ie ire \ 9 L ì fe "2 IVATO 04 CUPA o Lao dal D das () a 29 DE \ Re: di rene FAUNA UND FLORA DES GOES MONCNEBAPELO UND DER ANGRENZENDEN MEBRES-ABSCHNITTE HERAUSGEGEBEN VON DER ZOOLOGISCHEN STATION ZU NEAPEL. V. MONOGRAPHIE: DIE CHAETOGNATHEN voN DR. BATTISTA GRASSI. ! MIT 13 TAFELN IN LITHOGRAPHIE UND 1 ZINKOGRAPHIE. | LEIPZIG, VERLAG VON WILHELM ENGELMANN. L 1883. DI DR i @ 4 dee: Arie. ecs DOO) FEPFITATAAIAAA AAA AAA AAA AAA e Ù " ìI Ù # TRI i i i ù N R PO e] .l I i (A FAUNA UND FLORA DES GOLFES MONTA csp per ANGRENZENDEN MEERES-ABSCHNITTE HERAUSGRGEBEN ZOOLOGISCHEN STATION ZU NEAPEL. V. MONOGRAPHIE: DIE CHAETOGNATHEN von DR. BATTISTA GRASSI. MIT 13 TAFELN IN LITHOGRAPHIE UND 1 ZINKOGRAPHIE. LEIPZIG, VERLAG VON WILHELM ENGELMANN. 1883. Subscriptionspreis jAhrlich 50 Mark. BEST C6G7/6 Inverf Zoo) I CIETOGNATI. — ANATOMIA E SISTEMATICA CON AGGIUNTE EMBRIOLOGICHE. MEMORIA DEL DOTT. BATTISTA GRASSI. CON 13 TAVOLE LITOGRAFICHE E 1 INCISIONE IN ZINCO. \ AUG22 1994 = LEIPZIG, VERLAG VON WILHELM ENGELMANN. 1883. Ladenpreis 25 Mark. Das Recht der Uebersetzung bleibt vorbehalten. VORWORT DES HERAUSGEBERS. Von den fir das Jahr 1881 angekindigten Monographien sind Band II (Pantopoda) und Band IV (Corallina) erschienen; Band V (Balanoglossus) sollte am Schlusse des Jahres nachfolgen, indessen ist auch bisher noch das Manuscript seitens des Autors nicht eingeliefert worden, sodass einstweilen kein bestimmter Termin fiir die Drucklegung desselben angegeben werden kann. Jedenfalls wird derselbe den Herren Subscribenten firr das Jahr 1881, wenn auch unter einer anderen Bandnummer, nachgeliefert werden. Fir das Jahr 1882 waren bestimmt Band VI (Actinien), Band VII (Ca- prelliden), Band VIII (Cystoseiren) und Band IX (Bangiaceen). Da sich aber bereits im Beginne des Jahres herausstellte, dass Band VI wegen der reichen Aus- stattung mit colorirten Tafeln nicht rechtzeitig fertig werden konnte, so wurde eine neue Monographie, nîimlich die Chaetognathen von Dr. Grassi eingeschoben, welche nun die Bezeichnung Band V erhiilt. Ihr schliessen sich an Band VI, Monographie der Caprelliden, von Dr. PAUL MayER; Band VII, Monografia delle Cystoseire, di RarraeLLo VALIANTE; Band VIII, Die Bangiaceen, von Dr. GorTFRIED BertHoLD; Band IX, Monografia delle Attinie, del Dr. ANGELO ANDRES, parte prima. Es sind hiernach fiir das Jahr 1882 bestimmt: Band V—VIII und Band IX Theil 1; jedoch werden noch in diesem Jahre nur Band V, VI und VII zur Ausgabe gelangen, Band VII und Band IX Theil 1 dagegen erst im Laufe von 1583 erscheinen. VI Vorwort des Herausgebers. Fiir das Jahr 1883 sind, mit ausdricklichem Vorbehalte etwaiger nothge- drungener Aenderungen, bestimmt die zoologischen Arbeiten: Monographie von Dolo/um, von Dr. B. ULJANIN; Monografia delle Attinie, del Dr. A. ANDRES, parte seconda; Monographie der Planarien, von Dr. A. LANG; und die botanischen Arbeiten: Monographie der Rhodomeleen, von Dr. P. FALKENBERG; Monographie der Cryptonemiaceen, von Dr. G. BerTHOLD. Neapel, Zoologische Station. 1. November 1882. Prof. ANTON DOHRN. Offro questo mio lavoro all’ illustre ufficiale della Corona d’ Italia, ing. F. CLERICI da Milano; a cui mi legano molti anni di fraterna amicizia e molti debiti di riconoscenza. s i » LI Ù Ù NC ” Ti n PANI fa i pid IL , NI 1) ® e w WI ‘n è Ù y È y 6 P $ Di î ri Introduzione SISTEMATICA Spadella. Sagitta . COSTUMI E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA . ANATOMIA ED ISTIOLOGIA Integumento in generale . Epidermide delle singole specie . Pimmento Pinne. 4 a Organi della Druso 3 Cellule adesive. Ghiandole Note storiche sull’ na Sistema muscolare . h Musculatura generale primaria » » secondaria . » speciale della testa . Prepuzio. Organo ae c Note storiche . Sistema nervoso . Note storiche . Organi di senso . 3 Prominenze tattili . . Corona cigliata. Occhi. 5 Fossette iii : Fossetta retrocerebrale Note storiche Apparecchio della nutrizione. Note storiche . Organi riproduttivi . } Organi riproduttivi ian Note storiche . E Organi riproduttivi aloni ; NDUERSCORICHES: Sie ce BIBLIOGRAFIA dei Chetognati. UONSIDERAZIONI SCO PORN Comparazioni ‘Conclusione generale . ISTIOLOGIA GENERALE Spiegazione delle tavole Errata-Corrige TWNTErRE ChE ecs 0 eee n eee CRI dirai 6l 82 Sar Sa 0 i » De deo è, << è. = Ma - VI CAIO e "2020 ea eo RA aa e DI TUASi ti; sE VT INTRODUZIONE Ho preso a studiare l'anatomia dei Chetognati, al fine di trovarne, s’egli è possibile, le relazioni con gli altri animali; relazioni in verità affatto manchevoli, nonostante che la lor conoscenza sia invocata con urgenza dai moderni filosofi, che tentano di costituire l’unità del regno animale. Senza torcer l’occhio da questa meta; ben sapendo che certi animali dilucidano, o dimostrano leggi istio- logiche, che in altri mal s’indovinerebbero, non ho trascurato di studiare i Chetognati sotto il rispetto dell'istiologia generale, qualunque volta m’avvenni a fatti che, secondo il mio parere, potessero a questa riuscire di giovamento. Anche alla parte sistematica, compatibilmente con le deboli mie forze, ho prestato solerte cura; imperocchè non ignoro quanto difettino tuttavia le leggi della variabilità della specie e però come possa tornar utile la cono- scenza delle singole specie d’un gruppo, non limitata ai piccoli bisogni del puro sistematico, ma estesa a tutti gli apparati organici, quale si può conseguire soltanto con pazienti ricerche anatomo-embriologiche. Lo studio dei Chetognati mi venne suggerito dall’ eg. prof. Kleinenberg (presso il quale mi recai con un assegno di perfezionamento all’interno liberalmente concessomi dal nostro eccellente Governo); all’eg. Kleinenherg professo impertanto la mia riconoscenza; riconoscenza molto grande, perchè egli ebbe la bontà di aiutarmi, a compire questo lavoro, con preziosissimi consigli. Cominciai nel novembre 1879 e, per quanto me lo permisero le condizioni di salute, ho continuato ad occuparmene, se non esclusivamente, però a gran preferenza per tutto l’anno scolastico 1879-80. Verso il luglio io era riuscito a raccogliere una messe di fatti, che non mi sembrava indegna di veder la luce; ed anzi, per con- siglio del sig. prof. Kleinenberg stesso, stava allestendo una Nota preliminare in argomento, quando uscì fuori Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. | ERE una Monografia del prof. O. Hertwig ('), che tratta ampiamente tanto la sistematica quanto l’ anatomia dei Chetognati. In essa vidi con piacere confermati da tanto bravo osservatore una parte dei fatti ch’ io avea già rilevati; molta parte però egli mi lasciava ancor nuova; ed in alcuni punti io non potea consentir con lui. Il perchè al principio del presente anno scolastico (1880-81) io ripresi l’argomento e presto m’acerebbero tra manoi fatti nuovi e mi confortai ne’ miei dissensi; sicchè in gennaio mi son deciso a riunir questi e quelli in una Nota Prima che feci presentar all'Istituto lombardo di Milano; essa venne letta nell’ adunanza del 24 marzo 1880 e pubblicata nei Rendiconti, pochi giorni appresso. Dopo il gennaio ho continuato sul medesimo argomento ed ho avuto la fortuna di raccogliere non pochi altri fatti; i quali aggiunti ai primi formano un materiale che, se non mi fa velo l'amor proprio, non può stare come complemento semplice della fresca Monografia d’Hertwig, ma val la pena di riordinarlo in una nuova Mono- grafia, in cui si ripeta anche quel che discovrì Hertwig stesso ed altri molti, prima di lui. Una parte però, che quegli svolse alla distesa, verrà da me trattata con molta parsimonia; e questa si è la parte istorica. A chi proprio avesse interesse di conoscerla a fondo, non sarà grave di ricorrere ad Hertwig, o meglio ancora, perchè in queste istorie, per quanto si sacrifichi alla prolissità, si pecca sempre d’insufficienza, non gli sarà grave di cercare le fonti originali, che per fortuna non son molte, nè voluminose. D'altra parte io non vedo quanto e come possa giovare il sapere con molta minutezza l’istoria dei Chetognati, che non è nè più nè meno curiosa di quella della maggior parte degli altri animali; corre, cioè, press’ a poco parallela al perfezionarsi dei metodi d’indagine ed è in relazione con la sagacia degli osservatori, che fecero i Chetognati soggetto dei loro studî. Egli è per queste ragioni che, ripeto, nel presente volume limiterò entro stretti confini le notizie istoriche. Siccome però alla sistematica certe notizie riescono molto utili, così per queste farò eccezione; mi studierò anzi di essere accurato e rimaneggerò quelle che raccolse Heftwig (come si vedrà a luogo convenevole) aggiun- gendo parecchie cose a lui sfuggite. Come in questo, in moltissimi altri punti, nello svolgere la tela del mio lavoro dovrò a lungo discorrere della Monografia d’ Hertwig e stabilirne di frequente un’analisi critica (°). Hertwig tratta anche l’ embriologia; aggiungendo pochissime novità, egli ci dà notizia esatta e ben par- ticolareggiata di quanto prima di lui avean già veduto Gegenbaur, Kowalevsky e Bùtschli; anch'io ho confer- mato tutto quanto hanno asserito questi illustri zoologhi, e ciò su parecchie specie, di cui una (l’Hezaptera) ad essi non aveva mai dato uova. Ma per non ripetere un’altra volta quanto è già notorio, ed anche popolare dopo il trattato di Balfour, io non farò un capitolo speciale intorno a questa embriologia, ma ne accennerò soltanto lo stillato nella parte sistematica; ed alle poche mie osservazioni nuove, o non concordanti con quelle d’Hertwig, mi sforzerò di trovar luogo opportuno nell’ esporre l’ anatomia dei singoli sistemi organici. Quest'anno avrei ben voluto approfondirmi in queste ricerche embriologiche, chè pur troppo l’embriologia dei Chetognati non è conosciuta a sufficienza; sciaguratamente però anch’ io, come chi mi ha preceduto, non (') Senza reclamare alcuna priorità, ma per comprovare l'indipendenza de’ miei studî da quelli d'Hertwig, vo’ notare che il mio progresso in queste ricerche risulta da un certificato rilasciatomi nel luglio 1879-80 dal sig. prof. Kleinenberg e da me a quella stessa epoca inviato al Ministero per il concorso al un posto di perfezionamento per l’anno presente. (*) Per giustificare la pubblicazione di questa mia Monografia quasi contemporanea alla sua, debbo assumermi lo sgradevo- lissimo obbligo di segnare ciò che a lui è sfuggito, ciò ch' egli ha veduto incompletamente ed infine ciò che, s'io non m’inganno, egli ha veduto male (quest'ultime cose sono pochissime). Perchè potrebbe sfuggirmi qualche parola che in certo modo sembrasse poco gentile, o poco rispettosa per Hertwig; così fin d'ora vo notare che il mio sentimento nello scriverle non fu tale e ch'io rispetto molto la sua abilità e la sua laboriosità, virtù che brillano in questo, come in tutti gli altri suoi lavori. Q — dj — son riuscito a conservar le uova in maniera da poterne trarre delle buone sezioni microscopiche; e per giunta, dopo il dicembre non ho potuto avere che pochissime uova, a cagione dello sfavorevole andamento della stagione. Campo de’ miei studî è stato Messina; dove già Krohn, Gegenbaur e Kowalevsky fecero le lor mirabili sco- verte in questo medesimo argomento e dove anche Hertwig, un anno prima di me, venne a far la sua Mono- grafia dei Chetognati. Messina, come è noto a tutti i zoologhi, vanta una fauna marina ricchissima ed anche i Chetognati vi abbondano; anzi in certe giornate sovrabbondano tanto che, in ogni bicchier d’acqua, se ne vedon dozzine; però, come quasi tutti gli animali pelagici, la lor numerosità patisce larghe variazioni nei varî anni, nelle varie epoche dell’anno e perfino nelle varie giornate. Ma sovra questo punto ritornerò in altro luogo. Qui invece voglio soggiungere alcune parole sulla scelta del materiale più opportuno e sui modi di usufruirlo. Per lo studio della struttura cospicua, si presta, in qualunque modo, qualunque specie, l’Heraptera è però migliore d’ogni altra. Si può avanzarsi alcun poco semplicemente con l’osservazione a fresco, corroborata, o no, dall'uso di reattivi (acido osmico allungatissimo, acido acetico ece.). Quest’ osservazione è importantissima, perchè assicura del valore reale dei varî metodi di conservazione, fa lume su parecchi organi che non si conservano in buono stato e finalmente ne mostra altri, che per la lor piccolezza e per la lor peculiare posizione, di leg- x geri sfuggono al nostro occhio, quando l’animale è conservato. Però ben presto intopiccheremmo, senza il sus- sidio delle sezioni e delle dilacerazioni; le dilacerazioni non riescono meno proficue delle sezioni, a cui voglionsi pertanto alternare, al fine di formarci un concetto intero sul l’istiologia dei Chetognati. Buonissimi pezzi per sezioni ottenni coll’acido picrosolforico di Kleinenberg; anzi debbo soggiungere che, senza questo, parecchi fatti, ch'io ritengo importanti, mi sarebbero sfuggiti. È a sapersi che per le specie piccole basta che l'immersione in quest’acido duri un quarto d’ora e che perle specie grosse convien prolungarla d’un’ora e più. Le colorazioni riescon tanto nella tintura d’ematossilina, quanto nel borato, od alluminato di carmino; le sezioni si fanno in paraffina, meglio che in spermaceti. Col metodo di Kleinenberg si conserva stupendamente il sistema nervoso e molto bene tutti gli altri sistemi organici, ad eccezione delle cellule mucipare del prepuzio, che per lo più si alterano alquanto. Esse cellule si possono mantener ottimamente immergendo i Chetognati nell’acido osmico (!/; %/), da cui si trasportano dopo qualche minuto nel carmino di Beale, e di qui nell’alcool prima di 70°, poi di 90°; i pezzi così conservati, già dopo alcuni giorni, diventano fragili e perciò mal si prestano per i tagli. Buoni risultamenti ottenni anche dal liquido di Merkel ed infine dalla miscela d’acido cromico ed acido osmico. Per le macerazioni mi servii dell’alcool al terzo, della glicerina diluita, dell’acido cromico e del bieromato di potassa allungatissimi; ottenni però preparati migliori coi liquidi degli Hertwig (acido acetico 0,2, acido osmico 0,04, acqua di mare gr. 100. Vi si immerge l’animale per alcuni minuti e poi si passa in acqua aci- dulata d’acido acetico al 0,2 °/; da onde, dopo tre ore, si passa in glicerina molto acquosa e debolissimamente fenicata; la colorazione si può fare tanto col carmino di Beale, quanto col borato ed alluminato di carmino). Quest” ultimo metodo è commendabilissimo, sopra tutto perchè salva le più fine diramazioni nervose; però non è scevro d’inconvenienti, inquantochè i preparati di solito si conservano appena per alcuni mesi. Per lo studio dei nervi, torna opportuno il cloruro d’oro; anche qui, come sempre, il cloruro d’oro è, a così dire, capriccioso; la reazione non mi riuscì che adottando quasi scrupolosamente il metodo che siegue. Si taglia un tronco d’Hexaptera in sei, od otto, pezzi trasversali; ognuno di questi si spara longitudinalmente e si distende SI in una soluzione abbondante di cloruro d’oro all’1 °/, lievissimamente acidulata con acido cloridrico, oppure commista ad una minima quantità di cloruro di calcio liquido (0,02 °/o); vi si lascia dentro quarantacinque minuti, nè più nè meno di questo tempo; si lava quindi in acqua debolissimamente acidulata con acido cloridrico ed in molt’acqua del pari acidulata si espone al sole; son necessarie tre-quattro ore perchè avvenga una buona ridu- zione. La quale però mi riuscì tale soltanto d'inverno; d'estate probabilmente per il forte caldo la riduzione è prontissima, ma invece che limitata ai nervi ed ai nuclei resta uniformemente diffusa. Coll’oro si studiano benissimo anche l'epidermide delle pinne, i nuclei musculari ecc. Aggiungo ora alquante cose intorno alla cernitura del materiale. È qui degno di menzione il fatto che in generale i tessuti dei Chetognati sono oggetti poco buoni per ricerche istiologiche, a motivo dell'estrema pic- colezza dei loro elementi; i quali però sono tanto più minuti, quanto minore è il volume delle specie in cui si osservano. È perciò che bisogna preferir sempre l’Hexaptera, non ostante che essa non si presti comodamente per i tagli; in generale si può dire che una sezione d’Hewaptera anche imperfetta è più utile di quanto lo sia una relativamente perfetta di piccola specie. Queste piccole però servono ottimamente per le osservazioni a fresco. Finirò questa introduzione con parole di ringraziamento a mia sorella, Isabella Grassi, che gentilmente mi aiutò ad allestire tre delle tavole, che illustrano questo mio lavoro; ed all’egregio Prof. Dohrn, che generosa- mente mi donò una gran quantità di Chetognati, raccolti nel Golfo di Napoli. PARTE PRIMA FATTI CAPO I. Sistematica. Si contano già parecchi tentativi di sistematica generale; i più notabili sono quelli di Krohn (1854), di Langerhans (1880) e d’Hertwig (1880). Bisogna però confessare che anche questi lasciano molto a desiderare, 0 perchè i loro autori non possedevano sufficienti cognizioni anatomiche sui Chetognati, ovvero perchè non dispone- vano di sufficiente materiale, ovvero infine perchè non compulsavano abbastanza la bibliografia. La speranza di non rompere a questi scogli e la scoperta di tre nuove specie mi danno l’animo di rifare l’opera altrui; dirà il lettore se con miglior fortuna, o no. I Chetognati, come credo di poter dimostrare nel progresso di questo volume, offrono tali e tante diver- genze dagli altri tipi che ci troviamo obbligati a costituirli in tipo a sè;la cui posizione nel sistema naturale per ora non è determinabile, nè con tanta nè con poca probabilità. Vuolsi perciò toglierli dai Vermi tra cui erano iscritti. Conserviamo invece la denominazione di Chetognati (Leuckart); a cui restano sinonimi gli Oesthel- minthes di Gegenbaur e gli Pterhelminthes di Harting. Ecco i caratteri del tipo in discorso ('). Il corpo è lungo e molto sottile: tondeggiante, schiacciato però, più o meno, nel senso dorso-ventrale. Ordinariamente l’animale vivo è trasparente, come cristallo. Sono distinte una superficie dorsale ed una ventrale: all’ estremità anteriore sul lato ventrale trovasi il vestibolo boccale: più o meno al di lè della metà anteriore del corpo (in qualche specie tra la metà anteriore (') Questa diagnosi è alquanto diffusa, affinchè il lettore possa formarsi un concetto complessivo dei sistemi organici degli animali in discorso. Se e la posteriore) apresi l’ano, parimenti sulla superficie ventrale. — Nel corpo dei Chetognati si possono distin- guere tre sezioni, o segmenti, i quali però non hanno valore, nè di metameri, nè di gruppi di metameri. La sezione anteriore (capo) possiede una musculatura speciale ed un prepuzio, racchiude il celoma cefalico ed è percorso dall’intestino anteriore: porta il cervello, i gangli vestibolari ed i periesofagei ed infine va fornito di organi di senso (occhi, papille probabilmente gustatorie, prominenze tattili, corona cigliata, fossette vestibolari, fossetta retrocerebrale). La sezione media costituisce il tronco: porta il ganglio addominale e serra dentro di sè il celoma, l’intestino chilifero e gli ovari. L’ano corrisponde all’ estremità posteriore di questo tronco, che è diviso dalla sezione posteriore, o caudale (coda), per mezzo d’un setto trasversale. La coda contiene gli organi genitali maschili. Dietro al capo talvolta il corpo assottigliasi per poi subito allargarsi: onde l'apparenza di un collo. Questi nomi di capo, collo, tronco e coda tornano comodi nel far le descrizioni e noi li useremo; ten- gasi però a mente che, siecome già fu accennato, non hanno vero valore morfologico e, sono, per così dire, arbitrarî. — Appendici del corpo, 0, se si vuole, arti per sé stessi immobili, sono le pinne, così denominate per la simiglianza con le pinne di altri animali; questa simiglianza è però grossolana perchè, a differenza delle vere pinne, esse non hanno una propria attività locomotoria. Son quasi sempre orizzontali: il loro numero varia: d’ordinario se ne incontrano tre o cinque: una impari, o caudale, all’ estremo posteriore dell’ animale ed una, c due pari (laterali) collocate simmetricamente ai due lati del corpo. — L’epidermide è pavimentosa, semplice o stratificata, senza cuticula e senza vero derma. Le piune sono appunto espansioni epidermoidali rinforzate da materia amorfa solida e da raggi chitinoidi. — La musculatura è striata: si può scompartire in musculatura generale e speciale: quella è suddivisibile in primaria e secondaria. La musculatura generale primaria è estesa in piccola parte alla testa, nel resto al tronco ed alla coda: è ripartita in quattro nastri, due dorsali e due ventrali: spazî mediani assai stretti (linee mediane longitudinali, dorsale e ventrale), spazî laterali assai ampî (aree /aterali) separan lun dall'altro i quattro nastri: che sono a fibre longitudinali. Ciascuno dei due nastri ventrali (in una specie) è ricoverto alla sua faccia profonda da uno straterello di fibre trasversali. I nastri son fatti di lame e lamelle variamente ordinate. La musculatura generale secondaria è molto poco sviluppata sulle linee mediane; lo è di più nelle aree laterali: qui però si trova soltanto in corrispondenza alla parte anteriore del tronco ed alla coda: è sempre longitudinale e possiede una striatura peculiare. La musculatura speciale è propria della testa: è rae- colta in numerosi e complicati muscoli, talor confusi assieme, talor nettamente separati in tutto, od in parte, per involucri anisti e rigidi. In un muscolo (complesso mediano ventrale) sta inniechiato un organo fatto di cellule poligonali piccole, il cui significato mi resta incognito. In intimo rapporto con la musculatura è il prepuzio: involge l'estremità anteriore e la superficie ventrale della testa ed ha filetto dorsale mediano: è fatto di due pagine epiteliali rinforzate da fibre musculari circolari, disposte in una lamina, tra le due pagine epiteliali : al fondo ceco del prepuzio si notan cellule mucipare, simili alle esofagee: dall’orlo libero sporgono papille d’epitelio cilindrico : infine in questo prepuzio riposan gli occhi, parte della corona cigliata e parecchi nervi. — Nel sistema nervoso si trova un ganglio sopraesofageo (cervello) ricoperto dall’epidermide e collocato in corrispondenza al filetto del prepuzio: lunghe commessure lo congiungono ad un ganglio addominale ventrale, ricoperto dall’ epi- dermide e collocato sul tronco più, o meno, discosto dalla metà di sua lunghezza: da questo ganglio addominale partono molti sottili tronchi laterali, due grossi tronchi anteriori fusi insieme con le commessure or ora dette e due grossi tronchi posteriori. Dal ganglio sopraesofageo, oltrechè nervi prepuziali, ottici e coronali (per la corona cigliata) dipartonsi due tronchi anteriori che formano una commissura sottoesofagea: prima di avvicinarsi a formar la commissura, essi presentano un rigonfiamento ganglionare (ganglio vestibolare), d’onde parte un ramo che forma un altro ganglio (ganglio periesofageo). Da questa porzione boccale del sistema nervoso originano tre nervi So Li per l’esofago, di cui due, se non m'inganno, proseguono lunghesso l'intestino. Tutti i nervi, a cui ho potuto tener dietro, finiscono in organi di senso; non ho potuto scovrir nervi o terminazioni nervose muscolari, nonostante delicatissime e pazientissime indagini. Il senso tattile sembra circoscritto a numerosi organi complicati, sopraepi- dermoidali, forniti di peli (prominenze tattili); probabilmente però serve alla medesima funzione una corona cigliata sopradermoidale, la quale è posata sul dorso, precisamente sulla parte posteriore del capo e su quella anteriore del tronco. Nel vestibolo boccale s’ incontrano follicoli, che forse sono destinati all'organo del gusto. Alla faccia dorsale dietro al cervello son collocati due occhi composti, di fabbrica molto complicata e singolarissima. Sono probabilmente organi di senso: 1° una fossetta retrocerebrale sul cui fondo sboccano due ghiandole (?) cla- viformi, comprese nel nevrilemma del cervello; 2° due avvallamenti irregolari (fossette vestibolari) siti nelle parti laterali del vestibolo boccale, uno a destra e l’altro a sinistra. — Con questo vestibolo comincia l'intestino : al vestibolo fa seguito l’esofago e l'intestino chilifero. Il vestibolo è tappezzato di cuticula: va fornito di quattro sorta di organi (denti, uncini, follicoli, fossette) ed è soccorso da numerosi muscoli. L’esofago è fatto: 1° da uno strato di cellule alte, probabilmente mucipare, tra cui stanno delle cellale nervose; e 2° da due strati muscolari (longitudinale e trasversale). L’intestino chilifero consta: 1° di un epitelio semplice, a cellule in parte assorbenti ed in parte ghiandolari, ma tutte vibratili; e 2° di una membrana esterna di fibre muscolari (?) lisce, trasversali, su cui qua e colà si trovan sparsi dei nuclei. Due mesenteri (mediano-longitudinale-dorsale l’uno, mediano-longitudinale-ventrale 1’ altro) attaccano l’ intestino alle linee mediane dorsali e ventrali della parete del corpo. — L’intestino co’ suoi mesenteri forma un setto mediano longitudinale attraverso una cavità deli- mitata dalla parete del corpo, ossia, attraverso il celoma: il quale resta così diviso in due sezioni, comunicanti però l’una coll’altra attraverso lacune dei mesenteri. Esso s’ estende anche al capo dove circonda l’esofago. Nelle aree laterali può esservi un abbozzo di canale (d’organo escretore?): nello spessore del mesenterio dorsale un abbozzo di vaso dorsale; se questi abbozzi sian organi iniziali o regrediti, non lo so. — I Chetognati sono erma- froditi. Nelle parti posteriori e medie del celoma del tronco, lateralmente all’intestino, si estende l’ovario, organo pari: è a foggia cilindrica ed ha un proprio ovispermadotto, che lo attraversa in tutta la sua lunghezza e sbocca per un proprio meato sovra una papilla dorsal-laterale. Vi sono altresì due apparati genitali maschili: i quali stanno nella sezione caudale. Questa ha, giù di lì, la foggia di una guaina di forbici, il cui fondo cieco cor- risponderebbe all’ estremità posteriore del Chetognato. Essa sezione caudale è incavata: la cavità è divisa da quella del tronco per un sepimento trasversale, già dianzi menzionato. Un altro sepimento longitudinale mediano la separa in due cellette uguali: una serve per l’apparato maschile d’un lato, l’altra per quello dell’altro. Ciascun apparato consta delle seguenti parti: 1° il testicolo p. d., solido, cilindrico, collocato nella celletta alla sua parte lateral-anteriore ; 2° una cavità in cui si sviluppano gli spermatozoi ed è quasi tutta la celletta stessa, ovvero soltanto una sua porzione (postero-esterna); 3° il condotto deferente che è didietro del testicolo p. d.; e 4° la vescicola spermatica che forma una sporgenza laterale della sezione caudale, sporgenza collocata tra la pinna media e la caudale: la vescicola spermatica communica direttamente coll’ ambiente esterno a mezzo di un foro. Lo sviluppo accade senza alcun stadio larvale e si può riassumere nelle infrascritte proposizioni (‘). Formazione di una gastrula per invaginamento, senza che l’ectoderma e l’entoderma siano differenziati nello stadio precedente (blastula): separazione sul fondo della gastrula (porzione aborale dell’ archenteron) di due cellule invaginatesi coll’ entoderma e, com'è verisimilissimo, senza più moltiplicarsi, dopochè è cominciato (') E duopo notare che queste proposizioni devonsi accogliere, in parte almeno. sot(o riseroz: dacchè l' embriologia dei Che- tognati è fin qui stata fatta quasi esclusivamente a fresco e senza l’aiuto dei tagli. = gna l’invaginamento: poco più tardi (2), loro divisione in modo da formare, se non m'inganno, quattro gruppi di pic- colissime cellule: questi sono senza dubbio gli accenni degli organi genitali. Divisione della metà aborale dell’archenteron in tre cavità secondarie, una mediana e due laterali, che si possono considerare come diverticoli della metà adorale dell’archenteron stesso: chiusura del blastoporo: chiusura della metà adorale dell’archenteron. Dalle pareti del diverticolo mediano (un semplice strato cellulare) deriva l'intestino chilifero: vestibolo ed esofago sono verosimilmente introflessioni dell’ectoderma. Dalle pareti dei due diverticoli laterali (formate del pari da un semplice strato di cellule) sorge il mesoderma. Questo mesoderma forma il celoma del tronco. Per strozzamento, da questo mesoderma si separa una gemma, che forma il celoma cefalico. Dal mesoderma probabilmente si svolge il sistema muscolare: quello nervoso e gli organi di senso prendono invece origine dall’ectoderma. Esposte così le più importanti particolarità anatomo-embriologiche degli animali in discorso, tentiamo di classificarli. Già a prima giunta siamo colpiti da una grande rassomiglianza tra le singole specie di Chetognati, vuoi in rispetto all’anatomia, vuoi in rispetto all'embriologia; sicchè presto acquistiamo la persuasione, che non può essere agevole di raccoglierle razionalmente in unità superiori, cioè dire, in generi, o famiglie. Alcuni autori tentarono una distinzione in generi, colla base del numero delle pinne, mettendo in un genere i Chetognati a tre pinne ed in un altro quelli a cinque, lo che a tutta prima pare soddisfi almeno i bisogni del sistematico. Per contro un esame esteso a tutte le specie ed a tutti gli stadî di sviluppo c’insegna che tale criterio è inadequato, anche a questo fine. Ne infrascrivo le ragioni precipue: 1° nella Lyra non si saprebbe deci- dere se le pinne sono tre, o cinque; 2° almeno certe specie escono dall’ uovo, ornate di tre pinne e più tardi ne acquistano due altre; 3° nelle Claparèdì neonate le tre pinne sono fuse in una sola; 4° se ne togliamo una, tutte le specie che, mature, posseggono soltanto tre pinne, vanno fornite di certe espansioni laterali dell’epidermide; le quali si possono ritener formazioni pinnoidi. Per ultimo il carattere di due pinne, in più od in meno, avrebbe valore appena in un sistema onninamente artificiale; poichè egli è, a così esprimerci, isolato e non porta seco altri caratteri momentosi. Di quindi siam costretti ad abbandonare questo criterio. Come, del pari, non possiamo appoggiarne un altro avanzato da Langerhans (vale a dire la semplice, o doppia serie dei denti); perchè in due specie non si saprebbe decidere se v ha una sola serie di denti, ovvero due, come si vedrà meglio qua sotto; e perchè (ciò, che è ben più importante) il numero di queste serie non ha valore morfologico, tanto che con questo criterio si arriverebbe a riunire specie, che per caratteri piuttosto rilevanti sono naturalmente discoste l’una dall’altra. Lasciam dunque da banda denti e pinne. Se esaminiamo le specie de’ Chetognati, nella somma delle loro qualità anatomiché, possiamo ripartirle, senza offender troppo le leggi naturali in due generi: l’uno composto per ora soltanto di tre ‘specie; 1’ altro assai più numeroso. Al primo diamo il nome di Sagitte (usufruendo un nome che fino all'anno scorso serviva per tutti i Chetognati); al secondo riserviamo il nome di Spadella (nome, che i pescatori sogliono usare per dinotare i Chetognati grossi, i quali appunto vengono compresi in questo secondo genere). Queste sono le caratteristiche del genere Sagitta : musculatura trasversale ; cellule adesive sopra-epidermoidali e ghiandole sulle pinne; alcune prominenze tattili sono alquanto infossate. La mancanza di queste disposizioni caratterizza le Spadelle. Discendiamo alle singole specie. Or qui è duopo avvisare che i nostri animali sono delicatissimi e, fre- quenti volte, per quanta cura s’adoperi, si raccolgono spellati e guasti nelle pinne e nei denti; il perchè vuolsi or procedere cautamente nel fondar specie nuove. Egli è per questa considerazione ch'io esito a registrare come varietà, o specie nuove, certi individui che mi si presentarono con epidermide qua e là colorita; attesochè non posso sventare il dubbio che la mancanza di colori, benchè si verifichi in moltissimi individui, pur tuttavia possa dipendere da lesione. Non è forse del tutto vano che richiami l’attenzione del sistematico anche sulla trasparenza dei Chetognati ; la quale varia per i genitali maschili e per l’ovispermadotto colla presenza, od assenza degli spermatozoi; e per l'intestino, collo stato di digiuno, o no dell’ animale. Ciò premesso, la quistione delle specie è piana, almeno per quanto riguarda quelle da me vedute; i carat- teri in generale sono sicuri, cioè costanti; e se si lascian fuori i sessuali, il numero dei denti e quello degli uncini, gli altri caratteri, già ne’ giovani, son segnati così bene che un equivoco mi sembra impossibile. Una volta riuscito a stabilire le specie reperibili a Messina, non ebbi mai più un momento d’esitanza nel fissare una specie di un individuo, ancorchè immaturo e maltrattato. La mia bisogna diventa spinosa, quando tento di riordinare le specie mancanti a Messina, a mezzo delle figure e delle descrizioni forniteci dai vari autori che le scovrirono e le studiarono; queste figure e queste descrizioni per solito sono troppo manchevoli. In alcuni casi mi lusingo d’aver trovato il bandolo della matassa ed ho perciò francamente cancellate alcune specie e costituitene altre. Non mancano però i casi,in cui il dubbio mi parve la conclusione più sensata; il lettore deve perciò permettermi di collocare accanto a molte specie determinate, alcune incerte. Ulteriori ricerche dimostreranno se devonsi tener buone, ovvero radiare. Enumero adesso certi caratteri facili a rilevarsi e sufficienti a diagnosticare una specie: 1° Lunghezza e larghezza del capo; è importante tanto l’assoluta che la relativa; giova ancora la lunghezza e la larghezza relativa delle sezioni del corpo. È Convien tener conto anche della taglia del corpo; per essa (ed è delineata già nei giovani) ad occhio nudo si classificano bene quasi tutte le specie; così, a modo d’esempio, egli è specifico il corpo panciuto dell’Enflata, la sottigliezza di quello della Subtilis ecc. Non posso pretermettere che la lunghezza dei Chetoguati ha quasi sempre valore sufficiente per la determi- nazione d’una specie, quando però vi si combini l’osservazione degli ovari; i quali si allungano via via che l’animale s’appressa alla sua massima lunghezza e, quando la raggiunge, essi contengono uova mature, o quasi. Parlo di ovario e di uova, e non di spermatozoi, di cui per es. può rigurgitare la vescicola spermatica della Serratodentata, ancor piuttosto lontana dalla sua massima lunghezza. 2° Forma, numero, grandezza e posizione delle pinne e delle espansioni laterali epidermoidali. Anche questi caratteri sono preziosi; vo’ però ricordare che una volta m’avvenni in una Serratodentata, le cui pinne medie sembravan doppie, una, cioè, anteriore ed un’altra posteriore (vale a dire a contatto colla porzion ante- riore della vescicola spermatica); l’aver trovato così tanto la pinna destra, quanto la sinistra, mi fece pensare ad una vera anomalia, piuttosto che ad un’alterazione traumatica. Comunque sia, certo è che le anomalie ne’ Chetognati son rarissime evenienze; laddove le alterazioni traumatiche s'incontrano ad ogni pie’ sospinto. 3° Forma, grandezza e posizione degli uncini e dei denti. Anche questi dati sono di molto valore pel sistematico ; invece non convien far a fidanza col numero tanto degli uncini, quanto dei denti, dacchè gli uni e gli altri ne’ giovani sono più scarsi che negli adulti. Ed anche tra gli adulti occorrono differenze: io ne riscontrai ripetutamente perfino tra il lato destro ed il sinistro; notisi però che non è determinabile se, e qual parte, in questi casi debbasi concedere ai traumi. Or scendiamo alla definizione delle singole specie. Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 2 = il — Genere SPPADELLA (') 1. Spadella Hexaptera (D’Orbigny) (V. tav. I, fig. 6). Sinonimi. Sagitta Hexaptera (D’Orb.). — Sagitta Bipuncetata (Krohm). Letteratura. D'Orbigny. 1835-43 (Non è del tutto certo che la specie D’Orbigny sia eguale a quella che qui descrivo). — Krohn. 1844 e 1853. — Gegenbaur. 1856. — Busk. 1856. — Mòohius 1874 (A torto identificò la Bipunctata di Quoy e di Gaimard con quella di Krohn). — Langerhans. 1880. — Hertwig. 1880 (Ne dà una descrizione quasi completa). Descrizione. Lunghezza massima ctm. 6 4. Corpo cilindrico un po’ appiattito nel senso dorso-ventrale: si restringe alquanto dietro al capo: va mano mano ingrossando, raggiunge il massimo ingrossamento al ganglio addominale e si conserva così fino all’estremità anteriore della pinna media: coda lunga all’incirea */,o della lunghezza totale, relativamente grossa e larga. Pinne, orizzontali, poco sviluppate in proporzione alla gran- dezza dell'animale: medie e caudali, robuste e piuttosto larghe: anteriori gracili e strette. L’estremità anteriore delle pinne anteriori dista dal ganglio addominale un poco più che il ganglio stesso dall’ estremità anteriore del tronco: queste pinne anteriori sono a figura di triangolo con due lati (l’anteriore-esterno ed il posteriore- esterno) convessi: del pari le medie sono triangoli, di cui il lato posteriore-esterno è convesso e molto più corto dell’anteriore-esterno, che è quasi una linea retta: l’angolo formato da questi due lati è press’ a poco a livello del setto trasversale, che separa il celoma dalla cavità dei testicoli. La pinna caudale non tocca l'estremità posteriore della vescicola spermatica. In questa pinna i raggi s’estendono per tutta la sua lunghezza: nelle medie, posteriormente i raggi sono prolungati per tutta la pinna, ma nelle parti di mezzo son limitate alla metà esterna, e mancano affatto anteriormente. Le anteriori hanno raggi estesi per tutta la lor larghezza posteriormente: cir- coscritti invece alla loro metà esterna nel mezzo (ed anche anteriormente?). Uncini 6-7. Denti anteriori 3-4. Posteriori 5-7 (°). Epidermide sottile a cellule dentellate: per molti tratti in un unico strato. Tronchi anteriori del ganglio addominale divergenti, già appena nati. Nervi laterali assai numerosi. Plessi nervosi periferici, assai sviluppati. Occhi, visti di fronte, tondeggianti. Follicoli boccali in due gruppi, l’uno anteriore, posteriore l’altro. Corona cigliata, a contorno di pera, la cui parte basilare resta posteriore: è estesa dalla fossetta retrocerebrale fino al principio del tronco. L’ovaio interamente sviluppato è lungo due centimetri e più, e sorpassa l’ estremità anteriore della pinna media. Soltanto una parte delle cellette serve all’incubazione dei cumoli spermatici. Con- dotto deferente corto, largo, con lo sbocco interno imbutiforme. Vescicola spermatica tendente alla forma sferica, pimmentata in bruno. (') Certi fatti, appena accennati nelle seguenti descrizioni, verranno ampiamente svolti nei capitoli sull’anatomia. () Qui, come nelle altrerdescrizioni, segno il numero degli uncini e dei denti d'una metà longitudinale della testa. = 2. Spadella Magna (Langerhans) (V. tav. I, fig. 3 e 11). Sinonimi. Sagitta Magna (Lang.). Letteratura. Langerhans. 1880. Questa specie non era stata veduta che da Langerhans, il quale ne scrisse questo breve cenno: « Diese «bei Madeira nicht seltene Art war mit 2 bis 3 cm. stets noch unreif und erst mit 4 cm. entwickelt. In « Gestalt sich ganz an die oben besprochenen Arten (Hexaptera, Lyra, Serratodentata) anschliessend, unterschied « sie sich durch die geringe Entwickelung der Nebenkiefer, die vorn 4, hinten nur 2 bis 3 Zaàhne hatten. Kiefer « mit 7 bis 9 Zahnen. Mund quer ». Questa descrizione è così imperfetta, ch'io durai gran pena ad identificar la Magna con una specie di Messina, che mi colpiva per la lunghezza de’ suoi denti anteriori e ch'io avrei volontieri denominata longidentata. Già nella prima sembianza si differenzia dalla Lyra (') perchè non ha le pinne pari congiunte assieme, e dall’ Hexaptera perchè più grossa in proporzione alla propria Innghezza. L'animale lungo ctm. 4,1 (che è la lunghezza massima da me constatata in questa specie) non ha ancor toccata la maturanza sessuale femminina; l’ovaio però è già piuttosto lungo e raggiunge l’ estremità anteriore della pinna media (in Hexaptera d’ugual lunghezza, l’ovaio è molto più piccolo); quando l’animale è lungo appena 1-2 ctm., l’ovaio è cortissimo, e non ancora tanto sviluppato da potersi discernere ad occhio inerme. La testa, in istato di riposo, relativamente al tronco, è poco larga (l’opposto occade nell’Hexaptera): la sezione caudale è circa !/; della lunghezza totale. Pinne simili a quelle dell’Hexaptera. Denti anteriori 4, di cui 3 lunghi ed 1 corto; denti posteriori 2-3 corti: nelle piccole talvolta, sonvi soltanto 3 denti anteriori lunghi e 2, od anche soltanto 1 solo, posteriore. Uncini 10-13. Epidermide sottile. Corona cigliata poco dissimile da quella dell’Herxaptera. La Magna è affatto simile a questa ne’ genitali maschili. 3. Spadella Lyra (Krohn) (V. tav. VIII, fig. 1 — tav. I, fig. 13). Sinonimi. Sagitta Lyra (Krohn). Letteratura. Krohn. 1853. — Langerhans. 1880. — Hertwig. 1880. La specie in discorso fin qui è stata descritta soltanto da Krohn; benchè la descrizione di questo autore sia lodevolissima, se ci riferiamo all’epoca da cui data, pure al giorno d’ oggi riesce incompleta. Langerhans dice soltanto che questa specie, quand’è lunga 2-3 ctm., è già matura e che appena perciò differenziasi bene dall’Hexaptera. Una tale definizione insufficientissima lascia sospettare che quest’autore abbia avuto sottocchi la specie che descriverò come Znflata, piuttosto che la Lyra di Krohn. Descrizione. Lunghezza massima ctm. 3 !/,. Testa relativamente sottile. Tronco affilantesi all’avanti: in proporzione molto largo verso la sua porzione mediana. Sezione caudale piuttosto assottigliata, a lunghezza {') Vedremo più innanzi che Langerhans molto probabilmente non vide la vera Lyra di Krohn. 112 massima di poco più che mezzo centimetro. Pinne orizzontali e relativamente molto lunghe. Impari larga, spessa, co’ raggi estesi per tutta la sua superficie: disposizione speciale di essi agli estremi anteriori (dove, cioè, la pinna guarda la vescicola spermatica). Nel mezzo del margine posteriore di questa pinna impari, vi può essere un rientramento accennante a divisione in due lobi; io credo che cotal rientramento sia devoluto a lesioni subite dall’animale e che naturalmente il margine della pinna sia sempre intiero. Pinne medie press’ a poco triango- lari, a lato esterno-anteriore e esterno-posteriore, curvilinei: son congiunte con le pinne anteriori per un tratto stretto. Pinne anteriori strette prolungantesi molto in avanti, tanto da raggiungere il ganglio addominale: più larghe verso la lor parte posteriore. Al limite posteriore delle pinne anteriori, un grosso fascio nervoso passa dal lato ventrale al lato dorsale, stando sotto l'epidermide, finchè arriva all’orlo libero della pinna, obliqua dall’avanti all'indietro e dall'interno all’esterno; quando, sorpassato l’orlo, si porta sulla faccia dorsale della pinna, muta direzione e va dall’avanti all’indietro e dall’esterno all’interno. I raggi posteriormente coprono tutta la pinna media: più avanti non ne coprono che una porzione periferica: il ponte fra la pinna media e l’anteriore ha la struttura delle pinne, gli mancano però i raggi. Quelle anteriori hanno simiglianza colle medie: infatti all’indietro i raggi investono tutta la pinna e verso la parte media si limitano alla porzione esterna: la loro porzione anteriore non è sostenuta da alcun raggio. Uncini 8-9. Denti anteriori 4-7: posteriori 8-11. Ovario lungo 8 mmt. in individui femminilmente quasi maturi: non di rado un ovario più lungo dell’ altro. L' estremità anteriore dell’ovispermadotto può presentarsi assai dilatata, quasi bulbo d’un termometro: in questo caso ho sempre incon- trato l’ovispermadotto ed il suo bulbo riempiuti di sperma. Epidermide sottile. Corona cigliata a forma di pera, come nell’ Zezaptera, ma limitata alla testa e relativamente meno lunga che in questa: nella Lyra la larghezza propria della corona cigliata, cioè dire la distanza tra la sua periferia esterna e quella interna, è relativamente maggiore che in quasi tutte le altre specie. Occhi, nella veduta di fronte, tondeggianti. I nervi anteriori del ganglio addominale sono assai avvicinati l’uno all’altro fino all’estremità posteriore della testa: vi hanno pochi nervi laterali del ganglio addominale. L’intestino finisce un po’ prima del setto trasversale, a cui si congiunge però a mezzo di un semplice mesenterio (che va dall’estremità posteriore dell’intestino alla parte mediana del setto trasversale). Genitali maschili, come nell’ Hexaptera. 4. Spadella tricuspidata (Kent). Sinonimi. Sagitta tricuspidata (Kent). Letteratura. Kent. 1870. Questa specie è stata insufficientemente descritta da Kent; secondo quest’ autore s’approssima per grandezza e forma sopratutto alla Lyra; si distingue però da tutte le altre specie per il piccolo numero dei denti. Riferisco la corta diagnosi datacene dallo scopritore: « Corpo lungo ed un po’ compresso. Segmento cau- dale di un quinto della lunghezza del tronco. Pinne laterali, evidentemente disgiunte 1’ una dall’altra: il paio anteriore più gracile che il posteriore. La caudale è mediocremente larga. Uncini in numero di 8:3 denti ante- riori, 1 posteriore. Lunghezza massima 35 mmt.: larghezza massima 5 mmt. Gli ovarî in un caso raggiungeano !/s dell’intera lunghezza del corpo dell'animale ». N.B. Questa descrizione è stata facta sovra esemplari conservati nell’alcool. O 9. Spadella Enflata (n. sp.) (V. tav. I, fig. 7). Sinonimi. Sagitta Enflata (n. sp.) 188I1.— Sagitta Lyra? (Lang.) 1880. Letteratura. Grassi. 1881. — Langerhans. 1880. Descrizione. La lunghezza massima da me riscontrata è di due ctm. (in individui quasi maturi anche nel sesso femminile): tronco relativamente grosso e testa piccola: lieve strozzamento tra la testa ed il tronco: questo è più grosso verso la parte mediana di sua lunghezza. Sezione caudale poco inferiore ad !/, dell’ intera lun- ghezza. Cinque pinne, simili per forma e disposizione a quelle d’Mexaptera: l'anteriore finisce già prima del mezzo del tronco, molto prima che cominci il ganglio: la media per una metà è sulla sezione caudale, per l’altra su quella del tronco: resta separata dalle pinne anteriori, per uno spazio piuttosto considerevole. Tranne alle parti anteriori e posteriori delle pinne medie ed anteriori, i raggi son limitati alla parte esterna delle pinne: quelli delle pinne anteriori sono rari e gracili. Uncini 9. Denti anteriori 6-9. Denti posteriori 9-11. Epidermide sottile. Tronchi anteriori del ganglio addominale press’a poco, come nell’Heraptera. Occhi (nella veduta di fronte) tondeggianti. Corona cigliata, simile a quella dell’ Hezaptera, ma un po’ meno estesa all'indietro. L’ovario quasi maturo non arriva ancora all’estremità anteriore della pinna media. Vescicola spermatica emisferica, ed ornata di una callotta splendente a contorno liscio: del resto gli organi genitali maschili son foggiati come nell’Hexaptera. 6. Spadella Bipunectata (Quoy e Gaimard) (V. tav. I, fig. 4). Sinonimi. Sagitta Setosa (Miller) — Sagitta Multidentata (Krohn) — Sagitta Germanica (Leuckart e Pagenstecher). — Sagitta Bipunctata (Quoy e Gaimard). Letteratura. Quoy e Gaimard. 1827. — Wilms. 1846. — Joh. Miiller. 1847. — Krohn. 1853. — Gegen- - baur. 1850. — Leuckart e Pagenstecher. 1858. — Keferstein. 1862. — Mòbius. 1874. — Langerhans. 1880. — Hertwig. 1880 (ne dà una descrizione non del tutto completa). È necessario un breve cenno istorico. Krohn appellò erroneamente Bipunctata l’Hexaptera (D’Orb.) e Multidentata la Bipunctata (Quoy e Gaim.). Mobius a torto fuse in una specie l’Hexaptera (D’Orb.) e la Bipunetata (Quoy e Gaimard). Tornarono a sepa- rarle tanto Langerhans che Hertwig. La specie descritta senza nome da Wilms e denominata in appresso Setosa e Germanica, senza alcun dubbio è identica alla nostra Bipunetata. Il numero degli uncini e dei denti è però stato segnato sempre un po’ minore del massimo osservabile nella Bipunctata; ciò probabilmente dipende dall'aver gli autori avuto sott’ occhi individui per lo più non ancora interamente maturi. Parecchie inesattezze d’ Hertwig mi persuadono ch’ egli era già molto inoltrato nelle sue ricerche ed avea già abbandonato Messina, quando imparò a distinguere la Bipunctal® dalla Serratodentata. Descrizione. Lunghezza massima 19 mmt. Tronco cilindrico, un po’ appiattito, relativamente grosso: collo appena segnato: segmento caudale di circa 1/3 della lunghezza del tronco. Cinque pinne: anteriori e medie lunghe, US TA ma gracili: medie, come di reyola, più larghe delle anteriori, massimamente nelle lor parti posteriori. L’anteriore arriva fin quasi al ganglio addominale e sopravanza la metà lunghezza dell’animale; resta separata interamente, ma per brevissimo spazio, dalla media: questa è più estesa sulla sezione del tronco che su quella della coda. Pinna impari, relativamente a quella della Serratodentata, stretta e lunga ('). Uncini 8-10. Denti anteriori 4-5, posteriori 10-15. Epidermide un po’ ispessita nell’estremità anteriore del tronco, specialmente alle sue parti late- rali. Corona cigliata assai lunga, s’ estende, cioè, sulla testa, sul collo e sul tronco fin quasi a raggiungere il ganglio addominale: anteriormente tocca la fossetta retrocerebrale: è a figura d’un ovale sinuoso: un asse è molto lungo (nel senso della lunghezza dell'animale), l’altro è brevissimo. Gli occhi, visti di fronte, compaiono tondeggianti. I tronchi anteriori del ganglio addominale sono divergenti, già al loro uscir dal ganglio stesso (ciò ha luogo in tutte le specie di dimensioni piccole). L’ovario maturo sorpassa l'estremità anteriore delle pinne anteriori. Le due cellette spermatiche possono essere interamente occupate dai cumoli spermatici, che vi circo- lano. Condotto deferente stretto, di calibro uniforme, piuttosto lungo: vescicola spermatica di forma irregolare ed ornata d’una specie di callotta, o disco, a contorno frangiato. 7.Spadella Serratodentata (Krohn) (V. tav. I, fig. 8). Sinonimi. Sagitta Gegenbauri (Fol)? — Sagitta Rostrata (Busch)? — Sagitta Serrato- dentata (Krohn). Letteratura. Busch. 1851. — Krohn. 1853. — Gegenhaur. 1856. — Fol. 1879. — Hertwig. 1880. Non è impossibile che tanto la /tostrata, quanto una delle specie trovate da Gegenbaur a Messina e descritte da Fol col nome di S. Gegenbauri, invece che Serratodentatae, siano le Minimae che descriverò qui innanzi. Descrizione. Lunghezza massima 13 mmt.: è perciò più corta della Bipunctata, della quale inoltre è più sottile. Segmento caudale di circa 1/3 della lunghezza del tronco. Testa affatto simile a quella della Bipunctata ; non possiede quella specie di becco, che le ha appioppato Hertwig; sibbene presentasi allungata o allargata, come nelle altre specie, a seconda che l’animale è in riposo, ovvero in atto di afferrare. Dietro alla testa ha un lieve ristringimento, a cui segue un graduale ampliarsi del tronco, come in molte altre specie. Pinne molto simili a quelle della Bipunctata: l’impari, in confronto, è corta e larga. Uncini 6-8 dentellati, alquanto curvi in punta: denti anteriori 6-8, posteriori 12. Epidermide ovunque sottile. Occhi, visti di fronte, ovali, ad asse maggiore antero-posteriore, coi cristallini raccolti in cirea 12 fasci. Corona cigliata sinuosa e simile a quella della Bipunctata; in avanti non raggiunge però la fossetta retrocerebrale. Cellette testicolari, come nella Bipunctata: condotto deferente allargato verso il suo sbocco interno: vescicola spermatica irregolare, ornata di una callotta, da cui sporgono due papille splendenti. Ta] (') Questa caratteristica della Bipunctala si rileva anche nelle figure di Wilms e di Leuckart-Pagenstecher. 8. Spadella Minima (n. sp.) (V. tav. I, fig. 2 e 14 — tav. II, fig. 10). Sinonimi. Sagitta Minima (n. sp.) Letteratura. Grassi. 1881. Descrizione. Lunghezza massima 10 mmt. (animale con uova quasi mature). Corpo sottile, cilindrico, lie- vemente appiattito: sezione caudale, forse d’!/3 della lunghezza totale e relativamente sottile. Cinque pinne gracili. Le anteriori son piuttosto lunghe, ma strette e finiscono anteriormente poco lungi dal ganglio addominale: tra la loro estremità posteriore e quella anteriore delle pinne medie, intercede maggior distanza, che tra la loro estremità anteriore e quella posteriore. del ganglio addominale. Uncini 6-7, alquanto curvi in punta: denti anteriori 3-4, posteriori 7-8. Epidermide ovunque sottile. Occhi, di fronte, tondeggianti. Corona cigliata simile a quella della Bipunctata, ma alquanto meno estesa sul tronco. L’ovario, quando possiede uova già quasi mature, è ancor relativamente lontano dall’estremità anteriore della pinna media. Cellette spermatiche, come nella Bipunctata. Vescicola spermatica, a sezione orizzontale di forma triangolare. Due ciechi all’ estremità ante- riore dell'intestino chilifero: intestino molto largo: celoma ristretto: oltre ai soliti mesenteri, ne sono altri irre- golari, in direzione trasversale. Mi sono imbattuto in due esemplari della Minima, che presentavano caratteri speciali: cioè dire, eran lunghi 11 mmt.; l’ovario si estendea fino all'estremità anteriore della pinna media, ma era sottile e non avea alcun uovo prossimo a maturanza; nella cavità della coda circolavan dei cumoli spermatici ancor giovani, più grandi assai dei soliti della Minima; la vescicola spermatica ricordava quella della Minima matura. Le pinne anteriori eran meno gracili di quanto sogliono presentarsi nella Minima. Gli uncini eran 7: i denti anteriori 7 e 13 i posteriori. Ogni altro carattere trovava riscontro in quelli dianzi ascritti alla Minima. Si trattava di varietà, oppure di individui adulti più di tutti gli altri che mi caddero sottocchi; individui, cioè, in cui, ad una prima generazione di spermatozoi e d’uova, ne fosse succeduta una seconda? Io inclino a quest'ultimo concetto; riconosco però che son necessarie nuove osservazioni. 9. Spadella Draco (Krohn) (V. tav. VII, fig. 1). Sinonimi. Sagitta Draco (Krohn). Letteratura. Krohn. 1853. — Langerhans. 1880. — Hertwig. 