GLI INSETTI loro organizzazione, sviluppo, abitudini e rapporti coli' nonni I ANTONIO BERLESE Direttore della H. Stazione d'Entomologia agraria di Firenze GLI INSETTI loro organizzazione, sviluppo, abitudini e rapporti coll'uomo VOLUME SECONDO VITA E COSTUMI con particolare riguardo agli insetti praticamente interessanti Cini 895 incisioni intercalate nel testo e 7 tavole fuori testo Società Editrice Libraria * * MILANO - VIA AUSONIO, 22 ^ * 1925 PROPRIETÀ LETTERARIA Milano 1925. — Tip. Società Editrice Libraria INDICE DELLE MATERIE Cap. I. — GLI AFFINI DEGLI INSETTI pag. I Onicofori 3 Aracni di „ 4 (Pentastomidi, pag. 5. — Acari, pag. 10. — Rapporti gli fra Acari e gli Insetti, pag. 25. — Alcune interessanti specie di Acari, pag. 28. — Astigmati, pag. 30. — Sarcoptidi vermiformi, pag. 30. — Eriofidi o Fitoptidi, pag. 30. — Demodicidi, pag. 35. — Sarcoptidi psorici o dermicoli, pag. 39. — Sarcoptidi avicoli od Anal- gesidi. pag. 53. — Sarcoptidi liberi o detriticoli (Tiroglifidi), pag. 55. — Cripto- stigmati, pag. 62. — Eterostigmati, pag. 63. — Mesostigmati I (Gamasidae), pag. 67. — Mesostigmati II (Ixodidae), pag. 74. — Prostigmati, pag. 93. — Fa- langidi od Opilionidi, pag. 100. — Pseudoscorpioni o Clternetidi, pag. 101. — So- li/ughi, pag. 102. — Aranciài, pag. 105. — Palpigradi, pag. 127. — Pedi-polpi, pag. 127. — Scorpioni, pag. 128). MlBIAPODI „ 131 (Diplopodi, pag. 133. — Sinfili e Pauropodi, pag. 136. — Chilopodi, pag. 136. — Mirientomi, pag. 139). Bibliografia relativa ai detti Artropodi » 140 Cap. IL — L'ANTICHITÀ DEGLI INSETTI » 152 Era paleozoica » 155 (Siluriano e Decumani), pag. 155. — Carbonifero, pag. 156. — Paleodittiotteri, pag. 156. — Differenziazione verso gli Ordini attuali, pag. 158. — Protoortotteri, pag. 158. — Protoblattoidi. pag. 159. — Blattoidi, pag. 160. — Protodonati, pag. 160. — Protefemeridi, pag. 161. — Megasecopteri, pag. 161. — Reculoidi. Adentomoidi, Apalopteroidi, Mixotermitoidi, pag. 162. — Permiano, pag. 162. — Plecotteri. pag, 163. — Protoemitteri. pag. 163. — Paleoemitteri, pag. 164. — Conclusioni circa la fauna entomologica dell'Era paleozoica, pag. 164). Era mesozok' a » 1 65 (Triassico, pag. 165. — Coleotteri, pag. 166. — Neorotteii, pag. 166. — Lìassico, pag. 166. — Odonati, pag. 167. — Ortotteri, pag. 167. — Rincoti, pag. 168. — Coleotteri, pag. 168. — Neurotteri, pag. 168. — Megalotteri, pag. 169. — Ditteri, pag. 169. — Giurassico, pag. 169. — Ortotteri, pag. 170. — Odonati, pag. 170. — Plecotteri. pag. 170. — Rincoti, pag. 171. — Neurotteri, pag. 171. — Lepidotteri, pag. 171. — Ditteri, pag. 173. — Coleotteri, pag. 173. — Imenotteri, pag. 173. — Cretaceo, pag. 173). Era CENOZOif a » 174 (Ortotteri, pag. 175. — Psocidi e Termitidi. pag. 176. — Tisanotten. pag. 176. — Perlarii, pag. 176. — Plecotteri, pag. 176. — Odonati, pag. 176. — Embioidi, pag. 176. — Rincoti, pag. 176. — Apterigoti, pag. 176. — Neurotteri, pag. 177. — Coleotteri, pag. 177. — Strepsitteri, pag. 177. — Imenotteri, pag. 177). Era quarternaria » 179 Conclusione » 180 (Prospetto ilei principali gruppi di Insetti, dalla loro apparsa sulla Terra, fina all'epoca attuale, pag. 181). Bibliografia relativa agli Insetti fossili » 182 Cap. III. — CLASSIFICAZIONE DEGLI INSETTI » 189 Sottoclasse Apterigoti 192 {Apterigoti, pag. 192. — Tisanuri, pag. 192. — Collemboli, pag. 192). / ; v r-i INDICE DELLE MATERIE Sottoclasse Ptebigoti » 192 (Ordine Ortotteri, pag. 192. — Ordine Pseudoneurotteri, pag. 192. — Ordine Fi- sapodi, pag. 193. — Ordine Emittori, pag. 193. — Ordine Neurotteri, pag. 193. — Ordine Lepidotteri, pag. 193. — Ordine Imenotteri, pag. 193. — Ordine Coleotteri, pag. 194. — Ordine Ditteri, pag. 194). Breve storia del Sistema » 194 Bibliografia relativa alla classificazione degli Insetti » 205 Cap. IV. — LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI] » 207 Le uova degli Insetti ■ » 208 (Varie maniere di uova, pag. 208. — Aggruppamenti d'uova, pag. 213. — Insetti vivipari, pag. 217. — ■ Schiusura della larva, pag. 217. — Rivestimento del neonato pag. 219). Larva » 219 (Diverse maniere di Larve olo metaboliche, pag. 221. — Larve melolontoidi, pag. 221. — Larve cruciformi pag. 222. — Larve ciclopiformi, pag. 222). Differenze tra Larva e Adulto » 223 (Capo ed appendici cefaliche, pag. 225. — Organi boccali, pag. 227. — Tronco e sue appendici, pag. 230. — Costumi delle larve olometaboliche, pag. 237. — Nutri- zione, pag. 237. — Durata della vita larvale, pag. 242. — Aumento della larva, pag. 243. — Mute, pag. 244. — ■ Mezzi di difesa della larva, pag. 246). La Ninfa olometabolica » 256 (Particolari appendici di alcune ninfe, pag. 259). Varie maniere di metamorfosi » 260 (Origine della Olometabolìa, pag. 262. — Ametabolìa, pag. 265. — Emimetabolìa, pag. 266. — Olometabolìa, pag. 267. — Transizione dalla Emimetabolla alla Olo- metabolìa. Neometabolla, pag. 268. — Punti di corrispondenza fra le varie maniere di metabolìa, pag. 270. — Confronto fra le varie maniere di larve olometabole ed i corrispondenti momenti embrionali degli emimetaboli, pag. 270. — Ipermeta- morfosi, pag. 279. — Neotenìa e suoi effetti, pag. 283). La Ninfosi > 288 (Caratteristiche della ninfosi, pag. 290. — Ipotesi sulla natura e sulle cause della ninfosi, pag. 291. — Cause determinanti la metamorfosi, pag. 293. — Teoria fa- gocitarla.— Teoria della crisi genitale. — Teoria asfittica, pag. 293. — Teoria del- l'arresto fisiologico, pag. 294. — Teoria della autofagia, pag. 294. — Come la larva si prepara alla ninfosi, pag. 295. — Dischi imaginali, pag. 296. — Importanza del tessuto adiposo larvale. Depositi di sostanza nutritiva, pag. 298. — Formazione della seta, pag. 299. — Istolisi dei tessut; larvali, pag. 299. — Amebociti, pag. 300. — Islogenesi, pag. 301. — Fisiologia della ninfa, pag. 304. — Respirazione, pag. 305. — Ossidasi, Circolazione, pag. 306). Ripari della ntnfa durante la metamorfosi » 307 (Ninfe anoiche, pag. 309. — ■ Ninfe emioiche, pag. 312. — Ninfe evoiche, pag. 312. — Pupa e pupario, pag. 313. — Ninfe e Crisalidi protette, pag. 314). Bibliografia relativa agli stadi giovanili degli Insetti » 327 Cap. V. L'ADULTO E GLI ATTI PER LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE. . » 335 Sfarfallamento > 337 (Epoche dello sfarfallamento, pag. 345. — Subimago delle Efemere, pag. 346. — Definitivo assestamento dell'adulto, pag. 346. — Sostanze escrementizie espulse dal- l'adulto, pag. 349). Maturanza sessuale » 350 (Neotenia, pag. 351. — Adresìa, pag. 351. — Iperadresìa, pag. 352. — Atelia, pag. 352. — Pedogenesi, pag. 353). Funzioni speciali dell'adulto » 355 (Partenogenesi, pag. 356. — Partenogenesi accidentale, pag. 357. — Partenogenesi normale, pag. 359. — Parten. norm. occasionale, pag. 359. — ■ Parten. ciclica od Eteropartenogenesi, pag. 361. — Partenogenesi cicl. regolare, pag. 362. — Parten. cicl. irregolare, pag. 366). Gamogenesi » 369 (Qamogenesi negli Insetti, pag. 371. — Ragioni della riproduzione per via gametica o sessuale, pag. 372). I DUE SESSI DEGLI INSETTI E LE DIVERSE FUNZIONI SESSUALI » 374 (O meomorfismo sessuale ed Eteromorfismo, pag. 375. — Dimorfismo sessuali . pag. 375. — Cause primarie intrinseche di divergenza morfo ogica fra i due sessi, pag. 377. — Cause estrinseche di divergenza frrt i due sessi, pag. 378. — Uffici e variabilità della femmina, pag. 381. - — Uffici e variabilità del maschio, pag. 384. — Graduatoria nelln importanza degli organi e delle funzioni sessuali, pag. 386. — Graduatoria degli organi per la loro età, pag. 386. — Percorso del regresso invo- lutivo, pag. 386. — La ragione del dimorfismo sessuale, pag. 388). INDICE DELLE MATERIE CARATTERI SESSUALI SECONDARI 1 388 (Statura, pag. 3SS. — Dimegetismo sessuale, pag. 388. — Ornamentazione, pag. 390. — Ornamentazione cromatica. Dicromismo sessuale, pag. 391. — Ornamenta- zione plastica e Dimorfismo sessuale, pag. 393. — Eutelìa (od Eumorfismo), pag. 394. — Atelìa (od Atelismo), pag. 395. — IpertelU (o Ipermorfismo), pag. 395. — Ipe- ratella, pag. 397. — ■ Altre differenze sessuali secondarie, pag. 417. — Regime ali- mentare. Difagìa, pag. 417. — Dioplismo, Pungiglioni, pag. 418). Polimorfismo > 419 (Polimorfismo individuale, pag. 421. — Eteromisla, pag. 421. — Variazioni da indi- viduo ad individuo, pag. 422. — Gradi della variazione, pag. 423. — Variazioni in rapporto ai sessi, pag. 424. — Cause del polimorfismo individuale (da individuo ad individjo), pag. 427. — Influenza della nutrizione, pag. 428. — Influenza della nutrizione sulla determinazione del sesso, pag. 430. — Variabilità, Evoluzione, Ipertelìa, Ateli:, pag. 431. — Iperatelìa, pag. 433. — Atelìa, pag. 433. — Mege- tismo, pug. 437). Polimorfismo collettivo » 440 (Polimorfismo di stagione od Oramorfismo, pag. 441. — Polimorfismo di casta 0 Po- tifilìa, pag. 445. — Polifilia non sociale, pag. 446. — Origine, e significato della Poli- fìlìa non sociale, pag. 448. — Ciclo normale, pag. 449. — Ciclo ipernomico, pag. 450. — Cicli catanomici. pag. 451. — Ipoeiclo omeofilico, bisessuale, pag. 451. — Ipic. omeof. ciclopartenogenico, pag. 452. — Cicli catanomici polifilici, pag. 452. — Ipociclo polifilico a maschi eutelici, pag. 452. — Ipoc. polif. a maschi polimorfici, pag. 453. — Ipoc. polif. a maschi atelici, pag. 453. — Cicli disitici e cicli eteroici, pag. 453. — Ciclo disitico, pag. 453. — Cicli eteroici, pag. 454. — Ciclo eteroico annuale, pag. 454. — Ciclo eter. biennale, pag. 455. — Ciclo incompleto, pag. 456. - — Significato ed effetto della eteroichìa e polisitìa pel vantaggio della »pecie, pag. 461). Varietà » 463 (Variazioni individuili, pag. 464. — Mostruosità, pag. 464. — Oinandromorfismo, pag. 465. — Aberrazioni, pag 466. — Genìe, pag. 467. — Razze, pag. 468. — R izze locali, pag. 469. — Razze eterobiiche ed eterogeniche, pag. 469. — Specie, pag. 470. — Specie morfologiche, pag. 470. — Specie biologiche, pag. 470. — Variazione della specie, pag. 470). Gli amori degli insetti » 473 (Segnalazione e richiamo, pag. 474. — Segnalazioni a mezzo di odori, pag. 475. — Segnalazioni a mezzo di suoni, pag. 478. — Stridulazione dei Grilli e delle Locuste, pag. 478. — Apparati di stridulazione in altri Insetti, pag. 481. — Il « Canto » delle Cicale, pag. 482. — Luminosità, pag. 483. — Preliminari dell' accoppiamento, pag. 486. — Profumi, 487. — Precopula ed organi relativi, pag. 489. — Accoppia- mento, pag. 491. — Spermatofori, pag. 491. — Varie maniere di accoppiamento, pag. 495. — Speciali maniere di accoppiamento, pag. 498. — ■ Accopp. delle Libel- lule, pag. 499. — Accoppiamenti singoli e multipli, pag. 500. — Il ti segno » dell'ac- coppiamento, pag. 502. — Pervertimento sessuale, pag. 503). Determinazione del sesso » 503 La prolificazione » 504 (Varie maniere di riproduzione, pag. 505. — Insetti vivipari, pag. 505. — Insetti ninfogeni, pag. 506. — Insetti prosopogeni. pag. 507. — Insetti ovovivipari, pag. 508. — Insetti ovipari, pag. 508. — Poligenesi, pag. 509. — Periodo di incu- bazione, pag. 510. — Diversi ambienti dove sono deposte le uova, pag. 510. — Ovoposizione, pag. 511. — Ootassi, pag. 512. — Nidi d'uova, pag. 514. — Nidi d'uova entro corpi resistenti, pag. 517. — Ovoposizione entro terra, pag. 517. — Ovoposizione entro i legnami secchi e verdi, pag. 519. — Ovop. entro foglie, fiori, frutti, pag. 523. — Preparazione del nido coll'aiuto di altri organi oltre ai perige- nitali, pag. 525. — Nidi pedotrofici, pag. 527. — Nidificazione dei Lamellicorni coprofagi, pag. 531. — Imenotteri solitarii, pag. 538. — Modo di approvvigiona- mento del nido negli Imenotteri predatori, pag. 540. — Paralizzazione della preda, suo trasporto nel nido dal predatore e deposizione dell'uovo sulla vittima, pag. 545. — Guasto della vittima, pag. 546. — Trasporto della preda nel nido del predatore. pag. 548. — Deposizione dell'uovo, pag. 549. — Nidificazione, pag. 551. — Nidi cavità accidentali, pag. 551. — Nidific. in cavità scavate dalla madre stessa, in terra, nei vecchi muri, nei legnami, ecc., pag. 554. — Nidi scavati nei legnami, pag. 558. — Nidi composti di celle allogate in cavità accidentali, pag. 559. — Co. struzioni accessorie, pag. 562. — Nidi in muratura, pag. 564). Diffusione della specie £68 (Migrazioni, pag. 571. — Migrazioni di forme giovani, pag. 572. — Migrazioni di adulti, pag. 573. — Agglomerazioni, pag. 575). Bibliografia relativa alle funzioni speciali dell'adulto » 576 mi INDICE DELLE MATERIE Cap. VI. — L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PER LA PROPRIA CONSERVAZIONE .. » 590 Funzioni del sistema nervoso » 591 Sensi e percezioni ' » ivi (Tatto, pag. 592. — Gusto ed odorato, pag. 595. — Udito, pag. 599. — Vista, pag. 600. — Percezione dei colori, pag. 602. — Pevcez. dei movimenti, pag. 603. — Percez. delle forme, pag. 603. — Visione a distanza, pag. 604. — Diottrica e formazione delle immagini, pag. 605. — Visione a mezzo degli ocelli od occhi semplici, pag. 609. — Altri sensi, pag. 610. — Funzioni del sistema nervoso centrale, pag. 611. — Catena ganglionare nervosa, pag. 613. — Rapporti dei gangli della catena ven- trale fra loro, pag. 613. — Sistema nervoso viscerale, pag. (il 4). Istinto ed intelligenza » 615 Locomozione e movimento » 626 (Forza muscolare, pag. 628). Locomozione » 628 (Locomozione terrestre, pag. 628. — Locomozione acquatica, pag. 631). Volo » 632 (// 1 motore » della macchina volante «Insetto», pag. 635. — La macchina volante Libellula », pag. 635. — Ala, pag. 639. — Endoscheletro, Apodemi, pag. 640. — Capi ed assi dei movimenti articolari, pag. 640. — Movimenti dei Noti, pag. 641. — Movim. dell'ala nel suo insieme, pag. 642. — Movim. delle parti dell'ala, pag. 642. - Muscoli motori delle ali, pag. 643. — Meccanica del movimento alare, pag. 644. — Meccanica del volo nel tipo «Libellula », pag. 646. — Azione complessiva delle ali nella « Libellula ». pag. 646. — La macchina volante tipo a Mosca », pag. 646. — Acridio, pag. 650. — Mosca, pag. 653. — Movimenti dell'ala nel volo, pag. 656. — Sollevamento, pag. 657. — Movimenti dell'ala nel volo, 658. — Differenza fra il tipo » Libellula » ed il tipo « Mosca » nel movimenti! delle ali, pag. 665. — Posizione del- l'Insetto nel volo, pag. 666. — Chiusura dell'ala, pag. 668). Nutrizione » 669 (Respirazione, pag. 670. — Movimenti di apertura e chiusura degli stigmi, pag. 671. — Chimica della respirazione, pag. 672. — Respirazione acquatica, pag. 673. - Respirazione branchiale, pag. 677. — Resistenza all'asfissia, pag. 677. — Dige- stione, pag. 678. — Digestione interna, pag. 679. — Assunzione del cibo, pag. 679. - Ulteriore triturazione degli alimenti solidi nel tubo digerente, pag. 682. — Di- gestione ed assorbimento intestinale, pag. 682. — Processi chimici nella digestione, pag. 687. — Assorbimento, pag. 689. — Particolare adattamento del tubo dige- rente negli Emitteri Omotteri, pag. 691. — Speciali processi digestivi in taluni In- setti, pag. 691. — Assorbimento diretto dell'azoto e del carbonio, pag. 692. — Circolazione, pag. 692. — Sistema circolatorio, pag. 693. — Fuido circolante, pag. 698. — Attività fagocitica degli amebociti, pag. 699. — Resistenza al dissan- guamento, pag. 701. — Riserve, pag. 701. — Escrezioni plastica, pag. 702. — Vasi malphigiani, pag. 703. — Secrezioni speciali, pag. 704. - ('uhm- animale, pag. 707). Autofilassi » 708 (Proti -inm . pag. 708. — Tegumenti, pag. 709. — Mimetismo fanerico, pag. 709. — Rivestimenti secondari, pag. 711. — Ripari difficilmente accessibili, pag. 712. — Difesa, pag. 714. — Fuga, pag. 714. — Arrotolamento ed appallottolamento, pag. 715. — Crittismo, pag. 716. — Crittismo mimetico, pag. 716. — Necromi- mismo. pag.717. — Mimetismo dittico, pag. 717. — Omocromismo, pag. 717. — Omeomorfismo, pag. 730. — Foberismo, pig. 734. — Difesa attiva, pag. 735. — Secrezioni difensive, pag. 736. — Organi veleniferi e sostanze velenose, pag. 737. — Organi (e fluidi) difensivi in via secondaria, pag. 737. — Autolinforrea, pag. 738. — Offesa, pag. 740. — Autotamia, pag. 740. — Autotomia ed AutospasGi. pag. 742. — Autofagia, pag. 744. — Rigenerazione, pag. 744. — Sonno e letargo, pag. 749. — Atti oziosi, pag. 754). Vitalità degli Insetti » 757 (Effetti della decapitazione, pag. 758. — Effetti di altre lesioni, pan. 760. — Resi- stenza .il digiuno, pag. -761. — Resistenza agli agenti chimici, pag. 761. — Resi- stenza agli agenti risici, pag. 763. — Resistenza all'asfissia, pag. 765). Longevità degli Insetti 765 La fine dell'individuo » 768 (La morte, pag. 769. — Agonia, pag. 770. — La morte, pag. 771). Bibliografia relativa alle funzioni fisiologiche degli Insetti » 772 Cap. VII. — LE SOCIETÀ » 798 Associazioni di individui omogenei » 799 Colonie ' » 800 Società » 800 (Polifilia sociale, pag. 802. — Caratteristiche morali delle Società degli Insetti, p. 803). l'i i-i divfrsi di Società » 804 INDICI-: DELLE MATERIE Vespe sociali 806 (Pulitina ilelle Vespe sociali, png. so". Vespaio, png. 812. — Diverse maniere di vespai, pag. 813). Atidei sociali » 821 (Bombai*, pag. 821. — Melvpona, pag. 823). Lk Ari » 825 (L'olitili i delle Api, pag. 828). Le Formiche » 831 (Polifilla delle Formiche, pag. 831. — Maschio, pag. 833. — Femmina, pag. *:i4. Operaio, pag. 834. — Caratteristiche individuali, pag. 837. — Regime, pag. 841. — Nozze, pag. 842. — Fondazione del formicaio, pag. 843. Larve, loro allevamento, pag. 845. — // Formicaio, png. 846. — Cambiamento di domicilio, pag. 852. — Rapporti fra piò formicai, pag. 853. — Nidi composti, pag. 853. — Plesobiosi; Lestobiosi, Xenobiosi, Parassitismo sociale, pag. 854. — Dulosi, pag. 856. — Formiche ni. Ili tur, pag. 857. — Formiche nomadi, pag. 859. — ■ Formicai artificiali, pag. 861. — Rapporti Ira le Formiche e. gli altri organismi, pag. 863. — Relazioni tra Formiche e piante, pag. 863. — Piante mirmecofile, pag. 865. — Animali mirmecofili, pag. 865). Le Termiti » 865 (Polifilìa delle Termiti, pag. 867. — Gli Alati, pag. 868. — Sessuati di sostituzione, pag. S09. — Odi Atteri, pag. 870. — Sviluppo delle singole caste e loro differenzia- zione, pag. 873. — Uffici delle diserse caste, pag. 876. — Origine della poliBlia, pag. 879. — Diffusioni della specie, pag. 880. — La vita della colonia, pag. 882. — Re- dime, pag. 884. — Provviste, pag. 884. — Coltura di funghi, pag. 88o. — Prepara- zione del materiale per le costruzioni, pag. 886. — II Termitaio, pag. 886. — Di verse maniere di termitai e loro classificazione, pag. 889. — Animali t rmitofili, pag. 890). Bibliografia relativa alle Società degli Insetti » 897 Indice alfabetico delle figure contenute net testo e nelle tavole » 923 Indice dei nomi sistematici, biologici, ecologici, ecc « 931 Supplemento alla bibliografia dei singoli capitoli » 957 Indice alfabetico degli autori citati nella bibliografia dei singoli capitoli » 979 Errata corrige ' 99 1 CAPITOLO I. GLI AFFINI DEGLI INSETTI L PEGNO animale, cioè l'insieme delle specie animali viventi nella presente o nelle passate epoche geologiche è, dagli zoologi, diviso in due grandi sottoregni, dei Protozoi l'uno, dei Metazoi l'altro. Appunto in questa ultima sezione, che la sistema- tica frammenta in parecchi Tipi, viene collocato quello vastissimo degli Artropodi, al quale gli Insetti appar- tengono. Per verità, come più diffusamente esporremo in se- guito, l'odierno Tipo degli Artropodi corrisponde a quella grande Classe degli Insetti, la quale, secondo il concetto linneano, seguito dalla maggior parte dei sistematici fino a circa la metà del decorso secolo, abbracciava l'insieme di tutti quegli animali che hanno il corpo diviso in articoli o segmenti e che possiedono inoltre arti articolati. Si tratta adunque degli Entomuta di Ari- stotile, cioè degli Inserta dei naturalisti posteriori. Il carattere desunto dalla presenza di arti articolati distingue gli Artropodi dagli Annulosi od Anellidi, che dire si vogliano, nei quali pure il corpo è diviso in segmenti, ma fanno difetto le membra articolate. A questo carattere distintivo altri si aggiungono di non minore, anzi di mag- gior rilievo, ma essi si riferiscono ad organi interni. Di questi non è il caso di intrattenersi qui, nel presente volume, dove non si fa luogo a notizie morfo- logiche più minute e dove conviene accontentarsi, quanto alla parte dell'anatomia, solo a ciò che può essere veduto nella sola considerazione delle parti esterne dell'animale ed anche per quel tanto che è strettamente necessario alla chiara intelligenza dei suoi modi di vita o per giudicarne della sua più opportuna po- sizione nel sistema zoologico. Senonchè i rapporti di parentela tra gli Artropodi e gli Annulosi sono cer- tamente molto stretti ed anzi si conoscono forme viventi, come sono quelle ap- punto di cui si compone il gruppo degli Onicofori, le quali stanno a mezza via fra l'uno e l'altro Tipo, e se possiedono arti, così da dover esser ascritti, per quanto non soverchiamente bene, al Tipo degli Artropodi, mostrano anche parti- colarità anatomiche di grande rilievo, per le quali convengono cogli Annulosi. Intanto però, il Tipo degli Artropodi, oltre ad alcune classi che evidentemente stanno assai bene insieme e per le quali si può ammettere, come si ammette vo- lentieri, una comune origine da forme attualmente scomparse, comprende ancora A. l'.tiii.i ■-!■-, Oli Insetti, II. — 1. CAPITOLO PRIMO altri gruppi, oltre gli Onicofori, pei quali le affluita colle classi più alte solo tuttavia molto discusse ed incerte. Infatti il Tipo degli Artropodi è generalmente suddiviso nelle seguenti classi, alcune delle quali si raggruppano insieme in sezioni maggiori, conforme appa- risce dalla seguente tabella: Classe 1.* Onicofori (Prototracheati) 2.a Pautopodi 3.a Tardigradi 4.a Crostacei 5.a Merostomi ) Chelicerati 6.a Aracnidi 7.a Miriapodi I . , x . . ', Antennati 8.a Insetti Ora, gli Onicofori, i Pantopodi ed i Tardigradi sono appunto quei gruppi pei quali i rapporti di parentela cogli altri sono meno manifesti, e tuttavia sog- getti a seri dubbi e molte discussioni. Ma i Chelicerati e gli Antenuati sono, molto credibilmente, derivati da an- tichi Crostacei, ora scomparsi, ohe i naturalisti comprendono nella sottoclasse dei Paleocaridi, rappresentata dai Trilobiti. Questa comune origine importa un grailo di parentela o di affinità che tut- tavia si può rilevare col confronto delle forme viventi, nei loro caratteri morfo- logici e talora anche nello sviluppo, ma essa è, certo, più stretta fra gli Insetti ed i Miriapodi, che non fra quelli ed i Chelicerati ed i Crostacei. Intanto, secondo una classificazione che pure è accusata di artificialità, tutti gli Artropodi si dividono in due grandi sezioni, a seconda del modo di respira- zione, se essa cioè è per branchie (od acquatica), oppure per trachee (o terrestre). Così, fra i Branchiati si debbono annoverare i Crostacei, Merostomi e Pan- topodi e fra i Tracheati gli Aracnidi, i Miriapodi e gli Insetti. Quanto agli Onicofori, essendo essi forniti di trachee, certo dovrebbero, in così fatto sistema, essere riuniti all'ultimo gruppo, quello cioè dei Tracheati, e pei Tardigradi poi nulla si può affermare perchè la maniera di respirazione loro è quella cutanea, cioè senza particolari organi specializzati alla funzione respira- toria. Si tratta però, per questi Tardigradi, di forme acquatiche o viventi in am- bienti molto umidi. Questa suddivisione del Tipo, per quanto certo se non del tutto artificiale assai meno naturale dell'altra, pure praticamente ci giova e ne terremo conto qui, dove, oltre ai criteri strettamente scientifici, è d'uopo far posto ancora ad altri più ovvi ed alla mano, nella trattazione della materia. Ci asterremo quindi dal menzionare particolarmente, in questo libro tutte le forme acquatiche e perciò non terremo parola dei Pantopodi, dei Tardigradi, dei Crostacei e dei Merostomi, per quanto la stretta parentela di questi ultimi con alcuni Aracnidi, cioè cogli Scorpioni, sia assolutamente bene netta e ci occupe- remo invece delle forme terrestri esclusivamente, cioè a respirazione tracheale, pur sorvolando molto brevemente sui gruppi i cui rapporti biologici cogli Insetti sono nulli o trascurabili, né altro interesse pratico richiama la nostra attenzione. Converrà invece accennare con minore concisione a quelle forme di Artro- podi terrestri che, sia per la loro ingerenza nella vita degli Insetti, sia per quella che possono avere coll'Uomo, meritano di essere fatti conoscere in particolar modo. lil.I AFFINI DEGLI INSRTTI Oni cof or i. Non è il caso di spendere molte parole intorno a questa singolare classe di Artropodi, che mostra così granili affinità cogli Annulosi, ai quali sino a poco tempo fa era aggregata. L'importanza del gruppo è certo grandissima pei sistematici e pei morfologi, ma in pratica, questi Peripatus, che da soli compongono la classe, non interes- sano per nulla e non se ne farebbe qui cenno se non giovasse conoscere le forme che sono conside- rate come l'anello intermedio fra gli Annulosi e gli Ar- tropodi, cioè fra due tipi vicini. I Peripatus , che sono animali grandetti, come ap- parisce dalla flg. 1, in cui il P. capensis è rappresentato nelle dimensioni na- turali, hanno tutto l'aspetto di un Bruco, col corpo così molle e colle zampe car- nose, ma recano all'innanzi del capo due appendici articolate a guisa di antenne. La parte anteriore del corpo, o testa che sia, non è bene distinta dal rima- nente e porta tre paia di appendici, cioè le antenne già accennate, le mascelle Fig. 1. — Peripatus capensis in grandezza naturale (da Sedgwick). Fig. 2. — Parti di un Peripatus. A, Estremo posteriorer dal ventre di P. Novac Zealandiae (g, apertura genitale; a. ano); B, Estremo anteriore del corpo, dal ventre, di P. capensis-, T, testa; ant, antenne; orp. palpi orali; Fv primo paio di zampe; 0, Zampa di nn Peripatus (P. capensis) vista dal ventre; D, la stessa dal dorso (da Sedgwick). e le papille orali ; inoltre un paio di occhi semplici e la bocca in forma di foro rotondo, situata nella faccia inferiore della regione cefalica (fig. 2, B). Sulla faccia ventrale del rimanente del corpo stanno anche parecchie paia i piedi conici, brevi, carnosi, marcati di molte pliche e rugosità trasverse se non veramente segmentati e terminati da un piede claviforme con uncini (due) apicali. 11 numero di queste appendici varia nelle singole specie : ad es. : ve ne sono diciasette paia nel P. capensis; diciotto nel P. bal/ouri; da 29 a 34 nel P. ed- CAPITOLO PRIMO icardsi. In talune specie il maschio ha minor numero di zampe della femmina ri- spettiva. Il corpo è tutto impresso di pliche trasversali, che ricordano la segmenta- zione degli Annellidi. Il genere è stato fondato dal Guildiug noi 1829, su esemplari di S. Vincenzo nelle Antille. Egli considerò questi animiti] per Molluschi. In seguito, su individui avuti da altre parti della regione neotropical6, gli zoologici ascris- sero questi Peiipatu? agli Annellidi od ai Miriapodi. Nel 1874 il Moseley, avendo scoperto la presenza di trachee quali organi respiratori in tali forme, le annoverò fra gli Artropodi, dove sembrano meglio a posto, secondo la più comune opi- nione dei naturalisti. Più tardi si scopersero parecchie altre specie in varie regioni nell'emisfero australe e nella zona tropicale ed ora si sa che i Peripatm si trovano nel Sud-Africa, Nuova Zelanda, Australia, Sud america, Indie occidentali. Se no conoscono qualche decina di specie, tutte configurate sul tipo indicato e poco o non bene diverse fra loro. Vivono, questi animali, nei boschi umidi, generalmente predando altri animali minori, su cui, per arrestarli, spruzzano un particolare umore glutinoso, che viene segregato da speciali ghiandole sboccanti nel secondo paio di appendici orali. La maggior parte delle specie sono vivipare. In quelle americane le uova sono molto piccole e l'embrione si svolge nel corpo della madre, a spese di una specie di placenta che vi si forma. Aracnidi . In confronto cogli altri Artropodi terrestri, che conosceremo più innanzi, gli Aracnidi mostrano un corpo diviso in due sole regioni bene distinte e cioè in un capotorace o prosoma, recante gli arti periboccali ed ambulatori ed in un addome, che generalmente nell'adulto non porta membra e può essere diviso in segmenti distinti. In talune forme, come ad es. in parecchi Acari, il capotorace può essere più o meno confuso coll'addome in un tutto unico, che prende il nome di tronco: in altri casi invece la distinzione fra le due regioni riesce assai bene marcata anche da una notevole costrizione, come è ad es. nei comuni Eagni ed in altre forme vicine. Quanto al numero delle appendici ambulatone pertinenti al capotorace, nessun dubbio cade circa gli arti ambulatori, che si vedono essere sempre in numero di quattro paia, salvo in forme giovanili di qualche grappo, ad es. degli Acari, ma non altrettanto facile è definire il numero delle appendici periboccali che spette- rebbero strettamente alla regione cefalica e sul quale tuttavia è aperta la discus- sione. A me non sembra che si possa ammetterne meno di tre paia, cioè i elidiceli, i palpi e le mascelle ; ma qualche autore, sopratutto per desiderio di ricondurre tutti gli Artropodi ad un tipo comune di armatura boccale, ne indica anche più, sebbene lo sforzo non sembri approdare ad esito felice. Altri autori riducono invece a sole due paia gli organi boccali, cioè ai soli cheliceri ed ai palpi, ai quali, come loro pezzi basali, ascrivono le mascelle. Certo queste due paia di arti sono le più vistose, ma a proposito degli Acari non si mancherà di mettere bene in luce la composizione dell'insieme di pezzi circum- orali, che compongono ciò che generalmente si indica per rostro. I cheliceri (o mandibole) sono pezzi composti generalmente di due articoli e GLI AFFINI DEGLI INSETTI rappresentano i piò appariscenti organi della bocca, variamente conformati a se- conda del diverso regime e talora in rapporto anche con ghiandole velenifere. I palpi stanno sui lati dell'armatura boccale e comunemente si vedono divisi in più articoli, essi pure assai diversamente configurati in relazione coi partico- lari costumi dell'animale e con funzioni varie non solo rispetto alla nutrizione, ma anche, talora, alla riproduzione, come ne danno classico esempio gli Araneidi, oppure alla locomozione, il quale caso è più raro, anzi rappresentato solo dai Palpigradi. Quanto alle mascelle, rappresentino esse o meno un vero paio distinto di arti, si vedono molto sviluppate e complicate in taluni gruppi, sebbene più difficili a riconoscersi in altri e prendono parte efficace ed esclusiva nelle funzioni di nutrizione. Così, in generale, negli Aracnidi non è chiara una distinzione fra una regione strettamente cefalica e quella esclusivamente toracale, ciò che invece apparisce così bene negli Insetti. Anche nei Solifughi, pei quali si accenna ad un capo distinto, devesi invece convenire che esso è annesso alla prima sezione, nella quale si vede distinto il torace. Quanto all'addome, si è detto che esso può essere più o meno distintamente articolato o non diviso affatto in segmenti definibili. Talora sono manifeste due regioni addominali diverse, cioè una più larga anteriore (addome propriamente detto) ed una più ristretta posteriore, volgarmente detta coda, più propriamente postaddome, come apparisce ad es. negli Scorpioni, in taluni Pedipalpi e nei Palpigradi. In taluni casi l'addome è unito al capotorace per stretto peduncolo, in altri, piti comunemente, è sessile, cioè saldato al capotorace per larga base. La respirazione avviene per sacchi polmonari o polmoni, come brevemente si dicono, e per trachee ed il loro studio offre eccellenti caratteri per l'esatta deli- mitazione dei vari gruppi. Secondo le più recenti ed accreditate proposte, la classe degli Aracnidi può essere divisa in sottordini nel seguente modo: .Sottoclasse Cteidofori Sottoclasse Lipocteni ordine . Scorpioni ordine . Araneidi Polmonari » . Pedipalpi » . . Palpigradi ordine . Solifughi » • Pseudoscorpiom Tracheati » Opilionidi » Acari » Pentastomidi ') Pentastomidi. Se gli animali di questo gruppo, che sono anche detti Linguatulidi, appar- tengono realmente agli Artropodi, noi possiamo considerarli come il più vistoso ') Per qualche autore i Pentastomidi, pur aggregandosi agli Aracnidi, formano gruppo a aé. Non si può ricorrere all'esame degli organi respiratori per giudicare della esatta posizione siste- malica perchè essi mancano. Noi qui li avvicineremo agli Acari, ritenendoli forme per lo mono affini, degenerate per parassitismo. CAPITOLO PRIMO esempio, fra i Tracheali, di estrema involuzione per opera del parassitismo, così avanzato nella riduzione degli organi della vita di relazione da dare all'animale l'aspetto esterno di un essere molto inferiore, addirittura di un verme. E tra i Vermi infatti sono stati per luugo tempo collocati questi Linguatulidi. dei quali il più comune in Europa, quello che vive allo stato adulto parassita nel Cane, è noto fino dal secolo decimottavo, e sempre considerato per una Tenia o qualche cosa di molto vicino alle Tenie, fino a che, per opera del Leuckart, non si riconobbero i legami di parentela fra le forme larvali parassite in organi vari di animali diversi e la Linguatula adulta delle cavità nasali del Cane. Con ciò si venne ad assodare che la forma larvale schiusa dall'uovo possiede due paia di arti (ngg. 3 e 5 B) rudimentali bensì, ma così fatti che giustificano l'annessione del gruppo agli Artropodi, separandolo completamente dai Vermi. Sono così affermate, se non troppo evidenti, af- finità cogli Aracnidi e più che mai cogli Acari. Fig. 3. — Una larva di Linguatulide. Porocephalus pruboscitlens) forte* mente ingrandita e supina (da Shipley). ke g^rja(;ure) più ghe segmentazioni, trasverse del corpo nella terza larva o ninfa che sia e nell'adulto, fanno riportare queste Liuguatule [accanto ai Demodex ed essendo, specialmente negli Btadi giovanili, tuttavia manifesti solo due paia di arti, pare a taluno che possano rammentare gli Eriofidi, che non ne hanno di più per tutta la vita. Pure, se vi ha parentela reale fra gli Acari e le Linguatule, converrà richiamarsi a certi speciali Acari abitanti delle cavità nasali, appartenenti a; Mesostigmati della famiglia Pteroptidi (o costituenti famiglia a sé dei Rinonissidi) dei quali si conoscono più specie, parassite di Mammiferi ed Uccelli. La striatura della pelle è carattere comune fra gli Acari e se l'addome è allungato come nei Vermiformi, la striatura della cute dell'addome è trasversa, come appunto si vede in questi ultimi. La tendenza ad allungamento in modo insolito dell'addome nei Rinonissidi, dovuta all'ambiente, è manifestata sopratutto Aa\V Hala- raehne attenuata Banks, disegnata più avanti, mentre un più avan- zato grado di parassitismo può benissimo condurre ad un allunga- mento maggiore oltreché alla perdita degli arti. Quanto al volume notevole che i Linguatulidi mostrano in coufronto degli Acari attuali, questo può essere attribuito alla necessità di produrre un gran numero di uova (fino a mezzo milione per taltme specie di Linguatule), in rapporto colle complicatissime migrazioni che conducono ad una enorme perdita di individui, seuza del quale spediente la specie non si conserverebbe. Questa necessaria meravigliosa fecondità, si vede importare sempre l'aumento di statura, almeno della femmina. Così ad es. : si potrà notare (per non uscire dal gruppo degli Acari) che degli Eterostigmati, molte specie, ad es. dei generi l'arsopolipus, Podapo- lipus, Pediculoides, hauno femine di grandezza veramente insolita e colossale rispetto ai maschi e sopratutto rispetto ai generi affini (Tarsouemus, Pigmephorus) od a forme dello stesso genere, ma non parassite e quindi senza necessità di produrre un grandissimo numero d'uova. Nei Pediculoides liberi, che fanno solo poche uova e ne hanno mature contemporaneamente non più d'una o due nel ventre, la statura anche della femina, è piccolissima, non supera, ad es. i mm. 0,40, mentre per le speoie parassite, l'addome delle femmine ovigere può raggiungere Fig. 4. — Porocephalus an- nidatile Baird. Circa 2/3 della gr. nat. J, porzione anteriore del corpo dal ventre, ingrandita (da Shi- pley). GLI AFFIXI DKOI.I INSETTI ambe il millimetro di diametro, con una enorme sproporzione rispetto al rimanente corpo (vedi figura riportata piti avanti del Pedicul. ventriconun. Si può dunque ammettere che i Linguatnlidi provengono da Acari enormemente ingrossati per le necessità della conservazione della specie a mezzo di disseminazione di una sterminata quantità d'uova e profondamente involuti negli organi di relazione, in grazia di uu parassitismo di antica data ed alto grado. Il grappo delle Linguatule o dei Pentastomidi che dir si vogliano, si con* sidera generalmente come un sottordine degli Aracnidi. Si trutta di animali vera- mente vermifórmi, senza arti allo stato adulto, recanti solo due paia di uncini nella parte anteriore del corpo, sulla faccia ventrale, ai lati della bocca, che è una semplice apertura rotonda, piccolissima, inerme. Lo sviluppo postembrionale di queste forme è complicato con migrazioni complesse. Gli adulti albergano nelle cavità nasali, seni frontali, trachee e vie ai pol- moni di Carnivori, Coccodrilli, Serpenti, raramente in Lucertole, Uccelli e Pesci. Le uova vengono espulse, col muco nasale o dalla bocca degli animali suddetti ospitanti l'adulto e rimangono sulle erbe, bene protette dal muco stesso, che si raccoglie e dissecca intorno. Così possono rimanere vivaci per parecchi mesi. Se ingerite colle erbe nello stomaco di altri animali, quivi rimangono libero, sciogliendosi l'involucro dell'uovo nel succo stomacale e se ne sorte la prima larva, di forma generalmente ovale (figg. 3, 5 li) con due paia di arti molto brevi, con- siderati per zampe ed un apparecchio perforatore situato nella parte anteriore del corpo, al lato ventrale. Con tale ordigno le larve perforano le pareti stoma- cali e penetrano nei visceri di questo primo ospite, ordinariamente nel fegato, nel mesentere o nei polmoni e quivi incistidano, si trasformano in ninfa o seconda larva, perdendo quella specie di rostro ed i rudimenti di zampe. Questa seconda larva è immobile, avvoltolata su se stessa a spira, non mostra traccia di segmenti (fig. 5 0). Dopo qualche tempo anche questa seconda larva, o ninfa prima che dir si voglia, si trasforma sul posto, per successive mute, in seconda ninfa (fig. 5 D), che molto somiglia all'adulto e che essa pure incistida ed attende di essere intro- dotta coi visceri dell'ospite entro lo stomaco dell'animale in cui potrà raggiungere lo stadio ultimo, penetrando nelle vie aeree del nuovo ospite, definitivo. Linguatula rhinaria (Pilger) (fig. 5). — È la specie piti nota e da maggior tempo. L'adulto vive nelle cavità nasali del Cane e d'altri carnivori e non vi è raro. Ha forma di foglia lanceolata, molto allungata, colla metà posteriore del corpo assottigliata ed all'innanzi ottusa. Tutta la superfìcie del dorso e del ventre è impressa di solchi trasversi, di guisa che l'animale sembra segmentato e questi pseudo-annelli sono in numero di circa 90. La parte anteriore del corpo, però, non è marcata di solchi, ina liscia, e sul ventre reca i quattro uncini (ultimi ru- dimenti degli arti) ai lati della bocca. 11 colorito è bianco sporco. Il maschio è alquanto più piccolo della femmina; questa (fig. 5 E) misura da 8 a 10 centimetri di lunghezza, su 8 o 10 min. di larghezza massima; il maschio è lungo da 18 a 20 mm. e largo all'innanzi 3 mm.; nella regione più ristretta del corpo non più di mezzo millimetro. Le uova (A) sono ovoidi e lunghe circa mm. 0,90; larghe mm. 0,70. La forma adulta è stata per la prima volta avvertita dal Weisborg nel 1763, nei seni fron- tali d'un Cane e di poi dal Chabert, nel 1787, egualmente nel Cane e nel Cavallo. CAPITOLO PRIMO £ In seguito le osservazioni si moltiplicano come le indicazioni di ospiti vari. Grève trovò la Linguatula adulta nelle fosse nasali di un Mulo, ad Oldenburg (1818); Bremser nel Lupo, a Vienna (1824) e cosi Colin, ad Auxerre (1824) e Mirain, a Wilua (1836); Brukmuller, in Austria, nella Capra; sembra anche nella Pecora da parte del Rhind, in Scozia; nel Cavallo, oltreché dal Chabert sopracitato, anche dal Leblanc, in Francia e da Rose, in Inghilterra e finalmente anche nell'Uomo da Landon, in Germania, nel 1878. Prima dei classici studi del Leuckart su questo parassita, esso era ritenuto un Verme, non troppo dissimile dalle Tenie. Il Wrisber" lo ritenne corno una specie di Sanguisuga, di cui ha bene le apparenze e Chabert lo considerò per una Tenia, chiaman- dola Taenia lanceolata o Verme rinario. Pilger adotta il nome di Taenia rhinaria, che poi Kudolphi modificò in Priono- derma rhinariiim e quindi in Polystoma taenioides, ed infine Pentasioma (o Pen- tastomnm) taenioides, nome con cui da molti Autori anche attualmente è ricor- dato. Cuvier adottò il nome di Prio- nodernta lanceolatum, ma dopo che il I.amarck propose di chiamare il paras- sita Lì» gn aitila taenioides si attenne a questo ultimo nome. La sinonimia, del resto, è complicata anche per tutti i nomi con cui è stata designata la forma giovanile, che cor- risponde alla seconda ninfa e che molti osservatori incontravano nei visceri di animali diversi, senza che se ne cono- scessero ancora i rapporti biologici col parassita delle fosse nasali più antica- mente noto, cioè la forma definitiva. Lo stadio giovanile (fig. 5 D) era conosciuto fino dal 1789, incontrato dal Abilgaard alla superficie del fegato di un Cane, dal Flormann in una Ca- pra d'America; dal Fròlich nel polmone di una Lepre, Nel 1S11 questo parassita fu rinvenuto dal Legallois nel polmone di una Cavia; nel 1829 dal Creplin nel fegato di un Gatto; nel 1825 dall'Her- mann nel polmone di Bue; nel 1838 dal Dujardin nello stesso organo della Cavia e dall'Otto nel Riccio. Si consideravano per forme diverse fra loro tutti questi parassiti ed il Rudolphi ne creò il genere Pentastomnm, cou più specie, P. denticulalum Rud. fu detto quello della Capra; P. ser- ratimi Fròlich quello della Lepre e P. emarginatimi Rud. quello della Cavia. Ma il Diesing, dietro uno studio comparativo, riconobbe l'identità di queste forme, che furono così riunite tutte sotto l'unico nome di P. denticulatum Rud. Uopo ciò il Pentastomnm in discorso si riscontrò più volte in animali diversi e sempre negli organi viscerali, come Coniglio, Pecora (gangli mesenterici), Cavallo, Oromedario, Antilope, Daino, Topo, ecc, in varie regioni d'Europa. Né l'Uomo ne va esente, poiché si conoscono parecchi casi di inquinamento da parte di questo parassita, dal quale si sono trovati invasi il fegato, i reni, il tessuto congiuntivo sotto- mucoso dell'intestino gracile, ecc. La frequenza dei casi d'inquinamento nell'Uomo dipende dalle occasioni di contatto dell'Uomo stosso col Cane. Klebes e Zaeslin trovarono nn caso su 900 autopsie e due su 1914. Laenger ri- Fig. 5. — Linguatula taenioides. A, novo (ingr. circa 160 volte) contenente un embrione; B, em- orione acaiiforme, molto ingrand.; O, ninfa o pupa di 9 set- timane, molto ingrand. ; D, Lrni/uatula o Pentastomnm den- ticulatum, forma invanite della L. taenioides, ingrandita IO volte; E. Linguatula taenioides femmina adulta in gran- dezza naturale (da Lcul.mt). 01,1 AFFINI DEGLI INSKl I I scontrò un caso di parassitiz/.azioue su -100 dissezioni. Non sembrava però gli ospiti ne avessero risentito nocumento. Invece, nelle Pecore, dove paro ohe più frequentemente si trovino tali parassiti, essi inva- dendo specialmente i gangli mesenterici (dai quali poi possono sortire per raggiungere altri or- gani viscerali) inducono serie alterazioni ai gangli atessi, che riescono inetti al loro ufficio, cosi che le Pecore all'ette appaiono meno bene nutrite e predisposte alla cachessia. I rapporti genetici dei Pentastomum eolla Liti guattite sono stati primamente constatati e messi in vista dal Leuekart. eolle sue meravigliose ricerche, sia provocando lo sviluppo della Lingua- tuia nel Cane, somministrando a questo carnivoro i visceri di animali inquinati da Pentastomi, sia determinando la pentastnmiasi col far ingerire a Conigli uova di Linguatula espulse dal Caue. La Linguatula adulta si trova, come è stato avvertito, più specialmente nel Cane, nelle cavità nasali, dove rimane attaccata alle mucose mercè i suoi piccoli uncini anteriori, ina si è rinvenuta ancora, nelle stesse condizioni nel Cavallo. Mulo. Montone, Capra ed anche nell'Uomo. Gli effetti della sua presenza non sono per l'ospite veramente gravi, se non quando, come rarissimamente è avvenuto, spostandosi dal luogo di dimora abituale e guadagnando le vie aeree, ed ostruendole ha provocato l'asfissia, ciò che nel Cane si è visto accadere. In generale la presenza della Linguatula adulta nel Canee manifestata da sternuti frequenti, specialmente a respirazione più attiva, ad es. dopo una corsa. Talora gli animali si arrestano ansando, procurano di raccoglier aria con movimenti respiratori molto ampi, aprono la bocca e si sforzano di deglutire. Anche il sonno è spesso interrotto da perturbazioni respiratorie. In ta- luni casi il Caue sembra minacciato d'asfissia, porta le gambe al muso come per sbarazzare le narici da un impedimento alla respirazione. Poi sopraggiungono periodi di tranquillità. Cogli sternuti sono espulse violentemente le uova iu gran numero, talora anche gli adulti stessi. La permanenza del parassita nelle cavità nasali del Cane può durare molto a lungo, talora anche quindici mesi. Alla fine poi l'incomodo ospite è espulso e non rimaue seria conseguenza pel Cane che ne è stato affetto. 11 gruppo comprende pochi generi, anzi, per qualche Autore un sol genere con più sottoge- neri; per altri si ammettono tre generi distinti, cioè Linguatula, col corpo piatto, orli del corpo creuulati e cavita viscerale che manda diverticoli tino agli orli del corpo stesso; Porocephalus Humboldt, col corpo cilindrico, senza diverticoli della cavità viscerale e. Reighardia Ward, che non presentano anuulazioni, cogli uncini e l'armatura boccale poco sviluppati. Quanto al genere Pentastomum esso comprende stadi immaturi, precisamente la seconda ninfa di Linguatula e perciò si deve considerare per sinonimo di questo genere. si conoscono una trentina di specie dei tre generi e tra queste non di tutte sono noti i rap- porti di parentela, sicché può essere che molte, iudicate ora per distinte, appartengano ad un'u- nica specie, come suoi diversi stadi. Fra la Linguatula cito, oltre alla specie del Cane, una L. reeurvata Diesing dell'Onza; L. sub- triquetra Dies. del Caimano, probabilmente l'adulto di L. pusilla Dies. dell'intestino di alcuni pesci. Fra i Porocephalus si incontrano forme viventi allo stato adulto specialmente nelle cavità nasali ili Serpenti ed altri Rettili e le cui uova sono espulse traverso l'intestino dell'ospite. Al- cuni trovansi anche nelle vie aeree di Uccelli. 11 P. annulatus Baird (tìg. 4) si trova, allo stato adulto, nei polmoni del Cobra egiziano (.V«/« haje) ed allo stato giovanile nei visceri di una specie di Porphyrio. Il P. armìlìatim Wyrnau adulto si trova nei polmoni di certi Pitoni africani, e la forma immatura nei visceri di Scimmie ed anche dell'Uomo t'generalmente dei Negri). 11 P. crotali Humb. in polmoni, oltreché di Ret- tili, anche del Leone, del Leopardo, ecc.; il P. lari Mègu. nei sacchi aerei dei Gabbiani, ecc. La fteighardia sp. fu trovata nei sacchi aerei di Gabbiano e della comune Rondine marina del Nord-America. A BEBLEBB. — Oli Insetti, II. — 2. 10 CAPITOLO PRIMO Acari. Per qualche autore gli Acari costituiscono una classe a sé fra gli Artropodi od almeno una sottoclasse e non mancano ragioni buone, desunte specialmente dalla embriologia oltreché dalla morfologia, a sostegno di questa tesi, ma per la maggioranza dei sistematici gli Acari vanno ascritti alla classe degli Aracnidi, coi quali convengono fondamentalmente. Qui io mi attengo a quest'ultimo modo di vedere, sopratutto per desiderio di semplificazione, così come non seguirò un troppo sensibile frazionamento in ordini della classe degli Insetti allorquando ne esporrò il sistema più innanzi. Intanto però è certo che questo non ristretto gruppo di Artropodi merita di essere per noi qui conosciuto con maggiore larghezza di quanto si sia fatto per tutti gli altri, fra cui sono collocati gli Insetti, perchè questi hanno cogli Acari stessi molto stretti rapporti di convivenza, di concorrenza, di parassitismo ed altri ancora più singolari e degni di nota, così che se ne dovrà trattare molto di frequente, in particolar modo a proposito degli Insetti sociali, che accolgono nella propria società un gran numero di specie di Acari, con vari uffici talora, sempre con rapporti curiosi e degni di attenzione. Il parassitismo poi, che molte specie di Acari esercitano su taluni Insetti, spesso con effetti rilevanti, anche pratici, deve pure essere accennato, perchè la storia degli Insetti stessi non riesca manchevole e così pure certe comuni e cu- riose abitudini, per cui gli Insetti riescono inconsciamente i più attivi diffondi- tori degli Acari, che si servono degli Artropodi più voluminosi come di un rapido veicolo per dislocazioni a grandi distanze. Questi ed altri rapporti intimi fra gli Insetti e gli Acari, rapporti che non si riscontrano con altri Artropodi, fanno sì che per noi convenga conoscere più minutamente, sebbene in modo tuttavia sommario, anche questi piccoli esseri, i quali hanno così grande parte colla vita degli Insetti medesimi. E giacche pur conviene, per quanto si è detto, trattare del gruppo degli Acari con non troppa brevità, cade acconcio di accennare anche a molte forme, le quali risiedono in questo ordine e che possono richiamare la nostra attenzione per ciò che la loro presenza è causa di particolari effetti, sempre più o meno molesti, alle piante, ai prodotti agrari ed agli animali domestici, come più in ge- nerale all'economia tutta della natura, per quanto essa interessa più direttamente noi stessi. Giacché si è accennato e si accennerà più diffusamente anche per gli altri Ar- tropodi terrestri a quelle forme che più ci interessano praticamente, sebbene non si tratti veramente di Insetti propriamente detti, cioè di Esapodi, così converrà conoscere anche qua non pochi Acari che meritano la nostra attenzione per un qualche effetto pratico determinato dalla loro esistenza. Qui tanto più volentieri io ne parlo inquantochè non si trovano scritti po- polari che ne trattino particolarmente, come converrebbe, sebbene delle forme moleste agli animali domestici sia detto abbastanza in trattati di veterinaria e di quelli agrarii ne abbia detto io di proposito in due occasioni. Ma di tante altre specie domestiche od altrimenti viventi, con effetti per noi sensibili non è fatta speciale menzione se non sommariamente e con notizie disperse per entro libri d'indole più generale e non facili ad aversi. Accenneremo dunque agli Acari agrari, cioè diventi a spese delle piante utili o frequenti su queste in difesa delle stesse, agli Acari parassiti dell'Uomo e degli auin ali domestici, a quelli che vivono con noi a detrimento delle sostanze GLI AFFINI DEGLI INSETTI 11 Fig. 6. — Tre maniere di rostri di Acari : A, C visti dal dorso ; alimentari e di altri prodotti industriali utili e segneremo la posizione sistematica di tutti gli altri, il cui commercio cogli Insetti verrà volta a volta ricordato ed illustrato trattando dei singoli Insetti stessi. Il nome di questi piccoli esseri deriva dal greco mpixla;, che significa minimo, indivisibile, poiché Aristotile, che ne usò primamente, aveva di mira il piccolissimo acaro domestico del formaggio e di altre derrate alimentari, il quale animaletto è veramente ineschino, non oltrepassando il mezzo millimetro, cioè con una statura da alienarsi appena ad occhio nudo, se non si rende sensibile col movimento. Ma non tutte le specie del gruppo hanno tali esigue dimensioni, poiché le Zecche, ad es., che pur sono Acari, giun- gono, se ripie- ne di sangue, alla statura di un mezzano fagiuolo o me- glio di un se- me di ricino e nei paesi caldi vivono certi grossi l'rom- bidii, che ar- rivano ad una lunghezza, del solo corpo, di circa un centi- metro e mezzo. Ciò non ostante, tale nome, per quanto improprio, rimane ormai e si dà a tutto l'ordine. Il carattere morfologico più in vista e che gli zoologi invocano per distinguere il gruppo fra tutti gli altri Aracnidi, è quello del corpo non bene diviso in sezioni distinte, o, per meglio dire, malamente distinguibile in due re- gioni, l'ima anteriore, di poco più piccola della seguente, che può essere detta capotorace o prosoma, ed una posteriore, non frammentata in segmenti, che è l'ad- dome. Il capotorace realmente risulta dalla fusione del capo coi segmenti torà- cali, mentre l'addome corrisponde all'omonima regione degli altri Aracnidi. Ad ogni modo è certo che se per talune specie un segno divisorio trasverso, varia- mente sensibile, può intercorrere fra le due regioni a delimitarle fra loro, in altre specie neppure tale linea più si manifesta ed in simile caso tutto il corpo appa- risce come un'unica massa, senza traccia di frazionamento o segmentazione esterna od interna. Il corpo è nudo, oppure coperto di peluria variamente foggiata e diversamente densa o semplicemente con qualche setola tattile di varia struttura e lunghezza. Talora le setole sul tronco sono anche più lunghe di tutto l'animale, tal'altra elegantemente conformate a piuma, a squame, a foglia, ecc. La cute può essere molle, o rinforzata da placche chitinose dure o tutta re- sistente; variamente scolpita o liscia; ornata di colori diversi, talora brillanti, che per lo più sono nel gruppo dei gialli, rossi, bruni e neri per le forme terrestri e qualcuna delle acquatiche, oppure verdi, fino alla serie dei bleu, in molte specie viventi nelle acque. All'innanzi del corpo sta il rostro (fig. G), cioè un complesso di organi per la presa A, di Criptoatigniati ed Astigmati ; B, di Gamasidi ; C, di Tronibididi. — p, palpo diboia o chelicero; m, mascella; l, linguetta; e, corpo. B dal ventre. mdt man- 12 CAPITOLO PRIMO degli alimenti, fra i quali organi si notano principalmente le mandibole (o chelieeri) che sono pezzi configurati a pinzetta, oppure a stiletto, o terminati da un'unghia a forma di ronca, ecc. Con tali organi l'animale dilacera il cibo. Notansi anche i palpi, che sono appendici per lo più cilindriche, composte di più articoli (fino a cinque), di varia forma e dimensione e stanno sui lati del rostro. Il rimanente del rostro stesso, che è un complesso di piccoli pezzi sottostante alle mandibole, serve alla assunzione del cibo liquido o solido che sia, e forma l'ipostoma o l'in- sieme delle mascelle, che dir si voglia. Le mandibole talora sono retrattili inte- ramente entro il corpo e composte di più pezzi, che rientrano l'uno nell'altro come i tubi di un cannocchiale, sicché, in talune specie esse sono, qualora tutte estroflesse, anche più lunghe del cor- po stesso. Le zampe varia- no di numero e possono v a r i a r e dallo stadio giova- nile (larva) a quello successivo. Infatti nel maggior nume- ro di casi le larve sono esapode, cioè hanno solo tre paia di piedi; manca il quarto, cioè il poste- riore, che nasce più tardi, in seguito ad una muta. Le zampe stesse sono fra loro pres- soché eguali, divise in cinque o sei segmenti e terminate dall' ambulacro od or- gano di adesione. Pure talora quelle del 1.° paio e più raramente qualche altro paio mancano di ambulacro. Nel primo caso (fig. 7) le zampe sono realmente organi sensoriali ormai inetti alla locomozione; negli altri casi, cioè quando appartengono ad altre paia. la ragione della mancanza dell'ambulacro è diversa e rappresenta o speciali allat- tamenti locomotori o carattere sessuale secondario, in rapporto coll'opera di ri- produzione. Tjn intero gruppo di Acari minutissimi, anzi fra i più piccoli, cioè gli Erio- fidi o Fipoptidi, che hanno importanza pratica notevole perchè vivono sulle piante, con effetti sensibili, gode di sole due paia di zampe, le due anteriori, mentre le quattro posteriori fanno difetto o per meglio dire sono trasformate in setole e ciò in tutte le età. Qualche minore differenza tra le diverse paia di zampe si può avere relativamente alla lunghezza od alla grossezza, e spesso tale diver- sità è in rapporto col vario sesso. Talora su qualche paio di zampe, generalmente sul secondo paio, stanno, nei maschi (ad es.: nel gen. Gamasus) organi stridulanti composti da tubercoli sui vari segmenti, i quali tubercoli hanno una superficie con minutissime strie e, sfregati l'uno coll'altro, determinano uno stridìo, del resto insensibile ai nostri orecchi. G-li ambulacri, od organi di adesione terminali delle zampe, sono per lo più Fig. 7. Du Acaro dai piedi anteriori lunghissimi Ingrandito. Litio/iodes ìuolalorius (L.). CH.I Al'FINI DEGLI INSKTTI 1.3 dei semplici uncini, in numero da uno a quattro, più comunemente due, tra i quali spesso è tesa una membrana lobata o ad imbuto (ventosa) o rimane questa soltanto senza uncino di sorta e non di rado portata da peduncolo più o meno lungo. Spesso fra gii uncini si notano altri organi di adesione, come apparecchi foggiati a pettine (pulvilli) o soltanto peli ricurvi all'apice (peli di adesione). Gli Acari respirano semplicemente per la cute durante il periodo larvale, più tardi possono avere organi respiratori speciali in forma di trachee (presso a poco come si è veduto negli Insetti) cioè di sottili tubuli ramificati in tutto il corpo e facenti capo a stigmi, ossia aperture, il più spesso in numero di due e collocati in varie regioni del corpo. Anzi la diversa posizione di tali aperture dà fondamento ad una classificazione degli Acari in sottordini. In molti casi gli stigmi e le trachee mancano anche nelle forme adulte di ambo i sessi oppure nel solo maschio. Tale modo di respirazione è comune anche alle forme acquaiole, ad Idrache ed Alacaridi come si chiamano, a seconda che vivono nelle acque dolci o nelle marine. Sonvi infatti molti generi di Acari i quali vivono entro l'acqua, sebbene alcuni di essi, allo stato- larvale, godano di vita aerea, precisamente in qualità di parassiti di Insetti che hanuo rapporti, per ragioni della loro esistenza, coll'acqua. Si vedrà esempio di ciò a proposito di forme paras- site delle Libellule (fig. S), e d'altri Insetti acquaioli insieme e buoni volatori. Ora questi Acari d'acqua si può riconoscere che sono forme evidentemente derivate dalle terrestri, anzi da un solo sottordine di Acari terrestri, che sono appunto i Troinbididi e ne conservano, oltreché l'aspetto generale e l'identica conformazione degli organi principali, maniera di respirazione per mezzo di trachee, soltanto varia stigmi. Tra queste specie acquaiole, che però, allo stato adulto non potrebbero vivere fuori d'acqua, al quale ambiente sono adattate anche per la speciale armatura delle zampe del 3." e 4.° paio atte al nuoto, si contano forme bellissime per elegante e singolare conformazione del corpo (fig. 9 e 10), come pure pei colori molto spesso assai brillanti. Nei nostri fossati, specialmente dell'Italia settentrionale sono comuni molte e belle specie di Idracne, come in mare, sulle alghe specialmente occorrono specie formose di Alacaridi e se ne conosce un grande numero. La specie più voluminosa, quasi come un pisello, sferoidale, macchiata di rosso e di nero, vivente nelle acque dolci è la Hydrachna geographica Muli. (fig. 11), la quale però non pare si trovi in Italia, mentre non è rara nell'Europa nordica. Un particolare singolarissimo acaro acquatico, che è comune nei nostri stagni, special- mente nell'Alta Italia, e vive camminando sulla mota del fondo è il Limnoeares hoìosericeus (D. G.) (tig. 12, B) tutto rosso scarlatto e che a prima vista si confonde- rebbe volentieri col comune Trombidio degli orti, del quale ha pure le dimensioni. Questa strana hlracna ha un corpo così molle, che le contrazioni dei muscoli lo fanno continuamente deformare nel modo più curioso, tantoché, se non si coglie un momento in cui l'animale è in riposo, non è possibile farsi un concetto giusto della forma del suo corpo. Fig. 8. — Larva di Hydrodroma rubra K. dal dorso, ingrandita, parassita di Libellule, (dal Kramev). anche la comune la posizione degli 14 CAPITOLO PRIMO In generale poi le forme giovanili o larve (esapocle) delle Idracne (fig. 8). ricordano assai bene quelle dei Tombidi terrestri e sono perciò molto differenti dalla forma definitiva adulta (fig. 12, A). Nell'acqua tutti questi piccoli esseri vivono, almeno allo stato adulto, predando animaletti minori e nuotano e si muovono nel loro ambiente con grande velocità, agitando rapidamente le loro zampe. Assai più vario è il modo ed il luogo di vita degli Acari terrestri, dei quali Fig. 9. — Tre bellissimi Arrhenurus ingranditi, dal dorso. A, Eopolu» tuberatus Koeniche (da Koen.); B, Arrhenurus maculator (Unii.), maschio dal dorso; 0, A. abbreviator Berlese, maschio supino (da Boriose). moltissimi sono parassiti d'altri animali fra gli Artropodi ed i Vertebrati ed altri godono di vita libera. Alcuni poi sono parassiti nello stato giovanile e liberi di poi. Fra gli Acari liberi, quelli che vivono entro terra, fra le foglie ed altri de- triti vegetali putrescenti ed in generale dovunque si trova sostanza organica in decomposizione hanno certamente in natura una importanza pratica grandissima, perchè concorrono al rapido disfacimento della sostanza stessa e la preparano sollecitamente a rientrare nel circolo della vita. La piccolezza di questi esseri, che possono prendere di mira i più esigui detriti organici per nutrirsene e la grande prolificità loro, per la quale in pochi GLI AFFINI DRGLI INSETTI 15 giorni ima sola femmina fonda, collii sua figliolanza, colonie di migliaia e migliaia di individui, fanno sì che il loro ufficio nell'economia della natura è prontamente seguito così presto, come né la decomposizione chimica né il concorso di forme maggiori, come ad es.: di altri Artropodi o dei Vermi terrestri potrebbero ottenere. Stando in mezzo fra l'azione, lenta nel maggior numero dei casi, dei micror- ganismi o quella non sempre presente degli ani- mali più voluminosi, l'attività degli Acari alla modificazione continua dei detriti organici e delle sostanze in decomposizione è del massimo rilievo. Gli animali più grossi ed in confronto degli Acari possono includersi tra i maggiori anche gli Insetti, praticano in grande la dispersione della sostanza organica putrescente, ma non insi- stono fino agli ultimi detriti, ai quali invece accorrono gli Acari e ne ottengono la più minuta distruzione. In confronto degli Insetti gli Acari sembre- rebbero in isvantaggio per ciò che si riferisce a questo ufficio, giacche la piccolezza loro e la mancanza di organi di volo sono certo attitudini negative a trovarsi prontamente sul posto ove giace sostanza organica morta. Ma la maggior parte degli Acari terricoli o viventi fra le so- stanze putrescenti godono di una singolare facoltà di diffusione, poiché ricorrono per tale opera pre- cisamente ad animali di maggior volume e più facilmente locomobili, in particolar modo agli Insetti stessi, sui quali si raccolgono come su comodo e rapido veicolo, per essere trasportati ben lungi, sollecitamente, a fondare nuove colonie. Per esempio, gli Insetti stercorari portano sempre sul loro dorso Acari stercorari (fig. 13), i quali così emigrano dall'uno all'altro ambiente e concorrono, con un lavoro più minuto e dili- gente, alla distruzione della sostanza putrida, dopo i primo e più sommario attacco da parte degli Insetti stessi. Anzi, gli Acari, per questo ufficio sono dalla natura particolarmente provvisti di espe- dienti, talora molto singolari. Come l'Insetto a diffondere la specie gode di poderosi organi di volo, così l'Acaro è fornito di organi ade- sivi speciali per rimanere molto bene aderente al veicolo e talora anzi, mercè una muta, as- sume una forma od un tegumento più adatti ai disagi della peregrinazione, una vera e propria veste da viaggio, che talora dà all'A- caro un aspetto diversissimo da quello della forma sedentaria. Per queste migra- zioni, nelle quali il veicolo è rappresentato da Insetti di tutti gli ordini e più raramente da Miriapodi, variamente si comportano diverse specie di Acari. Fig. 10. — Un Alacaiide (Balacartis humerosus Troueas), prono : ingran- dito (da Tronessart). Fig. 11. — La più grossa Idracna europea, Hydrachna tjeographica Muli. A grandezza naturale. 16 CAPITOLO riìIMO Taluni, semplicemente così come sono allo stato libero, senza mutazioni di sorta, salgono sull'Insetto e vi si attaccano mercè le zampe o meglio coll'aiuto delle mandibole foggiate a chela (flg. 14), colle quali stringono tenacemente i peli A B Fig. 12. — Due Idracne fra le maggiori nostrali. A, Hydrodroma rubra K. ingrandita, dal dorso; B. Linnochares holoserìceus {D. G.) ingrandito, dal dorso. A grandezza naturale (da Berlese). sparsi sul corpo dell'Insetto, né lo abbandonano se non quando sono certi di essere giunti in luogo opportuno alla vita della colonia che si promettono di fondare. Altri hanno organi speciali di adesione, in forma di ventose sul ventre e con queste aderiscono assai tenacemente alla cute liscia del veicolo. Altri ancora, come sono le Uro- pode, emettono dall'a- pertura anale un tenace e grosso filo di seta, col quale si attaccano forte- mente al corpo dell'In- setto (fig. 13) e non se ne liberano che giunti a de- stino. Altri finalmente seguono una pratica delle più complesse. Quando l' ambiente diviene inadatto alla vita dell'Acaro, nella colonia sorgono, per metamorfosi, delle forme particolari molto ricche di organi di adesione e sprovviste invece di tubo digerente e di organi boccali, dal momento che durante il viaggio non devono nutrirsi. (Josì preparate queste forme migranti assalgono gli Insetti od altri animali, vi si fissano e si fanno trasportare altrove, in altro am- biente meno ingrato, dove giunte, discendono dal veicolo, raggiungono il luogo Fig. 13. — Uu piccolo insetto stercorario (Onlophagus) coperto di Acari viaggiatori (ninfe di Uropoda). Si trovano anche delle ninfe di Oa- masìis coleoplralomm (A). Ingrandito. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 17 opportuno a, fondare nuova colonia, si mutano nuovamente, riprendendo l'aspetto e gli organi della forma sedentaria, ringiovaniscono anche un poco, perchè colla nuova muta guadagnano uno stato più giovanile di quello del quale sono partite e Analmente, divenute adulte, provvedono alla riproduzione ed all'inquinamento del nuovo ambiente. Allorché si parlerà di Hypopus e di forme ipopiali, trattando degli Acari che albergano sugli Insetti, sarà il caso di illustrare anche meglio questa singolarissima maniera di adattamento. Del resto le forme ipopiali si prestano anche a conservare in posto, sul corpo dell'ospite, alcune specie di Acari che vivono sugli Uccelli, sulle loro piume e che potrebbero disperdersi durante le mute del piumaggio. In molti casi, all'av- vicinarsi del cambiamento delle penne, sorgono, nella colonia di Acari, specialis- sime forme del tutto diverse dalle nor- mali e che penetrano e si trattengono entro la pelle stessa dell'ospite per poi, finita la muta, sortirne, riguadagnare le penne, trasformarsi nella forma comune e ricominciare l'ordinario ciclo di vita. La presenza quasi costante degli Acari nei più svariati ambienti e colle più diverse abitudini di vita in rapporto con altri animali superiori aveva persuaso i naturalisti di due secoli fa ad attri- buire a questi minuti esseri delle attitu- dini molto nefaste e si incolpavano gene- ralmente della massima parte delle ma- lattie, specialmente delle infettive. Già prima all'epoca del Vallisuieri, il quale è Autore di una teoria parassi- taria speciale, ad esplicazione di molti fenomeni morbosi, si ammetteva comune- mente la esistenza di vermicelli, come si chiamavano, quali causa primaria di non pochi morbi di infezione degli animali superiori ed il Vallisnieri ne faceva la sola e precipua causa di certe epizoozie che scoppiavano tra le vaccine. In certo qual modo sono così preconizzati i microrganismi eie loro attività, che solo molto più tardi, per opera sopratutto del Pasteur, sono messi in luce e dimostrati. I contemporanei del Vallisnieri non sono mancati di affermare i vermicelli come cosa veduta, nel sangue guasto ed in organi alterati di animali infetti e li descrivono anche, perfino indicando bocca, occhi ed altri organi. Tutto ciò è parto di fantasia o si deve attribuire agli imperfettissimi strumenti del tempo, coi quali certo non era possibile, neppure lontanamente, distinguere mi- crorganismi come i bacilli, ecc.; ma il ragionamento, pel quale si veniva a con- cludere l'esistenza di organismi parassitari, causa precipua dei fenomeni morbosi, correva esattamente. Poco di poi, quando si giunse a riscoprire l'Acaro della scabbia, del resto assai bene descritto, figurato ed illustrato almeno un secolo prima, fra gli altri dal nostro Redi, e si dovette attribuire all'Acaro stesso la causa prima ed unica della malattia, un generale sospetto si sparse su tutti gli Acari e non manca- A. Berlese, Gli Insetti, II. — 3. Fi£. 14. — Gamasiis coleoptratorum (L.). Ninfa migrante attaccata ad uu pelo del corpo di un Insetto, in atto di l'arsi trasportare. Ingrandito. 18 CAPITOLO PRIMO rono patologi che li tennero responsabili di pressoché tutte le manifestazioni morbose degli animali superiori e dell'Uomo stesso. Una osservazione mal fatta, nel principio del secolo decimonono, incoraggiò notevolmente questo nuovo modo di vedere. Fig. 15. — Mosca domestica con un parassita vero attaccato alla zampa anteriore (Larva di Trombidium), che si vede più ingrandito a fig. 18 ed un acaro viaggiatore (Holostaspis marginatile Herm.) attaccato alla zampa posteriore. Il 18 Termidoro dell'anuo 2.° delVa Repubblica il chirurgo Brasdov, all'ospitale militare di Strasburgo, sozionava un cervello tolto da un cranio, che aveva subito una grave frattura, ma la dura madre non era stata toccata. Allorché i due emisferi cerebrali furono separati e spostata la dura madre si vide correre sul corpo calloso un Acaro grossetto, che dall'Hermann fu poi de- scritto nel 1804, sotto il nome di Acarim marginatili. Non potendosi spiegare la presenza di questo acaro come venuto dal di fuori, parve necessario ammettere che esso si trovasse da tempo nel cervello del soggetto e si immaginò tutta una teoria di particolari maniere d'in- gresso e permanenza di Acari negli organi interni di animali superiori e di circolazione nell'ospite, col sussidio dei vasi sangui- gni. In appoggio alla teoria l'Hermann cita non solo il caso della scabbia, ma ancora quello ricordato dal Lejenue, chirurgo del re, caso riferito dal Guille- meau, dal Mouffet e dal Gendron di Acari viventi nella cornea dell'occhio e che si toglievano con uno spillo d'argento. Altri casi, come quello di un altro Acaro (Acarus celiarla Herm.) vivente nelle cantine eppure dal Lauth trovato nel 1787 sulla ghiandola pituitaria di un pazzo morto all'ospedale e quello citato dal Cornelius Gemma, che in un cranio di femmina si erano trovati in gran numero Acari e Cimici sembrarono confermare indiscutibilmente le accuse che si rivolsero allora agli Acari, delle quali più tardi invece fu fatta colpa a microorganismi. Ora si può giudicare diversamente. Quello che fossero gli Acari della cornea dell'occhio nou ò possibile affermare. Certamente non mi consta che si sia riconosciuto di poi qualche Aracnide colle abitudini sopracitate. Ma per quanto riguarda V Acarua marginalità e VA. celiarla è certo che il primo si trova non di rado mi- grante, attaccato colle sue mandibole, alle zampe della mosca comune (fig. 15). Sono l' Holostapia marginatali e talora anche V H. badiali, che si sanno viventi uei letamai e frequenti sugli Insetti ster- corari, in attitudine di migrare ed anche, sebbene più di rado, sulla Mosca comune, che, come è noto, si svolge nelle coucimaie e di là sorte all'aperto. Appeua la mosca giunge in ambiente che l'acaro può credere opportuno a fondarvi una colonia, esso lascia l'ospite ed è certo stata una mosca domestica ad abbandonare l'acaro sul cervello che si stava sezionando nella suddescritta occasione. Il caso riferito dal Lauth si deve attribuire al Gamassas lunaria, egualmente delle concimaie, la cui forma migrante (dall'Hermann, per la somiglianza confuso collocarti» cellaris) si attacca ad un moscerino che frequenta le case. Quanto riporta il Gemma è vero, ma uou si tratta di Acari, bensì di vere e proprie Cimici dei letti e sono molti i casi ricordati di questi Insetti penetrati entro il crauio d'uomini, traverso il naso, e colà moltiplicatisi grandemente. Ciò nonostante il sospetto di una causa parassitaria per molte malattie contagiose, sospetto come si sa ora ben fondato, la piccolezza degli Acari, la loro frequenza dovunque e qualche caso ui.i AFFINI DUOLI INSETTI 19 di infezioni dovute veramente all'opera di talune forme parassite, come l'Acaro della scabbia, il VermanySBitt gnllinae, ecc. diedero origine alla teoria, che più tardi il Raspali accettò ed illustrò largamente, che fossero gli Àcari, o vermicelli come si dicevano allora, gli esseri più nefasti in natura e causa dei più svariati morbi, dai cancri, pestilenze, dissenteria, ecc. e questi minuti ani- maletti subirono per molto tempo le più immeritate accuse e furono oggetto di un vero terrore. Per la verità essi non sono tutti senza colpa, ma di gran lunga al di sotto di tutto quanto venivano gratificati quasi un secolo fa. Che fra gli Acari si trovino molte specie ectoparassite di animali superiori e di invertebrati non vi ha dubbio ed è anche vero che spesso la loro presenza determina serie affezioni; ma quanto ad endoparassitismo non si conoscono veramente che pochi casi soltanto, bene certi. Ad esempio il Cytodileu nudità è un acaro parassita della Gallina, nella cui trachea e nelle vie aeree, fino nei canali aerei delle ossa si può riscontrare, con effetto grave anche letale per l'ospite. Così anche il Laminosioptes cysticola raggiunge il tessuto sottocutaneo nella Gallina ed altri Uccelli di cortile. Contuttociò taluu autore non manca di ricordare qualche caso, molto incerto e discutibile, da riferirsi anche all'Uomo. Infine diro che il Banks, nel 1901, trovò che acari della famiglia dei Gamasidi arrivano nelle Scimmie (Indie orientali) ad incistidare persino nei polmoni. Essi appartengono allo stesso gruppo di (incili che abitano le fosse nasali nelle Foche (Halaraahiie) odi taluni uccelli, ad es.: dell'Oca domestica (Kiuonissidi). Già il Linneo tratta di un Acarus dysentcriae, che si sarebbe trovato abbondante nelle feci di persone affette da dissenteria, e l'Autore non sa trovarvi differenza in confronto di quello della scabbia, di quello della farina e d'altri. L'Orsolato, nel 1861, afferma di aver trovato in gran numero Acari, di un aspetto particolare, in deiezioni di un malato di dissenteria. La figura data da questo Autore dimostra trattarsi di un Tiroglifìde, di quelli che vivono sulle derrate alimentari stantìe ed io ho dubbio che qui si nasconda qualche errore di osservazione. Intanto, più recentemente (1897) al Giappone si è trovato un acaro, del quale si dico che viva nel rene dell'Uomo, determinando una speciale ematotibrinuria e fu denominato Nephrophagns tanguinariu». L'Oudemaus ritiene trattarsi d'un Tarsonemide. Anche dal Brasile si hanno notizie di Acari usciti dalla vescica, in compagnia di Filarie ed ancor d'Acari, in un caso, trovati nella linfa estratta dallo scroto di persona affetta da elefantiasi. Finalmente il Blanchard illustra bene un Acaro nuovo (Hiatigasley spermaticus) trovato vivente, in grande quantità, nel liquido conte- nuto in una cisti dell'epididimo, in una persona che aveva soggiornato nelle Indie inglesi. Più numerosa certamente è la schiera degli Acari che possono molestare l'Uomo con abitudini di ectoparassiti, sia accidentali, sia tutto affatto particolari del re della natura e suoi propri. Questi ultimi, a dir vero, non sono che due specie, l'Acaro della scabbia e quello dei follicoli, ma degli altri, che all'occa- sione si possono servire dell'Uomo per trarne nutrimento, con danno o molestia dell'ospite, il numero è assai maggiore e, senza contare le Zecche, di cui quasi tutte le specie non disdegnano di parassitizzare anche il più alto degli animali, si possono ben noverare almeno un'altra decina di forme, che all'oc- correnza si nutrono del suo sangue o dei suoi umori. Cito, oltre alle Zecche anzidette, due o tre specie di Argas, almeno tre specie di Trombidium allo stato larvale (Leptus), il pidocchio pollino (Dermanyssus galUnae), il Pedictdoides rentricosus, un JDermatophagus e Dermatophagoides, che accompagnano in talune località l'Acaro della scabbia, ecc. Degli altri Mammiferi, fra i marini, nelle Foche si sono trovati Acari, già citati, viventi nelle l'osse nasali ed appartengono al gruppo dei Gamasidi ; ma nei Cetacei, Sirenidi e Pinnipedi non si sono peranco riscontrate malattie cu- tanee dipendenti da Acari, come sono invece comuni fra i mammiferi terrestri. Infatti alcune forme particolari di Acaro dei follicoli (Demodex) si incontrano sul Cane, sul Gatto, sulla Capra, sul Maiale, sul Montone e sul Bue, Cavallo, Volpe, Pipistrelli e non sempre inoffensive, come è quella occorrente sull'Uomo, 20 CAPITOLO PRIMO perchè nel Bue, nel Cane, ad es., possono determinare delle assai gravi infezioni cutanee, e non indifferenti nemmeno nel Maiale e nella Capra. Molte forme di Sarcoptidi psorici, che cioè determinano varie specie di rogna, aggrediscono, oltre all'Uomo, ancora parecchi Mammiferi di quasi tutti i gruppi, particolarmente fra gli Ungulati ed i Carnivori. Ad es.: specie del vero genere Sarcoptes si sono incontrate sul Cavallo, Asino, Mulo, Cammello, Drome- dario, Lama, Giraffa, Antilopi e Gazzelle, Capra, Pecora, Bue, Elefante, Cane Lupo, Volpe, Iena, Furetto, Gatto, Leone, ecc. Più raramente si trovano su Roditori, Insettivori e Chirotteri, come sulla Lepre, Coniglio, Capibara, Wombat, Topi diversi, Riccio, Pipistrelli in genere. Oltre ai veri Sarcoptes, anche forme affini di generi diversi, come Psoroptes, Ghorioptes, Notoedrus, Otodectes, Caparinia, Chelrocoptes, possono determinare molte serie malattie della cute, confinate a particolari regioni del corpo o diffuse a guisa di rogna con caratteri speciali. I Roditori, Insettivori e Chirotteri sono anche molestati da altri Acari del gruppo dei Gamasidi, molto maggiori dei Sarcoptidi, e viventi del sangue delle vittime. Si avvicinano al Pidocchio pollino o Dermanyssus gallinae già ricordato, ma appartengono a generi diversi, cioè Ijiiognaihus, Laelaps, Haemogamasus, Myonyssus, Pteroptus, ecc. A questi si aggiun- gono anche le larve di Trombidium o Leptus, che si vogliano dire, le quali ag- grediscono anche l'Uomo, ma non si incontrano sugli altri Mammiferi già citati. Per qualche specie e particolarmente pei Chirotteri si debbono ricordare anche delle Zecche tutto affatto esclusive a taluni ospiti. Gli Uccelli sono pure vittime di particolari Zecche, le quali, specialmente nello stato giovanile, li aggrediscono, sopratutto infiggendosi nel capo dell'ospite, attorno all'orecchio. Sui Piccioni vive comune ed abbondante un grosso Argas (A. rejìexus), specie di zecca piatta ed ovata, e talora dall'ospite abituale si reca ad aggredire anche l'Uomo. Ma oltre a questi Acari più grossi, gli Uccelli ne albergano una sterminata quantità di specie e talora ne hanno ripiene le penne. Si possono trovare sugli Uccelli varie specie di Leptus che, se abbondanti, de- terminano rossore ed infiammazione della pelle, specialmente del ventre, ma più comuni sono, nel piumaggio dell'ospite, Acari del gruppo dei Sarcoptidi, meno frequenti i Gamasidi e qualche Trombidide speciale, inteso alla caccia partico- larmente dei Sarcoptidi. Un vero mondo di piccoli esseri, ai quali vanno aggiunte non poche specie di Insetti, sopratutto del gruppo dei Mallofagi, che non mancauo mai e talora anche qualche Dittero o qualche altro insetto d'altro ordine. Gli Uccelli sono infatti una collezione circolante di parecchie specie di Ar- tropodi, parassiti in vario grado e con diverso danno dell'ospite, predatori dei parassiti, ecc. Restringendoci per ora agli Acari, dirò che i Gamasidi apparten- gono ai già citati generi Dermanyssus e Leiognathus, ma più che sul corpo degli Uccelli stanno nei loro nidi o negli ambienti ove riparano nella notte ed in questo tempo salgono sull'ospite per suggerne il sangue. Comunissimi sono invece i Sarcoptidi ed appartengono a due distinti gruppi, quello cioè dei parassiti veri, nutrentisi di umore circolante della vittima, e quello dei Pterofagi, che si limitano a rodere le penne o lambire la sostanza grassa di cui esse sono spalmate. Questi fanno meno danno e, per quanto nume- rosi, non provocano malattie cutanee o più interne all'ospite, come fanno invece i precedenti, che appartengono sopratutto ai generi Cnemidoeoptes, Laminosioptes, ( 'ytodites. I Pterofagi invece, od Analgesidi, come si dicono, vivono sulle penne nel modo citato, alcuni sulle remiganti, altre sulle tettrici, più rari sulle timoniere, GLI AFFINI DEGLI INSETTI 21 Fig. 16. — Alcuni Sarcoptidi avicoli (Analgesidi) maschi. .1 Falciger rostratus (Bacon.) dei Colombi, dal dorso, gli altri tatti supini: B. Bdellorynchus pohimorphxis Tronesa. delle Anatre ; C, Anabjet clavipet Beri, delle Silvie; Z>, Thecarthra semaphora Xroness. della Sterna hirundo ; E, Frc/nnn anatìia (K.) delle Anatre. 22 CAPITOLO PRIMO alcune forme entro il caule stesso delle penne maggiori, e vivono in colonie nu- merose, spesso pressoché immobili. Si contano uno straordinario numero di ge- neri e di specie. Ad es., sugli Uccelli italiani non sono meno di 150 le specie finora citate e vanno in molti generi, tra i quali i principali sono : Pteroliclms, Freyana, Pteronyssw, Megninia, Analges, Pterocolus, Proctophyllodes ecc. Si notano, per questi esseri, forme talora molto singolari (fig. 16), con uno spiccato dimorfismo sessuale, che si manifesta col diverso sviluppo delle zampe, le quali talora, nel maschio, sono, per certe paia grossissime e molto diversamente conformate da quelle della femmina, che è diversa anche per la forma dell'ad- dome, nei maschi generalmente terminante con una configurazione molto com- plicata, con appendici varie, talora eleganti, ecc. Talora, nei maschi, si nota una singolare asimmetria delle parti, molto spiccata sopratutto negli arti e costante per ciascuna specie. Questi e gli altri Sarcoptidi sono, sul posto, insidiati da altri Acari predatori, specialmente Cheiletidi, ad es. Cheyletiella heteropalpa Mégn. co- mune sui passeracei nostrali (fig. 17), che, natural- mente, albergano in tutti gli stati sul corpo del- l'uccello. Anche gli Analgesidi riparati entro il culmo delle penne maggiori sono decimati da particolari Cheiletidi, lunghi e configurati opportunamente per la vita entro lo stesso ambiente. Trovansi Acari con abitudini intermedie fra gli abitatori delle piume e quelli che sulla cute determinano stati patologici. Tali Acari, non psoroptici, né pterofagi? vivono sulla cute, però al suo esterno, e si nutrono dei detriti, delle desquamazioni di questa. Le specie parassite dei più comuni animali domestici nostrali possono rilevarsi dal seguente quadro (pag. 23), nel quale gli Acari sono aggruppati secondo le prin- cipali sezioni dell'ordine, conforme si dirà poi. Si escludono dal quadro stesso le Zecche, perchè queste non sono parassiti speciali e solo è annoverato VArgas reflexus, che attacca particolarmente i Piccioni. Si escludono anche i Sarcoptidi Analgesidi perchè senza interesse pratico e quelli Gliricoli (Listroforidi) perchè viventi sui Mammiferi a spese del pelo, senza però danno sensibile dell'ospite. Le forme veramente nocive agli animali domestici sono le seguenti (vedi Tabella a pagina seguente). Oltre a ciò si sa che qualche specie di zecca è l'agente di diffusione di speciali malattie contagiose e questo è appunto il caso del Rhipicephalus (Boo- philus) anmdatus Say (e R. (B.) bovis), che diffonde i microrganismi della febbre del Texas, ematuria dei bovini, non soltanto in America, ma ancora in Europa, Australia, ed altre regioni del globo. Questo, del resto, non è il solo acaro dif- fonditore di malattie parassitarie, poiché, come esso propaga, coWHyalomma aegyptium la Babesia bovis, si attribuisce alle Zecche nostrali più comuni, Ixodes ricinus ed I. hexagonus, la diffusione della Babesia canis. Gli Argasini si riten- gono pegli agenti propagatori degli Spirocheti. VArgas persicus diffonde la febbre ricorrente. In altro gruppo di Acari, cioè fra i Trombididi, uno speciale Leptus propaga, al Giappone, una particolare malattia infettiva, colà denominata Kedani. Più lungamente di tutto ciò terrò parola allorché dirò specialmente degli Ixodidi e dei Trombididi. Anche in Italia, particolarmente attorno a Eoma e nelle isole, la malattia è comune. Ma non sono questi i soli casi di organismi inferiori diffusi per opera degli Fig. 17. — Un Cheiletide predatore di Acari avicoli (Cheyleliella hete- ropalpa Mègli.) supino, ingrandito (da Berlese). lil.I AFFINI DEGLI INSETTI 23 fri s ^ e a ® .- 3 K CD ^ > © 3 ns w a - X s a -.1 s C3 MI a a < o .2 o a a o *d 3 S sB 5j 2 3 o -a "S ° O 43 ? 2 9 W Z; Oh '= 3 w- e- e- » (» ce « £ 1) 4? Ja « Bh e. a. o o g S C3 g .3 ° » B B « S O « — — — - ~ - - - - * • « 3 S * O. 43 +3 a. — 3 O c3 » x — — o .a t- — 9 i © © ^ 43 43 3 .Z - - /. co O 3 © ° "d •d •£ •2 B B "§ B © © 43 c8 a a >> J U O O J5 3 3 Oh O O — a SI 3 3 a cs ■■Z, © - 1> ■s 3 a a ,9 k .2- V. 3 M J M ° ut? © £ © • 3& 3 .■ 3 > "d !S © co a . a - a S 5 S> O a o 3 C3 te o 3 .So tr *d ^ CO 3 c8 cs 2 a a s ■§ O r. O 24 CAPITOLO PRIMO Acari. Come questi profittano di forme più voluminose per giungere più sol lecitamente ed a maggiore distanza, così esseri anche inferiori agli Aracnidi, come sono ad es. minuti Vermi, Anguillule, ecc., albergando dentro e fuori degli Acari e se ne servono come di più rapidi veicoli. Gli Acari poi viventi nelle sostanze in decomposizione sono anche attivi diffusori di spore di funghi e di altri bassi vegetali. Una piccola schiera di Acari planticoli può essere accusata di molestia e di danno alle piante in genere e quindi anche alle coltivate. Oltre a quei Fitoptidi, ai quali si è accennato e tutti viventi a spese dei vegetali, ma di cui una o due specie sono seriamente nocive perchè attaccano piante molto utili, con gran danno, è certo che Acari alquanto più voluminosi, come sono tutti quelli della famiglia dei Tetranichidi, riescono molto nocivi alla vegetazione, perchè su gran numero di piante e fra queste su molte delle colti- vate, anche fra le più utili, essi si sviluppano in così numerose colonie, da pro- durre affezioni gravi e che diffìcilmente si combattono. Basti l'esempio del Tetranychus telar ius e dei danni che esso reca alla Vite ed a molte altre piante coltivate. Fra gli Acari nocivi si possono anche annoverare quelli che albergano sulle derrate alimentari e, moltiplicandosi enormemente e con molta rapidità, finiscono per distruggerle affatto, se non intervenga riparo. In questo gruppo dunque sta tutta una serie di Acari, che sono defluiti per domestici ed abbondano nei ma- gazzini di derrate e nelle case, dove vivono a spese della farina, del formaggio, delle carni e delle frutta secche, ecc. e sono sempre mescolati ad altri Acari loro predatori, che vivono in mezzo alle colonie di quelli detriticoli, come si di- cono, per cibarsene e questi attivi predatori sono il precipuo freno alla molti- plicazione eccessiva di quelli nocivi. Ma gli Acari, i quali si trovano a vivere entro le sostanze putrescenti, si possono considerare per forme utili nella economia della natura. Ne ho già ac- cennato e sono in grandissimo numero di specie di tutti i sottordini. Le concimaie, ad es., hanno una particolare fauna di Acari, i quali vivono nella costante alta temperatura della putrescenza ed, al solito, vi sono mescolate alle specie coprofaghe anche molte altre predatrici, che vivono a spese delle prime e queste, colla enorme fertilità, provvedono alla propria specie ed alla nutrizione dei molti predatori loro ; e quando l'ambiente più non si presta alla vita delle une e delle altre, tutte insieme emigrano, col concorso di Artropodi più volumi- nosi e più rapidi. Queste specie coprofìle vengono poi portate sui campi e si disperdono nel terreno, dove concorrono, con quelle abitudinarie del terreno, alla distruzione della sostanza organica morta ed alla diffusione dei microrganismi del terreno, necessari alla vita dei vegetali. Si può sospettare che i concimi chimici non eguaglino la potenza fecondante di quelli naturali, tra l'altro, perchè non albergano né microrganismi, né questi piccoli animali che diffondono così attiva- mente e vastamente i microrganismi stessi, senza i quali il terreno è sterile. Gli Acari viventi entro terra e che si nutrono di radici morte e decompo- nentisi, di tuberi, di funghi sotterranei, ecc. come quelli che in gran numero stanno tra i detriti vegetali che marciscono, e quelli che ancora vivono fra i muschi, i licheni, ecc. a fior di terra e sono moltissime specie di tutti i gruppi, certamente hanno una grande influenza nella rapida formazione dell'humus e nel continuo movimento della vita entro il terreno vegetale. In una palata di terra umida con detriti organici può essere che non si trovi insetto di sorta od altro animale di una certa dimensione, ma è impossi- bile non incontrare grandissimo numero di Acari. Sono questi principalmente i GLI AFFINI DK.OI.I INSETTI semoventi, che di continuo rimescolano, in seno alla terra, anche alla profondità di parecchie decine di centimetri, tutto quanto vive nel terreno. Ilo trovato, ad esempio, in nidi di topo campagnuolo, composti, come è noto, di foglie secche e nascosti profondamente entro terra, uno o due Miriapodi, qualche porcellino terrestre, nessun insetto, ma una enorme quantità di Acari, da ascriversi ad almeno una cinquantina di specie e questa massa di attivi lavora- tori riducono presto tutta la sostanza morta in detriti impalpabili. inoltre si hanno continui spostamenti in senso verticale, nel seno del ter- reno, per parte degli Acari terricoli, i quali, dopo le pioggie risalgono, raggiun- gono anche la superficie e su quella, se umida, si muovono in tutti i sensi ed in lunghe peregrinazioni, per rientrare sotto la superficie, mano mano che l'umi- dità ambiente scema, sino a raggiungere profondità considerevoli, specialmente in estate. Tutte le quisquilie organiche dipendenti dagli animali sotterranei, composte dei loro escrementi, residui del pasto, dei loro stessi cadaveri, sono presto ri- dotte in detriti minutissimi e disperse, sopratutto per l'opera assidua di gran numero di specie di Acari. Rapporti degli Acari cogli Insetti. — Xoi dobbiamo insistere sopratutto nel cono- scere gli intimi rapporti fra gli Acari e gli Insetti, i quali rapporti sono tali come non ne esistono, cogli Insetti stessi, da parte di nessun altro gruppo di animali. Cogli Acari gli Insetti hanno relazioni continue di convivenza, di commen- salismo, di parassitismo, oltre a quelli già ricordati per la diffusione degli Acari stessi ed altri molto singolari, che possono richiamarsi ad una vera e propria simbiosi, per cui certi Insetti sociali, specialmente Termiti e Formiche, danno nutrimento ed alloggio a molte specie di Acari, per averne in cambio particolari servigi o semplicemente, a quel che sembra, solo diletto, come noi ne ritraiamo da parecchi animali che nutriamo nelle nostre abitazioni. Dei rapporti di commensalismo è inutile dire troppo, avendo già accennato al fatto che i medesimi ambienti possono albergare animali diversi e perciò non di rado, anzi frequentemente, ad es. per le forme coprofile, per quelle delle so- stanze iu decomposizione, planticole, ecc. Acari ed Insetti si trovano conviventi e commensali nella stessa dimora ed alla stessa mensa, gli Acari colFnfficio, direi quasi, di una più minuta e diligente dispersione della sostanza nutritiva. Invece, molto interessanti, non solo dal lato della vita degli Insetti, ma an- cora da quello pratico, secondo il nostro punto di vista, sono i rapporti di pa- rassitismo, cioè le maniere e gli effetti coi quali taluni Acari vivono per davvero parassiticamente a spese degli Insetti, cioè sul loro stesso corpo e dei loro stessi umori. Anche in questo caso, del resto, come si è già veduto pel parassitismo a carico degli Uccelli e dei Mammiferi, si notano non solo Acari veramente parassiti degli Insetti, i quali, nutrendosi degli umori loro circolanti sono di molestia e di danno all'ospite, non di rado fino ad ucciderlo, ma altre specie che vivono sul corpo degli Insetti solo per raccogliervi umori trasudanti e ne curano così la pulizia, forse con vantaggio più che con nocumento dell'ospite. Questi, che così fanno, sono appunto gli Acari della famiglia Canestrinidae, i quali, anche per la conformazione generale, sono da avvicinarsi appunto a quegli Analgesidi che si sono detti vivere sulle penne degli Uccelli, nutrendosi di quel grasso che le spalma, senza però serio danno dell'animale che li alberga. a Bruì ess, OH Inveiti. II. — 4. 26 CAPITOLO PRIMO Fig. 18. — Un Leptus (larva di Trombidide) comune pa- rassita di vari Insetti ; molto ingrandito, dal ventre (da Berlese). Molte specie di Coleotteri hanno colonie di Canestrinidi celate sotto le elitre, sul dorso dell'addome o sul petto e questi Acari vivono colà in vario numero, con uova, giovani ed adulti, né si allontanano altrimenti dall'ospite. I Coleotteri medesimi, specialmente gli Scarabei stercorari, hanno per lo più sotto le elitre anche altri Acari più grossi, del gruppo dei Gamasidi (Copriphis e generi affini), i quali, probabilmente, si nutrono, se non anche di secreti dell'ospite, della sostanza che esso frequenta e di cui rimane il più spesso molto im- brattato. Ma le vere forme parassite non sono in gran numero ed apparten- gono alle più alte famiglie dei Pro- stigmati, cioè ai Trombididi ed Eritreidi ed al singolare sottordine degli Eterostigmati. I primi corrispondono e si ac- costano a quei Leptus che si è già avvertito trovarsi allo stato paras- sitario anche sull'Uomo, oltreché su altri animali superiori. Per fissare le idee rammenterò il comune Trombidium, quella specie di ragno rosso, come volgarmente si dice, lungo poco meno di mezzo centimetro e che si vede sulle piante, sui tronchi degli alberi specialmente o sulla terra, sopratutto in primavera. Esso è VAUothrom- bium fuliginosum (Herm.) (fig. 19). Le larve esapode di questo Acaro (fig. 18) e di molte forme affini, che sono numerose, vivono come veri parassiti su altri animali, infiggendo il loro rostro entro la cute e, mercè il singolarissimo or- gano di succhiamento che si diffonde con tanti rami, quasi una radice entro il corpo della vittima, ne sot- traggono gli umori a proprio pro- fitto. Sono di colur rosso scarlatto vivissimo, lunghe fino ad oltre un millimetro e si trovano comune- mente su molti Insetti. Ad es., sollevando le ali superiori delle cavallette, specialmente degli Acri- Fig. 19. — Il comune Trombidio degli orti. Allo- thrombium fuliginosun (Herm.), dal dorso, in- grandito (da Berlese). didi, o delle Marititi, non è difficile riscontrare in gran numero questi piccoli corpiciattoli, del più vivace scarlatto, aderenti alle nervature delle ali inferiori. Questi sono quei Leptus o larve di Trombidium di cui ho fatto cenno più volte e sono veri parassiti. Se ne incontrano anche sugli Aracnidi, ad es. Falangidi, sugli Afidi o pidocchi delle piante ed in generale su moltissime specie di Insetti, non escluse le Zanzare e le Mosche do- mestiche (fig. 15). Sulle Libellule, lungo le nervature delle ali, se ne trovano spesso, egualmente rosse e di forma sferoidale, ma più piccoli (fig. S). Questi Ot.I AFFINI DEGLI INSETTI sono larve di Idracne od Acari d'acqua dolce che si vogliano dire. Tutti questi sono veri parassiti e molto molesti e pericolosi all'ospite, sopratutto per la sta- tura loro in confronto di quella dell'ospite medesimo. Fra gli Eterostigmati o Tarsonemidi, come anche sono detti, si contano però i parassiti i più gravemente pericolosi degli Insetti, inquantochè alcune specie possono giungere, aggredendo in numero sufficiente l'ospite, ad ucciderlo. In modo speciale le larve molli di parecchi gruppi, sopratutto Lepidotteri, Coleotteri ed Imenotteri, sono attaccate da Tarsonemidi, i quali si moltiplicano in così gran numero addosso alla vittima da finirla spesso in breve tempo. Sotto questo punto di vista alcuni Tarsonemidi riescono utili allorché si sviluppano abbastanza a danno di Insetti nocivi e non è mancato chi ha proposto di trarne profitto ap- punto come mezzo di lotta naturale contro alcuni Insetti molto dannosi ; ad es. il Curculionide del Cotone in America (Anthonomus grandis) sebbene, in pratica, le speranze si sieno poi vedute riescire vane. I più miti tra i Tarsonemidi insetticoli si accontentano di starsene alla base delle ali o lungo le nervature e quivi succhiano il sangue della vittima, senza però comprometterla troppo. Cos'i fanno i Podapoìipus, Tarsopolipus, ecc., che vivono su Coleotteri ed Ortotteri. Ma i più feroci, come sono i Pediculoides. hanno abitudini più disastrose per l'ospite. Essi attaccano in gran numero le giovani larve, come si è detto, e le succhiano con tanta avidità da ridurle presto a morte. In questi casi le femmine dell'Acaro ingrossano enormemente ed in modo paradossale il loro addome, così che questo ne riesce una sfera, che po- trebbe contenere parecchie decine di volte il rimanente corpo e contiene intanto un enorme numero di figlioli, i quali, entro il ventre materno stesso, acquistano uno stato di evoluzione molto avanzata. Le femmine perfette, appena uscite di muta sono piccolissime e solo dopo la fecondazione e quando succhiano gli In- setti acquistano lo straordinario volume del corpo che si è citato. Ora accade anche che tutti questi Acari, particolarmente le femmine pubere, ad addome cioè non peranco turgido, si trovino in qualche ambiente in così gran numero da doversene migrare per deficienza di cibo sufficiente ed allora si river- sano su quel che incontrano e se ciò capita all'Uomo non mancano di tentarlo coi loro rostri e determinano sulla sua cute delle irritazioni assai vive e moleste. Questo è il caso del Pediculoides rentricosus. che vive a spese delle larve di Insetti del grano nei granai (Calandra, Tiguuole) e, distrutte queste, quando si rimuove il grano e lo si trasporta nei sacchi, invade gli operai e ne induce una irritazione cutanea molto viva. Ciò può accadere anche pel riso, ecc. Adunque il Pediculoides rentricosus e specie affini è veramente un nostro ausi- liario e lo si incontra attivo sopratutto a spese delle larve metaboliche e molli viventi nei legni marci o cariati, come sono quelle di vari Coleotteri, Cecidomie, Imenotteri, ecc. I rapporti simbiotici tra Acari ed Insetti sono tra i più singolari ed in con- fronto noi perdiamo il vanto di essere i soli animali sulla terra a prodigare le cure ed affezione ad altri esseri di specie diversa, così come noi accogliamo e nutriamo amorevolmente nelle nostre abitazioni i nostri animali domestici. Anzi non potremo mai dimostrare l'esistenza di animali incapaci di vivere da se, senza l'aiuto nostro e della nostra ospitalità, mentre io credo che tutti i nostri domestici guadagnerebbero ed acquisterebbero di benessere a non trovarsi in rapporti col l'uomo. Pel caso degli Insetti invece e dei loro animali domestici, che sono almeno dieci volte più numerosi dei nostri, la cosa è diversa. La domesticità, in questo caso, è così antica ed ha avuto effetti così profondi sullo stesso organismo, che CAPITOLO PRIMO ue è stato l'oggetto, da modificarlo, nel maggior numero dei casi, alterandone più o meno la sua struttura, così che esso, oggi, non potrebbe più affatto vivere senza il soccorso dei suoi amici, clie lo accolgono in casa loro e lo nutrono e proteggono. Questo che io dico vale non solo a proposito degli Acari, ma ancora di molti altri Artropodi e specialmente di altri Insetti, che vivono in un vero stato di simbiosi, cioè di vita in comune, nella quale ciascuna specie è necessaria alla vita delle altre con cui convive. Per compenso alcune specie di Acari rendono dei servigi reali all'ospite, dal quale, hanno nutrimento ed alloggio e ciò si vedrà specialmente allorché, trat- tando degli Insetti sociali, converrà mettere in evidenza tutti questi atti singo- lari ed i rapporti fra le specie conviventi e la ragione di alcune modificazioni morfologiche di specie che attualmente si trovano solo nella vita in comune, alla quale si è accennato, ma sono evidentemente derivate da specie tuttavia libere e. diremo così, selvatiche, nella stessa maniera che, per molte delle nostre specie animali domestiche, noi possiamo anche oggi indicare sicuramente la forma pri- mitiva selvaggia, tuttavia vivente in libertà. Riprenderemo adunque questo argomento allorché entreremo a discorrere degli Insetti sociali e dei loro ospiti. Alcune Interessanti gpecie di Acari. — È il caso di conoscere più davvicino qualche specie del gruppo, la quale o pei suoi effetti nella nostra economia , cioè pei suoi rapporti con noi, co nostri auimali domestici, piante agrarie, prodotti agrari od industriali ecc. o per altro merita di essere ricordata qui, mentre per le specie eutomofile si potrà trattarne di volta in volta, allorché si farà menzione dell'insetto col quale l'Acaro ha qualche rapporto di esistenza. Per comprenderci meglio allorché a ciascuna specie si assegnerà il suo posto nel sistema è ne- cessario accennare brevissimamente alla suddivisione sistematica del gruppo degli Acari. L'ordine si sciude in pili sottordini, che sono (a cominciare dalle più basse forme e salendo alle più elevate): I. Astigmata (od auche Cryptostigmata della 1." Sezione). Mancano in ambedue i sessi ed in tutte le età di ogaui respiratori. Generalmente piccoli o piccolissimi, da poco più di un decimo di millimetro (Vermiformia) a poco più di un millimetro (grossi Analgesidi). Tegumento il più spesso molle, incolore, più duro e oolorato in giallo o rossastro solo nelle specie avicole del gruppo di Analgesidi. Lunghi o lunghissimi peli bì trovano spesso sul corpo e sugli arti. Zampe terminate da uua uughia o da una ventosa o da unghia e ventosa insieme. Mancano gli occhi. Le larvo 'esapode) sono simili all'adulto. Può esistere una ninfa ipopiale (forma di viaggio, di- versa dall'adulto). Questo sottordine si può dividere in due grandi sezioni dei Vermiformia, colle famiglie Erio- phydae o Fitoptidi delle piante e Demodiddae od Acari dei follicoli cutanei dell'uomo e degli ani- mali domestici. Lo seconda sezione sarebbe dei Sareoptiformia e comprende parecchie famiglie, delle quali lo principali sono le seguenti: Sarcoptidae (psorici); Epidermoptidae (epidermicoli non psorici); Anal- gesidae (pterofagi) ; Listi-oforidae (gliricoli o pilicoli); Tyroglyphidae (detriticoli, liberi). II. Cryptostigmata. — Aperture tracheali negli adulti nascoste alla base delle zampe. Sta- tura minima superiore a quella dei precedenti, dei quali però non sono maggiori o di poco. Te- gumento duro, il più spesso bruno o nero. Peli lunghi solo alla parte anteriore del corpo. Cute generalmente glabra. Mancano gli occhi. Zampe terminate da una a tre unghie, senza ventosa. Larve (esapode) poco dissimili o conformi all'adulto. Non esiste ninfa ipopiale. Si trovano nel terreno, in luoghi umidi, fra le borraccine, foglie e detriti vegetali putrescenti, mai nelle conci- maie, uè mai parassiti o viaggiatori d'altri animali, raramente, viventi a danno delle piante. Parecchie famìglie, delle quali basti accennare le maggiori, cioè Hoplophoridre, Notliridae, Ori batidae. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 29 III. Heterostigmata o Tarsonemidi. Acari sempre minutissimi, non mai lunghi oltre il mezzo millimetro (forme non ovigere), di- versamente respiranti a seconda del sesso, giacché lo femmine adulte hanno stigmi (nella parte anteriore del corpo, alla hase del rostro) i maschi ne sono sempre sprovvisti Questi sono diversi per forma dalle femmine rispettive Mancano gli occhi. Tegumento molle, colori pallidi. Manca la ninfa ipopiale. Larve esapode, quando esistono, per forme non diverse dai rispettivi adulti. Poche famiglie, delle quali, le più importanti sono : Disparipedidae, Tarsonemidae, Pediouloididae. IV. MjsSOSTIGMATA. Organi stigmatici in numero di imo per lato, situati sul fianco del corpo, al ventre, tra le zampe e l'orlo laterale. Specie che possono giungere alle dimensioni massime assegnate al gruppo degli Acari, cioè anche a circa un millimetro e mezzo nelle femmine piene d'uova e di sangue succhiato (Ixodidae). Tegumenti duri o durissimi, gialli, color mattone tino al bruno marrone, nudi o vestiti da peli semplici di varia lunghezza. Esistono gli occhi o man- cano. Zampe terminate da due unghie e da ventosa. Larve il più spesso esapodo e di rado dis- simili dal rispettivo adulto. Mancano forine ipopiali. Si può dividere il sottordine in due sezioni cioè: Alesostiymata I. o Gamasina. Statura non oltre i 5 mill. di lunghezza del tronco. Stigmi non collocati più indietro dello spazio tra l'inserzione del 3.° e del 4." paio di zampe. Lahhro inferiore non conformato a radula. Molte famiglie, delle quali le precipue sono le seguenti: Dcrmanyssidae, Laeìaptidae, Gama- sidae, Pteroptidae, Celaenopsicìae, Antennophoridae, Uropodidae. Questi Acari vivono negli ambienti più disparati; alcuni sono parassiti di Vertebrati, altri vivono liberi nel terreno, nelle concimaie, sulle piante, nelle case, ecc. e molti sono ospiti di Insetti solitari o sociali. Il gruppo è pra- ticamente dei più importanti. L'altro gruppo, dei Mesostigmata II. od Ixodina, comprende le Zecche ed ha per caratteri : Statura molto maggiore, fino al limite indicato più su. Stigmi collocati dietro le zampe del 4.° paio. Esistono (il più spesso) gli occhi. Labbro inferiore conformato a radula, cioè armato di denti fitti ed in serie regolari, rivolti all'indietro. Due famiglie: Ixodidae, Argasidae. Sono pa- rassiti di Vertebrati, specialmente Mammiferi. V. Prostigmata. Statura da poco meno di mezzo millimetro fino a 15 mill., quindi fra le massime. Organi respiratori! negli adulti aperti ai lati del rostro o sopra il rostro stesso (nelle forme acquaiole si aprono al ventre, nell'addome). Tegumenti molli, talora coperti da fitta peluria di appendici variamente foggiate ; colori vivaci dal giallo al rosso vivo (raramente bruui), nelle forme terrestri, ed in molte acquaiole, oppure gialli, verdi, azzurri, ecc. in altre che fre- quentano le acque. Larve esapode, talora diverse per conformazione del corpo dagli adulti rispet- tivi. Due o quattro occhi sempre presenti. Zampe terminate da due a quattro unghie, spesso con pulvillo fra queste, mai con ventosa. Mancano ninfe ipopiali. Due sezioni distinte, cioè: Hydrophila colle famigie principali di Halacaridm ed Bydrachnidae. Le prime vivono nelle acque marine, le seconde in quelle dolci. L'altra sezione è dei Terreetria e comprende molto famiglie, tra le quali le più importanti sono: Eupodidat, Bdellidae, Tetranychidae, Cheyletidae, Actinedidae, Erythraeidac, Trombididae, Cae- culidae, Nicoletiellidae. VI. Notostigmata. Aspetto di Opiliouidi. Statura mezzana o piccola. Cheliceri a tenaglia. Stigmi numerosi aperti sul dorso. A questo gruppo appartiene la famiglia Eucaridae. Il quadro della classificazione degli Acari apparisce dal seguente prospetto : Ordine ACARI. Sezione | Fami lie . Eriophyidae ; Demodicidae. Sottordine I \ Vermiformia I AStlginata | Sezione II ( Famiglie: Sarcoptidae ; Epidvrmopiidae ; Listrophoridae ; Sarcoptiformia ( Analgesidae ; Canestrinidae ; Ttyroglyphidae. Sottordine II Famiglie: Boplophorìdae: Nolhrìdae; Damoddae: Tegeocranidae: Leiotomidae; CryptOStigmata | Pterogasterinae. 30 CAPITOLO PRIMO Sottordi I Famiglie: Tarsonemidae ; Dispari pedidae ; Pediouloididae. Heterostigmata I Sottordine IV Mesostigmata Sottordine V Prostigmata ( Famiglie: Dermanyssidae : Laelaptidae ; Ptcroptidae ; (iti- Sezione 1 aidae ; Celaenopsidae ; Heteroeerconidae ; Zer- Gamasina conìdae; Antennophoridae ; Uropodidae ; Ho- I lothyridae; Spelaeorhynchidae. Sezione II < „ ... , ... , -, ., ' b animile: Ixodidar ; Argasiaat. ' , | Famiglie: Bydrachnidae : Halacaridae. Hydracarina I ° 3 Sezione II Trombidiaa Famiglie: Eupodidae ; Bdellidac; Alichidae: Actinedidae ; Raphignatìdae; Cheyletidae; Erythraeidae; Trom- bididae ; Hoplopidae ; Nicoletiellidae. Sottordine VI i Famiglie : Eucaridae. Astigmati. Sabcoptidi vermiformi. — Si è già avvertito che comprendono due grandi gruppi, quello degli Eriofidi o Fitoptidi e quello dei Demodicidi. Eriofidi (o Fitoptidi). — Già da gran tempo antichi naturalisti hanno men- zionato e descritto particolari alterazioni della superficie fogliare di parecchie piante senza bene intuirne la causa. Il Malpighi (1679) nel suo trattato « De variis plantarum tumoribus et excrescentis (in Anatome plantarum, pars altera, Londiui) » fa cenno di alcune speciali alterazioni, che, solo re- centemente si è riconosciuto doversi attribuire a Fitoptidi, rientrando cos'i nel gruppo degli Aca- rocecidi, come si definiscono oggidì appunto siffatte alterazioni da attribuirsi alla presenza di Acari ed all'opera loro sui tessuti vegetali. Senza conoscerne la causa precipua o misconoscendola, ne hanno trattato molti autori fra i più vecchi, oltre al Malpighi succitato, come ad es. : il Pollini, nel 1824, il Turpin 1833, il Wallroth nello stesso anno, ecc. Nel 1834 però, il Fée, parlando delle produzioni epidermoidali delle foglie di Acero e di Tiglio, produzioni che egli chiamava Phyllerium. Erineum, descrisse anche i Fitopti, che vi tro- vava per entro e la descrizione è veramente esatta, per quanto l'Autore ritenga si tratti di forme larvali di altri Acari. « Ces larves, — egli dice — que nous avons vues vivantes daus les Eri- neum acerinum et tiliaceum, ont una allure corame eiubarrassée ; elles difl'erent un peu dans les deux espèces d'erineuni que nous venons de noraraer ». Nel 1850 Th. v. Siebold denominava Erioplu/es gli Acari sopracitati, frequenti negli Erineum di piante diverse ed il Dnjardin, un anno dopo, non conoscendo il lavoro del Siebold, li chiamava PkylopluH ed avendo osservato entro il loro corpo delle uova concluse non trattarsi di larve ma di adulti, non ostante il numero dei piedi che è di due anziché quattro paia. Il Dujardin stesso afferma poi che tali Acari erano stati veduti anche prima d'allora dal Dugès e perfino dal Réaumur e dal Turpin; il certo è che l'Hartig, mi 1834, aveva osservato dei Fitoptidi nelle galle dell'Abete. Nel 1864 il LandoÌ8 descrive il Pliytoptus vitis e lo incolpa delle produzioni patologiche delle foglie. Hi qui in poi sono illustrate gran numero di specie di Fitoptidi, specificamente distinti. producenti alterazioni varie su piante le più diverse e così la famiglia, per gli studi del Frauen- feld (1865), del Rose (1866), del Thomas (1869-1890), del Low (1874), del Canestrini, del Nalepa. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 31 tus ritis e con Fig. 21. scudo, £ C — Capotoraci, dal dorso, di Fitoptidi, per mostrare la striatura dello Molto ingranditi. A, di Eriophyes vitis ; B, di Eriophyes pyri; gallarum (da Nalepa). C, di Eriophyes covyli- tal nome ancora dal Briosi (1875), dal Nalepa (1889), dal Canestrini (1892), ecc. Ha il corpo cilindrico, gradatamente assottigliato verso l'estremità posteriore. Lo scado dorsale cefalotoracico (fig. 21 A) mostra una stria longitudinale mediana, pressoché rettilinea ed ai suoi lati parecchie strie più sottili, molto fitte, pressoché parallele. La femmina è lunga circa mm. 0,20. Questo Fitoptide, produce dei Jillerii (fig. 20, 22) sulla pagina inferiore delle foglie di Vite, che determinano un corrispondente rialzo sulla pagina superiore. I Fillerii od ammassi di peli (tricomi) si vedono dapprima di un bel bianco argenteo; in- vecchiando diventando gialli e finalmente di color rosso-bruno. Gli Acari, specialmente quando il fillerio è giovane, si trovano sparsi fra i tricomi (fig. 22). Questi sono lunghi, compressi, subcilindrici, sem- plici o, talvolta, con qualche breve ramificazione ; sono fortemente ripiegati o contorti, ottusi al- l'estremità e nel loro insieme hanno l'aspetto di un feltro. Questa alterazione è nota sotto il nome di Brinosi o Fitoptosi e non sempre è del tutto in- nocua e non si può evitare, qualora in una lo- calità mostri di svilupparsi troppo intensamente, se non togliendo e distruggendo quelle foglie giovani, via via che sorgono, le quali si mostrano affette dalla infezione. Si ritiene che i Fitopti della Vite passino l'inverno nella gemma stessa o sotto la corteccia della pianta. Il Canestrini, a metà gennaio, trovò molti Fitopti entro gemme di giovani tralci di vite. Appena appaiono le foglie, per quanto giovanissime, si riscontra alla loro pagina inferiore VFrineum. Fig. 22. — Sezione di una foglia di Vite in corrispondenza i\e\V JZrineum pro- dotto dall' Eriophyes ritis, mostrante i peli alterati (e) e fra questi gli Acari (a) e loro uova (o). La lamica fogliare è indicata in /. Ingrandito (da Rit- zema Bos). A. Berlfse, Gli Inulti, II. — 5. 34 CAPITOLO PRIMO Sulla Vite, del resto, per quauto meno nocive del Fitopto ora ricordatOj trovansi anche altre due specie, recentemente descritte dal Nalepa, delle quali una (Phylloeoptès vitis) è ricordata dal Chodatam come nociva alle Viti in Svizzera, perchè ne deforma li- gemme. L'altra (Epitrimerua rilh) dell'Europa centrale produce un particolare annerimento delle foglie di vite. Eriophyes piri (Pagenst.). - Descritto per la prima volta dal Pagensteclier nel 1S57; più recentemente dal Canestrini, Nalepa, ecc. L'Eriueum che esso produce è stato però illustrato molto spesso da parecchi fitopatologi, perchè in realtà l'altera- zione è talora molto nociva al vegetale. Ne è attaccato il Pero, il Melo e qualche altra pianta (ad es. : Sorbus aria; 8. aucuparia; S. torminalis; Cotoneaster rulgaris; Amelanchier vulgaris). Si trova in Europa e nel Nord-America, do- vunque cogli stessi effetti. È una delle specie più allun- gate (fig. 23 A), cioè circa sei volte più lungo che largo. Lo scudo dorsale (fig. 21 B) è per- corso da molte strie longitudinali, di cui le tre di mezzo sono più distinte, mentre le marginali sono Atte e sottilissime. La femmina è lunga fino a mm. 0,25. Mano a mano che le tenere foglioline del Pero si spiegano, presentano delle piccolissime galle lenticolari, appena spor- genti dalle due pagine fogliari, di colore giallognolo e però, seb- bene piccole, bene distinte nel campo verde tenero della lamina. Più tardi la colorazione di questo Erineum diviene rossiccia 23 E), allora fuoriescono gli Eriofidi. spesso, molto largamente inquinate da tale alterazione Lo sviluppo di questi Erineum è stato Fig. 23. — A, Eriophyes piri (Pgst.) visto dal ventre, molto ingrandito (da Nalepa). B Foglia di Pero beue spiegata, con galle numerose e con- fluenti, annerite, prodotte dall' E. piri. Grandezza natu- rale (da Kirchner). e finalmente bruna (fig. Le foglie sono così, e la pianta ne soffre non leggermente bene studiato e descritto dal Berlese A. N. fino dal 1S92. Il Del Guercio riconobbe specialmente l'efficacia di emulsioni saponose di poli- sulfuri (non oltre il 5 700, all' 1 70) di sapone nell'acqua, oppure di una miscela di sapone e zolfo (1 °/0, 3 °/0) sospesa nell'acqua, ripetuta qualche volta dalla apparsa delle foglie in poi fino a che gli Erineum sono anneriti, od in altri termini nello intervallo compreso fra le due fogliazioni. Eriophyes coryligallarum (Targ.j. — Già il Vallot, nel 1836, descriveva un Avarus pseudogallarum nelle gemme deformate del Nocciolo, ma il Targioni vi distingueva due specie, ad una delle quali assegnò il nome sovraiudicato, ascrivendolo ai Phytoptus. L'acaro fu poi illustrato dal Canestrini e dal Nalepa, il quale, senza ragione plausibile, lo ribattezzò per Eriophyes avellanae. (ÌLI AFFINI DKGI.I INMiril Lo scudo dorsale cefalotoracico (fig. 21 G) mostra parecchie strie longitu- dinali non molto fitte ed ondulate. La femmina è lunga fino a mm. 0,2(1. Le ferule e le appendici interne delle gemme del Nocciolo, punte nei tessuti epidermoidali da questo Acaro, si ipertrofizzano, mutando spesso di colore, mentre inducono nelle gemme infette un ingrossamento che le deforma e ne accresce di parecchie volte il volume normale (fig. 24 B). La specie è talora molto nociva, comi n'omettendo seriamente la fo- gliazione e la fruttificazione del Nocoiuolo. Si può tentare una difesa ricor- rendo a qualche irrorazione delle miscele già proposte contro la specie precedente. Di grandissimo numero di altre specie viventi a spese di piante diverse, anche fra li- cui ti vate si pnò tralasciare di tener conto ([iti. mentre chi ne volesse avere notizia può ricorrere, per autori nostrali, ai lavori del Massalongo, per quanto ri- guarda le "alterazioni del vegetale ed a quelli del Canestrini per la conoscenza della specie parassita. Non giova farne menzione qui perche si tratta in generale di forme mai o di rado seriamente nocive. Demodicidi. — È stato ben grande il rumore sollevato verso la metà del decorso secolo da una molto singolare scoperta, dovuta ad un medico di Berlino, appunto il Simon, il quale, nel 1S42. faceva palese al mondo scientifico che entro la pelle dell'Uomo albergava comunemente un Acaro, allo stato di parassita, del quale animaletto non ancora si erano avveduti i naturalisti ed i medici. Difatti non poteva esser piccola la meraviglia degli studiosi, dovendo con- venire che in un soggetto cosi vessato dagli anatomisti, dai medici, dai chirurgi, a tanti anni dalla scoperta del microscopio e delle prime minute indagini micro- grafiche, si trovava frequente e numeroso un acaro e di dimensioni non trascu- rabili, perchè giunge ad un terzo di millimetro. Tuttavia bisognava arrendersi alla evidenza. Il Simon aveva incontrato abbondante il parassita in pustole di un uomo affetto di acne sebacea, le quali erano il prodotto di infiammazione di uno o più bulbi piliferi e nel grasso che racchiudevano, derivato dalle ghiandole sebacee che si aprono nei detti follicoli, se ne stava appunto, numeroso, il parassita in discorso. Dietro consiglio dell'Erichson, dottissimo entomologo, il Simon considerò gli ani- maletti per Acari e denominò la specie Acarus tolliculorum. Anche 1' Henle, di Zurigo, aveva contemporaneamente trovato il piccolo Acaro nei follicoli pilosi del Fig. 24. — A, Eriophyes coryliyallarum (Targ. Tozz.) visto dal dorso ; molto ingrandito (da Nalepa). B, Ramo di Corylus avellana, con semma a diverso grado di alterazione (a) e gemme (o, e) non alterate dall' Eriophyes. Grandezza naturale (Targ. Tozz). 36 CAPITOLO PIUMO condotto uditivo esterno dell'uomo, ma era rimasto in dubbio sulla natura dei corpicciuoli che aveva sott'occhio (tig. 25). Come è ben facile immaginare gran numero di osservatori si sono dati su- bito, appresa la notizia, alla ricerca del parassita e lo si trovò infatti comune nella massima parte degli individui, anche non producendo stato patologico di sorta alcuna, come è il caso di gran lunga più frequente. Ne riuscirono anche nomi dati all'acaro molto numerosi, con una sinonimia complessa. Ad esempio Owen (1843) lo chiamò Demodex folliculorum, con una etimologia del nome generico tuttavia discussa '). Miescer lo denomina Maerogaster plalypus; Erasmo Wilson, Enwzoon folliculorum, e di poi Steatozoon ; Ger- vais, Simonea folliculorum, nome che gli autori francesi hanno spesso adottato. Ne hanno trattato gran numero di naturalisti, che ne stabilirono la storia naturale, fra i quali giova citare Erdt, Wald, Wedl, Gruby, Leydig, Kuchenmeister, Biirensprug, Valentin, von Siebold, Remak, Me" gniu, ecc. Soltanto più tardi si sono scoperte altre forme molto simili a quella rilevata nell'Uomo, egualmente viventi nelle ghiandole sebacee cutanee e parassite di Mammiferi, specialmente fra i domestici. Così attualmente si riconoscono parecchie forme abbastanza distinte. Secondo la massima parte degli Autori la specie sarebbe unica, cioè il D. folliculorum e tutte le altre degli altri animali si dovrebbero considerare per semplici varietà di quella umana. Le differenze specifiche, fra le diverse forme di Demodex, quella cioè dell'Uomo in confronto delle altre scoperte su animali diversi, risiede sopratutto nelle dimensioni e proporzioni. Che si tratti di specie distinte sembra tuttavia potersi desumere dal fatto che non è stato possibile ottenere la trasmissibilità dell'infezione dall'uno all'altro ospite. Almeno le esperienze fatte (ad esempio tra il cane e l'uomo) e riuscite di esito negativo, per quanto forse meno dimo- strative, non sono state contradette, sebbene dell'argomento si sieno occupati più studiosi, come il Gruby fin dal 1845, Neiss ed Haubner, Lafosse e Eaillet, Coruevin, Pennetier, Zurn, Saint-Cyr, ecc. Fig. 25. — L'Acaro dei follicoli (Demo- dex folliculorum O w . ) dell' uomo, ingrandito, dal ven- tre. CARATTERI dei Demodicidi. — Rostro corto, trapezoidale, con mandibole (cheliceri) stili- tonni, appiattiti, collocati nella regione dorsale del rostro, fra i palpi; mascelle stiliformi, ven- trali, corte, comprendenti una tenue linguetta stiliforme. Palpi con articoli (tre) non bene de- finiti, all'apice con parecchie spinette, visibili dal lato ventrale, essendo i palpi stessi pie- gati all'ingin. Una lamina trasparente, a guisa di epistoma ricopre tutto il rostro ed i palpi al dorso. Cefalotorace anteriormente non striato di traverso, ma con sottilissime linee longitudinali, di poi con solchi trasversi come l'addome. Quattro paia di zampe, tutte fra loro eguali, conti- gue, corte, coniche, divise in ciuque articoli, decrescenti in larghezza, ma quasi eguali fra loro in lunghezza; l'ultimo, anulare, reca due unghie robuste. Epimeri costituiti da due liste chitiuose lineari, percorrenti tutto lo sterno nella linea mediana e più o meno fuse fra di loro qua e là iu una lista unica. Da questa procedono bracci lineari trasversi, che si intercalano frale zampe. ') La piti generalmente ammessa fa derivare la parola demodex da 5èm^ (= corpo) e -).': (= teredine, tarlo). Il Mègnin ritiene iuvece probabile l'etimologia seguente: tuttavia dubliio ed i- questa una questione che non può tanto facilmente ossero risoluta, iilnuMio col solo esame dei caratteri morfologici esterni e tenuto conto delle abitudini. 11 «erto si i' intanto che il precipuo carattere differenziale e soltanto il diverso ospite. Il Mc- guin vuole ammettere che anche nelle dimensioni Ira le singole torme si possono trovare buone differenze spcoilichc, ma ciò, se e valevole per taluna t'orma, (die, molto piocola o molto grande iu confronto delle altre se ne può distinguere agevolmente, non vale però por la maggior parte, ('osi ad es., a me. no credo ad altri, e riesoito possibile distinguere luorfologioamente il Saroopte dell' tomo da lincilo del Cane, eppure e noto che questo ultimo, che nel Cane determina tuia affezione cosi ribelle alle cure. sull'Uomo invece non attecchisce all'atto o solo momentanea- mente. Ad Ogni modo il Mègnin ritiene che la grandezza della specie sia in rapporto collo spessore dilla cute dell'ospite e perciò i Paoli i deruii albergherebbero le -speoi e più voluminose; verrebbero in seguito ì Carnivori, poi i Ruminanti, quindi i Roditori, ecc. I.a scala decrescente per le dimensioni, secondo il Mègnin stesso, sarebbe (per le specie piil comuni) la seguente: tuie, equi, htj>ì, oaprae, cornei», orti, hydrochoei'i, hominis. Secondo le misure date da altri però non con tanta precisione correrebbero le cose ed intanto, certamente, il Maiale oltre al Sarcoptes sui» che e ben grande (la femmina raggiungo un massimo di min. ",50), alberga anche un Sniropten parrnlus, la cui femmina non supera e forse non rag- giunge i min. 0,30, cioè o la piti piocola forma conosciuta. Il contagio fra animali di specie diverse, pur ciascuno per suo conto soggetto ad essere attaccato da suo speciale Saroopte, non è riescito nuora, in linea gene- rale, sempre con effetto e perciò si può ammettere che le diverse forine sieno realmente specie diverse, per quanto morfologicamente simili od eguali. Tutti i Sareoptes presentano i seguenti caratteri, per cui il genere al quale spettano si differenzia dagli affini : Corpo rotondeggiante in ambedue i sessi. Felle del dorso (tig. 29 C) stirata di traverso fuorché nella parte di mezzo del dorso stesso ove ò coperta di rilievi conici, alti, acuti e brevi spine robuste rivolte all'indietro. Di queste spine tre iu ciascun lato si trovano nella regione scapolare, cioè poco più su della linea mediana trasversa del corpo, sui fianchi e sono dette dal Canestrini spine srapolari; altre sette poi si trovano, egualmente in ciascun lato, nella metà posteriore del dorso e sono dette dallo stesso Autore spiiic iliache. Manca ogni traccia (anche al dorso) di solco toraoo-addominale. Maschio (tig. •_'!• />'), di quasi meta più piccolo della femmina, ooll' organo copulatore fra le zampe del I." paio, protetto all'innanzi da un ceroine ohitìnoso a ferro di cavallo, detto epiandrio. Le quattro zampe posteriori nella femmina e solo quelle del ter/o paio nel maschio terminate da lunga setola, senza ambulacro; le altre con ventosa por- ' tata da iiu lungo peduncolo. Apertura anale anche nel maschio situata al ventre, verso l'estremo posteriore. Sarcoptes scabiei (l>e Geer) (rtg. 29). — Dal Canestrini, che seguiremo nel ripor- tare le dimensioni delle varie specie di Sarcoptes; a questo IS. scabiei sono asse- gnate le dimensioni seguenti: Maschio lungo nini. 0.20 a 0,24; largo min. 0,15 a 0,20. Femmina lunga mm. 0,30 a 0,45; larga nini. O.L'5 a 0.35. Questo è l'Acaro che produce la scabbia più comune nell'Uomo e da individuo ad individuo e assai facilmente trasmissibile, ma non dall'Uomo ad altri animali, come il Delafond e il Bourgnignon hanno dimostrato. Sion e d'ora certamente la sooperta ilell'Aoaro determinante la malattia (die i Greci chiama- vano Twoz ed i Latini Scabìes, parole ambedue che si richiamano a verbi corrispondenti al no- stro .trattari, eerto iu causa del precipuo fenomeno più saliente dell'affezione, (lucilo di prurito insopportabile, che sembra determinato dalla secrezione salivare dei pioooli animaletti. Questi. con tale eccitante, richiamano india pan.- offesa gli umori dell'ospite, dei quali si nutrono. (ÌLI AFFINI DKcil.I INSETTI 41 Fig. 29. — Acaro della Rogna, Sarcoptes scabiei (L.) dell' Uomo, fortemente ingrandito. A, femmina dal ventre; B, maschio dal ventre; C, femmina dal dorso (da Robin). A. Bkbi.ese, Oli Insetti, II. — «. 42 CAPITOLO PRIMO Già Avenzoar, nel deciinosecondo secolo (1072-1161) accenna ad una speciale malattia cau- sata da un piccolissimo animale. « Oriuntur — egli dice — aliqui in corpore sub cuti exterius pediculi parvunculi qui cum excoriatur cutis, exeunt auimalia viva tain parvuncula quod vis possint videri ». Più tardi vari autori fanno cenno, più o meno distintamente, dell'Acaro della scabbia, come causa della malattia o come suo sintomo. Così, ad es., Ingrassias, Ioubert, Gabu- cinus, ecc. Aldovraudi, nel 1596, avverte che il Pedicello o Sciro, sta fra la pelle e l'epidermide ; iufetta sopratutto i piedi e le mani, scavando gallerie sinuose e formando vescicole non suppuranti. Se queste si rompono ne sortono animali cosi piccoli cbe per vederli occorrono eccellenti occhi ed una viva luce. Ambroise Pare (1664) dice: « Les cirons sont petits animaux cachés dans le cuir, dans lequel ils se tralneut, rampent et le rongent petit à petit, excitant une fascheuse demangeaison et gra- telle... Ces cirons doivent se tirer avec espingles et aiguilles ». Moutì'et (1634) indica il punto preciso dove debbousi cercare gli Acari della scabbia nell'Uomo, cioè non nelle pustole stesse, ma accanto. Hantpmanu (1657) dà un non troppo buon diseguo dell'Acaro, che è figurato meglio più tardi (1682) dal Muller. Ne tratta auche il Haffeurefter nel 1657. Ma è al Redi che spetta veramente il merito di aver attribuito all'Acaro o Pellicello la vera ed unica causa della rogna, negando, anche per questo piccolo animale, la generazione spontanea. Pegli antichi, la causa della malattia è nel sangue del soggetto « tenendo essi (antichi^ per fermo, che il male della rogna nascesse dall'abbondanza dell'umor melaucolico lussureggiante nel sangue, si sa la gran farragine di medicamenti interni che davano per bocca ai poveri rognosi, prima di veuire al proprio rimedio della rogna, cioè a dire alle unzioni ». E dopo aver descritto l'acaro ed i suoi efletti nella pelle umana conclude: « da tutto ciò si raccoglie che la rogna è un male, che non dipende da vizio alcuno interno degli umori, uè dal sangue, ma che l'unica cagione di essa sono i pelliccili. Che però a volerla ben medicare, e levarla presto da dosso a quegli, che l'hanno, l'unico e vero rimedio si è quello di ammazzare i pelliccili... ed i tanti medicamenti interni, che dai medici sono dati ai rognosi per bocca, non servono assolutamente a nulla e non son buoni propriamente altro che a far ingrassare lo speziale ». Iu questa lettera, in data 15 gennaio 1710, al sig. Diacinto Cestoni, e ad Antonio Vallis- nieri, il Redi si confessa autore dell'articolo precedente, nel quale illustrò con buone ligure l'acaro della scabbia, ne scoperse e figurò le uova, e tutto indicò egregiamente. L'articolo pub- blicato sotto il pseudonimo di Giovancosimo Bonomo è datato da Livorno, 18 luglio 1687, ed è intitolato « Osservazioni intorno ai pellicelli del corpo umano ». Ciò valga per quegli scrittori che, non conoscendo il vero Autore celato sotto il detto pseudonimo, attribuiscono ad un perso- naggio immaginario le belle osservazioni che spettano al Redi. Ma dopo queste cosi precise notizie intorno all'Acaro della scabbia, anche come agente della malattia, ò singolare il vedere come nel secolo XVIII, si inizia una confusione ed una serie di dubitazioni, per le quali tutta la questione, ormai ben chiara, subisce una marcia re- trograda. Linneo (1734) uon distingue l'Acaro della scabbia da quello del formaggio od Acaro dome- stico, di cui non sarebbe che una varietà; Nylander (1757), allievo di Linneo, mette in dubbio che la causa della malattia sia appuuto l'Acaro. Segue una polemica vivace in seno ai patologi su questo proposito. Per alcuni, tra i quali si possono citare l'Avelin, Sauvages, Casal, De Ger, Wichmann, Walz, Gohier, Saint Didier, ecc., la scabbia è una conseguenza del parassitismo del- l'acaro; per altri, che dimenticando le più vecchie scoperte e sopratutto l' affermazione del Mouffet cercavano, Beuza trovarlo, l'Acaro nelle stesse pustule (come erroneamente aveva inse- gnato il Pinel), la malattia dipendeva da assorbimento cutaneo, per parte dell'ospite, delle sostanze escretive dell'acaro. Galèe, nel 1812, pubblicò una assai interessante memoria sull'argomento e non solo diede buone figure dell'animaletto, ma, con esperienze opportune, inoculando a sé ed ai propri figli la ma- lattia, semplicemente col mettere sulle mani il Sarcopte, dimostrò la natura parassitaria della scabbia. Ma l'incredulità riebbe il sopravvento, sino al punto che il Raspail dichiarò non avere il Galès rappresentato nelle sue figure altro che l'Acaro del formaggio ! Si era ormai accettato per cosa sicura e ben ferma che non esisteva un acaro speciale de- GLI AI'KIXI [>K(iLI INSETTI 43 terminante la rogna, allorché il 13 agosto 1834 Francesco Renucci, di nazione Corso e studente medicina a Parigi, sentendo, nell'ospitale di Saint-Louis, alla lozione doll'Alihert negare l'esi- tenza dall'Acaro, propose di mostrarlo, seduta stante, ricorrendo al mezzo veduto praticare dallo 'emminette del suo paese, che tolgono dal l'ondo della galleria il Sarcopte merco uno apillo. L'A- caro venne cosi subito alla luce, con grande meraviglia dei presenti. Vi furono tuttavia degli increduli, senonchè, qualche giorno dopo, cioè il 20 agosto, nelle sale del dott. Emery, che aveva raccolto alla dimostrazione un gran numero di osservatori, tra i quali Alibert, Lugol, Miqitel, Nicod, Voisenet, ecc.. il dott. Albin Gras estraeva dalla cute di rognosi parecchi acari, che furono osservati al microscopio e lo stesso Raspali dovette riconoscere pertinenti alla specie indicata dal De Geer, cioè all' ^4 canta scaiiei o Sarcoptes scdbiei degli entomologi pre- cedenti. Alla fine si convenne non solo nella esistenza di questo parassita, ma ancora della giustezza delle osservazioni dei vecchissimi medici ed entomologi. I lavori più recenti, cioè posteriori alla dimostrazione del Renucci, si riferiscono sopratutto alla morfologia del Sarcopte ed al trattamento curativo della malattia, in base alle cognizioni di storia naturale. Tra i più importanti lavori meritano di essere citati quelli del Renucci stesso (1835), Albin Gras (1834), Aubó (1836); Raspail, Eichstadt, Lanqnetin, Robin, ecc., e per la rogna degli animali gli scritti di Gurlt ed Hertwig (1844) ; Gerlach (1857); Fiirstemberg (1861); Robin (1869): Delafond e Bourguiguon (1862) e più recenti e con particolare menzione si deb- bono ricordare i lavori del Mègnin, più volte citato. Il primo sintomo della scabbia è manifestato da un forte ed insopportabile prurito, più comunemente sulle mani, o sui piedi, fra le dita e più forte durante la notte che non di giorno. Appaiono, nel punto offeso, delle piccole vescicole o pustole, la cui base è formata da una porzione del derma leggermente tumefatta e la cui sommità acuminata presenta spesso una tinta bruniccia, dipendente dalla sottigliezza dell'epidermide coprente la pustola che lascia trasparire l'interno di questa. La pustola è ripiena di una sierosità e ne procede un cuniculo (sillon dei francesi) cioè una stretta galleria, spesso tortuosa, variabilmente lunga, sempre però pochi millimetri, in fondo alla quale, in un punto che si può riconoscere anche all'esterno per un ^piccolissimo sollevamento dell'epidermide e talora per una assai piccola macchiolina puntiforme, brunastra, se ne sta l'Acaro e si può di quivi toglierlo mercè uno spillo acuto, rompendo la pellicola che lo ricopre. Nel cunicolo, oltre alla femmina, se ne stanno le uova e forme giovanili. L'Acaro può correre abbastanza velocemente sulla pelle della vittima e passando dall'uno all'altro ospite determina la contagiosità della malattia. Sarcoptes scabiel crustosae Fiirst. — Il Canestrini col Fiirstemberg ed il Railliet ammettono uno speciale Sarcoptes determinante sull'Uomo la scabbia così detta norvegiea. A giudicare dal maschio la specie sarebbe più piccola della precedente. Nella femmina le squame dorsali sono ottuse e non lasciano sul dorso spazi vuoti come nel S. scdbiei . Inoltre le spine iliache sono lunghe, puntute e leggermente curve, anziché brevi, ottuse e dritte come nella specie precedente. Nel maschio le branche laterali dell' epiandrio si fondono bene cogli epimeri posteriori, ciò che non si vede nell'Acaro della scabbia comune. Le dimensioni (dal Canestrini) sono le seguenti: femmina lunga mm. 0,41; larga 0,34. Maschio lungo min. 0,17; largo 0,15. II Mègnin ha trovato questa forma sul Lupo, determinante una speciale rogna e Railliet af- ferma di aver trovato una forma molto affine su un Cane affetto da rogna crostosa. Con effetti analoghi ai già citati, cioè con produzione di rogna sarcoptica su diversi Mammiferi, si conoscono altre specie o varietà che sieno di Sarcoptes, tra le quali, quelle che aggrediscono gli animali domestici e ben note ai veterinari sono le seguenti, per le quali tutte può valere, quanto ai caratteri morfologici, la figura sovraesposta della forma vivente sull'Uomo (fig. 29). 44 CAPITOLO PRIMO Sarcoptes canis (Gerlack). — Molto simile al 8. scabiei, anche nelle dimensioni. Non attecchisce sull'Uomo se non del tutto transitoriamente; non attecchisce affatto su altri animali. Sarcoptes equi (Gerlach). — Alquanto più grande del 8. scabiei, cioè: Fem- mina lunga nini. 0,45 a 0,50; larga 0,31 a 0,37, Maschio lungo mm. 0,22 a 0,28; largo 0,15 a 0,20. La presenza dell'Acaro sul Cavallo determina piccole zone depilate arrotondate, in varie parti del corpo dell'ospite. Questa è la rogna più grave del Cavallo, assai più delle altre dipendenti da Psoroptes e Chorioptes, che conosceremo tra breve. La scabbia del Cavallo si trasmette facilmente all'Asino, al Malo ed anche all'Uomo, ma in quest'ultimo non dura a lungo. Sarcoptes suis (Gerlach). — Più rotondeggiante delle altre specie. Spine iliache lunghe, sottili, appuntite. Nel maschio le branche dell'epiandrio sono sal- date agli epimeri posteriori. Femmina lunga mm. 0,35 a 0,50 ; larga 0,29 a 0,39. Maschio lungo mm. 0,25 a 0,35, largo 0,19 a 0,30. La rogna del Maiale è trasmissibile anche all'Uomo. Sarcoptes parvulus (Canestr). — Specie istituita da Canestrini per una forma trovata dal Guzzoni nel 1877, nel condotto uditivo esterno del Maiale. Il Mègnin ne fa un cenno senza denominare la specie che sarebbe la più piccola del genere. Femmina lunga mm. 0,288 ; larga 0,216. Ma- schio lungo mm. 0,168; largo 0,128. Sarcoptes caprae (Fùrst.). — Femmina lunga mm. 0,345; larga 0,342. Maschio lungo mm. 0.243 ; largo 0,188. Sulla Capra, trasmissibile alla Pecora ed al Cavallo. Il Perroncito afferma che si trasmette ed alligna anche sull'Uomo, colla stessa intensità come pel S. scabiei. Sarcoptes ovis (Mègn.). — Femmina lunga mm. 0,314; larga 0,300. Maschio lungo mm. 0,220; largo 0,100. Non frequente. Il Mégnin afferma che si può trasmettere alla Capra, al Cane ed anche all'Uomo. Intorno alla trasmissione a quest'ultimo però il Railliet fa qualche riserva. Sarcoptes dromedarii (Gerv.). — Le dimensioni date dal Canestrini si riferi- scono ad una femmina immatura. Secondo gli esemplari che possiedo io le di mensioni stesse sarebbero presso a poco conformi a quelle che ne dà il Mègnin, cioè: Femmina lunga mm. 0,44; larga 0,33. Maschio lungo mm. 0,28; largo 0,24. La specie vive sul Dromedario, Cammello, Lama, nonché sulla Giraffa, Antilope bubaìus. È molto comune e molto nociva nei nostri possedimenti d'Africa (Etiopia), specialmente perchè diffusa sul Lama. Sarcoptes praecox (Can.). — Descritto primamente dal Neumann sotto il nome di 8. cunieuli. La scabbia è assai contagiosa da Coniglio a Coniglio, ma non si trasmette ad altri animali né all'Uomo. Le dimensioni sono presso a poco quelle del . 46 CAPITOLO PRIMO La scabbia che produce il F. cati sul Gatto è assai grave, pressoché incu- rabile e conduce alla morte dell'ospite, come io ho veduto più volte. Il parassita invade la testa e determina larghe croste, resistenti, su tutta la superficie del capo. Le specie seguenti spettano a tre generi, che sono particolari esclusivamente degli Uccelli. Cnemidocoptes mutans (Robin). — Il genere Cnemidocoptes si distingue dai due precedenti perchè nel maschio e nelle forme giovani di ambedue i sessi tutte le zampe sono terminate da ventosa peduncolata e nella femmina adulta invece tali ventose mancano su tutte le zampe, le quali sono terminate con una robusta Kig. 31. — Due Cnemidocoptes delle Galline, molto ingranditi. A, 0. gallmat Kob., femmina dal dorso; B, O. mutans Rob. femm. supina; O, 0. muta.™ maschio supino (da Boriose). unghia tarsale, Il dorso non presenta spine o tubercoli, ma sul capotorace un robusto scudo chitinoso rettangolare. L'ano è terminale. Mancano i dischi copu- latori del maschio in una specie, ma si trovano nel Cri. columbae e nel Cri. gallinae. Il corpo delle femmine è talora più largo che lungo, sempre rotondeggiante. Nel Cnemidocoptes mutans (Robin) (fig. 31 B, C) il corpo delle femmine è pres- soché discoidale, terminato da due sole setole lunghe; nel maschio è appena più stretto, leggermente bilobo. Mancano in questo sesso, per questa specie, i dischi copulatori. Femmina lunga min. 0,45; maschio lungo mm. 0,21. Questo Acaro attacca le Galline ed anche altri Uccelli allevati assieme al- l'ospite preferito. Si è trovato anche sui Passeracei. In tutti i casi vive sulle zampe, sulle quali determina incrostazioni talora vistose. È ovoviviparo. Si me- dicano facilmente i soggetti affetti togliendo tutte le croste e lavando con sostanze insetticide. La specie è nota da molto tempo e spesso confusa colla seguente. Ha ricevuto nomi diversi, ad es. Sarcopte* mutans (Robin, Reynal et Lanquetin, Mègnin, Perroncito, Railliet, ecc.); Bar- copta anaoanthei (Delafond et Bourguignon); Cnemidocoptes viviparus (Fiirstemberg); Dermatoryktes fossor (Ehlers). Col nome intestato è illustrato da Canestrini, Berlese ed altri. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 47 Coemidocoptes gallinae (Railliet). — La femmina è più larga che lunga, eoa otto setole mediocri nell'estremo posteriore del corpo. Il maschio, molto più piccolo, ha forma pentagonale, ristretto di dietro e porta due ventose copulatrici (dischi al ventre). Femmina lunga fino a mm. 0,40; maschio nini. 0,22 (fig. 31 A). La specie vive sulle Galline, sul loro corpo, determinando la caduta parziale o totale delle piume. Si trasmette facilmente da un Pollo all'altro. Somiglia molto al seguente, dal quale però è distinto per una statura maggiore e per qualche altro carattere. Cnemidocoptes columbae (Railliet). — La femmina, pressoché tanto larga che lunga porta due lunghissime setole all'estremo posteriore del corpo, oltre a Fi». 32. — Cnemidocoptes columbae Raill. dei Colombi, molto ingrandito. A, B femina prona e supina ; P, maschio supino (da Berlase). quattro piccolissime; è lunga mm. 0,30. Il maschio ha le ventose copulatrici ed è lungo mm. 0,17 (fig. 32). Vive sui Colombi, alla base delle piume, che si rompono a livello della pelle, producendo così delle zone del tutto denudate di penne. Il Railliet lo chiamò primamente Sarcoptes laevis var. columbae. Laminosloptes cystlcola (Vizioli) (fig. 33). — E la sola specie del genere finora nota. I sessi si somigliano. Le ventose peduncolate delle due prime paia di zampe sono caduche. Vivono questi Acari entro la pelle delle Galline, determinando speciali, piccole escrescenze; sono poco molesti. Cytodites nudus (Vizioli). — Sola specie del genere finora nota. L'insieme dei pezzi boccali forma un tubulo corto. Corpo ovale, nudo, simile in ambedue i sessi. Tutte le zampe terminate da ventosa con breve peduncolo, glabre. Ovoviviparo. Ambedue i sessi lunghi circa mezzo millimetro. Vive nelle vie aeree dei Gallinacei. Talora, sebbene di rado, si moltiplica al punto da determinare una grave irri- tazione con fenomeni asfittici (fig. 34). Anche questa specie ha ricevuto uomi diversi, come Cytodites glaber e Cytoleichus sarcoptoides (Mèguin); Sarcoptes gerìachi (Rivolta); Sarcoptes nudità (Vizioli), ecc. 48 CAPITOLO PRIMO Epidermoptidi (Sarcoptidi dermicoli). — La seconda famiglia dei Sarcoptidi abbraccia specie viventi parassiticamente su Mammiferi od Uccelli e di cui talune determinano, sui primi, affezioni, in qualche caso abba stanza gravi, sebbene non così come per la specie della famiglia precedente si è veduto accadere. Ricorderemo perciò qui le forme più gravemente parassite degli animali domestici. I caratteri del gruppo sono qui infrascritti: Corpo nelle femmine rotondo od ovale, nei maschi il più spesso diversamente foggiato, sopratutto nell'estremo posteriore dell'ad- dome, che quivi può essere bilobo, fornito di appendici foliiformi, ecc. Pelle del dorso rinforzata da almeno uno scudo sul capotorace. Rostro più grande che nella famiglia precedente, ma egualmente armato. Esistono i dischi copulatori nel maschio; mancano i dischi ge- nitali in ambo i sessi. I generi di questa famiglia finora noti sono i seguenti: Caparinia (Canestrini, 1894); Psoroptes (Gervais, 1841); Psoralaes (Trouessart, 1896), Hicrolichns (Trouess. et Neumaun, 1887) ; Hetero- psonis (id.); Paehilichus (Canestrini, 1894); Rivoltano (id.); Epìder- moptes (Rivolta, 1876); Dermation (Trouess. et Neum., 1888). Fra gli Epidermoptidi le specie che meritano di cysiicoia (Vizioiì), dai ventre essere ricordate, come determinanti affezioni, talora ab- moito ingrandito (dai Me- bastanza gravi? agli aniluali domestici, sono le seguenti : Fig. 33. — Lamìnosioptes Otodectes cynotis (Hering). — Il genere è istituito con buon fon- damento dal Canestrini. È bene distinto dai Psoroptes e Chorioptes per l'armatura delle zampe nei due sessi. Infatti negli Otodectes il maschio ha ventose ambulacrali su tutte le zampe e la femmina solo sulle quattro anteriori; le altre sono terminate da setole. La specie ha le seguenti dimensioni: femmina lunga mm.' 0,530; maschio 0,400. Vive nel padiglione dell'orecchio e nel condotto uditivo esterno del Cane e del Gatto, dove si nutre del cerume. Non produce alterazioni cutanee, ma eccita un prurito così vivo che le vittime hanno veri accessi di frenesia e si feriscono, grattando violentemente, le orecchie. Gli autori ne trattano, al solito usando nomi vari, come Sarcoptes cynotis (Hering) ; Chorioptes ecaudatus (Mègnin); Symbiotes ecaudatus (Perroncito); Chorioptes auricularum (Railliet). ecc. Psoroptes equi (Gerì.) e Ps. bovis (Gerì.). — Non ho trovato differenze morfologiche e piccolissime di statura fra le due specie, perciò ne tratto insieme. Il genere, oltre ai caratteri della famiglia ricordati più su, si distingue dagli affini, ad es: dal gen. Chorioptes, perchè la femmina porta ambulacri a ventosa su tutti i piedi, all'infuori di quelli del terzo paio, che sono, invece, ter- minati de setole Le ventose hanno un lungo peduncolo diviso in più articoli. Il maschio è molto diverso dalla femmina ed ha l'addome posteriormente bilobo; ciascun lobo reca tre setole lunghissime, eguali fra loro e più lunghe di tutto Fig. 34. — Cytodites nudus (Vizioli); maschio supino, ingrandito (da Mègniu). GLI AFFINI DEGLI lNM'.rn 49 l'animale: sempre in questo sesso il 1." paio (li zampe è brevissimo, appena lungo (pianto metà di quelle del 3.° paio. 11 P. bovi* ba le seguenti dimensioni: femmina lunga min. 0,62 : maschio lungo tuui. 0,55. Quanto al /'. equi esso sembra alquanto maggiore. Le misure da me raccolte souo: femmina lunga mm. 0,G0 a 0.70. larga mm. 0,40 a 0.50: maschio lungo nini. 0.50 a 0,58; largo min. 0.30 a 0,39. 11 Psoroptes ri/ni vive sul Cavallo, sull'Asino e Mulo, né attecchisce su altri animali, come Buoi, Pecore. Maiali. Cani, Gatti, uè sull'Uomo. Esso è causa della scabbia cosi detta psoroptiea. che è però meno grave di quella sarcoptica, perchè il Psoroptes non scava cunicoli nella pelle, come fauno i ISarcoptes, ma punge dal- Fig. 35. — Psoroptes hovis (Gerì.) molto ingranditi. .1. muschio; B, femmina, supini (da Beilesr). l'esterno, provoca la formazione di una piccola pustola, che poi si rompe ed il contenuto stravasato secca, dando origine ad una crosta. Siccome gli Acari vivono tutti insieme, così le croste si fondono in una massa unica, che si estende gra- datamente e regolarmente sulla superficie del corpo. Le parti preferite e prime attaccate sono quelle coperte di crini, come la sommità del collo, sotto la cri- niera o la base della coda, ma ancora il garrese; poi si estende altrove. La diagnosi ne è facilissima perchè sotto le croste si trovano ammucchiati in gran numero gli Acari in tutte le età. La specie e stata illustrata da tempo. La malattia primamente segnalata dal Lonting, verso la metà del secolo decimonono; la prima figura dell'Acaro e data da Goliier e Saint Didier nel 1813; di poi da Bosc nel 1816; da Raspail nel 1833; Hertwig ed Hering nel 1835; Gervais nel 1841: Dujanlin nel 1843; Gerlach nel 1857, ecc. Al solito l'Acaro ebbe nomi diversi; ed es., Dermatodeotes equi (Gerlach) ; Dermatokoptes communi» (Piirsteiub.); Psoroptes longirostris var. eqni (Mègniu : Psoroptes communio var. equi (Railliet, ecc.). Il l'soroptes bovis (tìg. 35) ha costumi analoghi ed esso pure preferisce (nel Bue) la parte superiore del collo, il garrese e sopratutto la base della coda. B. Bi BLESE, Oli Infetti, li. — 7. 50 CAPITOLO PHIMO Psoroptes ovis ((Ieri.). — Differisce «lai precedenti sopratutto perchè il maschio reca cinque setole su ciascuno dei coni addominali posteriori, delle quali due, molto lunghe, per quanto meno del corpo dell'Acaro, sono fra di loro eguali ed altre tre sono cortissime. La statura è maggiore, cioè: femmina lunga mm. 0,75; maschio mm. 0,60. Vive sulla Pecora, sta sulle parti coperte di lana, come sulla groppa, dorso, reni e collo, provocando depilazioni più 0 meno estese. Aggredisce anche la ( 'apra. Psoroptes cunlculi, Mègli, sul Coniglio. Molto affine al precedente, al quale somiglia morfologicamente. Vive Fig. 36. — Chorioptes equi (Hering) supini, maschio: ]-!, fumraina, ingranditi (da Berlese). Chorioptes equi (Hering) e C. bovis (Gerì.). — Il genere è stato istituito dal (lervais. Si distingue dal precedente perchè nella femmina si trovano ventose ani- bulacrali solo agli arti del primo e secondo paio ; gli altri sono terminati da setole (fig. 36). Dagli Otodectes poi differisce perchè il maschio ha l'addome posteriormente bilobo. Le tino specie del genere qui indicato non differenziano morfologicamente tra loro, neppure per la statura ; sembrano però diverse, essendo riesciti vani i tentativi del Gerlach e d'altri di comunicare al Bue la scabbia corioptica con Acari tolti dal Cavallo. Il maschio ha l'addome terminato da due brevi coni, ciascuno dei quali reca internamente due lunghe setole semplici e due lunghe appendici a forma di foglia lanceolata, molto allungata, trasparenti. Femmina lunga mm. 0,38; maschio min. 0.31 a 0,30. Determina la scabbia del piede, perchè quest'Acaro, a differenza del Psoroptes, attacca le estremità, però non entro la pelle ma all'esterno, in ciò affatto come si comportano i Psoroptes. Nel Bue invece è attaccata di preferenza la base della coda, di dove il male si estende, poco a i;u affini ni'un.i ixsktti 51 poco, sulla groppa, sui reni e sul dorso. La scabbia corioptica o simbiotica, come è detta, <■. del resto, assai benigna. Sembra che la forma del Cavallo o sue va- rietà si sia trovata anche sulla Capra (Vii. caprai', Del. et Bonrg.), sulla Pecora (Ch. ovis, Ziirn) e sul Coniglio (Ch. ouniculi, Ziìrn), con etì'etti poco gravi. appunto il Ch. vini, rumi' il ]iiìi cornane, ha ricevuto numi diversi, cioè Sarcoptes equi (He- rin«r); Symbiotes (•. G. di molti passeracei, specialmente del gen. Fringilla ed affini. Questi vivono sulle penne del capo. Si veda a fig. 16 C, come è conformato il maschio di una specie comune sulle Sylvia nostrali. Altre forme non meno paradossali per l'ornamentazione e conformazione dell'addome nei maschi sono indicate nella stessa figura 16. Quanto alle femmine, ripeto, esse sono molto semplici e simili fra loro, ma assai diverse dai ri- spettivi maschi (vedi fig. 39, B). SARCOPTID1 1NSETTICOLI o Canestrinidi. — Si pos- sono richiamare presso a poco agli Epidermoptidi come loro affini talune specie di Sarcop- tidi, le quali si trovano su diversi Coleotteri e stanno sulla pelle dell'ospite, sempre sull'adulto, probabilmente nu- trendosi de' suoi umori trasu- dati, senza però recargli danno sensibile. Sono Acari che ri- cordano gli Analgesidi e gli Epidermoptidi. sopratutto pel dimorfismo sessuale generalmente molto spiccato, almeno nei gen. Canestrinia e Ganestriniella. Se ne può aver idea ricercandone la specie più comune che è la Canestrinia blaptis (Canestrini e Berlese) (fig. 40) vivente in colonie sul petto delle Blaps. Mettendo sul portaoggetti quanto con un ago si può togliere dal prosterno di tali Insetti, allorché vi si vede una macchia biancastra rappresentante appunto la colonia degli Acari, appaiono tutti gli stati della specie in discorso. Altre forme congeneri vivono sotto le elitre di Coleotteri vari nostrali e forestieri. Tra le specie nostrali si possono ricordare le seguenti, oltre la C. blaptis citata: C. provriisti Berlese sul (Procmstes coriaceus); C. dorcicola Beri., sul (Dorcus parallelopipedus) ; C. rotnnda Beri, sul (Pentodon panciata»); C. cerambici» Cauestr. sul {Cerambyx litro*); C. giardi Trouess. (su Chrysomela : C. carabicola Beri, (su Carabo»); C. procera Beri, (su Procerus). Tra le esotiche ricorderemo C. microdisca, Beri.; C. sjievtanda, Beri.; C. nepalensi», Beri.; (su Dorai» ili Giava); C. remigali* Beri, (su Morica planata dell'Africa); C. negleeta Beri, e C. tramiUria Beri, (su Saaraboeu» centanni» dell'Africa); C. manicata Beri, (sulla Doryphora tessellata dell'Africa) nonché una Megacaneetrinia (M. mucronati Frag.; su "E Carabide d'Africa. Il genere Cane»triniella Berlese, differisce dal precedente perchè i maschi sono sprovvisti di ambulacri a ventosa nel 3.° e 4.° paio di zampe. Duo belle specie esotiche si conoscono, viventi sulle Batocera delle Indie, Giava, ecc., cioè: C. togata Beri. (fig. 11) e C. amplexan» Beri. Il genere Coleopterophagus Beri, differisce dai precedenti perchè manca il dimorfismo sessuale ed il maschio non ha neppure i dischi copulatoli. La specie nostrale e il C. megninii Beri., che qualche volta si trova sotto le elitre della Ce- tonia metallica. Qualche altra specie esotica è nota, vivente su Lamellicorni. Finalmente diremo che col gen. Coleoglyphns Beri., comprendente due o tre specie esotiche Fig. 40. — Canestrinia blaptis C. et B. maschio prono, molto ingrandito (da Berlese). GLI AKKIN'I DEGLI INSETTI grandi, viventi su Lamellicorni specialmente, i Canestrinidi passano nei Tiroglifldi, perchè in realtà il genere può rientrare bene in quest'ultima famiglia. Si comprende cosi che i Canestri- A B Pig. 41 — Caneslriniella logala Beri, parassita di Cerambicidi (Baloeera) ilelle Indie. A, maschio; II. femmina, proni, ingraniìiti. nidi, torme ormai multo differenziate, derivano dai Tiroglifldi liberi, adattati alla vita semipa- rassitaria su Coleotteri. Il più aberrante fra i Sarcoptidi iusetticoli e certo non appartenente alla famiglia Canestri- nidi è il Linocoptes cocoinellae Seop. (fig. 42), che si riscontra non di rado sulla Lina pupilli, sotto le elitre. Esso e veramente un Acaro strano, da non sapersi a quale famiglia ascrivere, se non sta vicino agli His'iostoma, che sono Tiroglifldi liberi, del tutto singolari per struttura speciale. Questo è il quadro dei Sarcoptidi viventi in tutte le età loro sugli Insetti. Sarcoptidi liberi o detriticoli (Tiiìoglifidi). — Più particolare men- zione meritano gli Acari di questo gruppo, tanto più clie vi si trova com- presa quella forma, la quale Ita dato il nome a tutto l'ordine e di cui parla Ari- stotele. Aristotele, adunque, scrive che anche nella cera si generano animaletti, ma così piccoli che appena si possono vedere e perciò sono detti x'.xpzìot. Veramente però se la cera è scevra da altre sostanze che sono negli alveari, non è appetita dagli Acari domestici, ma è credibile che quella tale cera, che si faceva allora e tuttavia si fa, greggia, potesse benissimo nutrire delle colonie di Acari domestici. Certamente nei nidi di altri Apidei, come Xyìocopa, Chalichodoma, Megachile, ecc. Fig. 42. — Linocoptes coccinellae (Scop.) maschio, prono, molto ingrandito (da Berlese). 56 CAPITOLO 1MMMO a spese della sostanza ivi accumulata a nutrimento delle larve, albergano Acari speciali, come vedremo, le cui forme migranti si trovano appunto sugli Insetti adulti delle specie indicate. Ma nelle case, chi voglia trovare qualcuno degli Acari domestici di questo gruppo, li cercherà nei detriti del formaggio, special- Fig. 43. Un Histiostoma: A, femmina veduta dui dorso; B, maschio supino molto ingrandito (da Berlese). mente se conservato da tempo o se va in polvere per carie (flg. 48; ; nella farina o prodotti alimentari a base di farina, che in luogo non troppo asciutto sieno rimasti per gran tempo e così sulle carni, sulle frutta, sui funghi secchi, ecc. Quivi si incontrano tre o quattro specie di Acari domestici, fra i (piali i più comuni sono i Tyroglyphus siro (L.) e T. longior (Gervais) biancastri, lucidi, ovali, irti di peli lunghi quanto e più del corpo e senza differenze più cospicue fra i due sessi. Comune è anche VAleurobius farinae (D. G.) od Acaro della farina propriamente detto, ovale allungato, bianco, colle zampe rosee. Il ma- schio è più piccolo della femmina e molto diverso, perchè le sue zampe del 1.° paio sono molto più grosse delle altre ed armate di un robusto sprone conico nel loro primo articolo, alla faccia inferiore. Particolarmente sulle frutta secche ed abban- donate a sé da tempo vive in numerose colonie il Carpoglyphus passularum (Fumouze et Robin), che si conosce perchè non ha che quattro lunghi peli all'estremo posteriore del corpo, sebbene nel resto somigli ai Tyroglyphus. Probabilmente l'owa/Js&J di Aristotele è uno dei quattro succitati (flg. 46 I), G, A, B, E). Ma nella polvere delle case, cioè in ambiente alquanto più asciutto e rara- mente in colonie, si incontra VAcarus domesticus degli autori, che è poi il Gly- cyphagus domesticus (1). G.), come si chiama correttamente oggidì (tìg. 46 F.) Fig. 44. — Un Tiroglifide dei detriti di fieno ; Glycyfthagus canestrinii Arni, molto ingrandito, prono (da Berlese). GLI AFE INI HKGI.I IN-1 I I I 57 Olyeyphagus significa mangiatore di cose dolci, ma l'Acaro si addatta a tutto, a detriti di ogni sostanza organica. Esso corre velocemente, non è, cioè, cosi pigro come quelli delle specie succitate, che sono pingui, obesi e si muovono malvolen- tieri. 11 Olycyphagus domesticus e le sue forme vicine, che vivono nei detriti di fieno, sono molto agili e veloci. Alla lente appaiono irti di lunghissimi peli, più lunghi anche dell'animale e sono di colore bianco. Si distinguono dai Tyroglyphus perchè hanno le zampe coll'ultimo articolo sottilissimo e terminato da una pic- colissima borsetta sferica, anziché da un'unghia ro- busta, come è in tutti gli altri domestici già citati. Questi sono i prin- cipali Acari del gruppo dei Sarcoptidi, che si tro- vano sulle sostanze ali- mentari (fig. 46) ma essi sono cacciati attivamente da altri Acari predatori, ad es. del gruppo dei Gamasidi {Laelaps margi- natila; L. casalis, ecc.) e più frequentemente, anzi sempre . d a particolari Cheyletus, dei quali si è già descritta la poderosa armatura boccale. Nelle case i Vheyletus più comuni sono il Ch. eruditus (Schrank), che ha ricevuto tale specioso no- me perchè non è raro nella polvere delle biblioteche, dove vive predando attivamente gli Acari tiro- glitidi che rodono i vecchi volumi (fig. 45 A) ed il Ch. doctus del Berlese, che somiglia molto al precedente. Questi sono bianchi ed hanno le zampe anteriori brevi. Si trova inoltre il bellissimo Cheyletus renustissimus (Koch), di colore giallo ranciato e colle zampe anteriori lunghissime. Questo però è più comune nei detriti di fieno. Anche questi predatori, allorché vogliono migrare, si attaccano a qualche insetto domestico e si fanno così portare altrove. Questi piccoli difensori di quanto noi procuriamo di conservare per nostro nutrimento o per altro, non impediscono però l'attività malefica degli Acari che, lasciati fare, presto compiono la loro opera rovinosa. I collezionisti di Insetti sanno benissimo, ad es., che le loro raccolte sono minacciate seriamente da una specie di carie, che manda i loro preziosi esemplari tutti in polvere. Anche in questo caso si tratta di un Acaro speciale, la Monie- zitlht entomophaga (Laboulb.) più piccola del Tyroph. siro, alla quale potrebbe essere somigliata se non avesse peli sul corpo molto più corti. Questo Acaro, nelle collezioni entomologiche, compie o prepara l'opera distrut- trice degli Anthrenus. qualora manchino le debite precauzioni di conservazione. Xei detriti e nella polvere che si trova sotto il fieno e le altre erbe secche, conservate, alberga una fauna acarologica speciale, con parecchi Olycyphagus, alcuni A. Bekt.fse. Gii Inselli, II. — 8. Fig. 45. — Due Cheiletidi ad enormi palpi. A, Cheyletus er-uditus (Scbr.) delle case; B, Cheyletus vorax Oudem., maschio, dal dorso, ingranditi (da Berlese e da Oudemans). 58 CAPITOLO PRIMO dei quali bellissimi, sebbene molto piccoli, perchè hanno il corpo coperto di lunghi ed eleganti peli a ino' di piuma (fig. 44) come i Oh/c. plumifer Koch, Glyc. canestrinii Arm., od a guisa di foglia lanceolata {Gì. palmifer Founi. et. Rob.). Anche nei nidi di piccoli Mammiferi, sotterra (Talpa, Topi campagnoli, Arvicole, Sorex, ecc.) dove sono accumulate foglie secche, sostanze escrementizie, ecc. albergano colonie di speciali Sarcoptidi, che somigliano ai domestici ricordati e di cui le forme migranti si trovano fra il pelo dei mammiferi abitatori del nido. In generale tutti questi Acari, con molti affini, che vivono nelle sostanze organiche putrescenti, ad es. quelli del genere Histiostoma (fig. 43), che albergano in colonie numerosissime nelle sostanze animali o vegetali che si decompongono; oppure i Tyrogl. mycophagus, Mégn.; T. krameri, Beri.; Rhyzoglyphus ech inopus, Claparède, che si trovano particolarmente sui funghi, patate o radici guaste in genere, entro terra o fuori di terra, danno origine a forme ipopiali, cioè migranti, con reste particolare da viaggio e tutti questi Hypopus, come sono detti, od anche Trichotarsus, Homopus, ecc. si trovano, talora in gran numero, su parecchie specie di animali, ma particolarmente sugli Insetti. È questo un capitolo curioso di storia naturale, che merita realmente una più ampia illustrazione. Già si è detta la ragione di esistenza di queste speciali forme migranti, che spettano alla famiglia dei Sarcoptidi esclusivamente. Ora, il confronto di alcune figure, cioè delle specie rappresentate a fig. 46 nelle loro forme sedentarie colle corrispondenti indicate a fig. 47, che sono le migranti od ipopiali, fa vedere di quanto è mutata la veste nell'un caso in con- fronto dell'altro. Si è già avvertito che Vhypopus si forma dentro una ninfa e di poi, mutan- dosi, dà origine ad altra ninfa, che finisce poi per divenire adulto. UHypopus, come è detta tale forma, può assumere caratteri diversi, pei quali i più vecchi entomologi (che non conoscevano così fatte curiose trasformazioni, la cui scoperta è dovuta al Mègnin) avevano creato diversi generi distinti, come ad, es. Tricodactylus, nome che fu poi mutato in Trichotarsus, per un inquilino molto comune della Xylocopa violacea; homopus, per certe forme che si incon- trano specialmente sui Mammiferi, Anoetus per altri, ecc. Le differenze consistono sopratutto nella armatura delle zampe e nel numero e configurazione delle ventose di adesione, che si trovano al ventre, presso l'estremo posteriore del corpo. Questi viaggiatori, infatti, hanno un sistema di ventose, che appaiono nella detta regione ventrale, in forma di dischi a zone concentriche, di varia grandezza e diverso numero. Con tali ventose circolari essi aderiscono tena- cemente alla cute liscia dell'animale che li porta, generalmente un Insetto od un Miriapodo. Le forme che si trovano sui Mammiferi servono a diffondere le specie alle quali appartengono e che vivono nei nidi e cubicoli dei Mammiferi stessi. Questi Acari, in tali casi, recano non già ventose, ma il corpo loro, nella parte anteriore è così conformato da abbracciare strettamente un pelo dell'ospite, porta cioè dei rilievi rotondeggianti, con cute striata di traverso, tra i quali, esattamente come fra le due branche di una morsa, può essere stretto il pelo del mammifero ospite (fig. 47 ('). Le forme ipopiali più comuni e più degne di nota, che si possono incontrare sugli Insetti, sono le segnenti : Il Trichotarsus xylocopae (Duf.;, che si trova in gran numero in ciascun lato del torace, sotto le ali della Xylocopa violacea, l'Ape taglialegno a tutti ben nota. Ha unghie poderose alle tre paia di zampe anteriori e l'ultimo paio termina con lunga setola (fig. 47 A). GLI AFFINI DKGLI INSETTI 59 Pig. 46. — I priucipali Sarcoptidi domestici nostrali (torme sedentarie). .1. maschio : B, femmina deWAleurobius farinae (D. G.) supini, egualmente ingranditi ; C, Tyroglyphus longìor Kob. D, T. siro iLinn.) proni; E, Carpoglyphxis passvlarum (Hering) maschio supino; F, Olycyphagus domeeHctu (D. G.) prono. Molto ingranditi (da Berlese) 60 CAPITOLO l'RIMO L'adulto vive in gran numero nei nidi della Xylocopa stessa. Molte altre specie congeneri si trovano su altre Xylocopa esotiche e gli adulti nei loro nidi. L'Hypopus spini- tarsus (llerm.). si incontra sugli adulti di vari Lainellicorni, specialmente copro- fagi, sotto le elitre. L'adulto è il Ttjro- glyphus mycophagus del Mègnin. che è il più grosso tiro- glifide nostrale e vive di funghi, pa- tate putrescenti, ecc. Un Hypopus si- mile al precedente si rinviene su Coleot- teri che vivono entro terra allo stato larvale e gli Iusetti in discorso lo por- tano con sé da dentro terra. Appartiene al Rhyzoglyph us echino- pus, che conoscere- mo meglio perchè molto attivo di- struttore delle ra- di ci , bu Ibi , ecc. morti e che imputridi- scono sotto la su- perfìcie del suolo. L' Hypopus Tcra- meri (Beri.), di color rosso mattone, si trova spesso in così gran numero ad- dosso alle Formiche da ricoprire tutto il capo ed il torace, con molestia dell'in- setto, che tenta in- vano di liberarsene coll'aiuto delle zam- pe anteriori. Questo hypopus dà origine al Tyroglyphus krameri illustrato dal Berlese e vivente negli stessi ambienti del precedente. L'Hypopus mnscarum (Liun.), che corrisponde àWAearus muscarum degli antichi autori, si può vedere talora alla base dell'addome, al dorso, sulla Cyrtoneura sta- Fig. 47. C D Principali Hypopus (forme migranti) di Sarcoptidi detriticoli. A, del Trichotarsus xylocopae (Dut'.l : B, AeW Aleurobius farina? (D. G.) : 0, &M' Homo- pus talpae (K) ; D, di un Bistiostoma. Tutti supini, molto ingranditi (da Berlese). GLI AFFINI DKGI.l IXM-: I I 1 61 bulini*, mosca ohe esce dui letamai e che si incontra nelle case. Questo hypopus ha le zampe dell'ulti ino paio terminate <1 a una lunghissima setola ed è citato anche dai natura listi più vecchi. Spetta alVHistiostoma muscarum descritto dal Berlese. L' Hypopus julorum (Koch) occorre su gran numero di Insetti, che frequentane le concimaie ed altre sostanze putre- scenti ed ancora si rin- viene su Miriapodi, su altri Acari, ecc., si può dire su qualunque Ar- tropode terrestre, che gli venga a portata. Spetta a specie del genere Hi- stiostoma, che, come si è detto, vivono in colonie sterminate nelle decompo- sizioni (fig 47 D). Fig. 48. — Come apparisce al microscopio la polvere di formaggio cariato. Si tratta di colonie del Tyrofflt/phiis longior Gerv. ; uova giovani e adulti. lutine VHomopus tal- pae (Kraiu.) (fig. 47 6'), che si incontra su piccoli Mammiferi viventi sot- terra, ecc. La forma i p o p i a 1 e delV Aleurobius farinae si può trovare su Insetti ed altri Artropodi domestici (fig. 47 B). Anche i Qlycypluujus danno origine a partico- lari hypopus. Khizoglyphus echinopus (Rob.). — Eecentemente è stata richiamata 1' at- tenzione degli entomologi agrari su un Tirogliride sotterraneo, il Rhizogly- plius echinopus (Kob.), che da tempo si sapeva vi- vente sotterra, sulle so- stanze vegetali in decom- posizione e che da poco si è accusato di concorrere colla Fillossera alla distruzione delle radici di Vite (fig. 49). Fig, 49. — Maschi di Rhvsoglyphus echinopus (Rob.), supini A, omeomorto : li, eteromorfo ida Berlese). 62 CAPITOLO PRIMO Il RMzoglyphus in discorso, come tutte le specie congeneri, ha infatti abi- tudini di vita sotterranea e si incontra in gran numero, come %si è avvertito, su radici, tuberi, bulbi, funghi, ecc. che marciscono sotterra o sopra terra. È degno di nota pei suoi maschi polimorfi. Esistono così due maniere di maschi. Gli uni (omeomorfi) non troppo dissimili dalle femmine, colle zampe tutte fra loro di eguale sviluppo e terminate da robusta unghia, con traccia di ventosa membranacea alla base; altri (eteromorfi) hanno il terzo paio di zampe più volu- minoso delle altre e terminato solo da assai grossa unghia senza ventosa (fig. 49) Fig. 50. — I più comuni Criptostigmati nostrali (A, B, C, E planticoli ; D, F musuicoli). A, Nothrui bicarinatits, K. ; B. Oribatula plantivaga. Beri. ; C, Neoh'odes Iheleproctu? (Herm.) ; D, Pkthìracarus lentulux (Koch) aperto; E. Sphaerozetee orbicularis, (Kochl : F, Hoploderm» carinoti»» (Kocli). Tutti molto ingranditi. Le figg. D, F sono vedute di lato ; le altre prone (da Berlese). Per quello che riguarda il danno alle Viti però, è da ritenersi che esso sia molto limitato, se non nullo, per parte dell'Acaro. Certo esso distrugge i tubercoli radicali prodotti dalla Fillossera e può essere anche che, trovandosi a rodere, intacchi ancora del tessuto vivo, ma il regime di vita è veramente necrofilo, cioè a spese di tessuti morti e senza l'opera della Fillossera, che prepara le prime alte- razioni e la conseguente decomposizione dei caratteristici tubercoli, l'Acaro non sarebbe affatto nocivo. Questi sono gli Acari del gruppo degli xVstigmati, che meritano speciale menzione pei loro rapporti cogli Insetti, cogli animali domestici, colle piante col- tivate, i prodotti agrari e coll'Uomo stesso direttamente. Criptostigmati. Nel sottordine dei Criptostigmati stanno tutte forme libere, nessuna parassita d'altri animali e nessuna in alcun modo seriamente nociva. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 63 Qualche volta si iucoutra sugli alberi e particolarmente sulle conifere, io estate, qualche specie molto abbondante. Cito ad es.: tra le piti ovvie, il Peloribates humeralù (Kooh), di cui le forme giovani si trovano d'inverno annidate nelle screpolature della scorza dell'Olivo e d'altre piante, il Nòthru» bioarìnatus Kocb ; il Neoliodes Iheleprovtue (Herut.) e qualche altro (fig. 50). È singolare che sugli agrumi è stata segnalata, in Sicilia, una Orìbatula plantivaga Beri, e nella Nuova Zelanda ed in Australia una specie affine, la 0. caudata (Mich.). Trovansi sulle dette piante in granile numero di esemplari, ma apparentemente senza mo- lestia del vegetale. Eterostigmati. Il sottordine degli Eterostigmati comprende, invece, talune specie che meri tano di essere ricordate, perchè veri parassiti degli Insetti ed altre nocive alle piante od ai prodotti agrari. Fig. 51. — Un Dispurìpes (D. claviger Paoli). A, femmina ingrandita; B, maschio (del D. bombi Mich.) molto ingrandito; supini (da Paoli). Le forme libere degli Eterostigmati appartengono a vari generi, ad es. : Disparipes (tìg. 51), ed affini (di cui qualche volta si incontrano specie migranti sugli Insetti, ad es. : il D. bombi, che ricorre sui Bombus ma anche su formiche), e le cui femmine sono molto singolari per una enorme espansione anteriore del capotorace, ricoprente tutti gli organi; Pugmephoius, con qualche specie insetticola e Tarsonemus. Tra questi ultimi alcune specie sono da considerarsi come nocive ai cereali, ad es. : il T. oryzae Targ. Le specie della famiglia più degne di considerazione appartengono ai generi Tarsopolipus, Podapolipus, Pediculoides e sono parassiti di Insetti, ma ancora, una specie appartenente all'ultimo dei tre generi indicati è seriamente pericolosa anche per l'Uomo, sebbene la sua attività sia soltanto momentanea, a danno delle persone che vengono incidentalmente a contatto coli' Acaro in discorso. I Tarsopolipus (genere istituito recentemente dal Berlese) rappresentano forme intermedie fra i Tarsonemus liberi ed i Podapolipus molto degenerati dal parassitismo. Infatti nei Tarsopolipus, nei quali gli effetti riduttivi del parassitismo sono meno inoltrati, le femmine conservano ancora tu CAPITOLO PRIMO una forimi del corpo ricordante i Tarsonemm, ma hanno perduto le zampe del 4.° paio. Nei Po- dapolipus le femmine adulte hanno più o meno ridotte tutte le paia di zampe ed il corpo è a forma di borsa ed assai grande per contenere ima enorme massa di uova. Quanto ai masclii, sia detto una volta per sempre, elle essi sono presso a poco dello stesso aspetto in tutti i generi della famiglia e sono molto diversi dalle femmine, ne sui maschi stessi ha influito in alcun modo il parassitismo, dovendo essi muoversi sopratutto per la ricerca della femmina (fig. 51, B). Nei Podapoìlpits qualche specie è realmente degna di nota perchè aggredisce animali nocivi. Già il Berlese ha descritto un P. grami, che vive sul Pachytilut migratoriu», il famigerato Acridio migratorio, e ne occupa in colonie numerose le ali, ma non vi è molto frequente. Nel 1906 il Prof. Lahille descriveva un Acaro, che riconosceva molto molesto alla terrihile Langusta dell'America del Sud, cioè l'Acridide noto sotto il nome di Schi- stocerca paraeusis Burnì. L'Autore rico- nosceva molto giustamente trattarsi di un Podapolipus ed anzi di una specie nuova, elle benignamente mi volle de- dicata, chiamandola Podapolipus berlesei (fig. 52). Questa specie apparisce diversa dalle altre precedentemente conosciute sopratutto per la conformazione della femmina adulta, che ha il corpo coperto di squame trasverse, un solo paio di brevi zampe (anteriori) sotto il rostro, al ventre e due processi, uno per lato, conici, carnosi comprendenti fra loro il rostro. È lunga fino a nini. 1,10 e larga min. 0,80. Le ninfe ed i maschi, pur avendo l'aspetto e la grandezza consueta nelle specie del genere, mo- strano pure qualche differenza in con- fronto delle altre già note. Il Lahille riscontrò una percentuale molto forte di Langosta parassitizzate ed in località varie della Repubblica Argentina, cioè una percentuale fino a 78 °/0. Egli riconobbe che gli Insetti così aggrediti e nei quali si trovano abbondanti colonie del parassita sulla pelle del collo tra il capo cioè ed il protorace (fig. 52, A), si mostrano seriamente malati e poco attivi e che converrebbe quindi tentare una più ampia diffusione dell'Acaro ai danni della Lnngosta, che costituisce, per quelle regioni del Sud America, il piìi grave flagello dell'agricoltura. Fig. 52. — Podapolipus berlrsei Lahille, parassita della Lan- gosta del Sud-America. A, capo e collo dell' Aeridide, ingranditi per mostrare in a le fem- mine adulte degli Acari ; B, la femmina adulta ormai apoda, in- grandita : 0, la ninfa molto più fortemente ingrandita (da Lahille). Ma assai più efficaci ai danni di molte specie di Insetti sono gli Acari Ete- rostigmati, che rientrano nel genere Pediculoides e ciò perchè questi veramente conducono a morte la vittima e si sviluppano in così gran numero da distrug- gere completamente enormi quantità di Insetti durante il loro stato larvale. Il Pediculoides ventricosus (Newp.) già menzionato si può incontrare dove si trovano minute larve di Insetti diversi e gli Entomologi conoscevano da tempo la specie perchè non di rado si sviluppava a danno dei loro allevamenti, come già ebbero a lamentare il Newport ed il Lichtestein, il quale fu costretto ad ab bandonare le colture ili Imenotteri, che seguiva a scopo di studio, perchè i Pe- diculoides distruggevano in breve tempo tutte le larve (fig. 53). Ma il fatto pel (piale molto più si è messo in vista questo Acaro si riferisce alle sue aggressioni all'Uomo, allorché si è trovato in fortuito contatto con nu- merosi individui del Pediculoides. AFFINI DEGLI INSKTTI 65 La larve di Calandra granaria, delle diverse Tignole del grano e d'altri In- setti viventi nei granai, sono spessissimo decimate dal Pediculoides, che si svi- luppa in enorme quantità e, succhiando le larve stesse, presto le conduce a morte. Cosi si può trovare anche nei depositi di granone, di riso ecc. ed allorquando gli operai maneggiano o trasportano questi semi o qualche persona si trattiene ricino ai depositi di cereali così inquinati, gli acari si diffondono sulla pelle umana e pungendola determinano pruriti, arrossamenti ed infine una dermatosi. passeggiera bensì ma non senza molta molestia e che può essere confusa colla Bcabbia. La malattia, che in Toscana si elice dei moscione o della gaita porcina è rappresentata da una eruzione eritnatoso-vescicolare (e in qualche caso vesoico-pustulosa) a chiazze multiple, piii o meno continenti, senza figurazione speciale, che comincia, generalmente, al collo, all'arto superiore e si diffonde al viso, al tronco ed altrove (figg. 54, 55). Il soggetto è tormentato da prurito e cociore intenso, grande inquietudine e talora febbri siuo a 40°. In Francia (di- partimento dello Gironda) i mugnai, che conoscono per diverse esperienze gli effetti dell'Acaro, chiamano la malattia febbre de1 di convivenza, come avviene per altro Taraonenma, il /'. i'uxi fan. et Beri., che si trova tra le due pagine fogliari del Buxna aempertirena, in quelle nicchie che vi scava la nota, connine Diplosis buxi. Mesostigmati. Wesostigmati 1 (Gamasidae). — Fra i Mesostigmati. che coni pongono il quarto sottordine, si trovano molte specie degne della massima attenzione nostra per molti riguardi. Vi incontriamo intatti parassiti molto temibili dell'Uomo e degli animali domestici, agenti diffonditori di infezioni gravi: forme nocive alle piante coltivate e parassiti, commensali e conviventi di Insetti. 11 grappo dei Gamasini è com- posto di forme più piccole di quelle degli Issodini e con abitudini del tutto diverse. Due intere famiglie di Gamasidi si compongono di parassiti sangui sughi di Vertebrati. Sono queste i Derma- nissidi ed i Pteroptidi, ma si trovano Acari con abitudini conformi anche in altre famiglie, ad es. : fra i Lela- ,J' J&flK \, "^ \i-M i!, 0!jBT^\ * ptidi ed i Gamasiili. I Dermanissidi sono certo i più bassi e si vedono essere derivati dai l.elaptidi per adat- tamento alla vita parassitaria. Per tal modo di vita, le mandibole, specialmente nella fem- mina, sono divenute stiliformi, (tìg. 56 A) cioè atte ad incidere la pelle dell'ospite: il corpo e riescilo piii distensibile, per poter accogliere molto cibo, cioè sangue tolto alla vittima, ed il tegumento meno resistente, trattandosi di minore necessità di protezione efficace. Contanti Dermanissidi siigli Uccelli, sui Mammiferi e sui Rettili. 11 più noto è il Dermanyasns gallinae iRedi) o pidocchio pollino, che vive nei pollai e di notte aggredisce i Gallinacei, non pero i Palmipedi. Si nasconde nelle fessure del muro e piti del legname e vi si trova in tutti gli stati ed in numero grandissimo. I Gallinacei domestici ed i Colombi ne sono gravemente tor- mentati e quasi sempre anche i Canarini, specialmente, che finiscono per morirne, fra gli Uc- Fiu. ."iti. — Dermanyssiis gallinae (Redi) dal dorso, femmina ingrandita. A, Apice della in indiliola dulia femmioa molto ingrandito (da llt-rleee). 68 CAPITOLO ritmo celli che si tengono in gabbia. Anche in questo caso gli Acari sono nascosti nelle fessure ilei legno delle gabbie stesse entro le cannuccie su cui posano gli Uccelli, ecc. Di notte, come si è (letto, sortono dai nascondigli e salgono sulla vittima. Specialmente le femmine si rimpinzano di sangue in modo da triplicare e più di volume e quindi si lasciano ca- dere per riguadagnare il rifugio diurno. È facile però liberare gli ambienti dove si tengono gli Uccelli domestici da siffatto paras- sita. Basta ricorrere ad una buona incatramatura dei muri e degli attrezzi del pollaio, usando catrame fluido od olio di catrame, distribuendolo diligentemente con un pennello, specialmente nelle fessure od anfrattuosita delle pareti, del pavimento, dei legni, ecc. Per le gabbie degli Uccelli è sufficiente una passata di colore ad olio allungato nell'acqua di ragia e procurando che penetri in tutte le fessure. Fig. 57. — Lophoptes patavinus Megn., (femmina) della Gallina padovana. A, dal dorao; B, dal ventre; senza zampe, ingrandito (dal Mègnin). Il Dtìrmanyssus gallinae (ùg. 56), di color bianco giallastro, se digiuno, oppure di color rosso sanguigno o violaceo bruno se di recente pasciuto, è di forma ovale. La femmina è, lunga da min. 0,75 (digiuna) ad un niill. ed oltre, se turgida di sangue. 11 maschio è appena più piccolo. Altre specie distinte vivono sulle Ron- dini e sui Passeri. È citato dagli Autori qualche raro caso di intenso parassitismo di questo Acaro anche sull'Uomo. Maucano però recenti osservazioni in proposito. È stato descritto dal Mègnin anche un Lophoptes patavinus (tìg. 57; assai simile al Dermanyssus gallinae e. che si trovò molto molesto alle Galline pado- vane. Deve essere affine ai Leiognathus. Il genere Leiognathus differisce dal precedente perchè anche nelle femmine la chela della man- dibola è a due dita anziché stiliforme. Si trovano specie di questo genere particolarmente sui piccoli Mammiferi (Pipistrelli, Talpa, Topi domestici e campaguuoli), su qualche Uccello e per- sino su Lucertole. Sembra che VOphionyseus natrici» dal Mègnin trovato sulla Biscia d'acqua nostrale non si GLI Al'l'INI DKUI.I INSETTI 69 Fig. 58. — Pterojjtus vesperlilionis Duf. mascbìu, dal dorso, ingramìito (da Berleae). possa distinguere genericamente dai Leiognaihus, Vivono tutti questi oome i Dermanysant, Cioè succhiando il sangue dell'ospite, ma uè sono meno ingordi. Un'altra famiglia, composta di specie, le quali vivono parassiticamente ò quella dei Pteroptidi, la cui specie più anticamente nota è il Pceroptiis veapertilionis (Duf.), un piccolo Acaro romboi- dale, con enormi zampe grosse e lunghe. Tutti i l'teio- ptus e qualche genere affine vivono sui Pipistrelli. Sano vivipari e la larva è ottopoda (fig. 58). Wi jj»."5) Probabilmente a questa famiglia va ascritto il yen. Greenia Ondemans, che mostra uno dei più curiosi casi di simbiosi. Questa avviene tra l'Acaro ed alcune specie del genere Xylocopa, esotiche. Si conoscono già quattro o cinque specie di Greenia (fig. 60); la più comune e la più voluminosa (fino a quasi 4 inill. di lun- ghezza) è la G. perkimi Oudem. Di questi Acari si trovano tre o quattro, talora anche più, individui femmine (i maschi non si conoscono o non esistono) nascosti be- nissimo entro una apposita borsa membranosa, che occupa tutto lo spazio interno del 1.° se- gmento addominale della Xylocopa adulta e rimane un piccolo pertugio sul dorso, nella regione del peduncolo, pel quale gli Acari possono fuoriuscire se vogliono. Questa è una cameretta entro il corpo dell'insetto, fatta ap- positamente dagli Acari di questo genere (fig. 59, 60). Che fanno essi colà e di che si nutrono? Può essere che mangino il polline che in quella regione del corpo molto spesso abbonda fra i peli dell'insetto o che divorino i molti Tricho- tarsus, che non mancano quasi mai, appunto ai lati del corsaletto delle Xilocope. Il certo è che per taluna specie di questi Insetti che hanno la bor- sa, le Green i e non mancano mai di trovarvisi en- tro. Nella stessa fa- miglia, o meglio in famiglia a sé, che il Trouessart propo- ne di chiamare lìhy- nonysaìdae, si può comprendere il ge- li e r e Haìafaclme . molto singolare e molto modificato dalla ordinaria figura dei Gamasidi per effetto del parassitismo. Le forme giovani sono esapode. La specie da maggior tempo conosciuta è V Haìaraclme haliehoeri (Allmann, 1847), che vive nelle narici della Foca Balichoerun. È un Acaro molto voluminoso, perchè misura circa tre mill. di lunghezza allo stato adulte. Altra specie di Halarachne, la H. attenuata è stata receutemente descritta dal Banks e si è trovata nelle narici di una giovani- Foca a S. Paul (Islanda). Essa è molto singolarmente formata, perchè ha la figura di una lunga Fig. 59. — Sezione di una Xylocopa esotica mostrante la borsa addominale con entro vari individui di Greenia, Ingrandita. 70 CAPITOLO PRIMO clava, con tutta la parte posteriore dell'addome, che è molto lunga, assai assottigliata in con- fronto della parte anteriore del corpo. Misura 4 mill. di lunghezza (fig. 61). Nelle fosse nasali di Uccelli di varie specio albergano diversi Acari, da ascriversi a questo gruppo, alcuni dei quali voluminosi, certo lunghi oltre tre millimetri, come sono il Bhynonyesus nìtzschi (Giebel) delle fosse nasali del Succiacapre (Caprimidgus europaeus); una specie più piccola vivente sul Strepeilas interpres. mentre altre si trovano nelle fosse nasali dei Polli, Piccioni, Oca domestica, Cuculo e di molti altri Uccelli ; la Somatericola ìevinseni Tràgardh, che vive nelle fosse nasali della So- materia mollissima in Groelandia. Alcune specie erano già note fino dal 1871 (Nitzsch e Giebel) e dal 1882 (Weber e Ziirn), ma più recentemente ne ha trattato il Troues- sart colla ordinaria diligenza e competenza. Il Trouessart illustra specialmente lo Slernostomum rkiiiolethnim, che è una specie molto più voluminosa del Dermani/ssus gallinae e vive nelle fosse nasali dell'Oca do- mestica. L'Autore dice che questi Acari e gli affini sono molto più avidi di sangue che non i Dermanissi e che se ne impinzano straordinariamente. Essi possono provocare seri disturbi all'ospite (fig. 62). Finalmente ricorderò che in questa famiglia stanno dei veri e propri parassiti degli Insetti, nutreutisi a spese della vittime, come sono le specie appartenenti al genere Berlesia, esotiche e trovate su Ortotteri e Lepidotteri. Fig. 60. — Greenia afkeni Oudeui. Femmina dal dorso, ingrandita (da Berlese) La famiglia dei Lelapticli riceve il nome da un genere (Laelaps), di cui le specie sono parassite su Mammiferi, particolarmente Roditori, ma comprende un grandissimo numero di ge- neri con moltissime specie, le quali hanno abitudini delle più variate. I più piccoli della fa- miglia, generalmente a te- gumento molle ed incoloro, si trovano sulle piante e predano gli Acari planticoli. Basterà citare i generi Seiu- lus, Iphidulus con qualche specie, ad es. S. vepallidìis Koch, che è la più comune. Vi sono poi, nella stessa famiglia, una quantità di specie ad es. : dei generi Seius, Ameroseius, Iphis, Laelaps e sottogeneri, Po- docinum ecc. viventi n e i muschi o fra le sostauze vegetali putrescenti e sono tutti predatori di Artropodi più piccoli. Alcune forme però si incontrano sugli Insetti, negli stessi rapporti che si sono già citati per le Canestrinia, ad es.: molte specie del genero Vopriphis A Fig. 61 A, H. halichoeri (Alni.) B Due Haìarachne. attenuata Bancks, dal dorso, ingrandite. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 71 Ooprolaelaps, che si trovano sotto le elitre o sul ventre di Coleotteri coprofagi adulti e possono esservene più specie su un solo Insetto. Altri vivono nei formicai e nei nidi di Termiti eduna specie anche negli al- veari (Iphis alvearhts Berlese, tìg. (13). Questi convivono cogli Insetti sociali e né sono molestati, né molestano i loro ospiti, ai quali certo rendono speciali ser- vizi in cambio di alloggio, nutrimento e difesa. Pìg. 62. — Sttriinstoititati rhynolt'thrttm (Trouess.). Parassita nelle fosse nasali dell'Oca domestica Femmina ingrandita. A, Supina; 3, prona senza zampe. Queste specie saranno conosciute più innanzi assieme a quelle di altre famiglie di Mesostig- mati, allorché si verrà a discorrere degli Artropodi mirmecofili e termitofili, che sono certo qualche centinaio di specie ed il luogo di trattarne è appunto a proposito degli Insetti sociali e loro abitubini. Per ora basti sapere che parecchi generi affini ai Laelaps, come pure la singolare Xeobe^ìesia eguitans, tutti appartenenti alla famiglia Lelaptidi, sono co- muni ed abbondanti nei nidi di Formiche e Termiti, in tutto il mondo. Qualche specie è parassita dei Topi domestici e campagnuoli, ad es. : dei generi M i/o ni/ ss uh e Lae- laps. Sui Topi domesti sono comuni il Laelaps agilin Koch e X. echidninuH Beri. (flg. 64). Questo è il doppio più grande dell'altro, ovale, di color rosso mattone e lungo circa un millimetro. Esso succhia il sangue dell'ospite ed assicura così la evoluzione di un microrganismo, un Leueocitozoo, cioè VHepa- tozoon pernicioHum Miiller. parassita dei Topi e che è causa talora di epidemie mortali fra questi Ro- ditori, come è avvenuto a Washington dei topi bianchi allevati nei laboratori dell'Ospitale di marina. Fig. 63. — Un commensale delle Api {Iphis alvearius Beri.) Femmina dal dorso, molto ngrandita (da Herleso I leucociti parassitizzati contengono dei corpuscoli, che hanno il significato di gameti. Si congiungono nello stomaco del Laelaps e danno origine ad oocineti e zigoti. Questi traversano la parete gastrica e guadagnano gli organi dell'Acaro, al quale non sembrano troppo nocivi, e vi continuano il loro sviluppo sporogonico. Il Topo, dando la caccia ai suoi Acari parassiti ed CAPITOLO PRIMO ingoiandoli, introduce nel proprio tubo digestivo gli sporozoiti. Questi penetrano nella mucosa intestinale del Topo, cadono in una vena che li porta al fegato. Quivi infestano le cellule epa- tiche e vi si moltiplicano per schisogonia. I gameti, che finalmente ne nascono, cadono nel sangue e penetrano nei grossi leucociti mononucleari. Ecco uno dei pochi casi noti di trasmissione di agenti patogeni ai Vertebrati per mezzo di Acari del gruppo dei Gamasidi. Nella famiglia Gamasidi stanno forme, nelle quali i maschi mostrano un deciso dimorfismo sessuale rispetto alle femmine, non soltanto per l'armatura delle mandibole, ciò che è anche in altre famiglie, ma per lo sviluppo ed armatura delle zampe, specialmente del secondo paio, che sono provviste di tubercoli, spine, sproni e molto più grosse delle altre. Ho mostrato altrove che quivi appunto risiedono nei maschi organi stridulanti molto delicati. Fig. 64. — Laelaps echidninus Beri. Femmina molto ingrandita. A, dal dorso; B. dal ventre, nò zampe nò rostro (da Berlese). La maggior parte degli Acari di questa famiglia vive allo stato libero, nelle sostanze, spe- cialmente vegetali, in decomposizione, nelle concimaie, ecc., dando una attivissima caccia agli Ar- tropodi minori o meno hene armati. Sono tutti agili, veloci, bene corazzati ed attivissimi. In ge- nerale sono rivestiti di pelle dura, colorata di giallo-rossastro o rosso bruno. Moltissime specie si incontrano sugli Insetti in atto di migrare. La più co- mune sugli Insetti coprofagi specialmente è il Gamasus coleoptratorum (L.) (fìg. 14), di cui l'adulto, meno bene corazzato, vive nelle concimaie in gran numero, e la ninfa che è rivestita di placche dure, giallo-ranciate, si trova, in numero, talora grandis- simo, su molte specie di Insetti coprofagi, ad es. sui Geotrupes, ecc., al ventre e vi sta attaccata mercè le mandibole, stringendo un pelo fra le chele, ma, mole- stato, se ne fugge rapidissimamente. Sotto il nome di G-amasus coleoptratorum però, i più vecchi entomologi comprendevano tutti i Gamasiui insetticoli, cioè una grande quantità di generi e specie. Alcune forme del gen. Haemogamasus Berlese sono veramente parassiti di Topi, specialmente campagnuoli, di cui succhiano il sangue, comportandosi come i Laelaps, ai quali somigliano molto nell'aspetto. Le specie più grosse della famiglia appartengono al gen. Megalolaelaps Berlese, e raggiun- gono persino i quattro millimetri di lunghezza. Si incontrano anche sui Coleotteri coprofragi. GLI AFFINI DKtil.l INSETTI 73 A questa famiglia appartengono gran numero di specie pertinenti al gen. Bolostanpis Koleuati (iìg. 65), fra le quali .*i annovera quel H. marginatila (llerin.), di cui si è già detto pel rumore olii- destò la sua presenza sul cervello, che si stava sezionando, di un soldato morto per ferite al capo. Auelie gli Boloatatpia si attaccano agli Insetti, specialmente coprofagi, per viaggiare. Due specie giallo-ranciate, cioè B. vernali* Beri, ed B. Risentii Beri, si incontrano ad es. : sul- V Athtiicti* semipiinclaln* comune sulle nostre spiaggie. È molto probabile che questi Acari, con molti attilli, si lascino rinchiudere nei nidi degli Insetti stercorari, dove trovano lauto cibo negli abbon- danti depositi che gli Insetti suddetti fanno a nutrimento delle loro larve e di poi, trattenendosi sulle ninfe, escano all'aperto coll'adulto, per diffondere la specie. Cosi tanno anche alcuni Laclaps, che si incontrano non solo sugli adulti di Coleotteri scara- bei di come Oryotes, Phjillognatliu*. Pentodon, Polyplujlla, ma anche sulle loro larve. Sono Acari sotterranei, che per migrare guadagnano le larve degli Insetti suddetti e si nascondono fra le pieghe della cute, poi si lasciano rinchiudere nel bozzolo ed al" loivhè ne riesce l'adulto, si ar- rampicano su questo, in attesa che esso esca e formi il nido entro terra, per guadagnare al- trove un nuovo campo di azione nel sottosuolo. Alcune forme di questa fa- miglia e spettanti al gen. Hydro- gamaeus Berlese, vivono sulle rive del mare, sotto le alghe gettate sulla spiaggia e non te- mouo di essere inondate dall'ac- qua. La famiglia degli An- tennoforidi comprende spe- cie viventi sempre sii altri Artropodi (Insetti e Miria- podi) ma non in qualità di parassiti, bensì di scorri- dori sulla pelle dell'ospite, in cerca di nutrimento, che può derivare dall'ambiente o dall'ospite stesso. Come questi si comportano anche gli Eterozerconidi, che hanno grosse ventose al ventre per aderire all'ospite, generalmente un Miriapodo. Conosceremo più davvi- cino gli Antennophorus, che sono Acari grassetti, molto amici delle Formiche, dalle quali sono amorosamente nutriti e portati in giro sul proprio corpo, gene- ralmente sul capo, come per noi si fa con qualche nostro animale domestico, die ci rechiamo volentieri in braccio. Finalmente, nella grande famiglia degli (Tropodidi comprendente specie ta- lora assai elegantemente scolpite ed ornate di peli, creste, ecc. si trovano molte specie Mirmecoflle e Termitoflle, di cui le principali conosceremo in seguito. Altre emigrano a mezzo degli Insetti, mercè una loro forma ninfale, che può emettere un filo di seta dall'ano (d'onde il nome di Uropoda), oppure una semplice papilla di adesione (Uroseius, Dinychus) (flg. 60). Le ninfe di Uropode cosi peduncolate (flg. CO B) non sono mancate di eccitare molto la curiosità degli entomologi più vecchi, che ne facevano meraviglie poiché consideravano queste forme per parassite degli Insetti, trovandosi esse talora in grandissimo numero sugli Insetti, specialmente Coprofagi (flg. 13), e ritenevano A B Fig. 65. — Bolostaspis badius K., femmina ingrandita. A, supiua ; B, senza zampe (da Berlese). A. BSBLBSR, Gli Insetti, II. 71 CAPITOLO PRIMO che per mezzo del filamento di adesione il succo dall'ospite passasse nel corpo dell'Acaro. La meraviglia poi aumentava a dismisura qualora si rinvenivano più Uro- pode in catena, l'ima col filamento aderente al corpo di altra e la prima della serie fissata tenacemente all'Insetto. Si diceva niente meno che cosi il fluido succhiato dalla vittima circolava tra- verso tutti gli Acari della serie ! Singolare concezione ! Quelli però erano i tempi, e durarono molto anche di poi, nei quali si credeva che l'Acaro non avesse organi speciali interni e t'osse un semplice sacco ripieno di una sostanza mucillagginosa. A B La famiglia più alta è com- posta di Gamasidi, che, per la loro dimensione e configurazione si scambierebbero volentieri con Falangidi (giacché il solo tronco raggiunge i 5 mill. di lunghezza) ; è quella cioè degli Olotiridi, col genere Holothymt Gervais, che comprende poche specie di grande statura e viventi nelle regioni equatoriali. L' Holothyrus coccinella Gerv. delle isole del mare delle Indie si rende molesto perchè emi- nentemente irritante per contatto, probabilmente alla stessa maniera e per lo stesso principio at- tivo della Cantaride (fig. 67). Nell'Isola Maurizio è noto assai bene col nome di Tonille-Canards ed in certe località è comunissimo nei muschi e sotto le pietre. Colà non sì possono allevare Oche ed Anatre perchè si avvelenano ingerendo tali Acari ed anche gli Uomini che tocchino imprudentemente simili bestiole o peggio, se colle mani poi si toccano mucose della bocca degli occhi ecc. provocano, su queste delicate epidermidi specialmente, gravi irritazioni. Ciò fa rammentare le intossicazioni per in- gestione dei giovani getti di Jtriplex, cibo co- mune frai Cinesi poveri, fenomeno che si conosce col nome di Atriplexismo ed è dovuto ad un Fig 67 ._ Soiolh;/rus coccinella (Gerv.). Acaro giallastro, che vive sulla detta pianta. A, grandezza naturale. Fig. 66. — Due stati giovanili di un Uiopudide (allibano romana G. R. Can.). A, ninfa eteromorfa, dal dorso; B, ninfa omeomorfa (viaggiatrice), dal ventre, col filo di seta anale (mancano le zampe a destra per mostrare le fosse pedali). Ingrandite (da Berlese). Mesostigmati II (Ijcodidae). — Dal lato pratico certamente il massimo inte- resse fra tutti gli Acari è quello che si deve agii lssodini, vasto gruppo, ric- chissimo di specie diffuse in tutto il mondo e da raggrupparsi in due grandi fa- miglie, degli Argasidi e degli Ixodidi, ciascuna comprendente un grandissimo nu- mero di specie, tutte parassite di Vertebrati terrestri, specialmente «lei superiori. Si tratta anche di Acari dalle dimensioni massime e che si comportano tutti C.M AFFINI DEGLI INSETTI 75 secondo una maniera
  • rso ; B. dal ventre, «, soudo dorsale; br, base del rostro ; m. mandibole; 7, loro guaina; p, palpi (da Salinoli e Stiles). lato e dualmente dell'ipostenia, un pezzo impari, derivato dalla fusione più o meno accentuata di due pezzi longitudinali e che occupa la regione inferiore, cioè ventrale del rostro. La porzione basale (capitolo, testa di taluni autori) è larga, ma corta, trapezoidale e porta, nelle femmine, sul dorso, una, o più spesso due aree porose, cioè zone ovali con molti minutissimi pertugi. Si tratta di un organo del senso. Su questo pezzo basale sono piantati i palpi sui lati e l'ipostoma nella regione ventrale. I palpi sono due pezzi laterali. Negli Issodidi sono laminiformi o meglio a cucchiaio, scavati internamente per accoglierei cheliceri, composti di 4 articoli; ma l'ultimo è molto breve, tenta- coliforme e sta alla faccia inferiore del palpo. Negli Argasidi invece, i palpi sono composti di 4 articoli, e questi hanno forma cilindroconica e sono fra loro eguali. I palpi non penetrano nella pelle della vittima all'atto del succhiamento. I cheliceri sono al lato dorsale sopra l'ipostoma, col quale sembrano saldati, il che nou è. Sou<> due, indipendenti abbastanza l'uno dall'altro, bacilliformi e terminano con una specie di chela a due dita, le qnali però, pur essendo a forma di ronca, sono ambedue incurvate dalla stessa parte e recano dentelli. Le mandibole sono rivestite da una guaina membranosa nella parte loro verso la base. L'ipostoma è coperto, alla sua faccia ventrale, da numerose serie di dentelli robusti, tutti rivolti all' indietro. Ciò per assicurare la aderenza del rostro nella ferita della vittima. Del resto anche le mandibole, talora i palpi, nonché la base del rostro in qualche specie di Issodide, sono provvisti di deuti acuti, voltati all'iudietro o talora anche il primo articolo delle zampe, special- mente del 1.° paio. Lo scopo di tale armatura è sempre lo stesso, rendere difficile la remozione dell'Acaro dalla pelle della vittima. II corpo degli Issodidi è più o meno convesso, quello degli Argasidi, invece, piano od esca- vai., (se vuoti) e nei primi esso è provvisto di uno scudo chitinoso, duro, nella parte anteriore del 76 CAPITOLO PRIMO dorso nelle femmine, rimanendo poi la massima parte del dorso coperta di pelle molle; nei maschi lo scudo è maggiore ed abbraccia quasi tutto il dorso, inoltre in questo eeseo si trovano anche scudi centrali più o meno estesi sul ventre (ijorìcs) o limitati ai lati dell'ano (Byalomma, ecc.). Così il corpo nelle femmine si può distendere enormemente per sangue succhiato e per uova con- tenute, ciò che non deve né potrebbe accadere dei maschi (tìg. 69). Le zampe sono più o meno lunghe, ad articoli subeguali fra loro, né differiscono quelle di un paio dalle altre e tutte sono terminate da due rubuste unghie, con piccola membrana roton- deggiaute alla base e sotto a quelle. Nei tarsi del 1.° paio, al dorso, trovasi uno speciale organo del senso (organo di Haller) cioè una fossetta rivestita di minuti e fitti peli. Gli stigmi (fig. 69 J, «), che si trovano solo nelle forme adulte, sono collocati dietro le zampe del 4.° paio, al ventre, su scudetto rotondeggiante, sul quale, attorno alla apertura respiratoria, si vedono scolpiti numerosi fori, facenti l'insieme della piastra un crivello. Si tratta di or- gano sensorio speciale. I maschi non sono parassiti, raramente si trova qualche poco di sangue nel loro ventre, essi non pensano che alla riproduzione della specie. L'atto a compimento delle nozze si effettua con par- ticolarità assai singolari, dopo il quale atto il ma- schio cade al suolo e muore in breve. La fem- mina ha diverso destino. Essa si riempie di sangue della vittima, per poter portare le uova che ha nel ventre a buona inaturanza. L'animale si rigonfia, raggiungendo un volume da cinque a venti volte mag- giore che non è allo stato di digiuno, poi si stacca spontaneamente dalla vit- tima e cade al suolo. Quivi cerca un luogo riparato, sotto qualche pietra o nelle fessure delle muraglie, ecc. e depone le sue uova, che possono essere in numero da 10(10 a 4000 ; il più spesso da 2500 a 3000. Mégniu contò fino a 12.000 uova deposte da una sola femmina di Hyalomma aegyptium; altri, per la stessa specie, ne hanno contate 8500 a 10.000. La deposizione dura da cinque a dieci giorni, dopo di che la femmina è divenuta floscia e vuota e muore dopo quattro o cinque giorni. Dopo la deposizione l'uovo si arrotondisce e rigonfia, cosicché la massa totale delle uova è molto più voluminosa della femmina da, cui è uscita. Le uova, che sono sferoidali, generalmente misurano da mm. 0,40 a min. 0,50. Le prime larve schiudono circa tre settimane dopo la deposizione delle uova, in estate, ma in autunno ritardano di più, fino a tre mesi e, se deposte nel tardo autunno, probabilmente svernano e non schiudono che a primavera. Le larve hanno solo tre paia di piedi, nel resto somigliano abbastanza al- l'adulto. In una specie di Argaside, V Ornithodoros moubata, la larva non schiude; rimane nel guscio, vi si trasforma e ne esce invece la ninfa ottopoda. La larva si arrampica sulle erbe ed attende il passaggio di qualche animale da potersi attaccare per succhiarne il sangue. Al capo di B. Speranza il Loun- sbury ha contato fino 2250 larve di Boophilus decoìoratus all'estremità di un solo Fig. 69. Armatura ventrale di due Zecche maschi. A, di Ixodes ; B, Rhipicephalus. lil.I Al FINI DKG1.I INSETTI 77 Fig. 70. — Una zecca degli Uccelli. lxodes avisugus. Beri. Femmina ingrandita (da Berlese). filo d'erba. Rimasero là, viventi per ben tre mesi. Possono infatti questi animali vivere assai a lungo senza cibarsi. In jieiierale le prime vittime di questi Acari allo stato di larva sono piccoli Mammiferi. Uccelli 0 Rettili. Cominciano a succhiare sangue e crescono; entro tre o quattro giorni issi sono cresciuti abbastanza e cessano di nutrirsi; ordi- nariamente allora si staccano dall'ospite per seguire la evoluzione allo stato libero. 11 tegumento della larva si solleva, si strappa alla base del rostro e lungo i fianchi e sorte la ninfa, da (5 a 10 giorni dopo che la larva si è riempita di sangue. S'ella ninfa le zampe sono in numero di otto; è apparso il 4.° paio. Si tratta veramente di una Protoninfa o Neoninfa (secondo Lahille) incapace di succhiare il sangue e soltanto dopo qualche giorno essa acquista tale facoltà. È provveduta di due stigmi e di trachee, so- miglia insomma moltissimo alla femmina adulta, manca però di apertura sessuale esterna e delle aree porose. Perciò se ne riconosce il suo stato giovanile. Dopo sei giorni circa essa è cresciuta abba- stanza e diviene Deutoninfa, che può abbandonare l'ospite e cadere a terra. Due o tre giorni dopo, con una muta simile alla prece- dente, essa diviene adulta, ed allora soltanto se ne può distinguere il sesso. Quanto all'adulto, è da notarsi che, specialmente negli Ixodidi, la differenza di statura e di peso fra i due sessi è sempre molto rile- vante, molto più. poi, allorché il ma- schio è messo a confronto colla ri- spettiva femmina ripiena di sangue. Xella femmina infatti, il tegumento dell'addome, essen- do molto elastico, allorché i ciechi in- testinali sono pieni di sangue succhiato, la distensione del- l' addome stesso è massima e perciò il volume ed il peso dell'animale, in confronto dello stato digiuno, sono grandissimi. Ad esempio, neWIrodes ricinus il maschio pesa gr. 0,000 appena, mentre la femmina raggiunge i gr. 0.24 ed anche 0,30, viene cioè a pesare da 40 a 50 volte più . Piana o Leggermente concava nello stato di digiuno, è turgida e convessa in quello di reptazione. Il corpo ovale, allungato, a margini laterali convessi, più stretto all'innanzi che di dietro, mostra, lungo tutti gli orli, al dorso, delle placchette rettangolari contigue e, sul dorso, gran numero di fossette rotondeggianti, nelle quali la cute è liscia, circondata da pelle marcata di rughe complicate, le quali fossette sono simmetriche sui duo lati e portano un piccolis- simo pelo centrale. È specie che gode triste fama poiché passa per molto pericolosa anche al- l'Uomo, non tanto agli indigeni dei luoghi da essa abitati, che sono il Nord della Persia, specialmente Miàneh e regioni vicine, quanto dai viaggiatori che, non accostumati per una specie di vaccinazione alle conseguenze della puntura del- l'Acaro, ne risentono effetti più o meno gravi e non di rado anche mortali. Fig. 75. — Argas persietts, ingrandito circa 8 volte. A, dal ventre; B, dal dorso (da Bodein). Del resto, la Persia, dove l'Acaro è noto con nomi speciali come Cimice di Miàneh , Guerib- gite: o Garib-gnez ; ilalleh ; Bh-ibguez (quest'ultimo nome significa mordente di notte) non è la sola località ove la specie si incontra, poiché si trova ancora in China (Pekino) ; Turkestan ; Russia; Asia Minore; Egitto; Algeria; Sudan; Nubia ; Isola Maurizio e del Capo. Una sua varietà, distinta dal Neumann col nome di A. persicus var. firmatili si trova in Algeria, Nell'Africa australe questo Argas è noto coi nomi volgari di Aumpan; Tampa n : Wand Luis. Gli effetti disastrosi delle sue punture sopracitati non sembrano potersi attribuire soltanto all'avvelenamento, ma vanno riferiti piuttosto ad una malattia infettiva, che non si esita di richiamare a spirochetosi, per quanto manchino tuttavia prove dirette della cosa. Certo però questo Argas, in regioni diverse, specialmente in Algeria e nel- l'Africa australe, propaga una particolare epizoozia nei Gallinacei, dal Bevan attribuita alla Spirochaete gallinarum. Non sembra invece dimostrata la trasmissione per mezzo di questo Acaro di un parassita delle emazie, da avvicinarsi alle Babesia od alle Leismannia, tra i Gallinacei, al Sudan, secondo vorrebbe il Balfour. 86 CAPITOLO PRIMO Argas miniatus Koch. — È specie notissima e descritta da gran numero di naturalisti, anche sotto nomi diversi, oltre a quello che nel 1844 ebbe dal Koch ed è soprariferito. Sembra che il De Geer la denominasse Acarus nigua. Certa- mente corrisponde aXVArgas americanus del Packard e d'altri, all' ^ì. sanchezi del Dugés, ecc., allM. radiatus del Kailliet ed è noto coi nomi volgari Ghicken Tick; Foni Tiek ; Adobe Tick. La specie è estesa al sud degli Stati Uniti (Texas, Arizona, Florida); Cali- fornia; Messico; Piccole Autille (Antigua); Guyana inglese; sud dell'Australia (probabilmente importata dal Nord-America). È questo un Argas molto alfine alPJL. persicus F. v. W., anzi il Xeumann riunì insieme le due specie. Tuttavia il Blanchard, con altri, afferma le due specie essere decisamente distinte, sebbene molto affini. L'aspetto generale intanto è quello dell' A. persicus e le differenze specifiche si devono rintracciare in carat- teri minuti. Fig. 76. — Oriìitliodoros moubata, ingrandito circa 6 diametri. A, prono; B, supino (da Doflein). L'Acaro, che si incontra raramente sui Mammiferi, attacca in tutte le età gli Uccelli, specialmente Gallinacei selvaggi o domestici, come i Polli, Tacchini. Pernici. Vive nei pollai, a spese particolarmente del giovani Gallinacei ed è l'agente di trasmissione della temuta Spirochaete gallinarum, per cui provoca tra i volatili una mortalità spesso molto elevata. I mezzi di distruzione sono quelli già indicati per VA. reflexus. Il Blanchard accenna alla straordinaria resistenza di questo Acaro, non solo alla inedia, per cui la larva e la ninfa possono vivere più mesi senza cibo e l'adulto si è veduto vivere fino a sei anni in recipiente di vetro chiuso, ma ancora ad agenti tossici assai potenti, come sono, ad esempio, i vapori di acido cianidrico, nei quali l'Acaro ha resistito due ore, come è vissuto per mesi entro scatole riempite di fiori di zolfo. Con tuttociò esso cede facilmente ad insetticidi liquidi come il petrolio, l'olio di catrame, ecc. Ornithodoros moubata (Murray) (fig. 76). — Dal 1877, nel quale anno il Murray descrisse la specie sotto il nome di Argas moubata, moltissimi autori hanno illustrato questo Acaro e talora con nomi diversi da quello riferito, non di rado confondendolo coll'O. savignyi (Audouin). GLI AFFINI DEGLI INM ITI 87 È mia specie fra le maggiori, poiché la femmina misura da 7 ad 11,5 min., secondo lo stato di reptazione. Il corpo è ovale, con una leggiera strozzatura verso il mezzo; la cute è coperta di grosse placche rotondaggianti. Il colore è bruno nerastro al dorso, più chiaro al ventre. Il rostro e le zampe di un giallo pallido. Queste ultime Inumo fino a tre rilievi conici sulla parto dorsale di ciascun articolo dal terzo in poi. Non possiede occhi. La larva rimane inclusa nell'uovo, da cui sguscia la ninfa. La specie è molto diffusa in Africa, dall'Egitto al Transvaal e dall'Oceano indiano all'Atlantico. Si trova al Soudan,, Ouganda, Congo. Angola, nel bacino dello Zambese e nella regione dei grandi laghi. Questo Acaro, dei più temibili, era già noto al Livingstone. Abbonda nelle case degli indigeni, nella polvere. Aggredisce di notte e solo le persone addor- mentate. Mentre succhia emette in gran copia dalle ghiandole cutanee, special- mente per il 1.° e li.0 paio di zampe, un liquido chiaro. La puntura è molto dolorosa e ne rimane, sulla cute della vittima, un cerchio di color cinereo-violaceo di ardesia di dieci millimetri di larghezza e bianco al centro e vi si forma rapi- damente una crosta. Il pericolo principale è rappresentato dal fatto che questo Argaside è l'agente di trasmissione della Spirochaete duttoni determinante la febbre delle Zecche o 77(7. fever dei patologi, come riconobbe primamente il parassitologo inglese I. Ewerett Dutton, che soccombette presisamente a questa spirochetosi. Secondo E. Koch e Carter, le Spirochete si accumulano negli ovari della femmina dell'Acaro e di là passano nelle uova che essa depone e sembra vi si moltiplichino, così che i neonati sono capaci di diffondere l'infezione (fig. 73). Anche la Spirochete gallinarum, secondo Fiilleborn e M. Martin, può essere propagata fra i Polli da questo stesso Acaro, e l'Acaro conserva la facoltà tras- mettitrice dell'infezione anche dopo 103 giorni da che ha succhiato il sangue di un Uccello malato. Sono invece infondati i sospetti di trasmissione, da parte di questo Ornitodoro, della Filaria prestaus e del Trypanosoma gambieiise. Questo Acaro è designato dagli indigeni delle regioni dove è diffuso con nomi vari, così ad es. si chiama: Bifitndikala a Leopoldville; Kibu uell'Ougauda ; Kimputu nella parte orientale dello Stato del Congo; Momjaia a Popokabata ; Ochihopio all'Angola; Papasi, Bimpusi, ecc. altrove. Ornithodoros savignyi (Audouìa, 1827). — Distinto dal precedente, al quale somiglia, sopratutto perché possiede gli occhi. Diffuso in Nubia ed Abissinia sin verso il sud ovest dell'Africa; dal Mar Rosso fino alle Indie. A torto il Blanchard ritiene come identico a questa specie V Jrgas conicrps Canestrini, trovato assieme all'J. reflexus nei nidi di Colombi a Venezia. Più verosimilmeute si deve, invece, come ha fatto il Xeuniauu, considerare VA. coniceps sinonimo dell' Ornithodoros talaie Guér. Mén., di cui si farà cenno più sotto. Ornithodoros turicata (Alf. Dugèsì. — Manca d'occhi. Il corpo è di color giallo terreo; le zampe più chiare. Il dorso è rilevato in un alto margine, di cui la cute ha la stessa struttura del rimanente tronco. Tarsi con tre tubercoli dorsali rilevati. La femmina misura da 5 a 7 mill. di lunghezza per 3 a +,5 di larghezza. Questa specie abita nel Messico (Guauajato). Aggredisce il Maiale e l'Uomo. Il Blanchard ritiene, che questo Argaside in Colombia diffonda la spirochetosi umana. Ornithodoros megninii (Alf. Dugès, 1883). — È specie comune al Messico, dove è noto col nome di Pinolia ; si trova anche negli Stati Uniti del sud. Si introduce e si fissa nelle orecchie del bestiame, come pure sul Cavallo, Asino, Cane, Montone, sulle Tartarughe terrestri ed auche sul- 88 CAPITOLO PRIMO l'Uomo, sul quale ultimo si è trovato più volte al Texas ed al Messico, nel condotto uditivo esterno, provocando dolori assai vivi e prolungati. Sembra si trovi anche nell'America del Sud, sul Llaina. Ornllhodoros pavimentosus (Nenmann, 1901). — Specie simile all'O. aavignyi. Vive nel sud Africa, nella polvere, nei luoghi dove le carovane si arrestano. Attacca i viaggiatori e li punge attivamente allorché si sdraiano a terra. L'Ornithodoros tbolozani (Lahoulbéne et Mègnin, 1882) vive in Persia, dove è noto col nome volgare di Kéné, ed anche nel Caucaso ; si trova nei pollai e sul Cammello e Montone. L'Ornithodoros talaje (Guerin Meneville, 1845), che si trova nell'America tropicale, nelle isole Hawai, come in quelle vicine alla Colonia del Capo e nell'Oceano indiano, si è rinvenuto auche a Venezia ( Argas coniceps Canestrini), sui Colombi. È anche sospettato di propagare malattie pa- rassitarie. La famiglia degli Ixodidi è suddivisa, come ho accennato, in parecchie sottofamiglie, in tutte le quali si incontrano specie prati- camente importanti. Nella sottofamiglia degli Ixodini si trovano grandissimo numero di specie ap- partenenti al genere Ixodes (una trentina circa) e pochissime, come pure di scarso o nullo rilievo pratico negli altri due generi. La caratteristica degli Ixodes è quella di vivere indifferentemente su ospiti i più diversi e perciò molte specie possono riuscire nocive o moleste agli animali domestici ed all'Uomo stesso. Noi qui però non citeremo che le due Europee più ovvie e di cui una, anzi, è accusata, a ragione, di diffondere gravi agenti patogeni in animali domestici. Il genere è rappresentato in tutto il mondo. Ixodes ricinus (Linné) (tìg. 77). — È la specie più comune sui Cani e su pa- recchi altri animali domestici, perciò più volte descritta e citata da autori vari, anche con nomi diversi, tra i quali più comunemente per Ixodes reduvius La femmina, a digiuno, misura 4 mill. di lunghezza su tre di larghezza ; allorché è turgida raggiunge i 10 ali millim. di lunghezza su 6 a 7 di larghezza. .11 ma- schio è molto più piccolo, cioè lungo non oltre 2,5 mill. È comune in tutta Europa, Algeria, Tunisia, Arabia, Giappone, Stati Uniti, Capo. La larva e la ninfa si trovano sui piccoli Vertebrati (Mammiferi, Uccelli, Eet- tili). L'adulto si incontra su alcune specie di Uccelli e su molti Mammiferi fra i maggiori (Montone, Capra, Bue. Cavallo. Cane, Gatto, Riccio ed ancora sull'Uomo). Talora penetra sotto la pelle. Questo Ixodes propaga la babesiosi bovina e canina, almeno in Europa. Se- condo G. Martin non sarebbe capace di diffondere i Tripanosomi. Secondo Schandinn l'Emosporidio della Lucertola (C'aryoìyssus lacertarum) si svolge nel tubo digerente dell' Ixndrs, passa traverso le uova uella nuova generazione e di qui ad altre Lu- certole. Ixodes hexagonns (Leach, 181r>). — E una specie molto affine alla precedente e con altitudini con- formi. Essa pure trasmette la Bàbesia canis. Trovasi in Europa e negli Stati Uniti, non meno co- mune del /. ricinus. Fig. 77. — Ixodes ricinus (Linné). A, maschio ; B, femmina, supini, ingranditi (da Berlese). OLI AFFISI DEGLI INS1 ili MI La sottofamiglia dei Eipicefalini comprende parecchi generi, molto ricchi di specie. 11 tipo è il Rhipicephalus sanguinella (Latr.), che è comune anche in Europa. La maggior parie pero delle specie sono afrioane e molte, cosa ormai dimostrata, diffondono la Babesia parva e la B. cani*. L'infezione deve avvenire per puntura della ninfa o dell'adulto perchè non passa attraverso l'uovo. Le larve non sono mai suscettibili d'infettare. Rhipicephalus sanguineus (Latr.) (fig. 78). — È la specie più comune nelle nostre macchie, specialmente lungo il littorale mediterraneo ed infesta in grandissimo numero i Mammiferi domestici oltreché molti selvatici. La femmina può raggiungere, se ripiena, gli 11 udii, di lunghezza, su 7 di lar- ghezza. Il maschio è lungo al massimo mill. 3,35 e largo circa due mill. Talora porta una appendice conica all'estremità posteriore ed è tutto di colore marrone, lucente al dorso e sulle, zampe. Di tale colore sono lo scudo dorsale, rostro e zampe della femmina, mentre il ri- manente corpo è di un colore grigiastro oscuro. La specie è cosmopolita. Ne è aggredito anche l'Uomo. Nocard, Balfour e Cristophers accusano questo Acaro di es- sere l'agente trasmettitore della Babesia canis in Europa come iu Africa ed alle Indie. È anche affermato che esso pro- paga i 1 Leucocytozoon canis. E. Koch ascrive a questo Is- sode anche la diffusione della Babesia parva nell'Africa del sud, ma può esservi confusione con qualche Rhipi- cephalus affine, ad es. Rh. appendiculatus. Molte altre specie di Rhipicephalus in diverse regioni del globo diffondono la Babesia parva del Bue (febbre littorale) e sono le seguenti: Fig. 78. — Rhipicephalus sanguinili» Latr. A, maschio prono ; 7>\ femmina digiuna, prona. Ingranditi (da Berlese). Rhipicephalus appendiculalus Neum; Comunissimo nell'Africa australe sui Ruminanti domèstici e selvaggi. Trasmette la Babesia parrà, ma non la B. mutane. Uh. capensis C. L. Koch. Dal Sudan al Capo, su Ruminanti e su Sauri i. Rh. t irrisi Neum. Comunissimo nell'Africa orientale tedesca, fino al Capo, sui Mammiferi do- mestici e selvaggi. Trasmette anche la Babesia equi, Rh. nilens Neum. dell'Africa subequatoriale. Rh. simus C. L. Koch diffuso in tutta l'Africa su gran numero di Mammiferi. Trovasi anche alle Indie, Turkestan orientale, Borneo. Il Rhipicephalus bursa Canestrini e Fauzago (fig. 79) trovasi anche ne) mezzogiorno d'Europa, oltreché in tutta l'Africa, nelle Indie e nell'Arcipelago di Bismarch ecc. In Italia lungo il litto- rale mediterraneo è comune qualche volta anche più del Eli. sanguineus, col quale si trova me scolatu sugli stessi ospiti ed a cui, del resto, è molto simile. Secondo Molas questa specie in Rumenta diffonde la babesiosi del Montone o oarceag. Boophilus annulatus Say (fig. 71). - - Di questa specie, descritta nel 1821 dal Say e che ha così triste fama perchè nel nuovo come nel vecchio mondo propaga l'ematuria dei bovini, hanno trattato gran numero d'autori sia d'America. d'Eu- A. Bf.rlf.se. (ili Infetti, TI. — 12. 90 CAPITOLO PRIMI) ropa, d'Australia, come del Capo di Buona Speranza. Anche i nomi imposti a questa specie sono molti, àaAVLxodes annulatus con cui fu primamente descritto dal Say; Haemaphysalis rosea del Koch ; Ixodes bovis del Riley ; Bhipieephalus ealoaratus del Binila; Eh. annulatus di molti autori; Margaropus annulatus, ecc. La specie del genere, che si distingue dall'affine Rhipicephalus pei caratteri sopraindicati, è rappresentata da molte varietà, con distribuzione geografica diversa. Il maschio è lungo da 2,15 a 2,35 mill. su 1,30 di larghezza e nella forma tipica non ha l'addome prolungato, nell'orlo posteriore, in tubercolo conico. La femmina raggiunge fino i 13 mill. di lunghezza per 7,5 di larghezza. È specie cosmopolita. La forma tipica è diffusa agli Stati Uniti, dove propaga la febbre del Texas (Babesia bovis) ed ancora al Messico ed a Cuba. Aggredisce il Bue ed il Cavallo e compie tutte le fasi della sua vita sullo stesso ospite e diffonde sopratutto la Babesia bovis, che si trova costantemente nelle regioni dove si in- contra questo Acaro. Diffonde anche la Babesia parva; ciò però è meno bene dimostrato. Fig. 79. — Una comune Zecca, Bhipiee- phalus bursa, maschio, ingrandito, dal T „ . dorso (da Berlese). La val'- '"'S^'1''»»8 Neum. si e trovata a Buenos Aires. La var. eaiulatus Neum., di cui il maschio presenta un tubercolo conico prominente dall'orlo posteriore del corpo, vive al Giappone e si attacca al Cavallo. La var. calcaratus Binda si trova nel Caucaso, Africa del Nord, Egitto, Marocco, .Sahara, Senegal, Congo. In Europa è stata trovata in Italia, specialmeute nei dintorni di Roma. Sar- degna, ecc. ; iu Francia, in Germania ed altrove. La var. microplus Canestr. trovasi alle Antille, America centrale e Repubblica Argentina Australia, Nuova Guinea, Malesia, Filippine, Birmania, India, Ceylon, Africa del Sud. La Febbre del Texas o delle Zecche (Tick fever) come è anche detta, Tristeza, come si chiama nel Sud America, oppure Emoglobinnria episootica od anche Ematinuria (volgarmente, in Italia : piscia sangue) è malattia infettiva dei Bovini e dipende dalla Babesia boris, ematozoo detto anche Pirosoma o Piro- plasma bigeminum, Babesia bigtmina. Non ancora è ben noto tutto il ciclo di sviluppo, ma si presenta con corpuscoli globulari o piriformi, per lo più appaiati e contenuti nel globulo rosso del sangue, che ne può essere inquinato nella proporzione del 40 al 90 °/0, come si osserva in animali morti per questa malattia allo stato acuto. Il parassita distrugge le emazie, i cui resti formano degli emboli ed ostruiscono i capillari, provocando accidenti vari. Oltre a ciò, se la malattia ha decorso acuto, la morte può avvenire in poche ore, come in pochi giorni, dal momento in che la febbre è apparsa. Se gli animali non muoiono, la con- valescenza è lunga e spesso con ricadute pericolose. Nei casi a decorso più lento del morbo (febbre benigna o subacuta) la malattia si potrebbe dire anche cronica ed è con effetti molto meno gravi che nell'altro caso. In Italia questo morbo fu osservato in Sardegna dal Manca, fino dal 1750. Il Metaxa lo riconobbe nell'agro romano e ne trattò egregiamente nel 1836. Di poi ne trat- tarono Carlo Lessona (1852); Saufelice e Loi (1895); Bastianelli (1896); Dionisi (1897); Celli e Santori (1897); Oreste (1892); Perroucito (1890); Padovani (1897-98); Nosotti, (1898), ecc. Alcune cifre desunte da quanto si è veduto accadere da noi possono dimostrare la gravità della enzoozia. Gli animali di recente importazione in una località infetta sono i più colpiti. Possono mo- rirne tino all'80 o 90 0/o. Nell'Agro romano ed altrove intere mandre svizzere furono completa- mente distrutte. In Sardegna un solo proprietario ebbe 800 capi bovini morti. Fig. 80. - Babesia bovis entro una emazia (da Dotlein). lil.I AFFINI DEGLI INsl: 1 l 1 91 La oara preventiva col chinino, iniziata al primo oaso constatato in una località, ha dato eccellenti risultati. Bisogna inoltre ourare la distruzione dvlle Zecche nelle stalle, come sul corpo delle bovine. Boophilus decoloratus (lvocli). — Affine al precedente. Trovasi in tutta l'Africa equatoriale e meridionale, dove ò l'unico rappresentante del genere. Esiste ancora nelle isole vicine (Capo verde, Maurizio, Riunione, Madagascar). Sulla costa orientale e mescolato al /»'. anmilaliis. Fig. 81. — Hyalomma aeijyptium (Liuné). A., maschio prono: B, ano ventre: C, femmina digiuna e prona. Ingrandito (da Berleae). Trovasi su Mammiferi diversi, cioè Bue, Capra, Cavallo, Cane. Nell'Africa del Sud trasmette al Bue la Spirochaete theileri e la Babesia bor'ts. Non sembra atto a propagare la B. parva e la B. mutali* al Bue, né la B. equi al Cavallo, come non diffonde le diverse ti ipanosomosi animali. Il genere Hyalomma comprende poclie specie, in generale però assai volumi- nose. La forma tipica del genere e comunissima anche da noi è la seguente: Hyalomma aegyptium (Linné) (fig. 81) conosciuto da grandissimo tempo e de- scritto da molti autori spesso con nomi diversi, che si richiameranno più innanzi. 92 CAPITOLO PRIMO È la più grossa specie fra le Zecche nostrali, poiché il maschio misura da li a 7 mill. di lunghezza su 3,5 a 5 di larghezza. La femmina, che allo stato digiuno è lunga solo 7 mill. e larga 3,5 può giungere, allorché è ripiena, tino a 20 mill. ili lunghezza, per 18 di larghezza. Questa specie è stata introdotta in Europa ed altrove, nelle più diverse re- gioni, dai paesi caldi. Si estende nel Nord dell'Africa, come anche al Capo, Se- negal, Arabia, Asia Minore, Persia. Afganistan, Turkestan. India. Mongolia ed anche a Pechino. Inoltre Brasile, Oruadalupa, Trinità. In Europa trovasi nella parte meridionale. È comunissima in Italia, special- mente nella centrale, meridionale ed isole, più che mai lungo il littorale medi- terraneo. Attacca il Bue, Cavallo. Mulo, Asino. Montone, Cane, Cammello, Drome- dario e si trova spesso anche sull'Uomo e con efletti temibili, conforme ha mo- strato il Roucisvalle (1891) per qualche caso. Esso può trasmettere la Babesia bovis, ma non quella del Cavallo. Skinner, basandosi sul fatto che questo Acaro si incontra nei paesi dove infierisce la peste, vorrebbe anche renderlo responsabile della diffusione di questa terribile ma- lattia. Sono ricordate dagli autori parecchie varietà della specie tipica, come, ad es.: var. drome- dari» Kocli di Siria ed Egitto; var. lusitanicum Koch del Portogallo; var. impressi/m Kocli del Senegal. La specie, come ho detto, descritta e ricordata più volte per regioni diverse e da molti autori ha una complicata sinonimia. Eccola: Acarus aegypiius Linné, ecc.: A, liispanus Eabr. ; Cy- norhaestes aegyptius Hertn.; Ixodes camelinus Fischer v. Wald. ; /. fabricii Aud. ; T. sarignyi Gerv. ; Hyalomma anatólìum, B. dromedari'*, H. excavatnm, H. grommi, B. hispanum, B. impressimi, H. lusita- nicum, B. marginatimi, H. rufipes, B. triincatum Koch; I. gracilenti!* Lucas ; I. africanui Mègn.; B. dentatimi C. et F. ; B. eornuger Murray; /. algerieusis Mègnin. ; B. ntrieulus Berlese, ecc. Nella sottofamiglia Ambliommini ricorderò i generi Amblijommu ed Aponomma con un gran- dissimo numero di specie, particolarmente pel primo genere, pero extraeuropee. L'Ambi, americanum (Linné) dell'America, dagli Stati Uniti al Brasile attacca il Bue oltreché diversi animali ed anche l'Uomo. Non si sa che diffonda malattie. VA. cayennense Koch trovasi nel Sud degli Stati Uniti, Brasile, Cuba, Giammaica, Trinità. È la specie nota, con altre, sotto il nome volgare di Gai-rapata nell'America centrale. Le sue abitudini sono conformi a quelle della specie precedente. L'Ambi, hebraeimi Koch, dell'Africa (Sudan, a Zanzibar ed al Capo), vivente su molti Mam- miferi anche selvaggi e sull'Uomo. Non trasmette la Babesia bovis, bensì, secondo Theiler la lieart- water al Montone, Capra e Bue. Il genere Dermacentor abbraccia parecchie specie esotiche ed una che si trova anche in Italia comune. Fra le esotiche inerita menzione il D. occidentali* Marx delle Montagne Rocciose, vivente sul Bue, Cavallo, Montone, Cervo e sull'Uomo. È accusato di diffondere la febbre maculala delle montagne rocciose (Rocky Mountain spotted fever), che infierisce sugli abitanti delle località dove l'Acaro è presente. L'etiologia del morbo è, del resto, molto oscura tuttavia. Dermacentor reticulatus (Fabr.) (fig. 82) che trovasi hi Francia, Portogallo, Uumenia, Caucaso, Persia, Turkestan, Siberia, Giappone e forse nel Sud-ovest degli Stati Uniti. Si è incontrato anche in Italia, specialmente nella settentrionale. Si attacca al Cane, Bue, Montone, Capra, Cervo, Porco ed anche all'Uomo. In Europa esso diffonde la Babesia canis. È un bellissimo Acaro a tegumenti molto resistenti, piatto, marmorato di bruno e di vena- ture aurulente. Nel genere. Baemapltysalis si conta un enorme numero di specie, per la massima parte esotiche e tra queste molte che attaccano gli animali domestici e taluna aneli.- l'Uomo. Una sola però, la GI.l AFFINI DEGLI INSETTI !CÌ //. IkicIiì (Ami.) è conosciuta oggi come diffouditrice di Babesia santa, in Italia ed al Capo di Buona Speranza, ma solo allo stato adulto. Si sappone audio che al Giappone essa trasmetta al Bue la />. parva. La specie è diffusa in tutta l'Africa e vive sul Cane, Gatto, Leone, Leopardo, Vi- verra, eco. Una varietà (nn- stralis), che si trova a Su- matra, si incontra sulla Tigre; in Australia ed al Giappone sul Cavallo. Pare che anche V H. pun- ctata Can. et Fanz. cosmopo- lita e che vive allo stato adulto su molti Mammiferi ed allo stato di ninfa sui Rettili sia capace, secondo Stookmaun, di trasmettere la Batista bovis. Fig. 82. — Dennacentor reiiculatus (Fabr.), femmina. A, dal dorso; B, ventre. Ingrandito (da Berlese). Questi sono i prin- cipali Acari di questo gruppo, che meritavano di essere citati per la loro importanza pratica Prostigmati. Il penultimo grande sottordine degli Acari è quello dei Prostigmati, da dividersi in Acquatici (Idracnidi ed Alacaridi) e Terrestri. Dei primi si è già detto abbastanza e si è anche accennato che le larve di talune specie si tro- vano su Insetti che frequentano le acque, come ed es. lungo le nervature delle ali di Libellule, oppure sul petto di Ditiscidi, sulle zampe di Eanatre ed altri Binitteri acquaioli. Quivi spiccano per la loro tinta rossa vivissima ed anche spesso per le dimensioni, perchè non di rado queste larve sono grandette e rag- giungono talora il millimetro di lunghezza. Ala fra i Prostigmati terrestri si trovano parecchie specie degne di nota, perchè nocive alle piante od altrimenti moleste all'Uomo e ad altri animali. Si contano però nel gruppo attivissimi predatori di altri Acari minori od altri Artropodi, mentre può esser detto che mancano forme viventi nelle sostanze putrescenti animali o vegetali, a spese di queste. Tutto il gruppo infatti è composto di divoratori di sostanza organica vivente e quindi non può essere diviso che in parassiti di animali o di piante ed in pre- datori. I parassiti delle piante, come ancora attivamente semoventi conservano la caratteristica con- figurazione particolare alle specie del sottordine, ma quelli che vivono sugli animali hanno per- duto, più o meno marcatamente, l'aspetto comune anzidetto, ciò per involuzione degli organi lo- comotori, sviluppo maggiore del tronco, ecc. ed anche il colore vivace (più comunemente rosso) che appartiene alla maggior parte delle forme planticole 0 libere. Si può audare dai Paorergates parassiti dei Topi, per le Alyobia, forme parassite di piccoli Mammiferi ed ancora poco involute, fino ai Sareopteriis, che sono parassiti di Uccelli, special- mente Passeraeei e molto ridotti negli organi loro locomotori, i quali sono ancora abbastanza evoluti solo nelle forme migratorie, ma in parte assenti o piccolissimi ed abortivi nelle forme sedentarie delle medesime speci». 94 CAPITOLO PRIMO Gli Acari del sottordine Prostigmati parassiti delle piante spettano per la quasi totalità ad una sola famiglia, quella cioè dei Raflgnatidi o Tetranichidi, e di questi si tratterà più diffusamente. Fig. 83. — Tydaeus foliorum (Scbr.) molto ingrandito, prono (da Bei- lese). Gli Autori non mancano di ascrivere ai parassiti delle piante ancho talune specie del ge- nere Tydaeus e quindi il più comune T. foliorum (Sdir.) (fig. 83), che è un acaro piccolissimo (lungo min. 0,40) bianco o bianco giallastro, agile; cammina con un caratteristico tremolìo, e si trova in colonie numerose lungo la nervatura nella pagina inferiore delle foglie di piante le più diverse, specialmente di quelle molto facilmente aggre- dite da Cocciniglie ed altri piccoli Insetti litofagi. Questo Tydaeus appartiene, con molte altre specie, alla famiglia Eupodidi, ma non si nutre veramente di succili vegetali cir- colanti, bensì di detriti vari, muffe, spoglie di Insetti morti, specialmente Cocciniglie, die stanno sulle foglie. Perciò non è minimamente nocivo. Gli altri Acari della famiglia sono tutti eccellenti predatori. Però, a carico di un altra specie di Eupodide sono stati sollevati vivi lamenti da parte di qualche agricoltore e si è accusato così il Penlhaleus haematopus Koch di danni non lievi alla vegetazione in qualche caso, specialmente sulle Lat- tughe ed altri ortaggi. Questo PentkaUus è un bell'auimale, dalle lunghe zampe rosse scarlatte, dal corpo nero di velluto, lungo (il solo tronco) poco più di mezzo millimetro. È molto agile e veloce e comunemente sta nei muschi o sul nudo terreno, generalmente del tutto innocuo. Ma nella famiglia suddetta dei Eafignatidi o Tetranichidi si trovano molte specie gravemente nocive alla vegetazione, per l'enorme incremento di individui che raggiungono a tutte spese delle piante, fra cui molte di coltivate. Il più noto Acaro è il Tetranychus telarius (L.), che ha un'area di diffusione molto estesa sul globo, ritengo tutta la zona temperata In America ed altrove si trovano specie affini, che si comportano come le congeneri del vecchio mondo. Veramente le forme nostrali più comuni sono almeno tre, cioè, oltre al citato, il T. pilosus 0. et F. ed il T. latus C. et F. Questi due ultimi però, sebbene in taluni casi si trovino molto diffusi, spe- cialmente il primo dei due, nelle serre, pure, in generale, sono assai meno comuni del T. telarius, che, da solo, si può dire, sostiene tutto il peso della cattiva rinomanza della specie. Era ben noto anche agli Entomologi più vecchi, appunto per le sue abitudini moleste seriamente alle piante. Fig. 81. — L'Acaro fitofago più te- mibile. Tetra» ychas telarius (L.), femmina ingrandita, vista dal dorso (da Berlese). Tetranychus telarius (L.) (fig. 84). - È un acaro piccolo, appena più lungo di mezzo millimetro (min. 0,600 di lunghezza) di color rosso bruno sui due lati del corpo, rosso nel mezzo, coi piedi e rostro di color roseo o rosso giallo. E ovale, tutto irto di peli (lunghi quanto metà della larghezza del tronco) sparsi sul dorso e peli lunghi ed abbondanti sono anche sulle zampe. Le larve sono esapode, GLI AFFINI DEGLI INSK.III 95 rosee e si trovano colle uova e con tutti gli altri stadi sulle foglie di piante diverse. Mercè le mandibole armate di lungo ed acutissimo stiletto, l'Acaro punge le foglie e ne succhia l'umore. Inoltre le colonie di questo Acaro sono protette da sottili tele di seta o meglio di fili sparsi, formanti una trama sulla pagina infe- riore della lamiera fogliare e così si riparano dall'aggressione di nemici vari. D'inverno parecchie femmine sopravvivono e si trovano nascoste sotto le cor- teccie; in tale epoca esse sono di colore rosso ranciato. L'Acaro è nocivo molto alla vegetazione sia degli alberi d'alto fasto, come ad es. il Tiglio, però a foglia larga, sia e più ancora agli ortaggi. Non è facile combattere questo animaletto all'aperto ed io confesso di non esservi mai riuscito con abbastanza soddisfacimento. Ciò dipende dalla resistenza dell'Acaro a molti agenti tossici, alla protezione delle tele sericee ed alla sua residenza alla pagina inferiore delle foglie, come pure alle dimensioni delle piante attaccate. Xon vi possono essere cbe le polveri (zolfo, calce viva, ecc.) cbe forse praticamente si possano raccomandare, non certo gli inset- ticidi liquidi, a meno cbe non si tratti di difendere ortaggi o piante nane e cbe consen- tano le spese di mano d'opera e di insetti- cida, che sono rilevauti, perchè le irrorazioni vanno fatte con cura, pazienza e con una certa abbondanza di liquido insetticida. Nelle serre la difesa è più facile perchè in ambiente chiuso si può ricorrere utilmente alle fumigazioni di tabacco, ecc. L'Acaro è preda di piccoli Coccinellidi dei generi .R/ii/- zobius, Scymnus, ecc. La specie ha ricevuto nomi diversi, dei quali ricordo solo i seguenti: T. Hntearius (Dufour ed altri); Dittigmatus pilosus (Donnadieu); T. teiuiipes, T, tiliarius, T. ulmi, T. maior, ecc. di altri autori. Fig. 85. — Tetra» yehopsis horrida (C. et F.) vista dal dorso, ingrandita (da Berlese). 11 Tetranychus pilosus Can. et Fanz. è molto simile in tutto; differisce però pel colorito rosso- bruno più vivace e pei peli del dorso molto più robusti, tutti fra loro pressoché d'eguale lun- ghezza e sorgenti da grossi tubercoli. Il Tetranychus latus Can. et Fanz. è invece col corpo più corto, quasi tanto largo che lungo, peli cortissimi, appena visibili e le zampe molto più lunghe e sottili che non nelle specie prece- denti e con peli radi e cortissimi. Meno frequenti assai sono da noi il T. minimus Targ. ; il T. gibbosus Can. e qualche altro. Nell'aftine genere Tetranychopais sta la T. horrida (C. et F.), che è un bellissimo Tetranichide con alte e robuste setole cilindriche sul dorso, sorgenti da tubercoli molto elevati e col dorso pianeggiante. È di colore verdastro, macchiato di bruno ed ha dimensioni da paragonarsi a quelle del Tetranychus telarius ed abitudini conformi. Vive su molte piante ed è nociva (tìg. 85). Nel genere Bryobia stanno Acari caratterizzati dall'addome depresso o scavato, glabro, rugoso e dal capotorace anteriormente provvisto di una lamina trasparente intagliata a quattro dentelli, su ciascuno dei quali sta una appendice a forma di ventaglio mezzo aperto. Appendici consimili sono qua e là sul corpo, molto piccole, appena visibili. Da noi si trovano due o tre specie; la più comune è la B. praetiosa (fig. 86), bruna o nera sull'addome, rossa sul capotorace, grandetta 96 CAPITOLO PRIMO Fig. 86. — Bfi/obia praeliosa (K.). In- grandita, prona (ila Berlese). ,poco più di mezzo millimetro), ".olle zampe anteriori lunghissime e tutte poi mule e rosse. Lenta; si trova su molte piante, comunissima poi sull'Edera. È specie poco nociva, ma nel genere sta una B. patenti*, della quale gli Americani hanno molto da lamentarsi, perchè assai nociva a piante varie, specialmente nelle praterie. Meno temibili e di effetto trascurabile sono certi mi- nuti Tetranichidi, rossi scarlatti, pigri e non abbondanti, che pure si trovano sulle piante in qualità di loro parassiti ed ap- partengono ai generi Te" nuipaìpus (Donuadieu) (fig. 87). Xeophylìobiiis Kerlese, ecc. Pare si debba anche ad un Tc- nuipalpns una speciale malattia di frutti di Agrumi, cioè una specie di crosta biancastra che li ricopre in parte e li deturpa. Tutti gli altri Pro- 8tigmati sono predatori e qualcuno parassita di Vertebrati. Così, ad esempio gli Eupterygosoma vivono parassiticamente, in tutti gli stati, sui Sau- riani. Sul comune nostro Pìatydactylus manritamem se ne trovano tre specie spettanti al sottogenere Gekobia e la più comune è la G. lutasti Mègn . ed altre su altre Lucertole esotiche ad es. del ge- nere Agama. Questi Acari in generale sono rossi scarlatti e di forma singolare, cioè estesi trasversalmente, più larghi che lunghi per offrire minor parte del corpo non protetto dalle squame, dell'ospite, tra le quali si insinuano e permangono tìssi (fig. 88). Sulle piaute, a predare Acari ed altri Artropodi minori si trova comune da noi l'Jctineda vitis (fig. 89 D), bello Acaro rosso cinnabarino, globuloso, non più lungo di un millimetro, coi piedi lunghi, estesi trasversalmente e corre sulle erbe e sulle foglie con movimenti vorticosi e velo- cissimi. Sotto le pietre ed altrove, in luoghi più umidi occorrono le Bdella (fig. 89 C', dal lungo rostro conico e sottile e dai lunghissimi palpi che sembrano antenne. Nelle case, nei magazzini, granai, fienili, ecc. riuvengonsi i Cheyletut e ge- neri affini, alcune specie fornite di palpi enormi, che formano un forcipe più voluminoso del ri- manente corpo. Sulla nuda terra dei cahipi o fra le erbe occorrono varie specie di Eritreidi, Acari di questo gruppo più voluminosi e le cui larve, come (inelle dei Trombididi sono diverse molto dall'adulto e parassite di Artropodi, in tutto dunque da assomigliarsi appunto a (pici Leptu» che conosceremo tosto. Il più anticamente noto è l' Erythraèns pha- langioides (De Geer), dalle lunghe zampe, il corpo pressoché tanto largo che lungo o che misura circa due mill. Sui muri od altrove sulla terra in estate si rinviene comune V Achorolophut quUqniliarvm (Herm.) (fig. 89 A) di un rosso cinnabrino vivacissimo e le cui larve sono parassite degli Afidi e su questi Insetti si vedono benissimo perchè Fig. 87. — Un magnifico Tetra- nichide planticolo (Tenuipalpits palmatìts Donn.). Dal dorso, ingrandito (da Berlese). Fig. 88. — Gekobia neumanni Bei]., parassita di Agama colonorum dell'Africa. Ingrandita, dal dorso. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 97 spicca assai il colore loro roseo di cinabro su quello verde o bruno dell'ospite. Queste larve stanno attaccate al corpo od alle zampe della vittima e la succhiano avidamente. Del resto aggre- discono anche altri Insetti. Ma, dal lato pratico, la famiglia più impor- tante è quella dei Troni - bididi, in cui si trovano anche forme grandissime, come ad es. il Trombiti inni tinctorium (L.), che può raggiungere il centimetro e mezzo di lunghezza, e, con due o tre specie affini, è diffuso a tutta la zona tropicale e subtropicale. È comunissimo ad es. a Massaua, dove talora tap- pezza le brulle arene, che da lungi si vedono larga- mente chiazzate di rosso vivo per le agglomera- ziono di tali Acari. Gli indigeni, in talune località, se ne servono per ritrarne un bel colore rosso di cinabro molto persistente. 1 rappresentanti più comuni da noi sono VAl- loth rombium fuliginosum (Herni.) (fig. 19), che si trova comune in prima- vera sulle piante, a cam- minare sui tronchi, sulle pietre, ecc Fig. 89. — I principali Acari planticoli nostrali, predatori di altri Acari fltofagi. A, Achorolophus qutiquiliarum (Herm.) ; B, Iphididus plumiger (C et F.) : O, Bdella longirostris (Herm.) ; D, Actineda viti» (Schr.). Quello indioato con Sèmi Gamaside, gli altri sono Prostigmati. Dal dorso, ingranditi (da Boriose) . e che a primavera inoltrata ripara sotto le pietre per deporre dei mucchietti di uova rotonde, rosse. È lungo da tre a quattro millimetri, vellutato, di color scarlatto traente al rosso mattone, non troppo agile ne veloce. È attivo divoratore di Insetti minori e specialmente delle uova ad es. di Afidi, di Cocciniglie, ecc. Sotto questo punto di vista si può considerare per un animale utile. Nel Nord d'Italia e nella rimanente Europa centrale e settentrionale, è anche comune, nella medesima stagione special- mente, il Sericothrombium holoserieeum (L.) (fig. 90), che è più largo e più tar- chiato del precedente e di colore rosso cinabrino vivacissimo. Del resto, l'antico genere Trombidium, che io ho recentemente diviso in più Fig. 90. — Sericothrombium holoserieeum (L.)' da! dorso, ingrandito (da Beilese). A. Beklesk, Gli Insetti, II. — 13. 98 CAPITOLO PRIMO generi, è molto ricco di specie diffuse in tutto il mondo, dalle regioni più fredde alle tropicali e tutte hanno abitudini pressoché conformi. L'interesse pratico è destato sopra tutto dalla attivività delle loro larve, le quali sono parassite di altri Artropodi e di Vertebrati e talora con effetti pato- logici molto serii. Queste larve , munite di soli sei piedi e tutte di color rosso vivo (fig. 18). hanno una organizzazione molto complicata e sono differentissime fra loro, a seconda che appartengono ad un genere piuttosto che ad altro, ma anche diversi- ficano assai dai rispettivi adulti, coi quali non hanno somiglianza morfologica ve- runa. Le figure riportate (18, 19) ne possono fare testimonianza. Ordunque queste larve, a partire da appena nate, debbono vivere parassitica- mente, succhiando gli umori di qualche altro animale superiore e per far ciò, in- fisse che sieno col loro rostro traverso la pelle della vit- tima, si servono di un sin- golare specialissimo organo, che contengono nel loro ro- stro e che risulta da un insieme di appendici a cute sottilissima, che si diramano a guisa di radici e penetrano nei tessuti dell'ospite molto profondamente e succhiano gli umori così come appunto le radici fanno nel terreno. Tali organi si incontra- no, collo stesso effetto ed apparenza anche in Crosta- cei parassiti, ad es. del ge- nere Sacculina, che succhiano altri Crostacei appunto diramando per tutti gli or- gani della vittima un così fatto apparato austorio radiciforme. Si souo fatti ljuoni studi da parte di qualche Autore e più recentemente del Trouessart, bu questo modo di succhiamento delle larve di Trombididi. Primieramente Guddeu (1871) ha descritto l'organo di fissazione del Leptus nella pelle umana : di poi Jourdain ha fatto le medesime ricerche per gli stessi Acari fissati nella cute di Mammi- feri e di Artropodi. Per questi ultimi egli riconobbe l'apparecchio radiciforme o stornato rizico, come egli lo chiama. da assomigliarsi, conforme si è già detto, a quello delle Sacculina (fig. 91). Fig. 91. — Come un Leptus (larva di Trombidide) dirama il suo or- gano rizomorfo nei tessuti di un Artropodo per succhiarlo. C, l'Acaro visto di lato col rostro infìsso e l'organo (&) ancora poco ramifi- cato ; A, rostro dell'Acaro coll'organo b appena visibile; lì, lo stesso col- l'organo pia potratto ; 7>, lo stesso coll'organo radicitornie molto espanso e ramificato; a cute della vittima (da Flògel). GLI AFFINI DEGLI INSETTI 99 Fig. 92. — Un Leptus ossia una larva di Trombidide (Trombidium poriceps Oudem.), parassita ambe dell'Uomo, ingrandito, dal dorso (da Oudemans). Però, il Trouessart, che studiò l'argomento (1897) avverte che nei Vertebrati il Leptus intro- duce la lingua entro la pelle della vittima e questa lingua è un lunghissimo tubulo esile e ci- lindrico, sporgente fra i cheliceri. Attorno alla lingua si forma un tubulo cilindrico, in grazia degli essudati pro- vocati dalla ferita e rassodati. Così la lingua dell'Acaro agisce come stantuffo entro un cilindro, che penetra ab- bastanza profondamente, cioè presso a poco quanto l'Acaro è lungo, entro i tessuti dell'ospite Il Trouessart non ha veduto, nel caso di parassitismo sui Vertebrati, l'apparecchio stomatorizico, ma è credibile che esso appartenga alle specie che infestano gli Artro- podi, oppure soltanto in questi venga emesso da parte delle larve di Trombidium. Certo è che la puntura dei Leptus (dai Fran- cesi detti Eoiii/rt automnal, Autat, Yendanyeur, ecc.) è molto più dolorosa di quella della Zanzara. Essa produce prurito forte, insopportabile, che obbliga il paziente a grattarsi di continuo e pro- voca insonnie delle più penose. Intanto il paziente, grattandosi, provoca la formazione di piaghe, che, anche dopo guarite, lasciano cicatrici colorate visibili anche dopo quindici a diciotto mesi. Sono attaccati dal Leptus (fig. 92) oltreché l'Uomo anche alcuni animali do- mestici, sebbene non troppo spesso; ad es. il Cane, il Gatto e si crede ancora il Bue nonché le Galline. Sull'Uomo il parassita invade di preferenza gli arti inferiori, arrestan- dosi alla cintura. Sui Cani da caccia questo caso di paras- sitismo è abbastanza frequente ed i Leptus si fissano sopratutto sulle zampe, al ventre ed alla testa ed il Cane se ne risente molto in causa di un vivo prurito. Contuttociò questa infezione è di poca gravità perchè di per se passeggiera. Si può togliere facilmente con semplici frizioni di glicerina benzinata. Il Rouget, che è parassita frequente del- l'Uomo in Francia ed altrove nell'Europa centrale non so che si comporti egualmente in Italia, eppure le specie nostrali di Trom- bidi uni corrispondono a quelle della rimanente Europa, in modo particolare della centrale. Ho sempre trovato comunissimi i Leptus di varie specie qui da noi su piccoli Mammiferi, Uccelli, Artropodi diversi, ma non mi è mai accaduto di seutire che ne sieno stati aggre- diti Uomini o Mammiferi domestici. La famiglia dei Caecuiidi, rappesentata dal solo genere Caeculus, con parecchie specie. di cui la più comune da noi è il C. echinipes Duf. (fig. 93), segna un passaggio dagli Acari agli Opilionidi. Le specie del genere Caeculus sono grandette (circa 2 mill. di lunghezza pel solo corpo i e tutte coperte di cute e di scudi resistenti e bruni o neri. Le zampe, specialmente le anteriori sono molto spinose. Sono predatori, vivono sul terreno, sui muri, in luoghi asciutti. Fig. 93. Caeculus echinipes Duf., dal dorso. Ingrandito (da Beilese). 100 CAPITOLO PRIMO Nel sottordine dei Notosiigmata non si conoscono che pochissime specie, senza alcun interesse pratico Falangidi od Opilionidi. Questi Aracnidi, rappresentati presso di noi da parecchie specie, alcune delle quali molto comuni d'estate e d'autunno, sulle erbe dei prati o sulle roccie e che attirano l'attenzione per le loro zampe lunghissime ed esilissime attorno ad un / Fig. 94. — Due Falangidi; A, il comune Phalangium opilio L. ; B, un Gonyleptes. Grand, natur. corpo piccolo e rotondeggiante, non hanno veramente alcun interesse pratico e perciò se ne può discorrere assai brevemente. Si avvicinano agli Acari, dei quali però, come dagli altri ordini di Arac- nidi più alti, si differenziano per caratteri importanti, che si possono così riassumere: Tracheati. Le trachee procedono da due stigmi situati presso le anche del 4.° paio, sui lati del 1.° arco ventrale. Addome sessile ed unito per tutta la sua larghezza al capotoraee. Ovipari ; non su- biscono metamorfosi. Addome con sensibile segmen- tazione. Un paio di ghiandole odorifere che si apre sul torace. Due occhi semplici. Cheliceri tri-artico- lati; i due ultimi articoli formano una pinzetta. Palpi non chelati. Mancano (od esistono assai di rado) organi per secernere e filare la seta. Fig. 9S. — Trogulus Iricarinatus, ingrandito (da Berlese). Le principali famiglie comprendenti specie nostrali, sono le seguenti: Sironidae, Phalangodesidae, Phalangiidae, Ischi- ropsaìidae, Nemastomidae, Trogulidae. Il Phalangium opilio L., che è il più frequentemente citato dagli autori come il più ovvio rappresentante dell'ordine in Europa ed altrove, è assai frequente anche da noi e basti questo esempio del gruppo (fig. 9-4, ^1). GLI AFFINI DEGLI INSETTI 101 Alcune forme esotiche sono molto strane e di singolare aspetto, come ad es. quelle che appartengono al genere Gonyìeptes ed affini, di una specie del quale diamo figura (fig. 94, B). I Trogidus (fig. 95) sono i Falangidi più vicini agli Acari. Pseudoscorpioni o Chernetidi. Non è raro il caso di incontrare, anche negli ambienti domestici, nella pol- vere dei magazzini, nei musei ed altrove, certi piccoli animaletti, non più lunghi di mezzo centimetro, i quali somigliano a piccoli scorpioncini, con questa diffe- renza più saliente, che essi mancano di coda, come volgarmente si dice, o post- addome, come conviene dire più correttamente. La somiglianza deriva, quanto al- l'aspetto d'insieme, dai palpi allungati e terminati da una pinza, che sono caratteristici nei nostri Scorpioni. Ecco perchè questi piccoli Aracnidi sono stati anche detti Pseudoscorpioni o falsi Scorpioni, e come si sono meritato il nome ancora di Cheliferi, per aver essi, come si è detto, i palpi terminati da una chela. In realtà però, tranne la somiglianza accennata, non hanno nulla a che ve- dere cogli Scorpioni, dai quali, per la struttura loro, sono infatti diversissimi. Questi Chernetidi sono predatori di altri Artropodi minori o di piccoli Vermi e quelle specie che si incontrano nelle case, come ad es. Chelifer cancroides, (fig. 96, A) la specie più anticamente nota, gli Obisium, il Cheiridium museorum Leach (fig. 96 B), ecc., danno attiva caccia ad Acari e a minuti Insetti domestici. Altre specie vivono nelle sostanze in decomposizione, nelle concimaie, nelle borraccine, sulle piante, tutte coi medesimi istinti. Per emigrare qualche forma profitta degli Insetti maggiori, come appunto si è veduto che fanno molti Acari. Ad es. non è raro il caso di trovare qualche Mosca domestica con uno di questi Chernetidi (Chemes nodosus K.) attaccato alle zampe, in atto di farsi trasportare dall'una all'altra concimaia, dove comune- mente la specie vive a spese di Acari e Podure che ivi abbondano. Molte osservazioni consimili, anche per parecchie altre specie di Chernetidi d'Europa, d'America e d'Australia, sono state fatte e si sono trovati questi ani- mali aderenti non solo a Ditteri diversi, ma ancora a Coleotteri (sotto le elitre ed altrove) e perfino a Falangidi. Ho trovato, sotto le elitre di un grosso Cerambicide della Piata (Sterno - dontis damicomis F.) un centinaio circa di grossi Cheliferi, che ivi se ne stavano raccolti, bene protetti e nascosti, per farsi trasportare con tutta sicurezza e ra- pidità. Questi Aracnidi hanno un modo molto curioso di comportarsi per fuggire il pericolo. Essi, se toccati, corrono all'indietro velocissimamente, coi grandi palpi sollevati in atto di esplorare l'ambiente. Tra le specie più ovvie da noi citerò il Chemes nodosus sopradetto, la cui femmina, d'inverno, si vede onusta delle proprie uova, che porta in un mucchietto sul ventre; il Chelifer cancroides L., che spesso si rinviene negli alveari, dove vive dei detriti e predando insettini ed Acari che frequentano tali ambienti ed an- cora il Cheiridium museorum Leach, che è specie molto comune dove si conservano collezioni zoologiche o nelle biblioteche e si trova colà per dare attiva caccia a piccoli Artropodi molesti alle collezioni ed ai libri. 102 CAPITOLO PRIMO Si tratta adunque, in tali casi, di forine utili, ma la loro azione è troppo scarsa per riescire efficace sensibilmente, perchè mai si moltiplicano in grande numero, quale si converrebbe ad una seria difesa di ciò che amiamo con- servare. I caratteri morfologici del piccolo gruppo così si compendiano: Respirazione per trachee. Addome segmentato, con quattro stigmi, sessile, riunito al torace per tutta la sua lunghezza. Segmenti del torace confluenti o solo distinti con un solco. Postad- dome nullo. Cheliceri e mascelle grandi, multiarticolati, terminati da robusta pinza a chela. Zampe tutte eguali fra loro. Occhi nulli oppure in numero di due o di quattro. Fig. 96. — Cheliferi comuni nelle case, molto ingranditi. A. Ohelì/er cancroides L. ; B, Oheiridium museorum Leach (da Canestrini). La grandezza naturale è rappresentata dalla lineetta accanto. Una sola famiglia (Cheliferidae) con non molti generi, appena una diecina di nostrali e poche specie compongono questo ordine, che, dal lato morfologico e più da quello embriologico è, invece, molto interessante. Solifughi. Sotto il nome di Phalanga, nella regione del Caucaso ed in tutta la Russia meridionale si designa ancora, come per testimonianza di Ebano anche antica- mente, si designa, dico, uno speciale Aracnidi, che, a prima giunta, richiama un grosso Eagno e che in scienza si conosce sotto il nome di Galeodes. Le specie europee sono due, il G. araneoides del Pallas ed il G. graeous. Questi Aracnidi però sono ben diversi dai Eagni propriamente detti, ed as- sieme ad altre forme vicine compongono il gruppo dei Solifughi, i quali tutti hanno una ben triste rinomanza, come di animali molto pericolosi e da temersi grandemente. La conformazione di questi Artropodi è così fatta, che i più vecchi autori hanno creduto di trovarla intermedia fra gli Aracnidi e gli Insetti, ai quali ul- timi si sono accostati sopratutto pel carattere del corpo diviso in anelli ben chiaramente e di una regione anteriore bene riconoscibile e distinta, considerata per testa. GLI Al.'1'I.NI DKGI.I INSETTI 103 Per verità la segmentazione dell'addome è ben chiara e così pure quella del torace, ma quanto alla presenza di una testa distinta, su ciò bisogna fare delle riserve, perchè in realtà, la porzione anteriore del corpo, che può essere paragonata al capo, risulta dalla fusione di una porzione veramente cefalica con una toracale. Infatti il prosoma o capotorace che dire si voglia, è diviso in quattro seg- menti, di cui i tre posteriori, esclusivamente toracali, recano ciascuno un paio- di zampe ambulatone e la porzione anteriore, risultando dalla fusione del primo segmento toracale con quelli cefalici, reca un paio di arti, che però non servono a cammi- nare e sono, come i palpi, privi di unghie e come questi rappre- sentano organi di tatto. Questo segmento porta inoltre gli organi boc- cali ed anche un paio d'occhi ben grandi e situati su un rilievo tu- bercoliforme comune. L'addome è diviso in 9-10 segmenti liberi. In confronto degli altri Aracnidi questi Soli fughi presentano i seguenti caratteri : Aracnidi tracheati coi tre ultimi segmenti del prosoma e coll'addome se- gmentati. Il primo se- gmento del prosoma è fuso colla regione cefalica. Cbe- liceri molto sviluppati e terminati da pinza. Palpi non terminati da unghia. Fig. 97. A B Un Solifugo (Galeodes araneoides Pallas). A, dal dorso e metà circa della grandezza naturale; B, dal ventre, senza zampe, in grandezza naturale; a, b, orifizi degli organi respiratori toracali ed addominali (da Blanchard). La mala fama che circonda questi Aracnidi non dipende solo dalla loro fe- rocia, che è davvero impressionante, poiché essi assalgono, uccidono e divorano in breve tempo animali molto più di loro voluminosi e che sembrerebbero non dover troppo temere dalle loro aggressioni, ma anche si è sempre creduto fer- mamente alla grandissima velenosità di questi predatori. Questa tuttavia non è dimostrata, anzi è molto discussa. Certamente però è assai bene provato il coraggio e la voracità di questi Solifughi. Interessanti osservazioni sulla loro struttura ha fatto recentemente il Ber- nard e cosi è apparsa discutibile la natura della ghiandola, che fu interpretata per velenifera ed altri crede semplicemente repugnatoria ed anche la vera sede del veleno, se questo esiste. Non meno degne di curiosità sono le notizie che sui costumi di specie in- diane, ha fatto il capitano Hutton, fin dal 1843, su un Galeodes, probabilmente il G. fatalis Herbst. 104 CAPITOLO PRIMO Il nutrimento abituale consiste di Insetti d'ogni specie, cbe questi Aracnidi non solo succhiano, ma sbranano completamente. Si sono visti aggredire Lucertole, molto più grosse di loro, aflerrarle alla nuca ed in breve tempo non lasciarne che le ossa, così pure uccidere e divorare un piccolo Topo muschiato, un Pipistrello, un Passero e finalmente lottare con vantaggio contro uno Scorpione assai grande. Questi animali lottano e si divorano fra loro. La femmina però mostra grande affezione alla sua prole, come del resto accade generalmente degli Aracnidi. Si vide una femmina del G. fatali» scavare in terra una galleria e deporvi una cinquantina d'uova, che essa vegliava assiduamente. Dopo 14 giorni avvenne la schiusura dei giovani che, fino alla loro prima muta, cioè per tre settimane, rimasero immobili e di poi essi cominciarono a correre e crescere senza però prendere cibo di sorta. Questo accrescimento, che si osserva ìd parecchi Aracnidi, pur non assumendo essi alcun cibo, non è affatto incomprensibile, quando si pensi alle loro funzioni digestive. In generale gli Aracnidi hanno grandissimi animassi ghiandolari, circondanti il piccolo tubo digerente, i quali sono composti di cellule, che fungono ciascuna come magazzino di sostanze nutritive, specialmente albuminoidi e quindi lentamente le digeriscono, scaricando pòi i prodotti di digestione nell'intestino. Così accade che l'animale può crescere, senza mangiare, anche per molto tempo dopo l'u- scita dall'uovo, perchè contiene nelle dette ghiandole gran parte del tuorlo dell'uovo da cui è derivato. Inoltre, qualora questi Artropodi possano fare un abbondante pasto, essi poi a spese delle sostanze immagazzinate, vivono lungamente in un digiuno, che non è se non apparente, poiché senza che nuovo cibo venga assunto dal di fuori, essi utilizzano quello che conservano entro di sé. Di tale guisa si sono veduti Issodi nascere e di poi crescere per tutta la loro vita senza nutrirsi e si è già detto che gli Argas possono vivere per più anni senza mangiare, e negli Aracnidi è facile constatare dei digiuni che possono prolungarsi per parecchi mesi, prima di giungere alla morte dell'animale, il quale se non perisce però sa bene rifarsi largamente della lunga astinenza alla prima occasione. In questo gruppo si contano parecchie specie di dimensioni vistose, come sono appunto i Galeodes. Rappresentanti dell'ordine si trovano largamente diffusi sul globo, sebbene le specie non siano molte numerose, tutte però appartengono a regioni temperate o moderatamente calde. In Europa se ne trovano ìd Spagna e Portogallo, Grecia, Eussia meridio- nale; in Africa nella parte settentrionale ed al Capo; in Asia; in America set- tentrionale e meridionale. Non se ne conoscono rappresentanti per l'Australia ed il Madagascar. In Spagna e Portogallo si trova una specie pertinente al genere Gluvia (G. dorsali» o striolata) e nella Russia meridionale, Caucaso, Grecia, ecc., esistono le due specie di Galeodes ricordate, e che gli abitanti di quelle regioni chiamano Phalanga, conforme si è avvertito. Intorno alle abitudini di queste ultime forme europee il Pallas narra cose mirabili ed afferma che il Galeode, comune nelle steppe della Eussia e nei paesi dei Calmucchi e dei Chirghisi, ha una fama delle più paurose, tanto che sono abbandonate le località dove questi Aracnidi sono frequenti, perchè temuti non meno degli Scorpioni e reputati velenosissimi. Essi ferirebbero al ventre i Cam- nielli ed i Montoni, allorché questi animali si sdraiano sulla nuda terra. (ILI AFFINI DEGLI INSETTI 105 Vi ha tutto un curioso ricettario per medicare le ferite ed evitare gli ef- fetti del morso di questi Aracnidi, che molto spesso feriscono anche l'Uomo. I Galeodi stanno di giorno ritirati sotto le pietre od altrove in luoghi oscuri e non sortono che di notte; aggrediscono la preda con un balzo e la trafiggono colle loro mandibole. II gruppo si divide in tre famiglie, cioè: Galeodidae, Solpugidae, Hexiso- podidae. Araneidi. Aracne, giovane lidia, figlia di un tintore di Colofone osò sfidare Minerva a chi ricamasse meglio. La dea, vinta nel concorso, si vendicò distruggendo l'o- pera della rivale, che per disperazione si impiccò e fu poi da Minerva stessa, trasformata in Eagno. Dalla protagonista di questa favola intanto è venuto il nome a tutta la classe degli Aracnidi, per quanto le forme così bene note per la loro attitudine a fabbricare le tele meravigliose, si restringano al solo, gruppo degli Araneidi o Eagni propriamente detti, ed anche a non molti fra questi, pur essendo quasi generale la facoltà di emettere fili di seta, colla quale si aiutano grandemente in molte circostanze della loro esistenza. ^Nonostante questa attitudine, per cui molte specie, tra le più ovvie, si richia- mano alla ammirazione nostra, i Eagni hanno invece conquistato una non buona rinomanza, come di esseri detestabili e da temersi, perchè velenosi o grande- mente pericolosi per altre non bene definite ragioni. Tutto ciò abbastanza immeritatamente, perchè se è vero che taluna specie, anche nostrale, può mordere con qualche effetto spiacevole anche per l'Uomo, è pur vero che tale morso è di gran lunga meno doloroso e pericoloso di quello dell'Ape, pel quale insetto invece da parte nostra non si ha che viva simpatia. Anche i Eagni, col muover guerra ad una quantità di lusetti, in qualche modo molesti o spiacevoli dovrebbero invece essere considerati come forme utili, senza preoccupazioni di sorta per le loro facoltà velenifere, che sono trascurabili o nulle per noi, nella maggior parte dei casi, mentre invece hanno una reale energica efficacia per animali minori, come possono essere altri Artropodi, ecc. Le forme europee d'altronde, se se ne tolga la Malmignatta e la Tarantola, di così terribile ed esageratamente cattiva fama, sono anche per l'Uomo senza pericoli di sorta, poiché è troppo resistente la nostra epidermide alle loro deboli mandibole e se pure fosse perforata tutto il male si ridurrebbe ad un insignifi- cante dolore, senza ulteriori conseguenze. Noi dunque più equamente faremo considerando gli Araneidi come forme utili in generale e con non piccola .nfluenza, talora, nella economia agraria spe- cialmente, come attivissime distruttrici di specie nocive. Potremo riferire qualche esempio, dal quale apparirà evidente il non pic- colo aiuto, per quanto ignorato, che danno certe specie di Eagni all'agricoltore, liberandolo da Insetti seriamente pericolosi. I Eagni domestici poi, prendono di mira specialmente le Mosche delle case e basterebbe questo solo merito per aver diritto alla nostra gratitudine, certo non meno, anzi molto più, a mio giudizio degli Uccelli, ad es., dei quali si decanta così male a proposito l'effetto utile in agricoltura, o dei Eospi e delle Lucertole, che trovano oggidì tanti paladini, per quanto non possano A. Bbri.kse, Gli Inietti, IT. — 14. 106 CAPITOLO PRIMO vantare come gli Uccelli in loro vantaggio almeno l'aspetto elegante e punto disgustoso. I Eagni compongono un vasto gruppo, con rappresentanti in tutte le regioni del globo dove gli Artropodi vivono. Essi possono essere distinti fra gli altri Aracnidi dai seguenti caratteri: Fig. 98. — Mascella (eh) e palpi (pp) colla ghiandola velenifera (gì) in Lycosa laren- tula. Respirazione per trachee e sacchi polmonari. Cefalotorace bene distinto dall'addome, che è attaccato al cefalotorace stesso mercè un esile pedun- colo. Ambedue queste regioni del corpo non sono divise in segmenti distinti. Cheliceri non terminati da pinzetta, bensì da unghia perforata dall'orifizio della ghiandola velenifera. Palpi, nel maschio, modificati par- ticolarmente per l'opera di riproduzione. Addome fornito di papille-filiere. Molte particolarità appartengono alla struttura dei Eagni, le quali meritano di essere conosciute anche perchè si riferi- scono ad effetti di interesse pratico. Le mandibole o cheliceri sono composte di due articoli, il basale grosso e cilindrico ; l'apicale conico, allungato, ter- minato a punta e resistente. Questo è un vero organo perfo- rante. Esso poi è traversato da un tubulo esile, che rappre- senta il condotto di scarico di una ghiandola piriforme (fig. 98 gì), contenuta nel capotorace e che secerne il veleno. Lo sbocco di tale ghiandola è all'apice stesso dell'unghia suddetta, cioè del pezzo apicale della mandibola. Siccome l'una contro l'altra le due mandibole fanno insieme una tenaglia, che può stringere gli oggetti fra i suoi pezzi terminali od unghie che dire si vo- gliano, così accade che il Eagno, per mor- dere, stringa l'oggetto fra le sue mandibole e, penetrando l'unghia, introduca contempo- raneamente anche il veleno. Questa immissione del veleno è volon- taria e dipende da contrazione della tunica muscolare periferica della ghiandola vele - nifera. In riposo l'unghia stessa è ripiegata (fig. 99) sul pezzo basale, esattamente come la lama di un coltello a serramanico contro il manico stesso. Il veleno contiene Varac- nolisina, come principio attivo e mostra gli stessi effetti negli animali in cui è ino- culato, del veleno delle Vipere. Questi effetti del veleno dei Eagni, particolarmente nella credenza popolare, sono stati molto esagerati, sopratutto per quanto riguarda animali voluminosi e lo stesso Uomo. Il volgo crede fermamente alla seria pericolosità di tutti i Eagni e teme questi animaletti, avendone spesso un vero ribrezzo. Non pochi studiosi della natura, tra i quali cito De Geer, Clerck, Wal- kenaer, Dugès si sono fatti mordere dai più grossi Eagni nostrali, appunto per riconoscere l'effetto delle punture, ma non ne hanno mai risentito altro se non Fig. 99. — Capo veduto dall'innanzi di Epeira diadema coi cheliceri e gli otto occhi. Ingran- dito (da Roesel). GLI AFFINI DKGLI INSKTTI 107 quello che avrebbe provocato la puntura di un sottile spillo, senza altre conse guenze più gravi. Non sembra però potersi escludere in modo reciso che qualche specie di- Ragno, particolarmente fra i Licosidi e Terididi e che conosceremo tosto, sia da temersi più seriamente, almeno secondo il parere di parecchie testimonianze, oltreché della tradizione, mentre però tali conclusioni sono da altri decisamente negate e trattate di superstiziose. È singolare come a tutto oggi rimanga controversa una tale questione ed anche oggidì si trovano persone degnissime di fede, anche fra i medici, le quali affermano, con molti casi a titolo di esempio, la seria velenosità della Tarantola da noi e della Malmignatta, precisamente quando altre esperienze, eseguite da altre persone non meno oculate e diligenti, giun- gono a concludere per l'assoluta innocuità del morso di tali Eagni. Non pare neppure che si possa trovare e scegliere una via di mezzo fra la inno- cuità affermata da taluno e l'effetto gravis- simo e talora letale accertato da altri, perfino sull'Uomo. Tuttavia si può intanto ritenere, che certi fenomeni attribuiti al morso della Tarantola (Lycosa tarentula L.), dei quali trattò a lungo il nostro Aldovrandi (e di poi Baglivi e moltissimi altri), siano piut- tosto da attribuirsi a fenomeni isterici. Il Ragno (flg. 100), che ha preso il nome da Taranto, giacché è comune nel- l'Italia meridionale, è accusato di determi- nare, colla sua puntura, uno stato morboso speciale, che può condurre alla morte e che, per essere curato, richiede l'inter- vento della musica, per cui il paziente si abbandoni ad una danza frenetica (la Tarantella) finché, perdute le forze, cada sfinito in un lago di sudore. Questa cura diviene necessaria ogni anno, occorrendo l'anniversario della puntura e può durare anche per tutta la vita tale stato morboso. Senza l'intervento di così fatto rimedio, o se avvengono incidenti speciali, ad es. che la musica si inter- rompa nel più bello della danza, od altri simili, il paziente muore. Cotali effetti però non si avverano certamente nelle altre regioni d'Europa e d'Africa, nelle quali pure si trova la Tarantola di Puglia, né si avvera per le specie affini. Ma per converso, esperienze dirette negano qualsiasi effetto sensibile seriamente al morso della Tarantola. Anche persone fattesi mordere per prova dalla Tarantola di Puglia, non hanno avuto conseguenza di sorta dal morso, se non qualche poco di bruciore, non troppo diverso da quello che si può risentire dalla puntura di uno spillo. Cito fra gli sperimentatori, nel detto senso, Leon Dufour, Giuseppe Erker, ecc. Essi invece riconobbero la efficacia mortale del morso di questa Ta- rantola rispetto ad Insetti diversi. Fig. 100. — La tarantola {Lycosa tarentula L ). in grandezza naturale. 11 Fabre riconobbe la morte di un giovane Passero in tre giorni e di mia Talpa in 36 ore dalla puntura di una Tarantola. Le Api e le Vespe, quando morse nel collo, muoiono pressoché immediatamente e quivi appunto il Ragno di preferenza le colpisce, mentre se ricevono il morso in altra parte del corpo, ad es. nell'addome, possono vivere per parecchie ore. 108 CAPITOLO PRIMO Più singolare è quanto si riferisce a Bagni della famiglia dei Teridiidi e più precisamente alle Malmignatte. Anche per questi, del resto, non mancano sperimentatori che, fattisi mordere essi stessi, non hanno avuto da tale puntura effetto nocevole alcuno. La comune Malmignatta (flg. 101), nostrale è stata l'oggetto di queste prove. Anche recente- mente il Bordas, che ha ripetuto tale esperienza, non ne ha avuto danno. D'altro canto però impressiona il fatto che in regioni del globo lontanissime fra loro e diversissime, si incontrano le stesse affermazioni rispetto a specie di- verse di Malmignatte e tutte queste affermazioni accennano a fenomeni morbosi analoghi sull'Uomo, e tutti gravissimi, fino alla morte. Ciò induce un terrore grandissimo di tali Ragni in località le più disparate, appunto come da noi è temuto il Bagno volterrano, cioè la comune Malmignatta (Latrodectes 13- guttatus Bossi). Così, ad es., nel Madagascar, nella Nuova Zelanda, in Algeria, nelle Indie orientali ed in America del Nord trovansi specie diverse di Malmignatte (Latrodectes), tutte di dimensioni mediocri eppure grandemente temute. Al Madagascar due specie sono conosciute coi nomi volgari dati loro dagli indigeni, di Menavodi e Vancoho. Quest'ultimo è il più pericoloso. Affermasi, da persone degne di fede, che il morso di questi animali produca uno stato di sincope, che può durare anche due giorni. L'effetto disastroso si può evitare in parte provocando _.„,,., r ,, , . nel ferito un'attiva traspirazione. Fig. 101. — La Malmignatta (Latrodectes 13- guttatus La specie della Nuova Zelanda (Latrodectes scelio), Rosei) in grandezza naturale. ilKiicata dagli indigeni col nome di Katipo, sebbene non più grossa di un pisello, pure darebbe conseguenze disastrose col suo morso, cioè dolori vivi per tutto il corpo, generale abbatti- mento, ecc. ; malanni questi da curarsi con difficoltà ed in molto tempo. G-li indigeni hanno perciò, di tale Bagno, un grandissimo, giustificato timore. Il Latrodectes mactans Fabr. è la specie americana, di cui si dicono pessime cose quanto agli effetti del suo morso. Sono citati casi avvenuti nella Carolina del nord e sembrano bene accertati, di persone morte in conseguenza di tali punture. Un operaio, morso circa alle ore otto e mezzo del mattino, moriva fra le dieci e le undici ore di notte. In un altro caso l'individuo morsicato si salvò dopo lunghissime cure e molto a stento. Quanto alla Malmignatta nostra, secondo la credenza comune e secondo anche affermazioni di persone di scienza, come ad es. il Dr. Graells, incaricato nel 1S33 dalla B. Accademia di Medicina e Chirurgia di Barcellona di studiare gli effetti del morso di questo Bagno, sembrerebbe che questi sieno veramente assai gravi, dal gonfiore della parte ferita al dolore estendentesi all'arto e spesso a tutto il corpo; convulsioni seguite da grande prostrazione e collasso. La gua- rigione si ottenne coll'aiuto di una abbondante traspirazione. Affermazioni conformi sono fatte da molti altri autori degni di fede, come Cauro, Boccone, Keisler, Lambotte, ecc. Per l'opposto il Lucas, che in più occasioni si fece mordere dal Latrodectes, non ne ebbe alcun effetto morboso. Il Bordas, come si è detto, che studiò recentemente, colla consueta diligenza . le ghiandole velenifere ed il veleno della Malmignatta, conclude che punture fattesi fare da Malmignatte sulle dita, non produssero che una leggera zona in- fiammatoria, seguita da un piccolo gonfiamento rossastro, accompagnato da forte GLI AFFINI DEGLI INSETTI 109 prurito e da fenomeni locali senza carattere di gravità. Il tntto scomparve dopo qualche giorno, senza alcun trattamento. Invece sulle Mosche, Stafilini, Carabi, Grilli, Locustidi ed altri Insetti la puntura produce una specie di paralisi, seguita da morte a breve distanza. Anche il Phidippus morsitans del gruppo degli Artidi e fra i più voluminosi, è considerato come capace di sensibili effetti velenosi col suo morso e si può dire accertato, che qualche specie, anche non vistosa per dimensioni, come il nostrale Chiracanthium punctorium Vil- lers. può produrre nell'Uomo disordini nervosi col suo ve- leno. Intanto non si hanno pre- cise o sufficienti notizie sul grado di velenosità dei mag- giori fra i Ragui, cioè di quelle grosse Mygale, che se fossero venefiche in proporzione delle loro dimensioni, sarebbero dav- vero temibilissime anche per l'Uomo. Fig. 102. — Filiere di Ragno (Epeira). A, aperte; B, chiuse. Emettono il filo. Ingrana. Da Roesel. Un'altra particolarità morfologica degli Araneidi, in rapporto con una fun- zione caratteristica, cioè la filatura della seta, si è la presenza di organi appo- siti per tale ufficio, ossia delle così dette filiere. I Ragni presentano, al ventre, appena al disopra dell'ano, un insieme di ri- lievi conici, papilliformi, che sono appunto le così dette filiere (fig. 102). Tali ri- lievi sono abitualmente in numero di sei, cioè un paio anteriore, uno posteriore ed uno mediano; però, in causa di riduzione di un paio o di un altro, essi possono trovarsi in minor nu- mero, cioè di quattro od anche di due. Tali papille presentano anche pseudoarticolazioni e sono mobili abbastanza. Talora qualche paio è notevolmente lungo e sporge come due codette dall'estremo posteriore dell'addome : però, in tale caso, queste papille non hanno più l'ufficio di organi per la filatura della seta. Le papille sono, specialmente nell'articolo terminale, ricoperte fittamente di appendici coniche, sottili, rigide e troncate, abbastanza simili a peli, le quali sono tubuli, da cui esce il filo di seta. Se ne conta gran numero, ad es. 400 in Epeira diadema; 300 in Tegenaria domestica; 100 in Segestria senoculata, ecc. Da ciascuno di questi tubuli esce il sottilissimo filo di seta, e tutti insieme questi fili esilissimi, formano un filo unico, di cui il Ragno fa così grande uso nella sua vita. Oltre a questo insieme d'organi, taluni Ragni possiedono anche il così detto crivello, cioè una duplice piastra, formante un insieme ovale allungato, collocata al ventre, al disopra delle papille e tutta fittamente perforata, appunto come un Fig. 103. — Estremità della zampa 4." paio di un Ragno col ealmistro (da Warbuiton). 110 CAPITOLO PRIMO Fig. 104. — L'estre- mità della zampa 'li un Raguo. Ingran- dita. crivello. Si tratta sempre di un organo per la filatura della seta ed i Ragni che lo possiedono hanno anche il pettine o calmislro (fig. 103), alle zampe dell'ultimo paio, sul penultimo segmento al dorso. Questo calmistro è composto di una serie di spinette disposte regolarmente su una linea longitudinale, formanti una specie di pettine e serve a cardare la seta e disporla in matassa a fili paralleli, mano mano che esce dagli organi filanti. Simon, in vista della presenza o mancanza del crivello, divide appunto i Eagni in Gribeìlati ed Ecribellati. Anche gli organi di adesione collocati all'estremità delle zampe sono molto elegantemente conformati e con una certa complicanza (fig. 104). Infatti essi consistono principalmente in due unghie fal- ciformi, il cui orlo inferiore però è armato di dentelli a guisa di pettine (solo in talune specie di Avicularidi le unghie sono semplici). Oltre a ciò, in molti casi, l'apice del segmento estremo, sotto le unghie, porta un ciuffo di peli, detto scopula oppure peli piumati od anche una unghietta, minore delle principali, ma egualmente conformata. Certo totali organi pet- tini formi hanno l'ufficio di cardare i fili sericei, per disporli ordinatamente in serie. Speciale menzione merita anche il palpo del maschio adulto, il quale organo, come sarà avvertito, è specialmente conformato in modo spesso complicatissimo, per intervenire nell'opera della riproduzione (fig. 105). Invece, per le femmine e per le forme giovani della serie maschile, il palpo stesso è semplice, cilindrico, cogli ultimi articoli non diversi dai precedenti e nel maschio assume la peculiare struttura solo all'ultima muta, allorché l'individuo diviene adulto. Gli occhi nei Ragni sono semplici, cioè di una sola cornea e distribuiti sulla parte anteriore del capotorace. Essi sono generalmente in numero di otto (fig. 99) ; talora però il loro numero è ridotto a sei, raramente a due ed in qualche specie caver- nicola mancano del tutto (Anthrobia mammuthica ; Stelita taenaria; Hadites tegenarioides). La disposi- zione degli occhi stessi, il numero, ecc., sono eccel- lenti caratteri sistematici. Quanto alla forma dei Ragni, cioè alle varia- zioni dal tipo fondamentale, che ognuno ha in mente, bisogna convenire che essa è mutabile assai, più che altro per l'addome, che può avere le forme più diverse, da lineare, convoluto a globoso, breve, con spine a processi lunghissimi, ecc. come si può vedere da alcuni esempi recati dalle figg. 100-108. Così pure il Capotorace può variare, specialmente per la regione oculare spesso elevata in cono più o meno lungo. Le abitudini dei Ragni, per quanto riguarda gli ambienti in cui vivono, sono abbastanza variate, poiché, mentre alcuni abitano sotterra od altrove bene nascosti in recessi bui durante il giorno, altri invece vivono alla grande aria, sulle piante, sopra terra, ecc. Qualche specie frequenta le acque, nelle quali anche può immergersi senza bagnarsi, portando seco sul corpo un sottile velo d'aria. Questi animali non vivono ordinariamente in colonie od in società, ma soli- Fig. 105. — Schema dell'organo pal- pale. T, 'tarso; A, alveolo; H, ematodoca-, B, bulbo ; R, ricettacolo del seme ; a, suo orifizio; S. stilo (da WarbnrtoD). GLI AFFINI DEGLI INSETTI 111 tari, neppure i maschi stanno colle loro femmine, poiché ne verrebbero presto uccisi e divorati. Si hanno rari esempi di forme che si raccolgono a vivere in colonie numerose e questi esempi riguardano forme esotiche, come quelle specie che incontrò il Livingstone nell'Africa del sud, di cui i nidi sono avvici- nati così l'uno all'altro, da formare un tessuto ininterrotto di seta sul tronco intero di un albero. Anche Darwin parla di un Eagno incontrato a Santa Baiada (La Piata), i cui nidi verticali, discosti una sessantina di centimetri l'uno dal- l'altro, sono però riuniti da fili in comune e vi stanno insieme molti individui di questo grosso Araneide. Egualmente il Simon descrive qualche specie gregaria del Venezuela. Fi». 106, Ragni esotici di forme strane. Ingranditi (la grandezza natur. è indicata dalla linea accanto'. A, Trithaena triatspidata Blanc. ; B, Oastercantha doride Sira. ; O, Acrosoma horrida Tacz. ; D, Acrosoma maronica Tacz. t E, Acrosoma oblonga Tacz. ; -F, Acrosoma luctuosa Tacz. (da Taczanowski e da Simon). Tele e nidi. — Si è detto che la caratteristica principale dei Eagni è quella di filare della seta, che viene. emessa dalla parte posteriore del ventre. Con tale seta le femmine di tutte le specie avvolgono e riparano le loro uova ed inoltre molte specie fabbricano le tele, più o meno complicate, mediante le quali si pro- curano la preda. Non tutte le specie di Eagni ricorrono a questo mezzo per provvedere al proprio sostentamento. Ve ne ha gran numero che meritano il titolo di vaga- bondi, i quali, senza dimora fissa, si aggirano continuamente in cerca di preda, che sanno catturare di sorpresa, uccidono subito e succhiano senza più. Ma quelli che costruiscono tele molto bene architettate, hanno attratto da lungo tempo l'attenzione nostra e già Aristotile distingueva tre specie di Eagni. appunto per la diversa maniera di costruzione della ragnatela. 