asse orizzontale che finiva, al lato esterno, con un ma- nubrio e, dal lato interno, con un ingranaggio che, adattandosi ad altro del sovrastante asse verticale, poteva mettere in moto il letto rotatorio, quando venisse girato il manubrio. La centrifuga era fissata su un robusto tavolone : centrifuga e tavolone poi eran collocati su due colonne in muratura nel centro di una stanza. Per impedire infine che la cen- 12 I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE frifuga scivolasse da quelle, o le scomponesse colle sue oscillazioni, fui costretto a fare passare quattro forti pali di ferro attraverso il pavimento e attraverso il tavolone , e fissarli, con ferri in croce, alle travi del soffitto sottostante, e, con viti, al tavolone della centrifuga: si veniva ad ottenere così l’effetto che sì raggiunge quando si mettono delle catene ad un edifizio che minaccia rovina. La centrifuga, così impiantata, veniva mossa a mano: ad ogni giro del manubrio il letto rotatorio, e quindi l’animale che vi riposava, ne faceva quattro :e. quando il carico non era eccessivo e le braccia eran robuste, si potevano ottenere circa quattrocento giri al minuto , velocità più che sufficiente per studiare gli effetti della centrifugazione. Ma fin qui il mio apparecchio in ben poco differiva da quelli usati da altri spe- rimentatori; bisognava dunque aggiungervi delle disposizioni che potessero permettermi di fissare, durante la centrifugazione, i cambiamenti idraulici del circolo sanguigno nelle varie posizioni dell'animale : e questo potei ottenere nel modo seguente : Proprio nel centro di rotazione del letto, quasi continuazione dell’asse che lo soste- neva, fissai un tubo cavo, lungo un 20 em. (Vedi fig. I g) metallico, verticale : alla parte inferiore questo tubo comunicava con altre tre tubi fissativi perpendicolarmente e corti (id. h): in alto esso, allargandosi, prendeva la forma di cono tronco (fig. II c) che, sulla parte tronca, si continuava con una vite maschio (id. d): a metà circa il cono portava una corona di fori (id e) che comunicavano con l'interno del tu- bo. Per tutta la lunghezza del cono, a sfregamento dolce, poteva penetrare la estremità rigonfiata di un altro tu- bo metallico, (id. f) più lungo del braccio del letto rotatorio, e che po- teva fissarsi alla estremità fatta a vite del tubo verticale per mezzo di un dado. In qualunque posizione, in qualunque « momento , il tuho orizzontale poteva cos comunicare con l’interno del tubo (Figura II°) verticale, per mezzo della corona dei fori : giacchè l'apertura del tubo orizzontale, messo di faccia alla corona dei fori, ne comprendeva sempre almeno due. Una pressione dunque trasmessa dal piede del tubo verticale, per uno dei tre tubetti corti (fig. I, h) saldativi ad Lv poteva trasmettersi in modo continuo al tubo lungo orizzontale, e da questo a tutti quei tubi di aggiunta che avessimo potuto o creduto di dovere impiegare per arrivare ad un apparecchio registratore della pressione. Inutile dire che, data questa disposizione, il tubo verticale, messo in rapporto, ad es., con una arteria o una vena, girando, faceva I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE 13 un tutt'uno con l’animale; e che il tubo orizzontale rimaneva fisso, mentre girava quello ver- ticale. Era solo necessario che il tubo orizzontale venisse fissato, per la sua estremità periferica, al banco su cui erano gli apparecchi registratori, o che venisse retto da per- sona a ciò destinata. Riempito tutto l'apparecchio di soluzione di carbonato di sodio, lo mettevo dal lato cen- trale in rapporto con un’arteria, ad es., la carotide, e dal periferico con un manometro a mer- curio provvisto di una penna, che scriveva su un cilindro affumicato: e perchè questi apparecchi non risentissero delle scosse o vibrazioni impresse al solaio dalla centrifuga‘ li metteva su una lastra di marmo solidamente fissata al muro ( fig. 1). Mi dovetti accorgere hen presto però che questo modo di registrare la pressione, durante il moto, aveva inconvenienti che potevano indurre in gravi errori. Il più grave mi parve questo : la. colonna di liquido (carbonato di sodio), che andava dal piede del tubo verticale all'arteria, doveva anch'essa subire gli effetti della forza centrifuga, e som- marsì con gli effetti di una diminuzione di pressione, se avveniva diminuzione, 0 dimi- nure quelli di un aumento, nel caso che si verificasse aumento. E questi effetti do- vevano esser tanto più palesi, quanto più lunga e distante dal centro di rotazione fosse la colonna del liquido alcalino ; ad es., quando tentavo la registrazione della piessione nella femorale, stando 1’ animale colla testa in dentro : in questo caso era costretto a congiungere la arteria con il piede del tubo verticale per mezzo di un altro tubo, lungo quanto era la distanza dal punto di presa al centro di rotazione (fig. I, k): e la forza centrifuga in questi casi poteva far risentire effetti molto potenti : ciò è tanto vero che finchè usai di questa disposizione ottenni, in tutti i casi, diminuzione di pressione. Potei rimediare a questo inconveniente usando del cosidetto « ditale di Marey » ; uno dei tanti mezzi immaginati per riconoscere i cambiamenti di pressione. Questo apparec- chio (che non sto a descrivere perchè certo da tutti conosciuto) era fissato solidamente al di sotto del letto rotatorio, proprio nel piano traversale che corrispondeva al taglio del- l’arteria (fig. I i) quest’ultima veniva messa in rapporto colla parte corrispondente al di- tale; la parte opposta, corrispondente alla camera ad aria, veniva innestata (con tubo di vetro più o meno lungo) al piede del tubo verticale (id. k) L'estremità periferica del tubo orizzontale era messa in rapporto con un tamburo a leva, (id. 1) o anche con un mano- metro a mercurio. La pressione era registrata su un cilindro girante (id. m). Modificata così la disposizione dell'apparecchio, gli inconvenienti lamentati venivano tutti a sparire; le prove in bianco fatte appositamente dimostrarono che erano nulli o trascurabili gli effetti della forza centrifuga sul manometro, anche quando questo fosse collocato sul braccio del letto rotatorio a grande distanza dall’asse di rotazione, e mal- grado che, per conseguenza, unalunga colonna d’aria, contenuta nel tubo di congiunzione del manometro al tubo verticale, mettesse in rapporto le due estremità dell'apparecchio. Ma ad altro inconveniente dovetti provvedere, che riguardava il modo di collocare 14 I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE la cannula nelia arteria o nella vena. Nel prendere la pressione arteriosa infatti si usa comun:mente di legare in un punto l’ arteria, e collocare poi una cannula di vetro nel moncone cardiaco del vaso arterioso. Questo modo, che ha gravi inconvenienti sempre, non poteva servire affatto nel caso speciale, perchè io avevc visogno che nell’arteria scorresse libe- ramente il sangue ne momento in cui prendeva la pressione. Ricorsi allora alle ordinarie cannule a T, di cui si fissano le due branche, corrispondenti alla parte superiore del T, l'una in corrispondenza del tratto cardiaco, l’altra del tratto periferico dell'arteria o della vena : il sangue può così circolare. Ma queste cannule, oltre la grande difficoltà che ta- lora presentano alla introduzione nei due capi arteriosi, hanno il difetto capitale di rè- stringere necessariamente il lume del vaso, e modificare il contributo idraulico nelle parti periferiche a cui quello si distribuisce. Come difetto secondario vi è poi quello di ren- dere facile il coagulo durante lo esperimento, e difficilissima la sua rimozione per la doppia legatura della arteria. Dovetti dunque pensare allo impiego di una cannula che, oltre a darmi una vera pressione laterale, mi mantenesse costante il gettito dell’arteria, e, possibilmente, non fa- cilitasse molto il coagulo sanguigno. La cannula da me usata ha qualche somiglianza con quelle che si usano per la fî- stola gastrica, e fu già immaginata da Ludwig e Spengler. Essa è costituita da un tubo saldato verticalmente ad una estremità (che chiamerò arteriosa) con una placchetta me- tallica foggiata a punta di penna lombarda, e come questa, leggermente convessa sul piatto e nel senso dell’asse longitudinale. La curva delle diverse cannule dovrà esser foggiata a seconda del calibro delle diverse arterie in cui si vorrà introdurre. La placchetta metallica è forata nel punto d’innesto del tubo verticale, e per la larghezza rappresentata dal calibro di questo. Alla parte superiore, convessa, della placchetta a forma di penna, si adatta esattamente un cuscinetto metallico , la cui faccia inferiore, concava longitudinal- mente, è modellata esattamente sulla convessità superiore della placchetta metallica; co- sicchè la superficie convessa di questa deve combaciare esattamente con la superficie con- cava del cuscinetto, proprio come due penne lombarde sovrapposte. Il cuscinetto può essere tenuto aderente alla placchetta della cannula mediante un pezzo mobile che si può fare sorrere a vite fino ad incontrare il cuscinetto. Per introdurre la cannula nella arteria, si procede così: messo allo scoperto il vaso e collocati due pressa-arterie, a una certa distanza fra loro, sul vaso, si pratica un ta- glio trasversale sulla arteria o nella vena, in modo da non interessare neppure un terzo della circonferenza del vaso. Colle forbici , e perpendicolarmente al primo, si pra- tica un taglio longitudinale, della lunghezza del braccio corto e ottuso dell placchetta metallica, o piede della cannula; fatto ciò si introduce la parte più acuminata di questa nel vaso, e, aiutandosi, quando occorre, con un uncinetto, si fa passare la parete arteriosa anche sulla parte opposta, smussa, della cannula. In questo momento dunque tutta la hase o I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE 15 piede della cannula è nell'interno dell'arteria, e le pareti di questa ne ricoprono esatta- mente la parte convessa: a questo punto si abbassa il cuscinetto che viene così ad adagiarsi sulla parete arteriosa, che si interpone tra lui e la parte convessa della can- nula: facendo ora scorrere il pezzo a vite contro la parte superiore del cuscinetto, in modo che questo si adatti e comprima leggermente sulla parete arteriosa, avremo una chiusura perfetta della ferita del vaso. Al tempo stesso, il vaso potrà comunicare coll’ esterno per mezzo del tubo verticale, posto, a sua volta, in rapporto con tutto quella trafila di vie cave che abbiamo descritto e che finiscono o a un tamburo di Marey o a un manometro. Mi parve con questo di essermi messo al sicuro da ogni causa d'errore, e di poter procedere alle ricerche sul modo di comportarsi della pressione sanguigna durante la cen- trifugazione, per fare dei loro risultati la base obbiettiva della spiegazione dei feno- meni osservati durante le singole ricerche. Credo quindi indispensabile riferire subito, nella loro forma bruta, i cambiamenti che si osservano, nei vari modi di centrifugazio- ne, nella meccanica circolatoria, e quando queste modificazioni vengono studiate nei vas- vicini all'asse di rotazione, o in parti molto lontane. Mi si permetta, che per brevità, io possa indicare col nome di centrifugazione cefalofuga, quel caso in cui la testa si trova rivolta all’indentro, verso l’asse di rotazione; e con quello di centrifugazione cefalopeta , il caso opposto, quello in cui cioè la-testa è rivolta all'infuori, lontana dall’asse di rotazione. Dovendo di frequente ripetere queste due espressioni le abbrevierò , indicando la « centrifugazione cefalofuga » con « Cf.c.f. » e la centrifugazione cefalopeta con « Cf.c.p. ». Ho studiato i cambiamenti che subisce la pressione nei seguenti casì : A. Centrifugazione cefalofuga — 1. Pressione della carotide. Si ha caduta immediata della pressione ; e la diminuzione è tanto forte che talora, usando anche un manometro a mercurio, si può osservare una pressione negativa. E facile comprendere come in questo caso porzione del liquido, racchiuso nel dito di guanto del Maey, possa penetrare nel circolo sanguigno, e renderci conto dell'enorme aumento che si osserva nella pressione appena si arresti il moto di rotazione. Mi è parso interessante vedere come si comportasse la pressione nella carotide quando ne venisse interrotto il circolo sanguigno o al di sotto della cannula (tra questa e il cuore) o al di sopra (tra la cannula e i capillari arteriosi). In ambedue i casi ho tro- vato che la pressione diminuiva : nel caso però in cui la legatura era messa tra la can- nula e il cuore la diminuzione era preceduta da un leggero aumento. Quest'ultimo fatto ci indica dunque che, più che la forza centrifuga, la quale doveva tendero a spin- gere il sangue nel cul di sacco arterioso formato colla legatura, ne può l’aspirazione che viene esercitata sul sangue del moncone periferico della carotide, per ilvuoto fatto contempo- raneamente o dalle collaterali arteriose, o dalle vene per mezzo dei capillari. Quando la forza centrifuga non può agire in un modo diretto agisce in via indiretta, e con ugua- e intensità. 16 I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE 2. Pressione nella vena giugulare. Si ha abbassamento immediato e potente della pressione, tantochè la leva del tam- buro registratore, sì fissa sui bordi metallici del tamburo, e non si può seguire l'abbassamento stesso nei suoi limiti massimi. Come per la pressione arteriosa, si ha un aumento notevole dalla pressione venosa dopo 1’ arresto del movimento, che però tende a riprendere rapida- mente il livello normale. Devesi anche quest'aumento ad una introduzione di carbonato di sodio nelle vene ? È cosa che meriterebbe di essere studiata. Chiudendo il moncone periferico la pressione rimane inalterata. 3. Pressione nell’arteria femorale. Aumento notevole ed immediato della pressione (3 cm. Hg. ). Cessata la Cf., con rapidità uguale a quella con cui si era innalzata, la pressione tende a ritornare al nor- male e scendere leggermente al di sotto. 4. Pressione nella vena femorale. Si ha aumento della pressione: ma quest'aumento ha caratteri particolari che me- ritano di essere notati, cioè: «) non ha l’istantaneità di tutti gli altri casi ricordati ; 5) è debolissimo e cade a colpo appena arrestato il moto rotatorio; c) ritorna subito al livello normale. Tutti questi fatti servono forse ad indicarci che la forza centrifuga vincendola sulla debole forza di spinta centripeta del sangue venoso, non può, a sua volta, farsi risentire potentemente come pressione laterale, essendo il sangue trattenuto da meccani- smi valvolari venosi. La cosa non si osserva infatti, nel caso della centrifugazione cefa- lopeta, nella vena giugulare. 1. Pressione nella carotide. B) Centrifugazione cefalopeta. Il risultato ottenuto in questo caso mi recò non poca meraviglia; mentre mì aspet- tavo che esso avrebbe avuto un corrispondente nel modo di comportarsi del sangue nell’ar- teria femorale, quando la testa è in dentro, cioè un aumento di pressione, ebbi un risul- tato assolutamente opposto, una diminuzione potente della pressione sanguigna. Avendo il tamburo di Marey (che usavo, in questi casi, al posto di un manometro @ mercurio) raggiunto il massimo delle indicazioni, più basse, essendosi cioè la membrana accollata al fondo del piattello metallico , non potei fissare esattamente nè il grado approssimativo della diminuzione di pressione, nè la distanza che corse tra l’arresto del moto rotatorio e il rialzarsi di quella : posso dir solo che la depressione deve essere stata molto forte, giacchè il cilindro potè compiere un giro intiero di un minuto prima che si cominciasse a vedere la pressione salire prima sul livello marcato dalla penna, poi sulla normale: si ebbe cioè a costatare un aumento notevole di pressione; e quest’aumento si faceva a gradini ognuno dei quali rappresentava un battito cardiaco, lento dapprima (grosso gradino) poi via via più frequente (gradini piccoli). 2. Pressione nella vena giugulare. I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE 17 Si ha aumento immediato, enorme: misurato con un manometro a mercurio questo aumento fu, dopo pochi minuti, di 82 mm. di Hg.; e, appena arrestato il moto, la pressione seende di un colpo, e ritorna normale, o un po’ al di sotto del normale. È notevolissima, come ebbi già a far notare, la differenza che corre tra il modo di com- portarsi della pressione venosa nelle vene femorali e nelle giugulari quando si trovino nelle stesse condizioni meccaniche. 3. La pressione nell’arteria femorale. Si ha notevole e immediata diminuzione di pressione, che riprende in una maniera non molto rapida dopo arrestato il moto rotatorio. Si notò in queste ricerche che quando scompariva il polso nella curva manometrica, e questa era rappresentata da una linea retta, la penna non aveva raggiunto il suo mas- simo spostamento. 4. La pressione nella vena femorale. Si ha diminuzione immediata della pressione : coll’arrestarsi del moto essa torna al normale. A completare i dati del problema idraulico nei diversi casi di centrifugazione da me descritti, mi pare utile aggiungere alcune ricerche da me fatte sul modo di com- portarsi della pressione endocranìca durante le due specie di centrifugazione cefalofuga e cefalopeta. Per misurare la pressione endocranica durante la rotazione degli animali, mi servi- di una cannula presso a poco della stessa forma di quella usata per le arterie : la pa- rete ossea del cranio rappresentava la parete arteriosa, il cuscinetto metallico era sosti- tuito da un cuscinetto di guttaperca, il quale era, a sua volta, pigiato contro le pareti del cranio dalla solita vite o dado descritti per la cannula della pressione. Solo la disposizione del piede della cannula venne un po’ variata, per impedire che le membrane cerebrali si accollassero al foro della cannula stessa ; ottenni questo scopo saldando sui lati della faccia inferiore del piede della cannula due lamine abbastanza spesse, in modo da lasciare fra loro una scanalatura in cui si apriva il foro della can- nula e capaci di tenere, in qualunque evenienza , discoste da quello le membrane cerebrali. I risultati ottenuti con questo metodo si possono riassumere così: nella centrifu- gazione cefalofuga si opera un vero e proprio vuoto nella scatola cranica, che segue im- mediatamente il principio della rotazione, e che sparisce appena il moto cessa. Spesso anzi la pressione endocranica, subito dopo l'arresto del movimento, si mostra leggermente superiore alla normale. Il vuoto che può ottenersi in una potente centrifugazione cefalofuga corrisponde a diversi centimetri di mercurio. La pressione, dopo l’arresto della centrifuga, sì innalza a scalinata regolare: ha potuto costatare che ogni scalino corrisponde a una gettata si- stolica della pompa cardiaca : anzi spesso la scalinata non è regolare, e gli scalini più Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 5 18 I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE larghi sono rappresentati da arresti più prolungati del cuore, e del cuore solo: l’ascensione della curva si fa infatti a respiro arrestato. Nella centrifugazione cefalopeta non ho potuto constatare che un aumento della pressione endocranica; aumento che, come abbiamo potuto vedere, non può esser dovuto che a iperemia venosa. I risultati ottenuti, riguardo alla pressione vasale, possono dunque così riassumersi : 1° Nella cf. cefalofuga si ha diminuzione potente della pressione nelle arterie e nelle vene che rimangono vicino al centro di rotazione (carotidi e giugulari) e‘ aumento nelle arterie e nelle vene lontane da questo centro. i 2° Nella cf. cefalopeta si ha pure diminuzione della pressione potente nelle arterie, si lontane che vicine al cuore meno sensibile nelle vene femorali: sì ha invece aumento enorme nelle vene giugulari. Un fatto importante salta subito agli occhi leggendo queste semplici conclusioni ; mentre cioè per la Cf.c.f. possiamo , fino ad un certe punto , renderci conto dei ri- sultati ottenuti invocando le sole forze fisiche, non lo possiamo per quelli ottenuti con la Cf. c.p.; giacchè, in questo caso, malgrado l’azione della forza centrifuga, le arterie vici- ne alla testa si vuotano rapidamente insieme a quelle lontane. Questa condizione di cose mi fece sospettare che, neppure in questo caso, la mac- china animale vivente obbedisse ciecamente alle leggi fisiche, e che qualche fattore fisio- logico dovesse intervenire a neutralizzare o modificare radicalmente gli effetti di quelle. Il fatto stranissimo che, nella Cf.c.p., la pressione arteriosa diminuiva tanto in vi- cinanza della testa quanto nelle e tremità inferiori dell’ animale, mì fece nascere il ]e- gittimo sospetto che il cuore durante il movimento si arrestasse o per azione nervosa, o per spostamenti meccanici subiti durante la centrifugazione. Mi parve perciò utile, per fare le parti giuste tra le forze fisiche e le forze fisiologiche, di sperimentare su animali in cui le influenze nervose sul cuore fossero abolite, rimanendo invece intatte tutte le altre con- dizioni meccaniche. i Ripetei perciò gli esperimenti di centrifugazione (cefalofuga e cefalopeta) su animali atropinizzati: il cuore, in questo caso, era nella impossibilità di arrestarsi durante il mo- vimento, e in obbligo di resistere maggiormente alle forze fisiche, agenti contro di lui: i risultati ottenuti, su animali atropinizzati possono riassumersi così : a) Nella Cf. cefalofuga la pressione, misurata nella carotide, diminuisce leggermente: e raggiunto un massimo, tende a ritornare al normale, mentre ancora continua il moto rotatorio v) Nella Cf. cefalopeta la pressione, presa pure nella carotiae, subisce un leggero e graduale aumento; ma, arrivata ad un massimo, tende a tornare normale ; e ciò mentre continua il moto di rctazione. È Se dunque il semplice fatto di aver obbligato il cuore a continuare la sua azione durante il moto rotatorio ha fatto sì che la pressione poco o nulla risentisse dell’ azione ; I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE 19 delle forze fisiche, che pure e nella stessa misura continuavano a svilupparsi, bisogna for- zatamente coneludere che, in animali normali, il cuore fosse tratto, 0 in parte, 0 comple- tamente, fuori di combattimento. Escludo subito che questo avvenisse per spostamenti meccanici del cuore, i quali portando, ad es. o stiracchiamento o contorsìone dei vasi, impedissero che ad esso arrivasse e che da lui partisse il sangue: basta dire, per convincersi che questa ipotesi non ha base, che questi spostamenti meccanici si dovevano di necessità verificare anche nel caso di a- nimali atropinizzati, giacchè nessuno vorrà attribuire all’atropina la proprietà di tenere fisso il cuore nella sua posizione naturale. Se lo spostamento meccanico deve essere di necessità escluso, noi siamo obbligati a pensare che le modificazioni nel funzionamento del cuore sieno dovute ad intervento di meccanismi nervosi. Resta ora a vedersi in che consistano queste modificazioni del cuore , e se possano considerarsi come identiche nei due casi della Cf. cefalopeta e cefalofuga, e in animali lo si capisce, non atropinizzati. Non mi pare dubbio che, nel caso della Cf. cefalopeta di animali normali, il cuore venga tratto del tutto fuori di combattimento, arrestato cioè completamente, dal momen- to che, vuotatesi le arterie e riempitesi le-vene, ìil sangue di queste obbedisce alla forza centrifuga rifugiandosi e nella metà destra del cuore e nelle vene della testa, come in corpo morto. Non arrestandosi il cuore la pressione nelle arterie si mantiene costante e quasi normale. Non possiamo, con altrettanta sicurezza, stabilire quale sia il modo di comportarsi del cuore durante la Cf. cefalofuga: quello che possiamo dire con sicurezza si è che il suo modo di funzionare deve modificarsi, affievolendosi la sua azione o cessando del tutto, ma con un meccanismo differente da quello che si verifica nella Cf.c.p. Se infatti, in cani normali centrifugati cefalofugamente, il cuore si arrestasse com- pletamente, come nel caso della Cf. cefalopeta, noi dovremmo avere diminuzione di pres- sione in tutte le arterie, e aumento di pressione nelle vene: ora la pressione nelle arterie femorali, come si è visto, non solo non cessa ma aumenta. Il che ci obbliga a concludere che se l’azione del cuore, in condizioni normali, viene con sicurezza affievolita, non pos- siamo dire che essa sia del tutto distrutta. Nessun dubbio circa lo intervento di una forza fisiologica nell’annullare (Cf.c.p.)nel- l’affievolire (Cf.c.f.) l’azione del cuore : ma quale il meccanismo con cui essa interviene ? Quale il punto di partenza di questa forza capace di tanta azione sul cuore ? L'ipotesi che si presenta più prontamente è quella che il punto di partenza sia cen- trale, e che gli effetti esercitati sul cuore si debbano ad eccitazione diretta del centro del vagc: nella Cf. cefalofuga, l’anemia istantanea del centro situato nella midolla allungata, e, nella Cf. cefalopeta , 1’ iperemia venosa istantanea dello stesso , sarebbero le cause che potrebbero produrre le modificazione del ritmo cardiaco. 20 I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE Questo modo d'intendere l’azione sul cuore, lo confesso, a me è parso sempre, e pare ancora, sommamente artificioso e trascendentale. Non è quì il luogo di dire il perchè a me è sempre riuscito incomprensibile il modo di funzionare di questi centri che, dotati della virtù speciale di potersi isolare talora dai legami col mondo esterno, talora di po- terli mantenere, possono, nel primo casò, drritati direttamente, far risentire la loro azione su organi in rapporto cor loro per le sole vie centrifughe. Dirò solo che, ammesso il modo comune d'intendere l’azione dell’anemia e dell’iperemia su questo centro del vago, che cioè queste due condizioni producano lo stesso effetto arrestatore, difficilmente potrebbero applicarsi al caso nostro, deve, pur verificandosi queste due condizioni, il cuore non dimo- stra di ubbidire a questa legge; giacchè con probabilità durante il moto, e con certezza subito dopo l'arresto di questo, esso risponde in modo differente alle condizioni creategli dall’anemia o dall’iperemia. Quest'ultima conclusione la traggo più specialmente da quello che io chiamerei volentieri risveglio post-centrifugo del cuore nei due casi, preso in un momento uguale per le due specie di centrifugazione, vale a dire a respiro arrestato. Chiunque infatti abbia desiderio di consultare il rendiconto degli esperimenti da me fatti, potrà facilmente vedere che. « qualunque sia lo stato del cuore durante la Cf. al- l’arrestarsi del moto rotatorio, e se il respiro è pure arrestato, si ha che, nella Cf. cefalo- peta, il cuore è lento, e aumenta di forza e di numero nelle sue pulsazioni al riprendere del respiro ; nella Cf. cefalofuga, nelle identiche condizioni, il cuore è celerissimo o ripren- de celerissimo il moto; e perde nel numero dei suoi battiti, acquistando talora della sua forza, al riprodursi del respiro ». D'altra parte nessuna prova decisiva è stata fornita dai fisiologi la quale dimostri, in modo irrefragabile, che si può far a meno dell’azione periferica nella produzione del fenomeno ; e, dato tutto questo, si capisce come io debba proporre un’altra spiegazione dei fenomeni osservati nelle due specie di Cf. per quanto riguarda il cuore. Le ricerche non recenti di Cyon sui nervi sensitivi del cuore, quelle di Heger, più recenti, e quelle recentissime di Spallitta e Consiglio (fatte, quest'ultime, nel mio labora- torio) permettono a noi di considerare il sistema cardiovascolare come nna unità che, nel corpo animale, gode di una relativa indipendenza dal resto degli organi e che, ciò che più importa per noi, le diverse parti di questa unità corrispondono tra loro per mezzo di una innervazione speciale sensitiva, in modo che esse possono, direi quasi, esser sempre pronte al bisogni dei diversi organi mantenendo quell’equilibrio idraulico che è indispensabile alla continuazione del circolo. La corrispondenza dunque, come ha detto, si esercita per mezzo di nervi speciali che devon tappezzare le pareti interne dei vasi, e che possano essere irritati, anche in via spe- rimentale, per mezzo di agenti chimici, meccanici, e forse anche di altra natura: hasta infatti iniettare in circolo sostanze in modo da esser sicuri che esse devon circoscrivere | f I DISTURBI DEL CIRCOLO DURANTE LA CENTRIFUGAZIONE 21 la loro azione all’endotelio vasale, per vedere ripercossa a distanza questa eccitazione sotto forma di dilatazione o ristringimento vasale (diminuzione o aumento nella pressione, usata come indice) di accelerazione o diminuzione del battito cardiaco. Basta anche talora accre- scere la pressione in un limitato distretto vascolare, sfiancare cioè e stiracchiare forse i nervi sensitivi che vi corrispondono, per vedere modificarsi il lume vasale o il moto cardiaco. Applicchiamo quest’ultimo dato alle condizioni create dalla Cf. e vi troveremo moti- vo più che sufficiente per intenderr le modificazioni del moto cardiaco. In tutte e due le specie di Of. infatti noi portiamo due forti contributi di disturbo dell’ innervazione vasale, un anemia e un aumento di pressione : è certo quindi che queste due condizioni , quantun- que non passa darsi loro il valore corrispettivo, devono alterare il modo di sentire dei vasi, e produrre, in via riflessa, un effetto sul cuore, che, nel caso nostro, sarebbe differente per le due specie di centrifugazione. È così che mi pare portato sul terreno veramente obbiettivo il modo d’intendere i rapporti della innervazione vasale; e se questo modo di interpretare i fatti sarà accol- to, è naturale che porterà con se la revisione di tutti quei dati che sono accettati ora co- me favorevoli all’ influenza esclusivamente centrale: molti farmaci ad es., invece che veleni dei centri nervosi, potranno esser considerati come modificatori della sensibilità e, per conseguenza, della motilità vasale. Si potrà così applicare alla spiegazione dei feno- meni della vita vegetativa quella stessa legge che tenterò di applicare nei capitoli seguen- ti alla vita di relazione, che cioè tutto quel che è moto è indissolubilmente e fatalmente legato, per meccanismi riflessi, aì capricci del senso. 7 pali LE: (li Effetti immediati o transitorì della Centrifugazione SommARIO — / fenomeni immediati e è tardivi delle due specie di Cf. Descrivo solo quelli della Cf.c.f. perchè sono appheabili allo studio dei rapporti tra senso e moto. Perchè del loro ca- rattere ascensionale. L'elemento nervoso prima colpito è quello sensitivo, ed è questa la base obbiettiva dei disturbi o fenomeni immediati post-centrifugi. Esame degli elementi che devono en'rave a far parte di un riflesso, fatto sulla guida di questa conclusione, e come forse si debba modificare il concetto che si ha oggi del riflesso. Esame, colla stessa guida, degli ele- menti necessarî al moto volontario. Esame delle mie ricerche, di quelle del. Tomasini. del Mott e Sherrington, del Contejean e del Tissot. Conclusione: IL moto volontario non è possi bile în una parte priva completamente di senso, anche quando i conduttori di moto possono essere, con mezzi o artifizî sperimentali, dimostrati capaci di funzione. Il concetto di centro nervoso dopo questa conclusione. Se il cervelletto abbia parte nei disturbi di moto da me descritt', e con quale meccanismo. Discussione di alcuni punti delle ricerche del Mott e Sher- rington e del Tissot e del Contejean, che sembrerebbero contradire la conclusione dell’ impos- sebilità del moto riflesso e volontario în una parte priva di senso. I fenomeni che seguono la centrifugazione possono distinguersi in immediati e tar- divi: i primi stanno ai secondi quasi come i fenomeni collaterali stanno a quelli di de- ficienza nelle lesioni sperimentali del sistema nervoso centrale. Mi occuperò subito dei fenomeni immediati; l'esame dei tardivi sarà fatto nel capitolo seguente. Tra i fenomeni che seguono immediatamente le due specie di Cf., solo quelli pro- dotti della Cf. c. f. mi son sembrati meritevoli di un esame speciale, giacchè essi soli ci danno un quadro ben definito, svolgentesi con regolarità costante, e suscettibile di fornire l'opportunità di trarre da quello qualche corollario fisiologico di una certa impor- 24 GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE tanza, e di mostrare che anche la Cf. può esser considerata (quando le condizioni di espe- rimento sian ben fissate) come mezzo di determinazione di meccanismi funzionali. Qual punto di partenza per 1’ esame dei fenomeni che seguono immediatamente la cessazione del moto centrifugo, cefalofugo, scelgo quello nel quale il cane, (dopo una Cf. di 2° !/, a 3’ con la velocità di 400 giri al 1°), sì presenta, appena tolto dal letto ro- tatorio, nello stato di morte apparente; in cui cioè nessun segno, ad eccezione del batter del cuore, accenna in lui alla presenza della vita. I muscoli sono flaccidi , rila- sciati; l’animale si può considerare come tagliato fuori completamente dal mondo che lo circonda , ed il suo stato ricorda quello prodotto dagli anestesici che hanno spinto tant’oltre la loro azione da produrre l'arresto del respiro. È su questo muto terreno che comincia a svolgersi il quadro dei fenomeni di cui voglio occuparmi : e il primo segno che, anche a distanza, ci accenna al ritorno della vita, è la comparsa di una inspirazione profonda, dopo qualche minuto dalla cessazione del moto. Dopo il respiro i fenomeni di moto che, in forma apparentemente spontanea o provocati da azione esterna, compaiono i primi, sono quelli delle estremità posteriori, e son rappresentati da spasmi tonici estensivi. — Questi spasmi possono essere provocati poco dopo disciolto l’animale, con quasi assoluta sicurezza, pizzicandone o stirandone la coda, anche quando, con l’ eccitazione diretta e forte delle stesse estremità posteriori, non è possibile suscitarvi il moto. È questo un fenomeno molto importante, di non facile interpretazione, sul quale dovrò tornare fra poco, e che rappresenterà anzi una specie di filo di Arianna per arrivare ad una interpretazione del quadro che sto descrivendo. Alle contrazioni o spasmi tonici delle estremità posteriori seguono costantemente i moti clonici delle stesse estremità, e, quasi nello stesso tempo, si manifesta una contra- zione tonica delle estremità anteriori : di modo che vi è un momento in cui le estremità posteriori si agitano convulsivamente con moti clonici e spesso ritmici, mentre quelle anteriori sono in una estensione tonica, e il collo e la testa ancora immobili, con muscoli ri- lasciati. Ma i fenomeni di moto, che ormai hanno preso un carattere ascensionale, non tardano a presentarsi anche in quest’ ultimo gruppo muscolare; e anche qui sotto forma tonica, e precisamente nel momento su cui essa è sparita dalle estremità anteriori, e su- bentrano, in queste ultime, i moti clonici. Lo stato tonico dei muscoli del collo e della testa, è seguito anch' esso da moti clonici : è questo il momento che di poco precede i primi tentativi dell’animale per rialzarsi. (Questa scena, da me descritta, può svolgersi talora in una forma più violenta, ma rimanendo essenzialmente la stessa: può accadere cioè che, invece della successione in via ascensionale dei fenomeni tonici e clonici , il quadro s’inizi con una convulsione to- nica generale, che ha però sempre il suo punto di partenza dalle estremità posteriori. Questa convulsione ha i caratteri della vera e propria convulsione stricnica , ed è tanto forte che sono spesso riuscito a sollevare degli animali tenendoli per una delle estremità TI (A GLI “EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE 25 posteriori, e con la testa in alto, quasi come potrebbe farsi con un animale impagliato, o con un giocattolo di legno. Questi accessi possono ripetersi tre o quattro o più volte e si risvegliano, come negli animali stricnizzati, al menomo tocco, o alle più leggere oscillazioni del solaio su cui l’animale è disteso, ma difficilmente per eccitazioni visive od acustiche. Cessati questi accessi ricomincia la scena nei fenomeni ascensionali da me descritti, a partire dal momento in cui cominciano i moti clonici delle estremità poste- riori, fin allora rigide, e quando i muscoli delle estremità anteriori e quelli della testa e del col- lo sono ancora contratti, aspettando, alla lor volta, di poter dar luogo successivamente e ascensionalmente ai moti clonici che precedono i tentativi di rialzarsi dell'animale. Interessante è il modo con cui si manifestano, in questo ultimo periodo, simili ten- tativi, giacchè ci indica la parte utile che, in tempi successivi, vi posson prendere, per ottenere tale intento, le differenti regioni del corpo, e l'ordine con cui queste ultime posson parteciparvi. In generale il primo atto con cui l’animale mostra di entrare nel periodo dei ten- tativi per mettersi in piedi, è il sollevamento della testa e il guardarsi intorno con l’aria sorpresa di chi si svegli da lungo sonno, o riacquisti la conoscenza dopo un lungo de- liquio : la testa ricade però spesso al suolo quasi fosse, per il momento, troppo pesante* Dei quattro arti quelli che per i primi vengono usati utilmente sono i posteriori ; ed ho visto spesso dei cani che, riusciti a sollevare il bacino col mettere nella posizione ordi- naria della stazione eretta le gambe posteriori, hanno spinto con queste in avanti, facen- dole strisciare sul suolo come corpo morto innestato a parte vivente, le gambe anteriori flaccide, il torace e la testa. È in questo moment» che le gambe anteriori e la testa posson pren- dere le posizioni le più strane e le più sconcie; così ho visto spesse volte animali con una 0 tutte e due le gambe anteriori sugli orecchi, nella posizione del gatto o del coniglio che tentano con esse di grattarsi la testa, mantenendovele per diverso tempo; tal’a Itra le gambe si divaricano talmente da cadere perpendicolari sulla colonna vertebrale in un piano orizzontale. La testa frattanto segue anch'essa le sorti delle estremità anteriori, 0 meglio e in forma più generale, quelle della gravità ; giacchè ricordo di averla vista in tante posizioni strane che mi riuscirebbe difficile il ricordarle tutte: l’ho vista, tra le altre, piegata sotto il torace toccando il suolo colla parte superiore del cranio, quasi l’animale si preparasse a fare un capitombolo; tal’altra è rimasta poggiata al suolo di lato, spesso infine col muso sul terreno, come uccello che becchi, e così via. Quando l’animale riesce finalmente a sollevare le gambe anteriori esso le divarica insieme alle posteriori, e può così mantenersi in posizione eretta : però la testa giace ancora penzoloni, il corpo è in preda ad oscillazioni pendolari laterali, a tremori musco- lari; il bacino è più sollevato del torace, per la maggior distensione delle gambe poste- riori. Tutto va bene in questo momento, relativamente se l’animale si contenta di star Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 4 26 GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE fermo: ma se esso vuol muoversi, le cadute sconcissime, frequentemente ripetute, sono la regola, e la conseguenza del mal servizio prestato dalle zampe anteriori, deboli e in- capaci di sostenere il fardello del corpo ancora troppo peso per loro. Quando finalmente l’animale, resistendo alle cadute, riesce a camminare, lo fa man- tenendo per molto tempo un carattere speciale alla deambulazione ; le gambe rimangono divaricate, il tronco e la testa mantengono le loro oscillazioni laterali a pendolo.— Si vede spesso, frattanto, l'animale poggiare al suolo il dorso dei piedi, e magari fermarcisi sopra, come fa un animale a cui si sien tolte le zone così dette motrici della corteccia, e incrociare spessissimo le gambe anteriori, o sbatterle con forza al suolo, a guisa di soldati tedeschi in movimento. La fisonomia fisiologica del cammino ha, in questo mo- mento, qualche cosa che ricorda quella degli animali a lesione cerebellare e cerebrale. Se, frattanto, incontra un muro (e in generale vi urta senza cercarlo e senza ve- derlo) vi appoggia il fianco e striscia lungo lungo la parete quasi a sostegno e guida del suo cammino. Ho visto un cane, invece del muro, incontrare una scala, e tentare di sa- lirla: e, dopo aver superati i primi scalini, per la solita debolezza degli arti anteriori, ruzzolarli tutti; un altro incontrare un secchio pieno d’acqua, cacciarvi dentro Je zampe anteriori, e mantenervele per un certo tempo; altri darsi a corsa sfrenata sbattendo in tutto ciò che loro si parava davanti. Im generale gli animali, nel muoversi, fanno l’im- pressione di cai non vede e non sa evitare gli ostacoli che gli si parano innanzi, o non ha coscienza piena del terreno su cui poggia i piedi. A poco a poco tutti questi disturbi spariscono, e l’animale rincattucciatosi, si colloca nella posizione del riposo o del sonno. Messi così a posto i personaggi del quadro, (che non è se non un riassunto degli esperimenti I, II, IIT e IV, riportati in appendice a questo lavoro) si tratta ora di farli agire nella parte e nelle forme che loro spettano ; e questo è un compito assai difficile, che tenterò a titolo di prova. i La prima cosa che richiama l’attenzione nel modo di svolgersi dei fenomeni è l’ag- grupparsi loro prima nella metà posteriore del corpo, e il propagarsi poi all’ anteriore : e noi non possiamo renderci conto di questo diverso, sebbene temporaneo, aggruppamento, se non coll’attribuirlo alla diversa distribuzione del sangue, durante il moto nelle due metà del corpo: l'una infatti, l'anteriore, può considerarsi, in un dato momento, come anemica, la posteriore come iperemica ; l'ho dimostrato nel primo capitolo. È nella parte rimasta iperemica durante la Of., cioè nella metà posteriore del corpo, che si svolgono i primi fenomeni di moto; è di là (fatta astrazione, per ora, dai moti respiratorî) che ne comincia la risurrezione, propagandosi poi alla metà anemizzata 0 anteriore. Da questo si può quindi fin d’ora arguire che i danni dell’iperemia venoso-ar- teriosa, non devono esser così gravi come quelli dell’anemia, almeno rispetto alla loro durata; chè, quanto al modo d'azione finale, debbano esser forse immedesimabili, condu- bi \ GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE 27 cendo, e l’una e l’altra, ma in tempo differente, a disturbi nutritivi negli elementi della vita di relazione, più specialmente negli elementi nervosi, e, fra questi, prima in quelli sensitivi. Nel momento infatti che segue immediatamente la cessazione del moto centrifugo, nessun segno accenna, sia nella parte rimasta anemica, sia in quella restata iperemica, a presenza di sensibilità : abbiamo invece motivo di credere che in questo momento i con- duttori di moto posseggano ancora le loro proprietà fisiologiche, e non possano svolgerle per la loro division: temporanea dagli elementi sensitivi. La prova principale in appoggio di questa asserzione la traggo dai saggi di eccita- zione corticale da me fatti durante il periodo del rilasciamento muscolare, (Vedi Esp. V, App.) prima cioè che s'inizino i fenomeni del risveglio funzionale negli arti posteriori : l’eccitazione della zona motrice ha dato sempre, in questo periodo, risposte positive, vale a dire si sono avuti movimenti nella metà opposta del corpo, sebbene con qualche va- riante nella loro fisonomia abituale ; e, cosa da notarsi, sono sempre apparsi prima i moti nell’arto posteriore opposto (iperemico e primo ad acquistar la sensibilità) e poi in quello anteriore (anemico e che diviene sensibile dopo il posteriore), Se dunque vi è stato un periodo, durante la Uf., in cui moto e senso sono scomparsi (giacchè anche la eccitazione corticale fatta appena cessato il moto non è efficace) è certo che gli elementi nervosi di moto si ristabiliscono prima di quelli di senso. Alcune ricerche fatte dal dottor. Consiglio e dallo studente Siciliano nel mio labora- torio, e che verranno presto alla luce, darebbero una base anatomica al fatto; giacchè essi esaminando al microscopio il sistema nervoso di animali centrifugati cefalofugamente, han trovato alterazioni gravi degli elementi nervosi sensitivi (ad es. di quelli dei gangli spinali) mentre non mostravano ancora segni, almeno evidenti, di alterazione quelli motori (corna grigia anteriori). Anche alcune ricerche del Lugaro tenderebbero a dimostrare questa minor resistenza degli elementi sensitivi ai disturbi di nutrizione rispetto agli elementi motori. Ma se l'elemento motore può considerarsi come primo a prepararsi alla funzione, esso è ancora, in condizioni naturali, nell’impossibilità di estrinsecare la sua funzione finchè non si sia legato all'elemento. sensitivo : e noi vediamo infatti che, nel momento in cui l'eccitazione corticale, post-centrifuga, riesce efficace, l’animale non reagisce nè con moti riflessi, nè tanto meno con moti volontarii. L'apparire del riflesso è dunque secondario della ricomparsa del senso o meglio del ricongiungimento funzionale dell'elemento sensitivo col motore : e, nel caso nostro, il punto in cui prima ricompare il senso è la coda; organo che, forse per la sua posizione, meno degli altri ha risentito effetti dannosi del moto, o meglio dell'iperemia. È infatti ecci- tando la coda, ad es. stirandola, che io ho visto risvegliarsi il moto. nelle estremità posteriori, e talvolta propagarsi a tutto il corpo in forma di tetano, quando ancora non era possibile suscitar questi fatti coll’eccitazione diretta, ad es., delle stesse estre- mità. posteriori. 28 GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE Sembrerebbe dunque possibile suscitare, per mezzo di una parte sensibile (coda), il moto in una insersibile (gambe posteriori) ; il che contradirebbe l’ipotesi che il moto non sì può avere se non quando l’elemento sensitivo si sia ricongiunto, quasi in amplesso fisio- logico, coll’elemento motore. È quindi necessario di fare alcune considerazioni che, credo, faranno sparire l'apparente contradizione : basta, per questo, che noi facciamo la parte agli elementi sensitivi di un arto (per stare al caso nostro) nella produzione di un mo- vimento riflesso. Scorticando l'arto posteriore di una rana decapitata (togliendo cioè a quest'ultimo la sensibilità cutanea, tattile, dolorifica, termica ecc. ) noi vediamo che è ancora possibile suscitarvi dei riflessi pizzicando una parte ancora sensibiie, ad es. 1’ altra gamba non scorticata : è dunque evidente che per la produzione di un moto riflesso non è necessaria la sensibilità cutanea dell'arto che noi chiamiamo al moto. Se ora, ad un’altra rana, si tagliano tutte le radici sensitive che vanno ad un arto posteriore, ed eccitiamo l'arto opposto sensibile ancora, non è più possibile suscitare riflesso nell’arto insensibilizzato : il che significa che se si poteva, per il riflesso, fare a meno della sensibilità. cutanea non lo si può agevolmente per quella muscolare. I casi delle due rane si son verificati, in tempi diversi, nei nostri cani: nel mo- mento in cui neppur coll’eccitazione della coda era possibile suscitar moto negli arti po- steriori, corrisponde a quello del taglio di tutte le radici sensitive della rana, alla per- dita cioè temporanea del senso tattile e muscolare; quelli in cui era possibile suscitare il moto nell’arto posteriore, ancora insensibile cutaneamente, coll’ eccitazione della coda, trova corrispondenza nella rana scorticata da un lato, e che conservava ancora, o aveva riacquistato, la sensibilità muscolare. Quest’ ultimo caso dimostra che, oltre ad esservi un’epoca differente nella ricompaisa della funzione dei neuroni di senso e di moto, ve ne deve essere anche una differente per i diversi neuroni sensitivi, giacchè noi vediamo riat- tivarsi quelli muscolari prima di quelli cutanei. Stando così le cose, ognun vede come sia necessario cambiare il concetto che si ha di riflesso. Passati, dopo molto tempo, dal concetto dell’intervento necessario di tre ele- menti nervosi nella produzione dell'atto riflesso (raggio incidente, centro riflettente, e raggio riflesso) a quello che, per averlo, sono solo indispensabile due elementi, un neu- rone sensitivo e un neurone motore, noi dobbiamo ancora modificarlo se vogliamo dare una spiegazione al caso nostro; giacchè qui si tratta dell’ accoppiamento necessario di almeno un elemento sensitivo, (rappresentato da un nervo specifico) con un elemento mo- tore e sensitivo accoppiati insieme nel muscolo, in modo da costituire, attraverso a que- st'ultimo, un cerchio nervoso che si chiude nel midollo o altrove: rotto questo circolo, impossibile il moto riflesso. L’eccitamento, trasmesso all’elemento sensitivo, verrebbe da questo portato su una coppia nervosa, e da questa fatta sentire al muscolo, alla cui mo- dA dè» dediti sid qiatrircatetà È GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE 29 tilità prenderebbe parte e nel tempo di riposo (tono muscolare) e durante la sua attività (contrazione) regolandone le qualità proporzionalmente agli impulsi che gli arrivano. Ristabilitosi il circolo riflesso, sia pure parziale, nella gamba posteriore, noi vediamo molto più tardi comparirvi il moto volontario: è ora mio obbligo, come l'ho fatto per il riflesso, stabilire, o tentar di stabilire, le condizioni in cui i moti volontarii dovranno di necessità verificarvisi. Nessun dubbio che alla produzione del moto volontario debbono concorrere i due elementi nervosi di moto e di senso : ora, nel periodo in cui i moti volontarii non son possibili nei nostri animali, noi abbiamo visto che l'elemento motore ha già riacquistata la potenzialità funzionale dalla corteccia al muscolo, giacchè il mantello cerebrale, ecci- tato, produce moti negli arti posteriori. Manca dunque solo il contributo dell’ elemento sensitivo perchè questa forma di moto possa compiersi regolarmente: manca, come per il riflesso, il ricongiungimento della metà sensitiva colla metà motrice dell'arco sensitivo- motore. Le prove in favore di questa asserzione ci vengon fornite e dalle mie ‘stesse ri- cerche, e da quelle del Tomasini, del Mott e Sherrington, e, in parte, da quelle del Tissot e Contejean. Per quanto riguarda le prove che possono trarsi dalle mie stesse ricerche rammen- terò solo che tutti i disturbi che si verificano dopo che il cane, rialzando la testa, accenna di esser vicino a riacquistar la coscienza, possono classificarsi fra le lesioni del senso : esso non vede o non ode, non mostra di aver coscienza del terreno che tocca, nè di es- sere in grado di misurare lo sforzo dei suoi muscoli :.la coscienza del senso in genere e del senso muscolare in specie non è stata ancora raggiunta , mentre le condizioni degli elementi di moto son tali da permetter loro di entrare in funzione. Quando a poco a poco l’animale arriva a riacquistar l’uso dei suoi sensi, vale a dire quando la metà sen- sitiva dell’ arco nervoso si è ricongiunta colla metà motrice , noi -lo vediamo riprender possesso dei suoi moti volontarii. Di quest'idea della necessità dei due elementi sensitivo e motore nella produzione del moto volontario, ebbi la prima prova in favore nel mio laboratorio, per opera delle ri- cerche di un mio assistente, il dottor Tomasini. Egli vide che, dopo il taglio delle radici sensitive dell’arto posteriore, l’ animale non era più in grado di usare, a volontà, di quest’arto, mentre l’eccitazione della corteccia dava ancora moti muscolari nella parte priva di senso: era il caso dei nostri cani centrifugati, a cui si eccitava la corteccia nel periodo del rilasciamento muscolare, e che possono perciò considerarsi nelle condizioni dei cani del Tomasini, come se cioè avessero, in quel momento, le radici sensitive tagliate. Il Tomasini, nelle conclusioni delle sue ricerche, mette, tra le altre, questa: «I movi- menti provocati con l'eccitazione corticale dopo il taglio delle radici sensitive non sono 30 GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE coordinati; esiste una vera atassia cerebrale; e dimostrano 1’ esistenza (in condizioni nor- mali) di una sinergia funzionale fra corteccia cerebrale e radici spinali sensitive ». In questa conclusione sta racchiuso, essenzialmente , il concetto svolto dal Mott e Sherrington, molti mesi dopo che il Tomasini aveva pubblicato le ricerche fatte nel mio laboratorio, e che, naturalmente, non son citate dai due autori inglesi. Nelle loro ricer- î che Mott e Sherrington, avendo veduto che gli animali a cui avevan tagliato tntte le nari radici posteriori di un arto, non eran più in grado di eseguire, con questo , dei movi- menti volontari, conclusero alla necessità dell’ intervento del senso nella produzione di questi ultimi: ammisero cioè la necessità della sinergia funzionale fra gli elementi mo- tori della corteccia e gli elementi sensitivi che per le radici posteriori comunicano con quelli. Questi fatti mi fanno pensare che forse allo stesso meccanismo deve riportarsi il ces- sare dei moti volontari durante l'anestesia; sarebbe l’anestesico che opererebbe il distacco dell'elemento sensitivo del motore, e renderebbe così impossibile prima il moto volontario ER O PROVI, EL OE TA poi il riflesso. Anche in questo caso, come in un dato periodo della Cf. c f., si avrebbe la possibilità del risveglio della metà dell’arco motore soltanto, ed è il momento speri- mentale utile per la ricerca dei centri motori: il cessar dell’ anestesia come il cessar degli effetti delle Cf. c. f. sarebbero accompagnati da un insieme di fenomeni che tutti accennano agli sforzi (mi si permetta l’espressione) dell’ elemento sensitivo per andare alla ricerca dell'elemento motore, e, trovatolo, render possibile il moto volontario. Perchè quest’ ultimo possa compiersi v'è dunque bisogno di un grande arco sensi- tivo-motore che dalla periferia (sezione sensitiva) arrivi alla corteccia cerebrale e di qui per le vie motrici, si rechi di nuovo alla periferia (seziore motrice) terminando negli organi di moto: l'interruzione dell’ una o dell’altra di queste due metà d’ arco, in un punto o in unsaltro, rendono impossibile il moto volontario, come rendevano impossibile il riflesso. Se questo modo di vedere, come ho motivo di credere, verrà confermato, ognun intende che esso porterà con sè la caduta del vecchio concetto di centro nervoso; giacchè sarebbe difficile stabilire un centro sulla via percorsa da un arco. Così i centri motori corticali avranno quel significato che ormai molte ricerche indirette tendono a dar loro, vale a dire di punti in cui avviene il congiungimento tra elemento sensitivo e motore, da me creduto indispensabile per la produzione del moto volontario e riflesso. Saremo inoltre obbligati a riconoscere, ad es., che la produzione della epilessia non è già la conseguenza di una azione che si svolge tutta tra un centro motore e Ja peri- feria, ma col consenso e la partecipazione necessaria dell’ arco sensitivo : si spiega così bene il perchè non sia possibile nell’anestesia (distacco dell’elemento sensitivo dal motore) aversi delle convulsioni generalizzate per l'eccitazione delle così dette zone motrici, o per GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE dI azione di veleni stricnici, mentre la sì ha e si deve avere solo al riapparire della sensi- bilità periferica : non vi è cioè una zona epilettogena, ma archi nervosi sensitivo motori ehe, per il diffondersi della corrente, son messi tutti e contemporaneamente in eser- cizio, e la cui risultante è il moto convulsivo generalizzato. Come prova in favore di quest’asserto posso portare i miei esperimenti di centrifu- gazione cefalofuga in animali stricnizzati : sottoponendo infatti questi ultimi, nella pie- nezza dei fenomeni convulsivi, opera del veleno, Cf.e.f., i fenomeni si arrestavano, non ricomparivano nel periodo in cui l'eccitazione corticale era efficace ma solo dopo il ristabilirsi dei rapporti sensitivi colla periferia; e, cosa notevole, essi cominciano a mani- festarsi nella metà posteriore del corpo che, noi lo sappiamo, è la prima a rimettersi in eommercio sensitivo col mondo esterno. E in questo senso mi pare che parli anche il fatto notissimo che non è possibile provocare un accesso epilettico, per eccitazione corticale, durante l’anestesia, e, nel caso nostro, subito dopo la Cf.c.f., ma solo quando nell’un caso e nell’altro, si sieno ricongiunti gli elementi sensitivi coi motori. Nello stesso senso parlano i risultati ottenuti nei casi ordinarî di Cf.c.f., che cioè le convulsioni non si potevano avere che nel momento in cui, in modo lento o rapido e in via ascensionale, la sensibilità periferica, si fosse ristabilita ; se questa si era ristabi- lita parzialmente (ad es. metà posteriore del corpo) per piccoli cerchi midollari, si avevano eonvulsioni localizzate ; se per grandi archi corticali, convulsioni generalizzate. Riesce difficile, per il momento, lo stabilire quale sia la via percorsa dagli elementi sensitivi periferici, staccati con gli artifizî sperimentali ricordati, dagli elementi motori : un punto solo mi preme di accennare a questo riguardo, e si riferisce alla sensibilità mu- scolare. È certo che, come le altre, anche la sensibilità muscolare soffre di lesioni gravi per effetto della centrifugazione: ne abbiamo prove evidenti nel modo di comportarsi degli animali subito dopo il cessare del moto cefalofugo, e negii effetti tardivi del moto stesso: l’uso dei muscoli è reso difficile, stentato, tardo, incoordinato ; i muscoli hanno perduto parte del loro tono, della loro forza abituale. Se ciò, come è molto probabile, (visto che la sensibilità è la prima colpita dagli effetti della Cf.) è da attribuirsi a lesioni della sensibilità muscolare, possiamo anche pensare che essa abbia rapporti con un organo su eui tali fenomeni richiamano, anche involontariamente, la nostra attenzione, e che, come gli altri, deve risentire le conseguenze della Cf.c.f.; vo’ dire il Cervelletto. Difficile stabilire, una volta constatati, quale sia il meccanismo con cui il Cervellet- to concorre al mantenimento dei disturbi del moto volontario nei nostri animali. Ma, pog- giandomi principalmente sul fatto che deve esser principalmente l'elemento sensitivo mu- scolare quello colpito il primo, e che perciò i disturbi, a fisonomia cerebellare, constatati 32 GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE da me nei cani centrifugati non possan dipendere se non da guasti avvenuti nella via sen- sitiva mio-cerebellare, (guasti, d'altra parte, constatati anche all’esame anatomico) mi pare permesso azzardare l'ipotesi che il cervelletto possa considerarsi come un punto d’arrivo o di passaggio della via sensitiva muscolare : come punto d’arrivo esso funzionerebbe in via riflessa, e presiederebbe, col midollo spinale, al tono muscolare; come punto di passag- gio della via sensitiva che termina alla corteccia, esso contribuirebbe a fornirci la coscienza muscolare. Una interruzione nel primo tratto di questa via (mio-medullo-cerebellare) abo- lirebbe il tono o riflesso permanente muscolare; un'interruzione nel secondo tatto (cere- bello-cerebrale) mentre manterrebbe il riflesso mio-medullo-cerebellare, abolirebbe la co- scienza del grado dello sforzo muscolare. Accenno colla massima riserva a questa mia ipotesi, che ho idea di sottoporre quanto prima al cimento sperimentale. E la riserva mi è principalmente imposta del modo di vedere, diverso dal mio, di persone autorevolissime, che hanno la massima competenza in materia, e dalle poche prove positive che io possa portare in favore della ipotesi stessa. Non mi pare però che quest’ultima debba rigettarsi a priori per una semplice ra- gione ; perchè essa ci permette di ricondurre il modo di funzionare del cervelletto all’a- zione riflessa, togliendolo da quell’isolamento in cui dobbiamo lasciarlo abbracciando i modi d'azione a lui fin qui attribuiti, e che ne fanno un organo sui generis, da trattarsi a parte con metodo e linguaggio a lui solo adattabili e proprî. Alcune espressioni che trovansi nella memoria di Mott e Sherrington, e un esperi- mento riportato dal Tissot e dal Contejean, potrebbero gettar dei dubbi sulla legittimità delle mie conclusioni, che cioè non vi possa esser moto riflesso o volontario in un muscolo se questo non è provvisto della sua sensibilità. Nella loro memoria Mott e Sherrington dicono che mentre nei loro animali, privati della sensibilità di un arto col taglio di tutte le radici sensitive, erano aboliti tutti i movimenti riflessi e quelli volontari, quelli forzati e rapidi potevano suscitarvisi quan- do negli animali stessi venisse risvegliato il senso della paura, o una forte emozione, ad es. quando venissero sottoposti alle inalazioni d’etere, o fossero presi o tenuti in malo modo. Stando così le cose bisognava creare una terza classe di movimenti, giacchè quelli osservati dal Mott e Sherrington non erano nè moti riflessi nè volontarî: essi potevano ‘quindi, tutt'al più, rientrare in quella classe di moti che si ottengono stimolando il cer- vello quando la sensibilità dolorifica è abolita temporaneamente, ad es., da un anestesico. Prima di tentare una spiegazione di questo terzo genere di moti, e prima di dar loro un nome, bisognerebbe dimostrare che essi, in una parte privata assolutamente di ogni sorta di sensibilità, possono prodursi. Io non ho, per ora, prove dirette : però che questi movimenti forzati, prodotti ad GLI EFFETTI IMMEDIATI O TRANSITORI DELLA CENTRIFUGAZIONE 33 es. dalla paura, sieno costanti e sicuri in tutti i casi di enervazione sensitiva completa, me ne fa dubitare una delle due osservazioni riportate dal Tissot e dal Contejean. Si trattava di una piccola cagna a cui erano state tagliate tutte le radici sensitive dell’arto posteriore sinistro : era totalmente paralizzata in questa parte. « Al momento in cui, essi « dicono, si è sezionata la midolla per uccidere l’animale, non si sono avute convulsioni < nella zampa operata : vi sono mancate anche le convulsioni asfittiche ». In questo caso vi erano tutte le condizioni volute dal Mott e Sherrington, e i movimenti forzati, malgrado ciò, non si ebbero: il che non si può spiegare che ammettendo condizioni di- verse nei due casi. Un caso, anche più strano, vien riferito dal Tissot e dal Contejean nella seconda loro osservazione : Si tratta di un piccolo cane a cui questi autori avevan estirpato è gangli intervertebrali delle quattro ultime paia lombari e delle due prime sacrali : lo avevan messo cioè nelle condizioni dell’altro che si mantenne completamente paralitico fino alla morte, e di cui abbiamo già parlato. Ebbene, questo cane, dopo un certo tempo era in grado di ese- guire dei movimenti coordinati colla campa privata di senso tattile e muscolare (come asseriscono gli autori) quali ad. es. l’atto di grattarsi, e quello di alzar la gamba ope- rata al momento di pisciare. Se la sezione di questo cane (che Tissot e Contejean non riportano) dimostrasse, in modo assoluto, che la via sensitiva dell’arto capace di questi moti era completamente interrotta, confesso che mi sentirei spinto a modificare la conclusione che non vi possa esser moto riflesso o volontario in una parte privata in modo completo della sua innervazione. Ma prima di arrivare a questo, a distruggere cioè i risultati positivi di Mott e Sherrington, i miei, e una stessa osservazione del Tissot e del Contejean, bisogna aspettare che questi autori ci dien conto, con una autopsia ben fatta, dell’ esperimento da loro riportato. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 5 Da sè n} , è È , Mo n \ | ò ' î i ’ i À è la III. I fenomeni tardivi o permanenti della Centrifugazione. SommARIO — Il quadro dei disturbîi tardivi nella Cf.c. p. — lo stesso nella Cf.c.f.— Se il primo quadro possa confondersi 0 immedesimarsi, come vuole il Mendel, colla paralisi progressiva dell’uomo — I cambiamenti del carattere come espressione sintetica dei disturbi tardivi delle due specie dî Cf.—Ragione dî questi cambiamenti (Stupidità tranquilla della Cf.c.p., e Stu- pidità irrequieta della Cf.c.f.) nelle alterazioni anatomiche del tessuto nervoso — Esame di queste alterazioni — Meccanismo con cui i cambiamenti del carattere sì raggiungono e sî mantengono. — È quello stesso invocato per intendere i fenomeni immediati o transitori della Cf. Quando un animale, dopo essere stato sottoposto per vario tempo a centrifugazioni ripetute, è lasciato a se, esso mostra di continuare a risentire gli effetti di quelle in un modo duraturo, permanente : esso prende una fisonomia speciale caratteristica, differente per le due specie di Cf., a cui fu prima e ripetutamente sottoposto, e che è rappresen- tata da un gruppo di disturbi funzionali fissi, che io ho riunito sotto la denominazione di « fenomeni tardivi o permanenti della Cf. ». Essi trovano la loro ragion d’essere in lesioni anatomiche che, dapprima transitorie, si son fatte permanenti. Confrontati cogli effetti immediati e turbolenti che segnano im- mediatamente il cessar del moto, posson considerarsi come parte di questi ultimi dive- nuti duraturi, 0, se vogliamo, come fenomeni di deficienza in faccia a fenomeni colla- terali. Farò due quadri distinti di questi fenomeni tardivi; in uno metterò quelli consecu- tivi alla Ci.c. p., nell’altro quelli dovuti alla Cf. c.f.; e comincio dal primo. 36 I FENOMENI TARDIVI O PERMANENTI DELLA CENTRIFUGAZIONE Il Mendel è il solo autore che, prima di me, si sia occupato di fissare alcuni dei fenomeni tardivi dovuti alla Cf. c. p.. Ripetendo egli giornalmente la Cf. cefalopeta, anzi anche tre o quattro volte al giorno con corte pause, vedeva, al 12-14 giorno, dapprima, egli dice, perdita del senso muscolare di una delle estremità posteriori, alla quale seguiva quella dell’altra. Quando poi questi fenomeni erano ben marcati, cessava dal centrifugare gli animali (cani) nu- trendoli bene. Nelle settimane susseguenti si mostrava un aumento dei fenomeni descritti nelle estremità posteriori, difficoltà a camminare (andatura saltellante, zoppicamento) finalmente completa impossibilità a muoversi, paralisi del faciale, paralisi della musco- latura del dorso e del collo, cambiamento nel modo d’abbaiare, e difficoltà nell’emissione delle orine. Al tempo stesso aumentava l’apatia, e arrivava a poco alla volta a com- pleta stupidaggine; l'appetito rimaneva invariato, mentre il corpo diminuiva di peso. La morte avveniva coi fenomeni della paralisi generale; e il quadro morboso presentato dai cani non poteva paragonarsi, secondo Mendel e rispetto all’uomo, che alla paralisi progressiva. Nelle mie ricerche il fenomeno prima da me osservato fu una certa ottusità del senso dolorifico e tattile nelle estremità posteriori : le punture di spillo vengono con difficoltà apprezzate; messo l’animale su un tavolo, facendo penzolare una delle gambe posteriori, in generale non la ritira (prova del trabocchetto). In alcuni casi però la sensibilità, anche negli arti posteriori, e sovratutto nel resto del corpo, si dimostra per qualche tempo esagerata : così è notevole questo fatto nel canetto A (7 Febbraio Esp. I, App.) in cui anche una leggera puntura di spillo, pra- ticata in una parte qualunque del corpo, è seguita da grida acutissime di dolore. Rispetto al moto, poco o nulla di particolare ho potuto notare di anormale nell’an- datura degli animali, se sì eccettua um leggero barcollio nel senso laterale, già osser- vato anche dal Mendel. Non son mai arrivato a costatare una paraplegia permanente negli arti posteriori; essa è stata sempre transitoria e si è verificata solo subito dopo che veniva tolto l’a- nimale dal letto rotatorio. Il fatto più notevole, e che, a mio modo di vedere, imprime una fisonomia caratte- ristica a questi animali, è la «stupida tranquillità » che acquistano nei periodi di ri- poso : essi, in generale, dopo disciolti se ne vanno barcollando, e a testa bassa, nella loro cuccetta, e si addormentano, indifferenti a tutto quanto accade loro d’intorno. Non fanno alcuna resistenza per non esser fissati al letto rotatorio; e, quando vi si trovano sopra, non fanno nessun tentativo per liberarsi dai lacci di contenzione. Quantunque io non abbia prove dirette sullo stato degli organi dei sensi specifici (spec. vista e udito) questi fatti mi fanno credere che dovessero avere anch'essi subite gravi lesioni. I FENOMENI TARDIVI O PERMANENTI DELLA CENTRIFUGAZIONE 37 In mezzo al perturbamento notevole dei rapporti della vita di relazione, spiccavano anche maggiormente le poche alterazioni apparenti nelle funzioni della vita vegetativa. Come aveva bene osservato il Mendel, l'appetito si conserva quasi inalterato fino al mo- mento della morte, mentre gli animali dimagrano : il che può indicare che non indiffe- renti devono essere le modificazioni nel mod) di sentire delle vie digerenti, che può cioè diminuirne il potere di secrezione o quello d’assorbimento, o forse l'uno e l'altro. Modificazioni nel trofismo, oltre il dimagramento notevole, ebbi a notare più spe- cialmente nella cornea; e ciò sotto forma di sfaldamenti o ulcere, che però, lasciato in riposo l’animale per qualche giorno, sparivano rapidamente. Se ora, per potere in seguito discutere sugli effetti tardivi delle due specie di Cf mostriamo il quadro dei fenomeni presentati dagli animali centrifugati cefalofagamente, noi ci troviamo in un terreno assai diverso. Se si dà un occhiata alle lunghe storie da me riportate in appendice si troveranno già molte espressioni dalle quali si potrà rilevare facilmente questa diversità nel quadro dei fenomeni tardivi: e si tratta, l’ho già detto molte volte, di due animali sottoposti alle stesse identiche condizioni di durata, di forza o velocità di Cf. : ne cito qualcuna. 2 Febb. Canetto D. Esper. 1I «Da parecchi giorni si nota la grande irrequietezza del canetto » (nei periodi, s'intende, intercentrifugi) rimarchevole specialmente in faccia alla stupida tranquillità del suo collega C (centrifugato cefalopetamente). 14 Febbr. lo stesso canetto. Il canetto è da molti giorni irrequietissimo, e di una irritabilità esagerata. 18 Febb. lo stesso... Il cane da parecchi giorni mangia sola carne, rifiutando il pane; è molto irrequieto. Nel riassunto dei fenomeni presentati dalla cagnetta F, (Esp. IV) trovo, notato, nel- l’ultimo periodo della sua vita, che essa aveva cambiato di carattere, che era irrequieta, cattiva; tantochè essa, che prima si mostrava molto mansueta, minacciava di mordere chiunque si avvicinasse anche per carezzarla. Ma dove possono meglio apprezzarsi ì cambiamenti tardivi portati nelle funzioni, specialmente della vita di relazione, da una centrifugazione cefalofuga prolungata, è nel canetto X sul quale io mi era dato cura di studiare e fissare, prima di sottoporlo alla Cf. cefalopeta, le abitudini, i costumi, il modo di reagire a certi eccitamenti; di mo- strare insomma il suo modo di comportarsi, prima e dopo, in faccia all'ambiente che lo circondava abitualmente.—(Vedi esp. VI in appendice). Se si legge il resoconto di questo esperimento, e si confronta il canetto X dei giorni che precedono il 2 maggio, con quello che ci si presentava subito dopo il 4 dello stesso mese, noi stentiamo a riconoscerlo. Immediato il cambiamento di carattere; da una grande festività spesso fastidiosa, perchè troppo insistente, turbolenta, diventa a poco a poco più 38 I FENOMENI TARDIVI O PERMANENTI DELLA CENTRIFUGAZIONE calmo, poi indifferente a chi gli procuri cosa prima graditissima, qual'era quella di libe- rarlo dalla catena, e permettergli di correre a sua voglia per il laboratorio : la sola cosa che, in principio, poteva destare in lui qualche risveglio della antica festività era il pre- sentargli un cibo gradito, la carne. Nulla rimase della sua affettività, anzi poco dopo ebbe a mostrarsi una assoluta inversione di questa sua qualità : un giorno essendomi avvici- nato per carezzarlo, si mise a minacciarmi abbaiando e digrignando i denti, come faceva prima a persona estranea o poco nota. Coll’andare del tempo questi cambiamenti del carattere si mostrarono uniti (e forse secondarî) a lesioni funzionali di tutti i sensi. Prime a manifestarsi le differenze nel modo di apprezzare e gustare le qualità del cibo, rifiutando dapprima il pane, poi il latte, e riducendosi in ultimo all'uso della sola carne, e poi al rifiuto di tutto; condizione che, naturalmente, precedette di poco la morte. Mentre, da sano, riusciva a scovare la presenza di un pezzetto di budello in una cassa di vetri rotti, non riusciva dopo a rintracciare i cibi più graditi. L’udito mi è parso uno dei sensi più colpiti: obbedientissimo prima alla voce, ora non risponde alle chiamate più carezzevoli, e rimane indifferente alle mi- nacciose, se con queste, ad es., si vuol fare arrestare in una corsa precipitosa o mentre si allontana tranquillo, Un rumore potente, improvviso, che si faccia intorno a lui non lo fa neppur trasalire. Le sensazioni visive, almeno quelle che sono accompagnate da feno- meni di coscienza, del tutto scomparse: non riesce spesso, camminando , ad evitare gli ostacoli, nè a riconoscerne le qualità; tantochè spesso ciò gli procura delle sorprese do - lorose. Questo accade però nei periodi che seguono di poco il rialzarsi dell’animale dopo la centrifugazione. Non riconosce, come ho già detto, le persone che prima gli eran note e care. Non ho prove sufficienti per dire fin dove arrivassero e in che consistessero le lesioni del senso tattile; certo esse dovevano esser non indifferenti, e certo accompagnate da modificazioni notevoli del senso muscolare. In lui riuscivano infatti benissimo tutte le prove che si soglian fare nei cani privati della zona motrice, e già arrivati al periodo dei fe- nomeni di deficienza o residuali. All’esposizione nuda e cruda dei fenomeni tardivi presentati dagli animali sottoposti alle due forme di Cf., mi permetto di far seguire qualche considerazione. E, prima di tutto, devo domandare al Mendel se realmente il quadro dei fenomeni tardivi della Cf.c.p. può con sicurezza ravvicinarsi alla paralisi progressiva dell’uomo. Per non concedere la possibilità di questo ravvicinamento a me basta far riflettere, che non credo sia permesso, in questo caso, applicare direttamente all'uomo gli esperi- menti fatti sugli animali, e tanto meno quelli che, com'è nel caso della. Cf.c.p., non riescano per nulla a precisare la sede, l'estensione, la costanza della lesione, e quindi un regolare svolgersi di fenomeni consecutivi a quest’ultima. D'altronde la paralisi progres- siva dell’uomo tra le cause della sua origine, non potrà certo invocare, dopo il lavoro = Baz litica Sat Si € "è era I FENOMENI TARDIVI O PERMANENTI DELLA CENTRIFUGAZIONE 39 del Mendel, la Cf.c.p.: e se la causa del suo insorgere nell’uomo rimarrà sempre molto lontana da quelle condizioni che danno il quadro fenomenico dal Mendel e da me descritto, anche il loro ravvicinamento etiologico resterà sempre difficile e illogico. Per cui, del qua- dro fenomenico presentato dagli animali centrifugati in senso celalopeto si potrà dire solo che esso ha una fisonomia a se, che va preso qual’è, utilizzato magari per qualche deduzione fisiologica, ma che è, e rimarrà sempre e solamente, il quadro raffigurante le conse- guenze della Cf.c.p. D'altra parte queste conclusioni del Mendel cadono da per sè quando si pensi che egli le basa su condizioni anatomiche erronee ; giacchè egli ammette che nella Cf.c.p. vi sia nel cervello iperemia attiva mentre, come ho dimostrato, vi è iperemia venosa -o passiva. Nè questi quadri, rappresentanti l’insieme dei fenomeni tardivi nei due casi, si pre- stano ad un raffronto minuto, perchè le parti che li costituiscono non sono disposte sim- metricamente, e perchè molti soggetti , esistenti nell’ uno, non hanno il corrispondente nell’altro; 0, se questo vi esiste, i contorni ne sono così sbiaditi da non permettere il raffronto. Se infatti io volessi mettere di faccia, uno a uno, le varie alterazioni di senso e di moto, ad es.i disturbi visivi, i disturbi del senso tattile, dolorifico ecc. della Cf.c.p. con i corrispondenti disturbi visivi, tattili, dolorifici ecc. della Cf.c.f. non potrei fare o- pera scientifica, perchè mi è stato impossibile raccogliere molti dei dati presenti da un lato e dall’altro. D'altronde il parallelo tra gli effetti tardivi delle due specie di Cf. riuscirebbe della massima importanza se gli effetti prodotti sugli animali fossero d’indole opposta, come po- trebbe pensare chi considera il corpo animale come un semplice apparato fisico : ma noi abbiamo visto che, anche considerando i semplici fenomeni idraulici, tale opposizione non esiste, e che forse molti effetti sono in comune all’una e all’altra specie di centrifugazione; e nei due quadri si ha perciò spesso, più che opposizione, sovrapposizione di figure. | Ma sei risultati singoli delle due specie di Cf., non si prestano ad un raffronto minuto, perchè mancano le basi obbiettive per farlo, non è detto che, presi nel loro in- sieme, da una parte e dell’altra, non sì prestino a considerazioni di qualche interesse e a qualche raffronto. Mi piace raccogliere i fenomeni tardivi osservati nei cani centrifugati sotto l’espres- sione di « cambiamento del carattere » indicando, per convenzione, colla parola « carat- tere » tutto quell'insieme di fenomeni che rappresentano a noi il modo di sentire e di rea- gire di un animale al mondo esterno. Sotto questo punto di vista il raffronto riesce dei più interessanti ; giacchè, se guar- diamo i fenomeni tardivi di animali sottoposti alla Cf.c.f. e le confrontiamo con quelli presentati, in un periodo esattamente corrispondente, dagli animali sottoposti alla Uf.c.p., 40 I FENOMENI TARDIVI O PERMANENTI DELLA CENTRIFUGAZIONE ci troviamo in faccia a due tipi di manifestazioni funzionali molto diversi; in faccia cioè ad un tipo di « stupidità tranquilla » e ad un altro dì « stupidità irrequieta ». 1 Se noi ci domandiamo le ragioni della stupidità non possiamo trovarle che in alte- È razioni nutritive degli elementi nervosi, soprattutto sensitivi ; se noi poi vogliamo ricer- care la ragione delle differenze nella stupidità, tanto da poterle caratterizzare cogli agget- tivi «tranquilla » ed «irrequietà » dobbiamo ricercarle nel modo differente con cui, a periodo corrispondente di Cf., gli elementi anatomici nervosi vengon colpiti. Quali e quante sieno le alterazioni anatomiche fini sì può facilmente rilevare dai dati fornitici dalle osservazioni microscopiche. Nella Cf. c. f. le alterazioni istologiche sono ugualmente diffuse a tntto il sistema nervoso centrale: esse consistono nella ischemia arteriosa notevole della corteccia, dei nuclei della base, del mesoncefalo, e della midolla spinale. Corrispondentemente si trova VR TE Vr forte dilatazione delle guaine linfatiche perivascolari e degli spazî pericellulari. Gli ele- menti ganglionari sì mostrano ridotti di volume, di aspetto granuloso , e qualche volta in una fase atrofica avanzata. Non esistono punti emorragici, nè stravasi nelle cavità ventricolari, o al di sotto delle meningi. PORTO. Re e en O Quanto alle alterazioni del sistema nervos> centrale, prodotte dalla Cf. c. p., sono ge- neralmente diffuse : osservasi ischemia di alto grado nei piccoli vasi arteriosi tanto della pia madre quanto della sostanza corticale (fig. 3*) e midollare e dei nuclei centrali: corrispondentemen= te agli spazi linfatici perivascolari di His, e agli spazî intravventi- ziali di Virehow-Robin si trovano fortemente dilatati, come del pari sono generalmente slargati gli spazî linfatici pericellulari. La ischemia arteriosa, a causa della sua estensione considerevole a va- ste zone di tessuto, le quali non possono perciò usufruire di un circolo collaterale, deve sicura- mente ritenersi come causa deter- minante delle alterazioni gravi con- (Fig. 3a) statabili negli elementi parenchimali, sia in forma diffusa, sia a focolai. Le varie fasi di queste alterazioni son: dimostrative, specialmente in corrispondenza della corteccia cere- I FENOMENI TARDIVI O PERMANENTI DELLA CENTRIFUGAZIONE 41 brale, (fig. 4°) e cerebellare, e dei nuclei otto-striati : gli elementi ganglionari rispettivi pos- sono mostrarsi con rigonfiamento torbido, o in varie forme di degenerazione atrofica sino alla loro segmentazione in zolle, e a una completa dissoluzione : i vasi di grosso e medio calibro sono invece privi di sangue e mostrano in alcuni punti numerosi globuli rossi stravasati senza rottura de le pareti : altrove invece, e segnatamente in corrispon. denza dei ventricoli laterali del cervello , (fig. 5) al di sotto della pia del Ponte, si trovano vere race- colte emorragiche, dovute sicuramente a rottura vasale (fig. 5* ,). Un vasto focolaio di rammol- limento emorragico si è constatato in corrispondenza della capsula interna : altri focolai più piccoli esi- (Fig. 4°) stevano nel centro ovale di Vieussens. Non è raro trovare nella sostanza bianca subcor- ticale piccoli punti emorragici. Nel ponte, nei peduncoli e nella midolla spinale (fig. 6°) è ancora constatabile la forte ischemia arte_ riosa, e corrispondentemente si no- tano alterazioni atrofiche di legge- ro grado degli elementi cellulari, insieme a dilatazione degli spazi linfatici. Non si riscontrano punti o focolai emorragici o di rammol- limento (1). Quantunque queste osservazioni non sieno state praticate che in organi nervosi assai limitati, esclu- dendo , ad es., 1’ esame degli or- gani sensitivi periferici, pure mi (Figi 5°) sembra che , oltre a dimostrare, in generale, l' esistenza di disturbi nutritivi, facciano (1) Devo questi dati alla cortesia del Dott. Girolamo Mirto che, pregato da m, volle in caricarsi dell'esame anatomico del sistema nervoso dei cani centrifugati. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 6 42 1 FENOMENI TARDIVI O PERMANENTI DELLA CENTRIFUGAZIONE anche vedere come questi ultimi, considerati su parti omologhe, sieno differenti di modo i e di potenza, nei due casi : infatti, se pren- n x, Ù diamo in esame i neuroni della zona mo- toria noi troviamo che nel caso della Cf. c.p. (iperemia venosa) « gli elementi ganglio- nari possono mostrarsi « con rigonfiamento torbido o in varie forme di degenerazione « atrofica fino alla loro segmentazione in zolle o a una completa dissoluzione » : se invece consideriamo li stessi elementi nella C.f. e.f. noi li troviamo « ridotti di volume, di aspetto granu!oso, e qualche « volta in una fase atrofica avanzata ». Se differente è il modo dei disturbi nu- tritivi, differenza che ci avvia a mettere su (Pig. 6) basi obbiettive le differenze funzionali, 0, come abbiamo stabilito di dire convenzional- mente, del carattere, differente è anche la potenza con cui l'elemento nervoso è colpito. Questo io rilevo dalla resistenza tripla o quadrupla che gli animali a C.f. c.p. hanno in faccia ad animali sottoposti alla C.f. c.p.: il che, in altri termini, significa che l’anemia parziale di certi organi (Cf. c.f.) essenziali alla vita è, in faccia alla loro esistenza, tre o quattro volte più fatale della Joro iperemia venosa (Cf. c. p.). Nessuna difficoltà dunque ad ammettere che con alterazioni anatomiche differenti per modo e per potenza, vi sieno e vi debbano essere delle modificazioni differenti funzionali nei due casi, e che mi son permesso di caratterizzare col nome di stupidità tranquilla e irrequieta. Inutile aggiungere che queste differenze sì anatomiche che funzionali devono mante- nersi anche al di là del limite da noi preso in esame, cioè fino alla incompatibilità tra l'elterazione anatomica e il mantenimento della funzione ; ma, quantunque identico il ri- cultato (morte funzionale) non deve esser considerato come identico il modo con cui nei due casì tal risultato vien raggiunto. In ambedue i casì si tratta della stessa causa che conduce alla morte dell'elemento cellulare, e questa causa è il disturbo di nutrizione : è solo differente la via con cui vien raggiunto : non vi è quindi bisogno di invocare, come fanno alcuni, l'eresia logica che due cause possono produrre lo stesso effetto : in faccia al cessar della vita non vi è che una causa unica da invocare, l'arresto nutritivo: poco importa il modo con cui verrà raggiunto, e due modi non saranno mai due cause. Se con tutto ciò, noi possiamo renderci conto della fisonomia diversamente stupida I FENOMENI TARDIVI O PERMANENTI DELLA CENTRIFUGAZIONE 43 dei nostri animali, osservati in un periodo tardivo, non possiamo, con questo solo, ren- derci conto del meccanismo con cui le due forme di stupidità si raggiungono e si mantengono. Non credo di andar molto lontano dal vero ritenendo che questi due stati possono spiegarsi ammettendo lo stesso meccanismo da me invocato per intendere e spiegare i fe- nomeni immediati della Cf., vale a dire il distacco funzionale degli elementi sensitivi dai motori, colla sola differenza nella durata di questo distacco. Non credo vi sia bisogno di molto sforzo per dimostrare come i fenomeni tardivi delle due specie di Cf., sieno tutti riferibili a lesioni del senso: basta solo, per questo, riportarsi a quanto ho già riferito in principio di questo capitolo, e a quanto si trova nelle diarie riportate in appendice di questo lavoro: posso dir solo, come modo riassuntivo, che gli animali nelle due specie di Cf., sebbene con modi differenti, venivan tagliati fuori dal mondo che li circondava, mettendoli in condizioni o di non reagire più a questo o di reagirvi in modo anormale, differente, per le ragioni già esposte, nei dne casi di Cen- trifugazione. E mì piace chiudere questo capitolo nel modo stesso con cui ho chiuso il precedente che, fra gli elementi nervosi e a uguaglianza di disturbi nutritivi, il primo a risentirne è l'elemento sensitivo, e che la fisonomia speciale da quelli assunta, si deve riportare tutta ad un commercio interrotto, in modo durevole, fra i due elementi per colpa spe- cialmente di quello sensitivo. IV. La causa della Morte per Centrifugazione SommaRIO—La morte durante il moto e la morte tardiva. Esame delle due specie di morte nella Cf.c.p. La morte durante il moto avviene, în questo caso, 0 per arresto troppo prolungato del respiro, o per gravî emorragie, o per penetrazione di sostanze nella trachea e nel polmone. La morte tardiva, nella Cf.c.p. avviene per gravi lesioni nutritive del sistema nervoso che, iso- lando l’animale dal mondo esterno, lo meltono nella impossibilità di nutrirsi. Esame della morte per Cf.c.f. La morte durante il moto avviene per embolia gassosa dei vasi; la morte tardiva è dovuta per lesioni gravi del sistema nervoso: esse, conducono allo stesso risultato di quelle della Cf.c.p. quantunque differenti, per natura e modo, da quelle. Quale delle due sorta di Cf. riesca più pericolosa per la vita degli animali durante il moto, o melle sue conseguenze remote. Iperemia venosa e anemia in queste conseguenze. Conclusioni. La morte, nelle due forme di centrifugazione da me descritte, può avvenire durante il moto o subito dopo l’arresto di questo, o tardivamente: e il suo meccanismo è diffe- rente se si tratta dei due primi casi, che noi possiamo studiare insieme, o dell’ultimo: in quelli si ha la forma di morte rapida, che è quasi sempre d’indole meccanica , nel secondo una forma lenta, conseguenza di disturbi nutritivi che seguitano a svolgersi e ag- gravarsi anche quando il motivo che li ha provocati sia stato allontanato. È naturale che tanto il meccanismo della morte rapida, d’indole meccanica, quanto quello della morte tardiva o lenta, siano differenti per le due forme di Cf. da me usate; ed è perciò che son costretto ad esaminarle separatamente, due a due. Comincio dal- l’esaminare i due meccanismi di morte nella Cf.c.p. La causa della morte rapida, violenta, nella Cf.c.p. è prodotta sempre da condizioni che conducono necessariamente all’asfissia. 