PIL d5%8° 25% mista; PIFISISIELEÌ + si siasi sratata OITEI E: ta >. ssa E Digitized by the Internet Archive in 2015 https://archive.org/details/ilgenerecocoslin1916becc Ala RG ln sa efettrli nta REBLNA > DARSÀ RE VA DIL, (i etruz BIBLIOTECA AGRARIA COLONIALE i pen I / ODOARDO BECCARI BET 2071930 Il Genere COCOS Linn. e le Palme affini IN FIRENZE ISTITUTO AGRICOLO COLONIALE ITALIANO 1916 AT 7 ei > (FWEIGEL |) | 3 LA è iBuchhand'ung (fim Nateri wissenschafien) herbarieni Leipzio,Kinigstr. 1.) BIBLIOTECA AGRARIA COLONIALE PADAI_PIIIIIIDIDIIDIDILIIZEAILPIILIIPIPIIDIPIDIIIIDLIIOIIDLI_ILDLIIOL_IDISLIIIIPIPPIPILPIIIIPPDPIIDIISPSIISL III LIDIOSIT. ODOARDO BECCARI JI Genere COCOS Linn. e le Palme affini Jie 2a i FIRENZE ISTITUTO AGRICOLO COLONIALE ITALIANO 1916 Ù 7 : Vv Li . i» . 4 » À = e { _ cia Li : n Pa . a, É x DR de S 4 si y a ‘ % "i n Sa DR 2 . r{ a N Ù a P [4 "A ‘ = { n Pi 1° 7 2'# x i p' u . Ì E, i t r . N 2 à \ i { Pi ed n : . Ù ‘ i é A { f 5 Ret Ale | Estratto da « L’Agricoltura Coloniale » it, Ron SURE. Anno X - 1916 È ; 4 , I USATE e ì Vada i ? | i pa 3 1: E È Ì pap 3 REA ; Pt SES v x Sg to SSL ti (a ; : ; tel; IM CERIIZAIOE ; 44 de IE aa Rat Stab. Tip spo di Gi RAMELLA & C. inno Via l : sE. f har; SP { na 4 î HA x 0a” ITA f 4 a iste: ig fit a PT VIRA e ap —r_r_—r_r————11_——_————_————rr————_—— ée6m @eccecgccdcoowm”m«uIsIGGI<<:<[<{[KhNNQÉ VIVIVIVVIVVIIVIVIVVVVVVVIVVVVVVIVIV VI Sulle Palme che usualmente venivano considerate come appar- tenenti al Genere Cocos Linn., sino dall’anno 1886 avevo pubblicato uno studio nel 1° volume della « Malpighia », nel quale distoglievo da detto Genere alcuni suoi membri; tale smembramento però mi sembra adesso che debba spingersi ancor più, se si vuole che i rag- gruppamenti generici dell’intiera Famiglia delle Palme abbiano un valore presso a poco equivalente. Credo quindi ora conveniente di elevare al grado di Genere i Sotto generi Arecastrum, Butta, e Gla- ziova, che avevo proposti nella « Malpighia » (vol. I, p. 343), con- servando nel Genere Cocos il solo Cocos nucifera, come di ciò avevo manifestato digià l'opportunità nel mio scritto sulla Glazzova Trew- diana (Ann. Jard. bot. de Buitenzorg, 2° serie, suppl. III, 1910, p. 791). Presentemente però mi sembra preferibile di adottare il nome ge- nerico di .Syagrus, invece di quello di G/aziova allora proposto, esi- stendo digià una G/azziova fra le Bigntontaceae, ed anche perchè alcune delle Palme che rientrerebbero fra le G/aziova sono digià state descritte col nome di Syagrus. Ho parimente accennato nei menzionati lavori che Martius deve avere riunito al Genere Cocos tante e così svariate Palme, solo per- chè del Cocos nucifera ebbe occasione di esaminare soltanto un in- completissimo e mal determinato materiale; altrimenti io ritengo che questo oculatissimo botanico non avrebbe fatto del Genere Cocos un gruppo di Palme così eterogeneo. Infatti Martius ha attribuito al Cocos nucifera i fiori feminei figurati nella Tav. 88, f. III-IV, f. 1-13 della « Historia naturalis Palmarum », fiori che con tutta certezza sono quelli dell’ Arecastrum Romanzofianum ; i quali fiori poi, in conformità alle figure citate, vengono descritti a p. 125, vol. III | « primum ovato-subglobosi magnitudine Pisi, dein ovati ». È ben È evidente quindi che non possono appartenere al C. nucifera dei fiori feminei della grossezza di un pisello. In detta tavola 88, in- vero, appartiene senza dubbio al C. mucifera il ramo di spadice portante un fiore 9 di grandezza naturale, rappresentato (poco bene però) al n. V di detta tav. 88. Di più Martius attribuisce al €. 72ucz/era una « spatha longitu- dinaliter profunde sulcata » e come tale vien figurata nella mede- sima tavola 88, f. III; ma tale tipo di spata è quello posseduto dall’ Arecastrum Romanzofianum e dai Syagrus, mentre nel C. nu- cifera la spata è a superficie semplicemente striata, e non molto profondamente. Per di più l'esatta determinazione di varie delle Palme facenti parte del Genere Cocos come inteso da Martius, è stata grandemente ostacolata dalle figure rappresentate nelle tavole 73, 80, 81, 83, 88, 166 della sua grande opera, dove sono accaduti varî errori, essendo state attribuite a certe specie parti che spettano ad altre. Unisco qui appresso la identificazione delle figure rappresentate in dette tavole, secondo quanto a me risulterebbe dallo studio ac- curato delle Palme alle quali dette figure si riferiscono. AVVERTENZE SULL'USO DELLE TAVOLE DELLA « HISTORIA NATURALIS PALMARUM » RAPPRESENTANTI LE SPECIE DEL GENERE COCOS. Tav. 73 D. — La fig. III, sotto il nome di Cocos dotryophora sem- bra spetti alla Barbosa Pseudococos Becc. TAV. 80. — Porta il nome erroneo di Cocos capitata, che però nella spiegazione delle tavole è corretto in quello esatto di Cocos coronata. Tav. 81. — La fig. I (con le analisi 1-7), sotto il nome di C. ca- pitata, appartiene all’ Arecastrum Romanzoffianum, e la fig. II, almeno per quello che si riferisce alle analisi del fiore e del frutto (8-17) al C. cororata. TAV. 83. — Sono realmente di C. dofryophora (Arecastrum Ro- manzuffianum var. botryophorum Becc.) la fig. I e la fig. III, questa per quel che riguarda solo la porzione di spadice con frutti, la spata sembrando quella della £2a7bosa Pseudococos, corrispondendo alla fig. III nella tav. 73. Le analisi dei fiori o e £ (1-9) e forse anche del frutto (10-11) e della porzione di foglia (II) sembrano di altra Palma. Î TORA 9 SI UNI IT iii re ra SF TRE da ITA EE e Ri PI e e 3% a FIATI pr 5 Tav. 88. — La fig. III, che rappresenta la metà inferiore di uno spadice con la sua spata prossima ad aprirsi, e le analisi dei fiori dî e 9 (1-13) sono di Arecastrum Romanzofianum, e probabilmente appartengono alla varietà erxsifolzum, come certamente a questa varietà appartiene la fig. IV, che rappre- senta un ramoscello fiorifero. Le fig. V-VI sono di Cocos 2w- cifera. TAV. 166. — Le fig. III, 1-4 appartengono all’ Arecastrum Roman- zoffianum e forse alla v. ensifolium. Le fig. 5-9, che sono in- dicate come raffiguranti il frutto del Syagrus botryophora, mi sembra invece che rappresentino quello del Syagrus (Cocos Trail) /najai Becc. ! * * * Non ho potuto prendere in considerazione il prospetto dei Co- cos, quale è stato presentato da Barbosa-Rodrigues nel « Sertum Palmarum » (I, pag. 79), perchè in esso si allontanano forme del resto affinissime fra di loro, mentre ve ne vengono ravvicinate altre ‘che non hanno nulla a comune; così p. es. si collocano i Cocos capitata e lefospatha in sezione distinta da quella nella quale vengon posti i Cocos odorata e pulposa, che solo con molta buona, volontà si possono specificamente distinguere dai primi due. Il Cocos Ro- manzoffiana ( Arecastrum) vien collocato nella medesima sezione col Cocos capitata (Butia) e via dicendo. È veramente da deplorarsi che Barbosa-Rodrigues, che ha avuto, più di qualunque altro botanico, l’occasione di studiare i Cocos nel loro paese nativo, e che certamente ha portato un grandissimo contributo alla conoscenza delle Palme americane, sia poi caduto riguardo ai Cocos in tali inesattezze, da fuorviare bene spesso chi si accinga a determinare le specie di detto Genere, servendosi dei suoi lavori. | | Date quindi le incertezze e gli errori che si riscontrano nelle opere maggiori dei botanici che più diffusamente si sono occupati di descrivere i Cocos, non deve recar meraviglia la confusione, che nella nomenclatura loro regna nei giardini, dove queste eleganti Palme vengono coltivate con nomi quasi sempre erronei, perchè con tali nomi sono state messe in commercio, e coi quali quindi figu- rano anche nei giornali d’Orticoltura e in varie opere popolari sulle Palme. DELLE SUDDIVISIONI DEL (GENERE Cocos. Le Palme che rientrerebbero nel Genere Cocos, come inteso nel senso Linneano, formano una divisione delle Excocorzeae di Ben- tham ed Hooker, caratterizzata dalla mancanza di vere spine sulle foglie e sulle spate, e dagli spadici ramosi, od anche indivisi per riduzione organica, portanti nella parte bassa dei rami (o dell’asse se semplice) dei fiori feminei accompagnati da un fiore d' per lato, e solo fiori 0? in alto. In alcune Palme di detto gruppo i margini dei piccioli sono