112 CAPITOLO PRIMO La seta si trova negli organi sericipari dell'animale allo stato di sostanza fluido-gommosa, appunto come è nelle ghiandole sericipare degli Insetti, ed ap- pena emessa traverso le filiere allo stato di filo, si solidifica all'aria. Il filo non si forma però se non per stiramento, sia praticato dal Eagno colle zampe, sia fis- sando la gocciola ad un punto ed allontanando- sene di poi. Così, quando l'animale vuole discendere a terra se sia da questa discosto, fissa una gocciola di seta sull'oggetto ove si trova e di poi si abbandona nel vuoto (fig. 109). Pel suo peso esso discende ed intanto il filo si svolge fuori- uscendo dal suo ventre. Se il Eagno si vuole arrestare può farlo a suo piacimento, poiché è in suo potere di intercettare l'uscita della seta ed in tale caso l'animale può rimanere sospeso in aria, attaccato al sottile filo di seta. Il filo poi può essere rotto dal Eagno stesso, stringendo e sfregando l'una contro l'altra le sue filiere. Questa facoltà sericipara ha grandissimo gioco nella vita e nelle abitudini del Eagno, poiché non solo i nidi, i sacchi per le uova e le tele sono fabbricati di seta, ma ancora i Eagni buoni filatori non muovono passo, si può dire senza assicurarsi prima che qualche filo li trattenga in luoghi di dove possono facilmente cadere, o li accompagni nelle loro peregrinazioni per aver pronto e facile il ritorno al punto di partenza. I Eagni, allorché vogliono traversare un largo spazio nell'aria senza discen- dere a terra, e guadagnare pedestremente il punto desiderato, il che sarebbe Fig. 107. — Gasteracantha arcuata Fabr. Grandezza naturale. Fig. 108. — Profili di Ragni per mostrare strane forme di addome. A, Argyrodes paradoxug : B, Arianne» Jlagellum; C, Stegosoma testudo. viaggio lungo e disagevole, oppure vogliano tendere i fili maestri su cui poi co- strurre le loro tele, usano un metodo semplice e molto opportuno. Essi lasciano andare un filo liberamente nell'aria e questo, se l'aria è mossa, sventola in giro, fino a che viene casualmente a toccare un oggetto discosto e, mercè il potere adesivo di cui è fornito, vi si fissa tenacemente. Subito il Eagno ne tenta la resistenza, tirandolo colle zampe e se questa è sufficiente a sopportare il suo peso, il Eagno vi si avventura sopra, curando intanto di emettere altro filo a Berlese - Voi. II. Tav. I. $0m ■ m w Due Aracnidi fra i più grossi indezza infunile). / l'na ir. roZi | 1/" '. ■'" ri) elei Brasile. ? Ono Scorpione [Pandinus a/ri ai var. iinprrator) ùi Africa. Milano - Società Editrice Libraria. GLI AFFINI OBOLI INSETTI 113 rinforzo del primo e così raggiunge il punto di adesione del primo filo e vi attacca il secondo. Si sono veduti così fuggirsi dei Ragni da pezzi di legno galeggianti nel centro di vasi pieni di acqua. Persuasosi il Ragno che non vi aveva modo al- trimenti di traversare il piccolo lago, ricor- reva all'impiego di fili, da lasciar volanti, liberi con un capo nell'aria, ed allorquando avevano fatto presa, per quelli se ne fuggiva rapidamente. Del resto il Ragno sa esplorare anche la direzione del vento, appunto per cono- scere se l'aria è mossa abbastanza da poter far sventolare i suoi fili. Una simile esplorazione è della massima importanza per l'animale, ed esso la pratica standosene su un punto elevato, mercè le zampe anteriori, che tiene sollevate quanto più può, mentre il rimanente corpo è fermo e percepisce i moti dell'aria ambiente. Le tele dei Ragni si possono distin- guere in regolari ed irregolari, cioè in quelle che, per ciascuna specie, hanno egual forma e distribuzione dei nli ed assumono una con- figurazione più o meno geometrica; le altre variano a seconda delle condizioni del sito ove sono costruite e si possono piuttosto paragonare a tessuti di seta disposti senza ordine costante e definibile geometricamente. Fig. 109. — Epeira veduta dal ventre, che discende sospesa al suo filo. Grand, natur. (da Roesel). Certo le tele regolari, nelle quali le nostre Epeire e tutti i Ragni della stessa famiglia si mostrano maestre, sono state quelle che fin dall'antico più hanno eccitato la nostra ammira- zione e la cui costruzione è stata piti accuratamente sorvegliata e descritta. Le Epeire fanno una tela circolare, sospesa e distesa nell'aria, fra le piante o nelle case ed è stata bene seguita la costruzione della tela che fa la comune Epeira diadema (Limi.), il grosso Ragno ad addome grosso, globoso-conico, e variegato di varie tinte, che si incontra comune nei campi come nelle nostre case (tig. 110). Anzitutto si tratta di disporre il filo orizzontale maestro e per far ciò l'animale ricorre a quell'espe- diente che sopra si è ricordato. Può anche il Ragno sospendersi esso stesso all'estremità di un filo più o meno lungo, che penzola così verticale e, mosso dal vento qua e là questo pendolo naturale, accade che il Ragno finisca per toccare qualche oggetto circostante, su cui subito si fissa. Così si mette il primo capo e questo filo è teso in tal modo fra due oggetti a distanza varia, da pochi decimetri a qualche metro, a seconda dell'ambiente in cui il Ragno lavora. Tutto il rimanente dell'opera varia naturalmente a seconda dei punti circostanti a cui l'animale può fissare gli altri fili principali che debbono reggere tutto il tessuto, i quali peni debbono essere almeno tre fissi, meglio poi se sono in maggior numero. Comunque condotto il filo orizzontale maestro, esso è sufficientemente rinforzato dal Ragno A. BgRLESE, Gli Insetti, II — 15. Fig. 110. — Epeira diadema (L.). Femmina in grandezza natur. (da Roesel). 114 CAPITOLO PRIMO B C O 9Q»0 OG>9QO 0° OOQOOOGCiQO Fig. 111. Diversi staili di formazione dei globuli viscosi sul filo (da Warbmton). con altri (ili aggiuntivi e tutta questa prima sottile fuue è tesa a sufficienza perchè possa sop- portare la tela che vi sarà fabbricata sotto. Si tratta ora di trovare un terzo punto d'appoggio. Per fare ciò l'Epeira attacca una goc- ciola di seta al filo maestro e si abbandona nel vuoto, scendendo così e formando un pendolo col suo filo, che gli esce dall'addome quanto occorre. In tal modo, il più spesso passivamente, per opera dell'aria mossa circostante, il Ragno guadagna qualche oggetto sottostante e quivi fissato il capo, il filo principale è trovato e con esso il terzo punto di appoggio. Bisogna ora istituire l'altro lato del triangolo, ciò che l'animale fa rimontando lungo il filo verti- cale, fino al capo maestro e correndo su questo, mentre intanto un filo esce dal ventre, e fissando poi questo nuovo filo ad un punto prestabilito di quello orizzontale maestro. Ecco fatto il quadro su cui la tela può essere costrutta. Ora il Ragno tira un filo diagonalmente ; nel nostro caso si tratta di una mediana del triangolo e dal punto di mezzo di questa mediana, come centro, il Ragno poi fa partire tanti fili raggianti, che vanno ai tre fili principali, che limitano il triangolo. Per condurre ciascuno di questi raggi l'auimale deve, ogui volta, partirsi dal centro, percorrendo il raggio precedentemente disposto. Tutto l' insieme del quadro primitivo e dei raggi è fatto di fili di seta secchi, cioè non ri- coperti di una sostanza glutinosa e vischiosa speciale, che è segregata da certe particolari ghiandole. Ma il rimanente della tela, che è fatto di fili sottili e girati spiralmente attorno al centro, è la parte destinata a trattenere gli Insetti, che vi battono contro e vi si invischiano colle loro ali, mercè la sostanza appiccicaticcia suddetta. Il Ragno dunque, partendosi dal centro, si muove spiral- mente attorno ad esso e così conduce un solo lungo filo, che attacca via via ed incolla sui raggi, mano mano che li in- contra, fino all'ultimo giro della spira, che rappresenta il limite circolare estremo della tela. Guardando al microscopio tale filo lo si vede asperso della sostanza glutinosa. Dapprima, appena il filo è sortito dal ventre del Raguo, la sostanza stessa vi è distribuita sopra pressoché uniformemente; poi essa si raccoglie adagio adagio in tante goccioline (fig. Ili) pressoché equidistanti fra loro, che formano come tanti piccoli nodi attorno al filo e sono molto numerosi, tanto che sono stati calcolati a circa 120,000 in una sola tela. Dopo ciò la ragnatela è finita, ma l'Epeira vi aggiunge ancora due o tre fili che, bene tesi, vanno dal centro della tela al luogo dove il Ragno si tiene nascosto e sono come fili telegrafici, che, vibrando, allorché un Insetto batte nella tela, vi si impiglia e la scuote cogli sforzi che fa per liberar- sene, avvertono il predatore della cattura. 11 Kagno sta nascosto, come si disse, accanto alla sua ragnatela, cou essa in rapporto immediato, oppure vi sta nel centro, dove c'i secchi apposta perchè vi possa stare sopra comodamente il costruttore. Non va obliato un tratto molto singolare, ricordato dal Ninni, che lo constato de visti, il quale dimostra quanto possa soccorrere una speciale ingegnosità, oltre al naturale istinto, in questi animali, per trarre profitto da spedienti vari in condizioni anormali per la costruzione di una tela. Una Epeira diadema intendeva di costrurre una tela sotto una tettoia, tra lo sporto di quella ed il muro della facciata. Ma quivi non erano possibili che due punti di appoggio, quello Fig. 112. — Argìope brunnicki Sci. iu grandezza naturale. una trama di fili GLI AFFINI DEGLI INSETTI 115 sullo sporto della tettoia e l'altro al muro. L'Epeira legò con un suo filo un piccolo sasso e, fis- sato l'altro capo dei filo alla tettoia, abbastanza discosto dal muro, su questo pendolo trovò il terzo punto di appoggio e per quanto la tela fosse molto oscillante al vento, pure fu costrutta benissimo e servì allo scopo. l'u notevole costume è illustrato dal Vinson per un Ragno dell'Isola Maurizio {Epeira mau- rìtìu), che costruisce le sue tele poco dissimili da quelle delle nostre comuni Epeire, ma che limilo nel centro un grosso filo bianchissimo, avvolto a zig-zag e di cui non si conosceva lo scopo. Esso serve a legare solidamente le grosse prede recalcitranti, perchè se nella tela cade una Mosca, il Ragno la avvolge semplicemente con pochi fili leggeri, ma se vi batte entro un animale più grosso, ed il Vinson ha veduto appunto tutta l'azione a proposito di una grossa Cavalletta, caduta nella rete, il Ragno usa del grosso filo per avvolgere solidamente e con grande prestezza l'insetto, che non potrebbe essere trattenuto dalle esili maglie della rete. In modo simile operano certi Ragni dell'America del nord, come V Argiope cophinaria Cook, nelle cui tele il filo spirale è piegato a zig-zag tra due raggi vicini. Del resto un bel nastro di un bianco argenteo, fatto di fili sericei molto fitti e steso per lungo tratto fra due raggi della tela, a suo ornamento o per altra ragione, si trova anche nella ragnatela della nostra bellissima Ar- giope biuiiiiicki Sci. (tìg. 112). Tale ornameu- tazione è visibile anche in una ragnatela orizzontale e discoidale fatta da specie del genere Uìoborus (fig. 113). Allorché la malaugurata vittima è venuta a dar dentro nella tela, il Ragno Vi Si precipita addosso rapida- Fig. 113. - Tela orizzontale di rìoborus con fili ° , , „ ,., , rinforzati (da M. Cook). mente, la morde colle sue mandibole, così che essa muore immediatamente e dopo avvoltata strettamente in più fili, in guisa che anche se fosse viva non potrebbe dare un crollo, la trasporta nel suo covo e la succhia a suo agio, quando però la fame non spinga il Eagno ad una manovra più sollecita, come è quella di succhiare l'insetto uccidendolo senza legarlo altrimenti e senza traspor- tarlo fuori della tela. I cadaveri poi delle vittime sono gettati a terra. Qualora però l'insetto impigliatosi nella tela sia di dimensioni rilevanti e pericoloso ad accostarsi, come è il caso di molti Imenotteri, allora la cattura è opera difficile e da farsi con molta prudenza da parte del Ragno. Sono impie- gati più fili di seta, che vengono da distanza lanciati sull'animale che si dibatte, fino a legarlo strettamente ed impedirne ogni movimento. Se però l'insetto cat- turato è troppo voluminoso e troppo si agita con pericolo di tutto l'edificio o se il Ragno non è troppo affamato e non vuol darsi la pena del lungo lavoro per immobilizzare la preda, allora il Ragno stesso, recidendo i fili attorno all'animale impigliato, ne facilita la fuga. Le tele sono fatte tanto dai maschi come dalle femmine, in generale però i maschi sono meno egregi costruttori o amano piuttosto il vagabondaggio in cerca delle rispettive femmine. Per talune specie la tela, anziché circolare, è formata da un settore più o meno ampio di cerchio. Così è ad es. per gli Syptiotes, la cui tela potrebbe essere paragonata ad un settore equivalente ad una quinta o sesta parte della tela di una comune Epeira e per di più, da' centro del settore procede un filo ben teso, all'estremità del quale se ne sta il Ragno, celato sorto una foglia od altro riparo e dallo scotimento del filo stesso, allorché la tela tutta è agi- tar .1 per esservisi impigliato dentro un qualche animale, il Ragno è avvertito della cattura ed ac- corre tosto. Le tele di alcune specie di Ragni sono orizzontali, anziché verticali come quelle ora de- 116 CAPITOLO PRIMO scritte e spesso complicate con particolari costruzioni. Merita ad es. particolare menzione la tela della Argiope basilica del Texas, così detta perchè questo Ragno, entro una trama conica di fili radi, costruisce uua rete a cupola molto regolare e caratteristica (fig. 114). Singolari sono anche le tele costrutte dalla Spilassma artifex Sim. del Venezuela, della quale il Simon ha dato eccellenti figure e descrizioni (fig. 115). Esse tele sono orizzontali e circolari e nel loro centro portano una camera fusiforme, diretta verticalineute, che in parte sporge sotto la tela ed in parte sopra, ed essendo sospesa con un filo verticale, fissato in alto, regge tutta la tela. In tale camera di fitto tessuto sericeo sta nascosto il Ragno colle uova e coi piccoli nati di recente. Fig. 114. — Tela della Argiope basilica Cook (da Cook). Molte specie di Ragni però costruiscono tele irregolari, cioè con fili intrecciati in tutti i sensi, più o meno fittamente ed in guisa da formare un tessuto senza forma determinata. Così sono, ad es., le tele che si veggono lungo le siepi molto comunemente e più appariscono al mattino per tempo, quando sono coperte di rugiada. Le più ovvie e maggiori spettano a Ragui del gen. Hnyphia, comuni in Europa. Generalmente il Ragno sta sotto la rete, col ventre all'insù e gli insetti cadono sulla tela dopo aver inciampato ed essersi dibattuti contro i fili sparsi, tesi irregolar- mente al di sopra della tela stessa. Molti altri Ragni si accon- tentano di costrurre i loro ag- guati anche senza la tela sotto- stante orizzontale, cioè semplice- mente con fili tesi irregolar- mente in tutte le direzioni, per entro a qualche pianta o cespu- glio. Così fanno alcune specie del genere Theridion. Tele piane e con un tubulo dove ripara il Ragno, sono fab- bricate da specie dei generi Age- lena, ad es. A. labi/rintica, che fa le sue ragnatele sui margini dei fossati e nelle siepi. Della stessa maniera, si pos- sono dire le tele dei grossi Ragni domestici, spettanti al genere Tegenaria (T. domestica L.), che le costruiscono negli angoli dei locali meno frequentati ed ognuno le ha presenti, come pure il grosso Ragno nero, velloso, colle zampe molto lunghe, oggetto di non piccolo terrore alle persone che non ne conoscono la sua innocuità. Entro i loro naseon- Fig. 115. — Tela e tubo di abitazione della Spilasma arti/ex Sim. ridotto di un terzo. B, spaccato del tubo mostrante il mucchietto di uova ed i piccoli ragui (da Simon). GLI AFFINI DUOLI INSETTI 117 digli tabulari i Ragni stanno in agguato (lìg. 116), pronti a precipitare sull'Insetto, che, caduto nella rete e dibattendosi, avverte così l'Araenide che una preda è a sua portata. Ma non minore ammirazione delle tele destano nell'osservatore i nidi dei Eagni, siano essi loro dimore oppure costruzioni varie a difesa della loro prole. Le più curiose dimore sono quelle che appartengono ai Ragni della famiglia Avioulariidi, i quali generalmente sono ad attività notturna e durante il giorno stanno celati entro i loro nascondigli. Questi sono cunicoli molto complessi, scavati nel terreno, mercè le mandi- bole, le quali in questi Ra- gni sono particolarmente foggiate appunto a questo scopo. Si tratta di gallerie cilindriche, che penetrano perpendicolarmente o con forte angolo nel terreno e così larghe che il Ragno vi si può rigirare per entro. Le pareti sono accurata- mente tappezzate di seta e l'orifizio è chiuso da un oper- colo discoidale, che si adatta esattamente al foro d' in- gresso ed è articolato in modo da potersi alzare ed abbassare. Tale opercolo (fig. 118, G), può essere trat- tenuto dall'interno salda- mente dal Ragno, mercè le sue zampe anteriori. L'opercolo è fatto di strati alternati di seta e granuli terrei ed è molto resistente. Xei nidi di talune spe- cie si trova anche un altro opercolo interno e situato sul percorso del cunicolo, di guisa che questo è diviso in due camere. Il Simon illustrò alcuni bellissimi esempi di nidi molto complessi, dovuti a Ragni di questa famiglia, come sono quelli ad es. dei generi Pachyloscelis, Sto- this, Idiops, Psalistops, Rhytidieolus, ecc., che sono tutte specie del Venezuela. Il Bhytidicolus structor Sim. fa nidi di tre camere, la prima eia terza ovale, quella dimezzo cilindrica. Gli opercoli della prima e della terza si aprono dall'esterno e quello della camera di mezzo dall'interno (fig. 117). La femmina depone le uova nella prima camera, di cui chiude all'interno i due opercoli e le uova stesse sono avvolte da un fitto tessuto di seta, e questo bozzoletto allungato è sospeso alle pareti della camera come un'amaca. Qualche specie fa una galleria ad arco, che affiora alla superficie del terreuo con due aper- ture, ambedue chiuse da opercolo (Slothh «xtitta Sim.) mentre altre specie dello stesso genere S. caenobita), si contentano di una camera a forma di fiasco e con un solo opercolo (fig. 118, A). Comune è una maniera di gallerie fatte ad Y con un ramo di ingresso, chiuso da opercolo e Fig. 116. — 11 ragno domestico (Tegenaria domestica L.) nella sua diinora in fondo alla sua tela. Debolmente ingrandito. 118 CAPITOLO TRIMO l'altro, ascendente, che giunge solo alla superficie del terreno, ma non è pervio. C'osi fauno le Cteniza, le Nemesia, Atypus, ecc. Questi generi comprendono specie anche europee, particolarmente dell'Europa meridionale, come ad es., la Cteniza fodiens Valck., la Nemesia suffusa Sav., V Atypus sulzeri Lati'., ecc. Anche molte specie del genere Lycosa, in ffi cui è notevole la famigerata Tarantola (L. ta- ri» tuia L.), scavano gallerie entro terra e talora ne elevano gli orli all' orifizio con costruzioni in terra o con pezzetti di legno, ecc. (fig. 120), così da formare dei cilindri vuoti sollevati sopra il piano. Così partico- larmente fanno le specie più voluminose, mentre le più piccole non praticano costruzioni o gallerie di sorta. Singolare è anche il nido del Cyrtauchenius eìongatus (Sim.) del Marocco, il quale non solo scava un cunicolo perpeudicolarmente nel suolo e lo riveste di seta, ma il rivesti- mento fuoriesce di terra una decina di centi- metri circa e si espande ad imbuto, sostenuto dalle erbe adiacenti, così che somiglia ad un fungo (fig. 119). Un Ragno molto degno di osservazione per le sue curiose abitudini, frequenta le acque, nelle quali si può immergere e si im- merge anzi di frequente e rimane sott'acqua a suo piacimento. È comune nei nostri fossati. Intendo parlare della Argyroneta aquatica L., che rappresento a fig. 122. Questo Ragno non respira diversamento dagli altri, che sono affatto aerei, ma può vivere sott'acqua perche, attorno al suo corpo, in virtù della peluria fitta che lo ri copre, rimane aderente un velo d'aria e con questo, a guisa di palombaro, il Ragno va sott'acqua, senza difficoltà per la respirazione. Si vede così come tutto argentato e da ciò ritrae il suo nome. Fig. 117. — Nido di Rhylidicolus struclor Sim. Spao- j cato; ridotto di un terzo (da Simon). Fig. 118. — Nidi di Ragni del Venezuola. A, Spaccato del nido di Slothis eoenobita Sim. ; B, Nido di Pseudidiops opifex Sim. su un pezzo di ramo; 0, opercolo aperto del nido di Pachylotcelit scalops Sim. ridotto di circa un terzo (da Simon). Ora V Argyroneta fabbrica anche il suo nido sott'acqua, costruendo una cupola di seta ap- pena sotto la superficie, a ridosso di qualche corpo galleggiante e di poi vi porta dell'aria, che trascina seco in bolle e trattiene aderente al suo corpo coll'aiuto delle zampe posteriori in cia- scuna sommersione e di poi lascia libera sotto la cupola di seta, dove rimane. Così, mercè ripe- tute operazioni, il Ragno accumula una grossa bolla d'aria, trattenuta dalla cuffia di seta e quivi può disporre le sue uova. GLI AKKIXI DEGLI INSETTI 119 La seta ha inoltre largo impiego nella fabbricazione dei nidi in cui vengono riparate le uova. Questi bonoli contenenti uova hanno t'orma eostante per ciascuna specie e caratteristica. Ad es. quello della comune Epeira diadema è sferoidale, a guisa di batuffolo di seta gialla: altri sono variamente foggiati (fig. 121) e per lo più nascosti in ripari bene scelti oppure esposti liberamente sulle tele stesse o sulle piaute od altrove. Talora i bozzoli sono numerosi, come avviene per due specie di Epeire d'America (del genere Cyclosa), che fanno tiuo a quattor- dici bozzoli, tutti ordinatamente legati ad un filo. Il modo di costruzione è presso a poco lo stesso per tutte le specie. È tessuto prima uno strato piano, sul quale o sotto il quale sono deposte le uova, che poi vengono ricoperte da altri strati di seta ed al bozzolo è data la forma speciale. I Licosidi, dei quali molte specie sono anche da noi, fanno un bozzolo sferico, composto di due calotte saldate assieme , secondo una linea equato- riale. Le femmine portano con sé continuamente questi bozzoli appesi al ventre e ne hanno grande cura e mostrano una vera e propria disperazione se essi vengono loro tolti (fig. 125). Anche il nostro comune Ragno a zampe lunghe ed esilissime, che si vede nelle case (Pholcus), porta sul ventre il suo bozzolo d' uova, a guisa di un piccolo sacchetto biancastro (fig. 123). Fig. 119. — Tubulo di Oyr- tauchenius elongatus (Sim. (da Cook). Fig. 120. — Torretta di Lyeosa carolinensi. (da Cook). Xon facile a spiegarsi, sopratutto per le nostre incomplete cognizioni sui costumi dei Ragui, sulle cause nemiche alle singole specie, ecc., è la diversità grandissima nel numero d'uova che i Ragni depongono nel loro follicolo, diversità, dico, da specie a specie. Mentre i maggiori Ragni possono in- cludere fino a .3000 uova in ciascun bozzolo (Theraphosa ìeblondi), altre non ne mettono più di due (Oonops pulcher). Nel bozzolo della Synagetes pietà non sono più di tre nova; sei in quello della Ero fureata; da due a cinque ne mette la Anthrobia mam- mouthica delle caverne d'America, ecc. I numeri più elevati invece vanno alle migliaia, a cominciare dalle parecchie centi- naia (600 uova) della nostra grossa Epeira diadema, che fa fino a sei bozzoli, come dell'i/. quadrata; E. narbonensis ; alle 1150 fino a 2200 della Argiope cophinaria e ad un nu- mero anche maggiore per le grosse Avicularie. Si è tentato di utilizzare la seta dei Ragni, ma se ciò potrebbe essere possibile per talune specie esotiche, le quali emettono fili molto più grossi e robusti delle nostrali, non è riuscito pratico invece per le specie da noi più ovvie. Fig. 121. Vari follicoli d'uova. A , di Theridion pollens {i diam.) ; B, di Agroeca bruniteci (grandezza naturale) ; O, di Ero fureata (4 di ara.) (da Warburton). 120 CAPITOLO I'ItIMO A E La seta, di cui sono protette le uova, è più robusta e più facilmente filabile di quella delle tele. In modo vario si compor- tano i Eagni neonati, che sono molto simili od identici all'adulto ed hanno le mede- sime abitudini o le acquistano presto. In generale, per parecchi giorni dalla schiusa, i piccoli ragù etti non prendono cibo; è loro sufficiente la provvista che si portano dall'uovo nel loro intestino, e per lo più vivono gregarii, come si può vedere dal comune esempio dei neo- nati della Epeira diadema, che sono tutti riuniti nel fol- licolo, che conteneva le uova, da cui sono usciti e non ne scappano se non molestati ; nel quale caso si vedono dispersi in tutti i sensi sui fili che reg- gono il follicolo o su fili che essi stessi emettono abbando- nandosi verso terra (fig. 124). Tutto ciò descrisse bene il Redi. Per alcune specie, come è pei Licosidi, i neonati, usciti Fig. 122. — L'Argyroneta aquatica L., in grandezza naturale. ,jaj follicolo d'uova, CÙe la a, ii ano nido. madre in tutte le sue escur- sioni porta con sé al ventre o fra le mandibole, si recano sul dorso della madre stessa, e là rimangono fermi e Fig. 123. — Pholcus phalavgioidee (L.) delle case, che trasporta il suo mucchietto d'uova. Ingrandito circa tre volte (da Blaukwall). sono trasportati così in giro, per circa una settimana, finché, abbastanza cre- sciuti, provvedono a se e si disperdono. GLI AI-FINI DBOLI INSETTI 121 Quelli che fabbricano tele, nei primi giorni di indipendenza, costruiscono le loro ragnatele le une poco discoste dalle altre. Xei primi tempi però, mentre i ragnolini sono tuttavia gregari, non è una pratica infrequente quella del canni- balismo, ed è così che di tanti schiusi solo pochissimi, il più spesso, riescono ad incamminarsi verso la maturanza. I giovani Ragni hanno, in generale, molta attrazione per veri e propri viaggi aerei, che essi compiono portati via dal vento, coll'aiuto di fili di seta, che emettono dal ventre e che servono come una leggiera matassa atta a sollevarsi nell'at- mosfera mossa. Anche i Eagni terricoli, come sono i Licosidi. sentono questo bisogno nella prima giovinezza. II ragnolino che vuol fare l'areonauta, profitta di una giornata ventosa; sale su un punto eminente e colà, alzando l'addome e distendendo le zampe, reggendosi cioè sulla punta dei piedi (tìg. 126), emette dei fili dal- l'estremità posteriore del corpo, i quali fili, allorché sieno in volume sufficiente, portati via dal vento, trascinano con sé anche il pic- colo Eagno, che viaggia a caso e finisce per cadere a distanza dal luogo di partenza. È questo un buon mezzo di diffusione della specie e non è a credersi che i voli riescano corti; talora superano molti chilometri. Darwin vide arrivare così, sulla nave a 60 miglia dalla costa una quantità di piccoli Eagni rossastri. Questi fili vaganti, con tutti quelli di tele strappate dal vento, portati nell'aria, sono ben noti col nomignolo di fili della Vergine, fili di Maria, fili della Madonna, fili d'Autunno ed hanno molto preoccupato i naturalisti di due secoli fa per conoscerne l'origine. Può essere però che vi siano anche compresi i sottilissimi fili di quell'Acaro, che abbiamo già conosciuto sotto il nome di Tetranico tessitore. Oltre al cannibalismo suaccennato, sonovi altre cause avverse, che moderano la moltiplicazione dei Eagni, alcuni dei quali, essendo fecondissimi, come si è già veduto, sareb- bero in numero eccessivo specialmente rispetto agli altri che si sono indicati per migliaia di volte meno fecondi. I Eagui, per quanto bene armati di temibilissimi or- gani di offesa e difesa, temibilissimi dico per altri animali della loro stessa statura o di poco maggiori, pure sono insidiati, depredati, distrutti da molti animali, anche di minor volume, ma più sagaci e meglio armati e che attivissimamente ne fanno caccia. Anzitutto vi sono Vespe del gruppo degli Icneumonidi, che conosceremo bene più innanzi, da poiché hanno una importanza pratica grandissima nella economia della natura, che depongono le loro uova entro i follicoli dei Eagni e le larve, che ne nascono, vivono a spese delle uova stesse, che distruggono com- pletamente. Ben inteso però che le uova di Eagno non debbono essere perauco schiuse, perchè altrimenti avviene il caso inverso, che, cioè, i giovani Eagni di- vorino la larva dell' Icueumonide. Fig. 124. — Un nido di Upeira diadema mentre stanno nascendone i pic- coli. Grandezza uatur. (da Roesel). A. Bbrlkse, Gli Intetti, li. — 16 122 CAPITOLO PRIMO Fig. 125. — Dolomedes mirabilia col 9uo mucchietto di uova. Ingrandito oirca due volte (da Blankwall). Talora le uova sono distrutte da altri Eagni, ciò che avviene ad es. per le Clubiona. Quando poi i Ragni sono schiusi allora sono insidiati non solo da altri Eagni di altra specie, se non della propria, ma da molti Insetti. Altri Icneumonidi de- pongono le loro uova sul corpo del Ragno e le larve che ne nascono, penetrano sotto la pelle dell'ospite ed in breve ne divorano gli organi interni ed uccidono la vittima, che non vi può fare alcun riparo. Quanto ad endoparas- siti i Eagni sono anche ag- grediti spesso da vermi del gen. Gordius. Ma i più terribili di- voratori di Bagni sono parecchie specie predatrici fra gli Insetti. Molte Vespe, partico- larmente della famiglia delle Sfegidi, nutrono i loro pic- coli di Eagni, che catturano e trasportano nei nidi dopo averli immobilizzati con una puntura nei centri nervosi. È questo uno dei più interessanti capitoli nella storia degli Artropodi e ne sarà trattato colla larghezza che ne conviene, allorché si parlerà di queste me- ravigliose Vespe cacciatrici e delle loro abitudini. Le Formiche distruggono gran numero di Eagni, sia che li incontrino sulla terra o sulle piante ed essi non se ne sal- vano, in questo ultimo caso, se non lasciandosi cadere dal ramo, sospesi ad un filo, sul quale le Formiche non si avven- turano. Tutti gli Insetti predatori divorano volentieri i Bagni, che non sempre possono difendersi, ad es. contro la dura co- razza dei Coleotteri. Anche Eettili, Uccelli e Mammiferi, in certi casi, non disdegnano nutrirsi di Eagni, ma la loro azione è certo meno efficace di quella degli Insetti alla distruzione di questi Aracnidi. Per sfuggire ai nemici, come pure per ingannare la preda, così che essa possa essere aocostata facilmente, moltis- simi Eagni godono di colorazioni protettive o di forme mime- tiche, per le quali cioè somigliano ad animali o corpi diversi meno paurosi per le vittime prese di mira. I casi di colora- zione protettiva, per cui il Eagno si uniforma alla tinta prevalente intorno a se e così sfugge ai nemici suoi od è accostato più facilmente dalle sue vittime, allorché se ne sta in agguato, sono molto frequenti, anche fra le specie nostrali ed ognuno ha veduto Bagni di tinte verdi, che frequentano le erbe, altri screziati di colori grigi, che si trovano sul terreno, sulle corteccie degli alberi, ecc., dove riesce così diffìcile scorgerli quando non si muovano. Fig. 126. — Giovane Ragno che si accinge ad un viaggio aereo Ingrand. (da Enier- ton). SU AFFINI DEGLI INSETTI t23 Ne vedremo un bell'esempio a proposito «li un Ragno nostrale, che preda le Api, attendendole nei fiori, dove è nascosto fra i petali e per la sua tinta non è facilmente visibile. Colorazioni particolari di Ragni che frequentano una data pianta e ne imi- tano esattamente i fiori, sono citate comunemente dagli autori. Quanto alle forme mimetiche, sono comuni anche da noi alcune specie di Ragni, che per la loro forma somigliano le Formiche (fig. 127) e sono parecchie. La somiglianza è non solo nella forma del corpo e nel colorito bruno, ma an- cora nel fatto che tali Ragni usano tre sole paia di zampe per camminare ed un paio anteriore simula i movimenti delle antenne dell'insetto. Gli autori citano il caso di un Ragno di Giava (Ornitltoscatoides decipienu), che, supino su un piccolo letto di seta su una foglia, imita assolutamente bene gli escrementi di Uccelli, dei quali vanno in traccia certe Farfalle. Queste, ingannate, vanno a posarsi sul Ragno, che le afferra senza più. I naturalisti hanno trovato argomento di ammira- zione, a proposito dei Ragni, in quanto concerne i loro amori. Infatti si tratta di abitudini spesso molto singo- lari, compreso anche l'atto ultimo, pel quale, dal concorso dei due sessi, è assicurata la conservazione della specie. L'umor fecondante è portato dal maschio nelle vie sessuali femminili, non direttamente, ma a mezzo dei palpi del maschio stesso. Questi sono particolarmente conformati a ciò nel Fig. 127. — Un Eagno ohe ...... -.. somiglia ad una Formica. loro apice e sono talora complicatissimi, come pure diversa salticus formicariua (L.) ne è la fabbrica da specie a specie, tanto che lo studio DaI kdo™°' insrandit0 (da di questo intricato organo palpale, offre, caratteri diagno- stici eccellenti per la distinzione delle specie (fig. 105). II maschio adunque, raccoglie nell'organo suddetto del palpo l'umor semi- nale, che ha messo prima all'esterno dall'orifizio che è sul ventre e tutti gli atti di corteggiamento verso la femmina, talora complessi e singolari, hanno per iscopo di far sì che la femmina si lasci accostare abbastanza perchè l'apice del palpo mascolino venga a contatto colle vie sessuali femminee e l'umor fecondante, contenuto in speciali spermatofori, che sono occlusi nel palpo del maschio, trovi la strada a cui è destinato per raggiungere le uova. Ma questa operazione non è per nulla scevra di difficoltà, perchè non basta vincere la ritrosia della femmina, è necessario, in quasi tutti i casi, che il ma- schio sia molto guardingo, se non vuole cader vittima della femmina stessa ed esserne prontamente divorato, non appena compiuta la funzione sessuale se non anche prima. Perchè le femmine, generalmente molto più voluminose dei maschi, non di- sdegnano nutrirsene anche in occasione delle nozze, quando essi non siano abba- stanza solleciti a fuggirsene. Certi maschi (ad es. dei generi Argiope, N^ephila) non raggiungono che la millesima parte del volume della femmina, hanno quindi tutte le ragioni per te- merne seriamente. Non però le femmine di tutte le specie sembrano così feroci, perchè in ta- luni casi, come ad es. fra le Lini/ pitia, maschi e femmine, all'epoca degli amori, vivono insieme, e non sembra che i maschi dei Licosidi abbiano troppo a temere dai rappresentanti dell'altro sesso. Ad ogni modo però non è mai senza un serio pericolo di vita pel minore fra i due sessi, che le nozze si compiono. 12 1 CAPITOLO PRIMO Fig, 128. — Ma6chi in atto di danzare dinanzi alle rispettive femmine. A, di Astia vittata; B, di Icius mitrante (da Peckam). È quindi naturale che i preliminari molto spesso siano laboriosi, desiderando il maschio entrare nelle grazie della rispettiva femmina, quanto più sicuramente per sé è possibile. Per molte specie gli atti di corteggiamento e di seduzione, sono molto va- riati e complessi, ed i maschi mettono sotto gli occhi delle loro femmine, molto in vista, tutte le attrat- tive che derivano dagli ornamenti di colorazione del loro corpo ed anche taluni corteggiano a lungo la femmina, dan- zandole intorno con mo- vimenti vorticosi viva- cissimi, che sembrano irresistibili... Nella famiglia degù Atti di stanno specie eso- tiche, tropicali di mera- vigliosa bellezza per tinte smaglianti ed i maschi sono sempre più riccamente ornati delle rispettive femmine e di tale loro van- taggio sanno trar profitto nell'opera di seduzione. Così descrive il Peckharn la danza di un Ragno d'America, V Mabrocettum pulex Hentz, di- nanzi alla sua femmina. « Giunto a quattro pollici da essa si arrestò e di poi cominciò la più meravigliosa esecuzione che un maschio innamorato possa offrire ad una femmina ammirata. Essa lo guardava amorosa- mente, cambiando di tempo in tempo la sua posizione, così da vederlo sempre. Il maschio, avanzava l'intero corpo da un lato col raddrizzare le sue zampe; lo abbassava col piegare le due prime paia di piedi, so- stenendosi or qua or là sugli arti, fino quasi a perdere l'equilibrio. Molte volte esso girava da una parte al- l'altra, mentre la femmina lo fissava, evidentemente ammirando la grazia delle sue movenze. « Tali mosse si sono ripetute per ben centoundici giri, eseguiti dall'ardente maschio attorno alla femmina, alla quale egli si accosta girando sempre più vivace- mente fino a raggiungerla in un rapidissimo vortice, Di nuovo il maschio indietreggia e ricomincia le sue evoluzioni semicircolari, col corpo diretto all'insù e la femmina, tutta eccitata, abbassa la testa ed alza il suo corpo, così che esso è quasi verticale. I due individui si accostano e le nozze si compiono ». Fig. 129. — Un maschio in attitudine stri- dulante. Chilobrachys stridularla, (da Wood Mason). Molte altre specie hanno abitudini ana- loghe e noi qui riportiamo le figure di due maschi in atto di danzare al cospetto delle loro femmine (fig. 128). Per richiamare le femmine rispettive, taluni maschi godono di organi stri- dulanti in forma di radule, come è appunto pel Chilobrachys stridulans, di cui riproduciamo la figura (fig. 129) e per qualche altra specie. Durante lo stridìo i maschi si dispongono in una speciale posizione. Non sono però stati trovati ancora organi uditivi specializzati nei Ragni. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 125 si riferiscono da più testimoni fatti che indurrebbero a credere esistere nei Ragni non solo un organo dell'udito atto a funzionare bene, ma ancora spiccata attrazione per la musica. si narrano parecchi casi di Ragni visibilmente attratti e molto vivamente, dai suoni di strumenti diversi, particolarmente a corda, come sono il violino, violoncello, ecc., ma anche da altri. I fatti sembrano troppo bene accertati per poterli mettere in dubbio, ma quanto alla na- tura vera di questa attrazione, se veramente è un fatto, non è lecito tuttavia pronunziarsi. Gli Araneidi sono divisi in oltre una trentina di famiglie, nelle quali tutte si notano specie molto interessanti, alcune anche dal lato pratico o perchè ovvie. Essi sono distribuiti in tutto il mondo, ma le specie più voluminose ed anche più singolari per forma del corpo, colori, ecc., si incontrano nelle regioni calde. Fig. 130. — 11 Ragno d'acqua. Argyroneta aquatica (L.) ingrandito circa il doppio (da Blankwall). Per la classificazione si tiene conto del numero di sacchi polmonari, se sono due (Dipneu- moìti) o quattro (Tetrapneumoni); del numero e disposizione degli occhi; della presenza o man- canza del cribrello e del calmistro ; del numero di unghie nell'estremità delle zampe, ecc. Va- riano grandemente anche le abitudini nelle diverse famiglie. Accennerò brevemente alle più interessanti specie. Nella famiglia Aricnlarìidi si trovano le maggiori forme e sono in gran parte esotiche. In Europa, nella regione mediterranea, si rinvengono alcune poche specie appartenenti ai generi Vienila, Nemesia, Atypiis, delle cui escavazioni sotterranee si è già detto. Ma alcune specie tropicali o subtropicali, specialmente del genere Avicitlaria, Mygale ed affini, sono di dimensioni enormi come è ad es. della AI. javannensis Walken. di Giara, che misura 8 ceut. dall'orlo anteriore del capotorace all'estremo addome e presso a poco delle stesse dimen- sioni è la AI. ui-sina Koch del Sud America. Un poco più piccole sono la AI. avicularia Limi, egualmente del Sud America, la AI. biondi Latr. della stessa località, ecc. È affermato da più autori che questi grossi Ragni predano non solo Insetti ed altri Artro- podi, ma ancora i piccoli Uccelli, specialmente i Colibrì, li uccidono col loro morso e ne suc- chiano gli umori. Per le loro dimensioni questi Araneidi possono bene essere atti a ciò. Nella famiglia Drassidi si contano moltissime specie nostrali e tra queste quel Ckeiraean- tkiitm punctorium Villers, di piccole dimensioni, eppure con effetti del suo veleno non trascurabili anche per l'Uomo. La famiglia dei Folcidi contiene il Pholcus phalangioides Fuessl., che si trova nelle case, agli angoli delle muraglie, molto comunemente e se ne è già accennato, come pure alla Tegenaria domestica L., che appartiene agli Agelenidi. 126 CAPITOLO PRIMO Fig. 131. — Una mosca in pericolo, insidiata da un Sallicus pronto a lanciarsi sulla preda. Moltissime specie nostrali, assai importanti per molti riguardi, sono nella famiglia Teri- diidi e fra queste appunto quei Latrodectes, che hanno così eattiva fama in tutto il mondo, se- condo si e detto. Singolare, per forma dell'addome, ornato di tre punte ai tre angoli è la Trithaena tricuspi- data Sim. del Sud America, nonché taluue specie di vari generi esotici mirabili per la conforma- zione del capotorace, nel quale la re- gione oculifera <■ variamente sollevata in rilievi tubercoliformi o corniformi sul restante dorso. Ma la famiglia che comprende le pili singolari e belle specie si è quella ricchissima degli Epeiridi, di cui il rappresentante nostrale più noto e più ovvio è la Epeira diadema L., il co- mune Ragno dei giardini e di cui si è descritta la costruzione della tela. Molte altre belle specie del genere sono anche nostrali. In Italia ed altre regioni del Sud Europa si incontrano le Argiope, come la nostra bellissima A. brunnicki coll'addome a fascie alternate di colore giallo, bianco argenteo e nero (fig. 112) e le zampe zonate di nero. Fa tele rotonde, bellissime, nelle siepi. Il genere Gasteracantha, tutto di forme esotiche, è meraviglioso per le spine o meglio pro- cessi conici, acuti, duri, talora lunghissimi, di cui è rivestito l'addome. Ne dò alcuni esempi (figure 106, 107). I Tomisidi, famiglia ricchissima di oltre 110 generi, sono rappresentati in tutto il mondo e moltissime specie sono nostrali. Curioso è il loro modo di camminare; stanno colle zampe di- stese lateralmente e camminano cosi bene verso l'innanzi, come di lato o all'indietro. Sono, in generale, forme caccia- trici, che attendono la preda nascoste in agguati o la scovano ed aggrediscono (fig. 132). In generale non [emettono che radi e disordinati fili, anziché una vera tela. Si incontrano sui muri, sui tronchi d'albero, sulla terra o sulle piante in agguato od in atto di cacciare. Tra gli Agelenidi troviamo la Argyroneta aquatica L. (fi- gura 130), di cui si è detto, che frequenta le acque e vi si può immergere portando seco la provvista di aria . Anche la Tegenaria domestica L. appartiene a questo gruppo. I Licosidi abbracciano vari generi, comprendenti grosse specie, anche quelle del genere Lycosa (colla Lijcosa tarentula nostrale), assai ricco di forme, specialmente nella regione mediterranea. Finalmente fra gli Attidi o Salticidi che dire si vogliano, trovatisi Ragni vagabondi, non facenti tela e che vivono cac- ciando e predando insetti, sui quali, dopo essersi con prudenza avvicinati, si lanciano con un salto. L'esempio più comune è rappresentato da noi dal Salticus scenicits L., che vediamo insidiare le Mosche delle case, con molta astuzia (fig. 131). Questo Ragno sa accostarsi all'insetto, celan- dosi opportunamente fino ad una certa distanza, e di poi con un balzo salta sopra la preda e subito la ferisce ed uccide. Qualche specie della famiglia gode di forme mimetiche, per cui somiglia a Formiche Fig- 132. — Un ragno vagabondo, Thomìsus cambrìdgii, ingrandito, dal dorso (da Blanlrwall). GLI AFFINI DEGLI INSETTI 127 Palpigradi. Dotti anche MicroteUfonidi. È questo un ordine circoscritto a sole pochis- sime forme, costituenti il genere Eoenenia, delle quali la prima specie fatta co- noscere agli studiosi è la E. mirabilia (fig. 133), scoperta dal Grassi in Sicilia, ma che si trova anche in altri luoghi, specialmente meridionali. Si tratta di piccolissimi Aracnidi, che si aggirano intorno al millimetro di lunghezza, bianchi, molli, deli- catissimi e molto rari. Si rinvengono nell'humus, tra le foglie secche, ecc. La loro importanza pratica è affatto nulla, mentre invece sono forme interessantissime dal lato puramente zoologico e morfologico. Fig. 134. — Phrynns pattasti Latr. , dal dorso, in grandezza natur. (da Blanchard). Fig. 133. — Koenenia mira- bilia Grassi, molto ingran- dita (da Hansen). Pedipalpi. Questo ordine com- prende forme non di rado molto voluminose e proprie delle regioni, calde. Sono caratteriz- zati dalle zampe an- teriori allungate, an- tenniformi, coll'ultimo articolo sottilissimo, flagelliforme, tattile. Cheliceri e pedipalpi non terminati da chela. Addome diviso in se- gmenti distinti ed attaccato con larga base al prosoma. Respirano per polmoni. L'ordine è diviso in due famiglie, cioè dei Telifonidi e dei Frinidi. Nei Telifonidi (Telyphonidae) l'addome si allunga in una sottile coda articolata. I paini sono ini. usti e lunghi quanto il capotorace, sono terminati da un'unghia forte ed acuta. I Telyphonus (di cui alcune specie sono dell'Asia tropicale, altre del Messico) sono temuti pel loro morso, che praticano colle mandibole non diversamente da quello che fanno i Ragni. In generale le specie sono piuttosto voluminose; alcune grandi anche molto più della nostra 128 CAPITOLO PRIMO figura (fig. 135). Ad ea. il Teìyphonus yiganteua Koch del Messico è lungo (senza i palpi) cin. da 7 ad 8, dal vertice del capotorace all'apice della coda. Nei Frinidi (Phrynidae) (fig. 131) l'ad- dome è ristretto alla base, quasi peduncolato, uia non si prolunga in coda ed è composto di 11 articoli; i palpi sono grandissimi, termi- nati da unghia. Il capotorace è reniforme, largo trasversalmente. Anche questi sono Aracnidi di dimensioni discrete ; alcune specie anzi piuttosto grandi. Scorpioni. Si è già avvertito che questo or- dine è il solo della sottoclasse Cteido- fori o porta pettine, che si distingue dagli altri Aracnidi per caratteri mor- fologici di grande rilievo, e per non piccole affinità coi Merostomi, a cui si è già accennato. Il corpo degli Scorpioni si com- pone qui pure di prosoma e di ad- dome, ma quest'ultima regione risulta dall'addome propriamente detto, largo e composto di sette segmenti e del postaddome (o coda), che è diviso in sei segmenti, di cui l'ultimo sferoidale, terminato da un'unghia acuta, legger- mente curvata. Questo ultimo articolo contiene una doppia ghiandola vele- nifera, che inette all'esterno traverso l'unghia suddetta, la quale è dunque perforata per lungo e presso l'apice mostra due piccoli fori, pei quali geme il veleno. Anche questa ghiandola velenifera, come quella dei Eagni, è circondata da una tunica muscolare che, contraendosi, determina la eiaculazione del liquido velenoso (fig. 137). 1 cheliceri sono divisi in tre articoli e terminati da chela; essi si vedono sporgere disotto l'orlo anteriore del prosoma o capotorace. I palpi sono grandissimi e, col loro ultimo articolo foggiato a chela robusta e più grosso degli altri, danno il caratteristico aspetto allo Scorpione. Le zampe sono di grandezza crescente dal primo all'ultimo paio, semplici, terminate da due unghie. Su quell'articolo dell'addome che si conta per secondo, vedonsi, al ventre, i caratteristici pettini (fig. 136 p), cioè due appendici, inclinate all'indietro ed al- l'esterno, coll'orlo inferiore intagliato in tanti denti ordinati, così che il nome di pettini è veramente giustificato. Al ventre poi, dal 3.° al 6.° articolo dell'addome, veggonsi, sui lati, le fes- sure (fig. 136 s), che portano nei sacchi polmonari, e sono quattro paia. Fig. 135. — Thelyphonus caudatus (Linn.), dal dorso, in grandezza natur. (da Blanchard). lìl.I AFFINI DEGLI INSETTI 129 Fig. 136. — Uno Scorpione velluto dal ventre; pì pettini; s, stigmi (ila Emery). Sul capotorace trovansi due grandi ocelli, situati accosto alla linea mediana longitudinale. Inoltre, presso il margine del capotorace, trovansi generalmente altri occhi (da due a cinque per Iato) più piccoli. Gli Scorpioni sono diffusi nelle regioni calde, o nei paesi più ealdi delle regioni temperate. Così ad es. in Europa, essi non salgono oltre il 45.° grado di latitudine nord. Nei paesi subtropicali o tropicali si tro- vano inoltre le specie più voluminose e peri colose. alcune delle quali raggiungono o su- perano una quindicina di centimetri, dall'orlo anteriore del capotorace all'apice della coda. Si comprende che questi grossi animali vele- niferi sono impressionanti e del resto la loro puntura è veramente pericolosa anche per l'Uomo; mortale poi per animali minori. Sono tutte forme predatrici, che si na- scondono volentieri nelle fessure dei muri, sotto le pietre, ecc., durante il giorno e vanno a caccia specialmente di notte. Predano e si nutrono di ogni specie di Insetti, Ragni, ecc., che possono afferrare colle loro tenaglie ed uccidere subito, iniettando nel corpo della vittima il veleno contenuto nell'ultimo articolo della coda. Neppure si risparmiano fra loro. Essi succhiano la preda o la sbra- nano e divorano. Gli Scorpioni sono vivipari. 1 piccoli, di colore molto pallido, somigliano in tutto ai genitori. Essi, per qualche giorno dopo nati, stanno tutti sul dorso della madre e vi si trattengono tena- cemente. Di poi si disperdono ed ognuno provvede alla propria esistenza. Subiscono parecchie mute, cioè sem- plici esuviamenti senza modificazione sensibile dei loro organi esterni. La triste fama e paurosa che godono gli Scorpioni di animali temi- bili e detestabili, non è troppo giusti- ficata per le forme nostrali, ma assai meglio per le grosse specie tropicali o subtropicali, la cui puntura può essere seriamente pericolosa ed anche mortale. L'efficacia del veleno varia non sol- Fig. 137 . - Estremo articolo caudale mostrante le ^^ coHe dimensionj (lello Scorpione, "hmulole velenifere di Scorpione. * ,1. ..li loto e separatane nna: B, vednte di sopra. Ingrandito ma ancora Col Clima e colla tempera- la , Bianchard). tuv& ambiente, essendo esso più attivo quando e dove è più caldo. È singolare che alle punture degli Scorpioni sembra sia possibile una specie di adattamento, per cui esse fanno maggior effetto nella prima volta che non nelle successive e sempre in grado minore, fino a che non ne rimani' che quello meccanico della semplice ferita. Cos'i avviene che i cacciatori di Scorpioni, conforme ricorda il Redi, la A BBRLE8B, (ili Insetti, li. — 17. 130 CAPITOLO PRIMO quale professione una volta era praticata piuttosto largamente, poiché gii usi a cui si facevano servire gii Scorpioni, specialmente in medicina erano moltissimi, quanto, del resto, senza fondamento serio, per togliere questi animali dai sac- chetti in cui li portavano, vi introducevano le mani senza scrupolo alcuno e li toglievano a manate. Del resto la puntura dei nostrali Scorpioni comuni, dico di quelli italiani, che appartengono al genere Buscorpius, è assai poco pericolosa. Ma fra le specie europee si annovera i Buthus europaeus (o B. occitanus di altri autori), pressoché cosmopolita, spettante all'Europa meridionale, cioè Spagna, Grecia, ecc., che si trova anche nel mezzodì della Francia, anzi vi è comune, ma che, cosa stranissima, non si incontra, ripeto, da noi, e questo Scorpione è molto più grosso degli Euscorpius suddetti ed anche la sua puntura è seriamente pericolosa. Molti sono i naturalisti che hanno fatto diligenti esperienze col veleno di questi Buthus e. d'altri Scorpioni e ne hanno avuto risultati che dimostrano l'attività grandissima del veleno sugli Artropodi, ma ancora su Vertebrati anche di non piccolo volume, mentre invece non sembra altrettanto efficace contro i Pesci ed i Molluschi. Anche il nostro Redi ha eseguito innumerevoli esperienze e molto scrupolose col veleno di un grosso Scorpione africano e ne ha dimostrato la grande veleno- sità, specialmente rispetto ad animali non troppo voluminosi. Il veleno degli Scorpioni è liquido e solubile nell'acqua, in- solubile invece nell'alcool assoluto e nell'etere. Secondo Toyeux, una goccia di tale liquido, sia pure allungato in acqua, iniettato sotto la cute di un Coniglio, lo uccide rapidamente. Anche gli Uccelli ne muoiono in poco tempo. La stessa quantità uccide da sette ad otto Rane. La massima efficacia si manifesta negli Artropodi, perchè la centesima parte di una gpccia basta per uccidere un Granchio, anche ben grande e così pure Mosche, Ragni ed Insetti sono come fulminati dalla puntura dello Scorpione. Un (Jane, che subì per quattro volte la puntura del Buthus europaeus L., dopo gonfiamento locale, vomiti, convulsioni, morì in cinque ore. Una puntura dello stesso Scorpione sul pollice di un Uomo determinò il gonfia mento del braccio, che divenne grosso quanto la gamba; seguirono convulsioni, delirio, vomiti frequenti e sincope. Le condizioni migliorarono dopo cinque giorni, ma occorse molto tempo alla guarigione completa. In generale ad un periodo di eccitamento nell'individuo ferito dallo Scor- pione, segue un accesso di depressione. Il veleno agisce sul cervello ed in un modo da potersi paragonare all'azione del « Curaro ». L'ordine si divide in parecchie famiglie, cioè: Butidi, Scorpionidi, Cherilidi. Cactidi, Veiovidi, Botriuridi. Le specie europee appartengono alla prima ed alla quarta famiglia. Nella prima si novera il Buthus europaeus L., già citato (Isometrus europaeus di altri autori) e molte altre specie esotiche. La seconda famiglia comprende specie d'Africa, Asia e di America; la terza Fig. 138. — Uno Scorpione comune {Enseorpìus flaricaiidis Degeer) debolmente ingrandito, dal dorso. GM AFFINI DF.GLI INSETTI 131 forme orientali; la quinta specie Indiane e la sesta forme Australiane e Sud- americane. Nella quarta famiglia stanno i generi Euscorpius, con tre specie o quattro nostrali (E. flavicaudis De Geer; E. italious Herbst; E. fanzagoi Sim. ; E. carpa- thieus L., molto simili fra di loro e che si distinguono Pumi dall'altra solo per minute particolarità. La più comune è VE. flavicaudis De Geer (flg. 138). Anche il gen. Belisarius (con forme completamente cieche e delle grotte) appartiene ad altre parti d'Europa; ad es. il Belisarius xambeui E. Sim. è dei Pirenei. Fra le maggiori specie va ricordato lo Scorpio imperator dell'Africa centrale che può essere lungo fino a 20 centim. M i r i a p o d i . Fra tutti gli Artropodi, le forme meno discoste dagli Insetti sono appunto i Miriapodi, i quali ritraggono il loro nome dal numero grandissimo di piedi posseduti da talune specie, che se non sono precisamente diecimila, come vor- rebbe indicare la etimologia del nome stesso, possono raggiungere però la non Trascurabile cifra di anche un centocinquanta paia, sebbene nonostante un così grande numero di appendici locomotorie, i Miriapodi, in generale, siano animali poto proclivi al moto e lenti, toltene poche specie, tra le quali giova notare la comune Scutigera delle nostre case, che è invece velocissima, sebbene non così ricca di piedi tino al numero sopracitato. Il gruppo è interessante appunto per le ricordate affinità cogli Insetti, che sono tali da far sì che alcune forme del gruppo dei Sintìli sieno state conside- rate, se non come un auello ili passaggio fra i Miriapodi e gli Insetti, come qualche cosa di simile ad un un ceppo comune, dalle cui branche divergenti poi si sono incamminate le due classi suddette di Artropodi. Certo si è però che il gruppo dei Mirientomi o Proturi, come si dicono, recentemente messo in luce, mostra insieme caratteri degli Insetti più bassi ed altri dei Miriapodi, non potendosi però accordare bene né cogli uni nò cogli altri e lasciando molto incerto il sistematico sulla loro precisa posizione, che in- tanto cade fra le due classi. La forma generale del corpo, comune fra i Miriapodi, è quella allungata assai, tranne che pel gruppo dei Glomeridi, dove invece essa è raccolta così che questi animali ricordano molto quei comuni Porcellini terrestri, a tutti ben noti, che sono invece dei veri Crostacei. Il corpo dei Miriapodi è diviso in segmenti numerosi ed omonimi, cioè tutti eguali fra loro, ad eccezione del primo e di un riiccolo numero fra gli estremi e questo numero corrisponde, in certo modo, a quello dei piedi, poiché per ogni anello si conta un paio di zampe (Chilopodi, Sin/ili, ecc.) o due (Diplopodi),, a seconda che il segmento è o meno composto di un solo anello o di due fusi as- sieme. Anche nei Diplopodi però i tre primi segmenti del corpo (toracali) hanno ciascuno un solo paio di zampe. Sempre dillereuziato è il capo, il quale molto somiglia a quello degli In- setti e sta alla parte anteriore del corpo, munito di ben visibili antenne, talora notevolmente lunghe e degli organi boccali. Talora l'estremo corpo (Chilopodi, Sinfili) porta due veri e propri cerei, che sono variamente foggiati, non di rado somigliando a zampe ambulatone essi 132 CAPITOLO PRIMO pure o costituenti insieme un forcipe, oppure conservando l'aspetto di organi sensoriali antenniformi. La respirazione, se affidata ad organi speciali, è sempre per trachee dipen- denti da stigmi, che, in numero vario, a seconda di quello dei segmenti del corpo, si trovano aperti sui lati del tronco, di dove procedono tubuli aeri feri negli organi tutti del corpo. Nella Scutigera però i fori respiratori sono sul dorso dei segmenti, nel mezzo dello scudo dorsale e ciascuno comunica con ciuffi di tubi aerei. I più vecchi autori sono stati in dubbio circa la posizione sistematica dei Miriapodi, alcuni volendo aggregarli ai Crostacei, sia per la somiglianza dei Glo- meridi con quei Porcellini sopracitati, sia perchè nei Diplopodi il tegumento è arricchito di sali calcarei, che lo rendono fragile e ricorda così quello dei Cro- stacei, nei quali la presenza dei detti minerali nello scheletro è di regola. II Leach però, molto giustamente, separò per primo i Miriapodi dagli altri gruppi di Artropodi, facendone una classe a sé. Gli arti, per la forma dei loro segmenti, sono meno differenziati che non quelli degli Insetti. Quanto all'apparato boccale, esso si compone del labbro superiore, delle mandibole, delle mascelle e del labbro inferiore, però si notano rilevanti diffe- renze fra i vari gruppi di Miriapodi. Infatti nei Diplopodi, Pauropodi e Sinfili le mascelle sono fuse col labbro inferiore in un pezzo che prende il nome di ipostoma o gnatochilario e non esi- stono palpi, uè mascellari, uè labiali bene distinti, né entra a far parte della bocca alcun paio di zampe. Nei Chilopodi il labbro inferiore è distinto dalle mascelle e reca due bei palpi articolati; inoltre il primo paio di zampe è trasformato in piedi-mascelle. Nei Mirientomi le mascelle hanno palpi e sono distinte dal labbro inferiore, che porta esso pure palpi, mentre nessun paio di zampe viene a far parte della bocca. I piedi-mascelle dei Chilopodi sono composti di più articoli ; i pezzi basali fusi assieme, formano una specie di labbro mobile dietro la bocca e sono traversati, nell'ultimo articolo foggiato ad unghia, dal condotto di una ghiandola velenifera, che mette all'esterno per un foro esistente nell'apice stesso dell'unghia (fig. 139, B). L'insieme di questi piedi-mascelle forma dunque una tenaglia entro cui l'og- getto afferrato viene stretto e contemporaneamente vi si inietta il veleno. Questa del veleno, il quale manca negli altri gruppi all'infuori dei Chilo- podi, non è la sola secrezione vistosa dei Miriapodi, poiché è noto che i comuni Julus o Centogambe, sono molto puzzolenti, cioè emettono una sostanza liquida, fetida, che loro esce da forellini minuti, aperti ciascuno su ogni articolo del corpo (meno alcuni primi e gli ultimi); è noto inoltre che certi Geophilus. se molestati, emettono da ciascun segmento al ventre, una gocciola di sostanza rossa, fetida, ecc. Il Geofilo elettrico dà fuori una secrezione luminosa molto appariscente nel buio, ecc. Gli occhi dei Miriapodi sono semplici ed aggregati in vario numero sul capo. Quelli della Scutigera sono invece composti alla guisa degli occhi degli Insetti. Speciali organi dei sensi si trovano disseminati sul corpo dei Miriapodi. Ad es. sul capo dei Diplopodi, si osserva il così detto organo del Tomòswary; nelle antenne dei Pauropodi vedonsi particolari organi sensorii in forma di papille sfe- roidali, ecc. In generale i Miriapodi sono ovipari. Lo sviluppo avviene senza vere meta- GLI AFFINI DEGLI INSETTI 133 mortosi, ma i giovani nascono con un numero di segmenti minore che non sia quello degli adulti rispettivi, ed il numero degli articoli cresce particolarmente ad ogni esuviamento. Questo è il carattere per cui i Mirientomi non possono essere riuniti agli Insetti, come taluno autore vorrebbe. Alcuni Miriapodi sono di dimensioni veramente piccolissime, come si osser- vami ad es. nei Pauropodi, dove la misura media del corpo si aggira intorno al millimetro, mentre altri, specialmente fra gli esotici, nei gruppi dei Diplopodi e Ctiilopodi, raggiungono dimensioni vera- mente vistose, fino a molto oltre i venti centimetri. Tutti questi animali vivono in am- bienti piuttosto umidi, sotto le pietre, sotterra, fra le foglie marcie, ecc. e mentre i Diplopodi in generale si pos- sono dire non predatori, ma viventi piut- tosto di sostanze vegetali vive o putre- scenti, invece fra i Cliilopodi si incon- trano attivi e temibili predatori, temi- bili, dico per altri Artropodi e Vermi, che assalgono ed uccidono mercè il ve- leno dei loro piedi-mascelle. Ma le Scolopendre, che sono i mag- giori Cbilopodi, sono da temersi anche per parte nostra, siano quelle europee, il cui morso può recare la febbre per qualche giorno anche all'Uomo, sieno quelle forestiere, di cui taluna raggiunge perfino i 25 centimetri di lunghezza, ed è davvero un animale pericoloso se, come si afferma, col suo morso, può condurre alla morte l'Uomo stesso. Si comprende che mentre fra i pre- datori si potrebbe citare qualche forma da ritenersi utile, invece, fra i Diplopodi può essere annoverata qualche specie agrariamente nociva, perchè attacca spe- cialmente le piante al loro nascere. Divideremo, cogli autori più accre- ditati, la classe dei Miriapodi nei seguenti sottordini : Diplopodi; Chilopodi; Sintìli; Pauropodi; Mirientomi Fig. 139. — Scolopendra cingidata. A, capo e pi imi segmenti del corpo visti dal disotto; Fin. piedi-mascelle; IT, mandibole; P. palpi. — B, ì piedi -mascelle separati dal resto. Ingrandito. Diplopodi. Questo ordine, di cui si hanno ovvi esempi nei Centogambe comuni e che racchiude le seguenti principali famiglie: Polyxenidae ; Glomeri&ae; Polydesmidae; Ghordeumididae ; dicati. Julidate; Polyzonidae, è distinto dai caratteri qui sotto in- 134 CAPITOLO 1MÌIMO Corj)» cilindrico o depresso, composto di numero variabile di segmenti, ciascuno recante (all' infuori degli anteriori e degli apicali) due paia di zampe. Antenne di 7 od 8 articoli. Man- cano i piedi-mascelle. Non veleniferi. Alcuni si avvolgono a spira se molestati od in pericolo, altri a pallottola. Nella famiglia Pob/xenidae sono compresi piccoli animali (i nostri rappresentanti maggiori non superano i 5 millimetri di lunghezza), tardi, con ciuffi di peli molto ornati sui lati ed attorno alla testa e peli partico- larissimi in due scope, all'estremo poste- riore del corpo. Sono predatori di altri Artropodi minori. Le specie più comuni da noi sono il Poìyxenus lagurus (L.) ed il Lophoproctus lucidus (Oliai.) (fi- gura 140). Il primo è più comune del se- condo nell'Italia settentrionale. Vi- vono sotto le pietre o sotto le cor tecce delle piante, sui tronchi delle quali il P. lagurus si trova durante la calda stagione. Si è creduto che il P. lagurus ci potesse essere utile come distruttore della Fillossera, ma se pure il piccolo Miriapodo all'occasione può divorare un individuo o due del pericoloso Omottero, è addirittura assurdo attendersene il benché minimo vantaggio La famiglia dei G-lomeridi è composta di forme a corpo breve, scmicilin- drico, che possono arrotolarsi a pallottola come i comuni Porcellini di terra, ai quali somigliano. Molte forme esotiche raggiungono grandi dimensioni, anche 5 a 0 centim. di lunghezza, ma le nostrali, appartenenti ai generi Glomeris, Gervaìsia sono molto più piccole; le prime sono più lunghe di un cen- timetro e le altre anche più piccole, non arrivano a 4 inill. Vivono sotto le pietre, si appallottolano se impau- rite; non hanno importanza pratica di sorta e non sono nemmeno molto comuni dovunque (lìg. 141). I Polidesmidi (fig. 142) e molti Gordeumidi hanno il corpo cilindrico, ma che sembra pianeggiante per espan- sioni carini formi dei segmenti, sui lati. Il numero degli anelli del loro corpo è modesto, circa di una ventina nella prima famiglia e di una trentina nella seconda. Si Fig. 110. — Due Polixeuidi nostrali, ingranditi ili ima decimi di diametri e proni (da Berlese). A, Poìyxenus lagwrus (L.) ; B, Lophojìroctus lucidus (l'imi ). b'ig. 111. — Glomeris con- nexa Koch, var. lunato- sìguala Costa. luiiraudita circa de] doppio (da Berlese). tratta di forme vegetariane con poco interesse pratico, e viventi sotto le pietre, nelle sostanze vegetali putrescenti, ecc., ma talora anche a danno di piante coltivate, poiché ne attaccano le radici. La specie nostrale più comune è il Polydesmus cowplanatus (L.), che può arrivare ai due cent, circa di lunghezza o poco più. Il Del Guercio attribuisce al P. oomplanatus e ad un Strougylosoma, che appartiene alla stessa famiglia, nonché a specie di Craspedosoma, che spettano alla famiglia dei Cordeumidi, danni non indifferenti ai prati di Loiessa del Ferrarese ed ai campi di Grano delle provinole di Ferrara, Parma, Piacenza e Modena. I danni, come quelli delle larve di Elateridi, sono portati nella regione del colletto o nodo GLI Ali INI DEG1 1 INSET1 I 135 :ill:i viralo, dove questi Miriapodi Beavano un solco lungo l'aase longitudinale del l'usto e limitato parte dell'asse olorofillato contenuto nel terreno. Entro terra o fuori di terra, gli animaletti passano «la una all'altra pianta e man mano che, coll'aumento della pianta stessa, i tesanti si fauno più consistenti, dallo stelo dei cereali vernini i Miriapodi passano a quelli estivi, come il Panico, il Miglio ed il Granturco e, verso il giugno sulle l'i le radici della Carota, della Pastinaca, della Barbabie- tola, dal (avolo e di altre piante. 11 Del Guercio, da cui togliamo queste Dotizie, consiglia l'uso di Bolfosali alcalini o di solfuro di carbonio, trasfor- mato in solfocarbonato di potassa e di calce, alla dose dal 3 al 5 ° ,, nell'acqua e spargendo delle soluzioni col mezzo delle pompe a grande lavoro per le piante erbacee. L'Autore calcola a circa 60 lire, fra tutto, la spesa per mezzo ettaro ad un ettaro di terreno, spesa, che non è grave pensando die questi Miriapodi generalmente invadono ristrette zone di terreno. Anche tra i Brachyde.smus, Diplopodi che molto somigliano ai Poìydesmus, qualche specie avrebbe attitudini dannose alle piante, conformi alle citate. Quanto ai Craspedosoma essi sono accusati di attaccare i chicchi di Grano seminati allorché cominciano a germogliare. Fig. 142. — Un Poìydesmus (P. di- •,, , , .. ,. , . smylus Berlese) ingrandito circa .Molte forme esotiche sono assai più grandi. In 4 volte e prono (da Beriese). condizione di timore, questi animali si avvolgono su sé stessi a spira. Dei Polizonidi non vale la pena di tener parola, poiché presentano interesse solo pegli zoologi, ma nella famiglia degli Julidi si incontrano molte forme, che meritano di essere ricordate per la loro frequenza e perchè alcune sono accusate di danni alla vegetazione in par- ticolari condizioni. Gli scrittori di Entomologia agraria, hanno da tempo rivolto le loro accuse al Blaniulus guttulatus Bosc. del quale si dice che danneggia gravemente piante diverse, ma in modo particolare le Fragole (fig. 144). L'animale si cela sotto le foglie morte e nel concime attorno alle piantine e su queste sale per corroderne i frutti, nei quali penetra dalla base, allorché sono maturi e non di rado il consumatore mangia col frutto questo suo baco. In mancanza d'altro questi Midi offendono le piante erbacee, conforme si è veduto fare da parte dei Polisdemidi ricordati e si combattono come questi. Qualche specie di Juìus fra i comuni Centogambe, è considerata come nociva a piante diverse, di cui roderebbe le radici. Ho avuto però occasione di constatare io stesso che non di rado il Paehvjulus flaripes (K.), là dove è numeroso, come talora avviene in località dell'Italia centrale e me- ridionale, dove la specie è diffusa, può riuscire seriamente nocivo alle seminagioni, specialmente di leguminose e cereali, rodendo i semi allorché germogliano e le tenere piantine da qualche giorno sortite di terra. Fig. 143. — Tre Julidi cornimi. A. Pachyjuhu varine (F.) : B, Juh/s sabu- Insu* iL.i. f. altro Julus avvolto a epira. Tatto in grandezza naturale. 136 CAPITOLO PRIMO Le nostrali specie di luridi (fig. 143) più comuni e piti grosse appartengono al genere Pachyjalns. Nell'Italia settentrionale è molto comune il P. varimi (Fabr.), clie si trova talora anche sulle piante, nei grappoli d'uva matura, ecc., tutto nero di pece e coi piedi neri ; giunge a 9 era. di lunghezza. Il /'. oenologus Beri., di colere traente al sanguigno, molto scuro, quasi nero e coi piedi di color vinoso, lungo fino a 85 mill, e vivente nell'Italia centrale e meridionale ; il I'. flaripes (K.), bruno al dorso, giallo-bruno al ventre, coi piedi pallidi, lungo fino a 90 mill. e che si trova nell'Italia centrale e meridionale, ecc. Nel genere Jiiìns propriamente detto, va ricordato il J. satulosus L., di colore bruno, listato di due linee rosse longitudinali sul dorso; lungo fino a 45 mill., di tutta Italia e comune nel resto d'Europa; l'J. cavannae Beri., che somiglia al precedente, ma le liste dorsali sono piii discoste fra loro e piti pallide. Sonovi poi altri generi nostrali, ad es. Ophjiiliis, Diplojulus, Brachy- jiilus da me istituiti per forme minori e con molte specie nostrali. Fra le esotiche si hanno forme grandissime, appartenenti a gran numero di generi, ad es. Spirobolus, Spirostreptus , ecc., in cui si trovano forme colossali, che raggiungono e superano i 25 cent, di lunghezza. Fig. 144. — Blaniulus f/utlnlalits (Bosc). 1 in grandezza na- turale; 2 ingrandito (da Del Guercio). Sinfili e Pauropodi. I due ordini comprendono forme minute, delle quali le maggiori pertinenti al primo gruppo superano di poco il mezzo centimetro e sono rappresentate da noi special- mente dal genere Scolopendicììa (fig. 145). Si tratta di animali molto interessanti dal lato morfologico e da quello dei rapporti filogenetici cogli Insetti, ma praticamente di nessun rilievo. Vivono sotto le pietre, nei detriti vegetali, sul terreno, ecc., assieme ai Pauropodi. Questi sono anche piti piccoli, cioè poco più lunghi di un millimetro (le specie maggiori); taluni più piccoli ancora. Essi pure biauchi o leggermente colorati ; non hanno importanza pratica. Fig. 145. — Scolopen- drella immaeulata Newj». molto ingran- dita (circa 8 diain. ) (da Berlese). Chilopodi. Sollevando le. pietre nei campi, negli orti, ecc., si mette alla scoperto una fauna speciale, talora molto ricca e molto rappresentata, specialmente se il terreno circostante è fresco ed erboso. A limitarsi agli Artropodi non sarà difficile vedere aggo- mitolata su sé stessa e svolgersi lentamente per poi fuggirsene con velocità qualche grossa Scolopendra dalla tinta gialla, con sfumature olivastre o bluastre sul dorso. Ciò accade molto spesso, se tale ricerca si fa nell'Italia centrale e nella meridionale. Si troverà anche qualche Julus, qualche altro Miriapodo, parecchie specie di Insetti, ma quasi costante- mente poi certi altri Miriapodi, aventi tutto l'aspetto di piccole Scolopendre, però di colore rosso mattone e che non stanno avvoltolati, ma sempre stesi e fuggono velocissimamente appena la pietra si è sollevata. Questi sono i Lithobiut cioè animali viventi sotto le pietre, secondo la eti- mologia, ma che si trovano anche, sebbene più raramente, sotto le foglie marce, nelle borraccine, ecc. (fi"-. 146). Non sarà poi difficile che si trovi nello stesso ambiente qualche Geofilide, cioè qualche cosa come una lunghissima Scolopendra, di color giallo più o meno Berlese - Voi. 11. Tav. 11. Tre Miriapodi fra i più grossi (grandezza naturale). / Scolopendra subftpinipcs delle Indie. 2 SpirogtrepUa indvt del Brasile. .v 1 "ii Glomerideo [Sphaerotherium) di ifrica, Milano - Società Editrice Libraria. GLI AFFINI DEGLI INSETTI 137 Fig. 146. — Lithobius im- jiressus K., ingrandito circa una volta e mezza ; prono (da Berlese). intenso, con piedi numerosissimi, ma anche brevissimi, avvoltolato replicata- mente su sé stesso e che si svolge con grande lentezza uè fugge mai troppo velocemente (fig. 147). Non è poi infrequente il caso di incontrare nelle nostre abitazioni la Scutigera coleoptrata Latr. (fig. 149), dalle lunghe zampe e dalle lunghissime antenne, grigia, cogli arti distesi sul piano, corrente con grandissima velo- cità sulle muraglie. Ecco i principali rappresentanti e più comuni dei Chilopodi, i quali si dividono in parecchie famiglie e siano per noi ricordate le principali, cioè; Geophilidae ; Lithobiidae ; Scolopendridae ; Scutigeridae. I caratteri morfologici dei Chilopodi si possono così riassumere brevemente : Corpo depresso, composto di un numero variabile di segmenti, ciascuno dei quali porta un solo paio di piedi. Autenne lunghe di un numero variabile, talora grandissimo, di articoli, non meno di 12. Piedi del primo paio trasformati in organi di presa, al servizio della bocca. Veleniferi. Tra i Geofilidi, che contano molti generi e molte specie anche nostrali e che vivono entro terra anche profondamente, ricorderemo il Geophihis electricus (L.), che emette una secrezione luminosa, per cui l'animale brilla di una fosforescenza speciale e gli Himantarium, che sono i più volu- minosi Geofilidi, dei quali da noi si trovano due specie comuni, VH. gabiielin (L.) e VH. rugu- ìosum Koch. Il primo arriva a 190 mill. di lunghezza ed ha fino a 173 paia di zampe ; il secondo, che molto gli somiglia, giunge a 120 millimetri ed ha fino a 100 paia di zampe (fig. 147). Questi animali predano Vermi ed Insetti molli. Assal- gono perfino i grossi Lombrichi di terra, sui quali si avvolgono a spira, senza però stringerli come risano fare i Serpenti, ed intanto li teuagliano coi loro piedi mascel- lari, li mordono, iniettando il veleno, fino a che riescono ad ucciderli. I Geofilidi sono accusati di danni alle radici di piante, come Patate, Carote, ecc. Secondo Kirby, questi animali, se in gran numero, fanno morire le Leguminose, forando di gallerie in tutti i sensi le radici, aiutati in ciò dai Polydesmua e da Insetti e Verini diversi. I Litobidi, che contano grandissimo numero di specie e di generi distribuiti in tutto il mondo, non hanno importanza pratica di sorta. Le specie maggiori da noi, come il L. montanus K., sono presso a poco della grandezza indicata nella fig. 146, che però rappresenta altra specie al- quanto ingrandita. I più piccoli si aggirano in torno al centimetro di lunghezza. Nella famiglia degli Scolopendridi si trovano i massimi rappresentanti di tutto l'ordine. Le specie più voluminose e temibili pel loro morso si rinvengono nei paesi caldi. Da noi sono comuni alcune poche Fin. 147. — Un Geofilide: Rimantarium rugnlosiim Koch., in grandezza natu- rale (da Berlese). A. Berlese. ali Insetti, II. — 18. 138 caputolo pimio specie, delle quali la più ovvia, specialmente nell'Italia meridionale, è la Scolo- pendra cingulata L. ed un'altra forma, propria delle Isole (Sicilia, Sardegna, ecc.), che però si scosta alquanto dalle Scolopendre vere, di cui ha tutto l'aspetto, è il Plutonium zwierleiini Gav. e sta, come la 8. cingulata, di cui ha le dimen- sioni, sotto le pietre (fig. 148). La Scolopendra cingulata L. o S. morsitans degli autori, è la specie più comune nel Sud-Europa, conni - nissima poi nell' Italia meridionale. Non si può quasi levar pietra nei campi, che sotto non vi si trovi qualche esem- plare di questa specie. Si tratta, come delle for- me congeneri ed affini, di un animale notturno, che di giorno rimane così nascosto e di notte va a caccia di Insetti, Arac- nidi e Vermi, che afferra tra le zampe, avvolgeu- dovisi attorno e tratte nendo la preda mercè i piedi posteriori, che sono robustissimi ed armati di forti aculei, mentre intanto la morde coi piedi mascelle ed iniettandovi il veleno la uccide in brevissimo tempo, per divorarla poi con comodo. Il veleno non è certo meno attivo di quello dello Scorpione nostrale anzi assai di più, ed è molto pericoloso lasciarsi mordere da questo im- pressionante animale, poiché se ne può avere, oltreché gonfiore della parte e vivo dolore, anche qualche accesso febbrile. Il colorito della Se. cingulata è giallo con sfumature verdastre dorsali. Le nostre Se. dalmatica K. e Se. clavipes K. sono invece di colore olivastro. Il Plutonium zwierleinii, descritto dal Oavanna, ma forse già noto al Costa, è di coloro giallo ranciato. Si è già detto che alcune specie esotiche di Scolopendre, specialmente delle Indie, raggiungono dimensioni veramente colossali e sono molto pericolose anche all'Uomo. Sulle Scolopendre, nonostauto tutta la loro terribilità, si avventurano speciali Acari del gruppo dei Ganiasidi, che uè percorrono continuamente tutto il corpo e non souo veramente troppo piccoli. Fig. 148. — Le due massime Scolopendre nostrali in arandezza uatur. A, Scolopendra cingulata Latr. ; B, Plutonium zwierleinii Cav. e; LI AFFINI DEGLI INSETTI 139 Sulla Scolopendra nostrale è comune illParantennulua scolopendrarum Bori., come sulla Scolo- pendra inbspinipe» Leaoh ili Giava, si trova abbondante il Disco;irmi, miràbili» Beri, e su Scolo- pendre e grossi Inlidi {Spirottreptus) di Giava, si trova anche l' Heterozercon audax Beri. Tutti questi Acari vivono o di qualche essudato dei detti Miriapodi o dei detriti od avanzi delle loro prede. La Scutigera coleoptrata L. (Se. araneoidès, Cermatia variegata, araneoides, ecc., degli autori), che ha parecchi nomi volgari e la cui presenza in Italia è creduta dal popo- lino un avviso di una prossima buona ventura (perciò in talune regioni si chiama comunemente Fortuna) è diffusa in Europa ed altrove, nel Nord-Africa, Asia. ecc.. mentre altre specie si rinvengono in altre parti del globo. È un animale prevalentemente notturno e che di notte appunto dà la caccia agli Insetti domestici e particolarmente alle Mosche co- muni. È velocissimo e perde con tutta facilita, specialmente quando si afferra, le zampe, sopratutto le posteriori, che sono lunghissime. Forse si tratta di un caso di autotomia o per- dita spontanea degli arti in momento di peri- colo. Questo Miriapodo è morfologicamente molto interessante per molti caratteri e par- ticolarità, mediante le quali si accosta agli Insetti. È lungo circa 3 eentim. non computate le zampe e le antenne. Il colorito è pallido, con tre liste longitudinali più brune (flg. 149). Mirientomi. Questi singolari esseri minutissimi, giacche i mag- giori giungono a circa un millimetro e mezzo, hanno insieme i caratteri degli Insetti più bassi e dei Miria- podi, ai quali certo si avvicinano perchè nello sviluppo postembriouale aumenta il numero dei loro segmenti addominali da 9 a Ili; perchè possiedono tre o quattro paia di arti addominali, sia pure allo stato rudimen- tale, ecc. L'aspetto però e gli organi boccali si avvicinano a quelli degli Insetti e possiedono tre paia di arti toracici, ma il luogo dell'apertura sessuale è diverso. Le specie nostrali, che sono una dozzina circa finora trovate in Italia, mentre qualcuna si è rinvenuta in altre parti d'Europa e nell'America del nord, si dividono in due famiglie, a se- conda che hanno stigmi e trachee (Eosentoniidae), o che ne mancano ( Acerentomidaé). In queste famiglie mancano affatto le antenne, ma in un genere esotico (Protapteron) delle Indie, le antenne si trovano e sono lunghe, cilindriche, multiarticolate. In questo genere ancora i piedi addominali sommano a quattro paia, mentre negli altri generi delle due famiglie no- strali, i detti arti sono in numero di tre paia soltanto. Sempre però ne sono forniti i soli seg- menti anteriori dell'addome. Questi animali hanno anche ghiandole repuguatorie all'estremo addome. Fig. 14il. — La Scutigera coleoptrata (L.) delle case. Leggermente ingrandita (da Berlese). 140 CAPITOLO PRIMO Le larve, molto simili all'adulto, nascono con 9 segmenti addominali. Nelle successive mute il numero aumenta per ciascuna muta di uno, fino a rag- giungere i 12 segmenti. Così ho trovato io, che ho pub- blicato una grossa monografia di questo ordine. Vivono tutti entro il terriccio ; fra le borraccine o le foglie marce o sotterra e sembra sieno predatori di animali minori. Sono lenti, portano le zampe anteriori sollevate ed in atto raptatorio, come fanno le Mantis (fig. 150). Per alcuni autori il gruppo forma un sottordine (Pro- turi) di Insetti fra gli Apterigoti. Come ripeto, queste forme, certo molto interessanti morfologicamente e dal lato sistematico, non hanno, che si sappia finora,, alcuna importanza pratica. Questi, cogli Aracnidi e le altre forme ricordate in precedenza, sono gli Artropodi tracheati affini degli Insetti, che conveniva conoscere abbastanza prima di iniziare lo studio della vita degli Insetti propriamente detti e sopratutto delle specie le quali, dal punto di vista pratico, hanno per noi un sensibile interesse. Fig. 150. — Un Mirientomo (Acereti- tomon), molto ingrandito (da Berlese) Bibliografia. Opere zoologiche sugli Artropodi in generale, dove è trattato degli Aracnidi e dei Miriapodi, oltre che degli Insetti. Albin E., Insectorum Angliae Naturalis Historia, etc. Loudini, 1731. 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L'ANTICHITÀ DEGLI INSETTI GRANDI archivi dove in pagine eterne è scritta la storia degli organismi che hanno popolato il globo in tutti i tempi ; gli strati che compongono la crosta ter- restre e conservano le traccie ed i testimoni della vita attraverso le migliaia di secoli dalla sua prima manife- stazione al momento attuale ci dicono che specie di In- setti più o meno somiglianti alle attuali hanno, da tempi remotissimi, abitato sul nostro pianeta e le loro vestigia sono impresse indelebilmente nelle roccie, come interi corpi e ben conservati si custodiscono nell'ambra, nel copale ed altrove ed illuminano lo studioso circa l'origine di queste meravigliose forme attualmente viventi. Ma se altri animali dotati di scheletro più resistente ed impregnato di sali minerali hanno potuto lasciare le traccie loro più abbondanti, complete e più di- mostrative, come sono ad es. tutti quei Molluschi, Brachiopodi, Trilobiti, ecc. che formano la più numerosa falange in appoggio della Paleontologia, pure anche degli Insetti, rappresentati da parti loro e spesso da interi e ben conservati corpi (come sono quelli compresi nell'Ambra e nel Copale) non scarse né poco carat- teristiche traccie si sono conservate nei vari strati. Né solo Insetti adulti si trovano a testimoniare della presenza di questi Bsapodi nelle varie epoche, ma, ancora le loro forme giovanili o i follicoli delle uova od i bozzoli ed altre protezioni di larve e di ninfe od anche parti di piante colle speciali alterazioni dovute ad insetti diversi. Certamente il maggior numero dei resti di Insetti, che sono finora stati fatti oggetto di studio, si riferiscono alle ali, di cui la speciale disposizione delle ner- vature offre caratteri sicurissimi diagnostici e di confronto colle vicine forme attuali. Perciò appunto questo studio pterografico, dal quale anche per gli Insetti attualmente viventi, in particolar modo di taluni ordini, così grande ed eccellente messe di precise indicazioni si hanno, del più grande rilievo alla definizione dei generi e delle specie, è seguito col massimo interesse e scrupolo da parte degli studiosi delle forme fossili di Esapodi. Non e però da credere che a questo solo si restringa il materiale paleoen- l'antichità DEGÙ INSETTI 153 tomologico, mentre si sono trovati resti numerosi e bellissimi anche ili molte altre parti del corpo ed impressioni ottime in roccie diverse particolarmente del periodo carbonifero. Cosi si hanno zampe posteriori e parti di ali, anche col caratteristico organo stridulante di Locnstidi primitivi; ed avanzi, con ovopositori e lunghe antenne setiformi di Elcanidi, che si considerano per progenitori degli attuali Locnstidi. Di un antenato dei presenti Eincoti, cioè delV Eugereon si hanno mirabili impronte dell'organo boccale tutto. Nel Carbonifero si sono rinvenuti Esapodi da considerarsi come capostipiti degli attuali Ortotteri e mostrano le zampe poste- riori saltatone. Avanzi antichissimi di Insetti, forse i più vecchi, come sono i Paleodittiotteri si hanno in bellissime impronte, che mostrano espansioni aliformi anche del protorace, ecc. Per tutte le epoche geologiche si trovano campioni di Esapodi rappresentati da vestigia, molto dimostrative ed addirittura preziose per la storia delle migliaia di secoli, di questo grande gruppo così numeroso attualmente. Certo, confrontando il materiale di specie fossili conosciute tino ad ora, che non sommano ad 8000, delle quali 900 sono del periodo Paleozoico, circa 1000 del Mezozoieo e poco meno di 6000 del Cenozoico, con quello sterminato oggi vivente, che sono parecchie decine di migliai;!, esso può sembrare scarso, ma a questo proposito giova tener presenti alcuni fatti. Anzitutto le specie attuali sono così numerose in grazia del diligentissimo studio differenziale che può essere fatto solo su numerosi e ben conservati indi- vidui e molte volte le differenze specifiche sono tenuissime, sebbene di valore indubbio, ma non tali certo che potessero essere riconoscibili in detriti pietrifi- cati od in individui da studiarsi traverso l'ambra. Inoltre moltissime forme delle più alte fra gli Insetti appartengono ad epoca recentissima od alla attuale, come sono gli Acrididi, i Lepidotteri, i Coleotteri, gii Imenotteri parassiti, i Ditteri ciclorafi, ecc. Quello che più interessa, nell'ambito della Paleontologia, si è il mettere in vista forme diverse fra loro più che specificamente a ciò che il graduale progresso da specie geologiche alle attuali ed i rapporti genetici fra queste appaia nel miglior rilievo. Ora ciò è fatto già molto largamente col sussidio delle forme sinora note fra le paleoentomologiche perchè coll'aiuto dei frammenti a nostra disposizione attualmente si possa disporre un quadro abbastanza completo della fauna ento mologica di tutti i tempi, rappresentata ben inteso nelle sue linee generali. Le località, che hanno dato buona o discreta n esse di materiale paleoento- mologico non sono finora molto numerose né egualmente essa è abbondante per ciascun periodo geologico ; vi sono tuttavia, nell'un senso e nell'altro, non poche lacune. Ad esempio del periodo triassico e cretaceo ben pochi sono i rappresen- tanti di Esapodi messi in vista finora. Al contrario, alcuni sedimenti sono straor- dinariamente ricchi di rappresentanti del gruppo. Tale diversa ricchezza dipende dalla diversa capacità di conservazione per parte dell'ambiente, degli avanzi di questi Artropodi. La mancanza di determinate forine in un tempo, le quali però si trovano nel precedente e nel successivo, giustifica il pensiero che essa deficienza si debba attribuire alla natura dei sedimenti non atti alla conservazione delle traccio di Insetti. Perciò ancora allorché una forma particolarmente specializzata si vede ap- parire d'un tratto senza alcuna predecessione che quasi la prepari, questa si deve logicamente ammettere per esistita e non ancora trovata o per insufficienza di A. Berlese. Oli insetti, II. — 20. 154 CAPITOLO SECONDO ricerche o per inettitudine degli strati precedenti ad una sufficiente conservazione dei resti di simili organismi. Tutto sommato non sembra doversi giudicare per molto scarso il materiale paleoentomologico finora a nostra disposizione. Esso è tale, perlomeno, da poter concorrere molto efficacemente ad una storia degli Esa- podi traverso le epoche passate. È risultato," fra l'altro, che il pensiero di poter includere anche le specie d'altre età, scomparse ora, negli stessi ordini che attualmente compongono la grande Classe non è da seguirsi e gli Autori più vecchi, che a tale modo di ve- dere si attenevano, si trovavano \nì\ spesso nel pericolo di ingenerar confusioni più che altro. I gruppi attuali sono stati preceduti da altri con caratteri diversi e perciò oggidì sembra più opportuno, anziché tentare di far entrare a forza le antiche forme nei gruppi attuali, il raccoglierle in ordini, famiglie e generi a sé e pro- cedere ad un paragone, come delle specie così anche degli aggruppamenti di forme fossili, coi corrispondenti d'oggidì, i quali si può credere che da quelli sieno proceduti. Da quando l'ambra fu ricercata come sostanza preziosa e d'ornamento e quindi attrasse l'at- tenzione anche per le sue note qualità elettriche, fu rilevata la presenza, molto frequente, di Insetti ed altri piccoli animaletti, compresi nel corpo dell'ambra stessa e ciò non è mancato di destare la viva curiosità degli osservatori di cose naturali. Molto spesso tra gli scrittori antichi è fatta menzione di Mosche, Formiche ed altri piccoli animali, che si vedono iìicorporati nell'ambra e già l'Aurifaber ne parla fino dal 1551. Una dissertazione speciale in proposito fa l'Aldovrandi, in due classiche opere (1638 e 1648). Di Mìiacas majores et minore», culices, crabrone», ape», tineas, blatta*, formica», locustas incluse nell'ambra fa cenno l'Hartmann, poco di poi (1677 e 1699). Anche lo Scheuchzer, trattando di parecchi fossili del Monte Bolca e di Oeningen, accenna anche ad Insetti compresi nell'ambra e ne discorre anche il Mercati (1717). Anche il Vallisnieri parla di Hu- scas, culices, araneas, formica» volante», scolopendra» alia/ine ammalia, che sono nell'ambra e ciò a pro- posito di certi fossili di Turingia (1715). Del resto, ili scarabaei et papiliones trovati nell'ambra in Westrogothia fa menzione anche il Brousell (1729). 11 Sendelius (1742) ricorda diversi insetti dell'ambra ed anche di una falsa ambra che viene dall' Africa e che lieve essere il Copale. Appartengono al secolo successivo accurati e Fig. 151. - Un Dittero dell'Ambra .1-1 Bai- cospicui lavori sugli Insetti fossili, a principiare tic», come apparisce per trasparenza, lugran- da quello di Brulle (1839), che [primamente fece ri- dite circa 3 diam. levare l'importanza di questi per gli studi geolo- gici, mentre il Germar (1839), coutinua gli studi sugli Insetti fossili degli schisti litografici di Solenhofen, studi del resto iniziati già nel se- colo XVIII e proseguiti di poi dall'Hagen, dal Vou Heiden, dal Goldenberg, dal Giebel, dal Deichmiiller e dall'Oppenheim (dal 1866 al 1888). Importanti sono i lavori dell'Heer, apparsi intorno alla metà del secolo scorso, pei quali lo studio degli Insetti fossili ricevette grande impulso. L'Heer illustrò circa mille forme di Oeningen in Baviera, di Radoboj in Croazia, di Aix in Francia, dell'Argovia in Svizzera, di Madera, della Groenlandia, ecc. Sono meritevoli di considerazione le sue induzioni circa i modi di vita di questi esseri, i loro rapporti coi fiori contemporanei, i confronti colle forme attuali nonché sul clima delle antiche epoche geologiche. È dello stesso tempo la classica opera del Berendt sugli Insetti dell'ambra. Parecchi autori trattano degli Insetti fossili, particolarmente del terreno Carbonifero, trovati in Inghilterra. I. ANTICHITÀ DEGLI INSETTI 155 I più notevoli progressi della paleoentomologia si devono al Brongniart, in Francia, ed allo Scudder, negli Stati l" ni ti d'America. Essi, in gran numero di scritti, illustrarono la fauna ento- mologica ili epoche di\erse e di varie Idealità, specialmente dell'epoca carbonifera dei loro paesi. L'opera di questi autori è continuata in America dal Cockerell ed in Francia dal Meunier. il finale ultimo sopratutto ba rivolto le sue ricerche agli Insetti dell'Ambra baltica e del Copale. Finalmente l'Handliraoh, in Austria, prese in esame gli Insetti fossili di tutti i tempi e di tutte le località, pubblicando in proposito molti e voluminosi lavori, nei quali le considerazioni d'indole generale e sintetica sono ampiamente svolte. Noi seguiremo molto davvicino precisamente le opere di questo Autore, nella redazioni' ilei presente capitolo. Del resto lo studio degli Insetti fossili non si è limitato alle regioni d'Europa già citate, ma per molte altre esso è stato felicemente seguito. Cosi, oltre ai lavori dell' Heer per la Groen- landia, del Meunier per l'Africa già ricordati conviene tener presenti quelli dell' Eichwald 1 1864), del Hrauer, del Redtenbacher e del Gangelbauer (1889) per le formazioni giuresi della Siberia orientale; del Murray (18(50) e dell'Hislop (1862) per l'India centrale; dell'Etheridge e dell'Oliti' (1890) per l'Australia i Nuova Galles del Sud). Quanto all'Italia gli studi di Paleoentomologta sono meno ricchi in causa della scarsità di avanzi fossili di Insetti. Tuttavia debbonsi ricordare, colla dovuta lode, i lavori dell'Omboni, del Capellini, del Rebel, del Bosniaska sugli Insetti terziarii delle provincie di Pisa e di Livorno; del Canavari su quelli permiani del Monte Pisano : del Sismonda e del Sordelli pegli Insetti terziari del Piemonte e della Lombardia ; del Gandhi e Strozzi sui travertini toscani ; del Mas- salongo sugli Insetti terziari del Vicentino e del Veronese e del Senigalliese, sui quali ultimi aveva lavorato anche il Procaccini-Ricci. Già nel 1838 il Guériu-Meneville aveva studiato gli Insetti dell'Ambra siciliana ed a questo proposito giova ricordare una lettera pubblica del nostro Rondani (1840), colla quale vengono emendate alcune determinazioni dell'Autore francese. Gli Insetti dell'Ambra siciliana sono stati, più recentemente, studiati anche dal Malfatti, dal Tosi e dall'Emery; il primo dei quali aveva anche fatto ricerche sugli Insetti dei tripoli di Mondaino, presi in esame anche dal Cecconi. II Ponzi studiò le forme plioceniche del Monte Vaticano ed il Pampaloni rinvenne alcuni minutissimi Insetti nel Disodile di Melili i in Sicilia. Era Paleozoica. Siluriano e Devoniano. Il Brongniart, nel 1885 descrisse una Paleoblitttina douvillei del Siluriano medio di Iurques in Francia e nel 1892 il Moberg illustrò un Proiocimex silurieus degli scliisti a G-raptolitì di Killeroed in Svezia. Queste due forme sembrarono da considerarsi pei più antichi insetti cono- sciuti. Senonchè. in seguito, esaminati con maggior diligenza i campioni, si dovette convenire che se il primo poteva riferirsi a frammento di Trilobite, il secondo sembrava non potersi neppure considerare per avanzo di cosa organizzata. Per ora adunque all'antichissimo Siluriano non possono essere attribuiti veri e propri Esapodi, mentre si hanno invece avanzi da attribuirsi sicuramente a Scorpioni. Quanto al Devoniano, generalmente sono ascritti a questo strato numerosi avanzi di veri Esapodi, trovati negli schisti di Sant John nella Nuova Brunswick e questa opinione è molto frequentemente espressa nei testi di Entomologia e di Paleontologia. Ma i detti sciasti, che da taluno autore sono stati perfino attribuiti al Silu- riano, si riconosce invece che appartengono al Carbonifero. Perciò neppure pel Devoniano si conoscono ora forme fossili di Insetti. 156 CAPITOLO SECONDO Carbonifero. A questo periodo appartengono veramente i più vecchi Insetti conosciuti e se ne hanno numerosissime vestigia. Non già nel Carbonifero inferiore (Oulm) per quanto sieno stati attribuiti a questo strato quei Kuhn Eiifer o Coleotteri del Culm, i quali si conservano a Berlino ed a Tiibingen, ma che ora non si ritengono neppure per resti di Ar- tropodi e del resto i Coleotteri sono assai tardivi a comparire nelle epoche geologiche. I veri Insetti appaiono, per la prima volta, in quella porzione di Antracitifero che dai tedeschi viene detta unteres Obercarbon e si rinvengono oramai molto numerosi ed in molte località dell'Europa (in particolar modo Inghilterra, Francia Germania) nonché nell'America settentrionale, (specialmente Mazon Creek, nel- Plllinois). Compaiono, per verità, forme da ascriversi a gruppi ormai tutti estinti, all'in- JP Pig. 152. — Un Paleodiottern. Stenodiclya lutala Brongn. A, figaro schematica (iìal Brongniart) : B. la stessa ricnst.nuta {da Handlirseh). fuori dei Blattoidi, dei quali si hanno molti rappresentanti anche oggidì, ma in molti ili questi gruppi si possono veramente riconoscere caratteri pei quali essi possono considerarsi come i capostipiti, ormai scomparsi, di parecchi gruppi attuali. Non certamente gli Insetti del Carbonifero debbono considerarsi per le prime forme apparse sulla faccia del globo, sebbene di precedenti, come ripeto non si abbia oggi sicuro vestigio. Tuttavia in questo periodo si trovano i resti di forme da ascriversi ad un notevole gruppo, quello cioè dei Paleodittiotteri (Palaeodi- cty opterà),. che, per ora almeno, sono le più primitive conosciute. Paleodittiotteri. — Tale nome fu primamente usato dallo Seudder per indicare tutti gli Insetti del periodo carbonifero. Ma l'Handlirseh ne ha fatto più ordini, limitando quindi la primitiva estensione del gruppo come era intesa dallo Seudder. (ili avanzi che si hanno di Insetti di questo gruppo sono, come ho avvertito, numerosissimi ed appartengono ai depositi carboniferi dell'Europa (Inghilterra, Francia, Germania, Belgio) e dell'America del Nord. I. ANTICHITÀ HKOI.1 INSETTI 157 Fig. 153. — Lycocercus yoldenbertjì Brongn., figura schematica {'lai Brougniart). Paleodittiottero con appendici (gonapotìsi ?) all'estremità dell'addome. In linea generale si hanno solo porzioni di ali, ma qualche volta anche pezzi piii o meno vistosi del corpo. Perciò lo studio di queste forme ha potuto essere abbastanza sodili staceli te. Si ritiene che i Paleodittiotteri (tìgg. 1512-154) avessero il capo grosso, roton- dato e fornito ili antenne semplici, brevi anzichenò, tutte composte di articoli omo- nomi. Gli occhi, bene svilup- pati, erano composti e l'appa- rato boccale atto alla mastica- zione. Nel torace i due ultimi segmenti recavano ali e non troppo diversificavano fra loro e col precedente. Questo, cioè il protorace, recava espansioni aliformi, le (piali sono state considerate per organi di volo rudimentali. Quanto alle ali del pterotorace esse erano tutte e quattro fra loro eguali e for- nite di una nervatura molto semplificata, secondo, cioè, un tipo molto primitivo. Queste ali stavano sempre distese la- teralmente, non sembra che fossero molto mobili sul segmento toracale, al quale si univano per larga base. Le zampe erano eguali fra di loro, robuste, atte alla corsa e terminate da tarso con pochi articoli; esse erano in numero di tre paia. L'addome era sessile, di varia lunghezza, diviso in undici articoli, eoll'articolo estremo non ridotto e for- nito di cerei multiarticolati, spesso presenti oltreché nella forma adulta anche nelle giovanili. In talune forme, al lato ventrale dei segmenti 8.° o 9.° si trovavano anche appendici, da paragonarsi alle gonapotìsi di molte specie attuali (fig. 153). Non di rado si scorgono delle appendici particolari, uscenti da espansioni pleurali nei segmenti dell'addome e che sono state considerate per tracheobranchie. il che indicherebbe, per queste forme, una vita anfibia probabilmente nelle frequenti paludi disseminate nelle ricche foreste e lussureggianti, proprie del periodo carbonifero. Branchie anche allo stato adulto in parecchi Paleodittiotteri devono aver esistito anche all'e- stremità dell'addome, ad un dipresso come attual- mente nelle larve di Effemeridi, che sono appunto insetti Antibiotici, come anche i Perlarii e gli (•donati, essi pure affini a questi antichissimi Paleodittiotteri, che sono caratteristici del periodo carbonifero, nella quale epoca dovevano essere abbondantissimi. Si tratta di Insetti, alcuni dei quali raggiungevano dimensioni veramente enormi e del tutto inusitate attualmente. Ad es. : le ali del Megaptilus blanchardi (Brongn.) misuravano l(i cent, di lunghezza; 12 quelle del Rypermergethes schucherti Handl.; 9 quelle delle Paolia vetusta Smith, ma nientemeno che 36 cent, di aper- tura d'ali aveva V Archeoptilus yaullei Menu. Fig. 154 — Un Paleoditiottero Euble- ptus danielsi Mandi. Ricostruito (da Haiidlirsch). 158 CAPITOLO SECONDO Anche il Titanophasma fayoli Brongn., il cui corpo è lungo 260 uiill., è forse esso pure un Paleodittiottero. Si ritiene che Insetti così voluminosi, più che volare bene come gli attuali nostri Odonati, facessero dei voletti corti e faticosamente, per passare d'uno in altro stagno. L'ordine è stato diviso in ben 22 fa- miglie, nelle quali si contano specie molto importanti, perchè considerate come caposti- piti di gruppi attuali. Fra le forme fossili, appartenenti a questo ordine, si possono ricordare la Litltomantis carbo- naria Woodw. fre- quentemente citata nei testi di Ento- mologia, perchè sul prò torace reca due grandi espansioni aliformi, percorse da rilievi simulanti nervature. Fig. 155. — Un Protortottero Dieconeura al- enata Scucili. Ricostrutta (da Handlirsch). Anche la Xenoneura antiquonum Scudder, che per molto tempo si ritenne il più antico insetto fornito di organo stridulante (sebbene di poi si sia riconosciuto che le pliche speciali che avevano fatto credere a tale organo sono invece dovute a sovrapposizioni di parti) si può ritenere che appartenga all'ordine dei Paleodit- tiotteri. Fig. 156. — Un Protortottero alter i-ante. Gerarus longi- collis Haudl. ricostrutto (da Haudlirsch). Differenziazione verso gli ordini attuali. — In questo grappo si trovano parecchie forme che segnano un passaggio verso ordini più recenti, a partire da quelli più antichi. Cosi i Protortotteri, di cui si conoscono una quarantina di specie, da riunirsi in varie famiglie e che si trovano nelle stesse località dei Paleodittiotteri, rap- presentano forme transitorie verso gli attuali Ortotteri (flgg. 155-158). Questi Protortotteri avevano ali maggior- mente differenziate e, durante il riposo, si ri- piegavano sull'addome; le anteriori hanno già qualche maggiore complicanza nella nervula- zione e questa, nelle posteriori, mostra già un campo anale limitato da una piega e talora piccolo, ma altre volte piuttosto grande. La testa è grossa, fornita di robuste mandibole e di antenne esili e lunghe. Il corpo è piut- tosto tozzo, con protorace robusto o, in talune specie, molto allungato ed in qualche forma con espansioni laterali corrispondenti a quelle già avvertite per alcuni Paleo- dittiotteri. Però tali espansioni non si sviluppano ulteriormente ed anzi tendono a scomparire; certo non se ne ha esempio nelle specie successive. Cominciano Fig. 157. — Un protortotteri» GyropJUaébia longìrollis Handl., figura schematica (da Handlirsch). 1 \\ il. imi i iiKui.l i\'m:i 11 t59 ad apparire, in talune torme, le zampe posteriori saltatone, cioè più robuste e più lunghe delle altre, per quanto invece in molte altre specie tutte le zampe sieno fra loro di sviluppo conforme. Man- cano (inora gli organi stridulanti. I Protobialtoidei t'orinano un altro ordine, messo come anello fra i Paleodittiotteri ed i Bluttoidei, che appaiono per la prima volta nello stesso periodo carbonifero e si conser- vano traverso tutte le epoche Ano alla attuale. Vi ha chi ritiene che i Protoblattoidei rappresentino coi, Blat- toidei, due rami proce- denti da un unico sti- pite piuttosto che es- sere essi stessi i pro- genitori dei Blattoidei. Ancbe dei Protoblattoidi si conoscono una quarantina di specie, distribuite in diverse famiglie, che sembra doversi considerare rispettivamente i progenitori dei Blattidi, dei Fasmidi e dei Locustidi attuali (flgg. 159, 160). Tutti i Protoblattoidi presentano un capo tozzo, sebbene non così come negli attuali Blattidi; ali ripiegate in riposo sull'addome, le ante- Fig. 158. — Un Protortottero a zampe poste- riori robuste; Oedischia williamsoni Brongn. ricostrutta (da Haudlirseh). Fig. 15y. — Un Proto - blattoide. Eucaenus at- tenuai us Haudl. (dal Handlirseh). non con campo anale ristretto, traversato da vene arcuate ed oblique verso il Fig. 160. Due Protoblattoidi. A, Eucaenus ovalis Seudder ; B, Protophasma damasi BrODgn., ricostrutti (da Haudlirsch). margine posteriore; il protorace largo ma non così espanso come è negli attuali Blattidi. Nella famiglia Oryctoblattinidae si trovano specie, le quali, pei caratteri delle ali, ricordano i Mantidi attuali, di guisa che si può dubitare ne siano i progenitori. 160 CAPITOLO SECONDO Alla famiglia Protophasmidae appartiene il Protophasma dumosi, illustrato dal Brongniart nel 1878, quale precursore dei Fasmidi attuali non bene allora dal- l'Autore completato e ricostruito; più tardi, dallo stesso Brongniart, messo nell'or- dine dei Neurotteri, colla Lithomantis e quindi nuovamente considerato per un Ortottero. È nn vero Protoblattoideo, come quel Protascalaphus o Stenoneura fayoli dello stesso Brongniart, da lui ritenuto un Proto- mirmileonide. cioè un capostipite di Neurotteri e di poi un Protofasmide. Finiscono, col Permiano, i Protortotteri e Proto- blattoidi, anzi in questo periodo sono essi rappre- sentati, a quel che se ne sa per ora, da una sola specie. Fi». 161. — Una delle più antiche e primitive forme di Blattoidi ge- nuini. Aplithoroblallina johnsoni Woodw., ricostrutta (da rian- darseli). Blattoidi. — Si è già detto che tino dal Carbo- nifero si hanno resti di veri Ortotteri e più preci- samente di Blattoidi, la quale famiglia vive tuttodì. L'Handlirsch infatti ritiene che veramente si tratti della stessa famiglia, mentre lo Scudder vuole in- trodurre in una famiglia distinta (Protoblattariae) le forme fossili e ciò dietro speciali considerazioni della nervulazione delle ali, modo dì vedere questo che non è condiviso dalla maggioranza degli autori. Certo è che anche i Blattoidei antichi, come gli attuali, deponevano le loro uova in ooteche, che si sono trovate fossili nel Carbonifero. Si conoscono 11 famiglie, comprendenti 470 specie fossili e sono molto ab- bondanti nei depositi di Conemaugii (America del Nord) e di Ottweiler (Germania); appartengono alla parte più alta del Carbonifero (Ouraliano e Stefaniano). Le due famiglie degli Archimylacridae e ilei Mylacridae presentano molto interesse, la prima perchè numerosissima di specie finora note, la seconda perchè vi si sono osservate forme decisamente mimetiche con foglie di Felci, fra le quali certamente vivevano. L'esempio più dimostra- tivo è rappresentato dalla Pieri domylacris paradoxa Handl. della famiglia Pteridomylacridae, le cui ali sono così somiglianti alle fronde di talune Felci da lasciare spesso dubbio se si tratti di una cosa o dell'altra. I Blattoidei sicuramente erano forme terrestri, in tutte le età e le forme ninfali presentavano foderi di ali presso a poco così come è nelle nostre Blatte, sebbene meno rivolte all'indietro. Pig. 162. - Blaltoi- dea earri Sehuch. niufa (dal Scbu- ohert), Protodonati. — Anche fra i Paleodittiotteri e gli Odonati at- tuali sta un ordine, che trovasi nel Carbonifero, rappresentato per ora da poche specie, non più di nove e chiamasi dei Pro- todonati. Non convengono coi Paleodittiotteri, per ciò che la ner- vatura delle ali è più differenziata, ma nemmeno cogli Odonati, poiché mancano del pterostigma. Poco si può argomentare della struttura di questi Insetti in base agli scarsi ed insufficienti resti che se ne hanno finora, sembra però potersi dire, con sicu- rezza, che si tratta di forme anfibie, le cui ali erano distese orizzontalmente e che raggiungevano dimensioni colossali. Infatti le ali di alcune specie di Meganeura (ad es. : M. monyi Brongn., M. brongninrti Handl.) raggiungevano i 30 centim. di lunghezza. Sono questi dunque i più voluminosi insetti fossili conosciuti. ANTICHITÀ ttKGLI INSKl'II 161 Protefemeridi il . — Questo gruppo, secondo il concetto dell'Hamllirsch, e finora Fig. 163. — AH anteriore e posteriore di Mer/aneura, impiccolite, figura schematica (dal Handlirsch). rappresentato da una sola specie (fig. mentry in Francia. Tale forma presenta caratteri intermedi fra i Paleodittiotteri e gli attuali Efemeridi. Le ali in nu- mero di quattro sono tutte fra loro eguali e per la nervatura in gene- rale corrispondono ai Paleodittiot- teri. ma hanno dei caratteri speciali di quelle degli Efemeroidi attuali Inoltre la torma fossile possedeva un prolungamento filiforme dell' 11.0 tergite appunto come si vede essere in aluni Efemeroidi odierni. I seg- menti del torace e dell'addome erano omonomi e rispettivamente eguali fra di loro e gli occhi com- posti piccoli come nei Paleodittiot- teri. 164) trovata nello Stefaniano tipico a Oom- Fig. 161. — Uu Protoefemeride. Triplosoba nnìchella Brongu., ricostruita (dal Handlirsch). SI Megasecopteri. - Per Brongniart tratta di una famiglia da ascriversi ai Neurotteri, ma per l'Handlirsch, che (1) Con tale nome il Brongniart. che primo ne usò, indicava talune forme appartenenti ai Paleodittiotteri, come Homaloiieiira, con cerei lunghi fino a 10 centim. ed ali, invece, poco più lunghe di 3 centim. Qui noi usiamo tale parola secondo il significato molto diverso attribuitole dall'Handlirsch. A. Bbrlese, Oli Inietti, li. — 21. 162 CAPITOLO SECONDO ritiene anche gli odierni Neurotteri come un complesso di più ordini, i Megase- copteri costituiscono un vero ordine a sé, da dividersi in cinque famiglie, com- prendenti 21 specie fino ad ora conosciute (tìg. 105). Questi sembrano i precursori degli odierni Panorpati e derivano dai Paleo- dittiotteri. Le nervature delle ali scemano di numero e si dispongono più ordinata- mente a quelle longitudinali, le quali pure diminuiscono di numero e si accostano più strettamente fra di loro. La testa è cordi- forme; il protorace piccolo eie quattro ali. indipendenti L'ima dall'altra, nel riposo se ne stanno distese orizzontalmente. Addome composto di segmenti omonomi, provvisto di due lunghi cerei. La piti gran parte delle specie si è trovata a St. Etienne, in Francia, Questi Megasecotteri erano Insetti etero- metaboli, come si è riconosciuto in seguito al ritrovamento di una ninfa, che presen- tava i caratteristici foderi delle ali, diver- genti ai lati del torace. Fig. 165. — Un Megasecoptero. Miscoptera woodwardi Handl., ricostrutta (da Haudlirsch). Reculoidi, Adentomoidi, Apalopteroidi e Mixo- termitoidi. — Sono questi altri gruppi minori, ma anche meno bene noti, perchè fondati su poche specie e su scarso e mal conser- vato materiale. Concludendo, per quanto si riferisce al periodo Carbonifero, noi vediamo che in questo gli Insetti sono primamente rappresentati e con sicurezza dai Paleodittiotteri. Inoltre, accanto a questo maggiore gruppo trovansi parecchi ordini oggidì scomparsi e che sono intermedi fra i Paleodittiotteri e gli attuali Ortot- teri Blattoidi, Odonati, Efemeridi e Panorpati. Tutti questi ordini intermedi però non sono rappresentati attualmente, uè alcuno degli attuali esiste già nel periodo Carbonifero. Fanno eccezione i soli Blattoidi i quali, com- parsi già nel periodo Carbonifero, appunto si con- servano fino all'epoca attuale. Fig. 16»i. — Un Adentoiuoide : Ha- denlomum americanum Handl-, ricostrutta (da Handlirscb). Permiano. Il terreno Permiano è molto meno ricco di avanzi fossili di Insetti di quello che non si sia veduto essere stato il Carbonifero ; potrebbe dunque ritenersi che la fauna fosse realmente meno abbondante. Il fatto principale di questo periodo è la mancanza dei Paleodittiotteri. Nel Permiano fluiscono quegli Ordini precursori degli attuali che furono i Protobìat- ioidi, i Protodonati ecc., mentre continuano i Blattoidi e se ne conoscono circa 120 specie, in massima parte spettanti alla famiglia Archimylacridae. Sono questi L'ANTICHITÀ lil'.IJLI INSETTI 163 i soli Insetti fossili dell'epoca paleozoica che si sieno trovati in Italia, cioè sul Monte Pisano, dal Canavari. Gli Archimilacridi del Permiano sono però meglio differenziati che non quelli del Carbonifero. Oltre. alla detta famiglia, nel Permiano trovansi rappre- sentanti anclif di quella dei Mantoidei, come si argomenta da due ali che l'IIandlirscli trovò nel Permiano superiore di Russia per le quali egli istituì il genere Palaeomantis. Non se ne sono trovate le zampe e perciò è dubbio se esse sieno sul genere di quelle delle nostre Mantidi, cioè rapta- torie (ben inteso quelle del 1." paio). I Protodonati non sono più che scarsamente rappre- sentati e se ne conosce una sola specie del Permiano infe- riore di Franconia, le cui ali misuravano almeno 10 centim. di lunghezza, ma se ne hanno solo incompleti resti. II Permiano è poi contrassegnato tlall'apparsa di nuovi tipi molto importanti di insetti, i quali rappresentano i più vicini progenitori di gruppi attuali. Pig, 167. — Un Efeme- nii■ J-" " Odonati. — Di questi Insetti aumenta il numero. (Ili Anisozigotteri sono in diminuzione e non se ne conoscono più che 9 specie, da distribuirsi in almeno 3 famiglie. Aumentano invece gli Anisotteri e se ne hanno più specie, da intro- dursi in due famiglie, cioè Gonfidi (ancora esistente) e l'altra degli Eschnididi (Han- dlirsch) estintasi. A questa famiglia appar- tiene la Cymatophlebia longiàlatà (fig. 173) del Germar, già introdotta nei generi Li- bellula Aeschna, Afiax, Peialia, Gynacantha. In questo ultimo genere le femmine pos- sedevano un lungo ovopositore. Si trovano i primi Zigotteri e se ne conoscono 9 specie, che ricordano i Ca- lopterigidi e gli Agrionidi attuali e rap- presentano veri e proprii Epallagidi. Fig. 173. — Cymatophlebia (oìtgialata Miiust. Giura n. . . t i r> i i t\- di Baviera (d;i Zitte] ). Plecotten. — Le 16 specie del Giura ' sono rappresentate da avanzi così in cat- tivo stato da non potersi esattamente classificare. Alcune forme sembrano doversi avvicinare ai Protefemeridi del Paleozoico, perchè hanno le ali anteriori e le posteriori di eguale sviluppo; ma altre hanno maggiori le ali del 1.° paio, come è nelle forme attuali. I. ANTICHITÀ DEGLI INSETTI 171 Rincoti. — Si conosconono 6 Gimnocerati (fig. 176) e 7 Criptocerati, molto simili alle forme attuali. Questi ultimi spettano alle famiglie dei Xepidi, Belosto- midi (fig-. 175), Xaueoridi, Notonectìdi e Corixidì, che sono tutte viventi. Veramente i Kepidi ili questo periodo dovrebbero considerarsi come forme di passaggio verso i Belosto- midi ed i Xaueoridi, perchè non presentano i tubi respira- tori all'estremo addome, che sono caratteristici delle forme attualmente viventi. Gli Omotteri sono bene rappresentati. Si trova perfino il primo Afide, sebbene di or- ganizzazione abbastanza pri- mitiva: si è trovato nel Pur- beck inglese. (Wi altri appartengono in gran parte ai Fulgoridi, fa- miglia tuttavia esistente. (Ili Insetti a metamorfosi completa sono molto abbon- dantemente rappresentati ed è nel periodo Giurassico appunto che appaiono i primi Imenotteri ed primi Lepidotteri, mentre si arricchiscono gli altri Ordini. Fig. 174. — Tarsophlebia eximia Hagen, del calcare di SolnhofeD, cou caratteri degli Anisopteri e degli Zigotteri. Ricostrutta (da Haudlirscb). Neurotteri. — Se ne conoscono oltre 20 specie, delle quali 9 spettano ai Proe- merobiidi «die già esistevano nel Lias; gli altri possono rientrare in tre famiglie ora scomparse. La Kalligramma haeckelii Walther (fig. 177) era una forma gigantesca, perchè le sue ali anteriori misuravano ben 122 millimetri e quelle posteriori 100 mill. di lunghezza; il corpo era lungo 7 cent. Tale insetto fu trovato negli schisti litografici di Solnhofen ed è fra i meglio conservati. I Panorpati sono io. regresso; essi sono raj «presentati da due soli ( >rtoflebini. Dei Friganidi, sebbene si rin- vengano nuove forme, pure essi sono ancora poco abbondanti. Pie. Ii5. — Mesobelosio mum dc- perdilum Gemi., del calcare di Bavi.-r'. ricostratto (da Hau- dlirsch). Fig. 176. — Arehegoei- mex f/t'inilzi Handl. (da Handlirsch). Lepidotteri. — Ma ecco apparire l'aurora dei Lepidotteri, in questo periodo Giurese e se ne hanno 12 specie, da ascriversi alla famiglia Paleontinidi, che è rappresentata solo nel Giura. Queste sono le prime origini accertate del bello e ricchissimo ordine delle Fattali.', sebbene si debba supporre che i veri progenitori del gruppo sieno anche anteriori, dappoiché le forme del Giurassico sono orinai notevolmente specializzate. Circa la posizione sistematica degli Insetti, i cui avanzi sono ascritti ai 172 CAPITOLO SKCONDO Lepidotteri non è stata piccola discussione, perchè alcuni autori non ammettevano che potessero essere vissuti Lepidotteri, cioè forme che si nutrono del nettare dei fiori, in un tempo in cui non esistevano piante fiorifere, essendo la flora tut- tavia composta solo di Crittogame e (limnosperme, mentre le prime scarsissime Monocotiledoni si trovano solo sul finire del piano Kimmeridgiano (in Portogallo). Fig. 177. Kalligramma haeckeìi Walter, circa metà della grandezza naturale. Ricostrutto (da Hundlirseh). Ora però, messo da parte questo preconcetto e considerato d'altra parte che anche attualmente molte specie di Lepidotteri si trovano, che non si nutrono di nettare (ad es.: le specie australiane dei generi Pelora, Apoda, Doratiophora, ed anche negli Ophideres di Australia e di Africa la tromba sempre rigida e distesa serve a forare le frutta, come banani, aranci, per ritrarne il succo) si ritiene si tratti real- mente di Lepidotteri non troppo diversi dagli attuali, sebbene con abitudini d'altra maniera di quelle più comuni alle odierne Farfalle. t£%m Nel 1864 il Westvood illustrò alcuni frammenti di ala trovati nel Purbeck inglese e li ascrisse a Le- pidotteri. Così pure nel 1873 il Butler descrisse un'ala di Farfalla del Dogger di Stonesfield in Inghilterra ed intitolò la specie Paleo ntina oolitica. Del Dogger della Siberia orientale sono due forme illustrate dall'Oppenheim nel 1885 (tig. 178). Fig. 178. — Ali di un Lepidottero : Paleo- cosshs jurassicus Oppen. (da Oppenheim). La nervatura delle ali somiglia molto alla distribuzione delle trachee nelle ali di ninfe di Lepidotteri odierni. Le ali anteriori erano grandi assai più delle posteriori ed a contorno trian- golare e nei resti fossili si vedono ancora le traccie delle squame da cui erano ricoperte. Il corpo era breve e tozzo. l A\ in III l \ DKGLI INSETTI 173 Ditteri. — Gli Ortorafi Neniatoceri si sono veduti apparire nel precedente pe- riodo; proseguono nel (lima colla famiglia dei Bibionidi e come nuove compaiono le famiglie dei Mieetofilidi, Psioodidi, e Tipulidi; ina in questo periodo cominciano a trovarsi ancora i Brachiceri, rappresentati da una sola t'orma, clic appartiene alla famiglia tuttavia vivente dei Neme&trinidi. Coleotteri. — Se ne conoscono 140 specie di diffìcile aggruppamento in famiglie, sebbene sembri di potervi riconoscere dei Carabiiii. degli Idrofilidi, Elateridi, Buprestidi e forse Crisomelidi, Ditiscidi ed altri; con maggior dubbio poi Curculionidi e Lamellicornidi. Imenotteri. — In questo terreno Giurassico cominciano a presentarsi gli Imenotteri. Il Deiclimiiller, nel 1SS6, dimostrò che certi resti di Insetti trovati negli schisti di Solnhofen e dallo Schròter (1784), dallo Schlotheim (1S20), e dal Weyenberg (1869) considerati per farfalle; dall'Hagen (1862) "per Belostomidi e dall'Oppenheim Fig. 179. — Un Lepidottero Eocicada la- meerei Hanill., del calcare di Solnhofen, ricostrutto (da Handlirsch). (1885) per forme affini ai Siricidi, sono veramente da ascriversi a quest' ultimo gruppo, sebbene per la ner- vatura delle ali ne sieno un poco discosti e meno evoluti. La configurazione generale del corpo e l'armatura del- l'estremo addome ricordano bene i Siricidi, ma non con- vengono completamente, di guisa che è bene farne una famiglia a sé, che è quella Fig. 180. — Pseutìisirex sp., ricostrutto (da Handlirsch). appunto d e i Protosiricidi. Se ne conoscono 15 specie. Pare che si abbiano di questo periodo anche dei Pimplidi, adunque forme pa- rassite e per tale si ritiene una specie ritrovata in Spa- gna (Sierra di Montsech in Catalogna) col capo gros- setto, verticale; antenne lunghe e filiformi; coscie grosse, z a ni p e lunghette ; addome sessile con un ovo- positore lungo quasi il doppio del corpo. Le ali giungono quasi all'estremo addome. Si può ritenere che tale forma segni il passaggio fra i Siricidi e gli Icneu- monidi. Per l'Handlirsch questo Insetto è tipo di famiglia a sé degli Efialtitidi. La presenza in questo periodo di un così alto Imenottero tenderebbe a far supporre che l'ordine fosse rappresentato assai prima, ad es. nel Giura inferiore se non nel Lias (fig. 181). Fig. 181. Cretaceo. Con questo periodo si compie l'epoca Mesozoica e come al suo inizio (Trias) si è dovuto lamentare una grande scarsità di Insetti fossili, tale da indurre una vera lacuna nelle cognizioni paleoentomolo- giche, così altrettanto può deplorarsi per questo ultimo periodo della medesima epoca. K/)hi(tìliles jurassicus Memi, (ila Meunier). 174 Capitolo secondo Tranne che pel grappo ilei Coleotteri, del quale si noverano 24 specie, che però non si possono ascrivere a famiglie, tutto il rimanente materiale si riduce a ben poca cosa. Un solo esemplare di Blattoide trovato nell'America settentrionale; un Odo- nato (Aeschnidiide) nell'Australia: un'ala di Omottero, da riferirsi alla famiglia Cicadidi nel Belgio e oltre a ciò solo astucci di Friganidi, formazioni da rite- nersi per galle di Imenotteri (un esemplare in Boemia); foglie erose sui lati come fanno le larve di Tentredinidi o le Megachile ; foglie con gallerie di larve mina- trici e foglie di Eucalyptux con produzioni ritenute galle di Coccidi e poco più. Come si vede un assai scarso materiale. Col Cretaceo finisce Péra Mesozoica. In questa principiano ad apparire i primi Insetti olometaboli, cioè i Coleotteri, di cui si trovano avanzi nel Trias e nei periodi successivi di questa èra meso- zoica si presentano tutte le altre forme a metamorfosi completa, cioè Jfeurotteri. Pahorpati, Friganoidi, Ditteri, Imenotteri e Lepidotteri: in generale però diversi dai presenti, così da non poter essere tutti inclusi nelle odierne famiglie, ma molte di queste péro hanno la loro origine precisamente in questa epoca. 11 quadro generale della fauna entomologica del giorno d'oggi è adunque tracciato nelle sue grandi linee fino dall'epoca mesozoica, sebbene sia credibile che la quasi totale mancanza di Angiosperme e quindi di fiori, dovesse indurre serie differenze morfologiche e biologiche negli Insetti di allora, in confronto degli attuali. L'Australia però, la cui flora e fauna conservano alcune caratteristiche me- sozoiche, possiede tuttavia Insetti, come alcuni Lepidotteri e Xeurotteri (Lima- codidi e Psicodidi), che hanno molta somiglianza colle forme Giuresi (Farfalle e Proemerobiidi). È poi degna di menzione la Palaeopklaèbia sn/jerstes del Giappone, che si avverti già essere un vero avanzo di quella remotissima epoca. Colpisce ancora il fatto della grandissima diminuzione della statura negli Insetti, a passare dall'era paleozoica alla mesozoica, nella quale ultima essi sem- brano avere dimensioni medie anche minori che non sieno nelle specie attuali. I Paleontologi mettono tale riduzione in rapporto con una diminuzione della temperatura ambiente, la quale ipotesi semina ancora appoggiata dalla assenza di formazioni coralline Massiche nel nostro emisfero. La temperatura sarebbe poi aumentata nel periodo Giurassico ed in questo ricompaiono le formazioni corallino e la statura degli Insetti aumenta notevolmente. Èra Cenozoica. Il materiale fossile spettante a questa èra è molto abbondante, poiché si an- noverano 6000 specie di Insetti conosciute e si sono ottenuti da località diver- sissime. La caratteristica della fauna entomologica terziaria si è di assomigliare gran- demente alla attuale. Per verità nessuna delle specie terziarie e oggi sopravvissuta, ma tutte le famiglie di quell'epoca sono oggidì rappresentate, sebbene, per deficienza di ma- teriale, non si possa dire l'inverso. Si vede però che diversa e da quel tempo ad oggi la ricchezza di specie nei singoli ordini; inquautochè alcuni tra i più abbondanti di specie oggi, ne contavano poche nell'era terziaria, come si può dire, ad es. dei Lepidotteri e L'ANTICHITÀ DEGLI INSETTI 175 forse ciano anche scarsi i Lamellioorni, i Ditteri Ciclorati. tutti gruppi oggidì straordinariamente ricchi di specie. È da notarsi ancora la granile somiglianza della tanna entomologica di Europa con quella dell'America settentrionale, durante l'Epoca terziaria. Una notevolissima parte di tutto il materiale palcoentomologico dell'era cenozoioa è offerto dagli Insetti contenuti nell'ambra. Si sa fìir questa sostanza e il prodotto resinoso fossilizzato delle piante del- l'epoca e mentre si trovava tuttavia allo stato molle si sono, in questa massa vischiosa, impigliati Insetti ed altri Artropodi numerosissimi e così ne è pervenuta a noi una eccellente collezione, con esemplari perfettissimamente conservati, non diversamente dal come si mantengono nelle nostre raccolte i piccoli Artropodi che includiamo in Balsamo del Canada. Questi animali inclusi nell'ambra si studiano per trasparenza ed il più delle volte mostrano assai bene tutti i loro particolari anche più minuti. E così che si sono potute riconoscere e descrivere minute forme di Acari, di Ti san uri e Gollemboli e perfino di uno Strepsittero nonché di una quantità di piccolissime forme degli ordini già veduti, che altrimenti sarebbe stato molto dif- ficile studiare bene, se non riconoscere, nei fossili pietrificati. Anche in Italia si sono trovate moltissime specie di Insetti appartenenti a questa èra. particolarmente nel Vicentino (Monte Bolca, Novale dell'Eocene medio; Ohiavon e Salcedo dell'Oligocene) in Sicilia (Melilli e diverse località dove irovasi l'ambra, spettanti al Miocene medio) ; nelle vicinanze di Roma (Va- ticano e Parcareccia del Plioceni) : varie località della provincia di Pisa e di Livorno, da riferirsi al Miocene superiore, con quelle delle Marche (Sinigalia, Ancona), della Lombardia (Montescano) e del Piemonte (Guarene, e di Sicilia (G-irgenti), che spettano tutte alla formazione gessozoltìfera. Adunque non e più in questa epoca granile scarsezza di Insetti fossili in Italia, mentre per le epoche precedenti essi non sono rappresentati che dai pochi del Permiano di Monte Pisano, come si è avvertito. Oltre all'Italia si hanno abbondantissimi Insetti fossili dell'era cenozoica trovati in Erancia (Aix in Provenza); in Germania (Oeningen in Baviera, nel- l'Ambra, ecc.) e sono questi depositi interessantissimi sotto molti aspetti; in Svizzera. Inghilterra (Dorset ed altrove), in Croazia (Radoboj); in Groenlandia; in Siberia; nell'India centrale (Nagpur); in America (Elorissant nel Colorado, Columbia inglese, Alaska) ed in Australia (Nuova Galles del Sud, Nuova Inghil- terra, ecc. . L'assisa inferiore (Miocene superiore) di Oeningen in Baviera, detto anche Strato ari Insetti è composto ili circa 250 straterelli, nei quali si riconoscono per/ino le successive stagioni. Intatti nella Melassa si incontrano foglietti che contengono liori di Canfora e così indicano la prima- vera; poi frutti di Olmo e di Pioppo, testimoni della estate e quindi frutti di Canfora e ili Diospyros die indicano l'avvicinarsi dell'autunno. L'Oligocene ed il Miocene sono gli strati che più abbondano di avanzi di Insetti. Le Ambre del Baltico appartengono all'Oligocene inferiore e quelle di Sicilia al Miocene medio. Ortotteri. — Aumentano i gruppi e le specie in questi ed appaiono i rappre- sentanti di nuove famiglie. Infatti oltre agli antichissimi Blattidi ed ai meno vecchi Mantidi, Fasmidi, Locustidi. Grillidi, ecc. antecedenti, che nella era cenozoica si accrescono di specie, si aggiungono gii Acrididi, i Tridattilidi ed i Orillotalpini nell'Oligocene e finalmente i Labiduri nell'Eocene. 176 CAPITOLO SECONDO Psocidi e Termitidi compaiono nell'Oligocene. Tisanotteri. — Così pure in questo ultimo periodo appariscono ambedue i sottordini (Terebranti e Tubuliferi) dei Tisanotteri o Fisapodi che dire si vogliano. Perlari. tualmente. Questi erano molto abbondanti, anche più che non lo sieno at- Plecotteri. — Invece i Plecotteri si trovano in manifesta decadenza, poicbè sono rappresentati da sole 17 specie. Odonati. — L'ultimo rappresentante degli Anisozigotteri fossili si è trovato nell'Oligocene medio di Ba- viera ed invece crescono i gruppi più differenziati, cioè gli Zigotteri contano 29 spe- cie; gli Anisotteri 56 (dei quali 9 sono Gomfidi, 10 E- schuidi, 37 Libellulidi). I Plecotteri scemano perchè nel Terziario sono rappre- sentati da solo 17 specie. Embioidi. — Anche que- sto gruppo è già presente nell'Oligocene. Infatti, nel- l'Ambra del Baltico si è trovato conservato un rap- presentante del gruppo, cioè la Oligotoma antiqua Pictet. È da ritenersi che gli Em- bioidi sieno di data più antica, ma allora, come sempre, essi sieno stati rappresentati da poche forine. Pig, 182. — Un Emittero eterottero del Miocene di Westf'alia (ingrandito circa due volte). Rincoti. — Si conoscono 700 specie di questo ordine, delle quali 400 sono Eterotteri. La proporzione adunque rispetto agli Omotteri è di poco inferiore di quella odierna. Nel Giura Oriptoceratidi e Gimnoceratidi erano presso a poco egualmente numerosi; nel Terziario però i primi sono circa 10 volte più numerosi dei se- condi, in questo periodo tutte le famiglie (meno le povere di specie) sono rap- presentate. Nel periodo cenozoico i più numerosi fra gli Omotteri sono i Cercopidi, che raggiunsero l'apogeo nel Miocene. Abbondano assai anche gli Afidi ed i Ooccidi e ciò si spiega pensando che questi insetti vivono in colonie di moltissimi individui. Apterigoti. — Alcuni Tisanuri e Oollemboli si sono trovati nell'Ambra del Baltico e quivi appaiono per la prima volta. Dei primi si conoscono 15 specie di Machilis ; 9 di Lepisma e generi afflili. Di Collemboli 7 specie di Arthropleona. che non si possono bene determinare e 3 di Symphipleona non troppo discoste dal gen. Sminthurus attuale. L'ANTICHITÀ DEGLI INSETTI 177 Neurotteri. — Sempre scarsi sono i Megalotteri, che così si vedono inai aver assunto notevole incremento. Nell'Oligocene compaiono per la prima volta i Ra- fidioidei. cbe nel periodio terziario furono numerosissimi molto più d'ora. I Neurot- teri veri sono nella misura in cui tuttavia si conservano, sebbene più abbondanti fossero nel Mesozoico. Anche i Pauorpati scemano, mentre i Friganoidi sono tuttavia nume- rosi ed il loro numero comincia a scemare solo più tardi. Nell'oligocene di Alvernia gli astucci larvali di questi Insetti sono così abbondanti da formare strati dello spessore di 2 a 3 metri del così detto calcare a indusi (ftg. 183). Lepidotteri. — Sono tut- tavia scarsi e se ne tro- vano pochi tanto nel- 1 ' Ambra quanto nei terreni sedimentari, nei quali, tra molti altri Insetti, rare si incon- trano le Farfalle. Si deve dunque ammettere che solo in epoca più recente questi insetti hanno au- mentato grandemente di numero. Intanto le famiglie dell'epoca terziaria, corrispondenti alle attuali, sono le seguenti: Papilionidi, Pieridi, Licenidi, Ninfalidi, Esperidi, Sfingidi, Tineidi, Tortricidi, Psicidi, Piralidi, Arctiidi, Geometridi, e forse anche Sesiidi, Zigenidi, Litosidi. In tutto però si conoscono una ottantina di specie appena. Pig. 183. — Astucci di Friganoidi del Calcare a incitisi di Alvernia (da Lyell). Fig. 184. — Vanessa pluto Heer del di Croazia (da Heer). Miocene inferiore Coleotteri. — Quasi 2000 specie di Coleot- teri si conoscono appartenenti al Terziario, che è come dire 1/80 circa delle specie cono- sciute viventi attualmente. Quasi tutte le fa- miglie odierne, ricche di specie, sono rappre- sentate in quell'epoca, eccettuatane quella dei Brentidi, che oggi conta 900 specie, circa e non si trova nel periodo Terziario. Può essere che allora questa famiglia non esistesse. Pochi rappresentanti anche dei Tenebnonidi e dei Lamellicorni si hanno di quel periodo, mentre le famiglie che contano maggior numero di forme fossili di quell' epoca, finora trovate, sono quelle dei Carabidi, Cicindelidi, Stafili- nidi, Pseìafidi, Buprestidi, Anobiidi, Idrofilidi, Ooccinellidi, Crisomelidi e Cureulionidi. J' C '«^/"i *.k*' .""I ' (■" ■■•/ ■■ • ) A \ Fig. 185. — Doritiles bosniaski Rebel (da Kebel). Farfalla miocenica di Gabbro. Strepsitteri. — Si è già avvertito che una specie di questo gruppo (Mengea tertiaria Menge) è stata trovata nell'Ambra del Baltico. Imenotteri. — Si può ritenere che già nel Cretaceo esistessero condizioni fa- A. Bkrlesb, Oli Insetti, II. — 23. 178 CAPITOLO SECONDO vorevoli all'incremento degli Imenotteri perchè questi sono molto abbondanti fino dal Terziario inferiore. Anche per questo ordine tutte le attuali famiglie ricche di specie sono rappresentate nel Cenozoico; non si trovano quelle più scarse di specie come i Pelecinidi, Trigonalidi, Agriotipidi, ma non può dirsi che non esi- stessero. Anche dei Tinnidi, che ora contano circa 400 specie, non si hanno rap- presentanti terziari, ma queste forme, anche oggidì, appartengono esclusivamente alla fauna Australiana, della Malesia e dell'America meridionale, di guisa che se sin d'allora essi erano limitati all'Emisfero australe non se ne può trovar campioni nel nostro. Abbondantissimi sono i Formicidi, ciò che lascia supporre la vita gregaria di questi insetti fino da quel tempo. Nell'Oligocene e nel Miocene sono molto comuni gii Imenotteri parassiti, già benissimo differenziati ai diversi loro adattamenti. 9. Fig. 186. — Coleotteri dell'Oligo- cene di Provenza. a, Uipporhinus heeri; b, Triphillus heeri; e, Hyl<8inus facilis (ila Zitiel). Ditteri. — Del Terziario si conoscono quasi 1500 specie fossili di questo ordine. Anche per questo ordine vale l'osservazione già fatta per tutti i pre- cedenti della rappresentanza cioè, nel detto periodo, di tutte le odierne famiglie alquanto numerose di specie. Mancano però i Pupipari. Dopo i primi Ortorafi Nematoceri del Lias ed i Brachiceri del Giura, nel Terziario, oltre ai Nemaioceri alquanto più numerosi dei Brachiceri, cominciano ad apparire i Ciclorafi che, rispetto agii altri, giungono ad una percentuale di quasi metà dell'odierna. In conclusione il grande mutamento della fauna entomologica cenozoica in confronto di quella mesozoica può essere attribuito alla rapida diffusione delle piante Angiosperme dal Cretaceo in poi, cioè al grande cambiamento che subisce la flora del Globo. I rapporti degli Insetti colle piante sono così stretti che qualsiasi variazione nel regno vegetale deve avere una adeguata ripercussione in quello degli Esapodi. Gli Acrididi, che appaiono appunto nel Terziario sono eminentemente fitofjigi e non si nutrono abitualmente di Conifere: i Fasmoidei Fig. 187. — ilelyponorychtes Buccini Tosi. Apideo dell'umbra di Sicilia (da Tosi). sono in generale adattati al mimetismo colle Angiosperme, sebbene la forma bacillare comune a molti risulti fino dal Giurassico. I Lepidotteri adulti sono, per la massima parte, tìorisugi e cominciano ad apparire tali fino dall'inizio del periodo Terziario, ed aumenta il loro numero perchè le larve sono per la massima parti divoratrici di foglie di Angiosperme. Così su queste piante vivono quasi tutti i Tisanotteri ed eccone infatti i rappre- sentanti nel periodo cenozoico. Fra i Ditteri Nematoccri compaiono numerosissimi i Cecidomidi galligeni, adattati alle Angiosperme e ciò fino dal Lias, mentre nel periodo Terziario appariscono tutti quelli che allo stato adulto praticano i fiori delle medesime piante e quelli che nello stato di larva si nutrono dei tessuti l'antichità dkgi.i insktti 179 delle Angiosperme. Così ]>ure si presentano tutti quei Coleotteri che si nutrono delle dette piante e quegli Imenotteri che ne succhiano i fiori o che vi determi- nano galle, ecc. Se per gli insetti delle ere paleozoica e mesozoica sembra indifferente la maniera di flora, invece, per quelli cenozoici è certo del massimo rilievo la flora stessa ed ha la massima influenza sulla fauna entomologica. Anche indirettamente, a mezzo cioè degli animali superiori (Mammiferi, Uccelli) che si modificarono particolarmente nel periodo terziario, appunto in rap- porto alle mutate condizioni floristiche, gli insetti ne hanno risentito influenza con speciali adattamenti, quali sono quelli dei Parassiti, dei Coprofagi, ecc. Adunque nel terziario appaiono i più alti tipi di Insetti, altamente differen- ziati, nonché i Sociali, che sono la più elevata espressione del gruppo, cioè ap- punto gli Apidei, i Formicidei ed i Termitidei e tutto il complesso delle famiglie di Insetti concorda con quello dell'epoca attuale. Èra Quaternaria. Questo è l'ultimo periodo geologico, quello cioè che raccorda il Terziario coll'attuale. Le caratteristiche del periodo quaternario rispetto alla fauna entomologica del globo possono essere brevemente espresse affermando la somiglianza della tanna d'allora colla attuale, mentre esse non diversificano già per famiglie, il quale caso è rarissimo, ma solo per generi e per specie di Insetti. Le Argille, le Marne, gli Schisti quaternari di molte regioni dell'Europa e dell'America contengono resti di Insetti. In Italia se ne trovano uelle Marne e nei Tufi calcarei di molte località di Lombardia (Lagozza, Moria, Leffe, Grone, Pianico) e del Piemonte (Re). Oltre a ciò si ha nel Quaternario ancora una formazione analoga all'Ambra, cioè il Copale, che è esso pure una antica resina colata dalle piante, con entravi numerosi avanzi di Artropodi impigliativi e conservati perfettamente. Per verità il Copale è molto recente. Esso conta solo poche migliaia di anni, anzi, secondo l'Hagerdou, non oltre due o tremila anni. Tale sostanza si trova in varie parti dell'Africa (Benguela, Guinea, Zanzibar, Madagascar) ed ancora in America (Brasile). Se ne fa ora attiva ricerca a scopo industriale, per cui gli Insetti che vi sono contenuti vanno miseramente dispersi, ma il Meunier e l'Hagedorn hanno potuto studiare parecchie centinaia di detti fossili. Gli Insetti dei sedimenti quaternari non sono molto abbondanti: ciò può essere spiegato sia con una diminuzione reale del loro numero in confronto dei periodi antecedenti, sia colla influenza del clima ambiente di quell'epoca. Certo i sedimenti quaternari, composti di ghiaie e sabbie grossolane, male si prestano a conservare avanzi fossili in genere e molto meno di Insetti. Non si_ può d'altronde dimenticare il complesso delle epoche glaciali seguite durante il Quaternario, che, secondo i geologi, furono da quattro a cinque ed in conseguenza gran parte dell'Europa e dell'America settentrionale rimasero coperte di ghiaccio. Questo stato di cose deve aver certo impoverito la fauna entomologica in dette regioni e ricacciati gli Insetti più verso i tropici. Come altra conseguenza probabile di tali gravi variazioni nel clima di buona parte del Globo, si ha non solo un principio di olometabolia, anche in gruppi 180 CAPITOLO SKCONDO primitivamente eterometaboli, ad es.: Tisanotteri, Coccidei, Afididei, Aleurodidi, Psillidi, ma ancora, probabilmente la prima causa della divergenza delle dne faune Europea e Nord-Americana, le quali, conformi nel periodo Cenozoico, non lo sono più nel Quaternario, allorché gli Insetti, dopo sospinti verso l'Equatore durante le epoche glaciali, sono ritornati ad invadere i continenti, appena tornò il clima temperato che perdura tuttora. Conclusione. Gli Insetti sono apparsi sicuramente sul Globo, come forme a sé perfetta- mente definite e distinte dagli altri Artropodi che li hanno preceduti, durante il periodo carbonifero. Queste prime forme presentavano due grandi caratteristiche, l'una un insieme, morfologico con caratteri primitivi e di specie prevalentemente predatrici ; l'altra della enorme statura; in rapporto probabilmente colla elevata e pressoché costante temperatura del clima di quell'epoca. La prima grande causa di importanti variazioni nel gruppo degli Insetti è dovuta alla modificazione del clima dopo il periodo Carbonifero, cioè al forte ab- bassamento di temperatura, forse una vera e propria epoca glaciale, verificatasi durante il periodo Permiano. La fauna paleoentomologica, profondamente diversa ormai dalla prima apparsa sul Globo, si evolve dando origine a molti principali gruppi, del tutto ancestrali, da cui. per gradi molti, si potrà giungere a parecchie delle famiglie attuali. La seconda grande causa di nuove e notevolissime variazioni fra gli Insetti dell'epoca mesozoica si è la modificazione della flora colla apparsa delle Angio- sperme, avvenuta durante l'Era mesozoica e la loro larghissima diffusione nel- l'era Cenozoica. Con ciò gli Insetti, pei loro ordini e per le loro famiglie, si avvi- cinano molto alla fauna attuale. Finalmente la terza causa di perturbazione nelll'uniforme progresso e diffu- sione delle forme entomatiche sulla Terra è data dall'epoca glaciale quaternaria, la quale ha dovuto avere certamente effetti importanti, non solo per variazioni morfologiche, ma per la distribuzione geografica ecc. Dall'epoca mesozoica e più ancora dalla cenozoica la maggior parte degli Insetti, oltre a differenziazioni grandissime, presentano il carattere di forme la cui esistenza è strettamente collegata a quella delle Piante in generale e delle Angiosperme in particolare. Prospetto dei principali gruppi di Insetti dalla loro apparsa sulla Terra fino all'epoca attuale. Èra paleozoica Èra mesozoica Èra ce- 'Èra qua- nozoica ternaria o c ° •D = © w a 5 o O .2 £S 53" 04 Paleodittiotteri . Protoblattoidi Blattoidi Mantoidi Protortotteri Ortotteii saltatori Fasmoidi Acrìdidi. Giillotalpidi Labidurìdi Isotteri (Termiti) Corrodenti (Psoeidi) . Embioidi . Tisanotteri . Protodonati Odonati (Anisozig.) ■ Odonati (Anisot.) Odonati (Archizig ) . Odonati (Zìgotterìl Frotoefenieridi . Plecotteri . Perla ri Protoemitteri Paleoemitteri Emittori Megasecotteri Neuxotteii (Megalotteii) Panorpati . Friganoidi . Nenrotteri (Proenierobiidi Neoxotteri 8. str. (Rafidi oidei) Ditteri (Ortorafi Nemato ceri) .... Ditteri (Ortorari , Brachi ceii) .... Ditteri (Ciclorati) Coleotteri Strepsitteri. Lepidotteri . Imenotteri (Efialti tidi Pseudusi rie itti) Imenotteri (altri gruppi) Tisannri Collemboli . 182 CAPITOLO 8KC0ND0 Bibliografia relativa agli Insetti fossili. 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CAPITOLO III. CLASSIFICAZIONE DEGLI INSETTI ON è il caso di addentrarsi troppo nella sistematica degli Insetti ed ingolfarsi nel dedalo delle classifica- zioni, sia perchè, data l'indole e lo scopo del presente libro, sarebbe fuor di luogo una larga parte fatta al sistema, sia perchè questo è, più dei fatti, variabile e soggetto a discussione. Tuttavia, giacché più innanzi avremo spesso, come del resto si è avuto nel precedente volume, occasione /^-i__ j "--^es-< \f '!• accennare ai vari gruppi, specialmente ai maggiori, ^S^P fes^l»^-^» ^ così conviene conoscere almeno questi e come e dove stanno nel sistema ed a (piale titolo. Ma non andremo oltre le più grandi sezioni ed appena accenneremo, colla sola citazione del nome, alle molte famiglie in cui ciascun ordine di Insetti si divide. Fra le troppo semplici classificazioni dei primi entomologi, i quali non am- mettevano, col Linneo (poiché è inutile partire di più lontano), che pochi ordini di Insetti e quelle troppo frazionate, recentissime, che enumerano circa una tren- tina di tali maggiori suddivisioni, credo bene scelta una via di mezzo, per la quale agli ordini stessi è lasciata (piasi interamente la primitiva dignità, sebbene essi sieno cresciuti di numero, in confronto dei più vecchi sistemi. Tutta questa così grande disparità di opinioni dipende da una diversa inter- pretazione del valore dei caratteri differenziali tra i gruppi e dal fatto che mentre certi ordini sono delimitati con assoluta precisione (ades. quello dei Lepidotteri, quello degli Imenotteri, ecc.) e non è possibile trovarsi di fronte a forme essenzial- mente aberranti, altri invece hanno confini meno certi e si raccordano facilmente con tipi alquanto discosti. Ne risultano così degli ordini, i quali sono poveri di specie e per di più de- finiti per caratteri, intorno al valore dei quali è lecito avere una opinione a modo proprio. Questi gruppetti noi annetteremo, in jualità di sottordini, ai gruppi mag- giori, quando ciò possa essere fatto senza soverchio sforzo e senza offesa al cri- terio generale che informa il giudizio sul valore dei singoli caratteri. Cosi ad esempio, non è irrazionale, il comprendere l'ordine degli Afanitteri fra i Ditteri, da poiché pei caratteri del rostro e delle metamorfosi vi stanno bene e solo se ne distinguono per qualche altro particolare di minor conto; lo stesso dicasi dei Mallo fagi rispetto ai Pseudoneurot- 190 CAPITOLO TERZO teri od agli Ortotteri, come pure lo stesso può essere detto per tutti quei gruppetti nei quali si fraziona il piccolo ordine dei Pseudonenrotteri ed anche quello dei Neurotteri stessi, che per certi autori, tra l'uuo e l'altro fanno quasi una diecina di piccoli ordini, con non poco imgombro e che, con piccolo sforzo, si possono radunare in due ordini soltanto, con vantaggio almeno della semplicità. I caratteri invocati ad una naturale divisione degli Insetti in ordini, si ri- feriscono sopratatto agli organi boccali ed alle ali delle forme adulte; in terzo luogo alle metamorfosi. I caratteri che si desumono dalle ali non sono tuttavia sempre molto certi, sebbene per taluni ordini il numero e la fabrica degli organi di volo siano as- solutamente tipici, poiché, ad es., i Ditteri sieno bene contrassegnati dalla pre- senza di non più di un paio di ali ; i Coleotteri dal paio superiore fortemente cbitinizzato; i Lepidotteri dalle ali coperte di squame generalmente colorate, ecc. Pur tuttavia in ciascun ordine si trovano frequenti le forme attere e queste vaDno messe a loro posto in considerazione di altri caratteri, presi da altri or- gani o dalle metamorfosi ed inoltre col sussidio dei soli organi di volo, si sa- rebbe molto incerti del dove introdurre molte famiglie di Ortotteri, Neurotteri, Pseudonenrotteri, ecc. Così pure, se non esistessero le suddette forme attere in ogni ordine, il ca- rattere negativo della mancanza di ali sarebbe eccellente per delimitare il più basso ordine degli Insetti, cioè gli Apterigoti da tutti gli altri. Anche il numero delle ali non è carattere sicuro, non tanto perchè, per riduzione, molto spesso rimane un solo paio di ali (molti Coleotteri che non volano non hanno più le ali mem- branose; i Ripitteri hauuo sviluppate le sole ali del secondo paio, ecc.); ma perchè talora il paio posteriore è riunito a quello anteriore e la lamina alare è veramente unica (Cloeon e forme affini), oppure, in ordine che non è certo quello dei Ditteri e dove tutte le altre specie hanno quattro ali vi possono essere interi gruppi veramente con due sole ali, del tutto alla stessa guisa dei Ditteri. Cosi è dei Coccidi (maschi). Quanto a ciò che insegnano i varii stadi precedenti quello di adulto e la maniera di passaggio dell'uno nel successivo, cioè le metamorfosi, è questo certa- mente un carattere di assai .maggior rilievo e perspicuità, ma anche qui fa capolino qualche incertezza a proposito di qualche gruppo. Ad esempio ciò accade nei casi di Ipermetamorfosi, ma ancor più perché, realmente, talora certi Insetti, che, senza nessun dubbio appartengono ad un ordine specificato da una data maniera di me- tamorfosi e nel gruppo stesso vi hanno strettissimi parenti, aberrano poi singo- larmente, seguendo una maniera di metamorfosi diametralmente opposta. Vedasi il classico esempio dei Coccidi, che sono senza dubbio da comprendersi fra gli Omotteri ed intanto, mentre questi si trasformano secondo metamorfosi incom- pleta, i Coccidi seguono una maniera di trasformazione che non si riconduce bene a quest'ultima maniera. E non è questo dei Coccidi il 'solo esempio per tale caso. Minor numero di eccezioni o nessuno affatto soffre la divisione in tre grandi gruppi almeno, che può essere fatta dietro considerazione della maniera di organi boccali. Essi cioè sono decisamente succhiatori o masticatori o lambenti in cia- scuna graude sezione e solo negli Apterigoti varia alquanto il grado di attitudine loro ad uno ufficio piuttosto che all'altro. Però, questo carattere non farebbe che dividere gli Insetti in tre grandi sezioni e permetterebbe dei raggruppamenti in- naturali, come ad es. degli Emitteri coi Ditteri o dei Coleotteri cogli Ortotteri ecc. Lo studio dei caratteri desunti da questo particolarità insieme, cioè degli or- gani di volo, di quelli boccali (dell'adulto) e delle metamorfosi, permette nomper- CLASSIFICAZIONE DEGÙ INSETTI 191 tanto una naturale classificazione in Ordini, cioè gruppi maggiori, mentre in taluni di questi, l'esame di caratteri pure importanti ma alquanto meno dei tre indicati Bara molto opportuno, per delimitare sezioni minori, cioè sottordini, là dove l'ag- gruppamento è di forme alquanto eterogenee. Ecco di quale maniera ciascuno dei tre gruppi di caratteri suindicati divide la grande classe degli Insetti: Considerata la diversa maniera di ali, gli Insetti si raggruppano così : Ali Costauteinente mancanti in tutto il gruppo ed in tutte le età degli individui Ali mancanti solo in via eccezionale (riduzione secon- daria) Pterigoti Due sole ali Esistono le sole anteriori I Esistono le sole posteriori Quattro ali Apterigoti Iìitleri li ip il Ieri (Sottord. di Coleotteri) Coleotteri Eterotleri prima metà (Sottord. di Emilleri) Tutte coperte di squame ordi- natamente disposte .... Lepidotteri Ortotteri Pseiiiìoiienrotteri Fimpodi Neiirotteri Omotteri (Sottord. di Emilleri) Imenotteri In relazione alle metamorfosi gli Insetti si dividono nei due grandi gruppi seguenti: I Apterigoti I'sendoneiirotteri Metamorfosi incompleta _ . ' Ortotteri (o nulla) ... ,. Iisnpodi Emitleri Le anteriori* Ali anteriori tutte di consistenza almeno] cornea per metal Ali anteriori cornee nella sola cornee T n 1 1 e le q 11 a ttro ali mem- branose Senza squame (eccezionalmente con squame sparse disordina tamente e rade) Metamorfosi completa Neiirotteri Lepidotteri Ditteri Coleotteri Imenotteri La maniera di apparato boccale separa, fra gli Insetti, le tre grandi sezioni seguenti : | Apterigoti (in parte) | Ortotteri Apparato boccale masticatore j Pneiidoiieiirotleri | Neiirotteri Coleotteri Apparato boccale lambente . . . Imenotteri I Fisapodi Apparato boccale succhiatore [ Lepidotteri I Ditteri 192 CAPITOLO TERZO Tenuto calcolo delle predette variazioni, risulta il seguente sistema, nel quale dò i caratteri dei gruppi maggiori, che dispongo secondo il loro livello nel sistema, stesso, dai più bassi ai più elevati. Sottoclasse Apterigoti. Nessuna metamorfosi. Ali sempre mancanti di regola. Esistono appendici ance- strali (locomotorie) nell'addome anche delle forme adulte. Un solo ordine. l.° Ordine Apterigoti (Apterigota). Coi caratteri della sottoclasse, indicati. Il gruppo si divide nei due seguenti sottordini: Tisanuri {Thysanura), addome composto di 11 segmenti, colle seguenti fa- miglie : Lepismidae ; lapygidae ; Gampodeidae. Colleraboli (Collembola), addome composto di soli sei segmenti, colle seguenti famiglie: Aphoruridae ; Poduridae ; Entomobryidae; Sminthuridae ; Papiriidae (1). Sottoclasse Pterigoti. Metamorfosi complete od incomplete. Ali di regola presenti nell'adulto, mancanti solo eccezionalmente, per involuzione. Non esistono appendici ancestrali nell'adulto. A questa grande sezione appartengono tutti gli altri Insetti e vanno divisi nei diversi ordini, che qui si enumerano. 2.° Ordine Ortotteri (Orthoptera). Quattro ali; le anteriori generalmente più resistenti e meno larghe delle posteriori. Metamorfosi incomplete. Apparato boc- cale masticatore. Corrodenti (Corrodentia), con due suddivisioni cioè dei Copeognati, colle famiglie Psocidae; Atroposidae; e l'altra divisione dei Mallofagi, colle famiglie Philopteridae ; Trichodectidae; Liotheidae ; Gyropidae. Ortotteri veri (Orthoptera genuina), colle famiglie: Forficulidae ; Blattidae; Phasmidae; M ariti dae ; Acridiidae ; Locustidae ; Gryllidae. 3.° Ordine Psetjdoneurotteri (Pseudoneuroptera). Quattro ali, generalmente eguali fra di loro o le anteriori maggiori di quelle del 2.° paio. Metamorfosi in- complete. Apparato boccale masticatore. 11 gruppo così inteso è veramente molto artificiale, perchè comprende le Ter- miti, le Bmbie, le Efemere, le Perle, le Libellule, ecc., per le quali forme gli autori, non senza molta ragione, hanno fatto degli ordini o dei sottordini a sé, rispettivamente degli Isotteri, degli Embiidi, dei Plecotteri, dei Perlarii. degli Odonati, ed anche per taluno il gruppo dei Mallofagi e quello ancora degli Anopluri, (il quale ultimo noi aggregheremo ai Rincori), rientrerebbero come sot- t'ordini nel gruppo dei Corrodenti assieme, adunque, ai Psocidi. Le ragioni di opportunità sovraesposte ci consigliano a rimettere in onore questo ordine dei Pseudo- neurotteri, intendendolo come si è fatto e suddividendolo nei sottordini seguenti : Isotteri (Tsoptera), vita aerea durante tutti gli stadi anche giovanili ; colle famiglie Embiidae; Termitidae. Anfibiotici (Amphibiotila), vita acquatica negli stadi di larva e di ninfa ; da dividersi in tre gruppi cioè: (1) Pel sottordine dei Mirientomi o Proturi, che sono da taluno ascritti agli Insetti in questa sottoclasse, vedi quanto ho detto a pag. 139 del presente volume. il OSSIFICAZIONE DEGLI INSETTI 193 Perlarii (Perlaria) ; colla famiglia: Perii da e Odonati (Odonata); colle famiglie: Galopterygidae ; Agrionidae; Libellulidae ; Aeschnidae; Gomphidae. Efemeridi (JEphemerida), colla famiglia: Ephemeridae. 3.° Ordine Pisapodi (Physapoda). Quattro ali membranose, con .strettissima lamina e larga frangia di peli lunghi. Metamorfosi incompleta. Apparato boccale Succhiatore, '/ampi terminate da ampolle di adesione, esertili. 11 grappo, detto anche dei Tisanotteri, comprende le seguenti famiglie, rag- gruppate in due sottordini : Tubuliferi [Tubulìfera), addome terminato, nelle femmine, da un tubulo. Famiglia unica Phlaeothripidae. Terebranti (Terebrantia), addome terminato, nelle femmine, da una sega. Famiglie: Aeolothripidae ; Thripidae. 4.° Ordine Emitteri (Eemiptera) Quattro ali; le anteriori membranose od in parte cornee. Metamorfosi incomplete. Apparato boccale succhiatore. Si divida l'ordine in tre sottordini, cioè : Anopluri (Anopltira), parassiti di Mammiferi. Sempre atteri. Colla sola famiglia : Pediculidae. Omotteri (Homoptera). Liberi. Ali anteriori tutte membranose. Colle seguenti famiglie: Coeeidae : Aleurodidae ; Aphididae ; Psyllidae; lassidae ; Cercopidae : Scaridae ; Fulgoridae; Membracidae ; Cicadidae. Eterotteri (Heteroptera). Ali anteriori colla metà basale cornea; membranose nella parte apicale. Colle famiglie: Gorixidae ; Notonectidae ; Naucoridae; Nepidae; Saldidae; Capsidae ; Cimicidae ; Bedviidae ; Tingidae; Pyrrhochoridae ; Coreidae; Pentatomidae. •">." Ordine Xeurotteri. (N^eur opterà). Quattro ali membranose. Metamorfosi complete. Apparato boccale masticatore. Due sottordini cioè: Planipenni (Planipennia). Ali posteriori conformate e grandi presso a poco come le anteriori. Colle famiglie: Mantispidae ; Raphidiidae ; Panorpidae ; Sialidae ; Goniopterygidae ; Myrmileonidae ; Hemerobiidac ; Ghrysopidae. Tricotieri (Trìchoptera). Ali posteriori più ampie delle anteriori e pieghettate per lungo per poter essere raccolte sotte le precedenti allo stato di riposo. Comprende le seguenti famiglie: Phryganeidae; Limnophilidae ; Sericostomatidae ; Leptoceridae ; Hi/dropsychidae ; Rhi/acophilidae ; Hydroptilidae. G.° Ordine Lepidotteri (Lepidoptera). Quattro ali membranose, coperte di squame disposti ordinatamente. Metamorfosi complete. Apparato boccale succhiatore. Due sottordini : Ropaloceri {Rhopalocera). Ali, in riposo, elevate perpendicolarmente sul corpo, combaciane fra loro colla pagina superiore. Colle famiglie seguenti: Nymphalidae ; Lycaenidae ; Pieridae : Papilionidae : Hesperidae. Eteroceri (Heterocera). Ali in riposo ricoprenti il corpo a guisa di un tetto. Comprende numerose famiglie, cioè: Micropterygidae; Tineidae ; Tortricidae ; Ahi- eitidae ; Pterophoridae ; Pyralidae; Uraniidae ; Noctuidae ; Geometridae ; Arctiidae : Lasiocampìdae ; Drepanidae ; Hepialidae ; Gossidae ; Psyckidae; Zygenidae ; Se siidae; Notodontidae ; Sphingidae ; Bombycidae ; Saturniidae. 7.° Ordine Imenotteri (Hymenoptera). Quattro ali membranose, nude. Meta- morfosi complete. Apparata boreale lambente. A BSRLB8E, Gli Insetti, II. — 25. 194 CAPITOLO TERZO Due sottordini : Terebranti (Terebrantia), larve fornite di zampe. Comprende le seguenti famiglie: Tentredinidae ; Siricidae. Aculeati (Aculeata). Larve apode. Comprende le famiglie seguenti: Cynipidae ; Chalcididae ; Icneumonidae ; Braconidae ; Evanidae; Chrysididae; Formicidae ; Sphaegidae ; Pompilidae ; ScoHidae ; Vespidae; Apidae. 8.° Ordine Coleotteri (Coleottero). Ali superiori cornee, formanti insieme un astuccio a protezione delle inferiori. Metamorfosi complete. Apparato bocoale ma- sticatore. Due sottordini: Ripitteri (Ripiptera), femmine vermiformi, apode. Maschi con ali anteriori ridotte, abortive ; posteriori molto ampie. Colla sola famiglia : Stylopidae. Coleotteri veri (Coleoptera genuina), femmine conformate presso a poco come i maschi. Ali anteriori più o meno sviluppate, ricoprenti le inferiori. Colle seguenti famiglie: Cerambycidae ; Chrysomelidae ; Bruchidae; Scolytidae; Curculionidae ; Con- tharidae; Oedemeridae; Pyrochroidae ; Cistelidae; Tenebrionidae ; Lucanidae; Scara- boeidae; Buprestidae; Elateridae ; Cleridae; Malacodermidae ; Bostrichidae ; Derme- stidae; Coccinellidae ; Histeridae; Staphylinidae ; Silphidae: Qyrinidae ; Hydrophi- lidae; Dytiscidae; Carabidae; Cicindelidae. 9." Ordine Ditteri (Diptera). Due sole ali (le anteriori). Metamorfosi com- plete. Apparato boccale succhiatore. Da dividersi nei seguenti sottordini: Afanitteri (Aphaniptera), atteri, parassiti (allo stato adulto) di Mammiferi od Uccelli. Colla sola famiglia : Pulicidae. Ditteri veri (Diptera genuiina), alati (normalmente). Generalmente liberi. Questo gruppo si diville in tre sezioni, ciascuna con parecchie famiglie, cioè : Nematoceri, colle famiglie: Psychodidae ; Blephat oceridae : Micetophilidae ; Ceci- domyidae; Culicidae; Chironomidae ; Tipulidae; Bibionidae ; Simuliidae. Brachiceri. Colle famiglie: Stratiomydae; Leptidae; Tabanidae; Nemestrinidm : Bombyliidae; Asilidae; Empidae; Dolichopidae; Platypezidae ; Conopidae; Syrphidai ; Muscidae ; Anthomiidae ; Tachinìdae; ìSarcophagidae ; Oestridae. Pnpipari. Colle famiglie : Hippoboscidae ; Braulidae; Nycteribiidae. Breve storia del sistema. Nel volume precedente, nel capitolo I, che si riferisce alla Storia dell'Entomologia, ho già accennato ad alcuni fra i più antichi tentativi di classificazione degli Insetti nel gruppo degli Invertebrati, debbo richiamarli brevemente qui. prima di esporre i meno vecchi sistemi ed i più recenti. Aristotile inseriva gli insetti (èVro/ia) nel suo gruppo degli anema, cioè animali senza sangue, insieme coi Cefalopodi, altri Molluschi ed i Crostacei, ma bene distinti dagli Apoda o Vermi. Il gruppo degli Entoma di Aristotile corrispondeva, in certo modo, a quello attuale degli Ar- tropodi terrestri, perchè comprendeva gli Aracnidi ed i Miriapodi. Bisogna giungere all'ALDOVRANDi (1522-1605) per trovare un nuovo sistema, che meriti la pena di essere ricordato. Questo Autore comprende nel gruppo degli Insetti anche i Vermi e lo divide in Terrestri ed Acquatici, cioè: rl.v.-isIt'ICAZlONK DKGLI INSKTTI 195 Insetti Terrestri od aerei Ali Acquatici Anelitri (Insetti senza astucci) Coleotteri o vaginipenni I Insetti con zampe Non ali Insetti senza zan Vermi zampe o Quadripeuni (Insetti con 4 ali) Bipenni (Insetti con 2 ali) I Crostacei sono disposti fra gli animali acquatici e senza sangue. Le Api sono in prima linea fra i quadripenni senza elitre, insieme alle Farfalle ed alle Cicale. Fra gli Insetti con due ali e senza elitre sono noverati la Mosca, l'Estro, l'Asilo terrestre, le Zanzare. 1 vaginipenni, nome che corrisponde a quello di Coleotteri, comprende questi e gli Ortotteri. Fra gli Insetti senza ali e con zampe sono collocati la Formica, la Cimice, il Pi- docchio, la Pulce, la Scolopendra, il Porcellino terrestre, l'Iulo, ecc. Le larve degli Insetti, le Tignuole, ecc. sono associate ai Verini. Poco diverso e di poco migliore è il sistema proposto dall'IoNSTON (1603-1671), che, nella sua Enciclopedia zoologica, divise gli Insetti in due categorie, cioè dei terrestri e degli acquatici. Nei primi distinse tre gruppi cioè: insetti con piedi ed ali; insetti atteri ma con piedi ed insetti senza ali e senza piedi. Quelli della prima categoria sono suddivisi in due gruppi, a seconda che hanno elitre o no. Nel primo gruppo stanno le Cavallette ed i Coleotteri e nel secondo Api, Libellule, Cimici, Farfalle e Mosche (fra queste qualche Icneumonide). La seconda categoria, cioè atteri con piedi, comprende Formiche, Scorpioni, Ragni ed anche i Bruchi. Fra gli Insetti acquatici poi stanno rappresentanti di tutti gli Invertebrati ed anche i Ca- vallucci mariui (Hijìpocampus), ecc. Meno lodabile è il sistema adottato dal Mouffet (m. 1599). Giovanni Swammerdan (1637-1680) aveva fatto ben rilevare la diversa maniera di metamor- fosi degli Insetti, che egli distingueva nelle tre maniere delle quali poi il Ray per primo ha te- nuto molto conto in una repartizioue naturale della classe. Giovanni Ray (1628-1705) nell'opera postuma (1710), mette a profitto per la prima volta le differenze circa la maniera di metamorfosi, per suddividere in gruppi gli Insetti. Difatti egli se- para i Metamorphola (forme soggette a metamorfosi) dagli Ametamorphota (senza metamorfosi). Questi ultimi sono distinti in apodi e con piedi e tra gli apodi sono noverati i Lombrici, gli Ascaridi, le Sanguisughe; sono adunque i Vermi e più specialmente gli Anellidi. Fra quelli con piedi si distinguono Insetti con sei piedi od Esapodi; con otto piedi od Ot- topodi; quelli che ne hanno da quattordici a trenta e finalmente quelli che ne possiedono un maggior numero e sono i Polipodi. Gli Esapodi sono terrestri, come le Cimici; il Pidocchio; il Ricino (larva, Aracuide); la Pulce, ecc., oppure sono acquatici e tra questi è noverato anche qualche Crostaceo. Gli Ottapodi possiedono una coda, come lo Scorpione, o ne souo privi, come i Ragni, i Ri- cini òttapodi (adulti), gli Acari, ecc. Questi adunque corrispondono agli odierni Aracnidi. Gli insetti con 14 a 30 zampe corrispondono alla attuale classe dei Crostacei, ed i Polipodi a quella dei Miriapodi, coll'aggiunta di qualche verme del gruppo delle Nereidi. La suddivisione degli Insetti a metamorfosi si appoggia a criteri indicati già dallo Swam- merdam ed è la seguente: Insetti a metamorfosi incompleta (più esattamente lo Swammerdam, il Ray ed altri seguaci la dicono mezzo completa), cioè che nello stato di larve e ninfe si nutrono e muovono come gli adulti rispettivi, dai quali differiscono solo per mancanza di ali. Vi stanno le Libellule; le Ci- mici selvatiche, gli altri Emitteri, gli Ortotteri e le Efemere. 196 CAPITOLO TERZO Insetti a metamorfosi completa, la cui ninfa però non sta in un involucro formato dalla stessa pelle della larva. Qui sono compresi i Vagiuipenni o Coleotteri; gli Anelitri con quattro ali farinose, cioè i Lepidotteri; gli Anelitri con ali membranose, sia in numero di quattro od in numero di due, cioè gli Imenotteri; parecchi Neurotteri; ed alcuni Ditteri. Bay a questo punto mostra il metodo proposto dal Willughby (che ha dato la trama anche per tutto il rimanente del sistema qui indicato) per dividere le larve con fodero di Friganee. Finalmente vengono gli Insetti a metamorfosi completa, nei quali le ninfe sono in un boz- zolo fatto dalla pelle stessa della larva, cioè quelli che ora souo indicati per Ditteri ciclorafi, per quanto pare che il Ray vi annetta qualche C'inipide (Imenotteri). Geoffrov (1762) così divide gli Insetti: l.a Classe: Coleotteri. Ali coperte dagli astucci (elitre); bocca armata di mascelle duro. Divisa in tre ordini, cioè di quelli con antenne a clava; antenne filiformi ed auteune seri- formi. i'.a Classe: Emittori. Ali superiori in parte cornee (mezzi astucci); bocca armata di una tromba acuta, piegata per di sotto lungo il corpo. Questa Classe è divisa in due ordini, secondo la posizione della tromba, cioè a rostro in- curvato posto sopra la testa od a rostro posto sul petto. 3." Classe: Tetratteri, con ali farinose (coperte di squame). Sono gli odierni Lepidotteri. Questa Classe e le tre seguenti non sono suddivise in ordini. 4.a Classe: Tetratteri, con ali nude (comprende gli ordini degli Imenotteri, Xeurotteri e Pseudoueurotteri, come si intendono oggidì). 5.a Classe : Ditteri (due ali). 6.a Classe: Atteri. Questa comprende, oltre agli Insetti senza ali di parecchi ordini, ancora i rimanenti Artropodi. A Geoffrov si deve la suddivisione dei Coleotteri in gruppi a seconda del numero dei tarsi. Cotale divisione è usata anche al giorno d'oggi. Schaeffer (1766) non migliora certamente il sistema proposto dal Geoffroy, per quanto nelle liuee generali vi si accosti, come apparisce dal seguente quadro : Con quat- tro ali Insetti alati l Le superiori tutte dure, cornee Co- leotteri Elitre più lunghe del- la metà dell'ad- dome Coleottero-ilacroiteri Elitre più brevi della metà dell'addome . Coleottero-Ma rotteri Le superiori membra- nose solo nella loro estremità apicale Coleottero- Imenotteri od Emittori Tutte membranose Coperte di una pol- vere di squamette . Imenotteri, Lepidotteri Nude Imenotteri, Ginnotteri Conducali Dithri Insetti senza ali Atteri. Il gruppo dei Coleottero-microthri comprende gli Stafiliui, le Meloe, Necidali e le Forficnle. Quello dei Coleottero-macrotteri è suddivisa in quattro ordini, secondo il numero degli articoli tarsali. Del resto, questo stesso carattere è impiegato anche per frazionare le altre classi, di cui la terza corrisponde agli odierni Emittori Eterotteri. La quinta classe comprende gli Ortotteri di Olivier, gli Imenotteri e gli Omotteri e l'ul- tima ha la stessa portata assegnatale dal Geoffroy. Questo perdere di vista caratteri importanti già recati innanzi da altri, come sono ad es. CLASSIFICAZIONE DEGLI INSETTI 197 quelli desunti dalle metamorfosi e dalla maniera di organi boccali, per attenersi alla sola strut- tura delle ali è causa dell'artificiosità del sistema e tale appunto può essere fatto anche al Fa- brioius, die si appoggia ai soli caratteri desunti dalla diversa fabrica degli organi boccali. Questo indirizzo unilaterale è seguito generalmente dagli entomologi della seconda metà del secolo XVII. Carlo DE Geer, nelle sue Mémoires poiir servir a V Hiiioire des Insectes (1752-1778) presenta la convenienza di istituire un maggior numero di sezioni. E per vero egli suddivide gli Insetti in tanti gruppi, ehe per numero e significato corrispondono, con notevole precisione, a quelli molti che i più recenti autori propongono. Infatti, il suo sistema comprende quattordici classi, delle quali la prima (Lepidotteri), la quarta (Imenotteri), la settima (Ortotteri), l'ottava (Coleotteri), la nona (Ditteri) hanno lo stesso valore attribuito loro anche attualmente. Ma il De Geer fa anche \in gruppo a se della Pulce, che corrisponderebbe agli Afanitteri d'oggi ed inoltre le divisioni quinta o sesta, valgono esattamente per gli Omotteri ed Eterotteri come souo intesi ora, mentre la seconda e la terza insieme compongono quel gruppo dei Neurotteri, nel quale, con tanto errore, anche in libri recentissimi si vede conservato il pensiero Linneano di compren- dervi forme a metamorfosi completa ed incompleta, purché abbiano un apparato boccale masti- catore ed ali membranose, nude. Quanto agli Atteri, cioè agli Insetti senza ali ed a tutti i rimanenti Artropodi, il De Geer ne fa tre sezioni, che sono appunto la 12. a, 13.a, 14. a, ma solo nella prima stanno gli Esapodi e le altre comprendono Aracnidi, Miri apodi, Crostacei. Carlo Linneo nel 1735 pubblicò la prima edizione del Systema Naturae e già ventitré anni dopo vedeva la luce l'edizione decima. Ecco il suo sistema : Le superiori Quattro ali Tutte crostacee (chiti- nose, dure) Coleotteri Per metà crostacee (chi- tinose, dure, la metà apicale membranosa) !.. Emitteri Coperte di squame im- bricate Lepidotteri Tutte e quattro Membranose nude Coli' estremo addome non fornito di aculeo . Neurotteri C'oli' estremo addome fornito di aculeo . . Imenotteri Due ali. Bilancieri iu luogo delle ali posteriori Ditteri Maucano le ali e le elitre Atteri Come si vede il sistema è lo stesso già proposto dal Geoft'roy (Hist. Abrege'e des Insedi s Paris 1762) coi medesimi difetti, solo qui gli Imenotti sono distinti dai Neurotteri, ma non è tenuto conto alcuno delle metamorfosi nò dell'apparato boccale. Perciò nel gruppo degli Emitteri sono compresi gli Ortotteri ed in quello dei Neurotteri anche gli attuali Pseudoneurotteri. Certamente però Linneo non perdette di vista la diversa maniera di apparato boccale se non pegli Emitteri e pegli Atteri, dove, nella prima sezione, che sono tutti Esapodi, mette insieme i generi Lepismu, Podura, Termes, Pediculus, l'iilex. Il sistema di PabriCIUS i 1775), che è svolto uel Systema Entomologiae, è fondato esclusiva- mente sulla fabrica degli organi boriali, pecca perciò solo notevolmente, ma anche pel fatto che le principali sezioni non souo basate sulle maggiori cardinali differenze uegli organi della bocca, quali souo gli adattamenti diversi a cibo solido o liquido, ma sii differenze più che secondarie e talune ancora difficilmente apprezzabili od errate. 198 CAPITOLO TERZO Vedasi infatti : Ordine 1.° Mascella nuda, Ubera Eleutherata » 2.° Mascella coperta da una galea ottusa (lionata » 3.° Mascella unita al labbro inferiore Synistata » 4.° Non mascella inferiore Agonata » 5.° Mascella inferiore sovente armata di un'unghia . . Unogata » 6.° Una lingua a epira Glossata » 7.° Un rostro; guaina articolata Eyngota » 8.° Una tromba che succhia; guaina non articolata . Antliata Gli Eleuterati corrispondono ai Coleotteri; gli Ulonati agli Ortotteri; i Smistati ai Neurotteri cou alcuni Pseudoneurotteri, Imenotteri, Tisanuri e qualche crostaceo ; gli Agonati comprendono alcuni crostacei e gli scorpioni; gli Unogati alcuni Pseudoneurotteri, gli Aracnidi e i Miriapodi (in parte); i Glossati corrispondono ai Lepidotteri; i Ringoti agli Emittori insieme alla Pulce e ai Tisanotteri; gli Antliati comprendono i Ditteri, gli Auopluri odierni, i Mallofagi e parecchi Aracnidi e Crostacei. Questa classificazione è modificata, con intenzione di migliorarla, avendone così grande bisogno, da una seconda edizione nella Entomologia Systematica (1792) e vi sono aggiunti gli ordini dei Piezata (Imenotteri); Odonata (Libellulidi); Mitosata (Miriapodi ed Isopodi fra i Crostacei). In un Supplemento (1798) Fabricius fa un ordine per gli Aselli terrestri ed i Monocoli, che chiama Poligonata e dei EUistagnala, che corrisponderebbero ai Decapodi ; fra i Crostacei forma due sezioni. Il sistema, fino dalla sua apparsa, incontrava poco favore e ragionevoli critiche né troppi seguaci. Olivier (1789) ammetteva i seguenti ordini: 1.° Lepidotteri; 2.° Neurotteri ; 3.° Imenotteri ; 4.° Emitteri; 5.° Ortotteri; 6.° Coleotteri; 7.° Ditteri; 8.» Atteri. In generale questi ordini hanno il significato loro attribuito anche oggidì, compresi i Neu- rotteri, che abbracciano le forme a metamorfosi incompleta e gli Ortotteri che corrispondono ai soli Ortotteri genuini odierni, ai Blattoidei e Mantoidei, essendo i Forficulidi compresi fra i Co- leotteri, mentre negli Atteri, oltre al gen. Pediculus (Anopluri, Mallofagi) stanno anche Aracnidi, Crostacei, Miriapodi. L'Olivier tiene conto, felicemente, della fabriea delle ali e di quella degli organi della bocca. Non diversamente fa il Latreille (Preci* d. char. gén. d. Ins., 1795), per quanto riguarda gli esapodi e gli ordini, che egli ammette sono quelli indicati dall'Olivier, con questo però che egli aggiunge l'ordine dei Tisanura e dei Parasita, mentre toglie e separa in quattro ordini distinti gli Artropodi non esapodi. Per Cuvikr (1805) (Lecons, ecc., Tom. Ili) tutti gli Artropodi si suddividono in nove ordini, ed il primo, degli Atteri con mascelle (Gnathoptères), comprende Aracnidi, Crostacei, Miriapodi e taluni esapodi, cioè Poduridi, Fortìcule e Zecche allo stato di larva (quando hanno solo sei paia di zampe). L'ultimo ordine è quello degli Atteri, che sono sprovvisti di mascelle, cioè con appa- rato boccale succhiatore e quivi stanno le Pulci, i Pidocchi e molti Acari (Aracnidi). Gli altri ordini sono esattamente quelli di Olivier (dei veri esapodi). Lamarck (1801) stacca in ordini a sé i Crostacei e gli Aracnidi, per quanto fra questi ul- timi disponga i Poduridi ed i Pidocchi (assieme alle Scolopendre) e gli altri ordini, di veri esa- podi,, corrispondono a quelli del Latreille. Successivamente (1816) il medesimo Autore inverte la serie degli ordini, pone gli Strepsitteri fra i Ditteri, come sezione (Ripidotteri) ; in altri ordini introduce delle suddivisioni, come quella di Mentonales e Frontales con cui distingue gli Omot- teri dagli Eterotteri, la Sez. Corridori fra gli Ortotteri, nella quale include Blattoidi e Forficu- lidi, seguendo in ciò le proposte del Kirliy (1813). Del resto oltre queste lodevoli innovazioni altre l'Autore ne reca meno buone, come la riunione dei Tisanuri ai Miriapodi, nella divisione Arachnides cruttaeéennes e Mallofagi e Pediculidi in quella detta Arachnides acaridìennes ; queste due divi- sioni egli le riunisce in un gruppo col nome di Arachnides antennés trachéales. Le idee del Ray e dello Swammerdam sono riprese dal Leach (1817), che divide appunto gli Insetti in due sottoclassi, cioè degli Ametabolia e dei Metabolia, sebbene poi gli Insetti sieno di- stribuiti nei due gruppi non lodevolmente, perchè nel primo sono solo i Tisanuri e gli Anopluri i i OSSIFICAZIONE DEGLI INSETTI 199 (comprendenti, questi ultimi, i Mallofagi ed i Pediculini) e gli altri Insetti tutti sono messi fra metabolici e suddivisi secondo la diversa maniera dell'apparato boccale. Certo il Leach intendeva per Ametaboli solo le forme senza metamorfosi affatto, i cui indi- vidui cioè sono in tutte le età sempre egualmente configurati. Ad ogni modo spetta al Leach il merito di aver oiroosoritto esattamente la classe, limitandola ai soli Esapodi. Di minor rilievo sono le modificazioni apportate dal Nitzsch (1818) a questa classificazione. Non inerita cenno, se non per la sua stranezza, il singolare sistema ciclico o quinario pro- posto dal Mac Leay per un'inopportuno desiderio di simmetria, pel quale fra gli Apteru, sono ricollocati i Crostacei e gli Aracuidi con tutti gli Ametaboli e degli altri Insetti, eotto il nome di Plilola sono fatte due sezioni (Manilio uhi la ed Haustellata) ciascuna suddisa, non troppo bene, in cinque ordini. Ben altra cosa è la classificazione proposta dal Latreili.k (1831), sebbene non vi si tenga conto delle metamorfosi, ma, più che altro si fondi sui caratteri desunti dalle ali. Sono distinti gli Atteri, che comprendevano gli attuali Apterigoti ed inoltre i Mallofagi e Pediculidi (Paraxsili), nonché i Pulicidi (Siphonatteri) e per confronto gli Alati sono divisi in Elythroptera e (lymnoptera; nel primo stanno i Coleotteri, gli Ortotteri, i Dermatteri egli Emit- tori; negli altri i Neurotteri (e Pseudoneurotteri), gli Imenotteri, i Lepidotteri, gli Strepsitteri ed i Ditteri. Da tale sistema non troppo si scostano il Wkstwood (1831) ed il Brulle (1832), ma molto più invece il Xkwman (1834), più che altro per desiderio di novità e non è il caso di dirne di più, come nemmeno del tentativo lodevole del Burmeister (1835-38), il quale, se non sempre felicemente, trae profitto intanto dei caratteri desunti dalle metamorfosi, dall'apparato boccale ed insieme dalle ali. Così non va ricordato neppure il sistema di Brulle e LuCAS (1840), che tol- gono dal novero degli Insetti gli Apterigoti, i Mallofagi ed i Pediculidi, per introdurli fra i Crostacei. Cito la classificazione dell' Agazziz (1851), che si fonda su dati embriologici, ossia sull'apparato boccale della larve in confronto di quello degli adulti, ma non mi sembra con pensiero felice. Si deve al Braier (1857) la separazione dei Perlari e Plecotteri ed Odonati (Pseudoneurotteri) dai Neurotteri e la loro aggregazione agli Ortotteri. Per Gerstaecher (1863) gli Ortotteri vanno divisi in sette sott' ordini, cioè Orlhoptera socialia (Termiti); genuina (gli Ortotteri veri attuali senza i Forficulidi ; Dermaptera (Fortìculidi); Corro- Gastrotheoidea. IV Classe. Pterigogenea. I Sottoclasse. Orthopteroidea. 1." Ordine. Orthoptera. 1." Sottord. Loc.istoidea (LocuBtidae, Gryllidae, Gryllotalpidae, Trydactylidae). 2.° » Acridioidea. 2.° Ordine. Phasmoidea (Phasuiidae, Phylliidae). 3.° » Dermaptera (r= Euplexoptera, = Eudermaptera) (Forficulidae). 4.° » Diploglossata (Hemimeridae). 5.° » Thysanoptera (= Physopoda). l.° Sottordine. Terebrantia (Aeolothripidae, Thripidae). 2.° » Tubulifera (Phloeothripidae). II Sottoclasse. Blattaeformia. l.° Ordine. Mantoidea (Mantidae). 2.° » Blattoidea (molte famiglie). 3.° » Isoptera (Termitidae). 4.° » Corrodentia (= Copeognata) (Psocidae). 5.° » Mallopbaga. l.° Sottordine. Amblycera (Gyropidae, Liotheidael. 2." » Ischnocera (Tricodectidae, Philopteridae). 6.° Ordine. Sipbuncnlata (= Pseudorhyucota, Auoplura) (Pediculidae). Ili Sottoclasse. Hymenopteroidea. l.° Ordine. Hymenoptera. l.° Sottordine. Sympbyta (Tenthredinidae, Siricidae). 2.° » Apocrifa (tutte le altre famiglie). IV Sottoclasse. Coleopteroidea. l.° Ordine. Coleoptera. l.° Sottordine. Adepbaga (molte famiglie). 2.° » Polyphaga (molte famiglie). 2.° Ordine. Strepsiptera (Stylopidae). V Sottoclasse. Embidaria. l.° Ordine. Embioidea (= Oligoneura, Adenopoda) (Embiidae). VI Sottoclasse. Perloidea. l.° Ordine. Perlariae (Perlidae). VII. Sottoclasse. Libelluloidea. l.° Ordine. Odonaia. l.° Sottordine. Anisozygoptera (Neopalaeoplilebidae). 2.° » Zygoptera (Calopterygidae, Agrionidae). 3." » Anisoptera (Gomphidae, Aeschnidae, Libellnlidae). Vili. Sottoclasse. Ephemeroidea. l.° Ordine. Plectoptera (= Agnatha) (Epbemeridae). BIBLIOGRAFIA 205 IX Sottoclasse. Neuropteroiden. l.° Online. Megaloptera (= Emmenognatha p. p.) (Chauliodidae, Sialidae). 2.° » Raphidioidea (z= Emmenognatha p. ]>.) (Raphidiidae). 3.° > Neuroptera (= Megaloptera) (Dilaridae, Ostnylidae, Polystocchotidae, Sisyridae, Nymphesidae, Hemerobidae (Berothinae, Heinerobinae, Psycoptinae), Coniopterygidae, Chrysopidae, Mantispidae, Neurop- teridae, Myrmeleonidae (Myrmeleoninae, Ascalaphinae). X Sottoclasse. Panorpoidea, l.° Ordine. Panorpatae (Bittacusidae, Panorpidae, Meropidae, Boreidae). 2.° •> Pbryganoidea (= Trichoptera) (molte famiglie). 3.° » Lepidoptera (molte famiglie).. 4.° » Diptera. 1." Sottordine. Orthorrapha (molte famiglie). 2.° » Cyclorrapha (molte famiglie). 5." Ordine. Snctoria (Pulicidae). XI Sottoclasse. Hemipteroidea. 1." Ordine. Hemiptera (= Heteroptera). i.° Sottordine. Gymuocerata. 2." » Cryptocerata. 2.° Ordine. Homoptera. I." Sottordine. Auchenorhyncha. 2.° » Psylloidea. 3.° » Aleurodoidea. 4." » Aphidoidea. .5.° » Coccoidea. In tutto sono 35 ordini, numero questo che, se non è veramente eccessivo, non è però tale che non possa essere giudicato molto rilevante. Crediamo che qui possa arrestarsi il breve prospetto della storia della Clas - sifìcazione degli Insetti fino a tempi recentissimi. Bibliografia relativa alla classificazione degli Insetti. Gli Autori citati nella Bibliografia del primo capitolo (Linneo, Mouffet, Swammerdam, De Oeer. Fabricius, Latreille, Lamarck, ecc.) non sono qui ricordati. Agassiz L., The Classification of Insects from embryological data. Smithsonian Contr. II, Washington, 1851. Aristoteles, Historia animalium. Bòrnep. C, Zur Systematik der Hexapodeu. Zoolog. Anz., Bd. XXVII, n. 16, 17, 1904. Brauer F., Neuroptera austriaca, Wien, 1857. Betrachtung iiber die Verwandlung der Insekten imSinne der Desceudenz-Theorie Verhandl. I. K. K. Zool.-bot Gesell., Wien, Bd. XIX, 1869. — _ Systematich-Zoologische Studien. Sitzunsher Kais. Akad. d. Wissensch., Wien, Bd. XCI, 1885. Brulle A., Introduction à l'bistoire naturelle dea Insects, Paris, 1840. Burmeister H. C. C, Handbuch der Entomologie, Berlin, 1832-1855. Clairville De I., Entomologie helvétique ou catalogus des Insectes (Coleopteres) de la Suisse, Znrigh, 1798 et 1806. 206 CAPITOLO TERZO Cuvter 6., Lecons d'anatomie comparée, Paris, 1800-1805. Dumeril A. M. C, Traité éléinentaire d'histoire naturelle, Paris, an XII (1804). Enderlein G., Ueber die Morphologie, Gruppierung und svstematische Stellung der Corrodentien Zool. Auz., Bd. XXVI, n. 698, 699 — 1903. — — Ueber die Klassitikatiou der Stephanideu (Leipzig, Zool. Anzeiger, 1905). Folsom I. W., Entomology, Philadelphia, 1906. Gerstaecker A., Artbropoden : in Handbuch d. Zoologie v. C. H. Peters, Leipzig, 1863. Grote A. R., On A. recent speculation as to rank in Insects (Canad. Eutoni., Voi. 14, p. 134- 135, 1882). Hakckel E., Generelle Morpbologie der Organismen, Berlin, 1866. — — Systeinatische Phylogenie, Berlin, 1896. Handlirsch A., Die Fossilen Insekten, Leipzig, 1908, VII abschmitt (Chronologische Uebersicht der Wictingsten Systeme uud Stammbaume der rezenten Insekten, p. 1193). 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LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI ARA tempo e luogo più innanzi a trattare con suffi- ciente larghezza delle varie maniere di riproduzione proprie degli Insetti e ciò quando si discorrerà del- l'adulto ; allora converrà esporre quanto riguarda i modi, coi quali essi provvedono alla conservazione della specie. Per ora gioverà affermare, intanto, che la maniera di riproduzione propria degli Insetti è quella per via sessuale, la più comune fra gli animali. Con tutto ciò non sempre è necessario l'intervento dei due sessi per ottenere la formazione di individui nuovi, ed in molti casi la sola femmina basta allo scopo, figliando per partenogenesi, come si dice, cioè generando allo stato di verginità, per tradurre letteralmente la voce di origine greca. Anche di ciò sarà trattato più innanzi. In tutti i casi però la madre mette al mondo uova, che hanno bisogno di un periodo d'incubazione per schiudere, oppure schiudono senz'altro ; od anche il neonato è una forma libera semovente, però in uno stadio giovanile, che è detto larva, od in uno più avanzato, che spetta al secondo periodo (ninfale), alla pupa propriamente detta. Ecco quattro maniere di generazione, che sono dette rispettivamente per oviparità, per ovoviviparità, per viviparità e finalmente per pupiparità, maniera quest'ultima ristretta ad un solo gruppo fra i Ditteri. Quando si voglia distinguere la pupiparità in confronto della viviparità, è evidente che a quest'ultima voce occorre dare un significato più ristretto e definito, quello cioè, ohe sarebbe indicato più esattamente dalla parola larviparità, cioè parto di forme nel pieno stadio semovente della vita dell'insetto. Però, come ho già detto, il caso della pupiparità è così limitato, che si può benissimo sottintendere non se ne voglia dire quando non se ne fa speciale menzione a proposito di forme vivipare. Conviene ora conoscere davvicino tutte queste forme giovanili, traverso le quali passano gli Insetti prima di raggiungere lo stadio di adulto od imagine, nel quale possono riprodursi e che è il definitivo. 208 CAPITOLO QUARTO Converrà poi vedere quali singolari processi intimi di trasformazione av- vengono nell'organismo dell'insetto, nel traversare questi stati, e quali sono gli atti coi quali la trasformazione si accompagna, specialmente nelle forme a meta- morfosi completa; un insieme di fatti e di particolarità questo, che rappresenta uno dei più curiosi ed interessanti capitoli nella storia, degli Insetti. Le uova degli Insetti. Noi abbiamo già conosciuto intimamente, non solo i fenomeni che si svol- gono negli organi materni e che conducono alla formazione dell'uovo, alla sua maturanza ossia alla attitudine a svolgersi, ma abbiamo ancora veduto come avviene devoluzione dell'embrione entro l'uovo stesso (voi. I, Oogenesi, pag. 926 e segg. e pag. 49 e seg.). Abbiamo anche accennato brevissimamente ad alcuni aspetti delle uova medesime; sarà però utile che se ne tratti qui con maggiore diffusione. Varie maniere di uova. — Oltre alla forma diversissima, che hanno le uova delle singole specie, aggiunge varietà molto spesso la speciale fabrica di appen- dici diverse, di sculture del corion, di rivestimenti speciali, ecc. Vi sono uova nude, cioè nelle quali il corion è senz'altro a contatto del- l'ambiente, altre invece ricoperte da una teca speciale che le difende anche meglio- La graude maggioranza ha forma sferoidale od ovale o più o meno a focaccia» ma talune sono cilindriche o coniche, discoidali per notevole schiacciamento, pri- smatiche, ecc. Vi sono uova di forma molto curiosa, inquantochè sono fornite di un pe- duncolo filiforme più o meno lungo, talora lunghissimo quattro o cinque volte più del diametro maggiore dell'uovo stesso (uova peduncolate). Nella maggioranza delle uova, allorché viene rotto il corio dalla giovane larva, questo subisce una spaccatura semplice e senza direzione definita, ma in altri casi la rottura è secondo una zona, per cui una calotta del guscio si stacca dal rimanente. Talora si tratta di un vero e proprio opercolo (uova opercolate), che si ri- muove per la pressione interna della larva nascente, come il coperchio di un vaso. Altre volte, sebbene più di rado, è veraineute un tappo che si stacca, spinto dal di dentro al momento opportuno, esattamente come avviene per una bottiglia. Il tappo è tenuto in posto da una ripiegatura del guscio dispostavi sopra, che si frange allorché questo turacciolo viene premuto dal di dentro. Molta varietà dà alle uova la scultura del corio, che frequentemente è or- nato di impressioni o rilievi, in maniera talora molto elegante. Si tratta a volte di costole salienti, longitudinali o trasverse, oppure di una reticolazione a poligoni, spesso regolari o di particolari punteggiature, o di rilievi a brevi punte (uova aciculate) o di appendici più lunghette, molto ornamentali, che possono essere anche limitate a zone o ad aree speciali. Di tali produzioni spesso è ornata la regione micropilare in modo elegante. Talune uova, che sono parzialmente introdotte in sostanze molli, a ciò non vi si immergano del tutto, con pericolo di asfissia, hanno opportune appendici, che le arrestano ad un dato punto entro la massa in cui stanno, così che non pos- sano penetrarvi di più. I I 1 T\ GIOVANILI DK.GI.I INSETTI 209 lei maggior numero ilei casi le uova sono ricoperte di una materia appicci- caticela, con cui aderiscono ai corpi su cui la madre le depone; altra volta in- vece, specialmente se debbono galleggiare, sono rivestite di sostanze che l'acqua non può bagnare, per cui esse rimangono a galla. Intatti tutte le uova debbono essere in contatto dell'aria, perchè respirano di continuo. D'altro canto, quelle da cui nasceranno larve acquaiole sono per lo Fig. 188. — Varie maniere di uova iti Insetti a diverso iugrandiniento. A, di f'opidyras gloveri (Lepid.); B, D. R, di altri Lepidotteri; O, di Ludryas grata (Lepid.) ; E. di Platyphyllum eoncavum (Ortott.): Ft di Podisus spi»o«U8; O, di Triphleps insidiosus (Emitt.); H. di Ohrysopa (Neurott.) : I, di Ohryaocoris festa-iella (Lepid.): L, di Presostemum subidatum (Eniitt.): M, di Bruchophagus funebris (Imen. Calcid.): V, di Eurytana (Imen. Calcid.): T, Mosca coniane ; P, di Scatophaga (Ditt.); Q, di Polygonia interrogationis (Lepid.); S, di altro Dittero. Da varii autori. più a contatto coll'acqua o così vicine all'elemento liquido, che la larva lo possa raggiungere senz'altro, o col più breve tragitto od indugio. Si comprende che nei casi di contatto coll'acqua esse devono aver modo di non restare sommerse od almeno senza una scorta d'aria attorno. Talora il problema è risolto per via di ovoviviparità, per cui le uova, coll'em- brione maturo ormai, allorché cadono nell'acqua, subito si rompono e la larvet- tina ne esce senz'altro vispa ed attiva. Quanto alle dimensioni, si comprende che la prima causa influente è la statura materna; ma grandissima varietà si può avere rispetto alla proporzione delle uova verso la madre. A. Berlese, Gli Inietti, II. — 27. 210 CAPITOLO QUARTO Può esser detto che le uova sono proporzionatamente tanto più piccole quanto più immaturo è lo stato della larva che ne schiude e quanto maggiore è il numero, entro il corpo materno, di esse nova a pari grado di matu- ranza. Infine è da considerarsi il diverso modo di aggruppamento delle uova, se siano cioè deposte isolate e sparse senza ordine prestabilito o se riunite insieme in vario modo. Ancora devesi dire che in non pochi casi le uova stesse, riunite in gruppo, sono poi tutte assieme protette da un comune involucro, che prende il nome di ooteca, il quale si compone di sostanze varie e si presenta con aspetti mol- teplici. Svariatissimi poi sono gli ambienti in cui le uova sono deposte; per lo più in rapporto col modo di vita della larva ed anche assai variati i modi con che la femmina provvede alla loro sicurezza; ma di questi ultimi fatti è più oppor- tuno parlare a proposito dell'adulto, come conclusione di tutto quell'insieme di atti, che ha per iscopo la conservazione della specie. Fig. 189. — Uova di Clitre, ecc. diverse, nude o coperte dalla scatoconca* A, di Gryptocephalus bipunctatus, senza Bcatoconca ; i>, di Gryptoc. aur e o lue ; C, dì Ctitra 4-punctata; D, di Olytra longìpes coperti dalla scatoconea ; E, di Oryptoc. bipunct. solo in parte coperto di scatoconca. Da Fabre. Le uova nude, cioè senza particolare involucro per ognuna di esse, fatto d'altra materia, rappresentano il caso più comune, ma si conoscono dei bellissimi esempi di uova, invece, pro- tette, almeno parzialmente, da speciali teche. Il caso classico è mostrato da Crisomelidi, fra i Coleotteri, ed è illustrato col solito garbo dal Fabre (fig. 189). Le Clitre partoriscono uova a corio liscio, rotondeggianti, che sono contenute in uu invo- lucro, talora scolpito molto elegantemente e bruno. Esso è fatto di materia fecale della madre, mescolato ad una speciale secrezione, la quale sostanza è deposta attorno all'uovo, mentre esso si trattiene in una specie di cloaca, ove mettono capo insieme il condotto sessuale e rettale materni ed anche particolari ghiandole. Mescolate alle uova fuori uscite, cosi coperte dall'involucro che il Lewillon chiama xcatoconca, se ne trovano altre nude o con involucro incompleto, come si vede nell'annessa figura 189, E. Il Lewillon ha mostrato che la sostanza della scatoconca non si comporta di fronte ai rea- genti, come la chitina; ne è dunque diversa. Per la maggioranza delle Clitre le uova sono isolate e lasciate liberamente cadere alla ven- tura, per altra specie, come è la C. ìaxicornis, che fa delle scatoconche bellissime, a zone rile- vate di traverso e con una specie di opercolo, sempre aperto però, alla bocca, esse sono aggrup- pate in mazzetti, ciascuna con un pednncoletto speciale (fig. 190). Alle volte queste scatoconche servono anche di prima base alla formazione del follicolo, in cui viene a celarsi la larva tino alla ninfosi. t.K ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 211 In generale là forma dell'uovo ò rotondeggiante o più o meno ovale, ma altre volte, come si è detto, si possono vedere le forme le più disparate e strane. Si sono indicate già nel primo volume le singolarissime uova cilindriche od anche prisma- tiche, che appartengono a Fasmidi fra gli Ortotteri e qui uè ricordiamo la figura (voi. I, flg. 1262). Monne volte l'uovo è rotondeggiante bensì, ma schiacciato più o meuo ad un lato, in modo da rappresentare tutti i gradi, da una forma subsferoidale, fino ad una placentoide assai poco alta. Queste gradazioni tutte si possouo vedere nei Lepidotteri ed ancora la depressione su ambo le l'accie dell'uovo, la quale può giungere cosi innanzi da essere l'uovo stesso quasi laminare e con contorno ovale, come si vede in più specie di Locustidi ed altri Ortotteri saltatori (fig. 188, E). Talvolta, pur avendo da un lato una depressione che serve di base all'uovo stesso, esso si innalza a guisa di cono o cou una forma ogivale, puntuto più o meno all'apice e questa ma- niera d'uova si vede in molti Lepidotteri ed iu parecchi Coleotteri, specialmente tra i Crisomelidi e Coccinellidi. Non rare sono le uova cilindriche allatto ed anche tronco- coniche, talora anche più larghe in alto che non in basso, terminate quindi, anche sopra, da faccia piana. Così veg- gonsi in qualche Lepidottero ed anche fra gli Eterotteri. La più curiosa maniera d'uova, quanto alla forma, è quella delle peduncolate, cioè rotondeggianti, ma fornite da un capo di un lungo o lunghissimo filamento, il quale è un vero peduncolo allorché aderisce, ad un corpo e regge così tutto l'uovo eretto o sospeso (Chrt/sopa fra i Neurotteri) (fig. 188, H) oppure è una semplice appendice senza scopo evidente, allorché l'uovo riposa altrimenti sul corpo, sul quale è stato deposto, come si vede accadere per le uova peduncolate di Imenotteri eudofagi e di Cinipidi (fig. 188, M, N). Questa cosi strana parvenza delle uova di Emerobidi è tale che qualche naturalista, vedendo queste produzioni così erette a perpendicolo sulle foglie o sui rametti delle piante, le ha scambiate per inicromiceti, cioè per funghi e per tali denominati e descritti (fig. 195, L). Dna brevissima appendicela peduncoliforme si vede in uova di insetti diversi parassiti di mammiferi, perchè con tale peduncolo i peli sono strettamente abbracciati e così sono fissate e bene aderenti le uova di Ditteri, le cui larve sono eudoparassite e quelle di Anopluri e Mallofagi, che vivono in tutti gli stati sul loro ospite (fig. 198). Per ciò che riguarda la scultura del corion bisogua convenire che essa, talora, è somma- mente elegante. Perchè se moltissime uova sono levigate o semplicemente marcate di minuta punteggiatura, in altri casi molto più complesso è il disegno a rilievo del gusoio. Una più mo- desta modificazione della scultura a punti rilevati si è quella di acicule, che rivestono tutto l'uovo e lo fanno sembrare spinosetto. Questo si vede, fra l'altro, nelle uova di qualche Cal- cidite (fig. 188, .V). Ma rilievi più vistosi possouo essere in forma di appoudici cilindriche od anche arboriformi, in questo caso però circoscritte a zone determinate, come si vede ad esempio nelle due uova qui figurate, l'una pertinente ad un Eterottero e l'altra ad una Farfalla (fig. 188 /, L). Più comuni invece sono rilievi costoliformi, che percorrono tutto il guscio di uova sferoi- dali o coniche, secondo meridiani, e, meno spesso, secondo paralleli; in tale caso però i rilievi sono più fitti, meno sensibili cioè e nell'insieme simulano una striatura piuttosto che altro. ■Questo vedesi iu uova di Lepidotteri (fig. 188, Q).. Ma talora, anziché di rilievi si tratta di vere incisioni, secondo meridiani ed allora l'uovo assnme più o meuo l'aspetto di un popone o di un arancio sbucciato, dove si vedono nettamente distinti gli spicchi. La scultura più comune del guscio e quella a poligoni, sieuo essi a contorno rilevato (caso più frequente) od impresso. Ne portiamo qualche esempio e se ne possono dedurre da grandis- simo numero di uova, fra tutti gli ordini di Insetti. Del colorito delle uova non molto ò da dirsi, per quanto si possa affermare che non sono frequenti i colori vistosi, ma i più comuni sono pallidi, dal bianco al giallo anche acceso e vi- vace, al rauoione, ecc. Meuo frequenti sono i colori bruni. Fig. 190. — Uova a mazzo «ìi Clijtra taxìcornìs. Da Fahre. 212 CAPITOLO QUARTO Fig. 191. — Un uovo con opercolo .stac- cabile (di Ledi nix cephalotes). Da E- DJlcll. Il più bel caso è dato dalle uova a riflessi madreperlacei o metallici, talora splendidissime, come sono di parecchie specie di Eterotteri e di Lepidotteri, che sembrano veramente piccole e bellissime perle. Circa al modo di rottura del guscio qualche cosa si è già detto. In taluni casi, nei quali l'insetto rinchiuso nell'uovo rode il guscio per sortirne, non può esservi una speciale maniera di rottura ; ma in altri casi il processò è diverso, perchè la rottura del guscio avviene secondo determinate linee di minore resistenza. Si hanno dei veri opercoli (fig. 191) più o meno a calotta sferoidale o piani, e questi si staccano dal rimanente (che resta in sito come un elegante vasetto) per una interna pressione dipendente dal nascituro. Questo è caso assai ovvio. Le uova di Mosche comuni, anche di quella domestica e di quella della carne, sono longitudinalmente spaccate da una fessura, che ne per- corre tutta una faccia (fig. 188, 0, T), la quale però è tenuta chiudi da una stretta lingua della stessa natura ed aspetto del guscio ed è questa linguetta che viene spostata al momento della schiusa, in modo che così rimane libera la fessura, da cui la larva possa sfuggire. Il più singolare processo è quello che fanno vedere certe uova di Emitteri, recentemente descritte e che meritano davvero una particolare menzione ; se ne è brevemente accennato. Si tratta di cilindri lun- ghetti, i quali sono chiusi all'estremo superiore da un tappo del tutto simile per forma, salvochè elegantemente scolpito ed ornato, ai tappi delle bottiglie di sciampagna. Questi turaccioli poi sono tenuti in posto da una calotta membra- uosa, che procede dal corio del cilindro e si chiude a campana sul tappo medesimo, esattamente come per le bottiglie di vino scelto fanno le capsule di stagnola (fig. 192, B). Allorché la larva vuole schiudere, essa comprime e spinge il tappo dal di sotto; la capsula si rompe per spaccature longitudinali e cosi, traverso le strettoie, poco resistenti del resto, di questi brindilli della capsula, il tappo è gettato all'esterno. Vedasi tutto ciò nelle an- nesse figure 192, 193. Vi sono uova che, come ho detto, non debbono im- mergersi in sostanze molli, su cui sono deposte, se non per un certo limite. Queste uova hanno dello alette, che le reggono, impedendo cosi la immersione totale, mentre ri- mane all'aria una parte di dove può avvenire la respi- razione. Ricorderò due esempi classici, già benissimo illu- strati dal Reaumur e che appartengono ad insetti co- muni (figg. 188, P, 194). Certe mosche grassette, pelose assai, gialle o brune, che frequentano gli escrementi umani, perchè colà vivono le loro larve, vi depongono alla superficie certe uova cilindriche, lunghe fino a due o tre millimetri, le quali sono per grau parte immerse, ma sporgono all'esterno con un capo e questo è fiancheggiato da due eleganti alette triangolari. Questa parte sporgente è bianchissima e perciò spicca assai sulla tinta della sostanza su cui posa od è tutta molto elegantemente scolpita di aree rilevate esagonali (fig. 194). Altre mosche viventi nelle sostanze, specialmente vegetali, putrescenti, fanno uova candide, le quali giacciono, invece, per lungo tempo sulla massa putrida, ma ne stanno fuori con una «- 1 f^T ^^/^~v "•';:'..v\;''| !.■'''''"'' 1 ; '■■!■' « \ 1 Fig. 192. — Le singolari uova di nu Emittero Reduvide di specie ignota ', E) di uova sono fuori d'acqua, affidati a corpi diversi. Così pure fa qualche Friganea e qualche specie di Lepidottero ac- quaiolo (Botie potamogalis). In questi casi, nella massa trasparentissima sono immerse uova brunastre o rosse ed il tutto è così pel- lucido olie tali uova si prestano benissimo allo studio della evoluzione dell'embrione, come già primamente fece il Balbiani. Taluni Insetti, che mettono le loro uova nell'interno di tessuti vegetali non di rado le dispongono secondo un dato ordine, spesso caratteristico. In tali casi il tessuto della pianta è variamente inciso e nelle ferite così praticate sono deposte le uova, non di rado anche assicuratevi più tenacemente mercè una qualche sostanza appiccicaticela. Parecchi Ortotteri fra i Locustidi ed i Grillidi, come i Cicadari fra gli Emitteri, ecc. de- pongono così le loro uova a varia profondità, entro i rametti di piante diverse, sia nascoste addirittura entro il midollo, sia più o meno sporgenti all'esterno (fig. 197). Di consimili casi pero, come di particolari nidi d'uova protetti da terra, ecc., i quali casi si riferiscono, in gran parte, ad Insetti litofagi e taluni economicamente nocivi, sarà il caso di dire più largamente in appresso, allorché si tratterà delle specie che inte- ressano le nostre culture. Altra maniera di disposi- zione delle uova, tutto allatto particolare alle specie paras- site di Mammiferi o di Uccelli è quella per cui le uova stesse sono tenacemente (is- sate al pelo od alla barba di penna dell'ospite. Tn generale, in casi si- mili, sia che essi si riferi- scano a Ditteri (fig. 198) op- pure a Mallofagi od a Pedi- culini. il sistema di adesione dell'uovo e sempre lo stesso; cioè, oltre ad un glutine speciale, anche ad una parti- colare espansione del corio, per la quale l'uovo da un capo abbraccia il pelo o la barba di penna e vi aderisce stret- tamente. Vere e proprie ooteche solide, costituite da una speciale secrezione dell'addome delle fem- mine, entro i quali ripari stanno molto bene difese le uova, sono prodotte da Ortotteri e da qualche Coleottero (figg. 199-202). Ve ne ha di più specie. In taluni oasi la sostanza fluida segregata attorno all'ammasso delle uova incolla anche della terra circostante allorché la deposizione avviene entro il terreno) e Fig. 19 Jticroce/ìtrttx reti- nervis (Ortott.) in sito. Da Rilev. Fig. 198. — Uova di Bi/poderma lineata (Ditt.). a, su pelo dell'ospite; b-d, isolate. Dall' Insect Life. 216 CAPITOLO QUARTO B Fig. 199. — Ooteca con uova di Hydrophilus. A, aperta; S, chiusa. Da Miall. cosi ne riesce una specie di sacco allungato, resistente, liscio all'interno e scabroso da grani terrosi al di fuori, entro il quale le uova sono ordinatamente disposte di traverso od oblique, le uno sulle altre. Così è fatto il follicolo o cannello d'uova di Acrididi (fig. 202, A). Ma se la ooteca è fabbricata in piena aria, o nel corpo stesso della madre, allora assume altra parven- za. Le ooteche costrutte fuo- ri del corpo materno, co- me sono ad es. quelle di Mantidi fra gli Ortotteri e di Cassididi fra i Coleotteri, essendo deposta la sostanza mano mano sulle uova che escono e quivi da fluida divenendo resistente, sono fatte di piùloggie, strettamente addossate le une alle altre e formanti un tutto unico a configurazione costante per ciascuna specie. Le ooteche della comune Mantide sono state bene studiate da più autori. Esse si trovano sulle pietre o sui rami di arbusti e vi aderiscono molto tena- cemente. Hanno forma ovale, e mostrano una striatura di traverso. Nell'interno si trovano una ventina di logge mediane, dove sono le uova e queste loggie piene, sono fiancheggiate da altre vuote, più piccole e a struttura irregolarmente vacuolare. Iu ciascuna loggia piena Fig. 200. — Ooteca di Man- sono da 8 a 10 uova, in basso, ed in alto si trovano delle lamine ^^"da'oni^oTtono" arcuate, addossate strettamente l'una all'altra. Queste ooteche pos- neonati. Da Roesel. sono raggiungere dimensioni molto vistose, come sono quelle, ad es., della nostra comune Mantis religiosa (fig. 200). Invece le ooteche fabbricate nel corpo della madre sono foggiate ad astuccio. Ne sono ot- timo e comune esempio quelle della nostrale, pur troppo ovvia, Blatta delle case (reriplaneta Fig. 20]. — Ooteche diverse. A, di Aspidomorpha puncticosa (Cassidide africano) su una foglia; B, sezione della stessa, Da Sharp; G, sezione traa- versa di ooteca di Mantide dell'Australia (Insect Li/e). orientalis). Esse (fig. 202, B, C, D), sono dure, resistenti, brune, ovato-cilindriche, con una costola rilevata, longitudinale su una faccia. Entro vi si trovano le uova ordinatamente disposte di traverso in due strati, secondo le due faccio maggiori della ooteca e sono divisi da una parete, che forma due loggie nella capsula; in ciascuna loggia dunque le uova sono in un solo strato. Le femmiue si portano per qualche tempo simili astucci attaccati all'estremo del loro ddome, poi li abbandonano. I.K ETÀ GIOVANILI DEGÙ INSETTI 217 si tua Le outeche di Blatta sono composto ili una sostanza speciale, che, allorquando si trova fluida nelle aliandole, è solubile nella potassa, ma diviene insolubile a contatto dell'aria. Essa è ritenuta per una mescolanza di ohitiua e piccoli cristalli di ossalato di calce. Durante la formazione dell'ooteca l'uovo, che da un ovario passa nella cloaca questa al lato opposto, se viene dall'ovario di destra esso va a siuistra e viceversa; cosi avviene alternativa- mente. L'ooteca, nella vagina della comune Blatta delle case {P. orientalis) rimane disposta verticalmente: ma nelle piccole Blatte, che da noi si trovano nei campi (Blatta germanica) tale astuccio si rivolge e si dispone orizzontalmente, coll'orlo crenulato rivolto sul lato destro della madre. In quest'ultima specie la ooteca racchiude da 28 .a 58 uova (vedi Duchamp 1879; Kadyi 1879 ; Wheeler 1889, ecc.). Tua maniera speciale di protezione delle uova si è quella che usano certe Farfalle della famiglia dei Bom- bicidi, come ad es., le comuni Ocneria dispai- e la Por- thesia ehrysorraea, le Orgya, ecc. La femmina ha molto pelo sull'estremo addome, facilmente caduco e mano mano che depone le uova le ricopre anche con questi peli, che le si staccano dal corpo. Si ha cosi un cusci- netto di forma varia, ovale per la Ocneria, allungato più o meno per l'altre Farfalle, di color giallo terreo o giallo-oro e colà le uova stanno molto bene riparate. Fig. 202. — Ooteche diverse. A. Cannello d'uova di Stauronotus marocchanus (Ortott.}; B, di Periplaneta orientalis vieto dal di sopra: C, lo atesso di lato; D, lo stesso aperto (da Henneguy). Insetti vivipari. La viviparità iiou è molto frequente fra gli Insetti, pure se ne hanno casi in quasi tutti gli ordini. Il più conosciuto è quello degli Aridi. Ti sono anche Efemere vivipare. Ma ancora tra gli olometaboli si citano parecchi Ditteri, a cominciare da quei Pupipari, eli cui più volte si è già detto. Inoltre parecchie specie, ad es.. dei generi Musca, Authomyia, Sarcophaga, Tachina, Glossina, Denia, Mito- gromma, ecc., sono egualmente vivipare. Fra i Coleotteri è notevole il fatto segnalato dallo Schiodte (1856) di Sta- nimi del Brasile, appartenenti ai generi Corotocha e Spirachtha, che sono paras- siti nei nidi di Termiti e le cui uova si sviluppano entro il corpo della fem- mina, nell'ovidutto e le larve possono nutrirsi, per un certo tempo, di una spe- ciale secrezione, che geme dalle pareti delle vie genitali. Si conoscono anche Crisomelidi vivipari. Il caso più curioso è quello di una Farfalla vivipara, vivente in Australia, citata dallo Scott, il quale fece partorire dei bruchi vivi, comprimendo l'addome della madre. Schiusura della larva. I fenomeni, che accompagnano la schiusura dell'uovo del giovane insetto non sono stati largamente studiati, eppure certo vi sarebbe messe buona di fatti sin- golari relativi ai modi speciali di praticare questa funzione. I due fatti più rilevanti, che si notano in questo momento, sono l'uno la maniera particolare, che e seguita da certe larve per rompere il guscio dell'uovo e venirsene alla luce, l'altra della presenza di un involucro, che riveste in certi A. BKELB3E, Oli Inietti, II. — 28. 218 CAPITOLO QUARTO casi le larve stesse subito dopo la loro schiusura e deve essere immediatamente abbandonato. Fra le larve, le quali non rodono il guscio dell'uovo, conforme si è avvertito, alcune se ne trovano provvedute di speciali ordigni tran- sitori, duri, in modo da poter determinare 1» frattura del corio o si servono di qualche altro mezzo per otte nere lo stesso scopo. Processi cintinosi, duri, si sono rilevati in larve di parecchi ordini, come ad es. in , di Oalerita lecontei. I.K STA GIOVANILI DEGLI INSETTI 225 hanno di molto diminuito il peso del loro corpo e possono, per entro alle acque, nuotare e guizzare rapidamente. In altri casi esse sono per vero forine oacciatrioi in piena aria ed allora. quando i loro tegumenti non sieno abbastanza resistenti (così come sono, invici', nelle larve di Carabidi, ecc.) si tratta di forme sedentarie, che vivono riparate e raggiungono la preda per agguato, come si vedono fare le larve di Formicaleoni, quelle di Cicindele (fig. 236), ecc. Da ciò deriva anche tutto un altro ordine di cose, l'intervento cioè materno per preparare alla progenie di larve molli, incapacissime di procurarsi la preda, costituita da altri animali meglio semoventi, appunto un adeguato cibo, sufficiente per tutta la vita della larva. Ed ecco le singolari abitudini, che conosceremo in seguito, di molti imenotteri per formare depositi di carne viva e sempre fresca, di cui possano nutrirsi le loro larve. In generale può anche essere detto che la parte più ardua nella ricerca dell'ambiente opportuno alla vita delle larve, sieno esse olometaboliche o no, è affidata alla madre', la quale, fornita di eccellenti organi di locomo- zione e talora anche atta a vivere così bene in terra come in aria ed in acqua, e provveduta ancora di finis- simi organi del senso, trova con facilità l'ambiente op- portuno per la propria prole e quivi affida la sua figli uo- lanza, così che i giovani pochissima fatica e poca attività debbono impiegare alla ricerca di quanto loro conviene per vivere e compiere il loro ciclo larvale. Si comprende ancora che le larve olometaboliche, così poco atte a lunghi tragitti per virtù propria e meno ancora quelle del tutto sedentarie non possono aver parte nella diffusione attiva della specie e che vi possono contribuire, in generale, solo per incidenza e del tutto passivamente, portate in giro cioè da altre forze, che non sieno le proprie così scarse; la maggior parte in tale ufficio è, invece, riserbata all'adulto. Ben raramente infatti accade che gli adulti sieno meno locomobili delle loro larve e in questo ordine di fatti non si possono registrare che rarissimi casi di parassitismo (ad es. fra gii Stilopidi, fra i Ooccidi, ecc.), pel quale le femmine hanno perduto gli organi locomotori e la diffusione della specie è affidata alle larve, che li hanno invece buonissimi (tranne le ali) ed attivamente o passiva- mente si incaricano di conquistare nuovi ambienti. Si può dunque, fino ad un certo punto, stabilire una legge, per la quale il grado di locomobilità è inversamente proporzionale tra le larve e i rispettivi adulti: alla quale regola mostreranno qualche eccezione le forme parassite (pren- dendo questa parola in senso larghissimo, fino al commensalismo), la cui migra- zione è passiva quasi sempre; quello a vita anfibia, non potendo le larve, che sono acquaiole, dedicarsi alla ricerca di nuovi ambienti per sé opportuni, senza uscire all'aria, dove perirebbero, come ancora qualche altra eccezione, non di grnppo ma per singola specie, potrà essere rilevata, dipendente da particolarissime condizioni al di fuori «Iella comune regola. Fig. 213. — Larva apoda ili Dittevo(Culex). DaHowanl. Capo ed appendici cefaliche. — Si è già notato, nel voi. I. a pagg. 104 e seg., che talune larve olometaboliche presentano un capo piccolo od incompleto od anche retrattile (fig. 214) entro i primi anelli toracali. Nel caso in cui il capo A. BBELESE, Gli Insetti, li. — 29. 226 CAPITOLO QUARTO Fin. 214. — Testa estroflessa (.1) e ritirata ■ lei tutto (B) di larva ili Dicranota bimacu- lata (Ditteri). Da Miall. si è definito per piccolo si deve intendere che esso non è capace delle masse cerebrali, le quali sono perciò spostate molto addentro nei segmenti del torace. Queste sono particolarità, che non si riscontrano mai negli Insetti adulti, neppure in quelli profondamente degenerati per parassitismo. Anzi, meno raris- sime eccezioni, il capo è, nelle forme sessuate, sempre ben distinto, in grazia di un collo, dal rimanente tronco. Adunque la deficienza del collo, la riduzione del cranio e la possibile retra- zione del capo entro i primi articoli del torace, come pure il suddetto spostamento delle masse nervose cefaliche sono particolarità che, fra gli olometaboli, spettano alle sole larve e rappresentano un grado di involuzione, al quale mai giungono gli adulti. Un'altra vistosa differenza può essere rilevata per quanto riguarda speciali appen- dici, sieno esse pertinenti al capo, od anche al tronco. Per ciò che riguarda il capo si osserva intanto che nelle larve meglio evolute si vedono bene sviluppate le antenne e," meno che nelle forme viventi in ambiente del tutto buio, anche gli organi visivi. Quanto poi agli organi boccali, da poi che il pre- cipuo ufficio della larva è quello di soppe- rire ai bisogni della propria esistenza e preparare ricchi depositi nutritivi nel suo corpo, per affrontare il digiuno durante lo stato ninfale e talora anche oltre, si com- prende che gli organi della bocca, per effi- cacia nulla debbono avere di meno che quelli dell'adulto. Talora anzi essi pos- sono essere ridotti nella forma sessuata, mai però nella larva, altrimenti questa non compirebbe certo il suo ciclo evolutivo. Le differenze tra le larve e gli adulti consistono adunque tanto nel grado di sviluppo degli organi sensori, quanto nella presenza di alcuni organi speciali, che spettano alla larva, ma non si riscontrano altrimenti nella forma definitiva. Però, per quella riduzione degli organi di relazione di cui si è veduto esempio a proposito degli arti locomotori, sono meno riccamente costruiti anche gli organi sensoriali. Infatti, le antenne (e ciò si dica ugualmente anche per le forme giovani degli insetti a metamorfosi incompleta) sono meno sviluppate che non quelle delle forme adulte ed in non pochi casi del tutto rudimentali, se non mancanti. Al solito le larve Melotontoidi sono, anche in questo, meglio provvedute di quelle Eruciformi, mentre le vermiformi sono generalmente con antenne tuberco- liformi e sprovvedute di occhi (vedi voi. I, pag. 115 e segg.), e sono anche meno evolute nelle Ciclopifonni. Quanto agli organi della vista si è già avvertito che le larve viventi entro ambienti bui, come sono quelle entro terra o dentro i legni o nei semi od altrove al riparo della luce, sono del tutto cieche. Lo sono del resto anche molte altre, le (inali vivono ove il buio non è assoluto o dove pure ha luce. Così, ad es. sono cicche le larve dei Ditteri eiclorafi, nonché quelle della maggior parte degli Imenotteri (eccettuati i Tentredinei) sebbene tali forme non vivano sempre del tutto all'oscuro, come tanno invece le larve di molti Coleotteri (Buprestidi, Ce- brionidi, Tenebrionidi, Eucnemidi, e molti fra i Curculionidi, Cerambicidi, Tene brionidi, Isteridi, Lamellicornidi, Ptinidi, Anobiidi, Tomicidi, ecc.). I.K EIA GIOVANILI DBCI.I INSETTI l'I' 7 Non ostante la assoluta mancanza ili organi visivi specializzati, pure molte di queste larve si sono mostrate sensibili alla luce. Un primo passo verso organi della vista veri e propri è segnato da certe macchie «li pigmento bruno distribuite su diversi segmenti del corpo, ed in rap- porto con terminazioni nervose, come si incontrano ad es., su parecchie larve di Ceoidoraidi ed altri Ortorarì (Gorethra. Cui ex, Chironomus, Simulium ecc.) e clic ricordano gli occhi rudimentali, che si osservano su animali inferiori (fig. 215). Finalmente si hanno veri e propri organi visivi bene costituiti, ma questi, nelle larve olometaboliche, che li possiedono, sono sempre ocelli ossia occhi semplici od archeommi, che dire si vogliano (vedi voi. I, pagg. 6*57 e segg.), perchè il regno dell'occhio composto si inizia solo col principio della ninfosi (Eoninfa) o collo stato corrispondente (Prosopon) degli emimetaboli. In tutti i casi gli ocelli, nelle larve metaboliche, non si trovano mai nel mezzo del capo, ma sui suoi lati e sono in numero variabile, talora riuniti in un gruppo (larve di Tentredinei. dove si trovano lino a 5 ocelli insieme) o più comunemente abbastanza disgre- gati. V- Fig. 215. — Capo, dal dorso, di larva di Simuli uni (Ditteri) con autenne, frangia laterali e macchie oculari. Da Aliati. In ocello per lato si trova in larve di Tricotteri e di parecchi Coleotteri (Lampiridi, Drillidi. Licidi, Teleforidi, taluni Crittofagidi, Cerambioidi e Cnrcu- liouidi) ; due in larve di altri Coleotteri (Birridi, Mclandiidi, Edemeridi, Tenebrionidi, Nitidulidi, Ela- teridi ed alcuni Lamellicoruidi) ; tre in molti altri Coleotteri (Cerambicidi, Teuebrionidi, Coccinellidi); quattro, sempre nello stesso ordine dei Coleotteri, in larve di Cicindelidi, molti Stafilinidi, Pirocroidi, alcuni Crisomelidi e Coccinellidi ; cinque nelle larve di moltissimi Lepidotteri nonché in altre di Coleotteri delle famiglie: deridi, Cisidi, Colidiidi, Micetofagidi, Eteroceridi, Parnidi, Lagriidi, molti Birridi e qualche Cerambieide ; sei nella maggior parte dei Lepidotteri nonché iu Neurotteri del gen. Staiti ed in molti Coleotteri delle famiglie : Carabidi, Ditiscidi. Girinidi, Cifonidi, Erotilidi e nella maggior parte degli Idrofilidi, Dermestidi, Crisomelidi; sette cnelli olometaboliche sono entro un àmbito molto ristretto e tale che non tra- scende mai troppo al di fuori del tipico apparato boccale masticatore, come si è già conosciuto a suo luogo (voi. I, pagg. 143, 144 ed altrove). Si è dunque colà avvertito clic l'apparato boccale masticatore tipico si compone di tre paia di pezzi, che sono: Le mandibole, le mascelle (del 1.° paio) ed il labbro inferiore o ma- scelle «lei 2.° paio. Il primo paio specialmente rappresenta la più robusta coppia di organi masticanti e non reca palpi, mentre le due altre paia hanno ciascuno due palpi (mascellari e labiali). Ora, questo tipo (tìg. 216) è conservato precisamente così nella massima parte delle larve olometaboliche, salvo riduzioni, ad es. degli organi sensoriali p eriboccali, per quei processi involutivi che si sono veduti dipendere da minori necessità della larva. Esso però è abbastanza profondamente alterato per quelle forme, che, vivendo di cibo molle, commisto a molta parte liquida, debbono avere organi meglio adatti a questa speciale maniera di nutri- zione In tali forme, però sempre si presenta, oltre ad un insieme di organi boccali atti a sorbire la parte liquida od il cibo molto diluito, anche qualche organo capace di dilacerare sostanze resistenti e trasformarle in quella massa fluida, che è richiesta dal particolare modo di vita della larva. Fig. 217. — Capo et] organi boccali di larva acefala «li Dittero ciclorafo (Piop/ii/a easei). Da Alessandrini. Questa particolare maniera di apparato boccale si può vedere ad es. in molte larve di Ditteri ciclorati (tìg. 217), come sono i comuni Bermi della carne che marcisce ed esse debbono, infatti, ridurre a poltiglia, dilacerando i tessuti, la carne stessa, per in- gerirne il fluido cosi derivato per questo lavoro meccanico e per effetto della putrefazione. Co-ì pure sono armate altre forme affini, che si nutrono dei visceri viventi di altri insetti, ma ne debbono prima incidere la pelle (ad es. larve di Sirfidi, Tabanidi, ecc.) o quelle degli Imenotteri endofagi (specialmente il primio stadio ciclopiforme), che dilacerano gli organi interni delle loro vittime e di questi ed insieme dei succhi circolanti si nutrono. In tali casi solo un paio di organi boccali mantiene la tipica consistenza ed è foggiato ad uncino attissimo alla dilacerazione (tìg. 211) e tutto il rimanente degli organi stessi è ridotto od è del tutto irreperibile e costituice un complesso orale destinato alla assunzione di sostanze fluide. Ma le larve che debbono rodere corpi duri, come sono quelle dei Lepidot- teri, della massima parte dei Coleotteri, di Xeurotteri, di molti Imenotteri, spe- cialmente Tendredinei e Siricidi, hanno il loro apparato boccale completo, se- condo il tipo masticatore indicato, sebbene gli organi tutti sieno generalmente meno vistosi che non nelle forme adulte né giammai presentino quelle secondarie variazioni, che non sempre dipendono dalla necessità della nutrizione, ma anzi, nel maggior numero dei casi, da influenze diverse e non sempre facili a ricono- scersi, variazioni che talora si palesano con modificazioni vistosissime. Per esempio, mai si potranno trovare nelle larve mandibole così straordi- nariamente sviluppate come fanno vedere i maschi dei Cervi volanti e molti altri Insetti. Così ancora, il capo, il quale negli adulti può assumere forme le più discoste dal tipo semplice larvale, in grazia di complicazioni dovute a scopi i più sva- riati, o per molta parte per influenza della sessualità, si vede, nelle larve, se- condo la più semplice espressione, cioè di calotta sferoidale, racchiudente le masse muscolari motrici degli arti della bocca e quei modesti gangli cerebrali che spettano a tale giovanissima età. Assai di rado il capo reca appendici o sculture vistosi e di più difficile interpretazione quanto ad ufficio. 230 CAPITOLO QUARTO Come si sono viste essere ridotte assai di volume le antenne, così, analoga- mente, uno scarso sviluppo acquistano i palpi e piccoli sono, del resto, anche le mascelle ed il labbro inferiore, mentre possono essere più lorti le mandibole, specialmente nelle forme predatrici, che debbono afferrare bene e trattenere la vittima ed in quelle ancora che rodono corpi molto resistenti. Speciali tipi di organi boccali. — È beue ricordare qui una particolare struttura
  • ma in taluni casi ljer radicali differenze. Infatti si hanno larve masticatrici, che riescono adulti egualmente provveduti di apparato boccale masticatore, e tali sieno i Coleotteri e molti Xeurotteri, ma se ne hanno altre ugualmente masticatrici, che allo stato adulto assumono un apparato boccale lam- bente, come si vede degli Imenotteri, oppure succhiatore, come accade dei Ditteri, specialmente Ortorafl e dei Lepidotteri, che mostrano il più classico esempio di tali variazioni da giovane ad adulto. 11 Brauer, dietro considerazione degli organi boccali delle larve, in comparazione a quelli degli adulti, divide tutti gli Insetti in tre gruppi, che egli chiama con speciali denominazioni, cioè: I. Insetti menoritiohi, con apparato boccale succhiatore tanto nelle larve che negli adulti (Rincori) ; II. Institi in mi oei; tubercoli ventrali carnosi armati o no, rappresentanti rudimenti di zampe; tubercoli dorsali callosi; propulsori (nel- LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 1>31 l'estremo addome); speciali organi per determinare particolari modi di locomozione all'infuori dei precedentemente citati. Le zampe delle larve metaboliche si distinguono in toracali o rere, le quali appartengono al torace e rappre- sentano impostazioni transitorie di quelle dell'adulto, del- le quali sono omologhe, nonché in addominali o false, e queste, nei Pterigoti adulti non trovano corrispondenza. Esempi vistosi di zampe false (flg. 219) accompagnate da quelle vere sono offerti dalle larve delle Farfalle (Brachi) e da quelle dei Tentredinei fra gli Imenotteri; ma sono meno frequenti presso altri gruppi e non cosi bene conformate come nelle suddette forme giovanili. Le false zampe, che si trovano per paia in numero vario su determinati segmenti addominali, sono brevi rilievi conici, carnosi, non retrattili, con o senza una corona di organi adesivi, in forma di uncinetti, lungo l'orlo della superficie rotondeggiante con cui sono termi- nate. Tali appendici non sono articolate, cioè non si veggono essere divise in articoli distinti. Per converso le zampe vere sono benissimo articolate, dure e terminano con una unghia. Ora, da un tronco privo al ventre di qualsiasi appendice locomotoria, come si vede in moltissime larve apode, così dette appunto perchè mancanti di qualsiasi specie di zampe, ed in moltissime altre, che pure hanno le zampe vere soltanto, e in quella altre larve che sono fornite di zampe false benissimo conformate, come quelle dei Bruchi succitate, A B Fig. 219. — Larve cruciformi mostranti le false zampe. A, di Lepidottero; B, di Ten- tredine©. Fig. 220. — Larve con rudimenti di false zampe ed una apoda (D). .1. di Mnsca: /;, ili Oecidomido; C, di Cionus fraxini (Coleott. Coroni.); D, Calabrone. Da vari autori sia tutta una serie di protuberanze più o meno vistose e complicate, le quali segnano altrettanti passaggi graduali dall'una all'altra conformazione. In questi casi si tratta di veri rilievi carnosi (fig. 220), estroflettibili per lo più, talora muniti di uncinetti, quali organi adesivi, o bagnati di un liquido vischioso allo stesso scopo. 232 CAPITOLO QUARTO Per tali larve, come ancora per quelle apode, ina che però eoa molta atti- vità si locomuovono, sia per cercare il cibo come per rinvenire un ambiente op portano per compiervi al sicuro la loro trasformazione in ninfa, l'incesso dell'in- setto è tutto affatto speciale. Fig. 221. — Incesso di larva cruci- forme con false zampe (bruco). Vari momenti da 1 in 5. Fig. 222. — Incesso di larva eruci • forme apoda (larva di Mosca) col- l'aiuto delle mandibole. I bruchi e i falsi bruchi (coinè souo detti le larve di Tentrediueii procedono (fig. 221) sol- levando ad arco successivamente i diversi tratti del loro corpo a cominciare dalla parte posteriore, che per prima si porta in avanti e serve d'appoggio a tutto il successivo spostamento del tronco, fino alla regione anteriore, che è l'ultima a solle- varsi ed a fissarsi più innanzi. Il corpo del bruco è così per- corso da un movimento a guisa d'onda, che procede dalla parte posteriore alla anteriore. Le larve apode di Ciclorafi, invece, le quali si servono dei loro poderosi uncini boccali per punto di attacco a de- terminare una trazione sul rimanente corpo, incedono (fi- gura 222), sia nella ma- niera dei bruchi, ed in questo caso poco ufficio hanno i detti uncinetti della bocca, sia servendosi di questi ed in tale caso la prima a spostarsi è la parte anteriore del loro corpo, il quale dapprima si allunga, si fissa cogli uncini boccali alle scabro- sità della superficie, quindi si contrae energicamente, in guisa da spostarsi tutto in avanti, non senza quel movimento d'onda già veduto pei bruchi, ma questa volta in senso inverso, cioè dall'innanzi all'iudietro. Però se queste larve procedono su superficie liscia, su cui gli uncini boccali non possano aver presa, allora si servono esclusivamente della maniera ricordata per i bruchi, col concorso del liquido in cui sono ordinariamente involte e che deter- mina una efficace adesione. I bruchi nelle Geometre (fig. 22IJ), tra le farfalle, detti appunto misurini o compatti, pel loro specialissimo modo di incesso, poiché mancano di falsi piedi in mezzo al tronco e giacché i piedi veri, torneali, come in tutti i bruchi e falsi bruchi non sono atti al cammino, spostano all'iuuanzi la parte posteriore del corpo e con questa si fissano, sollevando ad arco molto stretto il tronco stesso. .Successivamente si stac- cano dalla superficie colla parte anteriore e la recano all'in» nauzi. Tutto ciò avviene con una parvenza come di compasso, che si apra e chiuda successivamente, donde il nome volgare dato a questi bruchi. Ma quelle larve meloloutoidi, le quali hanno zampe to- rneali atte al cammino, procedono diversamente, certo mai con quel movimento ondulato, che spetta alle cruciformi ed alle apode loro derivate. In taluni casi le larve melolontoidi, oltre alle zampe toracali possiedono anche altro appa- rato nella regione posteriore del corpo, atto a far punto di appoggio per la spinta all'innanzi del corpo stesso, ma non a sostenerlo, se tutto si sollevasse dalla superficie, come avviene pei misurini suddetti. Fig- 223. — Incesso di larva di Geo metra; da A in C. I.E KÌX GIOVANILI DEGLI INSETTI •_<:;:, Queste larve (fig. 224 A) spostano all'iunanzi primieramente la parte posteriore del corpo e la fissano alla superficie mercè il propulsore, come è detto l'organo speciale di adesione, Poi, facendo t'orza su questo, mentre eolle zampe (vere) non abbandonano la snperfioie su cui si muovono, ma vi procedono coli' aiuto dei piedi, non diversamente da tutti gli Insetti che non hanno se non questi arti, intanto, distendendo a forza l'arco dell'addome, puntando cosi sul pro- pulsore, aiutano assai bene il debole lavoro delle zampe e spingono più rapidamente il corpo in avanti. Finalmente, le larve di questo gruppo, che non hanno alcun organo addominale in aiuto della locomozione e solo si servouo delle zampe toraciche, procedono più o meno rapidamente, a Fig. 224. — Il propulsore ed il suo impiego per la larva di Lampi/ri». A, usato per l'incesso ; li, per la pulitura del corpo. seconda della maggiore o minore robustezza degli arti e il loro modo di locomozione non pre- senta alcunché di speciale. Fra queste forme se ne trovauo però talune, come sono le larve di Lamellicorui e Pettinicorni che, pur avendo discrete zampe toraciche, qualora siano messe in una superficie all'aperto, non si servono delle zampe toracali per procedere, né si dispongono sul ventre per ciò, ma si arro- vesciano sul dorso e, con movimenti ondulati del corpo, aiutandosi con innumerevoli spinetti' e corti peli rigidi rivestenti il dorso, procedono su questo, col ventre in aria e non troppo lenta- mente. È però vero che il trovarsi cosi scoperte su una superficie non è cosa normale per queste larve, che vivono entro terra o nei legni marci, ma sempre in cunicoli. Certo pero, anche in questi sono le successive contrazioni e distensioni dei segmenti del tronco che determinano il progresso all'innanzi, più che le zampe toracali, che probabilmente non hauno ufficio negli spostamenti dell'insetto da luogo a luogo. Nel gruppo, infine, delle larve apode del tutto fig. 225) se ne trovano moltissime, le quali non si locomuovono affatto e non saprebbero farlo in alcun modo, come si riconosce allorché dal loro abituale ambiente si portano sul piano ed esse hanno pure tutto il desiderio di fuggirsene. Tutti i loro movimeuti, anche in tali casi, si riducono a delle contorsioni scom- poste, quanto inutili e nulla più, e lo stesso accade non solo per larve assolutamente apode, ma anche per altre che pure hanno zampe toracali, ma non se ne sanno servire per l'incesso né trovano modo di spostare con esse il loro pingue corpo. Tutte queste larve non hanno evidente- mente Insogno di mutare ambiente per le necessita della loro esistenza. esse sono nate e vivono per tutto il periodo larvale in mezzo al nutrimento che richiedono, oppure, come avviene per le larve degli Insetti sociali metabolici, sono nutrite direttamente dai rispettivi adulti. Siauo esempio di questo estremo grado di riduzione degli organi locomotori, quelle così dette uova ili formica, ben note e che sono cosi indicate pel loro aspetto e per la loro quasi im- mobilità, le quali noti sono altrimenti uova, ma le larve stesse delle formiche e possono vivere senza facoltà alcuna di locomuoversi e pur con pochissima anche di solo muoversi, perchè ad esse provvede benissimo la sollecitudine dei rispettivi adulti. Ilo parlato più su di Propulsori. Questi sono organi addominali esclusivi ili larve metaboliche e ristretti a poche specie, ma molto diversi tra loro .intinto a struttura. Si incontrano in larve di Coleotteri specialmente, ma anche di di qualche Neurottero. A. BKKLBSI i, II. — 30. Mg. 225. — Tipo della larva apoda di Ime- notteri aculeati. Ita Ratzeburg. 234 CAPITOLO QUARTO I più semplici sono rappresentati da una vescicola estroflettibile da un tubulo Glutinoso, che si trova Dell'estremo addome, o dal retto stesso, che un poco fuori esce all'occorrenza. Cosi è per le larve di Elateridi (Coleotteri). Tale vescica, per un suo umore, è adesiva abbastanza. I più complicati si trovano nelle larve di Lampiridi è sono rappresentati da una grande frangia di tubuli molli, vermiformi, coperti elegantemente di minutissime spinette, i quali sono estroflettibili tutti insieme e singolarmente, arrovesciandosi come si può fare per le dita di un guanto. Un liquido può essere spinto a forza in tali tuboli e li fa sortire all'esterno, i quali si diffondono sul corpo ove posa l'insetto, con un aspetto come di un pennello o meglio come una massa di tentacoli minutissimi, vermiformi, bianchi e quivi tenacemente aderiscono. Trovansi consimili organi, sebbene non così ricchi come per le larve di Lampiridi, anche iu quelle di Carabidi, Stafilinidi, Crisomelidi. Nei Lampiridi essi servono, per testimonianza del Targioni, assai bene anche come organi di pulizia, perchè le larve, ripiegaudo l'estremo addome verso le parti del loro corpo collocate più innanzi, se ne servono a guisa di striglia per tergere, e rassettare la loro cute (fig. 224, li). (Per questi organi struttura vedi voi. I, pp. 287, 288). per la loro Un curioso modo di spostarsi per entro le loro gallerie scavate nel legno mostrano le larve di Cerambicidi (fig, 226), delle quali anche specie grossissime sono da noi comuni, come quel Cerambyx cerdo, clie è fra tutti i nostrali il più voluminoso e si incontra comunissimo, d'estate, nei boschi, spe- cialmente di Quercie e vola assai bene. Le larve di questi Insetti sono apode affatto, ma moltissime presentano delle vistose callosità sui segmenti addominali e non solo al ventre, ma aucora al dorso. Ora è appunto appoggiandosi a queste asperità, che si impegnano ed aderiscono alla super- ficie scabrosa del legno eroso, che l'animale può spingersi all'innanzi, mercè contrazioni e successive distensioni degli anelli addominali. Le protuberanze ventrali hanno una muscolatura omologa affatto a quella delle false zampe dei bruchi e delle larve di Tentredinei, ma il singolare è che (come ho mostrato nel I volume, pag. 421) anche le protuberanze dorsali sono iu ciò affatto omologhe delle zampe addominali. Ecco delle larve ben sin- golari, con rudimenti di arti anche sul dorso ! Fig. 226. — Larve uieloloutoidi. apode di Cerambioidi, mostranti i tuber- coli dorsali e ventrali. A, di faccia; (Xylorhìza venosa) da Lu- caa: L, l'eiambyx di lato, da Kolbe. Del resto simili tubercoli (fig. 227) in uumero vario, talora terminati da spinette rigide, si trovano al ventre od anche al dorso di molte altre larve, sia che vivano in gallerie quanto all'esterno. Qui aggiungo auche le figure di larve lignicole di Edemere, come ad es. è quella di Asolerà caerulea, che qui riporto, con sei paia di tubercoli dorsali e tre ventrali, ilei tutto podiformi, almeno questi ultimi. Produzioni omologhe trovatisi in generi affini, come Nacerdes, Melandri/a, Hypulus, Abdera ecc. Molto singolari sono i tubercoli ventrali, in numero di otto paia, che si veggono al ventre di larve di Colasjris, tra i Crisomelidi e sono terminati da peli. Finalmente ricorderò la singolare larva di Lencaspis (fig. 228), Imeuottero entomofago, de- scritta dal Fabre, la quale possiede ben undici paia di tubercoli ventrali, tre pel torace ed otto per l'addome e sono tutti uguali fra loro e terminati da un pelo rigido. Su questi lunghi tram- poli la larva può camminare alla meglio. Uno speciale modo di locomozione è quello che usano certe larve di Ditteri di specie diverse, cioè col praticare dei grandi salti, pur non avendo zampe. LK KT \ GIOVANILI DEGLI INSETTI 235 Ciò avviene con un meccanismo speciale. La larva si attacca coi suoi un- cini boccali, volgendosi ad arco, ad opportuni pezzi cintinosi duri dell'estremo addome, poi fa t'orza e quindi scatta come una molla. Xe sia esempio il comune verme del Formaggio (Piophila casei, fig. 229). Le larve di Cecidomie non usano le mandibole a ciò, bensì la spatola sternale. Appendici RESPIRATORIE. — Lungamente ne ho trattato nel I volume, alle pagine indicate ed è bene che chi desidera sapere abbastanza di tali organi con- sulti quanto colà è scritto ed illustrato con figure. '. di Sialis lutarla (ambedue Neurotteri) ; 0, di Paraponyx striolata (Lepid.) ; D, di Pelobius hermani (Coleott.). LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSKTTI 237 Si è detto che le pseudobranchie sono comuni anche nelle forine giovani di Insetti a metamorfosi incompleta. Ciò si richiama ad una serie di organi larvali, i quali subiscono modificazione nelle successive mute, fino all'adulto, in questi In- setti, particolarmente allorché, colla diversa età, cambia anche fondamentalmente la maniera di vita. Di ciò, sarà quindi il caso di parlare trattando delle mute nelle torme ametabole ed emimetabole, le quali mute rappresentano una condizione di cose diversissima da quelle metamorfosi complete, che. appunto perla vastità delle modificazioni, che importano nell'organismo dell'in- setto, sono oggetto di più viva meraviglia e presentano fenomeni più complessi. Vig. 231. — Larva acqua- iola di Aulonogyrus stria- his mostrante i processi respiratori addominali. Da Schiodte. Costumi delle larve olometaboliche. La larva degli Insetti a metamorfosi completa rap- presenta uno stato embrionale libero, con ufficio esclusivo di completare in sé quei depositi di sostanza nutritiva, i quali non ha potuto avere dall'uovo e che le permet- tano di giungere allo stadio definitivo. Tutto ciò sarà benissimo fatto vedere in seguito, allorché si tratterà più particolareggiatamente delle modificazioni di organi e tessuti, che avvengono du- rante la ninfosi. In fine poi della sua esistenza la larva deve ancora, general- mente, trovar modo di mettersi in condizioni opportune, per trascorrere, senza pe- ricolo e nella quiete, il periodo ninfale, riparandosi, al caso, in modo efficace. In confronto dell'adulto adunque le larve si vedono esenti da due grandi cause di atti molti e complessi, cioè quelli che, riguardano la conservazione e (salvo cii si speciali) la diffusione della specie. Xegli adulti, anzi, in generale, è sensibilmente minore e talora nullo affatto tutto tjuel complesso d'azioni intese alla assunzione del cibo, perchè l'adulto non ha le perdite che incontra la larva colle numerose mute e non deve costituire in se deposito alcuno di sostanza nutritiva. Nutrizione. — Di tale guisa avviene che la quantità di cibo ingerita e dige- rita da una larva durante tutta la sua esistenza può essere veramente sbalordi- tici, particolarmente per le forme vegetariane, che debbono elaborare una massa eiiorine di sostanza per ritrarvi la quantità di albuminoidi di cui vanno preci imamente in cerca. ■La caratteristica adunque della larva metabolica e il formidabile appetito, per cui quasi mai l'insetto si arresta dal divorare, quando non vi sia costretto da circostanze al di fuori della propria volontà. Ma se nulla impedisce questa, e se il cibo è nutriente, come accade pei car- nivori, tutte le funzioni digestive si seguono con tale rapidità meravigliosa, che la larva aumenta di volume e di peso in modo incredibile. Il Redi, parlando delle larve delle mosche viventi nelle carni putrefatte, ci fa noto che e quei primi bachi veduti il giorno avanti, erau cresciuti di grandezza al doppio: ma quello, che piii 238 CAPITOLO QUAKTO mi sembrò pieno di meraviglia, si fu, che il seguente giorno arrivarono a tal grandezza, che ciascuno di loro pesava intorno a sette grani; e pure il giorno avanti ne sarebbero andati da venticinque a trenta al grano » che è poi quanto dire un aumento di duecento volte il proprio peso in sole ventiquattr'ore. E quanto al tempo impiegato a distruggere tutta la carne loro ap- prestata, dice il Redi, di siffatti bruchi che « in un batter d'occhio, finiron di divorare tutta quanta la carne dei pesci, avendo lasciate le lische, e l'ossa così bianche e pulite, che parevano tanti scheletri usciti dalla mano del più diligente Notomista d'Europa *>. Questa è ben altra voracità che non mostrano le larve vegetariane, sebbene esse pure siano state citate come esempi mirabili. Già Malpighi aveva osservato che il Filugello mangia in un giorno tanta foglia per un peso uguale al suo proprio. Secondo Dandolo l'aumento del Baco da seta, dalla nascita al momento in che va a filare, crescita cioè in volume e peso, è indicato dalla seguente tabella e vale per Bachi di razza grande, di cui vanno 472 bozzoli per chilo. Lntighezza Peso Giorni Alla schiusura 3 mm. p. = Ogr.,000472 , , 5 giorni Alla uscita della 1.» muta 8 mm. p. X 15 muta dol10 5"6 giorni ^ 4 giorni , 2.a » 15 mm. p. X 94 » ■• 9 giorni f 6 giorni » 3.a » 28 mm. p. X 400 » » 15 giorni » 4.a » 40 mm. p. X 1628 ( 10 giorni Al momento di filare il bozzolo 80 rara. p. X 7760 ' > » 32 giorni Lyonnet calcolò che un bruco del comune rodilegno (Comu cositi»), al momento della sua tra- sformazione in crisalide, pesa almeno 72.000 volte più che non alla nascita. È vero però ohe questo insetto non impiega mai meno di due anni nel suo ciclo larvale. Anche la quantità di cibo che divora una larva giornalmeute è davvero meravigliosa. Il Réaumur aveva già veduto che i bruchi di Cavolaia, in 24 ore divoravano tanta foglia di cavolo per un peso doppio di quello del loro corpo ed in questo tempo essi erano cresciuti di un decimo del peso precedente. 11 Dandolo sopralodato (1813), con esperimenti precisi, dimostrò che un Baco da seta, dalla nascita a quando sta per filare consuma circa 13 gr. 33 di foglia, cioè un peso pari a 60.000 volte quello del bacolino stesso neonato. Ma la larva del Ditisco è così ingorda che può aumentare da 60 a 100 volte il proprio peso con un solo pasto! Natura del cibo. — Quanto alle sostanze di cui le larve oloinetabole si nutrono, possiamo dire che esse vivono di cibo assai più variato che non gli adulti. Intendo dire che questi ultimi non fanno loro nutrimento di parecchie sostanze, le quali invece sono, il cibo preferito di talune larve. Gli adulti, sono, più che altro vegetariani, cibandosi di foglie e frutta di piante, o frugivori; molti poi sono carnivori, ed eccellenti predatori, ecc. Ma delle larve, troveremo molte nutrientesi non solo delle suddette sostanze, ma di humus, di radici, di legno fresco e secco, ed ancora di sostanza cornea. l>eli. lana, ecc.; di cera e perfino di petrolio! Alcune larve, che vivouo sotterra, come sono quelle di taluni Lamellicorni, si nutrono vera- mente anche di terriccio, come si può giudicare bene dalla natura degli escrementi loro. Questi I.K ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI iì:;h si vedono composti di terra ormai esaurita di tutte le sostanze organiche che conteneva. Ora, nessun insetto adulto, ohe si sappia, si nutre ili tale sostanza, cosi ingombrante e tanto povera ili nutrimento pegli animali. ]■'. deguo di nota ohe \ i sono Insetti, i quali possono nutrirsi di cibi contenenti principii fortemente venefici non solo agli animali superiori, ma anche alla grande maggioranza o quasi totalità degli altri Insetti. Vi sono piante, le quali contengono un lattice eminentemente caustico e ne hanno in abbon- danza. Con tutto ciò esse nutrono taluni Insetti, che ne rodono il fogliame senza danno alcuno : anzi è questo il loro cibo esclusivo. Ma sin qui, franandosi di rapporti fra l'insetto e la pianta, che sono secolari, si pensa subito, con ragioue, ad uno dei tanti casi di adattamento, clie non può tare si cessiva meraviglia. Lo stesso dicasi per parecchie specie di Insetti, che vivono a spese della pianta di Tabacco in erba, sia come loro speciali parassiti (Thrips, Aleurod€s)} sia inci- dentalmente, come ades. larve di Klateridi, che si nutrono delle radici e larve di Farfalle (Agrotis, Sphinx, ecc.) che rodono il fogliame. Anche pili singolare apparisce il fatto di Insetti che si possono nutrire, senza danno di sorta, di tabacco secco e queste sono specie che vivono abitualmente di altre foglie secche o resti vegetali non contenenti un così potente veleno come è la nicotina. Le foglie disseccate di tabacco, conservate nei magaz- zini e perfino i sigari e le sigarette sono spesso perforati da larve di Xyletinits serricornis. Questo colà vivono tutta la loro esistenza fino all'adulto, nutrendosi benis- simo della costola legnosa delle foglie stesse, che pur contiene, come il tabacco pronto per fumo, ed anche in grado maggiore, una ben forte dose di nicotina (fi- gura 232). Le larve, le quali vivono di legno verde o secco, e sono parecchie, sia di Lepidotteri che di Coleotteri sopratutto, oltre ad avere un poderoso organo masti- catore, dispongono di fermenti tali, nel loro stomaco, capaci di alterare il legno, tanto da ritrarne un suffi- ciente nutrimento. Ma non è facile comprendere come certe larve di taluni Insetti possano e trovino utile rodere persino i metalli ed altre nutrirsi e vivere in ambiente cos'i attivo insetticida come è il petrolio. Molte volte è avvenuto che palle di piombo, nelle loro cartuccie, si trovassero traversate da grossi fori ed anche nelle gallerie contenessero gli Insetti scavatori, in generale larve di Siri- cidi (Imenotteri), che sono abitualmente roditori di legno o di Cerambicidi, ad es., del genere Callidium o di Bostrichidi (Coleotteri). Però tale lavoro è qualche volta compiuto anche dagli adulti, che si trovino impediti nella loro via da qualche ostacolo di piombo. Palle di fucile perforate da Insetti, sono state da ufficiali presentate ad accademie scienti- fiche, nel 1844, nel 1857, 1861, ecc., e persino lastre dello stesso metallo fece vedere l'Audouin nel 1S33, forate in più luoghi. Queste lastre appartenevano al tetto di un fabbricato. Pare che un lavoro simile, nel 1844, fosse comune, a dauno dei tetti, perchè le popolazioni se ne impensierivano seriamente. Nel 1840 il signor Du Boys mostrò delle impronte tipografiche, le quali, come è noto, sono di una lega durissima, perforate da numerosi buchi, di circa 4 mill. di diametro su quattordici di profondità. Tali gallerie erano state fatte da larve di Bostrichidi. Infine fu riconosciuta sperimen- talmente la facoltà, che hanno i Callidium, di perforare lamine di piombo, quando ciò loro convenga. Del tutto recentemente si sono verificati altri casi simili, ed io riporto figure tolte da gior- nali scientifici nord-americani, che illustrano questi fatti (lig. 233). Fig. 232. — Sigarette bucate ed erose da larve di Xi/letinus serricornis. Da Ho- ward. 240 CAPITOLO QUARTO Fig. 233. — Erosioui nel piombo fatte da larve di Insetti. (Instcl Life) Le ricerche, che si sono fatte |ier rintracciare il metallo nell'organismo dell'insetto, che lo aveva eroso, hanno provato che il piombo non si trova se non nel tubo digerente. Adunque, coinè del resto è ben credibile, gli Insetti che compiono colali lavori non lo fanno per nutrirsi, ma per caso, incontrando il metallo dopo il legno delle casse, o la carta di cui, ad esempio, erauo av- volte le cartuccie, per procedere nella loro galleria. Il certo si é però che questi fatti dimostrano una potenza veramente insolita negli organi masticatori di queste larve che, pel loro aspetto e la mollezza della loro pelle, sembrerebbero tr.tt'altro che adatte a simile opera. Nel tulio digerente di Coleotteri Xilofagi si trova una diastasi, la xylanasi, che discioglie la xylane. Sc min Seiller (1905) si mette in evidenza questo principio attivo, prendendo tubi di- gerenti di larve dì Phymatodes variabilis e facendoli a brani in un poco d'acqua e di cloroformio e collocando il tutto in una stufa a 38°, con uu grammo di xylane. Si ottiene un liquido che da le reazioni caratteristiche dei pen- tosi. Già Lyonnet e più recentemente Henseval avevano rilevato che la larva del Cossnx cossus, già menzio- nata e che vive di legno verde, ri- getta dalla bocca una secrezione, che esercita un'azione corrosiva sul legno e permette alle mandibole di attaccarlo con maggior facilità. Anche la presenza di celluiosi capaci di digerire il cellulosio sembra comune negli Insetti. Kunckel e Bugnion suppongono che parecchi Insetti viventi di umori vegetali, iniettino nei tessuti della pianta dei succhi capaci di iniziare la digestione dell'amido ed intanto anche intaccare le pareti di cellulosa delle cellule vegetali. Vi sono inoltre parecchie larve, che vivono a spese di sostanza cornea, cioè rodendo i peli delle pellicole o la lana dei tessuti e persino le corna di Ruminanti. Ognuno sa come bisogna difendere le pelliccerie dai tarli ed i panni dalle tignole, specialmente in estate. Ora anche questi Insetti hanno facoltà di segregare, nel loro tubo digerente, sostanze capaci di disciogliere la cheratina, di cui principalmente si compone il loro cibo. Sitowski, a proposito della Tinnì biseliella, una delle tignole dei panni, ritiene che il fer- mento digestivo, capace di sciogliere la cheratina, sia del gruppo delle tripsine e possa trasfor- mare la cheratina in una albuminosi. Egli però non è giunto ad isolare il principio attivo. È noto che gli alveari vanno soggetti all'attacco di speciali Tignole, che possono mandare a male in breve tempo la colonia di Api, poiché ne intaccano e distruggono i favi. La Galleria melimi Ila e stata studiata, sotto il rapporto della digestione, da Métalnikoff (1907), che però non potè trovare, nell'intestino di detto bruco, alcun fermento atto a sciogliere la cera. Questa, se- condo il detto Autore, sarebbe semplicemente emulsionata nell'intestino e la sua digestione non avrebbe luogo che nel sangue, in grazia dei fermenti segregati dagli amebociti. Intanto però la cera è necessaria alla nutrizione di queste Tignole; esse poi trovano le altre sostanze azotate ed idrati di carbonio, di cui hanno bisogno per vivere, nelle impurità dei favi. Ter terminare mi questo argomento dei cibi strani a cui ricorrono le larve, dirò del caso singo- lare già ricordato, di larve viventi entro il petrolio grezzo e nutrentesi di così fatto liquido. 1 valorosi entomologi nord-americani hanno richiamato l'attenzione su una larva di Efrifide i Ditteri), la (piale si trova, vivente in grandissimo ninnerò, nelle polle di petrolio grezzo, cos) comuni nella regione petrolifera della California. Specialmente Howard (1899) ed Hagen (1879, 1912) hanno illustrato questa singolare larva, descrivendone le paradossali abitudini. Si ritiene che essa viva di detriti organici, che può trovare in quell'ambiente. L'incredibile pero si e che in un liquido, il quale e considerato efficacissimo insetticida anelie a dosi molto diluite, possa vivere e prosperare, continuamente immersovi, un insetto ed anche di cute molle e non nelle soluzioni diluite, ina addirittura nella sostanza pura. La specie, illustrata dagli Americani, si chiama Pailopa petrolei ; fu descritta dal Coquillet ed li: i: ri i;i,.\ asmi i.i:i;i i [NSET1 1 241 appartiene : • • 1 un genere, ls L'"> specie vivono bensì in ambienti liquidi, ma non così fuori di ogui verisiniiglianza. si comprende oome allorché il Compère, per primo, scoperse ed indicò questi insetti e te loro abitudini, incontrasse la generale incredulità. SIMBIOSI NUTRITIVA. — In onte condizioni le larve sembra che ricorrano ad una alleanza con altri organismi inferiori, che le aiuti :i ridurre il cibo in condizioni da essere utilmente e presto ingerito. Si possono citate due esempi, ambedue pertinenti al gruppo dei Mnscidi ed uno riguarda torme carnivore, L'altro vegetariane. Si ritiene che i baciti della carne putrescente accelerino la decomposizione della carne stessa disseminando speciali microorganismi, che danno Fig. 2'M. — Larve che praticano la digestione all'esterno. A. di Ditisco, da Schiódte; 11, di Falpares libelluloidts (Neiir.). da Braner : 0, di Chrysopa Tamburi (Neur.), da Froggatt. appunto questo effetto. Si ritiene però, secondo altro avviso, che la più rapida innegabile pu- trefazione delle carni in presenza di larve di mosca sia dovuta ad un succo speciale delle ghian- dole salivari delle larve stesse, che abbia questo potere dissolvente. Il caso delle forme vegetariane si riferisce al classico esempio della Mosca delle olive, la quale può vivere solo perchè in alleanza con un microrganismo dell'olivo, il Bacillus oleae. Questo bacillo determina non solo sulla pianta speciali alterazioni dei rami, ma ancora, nella galleria che la larva scava entro la polpa delle olive, dà origine ad un marciume delle pareti della gal- leria stessa, con che la larva non teme di essere stretta fra tessuti di cicatrizzazione e si nutre appunto del succo prodotto dalla polpa putrescente per opera di tali bacteri. Questi sono accu- ratamente disseminati dalla madre ad ogni deposizione d'uovo, nella ferita, assieme all'uovo stesso. Questo bello, caso di simbiosi, notevole anche dal lato pratico, sarà bene illustrato più innanzi. Speciale .maniera di assunzione del cibo in talune larve. — È da ricordarsi qui il caso indicato di digestione esterna, come è detta dagli autori, al quale, del resto possono, tino ad un certo pnnto, essere anche riattaccati i citati casi delle larve viventi nelle carni in putre- fazione e quello di quei parassiti di piante, dei quali si e detto che sembrano esercitare colla loro saliva un'azione dissolvente sui tessuti vegetali. Il più bel caso di digestione fuori degli organi a ciò adatti è, fornito dalle larve dei Ditisci e da quelle dei Formicaleoni e generi affini (fig. 234). i.i struttura della loro bocca .■ stata descritta già nel voi. I a pag. 131. Le mandibole, se non si. no perforate per lungo, come si riteneva dapprima, possono però comporre un tubulo A. BERLB6E. — Gii Insetti, II. — 31. 242 CAPITOf.O QUARTO col concorso di altri pezzi boccali, die loro si addossano. Il certo è che traverso questo canaletto decorre un liquido fortemente digestivo, che le larve stesse iniettano nella preda dopo averla stretta fra le acutissime maudibole e ferita così. La larva non abbandona affatto la preda, che si dibatte furiosamente e che può essere anche molto piti voluminosa e forte dell'aggressore, come avviene di Salainaudriue ed altri Batraci o Pesci, che sono aggrediti e vinti dal terribile insetto. Il succo iniettato decompone e digerisce gli organi della vittima, con rapidità incredibile e li riduce in liquido, che poi viene lentamente assorbito dalla larva, traverso la stessa via seguita dal fluido digestivo. Qualche momento dopo che una preda trasparente, come una larva di Dittero acquatico, è stata ferita dal Ditisco, si vede ad un tratto un liquido nero invadere gli organi e fra questi diffondersi; la vittima è allora come colpita da stupore; si agita un poco e quindi rimane immobile, morta. Si vedono in seguito rapidamente i suoi tessuti modificarsi, il tessuto adiposo in modo particolare fonde letteralmente. Tosto la larva di Ditisco aspira il liquido, che ha iniettato ed una corrente intensa si dirige verso le mandibole. Dopo poco la manovra rico- mincia e così gli organi della preda souo mano mauo disciolti ed aspirati, finché non rimane che la pelle e le altre parti dure inattaccabili. È indispensabile la presenza di un involucro, come una pelle indigeribile perchè il fenomeno possa accadere normalmente. Si può così nutrire per artificio le larve di Ditisco offrendo loro tuorlo d'uovo o brani di carne entro un involucro di gomma elastica. È così che questo insetto si rimpinza nella misura già ricordata e tanto da correre pericolo di asfissiare, uou potendo più risalire a galla a prender aria. Fortunatamente per esso il principio di asfissia determina il vomito, pel quale la razione ingoiata vieue ridotta a più ragionevoli proporzioni. Non diversamente si nutrono quelle voracissime e formidabili larve di Formicaleone e di Chrysopa e generi affini, che hanno un eguale meccanismo boccale. Resistenza al digiuno. — In misura molto varia le larve resistono al digiuno e questo a seconda dei depositi nutritivi, che hanno ormai accomodati nel loro tessuto adiposo. Allorché sarà detto della ninfosi, si mostrerà come l'ufficio precipuo della larva sia quello di immagazzinare, nel proprio panicolo adiposo, sostanze plastiche pei momenti in cui occorrerà molto materiale di ricostruzione. Siccome molte larve iniziano prestissimo tale deposito, così avviene che queste sono più resistenti al digiuno d'altre, che non hanno siffatte provviste. Berlese riferisce di una larva di Saperda populnea (Coleotteri) vissuta a digiuno più di due mesi prima di trasformarsi in ninfa; Valéry Mayet ha conservato per due anni e mezzo una larva di Triahodes amnios in digiuno assoluto, uè dopo questo tempo era morta. Se le larve sono sottopposte all'astinenza poco prima di mutarsi in ninfa. avviene generalmente che esse anticipano la metamorfosi, ma gli adulti, che ne nascono, sono più piccoli del normale. Sono atte a sostenere più facilmente il digiuno quelle rare forme larvali che hanno per ufficio la diSusione passiva della specie, come accade ad es. pei Triungulini dei Meloidi, che stanno per più giorni aderenti ai peli di altri In- setti che li trasportano. Parata della vita larvale. — Più innanzi, a proposito della ninfosi, si esporranno le ragioni per cui la maniera di nutrizione influisce sulla maggiore o minore durata della vita larvale. Per ora basti sapere che, in linea generale, più rapido è il ciclo della esi- stenza della larva quanto più sostanzioso ed abbondante è il cibo di cui può disporre. Di tale guisa lo larve carnivore sono più sollecite a compiere questo tratto della loro esi- stenza giovanile che non le vegetariane. Ma fra queste ultime le più sollecite sono le frugivore, LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI l'43 di poi quelle viventi ili parti verdi, fresche delle piante ed intine, più tarde, le lignivore, che hanno a che fare con un cibo poco sostanzioso e faticoso ad assumersi. Queste sono tanto tarde a diventar ninfe quanto quelle viventi di terriccio. Fra le carnivore poi le piii rapide e quindi le più sollecite fra tutte a sbrigarsi del loro tirocinio larvale sono quelle che vivono nella carne putrescente e non fauno che nutrirsene senza posa alcuna, dalla nascita alla trasformazione. Altrettanto o poco meno rapidamente si comportano le larve endo-parassite, che divorano internamente altri insetti. Ma più tarde procedono le cacciatrici, perchè la loro buona volontà e ostacolata spesso dalla scarsezza di preda e questa richiede sempre tempo e lavoro per otte- nerla, anzi, in proporzione della facilità di averla a portata della bocca procede la cortezza della vita larvale. Così ad es. le larve di Sirridi, che sono Ditteri predatori di Afidi e vivono sempre in mezzo alle oolonie delle vittime, atterrandole e succhiandole senza posa, impiegano a diventar ninfe pochissimo tempo, assai meno che non le larve di Carabidi o di Stafilini, che da buone e vere cacciatrici vanno alla ventura a cercare la preda in ambienti diversi. Questa regola generale però subisce varie eccezioni, che dipendono da altre condizioni di esistenza. Anzitutto fanno divario le larve degli Insetti sociali, perchè hanno dagli adulti, che le curano, speciale nutrimento, combinato in modo da influire molto sullo sviluppo che debbono seguire, il quale è regolato secondo precisi criteri. Ma, altre volte, la causa è diversa e dipende da condizioni multiple, né sempre agevoli a riconoscersi; in generale però con rapporti verso la maniera di ciclo d'esistenza, che la specie deve immutabilmente seguire. i '"-i, ad es. di due specie affini ed agevolmente viventi di sostanze simili, l'una compie il ciclo larvale in assai più tempo che non l'altra, perchè quest'ultima passa l'inverno in uno stadio che non è quello larvale, mentre la prima incarica la larva di passare essa la cattiva stagione. Cosi, giustamente FHenueguy confronta fra loro due Farfalle molto strettamente parenti, cioè la Porthesiit chrysorraea, che schiude dalle uova in autunno, sverna allo stato di larva ed incrisalida nella successiva primavera, contro la Ocneria dispar o altre specie affini, che nascono ed incrisalidano nella stessa stagione. Qui però intercede un periodo di sosta, durante il quale la larva non si nutre, che è appunto quello invernale. Ma per tutte le ragioni la diversità suesposte della durata della vita larvale fra i vari Insetti è davvero grandissima, giacché i più veloci (Mosche) non im- piegano più di 6 a 7 giorni, mentre pei più tardivi si calcola ad anni, fin quasi ad una ventina, come deve esseri- avvenuto di quel Buprestide (Coleotteri), che dal Marsham tu veduto sortire nel 1810 da un mobile conservato in un ufficio fin dal 17SS o 1789. Ecco alcuni dati, oltre i citati: La durata della vita della larva è, per l'Ape, di ><,10 e 13 giorni, secondo i sessi; per VArgynnis paphia (Farfalle) da 14 a 15 giorni; pel Baco da seta di 35 giorni. Questi sono divoratori di foglie verdi; pel Cosaus lossus da 2 a 3 anni; pel Lucajma cercai Cervo volante), da 4 a 5 anni; questi due sono divoratori di legno; per la Melolontha valgaris, il comune maggiolino, come è ben noto, la vita larvale è di 3 anni a 4, e questa specie vive sotterra. Nelle forme non olometabole troviamo poi una Cicala (C. tredecitn d'America), che vive entro terra allo stato di larva ben tredici anni, mentre una sua affine (C. septendedm) ne vive di- ciassette. Aumento della larva. — L'insetto olometabolo ha tutto il suo incremento solo durante la vita larvale. Una volta iniziatosi il lavoro di metamorfosi nessun ulteriore accrescimento avviene, in via normale, se non apparente. In ciò ancora 244 CAPITOLO QUARTO gli insetti di questo gruppo differiseouo dagli emimetaboli, poiché in questi ultimi avviene certamente un accrescimento vero e continuo da larva allo stato definitivo. La maggior statura, che assumouo certi adulti rispetto alle ninfe, non è che apparente e dovuta alla distensione di sacchi aerei, talora grandissimi, cbe sono nella forma definitiva. L'esempio classico è dato dai Pupipari (Ditteri), i quali partoriscono una specie di uovo, che è poi uu pupario e da questo nasce, naturalmente senza cbe esso cresca altrimenti, una forma sessuata. Esposta la cosa in tale forma parrebbe di dover convenire che il contenente è sempre eguale per dimensioni al contenuto, il cbe è assurdo. Avviene intanto che l'adulto fem- mina è sempre almeno il doppio più voluminoso del pupario, da cui è sorto ed al quale dà ori- gine, 'l'atto il segreto del fatto misterioso, cbe sarebbe altrimenti incomprensibile, da poiché è eerto che nessun aumento reale di statura interviene (e del resto nessuna nutrizione è accaduta per parte dell'insetto una volta uscito da! ventre materno prima dello sfarfallamento) sta ap- punto nella dilatazione dei sacchi aerei, talora enormi, che sono entro il corpo dell'adulto (vedi voi. I, pag. 817). Bene il Redi, a [proposito delle mosche sgusciate dai pupari, e raffateonatesi tutte dichiara che «impossibile parea come in quel piccolo guscio fossero mai potute capire». A ragione dunque questo nostro filosofo rimprovera al Chircher di far crescere di statura le mosche già colle ali « imperocché — egli dice — le mosche tutte, i moscherini, le zanzare, e le farfalle, per quanto mille volte ho veduto, scappano fuora del loro uovo — (crisalide) — di quella, stessa grandezza, la quale conservano tutto il tempo di loro vita ». Ben più grande è la meraviglia di chi confronta un Formicaleone adulto od una Chrytopa colla piccola larva da cui è uscito e di cui è da tre a quattro volte piti lungo ed ancor consi- dera il piccolissimo bozzolo sferico, da cui l'alato è sfarfallato. In queste specie però grandissimo gioco ha certamente il complesso dei sacchi aerei, alcuni dei quali sono veramente enormi, sicché l'insetto è quasi una bolla d'aria allungata, ma è anche fuor di dubbio che uu aumento reale di statura da larva ad adulto si è avuto, come ha dimostrato Berlese appunto pel Formicaleone, nei suoi scritti sulla ninfosi (1901). Le cause ed il modo di tale aumento di statura non sono facilmente immaginabili. Mute. — Per mute s'intendono quei cambiamenti di pelle cbe intercedono, più o meno numerosi, nello stato di larva o di ninfa e che non importano alcun rilevante cambiamento di forma o di organizzazione. Sono semplicemente esuria- menti per abbandonare una spoglia insufficiente ormai, per ragioni diverse, all'a- nimale ed assumerne una nuova più adatta. Gli adulti mai vanno soggetti a simile vicenda, bensì l'embrione. Quantunque il fenomeno si corrisponda abbastanza nelle forme a metamorfosi complete od incomplete o nulle, pure qui, mentre si tratta degli stati giovanili olometabolici converrà non tener parola «li quelli emimetaboli, della loro orga- nizzazione e vicende, delle quali cose tutte parleremo subito dopo discorso di ciò che si riferisce ai momenti larvali e ninfali nella olometabolia, essendo questo fenomeno, come si vede, diversissimo dall'altro semplice decorso dello sviluppo emimetabolo. Tutte le larve mutano la cuticola loro un certo numero di volte e non soltanto quella degli organi esterni, ma ancora tutto quanto è rivestimento clii- tinoso di origine ectodermale, anche se appartiene ad organi interni. Così se ne viene l'intima dell'intestino anteriore e posteriore e quella delle trachee. Dopo ciascuna muta l'animale ha nuovo impulso a rapida crescenza di statura. .Meccanismo delle mute. — Esso è iniziato dal distacco della cuticola vecchia dallo strato ipodermico sottostante ed a ciò concorre un liquido segregato Mi RTA GIOVANILI HKiil.I INSKTT! 245 dalle ghiandole delle mute (voi. 1. pag. 792), che viene ad intercalarsi appunto fra l'assisa cellulare e la cuticola, e l'opera è aiutata dalla contrazione dello strato ipodermale, determinata da quella della membrana basale, in obbedienza alla sua elasticità. La presenza ili questo liquido non basterebbe però a determinare il distacco sufficiente della outioola vecchia da quegli 9trati di nuova formazione, che si vanno costruendo colla secrezione dell'epi- dermide: e necessaria una violenta e subitanea contrazione di questa, in modo ebe aumenti lo spazio tra le cellule ipodermali e la cuticola da rigettarsi. A ciò provvede l'elasticità della mem- brana basale, su cui le cellule ipodermali sono tutte fissate. Per tale elasticità, allorché scemi ad un tratto il volume degli organi interni, il che avviene sopratutto per svuotamento dell'intestino, la mem- brana basale si contrae, trascina seco l'ipodermide, che maggiormente si distacca dalla cuticola vecchia e può allora formarsi la nuova, senza pericolo che questa venga ad incollarsi alla precedente. Tutto questo processo è dimostrato dal Berlese (1901), mentre l'ufficio delle ghiandole delle mute è stato primamente illustrato dal Verson (1891). Ecco come esso avviene, ordinatamente esposto. Anzitutto le cellule delle mute, ad un dato momento entrano in fuuzione, dopo un tempo di riposo. La loro secrezione, non potendo traversare la cuticola poiché le ghiandole non hanno rap- porti coll'esterno, si stravasa fra l'ipodermide e la cuticola stessa, determinando così il distacco dello strato cellulare dalla spoglia chitinosa (tìg. 235, B). In secondo luogo l'intestino si vuota tutto e rapidamente, la membrana basale, che non è più distesa a forza, diminuisce di superficie e, così con- traendosi, determina anche la contrazione od ag- grinzimento dello strato ipodermale. Di tale maniera le cellule ipodermiche, discoste ormai dalla cuticola abbandonata, possono segregare la sostanza fluida, che determina la formazione di uno strato cuticolare nuovo (C). Da questo momento si hanno due pelli (l>), la vecchia grinzosa e la nuova alquanto distesa, e tra queste intercalato un liquido speciale. Non resta più che rompere l'involucro estenui ormai inutile. Fig. 235. — Sezioni sagittali schematiche 'li mia larva, per mostrare la meccanica della unita, coll'intervento della membrana basale e della vuotatura dell'intestino. A. Intestino {In) ancora pieno e l'ipoderma (ip) e ancora adeiente alla pelle; B, come sopra; ma l'ipoderma comincia a staccarsi dalla chic; C, l'in- testino è vuoto, la membrana basale (udì) si con- tiae e così si accentua il distacco dell'ipoderma dalla cute; comincia la secrezione della nuova pelle (se) ; D, come sopra, ma la secrezione si è raccolta t'ormando la cute nuova (cn), mentre la vecchia (cv) è prossima a rompersi ; ijm, ghiandole della muta. La rottura della spoglia avviene per ogni forma, sempre nel medesimo luogo e secondo determinate linee, che corrispondono a punti di minore resistenza, ed è resa facile dallo stato di disseccamento speciale dell'involucro vecchio. Tale rottura è ottenuta dall'insetto mercè movimenti bruschi e contrazioni opportune. Traverso lo spacco l'animale si fa strada dapprima col capo, poi col resto, finche fuoriesce. Colla cuticola esterna viene trascinato anche il rivestimento ectodermico degli organi succitati, che forma un tutto continuo colla pellicola avvolgente l'insetto. 246 CAPITOLO QUARTO Questo è il caso più comune, ma per altre specie la pelle si rompe al ventre, o come pegli imenotteri sociali avviene entro le loro celle, essa va in frammenti diversi, che talora rimangono per certo tempo ancora aderenti agii organi di re- cente usciti. Causa delle mute. — L'opinione più vecchia è quella che l'esuviamento sia determinato da necessità di crescita dell'animale, che, non potendo più capire nella primitiva vecchia spoglia, come troppo stretta, la abbandona, essendosene prima procurata una nuova, come un giovanetto che non cape più nei suoi panni. Però il Pantel (189S) non ammette questa sola ed esclusiva ragione perchè certo la cuticola, molto estensibile come è, potrebbe molto più a lungo servire di quello che non si vegga accadere. Egli ritiene che la caduta della spoglia vecchia sia causata da necessità di esistenza, le quali determinano la formazione di organi ectodermici nuovi, che debbono pur avere la loro cuticola protettrice. Però anche questo modo di vedere, che non soffre difficoltà allorché tali organi nuovi veramente debbono presentarsi, non spiega certe mute, che non dipendono né dalla necessità dell'accrescimento, né da queste altre di variazioni morfologiche. Per esempio il Lowne ha constatato che la giovane larva di mosca della carne, subisce una muta due ore dopo la sua schiusura, cioè quando né è au- mentata di volume né appare diversa dalla forma neonata. Per molti casi, come pure per quel tale involucro del tutto transitorio che riveste di passaggio l'adulto di recente schiuso di certi pseudo-neurotteri, non è bene palese la ragione della necessità della muta, e su ciò converrà ancora indagare. Tutte le larve olometabole subiscono un vario numero di esuviamenti prima di trasformarsi in ninfa; cosi i Lepidotteri per lo più quattro volte, ma possono andare sino a dieci (Phyirarolia isabella, secondo Dyar), e talora con divario dall' un sesso all'altro. Ad es., secondo Riley, nel- VOrgyia leucostigma i maschi hanno 5 mute e le femmine 1; nella <>. antiqua, secondo Dyar. i maschi avrebbero 6 mute e le femmine 7. Secondo Milne Edward i bruchi delle farfalle, che svernano, hanno maggior numero di mute che non quelli a sviluppo estivo; per couveiso nelle specie a larga distribuzione geografica, i bruchi mutano più spesso nelle regioni calde che non nelle fredde. fra gli Imenotteri si sa che i Pecchioni, lo Api e le Vespe mutano almeno 8 volte prima di riescire adulti. Dei Coleotteri si sa poco. Tuttavia, oltre i casi di ipermetamorfosi,per cui, ad esempio, una Meloe muta 5 volte, negli altri a sviluppo normale, possono pur riscontrarsi esuviamenti in nu- mero rilevante. Secondo Riley il Dermextes vidpinus ha sette esuviamenti, mentre il Plnjlonomus punctatu» ne ha tre soltanto. I Ditteri si riteneva che non subissero mute durante il periodo larvale, ma Leuckart (1861); Weismaun (1864) e Kunekel (1875), hauno provato il contrario. Le larve di Mosca domestica subiscono tre mute (Packard) e cosi pure quelle di Estridi (Brauer), mentre, secondo Miall. quelle di Corethra hanno quattro esuviamenti e quelle di Chironomus forse anche più. In molti casi, oltre a modificazioni veramente morfologiche, che si verificano in seguito ad una muta, come sono, ad es. quelle già ricordate, di apparsa di zampe in qualche bruco, di peli, di spine, ecc.. come vide il Pantel nella terza larva di qualche Dittero, avviene anche una variazione di tinta, per macchie, ecc. diverse da quelle degli stati precedenti. Mezzi di difesa della larva. — Questo essere, ordinariamente molle e mal destro, non abbastanza agile per sottrarsi ai propri nemici con una pronta fuga, sarebbe davvero molto esposto alle aggressioni di predatori diversi, tanto più che riesce certo un cibo molto sostanzioso e ricercato. LE KTÀ GIOVANILI DKGL1 INSETTI 247 Ora, a parte la difesa che la specie crea a se più che altro sopperendo col numero di individui alle perdite che incontra per via nella loro schiera, è certo che gli individui stessi reagiscono in qualche modo di fronte al pericolo. Quella scarsa agilità, che sopra ho ricordato, non appartiene intanto alle larve viventi libere nell'acqua, perchè quivi il loro peso è quasi scomparso o tolto via del tutto e quindi i movimenti di un essere, anche mediocremente pronto ad agitarsi o non bene fornito di arti adeguati, possono essere molto effi- caci alla locomozione, il che non accadrebbe in terra, dove occorre trascinarsi dietro tutto intero il peso del corpo. Anzi le larve olometabole acquatiche sono per lo più apode, a meno che non si tratti di specie predatrici, perchè allora molte di esse hanno robusti piedi in servizio della presa delle vittime, ed il movimento di traslazione entro l'acqua si fa per contorsioni del corpo tutto ed è talora rapidissimo. Per poche specie soltanto adunque, fra quelle a vita area, può essere facile sottrarsi fuggendo al pericolo ; per la maggioranza delle altre, quando non è messa in pratica una supina rassegnazione al destino, i mezzi di difesa sono di altra natura. Essi possono essere di tre maniere : 1.° Dipendenti da protezione per parte delle rispettive forme adulte. 2.° Dovuti a protezione per opera dell'ambiente. 3.° Mezzi di difesa propri della larva esclusivamente. Protezione da parte degli adulti. — L'effetto di proteggere la prole è raggiunto al grado massimo dagli insetti sociali, pei quali le l'orme adulte pen- sano esse ad allevare e difendere le larve. Così è delle Api, Vespe, Formiche. Per questi insetti adunque la forma giovanile può liberarsi da ogni organo protettore od atto ad una locomozione quale si voglia e ridursi a veri sacchi digerenti e nulla più, se non cogli organi ancora destinati a cooperare alla for- mazione del bozzolo per la ninfosi. Anche questa ultima funzione però è molto ridotta nelle specie le quali compiono la loro esistenza larvale in nicchie, che di poi divengono anche i ripari per la trasformazione in ninfa, salvo a comple- tarli in qualche modo. Allo stesso livello di sviluppo organico sono le larve di quelle altre specie, le quali non hanno dai genitori una continua assistenza, ma però sono, fino dal principio, occluse in un ambiente bene riparato, di dove non debbono uscire se non allo stato adulto e dove sono nate e quivi hanno a portata delle loro man- dibole la sostanza nutritiva in misura sufficiente. Ecco per questo gruppo molte specie di Vespe solitarie, tutte le forme endofaghe e le larve che vivono entro un solo seme. Così fatti insetti formano passaggio verso quella maniera di larve, che hanno per protezione l'ambiente stesso in cui vivono. Le loro larve sono apode. Ambienti: protettore. — Di qui si passa alle specie, le cui larve vivono in condizioni da essere senza più difese abbastanza dall'ambiente stesso in cui vivono, non trovandosi esse libere all'aria aperta ed esposte così a facili at- tacchi. Metto in questo gruppo le larve, che vivono immerse nelle sostanze in pu- trefazione e le altre che si celano per tutta la loro esistenza giovanile entro terra od entro i legnami, in gallerie, nelle foglie, nelle frutta, ecc. Per tutte queste il tegumento è generalmente molle, che non è necessaria loro la difesa ili corazze: ma «li queste larve quelle che vivono in ambiente tra versabile con facilità, anche se possono seguire lunghi tragitti, sono apode, come 248 CAPITOLO QUARTO ad ì diffìcili art essere violati per parte di ne- mici delle larve cbe vi si nascondono, non sono sufficiente schermo all'aggressione degli Imenot- teri endofagi. Difese da parte delle larve stesse. — Ripari protettori. — Qui si notano svaria- fissimi modi a cui le larve ricorrono, allorché debbono starsene all'aperto alla mercè di tutti i nemici loro, per difendersi alla meglio, e si tratta d'ora in poi di larve tutte discreta- mente od anche bene fornite di organi loco- motori. Questi mezzi difensori possono distin- guersi in più categorie. Vi sono ad es. gli agguati-difese, pei quali ci si avvicina al modo di riparo protettore più su indicato. Trovansi cioè larve molli, che predano altri Insetti liberamente vaganti, però esse stanno nascoste in un agguato, che è intanto per loro anche una protezione. ; Fi". 236. Larva di Cicindela in agguato. Così fanno le larve di Formicaleoni, cbe si celano entro sabbia e sporgono colle sole mandibole aperte nel fondo dell'imbuto scavato nella stessa materia: così praticano le larve di Cicindela (fig. 236), cbe vivono in gallerie praticate nel midollo di qualche piccolo tronco rotto a fior di terra e solo col capo affiorano o quasi dalla loro gal- leria, in attesa cbe qualche sfortunato insettuccio venga a portata delle loro mandibole pron- tissime ad atterrare la preda. Ma le larve, che veramente abbandonano ogni nascondiglio ed accettano al- l'aperto la battaglia per l'esistenza, si difendono col riparare il loro corpo molle di integumenti di natura la più diversa, quando non siano per sé stesse suffi- cientemente corazzate. In questo ultimo caso trovansi le larve predatrici attive pertinenti a vari ordini, come si vede nei Carabidi, Stafìlinidi, ecc., fra i Coleotteri o cbe, pur non essendo cacciatrici, hanno pero abitudini randagie, per la necessità del loro nutrimento non facile a trovarsi (Lampiridi, Silfidi, ecc.). Quando la cuticola chitinosa non è sufficiente alla protezione del corpo, è necessario ricorrere ad altro e così vediamo in pratica i più svariati espedienti per mettere attorno al corpo molle una salvaguardia efficace. Così si hanno larve, le quali vivono entro bozzoli da loro stesse fabbricati e che si trascinano sempre dietro ed in cui incrisalidano a loro tempo. Di tale maniera praticano forme diversissime e collocate in gruppi disparati. Si. novi i Kellissimi astucci, come si dicono, costruiti dalle larve di Friganeidi (Neurotteri), che vivono nelle acque dolci, dove abbonda la vegetazione. Si tratta di ciliudri, comunemente I.K KTA GIOVANILI DEGÙ INSETTI 249 di due " tre centimetri di lunghezza, chiusi ad un lato come sacchetti tli seta finissima ed al- l'esterno vi sono Baldamente attaccati, mercè la Beta i leaima, corpi diversi fra quelli che l'in- cetto incontra sott'acqua. Ad es. pezzetti di legno tagliati di una determinata lunghezza, fram- menti ili foglie e d'alghe, piccoli sassi, od anche, caso più frequente, gran numero di piccole conchiglie «Ielle chiocciolette più ovvie nelle aeque dolci (figg. 237, 238 1. La meraviglia per siffatte co- struzioni annienta poi se si osserva che tutti questi corpi non sono di- sposti a raso, ma secondo una ele- fante regola, perchè, ad es. i pez- zetti cilindrici di legno, si vedono in questi foderi di Friganee disposti di traverso sullo strato di seta, e fra di loro fanno l'angolo dell'esa- gono regolare, cos'i che questa figura geometrica, tanto comune nelle co- struzioni degli Insetti ed anche nella loro struttura, rappresenta la se- zione trasversa dell'astuccio con in- scrittovi il cerchio formato dal sacco di seta. Entro a questo sta la larva con tutto l'addome ed ha dei tuhercoli gonfiabili a volontà, ehe le impedi- scono di sortire dal guscio, se non è a cii> disposta. Essa sporge, a volontà col torace dalle lunghe zampe e col capo e sono queste due parti protette da pelle più dura. Iu caso di pericolo l'insetto si ritrae tutto entro il suo astuccio e non presenta all'aggressore che le sue robuste mandibole, proprio al- l' ingresso del fodero stesso. In questo, alla fine, incrisalida, dopo averne turato la bocca con tessuto di seta. Tali astucci sono comunissimi nei nostri fossati. Per altre specie vicine, come sono le He- licopsyche, l'astuccio è fatto a spira e simula così bene una chiocciola che per tale fu scambiato e una specie del Tennessee (fig. 238) è stata prima- mente descritta appunto per un Mollusco (Vallata are- liìfera). È un astuccio di seta, tutto coperto di piccoli rani di sabbia e girato a spira, appunto come una comune chiocciola. Un mezzo conforme usano certe Farfalle della fa- miglia dei Psichidi (rig. 239) ed esse pure hanno astucci analoghi a quelli descritti, salvochè, trattandosi di specie viventi all'aria, i loro foderi sono ricoperti di detriti vegetali, come pezzetti di paglia o di legno, foglie secche, ecc. e ve ne sono di grandetti anche più centimetri. si vedono questi astucci muoversi e spostarsi sulle piante o sui muri per effetto della larva che vi sta dentro, la quale invece non troppo si vede, perchè sporge col capo e col torace, servendosi dei soli piedi toracali per procedere lentamente e con fatica (fig. 240). Anche queste specie incrisalidano nitro il loro astuccio chiuso alla bocca ed in quel punto fissato ai muri o Fig. 237. — Foderi protettori di larve di Friganee diverse (Neurott.). A, rivestita di chiocciolette e pezzetti di legno: E, di sole chioccio- lette : Bt D, di grani di sabbia ; C, un mazzetto di foderi. Da KiiDchel. Grandezza naturale o pnco ingranditi. Fig. 2;>s. — Foderi a forma di chiocciola fatti dalla larva di Helìcopsyehe shutle- wortfii. Da Kiinchel. A. Berlk.sk. G ■ / 250 CAPITOLO QUARTO sulle piaute. Egualmente in questa famiglia, come in quella delle Friganee, si trovano specie, le cui larve fabbricano un fodero a chiocciola del tutto simile a quello delle Eelicopsyche sopradescritto e non è raro vederne campioni sulle nostre muraglie. Alcune specie di 'figliuole si comportano presso a poco alla Btessa guisa, come fa ad es. la Fig. 239. — Foderi protettori di larve di Psichidi (Lepid.) diversi. A, B, di Psyche gramineHa-, C, di Ts. quadrawjularis : D, di altra specie. Grandezza naturale. Tignola dei panni. Il Réaumur ha bene ed a lungo descritto le abitudini di questa specie, allo stato di larva. Essa si forma un fodero di seta (fig. 241), a cui attacca tenacemente i peli della stoffa, che rode e con questo addosso se ne va in giro. L'insetto poi allunga il suo fodero via via che la statura sua aumenta, attaccando peli all'una ed all'altra estremità, che sono ambedue aperte e, per allargarlo, quando occorra, lo incide per lungo, di sopra e di sotto e nelle spaccature inserisce altri peli collegati con seta. In modo analogo si comportano certe larve di Farfalle predatrici di altri Insetti e sono molto singolari. Non fanno divario se non perchè, al bozzolo di seta che sempre trascinano dietro ed in cui alla fine incrisalidano, ag- giungono, a rinforzo, gli avanzi degli insetti da loro stesse divorati. Cosi pratica ad es. la Erastria scitula (fig. 242), lepidot- tero che vive divorando le Cocciniglie (più comune- mente Lecanium oline o Ceropìastes rusci) e coi corpi vuoti delle sue vit- time rinforza all' esterno il suo bozzoletto. Tali pro- duzioni si trovano frequenti sugli alberi molto attaccati dalle dette Cocciniglie. Anche quei Crisomelidi, che abbiamo più su citato, dei generi Cli/tra ed affini, vivono entro un bozzoletto durante tutto lo stato larvale e se lo trascinano dietro, esattamente come fanno le Friganee od i Psicidi (fig. 240, jB). Fig. 240. — Larve che trascinano i loro foderi. A, di Psicuide (Lepid.); 13, di Coscino- ptera dominicana (Coleott.;, da Riley. Fig. 241. — La larva di Tignuola dei panni nel suo fodero. A, in grandezza naturale sul i>, ingrandita. Da Koesel. panno ; LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 251 Gallerie PROTKTTK. — Questo è uu caso meno frequente, ina pure se ne hanno esempi fra certe Tignuole. La maniera di protezione consiste in ciò che le larve viventi entro determinate sostanze ed a spese di queste si scavano nelle stesse delle gallerie, talora lunghissime, le quali esse rivestono con fitto tessuto di seta e là dentro stanno beue al riparo, non spor- gendone che quando si sentono al sicuro, per rodere e nutrirsi della sostanza ingoiata ed allungare intanto la galleria me- desima. Questo è un mezzo, che si vede messo bene in pratica dalle Tignuole degli alveari (Galleria), le quali di tal guisa possono sfuggire alla vendetta delle terribili Api, di cui non temono cosi adatto il pungiglione. Le Api non hanno riparo alcuno .