46 LA CAUSA DELLA MORTE PER CENTRIFUGAZIONE Una delle condizioni d’asfissia è il moto troppo prolungato: quando infatti, come faceva il Mendel, la Uf.c.p. va al di là di 20’, il respiro, arrestato durante il moto, non può riprendere. Questo genere di morte io 1° ho verificato raramente, avendo sempre centrifugato gli animali dentro un periodo di tempo molto più corto. Un'altra condizione di morte è la velocità del moto: quando questo sia molto ra- pido, anche se di una durata relativamente breve, conduce con facilità alla morte durante la Cf.; ed il meccanismo della morte consiste, o nelle gravi perdite di sangue che si verificano all’esterno, e che provengono in generale dalle prime vie respiratorie; o, più comunemente, da gravi emorragie, che interrompono punti o vie nervose essenziali alla vita. L'enorme pressione venosa che sì esercita più specialmente nelle vene del capo, ci dice come questo meccanismo di morte possa esser facile; e le necroscopie me ne hanno dato spesso la conferma più evidente. Ma in generale devo dire che la condizione più comune di morte immediata per Cf.c.p. è data da otturamento delle vie respiratorie, laringe, trachea, grossi bronchi, per formazione in esse di grossi zaffi mucosi, o per penetrazione di materie alimentari cac- ciate nella cavità buccale durante il moto, e in parte discese nella trachea e nei bronchi. Non è dunque l'accumulo di sangue al cervello che produce la morte nella Cf.c.p., come vuole il Salathé, ma una serie di condizioni, numerose, e che possono variare da caso a caso, e che per conseguenza bisogna, caso per caso, stabilire. Il meccanismo della morte lenta o tardiva per Cf.c.p. è più difficile a precisare, giac- chè qui non si tratta più di disturbi meccanici ben delimitabili, ma di disturbi nutritivi diffusi e progressivi, di cui si può prendere idea leggendo specialmente i reperti micro- scopici riportati nel capitolo precedente. Questi disturbi nutritivi del sistema nervoso con- ducono allo isolamento dell’animale dal mondo che lo circonda, e lo mettono quindi nella impossibilità di procacciarsi il cibo : l’animale muore come muore un animale scervellato, con questa differenza però, che forse le conseguenze gravi prodotte dal moto cefalopeto non sono riparabili neppure coll’alimentazione artificiale, com'è nel secondo caso. Il meccanismo della morte rapida 0 violenta nella Cf.c.f. non era stato fino a qui determinato con precisione, quantunque mi sia stato possibile dimostrare che esso si pre- senta sotto una delle forme più interessanti e più inaspettate. Il Mendel non dice di che cosa muoiono gli animali messi in queste condizioni : il Gutnikow, severo nel criticare gli altri, non sa darcene poi la ragione :il Salathé l’attribuisce all’arresto del respiro, non dicendoci poi da che cosa, alla sua volta, è prodotto l’arresto del respiro. Un fatto importante aveva richiamata la mia attenzione fin dai primi casì di morte durante il moto nella Cf.c.f: in nessun caso mi fu possibile richiamare in vita gli ani mali che si presentavano colle apparenze di morte , appena arrestata la Centrifuga, an- LA CAUSA DELLA MORTE PER CENTRIFUGAZIONE 47 che con la più prolungata ed energica respirazione artificiale, mentre m’era facile ottenere un effetto utile, nelle stesse condizioni, in animali a COf.c.p. Mi potei solo render conto del fatto il giorno che, dopo aver tolto la grossa menin- ge ad un cane morto in queste condizioni, potei scorgere nei vasi della pia delle grosse e piccole bolle d’aria. Richiamata una volta la mia attenzione su questo fatto interessante, mi fu dato constatarlo e confermarlo tutte le volte che mi trovai in faccia ad un caso di morte violenta per Cf.c.f. Nè la presenza di bolle d’aria si limitò ai vasi cerebrali, al dominio ad es. della silviana, ma spesso potei constatarle in quasi tutto il sistema venoso del corpo: citerò il caso di un canetto che aveva servito a varì esperimenti (determinazione della pressione arteriosa ed endocranica durante il moto cefalofugo) in cui tutto il sangue, ad eccezione di quello contenuto nel sistema portale, era trasformato In un liquido spumeg- giante, che mi ricordava quello da me veduto negli animali che P. Bert, dopo averli trattenuti per diverso tempo sotto forte pressione, decomprimeva rapidamente. Non credo, dopo questo, azzardato l’asserire che la causa della morte rapida per Cf.cf. sia dovuta ad embolismo gassoso; e che quella sia prodotta collo stesso meccani- smo con cui si produce nelle embolie solide o liquide di vasi che servono alla nutrizione di parti essenziali per la vita. Non è dunque, in questo caso, l’anemia totale del cervello che produce la morte, ma il prolungarsi di un anemia parziale, prodotta da embolismo gassoso, dopo l'arresto dell’anemia generale, cioè del moto. Così mi posso bene spiegare come uno stesso cane abbia potuto resistere impunemente a molte centrifugazioni, finchè una, della stessa durata delle altre, gli riusciva fatale. E la causa della differenza, non potendo noi trovarla nella durata, dobbiamo ricercarla nella maggiore velocità impressa al moto rotatorio, colla quale soltanto si posson raggiunger quelle condizioni per cui, nel- l'interno dei vasi, può prodursi lo sviluppo di gas. E queste condizioni io non posso comprenderle che col pensare ad un vuoto rapido e potente che si produca nei vasi, specialmente della testa, durante una energica e vio- lenta centrifugazione cefalofuga ; e non essendo possibile che durante questa cacciata del sangue i vasi rimangano vuoti quando in parti, con loro comunicanti, esiste un liquido che può dar sviluppo di gas, così questi ultimi si sprigionano pertandosi nelle parti dove 0 per ragione fisica, o per meccanismi del circolo che riprende, devono portarsi e spesso arrestarsi. È, se mi fosse permesso il dirlo, l'estrazione del gas del sangue per mezzo del vuoto praticata in parte del sistema circolatorio dell’animale vivente. E l'orrore per il vuoto dentro un sistema chiuso. 1 Questo fatto mi fa pensare ad un quesito che, a quanto io so, nessuno si è fatto fin qui. Ognun sa che, dopo morte, i vasi arteriosi rimangono privi di sangue, e si suol dire, in tal caso, che le arterie sono vuote. Se con questa espressione si vuol intendere 48 LA CAUSA DELLA MORTE PER CENTRIFUGAZIONE « vuote di sangue » sta bene: ma se con essa si volesse significare che esse sono « vuote in senso assoluto » si cadrebbe nell’assurdo, giacchè esse devono per lo meno essere ri- piene di gas. E che gas sono quelli che riempiono le arterie dopo morte ? Provengon tutti dal sangue ? Come si comporta la loro composizione rapporto al tempo della morte ? Ecco tanti quesiti che suscita la mia osservazione, e che mi riserbo di esaminare, sotto la guida dell'esperimento, al più presto possibile. Non ho molto da aggiungere circa il meccanismo della morte tardiva per Cf. e. f. Tutto mi fa credere che esso non differisca, in modo essenziale, da quello della morte tar- diva nella Cf.c.p. ; che sia cioè dovuto ad un isolamento lento ma continuo dell’animale dal mondo che lo circonda, vale a dire ad una abolizione progressiva delle sue potenze sen- sitive, sia che queste si considerino per la vita di relazione o per la vita organica. La lettura delle diarie, i risultati delle osservazioni anatomiche ci incoraggiano tutti ad in- terpretare in questa guisa il fatale sopraggiungere della morte quando si sia oltrepassata quella zona neutra di disturbi nutritivi, da dove soltanto, col cessar della causa che li produce, si può tornare indietro. Termino questo mio lavoro rispondendo ad un quesito che, forse, potrebbe essermi fatto: « Quale, delle due specie di CÉ., è più pericolosa per la vita ? Non esito a rispondere che, tanto nella forma rapida o violenta quanto nella forma tardiva, riesce più pericolosa la Cf.c.f. della Cf.c.p. Nelle diarie trovo numerosi esempî di cani, centrifugati a coppia, in cui quelli con la testa in fuori (Cf.c.p.) poteron veder morire tre o quattro colleghi che eran chiamati a sostituire quelli che non avevan sapu- to resistere alla Cf.c.f. Ed anche la morte, per via lenta, è sempre avvenuta prima negli animali sottoposti a Cf.c.f. che in quelli a Cf.c.p. Questa osservazione mi spinge a pensare (come già ebbi a dire) che per gli elementi anatomici in genere, e per quelli nervosi più particolarmente, sia da ritenersi, a parità, di tempo d’azione, molto più pericolosa l’anemia che l’iperemia venosa : il che, in altri termini, ci dice che durante l’anemia l'arresto nutritivo è completo, durante l’iperemia venosa la nutrizione, sia pure in maniera irregolare e deficiente, vien continuata. In altro modo io non saprei spiegarmi la differente resistenza degli animali alle due specie di centrifugazione. (SS | H E H CN £ x È “; - Esperimento 1. 14 Gennaio. — Una cagnetta, A, del peso di Kil. 5,300 è destinata alla CÉ (1) cefalopeta; un’altra, B, del peso di Kil. 9,700, a quella cefalofuga, legandole contemporaneamente sul letto rotatorio : si cominciano oggi stesso gli esperimenti : Cagna A. Cagna B. P. 25 in 11”. Pu. in posizione media O. 3,6 — Cf. 1’ sangue dalle narici nistagmo fortissimo Teimay Pu. dilatata P. 25 in 44° P. 49 in 44” ? O. 3,13 P. 35 in 30” P. 38 in 30” O. 3,15: nuova Cf. 1,30” Mancanza di nistagmo. Nistagmo. Tensione endoculare aumentata. Tensione endoculare diminuita. P. 25 in 12”. Pu. in posizione media (I) Dovendo, nel riferire ì miei esperimenti, fare spesso uso delle stesse parole, ho pensato ad alcune abbre- viazioni che indico qui sotto col loro significato: Cf. = centrifugazione. Cf cpi = » cefalopeta, Cf. cf. = » eefalofuga. P. = pulsazione. Pu. _= pupilla. | dati messi prima dell’indicazione (f. sono presi sull’animale normale, quelli messi sotto sono racco!ti subito dopo arrestato il movimento 52 ESPERIMENTO I. Cagna A Cagna B O 3,17 P. 14 in 30” P. 46.in 30” Si sciolgono gli animali : ore 3,20 Non si regge in piedi: ha difficoltà a respi- rare, forse per cibo penetrato nelle vie respi- ratorie durante la Cf, o per sangue che si vede Non presenta quasi nulla di notevole; si regge bene in piedi, e cerca anzi di fuggire. Alle ore 3,19 si è notata la scomparsa del uscire dalle narici. nistagmo. O. 3,22 È in grado di reggersi in piedi: ma con stento : vomita; tiene divaricati gli arti, oscil- lando nel senso laterale. P. 57 in 30” P. 58 in 30” 15 Gennato. « O. 1,50 P. 54 in 30” P. 69 in 30” Pu. legg. dilatata Pu. legg. dilatata O. 1,53 Cf. 1,30” Sangue dalle narici: pupilla ristretta. Non presenta nistagmo : la pupilla conserva lo stesso diametro. Si sciolgono gli animali. Ore 1,55” Non si regge sulle zampe : quando è stimo- lata fa pochi passi barcollando come se fosse ubbriaca, poi si sdraia negli angoli più oscuri: ha vomiturazionima non arriva mai a vomitare. Dopo 10’ si è alquanto rimessa ; è capace di stare in piedi, ma continuano le vomitura- zioni. 16 Gennaio. L'animale non presenta nulla di anormale, ad eccezione di un po’ di barcollamento la- terale. Del resto è abbastanza vispo, e cerca di fuggire. Arriva a nascondersi dietro ad un armadio; e, quando si arriva a scovarlo, è ri- tornato normale. Ore 2,5 Si centrifugano i due cani prima per 1’, (essendosi sciolta la testa ad uno dei due) poi per 1’, 30”: ma i risultati essendo rimasti mal definiti non si riportano. 17 Gennaso. ESPERIMENTO I. 53 Cagna A Cagna B O. 2,53 P. 50 in 30” P. 38 in 30” O. 2,55 Cf 2° Dopo 25” pioggia d’orina, e grida che cessano dopo 40” Si è trovata sciolta la testa, leggero nistagmo. Nistagmo — Pu. dilatata. P. 58 in 30” P. 32 in 30” O. 2,58 Sangue dalle narici. La pupilla si è ristretta. O. 3 Il cane non può reggersi sulle zampe; ten- tando di sollevarsi ricade sobito. Dopo 2’ ar- riva a reggersi, ma barcolla come se fosse Vomiturazioni : può reggersi in piedi e cam- minare, però tenendo devaricati gii arti. ubbriaco. P. 43 in 30” P. 36 in 30” 18 Gennaîo — Tentato l’esperimento deve sospendersi dopo 40” essendosi sciolto uno dei cani. 19 Gennaio. O. 1,20 P. 47 in 30” P. 38 in 30” Cf. 2° (assai veloce) Pupilla dilatata (?) leggero nistagmo: san- Pupilla dilatata. gue dalle narici. P. 44 in 30” P. 34 in 30” Il cuore, appena arrestata la centrifuga, era frequentissimo; poi si è rallentato fino a 84 pulsazioni — Mentre il cuore era frequentis- simo il respiro era arrestato; è dunque la com- parsa del respiro che lo ha rallentato. D4 SPERIMENTO I. Cagna A Cagna B Si sciolgono gli animali Si regge in piedi; e, al di là di qualche co- L'animale non si regge in piedi: disteso sul nato di vomito, l’animale non presenta nulla suolo presenta gli arti rigidi rivolti verso la che meriti di esser notato. coda : la testa è rovesciata in alto e in dietro, la lingua è tra’ denti, pendente al di fuori, la bocca coperta di schiuma — A un certo punto l’animale è assalito da tremito, gli arti si fanno- più rigidi, e scoppia un accesso epilettico. Du- rante l’accesso la pupilla è ristretta, il cuore lento, si ha nistagmo.—Dopo 2’ cessa l’accesso convulsivo, e l’animale alza la testa guardando intorno con atto di sorpresa: tenta poco dopo di alzarsi, ma ricade: vi riesce finalmente, a stento; ma nel muoversi barcolla, gli si pie- gano gli arti e cade a terra Solo dopo 5° o 6° dai primi tentativi è in grado di reggersi ab- bastanza bene e di camminare. O. 1 59 P 66 m 30” P 41 in 30” 20 Gennaio O. 12,44 P. 48 in 39” P. 52 in 30” 12,44 Cf. ’2° P. 64 in 30” P. 18 in 30” Riflesso corneale abolito. Nei primi 29” pulsaz. 10; negli altri 20? puls. 8. Si sciolgono. O. 12,48, le due cagnette Rilasciamento muscolare, tenesmo; pupilla ristrettissima: il respiro è tornato abbastanza regolare. Riflessi limitati alle estremità posteriori, Nulla di notevole. mancano nelle anteriori ESPERIMENTO I. 55 Cagna A 21 Gennato Cagna B Nelle posteriori si può ottenere un certo grado di rigidità con movimenti passivi di estensione e di flessione, O. 12,51—Accesso epilettiforme limitato a- gli arti posteriori, che si diffonde poi, in mi- nor grado, agli anteriori: testa rovesciata in- dietro, cuore lentissimo: la pupilla si dilata un po’ durante l’accesso: salivazione O. 12,52—Terzo accesso con movimenti clo- nici degli arti posteriori, che si propaga agli anteriori e alla testa. O. 12,53—L’animale rialza la testa e cerca di sollevarsi da terra; ma la testa ricade subito come corpo morto, O. 12,541—É riuscita ad alzarsi e cerca na- scondersi. O. 12,55—Resta in piedi appoggiandosi al mu- ro: la deambulazione è quella’ di un ubriaco. incrocia spesso le gambe anteriori, e la ca- duta avviene in avanti. O. 1,88 P. 59 in 30” P. 56 in 30” Cf 2” Si è sciolta la testa e forse è stata penzo- loni per qualche tempo P. 51 in 30” Pupilla dilatata—Arresto del respiro. P. 22 in 30” O. 1,41-Il respiro è ritornato, ma raro. Si sciolgono gli animali. Nulla degno di nota. O. 1,42— Risoluzione muscolare, accesso epi- lettiforme limitato agli arti posteriori. provo- cabile coi moti passivi di va e vieni del- l’arto. O. 1,48 —Nuovo accesso—salivazione. O. 1, 43’, 30”—Accesso generalizzato: testa rivolta indietro; i muscoli del collo sono rigi- di, la pupilla reagisce bene alla luce. 56 Cagna A 22 Gennaio. Peso K. 4,700 diminuz 600 gr. P. 61 in 50” ESPERIMENTO I. Cagna B O. 1,45—La colonna vertebrale è piegata ad arco a convessità in fuori, in modo che, colla testa rovesciata indietro, si forma una linea a S: le estremità anteriori ed i muscoli della nuca rimangono ancora rigidi quando si han- no già movimenti clonici negli arti ante riori. O. 1,47—L’animale rialza la testa, e tenta di sollevarsi dal suolo; vi riesce, dopo varii ten- tativi, e fugge; cadendo spesso per il solito incrocicchiamento delle gambe anteriori. Peso K. ©,200 diminuz 5)0 gr. P. 65 in 0” O 1,27 C£. 2° Lingua trai denti, cianotica, vomito nel- la bocca; respiro quasi arrestato forse per im- pedimento meccanico dovuto ai cibi vomitati: esoftalmo; tensione endoculare moltissimo au- mentata; lacrimazione. P. 18 in 30” Pupila molto dilatata, respiro arrestato; pol- so frequentissimo durante questo arresto, e che si fa raro dopo la ripresa del respiro. PARRA O. 1,30” Si sciolgono gli animali. Diminuzione di sensibilità negli arti po- - steriori. L'animale si regge assai bene in piedi. Lo stesso stato di rilasciamento muscolare accennato più volte: forte tenesmo rettale. O. 1,31—-Emissione di fecce figurate e di ori- na—poco dopo (1,32) si ha un accesso genera- ralizzato tonico, con salivazione: pupilla ri- strettissima, torace molto dilatato. 0.1,85—Comincia a sollevare il capo, e tenta rialzarsi; i movimenti che compie colle gam- be posteriori sono abbastanza energici, ma non utili; giacchè, invece di appoggiarle al suolo, le agita disordinatamente per aria; con i a À ì ì eo I e De La Leb neli ci tolti anni lei ESPERIMENTO 1. Cagna A 23 Gennaio 07 Cagna B ciò non riesce che a rotolarsi sul suolo: la testa, sollevata di tanto in tanto, ricade pesan_ temente sul pivimento. — Ripetuti parecchie volte simili tentativi riesce finalmente ad al- zarsi: come le altre volte il suo incedere è in- certo, barcollante per l’incrociamen'o degli arti anteriori. O. 1,î8--La forza muscolare non sembra molto diminuita, giacchè pigiando anche fortemente sul dorso dell’animale non si riesce a fargli piegare le zampe.—Avendo tentato di salire una scala, non è riuscito che a superare po- chi gradini con stento: cade all’ indietro per la difficoltà a usare delle gambe anteriori Verificatosi un guasto alla centrifuga dopo 6)”, non si registrano i risultati, 24 Gennaio. P. 46 in BU” PERSIA O. 9,11 Cf. £' | Arresto del respiro— pupilla ristretta — Pupilla dilatata: insensibilità corneale cuore Cuore lento dopo 3)” ritorna il respiro ed il frequentissimo dapprima poi lento, cuore si fa più frequente. P. 52 in 30” TE un 0 Si sciolgono le due cagnette O. 2,16 Non si ha nulla di notevole, se si eccet- tua una leggera paresi degli arti posteriori. Tenesmo rettale: rigidità degli arti poste riori, rilasciamento di tutto il resto del corpo. O. 2,17 compare la rigidità anche negli arti anteriori. O 2,18—bava alla bocca, e sceppio di un ac- cesso tonico in tutti i muscoli del corpo, ad eccezione di quelli della testa. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 8 58 : ESPERIMENTO I. Cagna A Cagna B O 2,18, 30”__opistotono, accesso clonico gli arti posteriori, tonico agli anteriori. 0.2,.0 solleva ia testa quasi gli ritornasse la coscienza: cerca sollevarsi, ma non vi rie- sce quantunque muova tutti gli arti O. 2,22—sta in piedi; muovendosi cade spes- so non disponendo bene le gambe. 25 Gennaso. O. 2,40 P. 60° in 86” PESCHE O. 2,43 Ct. 2°, 30” Arresto del respiro—sangue dal naso: ri- Arresto del respiro e del cuore. flesso corneale esistente: tensione endoculare aumentata, pupilla ristretta. P. 18 in 30” Si pratica per molto tempo la respirazione O. 2,47 Riprende il respiro. artificiale ma inutilmente: la cagnetta. B. che aveva sopportato una Cf. di 2° per moltj P. 50 in 80” giorni, muore avendola prolungati. per 80? > in più. Sciolto l’animale e messolo in piedi non si nota che una leggera debolezza negli arti posteriori. che, camminando, tiene divaricati: la sensibilità in questi arti è molto ottusa, anche al di sopra dei punti di legatura. A partire della morte della compagna B, A viene centrifugata, quasi giornalmente, con un altra cagnetta messa al posto di B, e che troveremo più tardi col nome di E: non credo opportuno riportare insieme le due diarie di A e di E perchè i rapporti di esperimento non son più comparativi. Mi permetto di dire soltanto che A sopravvisse per molti giorni anche a questa seconda compagna di sventura, quantunque centrifugata quasi giornalmente anche dopo la morte di E: e questo dico 1° per spiegare le coincidenze delle indicazioni tra A ed E quando riporterò la diaria di quest’ultimo. 2° per mostrare quanto meno pericolosa sia all’ e- sistenza la centrifugazione cefalopeta della cefalofuga. Fatte queste avvertenze, seguito la diaria di A fino alla sua morte. 26 Gennato.—P. 58. in 80” Ore 1,41 Cf. 3°'—la velocità è molta. Ore 1,45—nistagmo—pupilla ristretta: forte iniezione congiuntivale—contrazione ritmiche delle palpebre superiori. Ore 1,48.—P. 50 in 30”—L’animale, slegato, si regge bene in piedi e cerca scappare::messo ESPERIMENTO 1. 59 su un tavolo, e facendo sporgere al di fuori una delle zampa posteriori, l’animale non si ac- corge di questa sua mala posizione. 27 Gennaio — P. 6) in 30”—Cf. 3’ in due. riprese. Ore 1,55—Conservata la sensibilità corneale—respiro arrestato in inspirazione: il polso, lento dapprima, ridiviene frequente dopo il ritorno del respiro. (74 in 30”) Nei giorni 23-29-31 Gennaio, 1-2-3-4- -6 Febbraio, la cagnetta viene regolarmente centrifugata per 2’ 30”, e non presenta nulla di notevole se si eccettua il fatto interessante che, subito dopo l’arresto del movimento, il cuore si riscontrava frequente quando il respiro continuava , raro se il respiro era arrestato: e, in quest’ultimo caso, il cuore ridiveniva frequente non appena il respiro riprendeva. : Al T Febbraio si comincia a notare una iperestesia generale accentuatissima; una leggere puntura di spillo, praticata in qualunque parte del corpo, è seguita da acutissime grida di dolore. Questa iperestesia continua a notarsi anche nei giorni seguenti, e si manifesta acutissima specialmente subito dopo la Cf (il giorno 8 muore la cagnetta E). I Al 10 febbraio si manifesta uno sfaldamento abbastanza esteso centrale della cornea si- nistra, che scompare al secondo giorno, mentre ne compare uno simile a destra — Nulla di notevole nei giorni 11-12. Al 13 febbraio compaiono delle ulcere corneali in ambedu: gli occhi; — il 14-15 nulla di notevole. Al 16 Febbraio si aumenta il tempo della Cf. portandola a 3° — Si nota solo un’accentua- zione dei fenomeni già descritti, cioè sangue dalle narici, polso lento durante l’arresto del re- | spiro e che si fa frequente dopo la ripresa di quello 17 Febbraio. — Cf. 3’ : il respiro non si arresta, e il cuore si trova più frequente che avanti : la sensibilità, dopo sciolto l’animale, si trova esagerata negli arti anteriori, diminuita nei po- steriori: dopo una mezz’ora torna ad essere esagerata in tutti e quattro gli arti. 18 Febbraio. — Si riscontra, prima della Cf., una sensibilità quasi esagerata nelle gambe posteriori leggermente diminuita nelle anteriori.— Cf. 3°. — Durante la Cf. scorre molto sangue dalle narici; cosa, del resto, che, quantunque non notata nel diario, avviene tutti i giorni. Dopo la Cf si ha anestesia corneale, pupilla dilatata, insensibile alla luce, cuore e respiro lenti. Sciolto l’animale, si riscontra una peraplegia completa, simile a quella che si ha dopo il taglio del midollo lombare, o dopo l’ esperimento di Stenson: l’animale si serve benissimo degli arti anteriori, coi quali riesce a trascinare i posteriori: notisi che, come sempre, la lega- tura degli arti posteriori era stata fatta circondando il punto occupato dalla cor'a, con moltis- sima ovatta. Questa paraplegia sparisce dopo 5’, ma, negli arti prima paralizzati, si nota la quasi sparizione della sensibilità cutanea, accompagnata da una certa rigidità. Negli anteriori la sensibilità è prima diminuita, poi normale. 19 Febbraio. — La sensibilità è quasi esagerata negli arti anteriori, e dubbia nei polpa- strelli degli arti posteriori, è conservata al di sopra del punto di legatura: Cf, in due ri- prese, per 3°,30”. Il cane muore durante la Cf., e non può esser richiamato in vita neppure da una prolungata respirazione artificiale. All’autopsia si trova: Nei muscoli della testa e del collo emorragie puntiformi: le stesse emorragie si notano nel periostio e nel tessuto sottocutaneo; i muscoli sono intensamente co- lorati. La pelle, i muscoli e gli altri tessuti della testa fanno uno strano contraso7 colla pal- 60 ESPERIMENTO I. lidezza dei corrispondenti tessuti delle parti posteriori del corpo. La callotta cranica è anche essa sparsa di punti emorragici: si nota una forte emorragia nella dura madre a destra e in avanti del solco crociato : la superfice cerebrale è splendente; num>rose emorragie nella pia madre. Messo allo scoperto il midollo spinale, prima di togliere il cervello, si trova assai iniet- tato, e con qualche emorragia durale, nella sua porzione cervicale, pallido nella lombare. Tolta la dura madre la condizioni di vascolarizzazione non cambiano : nel midollo cervicale si notano leggere emorragie sottopiali. Fatto un taglio nel cervello e messi allo scoperto i ventricoli, si notano, a destra, tre grandi focolai emortagici, situati, l’uno sotto la sostanza grigia intere- misferica, all’ unione da due terzi anteriori col terzo posteriore della faccia interna dei due emisferi; gli altri due alla punta del nucleo caudato. Altri focolai emorragici si trovano disseminati alla superficie del prolungamento posteriore del ventricolo destro. Nell’ emisfero di sinistra non si trova nulla di notevole, ad eccezione di piccole emorragie situate nel pro- lungamento posteriore del ventricolo. — Si notano numerose emorragie nel pannicolo retro- oculare e aumento della massa pannicolare, che è, insieme a tutti gli altri tessuti, intensamente colorata: si può dire che il nervo ottico è circondato da masse emorragiche. La cornea è circondata da un cercine rilevato. rappresentato da vasi sanguigni dilatati, di tessuto connet- tivo edematoso e da emorragie (chemosi). Si nota che le emorragie e l'iniezione sono diminuite dai primi giorni della centrifugazione Il cuore sinistro è contratto, con vene coronarie estre- mamente ripiene, e qualche coagulo nell’interno: moltissimi coaguli nel destro, polmoni nor- mali; si sente benissimo il crepitio. La trachea si trova piena di sostanze alimentari che ar- rivano fino ai grossi bronchi, e che possono ritenersi come causa della morte. Lo stomaco è pieno di cibi, i reni anemici. Nulla di notevole nel resto. Esperimento 11. 21 Gennaio — Si sottopongono alla Cf. due canetti, di cui l’uno, C, colla testa rivolta in fuori, l’altro, D, colla testa rivolta in dentro: il primo pesa K. 3,69), il secondo, molto gio- vane, quasi cucciolo, K 4. Cane C Cane D P. 47 in 3)” P. 55 in 30” O. 2,10 Cf. 1’ 30” Sangue dal naso, leggero nistagmo: arresto . temporaneo del respiro. P. 15 in 30” P. 22 in 30” Si slegano gli animali Iniezione congiuntivale, con lievi emorragie: L'animale barcolla, ma si ristabilisce rapi- ESPERIMENTO II. 61 Cane C l’animale si regge male in piedi: diminuzione di sensibilità e paresi degli arti posteriori. 22 Genna'o. Cane D damente, non presentando nulla di notevole P. 54 in 30” P. 44 in 30” O. 1,58 C£ 1’ 30” Tensione endoculare aumentata : pupilla ri- stretta, sangue dalle narici. P. 18 in 30” P. 22 in 39” Debolezza nelle estremità posteriori. Si regge bene in piedi: è andato del corpo. 23 Gennato. P. 42 in 30” P. 38 in 30” O. 4,18 C£ 17,80” P. 16 in 80” P. 30 in 38” Sangue dalle narici, respiro arrestato che Il cuore tanto ieri che oggi era lentissimo riprende dopo pochi secondi. appena arrestato l’apparecchio. 24 Gennaso. P. 47 in 30” P. 33 in 30” O. 1,59 Cf 2° Arresto del respiro che ritorna poco dopo: Manca il riflesso corneale, pupilla dilatata: pupilla ristretta. si ristringe poco dopo. P. 18 in 30” P. 24 in 30” O. 2,9. Si slegano Paralisi di moto e di senso negli arti po- Rigidità degli arti posteriori; rilasciamento Steriori. degli anteriori. 0. 2,4 — Accesso convulsivo tonico che invade anche gli arti anteriori : è di brevissima du- rata, e, quando cessa, gli arti anteriori si rila- sciano, i posteriori rimangono rigidi—emis- sione di fecce. (or} DO Cane C ESPEQIMENTO II. Cane D O. 2,5 Ritorna la mobilità negli arti posteriori ; l’animale si regge in piedi barcollando; la sen sibilità è ancora ottusa posteriormente; l’ani- male camminando poggia spessso le zampe sul lato dorsale. Sembra che ritorni la coscienza : scompare la rigidità; l’animale tenta di alzarsi muovendo tutte e quattro le gambe, ma non vi riesce : anche se sollevato non riesce a sostenersi. 0. 2,8 L'animale cammina abbastanza bene, appog- giando ugualmente le 4 zampe sul terreno. L'animale riesce ad alzarsi, ma camminando fa dei movimenti incoordinati e ricade: si sforza di defecare, ma non riesce a prendere la posizione atta a facilitare questa funzione, e gli sforzi riescono perciò inutili. O. 2,10 25 Gennato IPI5 (ini d04 Resp. 8 in 39” Si regge bene in piedi. P. 36 in 30” Resp. 8 in 30” O. 3,10 C£. 2? P. 20 in 30” Resp. 2 in 30” Nistagmo: pupilla ristretta, sangue dal naso. P. 13 in 3)” Respiro arrestato, che riprende subito. Tenesmo rettale. Null’altro di notevole. 26 Gennaio. P. 58 in 30” P, 44 in 30” O. 3,10 Cf 2° P. 34 in 39” P. 30 in 30” Pu. ristretta — nistagmo. Arresto del respiro che riprende subito. O. 3,13 — Accesso epilettico mentre si toglie dall’apparecchio. i O. 3,14.—E incapace di reggersi in piedi : sì ESPERIMENTO II. 63 Cane C 27 Gennaio. P. 58 in 30” Cane D trova nel periodo dei tentativi inutili per al- zarsi, che precedono il ritorno della coscienza. O. 3,15.—Fortissimo tenesmo rettale, senza effetto utile, perchè andato potentemente del corpo durante la Cf. : la posizione che prende per quest’atto è talmente esagerata che spesso cade all’indietro. P. 48 in 3)” O. 1,21 Cf. 2° 80” Pupilla ristretta—esiste il riflesso corneale. P, 28 in 30” Manca il riflesso corneale: pupilla dilatata, respiro arrestato, e cuore frequentissimo du- Esoftalmo — iniezione congiuntivale aumentata. rante quest’arresto. Tornato il respiro il cuore I si fa lentissimo tanto da dare P 6 in 30”. Si sciolgono gli animali Nulla di notevole salvo una leggera di- minuzione della sensibilità negli arti poste- riori, Rilasciamento completo di tutti i muscoli ; respiro raro, profondo, mentre persiste ancora la mancanza del riflesso corneale. O. 1,27 —Ritorna il riflesso corneale, comin- cia la rigidità degli arti posteriori, e va del corpo. O. 1,59—La respirazione è ritornata calma, e di frequenza quasi normale: cuore raro e robusto. O. 1,3)—Sensibilità squisitissima in tutti e quattro gli arti, specialmente negli anteriori eccitando uno degli arti si hanno dei riflessi in tutti gli altri, la sola testa rimane estra- nea a questi moti. O 1,38—È cessata la rigidità negli arti po- steriori, cuore più trequente. O. 140.- Solleva il tronco ma non è ancora in grado di reggersi in piedi. O. 1,45—È in grado di reggersi in piedi, ma presenta debolezza negli arti anteriori, e ca de perciò frequentemente in avanti. 64 ESPERIMENTO II. Cane C i Cane D 28 Gennaio P. 64 in 30” P. 7) in 3)” 1.43 Cf. 2°, 30” P. 44 in 30”, robuste. P. 22 in 3, La pupilla, ristretta prima della Cf. lo è Esiste il respiro e il riflesso corneale. ora meno: Il polso poco dopo si fa più fre- 1,47—Rigidità degli arti posteriori, poco quente ma meno robusto. dopo accesso clonico limitato a questi ul timi. 1,48—Accesso tonico generalizzato, prece- duto da un grido dello animale, e accompa- gnato da defecazione, e da salivazione. O. 1.52—Rialza la testa; ricomparsa della sen sibilità riflessa: la salivazione continua ab- bondante. (N. B. La centrifuga, guasta in parte, va lentamente.) O. 2 E in grado di rizzarsi poggiand osì sul bacino 29 Gennato. P. 78 in 30” P. 68 In 3)” O. 4.16 Cf. 2°. 30” P. 25 in 30” Insensibilità corneale, pupilla dilatata, polso frequente durante l’arresto del respiro, che ritorna raro dopo la comparsa di questo; Nulla di nuovo e di notevole cioè: P. Bin 30: bava dalla bocca. Sciolto l’animaie si nota rigidità degli arti posteriori e della coda, rilasciamento della parte anteriore del corpo: respiro profondo e raro. Poco dopo va del corpo , e le ma- novre che fa l’inserviente per la pulitura dell’ano, e lo stiramento conseguente della coda, provocano un accesso tetanico di breve durata, tonico, con rovesciamento indietro della testa, e rigidità dei muscoli del collo. Questo accesso si ripete spontaneamente tre o quattro volte, e si può provocare stiran- ESPERIMENTO II. 65 Cane C Cane D do leggermente la coda o un arto; il cuore è sempre lento. 0.4,25.—L’animale è in preda a dei movi- menti che appaiono come tentativi per alzar- si: ma, per ciò, infruttuosi: essi cessano quan- do, tenendo sollevato l’animale, si poggino leggermente sul suolo i quattro arti. O. 4,27—Si alza, ed è in grado di camminare : va ancora del corpo. 80 Gennato — Non si centrifugano gli animali. 31 Gennaio e 1 Febbraio — Le centrifugazioni non riescono regolari, e non si ebbe a re- gistrare, nei due cani, nessun fenomeno importante, tranne un opacamento di tutta la cornea dell’occhio destro nel canetto D. 2 Febbrato. Le emorragie sotto congiuntivali sono, in Si nota un intorbidamento fortissimo anche gran parte, sparite. nella cornea dell’occhio sinistro: la cornea è liscia, splendente e non vi è traccia di suppu- razione: l’apertura palpebrale dei due occhi è molto ristretta, l’occhio essendo infossato. Da parecchi giorni si nota la grande irre- quietezza del canetto D, rimarchevole spe- cialmente in faccia alla stupida tranquillità del suo collega C. P. 70 in 30” P. 90 in 30” Oer Dopo la Cf. non si hanno emorragie o i- Conservata la sensibilità corneale—Sciolto niezioni congiuntivali. l’animale si regge bene in piedi e non pre- senta nulla di notevole. 3 Febbraio. P. 70 in 30” P. 62 in 30” O. 12,2 Cf. 2° 30” P- 0 in 30” Nulla di notevole nel resto. Insensibi.ità della cornea—respiro arrestato, polso frequentissimo durante questo arresto, raro dopo la ripresa del respiro, cioè P. 16 in 30” Sciolto l’animale è nel rilasciamento più i completo. «Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 9 66 ESPERIMENTO II. Cane C Cane D O. 12.7.—Eccitando la coda si ha rigidità agli arti inferiori, che, poco dopo. (12.8) può dif- fondersi anche agli anteriori. O. 12.9—Convulsioni cloniche. O. 12.10—Rialza la testa: movimenti per al- zarsi, O. 12.18—Riesce a sostenersi, colle solite ca- dute nel muoversi. 4 Febbraso. P. 60 in 30” P 64in 30” 1,26 Cf. 2° 3)” Conservato il respiro e il riflesso cor- Scomparsa la sensibilità corneale—arresto neale, del respiro. O. 1.30.—Rigidità agli arti posteriori; ricom- pare il respiro, raro e profondo: il cane pare immerso in un profondo coma. O 1.31—Si manifesta qualche contrazione te- tanica agli arti inferiori che coincide cogli atti respiratori» 0.1.84.—Lieve accesso tonico clonico che si esagera coll’eccitazione della coda: mancanza. di bava. O 1,35.—I soliti tentativi per rialzarsi; con. questi ottiene solo di girare su un asse che passasse: attraverso i lati del torace. O, 1,37 —Si regge in piedi 5 Febbraio. P. 70 in 30” P 68 in 86” 1,22 Cf. 2° 30” Mancanza del riflesso corneale. Il cuore dapprima frequentissimo, si è fatto. raro pochi secondi prima che riprendesse il P. 56 in 30” respiro. Pi12: ind Nulla di nuovo nel resto, se si eccettua lo. aprirsi della bocca ad ogni atto inspiratorio. Ore 1.35—Può reggersi in piedi sl TE II VATI PE TION Pa TT È, “a A < È 3 À ESPERIMENTO II, 67 Cane C Cane D 6 Febbraso. Pressione endoculare minima; l’animale ti e- ne gli occhi costantemente chiusi: panno cor- neale fortissimo. P. (2 in 39” P.- 52 in 30” O,I50 Cf 27.30” P. 39 in 39” P. 26 in 3)” Si nota la paralisi completa nella parte Solito rapporto tra respiro e polso. posteriore del corpo. 2,6?. 30” La motilità è ricomparsa negli arti poste- Defecazione e convulsioni limitate agli arti riori; la sensibilità vi rimane ottusa, come nel posteriori, precedute dalla rigidità di que- resto del corpo. Nel camminare non mostra sti. disturbi notevoli. 7 Febbraio. P. 99 in 30” O. 2,7730”—Pare che dorma tranquillamente. 0.29.—Accesso clonico generale, bava alla bocca, rovesciamento indietro della testa. O. 2.12— Si alza P. 68 in 3)” Ore 1.21 Cf. 2.39” Respiro quasi arrestato; anche quando ri- Solito fenomeno del respiro e polso; man- prende è molto lento ma calmo.—Il cuore è canza di sensibilità corneale. anch’esso lento, mentre il respiro è lento, e si accelera con quello. P. 26 in 30” PE1StratS0R La cornea e più sporgente di prima; man- Dalle 1.26 alle 1,33 si ripetonono li stessi ca la paraplegia; la sensibilità dolorifica è fenomeni osservati gli altri giorni. quasi sparita nelle estremità posteriori, esa- Alle 1.33 si solleva .gerata nelle anteriori. Il panno cornegle a destra è sparito per metà. 63 ESPERIMENTO II. Cane C Cane D 8 Febbrazo. P. 62 In 30” P. 66 in 30” 1.42 Ct. 2°.30” Arresto temporaneo del respiro—nistagmo: Fenomeno polso-respiro—manca il riflesso P. 58 in30” prese a respiro ritornato — Ane- corneale. stesia nella metà posteriore del corpo. P. 22 in 30” Dalle 1.47 alle 1.51 i soliti fenomeni dallo ‘ irrigidirsi degli arti al rialzarsi dell’animale: è mancato però un vero e proprio accesso clonico. 9 Febbraio. —La Cf. è fatta in due volte, prima molto lenta per 2’30, senza effetti molto notevoli ad eccezione che sul polso; poi regolare per 2° ottenendo i soliti fenomeni nel ca- netto D, con un lievissimo accesso clonico-tonico in quest’ultimo, e il fenomeno del polso. 10 Febbraio. P. 68 in 80”: P. 96 in 30” Si nota una ulcerazione e sfaldamento della cornea cominciata sotto forma lineare il 9: oggi è rotonda. ORI2B20ICER2AS0E Vomito nella bocca, per cui è impossibile P. 12 in 30” notare con sicurezza i rapporti del polso. ; C'è stato il fenomeno del polso-respiro. 12.33.—Si è già al periodo clonico limitato: agli arti posteriori, che passa agli anteriori (12.94). 11 Febbraio. 12-44. —Si alza. P,. 60 in 30” P. 72 in 30” Oreto 2 ICrin248307 Respiro quasi arrestato: cuore lentissi- Cuore e respiro arrestati: il cuore ritorna. mo; ma poco dopo, a respiro ripreso, dà presto spontaneamente, a respiro arrestato, P. 66 in 30” ma lentissimo. Perdita di sensibilità nella metà posterio- Ore 5.6 ritorna il respiro. re del corpo, sicchè si trascina poggiando il dorso delle zampe posteriori sul suolo . ESPERIMENTO Il. 69 Cane C Cane D P..24 in 30” Rilasciamento completo dell’animale. O. 5,9 Comparsa della rigidità degli arti posteriori, della sensibilità della cornea alle 5,10: alle 5,12 si possono provocare moti nei quattro arti eccitando la coda : si alza alle 5, 20 senza che vi siano stati accessi clonico- tonici. N. B.—Il panno corneale tende a sparire anche a sinistra. 12 Febbraio. P. 56 in 30” È IP_.64 in 30” OZ AC 2203912 Respiro quasi arrestato. Respiro arrestato—fenomeno, polso —respiro P. 36 in 30” P. 16 in 30” Perdita della sensibilità agli arti posteriori : O. 1,32 Comparsa della rigidità agli arti diminuita in tutto il corpo. posteriori. Ad eccezione di un leggero accesso clonico-tonico generalizzato , accom pagnato da salivazione, non si è avuto a notare nulla di nuovo. O 1, 40—Si regge in piedi. 13 Febbraio. P. 72 in 30” P. 80 in 30” O. 2,35 C£ 2° 30” P 38 in 30” a respiro quasi arrestato —sen- Fenomeno del polso—respiro. sibilità quasi abolita in tutto il corpo. P. 20° in 30” O- 2, 29—Rigidità degli arti posteriori e in- sensibilità — tremito della mascella inferiore durante la respirazione. Gli occhi sono tal- mente infossati nell’ orbita da farli apparire come enucleati. O. 2, 42—È aumentata la tonicità degli arti posteriori, e si sono tesi talmente, dirizzan- dosi nella direzione della coda, da far piegare la colonna vertebrale e formare con questa 70 ESPERINENTO II Cane C 14 Febbraio. P. 84 in 39” Cane D linea quasi retta: durante questo periodo gli anteriori sono rilasciati. O. 2, 44 — Movimenti clonici di va e vieni negli arti posteriori. 0. 2, 45—Rialza la resta, compaiono leggeri moti nelle gambe anteriori mentre continua la ridda delle posteriori. O. 2, 46—È in grado di reggersi, cammina battendo fortemente le zampe sul pavimento Il canetto è da molti giorni irrequietissi- mo, e di un’ eccitabilità esagerata. Grande rientramento del bulbo oculare. P. 72 in 30” O. 2,15 C£ 2° 30” Respiro quasi arrestato. Pr 30RiniS0E Si nota un po’ di debolezza agli arti poste- riori, 15 Febbrato. È notevole la stupida tranquillità di questo animale. P. 64 in 30” Respiro arrestato—fenomeno (polso-respiro ) P. 20 in 30” Salivazione abbondantissima , scosse mu- scolari. O. 2,18—Convulsioni cloniche agli arti po- steriori, che possono convertirsi in toniche con eccitazioni forti. P. 2,13—Si regge in piedi. Si nota la solita straordinaria irrequietezza del canetto D. P. 66 in 30” O. 12, 17 C£. 2° 3)” Appena disciolto mostra paralisi delle estre- mità posteriori, che sparisce rapidamente, e viene sostituita da una diminuzione note- volissima della sensibilità. P. 24 in 30” Anestesia della cornea; scosse muscolari : respiro raro e profondo. O. 12, 21—Rigidità, poi (12, 22) convulsioni cloniche fortissime agli arti posteriori: defe- cazione solita di questo periodo. O. 12, 23—Convulsioni cloniche agli arti po- 2, eri frctelia.o chi ose nel'ioeac’tialocni. 4 ESPERIMENTO II 71 Cane O 16 Febbraio. P. 62 in 30” Cane D steriori, cioè movimenti di flessione e d’esten- sione di questi ultimi, e che continuano fino al momento d’alzarsi cioè a ore 12,26: in questo frattempo gli arti anteriori son sempre restati immobili P. 88 in 30” Il cane è irre puietissimo. O. 12,58 C£ 2’ 30” P. 30 in 30” durante l’ arresto del respiro; diviene più frequente, 56 in 30”, appena ritor- nato il respiro: diminuzione della sensibilità in tutto il corpo. 17 Febbraio. È notevole da parecchi giorni la estrema cal- ma di questo animale, specialmente dopo le- gato, e quando venga messo in rapporto colla estrema irrequietezza del suo collega D. Arresto del respiro, con polso frequente cioè 98 in 30” ripresa del respiro, polso lento cioè 26 in 30” rilasciamento completo: mancanza di riflessi a qualunque eccitamento. O. 1,4— Comparsa della rigidità negli arti porteriori, ed allo stesso tempo della sensibi- lità, prima negli arti posteriori poi negli an- teriori. Respiro stertoroso : defecazione solita. O. 1,9—Movimenti clonici agli arti posteriori, immobilità degli anteriori, bava alla bocca. O. 1,12—Continuano, esagerati anzi, i mo- vimenti clonici degli arti posteriori: gli ante- riori sono sempre immobili in flessione. O. 1,14—Solleva il tronco e gli arti poste- riori con cui può reggersi; ma, rifiutandosi gli anteriori, ricade. O. 1,16—È in grado di reggersi—gira e ri- gira per il laboratorio, ma batte la testa nel muro o nei mobili che incontra, segno che non vede. Opacamento corneale limitato al segmento esterno dell’occhio sinistro : è, al solito, irre- quietissimo e cattivo. = 19 Cane C P. 64 in 30” O. 12, 53 Cf. 2° 30” P. 30 in 30” 18 Febbraio La sensibilità nei polpastrelli degli arti an- teriori è mantenuta : nei posteriori è molto di- minuita. P. 90 in 30” ESPERIMENTO lI Cane D P 88 in 30” Mancanza di sensibilità corneale: pulsazioni frequenti a respiro arrestato : tornato il re- spiro il polso diviene raro. O. 12, 57 — I soliti fenomeni della rigidità degli arti posteriori durante la immobilità degli anteriori. O. 1,3°- Solleva il tronco e tenta di alzarsi, ma riesce solo a drizzare gli arti posteriori che restano rigidi, mentre gli anteriori riman- gono flaccidi, incrociati, e l’animale si sostiene anteriormente sul petto e sul muso: movendo poi gli arti posteriori, spinge in avanti il corpo facendo strisciare torace e testa. O. 1,4—Si regge in piedi e cammina. La sensibilità negli arti posteriori è molto diminuita; è meno ottusa negli anteriori, Il cane da parecchi giorni mangia sola‘carne rifiutando il pane: è molto irrequieto. P. 72 in 30” O, 1, 47 Cf. 2, 30” (velocità molto forte) Respiro arrestato: durante l’arresto P 32 in 30” Arresto del cuore e del respiro. La respirazione artificiale, per 5’, non basta a richiamarlo in vita. Pesa K, 4. Autopsia — Pochissimo sangue nei tessuti della testa: messa allo scoperto la membrana occipito-atlantoidea, non ne esce, dopo pun- tura, traccia di liquido cefalo-rachidiano. Messo allo scoperto il cervello si mostra piuttosto anemico: si notano piccole e grosse bolle d’aria nelle menirgee più grandi. ESPERIMENTO ‘IT. 73 Un taglio del cervello, fatto in varî punti, non mostra nulla di notevole. Isolato il m27- dollo spinale in tutta la sua lunghezza si vei dono i suoi vasi farsi man mano più evident- a misura che si scende verso Îla coda equina. Il ventricolo sinistro del cwore è contratto: il destro pieno di sangue coagulato : i polmoni sono molto iperemici, della consistenza che si ha nell’epatizzazione grigia. Manca il crepitio, ma galleggiano. Nulla di notevole nell’addome, se si eccettui la solita iperemia del fegato e dei reni: nes- suna bolla di gas sulle mesenteriche. L'occhio sinistro si mostra per metà leuco- matoso. Si continua, da solo, la Cf. del Canetto C. 19 Febbraio — P. 66 in 30” —O. 4, Cf. 2, 30”. Manca il riflesso corneale: il cuore è molto frequente subito dopo arrestato l'apparecchio Al di fuori di un po’ di rallentamento, e dei soliti disturbi di sensibilità, nulla di notevole. 20 Febbraio — Sensibilità conservata, se non esagerata, negli arti anteriori; manca nei polpastrelli dei posteriori, esiste leggera nelle coscie al di sopra della legatura. O. 4,11: P. 52 in 30” Cf. 3° — Arresto del respiro e del cuore: con un po’ di respirazione artificiale riprendono respiro e cuore. — O. 4,17: P. 60 in 80”. O. 418 — Il riflesso palpebrale è tornato; non si ottiene però toccando la cornea, ma solo i bordi e gli angoli palpebrali: è sensibile la mucosa nasale. O. 4,20 — La cornea è ancora insensibile: l’animale si è svegliato d’un colpo, e, messo in terra, si nota perdita dell’uso degli arti posteriori, che egli trascina per pochi secondi; dopo di che ne usa nuovamente. 21 Febbraio—P. 66 in 30”—COf. 2 30” — Si ripetono meno accentuati i fenomeni di ieri. ita polso presenta il solito fatto rapporto al respiro. Molto sangue dal naso durante la Cf. 22 Febbraio —P. 88 in 3)°—C£. 2° 30” — Polso lento che si fa, d’un tratto, frequentissimo, per poi farsi nuovamente raro: anestesia corneale.—P. 24 in 30”—Perdita dell’uso della metà posteriore del corpo. Osservo distintamente in questo cane questo fenomeno curioso : pigiando con un piede sulla coda, mentre l’animale guarda, egli getta delle forti grida: tappandogli gli occhi e pigiando sullo stesso punto, anche con maggiore energia, l’animale non grida affatto. -28 Febbraio—P. 62 in 30” — Nulla di notevole dopo la Cf. di 2° 10° — Si ripete l’interes- sante fenomeno di ieri; pestandogli cioè la coda, mentre può vedere, cerca di scagliarsi, rin ghiando, contro il calpestatore; si lascia calpestare se gli si impedisce di vedere l’oftensore. Sa 24 Febbraio—P. 80 in 30”—C£. 2, 45— Arresto del respiro e del cuore.—Respirazione arti ficiale inutile. — Morte. Autopsia — Non si notano, alla festa, emorragie sottocutanee nè muscolari, eccetto una piccolissima nel pellicciaio di destra, ed un’altra, sottoperiostea, nel frontale.—Occhi, quasi fuo- ruscenti dall’ orbita : in essi si notano, chemosi, emorragie sotto la congiuntiva, e nel tessuto Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 10 74. ESPERIMENTO II. cellulare retro-bulbare. Tolta la callotta cranica si trova nella dura madre il seno longitudinale ripieno di sangue. Nel cervello : iperemia venosa, specialmente a destra; non vi sono nei vasi bollicine gassose. La sua superficie è lucente : le circonvoluzioni turgide, i solchi ripieni di li- quido. Aperto il canale vertebrale si nota una emorragia tra la dura madre e l’osso per una lunghezza di 6 cm. e fra le ultime vertebre dorsali e le prime lombari. Alla base del cer- vello si notano dei grumi sanguigni fra la dura e la pia madre. Il midollo spinale è molto iniettato specialmente nelle parti superiori. Facendo un taglio trasversale del cervello, in modo da scoprire i gangli della base. si nota una emorragia, di data relativamente r. cente, con la maggiore estensione nel senso trasversale, nella sostanza bianca al di fuori dei gangli e alla punta del nucleo caudato. Il cuore è dilatato; i ventricoli sono ripieni di sangue; le pareti loro sembrano assottigliate, quasi vi fosse una dilatazione eccentrica. I polmoni hanno bordi pal- lidi, arrotondati con enfisema: in altri punti non si sente crepitio, ed in questi si ha consi- stenza di carne. Pallore negli intestini. Fegato leggermente iperemico. Mi son deciso a riportare, come dissi già, questi due lunghi esperimenti nella loro integrità perchè si possa vedervi e il metodo e le conclusioni da trarne: ma non posso permettermi il lusso (per ragioni facili ad intendersi) di riportare tutte le altre ricerche che rappresentano due anni di Javoro veramente faticoso anche per la parte fisica : solo mi è necessario, prima di venire alla discussione dei fatti raccolti, mettere in sodo alcuni dati che, se non nuovi, spiccano meglio da altri esperimenti : si riferiscono più special- mente alla Cf. cefalofuga e sono i seguenti : Esperimento ITI. (Riassunto) Cagnetta E Kg 4600—Vien sottoposta alla Cf. cefalofuga il giorno 28 Gennaio (insieme colla cagnetta A già citata ) e muore 18 Febbraio La durata della Cf fu, ad eccezione dei primi due giorni, di 2° 30”, e fu ripetuta 12 volte. Quantunque mi riesca difficile, (il carattere ge- nuino dei fatti non potendosi rilevare che dalle diarie) tenterò riassumere quel che mi è sem? brato più importante. I rapporti tra il cuore e il respiro si sono verificati costantemente anche in questo espe- rimento : quando il respiro era arrestato il cuore era celerissimo, e, quest’ultimo, diveniva raro appena si verificava la prima inspirazione. Il polso, preso prima della Cf., è andato grada- mente diminuendo col progredire della Cf. stessa: infatti le pulsazioni, ad animale vergine di esperimenti erano in media, 62 al 1’, e scesero gli ultimi due giorni di vita a 54. Il respiro, nel periodo della flaccidità muscolare, si mostrò sempre superficiale, per essere in tali momenti, il torace in continua inspirazione forzata, come dilatato a botte : le escur- sioni respiratorie erano brevissime : talora a questo tipo respiratorio, succedeva una respira zione calma, quasi di cane addormentato. Ù ESPERIMENTO III. 75 I fenomeni sensitivo-motori sono sempre cominciati nei modi già descritti per i canetti B o D: al rilasciamento completo è succeduto l’irrigidirsi degli arti posteriori, e a questo lo scoppio degli accessi tetanici, per intensità e durata superiori a quelli già descritti nei due canetti citati. Più chiara si dimostrò anche l’influenza di cause esterne nel provocarli, perchè la su- scettibilità agli eccitamenti in questo caso raggiunse il parossismo degli animali stricnizzati. Cito dalla diaria del 31 Gennaio. <0. 3,89 (dopo 11’ dalla Cf.)—-Nuovo accesso provocato col pizzicare leggermente la coda, l’aspetto del cane durante l’accesso è quello di un cane avvelenato con stricnina: e di questo avvelenamento ha tutti i caratteri reagendo esageratissimamente ai minimi eccitamenti ester- ni: sollevando l’animale per la cute del dorso, esso tiene la testa rovesciata indietro e rigida, le quattro zampe distese, rigide, rivolte le anteriori in avanti le posteriori indietro. Durante l’accesso l’animale si lamenta con gemito doloroso. » Il ritorno dell’animale alle condizioni normali (chiamiamole cosi per brevità) si fa sempre passando per i periodi già notati: dopo l'accesso si ha il periodo dei movimenti clonici negli arti posteriori, mentre gli anteriori sono ancora rigidi, si verifica poi il passaggio dei moti clonici anche agli arti anteriori, e alla testa dopo di che l’animale è in grado di sollevarsi. La sensibilità subito dopo l’accesso si mostra alterata : cito dal giornale : 31 Gennuio (dopo 10 della Cf.). « Si alza e cammina senza direzione determinata, finchè incontrato il muro vi si appoggia, e lo prende a guida del suo cammino: incontrato per caso un recipiente di latta vi pianta dentro le due zampe anteriori, e solo allora si ferma; sembra dunque che non ci veda; e ciò vien confermato anche da altre prove che noi facciamo ». Che il senso dell’udito e della vista fossero alterate lo prova il fatto che, in questo cane, durante il periodo strienico del 3 febbraio, mentre si riuscì a suscitare potenti accessi convul- sivi anche con i più leggeri toccamenti, non si potè mai avere neanche la minima scossa con le più potenti eccitazioni visive o acustiche. Al 4 Febbraio trovo : Ore 22’ (dopo 17° dalla Cf). « È in grado di reggersi in piedi: nel camminare però i mo- vimenti sono incoordinati, e il cane fa, in questo momento, l’effetto di chi, nel cammino, non avesse coscienza del terreno su cui poggia i piedi ». Il che significa che anche la sensibilità tattile era alterata. 0 La sensibilità dolorifica manca sempre nel periodo di rilasciamento; ricomparve prima negli arti posteriori. Non mancarono mai i fenomeni già deser tti per parte dell’intestino : mi è parso quasi che ‘ la vita vegetativa, e se vogliano i muscoli lisci, andassero anch’ essi incontro ad un vero te- fano post centrifugo, e che questo tetano venisse espresso o dalla defecazione o dalla emis- sione involontaria dell’ orina. La defecazione precedeva di poco l’accesso tetanico, e 1’ accom- pagnava spesso. La salivazione e la lacrimazione hanno accompagnato spesso i fenomeni della Cf. Alla sezione (8 febbraro) si ebbero a notare le solite bollicine d’aria nei vasi del cervello anemico; bollicine che si potevano far scorrere a volontà premendo coi diti in vicinanza loro. Il ventricolo sinistro del cuore era contratto, il destro ripieno di grumi. Per il resto non si ebbe a notare che un grande versamento sanguinolento nell’addome (50-60 cc.), di data non recente, che non coagulava a contatto dell’aria, e una incipiente degenerazione grassa del fegato. ” 76 ESPERIMENTO IV. Esperimento IV. (Riassunto) Cagnetta F, cucciola. Fu centrifugata dal 14 Febbraio al 9 Marzo, le prime volte per 1’, 30”, 1°, 45”, 2), e per il seguito per 2’, 15” : la Cf fu ripetuta per 18 volte a testa in dentro \Cf.c.f.). Sia per la giovinezza della cagnetta, sia per la minor durata della Of. certi risultati presero fisono mia speciale, e meritano di essere ricordati. : llra i primi vanno messi i rapporti tra polso e respiro: in generale essi si mantennero quali noi li abbiamo fissati, ma talora cambiarono ; così: 18 Febbraio: Arresto del respiro . cuore dapprima raro, poi frequentissimo (P. 84 in 30”) torna a farsi raro un po’ prima della comparsa della ripresa del respiro 2/ Febbraio (subito dopo arrestata la centrifuga). « Polso frequentissimo, che subito dopo diviene raro, poi cessa: il respiro è arrestato: torna poi il polso, e in seguito il respiro ». Il fenomeno si ripete il 22, il 26. 25 Febbraio (c. s.). Polso lento, poi frequentissimo (24 in 10”), poi arresto del cuore e ripresa del respiro: poco dopo il polso ritorna, e le prime due pulsazioni sono sinerone con due in- spirazioni. Il fatto si ripete il 27. 28 Febbraio (c. s.). Polso lento, che si fa poi rapido, e subito dopo si arresta, cioè al mo- mento in cui l’animale fa la prima inspirazione : riprende dopo 30” eirca. 2 M'rzo (c. s.). Polso lento, poi rapido : ritornato il respiro il cuore si arresta per 15”, e riprende con la successiva inspirazione Il fenomeno si ripete il 3, e, in parte, il 5 Marzo. Il polso dal principio alla fine del periodo di Cf si è mantenuto quasi costante, oscillando da un minimo di 52 ad un massimo di 76. i Il respiro si è quasi sempre trovato in arresto dopo 2° 15” di Of. : l’arresto era in inspi- razione; il respiro riprende talora dopo 1’, 45” o 2?. 1 La pupilla ha mostrato caratteri assai interessanti; cito dal giornale : 23 Febbra o—Ore 2, 42, 20” — pupilla dilatata; sembra che con la prima respirazione la pupilla si sia dilatata anche di più. Ore 2, 43 — la pupilla si è ristretta, mentre il cuore si è fatto più lento. 25 Febbraio — Ore 4, 46 — pupilla sempre dilatata (dopo 1° dall’arresto). » 4, 47€ — comincia a ristringersi la pupilla, mentre il cuore è sempre lento, e il respiro arrestato. >» 4, 477, 30” — la pupilla si è ristretta durante l’arresto del respiro. 26 Febbraio — O. 1, 38°, 15” — pupilla dilatata, cuore lento poi frequentissimo, poi nuova- mente lento. Ore 1, 39 — la pupilla comincia a restringersi prima che ritorni il respiro, rimanendo invariato il ritmo cardiaco: poco dopo il restringimento si è avuta una inspira- zione profonda. 28 Febbraio — Ore 2, 50’, 15” — pupilla dilatata, ripresa del respiro. >» 2, 52° — la pupilla comincia a restringersi » 2, 54 — la pupilla si restringe alla grandezza naturale quasi d’un colpo, lo stesso fenomeno si ripete nei giorni seguenti) de - ESPERIMENTO IV 77 La salivazione ha accompagnato talora la legatura dell’ animale dopo che esso era stato sottoposto da qualche tempo alla Cf, ha seguito la Cf ed ha continuato spesso anche dopo che l’animale poteva reggersi in piedi. La defecazione segue quasi sempre la comparsa della rigidità negli arti posteriori. I fenomeni che si riferiscono alla vita di relazione, furono, in generale, meno accentuati che negli altri cani, ma vi si uniformarono, nell’ ultimo periodo specialmente, per quel che riguarda il carattere stricnico già descritto. I riflessi potevano provocarsi con maggiore energia stirando la coda, che usando degli arti. La sensibilità tattile era evidentemente disturbata, perchè, anche nel momento in cui l’animale poteva reggersi in piedi; trovo seritto : 22 Febbraio : a stento riesce ad alzarsi, ma cadendo sconciamente sul davanti si caccia una delle zampe anteriori dietro gli orecchi trovando difficoltà a toglierla da questa posizione anormalissima, I 24 Febbraio: arrivata a reggersi in piedi cammina saltellando, e sembra che non senta il terreno. 25 Febbraio — Cammina pel laboratorio alzando fuor di misura le zampe e battendole poi fortemente sul suolo. i Per quel che riguarda gli altri sensi posso dire di aver solo rimarcato che, subito dopo che il cane era in grado di reggersi in piedi, passava indifferente davanti al suo giaciglio ot- dinario,, percorrendo il laboratorio in lungo e in largo, indifferente alle persone e alle cose che gli si paravano davanti Quanto poi ai fenomeni che si dichiararono fissi, direi quasi cronici, son da notarsi: un dimagramento notevole, mancanza di appetito, diarrea nell’ultimissimo periodo, cambiamento di carattere, irrequietezza dell'animale: tentativi di mordere chi si avvicinasse anche a carez- zarlo. L'unimale potè, in genere, reggersi in piedi dopo 10’, 12°, nè ebbi a notare che questo periodo tendesse a prolungarsi o scorciarsi col progredire della C£. Esperimento V. 8 Gennaio 1895 — Si cloroformizza una cagna, e si mette allo scoperto la zona motoria a sinistra: si determina il grado minimo di eccitabilità per l’arto posteriore destro, e a Ore 2, 45, si centrifuga per 1’, 30”.—Dopo arrestato il movimento si sentono le pulsazioni della femorale: il cervello è più pallido, ed ineccitabile; diviene eccitabile appena che il cuore e il respiro h. nno ripreso: manca il riflesso corneale. Dal momento in cui si è cominciata la Cf. non si è dato più cloroformio, e non se ne somministra più. Or. 3 — L’animale è quasi sveglio : l’ eccitabilità minima centrale si ha alla distanza di 9, 3 della solita slitta di induzione. Si centrifuga per 1’. Dopo: cuore e respiro arrestati; lo stesso grado di esitazione corticale subito non produce nulla, poi soli movimenti di estensione, invece dei soliti movimenti di flessione dell’arto posteriore ottenuti prima della Cf. Il cuore raro dapprima si è fatto poi più frequente. Ore 3, 10—Cf. per 1’ — Dopo: cuore quasi arrestato : l’eccitazione del cervello è accompa gnata da qualche tentativo di movimenti di estensione, seguiti poi subito da quelli di flessione: la corrente che dava prima della Cf. movimenti molto energici le dà ora molto deboli. 78 ESPERIMENTO V Ore 3, 25 — Cf. per 1’ 830” — L'animale che gridava prima di esser messo in moto e al principiare di questo cessa dopo 30” di Cf Dopo: l’eccitazione, a cuore e respiro arrestati, è inefficace Il cuore riprende dopo fatta un po’ di respirazione artificiale per mezzo di pressioni sul torace, ma è lentissimo : anche a cuore lentissimo l’eccitabilità corticale è nulla : sospendendo le manovre sul torace il respiro non si ha, quantunque il cuore vada assai regolarmente. A ore 2, 39 ritorna il respiro e l’eccitabilità cerebrale alla distanza della slitta. i Si fa a questo punto la tracheotomia, si mette una cannula nella trachea, e la cannula stessa, per mezzo di un tubetto di gomma, in rapporto colla tubulatura che serve per prender la pressione: all’estremità periferica del tubo lungo orizzontale si innesta un pezzetto di gomma da mettersi, al momento indicato, in rapporto con un soffietto a respirazione artificiale. A questa estremità è facile, mettendovi innanzi un cerino acceso, verificare la durata dei moti respiratori; e al loro arrestarsi praticare la respirazione artificiale. i Ore 3, 42 — Cf. per 1’ 30”, e respirazione artificiale tostochè il respiro si arresta: dopo : cuore arrestato malgrado si continui la respirazione artificiale, cervello pallido. Dopo 1’ ritorna il battito cardiaco : eccitando a questo punto il cervello si hanno movimenti d’estensione. Dopo 2°: cuore lentissimo: dà 24 pulsazioni al 1°; il respiro spontaneo non è ancora tor- nato; il cuore è sincrono colla respirazione artificiale. A. ore 3,48 ritornano î movimenti di. flessione: l’animale respira ora spontaneamente. Dopo 4’ si hanno contratture dell’arto posteriore. Ore 4. — Cf. I’ 3)”: arresto del respiro dopo 2)”. — Dopo: cuore arrestato, che ritorna dopo 30”; momento in cui riappare anche l’eccitabilità corticale con movimenti di estensione. Il cer- vello a questo punto si fa più rosso: dopo 2° 39” ricompare èl respiro, e insieme i movimenti di flessione : l’animale tiene gli arti in posizione forzata, quasi in tetano (periodo della contrat- tura): l'eccitazione li porta in flessione. È 4% O. 4,17 C£. 2°, (ved. testo) e respiro artificiale dopo 49”. — Dopo: cuore arrestato, cervello anemico; si ripetono i soliti fatti, SE Si ripete tre altre volte la Cf. : una volta per 8’, una seconda per 2° 30”: si ha la comparsa dei soli movimenti di flessione coincidente col ritorno del respiro. Una terza volta si centrifuga A per 4’ senza respirazione artificiale, e non si ha arresto del cuore. L'animale, lasciato a sè la sera, muore nella notte. Lisperimento, VI. 27 Marzo.— X è un canetto con pelo rosso e lungo, con coda a spazzola, di quelli che. usano i barrocciai per guardia del loro carico. Da 15 giorni è ospite del nostro laboratorio. In questo tempo si è reso familiare con tutti, e dimostra le migliori attitudini per aiutarci ari solvere il problema «se nella Cf. cefalofuga vi sono dei mutamenti notevoli della intelligenza | e del carattere». Pr Ha un olfatto finissimo : è stato capace di tirar fuori da un mucchio di vetri rotti un pez. — zetto di budello legato in fondo ad un vecchio endosmometro : sente anche a distanza l’ odore della carne cotta, per i cani operati del laboratorio. i di un wdito squisitissimo : si scote ad ogni minimo rumore; se questo è forte e sgradevole si mette ad abbaiare; ma riconosciuta la i ani ESPERIMENTO VI 79 arrivato vicino, si butta a pancia all’aria dimenando la coda e cacciando fuori la lingua: nei momenti di attenzione uditiva tien diritte le orecchie. Ottima la vista: riconosce ormai e fa festa a tutti noi: abbaia se vede persone estranee. È di gusto assai delicato; mangia bene il pane ma preferisce la carne, che mangia avidamente. È di una mobilità straordinaria : non sta mai un momento fermo anche se tenuto a catena: è di una affettività quasi esagerata, tanto da farci soffrire al pensiero di doverlo sottoporre in seguito alla dura prova della Cf. giornaliera cefalofuga. Le sue funzioni digestive si compiono regolarmente 2 Maggio. — Si sottopone oggi per la prima volta alla Cf, la quale si ripete nei giorni 3, samib NG: 7,8, .‘.. 12, 18, 14, 15, 16, 18, 2). 21, 23, 25, 2), 27, 28, 29. — La durata della C£ fu di I° 15” fino al 13’ Maggio: di 1°, 39” dal 14 al 2), di 1’, 35” fino al 29 epoca in cui si sospende, per studiare il progredire spontaneo dei fenomeni anormali, se ve ne dovranno essere I giri compiuti furono 200-225 al 1’. | Durante il periodo della Cf., oltre i soliti fenomeni immediati post-centrifughi, si ebbero a notare, (copio dal diario): 4 Maggio — Si nota che il cane ha perduto di appetito; è più calmo, meno festoso: 7 Id. — Prima della Cf, si mostrava gratissimo a chi lo liberasse dalla catena da cui era obbligato di occupare la sua cuccetta, e correva come pazzo di gioia per tutto il laboratorio: ora si mostra quasi indifferente ai suoi liberatori, e non corre più a precipizio per le stanze. Non mangia più il pane: siamo costretti a nutrirlo a pane e latte. : 15 Maggio — Mentre era accovacciato essendomi io avvicinato al suo giaciglio, si rizza d’un tratto e mi abbaia in aria minacciosa come era uso fare a persone estranee. Strano cambia- mento se si ripensa alla grande affettività che mi aveva sempre dimostrato: i 16 Id. — Mangia pochissimo : della zuppa di pane e latte beve il solo latte. 18 IA. — Il cane vien nutrito a sola carne di cui è avidissimo, e che gli fa riprendere della 3 sua festività. g 21 Id. — Si nota spesso, nei periodi intercentrifugali, che il cane sembra molestato da sensa. — molesti — chiamato anche a voce altissima, non risponde più: ai rumori più potenti non rea- | zioni anormali, perchè non fa che leccarsi e grattarsi quantunque, per ora, sia privo di insetti gisce: non è possibile arrestarlo colla voce, e farlo voltare mentre esso si allontana. Prendendo come punto fisso il momento in cui, dopo la Cf, era in grado di reggersi in piedi, non si ebbero a notare grandi differenze tra i primi e gli ultimi giorni della Cf.: in media dopo 10°-14 fu sempre in grado di reggersi in piedi. Il canetto visse, senza essere centrifugato, fino al 18 luglio: la Cf essendo cessata il 29 | maggio, vi sopravvisse 56 giorni: ma i suoi ‘effetti, non che dissiparsi, andaron sempre aggra_ vandosi. Questi effetti possono riassumersi nel modo seguente : Tutti gli organi della sensibilità furono colpiti in una maniera durevole e progressiva. La vista: se esso riusciva a dirigersi nelle diverse parti, ad evitare gli ostacoli, abbiamo motivo di credere che esso non sapesse più riconoscerli nelle loro qualità: il non far differenza tra ‘un estraneo e una persona nota, il rivoltarsi a persone conoscenti e ricercate prima, son fatti più volte notati nel periodo remoto post-centrifugo. L'udito rimase completamente abolito durante tutto questo tempo — su questo punto non ho altro da aggiungere. Per il gusto e l’olfatto non ho potuto raccogliere dati così positivi come per la vista e l’udito : certo, tra i cibi appresta- tigli, era in grado di scegliere, prima tra il pane e il latte, preferendo quest’ ultimo, poi tra ‘pane e la carne, a vantaggio di questa: non lo si vede più fiutare con avidità nei diversi si 80 ESPERIMENTO VI punti del laboratorio, come faceva per l’innanzi. La sensibilità tattile e forse il senso muscolare rimasero colpiti fortemente : il cane nel camminare e nel correre poggiava spesso il corpo sul dorso delle zampe : se si collocava un arto in posizione anormale esso velo manteneva per qualche tem- po non sentendo la posizione anormale. L’ho visto spesso rimanere in piedi, fermo e sonnolen- to, cogli arti anteriori talmente divaricati che il torace quasi toccava terra: quando il divari- camento aveva raggiunto un massimo, in opposizione assoluta colla stazione eretta, allora sol- tanto esso ritirava le due zampe, mettendosi in posizione quasi normale, Il cane deperiva giorno per giorno, quantunque si cercasse di sodd s"are a tutti i suoi capricci nutritivi: il dimagramento al 15 luglio era enorme; il cane sfuggiva tutti e stava continuamente rincantucciato : al 16-17 luglio rifiutò qualunque sorta di cibo, e il 18 mattina fu trovato morto. All’autopsia: L'aspetto generale è quello che può presentare uno scheletro di cane rico- perto con una pelle: le parti molli, a questa sottostanti, o non si vedono o appaiono come ombre. I tessuti, tagliati, non lasciano sfuggire una goccia di sangue. Nulla di notevole nella cavità toracica : fegato con orli degenerati in grasso, di tinta chiaroverdastra, sparso di pun- tini o bastonelli colorati in rosso. Milza disfatta, nera: ha perduto la sua struttura caratteri stica. Intestini pieni di gas, pallidissimi: reni profondamente anemici, tanto da non distin- guersi la sostanza corticale dalla centrale. Il cervello e il midollo spinale sono profondamente anemici. BIBLIOGRAFIA nn E. MenpeL — Ueber paralytischen Blòdsinn bei Hunden. Sitzungberichten d. kg Preuss Akad. der Wissensch. XX 1T Ap. 1884. KisseLIow — Zur frage der experimentellen Epilepsie. Dissert. St. Petersb. 1892 SaLaTtHÉ — Influence des attitudes sur la circulation cerebrale. Travanx du Laboratoire de Marey — Annéèe 1877. MorTT E SHERRINGTON — Experiments upon the influence of sensory nerves upon movement and nutrition of the limbs. Proceeding of. Roy. Society LVII 481-488. _ H. CHARLTON BASTIAN — Note on the relation of Sensory Centres to voluntary Movement. Proceed. of Roy. Soc. Vol. LVIII n. 349, pag. 89, 1895. E. _ S. Tomasini — L’eccitabilità della zona motrice dopo la recisione delle radici posteriori spi- nali. Lo Sperimentale Anno XLVIII Sezione biol. IV, 1894. È GurNnIKow — Exper. Untersuchungen iber Anemie u. Hyperemie des Gehirns, in ihrer Be- ziehung zur Epilepsie. Pfluger?s Archiv. Bd. 49 1891, pag 609. I. Tissor er CH. ConreJEAN — Sur les effets de la rupture du circuit sensitivo-moteur des 4 muscles dans sa portion centripète. Comp. Ren. de la Societè de Biologie. Tom. II dix. se- i rie. n. 26 1895. pag. 569. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. 11 “Si : : x ; - nd - ) È Pa È Lt a ù n é Le i / ì au LITÀ o » ' “x , E. SOLER Nuove ricerche sulla rifrazione in Sicilia (NOTA II) Una serie di osservazioni relative alla rifrazione astronomica orizzontale , eseguite * cl permise di constatare che le quantità nel 1894 ed inserite in una Nota precedente, di rifrazione osservate si tenevano in media più basse di quelle calcolate colle tavole ordinarie. Non sembrandoci il risultato privo d’interesse , eseguimmo nel secondo seme- stre del 1897 una nuova serie di osservazioni stellari, per studiare se nel nuovo periodo si verificasse il medesimo fatto. Contemporaneamente eseguimmo delle zenitali terrestri sopra una mira luminosa situata nel Semaforo di Monte Pellegrino (che cade verso il Meridiano della Specola della Martorana, ove noi stazionavamo), colla intenzione di stabilire dei confronti tra le quantità di rifrazione ad esse relative e quelle relative alle zenitali delle stelle prescelte, le quali avevano altezza poco diversa da quella del Semaforo. Però la piccola distanza (m. 5750 circa) e il limitato dislivello (m. 564 circa) tra Martorana e Pellegrino appor- * Cfr. Soler—Nwuove ricerche sulla Rifrazione în Sicilia. (Giornale di Scienze Naturali ed Economiche di Palermo, 1895), 84 SULLA RIFRAZIONE IN SICILIA ta una quantità di rifrazione assai tenue; la quale inoltre, non essendoci stato possibile eseguire la livellazione geometrica tra i due punti, fu dovuta calcolare con uno dei me- todi numerici noti, e per quanto avessimo adoperato le formole di Bessel, da cui, come mostrammo in altro luogo, * possono desumersi risultati accettabili quando non si tratti di dislivelli molto grandi, pure ci risultarono poco apprezzabili le differenze tra le varie serie (V. Tavola 1); e quindi giudicammo poco concludente il fare i confronti acccennati, che pur, potendo avere condizioni propizie, non ci sembrerebbero privi d'interesse. Riguardo alle osservazioni diremo, in ispecie, che esse furono eseguite, come nel 1894, col teodolite Starke, il cui obbiettivo veniva illuminato da apposito disco. Il tempo medio, in quelle astronomiche, era fornito dal solito cronometro Weichert, n. 2153, posseduto dal Gabinetto di Geodesia, e il cui stato era determinato nel perio- do estivo col sole e nel periodo autunnale colle stelle. ** I dati metereologici erano notati parecchie volte durante le osservazioni, e quelli inscritti nelle tavole sono la media delle varie determinazioni, le quali del resto, durante il breve periodo delle osservazioni serali, differivano di poco. La mira notturna, che è quella stessa da noi adoperata nel 1894, fu situata nello interno del Semaforo di Monte Pellegrino, per essere riparata dal vento. La costante @ di Bessel, necessaria al calcolo delle quantità di rifrazione terrestre ***, si cavò dalle osservazioni reciproche e contemporanee eseguite nelle sere del 14 e 15 Dicembre 1897 tra il Semaforo di Monte Pellegrino, ove stazionavamo noi, e la Specola della Martorana, ove stazionava il Prof. Venturi. Il suo valore è dato da : log p=2,692036. La formazione delle tavole è abbastanza chiara, perchè vi spendiamo intorno molte parole. Accenniamo solo che nella Tav. I. nelle colonne Az, Ah, At, Ai sono segnate le differenze tra le medie relative alle z, b, t, i (inserite a piè delle relative colonne) e le varie determinazioni delle stesse. * Cfr. Soler—Sv talune teorie di Rifrazione geodetica. ‘Atti della R. Accademia di Scienze di Palermo, 1892. #* Nella tavola relativa esso è riferito alle 9 p.m. ora in cui mediamente avvenivano le osservazioni stellari. ##* Cfr, E. Soler—Sw talune teorie di rifrazione geodelica. Pag. 15 e ss, » fd 1 pi, da a LT fe Aa LE DIVISERO SRP PI VAC DS TI 0 VO da i NUOVE RICERCHE 85 In quelle relative alle zenitali stellari ciascuna della quantità di rifrazione è data media della quantità relativa ad una osservazione col connocchiale destro ad una nochiale sinistro ; avendo accoppiato le osservazioni in ordine cronologico : la 1% >è-t-|tTx7}t—tt@m-m-è--è ‘er'g | 0‘25°0'78 8 ‘ELI nea 218 a | i | < M m. GIL FO 8 ‘67 GI 9 ‘OT ‘ST I È e ‘I8 ‘F0 9 ‘Ie El 9 ‘9g I | I | È 6 ‘8g ‘90 + ‘16 ‘61 9860 | | | Li 'Galso | 29671 O I TRO TO La: e ‘Te L ‘64 ‘90 6 ‘e0:eI 9 ‘91 Fa RS | | L'9 6 ‘Ir ‘90 0 ‘se ‘FI FR ai ! gia 0 ‘07 ‘90 0 ‘IF FI Digg n ga gl 369 60 ‘8 0%01 (FI oF8 | 9 598 ‘87 ‘8 (01 I I | QIQUIBAON 8 ii RYBAI9SSO @[eqIuaz, | Eqe|oo{eo a[eHue7z SRESNSEE | 3 2 Q 1 VIVO eyquent) i SANEA ortpo1 ode], E. I ; MMM MI Pi I i TSO EE O ! ((eW) Pest e BITOp TUOIZBAIOSSO SULLA RIFRAZIONE IN SICILIA 0 SI FIT. QzUOI9GIP 9]9p BIPOI t n vs De St _ N SS ri azuas9FI(] St 09809 lo To GOL L: 9 ENI A Ot 6 G_6S 9 6 She E 17 ILE a 9 "L ‘S®P ") E] OPUod| apRAI9SSO *ZRIJ 95 agR]oo]eo aUoiz “capa 1p egguendy LI Lie 99 8‘0LL 8‘FI SLA SL 6'L9L 8‘I ‘Fe 6 14) L'69L 9'SI VARA 88 c'99L S'6I “brado 89 8'F9L S'FI ‘Ip_°9 9L T'69L c'GE ‘199 OL 6'89L VIE DV9 89 6'C9L SEG ‘69.9 ld ralOz 6 FE ‘DO ‘% OL 69, | FE SRL 89 6'C9L G'EE MPI RUrOA GL L'TOL GE (/ (7) 2 Ip egguend) OAT]UNSSEI] OIpent) 9 ‘08 ‘FRS 878 6069 "ISO T'.21‘,0% ‘09 VZZALIV (fem) ses | 91ONO TI x ‘quientos 7 « « 06 « < 97 SIOUAT 33 < 61 « <« 0 « <« 96 SUA GI | 09808Y 6I ITS EITP QUION VIVA PI, RI Pe I 94 NUOVE RICERCHE Gi Il quadro riassuntivo precedente dà luogo a delle considerazioni, che crediamo utili esporre. i In primo luogo consideriamo che, più d'una volta, si riscontrano relativamente ad una medesima stella traettorie sensibilmente diverse mentre le condizioni metereologiche si mantengono sensibilmente eguali. Si riscontrino, p. e, le zenitali relative alla 15 Lyncis nelle sere del 19 e 30 Agosto ; e quelle relative alla 24 Lyncis nelle sere del 18 Agosto e 2 Settembre. Si noti che anche nel 1894 ebbe a riscontrarsi qualche fatto analogo : p. e. per le zenitali relative alla è Ursae per 1'8 e 16 novembre. Questa considerazione tenderebbe a mostrare che le condizioni metereologiche ambienti nel luogo di osservazione non sono sufficienti a spiegarci completamente il fenomeno della quantità di rifrazione orizzontale, come le sono per la rifrazione delle stelle alte sull’orizzonte. In secondo luogo, notiamo che le quantità di rifrazione osservate si tengono nel nuovo periodo costantemente più basse di quelle calcolate mediante le tavole della C. des T., fenomeno già notato nel 1894. Per quanto i fatti accennati si siano constatati in due periodi assai distanti tra loro, ed il secondo specialmente con una persistenza notevole, ci riserbiamo ad ogni modo di procedere ad altre serie di osservazioni prima di venire a delle conclusioni d’ indole generale. se LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO NELLA PROVINCIA DI PALERMO Per GAETANO GIORGIO GEMMELLARO MOLLUSCOIDEA n BRACHIOPODA TEREBRATULIDAE RHAETINA, Waagen. RHAETINA LEPTON, (XEMM. (Tav. XXV, fig. 1 a 9; Tav. XXVII, fig. 61.) boe: hezza ee et Re Oni pan o 6) gm; YYmm È Larghezza .-.. .... . 79m jam q90m j9Q0m ]J4mm j5um : Spessore Sr ei Te RIA IA! 3mm 5mm 5I/pmm fam jomum ]9Qmm f È Questa specie, per la sua rassomiglianza con i /ielasma del gruppo del Dielasma biplex Waag., venne da me riferita a questo genere che è predominante nei terreni pa- pu superiori. Di seguito, avendo fatto sopra parecchi suoi esemplari dei tagli cardi- nali e delle preparazioni, mi sono convinto che manca di lamine dentali, e che quindi mi ero ingannato sopra il suo riferimento. Nella serie carbonifera e permiana non si conoscono altri generi di Teredratulidi, a ‘emi essa si possa rapportare; invece nella triasica vi sono le A%aetine, con le quali confronta perfettamente nei caratteri interni e nello aspetto generale. Tale fatto non mi fa esitare di riferire al genere fe/haetina una forma che, sebbene provenga dal paleozoico su- eriore, non si può staccare da tale genere, che fin’ora si credeva essere comparso nel trias. Questa specie è allungata, ristretta alla regione apicale e più o meno compressa ai lati. Questa compressione è forte nei piccoli e fortissima nei grandi esemplari, il che rroduce delle notevoli differenze nei loto caratteri esterni. La valva dorsale più grande 96 LÀ FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA di quella ventrale è longitudinalmente arcuata e più o meno angolata sulla linea media- na, donde scende ai lati rapidamente negli adulti, e dolcemente nei giovani. Essa in que- sti ha la fronte semplice, e in quelli provvista d’un forte seno mediano che vi determina ai lati due pieghe che si prolungano fino ad un terzo della sua altezza. La valva ventra- le è poco profonda, areuata ed escavata longitudinalmente. Questa escavazione è stretta all'apice e si allarga sempre quanto più si avvicina alla fronte. Sul suo terzo anteriore, negli esemplari adulti, vi è una piega mediana limitata ai lati da due solchi che variano in grandezza secondo lo sviluppo del seno e delle pieghe della valva dorsale. L’apice è corto, fortemente curvato, un poco depresso nella sua parte superiore e provvisto ai lati d’uno spigolo che circoserive una specie d’area Jaterale sotto-apicale. Il forame è di discreta grandezza, rotondo e sì prolunga inferiormente a forma di doccia. Il deltidio è dì rego- lare grandezza. La commessura delle valve, che nella regione sotto-apicale è sinuosa, con la convessità rivolta verso la valva dorsale, ai lati diviene marginale e fortemente arcuata, con la convessità verso la valva ventrale, e alla fronte ora è semplice ed ora più o meno sinuosa secondo lo sviluppo della conchiglia. Gli esemplari che conservano lo strato esterno hanno i fianchi ornati di finissime strie radiali. Essa è provvista di fine strie concentriche d’accrescimento, fra le quali se ne osservano alcune più forti. La sua punteggiatura è finissima. i Le sue lamine settali si vedono per trasparenza nel quarto posteriore della valva dorsale. Esse partono dall’apice e divergono dirigendosi verso gli angoli frontali. Il suo apparecchio brachiale (Tav. XXV fig. 9) per la forma e per la grandezza è simile a quello delle Ahaetine tipiche. Nei giovani esemplari la sua lamina trasversale, però, è fortemente arcuata verso 1’ apice in modo di arrivare quasi al livello delle punte rarali (Tav. XXVII, fig. 61). Le sue impressioni muscolari non si conoscono. i Questa specie, sebbene genericamente diversa, ha molta rassomiglianza col Dielasma biplex Waag. e il Dielasma problematicum Dav. Si distingue dal Dielasma biplex Waag. per essere più compressa ai lati, escavata sulla linea mediana della valva ventrale e più stretta all'apice che termina molto più acuto, con spigoli ai lati e con forame più pic- colo. Inoltre la sua valva dorsale è più convessa nella direzione longitudinale e le sue pieghe frontali sono meno estese verso l’ apice. Più vicina al Dielasma problematicum Dav. per la compressione ai lati, se ne allontana di più per gli aitri caratteri. Essa è meno curvata alla regione apicale, la sua valva ventrale sulla linea mediana è plicata soltanto alla porzione frontale e i margini della regione apicale della sua valva ventra- le sono poco estesi verso la dorsale, per cui la loro commessura forma una piccola sinuo- sità, che nel Dielasma problematicum Dav. è grandissima. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 97 La Rhaetina lepton Gemm. proviene dal calcare compatto e grossolano con Fusw- lina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo- Adriano nella Provincia di Palermo. Gli esemplari qui figurati, con parecchi altri, sì con- servano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. HEMIPTYCHINA, Waagen. HEMIPTYCHINA GENUFLEXA, Gemm. (Tav. XXV, fig. 18 a 28; Tav. XXVII, fig. 58; e Tav. XXX, fig. 43 e 44.) Lunghezza... << . .. 20mm jgmm j9mm {9mm j@mm j5mm Larghezza... .... gm jpmm j90m {4mm jjmm. j(mm Spessore... ... . 1Qmm jjmm jjmm jgmm j9mm gum Conchiglia allungata, fortemente curvata nella sua porzione posteriore, compressa ai lati, e troncata e plicata alla fronte. La sua valva dorsale è fortemente arcuata nella di- rezione trasversale, mentre in quella longitudinale è nella sua metà posteriore quasi pia- na, e nella anteriore un poco curva e spinta verso la valva ventrale. Essa in questa metà ha ordinariamente tre pieghe larghe, più 0 meno acute e divise fra di loro da due solchi della stessa larghezza, le quali pieghe non arrivano mai ad oltrepassare la metà della sua lunghezza. La valva ventrale è piana trasversalmente e curvata longitudinalmente in modo fortissimo. Nella sua regione frontale è provvista di due pieghe larghe e più 0 meno acute che si estendono molto più indietro delle pieghe della valva opposta. Esse sono divise da tre solchi più o meno acuti al fondo, dei quali solchi il mediano si prolunga assai di più in dietro. L’apice è più o meno fortemente curvato, largo, depresso sopra e rotondato ai lati. Il forame è piuttosto grande, rotondo e termina nella parte inferiore a forma di doccia, che copre intieramente il deltidio. La commessura delle valve, che forma un piccolo seno ai lati dell’apice, è fortemente arcuata e marginale ai fianchi, e sinuosa alla fronte. La superficie della conchiglia è ornata di fine strie concentriche di accrescimento, spesso forti e gradinate verso la fronte, le quali essendo intersecate da strie radiali fi- nissime e avvicinate fra di loro la rendono elegante. Le strie radiali, essendo finissime e superficiali, si distinguono soltanto negli esemplari che hanno la superficie non alterata. La sua punteggiatura è finissima. Le lamine settali sono divergenti. Esse si vedono chiaramente per trasparenza. Questa specie abbonda nei calcari con Fusulina della Provincia di Palermo. Di essa Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol, XXI, 13 98 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA la forma predominante è la triplicata ; vi sono ancora alcuni esemplari in cui la piega mediana resta rudimentale da parere biplicati (Tav. XXV fig. 28); altri che sono quatriplicati (Tav. XXV fig. 25 e 26) e parecchi quinquiplicati (Tav. XXV fig. 27). I suoi esemplari giovani sono con contorno ellittico un poco ristretto alla regione apicale, leggermente compressi ai lati, con la commessura delle valve più o meno acuta e col margine frontale semplice fino al diametro di 8"®e che diviene plicato ad un dia- metro maggiore. i I caratteri interni di questa specie si conoscono in tutte le loro particolarità per trasparenza (1) e per preparazioni dirette. L’interno dell’apice della valva ventrale è vuoto, cioè manca di lamine dentali e set- tali. Il forame nella sua faccia interna è spesso. Il deltidio è largo ; ai suoi lati stanno i denti, che sono a forma di lamine un poco più alte verso il loro lato apicale. La valva dorsale ha l’apice colle pareti rivolte all’interno. Essa manca di processo cardinale. La piastra cardinale, rudimentale, è divisa nella linea mediana, e lascia fra l’angolo interno delle fossette dentali uno spazio libero, nel cui fondo si vedono le la- mine settali. Le fossette dentali sono un poco lunghe e con la parete interna più alta. Fra i loro angoli interni e l’apice nascono le lamine settali che sulla parete interna della valva si prolungano in modo divergente fino ad un terzo della sua lunghezza. Le lamine eru- rali prendono origine dalla parete interna dell’ angolo apicale delle fossette dentali, con la quale stanno unite, concorrendo alla formazione della piastra cardinale rudimentale. Di seguito si distaccano e divenute libere, dopo di avere intersecato le lamine set- tali che stanno sul fondo della valva, si dilatano e producono nel lato corrispondente alla valva ventrale le punte crurali che sono larghe e piegate in dentro. Le lamine dopo di aver dato origine alle punte crurali si restringono, vanno arcuandosi verso la fronte ed arrivate quasi a metà della lunghezza della valva, si ripiegano ad angolo più o meno acuto, e formano la lamina trasversale che è curvata con la convessità rivolta verso l’apice. Sopra alcuni suoi modelli interni si vedono le impressioni dei muscoli adduttori. Nella valva dorsale esse stanno fra le lamine settali; sono strette, un poco raggian- ti, lunghe dall’apice fino a metà della sua lunghezza e divise da una rialzata linea me- (1) Nelle Terebratulidi ho potuto conoscere il loro apparecchio brachiale praticando in un esemplare due sezioni parallele, normali al suo piano mediano, fra loro tanto distanti quanto occorre per abbracciare nella spessezza della lamina, che si forma, tutto l'apparecchio brachiale. Messe queste lamine in un bagno di glicerina per 24 ore si vede per trasparenza l'apparecchio brachiale con tutte le sue particolarità. Le migliori preparazioni si ottengono quando l’interno della conchiglia è ripieno di cristalluzzi di spato calcare. DELLA. VALLE DEL FIUME SOSIO 99 diana. In quella ventrale queste impressioni sono situate un poco sotto dell’ apice e di- sposte parallelamente alla linea mediana; esse hanno un contorno ellittico allungato e leg- germente ristretto verso l'apice. La Hemiptychina genuflera Gemm. ha stretti legami di parentela con la Memip- tychina Nikitini Gemm. e la Hemiptychina Dieneri Gemm. Essa differisce dalla prima specie, perchè questa è col contorno triangolare; oltre a ciò ha l’ apice molto meno curvato , più piccolo e appuntito, e la sua valva ventrale escavata sulla linea mediana. Si distingue parimente dalla seconda, perchè quest’ altra è col contorno pentagonale, for- temente compressa alla metà dei lati e meno curvata nella sua porzione posteriore. Questa specie si trova trequentemente nel calcare grossolano con Fusulina dei din- torni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo ; in quello compatto è un poco rara. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conser- vano moltissimi esemplari in tutti gli stadî di sviluppo. HemipryvoHINA NigITINI, Gemm. (Tav. XXV, fig. 10 a 17) Munghezza\: . 0... 21700 {gnm- 19m 220m MRO OZZAR RR e 12 Od De EM E gl A ST > A SR I SI Conchiglia con contorno quasi triangolare, allungata, ristretta alla regione apicale, molto compressa ai lati e troncata alla fronte. La valva dorsale è più grande della ven- trale, leggermente curvata nella direzione longitudinale e angolata sulla linea mediana, da love si distende ai lati più o meno rapidamente ; essa sulla regione frontale ha tre pie- ghe larghe, acute, divise da due larghi solchi e lunghe fino ad un terzo della altezza della conchiglia. La valva ventrale è piccola, arcuata e provvista di tre solchi e due pic- ghe, corrispondenti i primi alle pieghe e le seconde ai solchi della valva opposta. Questi solchi sono larghi ; i laterali si prolungano fino a metà della sua lunghezza, e il media- no, più largo e profondo degli altri, arriva, sempre restringendosi, all'apice della valva» L’apice è corto, fortemente arcuato, depresso e rotondato ai lati. Il forame è di medio- cre grandezza, rotondo e si prolunga nella sua parte inferiore a forma di piccola doccia. — Il deltidio è di discreta larghezza. La commessura delle valve nella parte laterale sotto- apicale è leggermente sinuosa, ai lati diviene marginale e fortemente arcuata con la convessità rivolta verso la valva ventrale; alla fronte è sinuata. 100 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Questa specie è ornata di finissime strie concentriche d’ accrescimento. La sua pun- teggiatura è finissima. Le sue lamine settali sì vedono per trasparenza ; sono divergenti e lunghe dall’api- ce della valva dorsale sino ad !/, della sua lunghezza. i Le impressioni dei muscoli non sì conoscono. L'apparecchio brachiale è come quello della Hemiptychina genuflera Gemm. I caratteri che la distinguono da questa specie sono stati indicati precedentemente. La Hemiptychina Nikitini Gemm. è stata trovata nel calcare grossolano con Fusu- lina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono parecchi esemplari. HemiprycHIiNna DieNERI, Gemm. (Tav. XXV, fig. 29 a 34) Lunghezza... + di 0 lemmi mm &mm Larehezzat Co PE e ee mm Spessore... . .... nm 71/mm 5mm Cori Conchiglia con contorno pentagonale e troncata alla fronte. La valva dorsale alla metà della sua lunghezza ba una compressione ai lati che determina nella sua parte mediana un’area triangolare lunga dall’apice agli angoli della fronte. La valva ventrale è meno grande di quella dorsale, e regolarmente curvata nella direzione della sua lunghezza. L’apice è stretto, curvato, e senza spigoli ai lati. Esso termina con un forame rotondo e di mediocre grandezza che sì prolunga nella sua parte inferiore a forma di doccia. Questa specie ha ordinariamente nella regione frontale della valva dorsale tre pie- ghe divise da due solchi, lunghe fino a metà della sua lunghezza, delle quali le due la- terali sono più grandi ed elevate della mediana , che è piccola e situata in un piano più basso, come se fosse nel fondo d’un seno. Esse producono sulla valva ventrale tre solchi, di cui il mediano, largo e profondo, sì prolunga fino all’apice. Le due pieghe che li di- vidono sono larghe e poco prominenti. Alcuni esemplari hanno le pieghe laterali bipartite ; allora queste cinque pieghe sono della stessa grandezza, ma la centrale è sempre situata in un piano più basso. La Hemiptychina Dieneri Gemm. ha la commessura delle valve un poco sinuosa nella regione sotto-apicale, marginale e curvata, con la convessità verso la valva ventrale, tati DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 101 nella laterale, e sinuosa in quella frontale. Essa è provvista di finissime strie concentri- che d’accrescimento. La sua punteggiatura è estremamente fina. Le lamine settali sono divergenti e di mediocre lunghezza. Esse si vedono per tra- sparenza. Il suo apparecchio brachiale, come si nota nella sezione Tav. XXV, fig. 34, ha le lamine crurali discendenti arcuate più largamente di quelle della Hemiptychimna genu- flexa Gemm. Essa sì distingue facilmente dalla Hemeptychina Nikitini Gemm., perchè è meno allungata, col contorno pentagonale e compressa ai lati soltanto verso la loro metà. La Hemiptychina genuflera Gemm., la Hemiptychina Nikitini Gemm. e la Hemip- tychina Dieneri Gemm. hanno alcuni caratteri esterni che non si incontrano nelle altre specie. Essi sono: la depressione della regione frontale della Joro valva dorsale che è spinta in dietro verso quella ventrale, la forma del forame che si prolunga nella sua porzione inferiore a forma di doccia, e l'andamento della commessura delle valve che nella regione sotto-apicale è più o meno sinuoso, mentre nella laterale diviene marginale e fortemente curvato con la convessità rivolta verso la valva ventrale. I due primi carat- teri sono comuni nei Notothyris. Questi, però, qualunque sia la forma del loro apparec- chio brachiale, che ancora non è perfettamente conosciuto (1), mancano di lamine settali. Le sopra indicate specie, invece, hanno queste lamine, e il loro apparecchio brachiale es- sendo somigliante a quello delle Hemeptyckine tipiche, non ho esitato a riferirle come tali. In quanto poi all’altro carattere cioè, all'andamento della commessura delle valve, vi è da notare che esso non ha importanza, riscontrandosi in varie Terebratulidi (Dielasma, Rhaetina, Waldheimia ecc.) che hanno tutt'altro insieme di caratteri, che le fanno facilmente di- stinguere dalle specie in esame. Di questa specie conosco cinque esemplari che sono stati trovati nel calcare compat- to e grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Essi si conservano nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo. (1) Vedi, Davidson, A. Mon. of the British Fossil Brachiopoda, p. 342, Vol. V, Parte III London, 1884, 102 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA HEMIPTYCHINA PYGMAFA, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 10 a 12, 14 a 19) Lunghezza . 