muniti di produzioni spinescenti, che però non hanno nulla di comune con le spine proprie delle vere Cocozzeae spinose, quali le Bactrzs, gli Astrocaryum, le Acrocomia ecc. Cocot- neae non spinose, appartenenti alla sotto tribù delle ZEucocozzeae, sono pure i Diflothemium e le Attalea, con i Generi a queste affini; ma i Diflothemium hanno spadici veramente semplici con fiori sessili addensati intorno ad un asse centrale, e le Azffalea, con i Generi Maximiliania, Sheelea ed Orbignya, hanno un abito tutto loro proprio, e portano fiori feminei relativamente grandi, mancanti di fiori maschi alari (o se questi esistono sono rudimentari) ed hanno i fiori 7 approssimati in gran numero sopra ramoscelli speciali, Nel seguente prospetto veri&ono indicati i caratteri botanici per i quali si distinguono tutti i Generi appartenenti alla Sottotribù delle vere ZEucocorneae, e da me proposti. Le Palme però che sono comunemente coltivate nei giardini col nome di Cocos, e che più interessano gli Orticultori, apparten- gono solo ai Generi Arecastrum, Butza e Syagrus, che anche il non botanico può distinguere facilmente dalle seguenti particolarità. Arecastrum. — Fronde con parte basilare abbracciante com- pletamente il tronco e che dopo la loro caduta lasciano questo nudo e segnato da anelli circolari. Piccioli a margini sfilaccicati privi di produzioni spinescenti. Frutti maturi con nocciolo avvolto da scarsa parte carnosa, segnato in basso da 3 ocelli incavati, e con una sola cavità interna o loggia, molto irregolare questa, contenente un sol seme, e segnata da una sola vitta lucida ; il seme è pure di forma molto irregolare, gobbo e quasi in forma di uncino. Involucro ge- nerale della pannocchia, o spata, quasi legnosa e fittamente pie- ghettato-solcata. Butia. — Fronde lungamente persistenti con parte basilare oc- cupante solo una parte della periferia del tronco, sul quale alla 7 fine lasciano delle cicatrici in forma di losanga trasversale molto depressa; margini dei piccioli armati di produzioni spinescenti. Frutti con un nocciolo avvolto da carne succosa o mucillagginosa, mostrante gli ocelli sui lati e superficiali, e contenente usualmente 3 semi regolari, separati da pareti legnose; più raramente i semi sono 2 od anche un sol seme viene a perfezione, ma rimangono le traccie delle loggie sterili separate da pareti legnose. Spata a su- perficie esterna unita od al più leggermente striata. Syagrus. — Fronde con picciolo non spinescente sui margini. Spata fittamente solcato-pieghettata come negli Arecastrum. Frutti con nocciolo come negli Arecastrum, avente una sola cavità o loggia regolare, e contenente un sol seme pure regolare. La loggia inter- namente è segnata da 3 striscie (vitte) scure e lucide. PROSPETTO DELLE SUDDIVISIONI DEL (3ENERE COCOS. I. Flores foeminei ovati vel ovato-conici, sepalis acutis vel + cu- cullatis, petalis apice valvatis. O Spatha supertor extus + profunde plicato-sulcata. 1 Albumen ruminatum. a. Nucleus unilocularis, pariete tenuiter lignosa, apice operculo rostrato clausus. Albumen oleosum in medio late cavum. Frondium petiolus ad margines inermis. BARBOSA Becc. 8. Nucleus unilocularis, pariete crassissima, ossea; Albumen sic- cum in medio anguste cavum. Frondium petiolus ad mar- gines inermis. RHYTICOCOS Becc. y. Nucleus vulgo unilocularis (vel interdum 2-locularis), pa- riete tenui, fragili. Albumen vix in centro cavum. Fron- dium petiolus ad margines spinosus. ARIKURY Barb.-Rodr. 2 Albumen aequabile. Frondium petiolus ad margines laevis vel fibrosus. . Nucleus 1-spermus, pariete crassa ossea intus plicato-gibbosa, foraminibus profunde impressis subbasilaribus; loculorum sterilium vestigiis angustis in substantia ossea endocarpii g inclusis. Semen irregulare, gibboso-uncinatum; embryone ba- silari. Ovarium dense papilloso-pilosum. Truncus annulatus. ARECASTRUM Becc. 8. Nucleus unispermus, endocarpii cavitate regulari, conspicue 3-vittata, loculorum sterilium vestigiis membranaceis. Se- men regulare, embryone basilari. SYAGRUS Mart. O O Spatha superior extus acqualis (non plicato-sulcata). + Floris masculi stamina 6. Frondium petiolus ad margines conspicue spinosus. Nucleus 3-spermus, vel abortu 1-2-spermus, loculis regularibus, dissepimentis osseis, foraminibus superficialibus (non im- pressis); mesocarpio pulposo-fibroso. Semen regulare, al- bumine intus vix vel anguste cavo, embryone laterali. Ovarium glabrum. Truncus cicatricibus numerosis depressis signatus. ButIA Becc. + + Floris masculi stamina 9g vel plurima. Frondium petiolus ad margines inermis. x. Floris masculi stamina numerosa, calyx 3-partitus, basi in pe- dicellum attenuatus. Fructus globoso-ovatus, nucleo 1-sper-. mo; mesocarpio carnoso-fibroso ; endocarpio intus 1-vittato paullo infra medium 3-poroso; loculorum sterilium vesti- giis augustis, in substantia ossea endocarpii inclusis ; albu- mine intus cavo; embryone laterali. JUBAEA H. B. et K. 8. Floris masculi stamina 9-16; calycis sepala libera, basi im- bricata. Fructus globosus, nucleo. 1-spermo; mesocarpio exucco fibroso; endocarpio intus I-vittato, supra medium 3-poroso ; loculorum sterilium vestigiis obsoletis; albumine intus cavo; embryone laterali. JUBAEOPSIS Becc. II. Flores foeminei globosi, magni; sepala et petala concavo- cucullata et arcte convoluto-imbricata. Spatha striata (non plicato-sulcata). Floris masculi sepala libera, basi imbricata ; stamina 6. Fructus magnus unilocularis, unispermus; mesocarpio spisse fibroso- 9 ) suberoso; endocarpio tenuiter osseo, basi triporoso, intus li- G nea umbilicali opaca percurso; loculorum sterilium disse- pimentis coriaceis contra endocarpii parietem internam | propulsis ; albumine oleoso amplissime effosso; embryone basilari. Cocos Linn. * * * O. F. Cook (in Bull. Torrey bot. Club (1901) p. 556, t. 47, f. 2, a sinistra) ha creduto di potere stabilire un Genere nuovo (Cocops), supposto affine al Cocos mucifera, per una Palma di Porto Rico, alla quale ha assegnato il nome di Cocops r:valis. Ma di questo nuovo si Genere Cook non ha visto nè i fiori nè i frutti; non di meno egli lo riteneva distinto dal Cocos nucifera per l'aspetto generale, e per- chè, così egli scrive, i suoi frutti maturavano tutti ad un tempo e non successivamente. Però tal genere di fruttificazione veniva de- sunto dalle piantine giovani che si trovavano sotto la pianta madre, e che avevano tutte la medesima età, e dalla testimonianza di un individuo che abitava in una capanna prossima al posto dove cre- sceva detta Palma. Sino a qui nessun botanico aveva pensato a ser- È virsi di simili caratteri per distinguere i Generi delle piante ; caratteri : che invero si sono mostrati assai fallaci, perchè il Cocops r:valis O. F. Cook è risultato essere una Palma nemmeno appartenente alla Tribù delle Cocozzeae, bensì una Arecinea, e precisamente la Calyptrogyne (Calyftronoma Gris.) Swartii Becc. in Pomona College Journ. v. II (1912) 356, come ho potuto verificare dietro gli esemplari che ho esaminato nell’Erbario di Berlino, i quali col nome di Cocops riva- p lis O. F. Cook erano stati distribuiti (n. 2785) dall’Erbario del Giar- ii | ‘dino botanico di New-York. GEN. BARBOSA Becc. È I TL Barbosa Pseudococos Becc. in Malpighia, I (1836) 349 et 352, ._t. IX, f. 1; Barb.