1880. Descrizione. La sua lunghezza massima supera di ben poco i dieci mmt. È notabilmente appiattita e larga : tronco e sezione caudale sono press’ a poco d’ugual lunghezza. La testa è meno larga del tronco: dietro alla testa non vi è restringimento. Tre pinne: due pari, laterali ed una impari, caudale. Le laterali, per la posizione, cor- rispondono alle pinne medie delle specie fin qui descritte: son corte, circoscritte alla coda, relativamente larghe, press’ a poco triangolari, con un angolo retto anteriore-interno: l’ipotenusa, o lato esterno, è convesso: il catete anteriore-trasversale non è libero, ma continuasi con espansioni laterali (pinnoidi) dell'epidermide: queste for- mazioni pinnoidi son più larghe che altrove verso l’estremità posteriore del tronco: però anche qui sono alcun sE poco più strette delle pinne laterali. Caudale robusta, lunga e larga. Press'a poco a livello del ganglio addo- minale, sul margine libero delle espansioni laterali epidermiche, s'incontrano due ciuffi fatti di fascicoli di setole lunghe circa 2 mmt. Uncini 10: denti anteriori 8: posteriori 12-18. In individui lunghi 4-4 4 mmt., vidi soltanto 2 denti anteriori e 3 posteriori: gli uncini però eran già in numero di 10. Follicoli gustatorî meno spor- genti che nelle altre Spadelle. Corona cigliata limitata alla cervice ed alla parte anteriore del tronco, elittica con l’asse maggiore nel senso della lunghezza dell’ animale. Organi genitali maschili simili a quelli della Bipun- ctata: la vescicola spermatica però è ovoidale. Cuticola del vestibolo qua e lù fregiata di piccolissime spine. 10. Spadella Subtilis (n. sp.) (V. tav. XII, fig. 9. — tav. I, fig. 9, 10 e 12). Sinonimi. Sagitta Subtilis (n. sp.). Letteratura. Grassi. 1880. Descrizione. Lunghezza massima 16 mmt. (in animali non ancora maturi, nè maschilmente nè femminil- mente). Testa grossa e corpo sottile; onde assomigliasi ad uno spillo, più che tutti gli altri Chetognati. Sezione caudale d’!/3 della iunghezza totale: 3 pinne: due anteriori, laterali, assai lunghe e larghe: protese molto sulla sezione caudale, poco su quella del tronco. Pinna caudale, impari, con la massima sua larghezza, inferiore alla massima larghezza totale delle pinne anteriori addizionata a quella del tronco intermedio tra di esse. Questa pinna caudale s’estende per buon tratto sulle parti laterali posteriori della coda e tocca quasi le pinne ante- riori, a livello delle vescicole spermatiche. Denti in un’ unica serie irregolarmente curva: si potrebbe anche dire, che sono due serie curve, una esterna e l’altra interna, che si riuniscono tra loro anteriormente: i denti sono circa 18 di numero, complicati, strozzati alla base. Gli uncini variano da 8 a 10 e son larghi nella loro metà basilare, stretti nell’altra metà: la loro sostanza midollare è scarsa. Non vi trovai i follicoli gustatorî. Gli occhi hanno cristallini, raccolti in numerosi fasci, come quelli della Serratodentata: visti di fronte, son però ton- deggiauti. La corona cigliata s’ estende sulla testa e sul tronco, dove però s’arresta ancor molto lontano dal ganglio addominale. Circolazione dei cumoli spermatici. 11. Spadella Pontica (Ulianin). Smonimi. Sagitta Pontica (Ulianin). Letteratura. Ulianin. 1876. — Ulianin. 1880. Siccome questa specie manca a Messina, così il lettore deve contentarsi della breve e incompleta deseri- zione fornitaci da Ulianin; riferisco le sue stesse parole: « Linge 0,6-1 ctm. Schwanzsegment gròsser als das Rumpfsegment. Kopfkappe mit zwei tentakelartigen « Anhingen versehen. Flossen dicht mit kleinen Wirzchen besetzt; ausser diesen Wiirzchen sind die Flossen mit « einer Anzahl an beiden Enden zugespitzter und am hinteren Rande kammférmig fein gezihnter Dornen geziert. « Kòrper durchsichtig ». ig 12. Spadella Hamata (Mobius) (V. tav. I, fig. 5). Sinonimi. Sagitta Hamata (Mòbius). Letteratura. Mòbius. 1874. — Langerhans. 1880. — Hertwig. 1880. Anche di questa specie da me non osservata riferisco la descrizione fornitaci dal suo scopritore: « Corpo sottile, a lancetta, lungo 35 mmt. e largo 3. Altezza un po’ inferiore alla larghezza. Testa quadrangolare ad angoli smussati (sic); 8-9 uncini, un po” meno curvi che nella Bipunctata: l'apice dell’uncino è a ginocchio (hamatus): una sola serie di denti, in numero di 23-26, quasi eguali a quelli della Bipunctata. Tre pinne: le pari in corrispondenza ai genitali. Ovarî rossicci giallognoli. Genitali maschili simili a quelli della Bipunctata ». N.B. Questa specie ha certamente molto somiglianza con la Subtilis: la forma però degli uncini e dei denti la differenziano chiarissimamente. Genere SAGIT'TTA 13. Sagitta Claparèdi (n. sp.) (V. tav. I, fig. 1). Sinonimi. Sagitta Cephaloptera (Claparòde). Letteratura. Claparède. 1863. — Hertwig. 1880. Claparède ha dimenticato di notare le cellule adesive tanto caratteristiche di questa specie; egli ha inoltre creduto che fosse identica alla Cephaloptera di Busch; cotale identità venne ammessa anche da Hertwig. Tanto la descrizione di Claparède, quanto quella di Hertwig, sono imperfette. Descrizione. Poco trasparente: talvolta quasi tutto il corpo è giallo: più spesso il giallo è circoscritto a macchie (alle parti ventrali-laterali-anteriori della testa, al ganglio addominale, alla corona cigliata ecc.): non mancano esemplari incolori (quelli veduti da Claparède erano appunto tali). Due papille del prepuzio sono lunghe, a figura di clava e tinte di bruno: linee brune si trovano eziandio all’estremità anteriore delle pinne pari. Lunghezza massima all’incirca 5 mmt. Corpo relativamente molto largo e piatto. Sezione del tronco quasi uguale a quella della coda. Tre pinne: una posteriore impari, due anteriori pari. L’epidermide forma due espan- sioni laterali (pinnoidi), una per ciascun lato del tronco. Le pinne pari cominciano, dove cessano queste espansioni laterali, cioè dire, a livello dello sbocco esterno dell’ovispermadotto e finiscono all’estremo anteriore della vesci- cola spermatica: sono poco larghe, più larghe però delle formazioni pinnoidi: raggiungono la lor larghezza massima verso la metà di lor lunghezza. La pinna caudale comincia subito dopo la vescicola spermatica ed è relativamente lunga e stretta: la massima sua larghezza è inferiore alla larghezza complessiva del corpo e delle pinne laterali. Il margine libero tanto della pinna impari, quanto delle laterali, può presentarsi a zig-zag. Uncini 8-9 lievissimamente seghettati (meno però che nella Serratodentata). Denti su due linee parallele-trasversali, assai avvicinate l’una all’altra: sono rivolti tutti nello stesso senso (cioè all’indietro ed all’interno) e relativa- mente lunghi: 3-4 in ognuna delle due linee (una di esse è difficilmente rilevabile). Corona cigliata, cervicale, Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 3 ovale ad asse maggiore trasversale, in parte gialla. Intestino chilifero fornito di due diverticoli alla sua estre- mità anteriore. Ovarî lunghi, che arrivano fin quasi alla corona cigliata; ovispermadotti ventrali, avvicinati alla linea mediana; una spermateca verso lo sbocco dell’ovidotto. Cellette spermatiche senza setto accessorio: i cumuli spermatici possono occupare tutta la celletta e non circolano. Deferente lungo, sottile e di calibro uniforme. Musculatura trasversale addominale, limitata al tronco. Cellule adesive (isolate, od in gruppi) alla metà posteriore della faccia ventrale. Numerose ghiandole pluvicellulari, al margine dorsale d’attacco delle pinne laterali. L'animale, quand'è in riposo, aderisca o no al bicchiere, si presenta ognora alquanto curvo sovra sè stesso, cioè in modo da formar una concavità dorsale. 14. Sagitta Cephaloptera (Busch). La Cephaloptera di Busch identificata da Claparède e da Heitwig (siccome di sopra fu detto) alla Sagitta Claparèdi (mihi), presenta dei caratteri di valore, se non m’inganno, specifico. Raccolgo in una formola diagnostica la descrizione di Busch, aggiungendovi dei particolari, che risultano evidenti dalle sue figure. «Lunghezza massima 5 mmt.; l’animale compare schiacciato nel senso dorso-ventrale. Uncini $; denti 3 ('); 2 tentacoli alla testa. Il capo è più sottile e più lungo che negli altri Chetognati. Il corpo è trasparente, ma tendente ad un giallo bruniccio, ed è picchiet- 2 tato di rosso vivace e di giallo, sicchè ricorda i salmo fario.» « Pochi A / i UD aggiunge Bui avean Di delole colore ; RAS Vi / | \ i s' incontravano esemplari affatto privi di quella screziatura. Il perchè / I) I} | | \N \ di questo variare non si può divinare: certo non è in rapporto colla / I ( Ji 1 \ maturanza sessuale, perchè anche i maturi possono presentarsi incolori». / uv © a \ Corona cigliata cervicale, subelittica, a massimo diametro trasversale : / x ) de posteriormente fa un rientramento, ossia forma una concavità rivolta | i19 all’indietro. Alcune prominenze tattili sono infossate. Cellule adesive | | come nella Claparèdì. — Prosegue l’autore: « Ausser den seitlichen \ | ( « Flossen und der Schwanzflosse der bekannten Sagitten (in tutto | AN «3 pinne, a quanto m’insegnano le figure) haben unsere jederseits \ (( k) 1) / « noch eine andere, welche von den Seiten des Kopfes auf den Anfang \ ii | / « des Stammes heriberreicht »; questa pinna è, per la struttura, simile | | | | all'espansione laterale dell’epidermide della Claparèdì e perciò si può Val | \/ ritenere, com’essa, una formazione pinnoide (piuttosto che una vera TosiGiei MEO hont pinna, come vorrebbe Busch). In conclusione, per tacer d’altri carat- d'una Sagitta Cephaloptera (secondo teri meno sicuri, il color rosso e (ciò che è di gran lunga più impor- Dt tante) l'allargamento delle espansioni epidermoidali dietro alla testa, mi sembrano i caratteri più importanti che differenziano la Cephaloptera dalla Claparèdi, sempre supponendo, com'è doveroso, che la descrizione di Busch sia esatta. (') È possibile che anche qui, come nella Claparèdi (V. indietro), 3 denti si veggano facilmente, ed altri 3 invece d’ordinario Bu non si possano vedere che con preparazioni ad hoc. Al numero dei denti fissato da Busch bisogna perciò conceder valore limitato. ES SS 15. Sagitta Darwini (n. sp.). Sinonimi. Sagitta Exaptera (Darwin). Letteratura. Darwin. 1846. È probabile che Darwin abbia avuto sott'occhio parecchie specie di Sagitte e che le confondesse insieme sotto il nome di Ezaptera. Comunque sia, egli è indubitato che almeno una specie (matura, o quasi, quand’ era lunga 5 ctm. ed ornata di 5 pinne) colla pinna caudale era capace di attaccarsi alle superficie lisce delle cwvettes ; e con tanta forza che non si potea distaccarla, ancorchè si agitasse violentemente l’acqua delle cuvettes stesse. Siffatta capacità manca all’ Hexaptera : trova invece riscontro nella Claparèdi e nella Cephaloptera ed accenna alla presenza di cellule adesive. Gli è perciò ch'io mi son creduto autorizzato a fondare la specie nuova in discorso. Riferisco qui due specie affatto imperfettamente descritte da D’Orbigny e ch'io non posso dire se siano Sagitte o Spadelle, ovvero se debbansi costituire come generi nuovi. 16. Sagitta (‘?) diptera (D’Orbigny). Descrizione. Lunghissima, subcilindrica, diafana, albida: a bocca rigonfia (!) con 7-10 uncini gialli, lunghi, acuti, dilatati alla base: pinna caudale mediocre, bilobata — cordiforme. Nessun’ altra pinna. Lunghezza totale »” ò mmt.: grossezza massima 3-4 mmt. 17. Sagitta (?) triptera (D’ Orbigny). Allungata, fusiforme, diafana, acuminata posteriormente. Uncini 6-8, lunghi, gialli, adunchi, acuti e forte- mente allargati alla base: natatoja caudale grande, striata longitudinalmente, composta di due lobi oblunghi, arrotondati alla loro estremità: una pinna dorsale intera, sulla parte mediana superiore del corpo: nessuna pinna laterale. Lunghezza totale 25-30 mmt. Le due specie seguenti sono molto dubbie e debbonsi forse identificare alla Claparddi. 18. Spadella Batziana (Giard) sp. dubia. La descrizione fornitaci da Giard è molto incompleta. Se è vero che questi ne esaminò molti esemplari (come sembra lecito arguire dalla sua Memoria), la mancanza delle clave brune (proprie del prepuzio) si può ritenere costante ed è certo che la specie di Giard è buona. Anche a Messina ho trovato rarissimi esemplari E) senza clave, m’avvenni però altresì in individui che ne possedevano una sola; ciò che mi fa sospettare che tanto questi che quelli fossero Claparèdi mutilate. Gli altri caratteri (tràs-saillants, secondo Giard) cioè la disposizione delle prominenze tattili, il numero dei denti ecc. sono di minimo prezzo. Per avventura si deve eccettuare la forma delle pinne pari, di cui il contorno forma un angolo sporgente, circa alla metà della loro lunghezza: calle figure di Giard, risulterebbe inoltre che queste pinne non fosser sostenute da raggi. Nè osservando la figura, nè leggendone la descrizione, incontrasi alcun accenno alla presenza di cellule adesive. 19. Spadella Gallica (Pagenstecher) sp. dubia. La descrizione di Pagenstecher, fatta sovra un unico esemplare, è deficientissima e con essa non è possibile decidere se si tratti di una specie nuova, ovvero di una Claparèdi mutilata, ovvero anche di una Batziana. Riferisco la concisa descrizione pubblicatane dallo scovritore. « Lungh. 4 mmt. (animale maturo): denti anteriori 5, posteriori 5, espansioni laterali epidermoidali, estendentisi indietro fino alle piune laterali: tre pinne simili a quelle della Claparèdi, ma formanti ein zusammenhingendes Ganze. Alla parte dorsale della testa, alla base del labbro superiore (?), avanti ad un piccolo ciuffo di peli (cioè, ad una prominenza tattile? ), all’esterno ed all’avanti degli occhi, si vede un'invaginazione dell'epidermide, le cui pareti son brunastre e tinte di granulazioni di pigmento, nero come l’ inchiostro. Queste invaginazioni, a quanto sembra, sboccano sui lati della testa, per mezzo d’un apertura a contorni fortemente rifrangenti. Mancano i tentacoli. 20. Sagitta (?) Mariana (Lewes). 1859. Nè a me nè ad Hertwig fu possibile di consultare la Memoria di Lewes. CAPO II. Costumi e distribuzione geografica. Notizie su questo argomento si trovano sparse in tutti gli autori, che trattarono di Chetognati; qui le raccolgo e le ordino, com’ è necessario, perchè si possano giustamente apprezzare. V’ aggiungo altresì molte osservazioni mie particolari. Parlerò dapprima partitamente delle singole specie, ed in appresso ne ritrarrò alcune leggi generali. Spadella Hexaptera Nel porto di Messina, dal dicembre all'aprile, quando il vento è debole e vien dal Faro, nelle ore che la corrente entra, si può incontrar numerose Hexapterae. Se le stesse circostanze combinano con una giornata che sia la terza, o la quarta dopo una burrasca, la lor numerosità può essere grandissima. Gli individui ses- sualmente maturi sono rarissimi. Fin qui io sono stato l’unico che n’abbia pescati, e non sono arrivato alla dozzina tra l’anno scorso e quest'anno. Dopo l’aprile almeno fino all’agosto (d'autunno non mi son fermato a Messina) le Hewapterae sono molto scarse, ed è buona quella giornata che compensa due ore di lavoro con un pajo di Hewapterae; per lo più non se n’incontra alcuna. Di notte però io non ho mai pescato. Nella pesca di superficie, fatta colle reticelle di Miiller, non ho mai trovato uova d'Hexaptera; nè credo mi sian sfuggite, attesochè la lor grossezza è rilevante e per solito non sono isolate, sibbene a mucchietti. Ne’ bic- chieri le Mexapterae in generale non vivono più di 24 ore; e quelle mature vi depositano le uova, sul far della sera, 0, più di frequente, allo spuntar del sole, fors’ anche durante la notte. Queste uova galleggiano; se vanno morendo, ne siam tosto avvertiti dal loro abbassarsi e cader sul fondo, come anche dal diminuire della lor naturale trasparenza. Le Hezapterae, in generale, stanno vicino alla superficie dell’acqua, dove si può scorgerle stando in barca, e si può eziandio pigliarle semplicemente con un bicchiere. Non di rado però ne incontrai anche alla profondità di un metro e più. Si trovano a Napoli (Grassi), a Messina (Krohn ece.), a Madera (Langerhans), e, se le Mecapterae D’Orbigny sono eguali alle mie, anche nel Grande Oceano Australe a 40° di latitudine ed a 82° di longitu- dine ovest di Parigi; abitano dunque le regioni temperate calde e le quasi subtropiche. Nel Grande Oceano, nota D’Orbigny, l’ Heraptera non compariva che a crepuscolo avanzato e diventava commune, dopo che era scesa la notte. Spadella Magna A Messina io ne ottenni in tutte le stagioni, ma sempre pochissime, cioè non mai più di 2-3 per giorno; la più parte eran giovani lunghi 14-2 ctm. A Madera non è rara (Langerhans). Si trova anche a Napoli. Se ne sta alla superficie, come l’/exaptera. Spadella Lyra Fin qui è stata riscontrata con sicurezza soltanto a Messina (Krohn ete.) ed a Napoli (Grassi). In due anni ne ottenni tre esemplari, femminilmente quasi maturi. I giovani non sono molto numerosi, ma però più frequenti delle Magnae; in una buona giornata occorre di pescarne perfino mezza dozzina. Io ne ho avuto in ogni stagione, e qualcuna anche in giornate pessime. Abita la superficie, come le specie precedenti. Spadella Enflata Si può applicar ad essa press’ a poco quel che termino di dire sulla Lyra. Forse questa specie si trova anche a Madera ed a Napoli. Spadella Tricuspidata Abita la parte meridionale del Grande Oceano. Spadella Bipunctata A Messina questa specie è communissima in tutto l’anno; anche nelle giornate peggiori non manca qualche Bipunctata immatura. In certi giorni, apparentemente favorevoli, sono molto scarse, e talvolta il giorno seguente compaiono abbondanti. Ho anche osservato non di rado un alternare di quantità delle Bipunctatae con le Ser- ratodentatae, e ciò a periodi di alcuni giorni. È eccezionale d’incontrare abbondantissime tanto le une quanto le altre. V'è quando la Bipunctata è tanto numerosa, che in un bicchier d’acqua se ne possono contar delle dozzine. Le mature nel sesso femminile sono però sempre piuttosto rare. Le Bipunctatae in cattività non sopravvivono più di 24-48 ore; se sono mature, ovificano nei bicchieri. Le uova di questa specie galleggiano, come quelle dell’ Hewaptera ; nell’Auftrieb fresco non ne vidi mai. D'ordinario le Bipuncetatae sono più copiose alla superficie di quel che ad un metro, ad un metro e mezzo di profondità; accade però l’ opposto alla primavera, quando la superficie del mare è coperta da innumeri larve di Pelagia, che sono insaziabili divoratrici di Chetognati. 98 Fin qui son state designate alla specie in discorso, le seguenti stazioni: Bergen in Norvegia (Sars), le coste d'Irlanda (Allman), la Manica (Forbes), Helgoland nel mare del Nord (Wilms), Mentone (Grassi), Napoli (Grassi), Messina (Krobn ece.), Gibilterra (Quoy e Gaimard), Madera (Langerhans). A Helgoland, nota Wilms, innumera in maris superficie libere natabant. Questa specie adunque è numerosa sì nelle zone temperate calde e fredde, che nelle subartiche. Spadella Serratodentata Fin qui era stata segnalata appena a Messina (Krohn), dove compare tutto l’anno. Non ne ho però mai tro- vato esemplari interamente maturi. Venne da me riscontrata anche a Napoli. Ad essa del resto è applicabile, quel che dissi della Bipunctata. Spadella Minima È abbondantissima a Messina, dal novembre al principio d'aprile; ma dopo quest’ epoca diventa molto rara. Si trova anche a Napoli. È di superficie, come la specie precedente. Incontrasi anche in giornate pessime. In cattività vive bene per 3, o 4 giorni, e forse più ancora. Ne trovai molti esemplari che mi sembravan maturi; nessuno però mi ovificò ne’ bicchieri. Spadella Draco Questa specie, d’ordinario, a Messina è estremamente rara; per eccezione comparve piuttosto copiosa nei primi mesi dell'inverno 80-81. Si trovava allora anche in giornata di scirocco e perfino nelle ore, in cui la corrente usciva dal porto. Queste sono le stazioni della Draco fin qui conosciute: le Canarie (Hickel citato da Hertwig), Madera (Lan- gerhans), Messina (Krohn ecc.), Napoli (Spengel ('), Grassi). Abita dunque le regioni temperate calde e le subtropiche. Non è rara a Madera; a Napoli è rara. Spadella Subtilis Questa bellissima specie, da me scoverta a Messina, è rarissima. Ne pescai sempre esemplari isolati e per lo più guasti, tranne un giorno piovoso, dopo una notte di grande burrasca (gennaio 1881), nel quale ne trovai un grosso sciame. Anche questa specie se ne sta vicino alla superficie. (') L'egregio signor dott. Spengel me ne favorì due esemplari da lui raccolti a Napoli. Spadella Hamata Fu dragata da Mébius nel mar del Nord (zona temperata fredda) alla profondità di 135-337 tese; abita nella melma. Quest’ autore sostiene ch’essa non abbandona mai il fondo del mare. Spadella Pontica Abita la superficie del mar Nero (zona temperata calda) (Ulianin). Sagitta Claparèdi Si trova a St. Vaast nel golfo di Normandia (Claparède), a Messina (Hertwig), a Trieste (Grassi), ossia nelle zone temperate, fredde e calde. Abita tra le alghe, ad 1-2 metri di profondità. Alla superficie non ne pescai che una sola in 18 mesi. Questa specie, due e tre anni fa, era communissima a Messina, in ogni stagione (Kleinenberg, Hertwig); l’anno scorso io non ho potuto averne che dopo il marzo. Quest'anno è sempre stata rarissima e ho potuto trovarne appena alcuni esemplari e, ciò che è notabilissimo, appena in certi giorni ed in un piccolo tratto del porto, frammezzo a certe alghe filiformi e rossastre. Claparède racconta che a St. Vaast: « erschien nur selten in der Bucht, jedoch stets in unabsehbaren Ziigen, < ohne dass es mir gelungen wire, die Umstànde zu ermitteln, die ihr Erscheinen bedingten..... Sie wurde ‘nicht «nur mit dem feinmaschigen Netze in einer ziemlichen Entfernung von der Kiiste, sondern auch in den am « Strande bei sinkender Ebbe zurickgelassenen Tilmpeln in grosser Menge gefischt ». Sembra perciò che l’unica Claparèdi da me raccolta alla superficie del mare facesse la spia di un’ abitu- dine di venir alla superficie, in circostanze per ora sconosciute. Essa depone le uova in mucchietti, che s’appicciano alle alghe. Sagitta Cephaloptera Busch la scoperse vicino alle isole Orkney, pescando alla profondità di 8-12 tese « um wo mòglich junge < Comatulen im Pentacrinuszustand zu erlangen ». Non la pigliò mai alla superficie del mare in punti corri- spondenti al fondo, sul quale la trovava sempre. Tanto questa specie, quanto la Claparèdi, non sono delicate come le precedenti e vivon ne’ bicchieri, attaccandosi alle loro pareti ed al loro fondo; oppure stando tra le alghe, se ve ne hanno ('). (') Quando lasciai Messina, da più di un mese, io tenea vive in un bicchiere alcune Claparddi. Sagitta Darwini C. Darwin l’ha scoperta nell'Atlantico, alla latitudine di 21° N. verso la costa del Brasile, alla latitudine di 18° S. e fra le latitudini di 37° e 60° S. L’Oceano ne formicolava specialmente alla notte. In generale la trovò vicino alla superficie; però nel Pacifico, sulle coste del Chilì, ne prese alla profondità di sei piedi; ne pescò in gran numero anche presso la costa di Patagonia, in luoghi dove l’acqua non avea che dieci braccia (') di profondità. à Per quanto dissi, questa specie si trova dunque nelle regioni tropiche, subtropiche e temperate calde. Sagitta (?) Batziana È stata riscontrata vicino a Roscoff (zona temperata fredda), nel canale del l’isola di Batz: « Bien que « ce soit, comme ses congénères, un animal essentiellement pélagique, on le trouve parfois, è marée basse, dans « les petites flaques d’eau de la plage sablonneuse du còté Sud-Est de l’île ». Sagitta (‘?) Gallica Se ne trovò un unico esemplare a Cette (zona temperata fredda). Sagitta (‘?) Triptera Fu presa , in notte calma, nel Grande Oceano a 2° di latitudine S. ed 89° di longitudine E. di Parigi (zona tropica). Sagitta (?) Diptera Venne pescata nell’Atlantico dal 27° di latitudine fin quasi alla linea, e dal 28° di longitudine O. fino al 32° (zona subtropica e tropica). Era molto comune; compariva al crepuscolo e principalmente di notte. Una specie di Chetognati è stata trovata anche nelle regioni artiche (Scoresby: non ho potuto consultare l’opera di quest’autore). Raccolgo in poche proposizioni i fatti speciali sopra menzionati; nel medesimo tempo ve ne aggiungo qualche altro. (') S'intende braccia marine inglesi; un braccio marino inglese è sei piedi, ossia m. 1,820. Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 4 TO 1° Si trovano Chetognati nella maggior parte e forse in tutti i mari di qualunque zona. Parecchie specie (le più voluminose, la Draco e forse altre ancora), a quanto sembra, risentono molto l'influenza del clima, cioè paiono limitate alle zone temperate calde, subtropiche e tropiche. La Bipunctata è una specie diffusa in parecchie zone. 2° I Chetognati vivono tanto in alto mare, che vicino alla costa. 3° Vi sono poche specie di animali rappresentate da un numero di individui superiore a quello dei Chetognati. Quest’è la sentenza di tutti coloro, che conoscono animali marini. A Messina in certe giornate la super- ficie del mare è letteralmente coperta di Chetognati, che sembrano i veri padroni del mare. Questi animali, non ostante che siano di una delicatezza incredibile, che muoiano per il menomo urto, che (come vedremo più innanzi) vengano divorati da molti altri: questi animali, dico, sono tanto comuni, probabilmente perchè ovificano tutto l'anno ed il loro sviluppo accade rapidissimamente. 4° Certe specie s'incontrano di solito vicin vicino alla superficie, certe altre in fondo; quelle di fondo in certe circostanze fanno migrazioni e vengono alla superficie. Fors’ anche quelle di superficie possono migrare al fondo; ciò suppongo per spiegarmi il loro rapido comparire e scomparire. E possibile che appena gli indi- vidui con uova mature si approfondino. Ciò darebbe ragione d’un curioso fenomeno poc'anzi accennato, vale a dire della rarità (che per talune specie è grandissima) di individui maturi, vicino alla superficie. 5° È possibile che certe specie di Chetognati siano notturne, o crepuscolari, e cert’altre invece, diurne. 6° I Chetognati non sono fosforescenti. CAPO HI. Anatomia ed Istiologia. CAPITOLO L Integumento e sue appendici (Pinne: Organi della Draco: Cellule adesive: Ghiandole). PARTE 1. Integumento. S 1. Integumento in. generale. L'integumento dei Chetognati è molto semplice; consta appena di uno, o di parecchi strati d’epitelio pavi- mentoso. Siccome il numero degli strati, così anche la forma e l’ampiezza delle cellule varian nelle varie specie; il perchè ne tratterò specie per specie. Fin d’ora però avanzo alcune leggi generali, che agevolano l’ apprendi- mento dei fatti particolari. Alcuni di esse riguardano le singole cellule, e sono: 1° le cellule hanno tanto maggior ampiezza, quanto maggior è la taglia delle specie, a cui appartengono; 2° ogni cellula, al confine con le cellule contigue, mostra una propria velatura di protoplasma addensato, e perciò i contorni delle cellule sono chiari e netti. In certe specie sonvi anche degli spazî intercellulari evidenti. Queste altre leggi riguardano il tessuto in generale: 1° l'epidermide può essere stratificata; ciò accade a gran preferenza alle parti laterali del tronco, e più specialmente verso le regioni laterali-anteriori; 2° 1’ epider- mide presentasi ordinariamente alquanto modificata, a seconda che si trova in un unico strato, ovvero in parecchi; ‘3° sotto l’epidermide stanno i nervi che formano uno strato molto sottile ed incompleto, addossato ed indivi- sibile dall’ epidermide stessa. Lo studio dell’epidermide richiede longanimità, perchè egli è oltre ogni credere malagevole il procurarsi animali intatti. Io non sono riuscito ad osservar sufficientemente l’epidermide in parecchie specie, non ostante che v’abbia usato ogni diligenza. Quando siamo padroni d’animali intatti, le ricerche riescono coi più communi DS metodi. Avvertasi però che le sezioni in generale giovan poco; egli è per contro utilissimo di distendere sul portoggetto lacinie d’epidermide strappata dalla sottoposta musculatura, oppure l’epidermide delle aree laterali, e far così l’osservazione di fronte. Le mie descrizioni sono appunto fatte sovra preparati visti di fronte, come nelle annesse figure. S 2. Epidermide delle singole specie. Spadella Hexaptera (V. tav. II, fig. 4, 5 e 9 — tav. VIII, fig. 8). Nella Spadella Hexaptera può esser semplice, o stratificata. È semplice, per es., in molti luoghi del tronco; stratificata invece, in corrispondenza al ganglio addominale, alla testa, alla sezione caudale ecc. Le cellule variano di forma nelle differenti parti del corpo. Dove lo strato è unico, le cellule possono presentarsi a contorni irre- golarissimi e si possono paragonare a foglie lobate; ma ciascun lobo alle volte è irregolarmente dentellato e ridentellato. | Invece dei dentelli vi possono essere dei filamenti sottili e lunghi, lunghi anche più della cellula, da cui si dipartono. Talvolta è un lobo intero, che d’un tratto si riduce ad un lungo filamento. Siccome questi fila- menti non si possono agevolmente distinguere dai ramuscoli nervosi; ed ancora, siccome all’epidermide sottostanno plessi nervosi complicatissimi (V. il capitolo sul sistema nervoso); così a prima giunta sembra che le cellule epidermoidali sian terminazioni nervose. Si tratta però di una ingannevole apparenza, come mi risulta da molte osservazioni dirette a questo scopo. Le singole cellule con tutti i sopradetti lobi e dentelli incastransi esattamente l’una nell’altra; lasciando appena, sui pezzi conservati, un lievissimo spazio intercellulare che risalta come una linea sinuosissima; mal saprei decidere se questo spazio esista naturalmente, ovvero sia prodotto dal metodo di conservazione. Non è facile immaginare quanto sia bizzarro l'aspetto dell’epidermide; se si distinguono nelle singole cellule due assi, l’uno longitudinale e trasversale l’altro, si vede che la lor misura è variabilissima, anche in cellule contigue l'una all’altra. Non mancano però regioni, ove questa irregolarità di forma è assai limitata ed il contorno della cellula è semplicemente dentato, o seghettato. La trasparenza e la rifrangenza, già negli animali ancor vividi, vanno soggette ad una forte variazione; alcune cellule son poco trasparenti e molto rifrangenti ed altre invece hanno i caratteri opposti; in quest’ultimo caso, a prim’aspetto, parrebbe di aver sottocchi soltanto le impronte di cellule, che si fosser staccate via; dove corrispondono siffatte cellule, a fresco, senza alcun reagente, si vede il plesso nervoso (V. Sistema nervoso). Per questo fatto, e perchè i contorni delle altre cellule, poco trasparenti e molto rifrangenti, spiccano in tutta la loro irregolarità: per tutto ciò, dico, anche qui nasce l'illusione che i prolungamenti delle cellule epiteliali vadano a continuarsi coi nervi. Ma, tornando alle due modalità d’aspetto delle cellule, talvolta la lor differenza resta abbastanza chiara anche sui pezzi conservati. Le cellule più trasparenti si trovano in generale molto meno abbondanti delle altre, tra cui sono intercalate senza regola; qua se ne può interporre una sola, là due, altrove molte; e per tratti ampî ponno mancare interamente. Come dirò nel progresso di questo volume, anche i nervi possono presentarsi con un aspetto del pari variabile, in modo correlativo a quello dell'epidermide. Forse questa duplice forma dei nervi e delle cellule vuolsi attribuire a riproduzione di nervi e di cellule in corso là dove il protoplasma delle cellule ed i nervi sono più trasparenti; ei non ci deve recar meraviglia il trovare cotale processo in moltissimi individui, perchè, com’ è detto in una pagina precedente, l'epidermide di questi animali è delicatissima ed a toccarla si guasta. In certi punti i nervi compaiono intimamente saldati con la superficie inferiore delle cellule; OO sovra pezzi, dove lo strato epiteliale è semplice, sembra che rami nervosi abbastanza grossi riposino in doccie scavate nelle cellule. Notisi fin d’ora che, ove eccettuinsi i rami diretti alle prominenze tattili, i nervi decor- rono sempre press’ a poco paralleli allo strato epiteliale. Il nucleo (continuo ancora la descrizione dell’epidermide, dov'è formata da un semplice strato di cellule) il nucleo sta nella parte più superficiale della cellula; per lo più si presenta irregolare di forma e facilmente esiste uno spazio chiaro tra esso ed il protoplasma, spazio che potrebbe devolersi ad un raggrinzamento arti- ficiale del nucleo stesso; non è raro che il nucleo presenti uno, o più vacuoli, tondeggianti, incolorabili. Il pro- toplasma in certi casi mostra una sorta di reticolo ad aree piuttosto ampie; ordinariamente però quest’ apparenza occorre in Hexapterae raccolte in cattivo stato. Passiamo ora all’epidermide, dov'è disposta in parecchi strati. Qui la dentatura è poco sviluppata, cioè dire, le cellule sono semplicemente dentellate; ed, almeno in certi punti, sono anche più piccole; qui non mi ebbi mai a riscontrare il duplice aspetto dianzi menzionato nell’epidermide, quand'è semplice. Speciale è la modalità dell'epidermide ai campi laterali nella sezione caudale; qui essa è in due strati: l’uno superficiale è di cellule poligonali a contorno uniforme e simili a quelli che descriverò sulle pinne; l’altro profondo è di cellule dentate. Le cellule dell'epidermide d’Hexaptera si isolano facilmente l’una dall’altra coi varî metodi di macerazione, che di sopra ho indicato. Spadella Bipunctata (V. tav. II, fig. 1, 2, 3). L’epidermide della Bipurctata presentasi in parecchi strati al collo; alle parti laterali di questo, il numero degli strati è maggiore. In parecchi luoghi del tronco, essa è senza nessun dubbio in unico strato. Qui le cellule offronsi ornate di dentelli semplici, finissimi e corti; i dentelli s'incontrano tra loro, come nelle ruote d’ingranaggio; resta però uno spazio intercellulare 0, come direbbesi meglio, interdentellare, spazio visibile anche a fresco, benchè angu- stissimo. Queste cellule isolansi di leggeri anche a fresco; illoro protoplasma è finamente granelloso; il nucleo è centrale, o quasi, con uno spazio perinucleare simile a quello già indicato nelle cellule d’ Hexaptera. Dove l'epidermide è stratificata, le cellule tendono alla forma ovoidale, piuttosto che alla poligonale; restano però appiattite, hanno i contorni molto segnati e senza dentelli, s'isolano di leggeri ed infine non si può scorgere alcun spazio intercellulare. In alcuni punti però, e forse ovunque, alla superficie di parecchi strati di cellule così fatte, havvene uno; le cui cellule sono simili a quelle dell’epidermide, Iù dove è semplice, ma però non hanno dentelli evidenti. Sagitta Claparèdi (V. tav. II, fig. 6, 8, 9, 10 — tav. VI, fig. 11). Sulle aree laterali del tronco, come anche sulle linee mediane, alla sezione della coda e sulle pinne pari (V. più sotto) si trova un’epidermide stratificata, con caratteri degni di nota. Essa è fatta di cellule globose, di varia grandezza, con membrana evidente, a contenuto apparentemente acquoso, ed a nucleo piccolo, addossato alla membrana; le membrane delle cellule contigue sono saldate in modo che non evvi un evidente spazio intercellulare. La sezione di quest’ epidermide sull’area laterale è in forma di triangolo, a cui fa da base = Sg press’ a poco l’area laterale stessa. Le membrane presentano una certa rigidità; a tal che se ne possono ottenere sezioni trasversali senza che avvizziscano. Superficialmente questo strano tessuto è coperto da uno strato d’epitelio pavimentoso a cellule piccole. Ugual- mente pavimentosa ed a cellule piccole è l'epidermide alla parte dorsale e ventrale del tronco, alla testa, come anche sulle pinne (V. più sotto). Le cellule di questi epitelî pavimentosi possono apparire sotto un duplice aspetto. Talora vedesi un nucleo centrale di foggia irregolarmente poligonale, da cui dipartesi un reticolo che s’estende fino alla periferia della cel- lula; talora, per contro, il protoplasma si mostra semplicemente sparso di finissimi granelli ed il nucleo è ton- deggiante. Tal altra volta si incontrano delle cellule tondeggianti, a nucleo schiacciato e periferico e col proto- plasma reticolato; queste cellule stanno sotto allo strato superficiale, od unico, dell'epidermide; precisamente, stanno in corrispondenza ai punti, in cui parecchie cellule dell’ or or nominato strato si toccano con un loro angolo. Io non so decidere se tanto l’aspetto reticolato del protoplasma, quanto quello granelloso sian normali, ovvero quale dei due lo sia e quale no; ebbi a riscontrare la prima condizione in Claparèdì ancora vive e perciò inclino a ritenerla naturale. Spadella Draco (V. tav. VII, fig. 1 — tav. III, fig. 4). L’epidermide di Draco simiglia a quella di Claparèdi, specialmente per le cellule globose. Queste formano due espansioni alle parti laterali del tronco e s’estendono anche alle pinne pari; in adulti le vidi anche sulle parti laterali della sezione caudale ed una volta le trovai perfino sulla parte anteriore della pinna impari (sul resto di questa pinna l'epidermide mancava). Anche sulla faccia dorsale della sezione caudale si trova almeno uno strato di questi elementi; invece alla faccia dorsale e ventrale del tronco, per lo manco nella sua metà anteriore, sono del tutto assenti, lo che accade ancora alla testa. Questo strano tessuto di cellule più, 0 meno globose, è poco differente di quel che segnalai nella Claparèdî; esso richiama le cellule vegetali e, più ancora, la sostanza propria della corda dorsale; in genere le cellule sono molto più ampie che nella Claparèdî ; ve ne ha però di svariatissima grandezza. Hanno esse una membrana; il nucleo è addossato a questa membrana e circondato da alquanto protoplasma granelloso; il resto della cellula è occupato da umore acquoso. Dopo la morte dell'animale, queste cellule avvizziscono e le loro membrane fanno delle piegoline. Tra le singole cellule a fresco si possono vedere degli spazî intercellulari piuttosto ampî, che son maggiori nei punti d’incontro di più di due cellule. Le cellule in discorso non sono isolabili l’una dall’altra. Forse, dovunque s’estendono, sono superficialmente coperte da uno strato d’epitelio pavimentoso, analogamente a quanto ho detto nella Claparèdì. Ciò però, nella Draco, io ho potuto verificare, soltanto alla parte anteriore del tronco. La difficoltà di ottenere Draco intatte giustifica questa lacuna. Nelle parti, dove manca questo tessuto e nelle aree laterali della coda dei giovani, evvi epidermide in uno, o parecchi strati; essa è composta di cellule pavimentose poligonali; alle parti posterior-laterali della testa ed alle laterali del collo è stratificata ed ha press’ a poco i caratteri di quelli della Bipunctata nella medesima regione; nella Draco però i contorni mi apparvero più segnati. Il tessuto d’aspetto vegetale, che abbiamo testè conosciuto, si può ragionevolmente considerare come epitelio pavimentoso modificato; perchè s'incontrano, in parecchi punti (per es. alle parti antero-laterali del tronco, ai lt confini tra il campo laterale e la superficie ventrale), delle forme che io giudico di passaggio. Si vedon, cioè, delle cellule piccole, simili a certe cellule epiteliali ad esse vicine; quelle però hanno un piccolo vacuolo pieno di liquido, vacuolo che manca a queste; egli ci pare quindi che in alcune cellule epiteliali siasi formato un vacuolo. A quel che sembra, man mano che il vacuolo ingrandisce, il nucleo si porta alla periferia, il protoplasma scema e la cellula inturgidisce. Nelle cellule massime, il protoplasma è diventato scarsissimo e forma una lieve velatura al nucleo; forse una parte di esso protoplasma ha concorso a rinforzare la membrana cellulare. Per la funzione, questo tessuto si può paragonare alla corda dorsale. Spadella Lyra (V. tav. II, fig. 24). Al collo ho veduto un vero epitelio pavimentoso a cellule poligonali, coi contorni non dentati, ma soltanto ondulati. Sul resto del corpo di questa specie, ad eccezione della pinna, non vidi che uno strato di materia amorfa, tempestata di nuclei irregolari nella forma e vacuolati; questi nuclei sono tutti press’ a poco in un piano e son sparsi a distanze reciproche piuttosto uniformi. Ho verificato questo tessuto nucleato e senza limiti cel- lulari, in Zyrae apparentemente sanissime. Spadella Minima e Serratodentata L’epidermide della Minima è a cellule poligonali, piccole, non dentate; gli spazî intercellulari sono ben spiegati; sembra che lo strato sia unico in tutto il corpo. Simile a quella di Minima è l'epidermide della Spadella Serratodentata, le cellule però son più ampie. Spadella Enflata e Magna Anche nell’Enflata l'epidermide è sottilissima. Mancai di osservarne i particolari istiologici; lo stesso devo confessare per la Magna. Spadella Subtilis È probabile che, per l’epidermide, la Subtilis si approssimi alquanto alla Draco; le espansioni laterali epi- dermoidali, in quella sono però, senza nessun dubbio, molto meno sviluppate che in questa. Gli individui da me esaminati eran così guasti che non mi fu possibile di farne più precise indagini. $ 3. Pimmento. Quasi tutte le specie ci si presentano per lo più incolore; però singoli individui di molte specie possono aver l’integumento colorato in qualche punto. È quistionabile se questi individui siano varietà delle specie, PES e, oppure se il presentarsi della maggior parte dei Chetognati per lo più senza alcuna tinta, dipenda da lesioni, tanto agevoli in questi oltremodo delicati animali. Al mio parere e l’una e l’altra ipotesi hanno riscontro nella realtà. Il pimmento può essere in granelli, ovvero sciolto; può stare nelle cellule epidermoidali. I granelli di pimmento, quando sono abbondanti nelle cellule epidermoidali, non ne invadono mai uno spazio quasi centrale, che perciò resta incoloro; questo spazio è subrotondo ed accenna al nucleo. Esso non è evidente, quando i granelli sono rari. Tutte queste cellule pimmentate hanno figura poligonale, e tra di esse esistono di sovente degli spazi inter- cellulari piuttosto larghi ed incolori affatto. Il pimmento, oltrechè nelle cellule epidermoidali, può trovarsi in quelle della corona cigliata e fers'anche in quelle delle prominenze tattili (V. più innanzi). Il colore varia; ha però un curioso rapporto col cibo e coll’ambiente; cioè dire, le specie di superficie, che sogliono mangiare crostacei bleu marin, di spesso hanno appunto tale colore, che è commune anche all’acqua, in cui nuotano; la Claparèdi, che vive spesso tra alghe giallo-verdi e si pasce di crostacei similmente colorati, ha appunto una tinta gialla, o verde marcio. Non si può credere però ad una diretta dipendenza del color del cibo; perchè ho veduto il dleu marin sulla testa di Bipunctatae neonate, che non aveano per anco assunto alcun alimento. Forse que’ colori sono ai Chetognati di qualche utilità, ma ciò non si potrà sostenere sodamente fino a che non conosceremo a fondo i loro costumi. Non è forse inutile che qui registri i colori per me osservati nelle singole specie. Un tronco di Hexaptera lunga centim. 2 !/,, era sparso di macchie brune e di macchie bleu marin; questo pimmento era in granelli che infarcivano le cellule di uno strato d’epitelio pavimentoso, senza dentello alcuno: strato che soprastava all’epidermide ordinaria ed era presente soltanto, là dove si trovavan le macchie. In due Hezapterae femminilmente mature la pinna caudale era per gran parte bleu marin. In un’ Heraptera del pari matura, allo sbocco esterno dell’ovispermadotto, stava del pimmento granuloso giallo-bruno. In Lyrae giovani, od adulte, non di rado, si vede la parte dorsale del prepuzio giallo-bruna per pimmento granelloso. La stessa parte nell’Enflata e nella Bipunctata può essere bleu marin, ancora per pimmento granel- loso. La Bipunctata e la Minima frequenti volte presentano su tutta la superficie del corpo una legger tinta cilestrina, la quale è derivata da pimmento sparso in rari granelli specialmente sulle prominenze tattili. Nella Claparèdi alle volte una gran parte del corpo è colorata in giallo; per lo più vi son qua e là sol- tanto delle macchie gialle. Questo pimmento è sciolto uniformemente in gruppi di cellule pavimentose dell’epi- dermide. All’estremità anteriore delle pinne pari vi sono delle linee nere per pimmento in granuli neri; i quali, a quanto sembra, stanno alla superficie dell’ epidermide. Pimmento simile trovasi nelle cellule allo sbocco del- l’ovispermadotto, nelle clave ed alla loro base. Di altre colorazioni, che si riscontrano sulla vescicola spermatica di tutte le specie, terrò parola nel capitolo sugli organi genitali maschili. SA GIA PARTE 2. Appendici dell’epidermide. S 1 Pinne (V. tav. II, fig. 14 — tav. V, fig. 14). L’occhio di chi esamina un Chetognato è colpito da certe appendici quasi sempre orizzontali, che danno all’animale l'aspetto d’un pesce, ovvero d’un cetaceo. Hanno figura di segmento di cerchio, o di lunule, o di triangolo; riposano sul corpo dell'animale con una base allargata e diminuiscono gradatamente di spessore verso il loro margine libero, dove sono mollissime e flessibilissime, anche nelle specie più voluminose. ) Le pinne sono in numero di tre, o cinque, a seconda della specie; quando nell’adulto non ve ne sono che tre, si trovan le espansioni laterali dell’epidermide, di cui già dissi più sopra e che potrebbero considerarsi formazioni pinnoidi. In tutte le specie esiste una pinna impari, che abbraccia l’estremità posteriore del corpo. Le altre quattro, o le altre due, sono disposte per paia sui campi laterali; e precisamente un paio (medie) s’estende in parte sulla coda ed in parte sul tronco, l’altro (anteriori) sta tra questo paio ed il ganglio addominale. Le pinne anteriori son gracili in tutte le specie; le medie e le impari sono relativamente robuste. Il Chetognato neonato possiede tre sole pinne, cioè le medie e le impari. Sono esse appunto quelle che s'incontrano nei Chetognati, che possiedono tre sole pinne anche quando sono adulti. Nella Lyra, le anteriori e le medie sono riunite assieme da una cornice, o ponte, molto stretto. La pinna si compone: 1° di una sostanza fondamentale amorfa; 2° d’un inviluppo completo, o no, fatto di raggi (che all’occhio nudo nell’ Heraptera paiono strie delicate), tra cui sono 3° delle cellule interradiali ; 4° di una copertura superficiale di epidermide; 5° di numerosi nervi, che decorrono sotto quest’ epidermide, ad eccezione dei ramuscoli terminali, che l’attraversano e vanno alle prominenze sensitive; 6° di queste è cosparsa abbondantemente ogni pinna. La sostanza amorfa si colora forte con parecchie materie coloranti. Alle pinne laterali compare, coi tagli trasversali del corpo dell'animale, sotto figura di triangolo, con un lato piccolo corrispondente all’area laterale (ed in rapporto diretto di continuità col peritoneo); è limitata alla metà interna, o basilare della pinna. Poco dissimilmente si comporta nella pinna impari; colorandola, resta facile vederne ad occhio nudo la delimitazione: è, per così dire, una piccola pinna iscritta nella pinna vera, a cui è simile e con cui ha com- mune l’inserzione sulla coda. I raggi sono di sostanza chitinoide; più o meno appiattiti nel senso dorso-ventrale e più o meno distanti gli uni dagli altri (di spesso questa distanza nelle pinne laterali è maggiore che nell’impari). Essi possono limi- tarsi alla parte esterna della pinna, e perciò avanzarsi appena per pochissimo tratto sulla sostanza amorfa; oppure s'estendono anche su questa, fino all’inserzione della pinna. Possono mancare, per es., all'estremità anteriore della pinna anteriore nella Lyra ece. Nella parte esterna della pinna, dove non c’è la sostanza amorfa, sono in un unico strato; quando incontrano questa sostanza, si dividono in due straterelli dorsale l’uno e ventrale l’altro; i quali così le formano una sorta di inviluppo. Pauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. d SP MAURO Questi raggi son quasi paralleli gli uni agli altri. La lor lunghezza e la lor grossezza sono incostanti ; in una stessa pinna s’alternano raggi sottili e grossi; là uno termina, quà uno nuovo si interpone, ognora senza regola. Essi infine sono più, o meno, appuntati alle loro estremità. Le cellule interradiali si trovano non soltanto nei giovani, ma anche in individui, almeno maschilmente, maturi. Si vedono facilmente alla parte interna (basilare) della pinna impari; son cellule quadrangolari allun- gate, a nucleo grande, scarse di protoplasma, disposte per lo più in singole serie parallele ai raggi; è regola che una serie di cellule alterna con un raggio (V. tav. II, fig. 14). I nervi si possono verificar di leggeri nella pinna impari; pervengono a questa da rami degli addominali posteriori; son tre, quattro tronchi abbastanza grossi; essi si staccano lateralmente (dalla porzione della coda, che è circondata dalla pinna) e si spandono sovra di essa; quelli d’un lato sulla metà correlativa della pinna stessa. Nell’ Heraptera si vedono evidenti plessi simili a quelli che descriverò più avanti (V. Sistema nervoso). L'epidermide forma un involucro generale della pinna. Nella Minima e nella Claparèdi, l'epidermide della pinna impari risulta d’uno strato di cellule poligonali piatte, simili a quelle che ho descritte sul loro tronco (V. tav. II, fig. 8). Nelle pinne laterali della Draco e della Claparèdi esistono, come venne giù menzionato, delle cel- lule globose. Nell’Heraptera e nella Magna, sovra buone preparazioni coll’ oro, 0 coll’osmio, perfezionate, o no, con colo- razioni carminiche, si vede che 1’ epidermide risulta (V. tav. II, fig. 9) di uno strato superficiale di ampie cellule poligonali, a nucleo quasi centrale, piuttosto grosso; attorno a questo sta una velatura di protoplasma; il resto della cellula sembra ridotto in un fino reticolo ad areole poligonali. Al centro d’ogni areola, profondamente, si può trovare un corpicciolo nucleiforme. Parrebbe perciò che sotto uno strato di cellule poligonali ampie stesse uno strato di cellule piccole: non meno di quindici piccole sotto una grande. Se i detti corpiccioli non si voles- sero riconoscere nuclei di celluline, bisognerebbe ritenerli grossi protomerà delle cellule epiteliali. Qua e là in certi punti, in cui s’incontrano parecchie delle or ora menzionate cellule ampie, s’interpongono evidenti spazi intercellulari. A tutta prima sembra di veder delle cellule strane, ma la mancanza del nucleo ci fa immediata- mente riconoscere l'errore. Alle pinne non vanno muscoli, e però esse non hanno un motore proprio e la loro funzione è ben differente di quella delle pinne dei pesci, degli eteropodi ecc. Allargando la superficie orizzontale del corpo, esse facili- tano la sospensione dell’animale sull’acqua e servono come organo d’equilibramento. Passivamente, per la contrazione del corpo dell’animale, la pinna caudale è trascinata a hatter l’acqua, ciò che forse facilita la locomozione. Questo non si deve dimenticare che, cioè, le pinne per la lor ricchezza di prominenze servono mirabil- mente, come organi tattili. Infine si può pensare ch’esse proteggano le aree laterali, le quali, per la scarsezza o mancanza di muscu- latura, restano debolissime. M'è però d’uopo confessare che, anche tirando la somma di tutte queste supposte funzioni, non mi sembra di esser del tutto al chiaro sul vero valore fisiologico degli organi in discorso, tanto caratteristici dei Che- tognati; cotale mio dubbio è motivato sopratutto da ciò che i Chetognati più voluminosi hanno pinne rela- tivamente piccole. co Ut | $S 2. Organi della Draco (V. tav. VII, fig. 1 e 14). Non posso far meglio che collocar qui la descrizione d’ un organo speciale della Draco. Se abbiamo la fortuna d’imbatterci in una Draco intatta, a livello del ganglio addominale, sulle parti laterali del corpo, ci colpisce la presenza di un ciuffo di setue grigiastre; partono da una base commune e man mano che se ne allontanano, divergono l’una dall’ altra; verso l'estremità libera si curvano infuori ed un po’ in- dietro; in tutto son lunghe forse due mmt. Ciascuna seta è un fascicolo di setole cementate tra loro da sostanza amorfa; queste setole s’assottigliano, procedendo dalla base verso la punta; qua e colà portano dei corpiccioli (nuclei ?) (V. tav. VII, fig. 14 B e €). La base commune delle setae è un breve infossamento dell’epidermide tapezzato da cellule coniche; i rapporti di queste con le setole io non ho potuto discovrire, una volta però mi parye evidente che queste cellule fosser collocate tra le setole. A questi organi non vanno nervi. Mentre gli è facilissimo di rilevare i nervi delle prominenze sensitive della Draco, non si può mai trovarne alcuno destinato a questi organi di cui discorriamo, non ostante che le condizioni di visibilità di nervi restino identiche. Di più questi fascicoli di setole son tanto lunghi e grossolani che si stenterebbe a crederli capaci di una funzione nervosa. Ho voluto interrogare anche l’esperienza; toccando la pinna caudale, l’animale veloce, come una saetta, fugge lontano. Toccando invece queste setue, non dà a dive- dere d’ accorgersene. Dalle antescritte osservazioni, s'io non m’inganno, deriva che gli organi speciali della Draco non sono di senso. Privi di essi, questi Chetognati si locomovono rapidamente ed ordinatamente come se li avessero ancora. Esistono già nei giovani, quando sono lunghi appena poco più di due mmt. Ne manca qualunque accenno in tutte le altre specie. To non so trovar ad essi un’ adequata significazione; si potrebbe forse tentar di paragonarli a pinne pro- fondamente modificate. Non voglio infine tacere che gli organi in discorso nella prima sembianza ricordano da vicino gli organi odoriferi delle farfalle ed in ispecie quelli dei maschi della Sphina Convolvuli. S 3. Cellule adesive (V. tav. II, fig. 6 e 7). Esaminando una Claparèdi vivida, ad un forte ingrandimento, egli è agevole rilevare una grande diffe- renza tra la superficie dorsale e la ventrale. Mentre l’epidermide del dorso, se si eccettuano le prominenze tattili, è liscia come in tutte le Spadelle; quella del ventre per contro appare scabra per numerose papille. Esse sono svariatissime per larghezza; talvolta appaiono sormontate da papilluzze secondarie; come c’insegnano tanto le sezioni che le dilacerazioni, queste papille sono formate da una cellula di varia altezza, o da un gruppo di cellule in un semplice strato, cellule parimenti di altezza diversa, nelle diverse ed anche in una medesima papilla. Tali cellule son collocate perpendicolarmente, o quasi, all’epidermide. Quando come ho detto, alcune cel- lule d’una papilla sono più alte delle altre, allora compaiono le menzionate papilluzze. Queste cellule s'incontrano isolate, e le papille son perciò piccolissime, alla parte posteriore della coda, sulle pinne ed infine alla parte anteriore del tronco. S'incontrano in sruppi sui margini liberi delle pinne laterali, Q — d —_ alla parte posteriore del tronco ed a quella anteriore della coda. Presso a poco a livello del setto