8mm mm 6mm 6mm 6mm Timeohezza:. Co ve 8mm 6mm 6mm@ 6mm 5Bi/,mm Spessore... 0. ;. .. nm gn 31/0 dom gina Questa conchiglia è piccola, con contorno triangolare, con gli angoli inferiori più 0 meno arrotondati, più lunga che larga, oppure così lunga che larga, e con una falsa area pic- cola e stretta nella regione sotto-apicale prodotta da una depressione ai lati degli apici delle valve. Il suo maggiore spessore è alla metà della sua lunghezza, donde va assot- tigliandosi verso la regione frontale, che termina con contorno generalmente tagliente, largo, semplice, o provvisto di pieghe. La valva dorsale è convessa, talvolta alquanto ri- gontiata al centro, e arcuata regolarmente nella direzione trasversale e longitudinale. La valva ventrale è curvata longitudinalmente e un poco più fortemente nella sua porzione posteriore. L'apice è curvato, di grandezza media, qualche volta alquanto grande e ro- tondato ai lati. Esso termina con un forame grande e con contorno ovale. La commes- sura delle valve è quasi dritta ai lati, semplice o sinuosa alla fronte. Questa specie è ornata alla fronte da 6 a 8 pieghe, più o meno uguali, poco spor- genti e divise da stretti solchi. Esse si prolungano indietro fino a metà della sua lun- ghezza. In alcuni esemplari il numero delle pieghe è maggiore, e qualcuna bipartita; in mol- tissimi esse mancano completamente. La sua superficie è munita di strie concentriche d’accrescimento più o meno fine, fra le quali ve ne sono più grandi e sporgenti. La sua punteggiatura è fina. Le sue lamine settali sono di mediocre lunghezza e assai divergenti. L'apparecchio brachiale visto per trasparenza non oltrepassa in lunghezza il terzo posteriore della valva dorsale. Esso somiglia nell’ insieme a quello della Zemptychiwa himalayensis Dav. (1), però ha le lamine discendenti più corte, e la trasversale meno arcua- ta verso l'apice e intiera. Essa si distingue da tutte le Menzipthychine fin'ora conosciute per la sua forma trian- golare e per la sua piccolezza. La Hemiptychina lamellosa Gemm. è anch'essa piccola, ma piriforme, più rigontiata e lamellosa, per cui non si può confondere con questa specie. (1) Waagen, Salt-Range Fossils, Brachiopoda, fas. 1, PI. XXVI, fig. 9 e 10 (Palaeont. In- dica) Calcutta, 1882, cd FIÀ DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 103 La Hemiptychina pygmaea Gemm. proviene dal calcare grossolano con Fusulina delle contrade Pietra di Salomone e Rocca di S. Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Essa è frequente nell’una e nell’altra località. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università ve ne sono moltissimi esemplari. HEMIPTYCHINA LAMELLOSA, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 13; Tav. XXXVI, fig. 26 a 31) Lunghezza... . . . . Qmm _ 8mm Larghezza . . . . . . 77m Gum Spessore... ... +. mm . bum Conchiglia piccola, piriforme e provvista d’una falsa area nella regione sotto-apicale, dipendente da una leggiera depressione ai lati degli apici. La valva dorsale è rigonfiatis- sima al centro, per cui è fortemente curvata nella direzione longitudinale e trasversale. La valva ventrale è poco arcuata, però nella sua porzione posteriore lo è fortemen- te. L’apice è grande, alto, curvato e rotondato ai lati. Esso termina con un forame quasi ovale e grande, che si prolunga verso sotto a forma di doccia. La commessura delle valve è dritta ai lati e più o men) sinuosa alla fronte secondo il numero delle pieghe che la adornano. Queste variano di numero da 3 a 6: sono larghe, basse e si prolungano fino a metà della lunghezza della conchiglia. La sua superficie è coverta di numerose strie d’accrescimento. Sono lamellose e di- sposte in modo imbricato le une sulle altre, fra le quali aleune più sporgenti formano dei leggieri gradini. Essa è punteggiata finamente. I caratteri interni non sì conoscono. Questa specie per la disposizione delle pieghe richiama la Hemiptychina sparsipli- cata Waag., da cuì differisce per essere più ristretta nella parte posteriore, coll’apice più grande e meno curvato, più rigonfiata e lamellosa. Vicina pure alla Hemiptychina pyg- maea Gemm. se ne distingue per le differenze indicate precedentemente. Questa Hemiptychina è rara; proviene dal calcare grossolano con FusuZina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Gli esemplari figurati e altri pochi si conservano nel Museo di Geologia e Minera- logia della R. Università di Palermo. 104 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA ROSTRANTERIS, Gemmellaro Le specie, che riferisco a questo nuovo genere, sono finamente punteggiate, per lo più piccole, piriformi, o ovali, o con contorno pentagonale, e generalmente plicate verso la fronte. Il loro apice è più o meno curvato, e talvolta così fortemente da rendere la conchiglia gib- bosa ; esso è troncato da un forame con contorno strettamente ellittico, terminante a for- ma di doccia, che nasconde il deltidio, e non di raro l’apice della valva dorsale. Esse mancano di lamine dentali e settali. La loro piastra cardinale è estremamente ridotta, rudimentale, e limitata alla parte superiore delle pareti interne delle fossette den- tali, talchè resta sulla linea mediana dell’interno della valva dorsale uno spazio libero. Il loro apparecchio brachiale incomincia dalla estremità superiore della parete interna delle fossette dentali. Le lamine erurali, un poco divergenti, hanno sul loro lato ventra- le le punte erurali grandi, alte e convergenti fra di loro. Ad esse fanno seguito le lamine discendenti che sono arcuate; esse si dilatano e si piegano gradatamente verso la valva ventrale, e formano sulla linea mediana una lamina verticale lunga e prominente, che termina alle sue estremità a punta; una di esse diretta verso la fronte e l’altra verso l’apice. Le impressioni muscolari sono lunghe, strette e situate ai lati della linea mediana. Esse incominciano sotto gli apici delle valve e terminano verso i due terzi della loro lun- ghezza. Quelle della valva dorsale sono leggermente divergenti. Questo nuovo genere apportiene alla famiglia delle Zerebratulidi ed ha dei rapporti d’affinità coi generi Juvavella, Nucleatula e Centronella. Dei due primi generi non sì conosce quale sia la forma, e quale il sito delle impres- sioni muscolari ; nè si sa, se essi siano provvisti di lamine dentali e settali ; però si co- nosce il loro apparecchio brachiale. Esso nelle Juvavelle è cortissimo da non oltrepassare il quarto della lunghezza della loro valva dorsale, e nelle Nweleatule è un poco più lungo e frangiato. Sì nelle une che nelle altre le lamine discendenti, che sono appena arcuate, ad una certa distanza dalle punte crurali si curvano in modo rapido e, camminando pa- rallelamente alla fronte, formano sulla linea mediana la lamina verticale appuntita nel- l'una e nell’altra estremità. L’ apparecchio brachiale di queste Zerabratulidi triasiche ha una certa analogia con quello dei ostranteris, ma non una identicità generica. (1) Quello delle Centronelle gli rassomiglia molto di più; però queste sono provviste di lamine dentali e settali, la loro piastra cardinale è sviluppata, triangolare e spesso forata al centro, e il loro apice configurato diversamente. (1) Vedi, Bittner, Brachiopo?en der Alpinen Trias, pag. 206 a 210, Tav. VII, fig. 1 a 20, Wien, 1890. th e LAT dn " age Gall i e, A Fg $ v b CS - a Ci 6 » DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 105 Le differenze quindi che passano fra i f'ostranteris e questi generi sono notevoli. Quelle fra le Juvavelle e le Nucleatule sono maggiori di quelle che si notano fra essi e le Cex- tronelle ; ma le differenze fra questi, essendo essenziali, non autorizzano a riunire le specie provenienti dai calcari con Fusulna della Sicilia neppure con queste. Fra le Terebratulidi vi sono i Dielasma e le Terebratule (s. st.) che differiscono fra di loro, perchè i primi sono provvisti di lamine dentali e settali. Le Centronelle stanno ai ostranteris per le loro differenze anatomiche come questi due generi stanno fra di loro. Inoltre in quanto alla loro età i /'ostranteris si trovano in una formazione geologica molto meno antica di quelle da cui provengono le Centronelle. I Rostranteris s'incontrano frequentemente nei calcari con Fusulna dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. RostRANTERIS ADRIANENSE, Gemm. (Tav. XXV, fig. 35 a 39.) Lumghezza (0. |. 0.0. 42m i Marphezza: sz: vo ia Am I Spessore; dr. at Gm Conchiglia ovale, ristretta verso la porzione posteriore, un poco dilatata ai lati e quasi troncata alla fronte. La valva dorsale e la ventrale sono nella direzione longitudi- | nale ugualmente convesse con la maggiore convessità nel loro terzo posteriore. L’apice è curvato, corto, rotondato ai lati e appuntito; esso termina con un forame piccolo ed ellit- 3 tieo che si prolunga nella sua parte inferiore a forma di piccola doccia, che nasconde il deltidio. La commessura delle valve è ai lati leggermente curvata in due sensi, nella porzione posteriore con la convessità rivolta verso la valva dorsale e nella anteriore verso la valva ventrale; alla fronte è leggermente sinuosa. i Questa conchiglia alla fronte è provvista di 5 pieghe, cioè: 3 sulla valva dorsale e 2 sulla ventrale; esse sono larghe, poco prominenti, corte e divise da solchi larghi e leggieri. | Le sue strie concentriche d’accrescimento sono finissime. La sua punteggiatura è estre- | mamente fina e soltanto si vede con fortissima lente d'ingrandimento. i Le impressioni muscolari non sì conoscono. L'apparecchio brachiale, visto per trasparenza, occupa più di due terzi della lunghezza | Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI 14 LO 106 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA della valva dorsale; la sua lamina mediana è lunghissima e termina all’estremità fron- tale con punta lunga ed acuta. Questo ostranteris sì distingue per la forma da tutti i suoi congeneri. E pur vero che richiama in qualche modo per la disposizione delle sue pieghe il Rostranteris exile Gemm. ; però questo essendo piriforme, sottile, con 1’ apice lungo e curvato e de- presso sulla linea mediana della valva dorsale si vede subito che è tutta altra cosa. Gli esemplari di cui si dà il disegno sì conservano nel Museo di Geologia e Mine- ralogia della R. Università di Palermo. Questa rarissima specie è stata soltanto trovata nel calcare grossolano con FusuZina della Pietra di Salomone nei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. RostRANTERIS PULCHRUM, Gemm. (Tav. XXV, fig. 58 a 62.) Lunghezza: è. o e Larghezzai co ut tie SI Spessore Log e ST II Questa ann specie è fortemente ristretta alla regione apicale, dilatata ai lati e con la larghezza maggiore alla metà della sua lunghezza. La valva dorsale è poco convessa, ed ha sulla linea mediana una depressione leggiera e triangolare che da sotto l'apice va fino al margine frontale. Essa sulla fronte ha tre pieghe: la mediana che è corta, larga, rotondata e limitata ai lati da solchi della medesima larghezza, e le late- rali, che mentre nel lato interno sono ben circoscritte dai solchi, in quello esterno non lo sono e si confondono colla superficie della valva. La valva ventrale è fortemente curvata e quasi angolata sulla linea mediana, talchè scende ai lati in modo declive. Essa ha alla fronte due piccole pieghe divise da un solco, che corrispondono le prime ai solchi e l’ul- timo alla piega mediana della valva dorsale. L’apice è stretto, lungo e fortemente cur- vato; esso termina con un forame con contorno ellittico che si prolunga nella sua parte in- feriore a forma di doccia. Del deltidio, che viene nascosto dalla doccia del forame, si vedono gli angoli laterali, lo che prova che deve essere largo. La commessura delle valve è acuta e tagliente ; essa è leggermente arcuata ai lati e sinuosa alla fronte. La sua superficie esterna è provvista di fine strie concentriche d’ accrescimento. La punteggiatura è estremamente fina e appena distinguibile con forte lente d’ingran- dimento. Le impressioni muscolari non sì conoscono. L'apparecchio brachiale si conosce per trasparenza. Esso oltrepassa in lunghezza la DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 107 metà di quella della valva dorsale. La sua lamina verticale è meno lunga di quella del- l'apparecchio brachiale del Rostranteris Adrianense Gemm. e termina all’estremità con punte corte, delle quali la posteriore è cortissima. La depressione triangolare mediana di questa specie ricorda quella del Rostranteris exile Gemm., ma essa è molto più dilatata ai lati, con la commessura delle valve acuta e con l’apice più curvato. Inoltre paragonando i loro apparecchi brachiali, quello del Ro- stranteris pulchrum Gemm. è più corto, e la sua lamina verticale termina all'estremità frontale con la punta parimente più corta. Essa proviene dal calcare grossolana con Fusulina della Pietra di Salomone vicino Pa- lazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono pochissimi esemplari. RosrRANTERIS EXILE, Gemm. (Tav. XXV, fig. 63 a 70; Tav. XXVII fig. 60 e Tav. XXX, fig. 42.) Lunghezza . . . . .. {jjmm jQmm j{0mm 9Qmm Larghezza . . . .. . 6mm 6mm 6mm 61/,mm Spessore. . . ... 5mm 5mm 5mm 4i/mm Conchiglia quasi, piriforme e allungata. La valva dorsale è leggermeute curvata nella direzione longitudinale, depressa nella linea mediana e triplicata alla fronte. Le pieghe sono leggiere, spesso oscure e appena distinguibili; d’esse, le laterali sono più sviluppate in lunghezza, mentre la mediana è più larga. La valva ventrale è più grande, profonda e curvata nel senso longitudinale della valva dorsale ; verso la regione frontale è provvista di due pieghe più o meno leggiere, corrispondenti agli opposti solchi della valva dorsale, le quali non arrivano mai fino alla metà della sua lunghezza. Negli esemplari in cui le pieghe sono quasi marginali ed oscure, i solchi mancano; in alcuni non si notano affatto nè pieghe nè solchi, ma il loro margine frontale è largamente e legger- mente ondulato. L’apice è lungo, curvato, rotondato ai lati e termina con un forame el littico che sotto si prolunga a doccia. Il deltidio in gran parte è nascosto da questa. La commessura delle valve è leggermente curvata ai lati, più o meno sinuata e talvolta dritta alla fronte. La sua superficie è munita di fine strie concentriche d’ accrescimento, fra le quali ve ne sono alcune forti particolarmente vicino il margine delle valve. La punteggiatu- ra è finissima. Le impressioni muscolari non si conoscono. 108 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA L'apparecchio brachiale è lungo, e occupa i due terzi posteriori della valva dorsale; la lamina verticale ha le estremità lunghe e appuntite, delle quali quella diretta verso la fronte è più lunga di quella che va verso la cerniera. Questa specie, quantunque più piccola, ha delle affinità col £ostranteris mediterra- neum Gemm. Se ne distingue principalmente per essere più sottile e ornata di pieghe molto meno grandi e talvolta indistinte. Essa è stata trovata nel calcare grossolano con FusuZina della Pietra di Salomone vi- cino Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono parecchi esemplari. ROosTRANTERIS MEDITERRANEUM, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 1 a 6; Tav. XXVII, fig. 59) i Tunghezza.,. + «00 ibm (40m: in Yum Larghezza®. vo; Volare ea Gn Spéssore vi I gio un GI Il Rostranteris mediterraneum Gemm. è con contorno ovale, ristretto nella sua por- zione posteriore e triplicato nell’anteriore. La sua valva dorsale è riella direzione longitu- dinale curvata leggermente e regolarmente, un poco depressa sulla linea mediana e più o meno declive ai lati. La sua valva ventrale è più profonda e nel senso longitudinale fortemente curvata. L’apice è grande, alto, curvato, rotondato ai lati e termina acuminato con un forame ellittico e allungato, che sì prolunga nella sua parte inferiore a forma di doccia. Il deltidio ordinariamente è nascosto ; però in alcuni esemplari ai lati della doc- cia si vedono i suoi angoli inferiori. La commessura delle valve è dritta ai lati e forte- mente flessuosa alla fronte. La metà anteriore di questa conchiglia è ornata di tre pieghe sulla valva dorsale e di due sulla ventrale.. Esse sono prominenti, larghe, acute e divise da solchi della loro stessa larghezza, profondi e angolosi al fondo. Le pieghe della valva ventrale sono un poco più prominenti ed oltrepassano la sua metà anteriore. La sua superficie è provvista di fine strie concentriche d’accrescimento, le quali, ai lati e particolarmente alla fronte, divengono fortissime e disposte a gradini. La punteg- giatura è fina e distinguibile appena colla lente d’ingrandimento. Le impressioni muscolari non si conoscono. Non si sono potute ottenere delle lamine per potere osservare per trasparenza lo ap- DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 109 parecchio brachiale di questa specie. Dai tagli fatti parallelamente ai lati di alcuni suoi esemplari si vede che è lungo due terzi della lunghezza della valva dorsale, e somiglian- te a quello dei Aostranteris. Questa specie oltre di avere qualche rassomiglianza col Z'ostranteris exile Gemm. ha delle strette relazioni d’ affinità col Kostranteris influtum Gemm. Però si distingue da questo, perchè è più allungata e ristretta nella sua porzione posteriore, e perchè le pieghe della sua valva ventrale non arrivano mai presso 1’ apice. Inoltre le loro pieghe hanno diversa forma, e lo aspetto generale poi di queste due specie è an- cora differente, essendo una, dritta e sfusata e l’altra rigonfiata e qualche volta fin’ an- co gibbosa. Essa non è rara nel calcare grossolano con Fusulizna della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono parecchi esemplari. RosTRANTERIS INFLATUM, Gemm. (Tav. XXV, fig. 42 a 45; Tav. XXX, fig. 43.) Lunghezza . . . .,. 1dqmm 13mm 12mm Larghezza . . . . .., Q9mm i0mm 9mm Spessore... . , . . 4jmm 10mm 9mm Conchiglia più o meno ovale, rigonfiata e talvolta quasi gibbosa. La sua valva dor- sale, sebbene areuata vicino la fronte, nel resto della sua lunghezza è appena convessa, anzi quasi appiattita al centro e declive ai lati. La sua valva ventrale è più grande e profonda della dorsale e fortemente arcuata. L’apice è grande, curvato e rotondato ai lati; esso termina appuntito con un forame ellittico e stretto, che nella sua parte infe- riore si prolunga a forma di doccia, che nasconde intieramente il deltidio. Questa specie è ornata di pieghe : 3 sulla valva dorsale e 4 sulla ventrale, che varia- no in esse in lunghezza : quelle della valva dorsale occupano la sua metà anteriore, mentre quelle della ventrale si prolungano molto più in dietro. Le pieghe sono larghe, prominenti, un poco rotondate e divise da solchi della stessa larghezza e profondi. Le valve si incontrano ad angolo assai ottuso, e la loro commessura è leggermente arcuata ai lati e fortemente sinuosa alla fronte. Le sue strie concentriche d’accrescimento sono fine; però vicino il margine delle valve se ne notano alcune grandi e più alte delle altre. Colla lente di forte ingrandi- mento si vede ch’essa è punteggiata finamente. Le impressioni muscolari sono lunghe, strette e situate ai lati della linea mediana. 110 LA LAUNA DEI CATCARI CON FUSULINA Esse incominciano sotto gli apici delle valve e terminano verso i ?/, della loro lunghezza. (Quelle della valva dorsale sono leggermente divergenti. La lunghezza del suo apparecchio brachiale è uguale a ?/, di quella della valva dorsale. Questa specie ha stretti legami di parentela con il Rostrarteris gibbosum Gemm. Questo però è costantemente gibboso, più ristretto nella porzione apicale e depresso sulla linea mediana della valva dorsale. A queste differenze bisogna aggiungere ancora che le sue pieghe sono acute e divise da solchi angolosi al fondo. Essa è altresì affine al PRo- stranteris mediterraneum Gemm. di cui si sono indicate precedentemente le differenze. Il signor Schellwien (1) riferisce con dubbio al genere Dielasma una specie prove- niente dai calcari carnici con FusuZza, alla quale ha dato il nome di Dielasma 2 Toulai Schell. D'essa non si conoscono i caratteri interni, però mi pare probabile, dal suo a- spetto generale, che essa appartenga piuttosto a questo nuovo genere. Il Rostranteris nfla- tun Gemm., meno la forma dell’apice, le rassomiglia molto. Proviene dal calcare grossolano con Fusulna della Pietra di Salomone presso Pa- lazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, di esso si conservano otto esemplari nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. RosrRANTERIS GIBBOSUM, Gemm. (Tav. XXV, fig. 40 e 41; inter. nel testo fig. 1 a 5.) Tunghezza . 00, n dm 20m Larghezza re MO Ot 9Qmm Spessore: "0.0 n a a Moiano Questa rarissima specie, proveniente dal calcare grossolano con Fusulrna della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, è ovale e gib- bosa. La valva dorsale ha una depressione sulla linea mediana limitata per ogni lato da un leggiero rigonfiamento, da dove scende rapidamente verso i margini laterali. Questa depressione è più o meno leggiera, triangolare ed estesa dall’apice alla fronte. La valva ventrale, più grande e profonda della dorsale, è nella direzione longitudinale così curvata (l) Die Fauna des karnischen Pusulnenkatks (Palaeontographica) Band 39, Stuttgard, 1892. EEE er RITO N e 9 EI OOO DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 111 da prendere l’aspetto gibboso. L’apice è molto arcuato, appuntito e rotondato ai lati. Il forame è ellittico, strettissimo e avente quasi la forma d’una fessura; esso si prolunga in basso a forma di doccia e nasconde il deltidio. d è V I margini laterali delle valve s'incontrano sopra uno stesso piano senza formare an- golo ; la loro commessura è leggermente curvata ai lati e fortemente sinuosa alla fronte. Essa ha 3 pieghe sulla valva dorsale e 4 sulla ventrale. Quelle della valva dorsale sono larghe, prominenti, acute e divise da solchi egualmente larghi, profondi e angolosi al fondo. Esse occupano la sua metà anteriore; però le laterali con la loro estremità po- steriore si confondono con i rigonfiamenti proprî della valva in modo da sembrarne la continuazione. Le pieghe centrali della valva ventrale sono larghe, prominenti, acute, lun- ghe dalla fronte fino alle vicinanze dell’apice e divise da un solco a forma di seno, cioè: largo, profondo e angoloso ; le laterali invece sono basse, meno larghe, rotondate e divise dalle pieghe centrali da solchi profondi, ma stretti. La sua superficie è munita di fine strie concentriche d’acerescimento. La punteggiatura è finissima e appena distinguibile con lente di forte ingrandimento. Le impressioni muscolari si seonoscono. I tagli paralleli ai lati delle valve provano che il suo apparecchio brachiale corrisponde a quello dei Rostranteris. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne hanno pochissimi esemplari. RosTRANTERIS SINUATUM, Gemm (Tav. XXV, fig. 52 a 57; inter. nel testo fig. 6) IE RI RAMONA RL PARA VARA RIC ORA C mm WA A O Quan iforiia fun SESSO E I N RON TON SL CID 6nm Conchiglia con contorno più o meno pentagonale, qualche volta triangolare, ristretta e quasi strangolata alla regione apicale e troncata alla fronte. La valva dorsale è discre- tamente arcuata, però lo è un poco più verso l'apice; mentre la ventrale, più grande e profonda di essa, è fortemente arcuata particolarmente nella sua metà anteriore, donde 112 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA scende verso la fronte sì rapidamente da renderla gibbosa. L’apice è di grandezza media, curvato, retondato ai lati e appuntito. Il forame è ellittico, stretto e termina nella sua parte inferiore a doccia. Il deltidio è nascosto. Questa conchiglia è provvista di 7 pieghe: 3 alla valva dorsale e 4 alla ventrale. Le pieghe della valva dorsale sono larghe, prominenti e acute, di cui le laterali dalla fronte vanno fino all'apice, e la centrale più larga, ma meno prominente, si arresta alla metà della sua lunghezza. I due solchi che dividono le pieghe sono larghi, profondi e angolosi al fondo ; essi si riuniscono dietro la estremità posteriore della piega mediana formando un leggiero seno che va fino all’apice. Le pieghe della valva ventrale sono dif- ferenti fra di loro ; le due centrali sono larghe, prominenti ed acute, e dalla fronte vanno quasi fino all'apice, mentre le laterali più strette e meno prominenti si arrestano un poco al di dietro della metà della lunghezza della valva. I solchi che dividono le pieghe la- terali dalle centrali sono stretti; quello mediano che separa le due centrali è un vero seno, largo, profondo, e angoloso che dalla fronte si estende quasi fino all’apice. I margini delle valve si incontrano sullo stesso piano senza formare angoli. La loro commessura è dritta ai lati e fortemente sinuosa alla fronte. La sua punteggiatura è estremamente fina e appena distinguibile con la lente d’in- grandimento. i Le impressioni muscolari non si conoscono. L'apparecchio brachiale è lungo più di ?/, della lunghezza della valva dorsale ; la sua lamina verticale si prolunga in avanti e indietro più di quella dei suoi congeneri. È Questa specie, sebbene abbia delle relazioni di affinità col Rostranteris ovale Gemm., se ne distingue facilmente per essere più corta, gibbosa e col seno ventrale molto più largo. Essa non è rara nei calcari con FusuZina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università ve ne sono parecchi esemplari. RosTRANTERIS OVALE, Gemm. (Tav. XXV, fig. 46 a 51) Lunghezza .... ii avi EI 1a 100 a Larghezza corato dele 8mm 71/gmm mm 8&mm Spessore "0. i i ear] ino n (Questa specie è ovale, qualche volta con contorno pentagonale e più o meno tron- DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 113 cata alla fronte. La valva dorsale è regolarmente curvata nella direzione longitudinale, e più o meno declive ai lati. La valva veritrale, più orande e profonda della dorsale, è anch'essa regolarmente curvata nel senso longitudinale ma più fortemente, e declive ai lati. L’apice è di media grandezza, curvato, arrotondito ai lati e appuntito. Il forame è ellittico e termina nella ‘sua ‘parte inferiore a doccia. Il deltidio, negli esemplari in cui non è nascosto dalla doccia, sì vede che è largo. Le valve si incontrano ad angolo più o meno ottuso, e la loro commessura è dritta o appena curvata ‘ai lati, e più o meno sinuosa alla fronte. Essa è plicata, ed ha ordinariamente 3 pieghe alla valva dorsale e 4 alla ventrale. Le due pieghe laterali della valva dorsale sono larghe, prominenti, rotondate e lunghe dalla fronte fino all’apice; quella mediana invece è meno prominente e larga, e si arre- sta verso la metà della lunghezza della valva. I due solchi che le dividono sono larghi e non molto profondi ; essi oltrepassata la estremità ‘posteriore della piega mediana si riuniscono fra di loro, e formano unico solco, che mano mano restringendosi e facendosi superficiale va fino all'apice. Le‘due pieghe laterali della valva ventrale sono piccole non ben di- stinte e svaniscono a pochi millimetri del margine frontale; mentre le due centrali, larghe, rotondate e prominenti, incominciano dalla fronte e terminano all'apice. Queste sono di- vise fra di loro da un seno largo e profondo che le accompagna in tutta la loro lun- ghezza, e quelle sono divise dalle pieghe centrali da solchi stretti e superficiali. Vi sono degli esemplari che hanno sopra ciascun lato della piega mediana della valva dorsale un’ altra piega piccola e rudimentale. Questa ‘specie è provvista di finissime strie ‘concentriche di accrescimento e d’ una punteggiatura distinguibile soltanto con lente di forte ingrandimento. Il suo apparecchio brachiale per trasparenza non si conosce. I tagli, paralleli alla commessura delle sue valve, mostrano che la sua lunghezza è maggiore della metà di quella della valva dorsale e che la lamina verticale si prolunga pochissimo verso la fronte. In altri tagli la estremità frontale della lamina verticale è meno corta di come sì vede nella figura 51. Le sue differenze col Rostranteris sinuatum Gemm. sono state indicate nella deseri- zione di questa specie. Essa si incontra piuttosto frequentemente nei calcari con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Pa- lermo ; in quello grossolano con FusuZna è più rara. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università se ne conservano molti esemplari. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI 15 114 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA RosTRANTERIS GUTTULA, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 7 a 9; inter. nel testo fig. 7 e 8) Lunghezza. } i net Lie UE O 0 Tarohezza RON RN AIA Spessore riale e BI I Questa piccola specie rassomiglia al Dielasma guttula Waag., e come tale fu da me ritenuta prima di conoscere i suoi caratteri interni, che sono simili a quelli dei Itostranteris. Hissa è liscia, ovale e colla spessezza maggiore nel suo terzo posteriore. La sua valva dorsale ha una depressione larga e leggerissima sulla linea mediana che dal suo terzo posteriore va fino alla fronte. Questa depressione ne modifica il profilo, che nella direzione longitudinale è appena convesso, e in quella trasversale quasi piano al centro e declive ai lati. La valva ventrale, più grande e profonda della dorsale, è più fortemente curvata nel senso longitudinale e trasversale. L’apice è arcuato, alto e grande in rapporto alla piccolezza della conchiglia. Il deltidio in gran parte è nascosto dalla doccia del forame, ma ai suoi lati vedendosene gli angoli, esso deve essere largo. i Le valve si incontrano ai lati ad angolo non molto a- o un poco eurvata ai lati, e dritta, o appena arcuata, alla fronte con la convessità rivolta verso la valva dorsale. Essa è ornata di finissime strie concentriche d’accrescimento, fra le quali se ne notano poche meno fine e prominenti. i La sua punteggiatura non si è potuta distinguere neppure con lente di fortissimo ingrandimento. (Questa specie ha l'apparecchio brachiale un poco corto; esso arriva alla metà della lunghezza della sua valva dorsale. Le punte erurali sono grandi e le lamine discendenti si allargano più rapidamente di come ha luogo nelle specie fin’ora descritte. La lamina verticale ha l’estremità corte. Essa ha qualche rassomiglianza con la varietà liscia del Rostranteris erile Genm. da cui differisce per essere meno depressa sulla linea mediana della sua valva dorsale, meno ristretta sulla sua porzione posteriore e con lo apparecchio brachiale avente tutta altra forma e lunghezza. Di questa rarissima specie, proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, si conoscono so! cuto, ma con margine tagliente. La loro commessura è LT PIRANO a VE SEITE” DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 115 tanto i due esemplari figurati, che si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. RosTRANTERIS SALOMONENSE, Gemm. (Fig. 9 a 13 interc. nel testo) Wunahezzat ee rn eo ne ac Omm archetto MAI SPESBOreMNa ne ee are N N CIA Conchiglia con contorno ellittico, ristretta alle sue estremità, delle quali la posteriore è più stretta dell’anteriore. La valva dorsale è appena convessa nel senso longitudinale, mentre in quello trasversale è curvata in due modi. Ciò è dipendente dal suo forte ri- gonfiamento mediano, donde scende ai lati prima rapidamente e poscia in modo lento. La valva ventrale è più grande e profonda della dorsale e curvata fortemente in ambo le direzioni ; essa nella sua regione frontale ha un piccolo lobo che s’immette, senza de- primersi, nello spazio frontale del rigonfiamento mediano dell’ opposta valva. L’apice è alto, curvato, rotondato ai lati e termina appuntito. Il forame è cllittico e sotto prolungato a doccia che nasconde il deltidio. I margini laterali della valva s'incontrano formando un angolo rientrante. La loro commessura è arcuata ai lati con la convessità rivolta verso la valva dorsale, e sinuata alla fronte con la convessità diretta verso la medesima valva. La sua superficie è ornata di fine strie concentriche «di accrescimento, fra le quali ve ne sono forti e prominenti. Queste predominano presso il margine delle valve, dove sono avvicinate fra di loro e disposte a gradini, in modo da formarvi una stretta zona convessa che, incontrando quella della valva opposta, produce una specie di solco lungo la commessura delle valve. La punteggiatura è indistinguibile, forse per la sua estrema finezza. L'apparecchio brachiale è più corto di quello degli altri Rostranteris. Esso occupa un poco meno della metà posteriore della valva dorsale; ha le punte erurali grandi, e le lamine discendenti fortemente arcuate e corte, che si allargano rapidamente. La lamina verticale che producono col loro incontro ha le estremità corte. Questa specie per il suo insieme, per la forma e per la cortezza del suo apparecchio brachiale si allontana in qualche modo dalle sue congeneri. Essa fra tutti i ostranteris 116 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA è quella che più richiama le Juvavelle ; però, quantunque mostri che vi sia qualche re- lazione filogenetica fra di loro, pure è così differente che non lascia dubbio sulla sua iden” tificazione generica. Di questa rarissima specie si trovano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità di Palermo solamente gli esemplari qui figurati, che provengono dal calcare gros- solano con Fusulina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. | RHYNCHONELLIDAE RHYNCHONELLA, Fischer. RBAYNCHONELLA NEGRI Gemm. (Tav. XXVI, fig. 20 a 25) Lunghezza: ii ria Rene e o Larghezza. to nel pe AR DI AOSTA Spessore ii ear RO o Conchiglia con il contorno più o meno triangolare, appena più larga che lunga, o così larga che lunga e con l’apice appuntito. La valva dorsale è un poco depressa sotto l’a- pice e leggermente convessa nel senso longitudinale. La valva ventrale in questa direzione è fortemente curvata; essa nella sua metà anteriore ha un seno largo e profondo che pro- duce sopra quella dorsale un lobo molto alto e ben limitato ai lati. L’apice è alto, appuntito e curvato alla sua estremità. Le due piastre deltidiali sono larghe, alte e unite fra di loro nella parte inferiore; nella superiore concorrono alla formazione del forame che è piccolo e con contorno ovale. La commessura delle valve è dritta ai lati e fortemente si- nuosa e a zig-zag alla fronte. Essa è ornata di pieghe larghe e un poco acute che partono dal margine frontale ed occupano i ?/3 della sua lunghezza, talchè la sua porzione apicale resta intieramente liscia. Queste pieghe sono disposte così: 2 o 3 sul lobo, 1 o 2 sul seno e 2 per ogni lato. Questa specie ha delle relazioni d’affinità con la RRynehonella triplex M'Coy e con la Rhynchonella grandirostris Schell. Differisce dalla prima specie, perchè è meno spessa e rigonfiata, più triangolare, con l’apice più acuto e alto ed ornata ai lati d’un numero minore di pieghe ; e dalla seconda, perchè è più triangolare, più profondamente sinuata, meno rigonfiata e con l’apice più acuto, ma meno alto. Essa, come tutte le sue congeneri, è rara nel calcare grossolano con Husulina della Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 117 se ne conservano 10 esemplari che provengono dalla Pietra di Salomone e dalla Rocca di San Benedetto dei contorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. RavyncHonELLA SosrensIis, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 26 a 31) unohezzat. a i 0 0, 0 fim grim IRE AR e i TÀ, » gran: 81) SPASsorepeNi vi: ito tei e) 7 |» Boia Questa specie è quasi flabelliforme. più larga che lunga, un poco depressa e con gli angoli frontali rotondati. La valva ventrale è molto più fortemente curvata della frontale e con un seno che produce sopra questa un lobo leggiero, ma ‘distinto. L’apice è di disereta altezza, più curvato negli esemplari grandi che nei piccoli, e termina appuntito. Il deltidio è alto ed il forame piccolissimo e rotondo. La commessura delle valve è dritta ai lati e sinuosa alla fronte. La sua superficie è munita di 10 a 11 pieghe radiali, semplici, mediocremente larghe ed acute che s'irradiano dalle vicinanze degli apici al contorno delle valve; nella dorsale si contano 3-4 pieghe sul lobo e 3 sopra ciascun lato, e nella ventrale 2-3 sul seno e 4° per ogni lato. Questa specie, quantunque, più piccola, ha qualche rassomiglianza con la R/yneho- nella laeta de Kon., da cui differisce, perchè è più depressa, con l’apice più alto e prov- vista di un numero minore di pieghe. Le sue relazioni di somiglianza con la ARhymeho- pora Geinitziana de Vern. sono naturalmente meno vicine, appartenendo a due diversi gruppi di A/yrchonellidi è questa infatti è punteggiata , più dilatata ai lati, meno de- pressa, più ottusa alla regione apicale e ornata d'un numero maggiore di pieghe. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo vi sono alcuni esemplari di questa specie. Essa si trova nel calcare grossolano con Fusulina della Pie- tra di Salomone e della Rocca di San Benedetto lungo il fiume Sosio nella Provincia di Palermo. RqHvy\cHONELLA ADRIANENSIS, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 20 a 25) Lunghezza . . . . ... . 13mm jjmm jjmm Larghezza . . . . . .. 111/32 100m 1fQmm Spessore. 8mm 6mm 5if,mm Conchiglia depressa, più lunga che larga, ristretta nella sua porzione apicale e arcuata nella frontale. La valva ventrale nella direzione longitudinale è irregolarmente curvata, } 118 LA FAUNA DEI CAILCARI CON FUSULINA essendo la curva della sua porzione anteriore fortissima in confronto di quella posteriore, mentre invece la valva dorsale in quella porzione è appiattita, o appena convessa, e in questa, proprio sotto l’apice, è depressa. Il seno ventrale è largo, mediocremente profondo, mu- nito di 2-3 pieche e ben limitato ai lati, e il lobo dorsale poco prominente, appiattito e con 3-4 pieghe. Quelle del lobo e del seno sono semplici, larghe e acute; esse dal mar- gine frontale si prolungano fino a */, della lunghezza delle valve e lasciano vicino i loro apici uno spazio liscio. Sopra ogni lato del lobo e del seno vi è un’altra piega più grande delle altre e bipartita; le due della valva dorsale sono lunghe dall’apice alla fronte, e limitano l’area depressa, che si nota sotto l’apice. L’apice è alto, poco curvato e appun- tito. Le due piastre deltidiali sono alte, larghe e lasciano in alto un forame piccolo e rotondo. La commessura delle valve è dritta ai lati e sinuosa alla fronte. Il setto mediano della valva dorsale è lungo !/, della sua lunghezza. Le lamine den- tali della valva ventrale sono molto divergenti. i Le impressioni muscolari hanno una forma ovale allungata. Quelle della valva dor- sale sono fra di loro quasi parallele e divise dal setto, e quelle della ventrale un poco divergenti e limitate ai lati dalle lamine dentali. La Riynchonella Adrianensis Gemm. è affine alla Rhynchonella grandirostris Schell. da cui differisce non solamente per essere meno rigonfiata e punto dilatata ai lati, ma ancora per essere coll’ angolo apicale più acuto è colle pieghe più strette e avvicinate fra di loro. Essa per la forma ha più vicine relazioni d’affinità colla A/yuchonella Negri Gemm., ma se ne allontana, perchè questa è colla fronte altissima che dipende dal suo profondo seno ventrale, e manca della depressione sotto 1° apice della valva dorsale che caratterizza chiaramente Ja specie in esame. Essa proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei din- torni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, dove è rara. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono 5 esemplari, RHyNcHONELLA CARAPEZZAE, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 38 a 42) Lunghezza ee ta RE O SES MISE? o gmm Larghezza . . . 0.0. 0 < +0. (Q0mm {gum {mm j4mm Spessore (mm mm 5mm mm Questa elegante specie è alata, depressa, più larga che lunga, troncata alla fronte ed ornata di numerose pieghe raggianti. La valva dorsale, così grande che la ventrale, è DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 119 curvata alla parte posteriore e lobata all’anteriore. Il suo lobo è largo e basso ; esso si distingue dal resto della valva per la forte curvatura della porzione anteriore dei suoi lati verso la valva ventrale: però in parecchi esemplari presso il margine frontale una piega un poco più prominente delle altre delimita chiarameute i lati del lobo. La valva ventrale è tripartita da un largo seno mediano, che la rende, nel senso longitudinale, for- temente arcuata al centro, e quasi piana ai lati. Il suo apice è piccolo, appuntito e più o meno dritto. Le piastre deltidiali sono strette e larghe. Le valve si incontrano for- mando un angolo acuto e tagliente ; la loro commessura ai lati e alla fronte è più o meno arcuata. La sua superficie è ornata di pieghe numerose (55 a 60) strette, rotondate e lunghe dall’apice alla fronte; esse generalmente sono semplici, ma alcune, verso la metà della lunghezza delle valve, sì biforcano producendone due secondarie. Le strie concentriche d’acerescimento sono finissime e intersecano le pieghe rendendole leggermente squamose. Questa specie rassomiglia ad alcune varietà depresse della Aynchonella multirugata de Kon (1). Essa però, oltre che è costantemente molto depressa, ne differisce per avere un maggior numero di pieghe , l'apice più acuto, e il seno e il lobo meno chiaramente imitati ai lati. Essa s'incontra frequentemente nel calcare grossolano e compatto con Fusulina della Pietra di Salomone, della Rocca di San Benedetto e della Rupe del Passo di Burgio dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono molti esemplari. REYNcHONELLA WITrHEI, GEMM. (Tav. XXVI. Fig. 43 a 46) Lunghezza. . . . .. 10mm 101/;m0m mm Larghezza . . + 3... 14nm 14mm 10mm SPessone i ae dalia 6mm 6mnm 3mm Conchiglia depressa, alata, troncata alla fronte, più larga che lunga, liscia nella metà posteriore e plicata in quella anteriore. La valva dorsale nella direzione longitudinale è eurvata irregolarmente, avendo una curva maggiore verso l’apice e minore verso la fronte, mentre nella trasversale la curva è regolare in tutta la sua estensione. Il suo lobo è sim- (1) De Koninck, Faune du Calcaire carbonifere de la Belgique, Sixiéme Partie, Brachiopodes, PI. 15, fig. 79 a 83, Bruxelles, 1887. 120 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA (a metrico, alto, appiattito e ben limitato ai lati. La valva ventrale longitudinalmente è più curvata della dorsale e provvista d’ un seno largo e profondo. Il suo apice è piccolo, appuntito e appena curvato. La commessura delle valve è curva leggermente ai lati e fortemente alla fronte. (Questa specie è liscia nella sua porzione posteriore e ornata di pieghe nell’anteriore. Il numero delle pieghe varia da 32 a 34 per ogni valva; sul lobo ve ne sono 7-8, e sul seno 8-9: sono piccole, un poco rotondate e lunghe fino alla metà della lunghezza delle valve. Le pieghe laterali da 24 a 26 hanno la stessa forma, ma sono più corte; esse decrescono in lunghezza, come si allontanano dalla linea mediana, per cui quelle più vicine agli apici delle valve sono cortissime, marginali e appena distinguibili. La ARynchonella Whitei Gemm. somiglia per la forma alla Aynchonella Cara- pezzae Gemm. Ne differisce per essere semiplicata, meno depressa e con il lobo più pro- minente; le sue pieghe inoltre sono meno numerose e meno piccole. Questa R/ynchonella è rara; proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono pochi esemplari. RYNCHONELLA SALINASI, Gemm. (Tav. XXVII, Fig. 43 a 47) Lunghezza. 5 1/mm 5 1,um b5&mm 6Gmm Larghezza ta RA e MO 5 i/,mm 5mm mm 6mm ISPESsOre (e E 4mm 4mm sum 5mm Questa conchiglia è piccola, rigonfiata, sinuata sulla linea mediana delle valve e com- pressa ai lati della regione apicale. Le valve sono egualmente sinuate, convesse e compresse La compressione sulla loro regione laterale posteriore produce in questa parte delle valve una falsa area liscia, ovaie, leggermente escavata e ben circonscritta ai lati. La sinuosità mediana, dorsale e ventrale, è ordinariamente leggiera, talvolta forte ed estesa dall’apice sino alla fronte. L’apice è piccolo, curvato e termina appuntito. La commessura delle valve è dritta ai lati e alla fronte. Essa è adornata sopra ogni valva da 12 a 16 pieghe semplici, larghe e basse che, par_ tendo dagli apici, s'irradiano alla periferia. Nel seno dorsale e in quello ventrale vi sono da 3 a 4 pieghe, le altre stanno sopra i lati. i 1 | @ I e TR 4 DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 121 Stache (1) descrive una /yrchonella proveniente dai carbonifero del Sahara occi- dentale che riferisce con dubbio alla Iekynehonella trilatera de Kon. Stando alla figura della specie del Sahara, pare che essa, per la forma, per il numero delle pieghe e per la sinuosità mediana, si avvicini di più alla specie del calcare con Fusulina della Provin- cia di Palermo che alle forme del carbonifero del Derbyshire e di Alstonfield della /t/yn- chonella trilatera de Kon (2). La £hynchonella Salinasi Gemm. appartiene allo stesso gruppo della E&lynehonella trilatera de Kon., ma ne differisce perla forma, per il numero minore delle pieghe e per la presenza della falsa area alla regione laterale posteriore. Di questa specie, che proviene dal calcare grossolano con Fusulna della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo, se ne conservano sei esemplari nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. RayxcHoneLLa AcuMINATA, Mart. (Tav. XXVI, fig. 32 a 37) 1809, Conchyliolithus anomites acuminatus, Martin, Petrif. Derb., p. 13, pl. XXXI, Ho .:73 8 ph SEXI, fig 55 6 1822, Terebratulu acuminata, Sowerby, Min. Conch. of Great. Brit., Vol. VI, p. 23, pl. CCCXXIV, fig. 1. 1825, » var. acuminata sulcata , Sowerby, ibid., vol. V, p. 53, pl. CCCCXCV, fig. 3. 1825, » platyloba, Sowerby, ibid. , vol. V, p. 155, pl. CCUUXCVI, i fig. db. 1836, » acuminata, Phillips, Geol. of Jorkshire, vol. II, p. 222, pl. XII, fig. 4-9. megosonia, Phillips, ibid., vol. II, p. 222, pl. XII, fig. 10 a 12. 1838, » acuminata, v. Buch, Mem. de la Soc. géol. de France, t. II, prob pe XIVastio 1 1843, » » de Koninek, Anim. foss. du terr. carb. de la Bel- gique, p. 278, pl. XVIII, fig.3 a, b,c,ef. 1844, Atrypa acuminata, M.° Coy, Syn. of the Char. of the Carb. Limest. Foss. of Ireland, p. 151, fig. 32. (1) Fragmente einer Afrikanischen kohlenkallfauna aus dem gebiete der West - Sahara, pag. 34, Tav. VII, fig. 6, Wien, 1883. (2) Davidson, Op. cit. Part. V, PI. XXIV, fig. 23 a 26. Giornale di Scienze Naturali cd Economiche Vol. XXI. 16 122 DA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA ” 1845, Terebratula acuminata, de Verneuil, Géolog. de la Russie d'Europe et des Mont. Oural, t. 11, p. 76, pl. IX, fig. 14. 1856, Lehynchonella acuminata, Davidson, Monogr. of Brit. carbonif. Brachiopoda p. 93, pl. XX, fig. 1-13; pl. XXI, fig. 1-20. 1871, Terebratula pugnus acuminata, Quenstedt, Petrefakt. Deutschl., Bd. II, p. 190, Tav. XLII, fig. 7. 1876, Rhynchonella acuminata, F. Roemer, Lethaea paleozoica, Atlas, Tav. XLIII, i fio. 3. 1878, » platyloba, Bayle, Expl. de la Cart. géol. de la France, t. IV, | Atlas, parte 1., pl. XII, fig. 1-3. 1887 » acuminata, de Koninck, Faune des cale. carbonit. de la Belgique, 2. part., Brachiopodes, p. 35, pl. IX a XII, fig. 1-38. i Lunghezza . ./././... jgmm jOmm Larghezza... \icetioe +0 SPOSSOLEST i NR SOI OI AZ I due esemplari, di cui si danno le figure, sono più piccoli di quelti della Ayreko- nella acuminata Mart. Questa non è stata fin’ora trovata in formazioni più recenti della carbonifera. Però gli esemplari provenienti dal calcare compatto con Pusulina della Rocca di San Benedetto neila Valle del Fiume Sosio della Provincia di Palermo le sono così rassomiglianti nei caratteri fondamentali che non si può fare a meno di riferirglieli. Gli esemplari di Sicilia rassomigliano particolarmente a quelli del calcare carbonifero di Chitheroe dei quali Davidson dà le figure (1). PA TOTO STA Di questa specie si conoscono soltanto gli esemplari figurati che sì conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. (1) Op. cit., Part. V, Tav. XXI, fig. 1 e 2. Lia x ice ir pà ei lire 4 i rrteinatà DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 125 UNCINULUS, Bayle. UnciNnuLUS vELIFER, Gemm. (Tv. XXVI, fig. DI a 57) Lunghezza de A ar amm 16mm {4mm {8mm ]0Omm Larghezza Re SRO IU a toe mn O n 13mm Spessore PAVARERE INNER A +e NIN 1Qmm qomm 9mm 61/,Mm Conchiglia grande, trilobata, molto più larga che lunga, intieramente plicata e prov- vista di espansione lamellosa. La valva dorsale ha l’apice largo, la parete mediana regolarmente convessa dall’apice sino alla fronte, da cui scende rapidamente per incontrare il margine del seno ventrale e le pareti laterali fortemente arcuate e rivolte verso la faccia ventrale. Essa ha il lobo mediano più largo d’uno dei lati, bene limitato ai lati ed esteso dalla fronte fino alle vicinanze dell’ apice, dove diviene oscuro e quasi indistinto. La valva ventrale sulla regione mediana è fortemente arcuata nel senso longitudinale; ai lati è alquanto appiat- tita, o escavata leggermente, e piegata all'orlo. Il suo seno è largo, profondo e termina linguiforme alla fronte dove va ad incontrare il margine del lobo dorsale. L’apice è corto, eurvato e appuntito; esso ha sopra ogni lato una falsa area depressa, ovale e allungata che viene divisa longitudinalmente dai rialzati margini delle valve. Il forame è rotondo e il deltidio largo, alto e limitato ai lati da un piccolo solco. La conchiglia è ornata di pieghe numerose, di grandezza media ed acute, che dagli apici si irradiano alla periferia, ora restando semplici, e ora biforcandosi ad altezze di- verse. Le pieghe del seno ventrale, del lobo e dei lati della valva dorsale terminano bifide al margine, mentre quelle dei lati della valva ventrale sono semplici. I solchi che rendono bifide le pieghe del lobo dorsale sono corti ed estesi soltanto sulla sua por- zione marginale, che scende perpendicolarmente per unirsi con l'orlo del seno ventrale; quelli delle pieghe bifide delle altre regioni delle valve si prolungano molto di più verso gli apici. Le pieghe sono distribuite nel seguente modo: 11 a 12 sul lobo dorsale, 12 a 183 sul seno ventrale, 15 a 16 sopra ogni lato delle valve. La commessura delle valve è leggermente arcuata ai lati e sinuosa a forma rettan- golare alla fronte. Parecchi esemplari di questa specie sono provvisti d’una leggiera espansione lamel- losa lungo i margini delle valve. Nell’esemplare Tav. XXVI, fig. 57 essa è molto estesa. 124 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Le lamine dentali della sua valva ventrale sono forti, divergenti e corte. Il setto mediano della sua valva dorsale non è ben distinto. Nella serie carbonifera e permiana non vi è nessuno Uncinulus, come questa specie, coverto di pieghe dagli apici fino alla periferia delle valve, talchè è facile distinguerla dalle sue congeneri. L'Uncinulus velifer non è raro nei calcari con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Se ne conservano parecchi esemplari nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. UncinuLus Amor, Gemm. (Tav: DOGVIE, flo: 58 da (619) TRIS DEZZA I RR I A SITI TArSHOZZAs st i AR I ER OR DITE SPESSORE RA a e fe A Conchiglia piccola, con contorno quasi pentagonale, rigonfiata e con i lati fortemente curvati verso la faccia ventrale. La valva dorsale nella direzione longitudinale è arcuata, però lo è maggiormente ai lati; il suo lobo frontale è alto, limitato perpendicolarmente ai lati e col margine anteriore piegato ad angolo verso l’orlo del seno. La valva ventrale, che nella sua regione posteriore è appiattita ai lati e piegata ad angolo ai margini, nella sua regione anteriore mostrasi escavata al centro da un seno che alla fronte diviene alto, profondo e rettangolare. L'apice è piccolo, appuntito e provvisto ai lati di uno spigolo che circoscrive una piccola falsa area laterale. Il forame è piccolissimo. La commessura delle valve è leggermente arcuata ai lati e fortemente sinuosa e rettangolare alla fronte. La superficie della conchiglia è perfettamente liscia nella sua metà posteriore e pli- cata in quella anteriore. Le pieghe sono larghe e basse; quelle del seno ventrale sono Difide nella loro metà marginale e molto più lunghe di quelle laterali della stessa valva, mentre invece le pieghe laterali della valva dorsale sono bifide nella loro metà marginale e si prolungano in dietro un poco meno di quelle semplici che stanno sul lobo. Questa specie ha strette relazioni di affinità con l'Uncinulus Sticulus Gemm. Essa. ne differisce, perchè è più globosa e non depressa sulla parte mediana della sua valva dorsale, e perchè è ornata d’un numero minore di pieghe che non si prolungano tanto verso l’apice quanto quelle dell’ Uncinulus Siculus Gemm. Questa specie è rarissima. L’esemplare figurato si trova nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo e proviene dal calcare grossolano con Pw- PA 7 LI DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 125 sulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Pa- lermo. UncinuLus SicuLus, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 64 a 68; ? 62 e 63) Lunghezza y Gg a L Ù È È à 4 a L mm Qum 19mm 13mm Larghezza h à P * v iena Se tE E 1Qmm 1Qmm 16m 19m Spessore : RIS E Te % Soda capace (DI Tqmm mm JOmm Qmm (1) Conchiglia piccola, trasversalmente ovale, rigonfiata e con i lati fortemente curvati verso la faccia ventrale. La valva dorsale nel centro della sua parte mediana è appiat- tita essa ha i lati fortemente curvati in giù e la parte mediana lobata verso la- fronte. Il lobo è più o meno piano superiormente, non prominente , ma ben circoscritto ai lati e piegato ad angolo retto al margine frontale. La valva ventrale trasversalmente è appiat- tita e talvolta concava nei suoi due terzi posteriori; le sue parti laterali procedono sullo stesso piano sino al margine, dove arrivate, si elevano e poi sì piegano rapidamente; mentre la sua parte centrale verso la fronte, si deprime rapidamente e forma un seno linguiforme, largo e profondo. L'apice è basso leggermente curvato e provvisto d’ un ottuso spigolo per ogni lato. Il forame è piccolo e rotondo. I margini delle valve s'incontrano sullo stesso piano, per cui non formano nessun angolo. La loro commessura è fortissimamente cur- vata ai lati e sinuosa e con forma rettangolare alla fronte. La sua superficie, meno nel suo terzo posteriore, è ornata di pieghe. Esse sono basse, leggermente acute e hifide al margine; quelle che sono sul lobo e sul seno si prolun- gano un poco più verso l’apice, delle pieghe che stanno sui lati, le quali quanto più sono distanti dal centro, tanto più divengono piccole e indistinte. I solchi che rendono bifide le pieghe variano in lunghezza: quelli delle pieghe laterali della valva dorsale e del seno della ventrale sono lunghi, e quelli delle pieghe laterali della valva ventrale e del lobo della dorsale sono corti e limitati soltanto ai lembi piegati delle valve. Le pieghe sono distribuite così: 7 a 8 sul lobo e 16 a 18 per ogni lato della valva dorsale; 6 a 7 sul seno e 17 a 19 per ciascun lato della valva ventrale. Riunisco con dubbio a questa specie l'esemplare fig. 62 e 63,e altri più o meno rotti che, sebbene abbiano molti caratteri comuni, non hanno fra di loro vera identicità specifica. Essi sono più grandi, più dilatati ai lati e colla porzione posteriore della valva (1) Dimensioni di un esemplare dubbio. 126 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA ventrale leggermente convessa, anzichè piana e un poco concava; in questi anche Je pie- ghe sono meno prolungate in dietro c l'angolo apicale è meno ottuso. Fra questa specie e 1’ Uncinulus Timorensis Beyr. vi sono intimi rapporti di affi- nità, principalmente quando si voglia considerare appartenente ad essa l'esemplare figura 62 e 63. La specie de' calcari con Fusulina della Sicilia, però, è costantemente più piccola, ha l'angolo apicale un poco più ottuso, l’apice provvisto di spigolo ai lati e il loho dorsale molto più stretto ; oltre a ciò le pieghe sono tutte bifide, più numerose e distribuite di- versamente nelle diverse parti marginali delle sue valve. Rothpletz (1) credeva prudente che si dovessero riunire all’Urcinulus Timorensis Beyr. l'Uncinulus Theobaldi Waag. e l’Uncinulus Jabiensis Waag. sino a quando non sì co- noscessero altri esemplari di queste tre specie, perchè il Beyrich e il Waagen le aveano fondato sopra pochissimi esemplari e non tutti intieri, quantunque esse avessero dei caratteri dif- ferenziali che stanno fra i limiti di variabilità d’una specie. Le intime relazioni d’affinità tra l’Uncinulus Theobaldi Waag.e Vl Uncinulus T'imorensis Beyr. già erano state notate dallo stesso Professore Waagen (2) quando stabilì l'Uncinulus Theobaldi Waag., ma sic- come dell'Uncinulus Timorensis Beyr. non si conosceva allora altro esemplare che quello della fisura data dal Beyrich (3) sarebbe stata ingiustificabile la identificazione degli esem- plari dei calcare con Productus del Salt-Range delle Indie con la forma proveniente dal- l’isola di Timor. Ora il rinvenimento d’un certo numero d’esemplari dell’ Uncmulus Ti- morensis Beyr. fatta a Chitichun nel Tibet (4) ha provato che realmente queste due specie sono identiche fra di loro. i i Riguardo poi all’ Urewwlus Jabiensis Waag., che Rothpletz vuole particolarmente riu- | nire all'Uncinulus Timorensis Waag., forse perchè entrambi sono ornati a un di presso dello stesso modo, e egualmente appiattiti sulla loro valva dorsale, a me pare che non vi siano fra di loro rapporti d’identicità specifica. Essi sono diversi nella forma generale, nel valore dell'angolo apicale e nella lunghezza e nel numero delle pieghe. Queste diffe- renze sono essenziali, e se si trascurassero, con il sistema di così larghi limiti nella de- terminazione delle specie dei brachiopodi, entrerebbero in un gruppo specifico presso a poco le specie d’uno dei vari gruppi d'un genere, anzichè soltanto gli individui di una specie. (1) Die Perm-Trias-und Jura-Formation auf Timor und Roti im ‘indischen Archipel, par gina 84, pl. X, fig. 6 (Palaeontographica, Band, 39) Stuttgard, 1892, (2) Salt-Range Fossils, fase. 2, Brachiopoda, pag. 427. (Palaeontologia Indica) Calcut- ta, 1883. 3 (3) Uber cine Kohlenkall: Fauna von Timor, pag. 72, Tav I, fig. 10, Berlin, 1865. (4) Diener, Die Aequivalente der Carbon-und Permformation im Himalaya, pag.4, Wien 1897. inizia doo ri , it, È. tran tn e Ari tt ci reti i RR SI PRESSO VALE DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 127 L'Uncinulus Siculus Gemm. proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Rocca di San Benedetto e della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia della R. Università di Palermo se ne tro- vano parecchi esemplari. TEREBRATULOIDEA, Waagen. TEREBRATULOIDEA ELEGANS, Gemm. (Tav. XXVI, fig. 47 a 50) ILA IEZASA: Fa ES O E ALA 1-2) ul anehe zza se EER iena n an SPESSAOR ee ORIONE i Rs 10 Questa rarissima specie è con contorno quasi pentagonale, un poco depressa, ristretta nella sua porzione posteriore e con un leggiero lobo mediano dorsale corrispondente al seno ventrale. La valva dorsale è longitudinalmente arcuata, con la convessità maggiore corrispondente alla metà della sua lunghezza; essa inoltre è provvista d'un lobo mediano alla fronte, il quale è discretamente prominente e bene limitato ai lati da pareti alte e inclinate; esso è ornato di tre pieghe larghe, acute e divise da solchi della stessa larghezza e con fondo angoloso. Ognuno dei due lati della valva è anch’ esso munito di tre pieghe acute; di queste, quelle che stanno ai fianchi del lobo, sono più larghe delle altre. La valva ventrale, più profonda e meno convessa della dorsale, è parimente in modo re- golare arcuata nella sua direzione longitudinale ; essa ha un seno alla fronte non molto profondo, in cui stanno due pieghe larghe, acute e divise da solchi egualmente larghi e con fondo acuto. Sopra i suoi lati vi sono altre tre o quattro pieghe, delle quali quelle che formano le pareti laterali del seno sono larghe, prominenti ed acute, e le altre più piccole. L’apice è alto, poco curvato e rotondato ai lati; esso è troncato da un forame rotondo e di media grandezza. Le due piastre deltidiali sono alte, larghe e tangenti. La commessura delle valve è dritta ai lati e sinuosa a zig-zag alla fronte. Tutta la superficie della conchiglia è ornata di strie concentriche, numerose e avvicinate fra di loro, le quali sono divise da solchi finissimi. Questa specie somiglia per l’adornamento alla Terebratuloidea ornata Waag., da cui differisce per la forma più allungata e depressa, e per l'apice più alto. 128 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Specie rarissima proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Sa- lomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mine- ralogia della R. Università di Palermo vi è l'esemplare qui figurato. PENTAMERIDAE CAMAROPHORIA, King. CAMAROPHORIA AFFINIS, Gemm. (Tav: XXVII, fig. 1 a 7) Thumphezza i ri i ea I ORA AZ RO Liarghezza iui AR e ILARIA (ORIO AO Spessore i e Rio e ST e Poca Conchiglia grande, con contorno triangolare, con gli angoli laterali arrotondati, più larga che lunga e con la larghezza maggiore verso la parte anteriore. La valva dorsale più convessa della ventrale ha un profilo regolarmente arcuato nella direzione longitudinale, e un lobo mediano che incomincia presso l’apice e si estende gra- datamente allargandosi fino alla fronte. La valva ventrale ha un larghissimo seno, più. Jargo alla metà della sua lunghezza che alla fronte. L’apice è di mediocre grandezza e | leggermente curvato. Sopra tutta la superficie del lobo dorsale sono delle pieghe semplici o bipartite, delle quali le laterali hanno il lato esterno larghissimo ; sul suo margine se ne contano cinque, però sopra alcuni esemplari due di esse nascono per biforcazione di due pieghe principali. Sul seno ventrale si notano quattro pieghe, che qualche volta variano in grandezza, essen- dovene due principali mediane e due rudimentali laterali. I lati delle valve sono lisci nella loro parte posteriore e provvisti nell’anteriore di due o tre pieghe piccole e talvolta indistinte. L'apice è di grandezza media e leggermente curvato. La commessura delle valve è dritta — al lati e sinuosa alla fronte. i 1 Negli esemplari figurati si vedono, nella valva ventrale le lamine dentali convergenti che sì riuniscono e formano il setto mediano, e nella valva dorsale il setto mediano. (Questa specie è vicina alla Camarophoria crumena Mart. e alla Camarophoria Bur- È n DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 129 doni Dav.; però ne differisce per essere più dilatata ai lati, più larga che alta, con il lobo dorsale più prominente e con un numero di pieghe che sono conformate di tutt'al- tra maniera. A queste notevoli differenze aggiungendo quella del suo seno ventrale, che è larghissimo, si vede esservi fra di loro dei rapporti soltanto d’affinità. Questa rarissima Camarophoria è stata trovata nel calcare compatto con Susulina di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Gli e- semplari figurati si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. CAMAROPHORIA ACUMINATA, (remm. Tav. XXVII, fig. 8 a 13) RO ZA RR E I e n pa Larghezza A EL CT . I5mm gq7,mm Spessore GRA EC 2 ER EIA ATTO O SO Qmm jimm Conchiglia di media grandezza, di forma triangolare, meno lunga che larga, la cui larghezza maggiore è verso la parte anteriore. La sua valva dorsale è molto convessa e ri- gonfiata ; essa: ha un lobo mediano, poco prominente, limitato ai lati e provvisto all’apice di due pisghe che s’irradiano fino alla fronte, dividendosi a distanze diverse in 5 pieghe secondarie. Î suoi lati sono anch'essi con pieghe, di cui alcune parimente si dividono ; esse sul margine d’ogni lato sono da 6 a 8. La sua valva ventrale, che è ornata come la dorsale di pieghe semplici e bipartite, ha un seno largo e profondo che dalle vicinanze dell’apice si prolunga sino alla fronte, e nel cui fondo stanno 4 pieghe ; sopra ognuno dei suoi lati vi sono pure delle pieghe che variano in numero da 7 a 8. L'apice è pic- colo, appuntito, rotondato ai lati e fortemente curvato. La commessura delle valve è ap- pena arcuata ai lati e fortemente sinuosa a forma rettangolare alla fronte. Nell’esemplare fig. 12 e 13 si vedono nella valva ventrale le lamine dentali che si riuniscono per formare il setto mediano, e nella valva dorsale il setto mediano. Questa specie, sebbene non arrivi: mai ad avere le dimensioni della Camarophoria Burdoni Dav. e della Camarophoria Humbletonensis Hows. è ad esse molto affine. Se ne di- stingue perchè è più rigonfiata, perchè manca di falsa area sotto-apicale e perchè ha le pieghe conformate diversamente. Bisugna aggiungere ancora che il suo seno ventrale è costantemente mediano e simmmetrice, come non è quello della Camarophoria Burdoni Dav., cne il suo angolo apicale è mag.iore di quello della Camarophoria Hunbletonensis Hows. e che il suo apice è piccolo e ap; untito. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI. 17 130 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Essa è rara e proviene dai calcari compatto e grossolano con FusuZina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono pochi esemplari. CAMAROPHORIA PARONVAE, Gemm. (Tav. XXVII, fig. 14 a 19) Lunghezza « . 0.0. nt e e 130 n 2 mme Larghezza. csi. ata IAA O LUO Spessore csf. Ne QD SD ORO DR) DI Questa specie si incontra frequentemente nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. La sua conchiglia è piccola, con contorno più o meno triangolare cosli angoli ante- riori rotondati, talvolta ovale e provvista d’una falsa area sopra ogni lato dell’apice. La valva dorsale, che è convessa e spesso assai fortemente, ha un lobo mediano leggiero, ma ben distinto ai lati, che per lo più è strettamente depresso sulla linea mediana. La valva ventrale è meno convessa della dorsale e con un seno mediano largo e leg- giero, la di cui larghezza supera quella d’uno dei lati. L’apice è grande, prominente, curvato e non di raro talmente da nascondere quello della valva dorsale ; esso sopra ogni lato ha una falsa area grande, ovale, depressa e liscia. La commessura delle valve è dritta ai lati e sinuosa alla fronte. Questa specie è ornata di pieghe grandi un poco angolose e divise da solchi pro- fondi che le rendono prominenti. Esse partono dagli apici e si irradiano alla periferia delle valve, però le pieghe laterali restano semplici, mentre la maggior parte di quelle del lobo dorsale e del seno ventrale ad una certa distanza della loro origine, si biparti- scono o si tripartiscono in pieghe secondarie. Sopra il margine frontale del lobo dorsale vi sono 5 o 7 pieghe, delle quali le laterali nascono dalla biforcazione d’una piega prin- cipale laterale, mentre la centrale, che non si bipa.tisce, è un poco più grande delle altre e meno prominente. Sopra quello del seno ventrale se ne contano 4 o 6 nate dalla divisione di due pieghe principali in due o tre secondarie. Talvolta questa divisione delle pieghe del seno ventrale in due o tre secondarie è oscura, perchè essa si verifica molto vicino all'apice della valva. Sopra ogni lato delle valve il numero delle pieghe varia da 4 a 7. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 131 Nell'esemplare fig. 19 si vedono, il setto mediano della valva dorsale, e le due la- mine dentali convergenti che concorrono alla formazione del setto mediano della valva ventrale. Questa specie si distingue chiaramente dalle sue congeneri per il modo quasi ecce- zionale della disposizione delle sue pieghe, per la conformazione del suo apice e per la falsa area che è grande e depressa. La Camarophoria acuminata Gemm. la richiama soltanto per il modo come si dividono le pieghe sul lobo dorsale, ma per gli altri caratteri è differentissima. Si rinviene frequentemente nei calcari con FusuZna della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia della R. Università di Palermo ve ne sono parecchi esemplari. CAMAROPHORIA SEMIPLICATA, Gemm. Tav. XXVII, fig. 30 a 42). Iopehezza. i 4 ie nm 12m. ]2Q0m j]jmm +, {Omm 10m Larghezza... . +... 13mm_ j3mm ]2mm j0mm jQmm jqjmm Spessore SEEAZIIIVAIEOCZ 9Qmm 71/,mm &mm 6mm mm 5mm Conchiglia piccola, spesso non simmetrica, con contorno non definibile che talvolta sì avvicina al pentagonale e tale altra all’ovale, più larga che lunga, o così larga che lunga, ed anche più lunga che larga e provvista d’una falsa area ai ]ati dell’apice. La valva dorsale è più o meno rigonfiata, ma sempre molto più della ventrale ; essa ha un lobo più o meno bene limitato ai lati, cie dalla sua metà si prolunga sino alla fronte ; questo lobo non è sempre regolare e mediano, ora è più prominente ed ora meno, qualche volta lo è più d’un lato che dall'altro, ed ora inclinato a destra ed ora a sini- stra. La valva ventrale nella direzione longitudinale è regolarmente arcuata e con un seno che, come il corrispondente lobo dorsale, incomincia dalla metà dell'altezza della valva e sì prolunga sino alla fronte e, come esso, presenta delle variazioni nell'andamento, nel- l'estensione e nella forma. L’apice è alto, appuntito, curvato all’estremità e rotondato ai lati. Ai lati dell’apice i margini delle valve sì deprimono e vi producono una falsa area piccola ovale e profonda. Le due piastre deltidiali sono alte, tangenti e concorrono nella parte superiore alla formazione del forame, che è piccolo e rotondato. La commessura delle valve è sinuosa nella regione sotto-apicale, con la convessità rivolta verso la valva i: 3 fr 132 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA dorsale; in quella laterale diviene dritta, e nella frontale forma una sinuosità che varia nella posizione, nella larghezza e nella profondità. Questa Camarophoria nella sua metà posteriore è completamente liscia, e nella sua metà anteriore ornata di pieghe semplici, raggianti, più o meno larghe, acute e regolari. Essa ne ha ordinariamente tre sul lobo dorsale e due sul seno ventrale; vi sono però degli esemplari che sul lobo dorsale hanno due pieghe, e degli altri quattro, alle quali nel seno ventrale dei primi corrisponde una piega, e in quello dei secondi ne corrispon- dono tre. Sopra ogni lato vi sono altre due o tre pieghe, delle quali la interna è larga e bene distinta, e le altre oscure e appena apparenti; vi sono ancora degli esemplari in cui sopra ogni lato vi è soltanto una piega. Negli esemplari fig. 36 a 39 si vedono alcuni dei loro caratteri interni. Le impres- sioni muscolari della valva dorsale sono ovali, un poco divergenti e divise dal setto me- diano. Nella valva ventrale le impressioni muscolari non sono visibili; le lamine dentali sono fra di loro avvicinate, di lunghezza mediocre, convergenti e formano il setto mediano che non oltrepassa in lunghezza il terzo posteriore della valva. La Camarophoria semiplicata Gemm. ha delle relazioni d’affinità con la Camara- phoria Schlotheimi v. Buch e particolarmente con alcune sue varietà semiplicate, per cui fino a poco tempo addietro credevo che potesse riferirsi a questa specie. Ora avendone un materiale maggiore, sono convinto che essa è una specie diversa per le seguenti differen- ze: 1. per l’angolo apicale più acuto e l'apice più appuntito, 2. per la maggiore larghezza che non è mai vicino la sua parte anteriore, 3. per il lobo dorsale quasi mai simmetrico, più largo e ornato di pieghe più larghe e divergenti, e 4. finalmente per essere provvista di falsa area sopra ogni lato dell’apice. La Camarophoria superstes Vern. è parimente liscia nella sua metà posteriore come la Camarophoria semiplicata Gemm., ma ha tut- t'altra forma e dei caratteri che non si riscontrano nella specie proveniente dal calcare grossolano con FusuZna della Sicilia. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si trovano mal- tissimi esemplari di questa specie, che è comune nel calcar» grossolano con L'usulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. i DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 133 CAMAROPHORIA SOLITARIA, Gemm. (Tav. XXVII, fig. 26 a 29) POE RR e a n 0 Ji [arabezzannie See ne ni 7) oa SPESSO eri A e RE ri Questa specie proviene dal calcare compatto con Fusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Essa è rarissima ; 1’ esem- plare figurato è il solo che conosco. Esso ha qualche rassomiglianza con la Camarophoria semiplicata Gemm., ma manca di quella identicità di caratteri da farglielo riunire. Con le altre Camarophorie prove- nienti dal terreno carbonifero e dal permiano è meno rassomigliante. Esso ha il contorno pentagonale, la larghezza maggiore alla metà dalla sua lun- ghezza, la falsa area ai lati dell’apice, la linea mediana dorsale lobata e i lati spinti in dietro. La sua valva dorsale è più fortemente curvata nel senso trasversale che nel lon- gitudinale e lobata nella linea mediana. Il lobo è simmetrico, molto prominente, molto declive ai lati e lungo dall’estremità inferiore del setto mediano fino alla fronte. La sua valva ventrale è profondamente sinuata, sulla linea mediana, dalle vicinanze dell’apice sino alla fronte ed elevata ai lati. Il seno è profondo, larghissimo, e prolungato a forma di lingua sulla faccia frontale di cui forma la parete. La larghezza maggiore del seno corri- sponde alla métà della lunghezza della valva e supera quella dei due lati presi insieme. L'apice è di grandezza media, curvato, appuntito e con uno spigolo per lato che dalla sua punta si estende fino all’estremità della linea cardinale. La falsa area sotto-apicale è depressa, ovale, allungata, bene limitata ai lati e lunga dagli apici delle. valve sino alla estremità della linea cardinale. Il deltidio è alto e assai largo. La commessura delle valve è dritta ai lati, e sinuosa a forma rettangolare alla fronte. x Esso è munito di 9 pieghe sulla valva dorsale e di8 sulla ventrale. Le tre pieghe del lobo sono di grandezza media, acute e prominenti ; di esse le due laterali hanno le pareti esterne larghissime. Le due pieghe del seno sono della medesima larghezza, ma meno prominenti; tutte le altre pieghe sono simili a queste, meno la prima laterale d’ogni lato della valva ventrale, la quale piega ha la parete interna molto larga e formante il lato del seno. 134 LA FAUNA DEI CALCARLI CON FUSULINA Il setto mediano della valva dorsale è spesso e ben distinto. Le lamine dentali con- vergenti, che formano il setto mediano della valva ventrale, sono pure apparenti. L’esemplare descritto si trova nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità di Palermo. PARAMBONITIDAE ENTELETES, Fischer. ExreLEeTES TscHERNyscHEWI, Gemm. (Tav. XXVII, fig. 48 a 57; Tav. XXVIII, fig. 1 a 9; inter. uel testo fig. 14 e 15) Lunghezza a NIE 30 9 MEO: MEO MERO A eRR2 3 00 Larghezza c...33nm- ‘3900 28m 95m 29025 Spessore e e 29 MR DER RO () TS ]E7 tal Lunghezza dell’area. . .. . 15mm, 16nm, ;2mm ({2mm -{3mm -j12mm Questa conchiglia è grande, rigonfiata, più o meno trasversalmente ovale e più o meno asimmetrica. La valva ventrale è più piccola, meno rigonfiata e meno profonda della valva dor- sale. Essa ha un seno, che dalle vicinanze dell'apice va sino alla fronte, piegando legger- mente o a Cestra, o a sinistra della linea mediana, o percorrendola nel centro. Questo seno si mostra per un certo tratto largo e superficiale, e sì approfondisce simmetrica- mente verso la fronte; però quando esso è asimmetrico e inequilaterale rende irregolare la valva, che si mostra in rapporto al margine frontale con un Jato più basso dell'altro. Essa ai lati della sua metà anteriore ha delle pieghe rare volte ben distinte, ma gene- ralmente lesgiere, oppure non ben distinguibili, tanto che si deteggono spesso dalle ondulazioni che si vedono sopra il suo margine frontale; d’esse le più distinte sono le due pieghe che stanno ai fianchi del seno. Le pieghe variano nel numero e nella posizione; vi sono degli esemplari che hanno da una a tre pieghe per lato, altri che ne mostrano una in un lato e due o tre nell’altro, e parecchi che ne mancano completamente. L api- ce è piccolo, curvato e non troncato. L'area si mostra ben limitata, concava, striata pa- rallelamente alla linea cardinale ed avente un’ altezza uguale a un terzo della sua lun- ghezza; essa nel centro è interrotta dalla fenditura deltidiale che è un poco più larga che alta. La valva dorsale è grande, profonda, rigonfiata e fortemente curvata nella direzione DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 135 longitudinale. Nelle vicinanze del suo apic» sorge una piega che siegue la direzione del seno ventrale. Esse è leggerissima 6 appena distinta nella metà posteriore della valva e diviene meno leggiera e più apparente nella sua metà anteriore. Sopra ogni suo lato vi sono altre pieghe var.abili in numero e posizione come quelle della valva ventrale: pa- rimente vi sono degli esemplari che non ne hanno affatto. Il suo apice è grende, forte- mente curvato e un poco più sporgente di quello della valva ventrale. L'area è lunga, bassa, leggermente concava, inclinata verso quella ventrale, striata parallelamente alla linea cardinale e tagliata nel centro dalla larga e bassa fenditura deltidiale. La com- messura delle valve sì mostra dritta ai lati e più o meno sinuosa a zig zag alla fronte. Tutta la superficie della conchiglia è ornata di linee radiali, finissime, eguali e avvicinatissime fra di loro che sono intersecate da strie d’ acere- scimento estremamente sottili che le rendono leggermente squamose. So- pra parecchi esemplari si notano alcune strie d’acerescimento forti e pro- minenti principalmente presso il margine delle valve, dove talvolta vi si addensano. Le due lamine dentali della sua valva dorsale sono molto di- varicate e divergenti: la loro lunghezza non supera mai il terzo della lunghezza della valva. Le due lamine dentali e la lamina settale della valva dorsale sono più lunghe, ma non arrivano mai alla sua metà; quelle dentali sono così poco divergenti che si pos- è son9 dire parallele; la settale, che sta fra di loro, è un poco più spessa e non molto prominente dal fondo della valva come quella dell’Eyteletes Waageni Gemm. e di altre specie. Le impressioni muscolari sì sconoscono. Questa specie ha qualche rassomiglianza coll’ Exeletes lacvissimus Waag. Se ne allontana, però, per essere molto più grande, generalmente asimmetrica, irregolare e con l’area relativamente più piccola. La sua valva dorsale è ancora più rigonfiata e l'apice molto più grande e più (fortemente curvato. Essa si trova frequentemente nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di S. Benedetto delle vicinanze di Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della I. Università di Palermo se ne conservano moltissimi esemplari in tutti gli stadî di età. 1536 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA EnTELETES oBsoLETUS, Gemm. (Tav. XXXVII, fig. 1 a 5) Lunghezza At POSA una Qmm 71/gmm mm Larghezza esi do eo et bivio rale 9Qmm 9mm Spessore a MITA er gmm 6mm 5mm 4 1/mm Lunghezza dell’area. . . 4i/,Mmm dimm 31/,3Mmm 3mm Conchiglia piccola, trasversalmente ellittica, più larga che lunga ed ornata di linee radiali estremamente fine, fra le quali parecchie sono di tanto in tanto meno fine e più prominenti delle altre. La valva ventrale è appena convessa sui lati e simuata sulla linea mediana. Il seno, che occupa i suoi due terzi anteriori, incomincia superficiale e termina largo e alquanto profondo alla fronte. Esso, sopra ogni lato, è ben limitato da una leg- giera piega, a cvi siegue ordinariamente un’ altra leggierissima, quasi cancellata e marginale. L’apice è piccolo, poco curvato e appuntito. L'area è ben circoscritta. alta, un poco concava e tagliata al centro dalla larga fenditura deltidiale. La valva dorsale è un poco più grande della ventrale e regolarmente curvata nelle due direzioni. Sopra i suoi due terzi anteriori ha una piega mediana, più o ineno leggiera e limitata ai lati, che corrisponde al seno ventrale. Allato di essa vi è per lo più un'altra piega più pic- cola e leggiera, e talvolta ve ne sono due, delle quali la più lontana dal centro è marginale e appena distinguibile. L’apice, meno piccolo e appuntito di quello della valva ventrale, è più curvato e sporgente. L’ area è strettissima e interrotta al centro della fenditura deltidiale. b Le lamine dentali della valva dorsale, quelle della valva ventrale e il setto mediano di questa valva hanno la solita disposizione caratteristica degli xteletes. Le relazioni di affinità fra questa specie e l’Enteletes lacvissimus Waag. sono più strette di quelle che presenta questo con l’Enzeletes Tschernyschewi Gemm. L'Enteletes obsoletus Gemm. differisce dalla specie proveniente dalla parte media del calcare con Pro- . ductus di Bilot (trans-Indus) per essere più depresso e allungato trasversalmente, con l'a- pice della valva dorsale meno prominente, con l'area più piccola e ornato in tutto altro modo. | Questa specie è comune nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Sala- mone nei contorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Mi- neralogia della R. Università di Palermo se ne conservano molti esemplari. ue è d DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO (n VI SI ExreLETES Hauer, Gemm. (Tav. XXVIII, fig. 33 a 39.) Dunphezzà della valva ventrale, e troncato. L'area è bassa, concava e nel centro interrotta ") dalla fenditura deltidiale, che comunica superiormente con la troncatura semicir- colare dell’apice. MORTE VI TER, PIET ROTTA è PT NELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 139 Questa specie è coverta di linee radiali fine e divise da strie un poco più larghe che, incrociate da finissime strie d’accrescimento, divengono squamose. Sopra di esse si notano di tratto in tratto delle strie d’accrescimento più forti e prominenti; esse pre- dominano lungo il margine frontale delle valve, dove, disponendosi a gradini e seguendo la ondulazione a zig zag delle pieghe, rendono elegantemente ornata questa parte della conchiglia. Come si vede dalla fig. 16 i suoi caratteri interni corrispondono a quelli degli £n- feletes. Ciò che vi è da notare, si è, che il setto mediano della valva ventrale si eleva molto dal fondo. Le impressioni muscolari sì seonoscono. Gli adulti di questa specie per il loro aspetto si distinguono facilmente da tutti gli altri Enteletes. L' Enteletes Oehlerti Gemm., che somiglia a loro, è molto meno inequi- valve, con la valva ventrale assai più grande e rigonfiata , non compresso alla regione frontale e con l'apice della valva dorsale meno curvato. I giovani rassomigliano di più all’Enteletes Haugi Gemm.; essi, però, sono più inequivalvi, meno dilatati ai lati, con l’area più lunga, ed ornati di linee radiali meno fine e squamose. Questa specie, come la precedente, è comune non solo nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone, ma pure in quello di San Benedetto delle vicinanze di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Di essa nel Museo di Geologia e Mine- ralogia se ne trovano moltissimi esemplari. EvreLETES OEHLERTI, Gemm. (Tav. XXIX, fig. 11 a 15; inter. nel testo fig. 17) Bungbhezza e. 0a 21m _ 18m 16nm, ]j2mm irgonn Warehezza tant e i Ian (20m mm mm ]]1/, mm Spessore. . 0.0... .. . 25mm 2mm j7mm j4mm 12mm Lunghezza dell’area . . . . . 12m ]2mm 10mm 8&mm mm Conchiglia globosa, con valve rigonfiate e poco inequivalve. La valva ventrale, sebbene più piccola e meno globosa di quella dorsale, è forte- mente convessa nel senso longitudinale e trasversale. Silla linea mediana ha un seno largo, profondo e angoloso che occupa i suoi due terzi anteriori; esso è limitato ai due lati da una piega un po’ larga ed acuta, a cui sieguono altre due o tre pieghe decrescenti in larghezza e lunghezza. L'’apice è grande, curvato e appuntito. L’area è lunga, alta, bi pi: * tI È 140 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA concava, circoscritta ai lati e striata parallelamente alla linea cardinale ; essa al centro mostra la fenditura deltidiale che è tanto larga quanto alta. La valva dorsale è grande, profonda, umbonata e fortemente curvata nelle due di- rezioni. Essa, a poca distanza dall’apice, è munita di cinque o sette pieghe, un poco lunghe, acute e non molto prominenti, che decrescono dalla linea mediana ai lati. La piega me- diana è quella più larga e prominente e corrisponde al seno mediano della valva ventrale. L'apice è grande, fortemente curvato e appuntito ; l’area lunga, bassa, striata paralle- lamente alla linea cardinale, reclinata nella sua parte inferiore e curvata in quella su- periore. La fenditura deltidiale è ugualmente lunga, ma più bassa della fenditura del- tidiale della valva ventrale. La sua superficie è munita di linee radiali finissime, di cui alcune lungo il loro percorso sì dividono. Esse sono intersecate da fine strie d’accrescimento che di tanto in tanto divengono forti e prominenti; se ne notano parecchie alla re- | i gione frontale, dove seguendo le ondulazioni delle pieghe, divengono gradinate ca zig zag. Le lamine dentali e il setto della valva ventrale sono fra di loro avvicinati e quasi paralleli ; essi sì prolungano dall’ apice sino quasi a metà della lunghezza della» valva. Le lamine dentali della valva dorsale non presentano nessuna particolantà. Le impressioni muscolari non si conoscono. Le differenze tra questa specie e 1’ Enzeletes contractus Gemm. sono state indicate precedentemente. Essa proviene dal calcare grossolano e compatto con usuZna della Pietra di Salo- mone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia dì Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università se ne conservano una quindicina di esemplari. ENTELETES SUBAEQUIVALVIS, Gemm. (Tav. XXVIII, fig. 25 a 32) Dunghezza : ia ea e O Veda Marshezza SE e me O DTEAAIIO, Spessore; tue triti O O I Lunghezza dell’area. . . . .. 6mm 5mm 5mm Conchiglia piccola, quasi equivalve, rotondata e un poco più larga che lunga. La valva ventrale è appena più piccola della dorsale, regolarmente curvata nella l'at did last Lal + Al bell (dn DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 141 direzione longitudinale e in quella trasversale e sinuata sopra circa i due terzi anteriori della sua linea mediana. L’apice è piccolo curvato e appuntito. L'area è grande, alta, bene delimitata, concava, reclinata e striata parallelamente alla linea cardinale; la fen- ditura deltidiale è larga. La valva dorsale è appena più grande di quella ventrale, ma più convessa è prov- vista di ur apice meno piccolo, più curvato ed egualmente appuntito. L'area è bassa, sotto reclinante e sopra curvata; anche essa, come quella della valva dorsale , è striata parallelamente alla linea cardinale e ben limitata. La fenditura deltidiale è larga. Questa specie ha presso a poco nei suoi due terzi anteriori delle pieghe basse, di- stinte e divise da larghi solchi. D’esse sulla valva ventrale ve ne sono quattro o sei, e sulla dorsale cinque o sette, delle quali la piega mediana è quella più grande che corri- sponde al seno mediano ventrale. In alcuni esemplari Ie pieghe occupano soltanto la metà anteriore delle valve. Essa è ornata di linee radiali fine, fra le qualive ne sono alcune più prominenti e altre che lungo il loro percorso si dividono. Vi si notano ancora alcune strie d’accrescimento un po’ forti particolarmente verso il margine delle valve. Questa specie è vicina per il numero e la disposizione delle pieghe all’ Enteletes Haugi Gemm. da cui si distingue per essere più rotondata e rigonfiata, meno equivalve e con la piega mediana dorsale meno prominente. Per la forma è ancora vicina all’ En- teletes elegans Gemm., ma questo è più rigonfiato e ornato d’ un numero maggiore di pieghe, per cui è facile distinguere l’uno dall’altra. Le sue lamine dentali e Ja settale non presentano nessuna particolarità. Le impronte muscolari sì sconoscono. L’ Enteletes sub-acquivalvis Gemm. non è troppo comune nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Provenienti di questa località nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità di Palermo ve ne sono una diecina di esemplari. ENTELETES ELEGANS, Gemm. (Tav. XXIX, fig. 6 a 10; inter. nel testo fig. 18) Lunghezza .. . . . . ... 