(Mitro la totale rovina del loro alveare, allorché le Tignuole vi siono penetrate. Esse infatti rodono i favi, nutrendosi della cera e li riducono tosto in una massa di detriti mescolati dei loro escrementi e di un intricato viluppo di fili di seta. Le Api debbono finire col cedere il posto a questo flagello della loro colonia. Fig. 242. — Bozzoli larvali di Era- stria stilala (Lepid.) da Kouzaud. Fig. 243. — Spaccato del nido in comune fatto dalle larve giovanissime di Euproctis chri/sorraea colle hirve (a) in grandezza naturale. Ripari vari. — Diverse altre maniere di riparo usate dalle larve molli, specialmente da Bruchi, per sfuggire ai molti nemici possono essere ricordate, senza che accada di noverarle in taluna di quelle già indicate come tipiche, ma pur esse ancora molto efficaci e singolari. Taluni Bruchi, ed es., mercè i fili di seta di cui possono disporre durante la loro esistenza, si costruiscono ripari nelle sostanze stesse in cui vivono e di cui si nutrono, profittando anche dei detriti di queste, a rinforzo della loro stanza. Così fa ad es. la Tignola del grano (fig. 244) , nonché molte floricole, ecc. Talune specie di llicrolepidotteri accar- tocciano le foglie delle piante su cui vivono e le trattengono cosi convolute mercè fili di seta (fig. 245, A), perciò appunto questi Insetti hanno meritato il nome di Tortrici. Merita di essere ricordato l'elegante pro- tezione di seta che si fabbrica la linea harisella (fig. 245, li). Il bruco fabbrica su una foglia una vera e propria amaca, sospesa per quattro fili esili a due robusti e paralleli, che costringono la foglia con un lieve accartocciamento longitudinale. Sottn l'amaca, che è fissata immobilmente anche alla foglia mercè altri quattro fili inferiori, sta uno straterello di seta, a guisa di tappeto soffice. Del resto, circa le varie maniere di protezione consimili si pò tranno citare anche altri esempi allorché saranno più diffusamente illustrate le specie economicamente interessanti. ìsidi in comune. — Da questa maniera di prote- zione delle larve a (niella per cui esse formano ima casa in comune è breve il tratto. Vi sono parecchie specie ed anche «li statura cospicua, le cui larve riparano in comune entro grandi nidi filati di seta densa e robusta e quivi stanno al sicuro, non sortendo che a tempo opportuno per cibarsi (fig. 243). Fig. 244. — Il riparo di seta con chicchi di grano, in cui si nasconde la larva di Ti- gnola del grano. Di tali nidi si dovrà trattare a lungo, a proposito di specie nocive all'agricoltura, e perciò rimetterò ad allora una più ampia descrizione di queste loro costruzioni. 252 CAPITOLO QUARTO Impiego di sostanze protettrici di varia natura. — Vi sono larve predatrici, che vivono a spese di Insetti e delle spoglie di questi, dopo succhia- J Fig. 245. — Ripari di larve di Tignole sulle foglie. A, foglia accartocciata e saldata eoo fili di seta, dalla larva di Tortrix viridana, da iloeael ; B, hartlac fatto dalla larva di linea harisclla-, da Pierre. . tili, si ricoprono il dorso per proteggersi. Tali spoglie sono tenute abbastanza aderenti e proteggono la molle larva, che vi si ritrae sotto e si cela quando sia intimorita. Fig. 246. — Larva «li Chrysopa (Neurott.) protetta dalle spoglie degli Afilli succhiati. B Fig. L'47. — Larve (di Coleotteri) protette dai loro escrementi (Blepharda rhois). A, in grandezza naturale: T>. larva, dal dorso, denudata della massa protett. Da Riley. Cosi fanno lo larve di Chrysopa (fig. 246), il bel Neurotterino, che vive succhiando enorme quantità di Afidi, le cui spoglie esso reca poi sul dorso e porta continuamente in giro, non libe- randosene che all'atto di filare il bozzoletto. LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 253 Un mezzo abbastanza comune, a cui fanno ricorso certe larve di taluni Coleotteri e di Dit- teri 01 turati , .• quello per cui la larva utilizza i propri escrementi per farsene un cuscinetto protettore sul dorso, l'alo maniera è seguita dalle larve di Cassida (fig. 248), di Crioceris, ecc. fra i Coleotteri. Le prime hanno il corpo ter- minato con apposite appendici atte al lavoro di fiottare sul dorso la materia escrementizia. Ma quivi essa vi è accu- mulata disoidi natameli ti-. Invece talune larve di ilycetophila (Ditteri ortorari), come ad es. la M. ancyliformans Holmgr., acconciano la materia del genere indicato, che si dispongono sul dorso, in modo che essa assume forme definite di un cappuccio od una conchiglia, di guisa ohe tutto l'animale somiglia davvero un pinolo Mollusco fig. 249). Una maniera di protezione veramente strana è lineila impiegata dalla larva di Galliroa limacina Retz., elie profitta di una secrezione liquida, che rimane raccolta al di sotto della sua pelle e la ri- gonfia. Ciò a differenza degli altri Tcntredinei. che hanno larve nude o che per difendersi ricorrono ad altri mezzi, come dirò. Infatti la larva di Calliroa, che è facile vedere sulla foglia di Pero, in estate, ritrae il suo nome specifico dal tatto che somiglia a una piccola lumachetta, sia per la forma, come per la tinta bruna, come pure per l'aspetto viscido che presenta (Mg. 250, J). Invece è una larva come tutte le altre della famiglia, salvochè, allorquando muta la pelle, non rigetta la vecchia spoglia, anzi tra questa e la nuova, al dor-.o, viene ad accu- mularsi un liquido, forse lo stesso liquido delle mute, di cui si è discorso più innanzi, che colà rimane per non avvenuta rottura della pelle da rigettarsi. Tutto questo involucro però viene abbandonato dalla larva immediatamente prima di in- ternarsi in terra per incrisalidare (fig. 250, B, C). B Fig. 248. — Due larve di Cassida (Coleott.) eolla massa protettrice di escrementi. A, Laccoptera excavata, colla massa di escrementi e delle spoglie larvali nel- l'estrema coda, non rovesciata sul dor- so ; da Muir e Sharp ; B, di Cassida aurichalcea, ristaiti lato, per mostrare come si dispone sul dorso la sostanza protettrice; da Harris. Organi di difesa. — A parte quelli della bocca, coi quali più o meno efficacemente le larve si possono difendere, e che, in taluni casi, come ad es. per le robuste mandibole delle larve di Carabidi e predatori affini sono certo armi pericolose, si possono trovare altri organi speciali, intesi allo stesso scopo. Cito per prova- le iode retrattili dell'estremo addome in parecchi bruchi, come ad es. iu quelli di Harpyia, Dicranura (fig. 251, 256), Platypteryx, Dryopteris. Tali organi rappresen- tano le due estreme false zampe addominali, cosi modificate a guisa di flagello, che è protrattile e retrattile. Con tale organo questi bruchi si discacciano di torno gli Imenotteri parassiti, che volessero aggredirli per inquinarli delle loro uova. Fig. 249. — Larva di Myeetophila man* (Ditt.), colla massa di escrementi sul dorso. Da Holm- gren. Secrezioni speciali. — Si è a lungo discorso nel voi. I, a pag'. 52(i e segg. di secrezioni speciali di parecchie larve di tutti gli ordini, colle quali secrezioni esse procurano di allontanare i loro nemici e cosi pure si è discorso, a pag. 504, dei peli urticanti di parecchie larve, specialmente di Lepidotteri, e dei loro effetti, veramente temibili anche per animali superiori. 254 CAPITOLO QUARTO Tanto le secrezioni che questi peli ad effetto caustico sono davvero mezzi ottimi per la difesa della larva e le forme che ne sono provvedute soqo schivate da predatori anche voraci, come ad es. gli Uccelli. Kig. 250. — Larva di Calliroa limacina. A, in grandezza naturale su una foglia; J>, in- grandita e nuda; C, ingrandita e coperta dalla massa viscida protettrice (Insect Li/e). ^^ Fig. 251. — Bruco di Dicranvra vinitìa colle code estrotiesse. Grandezza naturale. Molti bruchi, se impauriti, Fig. 252. — Larve protette ila ani- massi cerosi. A, di Coleottero (Cryptoìafmvs montru- zieri); B, di Iruen. Tentredineo (.Sa- lattària caryat). Da Froggatt ; da Packard. si avvoltolano su se stessi a spira, celando il capo ed il ventre ; così fanno anche alcuni falsi bruchi, ossia le larve dei Teu- tredinei. Che tale abitudine sia seguita da quelle specie, che sono rivestite di peli urticanti si comprende e se ne intende anche la ragione, pensando al Eiccio od all'Istrice, ma che lo stesso facciano forme del tutto nude è meno agevole a spiegarsi. Si potrebbe supporre si trattasse di abi- tudine rimasta anche dopo la scomparsa di peli, giacché può essere che molte specie sieno, come il baco da seta, divenute glabre per adattamento, ma se ciò vale pei bruchi, non serve pei falsi bruchi. È certo però che queste larve così arrotolate, cadono intanto tosto a terra, se sono sulle piante e di poi ruzzo- lano facilmente entro qualche anfrattuosita, dove sono piìi riparate. In questo gruppo delle difese per via di secre- zione conviene mettere anche la formazione di ciuffi cerosi (fig. 252), che è prodotta non solo da parecchi adulti, ma anche da larve ed in buon dato, sia di Tentredinei, come si è già fatto vedere nel voi. I (pag. 501), sia da altre di Coleotteri del gruppo dei Crisomelidi e Coccinellidi (fig. 252. A). Le larve di Tentredinei (falsi bruchi) come si è già detto nel I voi. (pag. 526, 528), hanno ghiandole repugnatorie dor- sali ed altre molto efficaci, sul ventre, tra le false zampe. A toccare questi insetti, essi, rimanendo attaccati alla foglia mercè le zampe vere, rivoltano in su quasi tutto l'addome, facendo uno stretto arco col I.K ETÀ GIOVANILI HKliI.1 INSETTI 255 dorso. Dal ventre iutauto vengono eetroliessi certi sacchi cilindrici e lunghetti, che sporgono fra le false zampe («) e sono uno per ciascuno dei segmenti che li portano. C'erto di colà deve sortire il liquido speciale capace di allontanare il pericolo di una aggressione (lig. 253). La larva di Agelaalica alni (Crisomelide) emette da tuber- coletti del dorso un Liquido di ignota natura, con forte odore di mandorlo amare, e la Lina populi (della stessa fa- miglia) espelle un liquore con odore particolare e che potrebbe essere acido salicilico. Anche la larva di Stafllino (Coleotteri) ha ghiandole repugnatorie su tutto il corpo, ecc. In larve di Tricotteri si trovano ghiandole sul petto nel primo articolo del torace, nonché tra il capo ed il protorace in molti Bruchi. Il liquido eiaculato a distanza da tale ghiandola per parte della Dicranura cimila è molto caustico; il lancio può giun- gere a 60 centimetri e più di distanza. Per altri Bruchi (tig 254), si è trovato che questo fluido contiene acido clori- drico abbastanza concentrato. Qui va ricordato anche l'Osmeteriam, cosi detto, dei Bruchi di Fayilio (tìg. 255), cioè quel processo biforcato, di color ranciato, che fuoriesce all' improvviso di dietro la nuca di questi bruchi, se bì molestano e tramanda uno speciale odore poco gradevole. Borse ghiandolari estroflettibili si trovano ancora sul dorso di parecchie specie di Bruchi, ad es. delle comuni Li- cene e sempre col medesimo ufficio. Circa i peli urticanti, giacché se ne dovrà dire, quanto agii effetti, a proposito di talune specie di interesse agrario, taceremo per ora, mentre chi desidera conoscerne abbastanza la Fig. 253. — Larve di Tentredine! {Nemadfs varus) in attitudine di- fensiva. Grandezza naturale. Da Ratzeburg. *&/">?&>. *&&-' Fig, 254. — Larva di Cossus cosans che eiacula il liquido difensivo. Grand, natili*., da Roesel. struttura ed il modo di azione può leggere quanto se no è scritto nel I volume, al luogo ri- cordato. Mimetismo. — Con tale voce, come è noto, si definisce il caso di somiglianza, quanto all'aspetto, di una forma ad un'altra discosta molto, sistemati- camente o ad un oggetto, 'per la quale imitazione la forma stessa goda un qualche beneficio di fronte alle cause avverse, da cui è minacciata. Per esempio una Mosca, che è del tutto inerme, qualóra somigli molto ad un'Ape o ad una Vespa, è maggiormente rispettata dai predatori che se non avesse tale vesta ingannatrice. Così pure animali, che hanno il medesimo colore degli oggetti che li circondano, sfuggono all'occhio con tutta facilità, come la Lepre candida sulle nevi o quella grigiastra, nostrale, sul terreno brullo. in altri casi non soltanto il colore ma anche l'aspetto degli oggetti circo- Fig. 255. — Larva di Pnpilio che estrofìette V Osmeterium. Grand, natur. 256 C IPITOLO QUARTO stanti è imitato dall'animale, in modo talora sorprendente e questo certo aiuta a sfuggire molti pericoli. Ora, casi di mimetismo fra le forme larvali olometabole si riscontrano cer- tamente e per quello che riguarda la forma, come pure pei colori, ecc., ma non sono cosi numerosi, a gran pezza, quanto quelli che si riferiscono alle forme adulte. Dovendosene trattare appunto quando si dirà dell'adulto e convenendo al- lora ciò fare con larghezza sufficiente, non pare il momento dire ora separatamente dei pochi casi che riguardano le larve e questi invece si indicheranno assieme a quelli degli adulti. Aspetti terrificanti. — Anche di questo argomento si può avere più materia trattandone a proposito degli adulti e delle forme emimetabole, ma qualche caso tipico, che si richiama alle larve, è bene sia rammen- tato qui. In generale sono i Bruchi che, se impau- riti, possono disporsi col loro corpo in modo da presentare un aspetto inusitato e che può benissimo impensierire l'avversario. A questo proposito giova ricordare i bruchi della Dicraimra vintila, di così straor- dinario aspetto o quelli della Harpyia (fig. 256), ecc., che sono anche più insoliti ed, in certo modo, anche paurosi. Kit;. 2ó6. — L;irva di Harpyia fatji in atti- tudine terrificante. Granii, natur. La Ninfa olometabolica. 11 secondo stadio, traverso il quale debbono passare gli Insetti olometaboli, per raggiungere finalmente l'età adulta, prende il nome di Ninfa. Parimenti così sono chiamati anche gii stadi precedenti l'adulto negli Insetti a metamorfosi in- completa, ma in tali casi la distinzione fra tutte le forme decorrenti dall'uovo all'adulto non è così netta e contrassegnata ila radicali differenze morfologiche e biologiche come lo è, invece, negli Insetti a metamorfosi completa. Di questi adunque seguiteremo a parlare, riserbando a più tardi le cose che si riferiscono agii stati giovanili degli Insetti a metamorfosi incompleta o nulla. La ninfa olometabolica rappresenta uno stadio di quiete per le funzioni di relazione e di nutrizione, i cui rispettivi organi, appunto durante questo periodo, vanno soggetti alle più radicali modificazioni. Adunque la ninfa ne si locomuove né si nutre di alimenti plastici, e per queste caratteristiche essa differisce essenzialmente da qualsiasi stadio delle specie emimetabole. Il significato di così singolare forma ed i fenomeni complessi, che avven- gono sotto questo ultimo involucro transitorio dell'insetto, perchè poi tutto l'organismo assuma parvenze, strutture, abitudini ditferentissime dalle precedenti, saranno posti in vista trattando del processo così meraviglioso della ninfosi. Per ora basti il conoscere, nelle sue apparenze esteriori, questa ninfa e ri- levarne le più vistose differenze nei maggiori gruppi di Insetti. La spoglia larvale, ad un dato momento, cioè allorquando la larva ha rag- giunto la sua maturanza, è rotta ed abbandonata, fuoriuscendone un nuovo es- I.K KTA GIOVANILI l'I CI I INSKTTI 257 Fig. 257. — Larva (.4) e ninfa (B) o pupario di un Dittero Ciclorafo (Dacus). Da Bei- lese. più 0 sere diversissimo dal precedente ; oppure essa spoglia si conserva, anzi si indurisce e la nuova forma si modella per suo conto entro il riparo della pelle stessa della larva, che non verrà squarciata se non dall'adulto. Ecco due fondamentalmente diversi modi di formazione della ninfa, in rap- porto allo stadio precedente. 1 Ditteri ciclorafl, come sono ad es. le Mosche, se- guono precisamente il più sollecito modo di procurare alla molle ninfa un buon riparo, utilizzando, nel tempo stesso, la pelle della larva, che viene a costituire, come ho detto, quell'involucro difensivo che chiamasi pupario (fig. 257, 258), in grazia del suo speciale aspetto. Pupe si dicono infatti più specialmente queste ninfe di Ditteri, che non mostrano altra scultura all'esterno se non quella di solchi trasversi, paralleli. È questo particolare aspetto, che ha valso loro il nome suddetto, perchè appunto pupe si chiamavano presso i romani dell'antichità quelle figure umane di legno, cartone o cera, ricoperte o fasciate di bende, che le giovinette, toccando la pubertà, consacra- vano a Venere. Questi pupari, adunque, non fanno vedere segno di altri organi di spettanza dell'adulto, ne possono farlo non essendo altro se non la pelle larvale indurita e distesa; essi conservano invece l'aspetto della larva da cui provengono meno raccorciata e raccolta in sé. Ma tutte le altre maniere di ninfa si formano, come ho detto, colla rottura (al dorso) e l'abbandono della pelle della larva, la quale rimane secca e grinzosa accanto al nuovo essere sgusciatone. Questo però ha due aspetti fondamentalmente diversi e tali per cui fa ve- dere subito se appartenga, cioè, ai Lepidotteri, od a qualcuno degli altri fra i Ditteri non cicloraft surricordati od ai Coleotteri, o ai Neurotteri od Imenotteri. Infatti la cuticola ninfale, nuovamente venuta all'aperto dopo l'abbandono dell'involucro larvale, può rimanere nello stato di esilissima membra- nella, che avvolga tutti gli organi così abbozzati del futuro adulto, come si disegnano nelle ninfe, ma appunto per la sua esilità, tale involucro non li tenga immobilmente quasi incollati, come si vede invece accadere nelle ninfe dei Lepidotteri. Così gli arti sembrano liberi, cioè non aderenti al tronco e possono, con agevolezza, esserne scostati, senza che l'animale ne soffra. Inoltre, queste ninfe sono bianche o di colore molto pallido e molli, delicate, né acquistano colore più intenso e maggiore consi- stenza se non quando, sotto la tenuissima e pellu- cida cuticola propria della ninfa, viene a formarsi e ad acquistare la consistenza definitiva il tegu- mento che appartiene all'adulto. Questa è la così detta ninfa libera del Linneo e d'altri autori (fig. 259 A, 260). Invece, pei Lepidotteri, la cosa procede ben diversamente. In questi, la pelle ninfale, dapprima, cioè appena sgusciata la ninfa di dentro alla larva, è molle e bianca o debolmente colorata di una tinta giallognola, ma rapidamente, A. Beklese, Gli Insetti. II. — 33. Fig! 258. — larva (A) e ninfa (B) nel pupario di Stratiomys chamoe- leon. Da Swanimei daui e ila Reau- mur. 2f.8 CAPITOLO Q0ARTO per effetto dell'aria, la pelle della ninfa acquista durezza notevole e tinta più carica, sia grigia o rossastra, rosso-bruna o marrone. Gli arti e le forme dell'adulto, sono bensì delineati e scolpiti nella detta pelle, con una disposizione raccolta, non diversa da quanto si vede essere nelle ninfe pre- cedentemente descritte, m a, rappresentando solo impres- sioni della cuticola larvale indivisibile, non possono i rudimenti degli arti essere comunque scostati dal tronco, e quello che avviene sotto il detto invoglio non apparisce altrimenti, né per variazione di colore, né per aumento di consistenza, né per altro che appartenga al tegumento del- l'adulto, il quale, sotto il grosso involucro ninfale uou si vede affatto. Così accade che mentre delle ninfe precedentemente un informe groviglio della tutta la spoglia una parte (ante- B Fig. 259. — Ninfa Ubera (A) dì Neurottero (Panorpa), daBrauer; e Ninfa oblecta o Crisalide {B, C) di Lepidottero (Cochylis). B, vista dal dorso; C, dal ventre (da Fulmek). descritte alla sortita dell'adulto non rimane che tenuissima spoglia ninfale, nelle ninfe di Lepidotteri invece rimane coi suoi primitivi aspetti, salvo che se ne è staccata ro-ventrale) a permettere l'esito della forma definitiva. Parecchi autori, col Lin- neo, chiamano obtecta, ossia coperta, questa maniera di ninfa, che è propria delle Far- falle (fig. 259, B, G). Molti Ditteri ortorafi hanno una ninfa (fig. 261), che non si ac- corda con quella libera pel fatto che gli arti sono incollati, per così dire, fra loro, mercè una sostanza solu- bile in alcool, ma non convengono però neppure esattamente coi Lepi- dotteri, nei quali la crisalide ha il suo guscio speciale duro e rive- stente insieme tutti gli arti ed il tronco. Fig. 260. Ninfe libere di Insetti d'ordini diversi. A. di Coleottero (Cerambyx); E veramente una disposizione quale usano i palombari e neppur questa volta, da parte nostra si è trovato cosa nuova, che non fosse già in natura e si vedrà, conoscendo più davvi- cino questo mirabile gruppo zoologico, che sono gli Insetti, come molte e molte altre volte il fatto si ripeta, mentre molti altri vantaggi di organizzazione e di espedienti di vita, che sono propri agli Insetti e vi sono perfetti, sono tuttavia desiderati invano da noi, che ci sforziamo di ottenerli per artificio. Anche la struttura di questo lungo tubulo aerifero è meravigliosa, perchè il delicato ramo tracheale è circondato e protetto da un involucro leggiero, che, a guisa di rete, lo avvolge tutto ed è flessibile ed elastico. Il tubulo è impari, ma alla sua base nasce anche un breve processo a guisa di cornetto, che rappresenta una riduzione abortiva del tubulo del- l'altro lato del corpo, giacché anche tale disposizione, per quella grandis- sima simmetria che è nelle parti del corpo degli Insetti, dovrebbe essere duplice. Infatti, nelle ninfe di Zanzare e generi affini, come sono i Corethra, ecc., che sono cosi sterminatamente numerose nelle nostre acque stagnanti e tanto comuni, che si vedono apparire in qualsiasi acqua lasciata per qualche giorno in un orto; in queste ninfe, dico, i cornetti respiratori sono due e procedono dal dorso del torace, ma essi sono cortissimi, a forma di imbuto, e tagliati obliquamente nella parte libera (fig. 261, B). La loro posizione è tale che allorquando la ninfa, che è più leggera dell'acqua e perciò affiora passivamente, si trova col suo dorso quasi al pelo dell'acqua, le aperture dei cornetti vi sono già ed essendo coperte di sostanza grassa vengono a galla e così l'aria può penetrarvi fino al corpo dell'insetto. Qualora poi questo si immerga, l'aria non fuoriesce dalla strettissima apertura dei cornetti uè l'acqua può, per conseguenza, inva- dere le trachee. Nei Chironomus (fisi. 265) l'organo respiratorio ed il processo sono analoghi, specie si tratta di cornetti come i descritti, per altre invece, di ciuffi di Fig. 265. — Ninfa ili Chironomus col ciuf- fo di appendici re- spiratorie (Si). salvochè in talune tubuli esilissimi, contenenti trachee. Sempre agli organi ninfali transitori possono essere ascritti quei peli rigidi, spinette ed altre accidentalità consimili, che orlano i segmenti addominali in molte crisalidi ed in talune ninfe di Ditteri ortorafi, specialmente quelle che su- biscono la metamorfosi in ambienti di sostanza resistente e debbono percorrere delle gallerie scavatevi preceden temente dalla larva o dalla stessa ninfa, per riu- scire all'esterno all'atto dello sfarfallamento. A far ciò questi Insetti non si aiutano, quando sono ninfe, se non con movimenti di con- trazione ed estensione dell'addome. Necessitano perciò queste serie di spinette ed organi ana- loghi, per impedire il regresso del segmento e permettere il solo progresso, puntando le dette spine contro la parete dura circostante ed essendo rivolte solo all'indietro. Finalmente si può ricordare il così detto or emaster, cioè uno speciale apparecchio di fissa- zione, di cui godono alcune crisalidi e che si trova all'estremo loro corpo, mediante il quale esse possono rimanere sospese e molto bene aderenti a qualche corpo che offra resistenza. Se ne dirà di più a proposito dei modi speciali di prepararsi alla ninfosi, che sono seguiti da diverse larve. Varie maniere di metamorfosi. Se vi ha un fatto che apparisca strano al giudizio di chi ragionevolmente cerca l'uniformità od almeno l'analogia morfologica e biologica tra specie pertinenti ad un medesimo gruppo, una corrispondenza almeno nelle maggiori linee, questo è appunto il constatare la diversa maniera di sviluppo postembrionale fra i vari Insetti. VE ETÀ GIOVANILI m:.;u inskiti 261 Infatti alcuni si svolgono secondo una serie di mutamenti per nulla radicali e solo aumentano di volume, senza modificazione morfologica alcuna delle parti loro interne ed esterne (all'infuori delle sessuali) (ametaboli od a metamorfosi nulla); altri invece, col crescere, acquistano ali e talora assumono anche aspetti diversi dai primitivi, senza però incorrere in un periodo di inattività locomotrice e digestiva (emimetaboli od a metamorfosi incompleta); altri infine subiscono muta- menti vistosissimi, che avvengono appunto coll'intermezzo di un periodo di immobi- lità e di astinenza dal cibo e sono quelli a metamorfosi completa od olometaboli. La difficoltà di una buona esplicazione aumenta poi per le variazioni che accadono nei singoli gruppi minori, poiché, ad es., mentre una parte degli Oinot- teri seguono metamorfosi incomplete, cioè traversano uno stadio ninfale non immobile, invece i Coccidi ed altri affini hanno appunto una ninfa immobile e con tutti i caratteri della corrispondente forma degli Insetti a metamorfosi completa. Così accade egualmente ai Tisanotteri, che pure sono senza dubbio forme emimetabole. D'altro canto non leggiero ostacolo ad una buona omologizzazione di questi fenomeni portano i modi speciali di metamorfosi dei Pupipari ed ancora i feno- meni di Ipermetamorfosi, che conosceremo a suo luogo. Questo è quanto non è mancato di affaticare la mente degli entomologi, sia per rintracciare le ragioni delle metamorfosi, sia della diversità così vistosa di tali fenomeni nello stesso gruppo. Ma tutta questa varietà nella maniera di sviluppo postembrionale, perderà molto della sua mirabilità quando si pensi che appartiene ad un gruppo di ani- mali così mutabili nei loro caratteri morfologici che si mostrano talora con gran- dissimo numero di specie distinte a rispondere alle esigenze di condizioni am- bienti simili od identiche. Per esempio, sulle stesse spiaggie nostre, coi medesimi costumi, noi vediamo almeno quattro specie di Atheucua; parecchie specie di Cetonia vivono degli stessi fiori, nel medesimo tempo; un notevole numero di Mosche si nutre egualissimamente delle sostanze putrescenti, in maniera del tutto conforme, ecc. Per converso, specie tra loro somigliantissime par caratteri morfologici, così che per questi soltanto non possono certo essere distinte fra loro, vivon» in ambienti diversi e per questo solo carattere si possono fra loro distinguere, souo, cioè, delle specie biologiche. Basti l'esempio di parecchi Aspidioht* fra i Coccidi, parassiti su piante diversissime, senza che una specie possa vi- vere egualmente bene sugli altri ospiti ed intanto sono morfologicamente non dissimili. o Di presente noi dobbiamo indagare la ragione delle metamorfosi e quella ancora della grande varietà del fenomeno. Per giungere a questo conviene intanto rilevare alcune necessità della esi- stenza e come gli Insetti vi rispondano, secondo la enorme versatilità loro. Vediamo innanzi tutto in quali modi gli Insetti provvedono alle perdite di individui che ogni specie subisce durante il suo cammino da uovo ad adulto procreante ed i perduti sono in numero maggiore o minore a seconda delle cause avverse alla loro esistenza, che incontrano per via. Il modo più usitato si è quello di gettare sul terreno di lotta un maggior numero di individui, il quale caso, a scopo di brevità potrà essere detto di l'oli- genìa (sostituita in rari casi dalla Poliembrionìa). Vedremo quali influenze importa nella organizzazione e nei costumi della specie. Altro espediente è quello di abbreviare, quanto più è possibile, il ciclo di esistenza dalla schiusura dell'uovo della forma giovane, fino alla maturanza ses- suale della femmina. 262 CAPITOLO QUARTO Tale scopo si raggiunge in più modi, cioè sia coll'accorciamento della vita larvale, il quale però non può avvenire che per circostanze di ambiente e non dipendenti da attività della specie. È questo un caso che potremo chiamare di Tachipedìa. Si raggiunge però ancora colla anticipata maturanza sessuale in confronto degli altri organi (Neotenìa), cioè la forma è generante prima di essere definiti- vamente matura e può riprodursi in uno stato da considerarsi per ninfale (o, più raramente assai, larvale - Pedogenesi). Un efficace modo di evitare perdite eccessive di individui, sebbene più raro, è luche quello della riunione in società, per cui la famiglia si protegge con ri- pari molto opportuni, difende la figliolanza, ecc. ed il mezzo è tanto efficace che, allorquando si trova anche addizionato di altri non meno validi mezzi di protezione della specie, come sono ad es. la notevole fecondità, può la specie stessa permettersi il lusso di produrre una enorme maggioranza o la quasi totalità di forme neutre. Questo per confronto di altri mezzi, pei quali invece è soppressa la costante necessità di un sesso (l'elemento fecondatore), per aver solo femmine cioè forme riproduttrici. Questi casi non sono comuni, ma pure se ne conoscono e bene con- statati, come ad es. di qualche Imenottero (Calciditi, Tentredinei, Cinipedi) e di qualche Cocciniglia, ecc. (Partenogenesi telitoca ed Eteropartenogenesi). La non ne- cessità del maschio poi è comune e si rapporta ai casi di parto verginale ( Parte- nogenesi in generale). Ecco i coefficienti della fecondità della specie, poiché essi determinano il nu- mero delle generazioni e quello degli individui generanti per ciascuna d'esse. Non si parla qui dei mezzi che gl'individui mettono in pratica per salvare sé stessi, con che contribuiscono alla conservazione anche della specie. Tutti questi diversi espedienti, che la specie può mettere in atto per soprav- vivere nel turbine della grande, continua lotta per l'esistenza, complicati anche dalle esigenze della sua diffusione, mentre dimostrano quanto fiera è la lotta stessa per questi piccoli esseri, debbono anche persuadere altrui che, praticati da parte di forme cosi pronte ai mezzi più disparati per rispondere a stimoli analoghi, importano una tale varietà di abitudini e di modi di esistenza e di organizzazione, che fanno davvero faticare la mente di chi voglia ricondurli a tipi e ad origini comuni o simili. Questa biologia comparata, per questi così versatili ed adattabili animali, rappresenta veramente un lavoro arduo pel filosofo naturalista. Gli effetti poi che queste diverse maniere di esistenza e di lotta per la stessa hanno sui modi di metamorfosi sono rilevanti, però importano variazioni che trascendono, come è ben facile comprendere, dall'ambito delle singole specie ed anche dei generi, ma si possono manifestare da famiglia a famiglia, meglio da sottordine a sottordine o da ordine ad ordine. Le maggiori differenze, che sono quelle già indicate tra ametaboli, emimeta- boli ed olometaboli, abbracciano più gruppi, secondo si è già indicato per la classificazione degli Insetti. Ora, quale è la causa di così fatte differenze, che sembrano, a prima vista veramente cardinali:' Quali rapporti hanno esse rispetto a tutte quelle varie ma- niere di espedienti, che ho sopra citati, con cui gli Insetti provvedono alla con- servazione della specie? Origine della Olometabolia. Si è già vedute che durante l'èra paleozoica il primo ceppo degli Insetti e la prima divergenza dei rami maestri, poco influenzata ancora da! clima e dal- I.K ETÀ GIOVANILI DKGI.] INSETTI 261! l'ambiente di vita uniformi o poco variati, importano la scarsezza e poca diver- sila delle forme e delle maniere di vita in quel tempo. Si tratta di predatori, per lo più antibiotici e tutti a metamorfosi incompleta. Solo nell'era mesozoica, e più precisamente nel Trias si cominciano ad in- contrare specie olometabole (Coleotteri e Neurotteri) e. più tardi, nel Liassico e nel Giurese appaiono molti altri gruppi di Insetti a metamorfosi completa. È cosa certa quindi che la olometabolia, la quale da altro non dipende alla fine, se non da una prematura schiusa della larva, o, in altri termini, da un periodo embrionale accorciato, rappresenta una maniera secondaria di evoluzione, dovuta a nuove esigenze di vita, mentre la tipica originaria è quella per emimetabolia. Ma la causa vera, che ha determinato un così vistoso effetto, quale è quello di abbreviare di tanto il periodo embrionale, provocando tutti quei complessi fenomeni di ninfosi, che non trovano riscontro buono in alcuna fase della evoluzione onto- genica degli altri Insetti non è palese e le ipotesi in proposito non sono persuasive. Per esempio non si può ammettere coli' Handlirsch che la causa determinante sia stata un'epoca glaciale, per ciò che le ninfe rappresentano uno stadio di riposo opportunissimo a superare i periodi di bassa temperatura. Anzitutto il fenomeno della apparsa di questa ninfa immobile non è stato generale a tutti gli Insetti; in secondo luogo esso è comune a forme attualmente nor- diche come ad altre equatoriali; infine la ninfa non è la forma abitualmente svernante; assai più sono gli Insetti, che traversano la stagione fredda allo stato d'uovo o di adulto. Il Packard ritiene essere stato uno dei principali fattori della metamorfosi la selezione na- turale, per ciò che i primitivi Insetti hanno dovuto fuggirsene nell'aria, acquistando così le ali, per non soccombere alle aggressioni di quelli che camminano sulla terra. Finalmente, col- l'acquisto delle ali e colla complicanza delle metamorfosi l'insetto è divenuto un animale favo- rito in natura ed ha potuto moltiplicare in grandissimo numero di forme. Molte cose potrebbero osservarsi intorno a questo modo di vedere, ma ne quauto è più su riferito ne quello che ancora vi aggiunge il Packard serve a dare una risposta alla precisa do- manda che tutti gli entomologi si sono rivolti. Anche il Lameere (1899), che si è occupato di proposito dell'argomento, deve, alla fine rico- noscere che attualmente la interpretazione definitiva della origine delle metamorfosi degli Insetti non può essere data. Con tutto ciò però il Lameere, dietro considerazioni sulla struttura delle larve primitive, ritieue che l'olometabolismo sia dovuto alla penetrazione dell'insetto entro il tessuto vegetale, alla conseguente riduzione degli organi di relazione, per cui la nuova forma veniva ad acquistare l'aspetto più connine alle larve metaboliche, cioè anello cruciforme o vermiforme (il campodeiforme sarebbe un caso di adattamento successivo) e finalmente la ninfa sarebbe stata una necessità per riaccomodare, in uno stato di assoluto riposo, il corpo, in modo da riacquistare le perdite sof- ferte negli organi di riduzione, per ottenerli al grado alto che raggiungono nell'adulto. Questa ipotesi è stata combattuta con argomenti diversi e non male. Per mio conto io os- servo che il Lameere dà troppo rilievo alla parvenza esteriore della larva e non tiene conto del fatto che, considerata al suo giusto valore, la larva non è la forma più o meno allungata e ver- miforme e cogli arti più o meno evoluti, ma quella forma in cui non è che in via di evoluzione affatto embrionale la maggior parte degli organi immaginali e che quindi deve subire una serie di processi regressivi e di distruzione di organi giovanili e costituzione di un complesso nuovo. La ninfa metabolica è il periodo in cui avviene questo complesso fenomeno e questa è la vera essenza della olometabolia. Ora nelle forme ametabole ed emimetabole, non vi ha mai, né durante la vita embrionale né nel periodo postembrionale un simile momento di vera distruzione di un organismo e ricostituzione di uno nuovo. La ninfa metabolica è una necessaria conseguenza dello stato immaturo della forma larvale, ma è appunto la ragiono di questa precoce schiusa dall'uovo che si ricerca e non quella di un adattamento ad una speciale maniera di esistenza. Non mi sembra che troppo diversa cosa sarebbe l'affermazione di chi sostenesse, dietro con- siderazione di-Ile Linguatule, che gli Anellidi sono derivati da tali Artropodi, in seguito ad adattamento. 264 CAPITOLO QUARTO Il Lubbock (1873), prudentemente, trattando della origine delle metamorfosi si limita però ad esporre dei fatti anziché a proporre una teoria. Egli infatti dice: 1.° « Le metamorfosi provengono da ciò che alcuni animali non sortono dall'uovo in uno stato di completo sviluppo: 2." « La forma della larva dell'insetto dipende molto dalle condizioni nelle quali essa vive. Le forze esterne che agiscono su essa differiscono da quelle che si esercitano sulla forma adulta. Così i cambiamenti che subisce il giovane souo determinati dai suoi bisogni immediati, piuttosto che dalla sua forma finale; 3.° « Le metamorfosi possono adunque dividersi in due classi, quelle di sviluppo e quelle di adattamento; 4.° «La subitaneità apparente dei cambiamenti, che subiscono gli Insetti proviene in gran parte dalla durezza della loro pelle. Questa durezza si oppone ad una alterazione graduale della forma; ma essa è necessaria perchè è sua mercè che i muscoli trovano un appoggio sufficiente. 5.° «L'immobilità della ninfa o crisalide risulta dalla rapidità delle trasformazioni, che vi si effettuano ». Non è il caso di discutere queste affermazioni, che non hanno a che vedere col problema propostoci, solo si pnò dire che, a parte molte cose, le quali potrebbero esser recate innanzi rela- tive alle proposizioni l.a, 2.a. riesce mal comprensibile la 3.a, perchè certo il fenomeno delle metamorfosi è di tale rilievo fisiologico e morfologico, nel ciclo evolutivo di interi ordini, da non poter esser certo scambiato con uno ristretto fenomeno di adattamento in certi casi; ma fa più meraviglia che il Lubbock attribuisca alla durezza dei tegumenti la subitaneità dei cambiamenti nell'organizzazione degli Insetti, quando le metamorfosi complete, che sono le piìl improvvise, sono invece l'appannaggio delle forme a cute molle negli stadi di larva e ninfa e solo i Lepi- dotteri, colle loro crisalidi fanno eccezione. Per Miall (1895) la metamorfosi degli Insetti è resa necessaria dai bisogni della dissemina- zione della specie, che richiede la presenza di ali e tale fenomeno deve avvicinarsi alle meta- morfosi degli Anfibi anuri, perchè nell'uu caso e nell'altro esso avviene alla fine del periodo di accrescimento. Ma lo stesso Miall avverte che lo sviluppo delle ali non può essere la sola causa delle metamorfosi, perchè vi sono degli Insetti alati senza metamorfosi ed io aggiungerei che il ravvicinamento cogli Anuri, forme attere, non solo ma tra le meno migranti, è invocato assai male a proposito, anche perche le loro metamorfosi non cadono per nulla alla fine dell'accrescimento. L'Autore conclude che è insomma difficile indagare le cause delle metamorfosi. Per mio conto io pure mi trovo in tale pensiero, che sia prudente, cioè, per ora, attendere altri dati e lumi dalla Paleoentomologia prima di proporre qualche ipotesi intorno a questo argomento. Sono dello stesso avviso dell' Henneguy, il quale, in fine del suo bel volume sugli Insetti (pag. 604), così si esprime: « Nessuna delle ipotesi emesse tino ad ora per ispiegare l'origine della me- tamorfosi mi sembra risolvere questo problema, la cui soluzione, come quella di ogni questione relativa alla filogenia, non potrà esser data che da uno studio approfondito dei documenti forniti dalla paleontologia. Questi documenti, man- cando assolutamente pegli stadi larvali degli Insetti, è da temersi che non sa- remo per molto tempo ancora certi su questo punto così interessante della eoi - briologia generale ». Tuttavia non conviene trascurare quelle poche cose che pure sono in nostro possesso e ten- tare di coordinarle alla meglio, per vedere almeno come esse figurino di fronte al problema. Certamente il non conoscere le larve e le ninfe di quei primi Olometaboli, che appaiono nel Trias per la prima volta e una deplorevole difficoltà, ma si può ammettere che quei Coleotteri e quei Neurotterì fossero realmente olometaboli, certo non conviene pensare altrimenti. In pari tempo sembra assodato, conforme a quanto si dice a pag. 165 del presente volume, che il periodo Triassico, cioè la nuova èra dopo l'epoca glaciale Permiana, è caratterizzato dalla grande scarsezza di resti d'Insetti, che da un 750 specie, quali si conoscono nel Carbonifero, sono rappresentati nel Permiano da solo una ventina finora note. Si è anche detto che tale scar- sezza non è solo nelle nostre cognizioni, poiché, pur ammettendo che in generale i terreni triassici I.U ETÀ GIOVANILI DKGL1 INSKTTI 26.r) non siano i meglio adatti alla conservazione di fossili, tuttavia in taluni di essi si sono pure l'inverniti abbondanti resti vegetali benissimo conservati, ma tra questi non sono traccio di In- setti, così che e da credere clie questi fossero allora realmente piti rari che non nei periodi pre- cedenti. Si e già avvertito ancora che, probabilmente, le speciali condizioni di ambiente, non favorevoli alla fauna entomologica esistente, ne abbiano detcrminata la rovina e scomparsa, provocando l'olometabolismo, come un modo di fronteggiare la temperatura dell'epoca glaciale permiana, ap- punto secondo il pensiero dell' Handlirscli (che si è mostrato però essere assai discutibile) che la ninfa olometabolica rappresenti una fonila a ciò più adatta. Che l'olometabolismo sia stato una necessità durante il periodo Triassico noi dobbiamo am- mettere senza piti, giacché cose non necessarie in natura non esistono, come dobbiamo d'altro canto ammettere che molte delle forme dell'epoca paleozoica abbiano potuto resistere, con meno profonde modificazioni per adattamento, alle nuove diversissime condizioni di ambiente. Questo rendeva necessario, ma anche permetteva, agli Insetti la nuova maniera di vita rap- presentata dall'olometabolismo e gli Insetti non sono esseri da non profittare senz'altro di con- dizioni favorevoli alla loro esistenza e da non adattarvisi subito. Le condizioni più difficili di vita hanno obbligato gli Insetti a ricorrere ad uno di quei tanti mezzi di adattamento a cui sopra abbiamo accennato, ad elevare cioè la misura della fe- condità, per gettare nella lotta un maggior numero di individui e sopperire così ad una deci- inazione più larga. Quale è la natura di queste condizioni avverse, che hanno costretto gli Insetti all'olometa- bolismo e quali sono insieme le favorevoli, che lo hanno permesso? Questo è il problema e solo futuri studi paleontologici vi possono rispondere. Non sembra che si possa errare di troppo accogliendo una ipotesi a termini molto lati, per la quale si supponga che profonde modificazioni nella temperatura e nella fiora terrestre, più che altro, abbiano offerto agli Insetti nuovi modi di esistenza, purché pagati a prezzo di mag- giori difficoltà, cioè di maggior numero di vite, alla quale esigenza, in natura, è sempre risposto colla, maggiore condiscendenza, perchè il grado di fertilità è il fenomeno più facilmente e pron- tamente variabile ed è, ripeto, il più ovvio mezzo, a cui la natura mette mano per fronteggiare subito nuove, improvvise esigenze. Tutti gli altri adattamenti sono più lenti nel loro sviluppo e non potrebbero avere un ef- fetto pronto quanto quello del sacrificio di migliaia di esistenze. Noi eleviamo inni sviscerati alla natura, allo spettacolo dei milioni d'esseri viventi, ma non pensiamo ai miliardi che la natura stessa uccide, per un effetto che ci sembra molto facile ad ottenersi senza tanta ecatombe. Certo riesce incomprensibile al nostro intelletto come una Tenia sia condannata a non aver altro modo di compiere il suo sviluppo se non migrando da ospite ad ospite e per via disse- minando milioni di morti della sua figliolanza. Ametabolia. — L'assenza di ogni maniera «li trasformazione durante il pas- saggio da larva ad adulto, riducendosi i mutamenti ai soli esuviamenti in vario numero, spetta essenzialmente agli Apterigoti. Vi ha però una ametabolia acquisita, la quale si verifica ogni qualvolta, per Insetti a metamorfosi incompleta, lo stadio definitivo ha perduto le caratteristiche della t'orma adulta, fra le quali certamente la più vistosa è la presenza d'ali. Adunque molte specie attere non subiscono metamorfosi di sorta per tutta la loro esistenza e, senza l'esame degli organi sessuali, non si può giudicare se si tratti di adulti o di giovani. In tale caso incorrono gli Anopltiri ed i Mallofagi. molti Ortotteri ed al- cuni Pseudoneurotteri ; atteri Termiti, nonché alcuni Emitteri (fig. 206). Per questi casi, come tali insetti, pur essendo senza ali non vengono ragio- nevolmente ascritti più ormai al gruppo degli Atteri (che sono gli odierni Apte- rigoti) cosi le loro trasformazioni non si devono definire per ametaboliche, ma per emimetabole, come quelle di tutti i loro affini, alati allo stato adulto. A. Heklese, Gli Insetti, II. — 34. 266 CAPITOLO QUARTO Questa distinzione netta fra la vera Ametaboiia e (niella che si disse acquisita (Paeudoame- tabolia) non riguarda solo la esterna conformazione degli organismi, nel qual caso essa non [po- trebbe essere difesa bene, ma si fonda su un diversissimo modo di sviluppo e di organizzazione fra gli Ainetaboli veri (Apterigoti) ed i Pseu- doametaboli, che appartengono ai Pterigoti. Tutto ciò sarà veduto meglio in appresso. Questa maniera esercita sulle se- Fiv. 266. — Esetapi di Ametaboiia acquisita o Psendo- ametabolia. A, Psocide (Pachytroctes brunneus \ da Ribaga) ; B, Mallo* lago {Lìpeurus hyaUnus; da Neuman). Emimetabolia. — di metamorfosi si gnenti forme: Una larva (Prosopon). la quale è sempre sprovveduta di appendici am- bulatone addominali, possiede, invece, tre paia di zampe toraciche non troppo dissimili da quelle corrispondenti del- l'adulto. I segmenti toracali sono piti o meno differenziati fra loro e, cioè per quel tanto che è chiesto dalla loro funzione rispetto alle zampe ed alla deficienza d'ali. Per ciò la larva somiglia (il più spesso) molto sensibilmente all'adulto, salvo modificazioni morfologiche secon- darie, dipendenti da speciale adattamento e salvo le differenze che derivano agli anelli toracali per la detta deficienza di ali. Si comprende adunque che le maggiori differenze tra larva ed adulto rispet- tivo si troveranno in quelle specie per le quali V habitat è diverso da larva ad adulto e questo possiede le ali. Questo è appunto il caso degli Odonati (fig. 267) e di molti altri Pseudo- neurotteri, pei quali la larva è acquaiola e l'adulto terrestre e ben fornito d'ali, oppure quei Cicadari, fra gli Omotteri, le cui larve vivono entro terra e l'adulto è libero, volante all'aperto. Per converso differenze minime e più che altro di statura intercederanno fra le larve e l'adulto rispettivo di specie, che vivono nel medesimo ambiente e per le quali l'adulto è attero. In tali casi si giunge a quella ametaboiia acquisita o pseu- doametabolia, della quale più sopra si è detto Fig. 267. — Una ninfa di Eterometabolo IPseudo-neurottero) (Libellulide, Ephiteca). L'adulto è uua Libellula. Da Cabot. e se ne sono recati esempi. La coudizione intermedia è rappresen- tata da forme con identico habitat per le larve come pegli stadi successivi fino all'a- dulto, poiché in questo caso le sole differenze dipendono dalla presenza di ali nello stadio definitivo e talora nello sviluppo dei sessuali esterni. Ed ecco il bello esempio degli Ortotteri, alati allo stato adulto pei quali le differenze intercedenti fra le singole forme, da larva in poi sono, così deboli che per essi è stata proposta la parola paurometabolia (fig. 26S). Adunque la Emimetabolia così può essere distinta: 1.° Pseudoametabolia. — Pediculini, Mallofagi ; specie attere fra gli Emi- metaboli, come Embidi, Termitidi, Psocidi, Ortotteri, Tisanotteri, Emitteri. LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 267 2.° Paurometaboìia. — Specie alate di Ortotteri, Tisanotteri, Eniitteri Ete- romeri, Omotteri a vita sempre all'aperto. 3.° Eterometaboiia. - Pseudoneurotteri antibiotici, Omotteri a larve sot- terranee. La sola eccezione a quanto sopra si e esposto è rappresentata dai Coccidi, che debbono essere ascritti accanto agli olometaboli, come è dimostrato dalle metamorfosi della serie maschile. Quanto a ciò che fanno vedere le femmine, sarà bene spiegato più innanzi come va inteso il loro ciclo evolutivo abbreviato. Certo questi Omotteri mostrano il passaggio dalla emiinetabolia alla olometabolia classica. Xinfa. — La larva, mutata la pelle per un certo numero di volte, acquista più o meno rapidamente i rudimenti delle ali ed allora si appella ninfa. Questo è lo stadio che precede l'adulto. Fig. 268. — Esempio di Paurometaholia in un Ortottero (Caloptenus ilalicue). A, larva (ingrandita); JS. ninfa (grandezza naturale); C, adulto (grandezza naturale). Da Berieae. Ordinariamente fra la ninfa e la forma alata non intercedono altri esuvia- menti, ma qualche eccezione è pur nota, sebbene rarissima. Le differenze tra ninfa e larva non sono solo di dimensione, che, progre- dendo, è aumentata, ma si richiamano anche alla presenza dei rudimenti delle ali, che importa una più accentuata differenziazione dei segmenti toracali verso quella definitiva dell'adulto. Anche per la ninfa valgono le diverse maniere di emimetabolia, che si sono già indicate per la larva, dipendenti dalle medesime cause, in ciò solo differen- ziando dal primo stato, in quanto che la ninfa assume un aspetto più simile a quello dell'adulto nei casi di Paurometaboìia, una parvenza, insomma che ha in- sieme dello stato larvale e di quello definitivo. La ninfa di questi emimetaboli, come la larva, si locomuove e si nutre. In taluni casi però essa è poco mobile o si sposta assai mal volontieri e con molta pena e disagio, se molestata, ed in ciò si vede un avvicinamento verso la olometabolia (alcuni Coccidi, Tisanotteri ecc.). Olometabolia. — Mentre le precedenti maniere di metamorfosi, per le non pro- fonde né subitanee modificazioni che inducono nell'organismo dell'insetto, meri- tano il titolo più mite di Trasformazioni, invece le altre, che si compiono secondo la Olometabolia si sono appropriate quello di Metamorfosi, come di un grado di mutazione più radicale, cioè la metamorfosi completa degli autori più vecchi. Questa è caratterizzata, come ho detto, da uno stadio di ninfa immobile. Ma se si vuole bene intendere tutto il processo e trarne dei paralleli col ciclo vitale seguito nella emimetabolia, è pur bisogno una maggiore esattezza nel distinguere i diversi momenti della vita post embrionale dell'insetto olometabolo. La larva compie il suo ciclo esattamente nel momento in cui perde la sua 268 CAPITOLO QIAKTO Fig. 269. — Due momenti della nin- losi iu Tentredinei. A, Inizio. La larva è ormai immobile e sotto la pelle nasconde la Eoninfa ; B, ninfa Tra i e £ sta la Proninfa. Da Ratzeburg. locoinobilità (fig. 2G9, A). Tuttavia essa iion ha ancora gettata la spoglia lar- vale, ma sotto a questa sono già avvenuti così profondi mutamenti nella orga- nizzazione dell'insetto, che esso non è più da richia- marsi alla larva esattamente, tanto è vero che gli organi di locomozione sono ormai inerti. Da questo preciso momento, che pur precede la proninfa libera (fig. 270, A) e che potrebbe essere indicato colla voce Eoninfa (aurora dello stadio nin- fale), si inizia il secondo periodo della vita postem- brionale dell'olonietabolo, cioè quello in cui cessano le funzioni di locomozione e di nutrizione, ossia vera- mente lo stadio di Ninfa. Ora, questo momento, così fugacemente tran- sitorio, di Eoninfa, corrisponde esattamente a quello in cui il Prosopon degli emimetaboli schiude dal- l'uovo a vita libera. Segue lo stato di Proninfa, pel quale ormai la spoglia larvale è caduta, ma gli arti tutti non hanno ancora assunto quello sviluppo, che acquisteranno per gradi, senza ulteriori esuviamenti, in breve tempo, fino a raggiungere la misura definitiva, che conser- vano durante tutto il rimanente stadio ninfale (fig. 270, B). Adunque, così può essere suddiviso il periodo ninfale degli olometaboli : 1.° Eoninfa, tuttavia celata nella spoglia della larva, che però né si nutre uè si loco- muove più (fig. 27) ; 2." Prouinfa, che principia dal momento in cui la veste della larva è rigettata e che, ordinariamente senza ulteriori esuviamenti, (fig. 270, A) si modi fica in 3.° Ninfa, la quale continua fino alla trasformazione in adulto (figg. 260, 261, 270, B). Tutti questi periodi sono caratterizzati da un conti- nuo lavorìo intimo di modificazioni dell'organismo, che, nel loro insieme, costituiscono il processo tanto mirabile della ninfosi e non appartengono alle altre maniere di trasfor- mazioni precedentemente citate. Se ne discorrerà colla dovuta larghezza più in- nanzi. Fig. 270. — I due stadi liberi della ninfa olometabola. A, Proninfa; B, Ninfa (Calliphora) . Da Lowne. Fig. 271. — Eoninfa di Hy- ponomeuta veduta dal ven- tre. (Tre giorni dopo che la larva è inclusa nel bozzolo). Ingrand. Transizione dalla Emimetabolìa alla Olometabolìa. Neometabolia. — Hanno sempre destato grande interesse fra gli entomo- logi, le metamorfosi di taluni insetti, le quali mostrano un deciso passaggio dalla Emimetabolìa alla Olometabolìa. Se ne può avere esempio di diverso grado fra i Tisanotteri, e, meglio che mai, fra gli Omotteri, più specialmente Coccidei. In molti Tisanotteri la ninfa si locomuove mal volentieri ed ha qualche arto, come le an- tenne, paralizzato (fig. 272 B). In tutto il resto le differenze da larva, ninfa, ad adulto sono cosV LK ETÀ GIOVANILI DKGU INSKTT1 2o9 modeste che si può bene parlare di metamorfosi incompleta, come sempre hanno alleluiato gli autori. Ma nei Coccidei si vede cosa mirabile. È però d'uopo considerare i soli maschi, perchè le fem- mine si arrestano nel loro sviluppo ad uno stadio corrispondente al larvale, né vanno oltre. I maschi però subiscono una metamorfosi, che rientra nella vera olometabolia. Infatti da una larva (fig. 273 A) oligopoda si passa, per esuviamento, ad un altra larva apoda (B). Questa forma non può essere considerata per eoninfa perche possiede un buon appaiato boccale e se ne serve per nutrirsi. Alla larva apoda spgue, dopo esuviamento, una Proniufa (C) molle e con arti rudimentali. Questa, senza ulteriore muta, di- viene Ninfa (D, E) cogli arti alquanto più sviluppati, alla quale lilialmente segue l'adulto, alato general- mente. Ora avviene che mentre nel gruppo di Dia- spiti esiste la larva apoda e gli stadi ninfali suc- cessivi sono assolutamente immobili, invece, per altri gruppi, ad es. pei Cocciti, manca la larva apoda e la Proninfa si muta in Ninfa in seguito ad esuviamento; però tanto la Proniufa che la Ninfa possono locomuoversi, se vengono stimolate, sebbene si spostino con molta pena e lentezza. Adunque i Coccidei mostrano vera- mente un passaggio dalla Eterometabolia alla Olometabolia, la quale maniera di metamorfosi può essere detta per Neo- metabolia. Ora nei Coccidei stessi abbiamo forme e Neometabolia tipica (Coccidi, etc.) e così pure in altri Omotteri (Cicadari) e Fig. 27*2. — Metamorfosi di uu Tisauottero (Lùnothrips poaphagus). A , larva ; /.'. ninfa ; O, maschio adulto ; /), femmina adulta. Ingrand. Da Binda. Fig. 273. — Metamorfosi complete di Coccideo (Diaspite) ; serie maschile. A. prima larva dal ventre; B, larva seconda apoda dal ventre; O, proninfa (sapioa) ; D, ninfa prona; snpina. Molto iogr. Da Berlese. E, la stessa nei Tisauotteri, mentre, per gradi si passa finalmente alla Olometabolia vera e propria, come è rappresentata dai Diaspini, ben inteso nella serie maschile. 270 CAPITOLO QUARTO Punti di corrispondenza fra le varie maniere di metabolia. Non è tanto il riconoscere le divergenze tra le metamorfosi complete e le incomplete o nulle cbe abbia importato molta fatica all'osservatore e ciò è ben credibile, quanto il rintracciare, invece, i punti di contatto, cioè le omologie ed analogie. Non si poteva infatti, né si può ammettere, che animali pertinenti ad una medesima classe e morfologicamente tanto simili debbano poi differire così reci- samente in fondamentali maniere di sviluppo e con effetti così sensibili anche dal lato morfologico. Intanto però, a prima giunta, la metamorfosi completa sembra procedimento diversissimo affatto da tutte le altre maniere e non appare facile l'omologare questi vari modi di sviluppo postembrionale. La difficoltà deriva, più che altro, dalla confusione, che la non precisa defi- nizione dello stadio con cui si inizia la vita postembrionale induce in tutto il paragone. Si è sempre infatti chiamato larva ogni forma appena schiusa dall'uovo, quasiché il momento preciso della rottura del corion fosse matematicamente co- stante a segnare invariabilmente sempre lo stesso momento di sviluppo per tutti gii Insetti. Questo però non è per nessun gruppo di animali. Anche per specie fra loro molto vicine il momento di schiusura dell'embrione, rispetto al suo stato di evo- luzione, è diversissimo. Ora, data la variabilità circa il momento di schiusura del neonato, la quale è grandissima negli Insetti, è evidente che non possono i diversi stadi postem- brionali, nei diversi gruppi, essere paragonati fra loro, se non si tiene conto, per la comparazione, anche di taluni embrionali. Si dovrà convenire che ad es. lo stato larvale di un gruppo corrisponde ad uno stadio tuttavia embrionale di altro, come il pulcino di un Passeraceo corrisponde ad un momento della vita del pulcino di un Gallinaceo, che quest'ultimo percorre entro l'uovo. Confronto tra le diverse maniere di larve olometabole ed i corrispondenti momenti em- brionali degli emimetaboli. — Richiamiamoci alla storia dello sviluppo degli Insetti, che si è fatta già nel voi. I, da pag. 46 in avanti. Quivi si è detto che l'ammasso di elementi cellulari distribuiti in più strati addossati l'uno all'altro e raccolti secondo una striscia longitudinale sulla faccia ventrale dell'uovo, costituiscono la così detta stria germinativa, di dove prende- ranno origine gii organi della larva; mentre tutto il rimanente di sostanza, che riempie l'uovo e che intanto si trova verso la faccia dorsale dell'uovo stesso, costituisce il tuorlo, che servirà alla nutrizione dell'embrione. Ora dall'inizio della segmentazione fino alla apparsa dei primi rudimenti delle appendici della bocca e locomotorie, si può ammettere che decorra una l.a fase dello sviluppo embrionale e questa per tutti gii Insetti si fa semine entro l'uovo. La 2." fase si inizia coll'apparsa dei rudimenti delle appendici, sia pertinenti al capo che quelle che spettano al torace. In tale tempo l'addome non è ancora segmentato o non è sempre troppo bene diviso in segmenti, almeno nel suo estremo posteriore e generalmente non reca traccia di appendice alcuna (stadio Protopo - diale). La condizione di segmentazione o meno dell'addome è pure importante. Sappiamo che vi sono embrioni, in cui lo sviluppo avviene per macrosomiti, I.K KTÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 271 che poi si suddividono in microsomiti. Certo il ninnerò tipico di 12 segmenti addominali non si vede ab initio nell'embrione, dove esso è molto minore. Adunque potremo avere un embrione Protopodo oligomero (flg. '274, 1), che precede lo stadio di Protopodo polimero. Nel primo l'addome è tuttavia, indiviso o con tracce di pochi segmenti; noi secondo esso ha raggiunto il numero di segmenti, che conserverà anche nella larva. La 3.a fase è caratterizzata dalla decisa apparsa di appendici (pleuropodi del Wheeler) su ciascun segmento dell'addome (stadio Polipodìale) (tìg. 274, 2). Nella 4.a fase le dette appendici addominali sono scomparse, mentre quelle torneali lianno acquistato maggiore sviluppo (stadio OMgopodiale) (flg. 274, 3). La regressione anche delle appendici toracali e talora di quelle della bocca de- rivata da speciale maniera di adattamento della futura larva, è un fenomeno se- condario di scarso interesse nella questione generale. Questa 4.a fase può condurre sino ad una forma con discreto differenziamento del tronco nelle due regioni di torace ed addome e dei segmenti toracali l'uno dall'altro, la quale però merita essere contrassegnata a sé, quasi come una 5." fase, da definirsi nettamente. Il fatto saliente, in tale momento, è la eteronomia sopra ricordata. Tale ultima fase degli eterometaboli rappresenta il Prosopon (tìg. 274, 4) e schiude dall'uovo. Queste fasi si notano tutte nello sviluppo embrionale degli Eterometaboli (ma non tutte in quello degli Olometaboli). Esse non rappresentano però delle pause a cui l'embrione stesso momentaneamente si arresti nel suo svolgimento, il quale, come si sa, è continuo, ma dal momento che ciascuna d'esse può trovare un corrispondente stadio larvale (Olometabolo) tra quelli tipici, che si sono ricordati più innanzi, così è bene definire in qualche modo anche i momenti embrionali che vi corrispondono. Ora, come per l'embrione tra l'uno e l'altro dei detti mo- menti intercedono stati infiniti nella evoluzione continua, così lo stesso è per le larve, di cui abbiamo infinite varietà, entro quei più generali tipi, che si sono indicati. Per queste ultime però si possono manifestare processi involutivi, che non si riscontrano generalmente nell'embrione. Ad es., una riduzione di sviluppo negli organi boccali o negli arti toracali mai si vede nell'embrione, che anzi questi membri procedono in continuo incremento. Così non accade delle larve, ohe possono ridurre i detti loro orgaui, da uno sviluppo maggiore ad altro minore od alla loro scomparsa, in virtù di speciali adattamenti. Cosi ad es., gli organi boccali delle prime larve di Imenotteri endofagi (Oielopiformi) sono più robusti che non quelli delle seconde larve e lo stesso dicasi degli arti e dell'apparato boccale nel passaggio da Triungulino (prima larva di Meloidi) a quello di seconda larva, ecc., e vedansi ancora i bei casi di ipemetamorfosi da una larva con forti piedi toracali, come è mo- strato ad es. dallo sviluppo dei Bruchila fra i Coleotteri, la riduzione degli arti nella seconda larva di Diaspiti (tìg. 27S), B), etc. eet. Di tale maniera noi abbiamo delle condizioni larvali, che, per la involuzione di certi organi, non possono trovare riscontro con qualche corrispondente momento embrionale e sarebbero di difficile confronto coll'embrione e colle larve affini, se non se ne conoscesse la evoluzione o meglio la involuzione loro. In tale condizione sono tutte le larve apode e le microcefale e quelle ancora con organi boccali ridottissimi. Ora la forma apoda larvale (la quale, alla line dovrebbe corrispondere alla vermiforme od elmintoide degli autori, se pure si sa bene cosa si sia voluto indicare con tale nome) questa forma, dico, che non ha riscontro coll'embrione, almeno dallo stadio protopodo in poi, è di puro adatta- mento e non conviene farne un tipo, appunto per la sua secondarietà. Essa si deve richiamare a taluno degli altri tipi di larve ciclopiformi, cruciformi, melolontoidi sopraindicati, come una secondaria modificazione. 272 CAPITOLO CH'AUTO Conviene però rilevare che non sempre è evidente il rapporto fra lo stato apodo e quello fornito di piedi tipico, da cui una larva deriva; non è palese, ripeto, se non allorquando nello sviluppo embrionale della larva stessa si rico- nosce lo stadio tipico precedente, da cui essa è derivata. Ad es. le larve apode di Coleotteri, sono da considerarsi come un adattamento successivo della larva Melolontoide tipica, poiché nello sviluppo embrionale e postembrionale esse oltrepas- sano lo stadio oligopodo e dopo questo soltanto divengono apode. Per queste e per altre ragioni le larve apode degli Imenotteri (non però le C'iclopiformi) si devono ritenere per derivate immediatamente dalle Eruciformi ed intermedie fra queste e le Melolontoidi. Lo stesso dicansi per quelle dei Ditteri tutti, che sono più o meno vicine alle Eruciformi. Abbiamo dunque forme senza piedi, da intercalarsi tra le Oiclopiformi e le Eruciformi, altre tra queste e le Melolontoidi ed altre posteriori alle Melolontoidi, tra queste cioè e la Proninfa. Ora, se si volesse disporre in una tabella, per la oinologizzazione, i diversi mo- menti embrionali suddetti e le corrispondenti maniere di larve olometabole, si avrebbe il seguente prospetto : ETEROMETABOLI. Fasi embrionali Fasi postembrionali 5 6 Protopollo Polipodo Oligopodo I I I Prosopou \& Ninfa Alato Ci dopi forni e Eruciiom»e Melolontoide Niufit Fasi postembrionali. OLOMETABOLI. Fig. 274. — Comparazione fra gli stadi embrionali e postembrionali degli Eterometaboli coi corrispondenti postembrionali degli Olometaboli. In generale tutti ammettono che la larva olometabola rappresenti un arresto ad uno stadio embrionale, che è invece oltrepassato dalle forme emimetabole. Io l.K Hi GIOV imi.i DKG1 I INSK'l I I 273 chiamerei volentieri Progenesi t;ile fenomeno «li nascita anticipata, pei quanto sappia che questa voce usasi anche in altro senso {Progenesi larvale per Pedo- genesi), pel quale però potrebbe essere meglio usata la parola Progenia quando non sembrasse conveniente di serbare l'antica panila di Pedogenesi, che va bene ed è una sola. Per comprendere tutte le diverse maniere di larve olometabole, la ragione delle metamorfosi, il significato di parecchie forme in apparenza primitive o regredite, ecc., ed infine procedere razionalmente in questa ontogenesi comparata è pur necessario ammettere non solo l'intervento, ma rile- vare l'influenza della Proge- nesi ed insieme della Neotenia. Noi dobbiamo ammettere che l'insetto, partendosi dalla primitiva emimetabolia. dove poteva risentire l'effetto della neotenia, ma non quello della progenesi, sia venuto man mano anticipando l'epoca della origine della vita postembrio- naie. Inoltre è fuori di dubbio che gli Insetti, in progresso di tempo, hanno ognor più anticipato l'epoca della schiu- sura dell'uovo, riuscendo così, di mano in mano, le loro larve corrispondenti a stadi ognor più giovanili dell' embrione. sino a quelle larve ciclopiformi di quasi tutti gii Imenotteri endofagi, che corrispondono evidentemente allo stadio pro- topodo embrionale. Tutto questo non solo è chiarissimo dalla evoluzione dei vari gruppi d'Insetti olo- metaboli. ma è anche pienamente giustificato (od almeno non è sinora contrad- detto) dalla paleoentomologia, secondo quanto si è esposto nel secondo capitolo. Fig. 275. — Larve olometabole a piedi ridotti od apode affatto, A - D, derivate evidentemente Ha cruciformi (di Lepidotteri e di Tentredinei) ; E, derivata da Melolontoide (Coleotteri). A, di Limacodes tertudo (da Cfaapman); V>, di Frodoxus cinercus, da Riley; 0, di Frentez columba da Rìley; />, di uu Tencreriiueo di Australia (da Froggatt) ; li, di Cnrculionide. Vediamo infatti : Nell'era paleozoica non esistono ohe Insetti eterometaboli, tali sono tutti cpielli che si conoscono di tale periodo, anche i Megasecopteri, di cui furono trovate le ninfe (pag. 161. 162). L'olometabolia compare per la prima volta nel Triassico, precisamente coi Coleotteri e coi Neurotteri. I primi hanno larve melolou toidi , e cosi pure molti dei secondi. Ora, la larva melolontoide corrisponde all'ultimo momento nella vita embrionale degli emi- metaboli. Beco adunque il primo passo nella progenesi ed esso è tale da importare la necessita delle i" tamorfosi complete, le quali sempre intercedono per tutte le specie, che, nella vita loro post- embrionale, debbono traversare il tratto die precede immediatamente quello stadio di proninfa, che <■ comune a tutti gli Insetti. Ma ned Lias si trovano ormai gli Omotteri, alcuni dei quali, attualmente viventi, mostrano una maniera di metamorfosi veramente completa, come sono ad es. i maschi dei Coccidei e ■ i tutti, li. — 35. 741' CAPITOLO QUARTO qualche altro. Le larve di questi Insetti Bono però evidentemente da inscriversi tra le melolon. toidi, o meglio, giacche il paragone può sembrare ardito per l'idea che noi abbiamo della spe- ciale larva dei Lamellicorni, si deve dire ohe le larve degli Omotteri corrispondono allo stato oligopodo dell'embrione. Nello stesso Lias compaiono Neurotteri (Proemerobiidi), Fnganoidi, Pauorpati, Ditteri (Or- torati, Nematoceri). Per questi gruppi sarà facile mostrare che le larve di Neurotteri emerobiidi debbono ascriversi tuttavia alle Melolontoidi, mentre quelle degli altri Insetti succitati discendono anche più giù, per incorrere in uno stadio, che corrisponde ad un momento intermedio fra quello oligopodo e quello polipodo dell'embrione. Soltanto nel Giurassico appaiono i Lepidotteri e gli Imenotteri con una famiglia dei Proto- siricidi e, con dubbio, con quella degli Icneumonidi. Ora, gli Imenotteri attuali, all'iufuori dei Tentredinei, hanno larve da omologarsi ad un momento embrionale intermedio tra l'oligopodo ed il polipodo, ma i Lepidotteri presentano, coi Tentredinei, il tipo classico della larva cruciforme, cioè dello stadio polipodo, e che esistessero larve di Tentredinei in questo momento sembra dimostrato dalla maniera d'erosioni riscontrate sulle foglie. Una ulteriore anticipazione di nascita porta alla larva ciclopiforme degli Imenotteri eudo- fagi, corrispondente allo stadio protopodo embrionale. Finalmente, soltanto nell'era cenozoica compaiono per la prima volta gli Apterigoti, cioè C'ollemboli e Tisanuri, i quali, per tutta la loro esistenza, corrispondono a momenti embrionali che precedono anche il polipodo, cioè pei Tisanuri si accostano più a quest'ultimo, pei Collem- boli, invece, convengono appuntino collo stadio protopodo, che è il primo da noi considerato, fra quelli che trovano corrispondenti tra le forme che vivono di vita extraovica. Rifacciamo il cammino inverso da quello seguito dalla olometabolia nello svolgersi traverso le epoche geologiche e ve- diamo più davvicino gli argomenti, oggi stesso constatabili, a favore della nostra tesi. Stadio protopodo (od aroheopodo). — Nell'embrione (tìg. 276, 277, A) esso è carat- \SiL~s J terizzato dalle seguenti ^M ' ^f condizioni morfologi- che : 1.° Più o meno incompleta segmenta- zione della regione addominale: 2.° Non sono ancora impostati uè le trachee né gli stigmi ; 3.° Il tubo digerente è molto in- completo; 4.° Il sistc ma nervoso è tuttavia rudimentale e sono impostate solo le masse ganglionari, disgregate secondo una maniera molto primitiva. Questo per la parte negativa; per quella positiva invece: 5.° Discretamente avanzate sono le appendici cefaliche e toracali; 6.° L'orifizio boccale e quello anale sono aperti ed è iniziata la formazione dello Stomodeo e del Proctodeo; 7.° Le cellule sessuali sono già da tempo presenti, come coetanee od antecedenti anche alla formazione del blastoderma. Larva Ciclopiforme. — Il Marchall giustamente dice : « Uno dei tratti d'orga- nizzazione, il piii importante della larva Ciclopiforme, risiede nello stato embrio- Fiff. 27(>. — Embrione allo stadio protopodo oligomero (Manlis, da VinUjines) con soli 4 macrnsomiti ; lettere ciniie a fig. L'77; lt. t3, no- miti toracali. Fig. 277. — A, embrione protopodo oligo- mero (Xiphidium cnsiferum, da Wheeler) eoa un solo grande macrosomite addomi- nale paragonato ad un corrispondente stadio larvale B, ciclopiforme (di Pìnli/- gasltr herricki, da Knla^in) con addome indiviso; T, testa; Te, torace; A, ad- dome; o, bocca; An, antenne; M, man- dibole: Mi, mascelle; Zt-Z3, z;tmpe. LE V.l\ GIOVANILI inceli. I INSETTI Kig. 278. — Due larve ciclopifornii. A, la tipica con addome di pochi maerosomiti, secondo Marcimi] ; li. di parassita di Oecido- uni, a lì/cnidìs con molti niicrosomiti. Da Mar diali. naie ed incompleto della regione addominale ». Infatti si vede chiaramente qui trattarsi d'una divisione macrosomitioa (voi. I, pagg. 68 e segg.) come è in talune larve, con tendenza a divenire microsomitica, come è per altre. E per vero, prendendo due termini estremi della segmentazione dell'addome in larve Ciclo- pi formi, comi' sono ad es. quella illustrata dal Kulagiu per prima larva del Plaiygasier herriki (lig. 277 lì), nella quale l'addome stesso è indiviso (o ne è distinto tutto al piii il primo segmento) e, d'altro canto la prima larva d'Imenottero parassita di Cecido- mi/ia lycnidis, illustrata dal Marchall (fig. 278, lì), che presenta almeno sette segmenti addominali, si ba una serie molto ricca e quasi completa. Il primo caso può essere riportato ad uno stadio embrionale come quello che tolgo dallo sviluppo del- Xijili'uiium ensiferum, fig. 277, A); l'altro corrisponde al- l'embrione, ad addome quasi tutto segmentato. Ora, in mezzo vi sono gradi molti con vario numero di segmenti addominali e tra questi anche quel tipo di larva prima di Platigasteridi illustrata dal Marchall (fig. 278, A), che avrebbe, secondo questo Autore, 6 anelli addominali (compresa la forca) o che, computando i due primi per anelli toracici, come sembra verisimile da poi che il torace si differenzia prima, avrebbe quattro segmenti addominali, cioè corrisponderebbe ad uno stadio bene indicato dal Viallaues per l'embrione di Manti» re- ligiosa (fig. 276). Si possono avere adunque tanto per le larve Oiclopiformi che per l'embrione, vini sottostadi, a seconda del numero di microsomiti in cui l'addome è diviso e così potrà essere detto, come si è già avvertito, oligomero allorché l'addome stesso non è altrimenti segmentato ; polimero, invece, allorquando la divi- sione microsomitica è già molto avan- zata o totale. Quanto al resto della organizza- zione si vede che le larve Oiclo- piformi mancano d'apparato respirato rio, hanno molto incompleto il tubo digerente e, quanto al sistema nervoso, esso è tuttavia disgregato. Per tutti i caratteri negativi adunque queste larve convengono coll'embrione protopodo, di cui si è detto. Ma vi ha di più. Per ciò che riguarda gli arti toracici essi sono bene accennati nell'embrione, sempre in questo momento, ma pel- le larve Ciclopiformi, nel maggior numero dei casi solo il primo paio è evi- dente. Questa però è una variazione secondaria e noi troviamo bellissimo esempio di tutti e tre gli arti toracici sviluppati (sebbene tuttavia indivisi) nella larva Oiclopi- forme di un Cimbicide, che per essere adattato a vita entomofaga, ha una tale larva prima. Esso è illustrato dal Keilin e De la Baume Pluvinel ed è la Eucoila keilini (fig. 279. .4). Fig. 279. — Le due larve di Eucoila keiUni. (prima) ciclopiforme : B, (seconda) cruciforme apoda, di- versamente ingrandite. Da Keilin e l)e la F.aume Plnvinel. l'Tii CAPITOLO Ql IRTO A B V\g. '280. — Apterigoti-C'ollemboli, Poduride {Isotoma). A, dal ventre, da Haase; 7»', di lato, d» Schott. Adunque la larva Ciclopiforme è il più immaturo stato che esista fra i Pterigoti e si richiama allo stato protopodo dell'embrione di tutti gli altri Insetti, che non hanno siffatta larva. Apterigoti. Venendo ora agli Apterigoti troviamo che la loro organizzazione corrisponde esattamente a quella delle larve Oiclopiformi, salvo che il tubo digerente è messo in condizioni di funzionare ed il sistema nervoso è meglio collegato, seb- bene sempre mantenga il carattere embrio- nale, che spetta anche alle larve Oiclopiformi. Ora, gli Apterigoti, come le dette prime larve degli Imenotteri parassiti, si svolgono secondo lo speciale modo di segmentazione ca- ratterizzato dalla assenza totale del tuorlo nu- tritivo o da un tuorlo poco abbondante. In tale caso la segmentazione è totale, come in certi Crostacei. Ciò è constatato da grandissimo numero di autori, sia per lo sviluppo di Imenotteri en- dofagi, sia per quello di Apterigoti. < )ra, se si confrontano i Oollemboli (flg. 2S0) collo stato protopodo dell'embrione si vede che essi corrispondono ad un momento della vita embrionale in cui l'addome non è ancora tutto segmentato e corrispondono anche con quelle delle larve Oiclopiformi, che non hanno se non un certo numero di microsomiti; nou sarebbero troppo discosti adunque dal tipo della prima larva di Platygaster descritta dal Marchall, come ho detto. Essi non hanuo ancora il sistema tracheale. Non do troppa importanza, in questo paragone, alla jurca dei Oollemboli, che ha un corrispondente in quella con cui è terminato l'addome della massima parte delle larve Oiclopiformi, ma è un fatto che questa consonanza di caratteri non può non impressionare. Quanto ai Tisanuri (fig. 1381) essi non possono essere paragonati se non a stadi tra il protopodo ed il polipodo embrionali, cioè appena più su dei Oollemboli, ma non ancora decisamente da richiamarsi allo stato polipodo vero, dove starebbero invece così bene le. Scolopendrella. Essi mostrano però un sistema tracheale, sebbene tut- tavia molto primitivo. Oon ciò si veggono essere molto vi- cini al secondo stadio embrionale. Per chi volesse mettere qui i Proturi o Mirientomi, i quali io lascerei di lato colle Scolopendrelle, potrebbe pensare che essi nascessero, non avendo ancora raggiunto l'ultimo limite della segmentazione addominale e che nou raggiunges- sero questa se non nello stadio adulto. Difatti la suddivisione microsomitica procede dall'innanzi all'indietro. I Tisanuri però nascono col numero definitivo di uriti, quindi sono vicinis- simi al momento polipodo dell'embrione. Essi hanno, in taluni casi, anche il primo paio di arti addominali discretamente sviluppati, ma non è certo che il rima- nente delle appendici ancestrali sia da omologarsi alle false zampe. Anzi, a mio giudizio, tale omologia non si pnò fare e ne ho dette le ragioni nel primo Fig. 281. — Apterigoto-Tisa- nwo(Campodea) mostrante l'addomediviso in 11 uriti e con vescicole e stili su ciascun segmento. l.K IMA GIOVANILI KKlill INSKTTI 277 volume, quando non bastasse il vedere forme ohe, come le Soolopendrelle, hanno zampe ed appendici ancestrali insieme. Nello sviluppo embrionale di qualche Collembolo (Anutida) si vedono rudimenti da ascriversi a dette appendici e che scompaiono o si modificano in altri organi, che spettano a questo gruppo. Stadio polipodo. Veniamo a quella fase dello svi luppo embrionale che. col Pakard, può essere detto em- brione polipodo. È caratterizzato dalla evoluzione avvenuta del si- stema tracheale e dalla presenza di arti in tutti (tipica- mente) i segmenti dell'addome, che è ormai esattamente diviso nel numero definitivo di articoli. Tutti gli altri sistemi sono notevolmente progrediti. Ora questa fase non è stata né può essere ricono- sciuta pegli Apterigoti e pegli Imenotteri a larva Oi- clopiforme; i primi perchè non vi arrivano neppure nella vita postembrionale ; i secondi perchè appunto fuori dell'uovo traversano questo periodo. Ma l'embrione polipodo (tlg. 282. L'.s:;. lì, (!) e stato riscontrato nel ciclo di sviluppo embrionale di tutti gli altri Insetti. Fig. 282. — Kmbrioue poli- podo di Eterometabolo (,\'ì- phidium ensiferum) suc- cessivo a 277, A . :t, :t.s, impostazioni (ielle zampe toracali ; za^-za^, di quelle ad- dominali. D:i Wheeler. Ad esempio in Lepidotteri [Sphins, Bombyx mori, Gastropacha qtiercifolia, Pieri», ecc. da Kowalevsky, Tichomiroff, Graber) ; Coleot- teri (Melolontha, Heloe, Hydrophiliis, Clithra, ecc. da Korschelt, Nusbanm, Heider, Graber, ecc.); Imenotteri {Apis, Chaliohodoma, Tentredinei, ecc. da. Biitschli, Carriere, ecc.): Ditteri (specialmente Pupipari), da Prato, ecc. hi furine emimetabole si sono vedute le appendici addominali ed assai bene studiate ni Ortotteri (Gryllotalpa, Oecavtkus, Stenobo- lltru*, Munì in. Blatta, Phyllodromia, ecc., da Rathke, Ayers, Wheeler, Graber, ecc.); Emit- tori tZaitha, Cica da, ecc. da Weeler, ecc.). liei significato e permanenza di questi pseudopodi e della loro omologia colle false zampe di parecchie forme larvali olometabole si è già discusso altrove (voi. I, pag. 283). Quello che certamente avviene è la loro di- sparizione definitiva in parecchie forme anche di larve olometabole, sicché queste, come sono le Melolontoidi e le Vermiformi, debbono collocarsi ad un gradino più alto delle Eru- ciformi vere, le quali conservino o meno i pleuropodi, ottenendone le zampe false larvali. E certo che intanto corrispondono, per questo carattere appunto, allo stadio polipodiale e quindi precedono di poco quello seguente, in cui le zampe addominali sono definitiva- mente scomparse. I Ditteri, specialmente gli < irrorati, coinè pare alcuni Neorotteri, mostrano di avere larve, le (inali stanno fra lo stato polipodo ed il successivo, come si e detto. Infatti, i rudimenti di false zampe, di cui abbiamo dato largo esempio, tolto sopratutto dai Ciclorafj, e quelle protuberanze che si vedono anche nelle larve dei Ciclorafi, non possono non deporre a lavori- di questa tesi. Pig. 283. — Stadi embrionali di Coleotteri. .1. protopodo polimero; B, polipodo di Hydrophilus, da Heider: O, polipodo di Melolontha, da Korselielt ed Heider. Lettere come a figura 282. 278 CAPITOLO QUARTO Per quel che riguarda i Pupipari si dovrebbe credere cbe la loro maniera di comportarsi, al momento di schiusura dell'uovo, fosse del tutto diversa da quella degli altri Ditteri, perchè si vedono in realtà i Pupipari mettere alla luce un uovo, ohe è veramente un pupario e schiu- derne senz'altro l'adulto. Ma la diversità non è che apparente. Infatti è dentro all'utero che la larva schiude dall'uovo ed allorquando essa nasce è in uno stadio non diverso da quello dei Ditteri Ciclorati. Nell'utero stesso peri), nutrendosi di secrezione venuta dal maschio e più esattamente dello sperma maschile, per un accoppiamento successivo, la larva procede nel suo sviluppo, fino allo stadio ultimo di proninfa, entro la spoglia larvale (pupario). Adunque è un caso questo da assomigliarsi a lineili d'endofagia e perciò la larva può essere ed è infatti immaturissiina nei suoi organi di relazione e si comporta veramente come un em- brione, che procede nel suo sviluppo anche oltre quanto fanno gli emimetaboli. Stadio oligopodo. — E caratterizzato nell'embrione dalla scomparsa delle appendici addominali ; permangono, anzi aumentano di sviluppo, quelle toraciche. A questo momento corrisponde la larva Melolontoide degli autori, che per n'itila differisce dalla Campo- deiforme o Tisanuriforme, che da altri si è voluta distinta, perchè una variata gradazione' nelle di- mensioni degli arti non è mancata di suggerire molte altre distinzioni, delle quali però nessuno può dare i limiti precisi, come non era stato bene detto il carattere della larva in questo stadio. Ma se ci si riferisce al momento corrispondente del ciclo em- brionale è con tutta esattezza che si circoscrive questa larva, così elevata fra tutte le olometabole. Anche le antenne sono bene sviluppate e l'ani- male tutto può essere talora agile, robusto e ben »\^ ""Sà^ZZ— - — 1 atto a Predare. Vi sono anche qui forme apode, che però non rappresentano per nulla uno stadio più avanzato verso la proninfa, ma semplicemente un caso di involuzione, derivato dalla comodità di vita. Alcune, come quelle di parecchi Coleotteri, non hanno zampe dalla schiusura dall'uovo, altre divengono apode dopo una muta, come sono quelle ad es., che sono dette prima ninfa in talune Cocciniglie (Dia- spiti, flg. 273, B) o negli Aleurodidi od altre che si trovano abbastanza comuni fra i Coleotteri (Meloidi, flg. 286, Bruchus, flg. 284, Carabidi). Anche questo ul- timo stadio secondario nulla però ha a che vedere colla proninfa, la quale, anche nei Diaspiti, viene di poi, conforme fanno vedere i maschi (flg. 273) ed in quasi tutte le altre Cocciniglie, non diversamente dagli altri Omotteri, nessuno stadio apodo intercede fra la larva e la proninfa. Dopo lo stadio oligopodo si inizia necessariamente la metamorfosi completa (Eoninfa) per le specie, le quali lo oltrepassano vivendo fuori dell'uovo, anche se per brèvissimo tempo e con tenui modificazioni nella loro organizzazione, come succede di parecchie specie a matnranza sessuale, che segua, anche a breve distanza, a questa fase larvale. Per le specie a metamorfosi incompleta si ha invece la schiusura dell'uovo, che avviene con una forma (Prosopon) caratterizzata dalla presenza di occhi composti, che mai, pritna d'ora, si erano veduti nelle larve olometabole e nei corrispondenti stadi embrionali delle olometabole. Eoninfa. — Nella serie postembrionale degli Olometaboli. l'ultima forma, la Fig. 2K4. — Prima larva ili Bruchus fubae : a, sua zampa. Da Lintner. r.K K'[ \ GIOVANILI ni i. l.l INSETTI -7!) quale precede immediatamente il periodo di ninfosi è di somma importanza, per quanto non si possa definire per caratteri morfologici esterni, essendo essa tut- tavia avvolta nella spoglia larvale. Questo momento è però segnato da caratteristiche biologiche, cioè dall'ar- resto delle l'unzioni di nutrizione e di locomozione. Per le prime esso arresto succede (in generale) dopo una abbondante evacuazione del tubo digerente; per le seconde esso avviene accompagnato però spesso da un accorciamento di tutto il corpo e dalla retrazione totale delle false zampe, quando esistono (tìg. 20!). A- 292, A). Non è però staccata la pelle larvale dalla sottostante nuova forma, il che avviene solo nella Proniufa; ma ne è iniziato il processo. i Ira, questo momento fugace (fig. 271), col quale si chiude il periodo larvale nelle forme olometabole, corrisponde esattamente con quello della schiusura dell'uovo del Prosopon o larva degli emimetaboli. Adunque, per la Ortogenesi o nascita normale, così detta perchè è la ma- niera seguita dagli Insetti, che primi sono apparsi sul globo e da cui procedono tutte le forme attuali, è caratteristica la schiusura dall'uovo di una forma, che corrisponde esattamente a quella, che negli olometaboli, invece, chiude il primo periodo postembrionale. In questo caso la nascita è stata anticipata più o meno, si è verificata cioè quella Progenesi, che richiede necessariamente la ninfosi. Riassumendo il fin qui detto a proposito dei momenti di schiusura della larva negli Insetti olometaboli e negli auietaboli (veri) si può dire che: 1.° Tra gli Apterigoti, i Collemboli e fra i Pterigoti le larve Ciclopiformi rappresentano la schiusura più precoce, corrispondente allo stadio protopodo oli- gomero dell'embrione. I Tisanuri nascono in uno stadio (protopodo polimero), che più si avvicina a quello Polipodo, ma non lo raggiungono. 2.° I Tentredinei ed i Lepidotteri hanno larve da richiamarsi allo stadio polipodo nella serie embrionale. ìJon si conoscono forme sessuate, che si arrestino a questo stadio, come neppure in quello successivo di larva oligopoda o Melo- lontoide. 3.° Gli altri Imenotteri, con larve apode per involuzione, possono richia- marsi a questo stesso periodo o poco oltre, che è invece raggiunto, dopo una muta dalle larve Ciclopiformi. Parecchi Xeurotteri (in senso largo) non però gli Emerobidi, allorché schiu- dono possono omologarsi allo stadio polipodo o poco oltre e così pure tutti i Ditteri. 4.° I Coleotteri, gli Emerobidi fra i Neurotteri, ed alcum Omotteri (ad es. • uccidi) hanno larve che convengono esattamente collo stadio oligopolio, anche se apode per adattamento. Tutto ciò apparisce dalla annessa tabella (pag. 280), la quale mostra ancora i momenti d'arresto per neotenia di parecchie forme di ordini diversi. Ipermetamorfosi. — Con tale voce è indicata dagli autori una serie di speciali maniere di evoluzione postembrionale. per le quali il numero delle forme prece- denti lo stato ninfale è superiore a quello indicato come tipo pegli olometaboli, cioè larva, proninfa, ninfa. Si intende che questi Insetti ipermetamorfici sono olometaboli e presentano questo fenomeno solo come una secondaria maniera di adattamento. È perciò necessario distinguere subito due diverse e fondamentali maniere di ipermetamorfosi. Ipeioietamokfosi veba. -- In un caso, quello mostrato dagli Imenotteri a larva Ciclopi forine, si vede che si tratta di due forme larvali precedenti la prò- 280 CAPITOLO TKRZO STATI EMBRIONALI STATI POSTEMBRIONALI 1. 2. PHOTO PO DO 3. 4. PKOSllPON a) oligomero P0LIP0D0 0ZIG0P0D0 EU ')) ■polimero PIION1NFA NINFA E0N1NFA NB. — Il segno £ indica la nascita; il segno ^ le varie tappe durante lo sviluppo embrionale; il segno .i"\ ivim DEGLI INSETTI 2X7 bruto, quasi tutto alla formazione dei tuorli. Infatti non è tanto il compimento degli organi che si faccia attendere, quanto, iti generale la sufficienza dei tuorli delle uova. Non si creda che siano di poco effetto, in vantaggio o danno della specie, le condizioni suesposte. Ecco un esempio. Le Mosche, in generale, impiegano tanti giorni a schiudere dall'uovo, fino allo sfarfallamento dell'adulto, quanti poi impiega la femmina di questo ad attendere la maturanza delle uova. Ciò vuol dire che il numero di generazioni di Mosche sarebbe raddoppiato se questi Insetti potessero Sortire dal loro pupario colle nova pronte ad esser deposte ed inoltre, in quei parecchi giorni di Peregrinazioni continue ohe l'adulto fa per procurarsi l'esistenza e per trovare il maschio, onnie per rintracciare ove preparare la sua figliolanza, la massima parte degli Insetti cadono vittime di insidie. Basterebbe anticipare ili qualche giorno la maturanza delle nova della mosca perchè la terra tutta ne fosse ricoperta """"""N* o~-"*""" in pochi mesi ! \ V^i / Adunque, per questo caso, la enorme rapidità del ciclo \ f!"!Ì J giovanile, la grande fecondità, la somma facilità di provve- \. — 3E~^ dere alla propria esistenza od alla propagazione, tutti van- tn"'-. " \, \ tairsii considerabilissimi, di cui godono le Mosche, sono bilan- / /]'■'■ '''wv\\ ciati dal solo fatto della ritardata maturanza sessuale, dovuta I JcililH^J \ al grande dispendio por la formazione, nella ninfa, della più " |f pì!.' liiii'y eccellente macchina volante che si conosca. \ teiWiiy ì Ricorriamo al caso inverso e quivi troviamo la massima \ fa-w / parte delle forme sedentarie, sopratutto di parassiti, sieno fcj ili animali che di vegetali e più quelli che questi. Ncotenici jjl souo in abbondanza i carnivori, che non debbano faticare fig. l'93. — Femmina 'ueotenica di molto al ritrovamento del cibo e che, in pari tempo, nep- Dittero (Soiaride, Peyerinhoffia , ,,, ,. sumeri-aura, Schmitt). Ingr. ; da pure debbano molto peregrinare per la ricerca dell'ambiente Schmitz. atto alla nutrizione della prole. In tutti questi casi la facile vita e l'abbondanza del nutrimento allo stato di larva consen- tono il precoce sviluppo dei genitali, in tempo in che gli organi di locomozione sono maturi e si evitano cosi quei detrimenti, che ho ricordato più su a proposito delle Mosche. Quanto alla causa della neotenia essa è già in parte adombrata dal sopra- detto. È da credersi che la misura del cibo e la sua natura, se più o meno ricca di sostanze nutrienti intìuiscauo assai sullo sviluppo, quanto ad epoca, degli or- gani e dei prodotti sessuali. Intendasi però sempre per la medesima specie Voglio dire che in condizioni favorevoli di nutrizione gli individui si tro- vano eccitati ad una maturanza sessuale precoce, la quale, per la stessa specie può essere allontanata tino a coincidere collo sviluppo di buoni organi di volo, se le condizioni stesse di vengono meno fortunate, oppure se le riserve di so- stanza nutritiva, che si sono fatte durante il periodo larvale, vengono distratte in parte alla costruzione dell'organismo volante. È un conflitto fra quello che l'individuo richiede per sé, a buona formazione dei suoi organi locomotori, se- condo il tipo, e quello che domandano i sessuali in prò della specie. Se la richiesta, diro cosi, dipendente da necessità e meno viva in un senso, si guadagna nel- l'altro e viceversa. Allorché per la migrazione (diffusione a distanza), per la ricerca dell'altro sesso, per quella del cibo e di ambiente opportuno alla prole, è necessità di buoni organi locomotori, allora ne scapita la rapidità di sviluppo dei sessuali, mentre che. per le specie sedentarie 0 pur le generazioni tali in una data specie. 288 CAPITOLO QUABTO per la vicinanza dei due sessi o per la nessuna necessità di fecondazione (forme partenogeniche), per la comodità del cibo a portata non è indispensabile un poderoso apparecchio locomotore, l'organismo, da buon amministratore, ritira la spesa in quel senso ed è più generoso all'incremento degli organi e dei prodotti sessuali. In tale caso accade di frequente che il sistema locomotorio rimanga imperfetto totalmente (Diaipiti, femmine di Ripitteri, ecc.) od almeno nelle ali, che sono la più ampia maniera di locomozione. Nel caso inverso possiamo avere un ritardo nella maturanza sessuale, come è quello avvertito delle Mosche ed il peggio accade poi quando, con materiale insudiciente, occorre provvedere ad una grande richiesta del sistema locomotorio. In tale caso ne risentono i sessuali, che rimangono immaturi (Ape operaia) e se neppur questa richiesta e viva ed ancor più limitati i mezzi di cui l'organismo dispone, allora si ha il caso delle forme attere, arrestatesi allo stato di eoninfa o di proniufa e per lo più immature anche sessualmente, come avviene dei neutri di taluni Insetti sociali (Formiche, Termiti). Si comprende che questo stato è possibile solo nelle sooietà. Lo studio delle specie parassite, delle sessualmente dimorfe e delle polimorfe, in compara- zione colle altre sta a dimostrare quanto si è detto. La ninfosi. Il meraviglioso fenomeno della metamorfosi, pel quale una creatura alata, insigne per forme, colori ed abitudini sorge da un modesto essere vermiforme e non di rado poco attraente, e nella nuova veste smagliante vive e brilla tanto diversamente dalla stia prima oscura età, non ba mancato di impressionare for- temente, in ogni tempo, la mente umana. Fino dalla più remota antichità il fenomeno stesso è non soltanto ricono- sciuto, ma fatto argomento di ammirazione e di singolari argomentazioni filo- sofiche. Pei G-reci la parola Psiche {1>»xi) significa ad un tempo Farfalla ed Anima, per quella corrispondenza, che si voleva trovare fra il destino dell'uomo e la vita di questi piccoli esseri. Non vedete voi che noi siam vermi Nati a formar l'angelica farfalla? Oanta il poeta per quel concetto pel quale la. vita, la morte ed il risveglio altrove dell'uomo trovavano riscontro nella vita larvale, nel letargo e nel trion- fale risveglio della farfalla. « Come la larva strisciante, l'uomo si trascina sulla terra, come la ninfa im- mobile, l'uomo dorme nella tomba: come l'amante dei fiori, insetto ad ali d'oro e d'azzurro, l'uomo rinasce alla vita nell'immortalità dell'anima ». Ma, pur non volendo spaziare cosi liberamente a volo nei campi del fanta- stico e trattenendoci, con più modestia e prudenza, alle meno ardite concezioni ed argomentazioni del filosofo naturale, è fuori di dubbio che, pur sempre, il fe- nomeno della ninfosi riesce tra i più mirabili e graziosi, che sieno in natura. Esso ha eccitato sempre la curiosità degli osservatori di cose naturali, da quelli che, più anticamente, si sono appagati della semplice constatazione del fatto singolare, fino ai più recenti investigatori, che hanno sviscerato il feno- meno in tutti i suoi più minuti particolari, mostrandone il singolare processo, la r.K !■• i\ li. .\ ami.i i>ki;i i i\-i i 1 1 289 complessità ed ottenendo dati in appoggio dell'antica, geniale interpretazione di un fatto cotanto singolare. Perche, conforme altra volta si è avvertito, già Aristotile, ricordando bene il processo della ninfosi, ne dava poi anche una ragione, che è veramente la giusta. « Le farfalle provengono — così egli dice — da bruchi. Essi sono dapprima non piti grandi di un grano di miglio; in seguito sono piccoli vermi, ohe, in capo a tre giorni appaiono come piccoli bruchi. Quando questi bruchi hanno acquistato il loro accrescimento definitivo, perdono i movimenti e cangiano di forma. Si chiamano allora crisalidi. Esse sono av- volte in astuccio chiuso. Però quando si toccano >i agitano. Le crisalidi sono chiuse in celle fatte di una materia simile ai fili di ragno. Esse uon hanno né bocca né altre parti di. tinte. Poco tempo dopo l'astuccio si rompe e ne sorte un animale volante, che noi chia- miamo farfalla. Ne] suo primo stato esso mangia ed espelle escrementi; di- venuto crisalide esso non mangia più nulla. La stessa cosa è di tutti gli ani- mali che provengono da vermi » (Hist. anim., lib. V, cap. XVIII . La siùegazione del fenomeno, ohe Aristotile propone molto bene è la seguente: « Col tempo tutti gli em- brioni, che hanno formato le larve Uniscono per diventare una specie di uova. L'inviluppo che li rive- ste indurisce e durante tutto questo periodo essi sono immobili. Ciò può essere benissimo veduto nelle larve di Api, Vespe e nei Bruchi. Si può dire che la natura ha fatto, in certo modo, una specie di uovo prematuramente, cotanto esso è imperfetto e che la larva non è che un uovo, ma destinato a crescer ancor molto L'uovo ingrandisce e prende nutrimento. Ano a che sia divenuto un uovo completo. Quando l'inviluppo della larva si 6 disseccato, l'animale sorte rompendolo, come sortirebbe da un uovo; esso è allora tutto formato, esso è alla sua terza metamorfosi». Ora si vedrà come, seguendo appunto questo concetto e traendone ancora gli evidenti corollari, sulla scorta delle più recenti diligentissime investigazioni. che lo dimostrano verissimo, si possa dare una limpida ed uniforme spiegazione di tutti intesti fenomeni di trasformazioni, per tutti gli Insetti, il che sarebbe arduo od impossibile fare non convenendo nella geniale interpretazione aristote- lica del fenomeno. Ma del come avvenga cosi grande mutamento da bruco a farfalla non si ebbe pensiero scevro da errore se non in tempi del tutto recenti. I più antichi filosofi ritenevano infatti una mutazione così radicale farsi su bitamente, come si favoleggiava nella mitologia ad es. di Atteone trasformato in cervo dalla vendetta di Diana, o di Aracne in ragno per Quella di Minerva. A. Bkklese, Oli Insetti, ti. Kig. 294. — Metamorfosi completa. I tre stadi di una Far- falla. A, larva; B, ninfa; 0, adulto ( Deitephilo elpenor). A, ridotto di un terzo; B. 0, grandezza naturale. 290 CAPITOLO QUARTO Non è che più tardi assai, pegli studi del Redi, del Vallisnieri, dello Swani- niordaui e del Leuwenhoeck, che prende piede l'ipotesi della conservazione della individualità traverso tutte le metamorfosi. Caratteristiche della ninfosi. L'insieme dei fenomeni tìsico -chimici, istologici, organo plastici, ecc., pei quali entro la spoglia della ninfa si compie la mirabile formazione dell'insetto adulto olometabolico, è compreso sotto il vocabolo di ninfosi. Tali fenomeni però si iniziano negli ultimi momenti dello stadio larvale, o meglio, in questo momento essi cominciano ad assumere una improvvisa vi- vacità. Essi, per meglio dire, non hanno mai cessato di avverarsi dalla schiusa del- l'uovo in poi, durante tutto lo stadio larvale, ma, in questo tempo, si sono svolti con molta lentezza e tutto affatto in linea secondaria fra la intensa attività delle funzioni vitali e di accrescimento della larva. Soltanto allorché questa perisce in tutti i suoi organi transitori e solo vive in quelli rudimentali, che spettano al fu- turo adulto, le funzioni e. le attività di questi ultimi prendono energicamente il sopravvento e, dalla line dello stadio larvale fino ai primi momenti di quello del- l'adulto, si svolgono con vivacissima intensità, sotto l'involucro protettore e nel- l'apparente letargo funzionale della ninfa. Bisogna richiamarci alle ragioni del processo per intendere questo nei suoi particolari e nei suoi effetti. Si è già detto che la necessità, per parte dell'adulto, di accrescere il nu- mero di uova, per sopperire con più ricca figliolanza alle maggiori esigenze della vita, importa la necessità di una riduzione delle uova stesse nel loro volume, non potendo la madre accrescere soverchiamente quello del proprio addome e trovar modo di sopperire al deposito di così grande quantità di sostanza ela- borata per formare tuorli sufficienti ad un maggior numero di uova. Tale pratica, col ritardare la maturanza delle uova e coll'accrescere così i bi- sogni della madre, aumenterebbe anche a dismisura la somma delle cause avverse alla gua esistenza, aggiungendo quindi difficoltà alla conservazione della specie, precisamente quando queste sono già sensibili oltre il limite di compatibilità colla esistenza della specie stessa. La madre adunque deve produrre un maggior numero d'uova nel medesimo tempo e contenerle nello stesso spazio, riducendo così per ciascuna il volume del tuorlo stesso. Con ciò si hanno effetti multipli oltre alla statura minore che le larve degli olometaboli hanno in confronto dei loro rispettivi adulti, paragonata alla pro- porzione, che generalmente si nota fra gli emimetaboli. Questi effetti sono i seguenti, nei quali appunto consiste il fenomeno della olometabolia: 1.° Lo svolgimento dell'embrione viene interrotto quando ancora sono ap- pena accennate qua e là impostazioni di organi definitivi, prima che la sua or- ganizzazione sia tale da corrispondere fondamentalmente (cioè quanto a tipo) a quella dell'adulto, salvo minor grado di perfezionamento dovuto alla immaturanza di alcuni sistemi ed organi. 2.° Queste prime impostazioni ili organi definitivi (dischi immaginali, istoblasti), non essendo collegate non compongono sistemi atti ad una pro- ficua funzione, quindi l'embrione, che così nascesse, quando non si trovasse in LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 291 condizioni di protezione, comodità di cibo, ecc. specialissime (Pupipari), sarebbe incapace di provvedere a se. 3.° Si forma quindi un provvisorio adattamento e collegamento delle im- postazioni embrionali primitive, mercè elementi istologici particolari (larvali pro- priamente detti) così che gli organi, completati alla meglio, possono compiere le funzioni della vita postembrionale. 4.° Gli organi larvali così derivati sono più o meno diversamente fabbri- cati e con funzioni quindi diverse da quello che avrebbero avuto ed avranno gli organi corrispondenti, derivati dalle prime impostazioni embrionali suddette. 5.° Di qui diversità grandissima di aspetto, struttura, organizzazione, abi- tudini e maniere di vita della forma larvale così raffazzonata, da quelle dei ri- spettivi adulti. ti.0 Può intervenire la formazione di organi speciali del tutto spettanti alla larva e senza corrispondenza nell'adulto. 7.° I soli organi riproduttori, che non hanno funzione nella larva, non ri- sentono il bisogno di alcun provvisorio aggiustamento per la possibilità della vita extraovica, e quindi essi rimangono senza transitorie snpercostruzioni. 8.° La larva immagazzina la sostanza occorrente alla formazione in sé del nuovo tuorlo, il quale, questa volta sarà in proporzione tale da dare senza più l'adulto nelle sue dimensioni. Questo è l'unico ufficio della vita larvale. 9.° Ottenuto questo scopo l'insieme degli organi e tessuti esclusivamente larvali muore, avendo compiuto il suo ciclo d'esistenza. 10.° Avviene un disfacimento di questi organi e tessuti (Istolisi), dopo del quale, entro la spoglia della ninfa si trova il tuorlo nuovamente ottenuto; nonché il complesso delle prime impostazioni embrionali. Siamo dunque allo stadio ricor- dato ai numeri 1.° e 2 °. La sostanza derivata dalla distruzione degli organi lar- vali non va perduta, ma concorre ad arricchire il nuovo tuorlo suddetto. 11." Le prime impostazioni (dischi immaginali) acquistano una improvvisa grande energia di accrescimento, riprendono lo svolgimento interrotto e comple- tino la forma definitiva, a spese del nuovo tuorlo. Questa formazione nuova di organi e tessuti, in seno alla ninfa, dicesi fotogenesi. 12.° Gli organi riproduttori compiono la loro evoluzione e l'individuo, ormai adulto, si libera dalla spoglia ninfale {Sfar fedi amento). Ipotesi sulla natura e sulle cause della ninfosi. Gli anticlii ammettevano senz'altro la nascita di un nuovo essere, da altro diversissimo, per inni di ([nei subitanei mutamenti, di cui avevano testimonio nelle loro credenze mitologiche. Anzi è probabile che l'idea della metamorfosi, capace di trasformare un uomo in un animale e viceversa sia venuta dalla osservazione del bruco e della farfalla, nonché della ninfa, cioè due esseri differentissimi, sorti successivamente, d'improvviso dal primitivo stesso individuo e non è improbabile ancora che questo fatto abbia servito di base alla credenza nella metempsicosi. Si e visto però con quanto fine intuito Aristotile si apponeva alla ipotesi giusta. Il fatto della individualità unica, che si conserva traverso le metamorfosi, è confermato dalle osservazioni del Redi, del Vallisnieri, dello Swammerdam e del Leuwenhoeck, i quali furono i primi a voler vedere più addentro in tutta questa complicata successione di aspetti diver- sissimi. Réaumur, per primo, accertò che, recidendo una o più zampe toraciche ad un bruco, la far- falla che ne riesce risulta monca dei membri corrispondenti. Ma le ipotesi piti vecchie, dopo quella cosi sagace di Aristotile, sono però del tutto errate. Swammerdam riteneva che sotto la pelle della larva si trovasse quella della ninfa ed in 292 CAPITOLO QUARTO questa quella dell'adulto, come tante vesti sovrapposte l'una sull'altra, addosso ad uno stesso individuo, ed alla guisa che vedonsi fare gli acrobati nei circlii, al momento buono questi invo- lucri fossero rotti e ne schiudesse la nuova forma nascosta. Lo Swammerdam andò auche più in là, pensando che la farfalla fosse già tutta formata nell'uovo. Questa ipotesi del semplice sviluppo di parti preesistenti, alla quale inclinava anche il Réaumur, fu accolta per buonissima tino ai classici studi del Weismann (1864) sulla ninfosi dei muscidi e che furono il fondamento di tutte le altre accurate e molteplici ricerche di poi. Parecchi autori però, prima di lui, avevano osservato e studiato i dischi immaginali. Il Lyouuet (1762), nel Cossus ligitiperda, riconobbe, nel 2.c e 3.° segmento del tronco, quattro masse bianche contenute nel grasso, ciascuna riunita alla pelle da una profonda piega « che essa aveva fatta» e non potè venire a capo di comprenderne il significato, però egli ritenne che po- teva trattarsi di « principii d'ali » dell'adulto, e le stesse cose vide l'Hérold (1815) nel bruco di Cavolaia. Nel 1819 Lachat e Audouin descrivono certe « placche », come essi le chiamarono, collocate in tre paia sui grossi tronchi tracheali di una larva di Dittero (Conops) endofaga dei Pecchioni (Bombusf. Newport (1841) concluse, per certe sue sperienze analoghe a quelle del Réaumur sugli effetti della amputazione delle zampe dei bruchi, che le zampe nell'adulto si riproducono so non è stato asportato il loro rudimento assieme al corrispondente arto della giovane larva. 11 Dufour (1845) considerò per corpi gavglionoidi facenti parte dell'apparecchio sensitivo ed in rapporto col sistema nervoso, come altrettanti gangli speciali, certi animassi cellulari trovati nella testa e nel torace delle larve di uua mosca (Sarcophaga hemorroidalis), e di questa opinione è pure lo Scheiber (1860). che studiò le larve di Estridi. Fu il Weismann, che, come ripeto, colla scoperta dei dischi immaginali (i corpi ganglionoidi del Dufour, le placche, ecc. degli altri autori) e l'attribuzione loro del vero significato ed ufficio; colla rivelazione del fenomeno dell'JsfoHsi', voce da lui stesso pri- mamente usata, e quello di ricostruzione dei tessuti nuovi coll'in tervento anche delle sferule di granuli (Korekenkugeln), per quanto si poteva fare una settantina d'auni fa circa, deliueò esattamente tutto il processo della ninfosi. Kunckel d'Herculais (1875) a proposito delle larve di Volucelle (Ditteri) descrive quattordici paia di dischi immaginali, che egli chiama istoblasti e ne riconosce la origine ipodermale (fig. 295). Il Gauin (1876) riconosce che quanto proviene dalla distruzione degli organi larvali non entra nella composizione degli organi nuovi. Viallanes (1881) non solo studiò molto diligentemente i dischi immaginali pel loro numero, posizione e scopo, ma, ancora i fenomeni di istogenesi, per quanto la conclusione cui egli ar- riva, convenendo in ciò col Weismann, dì una formazione libera delle cellule, non sia am- missibile. HKowalewsky (1885 e 1887) pubblicò lavori sulla metamorfosi delle Mosche, i quali mena- rono grandissimo rumore, per ciò che riconobbe l'intervento della fagocitosi nella distruzione dei muscoli larvali, così come il Metschnikoff la aveva rilevata a proposito della istolisi dei muscoli nella coda dei Girini, allorché questi animali perdono tale organo per assumere l'aspetto de- finitivo della Rana. 11 Kowalewski riconobbe la detta ingerenza dei- globuli sanguigni (amebociti, leucociti) anche nella ninfosi della Mosca e vide che quivi aggrediscono frammenti di muscoli, che inglo- bano e distruggono. Sono queste le sfere di granuli già vedute dal Weismann. L'Autore ammette anche la succes- siva distruzione del corpo adiposo della larva per via fagocitica. I prodotti della digestione dei olobuli sanguigni passano poi nel plasma e servono alla nutrizione dei tessuti, che si vanno nuovamente formando. Kig. 295. — Dischi imagi- nali Della larva di Volu- cella, secondo Kìinckel d'Herculais. a, delle antenne; o, dell'occhio composto; z, z, z, delle zampe; allt a?t, delle ali ; a1-^3 degli organi genitali esterni. I.K ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 293 Vini Rees (1888) conviene nelle conclusioni del Kowalewskv, quanto ai fenomeni di fagoci- tosi, ma, oltre a ciò, fa nascere i globuli sanguigni dell'adulto dal tessuto adiposo larvale. Berlese (IStOO) nega la fagocitosi e dà altra esplicazione della istolisi. Così gli studiosi tu questo argomento si dividono in due campi: per gli uni fondamento di tutto il fenomeno istoli- tioo è l'intervento dei globuli .sanguigni, che realmente divorano i frammenti dei tessuti larvali destinati a scomparire; per gli altri i detti amebociti non intervengono se non dopo avve- nuta una speciale degenerazione dei tessuti morti e non hanno ufficio fagocitico propriamente detto. Sono poi sorte non poche teorie ad esplicazione di tutto il processo di ninfosi o di singoli fenomeni secondari e ciò per opera della maggior parte dei molti studiosi, che si sono occupati del diffìcile e complesso argomento, cioè il De Bruyne, il Korotneff, il Karawaiew, l'Anglas, il Terre, il Perez, il Bataillon, ecc. Cause determinanti la metamorfosi. — Dopoché più profondamente si studiarono le modificazioni, che avvengono entro la spoglia della ninfa oloinetahola, si sono messe avanti ipotesi e teorie per ispiegare le ragioni del fatto, quali cioè sieno le cause che determinano il processo della ninfosi. Teoria fagocitarla. — Ammesso il fagocitiamo da patte degli amebociti o corpuscoli del sangue degli Insetti, che dire si vogliano, sulla quale affermazione converrà discutere, i partigiani del fagocitiamo stesso sono giunti perfino a, far dipendere tutto il fenomeno da una attività più energica in senso fagocitico, che si sviluppa negli amebociti, per la quale essi si sentono forte- mente inclinati a dare addosso e distruggere gli organi larvali. Si obbietta però che aucora uou è apiegata la ragione di questo improvviso riaveglio di attività fagocitica, e ricercarne la causa vale tanto quanto indagare quella della ninfosi e inoltre il processo fagocitico ai mostra solo nei Ditteri ciclorafi (oltreché nei Crostacei parassiti, nelle larve urodele di Ascidie) ; negli altri Insetti la distruzione dei tessuti larvali avviene per de- composizione. E poi perchè gli amebociti svolgerebbero la loro attività distruttrice su alcuni tessuti e non su altri? Teoria della crisi genitale. — Secondo il Perez la causa della metamorfosi sarebbe la prolife- razione dei dischi immaginali in seguito a nutrizione eccessiva della larva. Ne verrebbe la for- mazione di sostanze, che, cadendo nell'interno dell'organismo ninfale, stimolerebbero alcuni tes- suti, avvelenandone altri e cos'i i leucociti interverrebbero a distruggere l'organismo larvale, mentre va formandosi quello adulto. Sarebbe la proliferazione delle cellule genitali la causa de- terminante l'incremento dei dischi imaginali. «La metamorfosi è dunque una crisi di maturità genitale». A questa teoria, completamente campata in aria e che non spiega nulla, si potrebbe obbiettare intanto che quel che si cerca e appunto la causa di questa crisi genitale. Inoltre vi sono parecchi fatti, che contraddicono subito la teoria del Perez. Il Bataillon, dopo aver rilevato la somma di ipotesi accumulate in questa teoria, fa vedere che nelle formiche neutre la ninfosi avviene egualmente bene per quanto le gonadi (cellule sessuali) non si muo- vano affatto verso una maturauza, che è loro sempre negata. Lo stesso avviene in certe Stìngi (Lepidotteri) della generazione autunnale, le cui ghiandole genitali rimangono atrofiche, ma le metamorfosi avvengono a puntino, come per la generazione precedente. Teoria asfittica. — La teoria sorge dagli studi di Bataillon sulle metamorfosi dei Batraci. dei Pesci e del Baco da seta, e le esperienze di Terre su diversi Insetti olometaboli. Riconósciuto che nella ninfa scema la quantità di acido carbonico emesso, in rapporto al- l'ossigeno inspirato si conclude che avviene fissazioni; dell'anidride carbonica nell'organismo e quindi asfissia di alcuni organi, che cosi muoiono e si dissolvono. A questa teoria si può obbiettare che l'asfissia entra in giuoco tardi e più precisamente non durante il periodo istolitieo, il cui colmo accade durante lo stadio di proninfa, ma in quello istogenetico, dove parrebbe che dovesse invece essere richiesto molto ossigeno. Il fatto bene accertato della fissazione dell'acido carbonico durante la ninfosi non ha pro- babilmente rapporti colla fine dei tessuti larvali, è richiesto da altre necessità nella chimica delle sostanze, che si modificano nell'interno della ninfa. 294 CAPITOLO QUARTO Teoria dell'arresto fisiologico. — Appartiene all'Anglas e si accosta molto alla verisiniiglianz;i. L'Autore, riconosciuto che il fenomeno non può essere esclusivamente attribuito alla asfissia, ri- leva che i tessuti e gli organi larvali sono stanchi del lavoro compiuto. D'altronde essi hanno cessato di funzionare e ciò non può non avere una importanza considerevole. « Allorché la larva ha accumulato delle riserve sufficienti — scrive l'Anglas — le ghian- dole della seta segregano; il risultato ne è l'imprigionamento in un bozzolo e la conseguenza l'immobilità e la separazione dall'esterno. I muscoli, come il tubo digerente, sono ridotti alla inazione; ora sono essi che presentano delle vere metamorfosi. «Che è avvenuto? In seguito all'arresto della funzione, l'equilibrio chimico instabile delle reazioni vitali è distrutto, il tessuto inattivo è colpito di morte, definitivamente. Da quel mo- mento esso è una sostanza inerte, ma eminentemente assimilabile dai tessuti vicini ed il riassor- bimento segue dappresso la regressione chimica. «Così nei Vertebrati allorché la mucosa dello stomaco si necrosa in qualche punto, il succo gastrico delle cellule vicine attacca, ulcera e dissolve gli elementi stessi che lo segregavano prima. Si può dire che avvengono fatti simili tutte le volte che un riassorbimento si fa nel tessuto necrosato». A questa opinione inclina lo Janet (1909), quando opina che, durante la ninfosi, per eause •ìon precisate il fluido cavitario negli Insetti assuma attività digestive, per secrezioni di tutti gli organi di succhi contenenti diastasi speciali, atte a distruggere i tessuti morti larvali. Teoria della autofagia. — Il sovraesposto modo di vedere dell'Anglas (1903) si accosta a quello già messo avanti da me due anni prima ed al quale oggi pure, anche in seguito a molti altri lavori apparsi sull'argomento, sottoscrivo pienamente. Gli organi ed i tessuti esclusivamente larvali, quelli che sono detti transi- tori, che permettono all'embrione immaturo la vita libera, periscono tutti alla fine della vita larvale, per quella stessa ragione per cui ogni organo ed ogni orga- nismo muoiono allorché è compiuto il ciclo della loro esistenza. ÌSTon si sono inventate teorie speciali per spiegare l'arresto di sviluppo, la morte, la regressione ed il riassorbimento finale di tanti organi e tessuti, sia du- rante la vita embrionale (involucri dell'embrione; micropilo nell'Anurida, cellule vitelline, ecc.) o nell'adulto (cellule vitellogene, ecc.), che non sembra del caso proporne pel fenomeno della istolisi, il quale non differisce dai citati se non per la maggiore ampiezza. Tra gli organi larvali che periscono è sempre anche il mesointestino, sia nella sua parete muscolare che in quella epiteliare. È da notarsi che il mesointestino nelle larve è sempre pieno e le sue pareti epiteliare e muscolare periscono appunto mentre esso è inturgidito da una grande ultima ingestione di cibo. Le pareti ormai morte di questo organo non possono altrimenti impedire la fuoriuscita del contenuto stesso, il quale, infatti, colla sua parte fluida stravasa nella cavità viscerale e questa parte fluida contiene tuttavia in buon dato i succhi digerenti assieme a cibo più o meno bene digerito. Che avviene in tali circostanze? Avviene appunto la digestione dei tessuti morti, i quali si disfanno, trasformandosi in una poltiglia, che è tosto utilizzata per le nuove costruzioni (imaginali) assieme ai depositi albuminoidi formatisi durante il periodo larvale. L'ufficio degli amebociti in questo momento non è diverso dal consueto, il quale, secondo me, è sempre quello di portare attorno nell'organismo le sostanze plastiche ormai elaborate, a nutrizione dei tessuti e riportarne quelle escretive, per recarle agli organi ove possono essere fissate e trattenute. Io nego facoltà digestiva agli amebociti e quindi non si tratta in alcun caso di /agia, ma seni- li: Kl\ GIOVANILI DUOLI INSKTTI 295 liliceinente ili inglobamento di sostanze ormai morte ed elaborate e ciò per com- piere il loro dislocamento. Questa teoria è combattuta dal Perez, il piti convinto fagocitista, con argomenti, però, poco seri. Egli mette in dubbio (1904) anzitutto lo stravasamento del contenuto dell'intestino nella cavità viscerale, cosa che ognuno può vedere « benissimo » in sezioni di piano o trasverse, ad es. di larve di mosca, che cessano di nutrirsi, e del resto tutti gli autori, che si sono occupati delle vicende del tubo digerente da larva a ninfa hanno constatato. In secondo luogo mette in dubbio, senza dimostrarlo, quando gli sarehbe stato facile veder meglio, che il contenuto stesso stravasato non ha facoltà digestiva, quando non si può nemmeno supporre che sia altrimenti. In terzo luogo egli si schiera contro tutti non ammettendo una alterazione dei muscoli morti all'iufuori dell'azione fagocitica. In quarto luogo egli oppone che è incomprensibile il fatto della distruzione non simultanea dei muscoli larvali, mentre ciò dipende dalla non simul- taneità della morte, da tutti riconosciuta e non vede intanto che l'obbiezione potrebbe essere altrettanto rivolta a carico degli amebociti, che attendono tempi diversi per svolgere la loro azione. Molte più difficoltà, invece ed incongruenze incontra la ipotesi fagocitarla, ne valgono a sostenerla le non probanti osservazioni del Perez sulla endodigestione dei frammenti muscolari nell'interno dei leucociti (loc. cit.). La teoria fagocitica non spiega perchè alcuni tessuti sieno attaccati ed altri no, mentre un elemento divoratore così attivo dovrebbe aggredire anche tessuti vivi e gli stessi corpuscoli san- guigni dovrebbero divorarsi fra di loro. Si vede una facoltà elettiva verso gli organi e gli elementi da distruggersi ed ormai morti, con che si deve ammettere subito che l'azione degli amebociti si esercita solo verso tessuti chi- micamente in condizioni speciali; è già un bel passo questo verso il convenire che tale chimica alterazione si richiama ai consueti processi di decomposizione e quindi di peptonizzazioue degli albuminoidi. Valgano a questo proposito i begli studi dell'Enriquez (1901) e di molti altri di poi. D'altro canto la dissimiglianza dei modi di agire degli amebociti nei diversi gruppi di in- setti dovrebbe pur dare da pensare. Non sono che i dolorati, i quali mostrino questa fagocitosi e per tutti gli altri Insetti ' i tessuti morti si scompongono in poltiglia, senza che vi intervengano amebociti. Per tali casi però i fagocitisti ammettono una secrezione di sostanze digerenti dagli amebociti, le quali get- tate nell'organismo, vanno ad attaccare a distanza gli organi morti, per provocarne la digestione. Questo processo è detto di liocitosi dall'Anglas e si accosta alla teoria della autodigestione, col si. lo divario che mentre io attribuisco questo fenomeno al succo stravasato del tubo digerente, l'Anglas lo vuole ascrivere ai leucociti od a molti altri organi vivaci, destinati all'adulto. A parte molte altre considerazioni, che verranno esposte a proposito della istolisi, è certo che si deve attribuire agli amebociti una attività enorme giudicandoli capaci di segregare in poche ore (che poche ne decorrono durante il disfacimento delle masse muscolari larvali in taluni insetti) una così grande quantità di succo digestivo, senza loro modificazione alcuna apparente, capace di disgregare e di peptonizzare, con tanta rapidità, una così grande massa di sostanza proteica. Non si comprende come questi amebociti perdano poco dopo questaloro facoltà digestiva e, d'al- tronde, non l'abbiano mai avuta prima d'allora. Un fatto di tanta estensione e così improvviso, come è quello della rapida distruzione di grandi masse di tessuti, non può essere attribuito che a qualche altro grande fatto egualmente subitaneo ed unico nella vita dell'insetto, quale è appunto lo stravasamento istantaneo, nella cavità viscerale, del contenuto del mesenteron. D'altronde vi sono le prove e le osservazioni dirette in appoggio di questa teoria e sono inconfutabili. Come la larva si prepara alla ninfosi. Se a noi sembra che la metamorfosi accada del tutto improvvisamente, con un passaggio in pochi minuti dall'una t'orma alla successiva, non è però da ere- 29t> CAPITOLO QUARTO dere che realmente le cose avvengano con tanta subitaneità, mentre è solo l'e- steriore apparenza, che subisce questa rapida mutazione. I processi complicati, che avvengono entro l'involucro ninfale, hanno una preparazione durante il periodo di larva. Questa preparazione si esplica principalmente in tre sensi, cioè: 1.° coll'incremento continuato dei dischi imaginali; 2.° colla raccolta e con- servazione di sostanze nutritive in buon dato, specialmente albuminoidi, per rifare il tuorlo nuovo e sopperire alle neces- sità della costruzione dell'a- dulto; 3.° colla segregazione di sostanze capaci di concor- rere alla formazione dei ripari, in cui la larva dovrà celarsi, per passare al sicuro lo sca- broso periodo ninfale. Mentre i primi due ordini di fatti sono costanti per tutte le larve metaboliche, l'ultimo può non essere seguito da ta- lune, quelle cioè che, per tra- sformarsi, non ricorrono a ri- pari appositi costruiti col con corso di loro speciali secre- zioni. Dischi imaginali. — Se ne è già tenuto parola a propo- sito della storia della loro scoperta. Si tratta di invagi- nazioni di tessuto ectoderniico eil in rapporto coll'ipoderma dell'insetto, le quali, crescendo, sono destinate a dare origine a parti dello scheletro dell'a- dulto. Evidentemente sono più vistose, perchè più o meno come antenne, zampe, ali, Kig. 290. — Schema della disposizione dei dischi imaginali nella larva A, nella ninfa B, C, D di mosca. Non sono rappre- sentati i dischi imaginali delle ali. Sezioni logitud. mediane. at, disco delle antenne; as, degli occhi: z^-z^, delle zampe; *, della proboscide. Inoltre p, faringe ; J«, intestino ante- riore ; N, sistema nervoso; ve, vescicola cefalica. Da Van Rees, figura accomodata da Korschelt ed Heider. allungate, quelle che daranno origine agli arti, gonapofisi. Un fatto notevole però e il seguente, clic cioè, queste ripiegature sacciformi sono bensì com- poste di uno strato di cellule, che diverranno le ipodermali, destinate cioè alla secrezione dello strato ehitinoso, ossia della spoglia dura dell'insetto, ma entro questo saccolo si trovano, molto precocemente, altri elementi non ordinati, con parvenza di cellule più o meno allungate e colà ammassate, le quali daranno origine alla parte muscolare dell'arto (miociti). Circa alla natura ed origine di queste cellule, che annidano entro il saccolo ectoderniico, che costituisce il disco immaginale si sono presentate diverse ipotesi. Per alcuni autori esse sono egualmente di origine ectodermale e derivano da sfaldamento dello strato più esterno (Ganin, Viallanes, Van Rees, Lowne) coli' intervento o meno dei leucociti. Altri autori invece conside- rano questi ammassi cellulari come mesodermali (Kowalevsky, Karawaiew, Berlese, Perez, Hen- neguy) e ritengono che sieno tuttavia di origine embrionale. LE KlA GIOVANILI DEGLI INSETTI 297 Quanto al ninnerò dei dischi imaginali, secondo il KiincUel d'Hercnlais, se ne trovano quattordici, come si e dello, nelle larve di Yolucella. Questi danno origine ai seguenti organi dell'adulto: un paio, ohe età sui gangli oerebroidi, formerà gli occhi; un paio le antenne ; un paio il dorso del protorace e gli stigmi ninfali; un paio per ciascuno dei segmenti del pterotorace e Pie. 297. — Sviluppo dei dinchi imaginali sempre estrotiessi Da A a D l'arto aumenta di lunghezza e gli elementi mesenehimatici (o) aumentano di numero e si ordinano per fare i muscoli, ecc. Fig. 298. — Due dischi imaginali introflessi od endogeni. Si ve- dono circondati dallasottile niem- branella esodermica larvale. questi sono uno per le ali (mesotorace), tre paia per le zampe ed i pezzi sternali corrispondenti ed infine due paia di piccoli istoblasti pei pezzi boccali. Questi dischi si formano là dove decorrono nervi e trachee in rapporto colla pelle o meglio nervi e trachee concorrono colà dove si devono svolgere a suo tempo gli arti dell'adulto. Il tempo dell'apparsa dei dischi iruagiuali varia non solo a seconda dell'insetto, ma ancora secondo l'arto al quale daranno origine. Così talora si notano fino dall'embrione nell'uovo, come sono per le Mosche e pei dischi alari nei Lepidotteri : molti altri, specialmente quelli che daranno originenon ad arti ma a porzioni tegumentali, appaiono molto più tardi e non hanno la caratteristica forma di sacchetto attaccato al resto dello strato cuticolare per sottile pedun- colo, come pure non godono di quel rivestimento mesen- chimatico speciale di cui si è già detto. Secondo Berlese, durante lo stadio larvale non solo aumenta di qualche poco la parte ectodermica del disco invaginale, ma ancora quella mesodermale e ciò per un continuato incremento numerico dei miociti. Vi sarebbe un continuo concorso di questi element i, i quali deriverebbero, durante tutta la vita della larva, ma con maggiore intensità nel periodo delle mute, dai nuclei dei muscoli larvali, per proliferazione ibi nuclei stessi. I dischi imaginali poi ricevono un subitaneo impulso evolutivo all'approssimarsi della fine della vita larvale, cioè della ninfosi. Di ciò e del successivo loro svolgersi si parlerà dicendo della vita ninfale. Fig. 299. — Dischi imaginali in una crisalide di Farfalla, tolto l'invo- lucro della crisalide. Testa e to- race. Da Packard. A. BBKLSSE, Gii Insetti, II. • 298 CAPITOLO QUARTO Importanza del tessuto adiposo larvale. Depositi di sostanza nutritiva. Fig. 300. — Cellula adiposa di larva di Calliphora con- tenente solo grasso in goc- ciole (nei vacuoli v). Da Berlese. Il tessuto adiposo delle larve ha un ufficio dei più importanti, in quanto concerne la preparazione della larva stessa alla metamorfosi, perchè funge da magazzino ove si depositano, grado, grado, le sostanze albuminoidi, che l'insetto ritrae dal cibo e, dipoi, le cellule adipose agiscono anche nel senso che elabo- rano la detta sostanza, per rimetterla in circolo pronta alla nutrizione dei tessuti. Perciò il Berlese chiama Tro- fociti queste cellule adipose. Esse si trovano riunite in falde od in ammassi at- torno agli organi viscerali e si mantengono aggregate così fino all'inizio della metamorfosi, nel qual tempo, si stac- cano l'una dall'altra e divengono indipendenti, libere cioè nella cavità viscerale o tra gli organi dell'insetto. Esse anche aumentano di volume col crescere della larva (fig. 300). Ora è da notarsi che, mentre in principio queste cellule non contengono entro il loro citoplasma se non guttule di sostanza grassa (voi. I, pag. 797), in epoca più o meno avanzata della vita della larva esse iniziano il deposito di sostanze albuminoidi. per approntare il nuovo tuorlo ed allorché tale deposito sarà sufficiente, al- lora soltanto la larva cesserà di nutrirsi e sarà matura alla trasformazione. Naturalmente la rapidità di formazione di questo deposito dipende da cir- costanze varie, cioè anzitutto dalla natura stessa del nutrimento, di cui si ciba la larva, più o meno ricco di sostanze protei- che, e così pure influi- scono altre circostanze, cioè il maggiore o mi- nore grado di serici - parità. Infatti an- che a formare il de- posito di sera nelle J&*®** *y,*.r ghiandole sericipare f* -- * "";*.*' 1^--; occorrono sostanze azo- tate, che quindi ven- gono sottratte alla de- posizione nelle cellule adipose. Fig. 301. — Cellula adiposa in ninfa di Calliphora contenente inclu- sioni albuminoidi (a-a) a vario gra- do di digestione. Da Henneguy. Fig. 302. — Porzione di cellula adi- posa di Cyrtoneura all'inizio della ninfosi, mostraute i pseudonuclei entro i globuli albuminoidi. A, porzione del citoplasma: N, nu- cleo. Da Berlese. Questi depositi appa- iono in guisa di sferette incolore, molto rifrangenti la luce e convengono appieno, anche nell'aspetto, coi granuli albu- minoidi, che si contengono entro il tuorlo delle uova degli Insetti stessi. Nei processi, che questi grauuli subiscono dinante l'opera della digestione loro, che avviene in seno alla cellula adiposa (e secondo il Berlese per virtù di enzimi, che procedono dallo stesso nucleo), avviene che essi presentino delle parti centrali, che possono essere colorate da quelle tinture, che si usano in microscopia e servono a rilevare la cromatina. Così questi granuli hanno un lontano aspetto con elementi cellulari (iig. 301, a) e per tali sono stati scambiati dal Viallanes e dal Rees. I.K ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 299 Le Formiche presentano tali depositi albuminoidi nelle cellule grasse lino da uno stadio giovanissimo della larva, ma tali Insetti, per la qualità specialissima del cibo, non vanno messi nel confronto die segue. Le larve più atte ad avere rapidamente un buon deposito albuminoide nel loro grasso sono quelle elle vivono entro la carne putrida o fresca e ne abbiano a sufficienza. Perciò in queste larve la deposizione degli albuminoidi comincia molto tardivamente e del tutto in prossimità delle metamorfosi, ma si compie in brevissimo tempo, da computarsi ad ore, meglio eh.' a giorni. Seguono le predatrici, ma queste possono andar soggette a digiuni involontari, secondo le circostanze della loro caccia e perciò hanno per tempo depositi albuminoidi nel tessuto adiposo, clie loro permettano di trascorrere senza danno i periodi di inanizione. In generale tutte le larve a deposizione precoce di riserve proteiche nel loro adipe possono resistere a lunghi digiuni. Ne viene la seguente scala relativa alla rapidità dello sviluppo larvale, per cui si procede dalle forme a ciclo più rapido verso quelle che più ritardano e tale diversità di tempo è, con- forme si disse, in rapporto colla ricchezza in albuminoidi del cibo di cui la larva può di- sporre. La più breve durata della vita della larva appartiene ai Sarcofagi (Ditteri) ; seguono i pa- rassiti ed i predatori: quindi i vegetariani a nutrimento fresco (Imenotteri sociali, Lepidotteri, Coleotteri, Tentredinei, Ditteri); di poi i vegetariani a nutrimento secco, ma ricco di albumi- noidi (Coleotteri dei cereali); per ultimo quelle larve che vivono di cibo aecco e molto esausto, come sono i Xilofagi, i Funicoli, eco. Formazione della seta. — Sull'argomento si è detto parecchio nel voi. I, da pag. 517 e segg. Nel presente volume se ne riparlerà a proposito dell'impiego della seta nella formazione dei ri- pari, ecc., da parte della larva che si dispone a trasformarsi in ninfa. Istolisi dei tessuti larvali. La larva ha cessati) di nutrirsi : essa ha gettato all'esterno il contenuto inutile dell'intestino. Le forme come gli Imenotteri e qualche Xeurottero, per le quali, allo stato di larva non esiste comunicazione tra il mesointestino ed il postintestino. aprono in questo momento la via e di là si sbarazzano di tutto quanto avevano accumulato nel mesenteron durante la vita larvale. In un momento, che precede di poco o coincide collo stadio fugace di pro- ninfa si iniziano i fenomeni di istolisi, per la quale tutti i tessuti esclusivi della larva e che non troverebbero impiego nell'adulto vengono distrutti. In generale si tratta di organi e tessuti di origine mesodermale, ma non sempre si salvano tutti quelli di origine ectodermale. Però l'ipoderma, il sistema nervoso, gli epiteli del prointestino e del meso- intestino. come pure gli immaturi organi sessuali e loro sbocchi; gli enociti o cellule escretive, non vanno soggetti a distruzione ed in taluni casi nemmeno il tessuto adiposo. Così pure si salvano parecchi muscoli, i quali, con leggiera mo- dificazione di dimensioni, ecc., permangono anche nella forma sessuata. Ma parecchi altri muscoli, l'epitelio del mesenteron, ghiandole speciali come le salivari, talora anche il tessuto adiposo ecc. periscono e si dissolvono, dando origine a sostanze plastiche, da utilizzarsi nella ricostruzione dell'adulto. Tra i primi tessuti, che se ne vanno, è l'epitelio del mesenteron, che cade nel lume del me- sointestino stesso e la massa delle cellule, trasformandosi in poltiglia avvolta in peritrofiche, costituisce un corpo giallo (da non confondersi coll'omonimo, che si trova nel corpo di Emittori ed è tutt'altra cosai, che lentamente si dissolve e viene riassorbito. Però, a ridosso della mem- brana propria, rimangono in posto vivacissime le cellule matricoli o di sostituzione (voi. I, pa- 300 CAPITOLO QUARTO gina 741 e segg.), le quali anzi aumentano di volume, anche a spese della sostanza derivata dalla distruzione dell'epitelio larvale e, adagio adagio, distribuendosi sulla tunica propria, che permane, giungono a costituire l'epitelio del ìnesenteron imaginale. I vasi malpighiani e le ghiandole salivari, quando scompaiono durante la ninfosi, come è il caso, ad es. delle ghiandole sericipare degli Imenotteri e dei Lepidotteri, Neurotteri, ecc.. si vedono spappolarsi nella loro massa, nella quale sono compresi i loro grandi nuclei in via di disfacimento e sono tutti contornati da amebooiti, che asportano, per recarla altrove, la sostanza fluida, che deriva da questa decomposizione dei detti organi. Quivi mai si vedono amebociti che contengano frammenti dell'organo in dissoluzione. Il più energico processo ili di- struzione si manifesta a spese dei mu- scoli larvali destinati a scomparire. Si hanno due diverse maniere di pro- cedimento, l'ima, la più comune senza intervento di amebociti, o, per meglio dire senza che, questi corpuscoli si vedano inglobare frammenti solidi di muscoli : l'altra invece coll'ingloba- mento, da parte degli amebociti, di piccoli pezzi del muscolo in dissolu- zione. Questa maniera è più rara assai e si limita a muscoli delle larve di Ditteri ciclorafl (flg. 303) e, meno vi- stosamente, anche a qualche altro in- setto, ad es. fra i Lepidotteri. Anche in questo secondo caso però il muscolo è già in avanzato processo di dissoluzione e di frammentazione allorché intervengono gli amebociti. Ciò è riconosciuto da tutti gli autori. Dove invece la discussione è tuttavia aperta si è sul modo come considerare la natura dell'intervento degli amebociti, specialmente nei casi in cui si vedono tali elementi inglobare frammenti di muscoli, se cioè si tratti di vero fagociti- sino o semplicemente di un lavoro inteso al solo trasporto di materiale, che si altera da sé. Su questo argomento si discuterà tosto, essendo il fenomeno di cardinale importanza nella ninfosi. Per ora vediamo il seguito di tutto questo lavoro. Il plasma derivato dallo spappolamento degli organi larvali transitori si mescola a quello venuto dall'ultima ingestione di cibo ed è assorbito dalle cel- lule adipose, per essere dentro alle stesse elaborato completamente. Si vedono queste cellule espandersi quasi con brevi prolungamenti entro la massa del tiuido ed assorbirlo entro il proprio citoplasma, dove si modella in gocciole rotondeg- gianti, per subire di poi ulteriori processi digestivi, conforme si è detto. In con- seguenza di tali processi il fluido stesso è peptouizzato ed in tale condizione fuoriesce dalla cellula adiposa, per circolare fra gli organi, come materiale da es- sere subito utilizzato alle nuove costruzioni. Da tutto questo lavoro digestivo rimangono dei prodotti escretivi, in forma di sferette di arati, che vengono espulse dalla cellula adiposa. Kig. 303. — Rapida dissoluzione dei muscoli larvali col concorso di Amebociti (Fagociti) in pupa di Callìphora, a. Amebociti carichi di frammenti mu- scolari (sarcoliti); b, fibre del muscolo, che si dis- solvono; e, oariociti cioè amebociti che hanno in- globato anche il nucleo muscolare. Da Bei-lese. Amebociti. — Berlese ritiene che i globuli bianchi del sangue dei Vertebrati, del tutto come gli amebociti degli Invertebrati abbiano ufficio di trasportare sostanze proteiche ormai elaborate e recarle agli organi per loro nutrizione, riportandone prodotti escretivi. I fagocitisti invece sostengono che questi corpuscoli abbiano ufficio di inglobare e digerire sostanza viva e quindi LE un GIOÌ ami I DEGLI INSETTI 301 ;inche microorganismi: ciò allo scopo di liberarne l'organismo al finale appartengono. Nel caso poi (li distinzione di qualche organo, come è. sempre nelle metamorfosi vere, gli amebociti avreb- bero ufficio di distruggere essi gli organi condannati e digerirne la massa, per utilizzarne la sostanza ohe ne deriva. Il caso delle metamorfosi dei Musi-idi e sembrato molto a proposito a sostegno della teoria fogocitica. Ma il fatto di inglobamento di pezzi tuttavia solidi né basta a dimostrare che essi poi ven- gano digeriti dallo stesso amebocito (la quale è la vera condizione della fagocitosi), né è gene- rale a tutti gli insetti, anzi è ristrettissimo a rari casi, come si è detto, i quali possono anche dipendere dalla natura stessa del muscolo o dello stroma muscolare più resistente e dalle esi- genze di maggiore rapidità nelle funzioni della ninfosi, in forme che la compiono in brevissimo tempo. Certo il Perez, che è il fagocitista per eccellenza tanto da sostenere anche ora che persino le cellule adipose finiscono sotto l'aggressione degli amebociti, porta dati in favore della dige- *tione intracellulare in seno agli stessi amebociti, ma sono dati suscettibili di discussione. D'altronde il sopralodato Autore non sempre trova modo di accrescere fiducia alle proprie affermazioni, poiché non è a ciò mezzo buono quello di modificare, a tutto comodo della sua tisi e contro la verità, perfino le figure date da altri e disegnate dopo visto, rivisto, e da molti, l'og- getto in discorso. A tutto oggi io non ho incontrato alcun persuasivo argomento capace di modificare il mio pensiero di allora ed indurmi ad ammettere la vera fagocitosi, come la vogliono coloro che ne sono i propugnatori. Su questo argomento però, che ci condurrebbe troppo fuori del nostro compito attuale, è bene soprassedere, in attesa di nuovi e più dimostrativi risultati. istogenesi. Il periodo, nel quale entro la ninfa vengono a costruirsi organi nuovi non è distinto, quanto a tempo, da quello della istolisi degli organi transitori, ma per un certo tempo i due processi sono contemporanei. Bisogna distinguere gli organi ed i tessuti, i quali non hanno d'uopo che di accrescimento o di modificazioni poco vistose per riuscire al loro stato definitivo, in confronto di quelli che debbono essere costruiti ex novo. Fra i primi si annoveri tutto lo strato ipodermale, coi processi a cui dà ori- gine, ad es.. gli arti, che sono già impostati nei dischi imaginali; il sistema nervoso, gli organi sessuali, l'intestino anteriore ed il posteriore, il tessuto adi- poso, in molti casi e qualche muscolo, nonché gli enociti. Tra i secondi l'epitelio del mesointestino, molti muscoli ed in taluni il tes- suto adiposo imaginale, almeno in parte. Pegli organi iscritti nel primo gruppo la modificazione, che quasi sempre consiste in un aumento di volume e diverso adattamento, avviene semplicemente per una rapida proliferazione, il più spesso per via oariocinetica, degli elementi cellulari, di cui essi sono composti. Così si vede aumentare straordinariamente lo strato ipodermico dei dischi immaginali, le masse ganglionari, ecc. Pegli organi da rifarsi del tutto il procedimento è diverso e non può esporsi così brevemente, né in generale; conviene considerare caso per caso. Dell'epitelio del mesenteron si è già detto che deriva dagli isolotti di ceìhtlt di sostituzione, ma cade discussione circa la natura e l'origiue di tali elementi. Per taluni essi sono elementi embrionali, che rinnovano di continuo l'epitelio del mesenteron, per altri essi sono da conside- rarsi per elementi di immigrazione, cioè veri leucociti o, secondo altra opinione, elementi di- stinti (splacnooitiì. Essi, in ogni caso, hanno dei periodi di attività moltiplicativa subitanea e considerevole, 302 CAPITOLO QUARTO come avviene appunto durante la ninfosi. In simili casi l'epitelio è rinnovato tutto contempo™- usamente (vedi, pel resto, voi. I, pag. 741-741). Veniamo alla costruzione dei muscoli nuovi o miogenesi, che dire si voglia. È questo un argomento anche più discusso e controverso della stessa miolisi. Su un punto, però, tutti gli Autori convengono, ed esso è che altra maniera di incremento seguono i muscoli larvali, che, con poche modificazioni debbono conservarsi nello stesso luogo anche nell'adulto, altro modo tengono quelli esclusivi dell'adulto, che devono essere fabricati tutti tx nolo e con ubicazione nuova. Ma a questo soltanto si limita il comune consenso, perchè, quanto al modo con cui il fatto avviene è diametrale il divario. Premetto che qui ed altrove nella istolisi ed istogenesi si tratta di fenomeni molto complessi e difficili assai a studiarsi e, d'altro canto, il modo come essi si presentano è tale, pei diversi gruppi di insetti, che la massima difficoltà si trova ad omologare le conclusioni singole, talora certo apparentemente molto di- verse fra loro. Non vi ha dubbio che se si studia un solo insetto e di qui si intende trarre delle conclu- sioni generali, si può giungere, come fa il Breed (1903), che vide il solo torace di un solo co- leottero, a dubitare perfino delle osservazioni (non dico delle ipotesi) d'altri, su tut- t'altri animali. Il lavoro analitico è facile, ma allorché si debbono coordi- nare tutti i fatti raccolti per metterli assieme entro una dot- trina, che tutti li possa com- prendere, allora si vede di quanta difficoltà sia il lavoro e come si debba forzatamente ricorrere ad ipotesi, che, vedute dal breve spiraglio di limitate osservazioni, non sembrano le più plausibili. Chi studia il Coleottero soltanto dichiarerà in errore colui che all'erma gli amebociti in- globare frammenti di muscolo ed in buon dato: chi si limita allo studio dei Muscidi non dubi- terà minimamente della più chiara tangibile fagocitosi e sosterrà che il grasso larvale non per- mane nell'adulto, ciò che gli sarebbe negato da chi studiasse tutti gli altri insetti, meno i Muscidi. Ciò, ben inteso, all'infuori di preconcetti, dei quali non pare che tutti possano o vogliano liberarsi. Ritornando all'argomento, i modi di vedere circa l'accrescimento, con indirizzo verso l'inda- gine, del muscolo, che deve conservarsi, e ritenuto avvenire, come ho detto, in due modi del tutto diversi. Alcuni autori ammettono che i nuclei larvali, grandissimi, si frammentino in posto, in nu- mero maggiore o minore di nuclei piccolissimi e questi sieno gli imaginali, che poi, diffon- dendosi sul muscolo stesso, raggiungano la loro ubicazione definitiva; questo mentre la parte contrattile aumenta di volume per suo conto. Altri, vedendo questi piccoli nuclei sul muscolo assieme ai maggiori larvali e ciò anche non nel periodo di ninfosi credono che essi siano colà pervenuti dallo strato mesenchimatico, che ri- veste all'interno i dischi imaginali (tìg. 297, a). Intanto però i nuclei larvali degenererebbero e poi verrebbero distrutti. Tale modo di vedere ammette dunque un viaggio dai dischi imaginali ai dirti muscoli (centripeto). Io, che mi schiero eoi primi, penso invece che esista una migrazione in senso inverso, cioè Fig. 304. — Come si dissolvono i muscoli (fibre muscolari del retto) in un Lepidottero, Hyponomeuta inalinclla ninfa di tre giorni, »>), muscoli eoi suoi nuclei; a, che proliferano (a,) dando origine a sarcociti liberi b e 6h molto diversi dai veri amebociti l. Da Bei-lese. LE K1A GIOVANILI DEGLI INSETTI : 03 i nuclei (o meglio elementi cellulari) prodotti dai larvali migrino, centrifugamente, verso gli imaginali durante tutta la vita larvale, ma piti energicamente nelle mute. Nell'uno o nell'altro senso può essere interpretato il fatto della presenza, in vicinanza del muscolo «li questi iniocili liberi, ma non a favore della seconda tesi è il fatto (assieme ad altri), che il loro numero nei dischi imaginali annienta nel periodo di tali migrazioni, anziché scemare. Maggiori divergenze nascono a proposito della origine degli elementi muscolari nei muscoli propri dell'adulto. Per questi io ho ammesso l'intervento degli elementi larvali, ossia staccatisi dal nucleo muscolare larvale per sua proliferazione, come nel caso sovraesposto, sia per molti- plicazione endogena della cellula medesima, dopo il suo distacco da muscoli larvali in pieno dis- facimento. Questo ultimo caso ho ammesso possibile anche per frammenti muscolari già inglobati da amebociti, come avviene nei Muscidi. Per me, adunque, il così detto nucleo muscolare non perirebbe altrimenti, neppure apparte- nendo ad un muscolo destinato a scomparire e che scompare infatti, la cui sostanza contrattile, insomma se ne va distrutta. Per altri invece queste apparenze di moltiplicazione nucleare, come io le ho ritenute, rappresenterebbero veri e propri stati di ca- riolisi, cioè disfacimento del nucleo stesso. La differenza fondamentale fra questi modi di vedete sta dunque sulla persistenza o meno del nucleo muscolare larvale, comunque modificato, anche nella vita imaginale. Comunque derivino i miociti dell'adulto, il certo sì è che, ad un dato momento della vita della ninfa, nelle regioni ove debbono formarsi muscoli nuovi, si vedono ammassarsi in numero sterminato elementi cellulari piccolissimi, fusiformi (fig. 305 a), che sono appunto i miociti e si distinguono abbastanza bene dagli amebociti veri. Quivi questi elementi si ordinano in colonne, disposte secondo la direzione delle fibre del futuro muscolo e tra queste serie di miociti viene a collocarsi molto fluido granuloso, un plasma cioè per la formazione della sostanza contrattile. Ciò si vede a fig. .320, pag. 472 del voi. I. Quanto al tessuto adiposo esso, nella maggioranza degli Insetti, si conserva da larva ad adulto, e, dopo aver assunto, durante la ninfosi, le funzioni di trofocita sopraricordate, ritorna, nell'adulto, al suo abituale ufficio, che è quello sopratutto di immagazzinare sostanze grasse ed alla consueta disposizione in brani, ritornando le singole cellule a ricollegarsi fra loro. In rari casi, come si è quello dei Muscidi, si ha invece la distruzione delle cellule adipose larvali nei primi giorni della vita dell'adulto e la formazione di un tessuto grasso imaginale (tig. 307), che si inizia già negli ultimi staili della vita ninfale. Il tessuto grasso della larva perisce per esaurimento del suo contenuto e finalmente dello stesso citoplasma e del nucleo. Il Perez non perde l'occasione di attribuire anche questa distruzione ai fagociti, ma in realtà questo non è affatto. Le cellule adipose si esauriscono per proprio conto, o col concorso delle nuove cellule grasse imaginali, che si addossano strettamente alle larvali, e ne ricavano il contenuto per via osmotica. Anche questo fatto e negato dal Perez, per poter lasciale ai fu- ijucitì tutto il merito di tale distruzione, ma anche questa volta egli non è nel vero. Sorge poi viva discussione circa la origine degli elementi adiposi imaginali. Il Supino li fa derivare da elementi meseuebima* ici vaganti. Il Perez lo loda in mio con- fronto poiché nega la origine, che io ho attribuita al detto tessuto, ma lo rimprovera di aver pensato a tali elementi, che sono invece nuociti in cerca della loro sede definitiva ed ascrive agli elementi mesenchimatici dei dischi imaginali la prima origine del tessuto adiposo larvale. Questi elementi si troverebbero solo nei Muscidi ed abbastanza bene differenziati dai mio- citi e sarebbero mescolati ad altri di oiìl;i stodermale, che darebbero poi le cellule binu- cleate (fig. 306, e) mescolate alle adipose nel glasso imaginale, le quali pel Perez sono enociti dell'adulto. Fig. 305. — Sarcociti o ed amebociti b carichi di detriti muscolari o meuo, nella composizione di un muscolo imaginale. Da Berlese. 304 CAPITOLO QUABTO Per questi deve il Perez pensare ad una origine diversa che non pegli altri Insetti, nei quali ni' enociti né tessuto adiposo larvale subiscono istolisi nella ninfa. Quivi essi deriverebbero per gemmazione dai larvali, nei Muscidi invece sorgerebbero nei diselli imaginali a contatto immediato dell'ipoderma. Il Berlese ba opinione diversa, facendo sor- gere i primi brindelli adiposi dell'adulto da nu- clei muscolari larvali tardivamente liberi o tut- tavia aggregati a frammenti muscolari (tìg. 303, e). Avverrebbe una moltiplicazione endogena e la disposizione in colonnette dei nuovi elementi cellu- lari, le quali colonnette (fig. 306) risulterebbero composte di elementi binucleati (gii elementi ima- ginali del Perez) e da altre cellule mono- nucleate, che sarebbero le vere adipose. Tutti questi elementi sono di origine comuue per che le colonnette sono rivestite da una membra- nella, in cui tutti gii elementi suddetti sono pri- mitivamente inclusi ed entro la quale si trovano tuttavia disseminate sferule di granuli, cioè ame- bociti con frammenti muscolari e nuclei mu- scolari larvali. Per sostenere la sua tesi il Perez è costretto a negare questa comune membranella e giunge perfino a correggere una mia ligula (la figura che qui è riportata in 306, A) adattandola al suo modo di vedere, cioè togliendo la detta membrana comune che è di serio ostacolo alla sua tesi. Questo non è buon modo di discussione perchè la detta membrana esiste e con me l'hanno veduta eccellenti osservatori ed ognuno la può vedere. Il Perez farebbe cosa equa dubitando, quando gii cada acconcio, delle teorie e delle ipotesi, non della esattezza di fatti agevolmente riconoscibili anche da modesto osservatore. Ecco altro argomento di ulteriori ricerche. In conclusione, a proposito di taluni processi intimi della ninfosi, souo tuttavia molte incertezze, argomenti di dubbi e di ipotesi diverse, e cade acconcia tuttavia la raccomanda- zione dell' Anglars di ritornare su questi studi « all'infuori di qualsiasi idea preconcetta, perchè un fatto bene osservato importa sempre il suo insegnamento e sussiste in mezzo al- l'incessante evoluzione delle teorie ». Kig. 30fi. — Inizio del tessuto adiposo dell'adulti! nella ninfa avanzata di Calliphora A, colon- netta derivata da due sferule di granuli; B, ■la una sola; C, idem; D, stenda di granuli che inizia la evoluzione e espelle i sai-coliti ; E, altra sferula di granuli già risolta in cellule; i>', cariolito in cui il nucleo muscolare larvale è già suddiviso in tre nuclei; a, nuclei musco lari larvali; b, cellule adipose imaginali; d, sarcoliti. Da Berlese. Fisiologia della ninfa. Fig. 307. — Sezione mostrante il tessuto grasso larvale (Gì) e quello invaginale insieme Gì in adulto prossimo a schiudere di Calli- phora, Si vede la cuticola C(, e l'ipoderma (Ip.); umiche la base di un pelo (p). Da Berlese. Si è creduto per molto tempo che lo stato di ninla (oloinetabola) rappresentasse una condizione di riposo di tutte le funzioni. In realtà però, oltre all'attivissimo lavorio intimo, del quale si è dato un cenno precedentemente, nella ninfa si compiono le funzioni principali, che sono necessarie alla vita; la sola funzione di nutrizione plastica è fatta senza il con- corso dell'ambiente, ma a spese, come si è veduto, delle riserve accumulate entro il corpo. Ma, per quanto ha riguardo alla respirazione ed alla circolazione, queste fun- zioni si compiono, anzi, attivamente. I.K KT\ GIOVANILI DKGL1 INSKTTI 305 Intanto, il passaggio da larva a ninfa ha portato, nell'organismo, una dimi- nuzione di peso, dovuta sia all'essersi vuotato l'intestino di materia inutile, sia alla filatura del bozzolo, in quelle specie che lo tanno. Per esempio, sooomlo Dandolo, il peso medio di un Baco da seta maturo è di gr. 3,60 (razza assai grande, di cui v'hanno 35960 uova per oncia di 25 gr. e che dà 472 bozzoli al chilo). Il boz- zolo (pieno) pesa gr. 2,t8; la crisalide gr. 1,48. Sicché nel passaggio da larva a ninfa l'insetto ha perduto gr. 1,48, cioè presso a poco quanto pesa la crisalide stessa. La perdita aumenta durante la ninfosi, ma è in misura minore; la farfalla perde poi molto per l'emissione del liquido, che avviene all'uscita del bozzolo. Respirazione. — La presenza del fenomeno era stata riconosciuta già speri mentalmente dal lìéaumur, per le crisalidi, cioè non solo la fuoriuscita dagli stigmi di piccole bolle d'aria in crisalidi immerse in liquido, ma ancora di va- pore acqueo. Secondo le osservazioni di Regnault e Keiset (1849), di Bert (1885), e piò recentemente del Luciani e Lo Monaco (1893), del Bataillon nello stesso anno, ecc. pel Baco da seta, si hanno variazioni nell'intensità di emissione di acido carbo- nico. I due autori italiani hanno trovato che un chilogrammo di crisalidi pro- duce ogni ora da gr. 0,1261 a 0,3692 di acido carbonico. Nei primi quattro giorni della ninfosi l'attività respiratoria è minore: segue un periodo di sette giorni, di respirazione più attiva, seguito da una nuova fase di ribasso nell'attività della funzione, di due giorni e mezzo, e finalmente un nuovo rialzo, che dura altri due giorni e mezzo. CO Anche notevoli variazioni subisce il rapporto -pr-2, cioè fra l'ossigeno assor- bito e l'acido carbonico espulso; esso rapporto è eguale ad 1 durante la fila- tura; poi aumenta l'emissione di acido carbonico, mentre l'assorbimento dell'os- sigeno rimane pressoché in misura invariata, cioè il quoziente -— -= scende a 0,5(1; poi si rialza, per riabbassarsi nuovamente, finché nel giorno eli schiusa esso risale tanto da giungere a 1,50. La scarsa eliminazione di CO, durante il vero periodo di ninfosi ha suggerito al Bataillon, che ha studiato il fenomeno con molta cura, la sua teoria della asfissia come causa della ninfosi, della quale si è già detto. Il Terre (1898) riconobbe che i fenomeni succitati possono considerarsi per comuni alle ninfe di tutti gli altri ordini di Insetti. Il Levrat (1899) mostrò che in una farfalla a metamorfosi lenta basta va- riare la temperatura ambiente perchè muti nello stesso senso la curva di respi- razione e le curve si corrispondono mirabilmente; solo, allorché la farfalla è formata sotto la spoglia ninfale, la quantità di CO, eliminata aumenta brusca- mente all'infuori della influenza della temperatura. La luce e l'oscurità non hanno, invece, influenza sul fenomeno. Insieme allo studio della funzione di respirazione è d'uopo rilevare anche le trasformazioni chimiche delle sostanze immagazzinate dalla larva, le quali si alterano nella nin- fosi e che sono poi quelle che forniscono il calore e la materia al lavoro della ninfosi. Nelle cellule adipose si trovano sostanze grasse, albuminoidi e glicogene. Claudio Bernard (1879) trovava tanto glicogene nelle larve di mosca da para- gonarle a sarchi ripieni di questa sostanza, che riconobbe raccolta sopratutto nelle cellule adipose. Secondo Bataillon e Couvreur (1892), Vaney e Maignon (1906) nel Baco da A. Beulese, Oli Inietti, II. 306 CAPITOLO QUARTO seta si constata un subitaneo aumento nella formazione del glicogeno all'inizio della filatura ed il maximum cade alla fuoriuscita della crisalide dalla spoglia della larva: in tale momento se ne trova gr. 1,60 per 100 di tessuto ed in tale tempo la quantità accumulata è almeno doppia che all'epoca della filatura. Segue una rapida caduta, quindi una lenta e progressiva diminuzione e. di poi nuovo rapido ribasso poco prima dello sfarfallamento. Confrontando questo andamento del glicogeno, con quello della quantità di grasso contenuto nelle cellule larvali negli ultimi momenti della larva ed all'i- nizio della ninfosi, nonché coll'andamento della espirazione di 0O2 il Couvreur (1895) conclude che il glicogeno deve formarsi a spese del grasso larvale. Il glicogeno è in parte o tutto trasformato in zucchero durante la metamor- fosi ; secondo C. Bernard, Bataillou e Couvreur (1892) la proporzione dell'uno sarebbe inversa a quella dell'altro, che avrebbe il suo massimo tre o quattro giorni prima della schiusa dell'adulto, per poi scemare rapidamente. Bataillon at- tribuisce questa rilevante formazione di zucchero ad una specie di iperglicemia prodotta dall'asfissia per accumulo di COy Per Vaney e Maignon (1906) non così netta è la proporzione tra glicogene e glucosio, quindi la teoria del Bataillon non sarebbe sostenibile. Vaney e Maignon concludono che nel Baco da seta, durante la filatura, si ha formazione attivissima di glicogene e albumine solubili; quanto al grasso esso va scemando fino all'adulto. Questi risultati, a base di indagini chimiche, convengono perfettamente colle conclusioni delle osservazioni istologiche citate più inuaDzi. Ossidasi. — Trovasi nel sangue delle larve di Mosca, secondo il Dewitz, una ossidasi analoga alla tirosiuasi, la quale, agendo su una sostanza croniogena, determina il colore rosso o rosso- bruno del pupario. Secondo l'Autore questo principio ha grande parte nella ninfosi, poiché gli agenti che neutralizzando la tirosiuasi ritardano la colorazione della pupa hanno eguale influenza sulla trasformazione della larva in pupa. Circolazione. — Uopo le osservazioni di Kiiuckel d'Herculais (188-1), il quale riconobbe nelle larve di Volucella, che le pulsazioni del cuore durante la ninfosi non si arrestano che per un brevissimo periodo, cioè mentre l'organo subisce talune modificazioni istologiche, sono venute le singolari constatazioni del Ba- taillon (1893). Egli ha riconosciuto, pel Baco da seta, che nella larva libera l'onda sanguigna decorre dall'indietro all'avariti, invece, al terzo giorno di filatura si producono inversioni periodiche dell'onda stessa. Cioè, per cinque minuti l'onda corre normalmente (dall'indietro all'innauzi), poi per mezz'ora va inversamente, quindi di nuovo è normale, ecc. e così perio- dicamente. Dalla fine della filatura poi sino allo sfarfallamento la circolazione è dapprima come si è detto, alternante nei due sensi, poi indifferente, cioè spinta all'innauzi ed insieme all'indietro per contrazioni della parte mediana del cuore e questo per poche ore prima e dopo la ninfosi; durante la vita ninfale la cir- colazione è inversa e finalmente ritorna normale allo sfarfallamento. Infine dirò che se le ninfe si mostrano, in generale, più resistenti al freddo che. non le larve, esse però sembrano più sensibili ai gas tossici. LE B'I'l cilnVANII.I DK.OM INSBTTI ■M1 Ripari della ninfa durante la metamorfosi. Anche la trasformazione liliale degli insetti a metamorfosi incompleta o nulla, quella cioè per cui si ha l'adulto, non differisce gran fatto, quanto a pro- cedimento, da tutti gii esuviamenti per lo innanzi seguiti (tìg. 308) e non avviene per nulla durante uno stato di riposo o letargo, di quiete, cioè, per quanto si rife- risce alla- locomozione ed alla presa degli alimenti. In tale circostanza l'insetto a metamorfosi incompleta si contenta di trovare un sito ed una posizione convenienti per questa breve e transitoria funzione, per cui, rotta e rigettata la spoglia lar- vale, ne fuoriesce l'adulto. Il transito fra i due stadi semoventi è di brevissima Fig. 3P8. — Sfarfallamento di un Ortottero (Scìiisiocerca peregrina) dalla sua ninfa. Successivi momenti da A a C (Il seguito a fig. 351). Grand, natur., da Kiinchel d'Herculais. durata anche per le forme che, come le Libellule (fig. 309) ed altre specie a larve acquaiole, mutano di ambiente, ad es. : dall'acqua o dall'interno del terreno passano nell'aria (fig. 310), con aspetti e talora con funzioni diversissime. Invece, la vera metamorfosi, che spetta agli insetti olometaboli, richiedendo, come si è detto, un perìodo più o meno lungo, talora lunghissimo, di riposo, cioè una coudizione di impossibilita di difesa alcuna da parte della ninfa, di fronte sopratutto ad aggressioni di predatori e parassiti diversi od altri acci- denti, che possono sempre intervenire, importa la necessità che la larva si pre- munisca abbastanza, nel suo momento estremo di vita larvale, per traversare senza danno o pericolo il periodo successivo, fino allo sfarfallamento. Di qui, mentre per minor numero di insetti la ninfosi si compie libera- mente, senza preoccnpazione alcuna, invece, per la maggioranza delle torme olo- metabole lo studio di ninfa è protetto e riparato con mezzi diversi e talora etli 308 CAPITOLO QUARTO cacissinii, sopratutto se si tratta di ninfe molli e quindi facilissimamente vulne- rabili, e che sono cibo molto desiderato a predatori diversi. Pia 309 — Sfarfallamento di una grossa Libellula (Aeschna). A, inizio della fuoriuscita dell'adulto ; B, C, due successivi momenti; D, l'insetto è uscito del tutto dalla spoglia ninfale e sta distendendo le ali. Grand, natnr. Da Roesel. Lo stesso avviene anche nei casi di quelle metamorfosi, le quali si sono vedute rappresentare* un anello tra le complete ed in- complete (neometabolia) e che, ad ogni modo, si effet- tuano con una ninfa mal volentieri locomobile od im- pedita più o meno negli arti. Adunque, trattando dei ripari protettori della ninfa noi ci occuperemo solo dei casi di olometabolia e neometabolia, non considerando gli altri, che non richiedono speciali procedimenti. Per non ricorrere a circonlocuzioni si potrebbero chiamare ninfe anoiche (non formanti una cella) quelle che, abbandonata completamente la spoglia larvale, espongono nude sé stesse al mondo esterno e non si affidano, tutto al più, se non alla difesa che può offrire la cute ninfale, più o meno indurita e resistente Chiameremo invece eroiche (che formano comunque una cella) le ninfe, le quali sono riparate entro una cella di varia natura e complessità, riparo questo Kig. 310. — Come sfarfalla la comune Cicala (Cieada ple.heia). Grand, natnr. l.K KTA CIDVANII.I DKGL1 INHKTTI S09 creato dalla larva, come si è detto e die può essere di natura ed aspetto diver- sissimi. Si potranno però trovare forme intermedie tra i due vasti gruppi e saranno quelle ninfe, le quali rimangono solo in parte riparate dalla spoglia larvale, che pero, rotta in qualche punto, espone più o meno la ninfa tuttavia parzialmente inclusa [emioiche). Ninfe anoiche. L'esempio della maniera più deficiente in fatto di difesa della ninfa è dato da qualche Coleottero. Cito per prova la Qallerucella calmariensis, così nociva al- D F Fig. 311. — Incrisalidameli to di una Farfalla diurna d'America (Ausonia phlexippits). A, Bruco pronto per la metamorfosi; B, inizio della spaccatura del dorso; C, comincia a fuoruscire la crisalide; 1), è mag- giormente fuoriuscita; E, appena libera della spoglia ninfale; F, come è nell'aspetto definitivo. Grand, nat. Da Folsoin. l'Olmo. Le larve mature, in giugno, scendono o si lasciano cadere a piedi del- l'albero e quivi ammassate incrisalidano. Le ninfe, gialle, molli, sono del tutto scoperte, senza riparo alcuno. Questo caso non è però frequente, poiché un riparo qualsiasi, anche se par- ziale, od insufficiente, oppure una cuticola duretta difendono l'insetto in questo stadio, in tutti gli altri casi ili ninfe anoiche od emioiche. Tuttavia vi possiamo aggiungere anche le larve di parecchi Ditteri ortorafi H10 CAPITOLO QOAHTO Fig. lil 2- — Esempi ili varie forme di eremasler in Crisalidi ili Lepidotteri notturni. Ingrand. Da Roesel. che vivono nelle acque, come Zanzare e orme affini, le cui ninfe sono libere a fior d'acqua. Esse però possono sfuggire a qualche pericolo, perchè tuttavia molto mobili e veloci al nuoto, entro il loro ambiente. È questo il solo caso di ninfe olometabole locomo venti si. Le crisalidi di quasi tutte le Farfalle diurne sono anoiche, mentre le notturne fanno vedere tutte le gradazioni di ripari, dai più semplici e poveri ai più com- plessi e ricchi. Ma le larve di Lepidotteri diurni, per tutto rifugio cercano, al- lorché stanno per incrisalidare, un recesso fuor di mano, o sulla stessa pianta su cui sono vissute o nelle vici- nanze, negli angoli rientranti dei muri, nelle anfrattuosita delle roccie, nei tronchi, ecc., e quivi si arrestano, per compiere la loro trasformazione, per la quale si fissano coll'estremo loro corpo al iiunto di appoggio ed alcune si lasciano poi penzolare col capo all'ingiù (Vanesse, ecc.). Tali crisalidi si dicono .sospese (fi- gura 311). Altre invece si circondano di un filo sericeo attorno al corpo, a guisa di cin- tura fissata al sostegno e. rigettata la spoglia larvale, quivi rimangono in posi- zione orizzontale o colla regione cefalica più alta della posteriore. Queste sono le crisalidi dette succinte (fig. 314, III; 315'. Come in tutti gli altri Lepidotteri anche pei diurni interviene, du- rante l'incrisalidamento, una produzione di seta, che dipende dalle ghian- dole salivari ed esce per la filiera, che appartiene agli organi boccali (vedi voi. I, pag. 517-òliO). Nei Lepidotteri diurni però la produzione della seta è quasi insignificante e si riduce a quella cintura, che abbraccia le ninfe succinte ed a pocbi fili serici, che fanno un breve strato nel punto ove la crisalide fisserà il suo estremo posteriore anche nel caso delle ninfe sospese. A B C Fig. 313. — Formazione dei eremasler in Vanessa urtìeae, secondo Kiincliel d'Hereulais. A, parte posteriore di nn bruco sospeso pel- le zampe anali (dal ventre); B, l'apparato sospensore della ninfa dalla faccia dorsale; C, di lato. Ingrand. Il Réaumur ha molto bene e diffusamente descritto la singolare maniera ili agire, che usano le crisalidi sospese per rissare l'estremo loro corpo al punto di sospensione, senza cadere dalla spoglia larvale, che ormai è rotta per lungo. L'illustre osservatore, vide bene come (ad es. nelle Vanesse) la larva, filato nn piccolo cu- scinetto sericeo, a questo si attacchi mercè le false zampe anali e gli uncini, che le orlano e di poi si lasci penzolare. Rottasi quindi la spoglia della larva, secondo una fessura nella linea mediana del dorso, ne fuoriesce in parte la crisalide, dapprima colla regione anteriore del corpo e quindi mettendo fuori anche l'estremo posteriore, che termina in nn prolungamento ornato all'apice di piccoli uncini (lig. 312), con questo raggiunge il cuscinetto di lili di seta e vi si impiglia tenacemente. I.K Kll QIOA \Nll.I DEGLI INSKTTJ SU Fig. 314. — Crema 8 ter dì crisalidi ili farfalle diurne se- condo Packard. I, ili Danaig; li, dì Paphia : 111. Crisalide di Tata* Basata col cingolo di seta; x. placca iettale; e. crem^ster. Ciò fatto la crisalide, mercè movimenti oscillatoli del corpo, Unisce per liberarsi completamente «Iella spoglia larvale e fuoriuscirne del tutto. Iviinckel d'Herculais (1880) considera l'appendice conica dell'estremo addome di queste cri- salidi come risultante da un ravvicinamento, più o meno stretto o da fusione di un paio di arti addominali, da omologarsi a quelli della larva (tig. 313) Kiley (18801 aggiunge altre osservazioni su questo argomento e non consente esattamente nella omologia di questo apparato sospen- sore delle crisalidi (Cremaste!-) colle zampe anali della larva. Il bruco — egli dice — poco prima ili trasformarsi attacca ad un corpo estra- neo, al quale esso vuol sospendersi, un piccolo ammasso di seta. Esso si fissa a questo ammasso per mezzo dolle zampe anali, mercè i loro uncini, poi muta. I legamenti chitinosi, che risultano dalla muta delle trachee del nono paio di stigmi e dell'intestino posteriore e la parte della (ielle, che contorna l'ano e le zampe anali costituiscono un apparato sospensore, nel- l'interno del quale non vi ha più tessuto vivo. Mentre le zampe anali, staccate dal loro invi- luppo chitinoso, si atrofizzano, la placca anale, situata al di sopra dell'ano si copre di uncini, si fissa a lato dell'apparato di sospensione di origine larvale e si allunga per formare una ap- pendice conica, terminata da un piccolo rigonfiamento coperto di uncini (tìg. 314), che è il ere- master. Alla sua base si trovano, allo stato atrofico, le parti contenute nel legamento sospensore larvale. L'apparecchio di sospensione della crisalide deriverebbe dunque dalla placca anale e si sostitui- rebbe gradualmente a quello del bruco, il quale pro- verrebbe dalle zampe anali e dallo parti chitinose, che fanno parte dell'ultima muta. La maniera poi di cingersi il corpo con un fa- scetto di fili sericei è descritta minutamente dal Kéaumur per la Pieris brassicae, cioè la Cavolaia mag- giore. Il bruco (fig. 315) tre giorni prima di trasfor- marsi in crisalide, tappezza di un tessuto sericeo il piano al quale vuol fissarsi e vi si salda cogli uncini delle zarupe posteriori. Di poi, rivolgendo il capo fino accanto alla zampa falsa del primo paio, fissa un filo, che trae per sopra il corpo, ripiegando il capo ed i tre primi anelli del tronco, dorso contro dorso del restante corpo e così, roteando verso l'al- tro lato, fissa il filo sericeo appunto accanto all'altra prima zampa falsa. Ripete questa operazione più volte fino a che la cintura sia robusta abbastanza. Dopo ciò e dopo un periodo di due o tre giorni di ri- poso avvieni- la rottura ed il rigetto della spoglia larvale e la crisalide rimane fissata per l'e- stremo posteriore e per la ciutura al piano scelto. Così fanno le Pieridi, i Papilionidi, ecc., mentre invece le Vanesse e le Niufalidi hanno crisalidi sospese. Alle ninfe sospese possono essere paragonate anche quelle di taluni Imenotteri eudofagi, ad es. del genere Ciatotecus (tig. Siti), le quali si vedono fissate per l'estremo addome ad una foglia e sono generalmente numerose, disposte a cerchio, erette sulla pagina superiore della foglia stessa, nere, lucenti, lunghe qualche millimetro. Dipendono da larve eudofaghe di bruchi, dai quali sono fuoriuscite per incrisalidare senza più all'esterno. Qualche volta rimane in sito la spoglia vuota del bruco, ma il più spesso essa secca, cade e così questo curioso anello di ninfe (già veduto dal Réaumur) rimane isolato e scoperto. Fig. 315. — Come il Bruco delia comune Cavolaia (Pieris brassicae) si cinge (A) il filo di seta attorno al corpo; B, Bruco ormai fissato e che attende, ad incrisalidare; C, crisalide in sito. 312 CAPITOLO QUARTO Ninfe emioiche. Molto similmente alle crisalidi sospese si comportano quelle ninfe emioiche, le quali conservano attorno a sé la spoglia larvale disseccata, rotta però lungo il dorso ed aperta così che sotto apparisce, più o meno ampiamente, la ninfa. Se ne hanno begli esempi in Coleot- teri delle famiglie dei Coeci- nellidi e dei Crisomelidi (fi- gura 317). con tutte le grada- zioni circa alla retrazione della spoglia larvale verso l'estremo posteriore della ninfa, cioè di esposizione della ninfa stessa. Per questi insetti però la adesione della larva è fatta per mezzo di un liquido col- loso, che dissecca all'aria e che la larva emette prima di incollarsi così, e sospendersi col capo all'ingiù. Tali ninfe sono comuni sulle piante invase da Afidi o da Cocciniglie, che sono l'or- dinario cibo della maggior parte dei Cocciuellidi, o sui vegetali ove vivono alcune specie di Crisomelidi e quivi sono attaccate, più che altro, sulle foglie (fig. 317). Fi, . 316. — Ninfe di Imenotteri) endofago (Crulolicus) fuori- uscite dalla vittima (Bruco) e fissatesi sulla foglia attorno al bruco morto. A, foglia colle dette ninfe in posto (il cadavere della vittima è caduto) in grand, uatur. ; B, C, le dette ninfe ingrandite. Da Howard. Ninfe evoiche. Ma il gruppo delle ninfe, che si riparano in modo vario e talora efficacissimo è il più numeroso e le maniere di difesa sono molto svariate, così che converrà dirne con maggiore lar- ghezza, trovandosi an- che quivi esempi non solo importanti dal lato pratico, ma curiosi an- che e mirabili per sin- golarità di mezzi, a cui alcune specie fanno ri- corso, per ottenere un buon rifugio durante il periodo critico del riposo ninfale. Una prima divi- sione fondamentale, in seno alle ninfe evoiche, deve farsi riguardo alla parte, che prende nella protezione della ninfa la pelle larvale. Fig. 317. — Larva (A) e ninfe (B, eiuioica (B) con graduale passag C) di Cocciuellidi. Esempio di ninfa ;io fino alla completamente nuda (C) «li Adulta bipunciata. Nord -americani. A, B, Chìlocoru» simills. Ingrana. Dagli autori I.K BXÀ GIOVANILI DKiil.l INSETTI 313 Fig. 318. — Tre pupari ili Dit- teri ciclorafi; A, di ErislalU ; B, di Pipiza radicati* ; C, di Bacca lugens (Sirfide), quest'ul- timo è ingrandito più degli altri. Pupa e pupario. — Si è già avvertito che un intero gruppo di Ditteri, cioè i Ciclorafi ed i Pupipari, profittano appunto della pelle della larva per t'arsene un ben resistente e comodo bozzolo, in cui si cela la ninfa molle e delicata. Il procedimento è semplicissimo. La larva, giunta a maturanza, si raccoglie su sé stessa, assumendo la forma ovale più o meno allungata, talora in guisa di goc- ciola o di pera, come è nei Sirti «li. oppure ancor più lunga, come negli Stratiomys, ecc., che avrà poi la pupa. Dopo di ciò avviene una abbondante secrezione cutanea, per la quale la pelle larvale di- venta più spessa e, disseccando la secrezione, rimane immobilmente fissata nella forma definitiva. Insieme, anche avviene, il più spesso, una mutazione di tinta, per cui questo involucro protettore assume colorazione sempre più intensa, dal bianco della larva passando, pel giallo ocra e pel rosso mattone, ad una tinta, che, spesse volte, è addirittura mar- rone oscura o bruna. Queste modificazioni del colorito, della consi- stenza, ecc., dell'involucro avvengono in pochi mi- nuti. Anche le traccie delle divisioni fra gli anelli si attenuano ed, insomma, questo involucro, che non è altro se non la pelle larvale, finisce per riescire molto diverso, per forma, lucentezza, resi- stenza, colore, ecc., dalla larva da cui è proceduto e tanto diverso che non si potrebbe riconoscerne la origine. Esso prende il nome di pupario (fig. 318), voce che si deve usare pel solo involucro, mentre il complesso della forma si chiama pupa, giacché non sarebbe possibile distinguere l'insetto inclusovi dalle comuni ninfe, ad es. di Imenotteri o di Coleotteri. La resili razione, da parte dell'insetto contenuto nel pupario, che ad un esame superficiale sembra perfettamente chiuso, si effettua per le l'orme a vita larvale aerea, per aperture molto bene dissimulate. Ma per le specie ac quaiole, come sono ad es. gli Straliomi/s, le Eristalis, ecc., o per altre che vivono entro liquidi diversi, come sono ad es. le Drosofile, di cui una specie, la D. cellaris è notissima, perchè abbonda sui tini in fermentazione, le aperture di comunicazione dall'interno pupario coll'aria ambiente sono molto prossime e si trovano al punto stesso ove si aprivano gli stigmi della larva. Le stesse aperture re- spiratorie larvali continuano tuttavia a funzionare, salvo che nel pupario non immettono in un sistema tracheale, ma comunicano senza più col vano interno del pupario medesimo (fig. 319). Alcuni processi speciali, che nella larva circondavano l'orifizio respiratorio, destinati ad impedire l'ingresso dell'acqua nelle vie aeree della larva ed a sostenere l'insetto, aprendosi sul pelo dell'acqua stessa, si conservano anche nella ninfa, salvochè quivi non sono mobili, cosi da potersi chiudere ed aprire a volontà dell'insetto, ma ormai solidificati nell'insieme morto del pupario. Ne ho detto a pagg. 824 826 del voi. I. fig. 319. — Pupario di Dio sopii ila mostrante in Si i pornetti respiratori cor- rispondenti agli stigmi an- teriori larvali. Ingranò*. Da Berlese. A. lÌKKi.KSE — 6li Insrtti, II. 314 CAPITOLO 1)1 AUKJ Per esempio, negli Stratlomya e nelle E ristali*, si tratta di una corona di peli cigliati, elio circondano il foro aperto sull'estremo caudale della larva. Tali cigli possono raccogliersi in uno stretto mazzetto od aprirsi a guisa di stella, come farebbe un fiore di margherita. Essi sono spalmati di sostanza grassa, clic respinge l'acqua. Allorché sono raccolti a fascio la larva può immergersi entro l'acqua ed essi chiudono l'apertura stigmatica. Ma allorquando l'insetto sale, pel suo peso, ed affiora coli' estremo posteriore del corpo, il fase-etto di peli cigliati, giunto fuori d'acqua si apre e l'acqua stessa non può bagnarlo. Così è stabilita subito la comunicazione coll'aria, che può penetrare traverso gli stigmi situati nel centro della rosa o stella fatta dai detti cigli (fig. 320). Allorché la spoglia larvale diviene pupario, la rosa di cigli e sempre aperta e cosi rimane immobilmente fissata ed a fior d'acqua, restando anche lìbero il transito all'aria traverso il foro centrale. Altre larve, come ad es. ([nelle di DrosopMta suaccennate, che pur vivono entro liquidi, hanno stigmi torneali situati all'apice di un cornetto retrattile e protrattile. Avvicinandosi la ninfosi, la larva affiora, allungando questi processi stigmatici, che poi induriscono col rimanenfe della spoglia larvale e così la pupa apparisce fornita di due cornetti anteriori, con processi ramificati apicali, che sono, probabilmente, i primi tratti delle trachee. Merce questi espedienti avviene che tali pupe di larve acquaiole possono continuare a rimanersene entro il liquido in cui sono vissute e solo l'adulto saprà fuo- riuscire dal pupario, senza bagnarsi, per godere di vita totalmente aerea. Fig. 320. — Corona caudale per la respirazione della larva di Stratiomys. Da Schwammerdam. Fra le pupe, del resto, si trovano alcune specie, che sono del tutto libere nell'aria, come ad es. quelle già indicate di Sirtidi, che si ve- dono attaccate per l'estremo caudale alle toglie delle piante, su cui abbondano gli Afidi. Ma molte altre si celano anche entro qualche altro involucro riparatore, in ambiente scelto dalla larva nel suo estremo momento di vita in quello stadio. Così moltissimi Ditteri ciclorati abbandonano l'ambiente in cui sono vissuti allo stato di larva, per guadagnarne altro, in cui nascondersi durante la ninfosi. Le mosche della carne, assai di rado, se non impedite, si trasformano in ninfa entro le carni ove sono vissute, ma raggiungono il terreno e, nella terra, più o meno profondamente si celano. Così fanno pure quelle che sono vissute parassiticamente entro il corpo di altri animali, come nelle cavità nasali o nello stomaco o sotto la pelle di Mammiferi, o le altre molte, che allo stato di endofagi hanno divorato gli organi interni di qualche insetto o quelle ancora, che hanno avuto per cibo e dimora la polpa delle frutta, sebbene per taluna di queste possa acca- dere eccezioue. Ninfe e Crisalidi protette. — Il maggior numero però di ninfe e di crisalidi si trovano più o meno bene riparate e nascoste, per passare, senza immediato pe- ricolo da parte di intemperie o di aggressioni, il difficile periodo critico. Salvo innumerevoli gradazioni, si possono distinguere due fondamentali tipi di difesa della ninfa, quelli cioè che dipendono dal solo ambiente e quelli che derivauo da protezioni create dalla stessa larva con mezzi suoi. Si troveranno poi esempi misti, in cui l'una e l'altra maniera di difesa sono combinate e con gradazioni senza, fine, nella misura del concorso dell'una o del- l'altra. Non è comune l'esempio di larve, le quali prima di trasformarsi in ninfa, pur trovandosi riparate in ambiente sicuro, nulla facciano per adattarsene un vano, ove poter con agio rimanere durante la ninfosi. I.K 1 I \ GIOVANILI DEGLI INSETTI 315 t~_ Pig. 321. — La ninfa del muschio del Cervo volante {Lucanus cernia) nel suo bozzolo ili terra compressa e jjlnthiata. Grand, oatiir. Da Roesel. Per poco die sia il lavoro di adattamento della cella a ciò scelta, è certo che qualche cosa la larva fa sempre per renderla opportuna al nuovo ufficio. Vi sono però larve, le quali non concorrono con alcuna secrezione speciale a tale adattamento della nicchia ninfale, mentre altre vi danno una parte grandissima, con mezzi a ciò solo destinati. Ma anche in assenza di se erezioni con questo solo scopo avviene, da parte della larva, al- meno un lavoro meccanico di adattamento dell 'ani hi e lite. Così, ad esempio, non poche larve di insetti viventi entro terra e che quivi incrisalidano, giunte al termine del ciclo larvale, colla semplice compressione delle pareti di una parte della galleria scavata, allargano una cameretta ovale o ro- tondeggiante, a superficie interna liscia e più indurita e debbono ostruire la gal- leria almeno da un lato per creare la stanza chiusa, che sarà la loro cella nin- fale. Così fatino molti Co- leotteri ed insetti di qualche, altro ordine a larve sotterranee (fig.321, 322, 323). A questo stesso gruppo si debbono ascri- vere le ninfe di taluni Imenotteri endofagi della famiglia dei Calciditi (e ne sia esempio la ben nota Prospaltella della Diaspis pento gona), che stanno entro la pelle della vittima senzaalt.ro riparo di propria formazione, ma il detto involucro e più ancora gli scudi della coccinigla uccisa sono difesa sufficiente all'in- setto (fig. 324). Qui pure vanno in dieate le ninfe di taluni Coleotteri (Milabridi, Cur- % ?'i > % ■■'■"■&U - ì'~ Fig. 322 culionidi, ecc.), che si — Crisalide di ÌJacrosiUt carolina (Sfingide) nel suo follicolo sotterraneo. Metà della grand, natur. Da Howard. trovano occluse nell'am- biente (semi), in cui sono vissute allo stato di larva, minimamente modificato e quindi anche la maggior parte delle larve abitatrici delle galle, che nulla ag- giungono ili proprio a quanto altri agenti hanno preparato intorno a loro, per nu- trimento e difesa, e moltissimi altri esempi consimili si potrebbero citare di pro- tezione della ninfa, dovuta al solo ambiente, senza intervento alcuno di produzioni od altro lavoro da parte della larva. 311» CAPITOLO QUARTO A H Fig. 323. — Bozzoli di terra della Stìnge sud- detti!, da cui è uscita la farfalla; A, in- tero; B, spaccato. Meta della granii. natur Da Howard. In modo analogo si comportano talune larve, che vivono a spese del paren- chima delle foglie (qualche, Gecidomide ed altri Ditteri, Microlepidotteri) che dal fondo della galleria scavata si tagliano fuori una nicchia, la quale risulta dalle sole due pagine della foglia e da un tappo di detriti, che impedisce l'ac- cesso alla cella ninfale dal lume della galleria. Così pure fanno parecchie larve di Coleotteri o di Lepidotteri, che vivono entro il legno e per le quali tutto il la- voro a preparazione della nicchia ninfale si riduce ad un allargamento della galleria nel punto scelto ed alla costruzione di un tramezzo (o due se la parte scelta non è al limite del cunicolo), di detriti legnosi. Quasi sempre però questi diaframmi sono fatti più resistenti per virtù di un liquido agglutinante, che viene se- gregato dalle ghiandole salivari della larva (fig. 326). Tali ghiandole infatti hanno grandis- sima parte nella costruzione del riparo per la ninfa, mentre per sole poche specie tale funzione è invece devoluta a ghian- dole, che emettono il loro segreto dalla apertura anale. Di ciò sarà detto più ampiamente in appresso. La secrezione delle ghiandole salivari è delle più variate anche, anzi sopra- tutto, nelle larve delle specie olometabole. Si va da un semplice liquido, più o meno agglutinante fino alla, com- plessa sostanza, che forma il filo ili seta. Follicoli ninfali a pareti più resistenti e per le quali è evidente l'intervento di una saliva molto agglutinante ed in abbondanza, si vedono pure fatti da larve sotterranee o viventi nei detriti di legno marcio, od in quello verde od in altro, come sono ad es le larve di molti Lamelli- corni e Pettinioorni, ecc., fra i Coleotteri, di alcuni Lepi- dotteri (ad esempio l'roce.ssionarie, ecc., figg. 321-323), di JSTeurotteri, ecc. Per tutti questi si può in realtà isolare dall'ambiente una specie di bozzolo di forma definita, il quale si vede composto di detriti prestati dall'ambiente stesso, incollati fra loro tenacemente. La parete è du- retta, resistente e, se rotta, mostra la faccia interna liscia e bene compatta. Con tutto ciò non si può ri- conoscere una forma definita alla sostanza glutinanto che, probabilmente, è dovuta alla saliva più che ad altre secrezioni della larva. Invece, in molti casi, specialmente per parte di Lepidotteri, la sostanza col- legante i detriti o, se vuoi, frammenti maggiori, ad es. di foglie secche od altro, è perfettamente riconoscibile come filo di seta. Si tratta adunque dei primi ru- dimenti di un vero bozzolo sericeo. Vedi ad es. le celle ninfali dei Lepidotteri rodilegno entro i legnami stessi (tìg. 326) o di moltissimi altri, specialmente fra gli Bteroceri (tìg. 325), che si contentano di affidare la sicurezza del loro prossimo stadio di crisalide semplicemente a grovigli di foglie secche, più o meno bene egati assieme da pochi fili di seta (Sfingidi, Nottue, ecc.). Fig. 324. — Esempio di nu Iuieuottero eudofugo (Pros- paltella berlesi), ohe incri- salida entro la vittima (Diaspis pentagona) la cui pelle gli serve di riparo. Molto ingr; Da Berlese. LK ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 317 La combinazione di fili di seta e frammenti diversi tolti all'ambiente può dare origine a follicoli molto complessi e talora mirabili per l'industria con cui sono esegniti. (ito alcuni esempi, ma essi sono innumerevoli. Moltissime larve mi- natrici fra i Microlepidotteri, cioè viventi nel parenchima delle foglie, a crescenza larvale compiuta, in- cidono una porzione delle due pagine fogliari in cui si trovano e, riunite assieme lungo gli orli le due por- zioni così staccate totalmente od in parte, ne ottengono un follicolo piatto e dovunque chiuso, in cui incrisalidano (tìg. 327). Un esempio cospicuo >■ recato dal Fig. 325. — Crisalide riparata solo da pochi fili di seta (Liinantliria dispai). Grand, uatur. Da Berlese. Réauinur e rappresenta certo un grado massimo di com- plicanza di lavoro per la costruzione del riparo nin- fale, combinando corpi estranei, collegati con liquidi di secrezione della larva. 11 Bruco della Falerni dille cortecce (fig. 328) forma, su un rametto, due lamine triangolari, fatte di pezzetti di corteccia rettangolari, saldati assieme con fili di seta, esattamente come i muratori fanno per rizzare un muro. Queste due ali ai lati del ramoscello sono poi accostate l'una all'altra e ne risulta un cartoccio aperto, il quale poi, chiuso alle due estremità, verrà a formare il follicolo de- siderato. È qui il caso di ricordare anche un altro sin- golare mezzo, che taluni bruchi adoperano a rin- Fig. 326. — Crisalide di Cossus cossus, nel suo bozzolo ed in sito alla estremità della gal- leria erosa dalla larva. Grand, natur. Da Rntzelmig. forzo dei follicoli sericei, che essi costrui- scono per incrisalidarvi. Intendo parlare di bruchi pelosi, i quali impiegano la fitta e lunga peluria, di cui sono rivestiti, per rinforzare il bozzolo di seta, che pre- parano. Il Réaumur lungamente descrive il modo di lavorare del bellissimo bruco della Acronycta aceris (fig. 329), che, fatto un semplice strato di seta, il quale forma la parte esterna del bozzolo, si strappa, mercè le mandibole, ci u fri dei lunghi peli gialli, di cui è rivestito e li dispone sulla parete interna e vi distribuisce i peli, che attacca e copre in parte con nuova seta filata. Così il bruco nel bozzolo rimane completamente denudato. Il bruco della Arctia caja (tig. 33(1 1 si recide invece, mene le mandibole, i peli di cui è co- Fig. 327. — Bozzolo di Microlepidottero minatore, fatto delle due pugine della foglia, tagliate in forma elittica. A, foglia da cui è stata recisa la porzione: B, il bruco, che si trae dietro il bozzolo ; C, la ninfa, che è fuoriuscita dal bozzolo e sta per sfar- fallare. Da Roesel. 318 0 IPtTOI.O QtTAUTO w perto e li impiega egualmente. Un'altra specie di bruco villoso usa vin altro modo. Fatto un fol- licolo di seta rada, passa traverso le maglie la peluria, di cui è rivestito e, impigliati cosi i peli, con movimenti vari del corpo se li strappa e ve li la- scia afferrati nel tessuto serie* di poco o punto sporgenti all'esterno, mentre lo sono molto internamente, ma il Iliaco li acquatta e fissa mercè fili di seta e cosi la parete interna resta levigata e morbida. È pure degna di menzione la maniera con cui certi bruchi rinforzano all'esterno il loro bozzolo mercè piccoli granelli di terra, il Kcuiiuiur, per la Cuculila verbaaci, descrive il modo di agire in presenza di uno strappo fatto appositamente al bozzolo, tolto di terra non ancora ultimato. L' insetto, fuoriuscendo in parte dal buco trovò, ed afferrò colle mandibole un granellino di terra, che depositò entro il bozzolo e ripete l'operazione abbastanza finché conob'ie di aver raccolto sufficiente materiale, che poi dispose C Fig. 32X. — Costruzione del bozzolo della Falena delle cor- teccie, secondo Kéaiimur. Iugr. circa 4 iliani. A, le due ali sono ancora aperte; B, chiuse; C, il bozzolo termi- nato e veduto di fianco. dall'interno, granello per granello, su un tessuto di seta, molto lassa, tirato previamente sull'apertura, battendo col capo per dare la necessaria forma e consistenza, alla parete. L'ultima stretta apertura rimasta, per la '1 nule l'insetto non poteva più passare, fu turata con un ultimo granello terroso, che, spinto dall'interno, fu fatto passare traverso i fili di seta e chiuse del tutto l'ultima breccia (fig. 331). Con simili mezzi ì bruchi, i quali incri- salidano entro terra, ottengono un bozzolo morbidissimo all'interno, perchè tappezzato di delicato tessuto di seta e robusto nel com- plesso per l'aggiunta di uno strato di granelli di terra tenacemente fissati fra loro ed al folli- colo, mercè fili di seta elle fortemente li legano (fig. 231. /»>). Taluni brucili, oltre al tessuto di seta con cui fanno il bozzolo, distribuiscono sulla parete Fig. 329. — Bruco di Acronyeia aceris. A, pros- simo ad incrisalidare ; B, come si trova, ormai nudo, nel suo bozzolo. Grami, uatur. È MI y "'"■'' '• : Fig. 330. — Il bruco (A) della Arotia oaja, die si accinge ad incrisalidare (B). Grand, natur. Da Kcauiiiiir. 1.1 K I » GIOVANILI iiki.i.i [NSK I I I 319 interna di questo una sostanza secreta dall'ano, che dispongono in strato uniforme, mercè il capo. Tale sostanza dissecca tosto all'aria e diviene anche pulverulenta. Fig. 331. — A. Bruco ili Nottua ilei Verbasco {Cuculila verbasci), che riveste di piccoli sassi il proprio bozzolo e ne tura l'ultima apertura. Grand, natur.; B, spaccato del bozzolo di Cuculila umbratica. Grami, natur. Da Koesel. La parte riserbata a produzioni tolte dall'am- biente va scemando, come è facile comprendere, quanto più si accresce quella, invece, che. spetta alla larva. Si intende an- cora che se quest'ultima non è solida o non as- sume rapidamente lo stato di solidità, sebbene emes- sa liquida, non può ser- vire bene alla formazione di uno strato abbastanza resistente e spesso, da garantire la sicurezza dell'insetto occlusovi. In tali condizioni non vi può essere di meglio della seta filata, sostanza cioè fuoriuscente fluida, cne rassoda tosto all'aria e che, modellata in fili esili, non resistenti ed elastici, può formare be- nissimo uno strato assai tenace, al quale dà con- sistenza la stessa natura del filo e quella di so- stanze interstiziali, che possono essere usate a riunire e fondere in un tutto unico il tessuto se- riceo. Di seta sono rivestiti corpi duri, nei quali è vissuta la larva, per pre- parare alla ninfa una ca- meretta dalle pareti sof- fici e resistenti. Così le Tignole ed altri insetti viventi nei semi in ge- nere fanno del seme stesso la propria cella ninfale. A questo stesso gruppo si possono ascri- vere parecchi Imenotteri (fig. 333), che, vissuti durante la vita larvale in una cella scoperta, filano un opercolo di seta al- l'atto di trasformarsi in ninfa ed anche molte Tignole ed altri Lepidotteri, che allo stato di larva stanno entro grovigli sericei, od in foglie accartocciate od Fig. 332. — Costruzione del bozzolo ila parte del bruco di un Microle- pidottero americano (Bucculalrìx pomifoliella). A, il bruco fila la prima porzione del bozzolo ; B, è iniziata la seconda porzione più breve, complementare ; C, tutto il bozzolo è filato e le due parti congiunte; D, bozzolo terminato, rivestito dalla sostanza cementale; E. alcuni bozzoli in sito, meno ingranditi ; F, disposizione del filo nella trama del bozzolo, tngraml. Da Slingedaud e Flescber. 320 CAPITOLO QUARTO altro simile riparo e quivi, con poco lavoro di adattamento, rimangono anche pel periodo successivo. Secrezioni d'altra natura, salivari o da ghiandole che si scaricano nel retto non sono altrettanto comode ed efficaci allo scopo e non servono mai da sole, cioè senza la trama di seta o senza il concorso di detriti derivati dall'ambiente. Un'altra sostanza, che, quantunque assai scarsamente in confronto sopra- tutto della seta, è pure usata da qualche insetto per la costru- zione di un follicolo riparatore, è la cera od una cera-resina, in somma un composto solubile in alcool o negli idrocarburi. Ma la cera ha degli incon- venienti, come la sua impermea bilità ai gas, la impossibilità di modellarla se non di getto, la fragilità, ecc. ed è perciò che gli scarsi esempi di follicoli esclusivamente cerosi (maschi di Cocciniglie, fig. 334) fanno vedere che per dar luogo alla possibilità di respirazione da parte dell'in- setto occluso, è necessario che il follicolo stesso presenti una più o meno estesa soluzione di continuità, ciò che non è necessario per quelli a trama serica o con detriti agglutinati. In generale la cera ha ufficio diverso e se uè è già detto anche nel 1 vo- Fit 333. — Esempio di ninfe incluse in celle operoolate. Parte di favo di Calabrone. Grand, natur. Fig 334 per tra Foli k epareu ili oerosi di maschi di Cocciniglie. A, B, di diaspiti ( Diaspis pentagono): in B, si vede la ninfa; C, di Lecanite (Pulvinaria); D, di Lecauiodiaspite [Pollinw). In grand. lume, nei follicoli poi, quando si trova è accompagnata da altre prodazioni, che formano la precipua massa del bozzolo e non vi è che per complemento. Adunque la sostanza ottima per la costruzione dei bozzoli, a protezione della ninfa, è la seta ed essa ha larghissimo impiego presso gli insetti di tutti gli or- dini, primi però i Lepidotteri, quindi negli Imenotteri, di poi nei Neurotteri, meno ancora nei Coleotteri, pochissimo nei Ditteri. Ho detto che la parte serbata alla seta coll'aumentare induce la diminu- zione di quella che rimane a produzioni derivate dall'ambiente. Così bozzoli ormai riccamente costrutti di seta sono tutto al più parzialmente protetti da LE ETÀ GIOVANILI DEGLI INSETTI 321 Fi». 335. — Bozzolo sericeo di una Nottua, protetto ria foglie ili salice fissate al bozzolo stesso. Grami, natur. Ha Koesel. foglie secche (fìgg. 335, 33(5) ad immediato contatto col bozzolo, ma non è una con- dizione necessaria. Oppure, la parte che aderisce ad una superficie rigida, le- gno, roccia, ecc., è meno spessa e resistente di tutto il resto del bozzolo libero. Ma nei casi di alto po- tere sericiparo, come è ad es. di molti Bombicidi, fra i Lepidotteri, come pure di qualche Imenottero e di Neurottero, il bozzolo è li- bero, in ogni sua parte egualmente spesso e resi- stente e solo una atmosfera di tìli sericei radi lo difende, mentii' anche lo sostiene sai corpi, sui quali è stato costrutto. Questa è la più ricca ma- niera di bozzoli, che raggiungono la perfezione nel comune Baco da seta. Fra questi bozzoli però quelli di qualche, specie di Bom- bicide hanno da un lato un foro per l'uscita dell'adulto, foro ce- lato e condizionato in modo che non permette l'ingresso, mentre non impedisce l'egresso dell'in- setto. Così si vede nelle Saturnie (flg. 337) e generi affini. In altri casi, e ne sia esempio il Baco da seta, il bozzolo è totalmente chiuso e dovunque di uniforme spes- sore e struttura. Una certa diversità però fra la struttura della parete interna, sua levigatezza, compattezza, ecc. e quella esteriore in bozzoli to- talmente di seta, si manifesta sempre in grido vario, ma talora è così accentuata che addirittura si può dire il follicolo essere co- strutto di due diflerentissime pa- reti, l'una dentro l'altra e la più interna a trama fittissima o quasi omogenea, la più esterna a lar- ghe maglie di seta, formanti un grosso e robusto reticolato. Così è ad es. pei bozzoli di molti Ime notteri Tentretlinei e ne sia esempio la comune Hylotoma rosae, che incrisalida sotterra. Talune specie di larve, specialmente di Farfalle costituiscono un riparo sericeo A. Berlebe, Oli Insetti, II. — 41. Kig. 336. — Bozzolo di Aniheraea pernyi su una foglia ili Quercia, fissato anche col suo peduncolo al ramo. Grand, natur. 322 CAPITOLO QUARTO Fig. 337. '■•■- •';:"'!■'&'■---'- Spaccato del bozzolo di Saturnia pyri Grand, natur. Da Roesel. / comune, entro il quale incrisalidano tutte insieme. Il più bello esempio è certa - mente quello offerto da un Bombicide, Eucheira sociali» (fig. 338). 11 comune nido, ben grande, ha fori d'ingresso ed egresso per le larve e finalmente per gli adulti, che sfarfallano nel suo in- terno. Una particolarissima e del resto rara maniera di bozzolo è quella fatta da una secrezione speciale della :St- syra) (Wiegrnanu's Archiv f. Naturgesch., Bd. IX. 1843). Guyot .)., Contribution à l'étude des larves des Gastrophiles (Oestrides) parasites de l'estouiac du Cheval (Arch. Parasit., Paris, Tome IV, pag. 169-221, 1901,. Hagen, H. A., Ueber Phryguuidengehiiuse (Stettiuer Ent. Ztg., Bd. 25, pag. 113, 1864). Imms A. !>., On the larvai and pnpal stages of Anopheles maoulipennis Meigen (The Journal of Hygiene, voi. VII, Cambridge 1907, pag. 291-318, con tav.). Johannsen O., Acquatic Nematocerous Diptera. II. Chironomidae (New York State Mus., 86, Eutom. 23, 1905). 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Queste ultime femmine, che appaiono assieme ai maschi, non sono partenogenetiche, uia, per dare figliolanza, debbono prima subire l'accoppiamento e non sono più vivipare, ma ovipare. Ecco adunque mutata la maniera di riproduzione da partenogeuica in bisessuale, da vivipara in ovipara. Queste tardive femmine depongono le uova, che sono destinate a passare l'inverno e peroiò sono dette nova d'inverno. Anche l'organo del vegetale ove l'uovo è deposto, varia a seconda della natura del vegetale stesso, che cioè, se è a foglie persistenti, riceve le uova dell'afide nella gemma, se, invece, è a foglia caduca allora la madre ovipara mette le uova sui rami od altrove riparate, quando non le affida ad altra pianta. Passato l'inverno, nell'anno seguente, all'inizio della primavera, le uova schiudono per dare origine a quella prima femmina agama, dalla quale si inizia tutta la colonia, conforme si è de- scritto e che prende perciò il nome di madre fondatrice. Ecco adunque un esempio classico di regolare alternanza di generazioni agame, cioè per via partenogenetica, con altre sessuate, a riproduzione previo accoppiamento. Di secondarie variazioni a questa generale regola di sviluppo degli Alidi, della influenza della nutrizione rispetto alla natura delle forme riproduttrici, delle varie e complicate migra- zioni tra diverse specie di vegetali, che alcuni Afidi compiono, come pure di casi di polimorfismo anche più complicato, sarà occasione di dire più diffusamente altrove, non dovendosi qui se non mostrare degli esempi di partenogenesi e della maniera del suo intervento nel ciclo biologico di talune specie. Un classico esempio è dato anche dalla Fillossera (Afidi Fillosserini) (fig. 374) e presenta qualche variante di fronte a quello tipico or ora illustrato degli Afidi in generale. Però della Fillossera sarà luogo di dire ampiamente altrove, ed allora esporremo tutto quanto si riferisce alla maniera di vita di questo così pernicioso insetto. Ora basti il sapere che anche per tale Omottero ha larga parte la riproduzione per via partenogenetica e si alterna con quella bisessuale. Una maggior complicanza, per migrazioni e per numero di forme diverse di una medesima, specie, mostrano i Chermes, (Afidi Chermesiui) Omotteri vicini alla Fillossera e viventi ordinaria mente sulle Conifere. Anche per questi interviene la partenogenesi ad epoche e con forme de- terminate e si alterna colla riproduzione previo accoppiamento. Anche questo caso però sarà esposto più opportunamente altrove, come esempio di compli- cato polimorfismo e di migrazioni dall'uno ad altro ospite, secondo un andamento regolare e costante. Partenogenesi ciclica irregolare. — Essa consiste in ciò che l'intervento dell'elemento fecondante cioè, in altri termini, della riproduzione per via bises- suale, non cade regolarmente ad epoche ed in condizioni costanti, ma interviene saltuariamente in mezzo ad una serie di generazioni per via partenogenetica, serie variabilissima nella sua durata. Anzi possono citarsi casi nei quali il maschio non è perauco noto, tanta è la sua rarità, e per cui fino ad ora si potrebbe dire che esso manca affatto, di maniera che la specie si può affermare rappresentata soltanto da individui femmine e, naturalmente, partenogenetiche. È bensì vero che col procedere dello studio di queste specie a maschi sco- nosciuti, ne scema il numero perchè si viene a scoprire questo sesso così scar- samente rappresentato, ma non è meno vero che per taluni insetti, a tutt'oggi, non si conoscono i maschi. Cosi lo Stein (1883) enumera i seguenti Imenotteri Tentredinei, fra le specie a maschi ignoti: Dineura verna, Nematus gallicoìa, BUnnocampa albipes, Bl. ephippinm, Bl. fuscipennis, Ho- plocampu brevis, Eriocatnpa ovaia, E. luteola, Poeciloìtoma pulveralum. Cosi pure l'Adler ricorda l'adulto k gli atti pkr la CONSERVAZIONE della specie 367 quattro specie di Cinipidi della Quercia, ohe sarebbero nelle medesime condizioni e cioè: Jphi- lothrix seninolatioiiig, I. marginalia, A. quadrilineatiis, A. albopunclatus. Fra i Calcididi pressoché interi generi sono a maschio ignoto e tra questi ricordo le Pro- tpalttlla. lo ho veduto decine di migliaia di femmine di /'. berlesei senza trovarvi mai fram- mezzo alcun maschio. Anche di certe Cocciniglie, come ad es, il Lecanium htsprr'ulitm, nessuno ha mai veduto il maschio e, se non è esatta la osservazione del Moniez, che afferma la presenza di maschi entro il corpo delle madri e mai fuoriuscenti, osservazione non perauco controllata, si devono ascrivere anche questi Oiuotteri fra quelli a maschi ignoti. Perfino fra i Coleotteri si troverebbero specie a riproduzione costantemente partenogenetica e ciò per la deficienza del maschio o per la sua impotenza alla riproduzione. L'esempio è offerto dall' AriWns (Ilrviniiix' riti*, il comune Ecrivain o Gribouri dei Francesi. Gli entomologi non ammettono la mancanza vera ed assoluta del sesso ma- scolino per le specie per le quali esso è tuttavia ignoto e ciò in base a conside- razioni d'indole generale. È però da tener presente cbe tali vedute, clie spesso hanno natura di ipotesi e di teorie, si vedono soffrire quotidianamente gravi strappi e diminuzioni, mentre a tutto oggi sta il fatto della assenza di queste forme maschili, che, secondo le teorie, sono indispensabili o prima o poi alla sa- lute e buon progresso della specie. In generale, ad es., si ammette come necessario ad evitare un progressivo impoverimento della specie, l'intervento della riproduzione per via bisessuale nella serie delle generazioni partenogenetiche, affermando che la partenogenesi conduce gradualmente alla sterilità ed è necessario l'intervento dello sperma- tozoo, sia pure a periodi rari e remoti, per ridonare alla fertilità specifica tutta la sua efficacia. Per vero io stesso e molti con me hanno veduto che altre cause all'infuori della prolungata riproduzione per via partenogenetica, conducono ad una ridu- zione della fertilità della specie. Si è riconosciuto che tale influenza è data piut- tosto da altre condizioni di ambiente e sopratutto da quelle di nutrizione, an- ziché dalla presenza o frequenza dell'intervento maschile. Per mio conto, nel giro di parecchi anni, ho considerato molte e molte ge- nerazioni di Prospaltella berlesei senza mai poter notare una regolare e continua diminuzione di fertilità, così da dover dubitare, che senza un agente rinnovatore della energia riproduttrice la specie sia destinata a fine più o meno remota. Ho notato invece, che il numero delle uova dipende solo dalle dimensioni della madre e queste sono coordinate a quelle dell'ospite. Ad esempio, gli individui della Prospaltella. che schiudono in regioni meridionali del nostro paese o quelli che provengono da Diaspis pcnlagona viventi su varietà selezionate, "assai gentili, di gelso, sono molto più voluminose e prolifiche di quelle delle località più fredde e che derivano da Diaspis viventi su varietà selvatiche della detta pianta. Ma ciò dipende dal fatto che in quei casi privilegiati anche le Diaspis ospiti sono molto più voluminose ed a sviluppo ricco e generoso. Queste, che sono condizioni di nutrizione, anche più di altre sono influentissiine sul grado di fertilità della specie, mentre non è apprezzabile altra influenza, cioè che possa attribuirsi al maucante intervento dell'elemento fecondatore maschile. Quanto al caso citato del Bromius od Eumolpiis vilis esso è stato lungamente discusso. La specie è comunissima ed attacca le viti in Europa e Nord-Africa e reca anzi danni rilevanti. Or- bene, fra migliaia e migliaia di femmine non si trovano maschi o se si incontrano essi sono ra- rissimi e coi sessuali immaturi, cioè inetti alla fecondazione. Nessuno mai ha trovato maschi giunti al loro completo ed utile sviluppo sessuale. 368 CAPITOLO QUINTO Più attendibili e meno soggetti a discussione sono i casi nei quali i maschi intervengono di tratto in tratto a portare il loro contributo sessuale, fra le ge- nerazioni partenogenetiche di femmine. In tale caso il loro intervento determina spesso la produzione del sesso ma- scolino su più vasta scala, ma non è dimostrato che per ottenere il maschio sia sempre necessaria la fecondazione, cioè che tutte queste specie a maschi rari e che appaiono irregolarmente ad intervalli e condizioni diversissime, si riprodu- cano per partenogenesi telitoca, cioè da uova non fecondate non nascano che femmine. In generale accade od è lecito supporre che accada l'apparsa improvvisa di qualche maschio anche da uova non fecondate e che abitualmente danno fem- mine, e ciò dipenda da circostanze di ambiente. Tale maschio poi determinerebbe la produzione di altri individui dello stesso sesso, da uova fecondate, fino a che, grado a grado, la riproduzione tornerebbe ad essere totalmente partenogenica per estinzione della serie di figliolanza ma- schile. Vi sono infatti casi in cui i maschi di talune specie sono notoriamente ra- rissimi e tali si conservano generalmente, ma ad un tratto od in condizioni che debbono essere speciali, essi appaiono abbondantissimi, per un numero maggiore o minore di generazioni, di poi scemano e ritornano alla consueta rarità. Siccome per queste specie devesi ammettere la partenogenesi telitoca, altri- menti non potrebbero conservarsi, così questi improvvisi larghi incrementi di mas- chi non si possono spiegare se non colla produzione del sesso maschile in se- guito a fecondazione. Quanto poi al primo maschio autore di tutta la serie dello stesso sesso, esso può prodursi per via partenogenetica come non essere altro che un rappresentante di serie maschili altrove sviluppatesi e casualmente inter- venuto fra la colonia partenogenetica. Ad ogni modo la partenogenesi ciclica irregolare deve avvicinarsi, logica- mente a quella che da taluno autore è detta normale costante, cioè per mancanza costante del maschio, secondo i casi suaccennati e quest'ultima sarà realmente distinta dalla ciclica irregolare, a presenza del maschio rara ed in circostanze variate, solo quando sarà dimostrato che realmente vi sono specie, per le quali il maschio sicuramente più non esiste. Esempi di partenogenesi ciclica irregolare. — Fra gli Ortotteri molte specie di Fasmidi sono segnalate per una grande scarsità di maschi. Ad es. su 1000 femmine di Leptynia (Bacillut) hi- spanica, secondo il Pantel, difficilmente si trova un maschio ed analogamente è pel comune Ba- cillii8 gallicns. Von Brumi (1898) ottenne dalla Enrycnema herculeana ben tre generazioni successive, senza intervento di maschi, ma gli individui scemavano di statura e di vigoria. Anche la Saga serrata, il nostro più grosso locustide è rappreseutato quasi da sole femmine, perchè il maschio è dovunque estremamente raro. Cosi pure i Coccidei, fra gli Emittori Eterotteri, presentano casi di grandissima rarità del maschio rispettivo. Tali fatti sono frequenti specialmente nella tribù dei Lecaniti. Ad es., del comune Lecanium (Saissetia) oleae si è conosciuto per molto tempo soltanto la femmina e si consideravano i maschi per non esistenti. Recentemente gli entomologi Nord-Americani hanno pienamente illustrato que- sto sesso, trovato nel nuovo mondo, ed io stesso ne ho incontrato i primi stadi presso di noi, ma sono sempre rarissimi esempi. Vedasi che anche il caso sopra ricordato del Bromnis vitù, può ricondursi a questa categoria o per meglio dire, forma un anello di passaggio fra le specie a maschi rarissimi, il cui intervento è irregolarmente ciclico e quello per le quali i inasohi stessi sono tuttavia ignorati. l'adulto e gli atti per la conservazione della specie 369 Noi 1904 il Dott. Eibaga dimostrò sperimentalmente la partenogenesi telitoca occasionale in taluno specie di Psooidi, oioò uell' Eetopsocus briggsi M. Laol. var. meridionali* Eib. e ritenne che il fenomeno potesse considerarsi comune anche ad altre specie del gruppo. Molti altri esempi potrebbero essere ricordati qui, ma è da notarsi che in taluni oasi non è che i maschi sieno veramente rari, piuttosto essi si svolgono in condizioni, ambienti e stagioni diverse da quelle in cui abbondano e fioriscono le rispettive femmine, e perciò, considerando solo queste, si rileva una enorme sproporzione numerica di individui dei due sessi. Cosi è ac- caduto ad es. che per molto tempo certe Cocciniglie (Ceroplastes rusoi, Gueriniella serratulae, ecc.) si sono ritenute specie con maschi estremamente rari, se nou ignoti, mentre invece i rappresen- tanti di questo sesso, in determinate epoche e circostanze, sono abbondantissimi, anche assai più che le femmine rispettive. Da tutti i casi sovraesposti ed ordinati secondo la loro diversa maniera, tenuto anche calcolo del sesso derivante al seguito della partenogenesi, i fenomeni che si riferiscono a questa maniera di riproduzione possono essere siuotticamente esposti anche nella seguente tabella, nella quale sono meglio messe in vista le affinità fra i diversi modi di partenogenesi ed i loro effetti: Partenogenesi arrenotoca. — Esempio: Imenotteri sociali. | Occasionale. Esempi: qualche Ortottero e qualche Omottero. Ciclica irregolare. Esempi: taluui Coccidei; parecchi Fasmidi ed altri Partenogenesi lehtoca .„,,.-, ■ ™ , • r, i- t i • I Ortotteri. Taluni Imenotteri. Taluni Copeognati. Insetti a maschi ignoti. I Occasionale. Esempi: molti Lepidotteri; Bromius vitis, eco. (sempre anfitoca). Partenogenesi anfitoca ( cic]ica rego]are od alternante. Esempi: Cinipidi; Afidi ed altri bassi | Omotteri (alternata di telitoca ed anfitoca). Gamogenesi. Le due uniche maniere ben distinte di riproduzione degli organismi tutti sono l'ima per via agamica, l'altra per via sessuale. Ed ecco in che consiste questa essenziale differenza. Ciascun organismo risulta o di un'unica massa protoplasmatica o cellula che dire si voglia (organismi unicellulari o protisti) o di un complesso di più cellule di natura diversa (isloni od organismi pluricellulari; metafiti pel regno vegetale, metazoi per quello animale). Nel primo caso, cioè dei protisti, non esiste, come ben si com- prende, un vero periodo embrionale, perchè la cellula che li rap- presenta, per moltiplicare, non fa che scindersi e ciascun elemento, così venutone, non ha che ad accrescersi senza mutare altrimenti o variando pochissimo di forma, per divenire Bimile al genitore ed atto, alla Bua volta ed a suo tempo, a ripetere il fenomeno ripro- duttivo. Fig- ?79- - Un (ìtelophagus ovinus); B un Maliofago ' * (Menopon). Nel ventre è indicato 1 uovo (o) bene organizzata per propria difesa. punteggiato (Iugr). Oosì si giunge a quelle immaturissime larve ciclopiforini, che non possono esistere se non allo stato di endoparassiti, cioè in ambienti molto sicuri e queste larve rimettono tutta intera la cura della difesa propria all'ospite che le alberga nel suo interno. Perciò, molto spesso, un più accentuato grado di olometabolia, deve essere accompagnato da un'alta organizzazione nella femmina e non ne permette la in- voluzione, sopratutto del sistema sensoriale e locomotorio. Ecco perchè l'atte- rismo, molto diffuso tra gli eterometaboli, perchè le loro larve sono ad un grado di evoluzione molto alto, lo è meno nei Coleotteri ed in altri, le cui larve sono melolontoidi (a meno che non si tratti di parassiti, di cui si sono citati i casi e le ragioni di involuzione); è poi molto meno frequente, se non raro, nei Lepi- dotteri, che hanno larve cruciformi o polipodiali, che dire si vogliano, come in tutti i Ditteri, se non parassiti allo stato adulto e negli Imenotteri, ecc., che deb- bono con difficoltà rintracciare le vittime ove deporre le loro uova al sicuro e provvedere altrimenti all'allevamento della prole. Tutti questi esempi, con altri assai, che potrebbero essere recati innanzi, di- L'ADULTO E GLI ATTI l'KK LA CONSERVAZIONE DKLLA SPECIE 381 mostrano che le ragioni di più scarsa evoluzione di un sesso (ordinariamente della femmina) in confronto del maschio, non possono essere spiegate se non da leggi generali in grado vario applicate, caso per caso. Esse però rappresentano una condizione di cose strettamente necessaria per la esistenza di ogni singola specie, vincolata da particolari modi di vita e non possono essere richiamate a movi- menti psichici, come sono quelli del capriccio femmineo, od a catabolismi di ancor più ardua comprensibilità, ecc. Vediamo più davvicino quali sono veramente gli uffici dell'uu sesso e del- l'altro nell'opera riproduttiva, e come è risposto a questi obblighi, in relazione alle altre contingenze e necessità dipendenti dai doveri dell'individuo verso sé e verso la specie. Uffici e variabilità della femmina. — In natura la femmina è il sesso più pre- zioso, il più accuratamente protetto, perchè il solo strettamente necessario. I suoi uffici sono i seguenti : 1.° concorrere all'accoppiamento; 2.° figliare e provvedere alla sicurezza e buon esito della prole; 3.° diffondere la specie. Il solo secondo ufficio spetta esclusivamente alla femmina e, per quanto ri- guarda l'allevamento della prole, negli Insetti non vi ha mai il concorso del maschio, come accade, invece, in altri animali. Quando però necessità più im- periose, dipendenti da difficoltà ambienti, alle quali sopra si è accennato, obbli- gano l'organizzazione della femmina ad incamminarsi sulla via della involuzione, allora essa tende a scaricarsi del primo suo ufficio, quello cioè di concorrere at- tivamente all'atto della copula, lasciando quanto più è possibile al maschio tutto il lavoro per ciò, ed a liberarsi ancora del suo terzo ufficio, chiamando anche altre forme, cioè le giovanili del suo sesso od altri agenti diversi, in aiuto a tale importante ufficio. Vediamo ordinatamente tutto ciò. L'insieme di atti la cui finalità è la copula, fra i due sessi, cioè il contatto dei due diversi elementi sessuali ha modalità parallele pel maschio e per la femmina, ed essi atti sono i seguenti : Ricerca per via sensoriale, cioè percezione a distanza d'uno rispetto al- l'altro degli individui di sesso diverso: ricerca, per via locomotoria, fino al con- tatto del maschio colla femmina: atti di seduzione (maschio) e di provocazione (femmina), per eccitamento alla copnla ed infine il coito. Anche nell'insieme di questi atti si vede che il gamosoma non è veramente che il riflesso dell'elemento sessuale che lo informa, giacché, come lo sperma- tozoo è esso che si addossa tutta la parte attiva di raggiungere l'ovulo per entro le vie sessuali femminee, mentre l'ovulo stesso attende e si limita ad ac- cogliere in sé l'elemento fecondatore, così il maschio, sopratutto, si addossa la parte attiva nella ricerca della femmina, nella sua conquista e nell'accoppia- mento. La femmina si limita ad atti di richiamo, di provocazione e nel resto ri- mane passiva. Perciò, avendo il maschio la maggior parte nella funzione di ricerca per via sensoriale e locomotoria, è, di regola, meglio evoluto della femmina, per quanto riguarda il complesso sensoriale e locomotorio allo scopo e tanto più quanto più ardua è la ricerca e minore la parte che vi prende la femmina. Ecco perchè a gradi di involuzione di quest'ultima, dovuti alle esigenze di cui sopra, corri- spondono altrettanti di evoluzione nel maschio, con sempre maggior aumento del dimorfismo sessuale. 382 CAPITOLO QUINTO Le difficoltà di ricerca della femmina sua, da parte del maschio grandemente anche in omaggio alla obbligatorietà dell'incrocio. variano Fig. 384. — Cocciniglia sotterranea (Micrococcus eil- vettrii Leon.) per mostrare la involuzione anche del maschio (B : di lato) poco dissimile della sua femmina A, Ingr. da Leonardi. Talora (caso estremo) esse sono tolte via affatto, quando cioè entrano iu gioco agenti esterni, che hi incaricano essi di mettere a contatto i due sessi, i quali rimangono passivi in tale opera. In simili casi, pur avvenendo il più ampio incrocio, anche l'elemento maschile può essere del tutto sprovvisto di organi propri di locomozione. Questo è il caso mostrato dalle piante ohe, aiutate da pronubi di varia natura, non hanno d'uopo d'altro, ma non si hanno esempi corrispondenti fra gli insetti, nei quali il maschio è più o meno semovente. Noi casi in cui colonie diverse di insetti della stessa specie possono venire a contatto per virtù propria, e quindi riesce agevole la mescolanza degli individui sessuati dall'una all'altra colonia, come accade pegli ectoparas- siti sopracitati di altri animali, anche il ma- schio può essere ridotto nei suoi mezzi di ricerca non meno della rispettiva femmina (fig. 384). Segue il caso di ambienti ristretti, ed abbastanza confinati entro una determinata zona e quindi il compito del maschio è molto meno arduo a trovare la femmina sua ed è cosi che si possono avere vari gradi di riduzione del sistema locomotorio (fig. 385). Fauno eccezione le società, per le quali l'ob- bligo dell'incrocio (alla qual legge i maschi di una società nou possono obbedire col penetrare, perchè iu sicuro pericolo di morte, entro la residenza di altra a ricercare la femmina), determina la pratica del volo nuziale, che avviene simultaneamente da parte delle singole famiglie. In seno a queste danze aeree avviene lo scambio fra gli individui di sesso diverso e di diversa famiglia. In tali casi la femmina gode delle ali e per questo solo atto (talora perdendole subito dopo la copula). Tale è l'esclusivo significato del curioso fenomeno. Finalmente, il caso più arduo è quello della ricerca di femmine isolate in ambienti discosti ed, iu tale condizione, la femmina può essere quanto mai ridotta nel sistema sensoriale e locomotorio, sempre in obbedienza alle necessità per la couser- vazioue della specie sopra ricordate, ma il maschio è più che mai bene provvisto degli organi del senso e dei locomotori opportuni a tale funzione. Fig. 385 Insetto presente con ambedue i sessi iu ambienti confinati. E la nostra comune Blatta delle case (Periplaneta orienialis), per mostrare la riduzione delle ali anche nel maschio (A) sebbene meno che nella femmina (B). Grand, natur. Ecco di quale maniera la femmina tende a lasciare al maschio la maggior parte nel detto ufficio e come riesce allo scopo. Quanto al secondo ufficio la femmina, come si è detto, è la sola che si ri- serva la scelta dell'opportuno collocamento delle uova. Fra gli insetti non si contano maschi ostetrici, cioè che si incarichino di recare su di sé e proteggere la figliolanza. l'adulto e oli atti per da conservazione della specie 383 L'importante ufficio richiede, in molti casi, la eccellenza del sistema senso- riale e del locomotorio, per la ricerca e ritrovamento dell'ambiente il meglio adatto ad accogliere la prole ed offrire ad essa le ottime condizioni di esi- stenza. Si comprende che il grado di evoluzione della femmina, per questo riguardo, è in ragione diretta delle difficoltà che essa incontra per tale ricerca ed anche per l'atto stesso della conquista dell'ambiente opportuno. Forme sedentarie, che nulla più hanno da fare a tale scopo se non figliare in sito ove esse stesse sono giunte a maturanza, possono essere estremamente ridotte nei mezzi di ricerca, quando ciò sia imposto da altre esigenze della specie. Ma le forme costrette ad inseguire ambienti diversi da quello da cui sono schiuse godono iu grado vario dell'insieme d'organi di ricerca, secondo una mi- sura di evoluzione perfezionata alle difficoltà dell'atto. Su ciò dovremo ritornare, con esempi, allorché si dirà di questa precipua funzione in fine del capitolo presente. Per ora sia sufficiente l'accennare alle diverse condizioni atte ad indurre differenti gradi di evoluzione nella organizzazione della femmina. Il maschio, ripeto, non si risente affatto di tutto ciò; la sua funzione cor- rispondente è quella già accennata della ricerca della femmina, l'ambiente op- portuno, cioè, a deporvi i suoi particolari prodotti sessuali. Anche a proposito della diffusione della specie, ufficio di tanto rilievo e spet- tante al sesso femmineo, si dirà ampiamente più avanti. Per ora conviene solo accennare alle maniere, colle quali la femmina adulta può cansare gli incomodi ed i pericoli di tale funzione, lasciandone ad altre forme o ad altri agenti il carico e così obbedire, invece, a quelle necessità, non meno imperiose, che la costringono alla involuzione degli organi, che sarebbero necessari al detto ufficio, senza che questo venga altrimenti compromesso. Gli ectoparassiti d'altri animali, come si è detto, sono diffusi passivamente dall'ospite stesso e quelli che albergano di continuo od in un dato momento della loro esistenza in ambienti mobili sono trasportati altrove assieme all'am- biente stesso, da agenti casuali e ciechi. In tali condizioni la percentuale di individui, che vanno perduti, può essere così forte da influire seriamente sul grado di prolificità e quindi sulla organiz- zazione della femmina, conforme si è accennato. Di qui condizioni di cose di- verse e da considerarsi caso per caso. In generale però può esser detto che, oltre agli ausiliari anzidetti, la fem- mina adulta tende ad alleggerire sé stessa dal gravame di tale importante ufficio, chiamando a collaborarvi le forme giovanili del suo sesso, quelle forme, cioè, che nella economia della natura hanno molto minor valore e possono essere ben più prodigate che non l'adulto, il custode, cioè, della futura figliolanza. Ne viene che il grado di evoluzione della femmina, nel suo sistema senso- riale e locomotorio, è, in questo miraggio, inversamente proporzionale alla effi- cacia dell'aiuto, che può ricevere dalle sue forme giovanili nell'opera di diffusione della specie. Più specialmente trattando degli Insetti, può esser detto che se le larve sono così immature e quindi così mal protette da non potere, senza grave peri- colo, esporsi alle vicende di estese peregrinazioni attive ; oppure se esse larve si trovano confinate in ambienti circoscritti, da cui non possono uscire se non allo stato adulto, assai scarso è il contributo loro nella diffusione della specie e deve quindi totalmente soccorrere la femmina adulta coi mezzi propri, ciò che importa la conservazione di questi stessi mezzi nella loro massima efficienza. 384 CAPITOLO QUINTO Adunque, giacché gli eterometaboli sono le forme a larve le più evolute, come si è altrove indicato, quando non sieno in atto necessità gravi, come quelle di grandi ed estesissime migra- zioni per distanze enormi od altre da esaminarsi volta a volta e che qui non possono essere, perciò, riassunte con vedute generali, per questo gruppo sarà più agevole la riduzione di or- gani locomotori, ad es. delle ali, che ne rappresentano il summum ed è un fatto che l'atterismo è più diffuso tra gli eterometaboli anziché tra le specie a metamorfosi completa. Fra queste poi, quelle a larve melolontoidi, le più alte cioè fra le olometabole e le meglio protette, di istinti però vagabondi (ad es. Carabidi fra i Coleotteri ; Coccidei fra gli Omot- teri, ecc.), possono permettere alla rispettiva femmina una involuzione, che può giungere ad un grado sensibilissimo, fino allo stato neotenico di larva, mantenuto anche per la femmina (Coc- cidei). Ma per le larve pur di questo gruppo, seuonohè di abitudini sedentarie od in ambiente oonfinato (sottosuolo, stagni, sostanze in decomposizione, agguati fissi, interno dei legnami ed altre parti di piante, nidi in comune, ecc.) e che, non potendo, quindi, fuoriuscire delle loro sedi senza disagio o pericolo, non possono concorrere alla diffusione della specie, le femmine ri- spettive godono delle ali (ad es. Zabrtia fra i Carabidi; Cicin'delidi, Ditiscidi, Idrofilidi, Cerani- bicidi, Bostrichidi e così pure gli Imenotteri ed i Ditteri, ecc.). Scendendo a forme con larve più immature, quali sono le eruciformi e loro derivate apode, si vede che, in grazia del minore assegnamento che si può fare sul loro valore quali agenti diffusori, sia pel minor grado di locomobilità che di protezione, le femmine adulte sono alate ed in tutto bene evolute e più adatte al volo anche lungo. I Ropaloceri ad es., che, non vivendo a spese di piante forestali, non incontrano se non esemplari sparsi delle piante ospiti hanno femmine alate e ben volanti, mentre molti Eteroceri, specialmente tra i forestali, tendono all'inerzia o sono più o meno regrediti nel sistema alare, oltreché nel sensorio. Quanto alle specie con larve ciclopiformi, cioè le immaturissime fra tutte, conviene osser- vare che, in generale, le femmiue sono eccellenti volatrici, ma le larve concorrono beue alla dif- fusione della specie, perchè passivamente recate in giro dalle stesse ospite in cui vivono. Adunque, anche in presenza di questo più grave compito della femmina, essa trova modo di esimersene, in parte almeno ed in misura varia, per poter così rispondere alle altre necessità imposte dalla specie per la propria conserva- zione. Uffici e variabilità del maschio. — Tutt'altra cosa è pel maschio. Il suo valore nella economia della natura è secondario, sia perchè, pel minor volume dei suoi elementi sessuali, esso può albergarne assai più e quindi fecondare molte fem- mine, sia perchè non sempre è strettamente necessario, come è dimostrato dai casi di Partenogenesi. Perciò esso, quando non è molto più raro della femmina, è il sesso più prodi- gato ; sono cioè lasciati al maschio uffici più pericolosi, sia a cercare la femmina, sia a lottare per conquistarla o per difenderla od a tutelare la famiglia tutta. Esso è organizzato appunto in vista di questi suoi speciali uffici e cioè più riccamente per la ricerca dell'altro sesso; più fastosamente per conquistarlo, più solidamente per lottare. È inutile proporre una speciale maniera di selezione per tutto ciò quando basta quella naturale, che modella ogni organismo, in armonia alle fun- zioni a cui è destinato. L'ambiente non ha sul sesso maschile che una influenza indiretta, cioè tra- verso la femmina sua; ne risente cioè gli efletti di seconda mano, quindi atte- nuati e vi risponde a suo modo, cioè con riguardo alle funzioni proprie del suo sesso. Infatti si comprende che, ad es., quelle cause, le quali determinano, nella femmina, una riduzione delle facoltà di ricerca dell'altro sesso a scopo di accop- piamento (sensorio, locomobilità), ottengono lo scopo inverso pel maschio, poiché esso deve sopperire alle deficienze dell'altro sesso. L'ADULTO E GLI ATTI PEI! LA C'ONSEKVAZIONE DELLA SPECIE 385 Inoltre il maschio non riceve che ben poca o nessuna influenza da variazioni della prolificità derivate da cause ambienti, le quali si sono mostrate avere cosi grande contraccolpo nella organizzazione della femmina. Perciò il sesso maschile, chiamato ad obbedire ad un solo ufficio, quale è quello della ricerca e conquista della femmina, non è foggiato che per ciò, si evolve tanto più quanto più arduo diviene il suo compito e, libero d'ogni altra influenza, può rappresentare, il più spesso e meglio dell'altro sesso, il limite massimo di evoluzione o di ornamentazione al quale è destinata la specie. Nei casi in cui esso maschio può trovare ausiliari a facilitargli il suo com- pito, anche in rapporto alla obbligatorietà dell'incrocio (colonie in ambienti ri- stretti o semoventi e che vengono da se a contatto fra loro, come accade per gli ectofagi, più volte ricordati, degli altri animali), o tale obbligo è tolto via per impossibilità materiale di obbedirvi (fìg. 384), anche il maschio segue una via di involuzione neotenica, come è dimostrato dai casi di atterismo di am- bedue i sessi, ecc. Mi conviene citare qualche classico esempio di tutto ciò. I Coccidei, gruppo mirabile perchè molto istruttivo sotto vari punti di vista, hanno fem- mine arrestatesi alla condizione di larva od anche regredite per adattamento, mentre i maschi sono ec- cellentemente forniti di organi del senso, ali, ecc. Quelle e questi sorgono adulti insieme. Non si può comprendere, dunque, la necessità di siffatta organizzazione nel maschio se non si am- metto la imperiosità, irresistibile, della legge del- l'incrocio. I maschi, tutti coetanei, si levano in- sieme a volo per sciami e, coll'aiuto del vento, emigrano verso altre colonie. Taluni Coccidei sot- terranei però, hanno maschi atteri essi pure sotter- ranei; in tale caso lo speciale ambiente obbliga alla disobbedienza alla grande legge. Negli Stilopidi il dimorfismo sessuale è anche più accentuato (iig. 373) in causa di un più avan- zato grado di involuzione nella femmina, t maschi sono evolutissimi ed eccellenti volatori. Essi sfar- fallano accanto alle rispettive femmine, ma appena schiusi, sono ossessionati da un irrefrenabile sti- molo di fuggirsene lungi, per cui a me non ò mai riescito di obbligarli ad accoppiarsi colle femmine sorelle. Gli Afanitteri, i Mallofagi, i Pediculini, ecc., hanno maschi involuti quanto le femmine rispettive, poiché gli ospiti loro, venendo a contatto, permet- tono il trapasso diretto dei maschi dall'una all'altra colonia per l'incrocio. Ciò dimostra anche la corrispondenza degli effetti perle due funzioni di ricerca della femmina da parte del maschio, e di diffusione della specie da parte della femmina, da poiché in ambedue i casi è necessaria una particolare organizzazione in rapporto diretto colle difficoltò dell'impresa (fìg. 386). Fiualmente, nel caso assai raro, in cui il maschio non è costretto ad estese peregrinazioni per evitare le nozze consanguinee, in ristretto ambiente, mentre la femmina deve abbandonare questo per migrare a distanza, in obbedienza alle necessità della diffusione della specie, que- st'ultima è alata, mentre il maschio è attero. Ciò bì vede nelle Blastofaghe, che abbandonai... il siconio, da cui sono sorte solo dopo essere state fecondate ed emigrano talora a grandi distanze per trovare ove deporre le uova, mentre il maschio perisce nell'ambiente ove è nato, compiuta ormai colà la sua funzione precipua (fìg. 390). Fig. 386. — Sarcopgylla gallinacea. I ilue sessi molto ingranditi. A, maschio; B, femmina. (a) antenna. Dagli autori N. Americani. A. Bbrlbgb, Gli Insetti, 11- 386 CAPITOLO QUINTO 11 tipo della specie. — Esposte così le cause intrinseche ed estrinseche di divergenza dei caratteri morfologici in un sesso in confronto dell'altro, e con- statato che, in molti casi, gli effetti sono palesi, talora vistosissimi, si domanda quale delle due forme, se cioè la più evoluta o la meno, rappresenti il tipo della specie, quel tipo, cioè, che il sistematico prende a base per giudicare della esatta posizione della specie stessa nel sistema. La ricerca non è inutile ; essa non lo è più che la sistematica stessa, la quale, come ausiliaria della filogenia, concorre alla conoscenza della storia della organicità sul globo. Nei casi di dimorfismo, la forma meno differenziata, sia che debba questo suo stato a mancata evoluzione o ad un regresso involutivo, dopo raggiunto un limite più alto, non può rappresentare certo questo limite, uè altrimenti indi- carlo, se non per ipotesi. Evidentemente è la forma più differenziata quella che indica il grado di evoluzione massimo, raggiunto da una data specie all'atto del nostro esame e tale forma deve essere presa a tipo della specie. Per l'altra, arretrata comunque, dovremo considerare quali organi si trovano in istato di deficienza rispetto al tipo della specie e le ragioni di ciò. Queste si sono esposte nelle linee loro generali. Vediamo ora quali sono gli organi suscettibili di involuzione, in quale misura ed in quale ordine subiscono tale regresso, sopratutto in rapporto alle funzioni sessuali, cioè per la conserva- zione della specie. Graduatoria nella importanza degli organi e delle funzioni sessuali. — Rispetto alla importanza nell'opera riproduttiva le funzioni e gli organi, procedendo dal meno al più, si dispongono nell'ordine seguente: Funzioni secondarie. — 1° Ricerca da parte dell'adulto di opportuno ec- cipiente dei suoi prodotti sessuali: a) per via sensoriale ; b) per via locomotoria. 2.° Reciproca azione dei due sessi l'uno verso l'altro; per convenire all'atto dell'accoppiamento e facilitarlo. Funzioni primarie. — 3.° L'accoppiamento. 4.° Il parto. Gli organi relativi a tali funzioni od implicati nell'opera riproduttiva sono : Organi secondari. — 1.° Complesso ornamentale (in parte). 2.° Organi di seduzione, provocazione, ecc. 3.° Organi utili nella precopula (complesso di atti che decorrono dal con- tatto fra i due sessi fino all'accoppiamento vero). 4.° Organi utili per la segnalazione, il ritrovamento e l'incontro fra i due sessi. Organi primari. — 5.° Quelli necessari (strettamente) alla fecondazione ed alla riproduzione. Graduatoria degli organi per la loro età. — Alle conclusioni, che si trarranno in seguito, giova considerare anche questa graduatoria, per la quale ci richiamiamo al già esposto nel voi. I, nel capitolo dell'Embriologia. Per quanto riguarda gli Insetti, la differenziazione delle regioni del corpo e degli organi somatici, si fa, a spese della stria germinativa, nell'ordine seguente: Capo; antenne ed organi boccali; torace e zampe; addome nei suoi somiti, gona- pofisi ed ocelli; occhi composti; ali; processi ed appendici diverse di ornamenta- zione. Segue la colorazione. Percorso del regresso involutivo. — Occupiamoci solo della involuzione, che tocca L'ADULTO K GLI ATTI PER LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 387 gli organi e le funzioni di riproduzione, cioè con rapporto alla sola conserva- zione della specie, lasciando quanto si richiama a quella dell'individuo, poiché la involuzione degli organi e delle funzioni di nutrizione (in senso largo) e di escrezione, ha, negli Insetti, assai minor rilievo che non per altri gruppi. Difatti anche il parassitismo è raramente così accentuato fra gli Insetti da indurre serie alterazioni nei detti sistemi. D'altronde queste riduzioni sono di adattamento. Invece, il complesso degli organi di relazione, per quanto si riferisce all'o- pera riproduttiva e gli organi e funzioni secondarie a tale scopo, possono andare, parallelamente a questi ultimi, soggetti a notevole grado di involuzione che, in tal caso, rappresenta una vera condizione neotenica ed è di ciò che ci occupiamo qui. In questo senso l'andamento della riduzione involutiva, in quella serie di organi che la subisce, si fa sempre secondo una certa norma negli organi presi di mira. Giova, infatti, notare che l'importanza degli organi stessi nelle funzioni ses- suali è in relazione diretta alla età loro, mentre il grado di variabilità è nel rapporto inverso. Cioè gli organi più vecchi sono i più importanti ed i meno soggetti a variazione e così, grado grado, i più recenti hanno importanza di più in più secondaria nella funziono cardinale ed aumentano nel grado di variabilità. In altri termini il processo involutivo (per neotenia), decorrendo con cammino del tutto inverso a quello evolutivo, si inizia a spese degli organi più recenti nell'ontogenesi e meno influenti nella funzione principale e scende via via fino ad un limite molto spiccato. Per altri organismi la involuzione può giungere fino ad un alto grado di riduzione del soma. Per gli Insetti però essa non scende se non ad uno stadio, che può richiamarsi a quello Protopodo dell'embrione ovvero sia alla larva Ciclopi- forme (Apterigoti) o poco più giù (femmine di Stilopidi). L'andamento involutivo è dunque il seguente: dapprima [1] riduzione della ornamentazione cromatica: quindi [2] di quella delle appendici ornamentali; [3] in seguito delle ali (prima dei secondo paio e poi del primo); ancor più oltre [4J degli occhi composti; poscia [5j degli ocelli; delle gonapofisi [Gj ; della differen- ziazione dell'addome del torace [7]; di poi delle zampe [S] ; della distinzione del torace stesso dal capo [9] e quindi degli organi boccali [10] e delle an- tenne (1). Intendasi sempre della riduzione per involuzione neotenica. Eccone esempi secondo la numerazione data: fi) dicromismi sessuali ; [2] dimorfismi sessuali per complicanza di appendici (non arti) cefaliche e toraciche in moltissimi Insetti. Fino a qui ambedue i sessi rimangono nello stato di adulto tipico, alato, ecc. (redi pag. 272 del presente volume, fig. 27i, n. 7), cioè eumorfico. [3J Forme brachittere ed attere; [4] Afanitteri, Pediculini e Mallofagi; forme attere di parecchi Omotteri bassi. In questi due casi le forme neoteniche si richiamano a tutto il periodo ninfale, dalla Eoninfa o poco più giù fino alla Ninfa (vedi figura citata, n. i, 5, 6). [5] Femmine di Diaspiti; |0J femmine larveformi ; [7] femmine di altri Coc- cidei; [S] idem. Fin qui le forme neoteniche si aggirano intorno alla larva melolontoide (detta figura n. 3). 19-10] Femmine di Stilopidi. È raggiunto ed oltrepassato, in senso involutivo, In stadio di larva Ciclopiforme (vedi figura n. 1, 2). (1) Bisogna notare che, quanto alla involuzione dell'insieme ornamentale, esso deve prece- dere, in ciascuna regione del corpo quello della regione stessa, che reca le accidentalità orna- mentali. Non si può trovare esempio d'un capo o di un torace mal differenziati e pur forniti di caratteri ornamentali, ma può ben trovarsi un capo ornato su un torace mal differenziato e ridotto nei suoi organi anche principali. ::sx CAPITOLO QUINTO La ragione del dimorfismo sessuale (intendasi insieme anche del dicroismo e di- megetismo). — A conclusione delle cose sovraesposte può essere affermato quanto segue: La specie segue normalmente una via evolutiva, probabilmente con effetto di conquistare alla vita od a sé nuovi ambienti e nuove condizioni di esistenza. Gli organi assunti dalla specie nel progresso della sua evoluzione (secondo un decorso riconoscibile nell'ontogenesi), (piando si determini, per necessità nuove, la corrente inversa, scendono per gradi involutivi, tipicamente corrispondenti (salvo la direzione). Però, nel regresso involutivo, scema di mano in mano l'am- piezza della variabilità degli organi stessi, via via che dai più recentemente differenziati si ritorna a quelli di data più antica. Coll'anzianità, infatti, i ca- ratteri acquistano di importanza e di stabilità. Perciò le più ampie, facili e frequenti variazioni, anche fra sessi, avvengono nel complesso ornamentale e via via scema l'estensione e la frequenza loro, quanto più si discende verso l'organizzazione fondamentale e dalle funzioni ses- suali di importanza secondarissima si procede a quelle secondarie, mentre le pri- marie non soffrono variazioni, se non nei casi di estrema involuzione. Le necessità della esistenza delle specie, che hanno cotali effetti, si fanno assai diversamente sentire sui due sessi ed è perciò che le conseguenze nella organizzazione loro possono riescire tanto differenti. Tutti, adunque, i fatti di dimorfismo sessuale, quando non esplicabili con ne- cessità funzionali (nel qual caso dipendono da necessità di adattamento) si ri- chiamano all'azione della neotenia. In base ai concetti generali sovraesposti, se ne troveranno le ragioni spe- ciali, volta a volta, in ciascun caso, purché si ricerchi non la ragione della maggiore evoluzione od ornamentazione del sesso differenziato, poiché essa si richiama alle leggi che regolano la evoluzione della specie, giacché la forma più differenziata ne é il tipo ; ma si indaghi, in base alle vedute esposte, la causa della mancata evoluzione, in confronto del tipo, della forma rimasta arretrata. Caratteri sessuali secondari. Si sono già enumerati, in precedenza, i caratteri per cui, nei casi di dimor- fismo sessuale possono fra loro differire i due sessi. Conviene ora esaminare più davvicino tali divergenze, dappoiché si è cercato, nelle pagine precedenti, di darne ragione. Statura. Dimegetismo sessuale. — Si riscontrano negli insetti, oltre a molti, anzi più comuni casi di Omomegetismo (statura eguale nei due sessi) anche altri in cui il maschio é più voluminoso della femmina, ed altri ancora nei quali quest'ul- tima è di dimensioni superiori, talora di molto, al maschio rispettivo. Questo ultimo caso e, tra gli Insetti, il più comune, fra (nulli di dimege- tismo. Se ne hanno due casi distinti: L.° tutto il corpo della femmina ed anche i suoi arti sono veramente più voluminosi che non quelli del maschio rispettivo (dimegetismo vero) (fig. 3S7). 2." il solo addome é, nella femmina (in determinate occasioni), grandissimo, 'adulto k gli atti per la conservazione dku.a specie isti assai più che non nell'altro sesso, mentre il rimanente corpo e gli arti non sono sensibilmente 0 di poco maggiori che non nel maschio (dimegetismo occasio- nai,-) (figg. 3SS, 389, 390). Fig. 387. B Fig. 388. Fig. 387. — Ipermegetismo femminile. Cocciniglia (Pseudococcus citvi) maschio (B) e femmina (A) ugual- mente ingranditi (circa 13 diam.), per mostrare la differenza di statura. Da Berlese. Fig. 388. — Una Termite (Terni» i ìi volte si sono citate molte stranissime forme di Membracidi, specialmente esotici, che sono fra le più singolari e complicatamente adorne di appendici, processi, espansioni laminari, cbe si possano vedere negli In- setti. In questi Omotteri però, mentre il capo rimane di conformazione semplice, è il pronoto quello che si orna, in modo talora vistosissimo. Si vedano, oltre a quelli figurati nel voi. I, a pag. 207, anche altre forme, che qui si mostrano (fig. 402) e gran numero d'altre potrebbero essere riportate, le quali tutto fauno vedere una conformazione tale, che non può essere certamente se non a scapito del facile volo, che è, invece, così poderoso e rapido nelle Cicale. Nemmeno nei Membracidi le zampe mostrano complica- zione di struttura, ohe possa richiamarsi alla ornamentazione. Nei Fnlgoridi, invece, è il capo che si orna con prolungameli coruiculi- formi o membranacei e talora in modo molto vistoso, come fauno vedere ad esempio i generi Fulgora, Phrictus, Hothius (fig. 403) ed affini e secondo quanto si è figurato a pag. 109 del voi. I e qui si mostra nelle tavole. Per concludere gli Omotteri rappresentano la scala più ampia di variazioni nella forma dell'adulto, poiché si procede da uno stato corrispondente alla larva melolontoide, fino al più spiccato ipermornsmo, comune ad ambedue i sessi a pari grado. Quanto agli Eteromeri de- vesi convenire che questo ultimo limite estremo è anche raggiunto, poiché alcuni ge- neri di Tingidi, Reduvidi e Pentatomidi sono ornatissinii, ogni oltre credere, di appen- dici sul capo, sul torace, sull'addome, come pure sulle zampe. In tali condizioni però i casi di dimorfismo sessuale, per minore evoluzione della femmina non sono frequenti, ma se ne hanno esempi vistosi (voi. I, fig. 217, B, C) seb- bene rarissimi. Nei Tingidi sono sopra- tutto larghe espansioni lami- nari del torace e dell'addome e sono ornatissimi, talora, di reticolazioni, sculture, spine, che rendono l'animale strano e bellissimo (Thtgh, Philonihochila, Pligllomorpha (voi. I, figg. 21f>, 217 e voi. presente, fig. 404); nei Reduvidi è il pronoto cbe si eleva talora in creste e tubercoli (Prionotus, voi. I, fig. 214), ma sopratutto merita di essere ricordata l'ornamen- tazione speciale di espansioni foliari (Anisosirli*. voi. I, fig. 228) o di villosità (Ptilocerits, fig. 404, C . sulle tibie di alcune belle specie, o particolari conformazioni degli arti, che impressionano per la loro singolarità e sviluppo (Boicottati, Metapodint, voi. I, fig. 227, presente voi., fig. 404, E). Tutto ciò insieme ad un alto grado di ornamentazione cromatica anche nel campo dei colon ottici rende queste specie meravigliosamente belle e strane. A. Bf.klese. Gli insetti, II. — 51. D Fig 402. — Esempi di ornamentazione vistosa del pronoto. Emitteri, Omotteri esotici, tutti ingranditi (o, grand, nat.). A, Bocidtitm glo- bulare; B, Ctjphonia furcata; C, Spongophortis ballista ;__ D, i>pon- gophorus ben'neli. Da. Millot (vedi anche voi. I, pag. 20i)- Fig. 403. — Hotinuà delesserli in grandezza naturale. Da Millot. 402 CAPITOLO QUINTO Insomma gli Eterotteri comprendono specie veramente molto ornate, sebbene il dimorfismo sia raro. UE F Fig. 401. — Esempi di ipermorflsmo negli Emittori Eterotteri. A, B, espansioni laminari del protorace e dei segmenti addominali ; C, E, ornamentazioni delle zampe; D, del protorace; E, del protorace e delle zampe; F, del solo addome. A, Phyllomorpha alqUica, ingrandita; B, Ph. capicola, Westw ; C. Ptilocerut futcus, ingrand.; D, Diplo'jomphus ca- ptisi Ho», ingrand., E, Bolconeria spinosa in grand, nat.; F, Eulyes tnelanopteraia grand, nat. Da diversi Autori. Nel singolarissimo genere Carcinocoris, le zampe del 1.° paio sono ingrossate e terminate a chela, come quelle di un Granchio (fig. 405), ecc. Talora sono i segmenti dell'addome espansi sui lati in larghe lamine (Pylomorpha, Eulyes, fig. 404, A, H, F). I Coreidi e Peutatomidi, in generale .sono omeomorfi eumorlici ; ma, in questo ultimo gruppo, particolarmente tra le specie esotiche, si notano spesso forme con prolungamenti laterali corniouliformi del pronoto, come si vede ad es. aell'Edasa bubalua (voi. I, fig. 215). Del resto comunissimi sono i casi di atelismo per involuzione delle ali e delle emielitre, siano ambedue i sessi omeomorfi o di- morti per questo carattere. Intanto, però, bisogna convenire che, quanto al dimorfismo ses- suale, si hanno esempi piuttosto relativi al grado di evoluzione delle ali anziché ad altro da ascriversi all'ornamentazione. Tranne pei casi di dimorfismo per atelia, i caratteri sessuali secondari si ridu- Fig. 405. — Esempio di or- namentazione del protorace e dei segmenti addominali ed insieme di stranissima conformazione delle zampe anteriori in un Emittero E t erottero ( Carcinocor is ca- ousi, ingrandito). Da Mil- lot. l'adulto k gli atti per la conservazione della specie 4 03 cono a sculture, impressioni, assai poco cospicue, in qualche segmento. È stato però da noi citato un bello esempio a proposito AelV Elapheozygum goeUei Ivulilg., nel voi. I, pag. 206, fig. 217, B, V. Gli Emitteri acquaioli (Idriicorisi) sono tutti omeomortì ed eumorfici, né vi hanno vistosi esempi di dimorfismo sessuale. Seguono i Neurotteri, die sono, in generale, oineomorfi eumorfici, e pei «piali i non frequenti casi di dimorfismo sessuale si riducono a qualche diversità nelle dimensioni e complicanze delle antenne. Nei Barena, che sono atteri, il maschio ha però i rudimenti delle ali alquanto più sen- sibili che non nella femmina (fig. 406). Il più cospicuo caso di dimorfismo sessuale ò rap- presentato dal grande Corydalis cornutus d'America, i cui maschi possiedono lunghe e robuste mandibole, tre volte piti lunghe della testa, mentre nella femmina tali organi sono assai piti brevi (tìg. 407). A questo proposito non posso trattenermi dal ri- ferire le testuali parole del Girard (1873-85; Int., voi. 2.°, pag. 508), per mostrare il pensiero di mi naturalista, che certo fra gli entomologi occupa un primissimo posto nella pratica e co- noscenza buona degli insetti. « Esiste questa notevole circostanza, che la differenza sessuale, cosi marcata, come è quella fornita dalle mandibole in questo genere Fig. 406. — Broeus hyemalis L. femmina ingrandita. Da Girard. (Corydalis), non apparisce fin dal prin- cipio ; il fatto che gli organi sono essen- zialmente gli stessi nella larva, nella ninfa — d'ambedue i sessi — e nella femmina adulta, porta una prova di più in appoggio dell'opinione che la femmina non rappresenta altro se non un arresto di sviluppo del maschio ». Finalmente ricordo il genere Ne- mura (fig. 408) il quale, per le ali pos- teriori allungate assai ed esili, può esser citato come un esempio, rarissimo se non unico, di iperniorfisino e ciò in ambedue i sessi e ricorda, lino ad un certo punto, la corrispondente com- Fig. 407. F'S- 408- Fig, 407. — Corydalis cornutus L. in grandezza uat. A, muschio; B, capo e protorace della femmina; C, ninfa supina. Da Riley. Fig. 408. — Esempio di conformazioni» ornamentale nelle ali posteriori di Neurotteri. Nemura halterata V- (Asia minore). Granii, nat. Da Girard. plicanza di molti Lepidotteri, aventi le ali posteriori più o meno allungate in co- dette. 404 CAPITOLO QUINTO I Lepidotteri, oltre ai numerosi esempi di dicromismo sessuale, ai quali si è brevissimamente accennato e di cui si dà qui qualche esempio (v. tavole), fra moltissimi che potrebbero ricordarsi, mostrano bellissimi casi di dimorfismo sessuale e di ipermorfismo, secondo una scala assai ampia, poiché nelle Farfalle si può andare dalle femmine arrestatesi allo stadio di eoniufa (dette impropriamente larve- formi), di cui si sono citati esempi nei Psicbidi e nei Geometridi (figg. 292 A, 409, Ij sino a femmine ipermortiche (fig. 411), come sono quelle della mag- gior parte dei Papilio, di altri Ropa- loceri, di molti Saturnidi, ecc., di cui si dirà tosto. Si possono citare esempi di dimor- fismo sessuale atelico di tutti i gradi per incompleto sviluppo della femmina (fig. 409), dal più basso limite sopra indicato fino all'eumorfismo in que- st'ultimo sesso, in coufronto dell'iper- mortismo del maschio relativo, come è mostrato dal classico esempio del Papilio dardanus (vedi tavole) e da altre specie di Ropaloceri affini. Per converso, nel Papilio memnon, le cui femmine sono polimorfiche, si trovano in questo sesso appunto forme ipermortiche (con codette nelle ali po- steriori), mentre il maschio è rappre- sentato da una sola forma eumortìca (vedi polimorfismo e fig. nelìe tavole). Nei Lepidotteri, forme aeree per eccellenza, nei quali, come nei Xeu- rotteri, il contatto dell'adulto col ter- reno è escluso del tutto, l'ipermortìsmo è di tutt'altra maniera che non pei gruppi fin qui veduti ed anche pei Coleotteri, che considereremo tosto, in cui la vita terragnola, assai più che Fig. 409. — Esempi di dimorfismo sessuale per atelia in femmine di Lepidotteri. A, femmine ; B, maschi. I, Atelia con arresto allo stato di Eoninfa (Eterogynia paradoxa Ramb., ingr. due diara.). II, Atelia con arresto allo stato di Proninfa (Eoarmia plumitjeraria Hnlst. ingrand.) N. America, da Coqnillet. Ili, Atelia con arresto allo stato di Ninfa {Cheimatobìa brumata L. ingrand.), da Ratzebnrg. A B Kig. 410. — Esempio di eumorfismo non omeomorfico in ambedue i sessi in un Lepidottero (Limanthria dispai- L. grand, nut.) la femmina (A) possiede le ali, ma vola raramente e male; il maschio (Bi è ottimo volatore. L'esempio mostra anche il dicromismo sessuale. aerea, induce ipermorfismi in forma di processi vari sul capo, sul torace e sugli arti, mentre ne sono rigorosamente escluse le ali inferiori. Invece, nei Lepidotteri, sono appunto queste ali, cbe tendono, nei oasi di ipermorfismo, ad allungarsi in appendici varie e multiple, talora in modo molto vistoso (fig. 411). Non si può non accogliere nella mente un parallelo tra questa maniera di ornamentazione I. ADULTO K GLI Al' II PER LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 405 e quella di molti Uccelli, specialmente esotici, nei quali la coda o lo ali sono arricchite di penne vistoso e lunghissime, che danno, ai masclii specialmente, il mirabile ornamento, HI. — Esempi di iperinorfismo per conformazione oruamentale delle ali posteriori in Lepidotteri. A. Elidanone brachynra Drury, ridotta a mota; B, Syrmatia dorilas Cr., ridutta di nn terzo; C, Papilio coon Fabr., ri- dotta qaasi a metà; D, Techla aphnac, ridotta di un terzo; E, Urania craesug, ridotta a metà ; F, Arctias selene L. ridotta a metà; 6, Thymala brachius Hiib., ridotta a metà; H, Fapilio philoxemus Drurv, ridotto a metà. Da autori diversi. certo di così granile effetto, in queste bellissime forme, sopratutto nel volo. I più vistosi esempi ili dimorfismo sessuale negli uccelli, o di iper- ìnortisino in genere, non si riferiscono a corna od altri prolungamenti del capo, ma si richiamano sopratutto al sistema locomotorio aereo Nei Lepidotteri è più frequentemente il terzo ramo della nervatura mediana quello che si prolunga e regge l'appendice caudiforme, ma talora anche quelli della cubitale (fig. 411, G) ed anche gli altri della mediana stessa, possono essere più o meno prolungati, di guisa che, in talune specie, ad es. V Helicvpis acis Fabr. (fig. 412), l'ala posteriore è ornata persino di sei co- dette. Il caso di una sola codetta è il più comuue non solo nei Papilio, ma in molti altri Ropalo- ceri; segue, per frequenza, il caso di due codette per ala, di cui mostrano esempio il nostro co- ni me Chat-use* jasius, con altri esotici (fig. 411, D)t ecc. In taluni Eteroceri, sopratutto Bombicidi e Saturnidi, le ali posteriori sono egualmente al- lungate in code, talora lunghissime (fig. 411, A, F). Nella Endemone brachynra esse talora sono lunghe quasi il doppio della apertura d'ali. Fig. 412. — Helicopis acis V del Messico, in grandezza naturale. Da Hiibner. 4 Oli CAPITOLO QUINTO Le ali superiori molto più di rarlo ed assai meno vistosamente fanno vedere, talora, dei pro- lungamenti brevi, lungo il margine esterno, sopratutto sostenuti dagli ultimi rami della radiale o dai primi della cubitale (1). Con ciò le ali stesse acquistano una speciale smerlatura, come si vede bene ad es. nella nostra comune Vanessa C album L. (fig. 413). In conclusione i Lepidotteri, spe- cialmente Ropaloceri, mostrano tasi frequenti e belli di ipermorfismo. Questo si accentua nelle ali posteriori, ebe nella Farfalla tipo, per così dire, sono ad orlo posteriore rotondato, (fig. 394, IV, B), ma l'indirizzo orna- mentale tende ad arricchire l'ala stessa di prolungamenti a forma di codette, più o meno accentuati e numerosi. In questo ambito si svolge anche il dimorfismo sessuale nelle specie eumorfiebe, quando esso esiste, poiché, in talune specie, le femmine, più spesso, rimangono allo stato tipico anzidetto, lasciando al maschio solo ogni ulteriore complicanza ed ornamento. Tali farfalle iperuiorfiche però sono sempre specie non eccellenti vola- trici, poiché il volo rapido, sostenuto, ottimo, non si accorda colla presenza di simili appendici, ma le ali ottime deb- bono essere configurate sul tipo semplice e robusto, rappresentato dalle Nottue e più dalle Sfingidi, che sono i più po- derosi volatori fra i Lepidotteri. Gli Eteroceri, invece, tra cui si contano i più efficaci volatori del gruppo delle Farfalle, hanno altra maniera di ipermorfismo, cioè molti di loro, specialmente fra le Nottue, mostrano il torace, al dorso, meravigliosamente or- nato di ciuffi di squame, talora più o meno erettili, che lo ornano in modo assai vago ed elegante. Ne ho già dato esempio a pag. '209 del primo volume e molti altri ancora si potrebbero citare. Anche qui non si può non fare un parallelo colle forme aeree, per eccellenza, tra i vertebrati, che sono gli Uccelli e ricordare tanti o così impressionanti esempi di ornamentazione del capo e del collo, con ciuffi di penne, talora vistosissimi, cappucci, ecc., quali si vedono in molti Uccelli, specialmente esotici, che nei musei ra; - presentano una così grande attrazione. Questo è veramente ipermorfismo, che non ha ne può avere altro scopo all'infuori di una insigne ornamentazione, anche a scapito della facilità e comodità dei movimenti. Differenze sessuali secondarie si rilevano nelle Farfalle anche a proposito delle antenne e ciò negli Eteroceri, o nello sviluppo delle zampe del 1.° paio, come si vede in alcuni Ropaloceri. In taluni casi (Helieonia, Charaxes, Morpho) questi arti sono più sviluppati nella femmina che nel maschio ; in altri generi, invece, Fig. 413. — Esempi ili iperniorfiamo anche delle ali anteriori in Lepidotteri. A, Contorno della nostrale Vanessa C album L. (grand, nat. ). lì, Contorno delhi nostrale Piatii pteritx Jalcida Hiibn. (graod. nat.). C, Protoyoniug hypponas F. del Brasile, ridotta di circa nn terzo Da Drurv. A B Fig. 414. — Dimorfismo ses- suale nelle antenne di Le- pidotteri Eteroceri (Satur- nidi, Saturnia pyri L.). A, antenna di femmina; B, an- tenna di maschio, ingran- dite. (1) Nel paragone qui istituito con Uccelli singolarmente ornati, si vede che anche in questi mirabili signori dell'aria, le ali sono, molto meno spesso, ornate di penne che non hanno altro scopo se non quello dell'abbellimento, in confronto della coda, che è l'organo più frequentemente arricchito di meraviglioso e strano piumaggio. t)iò dipende dal fatto che tale organo ha molto minore importanza ed effetto nel volo che non le ali. l'adulto e gli atti pur la conservazioni: della specie 407 (Callithaea, Nymphalie) si dà il caso inverso. Nei generi Aryijnnis, Helithaea, Vanesia ed altri le zampe del 1.° paio, nel maschio, sono coperte da lunghi peli ed hanno i tarsi nniarticolati, mentre nelle femmine essi sono coperti di squame e composti di cinque articoli. Più appariscenti sono le differenze nelle antenne. In generale il maschio ha tali organi più glandi e meglio ricchi di appendici clic non le rispettive femmine. Specialmente fra i Bombicidi, Saturnidi (fig. 414) ed affini le antenne del maschio sono conformate a bella piuma, mentre quelle delle femmine hanno i rami laterali assai più brevi. Nelle Stingi e nelle Nottue le femmine mo- strano antenne filiformi, quando i maschi le hanno seghettate, o creuulate, eco. Nelle Galli ria, fra i Microlepidotteri, si notano differenze anche nei palpi labiali, che sono molto maggiori nella femmina che non nel relativo maschio. Coleotteri. — Veniamo all'ordino dei Coleotteri, nel (piale il dimorfismo sessuale è più che negli altri tutti rappresentato e con mirabili esempi, specialmente in alcune famiglie. L'argomento è stato svolto con molta diffusione ed acutezza dal Canterano (1880), al cui bel libro rimando il lettore desideroso di maggiori particolari. I Coleotteri sono Insetti onieomorfìci; meno spesso omeomorfi atelici; eumorfici oppure dimortìci con un sesso iperinortìco, che come sempre, più spesso è il ma- scolino. Non si conoscono casi di ipermorfismo in am- bedue i sessi se non, pochissimo accentuati, forse nei Cicindelidi, Carabidi ed in qualche altro gruppo, ma sono discutibili. Perciò, sebbene tali Insetti abbiano un campo riservato al dimorfismo sessuale, che va dalla eoninfa all'ipermortìsmo, esso è meno ampio, come si vede, di quello che non sia, invece, negli Omotteri e nei Lepidotteri. Fanno eccezione i Ripitteri, in grazia della femmina degenerata più in giù della stessa larva melolontoide, ma i Ripitteri non sono ipermortìci. Adunque, dopo il maximum mostrato dagli Omotteri e quello pur grandissimo dei Lepidotteri nella esten- sione del dimorfismo sessuale, la estensione stessa si abbrevia nei Coleotteri, per ridursi ancor più, come vedremo, nei successivi gruppi più alti e più recenti. 1 due sessi dei Coleotteri possono essere diversi per statura, per varia ornamentazione plastica del capo, del torace e degli arti, pochissimo o nulla affatto per l'addome, se uon per le dimensioni sue e giammai per la fabrica delle ali inferiori, solo, nel caso, pel diverso lor sviluppo. Del dimegetismo, come del dicromismo sessuale si è già detto; veniamo alle altre differenze riferibili strettamente al dimorfismo, cioè alla forma. Per ciò che riguarda lo stato di maturità del soma, rilevasi che sono sempre le femmine quelle che si trovano in difetto, nei casi di dimorfismo; il maschio è il più evoluto dei due sessi. .Si hanno casi di femmine arrestatesi allo stato di eoninfa (molti Lampiridi) (fig. 415, I, A) o di prouinfa (Pachypus cornutus fra i Lamellicorni, tìg. 415, II, A). La femmina di quest'ultimo Co- leottero vive sempre nascosta in buchi scavatisi a piedi degli alberi, di dove non sorte mai. Più frequenti sono i casi di femmina niufeforme, cioè con rudimenti di elitre, ad es. alcuni Cebrionidi, le cui femmine, più grosse dei maschi, sono sprovvedute di ali ed hanno le elitre ac- corciate; queste femmine vivono sempre sotterra, mentre è il maschio, che ne va in corca ed il Graells (1851) descrive benissimo le abitudini del Cebrio carrenoi. Nelle stesse condizioni sono i Vetperaa fra i Longicorni, fig. 294, IX, taluni Lampiridi, ecc. Si tratta sempre di femmine se- dentarie ed a vita sotterranea. In questa coudizione atelica si hanno comunissimi casi di omeomortismo sessuale, ad es. di Fig. 415. — I più bassi gradi di atelia nei Coleotteri (femmine). I. Lampiridi neotenici. A, femmina allo stato di eoninfa {Lampv ig noctiluca); B, maschio allo statodi ninfa(P/iospftae«us haemipterus). II, Lamellicorne colla femmina allo stato di pro- ninfa {Pachi/pus cornutus F.)T tatti ingran- diti. 408 CAPITOLO QUINTO A B Fig. 416. — I due sessi del Dytiscus latiseimus L, iu gran dezza naturale. A, femmina; B, maschio. perdita o riduzione delle ali con inettitudine al volo (la massima parte dèi Carabidi, dei Tene- brionidi, molti Cnrculionidi, Ptinidi, Coleotteri cavernicoli e quelli vivesti nei nidi di Formiche e di Termiti e molti altri, mentre le elitre rimaugono a difesa del- l'addome), oppure anche le elitre sono più o meno ridotte (Meliie, fig. 394, III, li ; Atelestus, ecc.). l'iti raramente per atelia anche il maschio è brachittero, mentre la femmina è attera (Phosphaenus Iute- mipterus; figura 415, /, B). Più comunemente i Coleotteri sono omeomortì ed eumortici, e di- screti o buoni volatori. Ma in molte famiglie, sopra- tutto nei Lucanidi e Lainellicornidi, il dimorfismo sessuale per ipermor- fisino del maschio (talora accompa- gnato da dimegetismo) è molto appariscente e talora vistosissimo. Ne possono essere interessati, come si è detto, il capo, il torace, le zampe, e più raramente assai le elitre. Quest'ultimo caso è mostrato sopratntto dai Di- tiscidi, i cui maschi hanno elitre liscie e le femmine le mostrano striate per un buon tratto della regione an- teriore (fig. 416). Ma, nella stessa specie si incontrano anche femmine ad elitre liscie. Quest'ultima è probabilmente una con- dizione meno evoluta, poiché le elitre nei Coleotteri sono generalmente liscie. Perciò nei Ditiscidi si po- trebbe citare un caso di ipermortismo ri serbato alle sole femmine, il che è molto raro. Il capo può essere tutto intero (insieme col pro- torace) più voluminoso nel maschio che non nelle lem- mine, anche nelle specie che pur non lo hanno peculiar- mente armato (Lethì-us, fig. 417, Jnlacopus), ma esso varia sopratntto per la presenza di speciali appendici a forma di corna, che sporgono sul cranio; per la fabrica e dimensione delle autenne; per quella delle man- dibole, ecc. Minori differenze si possono riscontrare nella configu- razione e grandezza degli occhi composti e degli organi boccali, all'infuori delle mandibole (fi- gura 418). Esempi assai numerosi e dei più mirabili di appendici corni- formi sul capo sono presentati dai maschi di Lamellicorni, sopratutto Dinastiti ed Coprofagi, ma anche di qualche Cetonide esotico (vedi tavole). Il Bolboceras moMlicorni* ha il cornetto cefalico del maschio mobile ed è questo un caso unico. Del resto le femmine mostrano una tendenza esse pure a questa maniera di ìpernmr- fismo, poiché molte fanno vedere tubercoli più o meno alti, omologhi delle corrispondenti ro- buste corna maschili, come si vede sopratutto nei Copris e generi affini e più ancora negli Ho- plites. Ciò trova un parallelo nel polimorfismo dei maschi, che va dallo stato eumorfico conser- vato tuttavia nella femmina fino al più alto grado di ipermortismo. Di ciò si dirà più innanzi. Fig. 417. — Maschio di Ltthrw) in grand, nat. Fig. 418. — Esempio di ornamentazioni ce- faliche in Coleotteri. A, mandibole a forma dì corna (Neolamprima adolphi- nae Gest. (N. Guinea) grand, nat.); B, corna sulla nuca (Onthophagus rangifer Kl. (Africa); rt, sua grand, nat.). Da Miilot. l'adulto e gli atti per la conservazione della specie 409 J? Fig. 419. — Esempi ili armature del capo e del pro- torace in maschi di Carabidi (A-C) e Stafilinidi (D-F): A, Ditomus dama Rossi; B, D. cornutus Dej.; C, D. tricuspidatus Germ. Da Canterano; D, Blediim unicornis Germ ; E, B. taurun Gemi.; V, Prognatha quadricornia Kirby. Tutti di Eu- ropa. Tutti ingranditi. Da Jaquelin Duval. Appendici oomioulate, sebbene meno vi- stose, si vedono sul capo di maschi d'altre famiglie (flg. 419), come ad es. dei Dilanimi fra i Carabidi; Bleditts, Oxyteìus, Leptochirus, Piestua fra gli Stafilinidi ; Sinodendron, alcuni Doremi fra i Lucanidi; in taluni Bolitofagidi, I Flomidi, Cissidi, ecc. Anche nelle appendici del capo si possono trovare esempi molto cospicui di dimorfismo sessuale nei Coleotteri. Le antenne dei maschi, sono, in moltis- simi casi, più sviluppate o più complicate di quelle delle rispettive femmine. Ordinaria- mente più lunghe nei maschi si vedono nei Cerambicidi, in qualche Statilinide (Lispimis), in taluni Curculionidi (ad es. Mecocerua, ecc.), Clitridi e Labistomi ed altri (fig. 420). Le lamine del flabello sono molto mag- giori nel maschio di parecchi Lamellieorni (ìleloluìdlia, l'olyphylla, Anomala), di quel che non siano nella femmina (fig. 421). In molti casi i maschi presentano antenne petti- nate od altamente seghettate, mentre nelle femmine rispettive esse sono più semplici (Elateridi, Cebrionidi, Pirocroidi). Nel genere Cerocoma tali organi sono molto complicatamente e stranamente conformati nei maschi (fig. 422). Altre minori differenze si possono rilevare in moltissimi esempi. Qui è il caso di ricordare che 1*1* / (r*Sil \ 'u talune specie pertinenti a gruppi, "^ il3V.>'* /^B"*2i\ '■ lie' 1ua^ l'ipermortìsmo si manifesta non solo con una vistosa ipercromia, mirabilmente bella, ma ancora per delicate appendici in forma di pe- luria confinate a determinate regioni del corpo, anche nelle antenne può essere manifesta una elegantis- sima ornamentazione di tale manie- ra. In molti Cerambicidi esotici si ammirano graziosissimi ciuffi di peli variamente colorati, disposti sulle antenne (e se ne dà esempio qui, figu- ra 423), come pure sulle zampe, ecc. Rispetto agli organi boccali saltano all'occhio sopratutto le vistosissime differenze nello svi- luppo delle mandibole, che sono ca- ratteristiche di alcune famiglie, sopratutto dei Pettinicorni (v. tavole; e ne sia esempio il comune Cervo volante. Ma anche nelle Mauticore, in taluni Carabidi, in molti Isteridi, Clitridi, Labidostonii, Cerambicidi (Macrodontia, Stenodontes) si può ri- levare questa notevole differenza sessuale. Essa però raggiunge il 9uo massimo nella citata famiglia dei Pettinicorni, dove le Fig. 420. — Esempi di dimorfismo sessuale nelle dimensioni delle antenne in Coleotteri. A, maschio; B, femmina. I. M eeomastyz montravelii Ter. (C'arcui ionide della N. Caleuonia) il ma- schio è ingrandito ili poco ; la femmina è in grand, nat ). Da Le- cordaire. II, Uonohammv$ titillator Fab. (Carambicide del Xord- America) in L'raudezza naturale. Da Webb. A. BEKLESE, CU Imeni, II. — 52. 410 CAPITOLO QUINTO Fig. 421. Fig. 422. Fig. 421. -- Esempio di dimorfismo sessuale nella forimi "'«Ielle antenne («li un Lamellicorne, Polyphylla fililo L.). A, del maschio; B, della femmina egualmente ingran- dite. Fin. 422. — Altro esempio di dimorfismo sessuale nelle di- ° mensioni e forma delle antenne in Coleotteri. A, antenna di femmina; B, testa di maschio di Cerocoma schreberi F. ingrandite. mandibole del maschio sono talora lunghe quasi quanto il corpo tutto e grosse in proporzione, variamente dentate e ne siano esempio le specie che qui si disegnano (figg. 391 ed altre) con altre moltissime che si potrebbero ci- Ocen-prx y a tare. Il tipo eumorfo è rappresentato . J^-, ,_ /Ci^3V\ tlal comune nostro Dorcus parallelepi- pedus, nella quale specie sono modesto le differenze sessuali per lo sviluppo delle mandibole ed anche i maschi hanno la comune semplice configura- zione di tutte le femmine dei Lucanidi. Ma di qui ai casi di altissimo ipermor- tìsmo per sviluppo delle mandibole nei maschi e conseguente grossezza del capo che le reca, i gradi sono innume- revoli, e si giunge a forme veramente impressionanti e terrificanti anche, giacché l'enorme sviluppo di organi di presa, con alti e robusti denti non possono non indurii' sospetto di essere anohe pericolosi or- digni di offesa, il che veramente non è, al- meno in grado pari alla loro parvenza. 11 protorace, nella sua ornamentazione, segue davvicino il capo ed ordinariamente in misura parallela, e quello che si è detto per le appendici ornamentali Aòì capo (non dei suoi arti) può ripetersi anche pel pronoto. Si osservi però che mentre il caso di capo armato e pronoto semplice pre- senta molti esempi, come può vedersi in molti Onlhophugus (flg. 418, B) anche no- strali, invece assai più scarsi sono i casi di armature vistose del pronoto, mentre il capo è inerme. Cito a questo proposito il nostrale Geotrupe* typhaeus, G. momus (fig. 424), l'esotico Peperonota harringtoni, ecc. Anche a proposito della ornamenta- zione plastica del capo e torace si possono citare casi di iperinorfismo comune ad ambedue i sessi, sia in vario grado che in misura presso a poco eguale. Già si è ve- duto che in taluni Lamellicorni, spe- cialmente del ge- nere C'opris ed affini, anche la femmina tende ad imitare, sebbene in misura più modesta, la or- namentazione visto- sa del maschio. Ma altri esempi qui si possono recare, tra cui cito quello di un C'arabide (fi- gura 425). Per quanto ri- guarda le zampe si potrebbe discorrere a lungo per enumerare tutti i casi e le maniere di ipermorfismo di un sesso o comune ad ambedue i sessi. Ci limiteremo a ricordare le principali maniere di variazioni. Fig. 423. — Esempio di ornamentazione delle antenne (Oerarubioide, Cosmisoma elegans del sud America). Da Millot (a, grand, nat.). Fig. 424. — Esempio di capotorace ornato e di capo inerme ; Ceratophyus momus F. (Spagna), ma- cchio in grand, nat. Fig. 425. — Esempio di dimorfismo sessuale in Coleotteri Carabidi per sviluppo delle mandibole e di «piasi omeomorfismo per ornamentazione del protorace. A, femmina; B, maschio di Anthia maxiìlosa F. di Africa. Grami, nat. Da Taseheuherg. l'adulto B GLI AI TI per la CONSERVAZIONE DKI.LA SPECIE 411 Fig. 426. — Esempio di orna- mentazione del capo e torace in ambedue i sessi in un Coleot- tero, Stemmoderui singularis Spin. del Senegal, ingrandito. Da Lacordairo. *>*» Anzitutto, più raramente variano dal tipo comune le zampe del secondo paio, il più spesso sono invece quelle anteriori e le posteriori; le prime allungando oltre il modulo comune, le altre ingrossando notevolmente, sopratutto nel femore. Se tale in- grossamento è in rapporto colla facoltà di saltare, come accade in molti piccoli Crisomelidi, detti perciò pulci di terra, non è il caso di trattarne qui, mentre ora vanno considerati solo quegli esempi, in cui l'ingrossamento vistoso non sembra aver signifi- cata alcuno all'infuori di quello ornamentale. Riguardo all'ingrossamento dei femori posteriori si può rilevare una tendenza anche all'omeomortìsmo, iuquautochè in talune specie le femmine godono, sebbene in grado minore del maschio rispettivo, di tale particolarità e ne sia esempio il bel- lissimo genere Sagra (fig. 427). Ma in altri casi l'ipermorfismo appartiene strettamente ai maschi, come si può ben vedere nelle comuni nostre Oedemera (tìg. 429, D). Tale condizione di cose, più o meno vistosamente, è palese anche nei Glafiridi, ed è eccessiva nei generi Boploscelis, Pachyone- ma, ecc. ecc., rilevate di tubercoli grossi in molti ge- neri di Curculionidi(tìg. 433), Tenebrionidi an- che nostrali, in qualche Crisomelide forestiero [Chlamia) ; ornate elegantissimamente di ciuf- fetti di peli ordinatamente disposti in qualche genere esotico dei meravigliosi Buprestidi (AmUysUrna, Iulodis, ecc.) ed in taluni Curculionidi (fig. 435, -J) ° ''• spine come nelle nostrali Hispa ed in generi afflili (fig. 434); in qualche Pimelia (P. co- ri umili) esotica, ecc. Di più mi- nute accidentali- tà della scultura delle elitre non parlo, perchè gli esempi sono in- numerevoli. Ma questi sono tutti casi di omeomorfismo. Quali esempi di dimorfismo sessuale, circa la scultura delle elitre sono già state ricordate le striatnre delle elitre ili parecchi Ditiscidi, ma se ne dovrà ridire, come si è accennato, a proposito del polimorfismo. Da tutti questi casi sono esclusi quelli di incom- pleta evoluzione del sistema alare in un sesso, poiché essi si richiamano all'atelismo e se ne è detto già ab- b istanza precedentemente. Quanto ai Ripitteri <> Stilopidi che dire si vogliano, si è già accennato più volte all'alto grado di differenze sessuali. Basti ricordare che la femmina è cosi arretrata che il suo capo ed Fig 431. — Vistoso esempio di ipermorfismo (ome,o- morfico) nella conformazione delle elitre in Co- leotteri. Mormoh/ce phyllodes Deyr. (Carabide di Giava, Sumatra, ecc.) grandezza nat. Da Deyrolle. Fig. 432. — Esempi ili ipermorfismo (omeo- inorfìco) nella configurazione delle elitre in Coleotteri Crisomelidi. A, elitre per- forate in Seleni* (S. perforata Fabr.); B, elitre prolungate agli omeri in Omoplata normali* Gemi, (ambedue del Brasile). Ingranditi. Fig. 43 1. — Esempiodi ipermorfismo (omeo- morfico) delle elitre, per via di rilievi tubercoliformì in un Cnrculioniile. Dino- morplms pimelioide* Peity. del Brasile, ingrandito di un terzo. Da Lacordaire. 4U CAPITOLO QUINTO Fig. 434. — Esempio ili or- namentazione per processi spiniformi nelle elitre (e nel protorace) di Coleot- teri (Ispidi), Platypria echidna F. (India), ingran- dita. Da Millot. il protorace formano insieme un solo blocco e le appendici cefaliche vi sono abolite pressoché del tutto, mentre nel maschio non solo il capo è benissimo distinto, ma in molte specie ancora le antenne sono molto complicate e diffe- renziate (fig. 436). Qui, perchè ognuno riconosca il grado di involuzione della fem- mina in questo gruppo, riportiamo la figura della larva (fig. 437) e si confronti coll'adulto femmina, già disegnato a fig. 373. Queste sono, a grandi linee, le principali differenziazioni dal- l'eumorfismo all'ipermorfismo evidenti nei Coleotteri, gruppo così meravigliosamente variato, entro l'ambito dell'ornamentazione, nel- l'enorme numero di specie che l'ordine racchiude. Resta a trattare dei due piti alti gruppi di Insetti, cioè degli Imenotteri e dei Ditteri, nei quali la tendenza, più volte avvertita, ad un tipo di eccellente macchina volante, concorre ad abolire ogni ipermorfismo (quando non sia piuttosto che tali gruppi più recenti non ci siano peranco arrivati), come non compatibile a questo scopo e perciò le differenze sessuali secondarie si circoscrivono nel tratto dall'atelia all'eumortì- 6U10, e non oltre. Negli Imenotteri, all' infuori di dimor- fismi sessuali dovuti ad involuzione del sistema alare di un sesso in confronto dell'altro, ad es. nella femmina in taluni Calcididi, Proctotrupidi e Mutillidi, op- pure, caso più raro assai, anche in tutto il gruppo degli Insetti, di atterisino del maschio (mentre la femmina gode delle ali, come nelle Blastophaga e generi affini e nei Monodontomerus fra i Calciditi), non si riscontrano che piccole altre diversità secondarie e più nella fabbrica delle ap- pendici che non in quella generale del corpo, oltre ai casi, del resto non fre- quenti, di non grandi differenze sessuali per dicromismo e dimegetismo, già ricordate. Cos'i, nei Tentredinei, che sono tutti alati omeomorri, si possono citare casi di dimorfismo sessuale nella forma delle antenne (ligg. 438, I; 439), con articoli prolungati lateralmente (e per ciò ramose), nei maschi (ad es. nei Lophyrus, fig. 438, B) e lo stesso dicasi per taluni Calciditi (fig. 438, II, III), come sono gli Euritomini, gli Eulotìni, ecc. Tra gli Aculeati si notano anche meno sensibili differenze ses- suali nella fabrica delle antenne. Così, in taluni Masaridi esse sono, Fig. 435. — Esempi di orcamentazioue delle elitre e del protorace, per ciuffi di peli elegantemente di- stribuiti, in Coleotteri. A. Lixus barbiger Dobrn del Madagascar; B, Julodis hìreuta Kl. del Capo di B. Sp. in grand, nat. A B Fig. 436. Fig. J37. Fig. 436. — Dimorfismo sessuale accentuato al massimo grado di Stilopidi. A, capo di maschio di Myrme- colax nielneri Pieree, dal dorso; B, capo e torace (fusi assieme) di femmina di A'chos palliane Pier., dal ventre. Da Pieree. Fig. 437. — Larva di Strepsittero (Xenos pallidità), molto ingrandita, dal ventre. Da Pieree. nel maschio, più lunghe e davate che non nella femmina, che le ha filiformi e così sono pure, per questo sesso, in taluni Crabronidi e Scoli idi, mentre nel maschio appaiono fusiformi. L'ADULTO E (ÌLI ATTI PER la conservazione della specie 415 Diversa può essere l'estensione degli occhi composti nei due sessi, come fa vedere l'Ani' connine (flg. 140), dove nel maschio essi sono cos'i estesi sul vertice, che si toccano l'ini l'altro, mentre nella femmina ri- mangono discosti per buon tratto, e, quanto agli oc- celli, essi sono frontali, più larghi e confluenti nel maschio, mentre nella fem- mina stanno al vertice e fra di loro più discosti. Così è pure in Aleli- pona e Bombus. Variamente sono conformate ed armate di denti le mandibole nei due sessi di Eumenidi, di qualche Scoliide ed altri, ma con piccolissimo di- vario. Anche le unghie delle zampe sono Indentate nel maschio o semplici nell'altro sesso, in A B Fig. 438. — Differenze sessuali nella forma delle antenne in Imenotteri. A, di femmina; B, dì maschio. — I, di Tentredineo (Lophyrus pini): II, di Ualoidite del N. America {Cratotecus sp.) da Howard; III, «li un C'alcidite d'Australia (Ceraphron niger Curtis). Fig. 439. Fig. 440. Kig. 439. — Teste di femmina (A) e di maschio (B) di un Tentredineo {Schizocera fureata Vili.) per mostrare la differenza delle antenne. Ingrandite. Da André. Fig. 440. — Teste delle tre forme dell'Ape comune, egualmente ingrandite, per mostrare le differenze, specialmente degli occhi composti. A, femmina (regina); B, sterile (operai;]); C, maschio. taluni Mntilliili, nelle Osmia, Anthophora, Megachile, Anthidium, ecc. I femori posteriori sono ingrossati nei maschi di Aga- posiemon, fra gli Andrenidi ; tutte le zampe più corte e robuste nel maschio dei ilitine, tra gli Sco- liidi. Nei soli Oxyhehis il maschio mostra, sulla fronte, un breve tubercolo corniforme e nei Bombe* questo sesso ha una cresta den- tiforme, prominente uel mezzo del 2." e 6.° segmento ventrali, oppure da 1 a 3 spine si ve- dono uell 'estremiti dell'addome negli Sti:na, fra i Crabronidi. A questo o poco più si riduce il dimorfismo sessuale negli Ime- notteri. Quanto ai Ditteri, l'atteri- smo vi è abbastanza esemplificato, sebbene gruppi interi, dei più elevati, ne siano esenti. Anche a prescindere dagli Afaxitteri, che sono omeomorfi atelici e si possono considerare arrestati in ambedue i sessi ad egual livello, cioè allo stato di eoninfa, venendo ai Ditteri veri l'ig. 441. — I due sessi ingranditi di un Dittero Termitofilo (Eci- tomyia tchee.leri Brues). A, femmina; B, maschio; a, rt, grami, nat. Da Brues. 