trasversale vi sono dei gruppi assai avvicinati gli uni agli altri, sicchè formano poco meno che un rivestimento continuo dell’ epidermide. Le cellule in discorso varian di dimensione e di forma; ve ne ha di corte e di lunghe; in genere hanno la forma di giovane boleto, portano cioè alle lor estremità libere una sorta di bottoncino. Il bottoncino, con certi metodi di conservazione diventa granelloso; in animali ancor vividi od appena morti, anche coll’aggiunta d’acido acetico non vi riscontrai mai nè granuli nè bastoncini. Il peduncolo, a cui s’attacca il bottoncino, s’ allarga alquanto verso la base; sicchè sotto al bottoncino si scorge una sorta di collo, appunto come nei giovani boleti. Verso la metà dell’altezza di queste cellule sta un nucleo ovale. Il protoplasma del peduncolo può apparire granuloso, come il bottoncino, nei pezzi conservati, e non possiede mai pimmento. Nel tingere queste cellule, frequenti volte la colorazione resta diffusa al peduncolo ed al bottoncino, ma di rado però questo si colora più di quello. Le cellule che or termino di descrivere, ci porgono la spiegazione di un singolar fenomeno offerto dalla Cla- paròdi. Se si mette in un vaso di vetro melma ed alghe, in cui stian nascoste queste Spadelle, dopo qualche tempo molte di esse si portanò alla superficie del vetro e vi si appicciano. Siffatto appicciamento accade per mezzo della superficie ventrale e precisamente per poco più della sua metà posteriore. L’aderenza al livello del setto trasversale è più salda che in ogni altro punto. V'è quando è più facile stracciare in pezzi l’animale, che staccarlo del vetro. Spesso non è sufficiente a svincolarlo l’assorbimento esercitato coi communi tubi di vetro. La presenza delle papille nelle regioni con cui l’animale contrae aderenza, l’esser l’aderenza più forte là dov’esse più abbondano, il verificarsi questa capacità d’adesione soltanto in Chetognati che ne sono forniti (Claparèdi, Cephaloptera) ('), tutti questi fatti sono prova manifesta dell’insigne attitudine delle cellule di sopra descritte, a contrarre adesione col vetro e con altri corpi solidi. Il perchè sta loro bene di chiamarle con Hertwig cellule adesive; egli però va più avanti ed asserisce che l’adesione accade per mezzo di muco secreto dalle cellule stesse, che perciò giudica mucipare, anzi a suo credere il bottoncino della cellula non consterebbe che di muco. A me non sembra di dovergli menar buona questa supposizione sulla natura del bottoncino; e ciò perchè la sua presenza sulle cellule è costante, e sempre una è la sua forma; gli opposti dovrebbero verificarsi se fosse semplicemente muco. Anche la significazione fisiologica di questi organi per me resta misteriosa. Hertwig vorrebbe riferirli alla sta- zione della Claparèdi, in mezzo alle alghe ed alle pietre. Io, per quanto acuissi 1’ occhio, non sorpresi mai una Claparèdi aderente nè alle alghe, nè alle pietre. E (come io ho trovato nella letteratura) esiste una specie di superficie (C. Darwini) la quale pure aderisce al vetro. $ 4. Ghiandole (V. tav. VIII, fig. 5). Nella Claparèdi, lunghesso la faccia dorsale delle pinne laterali; e, più precisamente, lunghesso quella x parte (di questa faccia) che è contigua al tronco, si trova una serie longitudinale di ghiandole pluricellulari. (!) Per la Darwini mancano le osservazioni. — 3 Son forse una dozzina per ogni lato e contigue l’una all’altra. Ciascuna ha contorno quasi circolare; è coperta da epidermide e risulta di cellule disposte presso a poco, come rosette, in un solo strato; ma, a quel che sembra, sono un po’ inclinate in guisa che verso il centro si forma un leggero avvallamento; al centro corrisponde, a quanto sembra, un piccolo sbocco circolare, attraverso l'epidermide. Le cellule ghiandolari sono poligonali-piriformi, a nucleo eccentrico; il protoplasma sembra diviso in granelli splendenti che spiccano sopratutto coll'azione dell’acido acetico. Verosimilmente essi vengono versati all’esterno, come fanno manifesto dei granelli, che a fresco si vedono costantemente al sopradetto sbocco. NOTE STORICHE Delle prime notizie sull’ epidermide andiamo debitori a Claparède ed a Gegenbaur. Nessun ‘altro ne trattò tino ad Hertwig, che rilevò -non pochi punti nuovi, ma fu però qui come altrove, brevissimo e tralasciò molti fatti ed in parecchi luoghi fu poco esatto (stratificazione, varietà dell’ epidermide nelle varie specie ecc.). Le pinne (ove si eccettuino i nervi che sfuggirono anche ad Hertwig. le cellule interradiali, di cui ammise l’esistenza appena nell’embrione, l’epidermide che Hertwig accennò semplicemente e senza verun particolare) le pinne, dico, eran già state ben descritte da Krohn; Hertwig a torto sostiene che die Stutzgallerte blieb seither unbemerkt. Infatti Krohn scrive che le pinne constano di una sostanza fondamentale, affatto translucida, amorfa senza cellule e senza fibre, d’un inviluppo di raggi ecc. Le papille adesive vennero scoperte da Busch; Hertwig ne rilevò la struttura istiologica. Io ho confer- mato le osservazioni d’ Hertwig, aggiungendo dei particolari e correggendo alcune inesattezze (il pimmento ed i bastoncelli ch'egli ha ammesso in queste cellule, secondo me, non esistono). Le ghiandole fin qui eran sfuggite all’osservazione di tutti i zoologhi. Gli organi del Draco eran già stati segnalati da Krohn e (con maggiori particolari) da Hertwig; quest’ ultimo li giudicò organi tattili. CAPITOLO II. Sistema muscolare. Nel sistema muscolare si può distinguere una musculatura generale, ed un’altra speciale pel capo. La musculatura generale è a sua volta capace d’una suddivisione in primaria e secondaria. Parlerò primamente della musculatura generale primaria; in secondo luogo di quella secondaria; e finalmente di quella speciale al capo. Dopo la descrizione della quale, piglieremo nota di un prepuzio e di un singolarissimo organo intra- muscolare. $ 1. Musculatura generale primaria (V. tav. XI, fig. 4 — tav. XII, fig. 12). Delineo anzitutto la sua disposizione generale. Essa sta sotto lo strato nerveo da cui si può presentar decisamente separata per mezzo di una lamella sottilissima, anista, che si tinge fortemente con le varie sostanze coloranti. Notisi però che non mi venne fatto di scoprire cotale lamella nelle specie piccole, come anche in parecchie regioni delle specie voluminose. La musculatura s’estende per tutto il tronco, per tutta la coda ed in piccola parte si prolunga anche nella testa. Decorre sempre longitudinale. Sta raccolta in quattro nastri: due ventrali e due dorsali. Due linee longitudinali-mediane (una dorsale ed una ventrale) e due aree laterali (una destra ed una sinistra) spartiscono l’un dall'altro i quattro nastri. Distin- guiamo in questi nastri una lunghezza (nel senso antero-posteriore dell’animale), una larghezza (segnata dalla distanza tra una linea ed un area), infine un’ altezza o spessore. Tutte e tre le dimensioni crescono pressa poco in proporzione diretta con la taglia del corpo della specie, in cui si misurano. Lo spessore è variabile in uno stesso nastro, a seconda della specie, o del punto in cui si osserva; così a modo d'esempio, nella Draco è massimo a lato della linea mediana (per lo manco a livello del ganglio addominale); nella Bipunetata, nella Claparèdì e nell’ Hexaptera il massimo spessore verificasi sulla parte mediana della larghezza del nastro. Nella Magna press’a poco in questa stessa parte la musculatura offresi molto assottigliata, sopratutto nei nastri dorsali. In una sola delle dieci specie da me esaminate, e precisamente nella Claparèdi, ad una parte della musculatura longitudinale ne sottostà una trasversale o sagittale che vogliasi dire; e, precisando, sono due lamelle sottili che ricoprono la superficie profonda dei nastri ventrali nella sezione del tronco: una lamella destra ricopre il nastro destro, una sinistra il sinistro (V. tav. VI, fig. 11, mt). Scendiamo alla struttura intima della musculatura in ‘discorso. Essa è striata in senso trasversale, o quasi, e due sono le modalità di questa striatura. L'una è più comune; l’altra esiste solamente in una parte (?) del corpo dell’ Enflata e della Lyra. In questo secondo caso, ad una fascia chiara, molto rifrangente che non si colora punto con le varie sostanze coloranti, segue da un lato una fascia piuttosto alta, dall’altra una linea. Tanto la fascia, quanto la linea sono oscure, poco rifran- genti e sono colorabili col carmino e coll'ematossilina, Quando siam davanti alla prima modalità di striatura invece d’una linea e d’una fascia oscura, vediamo due fasce oscure eguali l’una all’altra, l'una naturalmente è al di qua e l’altra al di là della fascia chiara ('). Come ho già accennato, queste modalità di striatura si trovano costantemente in determinate regioni, di determinate specie; perciò sono obbligato a credere che esse rappresentino una varietà di struttura e non già mutamenti subordinati allo stadio di contrazione. Nelle fascie oscure d’ambo le modalità è evidente una porzione chiara paragonabile alla stria di Hensen. (') Il sig. prof. Nasse (Zur Anatomie und Physiologie der quergestreiften Muskelsubstanz, Leipzig 1882) sostiene che la Zwischenscheibe esiste in tutta la musculatura delle Sagitte e (come mi ha gentilmente scritto) egli crede che la mia modalità di mîsculatura a linee oscure basse alternanti con fasce oscure alte, rappresenti la vera condizione della striatura; e che là dove io ho incontrato fascie uniformi, mi è sfuggita, per insufficienza della preparazione, la linea bassa (Zwischenscheibe). Io non ho occasione di ripetere le mie osservazioni coi metodi perfezionati, che vennero proposti dallo stesso sig. Nasse; posso concedergli che in tutte le Sagitte esista la Zwischenscheibe, ma fino a migliori prove non eredo che la Zwischenscheibe e la mia linea oscura bassa siano unum et idem. 0) Tutte queste osservazioni riescono a fresco e sono controllabili su pezzi conservati dall’ osmio. Sovra un individuo fresco di piccola specie, di leggeri si acquista la sicurezza che ogni nastro è scompartito in molti nastrini longitudinali, i quali decorrono paralleli e non interrotti per tutta la lunghezza dell’ animale. Se si fa una leggera compressione, ogni nastrino compare formato quasi da due pagine; le quali stanno disposte per modo da fare un angolo solido acuto sulla superficie del corpo. Ciascuna pagina risulta di fibre oblique, che corrono tra i suoi propri margini longitudinali e sono parallele tra loro; sovra una pagina però sono oblique in un senso, sovra l’altra in senso opposto; e perciò ogni nastrino sembra un vessillo di penna d’uccello; eguale dispo- sizione ripetesi sul nastrino contiguo, per modo però che sul nastro alternano regolarmente le pagine a fibre oblique in un senso con quelle oblique in senso opposto. Macerando i nastri musculari, sì dividono in sottilissime lamelle di svariate forme ed ampiezze. Nelle piccole specie, in generale, s’isolano lamelle, le quali vedute di fronte sono rettangoli, molto lunghi, poco larghi e molto meno grossi o spessi; queste lamelle son disposte per modo che la loro lunghezza corre parallela alla lunghezza del corpo dell’animale (V. tav. VII, fig. 9 6 10). Si trovano di sovente sovrapposte l’una all'altra come pagine d’un libro. Guardandole di sbieco, paiono fibre più o meno sottili. La loro striatura sembra urica in tutto lo spessore, cioè dire le lamelle sembran formate da un’unica serie longitudinale di pezzi alternativamente chiari ed oscuri. La striatura è perciò parallela ai lati minori del rettangolo. Nelle specie voluminose si isolano delle lamelle alquanto differenti (V. tav. VII, fig. 2, 3 e 4). Il loro studio mi riescì più proficuo che non quello delle precedenti. 4 ‘ Intanto anche in queste distinguonsi tre dimensioni: una lunghezza, che corre parallela alla lunghezza dell’animale ed è ordinariamente molto maggiore della larghezza; la quale a sua volta supera sempre di gran lunga l'altezza (spessore, od anche grossezza); quest’ è sempre lievissima. Un fatto importante che risalta nelle lamelle isolate, è questo che siegue (V. fig. cit. lm): un margine lon- gitudinale si prolunga in un’orlatura anista che può giudicarsi aponeurotica; tale margine, per brevità, deno- minerò d’indi innanzi aponeurotico. Per la massima parte le lamelle sono romboidali ed un lato del romboide, ordinariamente uno mag- giore (e di spesso maggiore di molto), è l’ aponeurotico. In piccola parte sono trapeziche allungate ed un lato parallelo del trapezio è l’aponeurotico. Di questa forma ne distinguo due varietà: l’una è a trapezio molto alto e nonmolto largo, 1’ altra ha i caratteri opposti; l'una e l’altra tal fiata presentansi un po’ curve, a concavità verso il celoma. Sonvi inoltre, e non lo si dimentichi, sonvi numerose forme intermedie a tutte queste. La lunghezza delle lamelle compare varia; più cura s’adopera nel fare la preparazione, più si isolano lunghe. Il perchè io non sono alieno dal credere che esse si prolunghino anche per tutta la lunghezza dei nastri, e che però le lamelle, quali si ottengono d’ordinario, non siano che frammenti. In appoggio a questa mia opinione soggiungerò che i lati delle lamelle obliqui all’aponeurotico non hanno un contorno speciale e regolare; e che le lamelle, qualunque siasi la lor lunghezza, presentano un accenno più o meno chiaro, di spezzature, secondo linee che in moltissimi casi sono parallele appunto ai lati che sono obliqui all’aponeurotico (V. tav. VII, fig. 3 e 4). Ma su questo stesso argomento tornerò più sotto. Ora invece vo’ avvertire che anche in queste, come nelle lamelle delle specie piccole, la striatura è unica per tutto il loro spessore. Rn La linea di striatura è nel senso della larghezza delle lamelle, ma è un po’ curva; prescindendo da cotale curvatura, la direzione di questa striatura è costante nelle lamelle d’ugual forma, e corre più o meno obliqua rispetto al lato aponeurotico. Talvolta s’isolano delle lamelle romboidali sovrapposte l’una all’altra come pagine d’un libro; talvolta in una di queste, la striatura è obliqua in un senso ed in quella sovrapposta lo è in senso contrario. Ho già accennato che certe lamelle, ed or qui aggiungo che tutte, presentano linee di spezzature più o meno chiare, le quali si prolungano di spesso anche sull’orlatura e dividono tutta la lamella in tante striscie disuguali di larghezza. Ciascuna di queste consta di uno strato di finissime fibrille disposte press’ a poco secondo la sua lunghezza. Non si riesce a constatare una sostanza che tenga connesse fra loro queste fibrille. Non possiamo proseguire senza volgere per un momento l’attenzione alla già cennata orlatura apo- neurotica. La lamella è disposta nel nastro musculare in modo che l’orlatura guarda sempre il celoma; per persua- dercene basta già smuovere il vetro coproggetti d’una preparazione incompletamente dilacerata. Se si osserva un nastro musculare dalla superficie interna, ossia dalla superficie che guarda il celoma (V. tav. II, fig. 19, 20 e 21), invece dell’endotelio peritoneale (che descriverò più avanti sulle aree laterali) si trova un sottil strato anisto; alla sua faccia esterna, questo strato dà molti sepimenti perpendicolari (ciò si vedrà meglio qui appresso nelle sezioni trasversali); i quali vanno alle lamelle musculari. Questi sepimenti sono appunto le orlature aponeurotiche dianzi ricordate. Lo strato anisto di sovente presentasi pieghettato; da onde nasce l’illu- sione che invece d’una vera lamina sianvi delle fibre irregolari. Le orlature aponeurotiche producono sulla lamina anista (quando è veduta di fronte e spiegata) l'aspetto di strie longitudinali. A ridosso della superficie esterna dello strato anisto, tra le orlature, vi sono nuclei piuttosto rari, su linee spezzate e senza regola evidente; varia è la loro forma, quali sono ovali, quali fusiformi, quali a foggia di manubrio; talvolta compaiono curvi sovra sè stessi, quasi formassero due nuclei addossati 1’ uno all’altro. Se lo strato anisto nella preparazione non si piegolina, è più facile d’avvenirci a forme dritte, disposte col lor diametro maggiore secondo la lunghezza delle lamelle; se lo strato anisto è all'incontro piegolinato, abbondano le forme ricurve. Nuclei diritti simili a quelli in discorso appresentansi anche nello spessore del nastro musculare. Ad ogni nucleo corrisponde una porzione di parecchie lamelle; pare certo che sulla lunghezza d'ogni lamella si trovano parecchi nuclei. Gli è perciò lecita l’illazione: che se questi nuclei si considerano come mioblasti, un mioblasto abbia concorso alla fabbrica di parecchie lamelle e parecchi mioblasti alla fabbrica d’ogni lamella. Sui tagli si completano alla meglio le cognizioni già acquistate sulla struttura dei nastri musculari. Per chiarezza avverto che nella descrizione che siegue, io userò la denominazione di lamella per quelle parti che, a mio credere, corrispondono alle lamelle precedentemente descritte. Comincio colle specie piccole. Nella Draco, sui tagli trasversi, si avverte che il nastro consta di lame radiali all’asse del corpo, ovvero siano disposte press’ a poco parallele l'una all’altra e perpendicolari alla superficie esterna del corpo. Ogni lama poi è composta di lamelle parallele l’una all’altra, ma oblique rispetto alla superficie esterna del corpo; l’obliquità loro è inversa nelle lame contigue, sicchè il taglio trasversale di due lame contigue prende l’aspetto del vessillo di penna d’uccello. — = In alcune regioni (per es. alla coda nella Bipunctata) a due lame (che diremo maggiori) ordinate nel modo or detto per la Draco fa seguito una terza (lama minore) molto meno larga e limitata alla parte più esterna (o più superficiale che si chiami) delle lame; essa è difficilmente visibile e sembra composta di due serie di lamelle minime, parallele tra loro ed alle lame (V. tav. XII, fig. 14). Per questi ordinamenti, che siamo venuti esponendo, tanto tra le lame che tra le lamelle, restano degli interstizî visibili sui tagli trasversali ed apparentemente occupati da materia amorfa. Risaltano sopratutto due interstizî: uno largo quanto il nastro alternaute con un secondo limitato alla sua parte interna; quello è tra due lame maggiori negli spazî, in cui non vi è interposta la lama minore; questo è interno, o profondo rispetto alle lame minori. Là dove queste lame minori mancano, gli interstizî sono tutti larghi quanto il nastro ed uniformi. Verso il celoma le lame sembrano congiunte a due a due o, con altri termini, due lame contigue si cur- vano alquanto l’una verso l’altra e non si può dir con sicurezza dove finiscono le lamelle dell’una e cominciano quelle dell’ altra. Decisa invece suol essere la loro separazione alla superficie epidermoidale. Quando tra due paia di lame maggiori se ne frappone una minore, sono le lame appaiate quelle che sem- brano congiunte assieme verso il celoma. La disposizione, che ho già più volte detta a penna d’uccello s’incontra ovunque, tanto nei punti dove il nastro è sottile, quanto in quelli dove è grosso (V. tav. V, fig. 14). Fin qui parlai delle specie piccole; colle grosse non ho ottenuto sezioni buone nei punti, dove la muscu- latura è più spessa; mi riuscirono invece nell’Heraptera, in corrispondenza al ganglio addominale (V. tav. VII, fig. 5), sulla coda vicino alle aree laterali ed in una parte del collo. In tutte queste regioni non riscontrai una disposizione simile a quella che ho descritta nelle specie piccole. Per contro, la musculatura sui tagli trasversali compare in lamelle press’ a poco perpendicolari alla superficie del corpo, ovvero radiali rispetto al suo asse. Ogni lamella presenta una striatura per lo più parallela alla superficie del corpo; raramente obliqua ad essa; più raramente ancora l’obliquità della striatura alterna in due lamelle contigue, sì da produrre l’imagine di penna d’uccello. Alcune lamine non occupano tutto lo spes- sore del nastro musculare. I tagli ci mostrano chiaramente le disposizioni delle orlature delle lamine aniste e dei nuclei, già da me descritte in preparati per dilacerazione, e permettono d’aggiungere alcuni particolari. Nelle specie piccole non si può scovrir vere orlature aponeurotiche. I nuclei in esse hanno soventi fiate una collocazione molto regolare, sono cioè nelle sopradette linee in cui le lame sembrano congiunte a due a due (verso il celoma); e per lo meno quando esistono lame maggiori e minori, oltrecchè alla linea di congiungimento delle due lame maggiori contigue, si trovano anche sotto (cioè profondamente) alle lame minori. Però non tutti i tagli trasversali offrono dei nuclei. Giunti pressochè al termine della nostra analisi della musculatura generale primaria, gettiamo per un poco unò sguardo sintetico sull’intima costituzione della medesima. Si può stabilire che essa è divisibile in unità di vario ordine; la minima è una fibrilla finissima, ed è comune a tutte le specie. Nelle piccole, una somma di fibrille (disposte parallele e tutte in un piano) forma una lamella; una somma di lamelle (parallele secondo le loro faccie e parimenti in un piano) forma unalama; due, tre lame (similmente disposte) formano alla lor volta un nastrino; una somma di nastrini (similmente disposti) forma un nastro; Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 6 Se d quattro nastri simili formano tutta la musculatura. Le lame sono perpendicolari alla superficie del corpo e le lamelle invece restano oblique. Nelle specie grandi una somma di fibrille (parallele ed in un piano unico) forma una striscia; una somma di strisce (parallele secondo le loro faccie e tutte in un piano) forma una lamella; una somma di lamelle (similmente disposte) forma un nastro; quattro nastri formano tutta la musculatura; le lamelle sono pressochè perpendicolari alla superficie del corpo. Ho indicato col nome di lamelle le unità che si isolano con le dilacerazioni; se cotali unità delle specie grandi siano omologhe a quelle delle specie piccole è un nodo ch'io non so sgroppare. Lo strato anisto coi relativi sepimenti anisti può compararsi ad una disposizione aponeurotica o sarcolem- matica, che si preferisca dirla. I nuclei nello spessore del nastro sono simili a quelli della sua superficie profonda e possono considerarsi musculari. Perchè in corrispondenza ai nastri musculari il celoma non è ricoperto da un vero peritoneo, non ci sembra azzardoso il considerare la disposizione aponeurotica ed i nuclei, come peritoneo modificato. In questa musculatura l’ elemento cellulare non è distinguibile da ciò che esso ha prodotto; ogni nastro musculare colle sue aponeurosi e co’ suoi nuclei è un sincizio, di cui le fibrille musculari sarebbero secrezione comune. Parecchi mioblasti hanno concorso a formare una fibrilla; viceversa, ogni nucleo coopera alla fabbrica di parecchie fibrille. Aggiungo alcuni particolari sulla musculatura trasversale della Claparèdi. È uno strato composto di molte lamelle, sottilissime, a figura di rettangolo, con un lato lungo quanto è largo il nastro e l’altro molto più corto; esse lamelle sono collocate parallele l’una all’altra, in un solo strato e contigue coiloro lati lunghi. Una stretta linea occupata da materia anista separa l’una dall’altra le lamelle. Tra questo strato trasversale ed il longitudinale esiste uno spazio più o meno angusto, attraversato da fibrille connettive. La striatura ricorda quella che è propria della musculatura generale secondaria, di cui dirò in appresso. Questa musculatura è limitata alla sezione del tronco; e manca nella Draco, contrariamente a quel che lascia supporre Hertwig. Finirò il paragrafo con brevissimi cenni intorno alla funzione della musculatura generale primaria. Essa è di gran lunga più importante delle altre pella locomozione. Non v'ha predominio della dorsale sulla ventrale, nè viceversa. L'animale violentemente ucciso or presentasi curvo nel senso del dorso ed or in quello del ventre, talvolta anche diritto. Il locomoversi ordinario essenzialmente si riduce a due atti, che sono: 1° un incurvarsi dell'animale sopra sè stesso in vario grado ed in varî punti del corpo, sempre però nel senso dorso-ventrale; 2° un ridistendersi d’un tratto, quasi scattando. La pinna caudale vien passivamente trascinata a shatter l’acqua di qua e di là, come una piccola pala. Attraverso le pareti dei soliti vasi di vetro, i Chetognati quando sono fermi, si presentano ordinariamente colle pinne in direzione obliqua rispetto alla superficie dell’acqua. Ma nel locomoversi mutano questa posizione ed eseguiscono perfino delle rotazioni sul loro asse longitudinale. La striatura trasversale delle fibre musculari spiega la rapidità dei movimenti dei Chetognati; specialmente da questa rapidità dev’ esser stato colpito Slabber, che chiamò Sagitte gli animali in discorso. Se i Chetognati non avessero una musculatura striata, si locomoverebbero lentamente .ecome i Ne- matodi. Sembra che i Chetognati non sian molto robusti. Paragonandoli a pesciolini anche neonati, si può osser- vare che, mentre questi sono senza requie in vivacissimi movimenti, i Chetognati invece per lo più fanno il a 9 morto, cioè dire si abbandonano immobili in seno all’acqua ('). Scuotendo un po’ l’acqua, i Chetognati d’ordinario cadono in balìa del vortice così suscitato, i pesciolini invece nuotano persino contr’ acqua. I Chetognati tenuti nei vasi paiono per solito addormentati, a meno che.li tenga desti il pericolo, o la preda. Ho mancato di verificare se di notte siano più vivaci che di giorno. $ 2. Musculatura generale secondaria (V. tav. II, fig. 18). Questa musculatura si trova nelle linee mediane e nelle aree laterali. È necessario premettere alcune notizie sulle linee e sulle aree. Le linee sono spazî quasi ovunque assai stretti. Nella Draco sono appena accennate; nella Magna havvi una ben marcata linea mediana ventrale, prima, dopo e lungo il ganglio addominale; la dorsale invece è ridotta, come nella Draco. Poco differenti di quelle della Magna sono le condizioni dell’ Hexaptera. La linea mediana ventrale, forse in tutte le specie, diventa un’area all’ estremità sua anteriore e presenta un allargamento romboi- dale intorno all’ ano. Questo ultimo spazio è molto esteso nella Claparèdì ; comincia, cioè, a livello del ganglio addominale. I campi, od aree laterali, sono molto più ampî di quel che non siano le linee; in generale sono maggiori nelle specie più grosse. Restringonsi nelle parti in cui il corpo restringesi; e si allargano, dove s'’ allarga. Sui confini"delle linee mediane con i nastri muscolari, esiste una musculatura striata, in modo speciale, ma che mi parve continua ai nastri musculari. Separata invece, ma simile ad esse per la striatura, è un’ altra musculatura che si trova nelle aree laterali. Quella delle linee è molto più difficile a studiarsi di questa delle aree. Io tesso una minuta descrizione di questa delle aree, ch'io ho osservato con special cura nell’ Heraptera e che esiste forse in tutti gli altri Chetognati. Essa appare all’estremità anteriore dell’area; è già estesa e grossa, e separata affatto dai nastri musculari; è più vicina però ai ventrali che ai dorsali. Sopra un taglio trasversale, si presenta come una linea che va ingros- sando da suoi punti estremi a quelli di mezzo: dove appunto raggiunge la massima grossezza. È visibilissima ad occhio nudo in Hexapterae sparate ed opportunamente distese in glicerina, od in balsamo, sovra un Vetro. Discendendo dalle estreme regioni anteriori delle aree laterali, la musculatura si scosta sempre più dal lato dorsale; spessore e larghezza però restano quasi immutate, press’a poco fino a livello del ganglio addo- minale; più in giù questa musculatura va assottigliandosi, restringendosi e lacunandosi, fino a che verso l’estre- mità anteriore delle pinne anteriori scompare del tutto. Una musculatura simile per la posizione e la struttura ricompare alle aree laterali della coda (V. tav. II, fig. 18; tav. X, fig. 10 mus); comincia a un dipresso all’estremità posteriore delle pinne medie; qui è stretta, sottile e lacunosa; a po’ a po’ s’ allarga, s’ingrossa e raggiunge il suo massimo sviluppo circa all’ estremità posteriore della vescicola spermatica, dove viene ad occupare molta parte delle aree. Omisi di seguirla all’estre- mità posteriore dell’ animale. La musculatura in discorso è formata di sottili fibrille che si possono presentare isolate, od addossate l’una all’altra (V. tav. VII, fig. 6, 7 e 8). Dove la musculatura è più spessa, le fibrille si raccolgono in lamine (') Vi stanno di solito in direzione obliqua, per modo che la testa guarda in su, od in giù. CMAAO strette, radiali all’ asse del corpo e simili a quelle, che descriverò nella musculatura generale primaria del- l’ Hexaptera. Dove questa musculatura secondaria è sottile, ovvio è il veder delle fibrille isolate, od aggruppate a due, a tre, e più. Quivi s'incontra, a modo d’esempio, un paio di fibrille parallele ed in un piano, le quali dopo un certo decorso divergono ad angolo acuto, e cadauna ben presto incontra un altro gruppo di due, o più fibrille e vi s’unisce e decorre con esse parallele. Altre simili disposizioni non sono rare. Ma singolarissima è la striatura trasversale di queste fibrille (V. tav. VII, fig. 6, 7 e 8); relativamente a quella dei nastri, le strie sono a tratti piuttosto lontani l’uno dall'altro; e, precisando, piccoli tratti non striati alternano con tratti che portano due, o tre, o più strie molto avvicinate le une alle altre. A fresco ed in pezzi preparati coll’acido osmico, si può vedere che la striatura forma una sporgenza sulla fibra; questo fatto risulta chiaro appunto per la rarezza della striatura. Dov'è questa musculatura, manca l’endotelio peritoneale. Qua e là però troviamo dei nuclei molto allungati che stanno paralleli alle fibre e son paragonabili ai nuclei della musculatura primaria generale, qua sopra descritti. Cotali nuclei non voglionsi confondere con certe cellule quadrangolari, allungate ed a nucleo grande, le quali sì rilevano osservando di fronte la musculatura nelle regioni, ov’ è lacunosa, e che al mio parere sono vere cellule peritoneali (V. tav. VII, fig. 6, ep). S 3. Musculatura speciale della testa (V. tav. IMI, fig. 1, 2,5 — tav. VI, fig. 10). Questa muscalatura è molto complessa e, se fosse prezzo dell’opera, si potrebbe dedicarvi moltissime pagine. fo però lascio di buon grado questa noia ad altri e mi limito ad una assai compendiosa delineazione dei muscoli principali, quali li ho trovati nella Bipunctata e nell’Hexaptera; mi permetterò di dar loro dei nomi che bastino già quasi da per sè stessi ad indicarne la disposizione generale. Per questo studio giova trattar delle Bipunctatae mature, o quasi, ed ancor vivide, con qualche goccia di acido acetico od osmico. L'Hexaptera si presta per dissezioni, quando sia conservata in alcool, dopo il pre- liminare trattamento con un liquido conservatore. La seguente dissezione riesce molto vantaggiosa. Si colloca l’animale in modo che ci mostri la sua faccia ventrale e cautamente premendo cogli aghi sulla parte posterior-inferiore della testa, in direzione dall’alto al basso e dall’indietro all’ avanti, si riesce a staccar via una parte ventrale-anteriore, che è una massa carnosa. Esamineremo partitamente questa parte carnosa ed il resto del capo; se ci troveremo davanti a punti oscuri, ci aiuteremo coi tagli su varie direzioni. La musculatura della testa dell'Hevaptera è quasi affatto uguale a quella della Bipunctata, e però posso darne una descrizione comune. In questa mia esposizione parto dalla faccia dorsale e man mano m’approfondo fino alla faccia ventrale. I nastri dorsali del tronco giunti al collo (V. tav. III, fig. 1) si dividono in due capi: l’uno esterno (') maggiore che obliquando di repente va alle parti dorso-laterali della testa; l’altro interno molto minore, che prosegue dall’indietro all’avanti, tenendosi perciò accosto alla linea mediana. Una lamella piuttosto rigida ed anista separa l’un dall'altro questi capi interni; i quali continuansi fin sotto le parti posteriori del cervello. (') Esterno ed interno sono usati in questi ed altri capitoli (dietro esempî autorevoli) per indicare le parti lontane e vicine al piano verticale-mediano-longitudinale del corpo. SEA Lo spazio lasciato dal divaricamento dei due capi in menzione, vien occupato da due considerevoli muscoli piatti e larghi, superficiale l’uno e profondo l’altro. Il superficiale, muscolo pari, ch'io denomino obliquo superficiale del collo e della testa (V. tav. III, fig. 1 e 2, obs), copre in parte il capo esterno del nastro dorsale, si porta obliquamente verso la linea mediana e si fonde col capo interno; ha foggia di triangolo appiattito e la sua inserzione posteriore (base del triangolo) è obliqua dall’esterno all’interno e dall’avanti all’indietro; l'inserzione anteriore (press’a poco l’angolo opposto alla base) è sotto l’estremità posteriore del cervello; dal lato interno, prima è contiguo col capo interno del nastro dorsale, poi si fonde insieme. La fusione accade poco indietro del livello degli occhi. Il muscolo gemino, che ne risulta, è molto corto e piuttosto grosso ed abbastanza uniforme di larghezza; la quale all'incirca uguaglia la metà della distanza, che corre tra gli occhi e la linea mediana. Su tagli trasversali di Hezaptera si vedon questi muscoli disposti in lamelle, quali descrissi sui nastri muscolari della medesima specie, cioè senza traccia di figure a penne d’uccello (V. tav. II, fig. 22). La lamella di sostegno mediana verticale dorsale, già di sopra accennata (press’a poco a cominciare dal livello degli occhi fino all’estremità anteriore dei gemini) profondamente, si sdoppia, ed una lamella secondaria va a fare involucro totale, o quasi, ad un gemino e l’altro all’altro. Come già si menzionò sotto all’obliquo superficiale, havvi un altro muscolo (V. tav. III, fig. 1, obpe) (obliquo profondo del collo e della testa), il quale va alle parti posteriori laterali della testa: qui muta direzione, cioè invece di tener un decorso anteriore-esterno, lo tiene anteriore-interno. L'inserzione di questo muscolo al collo (o inserzione posteriore) è molto complicata: sovra due linee, che fanno tra loro angolo acuto, e precisando, esso s’attacca, profondamente, sulla linea mediana, ad una lamella di sostegno, che è prolungamento diretto di quella che divide i gemini l’ uno dall’altro, e s’estende circa dall’estremo interno dell’inserzione posteriore dell’obliquo superficiale fin là dove comincia il gemino. L'altra linea d’inserzione è obliqua leggermente ascen - dente e s’estende dall’ estremo posteriore della prima linea d’inserzione fino all’area laterale, presso l’estremità posteriore della testa. L'inserzione anteriore ossia alla testa, è sovra le parti laterali di quest’essa, verso la metà di sua lunghezza; ed è una linea piuttosto estesa. Questo muscolo ricopre in parte il capo esterno del nastro dorsale. Quando è ancora al collo, siccome l’obliquo superficiale non gli giunge fino al margine esterno, così in piccola parte resta immediatamente al disotto dell'epidermide, ossia invece che profondo, è superficiale. Esso fa sporgenza nel celoma, specialmente al collo. Alla testa vien ricoperto dal prepuzio. Dalla lamella di sostegno mediano-dorsale-verticale, già più volte accennata, vicino all'estremità poste- riore dell'obliquo profondo, parte un sottil fascio di fibre trasversali lunghissime (lungo trasverso) le quali vanno all’estremità anteriore delle aree laterali. Questo muscolo è molto profondo verso la sua inserzione interna, dov'è ricoperto dai muscoli obliqui, e dal capo interno del nastro dorsale. Verso la sua inserzione esterna diventa per contro affatto superficiale. Dalla parte anteriore dei margini esterni del muscolo gemino, partono due lunghi muscoli (uno per lato); corrono in direzione obliqua, antero-esterna, e vanno a terminare alla porzione anteriore della spranga laterale della testa. Son molto profondi e si possono denominare obliqui anteriori della testà (V. tav. III, fig. 1, oba). Posteriormente a questi, ancora dal margine esterno dei gemini e verso il loro punto d'origine, nascono due altri muscoli simili agli obliqui anteriori, a cui decorrono press’ a poco paralleli; si denominano obliqui posteriori della testa (V. tav. III, fig. 1 e 2, obp). Sotto al ganglio sopraesofageo, davanti all’inserzione anteriore dei gemini, sta un muscolo piatto e pari — 46 — ch'io denomino espanso subcerebrale; si compone di fasci posteriori, medî ed anteriori che partono da una lamella di sostegno mediano-verticale-ventrale e si dirigono tutti quanti alle parti laterali della testa. Una musculatura con disposizione simile si trova anche all’estremità anteriore della testa (espanso preorale). I muscoli fin qui menzionati di solito restano aderenti alla testa, quando se ne distacca via quella massa carnosa inferior-anteriore, di cui sopra ho parlato. Resta di delinear i muscoli di questa massa. In essa, il grande complesso laterale (pari) (V. tav. III, fig. 5 — tav. VI, fig. 10, c/9) è il più conside- revole. Visto di fronte ha figura di triangolo, alcun poco irregolare. Il lato posteriore (base) è curvilineo ed obliquo dall’ interno all’esterno e dall’avanti all'indietro. Il lato esterno corrisponde quasi alla spranga laterale della testa. L’interno è curvilineo, obliquo dall’indietro all'avanti e dall’interno all’ esterno. Il muscolo grande complesso laterale di destra tocca quello di sinistra sulla linea mediana. i In ciascuno di essi distinguo le parti infrascritte, procedendo al solito dalla superficie dorsale verso la ventrale: 1° tre sottili fasci, obliqui dall’avanti all’indietro e dall’interno all’esterno e perciò quasi paralleli alla spranga laterale; sono separati l’ uno dall’altro per spazî piuttosto ampî e percorrono un tratto uguale a quasi tutta la lunghezza della spranga; 2° una grossa lamina ampia quanto lo è il muscolo, risultante di fascicoli che vanno dalla base del trian- golo all’angolo ad essa opposto ; 3° uno strato parimenti ampio quanto lo è il muscolo; consta di fibre press’ a poco parallele alla base del triangolo e perciò più lunghe, più ci avviciniamo a questa base. Col muscolo in discorso, sono congiunti anche molteplici e complicati fascicoli che stanno alla base dell’ inser- zione degli uncini. Anteriormente ai grandi complessi è collocato un altro muscolo pari, ch’ io denomino piccolo trasverso (V. tav. III fig. 5, cip). Vi distinguo due fasci principali, l’uno posteriore (più grosso e più lungo) e l’altro anteriore. Le fibre hanno in amendue decorso quasi parallelo dall’avanti all’indietro e dall’esterno all’interno. Una parte di esse si confondono con quelle degli espansi e del grande complesso laterale. Circa nella parte centrale della faccia ventrale della testa, al didietro dello sbocco del vestibolo nell’eso- fago, si trova un muscolo impari (complesso mediano) (V. tav. IMI fig. 5, clm — tav. VI, fig. 2, 3, 10, clm e 17) amassimo diametro trasversale; è press’a poco in forma d’arco a concavità anteriore; è però alquanto variabile a seconda che sia o no in contrazione; ha le due estremità assottigliate; è schiacciato nel senso dorso-ventrale; vien ricoperto lateralmente da una porzione (anteriore) dei complessi laterali; nella parte di mezzo è immediata- mente sotto-epidermoidale. Tali rapporti variano alquanto, secondo che i tre complessi sono in contrazione, od in riposo. Questo muscolo ha un proprio involucro anisto; con una soluzione acquosa d’acido nitrico (al 50 0/) si può facilmente isolare per intero da tutti gli altri muscoli della testa. Le sue fibre sono in svariatissime e complicatissime direzioni. Al suo margine posteriore, che, per quanto ho poc’ anzi menzionato, è convesso; nel bel suo mezzo prende attacco un legamento (V. fig. cit. clml), ch'è fatto di sostanza amorfa tempestata di nuclei; in direzione ver- ticale e tenendosi sottoepidermoidale, questo legamento discende al collo, dove dividesi in due rami, che si perdono sotto la faccia profonda del prepuzio. E così ho compiuta l’enumerazione dei muscoli proprî del capo; muscoli assai numerosi e complessi e che spiezano appieno i molteplici movimenti possibili a questa sezione del corpo (V. il capitolo sovra il tubo digerente). IA lr x Non voglio pretermettere due altre piccole osservazioni; l’una è che esistono varietà di questa musculatura proprie alle varie specie, e così, per accennar un esempio, nella Lyra manca l’obliquo superficiale. La seconda osservazione è questa: vicino agli occhi, alla lor parte posteriore, vi è un piccolo spazio, dove la musculatura è mancante e l'epidermide resta perciò in diretto rapporto col celoma cefalico; questo spazio è forse importante per la respirazione, come si dirà in appresso. Soggiungerò qualche parola intorno alla fina tessitura di questi muscoli del capo. In molti la striatura è tale, che la sostanza oscura occupa dei tratti molto più estesi di quelli della sostanza chiara. Colle dilacerazioni si possono isolare lamelle strette, le quali qua e là presentano ai loro margini qualche nucleo ovoidale. In parecchi muscoli invece delle lamelle si ottengono fascicoli a sezione trasversale, circolare o poligonale, di svariate grossezze, e tenuti assieme da materia amorfa cospersa di nuclei. S 4. Prepuzio (V. tav. I, fig. 16, pr — tav. III, fig. 10, pr). Come appendice alla musculatura speciale della testa, faccio seguire lo studio di un apparecchio annesso alla testa stessa e fornito di musculatura propria; e questo è la cappa degli autori, ovvero, secondo la denomina- zione ch’ io preferisco, il prepuzio. In effetto è una ripiegatura, che la involge, come fa il nostro prepuzio col glande; anche questa ripie- gatura va fornita di un orificio capace d’un allargamento tale da permettere l'uscita della testa. Anche in questo prepuzio si distingue una superficie esterna continuantesi con quella del corpo dell’ animale, ed una interna a contatto colla testa (come quella interna del prepuzio, è a contatto col glande); vi si distingue ancora un margine libero (che delimita l’orificio) ed un fondo ceco. Questo prepuzio infine possiede un frenulo, che ne attacca i tre quarti posteriori della parte mediana-dorsale-longitudinale con la sottostante parte della testa. Per formarcene un’idea, egli è opportuno ripetere una preparazione, che dianzi additai a proposito dei muscoli: distaccarne cioè, dalla testa la massa carnosa inferior-anteriore; il prepuzio resta unito al tronco e sì può agevolmente esaminare. A completarne le ricerche è necessario ancora studiare delle specie grosse legger- mente colorite con ematossilina, ed infine far molte sezioni in vario senso. Comircio a dire il decorso del fondo ceco. Esso segue il tragitto di una linea che cominci all’ incirca nel punto d’unione del terzo medio col terzo posteriore della testa e di qui si diriga indietro verso l’estremità poste- rior-laterale destra della testa stessa; dove quando è giunta, pieghi dal lato ventrale e seguendo una direzione trasversale venga ad incontrar sul mezzo della superficie ventrale una linea simile, che ha tenuto, cioè, il mede- simo decorso, ma dirigendosi sul lato sinistro, invece che sul destro. Il fondo ceco descrive perciò una circonferenza attorno alla testa; una metà di questa circonferenza è dor- sale-anteriore, l’altra è ventrale-posteriore. L’ orificio del prepuzio si presenta più, o meno, ampio, a seconda dello stato di contrazione, in cui si trova la testa; quando l’animale non afferra, la testa è allungata e stretta, e l’orificio è assai piccolo, ventral- mediano-anteriore (e precisamente in corrispondenza allo sbocco della cavità boccale nell’esofago); diventa invece assai esteso nel caso opposto. Osservazioni sovra Chetognati interi m’aveano indotto a credere che, invece d’un fondo ceco, alle parti laterali-dor- sali della testa esistesse una comunicazione col celoma. Le sezioni però m’obbligarono a recedere da questa credenza. = 8 Nello spessore del prepuzio giacciono i seguenti organi: una parte delle commissure, l’ottico e gli occhi, il nervo della corona cigliata; il prepuzio porta una parte della corona cigliata. Il cervello e la fossetta retroce- rebrale si trovano immediatamente in corrispondenza al frenulo; ond’è che si potrebbero essi pure ritener com- presi, o portati dal prepuzio. L’integumento, sovra una linea trasversale a livello dell’ estremità posteriore del cervello (e quindi press’ a poco ai confini del prepuzio) è capace d’una piegatura; a norma che questa piegatura si fa, o si disfà, le parti retrocerebrali assumono forme utili a conoscersi per interpretar le sezioni della testa (V. tav. VIII, fig. 3). Quando la piegatura è fatta, tra la parte anteriore dorsale del capo e la posteriore havvi, a così dire, un salto; cioè il cervello col prepuzio fa un rialzo; la fossetta retrocerebrale, a seconda che la piega è più o meno com- pleta, può trovarsi sul piano verticale che congiunge il piano anteriore (più alto) col posteriore (più basso), ovvero ancora può venir interamente coperta dalla piega, per modo che vista dal dorso sembra coperta dalla parte posteriore del cervello. Vengo all’esame istiologico dell’apparecchio in discorso. Esso risulta: 1° di una pagina esterna, fatta di epi- dermide non modificata, la quale è tempestata, come nel resto del corpo, da prominenze tattili; 2° di una pagina interna, di epitelio semplice con cellule tendenti alla forma cubica. L'orlo dell’orificio sulle parti laterali della testa è adornato di numerose papille (V. tav. V, fi. 3 — tav. VIII, fig. 8), circa dodici per ogni lato, varie di grandezza e di forma e fatte di cellule cilindriche. Il fondo ceco è tappezzato da cellule mucipare (V. tav. IV, fig. 7 — tav. VI, tig. 4, 5 e 6 — tav. VIII, fig. 9); sono in un solo strato, alte, talvolta granose e talvolta granellose, facilmente isolabili, a contorni forti, con nucleo vicino all'estremità basilare. Immediatamente sotto questo strato havvi una sottil membranella anista (basale). Tra queste cellule e le cubiche dello strato interno del prepuzio v'è uno spazio, in cui non vidi elementi cellulari, sibbene soltanto una membranella anista che è la continuazione di quella or ora detta. È probabile che il celoma cefalico formi uno stretto diverticolo (V. tav. IV, fig. 7) nello spessore del prepuzio; ciò per lo manco ho riscontrato sui tagli in regioni laterali al cervello. Non possedendo però la cavità, ch'io ho riscontrato nel prepuzio, un endotelio, non si può sventare il dubbio che questo diverticolo sia arti- ficiale. Avvertasi però che endotelio non ho veduto neppure nel celoma cefalico. Tra gli strati or ora descritti, oltre questi diverticoli del celoma, esiste anche uno strato muscolare; è sottile e fatto di fibre circolari parallele all’orlo libero del prepuzio. Le quali non formano però un cerchio com- piuto per tutto il prepuzio; infatti patiscono un’ interruzione nelle parti dorsali, tra e sugli occhi e sotto alla parte anteriore del cervello; invece sotto alla parte posteriore di questo si trova l’unico fascio che continua senza interrompimento neppure alla linea mediana; è questo fascio, che produce la piega trasversale retrocerebrale più addietro menzionata. Sulla parte mediana ventrale invece tutte le fibre si continuano senza interruzioni. Posteriormente, dal lato ventrale, questo strato muscolare del prepuzio si confonde con un altro di fibre trasversali, che stanno nello spazio (area) lasciato dal divaricamento dei due nastri ventrali. I rapporti dello strato in discorso coi già detti diverticoli del celoma non mi sono ben chiari. Colle dilacerazioni si vede che questa musculatura propria del prepuzio è una lamella a fibre sottili, qua e là sparsa di nuclei; se queste sian veramente proprie delle fibre, ovvero, se appartengano invece ad uno dei due strati epiteliali del prepuzio, od anche rappresentino endotelio modificato del celoma, io mon lo so. Non è malagevole isolare delle fibre lunghissime; è lecito supporre che abbiavene di quelle che percorrono tutta la periferia del prepuzio. La striatura di tutte queste fibre è simile a quella che ho detta speciale dell’Enflata e della Lyra, nella musculatura generale primaria. ua Questo prepuzio esiste in tutte le specie, e per quel ch'io ho veduto, una è la sua forma salvochè nella Claparèdi; in questa, due papille del prepuzio, cioè una destra ed una sinistra, sono trasformate in clave nerastre (V. tav. I, fig. 1, c2), relativamente molto lunghe e fatte di cellule cubiche pimmentate (') in nero con rivesti- mento esterno amorfo (cuticulare). Fu detto da Claparède e da Hertwig che queste clave sono retrattili; a me non capitò mai di confermare questo fatto, non ostante vi abbia fissato l’attenzione molte e molte volte; io sono persuaso che i citati autori siansi ingannati ed abbiano attribuito a retrattilità delle clave il loro sporger più o meno; lo che invece si spiega, o coi movimenti del prepuzio, o con un casuale smozzamento delle clave stesse. Resta di considerare la funzione del prepuzio. Quest’ apparecchio completa il vestibolo boccale e fors’ anche serve come organo respiratorio; ma sull’una e sull’altra funzione tornerò in un prossimo capitolo, quando avremo conosciuto altri fatti indispensabili per ben intenderle. $ 5. Organo intramuscolare (V. tav. VI, fig. 2, 3 e 17 — tav. VIII, fig. 4). Chiuderò l’argomento della musculatura, pigliando nota di un singolarissimo organo intramuscolare. Esso è dentro l'involucro chitinoide del complesso mediano. Questo muscolo, siccome dissi, ha forma d'arco concavo anteriormente; in un suo seno, sotto al punto di massima concavità dell'arco, riposa un corpicciolo ovale, appiattito nel senso dorso-ventrale, fatto di cellule nucleate piuttosto piccole ed a contorni più o meno decisi; esso è coperto di fibre muscolari da ogni lato, eccetto il dorsale e l’anteriore, dov'è separato dall’ esofago per l'involucro chitinoide del muscolo. Questo involucro e la musculatura lo separano dalla commissura nervosa boccale. Ho riscontrato l’organo in discorso in tutte le specie, eccetto la Claparèdi; più voluminose sono le specie, più compare grosso. Per quanto indagassi non riuscii ad intenderne la significazione fisiologica e morfologica. Posso congettu- rare soltanto che si tratti di un organo o nascente o rudimentale, e perciò di una pietra, forse preziosa agli occhi del morfologo. NOTE STORICHE Hertwig, basandosi su ricerche che a me sembrano incomplete e sopratutto confondendo la musculatura secondaria con la primaria, abilmente estese ai Chetognati una bella teoria meccanica già da lui adottata per spiegar la musculatura dei Celenterati. Secondo quest’ autore, la musculatura generale primaria sarebbe un sem- plice foglietto regolarissimamente pieghettato ; la pieghettatura, com’egli la descrive, sarebbe perfettamente uguale a quella che si darebbe ad un foglio di carta per farne un ventaglio; die Lamelle stérker wachsend sich in Falten gelegt und Blétter hervorgerufen hat; nella descrizione della musculatura ho cennato dei fatti che non sono punto conformi a questa idea ed il lettore può vederli da sè senza bisogno ch'io ci spenda molte parole ; basti menzionare la disposizione delle lamelle, nell’ Heraptera, e quella delle lamelle, dove la musculatura dei nastri è più sottile, nelle specie piccole. La musculatura secondaria delle aree laterali è del tutto separata e diversa della primaria e non può perciò assumersi con Hertwig, siccome parte dei nastri in cui lo strato musco- lare sia molto sottile e perciò in una lamella semplice non pieghettata. (') I granuli di pimmento ponno esser in vivace movimento. Pauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. = 50 = Passiamo oltre: Hertwig non si fermò punto sulla striatura. Dei muscoli della testa accennò, come Krohn, appena uva parle ed imperfettamente. Nello studio del prepuzio gli passarono inavvertiti le cellule mucipare, le papille che ne adornano 1’ orlo libero, i rapporti col celoma e tant’altre minuzie. Asserisce invece che la porzione lateral-ventrale del prepuzio è rinforzata da materia amorfa simile a quella delle pinne; ciò che io non ho confermato. Infine nè da Hertwig, nè da altri, venne osservato l’organo intramuscolare. CAPITOLO III. PARTE I. Sistema mervoso (V. tav. IX, fig. 6). In tutte le specie, nella parte mediana longitudinale della faccia dorsale del capo ed in vicinanza alla sua estremità anteriore, si trova il ganglio sopraesofageo, o cervello; è poco vario di forma nelle varie specie, ma è di volume proporzionale direttamente al volume dell'animale. Nell’Hezaptera adulta può esser lungo più di 1/, di mmt. (V. tav. IV, fig. 1, 2,3, 4,5 e 6 — tav. VIII, fig. 3, ge). Veduto di fronte (nell’Hezaptera) ad un dipresso ha figura d’un pentagono; anteriormente corrisponde un lato del pentagono che si può chiamar anteriore; posteriormente un angolo, e ben gli sta l’appellativo di poste- riore. Possiamo denominar gli altri lati medî e posteriori; gli altri angoli anterrori e medi. I detti cinque lati formano il perimetro del ganglio. Questo è schiacciato nel senso dorso-ventrale; perciò vi si possono distinguere due faccie, una dorsale ed una ventrale. La faccia dorsale è coperta da una lamella anista (di sostegno), da uno straterello nervoso incompleto e finalmente d’ epidermide stratificata. La faccia ventrale è per gran parte in rapporto col celoma, da cui resta divisa per mezzo d’uno strato musculare sottile, fatto posteriormente da fibre del prepuzio ed anteriormente dall’espauso subcerebrale. Dal cervello partono i seguenti nervi, tutti pari, ch'io enumero dall’avanti all’ indietro: 1° Un grosso nervo anteriore, che va a formare il ganglio vestibolare; esso procede dall'angolo ante- riore (nac) ('). 2° Due piccoli nervi diretti al prepuzio; talvolta non ho potuto vederne che uno; essi originano sul lato medio (ne). 3° Un grosso nervo commissurale, che dipartesi dall’ angolo medio e va a formar commissura col ganglio addominale (cma). 