-Rodrigues Sertum Palm. I, 127, f. gr. — Laze- sdorffia Pseudococos Raddi in Atti Soc. ital. Scienze di Modena, XVIII (1820) p. (35) 345, t.1. — Syagrus Mikaniana Mart. Palm. Birbion' 133; et Hist: Nat. Palm, III, p. 291; 324, t. 166, f. 1. — Cocos Mikaniana Mart. Hist. nat. Palm. II, 128; Drude in Mart. seisebras. SII IL 405. LXXXVII Fr ett. XXIV. Sf da :S È 5 bi Ù de È Si ia +; e: —l 10 E una grande Paima con tronco alto 10-15 m. e di 25 cm. di diam.; ha grandi fronde provviste di lungo picciolo e con segmenti ravvicinati in piccoli gruppi di 2-4, vòlti in varie direzioni. Lo spadice è lungo 80-90 cm.; la sua spata interna è molto conspicua, cimbiforme, a pareti spesse e fortemente pieghettato-solcate ; la pannocchia è relativamente breve; i suoi rami portano assai nu- merosi fiori feminei in basso, ognuno accompagnato da 2 fiori g, ed in alto solo fiori d. I fiori femine: sono assai grandi, misurando da 2.5 a 3.5 cm. di lunghezza, e + 15 mm. di larghezza; sono oblunghi ed ottusi, a sepali e petali coriacei fra loro simili; ma i sepali hanno l’apice cucullato ed includono completamente i pe- tali; questi sono più piccoli dei sepali, convoluto-imbricati con l'apice acutiusculo, ma pure sub-cucullato ; gli staminodi formano un basso anello 6-dentato 5 l'’ovario è tomentoso con stigmi brevi, crassi, trigoni. I fior: maschi sono pure relativamente grandi, lunghi 15- 20 mm., a calice piccolissimo, coriaceo, trigono, 3-dentato (non di 3 pezzi imbricati); petali molte volte più lunghi del calice, coriacei, lineari-oblunghi, spesso asimmetrici per mutua pressione; stami 6; antere lineari, erette, con filamento breve e che s’inserisce poco al di sopra della base; rudimento d'ovario rappresentato da 3 minute e sottili puntine. Il /ruffo è ovoideo ed assai grosso, largo 5 cm. o poco più, e lungo circa 7 cm., circondato alla base dal perianzio persistente ma non accresciuto, e terminato in punta conica, coro- nata questa dai resti degli stigmi; l’ epicarpio è finissimamente striolato ; il mesocarpio è assai spesso, essucco e fibroso; l’endocar-. pio è sottile e si stacca facilmente dal mesocarpio, formando un noc- ciolo che ha la particolarità di avere la parte apicale che-si di- stacca sotto forma di un opercolo conico; i 3 pori sono esattamente basilari; la cavità interna del nocciolo è regolare e contiene un sol seme; sotto questo appariscono 3 larghe e conspicue vitte lucide, che partendosi dalla base della loggia vanno sino all’apice; i tra- mezzi o dissepimenti delle loggie sterili sono cartacei. Il sezze è sim- metrico, globoso, di circa 3 cm. di diam.; l’albume è bianco, oleoso, non radiato, con larga cavità interna, ed è assai fortemente rumi- nato sulla periferia; l'embrione è basilare. HABITAT. — Barbosa-Rodrigues scrive (Sert. Palm. l. c.) che è una magnifica Palma, molto diffusa nelle foreste che circondano la città di Rio-de-Janeiro e le vicinanze di Minas-Geraés e San- Paulo. È conosciuta con i nomi di « Palmito amargoso », di « Paty », « Coco verde » e « Garyroba ». Il suo germoglio o cavolo è amaro pa” età Ah ' i d ei toni 11 e si dice stomatico; del resto è una Palma di non grande utilità; nemmeno il suo seme è mangiabile sebbene oleoso, perchè in causa della ruminazione è astringente ; solo il suo tronco viene impiegato come legname ‘da costruzione. La particolarità principale di questa Palma risiede nel suo frutto, per il fatto che il nocciolo, il quale si distacca facilmente dal mesocarpio, lascia cadere (specialmente se esposto all’ umidità) ‘ la sua parte apicale sotto la forma di un cappello od opercolo co- nico, esattamente come accade per l’opercolo del calice nei fiori di Eucalyptus. GEN. RHYTICOCOS Becc. Rhyticocos amara Becc. in Malpighia, I (1886), 350 et 355, t.IX, f. 2. — Cocos amara Jacq. Amer. p. 277. — Syagrus amara Mart. Palm. Orbign. 132 et Hist. Nat. Palm. III, 291 et 324, t. 166, ceeGris. Pi brit. W. Ind: 522; È una grande Palma che vien descritta dell’aspetto del Cocos nucifera, alta 18-20 m. con grandi foglie pinnato-pettinate a seg- menti inequidistanti, più o meno ravvicinati in gruppi di 2-3 so- pra ogni lato del rachide. Lo spadzce nell'insieme è lungo oltre un metro, è provvisto di una spata generale fortemente striata e di una robusta parte peduncolare di 6 cm. di spessore; i ramoscelli fioriferi sono numerosissimi e corti, lunghi 7-10 cm, e spessi alla base 7-10 mm.; sono sinuosi ed hanno alla base i pulvinuli dei fiori 2 sporgenti e quasi orizzontali, circondati da brattee corte semi- lunari-ungueformi; a quanto sembra i fiori 2 sono normalmente ac- ‘compagnati da un fiore J per parte; in alto, sulle brevi estremità, i ramoscelli portano solo fiori maschi, in piccol numero, gemini e ravvicinati. I flor: feminet al momento che gli stigmi sporgono dal perianzio sono lunghi 4 cm. e larghi circa due, ovato-allungati ed acuti; i sepali sono largamente ovati ed imbricati, ma non si ricuoprono che incompletamente, all'apice non sono affatto cucul- lati, ma presentano invece una cortissima punta carenata; i petali sono leggermente più lunghi dei sepali, largamente ovati, parzial- mente convoluto-imbricati alla base e terminati, al di là di una specie di intaccatura esistente sopra ambo i lati, di una punta trian- golare rigida e valvata; i sepali sono glabri e, sul secco, finamente striati; i petali sono fortoraceo-lanosi in basso all’esterno; l'ovario Ea \ Lato € i b 12 è conico e lanuginoso dal mezzo in su, ma glabro in punta, ed è per circa ‘|, immerso in un nettario (androceo rudimentario) a contorno forforaceo-lanuginoso, rubiginoso, per lo più irregolare; gli stigmi sono 3, triangolari-allungati. I fior? maschi sono piccoli, angustato- oblunghi, ottusiusculi, lunghi 10 mm.; calice di tre sepali trian- golari, acuti, carinati sul dorso, molto oscuramente e per breve tratto imbricati alla base; petali varie volte più lunghi del calice, irregolarmente lineari-oblunghi, coriacei, levigati di fuori; stami 6. di poco più corti dei petali; filamenti corti e crassi; antere erette, lineari, sinuose, inserite poco al di sopra della base, a loggie paral- lele; rudimento d’ovario minuto, conico. acuto. FrwuZfo regolarmente ovato con l’apice ottuso, lungo 7 cm. e largo 4-5 cm.; mesocarpio essucco, fibroso, con le fibre più interne aderenti all’endocarpio, che costituisce un nocciolo avente la forma generale esterna del frutto, ma con il vertice 3-carenato ed acuto; esso presenta i 3 pori esat- tamente alla sua base nascoti da fibre sottili; ha le pareti duris- sime, ossee, molto spesse (6-7 mm.), di colore molto scuro; la ca- vità endocarpica è segnato da 3 vitte confluenti all'apice, evane- scenti in basso; i dissepimenti delle logge vacue sono spinti alle pareti della cavità, e sono membranacei. Il sezze è globoso, di 2.5 cm. di diam., ha l’albume duro, non oleoso, radiato-fibroso, legger- mente cavo nel centro ed assai fortemente ruminato sul contorno. L'embrione sembra basilare (non vidi). HABITAT. — Cresce nelle Antille, ma specialmente nella Mar- tinicca. Io ho esaminato dei ramoscelli fioriferi raccolti da Wilson alla Giamaica, conservati nell’Erbario di Gòttingen ed a me comu- nicati dal Conte di Solms. I fiori 7 sono stati descritti dietro un esemplare raccolto dal Père Duss alla Martinicca e conservato nel- l’Erbario di Berlino. Duss fa notare che la pianta fiorisce 5-6 volte in un anno, e che presentemente è una Palma assai rara. Sembra però che ai tempi di Jacquin fosse invece assai frequente, non solo alla Martinicca ma anche nelle altre Antille. Secondo quanto riporta Martius gli indigeni facevano delle incisioni lungo il tronco delle piante giovani perchè i Curculioni o Calandre che frequen- tano questa, come altre Palme, vi potessero. deporre le uova, dalle quali sarebbero nate delle larve, grasse e bianco-gialliggie, che ar- rostite erano considerate come una grande ghiottoneria. Il seme ha un succo amaro e non è quindi mangiabile, me da esso si può estrarre un buon olio. Lo spesso e durissimo nocciolo mi sembra che dovrebbe poter essere utilizzato per la fabbricazione dei bottoni. via pur” 13 GEN. ARIKURY (ARIKURYROBA) BARE. - RoDR. Barb.-Rodr. Plantas novas (1891) 5, t. III, et Sertum Palm, I, 126, t. 90, A. — Cocos Auct. Barbosa-Rodrigues ha fondato il Genere Arzkuryroba per una Palma che io ho riconosciuto corrispondere al Cocos schizoplylla Mart., mercè esemplari con fiori e frutti, provenienti da un indivi- duo coltivato nel Giardino botanico di Calcutta, che mi sono stati comunicati (1912) dal Maggior A. T. Gage, Direttore di quello stabilimento. / Il nuovo Genere mi sembra ben caratterizzato e meritevole d'es- sere mantenuto; soltanto ic proporrei una piccola infrazione alle leggi di nomenclatura botanica, sopprimendo la seconda parte di cui si compone detto nome, vale a dire il « roba », che secondo . Barbosa-Rodrigues in lingua « tupi » significa amaro, ma che mi sembra assolutamente superfluo, mentre rende quasi non pronunzia- bile il nome di una Palma, del resto così elegante, e che ha tro- vato posto anche nelle serre di Europa. Di essa infatti sino dal- l’anno 1887 il compianto Prof. M. Cornu me ne inviava lo spadice in fiore di un individuo coltivato al « Jardin des Plantes » a Parigi. L’ Artkuryroba Capaneme di Barbosa-Rodrigues diventerebbe quindi una Arikury schizophylla. | Tl Genere è principalmente caratterizzato dalle foglie che hanno un picciolo armato di spine come nelle 2a; dal frutto che è quello di un .Syagrus, ma che ha il seme con albume ruminato, quasi del tutto pieno o con appena un accenno di cavità: nel cen- ‘ tro. Il nocciolo ha la cavità interna regolare, segnata da 3 vitte lucide, e contiene un sol seme o talora due. Arikury schizophylla Becc. — Ar:kuryroba Capanemae Barb.