416 CAPITOLO QUINTO Fig. 442. — Dicranophora falcifera Macq. ilei Bra- sile, ingrandita. Da Girard. si veile cbe molto spesso e volentieri i Pupi pari sono atteri oineomorfici, essi pure da conside- rarsi arrestati allo stadio di eoninfa; talora, qualche specie perde le ali dopo un certo tempo, nel quale ne ha goduto, e ciò per mutazione di ambiente. Negli Ortorafi si hanno begli esempi «li atelia omeomorfica e più frequentemente dimorfica sessualmente con difetto, per lo più, della femmina, ma non sono rari neppure i casi di polimor- fismo, dei quali si dirà a suo tempo. Talora anche i bilancieri sono più o meno ridotti o rudimentali. Fra i Cecidomidi, nei generi ìfasman niella, Monardia ed in altri si trovano specie con femmine attere ed a bilancieri ridotti ; fra i Micetofilidi gli Epidupua hanno femmine attere e senza bilancieri e maschi probabilmente alati; nelle Beriea anche il maschio è bra- chittero e nelle Bradysia la femmina ha ali corte ed inette al volo, mentre è probabile che i maschi possano volare. Nei Chironomidi i Cimilo, le cui larve si ritengono parassite di Molluschi marini \M;i- Ulna, Palella] hanno femmine attere e maschi alati ; le Psamathiomyia e gli Halizytus, che vivono sulle alghe degli scogli sommersi, sono brachittere in ambedue i sessi, ma più nelle femmine. Fra i Tipu- lidi merita essere ricordato il genere Chionea, che vive nei musoni delle grandi altezze, in contatto colla neve, nel quale ambedue i sessi sono atteri, sebbene fomiti di bilancieri; in alcune specie di Tìpnla le femmine hanno ali piii brevi dei rispettivi maschi; ma nel genere Dieranota ed in qualche altro è invece il maschio brachittero in confronto della femmina alata, il che è anche nelle Pentheria, fra i Bibionidi. Casi di atterismo a vario grado in ambedue i sessi o solo nelle femmine si rilevano anche iu parecchi generi delle famiglie Empidi [Tachista, Chersodromia), di Sciomizidi (Seiomyza) ; di Geomi- zidi (Geomy:a, Anlhomyza) ; di Ephrididi (Apaiaenns); di Oscinidi [Oacinia, Elachiptera) ; di Borboridi (Ple- remis, Apterina, Anatalanta, Aptilolns, ecc.). Nei Foridi molti generi sono Mirmecofili o Termìtofili e presentano casi di atterismo a vario grado, con prevalenza di riduzione nelle femmine (tìg. 441). Né fra i Ditteri Ortorati Brachiceli, ad abitudini spiccatamente aeree, uè fra i Ciclorafi Ateliceri, nei Sirtidi e nei Mnscidi Calitteri, si trovano casi di atelia nello sviluppo delle ali iu alcun sesso. È, invece, da citarsi un curioso e rarissimo caso di ipermorfismo però omeomorneo; nella strana e vistosa appendice corniculiforme, in cui si allunga lo scutello nella Dicranophora fur- cifera Macq. del Brasile (lig. 442). Anche all'iper- morlisino, o meglio alla evoluzione vera, devesi ascrivere il caso nella duplicità dell'occhio com- posto nella Blepharocera, poiché qui è comune ad ambedue i sessi (lig. 443). Invece, a proposito degli occhi composti, il caso già riferito dei Bibio (fig. 444) è veramente un bell'esempio di dimorfismo sessuale. In conclusione, anche pei Ditteri vale quanto si è già affermato per tutti gli Insetti che, cioè, in quelle specie, nelle quali sono facili l'esistenza (ectoparassitismo, commensalismo) e la diffusione della specie pel contatto fra ospiti o per la vita in ambienti ristretti e riparati, la femmina, più che il maschio tende a perdere la facoltà del volo e questo ultimo sesso segue questa abitudine più lentamente, collo scemare della necessità di lunghe peregrinazioni, per la ricerca dell'altro sesso in omaggio alla obbligatorietà dell'incrocio. Quanto poi a differenze sessuali secondarie, relative ad altri organi o ad abitudini diverse nei due sessi, è bene rammentare che mentre tali diversità sono meno manifeste o nulla affatto nei Ditteri più alti, esse mostrano, invece, numerosi e begli esempi sopratutto nei Nematoceri e quivi, ad es., in molti generi, il maschio ha le antenne assai densamente ed elegantemente piumate in confronto delle rispettive femmine. Ne siano esempio le Zanzare, con molti Tipulidi ed altri Nematoceri (Choretra, Chironomia, Ctenophora, Bìliphidia ; fig. 445). Fig. 443. — Testa, molto ingrandita, ve- duta di faccia di Blefaroceride {Bibio- cepltala eleyantula Eod.), o, oi i due occhi composti. Da Kellog. L'ADULTO K GLI ATTI PKIt LA CONSKliVAZIONIC DELLA SI'UCIU 417 Nei Tabanidi è diversamente foggiata l'armatura boccale nei due sessi e ciò in rapporto col differente regime. Negli Stratiomidi il torace ò piti villoso nei maschi che non nelle femmine. Nelle Volucelle Fig. 444. — Biftio Itortulanus L. A, testa della femmina veduta di faccia; B, testa del maschio veduta di faccia mostrante gli enormi ocidii composti superiori ; C, la stessa di lato, per vedere anche gli occhi composti, inferiori, più piccoli. Egualmente ingranditi. la setola antennale b più lunga nel maschio; nelle Ceratiti! questo sesso mostra due setole terminanti a spatola, inserite sulla fronte; nei Bibio si nota un caso di dimegetismo, nel quale il maschio è più piccolo, seb- bene a testa più voluminosa della rispettiva femmina, ecc. Altre differenze sessuali secondarie. Per altro ancora, come si è detto, possono ancora differire i due sessi, in rapporto a speciali e dissi- mili maniere di esistenza. Eegime alimentare. Difagia. — Può essere di- verso il regime alimen- tare nei due sessi e ciò pure in base ad esigenze diverse per l'uno in con- fronto dell'altro. Il caso più comune, se non unico, è questo che, cioè, la femmina ricerchi per suo nutrimento sostanze molto più ricche di albuminoidi che non il rispet- tivo maschio. Ciò è in rapporto colla riproduzione, poiché la femmina, in tal modo, può ottenere presto e facilmente le sostanze proteiche necessarie alla prepara- zione del tuorlo delle sue uova. Spesso, adunque, anche la maniera di organi boccali è diversa nei due sessi, ma tale differenza è pienamente giustificata dalle necessità sopra dette. Siccome le sostanze proteiche abbondano nell'organismo animale, cosi può accadere che le femmine sieno parassite d'altri animali o succhiatrici del sangue A. Bbrlese, Oli Inietti, II. — 63. Fig. 445. — Capi di Zanzara veduti dal dorso: A, di maschio (da Roesel); B, di femmina. Ingrani!. 418 CAPITOLO QUINTO dei Vertebrati, mentre i maschi rispettivi non hanno cotali abitudini. Molti Dit- teri (Tafani, Zanzare, Glossine, ecc.), i cui maschi si nutrono del succo dei fiori, ne sieno esempio. Talora, mentre il sesso, che reca le uova, si nutre abbondantemente per tutta la sua esistenza, invece, l'altro perde addirittura gli orgaai boccali e le fun- zioni del tubo digerente, che resta ridottissimo, almeno durante lo stato di adulto. Ne sieno esempio i Coccidei ed altri Omotteri dei più bassi. Negli Imenotteri aculeati i pezzi boccali sono molto meno sviluppati che non nei maschi, ecc. Dioplismo. Pungiglioni. — In relazione alla minor importanza, che banno gli individui maschili nella conservazione della specie, che non quelli dell'altro sesso, i quali recano in sé la figliolanza avvenire, il maschio è fornito meno bene della femmina o non più d'essa di organi offensivi e difensivi. Il terribile pungiglione degli Imenotteri aculeati spetta alle sole femmine. Questo classico e molto chiaro esempio, il quale mostra che la più terribile arma offensiva e difensiva è data alla femmina, può concorrere a dimostrare che anche tutti quegli altri organi, processi, appendici, i quali sono così sviluppati nei maschi e nulli o rudimentali nelle femmine e che per essere di aspetto terrifi- cante e talora anche usati in combattimento sono stati ritenuti per armi serie e molto usate, spettano veramente piuttosto al complesso, che si convenne di de- finire per ornamentale; non sono, cioè, che un attributo della specie, di finalità incerta, anziché a scopo veramente difensivo. Le armi naturali sono date non tanto a difesa dell'individuo per sé, ma piuttosto in relazione alla conservazione della specie. Avviene così che le femmine, le quali debbono esse solo provvedere alla difesa propria ed a quella della figliolanza sieno armate non meno bene o meglio dei maschi e tutto quanto hanno in più questi ultimi, che possa sembrare attri- buibile a mezzo offensivo o difensivo, non ha veramente tale scopo, neppure in rapporto alla conquista della femmina. Nei casi di un sistema simbiotico : famiglia, società, ecc., può benissimo ac- cadere ed accade anzi il più spesso, che l'ufficio della difesa del sistema stesso sia affidato ad un sesso od a neutri appositamente di ciò incaricati ed in tale caso la forma generante può deporre le armi od esserne meno bene fornita. Eiassumendo, per quanto riguarda queste ultime differenze sessuali secon- darie, può esser detto che esse si richiamano a funzioni del massimo rilievo in favore della specie e sono destinate ad accrescerne la facoltà moltiplicativa, seb- bene entrino in gioco dopo avvenuto l'atto della fecondazione. Perciò, tali funzioni, colle variazioni morfologiche concomitanti, subiscono assai difficilmente influenze estranee e variazioni comunque ; esse sono di una grande stabilità e possono conservarsi anche al seguito della più intensa azione neotenica, permanere cioè non meno tenacemente delle più importanti fra le funzioni secondarie e caratteri relativi. Non è qui il caso di trattare di differenti maniere dei mezzi protettori a sola difesa, come si vedono ad esempio negli scudi riparanti talune Cocciniglie, per le quali i maschi, durante la ninfosi, sono meno bene protetti delle rispettive femmine. Tutto ciò appartiene ad un altro ordine di fatti e, per quanto si possano rilevare delle differenze sessuali, sarà il caso di trattarne a proposito dei mezzi difensivi comuni a tutte le forme (e non solo alle adulte) nel gruppo degli Insetti. l'adulto k glj atti per la conservazione della specie 419 Polimorfismo. L'individuo e la specie, come ogni cosa al inondo, che non è identica se non a sé stessa e per l'istante, variano di continuo, il primo nei diversi momenti, la seconda nei vari momenti e nei singoli individui. Mostri la tìg. 446 come variano le ali in una specie di insetto, che ninno vorrebbe chiamare polimorfo, così come non si direbbe della specie umana, se non con pari fondamento. Ma quando i limiti della variabilità sono molto ampi e le variazioni stesse vistose oltre il consueto, allora si parla più specialmente di polimorfismo (1). I limiti sono adunque fissati del tutto arbitrariamente e soggettivamente e la parola si richiama alla moltepli- cità di forme, come di colorazioni o di stature. Considerato il fenomeno in senso largo, non possiamo escludervi le va- riazioni di uno stesso individuo in epoche diverse, siano esse dipendenti dall'età (progressive), o da speciali circostanze estrinseche (stagioni), od intrinseche (livrea di nozze1, a ricor- renza periodica. Queste ultime non ap- partengono agli insetti. Inoltre si pos- sono rilevare variazioni, più cospicue delle ordinarie, da individuo ad indi- viduo. Questo ed i precedenti sono casi di polimorfismo individuale. Seguono quelli di polimorfismo col- lettivo, cioè di un sesso in confronto dell'altro (dimorfismo sessuale, di cui si è già detto) ; o la molteplicità di serie di individui con uffici speciali (caste), simultanee in una stessa specie; odi generazioni intere alternantesi in epoche diverse; od altre condizioni differenti fra loro (polimorfismi di stagione, di ambiente diverso, ecc.). La alternanza (rego- lare od irregolare) delle diverse serie di individui distingue i fenomeni di poli- morfismo dai casi di vere e proprie variazioni più stabili (varietà). Questa, del resto, è una via alla creazione di specie nuove, per noi diretta- niente riconoscibile. Fig. 446. — Contorni di femmine ili Saturnia pyri, per mostrare come variano le ali da individuo ad individuo. Tra A e B ai trovano molte forme in- termedie; C rappresenta, nella parte rigata, la dif- ferenza tra le due forme A, B, sovrapposte. Metà della grandezza naturale. (1) La voce non è precisa, perchè comprende differenze non solo di forma del corpo e degli arti, ma quelle ancora di statura, colorazione, ecc. Sarebbe meglio usata altra parola, come, ad es. Eterotelia, che abbraccia le condizioni di eteromegetiemo o polimogetismo, di eterocromiimo o policromUmo, ecc. 420 CAPITOLO QUINTO Nello stesso | individuo ! Nello stesso momento (Atimmetria) In momenti diversi Polimorfismo collettivo. Intere caste di individui eguali sono diverse fra loro Eterogonia e. 1.) 6. In differenti individui Caste diverse viventi in comune od in ambienti conformi Caste diverse viventi in ambienti diversi Tali diverse condizioni sono esposte nella seguente tabella : 1. Le due metà del corpo appartengono allo stesso sesso (Eteromisia). 2. Le due metà del corpo appartengono a sessi diversi (Anormale: Ginandromorfismo). Polimorfismo In momenti t 3. Periodico (Eteroptia). individuale ' diversi | 4. Progressivo (Metamorfosi s. 1.). (Eteroidla) Maschili (Pecilandria). Femminili (Peeiloginia). D'ambedue i sessi (Anfipecilia). 1 Sterili (Jgonopecilia). | Giovanili (Pedopeciìia). 6. Gli individui di un sesso differiscono da quelli dell'altro (Dimorfitmo sessuale). Caste sincrone J 7. Polimorfismo sociale. (Polifilia) ( 8. Polimorfismo non sociale. 9. Caste eterocrone (Polimorfismo di stagione: Or amorfismo), 10. Polimorfismo periodico (Eterogonia s. str.). 11. Polimorfismo permanente (per tempo indefi- nito : Varietà) (1). Taluna di queste condizioni può intervenire per entro qualcuna delle altre ed è così che si crea una anche maggiore molteplicità di forme, sempre nell'am- bito della medesima specie, doude uua rilevante varietà ed un lavoro non facile ad ordinarle razionalmente. Così il dimorfismo sessuale può intervenire in tutti i casi di polimorfismo individuale o collettivo; e così pure il polimorfismo progressivo; infatti le variazioni indicate nel n. 4 dipen- denti da età (progressive) intervengono sempre per entro gli altri casi; ma le ricorrenti 3) non spettano agli Insetti, eco. Per ciò che riguarda la esplicazione di questi fenomeni osservo che, per ta- luno di essi, la ragione è intuitiva, perchè necessaria, così ad es. per le variazioni individuali progressive (n. 4 della tabella) è ovvia la necessità a chi pensa che, come il contenente non può essere eguale al contenuto (od il tutto alle parti, in casi di riproduzione agamica), così la madre deve essere diversa dal figlio neonato, almeno nella statura. Di qui una serie di modificazioni dallo stato giovanile all'adulto, che qui si denominano metamorfosi, prendendo la voce in senso assai largo, cioè tale che abbracci anche le impercettibili variazioni, che accadono nell'individuo, di continuo, fino a quelle vistose trasformazioni, che sono indicate dalla voce stessa, presa in senso ristretto. Così pure, si comprende la opportunità di altre variazioni nello stesso indi- viduo, che dipendono da ufficio diverso nuovamente assunto, come ad es., l'ad- dome, che cresce subitamente ed in modo spettacoloso in talune femmine, per l'incremento delle uova; la perdita di ali dopo il volo nuziale coll'inizio di vita sedentaria in ambienti circoscritti (Formiche, Termiti), o per nuove condizioni di parassitismo (Liptotena, Ascodipteron); ma non si comprende affatto la necessità od opportunità della eteromisia. Anche pel polimorfismo di casta, di stagione, di ambienti diversi la neces- (1) Più esattamente progressivo (o regressivo), però insensibilmente, nella lenta variazione della specie. l'adulto e gli atti per la conservazione della specie 421 sita stessa può, in molti casi, essere messa in luce; sempre può esserlo l'oppor- tunità a vantaggio della specie. Pel dimorfismo sessuale si sono già spese fin troppe parole a mostrarne la ragione, e perfino la sua necessità in qualche caso. Rimane quindi solo la esplicazione di taluni fatti di polimorfismo, che si eserci- tano sui vari individui e quello ancora della eteromisia, della quale non si può arguire che la probabile causa originaria. Li indicheremo brevemente per polimorfismo individuale ed è appunto questo che, non mostrando palese necessità a vantaggio diretto della specie od indiretto traverso gli individui, non è mancato di affaticare, più che gli altri casi, la mente del naturalista filosofo. Polimorfismo individuale. Comprende le variazioni in uno stesso individuo (nana. 1-4 della tabella prec). Lasciamo da parte le variazioni individuali, che dipendono da età diversa (metamorfosi in senso largo), e quelle di eteropsia, delle quali ultime si è detto che non appartengono agli In- setti, giacché in questi Artropodi l'ul- tima veste, nella quale si mostra l'adulto, non subisce ulteriori modifi- cazioni, almeno periodiche. Ma sulla eteromisia, fatto cotanto singolare, converrà spendere qualche parola, come pure del Ginandromor- tìsmo, sebbene quest'ultimo comprenda solo casi di anomalia. Eteromisia. — Talune specie di Insetti sono ben note per l'asimmetria delle due metà del corpo od almeno di taluni organi, e questo mentre la sim- metria, anche degli organi interni, è caratteristica degli Insetti. Fig. 417. — Due maschi molto ingranditi di Analge- sidi (Freyanini) per mostrare la caratteristica co- stante asimmetria delle due metà del corpo e degli arti. A, Freyana (Michaelichus) caputmedusae Trt. ; B, F. (M.) heteropus Mich. Da Berlese. In altri Artropodi, ad es. in talune specie di Acari, ma solo nei maschi, i casi di etero- misia sono anche più cospicui che non negli Insetti. Specialmente il genere Freyuna ed i suoi sottogeneri, fra gli Analgesini, presentano esempi molto vistosi e talora anche accompagnati da variazioni dall'uno all'altro individuo, molto singolari. Riporto qui due figure (fig. 447), l'ima della Freyana (Michaelichus) heteropus Mich. e l'altra della F. (Mich.) caputmedusae Trt., i cui maschi sono così profondamente eteromÌ9Ìci, mentre le rispettive femmine sono perfettamente simmetriche. Altri casi fra i Crostacei sono anche più citati. Xegli Insetti il fatto dell'asimmetria è palese, più che altrove, negli organi boccali, anzi nelle mandibole in molte specie di Coleotteri e sopratutto nei maschi. Sono esempi questi, adunque, di eteromisia combinata coll'eteromortìsmo sessuale. Nelle Manticore i maschi hanno le mandibole più sviluppate che non nelle femmine e ge- neralmente asimmetriche, poiché quella di destra è, per lo più, maggiore e più incurvata del- l'altra. Il Taphroderes distortus, citato anche dal Darwin, ha le mandibole molto più lunghe nel maschio (fig. 448) che non nella femmina e nel primo quella di sinistra è assai più grande, al- meno tre volte, che non l'altra e diversamente configurata. Fatti analoghi, sebbene in misura 422 CAPITOLO QUINTO molto mene sensibile, si riscontrano in qualche Lucanide (fig. 449, A), ad es. del gen. Leptinopterus più raramente e meno vistosamente in qualche Longicorne ; nella Clytra senegalrnsis (maschio), ecc. La massima parte delle specie della famiglia Pattaìidae (tig. 449, B), sono eteromisiche per la forma e sviluppo delle mandibole ed ornamentazione pla- stica del capo. Finalmente va ricordato il nostrale, comune Hister inaequali», il quale mostra la mandibola destra del maschio, molto più lunga che non l'altra. Anche altre specie congeneri fauno vedere tale particolarità. Della eteromisia ermafroditica, come di fatto anomalo, dirò in fine del presente cenno sul polimorfismo. La eteromisia si spiega pensando alla duplicità del soma costituente l'in- dividuo animale. L'individuo risulta infatti dalla fusione, o meglio concrescita, di due somi distinti, confusi nella linea logitudinale mediana, sorto ciascuno intorno ad una cellula genitale, figlia diretta dell'unica primitiva rappresen- tata dall'ovulo. Le due cellule genitali, come figlie gemelle, danno una molto simile proliferazione somatica. Fig. 448. — Ta- phroderes distor- tu8 m a 8 o b i o ingrandito per mostrarel'asiw- metriadelleparti boccali. Da Dar- win. tità fra le due cellule e la loro proliferazione, né sempre eguaglianza di sesso. Nessuu individuo è perfettamente identico nelle sue due metà longitudinali. Tuttavia le differenze sono, ordinariamente, così modeste da nou apparire troppo vistosamente. In taluni casi però tali differenze costanti e notevoli si manifestano assai chiaramente, sia in via anormale, d'onde speciali mostruo- sità, sia normalmente e ciò nelle forme eteromisiche. La differenza di sesso, poi, fra le due cellule genitali, rara ed anormale negli Insetti, de- termina due maniere di somi, essi pure di sesso diverso e la forma, che ne riesce, è ermafrodita o, come meglio si dice in questo caso degli Insetti, ginandromorfa. Variazioni da individuo ad individuo. — (S. 5 della tabella). A questi fenomeni più comunemente è circoscritta la voce Polimorfismo, presa in senso largo, per comprendere cioè anche variazioni che non si possono ascrivere giustamente alla forma, cioè alla configurazione degli organi esterni, ma appartengono alla colorazione od alla statura dei singoli individui, come si è detto; sem- prechè tali differenze siano, come si è avvertito, così vistose da trascendere oltre quelle modeste e meno sensibili, che intervengono sempre tra individuo ed individuo. Abbiamo dunque: 1.° Policromismo (od Eterocromia). Differenze di colorito fra gli individui di uno stesso sesso (età, casta, ecc.). 2.° Polimegetismo. Pur rimanendo nel modulo della organizzazione gene- rale propria alla specie, al sesso, all'età od alla casta nel definitivo stadio, in questo gli individui possono essere tra di loro anche vistosamente diversi di statura. 3.° Polimorfismo strettamente detto, cioè varietà molto sensibile, fra indi- vidui coetanei, pertinenti allo stesso sesso o casta, nella conformazione di taluni organi. Ricordiamo alcuni esempi, fra quelli più alla mano ed appariscenti. Fig. 449. — Capi di Coleotteri asimmetrici. A, Luca- nido (maschio di Leptinopterua V-niger Hope) del Brasile, ingrandito ; B, di Passalide ( Aceraìus grandis) Burnì ; var. Mrsutus Kuwert, dell'estremo oriente. A da Camerano; B da Gravely. I. MULTO K OLI ATTI PER LA COXSKRVAZIONB DELLA SPECIE 423 1.° Policromismo. — A parte i Lepidotteri, dei quali si /lira più specialmente volta a volta, è certo che casi notabili di Policromismo si incontrano comuni nel massimo numero di specie, anche degli altri gruppi e ciò non solo rispetto ai colori pigmentari (chimici, vedi voi. I, p. 4^3), ma anche a quelli ottici. Per questi ultimi vedansi come variano le tinte di pa- recchie speoie a riflessi metallici (Cetonia, Rhyn- chites. Anomala, ecc.), per gli altri gli esempi che si possono recare sono innumerevoli, basti però accennare al fatto che variabilissima Fig. 450. Fig. 451. Fig. 450. — Criooeris asparagi L. per mostrare la granilo variazione delle macchie (nere su fondo rosso) " in due individui dtdlo stesso sesso. Fra i due si notano infinite gradazioni. Ingranditi. Da Chitteuden. Fig. 451. — Contorni di due maschi di Calchosoma atlas L. per mostrare la differente statura ed orna- mentazione. A, maschio omeomorfo ed onieomegetico ; B, eteromorfo ed ipermegetico. Ridotti a metà della grand, nat. Da Griffini. è la estensione, disposizione, ecc. delle macchie, variegazioni, zone diversamente colorate sulla tinta di fondo in gran numero di specie e questo assai vistosamente (fig. 450). 2.° Polimegetismo. — La diversa statura spesso si accompagna col diverso grado ornamen- tale, cioè col polimorfismo stretta- mente detto. Gli esempi più varii, numerosi ed impressionanti sono of- ferti da taluni Coleotteri ed a questo proposito sono classiche le famiglie dei Lucanidi e dei Lamellicornidi. La annessa fig. 451 mostra due limiti estremi di dimensioni e di ornamen- tazioni in un Lamellicornide e la fig. 453 si riferisce ad un Lncanide. Individui così differenti fra loro sono egualmente numerosi e parimente fecondi. 3.° Polimorfismo propr. detto. — Le suddette famiglie di Coleot- teri, con molte altre in quasi tutti gli ordini (meno che nei più antichi, come sono gli Ortotteri e nei più re- centi, come i Ditteri e gli Imenotteri) hanno specie con individui differentissimi fra loro per orna mentazioni del corpo pur trovandosi nelle medesime condizioni di sesso e di età, habitat, ecc. Vedansi i due esempi citati a tìgg. 451, 453. Fig. 452. — Due forme maschili del Pteistodontes imperialis, imenotteio del gruppo delle Blaztophaqhe, australiano. A, un maschio supino; B, altro maschio differente, prono. Molto ingranditi. Da Froggatt. Gradi della variazione. — Anche qui, come si è fatto già pel dimorfismo sessuale, per giudicare del grado e natura delle variazioni individali bisogna richiamarsi al tipo eumortìco (quale è rappresentato nella specie o si può dedurre 424 CAPITOLO QUINTO col confronto di specie o generi aftìni non polimorfici) e di qui argomentare dei gradi di indirizzo verso l'ipermorfismo (polimorfismo ornamentale od ipertelico) discesa verso l'atelisino (polimorfismo atelico). Possono valere le stesse cose dette appunto a proposito del dimorfismo sessuale, tenendo conto che quanto colà avviene per variazioni dall'un sesso all'altro, qui accade tra individui entro lo stesso sesso e nelle stesse condizioni di esistenza. Va notato però che in una stessa specie i limiti di variabilità consentiti sono o nel solo campo involutivo, oppur nell'opposto, cioè nell'ipertelico; mai, per una stessa specie, è percorsa tutta la scala fra i due limiti estremi, in mezzo ai quali sta l'eumortìsmo. Per fissare le idee, ad es. per la specie indicata a fig. 451 (come per tutti i Diuastini in generale), il tipo eumorfico è rappresentato dalla forma A, che sarebbe il maschio omeomorfo, cioè simile alla femmina e rappresenta il detto tipo non pel fatto della omeomorfia, ma perché la forma A conviene con quel modello eumorfo dei Diuastiti tutti, che si è indicato già a fig. 394, IV, A. Il polimorfismo, in questo caso, si manifesta nel campo ipertelico od ornamentale e va da A a B della fig. 451. Così, pel caso dei Lucanidi, il polimorfismo è tutto di tale mauiera e va da forme corrispondenti a C-A (maschili ; fig. 453), delle quali la C rappresenta il tipo omeomorfo ed eumorfo. Variazioni in eapporto ai sessi. — Le variazioni da individuo ad individuo possono accadere in ambedue i sessi, come in uno soltanto. Si comprende che in questo ultimo caso deve anche intervenire il dimorfismo sessuale, per quanto ta- luni rappresentanti del sesso, che varia, possano pur essere eguali a quelli del sesso immutabile, ciò che esprimesi colla voce omeomorfismo (intendasi anche omeocromia ed omeomegetismo) ; ma altri individui del sesso variante, saranno più o meno diversi da quello che rimane immutato, donde i casi di eteromorfismo (ed etero- cromia, eteromegetismo). In questo caso il termine di partenza pel confronto, cioè lo stato omeomortìco, da cui gli individui di un sesso divergono, è quello rap- presentato dal sesso immutabile, e quindi il giudizio dell'eteromorfismo si può fare nell'ambito della stessa specie. Invece, allorché gli individui propri ad ambedue i sessi vanno soggetti a po- limorfismo, si possono avere più casi di omeomorfismo nel paragone di variazioni corrispondenti ed a pari grado fra individui dei due sessi; ma lo stato eumorfico non può essere riconosciuto se non per confronti, che sconfinano dalla specie in considerazione. Si hanno, dunque, i casi seguenti: 1.° Poliandria o Pecilandria, se sono i maschi quelli che mostrano indi- vidui fra loro differenti, in confronto di una sola maniera di femmina; 2.° Poliginia o Peciloginia, nel caso inverso ; 3.° Anfipecilia, quando ambedue i sessi variano nei loro individui; 4.° Pedopecilia o Pecilopedia allorché si riscontrano varie forme giovanili o rilevanti diversità in queste, pertinenti ad una stessa specie; 5.° AgoHopecilia, quando in una stessa specie esistono più maniere di forme neutre (l). (1) Quanto ai neutri, meglio detti stirili, <•■ bene tenerne parola nel polimorfismo sociale poiché essi costituiscono veramente una o più caste ed in ciascuna di queste gli individui non mutano troppo. Qui però sarebbero anch'essi a lor luogo, poiché si può dire benissimo che l'Ape femmina varia in un polimorfismo dallo stato eumorfico (regina) a quello atelico (operaia), per mancato sviluppo di certi organi. Siccome però è una intera casta quella che così deriva, per una speciale maniera di involuzione costante, destinata a particolare finalità per la specie, così è bene dirne altrove. L'ADULTO K GLI ATTI PKK LA CONSKUVAZIOS-K DKLLA SPECIK 425 Quanto al grado ed indirizzo della variazione, si è già detto che le vie sono nel polimorfismo atelico od involutivo, cbe dir si voglia, cioè da nno stato di in- completo sviluppo somatico fino alla condizione e u morta (caso «, ad es. : riduzione delle ali) od in quello iper- telico cioè dalla condizione eumorfa a quella di un ec- cesso ornamentale (caso b). Oltre a ciò tengansi presenti i casi di variazioni nt'llo stesso individuo per successivi adattamenti (casi e) e ciò può apparte- nere ad uno od all'altro sesso o ad ambedue insieme. Vediamo esempi di tutto ciò. Il caso l.°-n (Pecilandria atelica) è rappresentato dai casi in cui a femmine eumortìche od ateliche, corrispondono maschi a diverso grado di atelia, talora tino all'eumortìsrno. Sono da ri- cordarsi i maschi di alcune specie di Cocciniglie ed Afidi, che mo- strano diverso grado di sviluppo delle ali fino all'atterismo. Anche talune specie di Bla- stofaghe hanno due forme di ma- schi , secondo segnalò primamente Fritz Mailer (1886), cioè l'una alata, come le femmine, l'altra attera e diversissima; oppure am- bedue attere (tig. 452). Del caso l.°-6 (Pecilandria ipertelica) sono classico esempio molte specie di Lamellicorni e di Pettinicorni (fig. 453), con in- dividui omeomorfi ed altri eteromorfi e gradi molti intermedi. Lo stesso dicasi delle appendici ornamentali di molti altri Co- leotteri. Kicordo il Bledhii fauni» (Statìlinide), che ha due maniere di maschi, gli uni col corno toracico grandissimo e le corna cefaliche rudimentali, gli altri sono in condizione esat- tamente invertita. Neil' FAateroides dermestoidei, coleottero della famiglia dei Cleridi, una sola forma di femmine esiste per tre di maschi (dermestoides typus : var. marci; var. niger). Le pinze dell'estremo addome delle Forficule, ridotte nelle femmine e più sviluppate nei maschi, mostrano esempi di polimorfismo (fig. 454). Anche la colorazione segue, talora, variazioni consimili, e questo ii vede sopratutto nei Lepidotteri, pei quali è ap- punto nella coloritura, più che nella forma, che si rende evidente la differenza sessuale. Nelle Lycaena, che sono dicromiche, i maschi di talune specie A. Berlese, Gli Insetti, U. — ni. Fig. 453. — Pecilandria ipertelica di un Lucanide (Metapodontua umhangi Fairm,); A-C, maschi, A, eteromorfo; C, omeouiorfo minimo; B, intermedio ; D, femmina. Graud. nat. Da Plauet. Fig. 454. — Pecilandria per lo svi- luppo dei cerei nei Forficulidi. A, estrema addome di femmina; B, del maschio omeomorfo; C, dell'e- teromorfo, fngrand. Da Sharp. 426 CAPITOLO QUINTO prendono talora la colorazione bruna delle femmine e rilevasi anche il caso inverso (2.°-b). In un Chelonide nostrale, la Nemeophila plantaginis si trova sempre, mescolato al maschio normale, uno che si considera per varietà (hospita), diversamente colorato, mentre le femmine sono tutte eguali fra loro. Il caso 2.°-(j (Pecilogiuia atolica) si riferisce a specie in cui il tipo eumorfico (più di rado ipermorfico) è rappresentato dal maschio, mentre l'altro sesso incorre volentieri nell'atelismo ed in questo variano sensibilmente gli individui, come si giudica dalla riduzione di organi, che sono invece in condizioni normali nel maschio. I piti vistosi esempi e più ovvi sono dati dalla involuzione del sistema alare. Fra i Psocidi molte specie (Kolbia quisquiìiariim, Graptopsocu» cruciatila, Caecilius piceus, se- condo Loens), hanno insieme femmine brachittere ed altre macrottere. Così è pure fra gli Or- totteri veri e più ancora fra gli Emitteri Eterotteri (Sahlberg e Reuter) ed in parecchi Fitoftiri. Fra i Microlepidotteri, gli Acentropus mostrano insieme femmine alate ed altre con monconi d'ali; Hardig ricorda che le femmine di un altro Microlepidottero (Xysmatodonta melane.Ua) sono attere in Inghilterra ed alate in Germania; ma, nell'estate del 1869 e del 1870, si sono trovate femmine alate anohe inglesi. Il Peyrimotì' ricorda che, nella Nuova Zelanda esiste uno Stafilinide, il Pachycorinus dimor- phus, la cui femmina si mostra sotto due forme assolutamente distinte, l'una a faccette oculari numerose, l'altra quasi cieca, a faccette ridotte, gli altri caratteri rimanendo invariati. Molti sono i casi di Ditteri a femmine ateliche e tra questi gli esempi di polimorfismo per diverso grado di sviluppo alare non sono pochi. Quanto all'ornamentazione cromatica, ognuno comprende che è difficile fissare il tipo eucro- mico della specie, ma, col confronto delle affini, ciò è meno arduo. Di tal maniera si possono elencare casi di policromia delle femmine, con uu tipo omocromico rispetto al maschio. Così si vede in taluni Papilio. Nelle Lycaena qualche individuo femmina può prendere la colorazione del maschio. Negli Agrion (Pseudoneurotteri, Odonati) le femmine della medesima specie possono presen- tare due colorazioni differenti delle ali. Il caso 2.°-6 (Pecilogiuia ipertelica) può essere con maschi eumorfici od ipermorfici ; il caso in confronto di maschi eumorfici è raro. L'esempio classico, è offerto dal Papilio meninoli della Malesia, Sumatra, ecc. (tav. VI), che ha più forme di femmine, alcuna delle quali, altra volta considerate per specie distinte.- Il maschio ha le ali posteriori rotondate e varia poco, ma è certo ipercromico e per la forma delle ali si accosta alle Ornithoplera, che sono i più alti Ropaloceri. Invece le femmine sono molto variabili e se ne trovano di quelle omeomorfe (ad ali posteriori rotondate) ed altre eteromorfe, cioè colle dette ali prolungate in code. Una maniera di femmina (biitlerianus Roth., tav. VI, lig. 2) si accosta al maschio per la forma e colora- zione delle ali posteriori, mentre per quelle anteriori rimane al livello di tutte le altre forme del suo sesso nella stessa specie. Per dare un'idea del grado di pecilogiuia in questa specie (come, del resto in molti altri Lepidotteri) basti ricordare che, a Borneo e Giava, volano insieme ben nove forme distinte di fem- mine, diverse per colorito e forma, cioè: gyrtia ; dobera ; Mera : iaarcha; venusia ; anitra, tutte queste descritte dal Jordan; inoltre: laomedon Cr; imperiosa Friihst; achate.s Sulz. A Sumatra, si trovano insieme le seguenti femmine: anceus Cr.; erebiniis Haase; trochila Jord.; gerania Jord.; sitolensis Friihst.; ityla Jord.; liollopia Jord. Nell'India settentrionale e nella Penisola Malacca si sono tro- vate le seguenti forme di femmine; rhetenorhina Jord.; biillerianiis Roth. ; esperi Btl.; vinias Friihst.; phoenix Roth.; agenor L.; aloanor Cr.; distanlianns Roth. Un altro esempio bello è dato dal Papilio merope Cr. (ora dardanits Brown), che ha il ma- schio ad ali posteriori caudate (fig. 455, A) e parecchie maniere di femmine, di cui talune eu- morfiche (non caudate, hcinisi Surf., D) ; altre ipermorfiche, caudate (B, C), ma varianti di co- lorazione. Insieme colla femmina disegnata a tav. V, tìg. 2, cioè nell'Africa occidentale, volano le seguenti forme di femmine della stessa specie: hippocoon F.; niobe Anriv.; nioboides Auriv.; tro- phonissa Auriv.; benia Sufi'.; dionyssus Dbl., tutte fra loro ben distinte. Molte altre forme di fem- mine si trovano in altre località dell'Africa orientale, al Capo, ecc. In taluni Ditiscidi, mentre i maschi hanno le elitre liscie, le femmine le mostrano scana- late per lungo in circa metà della loro parte anteriore (fig. 416). Però vi sono comuni femmine andromorfe, cioè ad elitre lisce. Si tratta dunque d'ornamentazione più accentuata nelle fem- mine che non nei maschi e tuttavia soggette a polimorfismo. L'ADULTO K GLI ATTI PER LA CON.SEUVA7.IONK della specie 427 Considerando che la riduzione della nervulazioue alare può essere ammessa come un indi- rizzo evolutivo, può essere citato qui il caso dei Neurothemis (Neurotteri), in talune specie dei quali le femmine mostrano le nervature delle ali disposte a rete fitta, come è nei maschi, mentre in altri individui dello stesso sesso, essa è a maglie più larghe. In Coleotteri Longicorui del genere Doroadion si notano femmine eterocrome ed altre omo- crome rispetto al maschio. Ad illustrazióne del caso 2.°-c (Pecilo- ginia atelica per successivo adattamento), ri- cordiamo gli esempi classici delle Formiche e delle Termiti, le cui femmine, dopo il volo nuziale, dovendo restringersi a vita sotter- ranea, perdono le ali. Le Liptotena, fra i Pu- pipaii, hanno femmina alata nel primo tempo in cui vivono sugli Uccelli, ma che perde le ali adattandosi successivamente come paras- sita di Mammiferi. Il più vistoso esempio è appunto quello degli Aicodipteron, Pupipari parassiti dei Pipistrelli, la cui profondissima alterazione della femmina, dopo la condizione alata sarà più diffusamente illustrata, allorché si dirà degli effetti del parassitismo. Nelle sole Termiti, che io mi sappia, il maschio segue la sorte della femmina dopo le nozze e sia questo l'esempio (l.°-c, polimor- fismo discendente dei maschi per successivo adattamento) di corrispondenza alla condizione indicata più su. Caso 3.°-a (Anfipecilia atelica). La ridu- zione a vario grado, nel campo atelico, co- nnine ai due sessi mostra esempi numerosi sopratutto fra gli Emittori Eterotteri, i quali, in molte specie fra i Geocorisi, fanno vedere casi di atterÌ8iuo a vario grado in ambedue i sessi. Se ne è già detto, ma si illustrerà anche più innanzi (tig. 459). Il caso 3."-') (Anfipecilia ipertelicai è hen raro o poco evidente, ma se ne potrebbe in- dicare qualche non vistoso esempio nei Co- leotteri, ad es. per la ornamentazione plastica del corpo e protorace nei Copris in ambedue U D Fig. 455. — Alcune forine del l'apilìo dardanus Brown (= P. merope Craiuer) di Africa, ridotte a mela (eguale riduzione per tutte; faccia superiore delle ali). A, maschio; B, femmina della var. antinorii Oberth. di Abissinia; C, var. niaoioides Kleit. di Abissima; D, la femmina eumorfica (/tienisi Suff.). sessi. Forse a proposito della ornamentazione cromatica si potrebbero citare esempi meno rari, sebbene in misura modesta. Cause del polimorfismo individuale (da individuo ad individuo). — Non ci occuperemo qui se non delle cause che determinano quel polimorfismo individuale, che si manifesta nei vari individui in un sesso od in ambedue (senza una ragione o necessità ben evidente, neppure in rapporto all'opera riproduttiva) come una con- dizione di cose di più ardua esplicazione. Una causa intrinseca, da richiamarsi alla cellula genitale, nella sua essen • ziale parte, è di più difficile dimostrazione e potrebbe anche essere revocata in dubbio, poiché molti dati di fatto stanno contro a tale ipotesi. Meno difficile è il riconoscere l'influenza dell'ambiente sul complesso somatico, sia nella vita em- brionale che dopo questa, certo con più sensibili effetti quanto essa influenza più precocemente si esercita nel ciclo di sviluppo dell'individuo. Pegli Insetti olome- taboli l'influenza estrinseca non ha effetto se agisce dopo la chiusura del periodo larvale; pegli altri può (forse) avere efficacia anche di poi, cioè, subito dopo la schiusura dell'uovo. i'2H CAPITOLO QUINTO Massima parte può essere attribuita alla maniera di nutrizione, se cioè più o meno abbondante e sostanziosa o con particolari attività. Conviene tener presente quello che nelle pagine addietro si è affermato ed esemplificato, che, cioè, per quanto riguarda la specie, le comodità di esistenza individuale tendono ad incamminare la specie stessa per la via involutiva, quando però non facciano ostacolo le esigenze per la riproduzione. Nel caso inverso, invece, la specie è costretta alla evoluzione (vera, cioè miglioramento dei suoi mezzi sensoriali e locomotori) ben inteso però quando le condizioni di esistenza individuale non divengano così difficili da incamminare la specie più presto alla sua scomparsa che non alla evoluzione. Ma di fronte a queste cause generali, definite da tempo e solo lentamente variabili, che determinano la fisonomia della specie, secondo un determinato mo- dulo, che varia con lentezza, per noi non commensurabile, stanno condizioni pe- culiari ambienti, varie per ciascun individuo, le quali, se sono intollerabili alle esigenze dell'organismo, uccidono l'individuo, che ne è oggetto, ma se non ecce- dono in tal misura, non mancano di avere altra maniera di influenza, più o meno sensibile, sulla organizzazione dell'individuo stesso. Perciò, fissati ormai, nel fabbisogno della specie, il modo di riproduzione e la misura di fecondità ed insieme le coudizioni estreme di esistenza individuale, le piccole variazioni in questo ultimo campo hanno, riguardo agli individui, effetto inverso, perchè se favorevoli allo sviluppo dell'individuo ne permettono il maggior differenziamento od ipermorfismo, che dire si voglia, ma solo nel campo ornamentale (plastica e cromatica) od in quello della statura, che in condizioni favorevoli tende ad aumen- tare (ipertelismo, cioè evoluzione speciosa od ornamentale, ipertelica ed ipermege- tica); se avverse lo immiseriscono (atelia, micrismo), quando non lo uccidano, se eccessive. La specie, dal momento che continua ad esistere è ormai bene impostata per entro le condizioni ambienti, nei suoi limiti sufficienti, di norma, per così dire, ma le variazioni accidentali, che, entro questi limiti, possono intervenire, si riper- cuotono sugli individui, col determinarne variazioni secondarie, entro confini se- gnati per ciascuna specie, che ne delimitano la plasmabilità. Questa facoltà, come ben si comprende, è diversa per ciascuna specie e gli effetti, quindi, dell'influenza dell'ambiente variano così nella vistosità loro, ri- spetto ai singoli individui. Influenza della nutrizione. — La maniera e misura di nutrizione è la precipua causa dei suddetti fenomeni e ad essa possono agevolmente essere ri- condotte cause apparentemente dovute ad influenza dell'ambiente, quando si dia alla voce nutrizione il più vasto significato, non solo comprendendovi anche quella respiratoria, ma la stessa nutrizione cellulare, di modo che vi si possa includere anche l'effetto della temperatura ambiente, della luce, ecc. L'influenza della nutrizione si esercita in due modi e cioè sia per la natura del cibo, sia per la misura diversa, di cui riesce a profittare ciascun individuo cioè per via qualitativa e quantitativa. In questo ultimo caso, sopratutto, si hanno effetti differenti su individui diversi, e di qui un polimorfismo individuale, che può essere anche molto marcato. Perciò, di quest'ultima condizione cade acconcio parlare subito. Ma la natura del cibo, come ad es. gli organi od i succili di una data pianta nella medesima stagione, esercita generalmente la sua influenza su un certo numero di individui e per tutti con effetti conformi, donde la origine di determinate caste e l'opportunità per noi di dirne a proposito del polimorfismo collettivo, cioè più innanzi. l'adulto e gli atti per la conservazione della specie 429 \l Quanto alla temperatura, ordinariamente essa è un agente più generale, perchè dipende, più che altro, dal clima della località e della stagione, condizioni queste che agiscono in modo comune a più individui insieme. Ecco perchè l'influenza della temperatura si manifesta più palesemente colla creazione di particolari caste, aventi caratteri speciali comuni a tutti gli individui, che le compongono, anziché creare differenze tra questi. Perciò converrà dirne piuttosto a proposito del polimorfismo collettivo, dove si vedrà che tale causa e quella della diversa natura del cibo possono indurre effetti rilevanti e conformi su più indi- vidui insieme, i quali, appunto, per la loro speciale orga- nizzazione ed attitudini, compongono un particolare com- plesso, che è la casta. l.° (Colorazione). Nei Lepidotteri sopratutto, nei quali le varia- zioni individuali si manifestano piuttosto nella maniera di colorazione anziché nel senso organoplastico, sono stati studiati gli effetti di una nutrizione larvale diversa per quantità e qualità. Molte volte quest'ul- tima maniera di nutrizione rientra nella prima, perchè i cibi, variando di qualità, variano insieme nel loro coefficiente nutritivo. Le moltissime esperienze di un gran numero di autori (vedi Bachmetiew, 1907), su moltissime specie di Lepidotteri, hanno mostrata l'influenza decisa della quantità e qualità del nutrimento larvale sulla colorazione non solo degli adulti ma anche delle larve stesse e ciò contrariamente ad idee prima ammesse, che cioè tale influenza non potesse aver luogo. Pictet arriva alla conclusione che, in generale, il cibo scarso o poco nutriente conduca all'albinismo e la condizione opposta al me- lanismo. Talune specie però ( Vanessa urticae; V. polychloros; V. io; Psi- ìiu-a monaeha; Arotia caja) mostrano effetti decisamente inversi. Ad ogni modo la influenza della natura e misura della nutrizione sulla colora- zione delle Farfalla è un fatto pienamente accertato. 2.° (Statura). Per ciò che riguarda il caso 2.° ricordo che per gran numero di Insetti si sono fatte esperienze per riconoscere l'effetto del diverso grado di nutrizione sullo stato definitivo dell'insetto. L'aunessa figura (fig. 456) mostra i limiti di variabilità di statura in una mosca carnivora, ottenuti artificialmente coll'arresto di nutri- zione a differente età della larva. Il Ragusa descrisse, anni sono, un Papilio, che chiamò impuziano, straordinariamente piccolo rispetto alla mole consueta e si ebbe dalla larva privata prematuramente di cibo. G. Koeli, dietro esperienze e ricerche sulla Vanetta in, var. ioides, che è molto più piccola, venne alla conclusione che questa varietà è dovuta soltanto a larve che soffrirono la farne. Berlese ottenne due adulti di Saperda populnea non più lunghi di 17 niill. da larve che non avevano ancora completamente accumulato le riserve di cibo necessarie alla ninfosi e che, per tre mesi, non avevano fatto che agitarsi continuamente per togliersi alla cattività. Il Planet, in seguito a sue esperienze su Lucanidi, riconobbe che gli adulti, sfarfallati da larve non cibate durante un anno e perciò scemate molto di volume, sono riusciti molto più piccoli della media normale. Molti altri esempi si potrebbero citare in proposito. Qui dunque si vede che la scarsezza di cibo non determina un grado tale di arresto di svi- luppo da importare modificazioni orgauiche cosiffatte da' far discendere questi Insetti sotto quel limite morfologico al (piale sono destinati, perchè uè il Papilio ha perduto i suoi caratteri iper- morfici, né la Mosca, la Vanessa io o la Saperda (nielli eumorttei. Una discesa al disotto dei detti limiti sarebbe incompatibile colla necessità che richiede l'opera riproduttiva e quella ancora di vita dell'individuo. In simili casi non può soffrirne che la statura. Quanto ai casi di polimorfismo strettamente detto, ecco quello che conviene osservare. :ì.° Polimorfismo atelico (caso a ricordato a pag. 425). Specie o Bessi, che non vanno mai al di là dell'eumorfismo, risentono degli effetti della differente misura di cibo nella quale sono Fig. 456. — Diversa sta- tura di mosche dome- stiche adulte, nutrite iu grado diverso durante lo stadio larvale. 1, nu- trimento iu misura nor- male ; 6, nutrimento ridotto al minimo com- patibile colla vita del- l'insetto. Da Graham- Smith. 430 CAPITOLO QUINTO allevati gli individui a seconda che l'euiuorfismo è una condizione necessaria ed imprescindibile o non è cotale. Nel primo caso la insufficiente nutrizione non determiua alcun atelismo, ma solo una riduzione di statura. L'adulto derivato da giovani scarsamente nutriti, è più piccolo ma egualmente conformato di qualsiasi altro cresciuto nell'abbondanza (fig. 453; si rientra nel precedentemente detto). Nel secondo caso, per le specie o sessi, cioè, nei quali l'euiuorfismo non è di stretta neces- sità, la differenza nella misura del cibo, durante gli stati giovanili, non si ripercuote che poco o punto sulla statura, ma si esercita invece sulla organizzazione, così che ne soffrono certi or- gani, che non si sviluppano altrimenti secondo il modello eumortìco, ma rimangono piti o meno imperfetti, d'onde gradi vari di atelia. Di solito è il sistema alare quello che più ne risente e perciò vari gradi di brachitteria si possono incontrare (fig. 459). In questo caso adunque, a dif- ferenza del precedente, avremo un polimorfismo piuttosto che un polimegetismo. 4.° Polimorfismo ipertelico (caso b ricordato a pag. 425). Specie o sessi ipertelici si tro- vano essi pure in due condizioni differenti rispetto alla medesima influenza determinata dalla misura del cibo assunto. Se l'ipertelismo è ormai condizione immutabile, per quanto non uecessaria al nostro giu- dizio, ad es. quando esso è ormai raggiunto dai due sessi, la scarsità della nutrizione non ha effetto se non polimegetico e mai polimorfico, secondo si è detto. Si avranno individui piccoli, se mal nutriti, ma perfettamente ornati come quelli che hanno goduto di maggiori comodità nutritive. Ma se un solo sesso è ipertelico e perciò (presumibilmente) tale condizione non è necessaria uè stabile ormai, ne soffre anzitutto l'ornamentazione ed insieme anche la statura, quel grado cioè di ipermorfismo, che non è per nulla necessario alla validità del sesso pel suo ufficio. Si hanno cioè forme piccole e inornate rispetto al tipo di massimo incremento ipermorfico. Siccome è ordinariamente il maschio, conforme si è detto a proposito del dimorfismo sessuale (e se ne è mostrata la ragione) è il maschio, ripeto, che più spesso si evolve uell'ipermorfismo, cosi accade, più di sovente, che esso viene ricondotto, per le scarse comodità di esistenza incon- trate nella sua età giovanile, alla coudizione omeomorflca ed omeomegetica, cioè esso tende a divenire fé ni ni ini forme tanto più quanto maggiore è stata la penuria nella quale esso è vissuto. In tali casi è l'ipertelismo che si mette a livello direttameute proporzionale alla misura del nutrimento goduto dall'individuo. Influenza della nutrizione sulla determinazione del sesso. — Qui cade acconcio, sebbene l'argo- mento non spetti strettamente alle questioni relative al polimorfismo, di spendere qualche parola per esporre come risentano la sessualità e la capacità riproduttiva della influenza della nutrizione giovanile. Molti autori hanno voluto ricercare l'influenza della misura (e natura) della nutrizione giovanile dell'individuo nella determinazione del suo sesso. Tali ricerche soffrono di errori e detìcenze fondamentali. Anzitutto il sesso dell'individuo futuro è determinato già nell'embrione, anzi per lo n eno nella stessa cellula genitale completa. Ciò si sa per studi diretti ; ciò ognuno può argomentare considerando i casi di ginandromorfismo. Infatti, per questi, che fanno vedere una metà dell'iu- dividuo essere di sesso maschile e l'altra di sesso femmineo (se ne citeranno esempi più innanzi) nou è possibile logicamente ammettere che tali forme, per quanto anormali, siano derivate da larve nelle quali una metà sia stata nutrita più e l'altra meno od una in un modo e l'altra al- trimenti. È un fatto però che dalle diverse maniere e misure di nutrizione si sono ottenuti sessi in proporzione diversa, ma uè i risultati sono costanti per la stessa specie, né, molto meno, para- gonabili fra loro o corrispondenti per specie diverse. Per darsi ragione dei risultati e della differenza loro bisognava tener presente lo diverse condizioni di fatto che qui si espongono, la natura delle specie, cioè, sulle quali l'esperienza si pratica ed altre coudizioni necessarie ad essere considerate. 1.° Specie omomegetiche ; 2.° specie eteromegetiche e tra queste: a) specie andromegetiche (a maschi di dimensioni maggiori delle rispettive femmine); b) specie ginomegetiche (cioè nel caso inverso). Bisogna anche tener conto delle esigenze di un sesso in confronto dell'altro, sia per la sua finalità, sia per la sua plasticità. l'adulto e gli atti pkr la conservazione della specie i:u Vediamo anzitutto quest'ultima condizione. Ciascun eesso ha esigenze molto diverse rispetto alla finalità sua, cioè alla possibilità di riescile atto al suo speciale ufficio riproduttivo. La femmina è meno plastica. Il volume dei suoi ovari e conseguentemente la statura del- l'individuo non può discendere oltre il limite compatibile colla esistenza della specie, pel numero minimo necessario di uova. Se non sono possibili economie in senso atelico (o nello stato iper- mortìco esso sia immutabile nella sua ornamentazione, cioè nel suo superfluo), la statura non può variare che di poco. La scarsità di cibo, che non permetta il limite minimo compatibile colla fa- coltà riproduttiva, o toglie via questa (atelia genitale, cioè forme sterili, ristrette alle sole specie sociali) od uccide l'individuo. Pel maschio è altra cosa. I suoi spermatozoi sono sempre in numero di gran lunga superiore al necessario; il volume dei testicoli è ben piccolo, in confronto dei rispettivi ovari. Perciò la statura del maschio può essere assai più ridotta che nelle rispettive femmine, senza che esso riesca un essere sterile, donde un limite di riduzione delle dimensioni assai più ampio che non nelle rispettive femmine e tale riduzione può accadere in tale misura anche nelle specie ad di- morfismo necessario ed indeclinabile. Nei casi poi di possibile atelismo o di ipertelismo speciale a questo sesso e quindi riducibile, il maschio ha un campo anche maggiore di riduzione, senza scapito alcuno della sua fecondità. Nei casi di ipertelismo maschile l'organismo ha molta economia possibile innanzi a sé prima di intaccare la facoltà riproduttiva dell'individuo. Ne consegue che, a parità del grado di pe- nuria, questa fa più vittime tra le femmine che non fra i maschi. Con questo datò presente si giudichi delle diverse possibili risultanze, quanto al mimerò di individui di un sesso e dell'altro, che possono svolgersi nei diversi casi di specie olomegetiche od andromegetiche. Nelle prime (cioè nelle olomegetiche ed omoteliche), il numero di vittime del sesso femmineo (non considerando i casi di sterilità) è sempro superiore a quello dell'altro sesso, ed a maggior ragione ciò avviene nei casi di ginomegetismo, cioè nelle specie nelle quali la femmina è mag- giore del maschio. Ma nelle specie andromegetiche può accadere effetto differente, a seconda cioè che la statura del maschio è fissa o che esso è polimegetico. Nel primo caso, avendo esso più esigenze, diremo cosi somatiche, che non la rispettiva femmina, può accadere che esse equilibrino il limite pla- stico compatibile colla sua facoltà riproduttiva e quindi la mortalità in questo sesso raggiunga limiti non inferiori o superiori a quella delle femmine a pari grado di penuria di cibo; ma nel caso di maschio polimegetico, cioè molto plastico anche nella statura, anche se questa, di re- gola, supera quella delle femmine (il che non è mai in misura molto grande) le cose possono decorrere molto più favorevolmente al sesso maschile, nel senso di non provocare una soverchia mortalità rispetto a quella delle femmiue, nei casi di nutrizione insufficiente. Come si vede senza la base di queste cousiderazioui, fatte specie per specie e caso per caso, tutte le esperienze di determinazione del sesso dell'individuo in rapporto alla misura di nutrizione durante i suoi stadi giovanili, oltre che essere errate fondamentalmente, per la ragione soprari- cordata, sono campate del tutto in aria, in grazia delle altre cause di errore indicate. Ecco perchè qui non se ne tieue ulteriormente parola. Variabilità, Evoluzione, Ipertelia, Atelia. — Consideriamo ora le cause della diversa plasmabilità delle singole specie, cioè della variabilità dei caratteri somatici in taluni gruppi in confronto della stabilità in altri, il fatto cioè, che più ha dato origine a discussioni ed ipotesi. Anzitutto fissiamolo abbastanza nelle sue linee generali, oltre quanto se ne è specificato. Il primitivo insetto era eumorfico ed omeomorfico, una forma cioè capace di volare, forse non egregiamente, a giudizio di quel che se ne vede della sua or- ganizzazione (tìg. 457) nei resti a noi noti, e non difforme nei due sessi. Di qui sono mosse quelle maniere di variazione, delle quali oggi constatiamo i tipi principali. Evoluzione. — Un primo e più generale indirizzo è quello verso la cvoìn- 432 CAPITOLO QUINTO sione vera, cioè l'acquisto di sempre più delicati e ricebi mezzi sensoriali e di più perfezionati organi di locomozione, verso quella perfetta macchina volante, che è oggidì rappresentata dagli Insetti più alti. Questo eccellente grado di evoluzione è raggiunto negli Imenotteri e nei Ditteri, cioè nelle forme più alte e recenti. A tale concetto si è già più volte accennato e si può ammettere che tale indi- rizzo sia. nel nostro giudizio, il più razionale, come quello che tende a dare all'organismo la massima sensibilità e locomobilità, ossia due coefficienti ottimi al benessere della specie e dell'individuo ed alla facilità della sua esistenza, di fronte a difficoltà ambienti nuove e sempre più ardue, specialmente a danno della riproduttività. Questa è la vera evoluzione, quel progresso cioè, che guida gli individui e le specie verso un'organizzazione più elevata, capace di attività psichiche, diremo così, più alte, che tenda insomma a nobilitare, per dire con una parola, la specie nel complesso della organicità e che le permette nuove conquiste, di fronte a sempre più ardui ambienti e più vasti orizzonti. Non è dubbio però che a questo progresso la specie muove malvolentieri, per quella inerzia, che appartiene ad essa non meno che agli in- dividui. Per questa inerzia, la tendenza sarebbe al- meno conservatrice, più volentieri che mai invo- lutrice, cioè nel senso di ottenere il medesimo scopo con uno sforzo ed un lavoro minore, ad es. cedendo parte di quel patrimonio di organizza- zione rappresentato dallo stato eumorfico, con facile e comoda discesa verso l'atelia. Che la via verso la evoluzione sia più aspra e lenta che nou nel senso inverso è mo- strato dal fatto che la prima è raggiunta dagli Insetti (per limitarsi al nostro caso) solo con progresso da ordine ad ordine, tra- verso tutto il percorso dal primitivo Paleodittiottero fino agli attuali Imenotteri e Ditteri, mentre la discesa (diretta) verso organizzazioni involute (atelia), o l'apparente ascesa (involuzione indiretta, inizio della decadenza) verso organiz- zazioni arricchite di ornamentazioni superflue (ipertelia) accade nell'ambito (limi- tato anche pel tempo) di ciascun ordine e fino di genere, di specie, di individui. Ipertelia. — Ma se la specie non può degradare, non permettendolo le sue condizioni di esistenza in un dato ambiente e tuttavia queste non sono così dif- ficili da esaurire tutte le energie organoplastiche della specie stessa, allora questa spende altrimenti quell'eccesso della sua vis formativa, che, col sempre migliore adattamento al nuovo ambiente, viene ad accumulare e si incammina per quella condizione ipertelica ed ipermegetica, cioè per quell' ipermofismo od ipertelismo, che dire si voglia (intendasi anche ipercromia ed ipermegetismo), che rappresenta un vero lusso ed è testimonio di ottime condizioni di esistenza, come colui, che, giunto povero in paesi nuovi, sa profittarne abbastanza a suo vantaggio, ma ha bisogno continuo di tutte le sue energie per ottenere e conservare la ricchezza. Questa però non è vera evoluzione, come per tale non possono essere indi- cate né la bellezza uè la ricchezza, due condizioni desiderabili, ma che da sole non importerebbero alcun progresso ; anzi può essere l'inizio del regresso verso la involuzione. Fig. 457. — Un Paleodittiottero JSuble- ptns danielsi Haudl. Ricostrutto (da Handlirsoh). A. Berlksk, Voi. II. Tav. III. Maschi di Coleotteri dimorfici. /. l'iiwir- ensiger F. (Sud-America); — 2. Heliocopris gigas L. (Africa) ; — 3. Megaceras ciiorin.eus F. (Guaiana, Brasile); — l. I)v\\sri:s neptuxus Quesn. (Columbia); — 5. Xyl 'es gideon I.. (Giava, Sumatra); — 6. Golopha porteri ll|i. (Columbia). Tutti Lamellicomidi. Grandezza naturale. A. Berlese, dis Società Editrice Libraria — Milano A. Bkiìlksk, Voi. II. Tav. IV Insetti Oimorfici ed Ipermorfici. 1-6. 1 due sessi di Coleotteri dimorfici; — 7. Un Emittero Omottero ipermorlieo. /. Maschio; .'. Femmina di Chelorrmn.v polyphemus F. (Lamell. di Africa); — :i. Maschio; i. Femmina di Odontolabis < is i:i : \ Hp. (Lucanide d'Asia); — 5. Muschio; li. Femmina di Chiasognathus oranti Steph. (Lucanide del Chili); — 7. Fulgora laternaria I. (America tropic). Tutti in grandezza naturale. A Berlese. dis. Società Editrice Libraria — Milano L'ADULTO K GLI ATTI l'KR LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 433 Ciò valga per quel che riguarda la organizzazione degli Insetti, sia per la ornamentazione plastica, che è sempre almeno di incomodo alla più efficace locomobilita, sia per quella croma- tica, che, sdegnando le tinte meno vivaci, una condizione cioè utile agli individui per meglio sfuggire a tante iusidie ambienti, riveste l'insetto ipercromico di uno splendido mantello, che lo abbellisce enormemente, sebbene lo esponga di più. Ciò dimostra che per queste specie i giorni grigi della lotta più seria sono ormai passati (1). Lo stesso dicasi per la condizione iper- megetica che, coll'aumento di statura accresce necessariamente le esigenze, in maggior misura, « la facoltà di affrontarle. Iperatelia. — Il crescente benessere della specie, nei suoi individui, non variando l'ambiente, andando oltre, può permettere anche riduzioni della facoltà locomotoria ed è così, che, nei più vecchi Insetti, quali sono gli Ortotteri (con- forme si è già detto), si possono trovare insieme le vestigia dell'antico ipertelismo, combinato con una meno vecchia atelia, forme cioè attere ed insieme ornate esuberantemente di appen- dici nel capo o nel torace, nelle zampe, ecc. (fig. 395 e 458). Pari decorso segue la orna- mentazione cromatica. Atelta. — Finalmente le eccessive co- modità di esistenza individuale, tanto più se non accompagnate da altrettali di riprodu- zione, permettono ed inducono l'atelia (però esclusivamente somatica, a differenza di quella sessuale, di cui si è detto a pag. 352), cioè lo stato neotenico, di cui molto si è trattato in antecedenza; ed in tutto questo campo ha luogo il polimorfismo involutivo. Per concludere, la involuzione si ha per due vie distinte (2). L'una diretta ed è la condizione neotenica per forme che non hanno mai raggiunto, nemmeno in parte (con un solo sesso), l'ipermorfismo. L'altra via, la indiretta viene come decorso necessario della parabola, dopo raggiunto l'apogeo dell'ottimo stato eumor, fico, discendendo per quell'ipermorfismo, che rappresenta l'inizio della decadenza- raggiunto dapprima con un solo sesso, di poi con ambedue, ma non senza ecce- zioni ed anzi con esempi di polimorfismo, in un sesso almeno, finalmente coll'iper- morfismo stabile perchè ormai comune ad ambedue i sessi. Di qui, procedendo ancor più per la linea discendente, non è dimostrabile se intervenga una tappa in una condizione eumorfica, diversa però da quella raggiunta all'apogeo, ma si hanno esempi evidenti di iperatelismo, cioè di involuzione combinata coi resti Fig. 458. — Altro esempio «li Ortottero iperatelico oltre quello indicato a fi- gura 395 Tettigideo della Giamiuaica (PhylloteUix foliatu» Hanc, ingrandito). Da Hancock. (1) In molti casi però l'ipercromia è compensata da altri spedienti di difesa, ad es. i tegu- menti più duri, come fanno vedere le Crisidi fra gli Imenotteri, nonché gli Eterotteri ed i Coleotteri e fra questi durissimi e brillantissimi i Buprestidi, i Curculionidi, ecc., oppure ottime armi di difesa. Ad es., negli Imenotteri, i Tentredine! sono assai meno brillanti, per tinte, che non gli Aculeati, che hanno un buon pungolo a loro difesa e tra i Ditteri le forino mimetiche ai detti Imenotteri, ecc. (2) Qui non intendo parlare che della atelia neotenica e della ipertelia ornamentale. Altrove tratterò della atelia ed ipertelia per adattamento, cioè di quelle variazioni dell'organizzazione, ta- lora molto vistose, che dipendono da adattamento a speciali condizioni ambienti, all'infuori della influenza della evoluzione, ipertelia e riduzione neotenica, di cui qui si tratta. Queste varia- zioni per ailattameuto si richiamano al concetto lamarchiauo dell'effetto dell'uso e non uso , Emittori Eterotteri, Pentatomidi; e, Emitteri Omotteri ; Cicadidi; rf. Lepidotteri; Pieridi, S fi rigidi ; e, Coleotteri, Cicindelidi ; f, Ditteri ed Imenotteri; Muscidi ed Apuli. Subito dopo ogni singolo apogeo comincia la decadenza verso la involuzione e si inizia coll'ipermornsmo unisessuale g (Coleotteri: Lucauidi, Lamellicoi uidi); procede con quello di ambedue i sessi, salvo eccezioni h (Lepidotteri; Pupillo) ; culmina nel campo ipermortìco cogli O ni otte ri ^Membra- cidi ed Eterotteri: Phyllomorpha, Eyles, ecc. t, /): ed è raggiunto anebe dagli Ortotteri (Empuea) (m), ma poi sorpassato verso l'atehsmo (forme iperateliche; Eumegalodon, molti Tettigidi esotici, ecc.; n, o). Queste vie sono indicate dalle linee paraboliche più grosse o rappresentauo il percorso evolutivo ed in- volutivo indiretto. Quanto alla involuzione diretta, cioè senza passare per Pipermorfismo, essa è indicata dalle lince più sottili, che procedono direttamente dallo stato eumorfico nei singoli gruppi; ad es, : p, neutri di For- miche, femmine di taluni Mutillidr, ecc ; q, femmina di Lainpyris', r, femmina di Eterogonìa ; «, Pe- dii-ulini; /, femmine di molte famiglie; », femmine di Coccidei. Finalmente i Tisauuri e Collemboli sono proceduti direttamente da forme ancestrali, per giungere all'attuale basso grado, coniapomleute allo stadio polipodiale (v) ed al ciclopiforme [z)y come più volte si è detto. La figura mostra anche 1 due campi, nei quali si esercita il polimorfismo (ipertelico ed atelico). Ma la evoluzione (vera) non ba che una via. Essa non mira a fastosità su- perflue ; raggiunge però essa pure quella bellezza, severa nelle sue armoniche proporzioni, senza esuberanza, che spetta ai gruppi più alti, che sono gli Ime- notteri ed i Ditteri, quelli cioè che hanno saputo conquistare gli ambienti i più difficili, come dimostrano, ad es., i casi di endofngia, gli istinti mirabili dei Ve- spidi solitari, ecc. Tutto ciò è bene presentato graficamente dalla annessa fig. schematica (459). In base alle considerazioni sovraesposte ecco in qual modo possono essere giudicati i diversi aspetti, sotto i quali si presentano le forme adulte degli In- l'adulto e gli atti pkr la conservazione della specie 435 setti nel loro sesso e nei singoli gruppi, nel vasto campo del polimorfismo indi- viduale (da individuo ad individuo). Fig. 460. — Polimorfismo atelico; cioè l'orma brachittere a vario grado di rudimentazione delle ali (B, C); e forma macrottera (eumorfica) A, iu una Cimice terrestre (Blisaus leucopterus, Sny) del Nord- America, ingrandito. Dagli autori Nord-Americani. Il caso di iperatelismo, cioè di involuzione dopo raggiunto un alto grado di ipermorfismo appartiene solo al più vecchio gruppo degli Ortotteri. Essi hanno avuto tutto il tempo per pro- cedere dal primitivo eumor- fismo ad un alto grado di ornamentazione plastica del capo, del torace, dell'addome e di discendere di qui verso una maniera di atelia, con viaggio e fine diverso dalla via ascendente percorsa. Insetti di apparsa più recente, come sono tutti gli altri, non sembra abbiano avuto ancora il tempo di di- scendere dall'alto limite iper- morfico, al quale sono giunti con ambedue i sessi, ma hanno raggiunto questo li- mite o non vi sono ancora pervenuti, nel quale caso ultimo si trovano appunto i più recenti gruppi fra gli Insetti suscettibili di ipermorfismo. Fra gli Ortotteri, notiamo specie ipermorfiche in ambedue i sessi (molti Mantidi); macrot- tere e brachittere contemporaneamente in talune specie (molti Grillidi, qualche Acridide). I casi di iperatelismo già accennati si limitano agli Ortotteri vege- tariani, mentre i predatori o sono tuttavia rimasti all'iper- mortìsmo, o sono eumorfici, od atelici (in ambedue i sessi), ma mai l'una cosa e l'altra insieme. I Mallofagi sono tutti atteri e perciò immutabili ormai per quel che riguarda le ali. Nei Copeognati il polimorfismo è solo nel campo discendente, fino all'atterismo, al solito, sta- bile. I Fisapodi, che io mi sappia, non sono polimorfici. Quanto agli Emittori Eterotteri, nei soli Geocorisi uon ipermorlici si può trovare una tendenza ad incamminarsi nel polimorfismo discendente, rilevandosi, per un sesso o per ambedue forme macroltere mescolate ad altre brachittere e ciò in molte famiglie (Gerridi, Reduvidi, Cimicidi, quasi in ogni genere si notano specie così polimorfiche; fig. 460); l'at- terismo assoluto però è raggiunto meno spesso. Ripeto che quando questo stato è toccato, esso pure diventa stabile ed immutabile. Forse, pegli Emittori, i Pediculini sono un esempio. Ma gli Emittori ipermorfici sono ormai giunti al lusso ornamentale con ambedue i sessi e molto stabilmente, come è dimostrato dal fatto della mancanza non solo di dimorfismo sessuale, ma auche di polimorfismo ornamentale. Gli Omotteri, in cui le Cicale rappresentano l'ottimo volatore e sono eumorfiche ed omeomor- fiche, si va per gradi a notevolissimi esempi di ipermorfismo omeormorfico e perciò immutabile, come si discende allo stato atelico, fino all'atterismo, il quale pure è, al solito senza esempio di polimorfismo alcuno. Neppur qui, che io mi sappia, sono manifesti casi di eumorfismo com- binato coli' atelia, i quali si vedono, come si è detto, nei soli Ortotteri. Nei Coccidei, mentre le femmine rimangono, per tutti i generi del gruppo, arrestate al limite anzidetto (fig. 394, FU) si vedono in altre Cocciniglie maschi polimorfi per vario grado di svi- luppo delle ali, da atteri a benissimo alati (Aonidia blanchardi, fig. 461, Leucaspia pusilla, Acan- Fig. 461. — Maschio atelico (attero) di un coccideo {Parlatoria blan- chardi Targ.) del Sahara, molto ingrandito. La forma macrottera è simile a quella degli altri dias- pri (fig. 381, O- Da Targioni. 436 CAPITOLO QUINTO thococcua aceria, Aclerda berlesei, ecc.). Mentre il più comune tipo di maschio è quello dittero, che si è indicato a fig. 381, C, senza mai caso alcuno di ipermorlismo. Fra i Pseudoueurotteri e Neurotteri, non conosco casi di polimorfismo, se non per parte dei Sociali, fra i primi. Se ne dirà dunque a proposito delle Società. Veniamo ai Lepidotteri. Questi sono, in generale, nelle stesse condizioni degli Emitteri, con di più il fatto che, sebbene raramente, il caso di dimorfismo sessuale, in specie ipermorfiche, è rappresentato. Ciò deporrebbe in favore di una minore antichità nel fenomeno dell'ipermorfismo, poiché qualche femmina o qualche maschio, iu generi con specie più comunemente iperteliche, non vi sono ancora pervenuti. D'altro cauto non sono possibili fatti di iperiuorlismo ed insieme di atelia, da poiché nei Lepidotteri, come si è già avvertito, la ornamentazione si esercita appunto nelle ali ed uno stesso organo non può essere insieme evoluto e ridotto. Adunque, nei Lepidotteri potrà occorrere qualche caso, sebbene raro, di dimorfismo sessuale e polimorfismo nel campo ipertelico (molte specie di Papilio oltre alle due citate, P. dardanus, e P. memnon) mentre meno infrequenti sono gli esempi di eterocromia, e ciò per le ragioni, che si esporranno a proposito del gruppo seguente. Nei Coleotteri l'eumorfismo omeomorfico è molto diffuso, sono bene rappresentati anche il dimorfismo sessuale ed il polimorfismo, ma non si trovano che rari esempi di ipermorlismo esteso ad ambedue i sessi e quindi stabilmente fissato. Evidentemente i Coleotteri sono tuttavia in cammino per quella strada, che i gruppi antecedenti hanno già tutta percorsa. È vero però che talune famiglie di Coleotteri mostrano un alto grado di ornamentazione, comune ad ambedue i sessi, e quindi stabile ormai (come é dimostrato dalla mancanza del polimorfismo), ma essa si restringe (e ciò si tenga ben presente) al sistema tegumentale (di cui si è detto nel voi. I, cap. IX, pag. 463) e quindi alle appendici strettamente tegumentali (voi. I, pagg. 477 a 486) ed alla colorazione, che appartiene esclusivamente a questo sistema, mentre, come ho detto più su, l'ipermorfismo nella conformazione di organi, parti del corpo, arti, ecc., non è stabilmente raggiunto che per una piccola minoranza dell'ordine. Di tale maniera noi vediamo un alto grado di ornamentazione plastica e cromatica, che ren- dono talune specie meravigliosamente belle, ormai comune ad ambedue i sessi e fissata stabil- mente in taluni gruppi, sopratutto fra i più bassi, come sono i Crisomelidi, i Cerambicidi, i Curcnlionidi, gli Elateridi, i Buprestidi e qualche altro anche fra quelli che tuttora mostrano esempi di dimorfismo sessuale e polimorfismo, per ciò che si riferisce alla conformazione di parti del corpo ed arti. Ma nei Coleotteri, se sono ornati il capo, il torace e gli arti, non lo è ancora l'addome, cioè la regione del corpo più tardivameute differenziata, mentre si vedono negli Ortotteri e negli Emitteri sopratutto, vistosi esempi di ipermorlismo anche nei segmenti addominali. Gli ordini minori, cioè comprendenti minor numero di specie, tali sono appunto per la minore plasticità della loro organizzazione e questo senza alcun dubbio. Questa minore versatilità di adattamento, indice sicuro del più ristretto grado di quella plasticità a cui ho accennato, fa si che anche la potenzialità ornamentale è minore. Ecco perchè i Fisapodi, i Neurotteri, i Pseudo- neurotteri sono non solo poco numerosi, ma ancora generalmente enmorfici, e non mostrano esempi di ipermorlismo. Essi sono i conservatori, per eccellenza, fra gli Insetti. Quanto poi alle variazioni in senso involutivo, nel campo atelico si vede che esse sono parimente comuni in tutti i gruppi, quasi egualmente ovvie, certo con gradi corrispondenti. Quivi l'età del gruppo non ha influenza, perchè le variazioni ateliche sono a decorso molto più rapido delle evolutive, di modo che si trovano forme attere così bene fra gli Ortotteri, come fra gli Imenotteri ed i Ditteri. Soltanto il grado di plasticità del gruppo può essere un coef- ficiente ad effetto molto seusibile, sulla quantità, maniera e grado delle involuzioni, ma il più attivo impulso ed efficace è certamente la maniera di esistenza. Questa agisce imperiosamente sulla organizzazione, mentre che nessuna influenza ambiente può essere capace di costringere gli organismi a divenire più ricchi e più ornati, può solo permettere tale coudizione di lusso. Vediamo ora come si manifesti la variazione individuale nei due più alti gruppi di Insetti, nei quali sopra ogni altro indirizzo, è stato attivo quello verso la evoluzione vera, cioè negli Imenotteri e nei Ditteri. Gli Imenotteri, non sono polimorfici (individualmente), perchè mai ipertelici e cosi neppure i Ditteri. Tuttavia anche questo perfetto volatore, libero di ogni superflua ornamentazione, che non potrebbe se non menomare la sua locomobilità, può discendere, traverso il cammino invo- lutivo diretto, fino all'atterismo, che, quivi pure, è una condizione immutabile. l'adulto k gli atti per la conservazione della specie 437 Tutto si riduce ai modèsti esempi di dimorfismo sessuale eitati in antecedenza, mentre ogni altra maniera di polimorfismo individuale è ben rara. Limitandosi adunque alla considerazione dei casi di dimorfismo sessuale, per aggiungere qui alcunché non detto in precedenza (quando la distinzione per evoluzione ed ipermorrtsino non si era ancor fatta) diciamo subito che, a parte modesti gradi di ornamentazione esclusivamente tegumentale, ogni esempio di dimorfismo sessuale, dall'eumortìsmo in su, si troverà solo nello sviluppo di organi sensoriali, sopratutto occhi ed antenne, che percepiscono a distanza. Queste forme non hanno curato la speciosità (o non hanno avuto il tempo di pervenirvi nell'ambito del loro alto grado di evoluzione); esse sono tuttavia supremamente belle, perchè giunte a quel termine al quale, non esse sole per- vengono iu natura, per quel trito cammino, che si diparte dalla primitività e miseria, traversa la opulenza e la fastosità per raggiungere finalmente la signorilità e l'eleganza, ohe apparten- gono solo agli eletti. Concludiamo affermando che noi abbiamo sott' occhio palesi ed ordinati tutti i gradi di evo- luzione ipermorfica degli Insetti, disposti secondo l'ordine ed il tempo in cui si sono svolti e tutto il procedimento evolutivo di quella insigne veste, che richiama attualmente tutta la nostra ammirazione per questi bellissimi animali. Si può ben dire, che mentre i gruppi più alti si sono incamminati direttamente all'acquisto di mezzi utili ad una più difficile esistenza, gli altri, dagli Ortotteri ai Coleotteri, si sono in- dugiati per via ad abbellirsi nella comodità di un ambiente più generoso, si sono dati al lusso (ed in questo i più antichi hanno già degenerato), dapprima ornando la vesta propria, opera questa più sollecita, di poi accrescendo la bellezza della forma, il che ha richiesto nu tempo più lungo, e tale stato è raggiunto stabilmente dai gruppi più anziani (dopo l'antichis- simo degli Ortotteri, nou ancora acquisito definitivamente da quello più recente dei Coleotteri. Per le cose sovraesposte, risulta che nou potrà essere esempio di polimorfismo individuale (più esattamente da individuo ad individuo, in uno stesso sesso) nel campo dell'ipermortìsmo, se non nei gruppi nei quali il limite estremo di massima complicanza non è ancora raggiunto da ambedue i sessi, esso cioè non è ancora stabile. In altri termini, così fatto polimorfismo non si trova se non presso gli ordini di Insetti, che mostrano tuttavia esempi di dimorfismo sessuale nel campo ipermorfico. Per converso, nell'ambito dell'atelia, tutti gli ordini possono incorrere, esista o meno, un dimorfismo sessuale, ma quivi il polimorfismo è più raro, probabilmente perchè l'estremo limite di degradazione, verso il quale corre la forma, è più presto raggiunto e fissato. Finalmente, nel campo della evoluzione vera, anzi nel campo dell'eumortìsmo, iu generale, nei quali casi l'organizzazione è fissata allo stretto necessario, non ha luogo il polimorfismo, ma solo polimegetismo ed eterocromia. Nel campo dell'eumortìsmo (e quivi anche si comprende ogni grado di evoluzione vera) non ha luogo il polimorfismo individuale tra forme omoiche sin- crone, poiché l'organizzazione è fissata nello strettamente necessario e sufficiente. Quivi solo possono aver luogo il polimegetismo ed il policromismo, come effetto di condizioni individuali, sopratutto di nutrizione. Ecco perchè non si trovano esempi di polimorfismo ipcrtelico in Ortotteri, Emitteri, Ditteri ed Imenotteri; sono scarsi in Lepidotteri: mentre abbondano iu talune famiglie di Coleotteri. Megetismo. — Quanto al megetismo, esso ha un modo alquanto speciale di comportarsi. Possono aumentare infatti di statura le forme tanto nei casi di polimorfismo atelico quanto in quello ipertelico; nel primo caso, al solito, per usufruire delle comodità offerte dalla vita facile dell'individuo e sopperire così alle esigenze della specie, nell'altro per la stessa ragione che aumenta il grado ornamentale. L'unica differenza è questa che, cioè, nel primo caso sono solo le femmine che aumentano di statura e più nell'addome che negli altri organi, ciò a vantaggio del numero e dimensioni delle uova, così ne viene una figura sproporzionata e non bella né aggraziata. Nel secondo caso, invece, aumenta il solo sesso ipermor- fico, ma, questa volta, tutto il corpo mantiene proporzioni anche nei suoi arti, che gli conservano od aumentano l'elegauza, insieme a quella bellezza, che gli viene dalla più accentuata ornamentazione plastica e cromatica. Ne riescono così le più belle creature che sieno in natura. 438 CAPITOLO QUINTO In questi ultimi casi però il inegetismo non è né utile uè dannoso al be- nessere della specie, perchè se la forma grande, come tale può difendersi meglio, è però vero, d'altro canto, che essa è anche più facilmente visibile e richiede di più per la sua nutrizione. Anche la statura, però, segue, nelle sue misure generali, nei casi di evolu- zione vera, le conseguenze delle difficoltà contro cui la specie ha dovuto lottare per conservarsi, che sono poi quelle stesse, che ne hanno determinato la evolu- zione e che agiscono, nei limiti delle dimensioni proprie della specie, anche sugli individui. Questi, sopratutto per scarsa nutrizione, rimangono piccoli ed, inversamente, raggiungono le dimensioni massime, se nutriti copiosamente, sopratutto in età giovanile. A ciò si è accennato già. Ma, per quanto riguarda le dimensioni delle specie si deve riconoscere, che colla evoluzione, esse sono andate anche de- crescendo e l'insetto ha bensì ottenuto l'alto grado, che mostrano oggi i Ditteri e gli Imenotteri, ma ha perduto le vistose dimensioni, che sono raggiunte invece negli altri gruppi e che spettavano ai più vecchi Insetti. La grandezza dei Megaptihis, con le ali di ben 16 cent, di lunghezza; i 36 cent, di apertura d'ali dell' Archeoptilua gaullei, mentre le Meganeura erano lunghe 30 cent., tutti del carbonifero, l'età d'oro degli Insetti, per l'abbondanza di vegetazione e per la temperatura, non sono di gran lunga raggiunte oggidì. La statura cresce colla temperatura del clima e le forme più grosse sono quelle delle re- gioni più calde; scema in senso inverso. Esempi dei massimi Insetti attuali si trovano fra gli Ortotteri (Fasmidi di regioni equatoriali e subequatoriali) tino a 26 cent.; fra i Coleotteri, i Lepidotteri, gli Emitteri (Beìostoma) ed insomma in tutti i gruppi (v. voi. I, pagg, 31 e segg.) meno che nei Ditteri e negli Imenotteri, le cui forme massime, non oltrepassano mai i 6 o 7 centimetri di lunghezza. Nei Ditteri, i massimi attuali si trovano fra i Midasidi (Ortorrafi, Brachiceri). Il Mydas pergraiidis Austen, la specie maggiore finora nota è lunga 5 cent., coll'addome largo 11 niill. ed un'apertura d'ali di circa 10 cent. (Brasile). Neppure la maggior statura, adunque, è indice di evoluzione, ma si deve, invece, mettere assieme, tutto al più, alla ipertelia e così, gli individui maggiori, nei casi di polimegetismo, rappresentano lo stesso livello evolutivo della specie quanto i minori (1). (1) È discussione tra i filosofi naturali se la tendenza, per parte degli organismi, traverso le epoche geologiche, sia vergo stature sempre maggiori o nel senso opposto. Non pare intanto di- scutibile ormai più che dopo un massimo (pegli Insetti, dalla loro apparsa nel Carbonifero), ei sia scesi a dimensioni sempre minori, ed, in pari tempo, a gradi di evoluzione vera sempre più alti. Certo però, accanto ad una condizione di massima, per la quale l'optimum di esistenza an- cestrale è andato via via impoverendosi, anche per l'aumento della concorrenza, la conquista di nuovi ambienti, sempre più difficili ed in pari tempo più variati e nuovi, ha moltiplicato le specie, perfezionandole, e ne ha scematola statura. Di qui accade che, nei singoli generi, le specie più pic- cole sono anche le più numerose, talora di gran lunga più numerose in un determinato gruppo, sopratutto fra gli Insetti e ciò quando sembrerebbe che, per la loro statura, dovessero essere, invece, le più facili vittime. Perciò ambedue le parti in discussione, possono recare esempi in favore della propria tesi, perchè, per le cose anzidette, all'infuori della ovvia constatazione di massima sopracitata, in quasi ogni gruppo d'organismi si incontrano specie, che, con sempre migliore adattamento all'ambiente dopo la sua prima conquista, avendo saputo sempre meglio profittarne, hanno potuto risalire a stature maggiori, come in qualunque nazione, società, pro- fessione, ecc., povere o ricche che sieno, le condizioni individuali sono molto diverse, dallo stato di benessere e di superfluo, alla più nera miseria. Si può ammettere, per la organicità, una discesa dall'età dell'oro a quella del ferro, ma si l'adulto e gli atti per la conservazione della specie 439 Dall'esame ili tutti gli esempi, che gli Insetti mostrano nell'ambito del poli- morfismo, risultano alcuni dati importanti, che qui enumero. Anzitutto vi sono condizioni per determinati organi, del tutto immutabili, per le quali, adunque, il polimorfismo non può più aver luogo. Esse, nel campo ate- lico, per le ali, sono indicate dall'atterismo completo, e dalla omeomorfia in quello ornamentale (1). Se l'alteriamo è uno stato, che si può esattamente fissare, non lo è altrettanto l'estremo iper- telismo, come ognuno comprende, ma per questo si può dire che quando esso è così antico da appartenere almeno normalmente, cioè nella grande maggioranza della specie del genere, ad am- bedue i sessi (ad es. ornamentazioni toraciche dei Membracidi, ecc.), esso pure è immutabile. Non vi ha eredità, atavismo, artificio, che possa farci vedere casi di alcun insetto od alcuna casta ve- ramente atteri, presentarsi talora, sia pure raramente, con qualche rudimento di ali, come non si potrà vedere alcun individuo di quei mirabili Membracidi, cosi complicati nella loro ornamen- tazione, esserne più poveri. Ma se questi limiti estremi ed immobili non sono raggiunti, cioè nel campo atelico la forma più ridotta mostra tuttavia sempre almeno rudimenti di ali (è semplicemente brachit tera) tutti gli stadi dal uiacrotterismo al brachitterismo possouo avere campioni, come, d'altro canto, nel- l'ambito dell'ipertelismo, solo le forme in questo dimortìche pel loro sesso diverso possouo essere deve anche accettare, come evidente, non solo il coutinuo aumento numerico di particolari nuove condizioni di esistenza (donde moltiplicazione di specie), ma ancora, accanto ad una generale continua restrizione di comodità di vita e quindi riduzione della statura, singoli progressi nello sfruttamento migliore degli ambienti, cioè tendenza al megetismo da parte di pochi fortunati pionieri, che, ognuno per suo conto, ritorna ad una personale età dell'oro. La fortuna di un intero gruppo di organismi (come di una nazione) sta nella sua adatta- bilità, ovvero nella plasmabilità e questa si desume non solo dal numero di specie pertinenti al gruppo stesso, ma, per le cose anzidette, dalle proporzioni tra le specie minute e le massime, entro il gruppo medesimo ed il rispettivo numero delle une e delle altre. Nessuna classe di animali è così numerosa quanto gli Insetti e se anche iu altre si possono rilevare differenze di statura pressoché in proporzione conforme a quelle che si riscontrano in questo vasto gruppo, in nessuna però è così grande la differenza di dimensioni, fra specie anche dello stesso genere e così alta la sproporzione numerica fra le specie di stature estreme, entro le stesse famiglie, come si rileva in quasi ogni ordine di Insetti. Ad esempio del primo caso, cito il gen. Aegns, secondo quanto mostra l'Houlbert (1913), che fa vedere i maschi di otto specie del genere, con dimensioni graduali dalla più piccola (Jeyus sp.), il cui corpo, non comprese le mandibole, è lungo 9,5 mill., fino alla massima, A. capitatili Westw., che misura (non computate le mandibole), mill. 55 di lunghezza, e cioè ben cinque diametri più lungo. In mezzo stanno le altre sei specie, con misure crescenti, cioè, rispettiva- mente mill. 11, 13, 21, 27, 33, 38. Esempi del secondo caso sono ovvi in moltissime famiglie. Per limitarmi ai Coleotteri, ci- terò quelle di Curculionidi e Lamellicornidi, con altre che potrebbero essere ricordate. Nei primi i Protoceriu» raggiungono (senza il rostro) i 60 mill. di lunghezza (P. colottut) e contano (vedi catalogo Gemminger ed Harold) tre specie (Asia). Altrettale misura raggiungono gli Homalonottis \U. coloasus) di cui sono note 11 specie, mentre gli Apion, che Bono i più piccoli Curculionidi, cioè lunghi da 2 a 3 mill. contano (i soli europei, catalogo Heydeu, Reitter, Weise) ben 225 specie, senza tener conto delle varietà. Tra i Lamellicorni i Gotiathna, che giungono fino a 105 mill. di lunghezza (G. regius maschio), non contano che cinque specie; dei Dynaate$ (O. hercules maschio lungo, col corno, circa ltìO mill.), si conoscono quattro sole specie, mentre dei minimi della famiglia (Aphodine, lunghi, in media, 5 o 6 mill.), si elencano circa 380 specie, di cui 100 nella sola Europa, ecc. (1) La stabilità si ha pure nei casi di brachitteria così avanzata, in cui non più d'ali né di monconi d'ali si tratta, ma di semplici guaine alari, come fa vedere ad es. la nostra comune Blatta. 440 CAPITOLO QUINTO polimorfiche, quanto al grado di ipertelia, dall'oineoinorfismo al piti spiccato eteromorfismo. Iu questi due campi soltanto adunque può aver luogo quella molteplicità di forme, che ne mera- viglia, cioè i piti ovvi esempi del polimorfismo. In conclusione, il polimorfismo può esercitarsi esclusivamente su organi e caratteri superflui e di recente apparsa, se avviene nel campo ipertelico; ma anche antichi se in quello atelico, che possono cioè essere modificati senza danno della conservazione della specie traverso i suoi individui (1). L'eterotelia, si svolge, cioè, su organi e strutture transitori]', ossia atavici o posterici, a seconda che ten- dono verso la scomparsa o l'incremento. Perciò e pel fatto che tali variazioni si possono ottenere artificialmente, ad es., con diversa maniera e misura di nutrizione, non si può, ragionevolmente, ammettere che abbia luogo la ereditarietà. E questa sia la ragione per cui mi astengo dall'insistere su questa ipotesi e sulle leggi, che altri si è affaticato a scoprire. Infatti, per le cose dette si vede che la cellula genitale non può essere giu- dicata come impegnata, in modo durevole, se non pei casi di caratteri somatici fissati immobilmente e sono quelli a cui si è fatto cenno e. vi si possono aggiun- gere gli altri di ipermorfismo inalterabile, almeno per determinate generazioni o caste. In tutti gli altri di polimorfismo, dal tipo eumorfico, da un lato, fino al- l'estrema brachitteria, o fino all'ipermorfismo omeomorfico (non compreso) dall'altro è solo il complesso somatico, che vi è impegnato e la cellula genitale se ne di- sinteressa, fino a tanto che, coll'accentuarsi della variazione e col lungo ripetersi di questa, non ne viene impressa indelebilmente anche la cellula genitale. Così fanno quelle abitudini, che poi diventano leggi, con progresso adunque centripeto, ma lento, con effetto però non diverso da quelle altre, se pure esi- stono, che si iniziano addirittura nella cellula genitale ed hanno necessaria in- fluenza successiva nel soma, secondo un processo, adunque, centrifugo, il che corrisponderebbe ad una vera e propria maniera di rapida creazione. Polimorfismo collettivo. — Passiamo ai casi, in cui le differenze di organizzazione (e talora di abitu- dini) intercedono fra serie e serie di individui, mentre questi rimangono fra loro eguali, cioè corrispondenti ad un tipo costante. Hanno qui loro luogo i casi di dimorfismo sessuale, già abbastanza discussi e quelli di eterogonia, secondo diverse maniere, che ora brevemente si illu- strano. (1) Darwin dice: «una parte estremamente sviluppata in una specie qualunque, comparati- vameute allo stato della medesima parte in specie vicine, tende a variare molto». Questa affér- mazione non è precisa e può essere criticata. Se la parte enormemente sviluppala è, come tale, ormai fissata nella eredità essa non va inai piti soggetta a variazioni d'indole polimorfica. Basta considerare gli esempi più su citati delle ornamentazioni esuberanti e vistosissime dei Membra- cidi o quello degli arti e del protorace di Eterotteri già esemplificate o le code dei I'apilio (nel quale ultimo gruppo, entro lo stesso genere, sono forme a lunghe code, vicine ad altre senza tal ornamento) o le appendici cefaliche degli Onthophagus, vistosissime in talune specie, mancanti in altre, ecc., per convincersi del numero ed entità delle eccezioni alla regola darwiniana. D'altronde, quale mai affinità di specie è maggiore della identità? Eppure in molti casi di dimorfismo sessuale la parte estremamente sviluppata in un sesso e mancante o meno vistosa nel- l'altro non va soggetta a polimorfismo. e l'adulto e gli atti pkr la conservazione della specie 441 Possiamo dividere il polimorfismo collettivo, all'infuori di quello sessuale, in più maniere, a seconda cioè che le caste sono sincrone ed omoiche, cioè presenti tutte insieme o quasi, nel tempo e nello spazio, oppure sono bensì omoiche, vi- venti cioè in condizioni ambienti similari, ma non sincrone, oppure hanno ha- bitat diverso pel tempo e per la natura dell'ambiente, sono cioè eterocrone ed eteroiche. Le cause determinanti l'eteromorfia delle caste possono dirsi le stesse che originano il polimorfismo individuale. Esse però trovano una dimostrazione anche più evidente, per la maggior vistosità dell'effetto, almeno in taluni casi, come è quello della diversa temperatura in differenti stagioni o climi. Perciò comince- remo dal polimorfismo di stagione, come quello meglio studiato nelle sue cause ed esemplificato nei suoi effetti, per dire poi degli altri, senza necessità di incor- rere in ripetizioni. Polimorfismo di stagione (Oramorfismo). In talune specie di Insetti a più generazioni si è osservato che queste va- riano sensibilmente, con caratteri costanti nei diversi individui, specialmente adulti, a seconda della stagione in cui si svolgono. Ciò si ammette dipenda sopratutto dalla maniera di nutrizione, dall'influenza della temperatura, senza escludere però quella di altre condizioni ambienti. Nutrimento giovanile. — A proposito del polimorfismo individuale si è detto che mentre la misura del nutrimento larvale determina il polimorfismo da individuo ad individuo, la natura può determinare quello di casta, ossia di più individui insieme, risultanti eguali fra di loro, ma diversi da altre caste, pur da comprendersi nella medesima specie. Già si è detto della influenza del cibo sui singoli individui. Si comprende che qualora o per effetto della stagione che modifica la natura del cibo, ad es. nei succhi di una stessa pianta, o di emigrazioni da un ambiente ad altro, una intera serie di individui viene ad essere nutrita diversamente, o proviene da madri che sono state soggette a regime diverso, si può avere la produzione di intere caste distinte, come si è accennato già a pag. 365, a proposito dell'ap- parsa, in dati momenti, di determinate caste nelle famiglie di Afidi. Temperatura. — Oltreché la maniera di nutrimento, la quale in molti casi è diversa nelle differenti epoche dell'anno e che certo ha notevole influenza nel determinare il polimorfismo di stagione, dati positivi si hanno per dimostrare l'effetto della temperatura in questo senso. L'esempio di varietà (li forme a seconda dell'epoca dell'anno, che più è citato si è quello di una farfalla, della Vanessa prorsa-leuana (tav. V, tig. 9, 10), che si presenta con due distintis- sime forme, considerate dapprima come due specie ben diverse e che solo più tardi si riconobbe . non essere altro che due successivi aspetti della medesima specie, in due stagioni diverse. Gli individui primaverili, che provengono da ninfe che hanno svernato, appartengono alla forma le- vano, la cui figliolanza dà gli adulti in luglio e questi sono della forma prorsa. Alcuni individui però, ritardatari, non schiudono che in settembre od ottobre e questi sono diversi da tutti i precedenti, essi appartengono ad una forma intermedia, detta porima. Berce (1887) ottenne spe- rimentalmente quest'ultima forma, mantenendo al caldo brucili della generazione prorsa e Dorf- meister (1864) e Weismann (1875), mantenendo a — 1° K. delle crisalidi provenienti dalla ge- nerazione prorsa, ottennero molti individui da ascriversi alla levano. Altri casi consimili sono conosciuti ora per altri Lepidotteri, ad es. Anthocarì» belia-aiisonia (la prima forma è primaverile, la seconda estiva); e cosi A. belemia -glauca; Lyeaena polysperchon- aminias; Papilla machaon (giallo-pallido nel colore fondamentale delle ali in primavera e ranciato in estate), ecc. ecc. A. Bkrlesk, Oli insetti, II. — 56. •142 CAPITOLO QUINTO Sotto tre forme si presenta il /'«pi/io ajax dell'America del nord; due forme cioè a tinte chiare, da ninfe ibernate: /'. telamonidet e /'. amìahi, una più oscura, estiva: P. mareellus, che »i sono anche ottenute sperimentalmente. Gran numero di sperimenti si sono fatti, da naturalisti motti, circa l'effetto del calore eser- citato su uova, larve e crisalidi di Lepidotteri diversi, nella colorazione degli adulti, mostrando l'influenza acceleratrice del calore sullo sviluppo degli Insetti sottoposti a sperimento e la pro- duzione di forme diverse per grandezza e tinta. A questo proposito Standfnss (1895) conclude che la temperatura più bassa dà forme di una data specie, die troviamo normalmente come varietà locale in regioni più fredde, ed, inversa- mente, la temperatura più alta tende a produrre forme comuni in località più temperate; op- pure le differenti temperature producono forme senza corrispondenti normalmente e che potreb- bero richiamarsi a varietà o specie ancestrali oggi scomparse. Fischer (1895) e Ruhmer (1898), in seguito a studi sperimentali, concludono che il freddo prolungato sulle crisalidi, non tanto per hi sua, durata, quanto per una intensità crescente, producono, rispetto all'adulto, gli stessi effetti del calore. Weismann (1895) distingue due maniere di dimorfismo di stagione, cioè quello diretto, risul- tante direttamente da variazioni dell'ambiente ed il dimorfismo di adattamento, che e il risultato di un processo di adattamento. Nel voi. I a pag. 234 in nota, io ho ricordato la forma macrottera del Lìogryllu» campestris che "" raramente si trova nell'alta Italia e nella media, mescolato in primavera alla comune br.o -Ini (era: essa invece si riscontra pura, in autunno, nell'Italia centrale e meridionale ed è, anche per le abitudini, molto diversa dalla brachittera primaverile, poiché non scava cunicoli! ma si nasconde semplicemente fra i sassi o le zolle di terra, più profondamente die può. Anche" parecchi altri Ortotteri hanno una forma autunnale più 0 meno diversa dalla primaverile. Hi grande rilievo sono, a proposito dell'influenza della temperatura (esercitata sulla larva) sulla colorazione di certe farfalle adulte, le osservazioni del Fischer, riferite in più scritti (1894- 1903) sopracitato e le sue conclusioni in proposito (1898-99). Le sue indagini sono cadute su diverse Vanesse, ed anche su Papilio machaon, Charaxee jaaim, Apatura ilia, Arctia caia. Egli conclude che, a partire dalla forma normale, le variazioni concorrono, sia che si discenda nella temperatura, sia che si vada verso ((nella più elevata. Ecco una tabella molto dimostra- tiva in proposito, relativa a sette specie paleartiche, cioè di climi temperati. Ghiaccio Freddo Forma Caldo Più caldo Caldissimo (— 20° a 0°) (01 a 10") normale ( 3;,« a i 37') ( itti" a t- 41») ( ■ 42» a 4 46") 1 ichnuaoides polari* uiticae ìcknuaa polari» iohnuaoidea II' antigone fischeri io — fiackvri antigone III tealndo dix.eyi polychtoros erythromelas dixeyi testudo IV hygiaea ttrtemi» alititi /iti epione artemis kygiaea V elymi wittkotti carditi — tristliitili elymi VI klymene merrifieldi atalanta — titt rrijì tltì i telimene VII weimnti ititi porima prona — porima ini sin unni Come si vede la var. polari* della V. urticae si ottiene sia che la temperatura ambiente, in cui le larve sono allevate, si mantenga da 0" a 10°, quanto se rimane da HO0 a 4 1". due condi- zioni non ordinarie secondo il dima e la stagione in cui normalmente vivono le larve della V, urtieae ; lo slesso dicasi per la var. iaehnuaoidea, che si ottiene tanto con - 21° a 0", che con + l_" a Ili". Giustamente l'autore conclude che le varietà anzidette rappresentano l'effetto di condiz ' meno favorevoli al li sviluppo della specie e [fono feconda fa ££2D Uovo par tenogen. O Femmine generanti % Larve e ninfe mm*n .'■ ■ ■■<■ alate m — ^ Forme attere ■*w^~ fiaschi" ET Fig. 463. — Schemi dei principali Cicli evolutivi degli insetti. N.B. Le mosse sono sempre prese da A (uovo fecondato), al quale si perviene col compimento del ciclo. A, uovo fecondato ; a, uova non feooudate ; B, sessuati alati (6, femmina; e, maschio); C femmina alata partenogenetica (d, telitoca, o virgiuopara; e, anfitoca o sessupara ; ambedue sedentarie; /, telitoca mi- grante; g, telitoca emigrata; h, antìtoca reduce); D, femmina attera partenogenetica (i, fondatrice; l, stazionaria; m, migrante; n, emigrata; nit emigrata successiva); E, sessuati atteri (o, femmina; p, maschio); q, larva: r, ninfa di alati. I, Ciclo normale, costituito solo da (A), B, b, e (monofilico, dimorfo ; es. Limanthria dispar); II, Ciclo omeofilico, ciclojtartenogcnelico ; solo (a); C (monofilico, mouomorfo ; Prospaltella berlesei); III, Ciclo polifilico a maschio eutetico; composto di (A, a); Bc -f- Cd, e + Di, l -f- Eo (trililico, tetra- morfo ; Siphonophora rosae); IV, Ciclo polifilico a maschio atelico ; risulta di (A, a); Cd, e -f- Di, l -)- Eo, p (trililico, tetramorfo, semplice: Lachnns juniperi), V, Ciclo disitico ; costituito «la (A, a); Ch -j- Di, l, m, n, «j 4" E°i V (tetratilìoo, pentamorfo ; Phylloxera vastatrix su viti americane); VI, Ciclo eteroico annoiale; comprende (Aa) + Cd, e, f, g, h -j- ^'t '. "> "ì + ^°i P (trifilico, tetramorfo, doppio; Phylloxera quercus); VII, Ciclo eteroico, biennale; composto di (Aa) -f- Cf, h -4- Di, l, n, n, -f- Eo, p (tetrafilico, pentamorfo, doppio; Cnaphalodes slrobilobius); VIII, Ciclo incompleto', comprende: (a) + Ch Dn^ + Eo, p (trifilico, tetramorfo ; Phylloxera vastatrix su viti europee): Ciclo dell' Aoan- thochermes quercus, sec. Grassi; composto di (Aa) -4- Di + Eo, p (difilico, trimorfo). Ciclo ipbrnomico. — Un alto grado di protezione dei singoli individui, ac- compagnato ad altre condizioni della loro esistenza, almeno sufficienti e comode secondo le esigenze normali, permettono una maggiore lentezza del ciclo evolu- L'ADULTO K GLI ATTI PEK LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 451 tivo, che può raggiungere perfino i diciassette anni (Cicada septendecim). In tali cicli, così eccessivi, la forma più longeva è appunto quella meglio protetta pas- sivamente, o meglio atta a difendersi per virtù propria. Esempi di così fatti cicli si rilevano negli insetti a larve sotterranee, lignicole od altrimenti bene riparate di fronte alle varie cause nemiche ed ai rigori invernali ; in altri ad adulti con eccellenti mezzi di difesa (organi di locomozione, armi, altri mezzi protettivi, ecc.); in taluni stadi di alcune società, ecc. Esempi: suddetta Cicada d'America: quasi tutti i Coleotteri a larve sotter- ranee e lignicole; Lepidotteri a larve lignicole; molti Pseudoneurotteri e Neu- rotteri a larve acquaiuole. ecc. La partenogenesi è rarissima e solo accidentale (tieopartenogenesi, pag. 357) e non collo scopo di aumentare la fecondità della specie. La neotenia non esiste. Fra gli insetti sociali cito l'esempio dell'Ape così esuberantemente feconda, che può essere rappresentata per la massima parte da individui sterili. Per questa specie la partenogenesi (normale occasionale, cairopartenogenesi, pag. 359) non ha certo per iscopo l'aumento della prolificità, poiché si tratta di arrenotochia. Lo ginoneia non è rappresentata, se non in qualche caso, per le forme sterili. In questo caso, dunque, tale atelia riproduttiva e somatica non ha rapporti coll'au- mento della fecondità della specie. Cicli catanomici. — Nei cicli catanomici può esser rappresentata la gino- neia ed aucora la partenogenesi normale ciclica [cìclopartenogenesi), la quale è sempre telitoca, perchè, in questi casi appunto, essa concorre efficacemente all'au- mento della facoltà moltiplicativa della specie. La produzione di maschi rapida e più facile, non gioverebbe certo allo scopo. Si vede intanto che i cicli catanomici sono di due maniere, a seconda cioè che vi ha parte la polifilia o meno. In questo ultimo caso si hanno generazioni multiple, ma conformi e successive ; nel caso di polifilia si hanno generazioni multiple, difformi (caste), che possono essere anche sincrone. Cidi catanomici omcofilici. — In presenza di ambienti, o condizioni non così fa- cili per l'esistenza della specie che questa possa permanere nel ciclo normale, perchè ciò importerebbe un numero di individui non sufficiente a mantenere in vita la specie stessa, appunto in causa delle maggiori difficoltà sopravvenute, la difesa che la specie oppone, prima d'ogni altra (cioè della neotenia, parteno- genesi, polifilia, ecc.), è quella di aumentare il numero delle generazioni nella annata stessa, abbreviando i cicli delle esistenze individuali. Tutto il resto ri- mane nella condizione del ciclo normale. Abbiamo così maschi e femmine alati, in due o più stagioni dell'anno e corrispondente numero di uova fecondate, larve e ninfe nelle convenienti epoche. Gli ipocicli omeofilici sono però di più mauiere e, cioè, a seconda che inter- viene (largamente) la telitochia o meno. In questo ultimo caso ambedue i sessi sono rappresentati con pari frequenza, sebbene possa accadere che la femmina tenda (permettendolo le condizioni ambienti), al megetismo od all'atelia. Nel caso, invece, di largo intervento della telitochia i maschi sono rari ed appaiono ad in- tervalli più o meno remoti, appunto come nei casi di partenogenesi ciclica irre- golare sopra indicati. Il progresso, nel senso catanomico, di questi cicli è adunque dal bisessuale a sessi eutelici. a quello con femmina atelica; ad altro con maschi rari e dominato dalla partenogenesi ciclica irregolare. Ipociclo omeofllico bisessuale. — Quali esempi di questa maniera di cicli catanomici possono essere citati, con tutti gli insetti a più generazioni, ma non eterogouici, le Mosche, per le quali si sono già indicate a pag. 287 le conseguenze della iperadresia, che, comhinata colle ardue in- cessiti della ricerca di ambienti opportuni per deporre la figliolanza, importa la necessità di una 452 CAPITOLO QUINTO assoluta eutelia, con abolizione quindi di ogni condizione neoteuica, e tutto il compenso, che permette la conservazione della specie, si trova appunto nell'aumento numerico delle generazioni, che sono ordinariamente anche più di due. L'individuo è sacrificato, con questo accorciamento del suo ciclo di esistenza, a vantaggio della conservazione della specie. La ginoneia, sebbene non mol^o frequente, non è però esclusa e la partenogenesi, quando esiste, è soltanto telitoca. Ipociclo omeofllico ciclopartenogenico. — Oltre alla moltiplicità delle generazioni bisessuali, se- condo la maniera suddetta, soccorre alla maggior prolificità della specie, l'abolizione, almeno temporanea, dei maschi, ed è questo un altro espediente efficace allo scopo. Qui, dunque, la par- tenogenesi telitoca rappresenta la coudizione indispensabile, secondo quella cairopartenogeuesi irregolare, di cui si è fatto cenno a pag. 366. Questo mezzo, quando è in atto, raddoppia il numero di individui, che, se le generazioni sono molte, raggiunge cifre altissime e queste specie così toccano un grado di fecondità fra i più alti che sieno in natura. La ginoneia è abbastanza frequente, semprechè, ben inteso, le condizioni per la conserva- zione della specie e dell'individuo la permettano (per questo ciclo vedi fig. schem. 463, II). L'esempio della Peospaltella citato a pag. 267 mostra che da una sola madre in marzo, si possono avere, traverso cinque generazioni, almeno una trentina di milioni di altre madri in autunno. Cicli caI'ANOMici polifilici. — Per questi la ginoneia e la cieloparteno- genesi telitoca, essendo sempre rappresentate, possono essere ammesse come ne- cessarie. Sono però comuni anche la androneia e la partenogenesi anfitoca. Questi cicli appartengono ai Fitoftiri dei gruppi Andini, Fillosserini e Chermesini, né sono esemplificati, almeno così complicatamente, in altri gruppi di insetti. Si hanno tutte le gradazioni da una condizione di cose mediocremente complicata rispetto al ciclo normale, lino ad altra, in cui la polifllia e la eteroichia rendono il ciclo riproduttivo enormemente complesso e vario. L'aumento del grado di po- lifllia e della parte che vi hanno la ginoneia e la partenogenesi telitoca è de- terminato da quello delle difficoltà, che sono opposte alla esistenza della specie, in rapporto all'opera riproduttiva e diffusiva. Perciò, nella distribuzione seguente delle diverse maniere di cicli catanomici polifilici, mentre si procede dai meno discosti dal ciclo normale verso i più complessi e variati, rispetto alla detta norma, si intende anche che tale via è parallela a quella dell'aumento delle sud- dette condizioni avverse alla specie. (Per questi cicli vedi la fig. schematica 463, da III a IX). Ipociclo pollinico a maschi eutelici. — La neotenia interviene in principio solo prendendo di mira le femmine, alcune delle quali restano attere, alla condizione larvale. Insieme ha qui larga parte la partenogenesi telitoca. La polifllia si manifesta nel solo sesso femminile. Si hanno così tre maniere di femmine, corrispondenti a tre generazioni od a tre serie di generazioni e cioè : una prima femmina (fondatrice), che nasce dall'uovo d'inverno; essa è attera e telitoca. Sorge una seconda femmina, che è alata (generalmente destinata alla diffusione della specie). Questa dà origine ad un'altra generazione di maschi e femmine sessuati, nella quale però la femmina è attera, mentre il maschio è alato. In questa maniera di cicli, adunque, non esistono maschi atteri . Le femmine attere della prima generazione (Fondatrici) sono telitocbe (virginopare, come sono dette da altri autori) e danno origine, geueralmeute, ad altre femmine conformi, egual- mente telitocbe. Uopo una serie varia di generazioni di cosiffatte attere virginopare, vivipare, appaiono, procreate da queste, sempre per partenogenesi, le femmine alate (fra le quali occorre spesso un polimorfismo individuale relativo alle dimensioni delle ali, esistendo infatti forme bra- chittere e inacrottere). Queste femmine alate delle prime generazioni sono esse pure telitocbe, ma, inoltrando la buona stagione, all'approssimarsi dell'autunno od in questo, le ultime genera- zioni di femmine alate, pur non variando morfologicamente dalle prime, differiscono pel modo di riproduzione, perchè esso è per anfitocbia, cioè dalle loro uova nascono i due sessi, oppure qualche individuo di queste ultime alate è mascoliparo e qualche altro è femminiparo. Queste alate sono dette anche sessupare. l.'AI>t'I.TO E GLI -MIT PER LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIK 453 Questa ò la maniera
  • iriitro (fig. 469). Del ginandromorfismo si è esposta la ragione in antecedenza. Per quanto tali rasi possano rientrare fra quelli di eteromisia Sopracitati, non deve però intervenire confusione. Nella eteromisia omosessuale, ambedue le metà del corpo appartengono allo stesso sesso e perciò questo fenomeno, può essere, come è di fatto, normalissimo per taluno specie; nel caso di ginandromorfismo, invece, la eteromisia è bisessuale, ed, in questo caso, essa e del tutto accidentale e fuori della norma- lità, perche l'ermafroditismo è un fenomeno che non appartiene agli Insetti. Sn questi fenomeni è inutile insistere perchè non hanno che uno scarso interesse generale. Forme mostruose si trovano negli Insetti come in tutti i gruppi di organismi. Si è fatto A BkBLESR, Gli inietti. II. — 59. Fig. 469. — Esempio di ginan- dromortismo (agamandromor- fismo) in una formica (For- mica sanguinea). La metà si- nistra (nera) è di maschio, la metà destra (rossa) è di operaia. A, testa vista di faccia; a, grand, natur. Da Tisohbein. 466 CAPITOLO QUINTO solo oenno speciale dei casi di Giuandromornsmo perchè il fenomeno si raccorda eon altre questioni importanti, secondo si è veduto. Aberrazioni. Sono caratterizzate dalla apparsa irregolare e saltuaria di individui aventi caratteri speciali, anormali, ma costanti. L'origine patologica di simili variazioni è, spesso, più o meno evidente, ma, talora, non lo è affatto; in ogni caso, però, la ereditarietà dei caratteri aberranti è nulla o scarsa. Fig. 470. — Ali di destra, vedute dal dorso di forme normali e forme aberranti (ottenute artitìcial- mente, ma con corrispondenti in natura) di quattro Vanesse comuni, uostrali. (Per l'illustrazione di queste forme vedi quanto è detto a pag. 442). A, Vanessa urticae L.., normale; B, aberrazione ichnusoides De Selys ; C, Vanessa anthiopa L. nor- male: I), aberr. hygiaea Hdrch; E, Vanessa cardai L. normale; F, aberr. elymi Rbr.; G, Va- nessa atalanta L. normale; H, aberr. klymene Fschr. Grandezza naturale. Da Fischer. Si comprende che questa categoria di variazioni tende ad incorrere in quella della mostruo- sità, a seconda del grado dell'influsso patologico e della misura della ereditarietà. In senso opposto, questa categoria tende ad incorrere nella seguente, quando cioè non si possa attribuire a condizione veramente patologica L'apparsa dei caratteri individuali particolari e si possa riconoscere, invece, la loro trasmissibilità per eredità. I casi di albinismo, melanisroo, di altri particolari caratteri individuali, che si ripetono esattamente, rientrano in questa categoria, come vi stanno i casi di individui di un sesso, in una specie a sessi dimortìci, tendenti all'omeo- morfismo, poiché non possono ascriversi alla precedente, per la loro costanza e periodicità, ma neppure alla categoria delle genìe, per la non ereditabilità. La loro causa, poi, non è patologica, nel senso vero della parola, ma sempre una coudizione anormale rispetto a quelle ottime, deter- minanti la forma tipica. l'adulto k gli atti pkk la conservazione della specie 467 Ad esempio le forme piccole per scarsa nutrizione larvale; i maschi omeomorfi della specie sessualmente dimorfiohe; certe variazioni costanti nella coloritura di grandissimo numero di insetti rappresentano altrettanti casi da inscriversi fra le aberrazioni. Qui ancora possono essere citate quelle speciali forme aberranti, che, ad es. per molti Le- pidotteri, si sono già ricordate come ottenute artificialmente, mercè meno favorevoli condizioni ili vita larvale e che trovano riscontro con forme simili esistenti in natura, come varietà locali od aberrazioni accidentali (lig. 470). Nei casi di variazioni individuali, che vengono generalmente considerati per aberrazioni, bisognerà dunque distinguere: 1.° Casi di individui con caratteri posterici. Essi dipendono da condizioni eccezionalmente favorevoli durante lo sviluppo della specie, ma non possono ritenersi per vere e proprie aberra- zioni, anche se rare, perchè rappresentano, invece, il tipo della specie, secondo quanto si è detto a pro- posito del dimorfismo sessuale. 2.° Aberrazioni vere, cioè quelle mostrate da individui con caratteri atavici. Per questi, in generale, si pun riconoscere l'effetto deprimente di non ottime condizioni ambienti, durante lo sviluppo dell'individuo. Infatti, esse possono ottenersi per artiticio, appunto creando condizioni non favorevoli nella evoluzione del- l'individuo. Inoltre, è una prova della atavicità il fatto che talune aberrazioni sono comuni a piti specie affini, come la condizione omeomorfica a tutti i ma- schi delle specie sessualmente dimorrìche. In talune specie di Lepidotteri, alcune aberrazioni, rappresentanti un disegno delle ali probabilmente ance- strale, souo comuni a più specie in uno Btesso geuere. Così ad es., mentre la maggior parte delle specie di Liceue mostrano macchie rotondeggianti, nere, alla pa- gina inferiore delle ali, si possono trovare aberrazioni di specie diverse, mostranti invece delle strie nere radianti (forme radiate). Vedasi l'esempio a fig. 471 e s1 noti che la aberrazione indicata in A è, ripeto, comune a più specie del genere. Così pure, per le ilelitaca, la aberrazione in- dicata a fig. 471, Dt rappresenta una condizione, che potrebbe essere ancestrale rispetto al tipo più evoluto C, ed essa pure è comune a più specie del geuere. 3.1 Altre aberrazioni (vere), che non possono richiamarsi alle due serie precedenti (ad es.: micrismo, melanismo, albinismo), ma con queste hanno gli stessi caratteri di saltuarietà, di scarsa o nulla trasmissibilità per eredità, ecc. Fig. 471. — Aberrazioni in Lepidot- teri diurni. A, Lycaena esoheri Dup. femmina. Forma radiata] B, forma normale della stessa lo- calità. Ali superiori ed inferiori, faccia ventrale ; C, D, Melitaea didyma Ochs. Ali vedute dal dorso. C, forma armoricana var. boulei Obthr. maschio; D, aberrazione lonllschleaeli Obthr . maschio. Gran- dezza natur. Da Oberthùr. Genìe. Con tal voce si indichi il complesso di individui, pertinenti ad una data specie, diversificanti però morfologicamente dalla specie tipo, per caratteri propri, trasmissibili per eredità e che scompaiono (o ricorrono) solo dopo un numero vario di generazioni, tutto ciò pur convivendo le genìe in condizioni eguali di tempo, luogo e colle medesime abitudini della specie tipo. Adotto la voce Genìa, che corrisponde a quella di Famiglia (gena dei latini) appunto perchè si può dire che si tratta di caratteri di famiglia, che si mantengono per un certo tempo, trasmettendosi per eredità, non ostante i ripetuti incroci con individui della specie tipica, i quali possono dare, tutto al più, delle forme intermedie. Una causa estrinseca, che possa essere richiamata all'ambiente, non è 468 CAPITOLO QUINTO palese, quando la famiglia, così specializzata, viva nelle stesse condizioni ed in seno alla specie tipica. Per esempio (fig. 472), la Cicindela trisignata Dej. mostra una varietà molto caratteristica, la var. anb»utwralU Souv., che sembra ristretta, in Francia, ad una assai limitata località nei dintorni di Areachou, dove fu segnalata nel 1845 da Fairmaire. Ma dal 1880 non era più stata raccolta nella suddetta località, ove era stata primamente osservata. Nel 1912, però, fu nuovamente trovata nel bacino di Arcachon e Giraud afferma che questa cicindela si trova fra Andernos e Tanssat, dopo le ultime ville di Andernos. Poco discosto da questa piccola zona la detta forma non si trova più. Altri esempi riferisco, comunicatimi cortesemente dal dotto lepidotterologo R. Verity. Nei dintorni di Firenze e precisamente nella valle del Mugnone, ed in una ristretta località (nei pressi della polveriera) si trova abbastanza frequente (da 1 a 2 individui maschi aberranti su 1000 normali ed una fem- mina aberrante su 2000 normali) una aber- razione della Melanargia galathea, in cui gli ocelli mancano completamente sul rovescio delle ali e si trovano forme intermedie cogli ocelli ridotti per numero e dimensione. La forma estrema è stata chiamata galene dall'Odi - senheimer. Altrove, in tutte le zone occupate dalla forma normale, quella aberrante sud- detta è considerata, invece, per introvabile, o poco meno, tanto raramente essa si in- contra. Nella stessa località abbonda, relativa- mente, la aberrazione fiorentina Verity della Lycaena arragonensis, che altrove ò rarissima. In altri casi, l'influenza dell'ambiente e di speciali condizioni di esistenza, in con- fronto della specie tipica, possono essere supposte od ammesse; ma allora non si tratta più di una vera e propria genìa collegata da un nesso di parentela, bensì di un numero maggiore o minore di individui, varianti secondo una vera e propria aberrazione, che, come s'è detto, ha sempre una origine estrin- seca. Come si vede, i passaggi dall'una all'altra di queste categorie di variazioni esistono sempre. Fig. 472. — Variazioni della Cicindela trisignata Dej. 1, forma tipica; 3, C. trisignata subsutu- ralis Souv.; 3, 4, forme di passaggio fra l'ima e l'altra. Ingrandite di un terzo. Da Clermont. Razze. Per razza si intenda il complesso di individui diversi morfologicamente da quelli della specie tipo, per caratteri propri conservati (anche per eredità) dalla diversa maniera di condizioni ambienti (patria, regime, ecc.). Si intende che, qualora fossero tolte via le differenze delle cause ambienti, che determinano la varietà, questa tenderebbe a ritornare alla specie tipica. Il vocabolo Razza abbraccia, adunque, per me, le Varietà, Sottospecie, ecc., in genere, degli Autori e quindi anche le Varietà locali e biologiche, le quali sono gli esempi più ovvii e vistosi di queste variazioni. Intanto, ognuno comprende che il riconoscimento della tipicità di una specie non può essere dato che dalla conoscenza esatta della sua patria di origine (per confronto colle razze locali) o L'ADULTO K GLI AI1I PER LA CONSKRVAZIONK DELLA SPECIE 469 del suo modo
  • inique, sebbene più bello e grosso nell'Alta Italia, dove i prati sono così verdi anche durante l'estate. È costume diffuso nei paesi, sopratutto dell'Italia settentrionale, di tenere il maschio adulto in cattività entro gabbiette appositamente costrutte, per sentirne il canto, che talora è continuo durante la notte. A Firenze poi il Grillo ha una festa ed uua mattinata tutta per sé, ed è il giorno dell'A- scensione, che è detto appunto il giorno del Grillo. Il popolo concorre alle Casciue in folla, fin dalle primissime ore del mattino e festeggia così, anche con refezioni campestri, sui prati, la nuova bella stagione, di cui il nerissimo cantore è il nunzio. La tradizione vorrebbe che le coppie di fidanzati non vi man- cassero ed il damo ha l'obbligo di trovare e catturare l'insetto per offrirlo alla dama, che si premunisce di una gabbietta per la circostanza. Per verità l'operazione si semplifica eoll'aoqnistare l'in- settuccio da un nuvolo di venditori, che in quel giorno commer- ciano Grilli e gabbiette nei viali del bellissimo passeggio; e la sera tutta la città, specialmente nei sobborghi, risuona dei trilli del piccolo ortottero, che è custodito e nutrito con gran cura dai suoi carcerieri e vive e canta fino a buona parte di luglio. Durante le belle nottate di estate e d'autunno si sente, nelle campagne, una lunga nota musicale; è il Grillo d'Italia (Oecanthws prllucens, fig. 475), il cui maschio produce il suono ben noto. « Il Grillo d'Italia — scrive il Fabre — non ha l'abito nero e le forme complesse, caratteristiche del gruppo. È, al contrario, un in- setto «Tacile, debole, tutto pallido, pressoché bianco, come con- viene ad abitudini notturne. Si teme di schiacciarlo solo a pren- derlo fra le dita. « Su arbusti d'ogni specie, sulle alte erbe esso mena vita aerea e raramente discende a terra. Il suo canto, grazioso concerto delle serate calme e calde, da luglio ad ottobre, comincia al cadere del sole e si continua per la maggior parte della notte. <■ La canzone è un Gri-i-i, Gri i-i lento e dolce, reso più espressivo da un leggero tremolìo. Udendolo si indovina la estrema finezza e l'ampiezza delle membrane vibranti. Se nulla turba l'insetto, stabilitosi sul basso fogliame, il suono non varia; ma al minimo rumore, il cantore si fa ventriloquo, cioè abbassa il tono e l'intensità, l'ei suoni spiegati le elitre sono sollevate al massimo grado; per quelli smorzati sono più o meno abbassate. Fig. 475. — Oecanlhus pel- luce»» Seop. maschio (quello più in alto), che . canta dinanzi alla sua femmina. Grandezza na- turale. 480 CAPITOLO QUINTO « Io non conosco — soggiunge l'elegante illustratore dei costumi degli Insetti — canto di insetto più grazioso, più limpido, nella calma profonda delle serate di agosto ». Stridono anche le Grillotalpe. Il Grifrini me ne scrive in proposito, avvertendo di aver udito Grillotalpe in cattività emettere di notte « un trillo piuttosto grave e malinconico, assai sensi- bile ». In questi Iusetti, del resto, l'organo stridulante, che risiede come in altri Grillidi nelle elitre, appartiene ad ambedue i sessi, quantunque nei maschi esso sia più perfezionato. Moltiss'mi Locustidi possiedono organi musicali, si può anzi dire che essi raramente fanno difetto, se non mancano totalmente le elitre (Epìiippigera, ecc.). Gli organi stessi spettauo al maschio; si conoscono però esempi in cui essi sono rappresen- tati, più o meno rudimentalmente, anche nelle femmine. In tutto questo gruppo è l'elitra sinistra quella che copre la destra. Quanto al resto, l'appa- recchio può essere ricondotto, anche per la sua maniera di funzionare, oltreché per la struttura, a quello già veduto dei Grillidi, ma è meno rumoroso ed il suono è meno piacevole, anzi, talora troppo stridente; in talune specie molto acuto e di breve durata, sempre ad intervalli. In taluni casi non solo mancano le ali, ma le elitre sono ridotte ad un brevissimo mon- cone, quel tanto che basta per contenere l'organo stri- dulante. Tali elitre così accorciate figurano sul dorso, dietro il protorace ades.: nelle Ephippigera (tìg. 395 J). Anche i Thamnotrisou (fig. 476), sono forniti di con- simili rudimentali elitre. In altre specie, ad es. dei generi Locusta, Decticus, Phniieroptera, Couocephalus, ecc., fra i nostrali, le elitre sono allungate, ben sviluppate, giacché anche le ali sono grandi ed atte al volo. Nei Grillidi e Locustidi, adunque, si pos- sono osservare tutti gli stati di sviluppo del- l'organo sonoro, destinato a facilitare l'incontro dei due sessi, in vario grado di evoluzione. Risulta evidente il fatto che questi organi cedono alla involuzione, che pervade Pappa- rato locomotorio (per quanto spetta al volo, molto più tardivamente dell'appa- rato stesso. Infatti, dapprima scompaiono le ali, e nei Grillidi si hanno vari gradi di involuzione, di poi le elitre si accorciano, ma l'organo sonoro permane invariato, finalmente scompare del tutto l'elitra ed insieme l'apparato di richiamo. Evidentemente la facilità di incontro fra i due sessi, pel quale effetto sono sufficienti gli altri organi locomotori, cioè le zampe ; la deficienza di istinto mi- gratorio a grandissime distanze, permettono agli Insetti di questi gruppi tale in- voluzione del sistema aereomotore, anche nel maschio. Ecco un caso che dimostra bene l'alta importanza di mezzi di richiamo e di segnalazione a scopo sessuale, nella funzione riproduttiva, importanza, che può superare, salvo sufficienti compensi, persino quella delle ali. AU'infuori di questi Grillidi e Locustidi. in tutti gli altri gruppi di Ortot- teri, negli organi stridulanti per sfregamento, manca la membrana che vibra, nonché la cassa risonante, per cui essi sono molto meno sonori di quelli sopradescritti e non danno se non un vero e proprio stridìo. Fig. 476. — Thamnotrizon qhabrieri Fisch., maschio in grandezza natur. Da Tar- gioni. Negli Acrididi. nei soli maschi, l'archetto è disposto su una costola interna delle coscio delle zampe del 3.° paio ed è la solita lineare serie di rilievi tuber'coliformi o spinette (vedi Voi. I, pag. 701. fig, N67). Da cantino funge una costola dell'elitra, nella sua faccia laterale. Lo stridìo, breve e ad intervalli, avviene per lo .sfregamento rapido della coscia stessa sulla detta costola dell'elitra, con un movimento di flessione e distensione del femore. Che tale atto e suono sierio in rapporto strettissimo coll'eccitazioue sessuale si riconosce L'ADULTO V. GLI ATTI PER LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 4SI dal fatto della grande attività musicale, a cui bì abbandonano alle femmine. Anzi, perfino allorché queste com- piono la loro ultima opera in favore «lolla riproduzione, che è quella della deposizione delle uova, i maschi vicini se ne interessano grandemente eta- luno (od anche due) non mancano mai di salire sul dorso della femmina, ricercan- done l'accoppiamento, seliliene essa non possa certo corrispondere a tale invito, impegnata come è col suo addome profon- damente entro terra (tig. 477). I maschi strillono, si agitano tutti eccitati e molto spesso accade che a simile scena od a quella soltanto della ovoposizione, as- sista un vero congresso di maschi, che tutti compenetrati ed interessati per questo lavoro sessuale, fanno circolo at- torno alla femmina e si abbandonano ad un vivacissimo concerto delle loro note più sentite (tig. 478.) maschi, quanto più si accostano Fig. 477. — Femmina di Dociostaurus maroocanue Thumb., che depoue le uova nel terreno, mentre il maschio resta tuttavia sul suo dorso dopo l'accoppiamento. Grandezza uat. Da Kiiuckel d'Herculais. Wfmor.M Fig. 478. — Acriclidi maschi, che assistono stridulando alla deposizione di uova da parte di una femmina (specie della Nuova Zelanda). Metà della grandezza nat. Da Froggatt. Apparati di stridulazione in altri Insetti. — Così fatti organi, collo- cati nelle più svariate regioni del corpo, si osservano in tutti i gruppi di In- A. Berlksk. — Oli Inselli. II. — 61. 482 CAPITOLO QUINTO setti ed io rimando per tutto ciò il lettore a quanto si è esposto al voi. I, da pag. 700 a pag. 700. Ho portato colà esempi di organi stridulanti nei Libellulidi, in molti Emit- teri Eterotteri terrestri ed acquaioli, nei quali si trovano sull'addome, sulla gola od altrove, in Imenotteri Formicidi, Mutillidi, Sfegidi ed altri ancora; in grandis- simo numero di Coleotteri ed in molti Lepidotteri, Neurotteri, ecc. Non è però sempre la facoltà stridulante riservata ad un solo sesso; essa, ta- lora, è posseduta anche da ambedue od anche da forine neutre o da larve, talché non sempre essa può essere ritenuta in rapporto coll'opera riproduttiva. Perciò mi astengo dal dirne qui troppo partitamente. Conviene invece trattare più diffusamente dell'organo stridulante delle Ci- cale, il quale spetta al solo maschio, ed il suo eiìetto dipende da un tutt'altro modo di produrre il suono, che non sia quello tìu qui notato, di superflci scabre confricantisi. Il fenomeno è così ovvio ed imponente, che merita bene una speciale menzione. (Per la minuta struttura dell'organo sonoro della Cicala vedi voi. I, pag. 700-709). Il « canto » delle Cicale. — Il Fabre (del cui giudizio conviene tener molto conto, per la lunga pratica degli Insetti e per averne bene spesso compreso lo spirito), a proposito del « canto » delle Cicale esprime alcune idee intorno al significato ed allo scopo di questi rumori, che molti Insetti possono produrre. Egli dubita molto, dei loro rapporti colla funzione sessuale, per tutti i casi. Ecco le sue testuali paiole: « Conviene premiere l'interminabile cantilena per un richiamo appassionato f Io esito. Nell'assemblea, i due sessi sono l'uno presso all'altro e non si chiama per dei mesi chi vi sta accosto. Io non veggo mai, del resto, accorrere una femmina a mezzo dell'orchestra più rumorosa. «Come preludio alle nozze la vista è sufficiente, perchè è ottima: il pretendente non ha a che fare di una eterna dichiarazione; la pretesa è sua prossima vioiua». La femmina — egli dice — non mostra mai alcuna commozione pel canto del maschio. Inoltre il Fabre osserva che la Cicala sembra insensibile ai rumori anche più alti ; egli potè notare che non era stato interrotto il cauto di parecchi maschi, su una pianta, nemmeuo da mortai sparati alla base dell'albero e, considerato anche il modo di fare d'altri auimali, con- clude : « Consultate l'immensa maggioranza, che l'avvicinamento dei sassi lascia silenziosa. Io non veggo nel violino della Cavalletta, nella cornamusa della Raganella, nei cimbali della Cicala che dei mezzi propri per testimoniare la gioia di vivere, l'universale gioia che ciascuna specie ani- male celebra a modo suo...., come noi ci freghiamo le mani iu un momeuto di soddisfazione ». Per mio conto io credo che, nei paragoni fra esseri viventi, come l'anatomia comparata perde terreno col discostarsi della relativa posizione degli esseri nella scala della organicità, cosi, a molto maggior ragione, convenga procedere molto cautamente, anzi ancor più, nella comparazione di manifestazioni psichiche, sopratutto tra noi ed un mondo così diverso come è quello degli Insetti. Ad ogni modo, non è col nostro sfregarsi le mani che dovrebbe essere paragonato il « canto » degli Insetti, ma colla canzone, che si svolge prorompente come inno del vigore sessuale. È una reazione, dipendente dal complesso riproduttivo, non da quello vegetativo. Non la gioia di vi- vere, ma è : Amor che all'uom mimico farsi insegna. Probabilmente ogni espressione musicale non è altro che l'alta affermazione, in faccia a tutto il mondo, della maturanza genitale. Comunque sia, per ciò che riguarda l'apparato vacale della Cicala, il Faure molto giusta- mente, ne paragona il meccauismo fondamentale a quello di un giocattolo, altra volta in voga, in cui una laininetta d'acciaio, nasata da una parte su una scatola metallica, pressata col pollice e l'adulto e gli atti pki: la cosskkvazionk della specie ls:i poi abbandonata a se, col riprendere la primitiva posizione, determina, nello scatto, un ru- more secco, caratteristico. N'elle Cicale appunto una membranella secca e convessa è stirata pel suo centro e spianata da un muscolo e poi subito lasciata a sé. Cosi la successione rapidissima di questi scatti determina il noto stridore, elle è poi rin- forzato da una cassa risonante, coperta o protetta da una lunga squama quasi semicircolare, che si vede nei maschi (tig. 479, a) dietro le zampe di-I :!." paio. Questa è la membrana del timpano. Sollevando la squama dura e biancastra suddetta (fig. 480), appa- risce una grande cavità limitata sopra {Mia) e sotto ISp) da una parete membranosa. Questa membranella inferiore è esilissima, traspa- rente e brillante come uno speoohio. Nessuna di queste membrane ha influenza nel suono, perchè questo si produce anche se vengono perfo- rate o comunque dilacerate. Lateralmente alla cavità maggiore or detta se ne trova altra molto più piccola (C() e sta fra la prima ed il margine esterno dell'arco dorsale addominale. Questa è la cavità del timpano. La faccia interna di questa minore è fatta da una membrana convessa, secca (.1/), irro- bustita da liste chitinose dure ed è questa la membrana che, vibrando per contrazione di un muscolo apposito, produce il caratteristico suono. Basta bucare con uno spillo, nel centro, la membrana del timpano perchè la Cicala maschio diventi un essere muto. Allorché la Cicala abbassa l'opercolo sulla camera sonora, allora la voce è bassa, sorda; invece, a camera più o meno aperta, il suono è robusto ed alto. La specie nostrale più canora e la cui voce non è troppo sgrade- vole è la ricada plebeia (fig. 479), la più voluminosa. Altre specie nostrali, come la C. orni, la C. haematodes, ecc., che sono più piccole, hanno voce meno robusta e più stridula. Ma, le facoltà vocali, quanto ad intensità, di tutte le specie nostre sono ben poca cosa, a petto di talune forme esotiche. Il Beccari, nella sua lunga permanenza a Borneo, molto spesso ebbe a scam- biare con un raglio d'asino, perfettamente imitato per timbro e forza, lo stridio di una grossa Cicala del luogo. Fig. 4?!t. — Il maschio della comune Cicala [Cicada plebeia) visto dal ventre, per mo- strare, in a, gli oper- coli dell'apparato stri- dulante. Grand, nat. Fig. 4*0. — Organo stridulante della Ci- cala (Cicada plebeia), velluto togliendo gli opercoli (segnati in a nella tig. precedente). Per le lettere vedi testo. Ingrandito. Da Berlese. Luminosità. — La facoltà di emettere luce noti appartiene certo esclusivamente agli In- setti, essa è abbastanza comune fra gli ani- mali, più fra gli invertebrati che tra i verte- brati ed ancora a parecchi vegetali dei più bassi. Per quanto riguarda gli Insetti è da no- tarsi il fatto che non soltanto forme adulte sono luminose, il che può essere messo in relazione colla funzione sessuale, ma, talora, anche le larve ili qualche specie laminosa, ad es. fra i Coleotteri, godono della singolare proprietà. In tali casi è impossibile richiamare tale facoltà ad un rapporto colla ripro- duzione e perciò il fenomeno riesce difficilmente esplicabile. Sembrerebbe, infatti, che se gli adulti, per comodità del convegno fra i due sessi, possono essere soc- corsi dalla facoltà di brillare nelle tenebre, invece, le larve, che hanno tutta la convenienza a rimaner celate quanto più è possibile, non dovrebbero avere alcun 48-1 CAPITOLO QUINTO vantaggio a richiamare su di sé l'attenzione di altri animali, tra cui contano certo nemici in buon dato. Può però sempre esser creduto che la luminosità delle larve serva ad intimidire i predatori notturni, anziché a richiamarli. E nou solo le larve, ma persino le uova di talune specie, financo dentro l'ovario, sono luminose. Le ragioni del fatto, per quanto riguarda le forme giovanili, io lascio argo- mentare ad altri, che abbia maggiori dati sui costumi di questi Insetti. Per ora basti credere che, nelle forme adulte, la luminosità è certo un potente mezzo di segnalazione di un sesso verso l'altro. Ricordo che, aveuilo raccolta una femmina di Lampyris noctiluca e messala sul palmo della mano, mentre mi trattenevo ad osservarla, giunse da lungi, volando rapidamente, un mascliio, che, subito, sulla mia mauo stessa, compiè le sue nozze. Può essere che l'attrazione dipendesse da altro che dalla luce, ma è difficile argomentare diversamente quando si vede così luminosa la femmina da segnalare la sua presenza a grande distanza, o non si può non ammettere che il maschio non profitti di tale vantaggio. Ma il ma- schio, la cui femmina è attera e pigra, come è la Lampyris appunto, a che brilla nelle tenebre? (1). Pel ritrovamento della femmiua la sua lanterna è abbastanza inutile. Anche qui adunque una incognita, a meno che non si tratti di una speciale ornamentazione, che rappresenti un gradino ancor più alto della lucentezza metallica. Per le specie, in cui ambedue i sessi volano e brillano, come è per la comune Lucciola (Lu~ dola italica) si può ammettere il reciproco richiamo ; non è però la stessa cosa per le altre specie, che souo in coudizioni analoghe a quelle delle Lampyris sopraricordate. Noi qui tratteremo della luminosità attiva, diremo così, dipendente cioè da tessuti e sostanze, che fanno parte dell'organismo dell'Insetto, non di quella ac- cidentale ed estranea alla sua organizzazione, che dipende da sostanze fosfore- scenti, fortuitamente sparse sul suo corpo. Gli Insetti, certamente luminosi per proprietà intrinseca, sono fra i Coleot- teri di taluue famiglie e, punto alquanto controverso, anche fra taluni Einitteri Omotteri. Nei Coleotteri è stata riconosciuta bene anche la sostanza fosforescente e la maniera di produzione della luce. Sembra si tratti della ossidazione di idrogeno fosforato, che si svolge da processi di decomposizione di albuminoidi di rifiuto, raccolti in granuli, in circo- scritte regioni del corpo. 11 principio è il seguente. Speciali elementi cellulari, appositamente differenziati dal tessuto adiposo e confinati in determinate regioni del corpo, stanno più internamente di strati su- perficiali trasparenti. I primi, i fotogeni, quando sì illuminino, possono così rilucere attraverso alla trasparenza dei superficiali e del tegumento. Ora, il tessuto adiposo fotogeno suddetto, contiene ammassata uelle sue cellule, in grande quantità, raccolta iu granuli, sostanza escretiva derivata da alterazioni di albuminoidi e sog- getta ad ulteriore decomposizione, per la quale si viene a svolgere dell'idrogeno fosforato. Questo gaz, che, come ognuno sa, è fosforescente iu presenza di ossigeno, può infatti essere bruciato su- posto dall'aria contenuta negli estremi numerosissimi ramuscoli tracheali, che souo abbondante- mente intramezzati alla massa di granuli suddetta. La immissione dell'aria nelle trachee è vo- lontaria e così, per conseguenza, lo è la luminosità. I fenomeni di scomposizione della materia escretiva anzidetta dipendono dalle fuuzioui vi- tali e, cessando queste, cessa pure lo svolgiineuto del gaz fosforescente. Per ottenere il feno- meno, adunque, è necessaria la vitalità degli elementi, in cui si compie il processo chimico, altrimenti anche il concorso dell'ossigeno è inutile. La bibliografia su tale argomento è estesissima e si può trovarne una buona parte nel la- voro del Gadeau de Kerville, 1887. Per ciò che si richiama all'intima struttura degli organi luminosi, rimando il lettore a quanto ne ho detto nel voi. I, pagg. 709-720. (1) Non tutti però i maschi, auche delle specie a femmine molto luminose, possono emettere luce propria. l'adulto k gli atti I"k.r la conseiivazionk iiki.i.a spilli: is:, I Coleotteri luminosi spettano alle famiglie degli Elateridi e Malacodermi ed alcuni assumono anche proporzioni ragguardevoli. Nella seconda delle due dette famiglie stanno le specie luminose nostrali, che appartengono ai generi Lampyris, Lamporiza, Phosphaenus, Luciola. Fig. 481. — Luciola ita- lica, maschio velluto dal ventre e che mostra gli anelli luminosi (bianchi), Iugr. di 4 dram. Nelle Lampyris, ili cui si contano parecchie specie europee, i ma- schi sono alati e le femmine vermiformi, pochissimo dissimili dalla larva, il ben noto renne luminoso, che si trova in estate, lungo le siepi 0 tra i sassi. La specie più comune (cosmopolita) è la L. nociiluca (Mg. 2b9) e poco differisce dalle altre. La femmina (anche tìg 415, A), molto più fosforescente del maschio, emotte la luce da tre ultimi segmenti addominali. Anche le larve dei due sessi brillano, ma in grado minore delle femmine. Nelle Lampo rhi za, che somigliano molto alle Lampyris, l'apparato luminoso consiste in due macchie sui due ultimi anelli addominali. Il maschio non brilla, ma solo la femmina e la larva. I Phosphaenus sono diversamente conformati. Il maschio (tìg. 415, B) manca d'ali e le elitre sono ridotte a metà ; la femmina è larve- forme. Ambedue i sessi sono luminosi. Nel genere Luciola la specie comune in Italia è la L. italica (tìg. 481) beu nota. Ambedue i sessi volano ed emettono luce dai due (o tre) ultimi segmenti addominali. Nella famiglia poi si trovano molti generi esotici, alcuni non fosforescenti ; altri, nei quali solo le femmine godono della facoltà luminosa. In generale l'apparato fosforescente è situato all'e- stremità dell'addome. Le dimensioni delle specie di questa famiglia sono, ordinariamente, me- diocri o piccole. Ma nella famiglia degli Elateridi, oltre a grandissimo numero di generi, che non hanno per nulla organi luminosi, se ne contano alcuni altri, però tutti esotici, di grandi di- mensioni e celebrati assai pel loro alto potere illuminante, così che possono, talune specie, essere impiegate persino quali fonti luminose in mancanza di meglio. Vanno sopratutto ricordati i generi Pyrophoritt (tìg. 482) e Photo- phorus. Questi ultimi sono dell'Oceania. La specie maggiore e più nota del genere Pyrophoritt è il P. nocti- litcttt Limi. — diffuso in tuta l'America meridionale. È lungo 37 niill.; le altre specie (P. strabitt del Messico; P. candelarius Germar, del Brasile; P. pyrotis Germar, di Buenos Aires; P. laternariat Dej, di Cajenna) sono di dimensioni minori. Gli organi luminosi sono in numero di tre (dorsali), cui di due collocati agli angoli inferiori del protorace (sono indicati da zone ovali bian- castre, vedi tìg. 482) il terzo è alla base del metatorace ; quest'ultimo non dà luce se non durante il volo dell'insetto; in riposo è nascosto dalle elitre. Tali organi producono una luce assai intensa. Nell'America meridionale questi insetti sono conosciuti sotto il nome di Citcuyos e le creole se ne servono come oggetto di toeletta, per ornarsene le vesti od i capelli. Gli insetti souo con- tenuti viventi entro piccoli sacchetti di velo e disposti sulle vesti. « Cosi adornate — dice il Gadeau de Kerville sopracitato — le graziose messicane vanno al ballo coi loro topazi viventi, che luccicano o si spengono a volontà dell'insetto. Finita la serata esse fanno prendere un baguo ai citcuyos, per rinfrescarli e li mettono in piccole gabbiette di giunco. Essi sono doppiamente utili : la sera sostituiscono le pietre preziose ed ornano le belle di quelle contrade; la notte essi servono come lampadine e spargono su di esse una tenue luce durante il loro sonno ». Fig. 482. — Un Piroforo ( Pyrophoritt noctiluciis L.) del Brasile; adul- to, dal dorso, in gran- dezza naturale. INli CAPITOLO QUINTO Alle Antille i negri utilizzano i Pirofori luminosi per rischiarare le loro case e li tengono in piccole gabbiette di filo di ferro finissimo, sospesi al soffitto. La luce, che diffondono questi coleotteri, è sufficiente per leggere in una oscurità profonda, facendo scorrere l'insetto sulle linee. Per prendere tali insetti i negri ricorrono a carboni incandescenti, disposti in cima ad un bastone, che fanno oscillare in aria; i Pirofori sono richiamati dalla luce e catturati. Essi sono poi nutriti con pezzetti di canna da zucchero. Il viaggiatore, che, per sfuggire il calore diurno, si avventura di notte nelle tenebre delle foreste nell'America meridionale vede illuminato il cammino da innumerevoli Pirofori, che gli volano intorno e scompaiono all'alba. Quanto agli Einitteri-Omotteri, gli Insetti luminosi sarebbero compresi nella famiglia dei Fulgoridi. Somigliano alle Cicale, ma ne differiscono pel prolunga- mento enorme della testa, nella sua regione anteriore. I generi principali sono: Fidt/ora, Hotinus, Pyrops, Phrictus, tutti esotici. La specie più nota è la Fulgora laternaria dell'America tropicale, le cui proprietà lu- minose sono state scoperte al Surinam da Madama Sibilla di Merian, celebre pel suo trattato sulle Metamorfosi degli Insetti del Surinam. (1726). Si tratta di un grande e bellissimo insetto, la cui testa è all'innanzi prolungata in un grosso cilindro vuoto (vedi tav. IV, fig. 7). Le specie degli altri generi sono quasi tutte dell'Asia: ì'Hotinus candelarius della China è fra le specie più note e più belle (fig. 403 altra spec. di Hotinus). La luminosità di questi Insetti, affermata e negata da vari autori egualmente degni di fede è dunque tuttavia in discussione e può essere che essa dipenda da circostanze non ben note e non sempre in atto. Certo però, gli Insetti sicuramente luminosi, senza discussione, sono fra i Coleotteri citati. Molti altri Insetti sono stati ricordati come fosforescenti, ma si deve attri- buire ad una accidentalità, del tutto fortuita, questa loro luminosità transitoria, probabilmente al contatto con sostanze in decomposizione, di quelle che, come è noto, sono suscettibili di simile fenomeno. Questi sono i mezzi a noi evidenti, coi quali si conosce i sessi palesarsi l'uno all'altro e richiamarsi, per convenire all'atto fondamentale della riprodu- zione; a quell'atto, per cui il maschio porta nelle vie genitali della femmina i suoi prodotti sessuali, incamminandoli al loro destino, cioè all'incontro con quelli che, dal canto suo, prepara la femmina e che sono propri del suo sesso. Preliminari dell'accoppiamento. Mercè gli espedienti sopradescritti o con altri sinora sfuggiti alla nostra osservazione, l'uno e l'altro sesso sono di fronte. In molti casi l'accoppiamento avviene senza più, ma in altri, all'atto finale del maschio antecedono pratiche, talora non brevi né semplici ; e tutto ciò, cogli organi del caso, spetta a funzioni certo in rapporto con quella essenziale ripro- duttiva, ma vi rappresentano un grado d'importanza anche minore che non quella della ricerca e del richiamo dei due sessi l'uno verso l'altro. Tuttavia gli atti preliminari dell'accoppiamento non sono certo da trascu- rarsi, sopratutto per chi voglia darsi ragione di particolari disposizioni organiche proprie ai due sessi o speciali ad uno soltanto e che perciò concorrono a creare quello stato dimorfico, di cui si è indagata la causa. Intanto, quando l'accoppiamento non segue immediatamente al convegno dei due sessi, ma intercede, come ho detto, un'azione preparatoria, essa si esplica l'adulto E (ÌLI atti per la conservazione della specie 487 diversamente per ciascun sesso e per conseguenza difformi sono gli organi e gli altri mezzi, cbe il maschio impiega in confronto della femmina sua. La parte, che questa rappresenta, ad eccitazione del maschio è più material- mente sessuale, è una vera provocazione, colla esposizione dei propri pregi tìsici in rapporto immediato colla funzione riproduttiva. Il maschio, invece, svolge la sua opera di seduzione, rimanendo spesso in un campo meno materiale ed influisce sulla femmina per vie, che sembrano spesso molto al di fuori della sessualità bruta. Un maschio, che vanta innanzi agli occhi della femmina ammirata i pregi della sua bella veste variopinta o che si abbandona ad esercizi musicali, a cui la femmina presta attento orecchio e se ne compiace, o che le danza intorno, o l'inebbria di delicati profumi, si comporta certo diversamente dalla femmina, che se non rimane passiva, certo compie sul maschio una maniera di eccitazione con organi e mezzi più strettamente in rapporto col sistema sessuale primario e ciò sia detto non per gli Iusetti esclusivamente. I mezzi di seduzione, ai quali il maschio fa ricorso, si richiamano, in generale, a prerogative del sesso, di cui esso mostra compiacersi grandemente, una buona fonte di vanità adunque e di intimo suo diletto, come sono gli splendori della sua veste, le sue attitudini musicali, coreografiche, ecc., che esso mette in rilievo per se, ma più che mai in presenza della femmina, per richiamarne l'attenzione o per dilettarla ed indurla a concedere i suoi favori. Si comprende che l'effetto, diremo così, su Fun sesso, di tutti questi mezzi praticati dall'altro, è tanto maggiore quanto più rilevante è, in tal campo, la differenza sessuale. È, aduuque, un vero e proprio corteggiamento che il maschio mette in atto in presenza di una femmina ritrosa e che non si abbandona senza qualche pre- liminare, che le torni gradito e la ecciti all'amplesso. Sono ricordati dagli autori parecchi esempi di una vera e propria corte, che i maschi fanno alle rispettive femmine, mettendo in rilievo i propri pregi indi- viduali e sessuali, per indurle ad arrendersi ai loro desideri. I maschi musici fauno risonare i loro strumenti con maggiore euergia che mai e cou mo- dulazioni speciali in presenza della femmina. Gli iusetti, belli per colori ed ornamenti vari, non si stancano di esporre innanzi alla femmina la magnificenza e lo splendore del loro abito e se questo brilla e risplende di ridessi metallici, dorati, argentati, madreperlacei, ne mettono bene in vista tutto lo splendore, movendo il corpo e le ali a tutte le possibili incidenze di luce; girando e rigirando e perfino danzando attorno alla femmina, per allegrarla, ed allcttarla, certi di procurarle quel godimento, del quale essi stessi si sentono pervasi, quando, per solo proprio diletto, si abbandonano ai medesimi atti. Talora la conquista della femmina è preceduta da un inseguimento non breve, auche nelle vie dell'aria, come si vede accadere comunemeute di molte specie di Farfalle diurne (tig. 483) e la femmina si presta benissimo alla sua parte del gioco. Un altro argomento di seduzione (giacché non può essere di richiamo, dal) momento che appartiene al maschio, cioè al sesso attivo nella ricerca a distanza si è quello dei profumi, a cui si è già qualche volta accennato. Profumi. — I maschi di parecchie specie di Farfalle, sia diurne che not- turne, hanno ghiandole disposte sulle ali, sulle zampe o nei palpi, dalle quali possono emettere odori speciali, alcuni anche sensibilissimi a noi e molto grati. Tali organi sono ascritti a quelli di seduzione, perchè si ritengono destinati a rendere più accetti i maschi alle rispettive femmine, e sono usati all'atto del 488 CAPITOLO QUINTO Nella pagina superiore, od auche nella inferiore di ambedue le ali dei maschi di parecchie specie di Farfalle si trovano aree coperte da speciali squame (plumule), nelle quali aree passa la secrezione odorosa e svapora. Talora le plumule sono disseminate fra le comuni squame. Nei Eopaloceri le plumule e le aiee odorose (an- droconii) sono più frequentemente sulla pagina superiore delle ali; invece, negli Eteroceri, si trovano più spesso alla inferiore. Sono stati rinvenuti siffatti organi in famiglie diverse e cioè Esperidi, Satiridi, Castliuidi, Ercinidi, Papilionidi, Ninfalidi, Pieridi, Zerenidi, Om- matoforidi, Ornitotteri, Licenidi, fra i Ropa- loceri e nelle famiglie Nottuidi, Callidulidi, Litosidi, Ofiusidi, Ennomidi, Larentiidi fra gli Eterotteri (vedi voi. I, p. 533). Sulle ali di qualche Dittero (ad es. My - stacides panciata) si sono riscontrate plumule miste ai peli ordinari e si suppongono esistere anche in molti Tricotteri. Comuni sono anche ghiandole analoghe, le quali stanno nell'ultimo articolo dei palpi labiali di quasi tutte le Farfalle (che sono scavati a cucchiaio), ma appartengono ai due sessi. Consimili organi si rinvengono nei palpi mascellari, allungatissimi e scavati a cuc- chiaio, nei maschi di Lepidotteri del genere Serieostoma e tramandano un grato odore di vainiglia. Nelle zampe dei maschi di parecchie specie di Farfalle, diurne e notturne, si trovauo organi odoranti. Essi sono circondati di squame, mobili a volontà dell'insetto, disposte in ciuffi, che si aprono per lasciar passare il profumo. Negli Hepialus, la tibia del terzo paio di zampe è par- ticolarmente foggiata ed allargata e coperta di squame, che si erigono sotto la pressione del liquido odoroso, (\n spintovi a forza e che di là evapora (vedi voi. I, p. 535). Ad assedio più stretto, il maschio mette in pratica, talora, maniere di contatto, che si possono definire per vere e proprie carezze, che esso fa alla femmina per mezzo delle antenne, più spesso che colle zampe, e si può oi ungere persino ad un vero e proprio bacio. Questa espressione dell' amore, che può sembrare pressoché esclusivamente umana, la vediamo tuttodì messa in pratica dalle cornimi mosche domestiche. Per questo insetto, il maschio, conforme si dirà, ha bisogno di un concorso attivo da parte della fem- mina, per poter erlettuare l'accoppiamento. Perciò il maschio stesso si precipita a volo sulla femmina, che posa o cammina ed afferra- tala con tutte le zampe, le applica, colla sua proboscide, un vero e proprio bacio sul capo e di poi, prestamente accostando l'apice estremo del proprio addome a quello della femmina, esplora l'effetto di questa sua richiesta d'amore. Il più spesso la femmina si mostra restìa alla lusinga ed il maschio se ne vola via deluso. Tutto ciò si svolge in meno di un secondo (fig. 484). Fig. 483. — Il corteggiamento di una Farfalla diurna, comune (tìonepieryx rhamni, E.). Il maschio insegue la femmina a volo, anche a notevole altezza. Metà della grandezza nat. Fig. 481. — Il bacio, che il maschio della Mosca domestica dà alla femmina per invitarla all'amplesso. Ingran- dito. BERLESE - Voi. II. Tav. V. DIMORFISMO SESSUALE E DI STAGIONE NELLE FARFALLE i. Papilio dardanus Brown (Africa); i. maschio; 2. femmina omeomorfa (P. heimsi Suff., dell'Africa occidente i Hypolimnas misippus L. ilndia, Africa. Austral. ecc ), maschio; 4- sua femmina. — 5. Euchloe damone Boisd. Luropa merid.), maschio; 6. sua femmina — 7. Zephyrus betulae L. (Europa), maschio; 8. sua femmina. — 9. Araschnia levana L. Europ.-i, Asia); 10. A. le vana prorsa L. Tutte in grandezza naturale. A,Ser/f,\tr dzs. ec&p. MILANO - 900IETA EDITRICE LIBRARI* 1 | l'adulto e gli atti pei; la conservazione della specie 489 Ma, il più spesso, ìa insistenza del maschio si traduce in una vera e pro- pria violenza, colla quale esso costringe, più che allettare, la femmina alle nozze. Così il Beauiegard descrive le manovre del maschio della Cantaride, che salito sul dorso della femmina e abbracciatala tenacemente colle zampe posteriori e colle medie, ne stira le an- tenne e ne contorce il capo, mercè le zampe anteriori e ne confrica la nuca colle sue mandibole, mentre la vittima se ne sta nella posizione remissiva, che assume in presenza di un pericolo. Le Libellule poi usano anche più efficaci mezzi coercitivi, come si dirà più innanzi (fig. 488, A), Dopo gli atti di corteggiamento, per quelle specie e per quei casi in cui esso si effettua, o direttamente per tutte le altre condizioni in cui tali prelimi- nari non intervengono, succede un più stretto contatto fra i due sessi e cioè gli atti della precopula e finalmente del vero accoppiamento. Precopula ed organi relativi. L'atto dell'accoppiamento vero, che si inizia col contatto intimo degli organi genitali esterni dei due sessi o dello spermatoforo del maschio con quelli femminei, è molto spesso preceduto da una serie di atti speciali, che si effettuano a mezzo di organi appositi. Si tratta, in complesso, di mezzi destinati a stringere fortemente l'amplesso fra i due sessi, in guisa da assicurare la buona riuscita dell'accoppia- mento, così che non possa essere interrotto per vo- lontà d'uno degli individui che lo praticano. Generalmente è la femmina, che deve essere trattenuta dal maschio ed il più spesso meccanismi appositi armano gli organi sessuali esterni a ciò che, avvenuto l'intimo contatto, non facilmente esso possa essere interrotto, se non per volontà del .'maschio, che. se non turbato, solo a funzione sessuale com piuta da sua parte, lascia libera la femmina. Altre volte però si trovano organi altrove col- locati ed hanno il medesimo ufficio, come pure se ne possono notare altri con Ufficio di costringere la femmina ad accettare l'amplesso. Molti maschi possiedono nelle zampe speciali meccanismi per lo scopo indicato, altri li possiedono altrove situati. I tarsi delle zampe anteriori di molti Coleotteri maschi, ad es. dei Garabidi, sono dilatati e provveduti di cuscinetti di peli adesivi speciali (figg. 4S6, 487), ma l'esempio che più apparisce è presentato dai Ditiscidi. Nei Dytiseua i tre primi articoli dei tarsi anteriori (figg. 416 B; 485), nel maschio sono allargati e costituiscono una specie di paletta, rivestita sul lato plantare di peli rigidi 'e che, sull'orlo della stessa faccia, è armata di due specie di ventose (fig. 485, B), mediante le quali il maschio si attacca tenacemente alle elitre striate della femmina. È segnalato anche il caso analogo in Imenotteri, ad es. nel nostrale Crabro eribrarius, nel quale le tibie anteriori sono dilatate in una lunga piastra, su cui sono innumerevoli fossette dal fondo ridotto a sottile membrana. Fig- 485. — A, Tarso anteriore (in- grandito;, del maschio di D>/- tiscus, visto dalla faccia infe- riore, per mostrare la struttura del disco adesivo. B, un pelo- ventosa del detto disco ingran- dito circa 60 diam. Da Miall. A. Bkrlese, Oli Institi, II. 490 CAPITOLO QUINTO Fig. 486. — Gruppo di peli-ven- tosa tolti dal tarso (faccia in- feriore) del 1 .0 paio del maschio di un Garabide (Nebria arenaria Fabr.), molto ingrandito. Da Canterano. Fig. 487. — Altro gruppo di peli -ventosa tolti da altro maschio di Garabide (Preistonychus dalmatinit8,~Dea.), molto ingranditi. Da Canterano. In molti altri Insetti le tibie, specialmente anteriori, sono, nel maschio, ar- mate di spine e speroni, che mancano nella femmina e che dovrebbero avere ufficio nella precopula. Una disposizione del tutto speciale e che si riferisce ad una molto singolare maniera di precopula è quella, che si nota nei Libellulidi. Il maschio, mer- cè i cerei che ter- minano il suo ad- dome posteriore, af- ferra al collo la femmina (fig. 488, A ), stringendola come in una tenaglia e traendola cosi dietro a se, anche a volo, Unisce per costrin- gerla all' accoppia- mento (B) , secondo la maniera, che si de- scriverà tra breve. Queste coppie di Libellule volanti lungo i fossati sono a tutti ben note. Ripeto però che la più comune maniera usata da parte del maschio per impedire alla lem- mina di abbandonare fuor di tempo l'accoppiamento è pre- cisamente nell' armatura di uncini, spine e processi cin- tinosi diversi, dipendenti dagli ultimi articoli addominali modificati specialmente allo scopo, e che contornano il vero organo copulatore. Un' ampia descrizione, molto esemplificata e con molte ligure, di tali apparati nei diversi ordini di Insetti è data nel voi. I, da pag. 310 a pag. 337 ed a quanto colà è detto rimando il lettore. Per concludere, gli organi destinati allo stretto contatto fra i due sessi, immediata- mente prima dell'accop- piamento e durante tale funzione, e che non sieno intimamente in rap- porto co n quelli geni- tali primari, sono abba- stanza comuni fra gli insetti ed appartengono esclusivamente al maschio. Di qui una serie di caratteri sessuali, i quali non subiscono riduzione per neotenia, ciò che dimostra la loro importanza nell'opera riproduttiva. Fig. 488. — Accoppiamento di Libellulide (Agrion). A, Preliminari: il maschio ha afferrato la femmina e la trascina con sé; B, la femmina consente all'amplesso. Grand, nat. Da Koesel. L'ADI LT0 E GLI ATTI PER I.A CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 491 Accoppiamento. Tale atto si compie, negli Insetti, in modi grandemente variati, poiché non solo in taluni casi l'accoppiamento ha per iscopo di introdurre nelle vie genitali femminee mi corpo conte nente gli spermatozoi (sper- matoforo), di dove poi gli spermatozoi stessi usciranno per proprio conto e pene- treranno così nella vagina (mentre, nella maggioranza dei casi il passaggio degli spermatozoi dal maschio alla femmina è diretto), ma an- cora Fatto varia notevol- mente per modalità secon- darie. Infatti, esso può acca - dere, di regola, in uno stato di quiete da parte dei due individui, in altri casi in- vece esso avviene soltanto nel volo. Così la durata, la posizione dei due individui, ecc.. variano assai nei di- versi gruppi od anche per le singole specie. Spermatofori (fig. 400). — Il caso suaccennato, della introduzione cioè, da parte del maschio, nelle vie geni- tali femminili di un corpic- ciattolo contenente una certa massa di liquido fecondante, ha non pochi esempi fra Fi ' jr. 489.— Spermatofori diversi molto ingranditi. A, I, di Dec- " licita verruoivorus, aperto per mostrare lo sperma all'interno; li, di Grilliti campestri* (da Siebold e Lespèsi ; B, Sezione longitudin. dello spermatoforo di un Grillide (Arachnocephalus vestitila. C'osta); d, cavità contenente gli spermatozoi; h, sna parete interna; b, parete esterna; e, peduncolo traversato dal canaletto C, Sezione longitud. dello spermatoforo di Oecaiitli iis prillicene. Scop. CGrillide). D. Spermatoforo com- pleto di un Locnstide (Xiphi&ium fuscum, Fabr.) visto di faccia dal disopra; S, serbatoio (principale); sp, sue cavità in cui è contenuto lo sperma; Ss, serbatoi accessori; Sx, Sperma- tophi/lax; f, foro da cui esce lo sperma. B, C, D, da Bol- direw. E, spermatoforo di Lepidottero (Augiades comma, L.). Da Petersen. gli insetti, ma i più ovvi e vistosi si notano fra gli Ortotteri, sopratutto delle famiglie dei Grillidi e dei Locnstidi. In questa ultima famiglia specialmente è facile scorgere, all'estremo ventre delle femmine, che hanno subito 1' accoppiamento, una voluminosa massa (figg. 494, 495) rotondeggiante o lobata, bian- castra, molle, la quale fa parte appunto dello sper- matoforo abbandonato dal maschio, e ne è, invero, un involucro protettore. Nei Grilli ed in altri gruppi, lo spermatoforo non è così vistoso, perchè non arricchito del volu- minoso involucro protettore suddetto, ma è pur sempre molto bene visibile, sporgente come una pic- cola pallottolina rotonda (ad es. nel Grillo campestre come un grano di miglio) nell'estremo ventre della femmina, sotto la base del- l'ovopositore (fig. 490 Sp.). Fig. 19C. — Estremo addome ve- duto di lato di femmina di Gril- lotalpa, mostrante in Sp. lo sper- matoforo in sito. Ingrand. due volte. Da Boldirew. 492 CAPITOLO QUINTO Della struttura di questi spermatofori si è già accennato nel voi. I, a pagi 925, 926, ma converrà dirne ora anche di più. Ridotto al suo più semplice tipo, lo spermatoforo (fig. 489, A, I) può essere rappresentato da una sferetta cava, munita di un peduncolo pervio, come una piccolissima ampolla. Nell'in- terno sta il liquido spermatico. Ma tale semplice tipo, che forse è il primitivo, non si incontra più spesso in natura, ma lo si vede complicato con altre disposizioni e strutture accessorie, come da una suddivisione dell'unica cavità in due, da uno speciale allungamento e complica- zione del tubulo di scarico (fig. 489, A, II; C), e sopratutto per la presenza di un denso strato molle, protettore, che riveste l'ampolletta chitinosa sopradescritta e la protegge, per cui, dal Boldirew che ha fatto un recente molto accurato studio degli spermatofori nei Grillidi e Locustidi, è detto Sperma top hylax (figg. 489, D, Sx, 495, Spt) e non si incontra che nei Locustidi. L'atto copulativo si riduce ad una manovra, mediante la quale il maschio emette lo spermatoforo, eli e è ormai pronto, e riesce ad introdurlo nella vagina della fem- mina. L'atto si complica pel fatto che lo sper- matoforo, che nell'e- stremo canale defe- rente del maschio se ne sta col peduncolo rivolto all'interno e la parte sferica dell'am- polla all'esterno, deve essere rigirato, per poter essere collocato nella primitiva posi- zione entro le vie ses- suali femminili. Fig. 491. — Accoppiamento della Grillotalpa comune. Il maschio è sotto la faiumina. Grand, nat. Da Boldirew. Nel Grillo campestre e così pure in quasi tutte le specie della famiglia, il maschio, m pre- senza della femmina, che è accorsa al suo « canto », smorza il tuono del suo trillo ed emette suoni più dolci e deboli. I due individui si toccano ed accarezzano vicendevolmente colle an- tenne. Il maschio, pur continuando a cantare, si rigira e procura di insinuarsi sotto la fem- mina, la quale, intanto, si solleva un poco sulle zampe. L'addome del maschio scivola sotto il ventre della femmina e si solleva coll'estremo apice, mentre, divaricandosi i pezzi della sua ar- matura geuitale, ne sorte lo spermatoforo col suo lungo peduncolo. Al momento in cui lo sper- matoforo stesso, ormai libero, oscilla e sta per cadere, il maschio alza prestamente il suo addome e fa penetrare il peduncolo dello spermatoforo stesso nella vagina della femmina. I due indi- vidui rimangono per qualche tempo nella suddetta posizione, mentre il maschio sfrega il suo addome al ventre della femmina, poi l'abbandona e l'atto è compiuto. Presso a poco in questo modo si comporta anche la comune Grillotalpa (fig. 491), colle altre specie della famiglia. Così fanno, oltre ai Grillidi, anche gli Stenopelmatidi e Harbitistini. Ma quando il pedun- colo dello spermatoforo è robusto o l'ampolla stessa deve penetrare profondamente nella vagina, allora la coppia si dispone in posizione diversa da quella indicata pei Grillidi (pei quali (il maschio è sotto la femmina e le due teste sono nella stessa direzioue), e cioè il maschio, trattenendosi, col mezzo dei suoi cerei, alla base dell'ovopositore della femmina, si curva sotto a questa, in modo che i loro corpi si scartano ad angolo di 70-150° ed il maschio può trovarsi giacente sul dorso (fig. 493) sotto l'ovopositore della femmina, alla quale si trattiene coi tarsi del 1.° e 2.0 paio (Saga, lig. 492) o colle mascelle (Meconema) o non si trattiene all'atto. l'adulto e gli atti per la conservazione della specie 493 Gli spermatofori sono prodotti più volte durante la vita del maschio e spesso con notevole rapidità. Pel Oryllus campestris, togliendo con una pinzetta 1 o spermatoforo appena formato, ho veduto un ma- schio farne tre in un solo giorno. Certo è che l'accoppia- mento si ripete più volte pel maschio e per la fem- mina. Perchè questa possa subire ulteriori accoppia- menti è necessaria la rimo- zione dello spermatoforo prima infisso nelle sue vie genitali, altrimenti sarebbe impedita anche la deposi- zione delle uova. Lo sper- matoforo è fissato molto solidamente nella femmina (figg. -194, 495), e perciò questa, dopo un certo tempo, nel quale tutto lo spenna è fuoriuscito dallo sperma- toforo ed è penetrato nel- 1' ovidutto, deve distrug- gerlo col mezzo delle man- dibole (flg. 496). Fig. 492. — Accoppiamento della Saga ephippigera Fabr. (Il maschio è in basso). Ridotti di un terzo. Da Boldirew. J -:>_. , Talora, tale distruzione è molto sollecita (cosi nell' Arachnocephalui accade dopojquattro se- coudi ad un minuto e mezzo) ed in tale caso una considerevole parte dello sperma va perduto ; Fig. 493. — Accoppiamento di Dedicai. Grand, nat. Da Boldirew. ma in altri casi, più comuni, il maschio non può separarsi dalla sua femmina se non dopo un tempo piuttosto lungo (da un'ora a due pei Dolichopoda), e così la presenza del maschio stesao impedisce la distruzione dello spermatoforo. 494 CAPITOLO QUINTO Oppure, come accade negli Oecaiithus, qualche minuto dopo la copula, il maschio, mercè una particolare secrezione di una ghiandola speciale, che trovasi sul suo metanoto, attira la fem- mina e ne distrae la sua attenzione, impedendo cosi la distruzione prematura dello spenna- to foro. Il mezzo più comune, però, è la presenza dello spermatophylax, cioè della enorme massa mu- cosa circondante l'ampolla, di guisa che occorre molto tempo alla femmina per distruggerla e Fig. 494. Fig, 494. — Dectious albijrons, Fabr. Femmina che portalo spermatoforo (Sp.), in sito, dopo l'accop- piamento. Grand, nat. Fig 495 — Estremo addome di una femmina di Locustide (hophia acuminata. Burnì.) con sperma- toforo in sito, sp, capsula dello spermatoforo; Splt Spermatophylux. Ingrandito. Da Boldirew. raggiungere cosi il vero spermatoforo. Questo è il mezzo impiegato dalla maggioranza dei Lo- custidi per lasciare il tempo allo sperma di affluire nelle vie genitali femminili. Infl e (Gryllotalpa, Saga, Liogryllus in parte ; Conocephalus) la femmina non divora lo sper- matoforo che molto tempo dopo la copula o, come av- viene nei Gryllus ed in altri Liogryllus, non lo divora af- fatto ed esso cade da sé, quando ormai vuoto e secco. Anche in altri gruppi di Insetti la fecondazione si fa a mezzo di spermatofori. Cosi, ad es. nei Dptisous (figg. 497, 498) una piccola massa di sperma, scendendo di qua e di là, pei deferenti, nel ca- nale eiaculatore, si appallot- tola (fig. 498, Sp.) e nell'e- strema parte del dotto unico si riveste di uno speciale involucro resistente, così che ne riesce un corpo sferoidale con una codetta ed è, a sua volta, immerso in una massa di sostanza fluida (ma- stice) (fig. 498, a, b), che ha uno speciale scopo, come si dirà più avanti. Anche per le Farfalle si è rilevata la presenza di spermatofori, i quali possono essere anche in numero di più d'uno, essi pure, in forma di ampolline, con peduncolo più o meno lungo, sono introdotti e talora stipati nella borsa copulatrice delle femmine (fig. 499) (pegli organi genitali interni della femmina di Lepidotteri, vedi voi. I, p. 890 e fig. 1189). Gli spermatofori, traverso l'orifizio di accoppiamento della femmina, per un canale proprio (E), penetrano nella borsa co- Fig. 496. — Femmina di Deotìus in atto di divorarsi lo spermato foro. Grand., nat. Da Boldirew. L'ADULTO E GLI ATTI PER LA CONSKIiV AZIONE DELLA SPECIE 495 pulatrice (r, tìgg. suddette) dove permangono, lasciando defluire lo sperma ad ogni passaggio di un uovo. L'umor fecondante fuoriesce dalla borsa copulatrioe e si reca nell'ovidotto, sul per- corso delle uova, traverso un sottile canaletto (condotto seminale, indicato con J/ nella ligure suddette). Fatti analoghi si riscontrano nei Pao- cìdi, ecc. Fig. 497. Fig. 498, Fig. 497. — Estremo addome di maschio di Dyiiseua marginalia, veduto di lato e coll'orgauo copula- tole estroflesso, mentre sta per sortire uno spermatoforo (confronta per gli organi, colla tìg. 380, p. 320 del voi. I). 8t-10l, ottavo a de- cimo tergiti; 7a-9a, settimo a nono steriliti ; p, organo copulatore; pr, peri fallo; a, b, so- stanza fluida che accompagna lo spermatoforo. Ingrandito. Da Blunck. Fi} , 498. — Spermatoforo di Dytiacus marginalia. A, veduto di lato; B, sua sezione longitudi- nale; «, b, sostanza fluida che accompagna lo spermatoforo ap e che poi si coagula attorno agli organi genitali femminili. Ingrandito circa 5 diam. Da Blunck. Varie maniere di accoppiamento. — Sia nel caso di fecondazione indiretta, cioè a mezzo di spermatofori, della quale si sono citati gli esempi più vi- stosi, sia in lineila diretta, cioè per immissione di spermatozoi liberi nelle vie genitali femminili, l'atto dell'ac- coppiamento, negli Insetti, varia no- tevolmente, non solo per tutte le pra- tiche di corteggiamento e precopula, che lo precedono, non solo per l'am- biente in cui accade (aereo, terrestre, subacqueo, ecc.), per la durata, per la posizione dei due individui l'uno ri- spetto all'altro, ma può l'atto della fecondazione, essere ripetuto più volte da parte del maschio o della femmina durante la loro vita sessuale, come può essere, ed è anzi più spesso, compiuto una sola volta; come varia ancora per modalità numerose e di- verse, che si raccordano spesso a speciale conforma- zione di determinati organi, ecc. Qui si esporranno i principali tipi, avvertendo che l'argomento non è molto largamente studiato, anzi, per interi gruppi, non si hanno osservazioni in propo- sito, neppure si sono mai trovati i duo sessi accop- piati, o gli autori non si sono curati di riferirne. Dalle nozze, che si iniziano e si compiono soltanto nell'aria, in pieno volo dei due sessi, a quelle che avvengono in quiete, ma non entro l'acqua, stanno gradazioni molte, rappresentate da quelle specie, per le quali la coppia, alterna, durante l'atto fecondativo, periodi di quiete ad altri di locomozione aerea, cioè a voli. L'esempio classico di nozze totalmente aeree è dato dalle Api ed è ben noto, ma anche le Termiti e le Efemere si accoppiano solo durante il volo, che appunto perciò è detto volo nuziale. Per ahre specie l'accoppiamento, iniziato in uno stato di riposo, da parte dei due sessi, è continuato poi nel volo (alcuni Lepi- dotteri notturni, certi Imenotteri, ecc.). In questo caso è generalmente il maschio, che resta ad ali chiuse e così è portato a volo dalla femmina. Ma nelle Mutille accade la condizione inversa. F'ig. 499. — Borsa copnlatrice con spermatoforo in sito di un Lepi dotterò (Agrolia ae- getum, L.) Sp., spermatoforo col suo collo e. Per le lettere degli organi vedi voi. I, pag. 890, fig. 1189, cioè E, canale copulatore: /, sper- moteca ; .1/, condotto se- minale. Molto iugrand. Da Petersen. 496 C A TITOLO QUINTO Le Formiche, invece, generalmente, iniziano l'amplesso in pieno volo, ma la coppia cade subito a terra e quivi l'atto si continua, pel breve tempo che ri- chiede. La massima parte degli Insetti, però, compiono le loro nozze standosene po- sati sulla terra, sulle foglie o sui tronchi e rami degli alberi, ecc., cioè in piena aria ed in quiete. Ma gli Insetti acquaioli, che stanno sott'acqua anche durante l'età adulta, in questo elemento appunto si accoppiano, pure curando di mantenersi sempre in rapporto coll'aria esterna, secondo la loro maniera di re- spirazione. Quanto alla durata dell'accoppiamento, essa è assai variabile ed entro limiti molto ampi, poiché va da qual- che minuto secondo a più giorni. Ad esempio, mentre nelle Farfalle diurne il coito dura pochi minuti, nell'Ape domestica, nei Pecchioni, ecc., esso ha la durata di un Fig. 500. — Accoppiamento di un Coleottero Lauielli- corue, Melolontino (Lach- nosterna), per mostrare come la femmina, che posa su un fiore, si porta dietro il maschio. Da Sancìers e Fracker. quarto d'ora circa; nelle Farfalle notturne, ad es. nei Bombìj.v, occupa più ore e nel Maggiolino si protrae per due giorni ed anche per tre. Specialmente allorquando il coito richiede un tempo molto lungo, la femmina non interrompe quelle sue altre occupazioni, per cui essa provvede a sé ed è cosi che si vedono, ad es., le Api solitarie accoppiate e la femmina intanto visita i fiori, per farvi le sue provviste. Non diversamente fanno quei Coleotteri Lamellicorni che, come la Melolonta, hanno un amplesso lunghissimo (fig. 500). La posizione di un sesso rispetto all'altro, nell'atto del coito è essa pure diversa e variata non solo per specie anche affluì, ma anche per la stessa specie. Salvo particolari modalità, delle quali si potrà recare qualche esempio, gli In- setti, durante l'accoppiamento, sono disposti secondo tre principali posizioni, cioè stando il maschio sopra la fem- mina, sul cui dorso esso riposa prono e la femmina in- tanto può camminare (flg. 501); oppure rimanendo i due individui ambedue adagiati sul ventre e sullo stesso piano, ma standosene opposti l'uno all'altro ed a contatto colle estremità degli addomi (figg. 505, 507, 50S). Final- mente i due sessi possono trattenersi l'uno contro l'altro, ventre contro ventre ed è così che generalmente il ma- schio si trova supino sotto il ventre della femmina, a questa aggrappato e non è, in tal guisa, impedita la locomozione, alla quale provvede la femmina, cam- minando o volando e portandosi con sé il maschio (fig. 509). Fig. 501. — Accoppiamento di Apion onopordi, Kirhy (Rineoforo). Ingr. circa 8 diam. Da Gadeau de Kerville. Nel primo caso, di sovrapposizione del maschio alla femmina, l'individuo che sta sopra si trattiene alla sua compagna, abbracciandola colle sue zampe, sopratutto con quelle del primo paio, che, se sono abbastanza lunghe, la circondano al ventre (tig. 501), mentre, se sono più corte, esse si aggrappano sui fianchi della femmina, ad esempio nelle Coccinelle, all'orlo delle elitre (fig. 502). Ma spesso accade che l'accoppiamento così iniziato prosegua e si compia in altra posizione, sia perchè ciò è reso necessario dalla conformazione dell'organo copulatore, sia per altro. Cosi il Maggiolino, con molti altri Lamellicorni, dopo iniziato il coito salendo il maschio sulla femmina, si arrovescia progressivamente sul dorso (figg. 500, 503), fino a riescire in posizione BERLESE - Voi. II. Tav. VI. DIMORFISMO SESSUALE E PECILOUINIA NELLE FARFALLE 1-5. Papilio memnon L. peciloginia) ; 1. maschio; 2-5. femmine. 2. I*. agenor L. «ss m ® ;'rT? m j -"-'ir f- R 1 ?/ 1 0m BBàfc*. -^5 * A ,j_3fll m uìj;._ s. *£ j^ Fig. 540. — Uova di Embia major come sono deposte. Il primo è schiuso e l'ultimo mostra il foro, da cui è sor- tito uno speciale Imenottero emlo- fago (Embidobia). Sopra le uova souo disposti filamenti di seta. Ingr. circa 18 diaiu. Da Inims. Fig. 541. — Pseudococcus oitri, femmina mentre sta filando la cera, per fab- bricare il nido su una foglia. Molto ingrandita. Da Berlese. 516 CAPITOLO QUINTO spiti (fig. 543), a proteggere le uova nel modo anzidetto non solo sta, in misura varia, la pol- vere di cera, ma, ancora, lo scudo protettore della madre, cbe sotto vi è morta, e che si trova raggrinzita e disseccata sotto lo scudo, nella sua parte anteriore, mentre il rimanente del vuoto è. occupato dalle uova. Ovisacco. — Una speciale maniera di protezione delle uova appartiene ad altre Cocciniglie. Fig. 542. — Un Coccideo Lecauite (Lecaiiium oleae); I, iu grand, uat., su un rametto di Limone ; II, Sezione longitud. di femmina ingrandita, per mostrare le uova raccolte sotto il corpo C, tra questo ed il sottostante ramo. Da Berlese. :''ir> // Fig. 543. — Un Coccideo Diaspite (Parlatorio Zi- zyphl) femmina. /, vista dal dorso su parte di foglia; //, dal ventre cou tutto lo scudo pro- tettore, a, corpo della femina (e, e, e, scudo). d, velo ventrale dello scudo ; ì>, ammasso di cera in granuli ; tra questo ed il corpo della femmina stanno le uova. Molto ingrandito. Da Berlese. Mentre talune, per ricoprire le uova, formano un involucro di cera, di aspetto cotonoso più o- meno denso (Pseitdococcu», Pulviiiaria) e con ciò si potrebbero ricordare accanto alle Embie ed ai Psocidi già visti, salvo la natura della sostanza protettrice, altre filano cera, formando un vero sacco a pareti molto fitte ed abbastanza resistenti. Questo, ovisacco (o mamupìo come e detto da qualche autore), è, talora, molto vistoso ed elegantemente costrutto, e può essere adagiato r1"'1 Vi " ''■ Fig. 544. — Tre specie di Cocciniglie nostrali, le cui femmine fauno ['ovisacco di cera filata A, Orthezìa insignis Dougl. ; B, Orthezia urticae L. (dal Newstead) ; C, Ieeri/a purchaeei Mask., veduta di lato. La grand, natur. di ciascuna è indicata in a. sull'oggetto su cui la femmina posa immobilmente (foglia, corteccia della pianta) come avviene ad e», per le Icerya (fig. 544 C), oppure, se la fem- mina è più locomobile, esso risulta come una appendice del corpo stesso (Orthezia, eoe.} fig. 544 B) e com la femmina porta con .sé questo tubulo, più o meno lungo, segregato dalle ghiandole sericipare del suo estremo addome, nel quale, come in una scatola a pareti soffici, vengono ad accumu- larsi le uova, mano mano che sono espulse dal corpo e quivi si conservano. In altri casi, come mostrano altri Coccidei (Philippia, Euphilippia) la femmina e le sue uova sono tutte insieme contenuti in un involucro di cera, filato dalla femmina matura, che ripara così, colle uova, anche il corpo della madre. Qui può essere citato anche quel modo di protezione delle uova, che usano certe farfalle se ne è brevissimamente detto già a pag. 217), le quali ne ricoprono i muochietti con peli, ohe si staccano dal loro corpo, a ciò appunto destinati e che se ne vengono mano a mano che le uova sono deposte, si mescolano a queste e finalmente, con uno strato più abbondante, le ricoprono tutte e difendono benissimo, come un soffice feltro, anche dal freddo invernale (fig. 545). L'ADULTO K SU Airi l'KIt LA CONSKKVA7.IONK DICLLA SPKCIK 517 Il Chinaglia ha dimostrato che i peli ilei corpo di tali Farfalle, ad es. dei generi Euprotti*, Limantria, eco. hanno degli speciali uncini, così disposti che l'un pelo si attacca agli altri e cos\ lo trae con sé, di modo che tutta la massa se ne viene, come fa la stoppa dalla rocca, e la farfalla, con opportuni movimenti dell'addome, distri- buisce cosi questa massa di peli, che lo si staccano, molto uniformemente sulle uova che depoDe (lig. 546). Nidi d'uova entro corpi resistenti. — Qui sono neces- sarie alla fem- mina armature genitali, che imi- tano benissimo certi nostri uten- sili, come suc- chielli, seghe, ecc. (vedi voi. I, pagg. 298-30 1), quando il lavoro di incisione di corpi duri non sia effettuato od aiutato da altri organi all'in fuori dei genitali e- sterni. Gli ambienti, che offrono resistenza ad essere compenetrati e nei quali molti Insetti depongono le loro uova, sono: il terreno; tutte le parti viventi o morte dei vegetali e quin- Fig. 545. — Limantria dispai- L., femmina, che sta deponendo le uova su un tronco di Leccio. Grand, nat. Da Berlese. II Fig. 546. — Euprovtis chrysorroea. I, fem- mina in grandezza naturale, mentre abbaudona la peluria dell'estremo addome (da Berlese) ; II, porzione dei peli, che veugono filati, molto in- granditi. Da Chinaglia. di anche legnami, semi secchi, ecc., ed infine sostanze varie, comunque mo- dificate, ma di ori- gine organica. Ovoposizione entro terra. — Come i nostri stru- menti di lavoro del terreno sono più grossolani e meno perfezionati degli utensili per la la- vorazione del legno, così accade che le armature genitali femminili degli In- setti, destinate a perforare il terreno, sono certamente meno delicate e fini di quelle che hanno per iscopo, invece, la compenetrazione o l'incisione di parti diverse dei vegetali, fresche o secche. Fig. 547. Dectieus alliitroiis femmina, mentre depone Io uova uel terreno. Grandezza naturale. 518 capitolo quinto Il più bell'esempio ed ovvio di apparato genitale esterno femmineo, al quale esclusivamente è assegnato il lavoro di escavazione del terreno è quello mostrato dagli Acrididi tutti e da taluni Locustidi, fra gli Ortotteri. A pag. 302 del voi. I tali organi degli Acrididi sono descritti e figurati abbastanza. Qui ricordiamo solo cbe si tratta (fig. 548) di quattro pezzi cintinosi conici ed acuti più o meno, cbe godono di movimenti, per cui si accostano e scostano fra loro come possono fare le prime quattro dita della nostra mano quando se ne avvici- nino in blocco e se ne allontanino le estremità. Con tali movimenti, reiterati abbastanza, e facendo forza sull'estremo addome e rigiran- dosi a cercbio su sé stesse, le femmine degli Acrididi giungono a praticare un foro cilindrico in terreni anche durissimi, anzi in questi sciolti, cbe non sono i preferiti dall'insetto per affidarvi le sue uova Fig. 548. — Estremo ad- dome di femmina di un Acridide (Calyptamua), coi pezzi cintinosi a, a, che servono a scavare il ter- reno. Ingrandito. Da Ber- lese. molli e più che nei (fig. 477). Per verità, a voler essere esatti, tutto l'addome dell'Acridio, in questa opera di trivellazione, può essere paragonato piut- tosto ad una nostra perforatrice ad aria compressa che ad altro utensile, poiché, con un addome ad es. non più lungo, in ri- poso, di 5 centimetri, come è nell'Acridio migratore (Schistocerca peregrina) il foro nel terreno misura ben 8 centim. (secondo vide Kiinckel d'Herculais, che descrive assai bene il processo di ovivitìcazione), il che vuol dire che l'addome stesso, nel la- voro, si allunga di 3 centimetri ed a far ciò concorre l'aria che l'insetto accumula nel tubo digerente e fa pressione entro l'addome. L'insetto ne regola a volontà il gioco. Nel foro la madre depone le sue uova e le riveste della speciale ooteca (se- condo quanto si è detto in precedenza, a pag. 305), cioè emettendo, entro il foro> sempre occupato dall'addome, una sostanza fluida, viscosa, che agglutina la terra delle pareti del foro e subito dissecca, iniziando quel sacco, a pareti liscie inter- namente, in cui insieme vengono depost" le uova, ordinatamente e che si allunga sempre più, man mano che l'addome, per la diminuita pressione interna dell'aria, si ritrae. Finalmente, a cannello compiuto, la femmina vi forma sopra il tappo, colla stessa materia viscosa e la deposizione e così ultimata (fig. 202, A). Anche molte Locuste, come ad es. i Deeticus (fig. 547), la comune nostra L. viridissima L., le Ephippigera, i Couoce- phalim, ecc., depongono le loro uova entro terra, ma esse non fanno che immergere profondamente il loro ovopositore, il quale, cosi, non ha struttura fondamentalmente troppo diversa da quella delle altre specie della famiglia (Phaneroptera, ecc.), invece, per abitudine, di incidere il legno o parti varie delle piante, per ivi 11 Fig. 549. — Deposizione di nova da parte di un Lo- cnstide del Nord-America {Microcenirus retinervil Burnì.)- I. rametti e foglie di Limone colle nova in sito; II, femmina in atto di deporre (vedi anche fig. 198). Grandezza nat. Dagli Autori nord-americani. le quali, allogare hanno, le loro l'adulto k gli atti per la conservazione della specie 519 Fig. 550. — Femmina «li Panorpa communÌ8 L. , che depone le uova in terra. Grandezza uatnr. Da Taschemberg. uova. Le Locuste non fanno ooteche e le uova sono lasciate, ordinate o sparse, nel foro praticato dall'ovopositore. Il Fabro descrive bene l'ovoposizione del Deotieus albifrons (fig. 547), che immerge l'ovopositore per qualche centimetro entro terra e colà lascia un certo numero d'uova ammuc- chiate. L'operazione è ripetuta più volte. I fori poi sono co- perti ed accecati, alla meglio, con terra smossa mercè l'ovopo- sitore stesso. Le larve nascono nell'estate seguente e sono coperte di quella membrana amniotica, di cui si è detto a pag. 219. Esse fuoriescono di terra, aiutandosi col lavoro dell'nm- polla cervicale (pag. 218), ed all'aperto, rigettano la sottile tu- nica che le avvolge. Le specie di Locuste, che depongono le uova sulle parti verdi delle piante hanno un ovopo- sitore assai piìi corto (fig. 549) e fornito di dentelli lungo l'orlo apicale, quasi come una sega. Le nostre comuni Fanerottere mo- strano il miglior esempio di cosiffatti ovopositori (Hg. 495). Anche le Panorpe ed altri Neurotteri affini depongono le uova entro terra, scavandosi dapprima una cameretta, in ciò probabil- mente impiegando gli organi boccali, che sono appunto accomodati all'apice di un muso molto allungato (fig. 550). Vedremo più innanzi, come per la maggior parte degli Insetti, che fanno i loro nidi sotterra, siano destinati alla escavazione anche altri organi, oltre ai genitali. OVOPOSIZIONE ENTRO I LEGNAMI SECCHI O VERDI. — Alcuni Insetti non fanno che perforare od incidere i legnami secchi o verdi o tuttavia in vegetazione e ciò mercè il solo ovopositore. Altri si aiutano con altri or- gani, ma taluni, appunto, col concorso di altri mezzi, scavano delle vere e proprie gallerie, in cui la madre stessa o l'uno e l'altro sesso insieme, possono penetrare e quivi avviene la ovo- posizione. In tale caso, non esiste una speciale armatura ge- nitale, atta ad intaccare il corpo duro, perchè ciò è fatto con altri organi, mentre la ovoposizione avviene semplicemente colla distribuzione di uova su una superficie. Fig. 551. — Oecanthus pel- lucens tìcop. In grandezza naturale. A, femmina; B, maschio. Gli Insetti, che ricorrono al solo ovopositore per intaccare il legno (od altri corpi resistenti) sono intanto quelli ad apparato boccale succhiatore (ad es. Emitteri, Lepidotteri, Fisapodi), ma ve ne sono anche fra i gruppi ad apparato boccale lambente e masticatore. Fra gli Emitteri, moltissime sono le specie, sia di Omotteri che di Eterotteri, le cui femmine, mercè la loro armatura genitale, perforano il legno secco o verde e nella escavazione introducono le loro uova. Fra gli Omotteri, tutte le Cicale e molte Cicadelle hanno tali abitudini. È ovvio incontrare, in fine d'estate e più tardi, rametti secchi, bene esposti all'aria, ad es. gli apici di pali di sostegno, nei vigueti, ne1 campi, ecc., tutti perforati da ' innumerevoli piccoli buchi, quali sareb- bero fatti da un sottilissimo succhiello o da un grosso ago, che in- taccasse il legno senza asportarlo. Tali perforatore, ooll'orlo molto sfrangiato itig. 553,558), sono dovute appunto all'ovopositore dello comuni Cicale, ed anche a quello di altri Insetti, sopratutto Ortotteri Locustidei sopraricordati od oM'Oecanthus pellucens (figg. 175, 551). Le piante, nelle vicinanze delle acque stagnanti o fuoriuscenti da queste, sono cosi intaccate, Della parte loro legnosa, ila Ile femmine dei Libellnlidi. Queste, quasi seni' tuttavia trattenute pel Fig. 552.— Spaccato di un tralcio di Vite con entro le uova di Oecanthus pellucens. Grand, nat. Da Berlese. 520 CAPITOLO QUINTO collo dal maschio, mercè il forcipe dell'estremo addome (fig. 556, A), come è avvenuto nella precopula e nell'ac- coppiamento, incidono ad intervalli regolari (/?), a mezzo del loro ovopositore le piante, sopratutto nei fusti le- gnosi, nei peduncoli dei fiori, ad es. di Ninfea, che spor- gono sopra le acque stagnanti, e discendono lungo i fusti stessi, fino a continuare la deposizione anche stando immersa totalmente nell'acqua (fig. 554). In tale caso, perchè l'insetto possa respirare, il suo torace è avvolto da una grossa bolla d'aria. Così avviene che ledette parti di piante sono tutte perforate da una serie regolare di buchi equidistanti, entro i quali stanno le uova (fig. 555, 556, B). In molti casi, come ad es. pegli Ortotteri e pei Libellulidi sopracitati, entro ciascun buco sta riparato un solo uovo al- lungato (figg. 552, 555, B). Ma in altri, ad es. per talune Cicale, Cicadelle od Emittori Eterotteri, il buco mette in una ca- meretta (fig. 558, II) con- tenente più uova. La Ci- cada septendecim (fig. 557) scava nel legno una duplice cameretta, entro la quale, Fig. 553. — Porzione di un rametto di una pianta colle caratteristiche pun- ture della Cicada Kepten- decìm L. d i America. Grandezza naturale. Da Riley. Fig. 554. — Deposizione delle uova da parte di un Libellulide Agriouide. La femmina sta ovitìoando anche sott'acqua, tuttavia trattenuta dal rispettivo maschio, su un peduncolo florale di Ninfea. Circa metà della grandezza nat. Da Wesemberg-Lund. di qua e di là, lungo le pareti, sono ordinatamente disposte le uova, l'ima sull'altra, in due masse di uguali dimensioni. Tutti i Teutrediuei, fra gli Imenotteri, sono cosi detti perchè le loro femmine portano un apparato perforante al- l'estremo addome (vedi voi. I, pagg. 303, 304) ed esso è una vera e propria sega (fig. 559), colla quale sono agevolmente intaccate anche le parti legnose dei vegetali. I Tentre- dine! intaccano solo parti verdi delle piante; sia fusti, come foglie, ecc. A questo proposito non posso trattenermi dal riportare qualche brano delle belle osservazioni del nostro Vallisnieri sulla Hylotoma paguna F., quella che egli chiama Mosca rosisega e che datano dal 1745, a cui nessuno, ch'io sappia, anche in osservazioni recentissime (1914) sullo stesso argo- mento ha pur aggiunto alcun che di nuovo. 11 Vallisnieri descrive minutamente ed assai bene la sega, ohe si trova all'estremo addome delle femmine e mostra, anche con figura, come essa sia composta di tre parti, cioè due valve laterali, che sono quelle dure ed annate di dentelli, le vere seghe, ed una impari centrale, tubnliforme, che è l'ovopositore vero, traverso il quale scorrono le uova. (Per maggiori particolari su questi organi e loro derivazione dai segmenti addominali, vedi voi. I, pagg. 303, 304). Tutto questo apparecchio sta nascosto, in riposo, entro una stretta Fig. 555. — Spaccato di rametto di salice contenente uova di Li- bellulide del Nord America (,Jr- chilesles californica). Le uova sono introdotte nella zona cambiale. A, ingrand, nat.; B, molto ingran- dito. Da Hammilton Kennedy. l'adulto e oli atti per la conservazione della specie 521 fessura, longitudinale, ohe è al ventre, nell'estremo addome, come la lama di un temperino chiuso è celata, almeno in parte, nel manico. Al momento opportuno tutto l'ordigno è protruso U' esterno. Le due valve sono arcuate a falce e, nell'orlo concavo, armate di dentelli, come sono le seghe; ciascun dentello, però, è eBso pure dentico- lato. Sulla loro faccia esterna le valve stesse, in corrispondenza di ciascun dente, hanno delle serie tras- verse di spinette, destinate a me- glio dilacerare i tessuti vegetali. La Tentredine pratica, con mo- vimenti alternati di va e vieni di ciascuna valva dentata, una inoisnra lineare (fig. 560, I) nel senso longitu- dinale del rametto del Rosaio, su cui opera, ed il Vallisnieri molto bone e minutamente descrive gli sforzi, che fa l'insettuccio, per intaccare il corpo resistente e per deporre, via via, le sue uova, di qua e di là nella fessura così praticata, eia scuna in una propria celletta. Poi, la madre stessa manda fuori un ab- bondante liquido caustico, che si di- stribuisce sulla fessura praticata e ne impedisce il riinarginamento, anzi determina la mortificazione dei tessuti e la conseguente spaccatura longitudinale del rametto. Le uova deposte aumentano di volume durante l'incubazione, mentre intanto il rametto, offeso nella parte incisa, A B Fig. 556. — Deposizione delle uova per parte di Libellulidi. (Altro Archilettes del Nord-America). A, la coppia mentre la femmina, depone ; o, cicatrici di uu anno sulla cor- teccia ; b, di due anni. Grand, nat — B, modo di dispo- sizione delle uova. Ingrandito. Da Hammilton Kennedy. i ' i ì3 1 II I : ■ m <»• ÉS f I II Fig. 557. — Cicada sep'eniìcvini L. e sua ovoposizione. I, A, la femmina adulta vista di lato, in '" grand, nat. ; o, l'ovopositore. B, apice dell'ovopositore molto ingrandito, o, a, posizione rispet- tiva delle due metà dell'ovopositore nell'atto di forare il legno; molto ingrandito; C, uovo con entro l'embrione, accanto è la sua grandezza natur. — li, rametti coi nidi d'uova. A, nido ve- duto dall'esterno della corteccia; B, spaccato del rametto, per mostrare la doppia serie di uova; C, spaccato di lato dello stesso. Ingranditi circa due volte. Da Riley. si spacca e cosi fa vedere, di qua e ili là, le uova ordinatamente disposte, secondo mostra la fig. 560,11 dove sono riportati esattamente due disegui originali offerti dal Vallisnieri.. In modo non diverso si comportano gli altri Tentredine!, che depongono le uova nelle parti fresche dei vegetali, salvo notevoli differenze nell'effetto sull'organo della pianta attaccato e fe- rito, del che si dirà a suo tempo. A. Hkrlkse, Gii Insetti, II. 522 CAPITOLO QUINTO I li Fi». 558. — Uova deposte entro il legname. I, eia parte della "cicala comune (Cicada plebeia L.). A, porzione di fusto colle caratteristiche incisioni in grandezza nat. ; B, lo stesso, piti ingrandito ed in parte (a) spaccato per ve- dere le uova. II, spaccato di mi rametto con un nido d'uova di Emittero Eterottero, Ligeide, dell'America set- tentrionale (Poecilocapsus lineatili). Molto ingrand. Da Slingerlaud. I Siricidi (fig. 561) hanno un ben robusto ovopositore, cosi pure formato a sega, non dissimile da quello delle Cicale, colle quali con- vergono nell' abitudine di deporre le uova entro legnami secchi, sal- vochè, pei Siricidi, le larve riman- gono a vivere in questo ambiente. I più appariscenti esempi di ovopositori vistosi, atti ad intaccare i legnami ed altri corpi resistenti, sodo offerti dagli Imenotteri endo- fagi, sopratutto della famiglia degli Icneumonidi e dei Braconidi. Le femmine delle più grandi specie di Icneumonidi, ad es. del genere Rhyssa, sono Insetti di dimensioni notevoli ed hanno un ovopositore lungo parecchi centimetri. Ad es., una, fra le specie maggiori, la Thu- ìessa lunator Fabr., del Nord-Ame- rica, la cui femmina perfora i legni secchi, per raggiungervi entro le larve dei Siricidi (fig. 562, I), misura circa 3 cent, di lunghezza ed ha un ovopositore lungo oltre 6 centim. (e che durante lo stato ninfale è curiosamente rigirato attorno al corpo della ninfa stessa; fig. 562, B). La nostra Rhyssa peisuasovia F. è di poco minore. Questi Imenotteri hanno apparecchi di perforazione così lunghi pe rchè co- sl pos- sono rag- gimi g ere i bruchi ed altre larve di Insetti an- nidate en- tro il le- gno verde o secco e deporre le uova en- tro le lar- ve stesse quantun - que assai bene riparate. È facile vedere qual- che specie dei nostri Ononidi (gruppo degli Icneumonidi) in atto di deporre così le uova ad es. traverso il legno del tronco o dei grossi rami di salici, in cui alloggiano le larve di taluni Lepidotteri. L'operazione di far pene- trare il lungo ed esilissimo ovopositore, si compie abbastanza rapidamente e fa meravi- glia il vedere come giunge ad entrare nel legno il sottile apparecchio, che non è più grosso di un crine. ' L'insetto incurva questa sua trivella (6g. 562, I) e con leggieri movimenti oscillatori e con Fig. 559. — Seghe di Tentredinei diversi (tutti Australiani), molto ingrandite. A, di Perya dorsalis ; B, di Phy- lacteophaga euca'ypti ; C, di Phi- lomastis glaber ; D. di Plerygo- phorus cinetus. Da Froggatt. I II Fig. 560. — Bylotoma pagana Fabr. Tentredineo no- strale, ohe depone le sue nova sui fusti e rametti di Rosa. I, in atto di deporre ; II, riproduzione di due disegui del Vallisnieri, mostranti rametti di Rosa, colle uova della Hylotoma in sito. A, dopo qnalohe giorno dalla deposizione, il rametto co miucia ad aprirsi; B, dopo molti giorni; il - metto e già spaccato e le nova ingrossate, granditi due volte. ru- lli- L'ADULTO E GLI ATTI l"KR I.A CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 523 una costante pressione la fa penetrare abbastanza presto nel leguo, a laggiuugere la vittima, che lia scoperto e sente sebbene cosi riparata. Intanto, mentre il filamento mediano dell'organo, i oè il vero ovopositore, entra nel legno, i due laterali (valve), cbe non hanno se non ufficio protettivo dell'ovopositore, restano di fuori, ricur- va! i attorno all'estremo addome. l'iii facilmente, ma nello stesso modo, altri [onenmonidi perforano (fig. 563) i bozzoli, in cui sono racchiuse le crisalidi di molte farfalle od altri ripari protettori per altri Insetti, come ac- cade di tutti quei picooli Calciditi, che inquinano le Cocciniglie del gruppo dei Diaspiti, traverso il follicolo che le difende od altri insetti più grossi, pur riparati entro resistente bozzolo di seta (fig. 564). Anche i Cinipedi hanno un robusto ovopositore ed in talune specie esso è ben lungo. Questi Imenot- teri depongono le uova entro le parti verdi delle piante. Gli effetti, però, delle punture e della pre- senza delle larve, che nascono dalle uova, sono tali che merita di trattarne specialmente, ciò che si farà a suo luogo, poiché ne vengono quelle galle, bitorzoli, tubercoli, ecc., tanto singolari e che meri- tano bene di essere conosciuti con una certa larghezza. Fra i Coleotteri si trovano molte specie for- nite di ovopositore, capace di incidere corpi duri. I Ditiscidi mettono le loro uova nelle piaute sott'acqua (fig. 565), meutre molte altre speoie, a vita totalmente aerea, in modo analogo le nascondono entro il legno delle piaute, nei campi, boschi, ecc. Fig. 561. — Sirex gigas L., femmina in grandezza nat., veduta dal dorso. I II Fi". 562. — Thalesua lunator Fabr., grandissimo Iohueuinouide dell'America settentr. I, la fem- ° mina mentre sta perforando un ramo d'albero, per raggiungere la sua vittima nascosta nel legname e deporvi un uovo. — II, A, estremità dell'ovopositore molto ingranditi; II, B, la sua ninfa (in grandezza nat.) per mostrare come è avvoltolata la guaina dell'ovopositore attorno al corpo. Da Riley. Anche taluni Ditteri, sopratutto dei più bassi e minuti, come sono i Cecidomidi (fig. 568) hanno ovopositori durissimi, a t'orma di stilo o di lancetta, molto lunghi ed adatti a perforare tessuti vegetali resistenti, entro cui depongono le loro uova. In <*enerab\ adunque, può essere detto che tale maniera di deposizione è esemplificata presso tutti i gruppi di Insetti e, quindi, anche la speciale conformazione degli organi genitali acces- sori delle femmine. Ovoposizione entro foglie, fiori, frutti. — Mercè un complesso di orfani meno robusti, ina con analogo effetto, sono praticate, da parecchie specie 524 CAPITOLO QUINTO Fig. 563. — Una Pimpla. Altro Ichneumonide, la cui femmina perfora i bozzoli di grosse far- falle, per raggiungere la crisalide e deporvi dentro il suo uovo. Dagli autori nord-americani. di Insetti ferite varie e variamente profonde alle toglie, ai fiori ed ai frutti. Troviamo esempi di tale maniera di ovoposizione presso tutti gli ordini di Insetti, oltre quelli già ricordati negli Imenotteri. Così varie specie di Ditteri, ad es. del gruppo dei Tri- petali hauno gli estremi articoli dell'addome attenuati in modo da formare una trivella, che, in stato di riposo, è tutta nascosta eutro V addome e si protrae solo al momeutodel bisogno (fig. 566). Xe sia esempio la troppo comune inoscadelleolive, che incide le olive e vi depone entro un uovo, uel modo che tutti sauno (fig. 567). In maniera analoga si comporta la massima parte delle Cecidomie (fig. 568), che sono moscerini piccolis- simi, molti dei quali vivono, allo stato di larva, eutro le foglie, i fiori (fig. 569), le frutta ed altre parti verdi delle piante, là dove la madre, mercè il suo ovopositore, talora molto lungo e robusto, ha deposto le sue uova. Anche frale Cecidomie molte spe- cie sono gallogene o ceci- dogene, come si dice, e se ne tratterà più tardi. Le femmine dei Fisa- podi sono tutte fornite di appaiati adatti alla per- forazione delle parti verdi delle piante, sia che il loro addome si prolunghi, cogli ultimi segmenti assottigliati, iu un tubulo rigido e resistente (Tubuli feri), sia che rechi una vera e propria sega, non troppo diversa da quella già ricordata dei Tentredinei (Terebranti). Con tali organi le Tripidi incidono le parti verdi dei vege- tali, sopratutto foglie, per deporvi entro le uova (fig. 570). Il Burla (1911), che ha fatto uno studio molto accurato della ovoposizione e schiusura delle larve della Beliothrips hacmor- roidalis, mostra che la femmina, dopo praticata l'incisione della foglia e depostovi l'uovo, vi di- stribuisce sopra, a difesa, un suggello di sostanza escrementi- zia, che chiude il foro praticato e che è rimosso dalla larvetta al suo nascerne (fig. 570, D). Anche talune specie di I.e- Fig. 564. — Colevpistia nematieida Pack. Imenottero nord-ameri- cano, piccolo parassita di un Tentredineo (Lygonematus erie.h- soni Hatg). A, mentre depone il suo uovo, dopo aver perforato il bozzolo della vittima, ingrandito circa 2 volte ; II, parte anteriore del bozzolo aperto, molto più in- grandito, mostrante parte della larva vittima con attorno (a) le uova del parassita. Da Gordon Hewitt. Fig. 565. Dytiscut marginali!. I, femmina mentre sta depo- nendo le uova su un fusto di pianta subacqua ; — II, una parte di foglia di pianta ac- quatica colle uova dello stesso, in sito. Grand, nat. Da Blunck. Fig. 566. Mosca delle oli- ve (Daciis oleae Rossi) femmina coll'ovopositore estroflesso. Ingrandita cir- ca 4 diam. Da Berlese. pidotteri, specialmente Microlepidotteri, ad es. dei generi varia, ecc., hanno un ovopositore foggiato Pronuba, Micropteryx, Inorar. modo da poter in cidere parti molli di piante. L ADULTO K OLI AITI l'KIt LA CO.NSKRVAZIONIC DKI.I.A SPBCIR 525 In generale l'ovopositore, molto allungabile, e. terminato da una lamina chitinosa, dentata a sega, colla quale può avvenire l'incisione. L'ultimo articolo dell'ovopositore stesso, che fuoriesce dai prece- denti, è lungo, cilindrico e colla epidermide dell'estrema parte fornita ili serie di dentelli rivolti indietro, per impedirne la facile fuoriuscita, quando è ormai pene- trato nei tessuti vegetali. Le figure qui unite (tìg. 571) si riferiscono alla Pronuba yuvcastHa Ril. (del Nord-America), che depone le sue uova nel pistillo dei fiori di Yucca, entro cui si svolgono le larve, a spese dei semi. È da credersi che questo modo di ovoposizione sia più diffuso, fra i Microlepidotteri, di quanto si sa. \ Preparazione del nido coll'aiuto di altri organi oltre ai perigenitali. sì II Fig. 567. — Mosca delle Olive, femmina mentre sta perforando l'epi- dermide di un'oliva, per deporvi l'uovo, molto ingrand. — II, Sezione dell'oliva nel punto della ferita, per mostrare l'uovo deposto. Anche più ingrand. Da Berlese. è già avvertito che la escava- zione di corpi resistenti, da parte di femmine, che vogliano deporvi entro le nova, è prati- cata, da talune specie, col Fig. 568. — Due Cecidomie femmine molto ingrandite, per mezzo di altri Orfani che non mostrare il loro ovopositore (le croci rappresentano la ' grandezza natur.). I, Diplosis tritici prona (da Corti*) ; s]eno quel complesso di pezzi II, Contarinia p.jrh-ora. di lato (da Marcimi). duri, i quali circondano e Sono in rapporto coll'estrema vagina. Questi organi ausiliari sono quelli della bocca o gli arti anteriori. Si è già detto che la speciale conformazione del capo, allungato più o meno nei Rincofori, è appunto in rapporto con questa funzione ausiliaria, poiché è precisamente co^li organi boccali, situati all'estremità del capo, che la femmina pratica il foro, più o meno profondo, entro corpi di resistenza varia, in fondo al quale foro essa poi depone le uova. Anche le uova sono dalla madre raccolte e pre-e colla bocca e così portate entro il foro antecedentemente preparato. Così lavora ad es., il Bhynchite» ;). E rimosso il suggello escrementizio. — D, Em- brione, che sta uscendo dalla foglia. Tutte le figure sono molto ingrandite. Da Buffa. complesso, allorché preparano un nido speciale, iu cui la larva può nutrirsi. Ad es. il comune Rhyiichites alni L. (fig. 574, I) o Sigaraio della Vite, comincia dall'incidere il picciolo delle foglie di Vite, sì cbe queste si afflosciano e pendono verticalmente ; di poi sono, parimenti col mezzo della bocca, intaccate le nervature prin- cipali, così che la lamina fogliare comincia a raccogliersi su sé stessa. Allora il Rincbite, aiutandosi colle zampe, attorciglia la lamina stessa pel lungo, cominciando da un lembo laterale ed avvolgendola su sé stessa a spira, longitudinalmente (lig. 574, II) del tutto come si pratica per formare un sigaro (fig. 573), donde il nome toscano, volgare, venuto all'insetto. La lamina, così avvolta, è via via, trattenuta da bava appiccicaticela, cbe il coleottero emette dalla bocca. Nel viluppo così fatto la femmina depone, man mano, qualche uovo, pur senza interrompere il lavoro di tra- zione della lamina fogliare e senza abbandonarla colle zampe. È degno di nota il fatto cbe, durante questo lavoro, da parte della sola femmina, il maschio si trattiene sulla foglia stessa, che la femmina sta avvolgendo, non la aiuta però, ma non manca di avvicinarla a più riprese e ricercarne l'accoppiamento, cbe essa subisce senza interrompere la sua opere. Sembra, dunque, che ciascuD uovo debba essere fecondato con un accoppiamento per sé. Nel sigaro, ormai disseccato e caduto a terra, si svolgono le larve, rimanendo nel nido sino alla maturanza, nutrendosi della foglia secca. Le gallerie entro i le- gnami secchi, le quali sono fatte dalle femmine di Co- leotteri lignicoli, come ad es. Bostricbidi e Xilofagidi, ven- gono praticate coll'aiuto degli organi boccali ed anche delle zampe anteriori. La galleria materna cioè la escavazione fatta nella cortec- cia o nel legno dalla madre (fig. 575, a) è di varia forma, lunghezza, ecc., a seconda della specie, ma è sempre bene distinta dalle gallerie secon- darie, che praticano poi le larve, ognuna per proprio conto (gallerie larvali, b li). V. appunto entro la galleria ma- terna che la femmina depone le proprio uova, con varia ootassi a seconda della specie. Non diversamente vanno considerati quei nidi, talora molto vistosi, che sono praticati entro terra, da insetti dis-ersi, dove però, avvenuta la schiusnra delle uova, non è apportato alcun cibo alla nutrizione delle larve, ma queste subito si disperdono, ciascuna per suo conto, per provvedere a sé. I II Fig. 571. — Pronuba yuccasella Eli., piccola farfalla americana, che depone le sue uova nei pistilli, entro i fiori dellaFucca filamen- tosa. — I, Diverse parti dell'ovopositore della femmina, ecc. A, estremo addome (a) della femmina mentre sta fuoruscendo l'ovopositore (b) dal segmento basale; bt, porzione della sua epi- dermide ingrandita ; d, segmento terminale colla sua squama apicale seghettata (/) che si vede più ingrandito in B ; g, parte estrema dell'ovidutto, flessibile; C, uova; ci, coll'embrione già sviluppato. — II. Sezione longitudinale del pistillo di Yucca molto ingrandito ed aperto per mostrare iu a la ferita fatta dal- l'ovopositore; in b le uova. Da Riley. L'ADULTO K GLI ATTI PER I.A CONSERVAZIONE DKLLA S!'h:CIK. 527 (Gryllotalpa vulgaris L.), che, col- ■ $-"k^\ Fig. 572. — Punteruolo delle Nocciole (Balaninui niicnm L.) mentre sta perforando le tenere no- celle, per deporvi il suo uovo. Grand, nat. L'esempio più cospicuo è dato dalla comune Grillotalpa l'aiuto Bopratutto nelle poderosissime zampe anteriori (vedi voi. I, fig. 241, pag. 2151, scava una grande camera sotterranea (Bg. ,"> 7 H ) e ne stipa le pareti. Sul fondo di questa sono deposte le uova, rotondeggianti e della gros- sezza di un grano di miglio e stanno in un unico ammasso, sopra od accanto al quale la madre si trattiene volentieri, per custodirle tino alla loro schiusa. Si notano una galleria di accesso (lìg. 577 a) ed una o più gallerie secondarie 'b, fe), per le quali l'insetto sfugge, se molestato. Questi nidi si trovano, in gene- rale, a pochi centimetri nel terreno, che spesso si vede sollevato alla superficie. L'ovoposizione della Grillotalpa avviene, dunque, senza aiuto alcuno da parte di organi genitali secondari, tanto è vero che l'orifizio sessuale è circondato da pezzi cintinosi non partico- larmente modificati (vedi voi. I, pag. 214, fig. 333). Anche i Lauiellicorni, fra i Coleotteri, si servono delle zampe anteriori per scavare il terreno e l'humus, entro oca depongono le uova ed è usato a ciò anche il capo, ma non a mezzo degli organi boccali, bensì dell'orlo anteriore della fronte (più esattamente pre- fronte), il quale è largo e tagliente come una pala (ad es. Meìo- lontha, Cetonia, ecc.), oppure anche più largo, dentato (Athencun), ecc. Quanto alle zampe anteriori, che sono foseorie, la loro tibia è allargata e fornita di robusti denti nella sua faccia esterna (fig. 578). Mercè siffatti organi questi Insetti scavano gallerie, più o meno profonde, sotterra, talora semplici, per le specie le cui larve si nu- trono di cibo, die esse stesse possono facilmente procurarsi, perchè ovvio nel suolo, come radici di piante, parti le- gnose in decomposizione, ecc., oppure, più che di gallerie, si tratta di camere ampie, dove alla larva nascitura è anche apprestato, dalla previdenza della madre, il cibo, che il giovane insetto richiederà fin dalla- sua nascita. Ma di ciò si potrà dire più avauti, poiché questa maniera di nidi, più complessa, spetta alla categoria dei pedotrofici. Tutte le specie di Lamellicorni, a- dunque, le cui larve si nutrono di so- stanze comuni sotterra, fanno gallerie semplici, per quanto eli lunghezza varia ed il più spesso non piccola. Così il comune Maggiolino fa una galleria di oltre 10 cent, di lunghezza, in fondo alla (piale stanno, ammassate, le uova. ; Fig. 573. —Sigaro di foglie di Vite fatto dal Rhyn- chites alni, in grandezza natur. Fig. 574. — Rhìjnchite» alni. I, Insetto adulto ingran- dito ed in grandezza nat. — II, schema della se- zione trasversa del Si- garo, per mostrare come sono avvolte le due metà della foglia sulla nerva- tura mediana (a). — b, b, uova del Rincbite. In- grandito circa due volte. Nidi pedotrofici. — Gli atti, che precedono la prolifi- cazione, per le femmine ili quelle specie di Insetti, che provvedono non solo alla sicurezza delle uova nel loro periodo di incubazione, ma alla nutrizione delle larve, quando il loro cibo non sia naturalmente a loro portata, raggiungono una coni plessità davvero meravigliosa ed in questi atti appunto la parte, che si attri 528 CAPI Idl.il QUINTO buisce esclusivamente all'istinto, sembra talora sconfinare, per assurgere a veri e propri bagliori di intelligenza, per negare la quale . sicuramente non rimane più ormai che la assio- matica attenuazione del filosofo, che attribuisce al- l'uomo soltanto questo privilegio. Per nidi pedotrofici si intendano, adunque, quegli speciali ambienti, in cui si sviluppano e vi- vono, fino alla ninfosi, larve d'Insetti olometaboli, protette bene e messe in presenza del cibo oppor- tuno, ambienti però che non si trovano in na- tura e che rappresentano, invece, una condizione di cose od un prodotto più o meno specializzato e dif- ferenziato, dovuto a particolari attività della madre. La maniera più semplice e povera di intervento materno, nella modificazione dell'ordinario anda- mento delle cose naturali, è quella per cui il cibo è apprestato dalla madre alla sua larva a spese di sostanze, che, in natura, nelle condizioni normali, avrebbero altri destini. Ad es., gli Insetti necrofori sotterrano piccoli cadaveri, che sono, invece, comunemente destinati alla distruzione sopra terra, per opera anche di altri organismi. Segue un caso di maggior complicazione allor- quando la madre sa modificare, al suo scopo, so- stanze o corpi, che, lasciati invece a sé, avrebbero altra fine e la modificazione consente la creazione anche per la protezione alle larve. Fig. 575. — Ramo di albero da frutto con gallerie scavate nel- l'alburno da mi Coleottero Scoli- tide (Scolytus rugulosiit Doebn.), tolta la corteccia, n, galleria materna; fi, gallerie larvali ; e, camere dove è avvenuta la nin- fosi. Grand, nat. Dagli autori nord -americani. di nidi opportuu Qui si pos- sono,adunque, annoverare queiRincofori, che sanno incidere foglie e getti di pian- te, per ot- tenere una ra- pida mortifi- cazione, che, talora è ac- compagnata anche da spe- ciali adatta- menti allo scopo, prati- cati dalla ma- dre, come si è detto. Infine i nidi ssiSÉ • ■- --.-•■ Fig. 576. — Spaccato longitudinale del nido di Grillotalpa, col suo foro di in- gresso e quello di egresso, il macchio di uova su cui sta a custodirle la femmina. Grandezza nat. pedotrofi ci, più complessi, occorrono per le specie, le quali, curando di ovificare in ambienti L'ADULTO B GLI ATTI PK1! I A CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 529 sicurissimi, dove auclie le larve possano trovare efficacissima protezione, sono però costrette, per lo speciale regime delle larve stesse, a depositare le uova insieme al cibo particolare, che è necessario alle larve e queste, poi, sono tornite di adeguati organi di loco m o - zione per raggiun- gerlo. Si in- tendeche questi ambienti così sicari sono essi stessi creati dalla madre, di guisa che il lavoro dell'insetto adulto è duplice e molto complesso: da un lato essa pre- Fig. 577. — Schema della disposizione delle salterio nel nido di Grillotalpa, visto di piano, a, galleria di ingresso; b, b, gal- lerie secondarie di egresso; u, mucchio d'nova. Riduz. di circa metà. Da Del Guercio. Fig. 578. — Teste e protoraci, colle zampe (fossorie) del primo paio in Lamel- licorni. A, di Atheuuua ; B, di Melo- lontha. ■' - Fig. 579. — Necrofori (Xecrophorus veipillo L.) mentre stanno sotterrando il cadavere di nu piccolo Topo. A sinistra si vede la larva del Coleottero. Grandezza uat. Da Brehm. para il nido, dall'altro provvede a depositarvi il cibo per la il quale cibo è esso stesso opportunamente accomodato allo scopo. È così fatto un passo innanzi e ben notevole verso la protezione dell'individuo, ciò che importa una possi- bile diminuzione della fecondità della specie, compensata da una difesa molto più efficace delle forme giovanili. larva futura. Fig. 5M>. — Geotrupe* iter- corarius L. in grandezza nat. Da Brehm. Ad esempio, nella maggior parte degli Insetti olometaboli a larve predatrici di nitri Insetti, queste sono assai bene fornite di organi di difesa ed offesa e locomotori, per poter essere linone caociatrici, fino dalla nascita. Si tratta, inoltre, di larve melolontoidi, cioè delle più mature fra le olometaboliche. Ma con questa Iona per la esistenza, chelalarva deve iniziare subito e condurre coi soli suoi mezzi, fino all'incrisalidamento, le perdite numeriche nelle prò- genie di ciascuna femmina sono rilevanti. Di qui la necessità di un'alta misura di fecondità, a compensare quella bassissima di rispetto per la salvezza individuale. A Brrlksk. Oli Insetti, II — 17.' 530 CAPITOLO QUINTO Invece, gli Insetti olometaboli :i larve insettivore, ma le cui madri si sono esse stesse inca- ricate «li provvedere tutto il cibo necessario alla loro prole, per tutta la durata della esistenza loro larvale, che si svolge, intanto, in ambienti molto sicuri pei giovani stessi, possono essere assai meno feconde, senza detrimento della conservazione della specie e la vita degli individui è molto più rispettata e protetta, mentre il possibile aumento di fecondità si fa solo a spese della maturità, delle forme larvali, che è tanto minore quanto piti numerosa deve essere la proli1 per mautenere quell'equilibrio, che è richiesto dalle esigenze della esistenza della specie. Di questa guisa si vede che le forme più voluminose e che perciò hanno meno da temere nel mondo, fanno poche larve ed abbastanza mature (pressoché melolontoidi, sebbene deficienti negli organi della locomozione e difensivi od offensivi) e ne siano esempio le Vespe solitarie ed i grossi endofagi. Le forme di dimensioni minori o minime, e quindi soggette a molta distruzione in tutti i loro stadi, specialmente in quello di adulto, pur usando una efficace protezione alle loro larve, schiudono dall'uovo in uno stadio molto più immaturo, ad es. ciclopiforme, come si vede per le specie minime di Imenotteri endofagi, ma anche per questi la protezione dell'individuo, allo stato- larvale, è grandissima. Messi da parte i casi di eudofagia, dei quali si dirà a suo tempo, si vede che dai più sem- plici esempi di nidi pedotrolici, traverso i più complessi sopracitati, cioè di vario grado di pro- tezione dell'individuo allo stato giovanile, si passa, finalmente, all'ultimo gradino, cioè ad una condizione della massima evoluzione, rappresentata da quelle specie, per le quali la larva è- continuamente curata ed assistita dalla madre ed il nido fa parte dell'abitazioni' stessa dei ge- nitori, (Se ne vedrà esempio a proposito di talune specie di Lamellicorni, ad es. : Coprin). Più su interviene il cenobitismo, cine la vera e propria Società, del quale argomento si dirà più innanzi. I nidi pedotrofici possono essere, dunque, diversamente classificati, a seconda della entità dell'opera, che la madre ha impiegato per apprestare alla larva un opportuno ambiente di difesa e di nutrizione. II caso più semplice è, dunque, come si è detto, rappresentato dal fatto che l'insetto madie, incontrata una sostanza opportuna alla nutrizione della sua larva, mentre vi affida le sue uova, la sottrae alle vicende, alle quali andrebbe soggetta nelle condizioni normali e così crea anche un ambiente di protezione per le sue larve, ma la sua opera non ha in nulla modificato la natura del cibo destinato alle sue larve. I NbcrOFOR! (fig. 579) sono Coleotteri ili discrete dimensioni e si chiamano così appunto per la loro abitudine di seppellire i cadaveri di piccoli vertebrati (Topi, Toporagni, Talpe, Uccel- lini, Lucertole, Rospi, ecc.), sui quali essi depongono le loro uova. E notevole che all'opera del seppellimento intervengono anche i maschi ed è questo imo dei rarissimi casi, nei quali questo sesso prende una parte qualsiasi, negli atti che accompagnano la proli ficazi , che spettano alla femmina. Più individui dell'uno e dell'altro sesso collaborano all'interramento del ca- davere, ma poi, accanto a questo, sotterra, a procreare la famiglia, non rimane che una coppia. I collaboratori del seppellimento se ne vanno, compito questo. L'interramento è praticato nel seguente modo. I Necrofori si cacciano sotto il cadavere e mercè le zampe, sopratutto, scavano sott'essb la terra e la rigettano attorno al cadavere stesso) che intanto e scosso dagli Insetti, che stanno sotto, i quali, per rimuoverlo, si arrovesciano sul ventre e, merce colpi di schiena, urtano il cadavere, per farlo discendere nella escavazione che viene fatta via via ed accomodarvelo. In qualche ora anche una grossa Talpa è seppellita così. II più comune Necroforo nostrale (Neorophoraa veapillo L.) svolge questa sua attività in pri- mavera, sopratutto iu aprile. Dopo una quindicina di giorni nella massa putrescente del cada- vere seppellito si incontrano già una quindicina di larve mature, che si approfondiscono nel terreno, si scavano una nicchia, e quivi, in una decina di giorni, sono trasformate in ninfe. Nel corso dell'estate l'adulto schiude, ma non prolifica che nella primavera seguente. Il Fabre ha fatto molte esperienze per riconoscere tino a qual punto si estendono le facoltà istintive dell'insetto per trarsi d'impaccio e compiere l'opera sua ricordata, anche in presenza di coudizioni non rare, ma presentanti maggiori diflioltà del semplice seppellimento di un ca- I.' vini ni !•: GLI ATTI PKR LA CONSKRVAZIONE ih:ii. a SPECIK 531 duvere, <-li e sta su terreno friabile. Il diligente osservatore ha rilevato ohe se il corpo da in- terrarti giace su terreno duro e tale die non può essere soavato dai Necrofori, questi, dopo inu- tili sforzi per intaccare il terreno, fauno delle esplorazioni, saggiando il terreno circostante nel quale fanno delle piccole escavazioni, per riconoscerne la praticabilità. Sono i maschi, che fumo cosi da esploratori e, quando abbiano trovato ini terreno, molto prossimo e che faccia al ea»o, ritornano al cadavere e, d'accordo cogli altri, che sono rimasti ad attendere, tutti insieme lo spingono e smuovono in ogni scuso, fino a che, pi fi presto o più tardi, lo spostano là dove possano scavarvi sotto. Se il cadavere, ciò che accade di frequente, è impigliato sii arbusti o ramoscelli, a qualche distanza da terra, i Necrofori lo raggiungono e tanto lo spingono e muovono, a colpi di schiena, da farlo cadere a terra, dove lo seppelliscono subito. L'intreccio di radici 0 di rizomi di graminacee, che frequentemente si incrociano sotterra ed impedirebbero al cadavere di essere infossato, e, dai Necrofori, dilaniato e strappato, rodendo le indici colle mandibole. Così gli Insetti si sono veduti rodere i legacci che trattenevano, artificialmente, i cadaveri legati a sostegni fuori di terra, o le tibie stesse degli animali morti, se i legacci resistevano alle mandibole dei Necrofori e così far cadere i corpi morti, tenuti sospesi, ecc. Insomma, i Necrofori sanno profittare non solo dei loro mezzi di scavare il terreno, rimuo- vere e scuotere il cadavere, intaccare le fibre vegetali, che sono tutte necessità della loro opera ordinaria, ma ne sanno anche usare variamente, a seconda di circostanze secondariamente di- verse, che loro occorrono; ma, in casi straordinari, pei qu«>li bisognerebbe far ricorso ad altri mezzi, per superare insolite difficoltà o usare in modo speciale di quelli ohe souo alla portata dell'insetto, questo fa inutili sforzi e non raggiunge lo scopo. Così si era affermato, ad es., di aver veduto Necrofori abbattere (scavandone la base) un sostegno, su cui era sospeso un cadavere di un Rospo e far cosi cadere a terra il tutto, ma il Fabre ha mostrato che ciò può avvenire se il cadavere, con qualche sua parte, tocca terra presso la base del sostegno (ad es., uno stecco piantato in terra), e ciò perchè, nella escavazione pel sotterramento, anche la base del sostegno e smossa, ma non accade mai se decorre anche qualche pollice dal punto ove il cadavere tocca terra e quello ove il sostegno è infisso. Intanto, non è ben chiaro se i Necrofori, dopo seppellito il cadavere, pratichino su questo qualche manipolazione, per renderne le carni atte alla nutrizione delle larve. Se ciò facessero, tutto l'insieme dei loro atti preparatori della prolificazione, v,si avvicinerebbe anche più a quello di Lamellicorni coprofagi, che ora conosceremo. Nidificazione dei Lamellicorni coprofagi. — Per questi Insetti si tratta, in generale, della escavazione di una galleria o di una camera sotter- ranea: dell'ammassamento in questa di un deposito di fimo (escrementi di mam- miferi), il quale può essere previamente preparato dalla madre, per riescire ec- cellente alla nutrizione delle larve. Nel detto accumulo di sostanza escrementizia è, finalmente, deposto un uovo. 1 casi variano di complicazione, pel fatto che la escavazione, da semplice galleria, assurge ad una vera e propria camera, a pareti compresse; la sostanza raccolta subisce manipolazioni di vario grado, che la trasformano fisicamente e chimicamente ed inoltre essa può essere depositata in ammassi informi, come, invece, modellata in maniere speciali e con procedimenti molto complicati. Così si passa dalla più semplice opera dei Geotrupes e dei Bubas, fino a quella molto accurata e perfezionata degli Atheucus e dei Coprili. Inoltre, sembra dimostrato (secondo l'affermazione del Fabre) che la madre prepari tuia speciale pappa, rappresentata da una sostanza fluida più o meno, e che sarebbe stata elaborata nella prima parte dell'intestino della madre stessa e di qui rigurgitata, poi, a tappezzare le pareti della camera scavata nella rima- nente massa di sostanza non elaborata se non dagli organi esterni della madre, camera nella quale riposa l'uovo, vi aumenta di volume durante la incubazione e finalmente schiudi'. Nei primi giorni della nascita, la larva si nutre della speciale pappa fluida 532 CAPITOLO QUINTO preparata dalla madre e solo più tardi essa intacca la più vistosa massa del rimanente cibo, cbe le è apprestato. Le larve di questi Insetti hanno una forma (fig. 589) molto strana, perchè, pur mantenendo il generale aspetto di tutti gli altri Lamellicorni, sono arricchite, sul doreo, di una vistosa gobba, talora grandissima, nella quale è compresa una porzione dell'intestino, dove viene ad accumularsi la sostanza escrementizia e vi permane fino all'avvicinarsi della ninfosi. Allorché la larva si costruisce il bozzolo, profitta della camera formata per la continuata distruzione nella massa del cibo preparato dalla madre e riveste questa camera dei propri escrementi, che emette in piccole pallottole, raccoglie subito colle mandibole, dispone sulle pareti e comprime, volta a volta, col capo. Cost la parete interna del follicolo, ove avviene la nin- fosi, è molto levigata. Geotrupbs (fig. 580-582). — Negli Insetti di questo «•enere il maschio prende parte molto attiva alla costru- zione ed approvvigionamento del nido, che è formato sempre da una sola coppia. Questo intervento del ma- schio è un fatto degno di molta attenzione, percliè rappresenta una maniera di quella collaborazione, die è il fondamento della vita sociale. Il nido è costituito da una galleria verticale sca- vata sotto un ammasso di escrementi di mammiferi erbi- vori (Bue. Cavallo, Mulo; non di Pecora, data la tenue massa). Tale galleria, cilindrica è lunga, pel Geotmpes ttercorariua (fig. 581), anche trenta centimetri ed ampia quanto il collo di una bottiglia. La direzione ed il ca- libro possono essere più o meno alterati, in causa di pietre ed altri corpi duri incontrati dall'insetto nella sua escavazione. In tale piccolo pozzo è ammassata la sostanza, che dovrà nutrire la larva, cioè gli escre- menti suddetti. Dapprima la femmina, nel fondo del pozzo, inizia l'accumulo e quivi, nel primo piccolo am- masso (fig. 582), scava una loggia rotondeggiante, del diametro di un centimetro e mezzo circa, a pareti liscie, dove è deposto l'uovo (che per questa specie ha da 7 ad 8 mill. di diametro massimo, per 4 di lunghezza). Poi, la nicchia è chiusa dalla madre stessa, che vi costruisce sopra una vòlta della medesima sostanza. Di qui in poi interviene il maschio, che, rimaneudo nel fondo della galleria, riceve le bracciale di fimo, che la femmina raccoglie e fa cadere nel fondo della galleria, le accomoda in strati orizzontali, le comprime con una specie di follatura e cosi il deposito si innalza nella galleria, fino all'altezza voluta, mentre una buona parte, la più alta della escavazione, rimane poi aperta e vuota. Durante questo lavoro la femmina ha avuto cura di stipare e quasi cementare le pareti della gal- leria. L'ammasso di sostanza destinata alla nutrizione della larva ha, dunque, la forma di un salsicciotto (fig. 581), e la coppia ne fa parecchi prima che la femmina abbia esaurita la sua attività riproduttiva. Tale lavoro si inizia in autunno, cioè in settembre ed ottobre e continua fino durante il mg$% Fig. 581. — Spaccato di terreno conte uente il nido di Gtolrupes sterco» orius. Metà della grandezza nat. Da Kabre. Fig. 582. — Estrema porzione della so- stanza raccolta nel nido del Geo- trupes sìercorarius, in sezione longi- tudinale, per mostrare l'uovo in sito. Grand, nat. Da Fabre. L'ADULTO K GLI A III PKB LA CONSEftVAZIONB DELLA SPECIE 533 Fig. 583. — Bubas bison L., maschio, iu grandezza na- turale. mese di novembre, La nohiusura dolio uova avviene subito ; alcune però ritardano e pasBano così 'inverno per schiudere a primavera. l.;i larva interrompe la sua nutrizione e l'accres oimento du- rante l'inverno, nel qual tempo essa riposa immobile, in una nicchia, che essa si e preparata nella stessa sostanza che la nutre, tappezzata internamente dai propri escrementi compressi e spalmati in una liscia superficie. La larva può sopportare freddi intensi, anolie di una decina di gradi gradi sotto zero e cosi pure l'uovo, cioè una temperatura alla quale l'adulto, che pure sverna, perisce infallibilmente. È ben vero che l'adulto, per isfuggire tale pericolo, sverna entro una galleria, che si scava appositamente entro terra e che può essere profonda anche oltre un metro. Iu maggio, la larva incrisalida iu un bozzolo composto dei re- sidui, il più spesso molto abbondanti, dell'ammasso di cibo ap- prestatole, rivestito internamente come il follicolo in cui ha sver- nato. Quattro o cinque settimane più tardi schiudono gli adulti della nuova generazione e sor- tono di terra assieme ai vecchi, che hanno svernato. Cli adulti che provengono da uova, che hanno passato l'inverno, schiudono solo in au- tunno. Bitbas Bisox L. — Non troppo diversamente si comporta il comune e bello Bubas bison L. nostrale, il cui maschio ha due cornetti sul capo (fig. 583) ed il suo protorace si al- lunga in una appendice corniculi forme. La pre eipua differenza col Geotrupe» già veduto, per ciò che riguarda il nido, consiste nella molteplicità delle gal- lerie secondarie, che possono essere quattro o cinque, e immettono, tutte insieme, iu una galleria di accesso u- nica, che si apre al- l'esterno (fig. 584). Onthopiiagus. — Le specie di questo genere, che sono così comuni negli escremen- ti di Bue, scavano nidi presso a poco simili a quelli di Geoirnpes so- pra veduti, ma la gal- leria verticale si allarga in basso in una vasta cella, nella quale sono ammucchiate dalla madre le provviste di cibo, consistente iu un abbondante ammasso dei detti escrementi. L'uovo è deposto fra questi, in una cameretta relativamente molto ampia, le cui pareti sono abbon- dantemente ricoperte di quella pappa fluida, che si è ricordata come primo cibo delle larve di tutti i Lamellicorni coprofagi. Geotrcpes (Typhaeus) tvpiiaeus L. — In confronto dei Geotrupes veri sopradetti, questa specie (colle congeneri a maschio provvisto di vistose corna sul protorace) nella preparazione delle riserve nutritive per la larva concorre con ambedue i sessi oltreché alla escavazione del nido. La coppia inizia la nidificazione in marzo, scavando, in terra, uua galleria verticale, profondis- sima, fino ad un metro e mezzo (ed oltre). In fondo alla galleria è deposto l'uovo e sopra a questo viene, dalla madre, ammassata la sostanza nutritiva; escrementi di pecora ridotti in ' '' -' 'd£> Fig. 584. — Sezione del terreno col nido di Bubas bison. Tre in sezione e mostrano le uova. Graud. nat. Da Fabro. rami sono 534 CAPITOLO QUINTO bricioli ed impastati convenientemente dalla madre. Intanto, il maschio, che ha aiutato l'escava- zione, sopratutto col portare fuori della galleria i detriti di terra, si inerte alla ricerca delle pillole deyli escrementi suddetti, le spinge o le porta cogli arti anteriori nella galleria e le introduce in fondo, lino a poca distanza dall'estremo cunicolo, dove lavora la femmina. Inoltre, il maschio, aiutandosi anche colle corna del protorace per trattenere le pillole, col mezzo delle zampe an- teriori riduce queste in frammenti, che cadono là dove la femmina lavora e da questa sono mi bito messi in opera. Copris hispanus F. (flg. 585). — Anche per le specie di questo genere si verifica il fatto dell'intervento del maschio, in aiuto della femmina, nella costruzione ed approvvigionamento del nido. Rispetto ai Geotrupe» è innegabile un progresso, inquantochè è scavata un'ampia camera; la materia ammucchiatavi è lavorata in modo molto accurato e paziente, prima di ricevere l'uovo, ed, inoltre, ciò che più merita attenzione, la madre sta a sorvegliare e proteggere la propria figliolanza fino alla fine della ninfosi. È questo, dunque, uno dei casi rarissimi, presso gli In- setti, nei quali la prole è veramente allevata od almeno sorvegliata dalla madre, fino a suo com- pleto sviluppo. Fra gli Insetti non sociali poi, questo esempio è pressoché unico e per tale costume questa maniera di nidi pedotrofici audrebbe ricordata sopra ogni altra, al confine col ceuobismo. In confronto però cogli Alheiuus, che conosceremo tosto nelle loro funzioni materne e colle Api e Vespe solitarie, i Copris hanno lavoro meno complesso, inquantochè non trasportano, senouchè di pochi centimetri di distanza, la materia che deve nutrire la loro prole. Fig 585. — Copris hispanus Fabr. T ,...,. Maschio veduto di lato, in gran- La eoPPla» dl conserva, scava (in giugno) un'ampia ca- dezza natnr. mera, a circa venti centimetri sotterra, in cui potrebbe capire quasi il pugno di nn nomo. La galleria d'accesso viene a sboccare sotto l'ammasso di provviste. Le pareti della grotta sono debitamente 'compresse ed ir- robustite. Al di fuori, sul terreno, questi nidi sono rivelati dal mucchietto di terra espulsa. Il maschio e la femmina, togliendo dalle immediate vicinanze gli escrementi di Pecora (giacché pel nutri- mento della larva questi soli sono i piti adatti, mentre, a nutrizione degli adulti, bastano anche quelli meuo ricchi di Cavallo, Bue, ecc.) e, trasportandoli, a bracciate, fra le zampe anteriori e camminando a ritroso, li dispongono entro la grotta, fino a riempirla quasi totalmente. Ciò fatto, il maschio ha compiuto la sua parte, esso si ritira, esce all'aperto e vive per suo conto, lasciando alla femmina le sue funzioni materne. La madre non escirà ormai più dal nido, se non in autunno ed assieme alla sua figliolanza, ormai allo stato perfetto. L'insetto, rimasto nel nido, per tutta una settimana e più, lavora la massa di materiale ac- cumulato e, salendovi, camminandovi sopra e comprimendola e spianandovi con grandissima cura e pazienza tutte le ineguaglianze, la riduce in un blocco di forma ovale, più o meno com- presso a focaccia e levigato. Di questo cibo la madre non si nutre affatto, esso è destinato tutto alla figliolanza; la madre auzi digiunerà per tutto il tempo in cui dura l'opera speciale al suo sesso. Uopo ciò, l'insetto, mercè il suo clipeo tagliente e le tibie anteriori armate di denti all'e- sterno, ritaglia dalla massa rotondeggiante un blocco di determinata grandezza e, comprimendolo e lisciandolo al solito modo e colla diligente pazienza consueta, camminandovi sopra, ecc., lo riduce a forma sferica. «Verso la fine del secondo giorno, intanto — dice il Fabre, a cui si devono tutte queste belle osservazioni, esposte nel suo brillante stile — il globo è giudicato convenevole. La madre monta sulla cupola del suo edificio; ella vi scava, sempre colla semplice pressione, un cratere poco profondo (fig. 586, A). In questa scodelliua l'uovo è deposto. « Poi, con una circospezione grandissima, una delicatezza estrema per strumenti così grossolani, le labbra del cratere sono avvicinate per fare vòlta al di sopra dell'uovo. La madre lentamente gira, raschia un poco, riconduce la materia verso l'alto, finisce di chiudere». L'uovo è cosi rinchiuso nella parto alta, più acuta del blocco a forma di pera, derivato dalla palla sferoidale di prima (tìg. 586, £)). r.'AIH'I.TO B OLI ATTI PER LA CONSKKVAZIONK l>F,I.r,A SPBCIK 535 ;i Fig- 586. - Fabbricazione della pera, in cui il Copris hispanm deponi- il suo novo. A, svasatura per costruire la camera dove deve stare l'uovo; li, sezione longitudinale della pera fertile, col «no novo in sito. Grandezza uat. Da Fabre. Altre ventiquattro ore som» trascorse nel minuzioso lavoro suddescritto ; in totale quaran- totto ore e qualche volta piti occorrono all'insetto per accomodare questa pera t'eri ile, elio ha una quarantina di millimetri nel suo maggior diametro e circa 34 nell'altro. Dopo ciò la madre ricomincia il lavoro, per formarne un'altra ed un'altra ancora, tino a che tutto l'ammasso primi- tivo di sostanza accu- mulata nel uido è tra- sformato in un certo numero di blocchi pi- riformi, ognuno col suo uovo all'apice. Essi non sono mai piti di quattro e questo è il massimo numero di fi- glioli ohe sorgeranno danna coppiadi adulti; ma esso può anche ri- dursi ad uno soltanto, perche spesso accade di trovare nel nido non piti di una di cosi fatte culle. A tanto può es- sere dunque ridotta la f udita di una specie, quando è di altrettanto aumentata la protezione delle forme giovani. Sui blocchi piriformi, che stanno tutti disposti colla parte più acuta e dove risiede l'uovo, all'insti appoggiati l'uno contro l'altro, la madre permane continuamente a loro sorveglianza e tutela (lig. 587). .',.v'-V-'- Essa ne to- glie tutte le pos- sibili vegetazioni fungine, li liscia, li cura e ne ot- tura subito le screpolature, che il disseccameli to potrebbe pro- durvi e tutto ciò per la durata anche del pe- riodo larvale e ninfale dei suoi figli, finché, alle prime pioggie di autunno, sortono dal nido la madre e la sua. progenie, tutti nella iden- tica vesta. 11 maschio, intanto, durante tutto questo tempo se ne è stato a se, esule volontario, vivendo fuor di terra, cerio a contrag- genio, pur di non turbare l'opera materna nel suo nido. « Amico dei profondi sotterrane — eontinna il Fabre — della freschezza e della oscurità, esso (maschio) ostinatamente staziona ne mesi all'aria, al secco, alla luce; esso rifiuta di sfuggirvi, per timore di turbare le cose sante che si compiono là sotto ». Il Faine ha potuto fare dei rilievi, molto importanti a proposito di questo insetto, nelle suddescritte funzioni. Egli ha constatato, intanto, che la madre riconosce esattamente le pere con- tenenti l'uovo da quelle che non lo hanno, pur affettando esse lo stesso aspetto esterno e la stessa lig 587. — Nido di Copris hispanus con quattro pere fertili. Circa due terzi della grand, nat. Da Fabre. 536 capitolo quinto Fig. 588. — Copris lunaris L. Maschio in grandezza natur. Da Brelim. forma. Tale sicura cognizione è necessaria perche la scodellina è scavata per pressione, come si è detto, e perciò, se la madre non fosse certa della presenza o meno di un uovo in un blocco di materiale, correrebbe rischio di schiacciarne qualcuno, volendo praticare l'infossamento su un blocco già fertilizzato. Il lodato Autore ha osservato, ancora, che l'uovo aumenta di volume assai, fino a triplicare, nei quindici giorni che intercorrono fra la sua deposizione e la schiueura. È da ammettersi una nutrizione dell'uovo per via osmotica, nel coutatto colla sostanza ambiente. Egualmente il Fabre constatò le continue assidue cure della madre per impedire ogni vegetazione di funghi sulle pere e, per riparare, come si è detto, ad ogni eventuale soluzione di continuità. Blocchi, feriti più o meno attorno l'uovo o quando contenevano la larva sono stati presto restaurati dalla madre stessa, e nel se- condo caso, anche coli' in ter vento della larva, sebbene assai poco ef- ficace. Le medesime cure una madre ha prodigato a blocchi feriti tolti da altri nidi, fino ad una dozzina; adunque, con perfetto altruismo. La ninfa è formata in fine di luglio; ed un mese più tardi schiude l'adulto, il quale, però, non fuoriesce subito, ma si trattiene nel nido, fino a completo rassodamento e colorazione della sua veste cbitinosa, pel che occorrono ancora quindici giorni e fino a che le pioggie autunnali non abbiano rammollito le pareti del suo boz- zolo e del nido, così che la schiusura sia possibile. La madre sorte colla sua prole, che essa ha curato fino allora, ma, giunta fuori di terra, essa piti non se ne occupa ed ogni indi- viduo provvede a sé. In modo analogo si comporta anche qualche altra specie di <7o- itris, come ad es. l'altra nostrale C. lunaris L. (tìg. 588). Athkucos sacer L. (fig. 590) e specie congeneri. — È ben nota l'abitudine di questi Insetti di rotolare sul terreno pallottole di escre- menti di mammiferi e se ne tratterà abbastanza nel seguente capitolo, giacché un tale lavoro ha per iscopo, il più spesso, il trasporto di materiali da riporsi per la nutrizione dell'individuo. Ma anche per provvedere all'opera della riproduzione, cioè per la nutrizione della futura larva, il materiale raccolto dall'adulto è, talora, nello stesso modo trasportato a distanza. Ecco perchè, sotto questo punto di vista, l'opera d'approvvigionamento del nido è più complessa pegli Atheucus e specie di generi affini, che non pei Geotrupe! e Copris già veduti. Salvo ciò le cose si passano come pei Copris ricordati, cioè colla modellatura di una pera di escrementi di Montone (od umani), la quale ha un collo anche più allungato e sot- tile, che non quella dei Copris, una forma, cioè, più esatta- mente di pera. Essa è molto bene tornita e levigata e nella parte, superiore, assottigliata, è contenuto l'uovo, che, per lo .Scarabeo sacro, è lungo circa 10 mill. e largo 5 mi 11. La pera misura circa 45 mill. di lunghezza su 35 di larghezza (le più piccole misurano 35 mill. per 28). L'uovo è contenuto in una camera di incubazione, nella quale rimane sospeso, essendo attaccato, per un suo polo, alla vòlta, per mezzo di una so- stanza appiccicaticela. Nel nido di A. sacersi trova sempre una sola pera ed è contenuta in una caverna grandetta, scavata sotterra circa 10 centim , ove potrebbe capire comodamente il pugno di un uomo, alla quale camera si giunge per una galleria diritta o sinuosa, che mette all'esterno con altra ver- ticale. La terra, rigettata all'esterno per questa escavazione, fa un piccolo nionticello sulla maniera di quello che fanno le Talpe, ma assai più piccolo. Il Fabre dimostra, con buoni argomenti (soprattutto ricordando che la sfera è tra i solidi la Fig. 589. — Larva di Copris carolina (dell'America del Nord), in grandezza nat. 1 tagli autori nord-ameri- Fig. — 590. Allieiicus sacer, prono, in grandezza natur. L'ADULTO E l i II AITI PKIi LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 537 forma oon minoi superficie in confronto al volume), che la forma di pera, cioè per buona parte sferoidale ò la più indicata, per ritardare al massimo possibile il disseccamento dell'intera massa, tanto più clie, per l'evaporazione, si asoiuga un sottile strato superficiale, che diventa durissimo, ed impedisce od arresta di molto la evaporazione della polpa più interna, la quale, cosi, si oonserva adatta ai bisogni della larva. Invece, l'uovo è collocato nella parte assottigliata, perchè sia meno ostacolata la sua respi- razione, che se questa dovesse accadere attraverso un più denso strato di quella sostanza nutritiva, come avverrebbe se l'uovo stesso giacesse nel centro della parte sferoidale della pera, non sa- • abbastanza e l'uovo perirebbe per asfissia, come sperimentalmente il Fabre ha provato. Oltre al disseccamento, che nei grandi calori di luglio è da temersi assai in ambiente così poco discosto dalla superfìcie del terreno, esposta ai più cocenti raggi solari, la pera deve anche temere delle muffe ed altre produzioni fungine, che, in quell'ambiente rinchiuso se non del tutto asciutto, si formerebbero ben presto, determinando screpolature della superficie della pera e, conseguentemente, la sua rovina, con morte della larva. Il Fabre inclina a credere che la sorveglianza, da parte della madre, abbia per iscopo non solo il pronto obliteramento delle fenditure e screpolature, che si formassero alla superfìcie della pera, ma anche la rimozione delle muffe od altri funghi, fino dal loro apparire. Questo ultimo ufficio però, io, per mio conto, ritengo debba piuttosto assegnarsi a talune specie di Acari, e più precisamente alle Uropode, che non mancano mai di convivere con tutte le specie di Insetti, i cui nidi si trovano in ambienti suscettibili di permet- tere lo sviluppo di muffe, che sarebbero micidiali alle forme gio- vanili degli Insetti stessi (V. pag. 16 ed altrove). Il pericolo poi di distruzione delle pere per opera di Acari . _„. _ , . , Fig. 591. — Gymnopleurus coprofagi, ad es. Tiroglifidi, è evitato in grazia di altri Acari pre- pillularius (L.) prono, in datori, sopratntto Gamasidi, i quali pure accompagnano sempre grand, nat. le specie di Insetti coprofìli. Qui è tutto un capitolo interessante di simbiosi tra Acari determinati e speciali Insetti e converrà riprenderne la storia, allorché si verrà a trattare dei rapporti simbiotici fra Insetti ed altri Artropodi. La larva degli Atheucus nasce iti primavera e dopo 4 a 5 settimane è matura. Essa ha co- minciato a divorare il cibo preparatole, dall'alto della pera e riempie intanto la camera di incubazione dei propri escrementi. Questi poi le servono ad intonacare internamente e rinfor- zare le pareti della pera, quando è completamente vuotata. In questa nicchia la ninfa passa altre quattro settimane circa, così che, in agosto, entro la pera, è rinchiuso l'insetto ormai adulto. Ma esso non può uscire dalla sua prigione se l'acqua nou ne rammollisce le pareti durissime, cos'i che conviene attendere la prima pioggia della fiue di agosto. Allora, l'adulto rompe l'involucro protettore e già iu settembre può uscire all'aperto, per nascondersi nuovamente nei primi freddi e passare, ben riparato sotterra, l'inverno. Lo Scarabeo sacro, si è detto che deposita una sola pera per ogni cella sotterranea. Con «io si deve ammettere che esso deve scavare più camere sotterranee, in più volte, e corredarle ciascuna di una pera feconda. Alrro specie congeneri, come l' Atheucus laiicollis L., mettono due pere per ogni nido. I Gymnopleurus (fig. 591), di costumi simili a quelli degli Alheucus (o Scaraboeus che dire si vogliano), sono, però, di questi più piccoli della metà. Essi pure appallottolano escrementi di mammiferi, per nutrirsene e nutrire le loro larve. Le pere fatte dal G. pillularius L., insetto comunissimo da noi, sono lunghe 20 mill. per 15 di diametro massimo. Esse somigliano, per la forma, a quelle degli Ateuci. Così si comportano, nel curare il buon allevamento della figliolanza, questi Lamellicorni coprofagi, meglio dei quali non fauno, per ciò che riguarda la ni- dificazione e la nutrizione della prole, se non gli Imenotteri solitari e sociali. Dei primi conviene discorrere ora; dei secondi solo più tardi, allorché si trat- terà delle Società. A. Beklese, Gli Insetti, II. — 68. 538 CAPITOLO QUINTO Imenotteei solitari. — Il più alto grado di perfezionamento nella costru- zione ed approvvigionamento dei nidi, come pure nella protezione della prole, all'infuori della condizione sociale, è raggiunto da taluni Imenotteri, che appar- tengono a famiglie diverse. Di questi alcuni, nello stato di larva, sono vegetariani, altri, invece, carni- vori, o, per meglio precisare, si nutrono di insetti freschi; sono, cioè, entomo- fagi. Si può dire che il nutrimento dei primi è sopratutto a base di miele e questo è il regime di tutti gli Imenotteri della grande famiglia degli Apidei noncbè di qualche genere della famiglia dei Masaridae, fra i Diploptera, mentre gli insettivori appartengono a diverse famiglie del grande gruppo dei Vespidi B D E G Fig. 592. — Alcuni Apidei solitari nostrali (Authofoiini) fra i più comuni, in A, B, Anthophora acervorum (L.l. maschio e femmina; C, D, Anthophora Telusa (D. T. maschio e femni., È, G, Eucera longieomis (L.) Scop. femmina (E) e maschio (G); F, Anthophora parietina (F.) femm. Tutti in grand, nat. Da Kiinckel d'Hercnlais. (Diploptera e Fossores o Crabronidae) (1), cosi che è in uso anche la distinzione in Imenotteri solitari melliferi (Apidei) e predatori (Vespidi). All'infuori di questa fondamentale differenza, si possono registrare corrispon- denze notevoli uella maniera di nidificazione tra l'uno e l'altro gruppo. Tanto pegli Apidei che pei Vespidi, si potrà riconoscere una conforme maniera di ni- dificazione allogata entro cavità accidentali del terreno, dei legnami, dei muri e perfino nei gusci vuoti di Chiocciole terrestri (fig. 005), specialmente del genere Eelix, i quali sono utilizzati così bene ad es. dalle Osmio, (Apidei), come da (1) Secondo il De Dalla Torre (Catalogna Hymenopterornm) il grande gruppo dei Diploptera, contenente Vespidi solitari e sociali, comprende, fra i primi, le sottofamiglie: Mataridinae, Eumeninae. L'altro gruppo, molto maggiore, cioè dei Fossores o Sphegidae, abbraccia le famiglie dei J/«- tillidae, Thymnidae, Scoliidae, Sapygidae, che sono parassiti ilei nidi d'altri insetti, mentre le altre due famiglie (Pompilidae e Crabronidae) sono composte di Vespe solitarie, non parassite. La grande famiglia dei Crabronidae è poi suddivisa, secondo il detto Autore, in ben 17 ric- chissime sottofamiglie, che sono: Pemphredoninae, Ampulicinae, Sphecinae, Philanthinae, Bembeci- nae, Stizinae, Exeirinae, Gorytinae, Entomosericinae, Mellininae, Alysoninae, Nyssonìnae, Sericopho- rinae, Crabroninae, Larrinae, Nitelinae, Trypoxylinae. /.'ADULTO K GLI ATTI l'Ki; I.A CONSKRVAZIONE DELLA SPKCI1S 539 Odineridi, Pompilidi, ecc. fra le Vespe; analogie si troveranno anche nella co- struzione di nidi in muratura, come, ad es., fra le Chalicodoma (Apidei) ed Eu- nienidi, Pompilidi, Sfegidi fra le Vespe. Della nidificazione sotterranea, previa escavazione di una galleria, troveremo esempi conformi nell'uno e nell'altro gruppo, persino nella costruzione di una specie di galleria in muratura, che pre- cede l'ingresso nel nido, scavato in terra o nelle muraglie (Anthopora pegli Apidei, Odinerus, ecc. pei Vespidi). Nel seguire la maniera di nidificazione e di provvigionamento dei nidi nel- l'uno e nell'altro gruppo si vedrà come si possa avvicinarsi a quel cenobitismo, di cui le Società sono la più alta espressione; ma, ancora, si noteranno vie di passaggio verso il parassitismo, verso quella condizione, cioè, nella quale la madre non si prende cura alcuna per la preparazione del nido, ma profitta del- l'ospite, che ne è il legittimo proprietario, spogliandolo della sua dimora ed in- sieme della vita. La particolare maniera di ectofagia dei Vespidi solitari, si vedrà, inoltre, costituire un evidente passaggio a quella endofagia, della quale si tratterà, ap- punto, a proposito del parassitismo, secondo le sue diverse maniere, del che sarà detto nel capitolo seguente, ove si discorrerà dell'individuo negli atti per la sua conservazione. Quanto alla nidificazione, la maniera più semplice è quella per cui la madre mette a profitto una cavità preesistente, scavata in un corpo duro e la adatta al suo scopo, per lo meno ripulendola, disponendovi le provviste per la futura prole, deponendovi l'uovo e quindi chiudendo il tutto con un tappo di sostanza varia, più comunemente di terra impastata colla propria saliva o con qualche altro mastice (resina presa dagli alberi, pasta di foglie tritate, ecc.). Così sono mifssi a profitto non solo i buchi ed altre cavità nel terreno, ma, ancora, quelli nelle muraglie, nei legnami, gli stessi nidi abbandonati, costrutti in muratura da parte di altri Imenotteri e, molto spesso, le cavità fra gli internodi delle canne, più comunemente, da noi, della Arundo donax, oppure i rami secchi di piante a midollo molto grosso ed è così che, ad es., il Rovo (Rubus) dà albergo, nei rami secchi, privati del midollo, ad un gran numero di specie diverse di Apidei e Vespidi, che vi fanno, entro, il loro nido (fig. G04). Anche molte specie dell'uno e dell'altro gruppo, le quali usano, più comu- nemente, costrurre nidi molto più complessi, in muratura od altrimenti, pure, incontrando ormai pronte cavità o buchi, secondo quanto si è detto, non disde- gnano di profittarne, se loro couveugano e così si risparmiano molto lavoro ed ottengono egualmente lo scopo di accomodare il loro nido in ambiente adat- tissimo. Una maniera di nidificazione, alquanto più complessa, è rappresentata da gallerie sotterranee (figg. 608, 609, 611, ecc.) che la madre stessa scava ed ac- comoda a suo modo, altre volte è, invece, il cemento di una vecchia muraglia, purché abbastanza friabile, che viene scavato dall'Imenottero, oppure il legname secco e morto da tempo {figg. 613, 614), purché esso pure non molto resistente. Un progresso è rappresentato, poi, dalla costruzione, in muratura, di una galleria cilindrica, la quale mette al foro scavato ed è eretta od inclinata sul foro stesso, che è l'orifìzio del nido sotterraneo (tìgg. 618, 619, 620). Di qui si procede ad un perfezionamento notevole, che consiste nella costru- zione di celle (figg. 628, 629, ecc.) entro ciascuna delle quali è deposto un uovo, culle provviste per la nutrizione della larva futura, e le celle stesse sono fab- bricate in muratura, cioè con una pasta di terra imbevuta di saliva e piccoli sassolini cementativi per entro. Spesso, l'insieme di queste celle è rivestito da 540 CAPITOLO QUINTO un robusto strato del medesimo impasto, riuscendone così un blocco unico, molto resistente. Simili costruzioni sono fissate assai tenacemente sulle pietre, sulle muraglie o sui rametti di qualche pianta (da figg. 021 a 630). Finalmente, una graziosa e delicata maniera di costruzione si è quella per cui le celle sono fatte mercè pezzetti di foglia o di petali dei fiori, avveduta- mente tagliati e preparati dalla madre ed accomodati entro qualche cavità, così che ne risultino le camerette, in cui si devono svolgere gli insetti durante il periodo larvale (flgg. 616, 617). Le provvigioni, ho detto già, che variano fondamentalmente, per la loro na- tura, a seconda che si tratta di Apidei o di Vespidi. Pei primi, la madre, costruita la cella, prepara un deposito di una pasta formata di miele e polline o soltanto del miele e sopra vi depone il suo uovo (flgg. 612, 613). Ma, pei Vespidi (ad eccezione di qualche genere della sottofamiglia dei Ma- sarinae fra i Diplotteri, come Ceramius, Celonites, che. provvedono le loro celle di miele) nonché pei Crabronidi, la pratica dell'approvvigionamento del nido si collega con istinti assai più complessi del semplice bottinamento sui fiori. Si tratta della caccia ad insetti o ragni, sempre della medesima specie o di affini, per ciascuna specie di questi Imenotteri predatori; di atti che hanno per iscopo di mettere la vittima nella impossibilità di locomuoversi, pur rimanendo in vita e offrire così la sua carne fresca alla voracità della larva della vespa e, finalmente, del trasporto nel nido precedentemente preparato, della vittima così condizionata, sulla quale è deposto l'uovo. Tutto questo lavoro è semplificato soltanto per alcune specie, le quali, come ho già accennato, cacciano la vittima nella sua stessa casa e questa diviene così il nido dell'imenottero, perchè, sulla vittima, messa nella impossibilità di fuggire, l'imenottero depone il suo uovo, dal quale nasce presto la larva, che si divorerà completamente il legittimo proprietario della dimora. Questa è quella transizione ad una maniera di parassitismo, alla quale ho accennato. Modo di approvvigionamento del nido negli Imenotteri predatori. — Il più alto grado di perfezionamento negli istinti è messo in atto da questi Imenotteri predatori, sopratutto nella caccia e nella lotta contro animali terribi- lissimi, spesso più voluminosi assai del cacciatore medesimo ed armati non meno temibilmente, ma che, nella lotta, non possono mai sperare la vittoria ed è per loro grandissima ed insolita ventura se possono soltanto sfuggire all'attacco avversario, che è sempre, con ogni ragione, temutissimo. La Vespa predatrice deve, preparato ormai il suo nido, scovare anzitutto l'Insetto od il Ragno da darsi in pasto alla futura larva. Si tratta sempre di un Artropodo terrestre, ma i Miriapodi ed i Crostacei non sono altrimenti desiderati. Ho detto che le specie vittime variano a seconda delle specie o dei gruppi maggiori di Vespidi. Ad es. tutti i Poinpilidi (Imenotteri di forme svelte, agilissimi, irrequieti, che si vedono correre qua e là, a scatti, sul terreno o sulle piante, vibrando continuamente le ali e le antenne, mentre stanno braccando) cacciano solo Ragni, dalle specie più piccole, che sono la preda delle Vespe di questa famiglia di dimensioni minori, tino alle gigantesche ìlygale, che sono cacciate dai più grossi Imenotteri della famiglia (1). (1) Le abitudini degli Imenotteri di questa famiglia, illustrate da molti naturalisti, erano conosciute anche ad Aristotile il quale disse: « Le Vespe dette Icneumoni » (nome più tardi ri- servato ad altro gruppo di Imenotteri) e ... uccidono i Ragni, ne infossano i cadaveri nei muri in rovina o nei buchi d'altri corpi e ne chiudono l'orifizio con argilla. Di là nascono le Vespe cacciatrici ». L'ADULTO !•" GLI ATTI PKR LA CONSERVAZIONE DKM.A SPECIE r.4! Fig. 593. — Pepai» formosa Say del N. America, iu grandezza naturale. Il nostro Calìcurgus anuiilatns Fabr. bellissimo Pompilideo, variegato di giallo e di nero, raggiunge la statura di un Calabrone ed è il maggiore tra le specie europee. Esso va a caccia delle nostre più grosse Tarantole, che hanno dimora sotterranea, nei cunicoli altrove descritti (pag. 118). Ma, i Pompilidi esotici di maggiore statura, come ad es. quelli che apparten- gono al genere Pepsis ed abitano le regioni sub- equatoriali ed equatoriali danno la caccia alle grosse Migale (Tav. I, fig. 1). La Pepai* formosa Say della California e del Texas (fi- gura 593), ohe è eerto fra i massimi Pompi li dei, è lunga ben 6 centimetri, con una apertura d'ali di 9 centi- metri ed è tutto nera, ap- provvigiona i suoi nidi con Migalidi, specialmente coli a voluminosa M. heiitzìi. La Pepsis heros Dahlb. di Cuba è anche maggiore perchè misura fino a 6 cent, di lunghezza. Molti Pompilidi cacciano Ragni vagabondi ed inseguono la loro preda, che tenta fuggirsene (e qualche volta riesce a farlo) mercè salti poderosi dall'uno all'altro filo d'erba e la Vespa fa altrettanto. Talora il Ragno è scovato su una pianta e, subito, appena si avvede della temuta Vespa, si lascia cadere perpendicolarmente a terra, ma l'Imenottero raggiunge il punto di dove il Ragno si è abbandonato nello spazio e di quivi anche la Vespa si precipita sul terreno e continua attiva- mente la caccia, fino a che ritrova la sua vittima e la raggiunge. I Ragni sedentari, cioè ohe stanno celati in una dimora, che essi stessi si sono costrutta o scavata, non sono per nulla difesi in questi loro ripari, dall'aggres- sione dell'Imenottero. II Fabre descrive il modo di cacciare del Pom- pilus apicalis Lind., predatore della Segestria perfida, che tende i suoi agguati sui vecchi muri, con brevi tele, nel cui fondo è una galleria rivestita di seta, che si approfondisce nel muro. La Vespa, camminando sulla tela, si presenta - all'orifizio del cunicolo e si trova così, faccia a faccia col Ragno ; essa deve però evi- tarne le terribili mandibole velenifere. In un momento di minor sospetto da parte del Ragno, l'avveduta Vespa atterra improvvisamente l'apice d'una delle zampe anteriori del Raguo e, con una sola stratta, toglie la sua preda dal cunicolo che la protegge e la fa cadere a terra. Quivi essa è vinta, perchè, intimidita, raccoglie le zampe e se ne sta immobile, ciò che offre buon gioco al- l'avversario per ferirla e paralizzarla colla sua puntura (vedi fig. 594). Le Tarantole (fig. 100) e gli altri Ragni affini, che fanno gallerie sotterra, le quali sono chiuse da un opercolo, che si alza ed abbassa, articolato a cerniera (fig. 118) sono anche meno bene protette contro l'aggressione degli speciali Pompilidi, che le ricercano, anche se l'opercolo protettore della galleria è trattenuto dal di dentro con fili di seta. Il Pompilide, braccando all'esterno, esplorando continuamente colle sue antenne il terreno, riconosce, probabilmente all'odore, se non per virtù di un senso speciale, la galleria comunque Fig. 594. — Uu Pompilide (Pompihtt na- ialensis Tasch.) mentre sta per por- tare via un Raguo ormai paralizzato. Grand, nat. Da Kiinckel d'Erculais. 542 CAPITOLO QUINTO nascosta bene, col suo opercolo benissimo chiuso e per noi non distinguibile dal circostante ter- reno. La Vespa ba due modi per penetrare nella galleria. Essa tenta di forzare l'opercolo e sol- levarlo a mezzo delle zampe anteriori e del capo. Auzi, alcuni Pompilidi, come il P. crassitarsis Costa ed il Planiceps rubrìvenlris Costa, come il P. plicatus Costa hauno la testa appiattita e le zampe anteriori molto robuste, per riescire meglio a forzare l'opercolo delle gallerie dei Mi- galidi. Altra volta, invece, o per meglio diro altre specie di Poinpilidi, riconosciuta una galleria chiusa, opera di un Ragno da essi agognato, subito si accingono a scavare una eontrogalleria obliqua, colla quale vengono a sboccare in quella del Raguo. Così fanuo ad es. il Pompilus vagaus Costa ed il P. effoàim» Feston (Italia meridiouale, Corsica), che iuseguouo grossi Ragni del geu. Nemesia. A proposito del P. vagane, il Feston (che ha fatto luughi, belli e fortunati studi sulla nidi- ficazione e sull'istinto degli Imenotteri solitari iu Francia, Corsica ed Algeria) fa rilevare il duplice morto di caccia, che varia a seconda delle stagioni. D'estate, la Nemesia sta in una galleria con una sola uscita, chiusa da opercolo. In questo tempo il Pompilo si limita a scavare la sua controgalleria, tenendo d'occhio l'opercolo di quella del Ragno, e non mette nel lavoro nessuna fretta. Tanto, se il Raguo tentasse fuggire, non può farlo senza passare iu vista dell'aggressore. Ma, in settembre ed ottobre, la galleria della Xemeeia è arricchita di uu'altra via di uscita. Essa è scavata ad U, e per due porte il Raguo può fuggirsene. In questo tempo le mosse della Vespa sono molto più energiche e rapide. Essa tenta l'opercolo od inizia lo scavo della contro- galleria per impaurire il Ragno, che finisce per scappare traverso l'altra apertura, quella secon- daria. Ma, la Vespa è sulle vedette e non appena la preda è fuori di terra, il Pompilo la aggre- disce di un balzo e la punge, la paralizza, vi depone sopra il suo uovo e poi la trasporta, inerte, nella sua stessa galleria, cosi improvvidamente abbandonata, e ve la chiude dentro, di dove il Ragno ormai non uscirà più ed in sua vece ne verrà fuori, a suo tempo, un Pompilo adulto della specie indicata. È degno di nota il terrore che si impossessa dei Ragni (animali pur essi molto formidabili, per la velenosità di cui dispongono) iu presenza delle Vespe della famiglia succitata. Pare che questi feroci Aracnidi, perdano, all'aggressione delle Vespe, ogni istinto offensivo e se non rie- scono a sottrarsi all'attacco con una pronta fuga, rimangono come paralizzati dal terrore, in attesa, pressoché rassegnata, di quell'altra paralisi vera, che li attendo per la puntura della Vespa. Certo, mentre le scene della caccia, inseguimento e lotta del Ragno colla Vespa e la quasi immancabile vittoria di quest'ultima (se la preda non ha potuto fuggire) è constatata da tutti gli osservatori, mai è citato un solo caso, nel quale il Ragno, usando dei suoi temuti mezzi offensivi, sia riescito a ferire la Vespa e riportarne trionfo. L'audacia dell' Imeuottero, che insegne fino nella sua dimora una vittima pur così perico- losa e grossa spesso e pesante assai più dell'aggressore è davvero meravigliosa. Uu'altra famiglia di robusti predatori, fra i quali si notano anche specie di dimensioni co- spicue, sebbene non così come quelle raggiunte dai maggiori Poinpilidi, è la famiglia dei Cra- brouidi, con rappresentanti iu tutto il mondo. Però, mentre i Pompilidi tutti (eccezione fatta dei Ceropalea, che hanno abitudini parassi- tiche) predano Ragni, i Crabronidi hanno un regime più variato, ben iuteso a seconda delle specie ed essi predano insetti di tutti gli ordini, ma, sopratutto Ortotteri allo stato giovanile, più che adulti, e bruchi. I Ragni nou sono però vittime esclusivamente dei Pompilidi, poiché anche fra i Crabronidi si notano predatori di Aracnidi. Così i Soeliphron (Pelopoeus di altri autori), belle Vespe, comuni auche da uoi, nere, colle zampe e col lungo peduncolo dell'addome gialli (fig. 625), che nidificano spesso auche nelle case, predano Ragni, sopratutto dei generi Epeira, Zilla, ecc. Anche i Miecopkiie (ad es. M. bicolor Dahlb., M. epurine Dahlb., M. galliais Koll. di Europa), che appartengono alla famiglia dei Crabronidi ed alla sottof. dei Nitelidi, prertauo Ragui, pic- coli Epeiridi e Salticidi. Egual costume praticano i Trypoxylon, piccoli Crabronidi della sottof. dei Trypoxyloiiini, che fanuo lor vittime essi pure Ragni, fra i minori. La maggior parte dei Crabrouidi, però, cacciano insetti. Le vittime non hanno di meglio a cui ricorrere per difesa propria se non una pronta fuga e qualche volta riescono, così, a sal- varsi. l'adulto K GLI ATTI per LA conservazione deixa specie 543 Gli Ortotteri saltatori (Locustidi, Grillini, Acridkli) si danno a far grandi salti, per sottrarsi all'attacco della Vespa, che li aggredisce, ma difficilmente riescono a sfuggirle, perchè anche la Vespa li insegne con lanci identici e quasi contemporanei, tanto che spesso (così hene l'Imenot- tero sa prevedere il balzo della preda), inseguito ed inseguitore cadono, con un salto egualmente lungo, ambedue nello stesso sito e la vittima é subito afferrata e punta dalla Vespa. I brachi vittime sono fittasi sempre tra quelli nudi, raramente (solo per qualche specie) sono predati anche quelli villosi. Le Vespe di questa famiglia, di dimensioni più grandi, cacciano sopratutto bruchi di Nottue, ad es. di Jgrotis e generi affini, ma questi, qualche volta, sanno salvarsi, interrandosi tosto, se la friabilità del terreno permette questa manovra e infossandosi sotterra o sotto a questa, sca- vando, allontanandosi rapidamente dal punto della minaccia. C'osi il Feston ha veduto, in più casi, riuscire a salvamento i bruchi di Agrotidi. Ad ogni modo, non è sempre senza lotta che il bruco è vinto dalla Vespa, perchè coi vivaci divincolamenti, coll'arrotolarsi, eco. la larva di Farfalla rende difficile all'aggressore il raggiun- gerla col suo dardo nel collo, dietro il capo, dove il bruco deve essere punto, per cadere in pa- ralisi, mentre tutte le altre punture, altrove sul corpo, che la Vespa non risparmia alla sua preda, non hanno effetto di immobilizzarla né di affievolirne le forze. II Fabre e di poi il Feston hanno notato le vivaci contorsioni alle quali si abbandona VAmmophìla kirmta Scop. dopo essere riescila a pungere il bruco dietro la bocca e paralizzarlo così. La Vespa abbandona la vittima ormai immobile e si agita vivamente sulla sabbia accanto, strisciando il ventre, le zampe e le mandibole chiuse sulla sabbia, in preda a vere convulsioni. Il Fabre giudica questi atti conte l'espressione della gioia pel trionfo, ma il Feston, più pru- dentemente e forse con più ragione, ritiene sieno dovuti all'effetto del liquido caustico, che il bruco emette dalla bocca durante l'aggressione e più all'atto della puntura efficace della Vespa, del quale liquido l'aggressore rimane imbrattato. Neppure le ilanlin, insetti cosi formidabili per quelle efficaci armi, che sono le zampe ante- riori, sanno vincere in una lotta contro quelle Vespe, che sono loro speciali aggressori. Il Fabre descrive la maniera con cui una Tachyupkex europea, che egli chiama manticida, e che, secondo il Feston, potrebbe essere la T. julliani Kohl. cattura le iluntis. La Vespa, osserva il Fabre, si libra a volo sulla ìlanlis, mentre l'Ortottero ne segui' ogni movimento e si mantiene in attitudine di difesa, colle zampe raptatorie anteriori pronte a scattare; ma, l'aggressore, cogliendo il destro di un attimo di disattenzione, si precipita sul lungo protorace della vittima e la ferisce istantaneamente, in corrispondenza delle zampe ante- riori, che tosto cadono paralizzate. Di poi, la Vespa, senza più alcuna fretta, discende, a ritroso, sul dorso della vittima e la ferisce nuovamente nel torace, con che anche le altre zampe sono ridotte immobili. Auclte una specie congenere (X. lùtei) dell'America settentrionale nutre le proprie larve con giovani Manti». Gli Acrididi, specialmente giovani, sono predati da specie dei generi Sphex, Tachytes, Ta- ehysphex, Solierella, ecc., die appartengono tutti a questa famiglia dei Crabronidi. I Locustidi e più che altro le loro forme immature, sono preda specialmente di altri Td- chytes e Tachy sphex, nonché di Larropsis e Palmodes della stessa famiglia. I Grillidi, sopratutto giovani, costituiscono il cibo preferito delle larve di Crabronidi dei generi Tachysphex, Latra, Lyroda, Notogonia (che sono tutti Latri ni e la stessa Grillotalpa sembra sia predata dalla Larra anathema Fabr.), ma anche di Sfegidi e d'altre Vespe. La Sphex maxillosa Fabr., comune nell'Furopa meridionale, preda specie dei generi Gryllus e Liogryìlus, che cerca sul campo e raggiunge con volo fulmineo e, dopo breve ma aspra lotta, rovescia sul ventre. Così, la Vespa, tiene sotto di sé supino l'Ortottero, standovi sopra ventre a ventre, ma in direzione rovescia e stringendo colle mandibole uno dei cerei del Grillo, i cui arti posteriori, pur così robusti, sono immobilizzati dalle zampe anteriori della Sphex, che, intanto, colle altre zampe trattiene l'Ortottero, abbracciandolo sui fianchi. La Vespa, colle zampe dell'ul- timo paio, posate sulla faccia della vittima, fa forza e ne respinge la testa, così da mettere allo scoperto la membrana del collo, traverso la quale essa immerge una prima volta il suo pungolo e, di poi, una seconda volta piauta l'aculeo nel petto della vittima, nella pelle sottile fra i due primi sterni. Il Grillo è subito immobilizzato e viene portato via, strascinato nel solito modo mi a volo, anche se la vittima è due o tre volte più pesante del vincitore. Poco diversamente si comporta con Acrididi dei generi Calipiamui, Oedipoda, Sphingonotus la Ó44 CAPITOLO QUINTO Sphex s uh fu scala Dlilb., essa pure nostrale che, afferrata la vittima, né abbandonandola non ostante i suoi salti vigorosi e disperati, la ferisce una prima volta nel collo, una seconda nella membrana sottile fra le zampe medie o, il più spesso, in quella che è interposta fra le zampe posteriori, che sono così subito immobilizzate. Anche questa Vespa dà, dunque, due sole pun- ture e raggiunge, almeno coli' ultima, certamente un ganglio nervoso toracale (Feston). I Blattarii sono predati, oltreché da taluni Tachysphex (ad es. T. lativalvU di Europa, che caccia le Eclobia e fuori d'Europa anche da specie del geu. Sphex) anche da Crabronidi Amplili- ciui dei generi Ampulex e Dolichurus. Gli Emittori Eterotteri, specialmente allo stato giovanile, sono fatti preda di Crabronidi, sopratutto dei generi Astata (Larrinae), le cui specie, pressoché tutte, sembra nutrano le loro larve di insetti di questo ordine, dai piccoli Capsidi e Ligeidi ai Pentatonidi, come pure gli Stilili e taluni Solierella e Plenoculiis. Gli Emitteri Omotteri, dalle maggiori Cicale, che sono predate da Spheoius, fino agli Afidi, che hanno nemici anche fra gli Imenotteri di questa famiglia, ad es. dei generi Pemphredon, Passa- loecus, Diodontus, Psen, Cemonus, Niiela, delle cui larve formano il nutrimento, pressoché tutte le specie hanno da temere per qualche Crabronide, che loro fa particolar la caccia, come ad es. i Fulgoridi, gli Jassidi, le Cicadelle, ecc., che sono insidiate rispettivamente da Goryles (il G. sulcifrons Costa di Europa preferisce il Phyleliis spumarmi L.), Alyson, Psen, Tachysphex (di cui una specie, T. rufirentralis Feston preda il comune Histeropterum grylloides Fabr.), ecc. I Lepidotteri non sono insidiati dagli Imenotteri di questa famiglia e di quella dei Vespidi se non nelle loro forme larvali, conforme si è già accennato. Le larve dei Microlepidotteri costituiscono il pasto prediletto di Vespidi dei generi Eumenes, Oìynerus, Diseoelitis (il I). zonalis Panz. di Europa caccia i bruchi della Piralide della Vite, Onectra pilleriana Schiffm.), mentre le larve di Nottuidi, sopratutto, sono predate dalle Ju- mophiìa. Forme larvali di Coleotteri, specialmente dei minori (ad es. Balaninus, Phytonomns, Apio», Sitona ed altri Curculionidi, Lasiodcrma ecc. sono scovate e rapite da Vespidi, sopratutto del ge- nere Odynerm (VO. spinipes L. studiato dall' Audouin), mentre gli adulti di parecchie specie, fra le minori, contano numerose Vespe, che li predano, specialmente nel genere Cerceris (Phiìan- thinae). Ad es. parecchie specie di Curculionidi di generi differenti, sono scoperti molto sagace- mente (uè loro giova darsi per morti, per salvarsi) da più specie di Cerceris, anche nostrali e parecchi Buprestidi, di statura minore, formano lo scopo della intensa caccia da parte della Cer- ceris bnpresticida. È da notarsi che queste Vespe sanno benissimo rintracciare, fino per entro le loro gallerie, nel legno morto, diverse specie di Buprestidi adulti e ne raccolgono, nei propri nidi, un gran numero, anche di quelle forme che l'entomologo collezionista non sa trovare od incontra solo molto raramente nella stessa località. Una specie di Cerceris (C. arenaria L. di quasi tutta Europa e parte dell'Asia), che preda Curculionidi, secondo le osservazioni del Lepelletier, saprebbe trovare e toglier di dentro ai loro follicoli ed altri ripari, i Curculionidi ormai adulti, ma non ancora induriti bene nel loro tegu- mento e quindi tuttavia immobili e molli e che tali continuerebbero a rimanere per quella de- cina di giorni, che occorrono alla larva della Vespa per divorarli, così che non sarebbe necessaria la paralizzazione per assicurarne l'immobilità. I Ditteri adulti, per quanto eccellenti volatori, anzi ottimi fra tutti gli Insetti, non sfug- gono alla caccia assidua di particolari Imenotteri predatori, che li sanno sorprendere e cogliere, più che altro sui fiori che frequentano. A proposito di questo ordine, si nota che non si ha quasi scelta delle vittime, poiché ad una stessa specie predatrice sembrano fare al caso Ditteri dei gruppi i più disparati, sempre però solo Ditteri, ed è cosi che, ad es., in uno stesso nido, poniamo di Oxybelus, si possono trovare specie diversissime, dai Muscidi agli Anofelidi e Culi cidi. Anche i Crabro hanno abitudini analoghe (fig. 614) e così pure i Mellinus (Mellinini), come qualche speeie forestiera del gen. Trypoxyìon (ad es. il T. friijidum .Smith dell'America settentrionale, che porta nel suo nido Ragni e Mosche, caso questo ben raro di tanta diversità nella natura degli Artropodi predati), mentre i Bembex, che sono più grossetti e robusti, portano nei propri nidi i Ditteri di dimensioni più cospicue, persino i Tafani e nemmeno gli Asihis, che pure sono feroci predatori, si salvano dall'aggressione di questi Imenotteri, anzi i Bembex e Monedtria (Bembecini) sono pressoché predatori di Ditteri esclusivamente. II Crabro wesmucli Liud. porta nel suo nido le larve di piccoli Tipulidi L'ADULTO 1 GLI ATTI l'KK LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 545 Neppure gli Imenotteri souo sciolti dal tributo, che qualche specie paga ai predatori del loro stesso ordine. In generale, però, sono le forme di statura più modesta ([nelle che fungono da vittime, ma, non si salvano neppure quelle anche mezzanamente grandi, come la stessa Ape mellifica, la quale, infatti, conta fra i suoi piti temibili nemici talune specie di Philavthua (Pbilanthini) e tra queste più ovvio è il comune I'h. tiinngitliim L. Eppure l'Ape è foruita di un ben formidabile puugiglioue e sa usarne egregiamente. Altri Apidei, meno voluminosi, come le Anlhrena egli Ea- liotus, sono ricercati nei luoghi e nel tempo iu cui essi stanno preparando i loro nidi sotterranei e quivi aggrediti fuor di terra da Philanthus e Cereeris (ad es. C magnifica Sebi, e C. rybiensis L. di Europa). La C. emarginata Pauz. di Europa rapisce anche specie dei generi Panurgns, Prosopil fra gli Apidei, oltre le Anthrena. (gualche specie del genere Crabro (C. fonnicariits Fest., C. luieicollh Lepell., pei quali il Perez istituì il genere distinto : Fertonins, 189C) danno la caccia alle Formiche, più spesso al T'aumenta erraticum, le cui forme neutre si trovano paralizzate nel nido di queste Vespe e qualche specie del gen. Lindenius, che souo fra i più piccoli C'rabronidi, provvedono le lóro larve coi più minuti Imenotteri del gruppo degli leueumonidi (Ophionidae) e dei falciditi (Pteromalus, ecc.), le cui spoglie si trovano poi incrostate sul bozzolo sericeo filato dalle larve, che stanno mutandosi in ninfe (fig. 595, B). Un O&ynerni (O. punetisona Fest.) di Europa porta nel suo nido larve di Imenotteri (di specie non definite). Fig. 595. — Crabro (Lindenius) pyg- maeus Liud. A, larva dal ventre; B, bozzolo coperto di frammenti di Pteromalus; a, b, grandezze natur. Da Marohal. rAEALIZZAZIOXE DELLA PREDA, SUO TRASPORTO NEL NIDO ' DAL PREDATORE E DEPOSIZIOTfE del- l'uovo sulla vittima. — Quelli fra gli Ime- notteri predatori, che costruiscono essi stessi il loro nido o comunque lo adattano, non profittando della dimora stessa della vittima per farne abita- zione alle loro larve (i quali ultimi, come si è detto, mostrano così abitudini, che molto si accostano o concorrono con una speciale maniera di parassitismo) debbono pure, conquistata una preda, trasportarla nel loro nido. Perchè essa non opponga resistenza a tale trasporto e perchè la larva del predatore possa nutrirsi comodamente ed in pace delle carni, sempre fresche della vittima, il predatore fa ricorso ad un mezzo opportunissimo e del tutto efficace. La Vespa, mercè il suo pungiglione, ferisce la vittima in un ganglio ner- voso toracico e, talora, anche tutti e tre i gangli (se sono distinti) sono colpiti dal pungolo. Il veleno iniettato ha virtù di paralizzare il sistema nervoso della vit- tima, la quale è impedita del tutto nei suoi movimenti locomotori e ciò per un tempo più o meno lungo, anche per due settimane ed oltre, per quanto basta, cioè, alla larva del predatote di nutrirsi delle sue carni, che restano sempre fre- sche, poiché la vittima è soltanto paralizzata, ma non morta. Quanto all'effetto della puntura, per quel che riguarda la durata della paralisi esso è molto variabile secondo le specie predatrici e le rispettive vittime e, molto spesso, non è affatto dure- vole per tutto il tempo, nel quale la vittima e divorata dalla larva del predatore Così i Pompilidi, iu generale paralizzano i Ragni solo per poco tempo. Le vittime ricupe- rano più o meno presto le loro facoltà locomotorio e le altre tutto, cosicché esse vivono e si nutrono mentre la larva, nata dall'uovo deposto dalla Vespa sul loro corpo, sta a suo agio, divorandone l'addome. Sopratutto i Ragni, che souo raggiunti e cacciati nel loro stesso nido, nou soffrouo della paralisi completa che per pochi minuti, quanto basta alla Vespa per deporre e fissare tenacemente sul loro addome il suo uovo (fig. 601, V). Il Ragno, a poco a poco, rinviene, tua nou pensa affatto a liberarsi dal parassita ed auzi di rado sorte più dal suo nido. Si lascia divorare vivo e sembra abbia cura, auzi, di nou molestare, neppur colle zampe posteriori, che usa a pulirsi l'addome, la vorace larva che lo sta consumando. A. Beblese, Gli Inietti, II. — 69. 