70m 160m i6nm ]j9mm @{2mm 100m Larghezza . ../.... 18mm jg8mm 70m {4mm ]jgi/,mn jjmm Spessore... .. .. . 18mm j7mm j5mm 13mm ]1Ji/mm 10mm Lunghezza dell’area . . . . Qmm 10m 9mm mm 6mm 5mm Questa conchiglia è globosa, quasi sferica, poco inequivalve e plicata in tutta la sua superficie meno che nella regione degli apici. Le pieghe sono regolari, un poco strette 142 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA alquanto alte, acute. divise da solchi a fontio angoloso e decrescenti leggermente dal centro verso i lati. Esse sono così distribuite: 9 e raramente 11 sulla valva dorsale, e 8 e rare volte 10 sopra quella ventrale. La piega mediana della valva dorsale è un poco più larga e appena più prominente delle altre, alla quale corrisponde sulla valva ven- trale un solco più largo e profondo di quelli laterali. La valva dorsale è fortemente curvata nei due sensi principali, il trasversale e il longitudinale. L'apice è grande fortemente curvato e termina appuntito. L'area è bassa, curvata nella sua porzione superiore, reclinata nella sua porzione inferiore e tagliata nel centro dalla larga fenditura deltidiale. i La valva ventrale è un poco più piccola, meno profonda e meno curvata trasversalmente e longitudinalmente della valva dorsale. L’apice è parimente più piccolo e meno curvato di quello di questa valva, ma di esso un poco più sporgente. L'area è grande, bene circoscritta, concava ed ornata di strie parallele alla linea cardinale incrociate da altre fine strie ad esse perpendicolari. La fenditura deltidiale è lunga quasi quanto la metà dell'area. Le linee radiali di questa specie hanno la stessa disposizione di quelle dell’Enzele- les subacquivalcis Gemm.; sulla sua superficie vi si notano pure delle strie d’accrescimento più forti delle altre che dominano principalmente lungo il margine delle sue valve. Ie lamine dentali delle due valve e il setto mediano dorsale si vedono nella Le impronte muscolari non sì conoscono. Questa specie si distingue facilmente dall’En/eletes subaequivalvis Gemm. e dall’ Enteletes Oellerti, perchè ha la piega mediana dorsale (lobo) e il solco mediano ventrale (seno) molto più stretti, e le pieghe più avvicinate fra di loro, strette ed acute; oltre a ciò essa è più rigonfiata dell’ En- feletes subaequivalvis Gemm., mentre è inequivalve, e con la valva dorsale più regolar- mente arcuata nel senso trasversale «di quella dell’Enteletes Oeklerti Gemm.. I suoi esem- plari adulti sono pure distinguibili agevolmente da quelli dell’ Enzeletes meridionalis Gemm., i giovani invece si rassomigliano talmente con quelli di questo da confonderli; però quelli appartenente a questa ultima specie sono poco rigonfiati e la loro piega mediana dorsale non è mai regolare nel contorno frontale, ovvero, essa ha un lato più lungo dell'altro, sicchè con queste differenze si arriva pure a distinguerli. L'Enteletes elegans Gemm. si trova frequentemente nel calcare grossolano con Pw- sulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei contorni di Palazzo- Adriano nella Provincia di Palermo. Molti esemplari di questa specie si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 143 ENTELETES MERIDIONALIS, Gemm. (Tav. XXVIII fig. 10 a 12, Tav. XXIX, fig. 1 a 5; inter. nel testo fig. 19) Lunghezza . . . .... 2jmm j9mm j8mm j7mm ]3mm Larghezza IE COLI ZI ea 15mm Spessore . . . «+. . +... . J8mm 16nm j4mm j4mm 1]mm Tranphezza»dell’arean. va. domm. 9mnm, gum -8nm_ -Gmm Conchiglia più o meno trasversalmente ovale, quasi equivalve, spesso alquanto asimmetrica e irregolare avendo ora il lato dritto ed ora il sinistro un poco più basso dell'altro. Questa irregolarità non è costante in tutti gli esemplari, essendovene molti rego- lari, ma quando essa esiste è leggiera e limitata al terzo anteriore della conchiglia. Le valve sono convesse regolarmente nella direzione longitudinale e un poc) irrego- larmente in quella trasversale, il che dipende dallo spostamento d’ uno dei loro lati. La valva dorsale è srande e convessa. Il suo apice è grande, appuntito e fortemente curvato sulla sottostante area che si mostra bassissima, quasi lineare e inclinata verso l’area Ò della valva opposta. Lavalva ventrale è più piccola e meno convessa; ha l'apice piccolo, È: leggermente curvato e appuntito, e l’area alta, concava, limitata e tagliata al centro dalla — fenditura deltidiale. In un esemplare di questa specie gli angoli laterali della fenditura deltidiale sono 4 rivestiti di piccole lamine che vi producono un forame ovale {vedi fig. 19), questo fatto d non l’ho potuto osservare in altri Erfelefes che sono comunissimi nei calcari con Fusulina della Sicilia. La presenza di tali Jamine in questo esemplare potrebbe far supporre che esse siano delle vere piastre deltidiali. È Le pieghe sono ordinariamente irregolari, essendovene alcune larghe ed altre strette disposte senza simmetria. Questa irregolarità si osserva parimente nei solchi «che ha una metà un poco più bassa dell’altra. Le pieghe sono più o meno larghe, acute, o rotondate, ma sempre distinte. Nella 144 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA valva dorsale ve ne sono da 7 a 9 e nella valva ventrale da 6 ad 8. Esse occupano per lo più i due terzi anteriori delle valve, talvolta la metà anteriore solamente. La striatura radiale è come quella della maggior parte degli Enteletes. Le lamine dentali della valva dorsale, quelle della valva ventrale, come pure il setto mediano di questa valva, si vedono chiaramente in varî esemplari. Le lamine dentali della valva dorsale sono un poco più avvicinate fra di loro dell’ordinario. Le impressioni muscolari non si conoscono. Questa specie ha delle relazioni di affinità con 1 Enteletes Lamarcki Fisch. Dalle varie figure, che ne conosco, mi pare che la specie di Sicilia abbia più rassomiglianza con e forme depresse date dal Prof. Trautschold (1), però le loro relazioni non sono tali da potere identificare la specie siciliana con la russa. Essa sì distingue da questa, perchè è meno irregolare, ornata di pieghe più strette, con l’area più piccola e coll’apice della valva dorsale più piccolo e meno arcuato. L’Enteletes carnicus Schell. pure le è in qualche modo somigliante, ma questo è simmetrico e regolare, ha l’ area grande e l’ apice della valva dorsale è così lungo e sporgente che facilmente si può distinguere da questa. I piccoli di questa specie sono ordinariamente appena irregolari, e simmetricamente plicati, sicchè, se non fosse per la loro depressione maggiore, e per la irregolarità del loro solco e della loro piega mediani, che hanno un lato più lungo dell’altro, visibile distin- tamente sul contorno frontale, sarebbe difficile la loro separazione dagli esemplari piccoli dell’Er/eletes elegans Gemm. L'Enteletes meridionalis Gemm. è piuttosto raro. Nel Museo di Geologia e Minera- logia della R. Università di Palermo ve ne sono una quindicina di esemplari trovati nei calcari compatto e grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto delle vicinanze di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. EnreLETES WAAGENI, Gemm. (Tav XXVIII, fig. A35a 15, Tav. XXI 16024; Tav o Lunghezza . ‘+++ + B6mm 38mm 35mm Z4mm 39mm 39mm 38um 251% Larghezza Lx 4] mm 4jmm 37mm 86mm 35mm 33mm 3Zmm 927mm Spessore . . . . .. . 89mm 4Qum 84mm 8{mm 43mm 40mm 4Qmm 97mm Lunghezza della linea mediana 23mm Q4mm 99mm gjmm 98mm 25mm 22mm ]Jomm Questa specie è estremamente variabile. Ha degli esemplari quasi regolari e di quelli (1) Die Kalkbriiche von Mjatschkwa ecc., pag. 70, Tav. VII, fig. 3° a 31. POI UE PE TUE DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 145 irregolari, degli esemplari equivalvi e di quelli molto inequivalvi, e poi né ha degli altri che presentano tra questi estremi di variabilità tutte le gradazioni. Circa alla simmetria, al numero e alla posizione delle sue pieghe avviene lo stesso fatto. Alcuni esemplari hanno le pieghe grandi ed altri piccole, alcuni più numerose ed altri meno, che ora si prolungano molto ed ora poco verso l’apice ; nè mancano gli esem- plari che hanno le pieghe più numerose in un lato che nell’altro, nè quelli in cui le pieghe sono poco distinte da lasciare in dubbio, se appartengano a questa specie o ad un’altra. La sua valva ventrale è più o meno convessa e rigonfiata vicino la regione apicale; ma è sempre più piccola della dorsale, tanto che spesso fra di loro corre tale differenza da sembrare quasi opercolare rispetto alla valva dorsale, che è grandissima, profonda, curvata e involuta. Essa ha un seno che apparisce presso l’apice e va sino alla fronte, estenden- dosi un poco più a destra o a sinistra della linea mediana, ed approfondendosi ora for- temente ed ora leggermente più da un lato che dall’altro. Questa dissimetria del seno produce una irregolarità maggiore o minore della valva che, vista di faccia, ha un lato più largo dell’altro, e vista dal contorno frontale, mettendo sotto questa valva e sopra quella dorsale, ha un lato più basso dell'altro. Il seno è pure più o meno largo e pro- fondo e accompagnato da una piega per lato. A ognuna di queste pieghe ne sieguono ordi- nariamente altre due o tre, spesso invece ve ne sono sino a sei, e talvolta ve ne è una soltanto. Esse ordinariamente sono irregolari, disposte asimmetricamente e differenti in numero nei due lati; però quasi sempre larghe, alquanto acute e distinte. L’apice è ap- | puntito, piccolo, poco curvato e termina troncato. L'area, che è larghissima, alta, concava, reclinata e circoscritta chiaramente, è provvista di strie trasversali e longitudinali che s'inerociano. Nel centro dell'area si vede l’alta e larga fenditura deltidiale che nella sua parte superiore comunica con la troncatura semicircolare dell’apice. La valva dorsale è grande e convessa; spesso grandissima, profonda, fortemente curvata e colla regione apicale involuta verso la linea cardinale. Essa ha un lobo che siezue nella sua direzione quella del seno ventrale. Questo lobo è più o meno largo, non molto prominente e accompagnato ai lati da pieghe variabili in tutto come quelle della valva ventrale. L’apice è di media grandezza, fortemente curvato, spesso involuto e troncato. Al di sotto d’esso vi sta l’area larghissima e alta; è reclinata nella sua metà inferiore ve curvata nella superiore, striata perpendicolarmente e trasversalmente e interrotta nel centro dalla fenditura deltidiale che comunica con la troncatura semicircolare " dell’apice. «Sulla sua superficie si notano qua e là delle forti e prominenti strie d’accrescimento. Esse ordinariamente sono numerose lungo il margine delle valve e particolarmente alla fronte, dove spesso si addensano gradinate a zig zag, dando alla conchiglia un aspetto bizzarro ed elegante. Le linee radiali sono squamose. . —Sembrerà strano che questa specie si sia stabilita sopra un gruppo di forme che a Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI. 19 146 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA prima vista pare che non abbiano fra di loro relazioni specifiche. Più volte si è cercato di dividerle e farne più specie, prendendo per guida ora questi, ora questi altri caratteri, ma ogni tentativo, attesa la loro grande variabilità, è riuscito vano. Considero, quindi, come tipo di questa specie gli esemplari rassomiglianti a quelli delle seguenti figure : Tav. XXVIII fig. 13 e 14 e Tav. XXIX fig. 16, 17, 18, 19, 25 e 26, e come sua varietà, a cui do il nome di var. umborata, quelli somiglianti agli esemplari di queste ficure Tav. XXVIII fig. 13 e 14 e Tav. XXIX fis. 20, 21, 22, 23, 24, 27. I caratteri interni di questa specie sono i seguenti: La valva ventrale ha sopra ogni lato della fenditura deltidiale un dente a forma di scarpello che termina lungo e sottile, mentre alla base è stretto e sorretto dalla lamina dentale di cui esso è un prolunga- mento. Questa lamina, lunga, sottile e prominente si prolunga fino a metà della lun- ghezza della valva; essa nel tratto che percorre non diverge dal setto mediano, ma gli sì avvicina, formando una leggierissima ondulazione. Il setto mediano nasce dall’interno del l'apice e si prolunga, come le lamine dentali, fino a metà della lunghezza della valva. Esso ha la forma d'una alta lamina triangolare con un angolo rivolto verso l'interno della valva opposta, avente il lato corrispondente all’apice quasi perpendicolare e quello rivolto verso la fronte declive. La valva dorsale ha le due fossette dentali situate una per lato della fenditura dele tidiale. Consistono in due piccole fenditure leggermente oblique alla linea cardinale, le pareti delle quali sono formate: l’esterna della faccia interna della valva, e la interna di quella esterna della piastra crurale; l’angolo esterno di queste fossette è aperto e l’interuo, il deltidiale, chiuso. Alla loro parete interna stanno saldate le piastre crurali che, a forma di spesse lamine a un di presso romboidali, con la faccia inferiore concava e la superiore convessa, si prolungano curvate e acuminate verso i lati. Esse, ad un certo tratto, sì distaccano dal lato interno della valva, in modo da restare libere e sporgenti nel suo interno. Sulla loro faccia superiore si vede un ottuso spigolo che dalla punta si estende sino alla base dividendole in due parti, delle quali l’esterna è un poco più stretta e col lato esterno che concorre alla formazione della fossetta dentale. Lo spigolo alla base delle piastre crurali incontra la corrispondente lamina dentale. Le due lamine dentali sono molto divergenti e si prolungano al di là d’un terzo della lunghezza della valva. Fra di essse vi è un setto mediano egualmente lungo, ma sottile e appena prominente. Vero processo cardinale non ne ho potuto osservare. Sullo spesso margine cardinale, che è tagliato a sbiego, vicino le fossette vi è una impressione ovale seguita lateralmente da un solco. Le impressioni muscolari non si conoscono. L'Enteletes Waageni Gemm. è una delle specie più grandi del genere. Essa nella sezione degli Enzeletes ventrisinuati è la più grande e la più distinta. Alcune sue forme giovanili richiamano soltanto talune forme con pieghe forti e distinte dell’ Enfeletes Tscher- vedano see ii DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 147 nyschewi Gemm., ma mettendole in rapporto si vede subito che sono differenti e perciò non vale la pena di venire alla enumerazione dei loro caratteri differenziali. — Essa è abbondantissima nel calcare grossolano e compatto con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei contorni di Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università se ne conservano moltis- simi esemplari. ENTELETES MICROPLOCUS, Gemm. (Tav. XXVIII, fig. 40 a 46; inter. nel testo fig. 20 e 21) INONEZzA ft RO e 9 n° gm igm - Barohezza (NG i e 0 I. 82 ]grom. 20m 15mm SPESSOLO RR ae e i e I Im; fm, om Lunghezza dell’area... .° . 0, .. 129m -71),,mm gmm gGijmm Questa conchiglia è un poco più larga che lunga, o così larga che lunga; essa ha sulla sua parte centrale delle piccole pieghe radiali che appariscono sotto l'apice e si irradiano più o meno estesamente alla fronte, e sui lati soltanto delle strie radiali proprie del genere. La valva ventrale nella direzione longitudinale è più curvata nella sua metà po- steriore che in quella anteriore, in cui la curva è leggerissima; mentre nella direzione trasversale è leggermente e ugualmente curvata. L'apice è piccolo, curvato e troncato. L'area è di discreta altezza, reclinata e tagliata al centro dalla fenditura deltidiale che sta in comunicazione nella sua parte superiore con la troncatura semicircolare dell’apice. La valva dorsale è più grande della valva ventrale, profonda e curvata tanto nel senso longitudinale che nel trasversale ; tale differenza si nota più nei grandi esemplari che nei piccoli che sono quasi equivalvi. L’apice è grande, curvato, troncato e molto più sporgente .di quello dell’altra valva. La sottostante area è bassa, fortemente curvata, ‘anzi quasi piegata, ed ha al centro la fenditura deltidiale. La commessura delle valve è dritta ai lati e leggermente sinuosa alla fronte colla convessità rivolta verso la valva dorsale; nei giovani esemplari essa è dritta sì ai lati che alla fronte. Questa conchiglia è ornata di pieghe radiali (da 8 a 12 per valva negli esemplari piccoli e da 18 a 20 nei grandi) strette, acute e semplici, fra le quali qualcuna bi- partita. Esse nei giovani occupano soltanto la parte centrale delle valve e negli adulti sì estendono più o meno sui lati. 148 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Le sue linee radiali sono intersecate da forti strie d’accrescimento che si vedono qua e là sulla sua superficie, e particolarmente sopra i margini delle valve. Le lamine dentali della valva dorsale stanno fra di loro più vi- cine di quelle degli altri Enzeletes; le lamine dentali e il setto me- diano della valva ventrale non hanno nulla di speciale. In un modello interno si vedono distintamente le impressioni muscolari della valva dorsale. Esse occupano il suo terzo posteriore e sono situate allato della linea mediana; sono con contorno ovale allungato, coll’estremità più stretta verso l’ apice e divise longitu- dinalmente da uno stretto solco. Gli Enteletes provenienti dai calcari con Fusulina della Provin- cia di Palermo appartengono alla sezione dei ventrisinuati di Waa- gen (1); gli Enfeletes dorsisinuati vi mancano. L'Enteletes miero- 7 plocus Gemm. non si può riferire nè all'una nè all’ altra sezione. Guardando questa specie dalla sua faccia frontale si vede che ha la commessura delle valve leggermente sinuosa con la convessità diretta verso la valva dorsale; questa disposizione è dipendente dalla proiezione maggiore di tutto il margine frontale della valva ventrale sopra quello della dorsale, anzichè dall’esistenza d'un vero seno, che manca intieramente nella valva ventrale; questa specie quindi non rientra, come si è detto, in nessuna delle due sezioni degli Enzeletes stabilite dal Pro- fessore Waagen. Essa è una specie anomala che si allontana da quelle fin'ora conosciute non solamente per la mancanza del seno sopra una delle due valve, ma ancora per la disposizione eccezionale dei suoi ornamenti. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conser- vano dieci esemplari, frai quali aleuni rotti, che provengono da’ calcari con Fusulma della Pietra di Salomone delle vicinanze di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. (1) Salt-Range Fossils, fasc. 3, Brachiopoda , pag. 550 a 552. (Palaeontologia Indica) Cal- A cutta, 1886. p DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 149 SPIRIFERIDAE RETZIA, King. RETZIA AMBIGUA, Gemm. (Tav. XXX, fig. 1 a 3) Iunerezaie ne ar EI Mato nezza en e ISPESSOLOno ate 3 Conchiglia piccola, appena più larga che lunga, ristretta nella regione posteriore e si- nuata sulla linea meridiana delle due valve. La valva dorsale è molto rigonfiata nella sua porzione posteriore e colla linea car- dinale dritta, corta e quasi auricolata ai lati. Essa ha un seno mediano stretto, profondo, esteso dall’apice sino alla fronte, e provvisto nel fondo di una piega più stretta e meno pro- minente delle laterali. Vicino l’apice il seno è limitato al lati d'una grande piega che sì divide immediatamente in tre secondarie che si irradiano fino al suo margine; delle pieghe la mediana è quella più larga e prominente. Oltre di queste pieghe, sopra ogni lato del seno, ve ne stanno altre due più piccole, sicchè sul margine di questa valva vi sono undici pieghe, compresa la mediana. x La valva ventrale è meno rigonfiata di quella dorsale e con seno mediano leggieris- simo che è soltanto distinto nella sua metà anteriore. Da ogni lato dell’apice parte un solo fascio di pieghe che si irradiano sino al margine, delle quali le due centrali sono più strette e situate nel seno; sopra ogni lato vi sono altre quattro pieghe, perciò sul margine di questa valva se ne trovano dieci. L’apice è dritto, troncato alla punta e col forame rotondo e di media grandezza. L'area è alta, liscia, triangolare e limitata ai lati. I suoi caratteri interni non sì conoscono. Questa specie si allontana dalle Zrtefzie conosciute nei terreni carbonifero e perniano. Nel triasico mancano pure le specie colle quali si possa dire che abbia delle relazioni d’affinità ; però si conoscono la Refzia Laubei Bitta. e la Fetzia Schwageri Bittn. che, sebbene siano ornate di pieghe meno numerose e più larghe, hanno la piega mediana della loro valva dorsale meno prominente delle altre in modo da produrvi una specie di seno, come avviene nella Refzia ambigua Gemm. 150 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Essa è rarissima ; si è trovata soltanto nel calcare grossolano con FusuZina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. L’e- semplare figurato sì conserva nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo CYRTINA, Davidson. CyrTIinA JosEPHINAE, Gemm. (Tav. XXX, fig. 4 a 8) Trunghezza=® ia N e Le Iarghbzzaih, Mr fo Ii Spessore |... . . +... gmm Q@mm (— alla lunghezza della valva dorsale) Conchiglia irregolarmente piramidale, molto più lunga che larga e con la maggiore larghezza vicino il margine cardinale, che è lungo e dritto. La valva dorsale è semicircolare, moderatamente convessa e coll’apice piccolo e for- temente curvato. Essa ba sulla linea mediana una piega larghissima, prominente e al- quanto angolosa, e sopra i lati altre tre o quattro pieghe molto minori in larghezza ed altezza. La valva ventrale è molto alta, di forma piramidale, profonda e col seno mediano leggermente concavo, o quasi appiattito che ha nel fondo una piega longitudinale leggiera e indistinta. Ai suoi lati è provvista di quattro o cinque pieghe comprese le due che limitano lateralmente il seno: queste pieghe sono poco prominenti e basse. L' apice è alto, più o meno inclinato e curvato lateralmente, e colla punta rivolta ora dall’uno, ed ora dall'altro lato. L’area è alta, triangolare, appiattita, o appena concava, e striata pa- rallelamente al margine cardinale ; nel suo centro ha la fenditura deltidiale che è stretta e chiusa dal pseudo-deltidio che si estende dall’apice fino alla base, dove si trova il pic-. colo forame. Il psendo-deltidio è formato di due serie di piccole lamine oblique sovrap- poste le une sulle altre in modo imbricato che, rialzandosi, si congiungono al centro e vi formano una specie di carena longitudinale. La superficie è papillosa, finamente punteggiata ed ornata di strie concentriche la- minari, più o meno forti e flessuose. Nell’interno ‘della valva ventrale dell'esemplare fig. 7 e 8 si vedono le lamine den- tali, che dai margini laterali della fenditura deltidiale convergono verso il centro della valva; qui si uniscono e formano il setto mediano che si estende dall’apice fino quasi il DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 151 suo margine frontale. I coni spirali, che partono dallo interno della valva dorsale, hanno la estremità rivolta verso gli angoli della linea cardinale; essi sono lunghi e con giri larghi. Le impressioni muscolari non si conoscono. Le Cyrtime carbonifere, permiane e triasiche hanno lontani rapporti di affinità con questa specie. La Cyrtina carbonaria M° Coy e la Cyrtina Fritschi Bittn. la rassomi- gliano in qualche modo; la prima per Ja configurazione del seno ventrale, e la seconda per la disposizione delle pieghe che ornano la valva dorsale. Gli altri loro caratteri spe- cifici sono ben differenti, sicchè riesce facile distinguere la specie proveniente dal calcare grossolano con FusuZina di Sicilia dalle sopra indicate Cyrtine. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si possiedono di questa rarissima specie gli esemplari figurati, che sono stati trovati nel calcare gros- solano con Fusulina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. SPIRIFERINA, d’Orbigny. SPIRIFERINA PAPILLOSA, Gemm. (Tav. XXX, fig. 32 a 35) n elezza i eat 1Omm jjmm MMrohezzaegret nea on e 13mm 14mm S PERENTORIO RI gmm 1omm Lunghezza dell’area. 0.0.0... gmm jgmm Questa conchiglia è piccola, più larga che lunga, un poco dilatata ai lati, avente la larghezza maggiore un poco dietro la metà della sua lunghezza e gli angoli della linea cardinale arrotondati. La valva dorsale è convessa e provvista di undici pieghe che dall’apice sì irradiano sino alla periferia. La piega mediana è di media grandezza ed è maggiore in larghezza e in altezza delle laterali che sono strette, prominenti, non acute e divise da solchi profondi i e della stessa loro larghezza. La valva ventrale è più convessa e profonda della valva dorsale. Ha sulla linea mediana un seno non molto largo, ma profondo che corrisponde alla opposta piega mag- ] giore della valva dorsale, e sopra ogni lato sei pieghe, che sono simili a quelle di questa valva, cioè : strette, prominenti, non acute e divise da solchi profondi aventi la loro stessa 152 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA larghezza. L’apice è di media grandezza, curvato e appuntito. L'area è triangolare, ben circoscritta, striata parallelamente alla linea cardinale e interrotta nel centro dall’alta e larga fenditura deltidiale. Essa è ornata di numerose strie concentriche, lamellose, imbricate e vicine che, essendo incrociate da linee radiali sottili e vicinissime, rendono elegantemente papillosa la sua superficie. La sua punteggiatura è fina. Questa specie ha, presso a poco, gli stessi ornamenti della Spériferina elegantissima Gemm., ma, essendo meno larga e dilatata ai lati, ornata d'un numero minore di pieghe più larghe e prominenti, e colla piega mediana dorsale non solcata alla fronte, se ne di- stingue facilmente. È una specie rarissima che proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei contorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della RK. Università di Palermo ve ne sono tre esemplari. SPIRIFERINA ELEGANTISSIMA, Gemm. (Tav. XXX, fig. 28 a 81) Lunehézza, sa DL e e e IR Larghezza et CA IR) SR Spessbreptii, Sor e gum Lunghezza dell’area... ‘. <. . Jomm Questa elegante conchiglia è con contorno trasversalmente ellittico, dilatata e asso tigliata ai lati, più larga che lunga, con la larghezza maggiore alla metà della sua al- tezza, e con la linea cardinale lunga e dritta che termina con gli angoli arrotondati. La sua valva dorsale è lesgermente convessa; essa è provvista sulla linea mediana di un largo lobo diviso in due parti uguali da un solco longitudinale, che dalle vicinanze del- l’apice si estende fino alla fronte, e sopra ognuno dei lati di dieci pieghe radiali, strette. avvicinate fra di loro e rotondate. La sua valva ventrale, che è più convessa e profonda della valva dorsale, ha un seno mediano largo e profondo che porta nel fondo una piega piccola e leggiera, corrì- spondente all'opposto soleo mediano dorsale, e undici pieghe per ogni lato compresa quella laterale al seno: le pieghe sono strette, avvicinate fra di loro e rotondate come quelle che adornano la valva dorsale. L’apice è alto, leggermente curvato e appuntito. L'area è triangolare, lunga, alta, ben circoscritta e munita di strie perpendicolari intersecate da altre più fine parallele al margine cardinale. La fenditura deltidiale è alta, di mediocre larghezza e triangolare. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 153 Questa conchiglia è coperta di linee concentriche, eguali, avvicinate, finissime e in- tersecate da strie radiali estremamente fine e anche esse avvicinate. La intersecazione di questi due sistemi d’ornamenti rendono la sua superficie lamellare-papillosa. La sua punteggiatura è finissima. La Spiriferina clegantissima Gemm. si distingue facilmente dalle sue congeneri per la sua forma assottigliata e per la disposizione dei suoi adornamenti. La Spiriferina Toulai Gemm. ha, come questa specie, solcato longitudinalmente il lobo dorsale e il fondo del seno ventrale provvisto di una piccola piega; però la loro forma generale e il loro sistema delle pieghe sono diversi, essendo la Spiriferina elegantissima Gemm. dilatata e assottigliata ai lati e con pieghe numerose e strette. La Spiriferina Toulai Gemm. invece è quasi globosa, nè dilatata, nè assottigliata ai lati e con pieghe meno mumerose e più larghe. Vi sono alcune forme della Spir:ferina cristata Schlcth. che hanno lo insieme di questa specie, ma la lunghezza della loro linea cardinale che termina non rotondata. la forma delle pieghe che sono più larghe e meno avvicinate, la mancanza del solco, sul lobo dorsale e della piccola piega nel seno ventrale, e finalmente la scultura differente, le fanno distinguere agevolmente dalla specie del calcare con Fusulina di Sicilia. Due esemplari di questa rarissima specie si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo; essi provengono dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei contorni di Palazzo - Adriano nella Provincia di Palermo. SPIRIFERINA TouLaI, Gemm. (Tav. XXX, fig. 36 a 40) Tenera e eee ae e O 70 Ae I E e pi di (RSS SPRESORER e A a QU Gi Lunghezza dell’area. . . ... 6mm 31/,Mmm Questa conchiglia è piccola, rigonfiata, più larga che lunga, con la maggiore larghezza verso la metà della sua lunghezza e col margine cardinale dritto e roton- dato ai lati. La valva dorsale è convessa, coll’apice piccolo, appuntito e curvato; essa è provvista sulla linea mediana d’un lobo largo, prominente e rotondato che è solcato longitudinalmente nel suo terzo anteriore, e sopra ogni lato di cinque o sei pieghe strette, prominenti e roton- date. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI. 20 154 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA La valva ventrale è molto convessa e profonda; essa è munita d'un largo seno mediano avente nel fondo una piega leggerissima e poco distinta, e sopra ognuno dei suoi lati di sei o sette pieghe rassomiglianti a quelle laterali della valva dorsale. L’apice è srande, ma non molto prominente, curvato e termina appuntito. L'area è triangolare, corta, alta, bene delimitata e interrotta al centro dalla larga e alta fenditura deltidiale. La sua superficie è ornata di numerose strie concentriche, lamellose e avvicinate fra di loro, ma non addensate. La punteggiatura è finissima. Questa specie ha il contorno somigliante a quello della Spiriferina multiplicata Sow., però le sue pieghe sono più strette , il suo lobo dorsale è solcato verso il margine fron- tale e i suoi ornamenti e la sua scultura sono differenti. Più vicina alla Spiriferina ornata Waag., se ne allontana, perchè questa ultima specie manca del solco sulla parte anteriore del lobo dorsale e della piega nel seno ventrale, e perchè ha l’apice più pro- minente e curvato ; inoltre le sue pieghe sono più larghe e meno avvicinate fra di loro, la sua area è più grande e la sua fenditura deltidiale più stretta (1). Questa specie è rara. Gli esemplari, che ne conosco, sono i due figurati che si con- servano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. Provengo- no dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei contorni di Palazzo- Adriano nella Provincia di Palermo. SPIRIFERINA MarcARITAE, Gemm, (Tav. XXX, fig. 9 a 23) tipo var. dilatata Lunghezza . . . . . 16mm 1i6mm j5mm j4mm 16mm j3mm 3\]!i/,mm 1jmm Larghezza . . . . . 13mm j{4mm j3mm 192mm 171/,mm 15mm 13mm 19mm Spessore. . . . . i4mm 1{4mm ]j21/mm jjmm —129Mm Q9mm gmm (om Lunghezza dell’area. . 100m 101/,mM>m jjmm 91/,mm 12mm _ Qmm mm 8mm Questa conchiglia è di forma un poco variabile che si avvicina ordinariamente al- l’ovale, o alla pentagonale, e qualche volta alla romboidale. La sua lunghezza suole essere (1) Vedi Waagen, Op. cit., fasc. 2-3, Brachiopoda, pag. 505, Tav. L., fig. 1 e2. — Nikitin Depots carboniféres et Puits Artésiens dans la Reg. de Moscou. (Mém. du Comité géolog.) Vol. V n. 5, pag. 166, Tav. III, fig. 5, St. Petersbourg, 1890. Se pene e ge re o NELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 155 maggiore della. sua larghezza, talvolta, però, è minore, oppure eguale. Essa ha la più grande larghezza un poco in avanti della linea cardinale. La sua valva dorsale è più o meno convessa ed ornata d'un lobo mediano e di pie- ghe laterali che s’ irradiano dall’apice alla periferia. Il lobo mediano è largo, prominen- tissimo, carenato e non di raro scanalato leggermente nella sua porzione anteriore. Le pieghe laterali sono variabili in numero da tre a sei per lato, prominenti, piuttosto più o meno rotondate, anzichè acute, e così larghe come i solchi, o più larghe di questi. L'area dor- sale è distintissima, bassa triangolare e limitata dalla corrispondente linea cardinale. La sua valva ventrale è più convessa e profonda della sua valva dorsale. Essa ha sulla linea mediana un seno largo e profondo, e copra ciascun lato delle pieghe che variano nel numero e nella forma come quelle della valva dorsale. I varî esemplari che hanno il lobo dorsale scanalato sulla porzione anteriore sono provvisti d'una piega leggiera e poco distinta sulla parte anteriore del fondo del loro seno ventrale. L’apice è grande, promi- nente, fortemente arcuato e termina appuntito. L'area ventrale è grande, alta, triangolare, concava, ben circoscritta e striata parallelamente alla linea cardinale. Essa ha nel centro la fenditura deltidiale che è larga, alta e limitata per ogni lato da un solco. I margini laterali delle valve s'incontrano ordinariamente sullo stesso piano senza formare angolo di sorta; non di raro, però, s'incontrano formando degli angoli non solo ottusi, ma ancora acuti. La commessura delle valve è obliqua e dentata ai lati e sinuosa e linguiforme alla fronte. La sua superficie è finamente papillosa e ornata di numerose lamine concentriche e imbricate, fra le quali parecchie sono più spesse e prominenti delle altre. La sua punteggiatura è fininissima. Questa specie si trova abbondantemente nel calcare grossolano con Fusulina della Valle del fiume Sosio nella Provincia di Palermo. Essa presenta una varietà che mi ha tenuto lungo tempo indeciso se dovessi considerarla come tale, o come tutt'altra specie; però i loro legami d’affinità sono tanto intimi , e i loro passaggi così sensibili che credo conveniente di considerarla come una semplice varietà di questa specie. Questa forma, a cui avea dato il nome di Spiriferina consangquinea (fis. 18 a 23) è dilatata ai lati, de- pressa, coll’apice più piccolo e meno curvato e con i margini laterali delle valve che si incontrano ad angolo acuto. Della Spiriferina Margaritae Gemm. non ho potuto conoscere le impressioni mu- scolari. In parecchi suoi esemplari si vedono chiaramente il setto mediano e le lamine dentali della loro valva ventrale. Il setto mediano è alto e sì prolunga sino quasi a metà della valva; le lamine dentali sono più corte e sottili del setto mediano che sta in mezzo di esse. L'apparecchio brachiale (fig. 17), come ho potuto accertarmi con varie preparazioni, . ha la fascietta jugale interrotta, ed è rappresentata da due punte convergenti; i coni 156 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA sono piccoli, diretti lesgermente in modo obliquo verso la linea cardinale e formati da 8-9 giri. Questa specie ha delle relazioni d’affinità con la Spiriferina multiplicata Sow. e la Spiriferina cristata Schloth. Si distingue dalla prima specie non solamente per la forma del suo lobo dorsale molto più prominente ed acuto, del suo seno ventrale più profondo e angoloso, e delle sue pieghe laterali più strette; ma ancora per la forma dell’ apice che è più grande e curvato e per l’area che è bene limitata ai lati. Colla seconda specie le sue affinità sono minori ; essa, sebbene sia variabile di forma, non arriva mai a pre- sentarsi alata come la Spiriferina cristata Schloth., oltre a ciò è più rigonfiata, più om- bonata e punteggiata più finamente. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si conservano moltissimi esemplari di questa specie. Essi provengono dal calcare grossolano con Fusu- lina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei contorni di Palazzo- Adriano nella Provincia di Palermo. SPIRIFERINA RUPICOLA, Gemm. (Tav. XXX, fig. 46 a 48) Lamghezza ro vee UU Larghezza . . ./. 0.0.0... 20Mm 16mm 10mm Spessore: for i RO e SUL Lunghezza dell’area... 0. aa cao in pae eo Conchiglia più larga che lunga, depressa, dilatata ai lati e con il margine cardi- nale avente l’estremità rotondate. . La valva dorsale è poco convessa e leggermente arcuata nel senso longitudinale e trasversale. Il suo lobo mediano, che dall’apico si estende fino alla fronte ingrandendosi gradatamente, è largo, non molto prominente e rotondato. Le sue pieghe laterali, seb- bene non siano prominenti come il lobo, sono alquanto alte, di grandezza media e divise da solchi che hanno la stessa loro larghezza; d’esse se ne contano da cinque a sei per ogni lato. La sua area è bassa e quasi lineare. La valva ventrale, più convessa e profonda della valva dorsale, ha sopra ogni lato da sei a sette pieghe radiali rassomiglianti in tutto a quelle della valva dorsale, e sulla linea mediana un seno largo, a fondo rotondato e piuttosto profondo. Il suo apice è re- lativamente piccolo, stretto, curvato e appuntito. La sua area è triangolare, larga, alta, È Cillield alt © detti da er. Ai it DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 157 limitata ai lati e concava. La fenditura deltidiale è alta, un poco stretta e limitata ai lati da un solco. La sua superficie ha delle fine linee concentriche che lungo il margine delle valve sì mostrano più forti e laminari. La sua punteggiatura è finissima e visibile soltanto con lente di forte ingrandimento. I suoi caratteri interni non si conoscono. Questa specie è vicinissima alla Spereferina cristata Schloth. La ritengo come tutt'altra specie, perchè ha il margine cardinale più corto e costantemente arrotondato alle estremità, la superficie ornata di strie concentriche più fine e punto imbricate, e la punteggiatura molto più fina. Essa hainoltre delle affinità conla varietà dilatata della Spiriferina Margaritae Gemm., da cui si distingue per essere più depressa più dilatata ai lati, col margine cardinale più lungo, coll’apice più piccolo e con il lobo dorsale meno prominente; oltre a ciò le sue pieghe laterali sono più grandi e divise da solchi più larghi. Essa proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone dei din- torni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono cinque esemplari. SPIRIFERINA SALOMONENSIS, Gemm. ‘ (Tav. XXX, fig. 24 a 26, ? 27) Lunghezza . . . . . .. 13mm j0mm 10mm Targhezza > . 0. 0... 15m {2mm jQum SPiessore o e Qua gm gum Lunghezza dell’area. . . . 8mm 6mm GIj,mm Conchiglia più larga che lunga, o tanto larga che lunga, avente la maggiore lar- ghezza quasi alla metà della sua lunghezza. Le valve sono regolarmente curvate nelle loro due principali direzioni, la longitu- dinale e la trasversale ; la valva ventrale è più convessa e profonda di quella dorsale. Esse nei lati sono ornate di pieghe radiali, leggiere, ma bene distinte, e rotondate, mentre sulla linea mediana la valva vertrale è sinuata, e la dorsale lobata. Il seno ventrale in- comincia dall’apice e si estende sino alla fronte, allargandosi gradatamente, ma non appro- fondendosi molto, talchè il suo fondo resta leggermente concavo. Questo seno produce nella valva dorsale un lobo largo, non molto alto e rotondato. Le pieghe laterali sopra ‘ogni lato della valva dorsale sono da sei a sette, e sopra ognuno della valva ventrale da 158 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA sette ad otto. L’apice è di media grandezza, arcuato e appuntito. L'area della valva ven- trale è triangolare, concava ben livitata ai lati e striata longitudinalmente, quella della valva dorsale bassa, ma non linear». La fenditura deltidiale è triangolare e un poco stretta. La sua superficie è provvista di linee laminari, concentriche, fine, avvicinate e im- bricate ; esse sono intersecate da strie radiali superficiali che si notano particolarmente sul seno e sul lobo. La sua punteggiatura è estremamente fina e distinguibile soltanto con lente di forte imerandimento. I suoi caratteri interni mon sì conoscono. L'esemplare figura 27 è somigliantissimo a questa specie. La sola differenza , che gli si nota, è quella d'essere ornato di pieghe più prominenti e di avere delle dimensioni maggiori. È questa la ragione che glielo riferisco con dubbio. La Spiriferina Salomonensis Gemm. è vicinissima alla Spiriferma multiplicata Sow. dalla quale differisce per essere più dilatata ai lati, più depressa, meno ombonata e prov- vista di pieghe più numerose ai lati; inoltre è ornata di strie radiali che mancano nella Spiriferina multiplicata Sow. Essa è rara nel calcare grossolano con Zusulina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono sette esemplari. SPIRIFERINA SCHELLWIENI, Gemm. (Tav. XXX, fig. 49 a 51) Dunshezza: sith pie RO A Tare hezza! eee ee A MT Spessore: A pira ARI RR AE a Lunghezza.;dell’arca o ni e Soru SI Conchiglia grande, spessa, di forma quasi triangolare, più larga che lunga e con la larghezza maggiore che corrisponde al margine cardinale. La valva dorsale è Iobata sulla linea mediana e plicata ai lati. Il lobo incomincia dall’apice, dove ha la stessa grandezza delle pieghe laterali; ma durante il suo percorso sino alla fronte ingrandisce rapidamente, talchè diviene prominentissimo, largo alla base e un poco rotondato. Le pieghe, tre o quattro per lato, sono larghe, rotondate e poco alte di fronte al lobo che è molto prominente. L’apice è di disereta grandezza e forte- mente curvato. L'area di questa valva, che nelle ,Spiriferine suole essere di solito li- neare, è piuttosto alta è triangolare. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 159 La valva ventrale è più profonda e nello insieme meno convessa della valva dorsale; però il suo apice, essendo molto più prominente di quello di questa valva, nella re- gione apicale la supera in convessità. Essa, nella linea mediana, ha un seno che si estende dall’apice sino alla fronte; è largo, circoscritto distintamente ai lati, ma non molto pro- fondo, nè angoloso. Sopra ogni lato è ornata di quattro o cinque pieghe, delle quali le due centrali, che limitano il seno, sono più grandi delle altre; queste pieghe sono simili a quelle della valva dorsale. L’apice è di grandezza media, curvato e appuntito. L’area è triangolare, larghissima, alta, reclinata nella sua porzione cardinale, cur- vata in quella apicale e striata da numerose linee perpendicolari che intersecano moltissime strie parallele alla linea cardinale. Nel centro vi si nota la fenditura deltidiale grande, triangolare e più alta che larga. La superficie di questa specie è provvista di strie concentriche laminari, fra le quali molte sono forti e prominenti; esse vicino il margine delle valve si infittiscono e formano lungo la loro commessura una zona più o meno estesa e pianeggiante striata a zig zag. La sua punteggiatura è chiara. Le impressioni muscolari e l'apparecchio brachiale non si conoscono. Questa specie ha qualche rassomiglianza con la Spiriferina laminosa M’' Coy, da cui differisce per avere il contorno quasi triangolare, un numeno minore di pieghe e l’apice | meno prominente. Essa è rarissima e proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Sa- lomone dei contorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di (eo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano due esemplari in- teri, e una valva dorsale. SPIRIFERINA TORNATA, Gemm. (Tav. XXXV, fig. 22 a 26) eZ RON Jarphezzagz son e e e A mm PS VENE ESII Ea A ROIO VAR E A SPARI NANI 1: ARA LL liuno;hezza dell'arca... cv. 4, o siamo “Gm Conchiglia col contorno trasversalmente ellittico, la cui larghezza maggiore corrisponde alla metà della sua lunghezza. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI. 21 160 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Le due valve sono regolarmente curvate nel senso longitudinale e nel trasversale; d'esse la valva ventrale è più convessa e profonda. Questa sulla sua linea mediana ha un seno largo, limitato ai lati e poco profondo che sì estende dall’apice sino alla fronte. Sulla valva dorsale opposto al seno ventrale vi è un lobo egualmente largo, circo- scritto nettamente ai lati, poco prominente e scanalato leggermente nel centro da un soleo longitudinale. Sopra ogni lato delle due valve si notano quattro o cinque pieghe radiali, larghe, leggerissime, più o meno indistinte e scancellate. L’ apice della valva ventrale è piccolo, curvato e coll’estremità appuntita. La sua area è triangolare, corta, alta, curvata e provvista di strie parallele al margine cardinale che sono incrociate da altre staie perpendicolari, fine e sottili; l’area della valva dorsale è anche triangolare, ma hassa. Le valve s’incontrano ad angolo più 0 meno acuto e producono una commessura, che è dritta ai lati e leggermente sinuosa nel centro della fronte. La superficie della conchiglia è ornata di finissime strie concentriche d’accrescimento; fra di esse ve ne è qualcuna più prominente. La punteggiatura è fina. I caratteri interni non si conoscono. La Spiriferina tornata Gemm. ha lo aspetto di alcune specie predominanti nel lias; nella formazione carbonifera e nella permiana non ve ne è alcuna che le sia veramente affine. Essa è rara e proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Rocca di San Benedetto presso Palazzo - Adriano nella Provincia di Palermo. Il Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ne possiede sei esemplari, dei quali tre sono rotti. SPIRIFER, Sowerby. SPIRIFER SicuLus, Gemm. (Tav. XXXVI, fig. 1a 6) une nezza NERE ee 27mm 35nm 45mm JarShezza: se 34mm 49mm 6ymm Spessore E leo dia Se Tm. 231027 Lunghezza dell’area tti e Jimm 34mm 56mm Conchiglia grande, un poco depressa, dilatata ai lati, col margine cardinale lungo, però più corto della sua larghezza maggiore, che è alla metà della sua lunghezza, e col contorno laterale arrotondato e: tagliente. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 161 Delle due valve quella ventrale è più convessa e profonda. Questa ha un seno me- diano che dall’apice si estende, allargandosi rapidamente, sino alla fronte. dove è lar- ghissimo. Tale seno è discretamente profondo , limitato chiaramente ai lati e col fondo appena angoloso. Esso produce sulla valva dorsale un lobu mediano che, essendo largo e senza limite netto ai lati, nou si distingue dal resto della valva, la quale, perciò, an- zichè lobata sulla linea mediana, è soltanto più rigonfiata delle sue parti laterali. L’a- pice è largo, poco prominente, leggermente arcuato e appuntito. L'area è triangolare, meno lunga della linea cardinale, alta, reclinata e guarnita di strie di accrescimento pa- rallele alla linea cardinale che sono incrociate da altre strie perpendicolari, finissime e numerose. Essa è ornata di numerose pieghe radiali che presso l’apice si dividono in due pieghe secondarie; queste a distanze diverse alla loro volta si biforcano nuovamente ; esse sono strette, basse e arrotondate. Nel seno dalla valva ventrale degli esemplari grandi ve ne stanno da 18 a 20 e sopra ognuno dei suoi lati da 20 a 24. Queste pieghe non sono riunite a fasci come avviene in molti Spèrifer, ma sono disposte regolarmente sulla con- chiglia. Numerose strie concentriche d’ accrescimento, fra le quali parecchie forti e un poco prominenti, intersecano le pieghe. I caratteri interni di questa specie non si conoscono. Questa specie, che per la disposizione delle pieghe rassomiglia in qualche modo allo Spirifer cintus Keyserl. , se ne allontana per gli altri caratteri. Essa ha parimente lo ‘ insieme dello Spirifer striatus Mart. proveniente dal calcare inferiore con Produetus di Gulàmi (1), però paragonando i loro caratteri essenziali, essi sono così differenti che non lasciano dubbio sulla loro diversità specifica. Anche lo Spirifer Wynnei Waag. che le è più affine per la forma dell’area e delle pieghe, ne differisce poi per la forma gene- rale, e per quella dell'apice, del seno e del lobo. Frai varî Spirifer che sono strati trovati nel calcare carnico con Fusulina (2) quello che più le si avvicina è lo Sparifer Fritschi Schell., ma esso neppure si può indentificare con questa specie. Lo Spirifer Siculus Gemm. proviene dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano sei esemplari. r (1) Waagen, Op. cit., fas. 3, Brachiopoda, p. 509, Tav. XLIV, fig. 3 a 5. (2) Schellwien, Op. cit., pag. 42 a 49, Tav. V, figd 4a 8. 162 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA SPIRIFER SUBTRIGONALIS, Gemm. (Tav. XXXVI, fig. 13 a 17). Liun®hezz3}, Ai e O DRIVE 180m Larghezza \. i... 0... ‘90mm 28nm 23m Spessore. 0... .. . 1Qmm 19mm jjmm È Lunghezza ‘dell’area nl... «umme 1801 dna Conchiglia alata, più larga che lunga e colla linea cardinale arrotondata alle sue estremità. La sua larghezza maggiore è un poco dietro della metà della sua lunghezza. La valva ventrale, più profonda di quella dorsale, ha un seno mediano largo, un poco angoloso al fondo, e non chiaramente limitato che si estende dall’apice sino alla fronte, allargandosi rapidamente. La valva dorsale è più curvata nella direzione trasversale che nella longitudinale. Essa ha un lobo mediano largo, ben circoscritto ai lati nella sua metà anteriore e più o meno angoloso. L’apice è di grandezza media, poco prominente e appuntito. L'area è molto più corta della linea cardinale, triangolare e indistintamente limitata ai lati. La fenditura deltidiale è lunga ed alta. Questa specie è ornata di pieghe radiali. Quelle del seno ventrale sono deboli, poco distinte e ineguali, mentre quelle che stanno sul lobo dorsale sono invece forti, distinte . e ineguali; queste nascono ordinariamente da una grande piega che dall’apice si estende fino alla fronte, dividendosi nel suo percorso in più pieghe secondarie. Le pieghe laterali sono strette, rotondate e per lo più semplici, però qualcuna di esse talvolta è biforcata. Sopra il margine di ogni lato si trovano da 6 a 8 pieghe e sopra quello del lobo da 5 a 6. I suoi caratteri interni non si conoscono. Parecchie specie del gruppo dello Spirifer trigonalis Mart. sono più o meno vicine a questo Spirifer proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Sicilia, ma non ve ne è nessuna a cui si possa identificare specificamente. La linea cardinale rotondata alle sue estremità, l’area corta e non limitata ai lati, il seno ventrale con pieghe indi- stinte e il lobo dorsale con una piega all’apice, da dove si irradia sino alla fronte, divi- dendosi in varie pieghe secondarie, sono caratteri che non si trovano riuniti insieme in nessuna specie di questo gruppo. Gli altri Sperzfer del carbonifero e del permiano hanno con la specie di Sicilia minori relazioni di affinità. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si trovano DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 163 quattro esemplari di questa specie che proviene dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto dei contorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. SPiRIFER Bartu, Gemm. Tav. XXXVI, fig. 7 a 12). Lunghezza . . . . . . 28mm 27mm 17mm 99mm Larghezza . . . . .°. 28mm 271/,mm20mm 938mm Spessore... ..... 1gmm 20mm 12mm 2]mm Lunghezza dell’area. . . 14mm j5mm 80m 18mm Questa conchiglia è di grandezza media, così lunga che larga, talvolta più larga che lunga, o sensibilmente più lunga che larga. La sua larghezza maggiore corrisponde alla metà della sua larghezza. La valva ventrale, più profonda di quella dorsale, ha il seno mediano largo , limi- tato chiaramente ai lati, poco profondo ed ornato di due o tre pieghe radiali, più o meno larghe, basse e rotondate, fra le quali è intercalata qualcuna rudimentare. La sua area è triangolare, stretta, più larga che alta, limitata nettamente ai lati e striata pa- rallelamente alla linea cardinale, che termina coll’estremità rotondate. Essa è tagliata nel centro dalla fenditura deltidiale, che è triangolare, larga e alta. Il suo apice è promi- nente, grande e appuntito alla estremità. La valva dorsale, sebbene abbia l’apice fortemente curvato, è più arcuata nella di- rezione trasversale che nella longitudinale. 1l suo lobo mediano, che corrisponde al seno della valva opposta, è ben distinto e più o meno prominente nella sua metà anteriore; esso risulta da una piega che dall’apice si estende sino alla fronte dividendosi nel suo percorso in tre pieche secondarie, dalle quali la mediana ordinariamente è bipartita. Sopra ogni lato delle valve si notano ordinariamente tre pieghe radiali, talvolta sono quattro, o due soltanto; queste pieghe sono semplici, larghe, prominenti ed a- cute. Non è raro il caso di trovarne qualcuna bipartita vicino il margine delle valve. Tutta la superficie della conchiglia è ornata di strie concentriche d’ accrescimento fine, eguali ed avvicinate. Questa specie ha una varietà. Essa è con contorno ovale, rigonfiata e coll’apice molto prominente. i Lo Spirifer Battus Gemm. ha dei punti di affinità con lo Spirifer integricosta Phill., lo Spirifer ovalis Phill., e lo Spirifer pinguis Sow., dai quali differisce princi 164 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA palmente per essere ornato d’un numero molto minore di pieghe e provvisto d'area con- formata diversamente. Questa specie non è rara nel calcare grossolano con L'usulma dalla Pietra di Sa- lamone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano parecchi esemplari. SprrireR DESTEFANII, Gemm. (Tav. XXXVI, fig. 18 a 25.) Lunghezza . LL «00. 30, 25m, 24m 2A Larghezza: . Lo 020 «eta, 02m 2 in ta e om Spessore... . . . . . 20mm 15mm j5mm, 16mm _j0mm Lunghezza dell’area . . . . . 18m j4mm jdmm ]J3i/,mm 9mm Questa conchiglia è ordinariamente più larga che lunga e qualche volta così larga che lunga. Essa ha il margine cardinale rotondato alle sue. estremità e la larghezza maggiore un poco indietro della metà della sua lunghezza. La valva dorsale, poco convessa, è lobata sulla linea mediana. Il lobo è largo, ap- piattito, o appena convesso, limitato per ogni lato da un solco e soltanto più prominente del piano della valva nella sua porzione anteriore. Tale lobo è per lo più diviso da un solco mediano in due parti; però non è raro il caso di notarvi un numero maggiore di solchi che dividono la sua superficie in tre o quattro pieghe. La valva ventrale è più convessa e profonda della valva dorsale. Opposto al lobo dorsale ha un seno mediano, largo, liscio, limitato chiaramente ai lati e più o meno angoloso al fondo. L’'apice è stretto, promi- nente e appuntito. L'area è triangolare, corta, limitata bene e concava. La fenditura deltidiale è triangolare e più lunga che alta. La conchiglia ha delle pieghe radiali che sono rcolto leggiere nella regione apicale e distinte nella marginale. Esse sono bassissime, strette, appiattite e divise da solchi leg- gieri e lineari; talvolta però le pieghe sono più prominenti, alquanto rotondate e divise da solchi più larghi e meno superficiali. Sopra varî esemplari le pieghe invece d’ essere tutte semplici molte sono semplici e qualcuna bipartita. La sua superficie è ornata di strie concentriche d’accrescimento numerose, fine e av- vicinate, fra le quali di tratto in tratto qualcuna è più forte e prominente. Le lamine dentali della valva ventrale seguono le pareti interne della fenditura del- DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 165 tidiale, ma sì prolungano pochissimo nell’interno della valva. Le lamine discendenti del- l'apparecchio brachiale (fig. 25) mancano di punte convergenti; i conì spirali riempiono quasi tutta la cavità della conchiglia, e ognuno di essi è formato da 14 a 16 giri. Questa specie ha delle relazioni d’affinità con lo Spirifer supramosquensis Nik. Ne differisce perchè ha l’area più corta, l’apice meno curvato e il lobo nettamente limitato ai lati; inoltre lo Spirifer Destefanti Gemm. ha il seno liscio, mentre invece nello Spi rifer supramosquensis Nik. esso è plicato. Vi sono pure alcune forme dello Spirifer pin- guis Sow. che in qualche modo lo rassomigliano; però queste sono con l’area più grande, con la linea cardinale più lunga, con l’apice più curvato e plicate più fortemente. Questa specie si trova frequentemente nel calcare compatto con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei contorni di Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano molti esemplari. MARTINIA, M° Coy. MARTINIA ORBICULARIS, (xemm. (TAV. XXXII, fig. 16 a 22) Pracheza eee ODIO DIO) DTA) 6 Parehezzat n seen te once ASI) on on SPONSOLESI AA N a e ta ZO RE Lunghezza dell’area. . . . . . ama dipen ipatt de io Questa conchiglia hail contorno più o meno orbicolare, l’area grande e ben circo- seritta, la linea cardinale lunga e le valve che si incontrano formando un angolo acuto e talvolta tagliente. La valva ventrale è più grande, profonda e convessa di quella dorsale. Il suo seno mediano, che incomincia verso i due terzi anteriori della lunghezza della conchiglia e si estende sino alla fronte, è leggiero, alquanto largo, non limitato ai lati e un poco an- goloso al fondo. Il suo apice è di grandezza discreta, curvato, prominente e appuntito. La sua area è triangolare, grande, molto più lunga che alta, convessa, limitata ai due lati da uno spigolo ed ornata di finissime strie longitudinali e perpendicolari che +’ in- erociano fra di loro. La sua fenditura deltidiale è triangolare, lunga un poco più di '/, della lunghezza dell’area e circoscritta ai lati da un solco. La valva dorsale è più curvata nella direzione trasversale che nella longitudinale. Manca d’ un lobo corrispondente allo opposto seno ventrale; però sulla linea mediana è 166 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA leggermente rigonfiata, declinando dolcemente ai lati. L’apice è curvato, appuntito e più prominente della linea cardinale. L'area è bassa, inclinata e interrotta al centro dalla fenditura deltidiale. La commessura delle valve è dritta ai lati e leggermente sinuosa alla fronte con la convessità rivolta verso la valva dorsale. Gli esemplari grandi e ben conservati sono ornati di strie radiali fine e un poco distanti fra di loro e di linee concentriche di accrescimento finissime ; fra di esse qual- cuna è più forte e prominente. I piccoli di questa specie fino al diametro di cirea 15"® non presentano sinuosità ventrale e la commessura delle loro valve alla fronte è dritta. La sua punteggiatura non si conosce. Dei suoi caratteri interni si conoscono soltanto le impronte vascolari e muscolari; le prime sono forti e avvicinate fra di loro, le seconde stanno ai lati della linea me- diana e sono strette e allungate. Questa specie, sebbene abbia dimensioni molto maggiori della Martinia semiplana Waag., è legata ad essa da intimi rapporti di affinità. Essa se ne distingue perchè la sua valva dorsale è più rigonfiata, la ventrale meno arcuata e la sua fenditura deltidiale più stretta. A queste differenze bisogna aggiungere il fatto che i giovani di questa specie aventi le dimensioni del tipo della Martinia semiplana Waag. (1) non mostrano la si- nuosità frontale che si nota nella specie di Waagen. La Martinia contracta Meek et Worth. (2) e la Martinia - nucula Rothpl. (3) che le sono pure vicine per lo insieme, se nce distinguono per lo sviluppo relativo delle valve che è diverso, e per l’area che nella specie siciliana è grande e nettamente limitata ai lati da spigoli, mentre in esse è pic- cola e oscuramente circoscritta. Questa specie proviene dal calcare grossolano e compatto con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano. Nel Museo di Geologia della R. Università di Palermo se ne conservano una quindicina di esemplari. (1) Waagen, Op. cit., fasc. 2, pag. 536, Tav. XLIII, fig. 4. (2) Meek and Worthen, Geological Survey of Illinois, Vol. III, Palacont., pag. 298, Tav. 23, fig. 15. (3) Rothpletz, Op. cit., pag. 80 Tav. IX, fig. 3 a 7. i 4 1 Ì ) DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 167 MARTINIA BISINUATA, Gemm. (TAV: XXXII, Fig. 23 a 29) dunpglicaza: bp ii Z2emm 23mm 23m {6nm Larghezza . . . . . . . ., 80mm 2gmn 25mm ,]j8mm SNBGNOREI/ lenta 7 n ja Lunghezza dell’area . . . . . I Cia i (O LIL MINA LoL RI Cialla Conchiglia trasversalmente ovale, ordinariamente più larga che lunga, qualche volta così larga che lunga, coll’area oscuramente delimitata ai lati e colle valve un poco si- nuate sulla loro linea mediana. La valva ventrale è più profonda e arcuata della valva dorsale. Essa ha un seno mediano che incorincia al di sotto dell’apice a guisa d'un ‘solco stretto e superficiale, e sì prolunga fino alla fronte, diventando sempre più largo e profondo. La sua regione po- steriore è poco sviluppata , essa termina coll’ apice che è poco prominente, curvato, non molto appuntito e in qualche modo avvicinato a quello della valva dorsale. La sua area è stretta, bassa e oscuramente limitata ai lati, talchè fiesce difficile stabilirne i limiti. La sua fenditura deltidiale è triangolare e grande e pare che occupi la maggiore parte ‘ dell’area. La valva dorsale, che si mostra regolarmente convessa nelle sue due direzioni prin- cipali, è un poco più arcuata nel senso trasversale. Sulla linea mediana ha un legge- rissimo seno che a forma d’un solco stretto e superficiale si estende dall’apice fino alla fronte, dove incontra quello opposto della valva ventrale. Il suo apice è curvato e un poco più prominente della linea cardinale. La sua area è bassa e con grande fenditura deltidiale. Le valve sì incontrano ad-angolo-acuto;-e la-loro-commessura-è-dritta- ar lati e appena sinuosa alla fronte con la convessità rivolta verso la valva dorsale. ba punteggiatura del suo epidermide è fina. La superficie di questa specie, quando è ben conservata, si vede ornata di costicine radiali un poco distanti fra di loro. Le sue strie concentriche d’accrescimento sono fine e ineguali. I suoi caratteri interni non si conoscono. Questa specie ha l'area circoscritta oscuramente ai lati come la Martinia nucula Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI. 22 168 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Rothpl. e la Martinia contracta Meek et Worth., però differisce da esse non soltanto per essere sinuata in ambedue le valve, ma ancora perchè le sue valve non hanno quella profondità che presentano quelle di queste specie. Inoltre la sua sinuosità frontale è assai più leggiera di quella della Martinia nucula Rothpl. e un poco più risentita al centro di quella della Martinia contracta Meek et Worth. Di questa specie si conoscono sette esemplari che si trovano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R: Università di Palermo. Essi provengono dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Senedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. MARTINIA RUPICOLA, Gemm. (TAV. XXXI, Fig. 36 e 37, e Tav. XXXII, Fig. 1 a 13). "Tune hezza Ss e, 31m 30mm 24mm 24mm 19mm Larghezza 0.0.0... ggmm 8]jmm 24mm 24mm ]91/g1nm Spessore . 0.0... .. 20mm j9gmm [5mm {j6mm 12mm Lunghezza dell’area |. . . 15m 139% * 12Mm. 12mm 9mm Ho dato questo nome ad una Martinia di grandezza media, sottile, più lunga che larga, talvolta tanto lunga quanto larga, o un poco più larga che lunga, con la linea «cardinale lunga e leggermente auricolata all’estremità e con il margine frontale sinuato e leggermente ripiegato verso la faccia dorsale. i La valva ventrale è più convessa e protonda di quella dorsale. Essa nei suoi due terzi anteriori ha un seno mediano superficiale che si allunga e si approfondisce verso la ‘fronte, dove forma un lembo più o meno linguiforme che rialza il corrispondente mar- gine frontale della valva dorsale. L’apice è grande, curvato e termina appuntito. L’area è triangolare , grande, lunga , limitata chiaramente. ai lati da forti spigoli e ornata di strie fine longitudinali e trasversali che s’inerociano fra di loro. La fenditura deltidiale è triangolare e di grandezza media. “La valva dorsale nella linea mediana non presenta un ‘vero lobo corrispondente al ‘seno della valva. ventrale, ma un leggiero rigonfiamento che si dilegua dolcemente ai lati., e si deprime verso la fronte, dove il suo margine è spinto in su dall’incontro di quello linguiforme della valva ventrale. L’apice - è piccolo, leggermente *curvato e appena spor- gente dalla ‘linea cardinale, : per cui'vedesi ordinariamente distante dall’ apice della valva ventrale. L’ area è larga e bassa, incontra quasi. perpendicolarmente quella della valva ventrale ed è nettamente circoscritta ai lati e incisa al centro dalla fenditura deltidiale. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 169 La sua superficie è ornata di fine linee radiali e di strie concentriche di aceresci- mento finissimo, fra le quali ve.ne sono alquante meno fine e prominenti. La punteggiatura dell’ epidermide , negli esemplari conservati, si vede chiaramente con la lente d’ingrandimento; è fina e disposta irregolarmente. Na Le impronte muscolari della valva dorsale sono situate parallelamente ai lati della linea mediana; esse sono di forma ovale-allungata e si estendono dall’ apice fino ad un quarto della lunghezza della valva. Quelle della valva ventrale partono parimente dall'a- pice ed hanno presso a poco la stessa lunghezza di quelle della valva dorsale; però sono divergenti e raggianti, Le impronte vascolari (fig. 10 e 11) sono avvicinate fra di loro. L’ apparecchio brachiale si conosce in tutte le sue particolarità (fig. 12 e 13). Le lamine discendenti sì avvicinano fra di loro per poco tratto verso la metà della lunghezza della valva dorsale; i coni spirali sono divergenti e di mediocre grandezza, per cui non arrivano ad occupare tutto l'interno della conchiglia; essi risultano da 12 a 14 giri. Questa specie ha qualche rassomiglianza colla Martinia elegans Dien. (1). Essa si distingue da questa specie per avere.la valva ventrale, in rapporto a quella dorsale, meno profonda e convessa , la linea cardinale più lunga e la regione apicale meno ristretta e meno prominente. — Essa si trova frequentemente nel calcare grossolano con Yusulna della Pietra di Saolmone e della Rocca di San Benedetto dei dinterni di Palazzo-Adriano nella Provincia _ (1) Diener, The Permocarboniferous Fauna of Chitichun N. 1. Vol. I, Part 3, pag. D4, PI. VIII, fig. 1 e 2; PI. IX, fig. 1 e 2 (Palaeont. Indica) Calcutta, 1897. Tl Prof. Diener pochi giorni addietro ha avuto la cortesia di mandarmi questo importante lavoro. In esso fra i diversi fossili che ha illustrato vi sono degli Enteletes, a cui ha dato il nome di Enteletes Tschernyscheffi Dien. Io sin dal 1892 (Bull. della Società di Scienze natur. ed econom. di Palermo, N. III, p. 24)avevo chiamato con questo stesso nome un altro Enteletes di Sicilia. Or, non potendo cambiare il nome dato a questa specie, perchè il foglio in cui la descrivo è stampato, credo opportuno per.riparare. a questo inconveniente. di dare. il nome di | Enteletes Dienei a porzione della specie di Chitichun, e di conservare quello di Enteletes Tscher- nyschewi alla specie, che così era stata chiamata da me sin dal 1892. Ho detto che bisogna dare il nome di Enteletes Dieneri ad una parte degli esemplari illustrati da Diener, perchè, stando ‘alle figure, l'esemplare PI. V, fig, 11 mi pare che sia un giovane dell’Entelefes Waageni Gemm., mentre gli esemplari Tav. V., fig. 7 a 10, che costituiscono l'Enteletes Dieneri, siano apparte- nenti a tutta altra specie. Essa è vicinissima all’Enteletes eleguns Gemm., ma non identica; ne differisce per avere dimensioni maggiori, il seno e il lobo più larghi, le pieghe più estese verso l’apice e la valva ventrale meno rigonfiata, 170 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano molti esemplari. MARTINIA DISTEFANOI, Gemm. (LAV. XXXII, fig. 14 a 22) Lunghezza. . . . . . .. . 35m 38mm 27ma 20mm Larghezza... . . .. .. . 33mm 32mm 25mm 18mm Spessore ROTTO LATTA ETA RR gIONiNa 12 AA Rane I Lunghezza dell’area . . . . ., 14mm j5mm jimm g8mm Le relazioni di affinità fra questa specie e la Martinia elegans Dien. sono intime, ma non tali da poterla identificare con essa; ragion per cui la descrivo come specie di- stinta, a cui conservo il nome già datole (1) di Martimia Distefanoi Gemm. Essa generalmente è più allungata e stretta, la sproporzione in profondità tra la sua valva ventrale e quella dorsale è minore, la sua regione apicale è meno rigonfiata e curvata e la lunghezza della sua linea cardinale è minore, essendo nella specie siciliana un poco meno della metà della larghezza della conchiglia. Alcuni esemplari di questa specie , inoltre ,. mostrano la impressione di piccole spine (fig. 16 e 17) delle quali era ornata la loro superficie, mentre invece.la Martinia elegans Dien. è liscia. cda Questa specie somiglia per la forma alla Martinia nucuta Rothpl., però la loro distinzione riesce facile, perchè la Martinia Distefanoi Gemm. ha l’area chiaramente limitata, la linea cardinale auricolata alle estremità e la regione apicale poco prominente | e convessa. Le sue relazioni d’affinità circa alla forma dell’ area e alla terminazione della linea | cardinale sono più strette colla Martinia rupicola Gemm., ma se ne allontana, perchè ha, una forma più allungata e quasi triangolare, perchè ha la linea cardinale più corta e più chiaramente auricolata alle sue estremità e perchè è più ristretta alla regione apicale. Bisogna aggiungere ancora che la Martinia rupicola Gemm., come ho potuto assicurarmi — ‘dall’esame di rnolti esemplari, è liscia, mentre la Martinia Distefanoi Gemm. è prov- vista di spine fine. < a “ x 3 b Lie» (1) Bull, della Società di scienze natur. ed econom. di Palermo, N. 1, pag. 2, Palermo, 1894, i DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 171 Ho stabilito questa specie sopra otto esemplari che si conservano nel Museo di Geo logia e Mineralogia della R. Università di Palermo. Essi sono stati trovati nel calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. MARTINIA TRIQUETRA, (remm. (Tav. XXXII, Fig. 23 a 28) Janiphezza. n ila 43mm 3omm 28mm 27mm bephosze inflicinn e E0 6lmm 39mm 30mm 28mm SPESSO e) a na Simm 21nm 2)mm 18mm Lunghezza dell’area . . . . T7mm .j]mm: 10mm “10mm Conchiglia grande col contorno più o meno triangolare, più larga che lunga, con area circoscritta ai lati da spigoli larghi e prominenti e con la linea cardinale corta che termina fortemente auricolata alle estremità. La sua valva ventrale è più convessa e profonda della sua valva dorsale; però questa sproporzione è minore di come osservasi in altre Martinie del gruppo della Martinia se- miplana Waag. Essa è ordinariamente un poco depressa ai lati della sua regione car- dinale. Sulla linea mediana ha un seno chiaramente impresso al centro, ma non cir- coseritto ai lati, che si estende, gradatamente allargandosi, dall’apice sino alla fronte, dove il margine di questa valva diviene un poco linguiforme e, prolungandosi verso la valva dorsale, ne rialza il margine frontale, come avviene nella Martinia elegans Dien., nella Martinia rupicola Gemm. nella Martinia Distefunoi Gemm. e in altre specie. Il suo apice è poco prominente, piccolo, curvato. e appuntito. La sua area è ornata di strie per- pendicolari e trasversali che si incrociano fra di loro ; essa è piccola, triangolare e molto — prominente dal piano del margine cardinale. Ciò è dipendente non soltanto perchè è cir- coscritta da larghi e prominenti spigoli laterali, ma ancora perchè la valva è depressa ai suoi lati apicali. La sua fenditura deltidiale è triangolare e grande in rapporto all’area. La valva dorsale, pochissimo profonda, è più curvata nella direzione trasversale che nella longitudinale. Non ha un lobo opposto al seno frontale, ma uno stretto solco, un poco oscuro , che si estende dall’ apice sino alla fronte, Il suo apice è stretto, piccolo, poco curvato e molto più elevato dalla linea cardinale, La sua area è bassa, triangolare e disposta perpendicolarmente al piano di quella della valva ventrale. La fenditura del- tidiale è grande. 172 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA La commessura delle valve è dritta ai lati e sinuosa alla fronte con la convessità rivolta verso la valva dorsale. i > In nessuno esemplare ho potuto distinguere la punteggiatura dell'epidermide. La conchiglia è pròvtista di strie concentriche d’acerescimento, parecchie delle quali sono più grosse e prominenti delle altre. Le sue parti laterali pare che siano ornate di strie radiali. Le impronte muscolari della valva dorsale (fig. 23) sono appena raggianti, av- vicinate e situate ai lati della linea mediana; esse partono dall’apice e sì estendono per circa un terzo della lunghezza di questa valva. Quelle della valva ventrale non si conoscono; neppure si conosce l'apparecchio brachiale. Questa specie richiama per la forma la Martinia contracta Meek et Worth. e la Martinia nucula Rothpl., ma se ne allontana per la conformazione della sua area. Più affine per questo carattere alla Martinia elegans Dien. e alla Martinia Distefanoi Gemm., differisce da entrambe per la forma, la minore sproporzione fra le sue valve, e la presenza del soleo mediano dorsale. La Martinia bisimuata Gemm. ha parimenti un solco mediano dorsale; ma essa ha tutta altra forma e l’area non circoscritta ai lati, talchè si distingue facilmente da questà specie. Proviene dal calcare compatto con lusulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Se ne conservano sette esemplari nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. MARTINIA ACUMINATA, (emm. (Tav. XXII, Fig. 29 a 32). Tan ghezza: ra ATER 18mm 12m Larckezza i e aa 16tnm ]{2sm SPEsSOrer e UR N va 13mm gum Lunghezza: dell’aregi..i Lat SIA gp | Conchiglia piriforme, con la regione apicale ristretta e la linea cardinale leggermente auricolata alle sue estremità. 3 La valva ventrale è più grande e profonda di quella dorsale, arcuata nelle sue due direzione principali e fortemente ristretta nella regione apicale. Un seno a forma di leg- giero solco si vede sulla linea mediana della sua regione apicale, il quale si allarga e si approfonda come si avvicina alla fronte. Il suo apice, stretto, molto prominente, poco DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 173 curvato e appuntito, sovrasta l’area; essa è triangolare, chiaramente limitata , concava, alta e tagliata nel centro dalla fenditura deltidiale. La valva dorsale è più curvata nel senso trasversale che nel longitudinale, rigonfiata verso la regione apicale e lobata leggermente nella sua metà anteriore. Il lobo è basso, alquanto largo e limitato ai lati. Il suo apice, rigontiato, curvato e poco appuntito , ol- trepassa la linea cardinale. L’area è bassa, ben limitata ed incontra quasi perpendicolar- mente quella della valva ventrale. La sua parte centrale è occupata dalla fenditura del- tidiale. £ Le valve si incontrano ad angolo ottuso e la loro commessura è dritta ai lati e si- nuosa alla fronte. i Questa specie ha la parte periferica delle valve ornata di pieghe radiali, inegualì ed oscure. Le sue strie concentriche di accrescimento sono tine; di tratto in tratto, però, ve ne sono parecchie forti e prominenti. La punteggiatura dell'epidermide è fina .e disposta in modo irregolare. I suoì caratteri interni pon si conoscono. Questa specie, sebbene molto più piccola, ha intimi rapporti di parentela con la Mar- tinia Distefanoi Gemm.; confrontandola, però , con i suoi piccoli si vede che è ben dif- ferente da questi (Tav. XXXII, fig. 19 a 22). Infatti la regione apicale della Martinia acuminata Gemm. è molto più ristretta, l'angolo apicale più acuto; il seno ventrale più profondo, la valva dorsale più rigonfiata nella sua porzione posteriore e le valve sì incon- trano ad angolo molto più ottuso. Essa ha parimenti : delle relazioni di affinità con. la Martinia affinis Gemm.; noteremo -le loro differenze quando ci occuperemo di questa specie. Questa Martinia proviene dal calcare grossolano con Lusulina della Pietra di Sa- lomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo. di Geolo- gia e Mineralogia della R. Università di Palermo xe ne conservano tre soli esemplari. MARTINIA PUSILLA, (emm. (TAV. XXXIII, Fig. 30 a 37) Tinghezzar ac JQmm {imm j]jmm | 7mm Marphezza ni ati 1jmm 101/,3Mm Omm 6mm SIDERSOrA si nto 10nm — gmm gmm _ 5mm Lunghezza dell’area . . . 4mm 4mm A4mm 3mm Questa conchiglia è piccola, con il contorno quasi pentagonale, più lunga che larga, rigonfiata e colla linea cardinale auricolata alle sue estremità. 174 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Le sue valve sono più curvate nella direzione longitudinale che in quella trasver- sale. La. valva ventrale è più profonda della dorsale. La sua regione apicale è molto cur- vata, prominente e rotondata ai lati, e quella frontale sinuosa sulla linea mediana. Il seno, che occupa soltanto la sua metà anteriore, è largo , leggiero e appiattito, e si prolunga verso la fronte a forma d’un piccolo lembo con contorno rotondato. Il suo apice è molto più prominente di quello della valva dorsale, curvato e appuntito. L'area è triangolare, alta, concava, limitata chiaramente da spigoli e ornata nelle due direzioni principali da strie che si incrociano fra di loro. La fenditura deltidiale è triangolare e relativamente grande. La valva dorsale, rigonfiata e fortemente curvata nella regione apicale, è: prov- vista sul centro della regione frontale d’un lobo largo , superficiale e soltanto ben limi- tato presso il margine frontale. Essa termina con l’apice curvato e poco appuntito. L'area è triangolare, bassa e incontra quasi perpendicolarmente quella della vatva ventrale. La sua parte centrale è occupata dalla fenditura deltidiale. La sua superficie nella porzione periferica è ornata di strie radiali fine e un poco distanti fra di loro. Le strie concentriche di accrescimento sono fine; però fra di esse ve ne sono parecchie forti e prominenti. La punteggiatura dell'epidermide non è chiara. 1 suoi caratteri interni non si conoscono. Questa specie non ha veri rapporti di affinità con le altre Martinie. Essa è rarissima e proviene dal calcare grossolano con Pusulina della Pietra di Sa-_ lomone delle vicinanze di Palazze-Adriano nella Provineia di Palermo. Ne conosco soltanto i quattro esemplari di cui si danno le dimensioni, i quali si conservano nel . Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. MARTINIA AFFINIS, Gemm. (TAV. XXXIII, Fio. la 7) Lamehezza es a 18mm j8mwn j5mm j4mm Larenezog. e rata 16m J4mm. ]j3mm 12mm Spessore. 0.0... ... 0 13mm 32mm_ j0mm {mm Lunghezza dell'area . . . . Gmm - 5i/mn 5mm 41/z0mn Questa conchiglia è più lunga che larga e colla linea cardinale corta e auricolata alle estremità. Essa ha la valva ventrale molto più convessa e profonda di quella dor "< DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 175 sale e sinuata nella sua metà anteriore. Il suo seno è mediano, largo, superficiale e li- mitato oscuramente ai lati; esso termina alla fronte linguiforme. Il suo apice è un po” ristretto, prominente, curvato e appuntito. La sua area è triangolare , piccola e chiara- mente limitata da spigoli prominenti. La fenditura deltidiale è grande ed occupa la mag- gior parte dell’area. La valva dorsale è così poco convessa nella sua direzione longitudi- nale che in parecchi esemplari pare di essere appiattita. Nella porzione anteriore ha due sinuosità, una per lato, leggiere ma molto prolungate verso la faccia ventrale, che deter- minano nella loro porzione mediana un leggiero e oscuro lobo corrispondente al seno della valva ventrale. Tale valva termina nella sua porzione posteriore con l’apice depresso, quasi dritto, appuntito che in altezza sorpassa un poco la linea cardinale. La sua area è bassa, ben limitata e con grande fenditura deltidiale. La punteggiatura dell'epidermide è visibile con lente d'ingrandimento. Le impressioni muscolari non sì conoscono. Le lamine discendenti del suo apparecchio brachiale (fig. 7) convergono e si avvici- ‘mano verso il terzo posteriore dell’altezza della valva dorsale; da qui scendono parallela- mente disposte sino al di sotto della metà dell’altezza di questa valva, dove divergono e danno nascita ai coni spirali; questi sono piccoli, divergenti e formati da sette ad otto giri. Questa specie ha delle relazioni di affinità con la Martinia acuminata Gemm., da cui sì distingue facilmente, perchè ha la regione posteriore meno ristretta, l’ angolo api- cale meno acuto, la valva dorsale depressa nella regione apicale e l’area più piccola. Essa è stata trovata nel calcare grossolano e compatto con £usulna della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ve ne sono parecchi esemplari. MARTINIA SEMIRAMIS, Gemm. (TAV. XXXI, Fig. 26 a 35) Tumphezza: e Asa 93mm Qjmm j9mm 16mm j3mm IMarehezza: Soon 25mm 23mm 20mm 16mm 131/,mm Spessore i 00. 17m 15mm o jd pimmo gm Lunghezza dell’area. . mm 6mm 50m 41/,mm 5mm Conchiglia con il contorno pentagonale, un poco più larga che lunga, con la linea cardinale leggermente arcuata e con l’area piccola e chiaramente limitata. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI. 23 176 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA La valva dorsale è poco curvata nelle due direzioni principali, e di esse in modo minore nella longitudinale. Presso la fronte ha un lobo mediano, più o meno largo, limi- tato in ogni lato da un seno, di cui il margine corrispondente, che ha la forma d’ un lembo linguiforme, si prolunga verso la faccia ventrale. Il suo apice leggermente cur- vato e appuntito appena sorpassa in altezza Ia linea cardinale. La sua area, che è trian- golare e piccolissima, in gran parte è occupata dalla fenditura deltidiale. La valva ventrale è più grande, profonda e curvata di quella dorsale. Sulla linea mediana della sua metà anteriore ha un seno che si estende verso la valva dorsale e oe- x cupa tutta la faccia frontale della conchiglia. Tale seno è largo, lungo e eorrisponde al lobo della valva dorsale. Il suo apice è prominente, curvato (1) e appuntito. La sua area è triangolare, corta, di altezza media, curvata e limitata da spigoli; una sua gran parte è occupata dalla fenditura deltidiale che è grande. Le valve si incontrano ordinariamente ad angolo ottuso. La loro commessura è dritta ai lati e sinuosa agli angoli latero-anteriori e alla fronte; i seni dei primi hanno la convessità rivolta verso Ia valva ventrale, e quello della fronte verso la valva dorsale. Generalmente il fondo del seno frontale è più largo di quello dei laterali. La sua regione apicale è liscia ; quella periferica ornata di strie radiali, fine, leggiere e distanti; esse sulla regione mediana sono indistinte, anzi pare che vi manchino. Le strie concentriche di accrescimento sono fine; se ne vedono di tratto in tratto alcune più forti che predominano principalmente lungo il margine delle valve. La punteggiatura dell'epidermide è fina e difficilmente distinguibile con lente di in- grandimento. Le impronte muscolari non sono visibili in nessuno esemplare di questa Martinia. Il suo apparecchio brachiale (fig. 35) somiglia a quello della Martinia affinis Gemm., però le sue lamine discendenti camminano fra di loro parallelamente per un tratto più corto, e i suoi coni spirali sono meno piccoli. Essa è affine alla Martinia chidruensis Waag. e alla Martinia elongata Waag. Dif- ferisce dalla prima specie non soltanto per essere meno allungata trasversalmente e più fortemente sinuata alla fronte, ma ancora per avere le valve meno convesse e l’ angolo apicale meno ottuso. Colla seconda specie le sue affinità sono minori; essa ha dimensioni | più grandi, la fronte sinuata più fortemente, l’area più piccola e l’apice più. prominente, onde è facile distinguere l’una dall’altra specie. (1) Nella fig. 28 la curva dell’apice è esagerata. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO Id; La Martinia Semiramis Gemm. è piuttosto frequente nel calcare grossolano e com- patto con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto delle vi- cinanze di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mine- ralogia della R. Università di Palermo ve ne sono molti esemplari. MartInIA CeRES, Gemm. (TAV. XXXII, Fig. 8 a 15) Munohezzat i ni ant 19mm 8mm 18mm 15mm Larghezza . . . ... . 18mm j7mm j6mm 14mm SPBESORenti e toni 13m 12mm. jjmm 100mm Lunghezza dell’area. . . . . 6mm 6mm 5mm e 5mm Conchiglia appena più lunga che larga, dilatata ai lati e con la linea cardinale lunga e curvata. La valva ventrale sulla linea cardinale ha un seno che dall’apice va sino alla fronte. Esso sulla regione apicale ha lo aspetto di un solco chiaramente impresso, che si dilata gradatamente come si avvicina alla fronte, producendovi un vero seno largo e angoloso al fondo. L’apice è alto, un poco stretto, curvato e appuntito. L’area è triangolare, di media grandezza, limitata da spigoli e concava. La fenditura deltidiale è grande. La valva dorsale, meno profonda di quella ventrale, è fortemente curvata nel senso trasversale. Ha un lobo mediano quasi angoloso che dall’apice sì prolunga sino alla fronte; esso nella sua porzione anteriore, essendo limitato ai lati, è chiaro e distinto, mentre nella sua porzione posteriore, mancando di limiti laterali, ha l'aspetto d'un rigonfiamento leg- germente angoloso che si perde dolcemente ai lati. Il suo apice è largo, curvato e ter- mina appuntito; esso oltrepassa appena la linea cardinale. L'area, triangolare, bassa e ben limitata, ha nel centro una grande fenditura triangolare. Le valve si incontrano formando per lo più un angolo un poco acuto e talvolta ta- gliente ; la loro commessura è dritta ai lati e sinuosa alla fronte con la convessità di_ retta verso la valva dorsale. La sua epidermide è finamente punteggiata. Sui lati di questa specie si notano delle tracce di linee radiali, fine e avvicinate. Le sue strie concentriche d’accrescimento sono forti e un poco prominenti, principalmente vicino il margine delle valve; fra queste strie se ne trovano molte finissime. Le impronte muscolari non si conoscono. L’ apparecchio brachiale è somigliante a quello della Martinia Semiramis Gemm. 178 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Fra le numerose Martinie provenienti dai calcari con FusulZina della Sicilia quella che più si avvicina alla Martinia Ceres Gemm. è la Martinia Semiramis Gemm. Però le loro affinità non sono così strette da farle confondere fra di loro; infatti lo incontro delle valve ad angolo acuto , il lobo dorsale alquanto angoloso, il seno ventrale che in- comincia all'apice a forma di solco e si prolunga sino alla fronte, sempre più allargan- dosì e con fondo angoloso, lo andamento della commessura delle valve, che è dritta, an- zicchè sinuosa nella porzione dei lati, sono caratteri proprî di questa specie, che la fanno fa- cilmente distinguere dalla Martizia Semiramis Gemm. Nei calcari carnici con Fusulina Schellwien ha fatto conoscere la Martinia carinthiaca Schellw. (1) che ha intimi legami di parentela con questa specie. Esse si somigliano per la forma del seno ventrale e del lobo dorsale; ma si allontanano fra di loro, perchè la specie di Sicilia è più rotondata e dila- tata ai lati, con l’angolo apicale meno acuto, la linea cardinale più lunga e l’area chia- ramente limitata. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo sì conservano una trentina di esemplari di questa specie, che provengono dal calcare compatto con Fu- sulina della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. MRTINIA CornELIA, Gemm. (TAV. XXXI, Fig. 19 a 25) Lunghezza. 0.00.00 0 (2070 801800) bin ora Larghezza . . . . . . .. 20m 18mm Sun 144/00 1500 Spessore. 0.0... 0.0. 15m {3n2. j3nn 10m jan Lunghezza dell’area. . . . . 7nm 6i/,mm Gij;am 5 5nm Questa specie è così lunga che larga, col contorno quasi pentagonale, con i lati api- cali più o meno depressi e con l’area piccola, circoscritta da spigoli ed elevata dal piano della conchiglia. | La valva dorsale ha il margine cardinale auricolato all’angolo esterno dell’area. Sulla sua porzione corrispondente agli angoli latero-anteriori vi è un seno per lato; tali seni sono linguiformi ed escavati al fondo, e si prolungano, sempre restringendosi, verso il (1) Schellwien. Op. cit. p, 41, Pl. VII, fig. 15 e 16. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 179 lato posteriore della valva ventrale. Essi nella metà anteriore della valva determinano un lobo mediano largo e rotondato ai lati, e nella posteriore una larga piega per ogni lato, la quale si dilegua verso l'apice. Questo è largo, un poco appiattito e termina a punta. L’area è corta, bassa e limitata da prominenti spigoli; la fenditura deltidiale è di di- sereta grandezza. La valva ventrale, fortemente curvata nella direzione longitudinale, è soltanto nella sua metà posteriore più profonda di quella dorsale, mentre nella sua metà anteriore ha la forma d’un lembo largo, lungo, leggermente escavato e seniforme che occupa tutto il lato frontale. Nella sua porzione posteriore sopra ogni lato ha una piega prodotta dal- l’ opposto seno latero-anteriore della valva dorsale. Queste due pieghe, che si estendono fino all’apice, sono larghissime alla base e più o meno angolose superiormente; esse hanno il loro lato interno che scende dolcemente inclinato, e l’esterno più o meno rapidamente, per cui i lati dell’ apice si mostrano depressi (fig. 20). L’ apice è fortemente curvato e appuntito. L'area è piccola, così alta che lunga e provvista al margine interno di un solco, e all’esterno di un prominente spigolo che la limita d’ un modo chiarissimo. La fenditura deltidiale è triangolare e.di mediocre grandezza. La commessura delle valve è sinuata strettamente ai lati e largamente alla fronte. La sua superficie è ornata di strie concentriche di accrescimento finissime e lami- nari, che verso il margine delle valve divengono meno fine, prominenti e quasi imbricate. La punteggiatura dell’epidermide non si conosce; non sì conoscono neppure le im- | pressioni muscolari e lo apparecchio brachiale. Questa Martinia si distingue dalle specie conosciute del gruppo della Martinia Warthi Waag. per la forma e l'andamento dei suoi seni laterali, e la conformazione della parte anteriore della sua valva ventrale. Nei calcari con Fusulina della Sicilia vi sono altre specie che hanno le stesse particolarità ; fra queste quella che più le si av- vicina è la Martinia Bittneri Gemm. Questa, però, è più allungata, di proporzioni più grandi, con l’angolo apicale più acuto e coniseni laterali che si prolungano meno verso la parte posteriore della valva ventrale. ; Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo sì trovano una quindicina di esemplari di questa specie che provengono dal calcare grossolano con Fu- sulina della Pietra di Salomone dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Pa- lermo. 180 LA FAUNA DEI 'CALCARI CON FUSULINA MARTINIA POLYMORPHA, (remm. (TAV. XXXI, Fig. 1 a 5 e 17; intere. nel testo 22 a 25) . Lunghezza. . . . . 84mm 38jmm* 24mm 24mm 241/,mm 24mm* Larghezza . .. . . .. 2Qum -270m 18m {gmm 2)mm-20Mm Spessore 07, i, 22m | 2 [pmi gi n Lunghezza dell’area. . 13mm {2mm - 8nm- 9mm —9mm- 9mm Conchiglia grande, irregolare, colla linea cardinale lunga e coll’area prominente, cir- eoscritta da spigoli e lunga un poco più d’un terzo della sua larghezza maggiore. x La valva dorsale è più o meno compressa ai lati. La compressione ordinariamente non è eguale, ma ora più forte ed estesa d’un lato ed ora di un altro; quando è forte, essa ha lo aspetto d’ un seno che si prolunga più o meno verso la valva ventrale. Nei 143 easi in cui la compressione è forte, seniforme ed eguale in amendue i lati, allora gli esemplari acquistano una forma alata. Le compressioni laterali producono sopra questa valva una specie di lobo mediano più o meno largo e rotondato, e talvolta stretto e an- goloso che si estende dall’apice fino alla fronte. L’apice è piccolo , leggermente curvato, appuntito e sorpassa appena in akezza la linea cardinale. L'area è bassa, ben limitata, auricolata ai lati e reclinante sopra quella della valva ventrale. La fenditura deltidiale è grande e triangolare. La linea cardinale è lunga, ma variabile nella direzione, essendo ora dritta e ora arcuata, e talvolta un poco sinuosa ed ancora angolosa. È La valva ventrale risulta di due parti: la posteriore che è fortemente arcuata e melto più proforda di quella della valva dorsale, e l’anteriore, più lunga della parte po- (#) Misura delle forme simmetriche e alate. TRA DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 181 steriore, che ha la forma d’un lembo linguiforme, più o meno simmetrico e largo secondo la estensione e il grado della compressione laterale della valva dorsale ; questa porzione è provvista nella sua metà anteriore d’ un seno mediano superficiale e talvolta alquanto profondo e angoloso al fondo. Sopra ogni lato della sua parte posteriore, negli esemplari in cui la pressione laterale della valva dorsale è forte, si vede una piega larga ed oscura che si scancella dopo un breve tratto. L’ apice è grande, curvato e con la estremità ap- puntita ; nei grandi esemplari esso si mostra più fortemente curvato e depresso. Sopra ogni suo lato si nota una depressione più o meno forte che si estende sino al margine ear- dinale. Fra queste vi è l’area, che è triangolare, alta, curvata, circoscritta esternamente -da forti spigoli e internamente da solchi. La fenditura deltidiale è grande. La sua epidermide è punteggiata finamente. Questa specie è ornata di strie radiali e di lamine concentriche di accrescimento : le prime sono fine e avvicinate, e le seconde sottili e imbricate; talune di queste, però, sono spesse ed elevate, per cui la superficie della conchiglia è leggermente gradinata. Le impronte vascolari sono fine e avvicinate. Quelle muscolari della valva dor- sale hanno un contorno ovale e sono situate ai lati della linea mediana ; esse incomin- ciano un poco al di sotto dell’apice e si prolungano quasi fino alla metà dell’altezza di questa valva; quelle della valva ventrale non si conoscono. Lo apparecchio brachiale è somiglianté a quello della Martinia aviformis Gemm. Questa specie s'incontra frequentemente nei calcari con Fusulna della Pietra di Sa- lomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Il Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo ne pes- siede molti esemplari. MARTINIA AVIFORMIS, (xemm. (TAV. XXXI, Fig. 10, 11 e 18; interc. nel testo fig. 26 a 30) Lunghezza . . . . . . . 25nm ggnm 99mm jgmm {gm Larghezza . ./..... Q261mn Qnm 93mm jgmm 170 Spessore... . . 0... 16m {5mm 15mm {90m {80m Tiranshezzaldell'areats to -, Oum gum “gum > gum, &om Questa specie ha intimi rapporti d’affinità colla Martini polymorpha Gemm. Essa è ordinariamente alata e simmetrica, e quando non è veramente simmetrica, le differenze frai suoi lati sono minori di quelle, che presentano i lati della Martinia polymorpha 182 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Gemm. L' apice della sua valva ventrale è più piccolo, molto meno curvato, appuntito e punto lateralmente compresso, e quello della sua valva dorsate più grande e sporgente di più dalla linea cardinale. Questa è più lunga, dritta, o arcuata, e 1° area è pure più grande. Il suo seno mediano ventrale è ancora più profondo e angoloso al fondo, e i seni laterali della sua valva dorsale non sono così spinti in dietro, come quelli della Martinza polymorpha Gemm.; per cui gli esemplari di questa specie, quando sono simmetricamente alati, hanno le ali strette, mentre quelli della Martinia aviformis Gemm. le hanno larghe. Essa è provvista di fine linee radiali e di strie concentriche d’accrescimento, sottili e lamellari; fra di esse di tratto in tratto se ne trovano parecchie più spesse, cercinifor- mi e prominenti che rendono la sua superficie leggermente gradinata. La punteggiatura del suo epidermide, distinguibile con la lente d’ingrandimento, è fi- nissima. i Le impronte muscolari non si conoscono. i Le lamine discendenti del suo apparecchio brachiale (fig. 18) si avvicinano a poca distanza del margine cardinale, dove appena avvicinate subito divergono verso i lati. iS eoni spirali sono piecoli e divergenti verso gli angoli formati dall’incontro della linea car- _ ; dinale con i lati della conchiglia. Questi coni spirali sono formati da 8a 9 giri. (Questa specie si trova di frequente nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra A di Salomone e della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Pa= i lermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano molti esemplari. Ri DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 183 MARTINIA LAMELLOSA, Gemm. (Tav. XXXI, Fig. 12 e 13, 15 e 16; Tav. XLV, fig. I: interc. nel testo fig. 3L a 33) Lunghezza . . . . . . 36m 99m 99mm 9fmm 9]mm {mu Larghezza . . ... . . 20%m 16mm i5mm 1Ii5om 17mm ]]om Spessore... ... ggmm {5mm {4mm jgmm {5mm {Omm Lunghezza dell’area. . . 14m 10mm ionm iomu 90m 70m Conchiglia ovale, più o meno allungata, inequilaterale e coll’area grande che occupa «quasi tutta la lunghezza della linea cardinale. La valva dorsale è più o meno compressa e sinuosa ai lati, il che la rende ‘rigon- fiata o gibbosa nella regione mediana. Le sinuosità laterali non sono affatto simmetriche, nè regolari; esse si mostrano ora forti in un lato e deboli in un altro , ora strette nel- l'uno e larghe nell'altro ed ora se ne vede una in un lato soltanto. L’ apice è rigonfia- to, curvato e appuntito. L'area è piuttosto alta, limitata da spigoli prominenti, inclina- ta e incisa al centro largamente dalla fenditura deltidiale. La linea cardinale termina «con l’ estremità arrotondate; in alcuni esemplari invece queste sono auricolate. Ciò è di- pendente dalla presenza delle sinuosità laterali che talvolta si prolungano fino alle estre- mità della linea cardinale. La valva ventrale manca di seni e lobi; nella direzione longitudinale è molto cur- vata particolarmente nella sua porzione posteriore o apicale. Essa nella sua porzione an- | teriore si restringe ordinariamente a lembo linguiforme e si prolunga sulla fronte fino ad incontrare il margine corrispondente della opposta valva do:sale. Ha l’apice stretto, for- temente curvato, appuntito e più o meno avvicinato a quello della valva dorsale. L'area è curvatissima e ben limitata ai lati da prominenti spigoli. La fenditura deltidiale è grande. Questa specie, essendo irregolare, ha la direzione della commessura laterale delle valve ‘| variabile; essa però alla fronte è costantemente sinuosa con la convessità diretta verso la valva dorsale. Giornale di Scienze Naturali ed E onomiche Vol. XXI. 24 mc AT 184 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Le valve s'incontrano ad angolo ottuso. La punteggiatura della sua epidermide non è ben distinta, neppure con l’aiuto di lente: d’ingrandimento. La sua superficie è ornata di strie radiali fine e avvicinate; quelle concentriche d’ac- crescimento sono fine eminentemente laminari e imbricate; alcune fra queste essendo più spesse, prominenti e ondulate danno alla superficie della conchiglia un aspetto squa- moso. Le impronte muscolari non si conoscono. L'apparecchio brachiale (Tav. XLV, fig. I) è simile a quello della Martinia aviformis Gemm. (Tav. XXXI fig. 18). I suoi conì spirali sono formati da 10 giri. Questa specie è molto somigliante alla varietà non alata della Martinia polymorpha Gemm. Se ne distingue perchè è più ovale e rigonfiata , coll’ apice della valva ventrale più stretto e meno prominente, come pure mancante d’ogni indizio d’ ala e di seno me- diano ventrale. Inoltre l'apice della sua valva ventrale non è punto compresso ai lati» ed è più avvicinato a quello della valva dorsale. Essa è parimente affine alla Martinia umbonata Gemm. e alla Martinia variabilis Gemm. Differisce dalla prima principalmente per la forma e lo sviluppo della regione apicale, che in questa è diversa e molto più grande; dalla seconda per la forma generale, che nella Martinia variabilis Gemm. non è affatto ovale, ma dilatata ai lati. Questa specie si trova frequentemente nel calcare grossolano e compatto con Fusu- lina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo- | Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità di Palermo se ne hanno molti esemplari. MARTINIA VARIABILIS, Gemm. (Tav, XXXI, fig. 6 a 9; Tav. XLV, fig. 2; interc. nel testo fig. 34 e 35) Lunghezza . 0.0.0. +. 0. 25mm 925mm 28mm j9mm ]7mm Targhezza- 0.10.08 Riot 2g | YO 7 aa Spessore: «0 Ue e de 10) a Tm 6r01i ira ana 2 Lunghezza dell’area. .-....... 10mm j0nm g9mm. 77m 61/0m Conchiglia asimmetrica, un poco più lunga che larga, e qualche volta tanto lunga quanto larga, più o meno dilatata ai lati e con la linea cardinale arcuata. La valva dorsale è rigonfiata sulla linea mediana e dilatata e depressa irregolar- cia DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 185 mente ai lati. La depressione, che ha sopra ciascun di essi, è variabile : ora è più o meno «estesa in un lato che nell’altro, ora più o meno forte ed ora mancante in uno dei due lati. Questa depressione laterale produce sulla regione mediana della valva un rigonfia- mento che spesso è forte e rotondato, e talvolta debole e non bene distinto. L’ apice è piuttosto piccolo, leegermente curvato , appuntito e sorpassa appena la linea cardinale. Questa è un po’ arcuata, lunga e rotondata all'estremità; la sua lunghezza, però, è minore - della larghezza della conchiglia. L'area è lunga, bassa, ben limitata da spigoli, più 0 meno 2 “lt Ani pr 0 re 2 | auricolata e inclinata sopra quella della valva ventrale. La fenditura deltidiale è grande. La valva ventrale, più grande e profonda di quella 35 dorsale, è fortemente curvata particolarmente nella sua regione posteriore. Essa nella sua regione anteriore sì re- stringe sotto la forma di largo lembo, e si prolunga sino ad incontrare il margine frontale della valva dorsale renden- «dolo largamente sinuoso. L' apice è largo, prominente, curvato e appuntito. L'area è lunga, alta, curvata , limitata ai lati da spigoli e ornata di finissime strie longitudinali «e perpendicolari che si incrociano fra di loro. La fenditura deltidiale è grande. Le sue valve s'incontrano ad angolo acuto. La punteggiatura della sua epidermide, visibile con lente d'ingrandimento, è finissima. Le impronte vascolari sono raggianti, leggiere e distanti. Quelle muscolari della valva «dorsale partono dall’apice e si prolungano fino a un terzo della sua lunghezza; sono col ‘contorno ovale allungato, situate ai Jati della linea mediana e divise da uno stretto solco longitudinale. Lo apparecchio brachiale somiglia perfettamente a quello della Martinia aviformis Gemm. e della Martinia lamellosa Gemm.; i suoi coni spirali risultano di 10 giri. Questa specie ha qualche rassomiglianza con la varietà non alata della Martfinia polymorpha Gemm. e colla Martinia umbonata Gemm. Si distingue dalla prima perchè è più simmetrica, meno rigonfiata, dilatata ai lati, con le valve che s'incontrano ad ‘angolo acuto e mancante della depressione che si nota ai lati dell’apice di questa specie. Colla seconda, cssia con la Martinia umbonata Gerim., ha minore rassomiglianza. Note- remo le loro differenze quando ci occuperemo di questa specie. È comunissima nei calcari con FusuZina della Provincia di Palermo e principalmente in quello grossolano. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano moltissimi esemplari provenienti dalle solite contrade: Pietra di Salo- mone, Rocca di San Benedetto e Rupe del Passo di Burgio dei dintorni di Palazzo-A- -driano nella Provincia di Palermo. 186 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA MARTINIA UMBONATA, Gemm. (Tav. XXXI, fig. 14; intere. nel testo fig. 36 a 39) Lunghezza . . .-. . .. 20mm 19mm 29mm 19mm Larghezza “0.00 i inn ine (fon gi7i0m Spessore... +0... djmm 12nm {3mm (imm Lunghezza dell’area. . . . 7mm_ 7mm 7mm. 9mm Conchiglia più lunga che larga, più o meno inequilaterale, «colla regione apicale molto prominente e colla larghezza maggiore vicino la metà della sua lunghezza. La valva ventrale, molto più profonda di quella dorsale, è più curvata nel senso longitudinale che nel trasversale. Mentre la sua regione frontale è appena convessa, o appiattita e ristretta, la sua regione apicale è invece rigonfiata, prominentissima, fortemente. eurvata e coll’ apice appuntito. L’ area è alta, concava, chiaramente limitata in ogni lato esterno da uno spigolo e in quello interno da un solco e ornata ancora di strie longitu- dinali e trasversali incrociate fra di loro. Essa nel mezzo ha la fenditura deltidiale che è triangolare e di media grandezza. La valva dorsale sulla linea mediana è rigonfiata e spesso gibbosa; da questo punto sì deprime e va più o meno rapidamente e irregolarmente ad incontrare i lati. Il suo. 36 $9 apice è leggermente arcuato, appuntito e sorpassa in altezza la linea cardinale. La sua. A area è bassa , inclinata, ben limitata e con l’ estremità rotondate; negli esemplari, in cui | le pressioni laterali sono estese verso la linea’ cardinale, l'estremità dell’area si presentano quasi auricolate. La fenditura deltidiale è di grandezza media. ; La commessura delle valve è ai lati più o meno arcuata e non di raro sinuosa, € alla fronte sinuosa più o meno fortemente e largamente; la sinuosità frontale ha la con- vessità rivolta verso la valva dorsale. La sua superficie è provvista di fine linee radiali e di strie concentriche di accre- scimento sottili e lamellari: parecchie più forti si elevano a forma di cercini. sito siti DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 187 La punteggiatura dell’epidermide non si conosce. Le impronte vascolari sono avvicinate fra di loro. Quelle muscolari non sì conoscono, come pure non si conosce lo apparecchio brachiale. z La Martinia umbonata Gemm. sì distingue facilmente dalle Martire che l’accom- pagnano per il grande sviluppo della sua regione apicale. Essa ha delle relazioni di af- finità colla Martinia variabilis Gemm., ma, oltre della differenza nello sviluppo dell’apice ‘essa è più allungata e colla regione mediana della valva dorsale più rigonfiata di quella della Martinia variabilis Gemm. I suoi legami di parentela sono intimi con la Martimia lamellosa Gemm., anzi se non si volesse dare importanza alla grande differenza che pre- sentano le loro regioni apicali, queste Martizie confrontano talmente in parecchi carat- teri che si potrebbero considerare come riferibili alla stessa specie. La Martinia acuto marginalis Dien. proveniente dal Tibet la richiama molto per la forma della regione apicale, ma per gli altri caratteri si allontana da questa specie. Rssa proviene dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano molti esemplari. MARTINIA BITTNERI, Gemm. (Intercalate nel testo fig. 40 a 46) TALIA AME 35mm 200m 20mm WRATO IEZZI RE RE 38mm 8mm 19mm SPESSO NO o Rit eli ? 12mm j13mm Lunghezza dell’area <.0. .0... 16mm 7mm © 7mm Questa specie, sebbene abbia lo insieme della Martinia Cornelia Gemm., ha tali dif- ferenze che non mi lasciano dubbî sulla loro autonomia specifica. Le dimensioni sono molto maggiori, l'angolo apicale è più acuto e i seni della valva dorsale, che determinano fra di loro il lobo mediano dorsale, sono situati più vicini al suo margine anteriore e con le loro punte estese meno in dietro sulla valva ventrale. Inoltre la valva ventrale ha la regione apicale meno curvata e le pieghe laterali, prodotte dai seni dorsali, sono situate più in avanti e non si prolungano fino all’apice. Questo fatto apporta una note- vole differenza ai lati della regione apicale di queste due specie : essi nella Martinia Cornelia Gemm. sono appiattiti, mentre nella Martinia Bittneri Gemm. sono oscu- x 188 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA ramente appiattiti e più larghi, e l’appiattimento non si estende mai fino all'apice. Un’al- tra particolarità di questa specie si è che spesso sulla parte posteriore dei seni laterali della valva dorsale sì trovano due leggiere ed oscure pieghe radiali divise da un solco, che determina nella corrispondente parte dalla valva ventrale un’altra piccola piega radiale. La punteggiatura dell’epidermide, distinguibile con lente d’ingrandimento, è disposta irregolarmente. In un esemplare ho potuto preparare lo apparecchio brachiale (fig. 46). Esso ha Je lamine discendenti avvicinate per un piccolo tratto a pochi millimetri di distanza dalla linea cardinale; di là si divaricano e sostengono un piccolo cono spirale per lato, avente l’apice un poco ascendente verso le estremità della linea cardinale come nella Martinia aviformis Gemm. (Tav. XXXI, fig. 18) la Martinia lamellosa Gemm. (Tav. XLV, fig. 1) e la Martinia variabilis Gemm. (Tav. XLV, fig. 2). In ogni cono spirale si con- tano fino a 10 giri avvicinati fra di loro; il loro numero deve essere maggiore non potendosene contare altri, perchè quelli dell’apice sono confusi fra di loro dalla presenza di parecchi cristalli di caleite. La Martinia acutomarginalis Dien. (1) ha anch’essa plicati i seni laterali dorsali; però si allontana molto dalla specie siciliana, non soltanto perchè più piccola, ma principal- mente perchè è quasi globosa, colla valva ventrale fortemente curvata , coll’angolo api- cale meno acuto e i seni laterali dorsali meno profondi. (1) Diener, Op. cit., pag. 54, PI. VIII, fig. 3 e 4. ” RT DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 189 SQUAMULARIA, Gemmellaro Nei calcari con Fusulina della Sicilia si trova un gruppo di Spiriferidi che si al- lontana dai generi conosciuti. Questi fossili hanno la ornamentazione che in qualche modo richiama quella delle Athyris. La mancanza completa, però, delle lamine dentali e settali e la forma del loro apparecchio brachiale, che ho potuto osservare in due esemplari, mi hanno convinto che sì discostano da questo genere; mentre invece hanno più stretti rapporti d’affinità con le Martinie e le Reticularie. Questi Spiriferidi, a cui do il nome generico Squamularia. hanno i caratteri seguenti. Sono conchiglie spesse, imperforate ed ornate di lamine concentriche sottili, stret- tamente ondulate, squamose, frangiate e imbricate le une sulle altre. Parecchie di esse sono, di tratto in tratto e a distanze quasi uguali, più spesse, più prominenti, cerci- niformi e con il margine frangiato più distintamente. La superficie della conchiglia mo- stra numerose cicatrici e impronte di spine particolarmente distinte sul margine dei cercini. La linea cardinale, molto più corta della larghezza maggiore della conchi- glia, è leggermente arcuata. L'area è spesso indistinta. Sotto l' apice della valva ven- trale si vede la fenditura deltidiale, che è triangolare e stretta. La epidermide non è punteggiata. Esse non hanno affatto lamine dentali e settali. Le lamine erurali partono dal mar- gine cardinale della valva dorsale e con particolarità dalla faccia interna delle fossette dentali. Tali lamine in prima divergono, formano gomito, e poscia convergono verso la linea mediana per avvicinarsi fra di loro, in modo da circoscrivere nella regione interna sotto-apicale uno spazio con contorno pentagonale. Esse avvicinatesi e quasi in contatto originano le lamine discendenti, che si prolungano parallelamente disposte, lungo la linea mediana, sino al terzo anteriore della lunghezza della valva dorsale. Di là di- vergono verso i lati per dare luogo alla formazione dei coni spirali con 1° apice rivolto ai lati. 1 coni spirali sono grandi da riempire quasi la interna cavità della conchiglia e risultano di giri larghi e poco numerosi. Le relazioni di affinità delle Squamularie con le Martinie e le Reticularie sono strette, ma non tanto da venir comprese nei limiti generici di queste. Le Martiie hanno l'epidermide punteggiata e non presentano mai la ornamentazione propria di questi fos- sili. Quando esse sono provviste di strie concentriche laminari, come p. e. la Murtinia lamellosa Gemm., tali strie non sono nè frangiate, nè ondulate, e meno la Martinia ' Distefanoi Gemm., mancano di spine. In quanto al loro apparecchio brachiale vi sono 190 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA pure delle differenze. Nelle Martinie le lamine erurali convergono subito verso la linea mediana e lasciano fra di loro nella regione interna sotto-apicale uno spazio triangolare più o meno grande. Le lamine discendenti stanno, per un tratto breve, avvicinate fra di loro e poi divergono verso i lati per dare nascita ai coni spirali, che sono più 0 meno piccoli. In quanto alla loro affinità con le Feticularie esse pare che ne abbiano di più. Hanno qualche analogia nella conformazione delle varie parti della loro regione apicale e nell'insieme della loro ornamentazione, ma certamente questa analogia non ha impor- tanza di fronte alla diversità che passa fra la struttura caratteristica della superficie della conchiglia di queste specie con quella delle Squamwularze. Circa poi ai loro ca- ratteri interni i conì spirali delle /reticularie sono ordinariamente coll’ apice diretto verso la linea cardinale, e in quelle specie in cui è rivolto lateralmente, come nelle Squa- mularie, le crura non formano gomito, ma invece hanno a un dipresso la direzione di quelle delle Martinie, cioè: convergono direttamente verso la linea mediana la- sciando nella regione interna sotto apicale uno spazio triangolare più o meno grande e le lamine discendenti non camminano parallelamente disposte per un tratto ben lungo, ma ravvicinatesi subito divergono verso i lati e danno nascita ai conì spirali. Questi fossili appartengono a due specie, a cui ho dato il nome di Squamularia rotundata Gemm. e Squaumularia Dienerì Gemm. Le Squamularie sono state trovate nel calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. SQUAMULARIA ROTUNDATA, Gemm. (Tav. XXXIII, fig. 38 a 45). Lunghezza. ET 238mm {YQmm {4mm ]3mm rane Rezza te ME N OSSIA, 22mm {18m 13mm |.djimm Spessore: €. Ri RESINE 16mm 15mm — 9mm _ 80m Conchiglia appena più lunga che larga, arrotondata, rigonfiata e con la linea car- dinale leggermente arcuata. Il maggiore spessore come pure la larghezza maggiore sono ‘quasi alla metà della sua lunghezza. La valva ventrale, un poco più grande di quella dorsale, è regolarmente arcuata nelle due direzioni principali e sinuata suila linea mediana. Il seno, che nasce sotto l’a- pice e si estende fino alla fronte, è leggerissimo e quasi indistinto. L'apice è basso, cur- vato e appuntito. L'area è indistinta, pare proprio che manchi. Sotto l’apice si vede la fenditura deltidiale, alta, stretta e limitata da lati leggermente rialzati. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 191 x La valva dorsale è con contorno orbicolare e regolarmente arcuata nel senso longi- tudinale e in quello trasversale. Sulla sua linea mediana non corrisponde al leggerissimo seno ventrale nè rigonfiamento, nè lobo ; anzi in qualche esemplare vi è una oscura de- pressione vicino al suo margine frontale. L’ apice è relativamente largo , alto. arcuato, appuntito e avvicinato a quello della valva ventrale. La fenditura deltidiale è completa- mente nascosta dall’apice. La commessura delle valve è dritta ai lati e appena sinuosa alla fronte. La sua superficie è ornata di lamine concentriche sottili, fitte, strettamente ondulate, 1 squamose, frangiate e imbricate le une sulle altre. Molte di esse sono, a distanze quasi eguali, più spesse, più prominenti, cerciniformi e col margine frangiato più distintamente. Essa ‘ha numerose cicatrici e impronte di spine particolarmente distinte sul margine dei _ cercinì. Questa specie manca di lamine dentali e settali. Le sue impronte muscolari non sì } conoscono. _ Il suo apparecchio brachiale (fig. 44 e 45) è stato descritto precedentemente occu 2 Di questa specie ne conosco dodici esemplari che si conservano nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo. Provengono dal calcare compatto Sa d con Fusulina della Rocca di San Benedetto dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Pro- - « SQuAMULARIA DIENERI, Gemm. (Tav. XXXIV, fig. 1 a 4) TL Le E A ARI ARE I o MILL br Trai NEAR NE E e ER e 10 11 Sisti I N e 0 e Bumehezza:dell'arta 0.000,00. om Conchiglia col contorno quasi pentagonale, leggermente dilatata ai lati, ristretta fronte ‘e colla linea cardinale lunga e leggermente arcuata. Le sue valve sono un poco rigonfiate sulla linea mediana e leggermente dilatate ai La valva ventrale manca d’ogni traccia di seno; soltanto il suo margine frontale Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI. 25 192 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA si prolunga più verso quello della valva dorsale spingendolo in dietro. Il suo apice è stretto, leggermente curvato e appuntito. La sua area è lunga, bassa e ben delimitata. La sua fenditura deltidiale è stretta. La valva dorsale, più piccola di quella ventrale, ha l’apice piccolo, alto, curvato e appuntito; esso è avvicinato a quello della valva ven- trale e nasconde l’area e la fenditura deltidiale. Le valve s'incontrano ad angolo acuto e la loro commessura è dritta ai lati e ap- pena sinuosa alla fronte. La sua ornamentazione è come quella della Squamularia rotundata Gemm., soltanto i cercini frangiati che si elevano dalla sua superficie sono più distanti fra di loro. I suoi caratteri interni non si conoscono. Questa specie si distingue dalla precedente per il contorno quasi pentagonale, per la linea cardinale più lunga, per l'incontro delle sue valve ad angolo acuto e per la pre- senza dell’area. Oltre a queste differenze la presente specie è dilatata ai lati e punto ri- | gonfiata. La Squamularia Dieneri Gemm. è rarissima. Proviene dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Paler- mo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conser- vano due esemplari. RETICULARIA, M° Coy. RETICULARIA LINEATA, Mart. (Tav. XXXIV, fig. 9 e 10, Tav. XLVI, fig. 1 a 9) 1809. Conchyliolithus Anomites lineatus, Martin, Petrif. Derb., PI. XXXVI, fig. 3. } 1821. Terebratula lincata, Sowerby, Min. Conch., vol. IV, p. 39, PI. COCXXXIV, fig. 1,2. 1836. Spirifera lineata, Phillips, Geology of Yorkshire, vol. 2, p. 219, PI. X, fig. 17. 1843. Spigifer lineatus, de Koninck, Descr. des anim. foss. qui se trouv. dans le terr., carb. de Belgique, p. 270, PI. XVII, fig. 8. 1844. Reticularia lineata? M’ Coy, Sinop. Carb. Foss. of lreland, p. 193. 1845. Sperifer lineatus, Verreuil, Geol. de la Russie d’ Europe etc. vol. 2, pag. 147, PILOVI, 006: 1857-1862. Spirifera lincata, Davidson, Monog. of the carbonif. Brachiop., p. 63 (par.), 9 PI. XIII, fgd 4a 7e9, È DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 193 1873. Spirifer lincatus, de Koninck, Monog. des Foss. carbonif. de Bleiberg en Carintbhie, pos: PI 1; fig 11. 1880. Spirifera lineata, Davidson, Suppl. to the Brit. Carbonif. Brachiop., p. 273 PI. XXXII, fir. 8 a 11. 1883. Reticularia lineata, Waagen, Palaeont. Indica, ser. XIII, Salt-Range Foss. Pro- ductus. Limest. Foss., p. 540, PI. XLII. fig. 6 a 8. 1892. >» » Schellwien, Die Fauna des Karnischen Fusulinenkalk, 1 Th., Palaeontographica, vol. XXXIX, p. 88, PI. VI, fig. 10 a 13. Mel892. » » Rothpletz, Die Perm — Trias — und Juraformation auf Timor und Rotti, Palaentographica, vol. XXXIX, p. 81, PI. IX, fig. 8. 1897. » » Diener, The Permocarbonif. Fauna of Chitichum No I., Mem. of the Geol. Survey of India, p. 56, PI. IX, fig. 5 e 7. Lunghezza. . . . .. .. 20m 17mm i/0m ]8mm Larghezza. . . . . . . 22mm 20mm j8mm j4mm Spessore . . . . . ... . 14mnmn 12mm 19m 8mm Lunghezza dell’area . . . . 8mm 7mm gmm 4i/,mm Gli esemplari provenienti dai calcari con Fusulina della Provincia di Palermo, che riferisco alla Reticularia lineata Mart., presentano i seguenti caratteri. La conchiglia è trasversalmente ovale e talvolta ovale, onde generalmente è più larga che lunga e rare volte più lunga che larga. Lo spessore maggiore è al suo terzo posteriore e la maggiore larghezza alla metà della sua lunghezza. La linea cardinale è molto più corta della mag- giore larghezza della conchiglia. La valva ventrale è un poco più curvata e profonda di quella dorsale. Sulla sua metà anteriore ha un seno mediano per lo più leggiero ed oseuro, che in qualche esem- plare si mostra più marcato e chiaro. L’apice è di mediocre grandezza, piuttosto stretto che largo, curvato e appuntito. L’ area è piccola, concava e ben distinta. La fenditura deltidiale è relativamente grande. La valva dorsale è regolarmente arcuata nelle due direzioni principali. Sulla sua li- nea mediana manca qualunque indizio di lobo; soltanto al margine frontale è appena rialzata. L’apice è piccolo, curvato e appuntito. L'area, bassa e ben distinfa, ha nella sua parte centrale la fenditura deltidiale, triangolare e larga. La commessura delle valve è dritta ai lati e leggermente rialzata alla fronte. Gli esemplari siciliani mancano dello strato superficiale della conchiglia che è for- ‘mato di fine spine capillari disposte a cerchi concentrici. Sulla loro superficie, però , sì vedono chiaramente le loro impronte. Esse hanno la forma di cerchi concentrici e av- 194 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA vicinati formati di strie radiali, tine e capillari. Si vedono ancora di tratto in tratto delle strie radiali più o meno lunghe che inerociano i cerchi concentrici. Le impronte muscolari non si vedono. Essi mancano completamente di lamine dentali e settali. I loro coni spirali (Tav. XLVI, fig. 9) hanno la punta diretta verso i lati. La opinione dominante, fino a pochi anni addietro, di considerare la Reticularia im- bricata Sow. come una varietà della Reficularia lineata Mart. ha fatto sì che questa specie si è ritenuta estremamente variabile, per cui sì sono riferite ad essa quasi tutte le Reticw- larie conosciute. Si deve principalmente al Waagen (1) il merito di aver ridotto questa specie nei suoi limiti naturali. Avendo un ricco materiale di /'eticularie, trovato nei calcari con Fusulina della Provinzia di Palermo, ho dovuto necessariamente studiare tale argomento. L'esame di una trentina d’esemplari della eticularia lneata Mart. provenienti dall’Im- ghilterra e dal Belgio mi ha convinto della esattezza dell’osservazione del Prof. Waagen, onde la sinonimia e la descrizione della Rerieularia lincata Mart. è improntata a tale convincimento. Questa specie è piuttosto rara; essa proviene dal calcare compatto con Fusuliza della Rocca di San Benedetto e della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Pro- vincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano 15 esemplari. RETICULARIA AFFINIS, (emm. (Tav. XXXIV, fig. 5 a 8, e Tav. XLVI, fig. 10 e 11) Ino ltezza gate ER 35mm 94mm 97mm 96mm 8mm Larghezza. . . . . . 37mm 86mm 32mm 830mm 20)mm Spessore . . . . .. 25mm 24mm 19mm 19mm ]3mm ‘ Conchiglia quasi rotondata o un poco trasversalmente ovale, con l’area non distinta, anzi mancante e con la linea cardinale dritta e lunga; però molto meno lunga della larghezza maggiore della conchiglia. Questa sua larghezza è alla metà della sua lunghezza ‘e il suo maggiore spessore un poco indietro della sua metà. La valva ventrale è un poco più grande e profonda della valva dorsale. La sua urva, regolare nella direzione longitudinale e trasversale, è generalmente più risentita (1) Op cit, pag. 588. free red Pe gg © DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 195 in questa, anzichè nell’altra direzione; però nella regione apicale la curva longitudinale supera le altre. Sulla sua linea mediana ha un seno che incomineia un poco sotto l' a- pice e si estende sino alla fronte gradatamente dilatandosi e approfondendosi. Esso è lar- go, più o meno delimitato ai lati, e spesso oscuramente angoloso al fondo. L' apice è largo, di mediocre grandezza, fortemente arcuato e appuntito. L'area è completamente indistinta. Sotto l'apice sì vede la fenditura deltidiale, triangolare, larga e alta: la sua larghezza è !/, della lunghezza della linea cardinale. Tale fenditura deltidiale è limitata in ogni lato da uno stretto solco, in cui vengono a capo le strie concentriche d'accresci- mento della regione sotto-apicale. La valva dorsale è meno curvata di quella ventrale. La curva nella direzione tra- sversale e longitudinale è regolarissima, però in questa direzione, nella regione apicale» la curva è forte. Questa valva nella sua linea mediana non ha affatto lobo, nè rigon- fiamento. L’apice è rigonfiato, curvato e appuntito. L'area è indistinta. La fenditura del- tidiale è quasi completamente nascosta dal ricurvo apice. i Le valve s'incontrano formando un angolo poco acuto, ma tagliente. La loro com- messura è dritta ai lati e sinuosa alla fronte. Il seno frontale è bastantemente risentito, e non occupa mai tutta la larghezza della fronte, ma la sua parte centrale soltanto. La superficie dei modelli di questa specie è ornata (Tav. XLVI, fig. 11) d’ anelli concentrici, stretti, regolari, convessi e quasi angolosi al centro resultanti di due ordini di strie radiali, l’ uno inclinato verso l’apice e l’altro verso la fronte. Le strie sono fi- nissime, capillari e avvicinatissime fra di loro. Di tratto in tratto si notano ancora delle strie radiali più o meno lunghe che intersecano gli anelli concentrici. Questa specie manca di lamine dentali e settali. Le sue impronte muscolari non sì conoscono. I coni spirali del suo apparecchio brachiale (Tav. XLVI, fig. 10) hanno gli apici rivolti verso i lati. Per questo carattere essa appartiene al gruppo della Reticularia lineata Mart., da cui differisce per essere diversamente ornata. Oltre a questa essenziale differenza se ne allontana ancora, perchè è più arrotondata e più spessa, perchè ha 1’ apice della valva dorsale più fortemente ricurvato e perchè ha l'area completamente indistinta. Gli esemplari provenienti da Chitichun No. 1 che Diener (1) riferisce alla .reticu- laria lineata Mart. sono più rassomiglianti alla Reticularia affinis Gemm. che alla Re- (1) The Permocarbonif. Fauna of Chitichun N. 1, Mem. of the Geolog. Survey Indica, DIERSSGVe Vol. I, Part. 9, PI.9; fig. b 01.9. 196 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA ticularia lineata Mart. Però, siccome questo diligente osservatore asserisce che questi esem- plari hanno la scultura esattamente la stessa di quelli tipici dell’ Inghilterra e del Bel- gio, anche io li ho considerato come appartenenti alla Feticularia lneata Mart. La Reticularia affinis Gemm. proviene dal calcare compatto con Fusulina della Pie- tra di Salomone, della Rocca di San Benedetto e della Rupe del Passo del Burgio lungo il Fiume Sosio nella Provincia di Palermo. Mel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo se ne trovano molti esemplari. RETICULARIA CONVEXIUSCULA, Gemm. (TAV. XXXIV, Fig. 30 a 36) Lunghezza... al ?. 23mm 23mm Larghezza . i. 0. + 3omm 22m 22m Spessore se il ia e e poni Lunghezza dell’area. . 23mm 16mm 151/,mm Questa conchiglia è piuttosto depressa, con il contorno rotondato, appena più lunga che larga, con l’area grandissima e chiaramente limitata ai lati da spigoli prominenti e colla linea cardinale dritta e lunga un poco più dell’area. La sua valva ventrale nella direzione longitudinale ha la porzione apicale fortemente curvata e la frontale leggermente. Questa parte della valva è provvista d’oscurissimo seno, che talvolta manca. L’apice è largo, fortemente curvato e appuntito; nei giovani è meno curvato, per cui pare più alto. L'area è così grande che occupa quasi tutta la lunghezza della linea cardinale, più o meno concava, limitata ai lati esterni da spigoli prominenti e agl’ interni da solchi; essa è ornata di strie perpendicolari finissime che sono interse- cate da linee fine e parallele alla linea cardinale. La fenditura deltidiale ha la base lunga più di !/, della lunghezza dell’area. La sua valva dorsale è molto meno convessa e profonda di quella ventrale e leg- germente curvata nella direzione longitudinale e trasversale. L’apice è largo, basso e ap- puntito. L’ area è larga, bassa e incontra obliquamente la base di quella della valva | ventrale. La fenditura deltidiale è anch'essa bassa e larga quanto quella di questa valva. Questa specie è ornata di spine radiali, finissime, capillari e avvicinate disposte a zone concentriche, strette e leggermente imbricate. Quando queste spine sono rotte si vedono sulla superficie della conchiglia le loro impronte, che consistono in finissime strie radiali di- sposte a zone concentriche, strette e regolari. I suoi caratteri interni non si conoscono. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 197 N Questa specie è vicina della Reticularia lineata Mart., da cui si distingue per essere più depressa e per avere la valva ventrale convessa e rigonfiata alla sua regione apicale, e l’area grandissima e più distintamente delimitata. Bisogna aggiungere ancora che il suo contorno esterno è più rotondato e mai trasversalmente ovale. In quanto alla forma è più vicina alla Rezicularia affinis Gemm., ma, oltre che è diversamente ornata, ne differisce, perchè è più inequivalve, meno spessa, colla valva dorsale affatto rigonfiata e coll’area grandissima e nettamente delimitata. Questa Reticularîa è stata trovata nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Essa è rara. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della E. Università di Palermo se ne trovano soltanto cinque esemplari. RETICULARIA PULCHERRIMA, (temm. (TAV. XXXIV, Fig. 21 a 29) uns hezzare se RN. 93mm 929mm 9 arphezzai.i cospetto 19mm 48mm 13mm SPEssorenea NO sin 16mm 35mm 1(1/,mm Conchiglia ovale, rigonfiata, coll’apice prominente e coll’area oscura e non delimitata. La valva ventrale è un poco più convessa della valva dorsale, e, se non avesse l’apice sviluppatissimo, si potrebbe dire che è convessa quanto quella dorsale. Sulla sua linea mediana manca ogni traccia di seno; soltanto vi si nota un leggiero ed oscuro ap- piattimento sulla sua metà anteriore. L’apice è un poco ristretto, prominente, arcuato e appuntito; i suoi lati sono arrotondati e la sua faccia cardinale mancante dell’area. La fenditura deltidiale, limitata per ciascun lato da uno stretto solco, è triangolare , alta e lunga un poco meno di un terzo della larghezza maggiore della conchiglia. La valva dorsale, che ha un contorno quasi circolare, è rigonfiata regolarmente in tutte le direzioni. La sua curva è maggiore nella regione posteriore, dove termina con È | l’apice rigonfiato, arcuato fortemente e appuntito. La fenditura deltidiale è bassissima e : larga quanto quella dell’altra valva. Le valve si incontrano ad angolo poco acuto, ma con margine tagliente. La loro commessura è dritta ai lati e leggermente sinuosa, ma in modo non bene distinto, alla fronte. La sua scultura superficiale consta di spine radiali finissime, sottili, capillari e avvicinate strettamente le une colle altre disposte in zone concentriche e strettissime. Oltre a ciò 198 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA la conchiglia è ornata di costelle radiali, oscure, scancellate e più o meno interrotte; d’esse alcune incrociano soltanto poche zone concentriche d’accrescimento ed altre un numero maggiore, irradiandosi spesso fino al margine delle valve. Essa manca di lamine dentali e settali. Tutti gli altri caratteri interni non sì co- noscono. Questa specie richiama per la forma i giovani della Lreticularia conularis Grin. (1). Se ne distingue per la minore sproporzione nella convessità della sua valva dorsale e per la maggiore prominenza del suo apice che è nello stesso tempo più stretto e molto meno arcuato. Il Prof. Beyrich (2) riferisce alla Aeticularia lineata Mart. una forma che somi- glia molto alla Aeticularia pulcherrima Gemm. Essa è diversa soltanto per lo avvicina- mento maggiore degli apici; ma in tutti gli altri caratteri coincide talmente con la spe- cie siciliana, che mi pare probabile le si possa identificare. Questa specie è piuttosto rara. Si è trovata nel calcare compatto con Fusulina del- la Rocca di San Benedetto e della Rupe del Passo di Burgio dei dintorni di Palazzo- Adriano nella Provincia di Palermo. Nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Uni- versità di Palermo se ne conservano sei esemplari. RerIcuLARIA CAROLI, Gemm. (TAV. XXXIV, Fig. 11 a 20, Tav. XXXV, Fig. 1 e Tav. XIVI, fig. 12 ri ume hezza: ERO e IA Slan A Wars hezza i e A VO UNO O nane] pal QD SPEssOre l'e a A E i pica Go) cai e OL Lunghezza dell’area . . . . . RSS Foa dgr Boe Questa Reticuluria sì distingue da tutte quelle provenienti dai calcari con Fusulna della Sicilia per il grande sviluppo e la direzione dell’ apice che ora è piegato a dritta. ed ora a sinistra. Essa è quasi troncata alla fronte, colla larghezza maggiore alla metà della sua lunghezza e colla linea cardinale un poco più lunga dell’area. (1) Beitrige zur Kenntniss der sediment. Gebirgsform. ete. Mèm. de l’Acad. Imp. des sciences de St. Petersbourg, VII ser., Tome II, N. 7, p. 102, Tav. IV, fig. 22, f. g. (2) Ueber eine Kohlenkalk— Fauna von Timor, K. Akad. der Wissenschaften zu Berlin, PI. 1, fig. 13. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 199 La sua valva ventrale è conica fortemente ristretta nella sua porzione posteriore e sinuata sulla linea mediana. Il seno incomincia un poco sotto dell’ apice e si estende, allargandosi, sino alla fronte: esso non è mai profondo, ma piuttosto superficiale, e negli esemplari che mancano dello strato esterno è un poco angoloso al fondo. L’apice è molto prominente, stretto, fortemente curvato e appuntito; esso non è simmetrico, ma leg- germente piegato di lato. Nei giovani è quasi dritto e meno fortemente curvato. L'area è grande, un poco meno lunga della linea cardinale, altissima e più o meno concava. Essa è limitata in ciascun lato da uno spigolo basso e poco prominente ed ornata di strie fine, orizzontali e longitudinali che s'inerociano fra di loro. Tutta la sua parte cen- trale è occupata dalla fenditura deltidiale che ha la forma d’un alto triangolo isoscele, la cui base è eguale alla metà della lunghezza dell’area. La sua valva corsale è trasversalmente ellittica e poco convessa. L’apice è poco cur- vato e appuntito. L'area e la fenditura deltidiale sono hasse e corrispondono in lunghezza a quelle della valva ventrale. Le valve s'incontrano neì grandi esemplari ad angolo ottuso, il che non avviene or- dinariamente nei giovani. La loro commessura è dritta ai lati e più o meno sinuosa alla fronte; però questo seno frontale non è mai profondo, anzi in varî esemplari, e partico- larmente nei giovani, è appena distinguibile o mancante. La scultura di questa ReticuZaria sì è potuta osservare chiaramente avendo degli esemplari collo strato esterno della conchiglia conservatissimo. Essa consiste in pieghe concentriche, strette, un poco ineguali, imbricate e angolose quasi nel centro, talchè ognu- na d'esse ha due facce, una inclinata verso l’apice e l’altra verso la fronte. Queste pie- ghe risultano di due serie di spine radiali che occupano, una la loro faccia anteriore e l’altra la posteriore, incontrandosi sull'angolo delle pieghe che rendono finamente crenulato. Le spine sono capillari, finissime e molto avvicinate fra di loro. Sugli esemplari che hanno la superficie un poco alterata si vedono delle strie radiali più o meno lunghe che intersecano alcune pieghe concentriche. Quando queste spine sono rotte si vede con forte lente d'ingrandimento che sono forate. Non ho potuto osservare in questa specie spine a doppio canale. — Le impronte muscolari della valva dorsale (Tav. XXXIV, tig. 19) incominciano un poco al di sotto dell’ apice e si prolungano per più di due terzi della lunghezza della valva. Esse constano di due fasci per ognuno : l'esterno è piccolo e divergente e l'interno lungo e disposto parallelamente alla linea mediana. Quelle dei muscoli della valva ventrale (Tav. XXXIV , fig. 18) partono dall’ apice e non oltrepassano la metà della lunghezza della valva: sono di forma quasi lanceolata e disposte parallelamente alla linea mediana. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXI. 26 200 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Essa manca come le sue congeneri di lamine dentali e settali. L'apparecchio brachiale (Tav. XXXV, fig. 1) ha la punta dei suoi coni spirali ri- volta verso la linea cardinale; in ognuno d’essì sì contano 10 giri. Le lamine discen- denti verso la regione frontale si avvicinano per un breve tratto fra di loro. La Reticularia Caroli Gemm. ha rapporti d’ affinità colla freticularia conularis Grin. per il grande sviluppo dell'apice. Però sono così diverse negli altri caratteri che non si possono affatto identificare. La etieularia conularis Grin. è provvista d'un seno ventrale profondo e angoloso che parte dall’apice e si proluuga fino alla fronte, produ- cendo sulla regione frontale della valva dorsale un forte rigonfiamento, i suoi apici sono avvicinatissimi fra di loro e l’area è più corta; inoltre la ineguaglianza delle due valve è talmente eccezionale che basta questo solo carattere per distinguerla non solamente dalla Reticularia Caroli Gemm., ma bensì dalle altre specie. | La Reticularia Caroli Gemm. ha la scultura molto vicina a quella della eticu- laria affinis Gemm. e della Relicularia elegantula Waag., ma per tulti gli altri carat- teri sì allontana tanto dall’una, quanto dall'altra specie. Questa feticularia si è trovata nel calcare compatto con Fusulina della Pietra di Salomone e della Rocca di San Benedetto presso Palazzo-Adriano nella Provincia di Pa- lermo. D'essa si conservano molti esemplari nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. RETICULARIA INAEQUILATERALIS, Gemm. (TAV. XXXV, fig. 2 a 21 e TAV. XLVI, fig. 13) Tiunghezza. . . . . . 40nm 36mnm 35mm g4mm 8B6mm 29mm 26mm 25mm Larghezza. -. .. 4, 9) Yz» 29m Ya gnu Nu Spessore... e Vee Nt ao rn e on eni Lunghezza dell’area, :. . 20m 20nm i16nm {9mm. jgmm ]8mm . J5um +]]jmm Questa Reficularia è una delle specie più frequenti dei calcari con usulna dei dintorni di Palazzo-Adriano nella Provincia di Palermo. Essa è variabile, più 0 meao insquilat>rale e asimmetrica, avendo un lato più dila - tato dell’ altro e l'apice piegato a destra o a sinistra; ordinariamente ovale e talvolta quasi orbicolare. I suoi apici sono più o meno avvicinati fra di loro. | La valva ventrale è spesso meno, e qualche volta, ugualmente convessa della valva dorsale. Nella sua metà anteriore, ora sulla linea mediana, ora alla sua Cestra, ed ora alla sua sinistra, ha una leggiera depressione, che si dilata gradatamente come si avvi- a DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 201 cina alla fronte. Questa depressione non è costante; spesso essa manca completamente. L’ apice è stretto, più o meno alto e curvato fortemente, in modo d’avvicinarsi molto a quello della valva dorsale. Esso termina appuntito e non è mai simmetrico all’asse longi- tudinale della conchiglia, ma piegato a destra o a sinistra, per cui i suoi lati hanno una lunghezza diversa con un contorno concavo e l’ altro convesso. L’ area è lunga quasi quanto la linea cardinale, alta e più o meno concava. Essa è provvista di fine strie lon- gitudinali e trasversali incrociate fra di loro, e limitata chiaramente all’esterno da uno spigolo e all'interno da una piega. La fenditura deltidiale è grande e lunga alla base più di metà della lunghezza dell’area. In alcuni esemplari si trovano aderenti al mar- gine interno dell’area le piastre deltidiali; sono strette ed estese quasi fino al suo angolo superiore. La valva dorsale è più o meno convessa nella sua metà posteriore e talvolta così fortemente da rendersi gibbosa. Nella sua metà anteriore non ha un lobo corrispondente alla depressione della valva ventrale, ma un leggiero e largo rigonfiamento che la rende asimmetrica, essendo più depressa e dilatata da un lato che dall’altro. L’apice è largo, molto curvato, appuntito e avvicinato a quello dell’ altra valva. L’ area è ben limitata, piuttosto alta e incontra quasi perpendicolarmente quella della valva ventrale. La fendi- tura deltidiale è bassa e la sua lunghezza alla base è quanto quella della fenditura del- tidiale della valva ventrale. La commessura della valva è dritta ai lati e leggermente sinuosa alla fronte. Questa sinuosità non occupa quasi mai il centro della fronte, ma uno dei suoi lati; qualche volta essa vi manca. La superficie della conchiglia, quando è ben conservata, è ornata di pieghe concen- triche (Tav. XLVI, fig. 13) più o meno strette, piane, ondulate e imbricate risultanti di spine radiali, finissime, capillari e avvicinate fra di loro. Di tanto in tanto alcune di queste zone concentriche sono intersecate da coste radiali, oscure, strette, corte e ineguali. Quando la superficie della conchiglia è alterata si presenta ornata di costelle concentri che a cui stanno aderenti gli avanzi delle spine radiali, che con forte lente d’ ingrandi- mento si vedono forati. Neppure in questa specie ho potuto osservare spine radiali con doppio canale. Le impronte dei muscoli della valva ventrale (Tav. XXXV, fig. 20) partono dall’apice e si prolungano fino a metà della sua lunghezza. Esse sono di forma lanceo- lata e divise sulla linea mediana da un solco stretto e superficiale. Quelle dei muscoli della valva dorsale (Tav. XXXV, fig. 21) incominciano un poco al di sotto dell’ apice e sì estendono in avanti sino al di là della metà della sua lunghezza. Esse constano di due fasci per ognuna: l’ esterno è piccolissimo e un poco divergente , l’ interno disposto parallelamente alla linea mediana. 202 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Questa specie manca di lamine dentali e settali. 1l suo apparecchio brachiale (Tav. XXXV, fig. 17 a 19) ha la punta dei coni spirali diretta verso le linea cardinale. Le lamine discendenti si avvicinano fra di loro per un breve tratto sotto la metà della lunghezza della valva dorsale. In ognuno dei coni spirali si contano sino a 16-17 giri. Questa Reticularia si distingue facilmente dalle specie conosciute. La Reticularia Caroli Gemm. che ha l'apice egualmente piegato di lato, se ne allontana per avere la valva dorsale punto rigonfiata, la fronte troncata, l'apice più robusto e la scultura esterna diversa. Alcune varietà della /telicularia inaequilateralis Gemm. con contorno quasi orbicolare, come p. e. gli esemplari (Tav. XXXV, fig. 6 a 9) richiamano la Reticu- laria convexiuseula Gemm. che è provvista di area grande e ben delimitata, e a un dipresso della medesima scultura; ma questa ultima specie è costantemente simmetrica, con la valva dorsale quasi depressa, e non mai rigonfiata, e con l'apice della valva ventrale sempre dritto e più largo, e perciò riesce facile la loro distinzione. La Reticularia inaequilateralis Gemm. si trova frequentemente nel calcare grosso- lano e in quello compatto con Fusulina del Passo del Burgio, della Rocca di San Be- nedetto e della Pietra di Salomone. Nel Museo di Geologia e di Mineralogia della R. Università di Palermo se ne conservano centinaia di esemplari. italicize È 1 Lala “ritieni ET. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 203 TAVOLA XXV. Fig. la 4. Rhaetina lepton, Gemm. Fig. 5atl. » » » Fig 8. » » » Fig. Di » » la » Fig. 10 a 13. Hemiptychina Ntkitini, Gemm. Fig. 14 a 16. » » » Fig. 17. » » Fig. 18 a 21. Hemip:ychina genuflera, Gemm. Fig. 221 » » » Fig. 93. » » » Fig. 24. » » » Fig. 25 e 26. » È 3 Fig. DR: » » » Fig. 23. » ; ; Fig. 29 e 30. Hemiptychina D.eneri, Gemm. Fig. 31 a 33. » » » Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fus.ilina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della stessa provenienza. (In esso si è tolto un frammento della con- chiglia in un lato della sua regione apicale per fare vedere che manca di lamine dentali). Altro esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Fusulina della Rocca di San Be- nedetto. Apparecchio brachiale. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare della stessa provenienza man- cante in un lato della sua regione apicale della conchiglia per far vedere che non ha lamine dentali. Un altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare trovato nel calcare grossolano con Iusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della stessa provenienza in cui si vedono per trasparenza le lamine set- tali. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Un altro esemplare della medesima provenienza, cui è stato tolto un frammento della conchi- glia di un lato della sua regione apicale per fare vedere che manca di lamine dentali. Varietà quatriplicata proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Sa- lomone. Varietà quinqueplicata della stessa provenienza. Varietà biplicata proveniente dal calcare gros- solano con Fusulina della Rocca di San Bene- detto. Questo esemplare proviene dal calcare grossolano con Pusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Fig. « Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. -Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 204 63 6% 69 e a a a e DI (0.0) dl. 45. 4°. _ 50. 66, LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Hemiptychina Dieneri, Gemm. . Rostranteris Adrianense, Gemm. Rostranteris gibbosum, Gemm. Rostranteris inflatum, Gemm. Rostranteris ovale, Gemm. . Rostranteriîs sinuatum, Gemm. » » » . Rostranteris pulchrum; Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone, taglia- to parallelamente ai lati per fare’ vedere l’ap- parecchio brachiale. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare preparato per far vedere l’apparecchio brachiale. Esso è ingrandito e proviene dalla stessa località del precedente. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare trovato nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dal calcare compatto con _ Fusulina della Rocca di San Benedetto. Altro esemplare della stessa provenienza. Un esemplare della stessa provenienza tagliato parallelamente ai lati per fare vedere l’ ap- parecchio brachiale. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Pusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare ingrandito e preparato per fare ve- dere lo apparecchio brachiale. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare proveniente dalla medesima lo- _calità. i Altro esemplare proveniente dalla stessa loca- lità. TAVOLA XXVI. 1 e 2. Rostranteris mediterraneum, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano 3 a 6. Ta 9. Rostranteris guttula, Gemm. 10. » » » Hemiptychina pygmaea, Gemm. con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare ingrandito trovato nel calcare gros- solano con Pusulina della Pietra di Salomone. Esemplare ingrandito proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salo- mone. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. ieTent2: 13. 14 a 17. 18 e 19. 2a 22 23 a 25. 26 a 29. 39 e 31. 32 a 35. 36 e 37. 38 a 40. 41 e 42. 43 e 44. 45 e 46. 47 a 50. 51 e 52. 53 a 56. 5I. 58 a 61. 62 e 63. 64 e 65. 66 a 68. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 205 Hemiptychina pygmaea, Gemm. Hemiptychina lamellosa, Gemm. Hemiptychina pygmaea, Gemm. Rhynchonella Negrii, Gemm. » » » Rhynchonella Sosiensis, Gemm. Rhynchonella acuminata, Mart. » » » Rhynchonella Carapezzae, Gemm. » » » Rhynchonella Withei, Gemm. Terebratuloîdea elegans, Gemm. Uncinulus velifer, Gemm. Uncinulus velifer, Gemm. Uncinulus Amor, Gemm. 2 Uncinulus Siculus, Gemm. Uncinulus Siculus, Gemm. » » » Esemplare ingrandito della stessa provenienza. Esemplare ingrandito proveniente dal calcare grossolano con Fusulîna di San Benedetto. Esemplare ingrandito proveniente dal calca- re grossolano con FusuZlna della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dalla stessa località. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Pusulina della Pietra di falomone. Altro esemplare proveniente dalla stessa località. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con FPusulina della Rocca di San Benedetto. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dal calcare compatto con PFusulina della Rocca di San Benedetto. Altro esemplare della stessa località. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Rocca di San Banedetto. Un altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare trovato nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare proveniente dalla medesima lo- calità. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Pusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare proveniente dal calcare com- patto con Fusulina della Rocca di San Be- nedetto. Esemplare con estesa espansione lamellosa pro- veniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare ingrandito proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salo- mone. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare della stessa provenienza, ingrandito. Esemplare della stessa provenienza. (Nella figu- ra 68 il contorno esterno della valva dorsale è stato disegnato convesso, mentre invece è molto appiattito). Kig. Fig Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 206 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA TAVOLA XXVII. 1a 5. Camarophoria affinis, Gemm. 6 e 7. » » » 8 a 11. Camarophoria acuminata, Gemm. 12 e 19 » » » 14 a 17. Camarophorta Paronae, Gemm. 18. » » » 19. » » » 20 a 23. Raynchonella Adrianensis, Gemm. 24. » » » 25. » » » 26 a 29. Camarophoria solitaria, Gemm. 30 a 33. Camarophoria semiplicata, Gemm. S4. » lo » DD. » » » 36 a 41. » » » 42. » » » 43 a 46 Rhynchonella Salinasi, Gemm. 40. d » » 48 a 52. Enteletes Tschernyschewi, Gemm. Esemplare trovato nel calcare compatto con Fw suina della Rocca di San Benedetto. Esemplare proveniente dalla medesima loca- lità. Esemplare trovato nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare proveniente dal calcare com- patto con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone, Un altro esemplare della medesima provenienza. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dalla medesima località. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della medesima provenienza. Altro esemplare trovato nella medesima loca- lità. Due esemplari in cui si vedono le impronte mu- scolari e gli altri caratteri interni. Essi pro- vengono dalla stessa località. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare trovato nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone (ingran- dito). Un altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. 53 a DI. » » » Un altro esemplare proveniente dalla stessa località. 58 Hemiptychina genuflexa, Gemm. Esemplare tagliato parallelamente ai lati per fare vedere l'apparecchio brachiale. 59. Rostranteris mediterraneum.Gemm, Esemplare tagliato parallelamente ai lati per fare vedere l’apparecchio brachiale. a Fig. 60 Fig. 61. Fig. Fig. 4a ig. 8.6.9. Fig. 10 a 12. Fig 13 e 14. MIO, iuonan lo: » 20 a 24. . 25 a 28. Medbas32) Fig. 1e 2. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXI. DELLA VALLE Rostranteris exile, Gemm. Rhaetina lepton, Gemm. DEL FIUME SOSIO 207 Esemplare tagliato parallelamente ai lati per fare vedere l'apparecchio brachiale (ingran dito). Esemplare piccolo tagliato parallelamente ai lati per fare vedere l’apparecchio brachiale. TAVOLA XXVIII. » » » Enteletes meridionalis, Gemm. Enteletes Waageni, Gemm. » »d d Enteletes contractus, Gemm. >» » »d Enteletes subaequivalvis, Gemm. Enteletes Haugi, Gemm. Enteletes microplocus, Gemm. » » » la 3. Enteletes Tschernyschewi, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con FPusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare proveniente dalla Rocca di San Benedetto. Esemplare proveniente dalla medesima loca- lità. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare della medesima provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dalla medesima loca- lità. Un altro esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Pusulina della Rocca di San Be- nedetto. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della medesima prove- nienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della medesima prove- nienza. Grande esemplare della stessa provenienza. TAVOLA XXIX, Enteletes meridionalis, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. 27 208 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Fig. 3. Enteletes meridionalis, Gemm. Un altro esemplare della stessa località. Fig. 4e 5. » » » Altro esemplare proveniente dal calcare com- patto con Fusulina della Rocca di San Bene- detto. Fig. 6 e 7. Enteletes elegans, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Fig. 8a 10. » » » Altro esemplare della stessa provenienza. Fig 11 e 12. Enteletes Oehlerti, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Fig. 13 a 15. » » » Un altro esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Fusulna della Pietra di Salo- mone. Fig. 16 a 19. Enteletes Waageni, Gemm. Esemplare provenient: dal calcare grossolano con Fusul;na della Pietra di Salomone. Fig. 20 e 21. » » » Varietà umbonata. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Fig. 22 e 23. » » » Varietà umlonata. Un altro esemplare della stessa provenienza. Fig. 24. » » » Varietà umbonata. Un altro esemplare prove- niente dalla medesima località. Fig. 25. » » » Esemplare proveniente dalla stessa località. Fig. 26. » » » Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Fig. 20. » » » Esemplare preparato per fare vedere i caratteri interni. TAVOLA XXX. Fig. La 3. Retzia ambigua, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Iusu'ina della Pietra di Salomone. (in- grandito). i ; Fig. 4a 6. Cyrtina Josephinae, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. pri ea: » » » . Esemplare, ingrandito, preparato per fare vedere 3 l'apparecchio brachiale. Fig. 9 a 12. Spiriferina Margaritae, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Fig. 13 a 15. » » » Un altro esemplare della stessa provenienza. Fig. 16. » » » Un altro esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Fusulina della Rocca di San Bene- detto. be TO Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 28 a 30. Spériferina elegantissima, Gemm. Fig. Fig. Fig. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO Il Spiriferina Margaritae, Gemm. 18 a 20. » » » 21 a 23. » » » 24 a 26. Spiriferina Salomonensis, Gemm. ZIO » » > 31. » » » 32 a 34. Spiriferina papillosa, Gemm. 30. » » » Fig. 36 a 38. Spiriferina Toulai, Gemm. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. ni da Fig. 6. se 39 e 40, » » » 4l. Rostranterîs inflatum, Gemm. 42. Rostranteris exile, Gemm. 43. Hemiptychina genuflexa, Gemm. 44. 46 a 48. Spèriferina rupicola, Gemm. 209 Esemplare, ingrandite, preparato per fare vedere il suo apparecchio brachiale. Un altro esemplare proveniente dalla medesima località. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dalla stessa località. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Una porzione della conchiglia ingrandita per fare vedere la sua ornamentazione. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Pusulina della Pietra di Salomone. Una porzione della conchiglia ingrandita per fare vedere la sua ornamentazione. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare, ingrandito, proveniente dalla stessa località. Lamina ingrandita con lo apparecchio brachiale preparato (vedi nota a pag. 234). Lamina ingrandita con lo apparecchio brachiale preparato (vedi nota a pag. 234). Lamina ingrandita con l’apparecchio brachiale preparato (vedi nota a pag 284). Hemiptychina genuflessa, Gemm. Regione apicale ingrandita. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. 49 a 51. Spiriferina Schellwieni, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. TAVOLA XXXI. la 3. Martinia polymorpha, Gemm. det: Db. » » » 6. Martinia variabilis, Gemm. (ea 9. » » » Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare proveniente dalla medesima località. ig. 10 e ll. Fig. 210 Mal 013: TULA . 15 e 16. ig. 17. . 95. . 36 e 37. gr dh 14 e 15. LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Martinia aviformis, Gemm. Martinia lamellosa, Gemm. Martinia umbonata, Gemm. Martinia lamellosa, Gemm. Martinia polymorpha, Gemm. Martinia aviformis, Gemm. . Martini Cornel'a, Gemm. » » » » » » » d » Martinia rupicola, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dalla stessa località. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dalla medesima loca- lità. Esemplare, in cui si vedono le impronte musco- lari dorsali, proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Rocca di San Benedetto, Esemplare della stessa provenienza con l’appa- recchio brachiale preparato, Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare della medesima provenienza. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Fusulina della Rocca ‘di San Be- nedetto. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare preparato in cui si vede l’apparecch o brachiale (ingrandito). Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone TAVOLA XXXII. Martinia rupicola, Gemm. » »d »d » » » » » » » » » Martinia Distefanoî, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Musulna della Rocca di San Be- nedetto. Un altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare della stessa provenienza in cui si vedono le impronte vascolari. Esemplari preparati nei quali si vede l’apparec- chio brachiale (fig. 12) dalla faccia dorsale e (fig. 13) da quella ventrale. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. CAT RP SE TE EE tO Fig. 16 a 18. Fig. 19 a 22. Fig. 23. Fig. 24 a 26. Fig. 27 e 28. Fig. 29 a 32. Fig. Fig. 12 e 13. Fig. 14 e 15. Fig. 16 e 17. Fig. 18 a 21. Fig. 122. Fig. 23 a 26. Fig. 27 a 29. Fig. 30 a 33. Fig. 34 a 37. Fig. 38 a 39. Fig. 40 a 43. 8all. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO Martinia Distefanoi, Gemm. Martinia triquetra, Gemm. Martinia acuminata, Gemm. 211 Esemplare proveniente dalla stessa località. So- pra la superficie della conchiglia si vedono le impronte delle spine, e dove essa manca le impronte vascolari. Esemplare giovane proveniente dalla medesima località. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Pietra di Salomone in cui si vedono le impronte muscolari dorsali. Esemplare proveniente dalla medesima loca- lità. Esemplare proveniente dalla medesima loca- lità. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. TAVOLA XXXIII. . Martinia affinis, Gemm. Martinia Ceres, Gemm. » » » »d » » Martinia orbicularis, Gemm. » » » » » » Martinia bisinuata, Gemm. » » » Martinia pusilla, Gemm. » » » Squamularia rotundata, Gemm. Esemplare proveniente dal ‘calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Un altro esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Pusulina della Rocca di San Be- nedetto. Esemplare, ingrandito, in cui è preparato l’ap- parecchio brachiale. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Esemplare della stessa provenienza. Un altro esemplare della medesima provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusuliîna della Pietra di Salomone. Un altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare giovane della stessa provenienza Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina di San Benedetto. Un altro esemplare della medesima provenienza. Esemplare trovato nel calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Un altro esemplare della stessa provenienza. 212 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA Fig. 44 e 45. Squamularia rotundata, Gemm. Esemplare, ingrandito, della stessa provenienza. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Esso è preparato in modo da far vedere l’ap- parecchio brachiale, (fig. 44, dalla faccia dor- sale e (fig. 45) da quella ventrale TAVOLA XXXIV. la 4. Squamularia Dieneri, Gemm. 5a 8. Reticularia affinis, Gemm. 9 e 10. Reticularia lineata, Mart. 11 a 14. Reticularia Caroli, Gemm. 15. > » » 16 e 17. >» » » 18. » > » 19 e 20. » >» » 21 a 24. Reticularia pulcherrima, Gemm. 25 e 26. >» >» » 27 a 29) » » » 30 e 31. Reticularia converiuscula, Gemm. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Esemplare proveniente dal calcare compatto con * Fusulina della Rocca di San Benedetto. Altro esemplare proveniente dalla medesima località. Esemplare giovane della medesima provenienza. Un altro esemplare in cui si vedono le impronte muscolari della valva ventrale. Esso proviene dal calcare compatto con Fusulina della Pie- tra di Salomone. Esemplare della stessa provenienza, in cui (fi- gura 19) si vedono le impronte muscolari della valva dorsale. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Un altro esemplare della medesima provenienza. . Esemplare più piccolo proveniente dalla stessa località. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare più piccolo della stessa provenienza. Esemplare proveniente dalla medesima loca- lità. TAVOLA XXXV. 32 a 34. » > » 36. >» >» » IL Reticularia Caroli, Gemm. Esemplare ingrandito in cui si vede l’apparec- chio brachiale. Fig. 2 a 5. Reticularia inaequilateralis, Gemm, Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. ha” dii | sad bea ni € ittteiti x Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. DELLA VALLE DEL FIUME SOSIO 218 6 e T. Reticularia inaequilateralis, Gemm. Altro esemplare proveniente dalla stessa loca- 8 a 10. » » » MEI » » » 14. PR "1 » » 15, » » » 16. » » » 17 e 18. » È » » 19. » » » 20. » » » 21. » » » 22 a 25. Spiriferina tornata, Gemm. 26. » » » lità. Altro esemplare della stessa provenienza. Altro esemplare proveniente dal calcare grosso- lano con FusuZina della Rocca di San Bene- detto. Un altro esemplare della stessa provenienza. Altro esemplare con la superficie esterna con- servatissima proveniente dalla stessa loca- lità. 1 Altro esemplare proveniente dal calcare gros- solano con Fwusulina della Pietra di Salo- mone. Esemplare ingrandito in cui si vede l’apparec- chio brachiale; (fig. 17) dalla faccia dorsale e (fig. 18) da quella ventrale. Altro esemplare in cui si vede l’ apparecchio brachiale dalla faccia dorsale. Esemplare in cui si vedono le impronte musco- lari dalla valva ventrale. Altro esemplare in cui si vedono le impronte muscolari della valva dorsale. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulna della Rocca di San Benedetto. Esemplare giovane, ingrandito, proveniente dal- la medesima località. TAVOLA XXXVI. le 2. Spirifer Siculus, Gemm. 3° » » » 4a 6. » » » T a 10. Spiîrifer Battus, Gemm. 11. » » » 12. » » » 13. Spirifer su'trigonalis, Gemm. 14. » » » ball. » » » Esemplare giovane proveniente dal calcare com- patto con Fusulina della Rocca di San Bene- detto. Esemplare della stessa provenienza. Altro esemplare della medesima provenienza. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare piccolo della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Altro esemplare della medesima provenienza. Altro esemplare della stessa provenienza. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 214 LA FAUNA DEI CALCARI CON FUSULINA LE Spîrifer Destefanti, Gemm. 19. » » » 20. » » » 21224. > » » 25. » » » 26 a 29. Hemiptychina lamellosa, Gemm. 30 e 31. » » » Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Altro esemplare proveniente dal calcare com. . patto con Fusulina della Pietra di Salomone. Altro esemplare della stessa provenienza. Esemplare proveniente dal calcare compatto con Fusulina della Rocca di San Benedetto. Esemplare in cui si vede l’apparecchio brachiale dalla faccia dorsale. Esemplare proveniente dal calcare grossolano con Fusulina della Pietra di Salomone. Esemplare proveniente dalla medesima loca- lità. Me dra + | wr Huser FURC. CAROTTA dis. Tav. XXVI. HuberF!'a( Tav. XXVII. % A_FICAROTTA dis. F*Huser&C° Tav. XXVII re e e f ori à i Fi ICAROTTA dis. HugerFa€ Tav.XXIX. 18 MU ; Huser Fi & C° A.FICARROTTA dis. A TAV.XXXI liuber FE &C” wu at Tav. XXXII. % HneeRFU&O. Tav. XXXII. STIA HuBeER FE&C° Tav. XXI HoserF" &C. > [| tr V 04 7 IAV A L MUSEO DI GEOLOGIA E MINERALOGIA DELLA R. UNIVERSITA DI PALERMO SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE Detesto hA —_—_—_—ef> —_ NOTA DI EMERICO CARAPEZZA e LUIGI F. SCHOPEN Assistenti al Gabinetto di Geologia della R. Università di Palermo . Studiando il ricco materiale di fossili del genere Itlynchonellina, che trovasi nel gabinetto di Geologia di questa R. Università, abbiamo potuto notare talune forme, non ancora illustrate, che presentano i caratteri di muove specie e che quindi imprendiamo a descrivere nel presente lavoro. Il genere &lynchonellina , fondato dal Prof. Gemmellaro nel 1871 sopra quattro specie: RX. Suessi, Rh. bilobata, Rh. Seguenzae e Rh. Ciofaloi, è venuto gradatamente accrescendosi per successive pubblicazioni ed ha raggiunto oramai una estensione rimar- chevole, che non accenna per anco di arrestarsi, a giudicare dai moltissimi frammenti di esemplari indeterminabili con caratteri differenziali abbastanza marcati, che troviamo tra il materiale da noi studiato. Notevole è il fatto che mentre la RW. Suessî, la K/. belobata e la Il. Seguenzae sono state rinvenute quasi costantemente insieme con le forme posteriormente descritte di Risano in Dalmazia e di varie località delle Alpi del Nord, nessuna delle altre specie di dette località corrisponde con quelle della Sicilia che abbiamo studiate. Nello stabilire le nostre specie abbiamo avuto cura di scegliere quelle forme i cuì caratteri differenziali si manifestano chiari e spiccati, trascurando di occuparci della grande quantità di esemplari variabili, che possono raggrupparsi attorno alle sopra nominate tre specie descritte dal Prof. Gemmellaro. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. 28 216 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA Abbiamo infine creduto di potere elevare a sottogenere una forma che per il suo apparecchio interno mostra sufficienti caratteri di differenza colla R/yncehonellina tipica. Delle specie nuove, che qui deseriviamo, diciotto sono riferibili al Lias inferiore ed una sola al Titonio. Fra le specie riferibili al Lias inferiore quattro sono provenienti dalle formazioni di calcare compatto del Lias inferiore di Monte Pellegrino, otto da quelle di Monte Gibil- forni presso Palermo: quattro dalla contrada Cappelluzza della Madonna lungo la rotabile presso Bisacquino in Provincia di Palermo; una dai dintorni di Isnello; ed una (la £%. adunca, n. sp.) è comune ai depositi di Monte Pellegrino presso Palermo e a quelli dei dintorni della Cappelluzza della Madonna presso Bisacquino. La sola specie titonica è stata rinvenuta nella formazione calcarea di contrada Valle della Vite tra Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano, pure in Provincia di Palermo. Trovandoci altresì in possesso di numerosi esemplari della &%. pygmaea Gemm. spe- cie del Lias superiore, ne pubblichiamo, per gentile invito del Prot. Gemmellaro, nuove figure e più completa descrizione in modo di poterla più nettamente distinguere dalle specie che possono a prima vista parerle vicine. I calcari compatti del Monte Pellegrino, she s'incontrano presso alle falde del Monte, nella direzione della prima rampa della via di accesso al santuario e precisamente al disotto dello svolto della terza rampa, riposano sulle dolomie della parte superiore del Trias e sottostanno alla formazione calcarea del Lias medio nettamente fossilifero , in modo che la determinazione della loro età non offre alcun dubbio. Lo stesso possiamo dire per la determinazione del piano cui debbonsi riferire i de- positi di M. Gibilforni presso Palermo. Quanto alle specie rinvenute nei calcari compatti giallastri dei dintorni della Cap- pelluzza della Madonna lungo la rotabile presso Bisacquino, siccome una di esse, la £%. adunca, n. sp. è comune coi depositi di M. Pellegrino e d’altra parte abbiamo con esse rinvenute pure le seguenti specie riferibili al Lias inferiore : Pecten verticillus, Stol. » Rollei, Stol. Rhynchonella sp. del gruppo della £/. rimosa v. Buch. ‘ niun dubbio rimane che anche tali specie debbonsi rapportare allo stesso piano. Per la medesima ragione dobbiamo riferire al Lias inferiore la AR”. Isidensis n. sp. proveniente dai calcari di contrada Madonna presso Isnello, avendovela trovata insieme colla Rh. Sequenzae Gemm. Infine per quanto riguarda la £%. clathrata n. sp. riferiamo al Titonio i calcari nei SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA z [KS9) 17 quali l'abbiamo ritrovata, in contrada Valle della Vite tra Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano, perchè insieme con essa sì sono anche ritrovate le seguenti specie : PhyMoceras serum, Opp. sp. Lytoceras quadrisulcatum, AOrb. sp. » montanun, Opp. sp. Oppelia Paternoi, Distef. Haploceras elimatum, Opp. sp. » verruciferuin, Menegh. Lissoceras Pintacudae, Distet. Perisphinetes geron, Ditt. Aspidoceras cyclotum, Opp. sp. Simoceras (remmellaroi, Distet. Aptychus punctatum, Voltz. Belemmnites efr. semisulcatus, Minst. che si conservano in questo R. Museo di Geologia. Rhynchonellina Neumayeri, Carap. e Sch. (Tav. II. Fig. 8 a 16) Dimensioni in millimetri I II Panoz tt RIGA:28 Tarehezza et ian, 118:0 ISPOSSORORISt tea, nari e 20;00 12:00 Conchiglia allungata con contorno ovale o subpentagonale, troncata alla fronte e la cui maggiore larghezza corrisponde un po’ al di sotto della metà della sua lunghezza. La sua valva dorsale è regolarmente convessa nelle due direzioni principali e in taluni esemplari più arcuata verso la regione apicale e dolcemente declive ai lati ; essa è sinuata sulla linea mediana da una depressione più o meno marcata che incomincia stretta presso l’apice e si allarga verso il margine frontale. La valva ventrale, più arcuata alla regione apicale, si appiana verso la fronte ; sulla linea mediana mostra una depressione che parte quasi sempre a poca distanza dall’apice ne 218 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA e arriva sino al margine frontale, allargandosi e approtondendosi di molto. Sui lati scende rapidamente, specialmente in prossimità della regione apicale in modo da sembrar com- pressa lateralmente. L’apice è piuttosto ristretto, alto, acuminato e poco ricurvo. L'area è triangolare, con contorno piuttosto tagliente. Lo spazio deltidiale è di forma triangolare ; il forame deltidiale non è visibile. La linea cardinale è relativamente corta e moderatamente arcuata. Le valve s' incontrano con angolo più o meno acuto e la loro commessura nei lati è leggermente arcuata, presentando in taluni esemplari un andamento sigmoidale. Nella fronte mostrasi sinuata, a causa della depressione della valva ventrale, che vi arriva ab- bastanza larga e profonda, e con la convessità rivolta verso la valva dorsale. La superficie di questa conchiglia è ornata da strie concentriche di accrescimento, equidistanti tra loro, non molto avvicinate, tra le quali però se ne vedono altre più sot- tili e meno distinte. Queste strie, seguendo la conformazione delle valve, sono inflesse sulla parte mediana corrispondente ai seni. Esse sono poi attraversate da finissime linee radiali appena visibili ad occhio nudo. i Sulla valva dorsale di un esemplare, togliendo la conchiglia sul modello interno abbiamo osservato le impronte muscolari che partono dall’apice e si estendono sin verso la metà della lunghezza della conchiglia. Esse sono rilevate e avvicinatissime, leggermente radiali con contorno esterno arrotondato nella loro sezione trasversale. Il loro avvicina- mento produce un canale interno, il quale divide l'una impronta muscolare dall’altra, e che nelle specie, che hanno le impronte muscolari forti e prominenti, simula la presenza di un setto mediano. Dalla sezione di uno dei nostri esemplari (Tav. II, Fig. 12), sì osserva che l’appa- recchio brachiale è composto da lamine crurali lunghissime, che quasi raggiungono la parete della valva opposta. Presso la loro origine si dirama una lamina accessoria falei- forme con l’apice diretto verso la valva ventrale. La presente specie si allontana da tutte le altre sin qui descritte per il complesso dei suoi caratteri esterni. Una tal quale rassomiglianza con essa presenterebbero le figure della 4. dilobata Gemm. date da Frauscher-Eichenbaum (1), e della RR. Bittneri Bose, date da Bose (2), se non che le descrizioni di esse non corrispondono affatto coi (1) Frauscher-Eichenbaum. Die brachiopoden von Smokovac bei Risano in Dalmatien. Tav. VICEHISN2: a Mporc: (2) Bose. Monographie des Genus Rhynchonellina Gemm. Palaentographica, 1394. Band XLI. Tav. VII. Fig. 32 e 33. v } N } : j } i | d i SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 219 caratteri della nostra specie. Difatti la nostra specie differisce dalle prime per le sue di- mensioni, per l’ornamentazione, per la conformazione dell’apice e della linea frontale: e della specie di Bose per le dimensioni, per la scoltura e per la linea frontale che ha la con- vessità rivolta verso la valva dorsale. Gli esemplari di questa specie provengono dagli strati di calcare compatto grigio-scuro del Lias inferiore di Monte Pellegrino presso Palermo, e si conservano nel Museo di Geo- logia e Mineralogia della R. Università di Palermo. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IL Fig. 8 a 11. RAynchonellina Nermayeri, Carap. e Sch. Pi op 12 2 da 1 » Caratteri interni. Se zione longitudinale. N PRIA R16: R È x » Altro esemplare. Rhynchonellina adunca, Carap. e Sch. (dave ibio 42342027) Dimensioni in millimetri I Il III lame ee 88,4 80)3-7 220 IAranezza e i dia LT, 152 Spessore ea n i i, ) 2 ? Conchiglia con contorno allungato, subtriangolare, la cui maggiore larghezza corri- sponde in vicinazza del margine frontale. La valva dorsale è moderatamente arcuata, provvista di un seno stretto, che dalla regione apicale scende sino al margine frontale. La valva ventrale è allungata, fortemente arcuata alla regione apicale, e cade ai due lati con angolo quasi retto, allargandosi dolcemente verso i margini, Dall’apice parte un larghissimo seno, angolato sulla linea mediana, che si estende sempre più allargandosi sino alla fronte, dividendo la valva quasi in due lobi. L’apice è robusto, fortemente ricurvo e leggermente compresso ai lati. 220 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA Per lo stato di cattiva conservazione di tutto il gran numero di esemplari che pos- sediamo, nè l’area nè il deltidio sono visibili. Le valve s'incontrano con angoli più o meno acuti e la loro commessura è sinuata ai lati e poco sul margine frontale. La superficie della conchiglia è coperta da fine strie concentriche di accrescimento, che seguono le inflessioni della valva, attraversate da un sistema di delica te linee longi- tudinali che, partendo dall’apice, s'irradiano verso la periferia, producendo un’elegantissima ornamentazione (Tav. II Fig. 27). Questa specie per il suo contorno allungato si avvicina alla precedente, ma se ne distingue per la maggiore compressione laterale, per il seno più marcato e profondo , e per la conformazione adunca dell’apice della grande valva, oltre che per l’ornamentazione, che è completamente diversa. Con altre specie illustrate non presenta alcuna analogia. Gli esemplari, che ne possediamo, sono quasi tutti in pessimo stato di conservazione. Essi provengono dagli strati di calcare compatto grigiastro del Lias inferiore, di Monte Pellegrino presso Palermo e dagli altri di calcare compatto giallastro del Lias inferiore di contrada Cappellazza della Madonna presso Bisacquino in Provincia di Palermo, e sì com- servano nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. II. Fig. 23 e 24. RAynchonellina aduncea, Carap. e Sch. Esemplare proveniente da M. Pellegrino. - RIGIDO, $ > DI » Altro esemplare. Idem. — È P » Altro esemplare. Idem. Rhynchonellina filoso-striata, Uarap. e Sch. (Tav. II, fig. 17 a 22, e Tav. III, fig. 67 a 69) Dimensioni in millimetri I Il II une hezza get san 30,5 DEEZOO Parghezzatss ei ntao 30,8. 29,5 23,0 Spessore sto Gara 16,4 16,4 13,0 Conchiglia con contorno ovale 0 più o meno pentagonale, leggermente troncata alla fronte e la cui maggiore larghezza corrisponde alla metà della sua altezza. SIETE PI A SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 221 La valva dorsale è moderatamente arcuata, con una leggerissima depressione mediana , che incomincia dalla sua metà e si prolunga sino al margine frontale allargandosi grada- tamente. La valva ventrale è anch’ essa regolarmente arcuata e poco più della dorsale, ma senza alcun seno nè lobo sulla linea mediana. L'apice è largo, più o meno fortemente ricurvo e appuntito. L'area è larga, bassa e ben delimitata. La fenditura deltidiale è triangolare. La linea cardinale è lunga e leggermente arcuata. Le valve s'incontrano con angolo acuto ai lati e ancora più acuto lungo la linea frontale, e la loro commessura è largamente e appena sinuata ai lati, e quasi diritta o curvata leggermente con la convessità rivolta verso la valva ventrale lungo il margine frontale. La superficie delle due valve è coperta da finissime linee concentriche, leggermente ondulate, le quali, sebbene sottili, sono fortemente rilevate e serrate. Esse vengono incro- ciate da linee longitudinali delicate e avvicinate e talmente deboli da osservarsi solo col- l’aiuto di una forte lente, e che dànno alle strie concentriche un aspetto finemente fran- giato. Nella sezione longitudinale da noi preparata (Tav. II, Fig. 22) si vede la lamina crurale abbastanza lunga e piuttosto larga, che si estende sino a metà dell’ intera lun- ghezza della conchiglia e che mostrasi rotta per accidentalità certamente avvenuta durante il processo di fossilizzazione. Conosciamo le impressioni muscolari della valva ventrale, le quali appariscono ai fianchi della linea mediana: sono lunghe fino al di sotto della metà della lunghezza della stessa valva, e sopra un modello interno si vedono divise da un leggero solco, come quello di cui abbiamo parlato nella descrizione della A/. Newmayeri. Anche sulla valva dorsale si osservano in un modello delle forti impronte muscolari radiali sulla linea mediana, che si estendono sino a metà della lunghezza della valva. La presente specie richiama il tipo della El. Swessî Gemm. per i suoi caratteri generali; se ne distingue per l’area bassa e allungata e per la caratteristica sua orna- mentazione. Essa è proveniente dai calcari grigiastri compatti del Lias inferiore di Monte Pelle- grino presso Palermo, e nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università se ne trovano parecchi esemplari in istato di conservazione più o meno cattivo. 