- Rodr. l c. — Cocos Artkuryroba Barb.-Rodr. Palmae Mattogr. 25. — Cocos schizobhylla Mart. Hist. Nat. Palm. II, 119, t. 84 et 85 et vol. III, 324. — Cocos de Aricuì vel Aracurì Maxim. Prinz von Neuwied, Reise in Brasilien, I, p. 272 (ex Mart.). È una Palma di modeste dimensioni con tronco gracile di 2-3 metri di altezza, spesso anche quasi nullo, e di circa 15 cm. di diam., ricoperto dalle basi delle foglie molto allungate e lunga- | mente persistenti, disposte, secondo quanto si può giudicare da una 14 fotogratia, in 6 dolci spirali vòlte da destra verso sinistra. Le foglie hanno come nelle Bui i piccioli armati di spine; i segmenti sono concinni, equidistanti, terminati in punta molto irregolare, denta- to-lobulata e + distintamente fesso-biloba all'apice, dove una delle punte rimane assai più lunga e molto più acuminata dell’altra. È questo un.carattere molto appariscente che permette di distinguere questa Palma fra le affini anche allo stato sterile. Lo sfadice ha la grande spata fortemente plicato-solcata all’esterno e striata anche all’interno {sul secco). I for: maschi sono piccoli ed hanno il calice sessile, di 3 pezzi triangolari, acuti, carenati sul dorso, liberi sino in basso, ed imbricati alla base; la corolla è ovato-subtrigona e 2-3 volte più lunga del calice. I /forz feminei sono ovato-conici, si- mili a quelli delle Bufia. Il frutto è globoso o leggermente ovoideo, mucronato, del diam. di circa 2 cm. (allo stato secco). Secondo Bar- bosa-Rodrigues il mesocarpio è carnoso ed edule. HABITAT. — Martius scrive che il Cocos schizopfhylla cresce al Brasile nella Provincia di Bahia, nei « campos » dell’interno e nei boschi che durante la stagione asciutta perdono le foglie e che sono detti « Catingas ». Si aggiunge che occupa grandi estensioni nelle pianure, al modo dell’europeo Ckamaerods humilis. Nomi in- digeni: « Arirì », « Alicurì », Aracuì » od « Aricurì ». Il succo dei trutti immaturi è adoprato come collirio nelle leg- giere infiammazioni degli occhi. Con i segmenti delle foglie si fan- no cappelli. . È da avvertirsi che Barbosa-Rodrigues, non avendo ricono- sciuto nel suo Arzkuryroba il Cocos schizophylla Mart., descrive e figura sotto questo nome la £wfia Bonneti. (Vedi osservazioni a questa specie). » GEN. ARECASTRUM Becc. . Cocos Sect. Arecastrum (partim) Drude in Mart. FI. Bras, III, II, p. 402. — Cocos Subgen. Arecastrum Becc. in Malpighia, I (18836) p. 351 et v. II (1887) 85. — Cocoés sp. Auct. plur. (Tavole.I, II, III). Il carattere principale per il quale il Genere Arecastrum si di- stingue da tutte le altre Palme costituenti l’antico Genere Cocos si riscontra nella struttura del nocciolo e del seme. In fatti, fra tutti gli antichi Cocos, è il solo nel quale il nocciolo presenta una cavità endocarpica irregolare ed in parte occupata da una sporgenza o 15 gobba che s’incastra in un incavo corrispondente dell’unico seme che contiene; di guisa che questo, allorchè vien liberato dal nocciolo, apparisce con l'apice ripiegato in basso e quindi gobbo e quasi un- cinato; delle altre due loggie, nelle quali l’ovulo costantemente abor- | tisce, rimangono le traccie nello spessore del nocciolo (Malpighia v. I, t. IX fig. 6-09). Gli Arecastrum inoltre si distinguono: per il | tronco segnato in giro da anelli completi, causati dalle cicatrici delle foglie cadute, e con internodi distinti; per le foglie stesse che cadono ad ogni nuova produzione di spadici ed aventi la base che forma una guaina completa, invero assai breve, ma abbracciante tutto il tronco, e che presto si ristringe in un picciolo non armato di spine ai margini; ed infine si distinguono per la spata superiore od interna che è legnosa e fortemente pieghettato-solcata per il lungo ester- namente, e per l’ovario densamente papilloso-peloòo. * * * Il Genere Arecastrum può considerarsi come costituito da una sola specie grartdemente polimorfa, che potrebbe scindersi in due o tre e forse più sottospecie principali; sarebbe quindi una specie com- plessa, di quelle che io distinguo col nome di « Synspecies », vale a dire che sarebbe composta di più microspecie o specie secondarie distinte, se non esistessero forme di transizione difficilmente definibili. La « Synspecies » Arecastrum Romanzoffianum corrisponderebbe perciò, fra le Palme, per il suo polimorfismo, al Chkamaerofs humailis della Regione mediterranea, alla P%oezix hkumilis dell'India, alla Phoenix reclinata dell’Africa, ed al Cocos capitata dello stesso Bra- sile. Essa ha a comune con le Palme citate una estesa distribuzione geografica, una grande adattabilità a svariate condizioni d’ambiente ‘e specialmente di terreno, ha efficaci mezzi di disseminazione, e semi di pronto e facile germogliamento. Nell’A merica meridionale lA. Romanzofianum (considerato come « Synspecies ») si estende per circa 22 gradi di latitudine, vale a_ dire da Bahia (13° L. S. circa) sino a Montevideo (35° L. S. circa), e dalle spiagge dell’Atlantico sino nella parte più occidentale del Brasile, ai confini con la Bolivia e nel Paraguay, attraverso circa | 20 gradi di longitudine. Qual meraviglia quindi che esso presenti numerose forme, alcune probabilmente ristrette a determinate loca- lità, e riproducentisi con caratteri + costanti. Nel mio precedente lavoro sui Cocos pubblicato nella « Mal- pighia » io avevo digià espressa l’opinione che al Cocos ((Areca- 16 strum) Romanzoffianum dovessero riportarsi numerose altre credute specie; ed in questo sono stato seguito da Barbosa-Rodrigues, che avendo avuto l’occasione di studiare questa Palma in quasi tutte le varie regioni dove s’incontra, considera senz’altro come specifica- mente non distinte dal Cocos Romanzoffiana tutte quelle che io vi avevo digià dubitativamente riportato, vale a dire: il Cocos australts Mart; il C. fumosa Hook. f.; il C. Dati! Gris. et Dr.; il C. Gerzida Barb.-Rodr.; il C. acrocomioides Dr.; ed il C. Martiana Dr. A. queste io credo potere aggiungere adesso il C. Sofryofhora Mart. ed il C. Arechavaletana Barb.-Rodr. Per tipo dell’ A. Romanzofianum deve ritenersi la pianta che cresce a St. Catharina, come la prima descritta fra tutte quelle so- pra rammentate, ed alla quale il nome di Cocos Romanzoffiana venne assegnato da Chamisso (vedi, « Malpighia », l. c. p. 26). Mi sembra poi che come tipi estremi di detta « Synspecies » debbano consi- derarsi la var. ersifolium di Bahia, che sarebbe la forma più setten- trionale), e la var. australe dell'Argentina e dell’Uruguay, che sa- rebbe la più meridionale. In coltura, sia nel suo paese nativo, sia nei Giardini d'Europa e di California, non che in vari Orti botanici in paesi tropicali o subtropicali, si trovano, dell’ Arecastrum Romanzoffianum, tante mai forme affini fra di loro, che male gli Orticultori si adattano a con- siderarle come appartenenti ad una medesima specie, ma che anche male si prestano a farne delle varietà definibili con caratteri fissi, in modo da poter esser riconosciute. Le varie forme di Arecastrum che si raggruppano intorno al Cocos Romanzoffiana di Chamisso hanno dato luogo ad un garbuglio sinonimico, che ritengo impossibile distrigare completamente, e che se anche a ciò si riuscisse servirebbe a ben poco. In primo luogo Martius descrive sotto il nome di Cocos dotryophora una forma di Arecastrum Romanzofianum molto affine alla tipica, assegnandole però dei frutti che appartengono a tutt'altra Palma; per di più at- tribuisce al C. mucifera lo spadice, con relativa spata, ed i fiori del- l Arecastrum Romanzoffianum. In seguito il Prof. Drude nella « Flora brasiliensis » non solo non è riuscito a