546 CAPITOLO QUINTO Anche le Blatte paralizzate dal Doliokuru» hemorrhoiii Costa, di Europa, secondo riconobbe il Feston, dopo un tempo vario ricuperano la loro attività e muovono energicamente le zampe, così cbe potrebbero anche spostarsi, ma nulla fanno per togliersi dal ventre la larva (che, intanto, non le lascia, ma seguita a divorarle^, pur potendo raggiungerla, quando lo volessero, mercè le mandibole e facilmente ucciderla. Su tale particolare istinto di rispetto per un cosi micidiale parassita sarà il caso di ritornare, con altri esempi e le considerazioni che si possono fare in proposito, piil tardi, trattando del parassitismo in generale. Invece, per molte altre specie, ogni locomobilità è per sempre annientata coll'effettu della puntura e le vittime possono, tutto al più, muovere le antenne o le zampe, sia pure mal volen- tieri e debolmente, se eccitate artificialmente. Così non è opposta alcuna resistenza alla larva, che intanto divora il suo pasto. La morte della vittima può accadere più o meno sollecitamente, sempre dopo giorni e per le specie in cui le vittime periscono più presto, le madri (come ac- cade per taluni predatori di Ditteri) debbono spesso rinnovare le provvigioni di vittime fresche. Il luogo della puntura da parte del predatore e la efficacia del veleno va- riano grandemente, a seconda delle specie cacciatrici e di quelle predate. Nella lotta colla vittima, l'aggressore procura di raggiungerla e ferirla, col suo aculeo, nel punto conveniente e questa manovra è più o meno agevole e pronta a seconda della specie di vittime e della resistenza cbe esse oppongono. I Ragni, vinti dal terrore, rimangono, come si è già accennato, pressoché passivi e la Vespa, per ottenere il suo intento, deve ferirli nel collo, subito dietro gli organi boccali, con che è offesa l'unica grande massa nervosa toracale e gli arti souo subito paralizzati. I Coleotteri adulti, già ricordati, in generale, per tutta loro difesa fìngono di essere morti. Le Vespe, che li hanno scovati e sono loro sopra, facendo forza colle zampe sollevano loro la testa ed il proto, race, in modo che appaia scoperta la membrana molle tra i due primi sterni, di quivi esse feri- scono, con una sola puntura, il ganglio toracico. Presso a poco lo stesso accade agli Emitteri Eterotteri, che però sono feriti nella gola, mentre gli Ortotteri sono colpiti per ciascuno dei gangli del torace o per due soltanto, quindi con due o tre colpi successivi di stiletto in ciascuno od in due dei gaugli toracali. Pei Ditteri e per gli Imenotteri è sufficiente una sola ferita nella regione ventrale del torace, più spesso nella gola, come fanno i l'hiluiilhus pegli Apidei ed i Bembex. Pei Ditteri e pei bruchi basta un solo colpo di pungiglione, as>estato loro alla regione iugulare, immediatamente dopo la bocca. L'effetto è fulminante. L'insetto colpito rimane incapace di locomuoversi ed è alla mene del predatore. Certo il liquido, che viene emesso, a volte richiede qualche secondo per effluire perchè talora si vede la Vespa trattenere il suo pungolo nella ferita, per parecchi secondi. Bisogna convenire che, pegli effetti suoi, il liquido, di cui queste Vespe possono disporre a queste cosifatte offese, e specialmente destinato ad un ufficio in aiuto della funzione riproduttiva, anziché di quella difensiva dell'individuo, poiché le punture, se non interessano un centro ner- voso dell'insetto colpito, questo non sembra risentirne molto danno o soverchia molestia, come si vede dal fatto che le Vespe, all'atto dell'aggressione, pungono a caso qua e là il corpo della vittima, senza che questa sembri risentirsene troppo, tino a quella puntura, che pegli organi che interessa, cioè il sistema nervoso in quel determinato centro, ha cosi immediato e grave effetto per la vittima. Invece, gli Imenotteri aculeati non predatori uccidono addirittura l'insetto, che sia ferito comunque dal loro pungiglione e così fanno molti parassiti di quelli che colpiscono la vittima, nascosta in ambienti così riparati che non può essere raggiunta se non dal pungolo dell'Imeuot- tero, senza scelta possibile della regione del corpo della vittima ove poter offendere con effetto speciale e ne viene così che la vittima stessa è uccisa, anziché paralizzata, e la larva della specie, che aggredisce, deve nutrirsi di carne morta. <; tasto della vittima. — È stato osservato che, nel maggior numero dei casi, la vittima non è allogata nel nido dell'Imenottero predatore, intatta, all'in- fuori della puntura clie la ha paralizzata e si è anche rilevato da tutti gli os- servatori di questi mirabili costumi, che molte specie maltrattano il corpo ormai I. ADULTO R (il.I ATTI I'KH I.A COXSKB V AZIONE DE IX A SPECIE 517 Fig. 596. — Cerceris ornata P., che guasta il capo di nn Halictus, dopo averlo paralizzato. A, posi- zione abituale ; B, altra posizione meno fre- quente. Alquanto ingrandita. Da Marebal. inerte della loro vittima o lo mutilano e ciò fanno sempre secondo determinate maniere, che non variano, o di poco, per la stessa specie di animale predato odi Vespa predatrice. Molte volte le vittime, se appartengono al gruppo degli Ortotteri saltatori, sono private, dalla Vespa ohe le ha ferite, delle zampe po- steriori, di ambedue odi una sola (tig. 601, D). Anche i Ragni, molto spesso, mancano di qualche zampa 0 di più d'una. Altre maniere di guasti sono praticate a danno degli organi locomotori di Ditteri adulti; ma anche più frequentemente le vittime sono erose dalla Vespa, che le ha paralizzate, sulla parte superiore del capo. Cosi pure i bruchi catturati e ridotti immo- bili ormai dalla puntura avvelenata, sono dalla Vespa, ohe li ha così condizionati, anello rosicchiati nel loro ultimo articolo del corpo. Che qualche rara volta la Vespa, ohe ha sotto lo zampe un corpo inerte, si senta spinta a nutrirsene, sembra fuor di dubbio, giacché il Feston ha veramente veduto un Prioenemis man- giarsi l'addome di un Ragno appena paralizzato e così pure seguire ad una Mosca, per parte del Benibtx, che la aveva ridotta alla sua mercè; ma certo la grandissima maggioranza dei casi delle citate pratiche a danno della vittima ormai inerte (gli autori fran- cesi dicono malaxer questo guastare il corpo della preda) deve avere sopratutto altro scopo e solo in servizio della prole del predatore. Infatti, dalle larve di Coleotteri e Lepidotteri, la Vespa madre, che le ha paralizzate, lambisce, con avidità, il liquido che esse emettono dalla bocca, anche in più volte dopo la paralizzazione, ina esse sono, aucora, erose dalla Vespa stessa nei loro segmenti pò steriori del corpo, anzi più o meno vuotate, senza che muoiano perciò ed il Feston notò che, ad es. VOdyuerus nobili* Sauss. d'Eu- ropa, anche dopo aver già riposto nel suo nido le larve catturate, le trae fuori più volte e le espone all'aperto (non senza pericolo di furto da parte di qualche formichetta che si aggira nei dintorni o di parassitizzazione da parte di qualche Dittero, che è sempre at- torno, alle vedette) mentre intanto rinnova sulle stesse l'operazione di guasto, che ha loro fatto già al momento della cattura e ne ritrae un succo, che lambisce avidamente. Il Fabre ritiene che il Philanthus, vuotando l'ingluvie dell'Ape, prenda una misura igienica por la larva, che ne avrebbe danno nu- trendosene, ed il Feston è pure d'opinione che se la Vespa madre ha un vantaggio ed una golosità particolare pegli umori che può ritrarre dagli insetti predati, seguendo l'abitudine di guastarli, è da ritenere che la sua larva ne abbia egualmente, evitando di assumere sostanze che le sa- rebbero nocive. 11 Marchal ha notato che le Cerceris {C. magnifica Sebi, e C. rybiensis L.) leccano l'umore della vittima (che sono Apidei, generalmente Halictus), da un foro che praticano colle mandibole tra la testa ed il protorace al dorso, per cui il liquido sembrerebbe dovesse essere d'altra na- tura. L Autore illustra benissimo la posizione, in cui si mette una Cerceris, mentre guasta, colle sue mandibole, il capo di un Halictus già paralizzato e si tiene la vittima sotto il suo ventre prona e vi sta sopra, posando sulla base con tutte le zampe, o sta eretta nelle maniere che mostra la fig. 596. La C. ornata guasta gli Halictus, che ha ferito, mordendone il picciuolo dell'addome. Anche lo .1 stata, che preferiscono, per loro preda gli Emitteri Eterotteri, ne rodono la testa, dopo averli paralizzati. Fig. 597. — Ammophila sa- bulosa L., mentre sta por- tando nel suo nido un bruco paralizzato. Grand, nat. Da Kiinckel d'Her- culais. 5 i 8 CAPITOLO QUINTO Trasporto della preda nel nido del predatore. — Il trasporto della vittima è fatto in due modi essenzialmente diversi, cioè a volo, per talune specie, strascinando la preda, per altre. In questo lavoro si manifesta la rilevante forza muscolare delle Vespe, giacché esse riescono a trasportare, anche volando, una preda sino a due volte ed anche oltre, più pesante di esse medesime. Fig. 598. — Uno Sphejc oecitanicm Lep., che trasporta nel suo nido ima Ephippigera ormai paraliz- zata. Grand, nat. Da Kùnckel d'Herculais. Quanto alla forza di trazione, basterà osservare che taluni Pompilidi riescono a portare nel loro nido Ragni talora anche dodici volte piti pesanti di loro. In geuerale, può esser detto che i Ragni, per parte dei Pompilidi, sono, il più spesso tra- sportati per terra, trascinati o spinti nel tragitto; ma, talora, anche a volo, sebbene più rara- mente e per le specie meno grosse; i bruchi, per parte degli Sfegidi, che li predano sono trascinati (fig. 597) e cosi pure gli Ortotteri (fig. 598), sopratutto se voluminosi che sono in generale trascinati supini per una antenna (1), ed anche i Coleotteri (fig. 599). Ma i Ditteri e gli Imenotteri sono portati a volo dai loro predatori, e così pure gli Eterotteri ( Astata). Nel trasporto a piedi la Vespa cammina, il pivi spesso, a ritroso e se ne torna al nido con quella mirabile facoltà di orientamento, per cui non erra gran fatto nella sua via. Quando però la preda è recata a volo nel nido, essa è portata in posizioni differenti a seconda delle specie preda- trici. I Bembtx trasportano le Mosche per aria tenendole abbrac- ciate colle zampe, ventre contro ventre. Gli Odinents, che predano larve di Lepidotteri o di Coleot- teri, le sollevano a volo e sono tenute distese dalle zampe della Vespa, ed -il capo della vittima è afferrato dalle mandibole del predatore. Quando però sono lasciate a sé nella cella della Vespa, le larve paralizzate spontaneamente si avvolgono su sé a spira, riè piti si muovono. Così esse Fig. 599. — Cerceris tuberculaia Vili., che trascina nel suo nido un Curculionide [Cìeonus sp.) paralizzato. Grandezza natur. Da Faine. (1) Noto un fatto curioso segnalato dal Feston. Nou di rado, mentre una Sphex siili fuscata Palilb. (Europa) sta trascinando una femmina, ormai paralizzata, di Caliptamus (sono preferite le femmine di Aerìdidi, Loenstidi e Grillidi perchè piti grosse ed offrenti maggior pasto alle larve che non i maschi) sopraggiunge un maschio della vittima e si accoppia tosto colla femmina, seb- bene paralizzata. La Vespa non si turba dell'aumento di peso, trascina la coppia, che nou si scioglie che all'orifizio del nido della Vespa, non potendo ambedue insieme gli individui pene- trarvi. [,'ADULTO E GLI \TTI PER LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 549 possono essére disposte l'ima a ridosso dell'altra (figg. 602, 621), occupando il minore spazio pos- sibile entro la stretta cella. Molto è ricordato dagli autori Nordamericani lo Sphecius speciomia Drury, grossa Vespa del- l'America settentrionale e del Messioo, lunga circa 3,5 cent., che preda Cicale adulte (Cicada tcptemdecim, e. tredecim, ecc.) e le porta a volo nel suo nido sotterraneo (fig. 600, A). Deposizione dell'uovo. -- Tutti gli Imenotteri souo ovipari ; quelli soli- tari depongono un solo uovo per ogni cella o nido, colle provviste che occor- reranno per tutta la vita della larva. Gli Imenotteri solitari nielli feri dispon- gono l'uovo sulla massa nutritiva o poco discosto; ma quelli predatori se- guono due distinte maniere di ubica- zione dell'uovo, in presenza delle prov- vigioni accomodate dalla previdente madre nel suo nido. Alcune specie mettono il loro uovo sul corpo stesso della preda, uno solo per ciascuna cella, qualunque sia il numero di vittime ivi raccolte e che costituiscono le provviste per la larva. Altre specie sospendono l'uovo, mercè un breve filamento, alle pareti della volta, o sul pavimento della cella, però, in questo caso, in un punto eminente (ttg. 602, o). La larva neonata dovrà spostarsi abbastanza per raggiun- gere il cibo, che però è sempre a sua portata, vicinissimo. Per le specie che assicurano l'uovo sul corpo della vittima, si notano mo- dalità varie, che si riferiscono anzitutto B al polo fissato, se esso è, nell'uovo, Fig. 600. _ Sphecius epeciosus (Drury) Dahlb. del- quello cefalico Od il posteriore e ciò l'America. A, mentre trasporta a volo un adulto . di Cicada septedeeim nel suo nido; B, la sua varia a seconda delle Specie O dei larva già matura, mentre finisce di divorare la gruppi di Vespe, ma è sempre costante Cicala. Grand, nat. Dagli autori Nordamer. per ciascuna. In secondo luogo è molto diversa la ubicazione dell'uovo sul corpo della vittima ed essa pure è costante o poco diversa per una medesima specie. Inoltre, sono da ricordarsi le già citate pratiche di guasto fatte subire dalla Vespa alla vittima, prima di deporvi sopra l'uovo, le quali hanno per iscopo che questo, per movimenti volontari od involontari dell'insetto che lo porta, non corra il pericolo di essere danneggiato. Alcune Vespe, tra quelle che mettono l'uovo direttamente sul corpo della vittima, ve lo (is- sano col polo cefalico, cioè coll'estremità corrispondente alla testa della futura larva ; altre, invece, lo attaccano in posizione esattamente inversa, cosi che, per queste, il polo cefalico è libero. Questo diverso costume è però costante per ciascuna specie ed, in più. casi, anche per gruppi maggiori. L'uovo è fissato abbastanza tenacemeute (fig. 601), ed è messo in tale ubicazione che non possa essere molestato da movimenti degli arti della vittima, che, pur essendo paralizzata, man- 550 CAPITOLO QUINTO Fig. 601. — Uova di Vespe solitarie su Insetti e RagDi paralizzati. A, di Cerci» 4-cincta Panz. su Poydrosus cervinus (ingr. 3 diam.); B, di Dio- dontus mtHwtitsFabr.su un Aticle Hngr. Ili diam.); C, di Pompilus plicaius Costa, su Ctenizia sauvagei Rossi (ingr. due diametri); D, di Sphex ma- xillosus P. su una larva di Locu- stide. Da Feston. tiene ancora, nella sua vitalità, qualche debole mobilità, delle membra. In generale l'uovo è di- sposto sul petto della vittima (fig. 601, A, B, D) quando questa è destinata a riposare supina, ma è allogato sui fianchi o sul dorso di quelle prede che giacciono prone nel nido della Vespa o non sono tanto gravemente paralizzate da non riprendere piti, presto o più tardi la facoltà locomotoria (fig. 601, C). Così sono allogate, ad es. le uova sull'addome dei Ragni, depostevi dai Pompilidi e si è già detto che la paralizzazione, per parte di queste Vespe, è transitoria più o meno rapidamente. L'uovo è incollato alla parte anteriore, o più verso quella posteriore od anche su un lato dell'addome del Ragno (fig. 601, C) e su un'area nuda di peli naturalmente o denudata apposta dalla Vespa madre. Anche sugli Ortotteri l'uovo di quelle Vespe che usano allogarli proni nel loro nido (figura 608) è collocato su un fianco della vittima, il più spesso alla base dell'addome. Invece, per quegli Ortotteri che giac- ciono supini nello stato di paralisi entro il nido della Vespa, l'uovo sta, come ripeto, nella regione ventrale, sia al collo o più giù sullo sterno (fig. 601, D). Il più spesso la Vespa sa scegliere un punto sul corpo della vittima, dove l'uovo allogatovi sia protetto da speciali strutture del tegumento della vittima stessa, da ogni sua possibile, involontaria offesa. Un bell'e- sempio è offerto dal Dolichurus haemorrìious Costa, già ci- tato, che preda la Loboptera decipiens Cerni., che è un Blattario, come la Aphelia punctata Charp., che è la vit- tima abituale di un altro Dolichurus (D. corniculus Sp.) ed ambedue appartengono alla fauna europea. 11 Feston mostra che l'uovo della Vespa è accomodato sulla coscia del 2.° paio della Blatta ed è protetto da una costola rilevata, che margina la coscia stessa. Così la vittima, che rinviene parzialmente abbastanza presto, non può raggiungere, nei movimenti scomposti delle altre zampe, il fragile uovo. Il Feston illustra molti esempi di speciali lussazioni degli arti più pericolosi all'uovo deposto in loro vici- nanza, che le Vespe praticano sulla vittima. Più gene- ralmente è asportata dalla Vespa la zampa della vittima così pericolosa, altre volte essa e lussata e resa così immo- bile, ecc. Pei Ditteri, che debbono starsene supini, frequentemente è lussata un'ala dal lato ove è fissato l'uovo ed è scostata dal corpo in modo che serva utilmente al corpo stesso come più larga base, con che esso non possa rovesciarsi sul ventre, altrimenti l'uovo assicuratovi sopra sarebbe in pericolo di danno. Il costume di sospendere le proprie uova per mezzo di un brevissimo filamento alla volta interna della cella (fig. 602) appartiene agli Eumeni di (Diplotteri). È sorta disputa sulla ragione di tale maniera di de- posizione dell'uovo ed il Feston opina che ciò sia per proteggere l'uovo dalla possibile umidità e conforta il suo modo di vedere recando l'esempio che le Vespe della famiglia dei Crabronidi, le quali non hanno l'abitudine di deporre l'uovo sul corpo della vit- tima, e se ne incontra esempio nei generi Cerami)», Sìizus, Bembex, ecc., lo dispongono su un punto eminente del pavimento della cameretta e ciò, evidentemente non avviene per salva- guardarlo dai movimenti, che accidentalmente potessero fare le vittime, anche se paralizzate, come altri sosteneva. Fig. 602. — Sezione longitudinale di due nidi di Vespidi solitari. A, di Odynerns reniformis L., B, di Eumenes arbuMorum Panz. ingranditi per mostrare in o l'uovo sospeso ad un filo. Da Fabro. L'aDULTO K GLI ATTI PER LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 551 Nidificazione. - Conosciuto ora in che divergono essenzialmente i due gruppi di Imenotteri, cioè dei Melliferi e dei Predatori, per quanto riguarda le abitudini relative alla proliferazione, vediamo come convengono, invece, per ciò che si appartiene alla preparazione dei nidi. Nidi in CAVITI accidentali. — Parecchi Imenotteri solitari, conforme si è accennato, stabiliscono il loro nido in cavità adatte e che trovano già pronte, come ad es. fessure o buchi nel terreno, nei vecchi muri, fra le pietre, nei le- gnami, ecc. Oltre a questi ambienti molte specie di generi i più disparati, così bene tra gli Apidei come tra i Vespidi, utilizzano le conchiglie vuote di Gaste- ropodi terrestri del gen. Helix e meno spesso del gen. Bulimus. Anche i nidi costrutti in muratura o scavati nei legnami o nelle muraglie, da parte di altri Imenotteri ed anche quelli stessi dei Sociali, ormai abbandonati, sono messi a profitto da parecchie specie, anche differenti da quelle che li hanno preparati. Molto utilizzati sono gli internodi delle canne (Armido donax da noi, Bambù altrove) aperte all'apice, come pure i rami secchi di piante a midollo grosso, il quale è, talora, scavato ed asportato dall'insetto. Il trovare già, prouto e comodo un simile ambiente opportuno per nidificarvi, risparmia alla femmina molto lavoro e questa economia di tempo e di fatica è, possibilmente, scansata da molte e differenti specie di Imenotteri, sia melliferi che predatori. In tutti i casi però, sia che la specie nidificante occupi sempre ed esclusivamente cavità, che trova pronte, sia che ne profitti per l'occasione, è necessario, intanto, un qualche adatta- mento della cavità stessa al nuovo scopo, sopratutto se questa è rappresentata da un vecchio nido abbandonato, perchè, in tal caso, il nuovo inquilino deve procedere almeno ad una molto accurata ripulitura dei rifiuti e detriti delle precedenti covate. Xel maggior numero dei casi, però, nella cavità sono costrutte le celle, in cui si svolgerà la larva del nuovo abitatore e queste possono essere fabbricate di sostanze diverse per ogni singola specie, sia di un impasto di terra e saliva dell'insetto, sia di resina, che la madre raccoglie dalle piante resinose o dai le- gnami spaccati, che trova nelle vicinanze, sia di una pasta composta di detriti di foglie masticate dalle mandibole dell'Imenottero, coll'aggiunta di pietruzze, ecc., sia, finalmente, di pezzetti di foglia o di petali di fiori, tagliati fecondo una de- terminata maniera ed in modo particolare accomodati, per comporre le pareti ed il coperchio delle singole celle. Nel caso di maggiore semplicità, le pareti della cavità prescelta sono, al- meno, intonacate di una speciale vernice, il più spesso di natura resinosa. La cella è la parte essenziale del nido di ogni Imenottero solitario, ma essa è costrutta più 0 meno complicatamente e con diversa diligenza. Il caso più semplice è fornito dall'impiego della dimora stessa della vittima, come accade pei cunicoli dei Ragni, utilizzati da taluni Pompilidei ed in tale condizione la cella è rappre- sentata dall'intero cunicolo, del quale la Vespa si accontenta di chiudere e nascondere più effi- cacemente l'orifizio di ingresso o questo ed anche quello di egresso, quando quest'ultimo esiste. Pei nidi scavati nel terreno, la cella è rappresentata da una cameretta di diametro ap- pena maggiore della galleria e tale cella è al termine della galleria stessa. Per unica prepa- razione può solo notarsi una compattezza maggiore delle pareti, in confronto di quelle della galleria di accesso od una verniciatura delle stesse. Ma, da queste maniere più semplici si procede a celle più complesse (ossia a vere celle di- Stinte) alle quali si è accennato. Bisognerà dunque distinguere, per questi nidi disposti in cavità preesistenti, quelli pei quali è assolutamente escluso ogni lavoro da parte dell'Imenottero nidificante, per prepararle, dagli altri pei quali tutto il lavoro si riduce, al massimi), alla asportazione del midollo di dentro a rami secchi di piante diverse, fino ai nidi nei quali sono costrutte vere e proprie celle di so- stanza e complessità varie, come si è detto. 552 CAPITOLO QUINTO Converrà rilevare anche l'accidentalità di adattamento a questa semplificazione della nidifi- cazione per parte di specie che, ordinariamente, costruiscono o scavano da sé la loggia pei loro nidi e spesso con procedimento molto laborioso e complesso. Ad es. la Xylocopa violacea L., il più voluminoso dei nostri Apidei, il quale è il prototipo degli Imenotteri scavatori del legno secco, talora si risparmia tutto il lavoro di preparazione delle lunghe e larghe gallerie nei legnami, profittando, invece, degli internodi aperti della canna comune (Annido). Il più semplice tipo di nido è offerto da taluni Pompilidei. Si può dire infatti che i Ve- spari di questa famiglia seguano il più sbrigativo e rudimentale modo di nidificazione. Si è già avvertito che talune specie fauno loro nido del cunicolo stesso del Bagno, che è anche la sua tomba, ove lo hanno sorpreso e ferito o ve lo hauuo riportato, se colto fuori (come fa il Planieeps fulviventrii Costa per la Xemesia badia). Molti altri Pompilidei, però, si contentano di allogare la loro preda, condizionata al solito modo, entro qualche buco, che trovano, accidentalmente, nelle vecchie muraglie od altrove e quivi la rinchiudono, ostruendo l'ingresso con terra o pietruzze. Qualche specie, come il Pompila» (H'eamaelinus) sanguinolenti!» Fabr. (di Europa), fa veramente una cella di forma irregolarmente ovoide, ili un tessuto rigido e spesso, liscia all'interno ed è allogata entro la conchiglia vuota della Helix adsperea, che poi la Vespa stessa chiude alla bocca con un tappo irregolare di terra e quisquilie. Anche altre specie congeneri (ad es. P. cinctellus Spin. di Europa) allogano la loro preda entro gusci vuoti di Helix, che poi chiu- dono, o, se non hanno altra cavità, ad es. nei vecchi muri, si adattano abbastanza malvolentieri a scavare essi stessi un cunicolo sotterra. Così pure le Agenia, che sono Pompilidei e delle quali talune costruiscono bellissime celle in muratura (fig. 603), non rifiutano di ricorrere ai gusci vuoti di Helix, per disporvi dentro le loro celle. La A. variegata L. proritta dei buchi nelle muraglie od altrove o dei nidi abbandonati di Scelipltroit ed Eumene» o, come si disse, delle chiocciole vuote e quivi dentro dispone anche più celle, fatte di terra impastata e ciascuna contiene, col suo uovo, anche un Ragno paralizzato. Il tappo, che chiude il nido, è fatto con vecchie tele di Ragno, raccolte qua e là e stipate, così che ha un aspetto feltrato. Anche la A. structor Feston nidifica così nelle Helix o Buliinus vuoti, ma il tappo è fatto di mota e sassolini. Però, altre altre specie del ricchissimo genere sono meno pigre alla escavazione del nido e queste si comportano in ciò presso a poco come gli altri Vespari scavatori. Ad es. il Pompilua vinticns L., una delle più comuni specie nostrali, che si vede spesso iu caccia correndo sulle strade battute ed altri luoghi soleggiati, scava in terra un cunicolo, profondo anche oltre otto centimetri e compie il lavoro con grandissima rapidità, raspando la terra colle zampe anteriori e ricacciandola dietro a se, esattamente come fa il cane. Come si vede, fra i Pompilidi si possono trovare esempi di nidificazione dai più semplici, che confinano col parassitismo (ed anzi talune specie, come il Pompilus peotinipes Liud., si pos- sono verameute considerare per parassite) fino a quelli di grande perfezionamento, come sono le costruzioni in muratura di qualche Agenia (ad es. Psendagenia carbonaria Scop., fig. 603). Molpi Apidei e Vespari nidificano entro i rami secchi e smidollati di piante diverse, più spesso di Sambuco e di Rubua (fig. 604). Gli Imenotteri del Rovo sono stati oggetto di studio da parte del Dufour e Perris e più tardi del Fabre, il quale cita una trentina di specie (escluse le parassite) nidificanti nei rami secchi di questa pianta, a Valchiusa. Fra gli Imenotteri melliferi il Fabre ha trovato: Oamia tridentata Duf. e Perr. ; 0. detriti! Perez; Aiilhiiìinni soapulare Lati'.; Heriades rubicola Perez; Prosapia confusa Schenck; Ceratimi chalcitea Gerru. ; C. albilabris Fabr.; C. callosa Fabr. ; G. caerulea Vili, e fra gli Imenotteri predatori il Fabre riscontrò i seguenti : Soleniiis riigiis Fabr. (che fa provvigioni di Ditteri); 5. lapidarius Lep. (preda Ragni f) ; Psen atraiua Fabr. ; Trypoxylon fignlns L. (Ragni) ; Odynerus delphinalia Gir. Tutte queste specie dividono il lungo spazio vuoto del ramo smidollato iu camere, mediante tramezzi, come si vedrà elle fa la Xylocopa nei suoi caratteristici nidi. Fig. 603. — Pseudagenia car- bonaria (Scop.) e suo nido, in grand, nat. Da Kuu- ckel d'Herculais. ADULTO E GLI ATTI I'Kli LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 553 Fig. 604. — Nidi di Imenotteri nei rami di Rubus. A. di Solenius rubicola Dnf. et Perr. mostran- te i bozzoli contenenti larve (uno è aperto); B, di Ceratimi cucurbitina Rossi, contenenti larve a diverse età. Gr. nat. Da Dufour e Perris. Di cavità preesistenti profittano pure le Solieiella (Niteliui); la S. compedita Pico, di Europa preferisce nidi altrui, scavati nel terreno ed abbandonati, ma la S. xambeui E. André dispone il suo nido in gallerie del legno, dove si sono sviluppati Coleotteri Ugniceli, sopratntto Longi- conii, oppure nei rami secchi e smidollati di Rubiti, sarmenti di Vite, ecc., che furono nido di altri Imenotteri. Curiosa è l'abitudine del Trypoxylon fugax Fabr. dell'A- merica meridionale, che fa il suo nido nei vecchi nidi abban- donati di PolystfiS e ne chiude poi le celle con una terra rossastra. Anche un'altra specie della stessa località fa celle, che somigliano a quelle di un Pompilide; ina, all'occasione utilizza anche i vecchi nidi di Poìystes, dimezzandone le celle, che sarebbero troppo grandi, mercè un tramezzo. Cosi pure i Pemphredon, quando non scavano gallerie sot- terra o nelle muraglie o nei legni vecchi, sanno mettere a profitto i nidi abbandonati di altri Imenotteri e li provvi- gionano di Afidi. Anche gli iuternodi delle canne, siccome si è detto, sono utilizzati da più specie di Apidei e Vespari, non diversa- mente dai rami secchi e vuotati del midollo delle piante ora citate <> d'altre ed anche nelle canne i nidi sono divisi in celle distinte mercè tramezzi, che l'Imenottero madre costrui- sce più che altro, con detriti di legno impastati di saliva. In questi casi di celle successivamente accomodate così, avviene che gli ultimi individui nati nel nido sono i primi ad uscirne e. viceversa, per ultimi ne escono quelli che sono nati prima, perchè tutti debbono traversare le celle, ormai vuote, abbandonate dai fratelli più giovani. Il più singolare ambiente per accogliere un nido è quello rappresentato dalle conchiglie vuote di Gasteropodi terrestri, secondo si è detto, ed è anche qui da rilevarsi la adattabilità di talune specie, le quali, a seconda loro occorre, sanno nidificare così bene in uu culmo di canna, come nella fessura di una muraglia, come pure nell'interno di un guscio di Helix (fig. 605), salvochè ogni diverso ambiente richiede azioni speciali, perchè, ad es. la conchiglia è, il più spesso, fatta ruzzolare ed allogata in condizioni particolari, talora anche seppellita, il culmo è suddiviso in loggie, ecc. Le conchiglie suddette sono ricercate da Imenotteri Apidei come da Vespari. Più comunemente sono le 0»mia, che ne profittano ed anzi in questo genere molte sono le specie elicofile (cito fra le specie d'Europa e d'Algeria le 0. versicolor Latr. ; 0. ferruginea Lepell.; 0. fossoria Perez; 0. fertoni Perez; 0. viridana Moraw; 0. tunensis Lep. ; 0. rufohirta Latr. ; 0. aìpeslris Sauss., ecc.). La conchiglia prescelta dall'Imenottero è fatta ruzzolare dal- l'Osmia, che cammina a ritroso e spinge colle zampe posteriori (fig. 606) la chiocciola vuota, fino ad un punto conveniente ; quivi sta colla bocca in su. La chiocciola è diligentemente ripulita all'in- terno ; poi l'Osmia vi accumula dentro le provviste (miele e pol- line) ed insieme l'uovo, che è allogato profondamente nelle ultime spire della conchiglia (fig. 605), non però assolutamente all'estremo. Di poi la bocca della chiocciola è chiusa con un tappo di pasta, fatta con foglie masticate dall' Osmio stessa o con sassolini e mota. Altra volta il tappo è fatto da sottili filamenti resinosi, su cui sono impigliati sassolini o pezzetti di legno. Talora (ad es. O. fossoria Per. di Algeriai la chiocciola, ormai coll'uovo e le provviste e chiusa alla bocca con pasta di foglie tritate e sassolini, è seppellita in una fossetta, che l'.Apideo stesso scava, profonda da 6 a 7 centimetri e larga quanto la chiocciola stessa, che vi viene seppellita in buon centimetro di sabbia (Feston). Ma. per citare esempi della adattabilità di talune specie, ricorderò la 0. melanogastra Latr., che nidifica nei buchi delle muraglie, come nei gusci delle Chiocciole; la 0. viridana sopracitata Fig. 605. — Conchiglia di Helix pisana, rotta per mostrare la nidificazio- ne di Osmio rufohirta Latr. a, uovo dell'Os- mia; 6, uovo del suo parassita (Chrynis dì- chroa Dahlb.). Ingraud. diati). 2ty«. Da Feston. A. Bkhlese. ali Inietti, II. — 70. 554 CAPITOLO QUINTO stabilisce anche il suo nido nei nidi abbandonati di Chalivodoma ed Anthophora peonie anche la 0. cyanoxantha Perez ed altre), come tra le pietre, nelle fessure dei muri, ecc. Le Osmia mostrano veramente una variabilità senza eguali — come dice il Perez — nella maniera di nidificazione, e ciò auche per la stessa specie. Vi sono Osmie elicofile, altre che ni- dificano in qualunque buco delle muraglie o dei legnami (ed il Fabre narra che una specie alle- vata in casa stabiliva i suoi nidi perfino nelle serrature delle porte); altre fanno il nido nelle canne, nei rami secchi, come si è veduto e, finalmente, un gruppo, rappresentato dalla 0. pa- paveri» Latr. (come auche 0. lanosa Per. ; 0. cristata Fonsc. ; 0. eaundersi Vacuai di Europa e d'Algeria, ecc.), si accosta, per le sue abitudini di nidificazione, alle Megachile, poiché sono co- strutte celle con pezzi ritagliati di petali di fiori o di foglie, le quali celle sono allogate in ca. vita diverse. Nelle Chiocciole nidifica auche qualche Anthidium, i quali pure souoApidei, che stabiliscono e loro celle iu cavità accidentali, ma essi sono buoni costruttori e ne va detto non qui, ma a proposito dei nidi in muratura. Invece, alcuni Vespari, sopratutto del gen. Odynerus, che nidificano in cavità accideutali non disdegnano le chiocciole vuote di elicidei ed ivi accumulano gli insetti da loro predati o paralizzati ; mettono l'uovo, sospeso ad un brevissimo filo (tìg. 602), in modo che penda dalla volta sopra le provviste, poi chindouo l'orifizio della chiocciola (o d'altra cavità) con una barricata in muratura. Così fanno V Odynerus gallicus Sauss. (Europa), che prov- vede i suoi nidi di piccole larve di Lepidotteri, in numero di 12 a 16 e che nidifica in qualunque cavità delle pietre o dei legnami, purché delle dimensioni convenienti ed utilizza anche le conchiglie di Helix; VO. mauritanicus Lep. (Algeria, ecc.), che preferisce le conchiglie di Helix candidissima, var. Fig. 606. — Una Osinia (0. rufo- major;\'0. alpestri» Sauss., che nidifica nelle Helix, provvede hirta Latr., mentre sta ruzzo- lando una conchiglia di Helix •! 8I1° nido con una ventina di piccole larve e lo chiude con un pisana. Un poco ingrandita, tappo di pietruzze e resina, ecc. Auche gli Odynerus hanno modi di nidificazione abbastanza variati, poiché da quelli che non fanno di più che adattare una qualsiasi cavità e poi rinchiuderla si passa alle mauiere di nidificazione più complessa, sia per la costruzione di tramezzi, comesi è veduto perle specie rubicole e si può vedere per quelle che utilizzano gli internodi delle caune od altre cavità di buone dimensioni, ove possono capire più loggie, ma, ancora, per la notevole costruzione iu muratura della galleria, colla quale molte specie difendono l'ingresso del loro nido, conforme si dirà più avanti. Qualche specie, poi, scava essa stessa il suo nido entro terra, vi separa più loggie e cia- scuna è tappezzata di un tessuto leggiero di origine vegetale (ad es. 0. ronaii Lep. di Europa; od entro il fusto a grosso midollo di qualche pianta. In cavità accidentali nidificano ancora taluni Rhynchium, qualche Enmenes, ecc., ma più co- munemente il nido è tutto preparato dalla madre, talora con procedimento molto comples-o, come si vedrà. Nidificazione in cavità scavate dalla madre stessa, in terra, nei vecchi 3IURI, nei legnami secchi, ecc. — A parte il più semplice lavoro di asportazione del midollo da rami secchi di piante diverse, del che si è già detto, un progresso nel modo di nidificazione è rappresentato certamente dalla escava- zione entro un corpo più resistente, perchè in tale lavoro la cavità, che l'insetto determina, non è regolata a priori e prestabilita dalle pareti circostanti di un ramo più duro in confronto del midollo da asportare. Secondo varie maniere, sia pegli organi che l'insetto impiega nel lavoro, sia per altre condizioni, si può distinguere la escavazione di corpi resistenti di- versi, come il terreno, i legnami, ecc., e perciò passeremo in rapida rassegna i nidi scavati entro terra, quelli nei vecchi muri e quelli nel legname secco. Nidi scavati nel terreno. — I terreni più frequentati dagli Imenotteri, per praticarvi le escavazioni in cui essi allogano il nido, sono sempre iu siti L'ADULTO E GLI ATTI PER LA CONSERVAZIONE della specie 555 molto soleggiati e sono perciò preferiti gli argini e le dune nella superficie a mezzogiorno e declive così che i raggi solari vi giungano perpendicolarmente. I terreni preferiti dalla maggior parte delle specie sono i sabbiosi e sopra- tutto i Vespidi scavatori li frequentano; ma anche in terreni più compatti e più o meno argillosi nidificano altri Imenotteri solitari, specialmente Apidei. Per l'escavazione, gli Insetti si servono delle zampe anteriori e con grande energia ed effetto, particolarmente i Vespidi, i fossores per eccellenza, come li aveva definiti il Latreille. Il lavoro è rapidissimo nelle sabbie ed il materiale scavato è rigettato all'iudietro, fra le zampe, con tale furia ed intensità che dietro all'Imeuottero si forma un aio continuo di sabbia, così lanciata anche fino a 20 cui. di distanza. Le sabbie dei luoghi arenosi ed aprichi sono frequentate dalle bellissime Vespe della grande famiglia dei Crabronidi, sopratutto dei generi numerosissimi di specie delle Ammophila, Sphex, Cerceris, Phiìanlhut, Bembex, Spheciits, ecc., che si vedono poi recare la preda paralizzata, introdurla nei cunicoli cosi preparati e seppellirvela, dopo avervi deposto l'uovo. In generale, ogni cunicolo alberga una sola larva dell' Iinenottero, colla sua provvista, della quale si è gi«à detto. La chiusura dell'orifizio della galleria è fatta subito dopo messevi le provviste e l'uovo, o colla stessa sabbia o con pietruzze, che la Vespa va a raccogliere nelle vicinanze e le porta fra le mandibole. Fig. tì07. — Nido sotterraneo Ai Ammophila, oolla tana dell'Imenottero e bru- chi paralizzati per suo cibo. Il nido è ormai chiuso. Grand, uat. Da Kellogg. Alcune specie, che provvedono il loro nido non con una sola vittima, ma con più e debbono, quindi, a piti riprose recarsi al nido e lasciarlo di poi per cacciare nuovamente, usano chiuderlo ciascuna volta che se ne allontanano, altrimenti l'intrusione di parassiti (ordinariamente altri Imenotteri o Ditteri}, che si aggirano sempre attorno e stanno prontissimi alle vedette, sarebbe imman- cabile. Lo Sphex maxillosa Fabr. comune nell'Europa meridionale, scava un cunicolo nelle sabbie, dapprima diretto orizzontalmente per 12 a 18 cm., di poi inclinato in basso e quivi mette in tre cellette, raramente in quattro, ovali ed appena pili larghe della galleria. Così ciascuu nido contiene da tre a quattro larve. Subito approvvigionato il nido e chiuso, la Vespa si accinge a farne altro. Più Grilli sono il pasto di una sola larva, che divora il primo in circa sette giorni, ma gli altri assai più presto. La larva è matura in settembre e misura allora da 1Ì5 a 30 mill. di lunghezza; si fila, entro la sua cella, un bozzolo di seta, rinforzato all'esterno da granelli di sabbia e frammenti di vittime, reso impermeabile all'interno mercè una vernice violacea e quivi passa l'inverno e parte della primavera, divenendo ninfa in luglio e sfarfallando poco dopo. Questa Sphex fa circa una decina di nidi ed in settembre soltanto. Abitudini analoghe sono comuni ad altre specie congeneri, sopratutto fra le nostrali, ma altre fanno molto diversamente. Così la Sphex ichneumonea L. di quasi tutta l'America riveste il nitlo di sostanza cotonosa, che riempie un tubo a forma di cilindro vuoto, fatto da una foglia arrotolata dall'insetto medesimo. Lo Smith, che descrive questa costruzione, osserva che l'insetto non ha i tarsi delle zampe anteriori atti a scavare ed egli ritiene che anche talune specie di Taohytes abbiano abitudini conformi, perchè, come i Lana, non hanno piedi anteriori fos- sorii. La Sphex tibiali* Lepell. di Pensilvania, nidifica volentieri, a quel che sembra, nelle gallerie scavate nel legno da Xilocope e che hanno già servito di nido a quest'ultime. Le Ammophila fanno un cunicolo senza diramazioni e che termina in una colletta appena 558 CAPITOLO QUINTO ■JÈ0. Fig. 608. — Sezione di nido di Sphex (Priononyx) atrata St. Farg. (Sfecide del Kansas) conte- nente un Acridide (Aulocara allioti). Da Wil- liams. Grand, nat. piti ampia, nella quale abiterà la larva a spese delle vittime predisposte (fig. 607). Così fanno pure specie afti ni , come Priononyx, ecc. (fig. 608). Le Carceri» (fig. 599) scavano gallerie sotterranee, lunghe anche una ventina di centimetri (per le specie nostrali più note nelle loro abitu- dini) e, come i Philanthua, ogni nido non ha che una larva. Il Ph. triang illuni Fabr. si è ac- quistato una triste rinomanza fra gli apicultori, perchè provvede le sue larve con Api e no oc- corrono quattro per ciascun nido. Però il Ph. veiniatns Rossi di Europa (e forse anche lo Btesso Ph. triangiditm), a differenza, di quello che fanno la maggioranza delle specie congeneri, profitta delle ore calde del giorno per cacciare e delle altre o del cattivo tempo per scavare il nido, di modo che la femmina pro- cede nella escavazione della galleria, oltre a celle già provviste di cibo e col loro uovo e già perchè chiuse (Feston). Le Astata fanno nidi sotterranei ramificati (fig. 609) ed abitudini analoghe hanno altre specie di generi pertinenti alla stessa sottofami- glia (Lavrini) cioè Tachysphex, Larva, i cui nidi sono per lo più ramificati e scavati nei terreni sabbiosi. Anche molti Cabro, Oxybelus (Crabronini) scavano nidi sotterranei e cosi pure la maggior parte degli Stizìni (Spheciua, Stima, ecc.). I Mellinini, stabiliscono essi pure il loro nido sotto la superficie del suolo ed il comune Melliims arrenala L., piccola Vespa di 9 a 12 mill. di lunghezza, frequente sulle piante inquinate da Cocciniglie producenti melata, della quale si nutre, scava gallerie sotterranee, ramificate ed alla estremità di ogni ramo è una cella, in cui la Vespa depone, col suo uovo, una Mosca e rinnova la provvista via via che viene consu- mata dalla larva. I Bembecini (Bembex, Moneduìa, ecc.), in ge- nerale, scavano nelle sabbie un cunicolo, talora con diramazioni secondarie. Le provviste sono rinnovate più volte. Auche i Gorytea (Goritini) sono scavatori ; il G. piinctiioaiia Ewers. di Europa pratica gallerie nei terreni sabbiosi, che possono giungere fino a 15 cm. di profondità. Cobi fa pure il 6r. pnnctulatue Lind., che pra- tica una galleria di circa 12 cm. di profondità e la provvede di Emitteri (Soìenicephaìus obsoleta* Guer.) in numero di 4-5 per cella. I Diodonthu» ed i Paasaloecus della sottofam. dei Pemphredonlni noverano pure specie, che scavano i nidi sotterra. II D. minutila divide le gallerie, che ha scavato, con tramezzi di sabbia non cementata, di 3 a 5 mill. di spessore e provvede le sue larve con Afidi. I Paaaaloecua non fanno diversamente dai Diodontliiia, ma costruiscono con resina i tramezzi ed il tappo di chiusura dei loro nidi. Abitudini fossorie hanno anche i Miacophna (Nitelini), che portano Ragni paralizzati nei oro nidi sotterranei e la Vespa li chiude e nasconde ogni qual volta se ne allontana. Quanto ai Pompilidi, si è già veduto che, in questa famiglia, anzi nello stesso genere Pom- pilus, molti modi di nidificazione sono rappresentati, dal parassitismo alla costruzione di celle in Fig, 609. — Nido sotterraneo di Aataia unieolor Say. Figura schematica ; riduzione ad un terzo del naturale. Da Pekham. L ADULTO E li LI ATTI PF.lt LA CONSERV AZIONE DELLA SPECIE 557 muratura allogate in cavità; dalla utilizzazione dei cunicoli, che souo la dimora della vittima Btessa, fino alla eseavazione di veri nidi sotterranei. B D E F G H L Fig. 610. — Altri Apidei (Antrenini e Panurgini) nostrali, fra i più comuni. A, B, Anthrena cineraria (L.) Latr.. masohio e femmina; C, D, Anthrena labiata Schench, maschio e femmina; E, F, An- threna flavipes Panz., maschio e femmina; G, H, Dasypoda plumipes Panz., maschio e femmina; I, L, Halictus quadricincus (Fabr.) Mor., maschio e femmina. Tutti in grand, nat. Da Kùnckel d'Herculais. Gli Apidei, che hanno abitudini fossorie, sono pochissimi, senza confronto assai in minor numero che non i Vespari sopraveduti. I due generi più ricchi di specie e scavatori per eccellenza e senza eccezione sono gli Halictus e le Anthrena (tig. 610). I cunicoli di questi Imenotteri (tig. 611) si compongono di una galleria verticale, che ha dei rami lateralmente, brevi e che mettono ciascuno in una cella ovale, ap- pena più larga della galleria maestra. In ciascuna cella è allogato l'uovo, colle sue provviste di miele e polline. Degno di nota il fatto che, per talune specie di Halictus si accenna ad un prin- cipio di cenobitismo e di collaborazione; perchè non solo molti individui stabiliscono i loro nidi insieme, disseminati su una zona di terreno, a breve distanza l'uno dal- l'altro, ma, accade che qualche individuo della colonia si incarichi della difesa dei nidi, anche altrui, mentre il legittimo proprietario è assente. Festou, Verhoeff ed Aurivillius hanno dimostrato che questa sentinella non si ri- trae neppure diuanzi a pericolo serio e giuuge a sacrificare la propria vita per difesa del nido altrui. Cosi fanno, ad es., gli B. 4-strigatus Latr, ed H. nylanderi Mor. di Europa, i quali però stabiliscono un ammasso di celle Fig. 611. — Figure schematiche dei nidi sotterranei di Halictus (A) e di Anthrena (B). Da Kellog. 558 CAPITOLO QUINTO in una camera nel fondo della galleria e tra le celle e la terra circostante rimane un piccolo spazio vuoto, a guisa di corridoio, nel quale può circolare la madre, che accudisce alla sua prole. A proposito della di- Fig. 612. — Spaccato del nido di Colìetes suocinctus L. Ingrandito. Da Valéry Mayet. fesa della proprietà altrui in seno a queste colonie di Halictus, il Feston osser- vava che un Imeuottero parassita dei nidi di que- sti Apidei, cioè lo Sphecodes subqiiadìatns Wesm., che è pur esso un Apideo, tenta di forzare il nido dell' Halictus malachnrus Kirby, difesa dall'indivi- duo proprietario del nido o da altro che ne fa la guar- dia, perchè la sentinella se ne sta all'orifizio della galleria e non ne affiora che col capo e si difende colle mandibole. Allora l'aggressore scava una controgalleria laterale e riesce a sboccare in quella dell'-ffnZicfHg, sotto alla sentinella, che, presa cosi alle spalle, è uccisa. Se, invece dell'invasore, si affaccia il legittimo proprietario del nido, la sentinella cede il posto senz'altro. Anche le Elicerà, di cui una specie, la E. longicornit L. (fig. 592, E, C), cosi detta per le lunghissime antenne del maschio, è comune nell'Europa centrale e meridionale, scavano in terra una galleria ramificata. Le gallerie delle AnHirena, scavate (fig. 611, jf?)in terreni sabbiosi, sono, talora, molto lunghe, da 13 a 30 cen- tina Ma per VA. morio Brulle, fu rico- nosciuto che il cunicolo è lungo, ta- lora, fino ad 80 centim., le ramificazioni però, sono sempre molto brevi. Questi nidi si raccordano con quelli più com- plessi, forniti di una galleria cilindrica, costrutta in muratura, che si diparte dall'orifizio del nido e perchè tali se ne dovrà dire più tardi. Il nido sotterraneo del nostrale Colletes succinctus L. è stato bene stu- diato dal Valéry Mayet ed è illustrato dalla fig. 612, che basta per farne conoscere la disposizione. Nidi scavati nei legnami. — Si è già detto che qui si par- lerà di quei nidi pei quali l'Ime - nottero madre erode veramente il nido in questa galleria. Il legno preferito è sempre fra i più teneri e ben secco. L'insetto vi lavora con molta energia e rapidamente, rigettando all'esterno i detriti, che asporta mercè le robuste mandibole. Fig. -613. — Xylocopa violacea L. e suo nido (spacc. long.). Grandezza naturale. il legno e lo perfora a suo talento, per stabilire L'ADULI. > i: OLI ALTI PER LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 559 Per questi nidi sono ili atto due differenti disposizioni, quella cioè di un cunicolo unico, rettilineo, che poi la madre fraziona in logge, mercè tramezzi (il tipo è dato dalla nidificazione delle Xylocopa) (fig. 613). In questo caso schiu- dono prima gli insetti più giovani ed ultimi i più vecchi, come si è già avvertito per tutti i nidi a tramezzi entro un unico cunicolo. Il secondo tipo è rappresentato dalla maniera di nidificazione di taluni ('rubro ed è costituito da una galleria principale, da cui si dipartono gallerie secondarie, come tanti rami (fig. 814). In questo caso gli insetti, ormai maturi, possono schiudere a loro volontà, senza attendere la fuoriuscita dei fratelli. Non vi sono tramezzi, ma solo tappi di chiusura delle singole celle, nel fondo di ogni galleria secondaria, oltre alla chiusura generale di tutto il nido. Nidificazione della Xylocopa violacea L. — Il nome generico (taylia legno) richiama ap- punto le abitudini caratteristiche di erosione del legname per allogarvi il nido, ma si è già ve- duto che anche le Xilocope, ove possono, si risparmiano simile lavoro e profittano degli inter- nodi delle canne, ecc. Il Iviiuchel d'Herculais all'erma di aver spesso trovato dei nidi di Xylocopa allogati nei fori degli attrezzi di ginnastica nel cortile di un collegio a Parigi. Il genere Xylocopa conta moltissime specie, disseminate in tutto il mondo. La nostrale, sopra indicata, nota anche col nome volgare di Ape It guaiola, è il più voluminoso Apideo di Europa ed è ben noto per la sua frequenza e pel colore nero lucente, a riflessi violacei e le ali molto oscure, bruno-violacee Lfig. 613). Da noi, la Xylocopa è uno degli insetti più precoci e si vede già molto per tempo, in pri- mavera aggirarsi, ronzando sonoramente, lungo le muraglie od attorno ai pali, ecc., che esplora, alla ricerca di un ambiente opportuno por nidificare. Se essa trova quanto le conviene, cioè un legno secco, tenero, scortecciato, vi scava per entro una galleria (tìg. 613), dapprima orizzontale per qualche millimetro e di poi subitamente inclinata e verticale, diretta iu basso e lunga, il più spesso, una trentina di centimetri, cilin- drica e con un diametro di un paio di centimetri. Le robuste mandibole, che agiscouo veramente come seghe, compiono rapidamente il lavoro ed i detriti sono gettati all'esterno. Tutto il foro è, poi, suddiviso iu camerette, alte circa due centimetri e mezzo e ciò è l'atto mercè tramezzi di detriti di legno, impastati colla saliva dell'insetto, che, a guisa di dischi non più spessi di un paio di millimetri, sono distribuiti a regolari distanze. Il cunicolo è inclinato, il più spesso, in modo che il fondo si accosta alla parete del legno, cosi che, talora, possono uscirne, rodendo il sottile diaframma che separa la cavità dalla superficie esterna, anche gli adulti sviluppatisi per primi. Xidikicazioxe dei Crabro. — L'altra maniera di nidi scavati nel legno, conforme si è ac- cennato, è esemplificata dai Crabro (Crabrouini), tra le Vespe, e da qualche genere affine. Spesso sono utilizzate le gallerie, che hanno fatto nei legnami i Coleotteri xilofagi, ma altre volte il nido e lutto scavato dalla Vespa. Quanto se uè è detto e la tìg. 614 bastano ad illustrare quest'altra maniera di nidi allogati nei legnami. Avverto che alcuni Crabro nidificano anche sotterra. Nidi composti di celle allogate in cavità accidentali. — Molte volte iurta l'arte dell'Imenottero consiste nella costruzione, anche molto complicata e delicata, della cella e, quanto alla camera, che accolga le celle stesse, l'insetto la trova già pronta, piuttostochè scavarla esso stesso. Così sono utilizzati ambienti i più diversi: fessure nei muri e nei legnami, nella terra, culmi di canne, nidi d'altri insetti, chiocciole vuote, ecc. Le singole celle possono essere costrutte in muratura, cioè con una pasta risultante di terra mescolata a saliva dell'insetto; oppure di sostanza resinosa o d'altro. Il caso di maggiore complicanza è fornito dalle celle fabbricate con pez- zetti di foglia o ili [letali dei fiori. 560 CAPITOLO QUINTO Le celle sono allogate Della cavità che le contiene, secondo maniere di- verse. Talora esse sono disposte in fila, l'ima accanto all'altra, coi loro assi longi- tudinali paralleli : tal'altra, pur stando erette l'una accanto all'altra, esse sono aggruppate diversamente. /l'ili I I | if|j„ mmUi ^r- Fig. 614. — 'Nidificazione del Crabro interrupto-fattcialus Retz. A, larva dal ventre; B, niufa dal dorso (a, b, rispettive grandezze naturali); C, gallerie scavate nel legno (a, approvvigionata con Ditteri; 6, conteueute la larva; e, col bozzolo contenente la pupa; d, galleria principale), ridotto di un terzo; D, figura schematica di questa nidificazione. Da Marcbal. Infine, ciò che si osserva sopratutto nei nidi a celle di pezzetti dì foglia o petali dei fiori, ogni cella sta sull'altra, secondo un asse longitudinale comune, come tanti ditali da cucire, ciascuno dei quali, col suo fondo chiudesse la bocca del sottostante (figg-. 615, AIO, B). Tali nidi si differiscono da quelli totalmente in mura- tura perchè questi ultimi non sono allogati in cavità, ma liberi alla superfìcie di corpi diversi e, talora, sulle celle che li compongono, gli insetti costruttori dispongono un ro- busto strato di terra impastata, che abbraccia tutte le celle in un blocco comune e le difende benissimo da ogni offesa. Nidi composti di celle accomodate in cavità sono pre- parati da Imenotteri Apidei e Vespidi e sono molto comuni nell'uno e nell'altro gruppo. Fig. 615. — Tre cel- lule membranose costrutte da Col- letes. Grand, nat. Da Lepelletier. Fra j;li Apidei, qualche Anthrena ad es. VA. balneorum Lep., si diffe- renzia nei suoi istinti dalla maniera più comune di nidificazione per le specie del genere, già ricordata, poiché il Festou trovò che la specie indicata aveva accomo- dato un gruppo di celle ovali (composte di terra impastata e rinforzata di sassolini, rivestite internamente di sostanza cerosa) entro un cunicolo profondo da 10 a 15 cm. Le Prosopis fanno celle di sostanze diverse e le collocano nelle cavità le piti svariate (buchi nelle pietre, rami secchi e smidollati, ecc.) persino dentro ai buchi lasciati nel terreno dai Lom- brichi (P. variegata Fabr.) e le celle sono l'ima sull'altra, secondo lo etesso asse longitudinale od altrimenti aggruppate, quando la cavità sia più ampia. La maggior parte delle Proiopis nidificano, però, nel Rovo. '.MULTO K GLI ATTI IM'.H LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 561 (ili Aiilhidiiim, bellissimi Apidei, variegati di giallo e ili brano, fauno celle in muratura, che dispongono in fila l'ima accanto all'altra. Il nostro A. laterale Fabr. profitta «li cavità diverse del terreno ed anche dei formicai ab- bandonati ed in questi, poco addentro, mette le sue celle, costrutte con resiua raccolta sulle cullitele. La resina, masticata culle mandibole dall'insetto, è usata ancor molle, così che le celle finiscono per saldarsi l'ima all'altra e sono una dozzina. Ma, questi Imenotteri, se non trovano una cavità già pronta, che loro convenga, sanno bene scavarsela da sé. L' Anthidiiim strigatimi l'anz. fabbrica pic- Oole celle di sostanza resinosa, rivestite di unniche fibra o peluzzo vegetale, cilin- driche ed isolate e le fissa al fusto di qualche pianta. Del resto gli Imenotteri ili questo genere usano far ricorso alla peluria di piante villose (Ballota foetida, Studili*, ecc.) per rivestirne, all'interno, la cavità, che contiene la cella. L' Aittliidium lui illuni in Lep. di Algeria mette le sue celle entro i culmi di Annido donai, ecc. Anche tra i Vespari questo modo di nidificazione è seguito, ma molto più ra- ramente. Taluni Odynerus, come 0. callosità Thoms. di Europa, fanno una sola cella in mura- tura entro qualche cavità, che trovano già pronta, entro vecchie muraglie od in qualche pietra molle ed anzi questa specie ne inizia la chiusura anche prima di met- tervi l'uovo e le provviste, lasciando un breve pertugio a questo scopo e comple- tando la chiusura di poi, come, del resto, fanno anche certe Gamia, ad es. 0. aiiru- lenta, 0. cornuta, 0. bicornis. L'Odyiierus rosaii Lep. di Europa fu veduto fabbricare tre celle di tessuto leg- gero entro una galleria sotterranea, che esso stesso aveva scavata ed altra volta entro un fusto secco di Anici. Così pure altre specie (0. rubicola Duf. ; O. parietiiuis L. nostrali ed 0. cogitatila YValk. di Arabia) si sono veduti mettere più celle, costrutte in muratura, entro rami secchi di Sambuco, previamente smidollati. Oltre alle suddette maniere di celle, che sono composte di materie diverse, impastate e dis- tribuite col mezzo delle mandibole, è da considerarsi altra elegante fabricazioue di celle, con processo e sostanza fondamentalmente diversi. Vogliamo dire delle celle fatte di frammenti ili foglie o petali dei fiori, ed allogato in cavità scavate dallo stesso Imenottero od accidentali, nel terreuo, nei legnami, ecc. Il più citato ed ovvio esempio è quello presentato dalle Megachile (Apidei) (figg. 616, 617). La M. ceiitniicnlaris L. di Europa e dell'America più settentrionale è un insetto molto più piccolo dell'Ape (fig. 616, .4) ed è comune da noi. Schiude in fine di maggio o nei primi giorni di giugno e subito la femmina fecondata inizia la costruzione del nido entro qualche cavità o galleria tubuliforme, che le convenga; più spesso nei tronchi e rami degli alberi, che non sot- terra. L'Apideo asporta, dalle foglie fresche di piante diverse, ma specialmente di Rosa (fig. 616, A dei pezzetti, ritagliandoli circolarmente a mezzo delle mandibole, poi li arrotola a cono e li trasporta a volo. Con questi pezzetti l'insetto tappezza le pareti della galleria e questi primi sono più grandi degli altri, che impiegherà poi, che formeranno uno strato più interno. Xe viene cosi ima Fig. 616. — Nidificazione della Megachile centunoularis L. A, la fenimiua che recide i pezzi di foglia di Rosa (si vedono anche foglie tagliate)! B, il nido (con tre celle) entro un legno secco; C, opercolo di una cella ; D, porzione di foglia formante la parete della cella; E, una cella completa, ma non ancora opercolata ; G, bozzolo contenente la ninfa; F, cella disposta in modo da mostrarne la costru- zione. Grand, nat. Da Kùnckel d'Herculais. A. Bkklese, Oli Inietti, II. — 71. 562 1 wu"i 0 Ql ini" Fig. 617. — Una celi» dei nido di Megachile a«- thraeina Smith del Nord- Ainerica. alquanto in- grandita ed aperta, per mostrare la larva e la sua provvista. Da Sharp. fabbricano celle veramente cella a forma di ditale da cucire (iig. 616, E), che, munita dell'uovo e delle provvigioni (miele e polline)., è rinchiusa di poi da un opercolo rotondo, fatto di vari strati di pezzetti delle stesse foglie. Su questo opercolo \ iene disposta un'altra cella consimile e cosi via fino a che tutto il cunicolo e riempito (fig. 616, I!) «I i queste celle a forma di di- Mie, che sono commesse l'ima sull'altra, lutine, -opra tutta questa costruzione, che raggiunge più centimetri di lunghezza, è disposto mi suggello, fatto di pezzetti delle stesse foglie, incollati l'uno sul- l'altro. Altre specie nostrali, come la .)/. pictoo»n<8 I''.. vi aggiungono anebe, a miglior chiusura, uno straterello di terra impastata. Qualche volta (secondo Smith) questa specie impiega i petali di Pelargoni!»!! anziché le foglie di Rosa, il che fa più frequeute- inente la .1/. imbecillii Gerstr., egualmente nostrale. La M, sericana Fabr., essa pure europea, impiega pezzi di foglie di piante diverse, ritagliati al solito modo, ma li avvolge attorno ad un ditale fatto di una pasta delle stesse foglie, masticata ed umettata di saliva, rinforzato anche con piccoli sassolini all'esterno. La cella e chiusa da opercolo, composto con ritagli delle medesime foglie, agglutinati colla stessa pasta. Le costruzioni di questa specie si avvicinano cosi (meno il rivestimento della cella con pezzi di foglia) a quelle delle Osiiiin sopra vedute. Altre specie di Megachile incorrono, quanto alla maniera di costruzione delle celle, in quella già veduta pegli Authidium, poiché in muratura, cioè di terra agglutinata colla loro saliva ed interna- mente rivestite di uno strato di resina. Così fanno la J/. ericelor»»» Lep. nostrale; la il. lar- vata Fabr.; M. disjimcta Fabr. del- l'India, ecc. Fra le Trachusa {Diphyais di altri autori), genere affine alle Me- gachile, va ricordata la T. seiratnlae Pauz. di Europa, che fa celle mercé stretti ritagli di foglie di Ciliegio e le arrotola entro la galleria e poi la cella é rivestita internamente di uno strato di resina, che collega sal- damente, così, i detti ritagli. Fra le Osmio (od Anthocopa sec. altri autori» è citata la 0. papaveri* Latr. nostrale .più piccola della comune Megachile). Essa scava iu terra una galleria profonda circa otto eentini. e la riveste con pez- zetti di petali di Papavero, che poi restringe nella parte più alta, tino a chiusura ."della cella, come si fa della bocca di un sacco. Il nido è poi chiuso con terra e cosi nascosto. Alcune lumia fanuo celle con pasta di foglie tritare, ma le rive- stono internamente con pezzetti di petali di tiori. Cosi fanno la 0. la- iiosn Per.: ". crislala Fonsc. : 0. pereti Fesl Costruzioni accessorie. — A complemento di nidi contenuti in cavità diverse, molte specie di Imenotteri, sia Apidei clic Vesparii, costruiscono, con terra impastata, una galleria tubulilbrme. cilindrica, che circonda l'i nùnzio del 13 Fig. 618. — Schemi di due nidi sotterranei di Imenotteri Apidei e Vespidi solitari del Kansas. A, sezione verticale del nido di ilelitoma grisella Ckll. e Porter; B. di Ody- ■ annutatus Say. o; tubulo d'ingresso, in muratura. Circa due terzi delia ^raud. uat. Da Hnngerford e Wil- liams. i.'ai. il. io K OLI ATTI l'Klc T.a COIfSERVAZIOXa DELLA SPECIE nido e 'li quivi si diparte, per «levarsi all'esterno o sporgere con varia inclina- zione. Pei nidi scavali entro terra accade che questo singolare tubercolo in mura turasi adagia sulla superficie stessa del terreno ftg. 618 .1 od anche si eleva con forte angolo, per inclinarsi di poi piu o meno (fig. 618 B). Pei nidi scavati entro muraglie 0 nei legnami, il tubulo spor- gente sulla superficie orizzontale e curvato ad arco in basso (fig-:. 6 1 9, 620). La ragione di questa costruzione complementare, alla quale l'insetto tiene molto perche la rifa subì! accidentalmente viene rotta od aspor- tata, sembra doversi attribuire al tatto che essa ostacola od impedisce del tutto l'accesso ai parassiti (altri Ime- notteri o Ditteri^, che sono sempre pronti ad invadere il nido. ■ te - "- :a Fig. 619. — Nulo ci i Anthophora parie.tina r'abr., in grandezza ostatale. A sinistra e nel nido vnoto. Da KUnckel d'Hercnlais. ■ tutto ciò Don - il dubbio sn qnesta interpretazione dello scopo di simili costruzioni, perche --- ., per qualche specie, cosi poco olerai non si vede come possano impedire ad nn insetto di traversarle. I più begli esempi di cosi fatti tabuli, molto riti - DO offerti dalle Anthophora, f Apidei e dagli Odgnermi, fra i Vespari Enmenidi (figg. fc>19, 62 ostrali Anthophora atervoiwm L. : J. retusa L. scavano gallerie entro terra, ma la J pannina P'abr., egualmente nostrale . • - .:are ni, breve cuni- colo nello strato meno dnro di calce, fra le pietre delle muraglie e di poi costrnisce il tabnlo co., teriale estratto dalla escavazion^ impastato con saliva, il qnale cilindro sporge bene all'esterno e si r. quindi i ■■■- Il nido dell' A nthrena morio . d'Enropa e d'altrove, che, cor/. ■ - e scavato in ter: -.- ta- lora provvisto di nn ben . iynerun parictum L., cornane da noi, costruzione (fig. 620 . che sporge egualmente dai vecchi muri. Gli Orf;. scavare il nido, che è in forma di cameretta ovale, nsano prima bagnare abbondare- - materiale da asportarsi, merce aeqna che vanno a raccogliere nei dintorni e : . punto da scav ; La Vespa, via via che toglie il materiale, lo accumula in piccole pallottole, bene - in dispar --ne poi ad erigere il tabulo. Talora le gallerie scavate sono più d'ana, ma quella d'accesso ed il tal si e pel nost .'.-.----■ -gnami set liei - - forme hanno i Ceraia»»» (Masarini), come fi King - era nn bel tabulo anche prima di attera sospeso ad nr. Fig. 620. — Odynerns parietum L. Nidi in grandezza na- turale A sinistra si vede lo spaccato della cella; a ■ra si vede l'insetto, che sta costruendo il tubo esterno. Alquanto ingrandito. Da KUnckel d'Hercnlais. 564 CAPITOLO QUINTO Nidi in muratura. — Finalmente sono da considerarsi i nidi costrutti esclusivamente con terra impastata, talora con l'aggiunta di sassolini, riuscen- done così una costruzione niolto solida e che sfida benissimo anche le intem- perie. Si potrà qui ricordare qualche costruzione analoga, differente però nella natura della sostanza adoperata. ÌSTon è tuttavia agevole fare altre distinzioni in questa maniera di nidi, seb- bene alcuni, più semplici, si vedano risultare di una sola cella, altri di più celle, ma affatto distinte; altri ancora di celle riunite assieme e, finalmente, i più complessi, esser composti non solo di un aggregato di celle a contatto fra loro, ma ancbe di un intonaco generale, che tutte insieme le riunisce in un solo blocco. Come passaggio alla nidificazione sociale si potrà, infine, ricordare la colonia di più di tali nidi, opera di madri diverse, sui quali poi, in blocco, è steso un comune strato protettore che li difende tutti ed a com- porre il quale collaborano, di conserva, tutti gli insettti della colonia medesima. Questo modo di nidificare in celle di sostanza resi- stente ed esposte liberamente all'aperto è comune ad Apidei e Vespidi molti, ma, fra i primi, è assai meno diffuso, mentre tra i Vespari se ne incontra esempio in quasi tutte le famiglie degli scavatori e dei Diplotteri. Accenneremo, dunque, brevemente, dapprima alle celle isolate e di poi alle maniere più complesse, che sopra abbiamo elencato. Fig. 621. — Eumene» pomi- formia Fabr. e sua uidi- ficazione. La più alta è una cella in via di es- sere approvvigionata ; in mezzo una aperta, mostrante la larva del- l'Imenottero e quelle di Coleotteri vittime; in basso una cellula, da cui è schiuso l'insetto. Gr. naturale. Le specie del gen. Eumenes (Diplotteri) nidificano tutte in celle distinte e riunite a gruppi e di questa maniera di nidificazione mo- strano i più begli esempi. Il comune nostrale Eumenes pomifurmis Fabr., bellissima ed ele- gantissima vespetta, variegata di giallo e di nero (fig. 621) e col- l'addome assottigliato alla base in un teuue ) eduncolo (carattere del genere) mette i suoi nidi sulle muraglie e se ne trova dovunque, sulle pareti delle abitazioni, in campagna. Sono comunissimi ed al- cuni, ormai chiusi, sono sferoido-conici, meno alti che larghi; altri già compiuti, ma non ancora contenenti le provviste, somigliano bassi tìaschetti, col loro breve collo e l'apertura ad imbuto. Sono molto fragili e si vedono composti di una pasta argillosa, gialla o giallo-rossastra ; mi- surano, nel diametro massimo, poco più di un centimetro. Sono isolati ed, aprendone imo già chiuso, lo si vede contenere una dozzina di piccole larve, in generale di Microlepidotteri, arro- tolate su sé stesse e molto ordinatamente accomodate l'ima acanto all'altra. L'uovo pende dalla volta della cella, sospeso ad un breve filo (fig. 602, B). Questa Vespa ha due generazioni annue e gli adulti rispettivi appaiono una prima volta in giugno; la seconda in agosto, dopo aver impie- gato circa 23 giorni nella loro evoluzione. Il Feston descrive bene il modo di costruzione di questa elegantissima cella. La Vespetta porta sul posto prescelto una pallottola di mota, cioè di polvere delle strade, bagnata della sua saliva. Quivi, tenendola fra le zampe anteriori, le imprime un lento moto di rotazione, mentre le mandibole aperte e ferme la escavano; è una vera tornitura, come sulla rota del figulinaio. La Vespa gira in tondo lentamente e, via via che l'opera avanza, le antenne, sempre in movimento a misurarla, la mantengono delle dimensioni volute. In pochi minuti la cella è compiuta e fis- sata al suo sostegno. La Vespetta, allora, vola intorno e considera così il suo lavoro e la sua ubicazione, poi vi introduce, pel piccolo imbuto, l'addome e fissa l'uovo alla volta interna, quindi vola a cercare le provviste. Altri Eumenes fanno celle consimili, ma aggregate (fig. 622) ed altri ne costruiscono di altra forma, ad es. cilindriche, riunite in gruppi, ecc.; come è anche per la nostrale I'. coang uslata Vili., del triplo maggiore della E. pom.ifortti.is e variegata di giallo, nero e rosso-mattone. l'adulto k gli atti pur la coxsrrvazionr della spkcie 565 La E. (ìitguitata dell'arcipelago indiano fa nidi grandetti. Uno, misurato dal Perris, era lungo 11 eeutim., largo 4, piatto e si componeva di undici celle ellittiche, disposte parallela- mente l'una all'altra, cinque da nn lato, quattro dall'altro ed una in ciascuna estremità. Il nido si trovò fissato ad un muro. La E. ciroinalia Fabr. delle Molucche, Australia, ecc., costruisce un nido su un ramoscello di arbusto, ed è in forma di sferetta (8 cent, per 6l oblunga, e che somiglia ad un frutto disseccato, perchè è alla estremità del ramo e coperto di una sostanza pruinosa. Contiene sei cellule ovali, di terra impastata con picooli sassolini, dentro levigate e verniciate. Il ramo traversa il blocco in tutta la sua lunghezza (fig. 622), Poco diverso è il nido della E. germaiuii Lue. della Nuova Caledonia. L'È. doryeus Maiudr. della Nuova Guinea costruisce sulle muraglie celle isolate, accostate l'una all'altra, non però aderenti, simili a quelle degli Zethii», ma così spulite e dure che sembrano fatte di cartone. Una specie di Eumene» del Senegal, appena più grande della Jù. coanguetata Vili, di Europa, che nidifica, talora, anche nelle case, può fare nidi con più di 20 celle e lunghi piti di un piede e larghi tre pollici CMaiudron). Anche le Moutesumia (genere di Vespe esotiche, affine agli Eumene») costruiscono nidi consimili e li provvedono di bruchi. Così pure le Abispa, genere di Australia, che comprende poche specie finora note. I Celonite», che sono pure Masarini, costruiscono bellissimi nidi in muratura, che sospendono a ramoscelli, come si vede dall'esempio recato, che si riferisce al comune C. abbreviatila Vili. (fig. 623). Nel gruppo dei Larrini appunto vanno ricordati ancora i generi TrypoxT/lon e Phon (Trypo- jylini) perchè costruiscono nidi in muratura, comprendenti un certo numero di celle, più o meno indipendenti l'una dall'altra ed insieme collegate (fig. 624) ma non rivestite da comune involucro. Fra i Pompilidi meritano di esser ricordate qui le elegauti celle costrutte di terra impastata dalle piccole Vespette dei generi Agenia e Pneudagenia (fig. 603), che sono allogate, però, in ambiente re- condito, se non proprio in cavità, ad es. sotto qualche corteccia sollevata o fra le pietre, ecc. Cito pure i Macro- meri», di cui una specie (11. splendida Lep. delle Indie), costruisce due o tre voluminose celle (lunghe 35 miti, e larghe 20), ovoidi, fissate ai tronchi degli alberi o nelle cavità delle (sor- tecele. Sono composte di detriti di scorza ben masticati e impastati con una specie di gomma, non solubile nell'acqua. Queste celle contengono ciascuna un grosso Ragno (Plnjllodromua), in generale mutilato delle zampe. Fra i Crabronidi, le più vistose e robuste costruzioni in muratura sono quelle che apparten- gono agli Sceliphron (Pelopoeus di altri autori) (ligg. 625-627) e ne abbiamo ovvio esempio anche da noi, poiché, fin nelle case nidificano i commi i S. dettillatoriua L. ; S. spirifex li. : S. fistularius Fig. 622. — A, nido di Eumene» cir- cinalis Fabr. (dell'Arcipelago indiano) aperto ; grand, nat. ; B, ninfa di Eumene» doricus Maind. (stessa località), in- grandito di un terzo (b, la sna grand, nat.). Da Maindron. Fig. 623. — Nido di Celonite» abbrevia- ta», in grand, nat. Da Lichtensteiu. Kig. 624. — Nidi di Larridi del- l'India orient. A, di Pison eri- thropus Kohl.; B, di Trypo- xylon rejector Sin. Grand, nat. Da Home e Smith. 566 CAPITOLO QUINTO Fig. 625. — Sceliphron spiri/ex L. e suo nido in sito, in grandezza naturale. Dahlb., subito riconoscibili (fig. 625) dalla statura vantaggiosa, dal color nero, coi piedi ed il lungo e sottilissimo peduncolo dell'ad- dome gialli. I nidi sono costrutti fin entro le nostre stanze, specialmente negli an- goli rientranti, tra i soffitti e le pareti o sotto i cornicioni, ecc. e sono com- posti di argilla, die gli insetti raccol- gono umida attorno alle pozzanghere. Si tratta di più celle (fig. 626) ovali, molto allungate, tutte disposte in un medesimo senso e strettamente collegate assieme in un blocco unico, assai resistente e non molto dissimile da quello cbe vedremo fabbricato dal- l'Ape muratrice. Una specie del Durban costruisce le sue celle collo sterco di bue e le fissa, isolate od ap- paiate, sui culmi di piante diverse. Lo Sceliphron chalybaeus Smith della stessa località stabilisce, invece, il suo nido nel vuoto delle canne di bambù, cbe formano i tetti delle abitazioni, ed im- piega, per costruire i tramezzi tra l'ima e l'altra cella, gli escrementi di uccelli, che raccatta sulle foglie ed impasta colla saliva. I Chlorion, bellissimi insetti colle forme degli Sce- liphron, ma a riflessi metallici, nidificano in maniera ana- loga a quella seguita dai Sceliphron. Ma il più alto grado di complessità nella fabbri- cazione dei nidi in muratura è certo rappresentato dagli Apidei del gen. Chaìicodoma, volgarmente detti Api muratrici (Jbeilles maeonnet di Reaumur). Ne ab- biamo ovvi esempi ed ognuno ha veduto, certo, i nidi della Ch. muraria L., che sono comuni sulle muraglie, nei giardini e nelle campagne, sui sassi, sulle statue di pietra, nelle quali sono insinuati nelle rientranze della scultura e più di rado sui tronchi degli alberi; sempre in luogo ben soleggiato. Cholicodoma muraria L. L'insetto femmina (fig. 629, C) somiglia una piccola Xilocopa, pel colore e la villosità, ma è di metà minore, mentre il ma- schio è coperto di fitta peluria rosso- ferruginea. Questi Imenotteri cominciano a nidificare in aprile ed ai primi di maggio. I nidi somigliano mucchietti di terra, lunghi talora anche otto o dieci centimetri, larghi meno e non troppo alti. Allorché ne sono usciti gli adulti, tali nidi si vedono perforati da una decina di buchi rotondi, di cinque o sei millim. di diametro (fig. 629, B). Molte volte tali costruzioni sono in grandissimo numero ed addos- sate l'nna all'altra o poco discoste fra loro, su uno spazio più o meno esteso, a seconda della numerosità della colonia che frequenta l'ambiente, in numero talora grandissimo, volteggiare e posarsi Fig. 626. — Sceliphron spirifex L. Nido staccato dal muro e veduto dal di- sotto, in grand, nat. A sinistra una cella è occupata dalla larva quasi matura; a destra dalla ninfa, che si vede essendo aperto il bozzolo ; quelle del centro mostrano i bozzoli ancora chiusi. Fig. 627. — Nido di Sceliphron laelum Smith (Australia) composto di due cellule. A, come si presenta; /;, dalla parte interna, staccato dal sostegno. Grandezza naturale. Da Maindrou. In primavera si vedono le femmine, l'adulto e gli atti per la conservazione della specie 567 sulle strade di campagna, per raccogliervi il materiale da costruzione e così intenti' al lavorìi ohe talora si lasciano schiacciare dal viandante piuttosto che allontanarsene. I.a femmina fa un piccolo macchietto di terra, che impasta eolla Mia saliva, ed è poco più grosso di un grano di miglio e poi lo trasporta a volo, tenendolo fra le mandibole. Giunta al luogo prescelto l'Ape dispone il blocchetto di terra a ridosso della pietra, su cui intende fabbricare e vola via subito a procurarsi altro mate- riale. Accumulatone abbastanza, si inizia la costruzione di una cella che assume forma ovale, se sorge rissata col suo fondo, ma se è addossata ad una parete verticale, rappresenta un mezzo cilindro cavo e la pietra di appoggio costi- tuisce l'altra metà della parete. La superfìcie esterna è rinforzata da granelli di sabbia, incastrati nella parete della cella, che, all'interno è, invece, abbastanza levigata. Fig. 628. — Nidi di Vespe solitarie dell'Arcipelago indiano. A, di Larra modesta Smith (n, all'interno ; b, dall'esterno) ; B,Tachytea morosus Smith, cella rotta per mostrare l'interno. Grand, uat. Da Mainili. hi Fig. 629. — Chalicodoma muraria L. Nidiiìcazione. A, nido su nu muro (uè è uscito un adulto); B, lo stesso staccato e veduto dal disotto (sono usciti quasi tutti gli insetti); C, celle in via di costru- zione; quella inferiore non ò ancora chiusa perchè è in via di approvvigionamento; C, due celle aperte per mostrare la larva e il bozzolo. Grand, nat. Allorché la cella ha la grandezza desiderata, cioè circa un centim. e mezzo a due di lun- ghezza, l'Ape uiuratrice vi deposita nel fondo la provvista di cibo per la larva futura, la solita mescolanza di miele e polline; vi mette sopra il suo novo e subito chiude la cella collo stesso materiale. Questo lavoro richiede una decina di giorni e subito viene iniziata la costruzione di altra cella, che viene fatta accanto alla precedente e così ne sono costrutte otto o dieci (tìg. 629, C). Le celle sono tutte dirette, presso a poco, verticalmente. ip8 CAPITOT.0 QUINTO Uopi) ciò l'Ape muratrice riveste l'esterno delle celle con imo strato di terra impastata e sopra vi immette, molto aocuratamente, delle pietruzze non troppo piccole, formando cosi un blocco unico, resistente alle intemperie e così duro che non si può rompere se non con ferri. E questo il nido a tutti ben noto. Le larve (fig. 629, D), giunte a maturanza, si filano un bozzo- lette di seta bianca, quivi in crisalidano e sono già adulti in autunno, ma si trattengono entro la cella per tutto l'inverno, fuoriuscendone solo alla primavera successiva. Talora, l'Ape mu- ratrice utilizza anche vecchi ti idi della sua specie, dopo averli accuratamente ripuliti dai rifiuti delle covate antecedenti. La Chalicodoma rufitarsii Lep. (Sud- Europa, Algeria), od Ape muratrice delle tettoie, è di metà più piccola della precedente; fa nidi egualmente di terra impastata, ma li costruisce Botto le tettoie o sotto le sporgenze dei tetti. Quivi si vedono, talora, in grandissimo numero. Non si tratta, però, di una società, perchè gli individui agiscono indipendentemente; ma, a costruzioni singole finite, tutte le Api, insiome, lavorando di conserva, stendono, sul complesso dei nidi, un unico, uniforme e sottile strato di terra impastata, che cela e collega tutti i nidi in una sola massa, che può avere l'estensione minima, cioè non più di quella della mano di un uomo ; ma, ordinariamente lo è assai più, tino a più metri quadrati. Per le altre abitudini questa specie non differisce troppo dalla precedente. La Chalicodoma rufeaeens Per. dell'Europa meridionale, molto simile alla precedente, fabbrica i suoi nidi 6ugli arbusti e quivi si vedono come corpi sferoidali del solito impasto terroso, grossi al massimo come una piccola mela e traversati dal rametto della pianta (fig. 630). Questa 6fera contiene po- che celle. Così si sono passati in rivista i tipi diversi di nidi pedotronci, accostandoci da un lato alle vere e proprie società, dall'altro al parassitismo. Più innanzi sarà il caso di trattare di questi altri speciali modi di adattamento, come pure di quelle altre maniere di nidi pedotrotìci, pei quali entra in concorso qualche altro organismo ben differente, oltre a quello che depone le uova, casi questi di parassitismo. Vediamo, infatti, che taluni insetti, deponendo le loro uova in tessuti vege- tali fanno asseguamento sul concorso attivo della pianta, a nutrizione e difesa dell'uovo, collocato nei suoi tessuti. Altri insetti, invece, profittano del nido preparato da altra specie ed in questo depongono il loro uovo, accanto a quello del legittimo proprietario, ciò che determina un conflitto fra le larve delle due specie, colla vittoria costante dell'intruso, che usurpa così l'eredità lasciata dalla vittima. È questa un'altra maniera di parassitismo, come sono quelle ancora, nelle quali un insetto depone il suo uovo sul corpo di una larva d'altra specie, saputa raggiungere fino entro il suo nido e la paralizza od uccide colà e così è trovato il cibo e la dimora conveniente per la larva nascitura del sagace parassita. Sarà dunque opportuno luogo a trattare di questi fatti, sia quando si dirà dei rapporti fra insetti e piante, sia di quelli tra diverse specie di insetti. Fig. 630. — Nido di Chalicodoma " rufescen» Perr., da cui sono già schiusi gli insetti. Grandezza naturale. Diffusione della specie. Allorché nuovi ambienti e luoghi divengono adatti alla vita di una specie, questa, se non impedita, tende a conquistarli e vi riesce mercè uno spostamento di suoi individui in quella direzione. L'ADULTO E GLI Al II l'I'.l; I.A CONSERVAZIONE DELLA SPECIE Ót>9 Tale conquista è ottenuta a preferenza con mezzi attivi per tutte le specie organiche suscettibili di locomozione volontaria ed il compito è assolto da forme semoventi, fra quelle che appartengono alle diverse età e condizioni dell'indi- viduo 0 del sesso. Cosi, per gli Insetti, le uova non sono mai chiamate a diffondere la specie, se non passivamente e per caso, come non lo sono le. forme ninfali nelle specie metaboliche o tutte le altre che. per adattamenti particolari, hanno perduto la facoltà locomotrice, ad es. le femmine neoteniche o ridotte per parassi- tismo, ecc. Si intende, inoltre, che l'opera di diftusione non appartiene al maschio in alcuna delle sue torme giovanili o nell'adulto. È necessario che si spostino in- dividui di sesso femminile, atti a procreare più o meno presto, cioè femmine ormai fecondate o partenogenetiche od individui di ambedue i sessi insieme. Perciò, quando la diftusione è affidata a forme giovanili, all'opera prendono parte ambedue i sessi, ma allorquando il compito spetta piuttosto alla femmina adulta, questa, se non è partenogenica, vi attende solo dopo avvenuto l'accop- piamento, quando non si sposta di conserva col maschio. È questa anche un'altra ragione per cui il primo atto dell'adulto si è quello di ricercare le nozze. Si può ammettere che la energia diffusiva, per così dire, sia di intensità non troppo difforme nelle diverse specie, ma ne può essere differentissima la maniera di svolgerla. Possono concorrere alla diffusione di una specie anche cause estrinseche, di varia efficacia, costanti nella loro presenza ed in tal caso di altrettanto può es- sere ridotta la facoltà diffusiva, intrinseca della specie. Questa poi è massima allorché non interviene, normalmente, alcun aiuto estrinseco. Ad esempio del primo caso possono essere citati tutti i parassiti, i quali tendono a ridursi nelle loro facoltà locomotorie, sopperendo a tale deficienza l'attitudine dell'ospite a superare grandi distanze. Tutte le forme postembriouali di una specie possono essere incaricate della sua diffusione ed in tale raso la facoltà locomotiva loro, presso a poco si corrisponde. Oppure, una forma è meno locomobile o non lo è affatto ed in tale caso di altrettanto si ac- cresce la facoltà di spostamento delle altre. Può accadere, finalmente, anche il caso di combinazione fra la diffusione attiva e quella passiva, quando cioè una specie abbia, nel suo ciclo di sviluppo, forme libere ed altre parassite, di modo che le prime sono suscettibili di diffondere la specie coi loro propri mezzi soltanto, le altre fanno altrettanto, ma passivamente. Vediamo esempi di tutto ciò. Tutti i parassiti, che albergano continuamente sul corpo dell'ospite, sono atteri, cioè sprov- veduti del più efiicace mezzo di locomozione ed il loro incesso, mercè le zampe soltanto, è anche poco veloce, quanto basta, cioè, per sfuggire alla reazione dell'ospite stesso e per assicurarsi, sul suo corpo, una sede opportuna. Sieuo prova di ciò gli Auoplnri ed i Mallofaghi. La diffusione di queste specie avviene pel contatto degli ospiti e, perciò, lo spostamento dei parassiti non è ehe brevissimo. Lo stesso accade di tutte quelle specie, che, per altra maniera di intervento estrinseco, cioè passivamente, sono dislocate a distanza e riportate in altri ambienti opportuni alla esistenza loro. Anche per queste la facoltà locomotori,-! è sempre molto ridotta in tutte le forme e ne sieno testimonio quei parassiti, che non albergano sul corpo stesso della vittima, bensì nel suo ambiente, coni,, pure non poche specie di insetti parassiti delle piante e che, per diffondersi, fanno assegnamento su influenze estrinseche, anche più che sui loro mezzi naturali. Esempi di specie libere in un periodo di loro vita, parassite fisse di poi e che, quindi, sol- tanto in quella prima età si diffondono attivamente è dato dagli Stilopidi. Le femmine (Vedi A. Beri.esk, Oli lineiti, II. — 72. 570 CAPITOLO QUINTO voi. I, p. Kt>7, tìg. 1129) di questi insetti sono immobilmente fisse nel corpo dell'ospite, il quale però, essendo un insetto ottimo volatore, può benissimo spostare con sé stesso anche il suo parassita. Le larve, poi (pag. 414, tìg. 437), che nascono in gran numero, aggredendo nuovi ospiti, concorrono in tal modo, esse pure, a diffondere la specie. Quanto alle specie assolutamente autoapoiche, cioè che fanno assegnamento solo sui propri mezzi per diffondersi (a parte quello che può fare il caso, che interviene sempre, in grado vario), vediamo che i piti poderosi volatori (all'infuori delle poche specie migratorie) non si trovano fra gli insetti a metamorfosi incompleta, anzi, fra questi, le specie attere sono ben piò comuni ohe fra gli olometaboli. Questo può essere attribuito al fatto che, per gli eterometaboli, alla diffusione della specie concorrono le larve e le ninfe e perciò minor lavoro, allo scopo, può e-isere riservato all'adulto. Ma, fra gli olomptaboli, si vede aumentare il potere locomotorio delle femmine adulte per quanto scema quello delle forme larvali. Fra i Lepidotteri, non poche specie, come si è già veduto, bauno femmine attere od incapasi al volo; per compenso le larve di tali specie sono molto attive camini natrici ed anzi, talune di esse, compiono delle vere e proprie emigrazioni, movendosi, in massa, alla ricerca di nuovi am- bienti, ove insediarsi. Si confronti ad es. la locomobilità delle larve e dei rispettivi adulti dei Kombicidi (le cui femmine sono generalmente pessime volatrici) con quella degli Stìngidi (i vo- latori più robusti e rapidi fra i Lepidotteri) e si potrà riconoscere la differenza, perchè i primi hanno larve quanto mai locomobili ed in continuo spostamento da luogo a luogo ; pei secondi p? larve sono piuttosto sedentarie e questi sono nelle stesse condizioni dei Tentredine!, fra gli imenotteri. Fra i Coleotteri, le specie attere o non bene volanti, hauno larve sempre terrestri ed eccel- lenti camminatrici, e viceversa, come si può vedere, ad es., confrontando anche gruppi vicini come i Cicindelidi ed i Carabidi ed anche in questo ordine si vede aumentare la facoltà loco- motoria nella femmina adulta di quanto essa scema nelle forme giovani. Così accade eòe le specie a larve confinate (lignicole, sotterranee, ecc.) sono tutte ottime volatrici nello stato di femmina adulta, meno rare eccezioni dipendenti da qualche possibile in- fluenza estrinseca nella disseminazione della specie. Finalmente, tutti gli insetti a larve punto locomobili o ben pooo, come sono gli Imenot- teri aculeati e molti Ditteri, sono i migliori volatori, allo stato di femmina adulta. Tutte le specie acquaiole, a qualunque ordine appartengano, hanno femmine grandemente locomobili, non solo provvedute di eccellenti ali, che utilizzano benissimo, ma anche di altri mezzi di locomozione terrestre od acquatica. Ciò accade perchè la dislocazione, che possono fare le forme giovanili, in seno alle acque, non è che molto ristretta e non può estendersi a grandi distanze, se non per quel tanto che per- mettono l'ambiente liquido o qualche intervento estrinseco, affatto accidentale, come le piene od altri spostamenti delle acque stesse nei bacini e nei fiumi. Adunque, come si è già veduto che la facoltà loeomotoria dei maschi e pro- porzionale alle distanze da superare per raggiungere le rispettive femmine ed inversamente alla locomobilità di queste, si vede ora che la facoltà locomotrice delle femmine adulte (nelle specie autoapoiche) è inversamente proporzionale a quella delle rispettive forme giovani ed alla possibilità, per parte di queste ul- time, di superare grandi distanze, cioè di couquistare sollecitamente nuovi am- bienti opportuni, alla esistenza della specie. L'opera di diffusione non appartiene, dunque, esclusivamente alla femmina adulta, ma, in generale, questa forma vi ha la maggior parte e, fondamental- mente, tale ufficio dovrebbe essere esclusivamente suo. Ecco perchè se ne è detto qui e non altrove. [.'ADULTO K OLI ATTI l'KR I.A CONSKIi VAZIONK DEM.A SI'KCIK 571 Migrazioni. La Legge imperiosa, die obbliga ogni specie a provvedere alla propria diffu- sione sulla taccia del globo è più die inai palese nel grande fenomeno delle migrazioni, del quale si nolano rilevantissimi esempi anche tra gli Insetti. È una legge davvero irresistibile, se noi vediamo la nostra stessa specie obbedirvi così passivamente die non vi fa ostacolo neppure, la ragione. Sotto i nastri occhi le turbe si muovono, si spostano per terra e per mare a raggiungere un lontano e confuso miraggio, spesso senza conoscer bene la meta e quanto colà le attende. Una forza superiore muove questa gente ed essa va e va, anche se non è per nulla violentata ila condizioni difficili nel luogo di dove si diparte. Non è die per le classi o gli individui più colti che il ragionamento giunge a moderare e disciplinare questo naturale irresistibile impulso. Il naturalista, in presenza di questo fenomeno, non può non omologarlo, per l'origine sua, allo stesso stimolo intrinseco, che muove, inconsciamente, in misura e con effetti vari, tutti gli altri animali e L'entomologo poi trova un parallelo con molti altri fatti vistosi, che riguardano non poche specie di insetti di tutti _:li ordini. Certo non fissano tutta l'attenzione se non gli esempi delle più spettacolose migrazioni e queste sole sono state finora avvertite e considerate, ma, è da cre- dere, che. in misura varia, talora anche poco percettibile 0 non percepita, tutte le specie, anche di insetti, risentano, in qualche momento della loro esistenza, irresistibile l'impulso a migrare. Questo si manifesta a noi allorquando influisce contemporaneamente su gran numero di individui coetanei ed allora la grossa schiera di essi, che vi obbe- disce, si richiama alla nostra attenzione, per la sua vistosità. Intanto, quasi sempre ci sfugge la causa prima di cotali fenomeni, quella •lie li impone irresistibilmente; noi non vi riconosciamo, se non raramente, la necessità. Qualche volta, infatti, essa è palese nell'esaurimento dell'ambiente. Una co- lonna di bruchi, non si muove, in generale, se non da una località per loro ormai esaurita, ove essi non possono più vivere, per mancanza di cibo e lo stesso accade, nel maggior numero dei casi, ad es.. anche per Ortotteri migratori, ormai adulti. Ma. in altri casi molti, questa necessità non esiste allatto, come non esiste quella della ricerca di una località nuova, adatta alla futura figliolanza, per parte di forme adulte, perchè non solo tale condizione spesso non apparisce allatto, ma si conoscono casi di forme migranti solo nello stato di larva ed alcune anzi vanno certamente verso ambienti inadatti alla fondazione di nuove co- lonie. Intanto, è un fatto chela migrazione non avviene se gli individui sono poco numerosi, fi necessaria la grande massa perchè tutti insieme sentano il desiderio di spostarsi ed in tale condizione, tutti, di conserva, si muovono e vanno innanzi a se, apparentemente senza meta. Quanto alla direzione della massa semovente, essa non sembra prestabilita o voluta da altro che da condizioni estrinseche. In generale, è la direzione del vento, (die determina quella della massa migrante e non sembra si possa dire, che questa si muove solo allorché il vento stesso spira in una determinata direzione. per la quale soltanto i migranti intendano muoversi. 572 CAPITOLO QUINTO Migrazioni di forme giovani. — Oltre a quanto fauno gli adulti di taluue specie pur buoni volatori, le loro larve migrano esse pure in massa ed il fenomeno è, talora, molto vistoso. Ne ricordo qualche esempio, fra i più ovvi e che hanno richiamato da tempo la nostra attenzione. Sono citate da più autori e da gran tempo le singolari migrazioni, in massa delle larve di un piccolo Dittero del gruppo delle Micetotile o Tipularie fungicele, cioè della Sciava militari» Now. dell'Europa centrale e settentrionale. Sotto il nome di fermi proaeeeionarì, militari (Heerwurm), vermi dragoni (Wurmdrache) od anche di avmée de Serpente (Heersohlange), fino dal 1603 sono ricordati questi insetti e le loro colonne in marcia, alle quali apparizioni si legavano, in passato, non poche superstizioni del volgo delle località ove queste larve di Ditteri appaiono talora nel modo indicato (Svezia, Nor- vegia, Slesia, Sassonia, Tnringia, Hannover, ecc.). Tali larve si vedono riunite a migliaia, in masse talora lunghe lino a quattro metri, per pochi centimetri di larghezza e di spessore e queste colonne svolgersi, a guisa di un serpente, e procedere lentamente fra le foglie, le erbe, ecc. delle foreste. Le larve, nella massa, sono abbastanza tenace- mente aderenti l'una all'altra, mercè le loro false zampe e l'umore viseoso che le spalma, così che, con un bastone si può sollevare parte della massa, donde l'aspetto di un corpo unico, quasi un serpente, di tutta la colonna. Sembra che tale migrazione sia dovuta (secondo Beliug) si disseccamento od impoverimeuto dell'ambiente, in cui le larve sono nate e stavano, con che esse sono spinte a ricercare pastura più abbondante e stazione più conveniente, poiché questi insetti si nutrono del parenchima di foglie putrescenti e richiedono un ambiente molto umido per vivere. Ma non così evidente è la causa, che fa muovere le colonne migranti di giovani Acrididi, ad es. del Dociostaimis marocchaima Thmb.. uno delle nostre più temute Cavallette. Mi sono trovato in presenza di parecchie invasioni di questa specie nell'Italia meridionale e nelle isolo ed ho constatato che le forme larvali, dopo i primi giorni dalla loro schiusa, allorquando cioè sono ormai grandette, ad un dato momento, specialmente nelle ore antimeridiane, si muovono tutte insieme, incamminandosi in grandi masse, a piccoli salti, secondo una determinata direzione e non le arresta uè un muro, che scavalcano' salendolo da un lato e discendendo dall'opposto, né un piccolo corso d'acqua, su cui si avventurano e che guadano saltando sull'acqua stessa, ne, molto meno, una siepe od altro meno efficace ostacolo. A tale migrazione gli insetti non sono costretti dall'esaurimento od altro modo di insuttì- cienza dell'ambiente, che abbandonano, perchè ho veduto spesso lasciare, così, dei pascoli ricchis- simi per inseguire una meta ignota e non di rado arrestarsi la colonna migrante in una località molto meno felice di quella abbandonata. Può essere che cotale istinto migratorio, originato da necessità vere, per insetti che ancora sorgono da luoghi incolti, si conservi tuttavia auche quando la coltura ha rimosso ormai quelle difficoltà che, alla nutrizione, potevano incontrare quegli antenati loro, pei quali la esistenza non doveva certo essere così facile come è oggi per le Cavallette, in presenza di pastura abbondante e ricca. Ho già avvertito che le larve di molti Bombicidi sono attivissime migratrici e tolgono cosi il carico dell'ufficio alla femmina adulta, per quanto riguarda la diffusione della specie. Per questi insetti, però, si tratta di un vero abbandono di ambienti ormili esauriti, quindi la neces- sità del dislocamento è palese e giustificata benissimo. Il fenomeno è vario, sopratutto per le specie Biiscettibili di grandissimi ed improvvisi incre- menti di individui, il che, del resto, è una prima condizione ed immancabile dell'impulso alla migrazione, mentre le specie, che non vanno soggette a così grandi variazioni, ma che, di gene- razione in generazione oscillano entro limiti ristretti quanto a densità e numero di individui, non sono obbligate a grandi migrazioni in massa, sopratutto di forme giovanili. Così, ad es. Limanihria dispai- L., la cui fama pessima è stabilita appunto per la facoltà di incrementi numerici euormi ed improvvisi, è, fra i Bombicidi tutti, il più locomobile allo stato di larva, con migrazioni frequenti e spettacolose, ed è appunto la specie, che più spesso e facil- mente si vede subitamente apparire in numero sterminato. Certo le due facoltà, quella mi- gratoria e quella di un'alta prolificità sono coordinate e l'una facilita o determina l'altra. L'ADULTO K GLI ATTI l'EK LA CONSERVAZIONE DELLA SPECIE 573 La maniera ili procedere di una colonna di bruchi pertinenti al genere Cnetocampa, volgar- mente detti Proceasionarii, è così caratteristica, elle lui già richiamato da tempo l'attenzione degli osservatori delle cose naturali. Veramente, per le Processionarie, il più spesso le peregrinazioni dei loro bruchi non dipen- dono da impulso migratorio, ma solo dal l'atto che essi dimorano iusieme, durante la stagione meno buona, entro un nido comune e di ciò converrà dire a proposito dei mezzi protettivi in- dividuali. Ma essi escono da questo loro comune riparo, per procu- rarsi il cibo e si incamminano alla meta, in uno speciale ordine, che ha procurato loro il nome volgare sopra ricordato. I primi vanno in fila indiana, l'uno dietro l'altro; ma, bentosto, a questa prima serie di singoli segue altra di bruchi appaiati ed a questa tieu dietro altra composta di larve, che vanno a tre per tre, poi altra di quattro per quattro e cosi via secondo il numero degli individui, che compongono la colonna in cammino (tig. 631). II primo bruco determina la direzione di tutta la schiera, che si arresta tutta se esso si ferma e va se esso si muove, e lo segue esattamente. Il fatto ha dato origine a molte ipotesi sulla natura del nesso che mantiene i bruchi nell'ordine e nella colonna e li fa muovere, stare e dirigersi nel modo indicato. Si è supposto che si tratti di un liquido o di un profumo, perfino di un filo di seta, che proceda dal bruco in testa e determini la traccia da seguire ai successivi. Ma, osservazioni attente hanno mostrato che la colonna si inter- rompe se tra l'una fila e l'altra è fatto intercedere e mantenuto uno spazio tale che i bruchi di una fila trasversa non possano più toccare l'estremo corpo dei precedenti o la peluria che li riveste. ^ Ogni bruco, dal primo in poi, mantiene il suo capo immerso nell'abbondante ciuffo di peli, che sporge dall'estremo corpo del bruco precedente ed oscilla col capo e eoi primi articoli del corpo, in modo da sentire continuamente i detti peli della larva, che lo V precede. Se non li sente più esso è disorientato ormai e fa il pos- sibile per ristabilire il contatto. Ho fatto io stesso molte osservazioni sulla Processionaria del Pino ed ho potuto condurre la colonna in cammino a mio piacimento, solo traendola dietro ad una parte, la estrema, del corpo di una di esse, che io trattenevo fra le branche "i gj di una pinzetta. Il ciuffo di peli bastava a dirigere la colonna, purché io lo mantenessi a contatto colla testa del primo bruco. Cade quindi ogni altra ipotesi in un intervento attivo della prima larva od, in generale, di ciascuna sulle successive. Fig. 631. — Disposizione dei bruchi di Cnetooampa pythyocampa L. in una processione. Metà della grand, nat. Migrazioni di adulti. — Si deve ritenere che lo stimolo alla migrazione delle femmine adulte si richiami a scopi in vantaggio principalmente della specie, ma non è escluso che una causa immediata, determinante, almeno fino a ohe la prolificazione uon è imminente, possa essere anche la conservazione individuale. Questo stimolo è forte in proporzione colla voracità dell'animale; esso è, dunque, nullo per le specie che non si nutrono allo stato adulto, mentre è mas- simo, tanto da superare persino quello dipendente dall'attività sessuale, per le specie a vita vegetativa ancor lunga prima dell'ultimo atto, quello riproduttore, con cui si chiude la loro esistenza. Così, mentre le classiche migrazioni di talune specie di farfalle non si deb- bono attribuire se non ad impulso sessuale, per converso, quelle anche più vi- stose e ricordate ad es. delle Locuste, hanno per movente primo la ricerca del cibo e, solo indirettamente, concorrono, così, alla diffusione della specie. 574 capitolo quinto In tutti i casi però il fenomeno si svolge o raggiunge una intensità mas- sima anche quanto alla misura del dislocamento, solo se accompagnato, come già si è detto, da iiTi grande incremento simultaneo, numerico di individui. Si può anzi dire che questo, se è rilevante, allorché si tratta di specie facilmente lo- comobili allo stato adulto, ne determini (piasi sempre la migrazione, qualunque sia il grado di voracità della specie in quel definitivo suo stato. Così sono state più volte segnalati enormi sviluppi di Aridi alati, clie si elevavano a volo nell'aria, portati a distanza dalle correnti aeree, come è accaduto piiivolte e ricordato per ì'Aphìi ■perticai Koyer, dal 28 sett. al 9 ottobre 1834 nel Belgio; pel Pemphigus bursarius (L.), il 7 ot- tobre 1846 nella Svezia; Y Aphi» papaveri», Fabr., in diverse località di Inghilterra fra il 17 ed il L'I giugno del 1847 : V Hyalopterus pruni (Fabr.), dal 7 al 12 giugno 1885, in Modena, ecc. In questi casi, sopratutto per gli sviluppi notati nell'autunno, la forma alata è veramente migrante e destinata alla diffusione della specie, mossa quasi esclusivamente da questo istinto, ne la deficienza o scarsezza di nutrimento può essere in alcun modo invocata, come avente una parte, pur piccola, nello stimolo alla migrazione. Non molto diversamente si può argomentare a proposito di grandi apparse e conseguenti migrazioni di Farfalle, tra le quali la più cele- brata èia. Vanessa del cardo (Pyrameis cardai L.) (flg. 362), che, moltissime volte, anche da noi, e stata notata pei suoi improvvisi incrementi straordinari e conseguenti dislocazioni, anche a Pig. 632. - Pyrameis cardai (L.), dal dorso: notevoli distanze, m grand, nat. Questi passaggi di Farfalle sono stati più volte ricordati anche in Italia, specialmente dai benemeriti fratelli Villa e pare ne sia memoria fino dal J272, per Milano. Certo, questa specie ha dato moltissime volte occasione di far parlare di se, per la sua apparsa improvvisa, in numero di individui sterminato e ciò in più località, ove essa e diffusa. L'invasione del 1879, ricordata dai Villa per la Lombardia e da altri per altre località d'I- talia ed altrove, e pure presente nella mia memoria, avendola io notata a Venezia, e, per Milano, i «opralodati autori affermano che le Farfalle volavano in direzione da sud-est a nord-est. Anche per la Vanessa ichnnsa si ricorda uno straordinario sviluppo e spostamenti, in Sar- degna, nel 1836. Ma, il più singolari' e certo più raro esempio è stato, fra tutti i casi consimili dovuti a Le- pidotteri, quello segnalato per la Deilephila uerii L., la bellissima e rara Sfinge dell'Oleandro, che, nel 1834, apparve la numero sterminato in quel di Milano (secondo Villa). Anche le migrazioni di Libellule non possouo essere facilmente attribuite a necessità di nu- trizione e non possono aver altro stimolo se non in rapporto colle funzioni riproduttive. Sopratutto per la Diplax vulgata L. e per la D. fiaccola L., che sono fra le più comuni nostre Libellule, souo ricordati casi ili straordinari sviluppi e di conseguenti migrazioni ed io stesso ri- cordo di aver veduto, nella stato del 1890, a Portici, un passaggio di insetti di questa specie, molto notevole e che duro tre giorni. Kssi si inuovevauo in direzione dal sud al nord, molto numerosi, sebbene non in dense masse, ma quasi alla spicciolata e senza troppa fretta, sorvolando a tre o quattro metri dal suolo, sui muri e sugli arbusti, anche nell'abitato. Gli Americani hanno misurato a tre metri circa al minuto la velocità del Mcìanoplus spretai Burnì, ormai prossima ad adulto, quando cammina e saltella eutro la colonna migrante e pel Pachptilnx migratori)!!', la velocità, nelle condizioni suddette varia, secondo diversi autori, da 100 a 150 metri circa al giorno. Quanto al numero di individui, che possono trovarsi così incolonnati, a parte altri esempi, che si potrebbero citare in gran numero, basti la testimonianza del Tschernewsky, che vide, nel 1823, un'orda ambulante, composta
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Da questo punto si inizia la vita' postembrionale ed essa abbraccia un primo periodo anagouico (giovanile), seguito da quello di maturanza sessuale, nel quale sono praticati gli atti descritti nel precedente capitolo. Può, similmente, intervenire un terzo periodo, quello anagonico (senile), conforme si e ricordato, nel quale pure ogni attività dell'individuo è intesa esclu- si vaiuente alla propria conservazione e la specie non vi ha più alcun interesse. Ciò, ben inteso, all'iufuori della condizione sociale, perchè in questa, gli in- dividui, nei loro atti per la perpetuazione della specie, possono comportarsi di- versamente da quella più comune legge sopraricordata. Ma, siano gli atti intesi alla sola conservazione della specie e perciò spet- tanti esclusivamente all'adulto, siano pure tutti gli altri, i quali sono praticati dall'individuo anche nelle altre età ed esclusivamente per salute propria, tutti dipendono dalle facoltà caratteristiche dell'organismo animale, cioè la facoltà di percepire l'ambiente e quella di muoversi e locomuoversi in esso, volontaria- mente, a fronteggiare l'ostilità (die l'ambiente medesimo di continuo appresta e presenta. Tali facoltà, dunque, non sono ad esclusivo servizio della conservazione in- dividuale, ma, di necessità, soccorrono anche nell'opera di riproduzione. Tuttavia, esse, al primo scopo hanno il massimo impiego ed è per ciò che se ne dice qui, piuttosto che nel precedente capitolo e, per la loro necessità, immancabilità e continuità, conviene trattarne prima di discorrere d'ogni altro atto, che ne è sempre una dipendenza ed anche con intermittenze. Adunque, per procedere con ordine giustificato, dovremo conoscere anzitutto gli organi o le funzioni di percezione; quindi gli atti ! volontari dell'individuo, intesi esclusivamente alla conservazione propria (possono adunque dirsi ontoso- I. 'individuo NKGLI ATTI PKR i-a propria conskrvazionr 591 terici), i quali soao possibili solo per la facoltà motoria e locomotoria che gli appartengono come ad animale. Perciò tratteremo degli atti stessi, i quali, per intanto, possono essere elencati in due grandi serie, e cioè atti di nutrizione ed atti di protezione. Questa sia la materia del presente capitolo. Funzioni del sistema nervoso. Della disposizione e struttura del sistema nervoso e degli organi del senso degli Insetti si è abbastanza detto nel I volume, al cap. XI (pag. 559) e qui mi richiamerò, spesso, a quanto colà è stato ampiamente svolto, per mostrare come l'insetto percepisce l'ambiente e come vi reagisce. Ivi è detto che gli Insetti posseggono un ricco sistema sensoriale perife- rico, destinato a ricevere le eccitazioni provenienti dall'ambiente (sistema reci- pienti', cioè il complesso degli organi sensoriali). Tale sistema è in rapporto im- mediato con quello perei piente, centrale, il quale, alla sua volta, influisce su un complesso di elementi nervosi, determinanti la reazione, e l'una e l'altra funzione avviene a mezzo di diramazioni di struttura fibrillare, cioè di nervi, nei quali, adunque, la corrente nervosa è centripeta pei sensoriali (quelli, cioè, che dagli organi del senso decorrono ai centri nervosi), centrifuga per gli altri, che hanno decorso in direzione esattamente inversa. Per tutto ciò, adunque, mi riebiamo a quanto è esposto a pagg. 559-565 del I volume ed ivi illustrato con opportune figure, che non è il caso di ripetere qui. Converrà invece, trattare qui, anzitutto delle funzioni degli organi senso- riali, in secondo luogo dei centri nervosi, quindi delle reazioni che essi deter- minano rispetto agli stimoli dell'ambiente, le quali funzioni tutte appartengono al sistema nervoso della vita di relazione, mentre sarà luogo altrove di accennare alle funzioni del sistema nervoso, che presiede alla vita vegetativa. Sensi e percezioni. Anche per ciò che riguarda la ubicazione, struttura e varietà degli organi del senso negli Insetti è bene che io mi richiami a quanto è stato lungamente esposto nel 1 volume, a pagg. 602-086. Qui diciamo più particolarmente delle funzioni di questi organi. Si è già fatto rilevare, nelle pagine succitate, che oltre ad organi del senso, pei quali la funzione è per noi concepibile, inqnantochè essa si può supporre non troppo dissimile da quella dei sensi corrispondenti, di cui noi stessi godiamo, negli Insetti si incontrano particolari disposizioni, sensoriali certamente, ma di tale na- tura, per cui non è, da parte nostra, possibile arguirne la funzione, inquautochè non trovano corrispondenze nella dotazione sensoriale nostra ed è, come ben si com- prende, assolutamente inimmaginabile l'ufficio di un senso, che manca a noi. Tutto al più si potranno rilevare efletti, cioè facoltà di percezioni speciali agli insetti, che non trovano riscontro in altri animali, anche altissimi, nemmeno nell'uomo e meravigliarcene, come di doti addirittura trascendentali. D'altro canto, se il grado di nobiltà (secondo il nostro giudizio) di ciascun senso è direttamente proporzionale alla distanza, alla quale esso può agire, si vede che gli Insetti sono certamente dotati di sensi, da annoverarsi fra i più nobili e che mancano a noi stessi, che pur siamo in vetta della scala animale. 592 CAPITOLO SESTO Non sarà il caso di meravigliarci troppo di questa condizione di cose, mentre è da tenersi presente che, in seno a tutta la organicità, il grado di evoluzione sensoriale è proporzionato direttamente alla facoltà locomotoria dell'organismo ed all'ampiezza delle sue possibili dislocazioni (1). Per quel die riguarda gli Insetti si tratta i intendasi per le forme adulte, che non abbiano risentito gli etfetti di condizioni involutive), si tratta, dico, di organismi al alta e talora altissima potenza locomotoria e con amplissimo raggio di dislocabilità, necessaria alla propria esistenza. Si è già ricordato, infatti, come l'air sesso richiami e senta l'altro anche a grandissime distanze e talora attraverso ostacoli insormontabili ai più alti sensi nostri, quali sono quelli delia vista e dell'udito. Questo grado così elevato di facoltà percettiva non appartiene che alle forme adulte, mentre quelle giovanili, sopratutto degli insetti a metamorfosi completa, sembrano assai male dotate di organi sensoriali e non solo non mostrano di pos sedere altri sensi oltre ai cinque, che appartengono anche a noi, ma sembra certo che siano in difetto di qualcuno di essi e, certamente, in moltissimi casi è di- mostrabile l'assenza, ad esempio, di organi visivi, che, nelle forme adulte, non mancano quasi mai, almeno per quelle, che vanno in ambienti illuminati o non sono degenerate per parassitismo o per maturanza sessuale molto precoce. Il senso dell'udito (o di qualche cosa che si accosta alla percezione dei suoni) non sembra molto diffuso nelle forme giovanili, e raramente si è trovata una struttura, che si possa richiamare a tale senso, nelle larve metaboliche, mentre, negli adulti, quasi in tutti i grappi, è stata constatata la presenza di quei corpi Hcolopali, che sono l'elemento essenziale degli organi destinati a tali percezioni negli Insetti. Si può, invece, ammettere che i più bassi sensi, del gusto, dell'olfatto e del tatto siano sempre presenti (pur con vario grado di acutezza) anche nelle forme giovanili, sia pure olometaboliche. Si vedono, infatti, le larve accorrere, anche da qualche distanza, al cibo preferito; sceglierlo e gradirlo quando lo assumono e, quanto alle percezioni tat- tili, la reazione immediata dell'individuo ad ogni stimolo, è una prova certa della sensibilità tattile di ogni parte della sua epidermide. Vediamo, ora, di quali percezioni fruisca l'insetto ed in rapporto a quali organi sensoriali, nella quale disamina procederemo dal senso del tatto a quello del gusto, di poi all'olfatto, quindi all'udito e per ultimo alla vista, adunque secondo il grado di nobiltà di cotali sensi, ricordando, infine, quelli, dei quali co- nosciamo l'eftetto e l'organo percipiente, senza però essere in grado di argomen- tare della natura intima della percezione e del suo meccanismo, giacché si tratta di organi sensoriali e funzioni, i quali mancano a noi. Tatto. La sensibilità tattile si esercita su tutta la superficie del corpo. Si può ben dire che tutta la pelle dell'insetto (come è generalmente anche di altri animali) è suscettibile di percezioni tattili. (1) Si può comprendere infatti l'inutilità ili organi ed attività sensoriali negli organismi fissi ed immobili (checche si argomenti ora di facoltà percettive, ad esempio, delle piante) o minimi, nel ristretto ambito, nel quale si possono muovere i singoli organi, per forme non loco- mobili o di quelle che pur si-spostano, ma in ambienti ritrettissimi; come non si potrebbe, d'altro canto, ammettere la nessuna percettibilità di una meta, anche distantissima, per parte di un animale, che si sente, in determinate condizioni, mosso a raggiungerla. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PER LA l'KOI'RIA CONSERVAZIONE 593 Ma se ciò è comprensibile per le sottili cuticole, risultanti da uno strato dermico esilissimo, lo è meno per le robuste e spesse piastre cbitiniche, che rivestono una maggiore o minor parte del corpo, in quasi tutti gli insetti e spe- cialmente nelle torme ailulte. l'osi potrebbe sembrare che L'adulto, la t'orma, cioè, meglio protetta con tutti i mezzi «li cai dispone la specie, dovesse godere di sensibilità tattile più ottusa in confronto delle forme larvali sue, ciò che non mancherebbe di scemare la sua attitudine difensiva. Ma ciò non è, poiché, anche nelle più spesse corazze sono scolpite nicchie contenenti sensilli tattili, i quali sono in relazione col mondo esteriore mercè appendici cutanee delicatissime e suscettibili di trasmettere al nervo, con cui ciascuna e in rapporto, l'azione stimolante, che proviene dall'esterno. Il seinillo specifico del tatto (cioè l'elemento sensoriale destinato alle percezioni tattili) è stato abbastanza desi-ritto nel voi. 1. a pagg. 607 e segg. ed a quanto se ne è detto colà riman- diamo il lettore desideroso di saperne di più. Qui basterà avvertire die esso si compone di una appendice cutanea (pelo semplice, varia- mente modificato) articolata su una piccolissima area di cuticola delicatissima e sottilissima, ed in rapporto eoi polo sensitivo di una cellula nervosa, che appartiene alla rete nervosa sottocu- tanea. Con ciò l'appendice suddetta è mobilissima sulla sua base ed in presenza di uno stimolo esterno che la scuota, trasmette l'impressione all'elemento nervoso corrispondente. Nei casi di maggiore semplicità, può mancate una speciale appendice cutanea e ciò quando lo Strato cuticolare, sia esilissimo ed in tale caso le diramazioni dendritiche delle cellule nervose, penetrando fra le cellule ipodermiche, raggiungono la sottile cuticola chit.inosa e possono rice- vere, cosi, impressioni dal mondo esterno, traverso la detta cuticola, siano esse termiche o mec- caniche. Ma la sensibilità a mezzo di appendici cutanee è più frequente. In generale può essere detto che i peli sono quasi sempre elementi di sensilli tattili, mentre le squame non rappresen- tano che appendici cutanee di rivestimento e non fanno parte integrante di sensilli tattili. La sensibilità tattile è variamente intensa nelle diverse regioni del corpo e ciò dipende, sopratutto, dalla densità e strutture varie dei sensilli destinati a tale ufficio. Le appendici articolate, cioè zampe, palpi, cerei e sopratutto le antenne sono più riccamente dotate di sensilli tattili, che non siano le altre regioni del corpo e colà ancora variamente modificati sono i peli e complesso il loro modo di ar- ticolazione nella cuticola circostante. In presenza di stimoli diversi è, anche, molto differente la sensibilità cu- tanea negli Insetti, i quali reagiscono in grado diverso al contatto, all'azione del calore, dei raggi luminosi, alle variazioni della pressione barometrica, dello stato igroscopico dell'atmosfera, ecc. Al semplice contatto di corpi resistenti esterni l'insetto reagisce sempre assai prontamente, e, considerata la mobilità, sulla loro base articolata, delle appendici cutanee con ufficio tattile, è da credere che anche i movimenti del- l'aria ambiente debbano essere, anche se tenuissimi, tutti raccolti e segnalati ai centri nervosi. Così è da ritenersi che la zona periferica avvolgente tutto l'insetto, occupata dalle appendici cutanee tattili, rappresenti un buon mezzo di percezione di ogni variazione dell'ambiente, prima che ne siano interessati l'epidermide e organi che essa riveste. Si rileva anzi che, in generale, la portata, «pianto a distanza, della sensibi- lità tattile a mezzo delle appendici cutanee è tanto maggiore quanto l'insetto, per la sua piccolezza, per la delicatezza della sua cuticola o per la povertà di altri mezzi proiet loti, insomma per la minore facoltà difensiva, è soggetto a più seri pericoli per la propria esistenza. A. BBRLK8B, 'V(i Insetti, II. — 75. 594 CAPITOLO SESTO Talora, infatti, l'insetto è rivestito di così alta peluria, ohe essa supera ancbe la grossezza del corpo (ed in altri Artropodi è anche più lunga del corpo stesso). Così, una aggressione, prima di raggiungere il vivo, è avvertita dall'in- dividuo minacciato ad una certa distanza e tale avvertimento a tempo può of- frire il comodo di una pronta difesa. Anche le appendici articolate dell'estremo corpo (cerei), talora lunghissime, come sono in molti Ortotteri, rappresentano un mezzo molto utile ed efficace per avvertire a tempo una minaccia da tergo. Basta toccare, anche leggermente, una di queste appendici per vedere subito l'ortottero scattare all'innauzi. Spetta al senso del tatto sostituire quello della vista negli insetti ciechi, come sono molte forme giovanili (fra gli olornetaboli) e parecchie specie, anche adulte, viventi nelle caverne. In queste forme, tutte le appendici, e sopra ogni altra le antenne, tendono ad assumere maggior lunghezza e si vedono più densamente fornite di sensilli tattili, con appendice cutanea più complessa e delicata. Si vedrà a proposito dell'udito, come negli insetti quest'ultima sensibilità tenda ad accostarsi a quella tattile, almeno secondo il giudizio della maggioranza degli autori e così la percettibilità di correnti d'aria, anche molto tenui, o forse delle stesse vibrazioni dovute ai suoni, può essere attribuita a quei sensilli, co- munemente considerati per tattili, sopratutto per quelli, la cui appendice cutanea è di una estrema delicatezza, mobilissima sulla sua base e suscettibile di tras- formare il movimento vibratorio meccanico in una vera e propria vibrazione sonora. Se si considerano i sensilli a ricettacolo campaniforme dell'appendice cutanea, quali si os- servano abbondanti nei cerei di Ortotteri e di altri insetti (vedi voi. I, pagg. 608, b'09, 610 ; figg. 722 a 725) si vede die. non possono essere paragonati ad altro meglio che a piccolissimi campanelli, nei quali il battaglio è rappresentato dall'appendice cutanea e la campana dall'infun- dibolo chitinoso, esso pure mobile nella circostante epidermide in cui e incassato. L'appendice cutanea, sopratutto quando è ingrossata a clava, cosi vuota come si vede es- sere, è di una estrema mobilità sulla sua base ed il più tenue movimento dell'aria ambiente la fa scuotere. Ma vi ha ili più. Alcuni di questi sensilli, ad appendice cutanea elavata, hanno la campana fornita di più restringimenti annulari (vedi luogo citato, tigg. 724, II. Ili e 725, Cpi). Ne viene che se l'oscillazione dell'appendice cutanea è tenue, essa appendice, movendosi, batte solo nel più stretto di questi anelli, quello più interno; ma via via che la oscillazione è man. gioie, l'appendice vibra toccando anche gli altri restringimenti annulari ed alla fine, per oscil- lazioni massime dell'appendice anche tutta la capsula o campana che si voglia dire, può scuotersi ed oscillare nel suo alveolo. Così accade che non solo l'insetto percepisce il grado di intensità del movimento dell'aria ambiente, ma questo viene a tradursi in una vibrazione speciale, so non sonora, almeno girne- «letica del genere di quelle che dagli autori sono considerate proprie dei sensilli speciali del cosi detto senso dell'udito. Cos'i noi percepiamo le forti correnti atmosferiche anche dall'ululato del vento fra i rami degli alberi o, per più esatto paragone, sentiremmo dal suono di campanelli variamente mobili, esposti a tali correnti. Anche le appendici cutanee più semplici (come ad es. i peli appartenenti a sensilli, nei quali l'appendice cutanea sorge dal fondo di una capsula immobile nella cuticola che la circonda) traversano un restringimento annulare periferico della capsula (vedi dette tìgg. 724, III, p e 725, ?';>) e possono battere su questo nelle oscillazioni per movimenti dell'aria ambiente, ma sono certo meno delicati dei sensilli meno semplici sopradescritti. t, dunque da ritenersi che, ad es., un Ortottero, mercè i suoi sensi percepisca anche ad una certa distanza l'accostarsi di un corpo semovente, che lo arrivi da tergo e ciò pel solo spostamento dell'aria che viene in conseguenza di tale movimento, come può accadere altrettanto per le an- tenne, nei quali organi sono comuni sensilli tattili, anche delicatissimi, e le antenne, mobili in tutti i sensi, possono avvertire a tempo dell'accostarsi di un essere semovente, da qualuuque parte esso sopraggiunga. l'individuo NEGLI ATTI per la PROPRIA CONSERVAZIONE 595 Ma la sensibilità al dolore sembra molto deficiente negli insetti, l'are che ossi reagiscano più agli stimoli esercitati sulla loro epidermide die non al do- lore, che pur deve loro dare lo strazio degli organi interni. Moltissimi* osservazioni concordano su questo punto. Mentre l'insetto sfugge subito ad un contatto sospetto, non ha, d'altro cauto, molta difficoltà a divorare parti vive di so stesso, che jiur sono rioche di sensilli tattili. Ad un Grillo o ad una Locusta, tenuti fra le dita, mentre divaricano le mandibole in atti- tudine difensiva od offensiva, se tra queste viene iutraposto l'apice di una loro stessa zampa, essi si divorano grado grado tutto il tarso ed oltre, senza mostrare pur repugnanz» a questo sdazio dei loro organi. Così una Epeira, costretta a toccare colle sue mandibole l'apice ventrale del suo addome, in questo immergi' subito le terribili unghie velenifere e si sventra senz'altro. Può essere che ciò accada per uno stato analogo forse a quello indicato per cataplessia dal Preyer, giacché il Binet ha constatato spesso che, tenendo fra le dita un insetto, questo cade nello stato suddetto, cosi che può esser punto ed anche si possono rompere i suoi tarsi senza che esso accenni a sentirne dolore, mentre non ha perduta la sensibilità perchè, poco dopo, esso reagisce ad uno stimolo anche più leggero. Bisogna ammettere dunque una scarsa sensibilità al dolore negli insetti, < altrimenti — dice il Forel, a questo proposito — non si vedrebbe uu Pecchione, al quale siano state recise le au- teune e tolto tutto il dinanzi della testa, andarsene egualmente a bottino sui fiori, nò un bruco, ferito nella, regione anale, divorare se stesso, cominciando dalla parte di dietro, come io ho os- servato piti volte «. Invece, sembra che la sensibilità termica sia molto accentuata, sopratutto in taluni iusetti. Le Formiche, ad esempio, tramutano continuamente di stanza, uel nido, le loro larve e le ninfe, a seconda della diversa temperatura nelle stagioni e nella stessa giornata. Il Fabre ritiene che alcuni particolari organi esertili, che si notano nei bruchi della Pro- cessionarla del Pino, siano destinati a percepire le variazioni barometriche, alle quali questi in- setti sono sensibilissimi, e, per quanto si possano fare delle riserve circa la sede di tale sensi- bilità, e sugli organi a ciò destinati, è certo che essa deve essere molto accentuata in parecchi iusetti. sopratutto nelle forme migranti, le quali non si muovono per compiere le loro peregri- nazioni se non in coudizioni particolari e favorevoli ili temperatura e di stato dell'atmosfera. vi vede .spesso che intere colonie di forme migranti, dopo ima luuga attesa in quiete, si muovono subitamente, tutti gli individui spinti da un medesimo impulso e se ne vanno, con una direzione comune, ad una stessa meta. Gli insetti, sopratutto quelli ciechi, ad es. i cavernicoli, mostrano di poter percepire la luce anche indipendentemente dal calore che la accompagna. Packard ha dimostrato che i Coleotteri cavernicoli sono vivamente eccitati dalla luce di un lume, e Grober ha mostrato che le Blatte, accecate artificialmente, percepiscono ancora la luce che batte sui loro corpi. Le larve di Mosca, le quali non hanno occhi, sfuggono ai raggi bleu e si riparano volen- tieri nella oscurità o nei raggi rossi. Altri iusetti, invece, come le Formiche (secondo il Lubbock), accecati con una vernice, che ne spalmi gli occhi, sembrano non risentirsi dei raggi luminosi. Gusto ed odorato. I sensilli del gusto e dell'odorato sono fra loro male differenziabili morfolo- gicamente, come si distingue difficilmente l'ima maniera di percezione dall'altra ed anche circa la sede può essere discussione, se essa sia esclusiva all'uno piut- tosto che all'altro senso. Il sensillo e rappresentalo, nella parte cuticolare, da una esilissima menibrauella, più o meno sporgente a cono sulla restante [ielle della ordinaria grossezza. In contatto colla esilissima niembraiiella è il polo sensitivo della cellula sensoriale, eli*' ih- 596 CAPITOLO SKSTO braccia alcune cellule glandulari, differenziate dalle solite epidermoidali e cbe segregano un umore, che trasuda dalla esile cuticola e concorre alle percezioni, almeno a quelle olfattive. Alle volte, la cuticola esiliasi ina è infossata in una cavità scolpita nella pelle circostante e dal fondo di questa cavità, che può riempirsi dell'umore anzidetto, sporge, più o meno, il cono formato dalla sottilissima cuticola, entro il quale si alloga il nervo sensoriale (vedi voi. I, pa- gine 610 633). Si può ritenere che la sede principale del gusto si trovi negli organi boc- cali (epi faringe, mandibole, mascelle, specialmente galea e palpi mascellari, lobi del labbro iut'eriore, palpi labiali e forse anche la lingua, nonché gli organi boc- cali succhiatori, derivati dal tipo masticatore precitato». In tutti questi organi i sensilli specifici, rappresentati tipicamente come si è avvertito, ma svariatissimi secondariamente per strutture differenti, sono ag- glomerati su determinate aree, talora assai densamente, e ne vengono cosi delle regioni di maggiore sensibilità in confronto d'altre ove i sensilli sono più scarsi e radi. Ohe gli Insetti godano di sensibilità del gusto non è da dubitarsi, dappoiché si vedono, la maggior parte di essi, mostrare una decisa predilezione per deter- minati cibi, e questo apparisce sopratutto nelle specie litofaghe, che preferiscono alcune specie di piante od esclusivamente una sola o più specie sistematicamente affini. Questa scelta è sopratutto costante nei bruchi ed altre larve olometabole litofaghe e non vi ha modo di eludere il gusto di questi animali. Anche esperimenti fatti mescolando sostanze di sapore accentuato a quelle che sono l'ordinario cibo di taluni Insetti, hanno mostrato che questi si avve- dono tosto della sofisticazione e rifiutano od assumono contro voglia il cibo così alterato. Con tutto ciò, mentre si può notare una ben netta facoltà di percezione di alcuno sostanze in confronto di altre, ad es. delle zuccherine, in confronto di altre amare, non per tutte le sostanze, anche venefiche, la sensibilità gustativa è di pari efficacia, tanto è vero che alcuni veleni, come, ad es.. il fosforo e per certi insetti anche l'arsenico, non sono rifiutati. Il fosforo inganna facilmente pressoché tutti gli insetti, ma ciò non stupisce se si pensa che lo stesso accade per animali anche molto piò alti ed a sensi finissimi, come sono i più alti ver- tebrati, e tutti sappiamo che i Topi, i Gatti, ecc. possono avvelenarsi agevolmente con composti di fosforo. Ma per l'arsenico non è la stessa cosa. I suoi sali non sono rifiutati se mescolati a cibo ghiotto, ad es. dalle Mosche, ma non ingannano mai altre specie di Insetti, come, ad es., le Formiche, ecc. Secondo il Forel il gusto, negli Insetti, sarebbe un senso cbe partecipa insieme anche del tatto e dell'odorato ed il detto autore lo chiama odorato a contatto, ma, del resto, il contatto è sempre necessario per le percezioni gustative, giacche si tratta di un senso chimico, pel quale la percezione si avvera traverso un'azione chimica, dipendente da sostanze estrinseche, spettanti al cil>o, mentre vengono a contatto con altre intrinseche nei sensilli speciali Quanto all'odorato, si è detto che la sua principale sede si deve ammettere trovarsi nelle antenne (1). (1) A questa conclusione si oppone recisamente il Mclndoo, il quale, in una recente serie di pubblicazioni (1914-15), sostiene che le antenne hanno uno scarso ufficio olfattivo e che, invece, la sensibilità olfattoria sarebbe data dai sensilli campaniformi e papilliformi diffusi sugli arti (ali, zampe), specialmente alla base, negli insetti di parecchi ordini. Non ostante le esperienze dello stesso Autore non pare prudente accogliere ora questa conclusione, cosi opposta a tutte quelle degli autori precedenti. l'individuo negli atti per la propria CONSERVAZIONE 597 IO Questi organi, che sono così poca cosa nelle larve olometabole, anche me lolontoidi, «love si vede che i sensilli souo pochissimi di numero e non tropi» complessi, raggiungono una granile complicazione nelle forme adulte e poco meno nelle forme giovanili eterometabole. L'antenna è un organo composto di più articoli e mobile, per articolazione, sul punto di dove sorge. Sulla sua superficie sono disseminati i sensilli olfat- tori, tutti sul tipo indicato, salvo notevoli e molte variazioni, però, secondarie. In generale la densità dei sensilli sulle antenne va aumentando dalla base all'apice dell'organo ed è massima verso l'estremità. Nel maggior numero dei casi è manifesto che la superficie sensoriale tende ad annientare quanto più è possibile, senza che, d'altrettanto, crescano le dimensioni dell'antenna tutta, cioè la superficie della cuticola rivestente l'antenna è annientata con espedienti vari, ad es. pliche, rientranze e sopratutto appendici secondarie, elle allungano ed allargano ciascun articolo della antenna che. così, nel suo complesso apparisce foggiata a piuma, a ventaglio, ecc. Di tale guisa è evitato, negli Insetti più elevati, l'eccessivo allungamento dell'organo, quale si vede, invece, in quelli più bassi, come sono, ades., alcuni Ortotteri, od anche in taluni Lougicorni, in cui le antenne sono anche più lunghe di tutto il corpo, ma esposte, in tale caso, al pericolo di essere più facilmente danneggiate o troncate. Le antenne piumate di grandissimo numero di Insetti, quelle flabelliformi degli Scarabeidi, come le clave a profonde rientranze delle antenne dei Ropaloceri sono esempi alla mano di questa tendenza all'aumento della superficie sensoriale, non accolli pagliato da quello di tutto l'organo. Non pare che altre regioni del corpo od altri organi, pur destinati certo a speciali sensibilità, possano anche percepire gli odori (1). Come suscettibili di tali percezioni sono stati ritenuti non solo i palpi, ma ance i cerei, ma, per questi ultimi, sicuramente a torto. Circa i palpi può essere discussione, perchè essi recano sensilli della maniera comune pel gusto e per l'odorato, sopraindicata. D'altronde si vede sempre i palpi vibrare, toccando conti- nuamente il cibo mentre l'insetto sta mangiando, ma pei cerei può essere affermato che ne vi si trovauo mai sensilli da richiamarsi al tipo di quelli speciali del gusto e dell'odorato, uè le esperienze dirette hanno provato l'assunto. Il Graber, mettendo a contatto sostanze a forte odore, con palpi e cerei di vari insetti (For- miche, Mosche. Coleotteri, Ortotteri) mostra che gli iii9etti reagiscono. Ma ciò potrebbe lipendere dal fatto che tali sostanze (essenza di trementina, di rosmarinew hanno anche un'azione irritante molto energica, all'infuori del loro forte odore : mentre, accurate esperienze del Plateau e del Forel hanno provato che ad odori tenui o di nessuna intensità, dovuti a sostanze non irritanti, solo le antenne reagiscono. Le lunghe ed accurate esperienze, da parte di molti studiosi, come il Le- febvre (1838) sulle Api e di poi Perris su Ichneumonidi e Sfegidi, Dugès sui Muscidi, Hauser su grandissimo numero di insetti, confermano pienamente che le antenne hanno ufficio olfattivo. Ma, quanto alla natura vera, come alla estensione di questo senso negli Insetti, è tuttavia luogo di discussione. Che l'odorato rappresenti un senso di capitale importanza nella vita dell'in- setto e, per la massima parte delle specie, anche più importante della stessa vista, è fuori di dubbio. L'insetto sente il cibo, l'altro sesso, l'ambiente opportuno per la sua prole (1) Anche le esperienze suocitate del Mac Indoo non mi sembrano sicuramente probatorie su questo punto. 598 CAPITOLO BBSTO e ciò a distanze talora grandissime e vi accorre, guidato sicuramente e senza errore od esitazione. Ma tale percezione a distanza, qualche volta enorme ed in- concepibile, per questa facoltà sensoriale, secondo quanto noi giudichiamo dalla osservazione di noi stessi e degli animali più alti che ne circondano, è veramente dovuta ad un senso da assimilarsi al nostro olfatto oppure ad altro che manca a noi, ma che può essere presente in altri animali senza che, da parte nostra, sia possibile immaginarne la natura ed il processo funzionale? Non si comprende la ritrosia che sembra occupare la maggioranza degli autori ad ammettere in altri animali altri sensi, oltre ai cinque sensi di cui noi pure godiamo. Se è certo che molti animali sono ciechi, sordi od altrimenti inferiori per sensi alla nostra specie, non è illogico am- mettere elle noi stessi possiamo essere in difetto, rispetto ad altri, per altre facoltà sensitive. L'odorato è un senso chimico, agisce per tenui particelle della sostanza odorosa che, col veicolo dell'aria, vengono a contatto cogli apparecchi percipienti. Per ciò l'elemento spazio è di cardinale influenza e l'odorato ha veramente un raggio di azione limitato. Come e possibile ammettere che una femmina di Saturnia emetta in così grande quantità tuia sostanza, odorosa, volatile, che possa distribuirsi, senza alcun movimento dell'atmosfera o contro a questo, su un raggio di chilometri ' Eppure i maschi accorrono da tutte le parti e da grandissime distanze, seguendo una linea retta, sicuramente e senza esitazioni. Ed appena la femmina è accoppiata cessa ogni sna facoltà attrattiva. Della sua presenza non si accorgono nemmeno i maschi che le passano accanto. Devesi ammettere una emissione di altra sostanza neutralizzante la prima? Non e possibile che la nostra ragione si acconci a questo piuttosto che ad accogliere l'ipotesi di un senso e di una facoltà, speciali, di cui noi uou godiamo. Errerebbe un cieco nato, ignaro della funzione visiva attribuendo a finezza particolare di quei sensi di cui egli pure gode, anziché d'altri, o ad una specie di magia o divinazione la fa- coltà di nn veggente di riconoscere a distanza di milioni di miglia le variazioni della luna o degli astri, come errava chi attribuiva ad inganno dei vetri il piccolo mondo ed il massimo che ci rivelano il microscopio ed il telescopio. È piti prudente ammettere che l'uomo non rappre- senta l'assoluta perfezione in ogni senso e che vi possono essere altri organismi, meglio dotati di noi rispetto a determinati scopi della loro specie, cosi come sappiamo che gli Insetti e gli Uccelli volano e noi no. Il Fabre, che per tutta la sua vita ha studiato a fondo i costumi degli insetti, conside- rando come gli Icneumonidi e gli sfegidi sappiano riconoscere la presenza e la ubicazione della loro futura vittima anche se essa è sotterra o nascosta entro il legname od altrove riparata (e questa stessa vittima futura dell' Imenottero non svolge alcun odore per noi percettibile) si rifiuta di credere che si debba all'odorato la sicura sensibilità dell'Imenottero e propende ad ammettere un senso speciale. L'odorato agisce, però, certamente a distanza come davvicino. Le sostanze a forte odore sono riconosciute a distanza dagli insetti, che le ricercano, come si vede comunemente, dall accorrere, anche da assai lungi, di insetti stercorari agli escrementi di altri animali, o le mosche e gli altri insetti necrofagi alle putre- fazioni, ma la distanza non eccede quella alla quale anche altri animali ad odo- rato finissimo hanno le stesse sensazioni ed in tale caso, come ne avverte il nostro stesso senso, si tratta di sostanze ad odore molto forte. Gli Insetti sociali riconoscono allo speciale odore i compagni dello stesso nido e non con altro mezzo, e mercè questo senso possono orientarsi nelle loro dimore, anche in perfetta oscurità, come sono sempre, ed averne perfetta co- gnizione. Era stato riconosciuto, primamente dall'Huber e di poi da molti altri studiosi della vita delle Api, che questi insetti riconoscono all'odore la loro regina, e Von Buttel ha dimostrato ciò sperimentalmente, come è anche vero che le operaie, i maschi e tutto dell'arnia è riconosciuto dalle Api merce l'odorato. l'individuo NEGLI ATTI per la PROPRIA CONSERVAZIONE 59!» Il Forel ha condotte molte accurate e delicate esperienze e ricerche su questo senso nelle Formiche, giungendo a conchitisioni, che, pur lasciando adito a discussione su (mesto punto, meritano di essere ricordate. Può rimanere dubbio circa la precisa sede dello speciale odorato a distanza in confronto di quello a contatto e uon è indiscutibile il differente ufficio assegnato dal Korel alle diverse ma- niere di sensilli, situati nelle antenne, in regioni diverse od assieme mescolali. Su oiò è prudente fare delle riserve. La Formica, secondo il Korel, sa distinguere le impressioni della sua antenna di un lato da quelle dell'altra e, per uno stesso organo, quelle della sua faccia destra da ((nelle della si- nistra, ed è così che essa ha percezioni localizzate rispetto alla ubica/ione dell'oggetto: « Un colpo di antenna fa sentire alla Formica — dice il Forel — l'odore allungato di un tilo d'erba; un altro l'odore arrotondato e diverso di una foglia ; il suo proprio odore diffuso sul oauimino, in maniera di pista; quello dei punti toccati, all'andata, colle antenne avrà per la Formica una forma precisa. In una parola, un mondo di cognizioni, localizzate in posti molto precisi, sarà, di tal guisa, scolpito nel suo cervello. Se noi fossimo dotati di un simile senso, immondo per noi sarebbe trasformato. L'odorato diverrebbe un senso delle forme, una sorgente d'arte, di cui non possiamo farci che uua pallida idea >. Questo concetto del Forel, che alla fine corrisponde all'ammissione di un senso speciale, è suffragato da esperimenti di vari autori, tra cui quelle del Bethe, che su un disco girevole, si- tuato sul percorso di uua colonna di formiche visitanti degli Atìdi, dopo aver lasciato passare per qualche tempo gli insetti e stabilita cosi la pista, girando il disco di 1*0 gradi, vide le formiche arrestarsi disorientate e perplesse al principio del disco e solo dopo avervi vagato e trovato per caso il punto opposto di dove la colonna ne iniziava il passaggio ristabilire pronta- mente la marcia. La incertezza è spiegata, dunque, pensando che, ad un tratto, gli insetti per- cepivano a destra ciò che doveva essere a sinistra e viceversa. Il Forel conclude che l'odorato, almeno col mezzo di particolari sensilli, rappresenta anche un senso topochimico. Udito. I sensilli che si attribi scono a questo senso si trovano sempre sotto la cute, tua talora in rapporto con una tenue membrana, occupante una superficie lar- ghetta, capace di vibrare per suoni o per altri movimenti dell'aria ambiente. Una cellula speciale manda un suo prolungamento alla epidermide, riceven- done così le impressioni, e contiene, una campanetta a pareti resistenti, ehiti- nose. nella quale penetra il polo sensitivo della cellula acustica. Si comprende che una vibrazione della epidermide è così trasmessa alla campanetta (corpo sco- ìopale), che ne impressiona le tenui fibrille nervose, che contiene. Questi sensilli non hanno ubicazione costante nelle diverse specie di In- setti, ne sono stati finora riscontrati in tutti. Essi possono trovarsi isolati in regioni diverse ed in organi differenti o accumulati in particolari punti del corpo, sopratutto quando il loro ammassamento è rivestito dalla membrana vibrante (timpano, come è detto dagli autori). Così, ad es., i Grillidi ed i Locustidi hanno un bello e ben cospicuo organo uditivo, fornito del timpano, presso la base delle tibie anteriori (e nel comune Grillo nero esso spicca come un punto bianco sul fondo nero della pelle circo- stante) e gli Acrididi ne fanno veliere uno anche più vistoso alla base dell'ad- dome, verso il dorso (per questi organi vedi voi. I, pagg. 633-646). Questi degli Ortotteri sono organi molto differenti, ma l'espressione più seni- plice è quella del sensillo isolato ed in rapporto con un punto qualunque del- l'epidermide non altrimenti differenziata. Negli Ortotteri, oltre alla membrana timpanica (talora anche due membrane- come si vedono nei Grillidi e Locustidi) si nota anche una cassa risonante, rap- presentata da una speciale grossa trachea. 600 CAPITOLO SESTO I nervi, che vanno a questi sensilli derivano dal ganglio del segmento, nel quale essi si trovano. Poco differenti e non sostanzialmente sono i sensilli componenti quel complesso sensoriale noto sotto il nome di organo di Johnston (voi. I, pagg. 84G-049), che è stato finora riscontrato nelle antenne di parecchi insetti adulti (Culicidi. Mo sche, Vespe, Ropaloceri, Coleotteri, ecc.), pei quali deve rappresentare un appa- rato sensoriale di molta importanza. Xegli orecchi più perfezionati, come sono quelli dei Grillidi e Locustidi, tro- vasi una intera serie di corpi scolopali, la cui grandezza va scemando gradata- mente, ciò che ricorda l'organo del Corti dei Vertebrati, ma non pare che questa disparità abbia una special ingioile fisiologica. Circa la vera funzione ili questi sensilli, i quali si possono trovare distri- buiti anche in altre regioni del corpo, oltre a quelle già indicate, è tuttavia questione. I più vecchi autori hanno attribuito agli Insetti una facoltà uditiva non diversa da quella nostra e dei vertebrati in genere, per cui sono percepiti tutti i suoni entro determinati limiti delle vibrazioni; ma studi ed esperienze molte, più recenti, tendono ad escludere questa, più perfetta maniera di audizione, con- cedendo agii Insetti solo la facoltà di percepire le vibrazioni dei corpi, con cui essi si trovano a contatto, cioè una semplice sismestesia. Di fronte ai suoni veri e propri] gli Insetti sarebbero sordi, anche quelli che pare sono dotati di organi stridulanti, il cui effetto è da noi percepito anche a notevoli distanze. E un fatto che gli Insetti non mostrano ili reagire ai suoni semplici prodotti presso di loro (come tendono a provare le esperienze di Huber, Perris, Dugòs, Lubbock, Forel ed altri), mentre gli Insetti stessi mostrano aua delicatissima sensibilità alle vibrazioni dei corpi solidi, coi quali però siano a contatto. Ma e anche vero, d'altra parte, clic- alcuni determinati suoni, come, ad es.. lo speciale canto delle Api madri al momento delle sciamature secondarie ed in altre circostanze, ben noto agli Apicultori, ha un significato e deve pure essere prodotto per essere percepito in seno alla co- lonia. Il Mayer ha mostrato che le vibrazioni di una 'nota, corrispondente all'ut4 (cioè 512 vibra- zioni circa) giunge a far vibrare le barbute delle antenne dei maschi delle Zanzare, e questa nota corrisponde al ronzio delle femmine. Con ciò il maschio avrebbe cognizione della presenza dell'altro sesso ed anche, pel diverso grado di vibrazione d'una antenna piuttosto dell'altra, pò- trebbe riconoscere la dire/ione del snono, orientandosi poi verso questo, per la ricerca della femmina. Anche altre osservazioni, che possono farsi sui Grilli e sulle Locuste, sembrerebbero consi- gliare ad ammettere la facoltà in questi insetti di percepire veramente il suono prodotto dalla stridulazione dei maschi, il quale è certamente un mezzo di richiamo della femmina, anche da distanze ed in condizioni tali, in cui è esclusa la possibilità di percezioni di semplici vibrazioni di corpi solidi. E prudente conchiudere che, mentre la percezione di tali vibrazioni, cioè una facoltà sisme- stetica negli Insetti, anche delicatissima, si deve ammettere sicuramente, non si hanno ancora prove decisive per concludere in favore o per negare percezioni veramente uditive dei suoni, negli Insetti stessi, sopratutto nelle specie capaci di produrne, pel richiamo sessuale o per altro, smini che sono percettibili, da parte nostra, anche a distanze rilevanti. Visla. (ili organi visivi sono i più anticamente noti, come appariscentissimi nella graude maggioranza degli Insetti e sempre riconosciuti pel loro ufficio speciale. l'individuo NEGLI ATTI l'Eli LA PROntlA CONSERVAZIONI; 601 Essi mancano in talune larve olometabole ed in adulti viventi in luoghi privi di luce; ma sono sempre presenti nelle forme viventi all'aperto. Gli occhi si trovano nel capo e sono di due specie, i composti, risultanti da un numero, talora grandissimo, di ommalidi, cioè di sensilli speciali della vista; ed i semplici, od ocelli, che rappresentano un organo non scomponibile in sensilli singoli. Gli occhi composti si trovano ai lati del capo e talora occupano un'ampia superficie couvessa; gli ocelli, che mancano spesso, non sono mai più di tre e si vedono sul vertice della fronte o nel mezzo di questa, sempre nella parte superiore. Il singolo sensillo della vista risulta composto di mezzi rifrangenti la luce (cornea, cristallino), delle cellule nervose formanti la retina (cellule retiniche) e di un ammasso pigmentare, composto di cellule pigmentarie, per intercettare l'eccesso dei raggi luminosi. Le cellule retiniche si continuano coi loro prolungamenti fibrillari compo- nendo il nervo ottico, che incorre nel ganglio ottico, ad immediato contatto col principale centro nervoso, cioè il ganglio sopraesofageo. Anche gli ocelli si trovano in rapporto coi gangli sopr aesofagei. (Per la struttura dell'occhio composto e degli ominatidi, vedi voi. I, pa- gine 649 667). Lo strato corneale, che è il più esterno, risulta dall'aggregato di tante corneole quanti sono gli ommatidi che compongono l'occhio. Le corneole, per lo stretto contatto, sono a contorno esagonale. Si tratta dunque di prismi esagonali, il cui insieme costituisce una calotta sferoidale. La cornea è molto spessa, di natura chitinosa e molto trasparente. Ai limiti di ciascuna corneola sono, spesso, piantati dei brevi peli o ciglia. Sotto la cornea, dopo un sottile strato di cellule corneagene, disposte in guisa da non intercettare il transito dei raggi luminosi pel centro della corneola, si trova un altro mezzo ritrangente, cioè il cristallino, che è, generalmente, di forma conica, colla base più larga a ridosso della cornea e l'apice verso l'interno; esso risulta dall'insieme di più cellule, che fanno un blocco trasparentissimo. Questo cono è abbracciato tutto da cellule ricche di pigmento, che si intercalano anche fra i singoli nervi ottici, estendendosi dai coni verso la più interna parte dell'occhio (strato distale di cellule pigmentali). Altre cellule, ricche di pigmento, formano uno strato più profondo, in rapporto colla membrana basale, che divide la regione oculare propria- mente dotta da quella che spetta al ganglio ottico e che si inizia con uno strato di fibre nervose post-retiniche. Per comprendere la funzione meccanica dello strato diafragmatico è bene, dunque, ricor- dare che le cellule pigmentali formano due calotte concentriche e separate, le quali abbracciano l'apice e la base delle cellule visive. Le cellule retiniche abbracciano l'apice del cristallino e si allungano ed assottigliano di poi verso il nervo ottico, prima di incorrere nel quale traversano la membrana basale. Bisogna aggiungere qualche parola a proposito della struttura della cellula nervosa o perei- piente, che si voglia dire, altrimenti non può essere compresa la diottrica per questi organi visivi. La cellula nervosa è percorsa da fibrille esilissime, procedenti dal nervo, le quali, in ima data regione della cellula, verso la sua superlicie, sono più appariscenti, quasi ingrossate e l'in- sieme di queste puntine parallele occupa determinate aree della cellula. Talora, questi orli a puntine [rabiiomrri), pertinenti a più cellule e disposti sulle pareti laterali delle cellule stesse, che sono molto allungate, determinano la formazione di un complesso cilindrico, detto rubiUimn, disposto sull'asse longitudinale del mezzo rifrangente e di seguito a questo. Altre volte la di- sposizione del rabdoma è diversa. La natura chimica del rabdoma ed i suoi caratteri fisici sono certo differenti rispetto al reslante contenuto cellulare e sono questi rabdomeri che percepiscono la luce nella cellula visiva della quale sono la caratteristica precipua. A. Bkklesk, Olì Inietti, II. — 70. 602 CAPITOLO SESTO Chi desidera maggiori particolari su queste strutture vegga quanto ne è detto, colle oppor- tune figure, nel voi. I, al luogo indicato. Qui se uè è riassunto quanto basta per poter discor- rere della funzione della vista. Percezione dei colori. — Gli insetti (almeno i più alti) distinguono i colori, cioè percepiscono i diversi raggi luminosi, sentendone la diversità d'onda, in modo non fondamentalmente diverso da quello che sentiamo noi pure. Henonchè è dimostrato die taluni Insetti, come le Formiche, possono perce- pire anche i raggi ultravioletti, che noi non sentiamo, mentre non possono fare altrettanto rispetto ai raggi infrarossi. Essi abbracciano, adunque, nella loro visione, uno spettro più ampio del nostro. Le esperienze di parecohi autori (citiamo il Lubbock, J. Perez, Peckaui) provano, con sicu- rezza, che le Api distinguono i diversi colori e ciò sanno bene praticamente anche gli apicultori, che usano dipingere con tinte differenti le diverse arnie, ciò che facilita alle Api delle singole colonie il riconoscimento del loro nido, anche a distanza. Il Lubbock condusse una esperienza decisiva su questo punto. Messa qualche gocciola di miele, su due lastre di vetro, l'una coperta da una carta bleu e l'altra da una carta rossa, disposte ad un metro di distanza l'una dall'altra e portata sulla carta bleu un'Ape da un arnia discosta un duecento metri circa, e rimpinzataci l'Ape del miele depostovi, per due volte, lo sperimentatore scambiò di posto i due depositi di miele e l'Ape di ritorno, ricercò quello distinto dalla carta bleu. Rinnovata la prova, l'Ape, Bopraggiungendo e gettandosi sul deposito distinto dalla carta rossa, collocato al posto prima occupato dall'altro, riconosciuto il colore diverso si diede subito alla ricerca del bleu. Altre prove, condotte dallo stesso Autore con altri colori, dimostrarono che l'Ape non confon- deva se non il verde col bleu. 11 Perez disponeva delle goccie di miele su corolle di Pelargonium, fiore non visitato nor- malmente dalle Api. Le Api, scoperto il deposito di miele, continuavano a visitare anche altri fiori di Pelargonium, anche se su questi non era stato messo affatto del miele. Il Forel ottenne risultati corrispondenti, con Api e Bumbus sostituendo Hori veri con artificiali o con pezzetti di carta con miele sopra, e gli Insetti continuavano a visitare fiori artificiali o carte colorate delle stesse tinte di quelli su cui avevano prima trovato il miele (1). Queste esperienze sembrano decisive per dimostrare che questi insetti distinguono i diversi coltri Se ciò avvenga per le differenze nella lunghezza dell'onda dei diversi raggi luminosi o per la diversa intensità luminosa dei differenti colori è anche stata questione fra gli sperimentatori, ed il Plateau, basandosi su osservazioni del Graber, del Merejkowsky e proprie, sostenne la tesi che non per le qualità spettrali proprie dei singoli colorigli Insetti ne percepivano la differenza. ma appunto per la loro diversa intensità luminosa. È, però, una tesi questa molto ardua a difen- dersi, tanto piti quando si pensi che, nelle esperienze precedenti, il contrasto colle tiute ambienti o dei diversi colori fra di loro, in condizioni diverse di luce, ecc., non poteva essere la causa di percezioni molto differenti da parte dell'insetto. La facoltà di distinguere i diversi colori è di importanza fondamentale pegli Imenotteri e per altri Insetti antotìli, allo scopo di riconoscere le diverse specie di fiori atti ad essere visitati (1) Lo Schabl osservò che una Macroglossa (M. stellatarum) entratagli in casa, visitava'e ai soffermava su fiori dipinti di Tropaeolum ed il Pierantoni aggiunge di aver veduto spesso delle Maoroglo*8e entrare in una stanza di una villa presso Napoli e visitare sistematicamente i fiori, dipinti a mezza tinta, di crisantemi, soffermandosi davanti a ciascuno in ciascuna serie e ta- standolo colla proboscide, esattamente nella regione centrale più oscura, ove avrebbero dovuto, questi Insetti trovare il nettare in un fiore vero. Il Pierantoni conchiude, giustamente, a questo proposito, che questa osservazione dimostra, almeno in questi Insetti, non solo la facoltà di percepire i colori, ma ancora la forma degli og- getti, giacché quei fiori di Crisantemo erano piuttosto diseguati che dipinti. l'individuo negli atti per la propria conservazioni*. «011 profitto. Le lunghe esperienze del Plateau, su questo punto, non sembrano completamente persuasive. D'altro canto, il Forel, mercè una sua esperienza, mette fuori questione l'intervento di qualche altro senso, pel quale gli Imenotteri possano percepire a distanza i fiori utili ad essere visitati e diriga questi Insetti precisameute allo scopo. Il Forel vide accorrere a bottinare sui fiori precedentemente visitati, dei Bombus, ai quali egli aveva asportato, colle antenne, anche parte della faccia, coi palpi, bocca e faringe, ossia tutti "li organi considerati per sede dei sensi dell'olfatto e del gusto, le quali prove Bono state confermate dal Plateau stesso. Quanto al limite spettrale proprio della visione negli Insetti, le esperienze sono state con- dotte più che altro sulle Formiche. Questi insetti sono lucifughi per eccellenza. Allogate delle formiche in recipienti di vetro violetto, nei quali però una metà laterale era occupata da un vaso di vetro contenente solfuro di carbonio inodoro (esperienza di Lubbock), si vide che gli Insetti venivano a rifugiarsi a ri- dosso del vaso contenente il solfuro, che, come è noto, ha la proprietà di intercettare i raggi ultravioletti. Questi, invece, passavano liberamente traverso il vetro blen del rimanente vaso, ciò che prova che sono percepiti dalle Formiche, le quali, nel nido, ricercano l'ambiente più oscuro per starvi in quiete. Altre esperienze, condotte da altri, con diverse sostanze intercettanti i raggi ultra-violetti (soluzione di solfato di chinino, soluzione di eseulinai, mostrarono che le Formiche preferiscono persino ambienti molto illuminati di una luce gialla o verde, ma difesi contro i raggi ultra- violetti, piuttosto che starsene in luogo dove penetrino raggi violetti, anche traverso schermi di questo colore, sia pure molto iutenso. Se si fanno penetrare i raggi dello spettro in un formicaio, si vedrà le formiche traspor- tare le loro larve dal lato dei raggi infrarossi, esattamente al limite dello spettro visibile per noi, mentre, dal lato opposto, un largo spazio dopo i raggi violetti percepibili a noi resta affatto deserto. È dunque una vera fobia per questi raggi, la quale però si deve solo alla visione, giacche e Formiche, acciecate con vernice che ne ricopra gli occhi, non mostrano piti alcuna preferenza per un ambiente piuttosto che per altro, qualunque sia il colore della luce che lo illumina. Percezione dei movimenti. — Sembra provato, anche dallo studio diretto dell'organo visivo degli Insetti, che questi percepiscono assai meglio i movimenti degli oggetti che non la loro forma ed anzi, per quanto riguarda i movimenti, essi li sentono anche meglio di noi stessi. Quanto alla distanza, alla quale l'Insetto percepisce il movimento, noi tutti conosciamo, per prova, che molti Insetti comuni se ne avvedono a parecchi metri di distanza, come sa bene il raccoglitore. Perciò non è accettabile facilmente l'affermazione del Plateau, che la distanza, alla quale gli Insetti percepiscono il movimento di corpi di lina certa dimensione non superi i due metri e si limici ad un metro e mezzo pei Lepidotteri e da 60 a 70 cent, pegli Imenotteri e Ditteri. Intanto, pare provato che, nella percezione della forma degli oggetti, l'insetto sia meno bene dotato dei Vertebrati superiori e di noi stessi. Negli occhi composti, le immagini parziali, che si formano in facette vicine, si confondono fra loro più o meno (secondo F.xuer), formando dei cerchi di diffusione dipendenti da cause diverse. Gli omraatidi, il cui asse principale cade perpendicolarmente sull'oggetto, ne avranno una impressione più forte che non quelli accanto. Perciò, al più leggero movimento dell'oggetto, variando il grado di impressione nei diversi ommatidi. la percezione di questo movimento deve essere molto energica. Nell'occhio dei Vertebrati, invece, è solo nella periferia dell'organo che gli spostamenti degli oggetti sono meglio percepiti delle stesse forme. Percezione delle forme. — Non sembra, invece, ohe la forma degli og- getti sia altrettanto bene percepita, da parte dell'Insetto, come il loro movi- 604 CAPITOLO SESTO mento e colore. Con tutto ciò non è neppure da credersi che gli Insetti non distinguano affatto la forma degli oggetti, come da taluno autore si è voluto concludere. Il Plateau, in seguito a uumerose esperienze, giudica che gli Insetti, in generale, percepi- scono assai male le forme. Si può, ades.. impedire l'ingresso delle Mosche o delle Vespe in una stanza, solo col disporre innanzi alla finestra una reticella a maglie, anche molto più larghe dell'apertura delle ali dell'Insetto. Per mio conto io ho sempre veduto che questo effetto si ottiene solo quando la rete è disposta sull'unica apertura illuminante la stanza, il che può essere spiegato colla ripugnanza, da parte di questi Insetti, di avventurarsi in un ambiente più buio, traverso il diaframma rappresentato dalla rete ed il Pissot ha dimostrato che, disponendo una reticella a maglie di 22 min. diuauzi ad un nido di Vespe, questi Insetti, dopo un quarto d'ora di prove per apprendere, imparano benissimo a traversar l'ostacolo a volo. 11 Plateau ha mostrato ancora che, mettendo Insetti di varie specie in una cassetta, trasformata in labirinto a mezzo di chiusura incompleta ed ostacoli differenti, gli Insetti stessi non giungono ad uscirne se nou con molta pena, dopo reiterati tentativi, battendo costante- mente negli ostacoli e girandoli. Il Forel vide una Vespa che cacciava le Mosche su un muro. anciarsi più volte su teste di chiodo infissevi, scambiandole per la preda. Altre osservazioui analoghe si possono fare tuttodì rispetto ad Insetti diversi. Ma, il Lubbock ed il Forel ottennero di richiamare le Vespe su cartoni recanti miele, ta- gliati in forme differenti e riconobbero che questi insetti si avvedevano della forma, in seguito variata, dei cartoni. È qui il caso di ricordare anche l'osservazione del Pierantoui, sopraci tata, a proposito della Macroglossa itellatarum, che mi sembra decisiva in tale questione, almeuo per questo Insetto. È prudente, dunque, concludere che gli Insetti, dotati di altri seusi finissimi e delicatissimi, si affidano a questi anche più volentieri e sicuramente che nou alla visione, come fa il cane che non si accontenta mai della sola vista per riconoscere le persone o gli oggetti, ma ricorre sempre, immancabilmente, anche all'acutissimo odorato. Visione a distanza. — Non sembra, data anche la minutezza dei mezzi rifrangenti, che la visione netta, sopratutto delle forme, si possa esercitare a grandi distanze da parte degli Insetti. Le corneole ed i cristallini rappresentano delle lenti a fuoco molto corto. Inoltre, l'insieme dei singoli ommatidi, cioè l'occhio composto è variamente convesso, a seconda del differentissimo numero di sensilli che lo compongono, variabilissimo secondo le diverse specie di Insetti. Quanto all'aggiustamento dell'occhio, per ottenere la nettezza delle immagini a distanze varie, sembra, almeuo per taluni Insetti, dimostrata la facoltà di ag- giustamento e si può ammettere, per molte specie, che la ristrettezza dell'aper- tura degli ommatidi, come in piccole camere oscure, possa permettere la for- mazione delle immagini su uno stesso piano, qualunque sia la distanza degli oggetti. È questa l'opinione che il Viallanes avanza a proposito degli occhi dei Lecustidi. Che, data la struttura dell'occhio composto, non fosse altrimenti possibile l'aggiustamento per la netta visione di oggetti a distanza varia, è stata opinione accettata generalmente dagli entomologi, non ostante le già vecchie osservazioni del Leydig. Ma il Vigier, recentemente, ha riconosciuto, negli occhi di Libellulidi del geu. Aescìtna, un apparato accomodatole, interposto fra gli omma- tidi. Tale apparato si compone da un lato di fibrille muscolari, che, contraendosi, tendono a rac- corciare la estremità distale degli ommatidi, particolarmente dei coni cristallini, e pel lavoro opposto, minuscoli tracheali intercalati fra gli ommatidi medesimi, tendono, per la loro elasticità e per un possibile aumento della pressione dell'aria che contengono, comprimendo le faccio la- terali degli ommatidi, a determinarne il loro allungamento. Quanto alla acutezza della vista negli Insetti, cioè la distanza alla quale essi possono per- l'individuo negli atti pku la propria conservazione 605 cepire Dettamente gli oggetti, anche nella loro forma e ciò a mezzo degli occhi composti, le os- servazioni in proposito sono bene scarse. Exner ha mostrato, con osservazioni dirette sull'occhio delle Lampiridi, che questi Insetti percepiscono nettamente la immagine dei corpi ambienti ad una distanza molto breve. È da sup- porta che, ad es. una griglia con sbarre di 5 cm. sia percepita, per quello che è realmente, ad una distanza di ni. 2.25. Diottrica e formazione delle immagini. — Data la molteplicità dei sen- silli nell'occhio composto, non poteva non sorgere discussione fra gli studiosi degli Insetti circa il modo come le immagini possono formarsi nel loro insieme e dare all'Insetto percezione complessiva del mondo esterno, da poiché sembrerebbe che ciascun ommatidio non potesse rappresentare, per suo conto, se non una sola immagine distinta. Ciò era tanto più credibile dopo la osservazione del Leuwenhoeck, che, mettendo al punto il suo microscopio verso la faccia posteriore di una cornea d'un occhio composto, vedeva innu- merevoli piccole immagini singole, rovesciate, della fiamma di una candela, ciascuna per ogni corueola. Rimaneva, dunque, difficile il comprendere come tante singole immagini potessero fondersi in nna sola, quale certamente l'Insetto deve percepire. Muller J. (1829), per suo conto e forse all'insaputa della osservazione sopracitata, proponeva la sua nota teoria della visione a mosaico, per cui ciascun ommatidio sarebbe impressionato da quella sola area luminosa, che corrisponde alla sua proiezione sul campo visuale e che tutte queste aree, a contatto l'una coll'altra, darebbero una immagine unica e diritta dell'oggetto. I raggi luminosi, incidenti obliquamente sull'ommatidio, sarebbero arrestati dal pigmento, che cir- conda ciascun cristallino, cosi che il sensillo non potrebbe percepire che quelli diretti secondo il suo asse longitudinale, ossia perpendicolari al piano della corneola. La teoria dal Muller, combattuta dal Gottsche (1852), ripresa e sostenuta, col concorso di ricerohe istologiche, dal Greuacher (1879) fu precisata e completata dagli studi fisiologici del- l'Exner (1891), il quale giunse pertiuo a fotografare la immagine unica e diritta ottenuta dal- l'occhio di Lampyris nootilaea maschio, ciò che fu ottenuto più tardi anche per altri Insetti e da altri studiosi (Parker 1895). Non tutte le conclusioni dell'Exner possono essere accolte senza discussione, tanto è vero che il Vigier, recentemente (1907-09) ha esposto qualche dubbio in proposito di talune, ma l'in- sieme delle ricerche dell'Exner conduce ad una teoria completa della visione negli Artropodi, a mezzo degli occhi composti, che, nel suo insieme, è da ritenersi accettabile. Fondamentale è l'osservazione dell'Exner che i mezzi rifrangenti, cioè, tanto la corneola quanto il cono cristallino, non sono di densità e quindi di potere rifrangente omogeneo; ma, avendo una struttura stratificata, possono considerarsi come l'insieme di tanti coni coll'apice rivolto verso l'interno e tutti accomodati l'uno dentro l'altro. Mercè un unico refrattometro, l'Exner constatò che in questo sistema l'indice di rifrangenza aumenta dall'esterno all'interno ed è massimo se- condo l'asse del mezzo rifrangente. Dal punto di vista ottico, tutto questo sistema può essere assimilato ad un cilindro (composto di più cilindri l'uno dentro l'altro), nel quale il potere rifran- gente aumenta dalla periferia al centro. Questo sistema è chiamato dall'Exner cilindro-lente e l'Autore ne ha studiato, col calcolo e coll'esperienza, le proprietà ottiche. Nel cilindro-lente, un raggio che cada obliquamente sulla faccia piana e percorra il cilindro per fuoriuscirne dall'altra faccia, incontrando strati sempre meno rifrangenti li percorre con angolo sempre minore, finché l'angolo stesso, a metà del cilindro, è nullo, di poi diviene negativo e, traversando con cammino inverso gli strati di mano in mano più rifrangenti, ritornerà gradatamente verso l'asse del cilindro. 606 CAPITOLO SESTO Tutta un'onda sferica, emanante da un punto luminoso fuori del cilindro, ne uscirà dall'altra faccia, con una forma concava ed i raggi si incontreranno in un punto esterno, simmetrico a quello luminoso, da cui sono partiti. Fig. 633. — Schema del l'andamento di un rag gio x y in un cilindro- lente. Secondo Exuer. I" Tutto oiò è graficamente rappresentato nelle tigg. 633-634. Un raggio x y (fig. 633), che si diparta da i e cada obliquamente su uua base del cilindro- lente a e o d, penetrando in questo od incontrando successivamente i diversi strati meno rifrangenti, si trova diversamente rifratto, in modo che la sua direzione fa, coll'asse del cilindro (xy), un angolo sempre minore e lo raggiunge finalmente in y, punto simmetrico con x, al di là dell'altra base. Così, l'onda sferica m n, m' to' emauata da x (fig. 6341 uscirà dal cilindro (m5 w5) dopo aver preso, successivamente, entro il ci- lindro, le forme »i2 »i2, m3 «3, m* n4, per rendersi finalmente ad y. Tenuto conto anche della lunghezza del ciliudro-lente, due casi principali si possono considerare, rispetto alla visione dell'occhio composto degli Insetti. Se la lunghezza del cilindro-lente è tale che il fuoco viene a trovarsi sulla base posteriore (retinica) del cilindro stesso, cioè la distanza focale è eguale a quella del cilindro (fig. 635), viene a formarsi, sulla base retinica, una immagine rovescia (y x) dell'og- getto (xy) ed i raggi principali (R, R'), diparteutisi dall'oggetto, escono dal cilindro paralleli fra loro. A questa maniera di visione corrisponde un tipo rappresentato da parecchi Insetti (Bo«i(ms, Vespe, Mosche, Libellule, Elateridi, Dorcadion), nel quale il sistema corneola-cristallino può pa- ragonarsi (dal punto di vista della diottrica) ad un cilindro-lente con una distanza focale eguale alla sua lunghezza. In questo caso la immagine, per ciascun ommatidio, non impressiona la sin- gola retinula se non come nn punto luminoso, ed è 1' insieme di questi punti variamente luminosi (da non confondersi colle immagini rovesciate ohe per le sole corneole singole vide già il Leu'wenhoeck, secondo si è detto), che compone una immagine diritta per iustaposizione (Jppositioiisbild di Exuer). In questo tipo i coni cristallini sono tutti circondati di pigmento, fino alla loro estremità posteriore, così che la luce, che ne esce ad impressionare la retinula (che è corta e situata imme- diatamente dietro il cono), non ha altra via che pel punto centrale, il che de- termina la formazione di una singola immagine, così piccola che non può essere percepita dal singolo ommatidio se nou come un punto luminoso, con- forme si e detto. Vedasi la fig. 636, che mostra schematicamente questo modo di visione per questo tipo di occhi composti. In 7, //, III, sono indicati tre punti diversamente luminosi dell'oggetto. In 0 tre ommatidi dell'occhio composto (e corneole, or coni cristallini, p cellule pigmentali, rt reti- nule). I raggi R, Rlt R-, che cadono perpendicolarmente sui singoli ommatidi, raggiungono le retinole, ma i raggi obliqui r, rifratti nel complesso rifrangente, sono arrestati dal pigmento. La immagine è diritta per iustaposizione dei punti luminosi dipendenti dai soli raggi R, fi1, fi!. Nella seconda maniera di visione, la lunghezza dal complesso rifrangente (cornea-cristalliuol, cioè del oilindro-lente, è doppia della distanza focale. La immagine rovescia dell'oggetto viene / .'/ V- Fig. 634. — Schema del l'andamento di un'onda sferica, partente da x, in un cilindro-lente. Se- condo Exner. Fig. 635. — Schema della formazione dell' imma- gine in un cilindro-lente a distanza focale eguale alla lunghezza del ci- lindro stesso. Secondo Exner. L'INDIVIDUO NICOLI ATTI PER LA PROPRIA CONSERVAZIONE 607 a formarsi nel mezzo del cilindro ed i raggi nella seconda metà del cilindro stesso procedono con direzioni simmetriche a quelle del loro ingresso, con direzione dallo stesso lato dal quale vi sono entrati. Nel complesso la immagine sarà dunque diritta. Questa seconda maniera di visione è indicata a fig. 637, die non ha bisogeo di altre spiega- zioni, soprattutto se confrontata colla tig. 635. Tale modo di visione, col tipo dell'occhio com- posto che ne è suscettibile, è rappresentata in natura, da parecchi Insetti e l'Exner lo ha constatato per la Cantaride, Lampyri», Tele- phorus, Hydrophilnx, Cetonidi e per le Farfalle notturne. In questi occhi (tig. 63S) il pigmento è raccolto attorno alla parte anteriore del cono cristallino, mentre dalla parte posteriore del cono atesso i raggi luminosi possono uscirne anche lateralmente. Le retinule sono situate a distanza dall'apice posteriore dei sin- goli coni e tra questi e l'apice delle retinule stesse è intercalato un mezzo trasparente, ma non l'infrangente. Così avviene che su ogni singola retinula viene a cadere non solo il raggio luminoso, partente dall'oggetto e cadente a perpendicolo sulla faccia esterna del cilindro lente e traversante il detto cilindro, secondo il suo asse, ma ancora i raggi provenienti da punti vicini dell'oggetto stesso e che cadono obliquamente sulla faccia esterna dello stesso cilindro-lente, nel cui interno sono refratti, secondo la maniera indicata, e vengono poi a raccogliersi tutti insieme con quelli per- pendicolari sul medesimo puuto, che è sempre l'apice della retinula. Così l'immagine riesce diritta, ma su ciascuna retinula vengono a cadere anche raggi, che hanno traversato gli ommatidi vicini a quello su cui cade il raggio perpendicolare ; si ha cioè la forma- zione della immagine per sovrapposizione {supeipositionsbitd). Anche per questo caso è sufficiente alla dimostrazione la annessa fig. 638, col paragone della corrispondente fig. 636, che si richiama al tipo di occhio, nel quale l'immagine è formata per instaposizione, secondo si è detto. Fig 636. — Figura sche- matica, rappresentante 1' andamento dei raggi luminosi e la formazione dell'immagine per ittita- posizione io tre ommatidi a distanza focale pari alla lunghezza del ci- lindro-lente. .Secondo Exner. Tra queste due maniere di occhi e di visione, esistono, fra gli Insetti, molto maniere intermedie, giacché, in questi animali, domina una grande varietà nella struttura dell'occhio, ciascuna con funzionamento speciale. Quanto si è detto è da riferirsi esclusivamente agli occhi euconi, cioè con cristallini ben differenziati ; ma si è avvertito (voi. I, ]>ag. 657) che esistono Insetti pseudoconi (Muscidi, Libellulidi), nei quali i cristallini sono rappresentati da una massa fluida, segregata dalle cellule cristalline ed altri aconi (Forficulidi. Emitteri, Ditteri Nematoceri, Coleotteri non Pentameri), i quali hanno coni pienamente cellulari e non rifrangenti la luce. In questi casi la rifrangenza è data solo dalle cornee e le immagini si ottengono per iustaposizione. i /* è I >- - / Fig. 637. — Schema della formazione dell' imma- gine in un cilindro- lente a distanza focale pari a metà della lun- ghezza del cilindro-lente. Secondo Exner. L'Exner ha rilevato ancora che, oltre al modo di funzionare del cilindro-lente, concorrono alla visione anche altri elementi, come la riflessione totale di alcuni raggi sulle pareti dell'omma- tidio, che concorrono a concentrare e ad aggruppare i raggi lumi- nosi sulle singole retinule, e questi, in alcuni tipi hanno importanza varia nella funzione visiva. Gli Insetti notturni, i quali hanno bisogno di utilizzare (pianti più raggi luminosi è possibile, durante le ore buie, hanno mezzo di aumentare o diminuire l'accesso dei raggi luminosi sulle retinule come agli animali superiori permette di fare l'iride. Ciò è ottenuto, nei detti Insetti, mercè l'allontanarsi od avvici- «08 CAPITOLO SESTO narsi tra loro delle due masse di pigmento, che circondano ciascun ommatidio. Putta attorno ai coni cristallini (distale) l'altra prossimale, più interna, addossata alla membrana basale (o pseudo basale) dell'occhio (vedi voi. I, fig. 812 ed altre). Con ciò scema od aumenta il diaframma opaco, che intercetta il passaggio ai raggi incidenti obliquamente sull'occhio. Fig. 638. — Figura sche- matica, rappresentante l'andamento dei raggi luminosi e la formazione dell1 immagine, per so- vrapposizione in tre ora- matidi a distanza focale pari a metà della lun- ghezzadel cilindro-lente. Secondo Exner. Queste duo masse di pigmento sono separate fra loro da un largo intervallo. In presenza di una forte illuminazione ambiente la massa distale tende ad allungarsi verso l'interno (fig. 639) abbrac- ciando così tutto l'apice interno del cono cristallino e non permet- tendo, quindi, se non l'ingresso dei raggi incidenti sul mezzo ri- frangente secondo il suo asse o con leggerissima obliquità. Basta qualche ora di permanenza di un insetto notturno in un ambiente molto illuminato per ottenere l'effetto di questo allunga- mento della massa pigmentare distale, come è stato constatato da Exner e da Stefanowska, sezionando individui di una stessa specie di insetto, gli uni tenuti per alcune ore alla gran luce del sole, biconvessa. Manca il cono cristallino e sotto la lente si trovano accumulate molte cellule nervose, costituenti la retina e che mandano tutte insieme le loro fibrille, formando, così, il nervo ottico. Nel punto di contine le cellule nervose e le circostanti ipodermiche, cioè lungo tutto l'orlo della lente corneale, alcune cellule ipodermali, cariche di pigmento, fungono da iride. Gli arebeommi, come ho proposto (voi. I, pagg. 667-678) di chiamare questi ocelli, che rappre- sentano il primitivo organo della vista negli Insetti, raggiungono però gradi varii di perfezionamento1, partendosi da ini orbano molto semplice, quale si è quello in cui neppure la parti' cuticolare è differenziata dalla circostante, nò si trova altro che rappresenti un mezzo rifrangente, con cel- lule visive disordinatamente disposte, fino alla presenza di una cornea lenticolare, una specie di cristallino fluido o composto di molte cellule a più strati e con uno strato di cellule cornea- gene, tendenti a formare piuttosto un corpo rifrangente che un diafragma ed un tapttiim e final- mente dne strati di cellule visive (molti Nenrotteri e Pseudonenrotteri) forse per la aggiuBtatura della visione a diversi fuochi. Le variazioni entro questi limiti sono infinite, e male gli ar- cheoinmi si conducono ad un tipo unico. Gli archeommi più semplici si trovano negli Apterigoti (ad es. Ornhesella), dove la cornea non è differenziata e le cellule visive sono disordinatamente disposte fra le ipodermali ; quelli più differenziati si trovano in taluni adulti, ad es. nei Cloeon (voi. I, fig. 847) dove tutte le parti ricordate più su pegli archeommi più differenziati sono rappresentate benissimo. Due diverse maniere di disposizione degli ocelli si riscontrano negli Insetti. In un caso, rappresentato da taluni Apterigoti, come da molte larve olome- taboliche, si trovano ocelli in numero vario, a ciascun lato del capo, disseminati su un'area più o meno estesa e non a contatto fra loro; in altro caso, del quale abbiamo esempio negli adulti di moltissime specie, nei diversi ordini, gli ocelli sono in numero tipicamente di tre (talora ridotti a due o ad uno, per scomparsa secondaria degli altri) e stanno, disposti a triangolo, sulla parte superiore od an- teriore della fronte. In questo caso essi sono presenti assieme a quelli composti, il che non si vede mai, invece, nelle larve olometabole, per le quali gli occhi composti fanno difetto sempre. Nel primo caso la visione è affidata solo agli ocelli ed essa è molto ottusa nel secondo non è ancora bene chiaro lo scopo di questi organi, che pure sono talora assai differenti e gli autori sembra inchinino a credere che non abbiano ufficio visivo importante o non ne abbiano affatto. Il Plateau ha dimostrato, in seguito ad accurate esperienze , che i Bruchi non distinguono un oggetto di piccole dimensioni, ad esempio una bacchetta del diametro di cinque centimetri, se non ad una distanza, che varia tra unno due millimetri, e distinguono le grosse masse, come il corpo di un uomo, soltanto a 40 cin. Ma, circa gli ocelli delle forme adulte provviste anche di occhi composti, le esperienze di molti autori, anche vecchi (Eéaumnr, Marcel de Sevres, Dugès, Plateau, Foiel), i quali hanno provato sopprimendo l'uso degli ocelli, pur lasciando libera la vista :i mezzo degli occhi com- posti e viceversa, tendono a concludere, secondo i detti autori, che, mediante gli ocelli, non è in atto visione alcuna e solo può ammettersi una semplice percezione della luce. Gli Insetti, nei quali si sono rispettati gli occhi composti, sopprimendo l'uso degli ocelli, non A. Beblese, Oli Intetli, II. — 77. 610 CAI'] imo slMii hanno mai mostrato di risentirsene in alcun modo e quelli, invece, accecati dei loro occhi com- posti, ma lasciati godere degli ocelli, si sono levati perpendicolarmente, a volo, a grandi altezze. Intanto, però, non è facile l'ammettere che organi così differenziati, come sono gli ocelli, specialmente in taluni adulti, non abbiano ufficio piti delicato di quello della semplice percezione della luce, quale può essere data se non da tutta la pelle, almeno da quei rudimeutalissimi or- gani sensoriali, ohe sono le semplici macchie pigmeutate in rapporto con diramazioni nervose che arrivano in quel puuto della pelle, come si vede in talune larve olometabole e che rappre- sentano il primissimo embrione di un organo visivo. A me sembra che se si accoglie l'ipotesi antica, cioè che gli ocelli rappresentino organi visivi a fuoco cortissimo, veri apparati per la visione a brevissima distanza, come con lenti di ingrandi- mento fortissimo si potrebbe vedere per noi, è tutto spiegato, anche l'apparente inutilità di questi organi quando l'insetto non accenna a risentirsene per la loro abolizione, mentre se ne può orientarsi avvedrebbe nelle condizioni speciali nelle quali fosse il caso di usarle. Si capisce, d'altronde, che, abolendo, invece, l'uso degli occhi per la visione a distanza, come sono quelli composti, l'insetto non può più percepire l'ambiente nel suo insieme ed in questo non può orientarsi affatto, gli ocelli non serveudogli punto a ciò. Lo stesso accadrebbe ad un miope in grado fortissimo, al quale fossero sottratti gli occhiali. Nel caso inverso, l'insetto non può essere più incomodato d'un micrografo, ohe smarrisca la sua lente di ingrandimento. Altri sensi. Che gli Insetti godano «li altri sensi oltre i cinque da noi pure posseduti non pare si possa eseludere se non partendo dal preconcetto (discutibilissimo) che l'uomo, essendo il re della natura, non può esser dotato più scarsamente di altri animali per ciò che riguarda le facoltà sensitive. Ma, se si ammette, ciò che è indiscutibile, che molti animali godono di una assai maggiore acutezza degli stessi sensi, che pure ci appartengono e se si am- mette, il che non può essere certo negato, Che negli Insetti esistono organi sen- soriali diversi per struttura da quelli che si riferiscono ai cinque sensi comuni a noi pure, si vedrà che bisogna convenire nella superiorità, quanto a facoltà sensitive, di molti sudditi in confronto di questo sedicente re. Intanto, però, qui, dove non è luogo ad altro che alla esposizione delle fun zioni, non si può se non richiamarsi alla enumerazione dei sensilli di sensi spe- ciali degli Insetti e perciò rimandiamo il lettore al voi. I (pagg. 078-686), dove sono descritti, per la loro morfologia, i sensilli campaniformi o papilliformi, che si trovano diffusi alla base degli arti toracali (crurali ed alari), nelle mandibole (mandibolari), nelle antenne (autennali), nei bilancieri (scapali o basali) di mol- tissimi Insetti, anzi pressoché, di tutti. Ricorderemo l'organo indeterminato delle larve di Tabanidi e quello delle larve di CISeon dipterum (organo di Palmen), per 1'ulficio dei quali tutti da parte nostra e ignoranza assoluta e certo anche impossibilità di comprendere e di i aginare anche solo il modo di fungere. Per ciò che riguarda i bilancieri dei Ditteri, molte esperienze di parecchi autori sembrano concludere che essi rappresentino degli organi di equilibrio, destinati a ricevere sensazioni par- ticolari, che permettono all'insetto di coordinare i Buoi movimenti durante il volo. A me sembra tuttavia che questo ufficio sia troppo poco per organi sensoriali cosi complicati come sono quelli primamente illustrati dall'Hicks, nei Ditteri, ma che si incontrano, sebbene alquanto variati, anche nelle ali di molti altri Insetti, tanto più che questi sensilli dei bilancieri sono raccordati, merce un nervo speciale, direttamente col cervello, anziché col ganglio del metatorace. Quanto al senso di direzione o di orientazione (che pur deve essere proporzionale alla fa- coltà eù alle abitudini di dislocamento), il quale senso taluni autori ammettono come speciale in l'individuo negli atti pkr la propria conservazione 611 alcuni Insetti (sopratutto quelli che hanno un nido, a cui debbono di frequente ritornare dopo escursioni a distanza) altri autori lo negano, concludendo, dietro osservazioni, che basta a ciò la vista e la memoria dei luoghi percorsi ed in molti casi anche l'odorato. Per le percezioni a grandi distanze non possiamo che richiamarci a quei dubbi, che si sono già affacciati a proposito del senso dell'olfatto e dichiarare, intanto, che molti esempi accennano a provare che gli Insetti godono di facoltà sensoriali trascendentali al nostro giudizio, per cui percepiscono a distanze assai superiori a quelle consentite dal nostro complesso sensoriale e, colla loro straordinaria ricchezza di sensilli diffusi in tutto il corpo, i loro centri nervosi godono di finestre aperte sul mondo più numerose e più ampie di gran lunga di quanto è concesso a noi stessi, come si conviene a forme che, per la loro antichità sulla terra, sono ormai giunte ad un grado di stabile porfezionameuto, dal quale noi stessi siamo ancora ben lungi. Funzioni del sistema nervoso centrale. Gli stimoli, trasmessi a mezzo degli organi sensoriali al sistema nervoso centrale, con altri di origine intrinseca dell'organismo, determinano gli atti (vo- lontari od involontari), mercè i quali l'animale reagisce e dipendono tutti dal dominio dei centri nervosi, che li impone e regola. È il caso, dunque, di conoscere questi centri nervosi ed il loro modo spe- ciale di funzionare, prima di trattare di tutti gli altri atti, ebe hanno per iscopo la conservazione dell'individuo. Il sistema nervoso degli Insetti è duplice, l'uno è quello che presiede agli atti di relazione; l'altro a quelli di nutrizione (sistema nervoso viscerale o sim- patico sopraintestinale). Del primo si è già detto abbastanza della parte periferica, per ciò che ri- guarda le sue funzioni, appunto trattando della sensibilità degli insetti, e con- verrà dire qui, adunque, delle funzioni della parte centrale e di poi si potrà accennare brevemente al sistema nervoso viscerale. La parte centrale del sistema nervoso di relazione risulta da un aggregato di masse ganglionari. riunite fra loro da commessure. Tipicamente, le masse ganglionari sono due per ciascun segmento, di guisa che le commessure, che le legano fra loro, sono alcune longitudinali, interseg- mentali, altre trasverse e queste ultime raccordano fra loro i due gangli perti- nenti ad uno stesso segmento. Le commessure sono composte di sole libre nervose e non emettono dirama- zioni alla periferia; queste, invece, dipendono tutte ed esclusivamente dai gangli. I primi gangli nervosi, risiedenti nel capo e risultanti dall'aggregato molto intimo dei gangli spettanti a ciascun somite componente il capo, giacciono sopra l'esofago. Questi compongono insieme il cervello (1) propriamente detto; essi sono riuniti per commessure longitudinali ad altre masse, pur risiedenti nel capo e spettanti agli ultimi somiti cefalici, e che stanno sotto l'esofago. Con ciò le com- messure tra la prima e la seconda massa abbracciano l'esofago, ed insieme ai gangli suddetti costituiscono l'anello o collare esofageo. Tutti gli altri gangli della catena centrale giacciono sotto il tubo digerente e possono essere variamente raggruppati (anche in una sola massa residente nel torace) ne più corrispondono, in realtà, esattamente, al numero dei somiti del tronco. (1) Le dimensioni del cervello, rispetto alla massa del corpo variano assai nei diversi Insetti. Così, secondo Dujardin, nell'Ape, il volume del cervello è pari ad '/174 di quello ilei corpo, nella Formica corrisponde ad '/2S,; ; nell'Icneumone ad '/400; nella Melolonta ad l/j«oi nel Di- tisco ad '/«.oo- 612 CAPITOLO SESTO Di più qui non conviene dire quanto alla morfologia del sistema nervoso e per ciò rimando il lettore al voi. I, dove ne è detto largamente, da pag. 55f> a pag. 595. I centri nervosi, adunque, cioè le masse gangliouari, sono destinati a ricevere la eccitazione ambiente, trasmessa dagli organi sensoriali- e trasformarla, per così dire, in quella eccitazione nervosa, che, decorrendo centrifugamente agli organi, ne determina la reazione del caso. Queste diverse masse nervose non sono strettamente dipendenti l'ima dal- l'altra o quelle del tronco dalle altre che stanno nel capo, ma ciascuna gode di una grande autonomia, così che può presiedere alle funzioni, alle quali è desti- nata anche se viene isolata dal complesso degli altri centri nervosi. Un insetto decapitato o diviso nelle sue parti principali di testa, torace ed addome non muore perciò immediatamente od in breve, ma solo dopo molto tempo e forse più che altro pel dissanguamento e pel lento disseccarsi degli orgaui interni. Intanto, le parti staccate continuano nei movimenti degli orgaui loro, cioè nel capo si muoveranno le antenne e gli organi boccali, nel torace gli arti locomotori e nell'addome i segmenti e le parti sessuali. L'addome di una Vespa o di un'Ape separato dal restante corpo vibra il suo aculeo non meno attivamente che nell'insetto intero e sano. Gli Insetti decapitati possono perfino compiere i loro atti sessuali (Manti» t sec Kabaud ; Mosca, sec. R. Canestrini), nonché locomuo versi, ripulirsi, ecc., e già il Redi aveva osservato che i Bacillus vivono ancor cincpie giorni dopo decapitati e non solo si sgravano degli escre- menti, ma ancora delle uova. I movimenti degli arti, qualora i segmenti che li recano siano separati dalla influenza dei centri nervosi cefalici, debbono, però, considerarsi per automatici, il che è stato provato con buone sperienze dal Pompiliau, dal Binet, dal Bethe, ecc. Per la morfologia dei centri nervosi cefalici, vedi voi. I. pag. 569-589. È indicato per cervello, negli Insetti, l'insieme delle tre paia di gangli so- praesofagei e questa massa varia assai di volume, in proporzione di quello del corpo e devo essere considerato come un accumulatore dell'energia (Uexkull), per la sede della coscienza e della volontà (Porel); il centro direttore che agisce sui diversi centri segmentari, così da determinare atti in rapporto cogli stimoli am- bienti e le conseguenti recezioni cefaliche (Bethe). L'Uexkiill ha provato, incontrastabilmente, l'ufficio di accumulatore dell'energia per parte del centro cefalico. Una Libellula, toccata nel suo estremo addome si mette a volo per un certo tempo, che dura oltre la momentanea eccitazione, ma so e tolto il cervello, la Libellula reagisce coi suoi movimenti degli arti solo per quel tanto che dura l'eccitazione e non oltre. II Porel ed il Betbe constatano che negli Insetti decapitati, o nei quali sono interrotti co- munque i rapporti fra cervello e la restante catena nervosa, fanno bene dei movimenti di difesa. se molestati, ma smettono subito col cessare della eccitazione. Possono compiersi atti dipendenti da speciali gruppi di muscoli, atti coordinati cosi da determinare la locomozione, ripulitura, stridulazione, respirazione, accoppiamento, deposizione delle uova, ecc., ma questi atti sono in- volontari e non coordinati ad uno scopo. Insetti privati di antenne od accecati compiono tut- tavia degli atti da ascriversi alla loro intelligenza, ma questi cessano affatto in un insetto de- capitato. t È da notarsi che la facoltà volontaria dipendente dal cervello si esplica ancora in un potere inibitorio sulla attività riflessa della catena nervosa; ma, per ciascun lobo cerebrale, solo sulla metà della catena ventrale del lato corri- spondente. l'individuo negli atti pick la propria conskrvazionk 613 Cosi accade che, interrompendo tale rapporto, ad es. tagliando la commessura nervosa di destra, tra il cervello e la rimanente catena nervosa, si muovono eccessivamente solo gli arti dell'altro lato, il che importa una rotazione dell'insetto con centro dalla parte non operata. Così dunque è manifesta la deficienza di influenza inibitrice e della volontà sulla parte della catena nervosa divisa dal corrispondente lobo cerebrale. Il fenomeno si può bene studiare sui Dytitcua ed HydrophiUit immersi nell'acqua (Faivre, Bethe, Binet). I movimenti degli arti della parte lesa sono, però, tutti coordinati allo scopo locomotorio, e, qualora si ecciti l'insetto dalla parte sana, esso reagisce rotando in senso opposto, movimento, questo, volontario, che può benissimo combinarsi con quello ridesse dell'altro lato, determinando anche una progressione regolare, in linea diritta. Se ambedue le commessure sono troncate, il che vuol dire che è interrotta da ambedue i lati la influenza inibitrice del cervello sul resto della cateua nervosa, tutti i movimenti degli arti saranno esageratamente vivaci, pur rimanendo coordinati all'effetto locomotorio. È dimostrata ancora l'influenza del cervello sul tono muscolare, che è mo- dificato profondamente dall'asportazione del cervello o dalla interruzione della continuità della catena nervosa fra il cervello stesso ed il rimanente. In questo caso il disordine si manifesta con una alterazione della potenza muscolare, per alcuni muscoli in confronto d'altri, ed è provato che ciascun lobo cerebrale lia una così fatta azione solo sui muscoli dipendenti dalla catena, che sta sul suo lato (Bethe, Polimanti). Catena ganglionare nervosa. — Secondo quanto si è accennato nel voi. I a pagg. 564, 5(35, ciascun ganglio del tronco è da considerarsi composto di almeno quattro lobuli, due in ciascun lato ed i superiori hanno attività mo- trice, gli inferiori sensoriale. Questa diversa sede e propria della sensibilità e della motricità era stata presupposta dal Xewport, per analogia con quanto è nei Vertebrati, salvo che, uegli Artropodi, per l'inversione della posizione di tutta la catena nervosa, le sedi sono localizzate inversamente. Si deve al Faivre ed al Binet la dimostrazione sperimentale del fatto, giacche questi autori, ledeudo or l'uno or l'altro lobo di gangli toracici di Dytiseus, ottennero la soppressione della sensibilità, oppure della motricità degli arti. Inoltre, è da rilevarsi che, mentre nei Coleotteri ad elitre utilizzabili nel volo, si trovano nervi derivanti dalla faccia superiore ed altre dalla faccia inferiore del secondo ganglio toracale, sensitivi i primi, motori i secondi, nelle specie ad elitre riunite fra loro, le radici motrici fauno difetto, ciò che è anche per tutte le ali inette al volo in altri Insetti. Rapporti dei (ìanoli della catena ventrale fra loro. - L'esame del ganglio del tronco, dimostra, secondo quanto fa vedere la tìg. 6<>S (pag. 563) del voi. I, che la massa del ganglio è percorsa da grosse fibre nervose, le quali traverso le commessure longitudinali, percorrono tutta la eatena del tronco, pro- cedendo dal cervello. (Josì è dimostrata, anche anatomicamente, la influenza del Cervello su tutti i gangli della catena, qualunque sia il grado di relativa auto- nomia degli stessi. Ma, le esperienze dimostrano, ancora, l'esistenza di rapporti dei singoli gangli della catena del tronco, fra di loro, anche senza l'intermediario del cervello. In Insetti decapitati, infatti, le eccitazioni interessanti un ganglio di un segmento hanno una ripercussione anche sugli altri. Ad es., stimolando i cerei di una Blatta decapitata, si ottiene anche di farle muovere le zampe ed ancora di farla camminare (Yersin). Del resto, l'anatomia dimostra che le fibre nervose, emananti da un ganglio, si distribui- scono anche su altri segmenti, oltre a quello al quale appartiene il ganglio medesimo. 611 CAPITOLO SKSTO Così, ad es., può ritenersi per provata la influenza del ganglio sottoesofageo sulla coordi- nazione dei movimenti «legli arti, nell'atto del cammino. Non è forse al solo ganglio sottoeso- fageo elle questo ufficio è assegnato, poiché una certa coordinazione dei movimenti è manifesta anche in Insetti decapitati, ma essa è meno compromessa in quelli operati della sola ablazione del cervello che in quelli decapitati, cioè privati, cos'i, anche del ganglio sottoesofageo. Ma, la interruzione dei rapporti fra due paia di gangli fa sì che ogni ecci- tazione della parte anteriore alla interruzione non è trasmessa alla posteriore. Così pure, se questa interruzione accade fra i centri cefalici ed il resto della catena nervosa, anche la volontà non è più trasmessa al rimanente corpo e cessa la coordinazione dei movimenti fra le due parti del corpo. È così che, ad esempio, un Grillo privato della comunicazione fra i suoi gangli cefalici e la catena nervosa rimanente, incontrando un pezzetto di pane vi si fissa colle mandibole per roderlo, ma il torace continua il suo cammino in avanti ed il Grillo fa un capitombolo (Yersin). Le commessure trasverse tra l'uno e l'altro lobo; in uno stesso ganglio, o, se si vuol dire, d'uno in altro ganglio d'uno stesso paio, permettono il passaggio delle eccitazioni di un lato della catena all'altro lato, cosicché queste due metà sono più strettamente in rapporto che non nei Vertebrati. Si deve al Dugès la dimostrazione del fatto, mercè le sue eperienze sull' A cridium lineola. Recidendo il connettivo longitudinale da un solo lato, fra la piima e la seconda zampa, questo Autore riconobbe che permaneva tuttavia un certo rapporto tra i centri nervosi cefalici e la metà del corpo, dietro la commessura tagliata. Per esempio, solleticando le antenne, l'insetto si difende a calci dapprima colla zampa poste- riore del lato non offeso, ma, in seguito, anche coll'altra. Anche più lenta è la reazione da parte dell'arto, se il taglio è fatto sulla commessura tra il 2.° ed 3.° ganglio toracico ; ma, intanto, se l'eccitazione si riferisce, invece, a parti retrostanti alla incisione, come sarebbe l'addome o le ali, la zampa del terzo paio corrispondente è, invece, prontissima alla reazione ed anche al salto. 1 gangli toracici rappresentano centri motori delle zampe e delle ali, i gangli addominali sono preposti sopratutto alla coordinazione dei movimenti respiratori, la quale è quasi esclusivamente loro affidata, con scarso o nullo intervento dej gangli anteriori. In molti Insetti un ganglio estremo della catena rappresenta un centro genito- splancnico, che presiede ai movimenti dell'intestino ed alla sensibilità ed ai movimenti degli organi genitali. Nella Cicala trovasi un lobo rimale, nel primo ganglio addominale, mentre negli Insetti a speciali organi sensoriali (udito, sensilli dei bilancieri, ecc.), i nervi sensoriali di questi organi procedono direttamente verso il cervello, nel quale incorrono, ciò che è anche in appoggio della natura sensoriale di taluni di questi organi, ad ufficio non bene accertato. La velocità dell'influsso nervoso e stata calcolata dal Patrizi, sul Baco da seta, con un metodo analogo a quello del Marey, per in. 1.60 al secondo. Sistema nervoso viscerale. — Per la morfologia di questo sistema ri- mando il lettore a quanto è detto nel voi. I, da pag. .">95 a pag. 601. Basterà, qui, ricordare che esso si compone di un sistema sopraiutestiuale, con una parte pari (angeio-tracheale) ed una impari (stornato- gastrico) e di un sistema sottoin testinale (detto anche respiratorio intermediario ; sopraspinale; simpatico). A ciò si devono aggiungere nervi splancnici procedenti dall'ultimo ganglio della catena L'INDIVIDUO NKGLI ATTI PKR LA PltOPHIA CONSERVAZIONE 615 ventrale, che decorrono in comune con nervi della vita animale e si distribui- scono all'estremo intestino ed alle ghiandole genitali. 11 ganglio frontale, che si continua nel sistema impari, ma, per mezzo di commessure, si riunisce anche al sistema pari, presiede alla deglutizione e la sua ablazione rende impossibile i movimenti deglutitori, sui quali non hanno, invece, influenza i gangli del sistema impari (Faivre). Il sistema pari non ha, però, attività sensitive. Non si hanno esperimenti sull'ufficio speciale e preciso del sistema angeio-tracheale, uè sul simpatico. Istinto ed intelligenza. Talune delle più complesse manifestazioni volontarie, delle quali gli Insetti ci danno esempio (e si è fatto già cenno di quelle che si richiamano alla conser- vazione della specie, mentre si dirà tosto delle altre, ohe hanno per iscopo quella individuale) sono state spesso giudicate per veri e propri atti di intelli- genza, trascendenti, adunque, dall'ambito del puro istinto e non sono pochi i biologi degli Insetti, che accordano anche a questi piccoli esseri una vera e propria facoltà di ragionamento. Non è il caso certamente di discutere qui (cioè in un libro che deve rap- presentare, più che altro, una esposizione di fatti) della vessata questione se esista o meno e in che stia una differenza tra istinto ed intelligenza e se questa appartenga solo all'uomo e si debba negare agli altri animali tutti e se gli atti degli Insetti sieno da considerarsi tutti per puramente istintivi, ecc. Alcuni dati di fatto, però, come talune considerazioni, che ne derivano o che sembrano strettamente logiche, converrà pure esporre ed a queste è pru- dente che si limiti il naturalista, ma ciò rientra anche nel suo compito. Senza alcun dubbio, lo studio biologico degli Insetti ha messo in rilievo una grande moltiplicata di atti, alcuni anche assai complessi e perciò mirabili, tali da persuadere non pochi studiosi trattarsi di veri e propri atti di intelligenza e persino di raziocinio. Senonchè, più che attendere alla complessità dell'atto, conviene, per così fatto giudizio, riconoscerne la natura, la quale non varia dal semplice al complesso (come è una macchina tanto la leva quanto ogni altra più complicata e mirabile) (1). Per quanto meraviglioso e complicato, il lavoro di una macchina è invaria- bile. È bensì vero che taluni atti istintivi di insetti evolutissimi morfologica- mente sono straordinariamente complessi e spesso appaiono a scopi molto remoti e che non sempre diverranno presenti a chi li pratica, ma la loro invariabilità e necessità, cioè il perfetto accordo con la organizzazione della macchina ani- male, da cui dipendono, ne caratterizza la natura. (1) Quanto a meravigliosità, solo chi non ha per cèrto trattarsi di un meccanismo e di un atto puramente meccanico può dubitare di alcunché di più che materiale dinanzi ad un fono- grafo, ad un apparecchio fotografico, ad una macchina calcolatrice in azione. L'uomo grosso gira attorno al fonografo per iscoj>rire l'intelligenza che lo anima e la macchina può persino inse- gnare all'uomo ed aiutarlo ad imparare, come fa questo mio microscopio con tutti gli strumenti di tisica. Argomentando altrimenti si arriverebbe a giudicare l'orologio più sapiente dell'orologiaio, che lo ha fatto, ma lo deve anche consultare. Al naturalista, però, non conviene ricorrere alla comoda ipotesi dell'intelligenza per ogni atto della macchina animale, solo perchè meravigliosa- mente complesso. La sua caratteristica deve bastare a definirlo esattamente. 6It> CAPITOLO SESTO La complessità dell'atto istintivo è proporzionale direttamente a quella del- l'organizzazione che lo produce, anche in uno stesso individuo: più semplice nelle t'orine meno complesse per età, grado di evoluzione, ecc., ma sempre eguale a se, pei ognuna. Ma, Tatto di intelligenza e. invcrc, caratterizzato dalla variabilità, cioè dalla uon perfetta co: n/.a alla organizzazione clic lo produce (la quale, essendo la stessa, non può corrispondere esattamente ad atti diversi;; come l'atto di ra- ziocinici si manifesta per la sua coordinazione cosciente ad uno scopo remoto, previsto come conseguente all'atto stesso. Adunque, il solo effetto della esatta rispondenza dell'atto di un animale allo scopo a cui è destinato, non basta a caratterizzare Tatto stesso, per quanto com- plesso e mirabile, come intelligente e ragionato, cosciente, insomma, del fine. Perciò, in presenza ili intricatissimi atti, di cui gli Insetti, specialmente i meglio organizzati, ci danno esempi meravigliosi, bisogna sceverare la parte che in essi atti spetta puramente alla organizzazione e ne sono esplicazione neces- saria (e questa parte appartiene alla specie ed è immutabile ed indeclinabile) da quella che, non richiamandosi necessariamente e puntualmente alla sola organiz- zazione, dipende dall'arbitrio individuale, si deve quindi attribuire veramente alla intelligenza od al ragionamento. In questo campo soltanto lia la sua origine la variabilità psichica della specie, come quella organica può anche derivare dalla variabilità morfologica in- dividuale. Xegli organismi individuali esiste un centro (morfologicamente definibile o meno"! attorno al quale gravita un insieme di organi, che potrebbero indicarsi per organizzazione eccentrica o circumcentrale ; questa è passiva, per ciò che la sua attività è subordinata all'influenza dell'ambiente, come stimolo, ed a quella centrale come reazione allo stimolo stesso : essa attività è anche invariabile, come puramente meccanica. Quivi e dominio dell'istinto. Xon vi ha istinto senza una corrispondente organizzazione eccentrica, che, stimolata dall'ambiente, influendo sul centro nervoso, possa provocare un atto di volontà, come non può essere intelligenza mancando un centro nervoso pensante, suscettibile cioè di arbitrare. JSel primo caso il centro nervoso si comporta puramente come intermediario preciso, incosciente (direi quasi meccanico) tra lo stimolo e la ragione. Qui non è possibile errore se non per la imperfezione della organizzazione eccentrica. Xel secondo caso esso assume una parte cosciente: interviene un atto di arbitrio : la reazione, che ne consegue, può non corrispondere più esattamente per eccesso o per difetto; alla natura ed intensità dello stimolo. Qui dunque è possibile un'aberrazione ed anche un errore (li. 1) Il cicogniu, che leva l'ala per voglia di volare e non s'attenta d'abbandonar lo nido 9 giù la cala, scolpisce esattamente, nella meravigliosa immagine dantesca, la condizione di in- sufficiente stimolo (da parte di una organizzazione di volo tuttavia immatura) e l'obbedienza precisa del centro pensante. Ricadendo l'ala non vi ha errore alcuno di apprezzamento. Ma il rondinino, ormai fuori del nido e già con ali perfettissime al volo, quando teme di lanciarsi nell'abisso sottostante, ne valgono a persuaderlo le lusinghe, l'esempio, l'incitamento della madie, con voci in sua favella e con qualche discreto colpo di becco e solo con una buona spinta materna è lanciato, finalmente, nello spazio e se ne va benissimo a volo, erra in difetto, in questa sua ingiustificata prudenza, per un inopportuno atto d'intelligenza, impari allo stimolo delle sue ali ormai eccellenti. Per converso, il passerottino, ultimo della nidia ei iute nella sua mascolinità, quando L'INDIVIDUO NKGL1 Al 1 1 PUR I.A PROPRIA CONSKRVAZIONE 617 Finalmente, nel più alto grado ili lavoro intellettuale- manca ogni stimolo inseco elie interessi l'organizzazione eccentrica, <> questo esiste, tutto al più, in via secondaria. Qui pure è possibile, anzi più die mai, l'errore. La differenza, adunque, tra istinto ed intelligenza consiste in ciò, ohe l'uno segue
  • ■. Certo è più comodo argomentare cosi che non, distinguendo a dovere, trovarsi in con- flitto con teorie in voga, le quali ammettono, non pertanto, un movimento generale evolutivo di rutta la organicità. L'uomo stesso, con una organizzazione che procede in questo senso .almeno giova sperarlo) insiderai», tuttavia, come un museo ili organi di involuzione. Teorie grandi e fatti pici sempre in accordo: al prudente la scelta. A. Bbki.isb, <ìli Imeni. II. — 78. 618 CAPITOLO SESTO atti d'intelligenza ed è, così, nei suoi effetti, proporzionale al grado di evoluzione intellettuale della specie : precede, quindi, la corrispondente variazione organica. Nel primo caso la variazione della specie è, anzitutto, organica, la nuova specie creata e, primieramente, morfologica; nel Becondo caso la variazioni' è, dapprima, biologica; la specie è, anzitutto, una tpecie biologica e la corrispondente variazione organica, se avviene, non è che suc- cessi va ( 1 ) . Possiamo dunque affermare iiua differenza di origine ed anche di procedi- ménto, per manifestazioni istintive in confronto di quelle intelligenti. Non può essere alcun atto, senza un organo capace di elaborarlo ; l'atto d'intelligenza non si sottrae alla regola e non può avvenire negli organismi sprovveduti di centri nervosi. Quivi gli atti sono involontari o puramente istintivi. Ma la variabilità degli atti per gli individui della stessa specie (omogenei), da che ha origine ed in qua! misura si palesa nelle singole specie animali ? Vi sono istinti ed atti comuni a tutta la organicità, ad es. quelli intesi alla conservazione della, specie e dell'individuo: altri propri a ciascun regno orga- nico; altri al tipo, alla classe, all'ordine, alla famiglia, al genere ed alla specie, esattamente come avviene pei caratteri morfologici. Taluni gruppi sono, anzi, defluiti pel loro istinto particolare e comune, as sieme ad una organizzazione corrispondente a tutte le specie, che vi apparten- gono; ad es. Coprofagi, Floricoli, Fitoftiri, Roditori, Anfibi, Carnivori, ecc. ZSTellc singole specie, poi, sia polifiliche o polimorfiche, si possono avere istinti particolari alla casta alla quale gli individui appartengono e tali istinti dipendono dalla eteromortia. Per le specie ad individui omeomorfl si hanno dif- ferenti istinti di età. Qui finisce il campo della variazione istintiva. Ma le va- riazioni psichiche, le quali si manifestano fra individui omogenei, omeomortì e coetanei, vanno attribuite tutte alla poliergia od eterofrenia che dir si voglia ; esse rappresentano il campo di vere manifestazioni di intelligenza; si richiamano alla variabilità morfologica del solo organo pensante. Queste appartengono certamente ad ogni animale, sono, anzi, la eondiziont- sine qua non ed il primo fondamento della variazione specifica per via biologica: ma, negli animali, dato il perfezionamento degli istinti, si svolgono in un campo ristrettissimo. Per l'opposta ragione, invece, l'uomo è l'essere più eterofrcuico tra gli organismi. L'energia degli istinti, appunto come la minor variabilità dei caratteri mor- fologici è in rapporto diretto con l'antichità e con l'ampiezza del gruppo al quale un dato animale appartiene. Perciò i due più tirannici istinti sono quelli dell» conservazione della specie e dell'individuo e meno imperiosa di tutti gli ì sr in t: e la energia della intelligenza. Come la variabilità degli atti istintivi è regolata da quella della organizza- zione e quindi, per individui della stessa specie è indicata esattamente dal gradc di polimorfismo e polifilia della specie (giacche, ad es., di due femmine di Fil- (1) Richiamandoci all'esempio antecedente, l'animale subattero ha già degli organi rudi- mentali, ma nessun istinto ili volo; questo non vena se non ad organo perfetto. La nuova at- tività, caratteristica biologica della nuova forma biologica, e, dunque, in ritardo. L'uomo ora vola : è. dunque una specie biologicamente diversa da quella di pochi anni or sono e ciò avviene prima che alcun organo, in sussidio ili questa sua nuovissima attività, -i mollificato. Soltanto col tempo, col lungo uso e cui sussidio della eredità possono crearsi e sta- bilirsi corrispondenti modificazioni organiche. I calli del mestiere vengono per la pratica del me- stiere stesso. L'INDIVIDUO xf.oi.i ahi r-Kit i a pnOPKIA conskktazionk 610 lossera l'unii lia l'istinto «li volare, l'altra no, sol perchè la prima è alata, l'altra - attera), così la variazione « 1 < - «i 1 ì atti di intelligenza si deve, richiamare alla eterofrenia o poliergia della specie, cioè al grado di variabilità dell'organo pen- - nte in singoli individui. Alla stessa gniaa che il polimorfismo abbraccia tutte le variazioni mortolo g che in confronto al tipo eumorfico della specie, cosi, per poliergia, conviene i tendere la zona di variazione individuale della intelligenza attorno al nucleo -Mbile dell'istinto (che è, direi quasi, l'intelligenza della specie , cioè al tipo . frenico, che rappresenterebbe la perfetta corrispondenza fra stimoli, organiz- zazione eccentrica e reazione di quella centrale, senza aberrazioni in eccesso o difetto. Come gli Insetti sono certamente il gruppo più polimorfico fra gli animali, sì l'uomo è il più poliergico, perchè il campo della poliergia sua va dalla im- becillità al genio, mentre per tutti gli altri animali omeomorfi, la variazione lividuale dal tipo eufrenico è molto più scarsa. Questa variazione è tanto più ampia quanto meno antica è la specie, quanto ciuore, cioè, è stato il tempo concesso alla organizzazione ed al conseguente istinto per perfezionarsi ed intonarsi alle condizioni ambienti, fissandosi, così, essochè stabilmente, nelle caratteristiche della specie e questa sia la ragione er quanto, forse, non unica) del progresso parallelo della poliergia e della evo- zione organica degli animali, col loro elevarsi nella scala zoologica. Quanto alla poliergia conseguente al polimorfismo (di età. individuale, ses- • ile. di casta) essa è massima fra gli Insetti, che sono appunto gli esseri più di mortici della creazione. Così, ad es., nelle specie a meta mortosi completa, la variazione morfologica agli stati giovanili all'adulto, può importare, anzi importa il più spesso, modi « vita fondamentalmente diversi; ma, sia la variabilità polimorfica, sia quella diergica conseguente sono pressoché nulle in questi primi stati, fra gli indi- v dui coetanei. Con l'età aumentano le differenze di statura e si allarga il campo della va- riazione di istinti, ma assai poco nelle specie non polimorfiche (1). In quelle, però, nelle quali molto spiccato è il polimorfismo individuale, il upo di tale, variazione è estesissimo, come mostrano, ad es., gii individui at- teri in confronto degli alati; gli adulti gamogenici in confronto dei partenoge- •i, gli eteroiei a seconda dell' habitat; gli ovipari rispetto ai vivipari, ecc. con differenze sensibilissime anche in altri istinti oltre a quelli che si richiamano ; la conservazione dell'individuo ed a quella della specie. Negli insetti a metamorfosi incompleta, nei quali, adunque, la variazione orfologica è molto meno sensibile ed ha attinenza soltanto con la mat manza Bessuale, anche il campo delle variazioni istintive è molto più ridotto e quasi nullo per quelle poliergiche. Le forme giovani si assomigliano, in generale, alle adidte rispettive, a meno '■ non intervengano ini ambiente ed un modo di vita radicalmente diversi, come le larvi- acquaiole agii adulti aerei. (1) « Tutte le pecore bianche si assomigliano » e e ciò che fa la prima e l'altre tanno ». . .--t,. spiega la simultaneità ed uniformità di certi atti di individui omogenei e coetanei come, es. , le agglomerazioni, cioè il simultaneo concorso ad uno stesso ambiente, da parte di più ridui della stessa specie ed età: le emigrazioni in massa, anzi generali, per una loca- lità, ecc. 620 Capitolo sesto L'ampiezza delle variazioni poliergiche. ossia il campo della intelligenza, varia in proporzione diretta con la variabilità delle condizioni ambienti ed in- versa eoi grado di adattabilità dell'organismo all'ambienti' stesso, nel quale adat- tamento hanno una così grande parte i mezzi percipienti, per una pronta con- vergenza tra lo stimolo e la reazione (1). Le condizioni, che favoriscono o determinano le variazioni polimorfiche in una specie, ne aumentano anche la poliergia. Fra queste ricordiamo lo stato so- ciale e quello domestico (2). Perciò appunto i biologi delle Api e delle Formiche sono giustificati allorché accordano valore di atti di intelligenza (e fino anche di raziocinio) ad alcuni peculiari di questi insetti sociali, determinati da circostanze ambienti improvvise ed inconsuete. Quale parte ha la eredità nella costituzione, per cosi dire, degli istinti? Si dice che il ripetersi, di generazione in generazione, di atti poliergici, stabilisce questi nell'eredità, essi diventano, quindi, istintivi, come avviene ap- punto delle variazioni organiche, da individuali a specifiche. Questo concetto è così ampio che merita una discriminazione ulteriore. Come abbiamo veduto stabilite nella predestinazione morfologica della specie le sue variazioni avvenire e tutto affatto diversamente svolgersi e stabilirsi, fi- nalmente, quelle di origine individuale, così è d'uopo convenire che taluni istinti appartengono nettamente alla specie, ne e prestabilita anche la loro variabilità avvenire, in rapporto diretto con quella morfologica e, di fronte a questi istinti, l'eredità non è argomento abbastanza esplicativo. 11 naturalista si trova di fronte a fatti inesplicabili coi solo sussidio delle teorie evoluzioniste e rimane interdetto non meno che nella interpretazione di organi rudimentali in via di progresso. Ed intatti si veda che, se l'istinto non è che mia reazione obbligata 'li fronte a determinati stimoli esterni, sono necessari anzitutto organi percipienti ed è impossibile il Blipporre la erea- zione di cosi fatti organi dovuta ad uno sforzo di poliergia individuale. Perciò, qui, l'influenza della eredità, con tale origine è assolutamente da escludersi. K possibile che vi sia chi pensi che, ad es., un occhio sorga in una specie cieca, per atti di intelligenza da parte dei suoi singoli in- dividui ? La predestinazione morfologica della specie conduce alla creazione dell'organo; l'azione in- dividuale può solo perfezionarlo (la lente di vetro si richiama all'intelligenza individuale umana) e, quindi, può aver luogo l'eredità coi suoi effetti. Per converso, le argomentazioni riescono più piane a proposito degli istinti di origine chiaramente individuale, cioè derivati dalla eterofrenia (o da atti di intelligenza, (die dire si vogliano), abbastanza ripetuti e per questi l'espediente esplicativo dell'eredità può essere utilmente invocato. (1) Quando si parla di adattamento ci si richiama, senza più, alla poliergia, perchè si tratta di una serie di atti aggiuntivi a quelli di puro istinto, i quali ultimi, ^e irlo la loro caratte- ristica, debbono rispondere esattamente alla coudizione di amhiente. Il grado di adattabilità di una specie è in rapporto diretto con quello della sua poliergia, ma non e forse la stessa cosa, dappoiché si vedono tutti gli organismi, anche quelli sprovveduti di sistema nervoso, quindi da ritenersi per non poliergici, adattarsi alle variazioni ambienti, a meno che queste non agiscano direttamente sulla organizzazione eccentrica. La specie più adat- tabile sul globo è l'uomo, ossia la più poliergica eil intelligente. (2) La condizione di domesticità richiede necessariamente quella sociali' per la specie che fa da padrone. I solitari non hanno domestici. L'INDIVIDUO NEGLI UH l'I 11 1.1 PROPINA COKSKKVA/.IONK 621 9rto, però, ohe, tenuto oonto di tutto questo, nuche per taluni molto complessi istinti', che ci meravigliano e sembrano quasi inesplicabili col solo sussidio dello teorie evoluzioniste, quando se ne sia fatta la notomia, per cosi dire, e scevrato ciò che, veramente, con tale aiuto non può. almeno oggi, essere spiegato io vi si è aocennato piti su), rimane una parte, per la (juaU-, almeno, si può ammettere, ragionevolmente, il concorso ili atti di adattamento, cioè 'li intelligenza, con l'eredità, per ispiegarne l'attuale perfezionamento, sia pure altissimo. ( osi, non si può escludere che, ad es., alla odierna mirabile potenza di vedo di taluni animali, abbia concorso, oltre alla primitiva creazione delle ali, elie era nel piano regolatore, dirò cosi, della specie, anche la singola varia potenza volatriee individuale, accresciuta ancora coli 'eser- cizio e trasmessa nell'eredità. Di fronte al mirabile istinto delle Vespe solitarie, che paralizzano la preda per l'alimei a zinne delle loro larve, il Fabro pretende che quest'arte non comporti maestri ne sottra appren- disti, perchè, se la paralisi della vittima non i- sufficiente, la larva del carnefice perirà sorto gli sforzi 0 le contorsioni della vittima stessa : dunque nessuna via di mezzo : o la Vespa darà il colpo di aculeo in modo perfetto e la sua razza si perpetuerà, oppure imperfettamente e la sua razza perirà. Ed il K'omaiies, in presenza di quesiti cosi fatti, esclama, nella sua Enciclopedia mentali tU22 CAPITOLO SKSTO delle pareti ; uè possono averlo fatto le sue antenate, che prima costruirono nidi di quel genere, ne (juelle che li perfezionarono nel corso delle generazioni. « Le larve minutissime di un Coleottero vescicante, la Sitarti) muralis, si attaccano ai peli del maschio delle Anto foie, Api solitarie dal corpo peloso. Durante l'accoppiamento passano sulla femmina e, quando questa, avendo approvvigionata una cella del suo nido, vi depone l'uovo, una larva della Sitaris sceude su di esso e lo divora. Strana migrazione, che. se fosse derivata da un'azione intelligente, proverebbe esperienza e previdenza in un essere appena schiuso dall'uovo '. Dopo divorato l'uovo la larva cambia forma, per cibarsi poi delle provviste ili miele e di polline, si muta più volte, passa per un periodo di riposo (pseudo-pupa) e per una i forma larvale : lilialmente diviene pupa e insetto perfetto. L'istinto di questo si limita a ■ rie le uova in un buco dove, dopo la sua morte, la [noie neonata pos9a incontrarsi, in pri- mavera, coi maschi delle Antofore. ' L' Attelàbns curculioiioides, piccolo Coleottero rosso col capo nero, taglia ed arrotola le foglie u In quercia in regolari bariletti, sufficienti ciascuno a nutrire una larva che compirà il suo sviluppo dopo la morte della madre. Varie specie di Bhyuchites, suoi prossimi parenti, lavorano sopra altre piante, risolvendo, senza saperlo, difficili problemi di geometria e producendo car- toon e gomitoli di diversa fattura per ciascuna specie. Come parlare di esperienza e di lavoro intelligente, quando l'operaio non vedrà mai il risultato del suo operato f Wasinann ha poi os- ilo che il Bt/nchites brilline costruisce meglio i suoi primi cartocci che gli ultimi: invece di perfezionarsi con l'esperienza, sembra che disimpari l'arte ereditaria! « Quando la femmina del Cinipede Biorhiza apteru, nata da una galla delle radici, trapana le gemme delle querce con abilità di consumato Kitotomo, secondo il metodo proprio della sua specie, ne essa né alcuno dei suoi ascendenti può avere mai intuito le conseguenze del suo atto, il >j n:ile determinerà la formazione di una galla, che non vedrà mai. e che sarà ben diversa da quella in cui nacque. Queste considerazioni, che potremmo applicare ad infiniti esempi, esclu- • che, in questi casi, l'istinto possa essersi sviluppato per trasmissione ereditaria di atti intelligenti. Peto non spiegano l'origine degli istinti, ne fanno conoscere le cause della loro for- mazione e trasformazione. Dobbiamo confessare che la scienza non è ancora in grado di dare la soluzione soddisfacente a questo problema importante e difficile ». Ho riportato iter intero questo brano perchè vi sono esemplificate le tre pili complesse maniere di istinti, sia ila parte della sola madre per la costru- zione molto perfezionata del nido (Chalicodoìna, Bhynchites) ; sia per parte di una specie col concorso di più sue forme, caso, adunque, di poliergia iter età; sia di una terza specie polifilica, nella quale, adunque, la poliergia si richiama alla polifilia. Quanto al primo caso, mi richiamo a quanto ho già detto per dimostrare die la complessità dell'atto non importa necessariamente la sua origine dalla in- telligenza o dal ragionamento. Questa è un'argomentazione, che può valere per l'uomo, non già per gli animali e meno che meno per gli Insetti, cosi come ii stinguiamo due diverse origini alle ali degli animali od a quelle odierne del- l'uomo. Quanto all'alto grado di perfezionamento dell'atto istintivo nei casi esem- plificati ed in mille e mille altri, ohe si potrebbero citare e sono ricordati dagli autori, esso può benissimo essere dovuto alla selezione continuata, col concorso dell'eredità, conforme si è accennato per gli istinti della Vespa solitaria. A indie per gli animali, tutta questa scienza si fa provando e riprovando e chi approva e disapprova e, in questo caso, la natura, concedendo che le aber- razioni del suo istinto, utili, si conservino nella discendenza della madre, che le ha casualmente messe in atto la prima volta; si perdono, invece, con l'infelice esito della figliolanza, quelle che riescono a carico della specie ; esattamente cmiie fa l'uomo, per ragionamento <> per caso, nella continua esperienza di che si compone la sua vita. Mon tutte le invenzioni umane si devono ad un buon ra- gienamento, molte dipendono dal caso o da un errore, ma, quando utili, si sono conservate. L'INDIVIDUO NKGI.I Al 11 PKli I A l'HOPKIA CONSEKVAZIONB tiL'^ La Xui pa nidifica iu cavità varie, ad esempio nei culmi di canne troncate, od in _ lerie. ohe essa stessa scava nel legno seeoo e friabile, l'uò errare lino a mettere il suo nido in canne metalliche. Considerato per istinto tipico il primo, che 6 In maniera pih semplice e meno faticosa di nidificazione, si vede che la seconda variazione rappresenta un progresso e deve dipendere da aberrazione poliergica. Le larve se ne vantaggiano, inqiiantoche le pareti del legname, più spesse, conservano meglio il calore e la prima della nidiata, che è la più bassa del nido, al- lorché adulta, può uscirne, intaccandola parete laterale, senza dare noia alle sorelle più giovai che le stanno sopra e senza attendere pazientemente (la quale attesa annienta i pericoli) che siano tutte sfarfallate a loro comodo. Questa piti utile maniera di nidificazione ha tutte le pro- babilità di ripetersi e trovarsi sancita per credila. Ma, il terzo caso è un vero errore a danno della covala, e ciò per ragioni opposte, non avrà probabilità di ripetersi, uè si ripete nor- malmente. Che può impedire di ammettere che l'attuale perfezionamento nella costruzione dei nidi di Chalieodoma, del Rhynohite e di tanti altri insetti, che oggi ci meraviglia, non sia frutto di in- consci tentativi da parte delle madri, durati pei centinaia e migliaia di secoli, occasionati da circostanze ambienti varie e da una conseguente selezione automatica? Eppure molti, che si trovano oggi cosi perplessi di fronte alla complicanza ed- all'alto perfezionamento di cotali istinti, non dubitano punto di ascrivere l'attuale complessità e mirabile rispondenza morfologica agli effetti a cui l'organizzazione e destinata, totalmente, alla selezione naturale. Converrebbe pur pensale che tanto la costruzione materiale 'li uni macchina, quanto il perfezionamento del s o lavoro sono effetto di una selezione (ragionata da parte nostra). Veniamo ai casi in citi entra in gioco la polifilia. Prendiamo a considera e il caso in cui collaborano, a vantaggio della specie e per vie difterentissime, forme di varie era. con una poliergia specifica, adunque, dipendente dal gratin di sviluppa. In molti casi, quando, cine, l'adulto ha dovuto subire una involuzione, so- pratutto per neotenia, molti atti istintivi complessi e quelli di intelligenza, cioè la loro zona di variazione poliergica, sono delegati alle forme giovanili, che pos- sono essere anche meglio organizzate allo scopo, che non i rispettivi adulti. Vedansi, a questo proposito, le larve e gli adulti di molte specie parassite di piante e di animali (Coccidei, Ripitteri. Stilopodi, ecc.) e si escluda da queste cosiderazioni il maschio, il quale ha una organizzazione evoluta solo per la ri- cerca della femmina per fecondarla, ufficio questo che non può essere delegai alle larve. Gli istinti, con la organizzazione coni petente, che si richiamano alla diffu- sione della specie, alla ricerca di un ambiente di vita adatto, sono delegati alle larve; la femmina non vi prende parte. Dobbiamo dunque ammettere che essi sono, nell'adulto, allo stato latente, mentre riescono palesi nella larva. Adunque, ogni aberrazione utile alla specie accade per opera della larva e se viene san cita per eredità, come vediamo essere realmente, dobbiamo convenire che in questo stato giovanile soltanto essa viene sigillata in quell'archivio di tutte le variazioni morfologiche e psichiche, che è l'idioplasma, cioè il plasma del gono- citi) e là essa giace riposta, per riprodursi ereditariamente, nelle generazioni successive, nella stessa età precisa, iu cui essa vi è stata inscritta primamente. Ad ogni momento della vita individuale questo archivio è aperto e vi si nota ; non è già soltanto nell'età adulta che vengono richiamate e consacrate nell'idio- plasma tutte le vicissitudini e gli espedienti occorsi traverso tutta la precedente esistenza. Solo le forme neutre non possono aver parte nella costituzione dell'istinTc perciò che ogni loro aberrazione poliersica rimane senza eredità ed i neutri bi sogna crearli di volta in volta, artificialmente. Ma, nelle larve, il gonocito è non meno perfetto che nell'adulto. 62-t CAI-ITOLO SESTO Che può avere fatto l'adulto del Formicaleone :i sviluppare un cosi mirabile istinto della sua larva ì E che influenza può avere sugli istinti accumulati per un triennio di vita acquaiola dalle larve della Efemera il breve periodo di poche ore di vita aerea concesse all'adulto .' (1). La larva di Sitaris, che dall'ospite scende sull'uovo, ha imparalo questo dalle larve sue an teliate, non già dall'adulto, che l'ha generata e che perirà senza conoscere l'esito della sua fi- gliolanza. Consimile ragionamento si applichi al caso di poliergia politili;'.-!, esemplificato dalla Biorhiza (ammettendo che ciascuna easta iscrive le sue variazioni poliergiche nel gonocita, che contiene in li/ri tutte le forine della specie e le loro abitudini) e riescirà piano ciò che può es- sere seminato difficile a spiegarsi considerando nel suo insieme tutto questo blocco di attività complesse, perfezionate e convergenti allo stesso scopo, cioè alla conservazione della specie. Nettamente sono cosi differenziati gli istinti di origine individuale, possibili per la poliergia, varia nei diversi individui, derivati da atti di adattamento e sanciti per eredità insieme ad una corrispondente variazione morfologica, diffe- renziati, dico, da quelli puramente specifici, pei quali la variazione morfologica e causa anziché effetto e dipende dalla predestinazione organica della specie. È piano l'ammettere che un organo, sviluppandosi, faccia sentire all'animale una influenza nuova ; è, invece, inconcepibile che un animale pensi a compiere un atto, mentre difetta dell'organo necessario ad effettuarlo. Solo l'uomo, nella sua enorme poliergia, può far ciò e solo per taluue atti- vità («die non potrebbe argomentare della natura di un senso, che non possiede e su queste argomentazioni crearlo per se) e questa e la grande differenza psi- chica fra noi e gli animali tutti. Ma questa superiorità indiscutibile, se può essere fonte di compiacenza per la nostra specie, è anche l'origine della sua infelicità animale ('2). Le forme da maggior tempo apparse sul globo, o progreditevi nella loro or- ganizzazione più rapidamente, hanno avuto miglior agio delle altre, non solo per raggiungere il più alto limite morfologico e psicologico prestabilito al loro gruppo ma. anche, intonandosi di continuo all'ambiente mercè variazioni di organizza- zione ed atti di poliergia individuale, (die. per eredità, si fissavano nelle carat- teristiche della specie, hanno raggiunto il più alto grado di perfezionamento organico e psichico. Esse sono giunte ad una più vasta e sicura percezione del mondo esterno, ad un grado di adattamento completo, ad una i perieli a orna- mentale massima, fino ad una condizione di felicità animale senza paragoni in natura (3). (li V. l'orse la inanima che insegna al neonato a vagire ed a poppare ! (2) Homo sapiens, specificamente definisce il Linneo (forse non senza ironia) il più alto e il più recente animale ; avrebbe potuto anche, non meno acutamente, chiamarlo Homo infilì.i. La nostra organizzazione imperfettissima, l'orse per la stessa recente origine: gli istinti, conseguentemente imprecisi, tutto questo insieme di inferiorità organica, per cui il poeta, con tanta più ragioue, quasi divinando, ci chiama enlomata in difetto sì come verme in cui formazioni falla, paragonabili a larve di insetti cos'i organicamente povere, ci obbliga a far ricorso a lineila poliergia indivi- duale, che ci merita il titolo di sapiens, ma che, per la sua vastità, è soggetta ai più grandi er- rori rispetto alla legge naturale. L'enorme eterofrenia è precisata dal quo! capita tot senientiae, purtroppo fino all'ionio hominis lupus. Si può arguire facilmente, ed anche più facilmente vedere, quale sia una società che ha queste basi naturali. Sia permesso questo sfogo ad un naturalista che scrive nel 191S ! (3) Compie meglio, più speditamente e più facilmente il suo lavoro una macchina, perfetta e precisa, che non una grossolana ed insufficiente, sia pure sorvegliata e corretta di continuo da intelligentissimi espedienti e ripieghi. l'individuo NEGLI ATTI per la propria CONSERVAZIONE 6-'"' (ili Insetti sono in queste condizioni, ormai, e la storia della difficile e po- vera giovinezza del gruppo è compendiata in quella del loro ciclo «li vita (1). Ora. l'adulto è un essere veramente t'elice, coinè è dimostrato dall'alto grado di oziosità, che può concedersi dopo aver provveduto facilmente e rapidamente, merce i suoi alti mezzi, alla necessità della sua esistenza e di quella della specie e. .-.inscio della sua bellezza, in questa e nel suo ozio, beato si gode. Ma gli istinti di origine individuale, pei quali, adunque, per divenire tali, dalle elementari manifestazioni poliergiche hanno d'uopo della eredità, allorché questn condizione necessaria divenga inattuabile, non possono affermarsi al- trimenti. Questo stato di cose può indurre conseguenze gravissime od anche disa- 5 ose per la specie. Ne abbiamo un classico ed imponente esempio nella endolasia. Per la parte attiva, per la specie parabiotica, cioè per Pendofago, la nuova maniera di vita, derivata certo dalla metodofagia, è un adattamento nuovo (:.') e l'eredità ha finito per costituire uno spiccato istinto, che si manifesta con mo- dalità complicate e varie, a seconda delle numerosissime specie endofaghe. Ter converso, la specie vittima, condannata a sicura morte prima di aver raggiunto la facoltà riproduttiva, non ha potuto aver prole e qualsiasi iniziativa individuale, in senso autotilattico. si e spenta con la vittima. Lo stesso, quasi, può dirsi della metodofagia e per sua difesa dall'una o dall'altra maniera di aggressione, la specie paziente non ha mezzo alcuno, reso appropriato pei lungo perfezionamento, efficace contro la gravissima minaccia. La specie vittima, per sopperire alle perdite, non trova di meglio che ricor- rere ad una progenesi più accentuata che mai (3). Nei rapporti più antichi fra i primitivi e quindi meno elevati gruppi di in- setti, sia fra loro che col restante mondo, un istinto preciso ha il sopravvento nella direzione degli atti volontari e quindi meno ovvii sono quegli errori che dipendono dalla poliergia individuale e che pur si rilevano anche per questi perfettissimi strumenti di precisione. Ma, nei gruppi più alti e quindi più recenti^ per le condizioni di esistenza di più fresca data, quelle di ambiente più variato, non pochi esempi di istinto meno perfezionato, perchè meno vecchio, od anche di una vera e propria intelligenza, che in tali casi si richiama ad una necessità, sono manifesti. Perciò, negli ordini più elevati di Insetti, come sono i Ditteri e gli Imenotteri, in contingenze nuove, variate e multiformi da parte dell'ambiente, in manifesta- ti) I Vertebrati si possono considerare, tuttavia, come forme larvali, per dir cosi, ili un ,.-q>po avvenire, clie, probabilmente, salirà più alto degli insetti, ormai giunti al loro massimo grado di evoluzione. Anche dal verme umano verrà, alla fine, l'angelica farfalla (su questa stessa rena od altrove) : ma gli insetti vi sono già pervenuti e da tempo. ("i) Come avviene per il .Xestor, Pappagallo della Nuova Zelanda, che, da poco tempo, da vegetariano è diventato carnivoro, aggredendo le pecore, di recente importate, alle quali rode il grasso che circonda i reni. (:i| Per fronteggiare utilmente una nuova condizione di cose, di tal maniera improvvisa e con effetti cosi remori, sarebbe necessario un vero e proprio ragionamento, quale solo l'uomo rebbe fan- e questa è anzi la prova che tale facoltà non appartiene agli insetti. Anche i il eglio armati e temibili lasciano invadere il loro nido da parassiti ed endofagi, il cui effetto . -imo e troppo remoto perchè la specie vittima possa collegarlo alla causa presente e difen- dersene in tempo. Esattamente per la stessa ragione l'apparente inesplicabile preveggenza di talune madri per il buon esito della loro figliolanza, che mai conosceranno, va attribuita alle I8e sopraricordate anziché ad un atto di ragionamento, che sarebbe davvero meraviglioso. A. Bbhlksb, Oli lui, II:, IT. — 79. 626 CAPITOLO SESTO zioni psichiche complesse da parte dell'insetto, vanno ricercati quegli atti volon- tari di adattamento, che si richiamano appunto alla intelligenza e sono possibili nell'alta poliergia specifica (1). Quanto agli atti involontari o riflessi, occupandoci solo dei moti psichici, che si compiono, cioè, nell'ambito del solo sistema nervoso, è da rilevarsi che la paura e la collera sono i più cospicui e comuni fra gli Insetti, ma di gran lunga più la prima che l'altra, la (piale ultima si appartiene ai meglio armati. Gli Insetti tutti, anche i piìi feroci e dotati di mezzi offensivi e difensivi eccellenti, sono paurosissimi e ricorrono, molto spesso, più volontieri e prima che ad ogni altro spediente difensivo, alla fuga. Questo, come si è già detto, è tuttavia il miglior mezzo autotìlattico e più sicuro. In conclusione: gli Insetti, in grado vario e proporzionato alla loro eleva- zione nella scala zoologica ed all'antica data di loro apparsa sulla terra, godono di una organizzazione e di conseguenti istinti quanto mai perfezionati e tali che ad una felice esistenza bastano quasi totalmente, rimanendo parte minima alla poliergia individuale ed ai conseguenti possibili errori. Gli atti di vera intelligenza sono, adunque, rarissimi e da ricercarsi solo nei gruppi più elevati e perciò meno vecchi ed in adattamenti di esistenza che possono ritenersi di data meno antica. Atti di ragionamento, cioè intesi ad uno scopo remoto e previsto, valutati, cioè, esattamente nelle loro conseguenze in un avvenire lontano, non sembra si possano ammettere negli Insetti. Per questa loro quasi perfetta intonazione all'ambiente, combinata con la enorme diffusione e fecondità, gli Insetti sono insediati da dominatori nella eco nomia della organicità e ne sono grandissima parte ormai e necessaria. Locomozione, movimento. La caratteristica più appariscente dell'animale è la Iocomòbilità, determi- nata, negli Insetti, come i movimenti, da fasci muscolari che agiscono sugli or- gani componenti il dermascheletro. (1) Tutti questi casi però, almeuo per quanto è a mia conoscenza, sono suscettibili di es- sere richiamati ad un istinto acquisito pel ripetersi di condizioni analoghe. Ma il caso dell'Epeira (altissimo fra gli Aracnidi) ricordato a pag. 114 del presente voi urna, mi sembra un vero e proprio atto di intelligenza, scevro da ogni influenza istintiva ed un altri» voglio riferirne, che io stesso ho veduto o seguito benissimo e che mi sembra godere della stessa caratteristica. Un Pompilide, sotto i miei occhi, abbandono un ragno grossetto, una Lijcosa, ormai para- lizzato, a qualche centimetro innanzi al suo nido. Io giudicai subito che quel Ragno non avrebbe potuto passare per l'apertura del nido, che mi pareva troppo ristretta al caso. Eguale giudizii deve aver fatto la vespetta, perche abbandouò il Ragno ed, entrata noi nido, la vidi occupata ail allargarne l'ingresso, puntando sulle gambe e sollevando il sottile strato di terra col dorso ripetutamente. Poi la vespetta ne usci e cominciò a considerare la sua preda, girandoli' attorno e toccandola dappertutto colle sue antenne. Certo la misurava a suo modo, tanto è viro eh» ritornò nel nido e ricominciò a forzarne l'ingresso, dilatandolo come ho detto. La manovra, comprese le misurazioni, si ripetè per tre volte di seguito, dopo di che a me pareva elio l'aper- tura del nido fosse tuttavia troppo ristretta per quel grosso corpo del Ragno, ma di questa opinione non era il Pompilide, che atterrò colle mandibole la vittima per l'estremo addome, la all'accio all'orifìcio del nido e con tre buone stratte ve la fece entrare, tutta, prestamente. Aveve> giudicato male io, non la Vespa. L'INDIVIDUO NEGLI Alti PEH LA PROPRIA C0NSKRVA7.I0NK 627 La distribuzione <• la infima struttura dei muscoli è già stata illustrata nel precedente volume (cap. Vili, da pag. 3S5 a pa»-. 400). La contrazione del muscolo, importante il suo accorciamento, è determinata dalla corrente nervosa. die giunge al muscolo stesso traverso i nervi motori, che si distribuiscono nella issa muscolare colle loro ultime, tenuissime diramazioni. Si è già detto, uelle citate pagine, che i muscoli degli Insetti sono pressoché tutti striati : - lo nel tulio digerente i muscoli involontari presentano anche fibre incompletamente striate, se 11 veramente lisce del tutto. I muscoli motori delle ali, residenti nel torace, hanno struttura t eciale ed anche di ciò si e fatto già parola. Diversa ì- anche la maniera di contrattilità nelle diverse specie di fibre muscolari e, per gli Insetti, questo studio e stato fatto già dal Faivre (1862), pel Ditisco adulto. 1 muscoli della vita organica (formanti, generalmente, un reticolo e striati) si contraggono movimenti automatici e spasmodici. Tali contrazioni sono regolari, rapide e permanenti per » lihre del vaso dorsale, ma non lo sono, invece, per le fibre muscolari proprie degti altri vi- i, ad i's. dell'intestino, degli organi genitali : ni . eco. Le piti leggere eccitazioni bastano a deter- ioro i|iieste contrazioni, che persistono anche, qualche tempo, dopo cessato lo stimolo che i determinate e possono conservare la loro iltà ili contrazione anche un'ora dopo la morte - l'animale; ma, queste libre muscolari della v :a organica sono, invece, meno sensibili alla itazione dello stimolo nervoso, il quale non le influenza, se non è energico. D'altro canto, -.-sto lilne. molto più raramente di quelle dei scoli della vita di illazione, entrano in ri g lità. Invece, le contrazioni dei muscoli volontari, ■- della vita di relazione, non sono mai sin- natiche e spasmodiche; non si produci. no facilmente con leggere eccitazioni meccaniche, mentre li determina più agevolmente, invece, l'influsso nervoso; cessano immediatamente con la morte •male e, ad ogni modo, al cessare dello stimolo. I muscoli delle ali degli Insetti danno esempio delle piti brevi contrazioni muscolari, che si '-••ano fra yli animali tutti. Le vibrazioni delle ali sono, infatti, rapissimo; nella Mosca doine- .. esse sommano a 330 al secondo: nell'Ape a 190 ; nella Vespa a 110, ecc. Ma, questa ra- tta delle contrazioni spetta soltanto ai muscoli motori delle ali; per gli altri esse sono assai lente e nelle larve olometabole (secondo Patrizi) esse mosti ano caratteri fisiologici intermedi ielle delle fibre liscie e quelle delle fibre striate. l'in addentro nello studio delle contrazioni muscolari degli Insetti si è condotta la inve- izione ila parte dei tisiologi, tra cui sono da ricordarsi il I.efeuvre, il Patrizi, il Rollet, il ■ t. ecc., le cui osservazioni sono riassunte nel bel libro del Marella!, Sulla fisiologia degli ., dal iiuaie tolgo integralmente il brano relativo (pagg. 310-311) : « La curva della scossa muscolare semplice (flg. 640), ottenuta da una eccitazione elettrica . iderata, alla chiusura mi alla interruzione della corrente, d'induzione o continua, presenta i caratteri seguenti : ■ 11 periodo latente del tempo perduto e di 0",(!t circa per l'idrofilo (Rollet); di 0".015 a 12 pei muscoli addominali della crisalide o della farfalla del Baco da seta (Patrizi); di 0",008 muscoli estensori della tibia, terzo paio, di una Locusta [Declieus verrucitorns, sec. Lefevre). ■• i i , in generale, più lunga nelle larve che non negli adulti ed oscilla intorno a 0",04 nel " da seta. I.a durata totale della scossa e, in media, 0",10 circa nel Decticui, ciò che concorda coi • : ilei Patrizi pei muscoli addominali della crisalide e della farfalla del Bombix morì. In questo -•"tu. secondo il Patrizi, il periodo ascendente e presso a poco neiiale a quello discendente. Fig. 640. — Contrazione muscolare di una zampa d'Insetto, sec. Lefeuvre. 62S CAPITOLO SESTO Pei muscoli motori della zampa saltatrice del Decticus, secondo Lefeuvré, con un peso tensore leggevo, il periodo di ascensione o periodo di energia crescente è più lungo di quello decre- scente, ma, coli' aumento del peso, i due periodi tendono a divenire eguali od anche il primo più lungo del secondo. « L'altezza della contrazione diminuisce coll'aumentare del peso tensore, col sopravvenire della fatica, col decrescere della temperatura, ed aumenta, invece, per le cause inverse. « La forma e la durata della scossa variano all'unisono con quella della sua altezza. Nelle larve (liaco da seta) i caratteri della scossa sono molto differenti dall'adulto. La sua altezza massima è sempre piccola anclie a forti eccitazioni e la sua durata e lunga così da ricordare quella delle fibre liscie ; essa è di 5" al minimo ; il periodo ili ascensione non oltrepassa mai un mezzo secondo, il resto è occupato dalla fase di energia decrescente. € Gli effetti della fatica sulla struttura delle libre muscolari sono stati bene constatati negli Insetti e si traducono specialmente con la sparizione più o mino completa delle fascie chiare (Bernard IT. M., 1*94). « Velocità ili propagazione dell'onda muscolare. — I muscoli delle zampe dei Coleotteri si pre- stano mirabilmente, all'osservazione col microscopio, dell'onda muscolare. « hollet, col metodo Weber, calcola la velocità inedia a 0,169 inni, al sei' lo. Hurthle, col metodo cinematografico, ottenne una cifra assai vicina (0,108); bisogna però tener conto die queste cifre sono desunte da muscoli isolati dal restante corpo. 11 Patrizi, sui muscoli del com- plesso dei tubo muscolo cutaneo, in Bombyx muri, ottenne 0m.54 per secondi o >> . Forza muscolare. — Che una Pulce possa eseguire un balzo pari a 200 volte circa la propria altezza (in proporzione un uomo varcherebbe
  • m le 11 femore è, dunque, robustissimo e molto vigoroso il muscolo abduttore che esso contiene, sopratutto negli insetti saltatori, e «Iella attitudine al salto è appunto testimonio immediato lo sviluppo di questo femore, che, negli insetti saltatori è, ordinariamente, molto dilatato ed in- grossato, appunto per poter contenere il robustissimo muscolo abduttore suddetto, ed. in questi insetti, gli sproni dell'estremità tarsale della tibia sono molto forti, per dare un solido punto di appoggio all'insetto nell'atto del salto. Le zampe anteriori, in molti casi, hanno altri uflici oltre a quello della locomozione od in questa non intervengono affatto, come accade, ad es., delle debolissime e quasi abortite zampe del primo paio dei Lepidotteri diurni. 11 più delle volte le zampe del primo paio, chiamate anche ad altro scopo da quello della locomozione, hanno ufficio raptatorio, cioè di afferrare la preda, secondo il caratteristico esempio offerto dai Mantidi, fra gli Or- totteri, da parecchi Emitteri, ecc. (figg. 642-463). Jn talecaso lo sfor- zo di adduzione della tibia è così energico che il femore si mostra ingrossato appunto per contenere un grosso e robusto muscolo ad- duttore, più vigoroso di quanto è I i« 643. — Banatra linearle (L.1 in grandezza naturale. , ,. ° v •' " necessario pel comune sforzo oc- corrente nella locomozione. 11 salto, in taluni insetti, e determinato dal gioco di altri organi e le zampe non vi hanno luogo. Cosi, ;id es., negli Klateridi adulti (fig. 644), che, messi sul ventre, raccolgono le zampe, inai- catto il dorso secondo l'articola- zione pioto-mesotoracica. cosi che posano sul piano solo con la parte anteriore del protorace e con l'e- stremità posteriore delle eitre, lo scatto è dato da uno speciale meccanismo situato nella parte ventrale del torace, ossia da un processo a punta del prosterno, che. si impegna in una fossetta del inesosterno e di poi brusca- mente si estende, cosi che il dorso dell'insetto, battendo fortemente sul piano, determina il lancio in .ria. clic talora e abbastanza considerevole, perchè, ad es., un comune Elateride (Jgriotea) può saltare anche ad una quindicina di centimetri e più. L'insetto in aria «i rivolge e ricade, ordinariamente, a ventre in giìi, cioè nella possibilità di andarsene merce le zampe. (erti bassi Insetti del gruppo degli Apterigoti, e più precisamente .le; Collemboli, hanno, per saltare, una speciale appendice pertinente all'addome, foggiata a forca e ripiegata sotto il ventre (fig. 64.">) nello stato di riposo (vedi volume I. pagine 282-283). Questa appendice può essere, di scatto, abdotta, con movimento a cerniera sull'estremo addome (vedi fig. 292, pag. 259 del volume I), in guisa da battere fortemente sul piano sul quale l'insetto sta. Ciò determina il lancio in alti l'animale. Specialissimo è il modo ili locomozione rapida, per salti, praticata da certe larve di Mosca, cioè dalle Piophila, ed ognuno lo Ita veduto in atto, trattandosi ilei cosidetti itimi del formaggio, i quali, se messi allo scoperto e molestati, se ne fuggono con grandi lanci. Questa larva si in- curvi a cerchio (fig. 229, pag. 236) e, cogli uncini della bocca, si trattiene all'estremità poste- riore del coipo; quindi, staccandosene improvvisamente, scatta ionie una molla, ciò che deter- mina il lancio. Bozzoli che. si muovono. — È noto che taluni bozzoli, perfettamente chiusi e contenenti la larva che sta per trasformarsi, sono capaci di muoversi e quindi di loeomuoversi. Ne fanno fede certi bozzoli fusiformi di un parassita delle Vespe nostrali. Fig. 644. — lTn Elateride nel- l'atto di scattare pel salto, ingrandito. Fig. 645. — Una Podura ve- duta di lato e mostrante la forca (/") ripiegata, in ri- poso, sotto il ventre. In- grandita. Da Nicolet. GD* - - - ~ Fig. 646. — Bozzolo die salta, ingrandito; ri, grand, nat. in avanti del- L'iNIUVllHO NKGLI All'I l-Kl! l.A PROPRIA CONSERVAZIONE 631 Ma il più mirabile esempio, che mi sia occorso di questo «tram) fenomeno, si riferisce a certi bozzoletti clie ho ricevuto, nel 1903, dalla Calabi' limetii, brevemente ovali,
  • trici, uè quelle soggette mauifestamentc ad involuzione, ma quelle in cui tutti gli organi vo- lanti, pur essendo in perfetto grado di evoluzione, sopratutto le ali (ahneuo il paio che ha la maggior parte nel volo), non mostrando alcuna prova di riduzione nella loro superficie, godono del minor grado di potenza locomotoria in tutto il gruppo. Cosi, ad es., fra gli Odonati. non sono le Libellule o le Aeavluiiu, che possono dare la misura della facoltà di volo del gruppo, ma gli Agri on idi ; fra gli Ortotteri, non gli Acrididi, ma i Locustidi ; fra i Lepidotteri, non gli Sfegidi, ma i Pieridi ; ina fra gli Einitteri, i Coleotteri, gli Imenotteri ed i Ditteri, non si trovano se non in misura molto più ridotta o non si trovano per nulla, forme con normale sviluppo alare ed, intanto, cattive volatrici. A parte i Pseudoneurotteri, che fanno gruppo a sé, il progresso nella facoltà locomotoria aerea è così indicato : 1.° Bassi volatori, — Tetratteri. Ali delle due paia indipendenti. a) Ali posteriori adatte al volo ; anteriori destinate piuttosto alla protezione dell'ad- dome e delle ali del secondo paio. Ortotteri, Coleotteri, Eterotteri. h) Ambedue le paia di ali egualmente adatte al volo. Neurotteri (in parte), e) Il secondo paio di ali più piccolo e meno robusto al volo dell'anteriore : altri Neu- rotteri. 2.° Alti volatori. — Tetratteri. Ali del secondo paio collegate con quelle anteriori e di queste più piccole. Le ali arteriori sono i principali organi di volo. Lepidotteri, Imenotteri. 3." Altissimi volatori. — Ditteri. La facoltà di locomozione aerea si richiama ad altro espediente oltre a quello della presenza od evoluzione degli organi di volo. L'insetto tende ad aumentare- di volume ed, in pari tempo, a scemare di peso, gonfiandosi di aria, ciò che può fare a mezzo di succiti aerei, disseminati i im.'vii" • M U.l k.Tl'1 l'KH t.\ PROPRU CONSERVAZIONI! 635 nel suo corpo, nei quali l'aria viene immessa dalle trachee. Questo gonfiamento avviene estemporaneamente nelle torme volatriei meno perfezionate, ma è per- manente in ■, come si accennerà più innanzi. 11 collegamento delle ali posteriori con le anteriori, che si inizia con gli Kterotteri, si ef- fettua con meccanismi varii. già accennati a pagg. 361, 362 del voi. I, e qui si riporta altro esempio. (Su questo argomento vedi lJOey, Ann. Soc. enl. France, 1832, pag. 91, pi. I; Pnjade, ibidem, issi. pag. 198). Negli Kmitteri Eterotteri le emielitre sono, in riposo, trattenute a lor posto mercè dentelli impegnati con corrispondenti accidentalità dello scudo o degli angoli anteriori del mesotorace ; perciò l'insetto, prima di volare, deve liberare le sue emielitre, il che ottiene sollevando e scostando l'ima dall'altra le due ali anteriori, come A si vede nella tig. 672, in L, Quindi, rapidissimamente, così che non si può vederne il procedimento, impiglia le ali sulle elitre e parte a volo. Nei Lepidotteri, le ali del secondo paio sono sempre collegate alle anteriori mercè il frenulo (fig. 649, B) ; negli Imenotteri e negli Oniot- teri il collegamento si effettua automaticamente, al solo aprirsi delle ali per mettersi nella posizione di volo. Gli uncinetti delle ali poste- riori (voi. I, fig. 261 ed auuessa fig. 649, A) vengono da sé ad im- pigliarsi sul margine posteriore dell'ala del primo paio. Fig. 649. — A} unci- netti delle ali poste- riori di Inienottero ; B, frenulo nelle ali di Calli morplia liera. L. mas. Da Pnjade. Il « motore » della macchina volante « Insetto ». — Vediamo, ora, più davvicino, anche nella sua funzione, la « macchina » del volo negli lusetti. La macchina volante « Libellula ». — Un così ovvio e per- fetto volatore non ha mancato di attrarre l'attenzione di tutti sii studiosi del problema del volo ed è stato, così, oggetto di dotte ed accurate ricerche, sia dal lato anatomico che da quello del meccanismo del volo. Certamente gli insetti della famiglia dei Libellulidi sono fra gli ottimi volatori; ina, altri Odoiiati affini, come, ad es., gli Agrionidi, si trovano ad un grado di potenza ed eccellenza di volo assai inferiore, ciò che dipende da variazioni affatto secondarie nello speciale tipo, sul quale è foggiata la Libellula. Bisogna, intanto, convenire che questo tipo, il quale ha raggiunto, per la sua via, il massimo grado di perfezionamento, che si conosca in natura, rimane tutto a sé e distinto anche da quello, sul quale (sempre fra gli Insetti) sono foggiati i volatori in tutti gli altri ordini, dagli Ortotteri ai Ditteri, e le differenze trai due tipi sono veramente sostanziali. Possiamo anche dire che, mentre il progresso del tipo di macchina volante « Libellula » dai meschini volatori, quali sono gli Agrionidi, fino ai perfetti della famiglia dei Libellulidi, e tutto compreso nell'ordine degli Odonati. Invece, il tipo « Mosca », che io chiamo così perchè culmina, nella sua perfezione, ap- punto in questo comune Dittero, si svolge, nel suo progresso, dagli Ortotteri ai Ditteri, ed è, in ciascun ordine, secondo il grado di elevazione dell'ordine stesso, sempre migliore e più efficace, di grado in grado, di ordine in ordine, dagli Or- totteri ai Coleotteri, agli Emitteri ed Omotteri, ai Lepidotteri, agli Imenotteri e, finalmente, ai Ditteri, fra i quali sono volatori che non trovano alcun rivale nella natura. Converrà conoscere davvicino e con una certa minuzia l'insieme degli organi, 636 CAl'ITOM) SHMii elie costituiscono la macchina volante « Libellula ». la quale è certo fabbricata su un tipo più complicato che non sia l'altro, su cui si modellano tutti gli altri insetti e converrà ancora richiamarsi a quanto si è già esposto nel voi. I, per ciò che riguarda la morfologia del pterotorace, nei suoi pezzi eso-endoscheletrici <■ nella sua muscolatura, salvo a trattare qui del modo di funzionare di tutte queste parti per concorrere all'effetto del volo. Facciamo, dunque, que- sta analisi, anche per omo- logare la nomenclatura di- versa, usata da differenti autori e per avere un esat- to concetto del complicato « motore », che ci permetta di comprendere la meccanica del volo. Pterotorace. Morfologia esterna. — A differenza di tutti gli altri insetti, in questi Ottonati i pezzi pleurali hanno direzione obliqua (cioè dall'innanzi all'indietro e dal basso all'alto, vedi voi. I, fig. 191, 192, pag. 194), mentre, negli altri ordini, i pezzi sud- detti hanno inclinazione opposta, tino all'orizzontalità, quando non siano esattamente verticali, come si vedono nella maggior parte dei Ditteri. Inoltre, in nessun altro grup- po d'insetti si vedono le pleure intercalarsi fra i pezzi tergali e quelli sternali, cosi da entrare a far parte veramente della faccia dorsale e della ventrale del pte- rotorace e quelli di un lato con giungersi e saldarsi con quelli del lato opposto, senza interpo- sizione di scleriti notali e ster- nali, come mostrano, invece, as- sai vistosamente gli spiatemi del mesotorace al dorso del pteroto- race (fig. 650, Ep ì) e gli epimeri, anche metatoracali, per la parte ventrale (voi. I, lig. 443, pa- gina 382, ©j, (!..) negli Odonati. Questa inversa obliquità nei pezzi pleurali sposta molto in dietro le ali, ossia il eentro di sospensione dell'insetto, il che importa la necessità di un addome molto allungato, por l'equilibrio dell'animale nell'aria. Il mesotorace è una copia pressoché affatto conforme del metatorace, salvo qualche diffe- renza nell'insieme pleurale, per ciò die si è detto, ma nei Noti, nei pezzi basali delle ali od anche, fino ad un certo punto, nei pezzi sternali, la omologia e conformità sono perfette, cosi che, il piil spesso, quel che si dice del mesotorace può valere anche pel metatorace; certo lo vale benissimo per ciò che riguarda i pezzi notali e quelli che costituiscono la base delle ali, salvo lievissime differenze secondarie, che si accenneranno via via. Fig. 650. — Pterotorace dal dorso di Aesehna, con la base delle ali. Nella base dell'ala anteriore destra e nei pezzi del Noto corrispondenti sono indicati con lettere greche i capi articolari dei singoli pezzi (per l'asse delle artico- lazioni vedi fig. 651, base dell'ala superiore sinistra; le lettere greche contrassegnanti i capi articolari in questa figura corrispondono a quella degli assi delle articolazioni nella lig. 651). Ai, acrotergite del mesonoto; Az, del metanoto ; Ep>, episterno delle niesopleure; No, prefulcro delle stesse; N3, delle metapleure; »,, h.,, denti d'arresto; Al{, ala anteriore; Ah, ala posteriore (C, nervatura costale, cioè precosta -(-co- stale ; Se, snbcostale) ; li -4- M, radiale (-f mediana) ; Cu, cubitale : An, anale. Per le altre parti e pezzi diversi, vedi fig. 651. N'individuò negli atti per La propria conservazionk lY.il Regione sale (notale). — Consideriamo, ooll'Anians, il prerotorace di una Libellula guardandolo dal dorso (annessa Bg. 650). Si vede subito obe l'insieme dei Noti è ridotto a po- chissima cosa in confronto