4° Due nervi piuttosto grossi, molto avvicinati l’uno all’altro; originan press’a poco nel terzo medio del lato posteriore; l'esterno è l’ottico (no), l’interno il coronale (ne). Discendiamo allo studio della costruttura propria al ganglio in discorso (V. tav. IV, fig. 1). Vi distinguo una sostanza cellulare ed una fibrosa-punteggiata; questa si può suddistinguere in due parti, l’una fibrosa-punteggiata propriamente detta e l’altra semplicemente punteggiata (V. tav. IV, fig. 1, sof e sop). (') Le lettere citate senza le corvispondenti figure riguardano la-tav. IX, fig. 6. e La parte cellulare sta alla faccia dorsale ed al perimetro del cervello; sulla faccia ventrale s'incontrano soltanto poche cellule, press’a poco in corrispondenza alle parti laterali d’una linea trasversale, ideabile circa a metà della lunghezza del cervello. Al perimetro le cellule abbondano; specialmente dietro ai nervi commissurali, all’angolo posteriore ed al lato anteriore; a quest’ ultima parte, in alcune specie (Heraptera, Bipunctata) le cellule sono raccolte in un globetto tondeggiante, tra i due nervi anteriori. Nella faccia dorsale le cellule son copiose, salvo che alla parte mediana subito dietro la metà anteriore della lunghezza del cervello; qui esse diventano rarissime. La sostanza fibrosa-punteggiata in complesso sta più profonda della cellulare; la fibrosa-punteggiata pro- priamente detta è collocata, quasi esclusivamente nella metà anteriore del cervello; in quella posteriore sta invece la punteggiata. Si disse che il nervo anteriore dipartesi dall’angolo anteriore; quest’ è l’origine apparente; realmente di qui esso penetra nello spessore del cervello, attraversa lo strato cellulare senza diminuire di volume; le sue fibre in parte si connettono con le analoghe dell’altro lato (connettivo trasversale-anteriore); in parte vanno dall’avanti all'indietro e dall’interno all’esterno, per unirsi coi nervi commissurali (connettwo-laterale-anteriore); le restanti si disciolgono in sostanza punteggiata che trovasi commista specialmente al connettivo trasversale-anteriore. Così è che i due nervi anteriori nel loro decorso dentro il cervello formano gran parte (anteriore) della sostanza fibrosa-punteggiata propriamente detta. I nervi commissurali attraversano la sostanza cellulare del cervello e dividonsi in tre fasci: uno anteriore, che fa il già detto connettivo laterale-anteriore; ‘uno medio che fa un connettivo trasversale-posteriore con l’analogo fascio dall’altro lato; uno posteriore che si ripiega indietro e molto verosimilmente, in parte almeno, fa connettivo col nervo ottico. Il connettivo trasversale-posteriore è collocato circa a metà lunghezza del cer- vello, precisamente dietro al connettivo trasversale-anteriore; gli sta commista sostanza punteggiata. Tanto il connettivo trasversale-anteriore che il trasversale-posteriore non hanno direzione trasversale, ma sono alquanto curvi a concavità anteriore. Il connettivo trasversale-posteriore è sottile relativamente all’ anteriore ed alla sostanza punteggiata, che gli sta dietro; invece attorno ad esso corrisponde un'abbondanza di cellule già di sopra menzionata, cioè dire le cellulle s’estendono anche sulle parti laterali del suo lato ventrale. Dietro al connettivo trasversale-posteriore, l’ ho detto or ora, sta la sostanza punteggiata in un globo; antero-lateralmente a questa si distaccano i nervi ottici; postero-lateralmente i coronali; tanto questi, che quelli traversano la sostanza cellulare ed escono dal cervello, punto mutando di grossezza. E qual'è l’intima struttura di queste sostanze cellulare, fibrosa-punteggiata e punteggiata? I granuli della sostanza punteggiata (V. tav. IV, fig. 5) sono un po’ irregolari; ve ne ha di piccolissimi e di grossicelli. Se si ammette che la sostanza punteggiata è un intricatissimo viluppo di fibre dividentesi e suddi- videntesi, egli si può affermare che i punti grossicelli sieno sezioni di fibre ancor grosse ed i minuti di fibre già minute. La sostanza fibrosa è fatta di fibre di varia grossezza di cui ne vidi una (nel connettivo trasversale-poste- riore?) quasi gigantesca (V.tav. IV, fig. 2,3 e 4; le fibre gigantesche sono segnate in rosso). Ma per queste fibre troverò miglior opportunità di discorso, tra poco. Il volume delle cellule è molteplice; ve ne ha di grandi, di medie e di piccole, confuse assieme, senz’ or- dine decifrabile. Il protoplasma abbonda nelle cellule grandi; scarseggia nelle piccole, anzi le più piccole son quasi ridotte al nucleo. La forma è ovoidale nelle più piccole; irregolarmente poligonale nelle più grosse. Specialmente le = BON ee più grosse alle volte sono così irregolari da indurre nel sospetto che diano parecchi prolungamenti; però colle dila- cerazioni ho isolato molte cellule e tutte possedevano un unico prolungamento, il quale per la sua direzione verso il centro del ganglio si può denominar centrale. Tra le singole cellule, va i singoli gruppi di cellule, tra la sostanza cellulare e la fibrosa-punteggiata e finalmente attorno a tutto il sanglio, s’ incontra una sorta di tessuto connettivo fibrillare tempestato di nuclei oblunghi (i quali però non trovai in quello tra singole cellule e tra gruppi di cellule); questo connettivo fibril- lare fa da invoglio del ganglio, o gangliolemma e da nevroglia. È per questa nevroglia che le cellule isolate, o vedute in cervello fresco, sembrano incapsulate e la capsula può sembrar stratificata. Nevroglia e gangliolemma sono appena accennati nelle specie piccole; sono invece molto sviluppati nelle grosse (V. tav. IV, fig. 2,3, 4 e 5). Sulle sezioni trasversali del gangliolemma, che è uno strato piuttosto grosso, si notano lacune più o meno ampie; parecchie osservazioni a fresco mi rendono verosimile che esse non siano artificiali, ma esistano natu- ralmente, benchè forse un po’ più angustè di quel che appaiano sui tagli. Questo tessuto fibrillare continuasi anche sui nervi, che procedono dal cervello. Pongo fine allo studio del cervello, accennando il metodo da me seguìto per studiarvi il decorso dei nervi: è un metodo primitivo, cioè una longanime osservazione a fresco con, o senza l'aggiunta d’acido acetico, od. osmico. Anche il metodo di macerazione degli Hertwig riesce utile a questo scopo, se si ha la cura di limitare a brevissimo tempo l'immersione nella soluzione osmica-acetica. Ì Ho già notato che dal cervello dipartonsi due nervi commissurali pel ganglio addominale; essi obliquano per modo che raggiungono la superficie ventrale a livello del collo; lungo questo tragitto nello spessore del pre- puzio, sono involti da nevrilemma fibrillare, cosparso di nuclei e non danno, nè ricevono rami di sorta. Giunti alla superficie ventrale cominciano ad ingrossare; l’ ingrossamento cresce, man mano si accostano al ganglio addominale. Lasciamo per un momento i nervi e fermiamoci sul ganglio (V. tav. III, fig. 3 — tav. IV, fis. 8, 9. 10, 11 e 12 — tav. IX, fig. 5). Nelle specie grosse è collocato alla parte mediana-longitudinale della faccia ventrale del corpo; nelle pic- cole occupa tutta la larghezza della faccia ventrale. È più o meno vicino alla parte mediana-trasversale del tronco. La superficie del corpo in corrispondenza ad esso è gibbosa. Anche questo ganglio è appiattito come il cervello nel senso dorso-ventrale. La sua grandezza varia nelle varie specie; nell’Hewaptera può aver una lunghezza tripla di quella del cervello. La sua forma varia pure alquanto nelle varie specie; d’ordinario è elittica, assai allungata; è ovata a polo ottuso posteriore nella Zyra ecc. Per chiarezza di descrizione si può in qualche modo distinguervi due superficie o faccie (una dorsale ed una ventrale); e quattro margini (due laterali paralleli e lunghi; un terzo anteriore ed un quarto posteriore, corti e pur paralleli l’uno all’altro). La faccia ventrale è coperta di epidermide più o meno stratificata, a seconda della specie che si toglie ad osservare. Alla faccia dorsale i suoi rapporti non sono costanti; interponendosi, o no, tra esso edilceloma uno strato musculare, che può esser più o meno grosso, più o meno esteso (V. tav. IV, fig. 12). Da questo ganglio originano molti nervi, di cui un paio anteriore, uno simile posteriore é numerose paia laterali; tutti questi nervi sono appiattiti nel senso dorso-ventrale. Il paio anteriore (che è quello commissurale, che, cioè, porta le commissure dirette al cervello e che è già stato da me in addietro accennato) ed il paio posteriore sono soggetti a leggere variazioni, che a mio credere, meritano di esser raccontate. eg — Cominciamo colla Magna (V. tav. XII, fig. 4): esaminiamo il tronco commissurale, che, ripeto, già in parte ci è noto. Al margine anteriore del ganglio, un poco discosto dalla linea mediana, tanto a destra quanto a sinistra, nasce questo nervo considerevole, che subito, dopochè staccasi dal ganglio manda dal suo lato interno, ad angolo acuto, una branca (branca mediana). La quale cammina all’interno e vicinissimo alla linea mediana; mantenendo questa posizione, si avanza verso il capo, ramificandosi ed assottigliandosi; fin dove giunga, lo ignoro. Torno ai tronchi primitivi; si allontanano dal ganglio, divergendo l’uno dall’altro e prestissimo ciascuno di essi dà un’altra branca piuttosto grossa, al suo lato esterno; questa branca fa angolo acuto col suo tronco e si porta verso le aree laterali. I tronchi man mano, che procedono in avanti, danno altre branche; queste dipartonsi, a gran preferenza, ancora dal margine esterno del tronco e ad angolo acuto. Così è che i tronchi vanno assottigliandosi fino a livello del collo; sul decorso di qui al cervello, invece, non mutano grossezza. Passiamo ai tronchi posteriori della stessa Magna. Dal lato posteriore del ganglio, dipartonsi due tronchi più grossi degli anteriori, con cui però hanno perfetta simiglianza nel primo tratto del loro decorso. Anch’essi danno le branche mediane, le quali decorrono sulla linea mediana; queste branche più si portano indietro, più sì assot- tigliano, finchè scompaiono in vicinanza dell’ano. Anche i tronchi posteriori danno rami a gran preferenza, sul loro margine esterno. Nella Lyra (V. tav. IX, fig. 5), questi tronchi sono affatto simili a quelli della Magna; gli anteriori invece nascono addossati l’uno all’altro e dopo brevissimo tragitto, si scostano lievissimamente e poi decorrono paral- leli ed allato della linea mediana, fino all’estremità anteriore del tronco; dove si piegano repentinamente e pas- sano al prepuzio, che raggiungono, come in tutte le specie, press’ a poco alle parti laterali-posteriori della testa. I tronchi anteriori nell’ Mexaptera sono addossati l’uno all’altro, nel primissimo tratto del loro decorso; tantosto però divergono, portandosi verso il confine del nastro musculare ventrale coll’ area laterale. Quando son giunti molto vicini a questo confine, invece di continuar a divergere, diventano paralleli ; non toccano però mai l’area laterale. Disposizioni simili a quelle dell’Hexaptera esistono eziandio nella Bipunctata e nella Serratodentata. Nell Hexaptera si trovano, come nella Magna, le branche mediane. Non ho potuto confermarle in alcun’ altra specie. Passiamo ai nervi, che dipartonsi dai margini laterali del ganglio. Nell’ Mexaptera sono numerosi; per ogni lato se ne contano circa dodici piuttosto grossi; frammezzo a questi ve ne sono altri ancora, però molto sottili. Nella Magna e nella Lyra ne trovai un numero molto minore; i due tronchi laterali-posteriori nascono addossati ai due tronchi posteriori, e sono molto grossi; si portano alla linea di congiunzione delle aree laterali colla musculatura primaria dorsale; continuano press’a poco su questa linea fino all’ estremità posteriore della pinna media. Al loro ulteriore decorso, tornerò più sotto. Ora invece occupiamoci dell’intima struttura del ganglio addominale (V. tav. IV, fig. 8, 9, 10, 11 e 12). Un po’ più del terzo mediano longitudinale del ganglio è di sostanza fibrosa-punteggiata, di sostanza cel- lulare il resto, ossia le parti esterne; la sostanza cellulare verso la superficie ventrale si spinge più vicino alla linea mediana che non faccia verso la dorsale; aumenta perciò la sua estensione e diminuisce quella della fibrosa- punteggiata; la quale viene ad avere nel suo assieme una sezione trasversale press’a poco di figura trapezica, il cui lato parallelo minore resta ventrale. Qualche rara cellula si trova perduta qua e là sovra tutta la superficie ventrale del ganglio; ma sulla linea mediana-longitudinale di questa superficie, s’ incontrano numerosi gruppi, quasi rosette composte di 5 Ì , grup} 1 —— ui parecchie cellule. In talune specie si potrebbe parlar invece che di rosette, di una sottile colonna mediana ventrale, qua e là interrotta. In complesso si può ammettere che l'ordine delle sostanze cellulare e della fibrosa-punteggiata ricorda quella del ganglio sopraesofageo. Infatti le cellule mancano alla faccia dorsale (profonda) del ganglio ed abbondano specialmente ai margini laterali. | Anche nel ganglio addominale le cellule sono di varia grandezza (V. tav. V, fig. 12, 13 e 14) e si pos- sono distinguere in maggiori e minori; nè le maggiori nè le minori sono tutte delle stesse dimensioni; le mag- giori sono in numero molto inferiore alle minori. Stanno collocate proprio al margine laterale del ganglio; dall’asse mediano-longitudinale esse sono più lontane che le cellule minori; qualche maggiore si trova però anche sulla parte posteriore della colonna mediana. Le cellule possiedono una nevroglia fibrillare sparsa qua e là di nuclei piccoli ed ovoidali; essa può limi- tarsi a singole cellule (maggiori), oppure essere estesa a gruppi di cellule (maggiori, ovvero minori, ovvero anche maggiori e minori). Le cellule d’amendue le grandezze per quanto ho verificato danno come nel cervello un prolungamento unico; il quale dirigesi verso la sostanza fibrosa-punteggiata, ossia verso il centro del ganglio. Nelle cellule maggiori il nucleo è ovale, quasi centrale; il protoplasma copioso è collocato in modo da impartir alle cellule differenti foggie; non sono molto rare le lobate, che, superficialmente osservando, parreb- bero multipolari. Nelle minori il nucleo è ovale e grosso; il protoplasma scarsissimo e concentrato quasi esclusivamente al polo opposto a quello, donde si diparte il prolungamento cellulare. Le differenze di grandezza delle cellule sono tanto più forti, quanto più voluminosa è la specie di cui si esamina il ganglio. Nelle specie minime le cellule sono tutte minute e tutte d’una grandezza. La sostanza fibrosa-punteggiata è simile a quella del cervello e consta di fibre longitudinali e trasversali frammiste a sostanza punteggiata; qua e là sui tagli si scopre qualche cellula piccola (nervosa?) È in questa sostanza fibrosa-punteggiata che, ripetendosi quel che già vedemmo sul cervello, ha origine reale per lo manco una gran parte dei nervi; i laterali attraversano la sostanza cellulare e ne escono apparentemente senza mutar volume. Osservando il ganglio in discorso ed i suoi tronchi, su individui tra la vita e la morte, restiamo colpiti da un sistema di fibre giganti, che meritano qualche minutezza di descrizione (V. tav. IX, fig. 1). Il loro studio non è guari facile, imperciocchè esse non compaiono chiare sui pezzi conservati, altrimenti che col metodo di Kleinenberg; col qual metodo pure d’ordinario subiscono delle retrazioni. Per farcene un con- cetto adequato, è d’uopo combinarvi le osservazioni a fresco. Queste si fanno con vantaggio sulla Bipunctata e sulla Serratodentata. Io non posso darne un’ intera descrizione; e ciò per parecchi motivi. Primieramente perchè la lor nume- rosità è grande e le direzioni e le anastomosi loro sono complicatissime; in secondo luogo perchè non tutte, nè in tutto il loro decorso, hanno dimensioni gigantesche e, quando non sono tali, cessano di esser evidenti; finalmente perchè si danno differenze individuali, le quali, al mio parere, non possono attribuirsi a traumi subìti dall’animale, o nell’atto del pescarlo, od in quello di prepararlo per l’osservazione microscopica. Qui è bene che dica, qualmente per molto tempo abbia cercato su individui in apparenza sanissimi, disposizioni, numero e dimensioni di queste fibre; ma per quanta diligenza v’adoperassi, non ho mai potuto combinare una figura completa, che trovasse riscontro in un certo numero di individui; talvolta ebbi anzi a notare evidentissime PERITI asimmetrie bilaterali. Quel che non posso decidere, gli è se cotali differenze individuali siano congenite od acquisite; cioè dire se rappresentino o no, ferite, o contusioni riparate. Le infrascritte fibre son costanti forse in tutti gli individui di tutte le specie. In ciascuno dei quattro tronchi maggiori del ganglio addominale e, cioè, nei due nervi anteriori e nei due posteriori son presenti due fibre giganti; esse accedono alla sostanza fibrosa-punteggiata del ganglio. Una volta addentratesi d’ordinario compaiono più sottili e sempre più assottigliandosi si avvicinano alla linea mediana; dove si anastomizzano in questo modo: l’esterna-anteriore d’un lato con l’esterna-anteriore dell'altro; l’interna- anteriore con l’interna-anteriore: ciò si ripete analogamente per le posteriori. Con questo loro abboccarsi, le anteriori fanno due anse a concavità anteriore; due a concavità posteriore quelle posteriori. L’ansa dell’interna-anteriore resta anteriore rispetto a quella dell’esterna-anteriore; l’ansa dell’interna- posteriore resta posteriore rispetto a quella dell’ esterna posteriore. Le anse anteriori son collocate press’ a poco nel quarto anteriore della sostanza fibrosa-punteggiata; le posteriori nel quarto posteriore. Due fibre giganti mediane-longitudinali percorrono la sostanza fibrosa-punteggiata longitudinalmente, parallele tra loro e poco discoste dalla linea mediana; sembra che esse finiscano anteriormente abboccandosi con le interne-anteriori e posteriormente con le interne-posteriori: ben inteso quella d’un lato s’abboccherebbe con le interne-anteriore e posteriore del medesimo lato. Ciò accadrebbe al di qua ed al di là della linea mediana, quando già quest’ultime fibre hanno descritto gran parte dell’ansa. Prima di arrivare ad esse, le mediane-longitudinali incontrano le esterne-anteriori e posteriori; in molti esemplari mi parve evidente un’ anastomosi anche con queste; ancor qui le fibre d’un lato con le esterne del lato medesimo. Oltre alle fin qui descritte, si notano nella sostanza fibrosa-punteggiata parecchie fibre trasversali. In taluni individui, in uno dei primi nervi laterali, per es., di destra e sul simmetrico di sinistra, si riscontra una fibra gigante. L'una e l’altra entrano nella sostanza fibrosa-punteggiata e s’anastomizzano sulla linea mediana; formando un’ansa simile alle già descritte per le fibre dei tronchi anteriori e posteriori, ma più vicina alla parte pnediana-trasversale del ganglio. Simile fibra si ripete in uno degli ultimi nervi d’ un lato ed in quello simmetrico dell’altro lato; del pari questa e quella s’anastomizzano, formando pure un’ansa simile. Frequenti volte nella sostanza fibrosa-punteggiata, che sta tra la sostanza cellullare e le fibre mediane- longitudinali d’ambo i lati, v ha un’altra fibra longitudinale parallela, di calibro minore; le fibre longitudi- nali vengono perciò ad essere in numero di quattro. In Serratodentatae oltre a queste quattro, ne vidi una quinta ed una sesta parallele e vicine alle due di calibro minore; talvolta ne trovai anche una settima perfet- tamente mediana, ch’era anch’essa parallela alle altre sei. La distribuzione periferica di tutte le fibre giganti fin qui delineate, come pure la loro struttura e signi- ficazione fisiologica, avranno luogo più conveniente innanzi, quando parlerò del sistema nervoso periferico. Qui invece porrò fine alla descrizione del ganglio, accennando che un tessuto fibrillare simile all’ inter- cellulare della sostanza cellulare 5° immette tra questa e la fibrosa-punteggiata, formando per tal modo uno strato divisore; in ultimo un tessuto simile avvolge anche il ganglio formando una sorte di gangliolemma para- gonabile a quello che ho descritto nel cervello; anch'esso è invaso da lacune che sono più o meno ampie, che forse sui tagli compaiono esagerate (per difetto di metodi di preparazione) e che infine nelle specie più piccole si trovano appena accennate, oppure mancano del tutto. — 56 — Ho fin qui fatto conoscere i due gangli maggiori; mi resta di parlare di altri, che stanno attorno alla bocca; e sono quattro, due vestibolari e due periesofagei. Comincio dai vestibolari (laterali di Krohn) (9v). Essi si trovano nelle pareti del vestibolo. Qualmente ebbi a notare più indietro, dagli angoli anteriori del ganglio sopraesofageo distaccansi due nervi (cerebrali anteriori); dapprima essi restano paralleli e poco discosti l’uno dall’altro ; in seguito divergono in modo che volgono verso i denti anteriori; piegandosi ad angolo, passano dalla superficie dorsale alla ventrale; entrano in mezzo ai muscoli e dopo breve tragitto si rigonfiano in gangli; così si formano i gangli vestibolari, i quali vengono a trovarsi press’ a poco al disotto ed ail’ esterno del ganglio sopraesofageo, da cui però restano divisi e per il celoma e per la musculatura. Hanno forma in qualche modo semilunare, a concavità rivolta verso la bocca; riuniti assieme, hanno volume non minore di quello del cervello. Come ho giù menzionato, sono intermuscolari; da una parte però sporgono alquanto nel celoma cefalico. Constano di sostanza in parte fibrosa-punteggiata ed in parte cellulare. Questa sta alla cor- teccia del ganglio ed abbonda specialmente alla sua faccia convessa; le cellule sono di varia grandezza, non raggiungono però mai quella delle cellule maggiori per me descritte nel ganglio addominale. Sulla sezione trasversale la sostanza fibrosa-punteggiata è circolare; sta in diretta continuazione coi nervi cerebrali anteriori. I tagli di questa sostanza ci discoprono delle fibre giganti di calibro medio. Anteriormente ed esteriormente al ganglio vestibolare, evvi un altro ganglio minuscolo; che si può consi- derare un lobetto accessorio del vestibolare, perchè non mi pare interamente separato da questo; ha foggia irre- golarmente ovale (gua). È un bitorzoletto sessile, del nervo cerebrale anteriore; gli sorge al margine esterno, immediatamente prima che questo nervo si rigonfi nel ganglio vestibolare. Press’ a poco su una linea trasversale alla testa e tangente l’estremità anteriore di questo bitorzoletto, il nervo cerebrale anteriore dà verso la linea mediana una grossa branca, la quale dopo brevissimo tragitto s'ingrossa in un altro ganglio, più piccolo però del vestibolare; questo ganglio, pe’ suoi rapporti coll’esofago, può denominarsi periesofageo (9p). Superficialmente una parte di esso è coperta dai follicoli boccali vicini all’esofago e dall’epitelio colla relativa euticola vestibolare; ed un’altra parte (verso la linea mediana) è a ridosso dell’ estremità anteriore dell’ esofago. Profondamente esso giace in un po’ di fossicella lasciata dai muscoli. i Registro ora i rami che dipartonsi dai varî gangli, che termino di descrivere. Sono numerosi tronchi e non è lieve impresa il seguirli, ad uno ad uno, dal punto di partenza fino alle loro terminazioni periferiche. Combinando e ricombinando osservazioni a fresco, preparati per isolamento e sezioni di pezzi conser- vati coll’osmio, son riuscito ad accompagrarne parecchi; di altri però non ho potuto constatare più che l’origine. Dal lato concavo del ganglio vestibolare, si parte un nervo; dopo breve tragitto, diventa sottoepidermidale e serve ad innervare probabilmente i follicoli vestibolari posteriori (ne). Un altro nervo, grosso e molto lungo (ne”), origina dal lato convesso del ganglio e va, press’a poco trasver- salmente, vicino al dente posteriore della serie posteriore (nella Serratodentata); qui giunto non si vede più, se si guarda l’animale a fresco dalla superficie ventrale; compare invece press’ a poco nel medesimo punto alla superficie dorsale, dove si può vederlo discendere obliquamente, parallelo e vicino al margine laterale della testa, incrociare la commissura addominalè ed arrivar all'estremità laterale-posteriore della testa; in tutto questo decorso, vicino alla superficie dorsale, è intramusculare, cioè dire, è sotto il prepuzio, nel muscolo grande agri complesso laterale. Arrivato, come si disse, all’ estremità posterior-laterale della testa, verosimilmente diventa sottoepidermidale (lo che mi risulterebbe da tagli nell’ Heraptera). Il cilindro ricurvo di sostanza fibrosa-punteggiata (che forma la parte centrale del ganglio vestibolare) si continua all'indietro in un grosso nervo; precisamente come all’avanti (questa cosa ho già toccato di sopra) si continua nel tronco cerebrale anteriore. Cotale grosso nervo si avvicina a poco a poco alla linea mediana, passa sul muscolo complesso mediano, diventa sottoepidermoidale ed incontra l omologo dell’altro lato; onde risulta una commissura proprio nel bel mezzo del muscolo (commissura retroboccale o vestibolare) (V. tav. V, fig. 11) (cm). Dal punto commissurale dipartesi un nervo di grossezza molto varia nelle varie specie (in certe specie, non ricordo quali, mi parve doppio); questo nervo, seguendo la linea mediana, raggiunge l’esofago, si piega ed entra nella sua parete; dove termini, non s'è potuto constatare. Dal lobetto accessorio del ganglio vestibolare originano parecchi rami, al cui decorso non ebbi la fortuna di poter tener dietro. Per ultimo, dal ganglio boccale si staccano due rami: l’uno probabilmente va ai follicoli boccali; l’altro, lungo e sottile, entra nelle pareti laterali dell’ esofago (ne). Intorno a quest’ultimo, ripiglierdò il discorso in miglior luogo, traitando, cioè, del sistema digerente, dove descriverò anche altri nervi, che percorrono l'intestino. I nervi ed i gangli fin qui registrati son tutti quanti ravvolti in un nevro-gangliolemma fibrillare e sparso di nuclei ovoidali. Or che ho descritto i gangli ed i loro tronchi nervosi primitivi, mi sia lecito passare allo studio delle diramazioni secondarie di questi tronchi (V. tav. II, fig. 24 — tav. V, fig. 16 e 17 — tav. VIII, fig. 8). Preferisco cominciare con quelle dei nervi posteriori. del ganglio addominale (V. tav. XII, fig. 13). Ricordo che i nervi posteriori, dopochè si sono distaccati dal ganglio, immediatamente divergono 1’ uno dall’altro e che sono appiattiti nel senso dorso-ventrale. A misura che si allontanano dal loro punto d’ emergenza, danno rami numerosi (ad angolo acuto e dalla parte del nervo, che guarda l’area laterale), e naturalmente vanno impicciolendosi. Un po’ prima dell’ estremità anteriore delle pinne medie, si risolvono in un gran numero di fascicoli di varia grossezza, che decorrono per un piccolo tratto, ancora avvicinati gli uni agli altri; d’ordinario i fascicoli maggiori stanno alla parte mediana, lateralmente invece i minori. Nè maggiori, nè minori decorrono paralleli, sibbene intrecciansi in diversissime guise, senza un’ apparente regolarità; su pezzi esaminati di fronte, qua, a modo d'esempio, sì può vedere un grosso tronco dividersi ad angolo acuto in due branche, ciascuna delle quali va a congiungersi col primo ramo, che incontra sulla sua direzione; là una branca subisce prestissimo questa congiunzione, mentre l'altra decorre indipendente per un buon tratto. Si può vedere due, o tre branche, grosse, o sottili, fondersi assieme per formare un nuovo tronco. Non mancano i rami trasversali ed obliqui, che fanno un ponte tra due longitudinali ece. Troppo mi dilungherei se volessi raccontare tutte le combinazioni possibili; riassumendo si può dire che il nervo si divide ad angolo acuto in tanti rami, i quali non decorrono regolarmente, ma formano una rete ad aree; queste aree per lo più sono allungate press’a poco nel senso della lunghezza del nervo, ma di foggia irre- golare; i fili intrecciati a far la maglia sono di differentissime grossezze. Con questo viluppo di rami comincia il plesso nervoso periferico. A chiarirci ulteriormente su tale plesso, è bene seguire un nervo laterale del ganglio addominale, per es. uno discendente dall'interno all'esterno e dall’avanti all'indietro; dopo un certo tragitto si espande, sbrancandosi Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 8 2:58 = ad angolo acuto, in rami relativamente grossi; questi dopo breve tratto si dividono similmente in ramuscoli ; i quali ben presto irregolarmente s’anastomizzano tra loro e di nuovo si suddividono, sempre ad angolo acuto. Insomma i ramuscoli s’allontanano l’uno dall’altro e poi si accostano e poi di nuovo si allontanano, alternando anastomosi e suddivisioni. Accade perciò qualcosa di simile a quel che ho detto pel tronco posteriore; scl- tanto che la rete formata dai rami e ramuscoli è in complesso a maglie molte più ampie. Questa rete sta sul prolungamento diretto della linea di tragitto che tiene il nervo prima di dividersi. Questa rete tenendo l’ or detta direzione, naturalmente non tarda a raggiungere l’area laterale; qui s'incontra con una rete simile fatta da un ramo partitosi dal tronco addominale posteriore, prima che si sciogliesse nella rete dianzi descritta. Incontratesi le due reti, ne formano una comune; ossia i ramuscoli dei due nervi ripetono insieme quel curioso dividersi e anastomizzarsi che prima avean fatto separatamente. Ho parlato sempre di divisioni e di anastomosi; devo aggiungere che su buone preparazioni si vede che certe anastomosi e certe divisioni sono apparenti, in quantochè si tratta di rami, che scavalcano altri, toccan- doli nel punto di scavalcamento. È notevole che già in qualunque delle descritte reti (o plessi che si voglian dire) s'incontrano diramazioni tenuissime, lo che rende probabile che da qualunque punto possono direttamente partire dei troncolini terminali. Man mano che ci allontaniamo dai tronchi nervosi, più sottili troviamo i rami che formano la rete. Essa però continua a riboccare di una irregolarità somma, per anastomosi e suddivisioni molteplici, apparenti e reali. I nervi e le reti, che questi formano, stanno sempre immediatamente sotto 1’ epidermide. I fatti fin qui esposti non sono speciali pei nervi nominati, ma sì ripetono per tutti. Da onde nasce che, ovunque giri il guardo, sotto l'epidermide del Chetognato, si trova una rete complicatissima e fitta; qua a fili per la maggior parte grossicelli, colà a fili per la maggior parte medî, altrove a fili minutissimi. È una rete mirabile; e non posso passarmi con silenzio di alcune forme di intrecci offerte dai ramuscoli finissimi. Due di essi possono avvicinarsi l’uno all’altro, toccarsi in un punto (apparentemente almeno) senza confon- dersi e poi riallontanarsi; nel punto di contatto s’interpone sostanza, che in certi preparati fatti coll’osmio com- pare finamente granellosa. Questa falsa anastomosi può aver luogo con la seguente modalità: nel punto di contatto dei due ramuscoli uno di essi può biforcarsi e così è che a questo punto vengono due ramuscoli e se ne dipartono tre. Altre volte il contatto tra due rami invece di esser un punto, è una linea e sembra anche più intimo, cioè dire sembra che i due ramuscoli in questa linea si fondano assieme per poi ridividersi. Altre volte si tratta di semplici inerociamenti di ramuscoli (sotto angolo retto, o no) con uno, ovvero due altri, simili, 0 più grossi. Son caratteristici anche certi ramoscelli molto lunghi, che incrociano perpendicolarmente parecchi rami e alla fine si biforcano ad angolo acuto. Qua e là, in tutte le reti finora menzionate, si trovano intercalate delle cellale ganglionari isolate, per lo più grandi, ciascuna delle quali è centro di parecchi rami, o ramuseoli. Hertwig avrebbe scortò molte celluline nervose, nelle reti descritte e specialmente nel plesso nervoso più periferico. Io m’'avvenni a piccoli rigonfiamenti, quali son descritti da Hertwig, nei punti di anastomosi, o di divi- sioni dei ramuscoli (su preparati in osmio, od in oro); non ho potuto però vedervi dei nuclei e perciò non posso concedere a tali rigonfiamenti il valore di cellule. TN Ego a Circa al proposito della struttura dei nervi, son degni di menzione i fatti che sieguono. Già nella preparazione a fresco, rami nervosi anche piuttosto grossi possono apparir in diverso modo; certuni omogenei, quasi che il lor contenuto fosse acquoso; cert’altri invece, meno trasparenti e striati longi- tudinalmente, quasi si componessero appena d’alcune fibrille relativamente grosse; non di rado accade che in un ramo nervoso una parte abbia quello ed un’altra quest’aspetto. L'oro e l’osmio fissano i medesimi fatti, cioè in certi punti, i nervi compaiono fibrosi ed in altri traspa- renti, quasi canalicoli pieni di liquido. Parlando dell’epidermide si è già toccata questa cosa e si tentò anzi di darne una spiegazione. Al capi- tolo sull’ epidermide rimando perciò il cortese lettore. Nei rami di terzo e quarto ordine, le striature accennanti alla lor composizione fibrosa sono scarsissime. I ramuscoli tenuissimi sembrano fatti di materia amorfa, senza striatura di sorta. Egli è patentissimo che alcuni di essi si biforcano. I tronchi primitivi si presentano formati di fibrille difficilmente isolabili e la cui sezione trasversale è circolare e di vario diametro. In essi esistono anche le fibre, che già denominai giganti (V. tav. VI, fig. 15); queste sono più grosse nelle specie più grandi e negli individui più adulti; nei neonati non ho potuto constatarle. Sui tagli trasversali del ganglio addominale, esse compaiono come sezioni di tubi vuoti, a parete sottilis- sima ed anista. Osservando di fronte dei neivi di Spadella conservata col metodo di Kleinenberg, si può trovare in queste fibre giganti un contenuto granelloso. Qui nei nervi, a fresco, sono visibili molto meglio che nel ganglio addominale; allora non di rado lungo le fibre in discorso, si formano negli individui morti, o moribondi, dei gozzi, a contenuto apparentemente acquoso ed a contorno semplice, o molteplice; talvolta questi gozzi si staccano dalla fibra. Talvolta nella preparazione la fibra compare isolata, distaccata, cioè, per un certo tratto, dal nervo con cui decorrea ed allora assume l’aspetto di un nastrino ialino. Le fibre giganti, nelle macerazioni fatte colle regole prescritte degli Hertwig, alle volte restano incolore; alle volte invece si colorano in nero uniforme, tranne che alla lor periferia, dove resta una linea chiara. Tenute per alcuni minuti in acido osmico diluitissimo per lo più diventano varicose; lo che accade talvolta anche col semplice metterle in acqua di mare per qualche istante; oltre a ciò nell’osmio abbrunano e diventano granellose, non mai però fibrillari. Nell’oro infine diventano d’un violetto molto cupo. Via via che si slontanano dai centri, si ramificano. Cotale fatto, meglio che altrove, si osserva alla faccia dorsale del collo e della testa, nella Bipunctata (V. tav. XII, fig. 15) e nella Serratodentata; qui si possono constatar con sicurezza ramificazioni ad angolo acuto, anche di primo e di secondo ordine; i rami secondarî son minori dei tronchi primitivi, ed i terziarî minori dei secondarî. Adagiando sul dorso una Bipunctata ancora vivida ed osservandola ad un forte ingrandimento, si può acquistare la persuasione che ad una prominenza tattile laterale (circa la quarta che si conta andando dall’estre- mità anteriore del tronco verso la posteriore) viene un ramo che si è dipartito ad angolo acuto, direttamente da una fibra gigante primitiva. Per questo fatto, al mio parere, si debbe affermare senza alcuna dubitazione che le fibre in discorso, sono di natura nervosa. Ciò ammesso, io ardirei compendiare tuttociò che fin qui ho accennato, con le seguenti concise proposizioni. es Le fibre nervose primitive sono di svariatissima grossezza e persino gigantesche; esse sono a struttura amorfa e capaci di diramazioni ad angolo acuto. Per questi caratteri, le fibre in discorso s'accostano pro- babilmente a quelle dei Crostacei. Per completare 1’ esposizione delle mie ricerche sul sistema nervoso dei Chetognati, soggiungerò alcun: altri fatti, a così dire, isolati. Il primo riguarda il nevrilemma. I tronchi maggiori (e questa cosa ho già accennato altrove) possedono un nevrilemma del tutto simile al già descritto sangliolemma, fatto, cioè, di tessuto fibrillare sparso di nuclei ovoidali. Questo tessuto può presentar delle lacune; lacune alle volte si veggono sui tagli anche tra il nevri- lemma e il fascio delle fibre nervose. Attorno ai rami maggiori (su animali ancora viventi) si trova una zona chiara senza tessuto fibrillare e apparentemente occupata da liquido acquoso. Anche i ramuscòli offrono zone simili, ma appena in certi preparati; quindi il dubbio che sieno artifi- ciali, od almeno che naturalmente siano molto anguste. Di tutto che dissi sul nevri-gangliolemma, egli è lecito desumere che attorno ai gangli ed ai nervi stanno delle lacune, che probabilmente sono riempite di succhi nutritizî. Un altro fatto, ch'io voglio accennare, riguarda le variazioni del plesso nervoso periferico; esso esiste nelle specie grosse, quale venne da me descritto; nelle medie è giù ridotto e non ne vidi traccia nella Draco. In questa si possono osservare dei tronchi che staccansi dal ganglio addominale e vanno direttamente alle promi- nenze tattili dell’area laterale, senza subire divisioni, od anastomosi alcuna. Un'ultima osservazione. Nei Chetognati io non ho trovato che nervi, 0 terminazioni sensitive alle promi- nenze tattili; a nervi, o terminazioni motrici, con mio stupore non m’avvenni mai, abbenchè, non dubitando esser questo argomento degnissimo di considerazione, mi ci fossi fermato con viva sollecitudine e sia riuscito ad otte- nere bellissimi preparati di nervi, e di terminazioni sensitive; io misi in opera svariati metodi, li rinnovai e mutai in parecchi modi, consumai un’enorme quantità di tempo, di oro e di osmio e d’altri reagenti, ma tutto invano! Dietro osservazioni fatte e reiterate, assevero che tutti i rami intermuscolari, ai quali ho potuto tener dietro vengono a finire in organi di senso. Per tutte queste ragioni io avanzo il dubbio che nei Chetognati non esistano che nervi motori. Dopo questi fatti e questa ipotesi, riescono interessanti le infrascritte esperienze. I Chetognati privi d’uno, o di tutti i gangli, sopravvivono almeno parecchie ore e continuano a guizzare, come se nulla fosse loro accaduto; massime, dietro eccitazioni con stimoli tattili, o chimici, dopo averli lasciati in riposo per qualche tempo. Ad ogni stimolazione rispondono parecchi guizzi, onde l’animale si locomove per un bel tratto ed ordinatamente. NOTE STORICHE I ganglî dei Chetognati erano già noti ad un digrosso per gli studî di Krohn, Kowalevsky, Langerhans ed Hertwig; Langerhans descrisse la commissura retroboccale; Hertwig non riuscì a confermarla; io ebbi miglior fortuna e scoprii anche un nervo che da essa si diparte. Hertwig diede una ottima ma succinta descri- zione dei plessi periferici ch'egli studiò appena nell'Hezaptera ; erroneamente però credette che giacessero tra gli strati dell’ epidermide. Come del pari erroneamente distinse il sistema nervoso in mesodermico o motore Y = (gangli esofagei e vestibolari) ed ectodermico o sensitivo. Kowalevsky descrisse nel ganglio dei canali che in realtà non esistono; le cavità ch’egli rilevò sui tagli trasversali sono dipendenti da fuoruscita di sostanza fibrosa-punteggiata, accaduta nell’allestire la preparazione. L'istiologia dei nervi e dei gangli manca quasi interamente nella eccellente Monografia d’Hertwig; al quale sfuggirono le fibre giganti. In questo mio capitolo sono nuovi anche molti altri particolari d’anatomia grossolana. Parte II. Organi di senso. Il Chetognato va munito di organi di senso molteplici e complicati. Ciò sono: 1° le prominenze tattili ; 2° la corona cigliata; 3° i follicoli vestibolari; 4° gli occhi; 5° la fossetta retrocerebrale; 6° le fossette vestibo- lari. Io ne tratterò ad uno ad uno: comincio con le prominenze. PROMINENZE TATTILI (V. tav. II, fig. 16 — tav. VI, fig. 1 — tav. VII, fig.11, 12, 13, 15e16— tav. VIII, fig. 11 e 12 — tav. IX, fig. 2 e 4). — Le terminazioni cel plesso nervoso periferico (descritte nella prima parte del presente capitolo) stanno tutte nel dominio di numerosissimi organi molto complicati e disseminati unifor- memente per tutta la superficie del corpo. Sono in forma di lievi, ma estese prominenze; d’onde sporgono dei peli, spiegati press’ a poco a guisa di ventaglio. La disposizione di queste prominenze seconda la simmetria bilaterale (V. tav. IX, fig. 2 e 4). A chi guarda individui ancor giovani, o di specie piccola, egli può sembrare che queste prominenze siano in linee parallele longitudinali e trasversali (o meglio annulari); così nella Minima si possono contare circa venti anelli trasversali, che in molti punti sono in sei linee longitudinali. Ma se si uccide l’animale e si fa un esame completo, se ne scoprono molti che nel vivente veggonsi difficilissimamente, e si acquista la persua- sione che per lo più (contrariamente a quanto asseriscono Langerhans ed Hertwig) non si può parlar di veri anelli trasversali, o dì vere linee longitudinali. ‘In qualche punto però le linee longitudinali possono essere abbastanza regolari ed è anzi possibile di numerarle; così per es. sono sedici alla metà anteriore del tronco nell’ Hezapteru e nella Bipunctata. L’irregolarità di disposizione reputata da Hertwig specifica dell’Heraptera esiste tal quale nella Bipunctata. Il numero assoluto di queste prominenze nelle specie grosse è maggiore che nelle piccole; invece nella Bipunctata e nella Serratodentata relativamente esse son più numerose di quel che nell’ Heraptera; civè dire sovra superficie del corpo d’uguali dimensioni, sono assai più abbondanti in quelle che in questa. Di questa, la superficie del corpo non viene però ad essere meno sensitiva, perchè le sue prominenze sono di gran lunga più ampie. \ A torto si asserì che nella Claparèdi siano molto scarse: per es. a livello del ganglio addominale, ne trovai sei serie sovra ciascun taglio trasversale. Vero è però che in questa specie mancano dal lato ventrale in tutta la sezione caudale; esistono però su ambo le faccie delle tre pinne. Per dar un’idea della numerosità delle prominenze riferirò che in un’ Hewaptera adulta sovra la pinna impari ne contai trentacinque (press’ a poco in quattro serie trasversali); nonostante che fosse un po’ guasta e però verosimilmente ne avesse già perdute alcune. agora Si trovano esse anche alla superficie dorsale del capo e sul prepuzio (lateralmente al ganglio sopraeso- fageo, al davanti degli occhi). Mancano soltanto alla superficie inferiore del capo, ossia nel vestibolo (di cui parlerò nel capitolo sul tubo digerente). In animali punto gualciti, ho potuto constatare la presenza delle prominenze anche sui margini liberi delle pinne. La lor estensione è molto varia e subisce variazioni, non soltanto con la specie e con l’età dell’animale, ma anche nelle singole regioni del corpo. Nella Bipunctata, a cagion d'esempio, sono di svariata grandezza nelle parti antero-laterali del tronco. Sovra la parte anteriore del ganglio addominale, in tutte le specie, esistono due prominenze molto vaste. Le più piccole, che m’abbia vedute, erano nella Claparèdi, alla sua pinna caudale. AI capo, sovra pezzi conservati, se ne incontrano di quelle composte di circa quattro cellule; attente osservazioni provano che non sono prominenze intere, sibbene residui di prominenze stracciate via dall’epider- mide con le manipolazioni, onde si è allestito il preparato. Il perimetro degli organi in discorso non è di una sola forma ma può esser circolare, ovale, quadrila- tero ecc. Nell’HMezaptera son communi le forme press'a poco a quattro lobi, quasi petali di un fiorellino (V. tav. VI, fig. 1). Tutte le varietà fin qui enumerate non offendono mai la simmetria bilaterale; ed io le vidi ripetersi con costanza negli individui di una stessa specie. Ho già detto che da queste prominenze parte una serie rettilinea di peli che si allontanano l’uno dall'altro, spiegandosi a guisa di ventaglio. Attentamente osservando si rileva che la serie è doppia, fatta, cioè, da due linee di peli parallele e vicinis- sime l’una all’altra. Questi peli, visti di fianco, per solito, sembrano un ciuffetto (V. tav. VII, fig. 16). La serie seconda un asse principale della prominenza: cioè, o quello che è trasversale rispetto all'animale, ovvero quello che è longitudinale. Così per via d’esempio, è disposta pel lungo nella Serratodentata e nella Bipunctuta, almeno sulla parte ante- riore del tronco nella linea mediana longitudinale; pel largo, nelle stesse specie, alle parti antero-laterali del tronco ecc. I peli sono assai numerosi e forse nelle prominenze più ampie superano il centinaio; e son anche molto lunghi, più assai di quanto vennero fin qui figurati (V. tav. VII, fig. 15). Sono tenui; attenuansi ancor più verso la punta. Stanno avvicinatissimi l’uno all’altro verso la base; sono alquanto scostati verso gli apici. I più esterni delle serie sono i più corti ed i mediani i più lunghi. In animale vivo ed integro sono piuttosto rigidi e diritti. È vero che facilmente occorre di osservarli ripiegati sovra sè stessi verso la loro estremità libera; ciò però, nel mio parere, dipende da incipiente alterazione. Infine essi si conservano con varî metodi; perdono però la loro rigidità e diventano granellosi. Per sè stessi sono immobili; d’ordinario però si veggono tremolare, locchè accade passivamente. Gli organi di senso in discorso venner da me chiamati prominenze, perchè in realtà sogliono far promi- nenza sulla superficie del corpo, stando collocati sull’ epidermide (V. tav. VII, fig. 12 e 15); soltanto alcuni, nella Claparèdi, sono infossati dentro di essa ('). (') Ciò non accade però nella Draco; Hertwig asserì il contrario. gore La sezione di una prominenza perpendicolare alla serie dei peli è all'incirca triangolare; i tre lati del triangolo (base e due lati isosceli) sono molto lunghi; invece l’altezza è pochissima; dall’angolo opposto alla base sorgono i peli. La forma complessiva della prominenza (V. tav. VII, fig. 12 e 15), in qualche modo, è paragonabile a quella di una cresta a base ampliissima; vi si possono distinguere due faccie laterali ed un margine, od orlo, che le unisce; questo margine nella parte mediana è leggerissimamente avvallato; è da questo avvallamento che spuntano fuori i peli. Le parti laterali del margine si possono dire matti di congiungimento delle due faccie laterali. Addentriamoci ora nelle minuzie istiologiche. Dobbiamo studiare: 1° gli elementi sensitivi; 2° l'epidermide su cuì riposano; 3° il nervo che vi accede. Le dilacerazioni rischiarano il primo punto più delle sezioni; le quali per esser gli elementi minuti ed alterabili da un nonnulla e per altre ragioni ancora, riescono di pochissimo utile. Con le dilacerazioni si trovan oltre ai peli, dei bastoncini e delle cellule di tre sorta, le quali per la loro posizione si possono denominare centrali, intermedie e periferiche. Agli orli del lievissimo avvallamento (che ho descritto sulla parte mediana del margine della cresta) (V. tav. II, fig. 15 — tav. VII, fig. 12 e 13 — tav. VIII, fig. 12) vengono le estremità centrali dei bastoncini, i quali sono in due strati semplici; uno copre una faccia laterale della cresta e l’altro l’altra; i bastoncini di ciascun strato sono paralleli tra loro e connessi insieme da materia amorfa. Sui tratti di congiungimento delle due faccie laterali i bastoncini mancano (sempre?). Accade frequenti volte di vedere che le estremità periferiche dei bastoncini sono in rapporto intimo con cellule (le periferiche delle prominenze) in unico strato, quasi cubiche, minute, a protoplasma scarsissimo, senza contorno preciso ed addossate l’una all'altra (V. tav. VIII, fig. 12). È verosimile che i bastoncini dipartansi da queste cellule. Alle estremità centrali essi sono ingrossati; nei preparati per isolamento i peli stanno aderenti a cotali estremità, sicchè parrebbero prolungamenti dei baston- cini; mi ribatte in questa opinione il non trovarli mai aderenti alle cellule centrali, di cui (bisogna dirlo) a prima giunta, sembrerebbero dipendenti. Sotto ai bastoncini, all’interno delle cellule periferiche, stanno numerosissime cellule che si possono distin- guere, com' ho già premesso, in intermedie (più abbondanti) e centrali (V.tav. II, fig. 15 — tav. VIII, fig. 11). Avvertasi però che siffatta distinzione in alcune specie e con parecchi metodi di preparazione non è evidente. Le differenze risaltano sopratutto nella Bipunctata. Le cellule centrali possono essere collocate in due colonne regolari e parallele alla serie dei peli; se però le prominenze sono molto ampie, allora le cellule centrali sono in numero più grosso e tutt'insieme occupano uno spazio elittico, ad asse maggiore nel senso dell’avvallamento. Anche queste cellule stanno in unico strato. Sono un po’ più grosse delle intermedie e delle periferiche; son globose o poliedriche; hanno contorni indistinti, il protoplasma scarso, meno però che nelle intermedie e nelle periferiche; il loro nucleo mi parve talvolta gra- nelloso più che in tutte queste. Le cellule intermedie sono del pari in un semplice strato; tendono alla forma cilindrica; quelle che attor- niano le centrali sono più alte; diventano più basse, man mano che si accostano alla periferia. Queste cellule si vedono sui tagli, meglio che in qualunque altro modo; son disposte perpendicolarmente sull'epidermide sot- tostante; hanno nucleo allungato ; il protoplasma è scarsissimo, quasi mancante; il contorno è indiscernibile. Queste cellule sono difficilmente isolabili; coll'osmio non abbrunano più delle centrali. e Ga Il nucleo di queste e di quelle fornisce delle propaggini (V. tav. VIII, fix. 11, A e 8); un nueleo solo ne può fornir perfino tre. Mi pare d’aver accertato che per mezzo di esse le cellule centrali si uniscono colle inter- medie e con i ramuscoli nervosi; e che le intermedie si congiungono tra loro e colle periferiche. La base delle prominenze è fatta d’epidermide (V. tav. VII, fig. 12); che può presentarsi un po’ rilevata, cioè, fatta da un numero di strati maggiore del solito, senza modificazioni di struttura (es. all'estremità ante- riore del tronco nella Bipunctata) ovvero modificata lievemente (per es. negli strati più superficiali essa è a cellule piccole, sotto alle due grandi prominenze del ganglio addominale dell’Heraptera). Altre volte l’epider- mide non è punto alzata, può anzi essere avvallata; in questo caso però forma anche una specie di orlo, che copre la parte più periferica della prominenza (nelle Claparddi). Si tenga in mente che questi fatti sono evidenti già nei neonati. Attraverso l'epidermide basilare, passano i nervi delle prominenze. Lo studio dei nervi si fa comodamente nelle specie ad epidermide trasparente e molto grossa (Draco e Bipunetata); meglio nei luoghi ove questa gros- sezza è maggiore (V. tav. VII, fig. 11, 12 e 13). I risultamenti così conseguiti trovan conferma sui tagli trasversali. Il ramuscolo, che si stacca dal plesso e va a finire alla prominenza, può aver svariata grossezza; bene spesso è più grosso di alcuni dei troncolini che compongono il plesso. Le cellule ganglionari periferiche (di cui ho dato la descrizione nella parte prima del presente capitolo, discorrendo dei plessi) non hanno rapporti speciali con queste terminazioni. La direzione del nervo nell’epidermide è soggetta a variare evidentemente a seconda del suo proprio punto d'origine; così per es. alle prominenze che stanno lateralmente e nel livello del ganglio addominale (nella Draco), ì nervi giungono, attraversando perpendicolarmente, o quasi, l'epidermide; l’attraversano in direzione obliqua ascendente quelli per le prominenze laterali della parte anteriore del tronco ecc. Talvolta vedesi un ramo grosso entrar nell’epidermide, biforcarsi ed un ramuscolo andar ad una prominenza, l’altro ad un’altra. Vicino al collo, nelle Bipunctatae poco grosse, è facile veder di fronte alcune prominenze; un nervo viene sotto di esse; giunto vicino alle cellule cilindriche, si divide ad angolo acuto in due ramuscoli, che alla lor volta similmente si sbrancano; i minimi ramuscoli così nati stanno ad evidenza vicino e sotto le cellule cen- trali. Tal rara volta questi fatti sono osservabili in pezzi macerati colle regole degli Hertwig. A certe prominenze viene più d’un ramo nervoso. Nella Bipunctata il nervo intraepildermoidale mostra una sorta di guaina anista. Gettiamo ora uno sguardo sintetico sulla struttura delle prominenze. Abbiam un nervo, in cui i ramuscoli terminali vanno e finire in cellule (centrali) poliedriche-globose e relativamente ricche di protoplasma; queste cellule sono molto verosimilmente unite per un prolungamento ad altre che loro fanno corona (una parte delle intermedie) e queste alla lor volta ad altre similmente disposte (un’altra parte delle intermedie); e queste altre ad altre del pari situate (ancora una parte delle intermedie); questo congiungersi si ripete tanto che tutte le cellule intermedie restano unite tra loro; quelle di esse che toc- cano le periferiche probabilissimamente si congiungono con loro per mezzo di prolungamenti simili. Queste cellule periferiche portano delle appendici lunghe, rigide, ossia bastoncini: i bastoncini finiscono ingrossati; a questa lor estremità ingrossata s’attaccano lunghi peli sensitivi. Questi organi sono già sviluppati, quando l’animale abbandona l’uovo ; il loro numero però è certamente inferiore a quel che si riscontra negli adulti. a Veduta la struttura, è da indagare la funzione di queste prominenze. e ARI Seba Le sperienze (fatte su Hezapterae vive ed integre) dimostrano a non dubitare che questi organi hanno una funzione almeno prevalentemente tattile. Le pinne, e in specie l’impari, offrono buon terreno d’esplorazione; a toccarle, per lo più, l'animale, guizzando, rapidamente fugge via; qualche volta però non dà alcun indizio d’accorgersene, ancorchè lo stimolo non sia debole. Sembra che nel primo caso esso abbia impressionato le ‘prominenze e nel secondo invece gli spazî ad esse interposti. Per mettere in fuga l’animale, d’ordinario basta un lievissimo tocco in luogo convenevole; gli è curioso che tal fiata esso si volta indietro ed addenta la pinna, lù dove gli è stata toccata. Quando la pinna è guasta, lo stimolo ad essa applicato non è seguito da reazione, ancorchè l’animale si mantenga vivace. Sulle pinne medie, quando sono gualcite (ed è caso communissimo), si può agire con un ago per modo di far girar l’animale sovra il suo asse longitudinale, senza che scappi via; lo che però esso fa prontamente, se lo sì palpa in località fornite di prominenze intatte. i Ordinariamente non reagisce che dieci o dodici volte; qualche rara volta m’accadde di vederlo reagire ancora, dopo un po’ di riposo. Scuotendo l’acqua d’un vaso in cui stiano Chetognati sani che, com’hanno in abitudine, fanno il morto, essi riprendono subito i lor movimenti saettiformi. Le prominenze fin qui descritte possono forse ragguagliarsi per la funzione a certi organi, di cui va for- nita la più parte degli animali acquatici: cioè dire agli organi della linea laterale degli Annellidi, dei Pesci ecc. Questi furono giudicati appartenenti ad un sesto senso da Knox e da Leydig; F. E. Schultze li giudicò adatti zur Wahrnehmung von Massenbewegungen des Wassers gegen den Fischkòrper. Recentemente però Merkel li proclamò organi tattili: « Die Sinneshaare der Nervenhigel durch alle Dinge ihren adiiquaten Reiz empfangen, welche dieselben in Bewegung versetzen ». Le idee di Merkel collimano forse coi risultamenti delle mie sperienze nei Chetognati. Le quali a mio cre- dere, dimostrano, come già si disse, che le prominenze hanno una funzione tattile. Se però traducano ancora altre impressioni, oltre quelle del tatto; se questo senso degli animali acquatici sia paragonabile al nostro, sono quistioni difficilissime e sulle quali io non oso pronunciarmi. Corona CIGLIATA (V. tav. I, fig. le 15 — tav. II, fig. 16 — tav. V, fig. 18 — tav. VII, fig. 17 — tav. VIII, fig. 10 — tav. IX, fig. 2). — Volgo ora le indagini alla corona cigliata; che è un altro organo di senso e, al mio parere, è poco differente dalle prominenze. Quest’ organo impari, ch'io denomino corona, perchè sembra una corona, posata sulla superficie dell’ epi- dermide, si trova alla faccia dorsale, dietro al ganglio sopraesofageo; in alcune specie è limitato al capo, in altre al collo, in altre, per ultimo, s’ estende fino al ganglio addominale. Preciso: nella Claparèdi è quasi limitato alla parte anteriore del tronco; nella Draco s’estende un po’ più indietro. Nella Bipunctata comincia alla fussetta retrocerebrale e va fin quasi al ganglio addominale. Nella Serratodentata indietro s’estende all’incirca, come nella Bipunetata : anteriormente però s'arresta un po' prima di raggiungere la fossetta retrocerebrale. Nell’ Enfltata la corona partendo da questa fossetta si porta fino sul collo. Press'a poco uguale è l’estensione nella Magna; si prolunga un po’ meno all'indietro nella Lyra ed un po’ più nell’ Heraptera. Una corona schiacciata nel senso laterale, ma in svariate guise, può dar l’idea della figura di quest’organo. In tutte le specie da me studiate, fuori la Claparèdì, la distanza che unisce l'estremità anteriore alla posteriore della corona, è più lunga di quella che ne unisce le estremità laterali; nelle Claparèdi accade l'opposto. Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 9 — 66 — La forma varia colla specie ed alcun poco anche coi movimenti dell’animale. La corona nella Bipunctata e nella Serratodentata presenta degli ondeggiamenti, cioè a dire dei rientramenti e delle sporgenze; nella Ser- ratodentata, al collo, si trova una sporgenza rilevante. Nelle specie grandi la corona offre la forma del contorno di una pera, con la parte allargata posta all’indietro. La larghezza propria della corona (voglio dire, lo spazio compreso tra il suo orlo esterno e l’interno) varia con la specie del Chetognato e può variare nelle diverse parti di una corona. Nella Lyra essa larghezza è relati- vamente più grande che nelle altre specie. Nello spazio circoscritto della corona cigliata (o intercorovale, che si voglia dire) si trovan delle promi- nenze tattili. Come dimostrano i tagli, lo strato più profondo della corona cigliata sta in un lieve avvallamento dell’epi- dermide; il resto ne sporge fuori. Lo studio della struttura intima è oltremodo difficile per la piccolezza degli elementi, per il loro grandis- simo numero ed infine per la difficoltà d’isolarli. Col dilacerare si isolano delle porzioni di corona, più,o meno estese; è degno di nota che per lo più essa si divide in due parti e la linea di divisione è costantemente mediana e parallela ai due orli, che circoserivono la corona stessa (il fatto spicca sopratutto nella Claparèdì), quasichè fosse composta di due coroncine apposte e concentriche 1’ una all’altra. tagli (V. tav. II, fig. 16 — tav. VIII, fig. 10) dimostrano che lungo questa linea mediana esiste un lieve avvallamento e sul fondo di quest’avvallamento sta forse ancora un lievissimo solco; su ciascuno dei due lati dell’avvallamento sta, se non m’inganno, una serie di bastoncini (V. tav. VII, fig. 17). Le cellule son difficilmente isolabili; tendono alla forma cilindrica; si dispongono in modo che il loro asse maggiore appare come un raggio attorno all’avvallamento; giacciono tanto al fondo del solco, quanto sotto i supposti bastoncini. Per lo manco una gran parte di esse è molto scarsa di protoplasma. È certo inoltre che in parte, o fors'anche, tutte mandano un prolungamento verso l’ avvallamento. Dai due margini del solco partono ciglia vibratili; esse sono sempre più corte dei peli tattili. Non ho potuto stabilire se siano in rapporto coi bastoncini, ovvero colle cellule. Nella Claparèdi, di fronte, si vede che le cellule, sotto all’avvallamento ed alla parte interna della corona, sono per gran parte grosse, a nucleo grosso e giallo; nella parte esterna sono piccole, a nucleo piccolo ed incò- loro. V'è quando sembra di dover ammettere, anche nelle altre specie, una differenza tra le cellule interne e le esterne: cioè, le cellule interne tenderebbero alla forma globosa e sarebbero più ricche di protoplasma, laddove le esterne avrebbero forma cilindrica e possiederebbero una minor quantità di protoplasma. Questi organi hanno nervi speciali, ch'io denomino coronali (V. tav. V, fig. 18 — tav. VIII, fig. 10); la loro origine nel cervello ed il loro decorrer nel prepuzio venner già segnalati nella prima parte del presente capitolo ; almeno in una specie sono più grossi degli ottici (Lyra). Decorrono sottoepidermoidali, nello spazio circoscritto dalla corona; il destro innerva la metà destra della corona ed il sinistro, ‘la metà sinistra. Danno ramuscoli ad angolo acuto e questi alle volte altri simili; tali ramificazioni, secondarie, o terziarie, raggiungono diretta- mente l’epidermide basilare della corona, la trapassano ed entrano nella corona; prima di entrarvi forse subiscono anastomosi e suddivisioni, onde si forma una rete subcoronale (ciò mi sembra evidente nella Draco). I tronchi vanno attenuandosi, man mano che si portano verso il polo posteriore della corona. Mi pare che si esauriscano nell’innervare la corona. ra Una volta sola mi fu dato di osservare (in una Serratodentata) un ramo che non andava alla corona. In una Lyra i due tronchi dei coronali (poco dopo la loro origine apparente dal cervello) eran congiunti assieme da una troncolino trasverso. Se questo fatto della Lyra e quello della Serratodentata compongono fatti isolati, o siano la regola, non ho potuto penetrare. Le nozioni fin qui esposte sono imperfette, e, per tentarne una sintesi, converrebbe aggiungere molto di propria testa; lascerò perciò quest’esercizio al lettore, s’egli se ne piace; io mi limiterò a dire che, da quanto mi fu dato di rilevare, mi sembra emerga una certa rassomiglianza di struttura tra questi organi di senso e le pro- minenze tattili; e nel fatto, come queste, sono organi sopraepidermidali, hanno un solco mediano, cellule con prolungamenti, bastoncini superficiali e laterali al solco e peli in due serie ecc. Da questi indizî è forse lecito sospettare che anche le corone cigliate siano organi tattili. Hertwig li giudicò olfattorî; a me però non riesce di credere che organi collocati come ho detto, possano servire all’assaggio dell’odor del cibo; nè so riferirli ad un assaggio dell’acqua (subordinato alla respirazione). Hertwig crede che parli decisamente in favore d’una funzione specifica, il modo d’innervazione; io osservo però che dal cervello partono due altri tronchi (tra il cerebrale anteriore ed il commissurale), paragonabili ai coronali, ma che però sono (io credo) semplicemente destinati alle prominenze tattili del capo. Occni (V. tav. V, fig. 1,2,3,4,5 e 6 — tav. VI, fig. 8 — tav. VIII, fig. 5). — Sono due; collocati alla parte dorsal-laterale della testa, di dietro del cervello. Sono molto piccoli, ma la lor struttura è complicata. La picciolezza degli elementi rende anche questo organo difficile a studiarsi. È bene notare che per questa bisogna giova molto l'occhio dell’ Hexaptera e sono di gran momento le osservazioni a fresco. Quest’occhio è una sfora appiattita nel senso dorso-ventrale, sicchè il diametro dorso-ventrale è inferiore al trasversale, il quale è pressa poco uguale all’ antero-posteriore (eccezione fatta della Serratodentata. V. più avanti). Per agevolare la mia esposizione distinguo nell'occhio (V. tav. V, fig. 1) due parti: una centrale (nucleo) ed una corticale; quella è pimmentata, questa no. Quella ha forma sferoidale e sta press’a poco nel centro; il suo diametro dorsoventrale coincide quasi per lunghezza e posizione coll’omonimo dell’occhio; anche l’antero-posteriore ed il trasversale coincidono per posizione con gli omonimi, ma sono molto più corti. Il nucleo pertanto tocca quasi la superficie dell’occhio dal lato dor- sale e dal ventrale; laddove ne resta molto lontano in ogni altra parte. A questo nucleo con facilità si nuò togliere il pimmento (per es. con alcool leggermente acidulato d’ acido cloridrico); una volta distruttone il pimmento, vi si può veder comodamente un sepimento verticale, che ne seconda l’asse antero-posteriore ed un altro che è ad esso perpendicolare ed interno, vale a dire seconda la metà interna (che, cioè, guarda la linea mediana-longitudinale) dell’asse trasversale (V. tav. VI, fig. 8). Ciascuno di questi due sepimenti (che negli occhi non scoloriti appaiono nerobruni) sembra composto di due lamine aniste e parallele, cementate tra loro da materia amorfa e granellosa; lù dove sono accoste alle superfici dello sferoide, queste lamine divergono alquanto l’una dall’altra, si ripiegano su di esse e subito scompaiono. Per mezzo dei due sepimenti, il nucleo resta diviso in tre sezioni. Osservando l'occhio di fronte, una appare interna-anteriore, un’altra interna-posteriore ed una terza esterna; le due interne si presentano di solito uguali tra loro e più piccole dell’esterna. Nell’occhio ancor fornito del suo natural pimmento, le tre sezioni in una lor parte, e precisamente in quella più vicina ai sepimenti, sono giallastre; rosee nella più lontana; tal- volta questa parte invece che rosea, è incolora. — 68, Alla superficie di queste tre sezioni vi sono degli ammassi di corpi rifrangenti, che già di primo acchito sì giudicano coni-bastoncini. Per quanto sono venuto dicendo, una sezione ottica orizzontale del nucleo, in animale fresco, si può para- gonare in qualche modo ad un circolo con un diametro (antero-posteriore) nero-bruno ed un raggio (perpendico- lare interno al diametro) d’ugual colore; per queste tre aste, il circolo resta diviso in tre porzioni, press’ a poco un semicerchio esterno, un quarto di circolo auteriore-interno ed uno posteriore-interno; queste tre porzioni nella parte contigua al pimmento nero sono a granelli giallastri; nella parte discosta sono d'aspetto ialino, incolore 0 rosee. I tre archi corrispondenti alle tre porzioni, in cui è diviso il circolo, portano i coni-bastoncini; vi sono perciò tre archi di coni-bastoncini; sui singoli archi essi hanno direzione speciale. Attorno al nucleo, che è dunque pimmentato e coperto in una gran parte di coni-bastoncini, sta la cor- teccia (V. tav. V, fig. 1). Essa è divisibile in tre porzioni corrispondenti e periferiche alle tre in cui è divisibile il nucleo; in ognuna di esse riposano due zone di cellule, l’ una esterna e l’altra interna; l’interna è a ridosso dei coni-bastoncini e l'esterna è a ridosso dell’interna. Questa è fatta di cellule quasi cilindriche, a nucleo ovoidale e grosso, a protoplasma nettamente granelloso; quella è fatta di piccole cellule cubiche-cilindriche a nueleo ovoidale (piccolo in confronto col nucleo delle cellule interne) ed a protoplasma appena granelloso. Ciascuna zona, a quanto sembra, risulta di un unico strato. Si imagini che i sepimenti del nucleo si prolunghino anche nella corteccia; i tre spazî ch’essi verrebbero ad occupare, in realtà sono empiti di cellule cilindriche simili ed in diretta continuazione con quelle delle zone esterne. Le tre zone interne restano quindi divise l’una dall’altra da un cuneo di cellule cubiche-cilindriche, simili a quelle che ho descritte nelle zone esterne. Tutto l'occhio è ravvolto da una capsula anista, striata longitudinalmente e latitudinalmente. AI di là di questa capsula, vi è una cavità, più ampia lateralmente che alla parte dorsale e ventrale; verosimilmente in natura è piena di un liquido che è in communicazione con quello del celoma cefalico, in vicinanza alla linea mediana. Sappiamo che la cavità in discorso è scavata nello spessore del prepuzio (Tav. V, fig. 2, spp). Rimane di fare la descrizione dei nervi ottici; i quali già conosciamo in parte nel loro decorso dentro il cervello; qui sono coperti, specialmente alla parte dorsale, da cellule nervose; e, quando si osservano a fresco, hanno un aspetto granelloso, sicchè differiscono evidentemente da tutti gli altri nervi. Quando abbondano il cervello, ricevono un invoglio fibrillare sparso di numerosi nuclei ovoidali ed entrano nello spessore del prepuzio. Tenendo un tragitto antero-posteriore ed un po’ dall’interno all’esterno, raggiungono il polo anteriore dell’ occhio. Per seguir le diramazioni di questi nervi nessun metodo mi riuscì meglio dell’osservazione a fresco e di fronte, in Hexapterae (V. tav. V, fig. 3). Prima di entrar nell'occhio, subiscono uno strozzamento nel senso trasversale (e la guaina perde i nuclei); se a questo strozzamento corrisponda un allargarsi nel senso dorso-ventrale, non posso dirlo. Quando il nervo è lì lì per entrare nell’occhio, si mostra diviso ad angolo acuto in due branche, l’una esterna, e l’altra interna. L’esterna di solito nell'occhio compare più sottile e l’interna più grossa; talvolta invece sembrano uguali (forse ciò dipende dalla posizione dell’ occhio nel preparato). = ho L’ esterna, entrata nell'occhio, si sbranca subito in rami e questi in appresso si suddividono in ramuscoli. Questi rami e ramuscoli si trovan esclusivamente nella corteccia e quasi limitati alle zone interne. Un ramo abbastanza considerevole segue d’appresso l’arco dei coni, ne raggiunge i posteriori, mantenendosi ancor grossetto; qui finisce spandendosi in un pennello di filamenti. La branca interna, poco dopo la sua origine, come si vede nettamente in alcune fortunate contingenze, si ‘ divide in due altre, l’una delle quali va ad innervare la porzione superiore-interna delle cellule quasi cilin- driche e l’altra ad innervare la porzione inferiore-interna. Esse subiscono del resto diramazioni paragonabili con quelle della branca esterna. Colle dilacerazioni (V. tav. V, fig. 6) si può far qualche altro passo nella conoscenza di quest’occhio. Si può vedere, cioè, che i coni-bastoncini sono in parte dritti ed in parte curvi; e non hanno tutti nè ugual forma, nè ugual grandezza. I più grandi si possono nettamente distinguere in due parti: una periferica ovoidale ed una centrale assottigliata; queste due parti però si continuano direttamente l'una nell'altra. L’ estremità peri- ferica alle volte mostra un prolungamento filiforme, che va evidentemente a mettersi in rapporto coi ramuscoli del nervo ottico. Molti coni-bastoncini, quando sono isolati, appaiono più lunghi di quel che a fresco. I coni-bastoncini possono esser rosei, od affatto incolori; ciò verificasi anche in individui vivi, senza sor- prender mai l’atto del passare dall’una all'altra condizione. Pare che le estremità interne degli elementi in discorso si fondano nelle tre porzioni rosee, od incolore, che descrissi nel nucleo e che a fresco hanno aspetto uguale a quello dei coni-bastoncini. Tali porzioni vennero descritte da Hertwig, come sempre incolore e giudicate lenti cristalline. La posi- zione ch'esse tengono nell'occhio e la loro tinta, nel mio parere, vietano d’accettare questa interpretazione. Ho fin qui parlato dell'occhio dell’Hexaptera. Devo aggiungere che la medesima struttura si ripete, ma con qualche modificazione, in tutte le specie. Nelle specie piccole, mi sembra che non esista netta la distinzione delle cellule della corteccia in zone esterne ed interne, Nella Serratodentata (V. tav. V, fig. 4) il diametro longitudinale dell’ occhio predomina sul trasversale ed i coni-bastoncini sono raccolti in cirea una dozzina di fasci, ciascuno di varia grossezza. Non sono andato oltre nell’intima conoscenza di questi occhi. Nella Claparèdì (V. tav. V, fig. 5) il pimmento ha una disposizione differente, però anche qui regge il fatto fondamentale, che l’occhio è diviso in tre segmenti; la principale diversità sta in ciò che la sostanza rosea od incolora del nucleo non è ovunque coperta di coni-bastoncini, in modo che sulle sezioni ottiche oriz- zontali si osservano i tre archi di coni-bastoncini separati l’uno dall'altro, per spazî relativamente ampî. Alla periferia della sostanza rosea od incolora, nel tratto senza coni-bastoncini, che sta fra le loro porzioni interna- superiore ed interna-inferiore hanno principio due spazî; i quali si potrebbero giudicare canalicolari e pieni di liquido incoloro, diafano; uno per la sua posizione si può denominar obliquo ascendente, l’altro obliquo discen- dente. Essi stanno nella sostanza corticale dell’occhio; dopo un certo tragitto ciascuno si biforea ad angolo acuto; i due rami sono più sottili del tronco e si perdono nella periferia della sostanza corticale. Queste curiose disposizioni, negli individui vivi o morti di fresco, sono costanti e chiarissime ; invece io non sono riuscito a riscontrarle nettamente sovra pezzi conservati. Si può pensare che questi spazî canalicolari siano adibiti alla circolazione dei succhi nutritizî. Forse esistono in tutte le specie ed a me mancò l’abilità di constatarneli. N70 Sorvolando alle modalità specifiche qui registrate, la struttura dell’oechio si può riepilogar come segue: Esso è composto di tre retinule a convessità rivolta verso l’esterno; esse sono in qualche modo tre segmenti di una sfera irregolare. Ciascuna retinula è fatta (andando dalla superficie del segmento verso il centro) da uno strato a cellule probabilmente di sostegno; da un secondo a cellule sensorie le quali sono in rapporto da una parte colle fibre del nervo ottico, dall’altra coi coni-bastoncini. Questi formano il terzo strato della retinula: ad esso segue un quarto, in cui i coni-bastoncini si fondono insieme; poi un ultimo in cui sta del pimmento. Una capsula anista accoglie le tre retinule; due tramezze aniste le tengon divise nella lor parte centrale (*). Per quanto dissi, quest’'occhio vuol considerarsi composto e vorrei aggiungere sui generis. Il suo pim- mento può paragonarsi a quello coroidale dei Vertebrati per i suoi rapporti coi coni-bastoncini; l'estremità periferica dei coni è rivolta all’interno come nei Vertebrati; le retinule però sono convesse, come negli occhi degli Artropodi. Qui non intendo discutere il modo di funzionare di questi organi; mi basta avvisare che la fisiologia degli occhi dei Chetognati dev'essere tutta speciale, imperciocchè io non vedo che vi si possa applicare la teoria ideata di Foh. Miiller per gli occhi composti. FoLLIcoLI vEsTIBOLARI (V. tav. III, fig. 6 — tav. V, fig. 7 e8 — tav. VIII, fig. 2). — Sono in due gruppi, uno a destra e l’altro a sinistra. In ciascuno di essi si numera circa una ventina di follicoli, che stanno eol- locati sopra un rialzo del vestibolo, dietro ai denti. Questo rialzo è a forma d’arco a convessità anteriore; un suo estremo arriva presso alla spranga laterale della testa, fra i tre quarti posteriori ed il quarto anteriore di sua lunghezza; l’altro è vicino allo sbocco della cavità boccale nell’esofago. A questi due estremi i follicoli sono in parecchie serie; quasi in un’anica, invece, sulla parte mediana dell’arco. Sporgono in parte dall’ integumento circostante, su cui perciò compaiono come bitorzoletti. Sono di varia grandezza e più o meno, avvicinati l’uno all’altro; ve ne ha di quelli doppî. Nei follicoli si può distinguere (V. tav. V, fig. 8) un corpo a forma di bulbo ed un breve canaletto alla sua sommità; il canaletto è cuticolare, sale dritto e si apre alla superficie libera; attraverso ad esso fuorescono parecchi peli, che sono rigidi, corti ed a punta ottusa. Il corpo è fatto di cellule coniche con un prolungamento verso il canaletto; verosimilmente questo prolun- gamento finisce in un pelo sensitivo. Cotali cellule hanno un nucleo allungato e son disposte tra loro, come le squamme d’ un bulbo di giglio. Un tessuto fibrillare, in cui non vidi che nuclei, forma una sorta di involucro a questo follicolo, manca però alla sua base; qui sulle sezioni trasversali si vede uno spazio chiaro e granelloso: verosimilmente di qui accede alle cellule coniche un troncolino nervoso (V. tav. V, fig. 7). Alla periferia dei follicoli si trova l’epitelio generale del vestibolo ma un po’ modificato, cioè dire, le cel- lule sono alte, assottigliate alla loro estremità interna ed a nucleo mediano. La cuticola, che sta sull’epitelio del vestibolo, si continua non appena attorno ai follicoli, ma anche su di essi fino al canaletto cuticolare, il quale ne è però indipendente. E ‘difatti nelle macerazioni di sovente accade che si stacchi in un pezzo la cuticola del vestibolo insieme a quella dei follicoli, e che restino invece aderenti ai follicoli i canaletti (V. tav. V, fig. 8). (') Quando il Chetognato abbandona l'uovo, l occhio è già sviluppato ; di fronte, si vede una massa centrale di pimmento, alla cui periferia esiste uno strato di cellule, che danno un prolungamento verso il pimmentu; i coni-bastoncini non sono ancora evidenti. Saya I follicoli descritti esistono in tutte le specie (salvo la Subtilis ?). Nella Claparèdi il rialzo, su cui essi stanno, è ovoidale e relativamente ampio. Alla parte lateral-media del vestibolo, qua e colà (nell’Hewaptera) esistono follicoli simili ai descritti, ma più piccoli. Io non li ho numerati, come pure non li ho riscontrati in alcun’altra specie. Il trovar i follicoli nel vestibolo boccale induce a credere che servano al gusto; questo concetto è avvalo- rato dalla loro somiglianza con organi che hanno cotale funzione negli animali superiori. È però innegabile che invece di elevarli alla dignità di organi gustativi, si potrebbero significare come organi tattili delicatissimi. Non mancano fatti tanto per combattere quanto per appoggiare cotale veduta; mancano però, al mio cre- dere, quelli necessarî per venire ad una soda conclusione. FOSSETTE VESTIBOLARI (V. tav. III, fig. 6 — tav. VIII, fig. 2 e 13). — Dietro al rialzo, su cui stanno i follicoli, tra la spranga laterale della testa e l'apertura di sbocco della cavità boccale nell’esofago, esiste, x per lo meno in molte specie, una fossetta, che è già visibile ad occhio nudo in Hezapterae lievemente colo- rite coll’ematossilina. Essa ha orlo sporgente sul livello della circostante cuticola. La sua cavità (nell’Hezaptera) è affatto irregolare e probabilmente è mutabile, come la forma del vestibolo, a seconda dei muscoli che l’animale mette in azione. È tapezzata ovunque da cellule molto alte, granellose e con nucleo basilare; esse sono ordinate in un unico strato, limitato profondamente da una membranella anista. Le cellule più periferiche (almeno in certe condizioni) sporgono dalla circostante cuticola del vestibolo. Non ho potuto trovar nervi sicuramente destinati a queste fossette. Perciò non sono del tutto certo che abbiano valore di organi sensitivi. Davanti allo sbocco della cavità boccale nell’ esofago, la Minima e la Serratodentata, e fors’ anche altre specie, hanno un organo impari, ch'io ho potuto vedere soltanto a fresco; mi parve una fossetta simile a quelle or ora descritte (V. tav. VI, fig. 7). FOSSETTA RETROCEREBRALE (V. tav. IV, fig. 6 — tav.V, fig. 10 — tav. X, fig. 13, 14 e 15). — È un organo difficilissimo a studiarsi. Per quel ch'io ho veduto, si compone di una fossetta con due appendici (laterali). La fossetta riposa sull’angolo posteriore del cervello; le appendici sui suoi lati posteriori, di cui occupano poco più dei tre quarti vosteriori. La fossetta è aperta alla superficie dorsale, dietro al cervello; è tapezzata da uno strato di epitelio cilin- drico-cubico, a nuclei molto grandi, il quale si continua per un certo tratto al di fuori della fossetta, special- mente alle parti laterali; quando è fuori della fossetta forma uno strato sovrapposto all’ epidermide, la quale si mantiene tal quale si trova nel resto della faccia dorsale del capo (V. tav. X, fig. 14). Su certi preparati sembra evidente che le cellule, che tapezzano la fossetta, siano in rapporto con pro- lungamenti delle cellule cerebrali vicine. A fresco nella fossetta si vedono dei granuli splendenti. Te appendici di questa fossetta sono paragonabili a corna, o meglio a clave, che possono essere piegate alquanto indietro ed all’esterno nella lor parte anteriore; questa parte è ingrossata a clava. Come già si disse, esse s1 trovano sui lati posteriori del cervello e quindi convergono indietro verso la fossetta mediana; è appunto sul fondo di questa ch’esse vengono a finire. Sono cave; vengono ravvolte da un’espansione del nevrilemma del cervello e tapezzate internamente da un epitelio a cellule molto basse. ali x La cavità per solito è riempiuta di globetti, i quali risultano di granelli splendenti. Questi globetti addos- sati l'uno all’altro (si vedono benissimo a fresco) riproducono in piccolo la forma delle clave e, se non erro, vengono a sboccare sul fondo della fossetta; ciascuno per un proprio orificio; i due orificî sarebbero ai lati della linea mediana e vicinissimi l’uno all’altro; il contenuto della fossetta, a quanto pare, deriva da quello delle clave. La fossetta e le due appendici claviformi esistono in tutte le specie; però nella Bipunctata e nell’ Heraptera mi sembrano più sviluppate, che in parecchie altre. In quelle due specie, la corona cigliata all'estremità anteriore presenta un seno, in cui riposa appunto la fossetta in discorso. Ardisco supporre che la fossetta sia un organo di senso e che le due clave funzionino come ghiandole accessorie. NOTE STORICHE Le prominenze tattili, giù note a Gegenbaur ed a Keferstein, eran state recentemente esaminate da Lan- gerhans (che vi accennava due sorta di cellule e l’avvallamento) ed a Hertwig (che dichiarava queste promi- nenze di struttura semplicissima). Negli occhi Hertwig scopriva un fatto importante, cioè la separazione dei coni in tre gruppi. La corona cigliata, già nota a Busch nella Claparèdì e nella Cephaloptera, veniva da Hertwig dimostrata in tutte le specie; gliene sfuggiva però quasi interamente l’ intima stuttura. Soltanto Leuckart accennava ai follicoli ed alle fossette boccali (della Bipunctata). Queste son le parole con cui menzionava i follicoli: ein System dicht gedringter serchter Gribchen. Con quest'altra semplice frase indi- cava le fossette: Miuflein von Zellen in einer Hohlung. La fossetta retrocerebrale era stata descritta da Kowalevsky, come un sacchetto; Hertwig ne avea negato l’esistenza. CAPITOLO IV. Apparecchio della nutrizione. È semplicissimo e risulta di un intestino e d’un celoma. Vi si può forse aggiungere un abbozzo di vaso dorsale ed uno d’organo escretore (in qualche specie). Mancano organi speciali indubbiamente adibiti alla respirazione. Forse il prepuzio concorre alla respirazione, meglio d’ogni altra parte del Chetognato. L’intestino è un canale che corre non convoluto, attraverso alle sezioni del capo e del tronco. Vi sud- distinguo una parte anteriore, od intestino cefalico, ed una posteriore, o stomaco, od intestino chilifero. INTESTINO cEFALICO. — L’intestino cefalico, come indica l'aggettivo, sta nel capo ed è a sua volta partito in vestibolo ed esofago. La bocca, fin qui descritta dagli autori, non è che lo sbocco della cavità boccale nell’esofago. Il vestibolo boccale (V. tav. III, fig. 6 — tav. VIII, fig. 2) è intimamente connesso alla massa carnosa ventrale-anteriore della testa (V. Musculatura speciale della testa) ed al prepuzio. S'apre alla superficie ventrale della testa. Quando la testa è in riposo, la cavità del vestibolo è molto ridotta e ci si svela come una semplice depressione della superficie ventrale. ig Il prepuzio la copre, tranne un piccolo circolo pressa poco alla parte mediana, dove, cioè, esiste l’orifizio del prepuzio. Nell’atto che l’animale afferra la preda, il vestibolo muta interamente la sua forma. Il suo modulo allora diventa una piramide a base triangolare, di cui la base è l’apertura boccale, l’apice lo sbocco della cavità boccale nell’esofago; delle tre faccie triangolari, due stanno antero-laterali ed una poste- riore. Nel triangolo basilare l’angolo anteriore presenta una depressione, gli angoli posteriori sono smussati ed i tre lati sono concavi all’interno. Quando il vestibolo ha la forma, che qui cerco di descrivere, il prepuzio non ne copre che una piccolis- sima parte e precisamente quella posteriore. In tutto questo modificarsi del vestibolo, i grandi complessi laterali giuocano una parte essenziale. La testa, che nel tempo del riposo era lunga e stretta, nell’attualità dell’afferrare s’allarga e s’accorcia. Per questo accorciamento, il fondo ceco della parte ventrale del prepuzio viene ad avvicinarsi allo sbocco della cavità boccale nell’esofago e, siccome esiste una sorta di doccia fra i grandi complessi laterali, così è possi- bile che il secreto delle cellule mucipare del fondo ceco si versi nell’esofago. Il vestibolo è tapezzato di cuticola. Questa presentasi qua fitta, colà sottilissima; è fitta in ispecie vicino agli uncini ed ai follicoli dentali. I margini laterali del capo, ossia i due margini anteriori dell’apertura boccale, sono rinforzati da una spranga, che è robusta, d’aspetto cuticolare, larga verso la sua estremità posteriore e che viene ad esser press’a poco dal lato dorsale dell'inserzione degli uncini. La cuticola del vestibolo è omogenea, amorfa e senza pori-canali. L'epitelio sottostante (V. tav. II, fig. 10 e 11) è un unico strato di cellule cilindriche-cubiche (sono cilindriche per es. in vicinanza ai follicoli boccali; cubiche per es. all’estremità anteriore della testa ecc.). Di fronte appaiono a contorni dentati, ma molto meno ampie di quelle dell’epidermide. Si isolano senza difficoltà ; la loro estremità basilare è affilata, od anche bifida, o trifida; il nucleo è ovoidale e sta verso la metà della loro lunghezza. L’epitelio sottostante alle spranghe è assai ridotto; non v'incontrai che piccoli e rari nuclei. Sotto all’epitelio stanno i nervi, i gangli ed i muscoli, che ho già illustrati in un precedente capitolo. Il vestibolo va fornito di quattro sorta di organi; due dei quali ci sono già noti, cioè dire i follicoli e le fossette. I due altri, di cui mi resta di parlare, sono i denti (V. tav. I, fig. 9, 10 e 11 — tav. VIII, fig. 6) e gli uncini. (V. tav. I, fig. 12, 13, 14 — tav. XII, fig. 10, 11). Tutti i Chetognati sono armati di uncini (chete); i quali sono collocati nelle parti laterali-posteriori del vestibolo, all’ indentro delle spranghe, lunghesso la loro metà posteriore. Il numero è molto variabile da una specie all'altra, da un individuo all’altro (massime a seconda della loro età), e talvolta anche dal lato destro al sinistro. Questo numero in ciascun lato non suol essere minore di cinque, nè superiore a dodici. A testa allungata formano una serie dall’avanti all’indietro ed un po’ dall'interno all’esterno, serie che è però leggermente concava verso il vestibolo. Sono foggiati a falcetto più o meno ricurvo; appiattiti nel senso dorso-ventrale, assottigliati verso il mar- gine interno (concavo), ingrossati verso l’esterno (convesso); s’ allargano verso la base e si restringono verso l’apice. Gli anteriori ordinariamente sono più corti dei posteriori e questi più corti dei medî. Già ad un piccolo ingrandimento, gli è agevole distinguere in ciascuno di questi uncini, una punta ed un corpo; il corpo ha una lieve tinta giallastra che manca alla punta; una linea gialla intensa segna il limite Pauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 10 I} ? A CE i, vi vida ) lai i x TE Pi tra la punta ed il corpo. Tanto in questo che in quella, si distinguono due parti, l’una corticale e l'altra midollare. La corticale ha frattura lamellare ed è chitinoide, la midollare invece è fatta di sostanza granellosa, cospersa di nuclei. Questa midolla riproduce in piccolo la forma dell’ uncino e s’estende per quasi tutta la sua lunghezza. Le specie dei Chetognati presentano, oltrecchè varietà di numero, varietà anche di forma degli uncini. Una differenza caratteristica è offerta dalla Subtilis; i cui uncini sono relativamente molto larghi alla metà basilare e molto stretti alla metà apicale, ed hanno un canal midollare sottilissimo. Nella Serratodentata è costante una seghettatura del margine tagliente degli uncini; anche quelli della C/aparèdì sono lievemente seghettati. Alla base (nell’ Hexaptera) sono rinforzati da due ali cuticolari, di cui una, corrispondente pressa poco al margine concavo dell’uncino, è più robusta dell’altra, che sta press’a poco sul suo margine convesso. La sostanza midollare mi parve continua con l’epitelio subcuticulare. Questi uncini sono dotati di una grandissima mobilità, grazie all’ abbondante musculatura, che sta sotto alla loro base ed in una disposizione molto complicata. Io non ebbi a constatare fibre musculari, che prendessero attacco direttamente sovra gli uncini; e crederei che i loro movimenti accadessero per spostamenti prodotti dalla musculatura nelle parti, con cui essi, gli uncini, stanno in rapporto di continuità. Quando l’animale è in riposo, gli uncini hanno direzione antero-posteriore e per gran parte sono coperti dal prepuzio. Quando l’animale vuole afferrare, si dirigono dapprima in alto, contemporaneamente allontanandosi gli uni dagli altri; poi s’abbassano verso l’oggetto di cui debbono impadronirsi e finiscono a riavvicinarsi gli uni agli altri e serrarsi quelli d’un lato contro quelli dell’altro, sopra l'apertura di sbocco del vestibolo nell’esofago. Quando l’animale abbandona l’uovo, possiede già alcuni gracili uncini. Oltrecchè gli organi descritti, tutti i Chetognati possiedono denti, che si trovano nelle parti laterali-anteriori del vestibolo, in una, od in due serie per ciascun lato. Dimensione e numero di questi denti variano colla specie e coll’età dell'individuo. Le dimensioni restano sempre molto inferiori a quelle degli uncini. La forma si può dir una in tutte le specie, salvochè nella Subtilis; in quelle sono semplicemente a cono più o meno allungato; in questa si avvi- cinano ancora al cono, ma la base presenta un colletto ed altre complicazioni, che non ho studiate a fondo. I denti si possono giudicare piccoli uncini e ne hanno infatti del tutto simile la struttura. In ciascuna serie i denti sono addossati gli uni agli altri. Quando sono in due serie, per lo più sono disposti in modo che gli anteriori colle loro punte guardino all’indietro ed i posteriori all’avanti. I denti formano un ostacolo che impedisce di sfuggire alla preda afferrata dagli uncini. Per sè stessi non sono mobili; però subiscono degli spostamenti col modificarsi della forma del capo; questi spostamenti sono di totalità, cioè estesi a tutt’ e quattro, 0, se sono soltanto due, a tutt'e due le serie dei denti; non si dà movi- mento isolato nè d’un dente, nè d’una serie. Passiamo ora all’esofago. È un corto e muscoloso canale, suscettibile di mutar. grandemente il suo lume. Se si osserva di fronte e vuoto, si rileva che posteriormente s’allarga e poco dopo finisce notevolmente ristretto ; questo allargamento e stringimento è però appena in senso trasversale e, come dimostrano i tagli, manca affatto nel senso dorso-ventrale. Nei tagli, quando il canale è vuoto, in gran parte ha lume lineare e la linea è nel senso dorso-ventrale. SO Pane Nella parete si distinguono nettamente due pagine, una destra ed una sinistra; le uniscono insieme un angolo solido (o costura) dorsale ed uno simile ventrale. L’esofago consta di due foglietti: uno epiteliale interno ed uno musculare esterno; quest’ ultimo a sua volta risulta di uno strato a fibre longitudinali, contiguo all’epitelio e d’un secondo a fibre trasversali; questo secondo possiede un sottile ed incompleto rivestimento esterno di tessuto fibrillare cosparso di nuclei. La musculatura è interrotta, forse ovunque, sugli angoli dorsali e ventrali; devesi perciò parlar di una musculatura delle due pagine, anzichè di una musculatura generale del tubo. Lo strato musculare longitudinale all'indietro va scomparendo anche sulle parti marginali delle pagine ed infine manca affatto all’ estremità posteriore. Esso è contesto di lamelle collocate radialmente per rapporto al lume dell’intestino e più, o meno vicine l’una all’altra; negli interstizi si può trovare un tessuto fibrillaresparso di nuclei. Esternamente alla longitudinale giace, come ho detto di sopra, la musculatura trasversale; essa è pure fatta a lamelle e ricorda interamente la musculatura trasversale-ventrale del tronco della Claparèdi. L’epitelio (V. tav. X, fig. 9) è separato dalla musculatura per mezzo di una lamina basilare, sottile, amorfa, che si tinge forte con le varie sostanze coloranti; esso è fatto d’un semplice strato di cellule. Son cellule molto alte, col nucleo basilare verso la parte anteriore dell’esofago, col nucleo a metà dell’altezza della cellula nella parte media e posteriore. È degno di menzione il presentarsi di queste cellule, quando finamente granellose, quando granose; talvolta in uno stesso esofago qua în quella maniera, colà in questa. Lorchè sono granose, ricordano le cellule ghiandolari dell'intestino chilifero, ma forse hanno sempre grani alquanto più piccoli; ciò che si vedrà meglio in appresso. Le cellule, che ho descritte, come mucipare del pre- puzio, hanno indubbiamente molta somiglianza con quelle in discorso, alle quali pure io ascrivo la funzione di segregar del muco. Nella cavità dell’ esofago si trova di frequente un po’ di muco; esso potrebbe derivare non soltanto da queste cellule esofagee, ma anche da quelle del prepuzio, lo che fu già accennato più sopra. L’epitelio esofageo non è fatto soltanto da cellule ghiandolari; tra di esse ne sono intercalate altre molte basse, confinate ad una metà dell’altezza delle cellule, quella metà, cioè, che corrisponde alla lamina basilare ; sono cellule ovolari, fornite di un corto prolungamento verso questa lamina; esse hanno un distinto involucro qua e là sparso di nuclei. Sui pezzi conservati col metodo di Kleinenherg (è l’unico metodo con cui le ho vedute bene) il loro protoplasma appare raggricciato per modo che si forma uno spazio chiaro ed irregolare tra l’involuero e la cellula (V. tav. X, fig. 9). Rinvenni queste cellule appena nei due terzi posteriori dell’esofago. Nella prima sembianza si stimerebbe fossero ghiandolari. Tutto ben ponderato, io le reputo, per contrario, di natura nervosa, ossia sensitive; il pro- lungamento verso la lamina basilare invece, che verso la cavità dell'intestino, assoda il mio giudizio. Parlando del sistema nervoso, ho accennato a tre nervi che vanno all’esofago: due esofagei superiori forniti dai gangli periesofagei ed uno inferiore che sorge dalla commissura retroboccale. Sui tagli trasversali della parte anteriore dell’ esofago, ho trovato questi nervi nello spessore dello strato musculare; sui tagli della parte media mi parve che s’appressassero all’epitelio e ne trovai un ramo all’angolo dorsale dell'esofago; qui come già si disse, non esistono fibre musculari. In preparati per dilacerazione non constatai però in verun caso ramuscoli secondarî, o terminazioni nella musculatura dell'esofago. Ciò non ostante, non è forse soverchio ardimento il supporre che i nervi in discorso non siano motori, ma formino invece una rete nervosa sotto all’epitelio e finiscano nelle cellule or ora descritte. LG Sulla superficie esterna (o musculare, che si dica) delle pagine dell’esofago, colà dov’ esso è dilatato, prende inserzione una sorta di mesenterio, il cui studio non riesce che nelle sezioni trasversali. In queste l’esofago ha forma per lo più triangolare; un lato piccolo del triangolo è ventrale; due lati lunghi sono dorsali. In aleune specie, press’a poco da ciascuno degli angoli opposti a questi due lati, parte un mesenterio, che attraversa il celoma e va alle porzioni laterali del collo; in alcune specie trovai questo secondo attacco del mesenterio spo- stato verso il lato dorsale; alquanto differente in alcune mi parve anche il punto d’inserzione all’ esofago. Comunque sia, un setto completo tra il celoma della testa e quello del tronco, non ho potuto dimostrare. Vero è che il celoma in questa regione è molto ristretto per la presenza di muscoli, che già conosciamo. In ogni caso però mi si pararono innanzi tre fenditure di comunicazione tra il celoma cefalico e l’addominale. Una sta sotto l’obliquo superficiale della testa e del,collo ed il nastro longitudinal-dorsale, sopra l’obliquo pro- fondo della testa e del coilo, ed è attraversata da qualche fibrilla amorfa. Una seconda sta sotto l’obliquo profondo della testa e del collo e sopra il mesenterio; la terza infine sotto di esso e sopra la parete generale del corpo. Il mesenterio è fibrillare e si perde in quel vessuto del pari fibrillare, di cui è rivestita la superficie esterna dell’ esofago. Oltre a questo mesenterio l’esofago offre due altri attacchi, uno lunghesso la costura dorsale ed un altro lunghesso quella ventrale. L'attacco dorsale, per quel ch'io ho veduto, comincia alquanto dopo il principio dell'esofago e nel tratto anteriore è fatto semplicemente del solito connessivo fibrillare, mentre in quello posteriore v’ ha una disposizione complicata. Cioè dire, la lamina intermusculare (verticale-mediana-dorsale) si sdoppia per far involucro ai muscoli gemini; con questo sdoppiamento viene a formarsi una lamina perpendicolare alla intermusculare, lamina, che si salda con la subepiteliale dell’esofago, non però sulla linea mediana, sibbene un po’ al di qua ed al di là di essa. È così che viene a formarsi una lacuna angustissima sulla linea mediana, tra le due lamine in discorso. Dal lato ventrale l’esofago è addossato all’anista, che involge il complesso mediano; più in giù vi è un'altra anista verticale, che congiunge l’esofago all’epidermide, sulla linea mediana. INTESTINO cHILIFERO. — Dopo l’accennato restringimento dell'esofago comincia l'intestino chilifero. Il limite è segnato dal cessar la musculatura striata e dal comparire un epitelio vibratile. Il cibo non si ferma nell’ esofago, ma appena vi entra, vivaci contrazioni peristaltiche lo spingono nell’intestino chilifero, dove si compie il processo della digestione. Quest’ intestino corre senza piegarsi fino all’ ano. Ad animale digiuno si presenta appiattito (in tutte le specie, salvo la Claparèdì) nel senso laterale; e perciò vi si può distinguere due pagine e due angoli, come nell’ esofago, cioè dire, una pagina laterale destra ed una sinistra, un angolo (costura) dorsale ed uno ventrale. Il cibo, percorrendo l'intestino, lo allarga late- ralmente. L'altezza (ossia la distanza dorso-ventrale dell'intestino) alle parti anteriori e posteriori è minore che alla mediana. Questo intestino non offre diverticoli di sorta, fatta eccezione di due laterali corti e non peduncolati, che si trovano alla sua estremità anteriore, soltanto in due specie (Minima e Claparèdi) ('). (V. tav. VI, fig. 11). Distinguo nell'intestino due foglietti: uno esterno fibroso ed un altro interno epiteliale. (') Essi hanno struttura identica a quella dell'intestino chilifero da cui procedono. Ala it DI SZNA | ; \ RAR ERO OE L'esterno (V. tav. V, fig. 12) è composto di finissime fibrille, che sono disposte parallele, in unico piano e trasversalmente su ciascuna pagina dell’intestino; le fibrille sono vicinissime le une alle altre ed i minuti interstizî, che restano fra di esse, sono occupati da materia amorfa. Questo strato fibrillare è cosparso alla sua superficie libera di rari nuclei ovoidali, disposti col loro asse maggiore parallelo alle fibrille. Esso è perfetta- mente isolabile dal sottostante epitelio intestinale. ; i Questo secondo foglietto merita molta considerazione ed io lo descriverò e lo discuterò in esteso. Per il suo studio è opportunissima la seguente preparazione, che riesce meglio nelle specie più volumi- nose. Si spara un’ Hexaptera (conservata col metodo di Kleinenberg) lungo l’area laterale; con una pinzetta si stacca delicatamente l'intestino dalla parete del corpo, si colorisce e si distende sul portoggetti. L' epitelio intestinale è un semplice strato e si compone di due sorta di cellule; le quali si possono pre- sentare sotto forme disparatissime. (V. tav. X, fig. 1, 2, 3, 4,5, 6 e 7). Denomino fin d’ora una sorta di esse assorbenti (cig nella fig. 3; cia nelle altre) e l’altra ghiandolari (cia nella fig. 3; cig nelle altre). Mi riserbo di giustificare cotali appellativi, nel seguitamento di questo capitolo. Le cellule assorbenti sono 5-6 volte più numerose di quelle ghiandolari. Queste possono presentarsi sotto diverse forme ('): 1° Possono esser molto grandi, a nucleo quasi centrale el un po’ schiacciato; dal nucleo dipartesi un reticolo esteso a tutto il resto della cellula con areole penta-esagonali (fig. 6). 2° Possono esser simili alle precedenti per l’ampiezza e per il nucleo; senonchè tutto il resto della cellula è pieno di corpuscoli tondi-poliedrici, splendenti, che si coloran forte colle varie sostanze coloranti, che si con- servano bene con tutti i soliti metodi e che infine nell’osmio non abbrunano più del restante epitelio intesti- nale. Questi corpuscoli talvolta sono addossati gli uni agli altri, talvolta alquanto discosti; per lo più quando sono addossati, non occupano la parte periferica della cellula, dove resta perciò uno spazio chiaro. Per questi corpuscoli le cellule diventano granose ; del reticolo, veggonsi chiare tracce soltanto attorno ai nuclei ed alla periferia (fig. 5). 8° Queste stesse cellule possono trovarsi notevolmente impiccolite e contenere, o no, alcuni corpuscoli; allora il nucleo è tondeggiante, il protoplasma scarso, granelloso e senza traccia di reticolo, ed il contorno delle cellule irregolare. Si direbbe che avessero subìto uno schiacciamento (fig. 2 e 4). 4° In altri preparati, l’impicciolimento di queste cellule è ancora maggiore; non si distinguono bene senza l’aiuto delle colorazioni, con le quali si tinge, sempre oltre al nucleo, alcun poco anche il protoplasma, che è denso (fig. 1). 