292 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IL Fig. 17 a 20. Rhynchonellina filoso-striata, Carap. e Sch. so SENZA Di si F » Altro esemplare. Valva ventrale. ; A a da SI Pr E » Apparecchio interno. Se- zione longitudinale. Tav. III, Fig. 67 a 69 È; $ ; » Altro esemplare. Rhynchonellina striatula, Carap. e Sche (Tav. III. Fig. 70) Dimensioni in millimetri Lunehezza lgs een eee O Larcheza tt RSA e e) Spessore e a e 0 (Questa specie è vicinissima alla A. filoso-striata Carap. e Sch.; anzi potrebbe ad- dirittura identificarsi con essa per il suo contorno e per tutti gli altri caratteri. Però se ne distingue per la differente ornamentazione, avendo le strie di accrescimento più distanti tra loro, più larghe e più ugualmente disposte. Tale carattere è così marcato che abbiamo creduto di separarla dalla RA. filoso-striata, sebbene non ne avessimo che due esemplari in cattivo stato di conservazione. Le dimensioni che ne diamo si riferiscono ad un esemplare che non abbiamo figurato, essendo allo stato di modello interno: sono nettamente visibili sulle due valve del detto modello le impronte muscolari, le quali su ciascuna valva partono dall’apice, divise da un solco sulla linea mediana, e vanno allargandosi a misura che si avvicinano alla fronte. Principalmente quelle della valva ventrale sono lunghe più di due terzi della lunghezza della conchiglia. 1 due esemplari che possediamo di questa specie provengono dal calcare compatto grigio del Lias inferiore di Monte Pellegrino presso Palermo, e si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università. e SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 223 SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. III Fig. 70. RAyuchonellina striatu'a, Carap. e Sch. Valva ventrale in cattivo stato con sua ornamentazione. Rhynchonellina uncinata, Carap. e Sch. (Tav. III. Fig. 33 a 40) Dimensioni in millimetri I Il luunohezza terna 18 Parthezza sono e 2,0 1404 SPASROLe Roo NERE L49072 Conchiglia allungata, ovale e talvolta quasi pentagonale con la fronte troncata e la cui maggiore larghezza corrisponde un po’ al di sopra del terzo anteriore. La valva dorsale è arcuata, specialmente nella regione cardinale ; presenta una depres- sione mediana, che comincia appena accennata dalla regione suddetta e che si allarga esten- dendosi sino alle due estremità della linea frontale: La valva ventrale è più fortemente arcuata, con particolarità nella regione apicale, dove si restringe, cadendo sui lati, con forte inclinazione. È sprovvista di seno. Mancando la conchiglia sopra la maggior parte di superficie dell'esemplare adulto si osservano nella valva grande le impressioni muscolari, che si presentano sotto forma di ,Dervature partenti dall’apice e aventi termine a poco più di metà della lunghezza della conchiglia. L'apice è di moderata grandezza, appuntito e fortemente ricurvo sopra sè stesso ; nei giovani esemplari lo è meno. L'area è in gran parte nascosta dall’apice ; nei giovani è larga ed alta ; il deltidio è largo e triangolare; la linea cardinale stretta e arcuata. Le valve s'incontrano ai lati con angolo ottuso e sulla linea frontale con angolo acuto, ma su tutto il percorso con bordi taglienti, che son tali anche ai lati per un piccolo Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXII. 29 224 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA ripiegamento delle valve, che porta con sè l'incontro secondo un angolo minore di quello che ci è dato considerando l’ angolo delle superficie laterali dell’insieme delle valve. La loro commessura è quasi diritta ai lati e appena sinuata nella parte mediana sulla linea frontale con la convessità rivolta verso la valva ventrale. Benchè i nostri esemplari siano, come sopra si è detto, in gran parte allo stato di modelli, pure dalle impressioni qua e là visibili sulla loro superficie e da piccole porzioni di conchiglia che vi si trovano tuttavia attaccate, sì può chiaramente desumere che la conchiglia fosse stata provvista di linee di accrescimento concentriche, di cui talune poste a regolari intervalli molto più marcate delle altre che si trovano inserite fra di esse. Queste strie di accrescimento sono a loro volta intersecate da fine linee longitudinali. Questa specie si avvicina più che ad ogni altra alla 7. Hofimanni Bockh ; però si distingue dalle figure che di tale specie dà il Béckh (1) per la configurazione dell’apice, per l’area più piccola, per il contorno più allungato e per la mancanza del seno nella valva grande ; e si distingue altresì dalle figure che ne dà il Bose (2) per la direzione fortemente arcuata dell’ apice e per l’intero habitus costituente i caratteri specifici dei nostri esemplari. Gli esemplari che possediamo di questa specie provengono dai calcari compatti grigio- scuri del Lias inferiore di M. Gibilforni presso Palermo, e si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. III. Fix. 33 a 36. RAynchonellina uncinata, Carap. e Sch. Esemplare adulto. S RO 10 BE TO ni » Esemplare giovane. (1) Béckh. Die geologischen verhàiltnisse des sidlichen Theiles des Bakony, II Theil. Mit- theilungen aus dem Iahrbuche der Kon. ungar. geologischen Anstalt. III Band. I Heft. 1874. Tab. I, Fig. 18 a. b. c. d. Tab. II, Fig. 111. (2) Bose, Monographie des Genus Rhynchonellina, Gemm. (Palaentographica-Band XLI, . 1894), Tav. VI, Fig. 19 a 23. » O SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA DI Rhynchonellina Capellinii, Carap. e Sch. (Tav. III, Fig. 24 a 31.) Dimensioni in millimetri I II Il [bunp Rezza Rei oro 13,5 12,5 12,0 Mearohezza aio nia 100905 POPIESSOmOn i i O gegio la 1,9 0,8 ‘5,8 Conchiglia allungata eon contorno più o meno: pentagonale e talvolta ovale, la cui maggiore larghezza corrisponde quasi a metà della sua lunghezza. La valva dorsale è moderatamente ‘arcuata , maggiormente sulla regione cardinale mentre verso la fronte si appiattisce mostrando una leggiera, appena percettibile depressione mediana. | La valva ventrale è più profonda ed arcuata particolarmente sulla regione apicale. Essa è sprovvista di seno, e verso il margine inferiore tende ad appiattirsi. L'apice è più o meno ristretto, più o meno arcuato ed appuntito. L'area è anch'essa più o meno larga a secondo la maggiore o minore larghezza del- l’apice. Il deltidio è triangolare. La linea cardinale è leggermente arcuata. L'incontro delle valve avviene secondo un angolo più o meno ottuso ai lati e con angolo acuto alla fronte, e la loro commessura è diritta tanto sui lati che sulla fronte. La superficie della conchiglia è ornata da linee concentriche di accrescimento attra- versate da finissime strie longitudinali. La sezione longitudinale, (Fig. 24), presenta le lamine crurali molto lunghe ed estese sin verso la valva ventrale. Questa specie, sebbene più piccola, si avvicina per l’aspetto generale alla It}. Suessi Gemm., ma se ne distacca marcatamente per il suo contorno allungato e per l’appiatti- mento delle vaive ai lati e sulla regione frontale. Si distingue altresì dalla A. uncmata, Carap. e Sch. per la maggiore convessità delle sue valve e la sua maggiore lunghezza. Gli esemplari di questa specie provengono dai calcari grigio-scuri del Lias inferiore 226 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA di Monte Gibilforni presso Palermo, e si possiedono dal Museo di Geologia e Mineralogia i della nostra R. Università. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. III. Fig. 25 a 28. RAynchonellina Capellini, Carap. e Sch. E n 29 e 30. " di o » Altro esemplare. ” th) 31. » )) ” b}) 22) E i \fcoa È N i » Caratteri interni. Sezione longitudinale. | Rhynchonellina Bòsei, Carap. e Sch. (Tav. III Fig. 9 a 15) Dimensioni in millimetri I II II Lunghezza, n 0 A Oo Larshezza i iene arr: 0 Spessore II OO eo Il contorno di questa elegante conchiglia è quello di un ovale allungato e la sua maggiore larghezza corrisponde a metà della lunghezza. La valva dorsale è regolarmente arcuata e pianeggiante sui lati e sul margine fron- tale; essa è provvista di un seno leggerissimo ed oscuro sulla linea mediana. La valva ventrale è un poco più fortemente arcuata sulla regione apicale ; verso il margine frontale taluni esemplari presentano una leggerissima depressione. L'apice è sottile, quasi diritto e appuntito ; l’area triangolare ben distinta ; il del- tidio è triangolare ; la linea cardinale leggermente arcuata. Le valve s'incontrano con angolo quasi retto ai lati ed acuto e tagliente sul mar- gine frontale; la loro commessura è diritta ai lati, e sul margine frontale è diritta o appena sinuata dalla depressione mediana della valva ventrale ed in questo caso la sua . convessità è rivolta verso la valva dorsale. SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA .227 La superficie è ornata da strie concentriche di accrescimento, attraversate da finis- sime linee radiali. Questa specie si distingue a prima vista da tutte le altre per la sua forma amig- daloide. Si disting ue altresì dalla nostra R%. Capellinii per avere le valve meno arcuate e che s'incontrano formando degli angoli più acuti e per la conformazione del suo apice, che in quest'ultima è molto più robusto. Gli esemplari di questa specie provengono dal calcare grigio-scuro del Lias inferiore di M. Gibilforni presso Palermo, e si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. III Fig. 9 a 12. R/Aynchonellina Bosei, Carap. e Sch. gra, di pà s l4 e 15. dI 83 si » Altro esemplare. ” » ” ” » Rhynchonellina Taramellii, Carap. e Sch. (Tav. III, Fig. 8 e 16 a 23) Dimensioni in millimetri I II III IV V VI Ihunehezzase ea OO A 167012 A 0 LEO Wnrehe:a een 1 1012/048010; 40 80. SPESO ae ne Sn 000 6300 50 Conchiglia più lunga che larga, con contorno irregolare , talvolta più stretta nella fronte che sulla linea cardinale, in guisa che la sua maggiore larghezza, mentre in alcuni esemplari corrisponde alla metà della lunghezza, in altri è più prossima alla regione car- dinale. La valva dorsale è moderatamente arcuata e più prominente sulla regione cardinale. Da essa parte un seno piuttosto profondo che estendesi dilatandosi sino alla regione fron- tale. Tale seno è nettamente delimitato ai lati, da cui la conchiglia s’ estende verso il contorno deprim endosi. 226 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA La valva ventrale è più profonda della dorsale; essa è fortemente arcuata e sub-an- golosa sulla linea mediana e declive ai lati; ordinariamente non presenta seno : qualche raro esemplare mostra una leggera e stretta depressione mediana, che partendo dalla metà della valva si allarga un poco sulla linea frontale. L’apice è piuttosto stretto, ma prominente e moderatamente adunco. L'area è triangolare, ben circoscritta da bordi taglienti; il deltidio è piccolo, trian- golare ; la linea cardinale estesa e leggerissimamente arcuata. L'incontro delle valve avviene con angolo acuto e tagliente, e la loro commessura è ai lati diritta e sulla linea frontale leggermente sinuata dal seno della valva piccola con la convessità rivolta verso la valva ventrale. Nei rari esemplari che mostrano la sinuosità anche su questa valva la linea frontale non subisce alcuna modificazione nel suo andamento. La superficie della conchiglia è ornata da strie concentriche di accrescimento attra- versate da finissime linee radiali. i Nella sezione longitudinale (Fig. 8) si osserva la lamina erurale piuttosto diritta e attungata, quasi a toccare la parete della valva ventrale. Questa specie presenta una certa rassomiglianza con la R/. Bittneri Bose; ma se ne distingue per la conformazione allungata del suo apice, per l’area più grande e per essere molto più allargata sulla linea cardinale. Notiamo che la depressione che sì vede nella figura 16 è dipendente da alterazione dell’esemplare. Gli esemplari di questa specie provengono dai calcari grigio-scuri del Lias inferiore di Monte Gibilforni presso Palermo, e si conservano nel Museo di Geologia e Mineralo- gia della nostra R. Università. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. III Fig. 16 a 19. RAynchonellina Taramellii, Carap. e Sch. i I AZORAZO: di 1; î, » Altro esemplare. vi # 8. RI "i A » Apparecchio interno. Se- zione longitudinale. tcalllalacc ile ida Cs. eo La bali | SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCNONELLINE DELLA SICILIA Rhynehonellina Canavarii, Carap. e Sch. (Tav. II; Fig. La 7 e 71) Dimensioni in millametri I II NI IV V immabezva > ad 194 177-166 13,0 Mankhnezza tetta ene 8, 018:0 16,0 15,08 LIO Spessa cene 0 8 O Conchiglia con contorno ovale oppure piriforme, più o meno allargato alla fronte e ristretto alla regione apicale in modo che la sua maggiore larghezza corrisponde sempre nella regione anteriore e più o meno prossima al margine frontale. La valva dorsale è poco arcuata, pianesgiante nei eontorni e provvista di una depres- sione mediana poco profonda, ma piuttosto allargata, specialmente sulla linea frontale, e tanto che in alcuni esemplari appena si distingue in detta regione. La convessità di detta valva nell’esemplare rappresentato nella figura 7 è stata esagerata nel disegno. La valva ventrale è molto più profonda della dorsale e ancor più nella regione apicale, appianandosi invece verso il contorno. Presenta una leggerissima depressione mediana, più o meno stretta, che talvolta manca del tutto. L'apice è piuttosto piccolo ed acuminato, presentandosi però relativamente più robusto ed ispessito negli individui che hanno maggiore spessore in relazione al loro sviluppo. L'area è piccola, triangolare, ben delimitata con bordi taglienti. L'apertura deltidiale è triangolare, chiaramente visibile e grande. La linea cardinale è leggermente arcuata. L'incontro delle valve avviene con angoli acuti e taglienti meno che nella porzione posteriore dei lati ove esso avviene con angolo quasi retto ed anche ottuso, principalmente in quegli esemplari che hanno maggiore spessore relativamente allo sviluppo. La loro com- messura si presenta quasi diritta ai lati, ed è appena sinuata sulla linea frontale con la convessità rivolta verso la valva ventrale. In quasi tutti gli esemplari si vede per trasparenza sulla valva dorsale una linea nera che dall’ apice si estende sin quasi alla metà della sua altezza ; però avendo fatto più sezioni non siamo arrivati a convincerci dell’esistenza di un vero setto mediano. «230 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA La sezione longitudinale di un esemplare di questa specie che diamo nella figura 71, tav. Ill, mostra una delle due lamine crurali un po’ falciforme ed estendentesi sin quasi î a metà della lunghezza della conchiglia. L’vrnamentazione della conchiglia di questa specie non è ben visibile sui modelli; ; però da talune linee di accrescimento, che si trovano rilevate sui modelli, sì può dedurre che la conchiglia possiedeva leggere strie concentriche e le solite strie sottilissime radiali. Questa specie è del tipo della Z/. Suessi Gemm. Se ne distingue per il suo con- torno piriforme, che richiama piuttosto la £%. dilobata Gemm. di cui però non ha nè i seni marcati, nè la spessezza. Numerosi esemplari di questa specie si conservano nel Museo di Geologia e Mi- neralogia della R. U niversità di Palermo e provengono dai calcari grigio-seurì di M, Gi- bilforni presso Palermo. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. III Fis. 1a 3. RAynehonellina Canavarii, Carap. e Sch. si Di CREED: DI 3 5; » Altro esemplare. ” n 6 e te 7” ” ” bj ” ” MR: n z 5 » Apparecchio interno. Se- zione longitudinale. Rhynchonellina Gastonei, Carap. e Sch. (Tav. III, Fig. 41 a 55) (i) : S Dimensioni in millimetri I II Il IV Lunghezza: Iii, aa SOR RETI0 Jarchezza Ente E OL EE a e Spessoreni atrata OIDIRO2:T (9 O (1) Le figure 41, 46, 51 e 54 sono state disegnate in grandezza naturale; le rimanenti ri- *D ferentisi a questa specie sono ingrandite al doppio. È i SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 931 Conchiglia con contorno sub-quadrangolare, quasi ugualmente larga che lunga, spesso I più lunga che larga. La valva dorsale è moderatamente arcuata. pianeggiante ai lati, e divisa da un leg- gero seno che si parte dall’apice e scende allargandosi al margine frontale. La valva ventrale è più profonda della opposta sulla regione apicale ed è sprovvista di seno o depressione mediana, anzi presenta in taluni esemplari una specie di rialzamento centrale, che è più mare:to verso l’apice, e si rende meno percettibile avvicinandosi al margine frontale. L’apice è piccolo e poco ricurvo. L'area è triangolare, allargata ; il deltidio è triangolare, grande ; la linea cardinale quasi diritta. Le valve s'incontrano con angoli più o meno acuti e taglienti, e la loro commessura è diritta ai lati e appena arcuata al margine frontale, per la presenza del seno mediano della valva dorsale, con la convessità rivolta verso la valva ventrale. i La superficie della conchiglia è ornata di strie concentriche di accrescimento attra- versate da linee sottilissime radiali appena percettibili. Questa specie, costantemente di piccole dimensioni, si ritrova agglomerata in quantità piuttosto rilevanti nei calcari grigio-scuri del Lias inferiore di Monte (Gibilforni presso Palermo. Essa si avvicina alla /thynchonellina che Bòse (1) ha riterito alla £%. pygmaea Gemm. per l’haditus generale e per le sue dimensioni; ma ne differisce marcatamente nel contorno subquadrangolare e ordinariamente poco più lungo che largo, nella maggiore convessità delle valve e nell’apice più elevato e sviluppato. La RA. lens Parona (2), a parte la dubbia determinazione generica , differisce an- ch’essa dalla nostra specie per la forma sempre circolare del contorno, per la mancanza del seno nella valva dorsale e per la linea frontale diritta. I numerosi esemplari di questa specie appartengono alla formazione calcarea del Lias inferiore di M. Gibilforni presso Palermo e si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università. (1) Bose. Opera citata. Pag. 61. Tav. VII. Fig. 35 a 39. (2) Parona. Lias inferiore nelle Prealpi Lombarde. (Rend. d. R. Istit. Lomb.). Pag. 5. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXIL 30 DO JO) IN SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. III Fig. 41 a 43. RAynchonellina Gastonei, Carap. e Sch. (Le fig. 42 e 43 sono ingran- dite al doppio). a eA6 00: È 3 5 » Altro esemplìre. (Le fig. 47 a 50 sono ingrandite al doppio). ; dia badi, : , » Altro esemplare. (Le fig. 52, 553 e 44 sono ingrandite al doppio). > n Di, De db % Gi i; » Altro esemplare. (Le fig. 55 e 45 sono state ingrandite al doppio). Rhynchonellina pygmaea, Gemm. (Tav. IV, fig. 41 a 52). Dimensioni in millimetri I II II IV NV: VI Lunghezza i RR ROME LO ORO: 0ARS DIRO Larphezzaic. cera e tota 2 ORA 0A ONAZIO Spessore: vi. to ui ara ee A 07 VO: o N DES Il Prof. Gemmellaro nel suo lavoro Sugli strati con Leptacna del Lias Superiore della Sicilia, pubblicato nel Bollettino del R. Comitato Geologico d’Italia (vol. XVII, | Anno 1886) dà la seguente diagnosi della sua nuova specie, che denominava EAyrcho- nellina pygmaca : E « Conchiglia molto piccola, più lunga che larga, ordinariamente inequilaterale, assai « depressa e verso la regione frontale assottigliata in modo da ridursi papiracea. La valva « imperforata è quasi piana, provvista di un seno, che stretto e leggero presso 1’ apice « diviene largo e profondo alla regione frontale, dove si rivolge direttamente in dietro, « oppure piega verso uno dei suoi lati producendovi due lobi ineguali. La valva perfo- «rata è assai più convessa dell’opposta. L'apice è curvato e appuntito. Il forame è largo dA SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 233 « e triangolare, ma negli esemplari ben conservati mostrasi ovale per la presenza del « deltidio, che ne ricopre la parte inferiore. L'area è lunga, piana e di discreta altezza. « La linea cardinale è diritta. « (Questa specie richiama aleuni giovani della A/ynchonellina bilobata Gemm., i «quali talvolta sono assai depressi e irregolari; ma la mancanza del seno nella valva « perforata, e la grandezza dell’area la fanno distinguere facilmente dai medesimi. » Trovandosi ora un numeroso materiale di questa specie nel Museo di Geologia di questa R. Università siamo in grado di darne nwre figure, riferentisi ad esemplari in- teri e quasi interi, e di completare così la deserizione fattane dal Prof. Gemmellaro, che gentilmente ce lo concede. Gli esemplari di questa specie da noi esaminati presentano in generale un contorno allungato e taluni quasi pentagonale: alcuni altri presentano un contorno circolare , ma questi ultimi non costituiscono le forme dominanti. La larghezza massima della eonchiglia corrisponde talvolta a metà della sua lun- ghezza, ma più spesso in una sezione più prossima alla linea frontale; questa larghezza massima è in alcuni esemplari maggiore della lunghezza della conchiglia, come si scorge non solo dalle misure che noi pubblichiamo, ma anche da quelle pubblicate dal profes- sore Gemmellaro nella citata monografia. La valva imperforata (dorsale) è leggermente depressa sulla linea mediana; questa depressione leggiera ed oseura nella regione apicale va allargandosi e alla fronte diviene talmente profonda da spingere in alto il corrispondente margine della valva perforata (fig. 43, 44 e 51, 52). | La valva perforata (ventrale) è più convessa della valva opposta e un poco pianeg- giante verso la fronte, il cui margine viene ripiegato e spinto in alto dall'incontro del corrispondente margine della valva opposta. Gli esemplari in cui il margine rilevato’ papiraceo della fronte è rotto (fig. 41, 46, 47 e 50) mostrano un contorno frontale troncato. L'area è ben circoscritta, lunga, piana e di discreta altezza. Il forame deltidiale è largo e triangolare : in alcuni esemplari si vedono distinta- mente gli angolè inferiori occupati dal pseudo-deltidio, in modo da lasciare un forame più o mene ovale. La superficie delle due valve è ornata da fine linee radiali attraversate da strie concentriche di accrescimento. Talune di queste strie d’ accrescimento sono più marcate delle altre, formando così una specie di cercine o gradino; parimente in qualche esem- plare le linee radiali sono fortemente marcate in vicinanza del margine frontale in modo da rendere la superficie della conchiglia quasi reticulata. La maggior parte dei nostri esemplari hanno integra la conchiglia, che si presenta quasi sempre di colorito nero, in 234 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA qualche tratto bianco e sempre con struttura finamente fibrosa e squamosa. In parecchi esemplari 1 interno della conchiglia è in buona parte riempito di pirite gialla di ferro, sicchè le sezioni che di questa specie abbiam fatto ci son riuscite poco buone; tuttavia abbiamo potuto persuaderci dell’esistenza delle lamine crurali allungate e caratteristiche del genere. I numerosi esemplari raccolti ci fanno allontanare questa specie dalla R7. delobata Gemm. ancor più di quanto lo ha potuto lo stesso Prof. Gemmellaro; anzi possiamo dire che le due specie non hanno fra di loro alcun rapporto di affinità. La Rhynchonellina data da Bose (1) come Alynchonellina pygmaea Gemm. non corrisponde per le figure e per parte della descrizione alla vera A. pygmaca Gemm. Le sue figure infatti presentano tipi perfettamente circolari senza il caratteristico ripiega- mento accentuato nella linea frontale, verso la valva ventrale, e differenti per l’ aspetto generale non solo dalle figure di Gemmellaro (2) ma anche da quelle da noi date (Ta- vola IV, Fig. 41 a 52). Nella descrizione il Bose nota il contorno circolare e non parla affatto della ornamentazione della superficie della conchiglia; in modo che tutto ci induce a ritenere la sua una specie nuova, per la quale ci permettiamo di proporre la denomi- nazione di A/yrchonellina pscudo-pygmaea. Gli esemplari di questa specie ritrovati posteriormente alla pubblicazione del lavoro del Prof. Gemmellaro provengono dagli strati con Laeptaena riferibili alle formazioni del Lias superiore dei valloni S. Antonio e Mortilleto dei dintorni di Taormina in Provincia di Messina, e si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IV. Fig. 51, 52 e 43, 44. RAynchonellina pygmaea, Gemm. (Ingrandita al doppio). 5 » 42; 45, 48 e 49. E S ; Altro esemplare (Grandezza naturale). n 3 46, 47 e 50. S ; È ;: È (Grandezza naturale). 4 ZA S DO 3 5; i (Grandezza naturale). (1: Bose. Opera citata. Pag. 61. Tav. VII Fig. 35 a 39. (2) Gemmellaro. Opera citata. Pag. 342. Tav. VI. Fig. 1 a 8. SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA DO Rhyncehonellina carenata, Carap. e Sch. (Tav. III Fig. 56 a 65) Dimensioni in millimetri I II MUNSPEZa rt Ren 16,0 13,0 Maro Hezzate seo is e 0 a ISPESSORCUT e 1 e nnt de 6,2 4,2 Conchiglia più lunga che larga. quasi pentagonale, talvolta circolare, con linea car- dinale dritta e lunga, carenata principalmente sulla porzione posteriore della sua valva ventrale. La valva dorsale è più o meno depressa, talvolta quasi piana e non di raro un po’ concava, in modo che i margini sporgono dal piano della sua superficie. Dalla linea car- dinale si parte una depressione, a forma di solco, piuttosto stretta, impressa, più o meno profonda che, dilatandosi un poco, va sino al margine frontale, dividendo la valva quasi in due parti. La valva ventrale è abbastanza arcuata nell'una e nell’altra direzione principale; in taluni esemplari più aggobbata verso la regione apicale; essa presenta sempre una stretta carena mediana leggermente rotonlata superiormente, che si parte dall’apice molto rile- vata e verso l’estremità anteriore va gradatamente annullandosi. Questa carena nella sua regione apicale è limitata per ogni lato da un leggero solco longitudinale. L'apice è appuntito, discretamente spesso e leggermente curvato. L'area è triangolare, piana, ben circoscritta e con bordi angolosi. Le valve s'incontrano con angoli più o meno acuti e taglienti; solo in qualche raro esemplare con angolo molto ottuso ai lati e quasi retto sulla fronte; la loro commessura è diritta ai lati e curvata sul margine frontale a causa della depressione mediana e con la convessità rivolta verso la valva ventrale. La superficie della valva dorsale è coperta da finissime strie concentriche molto de- licate, e di quando in quando da alcune più marcate e rilevate; esse vengono intersecate da finissime lince radiali appena visibili. Sulla valva ventrale le stesse strie di aceresci- mento passando sulla carena o rigonfiamento mediano si arcuano verso l’ apice e diven- 230 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA tano ondulate. In un esemplare piuttosto adulto (fig. 64) le strie di accrescimento sulla metà anteriore della valva ventrale sono molto marcate e spaziate a gradini. La sezione longitudinale di questa specie, di cui abbiamo omesso la figura, presenta una delle lamine crurali piuttosto diritta ed estendentesi sino a metà della lunghezza della valva ventrale. Questa specie si avvicina alla A}. Stachei Bittner essendo come quella compressa e piuttosto sottile. Ne differisce per la presenza sulla valva ventrale della carena, che è costante nella nostra specie, per la regolarità del seno nella valva dorsale, stretto e pro- lungato e per il maggiore arcuamento della valva ventrale. La depressione della sua valva dorsale richiama la %. Ciofaloi Gemm., dalla quale si distingue del resto marcatamente per molti altri caratteri, cioè per la presenza del soleo mediano e la mancanza della carena corrispondente nella valva opposta, per il mi- nore sviluppo dell’apice e per il contorno generale. Questa specie proviene dai calcari compatti giallastri del Lias inferiore dei dintorni della Cappelluzza della Madonna presso Bisacquino in Provincia di. Palermo, e numerosi esemplari di essa si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. U- niversità. SPIEGA ZIONE DELLE FIGURE Tav. III Fig. 56 a 59. RAynchonellina carenata, Carap. e Sch. n i 60760 5 p ft » Altro esemplare. » bb) 64. b) » » » bb) » Valva ven- trale. . » bb) 65. ” ”» ” * ” ” Valva ven- trale. SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONE LLINE DELLA SICILIA DI Rhynchonellina insignis, Carap. e Sch. (Tav. IV, Fig. 1a 5 e 26 e 27). Dimensioni in millimetri I II HI IV V VI VII VIII Wapohozza tanti + rin S0;DIMS4: 0125; 2652770) 20/00 17,5 L18 ianenezza ee o I 36;5 33,5 285 290295 20,5 19,6 12,0 Spessore ese e TSO S2I IERI OO 42 Conchiglia con contorno circolare, o ovale o quadrangolare cogli angoli arrotondati, la cui maggiore larghezza corrisponde a metà della sua altezza. La valva dorsale è moderatamente e quasi ugualmente arcuata con un leggerissimo seno mediano, che incomincia dalla regione apicale e si estende allargandosi sino al mar- gine frontale. La valva ventrale è più profonda della dorsale, arcuata regolarmente tanto nella direzione longitudinale che nella trasversale: ordinariamente è sprovvista di seno mediano e solo in taluni esemplari presenta una depressione appena percettibile. L’apice è largo, basso, poco ricurvo e acuminato. L’area è larga, triangolare e ben delimitata ai lati. Il forame deltidiale è triangolare, largo e basso. La linea cardinale è diritta e lunga: nelle forme ovali più corta e appena arcuata. Le valve s'incontrano con angolo acuto e tagliente; la loro commessura è diritta ai lati e alla fronte; in alquanti esemplari presentasi appena sinuata alla fronte con la con- | vessità rivolta verso la valva ventrale. La superficie della conchiglia è coperta da finissime coste radiali. che dalla regione È apicale scendono ai margini e si dividono in diversi punti ora in due, ora in tre e du- 1 rante il loro percorso molte tornano a suddividersi in due coste secondarie ; così talune f presso all'apice, altre ad un terzo delia lunghezza della conchiglia, altre a metà di detta luuznezzi el altre aneyra più prossimamente al margine sino a qualche millimetro da esso. Le coste veugono incrociate da finissime strie di accrescimento, che danno alla super- ficie un aspetto squamoso e reticolato. Alcune strie di accrescimento più marcate interrompono di tratto in tratto la rego- Ft I VIP ri 2383 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA larità della scoltura, maggiormento sui modelli, mentre poco si avvertono negli esemplari rivestiti dalla conchiglia. Il numero delle coste contate lungo il margine della valva dorsale è negli esemplari adulti (N. LIM) di 80 a 100; negli esemplari di grandezza media (N, III, IV, V) è di 60 a SO e nei giovani (N, VI, VII, VIII) è di 40 a 60. Avendo fatta una sezione longitudinale in un esemplare di questa specie abbiamo potuto osservare che le lamine erurali sono estese sino alla parete interna della valva ventrale. Questa specie appartiene al gruppo delle e/ynckonelline costate, i cui caratteri gene- rali presentano tali somiglianze da rendere spesso difficile una esatta distinzione specifica. La Kh. insignis, Carap. e Sch. si avvjcina infatti moltissimo alla K%. Zitteli Bose non che alla &%. Gemmeltaroi Bittner. Sì distingue però dalla prima per il minore spes- sore della conchiglia in rapporto alle altre dimensioni, pel maggior numero delle coste e per la commessura frontale pochissimo arcuata, anzi quasi dritta, e dalla R/. Gemmellaroi Bittner, alla quale si avvicina per la linea frontale diritta o impercettibilmente arcuata, sì distingue, per il molto maggior numero di coste, per la loro finezza, per l'apice più basso, per l’area più allungata e per la linea cardinale estesa e diritta. Dalla £. Fuggeri Frausch. si distingue per le dimensioni, pel contorno, per la mancanza del rigonfiamento mediano sulla valva ventrale e del seno marcato sulla valva dorsale. Dalla &%. Paronai Bòse si distingue per il seno meno accentuato sulla valva dorsale, per essere questa valva molto meno convessa, per l’ angolo apicale più ottuso e per la mancanza assoluta d’ ogni rigonfiamento mediano sulla valva ventrale. Dalla Rh. Rothpletzi Bose si distingue per il contorno più circolare, per la mancanza del ri- salt tit gonfiamento mediano sulla valva ventrale e del corrispondente seno sulla valva dorsale. Infine si distingue dalla £?%. orthisiformis Leps. sp. oltre che per le dimensioni, per il maggiore arcuamento delle valve e per la mancanza del seno ; e dalla R7. Brusimai Ei- chenb. per la forma del contorno e pel maggior numero di coste. . Gli esemplari di questa specie provengono dalle cave di calcare grigio scuro del Lias inferiore di M. Gibilforni presso Palermo, e nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università se ne conservano parecchi esemplari. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IV. Fig. 1a 4. Rhyuchonellina insignis, Carap. e Sch. D) ” 9. ” ” » » Altro esemplare. £, 9 » bb) 26 e 27. ” bL) » » ” ba) SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 239 Rhynchonellina reticulata, Carap. e Sch. (Tav. IV, Fig. 25 e 38 a 40) Dimensioni in millimetri I II Eunabezzai at en 86,0 37,0 Marotezzagnot REC duro AZIO 33,5 SPESSOFO RR e na tt LS ? Conchiglia con contorno circolare un poco più lunga che larga. La valva dorsale è moderatamente e usualmente arcuata, con una leggiera depres- sione mediana che si parte dall’apice e si allarga sul margine frontale; in taluni esem- plari questa depressione manca affatto. La valva ventrale è molto più arcuata della dorsale, e specialmente nella regione apicale, dove cade piuttosto rapidamente sui lati; essa non presenta nè depressione nè rigonfiamento mediano. L'apice è robusto, largo e prominente sulla linea cardinale, in modo che la conchiglia, mentre guardata dalla faccia dorsale è circolare o quasi, dalla faccia ventrale appare allungata e piriforme (fig. 25). L'area è triangolare, larga e grande; la linea cardinale è larga e appena arcuata. Il deltidio è triangolare e largo. Le valve s'incontrano con angoli acuti e taglienti, meno che nella porzione dei lati più prossima alla regione apicale, ove l’incontro avviene con angolo ottuso ; la loro com- 7messura è leggermente arcuata ai lati e diritta al margine frontale. La superficie della conchiglia è ornata da coste radiali, marcate e fortemente rilevate, che per successive dicotomie originantesi a diverse altezze della conchiglia vanno aumen- ‘tando di numero da presso la regione apicale sino al margine frontale. Queste coste sono intersecate da strie concentriche di accrescimento sottilissime e avvicinate che le danno un aspetto reticolato e squamoso piuttosto aspro. Il numero delle coste contato lungo il margine della valva ventrale è di circa 60. Le dimensioni dei nostri esemplari sono piuttosto grandi. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. Mb 240) SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA La presente specie si avvicina alla &%. Zitteli Bose, ma ne differisce per la mancanza dei seni mediani, per il maggiore sviluppo della valva ventrale e per l’ornamentazione. Differisce dalla 7%. insignis Carap. e Sch. per la conformazione delle due valve, per il maggiore sviluppo dell’apice e per le coste molto più grandi e meno numerose. Differisce dalla 7. Kastneri Bittn. per la scoltura graticolata e per la forma del contorno delle valve. In generale possiamo dire che per l'uno o l’altro dei suoi caratteri essa si allontana dalle forme costate sin qui descritte, rappresentando una specie ben definita. I tre esemplari di questa specie che possiede il Museo di Geologia e Mineralogia della R. Università di Palermo si trovano in cattivo stato di conservazione, perchè rotti in più punti, e provengono dalle cave di calcare compatto grigio del Lias inferiore di M. Gibilforni presso Palermo. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IV. Fig. 38 a 40. RAynchonellina reticulata, Carap. e Sch. 25. PE SI po » Altro esemplare. Valva ven- trale. Rhyncehonellina Di Stefanoi, Carap. e Sch. (Tav IV Hio 6 0ackb Dimensioni in millimetri I II II Lunghezza tai tal 0 006 Larghezza Lar SL OZ0IDZI O Detioo Spessore: VE Ilie 80. - Conchiglia con contorno più o meno circolare, piuttosto irregolare, talvolta poco più larga che lunga, la cui maggiore larghezza corrisponde quasi sempre a metà della sua lunghezza. La valva dorsale è ppchissimo arcuata, con una leggiera depressione mediana che SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 241 incomincia alla metà circa della valva e sì allarga verso il contorno frontale producendovi una lieve ondulazione appena visibile. La valva ventrale è un poco più arcuata di quella opposta. L’apice è piuttosto alto, poco ricurvo ; l’area è tringolare, larga e bassa ; la linea cardinale è lunga e diritta. Negli esemplari che possediamo non può bene distinguersi il deltidio. Le valve s'incontrano con angoli acuti e taglienti e la loro commessura è appena sinuata ai lati e pochissimo o quasi diritta al margine frontale. La superficie della conchiglia è ornata da coste ben marcate , attraversate da strie di accrescimento concentriche avvicinate e sottilissime. Talune delle coste si dicotomizzano a diverse altezze della valva e fra queste se ne nota qualcuna intercalata. Il loro numero contato sulla periferia varia da 30 a 40 negli esemplari più adulti che abbiamo e da 24 a 30 nei giovani. Si avvicina grandemente a questa nostra specie la 7. ortRisiformis Leps. sp. ; però la specie siciliana se ne distingue perchè ha la linea cardinale più lunga, perchè ha il seno della valva dorsale meno sviluppato e che incomincia molto al disotto della regione apicale, allargandosi poi al margine frontale, perchè non ha il rigonfiamento nella valva ventrale e perchè presenta le coste molto più robuste. Gli esemplari di questa specie ei provengono dalle cave di calcare compatto giallastro della contrada Cappelluzza della Madonna presso Bisacquino in Provincia di Palermo e si possiedono dal Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IV. Fig. 7a 9 e 11. Rhynchonellina Di Stefanoi, Carap. e Sch. n È 6. A: 5 3 » Altro esemplare. Val. va dorsale. Ds farsi (DE > 5, Ù; » Altro esemplare. Val- va ventrale. 249 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA Rhynchonellina Irionensis, Carap. e Sch. (Tav. IV. Fig. 13 a 21) Dimensioni in millimetri I II IN È Lunghezza bot RO ro Larghezza. (0 anita SORMONTATO 15 Spessore!» 0 ite e LÙ, SION Conchiglia quasi equivalve, depressa, con contorno sub-ovale o quadrangolare, quasi ugualmente larga che lunga o un poco più lunga che larga ; la maggiore larghezza cor- risponde quasi alla metà della sua lunghezza. La valva dorsale è leggermente arcuata e depressa alla regione apicale; sulla sua parte centrale presenta una larga depressione mediana che parte dall’ apice e si estende dilatandosi sino alla fronte. Questa depressione al fondo è più o meno leggermente an- golare e limitata ai lati da un leggiero rigonfiamento, dal quale la valva scende al con- torno esterno più o meno rapidamente. La valva ventrale è moderatamente convessa senza alcun seno mediano; anzi con un leggiero accenno di rigonfiamento in prossimità dell’apice. In uno dei nostri esemplari (fig. 18) tale rigonfiamento è più marcato e abbastanza stretto. Lo stesso esemplare giovane (fig. 19) mostra chiaramente sulla valva dorsale le impronte muscolari che dall’ apice si estendono sino ai due terzi della lunghezza della conchiglia ; esse son disposte parallelamente alla linea mediana e ‘la loro periferia presenta la forma di una ellisse stretta e allungata. L’apice è piuttosto robusto, fortemente ricurvo e compresso, specialmente negli esem- plari adulti. L'area è triangolare, larga e di mediocre altezza ; la linea cardinale quasi diritta ed estesa. L’apertura deltidiale è a forma di un triangolo equilatero. Le valve a circa un millimetro dalla loro periferia subiscono un ripiegamento, in conseguenza del quale il bordo d’unione si assottiglia e l’incontro delle valve avviene con angoli acuti, altrimenti non sarebbe tale principalmente nei lati. La commessura delle SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNONONELLINE DELLA SICILIA 243 due valve è diritta ai lati, e un poco sinuata sulla linea frontale con la convessità ri- volta verso la valva ventrale. La superficie della conchiglia è ornata da coste finissime radiali, che si dicotomizzano ad altezze diverse, attraversate da strie concentriche di accrescimento molto avvicinate e sottili. Il numero delle coste contate alla periferia è di circa 40 pnell’esemplare più adulto (fig. 13) e di 30 negli altri due (fig. 17 e 18) che ne possediamo. La presente specie è molto prossima alla varietà della Aehynchonellina Litteli figurata da Bose (loc. cit.) a tav. VII, fig. 15. Se ne distingue però per le coste molto più sot- tili ed in maggior numero , per il contorno subquadrangolare , per la depressione della regione apicale della valva ventrale e per quella della valva dorsale, che danno alla conchiglia un aspetto depresso nel centro e ispessito ai margini laterali ed. alla fronte. Inoltre il ripiegamento delle valve lungo i bordi di commessura , che la nostra specie presenta in modo caratteristico, non lo si riscontra affatto nella cennata varietà della /th. Zitteli nè in alcuna delle altre forme di questa specie che il Bose ci ha descritte. Questa specie è stata ritrovata nei calcari compatti giallastri del Lias inferiore dei dintorni della Cappelluzza della Madonna presso Bisacquino in Provincia di Palermo, e nel Museo di Geologia e Mineralogia di questa R. Università se ne conservano tre esemplari. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IV. Fig. 13 a 16. RAynchon_llina Irionensis, Carap. e Sch. n SII. Di îi 3} » Altro esemplare. Valva dor- sale. È ENCIS Ka 2 ;; È - » Altro esemplare. Valva dor- sale. 244 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA Rhynchonellina clathrata, Carap. e Sch. (Tav. IV. Fig. 12 e 22 a 24) Dimensioni in millimetri TRunsbhezza pere ate e. AE 16,3 Larghezza tin e 17,4 IS POSSOLE API NIN 7,0 Conchiglia depressa con contorno arrotondato, più larga che lunga, la cui maggiore larghezza corrisponde quasi a metà della sua lunghezza. La valva dorsale è appena arcuata nelle due direzioni principali, con una leggerissima depressione mediana, che incomincia a manifestarsi sotto la regione apicale e arriva sino al margine frontale. La valva ventrale è debolmente arcuata e anch'essa presenta una depressione mediana leggiera e allargata sulla linea frontale. L’ apice è acuminato , quasi diritto : l’area è lunga e bassa, triangolare ; la linea cardinale piuttosto allungata, quasi diritta. Il deltidio è triangolare, stretto e alto. Le valve s'incontrano con angoli acuti e taglienti ed anche in questa specie si nota presso il margine un certo assottigliamento , per cui 1’ incontro delle valve avviene con angoli più acuti di quelli che si otterrebbero ove esso avvenisse secondo il prolungamento della curvatura generale di esse. La commessura delle due valve è leggermente arcuata ai lati, e sinuata lievemente sul margine frontale con la convessità rivolta verso la valva ventrale. La superficie della conchiglia è coperta da coste che si partono dalla regione apicale e subitamente si distaccano a fasci ognuno di due o tre coste, che a loro volta e a diverse altezze si dividono in due o tre coste secondarie. Tale suddivisione delle coste è più marcata sulle parti laterali della conchiglia. Le coste sono poi attraversate da strie concentriche di accrescimento piuttosto mar- cate e avvicinate, che danno alla conchiglia un aspetto reticulato molto elegante. Il numero delle coste contato lungo il margine è di 35 a 40. SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 245 Questa specie differisce da tutte le altre fin ora conosciute principalmente per il carattere fascicolare delle sue coste, per l’ornamentazione reticolare e per la piccolezza e acutezza dell’apice. Questa specie è stata da noi ritrovata nei calcari compatti giallastri della località denominata Valle della Vite tra Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano in Provincia di Palermo. Insieme ad essa abbiamo trovato altre specie titoniche ben note e determinate esi- stenti in questo Museo Geologico, di cui abbiamo dato l’elenco nell’introduzione al pre- sente lavoro, e quindi riferiamo al Titonio la Aehyrnehonellina clathrata Carap. e Sch. su- periormente descritta. Il solo esemplare che ne conosciamo si conserva nel Museo di Mineralogia e Geologia della R. Università di Palermo. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IV. Fig. 12 e 22 a 24. RAynchonellina clathrata, Carap. e Sch. Rhynchonellina tenuicostata, Carap. e Sch. (Tav. IV. Fig. 28 a 31) Dimensioni in millimetri I II HI anphezza feat ae AO 8096 Are Dezza eo RAT 850 SEESSOLe ele den a tri 344,0 Conchiglia con contorno ovale o piriforme, la cui maggiore larghezza corrisponde a metà della sua lunghezza. La valva dorsale è appena convessa e più pianeggiante verso la parte anteriore; non presenta alcuna depressione o seno mediano. La valva ventrale è pur essa poco arcuata, ma più profonda della opposta; non presenta nè seno nè rialzamento mediano ; soltanto presso il margine frontale ha una 246 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA leggera depressione, che rende il contorno frontale leggermente sinuato con la convessità rivolta verso la valva dorsale. L’apice è appuntito, alto, diritto ; l’area è ben limitata, un poco più lunga che alta ; l’apertura deltidiale è triangolare. La linea cardinale è diritta. Le valve s’ incontrano con angoli acuti e taglienti, e la loro commessura è legger- mente arcuata ai lati e parimenti sul margine frontale, ove la convessità della curva è rivolta verso la valva dorsale. La superficie della conchiglia è coperta da finissime coste radiali regolarmente di- sposte e poco marcate, di cui qualcuna è prodotta da dicotomia; queste coste sono in- tersecate da strie concentriche di acerescimento anch’esse molto simmetriche, equidistanti e rilevate. Negli intervalli regolari che lasciano fra di loro queste strie facilmente visibili se ne notano delle altre molto più fine e che si distinguono bene con l’aiuto della lente d’ingrandimento. i Questa specie si allontana da quelle sinora conosciute per il suo contorno piriforme, per la poca convessità delle valve, per la forma diritta dell’apice e principalmente per la eleganza della sua ornamentazione. i Gli esemplari di questa specie provengono dai calcari grigio-rossastri del Lias inferiore di Monte Pellegrino presso Palermo, e si conservano nel Museo di Geologia e Mineralogia della nostra R. Università. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IV. Fig. 28 a 31. RAynchonellina tenuicostata, Carap. e Sch. POMPE e la TO I ge * SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA DZ sJ Rhynchonellina Isidensis, Carap. e Sch. (Tav. IV. Fig. 32 a 37) Dimensioni in millimetri I II III Punehezz e TO 6 a Marehezza toni sn eten 145t016;0 13,5 SPESSORE o GIOR SON 4 Conchiglia con contorno ovale o sub rettangolare con gli angoli arrotondati, più alta che larga e la cui maggiore larghezza suol trovarsi al disotto della metà della sua lun- ghezza. Ta valva dorsale è moderatamente arcuata : in taluni esemplari vi si nota un seno stretto e profondo, che si parte dalla linea cardinale e si estende sino al margine fron- tale : in altri questo seno è appena accennato o non esiste affatto. La valva ventrale è anch'essa moderatamente arcuata, colla maggiore convessità sulla regione apicale, mentre è pianeggiante ai margini; non presenta alcun seno o solco mediano. L'apice è relativamente robusto, ma piccolo e poco ricurvo : l’area è triangolare colle piastre deltidiali laterali visibili : la linea cardinale è corta e un poco arcuata. Le valve s'incontrano con angoli acuti e taglienti e la loro commessura è legger- mente arcuata ai lati; sul margine frontale essa è diritta negli esemplari privi di solco o seno mediano, e leggermente curvata, con la convessità rivolta verso la valva ventrale, negli esemplari provvisti di seno. La superficie della conchiglia è ornata di coste piuttostu marcate, che si dicotomiz- zano a diverse altezze, e che sono attraversate da finissime strie concentriche di acere- scimento. ll numero delle coste contate alla periferia varia da 25 a 30 all'incirca nei nostri esemplari. La presente specie si avvicina molto alla /t}. Hauer: Bittner per la sua forma al- lungata e il contorno generale. Giornale di Scienza Naturali ed Economiche Vol. XXII. 32 248 _ SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA Differisce però dalla AR. Haueri var. terebratelloides per avere le coste più sottili e numerose, l’apice più diritto e la regione cardinale della valva dorsale meno arcuata ; dalla varietà /ypica per avere la valva dorsale meno convessa sulla regione apicale, per l’apice più appuntito e per le coste più robuste. Senza dubbio però la 2). Isedensis, Carap. e Sch. richiama moltissimo la LX. Haue- rî Bittner di Risano, di cui abbiamo potuto studiare esemplari originali inviatici gen- tilmente dal Dottor Bittner. Questa specie è stata da noi ritrovata nei calcari compatti grigi dei dintorni d'Ispello in Provincia di Palermo riferibili al Lias inferiore, e gli esemplari di essa si conservano nel Museo di Mineralogia e Geologia della nostra R. Università. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tav. IV. Fig. 32 a 35. R/ynchonellina Isidensis, Carap. e Sch. na TOMO, = DI se » Altro esemplare. Valva ven- trale. È, SERENE n SO È, » Altro esemplare. Valva dor- sale. SOTTOGENERE GEYERIA, Carap. e Sch. Rhynehonellina (Geyeria) globosa, Carap. e Sch. (Tav. I. Fig. i a 12 e Tav. II Fig. la 7). Dimensioni in millimetri. I II 1008 IV Lunghezza: ;.0 iui ai vB 00; Larshezza ni ale e i ADORNO Di i al Spessore; te Lori Lite 00 Conchiglia di forma globosa, ovale o sub-sferoidale, che si avvicina talvolta alla forma pentagonale e generalmente più lunga che larga; spesso un poco troncata alla fronte. La valva dorsale è rigonfiata e più o meno regolarmente convessa, con una leggiera t SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 249 depressione mediana che dalla regione cardinale discende sino alia linea frontale estenden- dovisi per tutta la sua larghezza. Spesso alla estremità anteriore la valva sì ripiega verso quella opposta, alla quale si sovrappone per breve tratto. Dalla linea mediana ai lati essa cade più o meno fortemente curvata e quasi ugualmente ripiegata in guisa che il profilo della sezione trasversale di questa valva si mostra più regolare di quello longitudinale. La valva ventrale è anch'essa molto arcnata, più profonda della dorsale nella regione apicale, con una depressione mediana leggera, ma larga, che incomincia poco marcata presso di essa e si allarga, rendendosi più accentuata, verso la regione frontale. In qualche esemplare (fig. 12), che ha integro o quasi lo strato superficiale della conchiglia si nota al centro di questa depressione un seno, che comincia molto oscuro verso la regione api- cale e si va allargando a misura che si avvicina al margine frontale. L’apice è robustissimo, fortemente ricurvo sulla regione cardinale, in modo da nascon- dere completamente l’area e il deltidio : talvolta depresso sulla parte superiore. Nelle valve ventrali isolate area si mostra estesa con contorno piuttosto arrotondato e più tagliente verso i lati estremi dell’apice (tav. Il, fig. 5, 7). L'apertura deltidiale è triangolare senza che siano visibili le piastre, nè il forame. La linea cardinale varia in larghezza a seconda la forma della conchiglia iu modo che mostrasi ora larga, ora stretta ed or di media larghezza, poco arcuata negli esemplari adulti e più nei giovani. L'incontro delle valve avviene ai lati-o sullo stesso piano o con angolo molto ottuso e sulla fronte mostrasi o con angolo molto ottuso, o quasi sullo stesso piano per effetto del ripiegamento delle valve o anche con angolo molto prossimo al retto. La commessura delle valve è lesgermente arcuata ai lati, e si ripiega verso la fronte in linea retta verso la valva dorsale, formando lateralmente due angoli piuttosto marcati coì vertici corrispondenti ai due estremi frontali dello appiattimento mediano. Sovente sul margine frontale la commessura non è sopra uno stesso piano di livello, giaechè la valva dorsale, fortemente ricurva , si sovrappone per buon tratto a quella ventrale. La conchiglia è ornata di fine strie concentriche lamellari, simmetricamente ed ele- gantemente disposte, attraversate da linee radiali delicatissime e avvicinate. La maggiore larghezza della conchiglia corrisponde alla metà circa della sua lun- ghezza. La sostanza della conchiglia è fibrosa, madreperlacea, formata da diversi strati. Essa è molto spessa, specialmente sulla regione apicale della valva ventrale e sull’apice. Tanto sulla valva dorsale che sulla ventrale, togliendo la sostanza conchigliare, ap- pariscono le impronte muscolari fortemente sviluppate, che partendo dagli apici delle due valve scendono lungo la linea mediana sino ai tre quarti della lunghezza della conchiglia 250) SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA (tav. II, fig. 1 e 2), allargandosi gradatamente. Queste impronte sono composte da fasci leggermente raggianti, nel centro più prominenti e più depressi ai margini. L'apparecchio brachiale è composto di una piastra cardinale sviluppata (tav. II, fig. 3) dalla quale partono le lamine crurali; esse sono lunghe, avvicinate fra loro, piuttosto larghe nello attacco e vanno assottigliandosi a forma di ala di uccello. La singolarità di queste lamine erurali si è che nella loro metà dorsale sono più spesse della metà ventrale formando fra loro un leggerissimo gradino interno che dalla base o estremità apicale si estende fino all’ apice della lamina crurale. Questo leggiero gradino si detegge da una serie di sezioni che abbiamo fatto in direzioni diverse in parecchi esemplari di questa specie. Nella fig. 3 (tav. II) da noi preparata si vedono le lamine avvicinatissime alla base e dopo un certo tratto allontanate fra loro nel contorno interno. Nella sezione fig. 6 (tav. II) questo fatto si vede chiaramente : fino ad un certo punto le lamine camminano parallele ed avvicinate e poi si assottigliano ed allontanano nel lato interno. Finalmente nella fig. 4 (tav. II) si vede una lamina crurale in tutta l'estensione ed essa nella parte corrispondente alla valva ventrale è trasparente, mentre in quella rivolta verso la valva dorsale è completamente opaca. Ciò conferma che lo spessore della lamina è differente: maggiore nella parte esterna, minore nella interna. La conformazione di queste lamine crurali corrisponde quasi esattamente con quelle della Akynchonellina Geyeri Bittner disegnate a tav. XII, fig. 7 della sua monografia (1), nella quale lo allargamento a forma di ala di uccello è appena indicato, ma sufficiente- mente visibile. ® In nessuno degli esemplari da noi osservati abbiamo potuto riscontrare tracce di un setto mediano. Avendo fatta la sezione della parte apicale, neanco ci è riuscito di rin- tracciare dei sostegni dentali, che riteniamo non esistere. Il contorno esterno, l'enorme ispessimento delle regioni apicali e la somiglianza dei caratteri interni della /?}. Geyeri Bittner ci permettono di potere affermare che ambedue le forme debbano riunirsi nel sottogenere Geyer:a da noi proposto, al quale potrebbe forse appartenere anche la R/. Hofimanni Bòckh (2) che per le sue dimensioni e confor- mazione si avvicina alla R%. Geyeri Bittner, sebbene non se ne conosca 1’ apparecchio interno. Come abbiamo già detto, alla R/. (Geyeria) globosa n. sp. si avvicina molto la (1) Bittner. Rhynchonellina Geyeri, ein neuer Brachiopode aus den Gailthaler Alpen. IJahrbuch der k. k. geolog. Reichsanstalt, 1897, Bd. 47, Heft. 2. (2) Bòckh. Opera citata. III Band. I. Heft. Tab. II. Fig. 3a 8 SOPRA ALCUNE NUOVE RHYNCHONELLINE DELLA SICILIA 251 Rh. Geyeri Bittner per la robustezza dell’ apice, per le dimensioni e per quasi tutti i caratteri generali, oltre che per la disposizione dell'apparecchio interno, che confronta con quella del nostro sottogenere. Se ne distingue però per essere col contorno più allungato e piriforme, per l'apice più elevato ed appuntito, per l’area più grande e per la differente ornamentazione. Gli esemplari di questa nostra &%.(Geyeria) globosa provengono dagli strati di calcare compatto giallastro del Lias inferiore dei dintorni della Cappelluzza della Madonna presso Bisacquino in Provincia di Palermo. Nel museo di Geologia e Mineralogia della nostra KR. Università se ne conservano parecchi esemplari più o meno in buono stato. Tav. I. Fig 1a 4. Rh. (Geyeria) globosa, Carap. e Sch. » » 5) a 8. » n AS aa » n 12. » n Tav. II Fig. 1. n »” 2 LI ” n 3 so »n ba] »” 4. » ” » 5 ®, » » » 6. » SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. » » ”» » »” » » ” ” » Altro esemplare. Altro esemplare. Altro esemplare. Valva ventrale con sua ornamentazione. Impressioni muscolari della val- va do1sale. Impressioni muscolari della val- va ventrale. Caratteri interni. Preparazione. Caratteri interni. Sezione longi- tudinale. Area e fenditura deltidiale. Caratteri interni. Sezione tra- sversale. Bibliografia sul genere “ Rhynchonellina ,, Gemm, o». 1. 1871 (1868-76). Gemmellaro. — Studi paleontologici sulla fauna del calcare a Terebra- 2. 1868. 5. 1867-81. 4. 1874, 5. 1878. . 1876-1880. 7. 1880. Dì 8. 1883. 9. 1883. 10. 1884. 11. 1884. 12. 1884. Hauer. Meneghini. Bòckh. Lepsius. Zittel. Bittner. Eichenbaum. Frauscher. Parona. Parona. Haas. tula Ianitor nel Nord della Sicilia. — Geologische Uebersichtskarte der òsterreichischen Mo- narchie. Blatt X. Dalmatien (Iahrb. d. k. k. geol. Reiohsanst.) — Paleontologie Lombarde IV. Monographie des Fossiles du calcaire rouge ammonitique (Lias supérieur). — Die geologischen Verhiiltnisse des siudlichen Theiles des Bakony II Theil. Mitth. a. d. Iahrb.d k ungar, geolog. Anstalt). — Das westliche Sudtirol. — Handbuch der Palaeontologie I. — Die Hercegovina und die sùdostlichsten Theile ‘von Bosnien. ‘Iahrb. d. k. k. geol. Reichsanst ). — Die Brachiopoden von Smokovac bei Risano (Iahrbuch d. k. k. geol. Reichsanst'. — Die Brachiopoden des Untersberges. (Iahrb. der k. k. geol. Reichsanst.). -—- Sopra alcuni fossili del Lias Inferiore di Carenno, Nese ed Adrara nelle Prealpi Bergamasche. (Atti della Soc. ital. di sc. nat.). — I Brachiopodi liass. di Saltrio ed Arzo. (R. Ist. Lom- bardo). — Beitrige zur kenntniss der liasischen Brachiopoden- fauna von Sidtirol und Venetien. 18. 19. 21. 22. 23. . 1893. 1894. 1894-95. 1897. Gemmellaro. — Sugli strati con Leptaena nel Lias superiore della Si- cilia (Boll. R. Com. Geol.). Rothpletz. — Geol.-palaeont. Monographie der Vilser Alpen. (Pala- eontografica Bd. XXXIII). Oehlert. — Brachiopodes (nell. Fischer-Manuel de Conchyliologie). Rothpletz. — Das Karwendelgebirge:(Zeitschr.d. deutschen und òsterr. Alpenvereins). Parona. — Note paleont. sul lias infer. nelle Prealpi Lombarde (Rendic. Ist. Lomb.). Bittner. — Die Brachiopoden der alpinen Trias. ( Abh. d. k. k. geol. Reichanst.). Skuphos. — Die stratigraphische Stellung der Partnach und der sogenannten unt Cardita-Schichten in den Nordti. roler und Bayr. Alpen. (Geognost. Iahreshefte d. kgl” bayr. Oberbergamtes). Botto-Micca. — Fossili degli strati a Lioceras opalinum Rein. e Lud- wigia Murchisonae Sow. della Croce di Valpon (M. Grappa) Provincia di Treviso. (Boll. della Soc. Geol. Ital. vol. XII, fasc. 3). Bittner. — Ueber die Gattung Rhynchonellina Gemm. bue der k. k. geolog. Reichsanstalt, Bd. 44, Heft 3). Bose. — Monographie des Genus Rhynchonellina Gemm (Pa- laeontographica. Band XLI). Bittner. Rhynchonellina Geyeri, ein neuer Brachiopode aus den Gail- thaler Alpen. (Iahrbuch der k. k. geol. Reichsanstalt, Bd. 47, Heft. 2). A.FEUAROTTA dis. Huser f &C° Palerma È i Deli op mo ALFECAROTTA dis. Huser F*' &C“Palermo Huser Fo &C A.FECAROTTA dis. è . . * ,, i; . . . ni Î . DI . ri ' = PI i ' î + TAV.IV. A_FECAROTTA dis. Huser FI RC. ' P e - a) ’ « > } Li Pi ì Le A n 4 ì, fi x SI AZIMUT DELLA LANTERNA DEL FARO sull’ orizzonte della specola geodetica della Martorana PINS PFA E RMO determinato dal professore A. VENTURI —_—_ de 1. La conoscenza di un azimut sull’orizonte di una specola, oltre a servire per orien- are una rete geodetica di cui tale specola faccia parte, è pure utilissima per orientare con rapidità e precisione un istromento goniometrico installato sulla stazione medesima. La specola geodetica della Martorana possiede già dal 1891 l'azimut di Monte Alfano da me determinato (1); ma esso non può servire di mira notturna, senza dire che spesso il relativo segnale viene distrutto da mano vandalica, e già tre volte si è dovuto rico- struire. Per aver dunque una mira notturna stabile e sempre pronta, senza dover pensare alla manutenzione, e nello stesso tempo, per avere un altro elemento, sempre utile, della rete geodetica siciliana di cui la Martorana fa parte, ho pensato di utilizzare la lanterna del Faro. Questa lanterna, nella sua piccola fase rispetto alla specola di Martorana, pre- senta una fiamma in forma di strettissima fenditura rettangolare nel senso del filo a piombo, cosicchè, puntata in quell'istante, costituisce una eccellente collimazione. Si dee notare, che l’azimut del parafulmine sovrapposto al cupolino della lanterna si può dedurre facilmente da quello di Monte Alfano; ma non si potrebbe, « prior; applicare quel va- lore di azimut anche alla fiamma della lanterna, non potendo essere sicuri che questa sia rigorosamente centrata sull’ asse del cupolino: quindi per usare di detta fiamma come mira notturna, fu necessario misurare direttamente l’orientazione di essa. L’istromento che servì a tale ricerca è quello stesso Universale Salmoiraghi che fu adoperato nella determinazione dell’azimut di M. Alfano; solo che nel 1895 tu trasfor- mato, rendendo diritto ed eccentrico il cannocchiale che era spezzato e centrale, per avervi (1) Venturi— Azimut di Monte Alfano sull’orizonte della specola geodetica della Marto- rana — Palermo 1891 -— Memorie della Commissione geodetica italiana. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. 33 256 AZIMUT DELLA LANTERNA DEL FARO riscontrati alcuni inconvenienti. Rimando perciò al lavoro citato per ciò che riguarda lo studio lell’istromento. Nelle osservazioni fu tenuto il solito schema, di puntare, cioè, la mira, poi la polare due volte consecutive, e di nuovo la mira, in ciascuna posizione del circolo zenitale. La livellazione dell’ asse orizzontale veniva fatta, di regola, fra lo due puntate alla polare. Questa, nelle prime ore della sera in cuì sì facevano le osservazioni, non era nella digres- sione massima ; ma tal circostanza non ha gran valore, se sì pensa quanto lentamente si sposti la polare lungo tutto il suo parallelo. i Invece di cercare di togliere al più possibile la collimazione e l’inclinazione dell’asse orizzoutale , diedi appositamente diversi valori all’ una e all'altra nelle diverse sere, ma tenendole sempre in limiti ristretti; e ciò onde mettere l’istromento in condizioni diverse, oltre quella di cambiare, beninteso, di strato in strato, la porzione del circolo azimutale. La media delle inclinazioni risultò pressochè nulla, la qual cosa è sempre da consigliarsi; e quando alla collimazione, non era evidentemente possibile, almeno pel Faro, rimuovere l’ effetto parallatico della eccentricità del cannocchiale, ancorchè si fosse resa nulla la costante di collimazione assoluta, voglio dire ancorchè si fosse la linea di mira resa normale all’asse orizzontale. Gli strati completi eseguiti furono nove, spostando ogni volta il circolo azimutale di 20° in 20°. Siccome poi gli strati fatti con lembo a 0° e a 160° dànuo i risultati più lontani dalla media, volli vedere se ciò prevenisse da qualche causa d’errore che non avessi saputo rimuovere ; e ripetetti i detti strati in quelle due posizioni di lembo, in sere diverse, e in condizioni leggermente dissimili di collimazione e di inclinazione. Ma i ri- sultati ottenuti non si discostarono da quelli qui riportati, che di quantità inferiori ad un secondo; cosicchè tale circostanza, di trovare per quei due strati i valori più piccoli, è da ascriversi molto presumibilmente alla guaduazione. Il tempo veniva registrato cronograficamente sopra una striscia, in dipendenza di un pendolo regolatore : esso veniva verificato ogni sera di osservazione per mezzo di altezze di stelle nel 1° verticale, determinate coll’Universale medesimo. Quanto alla sensibilità della livella, una nuova determinazione fattane con un com- paratore Solmoiraghi di maggior precisione di quello che questo Gabinetto possedeva nel 1891, diede per valore della parte : 3.85 Aggiungo che la posizione della specola geodetica è latitudine : 389,6/,55/.4 long. da Parigi: — 0% 440.058 .9 De) SES 7 7a Lt fisc de o Jr E) RICCHI pre SULL'ORIZZONTE DELLA SPECOLA GEODETICA DELLA MARTORANA 257 La distanza d e la zenitale 2, della lanterna del Faro rispetto alla specola, sono dò = 2100", api=:9001E 300 Segue il quadro delle osservazioni, ove con ? si è indicata l'inclinazione dell’asse orizontale, notando che la livella ha lo zero ad un estremo, epperò debbesi prendere positiva la indicazione quando lo zero è ad Est, se vogliamo che la correzione azimutale corrispon- dente debba applicarsi col segno che le risulta. Si disse = la zenitale della polare. Oggetto mirato Mira Polare Polare Mira Mira Polare Polare Mira Mira Polare w Polare Mira Mira Polare Polare Mira Mira Polare Polare Osservazioni di a Ursae min. Tempo sidereo 2h.01m 598,20 2.05 .01.22 2.18 .47 12 2.21 .00.40 0.35 .33 .94 0.37 41.22 Media microsc. 17°.02?.38?.2 0.02.28 0.01.18 ° 17.02.39 197 .01 .57 179 55 44 179 54.52 197.01 58 216 .41 .15 200 .17 .24 200 .16 ,36 216 41.14 36 .41 .30 . 20.03.13 . 20.02 .14 . 36.41.31. 56 .42 .09 39 .96 .49 39 .36 .07 . OO Oo oe 4 Centro bolla Letture azim. corrette i cotg z 17.02.38”. 0.02.27. 35p .5 | 36p.6|/—1”.5 17.02 39 197 .01..57 31 .6/39 .6|—12.2 36 .4/39 .2|— 4.2 38 1|38 .0|+ 0.2 35 .6/32 .1|+ 5.4 0.01.16. 1899 Genn. 12 1898 Die 31 58 60° 100° (09) AZIMUT DELLA LANTERNA DEL FARO Oggetto - mirato Polare Polare Mira Mira Polare Polare Mira Mira Polare Polare Mira Mira Polare Polare Mira Mira Polare Polare Mira Mira Polare Polare Mira Mira ‘Osservazioni di a Ursae min. Tempo sidereo 21,29m,295.60 2.81.88 .50 0 .33 .36 .16 .22. 0 .43 .19 55 .10 .52 1 .26 .18 -18 .40 .00 .20 .81 .20 .5I .54 .41) 4l. Media microsc. 56 42. 236.41. = ° î 219.31. 219.30. 236 Al .é 9 D ca do I 16.42. (A (00) DD 60.18. 60.18. 76 42. 256 43. 240.12. 249 11 E STO No SOI) 256. 43 .42 . 96.43. (9.50. (9.57 02 96 .43. 276 44. 209.52. 259 .51 .55 276 44.32 .2 116 .43 100 .29 . 100.27. 116 .43 .09, 296 .43 .87 . r9 _ I AMOUR QUA O 00 35 36 29 Centro bolla 29p .6 36 . i cotg Z 38p .1|—13”.8 5/33 .2|+34 3127. .5|4-13.4 DI B4 LI ì 4185 .8[4- 0.9 Letture azim. corrette 56 ‘42.10 , 236 41 41 219.89 55 219 39.05. 236 .41 .43 . ‘06 42.58. CORTO NOTS 60.13.16 . (6 .42 56 . 256 .43 44 . 240 ..16..44 240.15 .58 . 256 43 .42 . x 96 .43 41 . (9 .58 09 4 19.57.15. 96 .43 4l . 276 44 .31 259 .52 .40 . 259 .51 48. 276 .44 83. 116 .43 .13 . OG DEEDIADI GUADO (0.0) 100.29 .15 . 109 .27.42 . 116.43 .09 . T_ 296 .43 .37 . ai E RTRT EI E i dini Anti SULL’ORIZZONTE DELLA SPECOLA DELLA MARTORANA 259 Osservazioni di x Ursae min. cela Oggetto Tempo Centro bolla Ri Tatugie DOTE n Media microse. 8 azim. mirato sidereo E O Da corrette nr e e o o x __aacnali Polare |0h.22w,345.00| 289.25 .02 .0 28)0.24°.55.5 34p .1/38p 1|— 6”.5 Polare |0 .24 14.20) 280.242) .0 280 .24 .13 .5 Mira 296 43 .34 5 296 .43..34 .5 120° D Mira 136 .42 .16 .0 136 .42 .16 .9 Polare |2 13 .05 20| 119.37.43 .7 |38 .4|36 .7|—4 .9|119 37.38 .7 Polare |2 .15 .15 .70| 119.36 51 .0 119 .36 45 .0 Mira 136 42.17 .1 136.42 .17 .1 S Mira 316 .41 48 .7 316.41 48.7 Polare |2 .29 .20.60| 299.31.00. 5 299 .31.07 .3 37€ .8|33 .4|+ 6 .8 Polare |2 .31 .80.10| 299.30 415 .4 299 .30..12 .2 Mira 316 41.47 .5 316.41 47 .5 140° S Mira 336 .43 .34 ,5 996 .43 134 .5 Polare |0 56 .51.06| 320.11.02 .3 320.11 .06 .9 35 .7| 32 .6|+4.6 Polare |0 .58 .26 .81| 320 10.23 .8 è 320 .10 .28 Mira 336 43.37 .5 356 43.37 D Mira 156 42 .48 .2 156 .42 .48 .2 Polare |l .17 .26 .63| 140.0).50 .5 140 .09 .55 .7 36 1|32 7|+5 2 Polare |i .19 .14.76| 140.00.05 .2 140 .00.10 .4 Mira 156.42 49 .0 156 .42 .49 .0 160° D Mira Io r491205 176 .43 .12 .5 Polare |1l .37 .50.10| 159.52.51 .3 159 .52 .5L1 .7 35 .2/85. 0|+0. 4 Polare ‘|1 .19 .14 .76| 159.51 .50 8 159 .bL bl .2 Mira 176 43.14 .0 176 .43 .14 .0 S - Mira 396 .43 .14 .5 356 43 .14 .5 Polare |1 .51 .28 .70| 339.48 .09 .2 339 .48 .04 o 9401/37 b|/—5. 2 Polare |1 .54 .06.40| 339 .47.05 .4 339 .47 .09 .2 Mira 356 .43 .13 .5 356 .43 .13 .5 260 AZIMUT DELLA LANTERNA DEL FARO Da questi dati, si dedussero l’angolo orario e l’azimut delia Polare per ogni tempo di osservazione : coi valori ottenuti e cogli elementi corrispondenti dell’ultima precedente colonna, si calcolò la posizione del meridiano sul circolo azimutale, affetta. ancora dall’er- rore di collimazione. Ora, se si dice r l’eccentricità del Cannocchiale e è Ja distanza al- l'oggetto mirato; se e è la costante assoluta di collimazione. cioè la divergenza da ‘0° dell'angolo che la linea di mira fa coll'asse orizontale, e se 2 è la zenitale dell’oggetto mirato, sappiamo che sì ha : r lettura az. destra — lett. az. sin. + 180° OS 5 sen 1° 2 cosec 2. Se applichiamo alla polare, ò = 0, e le letture azimutali si cambiano nelle posizioni del meridiano nelle due posizioni del cerchio zenitale : si ha danque, per collimazione alla polare : e POSÎZ. merid. destra — posiz. merid. sin. + 180° o) 2 cosec 4. Invece, se applichiamo a Faro, la cui zenitale è 90°.11' circa si ha r lett. azim. destra — lett. azim. sin. + 180 SI RA 2 seni” 9 (2) & In tal modo, per ogni strato, si hanno due determinazioni di ciascuna collimazione si alla polare che al Faro; con esse si corressero le posizioni del meridiano e le Jetture azimutali della lanterna, e si ottenne l’azimut di questa, mediante la differenza : azimut lanterna = lettura detinitiva alla mira — posiz. corretta meridiano Nel quadro seguente sono raccolti i risultati di queste riduzioni, e dell’ azimut della Lanterna per ogni singola osservazione ; dopo seguirà la discussione relativa alle collimazioni ed alle inclinazioni. È SULL’ORIZZONTE DELLA SPECOLA GEODETICA DELLA MARTORANA 261 Deduzione dell’ Azimut Lanterna-Faro "1-2 25 Angolo orario] Azimut Posizione | Collimazione aiat CES jiData E 6; E | della Polare | della Polare | del meridiano della Lentatià (a ON i; alla Pol.| al Faro 1899 | 0° D | 0h.39m.57s1 |—U".16°.27”3| 0%18.54”,5 16°.43’,28”,3 Gènn D 42 .59 2 10.AL 8 18.58 2 25.1 È 3”.6|+20”,6 DA S 56 .45 .1 23.15 .0| 180 18.46 .8 t al 26 4 S 58 .58.3 24 .08 .U 18 .48 3 26 2 1898 | 20° | S |23.12 .58.4 |{+0.19.20 .5| 199.58.00.1 33.1 Dic. S 15 .05..7 13,28 .8 58 .03 .5 i Sagt9 a tenia Bi, 19 D 46 .37.6 05.32 3 19 57.10 9 ui Sui 1899 | 40° | D | 0.02 .18.4 |-0.21.27 6| 39.58.22.9 30 2 9 SRO 3.5 27 S 67 .30.7 20.31 8| 219 .58.27 .5 Tr 29 .8 S 69 .39.6 2922. 58.28 4 312 1599 60° D 23.11 16 .1 t 0.20.01 .4 59.58.59 .6 91 .5 Genn D 138 .02.5 19.18 3 58 57.8 31.0 ; —41 2-23 1 5 S 20 .59.4 16.04 .5| 940 00.39 8 32 .1 S 22 .50.4 15.19 .2 00.38 .9 30 3 1899 | 800 | D | 0.04 .05.7 |— 0.01.41 5| 79 59.42 4 33 .8 A Genn D 06 .05 .0 02.31 .1 59 47 .0 29 .0 —41 4|—25 .0 A 4 12 S 21 .11.5 08 45 .8| 250.01.25 .8 30 .7 È S 93 178 09.37 .8 01.25 8 31 .9 SR È 1898 | 1000 | D |22.46 .29.3 |+ 0.29.54 .0| 99,59 21 33.2 EE Dic D 50 .16 4 28.20 .7 59 21 28 .0 i —26 .2|—12 2 31 S 60 .08.9 24.29 .5| 280.00.26 .0 31 .3 S 61 .49.1 23 49 .3 00.24 2 29 .9 262 + AZIMUT DELLA LANTERNA DEL FARO Deduzione dell’'Azimut Lanterna-Faro È CIC Angolo orario i Posizione Collimazione Azimut Data = 2 ® È S | della Polare | della Polare | del meridiano della Lanterna À S alla Pol | al Faro 1899 | 120° D Qh.51m.025.2 | — 0°.20°.* 6?.8 | 119°.58°.35”.5 16°,43?.27.”?8 Genn D 530 1200 DIO) 58.34 .3 30 .1 + 1°.2|+14”.2 23 S 67 .17.6 PT2OTDI 29958 TOS OdG S 69 .27.1 28.17 .9 58.30 .1 30 .1 1899 | 140° S 23 .34 .31.0 |+ 0.10.32 .0| 320.00.34 .9 267.6 Genn. S 36 .06 .7 Goa 00.35 9 28 .6 —41 5-23 .7 5 D 55 .06 .5 Oi 1391585409, 240 D 56 .54.7 1.169 58.587 28 38 1899 | 160° D 0.15 445 |—0. 6.30 .8| 160.59.22 .5 25 4 Genn. D 18 .08 4 SO 09, 92104 28 .0 —20 .2|_— 0.4 19 < 29° 122.2 12.07 .5| 340.00 11 .b 27 6 s 31 59.9 13.12 2 00.12 4 dt Non sarà fuor di proposito, prima di venire al risoltato finale, di rivedere le circ 0 stanze di collimazione e di inclinazione. Ammeîttendo che la costante assoluta di collimazione , che indicammo con ce sia la stessa al Faro e alla Polare, il che è poco probabile in generale, sarà agevole dedurre, dai valori delle due collimazioni riportate nella tavola precedente , il valore della collimazione paralattica rispetto al Faro, che è, come dicemmo, eni giacchè dette 4, € ì valori alla Polare e al Faro. riportati nella tavola precedente, sì ha subito, dalle (1), (2): (A $ sen Talon Riuniamo nello specchietto seguente, per ogni strato, insieme ai ‘valori di que- 3 ; MAST LXO — qu SULIORIZZONTE DELLA SPECOLA GEODETICA DELLA MARTORANA 2 bi st ultima quantità, anche le inclinazioni medie verificatesi in ciascuna reiterazione, e si ha: A Lembo Sonda Inclinaz. 0° 177.0 — 6.8 20 16 .5 —2.0 40 15 .0 —4 2 60 18 .1 +4 .6 80 16 4 +2 8 L0 14 .0 — 2 .8 120 13 .0 + 1.0 140 17 8 + 4.9 160 19 .8 —2 4 Da questo specchietto, discutendo prima i valori si vede che il loro me- 7 ò sen l""” dio è 7 ja ò sen 1” = 167.4 Intanto, dai valori sopra citati di » e di d, cioè: r = 20€, $ = 2100", si ha che tal valore dev'essere LI POS (3) ò sen 1” Frai due valori, vi è, dunque, una differenza di 3.2, che sta, almeno in parte, a rappresentare il cambiamento della costante di collimazione, che si verifica quando si varia da 0° a 51° circa l’inclinazione del cannocchiale : poichè vedremo che non facendo D'1% variare tale inclinazione si trova, da misure comparative, il vero valore di Ven 1”: Ciò € risulterà dalle misure fatte per orientare il Faro rispetto a M. Alfano. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. 3A Q64 AZIMUT DELLA LANTERNA DEL FARO Quanto alle inclinazioni, si vede dallo stesso specchietto, che la media di esse pei nove strati, è: — 0”.54 = — 0.12 e questa circostanza è importante, perchè un eventuale errore nella conoscenza della sen- sibilità della livella, non ha alcuna influenza sull’azimut definitivo, in questo caso. Del resto, tale errore non sarebbe neppure a temersi, avendosi esatta conoscenza di detta sen- sibilità. Riunendo in medie i valori dell’azimut strato per strato, abbiamo il quadro sinot- tico seguente : Ricavando di qui l’azimut definitivo, aggiungendovi l’aberrazione diurna in 0".32 e ricavando l’error probabile, si ha infine : Azimut lanterna Faro = 16°.43’.29”.65 + 0".44 Per confrontare, ora, l' orientazione della lanterna del Faro nella sua piccola fase rispetto alla specola, colla orientazione dell’ asse della torre dello stesso Faro, misurai l'angolo fra detto asse e il segnale trigonometrico di 1° ordine di M. Alfano, di cui è noto l’ azimut, come sopra fu detto. Il parafulmine breve e dritto impiantato alla som- mità del cupolino della lanterna, fu considerato come asse-Faro, ed è ottimamente col- Reiter. T.embo I 0° II 20 III 40 IV 60 V 80 VI 100 VII 120 VIII 140 IX 160 Az. lant. Faro 16° 43’26”.50 S1 .05 30.06 S1 .20 S1 35 30.60 28 .90 27 .62 26 .67 SULL’ORIZZONTE DELLA SPECOLA GEODETICA DELLA MARTORANA 265 limabile. Il segnale di M. Alfano è una piramide di m. 2,60 di altezza. Gli strati doppi furono nove, come i precedenti: aggiungo che la zenitale di M. Alfano è di 88°.41'.43” il che permise non tener conto della livella, operando ad istromento al più possibile ret- tificato. Osservazioni dell'angolo Alfano-Asse Faro. 8 Tae Media dei microscop]j Collimazione È È d Angolo Alfano-Faro HA SN Asse Faro Monte Alfano Faro Alfano 08% D 283 03’.01?.5 0°.02?.06??.3 + 127.0 | — 5”.7 ‘(6°.59’.22?.5 S 1USROZESTRO 1LS0rO DMS? 20 D 303 .02 41 .8 20 .01 .46 .6 > +15.0|—- 1.5 DLE S 123.02 .11 .8 200 .01 .49 .6 40 | D | 8323.02.27 6 40.01 33 .9 eo peo 23 7 S 143 .02.02 .T 220.01 .43 .7 60 D 343 .03 .21 .5 GORO2SZIERO +11.2|-.2.1 23 .6 S 163 02.59 .0 240.02 .35 .8 80 D 3.02.09 .4 80.01.04 .3 +13 3|—- 44 21 .6 S 183.01 .33 .8 260 .01.13 2 100 D 23.03.54 7 100 .03 .01 .5 +11 .1|—- 3.6 LI6 S 203. 03 .32 .4 289 .03 .08 .8 120 D 43.04.17 .5 120.03 .22 4 +12 .5| — 4.8 DOS S 223 .03 .52 .4 300 .03 .32 .0 140 D 63.02.20 1 140 .01 .26 .0 +13 S|—- 3.7 23 4 ; S 243 .01 52 .4 320 .01 .33 .5 TENDE SIC 83.03.05 2 160.62 .06 9 ‘19 Sex 2®t8/ 19.1 y S 263.02 .37 .5 340.02 .14 .0 Da questi valori sì ricava Santo Lied DN I Angolo Alfano-Faro 60.59.2212 02.36 Per confermare quanto sopra si diceva, sulla variabilità della costante di collima- 266 AZIMUT DELLA LANTERNA DEL FARO zione, deduciamo dalle ultime misure il valore di + al Faro, come lo deducem- no ò sen 1 mo dalle misure di azimut, e il cui valore sappiamo dovere essere dato dalla (3). In- tanto la distanza, d!, Alfano-Martorana essendo 14426".7, si ha, per Alfano : È n = 810. d! sen 1’ Se indichiamo con f, a i numeri contenuti nelle colonne 5* e 62 del quadro prece- dente, avremo subito la costante assoluta di collimazione, c, e la collimazione parallat- tica al Faro, dalle formule : ce=a—3" ——=f-c=f—-a+3" I risultati, sono i seguenti : e 1h Lembo e I sen 1” 0° — 87.7 + 20”.7 20 LA45 + 19.5 40 —8 .0 + 20 .5 60 — 5.1 + 16 .3 80 MA: +20 7 100 — 6 _.6 +17. 120 — Rag + 20 .3 140 2S:6,07 + 20 .5 160 o, +29 8 I valori medi di queste, sono : c= — 6".8 EE RESTI (4) | ò sen 1’ | SULL'ORIZZONTE DELLA SPECOLA GEODETICA DELLA MARTORANA 26 Quest’ ultimo valore coincide esattamente colla (3), mentre quello dedotto dalla lare si vide alquanto diverso. Questo mostra che la c non può tenersi costante alla lare e all'orizzonte; mentre è naturale che il valore (4) coincida con (3) perchè le I po- po- col- limazioni ai due punti terrestri son fatte nelle stesse condizioni di quasi orizzontalità del cannocchiale. L’azimut di M. Alfano determinato nel 1891 è: 93°.42".51".24 L 0".32 Sottraendovi l'angolo Alfano-Faro sopra determinato, abbiamo Azimut asse-Faro -= 1 6°.49'29".12 4 0".49 Confrontando col valore dell’azimut della lanterna, che trovammo, Azimut lanterna Faro = 16°.43‘.29”.65 + 0”.44 si vede che il difetto di centrazione della lanterna è, almeno risp>tto alla Martorana, di mezzo secondo : vale a dire piccolissimo, se si pensa alla vicinanza fra l’ uno e l’ altro punto: quindi il Faro offre una ottima mira per la Martorana; e queste misure confer- mano il valore dell’azimut di Monte Alfano, determinato nel 1891. LE REGIONI DALL'ARIA NELLA “DIVINA COMMEDIA ; NOTA DEL Prof. F. ANGELITTI 1. La scienza nella Divina Commedia. — Qualche anno fa, in una lettera al Prof. Francesco d’ Ovidio, ebbi a scrivere che nella Divina Commedia, la quale è tes- suta sopra un vero e completo sistema cosmogonico , che ne forma per dir così 1’ ossa- tura, la scienza c'entra come parte integrante, e non come un ornamento di lusso, o uno sfoggio inutile di erudizione. Nè dissi cosa nuova; perchè in ogni tempo è stato ricono- sciuto che il poema sacro, abbracciando tutto quanto il sapere del tempo, richiede, per la sua intelligenza, larghi sussidi scientifici. Lo Scartazzini, parlando di tali sussidi, sì esprime così: «Del tutto indispensabile è la conoscenza dell'astronomia del medio evo, « senza la quale un bel numero di terzine dantesche sono assolutamente inintelligibili. « Delle scienze naturali del tempo, Dante nelle sue opere non si mostra digiuno; ma « in questo riguardo egli attinse costantemente alla propria accurata e fina osservazione « della Natura, non già ad osservazioni futte da altri cd ai loro lavori. » (1) Anzi il dotto dantista va più oltre e dice: « Le opere di Aristotele, di San Tommaso, di Boezio «e di altri filosofi e teologi dell’ antichità e del medio evo sono indispensabili non solo «al dautista, ma eziandio al serio dantofilo. Ed almeno i tre nominati devono essere un « po famigliari eziandio al principiante. » (2) Ed io, sebbene creda che oggi non siano molti gli scienziati maturi negli anni e negli studi, che oserebbero vantarsi di aver fami- liari le opere di Aristotele, vorrei in parte sottoscrivere, e dire : chi non conosce l’astro- nomia e la fisica del tempo, almeno nelle sue nozioni elementari, non prenda a studiare (1) Dantologia, Milano, 1894, pag. 31. (2) Ibidem. ladini i atleti Minnie LE REGIONI DELL'ARIA NELLA DIVINA COMMEDIA 269 il poema di Dante, come Platone diceva: chi non conosce la geometria, non entri nel tempio della scienza! Sennonchè, bisogna confessarlo, in generale gli stessi commentatori di Dante hanno finora atteso con poca accuratezza alla parte scientifica della Divina Com- media, e in molti punti lianno ripetuto antichi errori senz’ aleun discernimento critico. Nella quistione delle regioni dell’aria secondo Dante, ciò è avvenuto in modo più parti- colarmente curioso. 2. Il primo giro considerato come il limite dell'atmosfera. — Hanno creduto alcuni che al Zmite superiore dell’aria si accenni nella splendida descrizione dell’ azzurro del cielo, che Dante esce a rivedere sulla spiaggia del Purgatorio (I, 13-16): Dolce color d’ oriental zaffiro, che s’ accoglieva nel sereno aspetto dell’ aer puro infino al primo giro, agli occhi miei ricominciò diletto, dove per prùno giro hanno inteso lo strato dell’ aria più lontano dalla terra, ovvero la superficie di separazione tra l’aria e la sfera del fuoco. Ma di questo primo giro del canto I del Purgatorio sì sono finora date diverse inter- pretazioni. 1*.) La prima e più antica è quella di Pietro di Dante, che per il prémo giro qui intende l’orizzonte : « Illa pars coelì et emisphaerii, ubi fingit se fuisse, nobis oppositi, ; 5 7 è o 3 3 È : È 3 ” o . Pag. 286 I. La deposizione delle uova . £ è 1 - 7 3 . . ò . >» 289 II. Il nido della Mantis religiosa . $ . è : i: . s o î » 291 III. Confronto col nido di altre mantidi . x c - : ; - ; . » 301 IV. Come la mantide costruisce il nido . È È : 5 c ; È È » 306 V. Sulla biologia dello sviluppo 3 ; 7 ; ; , 6 ? ; È » 314 LAVORI CITATI . ; L : 7 È : ° : : : è È : » 325 INTRODUZIONE 9-0 Pochissimi insetti al pari della mantide religiosa hanno destato la curiosità e la fan- tasia degli uomini fin dalla più remota antichità. L’ attitudine tranquilla e meditativa , le lunghe zampe anteriori congiunte in avanti, un po’ levate verso il cielo in atto di raccolta preghiera le avranno certamente meritato il nome greco di Mavttse profeta , in- dovino, come quello di Prego-Dieu de’ Provenzali, Prie-Dieu de’ Francesi, Gottes- ambeterin de’ Tedeschi. La scienza ha conservato ambo le idee contenute in questi nomi popolari battezzando l’animale Mantis religiosa. In alcuni luoghi della Sicilia si conserva ia tradizione greca, e si chiama la Martis col nome di ’nrivina vinturi (divinatore della sorte). In altri luoghi i contadini siciliani, forse meno poeti, ma non meno superstiziosi de' Greci antichi, han dovuto spesse volte osservare la mantide in atto di divorare tran- ntblicacionitni de in DN PPT i SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 287 quillamente altri insetti, e, associando nella loro fantasia questi cruenti costumi con l'aspetto strano e misterioso dell’ animale, han fatto di esso il simbolo della morte : lo chiamano infatti "a morti (la morte). Se il nome non è più lo stesso, è uguale il senso di mistero, il sentimento religioso e fantastico, di cui tanto gli antichi che i moderni popoli hanno avvolto lo strano animaletto (1). Da tempo la mantide ha attirato l’ attenzione de’ naturalisti; ma una monografia biologica veramente completa sulla Mantis è stata scritta soltanto recentemente dal ge- niale naturalista J. H. FABRE, il celebre autore dei « Souvenirs entomologiques ». Egli (97) descrive con mano maestra ì costumi e la vita della Mantis religiosa e dell’ Empusa pauperata, e, sebbene non tutte le sue teorie si possano accettare, sarebbe impresa vana voler gareggiare con la sua esposizione smagliante e attraente, e mutare o aggiungere qualcosa alle sue descrizioni. Quel po’ che si conosce sulla biologia delle mantidi esotiche, è stato eccellentemente riassunto dallo SHARP (95), e qualche altra osservazione si può leggere ancora nel BREAM; cosicchè, per non ripetere cose già dette fo a meno di parlare della vita delle mantidi. Colgo però l'occasione di dire che ho avuto il piacere di verificare io stesso quanto si conosce sulla vita e sui costumi della mantide religiosa. Spesso ho in- contrato in aperta campagna degli individui accoppiati nel momento in cui il maschio, assorto nelle voluttuose dolcezze dell’ amore, è divorato tranquillamente, senza lotta nè ‘resistenza dalla compagna ed ho veduto il maschio ormai senza testa nè torace, ridotto ad un moncone, ancora ostinato, come dice il FaBRE, a voler dare la vita! Queste usanze non sono dunque aberrazioni prodotte dalla prigionia, ma costumi ordinari della vita libera : una femmina può accoppiarsi successivamente con molti maschi e a tutti far subire la mede- sima sorte; il maschio non gusta l’amore che una volta sola. La voracità della mantide è del resto straordinaria. Avendo dovuto molte volte recidere alla base l'addome di Martis (1) Però yi sono de’ popoli sulla cui fantasia la Mantis non ha molta presa. È noto che alcune mantidi esotiche sono battezzate dagli indigeni con nomi suggeriti dalla rassomiglianza con foglie o rametti di piante. A Piana de’ Greci, piccola colonia albanese in Sicilia, la Mantis ha il nome di frua, imitante benissimo il suono prodotto dalla Mantis quando apre le ali; nell'isola di Pantelleria è solamente usato per denotarla il nome di affuca gaddini (strozza galline): le galline infatti, molto ghiotte di Mantis le ingoiano belle e vive, ma per mala ven- tura spesse volte ne restano soffocate, perchè i possenti uncini delle zampe anteriori dell’in- setto si attaccano alle pareti della gola delle malcapitate. Ecco pertanto due piccoli popoli della Sicilia, al par dei lontani indigeni delle Indie orientali, ricavare il nome dell’ osserva- zione di fatti quotidiani. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. ha S06 288 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI gravide, ho visto con sorpresa che l’individuo così mutilato non rifiuta il cibo, non rifiuta neanco le proprie viscere, che le ingoia anzi avidamente e che, simile al celebre cavallo del barone di Miinchhausen, le butta fuori man mano dallo estremo troncato. La voracità poi raggiunge il massimo nelle femmine gravide, tra le quali spesso hanno luogo lunghi e accaniti duelli che meriterebbero una descrizione quale potrebbe uscire dalla penna fiorita di un FABRE. D'ambo i lati si adoperano tutte le arti per terrorizzare l'avversario; si guatano dapprima fieramente con la testa alta e minacciosa , e, divaricando poi con nn rumore caratteristico orizzontalmente le elitre e verticalmente le ali, assumono la cosidetta posa spettrale (1). Presto sì slanciano 1’ una contro l’ altra, e cominciano un duello silenzioso ma accanito, in cui tutto il gioco vien fatto dalle zampe anteriori, fornite di aculei e di un fortissimo uncino. La mira di ognuna è di confieccare questo uncino nella nuca del- l’avversaria, alla faccia superiore del corpo tra la testa e il torace. L’ animale così ghermito cerca di liberarsi per mezzo delle zampe anteriori dall’ uncino che lo punge, facendo de movimenti simili a quelli che sogliamo far noi con le braccia per scacciare dalla nuca una mosca. È un movimento molto curioso , il quale dà all'animale un non so che di umano, ma che è eseguito anche da animali decapitati. La puntura alla nuca, per una azione non ancora studiata, riduce all’impotenza la bestiola : ma se questa riesce per caso a liberarsi dall’uncino, o sela mano umana viene a liberarla, riacquista subito la sua prontezza e ripiglia la lotta con nuova lena e forse con nuova fortuna. !l più delle volte però l’ avversaria non la lascia sfuggire e co- mincia a strapparle con morsi e ‘a divorarle uno degli occhi. Costantemente il pasto comincia da un occhio e prosegue dai capo in giù: spesso non va al di ]à della testa, rimanendo in questo caso la vittima viva ma decapitata. La lotta fra due mantidi ha (1) Recentemente il d.r WERNER ha descritto questa posa caratteristica (Zeit. f. Natur und Haus, 98) e siccome il suo referente StIcHEL (Berl. entomol. Vereines, gen. 99) metteva in dubbio la verità dell’osservazione, Vicror TREUDL l’ha riconfermata (Insecten-Bòrse, mar- zo 99). Ma già il FABRE (97) aveva dato una descrizione magistrale e una bella figura della Mantis in questa attitudine. Però mentre FABRE ritiene che la Mantis assume questa posa per intimorire e paralizzare le prede più pericolose, WERNER e TREUDL l’hanno veduta pren: dere da animali spaventati col bastone. Io posso confermare ambo le osservazioni e credo perciò che la posa spettrale, pur riuscendo minacciosa per gli altri e di grande utilità per la mantide, sia presa da questa sotto lo stimolo dello spavento, per un riflesso particolare; a guisa di que’ movimenti istintivi e riflessi provocati in noi e in altri mammiferi dalla paura e che giovando tanto alla propria protezione, sembrano eseguiti volontariamente per intimo- rire il nemico, allontare un pericolo, o diminuirne gli effetti. iii tici TA ARI PRINT” ML vg va vd ghi sn » LAT TE E SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 289 qualcosa di umano, specie per il movimento delle zampe anteriori e per la mobilità della testa, la quale, potendo rotare in tutti i sensi, permette (caso unico fra gli insetti) di dirigere lo sguardo a volontà ; ed è perciò uno spettacolo che desta molto interesse. Le mantidi, posseggono un mirabile istinto materno e al momento di deporre le uova le involgono in modo al sommo grado ingegnoso entro un involucro comune di sostanza schiumosa , il quale costituisce l' oofeca 0 il wido che dir sì voglia. Anche il nido ha suscitato molta curiosità nel popolo e nei naturalisti e dal RoseL al FABRE una falange di valentissimi naturalisti l’ha studiato. Io, che ho dovuto per due anni consecu- tivi raccogliere nidi appena deposti, per ano studio intrapreso sulle prime fasi di sviluppo delle uova, ho avuto occasione di osservare in campagna molte volte la depo- sizione e poi di studiare la struttura del nido, e mi sono accorto che non solo il modo di formazione, ma la struttura stessa non è esattamente conosciuta , e siecome le mie osservazioni rischiarano un po’ questo argomento, credo opportuno renderle note. I. La deposizione delle uova. Mentre l'accoppiamento comincia già dal mese di agosto, la deposizione delle uova ha luego dagli ultimi di settembre ai primi di novembre. Durante i mesi di agosto e settembre le Mantis si presentano col ventre via via sempre più gonfio, per l'in- ‘grossare delle uova, e cambiano più volte di colorito. Spesso si osservano delle Mantis grigie ed altre verdi, e si è creduto da molti che questi colori rappresentas- sero adattamenti ai vari ambienti, allo scopo di nascondersi agli sguardì delle vit- time. Ma nella medesima località si trovano Mantis di tutte le tinte tra il verde, il giallo e il grigio. E una stessa Mantis cambia di colorito parecchie volte durante la vita. La tinta grigia delle mantidi è dovuta alla colorazione della cuticula, sotto di essa si trova sempre l’ ipoderma di un bel verde erbaceo. Ho supposto perciò che il colorito verde fosse nascosto da quello della cuticola quando questa è ispessita e invecchiata : dopo la muta infatti ricomparisce un bel colorito verde che a poco a poco diventa più pallido, passa al giallo e poi al grigio, appunto man mano che cresce lo spessore della cuticola stessa. Non si può disconoscere però che nel complesso il colorito della mantide sia protettivo: tutte le gradazioni di tiute che questa subisce si trovano ne’ luoghi ove abita. Le alte erbe della primavera grigie o giallognole danno ombra al verde tappeto delle basse erbe autunnali. così che Ja Mantis facilmente scomparisce fra le une o si confonde con le altre. Al momento di fare il nido le Mantis possono avere qualsiasi co- lorito tra i succennati, talchè non esiste relazione costante tra l'epoca della deposizione e il numero delle mute subite. La mapntide possiede due ovarii simmetrici, ciascuno formato da 30-40 tubi ovarici, 290 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI in ognuno de quali è contenuto un grandissimo numero di uova di tutte le grandezze. Ma siccome soltanto + o 5 uova di ogni tubo ingrossano e maturano, un animale può deporre in una sola volta da 200 a 400 uova. Questo gran numero di uova durante la deposizione viene avviluppato da una sostanza speciale proveniente da due glandule apposite, Je quali, come gli ovarii, sboccano nella vagina. Tutte queste uova mature e le due grosse glandule turgide di sostanza tecale gonfiano l'addome delle femmine e le rendono pigre ed inerti. L’i- nerzia giunge a tal punto che preferivo riunire in un dato sito della campagna moltissime femmine dal ventre tondeggiante, invece di portarle a casa, sicuro di ritrovarle là nei giorni seguenti e di poterne osservare la deposizione in istato di libertà. Giunto il mo- mento opportuno e le uova essendo già pronte ad uscire, la mantide si trascina lentamente su di una pietra o su di un fuscellino resistente e ben secco, e, quando il sole è alto, comincia adagio adagio a costruire il nido, che porta a compimento in un’ora circa di non interrotto lavoro. In questa lunga operazione, emette continuamente dall’estremità posteriore del corpo una materia bianca schiumosa, che serve a costruire il nido ; e man mano che depone nuovi strati di uova e schiuma, avanza lentamente senza mai voltarsi indietro a riguardare la propria opera. Il mondo esterno sembra esserle estraneo : si può infatti alzare la pietra sulla quale lavora, portarla parecchi chilometri lontano, la si può rivoltare in tutti i sensi, si può anche molestare leggermente 1’ animale senza ché esso cessi dall’emettere la fluida schiuma. Mentre l’ attitudine generale dell’ animale è stupida e la parte anteriore immobile , la parte posteriore è in incessante attività : l'addome si contrae e si estende alternamente mentre oscilla da destra a sinistra e viceversa, emette a rapidi intervalli della schiuma, la modella, vi si affonda, se ne allontana, e tutto ciò è ripetuto mille volte con grande regolarità e pacatezza. Terminato il nido, la Martis rimane ancora molti minuti im mobile, con l'estremità del corpo ancora aderente al nido; poi, come se si svegliasse da un sogno, si scuote, comincia a camminare e si allontana senza dare il minimo sguardo al frutto delle sue viscere. Staccando la Mantis dal nido, mentre ancora è a mezzo dell’opera, e poi ritornando subito a riporla nella primitiva posizione , essa continua l’ opera come se nulla le fosse accaduto. Se la si stacca definitivamente, per la violenta commozione interrompe allora per qualche ora il suo lavoro; ma presto lo ricomincia, e costruisce un nuovo nido che, salvo la lunghezza, è in tutto uguale ad un nido normale. In tal modo ne ho ottenuti anche in astucci di latta, in involtini di carta, fino nelle mie tasche. Una Mantis però cui interruppi la deposizione e che immersi iu un’ atmosfera d’etere, senza ucciderla, non ripigliò il lavoro nè quel giorno nè i giorni seguenti. È un fatto assai curioso che tutte le Mantis di una data località le quali fabbricano aaa ‘ : SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 291 il nido nello stesso giorno, lo facciano anche alla medesima ora : da mezzogiorno all’una in settembre e parte di ottobre, e poi sempre più tardi man mano che si abbassa la temperatura ; sicchè in novembre l'ora della deposizione può essere le tre o le quattro dopo mezzodì. Mai in circostanze normali, ho visto una Mantis deporre le uova, nè ho rinvenuto un nido allora allora deposto fuorchè nelle ore suddette. È difficile spiegare il perchè della deposizione simultanea, perchè le Mantis che debbon deporre attendano un’ora prefissa, passata la quale bisogna rimandino la faccenda alla dimane. Questo fatto deve avere un perchè fisiologico, come forse ne ha uno biologico. Sorge spontanea l’idea che sia necessaria per un tempo determinato l'azione di un certo grado di tempe- ratura e di una certa intensità di luce sul sistema nervoso dell’ animale, perchè questo si disponga a deporre. Il FagRre dice che la deposizione avviene di notte; ma le mantidi, delle quali egli parla eran prigioniere, e forse presentavano delle aberrazioni d’ istinto cagionate dalla prigionia, o non risentivano le influenze del mondo esterro con molta prontezza. Se le circostanze meteorologiche e di nutrimento sono favorevoli, altre uova negli ovarii ingrossano, e la Mantis può fabbricare con intervallo di poche settimane due o più nidi: cosicchè alla fine dell’anno può avere deposto da 600 a un migliaio circa di germi capaci di svilupparsi. Ma giunge ben presto il tempo in cui, anche con l’addome già ingrossato per nuove uova mature, la Mantis cade sfinita e muore lentamente. Spesse volte dopo aver co- struito l’ultimo nido rimane sul posto non avendo la forza di allontanarsi e dopo pochi giorni muore. Nei primi di novembre quei luoghi, che furono teatro delle sue rapaci ag- gressioni e de’ suoi pasti luculliani, sono cosparsi dei suoi resti boccheggianti, già invasi e devastati dalle formiche prima ancora di esser del tutto privi di vita; la testa è già putrefatta, mentre le zampe posteriori con le ultime contrazioni , manifestano ancora un segno di vita. II. Il nido della Mantis religiosa. Il nido è quasi ovoidale se è attaccato ad un fuscello, schiacciato sur una faccia se fisso ad una pietra, sulla cui superficie piana si è modellato. Tre o quattro centimetri di lunghezza su due di larghezza e uno e mezzo di massima altezza sono le sue dimen- zioni ordinarie. È quasi simmetrico rispetto alla linea mediana, che corre alla superficie superiore nel senso della maggiore lunghezza (fig. 1). Appena costruito è molle e bianco come cera, ma ben presto si dissecca e diventa di un biondo più o meno dorato, simile a quello di una spiga di grano maturo. La fig. 1 lo rappresenta attaccato su di una pietra orizzontale, ma è da notare che 992 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI mai l'animale fabbrica il nido in questa posizione, ma sempre su di una parete laterale de’ sassi o su fuscellini ritti sul terreno. Soltanto per comodità di esposizione supporrò orizzontale la superficie che sta attaccata alla pietra e la chiamerò base del nido. Una delle estremità del nido è tondeggiante e convessa, l’altra tronca, sporgente in alto con una punta più o meno distinta; si può quindi distinguere l'estremità prima formata (la convessa) (fig. 1, ep) dall’ estremità formata in fine, che è quella appuntita. Siecome la fabbricazione procede dall'estremità convessa verso l’acuta, mentre l’animale, che tiene l’e- stremo dell'addome aderente al nido, avanza lentamente nella stessa direzione, chiamerò estremità posteriore del nido la prima formata, anteriore quella formata in ultimo. La superficie superiore convessa è divisa in tre zone longitudinali di aspetto dif- ferente. La zona mediana presenta due serie longitudinali di brevi lamelle embriciate come le squame de’ pesci, alternantisi ai due lati e con le estremità libere rivolte verso il polo anteriore (figg. 1 e 12). Fra due lamelle consecutive di ciascuna serie si apre uno stretto passaggio che conduce nell'interno del nido e da cui usciranno poi le gio» vani larve; e perciò chiamerò campo di uscita questa zona squamosa. Le due zone laterali sono perfettamente chiuse, ma presentano 20-30 solchi trasver- sali paralleli un po’ arcuati con la concavità rivolta verso il polo anteriore e che sono in continuazione coi margini delle lamelle libere del campo di uscita (fig. 12). Questi solchi sono il segno della stratificazione del nido, composto di tante lamelle parallele trasversali che separano gli strati di uova. Nelle zone laterali il nido è soffice ed elastico; il che dipende in gran parte dalla speciale struttura delle lamelle del nido, le quali, deposte come schiuma, solidificandosi trattengono nel loro spessore un gran numero di bolle d’aria che, oltre ad aumentare il volume del nido e lo spessore della zona protettrice delle uova, accrescono anche la elasticità delle lamelle stesse, La fig. 2 dà un’esatta riproduzione della immagine che offre al microscopio un frammento di una delle più sottili lamelle del nido, e mostra il contorno delle bolle racchiuse nello spessore della lamella. Ma ordinariamente le lamelle sono più spesse di quella disegnata e contengono, invece di uno, parecchi strati di bolle che offrono un’imagine microscopica molto intricata e di quasi impossibile rappre- sentazione. Le bolle sono di varie dimensioni, e in certi punti si scorgono anche ad oechio nudo. Strappando con una pinza queste parti soffici che stanno sotto la superficie del nido, ci accorgiamo che esse formano un cuscino prctettore intorno ad una porzione centrale, dura e resistente. Questa porzione interna torma un nocciolo giallo-bruno allungato nel senso della massima lunghezza del nido e in cui sono contenute tutte le uova. In questo nocciolo le lamelle sono d’un biondo più scuro che nell’involuero spugnoso super- ee SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 293 ficiale, ma sempre abbastanza pellucide da potersi leggere attraverso ad esse uno scritto. Le lamelle han la consistenza di membrane animali disseccate, o di brattee vegetali e danno alla pressione quello scricchiolio speciale di «uesti corpi. La sostanza te- cale è insolubile nell’alcool, nella benzina, nel xylolo, nel clorofomio, nell’olio di nafta, negli olii essenziali e nell’etere ; sicchè non può ascriversi fra le sostanze grasse, nè fra le resinose. Brucia con fiamma gialla, e con l'odore nauseante caratteristico delle sostanze azotate ; lascia un piccolissimo residuo di ceneri bianche che non ho potuto analizzare. Ancora da fare, e per molti rispetti difficile, è l’analisi della sostanza del nido. Ho cercato di vedere almeno a qual gruppo di sostanze organiche di secrezione si potesse ascrivere e specialmente le sue analogie con le materie cornee , chitinose e con le menbrane del- l'uovo. Sarebbe troppo lungo esporre in tutti i particolari le esperienze fatte: mi limito perciò a riassumerne i risultati principali nel quadro seguente, che mostra il comportamento della sostanza del nido, del corion delle uova di Martis, della chitina degli insetti e delle sostanze cornee de’ vertebrati di fronte ad alcuni reagenti comunemente usati in simili esperimenti. AZIONE SULLE SOSTANZE IN ESAME DE’ REATTIVI: SOSTANZE acido SPERIMENTATE | cloridrico ps lia ipoclorito ipoclorito sor a freddo a 50° 0. di potassa di soda Sostanza tecale scioglie com-|quasi nessuna,|rammollisce, e,|nessuna. scioglie con - pletamente do-|soltanto ram-|dopo azione di formazione di po alcune ore..mollisce un/più giorni, di- bolle e di un poco. scioglie, la- fine precipita- sciando un mi- to. nuto precipi- tato. Corion delle uova |scioglie dopo|nessuna. discioglie in |nessuna. scioglie con un'ora. poche ore. formazione di bolle e di un fine precipita- to. Chitina nessuna. nessuna nessuna. scolora e ren-| rende traspa- de poco consi-| rente. stente. Sostanze cornee scioglie lenta-|rammollisce,|non provata |discioglie com-|nessuna. mente. gonfia e cor- pletamente. rode. Da questo quadro risulta che la sostanza del nido è ben differenziata con i reattivi suddetti dalle sostanze cornee e dalle chitinose, ma non dal corion delle uova di Mantis. 2904 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI È da credere che delle differenze chimiche ci siano, come è differente il loro modo di origine e il loro aspetto. Inoltre è assai probabile che il corion dell’ uovo di Mantis sia fondamentalmente costituito da quella sostanza organica speciale contenente solfo e trovata da TroHomirorr (84) nel corion delle uova di Bombdyx mor: e chiamata da ]ui corionina. Molto difficile sarebbe determinarlo direttamente, ma mì è stato possibile assodare, mediante la reazione del cloruro di bario, dopo 1’ azione dell’ acido nitrico fumante che scioglie completamente la sostanza del nido, che im questa non esiste traccia di solfo. Anche la materia di cui è composta l’ooteca della Blatta vien disciolta dall’ipoclorito di soda (WHEELER, 89) perciò deve essere esclusa dalle sostanze chitinose , fra le quali finora si è ascritta. Le esperienze riferite concordano, per quanto riguarda le sostanze chitinose e cornee, con i dati di Aperto LecaiLLon (98), e mostrano inoltre che la sostanza tecale della Mantis è completamente diversa da quegli inviluppi ovulari di alcuni coleotteri, chiamati épichorions da questo autore che li ha recentemente studiati (98). Questi epicorion rivestono ogni singolo uovo al di fuori del corion; ma nella Mantis la sostanza secreta forma, più che un epicorion, un vero nido, ove sono accolte tutte le uova di una deposizione, perciò ritengo opportuno conservare nel nostro caso il nome consueto di ooteca o di nido. Le lamelle del nido son disposte in due serie longitudinali, una a destra e l’altra a sinistra del piano sagittale del nido stesso. Però ogni singola lamina oltrepassa questo piano e s’intromette tra due dell'altra serie , cosicchè nella regione mediana del nido vi è un addentellamento di lamelle alternantisi dell’una e dell'altra serie. Le uova sono perpendicolari alla base del nido e disposte le une a fianco delle altre in strati tra- sversali (fig. 4) interposti tra due lamelle consecutive della stessa serie. Di modo che esistono nel nido due serie di strati di uova, disposti, come le lamelle, normalmente al piano sagittale del nido, a destra e a sinistra. Per farci un'idea di questa architettura tagliamo il nido parallelamente alla base, un paio di millimetri al disopra di questa. L'immagine che si avrà sott'occhio sarà rap- presentata dalla fig. 6. Si distingue in essa la estremità posteriore del nido (ep), l’ an- teriore (ea), un ovale interno a contorno giallo-bruno molto spesso (ne) che è la se- zione del nocciolo centrale e che sembra diviso in due metà da un setto longitudi- nale non rettilineo, ma a zig-zag, che forma un numero considerevole di piccoli angoli i cui vertici alternamente si trovano a destra e a sinistra (fig. 6. sl) Dai vertici di questi angoli partono d’ambo i lati, normalmente al setto, delle lamelle di teca che divi- dono il nocciolo interno in tante camere schiacciate rappresentate nella fig. 6 da altret- tanti rettangoli adiacenti (co). In queste camerette stanno racchiuse le nova, le une accanto alle altre (fig. 4, 6, xo), di eni nello spaccato orizzontale del nido compariscono soltanto SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 295 le sezioni trasversali, cioè tanti circoletti biancastri. Si vede in modo assai chiaro che le camere ovifere di una metà del nido non sono in linea retta con quelle dell’altra metà, ma che sì alternano con queste: in corrispondenza di ogni camera di una metà del ni- do si trova nell'altra metà una delle lamelle divisorie di due camere consecutive. Tutto intorno al nocciolo centrale pieno di uova si vede uno spazio vuoto (25) attraversato da lamelle trasversali ondulate, saldate fra loro alla superficie del nido e cbe sono in conti- nuità con le lamelle divisorie delle camere ovifere. Ma all'estremità anteriore e posterio- re del nido le lamelle tecali non lasciano tra loro camere d’uova. Siccome queste lamelle esterne al nocciolo centrale, hanno una struttura grossolanamente schiumosa, nell'insieme formano intorno al duro e resistente nocciolo un soffice invilup- po, che è stato da molti considerato addirittura come una schiuma omogenea e denominato dal. FABRE (97) zona schiumosa, (fig. 4, 5, 6, 25.) Dalla figura 6 e dalla 4 risulta chiaramente la disposizione degli strati di uova nel nido, ma non abbastanza quella delle lamelle. Per comprendere bene quest’ultima bisogna stac- care successivamente i singoli strati di uova e le singole lamelle tecali , preferibilmente in nidi che abbiano soggiornato in alcool o che siano deposti da poche ore. Per mezzo di questa operazione, ripetuta in più che un centinajo di nidi, e con l’aiuto di discreti ingrandimenti, sono in grado di presentare nella fig. 7 lo schema di una se- zione orizzontale simile a quella della fig. 6. Le dimensioni delle camere ovifere sono molto più ingrandite che l'insieme del nido, e le pareti delle camere ispessite oltre mi- sura, per le necessità del disegno. Ho voluto, per rendere chiara la struttura e non con- fondere le linee, disegnare le due serie di lamelle con due colori diversi. Tutte le lamelle, salvo le anteriori e le posteriori del nido, dalla zona schiumosa, penetrano nel nocciolo centrale, e formano i setti divisori delle camere ovifere. Una lamella, per esempio la lamella di destra /, arrivata dalla zona schiumosa alla superfi- cie del nocciolo centrale, si salda con la lamella seguente /,, piega indietro e scorre per un paio di millimetri lungo la superficie del nocciolo, facendo parte della parete laterale di una camera ovifera, dopo di che si salda con la lamella precedente /, e sì biforca. Ura delle lamelle figlie, la più spessa, piega normalmente al piano sagittale e costituisce la parete anteriore della camera ovifera co,, l’altra (lc), che è molto sottile, una pellicola appena percettibile, piega in alto e poi di traverso, tappezzando la parete laterale e posteriore della medesima camera ovifera. Lungo il piano sagittale le due la- melle figlie chiudono la camera, riunendosi in unica lamella la quale prosegue nel- l’altra metà del nido ove prende parte alla formazione del setto divisore delle due camere co, e co,. Così i setti divisori e le pareti esterne delle camere ovifere son for- mati di tre lamelle saldate e il setto longitudinale è costruito con il concorso di tutte Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. 38 296 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI le lamelle ed è doppio in tutta la sua lunghezza per la saldatura di lamelle appartenenti alle due metà del nido (fig. 7). Importa far notare che ogni camera ovifera è tappezzata non da due lamelle di- stinte, saldate ai lembi, ma da una sola ed unica lamella sdoppiata, nel cui seno è im- merso lo strato di uova, sul quale infatti la lamella si è modellata. Per l’addentellamento delle lamelle di un lato con quelle dell’altro il nido è abba- stanza solido; e le lamelle, piegandosi nella maniera descritta formano, saldate le une alle altre, un involucro speciale all’insieme delle camere ovifere, cioè al nocciolo centrale. Ogni camera ovifera è dunque ben chiusa ai lati, e inferiormente sotto le uova ove sta uno spesso strato di materia tecale (fig. 4); in alto invece si continua con uno stretto canale, che viene ad aprirsi alla superficie tra due scaglie consecutive embriciate del campo di uscita. Dunque lungo la regione mediana del nido, al disopra delle camere ovifere esiste una doppia .serie di stretti canali, diretti tutti obliquamente verso 1’ asse longitudinale della superficie del nido. E ogni canale di una serie entra come cuneo tra due canali dell’altra serie, in modo che i canali si alternano nelle due serie anche più evidentemente delle rispettive camere ovifere. Questi canali meritano una speciale attenzione. Tagliamo dapprima un nido lon- gitudinalmente , secondo un piano parallelo e vicinissimo al sagittale, che passì perciò attraverso il campo di uscita presso a poco lungo la punteggiata gg delle figg. 4, 7 e 12. Lo spaccato così ottenuto è rappresentato, lievemente ingrandito, nella fio. 8. Insieme al profilo generale dell’ooteca si riconosce che le lamelle son saldate tra loro alla base del nido stesso, costituendo così il pavimento delle camere ovifere , e che poi sì elevano dapprima quasi verticali, poi curvandosi considerevolmente in avanti. Si vede pure la posizione esatta di ogni singolo uovo. ‘ i Le uova della Mantis religiosa, e quelle di altre mantidi, hanno una forma allun- gata gradatamente appuntita alle estremità (fig. 3). Delle quali una è meno grossa dell’altra e corrisponderà alla testa dell’ embrione, talchè la chiameremo polo anteriore dell'uovo (fig. 3, pa); l’altra rappresenterà il polo posteriore (pp). La sezione trasversale dell'uovo è circolare, ma di profilo l'uovo si presenta allungato e un pò curvo con una faccia convessa (fig. 3, f,) e una concava ({5). È avvolto da due membrane protettrici : una aderente al tuorlo, la quale non è membrana vitellina, ma un corion, che ho chia- mato (97) endocorion per distinguerlo dall’altra membrana, dall’ excorion (fig. 3, exe). Quest'ultimo lascia un certo spazio pieno di liquido tra sè e il primo, specialmente ai poli opposti dell’uovo (fig. 3), e costituisce intorno all'uovo e poi all’embrione una specie di cella. Dentro le camere le uova stan tutte rivolte con la faccia concava all’estremità an- teriore del nido, e perciò il leggero curvamento dell’ uovo coincide col curvamento delle PERITO PIER A ti SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 297 lamelle; e inoltre ogni uovo poggia sulla base del nido con il polo più grosso, il poste- riore, e con il polo anteriore guarda in alto, verso la sommità del nido (figg. 4 e 8). Abbiamo già detto che dall'esterno si può penetrare dentro ogni camera ovifera e viceversa soltanto per lo stretto canale di uscita, anch'esso, come le lamelle, curvato in avanti, cioè verso l'estremità anteriore del nido (fig. 8, e). Ma al di sopra delle uova, dentro la camera ovifera, è una lamella speciale (fig. 8 /e), che, saldata alla parete po- steriore della camera, attraversa obliquamente e diretta in alto la larghezza della ca- mera stessa e va ad addossarsi e combaciare, senza saldarsi, con la parete anteriore della camera, chiudendo quest'ultima quasi ermeticamente. La fig. 8 che comprende tutte le camere e i canali rispettivi della metà destra del nido mostra appunto in /e la traccia verticale di queste lamelle che potremo chiamare lamelle di chiusura. La lamella di chiusura non giunge alla superficie, ma rimane nascosta nell’interno del nido; termina liberamente all’estremo superiore, ma ai margini laterali del canale si fonde con la lamella anteriore del canale stesso, cosicchè è obligata a combaciare in alto con questa, e solo una spinta dall'interno o d’ avanti in dietro può allontanarnela e la- sciare aperto il passaggio tra la camera e il canale, mentre una spinta dal di fuori nen ha altro risultato che chiuderla più saldamente. La lamella di chiusura è dunque una porta automatica che si chiude da sè e si fa difficilmente aprire dagli estranei. Che cosa rappresenta questa lamella di chiusura ? Usando del mezzo già esposto dell’i- solamento successivo delle lamelle e degli strati di uova si può costruire lo schema della fig. 9, che riproduce, ingrandita, una porzione della fig. 8, e in cui son tralasciate le uova e disegnate invece tutte le singole lamelle che formano i setti. Siccome questa se- zione è fatta lungo la retta q9 delle fio. 4, 7 e 12 cioè attraverso la metà destra del mido, le lamelle rappresentate da linee rosse appartengono a questa metà e quelle rappre- sentate da linee nere sono appartenenti alla metà sinistra, insinuatesi tra Je lamelle della serie di destra. Confrontando la fig. 9 con la 7 si vede che ogni setto divisore delle ca- mere ovifere è composto di 3 lamelle saldate: una che costituisce la parete anteriore delle camere, l’altra intermedia proveniente dalla metà opposta del nido e infine una terza sottilissima che forma la parete posteriore delle camere. È questa stessa lamella (fig. 7, 70) che, giunta a mezzo dell'altezza del nido, staccandosi dalle altre due e piegandosi obli- quamente in alto e in avanti, costituisce la lamella di chiusura (fig. 9). E mentre essa si fonde con la lamella principale lungo i margini laterali della camera ovifera (fig. 7, /, e le), la sua porzione superiore (lamella di chiusura) sì fonde con la medesima lungo i margini laterali del canale di uscita (fig. 11, / e /c). Nelle figure 8 e 9 si vede ad un certo punto il setto divisore delle camere ovitere, scindersi nelle sue lamelle elementari 7, e /,, le quali lasciano tra di loro uno spazio che rappresenta la sezione verticale del canale di uscita delle camere appartenenti alla 298 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI serie di sinistra. Infatti ogni canale di uscita delle due serie, essendo diretto obliqua- mente verso la linea mediana (fig. 4), entra come cuneo tra due dell’altra serie, perciò una sezione longitudinale vicinissima al piano sagittale comprende i canali di una metà e gli angoli interni di quelli dell’altra metà. Ci faremo un concetto più completo della disposizione de’ canali se consideriamo una sezione orizzontale del nido parallela alla base di questo, fatta al disopra delle uova. In questa sezione osserviamo lungo la regione mediana una doppia fila di buchi a sezione ellittica (fig. 10, ses) e ai lati e alle estremità le solite lamelle della zona schiumosa (25) continuantisi con la parete de’ buchi. A prima vista sì crederebbe che questi fori sieno i canali di uscita, ma basta infi- larvi una setola o un ago per accorgersi che terminano a fondo cieco e che sono invece gli spazi estravalvolari (vedi figg.8 e 9, ses). Alla parete anteriore di ogni tubo è ad- dossata la lamella di chiusura della camera corrispondente; ma per scorgerla non è suf- ficiente neanco una forte lente, bisogna introdurre un ago tra la parete anteriore e la lamella di chiusura, e spinger questa indietro, come è indicato in le nella fig. 11, che rappresenta una porzione ingrandita della fig. 10. La fig. 11 non è uno schema come le figg. 7 e 9, perchè il percorso delle lamelle de’ due lati si scorge, per mezzo di una discreta lente, anche senza bisogno di dissezionare il nido: di schematico non vi è che il colore differente dato alle lamelle de’ due lati. Si distingue chiaramente che ogni lamella di una serie, per esempio la lamella 2, ora sal- dandosi , ora staccandosi da due lamelle consecutive (2, e 7,) dell’altra serie, forma con esse due spazi estravalvolari, di uno de’ quali (ses) costituisce le parete anteriore e dell’altro (ses,), appartenente all’altra serie, la parete posteriore. Confrontando le figure 7 e 11 si vede che la lamella /, come si sdoppia nella camera ovifera in due lamelle secondarie tra le quali sono tenute prigionere le uova (fig. 7), si scinde in alto in due lamelle figlie che però lasciano tra loro uno stretto spiraglio (fig 11, c) donde si libereranno i giovani al tempo della schiusa. La posteriore di queste due lamelle è appunto la lamella di chiusura le e vien rappresentata nella fig. 11 in varie posizioni, nelle quali sì suppone tenuta da un ago, perchè nella posizione ordinaria non sì distingue dalla parete anteriore del canale stesso. Siccome la sezione di questi tubi è ellittica (figg. 10 e 11) e le loro pareti sono superficie curve, sotto la spinta interna si apre fra la lamella di chiusura e la lamella anteriore un passaggio sufficiente per l'uscita della larva (figg. 9 e 12, e); mentre se queste due lamelle. combacianti fossero piane sarebbe impossibile che si allontanassero 1’ una dall’ altra. Una differenza tra le sezioni 7 e 11 è che nella prima le lamelle entrando nella zona schiumosa si dirigono in avanti, mentre nella seconda si dirigono indietro , il che succede anche alla superficie del nido, (fig. 12) ove le estremità delle scaglie del campo mediano si lasciano Por e SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 299 molto indietro i solchi delle facce laterali. Questa differenza si spiega col fatto che le la- mèlle del nido hanno subìto nella regione mediana superiore un curvamento considerevole in avanti (figg. 8 e 9) così che in alto la parte laterale delle lamelle è rimasta in dietro rispetto a quella centrale; in basso è avvenuto il fenomeno inverso, il che vedremo in un capitolo seguente. Se ora togliamo, cominciando dall’ estremità convessa o posteriore del nido , alcuni degli strati di uova e le lamelle corrispondenti, avremo una successione d’ imagini che potremo facilmente comprendere. La fig. 4 ci presenta una di queste imagini. Otto uova bianchicce occupano metà della larghezza del nocciolo centrale e sono disposte quasi come raggi di un quadrante, le une accosto alle altre, le laterali un po’ inclinate verso la linea mediana del nido e tutte rivolte con la faccia convessa verso l’ osservatore. La camera ovifera sì restringe in alto e si continua col canale di uscita (c), che si apre poi nella regione mediana, sul campo di uscita. D’ambo i lati del canale di uscita, del nocciolo centrale e anche spesso al disotto, sta la zona schiumosa (fig. 4, 2s), sulle cui lamelle chiare si scorgono a prima vista le bolle d’aria, mentre nel nocciolo centrale e nei canali le lamelle sono lucide, lisce e molto più brune. Se nella fig. 4 supponiamo tolte le uova e staccata con precauzione la lamella sottostante 7,, vedremmo un’imagine simile alla fig. 5 ove non compariscono an- cora le uova di sinistra, indovinandosene nondimeno il rilievo sotto la finissima pellicola lc. Questa sottile lamella è saldata con la lamina /, lungo i margini della camera ovifera e del canale di uscita, mentre in alto forma la lamella di chiusura della camera sotto- stante e termina con un margine libero appuntito. Strappando la lamella di chiusura compariscono le uova, disposte nella camera ovifera di Sinistra in modo simile a quelle della camera di destra. È inutile continuare la descrizione degli spaccati successivi e moltiplicare le figure, perchè si riprodurrebbero alternamente le stesse imagini descritte e figurate or ora. Il nido è formato adunque di due metà strettamente connesse l’una all'altra, ognuna delle quali contiene una serie di camere piene di uova chiuse da tutte i lati, fornite sola- mente in alto di un’ apertura munita del resto di due porte speciali: una interna e l’altra esterna. Non si può fare a meno di ammirare la grande regolarità e nello stesso tempo la complicazione dell’ architettura e la solidità. della costruzione, e di notare che tanta regolarità e perfezione è raggiunta col giuoco spontaneo di organi apparentemente im- perfettissimi. Confronti con le descrizioni precedenti. I naturalisti, che recentemente si sono occupati del nido, ne hanno abbastanza esat- *) 300 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI tamente stabilito la forma esterna, ma della struttura interna hanno avuto un’idea molto incompleta. PERRIER (70), BronenIART (81), FABRE (97) ed altri sostengono infatti che il nido è formato di «za serie di strati di uova divisi da lamine e circondati da schiuma e non han veduto la doppia serie di camere alterne, per aver trascurato le sezioni orizzontali e la paziente dissociazione degli elementi del nido. Nessuno ha mai avvertito la presenza delle lamelle di chiusura. BronGNIART però fa notare che ogni camera è separata in due logge da un sottile setto antero-posteriore e che in ogni loggia le uova sono disposte in modo che «la por- tion de l’oeuf qui constituera l’extremité de l’abdomen est appliquée contre la paroi (sulla base) tandis que les tètes regardent en avant (in alto) et obliquement, et sont toutes appliquées l’une contre l’autre. Uhaque loge centrale renferme une douzaine d’oeufs, con- tenus chacun dans une sorte d’ alvéole gommeuse ; les loges des deux extrémités de la coque en renferment un nombre moindre. » Il numero di uova, superiore a quello osservato da me nella Mantis, si spiega con il fatto che il BroneniART non descrive il nido della Mantis religiosa, ma quello di qualche altra specie vicina, ch'egli aveva raccolto in Algeria. In verità egli non nomina la specie studiata, ma le figure del suo 2° lavoro (82) e specialmente la fig. 2, ch'io riporto nella fig. 23, mostra chiaramente cone sì tratta di un’ altra. Siccome il nido si avvicina per tanti caratteri a quello della Mantis religiosa è da supporre che la sua struttura fondamentale sia identica a quella ora descritta. Il setto antero-posteriore che, secondo BRONGNIART, divide le camere in due logge; deve essere il risultato del percorso delle lamelle e della disposizione delle uova in due serie alterne. Che nella fig. 23 com- pariscano le uova in ambo i lati sì può spiegare supponendo poca attenzione nel togliere le lamelle che le coprivano. ; L'alveolo gommoso poi, che circonda, secondo BRonGNIARI, ogni singolo uovo, è for- mato dall’excorion di cui ho già parlato (fig. 3, exe) e che ho disegnato un po’ esagerato nella fig. 8 (exec). Dentro il nido le uova aderiscono con i loro excorion lateralmente le une alle altre, e nelle facce concave e convessa anche alla teca. Dai nidi appena de- posti sì può estrarre l’uovo con ambo gli involucri, ma, dopo alcune ore, la materia tecale si è attaccata sì fortemente all’ excorion, che è impossibile isolare l’ uovo insieme con questo. L'esame microscopico però non lascia alcun dubbio sull’ identità dell’ excorion dell’uovo e della parete dell’alveolo di BRoNGNIART. FABRE infine (97) dà una bella descrizione del nido, ma confonde due strati succes- sivi di uova, appartenenti a metà diverse del nido, in uno solo, per il che assegna ad ogni strato due vie di uscita anzichè una sola, supponendo che « une moitié des sor- tans se libérera par la porte de droite et l’autre moitié par la porte de gauche. » . ici Mt ea SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 301 Eppure un’antica osservazione del FiscHER (53) avrebbe potuto servir loro di punto di partenza. FiscHER, infatti, diede una descrizione sommaria del nido, alla quele ben poco hanno aggiunto le altre, e che volentieri riporterei per intero se non fosse noioso ripetere cose già dette. Fra l’altro a pag. 122 dice: « Dissepimentum medium lngitudinale , quod camerae singulae unius alteriusque lateris alternatim contingunt, nec non dissepimenta parva, cellulas singulas intra cameras invicem separantia facile e fio. 7* (Tav. II) cogno- scîs, quae glebam ovorum apertam, a me in saxo montis nostri « Schlossberg » inven- tam repraesentat. » è Se questo periodo è troppo conciso e oscuro, la fig. 7* è assai chiara e mostra lo spaccato orizzontale del nocciolo centrale di un ooteca vuota; in essa si distingue chia- ramente l'alternarsi delle camere a destra e a sinistra di un setto mediano longitudinale, cui sì riferisce la frase che ho trascritta in corsivo. Benchè il FiscHER non avesse visto altro dell’interna struttura, è un fatto che egli pel primo stabilì esser le camere ovifere disposte alternamente in due serie. Io, senza conoscere, come forse non l’hanno conosciuto gli scrittori posteriori, il lavoro del naturalista tedesco , ho trovato per mio conto tale struttura e l’ho brevemente descritta or sono parecchi mesi (98). E anche ora avevo redatto questa 2° nota, assai più completa della prima, senza conoscere l’opera del FiscHer, alla quale però, grazie alla cortesia del dott. G. RiGGro, sono in tempo a rendere giustizia. Il FiscHER dice inoltre che le camere ovifere son divise in celle, in ognuna delle quali sta un novo. Questa è una semplice apparenza che offrono i nidi dopo la schiusa; e son sicuro che tale era il nido dello « Schlossberg » studiato da lui. Infatti quando i giovani escono, lasciano nel nido i loro excorion, i quali, ho detto, son saldati alle pareti delle camere ovifere e adiacenti l'uno all’altro. in uno spaccato orizzontale del nido abbandonato , gli excorion sembran de’ setti che dividono le camere in piccole cel- lette quadrate. Oguuno di questi setti apparenti è formato da due excorion addossati l’uno all’altro, e non contiene materia tecale; così basta passare un ago dentro la camera per spazzar via queste fragili pareti. III. Confronto col nido di altre mantidi. 1. Nido dell'Ameles spallanzania, Rossi (figg. 13-16). Questa strana specie, assai rara a Ficuzza , luogo ov'io l'ho rinvenuta, fabbrica un grazioso piccolo nido giallo aranciato, splendente per vivi riflessi di luce dovuti alla strut- | periore, son gonfie e a pareti così sottili e trasparenti da presentare, come le bolle di | sapone, que’ fenomeni ottici speciali che danno all’ooteca il suv splendore caratteristico. 302 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI Attaccato ai sassi, il nido (fig. 13 e 14), quasi tanto largo che lungo e un po’ ir- regolare nel contorno della base, presenta la faccia superiore molto convessa e sormontata da una cresta longitudinale molto spiccata, la quale termina con punta aguzza all’ e- stremità anteriore, che è l’ultima formata del nido (fig. 13 e 14, ea). Il nido è solcato su ambo i lati da una diecina e più di solchi trasversali, che dalla base del nido si spingono alla base della cresta, lungo la quale salgono, inclinandosi fortemente verso la punta aguzza (fig. 14). Questi solchi, limiti di divisione tra i diversi strati dell’ ooteca, spiccano, specialmente sulla cresta, per un colore giallo aranciato più intenso. I margini laterali superiori della cresta sono dentellati, e i dentelli, mollemente arrotondati, corrispondono ciascuno a uno strato della ooteca. Lungo la sommità della cresta, tra i margini laterali, vi è un solco, dove sboccano i canali di uscita, ciò che può vedersi nello spaccato trasversale del nido (fig. 15, s/c). Questo solco è colmato da un cemento bianchiccio, che chiude ermeticamente le aperture delle camere ovifere e che, visto al microscopio, si riconosce essere fatto di schiuma finissima, la quale, appunto per la sua finezza, assume in massa una tinta biancastra. La disposizione delle lamelle e delle uova è identica in fondo a quella del nido di Mantis. La fig. 16 mostra una sezione orizzontale, parallela alla base di uno de’ più grossi nidi. Vi sì scorge la sezione cordiforme del nocciolo centrale ove stan racchiuse le uova in camere schiacciate, perpendicolari al piano sagittale, e alternantisi a destra e a sinistra. Intorno al nocciolo centrale v’ ha una zona lamellare (2s), che è la zona schiumosa. Il modo con cui si origina questa disposizione è identico a quello che si è veduto per la Mantis, e perciò rimando il lettore allo schema della fig. 7. Una differenza di una certa importanza fra i due nidi esiste riguardo alle vie di uscita. Nella Ameles manca il così detto campo di uscita formato nella Mantis da una doppia serie di lamelle embriciate e alternantisi (figg. 1 e 12), ed esiste invece la cresta longitudinale. Le lamelle del nido, invece di terminare liberamente e costituire le due serie di squame, son saldate fino alla cima, e tutte le estremità delle lamelle di destra, saldate fra loro, costituiscono la parete di destra della cresta, e tutte le estremità sal- date di quella di sinistra, ne formano la parete di sinistra, lasciando nel mezzo il solco (fig. 15, s/c) riempito di schiuma finissima. Togliendo questa schiuma e guardando nel solco si vede dal fondo di esso sorgere due file di appuntite lamelle alternantisi ai due lati e molto inclinate in avanti, le quali sono le estremità delle lamelle di chiusura delle camere ovifere, poichè anche qui questa chiusura non è trascurata. Tralascio di figurare una sezione sagittale, ma stimo opportuno dare nella fig. 15 lo spaccato trasversale del nido. Le uova, un po’ più piccole di quelle di Martis, ma di forma identica, son disposte come queste, e nella fig. 15, ove è supposta tolta la porzione posteriore Ro MIAO Vert ) SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 303 del nido, presentano all’osservatore la faccia convessa. Occupano esattamente la metà della parte inferiore del nocciolo centrale, il cui spaccato è pressocchè triangolare (fig. 15, ne). La lamella di chiusura di una camera ovifera, per esempio la lamella Ze della serie di si- nistra, s'innalza restringendosi gradatamente dalla base fino al fondo del solco, ove ter- mina in punta. Al di sopra delle uova essa, staccandosi dalla lamella 7, (della serie di destra), si piega fortemente in avanti fino a combaciare con la lamella seguente del setto di sinistra, con la quale è inoltre saldata lungo i margini laterali della camera ovifera corrispondente , non visibile nella fig. 15. La lamella di chiusura è dunque triangolare col vertice che sporge nel solco, a destra o a sinistra della linea mediana secondo che chiude una camera di destra o di sinistra (fig. 15). Come nella Mantis, si può spingere indietro con l’ago o per una pressione dal di dentro, così da lasciare aperto il passaggio alla giovane larva. La chiusura delle camere, specialmente pel cemento di schiuma che mura tutte le vie di uscita, è abbastanza ben fatta, e siccome questa leggera sostanza sì di- strugge facilmente, le Ameles depongono in punti riparati dalle vicende atmosferiche e di preferenza sotto le pietre, attaccando i nidi alla faccia inferiore di queste. 2. Nido dell’'Ameles brevipennis, Yersin (fig. 17 e 18). Questa piccola specie, assai comune in Ficuzza, è nuova per la Sicilia, o per lo meno da nessuno è stata menzionata.—Depone circa un mese più tardi delle due specie precedenti, non prima di novembre. Come la Spallanzania, attacca il nido alle pietre, e di preferenza alla loro faccia inferiore, al riparo dalla pioggia e dai venti. Il nido, rap- presentato di profilo e ingrandito due volte nella fig. 17, è piccolo, allungato , grigio, rigato vagamente. d’un bel verde cupo in alto, lungo la parte superiore dei solchi tra- sversali. Anche qui questi solchi, corrispondenti agli strati interni, sono curvati verso l'estremità anteriore aguzza, la quale termina con un lungo ed affilato sperone di ma- teria tecale. Il nido alla sommità non è convesso come quello di Mantis, nè sormontato da una cresta come quello dell’Ameles Spallanzania, ma va restringendosi gradatamente dal basso in alto, così che la sezione trasversale rappreseuta presso a poco un triangolo isoscele. Lungo la sommità, fra i due orli dentellati; scorre una bianca striscia orizzon- tale, larga appena un millimetro , costituita, come nella precedente specie, di finissima schiuma, posta in un solco longitudinale, e che ricopre e mura tutte le vie d’uscita delle camere, le quali sboccano appunto in fondo al solco. Ma il nido dell’ Ameles brevipennis è quasi del tutto privo di zona schiumosa , cosicchè si può equiparare al nocciolo cen- trale della Spallanzamia (fig. 15). Nella fig. 18 si vede leggermente ingrandita la se- zione orizzontale del nido, che presenta a destra e a sinistra di un setto mediano una diecina di strati, contenenti ciascuno due uova. Questi strati non sono perfettamente nor- Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. X.XII, 39 304 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI mali al piano sagittale, e si alternano a destra e a sinistra. Le lamelle del nido hanno la solita struttura schiumosa in tutti i punti, ma per la mancanza di una ben svi- luppata zona schiumosa il nido è duro e resistente alla pressione, non soffice come quello di Mantis, e dell'A. spallanzamia. Per la disposizione delle uova, delle lamelle divisorie. e delle lamelle di chiusura è identico però a quest’ ultimo e in fondo anche a quello di Mantis, al di cui schema rimando il lettore (fig. 7). 3. Nido della Fischeria baetica, Ramb (?) Non tanto frequente ma abbastanza comune ho trovato un nido, simile a quello dell’ Ameles brevipennis, e che è rappresentato nella fig. 19. Però è largo e lungo circa il doppio, e relativamente alquanto meno alto. È anch’ esso grigio ma sprovvisto delle leggiadre righe verdi e della dentellatura agli orli della sommità. Presenta in alto una larga striscia biancastra costituita della solita finissima schiuma, nella quale si os- servano le tracce delle lamelle trasversali. Poichè mancando le emergenze laterali che formano il solco nelle Ameles, le lamelle affiorano alla superficie, e sono disposte simil- mente a quelle della Mantis, salvo che non sono embriciate, cosicchè gli spazîì estraval- volari resterebbero spalancati se non fossero murati con la schimma. La disposizione reciproca delle uova e delle lamelle divisorie e di chiusura è identica a quella del- l’Ameles brevipennis. Soltanto manca qui qualunque accenno di cresta, e di zona schiu- mosa. Il nido è duro e provvisto di pareti esterne assai consistenti. La sezione orizzon- tale (fig. 20) ci mostra con grande evidenza l’alternarsi degli strati di uova ai due lati, perchè le camere sono notevolmente inclinate, formando col piano sagittale un angolo acuto aperto verso l’estremità anteriore del nido. Non posso dire con certezza a quale specie appartenga questo nido, benchè lo abbia una volta visto deporre. Il 5 ottobre 1896 m’imbattei nell’ animale che fabbricava uno di questi nidi sur una pietra, e mi accorsi di aver dinanzi una mantide, che fino allora mi era sconosciuta. Fui obbligato a lasciare in pace I animale , proponendemi di racco- glierlo al mio ritorno. Ritrovai poi il nido ma non l’animale. Più tardi acquistai quasi la convinzione che si trattasse della Fischeria baetica , specie asiatica già rinvenuta in Sicilia dal dott. Rigo (89). Questa supposizione non è però certezza, perchè non ho trovato descritto in nessun libro il nido, forse sconosciuto, della Fischerza. 4. Nido della Hierodula bioculata, Burm. Il nido di questa specie è stato studiato dalla compianta signorina M. PAWLOWA, (96) su alcuni esemplari provenienti dal Monte Sinai. La Hierodula somiglia moltissimo alla Muntis religiosa, e anche i loro nidi si rassomigliano. E poichè nella breve deseri- zione che la signorina PAwLOWA dà del nido della Hierodulu ella segue il PERRIER e in i 2 Da r* SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 305 parte il BROGNIART, è giustificata la supposizione che ella sia incorsa nel medesimo errore di questi autori. Aggiunge di suo un particolare degno di nota, cioè che gli embrioni rivolgono tutti la faccia ventrale verso la medesima estremità dell’ooteca, il che sì veri- fica, come vedremo in seguito, anche nella Mantis. 5. Nido dell'Empusa pauperata, Latr. (fig. 21 e 22). Una descrizione della conformazione esterna di questo nido si trova già in BRUNNER Von WATTENWYL (82), ma m'interessa riportare quella che ne dà il FABRE (97). Son nid..... mesure un centimètre de longueur au plus... La forme générale est celle d’un trapèze dont les moindres còtés seraient, l’un faiblement convexe, et l’autre incliné en talus. D’habitude, au sommet de ce talus se dresse un appendice filiforme rappellant, sous un aspect plus delié, l’éperon final des nids de la Mante et de |’ Amzeles... Six ou sept sillons, peu sensibles, découpent les flanes en tranches courbes. Après l’éclosion, sur la eréte de l’ édifice, s’ouvrent une douzaine d’orifices ronds, en deux rangées qui alter- nent. Ce sont les portes de sortie des jeunes larves. La margelle, un peu saillante , se continue d’ une ouverture è l’ autre en une sorte de ruban è double série d’anses alter- nées..... Ces trous de sortie , si réguliers de forme et d’ arrangement, conplétés par les cotes latérales du nid, donnent l'image de deux mignonnes flùtes de Pan juxtaposées. À chacun correspond une loge où se dressent deux oeufs. » Basta gettare uno sguardo sulle figure 21 e 22, che riporto dal FABRE, per convincersi che la disposizione alterna dei fori di uscita è l’espressione dell’alternarsi degli strati di uova e delle logge corrispon- denti, disposti in due serie longitudinali. Anzi si può asserire che il nido dell'Em- _pusa ci presenti la conformazione fondamentale del nido della Mantis con una semplicità » ed evidenza quasi schematiche. 6. Confronti generali. Se dunque nella Mantis religiosa , nell’ Ameles Spallanzania, nell’ A. brevipennis, nella Fischeria (?) e nell’Empusa il nido ha un’identica conformazione fondamentale, si può supporre che questa debba essere generale per tutta la famiglia delle mantidi. Del resto non mancano esempi in altri ortotteri, al di fuori di questa famiglia, di uova deposte in due serie alternantisi. Nel 1879 KaApyI potè stabilire che nella Peripla- neta «im fertigen Cocon findet man die linglichen Eier vertical gestellt, und in zwei alternirende Reihen geordnet »; BLOCHMANN (88) trovò una conformazione simile nell’ooteca di Blatta, e WHEELER (89) nel nido di Blatta e di alcune altre blattidi. Inoltre WHEELER (90) dice che nel Xiphidium ensiferum le uova scendono alternamente da ambo gli ovarii e vengono deposte in due serie; e poichè non sono rivestite da alcuna capsula, l’eminente embriologo americano considera quel fatto come un ricordo del tempo in cui tutti gli ortotteri 306 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI deponevano le uova in capsule; ma è più probabile che ciò dipenda dalla conformazione dell'apparecchio genitale. IV. Come la mantide costruisce il nido. Perchè la costruzione del nido possa aver luogo, due condizioni principali debbono esser raggiunte. Primieramente bisogna che tutte le uova mature degli ovari siano libere di scivolare dentro i tubi ovarici e nell’ovidutto, sotto le contrazioni delle pareti di questi condotti. Tale condizione si raggiunge soltanto verso la fine dello sviluppo delle uova ovariche, quando l’epitelio follicolare, che imprigiona ogni uovo in una camera distinta, vien lacerato e riassorbito intorno alle uova mature, e quando il setto cellulare che separa 1’ ultima camera ovifera dall’ovidutto viene forato. La 2° condizione si riferisce alle glandule tecogene, le quali debbono esser ben ricolme di materiale. Le glandule tecogene (glandule annesse o collaterali o sebifiche) sono due enormi glandule tubulari che sboccano nella vagina e che si ramificano nella cavità del- l'addome dicotomicamente un gran numero di volte. La materia solida e schiumosa del nido è nelle glandule liquida e omogenea; essa è elaborata dalle cellule dell’ epitelio delle glandule stesse. Siccome la struttura di questo epitelio è stata studiata recentemente dal FenaRD (96), aggiungerò soltanto che l’epitelio secernente s'incontra quasi sempre in vari stadî funzionali nelle diverse regioni di una glandula. Le cellule nel periodo di secre- zione si allungano verso il centro del tubo, e, assottigliandosi, lasciano fra di loro degli spazi intercellulari ; alla loro estremità che guarda il lume del tubo si forma una vacuola piuttosto vistosa, la quale versa il suo cuntenuto nel tubo stesso. Questo processo è con- temporaneo per tutte le cellule poste in una data regione, piuttosto limitata della glan- dula, cosicchè, per la secrezione simultanea, si origina una placca sottilissima di materia jalina e rifrangente adiacente all’ epitelio di questa regione. Nella quale la formazione della vacuola e la secrezione possono avvenire in breve tempo parecchie volte di seguito, in modo che alla fine sì viene a formare, addossata all’epitelio, una spessa placca della sostanza ialina, nella quale si scorge la successione dei diversi strati formati dalle secre- zioni successive. Dopo questo periodo di attività, le cellule entrano in riposo, diventano piatte, non formano più vacuole, e altre regioni dell’epitelio entrano in attività. Il fatto che la sostanza secreta rimane aderente all’epitelio secernente indica che essa non è liquida, ma piuttosto vischiosa; però ben presto diventa più scorre- vole, perde la struttura stratificata e si fonde con la sostanza liquida già esistente nel lume della glandula. Oltre a divenire liquida, diventa meno rifrangente, prende un colorito biondo e differenzia nel suo seno un grandissimo numero di cristalli che si mostrano, iso- ee "| PIPPA TI % i di a Mii ta Ù SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 307 lati o a gruppi, sospesi nella fluida massa. Son microscopiche lamelle esagonali allungate o rettangolari (fig. 28), spesso geminate o sovrapposte in gran numero in un sol fascio. Le loro dimensioni sono variabili e possono superare i 100 u. Duc®amPSs (Revue des scien- ces naturelles, Montpellier T. VII, N. 4, citato dal Kapyr) ha osservato nel contenuto della glandula sebifica sinistra della B/atta cristalli di ossalato di calcio; si potrebbe credere perciò che anche questi della Man/is sieno costituiti di tale sostanza, ma la inso- lubilità di quest'ultimi nell’ acido cloridrico, esclude completamente questa supposizione. Sarebbe compito di una ricerca speciale assai delicata risolvere i varii problemi che sì riferiscono alla natura e all'origine di questi cristalli; qui mi limito a rilevare che essi sì son precipitati nel seno della sostanza già secreta, poichè nè nelle cellule secernenti, nè nella sostanza appena secreta si rinvengono mai. Il comportamento della sostanza fluida delle glandule annesse rispetto ai reagenti è identico a quello del nido; mentre questo però è insolubile nella potassa caustica a freddo, quella vi si scioglie. Anche la materia tecale della B?atta, secondo WHEELER (89) è solubile nell’idrato potassico quando è nelle glandule, insolubile quando s’indurisce al- l’aria; da ciò non si può arguire però, come ha fatto il WHEELER che si tratti di chitina, perchè l’ipoclorito di soda (tra gli altri reagenti) differenzia benissimo la sostanza del nido, tanto delle mantidi che delle blatte dalla chitina (Vedi quadro a pag. 293). Il liquido tecale, uscito all’esterno dalla fessura genitale si solidifica in pochi minuti, non per l’evaporazione dell’acqua eventualmente in essa contenuta, ma per una modificazione più intima. Con la coagulazione infatti diventa quasi inattaccabile, a freddo, dalla potassa; inoltre le Mantis, tanto ghiotte del contenuto delle glandule tecogene, non ne vogliono più sentire dopo che sì è solidificato all’aria, e gli altri animali che, come le galline e i gatti, mangian le glandule, non curano il nido. Ciò induce a credere che la sostanza subisca qualche chimica trasformazione per azione dell’aria. La trasformazione poi della sostanza in schiuma, acerescendo di molto la superficie di contatto con l’aria, rende più rapida questa azione, il qual fatto è assai importante per la costruzione. del nido. Come si forma la schiuma ? Si potrebbe supporre che la sostanza secreta, una volta libera, si trasformi in schiuma spontaneamente, per l' espandersi di gas contenuti nel suo seno; ma, aperte le glandule e versatone fuori il contenuto, questo non si cambia in schiuma, ma si coagula Jenta- mente. FABRE (97) ha supposto che la Mantis « fouette son produit comme nous fouettons le blanc des ceufs pour le faire gonfler et mousser. L’ extrémité de l’ abdomen , ouverte d’ une longue fente, forme deux amples cuillers latérales qui se rapprochent, s' écartent d’un mouvement rapide, continuel, battent le liquide visqueux et le convertissent en écume à mesure qu'il est déversé au dehors. On voit ea outre, entre les deux cuillers baillantes monter et descendre, aller et venir, en maniere de tige de piston, les organes infernes, 308 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI dont il est impossible de déméler le jeu précis, noyés qu'ils sont dans l’opaque flot mou- SSeuX. » Questa ipotes' contiene qualcosa di vero, ma non è esatta perchè i due grandi cuc- chiai laterali non sono altro che i due lobi in cui si divide la lamina sottogenitale , (fig. 25, Zsg) e che abbracciano quasi completamente l’ovopositore; e questi lobi non hanno movimento indipendente tale da battere '! liquido secreto. Credo invece che esista un organo speciale adibito a questo ufficio e cioè una laminetta mobile che si trova alla faccia inferiore dell’ovopositore, al fondo di una fossetta scavata tra le valve inferiori @ che si vede in pl nella fig. 27. Questa figura mostra l’ovopositore dal disotto, cioè dalla faccia che poggia ordinariamente sulla lamina sottogenitale : fra le due valve inferiori (vi) dell’ovopositore, sul fondo della fossetta anteriore fa, c'è un foro (7) che mette nel- l'interno dell’ovopositore e comunica con la vagina. La palettina in discorso (p?) molle, bianchiccia e bilobata chiude quasi completamente il foro, poichè il suo orlo combacia con le pareti della fossetta. Ogni lobo della paletta può muoversi per proprio conto, e la paletta stessa, articolandosi sulla piastra fissa p, può muoversi rotando da dentro in fuori e viceversa. Io son sicuro che dal foro f esce tutta la sostanza tecale e ritengo molto probabile che durante questa uscita la palettina bilobata p7, muovendosi rapidamente intorno al suo cardine, sbatta la sostanza man mano che esce fuori, e, mischiandola con l’aria, la riduca tutta quanta in schiuma. La schiuma si accumula nel serbatoio l'mitato dalla lamina sottogenitale, la quale per la sua conformazione , impedisce al liquido schiumoso di riversarsi lateralmente e l’obliga invece ad uscire dalla fessura genitale, per far paite della costruzione del nido. Per ben comprendere però questa costruzione dobbiamo dare ancora uno sguardo agli organi genitali femminili interni. Questi consistono in due ovari, i cui ovidutti sboccano separatamente nella vagina, nei cui angoli destro e sinistro sboccano i condotti delle glandule tecogene. Nella linea mediana della parete inferiore della vagina, tra gli sbocchi degli ovidutti, vi è un ispessimento chitinoso a guisa di sell, che sporge nell’interno e arriva a toccare la parete superiore, dividendo la vagina in due logge, per ognuna delle quali, durante la deposizione, passano le uova dell’ovario corrispondente e non possono passare quelle dell’altro ovario. In corrispondenza d' questa cresta longitud'nale sbocca, nella parete superiore, .) condotto del ricettacolo seminale, che, per conseguenza, versa il suo contenuto in ambo le logge della vagina, fecondando tutte le uova. Negli strati della metà destra del nido sono le uova dell’ovario destro e la matei!a fornita dalla glandula tecogena destra, mentre la metà sinistra del nido contiene il prodotto dell’ovario sinistro e della glandula sinistra. L’alternarsi degli strati delle due metà è il SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI » 309 risultato dell’alternarsi di discesa di wova dall’un ovario e dall’altro, e di sostanza tecale dall'una e dall’altra glandula. La Mantis religiosa comincia a deporre un certo numero di strati di materia tecale prima di lasciar scendere le uova. Gli strati di teca, quasi perpendicolari alla pietra o al sostegno, son tenuti ritti dapprima dalle estremità delle ali, che, formando una specie di cucchiaio, impediscono al liquido di colar giù; poi i primi strati rapidamente solidificati servono di appoggio agli strati successivi. Dopo aver emesso 3 o 4 volte della schiuma da ogni lato, comincia la discesa delle uova. Un certo numero (7-8) scendono consecuti- vamente dallo stesso ovario e sono immerse nella schiuma, a destra o a sinistra del futuro piano sagittale del nido, secondo che le uova provengono dall’ovario destro o dal sinistro. Dopo un istante di riposo entrano in azione, l’uno dopo l’altra, l’altra glandula e l’altro ovario, e così continuasi alternamente fino al completo esaurirsi delle uova. Dopo le ultime uova la Mantis aggiunge alquanti strati di sola teca, che terminano il nido all'estremità anteriore (fig. 6). Spiegati in questo modo l’ esistenza delle due serie di strati di uova e di teca e il loro alternarsi, vediamo come sì origina il nocciolo centrale e la zona schiumosa. Sicco- me le lamelle del nido poste fra le uova, nel nocciuolo centrale, sono liscie e un po’ brune, FABRE suppone che per il nocciolo centrale «la Mante emploie son produit tel quel, sans le battre de ses cuillers, et le faire mousser. La couche d’aufs déposée , les deux valves produiraient de l’ écume pour 1’ envelopper. (pag. 317)» Invece la Mantis emette prima la schiuma, movendo frattanto in giro l'addome per distendere la schiuma su ?/, circa della larghezza del nido; poi immerge rapidamente le uova, le une a fianco delle altre, nello strato di schiuma e le spinge verso la lamella precedente già disseccata, dalla quale perciò restan separate soltanto da un sottilissimo straterello della nuova schiu- ma (fig. 7, Ze) Man mano che depone le uova, inoltre, con la lamina sottogenitale , vi comprime sopra la schiuma e la riduce in forma di lamella lucida e levigata. Poi com- prime la schiuma anche dall’altro lato della linea mediana, ma solo nei limiti del futuro nocciuolo centrale e in questo modo la porzione di lamella facente parte del nocciolo centrale diventa più compatta, più colorita, lucida e levigata, con bolle non più visibili ad occhio nudo, mentre la porzione laterale, nella futura zona schiumosa, rimane con le bolle gonfie e molto evidenti. Siccome la pressione dell’addome si limita al nocciolo centrale, questa regione è ri- cacciata indietro rispetto alla porzione non premuta. Così, alla base del nido, le lamelle sono più avanti nella zona schiumosa che nel nocciolo centrale (fig. 7). Nella escavazione prodotta son collocate poi le uova che scenderauno dallo stesso ovario, le quali perciò saran protette lateralmente dalla lamella precedente (fig. 7). È chiaro che in questo modo SION SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI risulta per l’insieme delle camere ovifere, cioè pel nocciolo centrale, una parete speciale la quale lo divide dalla zona schiumosa (fig. 7). Le lamelle son saldate, per la pressione dell'addome, alle lamelle precedenti e alle uova, sulle quali, anzi, si modellano. Ma in alto restano aperture speciali, le vie di uscita. Come fa la Mantis ad ottenerle ? Già il PERRIER (70) riconobbe l’importanza delle elitre come regolatrici della co- struzione, poichè esse rimangono durante il lavoro aderenti al nido, sul quale si può se- guire la traccia che vanno lasciando. Questa traccia è appunto il campo di uscita , il quale non è soltanto opera delle elitre, ma anche e principalmente delle ali. Durante l’e- missione della schiuma l’estremità dell’elitra e dell’ala appartenenti alla stessa metà del- l’animale cui appartiene la glandula in azione, si attaccano superiormente alla sostanza schiumosa : l’estremità dell’elitra la separa dalle lamelle prima formate, mentre l’ estre- mità dell’ala resta immersa passivamente nella schiuma, stando diretta verso le uova. Appena le uova sono immerse nella schiuma e questa premuta e levigata, l’animale pro- cede un piccolo tratto avanti e l’ addome si allontana dal nido; 1’ elitra che aderisce fortemente alla sostanza, la stira, piegando la lamella fortemente in avanti, allontanan- dola dalla lamella precedente e lasciando tra di esse lo spazio estravalvolare (figg. 8, 9, 11, ses). Raggiunto il limite in cui l'adesione dell’elitra alla sostanza è vinta dalla coesione della sostanza stessa, l’elitra si stacca da questa. La sottilissima ala frattanto, immersa nello spessore della lamella, ritirandosi va lasciando in quest’ultima la propria impronta, cioè una sottilissima fessura che sarà appunto la via di uscita; e poichè l’ala sporge dietro l’addome di alquanti millimetri più dell’elitra (fig. 24) e aderisce ad una maggior quantità di schiuma, essa, quando l’elitra se ne distacca, vi aderisce ancora e continna a stirarla, così che piega orizzontalmente l’estremo della lamella, come si vede nelle figg. 8 e 12. Questo stiramento è possibile appunto per la consistenza pastosa che la sostanza ha già assunto, rimanendo nella posizione che le vien data dagli organi. Come risultato finale sì ha che la porzione superiore mediana della lamella, cioè quella che ha maggiormente subito lo stiramento, si lascia indietro l’inferiore e le laterali della zona schiumosa (figg. 8, 10, 11 e 12). Inoltre tra essa e la lamella precedente rimane lo spazio estravalvolare capace di dar passaggio alla larva, ma frattanto separato dalla ca- mera ovifera da una lamella speciale che è la lamella di chiusura e ehe sì è formata per l’azione combinata dell’elitra e dell’ala. Questa lamella è appunto la continuazione del sottile strato di schiuma che rimane posteriormente alle uova quando queste sono immerse nella schiuma e addossate agli strati precedenti. Le pareti della camera ovifera e del canale di uscita son costruite d’un sol pezzo, risultando da!lo sdoppiamento di una medesima lamella (o strato di schiuma) per opera delle uova in hasso e dell’ala in alto : le uova danno origine alla camera ovifera, l'ala alla sottilissima fessura di uscita. È per Cuor iaia ira iii PIATTO SE LR O, SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 311 questo che fin dal principio ho detto che le lamine /e e /, delle figg. 7, 9 e 11 sono una medesima lamella sdoppiata. I movimenti dell’addome e lo stiramento da parte delle ali e delle elitre producono dunque la doppia serie di fessure e di valvole nell'interno, la doppia serie di squame orizzontali embriciate all’esterno, sul campo di uscita, squame che servono per così dire di seconda porta alle camere ovifere successive. Tanto la lamella anteriore che la lamella di chiusura di ogni camera terminano su- periormente in punta (figg. 5 e 12), e le punte, dovute allo stiramento, sono allineate secondo due rette longitudinali: sull’una stanno tutte le punte delle lamelle di destra, e sull’altra tutti gli estremi di quelle di sinistra. Le lamelle di chiusura sono state stirate ‘ dall’elitra, le lamelle divisorie dall’ala e precisamente dall’elitra e ala di destra o di si- nistra secondo che son lamelle della destra o della sinistra del nido (1). L’ovopositore però agisce sia per le uova dell’ovario destro che per quelle dell’ovario sinistro : esso le dispone nella loro posizione, cioè con il polo anteriore in alto, e la faccia concava in avanti (figg. 3 e 8). Esso (figg. 25 e 26, 0vp) è avvolto dalla lamina sottogeni- tale (/sg) sulla quale poggia nella posizione di riposo, è ricurvo con la convessità in alto, termina a punta aguzza posteriormente ed è composto di sei valve : due superiori (figg. 26, vs), due inferiori (v2) e due interne munite di punte. Le valve inferiori, quasi parallele alle superiori, terminano (fig. 26 e 27) con un cuscinetto peloso e con un forte uncino d? e sono adiacenti l’una all'altra, formando in- sieme la faccia inferiore dell’ovopositore. Si possono scostare l’una dall’altra articolandosi sui cardini art (fig. 27) e sono incavate in modo da presentare inferiormente due fossette mediane, una anteriore (fa) profonda e grande nel cui tetto sta la palettina p/, 1’ altra posteriore ({) poco profonda e munita nel margine anteriore di due denti chitinosi rivolti in dentro (de). L’uovo nell’ ovario e nell’ovidutto è orientato con il polo anteriore verso la testa e con il posteriore verso l’ estremità addominale della madre, segue perciò la disposizione riscontrata per le uova di molti insetti (2). Ma, pur conservando tale orientazione, l’uovo (1) È da notare che come leali oltrepassano posteriormente le elitre di alquanti millimetri, così le lamelle divisorie eccedono di un buon tratto le lamelle di chiusura, le quali restano nell’interno del nido. (Confr. la fig. 24 con le figg. 5, 8, 9 e 12). (2) L'importanza di questa disposizione è stata torse esagerata da HALLRZ (86), quando egli ne fece la «lo? de l’orientation de l’'embrion chez les insectes». Molto probabilmente l’orientazione dello sviluppo embrionale degli insetti è determinata già nelle uova ovariche, ma finora non possiamo ammettere che essa dipenda dall’orientazione dell'uovo ovarico nel corpo materno. Finchè questo legame di causalità non verrà stabilito, non sarà il caso di parlare di legge. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche Vol. XXII. 40 312 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI giunge fra le valve dell’ovopositore con la sua faccia convessa rivolta in alto e con la concava in hasso, cioè con la curvatura corrispondente a quella dell’ovopositore, così che l'uovo può scorrere, spinto dalle valve, lungo il tubo scavato tra le valve interne e le in- feriori, fino ad urtare contro le valve superiori che, piegate (fig. 26) chiudono il tubo. In tal modo viene a trovarsi sotto le valve interne, le quali imprimono al polo poster riore dell'uovo delle spinte dall’alto in basso e lo costringono, appena le valve inferiori si divaricano un peco, a far capolino alla faccia inferiore dell’ovopositore, e precisamente in corrispondenza della fossetta /p. Uscendo, il polo posteriore dell’ uovo viene a poggiare suì lobi della lamina sotto-genitale. Poi 1° ovopositore, sollevandosi gradatamente come è rappresentato nella fig. 26, lascia in libertà una porzione sempre maggiore di uovo, finchè anche il polo anteriore di questo viene alla luce, restando però dentro la fossetta /p i cui denti di impediscono all'uovo di ribaltare in avanti. Una ripiegatura interna trasversale (», fig, 26) della lamina sottogenitale impedisce poi al polo posteriore di scivolare in avanti. D'altro canto la schiuma già deposta e nella quale è immersa l’estremità posteriore del- l’animale, impedisce all'uovo di cadere all'indietro. L’uovo dunque in virtù di questi movimenti ha fatto una rotazione di 909; da oriz- zontale è divenuto verticale, col polo anteriore in alto, e con la faccia concava in avanti. In tale posizione vien messo al suo posto nel nido : la mantide non deve che rallen- tare la morsa in cui tiene l’uovo perchè questo rimanga fissato nella schiuma. E si l’orientazione del nido coincide con quella dell'animale, l’uovo rimane così nella posizione definitiva, cioè col polo anteriore rivolto verso la sommità dell’ooteca, con la faccia con- vessa appoggiata agli stratì precedenti cioè rivolta verso l'estremità posteriore del nido, normalmente all’asse longitudinale dell’animale. La mantide depone dapprima le uova laterali e poi man mano le mediane di uno strato, e procede non orizzontalmente, ma descrivendo un arco di cerchio. Mentre depone le uova più esterne, per esempio di uno strato di destra, l’ addome è un po’ elevato e inoltre un po’ piegato a sinistra, così che le uova vengono situate necessariamente un po” distanti dalla base del nido e obliquamente, col polo anteriore inclinato a sinistra (fig. 4); man mano che si avvicina al piano mediano, l'addome va abbassandosi e raddrizzandosi nella posizione orizzontale così che alla fine le uova sono vicine alla base e verticali (fig. 4). In questo movimento di rotazione l'addome è sostenuto dal 2° e 3° paio di zampe, men- tre le ali modellano il canale di uscita. Ciò posto si può supporre, considerata la figura 23, che durante la deposizione di uno strato d’uova, la specie studiata dal BRoNGNIART (81 e 82) debba fare con l'addome un movimento di rotazione molto più accentuato, rivolgendo verso il centro della camera ovifera sempre la faccia dorsale. L'osservazione diretta della costruzione dà certamente molti dati, ma senza l’esame o SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 518 degli organi con i loro movimenti e del nido sarebbe impossibile comprenderla. Il funzio- namento degli organi interni non l'ho arguito che dalla loro forma e dalla dissezione di animali in atto di deporre. Una spiegazione fornita con questi dati deve essere necessaria- mente incompleta, ma si presenta molto verosimile. Il modo con cui le altre mantidi fabbricano il nido deve essere fondamentalmente lo stesso. Differenze pertanto bisogna aspettarsene. Alcune mantidi, come ad es : le Ameles e la Fischeria hanno ali ed elitre tanto poco sviluppate da non poter partecipare alla co- ‘ struzione del nido. In questo non dovremmo trovare la disposizione a scaglie orizzontali em- briciate che formano il campo di uscita del nido di Mantis. E infatti non vi si trova (figg. 13, 17 e 19), ma ricomparisce nel nido di Hierodu/a, la quale ha elitre ed ali ben sviluppate. Per questa osservazione sì potrà quasi con certezza riconoscere dall’ispezione di un nido se la specie cui appartiene ha organi dì volo che arrivino all'estremità dell'addome o pur no. In quanto alle altre differenze riscontrate nei nidi di Ameles non posso. dir nulla di preciso, perchè sebbene avessi ottenuto de’ nidi da Ame/es prigioniere, non ho avuto oc- casione di assistere alla loro deposizione. Inclino a credere che i cerci, funzionanti semplicemente come organi di senso nella deposizione della Mantis, hanno qui una fun- zione importante che servono cioè a tener in alto e stirar in avanti le sommità delle la- melle e a modellare il soleo superiore. Credo probabile, tenuto conto della conformazione della via di uscita, che questa venga formata dalla lamina sopranale, qui molto svilup- pata, nel mentre nno de’ cerci stirerà_in avanti la lamella di chiusura e modellerà una delle pareti del solco superiore. Ma questa è pura supposizione, non avvalorata da al- cuna osservazione. = Non tutti i problemi che la costruzione del nido presenta son risoluti in questo ca- pitolo e molti fatti restano ancora oscuri. È molto probabile che tutto il processo si riduca na serie di riflessi ancora ignoti, ad un puro automatismo. Questi riflessi possono compiersi senza il concorso del cervello come ci dimostra la seguente osservazione. Rinchiudevo spesso sotto una campana di vetro molte femmine a gravidanza inoltrata, e dopo qualche ora immancabilmente assistevo a quelle lotte sanguinose di cui ho parlato in principio. Qualche volta, appena una povera bestia era sopraffatta da un’ altra, e pri- vata di un occhio, cominciava a costruire l’ooteca in tutto identica a quelle ordinarie e anche privata, dalla nemica, del capo e perciò del cervello, continuava l’opera sino a com- pletarla. Con mio rincrescimento non ho avuto più l’ occasione di fare delle esperienze siste- matiche su tale soggetto. Tuttavia queste accidentali mostrano che il cervello non piglia parte alla costruzione del nido, ma che d’altro canto un forte disturbo del funzionamento del cervello stesso può esser causa (quando la gravidanza è quasi al termine) della depo- sizione delle uova e della costruzione del nido. In base alle ricerche di BETHE (97) si può 314 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI supporre che la funzione del cervello sia quella di inibire, prima che tutte le condizioni necessarie o favorevoli (la posizione conveniente, l’ora determinata etc.) fossero raggiunte, que’ riflessi della deposizione. Un forte eccitamento che, come nel nostro caso, sconvolge le funzioni del cervello, annulla quella inibitoria e lascia liberi di svolgersi que’ dati riflessi con un po’ di antecedenza e senza la coesistenza delle condizioni esterne ordinarie. È possibile che normalmente in natura , le condizioni interne ed esterne sciolgano gradatamente i legami tra il cervello e gli altri centri nervosi così che ad un dato mo- mento la deposizione ha luogo, sempre senza il concorso del cervello. V. Osservazioni sulla biologia dello sviluppo. Tanti particolari del nido corrispondenti ad organi o movimenti speciali, e 1’ istinto che li produce acquisteranno ai nostri occhi un altro e più forte titolo di ammirazione quando vedremo come ciascun particolare sia necessario o per lo meno utile ai processi che si svolgeranno nel nido stesso. Assicurare lo sviluppo delle uova e l'uscita delle gio- vani larve debbono essere gli scopi principali della costruzione, nei suoi minimi particolari. Un uovo, tolto dal nido allora allora costruito, sì dissecca e muore; dunque per la sua costituzione ha bisogno di un altro involucro che lo protegga contro il caldo, il freddo e l’evaporazione. D'altro canto la trasformazione della sostanza tecale in schiuma e la formazione di una zona schiumosa han per risultato di ingrandire le dimensioni del nido e di fornire alle uova un soffice materasso che le protegge dagli urti, un mantello perfettamente im- permeabile alla pioggia, e uno strato d’aria che separa dal mondo esterno e difende le uova tanto dai rigori invernali, che dal caldo eccessivo e dalla evaporazione. E val la pena ricordare che l'aria racchiusa nel nido è al principio aria calda, perchè la costi zione del nido avviene sempre nelle ore calde del giorno (vedi cap. I): è forse questo anzi il vantaggio della deposizione ad ora fissa. È interessante l’osservazione del FABRE a proposito della nota mancanza dell’inviluppo schiumoso nel nido di Empusa. «Ce défaut de matelas athermane annonce d'autres con- ditions climatériques. En effet les oeufs de l’Empuse éclosent peu après la ponte, pendant la belle saison. N’ayant pas à subir les sévices de l'hiver, ils n’ont pour protection que le mince étui de leurs gaînes» (pag. 322). Però anche il nido di Ameles brevipennis ha una zona schiumosa ridotta ai minimi termini e quello di Fscheria ne è del tutto privo, eppure il loro sviluppo accade, come quello di Mantis , durante l'inverno e la primavera. Ciò è possibile perchè la sostanza tecale è di per sè stessa cattiva conduttrice del calore, ed inoltre è sempre, in tutte le specie, a struttura schiumosa, e contiene dell’aria ticino : di SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 315 nel suo spessore, benchè qualche volta non la mostri all’ occhio nudo. La cosidetta zona schiumosa non è che un ulteriore perfezionamento. La protezione termica sarebbe interrotta ne’ canali di uscita se questi non fossero convenientemente chiusi dalle lamelle di chiusura e, nella Mantis, anche dalle lamine embriciate del campo di uscita. Così nel nido di Martis ad ogni camera corrisponde un vestibolo pieno di aria. Inoltre le imperfezioni stesse-della costruzione giovanò alla pro- tezione delle uova; le camere ovifere son piene al di sopra delle uova di un grumetto di finissima schiuma facilmente asportabile e che rappresenta le bricciole e i rimasugli del lavoro di costruzione; questa schiuma tappa poi completamente le vie di uscita del nido delle Ameles e Fischeria ove supplisce le porte esterne. Se il calore è in gran parte trattenuto, la luce, grazie alla quasi trasparenza delle lamelle, giunge, benchè affievolita, fino alle uova e aiuta forse lo svolgersi de’ fenomeni chimici dello sviluppo. i La trasformazione chimica che la sostanza tecale subisce nel rapprendersi all'aria è di considerevole importanza biologica: mentre, liquida, la sostanza eccita la gola di molti animali quando è rappresa non è più desiderata; nè i carnivori nè gli erbivori mostrano la benchè minima attrazione per la sostanza del nido. I nidi possono rimanere moltissimi anni attaccati alle pietre e si distruggono solo per le intemperie e gli urti. Le uova in- vece sarebbero bocconi assai ben accetti a molti animali se il ripugnante rivestimento che li nasconde non respingesse gli eventuali ghiottoni. D’ altro canto il combaciamento della lamella di chiusura con la parete anteriore della camera ovifera impedisce ad altri animali, per quanto piccoli, di penetrarvi. Se questi arrivano a sollevare la porta esterna vanno di filato nello spazio estravalvolare e rimangono, per così dire, in anticamera; tutti gli sforzi per entrare nel santuario non farebbero che chiuderne sempre meglio la porta. Eppure esiste un nemico che ha superato ostacoli così bene architettati, e che pare conosca il segreto della costruzione. Disgraziatamente quest’ unico è fatale : è un gra- ziosissimo imenottero dai più vivi colori, il Podugrion (Palmon) pachymerus Mayr, ap- partenente alla famiglia delle Chalcididae. Da più di un mezzo secolo i naturalisti hanno veduto dalle ooteche di Mantis uscire l’insetto perfetto del Podayrion e hanno supposto che questo deponesse le proprie uova su quelle della Mantis. Il XAMBEAU poi (77) trovò « ces insectes sous les ailes inférieures de deux femelles de Mantis religiosa, » e suppose che « ces Chalcidiens se tiennent ainsi è portée de l’oothèque que fagonne la femelle de la Mante lors de la ponte afin de déposer leurs ceufs dans ceux de l’orthoptère. » Come questo piccolo insetto deponga le sue uova in quelle della Mantis non posso dire con sicurezza. Credo però che mentre la Mantis costruisce il nido, il Podagrion sia attaccato a mezzo delle ventose terminali e degli uncini poderosi delle sue zampe sotto la porzione terminale di un’ala di essa, con le zampe in aria e la testa in avanti e che 316 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI distenda, facendolo combaciare con l’ala della Mantis, il lungo e sottile ovopositore che, come altri ChaZeididae, tiene d’ ordinario un po’ rialzato. L'ovopositore disteso andrebbe anzi necessariamente a combaciare con l'ala, e in tal modo, durante la costruzione del nido, mentre l’ ala della mantide, immersa nella schiuma, modella la via di uscita della camera ovifera, esso avrebbe l’agio di lasciare le proprie uova nella camera stessa. Mediante questa supposizione si possono spiegare parecchi fatti, che a loro volta la confermano. Infatti ho trovato le uova più giovani del Podagrion sempre nelle uova ap- pena deposte di Mantis; mai ho veduto due o più uova di Podagrion sullo stesso uovo di Mantis, ma sempre uno solo. E ciò, tenuto conto delle centinaia di nidi esaminati, permette di escludere che un altro Podagrion venga anch'esso a deporre sullo stesso nido, il che non potrebbe spiegarsi che ammettendo la contemporaneità della deposizione della Mantis e del Podagrion.—Infine in quasi tutte le ooteche le uova di Podagrion sì tro- vano solo in una metà sia destra che sinistra, e in moltissime mentre tutte le camere di una metà sono infestate dalle uova parassite, le camere dell’altra metà ne sono per- fettamente immuni. E invero il Podagrion non può far giungere l’ovopositore che nelle camere il cui canale di uscita è formato dall’ala sotto la quale esso si trova. Il segreto più nascosto della costruzione del nido sembra dunque esser conosciuto dal piccolissimo insetto, il quale si serve appunto in suo favore de’ mezzi che la Mantis adopera per proteggere la prole. Appena deposto, l’uovo del Podagrion è di una piccolezza straordinaria (circa 1/20 di millimetro) e munito di un lungo ed affilato uncino. Uovo piccolo significa uovo privo di sostanza nutritiva , che ha bisogno perciò di trovarne nel mondo ambiente, sia nel corpo materno che in quello di un ospite. L’ospite per un caso non frequente, ma cono- sciuto anche per pochi altri imenotteri parassiti, è qui un altro uovo. Il Podagrion fora . con la punta dell’ovopositore il corion esterno e poi il corion interno dell’uovo di Mantis e depone il suo al polo superiore di questo, sull’endocorion, insinua però l’affilata appen- dice terminante ad uncino di cui l’uovo è provvisto nella spaccatura da lui causata nel- l’endocorion, e la conficca nel tuorlo, così che l’uovo rimane fissato. Nessun uovo di una camera è risparmiato, ed è probabile che man mano che la mantide depone le uova , l’ inesorabile ovopositore v° inoculi la morte. Prima ancora che l'embrione del Podagrion venisse abbozzato, l’uovo comincia a crescere considerevolmente di volume, mentre si va formando una corrispondente fossetta sulla faccia convessa del- l’uovo di Mantis. Ben presto il tuorlo di quest’ultimo si modifica chimicamente e morfo- logicamente e l’embrione degenera e in uno stadio giovanissimo muore e vien riassorbito. Le modalità di questo parassitismo meriterebbero uno studio accurato, che, sarebbe pieno d'interesse; ma qui bisogna limitarei a rilevare che non è la larva del Podagrion che sì nutre a spese dell’uovo di Mantis, ma l’uovo stesso per puro assorbimento di materiali, a sita eee SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 317 fors’ anco chimicamente trasformati da qualche secreto dell’ uovo parassita. In tal modo l’uovo di Mantis è distrutto rapidamente e di esso non rimane alla fine che il corion interno ricacciato verso la parete anteriore della camera. E 1’ embrione del Podagrion, così ben pasciuto, cresce quanto sarebbe cresciuto quello di Mantis e oceupa dentro l’exo- corion lo spazio che era riservato all'uovo e all'embrione ormai distrutti. Qui spicca an- cora l'istinto del Podagrion, che mette soltanto un uovo su ciascun uovo della mantide; e mai due o più: il nutrimento in esso contenuto essendo necessario e sufficiente per lo sviluppo di un solo Podagrion. Lo sviluppo di questo va di pari passo con quello della mantide, e aprendo in mag- gio le ooteche, non di rado si troverà una metà ripiena di embrioni adulti di Mantis e metà di quelli del parassita; così che un profano difficilmente potrebbe decidere qual dei due è il padrone del luogo; sembra che le due specie si sieno divisa di comune ae- cordo la casa: la destra per uno e la sinistra per l’altro. Anche la schiusa è quasi con- temporanea per le due specie e avviene verso il mese di giugno. Dal tempo della sua esistenza il Podagrion, benchè anch’ esso capace di procreare circa un centinaio di figli, non ha distrutto la Mantis, il che sarebbe stato quasi infal- libilmente la propria condanna a morte. È nel di lui interesse che un buon numero di mantidi ogni anno arrivi a costruire il nido ed è quindi necessario per la conservazione della specie, che durante la vita imaginale buon numero di Podagrion venga soppresso. Altri animali sono stati trovati nella Mantis religiosa sotto le ali, le quali quasi sempre inattive offrono se non altro um ricovero. Per limitarmi ai soli imenotteri ram- mento un altro Cha/cidida molto prossimo al Podagrion, scoperto, ma non descritto nè battezzato dal XamBEAU (79), e un piccolissimo Proctotrupidae, 1 Voctenus seefelderianus, scoperto e descritto dal mio collega Troposio DEestEFANI (91) illustratore della biologia degli imenotteri siculi. Siccome la comparsa di questi piccolissimi insetti sotto le ali coincide con la fabbricazione del nido (settembre-ottobre), è probabile che anch’ essi de- pongano le uova nel nido di Martis, ma non sì può dire con sicurezza. Sembra che la relazione di speciale parassitismo tra le Chalcidilae e le Man- tidae si sia stabilita in un’ epoca molto remota, poichè da nidi di mantidi appartenenti a specie diverse e che abitano paesi lontani tra loro si sono ottenuti dei Cha/cididae del genere Podagrion, e cioè , il P. fraternum dal nido di Mantis postulata (isola di Bor- bone), il P. marntis dal nido di M. carolina , il P. melleum dalla M. brasiliana e il P. mantoidae. (Vedi il DALLa TorkE (98)). A questi bisogna aggiungere un parassita, del quale ho trovato le uova sulle uova dell’ Ame/les Spallanzania. Tali uova sono fornite anzichè di uno solo, di due uncini situati ai poli opposti, e per questa ragione suppongo che l’animale in quistione sia una specie diversa dal P. pachymerus. Non posso dire però se esso è conosciuto, perchè non l'ho ottenuto allo stato d'imagine. 