  • >) mesotoraca i riuniti insieme sul dorso e Ira questi eil i pezzi notali stanno i prefulcri, gli anteriori (_Y 2 enu tornati ila rilievo lineare duro, bruno o nero, i posteriori rap- presentati in ciascun lato da una piccola zona a chitina piti dura, disposta fra gli episterni ed il protergite (.\'2, metacarpo- f 'alati geo. . 63 S CAPITOLO SESTO La fascia a V (prucsculum di Audouin; proccssus anticns Lenderf; anledorsum Amane) rap- presenta la fascia coudiloidea (vedi fig. 651) del protergite (1), cioè il procondilo, che, coll'apice delle sue braccia, viene ad articolare coll'acrocarpo e col propino. Veniamo al pezzo ad X. Esso risulta di due metà longitudinali, l'ima, anteriore, foggiata a V, margina posteriormente il mesotergite centrale colle sue due braccia, che sono le anteriore della X e rappresenta il mcsocondilo ; l'altra, risultante dall'insieme delle braccia posteriori, foggiata, dunque, a j, sta a rappresentare il metacondilo e tra l'un braccio anteriore ed il corri- spondente posteriore dello stesso lato, è steso uno spazio a cute più molle e chiara; che appar- tiene al metatergite, assieme alla zona ovale occupante il centro della X, come è indicato con MI, pel metauoto (ma si intenda anche pel mesonoto) a fig. 651. Il mesocondilo, coi suoi condili all'estremo delle braccia, articola col mesoptero ed il meta- condilo si continua col ìigamento dell'ala (Lig a figg. 651, 652), 8$' ;'i'yró '-'3' Fig. 652. — Regione ascellare, vista di lato, del mesotorace di àesehna, con la base dell'ala sollevata. Per le lettere delle nervature e pezzi basali dell'ala, vedi fig. li. Per le cifre ro- mane ed arabe, indicanti i muscoli, vedi voi. I, da pag. 408 a pag. 410. I-.a-EjJ2, epimero; Emi, episterno ; F, F1, fulcro; prl, paraptero ; mb (spazio punteggiato), membrana che si estende dal tendine del LXXXIX al tendine del LXXXVII ; a, condilo distale della radio- mediana (di attacco del muscolo grande abbassatore delle ali. LXXXIX) ; h, condilo artico- lare dell'ala (nervatura radio-mediana) sul fulcro posteriore: e. capo della stessa nervatura, che articola sul paraptero prl ; 88, punto di attacco di questo muscolo. II. a Capi delle nervature, come a tig. l.a, per mostrare la direzione degli assi di articolazioni dei capi stessi; ?, asse dell'articolazione procarpomesoearpea (vedi anche fig. 651); y-, asse articolare dell'articolazione mesocarpea ; p, dell'articolazione mesocarpo-falavgea. (pr Pezzi intercalari notali. — Appartengono egualmente ai Noti il proptero ed il mesoptero msp a fig. 651), dei quali il primo, a forma di lungo trapezio, si intercala fra il mesoter- gite centrale e la tuberosità anteriore dell'ala, articolando con ambedue ; il secondo sta fra il metatergite (parte fra il braccio anteriore ed il posteriore della A') e la tuberosità posteriore del- l'ala, con questa strettamente saldato, mentre articola solo col metatergite e col mesocondilo ed e assai meno bene distinto del proptero, perchè più stretto e perchè fissato alla base dell'ala. Tale è il complesso dei pezzi notali. (1) Nel voi. I, a proposito del pterotorace dei Libellulidi (pag. 192), ho avvertito che l'a- crotergite del mesotorace è totalmente spostato innanzi dagli opisterni mesotoracici e rappre- sentato dalla squama che margina questi pezzi subito dietro il protorace. Pel metauoto la cosa è diversa, come si vedrà. L'INDIVIDUO XKfil.l ATT] PKB LA PROPRIA CONSERVAZIONE 639 Regione pleuralk. — La fig. 192 a pag. 194 del voi. I può richiamarsi a tutti i Libel- lulidi, cos'i che è inutile diffondersi qui a pari aie del complesso plenrale ; ci limiteremo a vedere meglio la baso dell'ala in questa regione. Regioni-: ascellare. — Nell'ascella (li;;. 652) concorrono pezzi cintinosi, di molto rilievo nel meccanismo del movimento alare, alcuni dei quali derivanti dalle pleure, mentre altri spettano alla base dell'ala nella sua faeoia inferiore, e di questi ultimi diremo più innanzi. si e già detto elle i prefulori anteriori, in questo « motore » speciale degli Odonati, sono fissi, costituendo un tutto unico cogli episterni, dai quali sono distinti per alti rilievi lineari eliitinosi. binili. Quelli posteriori non hanno alouna ingerenza nell'articolazione e nel movimento dell'Ala. 11 principale pezzo ascellare, procedente dalla pleura, e. il fulcro (F), di cui abbastanza si ,• detto nel voi. I (vedi voi. 1, pag. 381, li;;. 142, o), composto di due capi articolari, stretta- mente collegati fra loro, l'uno, l'anteriore (F), derivante dall'episterno, l'altro, il posteriore (F,), dall'epimero e così è conformato in tutti gli insetti (fig. annessa 652), risultandone un pezzo articolare unico, a più capi. Tutta la regione ascellare (conforme si vede nella fig. 652) può essere distinta in due parti, l'ima anteriore, concava e più profonda, nella quale giace il processo articolare dell'ala (fulcro, endoptero) e vi giungono i capi delle nervature costale, subcogtale, radiale; in altri termini, la volta di questa parte concava dell'ascella «• fatta dalla faccia interna della tuberosità anteriore e dalla prima parte del mesocarpo (ne -j- pc). La seconda porzione dell'ascella, o posteriore, è meno profonda, anzi la membrana ebe la ricopre {mb) e procede dalle pleure (epimero, Km) è allo stesso livello di queste e viene a sal- darsi all'ala, precisamente a tutto l'orlo interno del paraptero (prt) (1) ed al capo articolare (mediano, a) della radiale. Questa membrana ricopro organi importanti, cioè il muscolo fulcro- alare (XCi, il tendine del robusto abbassatore delle ali (LXXXIX), che segna appunto il limite anteriore della membrana stessa, mentre, indietro, su questa medesima membrana, in prossimità del paraptero, viene ad attaccarsi il tendine del debole laterale settimo (85) ; ed è pure nascosto dalla detta membrana, di cui segna il limite posteriore, il sottilissimo tendine del gracile plettro- metas temale (LXXXVII), che va ad attaccarsi all'angolo postero-interno pel paraptero, assai vi- cino all'attacco del precedente. Anche l'orlo anteriore dell'aerocarpo (ac) è riunito, per membraua, al prefulcro anteriore e, rimossa questa membrana, si vedono i tendini dei muscoli protrattori dell'ala (LXXIX, LXXX) Le stesse cose, a puntino, valgono per l'ascella del metatoface e quivi concorrono i tendini dei muscoli omologhi. Ala; base, regione DORSALE. — I due gruppi di nervature, cioè l'uno Costali (+ Pmostu) (C delle figure annesse) e Sttbcostale {Se) ; l'altro : Badiale (+ Mediana) (R -f il) e Cubitale {Cu), cioè tutta la preala (voi. I, pag. 222, 223. 23S ; fig. 251, 273), fanno capo, ciascuno ad un in- sieme di pezzi cintinosi, allargati ed un poco rilevati a calotta. Di questi, il primo, che regge la Costale e Subcostale, {tuberosità od osiolino anteriore, Amans) si vede scomponibile nell'acroptero (fig. 651) {ac) ed in un altro pezzo di aspetto duplice (pc,, pi | omologo del proptero esterno (vedi voi. I, iig. 274, pag. 241, a,) e che qui, per riguardo (1) Sotto i nomi di paraptero, mclaptcro, proposti nel voi. I (pagg. 238, 245) è indicato, anche nelle pagine, che qui seguono, un punto della membrana ascellare, situato dietro il fulcro od un pezzo chitinoso, che vi affiora, ed al quale concorrono muscoli (abbassatoci e retrattori dell'ala) molto varii nella loro essenza ed omologia. Premesso che il nome di metaniero sia meglio assegnato ad uno sclerite dorsale dipendente dal metatarsi te, questo quasi mai è beue definito, come lo sono. invece, il preptero e spesso anche il mesoptero. Perciò, trattando della regione esclusivamente ascellare, nelle pagine che seguono, io ho sempre preferitoli nome di paraptero per questo punto o sclerite, al quale concorrono i detti muscoli. Ma, quanto alla sua essenza vera ed alle omo- logie fra i diversi insetti, questo paraptero è tuttavia un qualche cosa di molto variato. Alle volte esso può essere omologato, senza piii, ai prefulcri e si può considerare come una parte distaccata dell'epimero (Ortotteri), altre volte esso e un punto del mesocondilo od anche del mesoptero, elio affiorano al ventre (Ditteri superiori). Nelle ligure, che seguono, questo paraptero è sempre indicato con prt, comunque si possa considerare. CAPITOLO SESTO alla finizione, chiamo procarpo primo e secondo. Quest'ultimo articola con un piccolo Metacarpo (»i(e), articolato, a sua volta, colla nervatura costale. La tuberosità posteriore (che qui chiamo mesocnrpo (i»8,, ms.-,) e si deve omologare a y, S, '\ della detta figura del voi. I), regge la radiale e mediana, nouchè la cubitale ed è composta dal duplice capo della radiale e da quello della cubitale. Vedremo che, nella regione ascellare, a questo mesocarpo viene a saldarsi anche il capo della anale, cioè l'intelaia. Regione ascellare dell'ala (fig. 652). — L'eudoptero sembra assente perchè una mem- brana copre l'ascella in questa regione nella cavità occupata dal fulcro, perciò, negli Odouati, manca l'articolazione fulero-endopterale ed è sostituita dalla fulcro radiale. Questa è una caratte- ristica degli egregi volatori. Alcune articolazioni della regione dorsale non hanno corrispondente nella ascellare, come è ad es. : la procarpo-metacarpea e quella fra il metacarpo e la vena costale; cosi pure è della ar- ticolazione fra la vena anale ed il mesocarpo. Ciò vuol dire che alcune flessioni dell'ala e di sue parti, possibili nel colpo ascendente, durante il volo, non trovano corrispondenti nel mo- vimento opposto, nel quale l'ala è, così, più rigida. La nervatura radiale-mediana, nella regione ascellare è quadrici pite ^mentre al dorso è sol- tanto bicipite). Il capo anteriore si salda con quello della subcostale ; il posteriore (fig. 652 e), molto voluminoso e lobulato, viene ad articolare col paraptero e, dei duo capi mediani, che, per le funzioni loro sono di importanza essenziale nella meccanica del movimento dell'ala, il più interno (b) è il vero condilo articolare e gioca sul fulcro ; l'altro (a), più esterno, è una semplice apolisi, alla quale si attaccali tendine del grande abbassatole dell'ala (LXXXIX, ed omologo del metatorace). La cubitale e la anale, nella regione ascel- lare lavorano insieme, perchè si vedono ciascuna articolare col paraptero (prt); scarsamente l'anale, un po' di più la cubitale, cosicché il paraptero, che negli altri insetti, generalmente, è isolato, in questi Odonati si vede esser strettamente collegato coi capi delle due ultime nervature. Lamina alare. — Le ali anteriori (fig. 653, I) sono più strette di quelle del secondo paio (II), perchè in queste ultime la parte membranosa, soguente alla nervatura anale, è più larga. Nella annessa tìg. 653, una linea punteggiata, secondo il diametro maggiore, separa la parte anteriore (remigio), pressoché rigida, da quella flessibile, o velo ( F), che è più ampia per lo ali del secondo paio e questa cede con maggior superficie (T) alla resistenza dell'aria, durante il colpo ascendente. In tutto il restii le due paia d'ali si corrispondono esattamente. Le nervature convesse Costale, Radiale, Anale) formano delle pieghe, cioè degli angoli diedri molto sensibili, con lineile concave (Subcostale, Cubitale), come si vede bene in una sezione trasversa dell'ala (flg. 652) e sono due aperti in alto, l'uno colla sottocostale per spigolo, l'altro colla cubitale, e due aperti iu basso, con spigoli radiale, anale. Notisi, inoltre, che il piano costo-sottocostale <■ inclinato dall'alto in basso e dall'innanzi all' indietro, come il radio-cubitale e come il postanale se non ceda, quest'ultimo, alla resistenza dell'aria, mentre due soli sono inclinati in senso in- verso (sottocostale-radiale, cubitale-anale). Endoscheletro, Apodeml. — Mi richiamo al già dettu, a questo proposito, nel voi. 1 a pag. 383, 384 ed alle relative fig. 443, 444. Ricordo qui il processo odontoide (dette figure cs)del pro- tergite i /.'.,, />.,) ; la grande squama o processo pro-mesotergah [bt), che può essere considerata, anche, come il tendine del grande muscolo abbassatele delle ali (LXXVIII nel mesotoraee, XXXVI nel metatorace); un breve processo propterale, in corrispondenza del procondilo, ed uno mesopterale nella parte interna, del mesocondilo. l'egli apodemi degli Stiti. mi richiamo al già detto nel voi. I, al luogo indicato. Capi ed assi dei movimenti articolari. — I capi articolari dei singoli pezzi sono indicati in nero nella fig. 650, per l'ala anteriore, ma, le stesse cose, a puntino, si riscontrano anche nella Fig. 653. — Ali (anteriore / e posteriore II) di Libellula, per mostrare la parte flessibile o velo (F). Sono segnate solo le nervature principali, indicate colle solite lettere. l'individuo NEGLI ATTI per I.A propria conservazioni 641 posteriore e nei pezzi notali corrispondenti. Gli assi delle articolazioni sono segnati con lini', punteggiate nella fig. 651. per l'ala anteriore sinistra ed intendasi che lo slesso vale per la posteriore e basti la spiegazione della fig. 651 per indicarli e per far vedere quali sono i pezzi notali e le nervature delle ali che ne profittano. Dei capi articolari nella regione ascellare si è già detto. Quanto agli assi delle articola- zioni essi sono indicati nella fig. 652, II, merco linee nere. Quella indicata con ; corrisponde alla già ricordata per la regione dorsale, le altre non hanno riscontro in detta regione. La prin- cipale per cui l'ala si alza ed abbassa articolando sul fulcro alare e sull'endoptero, e segnata con a (con variazioni in n„ «j, come si dirà, a propo- sito dei movimenti dell'ala. Questa è l'articolazione fulcro-alare. Inoltre, il capo della cubitale può ro- tare su quello della radiale, secondo l'asse ," ; <• la base della cubitale, di conserva colla base della anale, possono Mettersi sul paraptero, secondo l'asse indicato colla linea ;. Movimenti del Noli. — Lo scafo del « motore », rap- presentato dal Pterotorace, colle pleure per lati e gli sliti per fondo, è veramente una cassa rigida, formata di pezzi tutti saldamente riuniti e quasi fusi tra di loro. L'unica parte, che goda di qualche movimento, trovasi in quel piano che rappresenterebbe la coperta di questo scafo, cioè nel complesso dei pezzi dorsali. Tutto il Noto può deprimersi, scemando l'arco che esso fa, nel senso longitudinale, sopratutto per la contrazione dei muscoli 88 (fig. 654) ed anche dei dorsali (LXXIV) ed il colmo dell'arco si manifesta secondo una linea transversa, che cade fra il mesonoto e meta- noto, ed un'altra fra l'acrocondilo ed il procondilo del metanolo stesso. Il movimento inverso, aiutato dalla, elasticità dei pezzi dorsali, è determinato dai grandi abbassatoli delle ali (LXXVIII, XXXVI). Questo mo- vimento del tergo importa il sollevamento delle ali. ed un allargamento dell'angolo diedro intelaiare, cioè l'atto dall'ala anteriore colla posteriore, secondo due versauti, l'uno inclinato all' innanzi (ala del 1.° paio), L'altro all'indietro (ala del 2.° paio). Il movimento opposto, a parte l'azione dei grandi ahbassatori delle ali, è dato dai dorsali, che, adducendo l'orlo anteriore del mesonoto verso il centro del noto, inclinano in avanti il remigio dell'ala anteriore, con che e ristretto l'angolo diedro intorniare nel colpo discendente dell'ala. Il Noto subisce, inoltre, una contrazione laterale, per cui l'angolo dei pezzi a V (fig. 650 (acrocondilo e protergi te del mesonoto) od a /\ (ambedue i pezzi ad X ed acrocondilo e protei- gite del metanolo) viene modificato per forza di muscoli e tende a ripigliare la sua apertura, normale, per elasticità dei pezzi stessi, 'l'ale angolo, infatti, aumenta pei pezzi a V e scema per quelli a /\, durante l'azione sopratutto degli elevatori delle ali: ma varia in senso inverso per. l'elasticità dei pezzi stessi e per la contrazione specialmente degli ahbassatori. L'elasticità dei detti pezzi agisce con uno scatto subitaneo, allorché cessa l'azione, che li coarta, ed ,• così appunto che l'inizio del colpo discendente dell'ala avviene con un urto im- provviso all'aria, ciò che ha molla influenza nella meccanica del volo, mentre l'elasticità stessa affievolisce l'azione dei muscoli sollevatori dell'ala, quanto più essa si avvicina alla line del suo percorso ascendente. In altri termini, l'energia del movimento in questi due sensi opposti dell'ala e massima all'inizio della corsa discendente, minima alla fine di quella discendente, il che all'effetto ili sollevamento dell'animale, è ili grande rilievo. Notisi, inoltre, che, rotando il proptero, col suo lato interno sull'orlo laterale del mesoter- gite (articolazione y), come il mesoptero sul metatergite (articol. vi ). avviene che, a massimo A . Bzblbse, Oli Insetti, II. — si. 'ig. 654. — Attacco all'ala anteriore sinistra di Aeschnti, visto dal dorso, per mostrare la posizione del fulcro (F, Fi), che si suppongono veduti perttrasparenza traverso i pezzi ba- sali dell'ala, nonché le zone occupate dai tendini di attacco dei muscoli motori dell'ala stessa (segnate in nero), i//,, episterno del mesotorace ; N2, prefulcro : »_,, dente d'arresto. Si vedo anche la posizione del mu- scolo XC e del LXXIV, ques'ultimo traverso il mesonoto (metà sinistrai e così pure il muscolo 88. Per le cifre arabe e romane indicanti i mu- scoli, vedi Voi. I, da pag. 408 :, pag. 410. 642 CAPITOLO Sl'.STO abbassamento dell? ali, questi due pezzi pianeggiano orizzontalmente, sono cioè nello stesso piano del Noto, di guisa che questo è più largo di quanta è la larghezza delle due paia di pezzi (proptero e mesoptero), presa assieme (che è quasi doppia fra i propteri e di uu quarto circa fra i mesopteri). Ad ala tutta sollevata, invece, i propteri ed i mesopteri sono situati in direzione verticale; il tergo non ha più se non la larghezza offerta dalle parti mediane dei meso tergi te e inetatergite, anche a non tener conto della loro incurvatura secondo l'asse longi- tudinale. Ne viene che, durante l'innalzamento dell'ala, tutta la lamina, alare è addotta verso l'asse mediano longitudinale, mentre ne è abdotta nel colpo discendente, il che significa che il braccio di leva, rappresentato dalla lamina alare, nella sua azione sull'aria (resistenza) è più lungo, cioè più efficace, durante il colpo discendente che non in quello ascendente e, per questa volta, colla massima efficacia alla fine del primo percorso, minimo alla tine di quello ascendente. Adunque, l'ala, urtando l'aria, compensa la minor lunghezza della leva all'inizio della corsa discendente coll'energia dello scatto dovuto alla elasticità dei pezzi del noto e quella della minor efficacia dello sforzo muscolare alla fine del movimento stesso, colla maggior lunghezza del braccio di leva ; mentre, nel colpo ascendente nou esiste compenso di sorta, anzi la sua efficacia va scemando gradatamente, procedendo la corsa verso il suo tine. Si vede, inoltre, che queste variazioni sono più sensibili per la porzione remigante dell'ala, cioè per la sua metà anteriore quella che articola col proptero, che nou per la posteriore e ciò, sia perchè il proptero stesso è più largo del mesoptero, sia perche il primo articola anche colla base dell'ala (artico- lazione S), per cui, il diedro proptero-procarpo può essere pressoché spianato completamente, ma quello mesoptero-mesocarpo è invariabile. Movimenti dell'ala nel suo insieme. — Di questi, che, in complesso, si corrispondono nei due tipi, « libellula » e « mosca » diremo più innanzi, considerando anche la muscolatura. Giova in- vece, accennare ai possibili movimenti di alcune parti dell'ala. Movimenti delle parli dell'ala. — Nella lamina alare possono distinguersi due versanti princi- pali, poco inclinati l'uno verso l'altro negli Odonati, ma assai più in altri, fino ad es., ad an- golo quasi retto nelle tegmina degli Ortotteri. La nervatura radio-mediana, che divide la tube- rosità basale della preala in due parti, come si è detto, lappi esenta lo spigolo di questo angolo diedro aperto in basso e l'una faccia, il versante anteriore, può inclinarsi verso l'avanti, la po- steriore verso l'indietro. L'angolo diedro può variare per rotazione dei due versanti l'uno sul- l'altro, secondo lo spigolo per asse e secondo due articolazioni l'una dorsale e ascellare, la pro- carpo-metocarpea (:), l'altra esclusivamente ascellare, la radio-cubitale (a). I movimenti con articolazione esclusivamente dorsale sono i seguenti. Il procarpo secondo (pc) articola a ginglimo col procarpo primo sull'asse 5. ma la mobilità è scarsa e non veggo . Il fulcro-alare (LVIII, XC) non ha omologhi che presso i Locustidi. A tutti questi, se si aggiunge il laterale undecime- (58, 88), che esiste in Gryllus ed ora ho trovato anche in Acrididi ed i due piccoli elevatori dell'ala 84, LXXXIV pel mesotorace: 53, XLIV pel metotorace, si avrà il quadro completo dei muscoli, che muovono le ali nel tipo « libellula ». Meccanica del movimenta alare. — I principali movimenti dell'ala sono, dunque, nel « motore libellula» conseguenti alla contrazione dei tre più grossi muscoli, che si trovano iu ciascun solili te del pterotorace, ossia il grande elevatore dell'ala, il grande abbassatole ed il robusto proti-attore. Muscoli con azione secondaria, cioè destinati a movimenti meno euergici dell'ala sono i piccoli elevatori dell'ala; i due retrattori, dei quali uno solo diretto; il fulcro alare (diretto) nonché i due indiretti dorsale e dorso pleurale. L'esame di questa così semplice musco- latura dà un'idea precisa dei movimenti dell'ala, che possono essere meno bene definibili solo quando si debba calcolare l'effetto di più d'uno di questi muscoli impegnati in una azione si- multanea, cioè in movimenti misti. La fig. 654 mostra, segnati (con zone in nero) gli attacchi di tutti questi muscoli e ciò pel mesotorace, ma le stesse cose, a puntino, si notano pel metatorace, salvo la mancanza, in questo somite, del dorsale LXXIV. Il movimento di elevazione dell'ala (colpo ascendente) dipende da due muscoli indiretti e da uno piccolo diretto. Il primo, con omologhi in tutti gli Insetti volatori, robustissimo, cioè il grande elevatore dell'ala (tergosternale primo, LXXVIII, per la cui ubicazione ed apparenza vedasi anche a voi. I. la tìg. 475, a pag. 429, dove è anche indicato l'omologo del metatorace, XXXVI) occupa, col suo attacco, tutto il largo apodema del protergite (e si inserisce ad un apodema sternale) ; esso è uno sterno-tergale. Contraendosi, questo muscolo poderoso, abbassa energicamente il noto secondo la linea y (tìg. 651) ed interessa anche l'articolazione Pi, nella sua parte anteriore; cioè l'orlo interno del proptero e l'apice del mesoptero, nonché l'orlo esterno articolare del procoudilo, del mesotergite ed il mesocondilo. Ciò costringe l'ala a ruotare secondo le articolazioni 1, [i. (fig. 651) per assi, forza l'elasti- cità di tutti i pezzi notali indicati e solleva l'ala. Si noti che questo muscolo determina un movimento dell'ala in una sola precisa direzione, dal basso in alto, secondo una linea retta, perpendicolare al piano dell'ala, in preciso antagonismo col solo grande abbassatore, di cui diciamo tosto. Il movimento opposto (puro; è dato, infatti, dal grande abbassatore (pleuroradiale) , il punto d'attacco del cui tendine è indicato a tìgg. 652, I ; 654) e si è già avvertito che esso è appunto nella base della radiale. Questo è, dunque, un muscolo diretto, senza riscontri nel tipo «mosca» e muove l'ala secondo una linea perpendicolare al piano dell'ala. L'asse di questa articolazione è indicato iu a, a fig. 652, II. A questi due antagonisti va attribuito il movimento I dell'ala, certo il più poderoso. Qui, appunto, troviamo la maggior differenza nella meccanica alare, fra il tipo « libellula » ed il tipo «mosca»' Si consideri, infatti, una sezione trasversa del pterotorace, che cada nel- l'articolazione della radiale (fig. 657, I). Trovandosi il fulcro (F) ed il condilo articolare dell'ala fra gli attacchi del grande elevatore e del grande abbassatore suddetti, si vede che, rispetto al primo (M), l'ala agisce come una leva di primo genere (considerato l'insetto immobile nell'aria, altrimenti, nel volo, l'ala, in questo movimento agisce veramente come una leva di secondo genere, come una barca, che si muove per azione del remo); rispetto al secondo (J/i), come una. leva di terzo genere; così come l'avambraccio nostro rispetto al tricipite ed al bicipite. Nel tipo «mosca» (stessa lig., II) vedremo, invece, nell'elevazione e nell'abbassamento del- l'ala, movimenti, che si effettuano per azione sempre indiretta, l'ala stessa comportarsi sempre come una leva di primo genere (insetto immobile). Gli schemi a fig. 657 sono desunti dalle disposizioni in natura, rappresentate appunto dalla tìg. 656. Tutti gli altri movimenti dell'ala, dipendenti dagli altri muscoli sono misti e ciò per effetto della sola azione muscolare. Notiamo, cosi, quelli che avvengono nell'elevazione dell'ala, come movimento principale, altri che accadono nell'abbassamento ed altri ancora nella protrazione. I primi dipendono da due gracili muscoli, cioè dal dorsoventrale undecimo e del laterale sesto. IH questi niuseoletti, il primo (XLIV pel metatorace; LXXXIV pel mesotorace), che si attacca all'angolo postero-esterno del proptero (lig. 654) e, mentre eleva l'ala, determina anche il mo- L'INDIVIDUO muli ai il PEK LA PROPKIA CON'SBRVAZIONK 645 vini. -iiid ih rota ione del secondo prooarpo sul primo meaocarpo, secondo l'articolazione 5, avendo per condilo il fulcro anteriore. In questo secondario movimento, questo muscoletto riesce anta- gonista ilei protrattori dell'ala (LXXIX, LXXXi. Questa rotazione determina una minore inclinazione della faccia costo-sottocostale. rispetto al piano orizzontale, il che importa, certa- mente, l'ascensione di tutto l'insetto, mercè questo timone di profondità. 11 secondo dei due muscoletti, cioè il la- terale sesto (84 pel mesotorace, 53, pel me- tatorace), die si trova anche in altri insetti, con attacco poco diverso, in questi Libellulidi, che non hanno endoptero, ha duplice tendine ili attacco, cioè al capo della radiale ed al- l'apice del mesoptero. L'effetto della conila zione di questo muscolo concorre con lineila del precedente per ciò che riguarda lo spia namento del diedro, che ha per spigolo la radiale, e la rotazione di questa, alla sua base, secondo l'articolazione C, ma non influisce sulla obliquità del piano costo-subcostale; esso, adunque, è soltanto un antagonista del fulcroaìare e ciò mentre concorre all'innalza- mento dell'ala. Osservisi, adunque, che, tanto il movi- mento di elevazione dell'insetto, quanto quello per cui, collo spianamento della concavità alare è annientata la resistenza dell'aria du- rante il colpo ascendente (ossia, maggiormente si fa sentire il peso dell'insetto), cioè due effetti opposti, dipendono dai due deboli mu- scoletti ora indicati. II movimento mieto di protrazione — ab- bassamento dell'ala è dato dal grande tergo- sternale terzo (LXXIX pel mesotorace, XXX VI II pel metatoracei, addossato a tutto l'episteme e che si attacca all'acrocarpo. Accanto a questo si attacca pure il gracile tergosternale quarto, che ha un tendine lunghissimo e si adagia sulla faccia anteriore del precedente (LXXX pel mesotorace, XXXVIII pel metotorace). Questi due muscoli traggono l'ala all'in- nanzi, mentre, contemporaneamente, la ab bassano, secondo l'asse della articolazione in- dicata con u2 a fig. 652, II; ma, allorquando la faccia interna della tuberosità anteriore incontra il fulcro /', e. nello stesso tempo la base della costale urta contro il dente di m r< ito »! 'a,, pel metatorace, figg. 650, 654), fatto dall'angolo esterno del prefulcro immobile (Vo, A*;i, termina la corsa di protrazione Fig. Fi 656. — Sezioni trasverse, parallele alla di- rezione della pleura, del pterotorace di Li- bellula (mesotorace, 1) e di Acridio (meta- torace II). A destra, in ciascuna figura la sezione cade più avanti che non nella metà sinistra; a fig. /la metà a destra cade nella regione del protergite (pt), ed a sinistra al- l'apice anteriore del mesocoudilo (wìsc) ; nella lig. // la sezione a destra cade nella regione del fulcro (F ); quella a sinistra nella regione del paraptero (j)»f). A, ala ; pr, proptero in- terno ; pi\, proptero esterno o distale : e», endoptero ; li, radiale ; b, capo articolare della radiale ; e, condilo ; C, costale. / bis. l'articolazione della radiale, indicata nella tig. / a sinistra e più ingrandita. Fig. II bis, articolazione della radiale indi- cata a fig. II e più ingrandita. Per le altre lettere vedi figg. 651, 652. I numeri arabi e quelli romani indicano i mu- scoli, quelli della fig. / trovano corrispon- denti nelle figg. 652, 654 e per tutti vedi voi. I. dell'ala e tutta la base della preala, rito- ruotando sul fulcro /•', e sulla articolazione procarpo-mesocarpea (i) viene inclinata all'iunanzi. Adunque, la protrazione dell'ala ha un limite, oltre il quale interviene la sola declinazione, in basso, del remigio. Questo movimento è del massimo rilievo nella meccanica del volo, come si dirà, ed in questa seconda parte del movimento suddetto, i due muscoli protrattori-abbas- satori, riescono antagonisti dei due dorsoventrah ninìti'niin e del laterale sesto sopra ricordati 616 i ìpj ini.n i i Il movimento opposto, cioè ili retrazione dell'ala e sua inclinazione in basso è affidato a due gracili muscoletti, ohe agiscono sul paraptero. L'uno è il laterale settimo (85 pel mesotorace, 54 pel metatorace), l'altro il plenrometapterale primo (LXXXYII pel mesotorace, LIV pel melato- race); quest'ultimo attaccato con tendine lunghissimo alle estremità postero-inferiore del para- ptero, l'altro, con cortissimo tendine, alla membrana ascellare sotto il paraptero suddetto. Ter la contrazione li questi muse. ilei i i l'ala si abbassa ed insieme declina colla sua parte posteriore in basso ed all'indietro, ruotando sull'asse di articolazione wj (fig. 652, li). Una maggiore declinazione all'indietro della inlerala e data poi dalla contrazione ilei fulcroalare (XC pel mesotorace, I.VII1 pel metatorace), breve muscoletto, robusto, che si attacca all'apice del fulcro posteriore Fj e coli 'altro capo, ad un processo odontoide del paraptero (figg. 652, I, 654). Quest'ultimo muscolo fa ruotare la metà posteriore dell'ala, cine la intelaia, col velo anali', sulla peala, secondo l'asse p. (fig. 652, II) dell'articolazione radio cubitale ed è. cosi francamente antagonista dei due dorsoventrale undecimo e laterale sesto, che, nella loro azione, sono, anche, soccorsi dalla elasticità degli scleriti basali delle nervature pertinenti alla interala. I muscoli dorsali (fig. 654, 88), non sembrano aver influenza seria nel movimento delle ali. Giacche essi sono atrofici nei Ubellulidi ed anzi mancano nel metatorace di questi ultimi, mentre negli Agrionidi sono in ambedue i somiti del pterotorace ed alquanto più robusti, può essere che servano alla chiusura delle ali in questi ultimi Odonati. Questo è il quadro dei movimenti dell'ala nella «Libellula» e dei muscoli che li deter- minano. Meccanica del volo nel tipo « Libellula ». — Ci limiteremo, qui, alle sole induzioni, che risultano chiaramente dai dati anatomici sovraesposti, non sembrando questo il luogo per disquisizioni meccaniche, fìsiche e matematiche, per le quali anche possono far difetto, tuttavia, dati essenziali. I movimenti successivi, però, che l'ala compie nell'atto di remigare entro l'aria, per determinare il sollevamento e la propulsione dell'animale, con altri secondari, modificanti la direzione, inten- sità, ecc. del volo, quali si sono già riconosciuti sperimentalmente e risultano chiari dalla considerazione dei movimenti possibili da parte dell'ala e determi- nati certamente dal lavoro dei singoli muscoli, sembrano poter essere sicura- mente espressi, per riconoscere come si comportano le ali uelle suddette funzioni. Azione complessiva delle ali nella « Libellula ». — Risulta, che, nel tipo « Libellula », le due paia di ali fungono indipendentemente, cioè non hanno un compito di insieme necessario. La « Libellula » è un semovente a due « motori » successivi, a movimento eguale, sincrono, ma indipendente, tanto è vero che questo tipo di macchina volante può fungere anche con un motore solo, cioè con un sol paio di ali, si intende bene a forza, però, ridotta. La sola differenza fra l'uno e l'altro paio d'ali consiste nella ampiezza della parte flessibile o velo, della porzione posteriore, cioè, che è maggiore nell'ala del secondo paio che non in lincila del primo. Ma giacché questa parte dell'ala agisce nel volo, più che altro, passivamente, si deve ammettere che la differenza suddetta non influisce sulla maniera del volo, ma sulla sua efficacia e cosi può esser convenuto che, mentre il motore anteriore ha maggior parte nella fun- zione attiva, affrontando la massa dell'aria e raccogliendone una parte, il motore posteriore agisce piti decisamente come propulsore, mercè la vibrazione del suo più ampio velo, libero all'indietro, ad un dipresso come le pinne anteriori fanno in collaborazione colla coda nel pesce che nuota, e noi stessi pratichiamo entro l'acqua. Quanto al movimento di ciascun paio d'ali, determinante il volo, cioè il sollevamento del corpo volante e la sua propulsione, salvo differenze secondarie, alle quali si farà cenno, possiamo rimetterci a quanto si dira a proposito del tipo •• mosca » e ohe vale per tutti gli Insetti. La macchina volante tipo «Mosca». - La maggior larghezza data alla esposi- zione anatomica degli organi di volo della «Libellula» ci permetterà di essere piìi brevi a proposito della macchina tipo « Mosca ». sebbene su questo tipo si modellino tutti gli altri Pterigoti. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PER LA PROPRIA CONSERVAZIONE 647 D'altra parte, più largamente potremo richiamarci al già esposto nel voi. I, a proposito dello scheletro interno ed esterno del pterotorace, perchè colà esso è stato esemplificato per tutti i gruppi ed illustrato con buon numero di figure. Qui, dunque, ci limiteremo a richiamarci ai due tipi estremi del « motore mosca ». cioè agli Ortotteri ed ai Ditteri più alti, contentandoci di qualche ac- cenno, pei tii>i intermedi, in ciò che essi hanno di speciale, per variazioni se- condarie dal tipo comune. Nella « Libellula » si è veduto esemplificata una macchina volante, nella quale è anche curata la leggerezza, non già al disotto di quella dell'aria, come nei nostri dirigibili, il che nou è mai in alcuna macchina volante naturale, ma neppure con una scarsa preoccupazione della leggerezza stessa, secondo cui è, invece, modellata la macchina noi tipo« mosca », il quale, perciò si richiama anche meglio al tipo «vertebrato» e, tino ad un certo punto, anche ai nostri aereoplani. Intatti, pel tipo «mosca» si vede che sopratutto è curata la robustezza e la potenza del «motore» e tutta la «macchina» può raggiungere un peso no- tevole rispetto a quello dell'aria. Il « motore » tende ad aumentare di potenza dagli Ortotteri ai Ditteri più elevati e tocca, in questi e nei vicini Imenotteri, un grado rilevantissimo, in questo senso. In pari tempo si deve riconoscere un progresso evidente in ciò che il volo tende a divenire più pronto, più agile, più variato di intensità e nei mutamenti di direzione, anche improvvisi, tino alla perfezione dei Ditteri più alti, i quali possono trattenersi immobili nell'aria, scattare subitamente in ogni senso, perfino all'indietro, volteggiare prontamente in tutte le direzioni, con una facilità, una complessità di movimenti, una agilità, che. non trovano alcun riscontro fra tutti gli altri volatori in natura, tanto che si può affermare essere ormai raggiunta, per parte dei più elevati Ditteri, la assoluta perfezione nella locomozione aerea, quale siamo ancora ben lungi di aver toccato noi colle nostre, tuttavia primitive macchine volanti artificiali. Ciascuna per la sua via, la macchina «libellula» e quella «mosca» hanno raggiunto la perfezione; la prima con un percorso più semplice e sollecito, la seconda per uno più lungo e complesso, che si è già indicato. Il volo, pur aumentando di potenza dagli Ortotteri ai Coleotteri, i-, tuttavia, sempre (come quello dei nostri aereoplani d'oggidì) possibile solo in una direzione rettilinea o con curve •ampie e solo fra i Coleotteri, ad es. : Lamellicorni, questi volteggi si possono compiere in curve più ristrette, ma un subitaneo cambiamento di direzione è anello per essi impossibile (!}. Pegli Ortotteri, nou solo il volo è del tutto rettilineo, ma, in generale, breve, faticoso e tardo ad iniziarsi. Solo i Saltatori fauno meglio e possono sottrarsi prontamente ad un pericolo mercè il salto ed iniziando il volo quando si trovano lanciati in aria; pegli altri, che pur volano, e necessario un certo tempo per aprire le ali ed innalzarsi nell'aria. D'altronde, in questo grappo l'atfcerismo raggiunge un'alta percentuale fra le specie, perchè il « motore » è tuttavia molto debole, sopratutto in confronto del pesante e grosso addome, anzi e da credere che in più casi l'aumento del volume e peso di questa parte del corpo, più sollecito di lineilo della potenza del motore, iu misura corrispondente al bisogno, rappresenti una causa precipua dell' atterismo di molte specie, più che una necessità che richieda la condizione neotenica. La forza del motore, combinati con qualche spediente per « allegerire » il corpo (mezzo l'i Ilo trovalo più volte Geotrupe» infissi ad ali aperte sulle punte dei lili di l'erto, nelle campagne e su questi lili molto spesso ho veduto questi insetti cozzare volando. Kssi, giunti all'ostacolo, non lo possono evitare con una deviazione improvvisa. 648 CAPITI imi SESTO questo tuttavia primitivo e che si richiama al tipo di macchina «libellula») conduce al poten- tissimo volo degli Acrididi, tra i quali alcune specie possono rimanere in aria lungo tempo e percorrere spazi grandissimi ; ma, anche per questi, il volo presenta quelle deficenze, che si sono già ricordate e che dimostrano la primitività della macchina. Gli Emitteri ed Omotteri sono migliori volatori e le Cimici, le Cicale hanno raggiunto un notevole grado di perfezionamento, ma le Cieadelle hanno ancora bisogno del salto, gli Ete- rotteri chiedono tempo ad aprire le ali ; le sole Cicale partono istantaneamente, ma per tutti ancora il volo è pressoché rettilineo o ad ampie curve. Anche in questi gruppi l'atterismo è largamente rappresentato. Lo stesso avviene pei Coleotteri, pei quali l'impaccio delle elitre ritarda anche più la partenza e solo le Cicindele scat- tano prontamente. I migliori volatori sono le Cetonie ehe non aprono le elitre (1 ), ma, tranne le Cicindele suddette, tutti i Coleotteri si lasciano catturare a tutto agio, perchè hanno bisogno di comodo per iniziare il volo. Coi Lepidotteri incomincia il volo egregio, sopratutto con alcuni gruppi di Eteroceri, come Nottue e meglio ancora nelle Sfingidi, fra le quali si trovano esempi di volatori ottimi e potentissimi, come sono ad es. le ovvie Sphinx convol- villi e Macroglossa, che possono trattenersi ferme, a volo, ed hanno uno scatto ed una velocita fulminea. Fra i Coleotteri e Le- pidotteri l'atterismo è raro e dovuto solo a condizione neotenica. Finalmente, gli Imenotteri (con esempi di atterismo solo di adattamento) ed i Dit- teri (fra i quali gli atteri sono rarissimi), comprendono una maggioranza, special- mente alta fra questi ultimi, di specie per- fette volatrici. Fij. , 657. — Schemi di sezioni trasverse del ptero- torace nella regione del fulcro, nel tipo « Li- bellula » (I) e nel tipo « Mosca » (77) per mo- strare il movimento delle ali dipendente dai grandi abbassatori e dai grandi elevatori. T, tergite in riposo; /',, abbassato; T2, elevato; A, ala in riposo (orizzontale) ; At, elevata: A.,, abbassata ; /<', fulcro ; il, grandi abbassa- tori del tergite, cioè elevatori dell'ala : M,, muscoli diretti abbassatori dell'ala (« Libel- lula ») ; .)/„, glandi indiretti abbassatori del- l'ala (« Mosca ») in sezione trasversa ; nib, mem- brana dorsale fra l'ala e il tergite ; mbv mem- brana ascellare fra l'ala e la pleura. Il tipo « Mosca » è caratteriz- zato dall'intervento principalissinio di muscoli abbassatori indiretti, co- me meglio si mostrerà fra breve, ed il perfezionamento nella potenza del « mo tote >• si deve all'incremento progressivo, traverso i gruppi tutti, nell'ordine indi- cato, delle due grandi masse muscolari antagoniste, agenti in senso perpendi- colare l'ima all'altra, cine degli elevatori e degli abbassatori dell'ala; come pure all'incremento numerico, con variazioni notevoli di direzione, dei muscoli alari, determinanti movimenti distinti, di ogni maniera ed in più sensi dell'ala. (1) Il Pujade ci indirà in qua! maniera si stanno le elitre di ali-uni Coleotteri durante il volo. Negli Hìnti-f esse sono molto aperte, così che il loro orlo suturale fa una linea retta trans- versa. In Aphodiu* ed Onthophagus si sollevano alquanto, girando sull'articolazione come pernio e nei primi anche si scartano leggermente. Negli Stafilinidi (tigg. 672 C, come nei Necrofori e Silpha sono elevate sul dorso, i che ni toccano coll'orlo superiore. Nei Lueanidi, Alelolontha e Cerambicidi esse Bono molto aperti', ecc. l'individuo negli atti per la propria conservazione 649 Fig. 658. — Schemi di sezioni trasverse di pterotoraci del tipo « Mosca », per mostrare l'aumento di volume dei muscoli abbassa tori (a) ed elevatori (e) dell'ala, da un Ortottero (Acridium, 1) ad un Dittero Brachicelo! Tabanui, 2). ad, abbassatoli diretti ; p, spazio occupato dai piccoli muscoli di- retti. Questi ultimi muscoli sommano ad una decina per ciascun somite del pterotorace, pei Locustidi, e ciò in grazia di una frammentazione tuttavia primitiva ; ma, già negli Acrididi essi non sono più che ciuque; sono tuttavia in piccolo numero nei Coleotteri, come fa vedere subito la fig. 453 a pan-. 405 del voi. I; ma, nei Ditteri più alti, essi sono così numerosi e variati per direzione, forma, punti di inserzione e di attacco, da spaventare la pazienza dell'anatomico che li ricerca, e basti la tìg. 473, a pag. 428 del voi. I, per dare un'idea di quello che è compreso nel « motore » di una mosca. Le due grandi masse antagoniste e principali, suddette (abbassatoli ed elevatori dell'ala) determinano la sola propulsione rettilinea dell'insetto, come fa il motore nei nostri apparecchi volanti ; ma, tutte le altre modalità del volo dipendono dall'azione dei muscoli minori, che si possouo chiamare, perciò, secondari, e, ripeto, il progresso nel perfezionamento del « motore » dipende dall' incre- mento numerico e specializzazione di uffici diversi nel grappo di questi secondarli, come pure dall'aumento di volume e, quindi, di potenza dei due primari. Per giudicare come questi aumentino nel detto senso, osservinsi (oltre l'annessa figura schematica 658) le figure 460, 462, 465, 467, 46S, 470, 472 del voi. I, e vedasi corno cresce il volume delle suddette due grandi masse musco- lari antagoniste, cioè 69-70 (abbassatori nel mesotorace, 37 nel metatoraee) e, corrispondente- mente tutti gli altri perpendicolari, che sono elevatori e che non cito qui perchè troppo nume- rosi, ma si vedono bene nelle dette figure, ad es. : LXXVII, LXXVIII, XCIV uelle figg. 470, 472. Un'altra maniera di progresso, secondo i gradi, nell'ordine indicato, è palese nella tendenza, dapprimo alla differenziazione funzionale dei due motori (meso- toracico e metatoracico), di poi anche in quella di potenzialità, fino alla aboli- zione di uno di essi, cioè il posteriore. La riduzione del motore anteriore, o, per meglio dire, l'incremento del solo posteriore è carattere di interiorità ed appartiene ai men forti volatori, cioè Ortotteri, Coleotteri. Eterotteri. Ma, fino dagli Omotteri, mentre si ac- centua la differenziazione fisiologica, si accresce anche quella potenziale, con incremento notevole del motore anteriore e conseguente riduzione del posteriore, che diviene sempre meno influente e quasi mancipio del primo, fino ad abolizione completa, nei Ditteri. La variazione funzionale importa, o consegue, quella dell' organo del volo, cioè dell'ala e dei pezzi tutti, scheletrici, interni ed esterni del mo- Fig. 659. - Forma di ali di to Noi vedreni0 infatti come l'ala del secondo buoni volatori (da 1 a 4) e di ' mediocri o deboli volatori (da paio, nei gruppi suddetti di migliori volatori, tenda 5 a 7). - 1, Cicada; 2, Vespa; a scemare di ampiezza, perda ogni indipendenza, ridefAé','%nò»;°VAfidè. ie" aggregandosi alla anteriore, divenendone quasi parte aggiunta e, finalmente, nei Ditteri, si trasformi in un organo (bilanciere) senza più effetto nella locomozione aerea. Anche la forma delle ali tende a variare. Nei tetratteri l'ala del paio de- stinato al volo o che in questa maniera di locomozione ha la maggior parte, se indipendente dall'altro paio, oppure l'insieme di ambedue, quando le due paia sono collegate in un sistema unico, come nei Ditteri il solo paio esistente, per accrescere la potenza ed agilità del volo, tendono ad assumere una forma trian- A. Bkrlesk, ali Inietti, II. — 82. 650 CAPITOLO SKSTO polare, sempre più allungata. In questo triangolo, la base si appoggia al torace e scema così l'angolo ad esso opposto, mano mano che si procede verso i migliori volatori. In altri termini, la diminuzione della superficie alare, nel senso accen- nato, è indice di progresso nella facoltà di locomozione aerea. Le ali ad orlo distale rotondato o con angolo opposto alla base ottuso o poco acuto sono sempre indice di scarsa facoltà di volo. Essa è anebe minore per le ali spatoliformi, cioè più ristrette alla base che non nella parte distale, come ne fanno testimonio •■seuipi in molti gruppi. Vedansi, iufatti (oltre agli Agrionidi, fra gli Odonati), i Form icaleon idi, i Panorpidi, ecc. fra i Neurotteri, i Formicidi negli Imenotteri, molti Nematooeri fra i Ditteri, ecc. Le ali rotondate dei Pieridi e di molti Bombicidi si accordano colla più scarsa attitudine al volo fra i Lepidotteri, non ostante la vasta superficie alare; ma, già nei Papilionidi e nelle Vanesse, fra i Ropaloceri, l'angolo al vertice delle ali anteriori è piti acuto e questi insetti, souo, fra i Lepidotteri diurni, quelli ebe volano meglio. D'altro canto, l'ala spatoliforme o ro- tondata e molto ampia vibra lentamente ed il volo è faticato, incerto, direi quasi disordinato. Scemando il volume dell'insetto, la superficie della membrana alare va di- minuendo, mentre aumenta, invece, quella occupata dalla frangia, cioè dalla serie di peli, che orlano il margine posteriore ed esterno dell'ala, tanto che, nei minimi, questa superficie può superare l'altra, tu pari tempo si restringe il nu- mero delle nervature, che, in alcuni piccolissimi (fig. <>73), in quasi tutti i gruppi, si riducono a quelle sole del remigio od anche alla sola costale, il che vuol dire che massima parte nella meccanica del volo assume l'elasticità della membrana alare, cioè la funzione passiva e la lunga frangia di peli flessibili ed elastici vi acquista la maggior parte. Riassumendo: tutto il progresso nella facoltà locomotoria aerea si manifesta, nel tipo « mosca », coll'aumento della potenza del « motore », che importa una sempre più energica e rapida vibrazione dell'ala e permette la riduzione della superficie alare (1) ; colla sempre più stretta collaborazione e, quindi, minore indipendenza, dei due motori successivi, fino all'abolizione di imo di essi (il po- steriore) ; colla maggior mobilità delle ali in movimenti secondari, di direzione, ecc., ma colla maggior precisione dei movimenti. La prima maniera di progresso è ottenuta coll'incremento delle due grandi masse muscolari antagoniste, che, sollevato l'insetto, determinano la propulsione, combinata con una progressiva, sempre maggiore rigidità e resistenza dello scafo del motore. Acridio. — In tutti gli Ortotteri, il primo paio di ali, stretto, ed a membrana più ispessita, ha minor parte nel volo. Le due paia di ali souo fra loro indipendenti. Il paio posteriore ha forma di triangolo molto largo, sopratutto per l'enorme sviluppo della parte anale, retta da grandissimo numero di vene anali e queste ali si possono chiudere a ventaglio e ripiegarsi per lungo, sul dorso, sotto le anteriori, la cui porzione precostale, molto ampia, protegge i fianchi dell'addome. (1) Giacché la pressione, che fa l'ala sull'aria è proporzionale al quadrato della velocita del- l'ala stessa, ad eguale velocità angolare, un'ala di metà piti corta di un'altra, della quale, dunque, è di metà meno veloce (dappoiché la metà terminale dell'ala ha una velocità doppia della basale) esercita solo un quarto della pressione che fa, invece, l'ala del doppio più luuga. Il « motore •>, dunque, deve aumentare al quadrato la propria energia. Questo spieghi anche quanto si è detto più su della maniera di progresso del motore fra gli insetti. l'individuo negli atti per la PROPRIA conservazione 651 11 progresso della facoltà di volo, in tutto l'ordiue, è dato soltanto dall'aumento della po- tenza di traslazione, cioè della forza del « motore », che annienta per accrescimento della massa muscolare, in confronto del peso di tutto il corpo e per la minore indipendenza delle diverse parti dello scafo, sia per maggior rigidità e robustezza dei singoli pezzi, che lo compongono, sia per la loro più salda unione. Cosi, dai Locustidi e dai Mantidi, infelicissimi volatori, si giunge ai migliori nel gruppo, cioè agli Acrididi e di questa macchina volante si farà un brevissimo cenno, per presentare il più basso gradino della scala, perla quale si svolge, perfeziouaudosi, il tipo «mosca». Negli Acrididi, come in tutti gli Ortotteri, la differenza morfologica e di sviluppo, tra il mesotoracc ed il metatorace, non è eccessiva, almeno essa non è proporzionale alla differenza di superficie delle due paia di ali e così, quello che si dirà di uno dei due motori, può valere anche per l'altro, salvo differenze secondarie. La muscolatura poi, è, in ciascuno, una copia pressoché perfetta di quella dell'altro, così che, preso, ad es. : il metatorace per tipo, non gioverà richiamare continuamente le omologie, a ciò bastando quauto diffusamente se ne è detto nel voi. I, a proposito della parte scheletrica (esterna ed interna) e della muscolatura. Il metanolo di Awidium è figurato nel voi. I, a pag. 241, fig. 274, e, nella metà sinistra sono, anche, indicati in nero i capi articolali e, con linee punteggiate, gli assi delle articola zioni, Becondo le quali articolano i pezzi basali dell'ala, allorché essa si chiude; basterà dire su ciò, che le linee indicate da lettere romane (a, 6) significano articolazioni convesse, le altre con lettere greche (a, j3), articolazioni concave. Per omologare la detta figura con quella qui annessa (fig. 651), che si richiama alla « libellula >, vedasi ora che le articolazioni a, «, della detta figura del I voi., corrispondouo rispettivamente a ?, T -f- fi della annessa tìg. 651, mentre le b, P di quella non trovano corrispondenti in « Libellula », perchè esclusivamente destinate a permettere la chiusura delle ali. Nella metà destra della detta figura del I volume sono indicati gli scleriti del mesonoto ed i pezzi basali dell'ala. Per omologare le indicazioni di questa figura con quella della annessa fig. 651 osservisi che Mts, in quella (citerò per prima, in queste equazioni, sempre la tìg. del I vo- lume, suddetta) è eguale al» nella annessa, qui; Mts (a) = msc (mesocondilo) ; Pln — Lig (li- gamento del metacondilo) ; a -f- oj =r pc, ; b = msp; «, = pc2 ; ? — mst ; S + Si — ms2. Basterà questa omologazione per definire anche il modo di azione dei diversi pezzi. Le pleure voi. I, pag. 193, fig. 189) sono, come nei Locustidi, Mantidi ed altri Ortotteri, molto sviluppate e tipicamente inclinate all'innanzi e sono rigidamente connesse coi pezzi sternali. Nella regione ascellare (fig. 660) è da rilevarsi la presenza di prefulcri (due per ciascun episterno, N.,, N,. a, a) indipendenti e mobili nella membrana molle circostante, così come dietro il fulcro si vede bene un piccolo paraptero (prt) (che nei Locustidi è molto più grande). Il fulcro anteriore forma, col posteriore (F, F,), un robusto processo con largo capo articolare ; ma il fulcro posteriore non è allungato all'indietro come in «Libellula». Questo capo articolare, maggiore nel metatorace, si vede, quivi sopratutto, sinuato nel suo orlo superiore, formando, così, tre protuberanze rotondate, fra le quali stanno, dunque, due insenature. Nella prima viene ad articolare la base della radiale, con un tratto scavato ad arco, che intercede fra un grosso tubercolo rotondato, bruno (distale) ed il restante apice estremo prossimale della detta vena. Ma, sul fulcro articola ancora l'endoptero (faccia ascellare del proptero interno), il quale (en) è sca- vato a cucchiaio. Questa articolazione mostra, dunque, un notevole grado di indipendenza e di imprecisione nei suoi assi, perchè l'insieme della cavità articolare, fatta dalla base della radiale e dall'eli- doptero, e BiiBcettibile di spostamenti diversi sul capo rotondato del fulcro. È evidente che, dato lo scarso numero e la debolezza dei muscoli secondari, neppur costretti ad una precisa azione in un solo senso mercè l'espediente di tendini lunghissimi, cornee in «Libellula», il movimento delle ali, su questa così estesa ed imprecisa articolazione, di fronte a resistenze variabilissime ed in tutti i sensi, non possa se non essere molto libero ed incerto e solo grossamente l'insetto riesce a modificare la direzione del movimento principale. Mentre un volatore superiore od una Libellula possono raggiungere fulmineamente uno scopo ristrettissimo, come un moscerino volante od il centro di un fiore, per un Ortottero è gran che se esso riesce a dare in un vasto scopo, con una approssimazione di parecchi deci- metri se non di qualche metro, e non può variare, o ben poco e grado, grado, durante il volo, ni- la sua velocità né la direzione, lateralmente. 652 CAPITOLO SESTO I muscoli secondari, infatti, sono due poderosi protrattori (che, contemporaneamente, fanno declinare l'ala in avanti ed insieme la abbassano) inserti ciascuno ad uno dei prefulcri. Questi sono i lunghi laterali pleuropedali, XLVII (fig. 660) e XLVII bis, che va alla prima metà del prefulcro, non indicato nel voi. I, pel metatorace). Oltre a questi, come loro antagonista, per ciò che trae l'ala all'indietro, ma concorrente perchè insieme la abbassa, è un robusto muscolo, che si attacca al paraptero, cioè il laterale settimo, già veduto in « Libellula » (54, 85). Infine ricordo il laterale nono (56, 86), affatto omologo al già veduto in «Libellula» e che è un debole motore indiretto dell'ala. Pochi altri muscoli piccoli e deboli sono indicati nella annessa fig'. 660 e nella 480 (pagi 434) del voi. I. Questa e niente più è la muscolatura secondaria, destinata al volo negli Ortotteri, cioè nella condizione primitiva del motore tipo « Mosca ». Fig. 660. — Regione ascellare delle due ali di Acridium. — A, ala anteriore ; Ai, ala posteriore; en, endoptero ; pi\, orlo interno del proptero distale, che affiora nell'ascella; e la somi- glianza di questo apice del fulcro collo «cafro di una barca, anzi più esatta- mente colla forcola della barca vene- ziana, è veramente suggestivo. Fig 663. — Regione ascellare dell'ala di Tabanus. — T, tergi te ; A, ala; S, squamnla : 5,, squama; F, fulcro anteriore: Fit posteriore; Ep, episterno ; Eni, epimero ; _Y,, -V,a, prefulcro anteriore (n2, suo processo odontoide) e posteriore ; e», endoptero ; ml=zprl, paraptero ossia apice del mesocondilo, che affiora nella membrana ascellare : msv m8pt msp?, pezzi dorsali, che appaiono per trasparenza della detta membrana (v. fig. 664) e cosi J,, capo della cubitale e &, capo della anale ; x, y, muscoli indicati nel testo; numeri romani: muscoli citati nel voi. I. L'annessa fig. 663 basta a chiarire questa disposizione. Per suo conto il condilo articolare della radiale non è rotondato, ma.il suo orlo inferiore è tagliente e può scorrere benissimo nelle dette scanalature del fulcro, seguendo così (ed insieme tutta l'ala) una direttiva affatto precisa e con gradi varii di protrazione dell'ala, a seconda della scanalatura, in cui il detto condilo viene a scor- rere. Si comprende che il vario grado di protrazione dell'ala de- termina uno sforzo pure variato corrispondentemente , ossia un vero e proprio « cambio di ve- locità », iu misure fisse. Oltre a ciò, per rendere più stretta l'articolazione fulcro-ala- re, il capo della radiale, colle- gato con un pezzo dipendeute dal proptero interno e che può essere omologato all'endoptero (fi- gura 663, e»), articola assieme a questo, molto strettamente e sen- za possibili deviazioni, coll'orlo posteriore del fulcro. JrVfr Fig. 664. — Pezzi basali dorsali dell'ala destra di Tabanug. — S, squamnla: Sg, squama; pt, procondili; m, ml: me- socondili ; mspi, msp», pezzi del mesoptero ; %, capo delle vene anali. Le altre come a fig. 651. (1) Veramente solo l'omologia con quanto si vede essere in altri insetti, comporta a conside- rare questo capo articolare come appartenente alla radiale, ma l'osservazione diretta tenderebbe 656 CAPITOLO SESTO Il capo della radiale, anteriormente, articola anche coll'orlo superiore del prefulcro poste- riore, che, nel detto orlo, reca appunto dei tubercoletti articolari. Anzi, tra il detto prefulcro ed il capo articolare della radiale, appena dietro i condili, intercorre un piccolissimo e brevissimo muscoletto (fig. 663, y), che può ren- *c .Se dere più stretta l'articolazione fra que- sti due pezzi. Così, l'articolazione prin- cipale dell'ala, interessante il capo della radiale, il fulcro, il prefulcro e l'en- doptero è strettissima ed a movimenti del tutto definiti e precisi. I leggieri spostamenti della base" dell'ala a questo scopo, che, data la grande dirlerenza dei bracci di leva ne determinano di rilevanti per la la- mina alare, sono provocati da piccoli muscoli secondari, inseriti ai tergiti, alle pleure, ad un robusto e graude processo odontoide del prefulcro ante- riore (voi. I, fig. 440, pag. 379 ; fig. 473, pag. 428, processo di Nt nell'annessa fig. 663), ecc. Ritengo, anzi, chetali spo- stamenti sieuo determinati sopratutto da un piccolo muscoletto (non indicato nel voi. I) e che nella annessa fig. 663, segno in x, il quale va dal processo odontoide al fulcro, ed ha probabil mente, per antagonista, il laterale vige- timo-settimo (CHI). Per quanto riguarda la base del- l'ala nella regione dorsale basti la an- nessa fig. 664, la quale anche corregge il modo di vedere presentato dalla tìg. 280, a pag. 243 del voi. I, a proposito del tuesoptero e del niesocondilo, allora considerati per base delle nerva- ture della interala, mentre oggi mi pare di dover giudicare diversamente, sopratutto avuto ri- guardo ad alcune omologie di muscoli. Alcune articolazioni di questa regione sono indicate nella fig. 665. Fig. 665. — Questa figura mostra le linee di articola- zione della base dell'ala, al dorso, di un Tabami» ed i singoli pezzi sono indicati con lettere corri- spondenti a quelle usate nelle tìgg. 273 a 280 del voi. I, per indicare bene le omologie con le indi- cazioni usate nella precedente fig. 664. Le linee di articolazione y, 5, s, •; trovano corrispon- denti in quelle egualmente contrassegnate in « Li- bellula » a fig. 651; le altre indicate con numeri arabi, da 1 a 5, non trovano corrispondenti in « Libellula » e sono più che altro linee articolari per permettere l'adduzione dell'ala allo stato di riposo. Movimenti dell'ala nel volo. Non ci pare del caso l'entrare in merito alla meccanica del volo, non sem- brando questo il luogo per considerazioni, che trascendano dalla pura constata- zione dei fatti, quali risultano dalle nostre cognizioni anatomiche e fisiologiche, riguardanti il « motore », di cui godono gli insetti per la locomozione aerea. Qui conviene dire come funzionano gli organi di volo nei loro movimenti, ma ogni discussione o considerazione sulla teoria vera e propria del volo è pru- dente lasciare ancora a ricerche future, che completino molti dati di fisica e di meccanica, i quali attendono tuttavia soluzione per opera di altri studiosi che non sieno i naturalisti. Vediamo, dunque, finalmente, quali sono i movimenti dell'ala durante il volo, mercè i quali, cioè, l'insetto, sospeso nell'aria, si sposta all'innanzi orizzontal- ad attribuirlo, invece, alla sottocostale. Il capo della radiale sembra, invece, collegarsi col proptero interno, in articolazione strettissima. La sottocostale articola, alla sua base, colla radiale. l'individuo negli atti per la propria conservazione 657 mente e questo è il movimento principale, mentre le deviazioni, in tutti i sensi, gli arresti, ecc. si possono considerare per secondari. Due fatti distinti avvengono, adunque, cioè il sostegno nell'aria del corpo volante e la sua progressione (1). Sollevamento. — Tutta l'ala può essere inclinata così da costituire un solo piano di sollevamento, come accade nei non frequenti casi di voi piane, dei quali danno esempio qualche Lepidottero diurno (Papilio, Vanessa, ecc.) ed anche qualche Libellula. In generale, però, è soltanto parte della lamina alare, che agisce in questo modo. Si è veduto ohe essa, sopratutto alla base, forma, colle sue pieghe longitudinali, degli angoli diedri, che hanno le vene per spigoli. Le faccio di questi diedri, inclinate dal basso in alto e dall' indietro in avanti sono iu maggioranza rispetto a quelle declinate in senso opposto, e fungono come piani -* di sollevamento. Oltre a ciò, presso che tutta la parte posteriore dell'ala (o tutta l'ala del secondo paio, molto piiì piccola, iu quegli insetti tetiatteri, buoni volatori, nei quali essa è collegata con quella del primo paio, e costituisce quasi una porzione anale del sistema rappre- sentato da ciascun paio laterale), può essere, mercè mu- scoli diretti ed indiretti, che si sono già ricordati, in- clinata nel senso utile a questo scopo, tanto che la sua varia declinazione, costituisce, anzi, un vero e proprio timone di profondità, che agisce di conserva con quella parte anteriore dell'ala, che è retta dalla vena costale e può ruotare sulla radiale per asse, conforme si è av- vertito in precedenza. Ciò fa vedere l'annessa figura schematica 666 (2). Inoltre, l'aria catturata dall'ala in ciascun movi- mento misto di protrazione e conseguente abbassamento, viene spinta (appunto mentre la lamiua alare si ab- bassa) lungo le scanalature formato dalle suddette pieghe longitudinali dell'ala, nella regióne ascellare, così che essa funziona veramente come un efficace mezzo di sollevamento in questo punto. A tutto ciò aggiungi la velocità medesima del corpo volante. Si vedrà piti innanzi come la risultante della forza rappresentata dalla resistenza dell'aria nei movimenti dell'ala destinati alla propulsione dell'insetto risulti da due componenti, l'ima che agisce in senso orizzontale, dall' indietro all'innauzi, determinando Fig. 666. — Schema di sezione tras- versa di un'ala, per mostrare gli angoli diedri (aventi per spigoli le nervature) e le loro variazioni. — 1, ala in quiete ; 2, supinazione della parte costale del preremigio (P) e della basale del velo (V) ; il corpo volante, che si muove secondo la freccia, tende ad innalzarsi ; 3, pronazione della parte costale del preremiglio e della anale del velo ; il corpo volante tende ad abbas- sarsi. 1 piani inclinati, segnati con linea piena, meno che a fig. 3, sollevano il corpo volante. C, costale ; Se, subcostale ; li, radiale ; Cu, cubitale ; A , anale (in se- zione). (1) Il volo deglo degli insetti (a differenza di quello degli Uccelli, che è un vero « volo a drago », la cui funzione primaria è il movimento in avanti e solo secondaria quella di sostegno del corpo, per cui gli uccelli risparmiano molta forza in confronto degli insetti) è nn « volo di sostegno ». 11 « volo a drago » non è possibile, per gli iusetti, in causa della scarsa velocità e tanto meno quanto l'insetto è più piccolo. Infatti, coll'aumentare della grandezza, la forza cresce al cubo,, mentre la resistenza dell'aria cresce al quadrato, cioè con la pressione dell'aria sulla superficie anteriore, e questi due fattori determinano il grado della « forza d'inerzia ». Sono appunto la, bassa velocità e la scarsa forza d'inerzia, dipendente dal poco peso e dalle piccole dimensioni i due fattori che, negli insetti, rendono quasi impossibile il « volo a drago » e ciò in misura direttamente proporzionale, come ben si comprende, con la grandezza dell'insetto. (2) Come è ben facile credere, però, la varia inclinazione del volo negli insetti dipende, piti che altro, dallo spostamento del centro di gravità. Esso si trova sempre molto indietro ed in A. Berlese, Oli Insetti, II. 658 CAPITOLO SESTO la propulsione, ma l'altra agisce iu seneo verticale, cioè dal basso in alto ed è destinata esclu- sivamente alla sospensione. Movimenti dell'ala nel volo. — Consideriamo i movimenti puri, per cosi dire, della lamina alare. Essi sono possibili secondo tre assi, che si incrociano ad angolo retto nell'articolazione fulcro radiale. Vediamo l'annessa fig. 667, da I a III. L'ala (teoricamente) può ruotare su un asse verticale, cioè perpendicolare al piano orizzontale (fig. 667, I), su cui si intende che posi l'insetto. Mediante questo movimento, l'ala, supposta in quiete, col suo piano parallela al piano sud- detto, può essere protratta, cioè portata col suo apice distale verso il capo, o re- tratta, cioè ruotata, con movimento e direzione inversi, verso la parte posteriore del corpo. ' Schematicamente questo movimento, indicato dalla fig. I, si può chiamare orizzontale, in- quantochè, come ho detto, si suppone l'insetto disposto appunto in un piano orizzontale ed il movimento accade in un piano parallelo. Da una posizione di quiete (0) l'ala è protratta secondo il movimento indicato dalla freccia A, o retratta in senso inverso (B). In natura, però, almeno pegli insetti, questo movimento, cosi puro, probabilmente non esiste od è ristrettissimo, perchè la base dell'ala, come si comprende, dovrebbe infossarsi profonda- mente nel torace, all'inuanzi o dietro il fulcro, a seconda che è protratta o retratta, a meno che la base stessa non sia molto stretta, come ad es. potrebbe essere nelle elitre dei Coleotteri o nelle ali peduncolate, di cui si è già detto. Il movimento, in pratica, è accompagnato quasi sempre ad una inclinazione dell'ala rispetto al piano orizzontale, come si dirà. Il secondo movimento puro, che può essere detto vertica le (II) accade dall'alto in basso, secondo un asse articolare parallelo all'asse longitudinale dell'insetto medesimo. L'ala, da una posizione di quiete (0) perfettamente orizzontale, può es- sere sollevata ((,-), ruotando sul detto asse (elevazione dell'ala) oppure abbassata (2>), in senso opposto (abbassamento). Questo movimento esiste iu natura; esso è, infatti, possibile, ma non servirebbe che al sol- levamento e ben poco alla propulsione, se non per quel tanto che può concorrere la flessibilità della lamina alare, per la resistenza dell'aria, cioè passivamente. Il terzo movimento, che diremo di rotazione (III) è fatto dall'ala, che ruota su sé stessa secondo un asse orizzontale, perpendicolare a quello longitudinale dell'insetto. Così, la linea, che rappresenta la base dell'ala, è orizzontale (0) nella condizione di riposo dell'ala, ma viene inclinata all'inuanzi od all'indietro nella rotazione. Quando la faccia dorsale dell'ala è inclinata verso l'avanti, così che la sua linea di base passi da 0 in E, avremo un movimento che potrà esser detto di pronazione, mentre si potrà chiamare di supinazione quello in senso op- posto, nel quale la linea di base passa in F, tendendo così ad esporre la sua faccia ascellare o ventrale verso l'innanzi. basso rispetto al punto di inserzione delle ali (nei soli Libellulidi esso cade nel torace, imme- diatamente sotto le ali, ma non così negli Agrionidi). Da ciò una inclinazione del corpo, nel volo, con l'addome più basso del capo. Nei Coleotteri, specialmente, il centro di gravità è molto arretrato, d'onde il volo pesante di alcuni di essi (ad es. quasi tutti i Lamellicorni). La variazione della posizione del centro di gravità rispetto al punto di spinta rielle ali iu azione di volo dipende, più che altro, da variazione della disposizione e volume dell'addome, specialmente nelle forme ad addome molto allungato e che può essere più o meno disteso o rac- colto o piegato. l'individuo negli atti pbr la propria conservazione 659 Movimenti principali, composti. — I detti movimenti puri non otterrebbero il duplice effetto del sollevamento della macchina volante e la sua propulsione, ma questo duplice risultato è raggiunto solo dalla composizione, per coppie, di due almeno di questi movimenti puri, secondo è indicato dalle figure IV a VII. Ve- diamo come ciò accade. , Ss — Schemi rappresentanti i movinjenti principali, puri e misti, dell'ala durante il volo. /. Movimento orizzontale ; 0, posizione di quiete dell'ala ; A, protrazione ; B, retrazione. //. Movimento verticale; 0, posizione di quiete; C, elevazione; D, abbassamento. HI. Movimento di rotazione; 0, posizione di quiete; E, pronazione; -F, supinazione. IP. Prima coppia di movimenti (dorsali); l'ala è elevata obliquamente dopo la supinazione e si trova in 1 ; passa in 2 (mercè il movimento indicato dalla freccia A, cioè di pro- trazione, combinato con quello di pronazione). T. Seconda coppia di movimenti (dorso ventrale) ; l'ala, divenuta obliqua in avanti, si ab- bassa (mov. D) ed insieme è retratta, mercè la combinazione col mov. B; essa si dispone nella posizione 3. In questa figura e nelle successive, lino alla Fi/, la faccia dorsale dell'ala è punteggiata. IV. Terza coppia di movimenti (ventrali) ; l'ala, in pronazione (posizione 3) passa, per pro- trazione (A), in posizione 4, cioè è prona, abbassata e protratta. VII. Quarta coppia di movimenti (dorso-ventrale). Da 4 ritorna nella posizione t, mercè i movimenti combinati C -\- B, ed insieme quello ruotaute, per cui da prona passa a supina. l'Ili. L'insieme di tutti qupsti movimenti. Nell'ala è indicato schematicamente il remigio e il pterostigma, per mostrare subito le successive posizioni. IX. La linea ad 8, che descrive un punto della lamina alare, in seguito a questi movimenti. -V ]1 movimento di arresto o repulsione (massima supinazione). 660 CAPITOLO SESTO Prendiamo le mosse da un insetto posato in piano orizzontale e colle ali stese in posizione di riposo O, quale è indicata dalle tre figure I, II, III. Ad iniziare il volo l'ala è ruotata con movimenti di supinazione, elevata e spostata all'in- dietro. Tutto ciò avviene simultaueamente ; ma, noi possiamo supporre distinti questi di- versi movimenti, pei quali la linea basale da O passa in F (fig. Ili) e così l'ala, sollevandosi (C) viene anche, necessariamente, spostata all'indietro (B), assumendo la posizione indicata coln.i, nella fig. IV, che risulta, adunque, dall'insieme dei movimenti F, C, B. Segue il movimento di protrazione (A); ma, questo si effettua, essendo l'ala ormai sollevata, non già nel piano orizzontale, ma in quello obliquo di massima elevazione indicata nella fig. II, e così passa nella posizione 2, mentre la sua linea basale viene a trovarsi nella posizione di pro- nazione E. Questa è la prima coppia di movimenti ; è indicata dalla fig. IV e può essere detta di protrazione dorsale; la freccia ne indica l'andamento. Vediamo ora la coppia successiva di movimenti dell'ala. Dalla posizione 2 l'ala viene ab- bassata, ruotando sull'asse E, come è indicata dalla fig. V, secondo la direzione della freccia. Data l'obliquità dell'asse, l'ala non solo si abbassa (D), ma è aucbe, necessariamente, spostata all'indietro (B), così che, per questa seconda coppia (dorso-ventraie) di movimenti, essa viene a trovarsi nella posizione 3, cioè abbassata del tutto ed obliqua all'indietro. La terza coppia (protrazione ventrale) è indicata dalla fig. VI. Interviene la protrazione e la conseguente rotazione della linea basale da E in F, per cui l'ala, movendosi secondo la dire- zione della freccia, si trova, alla fine, nella posizione 4, cioè prona, protratta ed abbassata. La quarta coppia (rentro-dorsale) (VII) riconduce l'ala nella posizione 1, con una rotazione sull'asse F, secondo la direzione indicata dalla freccia, che è quella del movimento composto C + B. Adunque, nelle due coppie dorso-ventrale e viceversa, non interviene La rotazione dell'ala indicata da III ; questa, invece, accade necessariamente negli spostamenti dell'ala dall'iudietro all'iuuanzi (A), cioè nelle coppie dorsale e ventrale (IV, VII). In pari tempo si osservi che, mentre i movimenti di rotazione (E, F), nonché quelli indi- cati con A, C, D, cioè di protrazione, di sollevamento e di abbassamento sono volontari (e, spe- cialmente i due ultimi debbono essere molto energici), il movimento B, cioè di retrazione, è semplicemente necessario, come conseguenza di tutti gli altri e ciò spiega l'assenza di muscoli esclusivamente retrattori dell'ala, mentre per tali sarà prudente non scambiare i supinatori della parte anale dell'ala stessa, che intervengono solo in movimenti secondari. L'insieme di tutti questi movimenti simultanei o successivi, è indicato dalla fig. 667, Vili. Viene da tutto ciò che un punto qualunque dell'ala, descrive, attorno al centro assile, quando sia fisso, come, ad es., in un insetto immobile col suo corpo, una curva ad 8 (lemniscata), secondo è indicato nella fig. C67, IX e le freccie mostrano le direzioni del movimento. Nel volo, invece, dato il continuo spostamento rettilineo del centro assile, la linea ondulata, percorsa da un punto qualuuque dell'ala, è una sinussoide, la cui ascissa varia, come ben si comprende, colla velocità dei movimenti di tra- slazione e dell'ala, e la ordinata, con quelli dell'ampiezza del movimento C, I). Movimenti secondari. — A determinare variazioni nella direzione del volo, come nella sua intensità, ecc., possono effettuarsi, volontariamente, movimenti, in generale piccoli, che modificano la posizione di singole parti dell'ala nel com- plesso della lamina alare. I più importanti sono quelli che fauno variare l'ampiezza degli angoli diedri più volte ricordati, cbe hanno per spigoli le nervature presso la loro base. Tra questi movimenti maggior effetto hanno quelli di rotazione della parte anteriore del remigio sulla radiale e più ancora quella rotazione della parte posteriore dell'ala sulla stessa nervatura, che induce una vera e propria supinazione di tutta questa parte. La flessione del velo dell'ala sul remigio si effettua secondo la linea articolare indicata con /* a fig. 652, Il (supinazione del velo) e quella del preremigio (pronazione e supinazione del pre- l'individuo negli atti per la propria conskrvazionk 661 .*J^^ remigio), sulla radiale, secondo la linea : della detta fig. e della 651 e possono esservi muscoli speciali a questi soopi (come il 58 per quest'ultimo movimento ed il 59 per la supinazione del velo, nonché loro omologhi del mesotorace). Questi movimenti importano la variazione del grande diedro avente per spigolo la radiale, come, ad es., accade nell'ala anteriore di Ortotteri, passando dalla quiete ad ali chiuse, al volo e sono tutti volontari, inquantochè dipendono da muscoli speciali. Così la pronazione del pre- remigio dipende dai tergoiternale terso e quarto (fig. 652, LXXIX, LXXX) e dal laterale ««decimo (fig. 660, 54); la supinazione del velo tutto dipende dai laterali settimo, pleurometapteraie primo (fig. 647,' 85, LX XXVII) e dal fulcro alare \XC, a fig. 652). Questi restringono il diedro alare, sono cosi antagonisti del grande abbassato™, che tende ad allargarlo. È da credere però, che, pia frequentemente, solo parte del preremigio, cioè tutta quella retta dalla costale, avendo per asse la subcostale o tutta la parte del velo seguente all'anale sieuo cosi flessibili. La pronazione e supinazione di queste parti è indicata schematicamente nella fig. 666. In queste varie loro inclinazioni le dette parti del- l'ala agiscono come veri timoni di profondità. Quest'ultima condizione di cose è rappresentata schematicamente a fig. 668, di modo che il tratto della lamina alare, compreso tra la sottocostale e l'anale, pia- neggia, senza associarsi alle declinazioni del preremigio e del velo postanale. Questo velo, però, è molto flessibile, come si è detto, e quindi cede più o meno di fronte alla resi- stenza dell'aria, appunto come si vede a fig. 668, 2, 3. Allorché l'ala si abbassa (2) il velo ( D, dopo l'anale (A), o, se questa è addotta (in A,) essa pure, dopo la cubitale (come fanno vedere le linee punteggiate a fi- gure 2, 3) si flette alPinsù, e viceversa accade quando l'ala si innalza (3). Ma il preremigio viene sempre man- tenuto in pronazione, tanto nel colpo ascendente che in quello discendente, cos'i che, mentre in questo ul- timo l'ala offre alla resistenza dell'aria una superficie concava (2) (a parte la flessione passiva del velo), nel colpo ascendente, invece (3), la superficie dell'ala, che incontra la resistenza dell'aria, è convessa, perciò la resistenza medesima è assai meno efficace. Nelle ali posteriori di e Libellula », il velo post- anale è molto più ampio che non nelle ali anteriori (fig. 653), di gran lunga maggiore negli altri buoni volatori ad ali indipendenti, mentre in quelli (fra gli ottimi volatori) ad ali collegate, si può dire che tutta l'ala posteriore è ridotta a fiu- mare il velo, che manca a quelle del primo paio (es. : Sfingidi, Imenotteri, ecc.), finalmente, nei Ditteri, il velo è bene sviluppato, in misura intermedia fra i due tipi suddetti. Ciò dimostra l'importanza di questa superficie, flessibile e passiva nella parte posteriore dell'ala, per la meccanica del volo, ed è probabile che il suo effetto si svolga sopratutto in quel colpo # ^ r* *<^~n n Fig. 669. — Schemi per mostrare il movimento generale e le declinazioni dell'ala durante l'atto del volo. — /, in un insetto fisso ; //, nell'insetto che si muove nell'aria secondo la frec- cia A. — /, figura ad 8 descritta dall'ala nella sua parte eccentrica, secondo la direzione delle freccio ; II, sinussoide, che descrive l'ala, muovendosi secondo le freccio a. Nel movi- mento discendente l'ala è segnata in nero; nel movimento ascendente è solo contornata. ponenti di questa resistenza, agendo sulla elasticità di flessione, devia la nervatura dal piano di oscillazione. Nel colpo discendente (rappresentato nella annessa fig. 670 B dalla linea più grossa), la maggiore inclinazione del velo e la maggior deviazione della nervatura hanno luogo nel tratto superiore al centro della figura e quivi la resistenza dell'aria deve produrre il suo massimo ef- fetto. La coudizione inversa accade durante il colpo discendente, d'onde la formazione della lemniscata. Il fatto è determinato da ciò che, in causa della flessibilità della nervatura, l'estre- mità dell'ala è ritardata (fig. 670, A) dalla resistenza dell'aria, rispetto al movimento della base dell'ala. Per mio conto osservo cUe, mentre a rigore non si può negare la possibilità di un effetto di sollevamento doll'animale e di propulsione di tutta la macchina (giacche la traiettoria ad 8 è dimostrata per un'ala artificiale) anche col semplice movimento in un solo piano della lamina alare, date le condizioni di elasticità della nervatura e flessibilità del velo, non si deve dimen- ticare quello che insegna l'anatomia della macchina volante ed il vero movimento dell'ala in questa. Per la prima condizione si è mostrata la esistenza costante di potentissimi muscoli pronatori dell'ala e dei loro antagonisti supinatori; la seconda condizione è poi messa in rilievo dalla os- (1) Col metodo grafico ideato dal Marey questo Autore è giunto ad ottenere delle fotografie di insetti al volo in O50Q0 di secondo. Lendeufeld, con lo stesso processo, potè ridurre la posa ad 42000 '" 8e0omIo> ""scendo a fissare su di una lastra, immagini separate fra loro da di secondo. Il Bull, mercè l'impiego della scintilla elettrica in un cronofotografo speciale (illu- strato in C. R. Acad. Se, 1904, pag. 755), è riuscito ad ottenere ben 1500 immagini per se- condo. l'individuo negli atti pkk la propria conservazione 663 servazione diretta di un'ala fatta mnovere lentamente dall'alto al basso e viceversa, ad es. in una Mosca, secondo fa vedere l'annessa fig. 661, agendo alternativamente per compressione (conseguente elevazione dell'ala) e di costrizione longitudinale (abbassamento dell'ala) sul torace dell'insetto morto di recente. Anche in questo modo la rotazione della lamina alare sul fulcro e la conseguente declinazione alternata in avanti (pronazione) ed all'indietro (supinazione) è posta subito in evidenza, e tali movimenti determinano essi soli, all'infuori della resistenza dell'aria, quella traiettoria secondo una linea ad 8 (molto piti ampia di (niella che può determinare la semplice resistenza dell'aria, secondo l'esperienza di Bull), che noi qui abbiamo veduto risultare dalla composizione dei tre movimenti principali dell'ala sulla sua base. Questi movimenti, dimo- strati dalla osservazione diretta sull'insetto, determinano il sollevamento e la propulsione, mercè un appoggio attivo sull'aria e sono certo più efficaci di quell'azione, quasi totalmente passiva, che sarebbe dovuta alla sola resistenza dell'aria, secondo il concetto del Marey e del Bull e che, a mio modo di vedere, determina solo quell'effetto che io ho chiamato colpo di frusto, cer- tamente notevole nella meccanica del volo, ma non causa precipua e meno che mai unica del volo stesso. Vediamo ora come si comportino le singole parti della lamina alare durante il volo e perciò conside- riamo 1' annessa tigura schematica 669, nella quale è indicata con un segno ad w la sezione trasversa dell'ala, nel colpo discendente e col segno fi in quello ascendente, e ciò secondo gli schemi 2, o. a fig. 668. \ A Fig. 670. — Movimenti dell'ala nel volo, secondo Bull. Per la spiegazione, vedi testo. la forza rappresentata dalla re>i Il piano della lamina alare è orizzontale solo mentre passa dal colpo ascendente al discendente e viceversa, ma durante tutto il rimanente percorso esso viene a trovarsi più o meno obliquo od anche perpendicolare alla direzione del movimento dell'ala stessa. Così sten za dell'aria (fig. 671. E), eguale e contraria a quella che determina il movi mento dell'ala (bì è la risultante di due componenti, l'uria verticale (cv), che tende a sollevare l'insetto, l'altra orizzontale (co), che lo spinge innanzi (in dire- zione della freccia »»). L'intensità di ciascuna di queste componenti varia, si com- prende bene, come mostrano i diagrammi li, III della detta fig. 671, a seconda del grado di inclinazione del piano dell'ala rispetto alla linea orizzontale. La propulsione avviene sempre, sia nel colpo discendente che in quello ascendente. L'ala, rispetto a questo scopo, è inattiva solo allorché è orizzontale, cioè fra i due colpi, come si è detto; ma, all'infuori di questo momento, sia che essa si alzi o discenda, sempre concorre alla propulsione. La differenza di effetto fra il colpo discendente e quello ascendente, si limita solo al sollevamento. Questo è ottenuto solo nel colpo discendente, per l'intervento della coni ponente verticale (cv). Nel colpo ascendente, invece (IV), la componente verticale (ce,) agisce in senso opposto, cioè dall'alto in basso, nello stesso senso della gravità e con questa contrasta all'effètto della componente verticale nel colpo discendente, che, insieme alla forza ascensionale, dovuta ai piani inclinati dei diedri alari surri- cordati, deve, così, superare il peso del corpo e della componente verticale (sud- detta ci\), che tende a far scendere il corpo volante. Questo effetto, però, è molto attenuato dal fatto della convessità dell'ala nel- l'atto della sua elevazione (come bene si vede a fig. 671, IV), dalla flessibilità delle vene principali, che, secondo si è fatto vedere per la « Libellula » (ma ciò vale per tutti gli insetti) possono piegarsi (articolazioni a, a per la costale: ? per la cubitale ed anale: figg. 651; 652, II) sulla loro base, nel colpo ascendente, ma per nulla affatto in quello discendente. Inoltre, questo ultimo è molto più ener- gico dell'opposto, come si è fatto vedere in precedenza. In conseguenza di questa 664 CAPITOLO SESTO più energica ed efficace azione nel colpo discendente dell'ala, avviene che l'aria, rarefatta improvvisamente sopra l'insetto, lo aspira, per così dire, ne determina cioè il sollevamento, e quindi, precipitandosi sotto l'insetto stesso, con la sua pressione sulle faccie inferiori delle ali, aumenta questo effetto. L'insieme di tutti questi movimenti dell'ala determinano la spinta in avanti dell'insetto, per ciò che, agendo sull'aria non diversamente da un'elica, provocano una forte aspirazione del- l'aria stessa, sia dall'alto che davanti all'insetto stesso. Ciò importa una specie di pompamento del corpo volante. Questo fatto è heue provato sperimentalmente ed è quivi la essenziale diffe- renza di questa maniera di volo, in confronto di quella « a drago » degli uccelli. La corrente d'aria, così provocata, passa sotto l'ascella alare, il che concorre alla sospensione dell'insetto, determinata ancora, come si è detto, dall'aspirazione dall'alto, dipendente dalla diversa efficacia del colpo discendente, in confronto di quello ascendente dell'ala. Fig. 671. — Sohemi mostranti la sezione trasversa dell'ala, che si muove in varie direzioni e l'azione della resistenza dell'aria. — A, ala in sezione trasversa, giacente nel piano a e che si muove secondo o, in direzione perpendicolare al piano stesso; da I a III si abbassa; in IV si innalza. E, intensità e direzione della resistenza dell'aria, che si risolve nelle com- ponenti orizzontale (co) e verticale (e»), di intensità varia a seconda dell'inclinazione di a, cioè del piano dell'ala. In tutti i casi, la co tende a spingere l'ala e quindi il corpo volante, secondo la direzione iudicata dalla freccia m. Nei casi /, //, III la componente verticale ov tende a sollevarlo; nel caso IV la componente verticale cvi tende ad abbassarlo. Equilibrata la gravità, l'ala, durante tutto il suo percorso, tende a muovere l'insetto orizzontalmente, in avanti. Alcuni insetti, fra gli ottimi volatori, possono arrestarsi nel volo e starsene in aria immo- tnobili, solo battendo le ali. Ciò si vede in Sirfidi, Bonibilidi, Homaìomyia, ecc., fra i Ditteri ; Macroglossa, Sphinx, ecc., fra i Lepidotteri, come anche in Libellule ed altri insetti. Da quanto ho potuto argomentare, mi sembra che l'effetto sia dovuto ad una energica su- pinazione dell'ala duranta il moto in avanti ( X della fig. 667) e ciò sia nei movimenti dorsali (stessa figura, da 1 in 2), sia in quelli ventrali (da 3 in 4;. Inoltre, l'energia di propulsione è scemata dal fatto che la vibrazione delle ali è rallentata, come si vede facilmente, durante questa immobilità nell'aria. Questa, dunque, è ottenuta perchè la spinta in avanti, dovuta ai movimenti obliqui dorso ventrali (coppia II e IV, fig. 667, V, VII), è equilibrata da quella all'indietro, ottenuta colla detta supinazione energica dell'ala. Nei Ditteri succitati, lo spigolo ascellare mesocondilomesopterale (fig. 663, msp„ m«3) può essere indotto ad articolare su quella specie di piattaforma o di scodella orizzontale, che è fatta dal fulcro posteriore F}. Con ciò l'ala ruota secondo l'articolazione ascellare segnata da una linea molto obliqua (F della fig. 667, III), che, passando dal fulcro posteriore traversa il centro dell'articolazione dell'ala e viene a trovarsi nella posizione indicata dalla fig. 667, X. Il movimento iuverso, che riconduce l'ala posteriore ad una minore supinazione, è passivo, sia per l'elasticità dei pezzi del mesoptero, sia per quella del mesocondilo, che, addotto forzata- mente dai quattro muscoli CI, Cla, LXXXVIII, 85 a (fig. 473, voi. I, pag. 428) tende a ripren- dere la ordinaria posizione di riposo. Questo movimento passivo si effettua per scatto al cessare dell'azione dei detti muscoli e con ciò accade che l'insetto, sottoposto improvvisamente alla sola L'INDIVIDUO NKGI.I ATTI PER I.A PROPRIA CONSERVAZIONE 6iì:> energia propulsiva, è lanciato subitamente in avanti, dopo il periodo di immobilità nell'aria. Ciò Bpiega anche gli spostamenti laterali improvvisi, die avvengono quando l'azione dei muscoli suddetti non accade contemporaneamente per ambedue i lati. Differenza Ira il tipo «Libellula» ed II tipo «Mosca», nel movimento delle ali. — Appare subito la differenza iu quanto riguarda i muscoli abbassatoli ed insieme retrattori delle ali. Questi, nella « Libellula », sono estremamente deboli (85, LXXXVII del mesotorace ed omologi melato racaliì, mentre hanno per antagonisti non solo il robusto protrattore tergosternale terzo (LXXIX, XXXVIII) ed il gracile quarto, ma, ancora, il grande abbassatore delle ali (pleitroradiale, LXXXIX, LV), che, data la sua obliquità parallelamente alle pleure, mentre abbassa l'ala, certo la porta anche all'innanzi. Mancano affatto in « Libellula » gli omologi dei muscoli, che si attaccano ai prefulcri nel tipo «Mosca», perchè, nei Libellulidi, come si è detto, i prefulcri anteriori sono fissi ed i po- steriori non danno attacco a muscolo alcuno. Nel tipo «Mosca», invece, si sono già indicati poderosi muscoli, che vanno ai prefnlcri posteriori (vedi Acridio, tig. 660, ed al metaptero (53), i quali ultimi, nei Ditteri esemplificati, sono in numero di quattro (giti, ricordati) e molto robusti. Possiamo concltulere che il movimento di supinazione dell'ala, nel tipo « Libellula » non dipende dall'azione di muscoli se non in minima parte, mentre, nel tipo « Mosca » esso è do- vuto, non meno di quello di pronazione, alla contrazione di robusti muscoli speciali. Ciò dipende dalla obliquità, stessa delle pleure e dei muscoli principali motori dell'ala, mercé cui, Tasse di rotazione della base dell'ala stessa, perpendicolare alla direzione delle pleure è, nello stato di riposo, non già orizzontale (come e nel tipo « Mosca » indicato in 0 a fig. 667, III) ma obliquo, secondo F della stessa figura. Perciò, il semplice abbassamento dell'ala, pura- mente dovuto all'azione del grande abbassatore (pleuroradiale), muove l'ala dall'alto in basso, ma anche dall'indietro all'innanzi (coppia VII, a fig. 667), ed il movimento opposto è dato dal grande elevatore delle ali (tergosternale primo, XXXVI, LXXVIII), che, però, per la sua direzione parallela alle pleure e pel suo attacco in corrispondenza della metà anteriore dell'ala, è anche un protrattore. Cosi avviene che l'asse della linea ad 8, la quale ogni punto eccentrico dell'ala percorre, è, pel tipo « Libellula », obliquo esso pure e parallelo alla direzione delle pleure. Non trovo altra differenza essenziale fra i movimenti principali dell'ala nei due tipi. Riporto, nella seguente tabella, dati recentemente offerti (Demolì, 1918) circa il peso, la su- perficie alare, il numero di colpi d'ala e la velocità di volo per minuto secondo, calcolati per taluni insetti di tutti gli ordini di Pterigoti. Nome dell'insetto Agrion Libellula depressa . ìlelolontha tulg. Geotrupe» stercor. Clirysopa sp. . l'auorpa conti». . Papilio tnaehaon . Vanessa C ■ album . Sphinx 6p. respa germanica Bombita ep. Apis rnellif. . Tipula ep Sarcophaga sp. . Calliphora sp. Mneca domestica . Peso in grammi Snperficie alare in cui. Numero dei colpi d'ala al min. sec. Velocità metri al minuto secondo 0,0450 3,05 29 normale 1-2 ; fino a 14 0,5200 14,90 — » 4 ; volo rapido 6-10 0,6668 8,15 — 2,2; fino a 3 0,9039 5,90 — 7 0,0080 1,66 22 0,6 0,0300 0,97 — 1,4 0,2550 16,90 — 3,5 ; fino a 4 0,0388 3,43 — 3,3 1,7400 25,50 — fino a 15 0,0780 1,36 110 1,8 0,1180 1,18 290 3-5 0,0670 0,90 20C 3,7 0,0500 1,40 — o 0,0690 0,92 — 2.1 0,0650 1,18 180 2,7 0,0115 0,31 190 2 ; fino 2-3 A. Bbrlf.sk, Gli Infetti, II. 666 CAPITOLO SESTO Le tlilre dei Coleotteri durante il volo. A parte quei Coleotteri, che, durante il volo, tengono chiuse o quasi le elitre, degli altri che le aprono completamente, l'ufficio di questi organi nel volo è stato molto discusso. L'opinione prevalente fra gli Autori è quella che le elitre nou ab- biano parte attiva se non come organi agenti quali paracadute, piti che come influenti nella di- rezione del volo. Le esperienze più numerose sono state condotte sugli Scarabeidi, Pectinicorni e sui grandi Ditiscidi (questi ultimi studiati dal Griftìni). Il volo non sembra alterato da un ac- corciamento delle elitre, quando questa riduzione sia eguale per ambedue le elitre e non oltre- passi la metà delle elitre stesse. Nel caso di una maggior riduzione od anche di asportazione totale delle elitre, può effettuarsi il volo, talora anche piti veloce che nelle condizioni normali. Il Demolì osservò, a questo proposito, che, amputando le ali per gradi successivi, ad una Melo- lonta, la velocità di volo va aumentando, finché è tolta mezza elitra; ma, da questo punto od oltre il volo è più tardo e difficile, tuttavia, ripeto, può effettuarsi anche senza le elitre. Certo diversa i- la funzione delle ali, durante il volo, da quella delle elitre, ma queste pure vi hanno ti. '«MI e / ^ Fig. 672. — Insetti piccolissimi con larghe frangio alle ali. A, Imenottero. Calcidite (Eydrophilax aquivolans) lungo 690 p (ad ali aperte 450 j»); B, Fisapodo (Dendrotkriyn) ; C, Mierolepidottero (Coìeophora). parte, senonchè essa è circoscritta alla funzione di sostegno. L'attività delle elitre si limita a sollevare l'insetto, ma il movimento in avanti e dovuto solo alle ali. Questo è quanto poteva esser detto in questo bello e complicato argomento del volo degli insetti, per isvolgere completamente il quale sarebbe però stata necessaria molto maggiore diffusione, quale non è concessa dalla proporzione ri- spetto agli altri capitoli del presente volume. Posizione dell'insetto nel volo. — Il Pujade sopracitato, nell'indicato scritto, il- lustra la posizione di alcuni insetti durante il volo e di là appunto io tolgo l'an- nessa figura (573. In generale, gli insetti, nel volo, sono in una posizione orizzontale o debol- mente inclinata; ma, i Lucanidi volano standosene col corpo quasi verticale e verticalmente possono volare alcuni Ditteri, come, ad es., gli Estridi, quando si accostauo ai Cavalli o le Acrocera, che danzano attorno ad un albero. La posizione delle zampe, durante il volo, che è assai varia pei diversi in- setti, non pare che abbia (contrariamente a quanto credevano autori più vecchi, i quali attribuivano loro addirittura l'ufficio di bilancieri) alcuna influenza nella direzione del volo. Molti insetti, volando, accostano tutte le zampe al petto (Lepidotteri) o solo le quattro anteriori, mentre le posteriori stanno penzoloni, come si vede che fauno gli Apidi e cosi, presso a poco, anche taluni Ditteri (Tabanidi, Sirfidi, Muscidi); però, in questi, le zamjje del terzo paio sono allungate parallelamente all'addome. Nelle Ammophila (fig. 673, G) tutte le zampe sono allun- gate, iusieme, ail'iudietro e l'addome sta molto rilevato, facendo un angolo molto aperto col fascio di zampe. I Bibio (/) portano le prime zampe rilevate perpendicolarmento al corpo e tutte le altre riuuite e dirette obliquamente all' indietro. Le Tipule {F) agitano continuamente le zampe, fra le quali le anteriori sono dirette in avanti e le altre all'indietro e così è, presso a L'INDITIDUO NEGLI ATTI l'KR LA PROPRIA CONSERVAZIONE 667 Fig. 673. — Attitudine ili Insetti diversi durante il volo. A, Culex annulatus (Schr.); B, Calopterix virgo (L.) mas.; C, Stuphylinus maxiìlosus (L.) ; D, Lo- custa oiridissima (L.) foem. ; E, Cetonia aurata (L.) ; F, Tipula oleracea (L.) ; G, Ammophila tubuloia (L.) ; la punteggiatura segna la posizione delle ali nel massimo abbassamento: H, Ateuchìts semipunctatus Fabr. ; /, fiibio marci (L.) femin. ; L, Pentatoma nigricornis Fabr., che si prepara a volare. Da Pujade. poco, anche per le Zanzare (A), ecc. Della posizione delle elitre nei Coleotteri volanti si è già fatto cenno. Un singolare Mantide esotico (di Tananariva) recentemente descritto dal Lamberton, possieda un protorace con espansioni foliacee così ampie da poter compiere un voi piane molto rimarche- vole, così che si e meritata il nome di Branosikia aeroplana (fig. 675). 66S CAPITOLO SESTO Chiusura dell'ala. — Allorché l'insetto nou vola, la sue ali sono, nel maggior nu- mero dei casi, in una condizione di riposo, nella quale si trovano meno esposte alle ingiurie dell'ambiente, sia che esse rimangano più o meno accostate al corpo, sia che si trovino altri nienti pro- tette. Negli insetti ad ali anteriori trasformate in elitre (Coleotteri) od emielitre (Eterotteri) o che sieno più resistenti di quelle po- steriori (tegmina degli Ortotteri), gli organi «lei volo per eccel- lenza, che sono appunto le ali del secondo paio, come più de- licate, se ne stanno ripiegate va- riamente e tutte celate da quelle anteriori, tra queste ed il dorso dell'addome. Nei Lepidotteri notturni (meno clie in taluni Bombicidi ed in qualche altro gruppo) le ali del primo paio, ricoprono, in quiete, quelle posteriori e le une e le altre sono totalmente ripiegate all'indietro, sopra l'addome; nei diurni, invece, ambedue le paia rimangono sollevate in alto e si toccano colla loro l'accia dorsale. Così pure accade pei alcuni Agrionidi, fra i P.seudoneurot- teri, ecc. Fra gli insetti ad ali supe- riori più resistenti, già ricordati, quelle del secondo paio sono variamente ripiegate, nel riposo, come stanno le stecche di un ventaglio chiuso, sia altrimenti, cioè secondo pliche, anche tras- verse (Coleotteri. Eterotteri). Ricorderò, per questi casi, solo la maniera di ripiegatura delle ali in qualche Coleottero e ba- sterà l'annessa fig. G74 a mo- strare la disposizione di queste pieghe, per le quali, successiva- mente, la lamina alare si racco- glie su so stessa. Fi«\ 674. — I, Metanoto ili Oryctes, colle basi delle elitre e dell'ala aperte, dal dorso; 1I-V, modo di ripiegamento dell'ala, per mettersi nello stato di riposo. La spiegazione delle lettere è indicata nel testo. La fig. 674 si richiama ad imo Scarabeide (Oryctes) ed offre indicazioni sufficienti per in- tendere questo meccanismo di chiusura, senza che sia necessario illustrarlo con troppe parole. La tìg. I mostra il metanoto colla base dell'elitra (J,) aperta, e la base dell'ala sinistra (J2), egualmente aperta ; i pezzi basali dell'ala e delle sue nervature sono segnati in nero e per la loro indicazione mi richiamo alla tìg. 181, A, p. 183 del voi. I. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PER I.A PROPRIA CONSERVAZIONE fitì9 Le linee punteggiate a, b, e, d, segnano le articolazioni, secondo le quali l'ala si ripiega nella sua base, allorché deve essere chiusa. La tig. II mostra l'ala destra tutta aperta (dal dorso), colle nervature in nero. Le linee di articolazione, secondo le quali avviene la chiusura, sono con- trassegnate in due maniere. Le une, con duplice linea pun- teggiata ed indicate da lettere romane (da a ad /'), si richia- mano a pieghe convesse, cioè a linee di flessi, , per le quali la lamina forma, secondo la loro direzione, spigoli convessi al dorso; le altre, indicate con linea tratteggiata, tignola, indicano, invece, la direzione di pieghe concave e souo con- t rassegnate da lettere greche, da "■ fino a vj. Quanto all'ordine, secondo il quale, si succedono le ripiegature, nel tempo, dall'inizio di questa operazione fino alla completa chiusura dell'ala, esso è quello stesso, nel quale si seguono le dette lettere alfabetiche. La tìg. Ili mostra la stessa ala ormai ripiegata nel senso longitudinale, per le flessioni secondo «, b ; a-, (3 ed in questa figura sono indicate, con tratti, le parti della lamina ad- dossate ormai le une alle altre. La tìg. IV fa vedere la principale ripiegatura trasversa, secondo le linee e, d, e; 1 , Pieris napi ; E, Pkryganaea striala : F, Bombus mnsconim ; G, Eryslalis tenax. Da Plateau. geuo, abbiano importante ufficio nella respirazione, come avviene per la emoglobina nei Ver- tebrati. L'aria contenuta nelle trachee dell'insetto è sempre meno ossigenata della esterna e l'ossi- geno dimiuuis'-e colla temperatura ambiente, cosi che, 6e questa è molto alta, può mancare del tutto, completamente sostituito da auidride carbonica, ed il rapporto tra questa e l'ossigeno, deutro le trachee, varia anche colla età dell'insetto (secondo Newport un Bombus in riposo pro- duce 0,30 °/0 di C02 in 24 ore, mentrechò lo stesso insetto, dopo violento esercizio, sviluppa 0,32 di COj in una sola ora), colla condizione di nutrizione (più scarsa produzione di CO; pro- porzionatamente a più scarsa nutrizione), ecc. L'insetto e, fra tutti gli animali, quello che, per peso di unità vitale, in piena attività fun- zionale, respira più energicamente ; beu inteso però, che, considerata anche la statura dell'ani- male, si deve concludere che, invece, la energia respiratoria degli Insetti non è superiore a quella dei Vertebrati più alti, ad es. dei Mammiferi od Uccelli. Il paragone fra questi e gli Insetti si dovrebbe fare, non già considerando il consumo dell'ossigeno in rapporto all'unità di peso (chilo animale), ina all'unità di superficie del corpo. Non si hanno abbastanza dati di confronto fra la natura dell'aria espirata e quella ambiente. Su ciò si attendono altre ricerche. L'INDIVIDUO negli atti per la propria conservazione Respirazione acquatica. — Due modi, fondamentalmente diversi, di respirazione, da parte degli Insetti, che abitualmente vivono immersi nell'acqua, sono in atto, a seconda cioè che si tratta di forme a respirazione veramente aerea e che ven- gono a ricercare periodicamente l'aria alla superfìcie delle acque, oppure di altre, le quali vivono costantemente sommerse e ritraggono Paria, che loro necessita, dall'acqua stessa, in cui si trova disciolta. Nel primo caso Tutto il sistema respiratorio non differisce per nulla da quello degli Insetti esclusivamente aerei e, tutto al più, si potranno riconoscere dei mezzi per immagazzinare, comunque, una certa quantità d'aria sulla superficie del corpo, per poterla trascinare, poi, con se, entro il liquido elemento. Nel secondo caso, il paragone con una vera e propria respirazione branchiale, da assomigliarsi a quella di tanti altri animali veramente acquatici, è oppor- tuno e per bran- chie, appunto, pos- sono definirsi gli organi speciali, nei quali penetrano fi- nissimi rami tra- cheali e per la estrema sottigliezza e permeabilità della epidermide, dalla quale sono costi- tuiti, permettono lo scambio, per via osmotica, dell'aria disciolta nell'acqua coi gaz contenuti nei detti estremi tubuli tracheali. Nel caso di respirazione veramente aerea, si possono distinguere, dunque, due diversi tipi; quello, cioè, che utilizza i depositi d'aria periodicamente raccolta dall'esterno e portata con sé, dall'insetto, entro l'acqua, quando esso vi si im- merge nuovamente e l'altro, per cui la respirazione si effettua esclusivamente al- l'atto in cui l'insetto affiora alla superficie con una parte del corpo, nella quale sono aperti gli stigmi ed, in questo caso, l'insetto, sommergendosi, non porta seco alcun deposito d'aria aderente al suo corpo. Questa ultima maniera eseguita da molte forme larvali, sopratutto di Ditteri, come anche da ', in riposo, n, apertura della trachea / ; e, uno dei due cerei con peli idrofughi ; m, «noi muscoli adduttori ed abdut- tori; vi.,, lungo abduttore dello stesso (non sono disegnati in />'). Da Brocher. L'INDIVIDUO NEGLI AITI per la propria conservazione 675 sono allo». Lue se non nuotando. Così avviene, presso a- poco, anche pei la Ntpa adulta. Questi insetti hanno, come le Ranatra, lunghi processi tubuliformi nell'estremo addome, i quali por- tano l'aria al paio di stigmi suddetto. Le forme giovani
  • 8-), si effettua dagli stigmi coli' interme- diario delle antenne, i cui ultimi articoli sono rivestiti di peli idrofughi ; di qui l'aria si divige al protorace od agli stigmi pro-mesotoraoioi ; circola nelle trachee ed ò espulsa per quelli inetatoraoioi ed addominali ; si raccoglie sotto le elitre e si diffonde sulla superlicie ventrale del corpo, alla quale rimane aderente, come un velo argenteo, mercè la fitta peluria idrofuga. In seguito, l'aria giunge al protorace a >e ne va nell'atmosfera per mezzo delle an- tenne, che sporgono dal pelo dell'acqua (Brooher). (ili Haliphu», piccoli Coleotteri anfibi, affini ai Ui- tisoidi, vengono alla superficie dell'acqua per rinnovare la provvista d'aria, al solito emergendo la parto poste- riore dell'addome ; ma poi, traverso Io spazio intersegmontare fra il metatoraoe ed il prima segmento addominale, fanno passare l'aria inspirata sotto la grande placca coxale, che, al ventre, ricopre la base delle zampe dell'ultimo paio. Di là, l'insetto, mercè le zampe, stende questa . provvista di aria sulla faccia ventrale del suo addome (Brooher). Gli Elmidi e le line- monta sono Coleotteri, ohe vivono, in tutti gli stadi, anche di adulto, conti- nuamente sommersi sot- t'acqua, por quanto il sistema respiratorio sia pur sempre quello stesso delle forme aeree. (ili Elmidi (tìg. 684) sono piccoli insetti (da due a tre millimetri di lunghezza), vegetariani. K'g. 681. — Respirazione della No- tonecta al pelo dell'acqua. /, po- sizione della Notonecta appoggiata sotto e contro la superlicie del- l'acqua. //, schema per mostrare la direzione delle correnti del- l'aria nel corpo dell'insetto, nella inspirazione e nella, espirazione, secondo l'andamento delle treccie. Da Brocher. Fig. 682. — Idrofilo, che respira a fior d'acqua. La linea interna indica il porcorso dell'aria nella inspirazione fino nutrentisi di alghe mi allo stigma pro-mesotoracico ; la linea a tratti indica il percorso crosconiehe e frequentano dell'aria nella trachea; la linea punteggiata il percorso del- , ., . ., ',. „ , r le acque correnti, tratte lana nella espirazione. Da Brocher. M nendosi al fondo merce le lunghe zampe; non nuotano mai e si muovono specialmente di notte. Qualche volta gli Elmi» si vedouo fluttuare nell'acqua, il capo in basso, sostenuti da una piccola bolla d'aria alla loro estremità posteriore, aria che raccolgono dalla superlicie alla quale affiorano, coll'ostremo corpo, per qualche tempo. Questi insetti hanno un deposito di aria distribuito in forma di sottile velo sui lati del Corpo, nella faccia ventrale, cosi che gli stigmi metatoracici ne possono profittare direttamente 676 CAPITOLO SESTO J5&S- L'aria è, quivi, coutil) uarnente ossigenata per lo scambio di acido carbonico contro l'ossigeno dell'aria disciolta nell'acqua, ma ciò non basterebbe e perciò l'insetto pvotitta delle piccolissime bolle di ossigeno, che si svolgono, per influenza della luce, dai vegetali subacquei, sopratutto al- lorché essi sono dilacerati dalle mandibole del- l'insetto che se ne nutre. Le Baemonia (fig. 685) si servono delle antenne, rivestite di peli idro- fughi, per ritrarre l'aria dall'atmosfera. Questi insetti, allogati su qualche pianta subacquea, pur stando immersi presso la superficie, ne spor- gono le antenne, che agitano lentamente, di con- tinuo, nell'aria e, quando le immergono, questi organi sono rivestiti di aria, che trascinano con sé sott'acqua. Se l'insetto non può raggiungere la superficie, non arrivandovi le piante, allora si serve delle sue antenne per catturare le piccole bolle di ossigeno, che bì svolgono dalle piante immerse (fig. 685) e portarle a diffondersi nella Fig. 683. — Sezione sagittale (semischema- tica) del corpo di un IJytiscus adulto, per mostrare la generale disposizione del si- stema tracheale e la funzione dei diversi stigmi (secondo la direzione della freccia) nonché lo spazio addominale-dorsale sotto- elitrale. L'insetto è supposto affiorante alla superficie dell'acqua. a, stigma mesotoracico ; b, tronco tracheale laterale longitud., che riunisce fra loro gli stigmi ; e, sacco aereo, la cui base riposa sul tegumento delle anche posteriori ; basta per impedire efficacemente l'ingresso dell'acqua nelle trachee. Fig. 684. — Elmi» aeneus molto ingrandito, visto dal ventre per mostrare la distribuzione della zona argentata, cioè ri- vestita di peli idrofughi (cor- risponde alla parte in bianco). Sono indicati, in linee punteg- giate, i confini delle diverse regioni e segmenti del tronco. Da Brocher. (1) h'Bydraena riparia, piccolo Idrofilide, che presenta, quanto a respirazione, grandi ana- logie cogli Elmidi, può vivere, secondo il Brocher, più settimane sott'acqua, anche se impedito di risalire alla superficie per rinnovare la provvista d'aria. In modo analogo si comportano 1« Sigarra, fra gli Emittori. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PER LA PROPRIA CONSERVAZIONE Fig. 6S5. — ffaemonia appendiculata, su un fusto ili Potamogeto» immerso nell'acqua, mentre ne ritrae una bolla di ossigeno mercè un'an- tenna. Ingrandito. Da Brocher. La cameretta e conseguentemente il tappo, mancano quando al di fuori dello stigma nou si trova l'acqua, ma bensì un deposito d'aria, come è, ad esempio, per Bruchi acquaioli del genere Hydvocampa (fig. 6*6), il cui astuccio, abitazione delle larve, è rivestito internamente da fitto tessuto sericeo (B), impermeabile all'acqua, cosi che i Bruchi stessi sono in ambiente aereo. Nep- pure negli stigmi addominali di Ditiscidi ed Idrolilidi adulti trovasi la cameretta precitata. essendo questi stigmi in rapporto col deposito d'aria compreso tra le elitre e l'addome. Molti Inselli, che frequentano le rive degli stagni con facilità di trovarsi nell'acqua, pur non essendo acquaioli, possono resistere assai bene alla sommersione, talora per disposizioni or- ganiche speciali. h'Jtpns rollini, elle vive siili e rive de! mare, trattiene l'aria mediante la villosità del suo corpo e la può immagaz zinare anche in due sacchi aerei, che sono in rapporti) eogli stigmi posteriori. Respirazione branchiale. — Il para- gone tra le branchie dei Vertebrati e quelle degli Insetti veramente a resiti- razione acquatica va ammessa con ri- serva, perciò che nei primi la ossida zione si fa a mezzo di sostanze ossi- dabili, contenute nel sangue, più comunemente entro i globuli sanguigni, mentre, pegli Insetti, la presenza di tali sostanze non e accertata e si può ammettere, con qualche fondamento, solo per rarissimi casi (larve di Ohironomitè, nel cui plasma è sciolta emoglobina). Anziché branchie, è bene dunque denominare pseudobranchie le estroflessioni cutanee, entro le quali sono allogate esilissime trachee. Lo scambio dei gaz av- viene tra questi tubuli e l'acqua esterna alle pseudobranchie e solo osmotica- mente. Le pseudobranchie possono essere esterne, situate su varie parli del corpo. anche nel capo, oppure interne, cioè con- tenute in cavità facilmente comunicanti coll'esterno e nelle quali penetra l'acqua ambiente. Delle prime sono comunissimi esempi in forme larvali di Insetti di parecchi ordini ; delle seconde il più ovvio esempio è dato dalle larve di Libellu- Fig. 686. — Hyctroeampa ni/mphaeata. larva nel suo follicolo, mentre è in parte fuoriuscita; B, follicolo, aperto per mo- strare la larva rinchiusavi ; C, ninfa nel follicolo aperto, fissato ad una pianta immersa. Da Wesenberg Luud. lidi, nelle quali Paria può penetrare entro il retto, sulla cui superficie interna spor- gono numerose pseadobranchie ■ lamelli- formi. Per tutto ciò vedi i molti esempi riportati nel voi. I a pago. 810, S27-833 nonché l'annessa fig. 087. Anche in forme, respiranti sopratutto per pseadobranchie, si possono trovare stigmi aperti; la respirazione, quindi, può accadere in due modi, a seconda di circostanze diverse, ma nel mag- numero dei casi gli stigmi sono chiusi e non si aprono che alla trasformazione in adulto. cioè all'atto della conquista della vita aerea. Le formo a respirazione acquatica profittano, però, larghissi Diamente anche della respirazione cutanea, ed alcune, auzi, esclusivamente di questa. Resistenza all'asfissia. — Animali cosi altamente sensibili alle variazioni della temperatura, come sono gli Insetti, mostrano anche oscillazioni amplissime circa 678 CAPITOLI! SESTI la resistenza all'asfissia, fra individui della medesima specie, sottratti al contatto dell'aria, in temperature differenti. Cou temperature basse, un insetto può vivere, senza respirare, un tempo straordinariamente superiore a quello nel quale perirebbe, negandogli l'aria, con una temperatura più alta. la generale questa resistenza è possibile perchè gli Insetti, messi fuori dall'aria respirabile. .■Illudono subirò i loro stigmi e, così, ne permettono che l'aria immagazzinata nelle trachee li abbandoni, né è possibile l'ingresso di un gaz irrespirabile o di liquido in cui sieno immersi. All'asfissia per sommersione nell'acqua resistono, in generale, più le larve che gli adulti. Lyonnet riconobbe che taluni Bruchi possono rimanersene diciotto giorni sott'acqua, senza perire, mentre Coleotteri adulti vi rimangono vivi (in stato di morte apparente) tre giorni o quattro. Questa quiete è necessaria pel minore con- sumo di ossigeno conservato nelle trachee, tanto è vero che gli Insetti acquaioli resi- stono alla sommersione meno di quelli terrestri, perchè essi, trovandosi nel loro abituale elemento vi si muovono dispera- tamente. Ma, con sostanze atte a bagnare la chitina e quindi ad otturare benissimo gli stigmi, la morte degli Insetti aerei, a respirazione gagliarda, vita attiva e con temperatura non bassa, è rapidissima e già dal Redi si sa che una Mosca bagnata con olio perisce in pochi secondi ed in quattro o cinque minuti primi muore un bruco, i cui stigmi sieno bagnati con olio. Ciò, ben inteso, in stagione od ambiente caldo, perchè, d'inverno, a me è accaduto di tenere im- merso per 25 ore un adulto di Dolenti parallelepipedns nell'alcool a 60° e, trattolo di là, vederlo riaversi dopo qualche ora di morte apparente. Fi". 687. — Larva di Ithylrichia lamellaris (Tri- chotteri) nel suo follicolo. La larva mostra le mix pseudobranchie, e, per trasparenza, la di- sposizione del sistema tracheale. Da Lanberton. Digestione. La nutrizione plastica si effettua iniziandosi nella bocca a mezzo degli or- gani destinati alla presa degli alimenti. Di tali organi e del modo loro di agire è però detto abbastanza nel I voi., da pag. 123 a pag. 143, né converrà qui trat- tarne ulteriormente. Per ciò che riguarda poi la morfologia del tubo digerente, essa è lunga- mente esposta nel primo volume, da pag. 721 a pag. 752, uè occorre dirne di più, qui. Digestione esterna. — La digestione delle sostanze nutritive, mentre avviene, per la massima parte degli Iusetti e degli animali in genere entro il tubo digerente, in alcune poche specie, e solo per le larve, può avvenire all'esterno e l'animale as- sumere, così, sostanza ormai digerita, assimilabile senza più. Si Mino già citati casi di questa maniera di digestione (pagg. L'41, 242), a proposito delle larve dei Ditiscidi, ma anche altre larve olometabole si comportano analogamente. I tutti i casi, però, la sostanza da digerirsi è di natura animale, cioè sopratutto la fibra muscolare ed il tessuto adiposo, sia di insetti che di altri animali. Anche altre larve, già ricordate nelle pagg. precedenti, citate, come quelle di Neurotteri, praticano In digestione esterna, in maniera conforme. l'individuo negli atti tei: la PROPRIA CONSERVAZIONE liT'J Quanto alle larvo di Mosca, yer le quali il Fabre ammetteva una digestione esterna a mezzo di un fermento analogo alla pepsina, le esperienze del Guyenot, che non ottenne digestione al- cuna di albumiiioidi, di amidi odi grassi, ricorrendo ad estratti di larve pestate di Lucilia cattar o di organi digestivi isolati della stessa larva, e quelle di Bogdanow convengono, invece, nel- l'ammettere un vero caso di simbiosi, cioè coll'interveuto di microrganismi disseminati dalla larva e che determinano la liquefazione dei tessuti. Corrispondente è il caso della larva di un muscide vegetariano, il Dacus oìeae (voi. I, p. 730), che determina la decomposizione dei tessuti dell'oliva appunto col mezzo di microrganismi. Si dovrà, trattarne, dunque, a proposito della simbiosi tra insetti ed altri esseri viventi (1). Un inizio di digestione esterna od almeno di alterazione della sostanza da ingerirsi è certa- mente praticata da taluni insetti. Così, non solo perule larve del C'ofsits cossns (L.), delle quali è noto, da tempo, che rigettano dalla bocca un liquido speciale, che esercita un'azione corrosiva sul legno e lo rende più attaccabile alle maudibole (e si sa che tale liquido può anche riuscire un efficace mezzo difensivo), ma anche per molte altre larve xilofaghe si può credere ad un proce- dimento analogo. Senza dubbio gli Emitteri litofagi, sopratutto fra gli Omotteri, iniettano la secrezione delle loro ghiandole ealivali (che, in generale, sono molto vistose, v. voi. I, pag. 516), nei tessuti delle piante e quivi essa determina, molte volte, effetti tossici speciali, con formazione di galle ed altre neoplasie, da parte della pianta o particolari disturbi fisiologici. Il più spesso, l'inie- zione di sostanze derivate dalle ghiandole salivari, sembra avere per funzione speciale (se- condo Kùuckel d'Herculais, Bugnion ed altri) quella di sciogliere, a mezzo di una diastasi, la cellulosa componente le pareti delle cellule vegetali e probabilmente di iniziare la digestione dei granelli di amido contenuti nelle cellule stesse. Digestione interna. — Il caso di gran lunga più ovvio, è quello della digestione interna, nella quale, assunta la sostanza nutritiva dal mondo esteriore ed intro- dottala, inalterata o modificata solo fisicamente, nel tubo digestivo, in questo sol- tanto avviene la sua alterazione chimica, tino alla trasformazione in sostanza di- gerita, ossia assimilabile senza più. Come per tutti gli altri animali, anche per gli Insetti le modificazioni chi- miche delle sostanze nutritive, per renderle assimilabili (da non assimilabili, come sono più comunemente in natura) si riconducono, fondamentalmente, alla tras- formazione degli amidi in zuccheri, degli albuminoidi in peptoni ed alla scom- posizione dei grassi in acidi grassi e glicerine, piuttosto che alla loro semplice emulsione. A tale ufficio concorrono non solo ghiandole speciali in rapporto col tubo digerente, ma, ancora, secrezioni particolari, dovute ai tessuti epiteliari dello stesso tubo digerente, in talune delle sue' varie regioni. Quanto alla preparazione esclusivamente meccanica, si è veduto già (voi. I, p. 736) che essa può essere completata, per taluni iusetti, molto efficacemente, anche nel prointestino, oltre quanto i consueti moti peristaltici fauno sempre, in qualunque animale che assuma sostanze so- lide, ne di questo argomento converrà, qui, dire di più. Assunzione del cibo. — Del modo come gli Insetti si procurano il loro vitto sarà il caso di dire più tardi, giacché gli atti relativi non spettano esclusiva- mente agli organi della bocca, cioè destinati alla prima meccanica preparazione (1) A questo proposito giova ricordare che il Keiliu (1913), pur non conoscendo il bell'e- sempio di simbiosi fra Dacus oìeae e Bacillus oleae, già illustrato da Amedeo Borlese, viene a sospettare che la larva di questo Dittero sia saprofoga, come anche quella d' Anaatreplia, perchè ha la faringe fornita di coste, il qual carattere spetta solo alle larve dei Ditteri Ciclorafi; sa- profagi, mentre non si rinviene in alcuna altra larva, predatrice o carnivora, o nutrentesi di tessuti vegetali, non saprofaga. 680 capitolo sesto degli alimenti ed alla loro introduzione nell'organismo. D'altronde, per questa necessità, più che per altre, si stabiliscono rapporti vari e talora complessi col mondo ambiente e, perciò, converrà riprendere l'argomento quando appunto di tali rapporti sarà il momento di far cenno. Del complesso degli organi boccali si è detto già abbastanza nel I voi., da pag. 123 a pag. 159, alle quali pagine rimandiamo il lettore. Qui basti richia- mare alla memoria i tre tipi fondamentali di apparato boccale degli Iusetti, cioè: masticatore, lambente, succhiatore e ricordare che i pezzi, che li compongono, risultano da tre paia di appendici (1.° paio mandibole; '2.° paio mascelle; 3.° paio labbro inferiore), ai quali va aggiunto un pezzo impari, che chiude la bocca dal di sopra, cioè il labbro superiore. Le appendici del 3.° paio, fuse insieme più o meno completamente, costi- tuiscono appunto un pezzo, ormai impari, cioè il citato labbro inferiore. Nell'apparato boccale masticatore, la linguetta, cioè un'appendice carnosa, impari, che si trova sulla faccia interna del labbro inferiore, è brevissima, non estensibile, uè oltrepassa il livello del labbro, su cui è fissata; ma, nel tipo lam- bente, oltre ad un maggiore o minore allungamento dei pezzi componenti il labbro inferiore (e talora anche di quelli delle mascelle), la linguetta assume un allungamento, talora rilevante, può essere retrattile o protrattile e costituisce un vero organo destinato a lambire sostanze fluide. Nel tipo succhiatore, tutte le parti della bocca sono modificate in modo da permettere la sola assunzione di sostanze liquide. Le mandibole sono, tipicamente, organi di presa e di triturazione di corpi resistenti. In grazia di particolari adattamenti, però, possono avere uffici diversi ed ancbe uhm rapporto più o scarsissimo colle funzioni della nutrizione; ma, in generale, anche se il loro ufficio è più che altro offensivo e difensivo, non si può escludere che, almeno per afferrare e trattenere la preda ; veili esempi uel voi. I, pag. 132) ed, in generale, le sostanze capaci di offrire cibo all'animale, non concorrano, il più spesso, nella prima parte della funzione di nutrizione. Perciò, l'apice delle mandibole è sempre acuto e, l'uno di questi organi opponendosi all'altro, risulta una tena- glia a punte acuminate, molto efficace per trattenere corpi resistenti, e, per le forme predatrici sopratutto, le mandibole sono, così, efficacissimi e poderosi organi di presa. Ma, nelle forme per le quali le mandibole hanno, sopratutto, lo scopo di tritare gli alimenti, è facile riconoscere che, oltre ad un apice più o meno acuto (che tale è sempre), l'orlo interno di questi organi è prov- visto ili rilievi dentiforini, alcuni taglienti come scalpelli, altri a superficie più larga, varia- mente accidentata, così che i primi si possono paragonare a denti incisivi, i secondi a molari e questi ultimi, per essere più addentro verso la base dell'organo, sono suscettibili di sforzi maggiori. Ai rilievi dentiformi di una mandibola, corrispondono diastemi opposti nell'altra. 11 movimento di una mandibola verso l'altra è nel senso orizzontale, non già d'alto in basso, come nei Vertebrati e cotale è pure pel successivo paio di organi boccali, cioè per le ma- scelle. Queste, a differenza delle mandibole, non avendo per precipuo ufficio quello della tritura- zione degli alimenti, ma, più che altro, di disporli sotto le mandibole, che sono i veri organi masticanti, ed un ufficio ancora sensoriale, relativamente alla natura della sostanza che viene masticata, sono, non solo più delicate e deboli delle mandibole, ina, ancbe, i loro pezzi tipici fondamentali, fra cui appendici eon ufficio sensoriale (come i palpi e la galea), sono benissimo sviluppati ed efficaci, Nelle mandibole, invece, se si può tuttavia riconoscere vestigio di una primitiva lobulazioue, ormai tutti i pezzi, forse originalmente distinti, sono fusi insieme, per costituire il pezzo robusto ed unico, che è il principale organo di masticazione. Inoltre, le mascelle, nelle forme ad apparato boccale lambente, possono trovarsi foggiate piuttosto allo scopo di formare una guaina alla linguetta, che non ad altro, perdendo, cioè, anche l'ufficio di con- corso nell'opera masticatoria sopraricordata. Le mascelle, adunque, sono organi soltanto ausiliari, uel lavoro di prima preparazione mec- L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PER LA PHOI'IUA CONSERVAZIONE 681 oanica degli alimenti, anche nelle forine ad apparato nettamente masticatore, ma, anche più scarsamente, in molte delle specie ad apparato boccale lambente, e tanto meno, quanto più valida e lunga è la linguetta, cioè più accentuata la facoltà di leccare sostanze fluide, anziché triturare quelle resistenti. Degli organi sensoriali, disposti nei palpi mascellari e nella galea, si è già detto a suo luogo e, dal lato morfologico, si sono lungamente illustrati nel 1 voi. (da p. 627 a p. 633), né qui giova insistervi. Il labbro interiore, nel tipo masticatore, ha il precipuo ufficio meccanico di chiudere la bocca inferiormente, e ciò per impedire la dispersione del cibo, che si sta triturando nella bocca; ma, quanto all'ufficio sensoriale, esso non sembra si possa ritenere diverso da quello delle ma scelle sopraricordate e ciò in grazia dei palio labiali e dei lobi, i quali sono omologhi delle cor- rispondenti parti riconoscibili nelle mascelle. Non pare che la lingua, negli insetti masticatori puramente, possa godere di sensibilità gu- stativa, mentre che questa è certamente assai accentuata nelle liugue allungate, che spettano al- l'apparato boccale Lambente e, nel 1 voi. (pag. 730), si sono già illustrati i sensilli, che tapezzano la lingua dell'Ape, nel quale insetto (e nelle specie di generi vicini), l'organo assume il massimo sviluppo e certo il più alto grado di efficacia sensitiva. La bocca, poi, Bia nell'apparato boccale masticatore, che in quello lambente, è chiusa all' in- nanzi dal labbro superiore. Adunque, negli Insetti a tipo boccale masticatore, le mandibole hanno, tipicamente, il pre- cipuo effetto nella triturazione degli alimenti, ma, esso emigra alle mascelle, per quelle specie carnivore e predatrici, nelle quali le mandibole hanno, invece, la sola facoltà e scopo di afferrare e trattenere la preda. Sono, adunque, da ricercarsi fra le specie vegetariane i più cospicui esempi di mandibole robuste ed attissime all'opera di triturazione. Nei predatori, invece, occorrerà l'e- sempio di mandibole chiamate a questo ufficio, ma tali organi saranno sempre molto deboli in confronto dei poderosissimi, che appartengono ai vegetariani e più che mai a auell" che rodono corpi molto resistenti, come legno, ecc. Negli insetti lambenti, le mandibole hauuo solo l'ufficio triturante o dilauiaute e tutto il resto degli organi boccali è, più o meno decisamente, costrutto allo scopo di assumere sostanze fluide. Nel tipo succhiatore, che è cosi variabile quanto alla modificazione dei pezzi boccali co- munque alterati dal primitivo tipo masticatore, tutte le parti della bocca concorrono, come si è detto, alla costituzione di un succhiatoio, assai variamente foggiato, secoudo tipi differenti, e quivi non è più traccia di alcun organo triturante. Non giova insistere sulla morfologia di questo tipo, abbastanza illustrato nel I voi. (da pag. 151 a pag. 159) e qui basti ricordare, che, in tutti i tipi, l'effetto può essere secondo due maniere fondamentalmente diverse. In un caso l'apparato boccale ha per primo scopo quello di incidere corpi resistenti e solo di poi l'altro di esaurirvi, di dentro, le sostanze liquide, che accorrono alla ferita; nell'altro caso il succhiamento avviene senza la possibilità di alcuna incisione preliminare, e, perciò, gii Insetti che sono forniti di questo perfezionato mezzo di assunzione del cibo, non possono se non suc- chiare liquidi liberi comunque. Del primo modo di prendere il nutrimento siano esempio tutti i Rincoti, i Fisapodi (Tisa- notteri), gli Afanitteri, gli Auopluri, la maggior parte dei Lepidotteri e parecchi Ditteri, del- l'altro solo i rimanenti Ditteri (Muscidi, ecc.). Nei primi, l'organo perforante è dato, sopratutto, dalle mandibole e dalle mascelle e qualche volta anche dal labbro superiore, che sono trasfor- mate in stiletti, rigidi ed acutissimi, e, con queste, l'apparato Buccinante è costituito più co- munemente dal labbro inferiore trasformato in sifone, come si vede appunto nei Rincoti, Tisa- notteri, ed. in certo modo, anche negli Afanitteri e nei Ditteri pungenti ; ma, nei Lepidotteri, sono le mascelle quelle che forniscono la tromba che suochia. Nel secondo caso, non vi ha più se non la traccia, al massimo, delle mandibole e dello mascelle e tutto l'apparato boccale è tra- sformato in un efficacissimo organo assorbente, per lo più molle, carnoso, incapace adatto di in- taccare corpi resistenti. A proposito del modo di agire di tutte queste parti e del complesso degli organi boccali ecco quanto si può rilevare. Circa l'apparato boccale masticatore si è già detto. Per quello lambente basti ricordaro che, a parte ciò che, per loro conto, fanno le mandibole, più o meno atte alla masticazione, i liquidi sono raccolti dalla linguetta e di quivi portati, su questo organo, nell'interno della bocca ; ma, A. Bbrlesb, Gli Insetti, II. — 86. 682 CAF1TOI.O SESTO pei succhiatori veri, deve intervenire una energica azione di succhiamento, in concorso cogli effetti della capillarità (certamente molto sensibili dato il tenuissimo calibro dei tubuli, traverso i quali i liquidi sono richiamati a passare); ma, vi concorre, auche, uua forte azione di succhiamento, la quale è indispensabile. Vediamo, adunque, le funzioni della prima parte dell'intestino, dal retrobocca all'esofago. Quivi, i fascetti muscolari, che costituiscono un involucro all'esofago 'ed alla massima parte del tubo digerente) sono alquanto più robusti che nel restante esofago medesimo e formano un anello capace di determinare una più forte costrizione. Il movimento opposto, cioè di dilatazione della faringe, è dato da muscoli, che corrouo dalla faccia interna della fronte a quella superiore della faringe, che, nei succhiatori, i quali godono di tali muscoli assai più poderosi che non siano nei masticatori, è, auche, rinforzata da uua placca chitiuosa. Così si ha, all'inizio della faringe, la pompa faringeale, abbastanza illustrata a pag. 723 del voi. I. Si comprende che, mentre nei masticatori tutta l'attività di questi muscoli si limita a facilitare la deglutizione del bolo solido, nei succhiatori, invece, essi determinano, colla dilatazione energica della faringe, l'afflusso del liquido dal di fuori, tìuo nella faringe stessa, traverso gli organi boccali e. di quivi, i muscoli antagonisti, cioè i contrattori, spingono il liquido nel tubo digerente. La poderosi tà dei muscoli dilatatori della faringe, in tutti gli Insetti succhiatori, dimostra che, nell'opera di assunzione dei liquidi dall'esterno, la capillarità ha beu poca parte e del tutto secondaria. Penetrata la sostanza nutritiva nel tubo digerente, assieme al segreto delle ghiandole salivari, si inizia la sua elaborazione chimica e si continua quella meccanica. Ulteriore triturazione degli alimenti solidi nel tubo digerente. — La muscolatura, rappresentata da fibre auuulari e longitudinali, del tubo digerente (della quale è detto nel voi. la pagg. 738, 746) è presente in tutti gli Insetti, siano essi masticatori o succhiatori, non può quindi avere per solo scopo la ulteriore più minuta lavorazione meccanica del cibo, ma, iu generale, nei ma- sticatori e nei lambenti si rilevano disposizioni speciali nel prointestino, per le quali è dimo- strato die, quivi, per questi insetti, uua ulteriore triturazione degli alimenti avviene senza dubbio. Infatti, in uua regione dilatata del prointestiuo, detta ventriglio, di cui la intima (cioè la membrana chitiuosa interna) è irrobustita notevolmente e spesso armata di poderosi processi cintinosi che agiseouo l'uno contro l'altro in seguito alla contrazione del poderoso strato musco- lare, avvolgente il detto ventriglio, è certamente la sede di un'ulteriore, più minuta triturazione del cibo ingerito (vedi voi. I, pagg. 736 e seg.). Digestione ed assorbimento intestinale. — L'intestiuo si divide in tre regioni, il Pro- intestino, il Mesoiniestino ed il Postintestino. Esso sono separate da valvole e differiscono fra loro fondamentalmente, per la struttura delle loro pareti, in rapporto con funzioni differentissiuie nell'opera digestiva. Quanto alla differenza morfologica, essa è più accentuata fra il meseuteron e le due parti estreme dell'intestino, che non fra queste due ultime, considerate l'una iu confronto del- l'altra. La differenza fondamentale consiste in ciò che, mentre nella parte anteriore (prointestiuo) e nella terminale (postintestino) esiste una tunica intima, cioè una membrana chitinosa, che si continua col dermascheletro dopo le regioni boccale ed anale, nel meseuteron, tale membrana di rivestimento interno manca affatto, così che quivi l'epitelio è nudo, in presenza delle sostanze da elaborarsi. È bensì vero che questo contatto, in pratica non si verifica, per interposizione della membrana peiitrofica, che conosceremo più innanzi, ma, intanto, l'epitelio del mesenterou non è rivestito da uua outicola di secrezione propria delle cellule epiteliari di questa regione, come è> invece, per le altre due. l'individuo NEGLI ATTI PUR la propria conservazionk 683 Perciò, mentre la funzione dell'epitelio del prointestiuo e del postintestino è, sopratutto, quella di produrre la membrana chitinosa (la suddetta intima) ed ogni altra funzione o è affidata a speciali elementi cellulari od a ghiandole, che si aprono in queste due regioni dell'intestino, invece, pel mesenteron, hi precipua funzione è certo quella della elaborazione chimica del cibo ingerito, la termini generali può essere detto che nel prointestino avviene la ulteriore tritura- zione degli alimenti solidi; la loro imbibizione con secrezioni derivate non solo dalle ghiandole salivari, ma anche da ghiandole speciali (e può anche avvenire iu appositi diverticoli, che spet- tano a questa parte del tubo digerente) nonché la temporanea couservazioue del cibo ingerito, pochissimo od affatto alterato chimicamente se non per effetto della saliva. Nel mesenteron si effettua la più attiva alterazione chimica dei cibi ingeriti e, secondaria- mente si inizia l'assorbimento di taluno almeno delle sostanze ormai elaborate, cioè delle più alterabili nel processo digestivo delle e più facilmente assorbibili. Nel postintestino è la sede esclusiva di ogni ulteriore assorbimento, tino ad esaurimento to- tale della sostanza digerita ; non vi ha più. ormai, opera digestiva alcuna, né meccanica ne chimica e, se sboccano ghiandole in questa regione del tubo digerente, esse non hanno alcun rapporto colla funzione della digestione, la quale, adunque, si inizia nel prointestèstino e si completa, per la maggior parte, nel meseuteron. Per la morfologia inaerò- e microscopica del tubo digerente, vedi voi. I, pagg. 721-749). l' n'intestino. — È questa la regione, die si inizia colla faringe ed è limitata dalla valvola cardiaca. In confronto del successivo inesointestino, essa è caratte- rizzata da un rivestimento cuticolare, segregato dall'epitelio stesso, proprio di questa regione In molti Insetti Ditteri, Lepidotteri, alcuni Neurotteri (tutti adulti), fa parte del prointestino un suo speciale diverticolo sacciforme, collegato all'esofago mercè un tubulo più o meno lungo e sottile, il quale, nei suddetti succhiatori, funge da temporaneo deposito dei lii]iiidi ingeriti, mentre, nei Neurotteri (Chrysopa, SlyrmiUon), che ne sono forniti, esso si riempie soltanto di aria (come in taluni Bombicidi, ad es. R. mori); si estende a tutto il corpo e, colla sua dila- tazione pel gaz contenuto, aumenta il volume dell'insetto, rendendolo così più leggero. In nessun caso, adunque, questa ingluvie prende parte diretta all'opera digestiva col concorso di secre- zioni proprie. ' Ma, tra le cellule epiteliali, pressoché esclusivamente chitiuogeue, che tapezzano il proiute- stino sotto il rivestimento cuticolare, sono stati rilevati, nelle larve di Lamellicorni, poricanali, in rapporto probabile con speciali cellule (vedi voi. I, pag. 736); si tratterebbe, adunque, di glandule unicellulari, secernenti un liquido a reazione alcalina, con probabile ufficio nella di- gestione. Certamente, nel prointestino, può affluire la secrezione di quelle ghiandole cefaliche, la quale viene a geniere nella bocca; sopratutto, adunque, delle salivari, ed anche, delle mascellari e delle mandibolari. Per la morfologia di tutte queste ghiandole, vedi voi. I, da p. 508 a p. 525. dove ne e detto estesamente. In moltissimi casi, conforme si è detto, le ghiandole salivari (o del 6.° somite cefalico) non hanno rapporto alcuno colla funzione della digestione, poiché possono essere velenifere, serici pare, ecc. ; ma, in altri, specialmente negli Insetti masticatori adulti, ad es. Coleotteri, od in tutti gli stadi di quelli a metamorfosi incompleta (ad es. Ortotteri), la secrezione liquida delle ghian- dole salivari, talora molto abbondante, che si versa nella bocca, penetra nel prointestino, mesco- lata al bolo alimentare, e questo, in tale ambiente alcalino, subisce l'azione amiolitica ed in- vertente, che dipende dal segreto appunto delle ghiandole salivari ed, insieme, l'azione triturante meccanica da parte dell'armatura chitinosa della parete interna del ventriglio. E da ritenersi, adunque, che le meno difficili e più pronte alterazioni chimiche degli ali- menti, come è, ad es., la trasformazione degli amidi in glucosi, si effettui appunto nella prima parte dell'intestino e si debba, appunto, alla secrezione delle ghiandole, che si aprono nella bocca, mentre, in molti casi, avviene anche una più minuta triturazione meccanica delle sostanze solide ingerite. 684 CAPITOLO SESTO Fig. 688. — Schema di sezione transversa del meseuteroii, per mostrare la membrana peritro- tìca (»»/') i" sito, tra il cibo A e la .sostanza digerita li. ■ C, Mesenteron. - Della morfologia, struttura ed in parte anche delle funzioni di questa regione dell'intestino è detto, non brevemente, nel I voi., a pag. 726 e da pag. 73S a 740. È accennato colà al fatto che il niesointestino è rivestito, internamente, da uno strato epiteliale, non rivestito di intima propria, ma, difeso, contro gli attriti delle sostanze ingerite, dalla membrana peritrojica. Questa membrana, di natnra chitinosa, eolissima e permeabile, è segregata da speciali cel- lule situate nell'estrema anteriore parte del mesenteron stesso e, di là, questo cilindro membra- noso, scende continuamente nel mesenteron, rivestendolo in- ternamente; raggiunge il postintestino, dalle accidentalità rigide della cui intima è trattenuto e stirato di continuo ve°rso l'esterno, cioè verso l'orifizio anale, di dove poi esce, avvolgendo tuttavia, in modo più o meno esteso o comple- tamente, gli stessi escrementi (fig. 921, voi. I). Cosi avviene che il lobo alimentare è sempre avvolto da una membrana, la quale ha l'ufficio, non solo di proteggere dagli attriti l'epitelio del mesenteron, ma, con tutta proba- bilità, quello, ancora, di costituire un diaframma dializzante fra il cibo ingerito ed in via di elaborazione e lo spazio com- preso fra il cilindro interno, formato dalla detta membrana e l'esterno, stabilito dall'involucro epiteliare del mesenteron, nel cpiale spazio viene a raccogliersi il prodotto di secre- zione, con ufficio digestivo, speciale, dell'epitelio del meseu epitelio; D, strito muscolare teron. Quivi, ancora, si accumula tutta la sostanza dia- annnlare ; ni, membr. propria. Uzzata dal lume interno, traverso la membrana pentrofìca, cioè, molto probabilmente, albnminoidi ormai peptonizzati e, come tali, pio facilmente dializzabili e destinati ad immediato assorbimento (fig. 688). Ripeto che la membrana peritrofica è in continua formazione nella primissima parte del mesenteron ed in continuo movimento verso l'apertura anale, trattavi dalle accidentalità spini- formi della intima del postintestino, che vi si impigliano, la perforano anche e, mercè i moti peristaltici del postintestino ^-^ .-.. stesso, la trascinano nel senso e nella via indicati. Cosi, l'epitelio del mesenteron, delicatissimo come è, si trova bene protetto contro le asperità del bolo solido: ma, la presenza della peritrofica in tutti gli intestini, anche in quelli degli insetti succhiatori e quindi aventi, nel loro interno, solo sostanze liquide, e perciò ad attrito nullo, con- corre a dimostrare che essa ha anche altro ufficio, oltre a quello meccanico e puramente protettore suindicato. Oltre a questo, anche tutto l'organismo è salvaguardato, per opera della membrana peritrofica, dall'ingresso, traverso il tubo digerente, di corpi estranei ocl altri organismi pericolosi. In tale maniera, la membrana peritrofica si comporta come una vera e propria cuticola intercettante l'ingresso a corpi solidi od a sostanze discìolte, nocivi nell'organismo. Cosi, i microrganismi sono impediti di passare e, nel Baco da seta, affetto da flaccidezza, si vede la peritrofica. ingrossare enormemente (da 10 a 14 volte più del normale). Anche sostanze disciolte sono intercettate. Cosi, negli Ortotteri, materie coloranti diverse (carminato, bleu di metilene, vesuvina, ecc.) non passano, pur restando molto tempo nell'intestino, lino a loro espulsione. Nel Baco da seta, tra molti colori vegetali o di anilina, solo la fucsina è assorbita dall'epitelio del mesenterou. Per converso, in altri Insetti, come ad es. nella larva di Corethra, le stesse sostanze colo- ranti, mescolate al cibo, passano nell'organismo e sono eliminate dagli organi escretori. L'accumularsi, in più strati, fino a costituire ammassi rilevanti, di questa membrana peri- trofica, nelle forme larvali (Imenotteri aculeati, alcuni Neurotteri, ecc.), che hanno l' in testino Fig. 689. — Cellule epiteliali del mesenteron di Calliphora adulto, in attività di secre- zione. «, cellula giovanissima, pronta per sostituire la cellula e, che ha già dato la gocciola ; fi, tunica propria. l'individuo negli atti pick la pkop::ia conservazione 6S5 chiuso nella valvola pilorioa, dimostra la oontinua formazione della membrana medesima e con- ferma le osservazioni dirette, che comprovano tale fatto. I successivi stati e coudizioni della cellula epiteliare del meseuteron sono essi pure abba- stanza illustrati nel voi. 1 (da pag. 74 1 a pag. 745) ed ivi è mostrato come, nel rapidissimo rinnovarsi dell'epitelio stesso, le cellule si moltiplichino in determinati centri o focolai, dissemi- nati uniformemente su tutta la superticie del meseuteron. Ciò avviene mentre le cellule sono ben Ianni dall'àver acquistato ([nell'accrescimento di volume, che avranno all'atto di prender parte alla funzione digestiva. Nel secondo periodo avviene questo accrescimento. Piti tardi la cellula segrega, in sé, i fermenti digestivi (tig. 690), la emissione di questi, nel lume del me- seuteron, è concomitante ad una speciale struttura striata per lungo di parte del citoplasma \orletto) (fig. 692, II, 0), nel suo strato terminale, cioè verso la parte libera della cellula stessa, adunque verso il lume del mesointestino medesimo. Allorché la secrezione è al suo colmo, può rigonfiarsi la parte terminale della cellula (fig. 692, I) e staccarsi, in forma di grossa gocciola, che si diffonde nel liquido contenuto nel meseuteron. Segue il progressivo disfacimento della cellula, che finisce per dissolversi, essa pure, nel liquido mede- simo, mentre è subito sostituita da un nuovo ele- mento, che sorge e progredisce colle modalità e colla destinazione surricordata. Cot-ì, l'epitelio del me- seuteron si rinnova continuamente, talora anche con lunghe zone di cellule o tutto insieme con- temporaneamente, ed è da ritenersi che, da parte della cellula epiteliare, avvenga, oltre alla fun- zione di secrezione, anche quella di assorbimento delle sostauze ormai elaborate (1). Assorbimento della sostanza elaborata. — Sembra doversi ritenere per certo, che la sostanza ormai digerita ed assimilabile, dopo traversata la peri- trofica, stravasi dall'intestino nella cavità viscerale, non filtrando fra cellula e cellula dell'intestino stesso, ma penetrando veramente nelle singole cel- lule e traversandole. Le cellule epiteliali (fig. 691) avrebbero cosi questo ultimo ufficio di assorbimento, che, altrimenti, il passaggio delle sostanze elabo- rate, fluido denso e poco atto a filtrare traverso l'epitelio e le tuniche dell'intestino, non po- trebbe non essere lento e disordinato. Fig. 690. — Cellule del mesenteron di C'alliphora adulto, nelle quali, da parte del nucleo, è in attività la se- crezione del succo digestivo (indicato in nero). Cellula a giovanissima ; è incominciata la secrezione, ma è poca e tuttavia contenuta, nel nucleo ; b, cellula giovane, ina meno delle pre- cedenti ; il succo digestivo si co- mincia a raccogliere in fondo alle cellule; Ad, cellule già com- pletamente sviluppate; si vede la gocciola di succo gastrico fuori- uscire dal nucleo e raccogliersi in fonilo alla cellula, per passare, poi, nella sua parte anteriore: il cito- plasma e la cromatina sono indicati nella sola cellula (I, per non creare confusione; nelle altre è segnata solo (in nero) la sostanza safranotìla, cioè il succo digerente anzidetto ; tp, tunica propria. Questo stadio precede di poco lo stadio ad orletto (Da Berlese). (1) È bene qui rilevare che questa identità delle cellule epiteliari del mesenteron, sebbene esse presentino aspetti molto diversi, apparendo alternate, pressoché regolarmente, quelle, calici- formi, colle altre cilindriche, ad orletto o rabdorio che si voglia dire, la quale identità di origine era ammessa ormai allorché io ne trattavo nel I voi. (loc. cit.), è, ora, revocata in dubbio e ciò in lavori recenti, tra cui cito qnelli del Degeener (1913) e della Foà (1918), per qunnto al- l'altra opinione inclinino, invece, il Jordan (1911) e lo Steudel (1913); queste ultime osserva- zioni sono state condotte su insetti diversi. Il Degeener, che studiò l'epitelio della larva della Deilephila enphorbiae, conclude che j;li sferoriti (come l'Autore chiama le cellule cilindriche) sono diversi dai calicociti (cellule a calice degli autori). «Sono — dice. l'Autore — due sorta di cellule, senza dubbio diverse morfologica- mente e fisiologicamente, fra le quali non esistono gradi di passaggio •>. La signorina Foà estese le sue ricerche non solo anche ai giovani bacolini (giacché ha preso per oggetto delle sue ri- cerche il Baco da seta) ma ancora ad embrioni, per quanto maturi, e giunge alle stesse conclu- sioni del Degeener. Con tutto ciò non può essere completamente eliminato il dubbio, uè, a mio 686 CAPITOLO SESTO La superfìcie attiva del meseuterou è spesso accresciuta per la pre9euza di diverticoli sacci- formi, sporgenti Bulla sua superfìcie esterna, nei (inali, però, come è facile comprendere, non si introflette altrimenti la peritrofica, cioè non viene ad insinuarsi mai il cibo in via di digestione. Il loro lume, adunque, non è occupato se non dal liquido attivo nella digestione o dai prodotti ormai elaborati e destinati all'assorbimento. Postintestino. — In taluni casi, allorché, cioè, la valvola pilorioaè chiusa (se ne sono ricordati esempi, che però, appartengono solo a forine larvali di insetti olometaboli), evidentemente ogni funzione digestiva si arresta a questa porta chiusa e la digestione avviene, quindi, solo nelle due prime porzioni del- l'intestino, sopratutto nella seconda. In tutti gli altri casi, è luogo a discussione circa la parte che il postintestino ha nell'opera digestiva. Una funzione attiva, cioè coll'interveuto di secrezioni, do- vute a cellule epiteliali od a ghiandole spe- ciali di questa parte dell' inte- stino, si può am- mettere solo per taluni elementi cellulari disse- minati nell' epi- telio, piuttosto rari e non sem- pre presenti in tutti gli insetti, i quali elementi si vedono assu- mere il caratte ristico aspetto delle cellule in attività secernente. La funzione precipua sembra essere quella di esaurimento ulteriore del cibo ingerito, sopratutto coll'assorbimento dei pro- dotti della digestione di sostanze grasse. Che il postintestino abbia, nell'opera digestiva, una funzione assorbente, è dimostrato anche dal fatto, che anche in questa parte dell'intestino si possono trovare introflessioni della parete, le quali non sono destinate ad altro, evidentemente, se non ad aumentarne la superficie. Nel postintestino vengono ad aprirsi le ghiandole urinarie, cioè i tubi malpighiani e spesso anche altre ghiandole di natura ed ufficio diversissimi, non però in rapporto coll'opera digestiva (per la morfologia, anche minuta, dell'intestino posteriore, vedi voi. 1, pagg. 727-728, 746-749). Fig. 691. — Cellule del niesen- teron ili CalUphora adulto, in attività assorbente. Cibo me- scolato a sali solubili di ferro, trattamento con ferro cianuro di potassio, ecc. 11 ferro è fis- sato e si riconosce dalla tinta bleu, caratteristica, nelle cel- lule (C) e nella sostanza dige- rita ed, stravasata ormai oltre la membrana propria (mp) e ancora compresa tra le fibre annnlari muscolari (/•'»!), delle quali si vedono le sezioni transverse. Cg, cellula gio- vane. Nelle altre è contenuto il ferro assunto col cibo. (Da Berlese |. Fig 692. — Cellule epiteliale del ine- sointestino di Cimbex ; /, in attività secernente; II, in attività assorbente, e, cellule mature ; ct, cellule gio- vani di ricambio ; o, orletto ; g, goc- ciola che sta separandosi dalla cellula; j,, caduta nel lume dell'intestino ; m, membrana basale. (Da Severin). parere, la questione è risoluta ormai, sia perchè gli embrioni studiati dal Verson e dalla Foà hanno suggerito ai due autori conclusioni differenti, pur concordando perfettamente nel reperto obbiettivo ; sia perchè gli embrioni studiati erano già prossimi alla schiusura e da qualche tempo il loro intestino doveva trovarsi in una funzione digestiva, per quanto limitata e speciale, sia perchè il confronto con molti altri insetti, ad es. quelli studiati dallo Steudel sopracitato, lascia molte incertezze e dubbii in proposito. Ritengo che la questione sia, per ora, soltanto rimessa sol tappeto, quando sembrava affatto risoluta. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PKl: LA PROPRIA CONSERVAZIONK 687 Salvo il conoorso discutibile, che può venire dal prodotto dei vasti malpighiaui nella chimica dei liti nidi ormai elaborati e tuttavia da assorbirsi, che si trovano nel postintestino (del che si dirà tosto), e l'attività assorbente di questa terza ed ultima porzione del tubo digerente, funzione questa che può essere dimostrata, come si vedrà, il postintestino ha, inoltre, l'ufficio di tratte- nere temporaneamente le feci, oltre a quelle altre funzioni, che non si richiamano alla digestione e di cui si farà cenno volta a volta. Processi chimici nella digestione. — Si è già avvertito che la trasformazione degli amidi in glucosi, nella digestione interna, si inizia già nel prointestino e si è accennato alla parte, che vi possono prendere le ghiandole cefaliche, aprentesi nella bocca, sopratutto quelle salivari, mercè il loro segreto. L'alterazione chi- mica, in questo senso, che subiscono gli amidi nella ingluvie di quegli insetti in cui essa è distinta come un diverticolo sacciforme, in rapporto col rimanente in- testino solo mercè un tubulo esile, che riunisce questo sacco all'esofago al suo inizio, cioè molto prossimamente alla bocca, dimostra che tale alterazione non può essere dovuta all'intervento di secrezioni del mesenteron, ma solo a quelle delle ghiandole cefaliche, da poiché le pareti di detta ingluvie separata non hanno che, tutto al più, un epitelio bassissimo, senza alcun carattere di tessuto ghiandolare ed anzi difficilmente percepibile nelle sezioni. Là dove l'epitelio è più alto, può essere che esso abbia qualche attività secernente, sopratutto per quelle cellule distinte ed a condotto proprio, delle quali si è fatto cenno. Certo, però, la principale funzione digestiva, anche degli amidi è riserbata al mesenteron. Quivi, l'epitelio, come si è detto, si vede sempre in gagliarda fun- zione secernente. il liquido fermentizio, il vero succo gastrico sembra si formi sopratutto nel nucleo della cellula epiteliare; certo il nucleo vi ha parte essenziale benché sia da ritenere che anche il citoplasma concorra alla formazione del succo gastrico dal momento che, alla fine, l'intera cellula si disfà nel liquido digestivo (1). Frenzel, Biedermaun ed altri avevano già rilevato la presenza di inclusioni diverse, guttnli- formi nel nucleo e nel citoplasma delle cellule epiteliari e Duboscq e Léger (1900-902) hanno, essi pure, descritto prodotti di secrezione contenuti nelle cellule dell'epitelio del mesenteron, in Coleotteri ed Ortotteri, alla formazione delle quali il nucleo pronde patte importante. Si tratta di sferale mucinoidi, talora ialine, tal'altra contenenti molti granuli cromatici e « granuli zimogeni e prozimogeni », aafranofili e di natura puramente cromatica. Tali sferule mucinoidi, sole o colle cellule degenerate ormai, cadono nel lume del mesenteron e quivi si fon- dono nel succo gastrico, alla cui composizione concorrono. Per mie osservazioni, condotte su non pochi insetti, mi risulta che le inclusioni safranofile sopracitate si formano nel nucleo della cellula epiteliare molto per tempo, ancora quando esse sono molto giovani (fig. 690, a, a), ma la secrezione raggiunge la massima intensità in uno stadio che precede ((nello ad orletto ed in questo. Tali inclusioni fuoriescono dal nucleo verso il basso della cellula, ove questa riposa sulla membrana propria ed appunto nella parte inferiore della cellula si raccolgono e si mescolano al citoplasma, raggiungendo solo di poi la parte rivolta verso il lume dell'intestino, di dove questi prodotti fuoriescono nel modo già ricordato e rappre- sentato dalla fig. 689. (1) Tuttavia questo ratto non è probante, in modo categorico, dell'intervento del citoplasma della cellula epiteliare, nella composizione del succo gastrico. Può essere che si tratti semplice- mente di digestione della cellula ormai morta. Infatti, che le cellule ben vive ed attive non soffrano del contatto col liquido digestivo, è certo, logico e riconoscibile direttamente, come pure si deve ammettere che le cellule morte non possano non essere digerite, cioè risentire l'influenza del succo gastrico, appena cessata la loro vitalità. È però ammissibile che il liquido fermentizio, formatosi nel nucleo, si completi nella sua composizione, col concorso del citoplasma, nell'atto di traversare la cellula per fuoriuscire. b>K CAPITOLO SESTO Pantel (1898) ha riconosciuto, nel Trizio», movimenti ritmici di contrazione e dilatazione delle cellule epiteliari, mediante i quali vengono, ad intermittenze, espulsi i succhi fermeutizii. La secrezione dell'epitelio del ineseiiteron (detto anche ventricolo chili- fico, ecc.) o succo gastro intestinale, che dire si voglia, contiene, come principio attivo, un fermento con funzione da paragonarsi piuttosto al succo pancreatico degli animali superiori, anziché a quello gastrico. Infatti, il liquido segregato dal mesenteron agisce insieme sugli amilacei, sugli albuminoidi e sui grassi, trasformandoli in sostanze solubili (glucosi, pep- toni, glicerine, acidi grassi). La azione proteolitica di questo succo gastrico non è già da ascriversi ad una mescolanza di pepsina e di tripsina, come da taluno autore è stato prima- mente ammesso; ma, il principio attivo si deve alla tripsina, esclusivamente, che trasforma gli albuminoidi in peptoni colla formazione di triptofano e tirosina, colle caratteristiche della digestione triptica. Adunque, la digestione, negli Insetti, per opera del succo mesenterico, si avvicina a quella pancreatica degli animali superiori e non corrisponde a quella gastrica degli stessi. Il succo gastrico ha, però, anche attività amilolitica (almeno per la maggior parte degli Insetti), per quanto, secondo le esperienze del Plateau, tale attività sia molto diversa, per grado, nei differenti gruppi di Insetti. Il potere lipolitico del succo digestivo, nella generalità degli Insetti è ormai fuori di dubbio; accanto ad un'energica azione emulsiva, il succo gastrico ha quella pure, bene constatata, di sdoppiare i grassi in glicerina ed acidi grassi. Quanto alla trasformazione delle sostanze amilacee, è ammesso che il glucosio si forma, nei Bruchi, anche nel mesenteron e Bidermauu ha riconosciuto ciò per la larva del Tenebrio motitor che, come è hen noto, si nutre di farina e nel succo gastrico di questo insetto l'Autore ha con- statato anche la presenza di una invertina, il Plateau, per gli Scarabeidi, ha riconosciuto con simile effetto. Però, se non pei Bruchi, nei quali le ghiandole del 6.° somite sono trasformate in organi sericipari, per la larva di Tenebrio e per altri Insetti non si può escludere l'intervento e la me- scolanza della saliva, nel succo gastrico presente nel mesenteron. Quanto al potere proteolitico del detto succo, se ne è constatata la diversa efficacia, come ho detto, a seconda dei diversi grappi di Insetti. In riguardo al potere lipolitico, esso ò accertato ormai dalle esperienze di parecchi autori (Jousset de Bellesme, Plateau, Biedermann, Porta, ecc.). Inoltre, Sieber e Metalnikow hanno constatato, nel succo gastrico della larva della Tignuola degli alveari (Galleria melonella), la pre- senza di un fermento lattico, capace di coagulare il latte in uu ambiente alcalino. Quanto al grado di acidità od alcalinità del succo gastrico, si è riconosciuto che negli Insetti carnivori e negli onnivori, il succo stesso è a reazione legger- mente acida, mentre negli Insetti erbivori esso è, generalmente, alcalino ; ma, la condizione di acidità non è necessaria per la digestione ed in tutti i casi tale acidità non dipende affatto da alcun acido libero, analogo a quello che si in- contra nel succo gastrico degli animali superiori; tale acido, pegli Insetti, mai si è potuto mettere in evidenza e l'acidità stessa sembra piuttosto doversi ad un sale acido, come ad es. ad un fosfato. Esperienze, condotte nutrendo Insetti con sostanze mescolate a soluzioni di tornasole, hanno dimostrato che la reazione può variare nelle diverse parti dell'intestino. Così, ad es., nella larva di Tenebrio molitor, Biedermann ha riconosciuto che il succo gastrico, nettamente acido nei due terzi anteriori del mesenteron, diviene subitamente alcalino nell'altra parte e la linea di demarcazione corrisponde ad una decisa differenza nella struttura dell'e- pitelio. l'individuo negli atti per la PROPRIA CONSERVAZIONE 689 In un» mia nota (1896) sugli organi e sulla funzione della digestione negli Acari, trattando incidentalmente della stessa funzione negli Insetti vegetariani e ricordando che già il Plateau (1867) aveva constatato sicuramente che, nella quasi totalità di questi Insetti, il succo gastrico ha reazione alcalina, pur nutrendosi essi di sostanze vegetali, le quali Bono ricche di acidità, esprimevo la opinione che tali sostanze aoide fossero sollecitamente ossidate dalle numerose tra- chee, che recano aria abbondante al mesenteron, anche molto intimamente nell'epitelio. I sali acidi organici, contenuti nelle sostanze vegetali, si trasformano, coli 'ossidazione, rapi- damente, in carbonati alcalini, la cui presenza nel succo del mesenteron è stata sempre consta, tata. I vasi malpighiaui, poi, interverrebbero, prima dell'assorbimento per parte del postintestino, a neutralizzare l'alcalinità della sostanza da assorbirsi, versandovi per entro l'acido urico, con formazione di arati alcalini, che si vedono iu forma di concrezioni sferoidali e vengono espulsi colle feci. La digestione, che, negli Insetti e nei Miriapodi, si effettua nel lume dell'intestino, invece, negli Aracnidi, è intracellulare, cioè si compie in seno alle cellule stesse epiteliari del mesenterou, cioè con processo fisico essenzialmente diverso, però chimicamente conforme. Assorbimento. — Non è stato ancora dimostrato che nell'intestino anteriore avvenga alcali processo di assorbimento, neppure dei glucosi. Ma, pel mesenteron, le esperienze in proposito non lasciano dubbio e conviene ammettere che le 6tesse cellule epiteliari, sia pure in momenti diversi, abbiano ufficio secernente del succo digestivo e quello ancora di assorbire la sostanza elaborata ormai nel lume di questa parte dell'intestino. 11 processo è da ritenersi che avvenga nel modo seguente. Le sostanze ingerite, mescolate alla secrezione delle ghiandole cefaliche od almeno di talune fra queste, passano nel mesenteron, contenute entro la mem- brana peritrofiea. Questa è permeabile ai liquidi a seconda della loro facoltà dialitica; essa, cioè, permette facile ingresso al succo digerente ed egresso alle sostanze ormai rese solubili, cioè digerite, sieno esse glucosi, peptoui o prodotti della scomposizione dei grassi e queste si raccolgono tra la membrana peritrofiea ed il rivestimento epiteliare del mesenteron. Di quivi sono assorbite dalle sin- gole cellule epiteliari, nel cui citoplasma subiscono, certo, una ulteriore modifica, zioue ed, alla fine, pronte ad essere ormai assimilate, dalla regione basale delle cellule trasudano negli interstizi fra cellula e cellula, e, traversata la membrana basale, si diffondono nella cavità viscerale, ormai pronte a circolare nelle lacune degli organi interni. La diversità chimica fra le sostanze comprese entro la peritrofiea ed i liquidi, che si raccol- gono tra questa e l'epitelio rivestente il mesenteron, può essere messa iu rilievo sicuramente dal- l'impiego di sostanze coloranti diverse, mediante le quali, nelle sezioni, appare chiaramente co- tale diversità. Le stesse colorazioni all'emallume, con molte altre, mostrano una assai diversa colorabilità, a seconda che si tratta delle sostanze contenute nella peritrofiea o esterne a questa. In generale, queste ultime sono assai più intensamente tingibili, come lo sono le sostanze pep- tonizzate in generale ed i fermenti proteolitici, mentre non lo sono che debolissimamente, o punto, gli albuminoidi tuttavia insolubili. L'intervento delle cellule epiteliari nell'opera di assorbimento è dimostrato anche da espe- rienze dirette, come sono quelle condotte con sostanze nutritive mescolate a coloranti, come è stato riconosciuto da diversi autori e'per insetti differenti (Vangel per Idrofilo; Yoinoy per le larve di Odonati; Pautel per la larva di Trizion. Cuenot, per Blatte nutrite con farina mesco- lata a lattato di ferro, riconosciuto alla reazione col ferrocianuro di potassio, orinai presente entro le cellule epiteliari dopo 24 o 48 ore dalla ingestione). Tutte queste esperienze hanno dimostrato che l'assorbimento avviene anche per parte delle cellule epiteliari dei diverticoli ciechi del mesenteron. Cosi, è da ammettersi una corrente centripeta di liquido digerente, da tutta la parete del mesenteron e suoi diverticoli verso il centro del tubo, per giungere a contatto della sostanza A. Bkblkse. Oli Instili, II. — 87. 690 CAPITOLO SESTO da digerire e, conseguentemente, una corrente inversa, centrifuga, dal lume centrale del uiesen. teron stesso e suoi diverticoli ciechi, quando essi esistono. All'opera di assorbimento non prendono parte le giovanissime cellule epiteliari, tuttavia annidate nei nidi di cellule, dei quali si è detto antecedentemente. In queste adunque, mentre può ammettersi che la secrezione del succo gastrico si inizi molto per tempo, si deve escludere che contemporanea si manifesti la facoltà di assorbimento. Le prove del Cuenot, sopracitate, a mezzo di sali di ferro, dimostrano ciò, con tutta evidenza. Quanto all'intervento delle cellule epiteliari, nella ulteriore elaborazione, esso è dimostrato da inclusioni speciali, che si trovano, spesso anche in gran numero, nel nucleo e nel citoplasma delle cellule epiteliari del mesenteron e sono cristalloidi di natura proteica (kern krystalloide del Biedermann, riscontrati anche dal Mingazzini in larve di Lamellicorni, ecc.). Inoltre, la osservazione diretta, colle colorazioni mercè sali di ferro, secondo il processo del Cuenot, mostrano che il ferro stesso si trova nell'interno delle cellule. Per mio conto ho ripe- tuto il trattamento usato dal Cuenot, somministrando a Callifore adulte tuorlo d'uovo conte- nente il sale di ferro. Ho riscontrato che le cellule epiteliali in attività di assorbimento (fig. 691) sono imbevute della sostanza elaborata, desunta dal mesenteron e questa penetra, per sottili cor- renti che si vedono molto bene con apparenza di filamenti colorati in bleu, nella metà supe- riore libera della cellula e quivi il citoplasma è incolore e scarso, così che queste correnti della sostanza ingerita, fissate nella preparazione, sono molto evidenti. Si vede poi la sostanza, cosi assunta, raccogliersi verso il basso delle cellule, sotto il nucleo e di qui fuoriuscire dialitica- mente e raccogliersi molto densa fra le cellule, oltrepassare la basale, così da occupare tutti gli spazi tra fibra e fibra dello strato muscolare. Secondo Vaney e Maiguon (1906) neppure il glucosio, derivato dalle foglie e che abbonda nel tubo digerente del Baco da seta, sarebbe assorbito direttamente, ma esso si arresterebbe all'epitelio e quivi, scomposto, non passerebbe nel sangue se non traversando le cellule epiteliali, ove potrebbe avvenire una ricomposizione secondo le necessità dell'organismo. Si dovrebbe concludere, che per quanto assimilabile ormai sia divenuta la sostanza digerita, essa deve ricevere entro le cellule epiteliari del tubo digerente, quella ulteriore elaborazione as- similante (direi quasi specifica ed individuale), mediante la quale essa divieue precisamente adatta ad entrare a far parte di quell'organismo, al quale appartiene la cellula del tubo dige- rente medesimo; in altri termini, se nel lume dell'intestino ad es. del Baco da seta si può tro- vare del glucosio, del peptone od i componenti dei corpi grassi, nella cavità viscerale, fuo- riuscito dall'intestino si trova il glucosio, il peptone, ecc. particolari della specie: Baco da seta e forse dell'individuo stesso. Molti autori tendono a non ammettere ulteriore assorbimento nel restante intestino; questa funzione, adunque, cesserebbe al di là della valvola pilorica ; ma se tale funzione è da escludersi, necessariamente, per le pochissime forme lar- vali, già ricordate, in cui detta valvola è chiusa fino alla ninfosi, non si può, per ciò solo, non ammetterla per tutti gli altri, pur convenendo che in buona parte l'assorbimento è già avvenuto nel mesenteron. Osservazioni dirette mostrano che anche nel postintestino ha luogo mia funzione assorbente, forse non per mezzo di tutto l'epitelio di questa regione, ma di speciali localizzazioni, ove esso ha particolare struttura (cosi che è stato anzi considerato per ghiandolare) ad es. : nelle così dette ghiandole rettali, comuni negli Insetti e di cui si è detto già nel voi. I a pagg. 748, 749. D'altronde, sono già state descritte dal Tursini, dal Mingazzini, da me e da altri specialissime villosità della intima ricoprente l'epi- telio della prima parte almeno del postintestino (vedi voi. I, pagg. 747-749), sulle quali si raccoglie abbondante la sostanza digerita e che hanno tutti i ca- ratteri di veri e propri mezzi assorbenti e questa funzione loro è anche dimo- strabile direttamente. Nelle susseguenti regioni del postintestino, sprovviste di consimili apparati, la funzione dell'assorbimento è da ritenersi molto minore e cessa poi affatto nel retto, cioè nell'estrema parte del tubo digerente. Si può ammettere, dunque, che la funzione dell'assorbimento, iniziatasi nel mesenteron, si continui fino al principio del retto e così avvenga che nel postin- L'INDIVIDUO NKOl.I ATTI l'KK I.A PROPRIA CONSKRVAZtONK 691 testino si assorbano le sostanze, elaborate, di più lento lavoro dialitico, come sono ad es. i grassi emulsionati, se non i loro componenti. Può anche darsi che la funzione dell'assorbimento abbia, per principali sedi, regioni diverse dell'in- testino, a seconda del differente regime dei diversi insetti, molto spesso in rap- porto con variate proporzioni delle singole regioni dell'intestino, considerate l'una rispetto all'altra. Che il postintestino sia pure sede di un ulteriore assorbimento, destinato ad esaurire con). pletamente la sostanza digerita prima di abbandonare i residui inutilizzabili, si può anche di- mostrare ricorrendo a quel procedimento già usato dal Cuenot e sopraricordato, cioè col mezzo di cibi mescolati a sali solubili di ferro. A proposito della Callifora adulta, nelle prove che io ho condotte così e di cui ho sop.ra fatto cenno, mi è risultato che iu questi animali, nutriti da piti ore con tuorlo d'uovo addizio- nato di sali di ferro (ho scelto il tuorlo d'uovo perchè, come è noto, esso è ben ricco di sostanze grasse), ho rilevato sem- pre, in modo indubbio, l'assorbimento, per parte delle così dette ghiandole rettali (vedi, per questi organi, voi- I, pa- gina 748, tig. 936 e fig. 901 a pag. 725, Or). L'epitelio di queste ghiandole si tingeva (colla reazione al ferrocianuro di potassio) in bleu e si vedeva chiaramente la sostanza molto intensamente colorata, raccolta fuori della tunica propria, nel lume stesso delle ghiandola e quivi depositata in piccole goc- ciole ifig- 693). Così, mi sembra tolto ogni dubbio sulla at- tività assorbente del postintestino, che, del resto, era già ammessa per altri insetti da taluni autori, come dal van Ge- huchten per larve di PUychoptera contaminala : dal Pautel per Fig. 693 Tlirixion, dal Mingazzini per larve di Scarabeidi, dal Tursini per altri insetti, ecc. Particolare adattamento del tubo digerente negli Kmitieri Omot- terl. — E qui il caso di richiamare la speciale disposizione morfologica del tubo digerente negli Emittori Omotte.ri, già illustrata a pagg. 733, 734 del voi. I, dove è anche accennato alla probabile maniera di funzione. In detti Insetti è ricono- scibile la tendenza a ridurre al minimo od anche impedire del tutto la comunicazione fra il mesenteron ed il postinte- stino. Infatti, tale comunicazione, già molto diflicoltata nei piò alti Omotteri, è nulla nei Diaspiti (Coccidei), che sono i più bassi. In tutti, il retto è limitato da una parete esilissima e permeabilissima a liquidi piti facilmente dializzabili. La co- municazione, che si è detto difficile o soppressa affatto, rappresenta una disposizione destinata ad impedire la rapida dispersione delle sostanze elaborate, meno facilmente dializzabili Questa disposizione, così singolare, non sembra poter avere altra esplicazione, diversa da quella accennata già (voi. I, pag. 734), per la quale conviene ammettere che lo scopo precipuo di tale maniera di tubo digerente sia quello, appunto, di permettere la selezione delle sostanze albuminoidi, che Sono scarse entro la massa di liquido desunta dal vegetale, di cui l'insetto è parassita, e di eli- minare, intanto, sollecitamente, tutta la massima parte inutilizzabile, che è ricca di sostanze zuccherine, le quali, appunto, dializzano più facilmente. È da ammettersi che tutta la sostanza elaborata ormai, sia zuccherina per opera delle ghiandole salivari, sia albuminoide e grassa, per o]iera del mesenteron, passi nella cavità viscerale, di dove ritorna, per dialisi, nel retto la sola zuccherina e viene così espulsa, per la massima parte, come eccessiva ai bisogni dell'organismo. Questa è una maniera speciale della funzione della digestione, adattata alla particolare maniera di nutrizione, da parte dei sopradetti insetti e ne è prova la abbondante emissione di sostanza zuccherina, iu forma di melata, ecc. eiaculata dal retto. Speciali processi digestivi in taluni Insetti. — Talune sostanze, ordinariamente in- digeribili, come il legno, la lana, la cera, sono, invece.il cibo esclusivo di taluni Sezione longitudinale del retto nella regione delle ghiandole rettali, in Callifora adulto, nutrito con tuorlo di uovo addizionato di lattato di ferro. Si vedono in b le ghian- dole rettali colorate dal ferro (trattamento successivo con fer- rocianuro) e nel loro lume rac- colta la sostanza ferruginosa assorbita. Nel lume del retto a sta la sostanza da assorbirsi. Per la morfologia di questa regione del retto, vedi la cor- rispondente tig. 936 a p. 748 del voi. I. 692 CAPITOLO SESTO insetti, nei quali, adunque, il succo gastrico deve avere facoltà digestive speciali. Nel tubo digerente delle larve di Coleotteri xilofagi è stata riscontrata una diastasi, la xi- lanasi, idrolisante la xilaua. Seillere (1905) ha potuto mettere in evidenza questo principio attivo, triturando tubi digestivi delle larve di Phymatodes variabili), con un poco d'acqua e di cloroformio e mettendo nella stufa a 38° questa mescolanza, cou un grammo di xylana. Si ottiene, così, un liquido , che presenta le caratteristiche dei pentosi. Si può dunque ammettere che, in molti Insetti, esistano cellulasi capaci di digerire la cellulosa. Sitowski ha studiato la digestione nella larva di una tiguuola (Tinea biseliella), che, come è noto, si ciba esclusivamente di lana. L'Autore non è giunto ad isolare il principio attivo di tale digestione, ma egli crede si tratti di un fermento digestivo del gruppo della tripsina, capace di disciogliere la cheratina e trasformarla in un albuminoide solubile. Metalnikon"', nel succo digestivo della larva di 'Figliuola degli alveari {Galleria melonella), non riconobbe alcun fermento speciale ad effetto cerolitico; ma, nell'ambiente alcalino, quale è il con- tenuto del tubo digerente di questo insetto, la cera, secondo l'Autore, si emulsionerebbe e la sua digestione avverrebbe solo nel sangue, per opera degli amebociti. Per quanto la cera sia ne- cessaria alla vita di queste larve, pure esse si nutrono specialmente degli altri detriti organici che sono contenuti nelle cellule dei vecchi favi. Assorbimento diretto dell'azoto e del carbonio. — Molto importanti, per la fisio- logia della nutrizione degli Insetti, sono gli studi di M. von Linden (1901-907), mediante i quali si dovrebbe ammettere una particolare maniera di nutrizione delle larve e delle crisalidi di Lepidotteri, in queste ultime molto più attiva e regolare che non nelle prime, paragonabile a quella dei vegetali, per opera della clorofilla, cioè di assorbimento dell'acido carbonico ed anche dell'azoto e della fissazione di quest'ultimo e del carbonio, per quanto nei detti Insetti non si sia trovato un pigmento speciale da paragonarsi, per detta funzione, alla clorofilla dei vegetali. Crisalidi immerse in aria mescolata con acido carbouico all' 8 per 100 aumentano di peso (mentre è noto che nell'aria esse diminuiscono di peso notevolmente). L'aumento, perfino del 25 per 100, sarebbe dovuto alla fissazione dell'acqua, dell'azoto e del carbonio, quest'ultimo in grande preponderanza. Notando che le crisalidi, pur coll'aumentare del peso assoluto, scemano di quello specifico, si deve ammettere che il carbonio è utilizzato alla formazione di grasso. La luce (sopratutto quella rossa, mentre quella bleu favorisce la respirazione) aiuta questo processo di assorbimento ed una temperatura troppo elevata (che aumenta il processo respira- torio) e a danno di tale funzione, mentre, durante la ninfosi, quando la respirazione è meno in- tensa, i fenomeni di assorbimento delle dette sostanze sono più netti. Contro le asserzioni di tanta portata per la fisiologia di tutti gli animali (1), recate innanzi da M. von Linden, recentemente il Briicke ha mostrato che esiste una causa di errore molto rile- vante, per cui il succitato aumento di peso di crisalidi, immerse in un'atmosfera ricca di CO2, può avere altra origine. Un argomento di così grande interesse merita certo ulteriori ricerche. Circolazione. Si è già detto( voi. I, pag. 7<>9) che il fluido circolante nel corpo degli In- setti è ila paragonarsi piuttosto ad una emolinfa, in cui nuotano elementi cellulari liberi, da richiamarsi ai leucociti degli animali superiori, anziché ad un vero e pro- (1) Le affermazioni di M. von Linden mi fanno risovvenire i risultati di esperimenti miei, già pubblicati (1901), i quali tenderebbero a provare, che in vertebrati a sangue freddo, si ha un assorbimento e diretta assimilazione dell'azoto dell'aria atmosferica. l'individuo nkgli atti pkr la propria conskrvazionk 693 prio sangue. Infatti, negli Insetti, la ossidazione dei tessuti avviene direttamente, per opera dell'aria circolante nel sistema tracheale (che manca in rarissimi casi, nei più bassi Insetti, pei quali la respirazione è, adunque, esclusivamente cu- tanea), né si trova alcunché di simile alle emazie ; manca anzi ogni traccia di pigmento respiratorio, anche soltanto disciolto nel fluido circolante (eccettuato il caso più unico che raro delle larve di Chironomus). Adunque, il fluido circolante nel corpo degli Insetti ha funzioni da richiamarsi esclusivamente alla nutrizione pla- stica dei tessuti ed alla eliminazione dei prodotti plastici di escrezione. Perciò, l'organo pulsante princi- pale (che non manca mai) ed i secon- dari, quando esistono, non sono da omologarsi al cuore dei Vertebrati. Esso determina la corrente della emolinfa, che è spinta, dai movimenti di sistole e diastole, a circolare in appositi vani interposti fra i tessuti e di quivi è richiamata, volta a volta, all'organo pulsante medesimo. Sistema circolatorio. — Per quel che riguarda l'insieme del sistema circola- torio e le sue particolari disposizioni, mi richiamo a quanto è stato esposto in proposito nel voi. I, da pag. 75S a pag. 7C9. Ivi è illustrato il centro pulsante principale (vaso pulsante), in forma di tubulo percorrente tutto l'insetto (fi- gura 694), secondo la sua linea longi- tudinale mediana, sito al dorso del corpo ; esso è diviso in camere, ciascuna, tipicamente, corrispondente a ciascun anello addominale e, nel torace, come in parte del capo, rappresentato da una sola camera tubiiliforme. Queste concamerazioni successive sono divise fra loro da setti, nei quali si apre una valvola, che permette il transito al liquido, sotto la pressione di fibre muscolari anulari, capaci di costringere, ritmicamente, il tubo stesso, successivamente, dalla camera estrema posteriore alle altre verso l'innanzi, diminuendone il calibro, cioè comprimendo il liquido contenuto, che, in tal modo, è spinto in avanti. Altre valvole ai lati di ciascuna camera, permettono il succhiamento del li- quido dalla cavità ambiente, all'atto della diastole, determinata da muscoli dila- tatori deile camere, attaccati sulla parete laterale di ciascuna camera e fissati agli archi dorsali dell'addome. Tali muscoli non si trovano nel torace, così che il vaso, che percorre questa regione e che è aperto liberamente nel capo, non si dilata e pei suoi effetti meccanici può essere paragonato piuttosto ad una aorta che ad un cuore pulsante. Oltre a questo principale organo di pulsazione, in molti Insetti, special- mente in quelli forniti di arti sottili e lunghi, nei quali, dunque, l'impulso venuto dal vaso principale può essere notevolmente attenuato od ostacolato, per la ri- strettezza del lume, in cui il liquido deve circolare, trovansi dei piccoli centri Fig. 694 Schema per mostrare la circolazioue della emolinfa. La dilezione è secondo le freccie. 694 CAPITOLO SESTO pulsanti secondari, i quali, contraendosi, soccorrono a mantenere la spinta ed il movimento nel liquido circolante. Si è fatto già cenno, da parte nostra, di detti organi, nel voi. I, a pag. 764, e si è anche illustrato quivi (ifcirf., fig. 953; l'organo pulsatile, che si trova nel ginocchio delle Eanatra (come in altri Emitteri d'acqua). Più recentemente il Brocher (1909) descrive lo stesso organo nel suddetto Emittero acquaiolo, né sembra che il sullodato Autore abbia notato quanto per noi si è detto una decina d'anni innanzi e che, esposto pur brevissimamente, corrisponde alla più lunga descrizione del detto Autore, come convengono le sue figure con la suddetta mia d'allora. Recentemente (191G) il Brocher La studiato ed illustrato bene un or- gano pulsatile, che si trova nel meta- tergo di Insetti adulti di ordini diversi, Sezione schematica, trasyerea, del- come Coleotteri, Lepidotteri, Ortotteri, Ditteri, Neurotteri, ecc. (e già Janet aveva rilevato simile centro pulsante nelle Formiche alate), che agisce per aspirazione ed è la causa precipua del movimento circolatorio dell'emolinfa nelle ali. 695. — Sezione schematica, trasversa, del- l'organo pulsante metatoracico di Dittiseli» adulto. A, in diastole; B, in Bistole; AI, te- gumento del metanoto; Im, membrana mu- scolare, con le sue valvole (r) ; vi, briglie muscolari per ottenere la diastole ; b, tubulo tra i muscoli ó'7, che inette nel vaso pul- sante dorsale e. (Da Brocher). L'organo in discorso era, però, stato notato anche da altri, ad es. (Orbelé 1912 nel Dytiseus), ma esso e stato meglio illustrato anche nella sua funzione, dal Brocher. Si tratta di una sottile membrana muscolare (fig. 695, Un, tig. 696, om) tesa alla faccia del tegumento del metatergo (il), Fig 696. — Metatergo di un Dytiscus, per mostrare in om (dove si vede interrotto il tegumento) la membrana muscolare dell'organo pulsatile. A, ala (base). Le freccio iudicauo la direzione delle correnti erti olÌTJ fatiche, dalla centrifuga, che va per la costale, alle centripete che, dalla altre nervature, accorrono all'organo pulsatile. (Da Brocher). la quale, contraendosi (sistole), determina la riduzione della cavità che è compresa fra tale mem- brana muscolare appunto e la faccia superiore dei grandi muscoli longitudinali mediani del me- tatorace (37, a fig. 467, voi. I, cioè muscoli primi del metanolo, p. 400). Questa cavità, mercè un'apertura mediana, comunicante con un tubulo, che si infiltra fra j detti muscoli e scende in basso, verso il centro del corpo, è messa in comunicazione col vaso l'individuo xkgli atti per i.a propria conservazione 695 pulsante dorsale (tig. 695, e; il detto minilo è indicato in 6). La succitata sottile lami netta muscolare può essere attratta verso il tegumento del metanolo da sottili briglie muscolari (m), che intercorrono appunto fra il detto tegumento e la lamina muscolare sottilissima, anzidetta. La contrazione di queste fibre muscolari determina la diastole, cioè la dilatazione dell'or- gano pulsatile, nel quale momento la sottile lamina muscolare è allentata (fig. 695, A); allorché questa si contrae, accade, inveoe, la condizione di sistole (tig. 695, B) dell'organo pulsante. Il fluido contenuto nell'organo pulsante è spinto, allora, entro il vaso dorsale, traverso il tubulo anzidetto. Nell'atto della diastole, funzionano quattro piccole valvolette (»), aprendosi, ed il fluido, richiamato dalla dilatazione dell'organo pulsante, può penetrare in questo, mentre, durante la sistole, chiudendosi le dette valvole, il fluido è spinto, come si è detto, nel tubo pulsante dorsale. Questi movimenti determinano, così, la circolazione del eangue nell'ala, dalla quale esso giunge dalla vena alare posteriore, mentre, nell'ala, il fluido penetra traverso la ner vatura costale (tig. 696, C). Un organo pulsante omologo si trova nel niesotergo e serve a determinare la circolazione nell'ala anteriore. Fig. 697. — Posizione dell'organo pulsatile niesotergale (o) nel mesotergo e metatergale (om) nel metatergo in Insetti diversi, adulti. A, Tabanus boviinis ; B, Decticns veiriiviionis ; C, C'ossns C088U8. (Da Brocher). Il liquido circolante si muove, nel corpo, traverso meati e lacune interorga- niche, in cavità limitate quasi sempre da esili membrane, non sempre facilmente riconoscibili ed è l'insieme di queste lacune che forma, col vaso, quel sistema vascolo lacunare, per cui gli Insetti, con altri Artropodi, si differenziano dai Vertebrati. Manca, infatti, negli Insetti, un sistema vascolare chilifero e la so- stanza assimilabile passa dal tubo digerente, senza più, nelle ampie lacune, che circondano il tubo digerente e, di quivi, nelle minori, richiamate o spinte dalle contrazioni dei muscoli, in servizio del vaso pulsante suddetto. Non si poteva trattare del sistema circolatorio senza dire anche abbastanza dei movimenti circolatori del fluido, che lo percorre e così per tutto ciò, il let- tore può consultare il voi. I, al luogo indicato. L'annessa fig. 694, che togliamo dal voi. I, mostra, schematicamente, la maniera di circola- zione e la direzione delle correnti nel corpo di un insetto. Nel voi. I, a pag. 765 e 768, è detto abbastanza di un sistema di diaframmi, distribuito fra gli organi, cos'i che il plasma sanguigno scorre per una via prestabilita e si è fatto cenno, so- pratutto di un setto pericardico (diaframma pericardiale d'altri Autori), di un diaframma neurale e di un peritoneo splancnico, aggiungendo le opportune figure. In questi ultimi tempi (1916), il Brocher ha messo in rilievo anche diaframmi trasversi da lui riscontrati nel torace di larva di Aeschna, l'uno (fig. 698, 700, a) situato fra il prò- ed il mesotorace ; l'altro (ò) fra questo segmento ed il successivo. 696 CAPITOLO SESTO Si tratta di membrane esilissime, di tessuto connettivale, disposte trasversalmente rispetto alla direzione del corpo e quindi anche del tubo digerente, dal quale sono perforate nel mezzo. Questi dischi membranosi hanno, cosi, una larga apertura, rotonda nel centro (fig. 699) ed i loro orli interni, attorno a questa, sono forniti di esilissime fibre muscolari, costituenti uno sfintere» capace di restringere l'apertura circolare, traverso la quale passa il tubo digerente. Per tali aperture, allorché i diaframmi sono rilassati, passa il sangue. Essi vanno a riunirsi col setto pericardico, nella regione dorsale, e con quello neurale infe- riormente (1). Questa ha una lunga apertura nel mezzo (fi- gura 700, >») di dove, pure, può entrare il sangue. I sepimenti trasversi, perchè contrattili, rientrano, pel loro ufficio, fra gli organi attivi nella circolazione e pos- sono essere annoverati (anche meglio che fra i semplici setti a reazione puramente passiva, per elasticità, tappezzanti il si stema lacunare), annoverati, dico, fra gli organi pulsanti. L'annessa fig. 700, schematica, che togliamo dal Brocher, fa vedere come il Bangue circoli, secondo il detto Autore, nel corpo di una larva di Jeschna e come penetri nella camera formata dai diaframmi trasversi e dai longitudinali e come ne fuoriesca. L'esame sul vivo, praticato dal detto Autore, con accurete osservazioni, conferma la detta maniera di circola- zione indicata nello schema. Negli arti, si è riscontrato un tubulo continuo, a pareti esili ssime (canale evitale), procedente dal vaso pulsante; esso percorre l'arto per tutta la sua lunghezza ed infine si apre liberamente (fig. 694 canali punteggiati) negli arti. 11 liquido circolante vi si muove per entro con direzione centrifuga, atra vasa dal tubulo all'apice dell'arto e ritorna verso il centro, decorrendo fra gli organi ed il tubulo stesso, nel quale percorso, soltanto, è supponibile che avvenga, più specialmente, la nu- trizione degli organi stessi coi materiali portati in giro dal liquido che circola. Nella fig. 694 è rappresentato a destra, il movimento del liquido in senso centrifugo; nella metà a sini- stra, il movimento di ritorno al vaso centrale pulsante (puu- Fig. 698. — Larva di Aescìtiut, parte di testa e del torace, aperto dal dorso, tolto il tubo digerente, per mostrare in « la posizione del diaframma tora- cico anteriore ed in b quella del posteriore. (Da Brocher). Fig. 699. — Diaframma toracico posteriore, isolato di larva di Aeschna ; lo sfintere è allentato; a, apertura dalla quale passa il tubo digerente. (Da Brocher). Gli spazi non definiti e delimitati fra il vaso pulsante e gli arti si debbono intendere come limitati da esilissime mem- brane, costituenti il labirinto di camere chiuse, per le quali il liquido raggiunge gli arti o da questi, ritornando, viene ripreso dal vaso pulsante. Brocher illustra bene la circolazione del sangue nelle zampe e nelle ali di Insetti diversi. Anzitutto, egli riconobbe, nelle larve di Pseudouenrotteri, la presenza di un setto tras- verso, in corrispondenza dell'articolazione femoro-trocanterica, pel quale la maggior parte del fluido circolante è quivi arrestata nel suo movimento centrifugo e ritorna al centro. Una piccola apertura, nel detto diaframma, permette ad una parte del fluido di spingersi entro il femore, a nutrizione della rimanente, zampa (vedi fig. 701, come e indicato dalle freccio). Inoltre, negli stessi Insetti il Brocher confermò la presenza del tubulo (vedi voi. I, p. 768), già veduto da altri e che percorre l'arto, ina, almeno nelle forme studiate da questo Autore, il tubulo stesso non oltrepassa la giuntura femoro-tibiale (fig. 701, B, t) e nella tibia è sostituito da un diafiagma longitudinale (S), che divide a mezzo, per lungo, tutta la rimanente zampa. Questo (1) A meno che non si fondino, invece, tutto all'ingiro col peritoueo splancnico. Siccome il Brocher non pare abbia tenuto conto di quanto io scrivevo molti anni prima, secondo ho detto, così egli non definisce bene a quale dei diaframmi suddetti corrispondano quelli longitudinali che egli illustra. L'INDIVIDUO NICGLI ATTI PER LA PROPRIA CON'SKlìVAZIO.VK 697 diafragma ha, però, frequenti aperture, traverso le quali il fluido circolante passa dall'una all'altra metà longitudinale della tibia e del tarso e può ritornare al corpo, movendosi in direzione .° Sostanze e corpi vari estrinseci, formanti un rivestimento secondario a tutto od a parte dell'animale. 4.° .Rifugi difficilmente accessibili. [/INDIVIDUO X1CGI.I .\ i 1 1 ni: i.a pnoi'M \ ci >xski: va/i • \ i TU 9 Tegumenti. — Gli Insetti sono caratterizzati (coi Miriapodi, tra gli Artropodi terrestri) da un rivestimento cutaneo robusto. Lo spessore e la conseguente re- sistenza del tegumento sono direttamente proporzionate all'età dell'individuo, in quegli ordini nei quali esso tegumento è molto robusto nell'adulto. Questo prò gresso si rende evidente sopratutto nei gruppi a metamorfosi completa, in quelli, però, nei quali la loco- mobilità e minore, perciò che la facoltà di volo è ridotta e spesso nulla affatto. Il volo meno pronto e subita ueo, che non sia in altri gruppi di Insetti, ha piuttosto altri scopi che non quello autofilattico mercè una fuga sollecita di fronte ad una mi- naccia improvvisa. Fi 703. Imitazione fra Coleotteri di diverse famiglie. A, Caìoptiron (Licide , forma protetta; B, un Longicorne imitatore del medesimo. (Da Emery). Si È già avvertiti) che il valore del- l'iudividno, nell'economìa della specie, aumenta proporzionatamente all'età (Te- sando, però, nella condizione metagonica), donile avviene che si accresce di pari passo l'efficacia dei mezzi protettivi, tanto più sensibil- mente, quanto piti scarseggiano quelli difensivi. A protezione si possono anche ascrivere tutte lineile strutture speciali, per cui nessuna por- zione dei tessuti epiteliali degli Insetti è esposta al contatto diretto col mondo esterno, cosicché, iu questa guisa appunto, è evitato o grandemente ridotto il pericolo derivante da infezioni da parte di microrganismi e sono queste tutte strutture di origine tegumentale. Ma, di tutto ciò si è detto abba- stanza altrove, ni- qui giova ripetersi. Mimetismo fanerico. — Più in- nanzi, a proposito del Mimetismo dittico, esporrò alcune conside- razioni, atte a chiarire il mio modo di vedere intorno al mime- tismo in genere e qui, come là, io mi limiterò alla esposizione di fatti, pei quali si è creduto di riconoscere, con evidenza, che la somiglianza di talune specie, al- trimenti male protette o defi- cienti di ogni altra maniera di difesa, con specie temibili per efficaci mezzi difensivi ed offen- sivi, non solo ridonda a van taggio delle prime, incatendo rispetto a possibili aggressori, ma deve considerarsi quale effetto di una selezione naturale, mzi ottima dimo strazione di questa legge. Che la somiglianza, almeno di forma, colore e statura, fra specie div sissinie ed anche ap- partenenti addirittura ad ordini e perfino classi discosti, apparisca più o meno evidente al no- itro occhio, si può anche ammettere, ma per tutte le conseguenze di ciò, argomentate da molti mi rechiamo alle considerazioni che esporrò più innanzi, come ho avvertito. Kig. 704. — Imitazione fra Lepidotteri. LeucolhyrÌH victoHna. Eliconide imitato da forme non egualmente premunite, cioè da un Pieride li i Di»- moiphia fortunata) e da un Bombicide C (Phaiiopti* njaiiomelas). (Da Emery). fio t'.\ri iin.d Questa maniera di Mimetismo, che è permanente, può esser detta fanerioa, inquantochè l'animale, che ne gode, non si cela altrui in alcun modo ed, anche se la sua veste è molto appariscente, la inette sicuramente in mostra, senza preoccupazione della sua vistosità, protetto dal rispetto che ingenera nei suoi avversari la terribilità reale della specie imitata. Fig. 7(15. — Un Emittero Eterot- tero, J, che imita una Formica ( P&eiidomyi' me graoilis, B). Ingr. circa 2 volte. (Ha Emery). Esempi di cotale mimetismo fanerico, cioè, di « pelle del leone », indossata da forme in- nocue, sono citati in gran ninnerò dagli autori e molti di questi avvicinamenti sono aneli e tirati a forza come si direbbe, ma altri sono piìl evidenti, q uà— lunque ne sia la loro causa e la portata a vantaggio della specie simulatrice. Giova, intanto, avvertire quanto segue. Alcuni gruppi di Insetti, pur da temersi per mezzi offen- sivi e difensivi pericolosissimi, non sono imitati da alcun altro insetto e ne sieno esempio gli Eterotteri acquaioli, la cui puntura, dolorosissima anche per noi, è micidiale per animali minori. Neppure i Reduvidi, Insetti non meno temibili, che sono terrestri, contano forme loro mimetiche ed il paragone con taluni Ligeidi, maculati di rosso e di nero, col comune Sarpaclor iracuvdus nostrale, è molto mal proprio. Ma, forse, tutte queste specie sono protette abbastanza mercè la loro secrezione odorosa. Altri gruppi, pur ricchissimi di Insetti, come sono tutti i Coleotteri, gli Ortotteri, i Pseu- doneurotteri, ecc., non mostrano esempio o ben raramente i primi (ad es. rig. 703) di consimili imitazioni, né fra loro né per parte di Insetti di altri gruppi. Eppure, molti fra i detti In- setti, godono di armi difensive ed offensive, non trascurabili. Non mancano citazioni di Lepidotteri, di gruppi diversi, che non godono di alcun mezzo protettivo speciale e che imitano altre forme dello stesso ordine, più rispettate perchè dotate di particolari secrezioni ripulsive (ad es. tig. 701). Gli esempi ricordati più frequentemente ed in maggior numero sono tra gli Imenotteri ed altre-specie inermi, pertinenti a gruppi diversi, come Ditteri e Lepidotteri. Ma, e meno agevole spiegarsi, attribuendolo a solo scopo protettivo, il mimetismo di taluni animali, dotati di armi serie, con altri forse meno bene difesi e pur sono questi ultimi, senza dubbio, l'oggetto della contraffazione. Cosi, ad es., se le Formiche, certo bene ar- mate di pungolo e di sostanze repugnanti, sono imitate da qualche insetto inerme, come, ad es.. da qualche Emittero (ligg. 705, 70o), ciò può spiegarsi eolle vedute sopra ricordate, ma lo e meno il fatto (se pur non si tratta di mimetismo aggressivo), molto più frequente, di Ragni formi- cifonni, i quali Bono pur temibili nel loro pic- colo mondo, e tuttavia molte sono le specie di Ragni formici formi e se ne è dato qualche esempio (rig. 127. p. 123). Le citazioni più frequenti, da parte degli autori, di esempi di mimetismo fanerico, si richia- mano ad Imenotteri (imitati) ed a Lepidotteri o Ditteri mimetici dei primi e, perciò, si afferma, non meno rispettati dei primi, da parte di altri animali, che hanno cognizione del come possono difendersi gli Imenotteri. Tenute presenti tutte le possibili restrizioni, e il caso di confermare che, al primo aspetto, per animali che si contentino della vista per giudicare, possono rilevarsi somiglianze di forma e più ancora di colorito fra specie inermi ed altre temibilissime. Così, ad es., moltissime specie di Sesiidae (nella quale famiglia, essendo le ali in parte de- nudate di squame e pellucide, del taglio, presso a poco, di quelle degli Imenotteri e piccole in J Fig. 706. — Larva di Emittero Ometterò I Ste fiaspis) (a), che imita le Formiche del gen. Alta (i>), quando portano le foglie. Ingr. circa 2 volte. (Da Emery). L'INDIVIDUO XROI.I Al II l'KII I.A l'KurillA CONSKKVAZIONK 711 confronto ilei corpo gro9setto, la somiglianza con vespe e la dissonanza dalle restanti farfalle risalta a prima vista) molte- specie hanno ricevuto ciarli autori nomi, che si richiamarlo alla so- miglianza loro con qualche gruppo «li Imenotteri, Bebbene, dopo le più vecchie denominazioni, aia intervenuta piuttosto una certa moda di nomenclatura, anziché l'affermazione di una vera somiglianza coll'imenotteroro richiamato dal nome specifico. Ed eeeo che (per ricordare solo specie paleartiche), dopo il Trochilinm api forme [L.) e la Stria tetpiformii L., sono nominate dagli autori, un Trochiliam crabroniforme (Lewin); T. pim- plaeformt Obli, e molte specie di Sesia, tra le quali cito (per mostrare come tutti i gruppi di Imenotteri aculeati sieno stati chiamati in questione): Sesia scoliae formi» Bkn. : spkaeci formi» Gerii. ; ondrenoe/briius Lasp. ; formicaeformh Esp.; ichiieamoiiiformis (S. V.); hymenopleriformi» Bell. ! maiariformi» 0. ; attatiformii 11. S. ; faenusaeformia l.d. ; chry»idi formi» Hb. ; foeniformis II. S. ; ihuh-iiìi formi» Hh, : otmiaeformi» II. S., ecc. E' pero vero che queste comparazioni sarebbero molto discutibili se venissero prese alla lettera e non potrebbe questa somiglianza, se pur fosse evidente e certa, aver molto valore a Fis 707. — Esempio di insetti mimetici della Vespa crabro L. (B) ; A, Trochilinm api/orme (L.); C, Yohtcella inani» il-.i. Grand, nat. dimostrazione di un mimetismo con forme temibili, perchè gli autori non sono mancati di tro vare, od almeno indicare, somiglianze anche con specie del tutto inermi, perchè si trovano citate un Sciaptero» tabaniforme Rott. e le molte Sesia, come ad e9. : S. ceohiformi» O. H. ; aroceriformis Tr. : doleriformié H. S., richiamate dunque, a Tentredinei e 5. tipuliformis CI. ; conopiformis Esp. ; muopiii formis Bkh.; pipiziformis Ld. ; cnlieiformis L. ; stomoxyformii Hh. ; empiformis Esp. : tyrpkiformit Lnn,; bibioniformia Esp.; mitecaeformia View. ; muggini formia Rbr. ; aiithraciformis Rbr., ecc., che sono assimilate a Ditteri del tutto inermi. Fra i Ditteri non sono mancati simili paragoni con Imenotteri e, ad es nella famiglia A»i- lidae, si trovano (per ricordare solo specie paleartiche) un Pycnopogon apiforme (Macq.) : una Laphria bomlioides (Macq.); un Alila) crabroniforniU L. ; un Crobilooerus megilliformia L. W. ; fra gli Acroceridae una Aatomella apiformia Westw, ; fra i Nemeetridae una Nemeatrina bombi/ormi» Portsch., come trai Syrphidae si trovano T?mno»toma reapiformc (L.); Cerioide» respiformi» (Latr.) ; Mileaia crabroniformia V. ; Arstophila bombi/orini» Fall, e fra gli Oealridoe: Porlachinskia bombi/ormi» Porstsch., ecc. Del resto, il mimetismo dei Bombyìiu» coi Bombii», indicato dallo stesso nome, è ricordato il più spesso dagli autori, come quello della Volaeella inania L. col comune J'eapa crabro (rig. 707) e della Eryatalis (Eryatalomyia) tenax (L.) coll'Ape, ecc. Rivestimenti secondari. — Molti insetti a cute molle, come sono, ad es., la mag- gior parte delle larve olometabole, provvedono a rivestirsi con involucri di so- stanze diverse, e così sono meglio riparati di fronte alle ingiurie dell'ambiente. Cotali involucri possono essere originati esclusivamente da speciali secrezioni dell'animale strs-,,, oppure da corpi diversi, trattenuti al posto da speciali se- crezioni dell'animale. •12 CAPITOLO SESTO A proposito delle larve e delle ninfe oloinetabole si sono ricordati i più cospicui esempi, pag*. 252-254), ai quali si possono aggiungere gli scudi protettori delle ninfe dei Diaspiti, che risultano composti delle spoglie della larva e della prima ninfa, assieme collegate da un tessuto di seta e formano uno scudo, che ricopre tutto il dorso della ninfa seconda (nel quale stato i Diaspiti ovificano) e si collega con un sottile velo sericeo, che è disposto al ventre, fra l'insetto e la pianta, su cui esso è fissato. Una speciale escrezione dal retto intonaca ed irrobu- stisce il velo sericeo dorsale, rinforzando, così, tutto lo scudo. Si sono già altrove indicati molti esempi (voi. I, pa- gine 497*503, voi. Il, p. 254, fig. 252) di secrezioni di cera e di lacca, formanti un efficace rivestimento protettivo per Insetti di ordini diversi ed in differenti età, come fanno anche vedere le due Cocciniglie, che qui si figurano (fig. 708) uè giova qui ripetersi in ciò. Fra le secrezioni speciali, formanti una particolarissima maniera di involucro riparatore a forme giovanili di Insetti ametaboli, giova rammentare, qui, il curioso riparo delle forine giovani eli Aphrophora (Emittori, Omotteri), che determinano lineile piccole masse di spuma, che si vedono, durante la buona stagione, su gran numero di piante pratensi, ed e ap- punto questo singolare riparo (che preserva gli insetti nasco- stivi sotto non solo dall'aggressione di altri animali, ma anche del pronto disseccamento dei molli e delicati corpi loro, che cosi si proteggono), che ha meritato il nome di por- ta-spuma (Afrofora) (fig. 709), secondo la voce greca, come di sputacchina nel nostro volgo, ecc. Della natura del liquido emesso dall'insetto, come delle ghiandole da cui proviene, ecc. si è già detto abbastanza a pag. 539, 540 dei voi. I, al quale rimandiamo il lettore. Qui basti dire die il piccolo Omottero gode della facoltà di fare la spuma solo nell'età giovanile, mentre, allorché adulto, esso è libero e lo si vede aggirarsi sulle erbe, saltare, ecc. La spuma è un complesso di bollicine, che l'insetto emette una ad una dalla parte poste, riore del corpo e si accumulano il Fig. 708. — Cocciniglie protette da scudi cerosi. A, Parafairmaria gracili/ Green, veduta di lato (da Green); B, Paleococcus pulcher Leon., dal dorso. (Da Leonardi). Ambedue ingrand, circa 8 diam. sulle erbe in una massa visto setta, che tutti conoscono. Ripari difficilmente acces- sibili. — Finalmente, con- verrà ricordate che molti Insetti, sopratuttonegli stadi giovanili, si celano entro ambienti, dove non sono minacciati se non da spe- ciali loro nemici molto sa- gaci, clie godono di mezzi ed istinti peculiari per rin- tracciarli, ma sfuggono, in- tanto, alla grandissima mag- gioranza dei predatori, cioè a tutti quelli che non hanno cotali facoltà specializzate. I rifugi, che l'individuo occupa temporaneamente ed occasionalmente, solo in presenza di una minaccia improvvisa, per gradi vari e molti si raccordano cogli ambienti reconditi, ove, anche più individui in conmue, vivono abitualmente; ma tali ambienti reconditi, come ad es. le caverne, non hanno più uè il carattere occasionale, né l'efficacia dei primi. Fig. 709. — La comune Sputacchina o Cicadella. La massa di spuma in grand, nat. su una foglia; //, come l'insetto produce la spuma (ingrandito 5 diam.); A, al- l'inizio; B, ormai l'insetto è tutto ricoperto. L'INDIVIDUO NKGI.l Ali! l'KU LA PROPRIA CONSKRVAZIONK T 1 3 I gradi sono indicati nel modo seguente: 1.° rifugi occasionali ed estemporanei; 2.° ambienti riparati, in condizioni conformi pegli individui della stessa specie, secondo la stessa età e per tempo vario, preparati col concorso di chi ne profitta ; 3." ambienti reconditi, ove la specie vive transitoriamente o meno, vi mol- tiplica e come tali non possono più ascriversi a mezzi protettivi o difensivi in dividnali. Dei primi non è il casi) di «lire molto. L'insetto, che si crede in pericolo, come la maggior parte clenli altri animali, se non può fare di meglio a propria difesa, procura di celarsi entro qualche rifugio, ove sfugga alla vista dell'inseguitore e questo, non facilmente, per la sua mole o per altro, lo possa raggiungere. Deli ambienti riparati, invece, e che si trovano in condizione di costante uniformità pegli individui della stessa specie, che ne profittano, le maniere sono molteplici e di questi, più che d'altri, conviene citare qualche esempio. A parte ciò che fanno le larve olometabole. in questo senso, delle quali si .• gin trattato in precedenza, è certo che molti Insetti sono, durante un periodo della loro vita o per tutta questa, riparati in ambienti, dove è meno facile od anche molto difficile i'. raggiungerli e ciò costituisce un serio mezzo protettivo. 11 terreno, gli spazi sotto le pietre o sotto i tronchi a terra e quelli sotto la corteccia degli alberi morti o che comunque si sfaldano, le cavità nei tronchi enei rami, l'interno dei legnami, delle frutta e di altre parti delle piante o molti altri corpi duri e resistenti, souo intimamente pervasi da specie diverse di Insetti ed in età differenti e così si trovano molto bene al sicuro dalla generalità delle cause loro avverse, sebbene non altrettanto da quelle speciali, poiché queste sanno eludere così fatti mezzi protettivi. Molte volte sono le forme larvali (olometabole), che godono della sicurezza di tali ambienti, mentre, i loro rispettivi adulti sfarfallano e sfidano il pericolo del mondo aperto, e questo è il caso più frequente. Ma, i grandi volatori, come sono, ad es., i Ditteri, i Lepidotteri egli Imenotteri, i Pseudo neurotteri ed i Xenrotteri adulti, non fanno ricorso a così fatti rifugi, allorché provvedono a mettersi in salvo. Fra gli Ortotteri, però, solo le Forticule e le Blatte si affrettano a riparare in simili recessi, anzi vi stanno sempre che non li spinga all'esterno la necessità di cibarsi; ma, tutti gli altri sono specie eminentemente a vita libera, all'aperto e di rado si nascondono altrimenti che con colori omocrouii od altre imitazioni dell'ambiente. Non diversamente si comportano gli Emitteri Omotteri; ma, fra gli Kterotteri, non poche specie si contano, che hanno l'abitudine di celarsi altrui in rifugi ristretti o vi si riparano durante la cattiva stagione, ed. in questo caso, spesso in colonie numerose. Se ne dirà anche a proposito dell'ibernamento. Sotto le pietre o sotto i tronchi caduti a terra, l'entomologo sa di poter far buona raccolta, oltreché di altri Artropodi, anche di Coleotteri, Eterotteri, Blattidi, Fortienlidi e di Apterigoti di tutti i gruppi. Entro i legnami albergano, sopratutto, larve di Coleotteri ed anche di Lepidotteri, si nu- trono del legno che rodono e vi stanno, intanto, anche molto bene difese. Moltissime specie di Microlepidotteri albergano, allo stato di larva, entro il parenchima delle foglie, molte altre nell'interno delle frutta, ecc. Qualche specie di insetto si scava cunicoli entro terra, non solo per stabilirvi la sua fi- gliolanza, ma come vera e propria dimora sua, entro la quale si rifugia ad ogni minaccia. Ne sia classico ed ottimo esempio, fra tutti, il Grillo dei campi (Liogrylliis campestri*), che scava i ben noti e lunghi cunicoli sotterranei, in cui vive (fig. 174, p. 479), mentre il Grillo domestico sa trar profitto delle fessure nelle muraglie, tra pietra e pietra. Da questi rifugi permanenti, ma individuali, a quelli che accolgono intere colonie, che vi si moltiplicano, il passaggio è graduale e non giova ricordarne altri esempi. Vengono, così, a stabilirsi delle faunnle speciali a determinati ambienti riparati, che souo bene noti all'entomologo; ma, di queste non è il caso di trattare qui, dove si è voluto soltanto A. Bbklesk. Gli lineiti, II. — 90- 714 CAPITO!." SKSTO accennare ad ambienti di rifugio estemporaneo, ai qnali taluni Insetti fanno ricorso, soltanto per evitare un pericolo imminente. Intanto, si noti che cotesto mezzo di difesa, allorquando interviene un atto volontario da parte dell'animale, ad es. quello di correre a rifugiarsi iu un ambiente recondito, possono consi- derarsi per veri atti difensivi, mentre restano esclusivamente protettivi quelli, nei quali l'ani- male, passivamente, gode del beneficio dell'ambiente riparato, come ad es. accade di una larva nata e vivente entro il legno, ecc. Difesa. La difesa, propriamente eletta, si manifesta coll'intervento di atti volontari, preceduti dal sospetto o dalla percezione del pericolo ed è semine occasionale e temporanea, iniziandosi al momento in cni la minaccia si rende sensibile od è temuta e cessando con questa o col sospetto di essa. La difesa è praticata, e non dai soli Insetti, in modi differenti, che qui ri- cordo, procedendo dai più ovvi e più generalmente seguiti, agli altri meno fre- quenti, se non speciali soltanto agli Insetti. L'animale provvede ad evitare l'aggressione ed i suoi effetti: 1.° fuggendo (attivamente o passivamente; arrotolamento); 2." sottraendosi alla percezione visiva dell'aggressore (Grittismo ; cioè Mi- metismo dittico; Necromimismo); 3.° usando i suoi speciali mezzi, coi quali può intimorire od offendere l'aggressore (Foberismo; mezzi difensivi ed offensivi). Fuga. — La più certa ed utile maniera per sottrarsi ad un pericolo è quella di profittare della locomobilità, per interporre spazio abbastanza tra sé a l'av- versario ed è l'espediente più spesso praticato dagli animali tutti. La sua efficacia è in rapporto diretto colla potenza di percezione e colla fa- coltà locomotoria di chi ne usa. Si è già veduto come le forme larvali, soprattutto degli insetti olometaboli, siano, in gene- rale, molto piti poveramente dotate, a questo riguardo, che non le forme adulte e perciò meno prontamente ed efficacemente cotali organismi immaturi si raccomandano alla fuga per sottrarsi al pericolo; il più spesso, essi mettono in pratica altri espedienti, dei quali non fa uso l'adulto, che può avvertire molto prima e meglio l'accostarsi della minaccia e provvedervi in tempo, al- lontanandosene mercè la sua maggiore facoltà di spostarsi. Più delle larve a vita aerea, per le quali la locomozione, fra le accidentalità sopra terra, è meno agevole, sono le larve acquaiole, che, potendosi muovere agilmente nel liquido elemento, provvedono bene in tempo a fuggire, allorché entrano iu sospetto, e, ad es., dal pelo dell'acqua, al quale affiorano per respirare, si immergono profondamente e presto, per cosa paurosa, che venga dal di fuori, come si vedono fare benissimo le larve dei Culicidi, di molti Coleotteri ac- quaioli, ecc. Anche fra le larve a vita aerea, piti pronte a percepire il pericolo ed a scansarlo allonta- nandosene, sono quelle più evolute, cioè le melolontoidi ; più tarde le cruciformi, per le quali, spesso, tutta la percezione del pericolo si restringe alla tattile, cioè quando già la minaccia e addirittura a contatto e la fuga è ormai, anche in causa della scarsa locomobilità, assai poco efficace. Cosi, per queste larve, più che per le melolontoidi, sono ovvie altre maniere di difesa. Quanto alle larve ciclopiformi, esse non possono provvedere in alcun modo alla propria di- fesa e debbono accettare quella, qualunque sia, che loro viene dalla vittima, ili cui albergano, la quale, cosi, per un singolare adattamento istintivo, protegge non sé stessa, che la condanna è ormai inesorabile, anzi già in atto, ma la specie nemica della propria specie (I). (1) Perfino moribondo, il bruco, da cui sono uscite le larve di Braconidi endofagi e filano i loro bozzoletti attorno al suo corpo ormai esaurito, sembra abbia una cura quasi materna, in quegli ultimi istanti, dei suoi uccisori e pare li protegga, come può, fino a che sono al sicuro entro il loro bozzolo ultimato. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI l'I-It LA PROPRIA CONSERVAZIONE 715 Ma, dei mezzi ili difesa e dei ripari delle forme larvali oloinetabole si è detto già da pa- gina .46 a pag. 256 e poco, quindi, sarà da aggiungersi qui, mentre dovremo piuttosto dire di quel elie fanno, a questo scopo, gli adulti tutti od anche le larve delle specie ametabole. Le ninfe olometabolé, generalmente, per tutta difesa si affidano ad ambienti o mezzi protet- tivi, giacché cosi ottuso e deficiente è il loro complesso sensoriale e, generalmente, nulla è la facoltà locomotoria Ma, tra le ninfe acquaiole, pur olometabolé, si hanno esempi di una organizzazione meno povera e per queste, il pericolo, avvertito abbastanza in tempo, e la facoltà di spostarsi in seno alle acque, concedono una utile fuga, come m vede accadere anche per le ninfe (oltreché per le larve) dei Culicidi, che stanno a fior d'acqua, ma si immergono subito, rapidissimamente, purché l'acqua stessa sia smossa intorno, cosi che esse sentano, a questo modo, l'accostarsi di alcunché di temibile. Ina particolarissima maniera di fuga, mercé la quale la larva minacciata si allontana tem- poraneamente dal punto pericoloso, ove pero e richiamata dalla necessità della sua vita, è mo- strato da quei bruchi, viventi in comunità, o solitari, e ne siano esempio le larve di Tineidi ed altri Microlepidotteri tìg. 245, p. 1252) che. intimoriti, si abbandonano fuor del riparo, al proprio peso e cadono verso terra, ma filano, intanto, dalla bocca, un filo sericeo, mercè il quale pos- sono, piti tardi, passato il sospetto, riguadagnare il loro rifugio, ove stanno e si nutrono. Il più spesso, però, il far ricorso alla gravità, per abbandonare sollecitamente il luogo ove la minaccia si è manifestata, non si accompagna colla possibilità di farvi ritorno con simile mezzo ed, in questo caso più comune, l'insetto, larva od adulto, si raccoglie su s'è o ritira gli arti, in modo che la caduta sia più pronta, senza impedimenti, come di corpo morto, ed, infatti, in molti casi, l'atto è accompagnato dalla simulazione della morte (necromimismo), di cui si dirà più innanzi. Ai-rotolamento ed appallottolamento. — Alla difesa col mezzo del celarsi da parte dell'animale, può essere ascritta anche quella particolare maniera di raccogliersi su sé stesso, mercè cui, di fronte al pericolo, spesso l'animale abbandona all'ag- gressione le parti del corpo meno vulnerabili, perchè protette da cute resistente, e nasconde le altre, insieme cogli atti, i quali, come appendici più delicate, pos- sono essere più facilmente offesi od asportati. l'ale atto non può ascriversi alla protezione, perchè transitorio e volontario e si accosta molto al necromimismo, da cui differisce soltanto per la speciale posa assunta dall'animale in sospetto, che non è quella veramente di individuo morto. Esempi classici di questa maniera di difesa si noverano fra i Mammiferi ad es. gli Armadilli, i Ricci, gli Istrici, ecc., e, fra gli Artropodi, sopratatto nei Miriapodi Chilognati, ma sono meno frequenti fra gli Insetti ed appartengono (piasi esclusivamente a forme larvali. Generalmente, questa speciale contorsione è giustificata dal fatto che la pelle del dorso è più robusta od armata di serie difese (spine, squame dure, ecc.), in coufronto di quella nuda del ventre e, cosi, l'avvolgimento si fa sul ventre appunto ed è esposta alla minaccia la regione dorsale colle sue protezioni. Conviene, però, che l' organizzazione dell'animale permetta questo avvolgimento sul ventre e cosi accade che le forme lunghe, arrotolandosi a spira, assumono la forma di un disco, nel cui centro e la testa, e, quelle piatte e larghe, si appallottolano, accostando l'orlo anteriore del corpo a quello posteriore : il capo è celato nel centro dello sferoide e tutto il ventre, cogli arti, è, così, nascosto e riparato. Fra i Miriapodi, gli Iulidi (fig. 143, C, pag. 135), sopratutto, si avvol- gono a spira ed i Glomeridi a pallottola; fra j;li Insetti, larve cruciformi, allungate come sono (ad es. Bruchi, larve di Tentredinei) si avvolgono a spira come gli Iulidi (tigg. 329, A ; 330, /;. p. 318), ma più rari sono gli Insetti che si appallottolano. Tra questi, oltre ad alcune larve di Coleotteri, sono da ricordarsi, fra gli adulti, soltanto i Crisidi (Imenotteri) (fig. 710), del resto, in generale benissimo corazzati e che. impauriti, lorchè non possano far di meglio, ripie- gano il ventre dell'addome sulla faccia ventrale del torace, raccogliendo in mezzo le zampe e celandole: ma, questa è anche una attitudine necromimica, inquantochè, gli Imenotteri morti si inflettono, più o meno, al detto modo. L'arrotolamento dei Hruebi, del quale si è fatto cenno, a proposito dei mezzi di difesa delle 716 CAPITOLO SESTO Fig. 710. — Cri- side appallottola- to , simulante il morto. Ingr. 2 d. larve olometabole, è più efficace se il dorso è protetto da peli urticanti (figg. 329, J; 330, B) o sul dorso si aprono ghiandole velenifere o repngnatorie ; ma, per le larve di Tentredinei o di altri Brucili questo non è, cosi che, in tale caso, conviene ammettere che l'atto di arroto- larsi abbia uno scopo diverso. Infatti, esso può concorrere alla più pronta caduta al suolo, conforme si è detto, ma anche alla protezione del collo, ove soltanto è efficace la puntura degli Imenotteri predatori che, in tal modo, paralizzano la vittima. Questa, coll'arrotolarsi, nasconde al centro la testa ed il collo e l'imenottero uon ha buon gioco, perchè la sua puntura in altra parte del corpo della vittima è inef- ficace allo scopo, secondo si è avvertito già altrove. Un bell'esempio di appallottolamento, affatto come nelle Glomeris, è mostrato da un Blattide della Coicincina, detto appunto Perisphaera cjlomt- rifoimis, come si vede bene nella annessa fig. 711. Le larve olometabole, che si appallottolano, appartengono tutte alle meiolontoidi e compiono l'atto più o meno bene, secondo la loro organiz- zazione variamente adatta allo scopo. Talune larve di Silfidi e Carabidi, ecc. (fig. 209, F, G, fl), piatte e larghe, tentano un appallottolamento, che riesce più o meno completo, ma quelle altre di altri Coleotteri si avvolgono così bene come tuia l!lo- meris e tanto somigliano questi Miriapodi che non è mancato chi a questo gruppo le attribuisse (Anisosphaera Sìlv.). Crittismo. — Quando, a propria, salvezza, l'animale non fa ricorso alla fusa, non potendo o non volendo mettere in atto questo, che è certo il più ovvio mezzo di difesa, esso provvede, come si direbbe ad eclissarsi. Il crittismo inter- viene solo quando la minaccia è data da un altro animale ed ha per iscopo di fuorviarne l'attenzione o la percezione. L'animale minacciato può provvedere alla propria salvezza, oltreché nascon- dendosi veramente, togliendosi, cioè, ad ogni percezione avversaria (crittismo assoluto, di cui si è già parlato a proposito dei rifugi occasionali ed ' estemporanei) anche rima- nendo tuttavia esposto alla percezione, anche visiva, del nemico, ma assumendo parvenze, me- diante le quali, questo è tratto in inganno nel suo giudizio. In questo ultimo caso è inatto una vera e propria simulazione (Crittismo mimetico e Mimetismo crittico). Crittismo mimetico. — Questa maniera di allon- tanare ogni molestia, se non per difendersi vera- mente da aggressioni temibili, ha, per fonda- mento, come si è detto, la simulazione. L'animale, che vi fa ricorso, non si sottrae alla percezione dell'avversario; esso non fugge, né si ripara in ambienti poco accessibili ; rimane sul posto, ma elude la altrui sagacia, apparendo, per colore o per forma o per altro, una cosa tutta diversa od in condizioni differenti da ciò che è realmente, né dando altrimenti sentore di sé. Distingueremo, dunque, due maniere di crittismo mimetico, a seconda, cioè, che l'animale simula altra condizione da quella in cui si trova realmente (ad es. di finta morte, necromimismo) oppure imita tutt'altra cosa, non appetita dai pre- datori, dei quali il simulatore deve temere, ed, essendo inerte la cosa imitata, deve cessare ogni movimento anche nell'imitante ed ogni suono, così che inter- viene un vero e proprio crittismo. Sia questo il mimetismo crittico propriamente detto. Fig. 711. — Perisphaera glomeriformia Lncas, un Blattide della Cocin- cina, che si appallottola come una Glomerh. J, l'insetto veduto dal dorso e disteso ; B, lo stesso di lato ed appallottolato. Alquanto ingrandito. Da Lucas. L'INDIVIDUO Milli. I ATTI PKK LA PltOPIUA COK8KKVAZIONB 717 Neceomimismo. — È frequentissima, fra gli Insetti, la singolare maniera ili difesa, per quanto non esclusiva a questi animali, per cui, in caso di sospetto o pericolo, è simulata la condizione di morte. Il cadavere non è appetito che da specie, le quali lo sentono per virtù dell'olfatto e non per vista, di guisa che il vivente, se tinge di essere morto, non è ricercato né dalle specie necrotile né da tutte le altre, assai più numerose, predatrici di forme viventi e che si nutrono di carne fresca. La simulazione della morte, adunque, può essere un efficace mezzo di difesa; in ogni caso si accompagna alla immobilità ed al silenzio ed è messa in atto da un grandissimo numero di Insetti, di tutti gli ordini, ma spe- cialmente da Coleotteri. L'animale, in tale attitudine, se ne sta passivo, immo- bile, coi piedi e le antenne raccolti e si lascia smuovere e rigirare, senza dar segno di essere vivo, di reagire in alcun modo. fra i Coleotteri ho, parò, veduto la Cetonia morio assumere una attitudine speciale, a simu- lazione della morti', cioè culle zampe non raccolte aderenti al ventre, ma innalzate sulla faccia ventrale con angoli vari, presso a poco come pratica il Belosloma, conforme fa vedere l'annessa figura 712. Molti altri Insetti simulano la morte, senza disporre •ili arti in modo speciale o ritirarli a contatto col corpo. Questa simulazione permane tinche l'insetto crede ormai allontanata la minaccia o tinche l'aggressione non assume forme troppo brutali o pericolose; nel quale caso il paziente rinvivisce di subito, per darsi alla fuga, come ad espediente piti efficace di salvazione. pjg, 712. — BtlOHloma flumineiim, in attitudine necromimetica. (Da Mimetismo ceittico. — A differenza col mi Severino metismo fauerico, il crittismo è qui determinato dal fatto della simulazione di cosa non viva e, quindi, colla cessazione di ogni manifestazione di vita, di quei movimenti e di quel suono, che non si interrom- pono, invece, nel mimetismo fauerico. L'animale, col solo rimanersene quieto e silente, riesce a nascondersi, tanto più se esso assume una veste poco appari- scente o punto, nell'ambiente in cui si trattiene immobile. I caratteri del mimetismo crittico sono, adunque, la immobilità, il silenzio e un omocromisino ed un omeomorfìsmo, quanto più è possibile ingannatore, cogli oggetti imitati 0 coll'ambiente. Ma, mentre la quiete (immobilità e silenzio) sono sempre necessari perchè sia efficace questo modo di mimetismo, cioè di imitazione di cose inerti, deri- vante dall'omeoniornsino ed omocromisnio colle stesse; invece, nella semplice imitazione dell'ambiente, il solo omocromisnio è una condizione indispensabile, perchè un animale può essere celnto abbastanza, purché quieto, in un ambiente concolore. Questa maniera di mimetismo può essere seguita anche, utilmente per l'of- fesa (crittismo aggressivo) ed è comune, sopratutto agli animali che conquistano la preda per agguato. Almeno il sincromismo e comune in molti predatori ed è certo utile anche per accostare la preda (e vediamo tuttodì seguita questa pratica dai nostri cacciatori e più largamente in quella grande caccia all'uomo, che è la guerra); anzi, ogni omeoinorlisnio sarebbe di efletto nullo ed affatto illogico se non accompagnato dal sincromismo. Può dunque esistere un sincromismo puro, a parte la maniera di configurazione dell'animale, ma non un omeomorlismo puro, che non avrebbe alcuno scopo. Omocromlsmo. — Ricordiamo, dunque, i casi di omocromisnio (o sincromismo) puro. Fra gli Insetti, come del resto fra tutti gli altri gruppi di animali, gli esempi di sincro- niisino sono comunissimi ed anzi, moltissime specie hanno, nei diversi individui, colore dirle- 718 CAPITOLO SESTO reute, a seconda del diverso ambiente in cui vivono, concolore con questo, e così sfuggono all'altrui percezione, se, condizione sempre necessaria, si aggiungano, anche l'immobilità ed il silenzio. Non si possono trovare, fra gli Insetti, esempi di variazione di colore sincromo coll'ambiente, in stagioni differenti, secondo il classico esempio dell'Ermellino, perchè è troppo breve la vita dell'insetto, né gli adulti mutano veste mai più; ma, qualche variazione si è già citata, fra gli individui di una generazione, in confronto di quella d'altra, quando ambedue sono nello stesso anno ed in stagioni differenti e, talora, si osserva anche in diverse età delle larve. Non si vede, però, che tali variazioni si richiamino a sincromia coll'ambiente, sia pure diverso nei due casi. Contuttociò, il Green fa rilevare che, fra le specie di Lepidotteri notturni, che in autunno ed in inverno si incontrano nella Gran Brettagna, su 52 specie ben 42 sono omocrome colle Fio-. 713. — La Sfinge dell'Oleandro, DeiUphila nerii (L), in grandezza nat. (Da Figuier). tinte dominanti in quel tempo. D'inverno sono piti frequenti le farfalle a colon grigi ed ar- gentati. Invece, la variazione di colorito da individuo ad individuo, che negli animali superiori non sembra avere rapporto alcuno coll'ambiente, fra gli Insetti, quando essa sia normale (esclusi, dunque, i casi di albinismo e inelanismo, che appartengono alla categoria delle anomalie ed a parte anche i rarissimi casi, in cui si manifesta, sempre per anomalia, il colore complementare di quello comune, (come è mostrato, ad es. dai non infrequenti individui rosso-rosei del Conocepkaliis mandibularis, fra i comuni verdi od i terrei, o nel colore rosso e bleu delle ali inferiori di vari Acrididi no- strali, ad es. : Oedipoda coeruleseens e la sua var. miniata) è in rapporto colla diversa tinta di ambienti differenti, come, ad es. individui verdi, che stanno benissimo celati fra le erbe ed altri della stessa specie, di color terra, si vedono meno bene, 86 fermi in luoghi aridi. Fra gli Ortotteri (Locnstidi, Acrididi, Mantidi, Fasmidi, ecc.) questa maniera di variazione individuale è comunissimi», molto piìi rara o nulla affatto in altri ordini; ma può trattarsi di vero albinismo. Intanto, il piti comune omocromismo è rappresentato da quei colori smorti od addirittura neri, pei quali l'insetto è meno facile a vedersi, nel più degli ambienti. Il colorito nero è comuiiissiiuo non solo fra gli Insetti, che frequentano luoghi bui, ma anche in altri, che stanno all'aperto, si rifugino essi o meno in luoghi poco o punto illuminati, allorché intimoriti. l'individuo negli atti puh la propria conservazione 719 Perciò, appunto, il colore bianco uniforme è estremamente raro Ira gli insetti suscettibili di ricorrere al detto mezzo di difesa e, tranne elle per pochissime specie di Curculiouidi (special- mente del Brasile), non se ne lia esempio altrove che fra i Lepidotteri, insetti, questi, che non praticano un mezzo di difesa, pel i|iiale, insinuandosi in stretto rifugio comprometterebbero la freschezza della elegante e delicatissima veste. Il color virile, giacché sulle piante vivono specie innumerevoli di Insetti, è molto frequente tra questi, ma pio per le forme larvali olometabole che non pegli adulti, giacche questo mezzo protettivo, potendo essere bilanciato da altri antofilattioi, è diffuso in proporzione inversa del- l'efficacia di questi, sopratutto della looomobilità. Anche forme ametabole possono essere verdi nelle età giovanili (ad es. Aoridiiim limola F. ) e d'altro colore allorché adulte. Plateau afferma che circa il 40 °/0 dei Bruchi di Europa hanno tinte verdi ed una percen- tuale di poco minore si rileva per quelli di America e di tale colore sono anche molte larve di Teutredinei. Invece, ben pochi di questi ultimi (una o due specie soltanto, nostrali) adulti, sono verdi, gli altri hanno altra colorazione, più vi- stosa anche fra le piante. Nelle Farfalle, poi, il color verde è raro e anche più raro è quello molto intenso, sebbene le specie frequentino le erbe ed il fogliame. Ci- tiamo, ad es. fra i Cymbidae: Hylophila praainana F. ed altre; Eariae chlorana L. con altre specie; fra i Nottuidi Lucerla Direna L. ; qualche Geo- metra (Geometra papilionaria L. ed altre); ed un Tortricide (Tortrix viridana L.), ecc. Anche la Stinge dell'Oleandro [Deilephiìa nerii L.), la più bella delle nostre Sflngidi (iig. 713) è molto elegantemente screziata di variegazioni verdi, brune e biancastre, sopratutto sulla faccia superiore delle ali del primo paio, così che, in riposo, nel verde del fogliame, sfugge all'occhio cosi facilmente come per le loro marmorazioni brune ottengono la maggior parte dei macrolepi- dotteri diurni, quando, posati, in quiete, sui tronchi degli alberi, fra i sassi, sulle muraglie, ecc. 11 color verde è, invece, molto comune fra gli Ortotteri ed anche fra gli Emitteri, sopra- tutto Eterotteri. Ma, anche la maggior parte degli Alidi sono verdi, e pure non si vede a che possa loro es- sere utile cotale colore, da poi che non sono insidiati efficacemente se non da altri Insetti ciechi o che non sono guidati certo dalla visione, per rintracciarli, eppure ne sono decimati larghissima- mente. Fig. 714. — ■ Esempio di Ortottero nostrale (Qedipoda miniala l'ali.) fanerico durante il volo. Grand, nat. L'omocromismo è di due maniere, cioè permanente o temporaneo. Nel primo oaso l'insetto è, sempre, in ogni suo atto e momento, concolore colFauibiente, che esso frequenta; nel secondo l'omocromismo appartiene solo allo stato di ri poso: ma, l'insetto può anche esporre, a sua volontà, una ornamentazione croma fica vistosissima e ciò fa realmente, sopratutto durante il volo, che è poi il nio mento nel quale esso ha pochissimo o punto da temere. È questo il caso di crittismo e tanerismo, assieme combinati nel modo più opportuno. Molti Insetti hanno le ali inferiori splendidamente colorate ; ma, queste tinte smaglianti non appaiono se non nel volo, mentre, in riposo, esse sono celate sotto la tinta, smorta e sincromica coll'ambiente, delle ali superiori. Se ne conoscono esempi vistosi. Fra gli Ortotteri, molti Acrididi, i quali sfuggono all'occhio se fermi ed immobili ad ali chiuse, in un ambiente concolore, allorché aprono le ali e volano, subitamente si vedono sfol- gorare di colori vivacissimi, per le tinte delle ali inferiori. Queste, in molte grosse specie eso- tiche, sono dipinte di colori rossi o rossi ed azzurri, molto vivi. Fra le nostre specie, la più ap- 720 CAPITOLO SESTO '"i A B Fig. 715. — Poligonia C-album (L.). A, dal dorso, ad ali aperte; B, in riposo, ad ali chiuse. Grand, nat. pariBcente nel volo è la Oedipoda miniala (Pali.) (lig. 714), che ha le ali inferiori di un rosso cinabro, molto intenso e sono percorse da una larga lascia nera, parallela all'orlo libero dell'ala. La O. cotruleseens (L.) e, invece, dipinta di un bel celeste, al luogo del rosso della forma suindicata e, così pure lo Sphiinjonolus coernìans (L.J che ha una tinta azzurra, alquanto meno carica, sulle ali in- feriori, sfumata verso gli orli e senza fascia nera. Molti Mantidi forestieri mostrano una bellissima colorazione e persino macchie oculiformi elegantissime, sulle ali inferiori, che sono incolori o debolissimamente verdognole. Talune specie, però, egualmente esotiche, hanno macchie ocuilformi anche sulle ali superiori, di un bel verde erba come fondo (rig. 722). Ma, ripeto, gli esempi più belli di dittiamo e fanerismo insieme, a seconda della volontà dell'insetto, sono mostrati da Le- pidotteri di tutti i gruppi. I Ropaloceri hanno la faccia superiore delle ali, generalmente, dipinta di colori vivaci e taluni mostrano anche, a determinate incidenze di luce, riflessi me- tallici, generalmente bl^u, che spiccano assai nella colorazione dell'ambiente ; ma, la faccia inferiore di tutte e quattro le ali è ornata di colorazione più modesta ed in generale di marmorizzazioni, composte di varie tinte su piccole superfici, così che, allorquando l'insetto è veduto ad ali chiuse, esso non si distingue troppo bene dagli oggetti circostanti. In taluni altri casi la colorazione della pagina inferiore delle ali è soltanto più sbiadita e la macinazione meno spiccata, in confronto di quella della pagina superiore, così che l'insetto, splendido per tinte vistose, allorché tiene le ali aperte, lo è assai meno e quasi sfugge nei momenti di riposo, quando chiude le ali e nasconde alla vista altrui i tesori della faccia superiore delle ali, esponendo solo la più tranquilla e modesta colora- zione della faccia inferiore. Talune specie, poi che, come le comuni Vanessa polychloros \L.), V. nrtioae (L.) e la rohiyouia C. album (L.) (fig. 715) hanno l'orlo delle ali d'ambedue le paia molto frastagliato di incisioni e di punte, allorché sono po- sate, in quiete, su qualche ramoscello, che abbia foglie secche ed erose sugli orli, si confondono ancor meglio con questo, sia perchè la varie- gazione di rosso bruno e di altre tinte poco più chiare o più oscure simula, benissimo, quella di una foglia dissec- cata, sia per le suddette acci- dentalità dell'orlo delle ali. La stessa magnifica no- strale Vanessa io (L.) (fig. 716), che ha così eleganti macchie oculiformi sulla pagina supe- riore di ciascun» ala, o la bellissima Pyrameia alalanta (L.) (fig. 717), che brilla, ad ali aperte, per le splendide fascie rosso-cinabro in tutte e quattro le ali, al dorso, sono semplicemente dipinte di una intricata marmorazione bruna sulla faccia inferiore di tutte le ali. Anche altre specie di altri generi di Ropaloceri, che pur godono di maeulazioni a tiute vi- stose sulla faccia superiore delle ali, si dissimulano bene allorché chiudono queste e celano le dette tinte. Ad es. la Anthocaris eardamines L. o la Enehloe damone Boisd. (tav. V), i cui maschi hanno così appariscenti macchie giallo-rnnciate sulle ali superiori (tav. V, fig. 5) sono, Fij r 16. — Vanessa io (L.). A, dal dorso, ad ali aperte; B, in riposo, ad ali chiuse. Grand, nat. L'INDIVIDUO NEGLI ATI! PER l.A PROPRIA CONSERVAZIONE 721 invece, ornate ili ini delicato mosaico verdognolo su fondo bianco, nella faccia ventrale delle ali e, cosi, in riposo, si confondono meglio colle tinte ambienti, ad es. sui ramoscelli di Ombrelli- fere, Cardamini od Achillee, che sono le piante preferite da queste farfalle, per posarvisi e star- sene in quiete ad ali chiuse. Anche le Qonepteryx, sia pure le specie i cui maschi sono più riccamente dipinti sulle ali superiori di larghe zone di color ranciato vivissimo, al di sotto non sono meglio tinti delle ri- spettive femmine, cioè di un uniforme colore giallo-verdognolo, di guisa che, anche per le an- golosità dell'orlo delle ali tutte e la vistosità delle nervature, che sono molto rilevate sulla pa- gina alare, allorché posano su qualche pianta e se ne stanno ad ali chiuse, simulano egregiamente una foglia, pili o meno ingiallita. I l'apilio, i Parnaisins, i Colias, eoe. sono dipinti di colori molto meno vivaci sulla superficie ventrale delle ali che non sulla dorsale. Ma, i pili belli e citati esempi di così fatto mimetismo crittico, temporaneo sono ricordati Fig. 717. — Pyrameis atalanta (L.). A. dal dorso, ad ali aperte; B, in riposo, ad ali chiuse. Grand, nat. dagli autori, a proposito delle Rallini» e delle Siderope, che sono Eopalooeri esotici delle regioni calde. Le Kallima, ad es., hanno la pagina superiore dipinta di colori vistosi e molto appariscenti ; talora anche ccn riflessi metallici. Ma, allorché si posano, esse scompaiono di subito alla vista di chi le osserva ed insegue, giacche, ferme sul ramo di qualche arbusto avente foglie secche, per la tinta della pagina inferiore delle ali e per la loro forma, esse imitano perfettamente una foglia disseccata, come quelle da cui sono circondate sul ramo (fig. 718). Wallace, Skertchly e molti altri fanno rilevare che le farfalle suddette non si posauo mai su piante a foglie verdi, ma solo sui ramoscelli recanti foglie disseccate e, quivi, chiudendo le ali, scompaiono alla vista, quasi per incanto. Le piccole codette delle ali inferiori toccano il fusto della pianta e simulano alla perfezione il picciolo delle foglie, mentre, una stria bruna, che si diparte dalla detta coda e percorre, nel mezzo, ambedue le ali di un lato, simula egregiamente la costola mediana della foglia, ed una macchia trasparente, perchè senza squame, che si trova nel mezzo dell'ala superiore, imita un qualche buco, non raro nelle foglie secche, dovuto ad erosioni di insetti od altro, come si vede bene nella detta fig. 718. A proposito appunto di queste Kallima, cosi perfettamente imitanti le foglie secche, da mo- strare persino variegazioni e maculazioui simulanti fungili] parassiti, è sorta discussione fra i sostenitori ad oltranza del mimetismo protettivo (sopratntto come causa di grande efficacia nella selezione naturale) e gli altri meno corrivi a sottoscrivere a questa concezione, i quali rilevano che la imitazione, da parte della Kallima è troppo perfezionata oggimai, così che se essa è di grande effetto protettore ora, non lo poteva essere del pari in passato, allorché il perfeziona- mento graduale della imitazione nou doveva essere così spinto alle più minute particolarità. Essi argomentano che la selezione si è pur dovuta praticare fin dai primordi della evoluzione mimetica, anche quando essa era ben lungi dalla attuale meravigliosa imitazione. Perciò, se pur A. BEKLESE. Oli Inietti, II. — 9t 722 CAPITOLO SKS'I'O essa era efficace allora (e ciò è provato dalla attuale esistenza della specie), l'attuale massimo perfezionamento rappresenta una sottigliezza superflua. La causa di questo eccesso attuale, non dipende, adunque, da una necessità per la conservazione della specie ed allora tanto vale argo- mentare che tutta questa evoluzione mimetica ba per base la stessa causa, che nulla ha da ve- dere colla conservazione della specie, ma è di altra origine, ignota tuttavia. Questo ragionamento, perchè applicabile, assai più generalmente, alla origine degli organi Fig. 718. — Kallima inachis (Boisd.) ad ali aperte e veduta dal dorso mentre vola e ad ali chiuse e posata su un rametto. Circa due terzi della grandezza naturalo. tutti, si richiama a quella evoluzione di iniziativa intrinseca, della quale si è già fatto cenno, e sarà il caso di trattarne anche più diffusamente, a suo luogo. Il caso di fanerismo ad ali chiuse (sempre nei Ropaloceri) è meno frequente, tuttavia se ne hanno molti e vistosi esempi. Taluno Argynnis, ad es. A. adippe (L.), si fauno ammirare pegli ornamenti della faccia infe- riore delle ali posteriori, dove brillano macchie argenteo- madreperlacee (il quale carattere ha dato origine al nome generico), mentre la faccia superiore di tutte le ali è molto più modesta- ii'pnte ornata di unte opache, giallo-rossastre e nere. I/INDIVIDUO NKiil.I ATTI l'KII I A PROPRIA CONSERVAZIONK 723 In generale, però, lo splendore dei riflessi metallici nelle ali dei Ropalocori è limitato alla faccia superiore, mentre, per quella inferiore, la ornamentazione, anche massima, è data solo da tinte opache formanti macchie oculiformi di varia grandezza, numero, colore. Questo anche per le specie ;nl ali brillantissime sulla pagina superiore, come sono, ad es. : i Morpho, cioè i più grandi e splendidi Ropaloceri del mondo, che appartengono alla fauna equatoriale. Nel massimo grado di ornamentazione della faccia inferiore delle ali, le macchie oculiformi sono distribuite su ambedue le ali, e sono numerose. In altri casi, solo un paio d'ali e così or- nato d'una sola o di più macchie a forma d'occhio. Allorquando le dette macchie sono anche sulle ali inferiori, è evidente che la farfalla, sia pure ad ali chiuse, mantiene un certo grado di appariscenza, dovuto alla coloraziono suddetta; ma, allorché le macchie della maniera indicata si trovano solo sulle ali superiori, può accadere che esse vengano, a volontà dell'insetto, celate affatto dietro l'ala inferiore, che, con una variegazione omocroma coll'ambiente, finisce per na- scondere completamente la farfalla all'altrui vita. Ciò accade, ad es., per molti Satiirnidae no- strali, che posano fra le foglie secche, nei luoghi ombrosi. Essi scompaiono repentinamente al nostro occhio, allorché chindono l'ali e. molto meglio, poi, se. ritraendo quelle del primo paio sotto le poste riori, nascondono anche le due macchie oculiformi della faccia inferiore delle ali anteriori (tìg. 719). Con ciò essi raggiungono il massimo grado di crittismo, ah è più possibile discernere questi in ""■--*?•' - " "-^«^-r' " ' setri, anche davvicino, ambiente assolutamente omo- Fi». 719. — Safyrns stalilinus Hufu. ad ali chiuse ; A, colle ali anteriori non Fra le specie esotiche, le quali godono di siffatta completamonte nascoste fra le inferiori; ornamentazione conviene ricordare le Caligo, gran B< totalmente celate. (Circa due terzi .... ,,,-•• t> , ■ ■■ ■ a della graudezza nat.). dissimi e bellissimi Bopaloceri, di cui si vedono B esemplari in tutti i Musei, e sono esposti appunto dal ventre, per far ammirare la grande macchia oculiforme, che si trova nel mezzo di cia- scuna ala inferiore, dal lato ventrale (Tav. VII, fig. 1). Lo spettatore non manca mai di rilevare la grande somiglianza di questo insetto, così di- sposto, colla faccia di una grossa Civetta grigia, tanto più che il corpo, alquanto rilevato, fa ricordare il becco dell'uccello. Anche questa somiglianza ha eccitato l'immaginazione, così da far giudicare cotale parvenza come essenzialmente mimetica e protettiva. Si oppone però il fatto che questa parvenza, in natura, può manifestarsi ben di rado, perchè si riferisce alla parte, che rimane nascosta, ordinariamente, ad ali stese e, qualora queste siano chiuse e sollevate, apparisce solo una metà dell'insetto. Su questa via si potrebbe giuugere a considerare per protettiva la paurosa figura del cranio dipinto sul dorso della Stinge testa da morto, perchè ne consegue, anche pel forte e caratteri- stici) stridio, un vero orrore nel volgo e ne è testimonio il nome di Acherontia, addirittura in- fernale. Molte specie di Morpho, pur avendo una colorazione brillante di riflessi metallici alla faccia dorsale delle ali, godono di più macchie oculiformi bellissime e vistosissime nella faccia infe- riore; fino a tre nelle ali anteriori e quattro nelle posteriori (il. achillea L., Tav. VII, fig. 3, e la sua var. helenor Cr.), per queste ogni mimetismo con faccio di vertebrati è certo da esclu- dersi, rimane il fatto del fanerismo ad ali chiuse, come ad ali aperte. Così la Tenaris uranio (L.), con la var. /"atrio (Cr.), che ha le ali tutte di colore marrone uniforme, mostra una grande macchia oculiforme nella faccia dorsale delle ali posteriori e due in quella ventrale. Il Caligo ielamonius è ornato nella pagina inferiore delle ali, anche di macchie a riflessi argentei. Moltissimi altri esempi si potrebbero citare, pei quali si viene a concludere che i casi di ornamentazione della faccia inferiore delle ali in Lepidotteri, anche più vistosa che non per la faccia superiore, sono rappresentati, sebbene assai più scarsamente di quelli in senso opposto, ed alquanto più numerosi sono gli esempi di ornamentazione vistosa, ma diversa, delle due faccie delle ali. Queste farfalle diurne, col muovere in su ed in giù le ali offrono all'altrui ani. mirazione lo spettacolo di una bellezza più varia ed appariscente. Fra gli Eferoceri assai più frequenti sono gli esempi di ornamentazione, che può essere esposta o celata a volontà dell'insetto. 724 CAPITOLO SESTO In moltissime specie di famiglie le pifi dispaiate, le ali superiori sono, nella faccia dorsale dipinte di colori smorti, con macchie a marmorazioni, mediatitele quali, allorché l'insetto se ne sta, quieto, ad ali chiuse, esso si confonde benissimo colla tinta ambiente, ad es. delle corteccie, dei legnami, del terreno su cui posa, fra le foglie secche, ecc. e più raramente nel verde del fogliame fresco. Ma, le ali inferiori, invece, nella faccia dorsale sopratutto (e talora anche il dorso dell'ad- dome) sono riccamente colorate di tinte vistose, che, però, non appaiono se non quando l'insetto le discopre, allargando i suoi organi del volo, sopratutto nel volo appunto. Basta gettar l'occhio su una collezione di Eteroceri, preparati, come di consueto, ad ali stese, per rilevare numerosis- simi esempi, dalle specie maggiori ai Microlepidotteri. In generale, la tinta vivace delle ali inferiori è di uil bel giallo ranciato uniforme, o rosso o, più raramente, celeste, con una o più fascio nere marginali o submarginali, masi giunge anche ai riflessi metallici, come fa vedere, ad es., la Eaxyane excellens Walker dell'Honduras, che ha A B Fig. 720. — Diversa ornamentazione delle due paia d'ali. A, Agrotis pronuba (L.) ; B, Plusia ckrysitia (F.) ad ali aperte, grandezza naturale. le ali superiori brune, con una fascia obliqua bianca e le inferiori brune, maculate di bianco e rosso più verso l'orlo; ma, nel resto, tutte di un bel bleu a riflessi metallici. Per citare solo qualche specie, fra le nostrali, più degne di nota a questo riguardo, vedausi le AcheroHthia atropos, molte Deilephila, Smerinthus ocellata (Tav. VII, lig. 4), Macroglossa stella- tartan; molte Zigene; le Callimorpha, Pericallia, Aratiti e generi affini, l' Hypoorila javobeae; V Hylo- phila bicolorana questa colle ali superiori verdi e le inferiori bianche, sicché, iu riposo, l'iusetto scompare nel verde delle erbe, come la H. pr asina» a e le Earias nostrali, già ricordate. Nelle famiglie Hepialìdae, Coasidae, Limanihriidae, Lasiocampidae, Drepanidae, Notodontidae, ecc., come nella vastissima delle Geometridae, in generale non è grande differenza nella colorazione fra le ali superiori e le inferiori ed ambedue sono conformemente variegate di tinte più o meno smorte, brune o grigiastre, oppure così sono le superiori, e le inferiori si vedono alquanto piti chiare, di tinta più uniforme od anche biauche. Ma, in taluni casi, le ali superiori sono, non solo più oruate e brillanti di quelle del secondo paio, ma, addirittura dipinte di oro e d'argento, con ornamentazioni quanto mai eleganti e non poco appariscenti, sopratutto a certe incidenze di luce. Questo si vede sopratntto iu molte Plusia (fig. 720, B). Fra gli Agrotidae, la maggior parte delle specie hanno ali posteriori a tinta uniforme, pallida o bianca; ma, in talune specie, si vede un bello esempio di fanerisnio estemporaneo, per colorazione vistosissima delle ali inferiori, come è appunto nelle comuni A. pronuba (fig. 720, A), orbona, fim- bria, comes, linogrisea, janthina, ecc., nonché in qualche Plusia (P. ain Hochenw.; hochenwarti Ho- cheuw. ; devergens Hbu. ; mierogramma Hbn.) ; in talune Aliarla (A. myrthilli L. ; cordigera Thnbg); ed anche tra i Brephos (Brephidae) e ìeMecyna, fra i Microlepidotteri, mentre in quasi tutte le specie di questo vastissimo gruppo le tinte souo poco appariscenti e non diverse nelle due ali o cosi, come si è già detto, iu genere, pei Nottuidi che hanno le ali posteriori di un bel giallo-rauciato, con una fascia nera, larga parallela all'orlo esterno, mentre le ali anteriori souo marmorate di colori bruni, poco distintamente; cosi è, presso a poco anche iu talune Amphipyra, salvo che il colore delle ali posteriori è meno vivo e manca la fascia nera marginale. Ma, gli esempi più vistosi sono offerti dalle Catocala, in tutto le specie del quale genere le ali inferiori, per lo più di un rosso-cinabro o rosso-carmino molto vivace, sono anche ornate di fascio nere, mentre le ali superiori sono marmorate di tinte grigie, cosi che una di queste far- I. IN'lUVinfi) NEGLI ATTI PBR I.A PROPRIA CONSKRVAZIONK 725 Fig. 721. — Catocala elocata Esp. ad ali aperte, in grand, nati., dal dorso. falle, ferma, ad ali chiuse sul legname, ad es. delle travature, non si vede adatto, e, di subito, volando, apparisce lo sfolgorio delle ali inferiori, che cessa istantaneamente tornando l'animale a posarsi (fig. 721). La grande C. fraxini L. ha una bella fascia violetta-chiara, sul fondo nero delle ali inferiori. Altre specie, fra le minori (ad es. neonympha Esp. ; fulminea Scop. ; converge»! Esp., ecc.), hanno le ali inferiori di color giallo-rancialo, traversate dalle due larghe fascie nere. Tutto rio, che si è detto qui a proposito dei Lepidotteri paleartici, potrebbe essere esem- plificato molto più largamente, richiamandoci a forme esotiche. Le Ujijit ri kiria, vistosi ed eleganti Bombicidi forestieri, hauno tutti le ali superiori, sulla faccia dorsale, di color grigio, con sfumature piti bruue ; ina le ali inferiori mostrano delle grandi ed assai belle macchie oouliformi ili più colori, marginate da fascie o lineo oscure, pa- rallele all'orlo libero dell'ala (Tav. VII, fig. 5). Lo stesso dicasi della magnifica Telea polyphemu), grande Saturnide dell'America Boreale • delle Antomeris (ad es. A. io t'abr.i, che appartengono alla stessa famiglia e patria, ecc. A proposito di questi fatti di fanerismo e di crittismo per la diversa colorazione delle ali. in rapporto alla espo- nibilità loro, parrai si possa concludere quanto segue. Gli Insetti, sieuo ditteri o tetratteri, che, in riposo, come in attività, hanno le ali sempre totalmente esposte, su arabe le l'accie, su queste mostrano una colorazione e maculazione pressoché eguale per l'un paio come per l'altro e tanto nella pagina superiore che nella inferiore (quando le ali non sieno, invece, del tutto incolori). Vedansi, a questo proposito, i Li beli ul idi, i Bombicidi sericigeni, gli Imenotteri, molti Neurotteri ed Emittori Omotteri, nonché i Ditteri. L'ornamentazione va, al solito, da una tinta uniforme ad una maculazione diffusa e rag- giunge il suo massimo nei suddetti Lepidotteri, colla macchia oculiforrae. Quivi si trovano gli esempi di feuerisrao assoluto. Degli altri Insetti, nei quali un paio d'ali od ima loro faccia può essere celata, la colora- zione e maculazione è diversa pel paio colabile in riposo o per la faccia, che, in questo stato, viene nascosta. Qui sono evidenti due casi distintissimi, anzi opposti. Nell'uno, riferibile ad Insetti molto beue protetti altrimenti, è in atto un fanerismo assoluto, inquantochè la faccia delle ali, sempre esposta sia nel riposo come nel volo, è quella più vistosamente ornata, dalla maculazione a co- lori diversi, tino allo splendore metallico. Il paio d'ali colabile non è ornato. Ne sieno esempio i Coleotteri, quasi tutti ad ali incolori (meno qualche Crisomelide) e moltissimi colla faccia su- periore delle elitre variamente colorata e vistosa, o brillante, come pure molti Emittori Eterot- teri ed Omotteri, uouehè molti Lepidotteri Eteroceri a faccia dorsale delle ali superiori molto brillantemente ornata anche di splendori metallici. L'altro caso, invece, importa un fanerismo a tempo, che si intercala ad un crittismo in atto sempre nella condizione di riposo, ma secondo due distinte maniere. Per le forme che, ad ali chiuse, celano colle superiori quelle del secondo paio, sono queste che possono avere una colora- zione vistosa, tino alla macchia oculiforrae (molti Lepidotteri Eteroceri, taluni Ortotteri) mentre, in generale, la faccia dorsale delle ali anteriori ha una maculazione crittica, perchè concolore coll'ambiente. Il fanerismo. in questi casi, si palesa nel volo ed il crittismo nello stato di riposo. Per quelle forme che, come i Ropaloceri, espongono, invece, la pagina inferiore di tutte le ali, durante il riposo, mentre quella dorsale si vede sempre nel volo ed, a volontà dell'insetto, anche mentre è posato, il più spesso, il crittismo accade appunto nello stato di riposo ad al; 726 CAPITOLO SESTO chiuse, perchè la pagina ventrale è molto più modestamente dipinta di quella dorsale, la quale ultima, non solo si orna di colorazioni vivacissime, tino alla macchia nculiforme, ma, talora brilla vivacemente di splendori metallici. Molto raro è il caso di una macinazione più vistosa per la pagina ventrale delle ali, in confronto della dorsale (che però non ha mai una colorazione crittica) e cosi, questi ultimi Ropaloceri, sono anche più fanerici in riposo che ad ali stese e veduti dal dorso. In tutti i casi però, pei Ropaloceri. l'ornamentazione cromatica delle due pagine delle ali è sempre differente, talora diversissima. A questo gruppo si possono allegare, in certo qual modo, quei begli Insetti, come certe le ali superiori ornate di maculazioni elegantissime, e così pure le iuferiori e perciò rie- scono vistosi, sia in riposo Mantidi esotiche (tìg. 722), che bau ni | ! ■ Fig. 722. — Esempio di fanerismo, per ornamentazione delle ali superiori, in un Mantide esotico (l'uenAocreobotra ocellata Serv.). Grand, nat. che nel volo, ma la loro temibilità, per armi poderose, le assicura contro i pericoli di questa vistosità. L'ouieoniorfisino, che si accompagna sempre coli' omocromismo, come si è avvertito, altrimenti sarebbe incompleto ed insufficiente, fa parte del mimetismo in genere, il quale si è qui diviso in fan eri co e crittioo, se- condo si è detto già. La innegabile somiglianza fra l'aspetto di certi animali, per colorito e per configurazione speciale del corpo, con oggetti circostanti, fra i quali, cioè, gli animali stessi si vedono accomodati in guisa da imitare gli oggetti medesimi, così che essi animali, permanendovi immobili, sfuggono all'occhio facilissimamente, non ha mancato di essere chiamato a prova della teoria dell'evoluzione. Ottimo esempio, infatti, si è giudicato questo mimetismo, per dimostrare gli effetti della se- lezione naturale, per la quale, soltanto, è avvenuta la sopravvivenza delle specie, così protette da questo inganno, in confronto di quelle, che non lo erano affatto, ed i caratteri di somiglianza cogli oggetti ambienti si sono, grado grado, evoluti alla attuale, mirabile condizione. Ma, si potrebbe, d'altronde, sospettare, che la frequenza in questi ambienti sincromi ed omeouiortì potrebbe essere determinata, negli animali, che loro somigliano, anche semplicemente da simpatia, per cosi dire, verso tali ambienti. Probabilmente, si tratta di fenomeno da richiamarsi a quei tropismi, mediante i quali l'am- biente agisce con tanta energia verso gli animali, fino a determinare, in questi, delle attività molto spiccate. Se la luce è un agente di tanta energia da attrarre così irresistibilmente un gran nu- mero di insetti notturni, e se è da ammettersi che ciò sia per intervento di azioni chimiche sull'organismo, nessuno potrà escludere una diversa attività, in questo senso, ai diversi raggi, diversamente colorati. È molto probabile che la massa di luce verde, che si svolge da un bel prato, agisca su una cavalletta in modo diverso dalla luminosità di una superficie sabbiosa illu- minata dal sole e diversamente, su esemplari verdi, in confronto di quelli di color terreo della stessa specie, provocando tropismi diversi. A questo proposito, meritano speciale attenzione taluni esperimenti, destinati a riconoscere l'effetto della luce ambiente (di colori diversi) sulla colorazione degli individui di talune specie di Insetti in quella allevati. Giacche la grande maggioranza dei pigmenti degli Insetti può, oggidì, considerarsi come L'INDIVIDUO NKGLI ATTI PKR LA PROPRIA CONSKRVAZIONK 727 dei pigmenti intrinseci, ossia prodotti da deassirmlazioue e di assimilazione, sopratutto nei casi, del resto numerosissimi, nei quali intervengano, nella loro costituzione, pigmenti di origine ve- getale, tra i quali in primo luogo la clorotilla, devesi bene tener conto della parte importante, che deriva da fattori esterni diversi dalla nutrizione, nella costituzione dei pigmenti tegumentari. Poniteli (1SS9), Merntield, Schròder (1896) mostrarono die bruchi di Ilnmia crutaegata, alle- vati in un vaso oscuro, divenivano bruni, mentre quelli in un vaso chiaro assumevano il color verde. Le larve di Smerintkns ocellata/! riuscivano di color giallo-verdastro pallido, se nutrite con toglie riunite insieme in modo da non mostrare se non la loro pagina inferiore biancastra, mentre altre larve, cibate colle foglie della stessa pianta, ma disposte in modo da mostrare la pagina superiore di un verde oscuro, crescevano acquistando un colore verde bluastro, carico. Si possono ottenere individui di Vanesia nrticar, variamente colorati con tinte corrispondenti a quelle dell'ambiente, variando appunto la colorazione dell'ambiente stesso, durante alcune ore prima della trasformazione del bruco e ciò accade senza il concorso della visione, perchè il fe- nomeno si mauifesta anche per bruchi aventi gli oochi ricoperti da vernice opaca (Poultou). Gli esperimenti di Schròder, sui bruchi della Eupitecia oblongata, sono molto interessanti a questo riguardo. Queste larve si nutrono di fiori diversi, variamente colorati e sono rosse, gialle, verdi e grigie, secondo il colore dei fiori di cui si nutrono. L'Autore ha dimostrato sperimental- mente ehe non è affatto la differente maniera di nutrimento quella che determina la diversa co- lorazione delle larve, ma è alle radiazioni differentemente colorate che devesi attribuire questo effetto, perchè larve della detta farfalla, tutte nutrite collo stesso cibo, ma sottoposte all'azione di raggi luminosi diversamente colorati, perchè riflessi da carta di tinte differenti, acquistano tinte corrispondenti a quelle dell'ambiente in cui crescono. Tra le varie ipotesi a spiegazione del fenomeno, si può ricordare quella di Otto Wiena (1895), che suppone una varia cromoseusibilità nei diversi strati del tegumento o l'altra alla quale non manca l'appoggio di qualche osservazione, per cui l'azione della luce su una regione del tegu- mento provocherebbe una eccitazione nervosa, che determinerebbe le stesse reazioni in tutte le cellule tegumentari (Brunhes, 1895). L'azione della luce può determinare persino rapidi cambiamanti di colorazione, tutto affatto fisiologicamente, presso a poco come si vede accadere nel Camaleonte e nel Polpo. Il fenomeno è stato benissimo riconosciuto in un Crisomelide (Sallé, Ann. S/>c. Eni. Fr., Bull. 1862, 32) ed è notorio che giovani larve di Mantis, schiuse a temperatura relativamente bassa, esposte bru- scamente ai raggi del sole, di brune divengono subito verdi, ma riprendono sollecitamente il primitivo colore, se tolte alla luce. l'atte queste esperienze, con altre che si potrebbero citare e che trovano riscontro nel ero- motropismo di molti Crostacei, specialmente dell' Hippolyte varìans, benissimo studiato da più sperimentatori, offrono dei dati molto suggestivi a spiegazione dei fenomeni di eterocromia di stagione, come di mimetismo omocromico. La predilezione dell'ambieute concolore, cioè il cro- motropismo e la omocrotnia di adattamento, risultano, alla luce di queste ricerche, come feno- meni intimamente legati, cioè convengono colla colorazione dell'ambiente, sotto l'azione del quale si sono svolti e ciò per una quasi risonanza dell'organismo (risonanza cromo-cinetica). Ma, ad es., per le specie crepuscolari, questa selezione dell'ambiente, da parte di individui diversamente colorati, non si rivela. Ho raccolto fra le alte erbe, al crepuscolo, sempre gli indi- vidui di color terreo e quelli rosso-rosei (non rari nell'Alta Italia) del Conocephaloides nilitnlna !>.) ( C'oiwveph a In s ma n dibularis, Serv.) assieme agli altri, ben più comuni, di color verde erba. Non così avviene pegli Insetti a varietà diversamente colorate, ad es. : altri Locustidi ed Aerididi, ehe sono attivi di pieno giorno e si vede che gli individui verdi sono sempre nei prati a vegetazione fresca; gli altri nei luoghi aridi e brulli o sulle nude sabbie. Quando, però, si tratta di ricercare un vero rifugio, l'animale, di qualunque colore esso sia, preferirà sempre un ambiente buio ad uno concolore. Il sole è « la gran fiamma accusatrice > e la paura rappresenta uno stimolo ben più energico di qualsiasi tropismi). Noi rileviamo, bensì, questa corrispondeuza, che, ripeto, non si può certamente negare; ma vediamo, anche, gli animali, così dotati, accorrere appunto a questi ambienti mimetici, sopratutto allorquando desiderano starsene iu quiete, più che a rifugiarsi in presenza di pericolo, nel quale ultimo caso essi provvedono altrimenti e più efficacemente alla propria salute. È allo stato di riposo soltanto, che l'animale provvede a rendersi quanto meno appariscente gli è possibile, perchè, iu natura, le cose appariscenti assai sono oggetto di molta curiosità da 728 CAI-ITOLO SESTO parte ili molti animali, vaganti (anche senza scopo definito), e questo sottrarsi all'altrui perce- zione rappresenta piuttosto il suo « uon è visibile» anziché una vera e propria maniera di di- fesa contro pericoli, che lo minaccino, perchè, di fronte a questi, esso, più che arrestarsi quieto, fogge <> si nasconde davvero o si difende altrimenti e, più che tacere, stride. Ma, come un si- mile stato di riposo abbia potuto determinare una selezione naturale è affatto incomprensibile. Gli stessi ambienti, poi, sono frequentati, non meno assiduamente, da molte altre specie, punto concolori, anzi discordanti all'atto, uè perciò si vedono essere, in natura, rappresentate da minor numero di individui. Tra le forme sincronie coll'ambiente ed anche fra le omeomorticlie, si notano specie assai diversamente provvedute di altri mezzi difensivi, come ad es. Locustidi e Mantidi, e sono comunissimi i casi di specie, tiorentissinie, che frequentano ambienti, coi quali sono in assoluto contrasto, non foss'altro che pel colorito. D'altro canto, il mimetismo coll'am- biente è perfetto nel solo stato di quiete e di silenzio dell'animale, allorquando cioè, per questa sola condizione, esso sfuggirebbe o potrebbe sfuggire all'altrui percezione anche altrove, mentre il maggior pericolo è, per l'animale, allorché si muove, giacché basta il movimento a tradirlo ed in tal caso, non ha luogo mimetismo di sorta. Solo il sincronismo può essere utile alla difesa ed, all'offesa, come il cacciatore ed il soldato attuale si vestono di tinte poco appariscenti, ma non so quanto si potrebbero avvantaggiare simulaudo un tronco od una roccia e muovendosi tuttavia. D'altro canto, si domanda : questi mezzi di protezione, che importauo un cos'i grande effetto, quale è quello di modellare e colorire in modo particolare la specie mimetica, anche a danno di altre, pur importantissime facoltà, come sono quella di locotnoversi, predare, ecc. (1), rispetto a quali minaccio sono essi apprestati? Può essere ingannato altro occhio (diciamo cosi) oltre quello del vertebrato ? Ma, la minaccia alla, specie dell'insetto, ossia la percentuale di individui, che i Vertebrati insettivori le sottraggono normalmente, è di grau luuga inferiore a quella che è tolta via da altre cause nemiche, sopratutto da altri Insetti e questi, per la diversa maniera di visione, e perchè hanno tutt'altre vie, tutt'altri sensi per riconoscere la vittima, a distanza o davvicino, non possono essere minimamente ostacolati, nella loro opera di scoprimento della vittima stessa, per un qualsivoglia mimetismo. Questo è tale per noi, forse per qualche altro vertebrato, uou certo pegli Artropodi in genere, che hanno ben altra sagacia della nostra. È ammissibile che gli adulti della Dismorpìiia fortunata (Pieridi) o della Phanoptis ci/anomelas (Bombicidi), solo perchè somigliano a quelli della Leucothyris victorina (Eliconidi) (fig. 704) o quelli della llaiilarchia acchippus, perchè ai nostri occhi imitano la Anoxia phlexippus, si sieuo salvati traverso i secoli, ingannando (2) qualche uccello insettivoro, mentre, intanto, le larve della specie simulatrice potevano essere decimate da endofagi e predatori non meno di quelle della specie imitata ? Una selezione naturale sarebbe certo stata infinitamente più al caso, se intesa ad ottenere una qualsiasi protezione alla larva contro gli Insetti suoi nemici speciali, an- ziché contro i rari (se pur vi sono) ed accidentalissimi predatori dell'adulto. Quando noi consideriamo un'individuo isolato di un Acridide nostrale, tra quelli suscettibili di enormi incrementi subitanei, noi non possiamo non riconoscere che esso è mirabilmente con- figurato per trarre in inganno l'occhio nostro e forse quello di qualche vertebrato insettivoro, che lo può scambiare facilmente con un muccliietto di terra, e pensiamo subito al mimetismo protettivo. Ma quando assistiamo ad una intensa invasione di queste stesse specie e pensiamo ai milioni di individui sorti da un anno all'altro ed infine alla scomparsa non meno sollecita o su- bitanea di queste invasioni, dobbiamo argomentare (come, del resto, la osservazione diretta sta a provare), che le cause avverse all'insetto, più efficaci, quelle che da milioni di individui lo ri- ducono prontamente a quantità normali, non sono punto i Vertebrati, ma vi hanno la massima (1) Molte specie di Insetti, ricche di espansioni fogliacee sul corpo o sugli arti, di protube- ranze, di spine, di accidentalità varie, non possono non trovarsi più oberate ed impacciate, nei loro movimenti, delle affini di struttura più semplice. Anzi, molte volte, questo mimetismo sembra ottenuto a danno, addirittura, della facoltà di volo. Vedasi se il vantaggio difensivo compensa il detrimento della locomobilità. '2) Quale inganno? Se è rifiutata «lai predatori per effetto delle sue secrezioni detestate sarà avvertita a distanza per queste più che pel suo aspetto e colorito. L'INDIVIDUO NEGLI All'I l'KIt LA l'UOl'RIA CONSERVAZIONE 729 attiviti tutti quegli Insetti (Ditteri, Coleotteri, ecc.) Buoi endofagi o parassiti delle sue uova e contro questi, quel mimetismo, di cui si e detto, non ha effetto alcuno. Adunque, in tali casi, la selezione naturale, mentre avrebbe avuto il non piccolo risultato di modellare a suo modo tutta la configurazione di un organismo, per salvarlo dal pericolo minimo (e trascurabile di fronte alla potenzialità moltiplicatrice della sua specie), nou ne avrebbe trovato alcuno, analogo, per difendere questa contro la vera minaccia, inlinitameute piti grande. Non si potrebbe non concluderne, che il mimetismo delle forine più basse, come sono gli Insetti, è, dalla natura, largito a questi, a sola difesa contro taluni Vertebrati terrestri, e che, conseguentemente, non dovrebbero esservi state specie di Artropodi mimetiche, prima dell'ap- parsa dei detti Vertebrati sulla terra. Tutto ciò, ed altro ancora, che facilmente l'entomologo rileva, io, per me, trovo ben ostico ad ammettere (IV Per queste e per molte altre obbiezioni, che si potrebbero fare (sopratutto con uno studio largo di vedute nel inondo degli Insetti) e perchè si può sempre sospettare che l'ambiente stesso influisca, mercè le sue caratteristiche spiccate, sui caratteri morfologici e cromatici delle specie animali, da cui è frequentato, senza che, nelle eredità, avvenga selezione alcuna, ci limiteremo qui ad esporre i fatti di evidente mimetismo dittico, come si è fatto a proposito del mimetismo fauerico, lasciando da parte le teorie in proposito. Intanto, avvertiamo che, durante lo stato di riposo, al quale concorre, come si e accennto il mimetismo dittico, è anche necessario il silenzio, perchè sia evitata ogni percezione, anche uditiva, da parte di altri animali, che potrebbero riescile importuni comunque e sarebbe desi- derabile anche la cessazione di ogni emanazione odorosa speciale, tanto è vero che si vede inu- tile l'omocroiuismo ed il silenzio della selvaggina di fronte all'olfatto del cane da caccia, pel quale esempio, soltanto, si potrebbe accusare di manchevolezza la sagacia della specie o la selezione naturale, da poiché essa non ha provveduto ad eliminare i pericoli derivanti dalle manifestazioni, che interessano un senso così fine, come è, negli animali in genere, quello del- l'olfatto e che funge anche nella totale mancanza di luce (2). L'animale, in stato di quiete, tace, ma non fa sempre altrettanto nel pericolo, che anzi, il suono, che esso produce, in questa coudizione, può essere considerato esso pure, come atto ri- flesso di eccitamento e gli può essere utile. In certi casi, però, se la minaccia non è seria o prossima, il suono che l'animale può emet (1) I naturalisti in genere, forse per la piti frequente ed ovvia dimestichezza coi Vertebrati superiori, che sono anche più vistosi e comodi a considerarsi nei loro costumi, hanno esagerato sempre, grandemente, il valore del loro intervento nel mondo degli Insetti, mentre, fra i due gruppi, i rapporti necessari sono scarsissimi e di poco conto. Una grande minoranza di Verte- brati hanno, per coudizione necessaria della propria esistenza, quella degli Insetti e fra questi, nessuna specie ha necessità della esistenza di un dato Vertebrato, se non i pochi parassiti, ormai specializzati. Invece, i rapporti necessari fra diverse Bpecie di insetti sono innumerevoli e bastinogli esempi di tutti gli endofagi, dei predatori, ecc., che non potrebbero vivere senza le specie vittime. Perciò, il pensare a specie di Insetti, che si sieno profondamente modificate solo per riguardo a taluni Vertebrati, mentre non altrettanto avviene pei rapporti nel loro stesso gruppo, mi sembra poco logico e meno credibile. (2) Ogni specie, come ogni individuo, ha il suo odore caratteristico. Di ciò si hanno alla mano prove certe ed ovvie, continuamente. I sostenitori ad oltranza del mimetismo e del suo grande valore protettivo debbono ammettere, a piiori, come necessario e, quindi, indiscutibile anche un mimetismo di odori, che non è provato, mentre, invece, la dimostrazione dell'odore particolare ad ogni specie, individuo, sesso e forse età, è data tuttodì, non fosse altro che dal cane, ed in questo caso si chiede a che possa servire la tinta concolore col terreno ed il tener» visi quieti e celati ad una Starna od a uua Lepre, di fronte all'odorato del Bracco o della Volpe ed a che possa essere utile il mimetismo ad uso della vista, per tutte le insidie notturne od in luoghi bui. Che taluni fatti di imitazione dell'ambiente esistano, è indubitato, ma la teoria del mimetismo, in genere, è inventata dall'uomo e rispetto all'uomo esclusivamente può valere : ingerenza, questa, di effetto trascurabile nell'equilibrio dei viventi. Ma, l'argomentazione sarebbe forse molto diversa, se assai piti acuti fossero gli altri nostri sensi e specialmente l'odo- rato, che è, senza paragone, piti delicato e fine negli animali e tra questi anche negli Insetti. A. BHKLESB, Oli Inietti, II. — 92- 730 CAPITOLO SESTO tere, può riescire ad ingannare l'altrui percezione circa l'ubicazione della fonte del suono etesso, una simulazione, adunque, corrispondente al mimetismo crittico. Così, fra gli Insetti, gli stridulanti, ee inquieti per l'accostarsi di alcunché di pauroso, quando non arrestano del tutto Io stridìo, lo attenuano ed alterano così che esso non è più guida sicura verso l'origine del rumore; l'anno cioè i ventriloqui, Becondo benissimo rilevò il Fabre , per VOecanlhua pellucens, e si può tuttodì notare per altri Ortotteri, se non anche per le Ci- cale, ecc. Omeomorflsmo. — Fra gli oggetti più frequentemente imitati nei casi di mimetismo crittico pas- sivo, ei possono ricordare le foglie verdi e secche; i ramoscelli ; le corteccie delle piante maggiori \ i Muschi ed i Licheni ; le piocole pietre ed i mucchietti di terra; lo sterco degli uccelli o d'altri animali ed, infine, altri corpi diversi. Per ciò che riguarda la imitazione delle foglie secche o verdi, sia essa permanente o temporanea, senza dub- bio, anche dal lato della forma, essa è molto suggestiva e forse la meglio riu- scita, fra tutte, come anche la meglio rappresentata fra Insetti di ordini di- versi. La imitazione della foglia secca si perfeziona per smarginatine sull'orlo delle ali (giacché sono appunto le ali ampie, con ricca nervatura, che simula quella delle foglie, che imitano questi organi della pianta), così da rappresen- tare erosioni ed anche talora porzioni trasparenti sulla pagina dell'ala, che simulano fori praticati, ad es. da qualche insello, sulla foglia secca. Orli smar- ginati non si notano, invece, che rara- mente in ali di color verde. Fra gli esempi più di frequente citati dagli autori, ricordo i Phylliufn, (rig. 723), che sono Fasmidi (Ortotteri), rappresentati da una quindicina di specie, tutte tropicali o subtropicali, diffuse nell'Asia, nelle Isole Maurizio e Seichelle. Vi sono specie verdi ed altre del color rosso ruggine delle foglie secche. A Giava si trova, oltreché il P. pulchrifolium Audinet, anche il P. siccifolium (L.) (tìg. 723), il cui nome ne indica il carattere. Questi insetti, larghi e piatti, colle ali superiori ricche di nervature reticolate, simulano be- nissimo foglie ovato-lanceolate, e gli indigeni, in base a così fatto esempio, credono ferma- mente alla trasformazione delle foglie in Insetti. Fra gli Ortotteri Locustidei vi sono molte specie ad ali superiori lunghe, ed acute all'apice, che imitano le foglie verdi od ingiallite, o parzialmente disseccate ( rig. 724). Le Lanocampa, grosse e belle farfalle notturne, hanno, in generale, il colorito delle foglie secche e oiò sopratutto nelle femmine, alcune delle quali, anzi, posseggono ali inferiori a mar- gine ondulato, per incisioni arcuate, e le tengono, in riposo, stese di piano, così che la imita zinne della foglia secca è anche più accentuata. Perciò, molte specie del genere hanno ricevuto nomi, che si richiamano a questa imitazione; ad es., fra le nostrali: L. popiiHfolin (L.) ; L. ilicifolia (L.); L. betulifolia Ochs., ecc. Le femmine sono assai pigre, perchè molto corpulente, ed, in generale, si trovano quiete alla base degli alberi, ferme sulle corteccie, in vicinanza del terreno e, se non sono palesate dal turbinio dei maschi, che le assediano volando loro attorno, anche all'entomologo è difficile scoprirle. Anche la bella Goniopterix Ubatrix (L.), ad ali chiuse simula bene una foglia caduta, mac- chiata di roBsigno e coperta di crittogame. Fig. 723. — Phylìium siccifoìium (L.) adulto, in gr. nat. L'INDIVIDUO NKflI.l ATTI PER I.A PROPRIA COXSK.KVA7.IONK 731 La flotterà curtttla (L.), come anche la Ptilodonlis palpino (L.), si possono scambiare per una foglia secca ed accartocciata. La Lithosia giiseola (L.) simula una samara di Frassino, un po' scolorita. Molti Tortricidi ed altri Microlepidotteri si possono scambiare per gambi di graminacee o per aghi di Abete, ecc. Il Perez richiama l'attenzione degli eutomologi sul mimetismo degli E mi tt eri Eterotteri del gen. Phloea (tig. 725), rispetto ai tronchi degli alberi, sui quali posano volentieri e fa rilevare che questi insetti, col loro corpo piattissimo ed allargato in espansioni fogliacee, molto scolpite A B Fig. 724. — Due Locustidi, che simulano delle foglie. J, Aoidoxena hewaniaiia White, del Gabuu (da « Insecta » mi terzo della graud. nat.); B, Piero- chroza maculi f olia (Bruun), dell'America merid. (Da Millot). ed accidentate, col loro colore grigiastro e la speciale punteggiatura e macinazione di color bruno, riescono assai difficilmente riconoscibili, in confronto delle corteccie su cui posano. Il Girard aveva già affermato che gli insetti di questo genere debbono trovare una imita- zione difensiva nella loro somiglianza a corteccie degli alberi. Il Perez constata che alcuni individui hanno tinte grigie, tendenti al verdastro, ed, in questo caso, la loro somiglianza con qualche specie di Lichene (Physcia, Parmelia) è veramente meravi- gliosa. Il Perez, a proposito di questo caso di mimetismo, si trova di fronte agli stessi dubbi che sopra ho esposto. Egli non sa spiegarsi, però, hi ragione di questo così preciso mimetismo protettore, inquantochè esso sembrerebbe destinato ad ingannare soltanto specie animali nemiche di questi insetti, le quali, solo mercè la vista potessero riconoscerli, e non fossero suscettibili di essere tratti in inganno se non da una imitazione estremamente precisa. Ma, a giudicare da quello ohe si sa degli Eiuitteri nostrali, essi sono inseguiti e minacciati piuttosto da Ditteri Tachinari, i quali hanno altri mezzi di percezione, assai più efficaci o sicuri della semplice vista, che non da Uccelli od altri Vertebrati, pei quali, soltanto, tale simulazione potrebbe avere effetto utile all'insetto. Una struttura meno vistosamente mimetica, ma pur suscettibile di deviare l'attenzione ed il giudizio di possibili nemici, che si affidassero al solo senso della vista, è quella che mostra la Ledra amila (L.), bello Emittero Omottero nostrale. Questo insetto, pel colore, pei rilievi squa- miformi, ecc. del torace, se posato su una corteccia accidentata e con- colore, non è facilmente percettibile. Anche meno lo sono le sue forme giovanili, perchè più depresse e segnate longitudinalmente di quattro carene lineari, poco rile- vate. I Muschi ed i Licheni sono benissimo imitati dalle colorazioni della pagina superiore delle ali del 1.° paio in talune specie di Farfalle, che li frequentano. Le ali sono a fondo bianco, con variegazioni ramificate, di color verde o grigio-oscuro. Cosi, per entro ai Licheni sfuggono alla vista queste farfalle, che li frequentano, tra le quali, come pertinenti alla fauna nostrale, si possono ricor- Fig. 725. — l'hìoea corticata Drury, del Brasile, un poco ingrandita. (Da Girard). 732 CAPITOLO 8K8TO dare la Bryophila mnralis Forst ; Halia (Fidonia) wavaria (L.) ; Moina orion (Esp.) ; Agrotis praecox (h.) ; Dichemia aprilina (L.), eco. Ma, il più bello esempio di imitazioni di un Lichene è quello offerto dalla Formella crinita, lichene del Madagascar, frequentato da più specie di insetti, che lo simulano assai beue. Questa crittogama, su un fondo biancastro della sua vegetazione, porta dei ciuffi di villosità nere ed è frequentato da insetti diversi, i quali hanno un co- lorito biancastro essi pure e rilievi tuberculiformi, qua e là, sul corpo, dai quali si elevano ciuffi di appendici pili formi, nere. La imitazione è perfetta, e questi insetti, larve od adulti di gruppi diversissimi, non si possono distinguere affatto se posali su colali licheni, che rivestono i ramoscelli di piante diverse. Cosi è, ad es., del Lithinus nigroeristatus (adulto) che è un Coleottero curcnlionide mezzanamente grande (fig. 726), il quale, per somigliare così al detto lichene, in cui si riposa di frequente, deve assumere una veste con colorazione ed accidenta- lità del tutto insolite nella famiglia a cui appar- tiene. Certo è che questo insetto (come anche qualche Bruco (fig. 727, ed altri) posato sulla Formella non è più distinguibile neppure davvicino e ad uno sguardo attento. I ramoscelli, gli stecchi ed i fuscelli sono per- fattamente imitati dai Bacillidi (donde il nome al gruppo) e già il Redi avvertiva la somiglianza grandissima dei comuni Carallucci (Bacilhie rossii) coi fuscelli di scopa, fra i quali si trovavano a migliaia, taluni di color verde, altri di color « tutto rugginoso o per dir meglio dello stesso color dei fuscelli di scopa ». Il Redi corregge il Kircher, il quale giudicava qti9sti insetti per mezzi animali e mezzi piante (d'onde il nome di Xylopliyton, oon cui li definisce quest'ultimo Autore, fig. 728, che afferma nascer essi dai ramoscelli putrefatti del Viburno) ed assegna loro la vera origine da nova, che figura assai bene. Questi Bacillidi, quando stanno fermi su certe piante specialmente, ad es. sulle Ginestre ecc., con ramoscelli verdi, lunghi e fitti, non si scorgono altrimenti (fig. 729), anche perchè tengono le zampe anteriori riunite e distese all'innanzi. Un Fasmideo di Giava, il Cyphocrana goliath Gray, lungo ben 20 era,, di colore verdescuro e segnato di giunture annui ari molto discoste fra loro, imita così bene i giovani germogli di Bambù, sui quali sta ordina- riamente, che, se non si muove (il che accade non di frequente), non se ne può distinguere af- fatto. I sassi scabrosi, come i muc- chietti di terra, secca sono imi- tati da molti Insetti terricoli, i quali, pel colorito e per certe scabrosità del corpo, se rimangono immobili sul terreno concolore, uon si distinguono affatto per quel che sono. Sono esempio, alla mano, di cotale mimetismo parecchi Acrididi nostrali, ad es. del genere Oedipoda, né si scorgono facilmente sulla nuda terra, finché non aprono le ali per volarsene, nel qual caso mettono in mostra la ricchezza della ornamentazione cromatica delle ali stesse, con- forme si è già detto. Fig. 726. — Lithinus nigrocristatns Cocq. del Madagascar, alquanto ingrandito («, gr. nat.). A, veduto di lato; B, dal dorso (dal naturale); C, in sito, sulla Farmelia crinita, in grand, nat. (Da Emery). Fig. 727. Bruco che imita la Parmeìia crinita, in sito, grand, nat. (Da Emery). L'INDIVIDUO NEGLI ATTI l'Eli LA PROPRIA COK8BBVAZIONB 733 (ce ig. 728. — Bacilhts rossii F. secondo la tìguia del Kircher, che lo chiama Xylophyton ex ramali» Viburni, in Mu- saeo Auctoris. « Gli Iusetti Ortotteri del Saura — dice il Plateau — riservano al viaggiatore nuove mera- viglie. Io avvertivo ad ogni passo dei ciottoletti. Chili accosta coi piedi vede, ad un tratto, uno di questi frammenti lanciarsi innanzi e ricadere a qualche distauza. Questi ciottoli saltatori non sono che delle Eremobia e generi affini. Tutti hanno il corpo massiccio, rugoso, coperto di creste e tubercoli ; la loro colorazione grigia, macchiettata di biancastro o di nero è sempre assolutamente quella del terreno e, cosa cu- riosa, ciascuno d'essi affettando la tinta della località in cui vive. « Questo somiglia ad una piccola massa di terra; quello ad un ciottolo bianco giallastro; altri hanno assunto, in quasi tutto il corpo, la tinta di ardesia ». « Tutto concorre », afferma il Saussure, specialista del gruppo degli Eremobiti, « a rendere questi Insetti in- visibili sulla superficie del suolo, permettendo loro di confondersi, alla vista, colle accidentalità di questa superficie». Sulle nostre spiaggie si incontrano Coleotteri, come il Cneorhinus aìbicans Sh. ; i Trox (ad es. T. sabulosus), ecc., affatto concolori colle sabbie stesse, come pure Asilidi e Thereva (Ditteri) ed Imenotteri a colori pallidi, come sono i Btmbex, ecc. che, per le loro tinte poco o punto differenziate da quella generale dell'ambiente, sono più o meno difficilmente percepibili, se in quiete. Gli escrementi degli Uccelli sulle foglie e sul ter- reno, sono imitati benissimo da parecchie specie di Lepidotteri Eteroceri e da Microlepidotteri. Tra questi, alcuni, che iu riposo accostauo molto le ali al corpo e quasi le arrotolano e sono macchiate di bianco e di bruno, riescono una imitazione stupefacente dei detti escrementi. Cosi è, ad es., della Cilix spinula Hb., della Penthina pruniana e di qualche altra specie (1). Carlo Vogt afferma che taluni Coleotteri dei de- serti, che emettono un odore molto spiacevole, oolle loro elitre molto convesse, il corsaletto e la testa inclinati in basso, quando fingono il morto, simulano assai bene gli escrementi delle Capre e delle Gazzelle e perciò sfuggono ai loro nemici. Altri esempi, in numero grandissimo, sono citati da Autori diversi, ma, come ho già avvertito, non sono sempre così salienti come quelli che ho ricordato e che sono i più vistosi ad illustrazione del mimetismo crittico. In conclusione, a proposito del mimetismo in ge- nere, io credo che si sia grandemente esagerata la sua portata in natura, come la sua estensione, rilevando somiglianze e convergenze tirate a forza, ed effetti a beneficio della specie evidentemente eccessivi. Se noi fossimo dotati d'altri sensi di percezione o Fig. 729. — Diapheromera femorata, Ba- cillide dell'America Settentrionale. A destra maschio e femmina in accop- piamento (il maschio è l'individuo che sta sopra); a sinistra un maschio isolato. Due terzi della grandezza na- turale. Dagli autori nord americani. (1) Ma anche un Ragno, fra i nostrali Tomisidi, V Ornithoscapkoide» dtcipìem Cambr., coll'ad- dome bianco, che simula la massa principale dell'escremento, le zampe nere raccolte al corpo, imitanti la sostanza nerastra, che non manca mai negli escrementi suddetti e la tenue ragnatela all'intorno, che sembra un poco di liquido disseccato, imita perfettamente (come indica il nome 734 CAPITOLO SESTO più acuti fossero quelli fornitici dalla natura, probabilmente le argomentazioni nostre, di fronte a fatti innegabili di convergenza di forma e di colorito fra organismi diversi o fra questi e l'ambiente, sarebbero riescile differenti. Basterebbe possedere la potenza visiva del Girifaloo, che, dalle nubi, vede benissimo la Lepus rariabilis, accovacciata fra la neve e vi si lascia cader sopra a perpendicolo, o di qualche altro rapace diurno, che caccia, così, la Quaglia e l'Allodola immobili fra le stoppie, od il potere olfattivo del Cane, per argomentare diversamente dell'ef- ficacia crittica del mimetismo e della sua influenza nella selezione della specie; molto più, poi, se le percezioni nostre fossero alla pari di quelle di un Icueumonide, e si argomentasse a pro- posito degli Insetti. Uu cacciatore di professione scopre la preda benissimo anche là dove pel novizio è celata. Adunque, non sarebbe a difesa contro i piti temibili e speciali nemici una così vistosa appa- renza da parte del mimetico, ma solo per ingannare quelli meno pericolosi e del tutto occasio- nali. A me sembra che anche questo fenomeno del mimetismo (presa la parola in senso largo, rappresenti, circa il suo vero significato e la causa determinante, una vera incognita, oggi più che per lo innanzi, che si viene grado grado sostitueudo ad una certezza recente ed alle favolo- sità del passato, E qui, ancora, più che mai luogo alla dubitazione, in cui parrai più prudente rimanere per ora. Foberismo. — L'animale può assumere, temporaneamente, in attitudine di difesa, un aspetto, pel quale aumenta di terribilità, anche oltre quanto si merita per sua natura. Si gratta, adunque, di una vera azione, ma che si arresta alla sola minancia e cessa col so- spetto del pericolo. Così, por gradi, si passa alla difesa attiva di cui si dirà tosto. Che l'attitudine terrificante rappresenti un atto volontario, da parte dell'animale o sola mente istintivo o riflesso, in causa della irritazione del momento, può essere discusso ed è ragio- nato l'atto stesso nell'uomo, allorquando accresce forza alla minaccia, assumendo una attitudine od un aspetto più impressionanti, come quei guerrieri d'altri tempi, che curavano di affrontare la pugna, presentandosi col più orrido aspetto possibile ; ma, per gli animali, più che istin- tivo, Tatto può essere semplicemente ri- flesso, come all'uomo in pericolo si rizzano i capelli. Così non si può escludere che altrettanto avvenga in quegli animali, i quali, di fronte ad una minaccia, arruf- fano il pelo o le penne, anche se ciò non aumenta veramente la terribilità. Questa attitudine cessa tostochò la minaccia riesce troppo seria; allora l'ani- male abbandona cotale facies, insieme colla lotta, e fugge. In questa attitudine di difesa esclusi- vamente, l'animale mette anche in mostra le sue armi naturali, argomento, questo molto spesso persuasivo all'avversario e così si tiene, anche, pronto al duello. Più comunemente, a questo solo atto, a questo « mostrare i denti » si riduce tutta la minaccia e non appartiene se non a specie comunque armate. Di questi ultimi atteggiamenti non è il caso di oitare esempio, da poi che sono comuni a pressoché tutti gli animali, purché godano di una qualunque maniera di difesa attiva; ma, talune specie si atteggiano veramente in modo particolare e vistoso, come fanno vedere, ad es., i Mantidei (fig. 730). La comune Manti» religiosa, se minacciata, molto spesso si vede fronteggiare l'aggressore, inarcando il lungo protorace, tenendolo sollevato quasi perpendicolarmente sul piano, allar- Fig. 730. Mantis religiosa L. in atteggiamento terrifico. Grand, nat. suo) gli escrementi di uccelli e così accade che] talune farfalle del gruppo degli Esperidi, che si posano sugli escrementi, tratte in inganno, si accostino al Ragno e sieno immediatamente catturate. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI l'KR LA I'ROl'RIA CON8ERVAZIONK 735 gando le zampe anteriori, le sue terribili armi offensive e difensive, così che le faccio interne delle loro lunghe anche e delle coscie stanno in un medesimo piano colla faccia sternale del pro- jorace, l'un arto di qua e l'altro di là, colle tibie accostate alle coscie. Così appaiono due macchie ovali, nere, con un punto bianco nel mezzo, che sono, ciascuna, alla base della faccia interna «Ielle anche e simulano, verameute, due occhi ili qualche mostruoso animale. Le ali sono sollevate ed espanse e l'insetto fa sentire, intanto, uno stridore speciale, abbastanza acuto. L'aspetto generale dell'Ortottero è veramente impressionante, in questo atteggiamento, e l'av- versario non può non esserne colpito ; Be non basta questa minaccia, le formidabili zampe anteriori scattano subitamente, allungandosi all'innanzi, verso il nemico; si apre la te- naglia, che la tibia fa col femore e l'acutis- sima unghia apicale della tibia colpisce l'ag- gressore. Ma, se questo incalza e può farlo senza timore, la Mantis provvede meglio ai casi propri, abbandona ogni velleità bellicosa, volta il tergo e fugge. Aspetti strani (come si è già mostrato a pag. 256), assumono anche taluni Bruchi di configurazione paradossale, tanto in momento » di quiete come in presenza di pericolo. Ma anche qui è interessante il giudizio esagerato e la considerazione soggettiva del fatto, che, veduto col nostro occhio, si è ammesso dover essere egualmente apprezzato da altri viventi, con una omologazione arditissima fra i sensi ed il ra- ziocinio umano ed il modo di percepire financo degli Insetti. Può essere che predatori vertebrati, ad es. Rettili od Uccelli, ricevauo, come noi, impres- sione paurosa o repugnante per certi atteggiamenti, che taluni Bruchi assumono, quando sono in sospetto od in riposo e per le loro tinte speciali (figg. 731, 732); ma, contro i loro peculiari nemici, tutto questo artificio non può avere effetto serio e si vede che non lo ha realmente. Intorno a tutto ciò, una argomentazione canta sarà mai sempre opportuna. Fig. 731. — Posizioni ritenute terrificanti, che assumono due bruchi di Eterotteri. A, di No- tondonta zig zag (L.); B, di Lophopteryx came- liua (L.), grand, nat. (da Portsckinsky). Difesa attiva. — Fin qui si è veduto l'animale, subendo la volontà avver- saria, difendersi, passivamente; ma, allorquando esso fronteggia il nemico e tenta respingerlo, lottando co- munque, interviene la difesa attiva, che si può fare sia coi mezzi speciali, sia con quelli che sono comuni anche al- l'offesa. Secondo questo ordine, adunque, i mezzi di difesa attiva, ai quali fanno ricorso gli Insetti, potrebbero indi- carsi così: 1.° Mezzi esclusivamente difensivi: sostanze fe- tide, irritanti, velenose, usate allo stato liquido od iu quello aerei forme. 2.° Mezzi offensivi e difensivi : organi atti a ferire l'avversario, destinati esclusivamente a questo scopo ed in rapporto, o meno, con ghiandole velenifere. 3.° Mezzi occasionalmente difensivi : organi o so- stanze (fluide), con ufficio primariamente diverso, che pos- sono, però, essere impiegati, secondariamente, alla difesa (ed all'offesa). Al primo gruppo appartengono le secrezioni di ghiandole speciali, allogate in regioni varie del corpo ed in organi diversi ; al secondo gruppo si possono ascrivere talune parti della bocca ed i pungiglioni situati nell'estremo addome (Imenotteri); al terzo gli organi boccali, più che altro masticatori, nonché, in ta- luni casi, gli arti di qualche paio, ecc. Vediamo esempi di tutto ciò. Fig. 732. — Strana posi- zione, che assume la larva dello Staiiropus fagì (L.), per ingannare i suoi nemici. Grand, nat. (Da Portschinsky). 736 CAPITOLO SESTO Secrezioni difensive. — Delle ghiandole con secrezioni speciali, destinate a concorrere alla conservazione dell'individuo, come delle sostanze particolari che esse segregano, è stato lunga- mente trattato già nel volume I (da pag. 491 a pag. 550) ed in questo, a proposito delle secre- zioni speciali e dei mezzi difensivi di talune larve (pag. 253) ed altrove. A quelle pagine, dunque, rimando il lettore, avvertendo, che, nel volume I, sono illustrate, ordinatamente, seoondo l'ubicazione, ma non rispetto all'ufficio, le diverse ghiandole diffuse nel corpo degli Insetti. Le secrezioni, che hanno ufficio esclusivamente difensivo e perciò non sono in rapporto cou organi destinati a ferire, si possono distinguere in volatili e fìsse e queste ultime, sopratutto, hanno un effetto piii o meno grave sui tessuti animali. La fissità, come la volatilità loro sono affatto relative, ma talune si trasformano rapidissimamente in istato aereiforme ed in questo so- pratutto agiscono: le altre ciò fanno con assai maggiore lentezza, così che la loro azione av- -"-«''•' i ; ;^§ féWi f^?%^V^?T* Pig. 733. — Un Brachynu» in fuga dinanzi ad un Calosoma, che lo insegue : si difende mercè esplosioni (grand, nat.). (Dal Figuier). viene appunto nella condizioue liquida. Si potrebbe anche aggiungere il gruppo di sostanze che vengono diffuse allo stato solido, come da taluno autore è affermato accada per quelle urticanti dei Bruchi delle Processionarie, ma l'attività si manifesterebbe col disciogliersi di queBte so- stanze negli umori trasudanti dalla cute o dalle mucose degli animali, con cui la sostanza solida viene a contatto, cosi che, veramente, l'azione è sempre per via liquida. Le sostanze repugnatorie, mercè le quali il nemico è discacciato, più che offeso veramente, inquantochè esse agiscono sopratutto mercè il puzzo sgradevole e quindi allo stato aereiforme, più che in altro, dipendono da ghiandole, che si trovano diffuse, negli Insetti, esclusivamente al tronco ed alle sue appendici e se ne ha esempio in tutti gli ordini di Insetti ed in tutte le età. Già se ne è parlato, per ciò che riguarda le larve, nel presente volume, dove si è detto dei modi di difesa delle larve olometabole e lungamente si è riferito sulla loro ubicazione e morfo- logia, nel I volume (da pag. 526 a pag. 549), così che qui poco rimane da aggiungere su questo argomento. Ricorderò solo che, mentre la maggior parte degli Insetti adulti emettono il liquido difen- sivo delle ghiandole pigidiali, senza esplosione od eiaculazione, taluni di essi, cioè i Brachinidi (o Bombardieri), Coleotteri rappresentati anche qui da molte specie comuni, se molestati, inse- guiti, ecc., fanno sentire il rumore secco di una piccola esplosione (donde i loro nomi specifici di BrachynuH crepitane; txaplodene; bombarda; eclopeta, ecc.) e lanciano, con tal rumore, dall'estremo corpo, veramente dal retto un piccolo getto di liquido, che subito volatilizza ed è questo mezzo efficace di difesa, perchè il liquido stesso, che trascina seco, nel fuoriuscire violentemente, anche gli escrementi polverizzati, è corrosivo. Questo umore è molto volatile, perchè bolle a 9°; si condensa su oggetti fieddi in gocciolette di aspetto oleoso. I vapori arrossano fortemente il tor- l'individuo NEGLI ATTI PUR LA PROPRIA CON.SBRVAZIONK 737 nasole, odorauo di gaz nitrosi e, sulla pelle, danno la sensazione di una bruciatura, con do- lore, che può essere vivo e non breve. La eiaculazione si effettua per la contrazione delle fibre muscolari del serbatoio ove è accumulato il liquido segregato dalle ghiandole speciali (pigidiale vol. I, pagg. 343-34S) e viene spinto traverso un orifizio guarnito di peli fitti a ino' di pettino, per cui viene polverizzato; il liquido stesso è lanciato all'esterno con uu piccolo scoppiettìo. Anche avversari molto più grossi e temibili dei lirachynut, battono in ritirata di fronte a simile mezzo di difesa (Kg. 733). Anche un Ceraptenis (Paussidi), il C. qiiatiiormaciilatu8 di Giava, convivente, come tutte le altre specie della famiglia, colle Formiche, entro i Formicai, rigetta, in maniera analoga a quella dei Braehinidi, uu liquido molto corrosivo, che contiene iodio libero. Nella secrezione dei Carabns è contenuto acido butirrico. I Ditiscidi adulti emettono, dall'estremo del corpo, per difen- dersi, uu liquido fetido per l'acido solfidrico ohe contiene, ed è ve- ramente il contenuto del retto, mentre la secrezione grassa delle ghiandole auali sembra destinata a spalmare il corpo. Effetto urticante hanno particolari sostanze segregate da Bruchi pelosi (e se ne è già detto a pagg. 503-505 del I voi., ed in questo volume a proposito delle secrezioni speciali, p. 253) ed è questo un ben temuto mezzo di difesa, così che questi animali godono il ri- spetto da parte di tutti i Vertebrati, più che da altri Insetti, pre- datori od endofagi, i quali ultimi finiscono per aver ragione delle invasioni, anche estesissime, di siffatti Bruchi, Del resto, il principio attivo (cantaridiua od altra sostanza af- fine), è comune e diffuso, sebbene in grado vario, negli Insetti tutti e rappresenta un mezzo difensivo non disprezzabile, tantoché, ap- punto anche nelle grandi invasioni ad, es., di Ortotteri, di Coleot- teri, ecc., l'aiuto che ci forniscono, a liberarcene, gli Uccelli e gli altri Vertebrati insettivori è molto modesto e di assai breve du- rata, del tutto insufficiente alla gravità dei casi. Ciò è dovuto appunto a queste particolari sostanze protettive o difensive che siano. Organi veleniferi e sostanze velenose. — Anche più pericolosi sono i liquidi, contenenti principii venefici, che possono determinare la morte di animali non troppo voluminosi e seri inconvenienti in tutti, e questa volta, neppure gli Insetti o gli altri Artropodi si sottrag- gono all'efficacia del veleno, che sembra, anzi, specialmente desti- nato appunto alla difesa contro questi aggressori. Queste armi difensive appartengono, quasi esclusivamente, a forine adulte e ne sono cospicui esempi i pungiglioni degli Imenotteri (sopratutto aculeati) ed il rostro di molti Emitteri Ete rotteli. La puntura degli uni e degli altri è dolorosissima, quando per la mole dell'animale ferito essa non è mortale, ed anche di questo si è detto abbastanza a proposito delle secrezioni speciali. Pegli Imenotteri, che non si nutrono di preda animale, il pungiglione è un'arma esclusiva- mente difensiva, ma, pei suddetti Eterotteri, essa ha massima parte nella conquista della preda, che, appena afferrata colle zampe anteriori, viene subito uccisa dalla puntura del rostro ed i grossi Belosloma, i massimi Eterotteri acquaioli, dei grandi fiumi d'America, uccidono i piccoli pesci, di cui si nutrono. (Per le ghiandole velenifere degli Eterotteri, vedi voi. I, p. 515 ; degli Imenotteri, vedi voi. I, pagg. 521-522). Anche la larva di Dythcus pare goda di una ghiandola velenifera mandibolare (vedi voi. I, pag. 511). In molti Ditteri (Culicidi) e negli Afanitteri, la secrezione velenifera della ghiandole sali- vari è in rapporto esclusivamente colla funzione della digestione. Organi e fluidi) difensivi In via secondarla. — Adunque, il veleno degli Eterotteri rientra in questa categoria e qui possono ricordarsi anche gli organi boccali, sopratutto le mandibole, degli Insetti masticatori. Tutti gli Insetti forniti di mandibole, in un duello si servono di tali organi a propria di- fesa, che riesce tanto più efficace quanto più robusti e voluminosi sono i detti organi boccali. Fig. 734. — Pungiglione d'Ape, veduto dal di- sotto, colle ghiandole del veleno. «8, gonjeret, in cui scor- rono gli stili ai; bs, pezzi del nono sternite (vedi voi. I, fig. 353, p. 306), II, ghiandola alcalina ; Ao, ghiaudola acida col suo serbatoio S. A. Bkklesb. Olì Inietti, II. — 93. 738 CAPITOLO SESTO Gli Insetti armati di vistose e forti mandibole fronteggiano il nemico faccia a faccia e la tenaglia aperta e pronta a stringere è spesso uu argomento di minaccia non trascurabile; quelli, invece, con mandibole più piccole e deboli, se ne servono, tutto al più, per nna difesa più davvicino, a contatto ooll'avversario, ma, spesso, inutilmente. Le Formiche feriscono colle man- dibole e di poi, nella ferita, che non potrebbe essere aperta dal loro debole aculeo, ripiegando all'innanzi l'addome, iniettano la secrezione velenosa del loro pungolo. Anche le zampe, sopratutto le posteriori, possono avere l'uf- ficio secondario di difesa e ciò accade, ad es., nelle specie che hanno le zampe del terzo paio atte al salto, la cui tibia è, generalmente, armata di robuste spine e così sferrano calci po- derosi, come si vede farei comunemente dagli Acrididi. Quanto alle zampe anteriori, che in talune specie rappre- sentano armi formidabili ed eccellenti organi di presa, come è appunto nei Mantidi ed in molti Insetti, mantidiformi per analoga struttura di questi arti (si sono già veduti parecchi Eterotteri e qualche Neurottero così fatti), cotali zampe, che sono il miglior mezzo offensivo e per afferrare la preda, rappresentano anche Fig. 735. — Larva di Cimbex. i più validi strumenti di difesa e le Mantidi ne danno esempio femorata L, che emette il nei ]oro frequenti duelli, sangue (S) dagli stigmi. Grand, nat. (Da Hollande). Autolinforrea. — Un singolarissimo mezzo di difesa e speciale a pochi Insetti, per quanto esemplificato in quasi tutti gli ordini, è quello praticato colla emissione del liquido circolante nel corpo, che contiene sostanze irritanti, pericolose per gli aggressori e detestate. Se ne è già detto a pagg. 534-536 del voi. I. In molti Insetti, se molestati, si vede fuoriuscire, da varie parti del corpo, una gocciola di liquido, ii più spesso colorita in giallo, verde o rosso, la quale si è riconosciuta pel così detto sangue, e si è constatato che, nel maggior numero di casi, questo liquido ha un effetto caustico ed irritante, se viene in contatto colla nostra pelle e gli Insetti, che ne sono imbrattati non sono più appetiti da specie insettivore. Con ciò l'effetto di- fensivo è dimostrato. Dalle larve di Cimbicidi il li- quido è espulso sotto una pressione così energica che può esser lanciato a più di un metro di distanza (Cimbex femorata L. Mg. 735 ; Trichiosoma sorbi Hart.). In molte specie, però, il liquido circolante, così emesso, non mostra avere alcuna tossicità (larva di Athulia) o ben poca (Leucoma salicis L. adulto) o ne presenta per alcuni animali e non per altri (Coc- cinelle). Secondo l'Hollande, che ne ha fatto recente- mente uno studio accurato (sebbene per mio conto io mi possa dolere che, da parte di questo Autore, mi siano state attribuite affermazioni, che mai io ho fatto, forse perchè egli non ha letto o bene com- preso quello che, sull'argomento, io ho scritto nel voi. I, nelle pagine citate), la emissione del sangue è ottenuta in seguito ad un aumento di pressione di questo liquido nel corpo dell'insetto, per contrazione dei muscoli dorso-ventrali e gli Insetti si arrestano e dispongono gli arti in modo da salvare questi di fronte all'aggres- sione ed in pari tempo agevolare la fuoriuscita del liquido stesso da quei punti da dove esso deve gemere (fig. 736). La fuoriuscita (secondo l'Hollande) della emolinfa dipende o da rottura dei tegumenti in un punto di minore resistenza (ad es. margini delle elitre in Telcphorus ; del torace in Lamyyrls noctil uca L. mas.; delle membrane di articolazione dei segmenti addominali in Lygaeus, in larve di Timarcha pimelioidts L. A. in attitudine normale, uu poco ingran- dita; B in attitudine autoemorroica, mentre emette le gocciole di sangue (S) dalle giunture femoro-tibiali. Grand, nat. .'INDIVIDUO NKGM ATTI PER I.A PltOl'lUA CONSKKVA/.IONK 739 Coccinellidi, di Epilaaia, ecc.), oppure, più frequentemente, esiste una vescicola esertile, ohe si rigonfia ili emolinfa e protrude subitamente (larve di Athalia ; giovanissimi Grylhts campestris, adulto di Ephippigera brimueri Boi.). Talvolta uno o due musooli retrattori si inseriscono all'apice della vescicola, che è cosi l'invaginata dopo la sua fuoriuscita per pressione del liquido 'larve di Agelastica alni, di Galsmcelta lnteola, ecc.). In altri casi, l'emolinfa apparisce per un distacco parziale della membrana di articolazione al punto in cui è saldata ad un legamento di attacco di au muscolo (articolazione femoro-tibiale di Coleotteri adulti;. Finalmente, il liquido può fuoriuscire da pori celomici e l'apertura del poro può essere cir- colare (linforrea preboccale, es. Timarcha elliptica; Eugaster guyoni Sav. e Coccidi), o semilunare (larve di Cimbicidi, di Trichiosoma ed Afidi). Talora, i pori celomici persistono per tutta la vita dell'insetto (Afidi, Coccidi, Eugaster suddetto); tal'altra essi scompaiono dopo il periodo larvale (larve di Tentrediuei) ; oppure, sebbene più di rado, essi si trovano anche nell'adulto (Timarcha). Nei tre primi casi le tracce della linforrea spariscono in ciascuna muta ; ma, nella linforrea femoiO'tibiale, rimangono pel lesto della vita dell'adulto. Il liquido emesso è, in generale, riassorbito, in gran parte, dall'insetto e ritorna entro il corpo. Per la linforrea preboccale delle Timarcha esso è ripreso per la bocca. Quanto alla tossicità dell'emolinfa, oltre alla cantaridina, come principio attivo, la cui presenza è stata constatata, da tempo, nei Coleotteri vesicanti, l'Hollande riconobbe, nel sangue delle Adimonia e di Timarcha, enzimoidi speciali, atti a provocare, sulle mucose, una sensazione di bruciatura (Timarcha) od ulceiare la pelle {Adimonia). Tali principii tossici, normalmente eliminati dagli Insetti traverso gli organi genitali, con- tribuiscono alla difesa delle uova, che sono rivestite, cosi, da una vernice contenente cantari- dina, mentre, nell'atto della linforrea, rappresentano anche una efficace maniera di difesa individuale. L'Hollande novera i seguenti insetti come autolinforroici : Ortotteri. — Eugaster guyoni Serv. (pori celomici fra l'anca e il trocantere); CalUmenus sp. (primo e secondo segmento dorsale dell'addome ?) ; Dynarchus dasypus Illg. (due orifici ai lati del pronoto 1) ; Platystolns pachygaster Lue. (fessure del prouoto) ; Ephippiger brunneri Boi. (ve- scicole sanguigne) ; E. terrestri» (elitre del maschio, orlo inferiore) ; Orphania denticandata Charp. (articolazione coxo-trocanterica) ; Gryllns campestris (larve giovani soltanto; quattro vescicole toraciche). Emittori (Omotteri). — Pseudococcus farinosus Deg. (due orifici preformati, fra testa e torace); Pterocallis jnglandis Frisch (due corniceli sul quinto segmento addominale) ; P. alni Deg. (quinto segmento addominale, emissione di emolinfa e cera); cosi pure Lachnus viminali» L., L, grossus Kalt., L. fasciatila Kalt., Aphit iirlicae F., A. padi L., A. brassicae L., A. cardai L., A. sambuci L., Siphonophora rosac L., S, urticae L., ecc., (tutti : quinto segmento addominale, emissione di emolinfa e cera); Cercopis vulnerata Germ. (divaricamento della ventosa all'apice dei tarsi); Tel- tigonia viridis L. (articol. delle ali). Eterotteri : Lygaeus equestri» L. (margini dei segm. addom.) ; L. saiatilis Scop. (idem). Coleotteri. — Carabidi : Laemosthenus complanatus (Chili) (ano, sec. Porter) ; Meloidi: Meloe, Cerocoma, Zonabris (Mylabris), Lytta (Cantharis), Zonitis, Epicanta ; Crisomelidi : Timarcha brachidera Fairm., Chrysomela, Orina, Melasoma, Galerucella adulti, Haltica ; Coccinellidi : Epilachna, Argus adulto, Subcoccinella, Hippodamia, Adonia, Anisotticta, Adalia, Coccinella, Harmonia, Microspia, Mysia, Anatis, Halyzia, Chilocorus, Exhocomiis, Platynaspis, Coccidula, Scymnns, Eryopis (tutti linforrea fe- moro-tibiale). Cantaridi Telephorus (Cantharis) fuscalj. ; Lampyris noetiluea L. mas. (elitre); deridi; Trichodes; Pirocroidi : Pyrochroa (articolazione anca-torace). Crisomelidi : Timarcha tenebricosa F.; T. riolaceonigra Deg. ; Agelastica alni L. (adulto) ; Sermyla, Luperus, Malacosoma (tutti linforrea preboccale); Crisomelidi : Agelastica alni L. (larva) (linforrea dai tubercoli del corpo) ; Galerucella (larvai (dal collo ; altre dalla faccia ventrale della testa); Coccinellidi : Epilachna (larva) (dalle protuberanze dorsali) ; Coccinella 10-punctata L. (larva) (linforrea per rottura delle vescicole sanguigne); Exochomns auritus Scriba (ninfa) (linforrea dorsale). Ditteri. — Hilara sp. (adulto) (linforrea antennule). Lepidotteri (Macrolep.). — Leucoma (Stilpnotia) salicis L. ; Spiloioma menthastri Esp. ; Li- Ihosia griseola Hiibu. ; Euchelia (Hypocrila)jacobeae L. ; Arctia flavia Fuessl. (tutti adulti, linforrea dal collo); Zygaena (Anlhocoera) trifola Esp. (adulto) (articolazione anca-torace ed altrove). Mi- 740 CAPITOLO SESTO crolep. : Hyponomeutha cognatellus Hilbn. ; Argyresthia uitidella Fabr. (adulti) (dal collo, vescicole); Epiblema (Paedisca) penile ria ita F. (larva, dal collo). Imenotteri, esclusivamente nelle larve. — Cymbex femorata L. ; Trichiosoma ; Abia sericea L. ; Eriocampa ovaia L. (pori celomici): Hylotoma rosae Deg. (vescicola preanale); Emphytue cinedi» King, (rottura dei tegumenti); Athalia annidata F. ; A. seulellariae Com. (vescicole esertili in tutti i segmenti addominali) ; A, spinarnm (due vescicole esertili nell'ultimo segmento addo- minale!. Aulotomla — Finalmente, quale mezzo difensivo, certamente di molto sacrificio per l'animale che lo pratica, ma che può bene richiamarsi accanto alla autolinforrea, è da ricordarsi la au- totomia, di cui però, pei suoi speciali caratteri, è bene discorrere a parte, trattando, iusiemet anche della rigenerazione, per cui, al sacrificio suddetto può l'animale riparare, più o meno bene, in seguito. Offesa. — Dei mezzi offensivi, per parte di Insetti predatori, endofagi, ecc. sarà il caso di dire abbastanza a proposito dei rapporti degli Insetti col mondo ambiente, per quauto cotale funzione riesca, ciò che bene si comprende, a conservazione dell'individuo, come anche a quella della specie. A litotomia. Per Autotomia intendesi la facoltà di amputazione spontanea di una parte del corpo, fino a frammentazione totale del corpo stesso. È questo un fenomeno abbastanza esemplificato fra gli animali, e già Ari- stotile lo aveva segnalato per le Lucertole e, dopo Réaumur, pei Crostacei; O. F. Miiller, pei Vermi ; De Bora, pei Molluschi; Lepelletier, pei Eagni; Montagu, per le Sinapte e molti altri per gruppi diversi, il fatto è stato indicato anche per molti Insetti. Il Giard, ordinando questi fenomeni biologicamente, messi di lato quelli di autotomia ripro- duttrice, pei quali la parte separata dall'organismo rappresenta l'inizio di un organismo nuovo, riunisce, in altra categoria, quelli di autotomia difensiva, da distinguere in economica ed evasiva. Accade, infatti, che taluni animali (ad es. fra gli Echinodermi, Celenterati, Gerirei, Nemer- tini, ecc.), trovandosi in condizioni difficili o sfavorevoli di nutrizione od anche di respirazione, rinuncino a parte del loro corpo, procedendo ad una amputazione volontaria, e ciò per ridurre il proprio volume e resistere meglio alle condizioni avverse suindicate. È questo il caso di o«- totomia economica. In altri casi, pur di sottrarsi ad un danno maggiore od alla morte, qualche animale, trattenuto per un suo membro e perciò impossibilitato alla fuga, lo abbandona per amputazione volontaria e riacquista così la libertà e la facoltà di fuggire. A queste meglio esemplificate e definite maniere di autotomia, si possono aggiungere altre meno ovvie ed a scopo meno evidente, come quella che il Pieron propone di chiamare offensiva, ad es. dell'Ape, che abbandona nella ferita il suo pungolo (per quanto ciò accada solo nella puntura alla pelle di Vertebrati e conduca a morte certa il feritore) e può essere elle quivi trovi il suo posto anche la Autoemorrea quale spediente di difesa; o l'altra maniera di autotomia (cor- rettrice) ricordata dal Przibram, cioè l'amputazione volontaria di un membro rigenerato e mal riuscito, per render possibile la formazione di uno nuovo, che venga meglio. Quanto all' autotomia parassitaria, cioè l'amputazione volontaria di una parte del corpo in- quinata da parassiti (quale si nota, ad es., in Anellidi, per parassitismo di Copepodi; in qualche Stella di mare per Distomi ed in Sinapte per Molluschi), essa può essere bene provocata dallo stimolo dovuto alla presenza del parassita e potrebbe richiamarsi all'autotomia protettrice. Infatti, anche per la autotomia evasiva tipica, non accade sempre che sia abbandonato, per amputazione spontanea, un membro, che, per essere trattenuto, impedisce la fuga dell'animale. Talora, basta una semplice irritazione violenta (ad es. taglio, bruciatura, schiacciamento) di un membro, perchè questo venga abbandonato per autotomia, anche se la fuga non è impedita. Così si comporta il Careinui moenas, il comune Granchio delle nostre spiaggie, che pure è citato pel più ovvio e tipico esempio di autotomia evasiva. l'individuo negli atti pkr la propria conservazioni: 741 lutine, anche più siugolare è una antotonia che si richiama agli organi interni, esemplificata dalle Oloturie e dai Peluiatozoi, che presentano fenomeni di sviscerazioue spontanea, spesso quasi totale, degli organi interni, che vengono espulsi dall'animale per la cloaca. Fra gli Artropodi, la autotomia ò molto diffusa, sopratutto fra i Crostacei, specialmente superiori, ma anche tra i Picnogonidi, gli Aracnidi, i Mi riapodi e gli Insetti. Afferrando una Scutigera delle case (pag. 139, fig. 149), istantaneamente la maggior parte delle zampe si staccano vivacemente dal corpo. Ho provato che lo stesso effetto si ottiene la- sciando caliere una gocciola di etere solforico sull'animale in quiete. Anche i Litìiobim (pag. 137, fig. 146) abbandonano suhito buona parte delle loro zampe, specialmente delle ultime paia, se si vogliono trattenere, ed ognuno ha veduto quanto facilmente ciò accade pei Ragni, ad esempio i domestici Phoìcus dalle lunghe zampe (pag. 120, fig. 123), come per moltissimi altri, fra i quali più di frequente la Argyroneta (pag. 120, fig. 122), e cosi è pure per gli Opilionidi, Aracnidi dalle lunghissime ed esilissime zampe, molto comuni nei campi (pag. 100, fig. 94, A). Fra gli Insetti, il fenomeno dell' Autotomia è variamente dift'uso. Interi or- dini non godono di questa facoltà, come, ad es., i Coleotteri e gli Emitteri ; in altri essa è variamente accentuata, e, solo negli Ortotteri, si avvicina, per le sue caratteristiche, alla tipica maniera dei Crostacei . Child e Young constatarono esempi di vera autotomia per le ninfe di Agrionidi, durante la muta e l'ablazione di qualche membro pei Libellulidi è stata riconosciuta dal Pieron, come, del resto, anche per Agrionidi adulti, che, per fuggirsene, sembrano, qualche volta, abbandonare le zampe (Calopteryx spìendens). Il Frenzel notò che il maschio dell'.Ei(te>'»ie( iiiquilinus, trattenuto per un'ala, si libera, provocando, coli' agitarsi, una rottura brusca della lamina alare, secondo un solco trasversale prefisso. Questo pei Neurotteri e Pseudoneurotteri. Ma, fra gli Imenotteri, all'infuori della facile o spontanea caduta delle ali nelle Formiche fecondate, non si possono citare altri esempi di auto- tomia molto evidente, perchè l'abbandono dell'organo copulatore negli organi genitali femminili, dopo la copula, constatato per talune specie, o quello del pungiglione delle Api nella pelle fe- rita dei Vertebrati, non mi sembrano casi da ascriversi alla autotomia vera. Dei Ditteri, certamente molte specie ed in pàrticolar modo quelle a zampe lunghissime, come le Tipule, ma pur anche qualche Muscide (fra cui anche la Mosca domestica) abbandonano più o meno facilmente le zampe, per liberarsi, se trattenuti per questi membri. Lo stesso praticano moltissimi Lepidotteri, anzi la maggior parte, se non tutti, sia fra i Ropaloceri che fra gli Eteroceri. Anche le ali, in questi Insetti, sono molto fragili ; ma le antenne non si staccano facilmente, nella maggior parte delle specie. Ho detto che fra gli Ortotteri, specialmente, si sono rilevati molti esempi di autotomia vera, da assomigliarsi a quelli classici dei Crostacei. Questa facoltà è meno bene decisa fra i Blattidi (Periplaneta americana, Pauchlora maderae): ma si vede già meglio accentuata fra i Mantidi (ad es. Manti» religiosa), solo per le zampe del secondo e terzo paio, non, però, per le raptatorie anteriori e solo negli individui molto vigorosi. I Fasmidi mostrano più cospicui esempi di autotomia, sia nei giovani che negli adulti, più spiccatamente fra la terza e la quinta (penultima) muta, come si è constatato dal Bordago, per Moiiandropttra innncans Serv. e Ehaphiderus scatroeiis Serv. Quanto agli adulti, l'autotomia si mostra meno regolare e solo per lesione delle membra (ad es. morsi da parte di altri Artropodi); sembra limitarsi alle sole dire paia anteriori di zampe e, spesso, per rottura anche della mem- brana emostatica, l'emorragia è cosi abbondante da condurre ad indebolimento dell'animale ed alla sua morte entro dodici a venti ore (Bordage). Adunque, si tratta di una vera autotomia protettrice. Qualche volta, è esemplificata anche la autotomia esuriale, allorché, cioè, una zampa od (ecce- zionalmente una antenna) non riescono a liberarsi dalla spoglia nella muta, ciò che nei Fasmidi accade non di rado e condurebbe alla morte dell'individuo, che. così impacciato dalla spoglia larvale attaccata a qualche suo membro, non può provvedere bene alla propria esistenza se non se ne libera assieme all'organo impigliato. Piìr raramente si manifesta l'autotomia protettrice nei Forficulidi (Forficula aurieularia) e solo per le due ultime paia di zampe. 