distrigare la matassa, ma mi sembra che abbia contribuito ad ingarbugliarla sempre più. In- fatti egli descrive un C. dofryofhora con la var. ensifolta ed un C. acrocomtotdes nella sezione Syagruss; ed i C. Martiana, C. Ro- manzoffiana, C. Datil, e C. australis nella sua sezione Arecastrum, che tutti a me sembrano riferibili (in senso largo) all’A. Romar- zoffianum. Nella descrizione del C. dotryophora, Drude riproduce BY in buona parte gli errori nei quali è caduto Martius. Se grande è la confusione della nomenclatura dell’A. Romanzofianum nelle Flore, non minore è quella che regna nei Giardini, derivata dal fatto che gli Orticultori, senza alcun controllo scentifico, hanno messo in com- mercio i semi di questa Palma sotto i nomi più diversi; io infatti ne ho ricevuti di battezzati C. $/umosa, C. flexuosa, C. Romanzof- _fiana, C. coronata, C. Datil, C. australis, C. botryophora, C. lapidea etc., nomi quasi sempre applicati male a proposito, anche se rappre- sentanti varietà distinte. L’aspetto generale che assume l’ Arecastrum Romanzofianum nelle varie regioni dove è indigeno, ed anche in cultura nell’Ame- rica meridionale, è variabilissimo, come apparisce in modo molto evidente dalle figure d’assieme che di questa Palma ha pubblicato Barbosa-Rodrigues nelle sue « Palmae Mattogrossenses » (t. IV) e nel « Sertum Palmarum » (I, t. 63); dalle quali figure apparisce anche la grande variabilità offerta dal frutto, che dalla forma quasi sferica di 16-17 mm. di diam., passa a quella ovato-subobovata, ovato-ellittica od ellittica, e che raggiunge 3-3.8 cm. di lunghezza e 20-25 mm. di larghezza (Si vedano le nostre Tav. Il e III; Per dare un idea del polimorfismo dell'A. Romarnzofianum io credo di non poter far meglio che riportare qui tradotto quanto | Barbosa-Rodrigues ha lasciato scritto a proposito di questa Palma nel « Sertum Palmarum » (I. p. 83). ‘ « Di questa specie io ho visto individui di ogni età e di ogni dimensione; ne ho visti dei nani e dei giganti, di quelli che cre- scevano nei luoghi paludosi come negli asciutti « campos », sulla spiaggia del mare, nelle foreste o fra i sassi sulle montagne, non che nei luoghi coltivati. Gli individui che ho visto a Niac, a Matto- (Grosso. in luoghi palustri ed argillosi erano nani, avevano il tronco ventricoso (bulboso ?) presso il suolo e raggiungevano solo l'altezza di un uomo a cavallo, tanto che gli spadici toccavano terra. Nelle Savanne sabbiose ed umide di Rio Grande-do-Sul, altri individui invece erano altissimi, ventricosi subito sotto le guaine delle foglie; particolarità questa che ho riscontrato anche in altri paraggi, come a Montevideo, a Buenos-A yres, a Corrientes ed alla Conception. Sulle rive salmastre del littorale di S. Paulo e nel Paranaguà le piante si sollevano con tronco dritto e di grossezza uniforme, mentre che nei terreni salini dell’Isola di Santa Catharina il tronco sì rigonfia nel mezzo. Nelle montagne pietrose i tronchi crescono sottili e flessuosi, e nei terreni coltivati dove il suolo è pingue 2 18 raggiungono una grande altezza, acquistano un grande sviluppo e restano dritti come colonne. Qualche volta il tronco si ramifica. In- dipendentemente dal polimorfismo del tronco io ho trovato delle modificazioni profonde anche nelle foglie, nella lunghezza degli spadici, nei fiori e nei frutti. Così ho visto, sebbene raramente, degli individui con foglie a segmenti divaricati e crespi; ne ho visti altri con foglie grandi a segmenti quasi lisci. Degli spadici ne ho visti di lunghi e di corti, gli uni con gran numero di frutti . gli altri con pochissimi. I frutti sono di tutte le dimensioni ; grandi, mezzani, piccoli; di tutte le forme, oblunghi, arrotondati, ellittici, ottusi, acuti, a pericarpio fibroso, non fibroso, molto mucillaginoso o gommoso, esternamente gialli, rossi, verdi o più o meno coperti da indumento biancastro..... Riassumendo si può dire che il C. Romanzoffiana ha il tronco bulboso alla base nei luoghi umidi o. palustri, rigonfio in vicinanza delle foglie nei luoghi sabbiosi e sa- lini, ventricoso nella parte intermedia nei terreni umidi silicei, sot- tile e flessuoso nei luoghi secchi e montuosi, grosso e dritto nei terreni coltivati ». L’Arecastrum Romanzofianum deve la sua grande diffusione alla facilità con la quale si riproduce, ed alla estesa sua dissemi- nazione, dovuta principalmente ai frutti polposi ed eduli che pro- duce ; in conseguenza di che i noccioli vengono trasportati ovunque dagli animali, uccelli e mammifferi, e dall'uomo stesso. Nell’ America meridionale lA. Romanzofianum, oltrechè allo stato spontaneo si trova anche coltivato, essendo pianta della quale vengono utilizzate in vario modo le foglie ed anche i tronchi. BARBOSA-RODRIGUES DISTINGUE LE SEGUENTI FORME DI ARECASTRUM ROMANZOFFIANUM 1. Geriba di Minas Geraés e di S. Paulo (Palm. Matt. Tav. IV. A. (portamento); A’ 1 e 1 (frutto) ed H 3, 38, e Sert. Palm. t. 63. Pianta gracile, fusto sottile, cilindrico flessuoso; chioma poco fornita. Frutti ellittici con punta conica, nocciolo ‘+ assottigliato ed acuto alle due estremità, nome volgare « Geribà ». 2. Geriba di Nioae e di Cuyaba (Brasile, Prov. Matto-Grosso); Palm. Matt. t. IV, B (portamento); B' 5, 5* (frutto), e S. Palm. t. 63. Piante con tronco breve, rigonfio e bulbiforme alla base; chioma non molto abbondante; frutti ellittici a noccioli molto acuti in basso. | 19 3. Baba de boi, di Rio-de-Janeiro e « Pindo » dell’Assunzione; Palm. Matt. t. IV, C. E. (portamento); f. C' 2 e 2° ed E' 3 e 3° (frutti), e S. Paim. t. 63. Pianta grande, tronco robusto e cilindrico; chioma abbondante. Frutti ovati o subobovati assai grossi. Nella t. 63, S. Palm. B in basso f. 1-19, sono rappresentati i fiori ed i frutti del « Baba de boi », con frutti ovati assai grossi; noccioli acuti alle due estremità. 4. Pindo, di Rio Grande-do-Sul e di Buenos-A.yres; Palm. Matt. IV, D. G. (portamento); G' 2 e 2° e D' 7 e 7° (frutti), e S. Palm. t. 63. Pianta robusta con tronco tigonfio sotto le foglie; i frutti rappresentati in G' sono ovato-ellittici; quelli rappresentati in D' sono molto differenti dai precedenti, con noccioli molto stretti, e molto acuti in basso, del resto molto simili a quelli della v. australe. | 5. Coco de cachorro, di Santa Catharina; Palm. Matt. t. IV f. F. (portamento); F' 4 e 4* (frutto), e S. Palm. t. 63. Pianta di mez- zana grandezza; tronco un poco fusiforme in alto, chioma assai abbondante; frutti piccoli, subglobosi, di 20 X 15 mm. 6. Geriba di Matto-Grosso; Palm. Matt. t. IV. A, e S. Palm. 63, f. 17-19 nel mezzo della tavola. Frutti ellittici, molto allungati, di 38 X 20 mm, Del « Geriba » di Minas-Geraés si raffigurano dei frutti (t. 63 fig. 1-8 in basso a sinistra) del tutto differenti da quelli del « Geriba » pure di Minas-Geraés rappresentati nelle fig. 1-3 a destra. I detti frutti delle fig. 1-8 sono globoso-obo- vati, lunghi 3 cm., larghi 24 mm.; nocciolo rotondato in alto, acu- tiuscolo in basso, pareti spesse, lungo 23-25 mm., largo 16-18 mm. “Le fig. 8, a, b, c danno una buona idea della configurazione del seme. — B.