318 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI Sembra dunque che col differenziarsi delle specie diverse di mantidi, sì sieno corri- spondentemente differenziate delle specie diverse di parassiti embrionali. La larga parentesi sull’ interessante imenottero spero non avrà fatto dimenticare la Mantis. è Questa, costruendo il nido per la propria prole, ignora completamente che costruisce la casa e imbandisce la mensa al suo più formidabile nemico , ignora che la perfezione del proprio istinto favorisce enormemente la diffusione e la riproduzione del suo parassita. Abbiamo veduto che, per una speciale conformazione dell’ovopositore e della lamina sottogenitale, tutte le uova vengono disposte nel nido in posizione verticale e con la faccia convessa rivolta posteriormente, la concava anteriormente. Questa disposizione ha la sua ragione di essere. L’embrione infatti si abbozza e si sviluppa dapprima sulla faccia convessa dell’uovo, rivolta cioè verso l'estremità posteriore dell’ooteca. Ad un certo punto del suo sviluppo, comincia a spostarsi sulla superficie dell’uovo, rotando di 180° intorno all’ asse longitudinale dell’uovo stesso. Durante ijuesta mezza rivoluzione tiene la faccia ventrale sempre rivolta in fuori, così alla fine si trova con la faccia ventrale e le zampe sulla faccia concava dell’uovo stesso, rivolte cioè verso l’estremità anteriore del nido. L'embrione completa nella nuova posizione il suo sviluppo, cosiechè al momento della schiusa la faccia ventrale di tutti gli embrioni del nido è rivolta in avanti e la dorsale x indietro. Inoltre la testa si è sviluppata al polo acuto dell’ uovo ed è rivolta verso la via di uscita. Questa posizione è importantissima per la schiusa, dati la speciale curva- tura in avanti delle lamelle e delle vie di uscita e l’embriciamento delle lamelle del campo di uscita. La quale disposizione delle lamelle è necessaria conseguenza dello stira- “mento che per dare origine alle porte di chiusura le lamelle stesse subiscono, e sarebbe un serio ostacolo per la uscita dell’animale, se questo non avesse eseguito durante lo svi- luppo la rotazione ora descritta. Inoltre è evidente che se il polo acuto dell’ uovo fosse posto nella base del nido e l'embrione poggiasse col capo sul pavimento della camera, esso al momento della schiusa, andrebbe ad urtare contro pareti insuperabili. È pure evidente il perchè della posizione inclinata in cui le mantidi dispongono le uova più esterne della camera (fig. 4) e la disposizione in semicerchio delle uova del nido di BRONGNIART (fig. 23). Se esse fossero disposte in una serie orizzontale anzicchè su di un arco di cerchio, gli embrioni laterali rimarrebbero prigionieri nella schiuma, non po- tendo usufruire de’ canali di uscita, la cui larghezza è fissata dalla larghezza dell’ ala (fig 4). Verso la fine dello sviluppo la Mantis è un essere debole e non potrebbe forare la sostanza tecale, rimarrebbe prigioniera se non trovasse dinanzi a sè bella e pronta la via di uscita. Le appendici dorsali del torace (elitre ed ali) non sono accennate, e sono appena abbozzate quelle genitali. "TIE I SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 319 Nell'insieme l'embrione ha la forma dell'uovo. Gli occhi, d’un bel verde-chiaro, stanno dietro ad una prominente bozza cefalica grigio-cerulea ; 1’ addome dorato porta una riga rossastra ai fianchi e nei seguenti 2-8 due piccoli cerchi lucidissimi (stigmi ed oenociti). In corrispondenza degli stigmi, sotto l'epidermide si vede ritmicamente apparire un rigon- fiamento , che forse denota l’entrata o l'uscita dell’aria. Il cuore grigio spicca sul dorso dorato e pulsa regolarmente. La schiusa avviene dagli ultimi di maggio a tutto giugno, e quasi sempre nelle ore antimeridiane ; in breve intervallo di tempo sbucano sul campo di uscita circa un centi- naio di larvette e qualche volta parecchie centinaia. 7 Dapprima comparisce la testa cerulea, poi gli occhi e man mano il torace e l'addome, . e infine la larvetta, di cui soltanto l'estremità posteriore rimane coperta dalla lamella del campo di uscita. Le antenne e le zampe sono immobili, ripiegate sul ventre e non sì comprende come quel piccolo essere vermiforme sporga sempre più in fuori senza t4 È l’aiuto delle zampe, quasi che fosse sospinto passivamente da una forza nascosta-nel nido. «_—La vermiforme larvetta rimane distesa sul dorso del nido e quasi che la luce del giorno SA ponesse in moto tutti i muscoli, si contrae in ogni parte del corpo, rapidamente si È allunga e in mezzo minuto raggiunge una lunghezza doppia della primitiva; tosto le l lunghe antenne e le zampe si agitano, si distendono e assumono la posizione definitiva : è questa la 1* volta che i muscoli degli arti agiscono; è il primo tentativo ben riuscito J di moto per le esili membra. : Le larve rimangono ancora pochi secondi ferme sul posto, poggiate ormai sulle loro ; zampette, ma ancora con l'estremità dell'addome nel buco di uscita. Poi si slanciano, A “cascano giù dal nido e cominciano a saltellare vivacemente. D'un subito la bozza cefa- lica sì schiaccia e la testa si allarga, mentre gli occhi vengono allontanati considerevol- mente l’uno dall'altro dal formarsi dell’ampia e larga fronte ;il colorito dell'animale in pochi minuti diventa olivastro. : Come arriva la larvetta primitiva a lasciare la celletta e salire il canale di uscita senza l’aiuto delle zampe? De Saussure (citato dal BkonenIiarT) ne ha dato la seguente spiegazione ; « La petite larve doit maintenant s'échapper de la loge, où elle est enter- mée, et comme elle est trop faible pour se servir de ses pattes, la nature lui vient en aide au moyen d'un artifice particulier. La surface de son corps est revétue d'une snb- stance chitineuse sur laquelle on voit se développer des épines dirigées en arrière. En ec imprimant è son abdomen un mouvement ondulatoire, les épines servent d’ appui contre K les parois de la loge, la larve chemine vers l’opercule de la méme manière qu' un épi de seigle, è l’aide des barbes à ergots peut cheminer sur un morceau de drap soumis è des vibrations. » Pe Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. 4l 320 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI BroxenIart accetta 1’ opinione del De SAUSsuRE, ma nega che sull’ addome. vi sleno spine, limitaudo!e ai soli cerci. Ho già avvertito però che la specie da lui studiata non era la Mantis religiosa, e la distribuzione delle spine può variare da una specie all'altra. Le figg. 15 e 16 del lavoro della PawLowaA (96) mostrano chiaramente che gli ultimi tergiti addominali, i cerci e le lamine sopranale e sottogenitale della 7ie- rodula sono ricoperte d'un fitto rivestimento di brevi uncini. La Mantis religiosa e le Ame/es sono provviste di poche spine ma lunghe e acuminate, ordinatamente disposte suì cerci, gli stili. la lamina sopranale e gli orli posteriori dei tergiti. Le spine sono attaccate alla cuticola esterna dell’ embrione, la quale è in gran parte già allontanata dall'ipoderma, che ha cominciato a rivestirsi di una nuova cuticola. La prima è dunque una cuticola embrionale e vien rigettata, difatti, pochi giorni dopo la schiusa, alla prima muta, e anche le spine cascano con la cuticola e non servono che alla scarcerazione del- l'embrione. Ma le spine ben poco servizio potrebbero rendere, se non incontrassero dei punti di appoggio sulle pareti, che impedissero il retrocedere. Durante gli ultimi tempi dello sviluppo embrionale 1’ endocorion, per l’ingrossare dell'embrione, vien lacerato , cosie- chè questo sta ora dentro l’ alveolo formato dall’ excorion ove gli son permessi ormai ì primi movimenti e in modo ‘speciale quelli nel senso longitudinale. L’ excorion inter- namente e soltanto sulla faccia convessa dell’ uovo, sulla quale giace la faccia dorsale dell'embrione, presenta delle sculture speciali a forma di anse e di bastoncini che spor- gono nell'interno (fig. 29). Le sculture sono soltanto sul lato convesso dell’ excorion , e le spine principalmente sulla faccia dorsale dell’embrione, che si adagia su quello ! AI momento della schiusa, la pressione in avanti del sangue in circolazione, allun- gando l’ embrione, sposta periodicamente la porzione anteriore di questo verso la sommità dell’alveolo, mentre le contrazioni non possono far indietreggiare la porzione avanzatasi, perchè le spine rivolte indietro trovano ostacolo nelle sculture del corion, ma invece tirano in alto anche la porzione posteriore del corpo. Così 1’ embrione a poco a poco si avanza, fino a che, giunto alla parete superiore dell’alveolo, imprime degli urti all’excorion ormai ridotto ad una pellicola iridescente friabilissima e lo rompe, staccandone una pic- cola calotta al polo anteriore, così che l’ animale ha libero il passaggio alle regioni su- periori. ‘ Le pareti del canale di uscita sono tappezzate di cristallini microscopici di un’estrema piccolezza (5-7 u di lunghezza su 3 u di larghezza), che sporgono nel vano de’ canali (fig. 30). Questi cristallini non sono sciolti dall’acido cloridrico, dunque non sono formati di ossalato di calcio. È probabile che rappresentino i cristalli che abbiamo riscontrato nelle glandule tecogene (fig. 28). La forma cristallina non esclude questa identità e d’ altro canto nella sostanza tecale del nido non esiste neppure un cristallo uguale per dimensioni SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 32.1 a quello, delle glandule, nè in queste, anche durante la costruzione del nido, esistono questi piccolissimi cristalli, ma sempre quelli delle dimensioni ordinarie (40-50 wu almeno).» È da supporre perciò che al contatto dell’aria, o. per lo sbattimento durante-}a trasfor mazione della sostanza in schiuma, avvenga un polverizzamento dei cristalli, i etti; piecoli frammenti, per la loro estrema leggerezza, saranno portati alla superficie delle lamelle, così da sporgere su queste come seulture. Comunque sia, la loro presenza nel nido è di somma importanza, rendendo possibile 1’ ulteriore avanzamento dell’ animale durante la schiusa. È per essi che l'embrione avanza al di fuori senza movimento di zampe, ba- stando a ciò i distendimenti e le contrazioni successive dell'addome (1). Una volta fuori, il giovane animale si allunga in poco tempo del doppio. Questo re pentino allungamento è reso possibile dal fatto che nell’embrione adulto i segmenti ad- dominali sono separati da un profondo solco anulare il quale, spesso, spingendosi in avanti, fa sì che ogni segmento ricopre all’ingiro parte del seguente, introflesso nel precedente, cosicchè la vera lunghezza del corpo è il doppio della lunghezza apparente. La enticola che porta le spine embrionali, la seconda cuticula e le commissure longitudinali della catena nervosa seguono le ripiegature dell’ipoderma; l'intestino anteriore rientra parecchie volte in sè stesso e forma inoltre un’ansa dorsale, acquistando una superficie e una lunghezza ve- ramente enormi e un aspetto così intricato che solo sulle sezioni può districarsi, e infine (1) Si potrebbe supporre che la via scelta dal Podagrion per lasciare l’ooteca fosse quella fatta dalla Mantis, cioè il canale di uscita delle camere. Ma non è così. Il Po?agri n si sviluppa in direzione inversa alla Mantis, col capo rivolto verso la base, col dorso verso tl’estremità convessa del nido. Poco prima di schiudere, porta le antenne ripiegate sul ventre, l’ovopositore ripiegato sul dorso, le ali ben sviluppate. Le ali anteriori ricoprono le posteriori e tutto il corpo, e sono letteralmente ricoperte di brevi e forti spine che, urtando contro le sculture dell’ excorion, impediscono al Podagrion di indietreggiare e di uscire a ritroso per il canale di uscita. La bestiola si serve invece de’ denti acuminati e taglienti delle sue forti mandibole seghettate, e lentamente pratica dinanzi a sè un foro nello spessore della teca e cioè (vedi fig. 4) nella parete inferiore o laterale del nocciolo centrale. Per quello stretto foro circolare il Podagrion fa capolino al di fuori e poichè può ripiegare il suo corpo in mille modi e può servirsi subito delle sue zampe come di leve, penetra in uno degli spazi compresi tra due lamelle della zona schiumosa. E in questo mentre si spoglia di una parte del suo rivestimento cuticolare e cioè della cuticola che, a guisa di cappuccio, riveste l’addome e nelle femmine anche l’ovopositore. L’ovopositore è come sguainato da un fodero, dopo di che si stende, mettendosi quasi in linea retta col corpo. La spoglia rimane nella camera ovifera, entro l’excorion del distrutto uovo di Mantis. Il Podagrion ormai rimesso a nuovo, prosegue nella zona schiumosa, pratica un secondo buco nella parete esterna del nido, esce all’aperto e, a brevi voli, si perde per ignota destinazione. 322 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI anche il cuore può distendersi molto. Insomma tatti gli organi interni si sono durante la vita embrionale sviluppati in dimensioni lineari doppie di quanto comporterebbe la lunghez- za apparente del corpo, in modo da non offrire resistenza alcuna, da obbedire anzi docil- mente alla spinta dell'onda sanguigna, la quale provoca, molto verosimilmente, tanto l’a- vanzare della larva nel canale di uscita che il subitaneo allungamento dopo la schiusa. L’a- nimale inizia perciò la vita libera con le maggiori dimensioni possibili, per il che più fa- cilmente cattura gli animalucci che primi gli servon di cibo, e tiene a bada i suoi peri- colosi nemici. Un altro fatto notevole della schiusa è il vedere la vermiforme larvetta primitiva, uscita all’ aperto, contrarsi ed allungarsi senza rotolare per terra, benchè nulla si veda che la ritenga. Rotolare per terra in campagna è lo stesso che cascar quasi senza scampo nella bocca delle formiche o delle lucertole, mentre il rimanere sul nido fino a che la larva è in grado di correre offre, data la posizione verticale ordinaria dal nido stesso (vedi pag. 293), mag- giori probabilità di salvezza. Degli organi speciali tengono la larvetta sul posto : due sot- tilissimi fili, simili a fili di ragnatela, i quali, fissati da un capo alla base della camera ovifera e dall'altro all’estremità dei cerci della larva, si allungano man mano che questa sale pel condotto di uscita, e impediscono poi che essa caschi giù prima che non sia in grado di muoversi liberamente. Questi fili caudali sono stati studiati dal BronenIART e dalla PawLowa. Brongniart dice che le larve «qui parviennent è quitter l’oothèque, au lieu de tomber à terre, sont soutenues en l’air è l’aide de deux fils soyeux fort longs et très tenus, fixés d’une part à l’extremité de chachun des cerci, et d’ autre part adhérents a la paroi antérieure et postérieure de la coque de l’oeut. « Bientòt toutes les petites larves, ainsi suspendues è l’oothèque, forment une sorte de grappe. Elles demeurent quelques jours dans cet état. La première mue ayant eu lieu, leurs dépouilles restent suspendues è l’oothèque ». La PawLowa (96) ha fatto su per giù le medesime osservazioni per la ierodula ed inoltre ha fatto conoscere la struttura dei fili verso la fine dello sviluppo embrionale : che è di una massa protoplasmatiea nella quale sono contenuti moltissimi nuclei. Io ho potuto studiarne anche l'origine e lo sviluppo nella Mantis religiosa e qui ba- sterà accennare che nascono come solide proliferazioni cellulari dei cerci, di cui formano così la parte distale, e che crescono ripiegate sul ventre, verso la testa. Si allungano con- siderevolmente e nel loro interno le cellule si ordinano in un'unica serie spirale, che prende l’aspetto di un filamento cellulare. Questo filamento subisce trasformazioni morfologiche e chimiche finchè perde del tutto la struttura cellulare e si riduce, alla fine dello svi- dianeliutà dì dele EEE TE IT e cà nè SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI 323 luppo embrionale, ad un filo sottile ma resistente, simile d’ aspetto a quello filato da’ ragni e avvolto a spira dentro una sottile guaina cuticulare. Contemporaneamente alla comparsa della parte distale de’ cerci, la faccia ventrale dell'embrione ha cominciato a rivestirsi di una sostanza glutinosa e vischiosa , la quale riveste anche le giovani zampe e i cerci, ed accoglie addirittura nella sua massa i fila- menti sviluppantisi. All'epoca della schiusa, la sostanza glutinosa si è asciugata in eran parte e, contraendosi, sì è staccata dalle zampe e dalla faccia ventrale già rivestite di spessa cuticola, ma ritiene prigioniere nel suo interno i fili caudali già trasformati. Im questo modo durante la schiusa il corpo è libero di allontanarsi ma non può trascinare seco ì fili, la cui estremità è attaccata nell'interno della guaina, a sua volta conficcata saldamente nella sostanza glutinosa, la quale è saldata al corion e per conseguenza alla parete anteriore della camera ovifera. Però i fili caudali, essendo avvolti a spira, si vanno svolgendo, e, poichè dentro la guaina sono inumiditi da una sostanza semi -liquida, si svol- gono senza stento, docilmente. All’aria sì asciugano rapidamente e acquistano una consi- stenza notevole, così da sopportare il peso della larva. : Nella Mantis religiosa non compariscono al di fuori del nido, poichè in pochi secondi, un minuto al massimo , la larva primitiva si trasforma nella larva definitiva, la quale si drizza sulle zampe e abbandona il nido spezzando i tenui filamenti. Che questo debba essere il caso normale si può riconoscere anche dal fatto che FaBRE ed altri non han nemmeno sospettato l’esistenza dei fili caudali, nulla palesandoli all’esterno. Le divergenze tra le mie osservazioni e quelle di BronGNIART, m’indussero a molti- plicare le esperienze e così ho notato che qualche volta una 6 due larvette, fra centinaia schiuse nel modo ordinario , rimanevano molto tempo sospese in aria a’ fili caudali. Ma mentre le altre larvette erano vispe, ardite e saltellavano vivacemente nelle vicinauze, quelle che rimanevano penzoloni si mostravano deformi e infermiccie e se pur riuscivano a lasciare i fili, morivano con tutti i segni di un’anormale fiacchezza. Il caso descritto come normale da BroxeHIART e dalla Pawrowa , nella Mantis religiosa dunque è pato- logico. In questa i fili benchè sieno bene sviluppati e capaci di distendersi molto più che naturalmente non fanno, hanno una funzione meno importante che non nelle altre due, le cui giovani larve stanno più giorni sospese ai fili prima di esser capacì di muoversi. La Mantis dunque si può considerare come progredita rispetto a quelle, poichè per essa il pericoloso stadio intermedio tra embrione e larva, cioè lo stadio di larva primitiva si è ridotto a un minuto; ed è perciò diminuita l’importanza dell’organo embrionale. Raramente schiudono tutte le uova: per lo più, rimangono ancora, irregolar mente sparsi nel nido, alcuni embrioni che usciranno più tardi, e in un caso un solo em- brione era rimasto nel nido. Nelle ore antimeridiane si può assistere spesso all'uscita quasi contemporanea di centinaia di piccole larvette che si spargono in tutte le direzi oni, 324 SULLA BIOLOGIA DELLE MANTIDI e, come «dice il FAaBRE nel suo stile incantevole : « c’est un spectacle frappant que le bru- sque exode d'une centaine de jeunes Mantes. A peine un animalcule montre-t-il ses yeux noirs (1) sous une lame, que d’autres soudain apparaissent, nombreux. On dirait qu’ un certain ébranlement se communique de proche en proche, qu’ un signal d’éveil se tran- smet, tant l’ éclosion se propage rapidament à la ronde. Presque en un instant, la bande médiane est couverte de jeunes Mantes qui tumultueusement s’agitent, se dépouillent de leurs nippes rompues. » «Les agiles bestioles séjournent peu de temps sur le nid. Elles se laissent choir ou bien grimpent sur la verdure voisine. En moins d’une vingtaine de minutes tout est fini. Le berceau commun rentre dans le repos pour fournir nouvelle légion quelques jours après, jusq'à épuisement. » Ma di tutti questi esseri, già sfuggiti al Podagrion, ben pochi si salvano. Ancora teneri e deboli, incapaci di servirsi a dovere degli artigli, .cascan preda delle formiche o di piccole lucertole che le attendono al varco. Siccome il FABRE (97) ci ha fatto. cono- scere questi nemici d'infanzia e ci ha dato in pagine incantevoli la descrizione della car- neficina, rimando al suo bel libro i curiosi di saperne dell'altro. Sono stato incapace di nutrire le piccole larvette e lo stesso FABRE non vi è riu- scito. PAGENSTECHER (citato dal BreHM e dallo SHARP) ha potuto allevarle nutrendole di afidi, ma le mie piccole non han voluto neanco il tenero cibo. Dopo molti giorni di di- giuno morivano tutte, senza avere ancora mostrato un semplice accenno de’ loro costumi cannibaleschi. Eppure come se questi fossero preveduti, nella gran maggioranza degli embrioni sì sviluppano testicoli, quasi che si volesse in questo modo provvedere alla futura ecatombe di maschi e rendere possibile che ogni femmina si accoppii parecchie volte, coronando ogni amore con un pasto sontuoso! Fapkr ci ha fatto conoscere che 1° Em- pusa non nmiolesta il suo sposo e lo lascia dopo l'accoppiamento ritirarsi in pace; sarebbe perciò interessante stabilire se esiste anche per essa la. preponderanza delle nascite ma- schili sulle femminili, se alla variazione de’ costumi corrisponde un’adeguata variazione dello sviluppo sessuale. (1) Gli occhi al momento della schiusa da verdi son divenuti bruni. quasi neri. EAVORE:CFTFATI BeTHE Albrecht BLOCHMANN FP. BrEHM A. E. . BRONGNIART. Ch. . 4 . Lo sTtESSO an 00 . 97 Vergleichende Untersuchungen iiber die Functionen des Cen- tralnervensystems der Arthoproden. Archiv. f. d. ges. . Physiologie. Bd. 68. . 87 Uber die-Richtungskérper bei Insecteneiern, Morph. Jahrb. 12 Bd. Das Thierleben. Die Insecten. . 81 Sur la structure des oothèques des Mantes et sur l’éclosion et la première mue des larves. C. R. Ac. Sciences, Pa- ris. T. 93. . 82 Observations sur la manière dont les Mantes construisent leurs oothèques; sur l’ éclosion et la première mue des larves (avec 1 pl.). Ann. de la Soc. entomologique de France. BRUNNER von WATTENWYL C. 82 Prodromus der europàischen Orthopteren. Leipzig, Engel- De DaLLa Torre C. G. De STEFANI Teod. . FaBre /. H. FeNARD M. A. mann. . 98 Catalogus hymenopterorum hucusque descriptorum systema- ticus et synonymicus: vol. V. Chalcididae et Proctotru- pidae, Engelmann, Lipsiae. . 91 De duobus novis hymenopteris Siciliae. Nat. siciliano Anno X. N. 5. . 97 Souvenirs entomologiques (veme série). Études sur l’instinet et les moeurs des insectes. Paris. De Lagrave. . 96 Sur les annexes internes de l’ appareil génital femelle des orthoptéres. C. R. A. Sc. Paris, T. 122. 326 FiscHER Henrico GIARDINA A. Lo sTESSO HaLLrnZ P. HapyI Heznrich. LÉCAILLON A. PawLOWA M. PERRIEK Edmond. RiegIo G. È , 6 SHARP D. TICHOMIROFF A. WHEELER W. M. |, Lo sTESSO. XAMBRAU. c Lo sTESSO. o LAVORI CITATI . 58 Orthoptera europea. Lipsiae. Engelmann. x . 97 Primi stadî embrionali della Mantis religiosa, Monit. zool. italiano, VIII. . 98 Sul nido della Mantis religiosa. Nat. siciliano. (N. S.) Anno II. . 86 Sur la loi de l’orientation de l’embryon chez les insectes. CO. R. de l’Acad, des Sc. Paris, T. 103. i . 9 Beitrag zur Kenntnis der Vorginge beim Eierlegen der Blatta ortentalis. Zool. Anz. II + 98 Sur les enveloppes ovulaires de quelques chrysomélides, Arch d’Anat. microscopique. T. II. fasc. I. . 96 Sur la métamorphose chez les Mantides. Travaux du lab. zoologique de l’Université de Varsovie (in russo). Se ne trova un riassunto nel Zool. Centrbl. IV. N. 17 (97) per cura del prof. N. ADBLUNG. . 70 Note sur la ponte de la Mante religieuse. Ann. de Sciences Natur. Zool. (V.) 14. . 89 Progressi attuali dell'entomologia sicula. Atti R. Acc. di Se. Lett. e Belle Arti di Palermo. vol. X. . 95 Insects. Part I. in The Cambridge natural history, ed. by S. F. HARMER, a. A. E, StipLey. vol. V. London, Mac' Millan a. Co. 1895. . 84 Chemische Studien iber die Entwicklung der Insecteneier. Zeit. phys. Chemie. 9. Bd. 1 . 89 The Embryology of Blatta germanica and Doryphora decem- lineata. Journ. of. Morphology. vol. III. . 90 Note on the oviposition and embryonic development of Xi- phidium ensiferum Scud. Insect-Life. Washington. vol. 2. . 97 Boll. de la soc. entom. de France pag. LXIX. . 79 Idem, pag. CXIII. » 10. AGLIO TAVOLA I. (Mantis religiosa) . Nido fissato su di una pietra. Gr. nat. Frammento di una sottile lamella tecale, mostrante i contorni delle bolle d’aria. Ingr. 62. Uovo maturo visto di profilo. Ingr. 15. . Spaccato trasversale del nido, mostrante le uova di uno strato di destra. Ingr. 3. » » » » » la lamella di chiusura di una camera di sinistra. . Sezione orizzontale del nido. Gr. nat. . Schema della medesima sezione orizzontale. Mostra il percorso delle lamelle, le quali son disegnate rosse o nere secondo che appartengono alla metà destra o alla sini- stra del nido. 8. Sezione longitudinale del nido, secondo un piano parallelo e vicinissimo al sagittale. Porzione della precedente sezione, ingrandita e schematizzata. I colori come nella fig. 1. Sezione orizzontale del nido al livello delle vie di uscita, Gr. nat. Porzione ingrandita della precedente sezione. I colori delle lamelle come nelle figg. 7 e 9. . Porzione del nido, a cui si è tolta la porzione anteriore e la posteriore; vista dal di sopra. A destra si vede la lamella di chiusura di una camera (lc). Confronta con la fig. 5. SPIEGAZIONE DELLE LETTERE. base del nido. canale di uscita. camere ovifere della metà destra del nido. » » » » sinistra » ». campo di uscita. estremità anteriore del nido. » posteriore » >». excorion dell’uovo. faccia convessa dell’uovo. faccia concava ». lamella della metà destra del nido. » » » Sinistra » >». lamella di chiusura. nocciolo centrale. polo anteriore dell’uovo.. » posteriore ». spazio estravalvolare. setto longitudinale del nocciolo centrale. uova. zona schiumosa. Sulla Wologia delle mantdi cu TAV .I È: DIST. vi sl posi ses lo “ i) Ri ) AS = 4 TNA dio Hurer F"8C.Parermo FecarRoTtTtA LIT à PERE Fal Bits NR toi 4 za nilo Na Aa fe a ì i VAI I a PT i %» fa À sd iaia dii de > Ori BI ESA veltea ssp n di dA .. a" art TAVOLA IL » » Spaccato trasversale del nido; tolta la porzione posteriore. . Spaccato trasversale di un nido di specie incognita (da BRONGNIART (82)). Estremità posteriore delle elitre e delle ali. Gr. nat. Estremità posteriore dell’addome (uno de’ cerci è stato tagliato). Lo stesso; la porzione sinistra della lamina sottogenitale è ta- gliata , l’ovopositore si vede di profilo, e sollevato rispetto alla posizione ordinaria. Ingr. 7. Frammento di una lamella del nido coi cristallini Ovopositore visto dalla faccia inferiore. Ingr. 10. Cristalli delle glandule tecogene. Ingr. 125. Frammento dell’ excorion dell’ uovo, mostrante le sculture in- che la rico- DELLE LETTERE lamella di chiusura. lamina sopraanale. » sottogenitale. nocciolo centrale. ovopositore. piastra fissa su cui si articola la paletti- na pi. palettina sbattitrice. ripiegatura interna trasversale della la- mina sottogenitale. setto longitudinale del nocciolo centrale. solco superiore del nido. sperone anteriore del nido. Ameles Spallanzania. Nido, visto dal disopra. Gr. nat. 14. » » >». di profilo. 15 » » 16. » » Sezione orizzontale del nido. 17. Ameles brevipennis. Nido, di profilo. Ingr. 2 ‘/,. 18. » » Sezione orizzontale del nido. Ingr. 2 19. Fischeria baetica (?). Nido, di profilo. Gr. nat. 20. » » Sezione orizzontale del nido 21. Ampusa pauperata. Nido, di profilo (da FABRB). 22. » » Nido, dal di sopra (da FABRE). 28 24. Muntis religiosa. 25 » » Ingr. 2. E 26. » » 27. > » 28. » » 29. » » terne. Ingr. 300. 30. » » prono. Ingr. 560. SPIEGAZIONE ali. le articolazioni delle valve inferiori dell’ o- Isa vopositore. lsg canale di uscita. ne cerci. 0vp denti della fossetta posteriore dell’ ovo- p positore. denti posteriori delle valve inferiori del- pl l’ovopositore. (i estremità anteriore del nido. elitre. sl estremità posteriore del nido. ste foro di uscita della schiuma. sp fossetta anteriore dell’ovopositore. vi fossetta posteriore dell’ovopositore, lamella divisoria di destra. valve inferiori dell’ovopositore. valve superiori dell’ovopositore. zona schiumosa. TAV.II Sulla hologia delle mantdi ca FECAROTTA . LIT Hurer f*&C.PaLermo LABORATORIO DI FISIOLOGIA DELLA RK. UNIVERSITÀ DI PALERMO (Prof. A. Marcacci) SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI.SANGUIGNI STUDII DEL D.r GIUSEPPE PAGANO ASSISTENTE —___— de -—_—_ Il problema dell’autoregolabilità del circolo sanguigno fu creduto risolto quando Lud- wig e Cyon scoprirono il nervo depressore e ne determinarono il probabile meccanismo di azione. E dico probabile poichè, coi dati sperimentali da loro raccolti, la funzione del nervo sensitivo del cuore era poco più di una costruzione teleologica, non essendovi al- cun esperimento il quale dimostrasse che le terminazioni del depressore nel cuore erano messe in azione da un aumento della pressione endocardiaca. Però, per quanto a ricostruire la funzione del nervo sensitivo cardiaco si fosse pro- ceduto con eccitazioni portate sul tronco e quindi non precisamente sul punto in cui nor- malmente agiscono gli stimoli naturali, pure era molto logico ammettere che l’ eccita- mento, che sperimenta)mente veniva applicato sul tronco, fosse portato in condizioni fisio- logiche sulle estremità endocardiache da quel fattore che forse più di ogni altro. regola la distribuzione del sangue, cioè dalla pressione di esso. E così, prima ancora che Sewall e Steiner (1) e poi Konow e Stenbeck (2) ne aves- sero dato la dimostrazione diretta, si impose al pensiero di tutti il concetto che le oscil- (1) SowALL a. STRINDR, Journal of physiol., 6, 1835. (2) Konow u. STENBECK. Skand. Arch. f. Physiol., 1, S. 432, 1889. Giornale di Scienze Naturali ed. Economiche, Vol. X.XII. .l 42 32S STUDIlI SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI lazioni della pressione endocardiaca regolassero automaticamente la distribuzione del san- gue nelle parti periferiche e centrali del sistema circolatorio. Nel 1887 videro la luce le belle esperienze di Heger (1) che dimostravano in modo ineccepibile l’esistenza di un altro meccanismo autonomo di regolazione del circolo : questo sperimentatore riuscì a dimostrare che anche l'eccitazione della superficie interna dei vasi era capace di far variare a distanza le condizioni del sistema circolatorio ed ammise la possibilità di fenomeni riflessi che avevano come punto di partenza le terminazioni sen- sitive dei vasi stessì. i Heger sperimentò quasi solamente sull’arteria femorale, 0 meglio sui vasi dell’arto posteriore, venendo alla conclusione che l’eccitazione chimica dell’ endotelio vasale porta, il più spesso, aumento della pressione generale, accompagnato da rallentamento del cuore e, solo eccezionalmente, diminuzione di pressione. A queste ricerche fondamentali, immeritatamente trascurate per molto tempo, ten- nero dietro, nel 1896, quelle di Spallitta e Consiglio (2),i quali determinarono con mag- gior precisione i fatti osservati da Heger e vi aggiunsero un acquisto di grande impor- tanza, la prova sperimentale di una supposizione di Heger, che, cioè, questo genere di sensibilità vascolare poteva esser messo in azione, non solo da eccitamenti chimici, ma anche dalle semplici oscillazioni della pressione del sangue, fatto confermato in seguito da Delezenne con una modificazione, punto sostanziale, del procedimento sperimentale. Queste nuove cognizioni facevano progredire di molto la questione dell’ auto-regola- bilità del circolo, poichè ne risultava un’armonica correlazione funzionale, reciproca , fra cuore e vasi, stabilita, da una parte, per opera del n. sensitivo del cuore, dall'altra, per opera dei n.n. sensitivi dei vasi, che, sebbene non si fossero potuti trovare isolati in un unico tronco, com'era riuscito pei sensitivi del cuore, erano purnondimeno messì fuori di- seussione dall’esperimento fisiologico il quale, così rigorosamente condotto, riusciva asso- lutamente probativo e precorreva la constatazione anatomica. Per quanto però apparisse completo, il quadro dell’autoregolazione del circolo non era, si può dire, che abbozzato nelle sue grandi linee, e numerosi problemi si solleva- vano quando volevasi spingere più indentro lo sguardo nei fenomeni già noti e inda- garne l'intimo meccanismo di produzione. Era infatti da studiarsi ancora metodicamente la reazione delle diverse parti della ‘ superficie cardio-vascolare, non potendosi ragionevolmente estendere a tutti i vasi i risul- (1) HeeER, Einige Versuche tiber die Empfindlichkeit der Gefisse; Leipzig, 1887. (2) SPALLITTA e ConsieLio, I nervi vaso-sensitivi. Palermo, 1896. STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 329 tati ottenuti sperimentando sulla femorale. Come, ad es. sulla snperficie cutanea vi som» specie diverse di sensibilità e regioni più o meno squisitamente sensibili. così, potevasi anche ammettere che non tutta la superficie cardio-vascolare reagisse egualmente e che la sua eccitazione provocasse, sia qualitativamente, sia quantitativamente, gli stessi effetti di quella della superficie dei vasi di un arto. Inoltre, dovendo la funzione dei nervi vaso- sensitivi rispondere necessariamente allo seopo della equanime distribuzione del sangue nell’organismo, già dal fatto che non tutte le parti del corpo si trovano nelle stesse con- dizioni statiche, potevasi sospettare che reazioni dissimili potessero provocarsi da vasi ap- partenenti a regioni diverse. E attribuendo poi a tale sensibilità, com’io credo fermamente, una funzione di protezione, era naturale supporre che essa fosse più sviluppata, o anche qualitativamente diversa, là dove la dignità anatomica e funzionale delle parti da pro- teggere era maggiormente elevata. Questo, in linea generale, l’oggetto primitivo delle mie indagini: Constatata 1’ esi- stenza del fatto fondamentale di una reazione vaso-sensitiva , io ho voluto spingere la ricerca sin dove gli attuali mezzi di tecnica mi permettevano di arrivare, esplorando tutta, o quasi, la estesa superficie sensitiva cardiaca e vascolare e stabilendo una specie di localizzazione della sensibilità nei due grandi sistemi del circolo, arterioso e venoso, convinto specialmente che non si potessero aprioristicamente estendere a tutte le sezioni di esso le conclusioni a cui i miei predecessori erano stati condotti dalle loro ricerche sulla sensibilità dei vasi dell’ arto posteriore. In seguito, la constatazione che, oltre ai cambiamenti del cuore e dei vasi, altri fenomeni, extra-circolatorî, possono essere prodotti o dalla stimolazione dei sensitivi cardiaci e vasali, ha ampliato il piano delle mie ricerche, inceludendovi altri problemi che, solo in parte, ho affrontato nella presente memoria. Ho cominciato le mie esperienze con una modificazione del metodo, autorizzatovi, io credo, dai precedenti lavori e da particolari considerazioni che svolgerò rapidamente. «Quando si fanno delle iniezioni nel sistema vascolare e se ne vedono sopravvenire con grande rapidità gli effetti fisiologici, si è, generalmente, molto proclivi ad ammet- tere un’azione, centrale o periferica , diretta , sui congegni nervosi da cui le funzioni turbate dipendono e quasi non si tien conto che, qualsiasi sostanza, per agire in questo senso, deve percorrere, col sangue, il tratto che la separa dai centri nervosi o dall’ or- gano su cui agisce, deve oltrepassare la parete dei capillari, e finalmente, deve produrre quelle modificazioni, chimiche, o dinamiche, che sono la base, incognita, dei perturba- menti visibili delle funzioni animali. Ora, tutti questi atti sono funzioni del tempo, e, per quanto rapidamente si com- piano, intercede sempre un intervallo, qualche volta anche abbastanza lungo, perchè essi possano completamente esplicarsi. Ond’ è che, se si inietta, ad es. nell’ arteria femorale una data sostanza e si vede elevarsi subito, e potentemente la pressione generale, non 330 STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI si può supporre altro meccanismo di azione che un eccitamento degli elementi sensitivi più prossimi, endo 0 extra-vasali. Ora, se l’ esperimento ha dimostrato precedentemente, in modo irrefutabile, che la parte extra-vasale non esercita che un’azione inapprezzabile, nell'insieme del fenomeno, è inutile ricorrere all’artifizio di isolare, quando è possibile, un dato distretto vascolare dal resto del corpo : basta non tener conto che degli effetti ‘mmediati dell’eccitazione, trascu- rando i tardivi che possono 0 devono dipendere da eccitazione di strumenti nervosi che, . per la loro ubicazione, hanno bisogno di maggior tempo per entrare in azione. Io insisto più specialmente su questo punto ‘che rappresenta una pregiudiziale di grande valore per quello che dirò in seguito: effetti quasî assolutamente sincroni all’i- niezione di una data sostanza nel circolo sanguigno non possono esser dati che dall’ ec- citazione delle pareti stesse dei vasi: bisognerebbe attribuire ‘alla corrente sanguigna la velocità dell’elettrico ed ai fenomeni osmotici e chimico-biologici una rapidità inconcepi- bile per poter intendere come, nell’istante stesso in cui una, sostanza è portata in. con tatto con la superficie interna dei vasi 0 del cuore, si manifestino gli effetti più impo- nenti, anche su organi molto lontani dal punto dell’iniezione. Nè questo mio ragionamento è solamente aprioristico , poichè le sue illazioni. risul- tano vere anche a posteriori dall'insieme delle prove che i miei predecessori ed io ab- biamo raccolte, come mostrerò facilmente in seguito. Invece dunque di servirmi delle circolazioni artificiali, (metodo di tecnica, qualche volta necessario, ma particolarmente impuro ) io ho preferito di iniettare le sostanze ec- citanti nei vasi in connessione normale col resto del circolo ed ho adoperato. in. quasi tutte le mie esperienze, fatte in molte specie di animali, comprese delle scimmie ,, ecci- tanti di natura chimica, liquidi, o in soluzione acquosa. È in questo solo modo che si può, a parer mio, mettere in giuoco solamente la sensibilità della superficie interna del- l'apparato cardio-vascolare, poichè nessuna forma di eccitamento può localizzarsi così bene e così rapidamente agire sopra una estesa superficie, come una sostanza che si mescola al sangue circolante ; lo stesso aumento della pressione endo-vasale non limita la sua azione alla superficie interna, ma interessa tutto lo spessore delle pareti dei vasi su cui agisce, e si estende alle perti extra-vasali di cui alcune, come le guaine dei vasi stessi, sono squisitamente sensibili. — Con questa modificazione, la tecnica da me adoperata si è straordinariamente sem- plificata e consiste solamente nel segnare sul cilindro su cui si registra l’espressione gra- fica della funzione esaminata, il momento preciso in cui si fa l'iniezione endo-vasale. Il più grande vantaggio di questo procedimento è quello di operare in condizioni quasi as- solutamente fisiologiche, facendo a meno di tutto quello che può alterare le parti su cui ” STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI BIL si esperimenta : ho potuto così evitare quell’insuccesso ottenuto recentemente da un abile sperimentatore e che è dovuto, evidentemente, all’imperfezione della tecnica. Come eccitanti, ho provato il nitrato di argento, il cloralio , la nicotina , il carbo- nato di soda, la cantaridina , la formalina, ma, più specialmente , 1’ acido prussico , in soluzione al centesimo, che produce effetti così intensi come la nicotina e possiede su di questa il vantaggio di non avere sul cuore quell’azione potente e rapidissima, e tutt'ora poco conosciuta, che ha la prima, ond’ è che appunto nelle iniezioni endo-cardiache esso mì ha reso i migliori servizî. Comincerò dal riferire gli effetti della Eccitazione della superficie interna del sistema arterioso 1. Iniezione di sostanze eccitanti nei vasi degli arti, dell'intestino, dei reni. Questi esperimenti sono, in parte, la verifica, nell’animale integro, dei fatti esposti da Heger e da Spallitta e Consiglio. Com'era da aspettarsi, e come si può vedere dalla gra- fica I, i risultati furono, per la femorale, completamente analoghi. A me parve anche che essi fossero più evidenti quando, contemporaneamente all’iniezione, veniva in certo modo, inceppato il circolo venoso dell’arto come pure ho notato, che non rare volte il fenomeno manca senza che si possa trovare, nelle condizioni esperimentali, una ragione di tale mancanza. Riguardo all’interpretazione, io debbo però allontanarmi un poco da quella data da Heger e da Spallitta e Consiglio; per le ragioni che ho svolte più sopra e che mi sono servite di guida nell’interpretazione di tutti i fatti da me trovati, io devo limitarmi ad attribuire all’ eccitazione della femorale i soli effetti sulla pressione, i quali seguono immediatamente all’iniezione e debbo scartare quelli sul cuore che sì producono con evi- dente ritardo. Effetti simili a quelli della iniezione nell’arteria femorale vengono dati dall’iniezione nell’arteria ascellare. Anche in questo caso si innalza subito la pressione, quasi senza modificazioni del cuore, che si manifestano, improvvisamente, con un ritardo di parecchi secondi. Nell’arteria renale il fatto è ancora più manifesto. In un altro lavoro (1) insistii sul- l'intensità degli effetti che si hanno quando un'iniezione eccitante è fatta nell’ arteria (1) G. PagANo—L’importanza dei riflessi cardio-vascolari autonomi in Patologia, Archivio di Farmacologia e Terapeutica, 1898. 332 STUDIl SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI renale: sembra che questo vaso sia provvisto di una squisita sensibilità per cui reagi- sce, forse meglio di qualunque altro, alle eccitazioni portate alla sua superficie interna. Grafica I. — Cane leggermente curarizzato. Pressione della femorale. In a si inietta nell’arteria femorale 1 cm.c. di soluzione di nicotina al 0, 5 °/,. Quanto alle altre arterie viscerali dell’ addome, contrariamente alle asserzioni di Heger, io non ho potuto ottenere alcun effetto dalla loro eccitazione. Facendo l’iniezione dre. ta STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 333 in tutte le diramazioni del tronco celiaco e nelle altre arterie intestinali, non bo mai osservato un innalzamento della pressione generale , anzi spesso, con un po’ di ritardo, s'è prodotta una lieve diminuzione di essa (graf. Il). Grafica II-—Cane curarizzato. Pressione della femorale. In a si inietta in un’arteria me- senterica 1 cm.c di soluzione di acido prussico. x Questa serie di esperimenti è stata completata dallo studio degli effetti che lo strappo della catena del simpatico addominale esercita sul fenomeno in parola. Recenti ricerche di Spallitta e Consiglio (1) hanno dimostrato che tutti i vasomotori dell’ arto posteriore, nel cane, sono contenuti nella porzione addominale della catena del simpatico. Era quindi probabile che anche i vaso-sensitivi seguissero la stessa via e, di fatto, due esperienze, istituite a questo scopo, mi hanno din ostrato che, dopo lo strappo del sim- patico addominale, mancano gli effetti dell’iniezione nell’arteria femorale dello stesso lato. Questo esperimento na, a parer mio, un grande valore per la determinazione del punto di- partenza del fenomeno studiato e prova che non è punto esatta 1’ asserzione di Heger che i vaso-sensitivi non siano nervi simpatici. Essi decorrono , nell’ arto poste- riore, coi grossi tronchi nervosi misti della regione, come vi decorrono, in massima parte, i nervi vasomotori e sì comportano come questi nel loro ulteriore cammino. Da che cosa però è prodotto l'aumento, talvolta considerevolissimo, della pressione sanguigna generale, consecutivo all’iniezione di una sostanza eccitante nel sistema arte- rioso ? Il criterio generale che non è possibile una costrizione di tutti i vasi dell’ organi- emo e, ancora di più, l’esempio di altri fenomeni fisiologici in cui esiste un vero anta- gonismo fra circolazione viscerale e circolazione cutaneo-muscolare, doveva far pensare che anche l'aumento di pressione dovuto all’ eccitazione dell'intima vasale non fosse da mettere a carico che di una determinata parte dell'albero circolatorio. E l’esperimento dimostra infatti che, quando la pressione generale si eleva, dimi- (1) SPALLITTA e ConsIGLIO. I vasomotori degli arti addominali — Palermo, 1897. x 394 STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI nuisce notevolmente la pressione nella vena porta, mentre aumenta, anche di parecchi gradi, la temperatura degli arti, e aumenta la pressione venosa nella femorale, con com- parsa del polso venoso. Così ì primi fenomeni come il secondo, dimostrano evidentemente ch l'aumento della pressione generale per eccitamento endovasale si deve, almeno in massima parte, alla co- strizione dei vasi addominali, mentre ì vasi muscolo-cutanei, non solo non vi partecipano, ma tendono, dilatandosi, a mitigare il fenomeno, Se questa dilatazione sia un fatto passivo, dovuto unicamente allo sfiancamento dei vasi a causa dell’esagerata pressione interna, o sia dovuta ad un’azione nervosa vaso-di- latatrice, non mi è dato ancora di poter affermare, per quanto in linea generale ,sia più proclive ad ammettere la seconda, piuttosto che la prima interpretazione. Iniezione di sostanze eccitanti nei vasi della testa. Se nella carotide primitiva di un cane si ‘inietta una soluzione di acido prussico 0 dì nicotina si vede il cuore immediatamente rallentarsi e, se l’eccitamento fu sufficiente- mente forte, arrestarsi. per. qualche secondo. (Graf. III). Se v'è solo rallentamento del cuore, esso può coesistere con un innalzamento considerevole della pressione sanguigna o con un abbassamento molto leggiero. (Graf. IV). Fenomeni assolutamente analoghi sì ottengono se l’ iniezione vien fatta nella verte brale. Grafica III-Cane curarizzato. Pressione della femorale. In a si inietta nella carotide pri” mitiva destra 1 cm.c. di soluzione di acido prussico. STUDI SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEL VASI SANGUIGNI 335 Nella spiegazione di questi fatti il criterio del tempo ci sorregge come nelle altre esperienze, poichè riesce impossibile concepire come, con un ritardo, spesso appena apprez- zabile, la sostanza eccitante possa arrivare ai nuclei centrali, fuoruscire dai vasi, eccitare gli elementi dello spinale e produrre il rallentamento del cuore. Grafica IV — Cane curarizzato. Pressione della femorale. In « si inietta nella carotide primitiva destra 1 cm.c. di soluzione di acido prussico. Ma il criterio cronologico non è il solo che dimostri l’ origine periferica dell’eccita- mento. Ripetendo la stessa esperienza fatta per l’arto posteriore, strappando cioè i gan- glî simpatici della regione, l’iniezione di acido prussico nella carotide o nella vertebrale non produce più, nè aumento della pressione, nè rallentamento del cuore (1). Devo qui osservare che lo strappo dei soli ganglî cerv. superiori, se modifica radi- calmente il fenomeno, non lo sopprime, qualche volta, del tutto. La grafica V dimostra che vi possono essere ancora in questo caso degli accenni della reazione cardiaca e un significante aumento della pressione. (1) Fondandomi su questa esperienza, che mi pare fondam:ntale, e su alcune altre istituite a questo scopo, io cercherò, in un prossi.no lavoro, di rischiarare alcuni punti molto oscuri dell’azions fisiologica dell’acido prussico e, più specialmente, cercherò di dimostrare come ai meccanismi da me studiati si debba quella rapidità di azione che, a dire del Bernard, ha qualche cosa di imbarazzante. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. 43 STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 336 Invece, lo strappo dei due ganglî stellati sopprime completamente il fenomeno e le SITIOeI -1900 @3UeWITEUIION OUOS O[[09 JB IQSEA ] ‘o0IssnId Opiog Ip euoIzA]os Ip ‘o'Uto ] BAINITULIA epigorgo e[[ou e79eru IS D U] ‘80pijo1Bo QUOISSOIT ‘gie -dsog (0180) ‘1}e[[ogs 0 LiorIiedns i[eora199 ‘33 1 I98dde13s ousIe 18 euLId G10 euno[e Ino è sue) — ‘A 09/0419 74 eaonone casal ga ona a e I TTT pr nt MAMI STD mn é de” bi eurve della pressione e del cuore procedono inalterate, sinchè la sostanza circolante, oltre- STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 337 passato il territorio vasale che stava sotto il dominio dei ganglî strappati, perviene in altre parti del sistema circolatorio provviste ancora della loro innervazione ismpatica. Grafica VI.— Cane a cui alcune ore prima si erano estirpati i gg. cervicali superiori. Cu- raro. Resp. art. Pressione della femorale. In a iniezione di acido prussico nella carotide primitiva destra. Questi fatti sono più ch» mai evidenti sperimentando con l’ acido prussico. Con la nicotina iavece, pur mancando l’azione immediata, che si osserva costantemente quando i ganglî sono integri, si manifestano, con una certa rapidità, delle modificazioni del cuore di cui, per il momento, io non saprei determinare il meccanismo preciso. Senonchè, volendo negare al criterio cronologico il valore di prova decisiva, nemmeno questa esperienza, rigorosamente esaminata, dà la certezza assoluta dell’esistenza di mec- canismi nervosi endo-vasali: Si potrebbe infatti pensare che l’azione della sostanza iniet- tata fosse solamente quella di produrre uno spasmo dei vasi per cui passa e che fosse appunto questa potente vaso-costrizione che, manifestandosi in determinate parti del sistema nervoso centrale, producesse, per difetto di nutrizione, i fenomeni suddetti. In questo caso, lo strappo dei sanglî non farebbe che impedire lo spasmo, in quanto che l’eccitante, agendo su vasi paralizzati, potrebbe forse restare inefficace. Ora, anche prescindendo dal fatto che, quando si parla di azioni sul sistema nervoso centrale non si fa che un'affermazione oltremodo vaga, in quanto che, o non si tiene conto della distribuzione diversa delle varie arterie dell’encefalo, o si ammette implicita- mente che svariate parti del sistema nervoso centrale possano dar luogo, eccitate, alle stesse reazioni funzionali sul cuore e sui vasi, il che non è provato, io credo che, contro questa interpretazione, parlino decisamente diversi fatti. Se si pratica l'iniezione diretta- mente nella carotide interna, nella maggiore cioè delle vie che la sostanza iniettata nella carotide primitiva deve seguire per arrivare agli organi nervosi centrali, non si ha che un rallentamento insignificante dei battiti cardiaci, senza modificazione apprezzabile della pressione, mentre, nello stesso animale, una seconda iniezione fatta nella carotide primi- tiva dello stesso lato.produce il rallentamento o anche l’ arresto del cuore (grafica VI). 338 STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI Non basta. Se si lega la carotide interna e si fa l'iniezione nella carotide primitiva, gli ‘effetti sul cuore e sulla pressione si producono in tutta la loro interezza, senza il più piccolo ritardo o la più piccola diminuzione di intensità. Grafica VII.— Cane curarizzato. Pressione della femorale. In a si inietta nella carotide in- terna destra con un ago ricurvo 1 cm.c, di soluzione di acido prussico. Questo esperimento tronca, a parer mio, la quistione, ma, se gli si volesse okbiet- tare che la soluzione iniettata nella carotide primitiva può pervenire ai centri nervosi per vie collaterali ed anastomosi con la vertebrale o con la carotide primitiva del lato opposto, vi sarebbe anche una prova diretta della impossibilità di questo meccanismo. Infatti, se si strappano i ganglî cervicale superiore e primo toracico da un lato solo, manca qualunque effetto quando si fa l’iniezione dal lato operato, mentre esso è pronto ed energico, quando, nello stesso animale, sì pratica l'iniezione nei vasi del lato opposto, provvisto ancora della sua innervazione simpatica. Eccoci dunque riusciti a dimostrare che l’eccitamento il quale provoca l’aumento di pressione e il rallentamento del cuore non agisce sul sistema nervoso centrale, nè sulla carotide interna; è possibile però una localizzazione più esatta della superficie eccitabile, una determinazione più precisa dei punti su cui l’ eccitamento deve agire per produrre le modificazioni del cuore e della pressione. A questo si riesce facilmente, o iniettando la sostanza eccitante in ciascuna delle collaterali della carotide primitiva o iniettandola in questa, previa legatura delle collaterali. L'esperimento dimostra che da nessuna delle collaterali della carotide primitiva può partire uno stimolo che influenzi il cuore, non solo, ma che, facendo l’iniezione nella carotide, immediatamente al di sopra dell’origine della carotide interna, si producono gli effetti sulla pressione, mentre mancano completa- mente quelli sul cuore. La superficie vasale, la cui eccitazione può produrre, per via indiretta, il rallen- STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 339 lentamento o l'arresto del cuore è dunque compresa fra l'origine della carotide pri- mitiva e la sua biforcazione. Potrei anche soggiungere che, secondo ogni verosimiglianza, la regione più sensibile è quella più prossima alla biforcazione carotidea. Si capisce che una determinazione altrettanto esatta è impossibile per la vertebrale, tutto però fa supporre che, anche in questa, la parte che può influire sul cuore, sia rappre- sentata dal tronco. Grafiche VIII e IX.— Cane a cui sei ore prima si sono strappati i gg. cervicale su- periore e 1° toracico di sinistra. Curaro. Pressione della femorale. In a si inietta 1 cm.c. di solu- zione di acido prussico nella carotide primitiva sinistra, in a! si fa la stessa iniezione nella carotide primitiva destra. Noi abbiamo così determinato la via sensitiva per cui il fenomeno si produce, ma non abbiamo ancora una prova diretta che ci autorizzi a stabilire la via motrice. Già dall'insieme del fenomeno si capisce che essa dev'essere data dallo spinale e, difatti, ta- gliando i vaghi al collo, manca completamente il rallentamento del cuore, pur producen- dosi gli effetti pressorî; anzi, in qualche esperienza, è dato dì osservare un certo accele- ramento delle rivoluzioni cardiache. L'esperimento dimostra anche che, se l’azione inibi- trice non si produce esclusivamente per il vago dello stesso lato in cui sì fa l’iviezione, pure è da ritenere che l’azione omolaterale sia prevalente. Accertato che lo strappo dei ganglî del simpatico sopprime il fenomeno per l'inter- 340 STUDII SULLA SENSJBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI ruzione delle vie sensitive per cui esso sì produce, ho voluto vedere se fosse possibile, in qualcuno dei filetti che da essi emanano, di sorprendere riunite le fibre vaso-sensitive. Se nonchè, l’eccitamento elettrico e meccanico di tutti i filetti provenienti dal gangliv cer- vical superiore non mi ha dato che risultati assai dubbî: non mi è quindi possibile ri- cavarne una conclusione sicura ed aspetto, per formularla , l’esito di altre ricerche che ho in animo di intraprendere fra breve Da quali eccitamenti naturali son messe in azione queste due specie di sensibilità dei vasi? i, Tralasciando le modificazioni della costituzione chimica del sangue, che potrebbero essere benissimo cause di eccitamento, ma che si conoscono ancora troppo poco per potere attribuire loro un valore ben definito, termiamoci a considerare se le oscillazioni della pressione endovasale possano provocare fenomeni simili a quelli da me descritti. Qui il problema si presenta ancora più arduo, poichè qualsiasi aumento o diminu- zione della pressione in questi vasi si fa immediatamente risentire sui centri che essi ir- rorano, però, io credo fermamente, e mi pare di averlo sicuramente provato, che la sen- sibilità dei vasi abbia, in questo fenomeno, un ufficio dei più notevoli. In una memoria pubblicata nel 1877, Frangois-Frank studiò gli effetti dell’ au- mento della pressione intracardiaca ed intracranica, concludendo che ambedue producono rallentamento dei battiti cardiaci (1). In queste esperienze, l’aumento della pressione intra- cranica era ottenuto principalmente spingendo nella carotide del sangue defibrinato, sotto una pressione maggiore dell’ordinaria ed il rallentamento del cuore era spiegato dall’au- tore, ammettendo un’azione diretta della pressione esagerata sugli elementi nervosi ence- falici. Le mie esperienze dimostrano che, se i fatti descritti da Frangois-Frank sono veri, non è ugualmente esatta l’interpretazione che egli ed isuoi successori unanimemente ne hanno data. Io ho ripetuto le esperienze del chiaro fisiologo francese, adoperando, non le circolazioni artificiali, ma l’altro metodo, da lui usato, delle iniezioni, sotto forte pressione, di sangue defibrinato nella carotide primitiva, ad animale integro. Senonchè, ‘invece di iniettare il sangue per mezzo di una cannula a T, nel qual caso, (1) FRANgOIS-FRANK— Recherches sur l’influence que les variations de la pressione intra- cranienne et intra-cardiaque exercent sur le rhythme des battements du coeur. Travaux du Laboratoire de M, Marey, 1877. STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 341 come può vedersi dalla grafica X, l'aumento di pressione, che nelle mie esperienze è molto considerevole, si trasmette a tutto il sistema arterioso e altera, come fattore meccanico, la curva della pressione e del cuore che dovrebbe aversi per il solo effetto dell'aumento della pressione endocranica, ho preferito fare l'iniezione nel moncone periferico della ca- rotide primitiva, servendomi semplicemente di una cannula da pressione innestata ad una pera di gomma. Grafica X.—Cane leggermente curarizzato. Pressione della femorale. In a si inietta nella carotide primitiva sinistra, sotto forte pressione e per mezzo di una cannula a T del sangue defibrinato di cane, a 38°, Io ritornerò fra poco sugli effetti che questo aumento di pressione produce negli animali svegli e normali e su quelli che esso produce negli animali curarizzati, mostrando come l'intervento di modificazioni rapidissime e notevoli del respiro influenzi, in modo speciale, il fenomeno in parola: ora mi limiterò a dimostrare come, senza alterare per nulla ì centri encefalici e le vie motrici necessarie alla produzione del fenomeno, sia pos- sibile produrre aumenti enormi della pressione endocranica, senza che il ritmo del cuore si alteri menomamente. La grafica XI ci mostra gli effetti dell'aumento della pressione carotidea in un cane leggermente curarizzato, la grafica XII è invec ottenuta in un cane, nelle stesse condi- zioni ma a cui, poche ore prima, si erano strappati i ganglî stellati e cervicali superiori. Mentre nel primo caso è evidentissimo l’effetto cardio-inibitore dell'aumento di pressione, nel secondo esso manca completamente. 342 STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI Ecco dunque un esperimento che scuote alcuni fatti ritenuti assiomi in Fisiologia e in Clinica ed introduce nella valutazione di molti fenomeni universalmente noti un fat- Grafica XI. — Cane leggermente curarizzato. Pressione della femorale. In a si inetta nel moncone periferico della carotide primitiva sinistra del sangue defibrinato, sotto forte pressione. Grafica XII. — Cane a cui, alcune ore prima, si erano strappati i gg. cerv. superiori e stellati. Curaro. Resp. art. Pressione della femorale. In a si inietta, sotto forte pressione, nella carotide primitiva sinistra, del sangue defibrinato. tore inaspettato e della più grande importanza. È mio intendimento di rivedere, con que- sto indirizzo, se molte delle pretese azioni centrali di agenti meccanici o chimici esistano realmente: non ch'io dubiti che determinate cause di stimolo possano agire direttamente sui centri nervosi, ma perchè sono convinto, e credo che le mie esperienze bastino a dar- mene la ragione, che buona parte dei fenomeni attribuiti, sin’oggi, a stimolazione diretta dei centri encefalo-midollari, riconoscono un'origine indiretta e si producono per effetto dell’eccita- mento di superficie sensitive. E ciò, non soltanto nel campo puro delle funzioni fisiologiche, dove conformemente alle idee sostenute dal Marcacci, è mia ferma convinzione che, per lo meno le funzioni della vita organica, siano rette, esclusivamente, da meccanismi riflessi o indiretti, di cui non sappiamo determinare l’origine, ma anche nel campo patologico, dove tali tenomeni più raramente sono stati l'oggetto di indagini rigorosamente condotte. Ha (Se) STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUOKE E DEI VASI SANGUIGNI Eccitazione della superficie interna del sistema venoso. La grafica XIII, presa a caso fra un gran numero di tracciati simili, ci dimostra evidentemente che all’iniezione di una sostanza eccitante nel sistema venoso non seeuono gli stessi effetti che abbiamo visto manifestarsi in seguito all'iniezione nei vasi arteriosi degli arti e della testa. Grafica XIII. — Coniglio normale. Il tracciato superiore è ottenuto con la cannula di Ludwig e Spengler applicata alla trachea, ne rappresenta quindi la pressione laterale, l’infe- riore è quello della pressione sanguigna, preso con un ordinario manometro a mercurio. In a si inietta nella vena safena 1/, cm.c. di soluzione di acido prussico. , In generale si può affermare che facendo l’iniezione nel sistema venoso, la curva del cuore e della pressione rimane per parecchi secondi invariata e le prime modificazioni sopravvengono improvvisamente, tanto più tardi, quanto più lontana dal cnore si trova la vena in cui l'iniezione vien fatta. Risultati analoghi si hanno quando sì fa l'iniezione in una vena intestinale, solo che allora il ritardo con cui si manifestano le prime alterazioni nel tracciato è ancora più lungo. Questo fatto è doppiamente importante, prima, perchè dimostra il particolar modo di comportarsi della sezione venosa del circolo e poi perchè risponde all’ obbiezione, che la mancanza di effetti in seguito all’eccitazione della parete interna delle vene sia dovuta alla minore superficie che viene eccitata comparativamente a quella che viene stimolata da una iniezione fatta in un tronco arterioso. Nel nostro caso invece da sostanza viene in con- tatto con un numero infinito di capillari (sistema portale epatico) e quindi, fatte le de- bite riserve in ragione della diversa struttura dei capillari sanguigni epatici, si trova nelle condizioni stesse in cui si trova quando viene in còntatto con le innumerevoli dirama- zioni di un arteria. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche, Vol. XXII. 44 344 SIUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE FE DEI VASI SANGUIGNÌ I seni venosi della dura madre—non differiscono, sotto questo aspetto, da tutte le altre parti del sistema venoso : infatti, l'iniezione nel seno longitudinale superiore non provoca la più leggiera modificazione della pressione e del cuore. Effetti dell’eceitazione delle pareti del cuore, dell’arteria polmonare e dell'aorta Il metodo migliore per lo studio dei fenomeni cardio-sensitivi m'è sembrato quello di portare la soluzione eccitante in contatto, primitivamente, con la parete stessa del cuore. Però, data la grande rapidità con cui il sangue abbandona il cuore e viene in contatto con altre parti del sistema vasale, a cui le mie e le precedenti ricerche hanno attribuito la proprietà di poter dar luogo a reazioni di diversa natura, la distinzione dei fe- nomeni dovuti all'eccitazione del cuore e di quelli dovuti all’eccitazione dei vasì sì an- nunziava molto difficile. Ed essa fu possibile solo con la determinazione serupolosamente esatta dell'istante in cui si applicava lo stimolo e, più ancora, per una favorevole dispo- sizione naturale, rivelatasi nel corso di queste ricerche, per cui le parti più prossime al cuore sinistro danno una reazione qualitativamente diversa da questo. L’aorta, p. es. la cui eccitazione avviene quasi sincronicamente a quella del cuore, non ha dato, stimolata direttamente, che fenomeni sulla pressione. Le iniezioni fatte alla sua origine danno dapprima un fugace innalzamento della pressione, poi gli effetti sul cuore, ma bisogna considerare che il sangue contenente la sostanza eccitante viene in questo caso rapidamente in contatto coi vasi della testa. Invece, le iniezioni fatte al disotto del- l’origine dei vasi encetalici, come pure l'eccitazione meccanica della superficie interna del- l'arco, producono fortissimi innalzamenti della pressione generale, accompagnati, qualche volta, da acceleramento del cuore. Il fatto è così evidente che, quando sì sopprimono con l’atropina o col taglio dei vaghi gli effetti sul cuore, si può apprezzare il momento in cui la sostanza iniettata passa nell’aorta, dalla rapidissima ed energica ascesa dalla pres- sione sanguigna. Per segnare esattamente il momento dell’iniezione nel cuore adopero il seguente ar- tifizio : attorno al tubo di una siringa di Pravaz avvolgo un filo proveniente da una pila di Grenet e che porta alla sua estremità libera una piccola placca di platino. L’altro filo, portante un’altra placchetta , fisso alla parte più alta dell’ asticina che spinge lo stantuffo e, riempita la siringa, dispongo le due targhette in modo che esse si discostino solo di un paio di millimetri, cosichè, abbassandosi lo stantuffo, cioè a dire spingendo il liquido fuori della siringa, le due placche vengano a riunirsi, chiudendo il circuito in cui è intercalato un segnale di Desprez. In tal modo è segnato elettricamente, in modo automatico, il momento dell’ iniezione, con un ritardo che equivale al tempo che impiegano le due placchette a venire in contatto e che è assolutamente trascurabile. STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUERE È DEI VASI SANGUIGNI 345 Per mettere poi allo scoperto il cuore, delimitato e dissecato nella regione cardiaca un lembo sufficiente, passo, per mezzo di un ago di Cooper appuntito, dei fili robusti sotto alle costole, comprendendo nella legatura anche i muscoli e sezionando questi e le ossa fra due legature distanti 4 o 5 centimetri. Con questo metodo, in pochi minuti e senza che si perda che pochissimo sangue, sì possono mettere allo scoperto, per qualunque estensione, i visceri del torace. Come agente eccitante ho preferito alla nicotina l'acido prussico poichè questo, a differenza della prima, non ha direttamente sul cuore un'azione che possa rassomigliarsi a quella di cui mi occupo, come ho potuto ripetutamente convincermi operando su ani- mali atropinizzati o coi vaghi tagliati, in cui, solo secondariamente , si manifestano dei disturbi del ritmo cardiaco, che non hanno nulla a che fare con quelli che sono oggetto del presente studio. Ciò posto, se nel ventricolo sinistro si inietta una soluzione di acido prussico , sì vede il cuore istantaneamente rallentarsi e, se la dose fu sufficiente, arrestarsi per un certo tempo. Grafica XIV. Cane curarizzato. Pressione della femorale. Segnale elettrico. Iniezione nel ventricolo sinistro di 1 cme. di soluz one di acido prus ico. Ss Uno sguardo alla grafica XIV ci dimostra che l’arresto è quasi assolutamente sin- crono col momento dell'iniezione e che qui l’effetto è ancora più energico che quando la iniezione è fatta nelle carotidi e nelle vertebrali. Che cosa però ci dimostra che questa azione è dovuta ad un’eccitazione dell’ endo- cardio e non ad un’azione rapidissima sul sistema nervoso intrinseco del cuore ? In pri- mo luogo, la istantaneità del fenomeno. Io dò, come s'è visto, a questo criterio crono- logico un valore capitale e credo che sia il primo degli argomenti che ci possano gui- dare in uno studio così difficile. Ma vi sono altre prove: È possibile sopprimere questi effetti senza alterare minimamente le condizioni dell'innervazione intrinseca del cuore e solo sopprimendo l’innervazione simpatica estrinseca, il che si ottiene facilmente con lo 346 STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI strappo dei ganglî stellati e con la sezione dei filetti emananti dal ganglio cervicale in- feriore. In queste condizioni sperimentali, l'iniezione di acido prussico nel ventricolo sinistro non altera menomamente il ritmo delle contrazioni cardiache. Constatata l’esistenza di una sensibilità del ventricolo sinistro, il cui afficio è quello di produrre un rallentamento del cuore stesso, era necessario ricercare se questa sensibi- lità fosse data o pur no dal depressore, dove si son credute riunite tutte le fibre sensi- tive del cuore. Si è visto che nel cane a cui si sono strappati i gangli simpatici l'iniezione di acido prussico nel ventricolo sinistro non altera più, nè la pressione, nè il ritmo cardiaco. Ciò non basta però a concludere che il fenomeno da me descritto si compia per vie nervose sensitive diverse dal depressore; si sa infatti che questo nervo contrae intimi rapporti con le branche del ganglio stellato, di guisa che è probabile che, nello strappo di quest’ultimo, lo sì interrompa o lo si alteri in modo da renderne impossibile la funzione. Però, anche lo strappo dei soli ganglî cervicali superiori con cui il depressore non ha alcun rapporto anatomico, sopprime quasi completamente il fenomeno di inibizione car- diaca, non solo, ma, se si tagliano, nel coniglio, i due depressori al collo e si fa poscia l'iniezione di acido prussico, i fenomeni cardiaci si svolgono precisamente come nell’ ani- male intatto. Ciò dimostra che il depressore non concorre alla produzione del fenomeno da me studiato e, d’altra parte, non potendosi negare che le sue fibre sì distribuiscono al cuore, bisogna, io credo, concludere che esso non fornisce forse all'organo a cui si reca quella sensibilità superficiale che sola è messa in giuoco seguendo il metodo delle inie- zioni nel sangue, e che questa sensibilità è invece fornita da elementi simpatici. Può darsi invece che essa sia funzione di qualcuno dei filamenti nervosi riscontrati da Wooldridge sulla parete anteriore del cuore e la cui eccitazione produce effetti simili a quelli da me notati. (1) Ora ci si presenta un altro problema : Il ventricolo destro è sensibile come il sini- stro o esistono fra la sezione venosa e la sezione arteriosa del cuore quelle differenze che abbiamo visto esistere fra vasi arteriosi e venosi? È strano come molti di coloro che si sono occupati della sersibilità del cuore non abbiano fatta questa distinzione ed è ancora più strano che nessuno si sia accorto della insensibilità del ventricolo destro, pur avendolo espressamente esplorato. Se si guarda la grafica XV si vede subito che, dal momento dell’ iniezione di ni- (1) WooLprIpGE — Arch. f. Anat. u. Phisiol., phisiol. Abth., 1883. STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 347 nicotina nella giugulare alla prima modificazione del tracciato corre un tempo discreat- mente lungo. E si noti che questa è una delle grafiche in cui oli effetti cardiaci si ot- tennero più rapidamente, Grafica XV.— Cane sveglio, normale. Il tracciato inferiore è quello della pressione, presa nella femorale, il tracciato superiore quello del respiro. In a si inietta nella giugulare destra 1 cm.c. di soluzione di nicotina all’1°/,. Ora è ovvio che questo tempo è più volte sufficiente all’ arrivo dell’ eccitante nel cuore destro e che, se qualche modificazione nel sistema cardiovascolare fosse in questo tempo avvenuta, la pressione generale avrebbe dovuto, in certa misura, risentirsene. Questo fatto semplicissimo, oltre che dalle mie grafiche, appare anche da quelle che hanno ottenuto tutti coloro che hanno fatto delle iniezioni endovenose, registrando in pari tempo la pressione sanguigna. Il Troquart per es. (1) da cui riproduco la grafica XVI, av- (1) TroquaRT, Recherches sur les troubles cardiaques produits par les injections intra-vei- neuses d’hydrate de Chloral, Travaux du Laboratoire M. Marey, 1877. 348 STUDII SULLA SENSIBILITA DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI verte che dal momento dell’iniezione di idrato di cloralio nella giugulare alla manife- stazione dei primi effetti sul tracciato passsano non meno di 12”. Come mai, ammetten- do un riflesso partente dalla sezione destra del cuore, non ha egli pensato che questo tempo era eccessivamente lungo? Grafica XVI. — (Da Troquart). In I iniezione di idrato di cloralio nella giugulare. Noi abbiamo visto con quale rapidità seguano gli effetti dell'iniezione di acido prus- sico fatta direttamente nel ventricolo sinistro, perchè dunque la reazione dovrebbe essere così tarda, portando l’eccitamento nell’orecchietta e nel ventricolo destro ? La ragione di questo fatto è semplicissima: come tutto il sistema nervoso, così an- che tutta la sezione destra del cuore è sprovvista di sensibilità ,; almeno superficiale , e una sostanza eccitante, introdotta nel circolo, non può produrre effetti sul cuore, sulla pressione e, vedremo anche, sul respiro , se non quando viene in contatto con le pareti del cuore sinistro. Quello che permette di ricavare questa legge con assoluta sicurezza è l’insensibilità, oltre che del sistema venoso, anche dell’arteria polmonare. Questo fatto, oltre all’ essere dimostrato dal ritardo che corre fra l'iniezione nella giugulare ed i primi effetti sul cuore, trova la sua prova decisiva nell'esperienza diretta, la quale dimostra che l' inie- zione fatta nell’arteria polmonare provoca dei mutamenti della grafica solo dopo un certo numero di secondi, quanti sono approssimativamente necessarii al compiersi del circolo polmonare. (Graf. XVII). Cosichè, la sezione destra del cuore, la quale non reagisce agli stimoli chimici por- tati sulla sua superficie interna, è intercalata fra due zone ugualmente insensibili (si- stema venoso, sistema dell’arteria polmonare) per cui, invece che sommamente difficile, la constatazione del diverso comportamento delle due metà del cuore riesce agevole oltre ogni dire. (nando all’arteria polmonare essa ci si mostra dunque provvista delle proprietà dei vasi ve- nosi, non solo per la qualità del sangue che vi circola e per la sua origine dalla sezione ve- nosa del cuore, ma anche pel carattere di ineccitabilità della sua superficie interna. E STUDI[ SULLA SFNSIBILITA DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 349 sarebbe forse possibile spingere ancora più innanzi una distinzione in questo senso tra sistema arterioso e venoso, in quanto che ie mie grafiche dimostrano che, iniettando una sostanza eccitante in una vena, specialmente della nicotina, poco prima che si manifesti- no gli effetti sul cuore dovuti, come ora sappiamo, all’eccitazione del enore sinistro, ap- pare talvolta un piccolo innalzamento di pressione, che può forse significare una reazione della parte sinistra o arteriosa dei vasi polmonari , simile a quella del maggior numero dei vasi arteriosi del corpo. AMMAN Grafica XVII.—Cane curarizzato. Pressione della femorale. In a si inietta nell’origine del- l'arteria polmonare 1 cme. di soluzione di acido prussico. In ogni modo, io credo che si possa, sulla scorta delle esperienze precedenti, for- mulare la seguente legge: La parete interna della sezione destra del cuore e di tutto il sistema venoso, compresa l'arteria polmonare, è insensibile, mentre è più 0 meno provvista di sensibilità la parete interna della sezione sinistra del cuore e del sistema arterioso, con esclusione di una parte dei vasi addominali. È appena necessario aggiungere che l’affermazione così recisa riguarda quella specie di sensibilità la cuni messa in azione è capace di provocare indirettamente effetti motori visibili, specialmente sul circolo: è in questo campo che risulta oltremodo evidente la differenza fondamentale tra sistema arterioso e sistema venoso, il quale, se anche non è completamente insensibile, nel senso generico della parola, non è certamente capace di produrre la più piccola reazione, quando agisce su di esso quella forza di stimolo, che pur produce, applicata sul sistema arterioso, gli effetti più energici. 350 STUDII SULLA SENSIBILITA DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI Effetti extra-circolatorî dell’eccitazione delle pareti cardiache e vasali Se in un animale sveglio o sotto l’azione del eloralosio si pratica un'iniezione di a- cido prussico nell’arteria femorale, si vede, come s'è detto, modificarsi la pressione, ma il respiro non subisce aleun cambiamento apprezzabile. Invece, se la stessa iniezione si pratica nella carotide o nella vertebrale, anche impedendo gli effetti cardiaci, il ritmo respiratorio si altera potentemente ed istantaneamente e, se l’eccitamento fu forte, il re- spiro si arresta per qualche tempo. Ecco dunque, per il respiro, un fatto simile a quello che abbiamo studiato per il cuore. Grafica XVIII. — Coniglio normale. Tracciato del respiro con la cannula di Ludwig. Segnale elettrico. In a si inietta nella carotide primitiva sinistra !/, cme. di soluzione di acido prussico. La grafica XVIII mostra che la reazione è assolutamente istantanea, che cioè, dal momento dell’iniezione, segnato anche elettricamente, all’inizio dei mutamenti del trac- ciato non decorre un intervallo di tempo apprezzabile, condizioni anche queste che ab- biamo visto prodursi nei fenomeni pressorî e specialmente nei cardiaci. Nell’interpretazione di quest'altro fenomeno si ripresentano le difficoltà stesse che incontrammo nel determinare il punto di partenza degli effetti cardiaci dell’eccitazione endovasale. Si tratta, anche in questo caso, di un'azione periferica, e più specialmente endovasale, o si tratta di un'azione centrale, rapidissima? A favore della prima ipotesi stanno, la grandissima rapidità del fenomeno, il fatto ei| STU|.II SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 35 che esso si produce egualmente qnando si faccia l'iniezione nella carotide primitiva, dop aver legato la carotide interna , e la mancanza di effetti immediati, quando 1’ iniezione vien fatta immediatamente al di là della biforcazione della carotide primitiva e quando vien fatta direttamente nella carotide interna. (1) Queste prove basterebbero, io credo, a far concludere a favore dell’azione periferica e quindi indiretta sugli organi del respiro. Senonchè, siecome non mi è completamente riuscito, come ho potuto fare per i fenomeni cardiaci, di determinare con assoluta sicu- rezza la via sensitiva su cui l’eccitamento porta la sua azione e poiché si tratta di fatti nuovi, la cui interpretazione tende a cambiare delle idee generalmente accettate, io preferisco, prima di emettere un definitivo giudizio, di aspettare l’esito di nuove e più minute ricerche. Dove però mi pare di poter venire a conclusioni sicure è nella parte che riguarda gli effetti respiratorî dell’eccitazione delle pareti cardiache. È noto che Frangois-Frank , eccitando meccanicamente e chimicamente le valvole sigmoidee e la parete interna del ventricolo sinistro e dell’aorta, osservò notevoli modi- ficazioni del ritmo respiratorio e ne descrisse le forme principali. (2) Io posso confermare l’assoluta esattezza dei fatti scoperti da Frangois-Frank: tutte le mie grafiche dimostrano che coll’arrivo della sostanza eccitante nel cuore sinistro, in- dicatoci dalle modificazioni del ritmo cardiaco, coincidono violenti cambiamenti della meccanica respiratoria. (Vedi gr fiche XIII e XV). I miei esperimenti sono però in antitesi completa con quelli del fisiologo francese nella parte che si riferisce agli effetti dell’eccitazione della sezione destra del cuore. Sia negli animali cloralosizzati, che negli animali svegli, cioè a dire nelle condizioni più perfette ed incriticabili di esperimento. l’iniezione di cloralio, di nitrato di argento, di nicotina, di acido prussico, nella giugulare non ha maò prodotto immediatamente nes- sun cambiamento nei movimenti del respiro, che si è sempre alterato dopo un intervallo di tempo considerevole e precisamente nn po’ prima del manifestarsi delle modificazioni del cuore. Ora, noi sappiamo che queste ultime sono talvolta precedute da un lieve innalzamen- to della pressione sanguigna attribuibile, con grande verosimiglianza, all’ eccitamento della porzione arteriosa del circolo polmonare. È dunque molto probabile che, solo da questo punto possano cominciare a partire stimoli che influenzino il respiro, pur ammettendo (1) FRangoIs-FRANK—Étude de quelques arrèts respiratoires, Journal de l’Anat. et de la Physiol. 1877. (2) FRANCOISFRANK—Recherches expèrimentales sur les dyspnées réflexes d’ origine car- dioaortique, Arch. de Physiol. norm. et pathol., 1890. STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUGNI 35 che le superficî più sensibili siano quelle del cuore sinistro, dell’aorta e secondo le mie ‘oqeuLIgep onsues [ep ‘e1sop BAITA epiroreo e[pou ‘auoIss:1d 0910} 008 ‘eqgeIUI 18 DU] ‘o[810W10] eqjeu ‘euolsseId eljop oxlenb erotiegur ] ‘oxidse1 [op otrenb e erortedns 09@109839 [] ‘eeurIon 01]3eAs eugd—'X/X 02/019 ricerche, dei vasi della testa, la cui eccitazione provoca istantaneamente fortissimi cam- Pers "a Mo riti. centi STUD II SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 8353 biamenti del respiro; il che equivale ad affermare, anche per questo ordine di fenomeni, l’insensibilità superficiale delle vene, del cuore destro e dell’arteria polmonare, E di fron- te al risultato concorde di un gran numero di esperienze fatte nelle migliori condizìoni possibili, la mia convinzione non può essere scossa nemmeno dal fatto che Frangois-Frank dice di avere ottenuto effetti sul respiro, depositando la soluzione eccitante nell’orecchietta destra del cuore, arrestato per l’eccitamento del vago. Qual'è l'ufficio di queste modificazioni del respiro? Allo stato dei fatti, io non sono autorizzato a concludere in proposito: ricorderò soltanto quello che ho detto parlando de- gli effetti cardiaci prodotti dall'aumento della pressione carotidea. Quando ,* contempora- neamente al cuore, può modificarsi anche il respiro, cioe a dire negli anìmali normali o leggermente cloralosizzati gli effetti cardiaci da me descritti ne vengono potentemente influenzati e qualche volta mancano quasi completamente. Le grafiche XIX e XI dimostrano gli effetti dell'aumento di pressione nella caroti- de di un animale normale e quelli dello stesso aumento di pressione nello stesso ani male curarizzato, mentre nella prima il rallentamento del cuore si produce solo ad in- tervalli ed è anche sostituito in qualche momento, da un'evidente accelerazione, nella se- conda è molto più spiccato, più rapido ad apparire e più duraturo. Ecco adunque, probabilmente, un altro rapporto fra le due funzioni, il quale ci di- mostra, ancora una volta, com’esse procedano sempre sinergicamente e come, oltre che coi meccanismi noti, le più diverse alterazioni dell’una si possano far risentire sull’altra, anche col meccanismo da noi studiato. Ma questi rapporti reciproci fra cuore e respiro stabiliti, non so con quali termini intermedî, dai sensitivi cardio-vasali, fanno l'oggetto di una nuova serie di esperimenti di cui spero di poter esporre, fra breve, i risultati. Oltre che sul respiro, gli stimoli portati sui cuore e sui vasi possano farsi risentire su altri organi dell'economia; accennerò brevemente alle principali reazioni, riserbandomi di tornarci sopra più diffusamente in un altro lavoro. Negli animali normali o leggermente cloralosizzati l'iniezione di acido prussico nelle arterie degli arti, e più specialmente in quelle della testa, dà luogo a reazioni dolorose evidentissime. L’iniezione nella carotide sembra in ispecial modo efficace ed è seguita i- stantaneamente da grida e da agitazione vivissima dell'animale, accompagnata da dila- tazione della pupilla. L’iniezione nell’arteria femorale provoca anche spesso violenti con- trazioni della vescica, che espelle completamente il suo contenuto. Sono queste semplici reazioni al dolore, o sono dei fenomeni esplicantisi con meccani- smo analogo a quello che provoca il rallentamento del cuore e l'aumento della pressione? Per ora, non è possibile dirlo. SD4 STUDII SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI Nei numerosi fatti passati rapidamente in rassegna, v'è tanto da giustificare un ten- tativo di ricostruzione sintetica ? Per quel che riguarda le influenze reciproche delle va- rie sezioni del circolo, io credo di si, tanto più che essi rassodano le ingegnose induzioni di Heger, confermate brillantemente, nei loro punti principali, da Spallitta e Consiglio. Quello che noi possiamo affermare in base a tutte le prove sin’ ora raccolte è che l’azione dei vaso-sensitivi rappresenta, in gran parte, la recip:o a dell’ azione del depres- sore: l’eccitamento di quest’ultimo nervo abbassa la pressione sanguigna, dilatando i vasi addominali, l'eccitazione dei sensitivi vasali la innalza, restringendo gli stessi vasi su cui sì esercita l’azione del depressore.. Però l’antagonismo fra azione vasale e cardiaca non può restringersi a questi due soli termini. E infatti, da una parte, esiste nel cuore un’altra sensibilità, di natura simpatica, cho deve pur contare, e non per poco, nel meccanismo di regolazione del circolo, dall’al- tra, alcuni vasi (carotidi e vertebrali) possiedono proprietà antagonistiche a quelle degli altri vasi e simili invece a quelle del cuore. Oltre a questo, risulta dalle mie esperienze che la proprietà di provocare, a distan- za, delle azioni che modificano la statica e la dinamica circolatoria è limitata esclusiva- mente alla sezione sinistra del circolo, mentre la destra, se risente l’azione di queste mo- dificazioni, non è capace, da parte sua, di provocarne. Io credo che questa sia una delle più interessanti conclusioni a cui debbono condurre le mie ricerche, quantunque come ho già detto, io non abbia esplorato che la sensibilità superficiale delle vene e del cuore destro e resti quindi aperta la quistione se una sensibilità profonda esista e se il suo ufficio sia quello di concorrere all’auto-regolazione del circolo. Contrariamente poi alle asserzioni di Heger, io posso affermare che questa sensibi- lità è di natura simpatica e che non è l’attributo dei soli capillari, ma anche dei tron- chi arteriosi di ogni grossezza. È inutile insistere sul gran numero di quistioni risollevate dalla possibilità di tali azioni nervose e sulla luce che esse possono {portare in Fisiologia, in Clinica ed in Farmacologia, dove varranno, io credo, a restringere moltissimo il campo delle pre- tese azioni centrali. Ma un altro genere di induzioni mi permettono di. fare le ricerche suesposte. Le azioni indirette da noi studiate , partenti dalla superficie interna dei vasi, hanno, per così dire, uno scopo generale, mirano all’integrità di tutto l'organismo o di I | È STUDI SULLA SENSIBILITÀ DEL CUORE E DEI VASI SANGUIGNI 355 sezioni estese di esso e producono spostamenti di massa del liquido circolante che non possono influenzare, particolarmente, regioni limitate del corpo. Però, stabilita la possibilità di questo meccanismo, io eredo che nulla si opponga ad ammettere che con esso si possano anche compiere modificazioni molto più limitate nel sistema vasale, cambiamenti locali di circolazione imposti, in limitati territorii , da bisogni speciali con cui l’organismo, nel suo insieme, non ha che vedere. Se anche questa induzione fosse esatta, le terminazioni sensitive dei vasi ci appari- rebbero, ancora di più, come vere sentinelle nervose le quali preverrebbero quasi i bisogni delle parti a cui sono destinate e vi porrebbero riparo, prima ancora che queste parti fossero direttamente danneggiate. A conclusioni egualmente precise io non posso venire per quel che spetta ai feno- meni extra-circolatori prodotti dagli eccitamenti endo-vasali e solo mi è lecito affer- mare che gli effetti sul respiro possono esclusivamente esser dati dalla sezione sinistra del circolo polmonare e del cuore e dai vasi della testa (carotidi e vertebrali), mentre altri fenomeni , della più svariata natura, possono esser provocati dall’ eccitazione degli altri vasi arteriosi del circolo. Sull’ intimo meccanismo nervoso con cui si riproducono tante e sì diverse reazioni io non dirò che brevi parole. A parer mio, nessuna ragione ci autorizza ad attribuire con sicurezza la natura ri- flessa a questi, come, del resto , ad altri fenomeni già noti in Fisiologia. Se un movi- mento (o una trasformazione di esso) segue ad un eccitamento sensitivo, non è necessa rio che tutto il meccanismo della sua produzione si riassuma in un atto riflesso ; per . affermarlo, bisogna provare che questo movimento è il primo effetto dello stimolo ap- plicato sull’organo di senso e dipende direttamente da esso. E questo , nel caso nostro, non possiamo affermare. ‘ Cosiechè, pur credendo probabile, almeno per alcuni di tali fenomeni, che s’ abbia da fare con vere e proprie azioni riflesse, preferisco, in mancanza di una prova rigorosa, di indicarli col nome più generico di azioni indirette 0 a distanza. Dove le successive esperienze venissero poi a dimostrare che questi fenomeni sì com- piono veramente con meccanismo riflesso, rimarrebbe da vedere se per ogni singola reazione motrice vi sia un arco nervoso distinto con una terminazione sensitiva di natura specifica, (il che non è irrazionale quando si pensi che irecenti lavori di Smirnow e Dogiel hanno accertato l’esistenza nel cuore e nei vasi di svariati tipi di terminazioni nervose sensitive) oppure, se la stessa terminazione, per collaterali della fibra a cui dà origine, possa met- tersìi in rapporto con vie motrici diverse. Palermo, Giugno del *99. 25 0CT.1902 Pe dI N =» Pa na anta a pi ari Fat pi Agp Le wr i ri ERO cata mett ate TT. om 3 TRE sn LTAZI = Cz SIC Sa CORR e pete CERI rasi di en ernia Lao pe ea