5° Infine le cellule in discorso possono essere tondeggianti-ovoidali, a nucleo tondo centrale, con proto- plasma, senza reticolo e poco, o punto granelloso (fig. 3). Tutte le qui enumerate modificazioni delle cellule ghiandolari possono compendiarsi così: v° ha in esse una fase che si può dir ascendente ed una che si può dir discendente. Nelia prima le cellule vanno ingrossando; quando hanno raggiunta una certa grossezza, mostransi reti- colate; in appresso s’empiono di globi ed il reticolo scompare quasi affatto; così finisce la fase ascendente. Comincia quindi la fase discendente, in cui le cellule dapprima impiccioliscono, non mostrano più il reticolo, perdono a poco a poco tutti i corpuscoli e contemporaneamente vanno impicciolendosi, tanto da ridursi appena visibili. (') Le seguenti descrizioni son fatte, com» la maggior part» dei disegni, sovra preparazioni osservate di fron*e. Le cellule assorbenti subiscono modificazioni parallele a quelle delle cellule ghiandolari. Quando le ghian- dolari sono grandissime, le assorbenti sono appena visibili, il lor protoplasma è granelloso, sono indistinti i contorni; è evidente però il nucleo. Via via che le ghiandolari impiccioliscono, le assorbenti risaltano di più; il loro contorno disegnasi poligonale, il protoplasma aumenta ed è meno granelloso di prima; spesso in ciascuna compare una sorta di vacuolo. Più impicciolisecono le digerenti, più ingrossano le assorbenti, il vacuolo allar- gasi e gli altri caratteri permangono. Quando le ghiandolari sono minime, le assorbenti sono massime, a con- torno fortissimo e poligonale, a nucleo difficilmente visibile; in alcune il protoplasma resta omogeneo, in altre invece diventa granelloso nella parte centrale od anche dapertutto, ad eccezione di una sottil zona periferica. In una fase successiva ingrandendo le ghiandolari, le assorbenti via via rimpiccioliscono, appaiono lieve- mente granellose ed i lor contorni vanno scomparendo. Di tutto che riassumendo, si può conchiudere che le molteplici modificazioni dell’ epitelio sono riducibili a due fasi fondamentali, che si succedono regolarmente: nell’ una le cellule digerenti ingrossano e le assorbenti impiccioliscono; nell’altra accade l'opposto. Molti graduali passaggi tra le varie fasi enumerate in addietro mi mettono al sicuro ch'esse tengono l'ordine da me indicato. Or si debbe considerare se è giusto di ritener le cellule d’una sorta ghiandolari e quelle dell’ altra assor- benti. Arrivai a questo concetto col confrontare Chetognati, che avevano appena compiuto la digestione, con altri che da lungo tempo eran digiuni. Nei primi l'estremità posteriore dell’intestino contiene avanzi degli alimenti (dermascheletri e scheletri più o meno spolpati); le pareti sono opache e gonfie ovunque, qua e là con gozzi e stringimenti. In quelli da tempo digiuni, esse appaiono al contrario trasparenti, sottili, quali le ho descritte in addietro. Nei primi l'esame microscopico ci rileva come contenuto dell’intestino (abbondante là dove sono i gozzi) un liquido in cui è gran copia di granelli piuttosto grossolani; granelli simili infarciscono (nel modo che sopra ho già detto) le cellule, ch'io denomino assorbenti; esse si presentano massime, mentre le altre, ch'io giudico ghiandolari, compaiono minime. In casi di digiuno più o meno prolungato si verifica l’opposto; cioè, queste sono massime e piene di cor- puscoli, quelle invece sono minime. Ei ne consegue che i corpuscoli non possono giudicarsi cibo assunto dalle cellule (con movimenti ame- boidi). Questo giudizio è sostentato ancora dalla uniformità dei corpuscoli ed infine dalla presenza di cellule con corpuscoli simili nell’esofago e nel prepuzio. Tolto di mezzo il dubbio che essi corpuscoli siano nutrimento, si può ammettere senza difficoltà che le cellule in discorso sono di natura ghiandolare. Manca però ancora la prova indubitata ch’esse non possano funzionare anche come cellule assorbenti. Questa prova, al mio parere, si ricava a buon diritto dalle seguenti osservazioni. Costantemente le cellule corpuscolose, nelle parti mediane-longitudinali delle due pagine dell'intestino, sono più ampie e più abbondanti che verso gli angoli dorsali e ventrali; vicin vicino ai vertici degli angoli man- cano affatto. Per le cellule assorbenti costantemente verificasi una distribuzione contraria: vicin vicino ai vertici, trovai sempre esclusivamente cellule assorbenti più o meno ampie a seconda del periodo di digestione o di digiuno; già verso gli angoli trovai sempre una gran prevalenza di cellule assorbenti, del pari di diversa grossezza. ITINE Se fosse possibile il cambio di funzione delle cellule corpuscolose, qualche volta almeno dovrebbe accadere una distribuzione in ragione inversa di quella qui designata; invece molte e molte osservazioni mi accertano che ciò non accade mai. Resta perciò provato, s'io non m’inganno, che le cellule corpuscolose sono esclusivamente ghiandolari ; sarebbe inutile spendere parole per dimostrare che le altre cellule sono veramente assorbenti. Perchè mi preme di avvicinarmi al vero più che di nascondere le difficoltà, aggiungerò qualmente mi sia occorso un fatto a tutta prima non consono con le vedute qui avanzate. Alle volte, in mezzo a cellule assorbenti molto ingrandite, trovai qualche rara cellula ghiandolare piuttosto grossa ed infarcita di corpuscoli. Finchè non ebbi accertati molti altri fatti, questo fenomeno fu per me di grande oscurità e sorgente di forti dubbî. Ora però mi sembra che si debba trovar modo d’interpretarlo, senza disfermare le mie induzioni fondamentali. Credo, cioè. che si possa ammettere che talvolta, per ragioni ignote, qualche cellula non perda i suoi globi e perciò non subisca l’abituale raggricchiamento; da onde l’incontrarla ancor grossa e corpusco- losa, in mezzo a cellule assorbenti già ingrossate. Nel cavo dell’intestino talvolta si vede un liquido senza elementi formali; si può sospettare che sia il secreto delle cellule ghiandolari versatovi per operarvi la digestione. Vicinissimamente all’ano le cellule ghiandolari fanno difetto; non ho la prova che le cellule epiteliali di questa regione siano capaci di assorbire. I fatti fin qui esposti riguardano quasi esclusivamente le specie voluminose. Con quelle piccole si può accrescere d’alcun poco le nostre cognizioni in questo argomento. Nella Bipunctata e nella Serratodentata è facile confermare la partizione delle cellule in ghiandolari ed assorbenti. Inoltre vi si può rilevare che, quando la digestione è sul finire, le cellule assorbenti sono altissime; dal lume dell’intestino, le cellule assorbenti appaiono poligonali a contorni forti, a spazî intercellulari evidenti; le cellule ghiandolari invece sono invisibili; probabilmente esse restano schiacciate tra le parti basilari delle cellule assorbenti; al che fanno pensare anche certi tagli trasversali ('). Nella Claparèdi a fresco si può isolare qualche cellula intestinale globosa e fornita di tre, o quattro ciglia vibratili. Se nel contenuto dell’intestino sonvi anche granelli di pimmento nero, granelli simili si trovano anche dentro le cellule isolate. (Tav. X, fig. 8). Non bisognan commenti per persuaderci che siam davanti ad un fatto di assunzione d’alimenti solidi per parte delle cellule, ossia davanti ad un fatto di digestione intracellulare. In altri casi, invece di granelli di pimmento, le cellule contengono sfere di grasso relativamente volu- minose (°). È probabile che elle siansene impadronite con un processo simile a quello che ammetto per il pimmento. Non è impossibile che i granelli piuttosto grossolani, che descrissi nelle cellule assorbenti, accennino del pari a digestione intracellulare. Se tutto ciò è vero, si può credere che le cellule assorbenti hanno anche la proprietà di digerire alimenti solidi. Ho già menzionato che i Chetognati si nutrono di piccoli pesciolini e di crostacei; ora aggiungo che si mangiano anche tra loro. Le Claparèdi, conservate vive nei bicchieri, inghiottiscono anche Diatomee (°). (!) I tagli dell'intestino d'ordinario non riescono buoni. (?) Noto per transennam che talora le cellule intestinali della Claparèdi sono uniformemente giallognole-verdastre per probabile assunzione di pimmento liquido solubile. (*) Alla lor volta i Chetognati cadon preda di molti animali; a Messina i più terribili mangiatori di Chetognati sono le varie specie di Pterotrachee e le Pelagie; di primavera non di rado il mare formicola di larve di Pelagie, ognuna delle quali tiene in bocca una, due e perfino tre Bipunctatae o Serratodentatae. RITO (E I Chetognati non masticano la loro preda, e la passano intera e viva nell'intestino chilifero. Com’ è verosi- mile i succhi gastrici versati su di essa la uccidono, penetrano e ne sciolgono le parti digeribili, oppure producono la separazione di particelle adatte alla digestione intracellulare. Le parti indigeribili in tanti pezzi, quanti sono gli animali inghiottiti, arrivano all’ano. Or si domanda da quali forze vengano qui sospinte. Ho parlato di uno strato fibroso dell'intestino. Le fibre di tale strato sono elle contrattili ? Mi portano vicino a questa opinione gl’infrascritti fatti: 1° Nella Claparèdi ho constatati movimenti ch'io credo peristaltici ; 2° Il contrarsi della muscnlatura generale del corpo forse non arriva a muovere il cibo contenuto nell’in- testino chilifero, in quanto che tra quella e questo s’interpone un’ampia cavità addominale; 3° Riferire il movimento di yezzi relativamente tanto grossi alle ciglia vibratili, non mi sembra cosa ragionevole. Su queste ciglia vo’ argiungere alquante parole. Esse probabilissimamente esistono tanto sulle cellule ghian- dolari quanto sulle assorbenti e sono rare e lunghe, massime nelle specie più voluminose, in cui si potrebber giudicare, piuttosto che ciglia, veri flagelli. Sono poco numerose, all’ incirea 3-4 per ogui cellula. Ve ne ha di quelle che presentano un rigonfiamento verso la metà della loro lunghezza. Sembra che il loro movimento sia costantemente dali'avanti all’indietro., cioè in direzione discendente. I Verso l'estremità posteriore l'intestino si restringe nel senso dorso-ventrale e si scosta dal lato dorsale e contem- poraneamente si avvicina al ventrale, dove sbocca al davanti del setto trasversale, che separa la sezione del tronco da quella della coda. L’ano (V. tav. III, fig. 7) è tondeggiante-ovoidale e mi parve suscettibile di stringersi e d'allargarsi. Attorno all’ano mi fu dato constatare delle fibre radiali (contrattili ?). Alle volte vidi anche una striatura trasversale sopra e sotto l’ano (nello spazio lasciato dallo spostarsi della musculatura generale primaria); non ho potuto decidere se si tratti di una mera apparenza devoluta a pieghettature, ovvero di fibre trasverse. MESENTERI, CELOMA ecc. — Vi sono due mesenteri in forma di bendelli, che sono lunghi quanto l’intestino e che s’attaccano ai suoi angoli, l’uno (mesenterio dorsale) all'angolo dorsale e l’altro (mesenterio ventrale) al ventrale; il primo finisce alla linea mediana-dorsale, il secondo alla ventrale. Essi non hanno la stessa struttura e perciò convien discorrerne separatamente. Comincio dal ventrale: lo descrivo nell’Hexaptera. (V. tav. V, fig. 13). Su tutto l'angolo, o costura ventrale dell'intestino, s'alza verticalmente (e perciò nel prolungamento del piano dell'intestino) una lamella chitinoide sottile e stretta; da questa lamella dipartonsi qua e là dei rami parimenti amorfi e piatti. In certe parti del mesenterio, questi rami s’avvicinano tra loro, si toccano, si fondono insieme e poi si dividono ancora, formando così degli x; od anche s’uniscono, o si suddividono in altri modi la cui descrizione sarebbe troppo lunga; comunque sia, essi rami finiscono per affisgersi sulla linea mediana-ventrale. Questa impalcatura, se ci si permette questo nome, è ricoperta sulle due faccie da fibre che sono prolungamenti diretti delle fibre intestinali: quelle della faccia destra, prolungamenti delle fibre della pagina destra, e quelle della sinistra, prolungamenti delle fibre della pagina sinistra. Oltre a ciò sovra queste fibre sono sparsi numerosi nuclei simili a quelli dell’inte- stino. Materia amorfa connette tra di loro le fibre in discorso. Qua e là esse si spostano e lasciano nel mesen- terio degli occhioli; sono occhioli, ad orlo ispessito, di svariatissima grandezza, per lo più ovali con l’asse maggiore nel senso dorso-ventrale. Il mesenterico dorsale (V. tav. V, fig. 12) è fatto dai prolungamenti delle due pagine fibrose dell’inte- stino; i quali possono presentarsi apposti, ma distioti l’uno dall'altro per gran parte della larghezza del dà A mesenterio; pare che si confondano insieme appena un po’ prima che esso s’ inserisca alla linea mediana-dorsale. Anche nel mesenterio dorsale si trovano occhioli, meno numerosi però che in quello ventrale, e per solito discosti dall’ inserzione del mesenterio stesso sull’intestino. Se si stacca un intestino insieme co’ suoi mesenteri dalla parete del corpo, si distende sovra un portog- getti e s’ esamina in glicerina, egli è ovvio rilevare uno spazio chiaro lungo tutto il margine dorsale dell’ inte- stino, spazio che non si tinge con alcuna sostanza colorante. Sui tagli trasversali (di specie piccole) riesce patente che vi corrisponde una lacuna a sezione triangolare; la base del triangolo è fatta da uno straterello amorfo che copre l'intestino, e gli altri due lati dal prolungarsi degli strati fibrosi dalle faccie laterali dell’ in- testino all'apice del triangolo, dov’essi s'incontrano, per restar addossati in gran parte del mesenterio e poi confondersi, come ho detto poc'anzi. La lacuna non possiede un vero rivestimento endoteliale; qua e là però nella veduta di fronte si scorge qualche nucleo, che forse sporge in essa. Lungo l’intestino, sotto allo strato fibroso, al di dentro dell’or ora detto straterello amorfo dal lato dor- sale, come pure al di dentro della lamella amorfa dal lato ventrale, havvi un cordone, che mi sembra di poter dichiarare un nervo; è un tronco sottile: pare che qua e colà fornisca dei cortissimi ramuscoli, che terminano in cellule; altre cellule simili s’appongono direttamente al tronco. Cotali cellule, probabilissimamente nervose, sono forse paragonabili a quelle che ho designate nell’esofago; alcune di esse però presentano una strana forma semilunare. I miei sforzi per rintracciare l’ origine e la terminazione dei supposti nervi non furono felici. Imesenteri non sono del tutto uniformi nelle varie specie; nella Bipunctata ed in altri piccoli Chetognati, le finestre del mesenterio ventrale sono estese e numerose; sì che esso non è più una lamina, ma una serie di filamenti, più o meno discosti l’uno dall’altro. Nella Minima, oltre ai due mesenteri dorsale e ventrale, se ne trovano altri, che, per quanto ho potuto giudicare su animali visti di fronte, formano dei setti trasversali incompleti ed irregolari nella cavità addominale; non ho potuto ottenere dei tagli, che dimostrassero meglio, questa singolare disposizione. L’intestino della Claparèdi, sui tagli, qua e colà, appare sostenuto (oltrechè da due mesenteri comuni a tutte le specie) da qualche trabecola amorfa e trasversale. I succhi nutritizî, elaborati come e quanto non sappiamo, passano per osmosi dall’intestino nel celoma; che è una cavità ampia in tutte-le specie (ad eccezione della Minima). Questa cavità sta sotto gl’invogli generali del corpo ed è imperfettamente divisa in due sezioni, l'una del capo e l’altra del tronco. Quella del capo è ristretta ed affatto irregolare, perchè vi sporgono parecchi muscoli che già conosciamo; essa non ha vero endotelio ed è attraversata dall’ esofago, che la divide quasi completa- mente in due metà, una destra, l’altra sinistra. La cavità del tronco (celoma del tronco) è similmente divisa in due camere uguali, nel senso della lun- ghezza; questa divisione è fatta da un setto verticale, cioè, dall’intestino insieme co’ suoi mesenteri. Ho giù detto che in questi mesenteri esistono degli occhioli; essi fanno communicare tra loro le due camere; cionono- stante si può riempirne una di un liquido, senza farne penetrare una goccia nell’ altra. Se si apre il celoma di una Spadella ancora vivida, ma asciugata con carta bibula, si può notare che esce fuori appena una goccia di liquido peritoneale e l’animale non avvizzisce (contrariamente a quanto assevera Hertwig); ciò dipende dal repentino chiudersi della cavità in forza di contrazioni musculari e dal pronto coagu- larsi del liquido ('). Il coagulo è abbondante, in globetti granellosi, di vario volume. sempre però tali da esser visibili soltanto ad un forte ingrandimento. (') Nel liquido peritoneale strabbonda il cloruro sodico. Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. il i Se nel celoma del tronco vi sono amibe parassitiche; ovvero se, essendo l’animale moribondo, si son già formati dei globetti di coagulo, è facile vedere tanto i globetti che le amibe in un movimento circolatorio (simile a quello che descriverò nella cavità caudale); ascendono lungo l’area laterale e ridiscendono lungo l'intestino. Questa corrente può percorrere tutto il celoma, od appena una parte. Per spiegarla, bisogna per avventura supporre che l’endotelio peritoneale almeno in corrispondenza alle aree laterali sia a ciglia vibratili, le quali credo d’aver veduto in alcune Enflatae. Questo endotelio (V. tav. II, fig. 18 — tav. VIII, fig. 7) fin qui venne da me soltanto accennato; ora aggiungerd qualcosa sulla sua struttura. È un semplice strato a cellule che hanno ordinariamente contorni mal definiti, nuclei grandi e stellari. Sulla Claparèdi, alla linea di congiungimento ventrale della musculatura coll’ area laterale, sopra allo strato musculare trasversale, almeno in vicinanza al ganglio addominale, l’ endotelio peritoneale si dispone a guisa di formare un canale, del quale purtroppo non ho veduto nè principio nè terminazione. (V. tav. XII, fig. 1 e 2). Nelle Bipunctatae ed in altre Spadelle, alla linea di congiungimento dorsale della musculatura coll’area laterale, l’endotelio si presenta in parecchi strati. Mancando altri organi circolatorî, respiratorî ed escretorî, sono lecite le seguenti supposizioni: 1° che la lacuna vicina all’intestino sia un abbozzo di vaso; 3? 2 che il canale dell’area laterale nelle Claparèdî sia un abbozzo d’organo eseretore; 8° che le lacune (ganglio-nevrilemmatiche, V. Sistema nervoso) siano di non piccolo momento per la nutrizione del sistema nervoso. Ho già detto di un sistema lacunare proprio dell'occhio (V. Occhio); 4° Lo scambio dei gas tra il liquido peritoneale e l’ambiente può avvenire attraverso all’invoglio gene- vale del corpo, che è sottile, massime in una parte delle aree laterali ed in una piccola parte della testa (V. Musculatura speciale della testa). Forse concorre il fondo ceco del prepuzio, in ispecie al tratto, in cui è diviso dal celoma soltanto per una semplice lamella anista; il prepuzio potrebbe accoglier dell’acqua nel suo fondo ceco e trattenervela, finchè siasi compiuto un opportuno ricambio gazoso col contenuto peritoneale. Nell’intestino non vidi mai acqua, che potesse far pensare ad una respirazione enterica. NOTE STORICHE Prima della Monografia d’Hertwig, gli organi della nutrizione erano noti soltanto grossolanamente; Hertwig ne diede una buona descrizione, benchè sommaria ed in parecchi punti incompleta. Nel trattar dell'epidermide accennò a qualche particolarità della superficie inferiore della testa, non s’accorse però dell’esistenza di un vero vestibolo boccale. Nell’esofago non vide le cellule nervose, la musculatura lon- gitudinale ecc. Nell’ intestino menzionòd due sorta di cellule, ma in un solo periodo (quello delle grandi cellule corpu- scolose) e non s’accorse delle varie loro metamorfosi. Non vide nè la lacuna dorsale, nè i cordoni che io signi- fico come nervi intestinali, nè le loro cellule nervose. Non descrisse l’ endotelio peritoneale; figurò una sezione di Claparèdi in cui si vede l’abbozzo d’organo escretore, ma non v’ aggiunse spiegazione alcuna. Tralasciò infine molte minuzie, che mi sembra inutile di enumerare. CAPITOLO V. Organi riproduttivi. I Chetognati sono ermafroditi; ma gli organi genitali d’un sesso sono affatto indipendenti da quelli dell’ altro, e però ne tratto separatamente. Parte I. Organi riproduttivi femminili. Ogni individuo è fornito di due ovaje (V. tav. I, fis. 1,2,3 — tav. III, fig. 8, 9) cilindriche; in ciascuna ovaja è scavato un ovispermadotto, il quale communica coll’ambiente esterno per un orificio suo proprio. Sem- plicemente così sono fatti gli organi genitali femminili. Le ovaje riposano nel celoma del tronco, davanti al setto trasversale, parallele e laterali all’intestino, una a destra e l'altra a sinistra. Nei neonati occupano una minima porzione lateral-posteriore del celoma; man mano che l’individuo cresce, esse s’allungano e ingrossano, e così a poco a poco s’accostano all’intestino, od anche (nella Claparèdi) vi s'addossano; contemporaneamente si portano in avanti così da raggiungere il livello del ganglio addominale, ovvero (nella Claparèdi) lo serpassano ed anzi possono toccare perfino l’estremità poste - riore della corona cigliata. Com'è naturale, le dimensioni delle ovaje variano non appena coll’ età dell'animale, ma anche con la specie; nell’ Heraptera la lunghezza può essere maggiore di quindici mmt. Per tutta la lunghezza esse sono attaccate allè pareti del corpo, sulla linea di congiungimento dell’area laterale colla musculatura generale primaria ven- trale. Poco prima di raggiungere il setto divisore del celoma del tronco dalla cavità caudale, in molte specie, i due cilindri si piegano verso la linea mediana (ciò si vede meglio ne’ Chetognati non sessualmente maturi) e vanno a finire vicino all’estremità posteriore dell’intestino. Posizione e direzione dell’ovaja presentano in parecchie specie qualche piccola varietà, che per brevità pretermetto. L’ovispermadotto (V. tav. XI, fig. 5 e 7) (che così denomino, perchè adduce lo sperma alle uova e le uova all’esterno, ma che però funziona anche come spermateca) è scavato nell’ovaja; dimostrano i tagli che esso ne è eccentrico, e precisamente la percorre in vicinanza della sua linea d'attacco longitudinale alla parete del corpo; finisce ceco all’ estremità anteriore dell’ ovaja, e senza far giri, la percorre tutta, ad eccezione dell’ estremità posteriore; posteriormente esso finisce aprendosi all’esterno, poco prima de! setto trasversale, sull'area laterale, là dov’essa è contigua alla musculatura primaria dorsale. Lo sbocco sta all’apice di una papilla più o meno rilevata, a seconda delle specie dei Chetognati. Il lume dell’ovispermadotto varia assai d’ampiezza e di forma, colla specie e coll’età dell’ animale. Le maggiori varietà però dipendono dalla quantità di sperma, che ingorgailcanale e dai punti, ove lo sperma si accumula; per esso il lume si presenta quasi sempre a gozzi e stringimenti irregolari e differente nei differenti individui e perfino nei due ovispermadotti d’uno stesso individuo. (V. Tav. XI, fig. 1.) È singolare che nella Lyra, l’estremità anteriore dell’ovispermadotto riempiuto di seme, offresi dilatata, quasi bulbo sferico d'un termometro (V. tav. XI, fig. 2). = gui Nella Claparèdi l’ovispermadotto (V. tav. XI, fig. 3 e 4) presenta lume quasi uniforme, a sezione trian- golare e va provvisto di un vero diverticolo o, se vogliamo, d'una spermateca, in prossimità al suo orificio esterno; è un sacchetto che quand’è ricolmo, si svela già all’ occhio nudo, come una macchiolina bianca. Lo sbocco -di questa spermateca (V. tav. I, fig. 1) nell’ovispermadotto è angusto. Talvolta occorre di osservare in parecchie specie che l’ovispermadotto qua e colà è avvizzito e non contien sperma; laddove può darsi che sopra e sotto a questi punti, esso sia enormemente dilatato per la sua presenza. La parete del canale può essere interrotta; ciò si constata già a fresco (V. tav. XII, fig. 3) e si conferma sui tagli (V. tav. XI, fig. 6). Attraverso le interruzioni fuorescono spermatozoi in mezzo all’ovaja; esse variano assai di forma e d’ampiezza; e possono esistere tanto là dove il canale è molto dilatato, quanto. là dove lo è modicamente. È qui necessario notare che gli spermatozoi nell’ovispermadotto offrono varî aspetti e talvolta non si rico- noscerebbero per tali, se non si sparasse l’ovaja e mon se ne facesse uscire il contenuto. V'è quando sono in cumuli opachi; v'è quando sembra che il canale sia provveduto di lunghe ciglia vibratili. Infine accade di fre- quente che gli spermatozoi si ravvolgano uno per uno sovra sè stessi, oppure che due, tre spermatozoi si uniscano in un piccolo fascio; in questi casi essi appaiono come vermiciattoli, molto rifrangenti e lievemente giallognoli, di varia grossezza e talvolta molto corti; queste forme a vermiciattolo possono intrecciarsi varia- mente con altre simili; possono esser immobili, od in rapido moto (moto d’ondeggiamento, senza traslazione); talvolta ad ogni sezione del lune del canale se ne incontrano quattro o cinque. Per lo più gli spermatozoi, che sorprendonsi sporgenti attraverso la parete del canale ed in mezzo all’ovaja, sono appunto disposti a ver- miciattolo. L’'ovispermadotto può riempirsi di spermatozoi; e questi possono passare nell’ovaja, avanti che le uova siano mature; egli si pare che talvolta penetrino anche dentro uova immature, le quali allora cesserebbero di cre- scere e subirebbero una specie di degenerazione granellosa. Qualche volta nell’ovispermadotto, oltrechè spermatozoi, si trovan granuli, i quali possono essere raggruppati in tante piccole masse compatte. È raro il caso d’incontrarvi anche dei cristalli piccoli. Forse granuli e cristalli derivano da amibe parassitiche della cavità dei testicoli, versate nell’ovispermadotto assieme allo sperma e poscia morte. Il canale è tapezzato d’epitelio pavimentoso semplice, a cellule poligonali, piccole (forse cosparse di granuli nerastri nella Claparèdì) e con nueleo relativamente grosso. È facilissimo ch’esso epitelio si sfaldi; perciò nei tagli d’ordinario le cellule si trovan libere nel lume dell'intestino e frammiste agli spermatozoi (V. tav. XI, fig. 6). Sotto a questo epitelio havvi una sottil membranella anista (basilare), che lo separa da quello ovarico. Avvicinandoci all’orificio dell’ovispermadotto, troviamo che il suo epitelio s'alza e tende alla forma cilin- drica; nella Claparèdi sembra che in corrispondenza all’orifizio, esso sia coperto da un sottil strato cuticolare; qui l’epitelio è ad evidenza nerastro per granuli di pimmento. In questa stessa specie, al disopra dell’epidermide che circonda l’orifizio, si trovan dei corpicciuoli quasi bastoncelli acuminati alle loro estremità e disposti verti- calmente (in rispetto all’ epidermide) ed assai avvicinati l'uno all’altro; si tingon forte con tutte le sostanze coloranti, quasi fosser nuclei; si conservano bene coi comuni metodi e si isolano senza molta difficoltà l’uno dall'altro. Non li ho riscontrati negli individui molto giovani. Anche Hertwig accenna a questi elementi, ed avanza la supposizione che siano sensitivi; lo che io non ho potuto confermar in alcun modo. Ritengo invece che sian formazioni paragonabili alle cellule adesive tanto caratteristiche della Cluparèdi in discorso. Al di là della membranella anista (che ho testè accennata sotto l’epitelio dell'ovispermadotto) sta l’epitelio germivativo dell’ovaja (V. tav. XI, fig. 5, 6, 7, 8); il quale si presenta sui tagli trasversali, nelle specie grandi, come una corona lobata alla sua periferia esterna; come una corona quasi regolare, nelle specie piccole. In questa corona possiamo distinguere quattro parti: una prima, esterna (corrispondente all’inserzione dell’ovaja); una seconda, interna (che guarda l'intestino); una terza, ventrale ed una quarta, dorsale. Nelle parti ventrale e dorsale le cellule sono in uno strato, molto lunghe, facilmente separabili l’una dall’altra, assottigliate all’estre- mità che tocca l’ovispermadotto, ottuse all’altra; vicino a questa evvi il nucleo. Nella parte esterna le cellule sono ancora in un solo strato, ma cubiche e tanto piccole che spesso si vedono a mala penag massime nelle specie minori. Infine nella parte interna sono più o meno alte, di svariate forme ed in varî strati; è qui che si sviluppano le uova. Quando un’ ovaja (V. tav. XI, fig. 1) è matura o quasi, le uova stanno disposte in una, o parecchie fila, che s’estendono in tutta la sua lunghezza e ne occupano una gran parte; allora l’ epitelio germinativo resta in vicinanza all’inserzione dell’ovaja sulla parete del corpo. La grandezza delle uova mature è maggiore nelle specie maggiori; nell’ Heraptera è massima. Ogni uovo maturo consta d’un corpo, d’uni vescicola germinativa e d’un involucro. Il corpo si presenta alquanto differente nelle varie specie; in alcune è fatto di corpuscoli vitellini, sparsi in una sostanza protoplasmatica; a fresco nella Bipunctata e nella Serratodentata, questa disposizione si rileva appena, essendo i corpuscoli ed il protoplasma quasi affatto diafani e di rifrangenze quasi uguali; nella Cla- parèdi invece essa disposizione è evidentissima nelle uova ancor vive, e ciò sopratutto perchè la loro trasparenza non è perfetta. Nell’Hezaptera il vitello si presenta come un reticolo a maglie piuttosto larghe ed impregnate di liquido. La vescicola spermatica è ampia (relativamente più ampia nelle uova molto più piccole); alla sua periferia (in alcune specie) porta numerose macule germinative. i L'involucro, nelle uova lontane dalla maturanza, è uno strato sottile; dalla sua superficie esterna sporgono dei nuclei. Quando l’ uovo è giunto a maturanza, esso s’appresenta molto ingrossato ed assai rifrangente; con- serva i nuclei sporgenti, alla sua superficie libera. Sembra che nelle uova, dopo la loro deposizione nell’acqua, quest’ involucro rigonfi, tranne uno straterello, il quale sarebbe a ridosso del corpo dell’uovo e non possiede- rebbe nuclei; comunque sia, fatto è che in queste uova si vede sopra al corpo un sottil involucro amorfo, apparentemente rigido e molto rifrangente, il quale è circondato da una larga zona gelatinosa. Nella Claparèdìi (le cui uova, come già dissi, si trovan appicciate sulle alghe) invece di questa zona, si trovan dei filamenti apparentemente solidi e molto rifrangenti. Non rilevai con esattezza il loro ordinamento: certo è però che tutti convergono verso il punto d’appicciamento dell’ uovo sulle alghe. Le uova, finchè sono ancora piuttosto lontane dalla maturanza, posseggono un picciuolo, che è fatto d’una cellula che ritengo germinativa, benchè alquanto modificata; quest’è ingrossata all’ estremità con cui s’ unisce all'uovo ed affilata nel resto del corpo, sicchè vi si può distinguere un corto capo ed una coda lunga; il capo racchiude il nucleo e sta innicchiato in una infossatura dell'uovo. (V. tav. XI, fig. 9 e 10). Nella Claparèdi (V. tav. V, fig. 15) il picciuolo è cilindrico ed è composto di parecchie (forse cinque o sei) cellule piccole e cubiche. Quando le uova di questa specie sono quasi mature (V. tav. VI, fig. 9), il picciuolo è amorfo, ed in talune preparazioni mi sembra perforato. Non ho avuto occasione di seguir passo per passo lo sviluppo delle uova. Questo però mi sembra certo: che, cioè, l'involucro delle uova non deriva dall’epitelio germinativo; esso è invece propaggine dell’involuero generale PRA dell’ovaja (V. più avanti). Credo inoltre che le cellule allungate dell'epitelio germinativo dapprima si molti- plichino (in corrispondenza alla parte interna dell’ovaja) e così nascano delle cellule tondeggianti, le quali tutte ingrandiscono fino ad un certo punto. Allora lo sviluppo in alcune s’arresta; prosegue invece in altre, le quali lorchè sono diventate uova mature, escono fuori dall’ovaja. Allora quelle, il cui sviluppo s'era arrestato, ripi- gliano a crescere e diventano similmente uova mature. Mi conduce a questa credenza il trovare costantemente uova molto giovani in numero grosso, rispetto a quello delle mature, o quasi. Non ebbi mai ragione di sospettare che uova giovani s’atrofizzassero, 6 servissero di nutrimento ad uova elette per maturare. Ho veduto le mature uscire dallo sbocco esterno dell’ovispermadotto, allungandosi in un asse e restrin- gendosi in quello opposto. Non ebbi invece la fortuna di sorprenderle durante il loro passaggio dall’ovaja nell’ovispermadotto. Man- cando qualunque altra communicazione speciale, all'infuori delle irregolari interruzioni sovraccennate, resta verosimile che le uova passino attraverso di esse, forse ingrandendole. Esistendo queste interruzioni su tutta la lunghezza dell’ovispermadotto, è probabile che le uova giungano ad esso in diversi punti. Ciò è reso ancor più verosimile da questo fatto: vale a dire che non di rado si vedono uova mature in certi luoghi, posteriormente ai quali tutta l’ovaja è occupata da uwova ancor lontane dalla maturanza; pare naturale che queste uova per uscire passino direttamente nell’ ovispermadotto. La Bipunctata, 1’ Hexaptera ela Claparèdi mi ovificarono nei bicchieri; le uova della prima si trovano per lo più isolate; invece quelle della seconda e della terza per gran parte rincontransi in mucchietti di tre, cinque, dieci, venti ecc. Più il Chetognato è voluminoso, maggiore è il numero delle uova ch’ esso depone. I periodi della deposizione durano pochissimo, forse sempre meno di una giornata; essi alternano con altri che devono esser relativamente lunghi, in cui maturano le uova. D'inverno nascono i piccoli nel breve termine di tre, quattro, cinque giorni; d’estate lo sviluppo è ancor più celere e bastano anche meno di trentasei ore. Quasi non occorrono cure per ottener lo sviluppo delle uova di Bipunctata e di Claparèdi; non così per quelle d’ eraptera, alle. quali bisogna mutar l’acqua subito dopo la deposizione e durante lo sviluppo, almeno due volte al giorno. Dacchè mi trovo a discorrere d’uova, ne toccherò una cosa che non saprei collocare in luogo più conve- nevole di questo. Una parte del processo della fecondazione delle uova avviene forse costantemente fuori dell’ ovaja, nell'acqua di mare. Benchè io non attendessi a ricerche speciali sovra questo processo, pure ebbi la fortuna di sorprenderlo parecchie volte ed una volta di seguirlo quasi per intero in un uovo di Bipunetata. In questo caso, ad un momento in cui erano evidentissimi il pronucleo mascolino e il pronucleo femminino, e quello andava avvicinandosi a questo; io vedea ancor abbastanza distintamente una figura che per l'ampiezza e la posizione, si poteva giudicar senza esitanza la vescicola germinativa; il pronueleo femminino era al suo centro; in appresso vidi fondersi il pronucleo femminino col mascolino; tenne dietro una segmentazione dell’ uovo affatto regolare. Se questa mia osservazione verrà confermata, si potrà conchiudere che solo una parte della vescicolà germinativa diventa pronucleo. Ripiglierd ora il filo della mia descrizione dell’ apparato femminile, del quale ho fatto conoscere due parti, cioè l’ovispermadotto e l’ovaja; mi rimane di parlar dell’invoglio e dei legamenti. Ae asso a L’ovaja ha un invoglio completo, ma sottile; è fatto di uno strato di cellule pavimentose, a forme alquanto varie, ma tutte poligonali, tutte ampie (nell’Hexaptera) con nucleo centrale tondeggiante, od irregolare (V. tav. XI, fig. 11). Sulla superficie che guarda l’ovaja, quest’epitelio semplice è rinforzato da un sottilissimo strato a fibrille trasversali (rispetto alla lunghezza dell’ovaja). Tra quest’invoglio e le uova restano degli spazî verosi- milmente ripieni di liquido nutritizio. L’invoglio manda dei sepimenti trasversali incompleti che percorrono l’ovaja e raggiungono le uova. Esso si continua anche sulla parte dell’ovaja, che s'inserisce all’area laterale. Questa inserzione si fa direttamente, frammettendosi tra l’involuero e l’area un semplice fascio appiat- tito di fibre longitudinali. Dall’estremità anteriore dell’ovaja (V.tav. XI, fig. 2), parte un fascio fibroso; il quale si porta in avanti e finisce press’a poco a livello del ganglio. Sembra che questo fascio sia in parte continuazione di quello che si trova alla linea d'inserzione dell’ovaja ed in parte sia formato da fibre, che originano all’ estremità ante- riore dell’ovaja stessa. Comunque sia, esso forma un legamento ovarico anteriore, il quale sembra doppio in aleune specie. In tutte risulta di fibre longitudinali, che non vidi striate trasversalmente, ma che sono sparse di rari nuclei allungati. Questo legamento ovarico tiensi come l’ovaja, al confine ventrale dell’area laterale ed è dovunque intera- mente separato dalla musculatura generale. Havvi inoltre un corto legamento ovarico di struttura fibrosa. Da’ suoi rapporti io lo denomino trasverso- posteriore; per solito esso unisce l'estremità posteriore dell’ ovaja al sepimento trasversale, in vicinanza all’ ano. La disposizione però di questo legamento varia alquanto in parecchie specie. Si deve infine considerar tra i legamenti (nella Serratodentata) certi fili anisti che vanno dall’ovaja all’intestino; sono trasversali, molto rari e si trovan su tutta la lunghezza dell’ovaja. Finirò con alcune osservazioni embriologiche intorno allo sviluppo degli organi genitali. A me sembrò che mentre si forma la gastrula, due cellule non si segmentino per qualche tempo; sicchè presto nella gastrula si mostrano differenti dalle altre, specialmente perchè possiedono un nucleo grande. Più tardi queste cellule si moltiplicano ed allora nell’Heraptera si veggon quattro elementi reticolati, senza nuclei evidenti a fresco; per questa invisibilità dei nuclei a fresco e per non averli potuto dimostrare con reagenti, non posso dire se i quattro corpi reticolati sian quattro cellule, ovvero quattro gruppi di cellule. In Claparèdi ed in Hexapterae un po’ più avanzate nello sviluppo credo d’aver cerziorato che quattro elementi, corrispon- denti ai suddetti corpi reticolati, sono sparsi di parecchi corpicciuoli, che diventano evidenti coll’acido acetico e si coloran col carminio; il perchè debbonsi forse ritenere plurinucleati, ovvero aggregati di cellule. I lavori di Biùtschli e d’Hertwig lasciavano adito a sospettare che questi elementi invece di trasformarsi in genitali, diventassero gran parte del mesoderma; mi permettono di sventar questo sospetto mie particolari osser- vazioni dirette su questo punto, nella Bipunctata e nell’ Heraptera. NOTE STORICHE Questo capitolo in Hertwig è brevissimo. Erroneamente egli assevera che l’epitelio germinativo è un sin- cizio e che l’ovispermadotto è al difuori dell’ovario. Le interruzioni dell’ ovispermadotto, i legamenti dell’ovario, la struttura dell’invoglio ece. gli sono sfuggiti. AREE PARTE II. Organi riproduttivi maschili. (V.. tav. III, fig. 8.6.9 — tav. IX, fig..7 — tav. XII, fig. 12). Sono pari e collocati nella sezione caudale. Questa ha quasi la figara di una guaina da forbici, la cui estremità chiusa corrisponderebbe alla posteriore del Chetognato. È incavata; la cavità è divisa da quella del tronco per un sepimento trasversale; è assai più lunga che larga e un bel po’ più larga che alta. Essa è attraversata in tutta la sua lunghezza da un sepimento verticale mediano, che la divide in due cellette uguali; la destra serve per l'apparecchio maschile destro, la sinistra per il sinistro. Ciascuno di questi apparecchi consta dei seguenti organi: 1° il testicolo solido, cilindrico, che è collocato alla parte antero-laterale della celletta; 2° la cavità d’incubazione degli spermatozoi, che è la celletta stessa, in grande, od in piccola parte; 3° il condotto deferente, che è press’ a poco sulla stessa linea del testicolo, al didietro di esso; 4° la vescicola spermatica, che forma una sporgenza laterale della sezione della coda, spor- genza poco lontana dall’estremità posteriore dell'animale e collocata tra le pinne medie e la caudale. Entriamo nelle particolarità. La parete della cavità caudale ci è giù nota in gran parte, perchè fatta dall’invoglio generale del corpo (epidermide, nervi e muscoli) che si continua sulla coda, senza interruzione alcuna. Mi resta di far conoscere uno strato che ne tapezza la superficie interna. Si tratta però di uno strato molto incompleto, perchè manca nella parte in cui la parete dell’invoglio generale è provveduta di muscoli, ed in quella dove gli stanno contigui i testicoli ed il condotto deferente; esso è perciò quasi limitato alla porzione posteriore delle aree laterali. È un epitelio semplice, a cellule cubiche, molto piccole, con nucleo relativamente grosso; possiede fors’anche qualche ciglio vibratile (V. più innanzi). Ho già indicato la posizione di due sepimenti, cioè, d’uno trasversale che separa la cavità della coda da quella del tronco e d’un altro longitudinal-mediano che divide la prima in due cellette. Quest’ ultimo sepimento risulta composto di uno straterello amorfo, tapezzato alle sue due superfici da un epitelio affatto simile a quello che ho or ora descritto sulle aree laterali; all’ estremità posteriore questo sepimento può presentare una piccolissima lacuna, per cui le due cellette communicano (ciò ebbi a riscontrare soltanto nella Bipunetata e non in tutti gli individui). Anteriormente si divide in due pagine; ciò accade quand’ è ancora un pochino discosto dall’ estremità dell’ intestino. Le due pagine formano il sepimento trasversale; esse non si dipartono però dal sepimento mediano ad angolo retto, ma descrivendo ciascuna una curva a convessità anteriore; sicchè il sepimento trasver- sale viene a presentare una concavità mediana (che guarda il celoma e sta davanti al sepimento mediano) ed una convessità a destra ed una a sinistra di questa concavità; la quale concavità non è esattamente riempiuta dall’ intestino, ma tra l'intestino ed il sepimento resta una sorta di piccola lacuna, in cui si raccolgono forse umori nutritizi. Il sepimento trasversale risulta di un sottil strato amorfo tapezzato ad ambe le superfici da endotelio, la cui intima struttura mi è restata incognita. Il testicolo sta addossato alle aree laterali nelle loro parti contigue alla musculatura generale primaria ventrale; visto dalle superfici ventrale e dorsale appare per lo più alquanto assottigliato all’ indietro ed ingrossato = 169) — all’ avanti; all’indietro finisce press’a poco all’estremità posteriore della pinna media; in avanti o finisce alquanto prima del sepimento, oppure fa una curva rapida in modo da diventar parallelo ad esso e ben presto finisce : talvolta però dopo aver per un momento secondato il sepimento, ridiscende un pochino, formando così una piccola porzione discendente, parallela ed interna rispetto alla porzione ascendente. Questo incurvarsì e ridiscendere, ho veduto appena in alcuni esemplari di Serratodentata. A fresco la parte del testicolo, che bagna nella celletta, appare ravvolta da uno straterello sottile a spor- genze nucleiformi verso la celletta stessa; l’esistenza di questo straterello non ho potuto confermare sui tagli. Dall’estremità anteriore del testicolo si staccano dei globi (cumoli spermatici) che cadono nelle cellette e diventano fasci di spermatozoi. Come si menzionò, in alcune specie (le piccole), tutta la celletta, ad eccezione dello spazio occupato dal testicolo e dal condotto deferente, serve all’ incubazione dei cumuli spermatici; in altre (le lunghe) serve appena la parte posteriore esterna. Nel primo caso la celletta è semplice (nella Claparèdì) ('), oppure viene attraversata da un proprio sepimento (sepimento secondario) quasi parallelo a quello mediano longitudinale; esso si congiunge circa alla parte me- diana-longitudinale dei nastri musculari dorsali e ventrali e s’estende dal livello dell’ estremità posteriore delle pinne medie fin poco indietro del setto trasversale ; esso divide per metà buona parte delle cellette. Questo sepimento a fresco mostra rare sporgenze nucleiformi, ma sui tagli m’apparve sempre amorfo. Differente è la disposizione nell’ Hewaptera e nelle altre specie grosse. Poco prima dell’estremità poste- riore delle cellette comincia un sepimento verticale attaccato da una parte alla parete dorsale e dall’ altra alla ventrale ; esso si spinge più o meno in avanti a seconda del grado di sviluppo sessuale maschile (V. il para- grafo sulla Spermatogenesi); si curva verso l’area laterale e su di essa finisce, non superando però mai l’estremità posteriore del testicolo. Si forma così una sorta di tasca secondaria della celletta; tasca che per la sua posizione si può dire posteriore-esterna; ed è a due pareti, una formata dall'area laterale, l’altra dall’or ora descritto sepimento secondario ; l'apertura o sbocco è fatto a spese di questo sepimento ed è all’estre- mità posteriore della tasca e quindi anche delle cellette; il fondo ceco vien ad essere anteriore. La tasca è più o mena lunga, a seconda che l’animale è più o meno maturo. Il sepimento secondario è sottile ; come quello delle specie piccole; in rispetto alla struttura posso accennare soltanto la presenza di nuclei sporgenti verso il sepimento mediano. I cumuli spermatici, staccandosi dal testicolo cadono nella celletta; discendono alla sua estremità posteriore tra il sepimento secondario ed il mediano, e di qui passano per l’apertura sopradetta nella tasca secondaria. Da questa tasca nelle specie grosse, da tutta la celletta nelle piccole, o, in una parola, dalle cavità d’incubazione, lo sperma passa nella vescicola spermatica per mezzo dei condotti deferenti. Questi si sviluppano quasi parallelamente allo sviluppo degli spermatozoi, sicchè per formarcene un concetto sufficiente occorre studiarli in animali maschilmente maturi (?). Il condotto deferente (V. tav. XII, fig. 8) corre senza convolute dalle vicinanze dell’estremità posteriore del testicolo fino alla vescicola spermatica; è poggiato sopra la parte dell’area laterale, che è contigua alla mu- sculatura generale primaria dorsale. Esso sbocca nella vescicola spermatica, traforando l’area laterale. (') Nelle cellette della Claparèdi riscontrai una rete, a maglie irregolari ed amorfe; dubito che sia effetto di coagulazioni agoniche e postmortali. (î) Ne’ giovani senza cumoli spermatici non scoprii alcuna communicazione tra la celletta e l'esterno. Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. IO eo Offre piccole varietà a seconda della specie del Chetognato. Nell’ Heraptera ed in altre specie lunghe relativamente corto ed al suo sbocco interno si dilata quasi ad imbuto. Nella Bipunctata e nella Claparòèd: asta è un tubillo minutissimo e relativamente lungo; nella Serratodentata è simile, ma possiede una dilatazione verso la celletta, poco prima del suo sbocco interno. L’estremità anteriore del canale non sorpassa mai l'estremità posteriore delle pinne medie, nell’Hexaptera; invece la sopravanza di molto nelle specie corte. L'apertura di communicazione del condotto deferente colla cavità del testicolo si studia comodamente nel- l’Hexaptera; è una larga apertura, approssimativamente circolare ed in un piano obliquo dall'alto al basso e dall’esterno all’interno. Nella parte, dove il canale è addossato alla parete del corpo, l’apertura è segnata da un cercine sporgente, quasi valvula incompleta. La struttura di questo canale si studia comodamente sulle sezioni trasversali (V. tav. X, fig. 11 e 12). In queste il canale suol presentarsi chiuso, o quasi. Il lume appare come una linea in direzione dorso- ventrale; esso è tapezzato da un semplice strato di epitelio a cellule cubiche, simili a quelle che ho descritte sulle aree laterali e nel sepimento mediano. AI di là di questo epitelio, nella porzione, dove il canale tocca l’area laterale, si trovano immediatamente gli strati proprî dell’involuero generale del corpo (musculatura generale secondaria, strato nervoso, epidermide); invece, in quella porzione del canale, che sporge nella celletta, si trova un’anista e poi uno strato di epitelio ancor simile; in alcuni punti però a cellule un po’ più alte. Il cercine dello sbocco risulta di parecchi (due ?) strati di epitelio cubico, ancor esso simile a quello che tapezza le aree laterali ed il canale. Il punto d’immissione del condotto deferente nella vescicola spermatica è alquanto vario; così, per es. è all’estremo anteriore di questa nella Bipunctata e nella Claparèdi, è quasi alla metà della sua lunghezza nella Serratodentata. Questa vescicola spermatica (V. tav. X, fig. 10) sta fra le pinne medie e le impari ed è una papilla, che occupa tutta la larghezza dell’area laterale. La forma di questa papilla ed il modulo della cavità variano non soltanto coll’ epoca dello sviluppo del- l’animale, ma anche con le varie specie. La papilla è quasi sfera appiattita alla sua superficie d’unione colle aree laterali, nell’Hexaptera, nella Lyra e nella Magna; nella Claparèdi è ovoidale, ad asse maggiore antero- posteriore; infine nella Bipunetata (V. tav. XII, fig. 5 e 7), nella Serratodentata e nella Minima è irregolare e vista dalle superfici dorsale e ventrale ha sezione ottica press’a poco in forma di triangolo rettangolo, con un cateto anteriore-trasversale corto, con l’altro longitudinale, lungo e corrispondente all’attacco della papilla sull’area laterale. La cavità della vescicola spermatica assume parimenti diverse forme (sferoidale, ovoidale, a bozzolo non simmetrico ecc.). È assai difficile di formarsi un concetto adequato sullo sbocco esterno della vescicola (V. tav. XII, fig. 5). Esercitando una compressione metodica sovra una vescicola ripiena di sperma, di solito senza difficoltà si può farnelo uscire; ma il punto d’uscita non è costante, sicchè sembrerebbe che si fosse formata una falsa strada. Alle volte però, ancorchè si faccia una forte pressione, gli spermatozoi non escono; da onde il dubbio che non siavi un vero meato, ma che si formi una fessura all’atto dell’emissione. Nella Bipunctata si vede spesso uscir gli spermatozoi lungo l’ipotenusa del sopradetto triangolo, in un punto vicino all'angolo acuto anteriore ; ciò però si verifica sempre su individui, la cui vescicola non è integra, ha perduto, cioè, la callotta chitinoide, che Aescriverò più innanzi. e — ID — Nella Minima però esiste certamente un vero meato circolare quasi in corrispondenza al punto sopradetto nella Bipuncetata. Da un punto ancora simile vidi di sovente uscir gli spermatozoi nella Serratodentata. Nella Claparèdi invece ne osservai più volte la fuoruscita dall’estremo posteriore della vescicola. I tagli per dimostrare questo sbocco riescon poco conclusivi, come s’ intenderà meglio più innanzi. La vescicola nella Bipunctata (V. tav. XII, fig. 7), nella Serratodentata, nell’Enflata e fors’anche in tutte le altre specie, è adorna di certi fregi, dei quali non mi son potuto formare un concetto intero (V. tav. XII, fig. 7). Si tratta di una specie di callotta a disco splendente che ricopre la parte anteriore e sporgente della vescicola; mi parve una callotta ad orlo intero nell’ Enflata, ad orlo dentato nella Bipun- ctata ed intine è una callotta a due cocuzzoli, che sorgono dalla sua faccia convessa, nella Serratodentata (V. tav. XII, fig. 8). Riesce spessissimo di osservar tale organo in quest’ultima specie; laddove di solito non è presente nelle prime due; la mancanza non costituisce una naturale varietà, ma è da riferirsi a casuale mutilazione. La parte posteriore della vescicola spermatica è colorita d’ordinario di nero bruno, ovvero di blew marin; nella Claparèdi è sempre gialla. Sui tagli (V. tav. X, fig. 10) riconosciamo Ia struttura di questa vescicola. Nell’Hezaptera, epidermide più o meno modificata la involge ovunque, tranne una piccola porzione mediana-longitudinale della faccia contigua all'area laterale; quivi la vescicola si trova in parte a ridosso della musculatura generale secondaria, in parte a ridosso dell’epitelio della cavità caudale stessa. Tutta la vescicola spermatica è tapezzata da uno strato d’epitelio; esso è fatto di cellule cilindriche molto granellose, con nucleo basilare, le quali sono probabilmente capaci di una secrezione mucosa. Allo sbocco esterno l’epitelio e l’epidermide sono interrotte, in modo che non sì può decidere con tutta sicurezza se è avvenuta una rottura all’atto dell'emissione dello sperma, oppure se si tratta di un vero orificio ; io propendo verso questa seconda supposizione. Il colore dell’epidermide deriva da granuli di pimmento sparsi in cellule pavimentose, poligonali, a con- torno regolare. La callotta (V. tav. II, fig. 12, 13 e 15) è fatta d’elementi apparentemente chitizzinati, la cui forma varia alquanto; nell’Enffata, visti di fronte, sono poligoni, piccoli, splendenti e separati l’uno dall’ altro da uno spazio chiaro non splendente; questi poligoni sono piccoli, irregolari, addossati l’uno all’ altro, e splendenti, però con uno spazio centrale tondeggiante chiaro e non splendente, nella Serratodentata; nella Bipunctata questa callotta m’apparve senza elementi speciali, ma soltanto granellosa e rilucente. Nella vescicola spermatica probabilmente gli spermatozoi raggiungono la loro maturanza, come si dirà meglio più sotto. Il riempimento della vescicola accade a poco a poco; il condotto deferente, una volta cominciato il pas- saggio degli spermatozoi, ne resta a permanenza ingombro. E perciò ch’ io non so con certezza. se esso sia fornito o no di ciglia; devo dir però che in un caso mi sembrò di vederle. Una quistione qui trova luogo convenevole ed è quest’essa: com'è che lo sperma arriva nell’ovaja? i Che- tognati sono autogami, od eterogami ? Di regola accade che i loro prodotti sessuali mascolini maturino appena poco prima dei femminini. La Minima offre un'eccezione. In questa avanti che comincino a staccarsi i cumoli spermatici del testicolo, l’ovi- spermadotto può presentarsi già ricolmo di sperma; questo sperma appartiene certo ad un altro individuo. Siamo perciò davanti ad un caso di eterogamia ; il quale è forse la spia di ciò che accade nelle altre specie. A credere generale cotale eterogamia, concorrono altre ragioni, tra cui principale mi sembra la presenza del setto, che completamente divide i genitali maschili dai femminili. n)9 Un altro supposto (vale a dire che l’animale ripieghisi sovra sè stesso in modo da portare il meato della vescicola a contatto di quello dell’ ovispermadotto ), mi sembra poco probabile; movimenti in cotali direzioni non ho mai constatati e, al mio credere, la musculatura per la sua peculiare disposizione mal sì presta a compierli. Ritengo adunque che i Chetognati siano eterogami. Resta di decidere il come gli spermatozoi passino nell’ovispermadotto. Non posso imaginarmi una migrazione spontanea degli spermatozoi dalla vescicoia all’ovispermadotto, perchè non mi riescì di constatare negli spermatozoi un vero movimento di traslazione. Che sia affidato al muoversi dell’acqua del mare la consegna dello sperma ejaculato dall’ovispermadotto, non è cosa impossibile. È però più probabile che avvenga costantemente un’apposizione della vescicola sper- matica allo sbocco dell’ovispermadotto. Il pimmento della vescicola (') comincia a comparire, quando l’animale s’ approssima alla maturanza; potrebbe per avventura considerarsi come un carattere sessuale secondario ? SPERMATOGENESI (V. tav. XIII, da fig. 1 a fig. 31). — Lo studio della spermatogenesi è irto di difficoltà. Premetto quindi alcune notizie sulla scelta e sulla preparazione del materiale. I primissimi stadî s'esaminano bene in animali giovani, di qualunque specie. I successivi fino alla comparsa dei filamenti spermatici, nelle specie grandi sono rilevabili più facilmente che nelle piccole. Tutti questi stadî si possono osservare ottimamente in individui conservati coi metodi giù in addietro menzionati. Gli ulteriori però voglionsi studiare a fresco, chè in messun altro modo ne ottenni preparati soddisfacenti. Per gli ultimi stadî, la Bipunctata si presta molto bene. Il processo, da quanto ho veduto, essenzialmente è uguale in tutte le specie; perciò ne tratterò cumu- lativamente. In addietro ho accennato allo sviluppo degli organi maschili fino ad un momento in cui i testicoli risultano forse di una cellula plurinucleata con nuclei minutissimi (1° periodo). Così sono nei neonati; poco più tardi (2° periodo) per un processo, a cui ho mancato di tener dietro, essi si trovano formati di cellule a nucleo grandissimo; al contorno di questi nuclei si notano dei granuli, che anneriscono nel l’acido osmico; il protoplasma delle cellule è ridotto ad un sottilissimo velamento; i contorni sono mal definiti (V. tav. XIII, fig. 8). Fin qui il testicolo ha una struttura ancora del tutto simile a quella dell’ovaja. In un periodo successivo (3° periodo) alla parte anteriore del testicolo, che si è allungato ed ingrossato, si distinguono cellule simili a quelle or cennate, ma raccolte in tanti globetti. Questi globetti, che si possono denominare cumoli spermatici, sono addossati l’uno all’altro. La loro grandezza varia in uno stesso individuo: di regola nei cumoli maggiori, le cellule sono maggiori, minori invece nei minori (V. tav. XIII, fig. 9 e 10). In appresso (4° periodo) accade che i cumoli collocati più anteriormente si staccano ad uno ad uno dal testicolo e passano nelle cellette d’incubazione. Le cellule nei cumoli liberi conservano per un certo tempo i caratteri dello stadio precedente. In aleuni notai chiaro un fatto che forse verificasi giù prima che si stac- chino; cioè che le cellule (V. tav. XIII, fig. 11 e 12) sono disposte quasi come raggi attorno al centro del cumolo e che esse sono per lo più peri-fusiformi. I cumoli liberi sono essi pure di svariate grandezze; la loro superficie mi parve per lo più liscia (V. tav. XIII, fig. 1 e 2). Già a fresco quando circolano ancora (V. più innanzi) mostrano dei punti di rifrangenza peculiare, ch'io giudico vacuoli pieni di liquido acquoso. (*) Nelle Merap:erae mature trovai pimmento giallo allo sbocco esterno dell'ovispermadotto. Vien dopo (5° periodo) uno stadio in cui i nuclei delle cellule nei cumoli s’infarciscono di bastoncini, che si possono veder anche senza reagenti e si tingon forte con le varie sostanze coloranti. Progredendo lo sviluppo .