-R. scrive che questa forma è molto coltivata a Minas-Geraés. CARATTERI GENERALI DELL'ARECASTRUM ROMANZOFFIANUM, Tronco distintamente annulato-cicatricoso, cilindrico, + subbul- boso alla base e talora rigonfio nel mezzo o verso l’apice. Foglie grandi a guaina abbracciante completamente il tronco, ma per breve tratto, e lasciante dopo la sua caduta una cicatrice annulare completa ; la guaina è breve ma moito spessa in basso e presto gradatamente si ristringe nel picciolo; questo è assai lungo, inerme sui margini ed ivi provvisto solo di alcune fibre, specialmente nella parte più bassa; 20 segmenti numerosissimi più o meno inequidistanti, di solito ravvi- cinati in gruppi di 3-5 sopra ogni lato del rachide e + vòlti in di- rezioni differenti, e nell'insieme comunicanti un’apparenza piumosa all'intera fronda ; i segmenti basilari sono molto ravvicinati fra di loro e molto stretti; i superiori sono più radi ed assai più corti e più stretti degli intermedî; questi sono ensiformi, gradatamente e molte lungamente acuminati in punta sottile, molto brevemente e spesso poco distintamente bifida: tutti sono piuttosto flaccidi, + inarcato - convessi di sopra nel senso delle costola mediana, verdi e lucidi di sopra, più pallidi di sotto, percorsi da una costa mediana molto robusta e rilevata di sopra, di sotto superficiale e provvista di alcune pagliette lineari; da una parte e dall’altra della costa mediana vi sono 4-5 nervi secondarî più distinti dei terziarî; venule trasverse numerose, molto interrotte e ravvicinate, particolarmente distinte nella pagina superiore (sul secco). Spadici semplicemente ramosi. Spata superiore od interna, al- lorchè tutt'ora chiusa, fusiforme, più o meno acuminata ; poi tubulosa in basso e con lembo aperto angustamente cimbiforme ; essa è molto spessa e legnosa, fortemente plicato-solcata, opaca, glabra e verde pallida all’esterno, liscia e cinnamomea internamente; rami dello spadice gracili, i più bassi molto allungati, i superiori più corti, più o meno accentuatamente sinuosi nella parte più bassa, dove por- tano i fiori feminei, spesso assai numerosi, accompagnati da un fiore maschio per parte; nel rimanente vi sono solo fiori maschi, per lo più gemini; i rami si terminano in una punta sottile. Fiori maschi lanceolatiod oblungo-lanceolati, alquanto asimmetrici, compresso-trigoni, e + deformati per la mutua pressione, acuti od acuminati; calice molto piccolo, + prolungato in basso in una breve parte solida acutamente trigona, diviso in 3 piccoli denti deltoidei, acuti; corolla diverse volte più lunga del calice ; petali lanceolati, + falcati o sigmoidei, acuti od acuminati; stami 6, nel boccio lunghi quasi quanto la corolla ; filamenti subulati, non inflessi all’apice nel boccio ; antere versatili, allungato-lineari, a loggie parallele disgiunte in basso sino verso il quarto inferiore, dove s’inserisce il filamento ; rudimento d’ovario minuto, formato da 3 corpiciattoli allungati. Fiori feminei in boccio (al momento dell’antesi dei fiori maschi) globoso-ovati con punta conica, riposanti sopra cuscinetti superficiali; i fiori maschi che li accompagnano hanno il calice più prolungato in basso, ossia più distintamente pedicelliforme dei superiori ; sepali latamente imbricati, nel boccio leggermente cucullati all'apice, du- rante l’antesi acutiusculi; petali molto dilatati sui lati e fortemente 21 imbricati, molto bruscamente contratti in breve punta crassa, del- toidea, valvata, di poco sporgente al di fuori dai sepali durante l’antesi ; ovario globoso-ovato, fortemente papilloso-tomentoso, at- tenuato in 3 stigmi triangolari allungati, da prima conniventi, poi patenti-recurvi; rudimento d’androceo formante un basso anello membranoso-jalino, oscuramente 6-denticolato. Frutto globoso-ovato, ovato, ovato-ellittic6 od obovato, od ellit- tico, apicolato-mammillato, ossia terminato dai piccoli resti degli stigmi, contornati da una caratteristica areola bianca papilloso-to- mentosa ; epicarpio liscio, da prima verde poi giallo, sul secco fina- mente striolato per il lungo; mesocarpio carnoso-fibroso a polpa scarsa 0 + abbondante. Nocctolo sempre monospermo, + conforme al contorno esterno dell’intiero frutto, osseo a pareti assai spesse, con gli ocelli situati in grande prossimità della base, fortemente incavati e più o meno nascosti dalle fibre più interne del mesocarpio, delle quali alcune rimangono sempre più o meno aderenti al nocciolo stesso, special- mente in basso ; traccie delle due loggie sterili incluse nello spes- sore della parete legnosa del nocciolo; la sola loggia seminifera presenta da un lato una forte ripiegatura o gobba verso la metà e dall’altro lato una vitta lucida. Seme gibboso-uncinato, ossia con la punta ripiegata in giù ed in- castrantesi nella piega della cavità endocarpica, a superficie bruno- grigia, opaca, segnata dalla fascia umbilicale (corrispondente alla vitta lucida della cavità endocarpica) assai distinta e che occupa tutto un lato del seme meno la punta ripiegata ; sulla sua superfi- cie si notano pure le diramazioni vascolari del rafe, sottili ma assai distinte essendo chiare, che si partono dai lati della fascia ombelicale ‘e formano un reticolato nella parte apicale; albume oleoso con ap- pena un accenno di cavità nel centro; embrione esattamente basilare. * * * L’A. Romanzofianum è una Palma molto frequentemente colti- vata nella Regione mediterranea, specialmente in Riviera e che sop- porta assai basse temperature, meno però della grande maggioranza delle Sufia. Di esso si conoscono anche in cultura varie forme, alcune certamente riferibili a delle varietà assai caratterizzate, perchè proprie a certe determinate regioni; varie altre però sono delle forme ambi- | gue, essendo molto probabilmente il risultato d’incrocio fra le diverse 22 varietà digià avvenute sul suolo americano stesso, dove questa Palma è comunissima, ed è spesso piantata nei giardini. L’attitudine del- l'A. Romanzoffianum a prestarsi all'incrocio fra specie diverse è di- mostrato dall’esistenza di vere forme ibride fra esso e le Buzza ; si consideri quindi con quanta maggiore facilità deve potere accadere un incrocio fra le sue proprie varietà. L’Arecastrum Romanzoffianum nel suo assieme di specie com- plessa o « Synspecies », mentre varia grandemente per il portamento e le dimensioni generali della pianta, per la grandezza degli spa- dici, delle foglie e dei suoi segmenti, per la forma e grossezza dei frutti, non offre poi caratteri diagnostici di importanza alcuna nei fiori 7 e 9, all’infuori di leggere differenze di ‘dimensioni. k * * A me sembra che dell’A. Romanzofianum si possano distin- guere le seguenti principali varietà, vale a dire: var. a genuinum — Cocos Romanzofftiana Chamisso. « Coco de Cachorro » di Santa Catharina. Pianta mezzana; frutti non molto grossi e globoso-ovati. | var. genuinum subvar. minus. — Pianta più piccola della forma tipica con frutti più piccoli e perfettamente globosi. var. = botryophorum — Cocos bdotryophora Mart. « Baba de Boi » e « Geriba » di Rio-de-Janeiro. Forma robusta con tronco alto e relati- vamente grosso. Chioma abbondante. Frutti assai grossi, globoso-ovati o globoso-obovati; nocciolo assai variabile, ma sempre assai ventricoso. var. y ensifolium. Pianta robusta con foglie a segmenti larghi; rami dello spadice più robusti e fiori Q più grandi; di Bahia. var. è australe. — Cocos australis Mart. — « Pindo » o « Datil ». Tronco più gracile e più svelto che nella v. gerusnum, e con chioma meno fornita. Frutti ovato-ellitici; nocciolo angusto, assottigliato alle due estremità. È la forma selvatica nell’ Argentina, nell’ Uru- guay, ed in Rio Grande-do-Sul. var. e Mieropindo — Pianta più piccola della var. australe, con spadici più corti; fiori Y assai più piccoli, ma frutti eguali. Argen- tina (?) e Paraguay. Forme ibride: A. Romanzoffianum x pulposum (B.-R.) A. Romanzoffianum XX Butia Becc. 28 Arecastrum Romanzoffianum v. genuinum Becc. — Cocos Roman- zoffiana Chamisso in Choris, Voyage pitt. 5, t. V. VI (1822) et in Flora, VI (1823) I, 226; Mart. Hist. Nat. Palm. II, 127, t. 88, £. 7; Becc. in Malpighia, I, 367; Lindman, Beitr. zur Palmenfi. Sidam. 20 et 21, f. 5; Schenck in Karsten et Schenck, Vegetationsbilder, ser. I, t. 3. — C. flumosa Hook. f. in Bot. Magaz. t. 5180 (1860) — (Tav. I, Il e III, f. 7). La forma tipica o genuina dell'A. Romanzofianum deve con- siderarsi quella incontrata da Chamisso presso il porto di Santa Catharina nel Brasile meridionale. Degli esemplari raccolti da Cha- misso ne ho visto uno che può ritenersi come autentico, conservato nell’Erbario di Pietroburgo. Identico all’esemplare di Chamisso io ne possiedo uno raccolto nel 1884 da Schwacke a Blumenau nella Prov. di Santa Catharina (N.