742 CAPITOLO SESTO I migliori esempi e più spiccati si manifestano fra gli Ortotteri saltatori. Più facili ad es- sere abbandonate sono le zampe saltatrici, quando per queste si voglia trattenere l'insetto (Gryìlns domesticità, G. campeatris, e più cbe mai G. griseoapterus). II Nemobius sylvestris abbandona le sue zampe posteriori ancbe se trattenuto solo per qaal cuna delle altre. Non mostra, per converso, di essere autotoma la Grillotalpa. Fra gli Acrididi e fra i Locustidi, pur corrispondendo le modalità dell'autotomia (protettrice ed evasiva) a quel che accade pei Grillini, il fenomeno è di intensità variabile e molte specie sembrano non autotome (ad es. Platyphyma giomae Ros., Pygomorpha grylloides Lak., Stethophygma fascimi Pai., ecc.), fra gli Acrididi e forse anche Xipkidion dorsale Latr., fra i Locustidi. Meno regolarmente e chiaramente è praticata l'autotomia dalla comune nostra Oedipoda caerulescens L., dalla 0. charpentieri Fieb. ed O. miniata Pat., fra gli Acrididi e Declicus albifroiis F., Conooe- phalus mandibnlaris Ch. ed Ephippigera rìtinm Serv., fra i Locustidi; eccezionalmente da Calyptamus italiani L., Pachytilns migratoriiis L., Gomphocems maculata! Th., Dociostavrus maroccanus Th., Oxycoryphns compressicornisLa.tr., Stenobothms dorsatns Zett., S. bicolor Cb. , S. nigromacnlatus Her. fra gli Acrididi, mentre è l'autotomia ben netta e frequente per Sphingonotni caerulans L., Acro- tylus insnbricns Se, fra gli Acrididi, come in molti Platyscelis (P. grisea F., P. intermedia Serv. P. tessellata Ch.), pei quali si riconosce trattarsi di autotomia evasiva, accentuata grandemente. Autotomia ed Autospasia. — Molto opportunamente il Pieron distingue i casi di semplice strappamento, volontario, di un organo od una appendice qual- siasi, e ciò sia a scopo evasivo (ad es. da parte di un animale, che, per quella trattenuto, ed in timore di maggior danno, mediante sforzo la abbandona al suo avversario, e può così fuggirsene), sia con altro fine (ad es. le ali delle femmine fecondate di Formicbe) {Autospasia), dalla vera Autotomia. Questa ha per carat- tere fondamentale la predisposizione dell'organo o dell'appendice suscettibili di facile amputazione ed una particolare struttura in punti determinati, nei quali soltanto la amputazione può avvenire od avviene di regola e sempre assai più prontamente e facilmente che altrove. L'autospasia è l'effetto di un atto volontario. L'animale vuole fuggire e pratica uno sforzo in un senso, capace di superare la resistenza mecca nica dell'organo o dell'appendice che, così, vengono strappati in un punto va- riabile. L'autotomia, invece, sembra potersi definire, piuttosto, per un atto riflesso, dipendente dalla reazione dell'organo, di fronte ad uno stimolo, che determina una speciale irritazione dell'organo stesso, perchè si può ottenere anche all'in- fuori di uno sforzo muscolare qualsiasi da parte dell'animale e solo eccitando, in modi diversi, l'organo passibile d'autotomia. D'altro canto il piiiictiim minoris resistentiae, dove necessariamente deve avvenire la soluzione di continuità dell'organo suscettibile di staccarsi, è ben definito, preciso, costante ed, in gene- rale, predisposto morfologicamente, cosi da permettere la facile rottura ed anche a scemarne le conseguenze dannose all'organismo, ad es. con disposizioni per impedire o ridurre al minimo la conseguente emorragia. Gli organi predisposti alla autotomia sono sempre tra quelli cbe, per le loro dimensioni ed ubicazione, più sono esposti ad attacchi avversari ed, inoltre, non sono dovunque così fragili da poter essere rotti in ogni lor punto. Invece, quando essi sieno dovunque delicatissimi, cosi da poter essere agevolmente e comunque rotti o strappati, non presentano determinati punti di rottura più facile, come fauno vedere, ad es., le lunghissime e gracili antenne, di molti Insetti. Così, mentre si vedono, nei Locustidi e Grillidi, le antenne ancbe più lunghe e più esposte a pericolo, che non le zampe posteriori, in queste solo è rilevabile una vera e propria autotomia, che accade in un punto determinato. Gli organi meno esposti, o comunque celabili, non sono mai autotomi. L'abbandono di una parte del corpo, a salvezza del rimanente, è, dunque, un espediente preveduto e predisposto nell'insieme dei mezzi atitotìlattici dell'individuo, per quanto esso rap- I.'IN'IUVIDIO NKlil.l AITI PICK I.A PROPRIA CONSERVAZIO.NK 7 4 li Fig. 737. — Leplynia at- tenuala. Taglio assiale della regione di artico- lazione coxo-femorale (Cx Anca; F femore); * trachea ; S,&' superficie di giuntura trocantero- femorale, secondo la qua- le si fa la rottura auto tomica; me membrana emostatica. Figura sche- • malica. (Da De Sinet.v). presenti un sagrificio ben duro (coll'attenuaute, però, della rigenerazione, possibile in determinate circostanze), ma, che, permettendo la fuga anche di fronte ad un pericolo ormai sopravvenuto e quindi non altrimenti evitabile, riesce l'unico e più pronto mezzo difeosivo in circostanze altrimenti, ormai, disperate. Non altrimenti si è veduto comportarsi la specie, condannando a distruzione individui suoi propri (elle sono poi gli organi per la sua esistenza), per fronteggiare condizioni improvvise, avverse, ed aver tempo di accomodarsi ad altro men duro mezzo difensivo. Mentre la autospasia accade con eguale facilità per trazione esercitata iti più direzioni, se non in tutte, la autototiiia non solo, come si è detto, accade nel punto predestinato, ina è piii facile in seguito a sforzi esercitati in un senso piuttosto che in un altro. Ad es., al solo sforzo di trazione, l'organo autotomico, resiste, in gene- rale, assai piìl che non a flessioui e torsioni. Perciò, su animale morto e tuttavia fresco, l'organo autotomo si staccherà con maggiore sforzo che non sull'animale vivente. Ciò dipende dal fatto che, mentre, nel primo caso, il corpo è immobile e se non si sposta la forza che agisce, la trazione è in un solo senso; nel caso di animale vivente, questo, dibattendosi e contor- cendosi in tutti i sensi, esercita sforzo d'ogni maniera e direzione, finché intervengono quelli pei quali la rottura è più facile. Negli Ortotteri, nei quali, come si è detto, il fenomeno della autotomia raggiunge il massimo grado di perfezionamento, si osserva una specializzazione, si- mile a quanto si vede nei Crostacei, cioè una particolare disposi- zione nell'articolazione basale delle zampe, per cui il processo di autotomia è reso facile e con minor danno. Godelmann ed anche Bordage, hanno studiato specialmente i Fasmidi, sotto questo punto di vista. L'autotomia, in questi Insetti si pratica, in tutte le zampe, alla base. L'anca è riunita al trocan- tere per mezzo di una articolazione, ma esiste una semplice sutura fra il trocantere ed il femore. In seguito ad una violenta eccita- zione della zampa, si determina una fortissima contrazione dei mu- scoli estensori, in seguito alla quale, con un processo meccauico non ancora esattamente stabilito, avviene una rottura nella regione trocanterica, secondo la linea di minore resistenza, cioè la zona di sutura del trocantere al femore (Hgg. 737, 738 S S'). La trachea (t) ed il nervo (») crurale sono strappati e la zampa è libera ed abban- donata. L'emorragia è ostacolata da una specie di diafragma, una pa- rete membranosa (me) o membrana emostatica, che si distende nella regione trocanterica, separando l'anca dal femore e lasciando solo il passaggio al fascio del nervo e della trachea. La membrana emostatica, constatata dal Bordage nei Fasmidi è rappresentata (fig. 738 me, me') da due foglietti circolari, disposti in piani paralleli, formanti, nel loro complesso, un vero diafragma, steso traverso il lume della zampa e dei quali uno appartiene al trocantere (me), l'altro (me') al femore. Nella separazione di questi due articoli l'uno dall'altro, secondo la linea S, S', avviene che si separano anche i due dischi suddetti e quello che rimane al trocan- tere funge ottimamente da mezzo otturatore, per impedire una troppo separano secondo la linea abbondante emorragia. Nei Fasmidi, a questo ufficio non prendon S,S', cioè il solco femoro- parte i tronconi dei muscoli estensore e flessore della tibia (e, f), trocantale (Da Bordage). . . , . . 6 ' perchè non hanno rapporti col trocantere. Nei Bla tt irli e Mantidi, manca la membrana emostatica, ma molte fibre dei detti muscoli si inseriscono al trocantere. Così, nello strappamento della zampa, secondo il solco femorotrocantale (fig. 739, 8, s'), si rompono anche i muscoli suddetti (e,/). i cui tronconi, attaccati tuttavia al trocantere (II, e, f), contraendosi, fungono da tappo, che impedisce la eccessiva emorragia. Fig. 738. — Anca (Cx), trocantere T e parte del femore F di una zampa di Fasmide (Monandrop- tera inuncans) in sezione longitnd., per mostrare i muscoli toracocoxali ; coxo-trocantali ed il fles- sore e l'estensore della tibia (feraoro-tibiali, /', ■ e), nonché la membrana emostatica colla sua parte trocantale (mp) e quella femorale (me'), che, nel- l'atto della autotomia, si 744 CAPI l'OLO SKSTO Negli Ortotteri saltatori, essendo il trocantere saldato col femore, la rottura si effettua nel- l'articolazione coxo femorale, molto fragile, specialmente ad uno sforzo di torsione. Questa fragilità, aumentata col disseccamento, è tale, che, nelle collezioni, è molto difficile aalvaguardre gli esemplari conservati dalla caduta spontanea delle zampe posteriori. Autofagla. — Si è già avvertito altrove che lo strazio delle membra non sembra essere per gli Insetti cosi doloroso come pei Vertebrati, e si recato l'esempio di Ortotteri, i quali, tenuti fra le dita, aprono la bocca e se possono afferrare un loro stesso tarso, colle loro poderose man- dibole, se lo recidono e divorano, senza mostrare di risentirne dolore. Sono stati accertati casi, e non sembrano infrequenti, di Fasmidi, che, tenuti iu cattività, spontaneamente si divorano qualche loro propria zampa, senza che sembrino a ciò spinti da bisogno di cibo. Si è anche affermato che i Decticus albifrona si divorano le zampe del terzo paio, previamente staccate per autotomia. Si tratta certo di fenomeni anormali, dei quali, però, è bene tener conto. Fig Muscoli della zampa M(i»/i8 [M. praaina). (Cx); Trocantere (T); Femore (F) e parte della tibia (Té), per mostrare i muscoli e estensore della tibia ed /, fles- sore della stessa ; S,S' solco, secondo il quale accade l'auto- tmiii:) . II Moncone (piti ingran- dito), che resta in posto dopo l'autotomia. Stesse lettere, inol- tre: a, b, e, rf, muscoli della coxa e del femore ; ( trachea ; n nervo crurale (Da Bordage). Rigenerazione. La riformazione, nella vita postenibrionale, di arti od altri organi, a sostituzione di altri comunque asportati, è fenomeno comune a tutti gli Artropodi (oltreché molto diffuso nel regno animale), sebbene si svolga, in certi limiti, in rapporto con determinate condizioni. Oltre ad esempi molti, che si riferiscono ad Aracnidi ed a Miriapodi nonché a Crostacei, non pochi fatti si riconoscono, che riguardano gli Insetti di tutti i gruppi, e di ciò converrà far breve cenno. Anzitutto, alcuni arti, in derminate specie, sono suscettibili di autotomia, del qual fenomeno si è già detto, e questi mostrano una maggior facilità di rigenerazione, quando non s'opponga l'assenza di altre condizioni necessarie a ciò che il fenomeno avvenga. La principale di queste coudizioni si riferisce alla età in cui interviene la perdita dell'organo. Nelle forme adulte ormai, dei gruppi più elevati, ogni fa- coltà rigenerativa sembra esaurita, mentre essa vige per tutte le forine giova- nili, in modo che, in tale stato, taluni organi asportati possono riapparire più o meno sollecitamente ed in vario grado di evoluzione, Ano alla ricostituzione completa e perfetta, per lo meno nell'adulto, e tanto meglio quanto più preco- cemente è avvenuta la perdita dell'organo. Se questa è occorsa troppo dappresso allo stato definitivo dell'insetto, l'or- gano ricostituito generalmente riesce meno evoluto del normale e, rispetto a questo, monco o variamente ridotto. Si comprende che, per gli Insetti Pterigoti a metamorfosi incompleta, pei quali si è mostrato, adunque, che la forma larvale rappresenta uno stadio evo- lutivo assai più progredito che non sia la larva olometabolica, la rigenerazione di un arto, anche perduto iu età giovanissima, interviene in un tratto della evo- luzione postembrionale da larva ad adulto, molto più abbreviato che non negli Insetti olometaboli, e perciò, per questi ultimi, la rigenerazione può essere, ed è, normalmente, con risultati più vistosi, ma non sembra che vi sia esempio di L'INDIVIDUO negli atti per i.a PROPRIA CONSERVAZIONE 74."» perfetta rigenerazione dell'arto se non in qualche caso di organi suscettibili di autotomia. Sopratatto fra gli Apterigoti e fra gli Ortotteri si contano gli esempi meglio caratterizzati ili rigenerazione, e può essere che tale fatto si trovi in rapporto col minor grado di evoluzione di questi gruppi. Cosi, nei Tisanuri, secondo le osservazioni di Przibram (1907), la rigenera- zione può accadere ancora nello stato di maturità sessuale, e questi Insetti pos- sono rigenerare completamente le antenne od i filamenti caudali. Anche le zampe ed i palpi si rigenerano, per quanto non raggiungano la perfetta evoluzione di quelli asportati. La rigenerazione, però, non può intervenire se non dopo una muta. Si è, altra volta, ritenuto che la facoltà rigeneratrice per un dato organo fosse direttamente proporzionale alla facilità di mutilazione accidentale dell'or- gano stesso, cioè che gli organi i più esposti ad essere comunque asportati o mutilati, più facilmente si rigenerassero in confronto di altri, la cui perdita ac- cidentale è più difficile e rara (principio di Lessona). Ma, le esperienze successive Meisenheiiner), mediante le quali si è veduto formarsi, più o meno completa- mente o del tutto perfettamente, le ali in farfalle (Lymahtria dispai) sottoposte ad asportazione totale degli istoblasti alari, nello stato di bruco, i quali sono così bene e profondamente riparati entro il corpo del bruco stesso, dimostrano la non validità del principio surriferito. Si è avvertita già la necessità dell'intervento di una muta almeno, seguente la asportazione dell'organo, perchè questo possa riprodursi, più o meno comple- tamente, nella forma successiva, ed il grado di evoluzione dell'organo è propor- zionale all'intervallo di tempo decorrente fra la asportazione e la muta immedia- tamente successiva. A parte la rigenerazione completa dell'organo asportato, cioè la riformazione di un organo totalmente eguale per sviluppo, conformazione, ecc., a quello per- duto, il quale caso non è frequente, uè esemplificato per tutti i gruppi e per tutti gli organi rigenerabili, come dovuto a speciali condizioni, si può affermare che. più comunemente, l'organo rigenerato è deficiente per sviluppo, proporzione delle singole sue parti, numero delle articolazioni, ecc. rispetto al normale e, generalmente, può dirsi che la deficienza sembra richiamarsi piuttosto ad una regressione verso una condizione ancestrale, anziché ad una involuzione con altro carattere. Infatti, dalle osservazioni del Bordage, a proposito degli Ortotteri, si apprende che, negli Ortotteri non saltatori dei gruppi Klattidi, Mantidi, K.isniidi, se conseguente all'autotomia, la rigenerazione e ipotipica (secondo la definizione del Giard, ossia che l'arto rigenerato riesce meno evoluto dil normale e presumibilmente corrispondente ad una condizione ancestrale), inquantochè i tarsi, normalmente pentameri, si rigenerano sempre tetrameri (1), il qual numero di articoli non si riduce ulteriormente per successive asportazioni dell'arto. Anche in tarsi tolti via e rigenerati per tre volte di seguito, il numero degli articoli è stato sempre di quattro. Negli Ortotteri saltatori non sembra intervenga la rigenerazione di zampe cadute per auto- li) È da ricordare, a questo proposito ed a titolo di storia, che sono stati, dagli Autori, istituiti .speciali generi per Insetti con tarsi tetrameri in alcune zampe, condizione dovuta a rigenerazione successiva ad amputazione, nelle famiglie Blattidi e Fasmidi, come, ad esempio, Hettronomia Gray, per un esemplare di Bacteria messicana a zampe posteriori con tarsi tetrameri : Craspedonia Westwood, per un individuo di Monandroptera inunaani a piedi del primo paio di dimensioni ridotte e tetrameri. Bkklesk, Olì Inietti. II. - !' I. 746 CAPITOLO SESTO Fig. 740. — Modo di crescenza di un membro in via di rigenera- zione, in un Fasmide (Monandrop- tera iuunoans). Cx anca: T trocan- tere; ni membrana articolare; C produzione cicatriziale; a papilla avanzato ; Bordage). ,oinia, mentre essa può intervenire, dopo resezione, nella legione tarsale e, per le zampe ante- riori e medie, per taglio praticato alla giuntura fra il femore e il trocantere. Nelle zampe an- teriori, però, la tibia non presenta l'organo timpanico. Invece, i tarsi rigenerati presentano un numero di articoli eguale a quello del membro asportato. Per ciò clie riguarda la rigenerazione negli Ortotteri, il Bordage, a proposito dei Fasmidi, rileva che l'autotomia di una gamba induce una emorragia, che, il più spesso, non e mortale e il sangue, coagulandosi, dà origine ad una produzione cicatriziale (6g. 740, e), che ricopre intera- mente la piaga dove è avvenuto il distacco dell'arto. La rigenerazione è possibile solo purché l'insetto non abbia effettuato tutte le sue mute. Sotto tale cicatrice il nuovo membro si riforma e rimane invisibile sino alla prossima muta. L'annessa fig. 740 mostra come il nuovo arto si fornii entro l'anca ed il trocantere e, per svolgersi, non potendo forzare la cicatrice, che è inestensibile, si avvolga su sé stesso a cercine. In seguito alla muta, che accade subito dopo l'auipu- rappresentante l'abbozzo del meni- fazione, il nuovo arto, finalmente libero, si svolge (fig. 741) bro di sostituzione. I stadio meno e diviene rettilineo, turgescente e colla tinta definitiva. II più inoltrato (Da T(]tto cij) accade a vista Cocchio, come l'allungare delle ali nell'adulto appena sfarfallato. Di qui in poi, l'arto aumenta di volume e si perfeziona, riuscendo utilizzabile più o meno presto, a seconda delle diverse specie (ad es. Alantis pralina, fig. 7 4 3 1 più presto dei Fasmidi). E singolare il fatto che, nelle zampe rigenerate, non solo l'arto asportato, ma ancora l'anca rimane di statura minore. Si nota una reale diminuzione del volume dell'anca, apparte- nente alla zampa asportata, durante la rige- nerazione della rimanente zampa. Avviene, adunque, un riinodellamento di tutto l'arto. Il membro rigenerato riesce di dimensioni tanto minori, rispetto al corrispondente nor- male, quanto più l'ablazione sua è avvenuta a minor distanza dall'ultima muta. Ripeto, infine, che il tarso dell'arto ri- generato, negli Ortotteri pentameri, è sempre tetramero, e nella, colorazione come nella ornamentazione plastioa, esso è incompleto e povero (figure 742, 743, 744). 1 fenomeni di rigenerazione si constatano anche in seguito a resezione e si svolgono esaltatamente come per quelli autotomici. Ma, negli Embiidi, secondo le osserva- zioni del Riuisky-Korsakoff, l'arto anteriore, (fig. 745), che reca le ghiandole sericipare, se Fig. 742. caduto par autotomi a, si riproduce del tutto simile (tigg. 716 e 747). L'Autore mette in vista che, dopo la recisione autotoma interve- nuta fra il trocantere e la coscia, i tessuti molli, contenuti nel trocantere stesso, degenerano e, quindi, in questo articolo e nell'anca viene, gradatamente, a formarsi una nuova zampa (figg. 746 e 747 1 di sostituzione. Una conforme ablazione dell'arto, senza auto tomia, importa una più stentata rigenerazione, e la zampa, pur es- sendo completa non meno della normale, riesce 'più piccola e debole, per quanto cogli organi e col numero dei segmenti tarsali, secondo la normalità. Questa deficienza del processo rigenerativo e dell'aito, che ne viene, iu seguito ad ablazioue Vis ni. Fig. 742. Fig. 741. — Zampa anteriore rigenerata (o) e tuttavia ravvolta a spira, appena dopo la muta, in una larva di Raphiderus scabrosa*. I>a Bordage). Parte anteriore di larva di Phyllium crurifolium. in cui una zampa anteriore (si- nistra) è stata rigenerata. Grand, nat. (Da Bordage L'INDIVIDUO negli atti pkr la propria conskrvaziomk 747 non autotoma (deticienzu che si manifesta non solo colla maggior lentezza del procedimento, ma ancora per maggior debolezza dell'arto nuovo, proporzioni anormali fra gli articoli e fre- quenti anomalie), in confronto di • liiello per autotomia, era già stato rilevato anche per gli Or- totteri, dal Bordage, il quale aveva notato, ancora, che la ri- generazione nou autotoma, per questi Insetti, non avviene se non entro certi limiti e condi- zioni, ad es., per le Blatte, fra il terzo medio del femore e l'ar- ticolazione del terzo e quarto articoli tarsali. In ambedue i casi di rigene- razione (sempre a proposito degli Ortotteri) il processo avviene egualmente ed esso è sempre interamente subordinato a quello della muta. Esso non può ini- ziarsi che nel momento in cui l'ipoderma, ritraendosi, è staccato dalla cuticola e, conseguente- mente, dalla cicatrice rigida e perciò non estensibile. Varia il tempo, per ciascuna famiglia di Ortotteri, fra il mo- mento di apparizione dello strato ialino sottocuticolare, che con- sente la formazione della papilla di rigenerazione, ed il momento della muta. Meglio riesce il nuovo organo quanto più giorni inter- cedono fra questi due momenti e, nei Blattidi, pei quali la ri- generazione è più perfezionata, appunto questo tempo è massimo fra tutti gli Ortotteri. Il Griffini, però, dietro os- servazione di numerosi esempi, desunti fra i Grìllacridi e molti altri Ortotteri saltatori, esprime l'avviso che, in questi, anche le zampe del terzo paio possano ri- generarsi, nell'adulto, quando a- sportate nelle età giovanili, il quale fatto sarebbe più ovvio pei Grillidi e pei Locustidi, con una rigenerazione più completa, che non per gli Aerididi, e la rige- nerazione sarebbe più facile o di miglior esito se venuta in se- guito ad amputazione non auto- toma anziché per autotomia. K bensì vero che le considerazioni del Griffini si richiamano piuttosto ad esemplari con- servati nelle raccolte e, quindi, non è esclusa l'ipotesi che si possa trattare di anomalie d'altra Fi 744. Fig. 743 Fig. 743. — Mantis prosino femm., vista dal lato ventrale, mostrante una zampa posteriore ()•) rigenerata. Due terzi della grand, nat. (Da Bordage). Fig. 744. — Raphidrrus tt-abrosus femm. con tre zampe (r, r, ?•,) rigenerate e si vedono liscie e senza la macinazione spe- ciale di quelle normali. (Un poco meuo della grand, nat. (Uà Bordage). Fig. 745. Fig. 746. Fig. 745. — Zampa 1.° paio di Embiide {Haploembia sollevi) . e anca: t trocantere; / femore: li tibia; («,, 1.° segmento tarsale colle filiere {fi). (Da Kimky-Korsakoff). Fig. 746. — Capo e parte anteriore del torace in giovane Embia, colla zampa anteriore destra caduta per autotomia. co cosa: tr trocantere; p punta dello stesso. (Da Kimsky- Korsakotì'l. 74- CAPlTOI.l) SESTO origine. Anzi, il Feyerimhoff ed il Bordage, dietro duttrice delle zampe posteriori agli Ortotteri saltatori delle famiglie Grillidi e Locustidi. Fra gli Olometaholi, si è rilevata la rige- nerazione in larve di pressoché tutti gli or- dini, noueliè la rigenerazione di organi nel— Fig. 717. — Rigenerazione della zampa l.°paio in titubiti (E. ramburi), in seguito ad au- totomia. Stadi successivi ria A a D. A. Coxa e trocantere qualche giorno dopo l'autotomia. Degenerazione del trocantere: B. Formazione della nuova zampa entro il trocantere e la coscia; r resto del prò- cesso di degenerazione indicato a fig. pre- cedente; C, Tutta la zampa è ormai for- mata; D. Stadio ulteriore. (Da Kimsky- Korsakoff). sperimenti, negano la facoltà ripro- Fig. 748. — Rigenerazione delle antenne in bruchi (Linaittn'a diepar.) operata di aspor- tazione completa dell'organo anche del rela- tivo disco iiuaginale dopo la seconda muta. Nelle mute successive l'organo si rigenera (da tìg. 1 a fig. 3) sebbene non raggiunga mai la perfetta condizione delle antenne nor- male, che si vede a fig. 4. (Da Kopéc). adulto, dopo l'asportazione dei corrispondenti Fig. 74!l. — Zampe normali nella larva matura del Baco da seta. J. Toracica; B. Addominale. (Da Kellog). Fig. 7S0. — A. li. C. Zampe toraciche di larva del Baco da seta, perfettamente sviluppata, rigenerate dopo il taglio dalla base, praticato dopo la seconda muta. D. E. Zampe addomi- nali, rigenerate nella larva matura, dopo il taglio alla base, praticato dopo la prima muta. (Da Kellogg). larvali o ninfali e dei dischi imaginali. Secondo Kellog, la rigenerazione dille zampe larvali nel Baco da seta non avviene se questi arti sono amputati totalmente e si termina dopo la seconda muta dall'o- perazione. 11 Kopcc, proponendosi il quesito, se nelle larve di Farfalle gli organi istologi- camente meno differenziati si rigenerino più completamente di quelli che sembrano più differenziati, operando sulle larve di Limantria Aitpar, è arrivato alle seguenti conclusioni : Le antenne, asportate assieme ai loro dischi imaginali, ila una larva subilo dopo la seconda muta, si sono riprodotte, ma, qualche volta, senza la caratteristica setola terminale. L'amputazione, praticata più tardivamente, conduce raramente alla rige- nerazione e questa è incompleta e poco marcata. Nelle ninfe provenienti da larve operate, le :mtcnne rigenerate sono spesso più piccole di quelle normali, ma morfo- logicamente perfette, salvo le estremità più ottuse lig. 748. Anche negli adulti si mantiene questa riduzione dell'organo, che è tanto meno sensibile quanto maggiore è stato il lasso di tempo intervenuto fra l'amputazione e la schiusura dell'adulto. Estirpando del tutto le antenne larvali, dopo l'ultima muta, le antenne imaginali, di regola, mancano del tutto. L'ablazione degli ocelli nella larva importa cecità permanente in questo stato : ma possono rotarsi gli occhi nell'adulto, poiché lino dalla ninfa riappaiono i dischi imaginali relativi. L'INDIVIDUO NHUI.I ATTI PKK I.A PROPRIA ioNSKUVAZIonK Tl!l Quanto agli organi boccali, il labbro superiore, le mandibole e mascelle, asportate nella larva dopo la seconda muta, si ri presentano a guisa di piccole protuberanze; ina, negli adulti mancano all'atto gli accenni di palpi corrispondenti. Questi organi non si rigenerano, mentre, invece, si riproducono, tino dalla muta successiva, l'epifaringe ed il labbro superiore. Quanto alle inandili.de, le larve operate sono morte dopo la muta susseguente all'operazione, ciò che non lia permesso all'Autore alcuna conclusione in proposito. I tubercoli speciali della larva di questo Lepidottero, disseminati sul corpo, hanno diversa facoltà rigenerativa. L'Autore ha veduto riprodursi quelli cefalici, del primo segmento toracale e quelli del sesto e settimo addominali. II Versoti riconobbe che, nel Baco da seta larva), una zampa completamente asportata prima della quarta muta, si rigenera completamente nell'adulto, e Meisenheimer ottenne la ri- generazione di un'ala, spesso allatto normale, nell'adulto di Limantria dispai-, derivato da larva) alla quale era stato asportato l'istoblasto dell'ala stessa. Altre volte, l'ala rigeneratasi era molto pih piccola della normale. Anche pel Tenebrio moìitor si è ottenuta la rigenerazione dell'antenna e dell'occhio estirpati nella larva. Fatti analoghi sono stati riconosciuti anche pei Ditteri, pei Pseudoneurotteri, pei Rincoti, pei Fisapodi e pei Dermatteri. Si può concludere che, al pari di quanto è stato constatato per altri Artro- podi (Crostacei, Liuiuli, Picnogonidi. Miriapodi, Aracnidi), la rigenerazione di arti perdati in età giovanile avviene, in condizioni determinate, per tutti i gruppi di Insetti. Sonno e Letargo. Il sonno (come il letargo) è una funzione negativa o passiva, che dire si voglia, coordinata nel ciclo di quelle di nutrizione, che vengono, pel suo inter- vento, a predominare nell'equilibrio funzionale dell'organismo, per la normale, transitoria cessazione delle funzioni di relazione, come d'ogni altra attività, che non appartenga alla vita vegetativa. L'impero della volontà è, dunque, assolutamente interrotto e questa è la precipua caratteristica di questo stato, che si richiama a necessità biologiche, per quanto la causa determinante ne sia ancor oggi discussa. Perciò, la parte che rimane al sonno, intervenendo fra le altre funzioni nel- l'equilibrio fisiologico, è inversamente proporzionale alla estensione dell'attività di queste ultime. Essa è massima nell'adulto, nel quale si svolgono anche le funzioni di ri- produzione, mentre, nelle forme giovanili, il sonno disputa la predominanza, nel- l'organismo, solo a quelle attive di nutrizione e di relazione, con tanto maggior effetto quanto più esse sono circoscritte nella loro attività. Questa è pressoché nulla durante lo stadio embrionale e, per gli Insetti, anche in quello di ninfa olometabola (il secondo embrione) e, quivi, la funzione dominante è quella passiva ilei sonni). Essa comincia a subire limitazioni dall'i- nizio della vita postembrionale e. tanto più sensibili quanto maggior energia ed attività vanno assumendo le altre due serie precipue di funzioni, cioè della vitti vegetativa e di quella di relazione. Tale attività aumenta, in generale, con L'età dell'individuo e questa norma è così largamente esemplificata, che non è senza nostra meraviglia la constatazione di un procedimento inverso, quale si riconosce non di rado, fra gli Insetti (si sono già illustrati casi di larve più pigre in età più avanzate che non nelle precedenti immaturissime). 750 CAPITOLO SESTO La interruzione, almeno parziale, delle altre funzioni, può accadere, sia per cause intrinseche all'organismo, sia per altre affatto estrinseche, dovute, cioè, solo all'ambiente. Così, ad esempio, la prima parte della funzione di uutrizione plastica av- viene saltuariamente, per intervalli dovuti alla sazietà ; ma può accadere anche occasionalmeute, per insufficienza del cibo. Nel primo caso l'interruzione è pe- riodica, fisiologica, e perciò normale; nel secondo, anche quando essa non sia esclusivamente accidentale, pur intervenendo a data fissa e quindi con una carat- teristica di normalità, essa non è mai fisiologica. Lo stesso dicasi a proposito delle funzioni di relazione (ed anche di quelle di riproduzione), intervenendo la stanchezza (causa intrinseca, normale, periodica ed aftatto fisiologica) o speciali condizioni ambienti, con le caratteristiche sopra indicate, per le influenze estrinseche nelle funzioni di nutrizione. Il sonno, perchè stato veramente fisiologico dell'organismo, ha luogo solo nel primo caso e la interruzione di altre funzioni è sempre limitata nel tempo, generalmente breve, perchè circoscritto dalle condizioni dell'organismo e prescritto per la natura di questo. Il letargo, giacché provocato da cause primarie estrinseche, sia pure ricor- renti a data fissa, si richiama solo a queste, anche per la sua durata, che pnò benessere lunghissima, per quanto le condizioni dell'organismo lo consentano. Perciò, mentre al sonno debbono obbedire tutti gli organismi, il letargo invece, rappresenta un espediente per taluni di essi, di fronte a speciali condi- zioni ambienti, ed essi seguono questa più comoda maniera di subirle, potendo farlo, ormai, per adattamento speciale. Non pochi Insetti si trovano oggidì così adattati ed anzi tutti quelli che passano l'inverno in altro stato che nell'embrionale, cadono in letargo durante la stagione fredda, affrontandola, però, variamente ; tutti con una buona scorta di depositi nutritivi, che loro permettano di vivere esclusivamente per combu- stione; ma, alcuni con questa previdenza soltanto; altri con molto più. Solo il letargo, adunque, può avere ed ha origine istintiva, non già il sonno, che, quale necessità fisiologica di ogni essere vivente, è funzione integrante del fenomeno della vita, fino dalla sua prima alba. Il letargo non è per nulla una funzione riparatrice, esso non è imposto da necessità da parte dell'organismo affamato di nutrimento riparatore, ma è una semplice pausa delle funzioni non nutritive, un freno al dispendio organico, ad economia delle riserve accumulate altrove che negli organi digestivi. Perciò, con questi esso non ha rapporto alcuno e può richiamarsi, biologicamente, alla quiete embrionale e delle ninfe olometaboliche. Il sonno, invece, è la conseguenza del lavoro di tutti gì' organi, della loro stanchezza ed esaurimento, rappresenta una vera e propria funzione della mitri zione (considerata in senso largo) ; e, quindi, in rapporto con tutte le altre, che vi concorrono, colla condizione degli organi relativi; fra i quali, quelli della di- gestione hanno certo massima parte; ma è indipendente dallo stato di quella cassa di previdenza, che per l'organismo sono le riserve nutritive. Brevemente, non può darsi letargo se non in presenza di una buona scorta di alimento accantonato (più che altro nel tessuto adiposo); ma può darsi il sonno anche a stomaco vuoto. Come tutti gli altri animali, gli Insetti tutti dormono; alcuni di essi, sol- tanto, cadono in letargo, allorquando l'ambiente riesce più avaro od altrimenti meno adatto ad una non troppo difficile loro esistenza. [.'INDIVIDUO NKGI.I A I I I ri'.l: LA L'HOPKIA CONSKKVAXIONN "51 Giacché, per ciascuna specie, le ore di vita attiva sono determinate, cosi accade elle anche i periodi di sonno, che si intercalano fra quelli di attività, occorrono regolarmente nel tempo. Anche il letargo, come si disse, intervenendo per condizioni ambienti speciali, che si presentano ad epoche determinate dell'annata, coincide, regolarmente, con una determinata età dell'animale e può anche ripetersi più volte, per ispeeie viventi pih anni. Adunque, il sonno richiama la sua periodicità e la sua ora da quella di altri ritmi vitali, dipendenti da stimoli intrinseci, ma, questi, per loro conto, soggetti a condizioni ambienti. Queste hanno determinato i periodi di attività delle funzioni positive dell'organismo, fra le quali viene, così, a determinarsi, necessariamente, il posto al sonno. Può anzi accadere che le necessità, delle funzioni attive sieno tali, per le condizioni am- bienti, da trovarsi in conflitto con altre pih antiche e generali maniere di reazione a determi- nati stimoli, a malgrado dei quali è intervenuto un pih recente adattamento. Ad es. Insetti di certo positivamente fototropici, sono, invece, di abitudini notturne e di giorno dormono. « È singolare — dice Réaumur — che le Farfalle, ohe fuggono la luce del giorno, sieno pre- cisamente quelle che accorrono alle camere illuminate ed attorno alla luce, nei giardini». Il Loeb, con molte sperienze, dimostrò il fototropismo positivo di queste Farfalle, per cui una sola conclusione è possibile, ed è anche ovvia, che, cioè, dovendosi a speciali condizioni ambienti e ad un conseguente adattamento a queste, l'abitudine di vita attiva notturna, da parte di questi Insetti, non resta loro che dormire durante il giorno. Il Ronianes, a spiegazione del cosi detto paradosso di Réaumur, non avrebbe affermato una curiosità da parte delle Farfalle verso gli oggetti strani, se avesse posto mente alla Sfinge testa da morto, che (da vera ladra) la- vora di notte, per non affrontare di pieno giorno l'ira di un alveare intero, e perciò dorme di giorno, a pasto compiuto. Tra le condizioni di comodità, che, solo in determinate ore, quindi a ricorrenza periodica, diurna o notturna, a brevi od a lunghi intervalli, offre l'ambiente alla esistenza di talune specie di animali, non sono solo quelle che si richiamano alla nutrizione, ma altre ebe si riferiscono ad altre funzioni, comprese ([nelle generative e, finalmente, una condizione di minor pericolo di fronte a cause avverse, che, appunto in quelle ore, sono inattive. Le Farfalle, che si nutrono del nettare dei fiori, accorreranno a questi nell'ora in cui stanno dischiusi. I parassiti, che aggrediscono, per minor pericolo, gli animali superiori, allorché dor- mono, avranno abitudini notturne; gli altri, con ottimi mezzi autofilattici per isfuggire alla reazione della vittima, non temono di aggredirla anche di giorno. Le Mosche domestiche, ottime volatrici, sono attive, nelle nostre case, in piena luce; le Blatte, invece, perchè attere, non escono che nelle ore notturne, quando ogni pericolo è cessato. Molte larve di Insetti, insidiate ila predatori ed eudofagi, che per lo più agiscono di pieno giorno, hanno abitudini esclusivamente notturne e solo di notte si espongono all'aperto, ecc. Di qui, tutta una serie di abitudini, che importano una periodicità di ritmi vitali positivi e negativi, a determinate ore del giorno e della notte. Ma, in generale, queste abitudini non sono ancora così radicate e fissate da non permettere qualche infrazione alla regola, in obbedienza a stimoli, che hanno determinato tropismi ed adattamenti organici di più vecchia data. Ad es., la vita notturna non è possibile se non con organi sensoriali capaci di percepire anche nel buio. Perciò, mentre rediamo quasi tutti gli Insetti notturni, positivamente fototro- pici, cedere, qualche volta, agli stimoli luminosi ed interrompere, anche volontariamente, la loro quiete diurna , dobbiamo convenire che il caso inverso non accade mai, per insufficienza degli organi sensoriali, specialmente degli ocelli, a veder di notte. Perciò, dobbiamo riconoscere die l'ora del sonno è, anche, in dipendenza da speciali con- ili/inni organiche dell'animale, oltreché da quelle creategli dall'ambiente. A questo proposito si veda che una speciale organizzazione, da funzionare solo in condizioni ambienti speciali, ad es. in assenza di luce, importa abitudini notturne ben altrimenti radicate ed incontrovertibili, ormai, sia puro in forme a fototropismo positivo. In questa condizione si trova il grande Pyrophorus noctilucua d'America; ma, per questo, e per tutti gli Insetti luminosi, la fosforescenza è sempre un fenomeno notturno, un ritmo nictemerale, dunque, che si manifesta al cadere della luce diurna, per cessare col suo apparire ed è, come già si è fatto vedere, in rapporto colle funzioni riproduttive. CAPITOLO SESTO Quanto agli stimoli intrinseci, determinanti attività funzionali periodiche, le belle ricerche del Roubaud sulla larva della Jucheromyia ìnleoìa d'Africa, parassita dell'uomo, sono molto inte- ressanti, per dimostrare come essi vadano soggetti a variazioni, che conducono ad attività di- verse. La sua larva e detta, appunto, l'erme delie c«*e, per ciò che abita solo in queste, anzi sol tanto dove l'uomo dorme sdraiato al snolo, su stuoie o meno. Essa sta nascosta entro terra, ad una certa profondità: ma, di notte, allorché il dormente è coricato, essa fuoriesce, lo raggiunge e ferisce colle sue mandibole e si impinza del sangue, che stravasa dalla ferita. Dopo di ciò rientra nel suolo, per attendere la notte seguente ad un così fatto pasto. Tale periodicità è il risultato della sensibilità termica di queste larve, perchè, mentre la temperatura per loro ottima oscilla tra i 25° e 30°, la quale raggiungono infossandosi nel suolo, sono stimolate ad accorrere a quella di 37°, che appartiene al corpo dormente; ma, una volta ripiene, hanno bisogno, per sentirsi a loro agio, di starsene in una temperatura più bassa, quale trovano dentro terra, perche in ambiente più ealdo, ad es. a 35° esse si troverebbero molto incomodate. 11 Roubaud sopralodato riconobbe ohe questo ritmo nictemerale, perche acquisito, è, però, facilmente modificabile, perchè larve della stessa specie, non nutrite dalla nascita, si risvegliano di notte come di giorno. Talune avvezzate, fin dalla schiusura, a nutrirsi di giorno, riposano, invece, durante la notte e, se si interrompe la periodicità della nutrizione, si risvegliano irre- golarmente, alcune di giorno, altre ili notte. Per converso, le larve di Choeromyic choerophaga, della stessa località, viventi alla stessa maniera, a spese dei Kaeoceri e dei Porcini tropicali, hanno abitudini diurne, iuquantochè fuo- riescono ad aggredire la vittima allorché essa, fuggendo i grandi calori, si ripara nel suo covo, durante il giorno. Tutto ciò, con altri esempi moltissimi, che si potrebbero citare, dimostra come la funzione del sonno sia coordinata, nella sua periodicità, anche ad in- fluenze di ambiente, le quali, però, agiscono solo in modo indiretto, così che essa può dirsi veramente di origine intrinseca, in dipendenza di altre funzioni attive. Letarqo. — Molto probabilmente sotto questa parola noi comprendiamo, al- meno per ciò che riguarda gli insetti, fenomeni molto diversi e dovuti a cause differenti, colla sola comune caratteristica della immobilità per un tempo vario. Per ora trattiamo soltanto del letargo propriamente detto, caratterizzato dal- l'arresto «li tutte le funzioni attive, digestione compresa (che possono essere interrotte senza danno o pericolo per l'organismo), svolgendosi solo quella di nutrizione intima, a spese di riserve appositamente preaccumulate. Due sembrano essere le cause precipue del letargo, che interviene normal- mente durante la vita di taluni Insetti, i quali si trovano, nel corso della loro esistenza, necessariamente in presenza ditali condizioni speciali di ambiente, cioè la bassa temperatura e la mancanza di nutrimento adatto. Le due cause occorrono, generalmente, insieme, durante l'inverno, nei paesi temperati e freddi, nel qual periodo si assopisce la natura per lungo tempo. Perciò, questo letargo, a cui sono obbligati taluni Insetti, è detto anche sver- namento. Per la maggior parte delle specie, la cui vita non si compie tutta entro l'anno, lo svernamento è subito allo stato d'uova e queste, perla loro resistenza e perché a svolgersi non richiedono alcun nutrimento dal di fuori, sono nella miglior condizione, rispetto agli altri stati, per passare l'inverno senza danno. Talune uova, anzi, mostrano di aver bisogno di starsene esposte, per un certo tempo, a temperature molto basse, durante l'inverno, perchè l'embrione possa svolgersi normalmente. Pressoché tutte, poi, sopportano, benissimo, tem- perature talora bassissime e non ne risente affatto la loro facoltà germinativa. Molti altri insetti passano l'inverno allo stato di larva, altri di ninfa e non pochi in (j nello di adulto. L'INDIVIDUO NKGI.1 AITI PKR I.A L'HOPRU C0X8K11VA/I0NK 753 Secondo il Warnenburg (185A), dei Maorolepidotteri «li Germania, il 3,4 per cento, passano l'inverno allo .staro di nova; il 66,9 per oento, nello stato di bruco; il 28,2 per cento, in quello «li crisalide e l'I, 5 per cento, in quello di adulto. Tutti i Zigen idi svernano allo stato dibruchi i gli Sfingidi in quello di crisalidi. Anche in una stessa Famiglia, si incontrano specie molto aflini, che pure «vernano in stati molto differenti. Ad es. la Malacoaoma nemtria, adulta in luglio, sverna da agosto all'aprile successivo, allo stato «li novo; 11 Dendrolimus pilli, allo stato «li larva, da agosto al giugno succes- sivi); il Bombyx ìauesUin, allo stato «li crisalide, «la agosto al marzo seguente (see. Ratzeburg, per la Germania). Di aliane speoie sverna un sol» sesso, come fanno molte Mosche e le Vespe, i cui maschi muoiono in autunno (o sono uccisi dalle operaie, come aocade per le Api), ecc. in cui dovrà af- Fig. 751. — Spar- ganoti* pilleiiana Scili (fin. Piccoli bacolini in iber- nazione entro il loro bozzolefto, sotto una cortec- cia di Vite, su parte del ceppo. Circa tre volte la grand, nat. (Da Audouin). In tutti questi casi, l'insetto, all'avvicinarsi dei momento frontare, nello stato di quiete assoluta, le condizioni ambienti che lo costringeranno al letargo, vi si prepara, con una scorta di riserve plastiche accantonate entro di se e da consumarsi durante il forzato digiuno, come pure (e questo è caso più comuni' e più appariscente) coll'acoomodarsi, nel miglior modo, che può, in un ambiente riparato, dove la temperatura sia meno rigida ed incostante. Perciò, vengono a rifugiarsi sotterra molti Insetti dorante l'inverno, anche fra «piegli adulti, che, nelle altre stagioni vagano liberamente all'e- sterno. Le larve, sotterranee, per tutta la loro vita in questa condizione giovanile, si affondano ancor più entro terra, per incontrarvi una tem- peratura meno rigida e variabile; le ninfe, che si sono formate entro terra, quivi riposano lino alla primavera. Bene riparate sono anche le forme li- gli i cole e le altre, che vivono in ambienti meno freddi durante l'inverno. La maggior parte degli Insetti adulti, che passano la fredda stagione semplicemente difesi dalle pioggie più che dalla bassa temperatura., si ce- lano sotto le pietre, sotto le corteccie, in parte sollevate, di alcuni alberi; fra Io foglie cadute a terra, ecc. Questi ambienti sono hen noti all'ento- mologo, perche sa «li potervi trovale molti esemplari di specie che, in altre Btagioni, deve cacciare con maggior pena. Giacché lo stesso istinto muove tutti gli individui della medesima specie ad atti simili, di fronte alle stesse condizioni ambienti, così, il più spesso, molti individui si accumulano nel medesimo rifugio, senza previo accordo, ma ognuno per se, e basta sollevare, durante l'inverno, le corteccie, in parte staccate, ad es. dei Platani, per trovarvi sotto cumuli di centinaia di Coccinellidi, Emittori ed altri piccoli In- setti che, dinante la buona stagione, si aggiravano liberamente sulla pianta o nelle vicinanze. Ma, per altri Insetti, sopratutto per forine larvali di talune specie, si riconosce che il ri- fugio invernale e, non solo in comune, ma accomodato per comune lavoro, il che non è mai per gli adulti, se non sociali. Pei lo più sono larve sericipare quelle che profittano di questa loro facoltà, per crearsi un riparo, più o meno bene acconcio, che le garantisca dal freddo e da altre molestie, per tutto il tempo del loro forzato ri] >. Ad esempio di Bruchi, i si «piali rifugiano sotto le corteccie, per passarvi l'inverno ed ognuno «IVssi si Ria un bozzolefto di seta, dove starsene al sicuro e meno esposto al freddo, cito la larva della Piralide della Vite [Sparganoli* pillenana), che già in agosto, appena nata, comincia ad occuparsi del suo svernamento, e non prenderà cibo se non alla successiva primavera. Essa d'altro non si occupa, dalla schiusura dell'uovo, se non «li raggiungere la corteccia della Vite, dove piii individui si allogano nelle anfrattuosita o sotto la scorza medesima e quivi ognuno si rin- chiude in un hozzoletto di seta (fig. 751). Ad esempio di larve, che si costruiscono un nido in comune ed in questo non solo passano Li attiva stagione, ma si rifugiano anche durante la buona, allorché, dopo i pasti, intendono starsene tranquille, cito quello classico delle Processionarie, già ricordate altrove, il cui volu- A. Bkhi.esf, Gii Inulti, II. — 95. 754 CAPITOLO SESTO ininoso nido sericeo, foggiato a borsa, è molto ritto e tenace e quivi dentro stauuo molti bruchi insieme, per fuoriuscirne a tempo, in cerca di nutrimento (fig. 752). Anche i piccoli bruchi della dannosa Euproctis chrysorraea, che nascono in estate, già alla fine di questa stagione e quando sono tuttavia molto piccoli, si arrestano nel loro sviluppo e, per gruppi più o meno numerosi, si raccolgono insieme; riuniscono, mercè (ili di seta, le foglie dello Btesso ramoscello e, dopo averle collegate con fitte e finissime tele sericee, che le avvol- gono saldamente e fissano al ramo che le porta, vi si nascondono nell'interno (fig. 243, p. 251), e, cosi riparati contro le ingiurie del tempo, vi passano l'autunno e l'inverno e si ridestano nella primavera seguente. Il Pictet (1904), dietro sperienze, viene alla conclusione che il letargo (che egli non di- stingue dal sonno) è una funzione dell'istinto, più che essere pro- vocato dalla bassa temperatura. Bruchi della stessa specie cadono in letargo tanto in paesi molto freddi quanto in altri più tem- perati; come pure tanto all'aperto che in una stanza riscaldata ed il letargo si inizia alla data consueta. In giornate meno fredde ac- cade che bruchi in letargo si ri- destino e vaghino sulle piante in cerca di cibo. Non trovatolo, rientrano nei loro rifugi e si abbandonano nuovamente al tor- pore, né ricominciano la manovra al giorno di poi, pure conti- nuando la temperatura meno bas- sa. In primavera, allorché questi bruchi sono definitivamente fuo- riusciti, perchè la vegetazione è in istato di nutrirli, essi non rien trano più in letargo, neppure nelle giornate fredde e nevose. Larve di Pygera bucephala, se messe, anche durante la buona stagione, in un ambiente senza cibo, fi- lano, dopo qualche ora, una tela di seta, si fissano tutte l'ima accanto all'altra e cadono in un letargo, che non può essere interrotto nemmeno dall'ofterta di cibo tresco. Fi"1. 752. — Piccolo nido di larve di Processionarla della Quercia, coi bruchi che stanno fuoriuscendo. Gr. nat. Si può, dunque, ammettere che la bassa temperatura influisca meno della mancanza di nutrimento, per provocare il letargo e che questa avversa condizione, verificatasi da tempo periodicamente, ogni anno, per le specie vegetariane sopra- tutto, abbia determinato, in molte di esse, la facoltà di fronteggiarla, ricorrendo a questa forzata quiete. Atti oziosi. Fin qui si sono ricordati gli atti, che l'animale compie in servizio della sua specie ed in quello del proprio individuo. Ma. questa attività ed il conseguente I.'INDTVIDDO N'KCI.I ATTI PER I.A PROPRIA CON8KRVAZIONR 755 riposo uou oecupauo, il più spesso, tutto il tempo e tutta la energia, di cui l'animale stesso dispone ed in tale caso esso compie degli atti, i quali, come non necessari uè per l'individuo, né per la specie, ne, conseguentemente, all'equi- librio simbiotico nella natura, sono veramente atti oziosi, veri olia (sebbene spesso attivissimi), nel vero significato più proprio dello voce latina. Questi atti appartengono solo alle forme più elevate, sono anzi l'indice di livello della specie, del sesso, della età, nella gerarchia organica e raggiungono il maggior grado di varietà e complessità nell'uomo, maschio, adulto delle razze e delle nazioni più progredite e nelle migliori condizioni di esistenza. Ha qui il suo luogo tutta Parte, che, nelle razze umane colte, occupa una parte cosi grande della loro attività, ma giova ben poco all'aumento delle con- dizioni favorevoli alla esistenza, alle quali contribuiscono solo quei nec otta, dai più umili lavori manuali alle più alte ricerche scientifiche, senza cui l'uomo ozioso (nel buon significato della parola) non potrebbe aver luogo. Con tutto ciò è verissimo che « l'uomo non vive di solo pane ■>>. Se l'attività oziosa è indice di benessere della specie ed è a questo propor- zionale, come bisogna ammettere, noi troviamo qui un parallelo con quella orga- nizzazione superflua, che si è definita già per ornamentazione e che non reca van- taggio alcuno all'individuo od alla specie, ma è certamente causa di suo intimo compiacimento, come la oziosità è un gradito passatempo e può far parere meno arida l'esistenza, altrimenti ben poco attraente, se costretta nella continua as- sillante necessità di fatica solo a conservazione della specie o dell'individuo, per quel tanto che esso è elemento della specie stessa. Per questi intervalli di at- tiva quiete, l'essere vivente è nobilitato, sollevandosi dalla condizione di passiva ruota nel vasto ingranaggio della natura a quello di essere conscio e donno di sé. Per ciò, ancora, gli Insetti si devono considerare per forme assai progredite e da tempo, se non comparativamente altissime, entro l'esercito dei viventi e, colle loro fasi di esistenza, mostrano tutta la storia del loro progresso. Cessata l'attività dei soli tessuti o dei loro elementi esclusivamente, quale si manifesta nella condizione embrionale, in cui si trova anche la ninfa olouie- tabola, entra in gioco, oltre a questa attività, anche quella degli organi; ma la forma giovanile ha il duplice compito della propria conservazione e della crescita fino al culmine rappresentato dall'adulto. Perciò, può intervenire, durante gli stadii giovanili, solo un'attività in strettissimo rapporto con queste necessità, intercalata a stadii di riposo assoluto, cioè di solo lavoro intimo dei tessuti, a rimettere l'organismo in condizioni di riprendere gli atti di nutrizione. Non ri mane intervallo per alcun ozio, come nella sua organizzazione la larva non ac- coglie ornamentazione alcuna, cioè niuua superfluità può aver luogo. Ma, collo scbiudersi dell'adulto di questa altissima espressione della specie, interviene altro nella sua esistenza. Alla energia prima spesa nel crescere per raggiungere la matuianza sessuale è sostituita tutta l'attività per utilizzare questa condizione, ma essa non si esplica di continuo, vi sono dei periodi di riposo, possono anche cessare alcune funzioni di nutrizione, certo questa è meno attiva; insomma, se le condizioni di esistenza della specie non sono eccessivamente im- pellenti, rimangono all'individuo tempo e facoltà assai di godersi del suo ozio, come di adornarsi oltre ogni suo stretto bisogno. Però, come già si è osservato che si debbono appunto ascrivere a necessità create dall'ambiente (più che dal non uso degli organi, secoudo concetti ai quali è prudente fare almeno una grandissima tara) le condizioni ateliche nella orga- nizzazione di taluni gruppi o di un sesso, anche nelle forme adulte (nelle larve ~~,i; CAPITOLO SESTO non è mai ipertelia, come si è «letto, ma neppure atelia rispetto alla loro età), così non sarà mai il caso di ricercare manifestazioni oziose nelle forme neote- niche, giacche in queste lo stigma delle necessità che le circondano, a cui a mala pena riparano con un necotium continuo, è nella loro stessa organizzazione, come prova inconfutabile. Gli atti oziosi, adunque, sono più che mai ovvii nelle forme iperteliche, possono conservarsi in quelle iperateliche (in cui cioè Patelia è in- diretta, e viene per eccesso di benessere), scarseggiano nelle eumorfiche e non sono possibili nelle neoteniche. Perciò, le femmine, in genere, come hanno dovuto arrestarsi, per necessità della riproduzione, nella evoluzione seguita, invece, dai rispettivi maschi, se- condo si è illustrato ampiamente in precedenza, così, il più spesso, hanno minor agio per godersi in atti oziosi, e, negli Insetti, almeno, neppure hanno organi oziosi, come si vede dal fatto che quelli stridulanti, per solo diletto proprio (non quelli stridenti, da ascriversi ai mezzi difensivi) spettano ai soli maschi (1). Di qui Pipotesi che gli organi stridulanti suddetti e la facoltà di cani, ire, in genere, di taluni maschi, le cui femmine sono, invece, mute, abbia per iscopo quello di chiamare la femmina alle nozze, od almeno dilettarla, per entrare nelle sue grazie, d'onde, come conseguenza logica, l'intervento della selezione sessuale, per sviluppare, nella generazione dei maschi prescelti, la facoltà cauora. Ecco un'altra espressione del concetto utilitario, in base al quale si è filo- sofato anche troppo a spiegazione di certe organizzazioni, aspetti, attitudini degli animali in genere e quindi anche degli Insetti. Se si considera quel che fa una bella Vanessa, ad es. hi nostrale co- mune Atalanta, in una chiara mattinata d'estate, che vola nel sole per brevi tratti ed in poco spazio, si posa, si rigira, ad ali aperte, nella luce, splende e beata si gode; poi chiude le ali, si raccoglie, indi riprende il volo, per posare più lungi e così passa ore intere nella sua gioia di vita e di bellezza, né si vede che la preoccupi altra cura per sé o per la futura prole, non si può non ammet- tere che il magnifico insetto si gode il tempo tutto per sé e ne è felice. Così è dei Grilli e delle Cicale, che cantano per ore ed ore ininterrottamente, senza preoccuparsi uè di cibo né d'amore, pur avendo l'uno e l'altro vicino ed è in questi cantori per eccellenza, fra gli Insetti, che un mezzo primitivamente inteso, forse a solo richiamo della femmina è assurto al grado di atto ozioso, ad esclusivo piacere di chi lo produce o della compagna che gli sta accanto. Da un mezzo in sussidio della riproduzione è sorto, così, un argomento di sola intima ìelicità per l'individuo come un organo necessario si complica in una esuberanza puramente ornamentale (2). (1) La donna, nelle condizioni più evolute e comode, sembra tare eccezione, ma certo la sua attività oziosa è assai inferiore a .[nella dell'uomo di pari grado e può considerarsi come uno stato acquisito più prontamente di quello organico, elle assimili in tutto i due sessi, come il femminismo argomentato precede tuttavia hi parità di condizione organica della donna al- l'uomo, che, per ottenersi, richiederà secoli di benessere sociale in altissimo grado. Per ora, la ragione precede la natura. (2) Che deve fare della maggior parte del mio tempo un Insetto adulto, la bella forma, cioè, giunta ormai all'apogeo della organizzazione prestabilito al suo tipo ; ornato di spendida veste, armato benissimo e difeso contro i pericoli, fornito dei più rapidi mezzi di locomozione concessi ai semoventi ; guidato sicuramente da istinti precisi, per cui provvede facilmente e presto a tutte le necessità della propria esistenza ? Esso non ha più che a godersi nella felicità animale ormai conquistata con quella perfe- zione risica, che è tuttavia remota promessa a gruppi più elevati nella scala zoologica e che il più alto e recente si affatica, con pena di lotta continua e sforzo di intelligenza, ad anticipare nella lenta evoluzione. L'INDIVIDUO NKCl.l ATTI PKR I.A l'Uol'UIA CO.VSKltVAZIONK i .-> l A tutto ciò è stato, però, necessario il tempo e così si vede che solo i gruppi più vecchi, dagli Ortotteri agli Imenotteri, sopratutto quelli che si è già avvertito (pag. 4;>4) esser incorsi, per la loro antichità, nel campo del polimorfismo ate- lico. comprendono forme, nelle quali questa maniera di ozio è attualmente in vi- gore, mentre, fra gli altri tatti, non si noverano cantori, inasolo forme stridenti, a richiamo del sesso o nella paura per improvviso pericolo (ad es. la comune Aoherontia atropo») e si hanno i più scarsi esempi nei Coleotteri (es. Oerambi- cidi, ecc.); ma, negli altissimi e recenti Ditteri ed Imenotteri non si manifestane ipertelia né facoltà stridulante oziosa. Fino ai Coleotteri è ancora manifesta una esuberante ornamentazione di forme e di colori; negli Imenotteri solo la colorazione è spesso vistosa; nei Dit- teri più raramente. Si dovrebbe, adunque, concludere che la oziosità decresce in proporzione in- versa col grado di elevazione dell'insetto; ma io ritengo, piuttosto, che scemi la valutabilità, per noi, del valore dell'atto, il quale, se è facile a percepirsi e giu- dicarsi per le forme più basse, lo è molto meno, grado grado che si va salendo nella scala degli Insetti. Possiamo argomentare dal modo di godersi nella sua bellezza di un Lepi- dottero, in confronto di un Grillo o d'una Cicala, che si sentono già a distanza e per ore ed ore; meno facilmente di un Coleottero, rispetto ad una Farfalla; ma, non possiamo non giudicare i Muscidi, che sono certo gli Insetti più elevati, per esseri eminentemente oziosi, che si godono, però, nella loro alta facoltà di volo. Basti considerare il rincorrersi, lo scherzare in mille modi fra loro, il turbinare, il volare immobili per ore ed ore, come fanno le comuni Homalomyia e molti altri, nelle nostre stanze, o nei giardini, in una specie (li danza a lor modo, per arguire che questi Ditteri, gli esseri oziosissimi per eccellenza, hanno molto temiio e speciali modi di godersi la vita, senza preoccupazione di sorta e ciò depone molto in favore del giudizio che gli Insetti rappresentino un ben alto livello di evoluzione in seno alla animalità. Vitalità degli Insetti. È certamente da attribuirsi, in massima parte, alla decentrazioue del si stema nervoso, così grande negli Insetti, la loro enorme vitalità di fronte a le- sioni, anche gravissime, che interessano una porzione del loro organismo. Ferite, mutilazioni, che per animali superiori sarebbero immediatamente mor- tali, non lo sono affatto od a ben lunga scadenza pegli Insetti. Lesioni od aspor- tazioni di un centro nervoso interessano, tutto al più, l'insieme di organi che ne dipendono, ed il rimanente può continuare nelle sue funzioni vitali ed anche in quelle riproduttive, se la forma è adulta. Anche la morte conseguente al dissanguamento, non è così facile e pronta come si vede accadere pegli animali superiori. Basti dire che la stessa decapita- zione non importa affatto la immediata e sollecita morte dell'individuo. La perforazione, da parte a parte del corpo, quando non sia tale che deter- mini una grave fuoruscita di sangue o degli intestini, più che d'altri organi in- terni, non è una ferita sufficiente per determinare sicuramente la morte dell'in- dividuo e, meno che meno, la sua fine rapida, come accade, generalmente, pegli animali superiori. Anche meno pericolosa, per la vita dell'insetto, è l'asportazione di qualche suo membro. Si è veduto già, che la emissione di sangue e la volontaria perdita 758 CAPITOLO SESTO di qualche membro, specialmente delle zampe, può rappresentare un mezzo di difesa, per quanto a caro prezzo, e le perdite possono essere riparate, come si è fatto già notare, con una rigenerazione dell'arto, più o meno sollecita e com- pleta. Anche il contatto con sostanze, sicuramente venefiche ed in grado altissimo, per animali superiori, è sopportato con una resistenza meravigliosa, da i>arte di molti Insetti e così pure accade, in molti casi, che anche l'interruzione della fun- zione respiratoria possa essere protratta per un tempo, che a noi sembra enorme, per l'esperienza che abbiamo degli effetti dell'asfissia negli animali superiori. Per converso, alcune sostanze, che per questi ultimi rappresentano un grado di no- cevolezza mediocre e non possono neppure essere ascritte veramente fra i veleni, lo sono, invece, e micidialissime, pegli Insetti. Di qui l'entomologo pratico desume eccellenti mezzi di distruzione delle specie nocive, fa- cendo ricorso a sostanze varie, alcune delle quali sono deleterie per tutti gli organismi, almeno pegli animali (acido cianidrico, composti arsenicali, di fosforo e di altri metalloidi o metalli, nicotiua, ecc.) : altre di pericolosità mediocre e non veri veleui pegli animali superiori, sono, invece, micidialissime pegli Insetti (ad es. solfuro di carbonio, il re degli insetticidi anche a debole tensione dei vapori); altre, finalmente, col massimo effetto in questo senso, pegli Insetti, sono da considerarsi per innocue rispetto agli animali superiori (fiori di Piretro, Crisantemo ed altre composite; olii vegetali e minerali in genere, catrami, idrocarburi ingenerale, ecc.). Anche la resistenza degli Insetti a condizioni fisiche non favorevoli alla loro esistenza o micidiali per altri animali, è notevole e sarà il caso di vedere, qui, quali sieno, ades., le coudizioni ambienti, fisiche, che essi possono sopportare senza perire. Cosi pure della sommersione, degli effetti del prolungato arresto della respirazione, ecc. sarà il caso di discorrere ora e si metterà iu rilievo di qual tenacia di vita sieno dotati gli Insetti, che è meravigliosa, sopratutto se confrontata con quella di animali, per elevata organizzazione certo più alti. Effetti della decapitazione. — La maggior maraviglia per noi è sempre venuta dal fatto della continuazione delle funzioni vitali, nell'insetto, dopo la sua decapitazione. L'accoppiamento stesso non è, generalmente, interrotto od ostacolato per tale diminuzione. È certo che la ferocissima Alantis femmina, dopo l'amplesso, divorerebbe immancabilmente il maschio, se questo non provvedesse a fuggirsene prontamente: ma, non di rado accade che, nell'atto stesso dell'accoppiamento, la femmina divori la testa del maschio ed esso continui la sua funzione, finché non perda di sé, nella bocca della terribile compagna, molto maggior parte del corpo. Già il Redi, a proposito dei Cavallucci (Bacillus rossii), aveva ben rilevato questa straordi- naria vitalità su esemplari, che, insieme allo Stenone, aveva notomizzati viventi. « Mentre così passavamo il tempo » — egli scrive — « osservammo che, nonostante, che a certi di quegli animaluzzi avessimo strappato fuor del corpo tutte quante le viscere, osservammo dico, che continuavano a vivere, o a muoversi, iu quella guisa appunto che fanno le vipere sventrate, ed altri molti In- setti ; per lo che, ad alcuni altri tagliammo il capo, ed il capo senza busto, per qualche breve tempo vivea ; ma il busto senza il capo, vivacissimamente per lungo tempo brancolava, come se avesse tutti quanti gli altri suoi membri : onde per ischerzo, e per un giuoco da villa ci risol- vemmo a riunestare il capo sul busto, e ci riuscì con quella stessa facilità, colla quale riusciva di rinnestarsi le membra all' incantatore Orillo ». « Cosi i nostri animaletti, col capo rinnestato non solo continuarono a vivere tutto quel giorno, ma eziandio ciuqu'altri continui, con molta maraviglia di chi non ne sapeva il se- greto; e tanto più che in questo stato nou solo si disgravavano dei soliti naturali escrementi del ventre: ma facevano ancora dell'uova: onde chi fosse stato corrivo a scrivere questo salda- mento di teste avrebbe potuto avere una gran quantità di testimoni di vista; ma avrebbe scritta l'individuo negli atti nei; la pkoimìia conservazione 759 mia bella favola: conoioBSÌachè quelle teste si rappiooavano a' lor busti, perchè ila' busti goc- ciolava un corto liquor verde viscoso e tenace, che seccandosi era cagione d'un solido ricongiun- gimento; ina lo teste, ancorché il busto vivesse, non facean moto di sorta alcuna, né mostrava!» segni di vita ; od i busti senza il rinniinento delle teste continuavano a vivere quo' cinque, o sei giorni, come se le avessero riunite». Da bolle e numerose osservazioni condotte da lì. Canestrini (1883), su Insetti di vari; ordini, decapitati, risulta che, le toste separate dal busto vivono meno lungamente del tronco, ossia ogni loro movimento e reazione a stimoli varii, cessa prima. Le cifre raccolte, relative alla vitalità del tronco e quella della testa, rispettive, desunte da osservazioni su gran numero di individui della stessa specie, sono, dall'Autore sopralodato, esposte nella seguente tabella: Durata dei movimenti Pinata dei movimenti Animali 8U rui Animali su cui si sperimento ai sperimento del tronco della testa del tionuo della testa (iotntpea atercorariufi 5 giorni 16 ore Mosche .... 36 ore 6 ore Cetonia amala . 9 1/2 » 4 » Tafani .... 27 » 3 » Silpha ohscura . ti » 12 > Gryllotalpa viih/. 9 giorni 78 » 2 1/2 » 1(1 » Forficnle 11 » 6 gior ni Farfalle (specie di- Acridii .... 5 » 80 ore verse) .... 18 » poche » Locuste .... X <• 48 ore e più Formiche (F. rufa) 1 1/2 » 30 » Mavtis yeliyioba 14 60 ore 5 » 24 » Pyrrocìioiis aptervs 4 alcune ore 40 ore diverse » Bombita .... 30 » 3 » Dietro queste ed altre prove ed osservazioni, l'Autore riconosce che, mentre i Coleotteri, molti Ortotteri ed Imenotteri mostrano di aver subito una grave operazione appena dopo deca- pitati, invece, i Lepidotteri ed i Ditteri (Mosche, Tafani) non ne sembrano molto incomodati. Tra l'altro, una decina di Mosche femmine, decapitate, si trovarono, pochi momenti dopo, ac- coppiate quasi tutte con maschi sovraggiunti di fuori. Gli accoppiamenti durarono da un'ora e mezza a due ore e mezza e le femmine si comportarono sempre come fossero state perfettamente sane. Una di esse subì, anzi, due accoppiamenti I (1). (1) Del resto né le Mosche né altri Insetti maschi sembrano preoccuparsi molto delle conili zioni di sanità od anche di vitalità delle femmine, con cui si accoppiano. Il Labitte 11917) afferma che il Lesne vide un maschio di mosca domestica accoppiarsi con una femmina morta ed il Cros fa una analoga affermazione pel Pamphagus nnmidicits, che si accoppiò e durò oltre tre ore in questa funzione, con una femmina morta ormai da 7 od 8 ore. Quello che riferisce il Labitte, per osservazione propria, è anche più strano. Catturò, egli, una femmina di Orgya antiqua L., la chiuse in un flacone di cianuro, dove rimase 24 ore; ne la ritrasse morta e la infilzò su una assicella fra altri Insetti. Dopo 5 giorni o 6, quando la fem- mina suddetta era ormai quasi secca, sopraggiunse, dal di fuori, un maschio della stessa specie; rintracciò, braccando a volo, il cadavere della femmina, colla quale si accoppio. Dopo un quarto d'ora l'entomologo uccise la coppia in quella funzione per conservarla. 11 potere di richiamo della farfalla femmina si conservava, dunque, anche dopo tanti giorni dalla morte ed in istato di quasi secchezza dell'insetto, né questo stato pareva incomodare molto il maschio nella sua opera riproduttrice. 7dO CAPITOLO SKSTO I più indifferenti alla operazione, quali si sono ricordati, si mantengono sui loro piedi nella posizione normale; i Coleotteri e qualche altro, si rovesciano sul dorso. Tutti mostrano di con- servare intera la sensibilità (oltreché la mobilità degli arti), ed in taluni (ad es. Gryllus, che continua a muoversi ed a saltare per ben 13 giorni), e8sa è molto accentuata. II Canestrini K. riconobbe, finalmente, che un progressivo disseccamento degli arti è la causa determinante la perdita della sensibilità e mobilità loro e può essere ritardato conservando gli Insetti in ambiente umido e piuttosto fresco. La fuoruscita di liquido dalla ferita non ac corcia il tempo nel quale continua la vitalità del tronco. Adunque, la decapitazione conduce alla morte dell'insetto più che altro per l'anarchia, che essa importa nelle funzioni dell'organismo, le «inali, pur continuando, come dipendenti da altri speciali centri nervosi, non sono più coordinate nell'insieme di una volontà unica e di uno scopo ben definito. Le numerose esperienze in proposito, da parte dei fisiologi, hanno mostrato che ogni ganglio «Iella catena nervosa ha un suo dominio con massima indipendenza da tutti gli altri e questo si estende a tutti gli organi che ne dipendono; ma, la coordinazione degli atti, in dipendenza ad una volontà, che procede dal centro cerebrale o da stimoli per percezioni da parte degli or- gani sensoriali residenti nel capo, è abolita. L'insetto decapitato più non vede od altrimenti percepisce l'ambiente, mercè gli organi sensoriali cefalici, ma in tutto il corpo mantiene la sen- sibilità tattile e vi reagisce. Una Aliintis, cosi operata, se stimolata nel tronco si difenderà fug- gendosene a volo e reagendo a mezzo delle sue gambe anteriori ed in quest'ultimo modo farà anche il solo torace, isolato dal capo e dall'addome, come farà il solo addome, col suo pun- golo, di un Imenotteri! aculeato. La testa di un Grillo, al quale, per lesione del ganglio, è in. terrotto ogni rapporto fra il cervello e la catena nervosa del tronco, si afferra avidamente colle due mandibole ad un pezzo di pane, per cibarsene; ma, il tronco prosegue il suo cammino, mentre la testa resta fissa, così che il Grillo finisce per fare un capitombolo. Le interruzioni delle commessure transverse nella catena gauglionare, rendono indipendenti i gangli «li un lato dei corrispondenti dell'altro. In conclusione, questa rilevante autonomia dei centri nervosi fra sé e rispetto al cervello consente la vita in condizioni, nelle «jiiali essa è impossibile pegli animali superiori. Effetti di sltre lesioni. — Anche la asportazione di tutto intero l'addome, specialmente in forme ad addinne peduncolato, per le quali, adunque, l'emorragia non è grandissima, uè totale rapidamente, non conduce a morte l'insetto se non tardivamente e solo ne può impedire la loco- mozione aerea, se la forma è volante, per l'enorme spostamento del ceutro di gravità. Del resto, di questa operazione, pur così grave, molti Insetti sembrano neppure avvedersene. E facile, con nn colpo di forbice, asportare l'addome di una Formica, mentre, ad es., essa trasporta faticosa- mente, fra le sue mandibole, quanto ha raccolto pel suo nido. L'insetto continua imperturbato la sua opera, in- abbandona il suo carie", ne mostra altrimenti di essersi pur accorto di cosi grave mutilazione. Quanto alle lesioni di organi interni ed al loro effetto per la vita dell'insetto, ci accadrà di vedere a suo luogo quali e quanto gravi esse possano essere prima che, per esse, la vittima sia distretta a soccombere. Si comprende che altre ferite, che pure sono micidiali per animali superiori, hanno ben poco effetto pegli Insetti. Tutti i raccoglitori di questi Artropodi sanno quanto lungamente essi possono vivere, inchiodati sulle assicelle e traver- sati da parie a parte dallo spillo. Ad es., eeeu osservazioni pubblicate dallo Xainben, per Insetti in tali condizioni : Coleotteri : Neìops cerberus Muls., femmina (da larva) è vissuto un mese e mezzo; Mcsosa cuculionoides L., femmina, 24 giorni: Cerambix miles Bon.. femmina, 42 giorni; Rhagium indagato!' F., ambedue i sessi, due mesi; li. bifasoiatum F., femmina ex larva, un mese e mezzo; Laeon mnrinus h., femm., ex larva, un mese e mezzo: Blaps piava Sol., due mesi e mezzo; Phyto depressila Muls., due femmine, catturate, oltre un mese «^ mezzo, l'n Ortottero, il comune Acredini» liueola, femmina, catturala, quasi tre mesi. Notisi che per gli individui allevati ex larva, non essendo intervenuto alcun nutrimento, dallo sfarfallamento alla morte, può esser ritenuto, anche col confronto «li altri individui nou sottomessi alla perforazione collo spillo, che essi sieno periti per fame. Per questi, certo, e forse ini' tutti, piii che la ferita potè il digiuno. I.'INKI \' I !>[<> NEGLI ATTI PKR LA PROPRIA CONSKRVAZIONK 761 Resistenza al digiuno. — La morte per inanizione è imposta a molti Insetti quale fine della loro esistenza, perciò che essi non hanno organi digestivi. In questi casi, gli adulti, destinati solo all'amore ed alla riproduzione, portano in sé, dalla vita precedente, sufficienti scorte di sostanza nutritiva, così da poter vivere, sebbene per poco tempo, liberi dalla preoccupazione di rintracciarsi il cibo. Questo si è dimostrato a suo luogo. Ma, pegli altri, variamente famelici e più negli stati giovanili, quando debbono preparare le riserve per l'avvenire, o negli adulti, in rapporto col sesso e colla somma di sostanze nutritive, che deb- bono accumulare nelle loro uova, la resistenza alla fame è in misura varia, sempre notevole, però, date le dimensioni dell'animale. In molti casi, allorché le riserve vengono ad accumularsi nel tessuto adiposo molto precocemente, il digiuno può essere protratto per un tempo lunghissimo, prima di condurre alla morte. Di qui, tutta una graduatoria di resistenza in rapporto col regime e colle particolari attività fisiologiche della specie. La resistenza, poi, è aumentata da uno spediente, che, in generale praticano gli Insetti costretti a digiunare. Essi si abbandonano ad un assoluto riposo e ad una quiete funzionale, per cai il di- spendio organico è ridotto al minimo e non riprendono volontariamente ogni loro attività se non in presenza del cibo, quando sentono di potervi sopperire. Le larve olometahole, in generale, allorché sono private di cibo in età poco discosta dalla ninfosi, si trasformano prematuramente; ma, l'adulto, elle ne viene, è piccolo e, spesso, mal- fatto. Molte larve possono rimanersene digitine per molto tempo. Ad es. mia larva di Trichodes l'in s, parassita delle ooteche di cavallette, visse un anno e mezzo senza nutrirsi (Valéry Mayet) e non perì che per cibo inadatto ; il danno apparente, per così lungo digiuno, fu solo di una leggiera diminuzione di statura. Una larva di Cicindela connata Heer visse digiuna dalla fine di ottobre alla Une del luglio successivo (Xambeu). A proposito di Coleotteri adulti, lo stesso Autore ci fa noto cbe un Heìopt pygmaeus Muls., femmina., allevato ex larva, cioè che non mangiò mai allo stato adulto, visse in assoluto digiuno sette mesi e mezzo; un maschio di Cerambiz eerdo L., nelle stesse condizioni, morì dopo due mesi e pressoché altrettanto ed egualmente visse una femmina di Clytus arielie L.. mentre una femmina di Ritaglimi indagator F., catturata, resiste cinque mesi alla fame. Certo, però, il record del digiuno è tenuto da quegli individui di Àlarga- dea vitium Giard, che sono vissuti incapsulati per ben 17 anni, secondo riferisce il Perris (1919) ed è questo anche un ben alto grado di longevità. Si vedrà a suo luogo quanto sia lungo il digiuno a cui si sottomettono volontariamente le femmine di Formiche, allorché si isolano dal mondo esterno per fondare un nuovo nido Bastino questi esempi, fra innumerevoli che potrei desumere dagli Autori, per mostrare come gli Insetti, in generale, godano di una facoltà, certamente per molti altri animali, in molti casi, invidiabile. Resistenza agli agenti chimici. — La resistenza degli Insetti a liquidi o vapori tossici od altrimenti nocivi si può affermare proporzionale alla permeabilità del- l'involucro riparatore degli organi interni, sia esso il tegumento od anche la tu nica più interna dell'intestino. Giacché le trachee, specialmente nelle, estreme diramazioni, sono permeabilissime agli scambi gazzosi, si comprende che solo dalla migliore chiusura degli stigmi dipende l'impedimento a questi scambi. Quanto alla peritrofica, essa è permeabile sopratutto nel mesenteron, per cui ogni inge- stione di sostanza comunque nociva è ormai senza riparo. Tutta la difesa, da parte dell'insetto, di fronte a sostanze venefiche al suo organismo, sta, adunque, nella sua sagacia e prudenza nella scelta degli alimenti, ed alla pronta e per- fetta chiusura degli stigmi, quanto a veleni aeriformi, ed, infine, per quelli liquidi, se immersovi o bagnatone, nella impermeabilità del tegumento. Questa è gran- dissima come già si è fatto osservare e per questa via solo assai lentamente A. Beklkse, Gli Insetti. II. — 96. (62 CAPITOLO SESTO può accadere dauno all'organismo ed iu ciò appunto sta la maggiore differenza in confronto a tutti gli altri organismi assai più penetrabili traverso il loro strato cuticolare. Di qui la nostra meraviglia nel vedere Insetti, anche a cute molle, ri- manersene, senza danno apparente, immersi in ambienti avvelenati o comunque auabiotici e, talora, per un tempo lunghissimo. I soli liquidi a reazione alca lina, per la loro facoltà di agire sugli strati cbitinosi, mostrano un'azione più pronta e, conseguentemente, più micidiale. Ma, i liquidi tutti, come più diffìcilmente permeabili dei vapori, sopratutto se non sieuo a reazione alcalina od altrimenti capaci di demolire le difese grasse o cerose agli orifizi delle trachee, non penetrano affatto in queste o molto meno prontamente dei vapori e, perciò, la loro micidialità è assai meno pronta, in confronto di quella delle sostanze tossiche allo stato aereifonne. Se l'insetto ha il tempo di chiudere la bocca e gli stigmi, quando sia immerso in un liquido, anche micidialissimo per altri animali e che non sia tale da forzare l'ingresso nelle trachee, la morte non avviene che lentissimamente e solo per asfissia. Se questa, poi, è ritardata per la possibilità, da parte dell'insetto, di affacciarsi di tratto in tratto all'aria pura, mercè i suoi organi respiratori, la morte giunge con grande lentezza o non sopravviene affatto. Perciò, la differente attività respi- ratoria, nelle diverse età dell'insetto, ad esempio da larva metabolica ad adulto (nel quale è sempre di assai maggiore) od in rapporto alla temperatura am- biente, ecc. importa una ditìerentissima resistenza, di fronte a sostanze venefiche ambienti, a seconda di tutti questi diversi casi. In generale può, dunque, essere affermato che gli adulti sono, in questo modo, più vulnerabili delle rispettive larve e gli uni e le altre con facilità proporzionale alla elevazione della temperatura ambiente. Tutto ciò dia ragione del fatto, ad esempio, che vapori di acido cianidrico o di cianuro di potassio sono fulmineamente micidiali ad una Mosca, come a qualunque altro organismo animale, mentre le larve di questi Ditteri possono rimanere assai più lungo tempo viventi in soluzioni acquose della micidialissima sostanza. Pressoché alla pari dell'acido cianidrico gazzoso sono prontamente venefici i vapori di sol- furo di carbonio ed appena in minor grado molte altre sostanze, che rappresentano i nostri più attivi insetticidi. Tra questi sono in prima linea le essenze, i petrolii, benzine, ecc. Eppure, mentre i Ditteri tutti, allorché adulti, periscono iu pochi secondi, se esposti ai vapori di queste sostanze in suf- ficiente tensione, le loro larve possono vivere molto lungamente, immerse iu questi liquidi. Noi conosceremo, anzi, asuo luogo, una larva di Dittero [Pailopa petrohi Craw), che, in America, vive appunto nelle sorgenti di petrolio grezzo, che è il suo naturale ambiente in questo periodo gio- vanile della sua vita. Il Labitte, riportando (1917) esperienze in proposito fatte dal Cros, con altre sue, afferma che una larva di Stratiomys, in un barattolo con benzina visse due ore e mezzo; ne fu ritirata vi- vente, ed, immersa nel petrolio per cinque ore, trattane viva, sopportò una immersione per ben 25 ore nell'essenza di trementina ! Un altro esemplare di questa tenacissima larva visse ben 27 ore immersa in olio di oliva finissimo. Del resto, il diverso comportamento da larve ad adulti di Mosche, di fronte a quel potente insetticida, che è l'olio comune, era stata ben riconosciuta dal Redi, il quale non ebbe mai a veder morire le larve di Mosca bagnate con questo liquido; ma, quanto agli adulti, giacché gli antichi autori avevano aflermato la sua micidialità per le Mosche «fattane da me l'e- sperienza — scrive il Redi — ogni qualvolta, che io faceva che da una sola gocciola di olio fosse tocca ed inzuppata una Mosca, in quello stesso momento ella cadeva, fuor d'ogni credere, morta ». Il Cros sopracitato, trovò vive lo larve di Stratiomys dopo un quarto d'ora di immersione in una soluzione concentratissima di cianuro di potassio, nella quale l'insetto mori solo dopo 28 ore. Larve della stessa specie, erano vive dopo 21 ore e mezza di immersione nell'alcool a 95°, e. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PER LA PROPRIA CONSERVAZIONE 763 rimesse in questo liquido, dopo 106 ore e mezza sembravano morte; ina, ritiratene, dopo 40 mi- nuti davano segni di vita e dopo poco si muovevano e spostavano ; una sola era morta, delle tre soggette a questa ben dura prova. Un'altra larva di Stratiomya era ancor viva dopo 28 minuti di immersione nell'etere solforico. Una di quelle larve, che avevano resistito per 106 ore alla immersione nell'alcool a 95°, visse 10 giorni nella glicerina, incrisalidò e diede un maschio perfettamente conformato. Nel formolo a 40°, un'altra larva della stessa specie morì solo dopo 24 ore, non già d'asfissia, ma per l'azione caustica del liquido. Lo Schultze constatò la presenza di larve ed adulti di Drosophila rubrostriata in teste di Negri conservate nel forinolo, dove vivevano come in loro ambiente naturale. Il Chapellier vide schiudere esemplari di Phora (jbergenttammi e rufipes) da cadaveri di uccelli mummificati col for- molo ed il Mansion trovo larve degli stessi Insetti, viventi su una pelle di mammifero, conservata in una soluzione diluita dello stesso liquido. L'Alessandrini (1909) dimostrò, con accurate e numerose esperienze, elio il baco del formaggio (larva della Piophila casei L.) può attraversare il tubo digerente dell'Uomo e del Cane senza che il suo sviluppo venga arrestato o ritardato. Egli sperimentò anche la resistenza di queste larve in presenza dei più variati agenti fisici e chimici (in numero dì ben 82) dimostrandola notevolissima (ad es. immerse in xilolo vissero 7 ore: in sublimato corr., soluz. satura a caldo, 40 ore ; soda caustica, solnz. al 30 °/0, 35 ore; soluz. concentrata, 35 minuti e pressoché altrettanto in soluzione di potassa caustica; in essenza di trementina. 8 ore; etere solf., 1 ora ; iu acqua, da 208 a 280 ore; acido osmico, soluz. 2 °/0, 8 ore, nei vapori, 5 ore; aoido fosforico, soluz. satura, 198 ore; acido arsenioso, soluz. satura a caldo, 38 ore; acido acetico puro, 1 ora; acido fenico crist., soluz. (in alcool a 75°), 26 ore. Morte istantanea si ebbe colla immersione nel cloroformio Dnncan, ed in due minuti nel- l'aria calda a 55°. Per questi Insetti, l'Autore conclude che la resistenza è in rapporto inverso colla volatilità e contemporaneamente col potere diffusivo e penetrante della sostanza adoperata ed in rapporto diretto con le quantità d'acqua nelle soluzioni. L'Autore ha sperimentato, sulle stesse larve, anche l'azione dei raggi X e riconobbe che de- terminarono delle mostruosità. I raggi mercuriali ultravioletti impedirono completamente lo sviluppo. Le emanazioni del radio lo arrestarono solo in talune di esse. Bastino questi esempi, fra i moltissimi che sono ricordati dagli autori, a confermare quanto si è detto. Resistenza agli agenti fisici. — Al freddo ed al caldo gli Insetti mostrano una grandissima resistenza, perchè molti di essi possono vivere, in tutti i loro stati, entro limiti di temperatura larghissima, con una differenza di quasi un centinaio di gradi. In conformità colla temperatura ambiente, sale e discende quella del loro corpo, così che, al disotto di 0° essi congelano, divenendo duri e fragili quanto un pezzo di ghiaccio, senza die la loro vitalità ne soflra. Difatti, ricondotti ad una temperatura normale per la loro vita attiva, riprendono subito tutte le loro funzioni, senza mostrare di aver sofferto danno od incomodo alcuno. I diversi climi del globo hanno una fauna entomologica propria, e di ciò non è il caso di dir qui. Ora si tratterà brevemente solo della resistenza a tempera- tine varie, a cui gli Insetti possono essere sottomessi, anche artificialmente, nei loro diversi stati, compatibilmente colla loro sanità. Già Spallanzani aveva sottoposto le uova del Baco da seta ad una temperatura artificiale di-4° e di-5", senza che la loro fertilità ne avesse sofferto (questa si spegne a 30° C. sec. Versoli). Quanto alle larve olometaboliche, si sono trovati bruchi di Nottue e larve di Coleotteri xilofagi, viventi sulla neve, ricoprenti una vasta superficie, con una temperatura di 10° a 12" zero (Du Plessis). K stato, già da gian tempo, riconosciuto che i bruchi possono essere sottoposti a congelazione e successivamente ricondotti alla vita. Boisduval osservò che le larve di Leucemia, del tutto gelate, si sarebbero potnte scambiare per vere stalattiti di ghiaccio ; la loro frattura era netta e risonavano come corpo solido, cadendo su un vetro. Pure, quasi tutte, a lor tempo, incrisalida- rono e dettero le farfalle. 764 CAPITOLO SESTO Ross vide, Delle regioni polari, alcuni bruchi ritornarsene a vita dopo aver subito un freddo di -42°, durato una settimana e seguito da disgelo. Larve di Piralide della vite, congelate fino a sei volte di seguito, sono sopravvissute benissimo. A -17°, durante il freddissimo inverno del 1837, in Francia, soffersero le Viti e molte ne perivano, ma sopravvissero le larvediPiralidi.il Labitte sopracitato ricorda che larve di Cetonia aurata, abbandonate sopra terra, dal 12 dicembre al 12 marzo successivo, subirono tutti i rigori dell'inverno. Nel gennaio e febbraio la temperatura scese tino a 18° e tale si mantenne per otto giorni consecutivi. Le larve, gelale, avevano assunto consistenza e durezza di ghiaccio; esse, a lor tempo, si riebbero, senza mostrare di aver sofferto da così dura prova. Nou diversamente si comportano le crisalidi e le altre ninfe olometabole. Anche la Filossera radicicola si è veduta conservarsi viva dopo varii giorni di una tempera- tura fra — 8" e — 10° (Girard). Quanto agli adulti, essi possono resistere, senza congelare, per non lungo tempo a qualche grado sotto zero e mostrarsi tuttavia attivi, per quanto si constati che il freddo rallenta i loro movimenti e li rende torpidi. Il Nicolet aveva notato che individui di Achorates éimiìatus (Poduridi), dopo trattenuti per- sino durante sei giorni interi, gelati nel ghiaccio mantenuto a 11° C. per mezzo di una miscela refrigerante, se sottoposti ad un disgelo lento, riprendevano tutta la loro vitalità e se ne fuggi- vano saltando. Numerose esperienze condotte dal Plateau (1872) dimostrano che. mentre gli Insetti acquaioli nostrali sopportano indefinitamente, senza perire, la sommersione nell'acqua a 0° C, non resi- stono, per lo contrario, oltre una mezz'ora, senza perdere la facoltà di ritornare alla vita, se congelati entro il ghiaccio a 0° C. Di questo singolare fatto l'unica esplicazione possibile si è che la congelazione, impedendo ogni movimento, arresta anche la respirazione dell'animale e le esperienze del Plateau confermano questa ipotesi. Di fronte a temperature elevate, la resistenza degli Insetti è pur notevole, ma l'aria calda è, forse, più micidiale che l'acqua a temperatura più alta della normale, sopratutto pegli Insetti acquaioli. Nell'aria, in ambiente caldo, gli Insetti reagiscono anche con una abbon- dante traspirazione, per cui il loro corpo si inumidisce alla superficie di una specie di sudore, che mostra di essere abbondante sopratutto sulla pelle più sottile. E stata osservata la presenza di Coleotteri nelle acque termali, ma il fatto è anche stato revocato in dubbio. Io ricordo benissimo, però, di aver veduto nuotare degli Hydroporm, nelle acque termali di Abano, in vasche, cosi calde, che la mano vi si poteva tenere immersa per solo pochi minuti (1). Certo è che molti Insetti delle sabbie, come gli Ortotteri, che abbondano sui terreni riarsi dal sole durante le più calde stagioni, ne si vedono mai tentare di ripararsi, debbono trovarsi, per ore, in una temperatura, che sarebbe per noi insopportabile affatto. Spallanzani, dava le seguenti cifre, riferenti le temperature, alle quali aveva ottenuto la morte di forme giovani di Insetti aerei diversi : Larve: Bombyx mori a 42° C.J Farfalle dell'Olmo (Bombyxf) alla stessa temperatura: larve di Mosca della Carne (Calliphora f) 42°, 5 ; loro ninfe, 43,7; loro adulti, 37°, 5. Nicolet riconobbe che V Achorates similatus (Poduridi) perisce abbastanza presto, se immerso nell'acqua a + 38° C. e pressoché istantaneamente nell'aria a + 35° C. Per ciò che riguarda gli Insetti acquaioli, lo Spallanzani aveva notato che le larve e le ninfe di Zanzare muoiono nell'acqua a — (— 43°,7 C. e le larve di ErUtaliì tenax (?) non sopportano i -t- 41°,2. Le temperature massime dell'acqua calda, nelle quali è possibile la vita, per qualche tempo agli Insetti acquaioli, sono comprese, secondo il Plateau (1872), entro limiti molto ristretti, cioè 33°,5 fino a 46°, 2, secondo le varie specie. Ecco quali temperature sopra zero sono state sop- portate, anoue per lungo tempo, senza che, sia intervenuta la morte, per parte di varii Insetti (1) Molto probabilmente si tratta dell' Hydroporm thermalis Horn., già incontrato dall'Hor- nung (1840-41) nelle sorgenti calde dei colli Euganei, cioè della stessa località. I.' INDIVIDUO NEGLI ATTI PER LA PROPRIA CONSERVAZIONE "65 acquaioli, immersi nell'acqua: larve di Culex pipiena 38°; di Cloeon dipterum 44°; adulti di Xoto unta glauca 37°, 5; Stpa cinerea 43°; Ayabna bipuatiilatna 36°; Hydroporne doraalia 39'; Hydaticus tranirersalia 38°; Hyiroua caraboidea 38°. Nessuna specie, soggetta alle sperienze, ha resistito ad una temperatura superiore ai 48°, 2, nemmeno fra gli Aracnidi ed i Crostacei, e, probabilmente, la massima compatibile colla vita non oltrepassa i -+• 46°, come per ogni altro animale acquatico. Molte sorgenti termali, possono, adunque, riesoire non micidiali (per la sola temperatura) ai comuni Insetti acquaioli e, dei suddetti, il Plateau enumera, pel Belgio, una dozzina. Resistenza all'asfissia. — La facoltà, che hanno gli Insetti, di eh intiere ermeti- camente i loro stigmi, così da serbare entro di so tutta l'aria contenuta nel loro corpo ed a spese di questa respirare per qualche tempo, fa sì che essi possano durare, anche lungamente, senza rinnovare la loro provvista d'aria. Perciò, sia in presenza di gaz non respirabile od in ambienti ad aria comunque rarefatta, od in liquidi non micidiali, gli Insetti possono vivere lungo tempo e di ciò qualche esempio si è già recato. Già il Lyonet (1762) aveva tenute sommerse nell'acqua larve di Cossita cosina per ben di- ciotto giorni, senza riescire a farle morire. Ma. gli adulti non sembra abbiano una così grande resistenza all'asfissia per sommersione, per quanto di specie littorali, palustri od anche acquaiole ed il Plateau, fino dal 1872, con numerose sperienze, stabiliva che, ad esempio, gli Aepns (A. fulreiceni ; A. robini), fra i Carabidi, come i Blemus, gli Elmidi e gli Elophoridi ; qualche Cur- culionide {Cetitorrhynchna, Bagoua): le H aemonia ; V Achorutes maritimua possono rimanersene anche dieci o dodici giorni sommersi, prima di morire per asfissia ; ma, si è già veduto per molte di queste forme à quali spedieuti esse ricorrano per una respirazione subacquea. li'Hydrometra atagnornm può vivere immersa fino a 31 ore. Le resistenze massime, notate dal Plateau, per adulti di Insetti terrestri, in confronto degli acquaioli, sono riportate nelle seguenti cifre. Insetti aerei : Aphodina fimctariua 50 ore, 30' ; Meìolonthn melolontha 63 ; Carabna anratus 71, 36'; Agelaitica alni 72; Byìobina abielia 95; Oryctes naaicornia 96; Geotrupe^ atercorariua 96. Insetti acquaioli : Gyrinua natator 3 ore; Agabna bipuelulatua 6, 10' ; Haliplua elevatila 11, 5' ; Bydroporm palliatila 15, 30'; Bypidrua oratiti 21; Dyliaciia marginalia 65, 30'. Sembra, adunque, che gli Insetti acquaioli resistano meno all'asfissia di quelli a vita aerea. Ciò può dipendere perchè questi ultimi, allorché immersi, non si muovono altrimenti, mentre quelli acquaioli non sanno darsi pace e, di continuo nuotando, consumauo molto ossigeno Cotale è la resistenza degli Insetti in condizioni avverse alla vita loro; ve- dasi di quanto essa superi quella degli animali più alti e come si illuda ehi spera che, da freddi intensi e prolungati o da stagioni eccessivamente piovose, possa venire utile alle campagne, per mortalità degli Insetti nocivi, dovuta a queste anormali condizioni. È da credere che più presto degli Insetti sia per perire ogni vegetazione. Longevità degli Insetti. In nessun gruppo di animali si incontra un così largo campo di variabilità uella durata dell'esistenza postembrionale, quale si nota fra gli Insetti e ciò anche fra specie affinissime e congeneri. Veramente, su questo argomento non molto estese sono state le ricerche dei naturalisti e si può dire che, dati precisi, non solo per la grandissima maggioranza della specie, ma ancora per interi gruppi sono tuttavia desiderati. È, bensì, notorio che, mentre talune specie compiono piti generazioni nell'anno, il che vuol dire che la intera loro esistenza si circoscrive entro poche settimane, per altri, invece, essa si protrae per anni. 766 CAPITOLO SESTO Anche la durata della vita preimaginale, in confronto di quella del rispettivo adulto, subisce variazioni grandissime, sia pure anche per specie da compren- dersi in gruppi affini nel sistema e l'un periodo può essere più lungo o più breve dell'altro, non di rado con differenze enormi, per quanto si possa ritènere che più comunemente, il periodo larvale di una specie sia più lungo di quello dell'adulto- Fra gli esempi di massima differenza nella durata rispettiva della vita larvale, in confronto di quella dell'adulto, ricordo i due classici delle Efemere e delle Cicale nordamericane. Nelle prime, dopo un periodo larvale che dura un triennio, sorge un adulto, la cui esistenza si protrae solo per ore, come è indicato dal loro nome. La Ctcada septendecim del Nordamerica, secondo è indicato dal suo nome specifico, vive ben diciassettauni sotterra, allo stato preimaginale, mentre, in quello di adulto, ha una esistenza non più lunga di quella delle specie nostrali. Fra gli esempi di massima longevità allo stato larvale può ricordarsi anche quello citato dal Marshall), di un Bupestide veduto uscire da un leggio conservato da un ventennio nell'ufficio di una amministrazione. L'insetto doveva aver passato questo tempo in istato di larva e ninfa entro il legno. Per converso, la vita larvale di parecchie specie è brevissima ed è più corta di quella de1 rispettivo adulto. Cosi, ad es., la Mosca della carne compie il suo ciclo larvale entro 6 a 7 giorni; ma, l'adulto, anche in piena estate, può vivere due mesi e più. L'Ape, dopo 8, 10, 13 giorni, secondo il sesso, e la casta, passati allo stato di larva, può vivere fino a 5 anni (regina) in quello di adulto ed una regina di qualche specie di Formica raggiunge i quindici e forse i venti anni. Le Pulci dell'uomo, la cui larva compie il suo ciclo in pochi giorni vive allo stato adulto più anni, fino a nove, secoudo si afferma, ecc. Le cause intrinseche determinanti questa varia durata della vita larvale, in differenti specie e gruppi di Insetti, possono richiamarsi sopratutto a diversa condizione di nutrizione (in senso largo), e, quanto alle variazioni di durata del periodo larvale, che pur si riscontrauo, sebbene assai limitate, in individui della medesima specie, ma viventi in condizioni diverse, può essere detto che le va- riazioni stesse, talora molto sensibili, dipendono anche dalla differente tempera- tura ambiente. Altrove (pag. 29'J) si è brevemente accennato alla influenza del regime diverso sulla diversissima durata della vita larvale, in gruppi vari di In- setti e se ne è già accennata la causa prima. E certo che le specie viventi a spese di sostanza più nutritiva sono anche le più esposte a distruzione, perchè appunto tal,' sostanza è più ricercata anche da altri concorrenti e cosi tolta via più presto dalla circolazione ed è anche di più facile e pronta alterazione e distruzione, per la sua stessa natura. La sostanza animale morta è certo il più ricco nutrimento, ma è anche il più ricercato e sollecito a scomparire. Perciò, gli Insetti, che se ne cibano nel periodo giovanile, sono quelli a sviluppo più rapido; ma, anche, ad esistenza più insidiata ed aleatoria, insieme col loro mezzo nutritivo. Di qui la possibilità, ed insieme la necessità, di più generazioni nell'annata. Più sicure di giuugere allo stato adulto sono le specie predatrici nello stato giovanile, donde accade che queste hanno, il più spesso, una sola od, al massimo, due generazioni nell'annata. Le forme vegetariane, nntrentisi di sostanza vegetale fresca, hanno molti concorrenti più voluminosi e sbrigativi, quanto a voracità e perciò esse pure corrono serii pericoli,, durante la loro vita giovanile. Più sollecita- niente compiono il loro ciclo i coprofagi ed i frugivori ; ma, per essi, la concorrenza con altri animali maggiori è anche più intensa e per questo e perchè la protezione nell'ambiente riparato in cui vivono, di fronte ai loro nemici speciali, non è tanto efficace quanto sembrerebbe, accade che, generalmente, queste specie debbono ricorrere all'espediente di maggior numero di genera- zioni, in confronto di quelle nutrientesi della parte erbacea delle piante, anche se meno bene protette. Ma, le specie viventi entro i legnami o sotterra, ove sono meno insidiate e non incontrano INDIVIDUO NEGLI AITI PER I.A PROPRIA CONSERVAZIONE "67 concorrenza di animali superiori o pericolo di distruzione od impoverimento dell'ambiente, in cui vivono, si trovano nella condizione del «ehi va piano va sano»; penano molto tempo a raggiungere lo stato adulto e le loro generazioni possono essere ad intervalli grandissimi, senza pericolo per l'esistenza della specie. Per una generazione di un Buprestide o di una Ckada septendecim, una Mosca ne mette in- sieme una cinquantina almeno, che è' poi come dire (concedendo che la Mosca partorisca almeno cinquanta uova) ohe, per la figliolanza di una sola Cicala delle specie suddette o di un Coleottero lignicolo dei più longevi, il più lauto nutrimento permette ed impone alla Mosca, la esistenza (e la distruzione) di miliardi di individui. Adunque, si può affermare che la durata della esistenza postembrionale, al l'infuori del periodo anagonico (al quale la specie si disinteressa affatto), a parità di altre condizioni dovute all'ambiente, è inversamente proporzionale alle cause nemiche alla specie, stessa, come pure ai suoi mezzi autofilattici. Quanto alle differenze di temperatura, dovute a quelle del clima o della stagione, è opportuno osservare che gli individui di una stessa specie, viventi in climi meno caldi, subiscono un ritardo nella durata del ciclo larvale, in confronto di quelli più meridionali. Così, ad es., la Melolontha melolontha, il cui ciclo di vita si compie in tre anni da noi enei centro d'Europa, ritarda tino a quattro anni nelle regioni piti settentrionali. In tal guisa, a seconda delle località, l'Hylesinns piniperda ha una, due o tre generazioni annue, ecc. Anche le diverse generazioni di una stessa specie si compiono in tempi differenti, a seconda della stagione più <> meno calda, nella quale si svolgono, quando però la temperatura ambiente non dipenda da altre cause che dal clima o dalla stagione ed in tal caso sia poco variabile o pressoché costante, come avviene, ad es., nelle fermentazioni in geuere. Così, ad es.. la genera- zione estiva del Lophyrus pini si svolge tutta in quattro mesi, mentre quella invernale ne im- piega otto. Sopratntto lo stadio di ninfa, negli Olometaboli, è soggetto a variazioni notevoli di durata, dipendenti dal elima, dalla temperatura ambiente, ecc. Si può ammettere, Col Ratzeburg, che, allo sviluppo completo postembrionale di ciascuna specie sia necessaria una certa quantità di calore, cioè di una certa somma di gradi, costante per ciascuna specie, secondo l'ipotesi del Bonssinganlt per le piante, salvo lievi variazioni, do- vute ad altre influenze, come quella della luce ricevuta dalle larve e dalle ninfe ; dello stato igrometrico dell'atmosfera, ecc. Gli allevatori del liaco da seta sanno benissimo di quanta influenza sia la temperatura nella durata della vita larvale dell'insetto, che possono accorciare con un opportuno riscaldamento dell'ambiente. 11 Kegeener ha constatato clie il tempo richiesto dal Bombice del Pino, por coni. piere la sua vita larvale, è, ad es., di 500 giorni con -\- 6" di temperatura, ma può essere ridotto a soli 56 giorni, con una temperatura costante di -\- 24° a -)- 28". L'inverno è passato dagli Insetti, nei paesi temperati o freddi, sia nello stadio embrionale, sin in qualcuno dei tre postembrionali, ed, in questo caso, in una condizione di vita latente. Per ciascuna specie lo stadio ibernante è sempre lo stesso, sebbene esso possa variare anche per specie affini. Ad es., Warnenbnrg afferma che, delle grandi Farfalle di Germania, il 3,4 per 100 svernano allo stato d'uovo; il 6tì,9 per 100 in quello di bruchi ; il 28,2 per 100 nella condizione di cri. salide e l'I, 5 per 100 in quella di adulti. Tutti i Zigenidi passano l'inverno nello stadio lar- vale ; La maggior parte degli Sfingidi in quello ninfale, ecc. A proposito della durata della vita postembrionale, dati particolareggiati su molti Coleotteri sono stati raccolti dal Labitte, con osservazioni su Insetti tenuti in cattività. L'Autore si è proposto alcuni quesiti, fra i quali i due, che hanno ricevuto risposta più soddisfacente, sono i seguenti. l.° Quale dei due sessi sia più longevo. 2.° Quali sieno le Famiglie dell'Ordine, che raggiungono una più lunga esistenza. Il risultato delle osservazioni fatte, in proposito, dall'Autore sopralodato, porta a credere che, in generale, le femmine sieno alquanto più longeve dei maschi rispettivi e che le Famiglie 768 CAPITOLO SESTO di Coleotteri comprendenti specie, che presentano mia più lunga esistenza (allo stato adulto), disposte appunto a seconda della loro longevità, dal massimo al minimo, sono le seguenti: Tene brionidi, Stercorarii, Idrotìlidi e Carabidi, G'eranibicidi, Lncanidi (eccetto Dorcus), Cetouidi, Melo- lontidi. Dalle indicazioni fornite dall'Autore, risulta che una Blaps gigas adulta gli è vissuta, in cattività, ben 3349 giorni, cioè oltre nove anni ; circa tre anni sono vissuti Carabus auratus (1112 giorni); Dytiscus marginali» (1005 g.) ; Copris hispamis e Geotrupe» (1137 g.) ; Blaps morti- saga; B. magica; B. edmondi : Akis spinosa; A. reflexa tutte da tre anni a quasi quattro (da 1106 a 1219 giorni). Da queste alte longevità, fino alla Melolonta, che vive un mese circa, è tutta una scala di età molto differenti, raggiunte da Coleotteri adulti, secondo la gradazione indicata per le Fa- miglie. La fine dell'individuo (I). Col cessare dell'attività riproduttiva non è compiuto ancora il ciclo della vita individuale. Questa può continuare, tuttavia, in un periodo metagonico, più o meno lungo, anzi, solo raramente la fine della facoltà riproduttiva coincide colla morte dell'individuo. In questo ultimo tratto della vita sua, l'individuo vive esclusivamente per sé; il suo concorso in vantaggio della specie sua è sempre molto modesto e spesso nullo affatto, ed in proporzione, appunto, dell'entità di questo suo possibile concorso, l'individuo gode ancora, da parte della specie, quella protezione o difesa, che ebbe così larga e generosa sopratutto nella pie- nezza della sua maturanza sessuale. Nella condizione anagonica postgenitale, in questa sua veste di neutro fisio- logico, l'individuo perde pressoché ogni valore nell'economia della specie, che, il più spesso, se ne disinteressa, quando la vita anagonica individuale non possa ancora riescire vantaggiosa alla specie stessa altrimenti che coll'opera ripro- duttiva. Si comprende clie, per le forme solitarie, questo intervento utile alla specie è pressoché nullo. Solo nelle società si vede l'individuo, pure nello stato anagonico, assumere parte più o meno rilevante nell'economia della specie e, perciò, godere, tuttavia, di quella considerazione, che si aspetta ad un elemento integrante di questa economia. Può anzi misurarsi il grado di perfezionamento di una società da quello del rispetto, per parte della specie, verso gli individui anagonici, cioè dalla durata del periodo metagonico. Nelle società più evolute, anzi, interviene perfino l'individuo anagonico organicamente, apposta creato e la anagouicità giunge, anche, a preponderare largamente sulla facoltà riproduttiva. Per l'Ape, la cui famiglia rappresenta la società più perfezionata ed evoluta nel regno animale, la sessualità e ristretta a due soli individui, il minimo necessario e sufficiente; tutta l'enorme massa restante degli individui, che può sommare anche a piti diecine di migliaia, è votata alla neutralità, sia organica per la casta delle operaie, sia funzionale per tutti quegli altri maschi, che non concor- rono all'opera riproduttiva. Per questi ultimi, gli inutilissiini fra tutti gli individui, la specie è così poco benigna che li vota a morte precoce e non godono neppure della efficacissima arma difensiva, che appartiene alle altre caste. Nelle altre società di Insetti, noi riconosciamo condizioni di cose variate, così che ne viene (1) È puramente per ragioni di proporzione fra i diversi capitoli che non sene fa di questa parte uno a sé, come converrebbe, dato clic (pianto vi si dice non appartiene alla conservazione dell'individuo. Il lettore voglia tener presente ciò, nel vedere che si è così compiuto tutto il ciclo della esistenza individuale. L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PKR LA PROPRIA CONSERVAZIONE 769 ima graduatoria di evoluzione per una diversa proporzione numerica degli individui componenti le singole caste, ed un diverso posto e grado fatto alla anagonicità (1). Ad ogni modo, anche per questo lato, si vede che un rispetto maggiore alla vita dell'indi- viduo, per parte della specie, è un indice di una condizione meno difficile di esistenza per la specie stessa, come si è veduto l'ipertella rappresentare quella di esuberanza economica indivi- dualo, oltreché specifica. Se la concorrenza fra individui della stessa specie non è molta, quelli superflui (perchè auagouici), sono tollerabili in una società, meutre non lo sarebbero in condizioni diffìcili, come accade ai maschi delle Api. clic, istintivamente, le operaie uccidono al declinare della stagione di abbondanza od a quei vecchi di tribù barbare, che subiscono la stessa sorte (questa volta ra- gionata), in momenti di penuria. Adunque, l'individuo inizia la sua parabola discendente colla fine della ca- parmi sessuale e di qui, fino alla morte, vive, direi quasi, parassita di sé, esau- rendo, grado grado, il patrimonio di elementi vitali, che ha accumulato durante il periodo pregonioo, e che è rimasto stazionario durante quello genitale, in presenza di tutta l'esuberanza degli organi e delle funzioni di riproduzione. Tutti i suoi elementi morfologici, molto probabilmente, si trovano nelle stesse condizioni di decadenza, per una attività moltiplicatrice inadeguata alla mortalità loro e questa è la sola causa prima della fine a cui tutto l'organismo va incontro, allorché questa condizione di decadenza fisiologica riesce tale che l'equilibrio per la possibilità dell'esistenza è rotto. Le cause secondarie della morte, con carattere patologico, sono provocate solo al seguito di questo disquilibrio. Tale è la vecchiaia, che negli Insetti procede con decorso graduale, varia- mente rapido, a seconda della specie, conducendoli, alla fine, con tutti i caratteri di un processo fisiologico, alla funzione negativa e pur di così grande rilievo fra quelle proprie della specie. La morte. La fine dell'esistenza individuale, ebe si è veduto accadere in condizioni cosi variate rispetto all'età, per ogni singola specie ed anche per le diverse genera- zioni di una stessa, è accompagnata da fenomeni, che possono richiamare ciò che si vede accadere negli animali superiori. Da poiché questi fenomeni dipendono da una speciale condizione di organi e di funzioni destinati alla conservazione dell'individuo, quali si sono fatti co- noscere nel presente capitolo, solo per questo si tratta qui di un fenomeno del tutto autinomico, e che non dipende da atti individuali. La morte dell'individuo, infatti, rappresenta, nell'organicità, a conservazione e diffusione della specie, una funzione di cardinale importanza, quanto quella della riproduzione, di cui è diretta conseguenza, così, come, per l'individuo, tutto il complesso delle funzioni di citolisi ed istolisi, in genere, per le quali, compiuto il loro ciclo, i vecchi elementi periscono, per dar posto ai nuovi, che sorgono via via. Come il ciclo di vita individuale procede da un incremento dei nuovi ele- menti morfologici rispetto a quelli che periscono al termine della loro funzione (l) Per chi argomenti considerando la società umana e non dimenticando che, per noi, ogni influenza, ogni imperativo della specie si traduce in atto, traverso il ragionamento e l'apparente libero arbitrio individuale, sarà però sempre evidente la larga parte fatta alla anagonicità, sia a quella ragionala (diciamola pure così), sia a quella naturale, derivante dalla notevole lunghezza del periodo metagouico. A. Beklepe. CU Inselli. II. — 97. 770 CAPITOLO SKSTO (ed analogamente potrebbe esser detto per ciascuna cellula in riguardo ai suoi elementi costitutivi); raggiunge le condizioni di equilibrio nella pienezza dell'età, per poi incorrere nell'eccesso delle perdite rispetto ai suoi acquisti, fino alla im- possibilità di funzioni vitali, così accade per la specie (come per le razze e le fa- miglie). Da una gagliarda fecondità, che permette, anzi costringe, la specie alla sua diffusione in tutta l'area per essa abitabile, raggiunto un apogeo rappre- sentato da una condizione di ottimo essere (che ha per esponente, in generale, una condizione ipertelica), essa declina per disquilibrio della mortalità in confronto della fecondità, quella eccedendo su questa, donde la fine certa della specie, la sua morte. La morte individuale è, dunque, una condizione necessaria, per l'esistenza della specie, alla quale sarebbe negata ogni variabilità, ogni diffusibilità, ogni attività, insomma, quando agli individui, creati ab origine iu numero e costituzioni immutabili, resa inutile, per conseguenza, la facoltà riproduttiva individuale, fos- sero essi soli immortali ed invariabili, nel continuo variare di tutto il rimanente mondo. Questo è il processo normale, direi quasi fisiologico, della funzione della morte. Ma, si sono, volta a volta, citati esempi della facilità con cui la specie ricorre al sacrificio di individui, talora in maniero mirabilmente elevato, pur di assicurare la continuità di esistenza di quel pliylum, che si perpetua traverso la discendenza del gonocito. In questi casi, la morte degli individui votati a questo sacrificio interviene prima che il ciclo di vita sia compiuto e ciò dimostri l'anormalità di questo mezzo di autodifesa della specie: ma, ancora, provi il carattere di vera funzione della morte individuale, nell'economia della specie stessa. Esempi ana- loghi, sono offerti dall'individuo, quando, pur di conservarsi in vita, interrompe volontariamente o meno qualche funzione, e persino rinuncia a parte di sé, come nei casi di autotomia, che, in taluni gruppi di animali, anche più assai che negli Insetti, si manifesta con sacrifici di parti cospicue dell'organismo, destinati a fronteggiare una condizione pericolosa per la sua vita. Queste ecatombi di individui, a salvazione della specie di fronte a difficoltà nuove, rappresentano una vera autotomia specifica e, come questa, sono da consi- derarsi per un espediente, se non anormale del tutto, certo abbastanza fuor della normalità e da sostituirsi al più presto, perchè consentito solo da quel periodo di eccessiva fecondità, che appartiene alla giovinezza della specie, ma sarebbe esiziale più tarili. Così, la autotomia può essere con tanto minore danno per la normale condizione dell'individuo, quanto più essa accade in età giovanile. Tutto questo sia detto per dimostrare che, della morte, sarebbe stato a suo luogo trattare nel precedente capitolo, giacché la riproduzione, con tutti gli istinti e le attività accessorie, e la morte rappresentano le due massime e forse uniche funzioni nettamente specifiche. Sene tratta, però, qui, perchè essa rappresenta la fine del ciclo di esistenza individuale, un fenomeno così vistoso, quanto è quello della sua nascita, ed assai più che ogni altro inteso alla conservazione dell'in • dividilo. Agonia. — L'avvicinarsi della morte normale negli Insetti è avvertito, ge- neralmente, da una progressiva depressione della energia dei movimenti. Di grado in grado l'insetto si fa più pigro a locomnoversi ed anche a nutrirsi, finché più non si sposta, anche se molestato; reagisce soltanto con movimenti degli arti, di mano in mano meno energici e pronti, finché, più comunemente, l'animale s rovescia sul ventre. Gli arti continuano a muoversi, se stimolati, sempre più pi- gramente, fino a che si arresta ogni moto. Il più spesso la cessazione della vitalità si inizia dalla parte anteriore del corpo e progredisce verso l'estremo addome, L'INDIVIDUO NEGLI ATTI PKIt LA PROPRIA CONSERVAZIONE 771 in generale le antenne ed i palpi sono i primi arti, nei quali l'immobilità si ma- nifesta. La durata di questo stato di vera agonia è varia, come ben si comprende e mi è parso di riconoscere che è indirettamente proporzionata alla vivacità dell'in- setto e direttamente rispetto alla durata della sua vita di adulto. Gli Insetti più pigri hanno, in generale, una più lunga agonia, e così pure quelli a vita men breve nello stato di adulto. I vivacissimi e di corta esistenza in questo stato, come, ad es. le Mosche, in poche ore passano dalla completa vitalità alla morte. Il Grillo campestre, per converso, che vive quasi quattro mesi allo stato di adulto, impiega cinque o sei giorni a giungere alla morte, traverso questo visibile stato di depressione. I) .Tauet descrive l'agonia normale del Calabrone, notando che, anzitutto, sono le antenne e successivamente le mandibole, le mascelle e il labbro inferiore, che perdono la facoltà di muo- versi. La testa, però, può ancora muoversi, se eccitata, per contrazione dei muscoli che vanno al protorace. Poi cessa ogni movimento d'insieme del capo sul protorace, anche quando per eccitazione, mercè un calore moderato, possono vibrare le ali. Il ganglio mesotoracico non è, dunque, ancor morto. Dal momento che ogni vitalità ha abbandonato i metanieri cefalici, i tarsi sono frequente- mente agitati da moti convulsi e le zampe sono ancora capaci di movimenti, anche estesi, finché si mantiene la vitalità nel torace, ma non è possibile all'insetto di camminare, perchè i detti movimenti sono disordinati. Mentre gli arti anteriori sono quasi ridotti all'immobilità, e solo i tarsi si agitano convulsivamente, gli arti posteriori possono aucora fare moti rimarche- voli, ad es. la frizione di pulizia dei fianchi dell'addome e le ali allungarsi sul veutre, nella posizione del sonno invernale. Morto completamente il torace, persiste tuttavia la vitalità nel segmento mediano, che può essere eccitato con debole calore e così si può muovere tutto l'addome. Cessati i movimenti d'insieme di questa parte, una vitalità propria si manifesta, ancora, nei singoli articoli, ad es. : con tentativi di respirazione ed, intanto, il pungiglione dardeggia ripe- tutamente. L'immobilità progredisce dai segmenti addominali anteriori a quelli posteriori ed, iuiine, ultimo continua a dar deggiare il pungolo, che finisce, talvolta per avere qualche tremito, che si estingue poco a poco. L'agonia dura cos'i da 30 a 40 ore. La morte. — La causa della morte normale degli Insetti non è stata, che io sappia, altrimenti ricercata. Per mio conto, ho potuto constatare che nelle Caìliphora, morte per vecchiezza, la membrana basale di tutto lo strato ipoder- male è notevolmente più grossa che non sia negli individui giovani ed è anche pigmentata. Egualmente ingrossate sono le membrane tutte, che determinano il labirinto lacunare, traverso cui circola la emolinfa. Ciò mi ha fatto correre il pensiero alla sclerosi dei Vertebrati e può essere che il parallelo, anche pegli effetti, non sia fuor di posto. Non ho altre osservazioni su altri Insetti e, perciò, non posso dare carattere di generalità a quanto ho veduto nella Oallipkòra, 772 CAPITOLO SESTO Bibliografia relativa alle funzioni fisiologiche degli Insetti. Generalità. Scritti di insieme (Oltre a quelli ricordati precedentemente vedi anche : Voi. I, p. 40 e segg.). Bouvikk E. L,. Revue d'entomologie pour les Années 1910-1914. 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LE SOCIETÀ L NATURALISTA, designando per individuo l'organismo j/^ autonomo, il singolo rappresentante della specie, abbraccia, ~y con questa definizione, cose varie e disparatissime e, , quando vuol discriminarle, sottilizzando nella ricerca della unità suscettibile di vita, autonoma e veramente indivi- sibile, non può arrestarsi prima della molecola biotica, specifica. Con tuttociò, se non si voglia, per ora almeno, scen- dere fino all'elemento dell'organicità, non è razionale neppure definire per individuo un insieme di singoli sistemi organici, solo perchè esso è isolato ed autonomo. L'individuo, strettamente detto, è rappresentato dal gonocito specifico, e così è veramente nei Protisti. Ma, pei Metisti e particolarmente pei Metazoi, l'uso è invalso di definire per individuo quel complesso di gonociti, cbe, coi loro somi (di origine secondaria), vengono a comporre una organizzazione autonoma ed isolata, quel sistema, cioè, cbe, più correttamente, è indicato per Istone. Converrebbe indicare per unità biotica il singolo gonocito, accompagnato o meno dal suo soma, a cui ha dato origine. Così lo unità biotica, anasomatica è rappresentata dagli organismi unicellulali ; la unità biotica somatica si iucontra negli istoni, dove sta con altre, pur mantenendo sempre, in grado vario, la propria indipendenza, anche se i complessi somatici delle singole unità si confondono più o meno fra di loro. Organismi rappresentati da una sola unità biotica somatica, isolati ed indipendenti, una specie di morula, adunque, starebbero come termine di transizione fra gli unicellulari e gli istoni. Quanto a questi ultimi, la diversa maniera di aggregazione delle singole unità somatiche, di cui sono composti, determina la speciale simmetria dell'insieme, bilaterale o raggiata pei me- tazoi, spirale, pili comunemente, pei metafiti. Manterremo, adunque, secondo quanto si è fatto sin qui, il significato cor- rente dato alla voce individuo e vediamo in quale maniera, ora, dopo aver ac- cennato come più elementi biotici si raggruppino a costituire l'elemento cellulare; come più elementi cellulari si riuniscano a comporre l'unità biotica somatica ed in quali modi; un certo numero di queste unità si aggreghino per dar origine all'individuo, vediamo in qual modo e con quale regola più individui possano con- venire per dare origine a maniere diverse di associazione. I.K SOCI RI À 799 Associazioni di individui omogenei. Delle associazioni di individui eterogonei (cioè appartenenti a specie diverse) giacché si richiamano a fatti di simbiosi o di antibiosi si tratterà nel capitolo seguente. Qui è d'uopo discorrere delle associazioni fra individui omogenei, cioè appartenenti alla medesima specie. Trascurate le semplici aggregazioni od aggruppamenti occasionali (di cui, per ciò che'riguarda gli Insetti, si è già detto in precedenza che sono semplici convegni temporanei, dovuti a necessità ambienti, che agiscono conformemente su individui reagenti uniformemente) è il caso di accennare ad altre maniere di associazioni più complesse, rette da un vincolo d'altra maniera e più energico, cioè alle Colonie, alle Società ed ai Conni. Il vincolo suddetto, in obbedienza al quale più individui si aggruppano o convengono in una vita in comune, sacrificando parte maggiore o minore della loro indipendenza, può essere fisico o biotico. Nel primo caso, pel quale non si riscontrano esempi fra gli Insetti (né, tam- poco fra gli Artropodi od altri Metazoi superiori) trattasi dei Cormi, cioè di ag- gruppamenti di più individui in un complesso unico, più o meno strettamente legati l'uno all'altro materialmente ed anche fisiologicamente. Nel secondo caso nessun vincolo materiale riunisce gli individui, ma questi convengono in una vita in comune, obbligativi da condizioni della loro esistenza, divenute ormai in- declinabili e necessarie, con una comunanza per lo meno di ambiente protettore e gradi vari di riduzione di attività puramente egoistiche, fino ad un comunismo in misura così elevata che non trova altro esempio fra i viventi (1). Quel che accade, ad es., in talune Società degli Iusetti non ha paragone in nessun'altra associazione di altri animali. Le colonie di unità cellulari trovano riscontro in quelle composte di individui. Così pure si può fare un analogo parellelo fra le aggregazioni di unità biotiche eteroplastiche (istoni ed individui) e quelle composte di individui, cioè i Cormi e le Società. Infatti, l'individuo pluricellurale non è, alla fine, che un aggregato di unità eteroplastiche, nelle quali la diversità di ufficio, in seno alla comunità, ha determinato un deciso polimorfismo, per variazione da un tipo primitivo di individuo composto di unità onieomorfe. Egualmente, i Cormi più differenziati, come le Società più elevate, risultano da un aggregato di individui, essi pure eteromorfi, in ragione del diverso loro ufficio. Sia nei Protisti che nei Metìsti, si hanno Cormi ad elementi omeomorfi (Yolvox, Gonium, Eu- dorina, ecc.; forme giovani di Celenterati; Cestodi sessuati, Ascidie, ecc.) ed altri di elenieuti eteromorfi (Poriferi; Idrocoralli, Briozoi, probabilmente individui liberi di Celenterati; Meta- fiti, ecc.). A parte, adunque, i Cormi, di cui non v'ha esempio fra gli Artropodi, come ho detto, dovendo trattare delle altre maniere di aggregazione, di cui si trova riscontro fra gli Insetti, per procedere da quelle, in cui rimane massima la in- dipendenza individuale, alle altre ove essa subisce le massime limitazioni, con- verrà dire anzitutto delle Colonie e di poi delle Società. (1) L'atto della comunicazione vicendevole, da bocca a bocca, del contenuto stomacale, pra- ticato larghissiniamente e di fondamentale importanza nella costituzione sociale degli Insetti non è ancora nella pratica, ne tampoco nelle dottrine degli altruisti della società umana, neppure dei più roventi. 800 CAPITOLO SETTIMO Colonie. Le Colonie sono una associazione di individui retta dal meno stretto vincolo di colleganza e di rapporti ad una vita con uno scopo comune. In queste, i componenti tnautengono la loro tipica individualità e costituzione morfologica, con che possono sempre abbandonare l'associazione per vivere iso- latamente. Sono, dunque, individui omotipici e, come tali, anche omodinamici. L'aggregazione ad uno scopo comune può essere temporanea o permanente ed è rappresentata in tutto il Regno animale, dai Protisti all'Uomo (1). Fra gli Insetti, all'infuori dei casi sopra ricordati di aggregazioni tempo- ranee, quali sono quelle in atto durante le emigrazioni, si hanno anche esempi di Colonie a scopi varii, ad es., per la protezione propria in un ambiente acco- modato e preparato in comune da più individui (Colonie protettive) oppure per quella della figliolanza, accumunando i nidi da parte di più madri (Colonie sin- neottiche) ecc. Già, in precedenza, a proposito delle larve, si è accennato a nidi od aggregati di bozzoli, in connine, composti da brucili (vedi anche pag. 322, tig. 338). Qui potrebbero essere anche inscritte le aggregazioni speciali di certi Coooidei, ad es., della tribù dei Tachardini, che danno la lacca, perciò che l'abbondante secrezione individuale di questa sostanza finisce per comporre un solido involucro rivestente tutta la Colonia (vedi Voi. I, pagg. 502, 503 ; figg. 569-570). Così pure, per Colonie possono essere definite le aggregazioni di individui gallicoli, in una galla di comune fabbricazione (secondo quanto si esemplificherà più innanzi), ad es., di certi Afidi (PempMgus bursarius L.), ecc. La colonia di nidi, sinneottica, non rappresenta un caso costante. Talora più nidi, costrutti ciascuno da una madre, sono poi ricoperti, per comune lavoro di più madri, da uno strato pro- tettore comune, ciò che si vede accadere, talvolta, per l'Ape muratrice, ecc. Società. Per Società si intenda la riunione di più individui in cenobio, ad alleva- mento in comune della prole, inetta a vivere isolatamente (2). (1) Zoologicamente, l'associazione umana non è, dunque, che una* colonia e malferma per giunta, appunto perchè sui generili. La differenza delle caste, che, nelle Società vere, ad es. quelle degli Insetti, essendo morfologica, induce una indeclinabile distinzione di attributi e conseguente divisione di lavoro (d'onde sicura pace, inalterabile ed amore fra i diversi componenti), nella Società si detta impropriamente, inqnautochè è una aggregazione di individui in perfetto egoismo ; homo homìni lupwt), della nostra specie, perchè sapiens è, invece, ragionata, colla solita anticipa/ione sulla variazione morfologica. Di qui, sempre per ragionamento (arma a taglio mul- tiplo), quella concorrenza, quei sogni di rivendicazione, ecc., che sono il lievito della irrequietezza individuale e della turbolenza in ogni, anche più povero, insieme di individui. Questa è la carat- teristica della società umana, cosi embrionale, zoologicamente, che si vede tuttavia inquinata da ben scarso rispetto dell'individuo, fino alla reciproca distruzione, ragionata per necessaria, stu- diata, disciplinata, inneggiata, divinizzata con Marte e Bellona nell'Olimpo. Nel mito sacro, tuttociò è ben lumeggiato, allorché vi si dice che, dopo la prima coppia umana (che fu in pace sol perche composta di due elementi di sesso diverso), viene immediatamente Caino. (2) Fra i Veitrebrati non vi ha esempio, adunque, di società cosi definite, dove tutto sia in comune, persino la prole. In questi animali, i più elevati, ma i più recenti, anche le Società più progredite non sono che un aggregato di famiglie autonome. I.K SOCIETÀ 801 Le Società degli Insetti, nel qual gruppo soltanto esse raggiungono il più alto grado di perfezionamento, presentano speciali caratteristiche, che è bene inet tere in rilievo. Anzitutto il vincolo sociale, palese intercorre solo fra individui appartenenti ad una sola famiglia, composta di più generazioni, tutte discendenti da un'unica madre fondatrice. La femmina vi ha massima parte, sia come fondatrice, sia come incaricata di tutti i lavori, da quelli edilizi del nido sociale, all'approvvigionamento ed alla difesa della comunità, all'allevamento della prole. Al sesso maschile non è riserbata (eccettuate le Termiti) che l'opera di fecon- dazione delle femmine destinate a procreare; all'infuori della quale funzione esso rimane, nel cenobio, in perfetta superfluità (1). Altra caratteristica della Società degli Insetti (e conseguenza prima della sua elevazione) è la riduzione della prolificazione (d'onde incremento di tutte le altre funzioni sociali), il che è ottenuto mercè l'intervento di femmine (nelle Termiti anche di maschi) incapaci di procreare e, quindi, destinate solo a com- piere tutti gli altri lavori intesi al benessere sociale. La massima complicanza è, poi. raggiunta colla differenziazione, morfologica, dei « neutri », a particolari funzioni, come approvvigionamento della Società, sua difesa, allevamento della prole, ecc.; colla creazione, cioè di caste distinte e spe- cializzate. Stando rosi le cose, risulta evidente il parallelo fra la evoluzione sociale e quella individuale ed il paragone tra la Società e il Metista. Per verità, come al gonocito viene ad aggiungersi il -una. cioè un aggregato di elementi cellulari, morfologicamente distinti a funzioni speciali, così, all'individuo isolato viene, grado grado, a sostituirsi il complesso sociale ed in questo, ormai, la funzione riproduttiva è riserbata ad una sola femmina partenogenica o ad una coppia sessuata. mentre tutte le altre funzioni sono delegate ad un gran numero di individui « neutri », compo- nenti un insieme da paragonarsi al complesso di elementi somatici, tanto più funzionalmente specializzata, quanto più alto è l'individuo nella scala zoologica ed evoluta la società fra le altre. Ma, come il progresso morfologico tende alla semplificazione del meccanismo funzionale, col perfezionamento degli organi e conseguente loro riduzione numerica (ad es., il volo perfetto ap- partiene ai Ditteri), così il più alto grado di evoluzione sociale è ottenuto colla concentrazione di tutte le funzioni di relazione in forme quanto mai perfezionate morfologicamente ed, in primo luogo, suscettibili della più rapida maniera di locomozione, cioè di volo, nonché, inoltre, ter- ribilmente provviste di efficacissime armi difensive a protezione del nido e di se. 1 | In tutta l'organicità, l'elemento sessuale maschile è ben altrimenti valutato in confronto del femminile ed il suo intervento, a creazione di un nuovo individuo, non è sempre necessario. Lo diviene gradatamente, col progresso delle forme nella scala della organicità stessa; ma, in tutti i i .i-i i .une parte complementare del gonocito suscettibile di svolgersi) è meno curato del- l'oocito, che ne è la parte essenziale, quando non è il tutto. Di qui la esuberante profusione di spermociti in ambebue i Regni, lanciati liberi nel mondo, alla ricerca dell'oocito della loro stessa specie. In taluni casi non già gli spermociti liberi sono così disseminati, ma una massa di questi elementi cellulari, raccolta, sia in ricettacoli speciali (spermatofori), sia nell'individuo, in cui si sono prodotti, cioè nel maschio. Lo sperpero scema con questi procedimenti, ma è sempre rile- vante, come accade per la maggior parte di questi Insetti sociali, dove si vede, ad es., più cen- tinaia di maschi sorgere in un alveare per fecondare una sola femmina, per una sola volta ogni tre anni, e migliaia e migliaia di maschi di Formiche per compiere la stessa funzione su una sola femmina, UDa sola volta e per un lasso di tempo molto maggiore. Lo scarsissimo valore di questi maschi, nella economia della specie, in rapporto colla utilità loro quasi nulla e di un ufficio così ristretto, è dimostrato anche dal fatto della loro ben povera facoltà autofilattica, iu confronto a quella delle rispettive femmine. A. Bbki.ksi, Gli Insetti, II. — 101. 802 CAPITOLO SETTIMO Coli ciò è tolta via la necessità di una casta militare. Ad un esercito permanente, che quando non combatte rappresenta una passività nell'economia sociale, è sostituita la nazione armata, il che è un evidente progresso. Si è già fatto rilevare, in precedenza, che il grado di fecondità di una specie è in rapporto diretto con quello delle difficoltà create dall'ambiente alla sua esistenza ed inverso al grado di elevatezza morfologica della specie stessa. Così appunto, nelle Società, la riduzione numerica degli individui procreatori e della fecondità loro vieue automaticamente, in conseguenza del pro- gresso e del benessere sociale (1). Polifilia sociale. — Si è già veduto altrove come uno speciale Polimorfismo, che si è illustrato definendolo per Polifilia, rappresenti un espediente inteso ad ac- crescere la fecondità della specie, per sopperire alle esigenze ambienti, quanto mai dure. La Polifilia induce un polimorfismo, con creazione di individui, nella stessa specie, molto diversi morfologicamente. Lo stesso effetto, ultimo, è determinato da una causa affatto opposta, a cui si è ora accennato, cioè della riduzione della fecondità in seguito ad una più facile esistenza, ottenuta dalla specie. Anche in questo caso (come si è già accennato alla presenza, nelle Società più evolute, di elementi suscettibili di speciale ufficio, ma normalmente con uf- ficio diverso), così, anche nella funzione riproduttiva accanto all'elemento nor- malmente prolifico, sono pronti altri di sostituzione, adattati a scopo particolare, ma capaci di fungere da riproduttori, quando ne intervenga la necessità e così sono aumentati i mezzi di conservazione della specie. La partenogenesi, quale mezzo forzato ad accrescimento della fecondità, a tale scopo non può essere altrimenti che telitoca. Nella condizione sociale, invece, cotale espediente non è necessario e la partenogenesi o non è messa in atto (come sembra accadere presso le Termiti) o, se esiste, è sempre arrenotoca. Adunque, ben diverse cose, come procedenti da origini opposte, sono la Polifilia altrove in- dicata e questo eteromorfismo sociale, che, pur determinando caste differenti, ha un significato ed una ragione d'essere del tutto diversi. Lo stesso processo, che qui si è indicato, dalle semplici Colonie alle Società più complesse, è seguito nei C'ormi, cioè nelle aggregazioni di più individui per un vincolo tìsico, dove si vede che, da un complesso di elementi onieomorli e del tutto indipendenti, anche funzionalmente, si procede al più alto grado di eteromorfismo e conseguente specializzazione fisiologica e si vede apparire qualche funzione in comune, fino ad una grande moltiplicità, colla possibile autonomia più o meno ridotta e funzionalità speciali latenti, anche quella riproduttiva, come si vede acca- dere in quegli evolutissimi Conni rappresentali dai Metatìti più alti. Nelle Società degli Insetti, anzi quale loro caratteristica, è la polifilia so- ciale, per cui, oltre agli individui dei due sessi, capaci di compiere la loro fun- zione sessuale, sorgono altri individui dell'imo o dell'altro sesso (uelle Termiti) (1) Ma non è già questo in conseguenza di quella. Al solito, il ragionamento umano, scambiando le cause cogli effetti, incorre iu un errore, gravissimo nelle sue conseguenze, quando pretende di ottenere la felicità individuale e quindi sociale, coll'auticipare, per artificio, quella riduzione della fecondità, che non può intervenire naturalmente e senza danno, se non al seguito di una evoluzione morfologica, individuale e so- ciale, più larda. Cotale artifizio non conduce ad altro che alla estinzione delle famiglie, delle razze, delle nazioni, che lo praticano, sostituite, via via, dalle feconde, suscettibili di fronteggiare, cosi, le esigenze ambienti, finche queste continuino a chiedere un più largo sacrifizio di individui, a conservazione della specie. i,i: sociktA *<>'■< o soltanto di sesso femminile. (Imenotteri), i quali godono di una facoltà di ri- produzione in vario grado ridotta, quando non è pressocchè nulla od adatto nulla. Questi individui hanno altro ufficio, quello cioè di accudire a quanto è ne- cessario per la prosperità della famiglia. Perciò sono detti « operai !>, meglio che « neutri » e talora si specializzano in un particolare ufficio, con una orga nizzazione più adatta a questo, come, ad es., di « soldati », ecc. La deficienza di operai in una Società,, condizione di cose da ritenersi per acquisita, induce la specie al parassitismo; così si vede questa pratica accom- pagnata sempre ad una degenerazione organica, anche nei singoli individui come nelle Società, giacché gli operai sono appunto gli organi delle Società. Gli individui inetti alla riproduzione sorgono da oociti non diversi da quelli che danno origine a sessuati e sempre da uova fecondate. La diversa maniera di evoluzione, con esito diversissimo (giacché in talune specie si trovano operai tanto differenti morfologicamente, per statura, ecc. dai rispettivi buoni riproduttori che, quando non se ne conosceva la parentela erano disposti, dai sistematici, persino in famiglie, nonché generi, differenti) ha per causa una speciale maniera di nutrizione, od in varia misura e, perciò, dipende dalla volontà delle nutrici. Quanto alle femmine (e per tali si intenda sempre gli individui di questo sesso, capaci di riprodursi), il loro numero è vario nel nido, in proporzione in- versa alla durata di questo. Nei nidi annui le femmine sono numerose ; nei nidi, che durano più anni, la femmina, generalmente, è unica o ve ne ha un numero piccolissimo. Ciò è necessario, dato che il nido stesso non deve oltrepassare certi limiti di popolazione, che, trattandosi di Insetto fecondissimo ed a più ge- nerazioni annue, ben presto sono raggiunti e sarebbero sorpassati di gran lunga in più anni. La moltiplicazione dei nidi, avviene, in questo caso, per sciamatura, sia della sola femmina o delle poche femmine coi loro maschi a corteggio, sia con gran parte delle operaie. Caratteristiche morali delle Società degli Insedi. — Base morale di tutte le Società degli Insetti è il prù perfetto comunismo. Quivi nessuno comanda, nessuno ob- bedisce ad altri che a sé stesso e tutti lavorano, con tutta l'energia di cui sono capaci: talora, quasi con furore, secondo l'ufficio indeclinabilmente fissato nella loro stessa organizzazione. Ciascun individuo è un elemento perfetto della mac- china, alla quale appartiene. Il patrimonio sociale è di tutti e da tutti curato perchè si accresca quanto è possibile. Tra gli abitanti di uno stesso nido regna sempre concordia perfetta ed è pace assoluta in queste comunanze, talora di più centinaia di migliaia di individui. Solo cause estrinseche insolitamente avverse, determinanti una condizione estrinseca al nido del tutto anormale, possono eccitarne gli inquilini fino adatti assolutamente fuori del loro naturale. I rapporti fra i singoli familiari non si possono non riconoscere per affettuosi e tra gli adulti e la prole ancor più. Precipua cura di tutti è la difesa del proprio nido ; all'occorrenza ciascun inquilino sacrifica, senza esitazione alcuna, la propria esistenza e combatte e lotta fino all'ultimo brano di sé, per la difesa comune. 804 CAPITOLO SETTIMO Tipi diversi di Società. Le caratteristiche fondamentali delle Società degli Insetti, a cui si è ac- cennato in precedenza, subiscono variazioni secondarie, ma pur rilevanti, delle quali è bene tener conto e che possono, fino ad un certo punto, dar norma per una specie di graduatoria della evoluzione delle società slesse, dalle meu bene costituite a quelle più perfezionate. Giacché lo scopo precipuo di questi cenobii si è quello dell'ottimo alleva- mento della prole e della sua più efficace protezione di fronte alle numerose cause nemiche, che la insidiano, e, secondariamente, quello della più comoda e sicura vita dei diversi membri della società stessa, si vede che il progresso è rappresentato, appunto, dal perfezionamento dei mezzi impiegati a questi fini. Gli Insetti non sociali provvedono alla salute e buona riescita della loro prole con espe- dienti vari e, quindi, gradi di efficacia molto diversi rispetto allo scopo. Al minimo, la madre ha cura di allogare le sue uova o di partorire i neonati nell'ambiente opportuno alla loro esistenza e quivi sono immediatamente abbandonati. Maggior cura, a protezione della loro prole, è indicata nei casi in cui le madri provvedono anche ad accomodare le loro uova (giacché il piti spesso sono appunto le uova che possono, così, essere protette) in ambienti celati o riparati, così che esse non si trovino esposte ai peri- eoli ed alle insidie, di cui, altrimenti, sarebbero vittime. Più oltre, le specie solitarie, poco pos- sono fare allo scopo suddetto, inquantochè la vita dell'adulto si chiude, il più spesso, alla fine del periodo riproduttivo. La condizione sociale si inizia con una differenza fondamentale, che è data non solo dalla sopravvivenza della madre al compimento dell'atto riproduttivo, ma alla sua permanenza sul posto, a difesa ed allevamento della sua figliolanza e la Società vera, poi, si stabilisce allorquando la nuova generazione, fatta adulta, si trattiene essa pure là dove è sorta, nidifica in comune colla madre e con questa e come questa alleva e difende la prole. Questi atti si possono ripetere, rifacendosi dall'inizio, anno per anno, se la maggioranza degli adulti ha vita che si compie nell'annata; ma, se è altrimenti, permanendo le successive generazioni insieme ai genitori, entro uno stesso am- biente, la società può riescire numerosissima di componenti, fino ad un certo limite, oltre il quale l'incremento numerico di individui importa, necessariamente, lo sdoppiamento dell'aggregazione, cioè la fondazione di una nuova società. Così stando le cose, si vede che a tutto ciò è necessario anzitutto la co- stituzione di un nido adatto ad accogliere la prole, così fatto che questa possa essere facilmente curata, allevata, difesa e nell'ambiente stesso possano como- damente allogarsi gli adulti, che la devono tutelare ed è anche necessario che questi provvedano di continuo a quanto occorre alla nutrizione della prole, ol- treché alla propria, rintracciandolo fuori del nido ed in questo recandolo ed allogandolo anche, qualora la provvista possa essere conservata, così che. quando ne fosse, comunque, impedita la requisizione fuori del nido, non intervenga la penuria. Tutti questi lavori importano la necessità di individui, che li compiano, ed insieme, quella della regolazione della prolificità in seno al nido, così che sia esattamente bilanciata colla capacità, che diremo ergatica, cioè, di lavoro degli adulti, che debbono far tutto il resto. Perciò, il maggior grado di evoluzione sociale è raggiunto da quei cenobii. nei quali il lavoratore dà il massimo ren- dimento, che permette una più rilevante numerosità della prole. Oltre a ciò, I.E SOCIE! A 805 altri caratteri di maggior evoluzione sociale, possono riconoscersi nella più ricca proporzione della figliolanza, con una percentuale, cioè, delle perdite dovute a cause nemiclie, quanto mai è possibile ridotta. A ciò contribuisce la migliore costruzione del nido, la sua difficile pervadibilità da parte di insidiatori delle t'orine giovaui, che vi si allevano ; l'opportuno grado di nutrizione e, perciò, la presenza di scorte alimentari accantonate per le necessità possibili, ecc. La maggior locomobilità, da parte degli adulti, è nn ben notevole punto in favore di una società composta di lavoratori locomobilissimi, ad es. : di alati, in confronto di altra, i cui individui sieno atteri, e cosi pure la loro efficacia autofilattica e quella difensiva dell'intero cenobio, ecc. In base a questi criteri, qualunque sia la complessità delle manifestazioni psichiche, diremo così, o dell'opera spiegata dagli individui, che compongono la società, la graduatoria sembrerebbe possibile disponendo al basso della scala evolutiva delle società quelle, nelle quali la figliolanza è meno bene allogata, più facilmente soggetta all'insidia di cause avverse molte; l'edificio comune è inqui- nato da maggior numero di parassiti, predatori, forme a carico della società, insomma, e cue sono tollerate quivi o mal combattute; dove i lavoratori sono atteri e provvisti di deboli armi difensive e dove, finalmente, è necessaria una moltiplieità di caste, alcune delle quali attive solo in certi casi, ma superflue e, quindi, a carico del comune in altri, ecc. Perciò, sembrami che le società delle Termiti e delle Formiche siano da considerarsi nel più basso della graduatoria. Fra le società ad adulti volanti, con una sola maniera di operai, e che bene allevano e difendono la prole, più evolute, quindi, delle precedenti, quelle dei Bombua de- vono considerarsi meno alte, giacché il nido comune e le celle per le singole larve sono in con- dizioni molto primitive. Seguono, in elevazione, le Vespe sociali, colle quali appare primamente il favo a celle pri- smatiche di sezione esagonale; ma, si tratta di forme, in generale, a vita annua; la protezione della prole non è tale da impedire le aggressioni di qualche suo predatore od endofago; il regime carnivoro impedisce l'accantouamento di provviste alimentari. L'ottimo stato sociale è rappresentato dalle Api {Api» s. str.), nelle quali anche la cella, ove si svolge la larva, è fabbricata di una sostanza mirabile allo scopo, quale è la cera, cosi spesso presente a protezione od ornamentazione anche di tanti altri Insetti, sia pure adulti. Le Api non hanno inquilini incomodi, o sgraditi, a carico od a danno; gli operai sono, al caso, temibilissimi soldati, ed i loro magazzini rigurgitano sempre di eccellenti provviste, benissimo conservate, anche per anni. Quanto, poi, al paragone nelle società attere, fra le Formiche e le Termiti, dovremo conve- nire che queste ultime, innalzate certamente sopra il livello raggiunto dagli Insetti degli ordini loro più vicini, che sono i più bassi fra i Pterigoti, elevate, dico, appunto in conseguenza dello stato sociale e di data antichissima, non lo sono, però, per molti riguardi, quanto le Formiche, In quali appartengono ad un ordine di Insetti elevatissimo. Ma, chi si dispone a stabilire una graduatoria, che tenga conto di tutte le condizioni delle diverse società, per riconoscere un ben chiaro progresso dalle più semplici alle più complesse, in- contra due maniere di difficoltà, per cui non riesce ad un ordinamento convincente. Ciò dipende dal diverso grado di evoluzione dei diversi attributi dello stato sociale, che si sono detti riferirsi alla struttura del nido, alla differenzazione delle caste e, quindi, divisione e specializzazione del lavoro, alla protezione contro cause nemiche o comunque a carico della so- cietà, ecc., il tutto in relazione alla elevatezza originale dei vari gruppi di Insetti, a cui ciascun sociale appartiene. Ad esempio, le Termiti, di origine più bassa che non gli Imenotteri, superano di gran lunga i meno evoluti socialmente, tra questi ultimi, per ciò che riguarda il progresso sociale. Anche nello stesso gruppo degli Imenotteri, un paragone fra le società delle Formiche e quello delle Vespe e degli Apidei cenobiti, per stabilirne una graduatoria di evoluzione, si fa poco agevolmente. Il paragone tra famiglie anche più vicine fra loro, come è tra i Vespidi e gli 8C6 CAPITOLO SETI IMo Apidi, mostra quivi pure le stesse incertezze, perchè le Vespe sociali superano di assai gli Apidei socialmente più bassi, mentre sono, a lor volta, superate da quelli più elevati, cioè del gen. Jpia. In queste condizioni, è miglior consiglio il trattare delle singole maniere di società, tenendo conto anche delle affinità, che sono a base della sistematica. Perciò, dopo aver detto delle Vespe solitarie, tratteremo di quelle sociali, giacche loro affì- nissime e perchè il transito dall'uno all'altro gruppo, anche per ciò che riguarda il progressivo adattamento sociale, è benissimo graduato. Si dirà poi degli Apidei ceuobiti, cominciando da quelli che sono assai arretrati anche in confronto all'altro grado di perfezionamento della società raggiunto dalle Vespe più evolute in questo senso. .• procederemo fino all'Ape, che, per molti rispetti, è, socialmente, la forma più alta. Dovremo far seguire le Formiche e le Termiti, qualunque sia il grado di evoluzione della loro condizione cenobitica, in confronto a quella dei precedenti Imenotteri. Le Termiti, certo, per la potenza architettonica, per l'utilizzazione del sesso mascolino, per la differenziazione massima degli individui in rapporto a quella del lavoro, per tutti questi caratteri, che, probabilmente, debbono richiamarsi ad una maggiore antichità di questo gruppo sulla terra, saranno ricordate per le ultime, tra questi sociali a forme « neutre » attere. Nel modo seguente si possono mettere in vista le precipue difterenze tra le diverse maniere di Società degli Insetti. l.° — « Neutri » alati. La famiglia è annua, cioè si forma e si disfà nel- l'annata. La differenziazione della casta « neutra » si inizia con graduale pas- saggio da individui (femmine), incapaci di generare (« operai ») ad altri con facoltà riproduttiva in varia misura, fino alle femmine buone riproduttrici. So- cietà poliginiche. A. Non è costrutto un vero favo, ma soltanto singole cellette distinte ed aggregate Bombus. B. È costrutto il favo a celle prismatiche esagonali, con pareti in comune fra due vicine Vespe sociali. 2." — « Neutri » alati. La famiglia dura più anni. La differenziazione della casta operaia è completa, con una netta distinzione, anche morfologica, in con- fronto della femmina. Società monogenica, che si moltiplica per sciami. A. Favo con celle su una sola faccia Melipone. B. Favo con celle sulle due faccie Apis. 3.° — « Neutri » atteri. A. « Neutri » rappresentati da individui esclusivamente di sesso femminile, con differenziazione al massimo in due caste (« operai, soldati ») Formiche. B. «Neutri» rappresentati da individui di ambedue i sessi, con differen- ziazione anche di più caste. Termiti. Ed ora, in un ordine, che tenga anche conto della rispettiva posizione nel sistema, diremo delle Società di tutti onesti Insetti. Vespe sociali. Le Vespe sociali sono derivate da quelle solitarie od Bumenidi, sopra ve- dute o, per meglio dire, lo stato sociale di queste Vespe è proceduto dalla con- dizione di nidificanti solitarie, già ricordata. Il Roubaud, nel suo studio sulle Vespe africane, ha dato qualche prova di tale origine. Ad es., i primi giovani di ^ìiìhuiiih sichéliana Snuss. della Guinea schiudono, talora, mentre altre cellule del nido sono tuttavia in costruzione, ma se ne vanno, senza trattenersi in aiuto della madre loro. Nei Belonogaster (sociali) le femmine, che sorgono dalle uova deposte dalla madre fondatrice sono tutte fecondabili; il loro nido, dapprima monogino, finisce per riescire poli- I.F. SIICII I \ 807 gino, cioè con molte femmine fecondabili e feconde. Xelle specie africane di Icario, e nella Po- liste» marginalia Fabr., le madri sono molto più numerose delle vere operaie; lo sono meno nelle Vespe poligine d'America, al massimi) un 15 °/0 di madri, in confronto delle operaie, nella Po- lybia scutellaria. (White) ; 6 °0 nelle Xectarinia), mentre sono monigine le nostrani Polistes e, qniv i, la divisione del lavoro è, perciò, massima e così nelle Apoica e nelle Vespa. In questo caso le femmine sono più voluminose delle operaie e le Società sono annue, mentre che le società po- ligine sono perenni e si moltiplicano per sciamatura di una parte della popolazione. Fij. 753. — Una Vespa, fra le comuni, nelle sue tre forme : A femmina; B maschio ; C operaia, tutte in grandezza natur. Polifilia delle Vespe sociali. — La caratteristica delle specie sociali di Vespe, in confronto di quelle solitarie, di cui si è fatto cenno in precedenza, è, oltre alla nidificazione, che ha per base il favo, secondo si dirà tosto, anche la poli- filia particolare, per cui interviene, nel complesso degli individui, l'operaio, cioè una femmina ad organi genitali più o meno abortivi, così da riescire incapace o meno atta alla riproduzioue. Non è certo, tuttavia, che tutte le specie di Vespe sociali possano dare origine ad operai; ma, certamente, nella grandissima maggio- ranza delle Vespe finora bene note anche nei loro costumi, la esistenza di queste forme incompleta- mente sviluppate e destinate soltanto ad accudire ai la vori necessari nella società, è accertata. Tre sono, adunque, le maniere di individui di una stessa specie, presenti nelle società di queste Vespe e, cioè, i sessuati maschi e femmine e le operaie o femmine meno bene evolute morfologicamente e fisiologi- camente (fig. 7 33). Tutte queste forme sono benissimo volanti e differiscono tra loro per qualche carattere subito riconoscibile, tra cui. precipuamente, per la statura. in generale, le madri sono di dimensioni maggiori, più corpulente e più vivacemente colorite che non le operaie; esse sono anche più grandi dei rispet- tivi maschi. La prolificità delle operaie varia da assolutamente fino ad un grado poco inferiore a quella delle femmine. Anche per le Vespe sociali vige la partenogenesi arrenotoca. È da riteuorsi ube l'incompleto sviluppo degli organi sessuali, che determina la suddetta specializzazione di femmine, creandone la casta delle operaie, sia dovuta ad una speciale ma- niera di nutrizione, con che souo allevate le larve, da cui la società intende ottenere delle forme fisiologicamente neutre. La colonia vige soltanto per pochi mesi, nella stagione buona, ed anche il nido viene costrutto alla fine della primavera, raggiunge l'apogeo di sviluppo nel colmo dell'estate; ma, all'avvicinarsi della fredda stagione, cessa ogni suo aumento. La colonia, grado grado, impoverisce di individui, talché, nell'autunno più o meno avanzato, solo poche femmine si trovano tuttavia nel nido; ma, quivi, raramente esse permangono a svernare. In generale, il nido è completamente di- sertato ed abbandonato, anzi, per lo più, durante la stagione invernale, special- mente se non benissimo riparato o solidissimamente costrutto, esso è demolito dalle intemperie. M.s CAPITOLO SKTTIMO 1 Poche femmine fecondate si salvano dalla ecatombe provocata dalla stagione avversa, riparate in rifugi ove possono svernare in una specie di letargo e, quivi, attendono il riapparire della stagione propizia alla fondazione di nuove colonie. Infatti, come ho detto, non appena colla temperatura più mite ritornano le condizioni buone alla nidificazione, le femmine, che hanno svernato, ciascuna per suo conto, si muovono alla ri- cerca di un ambiente adatto per stabilirvi il nuovo vespaio e, trovatolo, si accingono all'opera con grande alacrità. Queste fondatrici della nuova colonia si aggirano subito in traccia del materiale di costruzione, che, per la quasi totalità delle Vespe sociali, è rappresentato da detriti di legno morto, che, opportunamente lavorato, è subito messo in opera a formare le pareti degli alveoli, componenti i favi e dell'involucro comune del nido, nei vespai che ne sono cosi protetti. Fatte le prime celle, la madre vi depone in ciascuna un uovo fecondato, per ottenerne delle femmine collaboratrici. L'allevamento delle prime larve è curato dalla fondatrice, che non tralascia, intanto, di accudire sollecitamente all'incremento della costruzione. Le larve di tutte le Vespe sociali, per quel che se ne sa, sono nutrite mercè una pappa esclusivamente di sostanza animale o composta di questa e di vege- tale insieme. Questi Insetti sono, infatti, terribili cacciatori, sopratutto di altri Insetti, non solo dei meno bene armati e più deboli, ma anche di forme temibilissime pei loro mezzi di offesa e difesa. Le stesse Api sono aggredite ed uccise dalle nostre Vespe, che piombano loro addosso, le atterrano e le sbranano colle mandibole in pochi minuti. Più comunemente sono le Mosche ed altri Ditteri, anche più grossetti, le vittime di questi feroci rapinatori. La preda, ripeto, è sbranata subito, dapprima le sono strappate le zampe e le ali, come parti non utilizzabili, poi tutto il resto è maciullato, impastato di saliva e fattone una pallot- tola, che viene portata a volo, tenuta fra le zampe anteriori, nel nido, a nutrizione delle larve. Ogni carne fresca è appetita ed avidamente ricercata dalle Vespe, e lo sanno i macellari di campagna meglio di altri. I predatori strappano rapidamente un pezzetto di carne, (pianto più possono portare voluminoso, e se ne rivolano via col loro fardello. Non menu avide sono le Vespe di sostanze zuccherine e le predano furiosamente dovunque 'e possono trovare. Cosi, non soltanto sono visitati i fiori, per esaurirne il nettare e quivi le Vespe fanno quello che è loro permesso dalla cortezza del loro apparato boccale lambente ; ma, anche le (rutta succose e ben mature sono ricercatissime da questi Insetti, che le divorano pre- stamente ed ognuno sa il danno che le Vespe recano nei nostri pomari, come nei vigneti e come si affollano sull'uva vendemmiata e dove si pigia. È anche ricercatissimo il miele, sin dentro agli alveari, dove le Vespe entrano arditamente a rubare ; anzi, non di rado il loro concorso è tale, che tutto un alveare può essere completa- mente saccheggiato e distrutto. Il miele è, poi,- serbato nelle celle del vespaio, quando non è utilizzato subito a nutrizione delle larve. Del resto, o così rapinato o prodotto veramente dalle Vespe stesse, si trova del miele, ta- lora, anche negli alveoli di nostro Vespe comuni, ad es. del Polistes gallicus, e non si esclude che possa entrare nella nutrizione delle larve; certo rappresenta una scorta di riserva pei giorni difficili, ad es.: per quelli in cui il cattivo tempo impedisce alle Vespe le escursioni per procu- rarsi il cibo. Il miele trovato nei nidi di Polistes americanus (della bassa California) è chimica- mente alquanto diverso da (inolio dell'Ape nostrale. Questo è una mescolanza di destrosio e di levulosio, con un poco di saccarosio e devia a sinistra il piano della luce polarizzata, mentre il miele di Polistes americanus (sec. il Bertrand, 1895) sembra privo di levulosio e devia a destra il piano di polarizzazione. Molto piii abbondante e il miele nei vespai di talune specie esotiche, ad es. del gen. Nectarinia, del Sud America e vi si trova normalmente. Esso ,■ molto apprezzato e ricercato da quelle genti. Ma non è sempre senza pericolo il cibarsi del miele di Vespe (come accadde ai diecimila di Senofonte, che ebbero gravi sintomi di avvelenamento, sebbene non letale, per aver mangiato del miele di alveari in- LK SOCIETÀ 809 oontrati durante la marcia in Trebisonda). Così accade, talora, con sintomi conformi (e non di rado seguiti anche da morte), pel miele di Neotarinia. Il fatto è testimoniato anche da A. De Saut Hilaire, ohe ne ha fatto la spiacevolissima esperienza, con due persone che lo accompagna- vano nei suoi viaggi al Brasile e nell'Uruguay. La specie, che ha dato luogo all'involontario, pericoloso esperimento, si rico- nobbe essere la Neotarinia leehagttana (Latr.) (fig. 754). Le femmine, sieno esse le bene sessuate, più fre- quenti sopratutto nelle prime generazioni, come le ope- raie, che vengono di poi, non appena sfarfallate, ven- gono in aiuto della fondatrice, ad accrescere la co- struzione del nido, ad oviflcare ed allevare la prole. Fig. 754, — Neotarinia lecha- gnana del Brasile. In- grandita (Da Saussure). Fig. 755. — Vespa (crabro) nei suoi tre stati : A larva (di lato) ; B adulto (dal dorso) ; C ninfa (dal ventre). 6r. nat. Così accade ohe tutta la colonia, aumentando la sua popolazione in ragion geometrica, in poche settimane è cresciuta a dismisura ed è davvero mira- bile la rapidità con cui è co- strutto un vespaio, anche vo- luminoso, come può essere, ad es., quello del nostro Cala- brone, che pure è ben poca cosa in confronto di quelli di qualche specie esotica, di cui si darà esempio, che in tre o quattro mesi raggiunge anche due metri di lunghezza, su oltre mezzo di larghezza ; ep- pure, queste enormi costru- zioni sono messe insieme da Vespe meu che metà più pic- cole delle minori nostrali. Questi vespai non possono non contenere anche oltre centomila indi- vidui, tutta progenie di una sola madre, in così piccolo tempo. Questa enorme popolazione, come ogni altra minore, vive in piena anarchia ed in perfetta armonia. Nessuno vi comanda, tutti obbediscono soltanto al proprio istinto ; tutti lavorano indefessamente, fuorché i maschi, la cui oziosità si interri rupe, in prò della colonia, solo per provvedere all'opera riprod» tt i va . Eppure, in tanto affaccendarsi, in così stretta comunanza di vita e di lavoro, tra animali istintivamente feroci e terribilmente armati, la concordia è assoluta. Rarissime volte è stato rilevato qualche bisticcio, con vie di fatto, tra individui della stessa società; ma, sono in gioco solo le mandi- bole e per pochi istanti; giammai il micidiale pungolo. Questa è l'arnia sopratutto per la difesa dell'intera società e guai al- l'impudente, che anche solo vi si accosta troppo ! Lo sanno, ad es., i lavoratori dei campi, quando coll'aratro, inciampano in un nido di qualche Vespa sotterranea. Solo con una immediata, velocissima fuga uomini e buoi possono salvarsi dal furore e dalla tempesta del nugolo di Vespe, che escono a precipizio loro addosso e li inseguono a volo per lungo tratto, ed è gran ohe se i malcapitati non ritornano a casa variamente inturgiditi dalle do- lorose punture. Fig. 756. — Sezione longit. di due celle di Vespa: « contenente una larva; 6 cella o- percolata conte- nente una ninfa : i! cuticola larvale rigettata dalla ninfa, con lunghi filamenti di tra- chee ; d sacco nero rigettato dalla larva ; e escre- menti della larva (Da Jauet). Il bolo, preparato dalle adulte, è suddiviso in porzioni e distribuito, così, fra varie larve, che ne sono imboccate o, meglio, ricevono la loro pappa sulla parte ventrale del loro corpo, subito sotto il capo e, flettendo la testa sul petto, la trattengono, per man- giarla a lor agio, quasi succiandola, lasciando quel che non possono rodere, ad A. Beki.esr, Gli Insetti, II. — 102. 810 CAPITOLO SETTIMO es., i pezzi del tegumento degli Insetti, i cui corpi sono stati maciullati per compor questo cibo. Le larve (fig. 755, A e flg. 614, A, p. 560) (che sono bianche, nude, apode, carnose e molli, cilindro -coniche e con piccola testa a cute più resistente, simili, cioè, al comune tipo di pressoché tutte le larve degli Imenotteri aculeati), dopo alcuni giorni (in numero vario a seconda delle specie e della stagione), si prepa- rano alla ninfosi, filandosi un bozzoletto serico, tenuissimo, addossato alle pareti della cella. Questa è chiusa in tal modo rispetto al mondo esterno e si vede, in- fatti, coverchiata da un opercolo bianco, resistente, serico, prominente più e meno a cupola sull'orlo dell'alveolo (fig. 333, p. 320. e fig. 756, b), più o meno, dico, a seconda dell'età della forma che ne è riparata, più sporgente se essa è ninfa che non quando è tuttavia larva o preninfa. L'adulto formatosi in questa nicchia, rode l'opercolo, fuoriesce, e, poco dopo, fatta una breve toeletta, è pronto al lavoro e vi si applica tosto, secondo la sua condizione. La cella viene subito ripulita ed approntata per ricevere un altro uovo. Le società delle Vespe sono, dunque, a molte femmine riproduttive e con una sola maniera di operai di incapacità riproduttiva in grado vario e che, colle femmine buone riproduttrici, compiono tutti i lavori inerenti alla società stessa. Le Vespe godono di facoltà architettoniche superiori anche a quelle delle stesse Api. Queste, infatti, non costruiscono che i favi, per quanto sieno. questi, più perfezionatamente condotti che non quelli delle Vespe sociali e fabbricati di sostanza più adatta, quale è la cera, che nelle Vespe non si riscontra mai. La superiorità di queste ultime sta nella costruzione dell'involucro a tutto il nido, quale è fabbricato da molte specie e che le Api non fanno altrimenti, come, del resto, non fanno anche molte Vespe sociali. Di ciò, parleremo, con maggior diffusione, più innanzi. Il Favo. — È nel nido delle Vespe sociali che appare primamente il favo (il quale raggiungerà il più alto grado di perfezionamento solo nelle Api), con celle in forma di prisma esagonale, a parete in comune fra le celle contigue. Però, nelle Vespe, il favo è sempre ugnolo. ossia ad un solo strato di alveoli. Il loro fondo, cioè, è libero, non in comune con quelli di celle disposte in un se- condo strato, a ridosso ed opposto. La ragione della forma a prisma esagonale dell'alveolo o cella, che dire si voglia, si richiama alla massima utilizzazione di spazio e di materiale da costruzione. Sei cerchi di egual raggio, tangenti ad un solo centrale, si toccano anche fra loro, e tra questo ed il centrale rimangono sei spazi triangolari (a lati curvi). Per utilizzare anche questi ultimi spazi, basta sostituire al- l'arco di cerchio, che ne è la sesta parte, il lato dell'esagono regolare, che diviene, così, comune a due esagoni. Tra i poligoni, che, eguali fra di loro ed a contatto l'uno all'altro, possono occupare interamente una superficie senza spazi residuali, quello di maggior superfìcie è l'esagono. Perciò, l'insieme di prismi esagonali, a contatto, risolve il problema della massima capacità colla totale utilizzazione dello spazio e col maggior risparmio del materiale di costruzione. Così avviene che, mentre gli alveoli primitivi di alcuni Imenotteri, ad es., Bombus, sono cilindrici e perciò con largo dispendio di spazio e di materiale per costrurre le pareti proprie a ciascuno, il pro- gresso si manifesta con alveoli cilindrici soltanto nella parte inferiore, di poi elevantesi model- lati a prisma esagonale, il che ai vede fare da talune Vespe. Finalmente, le celle più perfezio- nate sono tutte, da cima a fondo, in forma di prisma esagonale. La precisione geometrica dell'esagono regolare, cioè dell'angolo di 120 gradi e la dimeu- sioue del suo lato, determinata per ciascuna specie costruttrice, debbono essere ben presenti e scrupolosamente seguite dall'operaio, e ciò avviene infatti, sebbene non si possa credere, LE SOCIKTA 811 come vorrebbe l'Harris, die il costruttore si serva delle antenne per compassi e degli articoli loro pei la esatta misurazione. Per talune specie di Vespidi, il favo rappresenta tutto il nido. In generale, i favi delle Vespe sono piani (come quelli delle Api) e, così, le celle hanno forma vera- mente prismatica. Talune specie, però, costruiscono i favi alquanto convessi, la cui base ha superfìcie mi- nore della faccia opposta, ove le celle sono aperte. Così accade che queste sono leggermente tronco-coniche e, nella porzione basale con- servano la forma cilindrica. In tutti i favi delle Vespe le celle marginali hanno la parete libera non già a spigoli, ma semicilin- drica. Fi. . 757. — Costruzione delle celle in un favo di Vespa vrabro (da 1 a 7) ; S modo di accrescimento del favo, secondo gli autori più veccbi (Da Marcbal). Costruzione dei faro delle Vespe. Esattamente descrive questa costruzione il Marcbal, a differenza del modo arguito dal Saussure. Le osservazioni del primo Autore si riferiscono alla Vespa cràbro. Eccole. Un nido di questa specie fu iniziato il 14 marzo, dapprima con una base fissata al supporto prescelto dalla madre. Questa base si prolunga ver- ticalmente verso il basso in un piccolo fusto più o meno cilindrico, largo da 2 a 3 mill. e lungo da 10 a 12 mill., alla cui faccia inferiore appaiono i primi alveoli, in numero di tre (fig. 757, 1), sia contem- poraneamente, sia l'uno prima e gli altri due dopo, insieme, ma a così breve distanza di tempo dal primo ebe si possono quasi dire contemporanei. Subito dopo è costrutto un quarto alveolo (2) e cosi, l'insieme è simmetrico secondo due assi. Attorno a questo primo insieme nucleare ven- gono costrutte le altre celle, come fanno vedere le due successive tigg. 3, 4. Così, il 23 maggio, ossia dopo nove giorni, il favo si componeva di otto celle, situale colla simmetria che fa vedere la iìg. 4, e ciascuna delle quattro celle del nucleo primitivo, centrali, aveva già un uovo. Il 4 giuguo, cioè dopo 21 giorni, un nuovo, completo giro di alveoli (tig. 5), il secondo contorno, era costruito tutto in giro al primo nucleo centrale e tutte le celle avevano un uovo, fissato esattamente all'angolo di origine della cella. Il 29 Giuguo (46 giorni) il favo era provveduto di un terzo giro di celle, disposte sempre nella stessa simmetria (tig. 7) ed il 22 lu- glio (65 giorni), si iniziava la costruzione di un secondo favo, in un piano sottostante e parallelo al primo, a questo rissato mercè un peduncolo, che non è altro senonchè il prolungamento di due pareti alveolari, di fondo, contigue, e la costruzione delle celle, per questo nuovo favo, procedeva esattamente come pel primo. Da ciò risulta che la fig. 8, data generalmente dagli autori come schema della posizione simmetrica del favo, non è esatta perchè, coi suoi sei assi, non dà una idea giusta dell'ordine di apparizione degli alveoli, mentre questo accade, invece, secondo le ngg. da 1 a 7 cioè secondo due soli assi di simmetria. Fig. 758. — Nido di Vespa (circa lJ< della grand, uat.). 812 CAPITOLO SETTIMO Vespaio. — La natura della sostanza, di cui i favi, anzi tutto il nido, sono composti, è molto diversa per le Vespe sociali in confronto delle Api. Le Vespe non usano mai cera; esse non ne producono; ricavano il materiale di costruzione dal mondo esteriore; più che altro lo ritraggono dalle piante (cioè, come si è detto, legname morto, che strappano, colle mandibole, in piccoli pez- zetti), lo preparano e lo rendono atto allo scopo, triturandolo in bocca ed impa- standolo con saliva. La pasta, che ne viene, così preparata, distesa poi in sot- tili fogli alla costruzione dei favi ed anche dell'involucro generale del nido (per le specie che così lo pro- teggono (figg. 758, 759, ecc.) è ve- ramente da assomigliarsi alla carta giacché è ben cellulosa) ed è, talora, un vero e proprio cartone consi- stente, quello che costituisce l'invo- lucro di questi nidi, che rappresen- tano un bello ed ingegnoso edificio. Alcune specie si limitano ad aggluti- nare insieme delle particelle legnose, mentre altre Vespe mescolano fra loro le due ma- niere di materiali, così che la loro carta è composta di particelle non lavorate, insieme tenute da un mastice papiraceo. Talune Vespe esotiche fabbricano il loro cartone con escrementi di quadrupedi e vi sono specie ohe adoperano l'argilla come materiale di costruzione (però, non mescolata a paglia, come è stato affermato dal Shuckard). 'Ili Fig. 759. — Spaccato semischematico di un nido di Vespa germanica, in sito, entro terra : a ingresso ; b escavazione entro la quale è allogato il nido; o suo involucro esterno; d gallerie secondarie; e attacco principale del nido; e, attacchi secon- dari ; f favi ; /, la prima impostazione dell'ul- timo favo ; ;; colonnette di sostegno tra i favi ; i camerette di un nido di Formica (Lasius flavus) che, qualche volta, sta nella vicinanze del nido di Vespe; l sassolini trovati dalle Vespe durante la escavazione e caduti nel fondo del vano ; m larve di un Dittero (Pegomyia inatlis ?), che stanno verticalmente in fondo, accanto al nido (Da Jan et). 11 vespaio è a crescenza limi- tata, anche per la stessa specie, da più cause. La sua mole dipende dal numero di individui, che vi si schiu- dono durante la bella stagione; ma, al finire di questa, la colonia languisce, si spopola ed il vespaio rimane de- serto. La stagione cattiva, colle sue intemperie, si incarica di distruggerlo. Taluni vespai, particolarmente nelle regioni equatoriali, sebbene abbando- nati, resistono alla naturale distruzione, sopra tutto se voluminosi e di grande solidità, come sono quelli che debbono affrontare le piogge torrenziali estive di quelle zone. Anche in regioni tropicali, dove pure l'inverno non è freddo, la periodica fine delle colonie di vespe si manifesta colla loro decadenza durante la stagione secca, ed, allora, pochissime specie e scarsissimi individui popolano i boschi. Così, da noi, nell'inverno, si salva un esiguo numero di femmine fecondate, che riparano, isolatamente, in rifugi opportuni o rimane un qualche resto della società in qualche raro vespaio, che pur si mantiene durante la cattiva stagione, ma sarà abbandonato all'inizio della primavera. All'aprirsi della buona stagione, le femmine fecondate, che sono riuscite a superare l'inverno, si spargono a fondare nuove colonie, che nascono e prosperano I.K SOCIETÀ 813 durante l'annata, fino ai primi freddi, quando periscono per la mancanza di nutri- mento e per le intemperie. Diverse maniere di vespai. — Si può dire che, per quasi ogni specie di Vespe, anche se comprese nello stesso genere, la costruzione del nido è diversa più o meno e la differenza è proporzionale alla distanza fra la specie nel sistema zoologico. Anche per le specie molto affini, si può riconoscere una qualche diversità, sia pure di secondaria importanza, nella architettnra del nido. Intanto, le differenze primarie tra le diverse maniere di nidificare sono le seguenti: 1.° — Il vespaio può essere a crescenza indefinita (nidi indefiniti) ; oppure limitato nella sua crescenza, pur variando nelle dimensioni, a seconda della nu- merosità di individui componenti la società che lo costruisce (nidi definiti). 2.° — 11 vespaio può essere composto di uno o più favi liberi, cioè non av- volti da un comune involucro protettivo {nidi scoperti o nudi); oppure esiste l'in- volucro, esso pure costruito dalle forme adulte, colla medesima sostanza di che sono fatti i singoli favi (nidi coperti). Questo rivestimento dà al nido una con- figurazione particolare per ogni specie. 3.° — I vespai nudi possono essere composti di uno o più favi, in questo secondo caso i favi stessi sono disposti in piani paralleli fra loro e sospesi. l'uno all'altro, da piccoli pilastri della stessa sostanza, che ne mantengono la posizione. Variazioni sensibili, per quanto secondarie, si rivelano nella forma del Ve- spaio; nella architettura interna; nella natura della sostanza impiegata per la costruzione ; nel numero di favi di cui si compone il nido e queste sono varia- zioni particolari ad ogni singola specie. In base a queste differenze il Saussure distingue i Vespai cosi: 1." — respai indefiniti (Fragmocittari). Tipo : Chartergus (tutte specie esotiche). I singoli favi sono sostenuti per adesione laterale alla parete di involucro. 2.° — Vespai definiti (Stelocittari). Tipo : Vespe nostrali. I singoli favi sono sostenuti da colonnette, che li fissano l'uno all'altro e l'involucro, quando esiste, non ha parte nel sostegno dei favi stessi. Nei nidi a favo unico, questo è fissato, per peduncolo od altrimenti, al sosteguo prescelto dal costruttore. Le distinzioni ulteriori, per ciascun gruppo, sono le seguenti : 1.° — Fragmocittari Rettilinei Sferoidali Gibbinidi Laterinidi Perfetti — Generi : Chartergus ; Tatua : talune Poiybia. Imperfetti — Generi : Sinoeca ; altre Poiybia. Genere : Melissaiu Genere : Apoica Gimnodomi Imperfetti Perfetti — Genere: Polistes 2.» Stelocittari C'ali ptodomi — Specie Chartegus apicalis. Gimnodomi — Generi : Polistes esotiche; Miscocytiarus; Isch nogaster. Kectinidi Caliptodonii ad inviluppo semplice ad inviluppo multiplo — Genere: Vespa 814 CAPITOLO SETTIMO Fig. 760. — Schema della costruzione di un vespaio Fragni o e i 1 1 a r o rettilineo : / un solo piauo ; a foro d'ingresso ; 6 fa- vo ; // già si ve- dono più piani (Da Saussure). Esemplifichiamo ciascuno di questi diversi tipi di nidificazione delle Vespe sociali. Vespai fragmocitlari. — In questi nidi il favo è perforato nel suo centro, per dar passaggio agli Insetti. Esso è saldato, mercè le sue pareti, all'in- volucro. Questo è cilindrico, se i favi sono piani, e può crescere indifini- tamente aumentando il numero dei favi stessi (figg. 760, 761). Cotale tipo dei fragomocittari rettilinei è bene esemplificato dalla Vespa cartonala (Cliartergus chartarius Oliv.), comune nel Sud America. Variazioni sono rappresentate dalla nidificazione del gen. Tatua della Cajenna e del Messico (fig. 762), in cui, anziché un foro nel centro di ciascun favo, si ha un pertugio laterale sull'orlo di ciascun favo e corri- sponde ad una piccola apertura sull'involucro. Questo ha, dunque, tanti fori quanti sono i favi all'in- terno. Nei nidi di Sinoeca (Vespe, più che d'altrove, del Sud Ame- rica, fig. 778), il foro dell'invi- luppo è unico e quelli tra un favo e l'altro sono disposti come nella variazione indicata per le Tatua. I nidi frag- mocittari sferici differiscono dal tipo succitato, inquantochè il favo è sferoidale; la sua sezione è, adunque, un cer- chio (figg. 763, III; 777). Questa maniera di nido può, dunque, ri- chiamarsi al pre- cedente, come derivatone per incurvatura del favo e del suo involucro, sulla faccia basale (fig. 763, I), fino a chiusura della sfera (II). Cosi nidificano le specie del genere Melissaia (Sud America) e nel nido si tiovano più favi disposti a mo' di sfere concentriche (figura 763, III). Fra i nidi fragmocittari rettilinei e quelli sferici esistono forme di passaggio, rappresentate da talune costruzioni, nelle quali, il nido, dapprima fragmocittaro sferico, diviene, grado grado, a favi piani, cioè rettilineo (fig. 763, IV). Vespai stelocittari. — In questi nidi, se essi sono calip- todomi, cioè protetti da involucro fabbricato dalle Vespe stesse, l'accesso ai favi avviene per tutto lo spazio laterale, compreso tra il rivestimento ed i favi stessi. Un peduncolo sostiene il favo ed è centrale se il favo medesimo ha la forma subdiscoidale (che dipende dal sim- metrico aumento nel numero delle celle, quale sopra si è fatto vedere pel Calabrone), ma può essere laterale, se il favo stesso ha la forma subtriangolare di un settore soltanto del disco, forma questa dovuta, certo, ad una diversa maniera di accrescimento, per formazione di celle solo lungo l'arco del cerchio. Fig. 761. — Sezione longit. del nido di Cliarterijns chartarius (Oliv.). Un quarto della grandezza nat. (Da Saussure). Fig. 762. — Tatua morio (F) : A in- setto ingrandito ; /•' nido in sezione (metà della gr. nat.) (da Saussure). LE SOCIKTA 815 Il Saussure distingue, così, i Vespai stelocittari in rectinidi, se fabbricati secondo la maniera /// IV Fig. 763, da / a III. — Schema della costruzione di un Vespaio fragmocittaro sferico: ' di faccia; IV Caliptodomo laterinido, con molti favi, « foro di ingresso; b, b involucro abbrac- ciarne anche il sostegno. (Da Saussure). 818 CAPITOLO SETTIMO prono concentricamente e si toccano, ma non rrrr aderiscono l'uno all'altro se non qua e là e ri- mangono larghi vuoti tra loro. In questa disposizione quasi in- tricata, più stretta e più confusa è la massa avvolgente nella parte alta del nido, più lassa e vacuolata in basso. Così, per quanto la carta fabbricata dalle Vespe non sia verniciata come quella delle Polistes, pure, per questa disposizione dell'involucro con laro-Ili vani, il nido resiste all'acqua, non bagnandosi che lo strato o gli strati più superficiali. Alcuni vespai sono costrutti sugli alberi, in piena aria, altri sotterra e ciò a seconda delle specie. La maggiore delle nostrali, cioè il Calabrone {Vespa crabro L.), costruisce vespai, che possono raggiungere anche 50 cent, di larghezza su poco meno di lunghezza; a volte sono più larghi che lunghi, a volte, invece, più lunghi che larghi, a seconda dell'am- biente in cui souo fabbricati. I nidi possono contenere anche sette favi, ma quelli molto allungati ne hanno anche in maggior nu- mero. Il Kellog ne illustra uno , contenuto in un albero, privo di involucro e con nove favi ed il Janet ne figura un altro, costituito nel- l'angolo, fra due muri, comp reudente ben tredici favi. Un vespaio ben popolato può contenere più centinaia di Vespe. 11 Calabrone fa volentieri i suoi nidi in ambiente riparato, perchè si bagna facilmente la carta di cui sono costrutti. Si trovano, questi, il più spesso, nella cavità degli alberi, sotto i tetti delle case, nei granai, ecc. e così fanno altre specie di Vespa affini, ad es. la Y. orientali* L. dell'Europa orientale, che nidifica esattamente alla stessa maniera e così pure la V. velatino Lepell. di Asia e la V. crabroniformis Smith della China, ecc. I nidi del Calabrone, allogati entro qualche albero cavo, non hanno involucro (fig. 772), bastando quanto rimane dell'albero morto o morente per riparare dalle intemperie tutta la costruzione. In realtà, i nidi di Calabrone, stabiliti nella cavità degli alberi e dei muri, sono essi pure, in Fig. — Nido di Calabrone nell'interno di un albero (Da Saussure). Fig. 773. spa crabro fem- mina che de- pone un uovo nella cella del secondo favo appena inizia- to, a primo fa- vo (Da Janet). principio, provvisti di un piccolo inviluppo completo, fatto dalla madre. Le operaie costruiscono altri inviluppi esteriori al pre- cedente e di grandezza di più in più mag- giore, mano mano che vengono demoliti gli inviluppi più interni come è necessario per l'aumento del nido. Con ciò si arriva al punto che non è più possibile la costru- zione di un maggiore involucro esterno, impedendo ciò la parete dell'ambiente. Così il nido resta senza involucro. La femmina fondatrice del Calabrone, sa riconoscere, colla ispezione dell'esterno, l'albero deperiente o morto, il cui interno è vuoto o può essere adattato a ricevere il nido. L'insetto vi pratica un foro, con molta pena e tempo, scavandolo nella cor- teccia o nello strato del legno men guasto, per arrivare al vuoto o dove è facile vuo- tare perchè il legno vi è morto o marcio. Questo viene scavato man mauo che il nido aumenta e cresce, appunto col materiale fatto a spese del legno eroso. I nidi di Calabrone costruiti in ambiente libero hanno, invece, un molteplice involucro, che viene tirato su contemporaneamente ai favi, comesi vede nell'annessa fig. 774, che è tolta da uno scritto del Marella! . Fig. 774. — Inizio della costruzione del nido della l'eipa crabro, secondo il Marchal : / peduncolo fatto il 1.° giorno; Il inizio dell'involucro e dei favi (dopo 9 giorni) ; /// ulteriore incre- mento della costruzione al 46.° giorno. Vi si vede il progresso anche dell'involucro dagli 11 ai 41 giorni. Attorno al peduncolo è avvoltolata, in riposo, la femmina costruttrice. I.K SOCIETÀ 819 PiK, 775. — Giovanissimo nido di Vespa sylreslris Scop. 1 Sezione longitudinale; 2 intero. Grand, nat. (Da Saussure). Fig. 776. Vespa rufa L. gr. nat. (Da Saussure). Ivi e mostrato che, nel 1.° giorno, la femmina fondatrice stabilisce il peduncolo del nido (fig. 773, 774, I). Dopo nove giorni (II), già è iniziato il favoed insieme l'involucro. La fig. Ili mostra il progresso nel nido tino al 41.° giorno e fa vedere) anche, in qnal maniera la buona la- voratrice si riposa volta a volta, delle sue corse, per pochi minuti, stando- sene avvoltolata attorno al peduncolo della snacostruzione e così cova anche le sue uova. Le prime operaie schiudono dopo cinquantasei giorni dalla deposizione delle prime uova e subito concorrono in aiuto della madre. Cosi, il nido, non solo aumenta rapidamente nella sua fabbrica e nella popolazione, ma anche nella temperatura interna, aftollan- dovisi tanti individui e questa è condizione ottima pel rapido sviluppo delle uova e dei giovani. Il Marchal trovò che, nell'interno di un nido di Calabrone, coperto di inviluppi completi e contenente solo una cinquantina di individui, l'8 ottobre la temperatura era di -4- 32°, cioè di 16° superiore a quella esterna e tale differenza si mantenne fino al 19 dello stesso mese, degradando poi di circa 0,5 ogni giorno. Cosi scese a -\- 2,5 nel 4 novembre, quando la popolazione era, ormai, ridotta a sole cinque operaie tuttavia molto vigorose ed a cinque larve già malandate. I vespai di Calabrone costrutt; liberamente, hanno forma presso a poco di pera arrovesciata, cioè sono pi il stretti in basso che non verso la base e questa è la forma tipica, si può dire, dei nidi del genere Vespa (tìgg. 758, 775). Molte aperture sono praticate nel- l'involucro,oppure una sola nell'apice del nido, che è sempre rivolto in basso. Altre specie di questo genere, fra le nostrali, come V. germanica F., V. vulgaris L., V. rufa L. (tig. 776), V. sylreslris Scop. (varie- gate di giallo e di nero) nidificano sia all'aperto sugli alberi, sotto ì tetti delle case od anche sotterra, in grandi cavità scavate dagli Insetti stessi, alle quali si accede per una galleria sola (fig. 759). I nidi hanno forma rotondeg- giante od obovata, coll'apice all"in- giù e, tranne che nel materiale di costruzione, cioè una carta più molle di quella fatta dal Calabrone, non diversificano troppo da quello già veduto di questa specie. Le due prime fra le nostrali sopracitate ( V, rulgar sotterra; la V. sylvestris, la V. media ecc. costruiscono Fis 777. — Nido fragmocittaro sferico di Nectarinia mel- lifica Say. del Messico, in sezione (circa un terzo della grand, nat.) (Da Saussure). , V. germanica) sono scavatrici e nidificano nidi all'aperto. 820 CAPITOLO SETTIMO Un ulteriore progresso si manifesta coi nidi fragmoeittari, i quali sono rivestiti da unjinvo- lucro composto di un solo strato, il pih frequentemente in un cartone spesso e resistente ed al- cuni di questi vespai raggiungono dimensioni veramente colossali. Il nido della Syiioeca eyanea delle terre calde del Messico (tig. 778) raggiunge anche un metro di lunghezza, su un decimetro e mezzo di larghezza. Ha l'aspetto di un mezzo fuso applicato sulla cor- teccia di un albero. Si com- pone di un solo favo, disteso sulla corteccia stessa, rivestito da una lunga e robusta calotta di cartone spesso e duro, con un grande ed unico foro in basso. Le specie del geu. Polybia (s. I.), Vespe esotiche, per la maggior parte dell'America Meridionale, costruiscono nidi con architettura e dimensioni assai variate, a seconda dei diversi generi e specie, dai piccolissimi sulla pagina di una foglia, ad altri di dimen- sioni enormi, come sono, ad es., quelli della P. rejecta (F.) della Cajenna, il cui vespaio supera il metro di lunghezza, e può contenere oltre centomila Insetti, perche questa specie è molto piccola. Esso è rivestito di un cartone ben duro ed è di forma, dapprima conica, di poi cilindrica (fig. 7791. La Polybia liliaoea (F.) della slessa località, fabbrica un vespaio, che può raggiungere anche Fig. 778. — Nido di Si- nocca (un terzo della gr. nat.) (Da .Saussure). Fig. 779. — Nido di Polybia del Brasile, '/G della gr. nat. Fig. 780. — Chartevguì chartarins (Oliv.) della Cajenna : A suo nido (un quarto circa del nat.) (Dal Figuier) ; B insetto ingrandito (la croce a lato indica la sua grand, nat.) (Da Saussure). i due metri di lunghezza, per oltre mezzo metro di larghezza, con una quarantina di favi al- l'interno e contiene una società straordinariamente numerosa. Questo vespaio (come quello della /'. scutellaria) presenta la singolarità di essere ornato di protuberanze coniche, disposte per zone orizzontali all'esterno dell'involucro e sono della stessa sostanza di questo, molto dure e resi- stenti. Se ne trovano anche nella faccia inferiore del nido. Nelle celle si trova conservato del miele. È questa, dunque, una delle poche specie di vespe mellifere. LE SOCIETÀ 821 Le Tatua, piccole Vespe del Sud America, costruiscono i più resistenti nidi e bene architettati, subcilindrici o tronco- conici, rivestiti del più spesso e robusto involucro di vero cartone (fig. 762), così come fanno i l'hartergus, le cui costruzioni sono state illustrate da gran tempo. A proposito di questi vespai e della sostanza di cui sono formati, cioè un cartone perfetta- mente impastato, già il Reauniur. trattando del nido della Vespa cartonala (Chartergm chartarìus Oliv., tig. 780) del Sud America, dove è coniunissima. tantoché i suoi nidi figurano in tutti i musei, scriveva: « Non sarebbe abbastanza il dire che questa specie di vaso sembra di cartone, esso lo e real- mente e d'un cartone che non cede in nulla al più bianco, al più forte che noi sappiamo fare. Si metta questo vaso fra le mani di uno dei nostri lavoratori di cartone, senza dirgli da chi è stato fabbricato : egli avrà un bel girarlo e rigirarlo, maneggiarlo, rimaneggiarlo, esaminarlo in tutti i sensi, strapparlo, non gli verrà mai in mente ili supporre che esso possa essere stato fatto da qualcuno che non sia della sua professione ». L'involucro dei nidi di altre specie di Chartergm è, invece, sottile e delicato e fragilissimo, come si vede pel C. apicalis (F.), del Sud America. Probabilmente, ad una specie di questo genere si deve il bellissimo nido del Sud America, descritto già dal Milne-Edwards e figurato, poi, dal Saussure, nel quale i costruttori hanno fissato i favi luugo l'asse del nido stesso, che è un ramoscello di una pianta ed attorno vi è costrutto l'involucro. Così tutto il nido è sostenuto. In pochi casi, riferibili sopratutto al gen. Polybia (s. I.) l'involucro del vespaio è fatto di argilla, come è per una specie del Brasile, secondo la illustrazione del Saussure (fig. 781). L'inviluppo di argilla è molto spesso, ma celluioso, cioè con lunghi vani scavati nel suo spessore. Ciò probabilmente per dare alla costruzione maggiore resistenza. 1 favi sono di sostanza cartacea. Un'altra specie di Polybia (P. singularis Due.) co- struisce i suoi nidi di argilla, in forma di salvadanaio, la cui fessura conduce ai diversi piani Anche la Polybia brunnta (C'urtis) del Brasile co- struisce un nido di una venticinquina di centimetri di lunghezza, per una circonferenza di 45 cm., con una apertura di poco più d'un centimetro di diametro, assai solido, il cui involucro rugoso è composto di una sabbia rossastra. Da questo alto grado di perfezionamento nella maniera di nidificazione, qua- lora si proceda, secondo l'ordinamento sistematico, dalle Vespe sociali alla famiglia degli Apidei, che, certo, sono gli Imenotteri più elevati, oltrepassate le molte Api solitarie, delle quali si è già fatto cenno, per giungere agli Apidei sociali, si vede che i meno evoluti fra questi ultimi (ad es.: Bombus, Melipona, ecc.), sono di gran lunga al di sotto delle Vespe sociali, in genere, quanto ad abilità architettoniche. Fig. 781. Nido con involucro di argilla (di Polybia sp. del Brasile) (Da Saussure). Apidei sociali. Mentre l'Ape rappresenta il più elevato grado di evoluzione della società fra gli Insetti e di perfezionamento nella costruzione del favo, taluni Apidei, suoi affini, costruiscono nidi abbastanza rudimentali e da non poter stare a petto, come si è accennato, nemmeno con quelli delle Vespe sociali. Il progresso, nella nidificazione va, in questa famiglia, dai Bombus all'Ape. Bombus (1). — Per molte abitudini loro i Bombus si accostano alle Vespe (1) Il gen. Bombus, che è solo nella sottofamiglia Bombinae, è ricchissimo di specie (circa 230), diffuse in tutto il mondo e con moltissime varietà per le specie più ovvie o più note. La fauna Paleartica conta grande numero di specie di questo genere. 822 CAPITOLO SETTIMO solitarie; per la presenza di operaie sono da ascriversi alle specie sociali, mentre per la natura del materiale di costruzione (cera) e per altri caratteri biologici, essi devono considerarsi come affinissimi dell'Ape e tale posizione loro è confer- mata anche dalla morfologia. La femmina fondatrice dei Bombus, dopo aver iniziata la costruzione di una cella, vi depone un poco di pappa nutritiva e, quindi, un uovo e così via via, fino al compimento della cella, che può, così, contenere anche 20 uova. Il nutrimento per tante larve, così accantonato, non è sufficiente e la femmina deve riaprire, di tratto in tratto, la cella e rifornirla di cibo. Adunque, il modo di provvedere alla nutrizione delle prime larve si inizia tutto affatto come per gli Apidei solitarii, secondo quanto si è già mostrato; ma si incammina verso la maniera in pratica pegli Imenotteri sociali, colla necessità di alimentazione, porta di volta in volta a larve allevate in celle aperte. Allo sfarfallare, poi, delle prime femmine adulte di Bombus, mentre la fondatrice re- Fig. 782. — Nido di Bombita mnscoritm L. (Da Figuier). stringe, grado grado, le sue funzioni alla sola deposizione delle uova, le femmine nuove nate sopperiscono a tutti gli altri lavori e l'alimentazione delle larve si fa più spiccatamente conforme a quella degli altri Imenotteri sociali. Le femmine nuove nate compiono le funzioni di operaie ; ma sono tutte fe- condabili, per quanto molto più piccole della fondatrice, in causa della scarsa alimentazione, quale può essere fornita da una sola madre, che deve, anche, provvedere, senz'altro aiuto, a tutti gli altri lavori nel nido. La statura delle nuove femmine va aumentando di generazione in generazione, colla più abbondante alimentazione delle larve e, al sopravvenire della stagione calda, non si rileva più difierenza di statura fra le più recenti femmine e la fonda- trice. Intanto, nascono anche maschi ed avvengono gli accoppiamenti. In questo momento la famiglia è all'apogeo di floridezza. Col declinare dell'estate, però, la nutrizione torna ad essere scarsa; le scorte di miele, conservato nelle celle, vanno impoverendosi, finché, in autunno, esse sono esaurite e tutta la famiglia perisce, all'in fuori di qualche femmina schiusa più recentemente, fecondata e che rimane in vita, per passare l'inverno e far la parte di fondatrice di nuovi nidi nella primavera successiva. I.K SOCIETÀ 823 Ciò accade uelle regioni temperate; ma, altrove, le cose variano essenzialmente, in rapporto al clima più freddo o più caldo. Cosi, nelle regioni fredde, ad es. : in Norvegia (secondo vide Sparreschneider, pel Bombus kirbyellus Curt.), il più spesso, le femmine restano sempre sole nel nido; esse, quindi, nidificano del tutto come gli Apidei solitari. Invece, secondo le osservazioni del Ihering (1904), sotto i tropici, al tirasile, dove si trovano fiori durante tutto l'anno, le fem- mine fecondate rimangono nel nido, e, colla fondatrice, formano delle società poligine e perenni, che emigrano di tratto in tratto e si moltiplicano per sciamatura. Il nido dei Bombus è, per talune specie scavato sotterra, per altre fabbricato sul suolo, molto semplicemente, con detriti vegetali, sopratutto di muschi (come fa, ad es.: il nostrale Bombus muscorum F., tìg. 782), che raccolgono con grande fatica. La maggior parte dei Pecchioni, però, alloga il suo nido, entro cavità sotter- ranee (ad es. da noi i B. terreste)- L., B. sylvarum L., ecc.). Le specie di questo genere secernono cera, che emettono dalla regione dorsale, in forma di laminette, che si raccolgono tra un anello e l'altro dell'addome, dove l'un arco dorsale ricopre il seguente. L'uso della cera, però, è fatto con economia; non solo vi si aggiungono altre sostanze di origine vegetale, come resina o propoli; ma, viene utilizzato anche tutto il materiale, che deriva dalla distruzione della prima grande cella di allevamento, per spalmarne le celle larvali, man mano che rimangono libere, mentre si costrui- scono altre celle, che, colle precedenti, formano un blocco massiccio ed irregolare (fig. 783), che per la sua disposizione, struttura e per i vani, che vi sono scavati, ricorda i nidi di ar- gilla di certe Osmia. Nei Bombus. adunque, non si può dire che si trovino operaie specializzate, cioè de- FiS- 783- - Celle del nido di Bombu. ' muscorum L. (impiccolite). stinate a tutti gli uffici della nidificazioue ed allevamento della prole, ma inette o mal atte alla riproduzione. Perciò, i Bombus, anche per le caratteristiche suddette del nido, si trovano intermedii fra gli Apidei solitari e quelli tipicamente sociali, di cui l'altissimo è l'Ape. Melipona. — Un notevole progresso verso la più perfezionata maniera di so- cietà di Apidei è rappresentato dai Meliponidi, cioè Melipone americane e Tri- gone dei due Continenti, tutte specie tropicali (1). La società di questi Insetti è monogina, perenne e sciamante. Le caste sono specializzate anche morfologicamente, perchè la regina, più corpulenta delle operaie, è sprovveduta di appaiato per la raccolta. Essa non ha altro ufficio che quello riproduttivo. Le operaie accudiscono a tutti i lavori richiesti dalla famiglia, come avviene comunemente per gli Imenotteri sociali, ma conservano ancora qualche caratteristica biologica degli Apidei solitari. Le caratteristiche morfologiche dei Meliponidi, in confronto dei Bombus e delle Api, sono le seguenti. Il loro aculeo è rudimentale, perciò non possono pungere (Talune Trigone, però, sono molto bellicose ed, essendo piccolissime, si cacciano nel cuoio capelluto di chi le molesta ed ivi mor- (1) Il genere Melipona Illig., affittissimo al gen. Apis, compone, con questo, la sottofamiglia Apinae. Secondo taluni sistematici del gruppo, il gen. Trigona è da considerarsi come, tutto al più, un sottogenere delle Melipone. 824 CAPITOLO SETTIMO dono rabbiosamente). Nell'apparato di raccolta, i margini contigui della cestella e della spazzola, anziché essere rettilinei e formare una specie di pinzetta per afferrare le lamelle di cera (come è nelle Api e nei Bombii*), sono arrotondati (flg. 784, B). Come i bombus, ma a differenza delle Api, la secrezione cerosa avviene nella regione dorsale dell'addome. Fi» 784. — Apice della tibia e primo articolo tarsale del 3.° paio di zampe in Apidei diversi : A Ape; B Melipoua : C Bombus: a dall'esterno; b dall'interno; d trinciacera (Da Eiley). Quanto alle caratteristiche biologiche, differenziali dei due gruppi sopradetti, è da rilevare che, per ciò che riguarda la nidificazione, le Melipone si raccordano piuttosto cogli Apidei solitarii che coi Bombus, mentre, per altro, si accostano alle Api sociali. Infatti, le Melipone approvvigionano completamente i loro alveoli prima di deporvi l'uovo ed in seguito li chiudono. Così appunto fanno gli Apidei solitari. Le regine sformate od obese, sono incapaci di volare e, perciò, non se ne vanno nella sciamatura, ma riman- gono nel nido. Sono le giovani femmine fecondate quelle che abbandonano il nido. Da quello dei Bombus il nido delle Melipone si dif- ferenzia per la presenza di veri favi a celle prismatiche esagonali; ma, in confronto dei favi delle Api, esse celle sono da un solo lato, come è nelle Vespe sociali. Il nido delle Melipone (fig. 785) è una costruzione molto complessa. Verso il mezzo sta una massa incuba- trice, con una camera centrale, contenente favi disposti orizzontalmente od obliquamente e destinati solo all'alle- vamento; attorno è disposto un involucro (i) labirintiforme, cioè fatto di lamelle anostomosate, a protezione dalle in- temperie. Si trovano poi degli otri (p), situati sui lati ed al di fuori dell'involucro; essi sono sferoidali od ovoidi e quivi è allogata la riserva di miele e di polline. 11 materiale di costruzione di tutto ciò si è la cera; ma, per l'involucro e per taluni otri, le Melipone vi me- scolano del propoli, nonché una speciale cera vegetale, infusibile, detta cerumen. Quasi tutte le Melipone nidificano negli alberi vuoti, e la maggioranza delle Trigone nelle anfrattuosita del terreno. In questi casi la cavità è rivestita di un intonaco, che la rende impermeabile e, se è troppo grande, viene limitata con tramezzi (f). Altre Trigone (ad es.: Trigona ruficrus Latr.; T. cupira Smitt, ecc.) fissano i loro nidi sui rami degli alberi. In tal caso l'involucro è fatto di lamelle intrec- ciate come in quello delle Vespe e le esterne hanno la consistenza della carta. Fig. 785. — Schema di nido di Melipona (ad es. : M. fulvipes Guèr, di Cuba, Messico, ecc.), da un nido fabbricato in una cassa, conservato nel Museo di Berlino) : a ingresso ; i involucro; p celle contenenti le provviste in deposito (Da Zander). LK SOCIETÀ 825 Un foro (a) permette l'ingresso alla camera incubatrice ed agli otri e, gene- ralmente, esso è protetto da un tubo solido, che si prolunga all'infuori. Questo tubo ha un'apertura di accesso, che è stretta nei nidi delle specie ad abitudini pacifiche, ma allargata ad imbuto per quelle aggressive, che hanno bisogno di uscire in massa, per questo loro istinto bellicoso. Per costruire queste parti del nido le Melipone usano specialmente l'ar- gilla (1) e le Trigone il cerumen. I favi, disposti parallelamente fra loro e riuniti da pilastri, hanno fori pel passaggio degli Insetti. Le celle sono foggiate a prisma esagonale, a contatto fra loro, cioè con parete comune a due d'esse, come è nelle Vespe e nelle Api sociali. Un solo strato di celle costituisce il favo. Ogni alveolo è demolito dalle operaie, allorché ne è sfarfallato l'insetto, ciò che fanno anche i Bombus, e ne viene ricostrutto un altro. Nelle Melipone, tutti gli alveoli sono fra loro eguali ; nelle Trigone, invece, le femmine sorgono da alveoli ovoidali e più ampli che non quelli delle operaie. Le femmine delle Melipone rimangono nel nido per qualche tempo dopo sfarfallate e ciò per attendere di avere maturi gli organi sessuali, probabilmente mercè una nutrizione speciale. Le femmine delle Trigone sfarfallano cogli organi sessuali maturi e subito si accoppiano. Le Api. Del genere Apis, che comprende ben duecento specie circa ed è cosmopolita, la comune Ape, A. mellifica L., essa pure diffusa in, tutto il mondo (2), rappre- senta il tipo ben noto. La società delle Api è caratterizzata da una sola maniera di « neutri », detti operai, i quali compiono tutte le funzioni, anche quelle difensive della fa- miglia. Il nido rappresenta il maggior grado di perfezionamento costruttivo, in- quantochè le celle sono elevate sulle due facce del favo e lo spazio è utilizzato completamente, anche nel modo di contatto degli opposti fondi delle celle stesse. Il fomlo della cella, ò infatti, piramidale, a tre l'accie romboidali; ciascuna parete romboidale appartiene in comune a due di tali piramidi opposte (tig. 787). Ciascun alveolo è prismatico esa- gonale come quello delle Vespe sociali. Come si vede, tale complesso di disposizioni permette la totale utilizzazione dello spazio e la massima economia di materiale. Altra caratteristica è rappresentata dalla direzione dei favi, i quali sono di- sposti secondo piani verticali, in confronto di quanto si è veduto per le Vespe, . dove sono quasi sempre disposti orizzontalmente. (1) Di argilla battuta {battimeli degli Autori) sono fatti i tramezzi a riduzione della cavità secondo i bisogni degli Insetti. L'Ihering afferma che tali strati, per le specie brasiliane, hanno uno spessore di 1-2 cm. ; mentre i tramezzi di ceruinen fatti dalle Trigona allo stesso scopo hanno uno spessore di 2-4 cm. (2) Con molte varietà. Ad es., oltre la var. ligustica Spio., che «• la nostrale, coltivata da tempo nell'Europa meridionale ed altrove, sono ricordate, dagli autori, ben altre dodici varietà, dirtnse dalla China e dal Giappone al Capo di B. .Speranza, dall'America boreale al Madagascar, alla N. Guinea, ecc. A. Beblbsb, Gli Insetti, II. — 101. 826 CAPITOLO SKTTIMO L'alveare è, dunque, mi insieme di favi pianeggianti, verticali e pa- \éy^ l Fig. 786. Apis mellifica L. varietà ligustica Spili. (Ape nostrale), nelle sue tre forme : A operaia; B regina; C maschio, tutte ingrandite del doppio. Fig. 787. — Il fondo delle celle del favo di Ape. Ingr. due volte. ralleli, discosti più o meno l'uno dall'altro. A questi nidi manca un comune involucro ; essi debbono sempre essere allogati entro cavità preesistenti. Eccezionalmente si è però trovato qualche alveare di Ape comune, composto di favi scoperti, ad es.: attaccati liberamente a rami di alberi come è d'abitudine per altre specie (fi- gura 789). Il materiale di eostruzione è la cera (di cui si è detto nel voi. I.°, a pagg. 500, 501), che trasuda su due aeree o placche nella metà ante- riore dagli archi addominali ventrali (figg. 791, 792, 793 e) e quivi si raccoglie in sottili lauri - nette. La cera (secrezione cosi diffusa tra gli Insetti di tutti gli ordini) è impiegata come materiale di costruzione dei nidi, solo dagli Apidei (Bombus, Trigonidi, Apis). Le ghian- dole ciripare, nell'Ape operaia, sono addossati- internamente agli archi ventrali addominali, dal 2." al 7.°, secondo si vede anche nella fig. 793. Le sottili laminette di cera, man mano che si formauo, vengono staccate, dall'insetto, merce le due zampe poste- riori (fig. 792, A); sono divise, in pezzetti da una specie di forbice o pinzetta, che e fatta dall'angolo esterno dell'e- strema tibia, che agisce contro quello affilato, che appartiene al primo articolo tarsale (angolo esterno-isuperiore, voi. I, tìg. 283 pag. 246 ed annessa lig. 794 B). I piccoli pezzetti di cera, così rimossi dall'addome, sono impastati colle mandibole e le zampe anteriori (fig. 791, /.'), e la pallotto- lina, elio ne riesco, <• subito messa in opera. Fig. 788. — Geometria di (tre) celle contigue ed opposte nel favo di Ape comuue. In piccola parte, nelle costruzioni entra anche il propolis, cioè una sostanza continente resina, raccolta senz'altro sulle piante e I.K SOCIETÀ 827 così detta perchè è impiegata, più che altro, in costruzioni di adattamento dell'al- veare, specialmente avanti alla città, cioè alle porte d'ingresso all'alveare stesso. Ogni fessura o pertugio del nido, sono stuccati, dalle operaie, mercè il propoli, col quale, ancora, rinforzano, spesso, gli attacchi dei favi, ai punti di sospensione. Con questa specie di mastice vengono anche ricoperti i corpi morti di animali pene- Irati nell'alveare e quivi uccisi dalle Api, quando sieno così vo- luminosi e pesanti da non poter esserne asportati dalle operaie. Con questa maniera di imbalsa- mazione o di seppellimento è ov- viato il pericolo di danno all'al- veare, per la presenza di simili corpi in decomposizione entro il nido. Si trovano spesso, in questo, così fatte tombe, che contengono morte lumache o Aeherontia, che hanno, così, pagato il fio della Fig. 789. — Favo di Apis fiorea F. dell'India: B celle regali; loro imprudenza o ghiottoneria. M id- di maschi; 0 id. di operaie; ni id. per deposito „ „, . . , miele. Circa un quarto della gr. nat. (Da Friese). he una Chiocciola, per sua a \ i mala ventura, penetra in un al- Fig. 790. — Contorno delle celle (in favo di Ape) maschili veare, è subito aggredita dalle W e,di °Peraia W ed altre ^regolari (e) pel raccordo, ss grand, nat. Api. Kiceve un colpo di pungolo, con che si ritira, schiumando, a morire entro il suo guscio. Questo è subito incollato, pegli orli, al piano su cui il mollusco strisciava, e ben bene fissatovi, che non rimanga fessura, mercè il propoli. Il guscio diviene la tomba del suo abitatore e ben chiusa. Fig. 790. Fig. 191. Fig. 792. B Fi 791. Sezione sagittale, schematica dell'addome di un Ape operaia, per mostrare la dispo- sizione delle placche eiripare (C) negli sterniti 4-7 (Da Dreyling). Fig. 792. — Ape operaia che lavora la cera : A dal ventre mentre si stacca le squamette di cera colle zampe posteriori; B di lato mentre si toglie colle mandibole la pallottola di cera dalla spazzola della zampa terzo paio. Ingrand. due volte (Da Casteel). Le celle sono di tre maniere, cioè quelle da operaie, rappresentanti la gran- dissima maggioranza, e sono le più piccole, cioè a diametro più stretto; quelle per maschi, alquanto maggiori (tìg. 790) e quelle per regine, più grandi delle altre, isolate sugli orli del favo e fabbricate in modo speciale anche nel loro esterno (fìgg. 705, 796). 828 CAPITOLO SETTIMO Tra le due prime maniere di cellule non è differenza se non di diametro e, quindi, di capacità; ma, la cella reale è dift'erentissima ed isolata. Essa ha forma, presso a poco, di una ghianda senza cupola (fig. 794), ed è marcata di intacca- ture (quasi inizio del fondo esagonale delle ordinarie celle) sulle sue pareti esterne. Queste celle reali sono dirette col loro asse maggiore verticalmente, cioè con direzione esattamente perpendicolare a quella orizzontale dell'asse delle celle da operaie o da maschi. Polifilia delle Api. — La riduzione degli organi genitali nelle femmine, che, così, riescono, fisiologi- camente neutre (fig. 797 E), è completa; solo ecce- zionalmente si trovano operaie capaci di ovitìcare; ma, non essendo intervenuta la fecondazione, da tali uova non sorgono che maschi. La casta di così fatte femmine sterili, cioè delle operaie, forma il grosso nucleo della famiglia. I maschi non ne rappresentano che il quinto, al mas- simo, e vivono solo due mesi, da maggio a luglio. Le differenze sessuali sono rilevanti e cospicue a prima vista (fig. 786, 798). Il maschio (fig. 786, G), più corpulento, più vel- loso delle operaie è sprovveduto di aculeo; ha la testa più voluminosa, sopratutto per l'enorme svi- luppo degli occhi composti, che riescono fra di loro contigui sulla linea mediana, al vertice del capo (fig. 798, 3). Oltre a ciò, il maschio è, nella sua qua- lità di ozioso, sprovveduto degli speciali utensili di lavoro (fig. 793, A), rappresentati dagli arti confor- mati in modo speciale, in rapporto coi diversi usi, a cui sono chiamati nel fervido lavoratore che è l'operaia. Tra le femmine, la sola riproduttrice ovipara normalmente è la così detta « regina », che è la madre della colonia. Differisce, essa pure, per ridu- zione degli organi di lavoro (fig. 794, C), in con- fronto delle operaie, oltreché per altri caratteri morfologici, tra i quali la dimen- sione dell'addome, che è più grande, come si conviene per contenere le ovaia molto sviluppate e molto attive. Fi^. 793. — Sterniti addominali (dal 2.° al 7.°) di Ape ope- raia, per mostrare le placche ciripare (C) nei 4.°-7.° (Da Dreyling). Fig. 794. — Jpi8 mellifica. Primo articolo del tarso 3." paio: A nel maschio: B nell'operaia ; C nella regina ; a dall'interno ; b dall'esterno (Da Kellog). La regina (fig. 786, B) (della specie nostrale) vive tre anni circa, almeno, in condizione buona per mantenere fiorente la colonia e, per tutto questo tempo, utilizza, a fecondazione delle uova> che giornalmente partorisce durante la buona stagione, il deposito di nemasperuii contenuti nella spermotnca e che le derivano dall'unico accoppiamento subito pochi giorni dopo la achiusura (fig. 7H9). I.K SIK'IKTA fJ9 La determiuazione della forma « regina », in confro degli organi genitali o loro riduzione alla steri- lità, è attribuito a cause estrinseche all'uovo. Lo stesso uovo, infatti, può dare origine ad una fem- mina perfettamente evoluta (regina) o ad una in parte atrofica (operaia), a seconda del come può svolgersi la larva, che ne schiude, cioè per condi- zioni di ambiente e di nutrizione. In questa diffe- renziazione la regina non ha parte, ma essa è tutta delle operaie. Invece, la regina può determinare, anche a volontà, come generalmente si crede, la produzione di maschi in confronto di quella di fem- mine, fecondando l'uovo al suo passaggio dinanz i alla sperino teca , ■neutre fuoriesce, o deponendolo infe- condato. Pare che la cella più stretta, destinata alle ope- raie, comprimendo l'addome, che vi è Fig. 796. — Sezione di favo di Ape mostrante nelle singole celle l'uovo o le larve a diverso grado di sviluppo ed in una cella reale la larva della futura regina (a destra), gr. nat. (Da Brenton). nto della « operaia », cioè dello sviluppo oHranf ri !"ig. 795. — Porzione di favo di Ape, mostrante le celle delle operaie ed, in basso, quattro celle reali. Grand, nat. insinuato a forza dalla regina, de- terminando cos'i una pressione sulla spermoteca, possa costringere alla fuoruscita i nemaspermi, al passaggio dell'uovo e quindi la fecondazione sua. Per converso, la cella più ampia, Fig. 71)7. Organi genitali interni di Ape. A di regina B di operaia. (Dagli Autori). maschile, non determina questo forzamento. Se ciò sia e non intervenga piuttosto la volontà ma- terna o l'uno e l'altro agente, a seconda dei due casi, è tuttavia discusso. Ma, la formazione di una regina richiede ambiente opportuno allo svolgimento della larva, cioè una cella di una certa capacità, superiore a quella per le ope- raie, come è, appunto, la cella reale. Inoltre, l'allevamento della larva si fa in base ad un regime speciale. Le larve reali sono nutrite con una pappa, che si ritiene più sostanziosa che non quella comune pel rimanente popolo; certo essa è tale da determinare, od almeno favorire, lo sviluppo completo degli organi genitali. Così, quando ad un alveare venisse a mancare improvvisamente la regina, le operaie, che se ne avvedono tosto, possono provvedere, allevando, tra le larve giovanissime di operaie, una d'esse, scelta a lor criterio, in modo da ottenerne una regina. La sua cella è allargata, a spese delle comuni vicine, fino a farne una cella reale fabbricata e disposta come si conviene, e la giovane larvetta è nutrita colla pappa reale. Fig. 798. — Apia mellifica, capo veduto anteriormente / di operaia; 2 di regina; 3 di maschio; egual mente ingrand. 830 CAPITOLO SETTIMO È da rilevarsi che questo speciale regimo, mentre sviluppa i caratteri regali, riduce quelli particolari dell'operaia, il quale accomodamento interviene per quella relazione degli organi tutti, per cui ogni sesso, ogni età, ogni casta ha le sue speciali caratteristiche morfolo- giche, interessanti più organi, in rapporto colle funzioni in- dividuali. Le operaie (fig. 785, A) compiono tutti gii uffici, all'infuori di quelli riferentesi alla riproduzione, cbe spetta ai soli sessuati. Esse provvedono, ancora, alla difesa della colonia e non vi ha cbi non sappia, anclie, di quale animo ed efficacia sieno questi sol dati d'occasione. Fi . 799. — Ape regina e maschio in accoppiamento (ingrand, il doppio! (Da Buttel Ree- pen). Il regime è as- solutamente veg e t a - ri ano. Le Api non si nutrono cbe di prodotti vegetali, sopratutto di miele, cioè di una sostanza, cbe desumono dalle piante, particolarmente dal nettare zuccherino dei fiori ed elaborano nella loro ingluvie. Quando ne hanno a sufficienza, così preparata, la rigurgitano entro le. celle, fino a riem- pirle. Quivi, il miele, introdotto, in tal guisa, a piccolissime porzioni, ha il tempii di assodare, così da non colare dal reci- piente disposto orizzontalmente, ove è allogato e, quando sia concentrato abbastanza, tanto che non possa fermentare, la cella i- chiusa dalle operaie, mercè un opercolo di cera. Così, nella buona stagione, si stabiliscono ricchi depositi di miele, del quale le Api si nutrono di continuo; ma, più che mai, quando, per le temperie avverse, come è nelle giornate di maltempo, esse non possono uscire a procacciarsi il nutrimento direttamente dai fiori, oltreché a lavorare. -\ >'-"': Fig. S00. — Zampe posteriori (parte della coscia, tibia e tar- so) di Ape operaia. A dal lato interno, mostrante in e la squa- iiietta di cera staccata dal ven- tre: B dal lato esterno, mostran- te in p il polline accumulalo sulla cestella (da Casteel). Le Api trasportano anche il polline dei fiori. (che raccolgono togliendolo dalla peluria rivestente il loro corpo, sulla quale aderisce abbondante dopo una visita ad un fiore), mercè spazzole di peli, quali sono nelle zampe loro, specialmente nei seg- menti tarsali, e sopratutto nella faccia in- terna del primo articolo del tarso 3.° paio (fig. 800, A), dove più serie di corti peli fitti sono disposti esattamente come nelle spazzole di nostro uso. 11 polline raccolto così, conglobiate in una pallottola, viene allogato sulla cestella, cioè sulla superficie liscia della faccia esterna della tibia 3.° paio; quivi, questa massa è trattenuta anche dai peli eretti, che fauno siepe lungo gli orli della detta faccia della tibia (fi - gura 800, B, j>), ed allorché ambedue le cestelle sono ricolme dell'odoroso bottino, l'operaia se ne ritorna a volo fretto- Fig. 801. — Ape operaia (ingrandita), che ritorna carica di polline accomodato sulle zampe posteriori (da Casteeli. I.K. SOCIETÀ 831 tosamento nel suo nulo (fig. 801). Quivi, anche il polline, così raccolto, quando non venga subito utilizzato a preparare la pappa per le larve, è immagazzinato nelle celle; stipatovi bene col suo capo, dalla operaia, e, di poi, a cella quasi ripiena, coperto con uno strato di miele. La regina non pensa ad altro che ad ovificare. Nell'Ape nostrale essa può dare anche duecento uova al giorno, nella stagione più propizia. Le operaie, che ha sempre intorno, numerose, a curarla premurosamente, nutrirla con miele, pu- lirla, spazzolarla, ventolarla colle ali quando nell'alveare fa molto caldo, perfino portarla quando è stanca, provvedono a tutto quanto abbisogna alla regina stessa ed al facile compimento dell'ufficio suo. I maschi non fanno assolutamente nulla a vantaggio della comunità. Essi non provvedono che a sé ed a godersi quei pochi giorni di vita libera loro concessi. Si sono ricordate, in precedenza, esuberanze morfologiche e cromatiche di nessuna utilità pra- tica (talora anzi incomode ed a carico) per l'individuo, che le possiede e per la specie, a cui esso appartiene e si sono dichiarate per un lusso ornamentale, testimonio di condizione agiata della specie stessa. Si sono citati atti oziosi, col medesimo significato. Ecco ora una intera casta di individui oziosi, cioè destinati solo ad essere superflui nella fervente attività che li circonda. Questa e anche tuia maniera di lusso, che la specie si permette nella sua ricchezza (condi- zione, adunque, diametralmente opposta a quella difficile esistenza, che obbliga altre specie alla partenogenesi telitoca, con una quasi totale assenza di maschi), la quale ricchezza è tale da con- sentire che la specie provveda a eè lautamente e del superfluo doni altrui, senza esigere com- penso alcuno; esempio questo se non unico, certo rarissimo di felicità materiale da parte di una specie organica. ' nche sotto questo punto di vista, la società delle Api è la pio perfezionata fra quante sono di tutti gli altri viventi, non escluso l'uomo. L'incremento numerico, grandissimo, di individui, che schiudono durante la buona stagione diviene incompatibile colla capacità del nido, d'onde ne accade lo sdoppiamento, per sciamatura. La vecchia regina abbandona il suo nido, andandosene a volo, seguita dalle vecchie operaie e lascia la casa ben fornita ed accomodata ad una delle nuove regine ed alle giovani operaie. Lo sciame si raccoglie su qualche punto d'appoggio (un ramo d'albero, un travicello di qualche costruzione, ecc.) non troppo discosto dal nido: vi staziona, formando un grande grappolo d'Api, attaccate le une altre; di poi riprende il volo, per recarsi alla dimora definitiva, certo prima scelta da esplorataci, e quivi inizia subito la costruzione di favi. Nell'annata, almeno per la specie nostra, possono succedersi altri sciami, durante la buona stagione, ma sono di minor forza del primo, che è sempre il più numeroso e ben promettente. L*n piccolo numero di regine è allevato contemporaneamente, ma una sola regina domina, alla line e rimane dagli accaniti duelli che due d'esse, sfarfallate insieme, impegnano a morte, subito, appena si scorgono e pratica subito l'eccidio delle sorelle ancora nella cella. Infatti, la prima regina della covata, (die viene all'aperto, disopercola le celle ancor chiuse o raggiunge, in parte, con un colpo d'aculeo, le disgraziate che stavano per uscirne. Delle pochissimo specie di ilelittofili e dei non pochi organismi viventi a carico delle Api, in grado vario loro avversi, diremo piii innanzi, come già si è promesso per le specie organiche, la cui vita dipende o gravita intorno a quella di altri Insetti sociali. Le Formiche. La Società delle Formiche è caratterizzata di fronte a quella degli altri Imenotteri fin qui veduti, dall'atterismo dei neutri; dalla vita larvale e ninfale in comune. Polifilla delle Formiche. — Anche nelle Formiche, tre sono le caste di individui CAIMTOI.O SETTIMO componenti la Società, ossia: Maschi, Femmine ed Operai. Questi ultimi sono femmine con organi geni- tali così ridotti da riuscire inetti alla riproduzione (figg. S02, 803, 804). In generale, le forme destinate alla riprodu- zione (maschi e femmine ad ovaia bene sviluppate) sono provveduti di ali ; i primi per tutta la loro esistenza di adulti, le seconde per un breve pe- riodo soltanto. Le forme pertinenti alla casta dei neutri sono sempre at- tere. In ciascuna di queste principali caste, però, si Fig. S02. Pheìdole pallìdala Nyl. — a soldato; b operaia; e femmina dealata; il femmina alata; e maschio, tutti egualmente ingranditi (da Emery). riscontrano individui distinti fra loro da caratteri molto bene co- spicui e che possono, anche, sta- bilire nette divisioni degli indi- vidui stessi in caste secondarie, aventi anche uffici diversi, oltre che differenti caratteri morfolo- gici. Nei sessuati, le differenze individuali si richiamano al vario sviluppo degli organi sessuali e, conseguentemente, dei caratteri secondari del sesso. Di qui non risultano, dunque, nette e costanti distinzioni in sottocaste, ma una serie maggiore o minore di tipi, definibili abbastanza esattamente, sebbene collegati da forme inter- medie. Invece, tra gli individui ad organi genitali non evoluti, che si è detto essere esclusivamente femmine, qualche suddivisione in sottocaste bene defluite e distinte nei loro tipi estremi, sia pure con anelli intermedi molti, è possibile ed evidente, quella massima, ad es., tra operai propriamente detti e snidati. Nella casta delle operaie (fi- siologicamente neutre), le varia- zioni, adunque, non sono già in rapporto collo sviluppo degli organi sessuali, ma con quello di altri organi, quelli cioè di relazione. Fig. S03. Pheidole instabili* Em. — « soldato ; b, e, d, e, operai inter- medii ; f operaio tipico (micrergate) ; g femmina dea- lata ; li maschio, tutti egualmente ingranditi (da Wheeler). I.K SOCIKTA >:;:: Possono, però, intervenire variazioni anche nello sviluppo degli organi ses- suali, con conseguente variazione di caratteri secondari ed in tal caso si determinano t'orine intermedie fra le neutre e le sessuate, sia nella serie maschile, quanto, ed assai di più, in quella femminile. si avranno, così, oltre ai normali, maschi ergaiomorfi od ergatoidi (ligg. SOS, B ; S06, '2, 3), con caratteri per cui tendono ad incorrere nella casta dei neutri (ergateli = operaio) e neutri andromorti (ergandroinorlì), quali forme che vanno incontro alle precedenti, con caratteri più di neutri che di maschi. Per la serie femminile, egualmente si doteranno forme er- ga! iì g i n e od erga- toidi della serie tem- ili i n i 1 e, eun tipi vari, a se- roiiila del- la prepon- ili- ra n z a dei carat- teri ili una casta s u quelli del- l'alila. Quanto ' maschio; C sol- dato, veduti di profilo ed egualmente ingranditi (da Wheeler). alle forme intermedie tra il maschio ,• la femmina buoni sessuati, cioè ginandromorfe, esse devono ritenersi per nettamente anormali, cioè pa- tologiche e per tali si sono ricordate già a pag. l«i;l ài questo voi. ed è anche figurato (fìg.469) un individuo gi- nandioiiioifo di Formica sanguinea. Il caso è esemplificato, dal Wheeler, anche per altre specie di Formiche (Epipheidole inquilina Wheel. ; Formica microgijna Wheel.), ed anche quello di individui, che da un lato sono maschile, quindi alati, dall'altro operai e perciò atteri (Ergatandri ad es., Aphenogaeter picea). Maschio (figg. SO.!, e; 803. h ; 804, B). Nella grandissima maggioranza delle Formiche il ma- schio è alato e le sue ali non sono caduche. In rarissime specie il maschio è attero, come è ad es.: néiVAnergates atratulus (Sebi-.), che vive parassiti- camente nei nidi di Tetramorium caespitum. Questi maschi sono forme quasi abortive, perchè appena capaci di sostenersi sulle zampe ed inetti a cam- minare fuori del nido. Anche il maschio del For- micoxenus, ospite della Formica rossa, è attero (fig. 805. B). Il Wheeler cita le seguenti forme di maschi (oltre quella tipica e quella anormale ora ricordate), cioè intermedie in grado vario tra i tipici e quelli morfologicamente da assomigliarsi agli operai. A. BERI.ESK, Oli Insetti. II. — 1U5. Fig. 806. — Maschi di Fonerà. I alato (normale) di /'. eduardi For.: 8 ergatomorfico della stessa specie; 3 id, di P. pimotatissima Kog., tutti egualmente ingranditi (da Wheeler). 834 l'ArlTOLO SETTIMO 1.° — Individui ergatoidi perchè non hanno ali e per la struttura delle antenne. Si trovano, ad es., in specie dei generi Poneva, Symmyrmica, Techno- myrmex, Gardiocondyla, talora abbastanza spesso, così che talune di esse pos- sono dirsi (ad es.: Poneva eduardi For. *flg. 806 1, 2) specie a maschi dimorflci. 2.° — Maschi sempre ginecoidi o giuecomortt, rassomiglianti a femmine piuttosto che ad operai. Si trovano in specie parassite, ad es. : dei gei). Atterga- tes, Epoecus. 3.° — Individui patologici arretrati per ciò che corrispondono allo stadio pupale, a causa del parassitismo subito allo stato di larva per parte della larva di un Imenottero endofago (Orasema). Femmina (flgg. 802, e, d, ; 803, g ; 804, A ). È questa la forma più caratte- ristica della specie e, generalmente, la maggiore fra tutte. Gli individui di questo sesso, in generale, sono alati, allorché sfarfallano; tutti però finiscono per per- dere le ali più tardi, come si dirà. La loro testa è bene sviluppata ed ha ocelli ed occhi composti abbastanza grandi; il torace è molto più largo e robusto, per- ciò che contiene i poderosi muscoli del volo. Le femmine vergini, infatti, sono alate. L'addome è voluminoso, perchè contiene le ovaia suscettibili di dar frutto. Gli individui femmine possono variare sia nell'ambito della normalità, pel- le dimensioni di tutto il corpo o per le proporzioni delle singole parti fra loro; sia anormalmente, assumendo strutture e caratteristiche speciali di altre caste (individui ginandromorh* ed ergatoidi) sia per cause patologiche, quando, per azione di parassiti, che hanno agito durante gli stadi giovanili, ne è alterata la normale evoluzione e ne riesce un individuo deficente, ad es.: attero, stenonoto, microce- falo, microttalmo ecc. Cotali sono le forme pseudogyne e phthisogyne ricordate dal Wheeler. Non tenuto conto di questi individui, si hanno, dunque, o si possono avere, in una colonia, le seguenti forme di femmine : A) Normali : 1.° — Forme macrogyne, cioè di inconsueta grandezza. 2.° — » microgine, piccole, anche più delle maggiori operaie. Tali forme sono le sole in talune specie, ad ès. : Formica micvogyna ed affini. In altre specie, si sono trovati individui microgini mescolati alle femmine normali. 3.° — Una particolare forma aberrante (ad es. : in Lasius (Acanthomyops) latipes Walsh., fig. 807, C), diversa dalla normale per caratteri speciali, come ad es.: zampe più robuste, addome villoso, o per deiscenza di ali. Talora questa forma aberrante convive colla normale; la specie, così, è a femmine dimorfiche B) Anormali. l.° — Forme ergatoidi (ergatogyne) (tìg. 808, b, e), le quali sono certamente del tipo femmina, come si riconosce dallo sviluppo delle ovaia, da quello degli occhi e degli ocelli ; ma, per la struttura del torace e la mancanza di ali, incorrono nella casta delle operaie. Tali femmine si incontrano in più specie di Formiche (ad es. : dei gen. Myr- meda, Odontomachus, Anochetus, Poneva, Polyevgus, Leptothorax, Monomorium, Gre- matogaster). Non sembra che tali forme siano state originalmente patologiche; esse sono le uniche esistenti in talune specie (ad es. : Monomorium floricola, Ierd., fi- gura 808 e qualche Anochetus). Operaio (tìgg. 802, a,b; 803, a-f; 804, C). Gli individui di questa casta, che forma la massa ed il nerbo della popolazione, sono caratterizzati dalla completa e costante assenza delle ali e dalla conseguente semplificazione del torace nella struttura e dimensioni dei suoi scleriti. Gli occhi sono piccoli; gli ocelli, gene- LE SOCIETÀ 835 ^m - ts ralinente, mancano o sono minimi. L'addome è poco voluminoso in causa delle ovaie abortive. Le antenne, le mandibole e le zampe sono bene sviluppate. Anche fra gli operai, trovansi individui netta- mente patologici e perciò deformi (come sono, ad es., quelli il che il Wheeler chiama mermitergates, phtliisergates, che hanno subito gli effetti di spe- ciali parassiti) ed altri particolarmente confor mati ad uffici specifici, quali si incontrano in de- terminate Formiche (ad es. : quelli rigonfi di miele nei Myrmecocystus , (figg. S41-S44), Melo- phorufi, Gamponotus, Pronolepis, Plagiolepis, o quelli dichthadiigyni, così detti dal Wheeler, che sono le forme ge- neranti presenti nella sottofam. Dorylina, (fig. 845, A), si devono considerare per operai ulteriormente svilup- pati nel senso ginecoide; non possiedono né occhi, né occelli o tali organi sono pochissimo sviluppati; sono atteri e a torace stenonoto ; invece, l'addome loro è straordinariamente voluminoso e allungato, in causa dell'enorme sviluppo delle ovaia). Oltre a questi, come per le femmine, possono rinvenirsi individui normali ed altri anormali; Fig. 807. — Lasius (Acaiithomi/ops) clariger Rog. e A. latipi-s Walsh. A femmina dealata ; di L. (A.) clari- ger; B id. di A. latipes; C femm. dealata (speciale) di questo. Tutte egualmente ingrandite (da Wlieeler). Fi-- 808. il oh omo ri in, floricola Ierd. a operaio; b femmina ergato- gina; e la stessa di lato. Tutte egualmente ingrandite (da Wheeler). A) Tra i normali citiamo le seguenti forme speciali, che possono occorrere nella massa delle operaie tipiche: L" Macroergati, operai di insolita gran- dezza, quali si incontrano in talune specie (Formica, Lasius); 2.° Micrergati, operai di piccolissima sta- tura, per lo più in causa di scarsa nutrizione. Così fatti minimi operai sono normali e co- stanti nei primi momenti di fondazione del nido da parte della regina isolata e ciò per la detta ragione. La differenza tra le stature di queste due maniere di operai è, talora gran- dissima (figg. 803; 810; 822; 845; 847). 3.° Dinergati, o soldati, caratterizzati dall'enorme sviluppo del capo e delle mandi- bole ; 4.° Desmergati, che sono intermedi fra gli operai tipici ed i dinergati (o fra i micrergati e macroergati). Se ne ha esempio in specie di parecchi generi. B) Tra le forme anomale sono da ricordarsi tutte quelle che, pur apparte- nendo, senza dubbio, alla casta operaia, presentano taluni caratteri propri delle femmine; sono, dunque, ergatogyni (figg. 811, 812), e ve ne ha di varie grada- Fig. 809. — Due forme di una formica a testa piatta. Cryptocerits avgulosus F. Sm. dell'America centrale, a soldato; h operaio. Egual- mente ingranditi (da Wheeler). S36 CAPITOLO SETTIMO zioni, a seconda della proporzione, nell'individuo, dei caratteri dell'una o dell'altra casta (1). Sr? Talora q»ell° delle °Pe" a di soldato (od operaia massima); raie propriamente dette. Uno d'essi sta a guardia del piccolonido, b di operaia maggiore; e id. che è scavato nella corteccia «li un albero. L'unico foro di in- minima con antenne di 11 ar- „ress0 al formicaio ha il diametro preciso della grossa testa del ticoli; d id. con autenne di 10 art.; e id. con antenne di 9 art.; / id. con antenne di 8 artic; /' la detta antenna più ingran- dita (da Emery). (1j ^ qUest0 proposito, ecco quanto mi comunica l'Emery: « Secondo me, non si deve negare il nome di soldati agli indi- vidui grandi ili Messor, soltanto perchè esistono individui intermedii tra questi e gli operai pic- coli » (fig. 822). « Nel gen. Pheidole esistono parecchie specie in cui, tra i soldati e gli operai la gra- dazione si fa per gradi insensibili (fig. 803) (ad es. : Ph. froggatti For. ; Ph. vasliti Per.; Ph. kingi Andr-; Ph. enitensis For. ecc.). Nelle Anonima e nelle Atta i soldati non costituiscono una casta separata dagli operai, ma vi sono le forme intermedie. '/2 soldato o s/4 di soldato. Poi vi sono, tra le specie del sottogen. Colobopsis (gen. Camponotus), molte, che, invece di avere gli operai ed i soldati costituenti due caste separate (come è nel nostrale C. truncatiis), hanno le due forme ricongiunte da intermedi (ciò ad es. nel C. cylindricus F.; C. leonardi Emery, ecc.) ». (2) Se a questa varietà di forme, che normalmente appartengono ad una data specie, si aggiungono gli ibridi, che derivano dall'incrocio di specie e di sottospecie affini, si compren- derà quale intricata matassa si presenti al mirmecologo sistematico ed a chi ne deve arguire la parentela anche nei suoi diversi gradi. Ne viene una enumerazione ed indicazione di ie, sottospecie, varietà, variazioni incredibilmente complicate e forse senza altro esempio fra gli insetti tutti. Per la sola fauna europea, l'Emery enumera ben ventiquattro forme, perti- nenti ai generi il gemica, Formicina, Formica, Camponotus, Leptotborax, Crematogastcr. veiisimil- inente ibride. I.K S0C1KTA 837 Fig. 811. — Tre forme della"For- mica nanguineah&iv., viste di lato (non sono disegnate le zampe) ed egualmente ingrandite. 1 regina; ? pseudogina; 3 ope- raia (da Emery). soldato ed un soldato appunto vi sta di sentinella continuamente, celato nel nido, ma colla sua testa allogata nel foro d'ingresso, a spiare l'esterno. Cosi è impedito assolutamele l'accesso ad estranei al nido; ma, se si affaccia ohi appartenga alla famiglia, la sentinella si ritrae e lascia libero il varco. La galleria susseguente al foro di ingresso, più larga di questo, permette la manovra suddetta Cosi pure fanno le specie del genere Colobopsù (tìg. 814) Secondo Wasmann, tutte queste diverso forme risulterei»— liero per effetto delle differenti cure, clic le larve riceverebbero, durante l'allevamento, dalle operaie ; certo le esperienze del- l'Emery (1918) fauno verosimilmente supporre che, per talune specie {Jphaenoyaster testaceo-piìosa spinosa Eni. e Pheidole palli- atila Nyl.), una di- versa maniera di al- levamento delle larve, voi ufo ed eser- citato dalle nutrici, determini talune delle forme speciali. Così, per la prima delle due Formiche indicate, l'Autore conclude che la privazione di regine induca le operaie all'allevamento di alcune femmine, al quale scopo le larve, a ciò destinate, sarebbero nutrite per degurgito, a differenza delle larve di operaie, che, allorquando ave- vano raggiunto una certa dimensione ed erano staccate dai cumuli di piccole larve, mangiavano anche frammenti di insetti, che le operaie distribuivano loro. Per la Pheidole, l'Emery riconobbe che le larve dei soldati sono allevate e alimentate con cure speciali: molte operaie le coprono e verosimilmente le alimentano per degurgito. Cosi pure sono allevate e alimentate le larve dei maschi e probabilmente anche (inelle delle fern- 2 Caratteristiche individuali. — Le Formiche debbono possedere un organo del senso, mediante il quale poter svolgere tutta la loro attività, molto com- plessa, per le molteplici funzioni, in assoluta defì- cenza di luce; un senso, cioè, a completa sostitu- zione della vista, la quale non può fungere se non all'esterno del nido. Ma, giacché si rileva che specie eminente- mente nomadi, la cui vita nel nido è piccola parte della loro esistenza, sono cieche o quasi, si deve arguire che l'occhio rappresenta un organo affatto secondario nel complesso sensoriale delle Formiche e che, probabilmente, qualche altro senso, inimma- ginabile per noi, perchè al di fuori di quelli di cui godiamo, compie una funzione, che viene anche a Fig. 812. — Formica incerta Eni. A operaia normale; li pseudogina. Egualmente ingrandite (da Wheeler) Fi 813. — Ali rudimentali (a) in operaie di Formiche. 1 Myrnlica scabrinodis (Nyl.) var.; 2, 3, toraci di altre operaie della stessa colonia coi detti rudi- menti; 4ld. di M. brevinodit~Em. , var. sulciiiodoides Eni. Tutti egualmente ingranditi (da Whee- ler). sostituire quella visiva. Si può ritenere che debbano considerarsi le antenne come sede del più im- portante ed usato organo del senso, mercè speciali sensilli, quali si sono illustrati altrove (Voi. I, pagg. 007 - G33). Le antenne sono in continua attività o con esse le Formiche tutto toccano ed esplorano e si riconoscono fra loro. È stato notato che le Formiche non solo hanno odore caratteristico per eia- >:;s CAPITOLO SU! 11MO Bcuna specie (e sensibile anche a noi, quando sono in massa), ma anche un odore di famiglia, per cui si riconoscono tra loro come pertinenti ad uno stesso nido. Su ciò non cade dubbio orinai ed è noto che individui, anche della stessa specie, ma pertinenti a formicai diversi, non divengono amici se non dopo acqui- stato l'odore di famiglia. Oltre a ciò, per comunicare fra loro, le Formiche hanno anche organi di suono. La facoltà di stridulazione è accertata ed accertabile facilmente e ne è già riconosciuto l'organo, che è costituito da una cresta di sfregamento, situata alla parte posteriore del sesto Coloiopsis eulmicola Wbeel. di Bahama. arco postcefalico dorsale ed un'area striata, situata alla parte anteriore del settimo. Fig. 814 A soldato in sentinella all'ingresso del nido in un culmo di Cladium jamaicense (se ne vede parte della faccia traverso il pertugio). B, C, Colobnpsis etiolata Wheel. del Texas. B parte anteriore del capo (che ottura l'ingresso del nido); C capo e prototorace visti di piotilo (da Wheeler). Fi". 815. — Formica nell'atto che dà da man- giare ad una compagna, rigurgitando una parte del contenuto della propria ingluvie (da fotogv. di Wheeler). L'espressione della buona amicizia e quasi della affettuosità sia fra l'ima e l'altra operaia, come tra queste e le larve e verso le regine e i maschi, come ancora verso i più graditi ospiti, è sempre l'offerta di una. gocciola di sostanza rigurgitata, che ritorna alla bocca dell'offerente, subito avidamente assorbita, da quello a cui è porta ed il più spesso richiesta con delicate ca- rezze delle antenne o della lingua. Ciò accade spessissimo tra le operaie in cam- mino dal nido e quelle verso il nido, quando incontrandosi « per entro loro schiera bruna — s'ammusa l'ima con l'altra formica — forse a spiar lor via e lor fortuna ». Si toccano a vicenda colle antenne, si rico- noscono per sorelle ed amiche, e spesso l'ima chiede, a modo buo, all'altra, di che sfamarsi e subito nella bocca di questa la gocciolina nu- tritiva apparisce (fig. 815). Alle larve, per verità, e offerta ima porzioncina di una pappa adat- ta, eloborata dalle operaie, ma sembra che, per talune specie almeno, le larve rispondano alle sollecitudini e sollecitazioni delle nutrici offrendo loro un succo elaborato in organi speciali e ilei quale le nutrici stesse seminano mol- to avide. Vi ha chi crede, anzi, che della te- nerezza da parte delle operaie verso le larve, di quello speciale amore, del quale lo Swammer- daui diceva « incre- dibile urùf.-i'r, et cura formicae educali t siimmauiqiie dant operain, ne vel taiitilluin quod spectet eornni veriuicolorum educationem atque nittiitionem omittant », il fondamento sia, abbastanza egoisticamente, solo questo succo, che le larve secernono ed offrono all'avidità delle nutrici. Ognuno, però, sa, per esperienza, con quanta sollecitudine e prontezza, allorché si scopre e Pig. 'SI6. — Pogonomyrmex barbatili (Smith). Operaia che trasporta una compagna. Fig. 817. — Operaia di Formica rufa L. nello stesso atto. In- grandite (da Me Cook). I.K SOCIETÀ S39 Fig. 818. — Teste, vedute di fac- cia di Mi/rmecorijstits bombycinus Rog. A di operaio ; B di sol- dato (da Escherich). manomette un formicaio, le Formiche si portano via in bocca ognuua una larva od un bozzo- letto, a salvazione della propria famiglia che in breve è tutta al sicuro. Un altro singolare atto amichevole fra due in- dividui è quello del trasporto d'uno per opera del- l'altro, consenzienti ambedue. L'atto è proprio di ta- lune specie soltanto di Formiche, ad es. : della nostrale Formica rufa L. ed accade più frequentemente nei cambiambiaineuti di nido. Qualche individuo giovine o pigro, non segue la massa che se ne va. Una operaia, fondatrice del nuovo nido, si avvicina, allora, al ritardatario, lo persuade a lasciarsi portar via. Questo si lascia af- ferrare per le mandibole e si avvolge col suo corpo attorno al capo della portatrice (fig. 817) sia sopra o sotto il capo stesso, in maniera caratteristica per la sua specie (come per altre è altrimenti, fig. 816) e così viene trasportato. L'incontro, invece, all'aperto, tra formiche di fa- miglie o di specie diverse, quando non si possano scansare o la minore non riesca a fuggire, è seguito, quasi sempre, da un combattimento; talvolta è una vera battaglia di più individui, con una tattica par- ticolare per ciascuna specie, quasi sempre, però, col Fig. 819. - Pheidote taumi 1,effetto di mutilazioni di arti (zampe od antenne) ta- Emer., di Buenos Ayres; sol- gliati netti da un colpo di mandibole dell'avversario. dato ingrandito (da Emery). Ma, queste sono scaramucce. Tra formicai vicini, di specie diversa, ma ancora fra quelli della stessa specie, se è per natura sua bellicosa, del qual carattere è ad es. il nostrale, comune Telramorium caespittim (L.), possono accadere battaglie di una n-ran- diosità e micidialità paragonabili solo con quello che può vantare l'umana sapienza. Il Mac, Cook assistè a Filadelfia, ad una battaglia fra individui della suddetta specie, durata quasi tre settimane, con centinaia di morti e mutilati rimasti sul terreno. La causa di queste battaglie è tuttavia oscura. In certi casi, però, la ragioue della battaglia è ben chiara, ad es., allorché si tratta di una incursione per depredar un formicaio, sia delle sue ninfe, come accade per parte delle Formiche dulotiche, che conosceremo più avanti , sia delle sue provviste, come avviene per le cornimi Formiche mietitrici (Messor), quando gli individui di un formicaio vogliouo saccheggiare altro della stessa specie. Il Moggridge osservò una guerra durata 49 giorni (dal 18 gennaio al 4 marzo del 1871), tra due formicai vicini della nostrale Apìiaenogaster barbara (L.) (o Messor barbarità di altri Autori). Le derubate difendevano con grande tenacia i grani di frumento asportati dalle ladre e facevano sforzi per impedirne il trasporto, tirando dall'altra parte C'orno' ° dal'dorso '' cuicco di grano discusso e non cedendo neppure allorché, per un colpo secco di Pheidole ab- delle mandibole di qualche altro individuo accorso alla lotta, esse rimanevano sarda For., di mutilate di tutto l'addome. Costa Rica (da Le aTmia difensive ed offensive delle Formiche sono le mandibole ed il pungolo. I detti organi boccali sono più. sviluppati, mossi da muscoli più po- derosi in quella speciale casta di neutri, più particolarmente conformati pel combattimento, che, giustamente, si sono detti soldati (fig. 818). L'enorme sviluppo pei muscoli ' motori delle mandibole, importa un aumento del capo tutto, che è, spesso, assai più voluminoso di quello delle operaie (fìgg. 802, 803, a; 809; 810; 819; 820) e, talora, conio ad es., nella Phei- dole absttrda For. della Gujana, addirittura mostruoso. Quanto all'apparecchio velenifero, esso, iu molte specie di Formiche, non differisce essen- 840 CAPITOLO SKTTIMO zial utente da lineilo degli altri Imenotteri aculeati e già illustrato altrove (pag. 737) ; ma, in altre Bpeeie. ad es. in tutte quelle del gen. Formica ed affini, manca un vero pungiglione e le ghiandole velenifere, clie pure esistono e bene sviluppate, sono in rapporto con mi apparecchio per lo spruzzamento del liquido velenoso, ohe può essere lanciato anche a distanze notevoli. Ad es., la comune, nostrale Formica rilfa può lanciare il veleno a ben 60 cent, dalla superficie de' nido ed. all'atto, si può sentirne LI caratteristico odore di acido formico. Le larve di alcune Formiche' possono (ilare seta e se ne servono per formarne il bozzoluto, in cui si rac- chiudono per subirvi la ninfosi. Vedremo come questa proprietà sia utilizzata da talune specie per la costru- zione del loro nido, facendo, le operaie, intervenire le larve in questo lavoro, profittando della loro facoltà serici para. 11 cibo delle Formiche è misto, esse rodono sostanze di origine animale come altre vegetali. Fra queste ultime sono spe- cialmente ricordate le Formiche dette mietitrici, perchè fanno rac- Fig. 821. — Grani di piante diverse, intatti o lavorati dalle Formiche. A di Pha- lacrìs canariensis, colla radi cula intatta; />' i 'A TITOLO SETTIMO AU'infuori delle specie granivore, le mandibole sono impiegate, in aiuto della nutrizione, solo per dilacerare la parte solida di un corpo, di dove possa essere lambito il contenuto liquido, come accade, ad es. di un animaletto, di un organo vegetale, ecc., dal quale, strappato a brani colle mandibole, la Formica possa leccare, colla lingua, i fluidi messi in libertà. Frutta, specialmente se ben mature, succhi vegetali, carni, cadaveri d'animali, specialmente di Insetti e, sopratutto, escrezioni di Alidi e di Cocciniglie, sono i principali alimenti della mas- sima parte delle specie di Forimene. Esse sanno scovare ed utilizzare fonti di nutrimento loro adatto, anche traverso distanze ed ostacoli rilevantissimi per la loro statura e pei loro mezzi di dislocazione. Il Vogt afferma di aver constatato lo sfruttamento, durato per anni, di un grande vaso di sciroppo; conservato nella cantina di una Farmacia, da parte di individui di un formicaio si- tuato a 600 m. di distanza. Gli Insetti, partendosi dal nido, superavano dapprima una mu- raglia di circa 15 piedi di altezza, aiuole e viali di un largo spazio aperto, un ruscello, una delle vie molto frequentate di Berna e, finalmente, traverso un pertugio, penetravano nella detta cantina. Nozze. — Anche tra le Formiche, come presso tutti gli Imenotteri sociali, vige la partenogenesi arreuotoca. La fecondazione delle femmine ha luogo ogni anno, tra gli individui nati nell'annata e procede in modo da permettere l'incrocio fra individui pertiuent a famiglie diverse e ciò in grazia del volo nuziale contemporaneo pei due sessi e per tutte le famiglie della stessa specie, disseminati in ima regione anche molto vasta. Per le specie dei generi Lasius, Myrmica e parecchi altri, in un dato giorno, verso la fine dell'estate, si vedono tutti i maschi alati fuoruscire dal nido, tumul- tuosamente, e subito elevarsi a volo, turbinando nell'aria, nei vortici di una vera e propria danza nuziale. Tutta la massa si sposta e così attende l'intervento delle femmine, che, esse pure, sollevandosi a volo per entro il turbinio dei maschi, vengono a prender parte alla danza. Subito ad ognuna accorre un maschio e si forma la coppia, che cade a terra, dove si compie la fecondazione. Nei generi sopracitati avviene spesso che una femmina si accoppi anche con più maschi. Qui finisce l'opera dei maschi. Gli individui di questo sesso, una volta fuor- usciti, più non ritornano nel 'nido, si sperdono sopra terra ed in pochi giorn tutti sono morti. Il numero dei maschi, che prendono parte alla danza nuziale è, talora, così grande da si- mulare delle vere e proprie nuvole, che si spostino basse a poca distanza da terra. Il volo nu- ziale è preceduto da una vivace agitazione di tutti gli inquilini del formicaio. Le operaie fuori- escono in massa dal nido e si spargono su questo, all'esterno, tutte in grande agitazione. Esse accompagnano fuori del nido i maschi e le femmine; sernbrauo volerli trattenere nel formicaio od arrestarli mentre intendono levarsi a volo. I maschi, sopratutto, si mostrano agitatissimi, corrono qua e là e finalmente, a pochi per volta, si levano a volo. Se ne forma così una nuvola, che si alza, si abbassa, si sposta. Sopravvengono le femmine, più pigre e {tesanti, esse pure vo. laudo I maschi le circuiscono subito e le assediano, volando loro attorno in una ridda vorti- cosa. Le femmine stanno immobili sull'ali e cosi un maschio più abile e fortunato può aggrap- parsi ;il)a femmina, più non la lascia ed insieme precipitano al suolo. Di apparizioni spettacolose di vere nuTole di maschi volanti in questa festa annua si hanno ricordi, anche da tempo. * Il botanico Gleditsoh riferisce che, nel 1749, nelle vicinanze di Berlino e più precisamente nella pianura dell'Havel. assistè ad uno di questi spettacoli. Egli vide innalzarsi nell'aria in- numerevoli colonne, che sembravano vapori. « Queste si spostavano, con velocità inesprimibile, I.K SOCIETÀ 843 qua e là. in modo che si levavano sempre più in alto. Quando erano giunte a grande altezza o sparivano o si facevano più dense ed oscure. Alcune apparivano più tardi, si alzavano come le altre ad un tempo ; altre successivamente. Alcune di queste colonne sembravano provenire dalle n ubi scure del ciclo, altre dalla foresta, altre dal suolo ». L'osservatore si trovò in mezzo di una di queste colonne e riconobbe trattarsi di piccole formiche alate, che si posarono in gran numero anche sui suoi abiti, nonché sulle piante at- torno. Da ciò che ne riferisce il detto Autore, il nostro insigne mirmecologo, l'Emery, giudica che si trattasse della comune Formica nera (Lasiuè tiiger L.). Quest'ultimo naturalista riporta anche un brano del giornale « il Corriere della Sera » del 28 agosto 1904, dove è detto che •• gli aiutanti dei diuturni di Cornnda (Treviso) assistettero al passaggio di sciami enormi di Formiche alate. Gli sciami, che. tratto tratto, comparivano dal sud, dirigendosi lentamente verso il nord, avevano l'aspetto di grosse nubi nerastre. L'invasione durò circa un'ora e mezza. GÌ operai di una fornace di laterizi, prossima al paese, dovettero abbandonare il lavoro per libe- rarsi da quegli insetti ». Del resto, questo fenomeno, sebbene non con tale grandiosità, non è certo raro nella pianata Padana ed io stesso, qualche volta, ho veduto nugoli enormi di insetti in questi voli nuziali. L'Emery sopralodato riferisce che, nell'Appennino bolognese, è un monte detto delle Formiche, perché alla sagra, che vi ha luogo alla festa della Madonna, in principio di settembre, le for- miche si addensano a nubi attorno alla chiesa e vanno a perire fin sull'altare. Si fanno cartocci di queste Formiche (Myrmica scairinobis Nyl.l alate, morte, raccolte in luogo sacro e loro si at- tribuiscono virtù medicinali. Cotale maniera spettacolosa di voli nuziali é seguita anche da molte altre specie di Formiche ed il fenomeno è di una grandiosità imponente per varie specie, anche nostrali, come, ad es., Myrmica ritira h.) ed affini. Per molte altre, invece, le nozze si compiono più modestamente, anche senza che i due sessi si innalzino a volo ; essi fuoriescono dal nido a pochi per volta, si incontrano sulle piante o stilla terra nelle vicinanze del formicaio od anche sul nido stesso ; ma, entro questo, solo ec- cezionalmente, a meno che l'uno dei sessi non sia attero. Fondazione del Formicaio. Si è detto ebe la coppia di Formiche, formatasi nei vortici del volo nuziale od altrove fuori del nido, cade a terra e, scioltasi, il maschio se ne va a perire a breve scadenza, ma la femmina, ormai fecondata, ha ben altro destino. Anzitutto, essa si libera delle sue ali, che il loro ufficio hanno ormai compiuto- Esse non sono troppo solidamente riunite al tronco e la femmina, appoggiandole disordinatamente sul suolo o sfregandone la base alle accidentalità del terreno, giunge a far sì che da sé si distacchino e cosi le abbandona. Essa è, così, dea- lata e può lavorar meglio alla fondazione del nuovo formicaio. Infatti, questa femmina (o, talora, più d'esse insieme) ripara sotto i sassi o si scava una colletta (fig. 824), più o meno profondamente, nel suolo e quivi si chiude senza comunicazione col mondo esterno. Avviene, in cotale cella, la deposizione delle uova, per parte della femmina rinchiusavisi ; per talune specie l'indomani stesso delle nozze, per altre solo alcuni giorni dopo, e per talune anche con maggior lasso di tempo, come accade per la maggior parte delle specie, che volano in autunno e non ovificano che nella primavera successiva, ad es., il nostrale comune Crematogaster scutellaria (01.). Dal momento che la femmina si rinchiude nella sua celletta, fluo alla ap- parsa delle prime operaie dalle prime uova ivi deposte, la fondatrice non prende cibo e pur deve nutrire tutte le prime sue figlie, lino alla loro trasformazione in ninfa. Il suddetto Crematogaster digiuna, così, per otto mesi di fila. La nutri- zione della femmina, in questo tempo, segue a spese dei depositi albumiuoidi e 844 CAPITOLO SETTIMO di sostanza grassa, conservati nel suo tessuto adiposo, assai più ricco di quello delle operaie e mettendo anche a profitto i materiali, cbe provengono dalle isto- lisi dei grossi muscoli motori delle ali ormai abolite; ma, interviene anche qualche atto di cannibalismo; è, cioè, divorato qualche uovo e qualche larva della sua stessa figliolanza, da parte di questa prima genitrice (1). Della natura del cibo, che essa dà alle sue larve, nou si hanno che scarsi dati od incerti. Può darsi che entri nel detto nutrimento anche la secrezione delle ghiandole salivari delle madri. Certo le larve che vengono a bene sono state nutrite, in gran parte, a spese delle sorelle, e sempre vengono di piccolissima statura, perchè cibate scarsamente. Del resto, molti altri punti oscuri sono tuttavia circa la nutrizione e l'allevamento della prole delle Formiche. Ad es. le femmine di Myrmica e, verosimilmente, di altri generi, sono incapaci di procu- rare alimento sufficiente alle loro larve. Rimane, cosi, insoluto il problema della nutrizione dei giovani formicai. Queste prime operaie vengono subito in aiuto della madre per far prosperare il formicaio. Esse aprono una via di comunicazione fra la cella ed il mondo esterno e subito escono a cercare alimenti. La femmina fondatrice cura tuttavia la prole, sinché l'aiuto delle operaie è poco, in causa del loro ri- stretto numero; ma. allorché le operaie stesse bastano a tutto, la femmina delega alle operaie ogni fatica, quella compresa dell'allevamento della prole, prov- vede solo alla ovificazione, che è aumentata perchè è accresciuta la sua fecondità, e si fa servire dalle operaie. Fig. 824. La prima camera scavata dalla regina di Camponotus ligniperda (L.), per iniziare il nido, scoper- chiata, cioè tolta la pietra che la copriva. Si vede accanto il mucchietto d'uova. - Grand. nat. Non, però, sempre le cose procedono cosi semplicemente, come si è detto e come si vede avvenire per la nostrale For- mica fusca e sue molte varietà o razze locali o specie affini, che sieno ; o per la F. rufibarbis. Le specie acervicole, come la F. rufa e le sue razze (F. pratensi*, Deg., F. truncicola, Nyl., F. exaeuta Nyl. ed altre molte specie congeneri d'America), si comportano ben diversamente dal modo suddescritto di fondazione del formicaio. Wasmanu, in Europa, e Wheeler in America, scoprirono che ben altro modo seguono talune specie. Ad es.: le femmine del gruppo delle acervicole non riescono a fondare il formicaio, se non col soccorso di operaie o della propria <> d'altra specie e, perciò, vanno ad ovificare in altro formicaio della stessa specie o di specie diversa. Quivi fanno veramente da parassite e può acca- dere, coll'andare del tempo, che la figliolanza dell'intrusa riesca a predominare sulle ospiti, fino a sostituirsi completamente a queste. Così, l'Emery, dietro gli esperimenti e le osservazioni del Wastnann, ritiene che, ad es., la femmina fondatrice della Formica truncicola penetri in un formicaio di F, fnsca. Quivi, accolta non beue dapprima, si affiata ben presto colle ospiti, uccide o fa perire altrimenti la femmina della specie ospite e si insedia, essa, regina del formicaio. La percentuale di operaie di- ti) Il Tanqnay, segui giorno per giorno l'ovoposizione di due femmine pertinenti al I.atins uiger ed all'allevamento delle larve, e ciò da marzo ad agosto. Una d'esse, depose 222 uova, da cui si ebboio solo 27 adulti, perchè 100 uova, furono divorate dalla femmina stessa, che le aveva deposte ; 42 larve e 11 pupe subirono la stessa sorte. L'altra femmina depose 302 uova, di cui 208 furono divorate dalla genitrice e, di poi, 30 larve ed 11 pupe. Solo 11 uova poterono riescile a dare l'adulto; 209 nova non erano an- nua schiuse al 1.° settembre. ],!•: SOCI 1. 1 v 845 scendenti dalla usurpatrice annienta iti ciascuna generazione, mentre quella delle ospitanti, man- cando chi ne produca, va scemando, tinche il formicaio è abitato solo dalla F. truncicola, che se ne è impadronita così. Taluna di queste specie, che sono veramente parassite, hanno femmine non più grandi delle operaie od anche piti piccole delle maggiori di queste ultime. Perciò, esse sono costrette a vivere a spese d'altri, perchè non potrebbero allevare, da sole, le prime ope- raie, non avendo, iu sé, una sufficiente scorta di sostanza nutritiva. Così pure fa anche la F. rufa (di cui la F. truncicola non è che una varietà), egualmente rispetto alla F. fitsca. Secondo le osservazioni del Santschi, la femmina del Buthriomyrmex decapitans Santsohi, specie del Nord Africa (se ne trova una specie affine nell'Italia meridionale) è di statura appena maggiore delle sue operaie e presso a poco di quella del comune Tapinoma erratiatm (Lati'.), di cui vive parassita durante la fondazione del proprio formicaio. Essa sola, della sua famiglia, ha lo stesso caratteristico odore aromatico del Tapinoma suddetto. Questa femmina, allorché dea- lata, vaga in cerca di un formicao di Tapinoma e. trovatolo, tenta introdursi, il che le riesce alla line, non ostante la prima ostilità delle operaie di Tapinoma, che sono a guardia d_el nido. Penetrata nel formicaio, la femmina del Bothriomyrmex va subito in cerca di quella del Ta- pinoma, ohe è regina in casa sua ; non la aggredisce se non quando si allontana dalle uova, che ha accumulate intorno a sé, ma appena può, le sale sul dorso e tanto fa che riesce a decapitarla, mercè le sue mandibole. La regina legittima si difende poco e debolmente, per quanto assai più voluminosa della aggi-editrice. Le operaie non intervengono affatto nel duello, in difesa della loro madre, che finisce sempre per rimaner senza capo. 11 tronco serve a mantenere in rispetto le operaie, che finiscono per adattarsi a convivere coll'assassina. Questa prolifica; le operaie di Tapinoma hanno cura della sua figliolanza, che, grado grado, viene a sostituirsi, completamente, agli individui della specie legittima proprietaria del nido. La durata dei formicai (più precisamente della famiglia contenutavi) è varia e può richiamarsi, fino ad un certo punto, a quella della femmiua fondatrice e questa dura anche parecctii anni. Il Lubbock tenue in vita, iu un nido artificiale, una femmina di Formica fuxca per 15 anni; il Wasmann per 13 auni una femmina di F. sanguinea. Questo Autore calcola ad un massimo di 20 anni la durata della vita di una regina del genere Formica. Come si vede, questa è una lon- gevità tra le massime riconosciute fra gli Insetti. Se non fosse la possibilità, secondo quanto per taluna specie si è anche accertato, che altre, regine giovani sostituiscano quelle morte per vecchiaia, si dovrebbe arguire ohe la fine naturale del formicaio non interviene che dopo lungo tempo dalla sua fondazione, almeno per talune specie. Morta la regina, non nascono più uova fecondate, quindi non più operaie. Le uova deposte, eveutualmeute, da queste ultime, da poiché non souo fecondate non danno che maschi. Di qui la fine della famiglia, che si spopola gradatamente. Si trovano, a volte, formicai grandiosi, ad es. di Formica rufa, ormai con poche operaie, pochissime larve, qualche volta con maschi, ma privi di regina. Sono condannati a finire presto. Larve, loro allevamento. — Le larve (fig. Sli5), bianche, nude, apode, carnose, generalmente attenuate all'innanzi e colla parte anteriore del corpo più o meno inflessa sul ventre, non si locomuovono altrimenti ed anche si muovono ben poco. Esse stanno tutte insieme, ammucchiate in spaziose sale del formicaio, continuamente accudite dalle operaie. Vengono nutrite con una pappa spe- ciale, che le operaie stesse depositano, in piccola quantità, sulla parte ante- riore della faccia ventrale della larva. Questa si inflette, col suo corpo anteriore, fino a raggiungere il cibo colla bocca e vi fa gemere sopra un liquido, che le esce dalla bocca stessa ; qnindi riassorbe il tutto. Ho già detto che le operaie spostano continuamente le larve dall'una all'altra stanza, perchè stiano nel grado di calore e di umidità, che più couviene loro. Nelle giornate belle, le operaie fuoriescono dal nido, ciascuna portando fra le mandibole una larva, per esporla ai raggi solari ed, a suo teinpo, la riporta nell'interno. 846 CAPITOLO 8KTTIMO Se il formicaio è manomesso, le operaie se ne fuggono, portando seco le arve e le ninfe, sempre trattenendole fra le mandibole. Lo spostamento abituale delle uova, delle larve e delle ninfe, al quale si è accennato e che si disse rappresentare una pratica normale per le specie sotter- ranee) avviene più volte, durante il giorno. Al cadere di questo, le operaie tras- portano la giovane figliolanza nelle camere più profonde, per sottrarla al raf- freddamento notturno, e quivi la portano anche, allorquando troppo si riscaldano, di giorno, gli appartamenti superiori. S'ella giornata, poi, gli spostamenti delle uova, larve e ninfe interviene a seconda della tem- peratura, nelle diverse ore. Il trasporto è reso più sollecito pel fatto che le uova vengono portate via a nmccliietti, da ciascuna operaia, perchè aderiscono fra loro, mercè una sostanza glutinosa, ebe le spalma leggerissimamente. Anche le larve sono portate via in mucchietti di più d'una, perchè aderiscono fra loro in grazia di peli disseminati sul corpo loro. foggiati ad uncino all'estremità, per cui quelli di una larva si impigliano con quelli delle altre. Questi peli sono ripiegati in modo da molleggiare abba- stanza per non correr pericolo di essere strappati per una moderata trazione. In quiete, la larva, con piccoli movimenti, svincola questi peli l'uno dal- l'altro ed interrompe, cosi, l'adesione colle altre. Le larve sono deposte nelle diverse sale, in queste accumulate e classificate secondo l'età loro. Ciò fa sì che l'opera di allevamento è più solle- cita e facile, perchè tutte le larve di un ambiente, come coetanee, sono curate in egual maniera. Allorché le larve hanno compiuto il loro ciclo in questo stadio e stanno per trasformarsi in ninfa, le operaie le ricoprono di terra, e le larve, entro questa, filano il loro bozzoletto di seta, dentro cui si trasformano in ninfa. Allorché l'adulto sta per fuoriuscire, le operaie stesse lo aiutano a rompere il suo involucro sericeo. Molte specie di Formiche non filano seta, perciò non costruiscono il bozzolo; esse si trasformano in ninfa allo scoperto e la pupa rimane sempre nuda. — Larve di Formiche. A di Sima naialevsis F. Sin. del Capo di Buona Speranza; B di Povera, stigma F. della N. Gui- nea, molto ingrandite; C capo, di lato di larva di Diacamma geometricuw F. Siui., di Cele- bes. (te labbro super.; mrf man- dibola; pm palpo mascellare; pi palpo labiale; / filiera) (da Emery). Il Formicaio. La maggior parte delle Formiche nidificano sotterra; ma, per molte altre, invece, il formicaio è scavato nel legname, sopratutto dei vecchi alberi morti da tempo od è costrutto in piena aria. In generale, è più frequente assai il lavoro di escavazione che non quello di costruzione; ma, in più casi, le Formiche si mostrano buone operaie nell'una e nell'altra maniera di lavoro. Con tutto ciò, tranne che per le costruzioni all'aria libera, il formicaio non è modellato secondo una architettura generale costante, come è, invece, per cia- scuna specie tli Imenotteri più alti, ad es. delle Vespe, sopratutto delle Sociali, che, a questo riguardo, sono gli ottimi archittetti fra gli Insetti tutti. Anche il Favo, che è la costruzione caratteristica dei nidi più perfezio- nati, appartiene solo alle Vespe sociali ed ai migliori costruttori fra gli Apidei. Nei formicai non è traccia di tale costruzione e neppure d'altra simile, perchè le I.K SOCIKTA 847 larve sono allevate tutte insieme e non ciascuna in una cella distinta. 11 formicaio, adunque, risulta, in generale, da un complesso di camere ampie, capaci di ac- cogliere molti individui immaturi, assieme giacenti, e di un sistema di gallerie, per la comunicazione di tutte le camere fra loro e coll'esterno (tìgg. 826; 827; 829; 831). Così pure, tranne che, pei formicai costrutti all'aperto, non è impiegato, dalle Formiche, un particolare materiale, come accade, inveire, per le Vespe e pegli Apidei sociali. Quelle fabbricano di carta e queste di cera ; le For- miche usano, più comu- nemente, materiali ter rosi, o legnosi, allorché debbono costrurre. Ciò, ripeto, all'infuori delle specie, che nidificano al- l'aperto. La maniera di nidi- ficazione varia, anche per la stessa specie, a se- conda delle località. Così, nelle regioni temperate, il formicaio di una specie, che nelle regioni più me- ridionali è affatto sotter- raneo, può essere, invece, costrutto in buona parte sopra terra. Ciò dipende, ripeto, dalle condizioni climati- che e sopratutto dal grado di umidità della regione, di fronte ai bisogni che, per la stessa specie, sono dovunque gli stessi. Così, una Formica, che nell'Eu- ropa media, e boreale fa il suo nido con molta parte sopra terra e poca nel sottosuolo, perciò che quivi frequenti sono le piogge, più abbondante la umidita, men caldo il sole, invece, nell'Europa meridionale, ha il suo formi- caio quasi tutto sotterraneo. Xei luoghi desertici, ove la siccità è massima e molto il calore solare, le escavazioni sono praticate as«ai profondamente nel suolo, per trovarvi quel grado di umidità, che è necessario alla buona vita delle larve. Nelle costruzioni superterranee, le Formiche elevano vere muraglie e pilastri, su cui gettano le volte delle sale, che sono anche i pavimenti di altri piani e tutto ciò è composto di terra, che esse ottengono dalle escavazioni della parete PifT. 826. — Interno ili un formicaio. Si vedono, nei diversi vani, distinte secondo <;randezza, le larve e, nel piano inferiore, le ninfe imbozzolato (da André). 848 CAPI inui SK'I I IMI) sotterranea del nido, ed impastano fra le mandibole. Il nostrale Lasius niger eleva il suo nido sopra terra, facendolo di molti piani, sino a venti (quanti ne contò l'Huber) con muraglie sottili e levigate e sotto a questa costruzione è scavato il nido sotterraneo, con al- trettanti piani. Cosi, queste Formiche lianno un gran numero di camere e diverso grado di temperatura e d'u- midità, dove possono rapidamente tras- portare le loro larve, e seconda del bisogno. Merita di essere letta la descri zione del modo di costrurre, da parte del detto Lasius, quale è data dal- l'Huber. Altre Formiche fanno il loro nido scavandone le camerette nel legno morto. Esempio nostrale sono i grossi (Jamponotus. Talune specie, sopratntto fra le eso- tiche, stabiliscono piccoli formicai entro piccoli rami di piante, morti, già scavati nel loro interno da altri Insetti o vuoti per altra, ragione. Così, molte delle piccole Formiche, abbondantissime nelle foreste tropicali, vivono entro i rami secchi degli alberi o negli steli delle erbe più robuste. Fig. 827. — Pogonomyrmex ocoidentalis ('resa. Spaccati ili nidi. A piccola camera l'atta dalla regina alla fondazione del formicaio; B piccolo nido del primo anno della colonia; C sezione dell'acervo della colonia adulta (da WheelerJ. Pig. 828. — Formicaio di Formica pratensù Deg., nella foresta di Vallombrosa. l'orme piccole o picco- Altre specie si allogano nelle cortecce morte e sono lissime, che si stabiliscono in colonie poco numerose. Specie uostrali abitatrici dei rami o delle cortecce, come si è detto, sono, ad es., il Dolichoderus quadripunctatus (L.), così detto pei quattro punti bian- castri, die spiccano sull'addome nero, ed il Camponottts truncatus, che si è già ricordato per le due forme dei suoi operai. I K SOCIE I À 849 Ho detto che la più connine di un complesso di camere scavate sotterra, tutte in comunicazione fra loro mercè cunicoli e gallerie, mentre il passaggio al mondo esterno avviene per una o poche aperture, in guisa di fori ristretti. Molte volte, il formi- caio è scavato sotto una pietra, che serve ottima- mente da solida volta a tutto il nido e. riscaldandosi ai raggi del sole, mantiene maniera di formicai, almeno da noi, si è quella più caldi gli ambienti meno profondi. Così, gli Insetti Fig. 829. — Sezione lougitud. schematica del nido di Meator barbanti (da Loeser). hanno una abitazione con vari piani, diversamente temperati, anche a seconda delle ore della giornata ed in grado differente di umi- dità, e profittano di questa coudizione di cose per allo- gare, nei diversi ambienti del nido, le loro larve e le ninfe, a ciò che essi godano del grado di temperatura e di umidità, che più loro conviene. L'accesso al formicaio Fig. 830. — Cratere del nido di Myrmecocystus aemifurus Eni. del Nord America. è, il più spesso, molto bene protetto dalla invasione di acque piovane, mercè una barriera di materiali diversi, ele- vata sul suolo circolarmente (flgg. 8127, 828, 830, 831). La nostrale Formica rufa, ad es., innalza, attorno al foro d'in- gresso al nido, un acèrvo composto di detriti vegetali e granuli di terra, provenienti, questi ultimi, dalla escava- zione del nido. Le lavoratrici, infatti, man mano che stac cauo una particella di terra, nel sottosuolo, colle loro mandibole, tra queste, appunto, trattenendola, la portano all'esterno e la depositano nelle vicinanze dell'apertura del nido, con clie finisce per riescirne un monticello, con un vano ad imbuto, che ha per centro l'apertura stessa ■e Fig. 831. Sezione longitndin. schema- tica del nido di Oxyopo myrrnex santschiì For. (da Santschi). A. Beei-ess, UH Insetti, II 107. 850 CAPITOLO SETTIMO del formicaio. Con questa terra vengono anche depositati detriti di origine vege- tale, per lo più aghi secchi delle conifere vicine od altro e ne riesce così un vero bastione circolare, che impe- disce all'acqua di pioggia di penetrare nel nido. Per molte specie, i cumuli di materiali così ammassati sono, spesso, assai vistosi. La fig. 830, mostra gli acervi di aghi di coni- fere e di altri detriti vegetali, quali si vedono comuni nella foresta di Vallombrosa. Al cader della sera, le Formiche cbiudouo l'apertura del nido con materiali che prendono all'acervo, che la circonda, e non la riaprono che al mattino. Nei giorni piovosi l'ingresso al formicaio rimane chiuso e, nelle giornate nuvolose, quando la pioggia minaccia, l'apertura del nido è, in parte chiusa, per essere, così, pronta a chiudersi del tutto, allorché venisse a cader acqua. Costruzioni in cartone. — Il legno, finissimamente tri- tato colle mandibole ed impastato con saliva, costituisce una maniera di materiale usato da talune specie, sia nella costruzione di camere in un complesso allogato entro una cavità preesistente e scelta dalla formica stessa, sia per la fabbricazione di tutto un nido libero, cioè dell'involucro e del suo contenuto. Si tratta di un vero cartone, quale vedemmo usato, fino ad un perfezionamento di composizione mirabile, da talune Vespe sociali. 11 complesso delle costruzioni interne del nido è una quantit à , spesso grandissi- ma, di ca- Fig. S32. Frammento di nido di car- tone di Formica puzzola ( Liometopu m microcepha- lum Pauz.), in un tronco scavato di quercia, (grand, nat.). meret t e, qualche volta abbastanza ordinatamente disposte in piani (tal'altra più confusamente, riuscendone un vero labirinto intricatissimo). I piani, che sono insieme; volta di una stanza e pavimento della superiore, sono sostenuti da pilastri della stessa sostanza. Così costruisce il nostrale Lasius fuliginosus Latr. (fig. 833), en- tro i fusti cavi di piante diverse. Le pareti del nido, che primamente fu giudicato come scavato nel legno stesso, hanno superficie di aspetto vellutato, dovuto ad un piccolo fungo speciale (Septósporium myr- mecophilum), che non manca mai. Questa specie di Formica, se si trova a corto di materiale legnoso, Fin'. 833. — Frammento di nido di Lasius fuliginosus Latr. (da Huber). cartone del ricorre a quello terroso, facendone una mescolanza col primo; ma queste LB SOCIETÀ «51 costruzioni, di color bigio, sono più fragili assai. Più intricato e labirintico allatto è il nido costrutto nella cavità delle Querce dalla nostrale puzzola (Liometopum mierocepliatum Panzer) (fig. 83'-). Anche il no stro Grematogaster scutellaria, quando è costretto a nidificare sotto le pietre, vi fa una costru- zione di cartone. .Ma, altre specie di questo genere, esoticbe, fabricano grandiosi nidi, composti di cartone, con un involucro della stessa natura, liberi in piena aria e, talora, molto voluminosi, come è, ad es., quello del C. sehencki For. del Mada- gascar, nel cui invoglio potrebbe comodamente capile un uomo. Altre specie di Formiche esoticbe fabbri- cano nidi di carta, che hanno dimensioni, talora, colossali. Formiche del geu. Azteca (affini alle no- strali puzzole) del Brasile, costruiscono formi- cai sugli alberi, dai cui rami pendono a guisa di gigantesche stalattiti, lunghi, anche oltre un metro (fig. 834). Multii interessante e secondo un modo di costruzione singolarissimo, è il nido di una specie vivente nell'Asia Fig. 835. — Operaie di Oecophylla smaragdina (Fabr,), che. allineate all'esterno del formicaio, si sforzano di avvicinare un lembo di foglia ad un altro, mentre altre operaie, accorrono dall'interno portando in bocca larve filanti. (Grand, nat.) (da iJotiein). di sostanza adesiva le foglie stessero riunite assieme. Il Ridley, nel 1990, ne riconobbe la natura vera e l'ori- gine, ma le sue asserzioni non fu- rono credute, tino alla conferma clic ne diede il Doflein, osservando la specie nell'isola di Ceylan. Il detto Autore riconobbe che i fili sericei si devono alle larve della detta For- mica. Praticato un taglio nel nido e guadagnatisi non pocbi morsi dolo- rosi da parte delle abitatrici, ebe fuoriuscirono subito in gran numero e lo aggredirono, egli constatò che Fig. 834. — Nido cartaceo di Azteca trìgona Eni. del Brasile (ridotto a circa ' , della grand, nat.) (da Wlieeler). tropicale, nell'Africa e nel- l'Australia, cioè la Oecophijlla amar agitili a (Fabr.), dalle zam- pe ed antenne molto lunghe E questa una specie temuta pel suo morso doloroso, ag- gressiva e rapace. Il suo nido è costruito sai rami degli allieti, con foglie verdi, tenute assieme legate da fili sericei. Già il Banks, clie accompagnava il grande viaggiatore Cook, ne aveva fatto cenno, ma non potè ri- conoscere per quale maniera Fig. 836. — Operaia di Oecophylla smaragdina (Fabr.), che porta una larva e la fa filare. Ingrand. circa 3 volte (da Dotlein). 852 CAPITOLO SETTIMO molte operaie, dispostesi all'esterno, ordinatamente, in fila, su uno dei lembi, lungo il taglio e bene aggrappatevisi colle zampe tutte, afferravano, colle mandibole, l'altro lembo staccato e, adagio adagio, con una trazione uniforme e continua, lo portavano accosto a quello su cui stavano fissate (fig. 835). Intanto, dall'interno del nido, altre operaie sopraggiungevano (fig. 836) ciascuna recando fra le mandibole una delle loro larve, col capo all'insti e, facendole toccare colla bocca loro or l'uno or l'altro dei lembi tagliati, appunto lungo il taglio, mentre dalla bocca delle larve stesse usciva il filo di seta, compivano, in breve, una salda cucitura, dall'interno, della ferita praticata al nido, che così fu accomodata. Queste Formiche, adunque, in tal modo fissano l'ima all'altra le foglie verdi componenti il formicaio e si servono delle loro larve stesse, quasi di una spola da tessitore. « La formica oecofilla — osserva giustamente l'Emery — è uno dei pochissimi animali, che adoperano, nei loro lavori, uno strumento » (1). Aà* Ani;lie per altre specie di Formiche si verifica l'intervento delle larve fila- trici, nella costruzione del nido, come accade, ad es., del Camponotus senex F.Smith, comune nell'Americameridionale, £:■ 'rf^-Sx ?'