(6° periodo) (V. tav. XIII, fig. 13 a 18) i nuclei delle cellule impiccoliscono; anche i bastoncini vanno diventando più piccoli. Così si passa a piccole cellule con nucleo molto piccolo (nel quale son pochi e sottilissimi bastoncini) e con protoplasma relativamente abbondante. Ad uno stadio ulteriore (7° periodo) (V. tav. XIII, fig. 3, 20, 21 e 22) dalla periferia del cumolo sporgono processi filiformi molto delicati, sicchè il cumulo si può paragonare ad un riccio di castagna ; precisando, dalla superficie periferica delle singole cellule (cellule seminifere) parte un processo ('). Nel periodo successivo (8° periodo) i processi vanno allungandosi; quelli d’ un cumolo si riuniscono in fascicoli ; poi allungandosi di più i processi, man mano i singoli fascicoli si riuniscono in modo da formar parecchi fasci; e viene un momento in cui da un cumolo non partono che tre, o due, od anche un sol fascio; quando ne partono due, possono esser opposti l’uno all’altro per modo che il cumolo prende l’aspetto d’un fuso, ovvero possono partire dal curaolo paralleli, come gli arti inferiori del nostro tronco; quando ne partono tre, di solito, due sono avvicinati l’uno all’altro, ed in direzione opposta al terzo (V. tav. XIII, fig. 4, 5, 6 e 7). Contemporaneamente all’allungarsi del processo, il protoplasma, donde esso dipartesi, diminuisce alquanto; ma il nucleo resta quasi immutato e tondeggiante, come tondeggiante appare anche il contorno delle cellule. Il protoplasma è diminuito, ma il nucleo resta visibile, ancora quando i processi hanno quasi raggiunto la massima loro lunghezza. Allora (9° periodo) essi non soltanto sporgono dalle cellule, ma s’estendono anche attraverso di esse (desi- gnandovi una corda, non mai un diametro); e talvolta ne fuorescono di nuovo ma per brevissimo tratto; perciò la cellula non appare collocata più ad un’estremità, ma alquanto prima d’un’estremità del processo (V. tav. XIII, fig. 24 e 25). Successivamente (10° periodo) protoplasma e nucleo vanno via via impiccolendosi; alla pertine scompaiono; i processi così diventano spermatozoi; pare certo che il nucleo non sì trasformi direttamente in una parte dello spermatozoo. In uno stesso cumolo le cellule si presentano tutte in un medesimo periodo di sviluppo; il periodo invece può variare nei varî cumuli d’una celletta spermatica. È possibile trovar animali nel 1° periodo; il 2° si combina sempre col 1°; il 3° col 1° e col 2°; il 4° col 1°, 2° e 3°: e così via via fino al 10°. Sembra però che i periodi dal 4° fino al 10° siano brevissimi; ciò perchè si trovano di solito combinati assieme in un solo animale. L'opposto accadrebbe dal 1° al 4°, inquantochè è facile trovar animali arrivati soltanto ad uno qualunque di essi. Il testicolo dopo un certo tempo cessa di produr cumoli, accade perciò di trovar le cellette senza cumoli; e senza spermatozoi il condotto deferente e la vescicola, benchè sviluppati, come negli individui maschilmente maturi. I bastoncini sovraccennati meritano special considerazione; benchè non abbia potuto chiarirmi del tutto sulla loro significazione, questo però tengo saldo ch’essi cioè, quale che sia la loro natura, non rappresentano parti di spermatozoi in via di sviluppo, come si potrebbe immaginare a tutta prima. E nel fatto questi bastoncini, (') Eccezionalmente ne partono due. Sue man mano che progredisce lo sviluppo degli spermatozoi, vanno impicciolendosi e rarefacendosi; da ultimo restano cellule, ciascuna delle quali benchè ne possieda ancora parecchi, pure non isviluppa che uno sper- mabtozoo. Debbo qui aggiungere che in un cumolo con cellule contenenti bastoncini, può trovarsene qualcuna in cui essi mancano. Credo fondato il dubbio che i bastoncini accennino a moltiplicazioni di cellule, per divisione. Egli pare che da una cellula di un cumolo al primo stadio di sviluppo (cellula germinativa) si proli- fichino parecchie cellule seminifere; la quistione non si può decidere con sicurezza perchè, com’ ho già detto, insieme a cumoli inoltrati nello sviluppo, se ne trovan sempre di quelli giovani in svariati periodi; e perchè i cumoli spermatici, in uno stesso individuo e ad uno stesso stadio di sviluppo, possono esser di diverso volume. Ripeto però che la detta prolificazione è probabile; inquantochè nei cumoli, con processi ancora isolati e molto corti, i nuclei possono esser collocati eccentrici, rispetto alle proprie cellule; ed in modo che, dove se ne vede uno, vicinissimo se ne trova un altro ; 0, con altre parole, le cellule del cumolo hanno nucleo eccentrico e sono appaiate in guisa che i nuclei si trovano vicinissimi due a due. Com’ è risaputo, in generale un simile ordinamento occorre là dove le cellule si sono di recente moltiplicate. Ho però notato un fatto, che può sembrar contrario al mio supposto; si trovano, cioè, delle cellule isolate in forse tutti i periodi di sviluppo fino a quello di spermatozoo perfetto ; da' onde si potrebbe eredere che una cellula testicolare desse origine ad un solo spermatozoo. È però possibile un’altra interpretazione: potrebbe darsi, cioè, che delle cellule si isolassero dai cumoli spermatici, in varie epoche del loro sviluppo; e, perchè vi sono cumoli spermatici fatti soltanto di pochissime cellule, niente vieta di credere che si moltiplichino quelle, cui toccò in sorte di distaccarsi, quand’ erano ancor giovani. Debbo soggiuugere due parole di certi fatti, che ebbi ad osservare non di rado soprattutto nella Serrato- dentata (V. XIII, fig. 29, 30 e 31). Si tratta di cellule isolate, od in cumoli, tondeggianti, a contorno preciso, con nucleo relativamente grosso e sparso di bastoncini; insiem alle quali, nel medesimo cumolo. o disseminate qua e là nella medesima celletta d’incubazione, si trovano altre, a contorno netto e contenenti un vario numero di nuclei; che per lo più sono relativamente grossi e sparsi di bastoncini. Talvolta nella Bipunctata (V. tav. XIII, fig. 27-28), si vedon cellule elittiche isolate, con due nuclei disposti nel senso dell’asse maggiore; vicino a queste si trovan cellule ancora elittiche, ma ad assi meno differenti 1’ uno dall’ altro e con quattro nuclei, due nel senso d’un asse e due nel senso dell’altro; ossia, in una parola, con quattro nuclei disposti a croce. Queste cellule della Bipunetata e quelle, che ho detto prima della Serratodentata, indicano per avventura un processo speciale di formazione di nuovi cumoli spermatici; certe cellule, invece che diventar spermatozoi, si moltiplicherebbero per guisa da produrre, in una maniera insolita, od ingrossamento di quelli, in cui esse cellule si trovano, o nuovi cumoli spermatici. Infine non voglio tralasciare un’ altra forma di cellule, il cui significato, come quello di tanti e tanti altri fatti da me veduti nei Chetognati, mi è rimasto affatto sconosciuto. Son ‘cellule che s’incontrano isolate tra i cumoli, alle volte in numero piuttosto grosso, di solito rarissime; vanno provvedute di una sorta di vacuolo tondeggiante eccentrico, il quale, a quel che sembra, ha sospinto tutto il protoplasma verso una parte della periferia; questo protoplasma così addensato si tinge fortemente; non così il loro vacuolo. È per tutto ciò che esse cellule rassomigliano decisamente a certe altre di altre classi animali, raffigurate dagli autori, come cellule in cui si sviluppa uno spermatozoo. Gli stadî da me dianzi accennati sono prova che le cellule in discorso per = lo meno non rappresentano uno stadio del processo di sviluppo solito ad avverarsi per gli spermatozoi dei Chetognati. Mi rimane di parlare degli spermatozoi maturi. Essi sono criniformi e finissimi; la lor lunghezza varia molto nelle varie specie; sono lunghissimi nella Claparèdi; più piccoli nella Minima ; piccolissimi nella Serratodentata; nell’Hexaptera e nella Bipunctata s’avvicinano alla lunghezza di quelli della Minima. La lunghezza degli spermatozoi non è perciò in proporzione diretta colla lunghezza del Chetognato. Nella Claparèdi è nella Minima gli spermatozoi, prima che sian del tutto maturi (lo che non è ancora all’epoca che i fasci si disciolgono e passano nel condotto deferente, ma si verifica intanto che sono nella vescicola spermatica) appaiono trasversalmente striati: e la striatura è regolarissima tantochè mal si distin- guerebbero da fibrille muscolari striate. Gli spermatozoi dei Chetognati non hanno vera testa. Nella Claparèdi (V. tav. XIII, fig. 26) si vede distintamente che le due estremità sono alquanto dissimili; all’una lo spermatozoo s’attenua a grado a grado; all’altra d’un tratto s’assottiglia. Tanto nell’una parte quanto nell'altra, lo spermatozoo immaturo non mi sembrò striato. Non ho potuto decider se e quale estremità possa dirsi anteriore. Forse in tutte le Spadelle amendue le estremità sono gradualmente affilate ed indistinguibili l’una dall’altra. Lo spermatozoo fa dei movimenti svariati; il perchè appare or come una spirale, or come una linea ser- pentina; ora invece quasi dritto con una, od amendue le estremità ravvolte a spira. Questi movimenti però si riducono sempre ad un rotearsi sovra sè stesso in vario senso; una vera traslazione dello spermatozoo non venne da me constatata. I movimenti rotatorî cominciano nelle cellette qualche tempo dopochè dai fasci sono scomparse le cellule formatrici. Gli spermatozoi aderiscono facilmente alla superficie del corpo dei Chetognati. Essi sogliono agglomerarsi : talvolta escono dalla vescicola in una massa, che ne riproduce la forma e che tal quale si conserva per pa- recchie ore. Finirò raccontando una singolare circolazione offerta dai cumuli, quando sono dentro le cellette d’incubazione (nella Bipunctata, Serratodentata, Draco e Minima) (V. tav. IX, fig. 3). Ella può mancare (nella Claparèdì); od essere limitissima (nelle specie grandi). In quest’ultimo caso si possono veder i cumoli vicino al setto mediano, o fermi, o roteanti intorno a sè stessi, o discendenti; quelli che sono già arrivati nella tasca per lo più sono fermi; alle volte però qualcuno di quelli che sono posteriori, cioè entrati per ultimi, si presenta in lenta rotazione intorno ad un suo asse. In certe specie piccole, com’ ho detto, accade una vera circolazione. In quel tratto delle cellette, attraverso cui s’estende il sepimento secondario, i cumoli ascendono lungo l’area laterale ('); secondano quindi il sepimento trasversale; discendono lungo quello mediano; e, arrivati all’estremità posteriore del sepimento secondario, in parte riascendono, passando sull’ area laterale; in parte invece continuano a discendere, seguendo sempre il sepimento mediano e, dopo d’essersi portati, più o meno, (') Descrivo questa circolazione quale appare in animali visti di fronte. PER TRS verso l'estremità posteriore, riascendono lungo l’area laterale e proseguono fino a rientrare nella circolazione attorno al sepimento secondario; il rientrare accade a livello della estremità posteriore di questo. Alcuni cumoli però non raggiungono questo livello e dopo d’ essere un po’ ascesi lungo l’area laterale, ripassano sul sepimento mediano e ridiscendono. Havvi perciò quasi una doppia circolazione; una anteriore e più regolare (attorno al sepimento secondario); l’altra posteriore e meno regolare. All’estremità posteriore delle cellette si vedon, non di rado, dei cumoli immobili. Nel circolo anteriore si nota maggior attività alla parte esterna della colonna ascendente ed alla parte interna della discendente, anzi di spesso i cumoli addossati al sepimento secondario non si muovono; questi cumoli non restano costantemente immobili, dacchè or l’uno, or l’altro di essi vien trascinato nel circolo, come pure or l’uno or l’altro di quelli mobili si porta verso il sepimento secondario e diventa immobile. La forma e la grandezza svariatissima dei cumoli sono la ragione di siffatti spostamenti, che hanno appunto per effetto un’ alternativa di riposo e di moto per i varî cumoli. La celerità della circolazione è soggetta a variare; talvolta in certi punti si sospende per un istante. La circolazione è vivace tanto allorchè nelle cellette sono pochi cumoli, quanto allorchè ne sono molti ('). Se vi sono amibe (adulte o larve monadiformi), lo che accade non di rado, anch’esse possono trovarsi in preda a circolazione, precisamente, come i cumoli. Ù Non saprei spiegar la circolazione qui descritta altrimenti che supponendo, nell’epitelio delle aree laterali e del sepimento mediano, delle ciglia vibratili, che io però non ho mai potuto vedere. NOTE STORICHE. L’anatomia grossolana dei testicoli era già quasi del tutto nota prima di Hertwig, il quale v’aggiunse alcune particolarità istiologiche. Il sepimento secondario fin qui non è stato accennato che dubitativamente da Darwin. La callotta splendente della Bipunctata è stata veduta da Krohn due volte e creduta propria di una specie, che lasciò innominata. Il pimmento della vescicola spermatica vien notato giù da Gegenbaur. Hertwig non vide nè sepimenti secondarî, nè callotte, nè pimmenti. La disposizione propria delle specie grosse vien da me descritto per la prima volta. Soltanto Krohn e Wilms dissero alquante cose sulla spermatogenesi, in termini però affatto generali. La circolazione dei cumoli è stata brevemente ricordata da Krohn e da Darwin; Hertwig sbagliò a ritenere che accadesse uniformemente in tutte le specie. (') L’estremità posteriore della celletta alle volte non contiene alcun cumolo. BIBLIOGRAFIA DEI CHETOGNATI 1. Balfour, Comparative Embryology. Vol. 1, p. 303; Vol. 2, p. 289, 394, 612, 616. 18S0-S1. 2. Biitschli, Zur Entwicklungsgeschichte der Sagitta. Zeitschrift f. wissenschaft]. Zoologie. Bd. 23, p. 409-413. 1873. 3. Id. Zur Entwicklungsgeschichte des Cucullanus elegans. Zeitschrift f. wissenschaft]. Zoologie. Bd. 26, p. 108-110. 1876. 4. IA. Untersuchungen iiber freilebende Nematoden und die Gattung Chaetonolus. Zeitschrift f. wissenschaftl. Zoologie. Bd. 26, p. 393 u. 394. Anmerk. 1876. 5. Burmeister, Zoonomische Briefe. Theil 2. p. 124. 1865. 6. Busch, Beobachtungen tber Anat. und Enlwickelung einiger wirbellosen Seethiere. p. 93-100. 1851. 7. Busk, An account of the structure and relations of Sagitta bipunetata. Quart. journ. of mierose. science. Vol. 4, p. 14-27. 1865. 8. Claparède, Beobachlungen itber Anatomie und Entwicklungsgeschichte wirbelloser Thiere an der Kiiste der Normandie angestelit. p. 9 u. 10. 1863. 9. Claus; Grundzige der Zoologie. Ate Auflage 1879. 10. Darwin, Ch., Observations on lhe structure and propagation of the genus Sagitta. The Annals and magazine of natural History. Vol. XIII, p. 1-6. 1844: Frorieps Neue Notizen 1844. Nr. 639, p. 3 u. Annales des sciences naturelles. Sér. III. T. I. 1844. 11. Eydoux u. Souleyet, Voyage qutour du monde erécuté pendant les années 1836 et 1837 sur la corvette Bonite. Zoologie. T. II, p. 645-657. Atlas. Vers. PI. I. 1852. 12. Fol, Recherches sur la fécondation et le commencement de l'hénogenie chez divers animaur. Mémoires de la Société de physique et d’histoire naturelle de Genève, T. XXVI. 1879. Separatausgabe p. 35-38, p. 109-112, p. 193-197. 13. Forbes, L'Institut, Journal universel des sciences et des socigtés savantes en France et à l’étranger. I. section, T. XI, 1843, p. 358, und Annals of natur. Hist. 1843. 14. Gegenbaur, Grundzige der vergleichenden Anatomie, 1859 u. Zweite Aufl. 1870. 15. Id. Veber die Entwicklung von Doliolum, der Scheibenquallen und von Sagitta. Zeitschrift f: wissenschaftl. Zoologie. Bd. V, p. 13-16. 1854. 16. Id. Veber die Entwicklung der Sagitta. Abhandlungen der naturforschenden Gesellschaft in Halle. 1856. Als Separatabdruck erschienen mit der Jahreszahl 1857. Tradotto in inglese nel Quarterly journal of microscop. science, VII, p. 47. 17. Giard et Barrois, Note sur un chaetosoma et une Sagilta, suivie de quelques réflerions sur la convergence des types par la vie pélagique. Revue des sciences naturelles. T. III. 1875. 18. Grassi. Intorno ai Chetognati, Atti r. Ist. lomb. 1881 aprile. Ser. 2. Vol. XIV, Fas. VI. 19. Harting, Leerbock van de Grondbeginseln der dierkunde. Wormer p. 616-621. 20. Hickel, Generelle Morphologie. 1866. 21. Hertwig, Oscar, Beitràge zur Kenniniss der Bildung, Befruchtung und Theilung des thierischen Eies. Dritter Theil. Morph Jahrbuch. Bd. IV, p. 188-190. 1878. 22. Id. Veber die Entwickelungsgeschichte der Sagitten. Sitzungsberichte der Jenaischen Gesellschaft fir Medicin u. Naturwis- senschaft. Jahrg. 1880. Sitzung vom 23. Januar. 23. 1d. Vie Chaetognaten: eine Monographie. Mit 6 Tafeln. 1880. 24. Hertwig, Oscar u. Richard, Die Coelomtheorie. 1881. 25. Huxley, Grundziige der Analomie der wirbellosen Thiere. Deutsche Ausgabe von Spengel 1878, p. 559-563 u. 599. 26. Id. Report of the twenty-first meeting of the british Association, held at Ipswich 1851. Notices and abstracts of miscel- laneous communications to the sections. p. 77-78. 1852. Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 45 Sea 25. Id. L'Institut p. 975. 1851. 98. Keferstein, Untersuchungen iber niedere Seethiere. Zeitschrift. f. wissensch. Zool. Bd. XII, p. 129. 29. Kent, On a new species of Sagitta from the south Pacific (S. tricuspidata). The Annals and magazine of natural History. 4 Serie, Vol. V, p. 268-272. 1870. 30. Kowalevsky. Phoronis. Doctor-Dissertation, 1867 (russisch). 31. Id. Entwickelungsgeschichte der Sagitta. Mémoires de l’Académie impériale des sciences de St. Pétersbourg. VII Série, T. XVI, N. 12, p. 7-12. 1871. 32. Id., Nabtiowdenia nade razvetieme Brachiopodo, p. 34. 1874. 39. Krohn, Anatomisch-physiologische Beobachtungen iber die Sagitta bipunctata. 13944. Uebersetzt in Annales des sciences natur. 1845. 34. IA. Veber einige niedere Thiere. Archiv f. Anat., Physiol. u. wissensch. Med. p. 140-141. 1853. 85. Id. Nachiràgliche Bemerkungen ber den Bau der Galtung Sagitta nebst der Beschreibung einiger neuen Arten. Archiv f. Naturgeschichte. Jahrg. 19, Bd. I. p. 266-277. 1853. 36. Langerhans, Die Wurmfauna von Madeira III Zeitschrift fiir wissenschaftl. Zoologie. Bd. 34, p. 132-136. 1880. 37. Id. Das Nervensystem der Chaetognathen. Monatsbericht der kinigl. Academie der Wissenschaften zu Berlin. 14 Mirz 1878, p. 189-193. 38. Leuckart, Zoologische Untersuchungen. Heft III, p. 3. 1854. 39. Id. Archiv f. Naturgeschichte. 1854, 1856, 1857, 1859, 1860. Bd II. Jahresbericht. 40. Id. Veber die Morphologie und Verwandtschaftsverhiltnisse der wirbellosen Thiere. pag. 76. 1848. 41. Leuckart u. Pagenstecher, Unlersuchungen itber niedere Seethiere. Archiv f. Anatomie, Physiologie u. wissenschaft]. Med. p- 593-600. 1858. 42. Lewes, Naturstudien, p. 243. 1859. 43. Leydig, Vom Bau des thierischen Kòrpers, p. 131 u. 134. 1864. 44. Meissner, Zeitschrift fir rationelle Medicin. Dritte Reihe. Bd. I. 1857. Bericht iiber die Fortschritte der Anatomie u. Phy- siologie im Jahre 1856, p. 637-640. 45. Metschnikoff, Zeitschrift f. wissenschaftl. Zoologie. Bd. 17, p. 539. 46. Milne Edwards, Annales des sciences nat. 3 Série. T. III, p. 114. 1845. 47. Mibius, Vermes. Zoologische Ergebnisse der Nordseefahrt vom 21. Juli bis 9. September 1872. Separatabdruck aus dem II. Jahresbericht der Kommission zur Untersuchung der deutschen Meere, in Kiel, p. 158-159. 1874. 48. Moseley, On the colouring Matter of Various Animals (Challenger). Quart. journ. of microse. science, p. 12. 1877. 49. Miller, Joh., For/setzuny des Berichles iiber cinige neue Thierformen der Nordsee. Archiv f. Anatomie, Physiologie u. wis- senschaftl. Med. p. 158. 1874. 50. Oersted, Beitrag zur Beantwortung der Frage, welchen Platz die Gattung Sagitta im Systeme einnehmen miisse. Froriep's Tagesberichte iiber die Fortschritte der Natur-u. Heilkunde, Bd. I. N. 134, pag. 201-202. 1850. 51. Id. Videnskabelige Meddelelser fra den naturhistoriske Forening i Kj6benhavn. N. 1. 1849. (citato nei Froriep's Tagesberichte). 2. D'Orbigny, Voyage dans l'Amtrique mérid. T. V, 3 Partie. Mollusques. p. 140-144. 1835, 1843. 53. Pagenstecher, Untersuchungen iber niedere Seethiere aus Cette. Zeitschr. f. wissensch. Zoologie. Bd. XII, p. 308-310. 1862. 54. Quoy u. Gaimard, Annales des sciences naturelles. T. X. 1827. 55. Id. Abhandlung îiber die Familie der Liphyiden. Isis. Bd. 21, p. 348, 349. 1828. 56. Scoresby, Account of the arcetic regions. Vol. II (citato da Krohn). 7. Schmidt, Déscendence et Darwinisme. p. 30. 58. Schneider, Monographie d. Nematoden. p. 32. 1866. 59. Siebold v.., Lerrbueh der vergleichenden Anatomie der wirbellosen Thiere, p. 297. etc. 1848. 60. Slabber, Physicalische Belusligungen, oder mikroskopische Wahrnehmungen in- und auslindischer Wasser-und Landthierchen, libersetzt v. Miller. p. 23-24. 1775. 61. Tauber, Annulata Danica. En Revision af de i Danmark fundne Annulata Chaetognatha ete. 1879. 62. Troschel, Archiv fiir Naturgeschichte. Bd. II. Jahresbericht. 63. Ulianin, Materalien zur Fauna des schwarzen Meeres. Verhandlungen der Moskauer Freunde der Natur. 1871, citato nel- l'Archiv f. Naturgeschichte 1871. Bd. II. Jahresbericht. 64. Id. Zoologischer Anz. p. 588, 29 novembre 1880. 65. Wilms, Observationes de Sagitta mare germanicum circa insulam Helgoland incolente. dissertatio. p. 1-18. 1846. === PARTE SECONDA CONSIDERAZIONI GAPONT: Scopo. Fin qui mi sono limitato all’anatomia descrittiva dei Chetognati; or si tratta di metterlì a riscontro cogli altri animali, al fine di veder, s’egli è possibile, di stenebrare le loro affinità. Il problema delle affinità dei Chetognati è uno dei più spinosi, che possano occorrere al biologo. Sono omai trentacinque anni, che molti tra i più illustri rompono lancie in questo arringo; basti citare Darwin, Huxley, Krohn, G. Miller, Gegenbaur, Leuckart, Kowalevsky, i fratelli Hertwig ecc.; cotante ricerche illumi- narono in parte l'anatomia e l’embriologia degli animali in esame, ma tutte, insieme congiunte e legate, non bastarono a svelarne le relazioni, e nessun autore può vantarsi d’essere arrivato alla meta. Mentre per tanti gruppi che un tempo si pareano isolati, più si approfondarono le indagazioni, meno oscure diventarono le pa- rentele, sicchè quasi maravigliosamente oggidì essi tengono posto convenevole sull’albero genealogico, ai Che- tognati invece toccò una sorte opposta! Ciò intendo a rigor di logica, chè molti autori, insieme con fatti incon- cussi, consegnarono alla scienza tentativi di soluzione. I quali però, al mio credere, sono da giudicarsi frutti di simpatie individuali, od anche d’audacia precipitosa. Mi conferma in questo parere il seguente fatto : che, cioè, nessun animale è stato ed è tuttodì balestrato più di spesso che i Chetognati da una divisione sistema- tica all’ altra. È di questo luogo l’allegar una succinta istoria delle principali opinioni fin qui emesse al proposito (0)5 Slabber, il fortunato uomo, che scoprì le Sagitte, le registrò tra i Vermi. Quoy e Gaimard lasciarono indeciso se fosser Zoofiti, o nc. D’Orbigny ritenne che il Chetognato dovesse trovar posto tra i Molluschi e precisamente nell’ ordine degli Eteropodi. Seguirono il suo esempio Troschel, Siebold e Burmeister. (*) Questa storia nella sullodata Monografia d'O. Hertwig è affatto manchevole. CO Darwin invece reputò inconcludenti le ragioni di D’Orbigny. Krohn s’esprimea press’a poco così: « egli è difficile di collocare il Chetognato in aleuno dei nostri attuali sistemi, senza far molte riserve. È certo che non è un mollusco. Benchè il sistema nervoso sembri organizzato sul piano generale di questi animali, pure la più parte degli altri organi e l’ habitus dell’ animale non giustifi- cano un simile ravvicinamento. A mio modo di vedere il Chetognato si può appressare soltanto agli Annellidi. Ma anche qui si presentano grandi difficoltà; sopratutto pel prepuzio, per l'armatura cefalica, per le natatoje. per l'apparato genitale e per la mancanza d’anelli ». | Milne Edwards tornò a sostenere che il Chetognato fosse un mollusco. A quest’autore sembra che il prepuzio debbasi considerare, come vera testa e che la parte che vien denominata testa, sia fatta specialmente da un bulbo carnoso della bocca, portante l’armatura boccale e paragonabile a quello di parecchi molluschi. Meissner credette di vedere nei Chetognati, oltre ad un cervello, un midollo spinale collocato sopra una corda dorsale e perciò li collocò tra i Vertebrati. Orsted mise innanzi la parentela coi Nematodi. Leuckart, Pagenstecher ed Harting collocarono i Chetognati nei Vermi e ne fecero un gruppo tra gli An- nellidi ed i Nematodi. Schneider distinse nei Nematelminti quelli segmentati e quelli insegmentati e collocò tra questi secondi i Nematodi edi Chetognati; per questa classificazione egli si basò su cognizioni imperfette intorno alla struttura del sistema musculare di queste classi. Metschnikoff volle fare dei Chetosomi un piccolo gruppo intermedio fra i Nematodi ed i Chetognati «gruppo, cioè, che servisse a stabilire un passaggio tra le due classi ». Hîickel collocò i Chetognati, come Schneider, tra i Nematelminti, ma riprodusse l’idea di Meissner riguardo la parentela coi Vertebrati. Ecco uno squarcio della sua celebrata Morfologia: « Se si fa una sezione perpen- dicolare della coda di un pesce, si vede nettamente che il tronco d’un vertebrato è formato originalmente di quattro antimeri; e non di due. La forma primitiva dei Vertebrati inferiori è come quella dei Nematelminti, la forma cioè eutetrapleura interradiale. Così è che noi possiamo ammettere con qualche verosimiglianza che i Vertebrati son derivati dai Chetognati per metamorfosi progressiva, mentre i Nematodi ne sono usciti per una metamorfosi retrograda ». Kowalevsky non esitò a collocare i Chetognati tra gli Annellidi. Poco dopo il Biitschli negò le affinità dei Chetognati coi Nematodi e scrisse che essi sono Annulati e sì avvicinano agli Annellidi ; aggiunse che se ne debbono cercare i rapporti nelle classi (Echinodermi, Tunicati ecc.) che presentano un processo di formazione del celoma, simile al loro. Schmidt dichiarò che la Sagitta non è nè un verme, nè un mollusco legittimo. Giard mise in campo la convergenza dei tipi per la vita pelagica e sostenne che questa legge crea le ras- somiglianze delle Sagitte tanto coll’Anfiosso che cogli Eteropodi e cogli Annellidi; ritenne che queste analogie indussero i zoologhi a collocare i Chetognati nelle più svariate classi. « Et en résumé il nous parait convenable de laisser les Sagittae dans un groupe spécial qui doit prendre place à la base du phylum des Annélides, dont ce groupe représente un rameau divergent adapté è la vie pélagique », Huxley premise che «the proper Taxonomic place of the C. is still un unsolved problem ». Le probabilità, al suo credere sono queste: essi appartengono o agli Annellidi o ai Nematoscolici o ai Tricoscolici; oppur voglionsi considerare una divisione indipendente, unita a tutte queste forme e forse ai più bassi Artropodi (Tardigradi). Egli inclinerebbe a collocare i Chetognati nella serie artrozoica tra gli Artropodi = e ed i Nematodi insieme coi Nematorinchi di Biitschli. L’armatura boccale dei Chetognati, nella opinione d’ Huxley, può riguardarsi siccome una modificazione delle spine orali dell’ Echinoderes ; il loro sistema nervoso, a suo dire, è più artropodico di quello dei Pentastomi. Gegenbaur nel 1870 notò che le relazioni dei Chetognati verso i Nematodi sono lontanissime e che bisogna cercare gli antenati dei due tipi, in forme che hanno dato origine anche agli Annellidi. Nel 1878 pose i Cheto- gnati piuttosto lontani dagli Annellidi e dopo i Nematelminti, soggiungendo però che col porli dopo i Nema- telminti non intende a significare che fossero forme affini. Langerhans nel 1880 osservò che a motivo del sistema nervoso i Chetognati si allontanano dai Vermi e si avvicinano ai Molluschi; una simile osservazione era però stata fatta giù da Krohn, da Leydig e da Kowalevsky. Quasi contemporaneamente Balfour dichiarò che i Chetognati formano un gruppo isolato da tutti gli altri. E press’a poco, ancora nella stessa epoca, i fratelli Hertwig misero fuori una nuova ed ingegnosa teoria sull’ origine del celoma e tentarono di voltare i Chetognati al riverbero di quelle apparenze, che sono favore- voli alle opinioni ch’essi vogliono sostenere. Secondo le loro vedute, i Metazoi per l’origine del celoma si pos- sono classificar come segue: Celenterati. . . 1. Zoofiti Pseudoceli . . . 2. Scoleicidi a — Briozoi b — Rotatori c — Platelminti 3. Molluschi Enteroceli . . . 4. Celelminti a — Nematodi b — Chetognati c — Brachiopodi d — Annellidi (Ge- firei ) e — Enteropneusti f — Tunicati 5. Echinodermi 6. Artropodi 7. Vertebrati. Prescindendo per ora dai Celenterati, citerò uno squarcio, in cui quegli illustri istiologhi riassumono in forma di semplici proposizioni le note più saglienti degli Enteroceli e quelle dei Pseudoceli. Comincio cogli Enteroceli, i quali tutti offrono questi caratteri: 1° Possiedono una cavità addominale rivestita d’epitelio; la quale si forma prima ed indipendente- mente dal sistema vascolare sanguigno. Da principio è una doppia cavità; più tardi in generale diventa unica ed attraverso di essa corre l’intestino, d’ordinario sospeso ad un mesenterio. 2° Il sistema vascolare sanguigno-linfatico è un sistema di lacune e di canali; che si formano nel meso- blasto del corpo; originalmente è separato dalla cavità addominale e viene ad abboccarvisi secondariamente per la prima volta negli Artropodi e nei Gefirei. Calva 3° Gli organi sessuali traggono origine dall’ epitelio della cavità addominale; conservano essi questa posi- zione immutata (negli Annellidi, nei Gefirei, nei Brachiopodi e nei Chetognati); ovvero s’approfondano nel tessuto sottostante, da cui all’epoca di lor maturanza vengono emessi nella cavità addominale (nella maggior parte dei Vertebrati), ovvero s’ uniscono con dotti efferenti sviluppatisi in altri tempi e formano con essi delle ghiandole tubolose. Come condotti efferenti, nella maggior parte dei casi, servono gli organi escretori; che parimenti sono una differenziazione dell'epitelio del celoma. Gli organi d’escrezione originalmente sono disposti metamericamente e comunicano per mezzo d’imbuti, a ciglia vibratili, con la cavità addominale. 4° I muscoli son formati di fibrille primitive che, nelle più svariate guise, sono ordinate in unità mag- giori (lamelle, foglietti, fasci primitivi). Geneticamente, com’è verosimile, essi dipendono dall’epitelio della cavità addominale. Nell’adulto sono caratterizzati per una disposizione molto regolare; le fibre d’uno strato de- corrono esattamente parallele e non vengono incrociate da fibre d'un altro fascio. Possono essere presenti fibro-cellule contrattili, le quali però appartengono soltanto agli organi vegetativi e sono più, o meno indipendenti dalla volontà. 5° Il sistema nervoso sta nell’ectoderma, oppure abbandona questo foglietto molto tardi, dopochè si sono formate tutte le sue parti principali; perciò di leggeri se ne stabilisce l’origine ectoblastica. A questi caratteri degli Enteroceli si contrappongono i seguenti degli Pseudoceli : 1° La cavità addominale manca interamente, oppure vien surrogata da un sistema lacunare, oppure è uno spazio ampio formatosi per confluenza di numerose lacune. Originalmente è dipendente dal sistema vascolare sanguigno; con esso ha commune l’accenno embrionale ; soltanto di rado si chiudono interamente le loro communicazioni (Cefalopodi). 2° Gli organi sessuali, o sono direttamente cellule del mesenchima del corpo, oppure originano da esso. Possiedono sempre sbocchi peculiari senza mettersi in comunicazione cogli organi escretori. Questi ultimi sono ordinariamente ramificati dendriticamente ed i più fini rami communicano per stomi vibratili colle lacune del mesenchima, o coi seni vascolari; la loro origine per ora è indecisa. 3° L'intera musculatura del corpo consta di fibro-cellule contrattili, che per lo più decorrono affatto confusamente le une attraverso le altre ed anche là dove si dispongono in istrati bene limitati, ovvero in gruppi muscolari, non mancano singole fibro-cellule, che incrocino questi gruppi e questi strati. 4° Il sistema nervoso giace, anche nelle forme più basse, dentro il mesoderma, da cui sembra origini direttamente, almeno per la maggior parte. Vi sono oltr’a questi, due altri punti in cui, al credere degli Hertwig, gli Enteroceli si slontanano dagli Pseudoceli; essi sono: 1° Tutti gli Pseudoceli sono insegmentati. Opposto è il modo di comportarsi degli Entereceli; nei quali la tendenza alla segmentazione è così grande che quasi tutti raggiungono questo più alto grado di differen- ziazione morfologica. Tra gli Enteroceli sono insegmentati appena i Nematodi e gli Enteropneusti; i Chetognati ed i Brachio- podi si compongono di tre metameri; i Gefirei sono Annellidi regrediti. 2° Sembra verosimile che negli Enteroceli il blastoporo scompaia e per contro in tutti gli Pseudoceli diventi permanente. Concludendo, secondo gli Hertwig, i Chetognati sono Enteroceli tipici e stanno tra i Nematodi ed i Bra- chiopodi. — 103 — CAPO II Comparazioni. Ho posto il problema ed ho detto come altri sì cimentasse invano per scioglierlo; ora incombe a me pure di tentare una prova, colla scorta dei fatti che ho esposti nella prima parte del presente volume. Dovrei cominciare coll’esposizione dei caratteri più saglienti dei Chetognati; ma siccome per ragione di chiarezza, essi venner da me profilati nel capo sulla Sistematica, così ad esso rimando il lettore. Or qui mì limito a svolgere alcune questioni che ho già in addietro enunciate; esse riguardano: 1° è membri, o parapodì ; 2° la segmentazione; 3° gli abbozzi del sistema escretore, di sistema vascolare e l'organo intramuscolare; 4° la correlazione degli organi: 5° la variabilità delle specie. 1° Cominciamo coi membri. Il corpo dei Chetognati ne manca. Le pinne, o, come meglio si dovrebbe dire, le pseudopinne, e le formazioni pinnoidi non si possono para- gonare a veri membri, perchè non vanno provvedute di muscoli, quindi non sono capaci di movimenti autonomi. Il loro valore morfologico non può tuttavia esser indifferente; e nel fatto esse sono costanti in tutti i Chetognati, e ne formano una delle caratteristiche più saglienti. 2° La seconda delle questioni accennate si può formulare così: i Chetognati si debbono, o no, considerare tra gli animali annulati, o segmentati o metamerici, che vogliam dire? Quando in un animale la segmentazione è molto sviluppata, non può cader dubbio. L’ opposto invece accade quando si tratta di una metameria rudimentale, o nascente; allora le vedute sono molteplici ed i giudizî personali, tanto che con gli stessi fatti, alcuni autori arrivano ad una conclusione ed altri ad un’altra. Quot capîta, tot sententiae! L’innanzi sarebbe di decidere se la segmentazione è soggetta a leggi costanti per tutti i tipi: se filoge- neticamente cominci, o no, ad un tempo nei tre foglietti, e se non ad un tempo in tutte e tre, in quale inco- minci e qual ordine tenga ecc. Ma per arrivare a queste conclusioni generali fino ad oggi non possediamo fatti sufficienti; e perciò v’ha chi ammette che la segmentazione comincia dal mesoderma, v'ha chi la fa cominciare dall’ectoderma, e chi infine or dall’uno, or dall’altro. Un poco più accordate sono le opinioni intorno al valore dei singoli sistemi organici nel determinare, se esi- sta o no metameria. E nel fatto il sistema nervoso è riconosciuto per commune consenso, siccome il più impor- tante; sul valore che si debbe invece concedere agli altri sistemi, i giudizî sono ancora divisi. — 104 — Per ultimo, ad accrescere le difficoltà di chi vuol decidere se la metameria manca od è sul nascere o sul mo- rire, s‘aggiungono le differenze che secondo certuni (Semper, Hatschek, Hertwig), esistono tra strobilazione e segmentazione. Tutte le incertezze qui enunciate ci si fanno incontro nel nostro caso speciale dei Chetognati. Qui si tratta di vedere se il capo, il tronco e la coda si possano ritener tre metameri, almeno rudimentali o nascenti. Passiamo in rassegna i varî sistemi organici. L’epidermide non presenta alcuna differenziazione accennante ai tre supposti segmenti. Le pinne non hanno una distribuzione rapportabile ad essi. Il sistema nervoso nella coda non vien affatto ripetuto. L'ipotesi di Gegenbaur, che il ganglio addominale risulti da un concentramento della catena ventrale degli Annellidi non mi sembra seriamente fondata, nonostante che stiano forse in suo favore la distribuzione delle cellule del ganglio addominale in tutte le specie e la disposizione de’ suoi grossi tronchi anteriori nella Lyra. Per accettare quest’ipotesi i Chetognati dovrebbero concordare cogli Annellidi, in altri punti momentosi; questa concordia invece non esiste, come si vedrà nel progresso del presente capo. Veniamo agli organi di senso. Il paragone già menzionato tra le prominenze tattili dei Chetognati e gli organi laterali delle Capitelle ed il fatto che questi secondi sono disposti metamericamente , possono far pensare che quelle prime accennino a metameria; ma contro questo pensamento stanno dei fatti già da me esposti, vale a dire le prominenze non sono quasi mai disposte in anelli trasversali, ma truvansi sparse in tutto il corpo e sine lege. Nessun evidente accenno di metameria si potrebbe trovare nella musculatura; essa si continua sul tronco e sulla coda senza interruzione, o separazione alcuna. La musculatura trasversale della Claparèdì limitata al tronco, non mi sembra di sufficiente valore per comprovar la metameria, senza altri ed assai più forti argomenti. Biitschli ammise un sepimento tra il tronco e la testa, paragonò questo a quello tra il tronco e la coda, e tutt’ e due ai sepimenti trasversali degli animali metamerici; da onde inferì che i Chetognati constano di tre segmenti. Ho già in addietro dimostrato che il setto tra la testa ed il tronco (almeno nell’adulto) (‘) è affatto incompleto, o meglio che non vi si trova un vero setto. Or debbo aggiungere che quello tra tronco e coda si potrebbe interpretare come una formazione secondaria (sviluppatasi per impedire l’autogamia?). Nella coda esiste un’altra formazione forse simile (V. il capitolo sugli Organi genitali), voglio dire il setto secondario; cui nessuno oserebbe interpretare come sepimento accennante a metameria, perchè si trova disposto longitu- dinalmente. Non si può ammettere con sicurezza che l’intestino continui nella coda in istato rudimentale, come vorrebbe Hertwig. Il quale asserisce che il setto mediano sia un rudimento dell'intestino, e precisamente della parte. anteriore dell’archenteron obliteratosi dopo la formazione dei diverticoli. Io non trovo la prova di quest'asserzione nel lavoro d’Hertwig ; nè io ho potuto acquistarla con osservazioni dirette. La singolarità da me veduta nella Lyra, in cui, cioè, il sepimento mediano si continua anche per piccolo tratto nella cavità del tronco, se non m’inganno, non depone nè pro, nè contro il mio modo di vedere (°). (') Come sia nel neonato ignorasi. (7) I mesenteri, o setti trasversali, della Minima” sono tanto irregolari che non è possibile un'induzione in senso favorevole alla metameria dei Chetognati. — 105 Resta di considerare i genitali, le cui vie deferenti potrebbero per avventura ritenersi sicuri accenni di metameria, se si dimostrasse che originalmente sono organi escretori. A vitenerli tali ci inclina un concetto teorico, vale a dire la frequenza con cui l’anatomo trova insieme i due sistemi sessuali ed escretorio; senonchè, nel caso nostro speciale, l’ovario ha un proprio involuero, la cui origine non ci è nota, l’ovispermadotto non ha ciglia vibratili e non comunica colla cavità addominale; epperò . mancano le prove che sia stato, o sia organo escretore. Possono meglio paragonarsi di organi escretori le vie deferenti maschili, per la loro struttura (presenza probabile di ciglia vibratili, apertura interna ad im- buto ecc.). Ma contro a qualunque paragone sta un fatto importante, il quale riguarda sì le vie deferenti maschili che le femminili; queste e quelle, cioè, si sviluppano proporzionalmente alla maturanza sessuale; negli animali giovani non vidi mai alcuna communicazione tra l’ambiente e la cavità dei testicoli, o la cavità del tronco. L'embriologia dei Chetognati non è più favorevole dell’anatomia alla pretesa loro segmentazione; qui come lù, non m’avvenni ad alcun sicuro accenno di metameria, in verun’ epoca dello sviluppo. Neghiamo dunque che nel corpo di Chetognati esista una disposizione metamerica, certa, o per lo manco probabile. L'unica differenziazione è, come direbbe Hatschek, il Gegensatz von Kopf und Rumpf ('); però questo contrasto tra la testa ed il tronco non può aver un serio valore nel determinare la posizione sistematica dei Che- tognati, essendo tale fatto dal più al mono differenziato, in tutti quanti i tipi dei Metazoi. Se si ritiene che vi siano gradazioni, che conducono dagli esseri segmentati a quelli non segmentati (ciò che dietro certe vedute è probabile) si può forse ammettere che i Chetognati rappresentino uno dei presupposti gradi intermedi. 3° Passiamo ad una questione che si può esporre come segue: i supposti abbozzi di sistema vascolare e di sistema escretore (che ho descritti nel capitolo sull’apparato della nutrizione) e l'organo intramusculare (veg- gasi il capitolo sul sistema musculare) sono rudimentali, od in statu nascendi? Per dare una risposta a questi problemi, non so far meglio che riferirmi ai criterî generali. Per solito gli organi rudimentali, a differenza dei nascenti, son soggetti a variare molto in una stessa specie e nelle specie affini. Or bene, a quel ch’io ho veduto, l’organo intramusculare mancherebbe affatto nella Clapa- rèdi; l’abbozzo d’organo escretore forse esisterebbe come canale soltanto in questa specie; l’uno e l’altro perciò si potrebbero ritenere rudimentali; invece l’abbozzo di vaso dorsale s'incontrerebbe press’a poco immutato in tutte le specie e perciò si dovrebbe giudicare nascente. Tra gl’individui d’una stessa specie non ebbi a notare variabilità di alcuno dei tre organi in discussione ; epperò in questo senso tutt'e tre sarebbero piuttosto nascenti che rudimentali. In generale abbozzi di organi, che molto cooperano all'economia dell'animale, si ritengono in progresso verso un ulteriore sviluppo, a meno che abbianvi forti ragioni per supporre che essi erano precedentemente molto sviluppati; con quest’altro criterio gli abbozzi d'organo circolatorio (*) ed eseretore sarebbero da giudicarsi nascenti, e con probabilità rudimentale l’organo intramuscolare. Di tutto ciò concludendo, con verosimiglianza, l’abbozzo d’organo circolatorio è nascente; vi sono ragioni pro e contro l’ipotesi che l’abbozzo d'organo eseretore e l’organo intramusculare siano rudimentali o nascenti, {') Hatschek, Entwickl. d. Anneliden (1878). Entwichl. v. Echiurus (1880). Entwickl. v. Teredo (1880) in Arbeiten des Zool. Instit. zu Wien. () Il fatto offerto dai Chetognati ci indica forse il modo, onde si iniziò il sistema vascolare anche in altre classi. Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 14 — 106 — ma le maggiori probabilità sono per lo stato nascente dell’eseretorio e del circolatorio, e per lo stato rudimen- tale dell’ intramuscolare. 4° Passiamo ad un altro punto: una circostanza, che deve aver colpito il lettore, è il contrasto tra i varî sistemi organici dei Chetognati. Con una macchina alimentare affatto semplice si combina una nervosa complicatissima. L'elezione naturale ha agito profondamente sul sistema nervoso e sugli organi di senso, mentre ha conservato l'intestino in con- dizioni ancor primitive. Infatti sì possono ritenere indizî di primitività la mancanza di ghiandole isolatesi dall’epitelio, la mancanza d’un intestino posteriore, la struttura della tunica fibrosa, i due mesenteri regola- rissimi e per ultimo fors’anche le ciglia vibratili sull’ epitelio del l’intestino ('). Nè solo l'intestino; tutto l'apparato della nutrizione è d’una semplicità primitiva. E, nel fatto, oltre l’inte- stino, quasi non esiste che una cavità addominale; e non vi sono che abbozzi di vaso circolatorio, di vaso escretorio e lacune per lo scambio dei succhi nutrizî, attorno ai tronchi nervosi ed ai gangli. L’intestino non penetra nella coda, che talvolta è lunga, quasi la metà del corpo. L’epidermide non ha ghiandole, se si eccet- tua una parte di quella della Claparèdi. È inutile dimostrare per contrapposto che il sistema nervoso e gli organi di senso sono molto differenziati ; mi basta richiamare gli occhi, le papille gustatorie, le fossette sensitive e soprattutto le complicatissime pro- minenze tattili. Tenendo a memoria le leggi fisiologiche e partendo dalle differenziazioni solite nel regno animale, a priori nessuno immaginerebbe un essere, a così dire, senza proporzione com'è il Chetognato; a priori nessuno erede- rebbe che un essere così fabbricato fosse ben agguerrito per la lotta dell'esistenza. Invece contro a tutte queste preoccupazioni teoriche, sta il fatto che di Chetognati strabbondano tutti i mari di tutto il mondo! Ho accennato a condizioni primitive dell'intestino e non ho neppur avanzato il dubbio che queste condizioni possano essere invece rudimentali; ciò perchè non so trovar ragioni d’ammettere che su quest’intestino abbiano agito i fattori ordinarî della riduzione (cioè la divisione del lavoro con organismi estranei, o con organismi della stessa specie). Per passaggio, noto che queste ultime considerazioni mi porterebbero a supporre che è prossimi parenti dei Chetognati si debbano cercare in un phylum fornito d’apparato nutritivo semplicissimo. 5° Finirò con alcune osservazioni risguardanti la variabilità delle specie dei Chetognati. Abbiamo veduto che il gruppo dei Chetognati è uniformissimo e che le specie si distinguono l'una dall’altra per caratteri, che sono piccoli, ma però quasi tutti sicuri; tanto che la determinazione delle specie è cosa molto facile, ancora che ci si presentino animali giovani. Questi fatti, che si verificano forse in ogni mare, meritano posto, al mio credere, tra le caratteristiche dei Chetognati perchè, stando ad una legge enunciata da Darwin (*), le specie communi, che hanno grande estensione e perciò si possono chiamar specie dominanti, variano più frequentemente delle altre. Invece î Che- tognati, che sono cosmopoliti, quasi o senza quasi, non variano. Sarebbe di questo luogo l’indagare come siansi formate le varie specie, che ho enumerate nella parte sistematica, e quali vantaggi speciali offre ciascuna di esse nella lotta per l’esistenza. (') Metto un forse perchè recentemente venner riscontrate ciglia vibratili anche sull’epitelio del tubo digerente di animali su- periori. V. Regeczy, Arch. Schultze, Bd. XVIII, H. 4. p.408; Blanchard in Zool. Ans. Anno III, n. 72. 1881; Braun, Id. n. 69. (?) Variaz. degli animali e delle piante. Trad. di G. Canestrini p. 7. Torino. are Sciaguratamente però nello stato attuale delle nostre cognizioni una risposta a tali problemi mi sembra impossibile. Scenderò ora a confrontare i Chetognati coi varî tipi animali. Mi limiterò a parlare di quelli che offrono almeno qualche lontana simiglianza; per gli altri basterà una semplice menzione. CELENTERATI. — Hertwig ha dimostrato che esistono certe simiglianze tra i Chetognati ed i Celenterati. Esse riguardano: 1° La formazione dei diverticoli nell’archenteron; 2° Il valore di questi diverticoli nel senso fisiologico ed istiogenico. « La formazione dei due diverticoli nei Chetognati ricorda particolarmente quella dei molteplici diverticoli delle Actinie; in esse una parte della cavità del corpo, per mezzo di numerosi sepimenti, vien divisa in numerose camere secondarie . . Un setto delle Actinie ed una piega dell’entoblasta dei Chetognati sono formazioni para- gonabili, perchè amendue si sviluppano, secondo un medesimo principio , dall’ archenteron e ne aumentano la superficie ». Il secondo punto di concordanza tra Celenterati e Chetognati, al credere di Hertwig, hat noch grossere Tragweite. « Nell’Actinia, come nel Chetognato, si sviluppano dal foglietto che forma le pareti del diverticolo: 1° gli organi sessuali; 2° la musculatura del corpo. « Gli ovarî ed i testicoli nei Celenterati Entocarpi (tra cui le Actinie) si sviluppano dall’entoderma e spor- gono nelle camere secondarie dell’archenteron; qui vengono direttamente lambite dal liquido nutritizio, in cui versano i loro prodotti. E perciò i diverticoli primitivi delle Actinie non servono soltanto alla nutrizione, ma danno origine anche ai prodotti genitali e li ospitano. Simile fatto ripetesi nei Chetognati ». A queste idee d’Hertwig da me riferite, quasi letteralmente, fa mestieri contrapporre che gli organi genitali dei Chetognati non sono nettamente pertinenze dell’entoderma, come nei Celenterati. La museulatura nelle Actinie, secondo Hertwig, ha origine somigliante a quella dei Chetognati, cioè dal- l’entoblasto (direttamente nelle Actinie, indirettamente per mezzo del mesoblasto nei Chetognati). Anche istio- logicamente, continua l’autore, la musculatura ha una certa somiglianza nelle due classi. Da parte mia però debbo osservare che i rapporti istiologici in realtà sono forse minori di quanto suppone Hertwig, basandosi su ricerche che a me sembran incomplete rispetto ai Chetognati. Avvertasi inoltre che la derivazione della musculatura dei Chetognati dall’epitelio peritoneale, è probabile, non però provata. Hertwig suppose che il sistema nervoso offrisse un altro punto di rassomiglianza dei Chetognati colle Actinie; cioè dire che in amendue le classi fosse diviso in ectodermico e mesodermico. Ho già dimostrato che questa divisione almeno nei Chetognati non esiste; e quindi una comparazione su questo terreno è inammissibile. In conclusione, esistono delle simiglianze, benchè meno numerose e meno certe di quanto suppose Hertwig. A queste simiglianze da lui abilmente messe a luce concediamo un certo valore; con lui stesso, però pensiamo che non possono essere indizî di un’affinità prossima. Chi la volesse ammettere, dovrebbe dimenticare molte antinomie momentose : alludo specialmente al celenteron, al tipo raggiato e per ultimo alla relativa nobiltà del sistema nervoso e degli organi di senso. | Questi ultimi soli basterebbero a scavare un abisso tra Chetognati e Celenterati. PLAaTELMINTI. — Non si trovano attinenze embriologiche dei Chetognati coi Platelminti. Dal lato anatomico, ne esistono forse nel sistema nervoso e fors’anche in quello vascolare. — 108 — Nelle Turbellarie si danno diversi stadî di formazione del sistema nervoso; in un caso (Planarie terrestri e d’acqua dolce) esso ha un carattere diffuso ed è ancor incompletamente centralizzato; in un altro (Dendroceli Marini) è subentrato l’accentramento, il quale persiste nei Nemertini; vi è, cioè, un cervello fatto di due gangli riuniti da una commessura trasversa; da questi gangli si sviluppano due tronchi longitudinali, uno per ganglio; essi si portano indietro e spesso s’avvicinano più o meno al lato ventrale; questi tronchi contengono cellule ganglionari. È dubbio se l’origine di questo sistema nervoso sia ectodermica o mesodermica (mesenchimica). Se si stabilisse l’origine ectodermica, forse si potrebbe ripetere senza difficoltà il sistema nervoso dei Chetognati da quello dei Platelminti, per via di differenziazione progressiva. Ciò sarebbe in armonia colle idee di Hubrecht ('), il quale osservò, qualmente la catena nervosa ventrale, che è in generale molto stabile, nei Nemertini invece accenna a varî stadî di differenziazione molto lontani l’uno dall'altro e che vengon poi raggiunti da altre classi. Quanto al sistema vascolare (nei Nemertini), oltre ai due vasi laterali, se ne trova uno dorsale: di quest’ul- timo, come ripetei parecchie volte, esiste un accenno anche nei Chetognati. Vedremo però più innanzi che il vaso dorsale sì trova anche negli Annulati ed è forse il primitivo accenno del sistema vascolare in tutti i tipi. Concludendo non manca qualche riscontro tra Chetognati e Platelminti; una parentela prossima però è inammissibile. RomirERI. — Non sarebbe difficile di far derivare dal sistema nervoso dei Chetognati quello molto pri- mitivo dei Rotiferi. Ma all’infuori del sistema nervoso, nessun altro avvicinamento è possibile nè rispetto all’ana- tomia nè rispetto all’embriologia; bisogna però confessare che l’una e l’altra riguardo ai Iotiferi sono tuttora oscure. Briozoi. — Sembra che siano molto lontani dei Chetognati tanto per l’embriologia che per l’anatomia. ANNELLIDI. — Questo phylum merita special considerazione, perchè molti autori collocarono il Chetognato in esso, 0 vicino ad esso. Cominciamo con un parallelo anatomico. Ai Chetognati mancano la metameria, i parapodi e le setole. Somiglianze innegabili esistono rispetto alla musculatura. E, come ha già osservato Hertwig, per un mo- mento si potrebbe confondere la sezione trasversale del Poligordio, del Protodrilo e del Saccocirro con quella di una Sagitta Claparèdi, perchè qui, come Ilù, si vedono le sezioni di quattro nastri musculari, longitudinali, due dorsali e due ventrali ed oltracciò la sezione di una musculatura trasversale-ventrale-profonda, che va dalla linea mediana-ventrale all’area laterale, passando sotto ai nastri musculari longitudinali. Però questa musculatura trasversale cotanto importante negli Annellidi, nei Chetognati invece potrebb'es- sere una formazione secondaria; infatti io la trovai soltanto in una tra le molte specie, che s’incontrano a Messina. Se si considera la musculatura speciale da me descritta nelle aree laterali dei Chetognati, il paragone delle loro sezioni trasversali con quelle dei citati Annellidi impallidisce, in quanto che in questi cotale muscu- latura non trova punto il riscontro. Negli Annellidi non è raro di trovare una musculatura speciale della testa comparabile a quella dei Che- tognati, e per la numerosità dei muscoli, e per gli involucri chitinoidi. Per la posizione il muskuloses Anhangsorgan dell'esofago dei Poligordi e dei Protodrili potrebbe fino ad un certo punto confrontarsi al muscolo complesso mediano col relativo organo intramusculare; senonchè le strut- ture sono troppo divergenti e ci vietano di supporre qualunque rassomiglianza tra i due organi ip questione. (') Zur Anat. u. Phys. d. Nervens. d. Nemer. Amsterdam. 1880. gi 10 | Passiamo al sistema nervoso. Il ganglio sopraesofageo d’un Annellide si può omologhizzare a quello d’un Chetognato. Già dissi che Gegenbaur suppose essere il ganglio addominale dei Chetognati una concentrata catena ventrale d’Annellide. Ad appoggiare questa supposta concentrazione si prestano in specie alcune forme d’An- nellidi un po’ aberranti. Certo è infatti che una sezione trasversale del midollo di una Tomopteris (quale ci venne fornita per es. da Veidovsky) (') ha somiglianza (per la relativa posizione delle cellule e della sostanza fibrosa-punteggiata) con quella del ganglio addominale del Chetognato. Questo midollo però nella Tomopteris s’estende di gran lunga più che il ganglio addominale rel Chetognato ; oltr’acciò in ogni segmento presenta un lieve rigonfiamento; per ultimo in esso midollo sono nettamente distinguibili due cordoni longitudinali di sostanza fibrosa-punteggiata. Tra essi però sta un solco, che vien occupato da una colonna mediana cellulare, quà e colà interrotta; lo che trova, fino ad un certo punto, riscontro ne’ Chetognati. In alcuni Annellidi (Chaetogaster) havsi commissura e gangli vestibolari, come nei Chetognati. Le fibre giganti di questi sono paragonabili a quelle degli Annellidi? È difficile dare una risposta adequata a questa domanda. È certo che esistono ragguardevoli differenze di distribuzione; e di più, laddove per me è provato che le fibre in discorso sono di natura nervosa nei Chetognati, negli Annellidi la lor natura è molto dubbia. Comunque sia, non si può disconoscere una certa simiglianza tra Annellidi e Chetognati, anche nel sistema nervoso. Ne esistono forse altre ancora negli organi di, senso; e sarebbero le seguenti. È possibile che le clave della fossetta retrocerebrale trovino riscontro nei due corpi splendenti stati de- scritti (‘) sul cervello dei Poligordi e del Protodrilo, e che perciò esista anche in essi una fossetta cerebrale, la quale fin qui sarebbe sfuggita a tutti gli osservatori. Forse è possibile un confronto tra le prominenze tattili dei Chetognati e gli organi laterali delle Capi- tellide ed un altro fra le papille gustative di quelli e gli organi ciatiformi di queste. Eisig (°) ha studiato molto esattamente gli organi laterali e quelli ciatiformi; non riuscirà forse inutile ad alcuni lettori, ch'io qui riepiloghi le sue conclusioni. Ad ogni segmento dell'addome, tra il parapodio ventrale ed il dorsale, stanno delle prominenze a con- torno elittico; esse si possono paragonare a bottoni globosi, la cui sommità (poro) può esser retratta per mezzo d’un muscolo. Nella prominenza si trova una cavità che communica col celoma; sul poro stanno alcune cen- tinaia di peli immobili, diritti, delicatissimi e lunghi. Questi peli colle loro basi passano attraverso ad una cuticola omogenea e sotto di essa, diventano bastoncini pallidi ed omogenei; i quali perpendicolarmente si approfondano e per mezzo di fibre delicate si mettono in rapporto con uno strato sottostante di elementi fusati (fusi); a questi fusi sottostà (e probabilmente s’ unisce) un grosso strato di elementi nucleiformi-tondeggianti (granuli). Questi granuli sono di natura ganglionare. È possibile seguire un nervo fino in vicinanza delle pro- minenze e resta verosimile che esso venga a finire nello strato sanglionare. Oltre a questi organi laterali, si trovano nel Notomaste degli organi ciatiformi, diffusi senz’ordine evidente, ma numerosissimi alla parte anteriore del corpo. Anche in essi sì deve distinguere una prominenza cava, tondeggiante-conica, che porta dei peli poco numerosi, stibchenformige; sulla struttura e sull'innervamento di questi organi « wwrde nichts erkannt ». (') Beitr. 