° 5022 in Herb. Becc). (Tav. III, f. 7). Secondo i citati esemplari l’ Arecastrum di Santa Catharina è caratterizzato dalle dimensioni assai grandi, con foglie lunghe 3-4 m. nella parte pinnifera, e parte picciolare lunga circa 1 m., eda segmenti molto distintamente riuniti in gruppi di 3-5 sopra ogni lato del rachide ed arruffati, ossia vòlti in sensi contrarî; i segmenti intermedii sono lunghi 0,70-1 m., larghi 25-30 mm., con la costola mediana un poco inarcata e la punta flaccida ; i superiori più corti e più stretti. / fiorî 9, in boccio bene sviluppato, sono globoso-ovoi- dei, o globosi con la punta latamente conica, ottusiuscula, larghi ed alti 5-6 mm. Z fort j sono lunghi 8-11 mm., larghi 3.5-4 mm. Fruttt latamente ovati o leggermente obovati, mediocri, lunghi + 25 mm. e larghi 18-19 mm. MNocciol latamente ovoidei, + roton- dati in alto e poco più acuti in basso. La tavola citata del « Vegetationsbilder », riproduzione di una fotografia presa presso Blumenau nello stato di Santa Catharina, rappresenta l'aspetto dell’A. Romaernzofianum allo stato selvatico, Secondo Barbosa-Rodriguez in Santa Catharina riceve il nome di « Coco de Cachorro », ma sembra anche quello di « Geribà ». Parrebbe questa la forma che più comunemente s'incontra nei giardini (talora sotto il nome giusto di- Cocos Romanzoffiana, spesso ancora però sotto quello di C. $/umosa), ma variabile però assai per la grandezza e forma del frutto intiero e dei noccioli. Così il tipo del C. $/umosa che si trovava a Kew, e che è stato descritto TATO E, ea DI * Pe‘ K SSR Ra 24 e figurato nel « Botanical Magazine » aveva i frutti quasi globosi, con nocciolo rotondato in alto, ottusiusculo in basso, di 25 X 20 mm. I frutti di un esemplare coltivato in Riviera, e che mi sono stati comunicati dal Sig. Chabaud, sono globoso-obovati, lunghi 3 cm., larghi 25 mm., a nocciolo rotondato in alto, acutiusculo in basso, e di 27 X 23 mm. (Tav.I e Il). Un campione proveniente dal Giardino botanico di Brisbane col nome di C. f/umosa, ha noccioli latamente ellittici, acuti alle due estremità, e di 27 X 17 mm. sue: Noccioli di frutti corrispondenti a quelli del « Coco de Ca- chorro » di Santa Catharina, quali sono figurati da Barbosa-Rodri- gues (Palmae Matt. t. IV, F' 4 e 48) sono spesso messi iu commer- cio dai negozianti di semi (lunghi 18-20 mm., e larghi 14-16 mm). Sono frequenti nei giardini di Riviera gli individui che producono frutti con questa forma di noccioli. A questa varietà sembra riferibile il N° 15560 di Glaziou, e forse anche il N.° 20027, pure di Glaziou, raccolto a Minas-Geraés. Arecastrum Romanzoffianum, v. genuinum minus Becc. Considero come rappresentanti una forma più piccola del tipico A. Romanzoffianum genuinum alcuni individui coltivati ad Hyeres, dei quali il Sig. Chabaud mi ha inviato nell’anno 1909 una fotografia insieme ad alcuni frutti maturi. (Tav. III, f. 8). L’aspetto generale degli individui in parola è esattamente quello della forma tipica, ma di dimensioni alquanto ridotte ; il loro tronco è cilindrico, alto 5-6 m., e porta una corona di circa 15 foglie. I frutti sono globosi, leggermente ovoidei, lunghi 18-20 mm., larghi 15-16 mm, I noccioli sono globosi, lunghi 15 mm. e larghi 12-13 mm., del tutto rotondati alle due estremità. Questi frutti corrispondono alle fig. J 1, 1° della Tav. IV delle « Palma Mattogrossenses » e sono indicati come frutti di « Geribà » senz’altra indicazione. Arecastrum Romanzoffianum v. botryophorum Becc. — Cocos dotryophora Mart. Hist. Nat. Palm. II, pag. 118 (excl. descr, fl. Q et ructus) t. 83, (excl. spatha et anal. florum?) et t. 84, et tab. 166, f. III, 1-4 (excl. f. III, 5-9 ic. fruct.) — Syagrus botryophora Mart. 1. c. III, p. 292 (excl. descr. fruct.) et p. 324 — €. Martiana Dr. et Glaz. in Mart, FI. Bras. III, II, p. 418, t. LXXXVIII, I, et LXXXIX, excl. ic. putam. — C. Gerzda Barb.-Rodr. Protesto-A pp. p.:43; et les: Palm. psi 27.t.06 di 0060 LN Ego vale tra 25 Le forme più marcate differiscono da quella tipica per la mag- giore robustezza, per il tronco più alto e più grosso, coronato da più abbondante chioma, per le foglie a segmenti assai più larghi, per i ramoscelli fioriferi più robusti, più fortemente angolosi e con intac- cature per ricevere i fiori 9 assai più marcate, per i fiori g” più grandi, e per i frutti di solito più grossi, ovati, subobovati od ovato- ellittici. I fiori y sono lunghi 12-15 mm.; anche i fiori Q sono un poco più grandi di quelli della forma tipica, globosi con punta co- nica, larghi 5 mm. ed alti 7 mm. e leggermente angolosi. Non è possibile di stabilire però una demarcazione ben netta fra la forma tipica e la v. dotryophorum, ed anche in coltura si trovano forme che non è possibile decidere con quali delle due identificarle. Sembra la varietà più abbondante nelle vicinanze di Rio-de-Janei- ro, dove è conosciuto col nome di « Baba de Boi » o di « Geribà ». È coltivato nei giardini della Regione mediterrane e delle Ca- narie, ma frequentemente anche in quelli di paesi tropicali; ed io ne ho ricevuto saggi dai giardini di Calcutta, Buitenzorg e Bri- sbane. Di essa si trovano spesso i noccioli dai negozianti di semi, invero sotto vari nomi. Fra quelli che io riferisco alla var. 60, yo- phorum ne ho ricevuti dal giardino di Orotawa coi nomi di Cocos Datil e di C. lapidea, e di C. coronata ; essi sono più grossi dell’or- dinario, sono lunghi 30 e sino 35 mm. e larghi 18-21 mm.; sono latamente ovoideo-ellittici, molto acuti alle due estremità e corri- spondono a quelli del « Baba de Boi » dei « Sertum Palmarum » tav. 63, f. C' 2 e 2.8 Tali noccioli hanno la particolarità di avere gli ocelli situati assai al di sopra della base, a circa il quarto in- feriore dell’intiero nocciolo, il quale ha Der di più pareti molto spesse. (Tav. III, ff. 9, 10). Nel mio precedente lavoro sui Cocos (Malpighia, I, 375) ho ac- cennato alle incertezze che avevo riscontrato riguardo al Cocos botryophora Mart.; adesso tutti i dubbî mi sembrano rimossi, inquan- tochè negli esemplari di Glaziou n.° 8056, sul quale Drude e Glaziou hanno stabilito il loro Cocos Martiana (il n.° 17339 in Herb. Becc è identico al n.° 8056) si riconosce il vero C. dotryofkora, quale è figurato da Martius nelle t. 83, 84 e descritto a pag. 118 (vol. II) molto accuratamente in tutto, meno che in quel che riguarda il frutto e l’ovario; questo infatti si dice giabro; inesattezza però che l’Autore stesso corregge nel vol. III. pag. 292, dove detto ovario vien descritto come realmente si presenta, cinto cioè da un anello di tomento bianco, floccoso, e come tale è figurato nella t. 166, f. IM, ir 26 Il frutto poi del C. bofryofhora è indicato da Martius come provvisto di 3 larghe vitte e quindi con una cavità endocarpica regolare, e così vien rappresentato nelle figure 5-9 della stessa Tav. 166; ma una cavità endocarpica regolare con 3 vitte non, si: riscontra mai nei frutti di un Arecastrum, di guisa che io ritengo che le citate fig. III, 8-9 della Tav. 166 non appartengano all’A. bdotryo- phorum, ma ad un Syagrus, e precisamente al .S. (Cocos Trail) Inajai, corrispondendo esse esattamente ai frutti che di questa Palma ha distribuito Glaziou col n.° 17854. Senza alcun dubbio all’A. Romanzofianum, e con tutta proba- bilità alla varietà Jofryophorum, appartiene la f. III della t. 88 della « Historia nat. Palmarum », che rappresenta la metà inferiore di uno spadice prossimo ad espandersi ed ancora incluso nella sua spata, figura che da Martius è stata attribuita al Cocos nucifera. Le analisi del fiore gd e Q in detta Tavola sotto il n.° IV, seb- bene pure attribuite al Cocos nucifera, appartengono egualmente ad una delle forme dell'A. Romanzoffianum e precisamente alla var. ersz- folium, di cui un ramoscello fiorifero è rappresentato al n.° IV di detta Tav. 88. In ogni caso ognuno può riconoscere a colpo d'oc-. chio che tali analisi, meno leggerissime differenze di dimensione, non differiscono da quelle raffigurate al n.