. .' \ che fa nidi sul genere di quelli della Oecophylla sopradetta. : l^Jr^fctl Del resto, la seta, che è ria ritenersi dovuta a se- crezioni delle larve, per talune Formiche entra a far parte, in varia misura, dei materiali di costruzione del nido, tino ad esserne l'unico. Cos'i, talune specie del gen. Polyrrhachis, Formiche esotiche, so- pratutto dell'India continentale ed insulare, impiegano variamenti' la seta nei loro nidi, sia per semplicemente tappezzarne le pareti interne, come accade nel P. simplex Mavì, i cui nidi, scavati sot- terra, ne hanno le celle rivestite di un sottile strato, sia per com- porre una specie di cartone flessibile (fig. S37), quando tale materia sia mescolata con detriti vegetali, in varia proporzione, a seconda di specie diverse. Finalmente, di pura seta sono fatti taluni formicai di specie pertinenti al detto genere, per talune in maniera di un semplice sacco trasparente, come è per la P. arachne Eoi., per altre (ad es. P. Ihrinaj; Rog.), i nidi sono di foglie, rivestite di seta. Cambiamento di domicilio. — Allorché il formicaio, per qualche causa, è divenuto inabitabile ormai, o gli inquilini si sentono troppo molestati, essi finiscono per decidersi a cambiar casa. Qui, però, si manifesta un caso tipico di eterofrenia accentuata, inquantochè la decisione non è presa con- temporaneamente e generalmente da tutti gli inquilini. Alcune operaie, infatti, e forse all'inizio una sola, si decidono al trasloco, iniziando la escavazione e la co- struzione di un nuovo formicaio. Questa avanguardia si mette all'opera e finisce per persuadere tutte le compagne a seguirla ed aiutarla nel lavoro. L'Huber de- scrive il singolare procedimento. Le pioniere, dapprima in piccolo numero, iniziato il lavoro per creare il nuovo ambiente, fanno scorrerie frequenti nel vecchio nido, di dove trasportano, sospese alle mandibole, ciascuna una operaia tolta dal for- micaio, che deve essere abbandonato. Questa è messa a terra in presenza dei nuovi lavori e vi prende parte subito e volentieri. Sembra davvero che le reclutatici persuadano, con toccamenti alle antenne, trazione per le Fig. 837. Nido fatto di cartone e seta da una Poh/nhachis, (Grand, nat.) (da Brehm). (I) Non va dimenticato ancora che Perseval-Deschénes attenua di aver veduto due operai di una Formica (probabilmente F. rufa) far ricorso ad una vera e propria leva, cioè un h'1 d'erba, per spingere, insieme, all'insti, lungo il piano del monticello di detriti che circondava il loro nido, un carico troppo pesante per essere altrimenti trasportato lungo quella pendenza ! i.k soci i: i À 853 mandibole, ecc. le operaie della vecchia dimora ad abbandonarla e venirsene con loro. Avvenuto l'accordo, la recluta è trasportata, sospesa ed avvolta sotto il capo delta reclutatrice (fig. 817 A pooo a poco il numero delle operaie, che cosi emigrano verso i lavori pel nuovo tonni- caio, va aumentando, tinche non è necessaria troppa fatica persuasiva, uè il trasporto di-Ile re- clute. Le immigratrici finiscono per venirsene da sé. Preparati locali convenienti ormai, sono quivi trasportate le larve e le ninfe, i maschi e le femmine e il vecchio formicaio rimane deserto. « Accade talvolta — dice l'Hnber — che diverse operaie intraprendano contemporaneamente di fondare una nuova città e di trasportarvi tutte le loro concittadine; questo dà luogo alla esistenza temporanea di parecchi formicai. Ma, le Formiche se ne accorgono presto e non -tar- dano a riunirsi tutte in uno stesso nido ». Rapporti fra più formicai. — Ciascun formicaio è realmente il complesso di indi- vidui pertinenti ad una sola famiglia, che discende da un comune capostipite, allogata nel nido, che essa stessa si è costrutto per opera di più generazioni. Accade, però, che un certo numero di nidi, pertinenti ad una sola specie, si trovino distribuiti su una data area e, tra questi, in molti casi, sono stabilite relazioni di vicinato, variamente amichevoli, e rapporti di commercio, di mutua difesa, ecc., per i quali l'insieme di tutti i formicai può essere paragonato ad uno Stato, per usare della voce ragionevolmente impiegata dall'Emery. Il Forel vide, in una foresta del Mont Tendre, uno di questi « stati » di Formica exseota, com- posto di oltre 200 formicai, occupante una zona circolare di 150 a 200 ni. di raggio, dove non era alcun'altra formica, tranne qualche individuo dell'audace ed agile Tapinoma erraticum. I formicai della Formica rufa, ad es., (che sono sotterranei) si trovano in rapporto fra loro per mezzo di strade incavate nel snolo e percorse di continuo da molte operaie. Altre strade maestre si partono dalla colonia di formicai in diverse direzioni all'ingiro, battute sempre da Formiche in gran numero, che vanno a cercar provvigioni pei loro nidi o vi tornano ; queste « sono le vie commerciali della nazione », come beo le definisce l'Emery. Tutte queste vie, deserte durante la cattiva stagione, quando le Formiche sono riparate nel nido, vengono tutte rimesse in buono stato, con grande cura, dagli insetti stessi, allorché essi si svegliano dall'intorpidimento invernale; ripulite dai muschi, che vi sono cresciuti, dalle foglie secche od altre quisquiglie, che vi sono cadute, ecc. Per altre specie, invece, non sono così buoni e cordiali i rapporti di vicinato tra un for- micaio e l'altro, anzi è una innata ostilità fra gli abitanti di nidi, anche vicini e della stessa specie. Cosi accade che, se si incontrano per via individui pertinenti a due diverse famiglie, essi o si scansano o si azzuffano. Può accadere che si interrompano i rapporti fra formicai di uno stesso stato e dove prima era amicizia, subentri il sentimento opposto, come vide il Forel per la Formica pratensiì Deg. Dopo una invernata, le relazioni tra un formicaio e due suoi vicini erano interrotte e dopo tre anui sostituite da vera ostilità. Ma pare basti un tempo anche minore per far dimenticare la vecchia amicizia. Nidi composti. — Oltre i nidi semplici già veduti, nei quali vive una fa- miglia di una sola specie, si hanno esempi di famiglie pertinenti a due specie diverse, abitanti ciascuna in nido proprio, ed a suo modo, ma l'uno all'altro strettamente vicino e con rapporti diversi di convivenza, fra le due specie, da amichevoli ad ostili, da facoltativi a necessari. In base alla diversità dei suddetti rapporti, si può stabilire una classifica- zione biologica delle differenti maniere di vita dei conviventi, e cioè: Plesobiosi allorché i rapporti si limitano a quelli soltanto di vicinato; Lestobiosi (Forel, o Gleptobiosi « Wheeler ») per defluire la vita di ladroneccio da parte di una specie (piccola), che nidifica nel formicaio stesso di altra (grande) e la deruba conti- nuamente; Xenobiosi, quando i rapporti intercorrono amichevoli fra grosse specie e piccole e queste ultime nidificano nel formicaio delle prime. ,X5-t CAPITOLO SETTIMO Plesobiosi. — La vicinanza stretta di due formicai, appartenenti a due diverse specie, indifferenti ma non nemiche Pana all'altra, è determinato solo dalla con- venienza dell'ambiente scelto da ciascuna specie per suo conto. Così, accade spesso di trovare, ad es., sotto la stessa pietra, due o tre nidi di specie diverse, a contatto fra loro. Il luogo è comodo perchè la pietra forma il soffitto delle sale superiori, dove ogni giorno convengono, portate, le larve e le ninfe a godersi del calore solare raccolto dalla pietra. Esiste, però, sempre, un tramezzo, comunque sottile, di separazione di ciascun nido dai vicini. Lestobiosi. — La parola significa vita di ladroneccio e si riferisce a specie, che si comportano, ad es., come i Topi nelle nostre case ; vi nidificano celati ed escono dai loro nascondigli per rubare. Ma, tra le Formiche, questi ladri fanno assai peggio, perchè il loro furto è di giovani della specie derubata, che sono divorati dalle ladre. Il nido delle specie lestobiotiche è scavato entro quello delle ospiti ; per lo più in qualche sua grossa parete ed il foro di ingresso è così piccolo, da non permettere di penetrarvi agli individui della specie più grossa, che è quella che ha di che dolersi della presenza dell'altra. Per citare un esempio, tolto dalle Formiche nostrali, la piccolissima Soìenopsis fngax Lati'., che non esce all'aperto se non in occasione del volo nuziale, fa la ladra, nella maniera che si è detto, a spese di specie diverse, ad es. della Formica fusca. Xenobiosi. — Talune specie di Formiche sono normalmente ospiti, con tutto il loro nido, entro formicai maggiori e vi sono tollerate. Da noi ciò accade per parte del Formicoxenus nitidulus Nyl., formica a maschi atteri, che fa il suo nido in quello della Formica rubra e F. pratensis, « nelle parti profonde del formi- caio immenso della formica rossa, e vi ha sede in uno spazio ristretto, dove ac- cudisce all'allevamento della sua prole, ma vagando per tutto l'acervo, anche alla superficie del formicaio, Il Formicoxeno è tollerato dalle sue ospitatrici ; passa per lo più inosservato tra le gambe delle Formiche rosse, e se, talvolta, una di queste apre minacciosamente le mandibole, la minuscola ospite, fingendosi morta, evita il pericolo di farsi addentare. II Formicoxeno vive nell'assoluta di- pendenza della Formica rossa, non è stato mai incontrato fuori dei formicai di questa specie. Quando la Formica rossa cangia domicilio, l'ospite la segue. Che cosa l'attrae verso la sua grande ospitatrice? è ignoto, come pure è ignoto il suo genere di alimentazione ». Nel Nord America, secondo il Wheeler, nei nidi della Myrmica orevinodis Em., nidifica anche il piccolo Leptothorax emersomi Wheel., in piccoli formicai, non accessibili agli individui della specie ospitatrice. Allorché una operaia del Leptothorax ha bisogno di cibo, esce nelle gallerie della Myrmica ed, incontrando un'operaia di questa specie, sale sul suo dorso, la accarezza e la lecca anche sulla testa, finché, questa, cosi solleticata, emette dalla bocca una gocciolina di liquido nutritivo, che subito è raocolta dal Leptothorax fra le sue mandibole ed assorbita. Quindi scende ed, il più spesso, subito ripete la manovra con altra operaia di Myrmica. Parassitismo sociale. — Tutta una società può adattarsi a vivere a carico di quella di un'altra specie, con buona armonia fra l'ospitatrice e l'ospitata od al- meno con tolleranza della prima rispetto alla seconda. Questa può essere parassita necessariamente, quando ad es., non abbia ope- raie proprie, mercè le quali crearsi un nido a sé e condurlo innanzi bene. Così, il parassitismo sociale è graduato, a partire da un adattamento seni- LE SOCIKTA 855 plicemente facoltativo per giungere ad imo assolutamente necessario. Questo ul- timo grado è raggiunto da quelle specie ospitate, in cui non solo mancano gli ope- rai, ma gli adulti stessi sono incapaci di locomuoversi, oltre clie di cibarsi da sé, come si vedrà, ad es., essere degli Anergates. parassitismo e breve il passo. Infatt Dalla dulosi, die esemplificheremo più innanzi, al quando la specie dulotica, per una qualche maniera di degenerazione, perdesse della sua virtù bellicosa ed ef- ficacia predatrice, sarebbe costretta, per salvarsi a far da parassita nel nido della specie ausiliaria. Ciò accade, infatti, per un altro Strongi/lognathus (S. testacene Sohenok) I tìg. 839), che conserva tuttavia le caratteristiche morfo- logiche della formica predone, ma è cosi piccolo e de- bole, ormai, che non potrebbe neppur tentare una spe- dizione a rubare le uiufe del Tetramorium caespituni (fig. 838), di cui è più debole. Se vuol vivere, deve adattarsi a permanere nel nido di questo ultimo e farvi da parassita, tollerato dagli ospiti. Un'altra maniera di parassitismo, certa- r''K- S38. Fig. 839. mente di altra origine, è rappresentato da FiS- 838. - Tetramorium caespitum, ,. . , ospitatole di Stronqiiloqnalhns (stesso specie prive di operaie, composte, adunque, ingrandirli, della fig. 839) (da Whee- soltanto da t'emuline e da maschi, i quali sono ler). accolti in formicai di altra specie e quivi be- FiS- 839- — Strongylognathus testaoeus ... , ... Sohenok, ospite di Tetramorium caespi- uissimo vivono, ospiti graditi. , , . ' l . A , ,, « a.fe\ ' ' * Inni (stesso ingrana, della fig. bob) (da Wheeler). Il caso è esemplificato dagli Anergates e da altri. L' Anergates atratulus (Sdir.) vive nei nidi di Tetramorium caespìtum. La formica dealata inturgi- disce eccessivamente nell'addome (tìg. 840), per molte uova che contiene, e, cosi, è incapace di camminare. Nel formicaio si trovano anche femmine giovani, alate e quei maschi atteri di cui si è detto più su. L'accoppiamento avviene nel nido, e la femmina fecondata ne esce a volo. Le operaie della specie ospite hanno grandissima cura, sopra- tutto della femmina dealata dell' Anergates, che nutrono e trasportano esse stesse qua e là nel formicaio, giacché da sé non può locomuo- versi. Per giungere nel nido ospitale, la femmina che, dopo il volo, è caduta a terra ed ha perdute lo ali, si afferra, colle sue mandibole, all'antenna di una operaia «li Tetromorhtm, che incontri e si fa trascinare nel suo nido. Quivi, è così bene accolta, che le operaie di Tetramorium ucci- dono tutte le femmine ed i maschi della propria specie ed insediano, come regina loro, la nuova venuta. La JJ heeìeriella santsehii For. vive in Tunisia, entro i nidi di ilonomoriiim salomonis (L.) (formica comunissiina in tutta la costa barbaresca e con una varietà in Sicilia e Sardegna). Anche la Ifhee-. lei-iella è priva di operaie; ma, i suoi maschi sono alati, e la fem- mina dealata, anche se ripiena d'uova, non ha l'addome gonfio come quella dell' Anergates già veduta; si locomuove, ma è incapace di mangiare da sé. La femmina dealata, dopo il volo, raggiunge un nido di Monoinoiium, finisce per penetrarvi ed allora le operaie della specie ospitante uocidouo la propria regina e per tale adottano la usurpatrice. Fig. 840. Anenjate><; femmina fecon da, coll'addome estrema- mente rigonfio; molto in- grandita (da Wheeler). Altre specie sono note, prive di operaie e viventi parassiticamente a spese d'altre, nel modo anzidetto. 856 CAPITOLO SETTIMO È da ritenersi cbe al parassitismo sia dovuta appunto la scomparsa delle operaie della specie parassita, come forme ormai divenute inutili. Dulosi. — L'abitudine di una specie di farsi servire dalle operaie di un'altra, e defluita con tale voce. I gradi, però, ne sono varii e, cioè, da una maniera, di convivenza, in cui le due specie, la padrona e la servente, si trattano alla pari e quest'ultima non è strettamente necessaria alla esistenza dell'altra, fino ad una vera e propria schiavitù di una specie, senza l'ausilio della quale l'altra non potrebbe nidificare, ne tampoco vivere. Sono, dunque, due maniere di dulosi, facoltativa la prima, necessaria l'altra. Dulosi facoltativa. Ne è dato esempio, tra le Formiche nostrali, dalla For- mica sanguinea, Lati'., che, quasi sempre, si trova associata, nel suo nido, alla F. fusca. La femmina di /■'. sanguinea entra a forza nel formicaio della F. fusca, mette in fuga od incide lo operaie e la femmina, legittime proprietarie e ne raccoglie le larve e le ninfe. Con l'aiuto delle operaie, che ne schiudono, alleva la propria figliolanza ; ma, la massa delle specie ospitatrici è rinsanguata con frequenti scorrerie, che le operaie della F. sanguinea, bellicose non meno della madre, praticano per invadere altri formicai della Formica fosca e trarne, di volta in volta, numerose ninfe, che, poi, importano nel loro nido ed allevano. Interviene una vera battaglia tra le operaie di F. sanguinea o quelle della f. fusca di un altro nido, con una stra- tegia, da parte della predatrice ed una tattica difensiva dell'aggredito, veramente meravigliose. La conseguenza, però, è sempre la stessa, cioè il saccheggio, più o meno intenso, del formicaio aggredito ed importazione di nuove ninfe da quivi al formicaio proprio della battagliera /'. san- guinea. Le operaie dell'una e dell'altra specie vi compiono, di buon accordo, tutte le opere, dalla edificazione del formicaio, all'allevamento della prole; ma, fuori del nido, le mansioni delle une sono diverse da quelle delle altre. La operaia della F. fusai è addetta, di preferenza, alla mungitura degli Afidi, viventi sulle piante vicine ; mentre quella della F. sanguinea attende aliti caccia, alla guerra, al saccheggio di formicai d'altre specie, per predarvi gli alimenti e le pupe. Con tutto ciò, meno frequentemente, si trovano formicai abitati soltanto dalla F. sanguinea, che, dunque, può vivere anche senza l'aiuto dell'altra specie. Dulosi necessaria. — Le operaie di alcune specie di Formiche non sono ca- paci di compiere i lavori necessari alla buona vita della specie loro. Questa non potrebbe, adunque, conservarsi senza l'aiuto di operai di qualche altra specie. Di qui la necessità di questi servi, e la specie inetta, deve procurarseli. È, dunque, in atto un vero e proprio stato di schiavitù (SouUia), subita da qualche specie a vantaggio di altra, che può vivere, così, in perfetto far niente, colla sola briga di procurarsi gli schiavi necessari. 11 più ovvio esempio, per speeie nostrali, è quello del Polgergus rufescens Lati., la cosi detta Formica amazzone, che fa schiave le operaie della comune Formica fusca L. Il Polt/ergus, di statura vantaggiosa in confronto delle comuni Formiche, ne differisce anche per la forma delle mandibole, che non sono larghe ed armate di grossi denti, come hanno i buoni lavoratori del gruppo, ma foggiate a guisa di pugnali acuminati. Sono queste eccellenti armi offensive e difensive e questo predone se ne serve pei combattimenti, in cui, per e necessità suddette e pel suo istinto battagliero, si trova continuamente impegnato. Le operaie del Poìijergus, che sono piuttosto dei veri soldati, fanno frequentissime scorrerie liei procurarsi gli schiavi, di cui bisognano. Si vedono questi aggressori procedere numerosi, in lunga fila, verso un nido di Formica fusca, penetrarvi a forza e ritirarsene, ciascuno recando tra le mandibole una ninfa dell'altra specie. L'attacco delle amazzoni, condotto con impeto, a colpi delle loro terribili mandibole, colle quali perforano il capo dell'avversario, è irresistibile per la specie aggredita e pochi individui dell'una e dell'altra rimangono sul campo, perche basta, il più spesso, la sola minaccia perchè I.K SOCIETÀ 857 le operaie della specie aggredita riu uncino ad una resistenza, elle sarebbe inutile. Le scorritrici penetrano facilmente ne] nido della Formica fiutai, perchè non vi ha alcuno a difendere l'in- gresso, chi' tutti gli individui della specie aggredita si sono già rifugiati nei sotterranei, all'av- vicinarsi dell'esercito nemico. Questo penetra da padrone in casa altrui e vi risorte colla preda ed è molto se qualche ritardatario isolato, aggredito da operaie della Formica fosca, è costretto ail abbandonare il bottino. Se il nido aggredito ne abbonda, i predoni ritornano anche nello stesso giorno e questa volta può accadere che la resistenza sia energica. Analogamente si comporta, nell'America, il Polyergus lucidità Mayr. , rispetto alla Formica schaufiiissi Mavì., da cui ritrae i suoi schiavi. Anche la Formica rufibarbis Fabr., sebbene più di rado della F. fusca, può essere tratta in schiavitù dalla Amazzone; ancor più raramente ambedue le specie si possono trovare insieme nel nido della rapitrice. Ma la /•'. rufibarbis è piìi battagliera della sua congenere e la conquista delle sue pupe non è ottenuta dalla Amiuazzone se non dopo fiorissi ma zuffa, condotta agli ingressi del nido, dal quale allorché sono, finalmente, penetrati gli aggressori, si vedono fuoruscire in fuga disordinata le operaie della rufibarbis, portandosene in salvo ciascuna una pupa od una larva. Dopo un minuto, al massimo, riescono le amazzoni, colla loro preda e se ne vanno portando esse pine ciascuna un bozzolo od una larva e si ritirano in fila ordinata e compatta, il più spesso vigorosamente inseguite dalle operaie della specie aggredita, che prima erano fuggite e le ultime fra le rapitrici sono costrette ad abbandonare la preda e salvarsi, perchè, se attaccate da sei o sette operaie della rufibarbis e da queste coperte di veleno, in breve tempo soccombono. In dieci minuti, tutto il tiagico episodio è terminato; anche l'inseguimento ha tino sollecito, perchè la amazzoni cornino più veloci delle operaie della specie vittima. L'aggressione è fatta a colpo sicuro, perchè viene al seguito di esplorazioni condotte da pio tempo, per parte ili esploratrici isolate della Amazzone, che poi guidano la spedizione in massa. Il Polyergus non potrebbe esistete senza l'aiuto della Formica fiasca, perchè è incapace non solo di ogni lavoro necessario alla vita della società, ma persino di mangiare da sé. Esso perirebbe immancabilmente di fame, se le schiave non lo imboccassero e ciò si è dimostrato sperimental- mente. Le schiave fanno tutto, scavano e costruiscono il formicaio; escono a foraggiare, curano le loro padrone adulte e giovani, coltivano gli Afidi sulle piante, ecc. Le amazzoni non fanno nulla; sono vere parassite delle loro schiave; passano la vita va- gabondando: non sono che soldati esclusivamente, ottimi e valorosissimi solo nella guerra e nella rapina, senza pati nelle scorrerie e nella difesa del formicaio. Anche lo Strongyloguathus k uberi l'or., più piccolo della Formica Amazzone, ma con ana- loghi caratteri morfologici in rapporto al suo genere di vita, sembra comportarsi, rispetto al Telramorium caespitum L. come il Polyergus riguardo alla Formica, secondo si è detto ; ina nou sono complete, finora, le osservazioni in proposito. Formiche mellifere. 1 }[yrmecosy.st>is (figg. S41-S441 sono Formiche, le cui operaie, secondo significa il nome generico, hanno l'addome, ohe può ingrossare enormemente per miele che si accumula nell'ingluvie e, cos'i, si deformano singolarmente, in confronto di quelle che non contengono così fatto deposito, Intatti, l'addome, divenuto sfe- roidale, è del colore e della trasparenza dell'ambra, salvo i tergiti e gli sterniti scostati grandemente fra loro. Queste operaie rappresentano dei veri magazzini di miele, sempre pronto alla richiesta di qualche operaia affamata. L'operaia mellifera ne offre una gocciola, che apparisce sulla sua bocca e subito la famelica la raccoglie avidamente nella propria e la ingurgita. Il Myrmecocyslus melliger (Lave) del Messico e della California, •■ la specie più nota del genere, che e esclusivamente americano. A. BkiilksE, 'Hi Inietti, II. — 108. 858 CAPITOLO 8KTTIMO Il miele ricavato dalle galle verdi di Quercia, fatte da un Cinipide, dalle quali essuda come un liquido viscoso. Le operaie esplora- trici se ne caricano nel loro intestino; di poi, rientrate nel nido, lo rigurgitano nel magaz- zino vivente, costituito dalla ingluvie delle operaie ìuellifere, sedentarie, od a queste, che stanno immobili, aggrappate alla parete della camera del miele, lo rigurgitano innanzi alla bocca e la operaia mellifera subito lo intro- duce in sé. Le operaie mellifere non sono forme speciali ; diversificano dalle comuni solo per l'ufficio anzidetto, temporaneo, che importa la enorme dilatazione dell'ingluvie e la impossi- bilità di locomozione, tanto che se queste obese cadono al suolo, sul dorso, non hanno modo di rimettersi, da se, nella ordinaria, nor- male posizione e neppure le altre operaie le aiutano, sebbene abbiano cura grandissima di questi otri di miele viventi. Il nido del M. melligev escavato nel suolo ed è sormontato da coni formati con piccoli pjg, 841 Myrmeeociixlii* hortideornm M. C., individuo repleto nell'atto di rigurgitare il cibo ad operaie digiune. Ingrandito (da Me Cook). Fig. 842. — Myrmeeocyitus hortideornm. Individui repleti, sospesi alla volta della camera del Grand, nat. (da Me. Cook'.* miele. granelli di sabbia e forniti di fori aperti in fondo all'imbuto, sca- vato nel cono, e occupati sempre da operai, che vi stanno di guar- dia. In un nido di questa specie si trovano fino a 600 operaie mellifere. Il liquido, così detto miele, è una soluzione acquosa, pressoché pura, di zucchero non cristallizzabile; ha sapore acidulo ed è molto ricercato, come una vera ghiottoneria, dagli indigeni. Questo deposito serve certo alla nutrizione dell'intera famiglia. Si è potuto mantenerne una, per quattro mesi, fornendola di sola acqua ne d'alcunaltro nutrimento. Dopo questo tempo nessuno dei componenti la famiglia era morto di fame; ma le operaie di volume. Secondo il Me. Cook, che studiò benissimo questa spe- cie ed una affine, il M. hortideornm M. C. del Colorado, il miele viene rac- colto, in quel sito, dalla Quercia un- dulata, che colà abbonda. La ma- teria zuccherina è in piccole granu- lazioni,chesi tro- vano sulle galle delle foglie. Analoga- inente si compor- li Camponotus iiijlatus (Lubb.ì di Australia, i leptomyrmex delle, stesso continente, qualche Prenolepis, come la P, imparia (Say) dell'America boreale, ecc. mellifere si trovarono iltn diminuite Fig. 843. — Myrmeeocystus hortideo- rum, individuo repleto di miele, ingrandito da Wheeler). tano anche il Melophorus bagoli Lubb., Fig. 844. — Formica del miele {Myrme coeystua) con addome gonfio; sono in- dicate le diverse parti dell'intestino. in, ingluvie piena di miele; am, por- zione media dello stomaco compren- dente la valvola di chiusura dell'in- gluvie; s(, stomaco propriamente detto: ip, intestino posteriore (da Emery). LE SOCIKTA 859 Formiche nomadi. Taluni generi, pertinenti alla famiglia dei Dorilidi, comprendono specie, che hanno abitudini eminentemente vagabonde, per ciò che la loro dimora in for- micai è solo transitoria e non si protrae lungamente. Ad un dato momento, quando le necessità della vita costringono all'esodo, queste Formiche se ne vanno tutte insieme, portandosi le loro larve e le pupe, in altro ambiente, ove possono vivere di caccia e di preda, secondo il loro costume. Nella stessa Famiglia dei Dorilidi, però, sono comprese altre specie con abitudini meno nomadi e che risiedono in formicai sotterranei (1), dai quali mai escono all'aperto e che, perciò, non si rivelano altrimenti. Questi sono ad es: i Dorylus, perti- nenti sopratutto alle regioni equatoriali, che, come quasi tutti gli altri generi della Famiglia, sono ciechi. I Dorilidi di tutti i generi emanano un puzzo speciale, ben forte. In generale, le femmine ed i maschi, in questa Famiglia, sono di dimensioni straor- dinariamente maggiori in confronto delle ope raie. Fra queste si notano individui di gran- dezza diversissima e differenti anche morfolo- gicamente. Alcuni, maggiori assai degli altri, sono forniti di robuste mandibole, foggiate ad uncino e questi sono i così detti soldati; altri hanno mandibole brevissime, conformate come quelle di quasi tutte le vere operaie (flgg. 84, 6', operai (da Sharp). m M Fig. 850. — Spaccato del nido di Alta (Oecodoma) cephalotes, coi suoi magazzini ripieni di pezzetti di foglia tagliate (da Beiti. frale, cioè V Oeco- doma cephalotes (L.) (fig. 849), notata da gran tempo per la sua abitudine di re- cidere, dalle pian- te più vicine, pez- zi rotondeggian- ti di foglie, della grandezza di una Fig. 851. Sezione longitud., schematica di un nido di Trachymyrmex sepienirionalis Mac. Cook, degli Stati Uniti, var. La camera pic- cola, superiore, è la primitiva della regina; nelle altre, meno che in una, è coltivato il fungo (da Wheeler . S64 CAPITOLO SETTIMO Cu Fig. 853. Fig. 852. — Fungo (Tyridomicea formicarum) col- tivato dal Cyphomyrmex rimosus Spin. del Sud- America (da Wbeeler). Fig. 853. — Operaia della coltivatrice di fungili (Cyphomyrmex di California) molto ingrandita (da Woodworth). nostra moneta da duecentesimi e portarli nel formicaio. Solo recentemente (1874) il Belt dimostrò che questi frammenti di foglie sono utilizzati, dalle dette Formiche, per costituire, nell'interno dei loro nidi, in apposite camere profonde (figg. 850, 851), rotondeggianti, della dimensione presso a poco della testa di un uomo, un substrato opportunissimo a nutrire il micelio di un fungo del gruppo degli Agarici, ossia il Bozites gongylophora, che, però, le Formiche non lasciano mai crescere lino alla sua forma fruttificante. 'SeW'Atta (Oecodoma) sexdens L , nota al Brasile col nome di « Salive », si trovano forme neutre, diversissime fra loro di statura, da un grosso soldato a testa molto voluminosa, ad uu'operaia alquanto più piccola, ma assai maggiore dell'operaia minima, come si vede nella figura 849. I soldati sono terribili difensori del for- micaio, da cui, se molestato, escono in massa, e l'aggressore ne ha morsi dolorosissimi, a san- gue. Gli operai maggiori fanno processioni, tino di mezzo miglio, alle piante, da cui ritraggono i pezzi di foglia, ritagliati colle loro mandi- bole. Dalle osservazioni del Moeller, sopra al- cune specie minori di Atta, risulta che questi pezzi, nel formicaio stesso, sono suddivisi in frammenti sempre più piccoli, tino alla gran- dezza della testa dell'operaio medesimo, poi morsi ed intaccati e lavorati fra le zampe anteriori, vengono accomodati su un ammasso di sostanza di aspetto spugnoso, che giace in una grande camera. Questa massa è appunto costituita dai detriti di foglie e quivi serve alla nutrizione del micelio, che subito invade i nuovi pezzettini aggiuntivi. Le Formiche curano di rimuovere, via via, dalla fungaia, i detriti di foglie ormai esauriti. La cura e la lavorazione della fungaia stessa è ufficio di altre operaio, ma queste sono le minori, veramente piccolissime (lig. 819, 6) e non escono mai dal nido, giacché il loro lavoro è tutto nel formicaio. Dal micelio sorgono i cosiddetti gongilidii, che sono i conidi della forma ifomicetica e di questi fanno pasto le Formiche, sopratutto ne nutrono le loro larve. La fungaia è la ricchezza del formicaio, perciò è curata in sommo grado. Se il nido è distrutto, le Formiche mettono in salvo, con le larve e le ninfe, anche la fungaia, portandosela a pezzetti. Le femmine alale, dette « Ica » dai Brasiliani, allorché lasciano il formicaio, per innalzarsi nel volo nuziale, portano seco « in dote », come ilice elegantemente l'E- mery, nella lincea, un piccolo frammento della fungaia; è il lievito per quella futura della famiglia avvenire. Questa femmina, di cui non Milo gli uccelli, ma anche i negri mangiano il grosso add ricco di grasso (e ne fanno strage durante il volo nuziale), si mura sotterra, alla fon- dazione del nuovo nido, come già si e indicato peraltro specie. Appena finito lo scavo, essa sputa il pezzetto di fungaia col lievito che ha portato con se, dove attenderà il substrato, che prepareranno le future operaie. Intanto, le prime larve sono nutrite con le uova, che la madre par- torisce, perchè uè produce mi pam ili migliaia, circa, e ne mangia essa pure (come fanno troppo "1"'" nostre ein de, che m bevono, via via, qualche uovo, di quelli ene stanno covando). 11 micelio .LI l'ungo, sul pezzettino ili fungaia portato dalla madre e, da questa, molto cu- e nutrito, sfilacciandolo o recandoselo, colle mandibole, alla estremità posteriore del corpo e Fig. 854. — A, La femmina, concima la fungaia por- tando un ciuffo di micelio sul suo ano ed innaf- fiandolo cogli escrementi. 7.', l.a femmina ripone il ciuffo di micelio nella fungaia. Fotogr. istantanee; grand, nat. da Jacob Huber). I.K SOCIKTA 865 quivi, bagnandolo dei suoi escrementi (tìg. 854 A), che fanno, così, da concime. I gougilidii nascono solo poco prima che schiudano le prime operaie. Altre specie di Formiche (fìgg. 851, 852, 853), meno perfezionate in questa cultura, la prati- cano, però, nutrendo la fungaia con sostanze organiche diverse: detriti vegetali, escrementi di bruchi, ecc. Piante mirmecofile. — Saranno illustrati, a svio luogo, taluni rapporti, quasi di simbiosi, fra alcune Formiche e par- ticolari piante, le quali danno ricetto ordinario al formicaio, mentre ne viene alle piante stesse qualche uti- lità per la presenza dell'insetto. Animali mirmecofili. — Numero- sissima, poi, e con rappresentanti di classi diverse, ma sopratutto di Insetti ed altri Atropodi, è la fa- lange di specie animali mirmecofile, con gradi, anche, difterentissinii, di mirmecofilia, che può arrivare per- sino ad una condizione sine qua non per la specie ospitata. Questa corrisponde al benefizio in maniere diverse; talora gradita o ricercatis- sima dalle Formiche, tal'altra appena tollerata od anche avversata. È que- sto un capitolo di storia degli In- setti fra i più interessanti, anche per le variazioni morfologiche in- dotte nelle specie mirmocofile dalla particolare marnerà di vita e si procurerà di illustrarlo a suo luogo, come si conviene al bell'argomento. Alla conoscenza dei Miriuecofil A B Fis 855. — Due belle specie di Formiche extraeuropee, ingrandite. A Cylindromyrmex strialus dell'Ecuador. Operaio (da Weeler). /.' Aphenogaster (Planimyrma) latini Em. della Nuova Guinea (da Forel). Fig. 856. — Una singolare Formica della tribù dei Camponolini, con prolunga- menti spiniformi nella regione dorsale (Polyrhaehù bihamala Drury), della regio- ne ludo-malese (da Wheeler). veramente larve, ecc. parassite ed altre quella di animali ricercati dalle Formiche per loro particolare interesse ed ancora lo specie parassite veramente delle Formiche stesse e di altre loro ne miche altrimenti. Tra i Mirmecofili, ricorderemo specie in numero grandissimo, sopratutto di Insetti e di Acari; tra altre curate e ricercate dalle Formiche, si faranno conoscere altri Insetti, come, ad es., gli Afidi, talune Coc- ciniglie, ecc. Tra i parassiti, si illustreranno specie ectofage ed endofage, viventi a spese delle Le Termiti. Le Termiti, dette anche (impropriamente) Formiche bianche (Fourmis blan- di es ; White Ants ; Weissen Ameisen) sono disposte in un distinto ordine, quello A. IìBHLESK, ali Inietti. II. — 109. 866 CAPITOLO SETTIMO degli Isotteri, che ha rapporti di affinità cogli Ortotteri e coi Pseudoneurotteri ai quali esse venivano, per lo passato, più strettamente aggregate (1). Il gruppo comprende esclusivamente specie sociali, ed anzi (in confronto, delle altre già vedute), per la probabile, maggiore antichità dell'abito sociale, le Termiti presentano caratteristiche di più avanzata differenziazione, morfo logiche e biologiche, così che esse, sotto certi aspetti (ad es., avanzatissimo grado di polifllia, perfezionamento delle abitazioni, ecc.) sono da giudicarsi per le forme di Insetti più evoluti nella abitudine sociale. Le Termiti sono Insetti propri delle regioni tropicali e quivi rappresentano mia vera cala- mità. Alcune poche specie e di abitudini piti modeste sono diffuse anche nelle zone temperate, tino al 40° grado di latitudine Nord, agli Stati Uniti ed in Europa. Due specie: Caìotermes flavi- collis (Fabr.); Leitcotermes Incifugus (Rossi) sono anche nell'Italia centrale e meridionale. Il numero di specie di questo gruppo è relativamente scarso (da 500 a 600 finora note) Circa 100 specie abitano l'Africa; 200 appartengono alla fauna Indo-Malese (di cui 38 a Ceylan Fig. 858. Fig. 859. Mastotermcs darwiiiiensii Frogg. Fig. 858. — Femmina ingrand. (dal dorso) Fig. 859. — A, ala anteriore; B, posteriore; C, tarso 3.° paio (da Desnenx). e 69 a Romeo) ; 10 al Giappone e Formosa; 40 all'Australia; 3 alla Nuova Zelanda; 12 al Ma- dagascar; qualcuna alle Gallopogos; alle isole Cooos ; all'isola Maurizio; alle Seychelle ; a Ma- dera; 3 o 4 al Turkestan ed alla Persia; 2 all'Europa meridionale, che sono le sopradette; 120 al continente Americano ed alle Antille. Le maggiori costruzioni, che sono il nido di questi Insetti, si incontrano appunto nei paesi caldi e quivi sono veramente vistose ed imponenti ed hanno sempre attratto l'attenzione e de- stato la meraviglia dei viaggiatori. Nessun altro insetto sociale si accosta, di gran lunga, a così fatta grandiosità di potenza costruttrice, tanto più mirabile quando si considera in rapporto alla statura degli operai. Le Termiti, infatti, sono Insetti di dimensioni, in generale, piccole o piccolissime; sopra- tutto gli individui, che, nella colonia, adempiono gli uffici di operai. (I) Cogli Embiidi costituivano il gruppo dei Corrodenti; ma lo studio di una Termite au- straliana, la pifi grande Termite conosciuta (Mastotermeg darwiniensis Frogg., fig. 858), che mostra le ali posteriori piti grandi delle anteriori ed aventi un lobo anale bene sviluppato (tìg. 859, B) e ripiegato longitudinalmente in riposo (pel qual carattere esso si accosta alle Blattidae) nonché cinque articoli nei tarsi (fig. 859, C), mentre le altre Termiti ne hanno quattro soltanto, ha persuaso i sistematici di costituire, per questi Insetti, un gruppo a se, quello degli Isotteri. I.K SOCIKTA 867 Questi Isotteri sono animali corrodenti ed è appunto come tali che si rendono, assai spesso, molesti ed anolie pericolosi nei loro rapporti con noi. Di ciò sarà detto e reoato esempi a suo luogo. L'apparato boccale delle Termiti è, dunque, foggiato sul tipo masticatore ed anche le varia- zioni nello sviluppo, fonna, ecc. delle singole parti boccali sono assai leggere e solo in rapporto collo speciale ufficio dei diversi individui nella vita in comune. Le maggiori variazioni, si riscontrano fra gli operai e si richiamano, sopratutto, alle di- mensioni, forma, ecc. delle mandibole, con relativa variazione nello sviluppo della testa, appunto per quello dei muscoli adduttori delle mandibole stesse. Lo studio della biologia di questi Insetti è reso molto arduo dalla difficoltà di poterli con- siderare nella vita loro interna, nel segreto del loro nido. Un metodo altrettanto buono, quali sono quelli, che si sono escogitati e messi in pratica per la osservazione sopratutto delle Api e delle Formiche, nei loro intimi lavori, nell'intimo della loro abitazione sociale, non è stato ancora trovato ; d'onde la incertezza e la oscurità circa taluni punti della vita di questi Isotteri. I più vistosi fenomeni sono stati messi in luce e fatti couoscere solo dalla line de! secolo decimottavo e si può datare l'inizio della conoscenza della biologia delle Termiti, dal 1779, colla relazione del Koenig sui Termiti dell'India. Poco dopo (1781) apparve la celebre lettera di Smeathmauu, sui Termiti d'Africa, nella quale egli illustrò alcuni dei principali fatti della biologia di questi Isotteri, come, ad es., la costante presenza del He presso la Regina: la cultura di speciali funghi a scopo di nutrizione, ecc. .Solo dopo una settantina d'anni, cioè nel 1850, fu pubblicato uno studio del missionario T. S. Savage, sui Termiti dell'Africa orientale, specialmente sul Termes liellicosus Smeath., confermante le affer- mazioni dello Smeathmaiai (che erano state accolte con incredulità) e riferente nuovi particolare biologici. Data, poi, dal 1855 la grande monografia dell' Hagen sulle Termiti, che va considerata come fondamentale nella cognizione di questo gruppo. Da allora gli studi sulle Termiti hanno trovato molti e valorosi cultori. Polifilia delle Termiti. Probabilmente iu rapporto colla maggiore antichità loro, in confronto delle Formiche, colle quali le Termiti hanno pur grandi convergenze nella maniera di vita sociale, è iu questi Isotteri il più alto grado di differenziazione, in caste, di individui del gruppo dei neutri e, perciò, esclusivamente destinati a tutto il la- voro pel buono stato della colonia, all'infuori delle funzioni di riproduzione, che sono riserbate esclusivamente ai sessuati. Sono questi ultimi gli individui, che, nella colonia, debbono provvedere alla propagazione della specie, sia con atti di riproduzione, sia con altri intesi alla diffusione. Tutti gli altri individui, incaricati di lavori differenti, sono, dunque, Operai, sia con funzioni pacifiche entro e fuori del nido, sia con attribuzioni di- fensive della colonia e questi ultimi sono detti, più propriamente, Soldati. Una ulteriore differenza fondamentale, in confronto delle Formiche, si rileva in ciò che, nelle Termiti, che sono Insetti a metamorfosi incompleta, anche le forme giovanili prendono parte al lavoro degli operai. Questi giovani sono attivi utilmente in tutto il periodo di questa loro età, a cominciare da neonati, piccolissimi, lino a grosse ninfe con monconi diali, invia di riescire adulti alati, pertinenti alla casta destinata alla riproduzione e diffu- sione della specie. Questa così ricca distinzione di caste non appartiene a tutte le specie; ma, in quelle ove essa è di regola, come ad es. pel Termes belticosus, in epoche opportune, ad es., prima che incominci il periodo delle pioggie, in un nido della detta Termite, bene evoluto ormai, si incontrano, attive, le seguenti forme: LI 9 R A F 868 CAPITOLO SKTTIMO 1.° Coppia reale (talora anche più coppie); 2.° Alati d'ambo i sessi ; il più spesso molto numerosi. (Questi rappre- sentano le forme migranti); 3." Operai (che formano la massa della colonia e sono di varia maniera); 4.° Soldati (ve ne sono di grandi e di piccoli) ; 5.° Giovani (pertinenti a tutte le suddette caste). Si è detto clie la maniera di popolazione di un Termitaio varia non soltanto in rapporto alla specie, ma anclie alla stagione (e, naturalmente, anche all'età della colonia). Così, se si apre un Termitaio dello stesso Terme» bellicosus, in altro momento, ad es., nel tempo della siccità, si vede che manca di alati. In altre specie, invece, manca sempre ogni maniera di soldati. Cc-ì gli Anoplotermrs (come accenna il nome) non hanno soldati; la popolazione loro si compone soltanto di forme riprodut trici e di operai. Per converso, in altri gruppi, ad es., nei Calotermes, mancano gli operai; due caste soltanto, quella dei sessuati e quella dei soldati, sono rappresentate. Si vedrà in appresso come, di fronte a necessità, possono essere allevati individui giovani (destinati, nella loro origine, alla casta dei neutri), allevati, dico, a compiere le funzioni di ses- suati, divenendo cosi Re e liegina dì sostituzione, stabilendo, in tal guisa, quasi una sottocasta distinta nella casta dei sessuati. A parte le differenze morfologiche secondarie, tra gli individui nelle singole caste degli operai, dei soldati e dei sessuati, delle quali si è fatto cenno (ma si dirà abbastanza più in- nanzi), è certo che la precipua, fondamentale diversità intercorre fra i sessuati ed i neutri. I primi sono alati, i secondi semine atteri. In realtà, mentre i primi rappresentano le forme evolute completameli te, gli atteri si deb- bono considerare per individui arrestati nella via del loro sviluppo, a distanza varia dallo stadio definitivo, rappresentato dalla completa evoluzione e maturanza degli organi sessuali e più an- cora dalla presenza di ali. Questi stati giovanili, a cui sono arrestati e definitivamente (issati gli operai ed i soldati, determinano, colla loro varietà, differenziazioni secondarie nella vasta classe dei neutri. Altre variazioni, però, ed anche più vistose, sono determinate, entro la stessa casta suddetta, dal differente sviluppo di taluni organi, il che implica funzioni diverse e, cosi, si hanno subito ul- teriori differenziazioni in gruppi, tra i quali emergono quelli degli operai e dei soldati. Altre variazioni morfologiche secondarie, che stabiliscono particolari, nette suddivisioni entro le caste, a cui si è già fatto cenno, inducono una più precisa specializzazione a determinati uf- fici, come sarà esemplificato. Nella casta dei sessuati, invece, l'unica variazione secondaria, oltre a quella già accennata fra coppia reale vera e coppia reale di sostituzione, dipende dalla presenza o mancanza delle ali- Questi organi, di impiego in uffici solo all'esterno del nido, vengono rimossi allorché gli indi- vicini si danno alla vita sedentaria; ma questa è una variazione con una differenziazione sempli- cemente occasionale. Gli Alati, cioè il maschio e la femmina, sono forniti di organi sessuali per- fettamente evoluti ed attivi, nonché di ali. Essi sono gli adulti normali, giunti, cioè, all'estremo grado dello sviluppo consentito alla specie. Queste forme imaginali, che per tali si riconoscono pegli organi sessuali maturi ed efficaci, oltreché dagli organi di volo completamente svolti ed atti a loro ufficio, godono, ancora, di grandi occhi composti e di robusto tegumento, che si defluisce in placche durette, bene chitinee, nonché di tinta più intensa, che non si vedono in tutti gli altri stadi e caste, i cui individui devono con- siderarsi per forme tuttavia immature, cioè arrestatesi, come si è accennato, nel loro sviluppo. Gli individui dei due sessi, allorché di recente schiusi, fino all'inizio della vita sedentaria entro il nido, la quale segue più o meno sollecitamente all'accop- l.K SOC'IIIA S69 piamente, sono fra di loro non essenzialmente diversi; non si notano, cioè, diffe- renze sessuali secondarie (tìg. 860). In questo primo momento della loro vita di adulto, essi godono delle ali e ne usano pel volo nuziale e per migrare dal nido, in cui sono nati, onde cercare altrove un ambiente adatto a fon- dare una nuova colonia. Ma, allorché, trovato questo, la femmina si arresta per cominciare la vita sedentaria e solo intesa alla figlia- zione, le ali cadono, stroncandosi prossimamente alla base, così che rimangono quattro corti monconi triangolari e la rottura avviene secondo una linea, quasi una sutura, trasversa e predisposta. Ancora in questo stato, i due sessi sono fra loro so- miglianti, ma, ben presto, la femmina comincia a sformarsi, ingrossando l'addome, in causa dell'aumento di numero e di volume delle uova. Così, la femmina della maggior parte delle specie, nella piena attività della sua funzione generatrice, riesce un essere deforme, col capo e torace tuttavia come nel rispettivo maschio; ma coll'addome così turgido ed allungato, a forma di salsiccia, colle membrane in- tersegmentali enormemente distese e bianche (su cui spiccano le placche brune degli scudi dorsali e ventrali), da potersi dire vera- mente mostruoso e tale da impedire, orinai, ogni movimento di transazione da parte di un essere cosi inturgidito ifigg. 861, 876). Le femmine di talune specie raggiungono perfino i dieci centi- inetri di lunghezza, dei quali nove spettano all'addome. Si notano però, circa lo sviluppo dell'addome nelle singole specie, tutte le gradazioni, da un modesto incremento, così che esso supera appena quello delle femmine da poco sfarfallate, tino alle enormi dimensioni surricordate. Pig. 860. — Adulto, dal dorso, di un Termea; sono tolte le ali del lato destro (da Bugnion). Fig. 861. — Regina di Terme», coll'addome ormai rigonfio, entro la cella reale. Gr. nat. (daFnller). Sessuati di sostituzione. — Il maschio e la femmina della maniera or descritta rappresentano la « Coppia reale » vera. Ma, se essa, come accade talvolta, viene a mancare, allora è sostituita da individui, scelti dagli operai fra i giovani ed appositamente allevati così da riescire atti alla riproduzione e ne risultano, in tal guisa, i sessuati, detti di 870 CAPITOLO SETTIMO complemento o di sostituzione, cbe sono, iu realtà, individui neotenici, ossia preco- cemente atti alla riproduzione e, quindi, tuttavia colle caratteristiche della con- dizione di non completo sviluppo dei rimanenti organi, all'infuori dei sessuali. Questi individui (fig. 862) hanno caratteri morfologici propri, die li fanno subito distinguere in confronto della coppia reale vera, normale. La loro cute è più molle, cioè meno chitinizzata; il co- lore più pallido, e, sopratutto, anziché veri monconi di ali, queste forme presentano le guaine alari proprie delle ninfe di sessuati. Si tratta, infatti, di individui arrestati, nello sviluppo del corpo, alla condizione di ninfe e fatti maturare rapidamente nei loro organi sessuali. (Più di rado sono allevate, a questo scopo, larve di operai e più raramente di soldati). Il loro addome, pero, non ingrossa mai alle dimensioni di quello della regina vera. Per talune specie (ad es., Leucotermes lucifugus), i sessuati di sostituzione sono i riproduttori normali, mentre la coppia reale è rara. Per altre specie accade l'inverso, ad es. per quelle che fanno grandi e robusti nidi di terra, non sono mai stati trovati sessuati di sostituzione. AB C I) E Fig. 862. — Sviluppo delle forine sessuate di sostituzione di Leucotermes luci t'ugna (Rossi). A-C, giovani seguenti alla larva; JJ, ninfa colle guaine alari; E, femmina. Tutte egualmente ingrandite (da Grassi). In quelle specie, invece, nelle quali essi esistouo, si rinvengono, variamente numerosi, nel nido, anche a più centinaia. I maschi sono in notevole minoranza; talora rappresentano solo il 20 o/0 delle femmine. Gli Atteri sono gli individui destinati a non raggiungere mai la condizione di alati. Si svolgono, partendosi dalla t'orma larvale (cbe non è differente per la casta degli atteri o per quella degli alati), traverso una serie di individui, che presentano caratteristiche speciali, per cui sono subito distinguibili in confronto di tutti quelli, non peranco alati, che appartengono alla serie, la quale fa capo ai sessuati. Infatti, questi individui, pur aumentando di volume ed assumendo qualche carattere particolare, secondario, in rapporto coll'ufficio a cui sono chiamati, man- tengono le caratteristiche, la facies della forma larvale (fig. 863). Così, ad es., non solo non appaiono mai neppure accenni degli occhi com- posti (la cecità è comune a quasi tutti gli atteri), uè di monconi delle ali, ed il pterotorace è a segmenti indifferenziati, ma, ancora, la cute di tutto il corpo è molle, incolore, sottile. Solo il capo può variare secondariamente, in rapporto al destino suaccennato. Gli organi riproduttori rimangono sempre allo stato di immaturanza larvale. I.K SOCI E'I A 871 Cotali forme imperfette appartengono ad ambedue i sessi ed in ciò differisce es- senzialmente la società delle Termiti da quelle vedute finora. Negli Imenotteri sociali, infatti, l'operaio è sempre ed esclusivamente una femmina con organi sessuali immaturi, sia che si trovi arrestata nel suo sviluppo in una condizione ninfale (Formiche), sia che essa raggiunga quella di adulto alato (Vespe, Api). . Invece, nelle Termiti, le forme attere, sieno operai o soldati, appartengono ad ambedue i sessi ed a tutte le età, perchè ognuno lavora, si può ben dire, da appena schiuso dall'uovo. Secondo l'ufficio loro (e le corrispondenti caratteristiche morfologiche), gli atteri si possono distinguere in più categorie, o caste, e, primariamente, nelle due principali degli Operai e dei Soldati. Fig. 863. — Individui atteri di Termiti. A, Soldato di Terme» spinosità Latr. ; B, Soldato (Nasuto) di Enttsrme» tenuirostris Dean.; C, Ope- raio di Hodotermes ochraceus Burnì.; D, Soldato di Termes speciostts Hav. Tutti dal dorso ed ingranditi. (La grandezza naturale è indicata accanto ad ognuno) (da Desneux . Per questa più accentuata differenziazione morfologica e biologica dei lavo- ratori nella società, le Termiti si accostano alle Formiche, si differenziano, così, dalle Vespe e dalle Api, dove l'operaio è, anche, soldato. Infatti, mentre gli operai, mantenendosi il capo loro non dissimile (salvo l'accrescimento proporzionale) da quello della larva neonata, non assumono un particolare, differente aspetto, i così detti soldati, invece, si vedono incammi- nati, nella loro particolare casta, appunto per un differenziamento speciale della testa (ed anche delle mandibole), per cui se ne riconosce subito il destino e l'ufficio. Soldati. Sono, adunque, da considerarsi i Soldati come un particolare adattamento degli operai e, per verità, una colonia potrebbe sussistere senza un corpo d'esercito, ma non altrettanto bene senza lavoratori. La differenziazione si inizia molto per tempo, così che, subito dopo la larva comune od indifferente (figg. 869 A ; 871 B), si hanno già, distinte, due diverse maniere di larve, l'ima all'inizio della casta operaia, l'altra a quella dei soldati (fig. 871, y, y») (1). Il Soldato costituisce un tipo a sé, più differenziato dell'operaio, in confronto (1) Il Bngnion afferma che la casta dei Nasuti, quale si conoscerà più innanzi, è già ditte- renziata nei neonati, perchè la giovanissima larva, appena schiusa dall'uovo, presenta, già, un piccolissimo cornetto cefalico, in corrispondenza di una ghiandoletta frontale (Eutermes lacustri»). 872 CAPITOLO SETTIMO Fig. 864. — Piccolo, medio e grande soldato di Caprilermet opacus iHag.) del Sudamerica, egualmente ingran- diti (da Holmgrem). del tipo della specie, rappresentato dall'imagine. La sua testa è dura ed allun- gata, colla placca basilare saldata. Le sue mandibole, forti e ricurve a falce, sono ina- datte a tagliare il legno e rappresentano solo armi difensive ed offensive. In questa grande casta, però, destinata alla difesa della colonia, si rilevano, il più spesso, differenziazioni secondarie, per quanto appariscenti, cbe si raccordano con diversità di uffici, pur tutti compresi in quello più ge- nerale, già accennato, di difésa. Così, ne riescono forine assai svariate e cbe, nella sistematica delle Termiti, sono di grande ausilio allo speciografo. Le due precipue maniere di soldati sono: quella che si può dire normale (figg. 863, A, D ; 864) e si distingue dagli operai strettamente detti solo per un maggiore sviluppo del capo e delle mandibole ; e quella dei Nasuti, cioè, aventi il capo all'innauzi prolungato in una appendice stiliforme. Tra questi ve ne sono taluni con mandibole di dimen- sioni modeste o ridotte ed altri con mandibole molto sviluppate e forti. Il prolungamento corniforme suddetto è più o meno lungo (figg. 865, 866), a seconda degli individui e delle specie; ma, mentre, il più comunemente, esso termina tron- cato, invece, nei soldati nasuti di talune specie, il prolun- gamento è biforcuto all'apice (fig. 865) e questi sono detti Nasuti a forchetta, la quale speciale maniera di soldato è molto rara. Variazioni secondarie si sono dette rilevarsi nei soldati normali, sia a proposito della statura, come delle dimensioni e forma del capo e delle mandibole. Queste ultime sono le prin cipali armi offensive e difensive dei soldati ed il loro sviluppo e po- tenza si accordano con quello dei mu- scoli adduttori contenuti nel capo. Di qui, variazione delle dimensioni e forme della testa, in rapporto con quella delle mandibole. Si notano, così, talora, in una stessa specie, soldati granili e soldati piccoli Fig. 865. — Soldato, Na- suto a forchetta di Ehi- notermet taiirus Desti, del Surinam. Ingrandito (da Holmgren). Fig. 866. - — Toste e protoraci di snidati di specie diverse di Termiti australiane, visti di lato ed egualmente ingranditi. A, di Mirolermes maideni Mjòb.; B, di M. cheeli M.jilb. ; C, di Eutermes famipennia Walk. (da Mjoberg). I.K SOCIETÀ 873 (tig. 864); soldati a testa grossa eil altri col capo di poco più sviluppato che negli operai; e, quanto alle mandibole, oltre, alle differenze per dimensioni, ve ne sono di varie maniere; cioè, ad es , molto forti e con grossi denti conici, oppure più esili ed allungate e sdentate e che, talora, si accavallano fin (piasi dalla base; talora piegate a falce; simmetriche o diverse fra loro, ecc. (figg. 803, D; 8<>4). Cotali differenze possono stabilire gruppi di in- dividui nettamente distinti, oppure attenuarsi per forme di transizione. Così, ad es., se in Acanthotermes, si riconoscono due tipi bene distinti di soldati normali ; per Eutermes ( Velocitermen) velar Holingr. del Sudamene», si hanno due forme di nasuti e tre. per E. (Diversitermes) diver- similes Silv. della stessa località, ecc. in una stessa specie, di regola, o l'uno o l'altro tipo di soldati (normali o nasuti) è presente; di rado e altrimenti, come accade pel Rhinothermes taurus dell'America meridionale, che ha due maniere di soldati normali, nonché soldati nasuti (a forchetta). Fig. 867. — Testa, dal dorso, di soldato di Coptotermes ccylonioita Holnigr., mostran- te il foro frontale pf) da Buginoli). I soldati di Copto/erme* (ad es. C. ceyìonìciié Holnig. di Ceylan; ('. gestro! Hav. di Malacca) e di Aryhino terme», possiedono un poro frontale (fig. 867), da cui emettono, a scopo difensivo, una goc- ciolata ili mi lattice bianco, molto vischioso, che incolla le man- dibole delle Formiche e le rende inoffensive. Il liquido è conte- nuto in una grande tasca glandolare, che si estende, nel corpo (fig. 874), tino all'estremo addome. Operai. Questi sono atteri, di colore biancastro, ordinariamente ciechi, privi essi pure di organi riproduttori. Si debbono considerare come forme arre- state, nel loro sviluppo, a mezza via. Le loro mandibole sono fabbricate in modo da servire soltanto agli usi domestici, sopratutto alla tritura- zione del legno. La vita dell'operaio comprende due fasi nettamente distinte, separate dallo stufo di ipnosi (tig. S6S) (l). Nel primo pe- riodo la larva è molle, delicata, di color bianco uniforme, incapace di triturare il let-no e perciò si nutre di funghi. Nel secondo periodo l'insetti no acquista mandibole cornee, ro- buste; una testa più resistente, di color bruno; è capace di tagliare il legno e. di accudire a tutti gli uffici, ai quali è Fig. 868. -- Stato destinato. di ipnosi in Uhi- Sviluppo delle singole caste e loro differenziazione. — Tutte le uotermes taurus (da sopradescritte forme, così diverse a compiuto incremento, pro- tlolnigren). , , . .... ti.. -ii cedono da una sola maniera di larva. In altri termini, la larva neonata non mostra differenze esteriori, qualunque sia la forma, a cui, svolgendosi, darà origine (tranne che nel caso di soldati nasuti (1)Com è detta la speciale maniera di mula, clic si riscontra nello sviluppo individuale delle Termiti e presenta qualche carattere (immobilità, consumo di riserve nutritive contenute nel tes- suto adiposo, ecc.) per cui si accosta alla ninfosi. L'individuo giace immobile cogli arti raccolti lungo il ventre e ciò per alcune ore, Uno a tre giorni. La pelle, da rigettarsi, si spacca lungo il dorso, ed, adagio adagio, ne esce la nuova forma. A. Biìulk.k, Sii Insetti, li. — 110. 87+ CAPITOLO SETTIMO sopracitato), cosi che essa sembra suscettibile di evolversi in ognuua delle diverse caste, indifferentemente. Giacché questi Isotteri sono Insetti a metamorfosi incompleta, accade che lo sviluppo giovanile si effettua traverso forme tutte semoventi ed attive; l'incre- mento di statura è accompagnato da variazioni morfologiche determinate esatta mente per ciascuna specie, genere, ecc. e si riferiscono ad organi diversi, che variano a ciascuna muta od all'infuori delle mute. Così accade che, per le antenne, aumenta il numero degli articoli per sue cessi ve divisioni del 3.° articolo, che si manifestano nel periodo larvale (prima della ipnosi) ed indipendentemente dalle mute. Il numero di articoli delle antenne differisce, generalmente, nelle tre caste. I sessuati hanno, più spesso, un numero di articoli alquanto superiore a quello delle altre caste. La testa varia di vilume pro- porzionalmente al corpo, a seconda della casta nella quale si incammina la forma giovanile e, per la casta che riesce agli adulti alati, compaiono, a suo tempo e, mano niauo, si accrescono i monconi delle ali. Tutto ciò, naturalmente, di pari passo coll'aumento di statura. Dopo la prima muta, è, ormai bene segnata la differenziazione fra le due caste principali, quella, cioè, dei neutri (fig. 869) e quella dei sessuati. Nell'una e nell'altra delle due larve, che sono alla base di ciascuna delle due grandi suddette divisioni (fig. 871, B, g), il numero degli articoli delle an- tenne è aumentato di uno o due; ma l'una differisce dall'altra per diverso incremento del capo, che è maggiore nei futuri soldati ed operai. Una differenziazione più particolare si rileva nelle forme giovanili dell'una e dell'altra serie, dopo la seconda muta. In questo terzo stadio, tra le forme a testa piccola (futuri sessuati) alcune presentano accenni delle impostazioni alari, altre no. Anche tra quelle a testa grossa è facile rilevare differenze, nella conformazione di questa parte del corpo, le quali accennano a diversi destini delle due maniere di individui, cioè futuri operai e futuri soldati. In questo momento sono, dunque, riconoscibili quattro forme giovanili (fig. 871, C, C',1,l'). Nel quarto stadio è maggiormente accentuata la differenza, sia pel diverso sviluppo del capo, sia per l'accrescimento delle impostazioni alari nelle forme a testa piccola, che ne ave- vano un piccolo accenno nello stadio precedente (mentre gli altri a testa piccola sono tuttavia senza alcun accenno di rudimenti d'ali). La distinzione, poi, tra soldati ed operai è, ormai, ben netta. In tutti questi giovani sono aumentati numericamente, di tre o quattro, gli articoli delle antenne. Al quinto stadio si arresta l'incremento dei neutri, sieno essi operai o soldati. Invece, i giovani dei sessuati continuano a svilupparsi. Tra questi, le forme giovanili, che fino dal terzo stadio mostravano accenni di impostazioni alari, hanno, ora, i monconi delle ali molto lunghi Fig. 869. — Sviluppo dell'Operaio e del Soldato in Lencoterme» lucifugua (Rossi). J. Larva indifferente, con 11 articoli nelle antenne; B, Larva 2.° stadio (con 12 articoli;; C, Larva 3.° stadio (con 14 articoli); D, Operaio sviluppato; E, Sol- dato sviluppato. Tutti egualmente in- granditi (da Grassi). LK S0C1E1 l 875 mentre gli altri, che ne sono sempre stati privi per lo innanzi, hanno, solo ora, brevissime guaine alari. Questo è lo stadio, che precede immediatamente quello di adulto, per cui tutte queste forme a testa piccola sono dette ninfe, e, per riguardo allo sviluppo delle guaine alari più lunghe o piti brevi, secondo si è detto, ve no ha di due maniere. In tutte queste ninfe, poi, anche lo sviluppo degli organi sessuali è proporzionato a quello delle guaine alari. Alla fine, nel sesto stadio, cioè dopo la quinta muta, si hanno i sessuati. Le ninfe a mon- coni d'ali più lunghi danno origine ad alati (iig. 870) e gli altri divengono sessuati di sostituzione (tig. 862). Così appare, secondo lo schema annesso (tig. 871), che, accanto al ramo nor- male ffig. 871, A-F) (da considerarsi per originario, che va dalla larva agli alati), procedono tre rami neotenici diversi (C,-F,\ y-e; y'-e'), che si possono ritenere per acquisiti, dei quali nessuno mette alla forma perfettamente evoluta, cioè alata ; ma. mentre uno, meno variato dal normale, pur svolgendosi col numero A '^" -— \ / £ C D Fig. 870. — La serie di forme dei sessuati di Leucotermes Inoifugut (Rossi) egualmente ingrandite. (Manca la forma adulta, alata, non molto dissimile all'aspetto da quella indicata a fig. 860>. A, larva senza guaina delle ali; B, C, larve successive con corte guaine alari; D, ninfa con grandi guaine alari; E, adulto dealato (da Grassi). normale di mute, non riesce alla foima bene alata, gli altri due, anche più profondamente variati, non giungono neppure allo stadio con rudimenti di ali. Essi trovai) si arrestati ad una forma larvale, che giunge solo ad uno stadio precedente il definitivo, sebbene del tutto specializzata a i>articolare ufficio. Come si vede, adunque, dall'esempio riportato o che rappresenta il tipo più comune fra le Termiti (esemplificato dal comune Leucotermes lucifugns), nelle so- cietà di questi Insetti possono trovarsi presenti, in piena attività, ben diciassette forme diverse, alcune molto dissimili fra loro, il che rende molto difficile lo studio di questi Isotteri. Variazioni secondarie dal tipo succitato avvengono per la mancanza di qualche casta (come è, ad es., pei Calotermes, che non hanno operai) o per una ulteriore differenziazione nelle easte dei neutri; come accade per la presenza dei vaniti, che fanno una casta a se, talora differente anche per numero di mnte, dai soldati e dagli operai (i nasuti a forchetta hanno solo tre stadi larvali) o per più maniere di operai, ad es., distinti in grandi e piccoli, per statura e per altro diversi fra loro e probabilmente con uffici differenti, ecc. Più rara e singolare è la speciale variazione morfologica, durante un tratto della vita gio- vanile (dal primo al terzo stadio), presentata da taluni Calotermes (fig. 872) (C rvgosns Hag. del Sudamerica ; C. nodulozu» Hag. del Brasile: C. dilatatiti Bug." le cui larve hanno il 876 CAPITOLO BKTTIMO protorace ed il mesotorace largamente espansi a lamina sui lati, il quale carattere scompare colle mute seguenti. Anche più singolari sono le espansioni aliformi del pronoto, nelle larve neonate di Arrhinotermea fi avita Bug. del Ceylan e che sono state considerate (non so con quanta ragione), come ultimi vestigi di organi ancestrali, in via di sparizione, richiamantisi alle espansioni aliformi protoracali dei Paleodittiotteri dell'epoca carbonifera (v. pag. 156). Wf Fig. 871. — Quadro schematico rappresentante lo sviluppo postembrionale (nei diversi sladii) e la differenziazione delle caste in una specie di Termite. A, larva indifferente; 1S-F; B-F', forme a testa piccola isessuati); P-s; M', forme a testa grossa. Linea A-F. sessuati normali : (C, D, giovani; E, ninfa; F, adulto). Linea C'-F', sessuati di so- stituzione (C D' , giovani; E', ninfa; F1 , sessualmente» maturo). Linea P s, operai. Linea ?•-', soldati. — I-VI, diversi stadi successivi (I, con antenne di 11-12 articoli; II, ant. di 12-KS art.; Ili, ant. di 14 art.; IV, ant. di 15-16 art.; V, ani;, di 17-18 art.) 1." 5." mute succes- sive (da Escherich). Le forme indicate nel presente schema sono rappresentate nelle figg. 860, 862, 869, 870 e. tranne che per la 860, le altre appartengono tutte al Leuootermen Incifugus (Rossi). Per omologare poi le forme segnate della ligula schematica 871, con quelle rappresentate nelle ligure suddette, in dicando con lettere marcate le prime, vedi che : A (della iig. 871 — 869, I; — B = 870, A C = 870, />'; — D = 870, C; - E — 870, If. — F = 860, 870, E; — C = 862. A; — D = 862, li, C: — E' = 862, 7); F' = 862, E. — P = 869, 7?; — v, 8 = 869, C; e = 869. I> e' = 869. /•;. Uffici delle diverse caste. — I .sessuali provvedono alla moltiplicazione. Tra questi, gli alati, elie sono le forine completamente evolute, possono compiere tutti gli offici necessari alla conservazione e diffusione della specie: riproduzione di in- dividui nuovi; fondazione di nuove famiglie; lavori interni nel nido. Questi ultimi lavori, però, cessano allorché compaiono i primi operai e la famiglia co- mincia a divenire numerosa. Da allora in poi la coppia generante si limita al solo ufficio riproduttivo. I sessuati di sostituzione sono forme non completamente evolute (quali 1.10 SOCIETÀ 877 sono, invece, le alate) e perciò hanno uffici più limitati, tutti quelli, cioè degli alati, meno che non possono disseminare le specie, l'ondando nuove famiglie. In- fatti, essi non possiedono ali e, quindi, la loro dislocaltilità è molto ridotta. A differenza di ciò che accade negli altri Insetti sociali fin qui veduti, la femmina delle Termiti subisce ripetuti accoppiamenti da parte del suo maschio, (die non l'abbandona mai e se ne sta sempre, nella cella, accanto alla sua femmina. Questo frequente rinnovarsi della provvista di nemaspermi nella spermoteca della femmina è necessario in grazia della sua enorme fe- condità, al cui paragone, quella degli altri Insetti sociali, non escluse le Formiche, è ben poca cosa. 1 neutri sono incaricati delle funzioni compatibili con la loro organizzazione ridotta, cioè quelle di tutti i lavori intimi nella famiglia e della difesa di questa. Ai primi provvedono gli operai, alla seconda i soldati. Gli operiti hanno incarichi molteplici. Essi debbono provvedere alla costruzione del nido ed a tutti gli altri lavori edilizi; a procurare il nutrimento per la famiglia; mercè le loro mandibole dentate debbono tritare il legno e, riempitisene gli intestini, quivi mescolarlo ai succhi intestinali, per ottenerne una pasta atta a formare il substrato per la coltura di funghi speciali. Oltre a ciò l'ope- raio deve, asportare le uova appena partorite, leccarle, e riporlo in apposite stanze; curare ed allevare la prede: tener pulita l'abitazione, curare la coppia reale, nutrendola e servendola in tutto. Fig. 872. — Larva (di miti. 1,5 , con espansioni toraciclle, di Calotermes liilatatns Bug. (lei Cey- lon). Dal dorso da Idi gnion). 11 lavoro all'esterno del nido, pel mantenimento di lina cos'i numerosa famiglia, non è piccolo ed è riservato, per talune specie, agli operai maggiori, rimanendo, invece, i minori adibiti ai lavori interni nel nido. Può anche essere che, tra questi ultimi, si;i in atto una più precisa specializzazione dì uffici, del che si poi) tiene dubitare, anche perchè gli operili lavorano in tutte le eia, lìti da neonati; perciò, non identica, per tutti deve essere l'opera loro nella famiglia. Soldati. — Questi neutri hanno, sopra- Fi g. s7o. - Soldato ìngrand. di E,Uen,,e, tutto< il «"«M'ilo di difendere la colonia monoceros Koen. del Senegal, ecc. Di lato COIltl'O i nemici Suoi più Spesso occorrenti. (da isngnion). specialmente Formiche, compito che essi assolvono con grande coraggio ed abne- gazione. 11 soldato, più agile e pronto dell'operaio, ha la direzione morale della comunità, dei lavori edilizi, ecc. Le enormi variazioni morfologiche (oltre quella maggiore che distingue nettamente i nasuti dai soldati normali), che si manifestano appunto tra questi ultimi, possono accennare a specializzazione di uffici anche fra i soldati normali. Così, vi sono Termiti, che hanno lino a tre maniere di soldati normali (lig. 864) diverse non fosse altro clic per dimensioni, ed in tal caso gli individui maggiori costituiscono il vero esercito in difesa dai nemici esterni ; gli altri fanno la polizia interna del nido. 878 CAPITOLO SETTIMO Tutti sono adatti soltanto agli attacchi frontali, nessun'altra maniera di schermaglia é nel loro combattimento; ma, in questo, sono efficacissimi, merce la subitaneità del loro scatto ful- mineo, con che si lanciano in avanti, assestano il terribile colpo di forbice delle loro ta<»lien- tissime mandibole e questo non va mai a vuoto. Ciò impara bene a proprie epese chi si avven- tura incautamente al contatto con questi feroci battaglieri e se ne ritrae colla pelle tagliuzzata e sanguinante. Ricordo di aver provocato, una volta, una battaglia in campo chiuso, tra Formiche e soldat' della nostrale Termite. Dopo qualche miuuto, mentre a me era sembrato che le Termiti fossero state sempre immobili a spiare le mosse degli avversari, mi avvidi che molte Formiche si aggi- ravano prive dell'addome. Erano intervenuti molti dei suddetti colpi di forbice, da parte dei soldati delle Termiti, con mosse cosi veloci, che non mi ero avveduto dello scatto e dell'atto se non alle conseguenze. Il sottile peduncolo dell'addome delle Formiche era stato preso di mira e reciso esattamente, colpo a colpo. I soldati tengono piegata all'ingiù la loro grossa testa (vedi fig. 873) e questa è, così un buon mezzo per ostruire gli stretti passaggi affidati alla difesa loro. Allorché il momento è buono, la testa si solleva subitamente e si dispone in senso orizzontale, mentre le mandi- bole si chiudono energicamente ed il colpo è assestato. In parecchie specie, anzi, le mandibole sono piegate all'insti, per riescire meglio e più prontamente in siffatta manovra. All'infnori di questo ufficio difensivo poco altro è serbato ai soldati, per quanto, in pace, non sieno da considerarsi per individui affatto inutili, come si é detto. Quelli a testa grossa e robuste mandibole, portano, con queste, la prole. Pare, ancora, che i nasuti facciano da ingegneri ; Fig. 874. — Sezione longit. di soldato di oe,t„ prendono parte attiva e molto efficace alla Coptolerme» ceiiìotiìciia Holmgr., mostrante ,■ . ,„• ,„ , . , ,. . r , - , ... xi • distruzione dei legnami, assieme agli operai. in : a, la tasca a lattice; », bocca; », p r intestino : p. poro frontale ; s, stomaco. I gangli sono segnati in nero (da Bn- Quanto alla proporzione numerica dei gnion). .... soldati rispetto agli operai, essa è molto varia nei diversi generi. Così, secondo cal- coli del Silvestri, i soldati, rispetto agli operai, sono nella proporzione di 1 a IO in Galotermes : di 1 a 15 in Eutermes ; di 1 a 20 in Armitermes : di 1 a 50 in Microtermes ; di 1 a 80 in Capi-Hermes. Maniera di lotta del tutto diversa seguono i soldati nasuti, i quali hanno altra arma invece delle mandibole. Queste, anzi, non sono sensibilmente più sviluppate di quelle degli operai. Anche la tattica di combattimento è diversa, perchè l'azione individuale è sostituita da quella collettiva. I nasuti attaccano in massa ed i nemici sono storditi dal rumore speciale e sgradevole, che essi pro- ducono (in qual modo preciso è tuttavia incerto). Fanno, i nasuti, ricorso anche ad altro e ciò in duelli contro un singolo avversario. Per questo si servono della secrezione della ghiandola frontale, che è assai repugnante agli Insetti in genere. II naso frontale racchiude il canale escretore di un organo glandolare. Un'ampolla contrattile, clie è allogata nella testa, contiene un umore vischioso, che, traverso il canale escretore, geme dall'estremità del naso, allorché la Termite deve usarne. Il mezzo difensivo è molto efficace, perchè le Formiche (che souo i precipui nemici delle Termiti) ne hanno molta ripugnanza. Ad es., una Oecophylìa, che si incontri con un nasuto di Eutermes, riceve in piena faccia il contenuto dell'ampolla ed istantaneamente si lascia cadere a terra, tutta stordita e quivi deve penare molto a pulirsi del liquido, di cui è imbrattata la sua testa, sfregando per lungo tempo il capo e gli organi cefalici ai corpi circostanti. È singolare che questo liquido, così attivo contro gli Insetti, non ha, ai nostri sensi, né odore uè sapore di sorta. I.K. B0C1BTÀ 879 Tutte le maniere di soldati hanno, anche, il compito di dare l'allarme, quando si accosti al nido qualche animale o comunque si possa dubitare di uu pericolo per la famiglia. L'avviso è dato, sopratutto, mercè speciali rumori e secondo maniere proprie per le diverse specie, sia battendo rapidamente il capo su corpi resistenti, sia, come è riconosciuto pel Leucotermea luoifugus, sfregando il capo sul protorace ; sia battendo in modo speciale le mandibole l'ima contro l'altra (Capritermes, Miro- termes) sia altrimenti, con procedimento non bene noto. La facoltà di «mettere rumori di allarme e «tata constatata in Hudotennen mossambicus Hag. Terme» liìljebonii .Sjiist. (specie africane) ; lermea oarboiiarìua Hag. di Borneo ; T. obacuriccp» Wasm. e T. redenta uni Wasm. di C'evinti nonché per due specie americane e per qualche altra all'infuori delle citate. Pel Hodotermes eouvuleioiiariue (Coen, delle Indie, C'eylan, ecc., il Koenig osservò che i ru- mori d'allarme sono dati dai singoli individui, col rialzare un poco l'addome, che poi scatta, allungandosi come una molla o le mandibole battono su una foglia secca. L'insieme di questi rumori, ripetuti da gran numero d'individui produce una specie di stridio, che è percepito da tutta la colonia, mercè gli organi cordotouali, che ciascun individuo ha nelle tibie anteriori. Quasi sempre, al segnale d'allarme, che fanno le sentinelle avanzate, sca- glionate fuori del nido, risponde, dal di dentro del nido stesso, un particolare rumore collettivo. I soldati di talune specie che saltano [Neocapritermes opacus Hag. del Sudamerica, T. rio-granadensis Miill., che è probabilmente, un Cornitermes, del Brasile, Mirotermes) nel date l'allarme, sbalzano anche all'indietro (con salti di anche 6' ad 8 cui.) e, così, si ritirano al sicuro, mentre segnalano il pericolo. I soldati dei Capi Hermes hanno le mandibole ricurve come le corna di un capro e ciò per saltare. Prendendo appoggio sul suolo, le mandibole forzate e poi bruscamente lasciate libere, fungono da molla e servono per lanciare l'insetto in aria e proiettarlo anche a iiO-30 centimetri di distanza. Origine della polifilia. — Molto probabilmente di prestabilito nel ciclo evoluti vo di ogni individuo non è che il sesso; ma, quanto alla casta ed al grado di evo- luzione in questa, giacché, in potenza, come si è detto, nella larva neonata, che si è definita per indifferente, tutte sono comprese, è da ritenersi che solo le condizioni, in cui essa si svolge, determinino l'ima e l'altra delle forme, a cui l'individuo viene a riescile. Ora, tali condizioni variano appunto in rapporto alle esigenze della fami- glia, pel momento e si deve convenire, per constatazioni di fatti, che esse sono presenti alla massa delle operaie, le quali agiscono, nell'allevamento della prole, del tutto in obbedienza alla necessità del momento, oltreché agli istinti della specie e coi mezzi più opportuni e ad effetto precisato e sicuro. Non è provato che abbia influenza la temperatura ambiente nel determinare l'ima forma definitiva piuttosto che altra e che le operaie allevatrici ne profit- tino, scegliendo nel nido l'ambiente più opportuno, ma è dimostrato, intanto, che la maniera di nutrizione ha importanza capitale nel destino delle giovani larve, sebbene, più che altrimenti, indirettamente. Intanto, è certo che il regime è diverso per le differenti caste e che esso è variato allorché, per necessità della famiglia, un giovane individuo deve mutare di casta nel suo accrescimento. Che gli operai abbiano esatta cognizione istintiva delle necessità della specie, della famiglia e del momento ed in base a queste sappiano opportunamente regolare l'allevamento dei giovani, è SSO CAPI Milo SKT'IIIIII mostrato da ciò che, qualora la proporzione numerica fra gli individui dulie diverse caste, pia conveniente, tenda ad alterarsi, intervengono gli operili, allevando giovanissime larve, quante sono dil caso, a colmare i vuoti dove occorrono ed uccidendo e divorando i giovani soprannumerari, dove essi eccedono. Quanto alla maniera di nutrizione, in grazia della polifagia delle Termiti, essa può essere grandemente variata e, secondo ogni singolo caso, nel modo migliore. Su questo punto non si hanno molti dati. Contuttociò si sa, ad es., che, nella nutrizione dei sessuati neotenici, durante l'allevamento, ha gran parte la saliva «Ielle nutrici ed essa può agire direttamente come nutri- mento stimolante pel rapido sviluppo degli organi sessuali interni, come pure indirettamente, impedendo quella specie di castrazione parassitaria, che deriva dallo sviluppo di particolari protozoi parassiti delle Termiti e che si accumulano nel loro intestino cieco, rigonfiandolo così da ostacolare la perfetta evoluzione e maluranza degli organi genitali interni 1 . Così accade che i sessuati di sostituzione, i quali, normalmente, souo esenti da questi parassiti, perciò appunto assai rapidamente giungono alla maturauza sessuale, mentre gli alati, perchè pnrnssitizzati, ■ebbene parcamente, raggiungono solo più lentamente cotale grado di completa evoluzione. I sessuati di sostituzione, quando nou vi siano le ninfe di cot.ali forme, possono esser fatti derivare da altri stadi giovanili, ad es., da ninfe della prima forma (di alati) o da larve mi- crocefale, che non hanno ancora i rudimenti delle ali e, perfino, sebbene ciò accada di rado, da larve inegacefale del gruppo dei neutri. La plasticità, in questi momenti, è tale, per le forme giovanili, che può accadere anche il caso inverso del sopracitato, quello, cioè, che forme giova- nili della serie dei sessuati, persino aventi, ormai, le impostazioni alari, si acconcino a trasfor- marsi in soldati. In tal caso, le guaine alari vengono gradatamente riassorbite, mentre ingrossa il capo nella caratteristica proporzione, che appartiene ai soldati. Le principali cause influenti sullo sviluppo individuale delle Termiti, cos'i da determinare la riduzione delle facoltà riproduttrici, ossia la creazione di neutri, possono richiamarsi, anche per questi Isotteri (come si è già veduto per le Vespe e per le Api), ad una azione meccanica, impedendo lo sviluppo degli or- gani genitali ed, insieme, a speciale regime, capace di determinare anche varia- zioni secondarie, ma pur vistose. Questa è la, conclusione alla quale riescono i classici studi del tirassi, Sandias e Brunelli, pei Terinitidi e dell'Emery, per le Formiche; ed é questo un punto di vista sostenuto anche da O. Hertwig. Per converso, da parte del Bngfiion (1910), della Thompson (1917) e dello Snyder (1919) è affermato il differenziamento intraembrionale delle caste dei neutri e dei riproduttori. Tali con- clusioni, però, del resto contraddette recentemente dal lucci (1920), non escludono completamente, che, per quanto possa essere vero che le caste sterili sieno già differenziate nell'uovo, il nutri- mento della larva non abbia alcuna influenza nel differenziamento delle caste dei Terniitidi. Si pini ammettere che la questione sia tuttavia siibjndice e. probabilmente, secondo avverte il Bru- nelli, dovrà essere risolta dal punto di vista citologici». Risorgono oggidì, adunque, dopo tanti anni, le celebri discussioni intercorse tra il Weismann e lo .Spencer, circa l'origine delle caste sterili negli Insetti Sociali. Diffusione della specie. Le specie si diffondono per mezzo delle forine alate, che, in epoca oppor- tuna, sciamano, levandosi a volo, allontanandosi dal nido e portandosi altrove a fondare nuove famiglie. (1) Mi riserbo di trattare colla dovuta larghezza di questo interessantissimo argomento e delle belle ricerche del Brunelli (liK)l , che lo ha così diligentemente studiato ed illustrato, al- lorché si discorrerà, nella seconda parte ili questo volume, chi rapporti degli Insetti cogli altri organismi. È, infatti, questo, un caso ben degno di essere latto presente e commentato, perché da un fallo di semplice parassitismo, con danno individuale, la specie sa trarre profitto a vantaggio della comunità. I.K SOCJBTA 881 È da supporsi che, con quest'atto, sin provveduto anche all'incrocio fra in- dividui di famiglie diverse. Dato il fatto che non contemporaneamente tutti gli alati sono pronti alla sciamatura, questa può ripetersi, nell'annata, anche parecchie volte. LiU funzione della, sciamatura interessa e mette in agitazione tutta la famiglia. (ìli operai aprono una comunicazione coll'esterno ; i soldati ne escono per esplorare l'am- biente. Constatatane la sicurezza, vengono fuori gli alati d'ambo i sessi; procedono per pochi passi, quindi si alzano pesantemente a, volo e si disperdono in tutte le direzioni. La fuoriuscita degli adulti può accadere in ore diverse (sia di mattino, che sulla metà del giorno od anche a si«ra inoltrata) e, come si disse, in più volte nell'anno (per Eeucotermes lucifitgita, il Perez segnò le date del 20, 23 aprile; 12, 15 maggio). Anche il volo, in colonne talora numerose e dense cosi che a volte sembrano da 1 ungi quasi fumi, elevantisi di terra, mentre risponde alle esigenze della dif- fusione della specie, non altrettanto sicuramente sembra favorire l'incrocio fra individui di fa- miglie diverse. Di certo le coppie di fidanzati si stabiliscono fra individui caduti a terra, dopo il volo nu- ziale e che possono essere di provenienza diversa, so- pratutlo quando la sciamatura è simultanea per più nidi, in non troppo estesa superfìcie. Certo è che gli alati d'ambo i sosbì, appena caduti a terra, provvedono a togliersi le ali, contorcendosi, rotolandosi, aiutandosi colle zampe, fino a che le ali si troncano lungo la sutura prestabilita, già accennata. Ciò (a differenza delle Formiche, nelle quali è solo la femmina quella che perde le ali) avviene per ambedue i sessi, nell'identico modo. Q. . .. ., ria. 875. — Maschio e femmina di ni accade un fatto strano, osserva il Buginoli. « . , . , , . , ' Udotermtfs tnrkettantcvs Jao., in lavoro La natura, dà alle Termiti quattro ali delle più per- di escavaziohe, per iniziare il termitaio fette, con tutto il sistema di muscoli destinati a inno- (da JacobsOn). verle, in vista di un volo, che, rispetto ad una vita va- lutata da 12 a 15 anni, dura un'ora al massimo. Una osservazione analoga potrebbe esser fatta a proposito degli occhi e degli ocelli, con questa differenza che l'uso di questi organi si prolunga ancora per qualche giorno ». Segue la passeggiata nuziale e, durante questa appunto, si stabiliscono le coppie di fidan- zati, ed il maschio segue ormai dovunque la femmina, che si è scelta a compagna, uè più ab- bandonerà, e le corre dietro dovunque essa vada e la tocca e carezza di continuo, mercè i suoi palpi. Così, la coppia ricerca l'ambiente pel suo nido e, trovatolo, l'uno dei due individui 'non è bene stabilito quale), od ambedue insieme, in tal caso, standosi dorso contro dorso (fig. 875), iniziano la escavazione (nella terra, se la specie è terricola, o nel legno se è lignicola), per ac- comodarsi, così, la camera nuziale. Non tutti gli autori concordano nell'ammettere per certa la capacità, da parte di questi sessuati, ad iniziare, in tal modo, la nuova famiglia. Altri crede che la coppia penetri in qualche nido orfano e, quivi, bene accolta perchè i riproduttori di so- stituzione sono allevati solo per necessità, in mancanza di una coppia di quelli normali, regni d'allora in poi. Le vere nozze, sancite dall'accoppiamento, avvengono più tardivamente, anche dopo mesi dalla sciamatura (per Termopsis, secondo Heat, bastano 14 giorni; per Eeucotermes lueiftign$, secondo Perez, occorrono cinque mesi) ed, ormai, in ambiente sicuro, ed a maturanza sessuale completa. Questa si riconosce dall'aumento dell'addome nel maschio e nella femmina, conseguente all'in- cremento dei prodotti sessuali. (Interviene, però, anche il cibo, che, ora, finalmente, assumono i sessuati, i quali, dall'ultima muta non si erano nutriti). L'atto dell'accoppiamento è bene descritto, meglio che da altri, dal Grassi (Atti Accad. Gioenia, 1893) e, per Termopsix, il cui accoppiamento dura da uno a dieci minuti, la copula, secondo Heat, si ripete più volte. Il detto Autore la osservò per dodici volte in undici mesi, ma la ritiene assai più frequente. Nei primi tempi, in che la coppia è ormai allogata nella camera nuziale, avviene l'accorcia- A. Bkhi.esk, Gli Inietti. II. — 111. 882 CAPITOLO SKTTIMO mento delle antenne, per asportazione degli articoli, che ciascuno dei due individui pratica sci sé stesso o sul compagno. La mutilazione è di grado vario, da pochi articoli a tutto l'organo. Questo è ormai inutile, anche se i due sessuati, nou essendo ancora presenti gli operai, debbono essi accudire ad altro che alla riproduzione. La deposizione delle uova si inizia qualche tempo dopo la copula e poco attivamente nei primi giorni, probabilmente in rapporto anche alla temperatura. Tanto il maschio che la femmina hanno cura della figliolanza, tengono pu- lite e leccano le uova, le portano qua e là e procurano metterle in salvo, nel caso di pericolo ed, allorché schiuse, provvedono alla nutrizione delle larve. Queste crescono lentamente e solo dopo molti mesi riescono operai di buon ausilio ai genitori e la famiglia è bene iniziata. Nelle Temi opai s l'Heart riconobbe che le prime uova sono emesse dopo 15 giorni dalla copula ed, in principio almeno, in numero di uuo a sei per giorno, mentre in Lcucotermea lueifiigns l'inter- vallo è di cinque settimane. Le specie fecondissime, però, come è, ades., il T. bellicosità, devono essere più prolifiche fin dall'inizio; certo lo divengono di poi, perchè il numero delle uova de- poste giornalmente da una femmina adulta di T. bellivoans si calcola intorno a 30.000 ossia, giacché la deposizione è continua ed uniforme, a circa 10 milioni in un anno (che, pei quindici anni pei quali dura, in media, la vita della regina, fanno la bella cifra di 150 milioni d'uova, dati da una sola femmina). Le larve di operai nou sono mature, ia Calolermes, prima di un anno, ma i sessuati richie- dono un tempo quasi (loppio alla loro completa maturanza. I primi neutri sono più piccoli e miseri di quelli che verranno in seguito. Nelle Tevmnpsis, i primi soldati sono lunghi non più di 10 mill. ed hanno 18 a 19 articoli nelle antenne ; nella seeouda generazione i soldati, lunghi 12 mill., hauno 19-20 articoli nelle antenne e 22 ne con- tano allorché, nella terza generazione, sono lunghi 18 mill., che è la misura normale. Più raro e da considerarsi per eccezionale è il modo di moltiplicazione dei nidi per sdoppiamento, caso analogo a ciò che avviene anche nelle Formiche. Una parte di operai, recando uova e larve giovanissime, abbandona il nido natio e se ne va ad altro variamente discosto, che, dapprincipio, è tuttavia in comunicazione col primo, mercè una galleria; di poi si isola e fa da sé. I ses- suati della nuova famiglia o sono creati allevando le giovanissime larve porta- tevi, ed in tal caso sono di sostituzione, o sono una coppia insediatavisi dopo il volo nuziale e benissimo accolta nella famiglia, che ne ha desiderio e bisogno. La vita della colonia. Nelle specie di Termiti meno elevate, come sono ad es. i Calotermes, il ma- schio e la femmina prendono parte anche ai lavori della colonia; la femmina, infatti, non è così enormemente grossa da non potersi muovere. La feconditi!, per queste specie, è moderata, in confronto di quanto si è detto precedentemente. Quivi, la famiglia è di qualche migliaio di individui. Ma. nelle forme più elevate, secondo l'esempio dei Termes sopra ri ferito, la coppia reale non ha altro ufficio che quello della riproduzione. La femmina è ormai esclusivamente una macchina ovificatrice fissa, servita da gran numero di operai, sorvegliati da soldati e dallo stesso maschio e da quelli anche guardata e, se occorresse, difesa. Essa, ad intervalli di secondi, emette, con tutta regolarità, un uovo, che è subito raccolto, ripulito e leccato da operai pronti sempre a questo ufficio e che I.K SOCIETÀ 88S lo portano tosto e depositano in camerette adiacenti alla cella reale, mentre molti altri operai si curano continuamente del nutrimento e della pulizia non solo della femmina, ma anche del maschio, che non abbandona mai la sua compagna. Lo spettacolo della cella reale (fig. 876) di Termes bellicosità è molto bene descritto dall' E- soherich e cou poco divario da quanto già ne aveva detto lo Smeatumann. Giustamente quivi è paragonata ad una officina, cos'i regolare ed ordinato vi è il lavoro, che ferve, per parte di moltissimi operai, attorno alla macchina produttrice, rappresentata dalla immane femmina, che, col suo enorme addome rigonfio, occupa due buoni terzi della cella ed emette un uovo, dall'e- stremo posteriore del corpo, ad ogni due minuti secondi, in seguito ad una caratteristica con- trazione, ondilliforrae dall'fnuanzi all'indietro, dell'addome. Molti operai si affollano quivi e fcol- Fig. STti. — Cella reale aperta di Termes bellicosità Smeatm. di Africa. Grand, nat. (da Escherich), goni p via le uova appena partorite, le prosciugano col leccarle diligentemente e poi le portano nella fungaia, ove le depositano, in modo che la larvetta, appena schiusa, trovi sul posto, pronto, il nutrimento. Molti altri operai sono attorno alla parte anteriore della femmina, a leccarla di continuo sul capo, sulle antenne, sul torace e tale maniera di pulizia usano anche per tutto il restante corpo della regina ed è un continuo correrle intorno da parte dei piccoli operai. Intanto, da 5 a 6 grossi soldati, regolarmente allineati attorno alla coppia reale se ne stanno col capo incli- nato, rivolti all'esterno, immobili nella loro consegna di far buona guardia. Altri soldati, pic- coli ed abbastanza numerosi, sorvegliano il lavoro degli operai e, quando bisogni, con un colpo della grossa testa li correggono ed incitano. Non per tutte le specie la coppia reale è unica; non poche hanno, normalmente, più coppie od almeno più regine. Infatti, sembra accertato che, per alcune specie almeno, la poliginia sia di regola. Una specie di Termes fu trovata dall'Haviland, avente sei coppie legali e casi di poliginia sono stati notati dall'Holmgren in Si/n termes chaqtiimayenais Holmgr. del Sudamerioa ed Eutermes mómmi» Holmgr., del Perù (da due a cinque regine per un solo re), per quanto non si possa riconoscere se tale anomala condizione dati dal volo nuziale o sia di data posteriore, per infiltrazione, entro il nido, di femmine giuntevi di poi. 83i CAPITOLO SETTIMO Se la coppia reale viene a mancare, ciò non importa necessariamente la ro- vina della famiglia. Gli operai provvedono subito a creare dei riproduttori, alle- vando, a questo scopo, qualche ninfa di quelle con corte guaine alari, che in ogni tempo sono presenti nel nido, a tal fine. Si fauno, così, un centinaio ed oltre di sessuati di sostituzione ed i maschi vi sono, di solito, in minoranza ; circa il 20 % ed anche meno; eccezionalmente eguagliano o superano il numero delle feinuiine. Se viene a mancare solo la regina, gli operai allevano esclusivamente femmine di sostitu- zione e, cosi, il vero re si trova ad essere il sultano di un ricco harem. Il Fritzmiiller trovò, in un termitaio, anziché una sola camera reale, una specie di labirinto di camerette, che allogavano ■ <\ femmine di sostituzione, tra cui si aggirava un solo re vero. Piti ricco si mostrò l'harem, che l'Holgrem trovò dell 'Armitermes iteotenicue Holmgr. del Sudamerica ; conteneva un centinaio di regine di sostituzione, con un solo re vero e questo stato di cose sembra normale per questa specie, della quale mai si conobbe la regina vera. Del resto, neppure pel nostrale Leucotermta hicifugna si conoscono la regina, ed il re veri; si nomo sempre trovati solo sessuati di sostituzione, per quanto il fatto male si accordi colla rego- lare, annua sciamatura di alati anche per questa specie. Può essere che la coppia reale vera pe- risca subito dopo la fondazione della nuova famiglia. Si e osservate (in Cornitermes ed in Miroternus) che, qualche volta, anche gli stessi alati sono trattenuti nel nido, dagli operai, ed impediti di fuoriuscirne pel volo nuziale. Le loro ali sono troncate dagli operai stessi e così ne viene una speciale maniera di sessuati di sostitu- zione, bene riconoscibili alla minor statura, colorito più pallido, ali irregolarmente troncate, in confronto dei sessuati, che hanno eseguito il volo nuziale. Si è già accennato, in precedenza, che i sessuati di sostituzione possono essere allevati anche da forine più giovani delle ninfe con rudimenti alari. La facoltà ili riescile riproduttori, non e, del resto, negata neppure ai soldati, a giudicare dal fatto che il Grassi trovò un soldato, appunto di Lcucohrmts luci fu a un, con ovaia bene sviluppate. Regime. — Le Termiti sono Insetti roditori per eccellenza. Nulla si salva dal loro morso se non le pietre ed il ferro, [ter quanto si provino anche ad intac- care anche questi corpi. Oltre al legno, loro cibo preferito, con quanto altro di ve- getale possono incontrare, le Termiti rodono il cuoio, le pelli secche, la lana, le loro stesse esuvie, escrementi d'altri animali, cadaveri d'ogni specie, individui della propria, sani o malati. 1 soldati, poi, si mangiano spesso e largamente gli operai della loro stessa famiglia. Gol cibo ingerito e colle secrezioni delle ghiandole intestinali, gli operai delle Termiti compongono la pappa per la nutrizione di altri individui della colonia eil anche il materiale per la costruzione dei nidi. La pappa, imbevuta soltanto dei succhi delle ghiandole salivari, è ad uso delle giovani larve e della coppia reale. Pel cortese scambio di nutrimento fra operai, è impiegata la sostanza ingerita e contenuta nell'intestino posteriore, ed è buona anche secca- Un operaio, che desidera nutrimento fresco, lo chiede ad un compagno vellicandogli l'ad- dome colle antenne e coi palpi. 11 compagno, cortesemente, lo soddisfa, emettendo dall'ano un escremento in forma di cilindretto, che viene subito raccolto e divorato, con avidità, dal fa- melico. Cosi, l'intestino delle Termiti ha. non solo la funzione di nutrizione dell'individuo a cui appartiene, ma quello, ancora, di serbatoio di nutrimento anche per altri. Provviste. - - La famiglia, per lo più numerosissima di individui, senza con- fronto con quella di altri Insetti sociali, ha bisogno di un largo, continuo a|>- !.1<: SOCIKTÀ ss-"> provvigionamento e di ricche provviste, pel caso che quello dovesse interrom- persi. Le provvigioni sono di detriti vegetali d'ogni maniera; erbe, foglie, radici in piccoli pezzetti, semi diversi ed anche cereali. F da supporsi che i pezzetti di foglia, come già si è veduto accadere per le Formiche, servano anche per l'allevamento dei funghi, che sono gran parte nell'alimentazione delle Termiti. Per procurarsi il cibo, le Termiti fanno continuamente escursioni fuori del nido. Ma, giacché esse sfuggono la luce quanto più possono e le operaie loro sono esseri deboli ed inermi, che devono temere da parte di nemici molti, al- lorché si avventurano all'esterno del nido, sopratutto da parte delle Formiche, così, il più spesso, scavano gallerie o costruiscono passaggi coperti, che vanno dal nido al centro di approvvigionamento. Così, esse lavorano, in generale, del tutto celate. Gli Hodolermea però, che sono Termiti dell'Africa australe, Egitto, Turkestan, Persia e delle Indie, fanno spedizioni allo scoperto, per raccogliere frammenti di graminacee. Perciò, i loro operai e soldati possiedono ocelli e, nelle loro escursioni, vanno in tìla lungo i sentieri nei ter. reni erbosi. Il loro nido è sotterraneo. Anche V Eutermes monoceros Koen. (o Termite nera, perchè è di colore oscuro, comune al Ceylan ed altrove) fa escursioni allo scoperto. Essa raccoglie sopratutto licheni sulla corteccia degli alberi. Le colonna si mette in marcia al cader del sole e rientra verso le ore nove del giorno dopo, ciascun operaio portando un pezzetto di lichene. La colonna degli operai è fian- cheggiata di qua e di là, da una tìla di soldati (nasuti) (fig. 873), che sorvegliano il lavoro e stanno a difesa degli operai. Cultura di funghi. — Anche le Termiti sono coltivatrici di funghi e le fun- gaie loro sono entro i nidi, così appunto come fanno le Formiche, secondo quanto si è mostrato. Il fungo, nel suo stato conidico, è coltivato su un'intricato ammasso spon- giforme (fig. 877), composto di detriti vegetali, particolarmente lavorati e questa e la matrice, su cui si sviluppa il fungo (detta anche giardino di funghi, focaccia di funghi). La vegetazione si palesa come una specie di unirla bianca, tappezzante le superfici libere della fungaia. Le dimensioni di questa variano, anche nella stessa specie, dalla grossezza di una nocciola a quella di una testa umana. La forma ascofora del fungo è rappresentata dall' Agaricus (Vulvaria) rajah- (Secondo Petch., Volvaria eurhiza) (1). La coltura è, però, spesso, inquinata da un altro micete del genere Xylaria (Xylaria nigripes) a cui le Termiti impedi- scono il completo sviluppo, rodendone i miceli. La fungaia, perchè porti buoni frutti, deve essere bene ventilata e gli In- setti ciò sanno fare benissimo. Dei funghi si cibano le larve, che vanno in massa a pascolare entro il la- birinto della fungaia ed anche la regina; giammai gli operai ed i soldati. Questi giardini di funghi sono masse di varia grandezza, di aspetto spugnoso, brune o nere, friabili, composte di pasta di legno, parzialmente digerita, emessa dal retto dalle operaie, sotto (1) La forma ascofora dell'Agarico, che si trova sviluppata all'esterno dei Termitai abban- donati, e un fungo commestibile, alto anche 25 centimetri. La Xylaria, sviluppata, si presenta sotto forma di bastoncelli biancastri, rigonfiati e bruni verso l'apice, della grossezza di una matita. 886 l '.M'ITOLO SETTIMO *77. — Piccola fungaia accessoria «li Tennis latericìus Hav. del Natal (da Fuiler). torma di cacherelli bruni, ina è lavorata di nuovo coi suoi orgaui boccali, dalla operaia stessa ed agglutinata a mezzo della saliva. Sulle pareti delle cavità di questa massa spugnosa si diffonde il delicato micelio, di color grigiastro. I giardiui richiedono continua innovazione del substrato e ciò fanno gli operai, che li accu- discono. Meglio curate e piti proprie sono le fungaie collocate profondamente e nelle i vicinanze della cella reale (fig. 878). Nelle fungaie vengono anche a passa- re lo stato loro di ipnosi le forme neutre. Coltivatrici di funghi sono quasi tutte le specie del gen. Termes (il fatto fu pri inamente riconosciuto da Koenig. nel 1778 e due anni dopo dallo Smeathniann, per Termes bel- ìicosus) e qualche specie di Eutermes e forse anche di Oflotermes ed Acun- thotermes. Preparazione del materiale per le costruzioni. — Il materiale costruttivo dei Termitai (dei quali si dirà tosto) è elaborato dalle Termiti nel loro intestino. Si tratta di terra o di detriti vegetali (a seconda ohe i Termitai sono fabbricati con materiali terrosi o di cartone di legno) e l'ima e gli altri, opportunamente masticati sono introdotti nell'intestino e quivi serbati per l'occorrenza. Così, al- lorché costruiscono, gli ope- rai vuotano o dalla bocca o dall' apertura anale, una certa massa di poltiglia, composta nel modo anzi- detto, e, poi, la stendono, accomodano e dispongono, mercè ali organi boccali e la comprimono anche con colpi della testa. Vi ha chi crede che, per costruire, le Termiti usino pez- zettini di legno o granelli di terra, che dispongono a loro luogo e poi fissano in posto, mercè un liquido che, di volta in volta, emettono dalla apertura anale. Forse l'uno o l'altro di questi modi di costruzione sono in atto, a seoonda delle specie o d> circostanze diverse. Fig. S78. — Schema di sezione longit. di nido (a collina) di Termite. Nel mezzo è il nucleo centrale colla cella reale, circondato da camere contenenti le fungaie collegate fra loro da strette gallerie. Si vedono tratti di ampie gallerie di ventilazione (da Escheiich). Il Termitaio. Nessuna specie animale può competere, di gran lunga, colle Termiti, per grandiosità della costruzione ad uso ili una sola famiglia e per l'imponenza dei lavori edilizi in genere. È ben vero, però, che non è possibile alcun raffronto. I.K SOCIKTA 887 Fìg. 879. — Termitaio di TVrnie» béWe.o*n» Smentitili (da Druimnoiid). nemmeno per la numerosità della famiglia, giacché nessun animale è così proli- fico e per tanti anni di seguito, quanto una coppia riproduttrice di Termiti. Le costruzioni, che talune specie dei paesi caldi innalzano sopraterra, per abi- tazione della discendenza di due soli pro- genitori, sono così sterminate, rispetto alle dimensioni degli operai, che concorrono a costruirle, che riescono, anche per noi, totalmente inimmaginabili. Al loro para- ragone i massimi monumenti innalzati dalla li- ni a n a i n d u- stria, sono ben po- ca cosa e, fos- seroalti anche il doppio della Torre Eiffel o della più alta Piramide egiziana, non reggerebbero al confronto. Quanto a solidità, cotali editici non possono essere demo- liti se non facendo ricorso ad utensili pesanti od a mezzi esplosivi. Questa vistosità e la grande varietà di cotali costruzioni, sopratutto nelle regioni tropicali, secondo le diverse specie di Termiti, hanno sempre eccitato la meraviglia e la curiosità non solo degli studiosi di cose naturali, ma anche dei viaggia- tori e ne è venuta una ricchissima bibliografia in proposito, sebbene, nella conoscenza intima della vita di questi Insetti sieno, tuttavia, molte lacune e punti oscuri. Non tutte le specie nidificano con tanta arte e potenza edilizia. Di qui, fino alla semplice opera minatrice dei Calotermes, è un graduato passaggio di maniere dì nidificazione di meno in meno complesse e vistose, fino a costruzioni pic- cole, non più alte di pochi centimetri. Si notano, anclie, le più svariate forme di Termitai da quelli a colonna, a cono, agli sferici, ai fungiformi, ecc. Varietà rilevante è anche nel materiale impiegato nelle costruzioni. Le diverse specie adoperano diffe- renti sostanze, cioè terra o legno (quest'ultimo varia- mente preparato) o l'una e l'altro insieme. Variano, anche, i nidi, a seconda della specie che li costruiscono, per diversa ubicazione. Alcuni sono del tutto scavati sotterra; altri elevati interamente sopra terra; taluni sono in parte sotterranei ed in parte sopra terra. Molte specie fanno il loro nido sospeso ai rami degli alberi; altre nidificano in parte snl suolo e per altra parte il Termitaio è aderente al Fig. 880. — Sezione schematica longit. di un nido di micofago. J, ingresso; B, camera delle prov- viste; C. galleria principale; E, camera dei funghi; F, fun- gaie (da Escherich). Fig. 881. — Un notevole termi- taio (di Ciibiterme» bilobatu* Hav.?) da fot. di Haviland). 8«S CAl'lT'>LO SKTIIMO tronco (li un albero, come ve n'ha, anche, di completamente liberi, giacenti sul suolo. In generale, una famiglia abita in un solo nido; ma, in qualche caso, i nidi sono multipli per una sola famiglia, congiunti insieme da gallerie. In altri casi, per converso, può accadere che più famiglie alloggino in uno stesso nido. Fig. 882. — Diverse forme di Termitai. A, nido a piramide (E>iter>itex pyriformis Frogg.ì di Australia 'da fot. di Saville Kent.). -B, nido «tipo KimUerley » (Gen.? sp.?) di Australia (da fot. di Saville Kent). C, nido-bussola (Compas Termite) (Hamitermes ìiieridionalis Frogg.) di Australia (da fot. di Froggatt). D, lo stesso, veduto di lato. E, nido a torre di Eutermes pi/ ri formi n Frogg., io. Australia (da fotogr. di Froggatt.). Questo è, quasi sempre, costruito dai suoi abitanti; qualche volta, però, in qualche nido lasciato vuoto da una famiglia, prende alloggio qualche altra, sia pure di specie diversa. Il Termitaio è chiuso da un involucro esteriore resistente alle pioggie ed all'aggressione dei molti animali ghiotti di Termiti; in generale manca di aper- ture, che mettano all'esterno. Cosi, è conservato anche il grado di calore e di umidità necessario al benessere degli Insetti. Per le loro escursioni fuori del nido, per provvedere il necessario alla vita LK SOCIETÀ 889 A \ *&3fr r ) T%^. s**"**^" -7 >^v Sr della famiglia, le Termiti, conforme si è accennato, non escono all'esterno. Poche sono le specie, che si avventurano fuori del loro nido. La maggior parte, invece, scava numerose gallerie in tutti i sensi, partentisi dal nido, sia entro alberi morti, sia sotterra e rinforzano, anche, le gallerie con rivestimenti di terra dura e sempre vi stanno molti soldati a guardia. È riconoscibile, pare, in taluni Termitai, una stratifica- zione, mediante la quale più strati di composizione diversa, con camere, ecc., sono addos- sati l'uno sull'altro, attorno ad un nucleo centrale, che è la «amera reale. Ciò nei nidi più complessi, Diverse maniere di termitai e loro classificazione. — Già l'Holmgren aveva tentato una classificazione dei Termitai, in base al loro modo di costru- zione ed alla natura del ma- teriale impiegato, cioè: il) Nidi concentrici ; di- visi in : nidi di cartone di legno (arborei, cioè totalmente costrutti sugli alberi) ; nidi insieme di cartone di legno e di cartone di terra; nidi di solo cartone di terra; nidi di cartone di legno e terra; nidi di terra sola (1). B) Xidi non concentrici. 1 primi sono i più evolati e complessi e si compongono, di tre o quattro strati, ordinati attorno ad un nucleo ,<£#- centrale ; i secondi, che rappresen- tano certo il tipo più primitivo, non ^?g5-j V' sono nettamente limitati, ma si compongono di un sistema di camere e corridoi, irregolarmente distri- buiti. I nidi non concentrici, dei quali è tipo ovvio quello del nostrale Calotermes, sono rappresentati da Fig. 884. — Taglio longit. del termitaio di Terme» gallerie scavate nel legno (in tron- malayanue, mostrante gli strati concentrici (da £flj d'alberi travi ecc ) od entro Havilund). ' terra. Essi appartengono a specie eminentemente minatrici, che non costruiscono, o molto parcamente, con cartone. Fig. 883. — Nucleo centrale con cella reale di Tenuta re- dentanti! Wasm., del Ceylon. Sez. longit. (da Escheriohj. Oltre i Calotermini, cosi nidificano anche forme più elevate, ad es,, il Leucotermes lueifugua, che, però, dello stesso materiale, cioè cogli escrementi suoi, legno tritato, ecc., costruisce anche cor- ridoi coperti. (1) L'Eschericli, mentre accetta la distinzione dei nidi in non concentrici e concentrici, sem- plifica la suddivisione di questi ultimi, facendone tre sole categorie, cioè: 1.° veii nidi di terra; 2.° nidi misti di terra e di legno; 3.° veri nidi di cartone di legno. A. Bbblese, Sii Insetti, li. — 112. 890 CAPITOLO SETTIMO I nidi non concentrici, scavati entro terra appartengono ai generi Anoplotermes, Capritermes, leueotermes, oltre che a talune specie di Eutermes. Anche taluni coltivatori di funghi, come ad es. il Terme» mycophagus, scavano nidi sotterranei e sono certo i più evoluti niditicatori fra quelli che soavano. La fig. 880 mostra, senza più, la disposizione del Termitaio di questa maniera. Fig. 885. — Schema di sezioni di Termitai concentrici. I-V i diversi strati. A. di Armitermes veotenicus Holmgr. del Sudamerica ; mostra il nucleo centrale (V) con più celle reali l'una sopra l'altra. B. di Eutermes (Rotunditermes) rolundiceps Holmgr. del Perù. C. di Si/nlermes chaqnimayen sia Holmgr. del Sudamerica. Nido di sostituzione ; posizione eccen- trica del nucleo centrale. D. di Eutermes rippertii Ramb., del Sudamerica. Normale. E. dello stesso; posizione anormale, al suolo. F. di Syntermes dima (Kl.) del Sudamerica. Nido di terra colla camera dello provviste nello strato IV. G. Syntermes chaquimayensit. Nido di terra, (da Escherich). Pei nidi concentrici, l'Holmgren designa fino a cinque strati sovrapposti e tutti attorno ad un nucleo centrale, che sono i seguenti, a procedere dal più esterno al centrale (fig. 884, 885). I. Un solido strato di copertura. II. Uno strato più sottile, in cui sono scavate molte camere. LK SOCIKTA 891 III. Uno strato eoa celle grandette, rotonde, ove risiedono le larve più grandi, gli alati ed eventualmente la fungaia. IV. Uno strato piuttosto grosso, con molte celle larghe e basse, destinato ad allogare le uova e la giovane prole. V. Il nucleo, in cui è scavata la cella reale. Questi strati diminuiscono di consistenza dall'esterno all'interno ; ma, il nucleo centrale (flg. 883) è la parte più dura e resistente. Cotale è il tipo (che si può riconoscere bene in taluni Termitai, ad es., in quelli di cartone di legno del Syntermea chuqiiinwyeiisis Holingr. del Sud-America e di qualche altro. In generale, però, le necessità ambienti od altre determinano deviazioni secondarie da questo tipo. Alle volte, ad es., il nucleo centrale i- più vicino alla base; altre volte esso manca ed è sostituito da quello della prole e la cella p. ^ _ Termitaio a forma di reale e allogata m altri strati (3.°, 4.°), ecc. e queste fu„go del Cnbitermea fmigifaber ed altre deviazioni dal tipo sono da considerarsi per anor- Sjost (da Escherich). nullità. Fig. 887. — Diagrammi rappresentanti sezioni longit. di Termitai di una Termite (Termes vulgati» Haw.) comune nel Natal e mostratiti in A i canali verticali di ventilazione ed in B anche le gallerie per giungere alle celle del giardino dei funghi (da Fuller). wlH ! )/ Fig. 888. — Sezione longit. schematica di nido di Termite, per mostrare i canali di ventilazione ed il percorso dell'aria dalle tre vie di ingresso (I, II. Ili) a quella di uscita, centrale (da Escherich). Altre volte, però, il tipo non è riconosci- bile, per la confusione tra due strati o più, così che ne risultano in numero inferiore ai cinque (ad es. tre strati distinti sono in Syn- termes dirus (Klug) (fig. 885 F); quattro in Armi- termes neoienicus Holmgr. ed Fu termes (Boi undi- termes) roiundiceps Holmgr. (fig, 885 A, B)\ oppure perchè manca il centrale o per condi- zione ancor giovanile, del Termitaio, così che la difterenziazione ben netta degli strati non è ancor palese. domi) Qualche Termitaio aberra affatto e non si può ricondurre al tipo sud- detto, come è di quelli, ad es., che sono composti di più abitazioni (poli- di cui una contiene la coppia reale, altra la prole, altra gli alati, ecc. e 892 CAPITOLO SETTIMO sono congiunte fra loro da gallerie (es. Gornitermès striatus Hag. del Sndamerica, talune specie di E uterine*, ecc.), per le quali il nido principale, contenente la coppia reale, è sugli alberi e gli accessori sono a terra, alla base degli alberi stessi. Il materiale impiegato dallo Termiti, a costruzione del loro nido è terra e legno, tritati fra le mandibole ed impastati con saliva e succhi derivati dall'in- testino. Con ciò è ottenuto un cemento od una pasta di' cartone molto tenaci, quando sono secchi e, di fatto, come si è già detto, le pareti dei nidi di terra resistono assai bene anche ai nostri sforzi per aprirle. Termitai, di terra. — Composti esclusivamente di terra impastata, come si è detto. Sono delle seguenti maniere cioè: sotterranei, aerei (sugli alberi) od ele- vati sul suolo, od in parte sotterra, in parte all'esterno. ì-,-*:.~r. - Fig. 889. Fig. 890. Terme» laiericicins Havil. del Natal ecc. — Termitaio. Fig. 889. — Torretta fatta di recente. Fig. 890. — Sezione longitudinale del nionticello conico. Si vedono i grandi camini aerei, di cni lino (C) chiuso ; nonché il luogo della principale fungaia (A) e delle accessorie (B, B) (da Fnller). Quelli elevati sul snolo, che sono fra i più vistosi fabbricati dalle Termiti, hanno forma varia, a seconda della specie, che li innalza. Tra i piti noti e maggiori, sono quelli a collina del Termos bellicosus (figg. 894, 895) e di molte altre specie congeneri; di poco variati in quelli a camino, cioè colla cima elevata e stretta come un camino, od in forma di torre o colonna: altri sono a rao' di fungo, come è quello dei Cubi- termes fnngifaber Sjost. di Africa (fig. 886), molto comuni al Camerum e così pure i nidi polidomi (cinque o sei distinte costruzioni) del Mirotermea alror. Per molte specie sono stati rilevati canali, che percorrono d'alto in basso tutto il nido (fi- gure 878, 887, 888) e che giungono al suo apice, quivi chiusi oppure aperti completamente o per molti piccoli fori (fig. 890). Si ritiene che servano a mantenere il voluto grado di aereazione e di temperatura all'interno del Termitaio. Quanto ai Termitai sotterranei, l'unico esempio bene conosciuto è dato dal Comitermes striatus Hag. del Sudamerica, ed è un nido polidomo, inquantochè per ogni colonia si notano da cinque a sei costruzioni affondate nel terreno, a 10 o 15 ceutim. ed hanno un diametro di circa G centim. Tutti questi blocchi sono contenuti e tenuti a posto nella apposita cavità ed insieme riuniti mercè pilastri di terra, sui quali corrono gli Insetti e penetrano nei blocchi per una apertura alla base di ogni pilastro. I.K SOCIKTA 893 Pochi esempi si hanno anche di Termitai costrutti in parte sopra, terra, sugli alberi, in parte sotterra (ad es. Mirotermcs (Citbit). arboricola, Sjost. del Sudafrica, Anoplotermes moria (Latr. del Sud- america). Tra i Termitai misti, cioè composti di terra e di legno si possono distinguere quelli in cui il tutto è costrutto con pa- sta di terra ed insieme di legno, da quelli in cui talune pareti sono fatte col legno, altre colla terra. Quest'ultimo tipo è più frequente, mentre del primo si conosce solo il Termitaio di Eutrrme* rotundiceps del Sud-America. Al secondo tipo appunto appartengono le piti colossali e rammentate costruzioni delle Termiti. come sono quelle a collina, dell'Australia. In questo, lo strato di copertura è fatto di terra e tutta la parte iuterna è di cartone di legno. Il legno è così lavorato che non se ne rico- nosce più la struttura, nemmeno al microscopio. La cella reale è alquanto sotto la superfìcie del terreno. Fig. 891. Rappresentazione schematica della generi di una collina di Termiti sec. Tragardb. A, prima terra che viene portata alla super- ficie traverso ad un canale largo ; B, in questa collina, che prima era compatta, vengono scavate delle camere e la terra, che ne riesce è scaricata alla superficie ; C, per altre gallerie, scavate nella parte periferica della collina, è portata all'esterno altra terra dalle regioni più profonde ; 1). in questa vengono scavate altre camere. Vi sono più forme di questi nidi, da quello a collina, anche più grande del classico Termitai di T. bellicosus, che appartiene al Coptotermes lacteus, a quello gigantesco, a torre, dell' Eutermes pyriformw (tig. 882, E), che, largo alla base un metro e mezzo, può essere alto ben sei metri ed è il maggior Termitaio che si conosca; ai Termitai comi detti del tipo Kim- berliti (lìg. 882, B), con grandi protuberanze a forma di lobi sulle pareti laterali ;ai Termitai a pira- mide (comuni specialmente nella penisola Capo York, nel Qneesland dove abbondano così che il loro ,*-'fS§B£pf's -'jtSflS^^ \ insieme sembra, veduto dal mare, un villaggio di indigeni). Molto interessanti sono i Ter- mitai di questo gruppo, detti a bussola (iig 882, C, D), o magnetici e ciò pel loro costante orienta mento. Essi sono rettangolari, piatti ed elevati quasi come mura- glie, perchè larghi sulla parete anteriore e posteriore e stretti sulle altre due. Così fatta costru- zione,che di fianco (/)) appare triangolare, coll'orlo superiore a spigolo acuto, ha una faccia più larga sempre esposta a mezzodì (mentre, così, l'altra è rivolta a sud) e le due laterali l'ima all'est e Fig. 892. — Termitaio di cartone di legno costruito su un albero (da Figuier). 894 CAPITOLO SKTTIMO l'altra all'ovest. È questo un nido molto comune in certe parti dell'Australia del nord e dove abbonda il paesaggio ne riceve un singolare aspetto (fig. 893). -Fig. — 893. — Una città di Termiti (bussola), in Australia (da Saville Kent). Fritzmiiller osservò un nido di una specie di liutermes, nelle foreste del Brasile, a ino' di fera, taluno anche di un metro di diametro, libero a terra e coperto di vegetazioni. Esso ap- !HIM m -MftiMB Fig. 894. — Riproduzione della tavola, che accompagna la lettera di Smeathman (1871). partiene al tipo misto. La parete, grossissima, di un piede di spessore, è molto resistente. Le pareti interne sono, invece, molto sottili, così che la cella reale ì- molto fragile. Termitai di cartone di legno. — Sono costruiti di una specie di cartone, I.K SOCIETÀ 895 fatto con legno tritato colla bocca ed impastato con sostanze derivate dall'in testino. J* J v -"-'■■- £is>Li!rtT£: Si.: • Fig. 895. — Termitai di Termite bellicoso, secondo Snieathinau (si vede anche lo spaccato del nido). 1, maschio alato ; 2, operaio ; 3, femmina ovigera ; 4, soldato (questi sono in grandezza di poco più piccola del naturale); 5, operai che rientrano nel nido, (circa un 1/4 della grand, uat.) (dal Figuier). Più comunemente questi nidi sono allogati sugli alberi, sospesi ad un ramo, che abbracciano interamente od in parte, o disposti sul tronco, a varia altezza 89li CAPITOLO SETTIMO da terra, od alla inforcatura di due grossi rami, ecc. Per la forma, per la rugo sita di cui è aspro l'involucro esterno e pel colore nero, proprio del cartone (tale colore è anche del cartone fatto dalle Formiche) questi Termitai sono volgarmente detti « testa di negro » (ng. 892). La struttura concentrica, di cinque strati, è palese in questi nidi. L'Holuigreiu la esemplifica preudendo a tipo il Termitaio di Entermes ripartii Ramo, del Sudamerica (iìg. 885, D) (dal quale di poco variano il Synterme» chaqueniaijensis, VE. minimiis, VEut. arborum, che è stato oggetto delle descrizioni dello Smeathmauu, ed altre specie congeneri, nonché il Mierocerotermes stranici \V. Siir.. del Brasile, ecc.) dove il primo strato è sottile come la carta e fragile, il secondo, esso pure esile, risulta di uu complesso di camere rotonde ; il terzo è più grosso (da 2 a 5 cen- timetri), con camere piìi piccole delle precedenti ; il quarto, destinato alla prole, ha camere larghe e basse; il quiuto è durissimo e contiene la camera reale, grande e bassa. Del resto, le sopradette Termiti nidificano anche nelle abitazioni, sulle travi, ecc., oppure dentro alberi, come fauno talune Formiche, molto raramente sul suolo (Mirotermes sultani Wusiu. del Sud America). Anche i Coptotermes di Ceylau o di Malacca nonché gli Arrhinotermes fanno nidi di cartone, allogati entro gli alberi cavi od iu terra ai piedi del tronco. Gallerie scavate sotto la corteccia e ricoperte di terra indurita permettono agli Insetti di lavorare e fare la loro raccolta senza esporsi all'aperto. Il nido di C. ceylonicns può raggiungere la grossezza della testa d'un uomo. Genesi dei nidi. — Da ciò che si può vedere nella costruzione dei nidi di terra si conclude che il lavoro, da parte delle Termiti, si svolge colla escavazioue di camere e gallerie attorno alla prima cella reale, praticata dalla coppia reale, secondo si è detto. Col crescere della popolazione operaia, si allarga ed intensifica l'opera miuatrice ed i detriti di terra, portati all'esterno, sul suolo si innalzano sempre più, dando origine ad una collinetta (tig. 891), percorsa da gallerie, che oltre al passaggio degli operai, lasciano circolare l'aria nell'interno dove si lavora. Col procedere della escavazioue, auche la terra già portata su dall'iuteruo, viene nuovamente escavata e tra- sportata più in alto, ad elevare maggiormente la collinetta, che si innalza auche di più per l'ampliamento continuo delle camere, le cui pareti sono, via via, assottigliate al grado vo- luto. Oltre a queste pareti e pilastri, che risultano cosi, altri ne costruiscono gli operai con lavoro di muratura o con detriti di sostanza vegetale, impastati secondo si è accennato, cosi che cotali nidi risultano internamente rivestiti di sostanza vegetale e ricoperti all'esterno di terra, come s; vede ad es : in EtUermes parva», sebbene ciò possa non essere in tutti i nidi misti. Pei grandi uidi australiani, infatti (secondo Froggatt), sembra che la prima costruzione sia fatta di legno, ad es. di vecchie ceppaie, ed il rivestimento terroso sia disposto successivamente, con terra anche raccolta alla superficie del suolo circostante. Animali termitofili. — Assieme alle Termiti, nei loro stessi nidi, albergano, in numero grandissimo, particolari specie di animali diversi, sopratutto Insetti, con rapporti di simbiosi o d'altra maniera verso i loro ospiti. Dell'interessante argomento, come già si è promesso di fare a proposito degli animali mìrmeeofili, sarà trattato colla dovuta larghezza, più innanzi, la dove si dirà dei rapporti degli Insetti cogli altri organismi. BIIÌI.IOGKAFIA 897 Bibliografia. Società degli Insetti io generale. Barciiarh lì. VV., Oh the oella and comba of beea and Wasps. (Ann. of Philos, Lond. X, pp. 310-313, 1817; X, pp. 428-430, 1817). Berthe A., Die Heimkebrfabigkeit iler Ameiseu und Bienen, zum Teil nacb neuen Versnchen (Biol. Centrali.. Leipzig 22, pp. 193-215; 234-238, 1902 . Bior I. B., Sar Ics Iusecte-; cpii vivant en soeióté (Meni. Acad. Paris, 1817, Isia., Ili, p. 414, 1818). Blochmann F., Ueber die Reifung der Kier bei Ameiseu und Wespen (Festscbr. Kuperto-Carola Heidelb. Natnrtbist., pp. 143-170, pi. 1886). BuCHHOl.z K., Ueber Nestbauten von Terraiten n. Ameisen nacb Beobachtnngen in Afrika (Mittb. Naturw. Verein Neu-Vorpommern u. Rugen, Vili, S. XV bis, XVIII . l!r i tel-Reepen H. 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Accoppiameito di Acridide, 498; di Afidide, 500; di Apion, 496; di Cantaride, 499; di Coccideo Diaspite, 501; di Coccinella, 497; di Culicide, 499; di Decticus, 493; di Emittero acquaiolo (Gerrìs), 499; di Eterocero (Cheimatobia), 500; di Eterocero (Psichide), 501; di Etero- cero (Zigena), 500; di Eterottero, 497; di Ete- rottero acquaiolo (Emesa), 500; di Grillotalpa, 492; di Lacnosterna (Coleott. lamellic), 496; di Libellulide, 490; di Melolonta, 497; di Mu- scide (Dacus), 501; di Nepa, 499: di Omottero (Cicadellide), 498; di Omottero (Histeropteron), 497; di Ropalocero, 500; di Saga, 493. Accoppiamento (Segno dell') in Ditisco, 502; in Lepidottero, 503. Acquaioli: Lepidott., Neurott., larve, Respirazione, 677, 678. Acrididi maschi, che assistono alla deposizione, 481. Adentomoide, ricostrutto, 162. Adulto (assestamento dell') di Limanthria dispar, 348; Adulto Crisomelide, formazione delle macchie dopo lo sfarfallamento, 349. Agamandromorfismo (esempio), 465. Agrotis pronuba e Plusia chrysitis adulti ad ali aperte, 724. Ala, base cogli attacchi dei muscoli (Aeschna), 641; pezzi ascellari (in Acridium), 652; in Tabanus, 655; pezzi basali, dorsali, in Tabanus, 656; posteriore di Coleottero, come si ripiega, 668; sezione transversa, schema, 657; movimenti passivi del velo, 661. Ali con larghe frangie di peli negli Insetti piccolis- simi, 666; di Aeschna, 640; forme diverse in buoni volatori, 649. Allothroìiìbium fuliyinosum adulto, 26. Ametabolia acquisita, esempi, 266. Ammophila, che trasporta un bruco paralizzato, 547 Ampolla cefalica di Mosca, 342; cervicale di Stauro notus (larva), 218. Anergates, femmina feconda, coll'addome molto rigonfio dalle uova, 855. Anomalia (di zampa) di Coleottero, 465. Aphenogaster barbara, due operaie di grandezze estreme, 840. Aphenogaster (Planimyrma) doriai, operaio, 865. Aphis maidis-radicis, varie forme, 365. Ape (vedi anche Apis mellifica); accoppiamento, 830; celle, (fondo delle), 826; (geometria delle), 826; in sezione con uova e larve (anche cella di larva di regina, 829; reali, 829; operaia, che la- vora la cera, 827; operaia, che trasporta polline, 830; operaia, sezione dell'addome mostrante le placche ciripare, 827; organi genit. interni di operaia e di regina, 829; primo articolo tarsale nelle tre forme adulte, 828: teste di operaia, di maschio e eli regina, vedute di faccia, 829; zampa, 3.° paio di operaia, mostrante la ce- stella e la squancetta di cera, 831. Apidei diversi; apice della tibia e primo articolo tarsale del 3.° paio (Ape, Bombus, Melipona), 824; solitari nostrali (Antoforini), 538; Antre- nini, Panurgini, 557. Apideo dell'Ambra di Sicilia, 178. Apis florea, favo, 827. Apis mellifica, operaia, maschio, regina, 826; (vedi anche Ape). Appallottolamento di Blattide, 716; di Criside, 716. Apparati per collegare le ali post, alle anter. (Ime- nottero, Le pici.), 635. Arachnidi fra i più grossi (Ragno, Scorpione), Tav. I. Archegocimex (Eterottero fossile), 171. Argas persicus, adulto, 85. Argiope basilica (Ragno), sua tela, 116; A. brun- nicki, 1 14. Argyroneta aquatica (Ragno acquaiolo, nostrale), 120. Arrhenurus (Idracne), tre specie (maschi), 14. Asimmetria del corpo, in Acaro (Michaelichus), 421; delle mandibole, in Coleotteri, 422. Ateiìa di Coleotteri, 407; di Neurottero (Boreus), 403. atelico (maschio attero), 435. 924 INDICE ALFABETICO DELLE FIGURE CONTENUTE NEL TESTO E NELLE TAVOLE Atheucus sacer, adulto, 590. Atta (Oecodoma) cephalotes, in tutte le forme 863; spaccato del nido, 863. Atterismo nei due sessi (Sarcopsylla gallinacea), 384. Autolinforrea di Cimbex larva e di Timarcha adulto, 738. Autotomia, sezioni longitud. di zampe per mostrare il punto ove avviene la, 743, 744. B Babesia canis, vari stati, 83. Bacio di Mosca comune, 4S8. Belostomide ricostrutto, 171. Bittacomorpha flavipes, larva e ninfa con tubuli re - spiratorii, 259. Blaniulus guttulatus, 136. Blattoidi fossili, 160. Blissus leucopterus, varie forme, 435. Bozzoli di Crisomelidi (Cryptocephalus), 326; lar- vali di Erastrìa stillila, 251; di terra, di Macro- sita, 316. Bozzoli-gallerie di bruchi divoratori di sostanza cornea, 326. Bozzolo, che salta, 360; (costruzione del) di Cìiry- sopa, 323; (costruz. del) di Falena delle cor- teccie, 318; (costruz. del) di un Microlepidot- tero americano (Buccolatrix pomifoliella), 319; di Anilastus ebeninus, nella pelle della vittima, 324; di Antheraea pernyi, 321; di Eucheira sotialis, comune a più bruchi, 322; di Homalotus db- scurus, sotto il corpo morto della vittima, 325; di Imenottero endofago di Afide, sotto il corpo della vittima, 325; di Lepidottero divo- ratore di Coccidei sotto i corpi morti degli stessi, 325, 345; di Microlepidottero minatore, 317; di Pimpla conquisitor, colla spoglia della vittima, 324; di Psichide (Chauliodes), aperto, 326; di Saturnia pyri, aperto, 322; di Scolta rufi/rons, colla spoglia della vittima, 324; di una Nottua, 321; e ninfa ed adulto di Formi- caleone, 347; pendulo di un Imenottero endo- fago (Meteorus), 344. Bombus rnuscorum, nido, 822; (celle del), 823. Bombyx mori (individuo ginandromorfico), 465. Boophilus annulatus, adulti, 77; su pelle di Bue, gr. nat., 79. Brancsikia aereoplana, adulto, 669. Bruchus fabae, prima larva, 278. Bruco di Acronycta aceris, che si dispone ad incri- salidare, 318; di Arctia caia, id., 318; di Cucullia verbose) , che compie il bozzolo, 319; di Pieris brassicae, che si dispone ad incrisalidare, 311. Bryobia praetiosa, adulto, 96. Bubas bison, maschio, 533. Caeculus echinipes, dal dorso, 99. Calabrone (vedi anche: Vespa crabro) nei suoi tre stadi, 809; sezione longitud. schem. del nido, 815. Calliroa limacina, larva, 254. Calmistro, all'estremità di zampa di Ragno; 109; estremità della zampa, 110. Caloptenus italicus, esempio di Paurometabolìa, 267. Calotermes dilatatus, larva con espansioni toraci- che, 877. Camponotus ligniperda, femm. che inizia il nido, 844. Caneslrinia blaptis, maschio adulto, 54. Canestriniella togata., adulti, 55. Capo con quattro occhi composti in Blepharocera e nel maschio di Cloeon diplerum, 400. Capritermes opacus, soldati, 872. Caratteri sessuali secondari; di Mallofago (Gyro- pus). 400; di Neurott. {Cloeon diplerum), 400; di Fisapodo (Batillothrips), 400; di Corydalis, 403 (Vedi anche: Dimorfismo sessuale). Cassida, larve protette dai loro escrementi, 253. Catocala elocata, adulto ad ali aperte, 725. Cecidomie coll'ovopositore lungo, 525. Cella reale di Termes bellicosità, 883. Celle, del nido di Colleles, 560; con larva e ninfa, di Vespa, sezione, S09; costruzione delle, nel favo di Calabrone, 811; di operaie, maschi e femmine in Apis florea, 827; di operaie, maschi e regina, sezioni, in Ape, 829; fondo delle, in favo di Ape, 826; geometria delle, di Ape, 826; opercolate del favo di Calabrone, 320; reale di Ape, 829. Cellula adiposa di giovane larva di Calliphora, 298; in ninfa della stessa, 298; in giovane larva di Cyrtoneura, all'inizio della ninfosi, porzione, 298. Cellule epiteliali del mesenteron, in vari momenti della digestione, in Calliphora adulto, 684, 685; in Cimbex, 686. Cera dell'Ape (operaia che lavora la), 827; placche ciripare, 827; sterniti addominali colle), 828; (squametta di) sulle zampe post., 830; in coc- cideo (filatura della), 515; scudi cerosi in Coc- ciniglie, 712. Cerceris, che trascina un Curculionide paralizzato, 548; C. ornata, che guasta il capo ad mi Halictus, 547. Cheiletide (Chcyletia), predatore di Acari avicoli, 22. Cheiletidi, due specie, 57. Cheliferi (due), comuni nelle case, 102. Chelorrhina polyphemus maschio e lemm., Tav. IV, figg. 1, 2. Ghartergus chartarius, adulto e nido, 820; sezione del nido, 814 (vedi anche: Vespa cartonala). Chiasognathus granii, maschio e femm., Tav. IV, figg. 5, 6. Chironomus, ninfa, 261. Chorioptes equi, adulti, 50. Chresmoda obscura, Fasiuide fossile, 170. Chrysopa, larva protetta da spoglie di Afidi, 252. Cicala comune, maschio dal ventre, 483. Cicli evolutivi (schemi), 450. Circolazione dell'emolinfa; schema delle correnti, 693; in larva di Aeschna, 697; in zampe della stessa, 697; in ala di Coleottero, 69S. Città di Termiti, in Australia, 894. Coleotteri dell'Oligocene di Provenza, 178; dimor- fici maschi, Tav. III. Colobopsis culmicola, soldato in sentinella, 838. Colonna in marcia di bruchi di Processionaria del Pino, 573. Copris carolina, larva, 536; C. hispanns, maschio, 534; C. lunaris, maschio, 536. Corona caudale, respiratoria della larva di Stratio- mys, 314. Corteggiamento di ima Farfalla (Gonepteryx), 488. Cossus cossus, larva che schizza liquido difensivo, 255. Cnaphalodcs strobilobius, galla, 455; femmine che depongono, 456. Cnemidocoptes columbae, adulti, 47; C. delle Galline, due specie, adulti, 46. INDICE ALFABETICO DELLE FIGURE CONTENUTE NEL TESTO E NELLE TAVOLE 925 Crabro (Lindenius) pygmaeus, larva e bozzolo, 545. Cremaster di crisalidi di Lepid. notturni, 310; sua formazione in Vanessa urticae, 311; di cri- salidi di Farfalle diurne, 311. Crisalide di Cossus cossus, 317; di Cuculila umbratica, 319; di Lìmanthria dìspar, 317; df Macrosita caro- lina, entro terra, 315; di Micropteryx, 344; linee di spaccatura della, 338; maschile (spoglia di), di Thyridopteryx in parte fuoriuscita dal boz- zolo, 344; di Cossus cossus in parte fuoriuscita dal bozzolo, 339. Cryptocerus angulosus, due forme (soldato ed ope- raio), 835; C. varians, diverse forme, 833. Cylindromyrmex striatus, operaia, 865. Cyphomyrmex (operaia di), 864; femmina di, che attende alla fungaia e la concima, 864; sp. di California, operaio, 864. Cytodìtes nudus, adulto, 48. Dacus oleae, femm., coll'ovopositore estroflesso, 524; larva e ninfa, 257; Mosca delle olive che de- pone, 525. Decorso evolutivo ipertelico ed atelico, schema, 434. Deilephila nerii, adulto, 718. SI i Demodex bovis, alterazioni nella pelle di Bue, 38; D. folliculorum, in toto, 36; sue parti, 37; D. phylloides (in tutti gli stati), 39. Deposizione di Coleopistia, traverso il bozzolo di Nematus, 524; di Dociostaurus maroccanus, 481; di Dytiscus marginalis, 524; di Hylotoma pagana, 522; di Ichneumonide (Thalessa lu- nator traverso il legno, 523; di Idrofilo, 513; di Libellulide (Agrionide), 520; 521; di Locustide, 518; di Microcentrus (Locustide N. Americ), 518; di Mosca delle olive, 525; di Panorpa, 519; di Pimpla, traverso il bozzolo della sua vittima, 524; di Pronuba, nel pistillo di Yucca, 526; del Punteruolo delle Nocciole {Balaninus), 527; di Tipulide, 513; di Tripse (Heliothrips), 526. Dermacentor reticulatus, femm., 93. Dermanyssus gallinae, adulto, 67. Diafragma toracico (anter. e post.) in larva di Ae- schna., in sito, 696; post, isolato, 696. Diaspis pentagono, larva ed adulti, 379. Diaspite, femm. (Chrysomphalus), piena d'uova, 380. Dicranura vinula, larva, 254. Dicromismo sessuale (Calopteryx), 392. Difesa di Brachynus, inseguito da un Calosoma, 737. Differenze sessuali secondarie di Neurottero (Co- rydalis cornuius), 403. Diffusione e variazione di Colias (fig. schem.), 472. Dimorfismo sessuale, in Coleotteri, 407, 408; in Ditteri, 415, 416, 417; in Imenotteri, 415; in Lepidotteri, 404, 406; in Stilopidi, 414. (vedi anche: Differenze sessuali secondarie); in Cryp- tocerus variane, 833; in Embia, 515; in Oceanthus péllucens, 519; in Ortottero (Platyblemnus), 399; di Mallofago (Goniodes), 399. (Vedi anche: Ca- ratteri sess. secondarli); in Xenos vesparum, 354. Dimorfismo sessuale e Peciloginia nelle Farfalle (Papilio, Spilosoma), Tav. VI. Dimorfismo sessuale e di stagione nelle Farfalle (Papilio, Euchloe, Zephyrus; Araschnia), Tav. V. Disparipes, adulti dei due sessi, 63. Dischi imaginali, loro sviluppo, 293; in crisalide di Farfalla, 297; in larva e ninfa di Muscide, 296, in larva di Volucella, 292; introflessi ed endo- geni, 297. Disco adesivo nel tarso anter. di Ditisco maschio, 489. Dittero dell'ambra del Baltico, 155; Pupiparo attero (Penicillidia leachi, 285. Dolomedes mirabilis (Ragno nostrale), che porta il suo mucchietto d'uova, 122. Doritites bosniaski, Farfalla miocenica, 177. Dorylus affinis, diverse forme e grandezze della testa di operaio, 836; D. helvolus, diverse forme, 859. Dynastes neptunus, maschio, Tav. Ili, fig. 4. Eciton hamatum, operaie soldati, 861; E. mcxicanus, operai, 861. Efemeroide (larva) ricostrutto, 163. Elateride nell'atto di scattare, 630. Elcanide ricostrutto, 168. Embrione, maturo di Acridide, 347; polipodo, 277; allo stato protopodo, oligomero, 274; diversi stadi in Coleotteri, 277; due stadi in Moina, 369, 370. Emittero Eterottero del Miocene di Westfalia, 176. Eoninfa di Hyponomeuta, 268. Epeira diadema, che fila, sospesa, 113; capo, che- liceri visti di faccia, 107; filiere, 109; nido mentre stanno nascendone i piccoli, 121. Epidermoptes bilobatus, adulti, 51. Erinosi della Vite, 32. Eriophyes coryligallarum, acaro e gemme alterate, 35; E. pyri, acaro a foglie alterate, 34; E. vitis ed Erineum, 33. Erosioni del piombo, fatte da Insetti, 240. Eschnide, ricostrutto, 170. Espirazione, schemi di sez. transv. dell'addome nell'atto dell'), 671. Eucoila keilini, due larve, 275. Eugereon boekingi, impronta, 165; rostro (schema), 164. Euproclis chrysorrhaea, nido di larve giovani, spaccato, 251. Falangidi, 100. Fanerismo e crittismo a tempo (in Ropaloceri), 720, 721, 722, 723; Fan. (ornamentale) anche in riposo, in Mantide adulto (Pseudocreobotra ocellata, 726; nel volo, in Ortottero (Oedipoda miniata), 719. Favo. Celle del favo di Vespa, 809; di Ape (parte del), con celle reali, 829; di Apis florea, 827; di Vespa, (costruzione del), 811. Femmina neotenica di Dittero Sciaride, 287. Femmine dealate di Formiche, 832; ergatogine di Formiche, 835. Figura schematica per la comparazione degli ster- iliti tra Eterometaboli e gli Olometaboli, 272. Fitoptidi, capotoraci di tre specie, dal dorso, 33. Foberismo, esempi (Mantis), 734; Bruchi diversi, 735. Follicoli cerosi di maschi di Coccidei (Diaspis, Pul- vinaria), 320; d'uova di Ragni diversi, 119. 926 INDICE ALFABETICO DELLE FIGtTRE CONTENUTE NEL TESTO E NELLE TAVOLE Forme diverse (euteliche, ateliche, iperateliche) di Ortotteri, 398; diverse in ciascun sesso di Lepi- dottero (Papilio dardanus), 427; ne] maschio di Coleottero (Lucanide), 425; di Imenottero, 423; di Ortottero, 425; diverse (omeomorfiehe, dimorfiche, ateliche, ipermorfiche ) di Insetti, 396. Formica, che semina e concima la fungaia, 864; del miele (vedi Myrmecocystus, 858; Formica incerta, due forme di operaia (normale e pseudo- gina), 837; Formica operaia, che dà cibo ad una compagna, 838; (Pheidole palliatila), diverse for- me, 832; (Ph. instabìlis) id., 832; F. pratensis, esterno del Formicaio, 848; F. sanguinea indi- viduo agamandromorfico, 465; id., tre forme, 837. Formicaio di Alla (Oecodoma) cephalotes, coi suoi magazzini; sezione, 863; cartaceo, di Azteca trigona, 851; di Formica puzzola (Liometopum microcephalum), frammento, 850; di Lasius fuliginosus, 850; eli Polyrrachis, 852; di Messor barbarus, sezione longit., schem., 849; di di Myrmecocystus semirufus (cratere del), 849; di Oxymyrmex santschii, sezione longit., schem., 849; in attività, sezione di un, S47: di Trachy- myrmex septentrionalis, sezione, 863; nel suo ac- crescimento, sez. longit., 848. Formiche, che fanno « toilette », 841. Formicoxenus nitidulus, operaia e maschio ergato- morfico, 833. Friganee larve, foderi protettori, 249. Friganoidi, astucci nel calcare a indusi, 177. Fulgora laternaria, adulto, Tav. IV, fig. 7. Fungaia di Termes latericius, 886. Fungo (Tyridomices formicarum), coltivato da Cyphomyrmex rimosus, 864. Oaleodes araneoides, 103. Galla « ad ananasso», 455; Galle di Dryophanta folli e D. tascembergi, 363; di Neuroterus (N. fu- mipennis ed N. tricolor), 363; di Trìgonaspis (T. megaptera, T. renum, 365. Gallerie di Scolitide (Scolytus rugtilosus) su ramo d'albero da frutto, 828. Gamasus coleoptratorum, ninfa migrante, 17. Gastcracantha arcuata, 1 1 2. Gekobia neumanni, adulto, 96. Geofilide nostrale (Himantarium rugulosum), 137. Geotrupes stercorarius, adulto, 529. Gerris, che corre sull'acqua, 631. Ginandromorfismo (in Lepidott.), esempi, 465. Girinus e suoi piedi natatorii, 631. Glomeris connexa, 135. Glycyphagus canestrinii, adulto, 56. Golopha porteri, maschio, Tav. Ili, fig. 6. Grani di piante diverse lavorati dalle Formiche, 840. Greenia afkeni, femm., 70. Qymnople.urus pillularius, adulto, 537. H Malacarus humerosus, 15. Halaraehne, due specie, femm., 70. Harpyia fagi, larva in attitudine terrificante, 256. Helicopsychc shutleworthi, foderi a chiocciola della larva, 249. Heliocopris gigot, maschio, Tav. Ili, fig. 2. Histiostoma, adulti, 56. Holoslaspis badiu-s, femm., 73. Holothyrus coccinella, adulto, 74. Hyalomma aegyptium, adulti, 91. Hydrachna geographica, 15. Hydrocampa nymphaeala, lepidottero acquaiolo, larva e ninfa nel follicolo, 677. Hydrodroma rubra, larva, 13. Hypopus, quattro specie comuni, 60. K Kalligramma haeckelii, ricostrutta, 172. Kallima inachis, ad ali aperte e chiuse, 722. Koenenia mirabilis, 127. I Ibernazione di brucolini di Spargonotis pillerìana, 753. Icaria variegata, adulto e suo nido, 816. Icneumonide (Ephialtites) fossile, 173. Idracne, due specie fra le maggiori (Hydrodroma rubra, Limmochares liolosericeus, 16. Imitazione fra Insetti dello stesso ordine (Coleott., Lepidott.), 709; fra insetti di ordini diversi (Ditteri-Imenott.; Emitteri -Formiche, Omot- teri-Formiche), 710. Incrisalidamento di Ropalocero [Ausonia phlexip- pus), 309. Insetti dimorfici ed ipermorfici, Tav. IV; olome- taboli ed emimetaboli sessuati prematura- mente, 285. Insetto, adulto, figure schematiche mostranti i suoi organi, 336; con ali ridotte in ambedue i sessi (Periplanela), 383. Ipermegetismo, femminile (Pseudococcus, Termes, Sarcopsylla, Cryptes), 389; maschile (Lucanide, Melapodontus), 391. Ipermorfismo (omeomorfico), in Coleotteri, 413, 414. ipertelico (Ortottero), 433. Iphis alvearitts, 71. Ipnosi di Rhinotermcs taurtis, 873. Ischnogaster micans adulto e suo nido, 816. Isosoma grande, 443. Issodide, rostro, 75. Iulidi nostrali, comuni (tre), 135. Ixodes ricinus, adulti, 88. Laelaps echidninus, femm., 72. Laminosioptes cystieola, adulto, 48. Lampyris, i due sessi, 284. Larva, acefala di Dittero ciclorafo, parte anter. del corpo, 229; acquaiola di Coleott., 237; apoda (di C'ulex), 225; id. di Imenott. aculeati, 233; id., incesso, 232; di Cicindela, in agguato, 248; di Coleott. (Blepharda), protetta dai su%i escrementi, 252; di Dytiscus, testa dal ventre, 230; di Dicranota, testa, 226; ninfa ed adulto di Dytiscus marginalis, 340; eruciforme (Baco da seta), 223; id. incesso, 232; di Simulium, testa, 227. Larve, ciclopiformi, 275; id. di Calcididi, 223; id. due stadi, di Teleas, 283; che praticano la di- gestione all'esterno, 241; di Coleotteri, 224; di Coleott., Lepid. ecc., nei loro foderi protettori, INDICE ALFABETICO DELLE FIGURE CONTENUTE NEL TESTO E NELLE TAVOLE 927 250; diverso, con pseudobranchie, 236; con rudimenti di falso zampo ed una apoda, 231; diverse teste, 22S; cruciformi, 231; e ninfe di Cooeinellidi [Adatta, Chitocorus), 312; di ordini diversi, con tubercoli ambulatori^ 235; di Teutrodiiu'i, in atto difensivo, 255; «li Tignuole, sulle foglie, loro ripari, 252; melolonte idi ili Coleott. diversi, 222; id. id. con tubercoli per l'incesso, 2;i!; olomet ibole, brevipode ed apode, 273; protette da ananassi (erosi, 254, Lasius [Aoanthotnyops) latipes ed L. (A.) claviger, femmina, 835. Latrodectes 13-guttatus (la Malmignatta), 108. Lepidottero fossile del calcare di Solenbofen, ri- costrutto, 173; id. (Paleocossus), ali, 172. Lcptus (larva di Trombidide), 26; ch( dirama l'organo rizomorfo nei tessuti della vittima, 28; vista dal dorso, 99. Leucaspis gigas, larva, 236. Leucotermes lucifugus, forme delle sessuate di sosti- tuzione, 870; sviluppo di neutri, 874; di sessuati, 875. Limanthria dispar (individuo ginandromorfo), 465. I. inguauila taenioides, in tutti gli stati. 8. Linguatulide (Porocephalus proboscidaeus) larva, 6; P. annulatus, adulto, 0. Linocoptes coccinellac, adulto, 55. Linopodes motatorius, 12. Liogryl/u.s campestri.?, maschio, adulto, 391; che 'i canta », 479. I.istroforidi e Cheiletide a piedi conformati per stringerò i peli dell'ospite (Listrophorus, gibbus; Labidocarpus mcgalonyx; Myocoptes tenax) adulti. 52. Lithobius impressus, 137. Lophoptes patavinus, femm., 68. Lucciola, maschio, dal ventre, 485. Lycaeiia, ali di forme aberranti, 4117. Lycocercus goldenbergi (Paleodittiottero), 157. Lycosa tarentula (la Tarantola) in grand, nat., 107; parti boccali e ghiandola velenifera, 106. M Maschi, ergatomorfici di Formiche, 833; di Co- leotteri dimorfici, Tav. III. Maschio involuto (Micrococcus); ambedue i sessi, 382. Mastotermes darwiniensis, femmina e sue ali e tarso, 866. Megaceras chorinaeus, maschio, Tav. Ili, fig. 3. Meganeutra (Prptodonati), ali di. 161. Megasccoptero, ricostruito, 162. Megnìnia cubitali.';, adulti, 53. Melipona fulvipes, nido in sito, sezione, 824. Mos< uteron, Cellule epiteliali in vari momenti della digestione, in GaUiphora adulto, 684; 685; in Cimbex, 686; seziono transv., schema, 684. Metamorfosi, completa, di Cocciden (serie maschile), 269, id. di Deilephila elpenor, 289. Metatergo di Dytiscus (membrana muscolare dell'or- • gano pulsante), 695. MigaJe, Tav. I, fig. I. Mimetismo con corpi varii (foglie verdi e secche; eoteccio; licheni; stecchi) esempi: Phyllium, l.ocustidi. Pìtlora. Litliinus (libero e su. Par- melia), Bacillidi, larva di lepidottero (su Par- nvlia), 730. 731. 732. 733. Miriapodi, fra i più grossi (Scolopendride, Julide, Glomeride), Tav. II. Mirientumo (Ac< reniamoti dodcroi), 140. Monomorium floricola, operaia ergatogina, s.'.è. Mosca, appena sfarfallata, 347; cavallina (Hippo- 6o.v,. 565; di E. pomiformis, 564; e nidificazione di Megachile ccntuncularis, 561; M . antracina, cella separata ad aperta, 562; di Formiche (vedi: Formicaio-i); di Qeotrupes stercorarius, 522; estrema porzione della sostanza nutritiva, nel nido di Gotrupcs, 532; di Icario variegata >■ adulto. Sili; di Isrhnogaster mi- cans, 816; di Grillotalpa, 528; id. schema dello gal- lerie, 529; di Lami, 567; di larvo di Processiono- ria, 754; di Melipona fulvipes, sezione, S24; di Myscocyttarus labiatus (ed adulto), 816; di Nectarinia mellifica, sezione, 819; di Ody- nerus parietum, òli:!; di Osmia rufóhirta, entro conchiglia di una Helix, 553; di Pison, 565; di Polistes canadensìs, 816; di P. gallica adulto, 817; di Polybia, 820; di Pseudoagenia carbonaria, 552; di Sedi j'Inon lattimi, àliti; di Se. spiri/ex, 566; di Sinoeca, 820; ,!i Sphcx, szione, 556: di Tachytes, 567; di Tatua, morii), ap rto e adulto, 814; di Tri/po.ii/liiii, alia; di Vespa ignota e sua sezione, 815; di Vespa (in toto), 811; id. s zione longitud., schema, 812; di Vespa cartonala (Ohartergus chartarius), s z. longit., 814; 820; di Vespidi solitari (Odynerus, Eumenes) sezione, 550; di Xylocopa, aperto e adulto, 558. Ninfa, di Libelluiide, 266; di Prospaltella berlesei entro la Diaspis pentagono, 316; di Zanzara, 340; libera ed obtccta, 25S; maschile di Lucanus 928 INDICE ALFABETICO DELLE FIGURE CONTENUTE NEL TESTO E NELLE TAVOLE cervus, nel suo bozzolo, 315; olometabola, due stati liberi, 26S; (spoglia della) di Cicada pie- beia, 338. Ninfe di Ditteri, con processi respiratorii toracali, 259; di Imenottero endofago, fissate attorno alla vittima, 312; libere, di Insetti d'ordini diversi, 25S; sotterranee, (armatura cefalica) di Ditteri (Erioeera), 343. Notoedrus cali, adulti, 45. Nucleo centrale con cella reale di Termes redemanni, 889. O Odontolabis cuvera, maschio e femm., Tav. IV, figg. 3, 4. Odotermcs turkestanicus, maschio e femm. in la- voro di escavazione, 881. Oecanlhus pellueens, maschio, che « canta» e femm., 479. Oecophylla smaragdina, operaie che accomodano una lesione del nido, 851; opi raia che porta in bocca una larva ptr farla filare, 851. Olla abdominalis, variazioni dell'adulto, 464. omeomorfo (tipo) (C'icadella, Eutcltix), 401. Ommatidi di Coleottero, 608. Ooteca, di Idrofilo, 513; di Mantis religiosa, 216. Ooteche diverse, 216, 217. Operaia di Formica, che porta una sua compagna, 828; id. ps. udogina, 837. Operaie di Formiche, con ali rudimentali, 837; di- versa forme della testa di, nella stessa specie di Formica (Dorylus affinis), 836. Oramorfismo, esempio, 443. Organi di scavamento e deposizione in Acridide, 518. Organo (« Calmistro »), all'estremità della zampa di Ragno, 1 10; palpare eli Ragno, 1 10. Organo per romper il guscio dell'uovo (Pentato- midi), 218. Organo pulsatile; posizione del (nel meso- e meta- tergo) in Tabanus, Decticus, C'ossus adulti, 695; s szione transv. del metatorace (schematica) di Dytiscus adulto, 694. Organo stridulante, della Cicala, 483. Oribaticli nostrali (6 specie comuni), 62. Ornamentazione (Conformazione sp oiale delle ali in Neurott-ro (Nemura), 403; in Lepidott ri, 405; 406; diversa nelle due paia di ali, 724; 725; plastica, del capo (in Coleotteri), 408; in Omotteri esotici, Hotinus, 40J; id. del capo e pronoto, 409; id. del corpo (in Coleott.), 413; 414; id. elei pronoto (in Omotteri esotici, 401; del pronoto ed arti in Emitt. Eterott., 402; (Vedi anche; Ipermorfismo). Ornithodoros moubata, adulto, p. 86. « Osmeterium », in larva eli Papilio, estroflesso, 255. Osmia, che sta ruzzolando una conchiglia di Helix, 554. Ovisaeco eli Coccideo (Icerya), 516. Ovopositore (apice d« 11') di Thalessa, 523; e sue parti, in Miorolepidottero (Pronuba), 526. Ovoposizione, di Coccidei, 516; di Cicala (e Cicala femm.), 521; eli Coceirlei, 516. Paleodittiottero, 156, 157; ricostrutto (Evhleptus danit Isi), 432. Pandimis ajricanus impcrator (Scorpione d'Africa), Tav. I, fig. 2. Papilio, larva, che estroflette 1' "Osmeterium », 255. Parlatoria blancardi, maschio, 435. Pediculoides ventricosus, adulti, 65; lesioni sulla pelle umana, 66. Pedipalpe (Phrynus pattasti), 127. Pedogenesi, in larva di Miastor, 354. Peli-ventosa del tarso 1.° di Ditisco, 490. Pepsis formosa, adulto, 541. Pera eli sostanza per la nutrizione eiella larva, fatta dal Copris hispanus; lavorazione della stessa e sua sezione, coll'uovo in sito, 535. Peripatus capensis e sue parti, 3. Perisphaeria stylifera, i due sessi, 283. Phanaeus ensiger, naschio, Tav. Ili, fig. 1. Pheidole absurda, neutro, 839; Ph. instabilis; Ph. pallidula, diverse forme, 832; Ph. taurus, sol- dato, 839. Pholcus phalangioid.es (P.agno delle cas?), col suo mucchietto el'uova, 120. Phyllotettìx foliatus, 433. Phylloxera vastatrix, nelle sue principali forme, 361. Piroforo del Brasile, 485. Pleistodonles imperialis, Imenottero del Caprifico, i due sessi, 284. Podapolipus berìesei, ninfa e femm. adulta ovigera; Acari in sito su « Langosta », 64. Podura, in riposo, colla » forca », ripiegata sul ven- tre, 630. Poeìuride (Isotoma), 276. Pogonomyrmcx barbarus, opiraie che fanno a toi- 1' ttfi », 841; P. occidentalis, formicaio, sezione, S48. Polifilia di Vespa, 807. P il l'ionia C. album, adulto ad ali aperte e chiuse 720. Polimorfismo at'lico, 435. Polimorfosi di Epicauia vittata, 281. Polìsles canadensis, nido, 816; P. gallica, adulto e nido, 817. Polixenieli nostrali (due specie), 134. Polvere eli formaggio, veduta al microscopio (con Acari), 61. Polybia, nido, 820; sezione elei nielo di altra specie, 821. Polydesmus dismilus, 135. Polyrrhachis bihamata, operaia, 865. Pompilide, che sta per portarsi un Piagno, 541. Poneva, tre specie, maschi diversi, 833. Precopula eli Libellulide, 490. Processionaria del Pino, bruchi in marcia, 573. Propulsore, in larva eli Lampyris, 233. Protoblattoidi, 159. Prot.femeride, ricostrutto, 161. Protemerobiicle, ricostrutto, 169. Protoortotteri, 158, 159. Pterotorace, di Aeschna, 636; scleriti più resistenti del, 637; in sezione transv., coi muscoli del volo; nel tipo « Acridio », 645, 649; nel tipo « Libellula », 645, 648; nel tipo « Mosca », 64S, 649. Psnidobram hi nella larva eli Trichottero accjuaiolo (Ithytrìchia), 678. Pseudosirex, ricostrutto, 173. Psichidi, foeleri protettori elelle larve, 250. Psoroptes bovis, adulto, 49. Ptrroptiis vcspertilionia, adulto, 69. Pulce del Gatto, larva, 218. Pungiglione di Ape, 737. Punt ruolo delle nocelle (Balaninus), 512; della Vii [Bhynchìtes alni) adulti, 527. INDICE ALFABETICO DELLE FIGURE CONTENUTE NEL TESTO E NELLE TAVOLE 929 Puparii di Ditteri ciclorafi, 313. Pupario di Drosophila, 313. Pupiparo e Mallofago (Ina tti poco prolifici), 380. Pyrameis atalanta, ad ali aperte e chius , 721. Raggi luminosi (andamento dei) travtrso gli om- matidi, schemi, 606, ti( 17, 608. Ragni, con addome a forma stcana (profili), 112; i'S itici, di formo strane, 111; .li 1 Vi m zui la, nidi sotterranei, 118; maschi in atto ci danzare da- vanti alle loro femmine, 124. Ragno acquaiolo, nostrale, 125: id. i.l.„ in acqua o suo nido, 120; giovane, che si acej\gi ad un viaggio aereonautico, 122: mas Id", io attitu- dine stridulante (nostrale), 124; eh s 'miglia ad una formica, 1 2.'ì; (nostrale), dell eas , che in- sidi, i una Mosca domestica, 126; s tt rraneo Rhytidicolus structor), dimora, 11S; (nostrale), vagabondo (Thomisus), 126. Sanatra linearla, adulte, 630. Respirazione, in acqua di Dytiacus, larva, 674; di Idrofilo, adulto, 675; di Notenectn, adulto, 675; di Zanzara, larva, 673; (mani ra Bpi ciale di), di Ceramhicide acquaiolo (Haemonia), adulto, 677; movimenti dell'addome nella, 672; sistema tracheale e p( reorso rkll'aria nel Ditisco adulto, 676; organo sp (id per la, ultimo articolo addominal -, nella larva di Dytìscus, sezioni longit., 674; « zona arg( ntata », per la, al ventre di Elmis, adulto, 676. li tt", ghiandole rettali di Culli pinna, adulto, se- zione, 691. Bhìnotermes taurus, soldato « nasuto a forchetta », 872. Rhipicephalus bursa, maschio, 90; Rh. sanguinens, adulti, 89. Rlii/ticolii.i stritr/nr (Ragno soft rraneo), dimora, 118. Rhyzoglyphus echinopus, due forme eli mas"hi, 61. Rigenerazione. Moelo di crescenza eli un arto, in via di, 746; zampe rigenerate ia Bacilli lo e Phyllium, 746; in bruco, 748; in Mantìs; in Raphiderus; in Embiide; in bruco, 746, 747, 748. Rutcla pulchella, individuo anomalo, 465. Sarcociti (ed Amebociti) carichi di detriti muscolari, durante la ninfosi, 303. Sarcoptes scabiei, .adulti, 41. Sarcoptidi nostrali, domestici (6 6pccic comuni), adulti, 59. Schiusura di' larve eli Liliellulide (Lacstes viridis), 219; di Stauronotus, 218. Scolopendra cingulata, 138; testa dal ventre e pie- mascelle, 133; Se. subspinipes, Tav. IT, fig. 1. Scolopendre (due) massime, nostrali, 138, Seolopendrella immaculata, 136. Scorpione grandissimo, africano (Pandinus), Tav. T, ti lt. 2; veduto dal ventre, 129; ghiandoln vele- nifere, anche in sezione, 129. dal dorso, 130. Scutigera coleoptrata, dalle case, !39. « Seghe » di Tentiedinei, 522. Sericothrombium holosericeum, adulto, p. 97. Sfarfallamento, di Anthrax 342; di Cicada plebeia, 308; di Dittero endofago, 3-13; di Dittero or- fcorafr, 341; di Ubtllula (Aeschna), 308; di Limanthrìa dispar, 348; di Scliistoeerca pere- grina, 307, 337; di Zanzara, 340. Sigari tte bucate dal Xyletinus, 239. b Sigaro i di fogli ( i vit fatto dal Punteruolo [Rhynchiles] e sua sezione transv., 527. Sinoeca, nido eli, 820. Sirex gigas, femm., 523. S"llato di Coptotermes ceylonicus, sezione longit., 878; di Eiitermcs monoceros, 877. Sotti rramento di Topolino per opera di Necrofori, 529. Sphaecius speciosus, che trasporta, a volo una Cicala, 549; sua larva, che divora una Cicala, 549. Sphaerotherium, Tav. II, fig. 3. Sphex, che trascina una Ephippigera paralizzata, 548. Spermatofori diversi, 49 1. Spermatoforo. Femmina di Decticus, che se lo di- vora, 494; in sito, nella femmina eli Agrotis, 495; id. id. di Decticus, 494: id. id. eli Grillotalpa, 491; in sito, nel maschio eli Ditisco, 495. Spilasma artifex (Ragno), tela e nido, 116. Spirochaete dultoni, 82. Spirostreptus indus, Tav. II, fig. 2. « Sputacchina », larva, che si protegge colla spuma, 713. Stadi embrionali di Coleotteri, 277; di Moina, 369, 370. Stauronotus marocchanus, larva, 219. Sternostoma rhynolethrum, femm., 71. Stratiomys chamaeleon, larva e ninfa, 257. Slrongylogìiathus testaceus, operaia, 855. Sviluppo di neutri di Leucolermes Itici fugus, 874; id. di sessuati dello stesso, 875. Tarsophlebia eximia (Pseudoneurottero fossile), ricostrutta, 171. Tavola accompagnante la lettera di Smeathmann sulle Termiti (riproduz.), 894. Tegenaria domestica (Ragno dei muri delle case), 117. Tclyphonus caudaUis, 128. Tentredinidi, due momenti della ninfosi dei, 268. Tenuipalpus palmatus, adulto, 96. Termes bellicosus, termitaio e sua sezione, 895. Termes sp., femmina ovigera nella camera reale, 869. Termitai, concentrici, sezioni sehemat., 890; eli ter- mite bellicosa sec. Smenthmann, 895; forme diverse di, 888; sezioni sehemat., mostranti i canali di ventilazione, 891. Termitaio, di cartone di legno, 893; di Cubilermes bilobatus, 887; di C. fungi faber, 891; di Termes bellicosus, 887; sezione longit. di, (schema), 886; sezione longit. mostrante il percorso dell'aria dei canali e le vie alle fungaie, 891; s zioni sehemat. mostranti la genesi di una « collina », 893; sezione sehemat. longit. eli ima specie mi- cofaga, 887. Termite (Termes) alato, 869; schema rappresentante lo sviluppo postembrionale (nelle diverse caste) di una, 876. Termiti, diverse, individui atteri, 871. Tessuto, adiposo, imaginale. Inizio del, nella nin- fosi, 304; larvale ed imaginale in adulto di Calli- phora prossimo a schiudere, 304. A. Berlese. Gli Insetti, II. — 11". 930 INDICE ALFABETICO DELLE FIGURE CONTENUTE NEL TESTO E NELLE TAVOLE Testa di soldato di Coptotermes ceylonicus, 873; e protorace con zampe fossorie in Coleotteri, 529. Teste e protoraci di soldati di Termiti diverse, 872. Tetramorium caespitum, operaia, 855. Tetranychopsis horrida, adulto, 95. Tetranychus telarius, adulto, 94. Thamnotrizon chabrieri, maschio, 480. Tignuola del grano, riparo della larva, 251. Tipula flavicans, ninfa, 259. Tisanottero, metamorfosi, 269. Tisanuro (Campodea), 276. Torace (movimenti del, nel volo), sez. transv., 654. « Torretta » di Termitaio di Termes lalericius e sua sezione longitud., 892; del nido di Lycosa caro- linensis, 119. « Triungulino » (larva prima di Lampiride), 282. Trogulus tricarinatus, 100. Tubulo del nido eli Cyrtauchenius elongatus, 119. Tydaeus foliorum, adulto, 94. Tyridomices formicarum, fungo coltivato da For- miche (Cyphomyrmex), 864. U Uloborus, sua tela, 115. Uova, che schiudono (di Cloeon dipterum), 509. Uova, deposte, di Cicala (entro il legname), 520, 521; id. di Poecilocarpus (nel legname), 522; id. di Dytiscus marginalis, 524; id. di Embia, 515; id. di Eterottero su foglia, 511; id. di Hylotoma pagana, 522; id. di Libellulide, 520, 521; id. di Oecanlhus, 519; id. di Cecidonia del Melo (Con- tarinia), nel fiore del Melo, 524; id. a mazzo di Clytra taxicornis, 211; di Clitre diverse, 210; di Efemeridi, 511; di Reduvide, 212, 213; di Eterottero acquaiolo, portate dal mascliio, 511; di Eterottero acquaiolo (Aphelocheirus), su conchiglia, 511; di Hypoderma lineata, 215; di Idrofilo, 216; di Microcentrus reticulatus , 215; di Scatopkaga, 213; di Vespe solitarie, in sito su Artropodi paralizzati, 550; diverse di Insetti varii, 209; nastri e masse di, di Chi- ronomus, 215; varie maniere di deposizione delle, 214; protezione delle, 514, 515, 516, 517. Uovo, deposto di Mosca delle olive, 525; di Eterot- tero acquaiolo (Limnobates), 510; di Lelhrus ce- phalotes, 212; « di inverno », di Afidide, 509. Uropodide, due stadi giovanili, 74. Vanessa, ah in forme aberranti, 460; I". del cardo, adulto, 574; V. io, adulto, ad ali aperte e chiuse 720; V. pluto, del Miocene inferiore, 177. Variazione, nella colorazione di Coleottero (Crio- ceris), 423. Variazioni individuali nel colorito in Coccinellide, 464; id. in Cicindela, 468; id. nella forma delle ali in Saturnia pyri, 419; id. nella statura, in Mosca, 429. Vespa crabro (vedi anche: Calabrone) nido entro mi albero; 816; inizio del nido, 818; deposizione, 818; nido giovanissimo, 819; i tre stadi, 809. Vespa mellifera del Brasile (Nectarinia lechaguana) adulto, 809; Nido in sezione, 819; Vespa rufa adulto, 819; Vespa sp., le tre forme, 807; nido, 811; V. germanica, nido in sezione, 812; V. sylvestrìs; nido giovanissimo, 819. Vespai (vedi anche: Nidi) stelocittari, diversi, 817. Vespaio (fragmocittaro), sezione longit., 814, 815; sferico, sezione, 815 (vedi anche: Nido). Viviparità, di Cleon dipterum, 508; di Afidi, 607; di Farfalla, 508. Volo. Atteggiamento di Insetti diversi durante il, 667; movimenti dell'ala per la resistenza del- l'aria, schemi, 664; movimenti principali dell'ala nel, 659, 662, 663; posizione delle ah nei mas- simi abbassamento ed innalzamento, di faccia, 654; in Pentatoma, vista di faccia, 643. Xylocopa, sezione longit. per mostrare le Greenia in sito, 69. Xylotrupes gideon, maschio, Tav. Ili, fig. 5. Zampe (anteriori), raptatorie in Emitteri Eterot- teri acquaioli, 629; movimento delle, nell'atto del camminare (schema), 629. Zecca degli Uccelli, femm., 77. Zecche (Issodidi), due specie di maschi, 76. Indice dei nomi sistematici, biologici, ecologici, ecc. contenuti nel Volume II Abdera, pjg. 234. « Abeilles niagonnes », 566. Aberrazioni, 463, 466, 467. Abia sericea, 740. Abies, 459, 460; A. nordmanniana, 460; A. inc- linata, 460; A. webbiana, 460. Abispa, 565. Acanthaphis spinulosa, 453. Acanthochermes quercus, 449, 450, 457, 458. Acanthococcus aceris, 436. Acanthotcrmes, 873, 886. Acari, 5, 10; A. dell'humus, della terra; A. detriti- coli, A. domestici, 24; A. ectoparassiti di Vertebrati, 19; A. planticoli, 24. Acaro della scabbia dell'Uomo, 39. Acarus aegyptius, 92; A. cellaris 18; A. dysenteriae 19; A. folliculorum, 35; A. hispanus 92; A. hordei, 67; A. marginatus 18, 83; A. muscarum 60; A. nigua 86; A. reflexus, 83; A. tritici 66; A. scabiei 43. « accessoria esule » (femm.), 457. Acentropus, 426. Acentrotus, 236. Acer, 460. Aceraius grandis var. hirsutus, 422 (fig.). ^cercaria, 202. Acerentomidae, 139. Acerontomon, 139 (fig.). Acherontia, 827, 723; .4. atropos, 345, 724, 757. Achorolophus quisquiliarum, 96, 97 (fig.). Achorutidae, 202, 204. Achorutes maritimus, 765; .4. similatu-s, 764. Acilius, 228 (fig.). Aclerda berlesei, 436. « Aconi » (Insetti), 607. Acrididi, 175, 181, 480, 548. Acridiidae, 192. Acridio, 650. Acridìum, 649 (fig.), 651; X. limola, 614; 719, 760. Acridoidea, 204. .dcntfoxena hewaniana, 731 (fig.). j4crocera, 666. Acroceridae, 111. Acronycta aceris, 318 (fig.). Acrotylus insubricus, 742. .4crosoma horrida; A. luctuosa, A. maronica. A. ob- lunga, 111. .4c«»neda urti», 96, 97 (fig.). Aculeala, 193. Aculeati, 193. .4cfa7!'a, 739; 4. bìpunctata, 312 (fig.). .4tfenopoda, 204. Adentomoidi, 162. Adephaga, 203, 204. Adimonia, 739. « Adipociti », 701. « Adobe Tick », 86. Adonia, 739; A variegata, 497 (fig.). .4dozits (Bromius) vitis, 367, 368. ■< Adresla », 351. Aegus, A. capitatus, 439. Aeoloihripidae, 193, 204. .4epus; 765; 4. fulvescens, 765; 4. robìni, 677, 765 .4esc/nui, 170, 308 (fig.), 392, 604, 634, 636 (fig.) 637 (fig.), 645 (fig.), 696 (fig.), 697 (fig.). Aeschnidae, 193, 202, 302, 204. «aestivais» (femm.), 457. Aetusa, 458. Afanitteri, p. 189, 193, 415. Afide, 649 (fig.). Afidi, 362, 364, 500 (fig.); Afididei, 180; Afididi, 458. Andini, 365. Agabus bipustulatus, 765. Agama colonorum, 96. • Agamandromorfismo », 465 (fig.). < Agamosoma », 371; « agamosomi », 377. Agapostemon, 415. Agapus bipustulatus, 765. Agarieus (Volvaria) rajah, 885. Agenia, 552, 565; A. struetor, A. variegata, 552. Agelastica alni, 255, 765, 739. Agelena; A. labyrintica, 116. i Agglomerazioni », 575. « Aggregazioni », 799. Aglia tau, 474. Agnatha, 202, 204. A gonata, 198. « Agonopecilìa », 420, 424. Agrion, 426, 490 (fig.), 649 (fig.); 665; A. rambusi, 392. Agrionidae, 193, 202, 204, 520 (fig.). Agriotes, 628. Agriotipidi, 177. 932 INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. Agroeca brunnea, 119 (fig.). Agrotidae, 724. Agrotis, 239; 523, 724; A. comes, A. fimbria A. janthina, A. linogrisea, A. orbona, 724; A. praecox, 732; A. pronuba, 724 (fig.); A. segetum, 495 (fig.). Aids reflexa; A. spinosa, 768. «alata partenogenetica» (femm.), 457. alati di Termiti, 868. Aldeidasi, 704. Aleurobius farinae, 56, 59 (fig.), 60 (fig.), 61. Aleurodes, 239. Aleurodidae, 193; Aleurodoidea, 205; Aleurodidi, 180, 400. Alloth rombi um fuliginosum, 26 (fig.), 97. Alnus, 460. Alucitidae, 193. Alyson, 544. Alysoninae, 538. Amblycera, 204. Amblyomma, 83, 92; A. americanum; A. cayen- nense, 92; A. hebraeum. 92. Amblyoniminae, 82. Amblysterna, 413. « Amebociti », 300. Ameroseius, 70. « Ametabolìa », 265; A. acquisita, 265. Ammophilq, 544, 555 (fig.); 666; A. kirsnta, 543; A. sabulosa, 547 (fig.), 667 (fig.). Amphibiotica, 192, 199, 202; Anfibiotici, 192. Amphipyra, 724. « Ampolla cefalica », 342 (fig.); ampolla cervicale, 218 (fig.) Ampulicinae, 538. Ampulex, 544. <; Anagonicità », 768. a anagonico » (periodo, stato), :j77. Analges, 22, 53, 54; A. clavipes, 21 (fig.); -4. passeri- nus, 54. Analgesidi, 20, 21 (fig.). Anapterygota, 201. Amarla; A. cordigera; A. myrtilli, 724. Anastrepha, 679. - Inatalanta, 416. Analis, 739. Anaz, 170, 392. Andrena, 377. Andriscus, 364. Androconii, 488. « andromegetiehe » (specie), 430. « Androneìa », 351. Anergates, 834, 855 (fig.); 4. atratulus, 833; 854. « Anfineìa », 351, 400. « Anfipecilìa », 420; atelica, 427; api rti lica, 427, i anfitoca v, emigrata, migrante, reduce (femmina) 457. « Anfitochìa », 357. Anilastus ébeninus, 324 (fig.). Animali mirmecofili, 865. Anisoplia villosa, 503. Anisoptera, 204. Anisoscelis, 401. Anisosticta, 739. Anisotteri, 167, 176, 181. Anizozigotteri, 167; 176, 181; Anisozygoptera, 204. Anobiidi, 177. Anochelus, 834. Anoecia corni; A. venusta, 459. Anoetus, 58. « atipiche », ninfe, 309, 327. Anomala, 408, 423. « Anomalia-e », 421, 465. Anonima, 836, 859, 860, 861; A. erraticum, A. nigricans; A. nigricans var. walverti, 860. Anopheles, 673 (fig.). Anoplote.rmes, 868, 890; A. morio 893. Anoplura, 193, 204; Anopluri,, 193, 400. Anoxia phlexippus, 728. Antennati, 2. Antennophorus, 73. Antheraea pemyi, 321 (fig.); 475. Anthia maxillosa, 410 (fig.). Anthiarrlunus; A. zamiae, 512. Antliidium, 415, 561; A. barbarum, A. laterale, 561; .4. scapulare, 552; .4. strigatimi, 561. Anthoearis belia -ausonia; A. belemia-glauca, 441; .4. cardamines, 720. Anthocopa, 562. Aiilìiocoptes, 31. Antlnniii/^u, 416. Anthomyia, 217. Anthonomus grandis, 27; 4. pomorum, 502. Anthophora, 415, 539, 554, 563; A. acervorum, 538, (fig.), 563; A. morio, 563; A. parietina, 538, (fig.), 563; .1. re(itsn, 392, 538 (fig.); 503. .4/ntits, 86; .4. reflexus, 22, 81, 83, 84, 87; A. reflexus \ ar. magnus, 84; A. sanchezi, 86. Argasidae, 82; Argasidi, 80; Argasini, 83. Argiope, 123, 126; A. basilica, 116 (fig.); A. ?«■;(»- nicfct, 114 (fig.), 115, 126; A. cophinaria, 115, 119. Ar^Hs, 739. Argynnis, 407, 722; A. adippe, 722: A. paphia, 243. Argyrestia nitidella, 740. Argyrodes paradoxus, 112 (fig.). Argyroiuta, 741; A. acquatica, 118, 120 (tìu'.); 125 (fig.), 126. Ariannes flagellimi, 112 (fig.). « Armée de serpents », 572. Armitermes, 878: A. neotenicus; 884 890 (fig.), 891. « Arrenotoehìa , 357. A /-c/i 1 ■mini.f, 14: A. abbreviator, A. maculator A. tube- ratus, 14 (figg.). Arrhinotermes, 873, 895, 890: A. /faiws, 876. Arstophila bombìformis, 711. Arthropleona, 170, 202, 204. Artropodi, 1, 2. Arum r//v(, „,,, ,,/,/v, 477. Anturi,,, 552; A. donax, 539, 551, 501. Ascalaphinoi , 205. Asclera caerulea, 234, 235 (fig.). Ascodi pteron, 420. «Asimmetrìa», 420. Asì7;'rfac, 194, 711. Asilus, 544; A. crabronijormis, 711. Aspidìotus, 201; A. héderae, 170. Aspidomorpka puncticosa, 210 (fig.). Astata, 544, 548, 5.50; A. unicolor, 550 (fig.). Astia citata. 124 (fig.). Astigtnata, 28, 29, 30. Astomella apiformis, 711. Attlcstus, 408. At. Ila , 351, 352, 394; 395; 404 (fig.), -107, 131. 433: di adattamento, 395. « Atidismo », 395, 398 (fig.). «ateliche» (forme), 396 (fig.). Athalia, 738; A. anmilata; A. scutellariae; A. spina- rum, 740. AiAeuciw, 261, 527, 529 (fig.), 531, 534, 537; A. lalicollis, 537; A. socer, 530 (fig.); A. semi- ■punctatus, 73, 667 (fig.). Allunarla testacea, 498. Atroposidae, 192. Alriplex, 74, 458. A«a, 710 (fig.), 836; A. (Oecodoma) cephalotes (L), 863 (fig.); A. (O), «exrfens L., 864. Attacus cynthia, 475. Attelabus coryli, 503; A. curculionoides, 022. 11 ra partenogenetica» (femm.), 457. «attera » (forme), 286. Atteri, 190, 197, 198, 351. Atteri di Termiti, 871 (fig.). 1 Atti oziosi », 754, 831. Attilli, 109. Atypus, 118, 125; A. sulzeri, 118. Atzeca, 851; A. trigona, S51 (fig.). Auchenorrhyncha, 202, 205. Aucheromyia luteola, 752. Augiades comma, 491 (fig.). Aulocara allioti, 556 (fig.). Aulacopus, 408. Aulcnogyrus striatus, 237 (fig.). « Aumpan », 84. Ausonia phlexippas, 309 (fig.). « Aurelia », 259. « Atuat », 99. « Autoemorrea », 740. « Autofagla », 743. « Autofilassi », 708. « Autolinforrea », 738. Automeris viridescens, Tav. VII, fig. 5. « Autospasla », 742. ■1 Autotomia » correttrice, 740; economica, 740; e su viale, 741; evasiva; difensiva, offensiva, parassitaria, 740; riproduttrice, 740, 742. Avicuìaria, 125. Avieularie, 119; Aviculariidi, 125. Babesia, 81, 85; B. bigemina, 90; B. bovis, 22, 90 (fig.) 91, 93; B. canis, 22; 82 (fig.), 88, 89, 92, 93; B. equi, 91; B. mutans, 91; B. parva, 89, 90, 91, 93. .. Babtsiosi», 81, 88. Bacca lugens, 313 (fig.)- Bacillothrips, 400; B. lineari*, 400 (tic). Bacillus gallicus, 368; B. oleae, 241, 679, 702: B. rossii, 732, 733 (fig.), 758. «Baco da s tfl , 238, 356, .157, 74S (fig.), 749. Batteria mexicana, 745. Bagous, 765. Baìanirius, 512, 525, 544: B. lincimi, 512 (fig.); 527 (fig.). 934 INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. Ballota foetìda, 561. Basilarchia archippus, 728. Batocera, 54. Batonota, 413. « Batumen », 825. Bdella, 96; B. longirostris, 97 (fig.). Bdellorhynchus polymorphus 21 (fig.), 53. « Begattungszeichen », 502. « Beharungslave », 457. Bclisariiw; B. xambeui, 131. Belonogasier, 806. Belonuchus, 411. Belostoma, 438, 717, 737; B. flumineum, 717 (fig-). B?lostomidi, 171. Bembecinae, 538. Bembex, 415, 544, 546, 547, 550, 555, 733. Beronthinae, 205. Berlesia, 70. Bertea, 416. Beta, 458. « Brebguez », 84. « Bianchella del riso », 67. Bibio, 416, 666; B. hortulanus, 391, 417 (fig.); B. marci, 667 (fig.). Bibiocephala elegantula, 416 (fig.). Bibionidae, 194; Bibionidi, 169. « Bifundikala », 87. o Bimpusi », 87. Biorhiza, 624; B. opterà, 622. Bitorzoli, 362, 523. Bittacomorpha flavipes, 259 (fig.). Bittacus, 227. Bittacusidae, 205. Blanìulus gutttilatus, 135, 136 (fig.). Blaps, 54, 768; B. edmondi; B. gigas; B. magica, B. mortisaga, 768; B. plana, 760. Blastophaga, 284, 285, 351, 414. Blatta, 277; B. germanica, 2J7. Blattaeformia, 204. Blattidae, 192. Blatte-idea, 202, 204. Blatloidea carri, 160. Blattoidi, 156, 160; Blattoidei, 159, 181. Bledius, 408; B. unicornis, 409 (fig.); B. taurus, 409 (fig.), 425. Blemus, 765. Blcnnocampa albipes; B. ephippium; B. fuscipen- nis, 366. Blepharda rhois, 252 (fig.). Blepharocera, 399, 416. Blepharoceridae, 194, 236. Blissus leucopterus, 435 (fig-). Boarmia plumigera, 404 (fig.). Bocidium globulare, 401 (fig.). Bolboceras mobilicornis, 408. Bombinae, 821. Bombii, 63, 292, 360, 392, 415, 603, 606, 665, 711; 759, 805, 806, 810, 821, 822, 823, 824, (fig.). 825; B. kirbyellus, 823; B. lapidarim, 392; B. muscorum, 672 (fig.); 822 (fig.), 823 (fig.); B. terrestris, 823. Bombycidac, 193. Bombyliidae, 194. Bombylius, 654, 711. Bombyx, 496, 501, 700, 764; B. lanestris, 753. B, mori, 277, 345, 465 (fig.); 476, 503, 627, 764; B, neustria, 214 (fig:); B. polyphemus, 358; B. guer cus, 358, 477; B. ruòi, 475, 700. Boophilus, 83; B. annulattis, 75 (fig.), 77 (fig.) 79 (fig.), 89, 91; B. a»m. var. argenitnus B. ann. var. calcaratns, 90; B. «b.b. var. caudatus, B. ann. var. microplus; B. decoloratiti, 81, 91. Boreidac, 205. Boreus, 227, 403; B. hyemalis, 403 (fig.). Bostrichidae, 194. Bostrichuo, pusillus, 222 (fig.). Bothriomyrmex; B. decapitane, 845. Boft's potamogalis, 215. « Bozzolo », 317 (fig.), 318 (fig.), 319 (fig.), 320 (fig.), 322 (fig.), 323 (fig.), 324 (fig.), 325 (fig.), 326 (fig.). Brachieeri, 173, 177, 181, 193. brachittera-e (forma-e) 435. Braconidae, 194. Brachydesmus, 135. Brachyjulus, 136. Brachynus, 736 (fig.), 737; B. bombarda; B. ere- pitans; B. explodens; B. sclopeta, 736. Brndysia, 416. « Branchie », 235. Brancsikia aereoplana, 667, 669 (fig.). Braida, 285, 351; B. raeco, 506. Braulidae, 194. Brephidae, 724. Brephos, 724. Bruchophagus funebris, 209 (fig.). Bruchìdae, 194. Bruchus, 282, 284, 271; B. /a6ae, 282. Bryobia, 95; B. praetiosa, 95,96 (fig.).; B. pratensis, '96. Bryophila muralis, 732. B«6as, 531; B. Jrason, 533 (fig.). Bucculatrix, 343; B. pomi foli ella, 319 (fig.). Bufaga africana, 80. Bulimus, 551, 552. Buprestidae, 194; Buprestidj, 173, 177. Buthiw europaeus; B. occitanus, 130. Buxiis sempcrvirens, 67. Byrsocrypta pallida, 459. Gaecilius piceus, 426. Caeculux; C. echinipes, 99 (fig.). Ceramius, 540. « Cairopartenogenesi », 357, 451. Calabrone, 320 (fig.), 815 (fig.), 818 (fig.). Calandra granaria, 65. Oalchosoma alias, 423 (fig.). Calicurgus anmdatus, 541. Galiptamus, 543, 548; C. italioti*, 398 (fig.), 399. Caligo, 723, Tav. VII, fig. 1; C. telamonius, 723. « Caìiptodomi » (Imenotteri), 813; 815, 817 (fig.). Callidium, 239. Callimenus, 739. Callimorpha, 724; C. 7»era, 635 (fig.). Calliphora, 268 (fig.), 298, 300, 304, 654 (figg.), 665, 683 (fig.), 685 (fig.), 686 (fig.); 764, 771. Calliroa limacina, 253, 254 (fig.). Callithaea, 407. Caloptenus italicus, 267 (fig.). Calopterigidae, 193, 204. Calopteron, 709 (fig.). Calopteryx splendens, 392 (fig.), 741; C. fjrgro. 391, 667 (fig.). Calosoma, 735 (fig.), C sycaphanta, 475. Calotermes. 868, 875, 878, 882, 887, 889; C. dilatatus, 875, 877 (fig.). C. flavicollis, 866; C. nodulosus; C. rugosus, 875. rNDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 935 Calyptamus, 518 (fig.); C. italicue, 575, 742. Campodea, 202, 221, 276 ((ig.). Campodeidae, 192, 202, 2i>4: Campodeidea, 204. acnmpocìeiformi» (larve), 221. C7omponofttó, 835, 836, 848; C. inflatus. 85S; C. ligniperda, S44 (fig.); C. senex, 851; C truncatus, 836, 848 « Canapuccia . 840 (fig.). Canestrinia, 54, 70; C. blaptis, 54 (fig.), C. carabi- cola; C. dorcicoln; C. cerambicis; C. giardi; C. manicata; C. microdisca; C. neglecta; C. nepa lensis; C. procera; C. procrusti; C. remiganti; C. rotunda; C. spedando; <". transitoria, 54. l'uni striniidae, 25. CanestrinieUa; C. amplexans, 54; C togata. 54. 55 (fig.). « Cannello » d'uova, 217. Cantharidae, 194. Cantharis, 282. Caparinia, 20, 48. Caprimulgvs europaeus, 70. Capritermes, STs. 879, 890; C. apnea*. 872 (fig.). Capsidae, 193. Carabidae. 194; Carabidi. 173, 177. Carabus auratus, 765, 768; C. co ncellotus; C. coria- ceus, 469; C sp., 54; C. violacene, 222 (fig.). « Caratteri sessuali », 375; primari. 375; secondari. 375. « Carceag », 89. Carcinocorìs, 402; C capusi, 402 (fig.). Carcinus moenas, 740. Cardiocondyla, 834. Cariolyssus lacertarum, 88. Carpocoris piirpureipennis, 497 (fig.). Carpoglyphus passularum. 59 (fig.). Can/a, 460. C'assida, 253; C. aiiriehalcacea, 252 (fig.); C. rubigi nosa, 222 (fig.). « Casta-.- », 420, 429: 801; etcrocrone, 420; sincrone, 420. « Castrazione parassitaria », 377. Catocala, 724; C. convergetti, 725; C. elocata, 725 (fig.); C. fraxini; C. fulminea, 725. « Cavallucci », 732. Oebrio carrenoi, 4u7; C. gigas, 222 (fig.). tCei idii », 362. Cecydomyiet lycitidis, 275 (fig.). Cecìdomyidae, 194. Ceculidi, 99. 0 li iiU rati, 371. « Celle opercolate », 320 (fig.). 1 ' lonites, 540, 565; C abbreviatile, 565 (fig.). it cellaris dioecia » (fenim.), 457; « monoecia » o « monoica » (i'emm.), 456, 457. Cemonus, 544. Cera, 704. Cerambycidae, 194. Cerambyx, 234 (fig.), 258 (fig.); C. cerdo, 761: G. heros 54, 500; G. miles, 760. Ceramius, 550, 563; C. lusitanicus, 563. Ceraphron niger, 415 (fig.). Cerapterus, C. quatuormaculatus, 737. Cerati no, 552. 557; C. alMlabris; C. caerulea; C.chalci- tes;C. callosa, 552; C cucurbitina, 553 (fig.). Cerati tis, 417. Ceratophyus momus, 410 (fig.). Cerceris, 544, 555, 550 (fig.); C. bupresticida, 544: C magnifica, 545, 547; C. ornata, 547 (fig.): C 4cincta, 550 (fig.); C rubiensis, 545, 547: C tuberculrtto, 548 (fig.). Cercophora, 202. ' 'r rcopidae, 193. Cercopis vulnerata, 739. i ( rtoùft a ui spiformis, 71 1. Cermatia variegata, 139. Cerocoma, 739, 409; C. schreberi, 410 (fig.). C '( rapali s, 542. Ceroplasti s rusci, 250, 369. Ceroputo, 400; C. superbus, 398, 396 (fig.). t li ìumen », 824. « Ci stella », 830 (fig.). Cetonia, 261, 423, 527; C. aurata, 667 (fig.); 759, 764; C. metallica, 54; t'. morio, 717. ( 'r nl'irrhynelnis. 765. Cini leali, lo,. 194. Chalichodoma, 55, 277, 539, 554, 566, 621, 622; C. malaria, 566, 567 (fig.), 621, 622; C. rufeeeens, 568 (fig.); C. rufttarsis, 56S. Chaliodes junodi, 326 (fig.). Chalmis, 413. Cìtampsomynm r, 836. Cliaraxes jasius, 405, 406, 442. Cìiartergue, 813, 821; C. apicalis, 813, 8i6; 821; C. chartarius, 814 (fig.); 820 (fig.), 821. Chaitophorue aceris, Ch. pópuli, 366. Ghaulioididae, 205. Chi ili tir Li, 52, 57. Cheimatobia bramata, 285 (fig.), 404 (fig.), 475, 500 (fig-)- Cheiracanthium punctorium, 125. Cheiridium museorum, '01, 102 (fig.). ' 'heirocoptes, 20. ' '//. licerati, 2. i la lorrhina polyphemus, Tav. IV. Ghelifer cancroides, 10], 102 (fig.). Chi liti ri, 102 (fig.). ' 7/r rmes, 362, 366; C/t. abieticolens, Ch. abietie 460; C/i. cembrae, 455; C'ft. coccineus, 455: C7Y. lapponicus, 456; CTi. laricifoliae, 460. C/i. orientalis, 455, 462; CT. pire;', 455, 462; C/(. sibiricus, 455; C/i. strobilobìus, 455. Chermesini, 460. Cherttctidi, 101. Chernes nodosus, 101. Chersodromyia, 416. Cheyletia heteropalpa, 22. Cheyletiella heteropalpa, 52. Cheyletus, 57, 96; C doctus 57; C. eruditue, 57 (fig.); C. ri nn^ti i i, 362. Cionus fraxini, 231 (fig.), 322. Cisteltdae, 194. « Cistici reo », 371. « Città di T. rmiti », 894 (fig.). Cladium jamaicense, 838 (fig.). Cladobius populneus, 453. Cladonotus latiramus, 398 (fig.). Cleridae, 194. Cleonus, 548 fig.). n Cli ptobic si », 853. Clithra, vidi: Clytkra. Clisiocampa americana, 214 (fig). Clown, 399, 609.; C. dipterum, 399 (400 fig.), 508 (fig.), 509 (fig.), 610, 765. Clostera curtula, 73 I . Clubiona, I -'■_'. ( 'Imito, 416. Clytanthus varius, 503. I 'lytus lineria, 761. Clytra, 250, 326; C. longipes, 210, 326 (fig.); C. i-punctata, 210 (fig.); C. senegalensis, 422; G. taxicornis, 210 (fig.). Cnaphalodes strobilobius, 449, 450, 454 (fig.), 455 (figj; 456 (fig.), 460. Cnemìdocoptes, 20, 39, 46; C. coìumbne, 40, 47 (fig.) G. gallinae, 46 (fig.), 47; C. mutane, 46 (fig.). Cnemirlotiis, 236. Cncorhriniis albicane, 733. Cnetocampa, 573; C. pythiocampa, 573 (fig.). Coccidae, 193; Coccidi i, 180, 400; Coccoidea, 205. Coccidula, 739. Coccinella, 739; C. bipunctata, 667, 697; C. 10-punc- tata, 739; C. 7-punetata, 575, 672 (fig.). Coccinettidae, 194; Coccini llicìi, 177. Cochylis, 258 (fig.). Golaspis, 234, 235 (fig.). . Coleoglyphus, 54. Coleophora, 666 (fig.). Coleopistìa nematicida, 524 (fig.). Coleoptera, 193, 203; C. genuina, 193, 204; Coleopte- roidea, 204. Coleopterophagus, 54; C. megnìni, 54. Col ott.ri, 166, 168, 173, 1*77, 181, 191, 193, 196; 197, 198, 203, 407, 434, 739; C. viri, 193; Co- Lott ro-Im' nott ri, 196; C. maerotteri. 196; C. Micrott ri. 196. Colias, 472, 473, 508, 72 1; C. aurorinus, v. heldrei- chi, 508 (fig.). C. edusa, v. helice, 508; C. erate, 472; C. hyale, 472, 473; C. poliographus, 472, 473. Colobopsis, 836, 837; C. culmicola, 838 (fig.); C. cylindricus, 836; C. etiolata, 838 (fig.); C. leo- nardi, 836. « Colonie », 799, 800; « prot ttive », 800; « sinneot ti he », 800; « t.mporanee », 576. « Colonnetta », 304 (li-.). Colopha compressa; C. eragrostidis; C. ulmicola, 459. Colorazione, 429. Colymbetes fuscus, 608. Collembola, 192, 204; Coli mboli, 176, 181, 192, 434. Colletes, 560 (fig.); C. succinctus, 558 (fig.). « Collina di Ti rmitaio », 893 (fig.). « Cornpas Tirmit- », 888 (fig.), 893. Composit , 458. l 'ondylognatha, 202. Coniopterygidae, 1 93, 205. Conocephaloides nitidulus, 727. Conocephaìus, 4S0, 494, 518; C. mandibularìs, 718, 727. 742. Conopidae, 194. Conops, 292. Conorrhyncha, 202. Contarinia pyrivora, 525 (figg.). « Controp ttine », 841. Copeognatha, 202; 204; Cop?ognati, 192, 399. Cupidi/ras gloveri, 209 (fig.). « Cippia r al » (vi ra) di IVrmiti, 868, 869; id. « di sostituzione », 868. Copri phis, 20, 70. Capris, 408, 427, 530 (fig.), 531 (figg.), 534, 536; C. carolina, 536 (fig.); C. hispanus, 534 (fig.), 768, 355 (figg.); C. ìunaris, 536 (fig.). Coprolaelaps, 71. Coptotermes, 895, S96; C. ceylonicus, 895, 873 (fig.), 878 (fig.); C. gestroi, 873; C. lacteus, 893. Cori idae, 193. Corethra, 227, 246, 684 (vedi anche ( horctra). Corixa, 673. Corixidae, 193; Corixidi, 171. « Corrai », 709. Comitermes, S79, 884; G. striatila, S92. Cornus, 459. « Corona caudale », 314 (fig.). INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 1)3 7 Corotocha, 217. « Corpi ganglionoidì , 292, n Corpo giallo -, 299. Corridori (Ortotti ri), L98. Corrodenti, 181, 192, 203, 399, 866; Corrodentia, 192, 199, 202, 204. ( 'ory lalis, < '. cornutus, 403 (fig.). Confitta avellana, 35. ( ' trythyca, 51 1 (fig.). Coscinoptera dominicana, 250. i fosmisoma eh gans, 410. Cosmoderus erinaceus, 398 (fig-). Cosmotriche potatoria, 475. Cossidae, 193, 724. Cossus, 228 (fig); C. coasjw, 238, 240, 243. 255 (fig.), 317 (fig.); 33S (fig.), 339 (fig.), 679, 695 (fig.), 765.; C. lìgniperda, 292. Cràbro, 544, .556, 559; C. cribrarius, 489; C. formica i "*. 545; C. interrupto-fasciatus, 560 (fig.): C. luti i citili s; C. wesmaeli, 545; ('. (Lindenius) pygmaeus, 545 (fig.). ( 'rabronidae, 538; Crabroninar, 538. ( 'l:IS/if/l)lliil, 745. Craspedosoma, 134, 135. Crataegus, 468, 460. Cratotecus, 311, 312 (fig.), 415 (fig.). « Creazione », 440, 470. «Cremastar», 260, 310 (fig.), 311 (fig.). Crematogaster, 834, 836, 843; C. schenki, 851; C. scutellaris, S43, 851. Crioceris, 253; (,'. asparagi, 423 (fig.). Criptostigmati, 62 (fig.). Crisomi liili, 1 73, 177. « Crittismo », 714, 716; aggressivo, 717 ini:n li". 716. Crobilocerus megìlliformis, 711. Crostacei, 2. Cryptes baccattte, 389 (fig.). Cryptocephalus, 326 (fig.): G. aureolus, 210 (fig.); C. bipunclnltis, 210 (fig.); C labiatus C. niti- dus, 503. ' 'rii/it ore rata, 202, 205. ( 'ry piacerti* ani/ti/osiis, 835 (fig.). C. varianti, 833(fig.). Cryjitolaemus nmntrtizieri, 254 (fig.). Cryptostigmata, 28. 29. Cteidofori, 5, 128. Ct'iuza, 118, 125; C fodiens, 118; C sanali i, 550 (fig.). t'Iamcep/mlu.-; 39S (396 fig.). C Vi implinra, 416. Giibitermes bilobatus, 887 (fig.); C. fungifaber, 890 (fig.), 891 (fig.), 892. Cuculila verbasci, 318, 319 (fig.). « Cucuyos », 485. Culex, 225 (fig.), 227, 673 (fig.); (7. anrmlatus, 667 (fig.): C. piiiiena, 765. Culicidàe, 194. Curculionidae, 194; Curculionidi, 173, 177. Cyelops, 222 (fig.). Cyelorrapha, 202, 205. ( 'yclosa, 1 19. Cydania. 45S, 460. Cylindromyrmex striatus, 865 (fig.). e 'ylindrostoma, 502. ('ipnalnphlebia bmifmlata, 170 (fig.). Gymbi x /i annata, 740. ('i/mbiiiac, 719. Cynipidae, 194. Cynips; C. aiicnlata-, C. divisa; C. piln: ' '. spon gifica, 362. Cynorhaestes aegyptius, 92. Cyphomyrmex di California, 864 (fig.); C. rimosus, 864 (fig.). Vypiiania fincata, 401 (fig.). Cyphonidae, 236. Cyphriierana animili, 732. t'yrtuncuru, 298 (fig.); ' '. stabulami, 60. Cyrtaiichi iiias cltniaatits, 118, 119 (fig.). Cyrtot/rachelua, 412. Cytodites, 20, 39; C. gtfaòer, 47; (7. nudi**, 19, 47, 48 (fig.). Cyloleiehus sarcoptoides, 47. Dacws, 257 (fig.), 501 (fig.), 524 (fig.), 525 (fig.), 679. 702. Danais, 311 (fig.). Dasypoeìa piami pes, 557 (fig.). 0 de alata » (femmina), 835, 841. Decticus, 480, 493 (fig.), 494 (fig.), 518, 627, 628; D. albifrons, 493 (fig.), 494 (fig.), 517 (fig.), 519, 742, 744; Z>. verrucivorus, 491 (fig.), 627, 672 (fig.), 695 (fig.). Deformazioni di organi vegetali per opera di Acari, 31. Dcilephila elpenor, 289 (fig.); £>. eitphorbiae, 685; Z>. rceni, 574, 718 (fig.); 719. Demodex, 6, 19; £>. caninus, 37; folliculorum, 36 (fig.); var. òoots, 23, 38 (fig.) v. carais, 23, 37 (fig.); v. caprae, 23; v. cerft; v. e?»/, 23: v. /io- i».»/.s, 23, 37 (fig.); v. oots, 23; v. phylloides, 23; 38 (fig.); var. smìs, 38. Demodi i..i, 35. Denia, 217. Dendrolimus pini, 753. Dendrothrips, 666 (fig.). Dermaccntor, 83, 92; £>. occidentalis, 92; D. reticu- latus, 92, 93 (fig.). D rmanissidi, 67. Dermanyssus gallinae, 19, 20, 23, 67 (fig.), 68, 70. Dermaptera, 199, 202, 204. /'. ruminai, 48. Dermatodectes equi, 49. Dermatokoptes communis, 49. Dermatophagoides, 1 9. Dermatophagus, 19; 7). bovis, 51. Dermestidae, 194. Dermestes vulpinus, 246. « desmergati • (Operai), 835. D. terminazione del sesso, 430, 431. Diacamma, 836; D. ;/< "/»■ trienni, 846 (fig.). Diapheroincra fenmrala, 733 (fig.). Diaspis, 367; £>. pentagono, 315, 316 (fig.), 320 (fig.), 367, 379 (fig.). Diaspiti, 288, 515. 1 >n, Il ara, 202, 204. Dichirnìa aprilina, 732. Dicranomyia, 502. Dicranophora fureifera, 416 (fig.). Dicranota, 416; Z>. bimaculata, 226 (fig. 235 (fig.) Dicranura, 253; D. wìjimJos, 254 (fig.), 255, 256. o Dicromismo », 375; s ssuale, 391. « dichta -'iigyni » (Operai), 835. Dieconeurn arenata, 158 (fig.). « Difagìa », 4 1 7. Difesa) 708; id. delle Termiti, 878. « Diff renz s ssuali », 415 (fig.); sessuali s <"n darie, 417. \ Beklese, '■'■ Insetti. II. 118. 938 LNDKE PEI NÓMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. della specie, 56S; id. nelle Termiti, occasionale, 389; sessuale, 388, (fig.). Diffusione 880. Dilaridac, 2o.j. «Dimegetismo », 3' 388; vero, 388. ■ dimorfiche» (forme) 396 (fig.). 1 Hmorfismo s; ssuale », 283 (fig.), 284, 3' 393, 404 (fig.), 406, 414 (fig.), 420, 833 « dinergati » (Operai), 635. Dineura verna, 366. Dinomorplius pimelioides, 413 (fig.). Dinychus, 73. Diodontus, 544, 556; D. minulus, 550 (fig.), 556. « dioiche ■ (speci. ), 458. « Dioplismo », 418. Diphysis, 562. Diplax; D. flaveola; D. vulgata, 574. Diplogomphus capusi, 402 (fig.). Diplojulus, 136. Diplolepis gallae-tinctoriae, 362. Diplomerata, 202. Diplopodi, 131, 133. Diploptera, 538. Diploglossata, 204. Diplosis buxi. 67; D. oleisuga, 66; D. tritici, 525 (fig-)- Diplura, 202. Dipneumoni, 125. Dipsacee, 459. Diptera, 193, 202, 204, 205. « Dischi invaginali », 290, 297 (fig.). Discoeliua; D. zonali*, 544. u Disitia , 44ii. Dismorphia fortunata, 709 (fig. D. 292 na, 193, 199. '(fig.), 296 (fig.), 728. 409 (fig.); 409 (fig.). 191, 193, D. dama, 196, 197, Disparipes, 63: D. bombi, 63 (fig.); D. claviger, 63 (fig.). Distigmatus pilosus, 95. Distoma, 371. Ditina tiliae, 47".. Ditis-idi, 173. Ditomua, 408: D. corn-utus, 409 (fig.); D. tricuspidatus Ditteri, 169, 173. 177, 181 198, 203, 415, 434, 739: D. ciclorafi, 196; D. veri, 193, 41Ó. Dociostaurus maroccamis, 4SI (rìt:. i. •"■ 7 2, 575, 742. Dolichoderus quadripunctatus, 848. Dolichopidat , 1 94. Dolichopoda, 493. Dolichurtts, 544, 546, 550; D. cornicidus, 550; D. hermorrhous, 546, Dolomedes mirabilia, 122 Donacia, 676; D. simplex, 503. Doratiophora, 172. Dorcadion, 427, 606. Dorcus, 408, 76S; D. 678; D. sp. 54. Doritites bosnìaski, Dorylina, 835. Dorylus, 859, 860, helvolus, 859 (fig.). Doryphora tessellata, 54. Drepanidac, 193, 734. Dreyfusia abielis piceae; D. niìsslini, 460; D. notar, 455; Z). piceae, 460. Dmìms -, 398 (396 fig.). Drivi r Aids », - Drosophila, 259 (fig.); -D. cellaris, 313 (fig.); Z>. rubrostriata, 763. Dryaphis, 453. parallelepipedus, .".4, 177 (fig.). 861; D. a^/ìi's, S36 (fig.): Dryophanta folti, 363 (fig.); D. lasccmbergi, 363 (fig.), 364. Dryopteryx, 253. » Dulosi », 856; facoltativa; necessaria, 856. Dynarchus dasypus, 739. Dynastes, 439; D. hercules, 393; 439; Z>. neptioiif.; Tav. 111. Dytiscidae, 194. Dytiectts, 230 (fig.), 489 (fig.), 494, 502, 613, 673, 674 (fig.); 676 (ti-.), 737, 694 (fig.), 697, 737: ZA latissìi ("^ (fig.); -D. marginalia, 340 (fig.), 495 (fig.), 502 (fig.), 524 (fig.), 765, 768; Z>. punctulatus, 698 (fig.). 410, .". Earios chloraìia, 719. Ecitomyia wheeleri, 415 (fig.). Eciton, 861; E. hamatum, 861 (fig.); .E. mexicana, 861 (fig.). « Ecrivain », 367. Ectobìa, 544. .. ectoblastiei » (Insetti), 200. « Ectofagia, 539. Ectopsocus brìggsi, v. tneridionalis, 369. Edessa bvbalus, 4i>2. Efemeridi, 193, 203; Efemeroidi, 161. Efialtitidi, 173, 181. Elachiptera, 416. Elapheozygum goctzei, 403. Elateridae, 194; Elateridi, 173. Elateroìdes dermestoides, 425; typus; var. marci; var. niger, 425. Ki.a, .a gemizi, 168 (fig.). Eleanidi, 167. « Elementi somatici », 370. Eleutherata, 198. Elithroptcra, 199. Elmidae, 236. « elmintoidi » (o «vermiformi») (larvi), 221. Elmi.?, 675; £7. aeneus, 676 (fig.). Elythrophora, 200. « Ematimu-ia », 90. Emòiffl, 705, 747 fig.); E- wirr/or, 515 (figg.); E ramb'i,,, 748 (fig.). Embidobia, 515. Embiidae, 192, 202, 204; Embidiaria, 204; Em- biidi, 192, 866; Enfi ' /. 204; Embioidi, 176, 181. Emerobia, 732. Emesa, 498; E. longipes, 500 (fig.); E. mantifm 627 (fig.). roderne domestica, 627 (fig.)- mi iehe , ninfe, 309, 327. «emigrante » (feram.), 457. « Errirr.t tabolla », 266. • Emipedogenesi », 355. ■i emettere », (forme), 286. Enitt.ri, 181, 191, 193, 197, 198, 203, 400, 402 (figg.), 434, 739. Emmenognatha, 203, 205. n Emocrocina », 700. Emoglobinvjria epizootica », 90. « Emofeina », 700. « Emopirrina », 700. « Emoprasina », 700. «emosteatii'i (tessuti), 702. lEmoxantina », 700. INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 939 278, 280, 285 109 (fig.), 126: e Empiane, 194. Emphytua ci net un, 740. jo, 399, 434; E. gongylodes, 398 (6g.). none brachyura, 405 (fig.). • endoblastici i (Ins tti), 200. Endofagìa », 353, S Endoplerygota, 201. ■ Energia diffusiva «, 568. Entomobryidae, L92, 202, 204. Entomosericinae, 538. Entozoon tolliculorum. 36. Eocicada binici rei, 173 (fig.). K 'ninfa., 268 (fig.), 272 (fig.) (fig.). «eoninfale (stato), 431. Eopticopteridi, 169. '■tomidae, 139. Epeira, 115, ".42: E. diadema, 106 (fig. 113 (fig.), 114, 119, 120, 121 (fig.), quadrata, 119; 1 . 119. Ephemerella rotunda, 511 (fig.). Ephemerida, 193; EpUmeridae, 193, 202, 204; A>/ ■ • meroidea, 2"4. Ephialtiies jurassicus, 173 (fig.). Ephippigera, 480, 518, 548 (fig.): E. brunneri; E. lerrestris, 739; A'. . r -,/„, 742; E. zelleri, 398 (fi?-). Ephite.cn, 266 (fig.). Ephrya pi ndularia, 443. trfa, 282, 739; E. tritiate, 281 (fig.). Epicomctis, 503. Epidapus, 416. Epidema (Patdisca) penkleriana, 740. Epidermoptes, 4S; A. bilobati^, 51 (fig.). Epidermoptidi, 48. Epiìachna, 739. Epipheidole inquilino, 833. Episema coenUeocephala, 358. Epitrimerus, 31. Eragrostis, 459. Erastria sditila, 250, 251 (fig.), 325. • ergatandri » (individui), 833. « ergatogine » (femmine), 833, 834. tergatoMi » (maschi), 833 (femm.), 834. « ergatomorfi « (rraschi), 833 (fig.). Erineuni, 30, 31, 33. Erinosi, 33; E. della Vii-, 32 (fig.). Eriocampa luteola, 366; E. oraf-7, 366, 740. Eriocera; E. fultonensis, 343 (fig.); .E. longicornis, 343 (fig.); j&. spinosa, 343 (fig.). Eriofidi, 30. Eriophyes, 30, 31; 2?. coryligallarum 35 (fig.), 33 (fig.); E. pop»?», 31; E. pyri, 33 (fig.). E. 33 (fig.). Eristalis, 236; 313 (fig.), 314, 671, 673 ;E. tenax, (fig.); 764. « ermafrodito », 371. Ero f arcata, 119 (fig.). Eruca, 222. ■ e rucif ormi » (larve), 221, 222, 272 itìg.). Eryophyes pseudogallarum, 31. Eryopis, 739. Erypkanis polyxena, Tav. VII, fig. 2. Erystalis (Erystalomygia) lenax, 711 (vedi anche E- rista ' Erythraeus phalangioides, 96. Eschnidi, 176. ilda, 392. Esperidi, 177. Estinzione » della luce oculare, 608 estivale -i » (forma), i esule -i» (femm.), 456, 4~.T. Et i 471. « eri, 193, 406. Et rocromìa . 424, El r» romisi li i . 419. Eteroflehidi, 167. Et rotivi ,M , 618. Et rogonìa , 420. Eterogynis, 434; E. paradoxa, 404 (fi Et roichla », 446, 461. Eteroidìa », 420. ■ etiromegi tifi . 430. Et romegi tismo », 419, 424. El i taboli», 272 (fi§ Et rometabolia . 2'i7. ii Eteromisie , 420, 42'. Et romorfia », 471. Et romorfismo », 424; s ssuale, 375. Et roparteriogenc si , 262, 361. Et ropsia , 420, 421. Efrostigmati o Tarsoncmidi, 27, 63. Eterot Uà , 419. Et rotta ri, 191, 193, 203, 401. Eubleptu-s daniélsi, \'~, (fig.), 432. Enea la tus, 159 (fig.); E. ovatus, 159 (fig.). Eucera, 558; E. longicornie, 538 (fig.): Eucheila (Hypocrita) jacobeae, 739. Eucheira sociali.*, 322 (fig.). Eucheìnts, 412; R. (Cheironotui) machleai, 412 (fig.); E. longimanus, 411. Euchloe, 508; E. damane, 720, Tav. V, figg., 5, 6. Euchroma columbica, 222 (fig.). Euciclo i, 44^. la, 2!4 (fig.): E. keilini, 275 (fig.). I i£ tti), t'.o7. Eudemia ptera, 202, 204. Eudorina, 799. Eudryas graia, 209 (fig.). Eugaster; E. guyoni, 739. Eugereon, 153, 168; A. boeclrinat, 163, (fig.), 164 (fig-)- Euglossala, 200. Eulachnus, 453. Eulye-s; E. melanoptera, 402 (fig.). Eumegalodon, 434. Eumene*, 544, 552, 554, 564, 565; £\ angastata, 565; E. trbu.storum, 550 (fig.); E. circi. lalis, 565 (fig.): .E. coangustata; E. ioricus, 565 (fig.); E. germanii, 665; A. pr (femm)., 456; id. « dioica o migrant ■ » (femm.), 456. Gamasidae; Gamasidi, 20, 67; Gamasini, 67. Gamasus, 12; G. coleoplratorum, 16 (fig-), 17 (fig.), 72; G. lunaria, 18. « Gamete », 370. « Gamogenesi », 369, 371. « Gamosoma », 371. « Garibguez », 84. Gastemcanlha, 112, 126; G. arcuata, 112 (fig.); 67. doriae, 111. Gascardia madagascariensis, 325 (fig.), 345 (fig.). Gastropatia pini, 358; 67. potatoria, 358; 67. quercifo- Ha, 277. Gastrophysa raphani, 358. Gastrolheoidea, 204. « Gatta porcina », 65. Gekobia; 67. latasti; 67. ncumanni, 96 (fig). « Genia-e », 463. Geofilo elettrico, 132. Geometra papilionaria, 719. Geometridae, 193, 724; Geometridi, 177. Geomyza, 416. Geophilidae, 137. Qeophilus, 132; 67. electricus, 137. Geotrupes, 531, 533, 534, 536, 647, 768; 67. momus, 410; 67. stercorarius, 529 (fig.), 665, 759, 765; 67. (Typhaeus) typhaeus, 410, 533. « Genìa-e », 463, 464, 467. Geniates, 412. Gerarus longicollis, 158 (fig.). Gerris, 170, 498; 67. lacustris, 631 (fig-); 67. najas, 499 (fig.). Gì ivi i sin, 134. « Giardino di Funghi » (Termiti), 885. «Gibbinidi » (Vespai), 813. Gillettea cooleyi; 67. coweni, 460. « gimnodomi » (Vespai), 813. « ginandromorfe » (forme), 833. « Ginandromorfismo », 420, 465 (fig.). INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 941 Ginnotti ii, 196. ginonoegi tiche » (specie), 430. « ( ìinoneìa , 351. Olio i "I, 459. Glomeridae, 133; Glomerideo, Tav. II; GlomericB, 131. Qlomeris, 134: G. connexa, \. lunatosignata, 134 (fig.). Glossata, 198. Glossina, 217. Qluvia; ti. dorsalis; G. striolata, 1 04. Glycyphagus, 57, 01; G. canestrinii, 56; ','. ./,-,„, ,/,;»», 56, 57, 59 (fig.) j (■■'. palmijer; (1. plinti ì fri; 58. Gnaphalium, 459. Gnaptor, Tu::. 704. Gnathopteres, 198. (.' Il'lt'ipti TOH, 7(14. Goliathus; G. regius, 439. Golopha, 411; &'. portevi, 393; Tav. 111. Gomfidi, 176; Gomphidae, 167, 193, 202, 204. Gomphocerus maculatila, 742. < Gongilidii », 864. Gonepteryx, 721; G. rhamni, 488, 500 (fig.). Goniodes, 399; (?. bicuspiidatus, 399 (fig.). Goniopterix libatrix, 730. Gonium, 799. Gonyhptes, 100 (fig.), 101. Gordius, 122. Gorytes, 544, 556; G. punclulatus; G. punctuosus, 556; G. sulcifrons, 544. Gorytinae, 538; Goritini, 544. Graminee, 458, 459, 460. u Granuli zimogeni e prozivnogeni », 687. Graptopsocus crueiatus, 426. Greenìa, 69 (fig.); G. afkeni, 70 (fig.); G. perkin-si, 69. « Griboari », 367. Gryllidae, 102, 204; Grillidi. 1C7, 170, 548. Grillotalpa, 480, 491 (fig.), 492 (fig.), 494, 528 (fig.), 529 (fig.). Grillotalpini, 175, 181. Gryllotalpa, 277; (7. vulgaris, 527, 759. Gryllotalpidae, 204. Gryllus, 168, 494, 543, 760; 0. campestris, 478, 491 (fig.)| 493, 739, 742; G. (fomesiieus, 478, 742: ta- tor, 705. Gyrophlaebia longicollis, 158 (fig.). Gyropidae, 192, 204. Gyropus, 399. H Ha&roa sfata /" r, 124. Hadentomum americanum, IC2 (fig.). HadiU s ti ■!• narioid* s, 1 10. Haemaphysalis, 83; 92; ff. leachi; v. australi-s, 93. H. leporis palustris, 80; //. punitala, 93; H. rosea, 90. Haemogamasus, 20, 72. Haemonia, 0,4, 675, 765; //. appendiculata, 077 (fig.). Halacarus humt rosus, ! 5 (fig.). Balarachne, 19, 69, 70 (fig.); B. attenuata, 6, li!), 70 (fig.): H. halichoeri, 69, 70 (fig.). Unirmi, 1,1. 401. Halia (Fìdonia) wavaria, 732. Halichoerus, 69. Halictus, 547 (fig.), 557 (fig.), 558; //. malachurus, 558; //. nylanderi, 557; //. quadricinctus, 557 (fig.); if. quadristrigalus, 557. Haliplus, 075. //. elevatus, 765. Halizytus, 416. Baltica, 739. Hali/zia, 739. Eamamelis, 459. Bamamelistes spinosus, 459. Bamitermes meridionalis, 888 (fig.). Baploembia solierì, 747 (fig.). Baplognatha, 202. Harmoncopoda, 203. Hnrmonia, 730. Harpactor iracundus, 710. Barpalus, 759. Barpyia, 253; #. /aj/, 256 (fig.). Haustellata, 199. « Htersclange », 572. « Hi ervurm », 572. Beliconia, 406. Belicopis acis, 405 (fig.). Helicopsyche, 249, 250; H. shutleworthi, 249. Beliocopris gigas, Tav. III. Beliotrhrips dracenae, 358; i/. haemonoidalis, 524, 526 (fig.). SeMa:, 538, 551, 552, 553, 554; H. adspersa, 502; i/. candidissima, v. major, 554; .ff. pisana, 553 (fig.), 554 (fig.). Belops cerberus, 760; i/. pngmaeus, 761. Bemeroludae, 193, 205. //i minn ridne, 202, 204; B emimetabola, 202. Hemiptera, 193, 204. Bemipleroiidea, 205. Bepatozoon perule iosum, 71. Bepialidae, 193, 724. Bepialu.i, 488; ff. humuli, 343; if. lupuli, 512. //' otagenia pulchella, 511 (fig.). Beriades rubicola, 552. //' riicstes, 80. Besperidae, 193. Betaerina, 392. Beterocera, 193. B eterometabola, 200. //- ti iitnomia, 745. Beterophaget, 203. Beteropsorus, 48. Hiln opterà, 193, 202, 205. Beteroptis ventricosus, 66. Heterostigmata, 28, 30. Bexisopodidae, 105. Hill' ni in drfitl l'aria, 285 (fig.). Hiemalis (l'emm.), 457. Hilara, 739. Hiiiiniitiiriiiitì, 137; //. gabrielis, 137; H. rìigulo- -uni. 137 (fig.). Hippobosca; H. equina, 500. // ippoboscidae, 194. Bippodamia, 739. BippolyU varians, 727. Bipporhinus heeri, 177 (fig.). ffispa, 413. 942 INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECO. Hìster, 648, inacquali.?, 422. Histeridae, 194. Histeropteron, 314; 77. apterum, 314 (fig.); 77. gryl- loides, 315, 497 (fig.), 544. Histiogaster ■spermaticus, 19. Il ist i automa, 55, 56 (fig.); 60 (fig.), 61; H. muscarum ,61. Hodotermes, 885; 77. convulsionarius; H. mossam- Incus, 879. Holconeria spinosa, 402 (fig.). Holostaspis, 73; 77. badius, 18, 73 (fig.); 77. margi- natilo 18 (fig.), 73; 77. pisentii, 77. vemalis, 73. Holothyrits, 74; 77. coccinella, 74 (fig.). Holzneria poschingeri, 459. Homalomyia, 654; 664; 757. Homaloneura, 160. Homalonotus; H. colossus, 439. Homalotus obscurus, 325 (fig). Homoptera, 193, 202, 204, 205. Homopus, 58; H. talpae, 60 (fig.), 61. Hoplia, ili; 77. cacrulca, 393. Hoplites, 408. Hoplocampa brcvis, 366. Hoploderma carinatum, 62 (fig.). Hoploscelis, 411; 77. crassipr?, 412 (fig.). Hormaphis hamamelidis, 459. Hotinus, 401, 486; 77. candelarius, 480; 77. dslcsserti, 401 (fig.). Huinulus, 459. Hyalomma, 76, 83, 91; 77. aegyptium, 22, 70, 78; 91 'fig.); 77. aegyptium, v. droiiinlarii; v., im- pressum; v. lusitanium; 77. anatolium, 77. corna- ger; H.dentatum-.H. creava/ a ai; 77. gmssum, 92; 7/. hi spanimi; H. impressimi; 77. lusitanicum; 77. ma- gi natimi, 77. rufipes; 77. triuncatum ; 77. uiriculus, 92. Hyaìopleriis aguilegiae-, 458; 7/. annidi nis, 458; 77. pram 458, 574; 77. trirhodus, 158. Hydaticus transversalis, 765. Hydrachna geographica, 13, 15 (fig.). Hydraena riparia, 676. Hydrocharis, 230. Hydrocampa 677; 77. ni/mpliacala, 677 (fig.). Hydrodoma rubra, 13 (fig.), 16 (fig.). Hyclrogamasus, 73. Hydromiira, 631; 77. stagnai a ai, 7ii.".. Hydropìiilidac, 194. Bydrophilus, 21G (fig.), 277 (fig.), 607, 613, 647; 77. piceas, 513 (fig,), 672 (lìu.). Hydrophylax aquivolans, 666 (fig.). Hydroporus, 761; 77. dorsali?, 77. paluslris, 765; 77. thermalis, 764. Hydropsyche, 236. Hydropsychiclae, 193. Hydroptilidae, 193, 236. Hydrous caraboides, 765. Hylesinus piniperda, 767. Hylóbius abìclis, 765. Hylophila bicolorana, 724; 77. prasinana, 7 III, 724. Hylotoma, 522; 77. pagana, 520, 522 (fig.); 77. rosae, 321, 740. Hi/iiiciioptcra, 193, 202, 204; Hymcnoptcroìdca, 201. Hyperchiria, 725. Hypidrus ovatus, 765. Hypocrita jacobeae, 724. Hypoderma Unicità, 215 (fig.). Hypolimas misippus, Tav. V. fig. 3, 4. Hypanomenta, 268 (fig.); 77. cognatcllus, 740; 77. iiialinclla, 302 (fig.). Hypopus, 17, 58, 60 (fig.); 61; 77. julorum, 61; 77. krameri; 77. muscarum; 77. spinitarsus, 00. Hyptiotes, 115. Hypulus, 234. K Kalligramma haeckeli, 171, 172 (fig.). Kallina, 721; K. inachis, 722 (fig.). « Katipo », 108. .e Kedani », 22. « Kené », 88. « Kibu », 87. « Kimputu », 87. « Kittsubstanz », 502. Kb: i stagnala, 198. Koenc ilici, 127; 7v\ mirabilis, 127 (fig.). Kolbia quisquiliarum, 4211. « Kórehenkuge la », 292. « Kulm Kafer », 156. « Ica », 864. Teoria, 807, 815, 817; 7. variegata, 816 (fig.). 7cen/a, 516; 705; 7. purchasei, 398, 396, (fig.); 510 (fig.)- Ichneumonidae, 194; Icneumonidi, 173. Icius milratus, 124 (fig.). Idiops, 1 17. Idrocorisi, 403. Idrofilidi, 173, 177. Idrofilo, 675 (fig.). « iemale -i » (femm.), 455, 456. Imenotteri, 177, 181, 191, 193, 196, 197, 198, 203, 414, 434; I. predatori, 540; I solitarii, 538. « Incrisalidamento », 309. Incurvarla, 524. « Individuo », 798. Insetti, 2; « bassi », 286; « menorinchi », 230; « mo. nognati », 230; « metagnati », 230. « Iperadresìa », 351; 352. « Iperatelìa », 397, 433; « Iperatelismo », 398 (fig.). « Iperciclo », 448. « Ipercromisroo », 395. « Ipermegetismo », 389; femminile, 389 (fig.), maschile, 391 (fig.). « Ipermetamorfosi », 190, 191, 221, 279; vera, 279; spuria, 281. « ipermorfiche » (forme), 396 (fig.); « ipermorfico » (stato), 396 (fig.). « Ipermorfismo », 394, 395, 398 (fig.), 405 (fig.); 406 (fig.), 432, 434; dimorfico, 412. .< Iperteìla », 395, 431, 432; « Ipertelismo », 428. Iphis, 70; alvearius, 71 (fig.). Ipludulns, 70; 7. plumiger, 97 (fig.). « Ipnosi » delle Termiti, 873 (fig.). « Ipocielo », 448; omeofilico, bisessuale, 451; pò- lifìlieo a maschi atelici, 453; polii, a maschi eutelici, 452; polif. a maschi polimorfici, 453. I schi ropsalidae. 100. Jschnocera, 204. Ischnogastcr, 813, 815, S17; 7. micans, 816 (fig.). Isometrus europaeus, 130. Isophia acuminata, 494 (fig.). Isoptera, 192, 202, 204. Isosoma, 143; 7. grande, 443 (fig.); 7. *r£«ic?", 443. Isotoma, 276 (fig.). Isotteri, 181, 192, 203, 866. « Istoblasfi », 290, 292. « Estogenesi », 291, 301. INDICE DEI NUMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 943 " lstolisi », 291, 299. [stone-i ». 369, 798. Ithytrichia lamellaris, 678 (fig.). Ixodes, 76 (fìg.), SS; /. africanus, I. algerieruis, 92; I. annulatus, 90; I. avisugus, 77 (fig.); I. bovis, 90; /. carnei inns, ì. fabrìcii; 1. graci- Icn/iis, !i2; /. hexagonus, 22, 88; I. reduvius, 88; I. rieinus, 22, 88 (fìg.); /. savignyi, 92. Ixodidae, 74, 82; Ixodinae, 82;~Ixodidi; I-sodini, 8S. Ixodiphagus texanus, 80. Japygidae, 192, 202, 204. Jassidae, 193. Julidae, 133. Julodis, 413; J. hirsuta, 414 (fìg.). JmZks, 132, 135 (fig.). 136; I sabulostts, 135 (fìg.), 136. « Justaposizione » (immagine per), 606, 607. Labiduri, 175, 181. Labidocarpus megalonyx, 52 (fig.). Lachnosterna, 496 (fig.). Lachntis; L. faseiatus; L. grossus, 739; L. juniperi, 449; 450, 453; L. nudus, 453; L. viiiiinalis, 739. Lacon murinus, 760. Lactuca, 459. Laceoptera excavata, 253 (fig.). Laelaps, 20, 70, 71, 72, 73; L. agilis, 7!: /.. casalis, 57; i. celiiihiiiius, 71, 72 (fig.); i/. marginatila, 57. Loemosthemis complanatus, 739. Laestes viridis, 219 (fig.). Lagoa opercularis, 344 (fig.). :< lambenti a (Insetti), 201. Lamellicorni coprofagi, 531: Lainellicornidi, 173. Lami nosioptes, 20; 39; i. cysticola, 19, 47, 48 (fig.). Lampyris, 284 (fig.), 285, 351, 434, 4S4, 485, 607; i. noctiluca, 407 (fig.), 484, 503. 605, 738, 739. Lam/iuriza, 485. « Langosta », 04. l.'i: li ria bomboides, 711. Lapsana, 459. La: ir; L. americana, 160. Latra, 543, 555, 5.30; i. uiia/ciua, 513; £. modesta, 567 (fig.). Larrìnae, 538, 544. Larropsis, 543. «Larva », 207, 220. « larveformi » (femmine), 4 04. iasiocampa; !.. betulifolia, 730; L. ilici/olia, 730; 7.. /"/i». 358; i. populifolia; L. guercus, 475. Lasiocampidae, 193, 724. Lasius, S42, S4s. Lasius [Acanthomyops) cìaviger, 835 (fig.); L. (.4). latipes, 834, 8b5 (fìg.): L. (£.) /fai;»*, 812 (fig.). i. (£). Wjrer, 843, 844, 847, 848. » Latenslarve », 457. i Leti i- iii ii 1 i ■■ (Imenotteri; Vespai), S13, SI4. SI7 (fig.). Latrodecles, 108, 126; L. mactans, 108; L. malmi- guaita, 108 (fig.); £. scelio; L. 13-guUatus, 10S. Libia; L. scapularis, 282. Lecanium hesperidwn, 355, 307; L. {Xaissetia) oleae, 250, 368, 510 (fig.). I.' ' aniti, 515. Ledra attrita, 731. Legge dell'incrocio, 372, 373. /.' inijnatlnis, 20. OS. Lcismannia, 85. Le aptidi, 67. Lcpidoptera, 193, 203, 205. Lepidotteri, 171, 177, 181, 191, 193, 196, 197, 198 203, 404, 434, 739. Lepisma, 176, 197. Lepismidae, 192, 202; Lepìsmoidea, 204. I.iptanilla, 859. Leptidae, 194. Leptidia, 508. Leptinia, 099; L. attenuata, 743 (fig.). Leptinoplerus, 422; i. v-niger, 422 (fig.). Leptoceridae, 193. Lcptochirus, 408. Leptogenys, 836. Leptomyrmex, 858. Leptot/iora.e, S34, 836, 854; L. emersovi, 854. Leptura, 393. Lepft«, 19, 20, 22, 23, 26 (fig.). 96, 98 (fig.), 99 (fig.). Leptynia attenuata, 360; L. (Bacillus) hispanica, 360, 368. Lepus varìabilis, 734. « Lestobiosi », 853, 854. Lethrus, 408 (fig.); i. cepkalotes, 212 (fig.). Leucania, 763. Levcaspis, 234; i. jfaos, 236 (fig.); £. pusilla, 435. Leucocytozoon cams, 89. Leucoma (Stilpnotia) saUcis, 739. Levcotermes, 890; i. lucifugus, 866, 870 (fig.) 874 (fig.), 875 (fig.), 876 (fig.), 881, 882, 884, 889. Leueotìiyris vietorina, 709 (fig.), 728. Libellula, 170, 392; £. brunnea; L. cancellata, 392; L. depressa, 392, 665; L. flaveola; L. fulva; L. sanguinea; L. vulgata, 392. « Libellula », macchina volante, 635, 646, tipo, 665. Libillulidae, 193, 202, 204; Libellulidi, 170; JW&eZZu loidea, 204. Licenidi, 177. Ligaeus equestris; L. saxatilis, 739. Limacodes testudo, 273 (fìg.). Limanthria, 517; L. dispar, 317 (fig.), 348 (fig.), 358, 404 (fìg.), 449, 450, 465 (fig.), 517 (fig.), 572, 745, 748 (fìg.), 749. Lìmanthriidae, T2i. Limnobatcs, 510; L. stagnorum, 510 (fìg.). Limnochares holosericeus, 13, 16 (fig-). Limnophilidae, 193. Iji/nothrips poapliagus, 209 (fig.). /.imi papali, 55, 255. Lindi Itili*, 545. Linguatula; L. pusilla; L. recurvata, 9; L. rhinaria, 7; L. subtriqut tra, 9. i. taenioides, 8 (fig.). /./ ngualulat , 6, 7. Linocoples coccincllae, 56 (fìg.). Linopodes motatorius, 12 (fig.). Liriyph ia, 110, 123. Liogryllus, 494; 543; £. campestris, 391 (fig.), 442, 47S, 479 (fig.), 713. Limili topini! lliieroct piallimi, 851. /.<■>//<. ;liuuti, 266 (fig.). Lipocteni, 5. Li /militatila, 202. 944 INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. Liplotena, 420. Lispinus, 408. Lisi rofi ridi, 52. Listrophonis gibbus, 52 (fig.). IAthinus nigrocrista'us, 732 (fig.). Lilliobiidae, 137. Lithobius, 136, 741; L. impressivi, 137 (fig.). L. montanus, 137. Litliomantis, 160; L. carbonaria, 158. Lithosia griseola, 731, 739. Lite si i, 177. Lixu-s barbiger, 414 (fig.). Lobogaster, 1 69. Lobopelta, 836. Loboptera decipiens, 550. Locusta, 480; L. viridissima, 391, 667 (fig.). Locustidae, 192, 204; L< custicli, 170, 548; Locustoidea, 204; Locustoi.lt i, 107. Locust psidi, 167, 170. Lonicera, 459. Lophoproctus lucidus, 134 (fig.). Lophopteryx camelina, 735 (fig.). Lophoptes patavinus, 23, 68 (fig.). Lophyrus, 414; L. pili», 415 (fig.). Lucanidne, 1 94. Lucanus cervus, 243, 315 (fig.). Lucerla virens, 719. Lucilia, 346; L. cacsar, 679. Luciola, 485; L. ttaZico, 485 (fig.). Ludovix attenuatus, 512. «Luminosità», 483. Luperus, 739. Lycaena, 425, 426, 470; L. agrestis, 443; L. arrago- nensis, 468, 470; L. corydon, 470; L. escheri- radiata, 467 (fig.); L. floienlina, 468; L. polysper- chon-amintas, 441. Lycaenidae, 193. Lycocercus goldenbergi, 157 (fi-g.). Lycosa, 118, 126, 626; L. carolinensìs, 119 (fig.); L. tarentula, 106 (fig.), 107 (fig.), 118, 126. I/ygaeus, 738. Lygonematus erichsoni, 524 'fig.). Lymnodytes gerriphagus, 632. Lyogryllus, vedi Liogryllux. Lyroda, 543. Li/ita (Canlharis), 739; L. optabilis, 499 (fig.). I. limantria dispar, ve. i: Limanthria d M Mackilidae, 202; Machiloidea, 204. Machilis, 176, 202, 221. Mnriuiiitrus, 412. Macrodontia, 409. Macrogaster platypus, 36. Macroglossa, 602, 648, 664; Af. onoterae, 345; A/. sJeM in mm, 602. « macrogina-e » (fc-mmina-e), S..4. Macromeris, 565; il/, splendida, 565. Macropodites niellii, 412 (fig.). Macropus longimanus, 411. Macrosiphum cereale; M. rosae, 459. Mmro.iita carolina, 315 (fig.); 316 (fig.). ci inacrotttra-e » (fi rma-i ), 435. « Madre fondatrice », 366. Maggiolino, 497 (fig.), 503. Malacodermidae, 194. Mnlncosoma, 739; Af. neustria, 753. Malattia di 1 « mi Bi ioni », 65, 66 (fig.). .< Malie h », 84. Mallofagi, 189, 192, 203; Mallopluxga, 202, 204 « Malmignatta », 108 (fig.). Afoius, 458, 460. Mandibulata, 199. Mantid,!,. 192, 204. Mantis, 274 (fig.), 277, 502, 543, 727, 735, 758, 760; Af. religiosa, 216 (figr.)i 275; 734 (fig.), 741, 744 (fig.), 759; Af. prosino, 713 (fig.). 746, 747 (fig.). Mantispa, 282. Mantispidae, 193, 205. Afantoidea, 202, 204; Mantoidei, 163, 181. Margarodes vitium, 761. Margaropus, 83; 1/. annulatus, 90. Masaridae, 538; Masaridinae, 538; Masarinae, 540. Mastodermes darwiniensis, 866 (fig.). Mecaptera, 202. Mecocerus, 408. Mecomastyx montravelii, 409 (fig.). Meconema, 492. Mt cotti ri, 203. Mecyma, 724. Mi ausa, 37 I. Megacaneslrinia; M. mucronata 54. Megaceras chorinaeus, Tav. III. Megachile, 55, 174, 415, 554; 561, 562; il/, ani/tra- cina, 562; Af. centuncularis, 561 (fig.); AL disjuncta; M. ericelorum; M. imbecillii; M. larvata; M. p'cicornis; M. sericans, 562. Megalolaelaps, 72. Megaloptrra, 205. Megalothoracidae, 204. Megalothrrps, 400. Megaloileri, 166, 169, 177. Meganeura, 160, 161 (fig.); AL brongiarti, 160. Megaptilus, 438. M gasfc copti ri, 161, 181. » Mi gì tismo », 379, 436. Megilla maculata, 325 (fig.). Mcgninia, 22, 53; AL cubilaàs, 53 (fig.). Melandrya, 234. Melandryum album, 458. .. Mi lanina ». 700. Mi Imi il is leda, 443. ,1/. lane/plus fenzwr-rubrum, 575; il/, spretus, 574, 575. ^l/i Inrgia galathea, 468; A/, galene, 468. Melasoma, 739; AL aenea; M. populi, 503. « Mi lata », 691. Melipona, 360, 415, 821, 823, 824 (fig.); A/. faZ- mpes, 824 (fig.); A/, scutellaris, 360. .AI. lìponi , 806. Meiiponoryctes succini, 178 (fig.). Mcìissiiia, 813, 814. Melithara, 407, 467; Af. didyma., 467 (fig.); .1/ armoni min. 41.7 (fig.); .1/. wullschlegeli, 467 (fig.). Melitoma grisella, 562 (fig).. Mi llimniir, 538. Melliniis arvensis, 556. AfeZòe, L77; 282, 393, 398 (396, fig.), 408, 739. • M. lci.i, 220. Melolontha, 277 (fig.), 408, 527, 529 (fig.), 648; Af. //ippocastani, 503; il/, miinlmìtlia, 469, 503, 765, 767; il/, vulgaris, 243, 665. «mtlclontoide-i» (larva-e), 272 (fig.). 221, 222 (fig.); 234 (fig.). Melophaguà, 285, 351; AL ovinus, 380 (fig.), 506. Melopliorus, 835; A/, bagoli, 858. Mi mliiiniilin; 193; Membracidi, 397. Mi mbrana emostatica, 743. » M. navoni », 108. Mengca tcrtiaria, 177 (fig.). INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 945 Mentila, 459. .1/. nopon, 380 (fig.). Ment nales, L98. « Mi riniti rgati s », 835. idae, 205. .M postomi, 2. Mi BOblattini, 167. Mesobelostomum deperditum, 171 (fig.). Mesoaa curcuìionoides, 760. Mesostiqmata, 28, 30; M s stigmati I, 67, li, 74. Messor, 836, 839; .U. bar&oru*, 839, 840 (tigg.); 849 (fig.). M, tabula, 200. M. tabolìa », 198, 270, 380. Me tanti, 369. « M. t amorfi si », 2C7, 269 (fig.), 288, 420, 421; «compKta», 267, 269 (fig.); 289 (fig.); Metapodius, 401. Metopodontus blanchardi, 391 (fig.); M. umhangi, 425 (fig.). Mi tazei, 369. Meieorus hyphrantiae, 344 (fig.). Miastor, 353, 354 (fig.) 355; M. metraloas, 353. Micetophilidae, 194, Min t< tifi, i, 173. Micraspis, 739. i Mii riamo », 428. Microcerotermes stranici, 896. Microrcntru.s retincrvis, 215 (fig.), 518. Micrococcus, 400; M. sib-estrii, 382 (fig.), 398 (fig.). .' mi ■ roi rgati » (Operai), 835. « njcrogyna-e » (f mmina-t ). 834. Microlickus, 48. MicropU rygidae, 193. M t e ropte.ryx, 343, 524; .1/. purpuriclla, 344 (fig.). Mi n t lifonicj, 127. Microtermes, 878. « mi tri triti » (Formirhi ), 840. « migrant -i » (forma i ), 447, 453, 457; « dioica-he », 454, 457; « monoiea-he », 454. « migrata* » o « iemali -i » (ftmm. ), 456. « Migrazioni », 568; di forme giovani, Ó72: ili adulti, 573. Hill sia cràbroniformis, 711. i Mimi tismo », « aggr. ssivo », 710; « critti :o . 71-!, 717; Kfanerico», 70S, 709, 710. « Mioc iti », 296, 303. « Miogeni si », 302. Miriapodi, 131. Miri atomi, 131, 133, 139. mirm 'Ci file-i, animali; piante, 865. Mirotermes, 884, 879; M. atrox, 892; .1/. cheeli, 872 (fig.); M. (Cubitermes) arboricola, 893; .1/. manina, 872 (fig.); M. saltans, 895, sui. Miscocyttarus, 813, 815, 817; M. labiatus, 816 (fig.). Miscophus, 542, aài'v, M. bicolor, M. gaUitCUS; M. spuria*, 542. Miscoptera woodwardi, 162 (fig.). a Misurini » O « Compassi », 231 (fig.). Mitogramma, 217. Mitosata, 198. Mixoti riniti i'!i, 162. Mìzìru . 415. Moina, 369, 370. Moma orion, 732. Mcmandr opterà incrina, 743 (fig.): Af. ' nuneans, 741, 745, 746 (fig.). Monardia, 416. Moru dula, 544. Monti -." //" i ntomophaga, 57. Monodontomerus, 414. « monogina » (Società), 823. Muiiulianiiins titillatili; 409 (fig.). Monomorium, 834, 855; Af. floricola, 834, 835 (fig.); .17. saìamonis, 855. « Monto f/f//< Furili ielle », 843. Montezumia, 565. « Monyata », 87. « mordenti » (Ins tti, 201. n Morfe », 463. Mmici planata, 54. Moritzii Ila corticali*, 453. Mormolyce, 413: Af. phyllodes, 413 (fig.). M„r/>l,■■!,:„ ,l,i, 543, 732; 0. caerules^ens, 718, 720, 742: var. min otta, 718, 719 (fig.), 720. 7 42; 0. ,■/„„• i.rnli, ri, 742. 0 ■•itiseli m williamsoni, 159 (fig.). Oestridae, 194, 711. » oligomero » (stadio), 275. 280. Oliiioiuiiru, 202, 204. « oligopodo », 272 (fig.) (stadio, 278 (fig.), 240, 434; a oligopodiale » (stadio), 271. Oligolo/r i antiqua, 176. o/A» abdominalis, 464 (fig.). « olomegetiche » (specie), 431. Olometabola, 202; Olometaboli, 272 (fig.). « olometabole » (larve), 273 (fig.). « Olometabolìa », 262, 267. « oloteliehe » (specie), 431. Ombrelli* re, 458, 459. ,, omeomorfiche » (forme), 396 (fig.). « Omeomegetismo », 424. « Omeomorfismo », 424, 730; in difette, 395; in co -•- so, 395; sessuale, 375; sessuale atelico, 396 (fig.); sessuale eumorfico, 396 (fig.) sessuale in rn fico, 396 (fig.). .e Omocromìa », 424: « Omoeromismo », 717 i omogenei » (individui), 799. ,< omomegetiche » (specie), 430. » Omomegetismo », 3S8. Omoplata normalis, 413 (fig.). Omotti ri, 19), 193, 203, 400, 434. Onectra pilleriana, 544. Onicofori, 2. 3. Onthophagus, 410, 44(1. 470, 533, 64S; 0. rangifer 408 (fig.). « Ootassi », 512. o Ooteca-he », 210, 216, 513, 514. Oonops- pnlili, < .-', 1 19. Operaia-i-o ». 424. 806, S27 (fig.), 828 (fig.), S30. (fig.) 832, 834, 835, 836, 837, 83S, 839; di Tel- imi i, 867, 868, 870 (fig.), 873, S74 (fig.), 877. Oph iun idae, 545. Ophionyssus nalricis, 68. Ophideres, 172. Ophiiiliis, 136. Opilionidi, 5, 100. INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 947 ■ Oramorfismo », 420, 441. Orasema, s.'ì I. Orchesella, 609. Organi musicali, 478. Organismi pluricellulari (somatici), .'174: unici Mil- iari (asomatici), 371. Orgya, 217: 0. antiqua, 246, 475, 759; 0. leucostigma, 246, 285 (fig.), 356. Oributuln eliminiti, 03; O. pluntivaga, 62 (tic.), 03. Orina, 739. « Ornamentazione », 390; cromatica, 391, 395; plastica, 393. Ornithodoros, 82; 0. megnini, 87; 0. montata, 80, 82, 80 (fig.); O. pavimentosus, 88; O. savignyi; O. talaje, 87, 88; O. Iholozani, si. xs: 0. /,, . rienln, S4, 87. Ornillioinyin, 500. Ornithoseatoules decipiens, 123, 733. Orinili, iplcra, 420; 0. butlerianus, 120; formi' fem. minili: achates, agenor, alcanor, anceus, anura, batteria nu<, distantianus, dobera, erebinus, esperi, geranio, ìjyrtia, Mera, hollopia, imperiosa, lao- medon, ili/In, phoenix, ria I, mirimi, i, si/uìensis, trochila, venusta, oinius, tutte, pag. 420. Orphania denticaudatà, 739. Orthezia, 510, 705: i>. ìnsignis, 510 (fig.); (>. urticae, 510 (fig.). Ortcziola, 705. Ortoflebiicli, 169. « Ortogenesi », 279. Orthoptera, 192, 202, 204; O. genuina, 192, 199; O. gressoria; O. oothecaria, saltatoria, 202; O. socialia, 199, 202. Orthopteroidca, 204. Orthorrapha, 202, 205; Ortorafi, 338, 339; O. Ne. matoceri, 177, 181. Ortotteri, 107, 170, 175, 181, 191, 192, 198, 203, 398, 434, 739; O. veri, 192. Oryctes, 73, 008 (fig.); 700; O. nasicorn is, 324 ( fig. ), 765. Oryctoblattinidae, 159. Oscinis, 416. « Osmeterium », 255. Osmio, 415, 538, 552, 553, 554, 501, 562, 823; O. alpestris, 553: O. aurulenta, O. bicornis; O. cornuta, 561; O. cristata, 554; 562: O. cya- noxantha, 554; O. detrita, 552; O. ferruginea, O. fertoni; O. fossoria, 553; O. lanosa, 554, 502; O. mélanogastra, 553; O. papaveris, 554, 562; O. perezi, 502; O. nifóhirta, 553 (fig.), 554 (fig.); O. tridentata, 552: O, tunensis, 553; O. saundersi, 554; O. versieolor; O viridana, 553. Osmylidae, 205. Osphya bipunctata, 411. « ospite », primario, 454; secondario, 454. « ostetrici » (maschi), 382. Otodectes, 20, 48, 50; O. cynotis, 23, 48. « ovovivipari (Insetti), 508. « Oviparità », .304. « Ovisaceo », 510. « Ovuli; fecondati », 370. Oxybelus, 415, 544. Oxypomyrmex santschii, 849 (fig.). Oxyeoryphus compressicornis, 742. Oxytelus, 408. Pachycnema, 411; P. crassipes, 412 (fig.) Paehycorinus dimorphus, 426. Pachyjidus, 136; P. flavipcs, 135, 136; P. oenolo- gus, 130; P. vari tis, 135 (fig.). Pachylichus, 4s. l'urli Illusi; Ili, 117: P. SCalops, 118 (fig.). l'urh y pus cornutus, 407 (fig.). Pachytilus mìgratorius, 04, 574, 575, 742. Pachylrortes brunneits, 206 (fig.). Pad us, 458. Paleophlebia superstes, 107, 174. Palcobltiuimi douviUei, 155. Paleocossits furassieus, 171 (fig.). Paleodielyopti'ru, 156; PaleodittiotWi, 150, 157, 181 Paleoemitteri, 104, 181. l'nl, iimtinlis, 163. l'ai, uiitiniili, 171. Palmodes, 543. l'ululili un tlissìmilis, 218 (fig.). Palpares libelluloides, 241. Palpigradi, 5, 127. l'uni phagus canonicus, 399; P. numidicus, 759. Panchlnra maderae, 741. Pandinus africanus, imperator, Tav. I. l'uii isriis glaucopterus, 358. Panorpa, 227; P. communis, 519 (fig.), 545, 605; P. Mmfi', 235 (fig.). Panorpuln , 2e2, 205; Panorpati, 169, 171, 181, 203. Panorpidae, 193, 205; Panorpoidea, 205 Pantopodi, 2. Pnnurgus, 545. ■e Papasi », 87. Papaver, 458. Papilla, 311 (fig.). Papilio. 255 (fig.); 398, 404, 405, 426, 429, 434, 436, 440, 657, 721; P. a^ereor, Tav. VI; P. o/ra-, 442; P. alcanor, Tav. VI; P. buthlerianus, Tav. VI; P. eoo», 405 (fig ); P. dardanus, 398 (390 fig.), 404, 420, 427 (fig.); Tav. V; sue forme femminili, 427 (antinorii, 427 (fig.); Iiinia, 420; dionyssus, 420; Menisi, 426, 427 (fig.); Tav. V; Mppocoon, 420; niavioides, 427 (fig.); niobe, 420; niobioides, 420; trophonissa, 420); P. gyrtia, Tav. VI; P. lilipuziano, 429; P. machaon, 441, 442, 443, 469, 665; P. memnon, 404, 462, 430: Tav. VI; P. merope, 426, 427; P. podalirius, 409; P. pMloxemus, 405 (fig.); P. telamonides; P. walsM; P. marcellus, 442. Papilioìiidae, 193; Papilionidi, 177. Papiriidae, 192. Parafai rimiriti gracilis, 712 (fig.). l'nriiltt'rim lini tiimulosa, 2S5 (fig.). Paraphylloxera glabra, 453. Paraponyx, 236. Parasita, 198; Parassiti, 199. « Parassitismo sociale », 854. Parlatorio bianchardi, 435 (fig.); P. zizipM, 516 (fig.). Parmelia, 731; P. crinita, 732 (fig.). Parnassius, 502, 503, 721; P. apoiJo, 469, 503 (fig.); P. orteansi, 503 (fig.). « Partenogenesi », 262, 356, 357; accidentale, 357; anfitoca, 369; arrenotoca, 369, 807; ciclica, 357, 359, 361; ciel. regolare, 362: cicl. irregolare, 366; normale, 357, 359; norm. costante, 36S; norm. occasionale, 357; telitoca, 262, 369. « Passaggi » (di Farfalle); (di Libellule); (di Caval- lette), 574. Passalidae, 422. Passaloecus, 544, 556. Patella, 416. i Paurometabolia », 266, 267 (fig.). Pauropodi, 133, 136. 948 INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. Pecilandrìa », 420, 424, atelica, 425; ipsrtelioa 425 (fig.). « Peciloginia », 420, 424; atelica, 427. « Pecilopedìa », 424. «Pedici Ilo », 4 2. Pediculidae, 193, 202, 204; Pediculidi, 203. Pediculoìdes, 6, 27, 63, 64. 65, 67; P. mesembrinae; P. tritici, 66; P. venlricosus, 7, 19, 27, 64, 65 (fig.), 60 (fig.). Pedicuhts, 197, 198. Pedipalpi, 5. «Pedogenesi», 262, 273, 350, 351, 352, 353, 354 (fig.); 371; vera, 355. « Pedopeeilìa »,, 420, 424. Pelargonium, 562, 602. Pelecinidi, 177. Pelidnota, 411. Pelobius, 236. Pelopaeus, 542, 565. Pelota, 172. Peloribates humeralis, 63. Pcmphigus bursarius, 459, 574, 800; P. filaginis; P. follicnlaris; P. gnafalii; P. lactucarius; P. ovato-óblongus; P. pyriformis; P. semilunaris, 459. l'i mphredon. 544, 553. Pemphredoninae, 538; Penfrcdonini, 556. Penfigidi, 459. Penicillidia Icachi, 285 (fig.). Penta-stoma (o Pentastonum), 8, 9; P. denticulatum 8; P. emarginatum, 8; P. serratum, 8; P. tu, nioi- des, 8. Pentastomidi , 5, 7. Pentatoma, 497; 643 (fig.); P. nìgricomis, 667 (fig.). Pentatomidea, 193. Penthaleus haematopus 94. Pentheria, 416. Penlhina pruniana, 733. Pentodon, 73, 398 (396, fig.); P. punctatus, 54. Pcperonota harringtoni, 410. Pcpsis, 541; P. formosa, 541 (fig.). Pericolila, 724. Peripatus, 3, 4; P. balfouri, 3; P. capensìs, 3, (fig.). P. edwardsi, p. 3; p. ncwae zealandiae, 3, (fig.). Periplaneta americana, 741; P. orienlalis, 216 (fig.), 217 (fig.J, 382 (fig.). Peritrichia, 393. Peritymbia vastatrix; P. vitifolii, 460. Perisphaera glomeriformis, 716 (fig.). Perisphaeri" stylifera, 283 (fig.). Perla-ria, 1 .''.V, Perlariae, 204; Perlarii, 166, 176, 181, 192, 193. Perlidae, 193, 202, 204; Perlidi, 203; Perloidea, 204; Perya dorsalis, 522 (fig.). Petaha. 170. Peyerinhoffia subterranea, 287 (fig.). Phcducns canariensis, 840 (fig.). « Phalanga », 102, 104. Phalangiìdae, 100. Phalangodesidae, 100. Phalangium opilìo, 100 (fig.). Phalaris, 459. Phanaeu.s ensiger, Tav. III. Phaneroptera, 480, 518. Phanoptis cyanomelas, 709 (fig.), 728. Phasmidae, 192, 204: Pkasmmdea, 202, 204. Pheidole, 836, 837; PA. absurda, 839 (fig.); FA. cnitensis; Ph. froggatti; Ph. kingi, 836; PA. iresto- òi'Zis, 832 (fig.); P/i. palliatila, 832 (fig.), 837; PA. taurus, 839 (fig.); Pft. «a,tZiii, 836. Phidippus morsitans, 109. Phigalia, 475. Philanthinae, 538, 544. Philanthus, 545, 546, 547, 555, 556; PA. triangulun, 545, 556; PA. vcnustulus, 556. Philippia, 516. Philodontis palpino, 731. Philomastis glaber, 522 (fig.). Philonthochila, 401. Philopteridae, 192, 204. Phlaeothripidae, 193, 204. Phloea, 731: PA. corticata, 731 (fig.). Pholcus, 119, 741; PA. phalangioides, 120 (fig.). 125. Phonergates bicoloripes, 80. Phora: Ph. bergenstammi; Ph. rufipes, 763. Phorodon humuli, 459. Photophorus, 485. Phosphaenus, 845; PA. hemipterus, 407 (fic ) 408 • 503. Phragmites, 458. Phrictus, 401, 4S6. Phryganaea striata, 672 (fig.). Phryganeidae, 193; Phryanoidea, 205. Phrynidae, 128. Phrynus pollasti, 127 (fig.). Phthartus rossicus, 163 (fig.). Phthiracams lentulus 62 (fig.). Phthirattv ri, 201. « Phthistrgates », 835. « phtisogine » (femmine), 834. Phlychoptera contaminata, 691. Phylacteophaga eucalypli, 522 (fig.). PhyUerium, 30, 31. Phyllidae, 204. Phylhum, 730; PA. crurifolium, 746 (fig.); PA. pulchri/olium, 730; PA. siccifolium, 730 (fig). Pliyllocoptes, 31. Phyllodroinia, 277. Phyllodromus, 565. Pliyllognalhus, 73. Phyllomorpha, 402, 434; PA. algirica, 402 (fig.): PA. capicola, 402 (fig.). Phyllotettix foliatus, 433 (fig.). Phylloxcra, 362; PA. quercus, 449, 450, 454, 460; 461; P/>,. querc. vai. fiorentina, 460; PA. t'add- irà, 361 (fig.), 450; PA. wtós, 449. Pìiylloxeroides ilalicus, 453. Phylo depressiti, 760. Phyloptera, 200. « Phylum », 769. Phymatodes variabilis, 240, 692. Phyrrarchia isabella, 246. Pliyscia, 731. Physogasler larvarum, 66. Physapoda, 193; Physopoda, 199, 204. Phytelus spumarius, 544. Phytonomus, 544; PA. punctatus, 246. Phytoptus, 31; PA. ròsa, 30. Piante « mirmecofile », 865. Pìcea; P. excelsa; P. morìnda; P. orienlalis; P. pungens, 460. « Pidocchio dell'Ape », 506; « Pidocchio pollino », 67 (fig.). Pieridae, 193; Pieride-i, 177, 649 (fig.). /'«,)'«, 277, 398 (396 fig.); P. brassicae, 311 (fig.) 324 (fig.), 443, 469; P. na/n, 469, 672 (fig.) P. octavia; P. octavia-scramus; P. rapae, 443 P. seranius, 443. Piestus, 408. Piezata, 1!)S. Pimelia coronata, 413. Pimpla, 524 (fig.); P. conquisitor, 324 (fig.). INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOOICI, ECOLOGICI, ECC. 94!) Pimplidi, 173. Pinco* pini, 465, 460; P. pi nitori lei*-, P. pi. nijoliae, 400: P. sibiricus, 455, 400; P. strobi, 460. Pinna, 460; P. cembro; P. lancio; P, moni, nm, 460; P. sylvestris, 400. 461. Piophila, 628; P. cast i, 229 (fig.), 235, 236 (fig.). Pipiza radicans, 313 (fig.). Piralidi, 177. Piroplasma bigeminum, 90. Pi rosi olio, 90. « Piscia sangue », 90. Pison, 565; P. erytrkopus, 565 (fig.). Piatetela, 459. « Placchi.- », 292. Plagiolepis, 835. Planiceps, 542; P. fulvieentris, 552: P. plicatus; P. rubriventris, 542. Planipenni, 193; Planipennia, 193, 199. Piati taanti, 371. Platyblemnus lusitaniens, 399 (fig.). Platydactylus mauritaniaue, 96. Platygaster, 222 (fig.), 276; P. herricki, 274 (fig.), 275. l 'lalynaxpia, 739. Plotypezidae, 194. Platyphyllum concernimi, 209 (fig.). Pimi, i ìiywa giornae, 742. Piatyptyllus castoris, 285 (fig.) Plalyptcryx, 253. Platyecelis; P. grisca; P. intermedia; P. leeséllata, 742. Plalystohis pachygasler, 739. Platypria echidna, 414 (fig.). Platypleryx f alenila, 40 6. Plecia, 169. Plecoptera, 202, 204; Plecotteri 163, 166, 170, 176, 181, 192. Pleìstodonles imperiali*; 284 (fig.), 423 (fig.). Plenoculiis, 544. « Plesobiosi », 853, 854. « Pie uropodi », 271. « Plumulc », 488. Plusia; P. ain; P. chrysitis; P. devergens; P. ho- chenwarti; P. microgramma, 724. Platon unii zwierleinii, 138 (fig.). Podapolipus, 6, 27, 03, 64; P. berlesei, 64 (fig.); P. grassii, 64. Podisus spinosus, 209 (fig.). Podocimim, 70. Podura, 197. Poduridae, 192. Poecilocapsus lineatilo, 522. Poeci lostoma pulveratum, 306. Pogonomyrmex barbatila, 838 (fig.), 840 (fig.); P. occidenlaiis, 848 (fig.). « Poliandrìa », 424. « Policromismo », 419, 422, 423. « Poliembrionia », 261, 281. « Polii rgia », 618. «Polifilia», 420, 445, 802; delle Api, 828: delle Formiche, 831; delle Termiti, 867, 879; P. non sociale-, 446. 448; sociale, 802, 807. o Poligenesi », 509. » Poligenia », 261. « Poliginia », 424; atelica, 426. Poligonata, 198. Poligonia c-album, 720 (fig.). « Polirne gè tismo », 419, 422, 423. « polimero » (stadio), 275, 277 (fig.), 280. «Polimorfismo», 281, 419, 422, 423; « atelico », 429, 434, 435; «collettivo», 440; adi casta . 145; « di stagione », 375, 420, 441; ci individuale », 420, 421, 427: « ipertelioo », 430, 434; o non so- ciale »; « periodico »; « permanente »; « pro- gressivo »; « regressivo »; « sociale », 375, 420. « PoJimorfosi », 281. Polipo idroide, 371. « polipodiale » (stadio), 271. « polipodo » (embrione), 277 (fig.), 280 (stato), 272 (fig.)! 434. « Polisitia », 461. PoIìsks, 355, 360, 553, 813, 815; P. americani!*, 808; P. canadensìs, 815, 816 (fig.); P. gallica, (uà), 354 (fig.), 808, 815, 817 (fig.); P. marginali*. 807. Polybia, 813, 820 (fig.), 821 (fig.); P. brunnea, 821; P. lilìacea, P. rcjecta, 820; P. scutellaria, 807, 820: P. singolari*, 821. Pohjclesmidae, 133. Polydesmus, 137; P. complanatus, 134; P. diamilus, 135 (fig.). Polydrosua cervinus, 550 (fig.). Polyergus, 834, 856, 857; P. lucidila, 857: P. ru liscili*, 856. Polygonia interrogationis, 209 (fig.). Polynema natane, 632. Polypìiaga, 204. Polyphylla, 73, 408; P. fullo, 410 (fig.). Polyrrhachis, 852 (fig.); P. arachne, 852; P. bilia- mata, 865 (fig.); P. simplex, P. thrinax, 852, Polystocchotidae, 205. Póly stoma taenioides, 8. Polyxenidae, 133. Polyxenus laguriis, 134 (fig.). Polyzonidae, 133. Pompilidae, 194; 538; Pompilidi, 540, 541. Pompilus, 556; P. apicalis, 541; P. cinctellus; 552; P. crassitarsis, P. effodiens, 542; P. ncUab naia, 541 (fig.); P. pectinipes, 552; P, plicatus, 550 (fig.); P. vagans, 542; P. viaticus; P. (Wesmae- lius) saiiguinolentiis, 552. Panerà, 833' (fig.), 834; P. eduardi, 833 (fig.); 834; P. punciatissima, 833 (fig.); P. stigma, 846 (fig.). Populus, 459, 460; P. Ir, mulo. 31. « Porcellini terrestri », 131. Porocephalvs, 9; P. annulatus, 6, (fig.), 9; P. armilla- tus; P. crotali; P. lari, 9; P. proboscideus, 6, (fig.). Pnrtln aia chrysorroea, 217, 243. Portschinsl-ia bombi formi*; 711. Potamogeton, 677. « Precopula », 386, 489. Preistonychue dalmaticus, 490 (fig.). Prenolepis imparia, 858. Presosìernum svhulatum, 209 (fig). Prist vitelli a aquatica, 632. « primario » (ospite), 454. Priui nemis, 547. Prionoderma lanceolalwm, P. rhinarium, 8. Prionotue, 401. Prionyx, 556 (fig.). Pn*opus, 170. Projapygidac, 202, 204. Preeerus, 54. Procf ssionaria della quercia, 754 (fig.). Processio- narie, 316; Processionarii, 573. Proci pliilii* acri/olii; P. bumcliae, P. nidificus; P. tesscllatus; P. xylostei, 460. Proerustes coriaceus, 54. Proctanura, 202. Proctophyllodes, 22, 54. 050 INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. xus, 524; 7'. cinereus, 273 (fig.). Erogene si . 279, 280; larvale, 273. Progi aia . 273. Proglottide, 371. atha guadricornis, 409 (fig.). progrediens (femm.), 457. rodromus, 169 (fig. |. Proli eitina. 7(»;. . Pronazione e supinazione del preremigio (mo- vimento .li). 660. Proninfa», 268 (fig.), 272 (fig.), 280; 286 (Mg.). Pronotepis, 835. l'i' unì a, 524: 7'. yuccaseìla, 525: 526 (fig.). . Propoli », 826. Propomacrtis bimucronatus, 412. i repulsori », 230, 233 (fig.). Prosqpis, 545, 560; 7'. confusa, 552; 7'. variegata, 560. pvsojiogi ni » (Insetti), 506, 507. . Prosopon . 220, 266, 271, 272 (fig.); 280. Prospaltelìa, 315, 367, 452; 7'. berlesei, 316 (fig.), 367, 449, 450. Prostigmata, 28, 30; Prostigmati, 03. Protandrìa . 502. Prolapteron, 130. Protascalaphus, 160, Protefemeridi, 161, 181. Protemerobiidi, 169, 181. Protentomon, 200, Proti /'ione. 708. l'r.i'oblatt'iixi, . 160; Protoblattoidei, I"''.': Proto 1 lattoidi, 162, 181. ]'n tuiiriii?, 412. 4.'>'.i; 7'. coiossus, 430. / ' [oct'mex s*7urtcu£, 155. l'i t., lunati. 160, 102. 181. Protoemitteri, 163, 181. Protogcmiii* hypponas, 406, /' i myrmileon, HIT.: Protomirmileonide, 160. ProtopìiasrHa diamosi, 159 (fig.), 160. Protopììwsm idai . 1 60. protopodiale ■ (stadio), 27o. i potopodo », 272 (fig.), (stadio), 275, 277 (fig.), 280; (embrione), -74 (iig.): oligomero, 271; poli- mero. 271. Protorifidi, 100. Protortotteri, 158, 159, 181. Protosiricidi, 17:;. 181. Protracheas, 200. Protrazione », dorsale, dorso-ventrale (movimento di, 660; venti-ale ventro -dorsale (mov. di), 660. Proturi, 131, 102. Pruni/*. 4.".s: /'. persica, 450. Psalis'op!', 117. tfJviomyia, 4 Hi. Pselafidi. 177. Psen, 544: P. atratus, 552. Pseudagenia, 565; 7'. carbonaria, eoi' itig.). Pseudidiops opilex, 1 ' S (tìg.). « Pseudoametabolia . 266 (fig.), 207. o Pseudobranchie . 235. ri ICOCCttó, è lo. è 10; P. cftrl, 389 (fig.), 515 (fig.); P. farinosus, 7:!'.'. o pseudoconi » (Insetti). 607. Pseudocreobotra ocellata, 720 (fig.). • pseudogine ■ (femmine), 834. Pseudomyrmex gracitis, 710 (fig). Pseudonèurotti li, 191, 192, 399. Pseudonucli ì , 298 (fig.). Pseudorhynchota, 204. Pseudoscorpioni, 5. UH. Pseudos r, :■ -p., I 7:: | Pseudotsuga, 460; 7'. douglasi, 400. Psicidi, 177. Psicodidi, 173. 170. PsilJidi, 180. Psilopa /"trulli. 210. 702. Psilura monodia, 420. . . 192, 204: Psocidi, I7IÌ. 181, 203, 405 Psorcdges, 48. Psorergates, 03. Psoroptes, 20. 4s. 50; /'. bovi*, 23, is. tu (fig.); P. communta var. egui, 40; P. cuniculi, 23. 50; P. (710', 23, 4S; P. longirostris var «fUt, 40; P. s, 23, è". Psyche, 400: P. 6. Pteronyssus, 22. 53. /7. rophoridae, 103. Pfc roptidi, 67, 69. l'i, niìiii.i. 20; /'. vi s/ii .'tìlìonix, 69 (fig.). Pterygogenea, 200; 201 "-M. 202. Pterygophorus cinctus, 522 (fig.). Pticopteridi, 169. Ptìloccrm, 401; 7'. /«.<«,■, 402 (fig.)). / 7 «c-to, 199. . '- io. 259 (fig.). Pulce del Gatto, 218 (fig.). « Pulci di terra », 411. Puiea;, 197. Pulicidae, 104. 202, 205; Pulicidi, 203. PuiOTnarto, 320 (fig.), 515, 516. pungenti» (Insetti), 201. Pupa . 207, 313. » Pupario », 313 (fig.), 506. l'i, !>■ l'uni, 199; Pupipari, 177, 193, 506. Pycnopogon api/orme, 711. Pygera bucepkala, 754. Pymephorus, 63. Pygomorpha grylloides, 742. 1-iimliiìac, 193. Pyrameis atalanta, 720, 721 (fig.); P. ca«2u», 574 (fig.)- Pyrgonota bifoìiatu, 308 (396, fig.). Pyrochroa, 739. PijrochìOuìiii , 194. Pyrodes; P. pulcherrimus, 302. Pyrophorus; V. canàelarius; P. latemarius, 4sò; P. noctilucus, 4.S5 (fig.), 751; P pyrotis, 4S5. Pyrops, 4S6. Pyrrhoehoridae, 103. choris, 407; 7'. apterus, 759. Pyru.s'. 45S. 460. INDICE DEI siimi SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI BOI 951 Quercia ondulata, S.78. Quercus; Q. cocci/era, 460; Q. il r, 4.71, 160; Q. pubescens; Q, robur, 154; 460. . 80. « radicicola-e (forma-p), 4."i4, 157. Rafidioidi i. 177, 181. Rafignatidi, 94. (Bagni d'acqua , 631 (fig.). Rati atra, 675, 694; B. lineai . 628 Banunculus, 458, 460. Raphiderus scabrosu», 713 (fig.), 711. 746 747 (j Raphidia, l'l'7. Raphydiidae, 193. 205. Raphidioidea, 205. Razzi . Hit. 4ii7, 468; biologiche; eterobi eterogeniche; eteroiche, 469; locali, 4<;s, 471. (O Ila), 828, 829 (fig.); C ppia : vedi i oppili reale I. tinidi (Vespai), 813, 815, 817 (fig.). l: i .il' idi, l'.J. . 371. I'.' il' Ih Api , 3*10; !;• . I; ■_:■•■ ili - zioni , 868. < reduce-i (forma-i ), 473, -i ~, t ; . din, 193. Ri gina , 124, 823, 828, 83 ili '/ . ^m (fig.). /; ighardia, 9. 411. Rhabdura, 202, J'M. Rhagium, 393; /.'. bifasciatum, 760; A', indagator, 7iiii, 761. a p/jorMa) fulva, ah:;. ih ' . x7i' | fig. |, s7:; | fig,), ,416. Rhipicentor, 83. 82. y.'/.i/ 5.), 83, 89, 90; B. appendiciti R. ■ n 90; 89; /.'. I , 90 (fig.); /,'. calcaratus, 90; B. 39; B. R . - B9; B. ■'■■; B. (-fi.) bovis, 22. Rhizobiw 159. Uocera, 193; Ropaloceri, 193. Rho/j .'!■•; li. laclucae, /" /.'. perMcae; /,'. e.', .... 4.79. ophilidtm, 193, 236. - . 622; B. raòer, 525. . -7.74. 203. . 84. feoto, 202. . 70. i-rum equinum, 72. 10; B. persuasoria, -722. -. 117: /,'. structor, 117, 118 (fig.). Rhyzobius, 95. Rhyzog 58, 60. lil (fig.). 4.7:i. Richiamo , 474. Rifidi, 169. Rigi ih razione , 744; ipotipica, 745. Ripidotti ii, 198. Ripiptera, 193; Ripitti ri, 191, 193, U3. Rincoti, 168, 171, 176, Riproduzione agamica . 370; ali mante . 371; gami tica 0 - - uali , istonica . prol 370. Ria manza croi ini tica . 727. Rivoliaaia, 48. R01 li\ VIountairj spotb d fevi r , 92. Rogna follicolari di I Cane, :ì7; (sareoptica), 39 Rosa, 4.7S. 4.711. Rougi < ."il iinnal », 99. /,'.. Ut s gongylephora, 864. Ru&a . 179. 539, 552, 77:;. //'///. 1 r, 158. Rimiia crataegata, 727. Rumori di He Ti rmiti, 879. Rulela pulchella, 40.7 (fig.). Ryngota, 198. 192, 193 (fig.); 191: .V. serrato, 368 ;: S. buqw ti, 111 (lig.). Saldidae, 193. Salix, 459. Salticiis, 126 (fig.). & scemctt*, 129; >'. formicari 1 23. 5 ■/,,,'.,(.-//.*, 458. Sandalorrhyncha, 2m'. Saperda populnea, 242, 429. Sarcophaga, 217, 665; S cornano, 507; S. haemor- ìalì . 292. "ni . 303 (fig.). Sarcophagidae, 194. Sarcopayll - '<"- 389 :.'./' . 202. SarcopU rus, 93. . 20, 39, 43, 4.7, 19, 170; >. cameii, 4o: .">'. canin: S. eaprae, 23, 44: & cynolis, 48; S. dromedarii, il: >'. eoui, 23 14, 51; >'. /■•/'//■•< ., 40; S. gerlachi; S. laevis var. >• ■ ■ 47: S. /■/... Hi: S. nudi». 47: N. cwi*, 23, 14; >'. ". 23, 44: S. parvolus, 23, t". 14; . _':;. 40 (fig.), 4:i: S, . 23, 44. . 20; avicoli od Analgi adi, 21 (fig.) dermicoli, 48; domestici nostrali, I tira li 0 Canestrinidi, 54; lib ticoli, .7.7: pilcoli o gliricoli, micoli, 39; vi rmiformi, 30. . 744: S. carpini, HA: S. 106 (fig.), 119 (fig.), 474, 47.7. Saturni I _ linus, 723. . 39, 19. 4 1: S. norvi gica . 13; 1 . 49. Sceliphr'on, .742. Scaraboeidae , 1 94. Scaraboeus centaurus, 74. « Scatoconca », 210. Scaridae, 193. Scatophaga, 213 (fig.), 209 (fig.). 052 INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. Sceliphron, 552, 565, 566; S. ckalybaeus, 566; S. desi illatori us; S. fistularìus, 565; S. laetum, 566 (fig.); >S'. spiri/ex, 565, 566 (fig.). Schidmaenus tarsatus, 222 (fig.). Schizocera funata, 415 (fig.). Sckizocercus privatus, 214 (fig.). Schistocerca paraensis, 64, 575; S. peregrina, 307 (fig.). 337 (fig.); 498 (fig.), 518, 575. Schizoneura americana, S. fodiens, S. lanìgera, 453, 460, 509 (fig.); S. lanuginosa-, S. pyri; S. l'Imi, 460. Sciaphylus asperatus, 503. Sciapteron tabaniforme, 711. Sciara Militari.*, 572. Scioniyza, 4 10. « Si irò », 42. Scolia flavifrons, 392; S. rufifrons, 324 (fig.). Scoliidae, 194, 538. Scolopendra cingulata, 133 (fig.), 138 (fig.); S. ilari in»; S. dalmatica; S. morsitans, 138; >S'. subspinipes, Tav. II. Scolopendrella, 200, 276; S. immaculala, 136 (fig.). Scolopendridae, 137. Scolytidae, 194. Scolylus rugulosus, 528 (fig.). Scorpioni, 5, 128. Scorpio imperalor, 131. Scaligera, 131, 741; 5. aranoides, 139; S. coleop- trata, 137, 139 (fig.). Sin! nli riil'lc, 137. Scymnus, 95, 739. « secondario » (ospite), 454. Segestria perfida, 541; S'. speciosus, 549 (fig.) Sphecodes subquadratus, 558. Shpaerozetes orbìcularis 62 (fiir.). Sphacgida, , 194, 638. Sphex, 543, 544, 555; iS. ichneumonea, 555; S. mar- ENDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 953 xiHosa, 543, 550 (fig.); S. (Prionyx) atrata, 556 (fig.)j S. occitanicus, 548 (fig.); S. subfuscata, 543, 548; S. tibialis, 555. Sphingonotus, 543; S. caerulans, 720, 742. Sphyngidae, 193. SphitKc, 239, 277, 649 (fig.), 664, 665; S. convolvuli, 648; S. ligustri, 358, 698. Spilasma artifex, 116 (fig.). Spilosoma, 475; S. mendica, Tav VI, figg. ti, 7; S. mentkastri, 739. Spirachtha, 217. Spirobolìts, 136. Spirochaete, 81; 6'. duttoni, 82 (fig.), 87; £. gallina- rum, S4. 85, 86, 87; S. pallida, 82; 5. theileri, 91 1 Spilo, ■];, ti fi ., 81. Spiros«rep«t«, 136; & («dus, Tav. II. Spongophorus battista, 401 (fig.); i<.«>[/olipus, 6, 27, 63. Tatoo, 813; 821; T. morio, 814. Taubenzecke , 83. Tauroma, 413. Taxus boccata, 31. Techla aphnae, 405 (fig.). 7'. rlmomijrmcx, 834. Tegenaria domestica, 109. 116, 117 (fig.), 125. Teicophora vulnerata, 498. Tele e Nidi (di Ragni), 111. Telea polyphemus, 725. Teleas, T. ovulorum, 283 (fig.). Telepharus, 607, 738; T. (Cantharis) fusca, 739. « Telitochìa », 157. Tellina calcarea, 510, 511 (fig.). Telyphonidae, 127. Telyphonus, 127; T. caudatus, 128 (fig.); T. giganteus, 128. Temnostoma vespiforme, 711. 7 noria «rama, 723. Tenebrie-, 688; T. molitor, 688, 749. Tenebrionidae, 1 94. Tentredinidae, 194, 204. Tennipxdpus, 96; T palmatus, 96 (fig.). Tephrocystia absintiata, 475. Teraphosa leblondi, 119. 7't./., 364. Terebranti, 176, 193, 524; Terebrantia, 193, 202, 204. 954 INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. Terias, 311 (fig.). Termes, 197, 886; adulto, 869 (fig.); T. beUicoms, 867, 882, 883 (fig.), 886, 887 (fig.); 892, 893, 894 (fig.), 895 (fig.); T. carbonarius, 879; T. dirus, 890 (fig.); T. lacteus, 389 (fig.); T. lateri- cius, 886 (fig.); 892 (fig.); T. lilljeborgi, 879; T. malayanus, 889 (fig.); T. mycophagus, S90; T. obsuriceps, S79; T. redemanni, 889 (fig.); T. riogranadensis, 879; T. vulgaris, 891 (fig.). « Termitaio-i », 886, 889, 895; « a bussola » 893; 894 (fig.), « a camino »; « a collina »; « a co lonna », 892; « a piramide », 893; « a sfera », 894; a « testa di moro », 893; « a torre », 892, 893; concentrici, 889, 890 (fig.); di cartone, 893 (fig.); di terra, 892; diversi, 888 (fig.); misti, 893; non concentrici, 889, 890 (fig.); tipo « Kimberley », 888 (fig.), 893. Ti i-mite bellicosa, 895 (fig.); T. nera, 885. Termiti, 203, 805, 806, 865. Termitidae, 192, 202, 204: Termitidi, 176, 181. « termitofili » (animali), 895, 896. Termopsis, 881, 882. « Testa di negro », 896. Tetragoni ii ria, 214 (fig.). Tiimmorium S55; T. caespilum, 833, 839, 855 (fig.), 857. Tetrapneumoni, 125. Tetraneura boyeri; T. caerulescens; T. rubra; T. itimi; T. zeae-maydis, 460. Tetranichidj, 94. Tetranychopaia horrida, 95 (fig.). Tetrarvych.ua; T. gibbosus; T. latus; T. major; T. minvmus, 95; T. pilosus, 94; T. telarius, 24, 94 (fig.), 95; T. tenuipes; T. ulmi, 95. Tetti gonio viridis, 739. Tliaìcssa lunator, 523 (fig.). Thamnotrizon chabrieri, 480 (fig.). Thaumatoxenidar, 202. Thecarthra semaphora, 21 (fig.). Thereva, 733. Theridion, 116; T. polleria, 119 (fig.). Theriamoptea, 67. Thomisus cambridgi, 126 (fig.). Thripidae, 193, 204. Thrips, 239. Thymala briichias, 405 (fig.). Thymnidae, 538. Thyridopteryx (o Thirid.), 343; T. ephemeraeformìe, 285 (fig.), 344 (fig.). Thyaanoptera, 202, 204. Thysamira, 192, 198, 199, 202, 204; T. ectotropha; T. entotropha, 202. « Ticopartenogesi )> (o « Tichoparlen.), 357, 451. « Tick fever », 90. Tilua, 393. Timarcha; T. brachydera; T. elliptica, 739; T. pime- lioides, 738 (fig.); T. tenebricosa; T. violaceonigra, 739. Tìnta, 507: T. biseliella, 240; 692; T. harisella, 251, 252 (fig.). T'umilili, 193; Timidi, 177. Tingidae, 193. Tinaia, 401. Tùmidi, J77. Tipula, 416, 502, 665; T. flavicans, 259 (fig.); T. infuocata, 339 (fig.); T. oleracea, 513, 667 (fig.) Tipulidae, 194; Tipulidi, 169, 173 Tiroglifidi, 55. « Tirosinasi », 700. Tisanotteri, 176, 1 SO, 181, 193. Tisanuri, 176, 181, 192, 203, 434. « tisanuriformi » (larve), 221. Tìtanophasma fayoli, 158. Tortrici, 251; Tortricidae, 193; Tortricidi, 177. Tortrix viridana, 252 (fig.), 719. « Touille-Canards », 74 (fig.). Trachusa, 562; T. serratulae, 562. Trackyrmyrmex septentrionalis, 863 (fig.). ■• Trasformazioni », 267. Tremex columba, 273 (fig.). l'inhacis remulus, 223 (fig.). Trichiosoma, 739, 740; T. sorbi, 738. Trichina, 393. Trichodactylus, 58. Tniliodectidae, 192, 204. Trichodea, 739; T. amnioa, 761. Trichoptem, 193, 199; 203, 205. Trichotaraua, 58, 69; T. xylocopae, 58, 60 (fig.). Tricomi, 33. Tricorythiw allectiis, 511 (fig.). Tricotteri, 193, 201, 203. Tridattilidi, 175. Tri fui ni ni, 458. Trigona, 823, 824, 825; T. cupira, 824. T. nifi :rua, 824. Trigonalidi, 177. Ti igonaspis megaptera, 364 (fig.); T. renum, 364 (fig.). Triphlepa insidiosus, 209 (fig.). Triphillua ìniri. 177 (fig.). Triplosoba pulchella, 161 (fig.). Tripoxylini, 565. ■ Tristeza », 90. Tritaena tricuspidata, 110, 126. « Triungulino-i », 220, 242, 271, 282 (fig.). Trixion, 688, 689, 691, 699. Trochilivm api/orme, 711 (fig.); T. crabroniformc T. pimplaeforme, 711. Trochobola, 502. Trofooiti », 298. Trogulidae, 100. Trogulua, 101; T. tricarinatus, 100 (fig.). Trombidium, 18, 19, 20, 26, 97; larve 20, 22, 23, 26 (fig.). T. tinctorium, 97. Trii/nii nìiim, 602. « Tropismi », 726. Trox; T. sabuloms, 733. Trydactylidae, 204. Trypanoaoma gambiense, 87. Trypoxylinae, ."i.'is, 542. Trypoxylon, 542, "i44, .365; T. figulus, 552; T. Irtijìdtnit, 544; T. fugax, 553; 2\ rejector, 565 (fig.). « Tubercoli » (vedi: « Galle », 523. Tubuli/era, 193, 202, 204; Tubuliferi, 176, 193, 524. Tubuliflore, 458. Tussilago, 458. Tydaeus, 94: 2\ folìonim, 94 (fig.). Tyramnus, 80. V i/r/domi/ri.i /nrmicarum, 864 (fig.). Tyroglyphua, 56; T. krameri, 58, 60; 21. longior, 56, 59 (fig.), 61 (fig.); T. mycopìiagus, 58, 50; 2\ Siro, 56, 57, 56 (fig.). Vloborus, 115. Ulmus, 459, 460; £7. americana; U. campestris, 460! C/. effusa, 459; f7. montone, 460. Ulonata, 198. Unogata, 198. « unisessuali », 371. INDICE DEI NOMI SISTEMATICI, BIOLOGICI, ECOLOGICI, ECC. 955 « Unità biotica »; anasomatiea, somatica, 708. Uova-o, Rinculate, 208; U. di Formica », 233; d'in- vern , 366, 447, 457; durevole; fecondato; non fecondato, 457; opercolate, 208; partenogenetico, 457. Urania craesus, 405 (fig.). Uranidina, 700. Uraniide, 193. Uropoda, 16 (fig.), 73. Uropodidi, ninfe peduncolate, 74 (fig.). Uroseitts, 73. Valvola arcnifera, 249. « Vancoho », 108. Vanessa, 407, 475, 657; T*. antigone, 442; V. an- tiopa, 442, 466 (fig.); V. arlrmis, 442; V. atalanta, 442, 443, 466 (fig.); V. C-album, 406 (fig.), 665; V. cardui, 449, 442, 466 (fig.); V. dixeyi, 442; I". elymi, 442, 466 (fig.); V. epione; V. crythromclas; V . fi-scheri, 442; V. kygiaea; V. klymene, 442, 466 (fig.); V. ichnusa, 442, 443, 574; T*. ichnusoides, 442; 466 (fig.); V. io, 442, 429, 720 (fig.); var. ioides, 429; V. merrifu Idi, 442; V. piato, 177 (fig.); V. polaris, 442; V. polychloros, 429, 442, 720; V. porima, 441, 442; V. prorsa, 442; V. prorsclevann, 441; V. testndo, 442; V. urticae, 310 (fig.); 429, 442, 443, 466 (fig.); 720. 726; V. weismanni; V. wiskotti, 442. « Variabilità », 431. u Variazioni » individuali, 422, 423; in rapporto ai sessi, 424. « Varietà », .420, 463, 468; individuali, 464; locali, 468, 472. « Vendangeur », 99. « Verme -i delle case », 752; «a coda di topo », 236; « dragoni », « processionarii, militari », 572; rinario », 8; « topi », 673. Vespa, 258 (fig.), 360, 649 (fig.), S07 (fig.), 811 (fig.), 813, 817, 818, 819; V. crabro, 711 (fig.), 809 (tip.), sii (fig.), 815 (fig.), 818 (figg.); V. crabro- niformis, S18; V. germanica, 665; 812 (fig.), 815, 819: V. media, 819; V. orientalis, S18; V. rufa, 819; V. sylvestris, 815, 819 (fig.); V. ve- lutino, SIS; V. vulgaris, 815. « Vespaio-i », 812, 813; definiti, 813; indefiniti, 813. Vespe sociali, 806, Vesperus, 407; V. Vespidae, 194. Viburnutn, 458. Vieia, 458. « vii Liinopara-e » (forma-e). 452, 454, 457. « Visione a mosaico », 605. Vitis, 460. « Viviparità », 504, 507: polipodogena, 507. Volo, 632; « a drago », 657; « di sostegno », 657 «nu- ziale », 495. Volucclla, 292 (fig.), 306; V. inanis, 711 (fig.). Volvaria euriza, ss.".. Volvox, 799. 807. luridus, 398, 396 (fig.). W « Wand Luis », 84. W asmanniella, 416. Wheeleriella, 855; W. « Weissen Ameiscn », « White Ants », p. 865. santschi, 855. 865. « Xehobiosi », 853, 854. Xenoneura antiquorum, 158. Xenos, 285; X. pallidus, 414 (fig.); X. vesparum, 354 (fig.), 355. Xiphidion (o Xiphidium) dorsale, 742; X. ensife- rwm, 274 (fig.); 275, 277 (fig.); X. fuscum, 491 (fig.). Xylaria nigripes, S85. Xyletinus serricornis, 239 (fig.). Xylocopa, 55, 60, 69, 552, 559; X. violacea, 58; 613 (fig.), 552, 559. « Xvlophyton », 732, 733 (fig.). Xyloriza venosa, 234 (fig.). Xylosteum, 459, 460. Xylotrupes gideon, 222 (fig.); 471; Tav. III. Xysmatodonta melanella, 426. Yucca, 526 (fig.). Zabrus, 384. Zaitha, 277. « Zampe false » e « zampe vere », 231 (fig.), 232 (fig.) Zanzara-e, 340 (fig.), 417 (fig.), 498, 499 (fig.). Zaraea, 358. « Zecca-he », 20, 22, 23, 77, 78, 79, 80, 81; dei Colombi, 83. Zegris, 508. Zephyrus betulae, Tav. V, figg. 7, 8. Zelhus, 565. Zi tini idi, 177. Zilla, 542. Zigotteri, 170, 181. Zoepodi, 199. « Zona argentata », 676. Zonabris (Mi/labris), 739. Zonitis, 739. Zygaena (Anlhocoera) trifola, 397, 500 (fig.). Zygaenidae, 193. Zygt ulama, 202. Zygoptera, 204. SUPPLEMENTO ALLA BIBLIOGRAFIA DEI SINGOLI CAPITOLI Aggiungo qui la citazione di altri lavori relativi alla Biologia degli Insetti, precedentemente sfuggiti, oppure comparsi dopo la pubblicazione della Bibliografìa dei cingoli capitoli, fino alla Une dell'anno 1923. Capitolo II. — Bibliografia intorno alla Antichità degli Insetti (vedi pag. 182). Brues C. T., Ancient inseets; fossils in Aniber and other deposits (The scientifìc Monthly; Lancaster; Pa. XVII; pp. 289-304; 1923). Cameron A. E., Fossil inseets, with special reterence to those of the tertiary lake deposits of the Si milkameen Valley, B. C. (Proceed. British Columbia Entomol. Society; Victoria, n. 10; pp. 21-29; 1918). Cockerell T. D. A., A fossil Honey-Bee (The Entomologist, pag. 227-229; London, 1917). A fossil tsetse fly and other Diptera from fiorissant, Colorado (Proceed., Biolog Society of Wa- shington, XXX, pp. 19-23; 1917). Descriptions of fossil inseets (2 new) (Ibidem, XXX; pp. 79-82; 1917). New tertiary inseets. 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Le età giovanili degli Insetti; — l Cip. VI. L'individuo □ . per la propria vazione: — (.5) Cap. VII. Le Società. Aaron S. I. - (Ad). 58? ne A. .! r . 587 Acqua C. - (I . Adensamer. vedi: Sehasel. Adler H. - (Ad). 577 Adlerz G.- Agnus 31. - (Ai.;. 1S2. Ainslie C. X. - I . y74. Aiutolo (De) '- 143. Albin E. 140, 117. Albors X. 31. - - Albrecht J. P. ■ Aldovrandu? U. 1S2: .? . 909. Alessandrini G. 28: Aliken J. D. - - >us A - - Alien E. C. - Alien Grant 2 AUen H. A.. - (in''. 182 ATlmann G. - A . 143. Alsari .. . mas 143. Alt - il 7S Alte - 31. - .-: . 1^2. Amans P. Anderez; E.- Anderlini F. - G . 332. André E. - (. Contejean Ch. - (7), 784, 792. Cope E. D. - (S), 897. Coquerel Ch. - (7). 784. Cornelius C. - (S). 902, 918. Cornelsen H. - (G). 960; (7). 771'.. Cornetz V. - (.S), 899, 910. Cosens A. - (7). 796. Costa A. - (.4), 147. Costa O. G. - (.4). 140. Cotton W. C«- (A), 147; (S), 905, Coupin H. (7), 782; (S), 910. Courrier R. - [Ad), 972. 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Lancaster. vedi: Balfour. Landois H. - (.4), 145; ((/), 334. (7), 781; (S), 903. Langer J. - (7), 791. Langhofier A. - (.4), 789. Lankester E. Rav - (.4). 141. 148. Lapouge G. De - (.4?i), 186. Lardner D. - (S), 897. Larue P. - (S), 900. Lataste F. - (S), 914. Latreille P. A. - (.4). 141. 148; (S), 897, 903. 907. 914. Lattei' O. H. - (S), 897. Latzel R. - (.4), 150. Latzina F. - (S), 897. Lannoy L. - (7), 785. Laurent Ph. - (Ad), 969. Lauterborn R. - (G), 329. Leaoh W. E. - (.4). 141. Lebedev A. G. - (7). 790. Lócaillon A. - (Ad), 586. 971: (G), 329: (7), 778, 780. Leeoq H. - (7), 789. Lefébure J. B. - (S), 907. Lefeuvre C. H. - (7). 780. Léger L. et Duboscq O. - (7), 787. Lehr R. - (7). 778. Leidy J. - (S), 900. Lemoine F. - (S). 914. Lemoine V. - (Ad), 582. Lendelfeld D. (von) - (7), 781. Lenz F. - (G), 961. Léonard P. - (S). 914. Leonardi G. - (4), 145; (Ad), 582. Lepeletier de Saint Fargean - (Ad), 589. Leriche J. B. - (S). 907. Lesley J. P. - (An), 186. Lesne P. - (G). 329. Lespès Ch. - (S), 914. 920. Lessona M. - (7). 794. Leuekart R. - (^1). 142. 143: (Ad), 586, 971; (O). 329. 905: (S), 907. Levade - (S), 903. Levrat D.. vedi: Conte A. Liais - (7). 781. Liehtensteiii J. - (Ad), 582; (G), 331. Liebe O. - (7). 785. Lienhart R. - (7). 976. Lie Pettersen O. J. - (7). 907. Light S. F. - (S). 920. Lignieres J. - (G). 962. Linden M. (von) - (.4-7). 582; (G). 334: (7). 773. 7s7. Linder C. - (S). 914. Lindner E. - (Ad), 969. Lindner H. (von) - (7), 787. Linné - (.4), 141. Linston V. (von) - (.4i. 908. Schoenichen W. ■ (S), 9ol: (7). 908, 975. Scholz E. J. - (S), 898. Schòngast C. A. - (.4). 148. Schoy C. - (S), 908. Schoyen W. il. - (G), 962. Schrader et Sturtevant - (Ad), 967. Sehrank F. von P. - (A), 142. Schreiner J. - (G), 331. Schròder C. - (Ad). 5S4. Schroeter J. S. - (S). 901. Sehrottky C. - (S), 970. Schubaert - (.4). 143. Schultz O. • (.4./). 584; (S), 901. Schultz V. e;. M. - (/). 776. Schnltze M. - (/), T'.iT . Schulz W. A. - {Ad), 073: (S), 904, 908. Schulze P. - (7). 791. Schumacher M. F. R. ■ (Ad), 973. Schuster W. - (/). 779. Schùtz; vedi: Kossel H. Schwiago P. - (7), 790. Scopoli J. A. - (.4), 142. Scott A. - (.4''). 589 Scott H. - (6'). 9iìl. Scoutetten - (.4). 151. Scriba I.; vedi: Miyache H. Scudder S. H.- (Ad). 584: {An), 1ST. L88; (S), 921. Seamnn - (7). 783. Sebastianv - (-4). 151. Sedlaczek' W. • (.4.7). 584. Seillière G. - (7), 787. Sellane E. H. - (.4»), 188. Selys Longchamps E. (de) - (7). "790. Semi.hon L. - (G), 965; (/), 788, 790, 791. Sendel Nathaniel - (.4»). 188. Serres M. (de) - {An), 188. Seurat L. G. - (G), 965. Severin Harrv C; vedi: Severin Harry H. Severin Harrv H. et Severin Harry C. ■ (I).' 796. Shannon R. C. • (.4c/), 969. Sharp D. - (7). 7S5. vedi: Haviland. Shelford V. E. - (Ad). 970; (7), 70 1. Shimer - (.4 125 - BankTvall Blackwall 144, linea 36 - Canestrini R. Canestrini G. 150, > 39 - Mainert Z. Mainert F. 192, » 41 • Amphibiotila Amphibiotica 193, i 24 - Rediviidae Reduviidae • » quartultima - Zigeriidae Zigaenidae 204, » 1 - paleologici paleontologici 209, spiegaz. fìg. 188 - Eurytana Eurytoma ■ * » » - Endrias Eudri/as 217, linea 31 - Automyia Anthomyia 255, spiegaz. fìg. 254 - Grand, natur. -/a della grand, natur. 268, linea 28 - (fìg. 27) (fìg. 271) 282, » 9 - Mantispe Manti8pa 288, Non vedete voi che noi siam vermi Non v'accorgete voi che noi siam vermi 329, linea 39 - encéphales eucéphales 330, » 42 - Chobaut Chabaud 333, • 57 - Janet E. Janet Ch. 334, • quintultima - Weinlaud Weinland 351, ■ 13 - Androneia A ndronela > » 14 - Ginoneia Ginoneia 1 i 15 - ^nfineia Ait/ìneìa 1 i 6 ed altre - Neotemia; AI>RES1A Neotenla; Adresìa 358, » 21 - polyphaemus poìyphemus 362, • 8 - (Cinipedi) (Cinipidi) 364, spieg. fìg. 377 - magaptera viegaptera » linea 49 - apporre opporre 369. spiegaz. fìg. 379, linea 6 - unita unica 370, linee 6, 7 - pel medesimo per analogo > linea 35 - omonimi omonomi > » 40 - istomi istoni 371, - 22 - alternate alternante 372, ■ 16 - e sessuale o sessuale 372, > penultima * della Poliembrionla discor- della Poliembrionla discorrerò a proposito della rerò a proposito delle uova ed ovoposi- fagia zione 3S0, » 13 - passivamente attivamente D i terzultima - al sicuro e al sicuro o 382, » 37 • subito sul'ito 385. ultima • (fìg. 390) togliere: (fìg. 390) 398, » 12 - silvestris silvestri i 402, * 4 - Pyìomorpha Phyllomorpha 403, spiegaz. fìg. 406 - Broeus Boreus > linea quartultima - N emura Neìnoptera 407, spiegaz. fìg. 415 - haemipterus In mipterus 408, linea 10 - haemipterus hemipterus 425, spiegaz. fìg. 453 - Metapodouluo Metapodontus 458. tabella - tvonymis evonyiuì 459, a - umbellatorum utitbellatarum 460, linea 23 - abieticoìeus abìetirolcfts 470, ■ 15 - per pur ■ ■ 40 - L. corydon Zi. arragonensis ■ i ■ - L. arragonensis L. corydon 994) Elido- 992 ERBATA-CCRRIGE DEL VOLUME li Pag. 491, spiegaz. fig. 491 - Spermatophv » » » » 496 - Deciius < 499, . » 512 - Emiteri » 506, linea 35 - Omìtomyia • 50S, » 43 - qualche giorno » 515, » IH ■ fig. 501 « 538, spiegaz. fig. 592 - (Authoforini) » 539, linea 6 • Anthopora » 550, spiegaz. fig. (101 - Ctenizia • 557, » » 610 - quadricìncus ■ » linea quintultima - Feston » 578. » 3 - Basset » 587, » 50 - Bernnard • 616, ■ 34 - ragione » 622, » 19 - perdono . 623, » 15 - Phynchite » i, . 44 - ereditariamente 624, . 44 - hominis » 627, » penultima - Bombi* » 635, spiegaz. fig. 649 - CdUi morpha ■ 653. linea 41 - il volo deglo » 671, » 32 - Erystalis » 691, . 25 - Phychoptera » 69 7. » 31 - Chretra » 717, » prima - Neceomimismo > 723, » 22 - ambiente » 725, » 12 - Telea » 732. » 21 ■ Pomi ci in » 739, » 42 - brachìdera » 787 • Bernhard . 791, ,. Borget » 855, spiegaz. fig. 833 - Tetramoriuns ■ 881, ■ » 8 75 - Odolermes . 894, < « 894 - (1S7) • S97, linea 49 - Jheriug R. Spermatophylax Deetìcus Emittori Ornithomyia qualche sera fig. ó»4 (Autoforini) Anihophora l 'Ini i:n quadricìndus Ferton Bassett Bernard reazione perdano Nhynchites ereditariamente homini Bombyx Culi ì morpha il volo Eri-itali* Phtychoptera Corethra Necromimismo nell'ambiente Teleas Pannelli! brachiitìirit Bernard Borgert Tctruiiioriuiii Hodotermes (17M) Jheriug H Nota. — La, affermazione che si debbano al Redi la scoperta e le osservazioni intorno all'Acaro della Scabbia, nonché le due lettere da Livorno, V una (18 luglio 1867) a firma Giancosimo Bonomo (che vi fa da prestanome), indirizzata al Redi e Feltra del 15 gennaio 1 7 10, al Vallisnieri, firmata: Diacinto Cestoni non è dimostrabile categoricamente, per quanto, da scritti del tempo o di poco posteriori, nonché da lettere al Cestoni (Vedi, ad es.: in « Opere di Francesco Redi »; Napoli; A. Carfora, 1741, T. I. pag. 156, linea 24, dove, dal Vallisnieri è attribuita la lettera firmata G. Bonomo, al Sig. Redi ed al Sig. Diacinto Cestoni; T. II, p. 144, lettera del Redi al Cestoni, datata Firenze, 5 luglio 1687, dove il Redi afferma di aver accomodato con galanteria, per la stampa, lo scritto del Cestoni ed «aggiustato molte notizie») appaia la rilevantissima parte che il Redi ebbe, almeno, nella compilazione della suddetta prima notizia pub- blicata (18 luglio 1687). 11 brano del presente volume a pag. 42, da linea 17 a linea 36, va, dunque, emendato così (linea 17); « Ma è, alla scuola del Redi che spetta veramente il merito di aver attribuito speziale » (linea 29). (linea 30) « Nella lettera in data 15 gennaio 1710 ad Antonio Vallisnieri, il dotto speziale-naturalista Cestoni Diacinto di Livorno si confessa autore della lettera precedente, indirizzata al Redi e firmata Giancosimo Bonomo, nella quale è illustrato, anche con buone figure, l'Acaro della scabbia, ne sono indicate e figurate le uova ed il tutto è fatto conoscere benissimo in questo scritto intitolato: Osserva- zioni intorno ai pedicelli del corpo umano (v. Bibliogr., p. 144) ». SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA = Via Ausonio, 22 - MILANO STORIA UNIVERSALE LO SVILUPPO DELL'UMANITÀ SOTTO L'ASPETTO POLITICO, SOCIALE E INTELLETTUALE A CURA DEL Prof. Don. J. von PFLUGK-HARTTUNG COL CONCORSO DI EMINENTI COLLABORATORI SOMMARIO DEI VOLUMI I, L'EVO ANTICO J, Walther. — La preistoria della terra. E. Haeckel. — Storia dell'evoluzione dell'uomo. F. v. Luschan. — Razze e popoli. M- Hoernes. — i primordi dell'incivilimento umano. J. Beloch. — I Greci sino ad Alessandro il Grande. K. J. Neumann. — Storia degli stati ellenistici e della re- pubblica romana. R. v. Poehlmann. — L'epoca imperiale romana e la fine del mordo antico. IL — IL MEDIO EVO. J- G. W Le invasioni barbariche il v. Pflugk-Harttung regno dei Franchi. Kaufmann. — L'impero e il papato sino alla fine del XIII secolo. Friedensburg. — La fine del medio evo. A. Brùckner. — Ingresso degli Slavi nella storia universale. Ili L'ORIENTE C. Bezold. — La cultura dell'antico Oriente. C. Brockelmann. — L'Islam dai suoi primordi ai nostri giorni. R. Stube. — 11 regno degli indo-germani in Asia e i popoli dell'Asia centrale. A. Conrady. — La Cina. O. Nachod. — li Giappone. IV. - STORMI MODERNA L'cpwa religiosa 1500-1650. J. v. Pflugk-Harttling. — Storia delle scoperte e delle colonie. K. Brandi. — Il Rinascimento. Th Brieger. — La Riforma. H. v. Zwiedineck - SUdenhorst. - La controriforma in Germania. « M. Philippson. — La controriforma nell'Europa meridionale e occidentale. V. - STORIA MODERNA L epoca politica 1650- 1815 A. Bruììckner. — I popoli slavi. M. Philippson. — L'epoca di Luigi XIV. W. Oncken e E, Hevck. — L epoca di Federico il Grande. J. V Pflugk-Harttung. — Rivoluzione ed impero. VI. - STORIA MODERNA L' epoca nazionale e sociale 1&I5 1908. P. Darmstaedter. — Gli Stali Uniti d'America. K. Haebler. — L'America centrale e meridionale. H. Ulmann. — L'Europa all'epoca della reazione. K. Th. v. Heigel e W. Hausenstein. — L'epoca della unificazione nazionale. E. Brandenburg. — Origine di un sistema degli stati mondiali. K. Lamprecht. — L'espansione europea. CONDIZIONI DI ABBONAMENTO L'opera consterà di sei volumi in-4 di circa 600 pagine cadauno, ricchi di oltre 3000 illustrazioni intercalate nel testo, tavole nere e a colori che riproducono i quadri più celebri, edifici e monumenti artistici, incisioni, monete, medaglie, facsi.niii ed altri documenti, frutto di minuziose ricerche in musei, monasteri, biblioteche, archivi pubblici e privati, I volumi cono corredati di numerose carte geografiche espressamente eseguite. L'opera si pubblica a fascicoli — Le tavole ad un colore saranno conteggiate per otto pagine, quelle a più colori per sedici. Voi. II. Fase. 28-29. Q/liinirntn del IO */• «iti preffO favate spese .• (D«ci»i»nf dell'Alme. Tip. Libi, italiana 28 M L. 2.— M 5-21. Prof. Dott. ANTONIO BERLESB Direttore della B, Stazione ili entomologia agraria di Firenze GLI INSETTI loro organizzazione, sviluppo, abitudini e rapporti coli' uomo VOLUME SECONDO Vita e Costumi con particolare riguardo agl'insetti praticamente interessanti o o Si a o " 3 •- C > ai 5 -ce •--. a O = ? s T3 O oj a. Società Editrice Libraria MILANO Via ausonio 22 Gali De-Cristoforis. 54-55 1921 Casa Editrice Librarla ULRICO HOEPLI MILANO (4) ■3 Ci« particolare riguardo agl'insetti praticamente intere«aaatf * 2 Si ■1 =3-1 ■a o » ? S 2 o — a. . o £ =b 3 o-5 e *• 3 * aj «a 3 s s - — - a — ■e * 4 £ £ I ■SS > a 2 .— — - _3 2 * e o « « e o a Q Società Editrice Libraria § e * * MILANO (16) - VIA AUSONIO, 22 * 4 1922 SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA - Via Ausonio, 22 - MILANO MAURIZIO HOERNES Professore di Archeologia nell'Università di Vienna L'UOMO STORIA NATURALE E PREISTORIA Versione italiana del Dott. VELH) ZANOLLI Libero docente di Antropologia nella R Università di Padova DIRETTA DAL Prof. ENRICO TEDESCHI Ordinario di Antn.pologia nella R. Università d' Padova Nel ritmo vibrante e molteplice della civiltà moderna, l'uomo che, colla forza del pensiero in- stancabilmente operoso, ha saputo sprigionare ed utilizzare dalla terra, dall'aria, dalle acque energie- terribili e meravigliose; l'uomo che ha saputo im- primere al progresso un'andatura serrata verso la perfezione, sente, nei brevi istanti di trégua con- cessa al lavoro febbrile, il desiderio ed il bisogno di volgere la mente riposata al passato, per conoscere come hanno vissuto, come hanno operato i suoi pro- genitori. Eterno viandante che ascende faticosa- mente i fianchi tormentati della montagna (splende sulla vetta il sole radioso della felicità), l'uomo tratto tratto si volge a misurare col guardo la lun- ghezza del cammino percorso, a scrutare le nebbie del piano, a dar cuore colla voce ai fratelli che si affannano ancora giù tra le ultime rupi. Colla vi- sione chiara ormai della meta a cui deve giungere, egli vuol conoscere il punto dal quale è partito e le sue mani frugano avide fa le rovine che il tempo ed il fato hanno accumulate sulle città antiche, sco- perchiano i sepolcreti delle antichi stirpi, mentre le orecchie ascoltano attente le leggende ed i canti che l'onda incalzante dei secoli ha gettate alle sue prode, avanzi del vasto naufragio di infinite gene- razioni. Ma questi canti, queste leggende e lo stu- dio stesso degli antichissimi idiomi intorno ai quali valanghe di libri si sono accumulate negli scaffali delle biblioteche del mondo civile, non possono darci tranquillanti certezze. Né la Bibbia, né le tradizioni tramandateci dalle letterature classiche, né tanto meno gli idiomi nei quali si volle ricercare il segno certo delle prime metcolanze, dei primissimi costumi, mettono luce limpida fra le tenebre fitte della preistoria umana. Sicché lo studio negli ultimi decenni, si è rivolto ai documenti materiali delle antiche civiltà, e, ri- mandando a tempi più maturi la fissazioni delle leggi che stringono in un solo tutto ralzza, civiltà e linguaggio ha adottato il metodo induttivo-positivo proprio delle scienze naturali. La maggiore razio- nalità del sistema ed il mirabile fervore dei dotti nelle nuovissime ricerche hanno condotto finalmente a risultati notevoli sia per copia, che per rigore s:ientifico. Poco si conosce ancora in Italia di questo in- tenso lavoro compiuto con metodo rinnovellato nel campo della scienza delle origini, ed opportuna quindi ed utile ad ogni categoria di persone colte ci sembra ia traduzione dell'opera del prof. Mau- rizio Hoernes illustre e profondo archeologo del- l'Università di Vienna. Nei due volumi della « Storia naturale e prei- storia dell'Uomo » sono raccolti ed esposti con sin- tési ordinata, armonica e comprensiva tutti i risul- tati delle moderne ricerche, fatte con metodo diretto nel campo fisico, psicologico e storico del genere umano. La frase facile ed elegante dello scienzato te- desco suscita la vita nel regno delle morte cose; per essa i frammenti delle ossa, delle armi, degli utensili, narrano con un loro linguaggio di sugge- stione e ad un tempo di scienza, le ferocie, gli ef- fetti, le industrie e le arti, i costumi delle genti tra- volte ormai nel gran turbine del tempo; per essa infine si sollevano dalle profonde tenebre del Qua- ternario la figura ancora incerta del vaticinato uomo scimmia, e quella oramai precisa dell'uomo fossile. SOMMARIO DELL' OPERA Introduzione Storica. — Sviluppo e concetto dell'antropologia fisica. - Descrizione. — Nozioni di antropologia fisica che si riferiscono particolarmente all'origine ed all'evoluzione umana. — Comparazione. - L'uomo ed il regno animale. - Posto dell'uomo nella natura. — Origine. -Forme - stipiti, età e patria dell umanità. — Periodo medio dello sviluppo. - V uomo nel quaternario. — Periodo recente. - Il periodo geologico attuale. — Introduzione Sto- rica. - Evoluzione dell'archeologia preistorica e dell'etnologia dei popoli naturali. — Le basi fondamentali della ci- viltà. - La civiltà come mezzo e fine. Disuguaglianza e sue cause. I bisogni nutritivi. - Le forme di coltura, loro importanza, loro significato. — Il bisogno di riposo e di sicurezza. — Le industrie. — La vita consociata. — Mezzi di comunicazione e di rappresentazione. — Mezzi di soddisfazione intellettuale. L opera consta di due col. in-Jc di compiess. pagine 127.0 illustrale da 479 fiyure intercalate e io' tavole. Lire 80.— SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA - Via Ausonio, 22 - MILANO I COSTUMI DEL MONDO ILLUSTRAZIONE POPOLARE delle usanze, dei riti, delle cerimonie di tutti i paesi A CURA 1)1 WALTER HUTCHINSON colla collaborazione degli illustri specialisti Sir Harry Johnston - Sir George Scott - Sir Svkn Hedix - Prof. Baldwin Spencer - Dr. Kramer - W. W. Skeat - T. Athol Joyce - Sir Everard im Thurn - Sir Richard Temple - A C. Addon - C. G. Seligmann - Henri Maitre - Edgar Thurston - Charles Hose ed altri L'opera che presentiamo al pubblico italiano offre alcune particolari caratteristiche che meritano di essere segnalate. Anzitutto quella della assoluta novità: giacche se esistono esposizioni frammentarie delle usanze dei varii popoli, l'argomento vasto e com- plesso degli usi e costumi di tutto il mondo non è stato affrontato prima d'ora, anche per l'e- sauriente motivo che, fino a pochi anni addietro, talune regioni del globo erano rimaste affatto ine- splorate o insufficientemente note riguardo a ciò che costituisce l'oggetto del nostro lavoro. 'L'inte- resse del libro non ha bisogno di essere dimostrato. Si tratta, invero, della descrizione, da parte di scrit- tori competenti e di osservatori diretti, delle parti- colari costumanze che, secondo la mentalità delle varie razze, il grado di civiltà, le influenze naturali ed economiche, l'uomo osserva, nei diversi paesi, in ciascun nucleo sociale, nelle singole tribù, ri- spetto alla nascita, alla fanciullezza, all'adolescenza al matrimonio, alla religione, alla superstizione, alla morte, alla sepoltura, al lutto. Intereresse non solamente di curiosità, ma di ordine anche più ele- vato, poiché se ci alletta il conoscere gli atteggia- menti strani, in confronto alle idee nostre evolute, che assumono i nostri simili meno civili riguardo a fenomeni comuni, quegli stessi atteggiamenti ta- lora ci offrono motivo di meditazione e ci fanno qualche volta rimanere perplessi se tutto nei nostri costumi presenti quei caratteri di superiorità di cui ci vantiamo. L'opera è scritta in forma popolare e costituisce una lettura utile e piacevole per tutti. E agevole comprendere come l'indole del la- voro non si presti a darne un riassunto che ne faccia conoscere il contenuto fuorché nelle sue linee generalissime. Migliaia di usanze delle più singo- lari sfilano davanti a noi: fanciulle racchiuse in una gabbia fino a che non giunga un fidanzato a chie- derle in spose e giovani che attendono dalle tan- ciulle una proposta di matrimonio; giovinette acqui- state dall'uomo che aspira a condurle a nozze, e mariti comprati dalle donne" che anelano ad unirsi con loro; strani modi di trarre gli auspici pel lu- turo matrimonio; solenni festeggiamenti nuziali e semplici unioni senza alcun rito; divorzi accompa- gnati da cerimonie solenni; speciali vincoli famigliali. inimicizie, vendette; abitazioni separate per ciascun sesso; curiose società segrete; donne che lavorano e governano la famiglia mentre i mariti se ne stanno in ozio; stravaganti riti religiosi; sacrifici umani; ce- rimonie propiziatorie: processioni secondo un' pro- tocollo assai complicato; penalità crudelmente raf- finate; incantesimi, magia, stregoneria; cadaveri con- servati in gran pompa; riti funebri complessi e pit- toreschi; custodia delle anime dei defunti; loro tutela contro i cattivi spiriti Splendide e copiose illu- strazioni, tratte da fotografie, rappresentano al vero le costumanze descritte nel testo e permettono al lettore di media coltura di farsi una precisi idea delle condizioni di civiltà dei differenti popoli. L'opera consterà di due volumi in-./ di complessive pagine 1000 circa, stampati su carta patinata ric- camente illustrati da oltre 1000 figure tratte dà fotografie, molte delle quali a pagina intera e da oltre 27 tavole in tricromia. La pubblicazioni sarà fatta a fascicoli di 24 pagine la maggior parte dei quali conterrà una tavola a colori che sarà conteggiata per otto pagine. Prezzo per ogni lascicelo Lire UNA. SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA = Via Ausonio, 22 - MILANO LE MERAVIGLIE DEL MONDO ILLUSTRAZIONE POPOLARE delle più portentose opere della natura e dell'uomo esistenti oggidì a cura degli illustri viaggiatori Sir HARRY JOHNSTON * ALAN H. BURGOYNE - PERCEVAL LANDON - J. THOMSON, ed altri Nel loro mondo ristretto, tutto limitato alle regioni limitrofe del Mediterraneo, gli antichi contavano e vantavano solo sette grandi meraviglie. Ma nel mondo moderno di tanto più ampio dell'antico, e che si è andato distendendo fino agli ultimi confini della terra, comprendendo tutti i paesi e tutti i popoli, quanti prodigi naturali, ignorati e trascurati per l'addietro, sono stati scoperti, quanti portenti artistici sono stati creati, per sostituire quei capolavori distrutti inesorabilmente dalla corsa edace del tempo, e dall'incurante vandalismo degli uomini ! Tutti e cinque i continenti, di cui ora risulta composto, gli portano a gara il loro contributo, concorrendo ad arricchirlo di ogni sorta di meraviglie. L'Asia, l'antica culla del genere umano, contrada misteriosa dalle città interdette ai profani e dalle sommità inaccessibili, è anche il paese favoloso del sogno che innalza al cielo i suoi templi fantastici in cui risplendono i metalli più rari e le gemme più preziose. L'Oceania, è la strana contrada delle estensioni sterminate, in cui si scatenano liberamente i venti, delle caverne di stalattiti meravigliose, e dei geysers zampillanti dal suolo. In Africa, accanto ai vestigi di una civiltà millenaria trionfa quasi dappertutto ancora una na- tura grandiosa e selvaggia, in attesa che l'uomo intraprenda anche colà la sua lotta tradizionale, per sottometterla e addomesticarla. In America, presso alle pampas immense e ondeggianti come il mare, in cui risuona il galoppo delle mandre selvagge, si erge il moderno grattacielo enorme e grottesco, delle grandi città indu- striali e commerciali. La vecchia Europa finalmente, nonostante le sue bellezze naturali, è sopratutto il paese del- l'arte, di cui racchiude i più grandi capolavori, e i più ambiti tesori. Natura ed Arte : queste due fonti inesauribili di meraviglia e di diletto, dispiegheranno di- nanzi agli occhi sorpresi e alla mente attonita del lettore, tutti i loro innumerevoli portenti. Più di mille splendide illustrazioni, riprodotte direttamente da fotografie, raccolte senza badare a spesa, da ogni parte del mondo, e numerose tavole a colori, dipinte espressamente da valente artista, gli permetteranno di compiere un mirabile giro del mondo, al quale avrà forse pensato molte volte come a un sogno irraggiungibile. E questo giro del mondo incantevole e istruttivo a un tempo, ei lo potrà fare giorno per giorno, senza muoversi di casa, nell'ambito pia- cevole della propria famiglia, presso la dolce intimità del domestico focolare. L'opera, scritta da eminenti viaggiatori e condotta sul modello delle due grandiose e ben note pubblicazioni : « Le Razze Umane » e « Gli Animali Viventi », sarà come quelle di grande inte- resse per tutte le persone di media coltura, costituendo un necessario e degno compimento delle medesime. CONDIZIONI D'ASSOCIAZIONE: L'opera consterà dì due volumi in -4 di complessive rooo pagine circa, stampati su carta patinata, riccamente illustrati da oltre rooo figure halle da fotografie, motte delle quali a pagina intera e da oltre 20 tavole in tricromia. La pubblicazione sarà falla a fasi ìcoti di 24. pagine la maggior parie dei quali conterrà una tavola a colori, che sarà conteggiata per otto pagine. Si "pubblicheranno possibilmente due fascicoli al mese. Prezzo di ogni fascicolo Lire UNA. Voi. II. — Fase. 38-41 (pag. 809-848) L. 4.- M 1-23. GLI INSETTI loro organizzazione, sviluppo, abitudini e rapporti coli' uomo Società Editrice Libraria * * MILANO (16) ■ VIA AUSONIO, 22 * £ 1923 2 T3 Prof. Dott. ANTONIO BERLESE Direttore della R. Stazione di entomologia agraria di Firenze o 00 o J3 0 S"3. oo 3 0/ &. o 3 tJ 3 O — So e "o S g 3 3 §! J3 S _ O J3 > 5 VOLUME SECONDO II Vita e Costumi "> §■ con particolare riguardo agl'insetti praticamente interessanti a c ^ 2 - & o n .3 «s ■o 2 .a « > > 5 2 0 a. o- » o £ o :" e <- .§1 o « 03 O o C SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA - Via Ausonio, 22 - MILANO MAURIZIO HOERNES Professore di Archeologia nell'Università di Vienna L'UÒMO STORIA NATURALE E PREISTORIA Versione italiana del Dott. VELIO ZANOLLI Libero docente di Antropologia nella R. Università di Padova DIRF.TTA DAL Prof. ENRICO TEDESCHI Ordinario di Antropologia nella R. Università di Padova Nel ritmo vibrante e molteplice della civiltà moderna, l'uomo che, colla forza del pensiero in- stancabilmente operoso, ha saputo sprigionare ed utilizzare dalla terra, dall'aria, dalle acque energie terribili e meravigliose; l'uomo che ha saputo im- primere al progresso un'andatura serrata verso la perfezione, sente, nei brevi istanti di tregua con- cessa al lavoro febbrile, il desiderio ed il bisogno di volgere la mente riposata al passato, per conoscere come hanno vissuto, come hanno operato i suoi pro- genitori. Eterno viandante che ascende faticosa- mente i fianchi tormentati della montagna (splende sulla vetta il sole radioso della felicitai, l'uomo tratto tratto si volge a misurare col guardo la lun- ghezza del cammino percorso, a scrutare le nebbie del piano, a dar cuore colla voce ai fratelli che m affannano ancora giù tra le ultime rupi. Colla vi- sióne chiara ormai della meta a cui deve giungere, egli vuol conoscere il punto dal quale è partito e le sue mani frugano avide fa le rovine che il tempo ed il fato hanno accumulate sulle città antiche, sco- perchiano i sepolcreti delle antichi stirpi, mentre le orecchie ascoltano attente le leggende ed i canti che l'onda incalzante dei secoli ha gettate alle sue prode, avarizi del vasto naufragio di infinite gene- razioni. Ma questi canti, queste leggende e l,o stu- dio stesso degli antichissimi idiomi intorno ai quali valanghe di libri si sono accumulate negli scaffali delle biblioteche del mondo civile, non possono darci tranquillanti certezze. Né la Bibbia, né le tradizioni tramandateci dalle letterature classiche, né tanto meno gli idiomi nei quali si volle ricercare il segno certo delle prime mescolanze, dei primissimi costumi, mettono luce limpida fra le tenebre fitte della preistoria umana. j Sicché lo studio negli ultimi decenni, si è rivolto ai documenti materiali delle antiche civiltà, e, ri- mandando a tempi più maturi la fissazioni delle leggi che stringono in un solo tutto razza, civiltà e linguaggio ha adottato il metodo induttivo-positivo proprio delle scienze naturali. La maggiore razio- nai.tà del sistema ed il mirabile fervore dei dotti nelle nuovissime ricerche hanno condotto finalmente a risultati notevoli sia per copia, che per rigore srientifico. Poco si conosce ancora in Italia di questo in- tenso lavoro compiuto con metodo rinnovellato nel campo iella scienza delle origini, ed opportuna quindi ed utile ad ogni categoria di persone colte ;i sembra la traduzione dell'opera del prof. Mau- rizio Hoernes illustre e profondo archeologo del- l'Università di Vienna. ' Nei due volumi della s Storia naturale e prsi- storia dell'Uomo « sono raccolti ed esposti con sin- tesi ordinata, armonica e comprensiva tutti i risul- tati delle moderne ricerche, fatte con metodo diretto nel campo fisico, psicologico e storico del genere umano. 5 La frase facile ed elegante dello scienzato te- desco suscita la vua nel regno delle morte cose; per essa i frammenti delle ossa, delle armi, degli utensili, narrano con un loro linguaggio di sugge- stione e ad un tempo di scienza, le ferocie, gli ef- fetti, le industrie e le arti, i costumi delle genti tra- volte ormai nel gran turbine del tempo; per essa infine si sollevano dalle profonde tenebre del Qua- ternario la figura ancora incerta del vaticinato uomo scimmia, e quella oramai precisa dell'uomo fossile. SOMMARIO DELL'OPERA Introduzione storica. — Sviluppo e concetto dzll' antropologia fisica. - Descrizione. — Nozioni di antropologia fisica che si riferiscono particolarmente all'origine ei all'evo! jzione umana. — Comparazione. - L'uomo ed il regno animale. - Posto dell'uomo nella natura. — Origina. -Forme - stipiti, età e patria dellumanità. — Periodo medio dello sviluppo. - L'uomo nel quaternario. — Periodo recente. - Il periodo geologico attuale. — Introduzione sto- rica. - Evoluzione dell'archeologia preistorica e dell'etnologia dei popoli naturali. — Le l->asi fondamentali della ci- viltà. - La civiltà come mezzo e fine. Disuguaglianza e sue c.uisj. 1 bisogni nutritivi. - Le forme di coltura, loro importanza, loro significato. — li bisogno di riioso e di sicr.svzza. — Le industrie. — La vita consociata. — Mezzi di comunicazione e di rappresentazione. — Mezzi di soddisfazione intellettuale. L'opera consta di due col. in-4o di compiesti, pagine VJlO illustrate da 479 figure intercalate e i6 tavole Lire 44 -• SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA ■ Vìa Ausonio, 22 - MILANO LE MERAVIGLIE DEL MONDO ILLUSTRAZIONE POPOLARE delle più portentose opere della natura e dell'uomo esistenti oggidì a cura degli illustri viaggiatori i air HARRY JOHNSTON - ALAN H. BURGOYNE - PERCEVAL LANDON - J. THOMSON, ed altri Nel loro mondo ristretto, tutto limitato alle regioni limìtrofe del Mediterraneo, gli antichi contavano e vantavano solo sette grandi meraviglie. Ma nel mondo moderno di tanto più ampio dell'antico, e che si è andato distendendo fino agli ultimi confini della terra, comprendendo tutti i pa,esi e tutti i popoli, quanti prodigi naturali, ignorati e trascurati per l'addietro, sono stati scoperti, (pianti portenti artistici sono stati creati, per sostituire quei capolavori distrutti inesorabilmente dalla corsa edace del tempo, e dall'incurante vandalismo degli uomini ! Tutti e cinque 1 continenti, di cui ora risulta composto, gli portano a gara il loro contributo, concorrendo ad arricchirlo di ogni sorta di meraviglie. L'Asia, l'antica culla del genere umano, contrada misteriosa dalle città interdette ai profani e dalle sommità inaccessibili, è anche il paese favoloso del sogno che innalza al cielo i suoi templi fantastici in cui risplendono i metalli più rari e le gemme più preziose. L'Oceania, è la strana contrada delle estensioni sterminate, in cui si scatenano liberamente i venti, delle caverne di stalattiti meravigliose, e dei geysers zampillanti dal suolo. In Africa, accanto ai vestigi di una civiltà millenaria trionfa quasi dappertutto ancora una na- tura grandiosa e selvaggia, in attesa che l'uomo intraprenda anche colà la sua lotta tradizionale, per sottometterla e addomesticarla. In America, presso alle pampas immense e ondeggianti come il mare, in cui risuona il galoppo delle mandre selvagge, si erge il moderno grattaculo enorme e grottesco, delle grandi città indu- striali e commerciali. La vecchia Europa finalmente, nonostante le sue bellezze naturali, è sopratutto il paese del- l'aite, di cui racchiude i più grandi capolavori, e i più ambiti tesori. .Natura ed Arte : queste due fonti inesauribili di meraviglia e di diletto, dispiegheranno di- nanzi agli occhi sorpresi e alla mente attonita del lettore, tutti i ioro innumerevoli portenti. Più di mille splendide illustrazioni, riprodotte direttamente da fotografie, raccolte sertza baciare a spesa, da ogni parte del mondo, e numerose tavole a colon, dipinte espressamente da valente artista, gli permetteranno di compiere un mirabile giro del monda, al quale avrà forse pensato molte volte come a un sogno irraggiungibile. E questo giro del mondo incantevole e istruttivo a un tempo, ei lo potrà fare giorno per giorno, senza muoversi di casa, nell'ambito pia- cevole 'l'Ila propria famiglia, presso la dolce intimità del domestico focolare. L'opera, scritta da eminenti viaggiatori e condotta sul modello delle due grandiose e ben note pubblicazioni : « Le Razze Umane » e « Gli Animali Viventi », sarà come quelle di grande inte- resse per tutte le persone di media coltura, costituendo un necessario e degno compimento delle medesime. CONDIZIONI D'ASSOCIAZIONE. L'opera consterà dì due volumi in- idi complessive /uno pagine circa, stampati su carta patinata, riccamente illustrati da olire tooo figure tratte da fotografie, motte delle quali a pagina intera e da oltre so tavole in tricromìa. La p.lbblicazioiie sarà fatta a fascicoli di 2/ pagine la maggior parte dei quali conterrà una tavola a co/ori, che sarà conteggiata per otto pagine. Sì pubblicheranno possibilmente due /'asti, oli al mese . Prezzo di o^ni fascicolo Lire UNA. SOCIETÀ EDITRICE LIBRARIA - Via Ausonio, 22 - MILANO Storia Universale della Letteratura GUSTAVO RARPELES Traduzione con note ed aggiunte del Dott. EUGENIO LEVI Quanto più progredisce la civiltà, tanto più si raffinano i bisogni dell'intelligenza. Uno dei più grandi popoli moderni, e proprio quello maggior- mente compenetrato dalla febbre dell'odierno verti- ginoso progresso, li popolo degli Stati Uniti, doveva, or non è molto, riconoscere, per bocca del suo capo, che le cose, le quali realmente contano nella vita, sono le cose dello spirito. Sebbene le odierne inter- pretazioni materialistiche della storia non vedano più in queste correnti ideali la forza motrice del progresso umano, nessuno però potrebbe negare che di questo progresso esse sieno l'indice costante e luminoso. Fra questi processi d'idee che segnano la superstruttura sociale, la letteratura occupa certo il posto più cospicuo, poiché i poeti non solo hanno l'intuito mirabile del loro tempo, ma meglio degli altri esercitano la loro reazione sugli impulsi della vita ambiente. Le lettere sogliono cosi intrecciare tali e tante attinenze con tutta la cultura dello spi- rito, da diventarne l'espressione più fedele, e in questo senso non aveva torto Voltaire di chiamare i letterati pionieri della civiltà. Quindi una Storia universale della lettera- tura può considerarsi come un processo discorsivo dell'idea umana attraverso al tempo e allo spazio, e non può non richiamare l'attenzione di tutti co- loro che non sanno prescindere nella vita da un certo senso d'indagine intorno a quei grandi problemi, che se talvolta sgomentano la coscienza moderna, Eccone frattanto il prospetto analitico-; VOLUMI PRIMO E SECONDO INTRODUZIONE GENERALE LIBRO I. - L'ORIENTE. Introduzione. La Cina. -11 Giappone. -L'In- dia. - L'Egitto. - La Babilonia e l'Assiria. - Gli Fbrei. -L'Arabia. - La Persia. - La Turchia. - Appendice: I popoli allo stato di natura. LIBRO IL - L'ANTICHITÀ CLASSICA. Introduzione. La Grecia. - Roma. LIBRO III. - IL CRISTIANESIMO. Introduzione. La letteratura del nuovo Testamento. LIBRO IV. - I PAESI NEO-LATINI. Introduzione. - La Francia. - L'Ita- lia. - La Spagna. - Il Portogallo. ne formano pur sempre il decoro più nobile, il sottostrato più eletto. A tale bisogno appunto risponde l'opera di Gustavo Karpeles. Con processo rigorosamente scientifico e con parola nitida e chiara l'illustre critico tedesco viene esaminando lo svolgersi progressivo delle grandi correnti letterarie e indaga con analisi acuta profonda quanto esse offrono e quanto esse attingono a tutti i dominii della civiltà. Applicare oggi anche alle letterature quel me- todo comparato, a cui tante vittorie debbono le scienze glottologiche e le ricerche psichiche, è, si può dire, un'esigenza imperiosa; e a tale studio comparativo quest'opera può servire da guida sicura. Noi la presentiamo ora ai nostri connazionali liberamente svolta e tradotta sebbene conservata nei suoi tratti caratteristici. Per ciò che si riferisce alla .letteratura italiana, essa è rifatta quasi per intero ; e rifatti sono i capitoli che riguardano le giovani letterature contemporanee, le nuove correnti che allacciano il presente all'avvenire, che schiudono allo spirito le terre vergini, gli orizzonti lontani. L'accoglienza lusinghiera che 1' opera ebbe in Germania al suo primo apparire, come, è una prova evidente della sua opportunità e dei pregi intrinseci che l'adornano, ci affida che anche in Italia essa sarà accolta con ugual favore da quanti apprezzano fra noi il culto e l'incremento dei buoni studi. VOLUMI TERZO E QUARTO LIBRO V. - I PAESI D'ORIGINE GERMANICA. Introduzione. L'Inghil- terra (Irlanda, Scozia, America del nord). - I paesi germanici. - I Paesi bassi. - La Finlandia ed Estonia. - La Scandinavia (Da- nimarca, Norvegia, Svezia) LIBRO VI. - I PAESI SLAVI. Introduzione. La Bulgaria. - Gli Slavi del sud. - La Polonia. - I Lituani. - La Russia. - La Russia minore. - La Boemia. - Appendice al Libro II. Gli Epigoni dell'an- tichità classica. - I Neo-Elleni. - I Rumeni. Appendice all'Opera: Ungheria. Fonti e note. - Indice alfabetico dei nomi. L'opera consta di quattro volumi di 2450 pagine di testo in-8 illustrate da 634 figure intercalate nel testo e da 96 tavole staccate in nero ed a colori. Prezzo Lire 08. — Legata in tela all'inglese. Lire 80. — Voi. II. — Fase. 42-61 (pag. i-x e 849 a fine voi. II) L. 20.— M 1-25. Prof. Dott. ANTONIO BERLESE Direttore della R. Stazione di entomologia agraria di Firenze GLI INSETTI loro organizzazione, sviluppo, abitudini e rapporti coli' uomo VOLUME SECONDO Vita e Costumi con particolare riguardo agl'insetti praticamente interessanti Società Editrice Libraria £ * MILANO ■ VIA AUSONIO, 22 £ » 1925