2. Kennt. d. Tomopt. Zeitschrift f. wissenschaf. Zool. 1878. p. 80 e seg. (*) Hatschek li accennò nel Protodrilo e non è sicuro che sian organi di senso; aggiunge che risultano di un certo numero di cellule ordinate attorno ad un centro commune. Anche Ulianin e Langerhans videro questi organi e li supposero uditori. Hatschek non sa trovar un fondamento a questa supposizione. V. Protodrilus Leuckartii in Arb. a. d. Zool. Inst. zu Wien. T. III, H. 1 (1880). (*) Mittheilungen a. d. Zool. St. Neapel, 1. B. H. II. p. 278-343. — 110 T Eisig paragona gli organi laterali delle Capitellide agli organi di senso delle linee laterali dei Pesci e degli Anfibi; i quali pure sembrano essenzialmente in un ordine segmentale; avvicina poi gli organi ciatiformi delle Capitellide a quelli dei Pesci (Endknospe di Merkel). Ma torniamo ai Chetognati: se si mettono a riscontro gli organi laterali delle Capitellide con le promi- nenze sensitive dei Chetognati, è facile di scorgerne le molte somiglianze (ciglia, bastoncini, cellule ganglionari ecce.); non mi dissimulo però che esistono delle differenze, le quali possono ridursi a tre: 1° la distribuzione delle pro- minenze; 2° l’assenza d’un muscolo speciale nei Chetognati; 3° la mancanza d’una cavità comunicante col celoma, pure nei Chetognati. Ciò nonostante a me sembra che un’analogia tra questi organi delle due classi esista a non dubitarne. Certo, negli organi di senso evvi qualche somiglianza e, forse più esattamente, qualche analogia tra Che- tognati ed Annellidi. Passiamo agli altri sistemi organici. Il tubo digerente non offre speciali punti di raffronto; forse però gli uncini dei Chetognati potrebbero uguagliarsi a quelli delle Sagittelle. Auche in molti Annellidi havvi un mesenterio dorsale ed un mesenterio ventrale ed un celoma. Lo strato, che tappezza all’interno il celoma, almeno in certi Annellidi, è similissimo a quello dei Chetognati ('). Il vaso dorsale degli Annellidi per la sua posizione (nello spessore del mesenterio dorsale) si può asso- migliar coll’abbozzo di vaso dorsale dei Chetognati. Veniamo all’apparato urogenitale. Già dissi qualmente si possa tentar un paragone tra il condotto deferente (maschile) ed un organo escretore per es. d'un Annellide. L’ovario fornito d’un ovispermadotto speciale senza commanicazione col celoma può ricordare che in alcuni Annellidi (Oligocheti, per es.) tanto gli ovarî, quanto i testicoli, son diventati forme vescicolari o tubulari, separatesi iuteramente dal celoma (?). In conclusione, dal lato anatomico, esiste qualche simiglianza tra Chetognati ed Annellidi; non mancano però divergenze, e divergenze gravi. Le quali diventano gravissime, quando entriamo nel campo embriologico. I fratelli Hertwig nel comparare i fatti embriologici offerti dalle due elassi in discorso, furono troppo parziali; e mi pare di rispettare il vero, sostenendo ch’essi adattarono l’embriologia degli Annellidi ai bisogni della loro teoria. Uscirei dal mio campo, se volessi anche soltanto riassumere quel che si sa sullo sviluppo degli Annellidi; d’altra parte questo riassunto si legge quasi completo sul recentissimo Manuale del Balfour. Qui al mio scopo basta di aver avvisato che embriologicamente non si può trovar fondamenti d’una parentela seria tra Che- tognati ed Annellidi; appoggia questa mia asserzione sopratutto il lavoro dell’ egregio prof. Kleinenberg sul Lumbricus Trapezoides. Per tutte le ragioni che son venuto esponendo, non posso ammettere una parentela prossima tra Annellidi e Chetognati. NematoDI. — Per quanto finora è noto, esistono forti divergenze embriologiche tra Chetognati e Nematodi (*). Non mancano invece le somiglianze dal lato anatomico. Queste somiglianze si riferiscono specialmente al sistema musculare. (') V. Recherches sur les Annellides sedentaires par Claparède. Genève 1873: Veidovsky, Beitràge 3. vergl. Morph. d. Anneliden. (?) Pare però che allora i condotti laqueiformi restino estranei all’apparecchio sessuale. In ciò forse sta un'altra ragione per non uguagliare l' ovispermadotto ad un canale escretore. Prag. 1879. (*) Veggasi oltre ai lavori citati da Balfour la nota recentissima di Goette (Zur Enlwickhi. d. Wiirmer in Zool. Anz. p. 189, 1881). (I — 111 — Nei Nematodi, come nella maggior parte dei Chetognati, esiste soltanto una musculatura longitudinale, ripartita in nastri separati da aree mediane e laterali. La suddivisione in lamelle accade tanto nei Chetognati, quanto nei Nematodi. I mioblasti nelle due classi hanno posizione simile. Nei Chetognati però non si vede mai una separazione dei singoli elementi muscolari, netta e completa, quale si può riconoscere nei Nematodi. La musculatura in questi non è mai striata; tale differenza però sotto l’aspetto dell’ anatomia comparata è poco importante, perchè, come dimostrano numerosi esempî, la striatura esprime semplicemente un diverso stadio di sviluppo d’un’unica sostanza contrattile. Il sistema nervoso dei Nematodi si comporta in modo tutto particolare. Com'è risaputo, nei Nematodi evvi un organo centrale che circonda l’esofago a mo’ d’anello, o cingolo; ne partono dei nervi tanto in avanti, quanto all’indietro. A questa distribuzione dei nervi corrisponde l’aggruppamento delle cellule ganglionari del cingolo esofageo. Da questo cingolo vanno in avanti sei nervi, che, tanto all’origine, quanto nel loro decorso, portano cellule sanglionari. All’indietro si stacca un tronco mediano-dorsale ed uno ventrale; oltracciò derivano, dalla parte ventrale del cingolo esofageo, due tronchi convergenti all’ indietro ; i quali si congiungono in un ganglio (ganglio cefalico). Così è fatto il sistema nervoso dei Nematodi. La più semplice via per confrontarlo con quello dei Chetognati mi sembra l’infrascritta: si potrebbe pensare che il ganglio cefalico si fosse ridotto per atrofia degli organi dei sensi più nobili (atrofia di parassitismo) e perciò ritener corrispondente al ganglio cefalico dei Chetognati la parte dorsale del cingolo esofageo dei Nematodi; sì potrebbe inoltre paragonarne la parte ventrale alla parte ventrale-cefalica del sistema nervoso dei Chetognati (cioè i nervi anteriori, la commissura retroboccale ed i gangli vestibolari intercalati tra questa e quelli). Ma si potrebbe infine mettere il ganglio cefalico a lato del ganglio addominale? Se anche ci spingessimo ad accettare quest'ultimo punto, i tronchi mediani dorsali e ventrali dei Nematodi non troverebbero riscontro aleuno nei Chetognati. Insomma ogni raffronto col sistema nervoso è per lo manco molto astruso. Negli organi di senso non troviamo possibile alcuna comparazione, ove s’eccettui forse l'analogia tra i follicoli vestibolari dei Chetognati e le papille boccali dei Nematodi. Nel tubo digerente esiste qualche simiglianza per l’armatura boccale, per l’esofago e, fino ad un certo punto, per la struttura dell’intestino chilifero. Esistono anche dei mesenteri, ma altra è la loro disposizione nei Chetognati, altra nei Nematodi. In amendue le classi mancano veri vasi sanguigni ed havvi semplicemente un celoma riempiuto di liquido nutritizio. Nè i Chetognati nè i Nematodi possiedono organi speciali per la respirazione. Gli organi escretori dei Nematodi sono rappresentati da canali senza ciglia vibratili e situati nei campi laterali. Nei Gordiacei poi quest’apparecchio sembra rudimentale; difatti nel Mermis è rappresentato soltanto da una serie di cellule che nel Gordius mancano. Di quest’apparato dei Nematodi, i Chetosnati presentano, a così dire, un abbozzo ; nella Claparèdi, evvi un vero canale ed in altre specie si trova una disposizione uguale a quella del Mermis. P Gli organi sessuali hanno disposizione assai divergente. Forse non havvi che un solo parziale riscontro ; quest’è che essi possiedono in ambo le classi condotti efferenti loro proprî. Il Chetosoma (che probabilmente è un Nematode aberrante) venne ritenuto anello d’unione dei Nematodi ai Chetognati: 1° in grazia di una formazione simile ad una pinna; 2° per una corona d’uncini e due — 12—- organi laterali della testa, onde viene alla testa del Chetosoma una superficiale simiglianza con quella dei Chetognati. È da deplorarsi che le cognizioni attuali sui Chetosomi siano assai scarse ('). Mi sembra però che bastino per ritenere che le comparazioni sopradette sono mal fondate. Infatti se non m’inganno, risulta chiaro dalla Memoria e dalla Tavola di Panceri che la pinna è semplicemente formata di bastoncini probabilmente tubolari e chitmoidi e che gli uncini della testa sono semplicemente chitinoidi. Gli uncini e le pinne dei Chetosomi possono forse perciò considerarsi semplici ispessimenti della cuticola che riveste il corpo. Comunque sia, egli è certo che, per ritenere i Chetosomi un ponte tra Nematodi e Chetognati, occorrono simiglianze di molto maggior rilievo di quelle che termino di discutere. Anche le pretese attinenze dei Chetognati con altre forme aberranti che s’accostano più o meno ai Ne- matodi (Echinoderes, Trichoderma ecc.)i, per quel pochissimo che fin qui conosciamo sulla loro anatomia e embriologia, le pretese attinenze, dico, non sono seriamente sostenibili. Chiudo questo parallelo tra Chetognati e Nematodi. Io credo che essi non si possano accozzare insieme senza manifesta violenza, in quanto che sconcordano embriologicamente quasi in tutte le direzioni, ed in parecchie anche nel senso anatomico. Aceagionare al parassitismo tante divergenze a me sembrerebbe audacia. BracgIoPopI. — Lo sviluppo dei Brachiopodi offre una simiglianza fondamentale con quello dei Chetognati; nella loro gastrula, cioè, come in quella dei Chetognati, si formano due diverticoli, da cui origina il meso- derma. La deficienza di nozioni rispetto ai Brachiopodi ci impedisce d’estendere il confronto anche ai singoli sistemi organici. Anatomicamente sarebbe difficile di trovar un punto di contatto tra le due classi; anche qui però si deve deplorare la mancanza di cognizioni dal lato dei Brachiopodi. Hertwig ha detto che questi risultano di tre segmenti, come i Chetognati; ho in addietro sostenuto un’opinione contraria a proposito di questi ultimi; ne’ Brachiopodi invece le segmentazione esiste forse, in istato rudimentale (*). EcHINODERMI ED ENTEROPNEUSTI. — Questi due tipi (recentemente riuniti da Metschnikoff sotto il nome di Ambulacraria) sono Enteroceli, come i Brachiopodi ed î Chetognati. Verso di essi come verso i Brachiopodi, vien perciò teoricamente indirizzata la mente di chi cerca le affinità dei Chetognati, ma pur troppo senza profitto alcuno; perchè accanto ad indubbie simiglianze embriologiche si trovano fortissime divergenze specialmente anatomiche. Sicchè in complesso si deve :conchiudere che non può esistere una parentela prossima tra Chetognati e Ambulacraria. ARrtROPODI. — Anche accettando le interpretazioni poste dagli Hertwig per dimostrare che gli Artropodi sono Enteroceli, resta sempre una maggioranza di divergenze che schiaccia le poche e malferme convergenze ; e ciò tanto dal lato embriologico quanto dal lato anatomico. Non è però forse inutile che ne tocchiamo alquante cose. (') Io stesso avrei ripreso lo studio dei Chetosomi, se la fortuna m' avesse fatto trovare questi animali a Messina, dov io ne feci paziente ricerca. Per la letteratura dei Chetosomi oltre l’opera di Claparède (p. 88), la Memoria di Metschnikoff, la Memoria di Barrois e Giard già da me citate nella Bibliografia dei Chetognati, vedi Panceri, Atti della R. Accademia di Napoli, 1876, Vol. VII. (°) V. Lacaze-Duthiers, /istoire de la Thécidie, Aun. se. nat. ete. Ser. 4, Vol. XV. 1861. — Balfour, A Treatlise of Comparative Embryology, Vol. I, p. 257-263. -- Gegenbaur, Manuale d'Anatomia comparata. Trad. d' Emery. Napoli, p. 359-60-61. 1880. — 113 — Il sistema nervoso degli Artropodi, siccome si rannoda al sistema nervoso degli Annellidi (col quale si accorda perfettamente ne’ suoi lineamenti fondamentali), così ha certi rapporti anche con quello dei Chetognati. Il ganglio sopraesofageo di questi si può uguagliare a quello degli Artropodi (come già vedemmo la pos- sibilità di identificarlo a quello degli Annellidi). Ma, se siamo autorizzati ad assimigliar il ganglio addominale alla catena ganglionale ventrale, è per lo manco molto dubbio. Vero è che sonvi degli Artropodi, in cui tutta la catena si è fusa in pochi, od anche in un unico ganglio; in questi però è sempre evidente una concentra- zione dei gangli, corrispondente, più o meno, alle concrescenze di metameri. Nessun indizio simile ci è dato di rilevare nei Chetognati. Huxley osserva che il sistema nervoso dei Pentastomi non è artropodico più di quello dei Chetognati. Ma ciò non include di necessità che anche i Chetognati si leghino agli Artropodi; perchè i Pentastoma (lo ha dimostrato il Leuckart) hanno cogli Artropodi altri legami, che mancano ai Chetognati. Non sarei lontano dall’ assomigliare tra loro i sistemi nervosi splanenici (boccointestinali) degli Artropodi e dei Chetoguati; a tale riguardo il sistema nervoso dei Chetognati s’ avvicina certamente più a quello degli Artropodi, che a quello degli Annellidi, in cui l’ esistenza di un sistema bocco-intestinale indipendente (cioè con commessura e ganglio) è eccezionale. Il sistema nervoso dei Protracheati era forse rapportabile a quello dei Chetognati, prima che vi si scoprissero i rigonfiamenti ganglionari dei cordoni ventrali. Ho già detto altrove che nell’intima struttura, le fibre nervose degli Artropodi s’ assomigliano a quelle dei Chetognati. Gli organi di senso dei Chetognati, al mio credere, non sono paragonabili a quelli degli Artropodi. Hertwig stimò che l’occhio dei Chetognati s’avvicinasse all’occhio di parecchi Crostacei, specialmente per la presenza di tre lenti; a luogo conveniente ho negato l’esistenza di queste lenti ed ho detto che per molte ragioni l'occhio dei Chetognati è affatto sui generis. In tutti gli altri sistemi organici non vedo alcun fatto che approssimi i Chetognati agli Artropodi. MorLuscHIi. — Non si può stabilire un paragone embriologico tra Chetognati e Molluschi; un abisso ne li separa, se è vero che il sistema nervoso dei Molluschi deriva dal mesenchima. L’anatomia ci rileva parecchie somiglianze di fronte a molte divergenze. L’epidermide degli Eteropodi pare uguale a quella dei Chetognati, a questi però manca il derma. I muscoli hanno disposizione e struttura onninamente diversa. Pel sistema nervoso, ancor recentemente si volle accostare il ramo dei Chetognati a quello dei Molluschi. Si potrebbe tentare d'omologhizzare il ganglio sopraesofageo dei Molluschi con l'omonimo dei Chetognati ed il pedale dei primi coll’addominale dei secondi; lunghe commissure riuniscono tanto il sopraesofageo al pedale nei Molluschi, quanto il sopraesofageo all’addominale nei Chetognati. Si potrebbe comprender nel paragone anche la commissura retroboccale ed i relativi gangli vestibolari; questa porzione del sistema nervoso dei Che- tognati si ripete molto simile in una parte dei Molluschi. Per completare la comparazione, bisognerebbe però ammettere che l'esistenza di vistosi gangli viscerali fosse una disposizione non ancora esplicatasi nei Chetognati ('). Gli organi di senso permettono alcuni raffronti tra Molluschi e Chetognati. (') I qui esposti concetti andrebbero molto modificati, se si accettasse l'idea che i tronchi longitudinali che partono dal ganglio del piede accennino ad una catena nervosa ventrale. Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. — 114 — Tacendo degli occhi che in alcuni Molluschi presentano una distribuzione del pimmento simile a quella dei Chetognati ('), possiamo assomigliare gli organi tattili sparsi sul corpo delle Pterotrachee (*) alle prominenze tattili e fors’anche l'organo olfattorio (*) alla corona cigliata. I follicoli boccali delle Pterotrachee (*) sono identici a quelli dei Chetognati (ciò mi ha assicurato l’illustre prof. Todaro). L'intestino anteriore dei Molluschi è fatto ad imagine di quello dei Chetognati. K questo punto merita molta attenzione. La cavità del prepuzio sì potrebbe considerare, come parte anteriore della cavità dell'esofago; e l’orificio del prepuzio, come apertura boccale. In questo senso, il vestibolo boccale colle sue appendici di quattro sorta e co’ suoi muscoli sarebbe un cercine sporgente nella cavità dell'esofago ("). Lo strato di cellule uguali alle esofagee, che ho descritto nel fondo ceco del prepuzio, autorizza queste mie vedute. Per le quali posso fare un ravvicinamento dei Chetognati ai Molluschi. In una parte dei Molluschi, ed in particolare nei Cefalofori, l’esofago presenta delle sporgenze simili; anche queste hanno muscoli, copertura chitinosa ed uncini, che sono mobili negli Eteropodi; in questi la sporgenza in discorso (bulbo o proboscide) può essere fornita anche di follicoli sensitivi boccali. Ognuno capisce perciò che il paragone cogli Eteropodi è più calzante, che cogli altri Molluschi. Le somiglianze del tubo digerente si limitano però all’esofago; nel resto i due tipi sono molto lontani. Nessun altro riscontro sodo ci offrono gli altri sistemi organici. Le cose essendo così, sono obbligato a conchiudere che di fronte a pochi incontri e contatti, a così chia- marli, stanno molte divergenze; quindi l’impossibilità di ammettere . un’ affinità prossima tra Chetognati e Molluschi. Tunicati E VERTEBRATI. — Nello stato attuale delle cognizioni anatomiche-embriologiche , reputo fatica sprecata il cercare un’affinità prossima dei Chetognati, coi Tunicati e coi Vertebrati. Nella Claparèdi e nella Draco esiste un tessuto paragonabile fisiologicamente a quello della notocorda; anatomicamente invece il paragone non regge nè punto, nè poco. (') V. specialmente Semper, U. d. Sehorgane vom Typus der Wirbelthieraugen a. d. Riicken d. Schnecken. Wiesbaden, 1877. — Hikeson, The Eye of Pecten. Im Quart. Journ. of microse. sc. 1881. p. 452. (°) V. Edinger, 2. Mautnerven bei Plerotrachea (Arch. f. Mikros. Anat. 1877, p. 170). (") V. specialmente Spengel, D. Geruchsorgane u. d. Nervensystem d. Mollusken in Zeitsch. f. wissen. Zool. 1881. (‘) V. Todaro e Milone, Accademia dei Lincei. Transunti 1879. p. 250. (°) Il prepuzio verrebbe ad essere invece che appendice, parte integrante della testa; si ricordi che il ganglio esofageo si può considerare compreso nello spessore del prepuzio. — 115 — CONCLUSIONE GENERALE Dai fatti confronti risulta chiaro ed aperto che, per quanto finora si sa, non esiste tra i Chetognati ed alcun altro tipo, una parentela , la quale si possa fermamente ritener prossima. Certe rassomiglianze che, pesate isolatamente potrebbero considerarsene espressione, contrapesate, com'è logico, con le relative dissomiglianze, s’ab- bassano a semplici analogie, o a convergenze secondarie, o forse ad affinità lontane. Due circostanze concorrono a togliere il significato di parentela a molte delle riscontrate similitudini ; esse sono: 1° Nei tipi, con cui esistono similitudini anatomiche, s'incontrano forti dissimilitudini embriologiche, e, viceversa, nei tipi, in cui si trovano delle grandi attinenze embriologiche, sono profonde le divergenze anatomiche. 2° I Chetognati non somigliano per un carattere ad una classe e per un altro differente ad un’altra; ma sono, per lo più, od i medesimi caratteri anatomici (sistema nervoso e muscolare), od ì medesimi caratteri em- briologici (enterocele), quelli con cui riesce il paragone. Credo, insomma, che le relazioni dei Chetognati rimangansi oscure e sepolte; nè vedesi indizio che sian per essere scoperte in fra breve. Le mie ricerche non hanno raggiunto lo scopo, che mi movea ad imprenderle. Eppure, se la teoria della discendenza è conforme alla realtà, io non sono andato in traccia di una chimera! Lungi da me la pretesa di avversare il Darwinismo, che è al giorno d’oggzi sostentato da un’ immensa schiera di fatti e dai pensamenti di poderosi ingegni speculativi; voglio soltanto dire che la ricerca di queste affi- nità dei Chetognati sarà sempre problema essenziale e meriterà sempre le fatiche degli osservatori; e nessun studio sarà soverchio a questo fine. Perchè in fondo in fondo, l’unità del regno animale non sarà basata con tutta sodezza fino a tanto che resteranno dei rami, che apparentemente almeno, non procedono, a così dire, dal grande albero. Quando si perdesse la speranza di scovrire queste affinità (e forse non queste sole), potrebbe almeno rampollare il dubbio che certe altre oggidì proclamate, come inconcusse, sian invece apparenze ingannevoli ; attesochè, ammessa per alcuni tipi la mancanza di documenti genealogici fossili, 0 viventi, per ritenere ancora — 116 — la teoria della discendenza, occorrerebbe fare un’ immensa parte a tipi, che, durante la discendenza stessa, sareb- bero scomparsi, senza lasciar alcuna traccia. Ed allora, se tanto minato è il terreno, con qual animo edifi- cheremo sovra di esso ? Intanto confidiamo che i fatti smentiscano questi supposti; l’egregio prof. Kleinenberg ha scritto : io ho la fede che ogni fatto ben riconosciuto, sia pure tale che paia svelare un abisso tra i così detti tipi, è un passo in avanti per stabilire 1’ unità del regno animale. — 117 — CAPO II. Istiologia generale. Ho riservato a questo ultimo capo alcune considerazioni di istiologia generale. Esse riguardano: 1° il tessuto musculare ; 2° il tessuto nervoso; 3° l’ intestino. giù Nella musculatura appartenente allo strato proprio delle aree laterali, egli è evidentissimo che, in cor- rispondenza alla stria oscura, la fibrilla musculare è sporgente ed è quasi circondata da un cercine. Questi cercini vennero pochi mesi fa (') giudicati semplici varicosità della sostanza contrattile e furono assunti per spiegare la striatura delle fibre muscolari. Fin qui io non posso arrivare; mi limito invece ad osservare che la fibrilla presenta delle varicosità in corrispondenza alle strie oscure; se il protoplasma sia uguale a quello che forma le strie chiare, io non lo so. 82 a) 1 fatti recentemente pubblicati dal prof. Golgi (*), intorno alla struttura del midollo spinale e del cervello in alcuni Vertebrati superiori, consonano con quelli da me veduti nei Chetognati. Qua, come là, abbiamo cellule nervose monopolari, cioè con un solo prolungamento nervoso ; il quale nei Vertebrati si divide più, o meno in una fina rete nervosa; negli Invertebrati esso disciogliesi (in modo simile) nella sostanza punteggiata di Leydig, che è un intricatissimo viluppo di fibrille nervose. I nervi nel caso dei Vertebrati originano dalla fina rete nervosa; nel caso dei Chetognati dall’ equipollente sostanza pun- teggiata. (') V. Quart. Journ. of mier. sc. n. April. 1881: Klein, p. 231; Haycraft, p. 307. (*) Sulle origini centrali dei nervi, nel Giorn. internazionale delle scienze mediche, anno 3° 1881. — 118 — La sostanza punteggiata è per lo più attraversata da fibre nervose più, o meno grosse. Questo fatto ac- cenna forse a cellule, il cui prolungamento nervoso, sebbene somministri alcuni rami laterali, destinati colla successiva divisione a prender parte alla formazione della sostanza punteggiata, mantenga però la propria indi- vidualità e vada a mettersi in rapporti diretti colle fibre nervose? Queste cellule, nell'opinione del Golgi, sarebbero motrici. b) Le fibre giganti dei Chetognati sono omogenee e questo fatto mi sembra una delle più belle prove contro la pretesa struttura fibrillare della fibra nervosa. È notevole che le fibre giganti si biforcano e ribiforeano sempre ad angolo acuto. c) I plessi nervosi periferici, da me descritti nell’Heraptera e nella Lyra, mancano quasi affatto nelle specie piccole. Egli sembrerebbe perciò che questi plessi giovassero al trasmettersi delle impressioni, quando gli organi di senso sono alquanto lontani dai centri nervosi. E nel fatto, oltre ai plessi ed alle maggiori dimen- sioni dei nervi, una distanza assolutamente maggiore tra certe prominenze tattili ed i gangli, entra a distin- guere il sistema nervoso periferico delle specie grandi da quello delle specie piccole. Verosimilissimamente anche dai primi rami di un nervo d’ Hewaptera dipartonsi troncolini terminali per le prominenze sovrastanti. Di qui parrebbe che alle prominenze più vicine ai centri nervosi andassero rami, che quasi non avessero preso parte a far i plessi e perciò che queste prominenze, a così dir, più centrali, non sì giovassero dei plessi medesimi. In molti altri animali si trovano reti, o plessi simili, di cui non conosciamo il valore fisiologico. I Che- tognati ci porgono forse la chiave per divinarlo. 88. Le mutazioni fisiologiche che 1’ epitelio intestinalé subisce durante il processo digestivo, a mio credere, sono degne di meditazione, sopratutto perchè confermano il concetto che la secrezione è il risultamento del- l’attività che si svolge nel protoplasma delle cellule ghiandolari. Così questo concetto (a cui s'era giunti con induzioni teoriche e di cui, in questi ultimi anni, s’ era trovata la conferma in osservazioni sovra Metazoi superiori) ora vien suffragato anche da fatti offerti da Metazoi inferiori. Il processo dei Chetognati non trova perfetto riscontro in veruno di quelli finora deseritti nelle ghiandole dei Vertebrati; però s’avvicina alquanto a quello proprio del pancreas. Anche qui, nello stadio di digiuno , la cellula ingrandisce e si formano dei granuli, che scompaiono durante la digestione. La differenza sta in ciò che nel pancreas non è tutta la cellula, che pariecipa al processo, ma soltanto la parte che guarda il lume del- l'alveolo ('). (') Heilenhain, Arch. f. mikros. Anat. B. X (1870). — Lavdowsky, id. B. XIII (1877). — Rollet, Untersuch. a. d. Inst. f. Phys. Craz, p. 143 (1871). — Pfliigers Archiv B. X, p. 557 (1875). Verhandl. Naturhist. Med. Vereins. Heidelberg, B. 1. H. 5 (1871). di — 119 — SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE (Le seguenti lettere hanno lo stesso significato in tutte le figure). ano | dp denti posteriori bastoncini ec epitelio della cavità caudale cellule adesive eg epitelio germinativo ovarico cavità? : ep endotelio peritoneale condotto deferente epd epidermide celoma es. esofago capo esterno del nastro muscolare dorsale ev epitelio vestibolare cellule epidermoidali fa fibre perianali cellule interradiali fg fibre giganti cellule intestinali assorbenti fm formazioni pinnoidi cellule intestinali ghiandolari fm' fibrille muscolari capo interno del nastro muscolare dorsale ‘ fov. follicoli vestibolari clave del prepuzio fre fossetta retrocerebrale muscolo grande complesso laterale frea appendici della fossetta retrocerebrale celluline? dell'epidermide delle pinne fo fossetta vestibolare muscolo complesso mediano (ventrale) I gangliolemma e nevroglia organo intramuscolare del complesso mediano ga ganglio legamento del complesso mediano ge ganglio sopraesofageo muscolo piccolo complesso laterale gd ganglio addominale commissura retroboccale gde sostanza cellulare del ganglio addominale commissura del cervello col ganglio addominale gl lacune del ganglio - nevrilemma cellule maggiori del ganglio addominale gn nuclei del ganglio - nevrilemma cellule minori del ganglio addominale gp ganglio periesofageo cellule mucipare del prepuzio gv ganglio vestibolare cellule nervose gva lobetto accessorio del ganglio vestibolare corona cigliata ì intestino chilifero estremità anteriore della corona cigliata im impalcatura del mesenterio ventrale cellule indifferenti dell'occhio l intestino colonna mediana del ganglio addominale lad lacuna dorsale, o abbozzo di vaso dorsale coni - bastoncini îb lamina basilare estremità posteriore della corona cigliata | lm lamella, od orlo aponeurotico cellule sensitive dell'occhio Imi lamelle muscolari cavità spermatica, o caudale ld lamina vertical-dorsale cuticola lvd' laminette, in cui si divide la lamina vertical-dorsale cumoli spermatici me mesenterio denti anteriori mep muscolo espanso preorale diverticoli dell'intestino mes muscolo espanso subcerebrale mp me Mu Mus n ni nace nad nav ne ne nm nmi no np nt oba Ob) obpe obs Oca osd U ovd pa pe ped pi pie pim Fig. » » » » » » » » » » » » » » Fic. I. » mesenterio, che unisce 1’ estremità posteriore dell’ intestino (nella Lyra) al setto mediano musculatura trasversale musculatura musculatura generale secondaria nuclei tronchi anteriori del ganglio addominale tronchi anteriori del cervello nastri muscolari dorsali nastri muscolari ventrali nervo coronale nervo branca mediana nucleo - mioblasto nervo ottico tronchi posteriori del ganglio addominale nervi laterali del ganglio addominale muscolo obliquo anteriore muscolo obliquo posteriore muscolo obliquo profondo del collo e della testa muscolo obliquo superficiale del collo e della testa occhio organo speciale della Yraco ovario ovispermadotto piuna anteriore peli peduncolo dell'uovo pinna impari piega allo sbocco interno del canal deferente pimmento — 120 — pm pinna media pr prepuzio prm musculatura del prepuzio pl prominenze tattili ra raggi delle pinne sa sostanza amorfa delle pinne sar sostanza amorfa, rosea od incolora, dell'occhio sbe sbocco della ghiandola sbo sbocco dell’ovidotto se sezione caudale sm setto mediano sof sostanza fibrosa - punteggiata sop sostanza punteggiata o di Leydig sp spermateca spi spazi intercellulari spl. spazi nutrizîì (canalicolariformi) dell'occhio spp spazio perioculare spr spranga laterale della testa ss setto secondario della cavità caudale st. setto trasversale te testicolo tp tasca posterior-laterale della celletta spermatica tr. tramezzi centrali dell'occhio tra tratto di congiunzione, o ponte tra la pinna media e l'anteriore u uncipi usc sostanza corticale degli uncini usm sostanza midollare degli uncini ve sbocco del vestibolo nell’esofago vs. vescicola spermatica vsm meato della vescicola spermatica Le figure vennero per la maggior parte copiate colla Camera Lucida al Micros. Hartnack. Le cifre messe dopo la spiegazione delle singole figure indicano l'ingrandimento: la prima segna l'Oculare, la seconda l'Obiettivo. Non indico il metodo di preparazione, quando la figura qui copiata si può facilmente ottenere con vari processi. Sagitta Claparèdi, vista dalla faccia dorsale. Spadella Minima. Spadella Magna. Spadella Bipunctata. Spadella Hamata (secondo Mébius). lag» 0 Spadella Enflata. 8. Spadella Serratodentata. 9e 10. Denti. — Subtilis. 3 - 8. 11. Denti anteriori — Magna. 3-7. 12. Uncino — Subtilis. 3-8. 13. Punta d'un uncino — Lyra. 3-8. 14. Punta d'un uncino — Minima. 3-8. 15. Corona cigliata — di fronte — Lyra. 3-4. 16. Testa vista dalla superficie ventrale — Bipunctata. 3-4. Tavola I. Spadella Hexaptera: giovane individuo, in grandezza naturale. Favola II. Strati profondi dell'epidermide, nelle parti antero-laterali del tronco — di fronte — Bipunctata. 3-9. 2. Epidermide della parte posteriore del tronco — di fronte — Bipunctata. 3-9. — 21— Fig. 3. Strato superficiale dell'epidermide nelle parti antero-laterali del tronco — di fronte — Bipuncetata. 3-8. » 4e5. Cellule epidermoidali — di fronte — Hexaptera. 3-8. » 6. Epidermide del tronco (un po’ posteriormente al ganglio addominale) e sue cellule adesive — di fronte — Claparèdi. 3-8 (pre- parazione col metodo degli Hertwig: i nuelei non si vedono). » 7. Epidermide del tronco (un po’ posteriormente al ganglio addominale) e sue cellule adesive — sezione verticale — Claparèdi. 3 - 8. » S. Epidermide sulla pinna impari — Claparèdi. 3-8. » 9. Epidermide sulla pinna impari — Hexaptera. 3-9. » 10. Cellule epidermoidali del vestibolo boccale — di fianco — Hexaptera. 4-8. » 11. Cellule epidermoidali del vestibolo boccale, alquanto allontanate l’una dall'altra — di fronte — Hexaptera. 4-8. » 12. A. Un cucuzzolo della callotta splendente. B. Una porzione d'un cucuzzolo — di fronte — Serratodentata. 4 - 9. » 13. (superiore). Una porzione della callotta splendente e ad orlo frangiato — Bipuncetata. 3-8. » 13. (inferiore). Porzione della callotta splendente — di fronte — Enflata. 3-9. » 14. Porzione di pinna senza epidermide — di fronte — Hexaptera. 3-8. » 15. Porzione centrale d’una prominenza tattile (si vede una porzione delle cellule centrali, coperta di bastoncini) — Hexaptera 3-9 (preparazione fatta con acido osmico, carmino di Beale e glicerina). » 16. Corona cigliata ed epidermide circostante — sezione-trasversale-verticale — Enflata. 3-8. » 17. Entodelio del celoma (nelle aree laterali). — Hexaptera. 3-9. » 18. Porzione della musculatura generale secondaria in vicinanza all'estremità posteriore della pinna media — di fronte — Hexaptera. 5-9 (preparazione col metodo di Kleinenberg). » 19. Strato che copre i nastri muscolari alla superficie profonda, bagnata, cioè, dal liquido peritoneale (si vedono delle strie lon- gitudinali accennanti alle sottostanti orlature aponeurotiche delle lamelle musculari) — di fronte — Hexaptera. 3-9 (pre- parazione fatta coll’oro). » 20. A. 8. C. Idem, quando i nastri musculari sono contratti (2) 3-8 (preparazione fatta coll’ osmio. » 21. Idem, su una sezione ottica, longitudinale quasi verticale (si vede anche una parte di una lamella musculare) 3-9. » 22. Muscoli gemini della testa — sezione-trasversale-verticale. — Hexaptera. 3-9. » 23. Epidermide del tronco e nervi sottostanti — Lyra. 3-8. Tavola III. Fig. 1. Musculatura dorsale della testa e della parte anteriore del tronco (sovra una metà non sono segnati i muscoli obliquo anteriore e posteriore e l'obliquo profondo del collo e della testa) — di fronte — Bipunctata. 3-4. » 2. Porzione della musculatura dorsale, della testa e della parte anteriore del tronco — di fronte — Hexaptera. 3-4. » 3. Ganglio addominale — di fronte — Hexaptera. 3 - 4. » 4 Epidermide delle aree laterali al tronco — Draco. 3-8 (a fresco). » 5. Musculatura ventrale della testa e della porzione anteriore del tronco (in una metà è figurato uno dei dve strati principali del muscolo grande complesso laterale, nell'altra l’altro) — di fronte — Bipunctata. 3-4. » 6. Porzione anteriore della superficie ventrale della testa — di fronte — Hexaptera. 2-4. » "7. Ano ed organi vicini — di fronte — Lyra. 3-8. » 8. Sezione caudale — di fronte — Enflata lunga 9 mml. 1-3. » 9. Idem Enflata lunga 17 mml. 1-3. » 10. Testa di giovane Minima - dal lato dorsale. 3-8. Tavola IV. NB. /n alcune figure che rappresentano il cervello ed il gamglio addominale sono segnate col carmino le fibre nervose di calibro maggiore (fibre giganti). Fig. 1. Cervello isolato — di fronte — Lyra. 3 - 8. » 2. Cervello: estremità anteriore — sezione trasversale quasi verticale — Hexaptera. 3-8. » 3. Idem: porzione media-anteriore. » 4. Idem: porzione media-posteriore. » 5. Idem: porzione posteriore. » 6. Cervello con un'appendice della fossetta retrocerebrale — sezione SENO” quasi verticale, un po’ discosta dal piano median-verticale longitudinale — Enflata. 3 - 8. » ". Testa — sezione trasversale quasi verticale, press’ a poco a livello della porzione media del cervello (il liquido peritoneale coagulato è segnato col carmino: il coagulo del liquido peritoneale s’estende nello spessore del prepuzio e riempie anche una piega fatta dal prepuzio verso il fondo cieco). Fauna e Flora del Golfo di Napoli. V. Chetognati. 46 Fig » a 8. Ganglio addominale: parte anteriore — sezione trasversale-quasi verticale. — Hexaptera. 3-8. 9. Idem: parte mediana. 10. Idem: un’ altra sezione della parte mediana. 11. Sostanza fibrosa-punteggiata nella parte profonda laterale del ganglio addominale — sezione trasversale-quasi verticale — Hexaptera. 3-9. 12. Parte mediana del ganglio addominale — sezione trasversale-quasi verticale — Claparèdi. 3 - 8. Tavola V. 1. Occhio — sezione ottica, orizzontale — Hexaptera. 3 - 9. 2. Occhio — sezione trasversale-verticale — Hexaptera. 3-9. 3. Occhio — sezione ottica, orizzontale per mostrare i nervi — Hexaptera. 4-9. (Figura emischematica). 4. Occhio — sezione ottica, orizzontale — Serratodentata. 3-8 (a fresco). 5. Occhio — sezione ottica, orizzontale — Claparèdi. 3-9 (a fresco). 6. Coni bastoncini isolati — Hexaptera. 3-9. 7. Follicolo vestibolare — sezione verticale — Hexaptera. 3-8. 8. Due follicoli vestibolari, da cui si è distaccata la cuticola — di fronte — Hexaptera. 4-8. 9. Papilla del prepuzio e spranga laterale della testa — sezione quasi verticale-longitudinale della testa — Hexaptera. 3-8. 10. Cervello ed un’ appendice della fossetta retrocerebrale — sezione longitudinale-verticale, un po’ discosta dal piano mediano verticale-longitudinale — Bipunetata. 3 -8. 11. Commissura retro-boccale (o retro-vestibolare) tra i gangli vestibolari — di fronte — Bipunetata. 3-8 (in animali morenti). 12. Porzione di intestino e di mesenterio dorsale — di fronte — Hexaptera. 3-9 (in una parte della figura è disegnato soltanto l’epitelio intestinale). 18. Porzione di mesenterio ventrale — di fronte — Hexaptera. 3-9 (in una parte della figura non sono disegnate le fibre: i nuclei nel preparato non erano visibili). 14. Pinna media — sezione trasversa — Enflata? 3-8. 15. Giovane uovo con peduncolo pluricellulare — Claparèdi. 3-8 (preparazione fatta a fresco, aggiungendo una goccia d’ acido acetico, il quale ha prodotto l'allontanamento del corpo dell'uovo dal suo involuero.) 16 e 17. Cellule ganglionari del plesso nervoso periferico — Hexaptera. 3-8. 18. Porzione della corona cigliata e del coronale, che la innerva — di fronte — Hexaptera. 3-8 (a fresco). Tavola VI. . Prominenza tattile — di fronte — Hexaptera. 4 - 8 (preparazione fatta col metodo di Kleinenberg: i peli tattili non sono visibili). . Muscolo complesso mediano — sezione press' a poco verticale-longitudinale — Hexaptera. 3-8. . Idem — sezione obliqua longitudinale. 2 MH 4. Epitelio muciparo del prepuzio: un po° lontano dall’estremità anteriore della testa — sezione trasversale-verticale — Hexaptera. 3-5. 5. Idem: all'estremità anteriore della testa. 6. Idem: più lontano dall’estremità anteriore della testa, che nella fig. 4. ”. Fossetta (?) mediana vestibolare — sezione ottica, orizzontale — Serratodentata. 3-9 (a fresco). (0 e) . Occhio scolorito coll’acido cloridrico — sezione trasversale-verticale — Enflata. 3 - 5. . Uovo quasi maturo — Claparèdi, 3 - 8. o 10. Testa, vista dalla faccia ventrale — Claparèdi. 3 - 5 (delle fibre musculari non sono segnate che alcune per indicare i principali muscoli e la loro direzione). 11. Corpo a livello dei diverticoli dell'intestino — sezione trasversal-verticale — Claparèdi. 3-5. 12. Cellule maggiori del ganglio addominale — Hexaptera. 3-9. 13 e 14. Idem con la rispettiva nevroglia. 15. Porzione di una fibra gigante — di fronte — Bipunctata. 3-8 (in osmio). 16. Estremità anteriore del capo — sezione trasversale molto obliqua — Enflata. 3-5. 17. Muscolo complesso mediano — sezione quasi orizzontale — Hexaptera. 3 - 4. Tavola VII. Fig. 1. Spadella Draco, vista del lato dorsale (l'esemplare di cui mi servii per far questo disegno era lungo 6 mml.). » 2. Lamella musculare romboidale — di fronte — Hexaptera. 3-5. — 123 — Fig. 3. Lamella musculare trapezica — di fronte — Hexaptera. 3-5. » % Gy Vv x % Y % % 0DAD ILA (I NH o (n (46) Fig. 1. » Fig. UU WIN -l 1. . Lamella musculare quasi romboidale — di fronte — Hexaptera. 3-5. . A. B. ©. Porzione della musculatura sotto al ganglio addominale — sezione trasversale-verticale — Hexaptera. 3-8. 7,8. Fibrille musculari dei campi laterali — di fronte — Hexaptera. 5-9. . A. B. C. Lamelle musculari, di coltello — Bipunetata. 3 - 8. . Idem: di fronte. . Parte delle cellule centrali e nervo di una prominenza tattile — di fronte — Bipunetata. 3-8. (a fresco). . Prominenza tattile — sezione ottica, verticale — Bipunctata. 3-8. (a fresco). Ijdem: Draco. . Porzioni di setole dell’ organo speciale della Draco. A. e €. porzioni basilari: 8. porzione apicale. 3 - 8. . Serie di peli d'una prominenza tattile — di fronte — Bipunctata 3-8. . (A. B.) Idem: di fianco. .- Corona cigliata (vi ho segnato quasi soltanto l’avvallamento ed i bastoncini) — di fronte — Hexaptera. 3 - 8 (figura emischematica). Tavola VIII. . Spadella Lyra (morta). . Testa vista dalla faccia ventrale — Hexaptera. 2-2 (Il litografo dimenticò la cifra 2). - Una metà della parte dorsale del prepuzio insieme col cervello — di fronte — Magna. 3-4 (preparazione fatta coll’acido osmico). - Organo intramusenlare — sezione trasversa — Hexaptera. 3-8. Una ghiandola della pinva laterale — di fronte — Claparèdi 3-8 (preparazione fatta col metodo degli Hertwig). Un dente e parte del vestibolo, a cui s'inserisce -— sezione trasversa — Hexaptera. 3-8. . Endotelio della parte anteriore dell’area laterale — di fronte — Bipunctata. 3-8. . Epidermide della parte media del tronco e plesso nervoso sottostante — di fronte — Hexaptera. 3-8. . Cellule mucipare della parte ventrale del prepuzio — sezione trasversale-verticale — Hexaptera. 3-8. Corona cigliata ed epidermide circostante — sezione verticale-trasversale — Enflata. 3-8. . Cellule delle prominenze tattili: 8. centrali A. intermedie — di fronte — Hexaptera. 3-8. . A. Cellule periferiche delle prominenze tattili: a queste cellule sono aderenti i bastoncini che portano i peli; 8. avvallamento circondato dagli estremi ingrossati dei bastoncini — di fronte — Hexaptera. 3-8. . Fossetta vestibolare veduta su una sezione del corpo verticale-longitudinale (la cavità su questa sezione è ridotta ad una semplice linea) Hexaptera. 3 - 8. Tavola IX. Terzo anteriore e terzo posteriore del ganglio addominale in cui sono disegnate le fibre giganti — Bipunctata. 3-8 (figura emischematica). long = longitudinale. est == esterna int = interna an = ansa . Testa e parte anteriore del tronco, vista dal lato dorsale — Bipunctata. 4 - 4. . Coda, in cui ho indicato con freccie la circolazione dei cumoli spermatici — Serratodentata. 3-4 (figura schematica). . Prominenze tattili delle regioni laterali del tronco — Bipunctata. 1-2. . Ganglio addominale e suoi tronchi nervosi — Lyra. 3-4. (I tronchi anteriori non sono disegnati per intero ; là dove si vede una piccola interruzione corrisponde la lunga porzione che io ho tralasciato). Sistema nervoso della testa — di fronte — Hexaptera. 2-4. (figura schematica). ne” = nervo lunghissimo (del ganglio vestibolare). ne” = nervi esofagei superiori (del ganglio periesofageo). ne” — nervi che si dipartono dai lati anteriori del cervello. nf = nervo dei follicoli vestibolari (?). . Coda — di fronte — Hexaptera. 4-5. Tavola X. Porzione d' intestino chilifero — di fronte — Hexaptera. 3-9. 2a 7. Idem (Nella fig. 3 cia vale cellule digerenti, cig cellule assorbenti). — 124 — Fig. 8. Cellule dell’ intestino chilifero, che hanno assunto granuli di pimmento — Claparèdi. 3-8 (a fresco). » » » Fig » » » . 1. Ovario quasi maturo coll’ ovispermadotto pieno di sperma — di fronte — Bipunctata. 9. Epitelio d'una porzione dell’ esofago e relative cellule nervose — sezione trasversale-verticale — Hexaptera. 3-8. 10. Vescicola spermatica — sezione trasversale-verticale (rispetto al corpo dell'animale) — Hexaptera. 3-8. 11. Condotto deferente in vicinanza alla vescicola spermatica — sezione trasversale-verticale (rispetto al corpo dell’ animale) — Heyaptera. 3-8. 12. Idem: in vicinanza allo sbocco nella celletta. 13. Porzione posteriore del cervello, fossetta retrocerebrale con le sue appendici e porzione anteriore della corona cigliata — viste dalla faccia dorsale — Hexaptera. 3-4. 14. Fossetta retrocerebrale — di fronte — Hexaptera. 3-9. 15. Un appendice della fossetta retrocerebrale — di fronte — Hexaptera. 5-9. Tavola XI. 3-5. 2. Estremità anteriore dell’ ovispermadotto pieno di sperma — dalla faccia dorsale — Lyra. 3-4. A = dilatazione a bulbo lo = legamento ovarico superiore. 3. Ovario ed ovispermadotto — sezione trasversale — Claparòdi. 3 - 8. 4. Tronco un po’ indietro del ganglio addominale — sezione trasversale — Claparèdi. 3-5. . Epitelio germinativo ed ovispermadotto — sezione trasversa — Hexaptera matura. 3-9. in = involuero ovarico ep = epitelio distaccatosi dall’ ovispermadotto e spermatozoi. 6. Ovispermadotto — parte di una sezione trasversa — Hexaptera. 3-9. ep = ep della fis. 5 i = interruzioni da cui fuorescono gli spermatozoi s = spermatozoi usciti. Ovario ed ovispermadotto — sezione trasversale — Bipunctata. 3-8. 8. Cellule isolate dell'epitelio germinativo — Enflata. 3 - 8. 9. Uovo giovane con un peduncolo fatto da una cellula germinativa — Claparèdi. 3-8. 10. Una porzione d'uovo un po’ più grosso che nella fig. 9. — Claparèdi. 3-8. 11. Involucro ovarico — di fronte — Hexaptera matura. 3-9. loLi = Tavola XII. . 1. Tronco — parte di una sezione trasversale (in vicinanza al ganglio addominale) — Claparèdi. 3-8. ab = abbozzo di organo escretorio. 2. Tronco — sezione trasversa a livello dell’ estremità posteriore della corona cigliata — Claparèdi. 3 - 5. ab = ab della fig. 1. 3. Spermatozoi che fuorescono dall’ovispermadotto in mezzo all'epitelio germinativo — visti dal lato dorsale — Bipunctata. 3 - 8 (a fresco). 4. Ganglio addominale — dal lato ventrale — Magna. 3-3. Il litografo ha messo mn invece di nm. 5. Vescicola spermatica piena di spermatozoi — di fronte — Bipunctata. 3 - 4. 6. Idem: in una posizione alquanto differente. 3] . Idem: colla callotta splendente (ca) in parte distaccata. 8. Vescicola spermatica e condotto deferente — di fronte — Serratodentata. 3-4. z pa = papille (cucuzzoli) della callotta spendente. 9. Spadella Subtilis. 10. Porzione basilare d’un uncino — di fianco — Hexaptera. 3-4. 11. Apice d'un uncino — di fronte — Hexaptera. 4-8. 12. Coda — sezione trasversa — Bipunctata. 5 - 5. 13. Porzione d'un tronco posteriore del ganglio addominale là dove comincia a formar plessi — di fronte — Hexaptera. 3-8. 14. Musculatura della cola — parte di una sezione trasversa — Bipunctata. 3 —8. lmi = lama minore Ima = lama maggiore. 15. Fibra gigante diramantesi — di fronte — Bipunctata. 3-8. Fig. 1e2. Cumoli senza processi spermatici, ma già distaccatisi dal testicolo — sezioni ottiche — Bipunetata. 3 - 8. A. Cumolo con % % X_% 5 % 5 *% % % % % w x % % Tavola XIII. vacuoli: B. Cumolo di forma irregolare (a fresco). 3. Cumoli, da cui cominciano a sporgere i processi spermatici — sezioni ottiche — Claparèdi. 3-8. 4. Cumoli, i cui processi spermatici sono già abbastanza lunghi — sezione ottica — Claparèdi. 3 - 8. 5,6e7. Cumoli in istadio quasi simile a quello della fig. 4. — Hexaptera. 3-5. 8. Cellule del testicolo in punti, dove non si vede ancora la distribuzione in cumoli spermatici — Enflata. 3-8. 9e 10. Cumoli ancora aderenti al testicolo — Enflata. 3-9. 11. Cellule d'un cumolo appena staccatosi dal testicolo — di fronte — Bipunetata. 3-9. 12. Idem — di fianco — Enflata. 3-9. 183. Cellule a bastoncini d'un cumolo giovane — Enflata. 3-9 (dilacerazioni col metodo degli Hertwig). 14. Idem — Hexaptera. 3-9 (sezione col metodo di Kleinenberg). 15. Idem, d’un cumolo più sviluppato — Hexaptera. 3-9 (sezione col metodo di Kleinenberg). 16. Idem. d'un cumolo forse sviluppato come nella fig. 15 (dilacerazione col metodo degli Hertwig). — Enflata. 3-9. 17. Idem, d’un cumolo più sviluppato che nella fig. 16. — Enflata. 3-9 (dilacerazione, u? supra). » 18. Idem, d'un cumolo più sviluppato che nella fig. 17. — Enflata. 3-9. (dilacerazione, uf supra). 19. Idem, d'un cumolo più sviluppato che nella fig. 18(?) (non sono però ancora comparsi i processi spermatici) (sezione col metodo di Kleinenberg) — Claparèdi. 3-9. 20. Idem di fis. 12? — Claparèdi. 3-9. 21. 22 e 23. Cellule, da cui parte un processo spermatico che è ancora breve (a fresco) — Claparèdi. 3-9. 24. Cumolo spermatico poco lontano dalla maturanza — Claparèdi. 3-8. (a fresco). a. un elemento distaccatosi dal cumolo. 25. (A e B) Spermatozoi prossimi alla maturanza — Bipunctata. 3-9. (a fresco). 26. Spermatozoi maturi — Claparèdi. 3- 9. (a fresco). 27e 28. Cellule plurinucleate nuotanti nella cavità spermatica — Bipunetata. 3-9 (a fresco). 29. (A. B.), 30 (A. B.) e 31. Idem — Serratodentata. 3-9. (coll’acido acetico). Tav. 2. 6. TE 8. Sistematica. Fig. 1a 8. DIE pole vi TRE Epidermide. Die ra9lon24 » 4. » 14. DSL pi 19, 18: Musculatura generale. Fic. 8 a 22. ;7 » 2 a0: » n. Tav. PRO) gagg wr Musculatura della testa. Prepuzio Fig. 16. » 10. DOT. SIM: > idro, 6. BAN 9. Sistema Nervoso. Fig. 24, > di PIGLIO; On ai22 Fig. 10, 11, 16, 17. » 12a 15. la 0S: di Tav. 3. DATO. DI E 05: » 12. di 04, 13: a 7 Ra Organi femminili. Prominenze sensitive. i Tav. 2. Fig. 16. " avea: Fig. 15. LI MG DIS » 6. da 119: DINT: », Il a 16. , PALI Di) CRpagplro » 8 3IIINI2! I » 12. Da INIRTOTT YR9: wli2, 44: I Organi maschili. Occhi. lav. 5. Fig. 1a 6. Tav. 2. Fig. 12 a 14 » 6. » Ss E » 18 PINMO:910: 5) CARI : DIRI DIL LATOINI Uorona cigliata. PT > 040 Tav. 1. Fig. 15. » 2: » 5a 8, 12, 14. > 2. LORIA » DI. » 18. ‘ È È Aes i do È Spermatogenesi. 4 Tutta la Tavola 13. Fossette vestibolari. | Apparecchio della nutrizion:. Tav. 3. Fig. 6. » 6. DILTA Tav. 1. Fig. 9 a 14, 17. di atti DARLO DIN: » 10 e 11. DIRO: PARGI3: DA: SS Fossetta retrocerebrale. 1 È i ag Di Tav. 4. Fig. 6. » 8. DZ 6;01: » 5. » 10. » 10. Di SIMa9} » 10. » 13 a 15 » 12. 2 IZ IONINO ERRATA — CORRIGE Pag. 48 linea 5 dal basso invece di: se queste sian veramente proprie leggi: se questi sian veramente propri - — 60 — 18 e 19 dal basso cancella: alle prominenze tattili — — — 16 dall'alto invece di: nervi, leggi: nervi — — —12 —. invece di: esistano che nervi: legsi: esistano nervi — 68 — 20 — cancella: cilindriche Vert th Ergelmann Senza, LithdnstrWerner& Winter Freembpurt AE Launa u Flora d Golfes vNeapel V Chactognatha. IIREZA Taf 2; LittaAnstr Werner Winter trank vi Engelmann Lepzte Veni Grassi dei. Verlv Wil Engelmann Tesi Pea —_r eo _r__rr—_e "aes? Eitbo dust Wenmen & Wanten Fronagiare VIE. iN Fauna u Flora d. Golfes v Neapel V Chactogratha. LRTAMARA LENTI. 5, 4 AnstrWernerk Lat, Vera Well Grassi del. rieti Ù © A e. Grassi del. Vere eta Erogatimann Eeinzzo: Litho Anstr Wemerdhiiza Franksare DIE. Grassi del: Ver2rWiJh Engelmarn Lemnzig Lin Anstrernerdbtnter Frankfurt GM, x x Taf T $ SÌ bi dastrRarnerbbinte Frankdart E PAT -Periv Weta Engelnann Leopasy . olfesv Neapel V Chactognatha. a SI -Fauna u Flora d Golfes v Neapel V Chaetognatha. Taf 8. i 7177 #) } 2 id = U. 12. Grassi del. Veni pala Engiinanrn Lenzi LithAnst vw Werner & Winter Frankfurt li Fauna u Flora d. Golfes v Neapel. V Chaetognatha. Taf 10 nl Lith Anstr Wernerd Mint Frankfurt SM Grassi del: Veriy Wi ky Flora d lolfesv Neapel V Chactognatha. LithAnstrWerner £ Winter Prankfart 5/4 iu DI Taf 12. Lek Anst verneri & Winter, Fran&fart E, SNA Zhp SOLIZIGÀ, ù ù La IS Very WEth Frnoelmanm Ley 7 4 auna u Flora d. Golfes Neapel V Chactognatha ssi, del pa [Si IS 313 UU Fauna u Flora d Golfes r Neapel V Chactognatha. Taft5. 26° A 29 \A B Ì C | | ( so e) | È ] | d | \ 30 \ | | \ B dI \ \ IAGAII \ | de, \ Ì \ = (incssi del. V erlag von i Wilhelm Engelmann in Lei ipa zig. Fauna und Flora des Golfes von Neapel und der angrenzenden Meeresabschnitte herausgegeben von der Zoologischen Station zu Neapel. Jahrgang 1880. I. Monographie: Ctenophorae von Dr. Mit 18 Tafeln in Lithographie und 22 Ro Il. Monographie: Fierasfer von Prof. Mit 9 zum Theil color. Tafeln und 10 Holzschnitten. Jahrgang 1881. . Monographie: Pantopoda von Dr. A. Dohrn. ‘Mit 18 Tafeln in Lithographie. Ladenpreis / 60. IV. Monogr.: Die Corallinenalgen von Prof. Graf zu Solms. Mit 3 Tafeln in Lithographie. Ladenpreis .4 12. Jahrgang 1882. V. Monographie: Chaetognathen von Dr. B. Grassi. Mit 13 Tafeln in Lithographie. Ladenpreis .4 25. VI. Monographie: Caprelliden von Dr. P. Mayer Mit 10 Tafeln in Lithographie. Ladenpreis 4 30. VIII. Monographie: Bangiaceen von Dr. G. Berthold. Mit 1 Tafel in Lithographie. Ladenpreis .4 6. Carl Chun. Ladenpreis .M 75. Emery. Ladenpreis .4 25. simmtliche erscheinende Monographien jàhrlich M 50. Man abonnirt fur mindestens drei Jahre beim Verleger oder beim Herausgeber. Subscriptionspreis fir è Zoologischer Jahresbericht fùr 1879. Herausgegeben von der Zoologischen Station zu Neapel. Redigirt von Prof. J. Vict. Carus. Zwei Hiilften. gr. 8. 1880. M 32. —. Derselbe fur 1880. Vier Abtheilungen. gr. 8. 1881. 431. —. 1, Abtheilung: Allgemeines bis Vermes. .4 10. —. 2. Abth.: Arthro- poda. #4 10, —. 3. Abth.: Tunicata, Mollusca. .4 3. —. 4. Abth.: Vertebrata M 8.— Derselbe fùr 1881. Vier Abtheilungen. 1882. Al emette bis Vermes. Redigirt von Prof. J. V. Carus Arthropoda. Redigirt von Dr. P.Mayer in Neapel. .4 10. —. 3. Abth.: Tunicata, Mollusca. Redigirt von Prof. J. V. Carus in Leipzig. 4 3. —. 4. Abth.: Vertebrata ‘befindet sich unter der Presse und erscheint binnen Kurzem. gr. 8. 1. Abtheilung: in Leipzig. 4 10.—. 2. Abth.: Mittheilungen aus der Zoologischen Station zu Neapel. Zugleich ein Repertorium fi Mittelmeerkunde. in Banden à 4 Hefte. I. Band. Mit 18 Tafeln, 4 Holzschnitten und Beilage : Zweiter Nachtrag zum Bibliothekskatalog. 1878. M 29. — II. Band. Mit 26 Tafeln, 13 Holzschnitten, 14 Zinkographien u. Beilage : Dritter Nachtrag zum Bibliothekskatalog. 1881. 4 29. — IIl. Band. Mit 26 T: afeln 17 Holzschnitten und 3 Tabellen. 1S81—82. M 39. — Leitfaden fiir das Aquarium der Zoologischen Station zu Neapel. 8. 1880. .4 1. 60. gr. 8. = SETE O GIO Vergleichende Anatomie des Nervensystems und Phylogenie der Mollusken. Von Hermann von Jhering, Dr. med. Mit 8 lithographirten Tafeln und 16 Holzschnitten. Fol. 1577. Kartonnirt. «4 36.—. Die Lepidopteren der Schweiz. Professor Di Heinrich Frey. gr. 8. 1880. .4 10.—. Prodromus Faro pasischi Orthopteren C. Brunner von Wattenwyl. Mit elf Tafeln und einer Karte. gr. 8. 1882. 4 18. —. Das Genus Myzostoma (F. S. Leuckart) von Dr. Ludwig Graff, Docent der Zoologie an der Konigl. Bayer. Central-Forstanstalt Aschaffenburg. Mit 11 Tafeln. Fol. 1877. 4 25. — Monographie der me. Fibabibgodlia Bearbeitet und herausgegeben mit Unterstiitzung der Akademie der Wissenschaften zu Berlin von Dr. Ludw. von Graff, Professor der Zoologie an der Forstlehranstalt Aschaffenburg. Mit 12 Holzschnitten und einem Atlas von 20 Tafeln. 2 Binde. Fol. Cart. .4 100. —. Der Ursprung der Wirbelthiere und das Princip des Functionswechsels. Genealogische Skizzen kénigl. Dr. kai Dohrn. 8.-1875. #42. — Zur Histologie der Radiolarien. Untersuchungen fiber den Bau und die Entwicklung der Sphaerozoiden und Thalassicolliden von Dr. Richard Hertwig, Privatdocenten an der Universitàt Jena. Mit fiinf lithographirten Tafeln. 4. 1876. 4 10. — — —f_ Druek von Breitkopf & Hartel in Leipzig. 0537 SH hi i. i Vi: Ai ni | DN va | Nod: (ACI Tal AL Dali 1; Li Lal I Sn o rà li nu N i vie Du sa DI / RIO | MENTO i " Ù i APT Meat (gen (I , sO ne oa i I W ni sN Pa sa Ù di ST in DI iù ì hab | SAC ui (o 1 vi Hi I ni Ì | : Ta 900 Î INNI LO VOR RATE i | Yi i (7A L'A } 1 } { 9088 00051 4208 INSTITUTION LIBRARIES SONIAN SMITH: 3 #% ciee. 7 pis ani x a ITA py pirate od = , Taio pata Za o arr n "glad pe 3 gr PI 1A fas Pra È, x.