° VII, che riproducono le analisi dell'A. Romanzoffianum tipico, secondo disegni comuni- cati a Martius dallo stesso Chamisso. La spata del C. dotryophora, quale è rappresentata nella t. 83 , di Martius, apparirebbe più breve, più dilatata e più ventricosa, di quello che si riscontri in tutte le forme di A. Romanzoffianum ; ma io dubito molto che essa realmente appartenga alle porzione di pannocchia che vi è raffigurata come inclusa, perchè questa mi sembra che debba essere stata troppo grande per potere essere contenuta in una simile spata. Detta tavola quindi mi avrebbe l'apparenza di essere stata messa insieme con porzioni di spadice di A. Romanzofianum botryophorum e con la spata di tutta altra Palma, forse della Barbosa Pseudococos. A. questa medesima Palma pure riporterei Ja f. D nella t. 73, rappresentante uno spadice al quale sono caduti i frutti, ma avvolto dalla sua spata, il tutto rimpiccolito 3 volte, e che Martius a p. 292, (vol. III) ha ritenuto come appar- tenente al suo Syagrus botryophora, (1) (1) Erroneamente nella « Malpighia » (vol. 1. pag. 95 e pag. 34 dell’ estratto), avevo supposto che detta figura rappresentasse lo spadice del Cocos /ejospatha, non avendo avvertito che essa era rimpiccolita 3 volte, e che la spata è plicato-solcata di fuori, 27 Arecastrum Romanzoffianum v. ensifolium Becc. — Cocos b0- tryophora pg ensifolia Dr. in Mart. Fl. Bras. III, II, p. 409. — Cocos nucifera Mart. tantum quoad fig. IV in Tab. 88 in Hist. Nat. Palm. vol, II. Differisce dall’.4. Romanzofianum genuinum per i piccioli ed il rachide delle foglie coperte da denso indumento bianco cotonoso, almeno nella prima età (nell’A. Romanzofianum tipico tale tomento sembra molto più tenue e più fugace); per i segmenti più grandi: gli intermedî lunghi 0,90-1 m., larghi 3-4,5 cm.; ma specialmente differisce per i rami dello spadice assai acutamente angoloso-sub- trigoni e fortemente sinuosi fra i fiori, i quali sono molto rav- vicinati, alternato - 3 - seriati, e rimangono quasi orizzontali sui pulvinuli florali, e non subparalleli all'asse del ramo. I fior: maschi sono più grandi di quelli dell'A. Romanzofianum genuinum, lunghi 13-15 mm., sinuosi o falcato-sigmoidei, acuminati, del resto simili. I fiori femineîi sono pure più grandi, e da una base larga 8-9 mm. globoso-conici, alti pure 8-9 mm., ottusiusculi, più o meno angoloso- subtrigoni per mutua pressione; ovario densamente peloso in basso. I frutti non sono conosciuti. Gli esemplari tipici di questa varietà sono quelli distribuiti da Glaziou col n.° 8058, i cui ramoscelli fioriferi corrispondono molto bene al ramoscello, pur con fiori 7 e ©, figurato da Martius nella t. 88, f. IV della «Hist. nat. Palm. » v. III, ed erroneamente attribuito nella spiegazione della tavola al Cocos nuczfera. Gli esemplari di Glaziou n.° 8058 sono stati fatti sopra indi- vidui coltivati nel Giardino botanico di Rio-de-Janeiro; ma a quanto sembra provenienti dalla ‘Provincia di Bahia. È forse di questa Palma che Martius, a proposito del Cocos dofrvophora, scrive che è una bellissima Palma, che cresce nelle foreste vergini della Provincia di Bahia, specialmente in località non molto lontane dal mare, e della quale i frutti son detti insipidi e mangiati solo dagli uccelli. Non conosco che questa varietà si trovi in coltura da noi, È quella che più differisce dalla forma tipica di Chamisso, ma il pas- saggio da questa esiste per mezzo della var. dofryofhorum, come risulta dagli esemplari distribuiti da Glaziou con il n.° 17339. Arecastrum Romanzoffianum v. australe Becc. — Cocos au. | stralis Mart. Palm. Orbign. (1847) 95, t. 1, f. 2 et t. 30, C.; et Hist. Nat. Palm. III, p. 289 et 324. — C. DaZ/ Gris. et Dr. in Gris. Symb. 28 Fl. Arg. (1879) 283 — C. Romanzofrana Lindman, Beitr. zur Pal- menfl. Slùdam. p. 22, f. 5; — Gassner in Karsten et Schenck, Vegetationsbilder, ser. 11, t. 11 et 19 — C. Arechavaletana Barb.- Rodr. Contrib. Jard. bot. Rio-de-Jan. II, p. 43, t. VI, excl. f. j, h? et Sert. Palm. I, 108, t. 81 (excl. f. J. K.?) — C. acrocomzozdes Drude in Mart. FI. Bras. III, II p. 409, t. 87, III. — (Tav. III, ff, 2-6). Si distingue dalla var. genuznum per i frutti ovato-ellettici, piut- tosto angusti e per lo più attenuati verso l’apice, con noccioli el- littici, assottigliati verso le due estremità ed ivi acuti. Si trovano però tutte le transizioni fra i frutti di questa e della var. 50t7yo- phorum. È poi una pianta più gracile con tronco più sottile e con chioma meno densa del tipico A. Romanzofianum genuinum. È questa la forma più meridionale di Arecastrum, propria della Repubblica argentina e dell'Uruguay, ma che sembra si estenda an- che nel Paraguay ed in Rio Grande-do-Sul. }Xiceve i nomi volgari di « Datil » e di « Pindò ». I frutti, che sono maturi in Dicembre e Gen- naio, hanno una polpa scarsa, ma zuccherina, che rammenta quella dei datteri. Dai semi se ne estrae un olio. Le foglie sono adoprate . per farne stoje, cestelle, panieri e similia. Nella figura citata della memoria di Lindman si può vedere in quale stato miserabile è ridotta la chioma di questa Palma per sfruttarne le foglie. In esemplari che ho ricevuto dall’Ing. Spegazzini dall’ Argen- tina col nome di « Pindò », i noccioli sono lunghi 20-22 mm. e larghi 12-13 mm. (Tav. III, f. 2). A queste precise dimensioni corrispondono dei noccioli che mi sono stati trasmessi dalla Casa Vilmorin Andrieux et C.° col nome di Cocos australis, ad altri del tutto simili coi nomi di C. plumosa (Tav. III, f. 3) e di C. flexuosa ave EE. 4; Altri noccioli che pure mi ha inviato l'Ing. Spegazzini dall’Ar- gentina col nome di Cocos Datil, sono molto più dei precedenti angusti ed acuti alle due estremità, e misurano 20-22 mm, di lun- ghezza, sopra 10-12 di larghezza. Identici a questi per forma e dimensione sono i noccioli che il Prof. Arechavaleta mi ha inviato da Montevideo col nome di Cocos Arechavaletana, (Tav. III, ff. 5, 6), assicurandomi che detti noccioli provenivano dalla medesima pianta descritta da B.-R. nelle « Contributions » e nel « Sertum Palma- rum » e quivi figurato nella tav. 81. Questi noccioli presentano la ca- ratteristica gibbosità interna, ma meno accentuata, ed il seme meno uncinato che nelle altre forme di Arecastrum, ma corrispondono esattamente a quelli figurati nella tav. 63, f. 1. 2. 3. in basso a destra 29 nel « Sertum Palmarum » e da B-R. riferiti ad una delle forme del Cocos Romanzoffiana. A. questo riguardo faccio osservare che la tav. 81 sopra citata rappresenta indubbiamente un Arecastrum, come si riconosce dalle analisi del fiore, dove l’ovario apparisce to- mentoso ed il frutto provvisto della caratteristica areola bianca al- l’apice; pure per il nocciolo disegnato nella pianta in germoglia- mento (fig. A), acuto alle due estremità, detto Arecastrum rientra nella var. australe, e corrisponde ai noccioli degli esemplari di Spe- gazzini sopra descritti; ma il frutto in sezione longitudinale (fig. J) ed il nocciolo in sezione transversa (fig. K.) rappresentato nella tav. 81 e descritto a pag. 109 (Sert. Palm. v. I.), l’uno e l’altro indicati come appartenenti al C. Arechkavaletana, non potrebbero riferirsi ad un Arecastrum, ma sembrerebbero quelli di un .Syagrus, la cavità del nocciolo mostrando 3 vitte, ed il seme apparendo di forma regolare. Evidentemente, o l’artista ha lavorato di fantasia, o il chiarissimo autore ha sezionato i frutti di una Palma ben diffe- rente da quella rappresentata nel rimanente della tav. 81. La figura dello spadice intero di Cocos Arechavaletana intercalata nel testo del « Sert. Palm. » a p. 109, riproduce fedelmente l’aspetto generale dello spadice in fiore dell’A. Romanzoffianum. Forse si potrebbe considerare il C. Arechavaletana B.-R. come una sotto varietà della var. australe, caratterizzata dal nocciolo con gobba interna poco accentuata, ed in conseguenza da un seme meno irregolare, è che formerebbe il passaggio ai Syagrws, se la loggia non presentasse una sola vitta, e le traccie delle loggie sterili non rimanessero nello spessore delle pareti del nocciolo. Alla var. australe dell’A. Romanzofianum è apparentemente riferibile il N° 16482 di Glaziou (esemplare con fiori ancor giovani ?) e con più sicurezza il N° 22258 dello stesso Glaziou, a me inviato col nome di C. acrocomiordes, e che ha frutti ellittici, lunghi ed angusti. . La figura citata nel « Vegetationsbilder » riproduce bene l’a- spetto di questo Arecastrum, come si presenta allo stato selvatico nei boschi presso Cebollati nell’Uruguay, con tronco sottile e slanciato e chioma non molto abbondante. Un esemplare appartenente alla var. 2ust2/e, che mi ha donato l'Ing. Spegazzini, e che e stato raccolto in fiore nel Gennaio 1907 da lui medesimo nell’Argentina a Posadas (Missiones), ha le foglie con i segmenti distintamente aggruppati e .vòlti in. varî sensi: gli intermedi lunghi 70-75 cm. e larghi solo 2 cm.; lo spadice ha i 30 ramoscelli assai gracili, i più bassi lunghi 40-45 cm., i superiori gradatamente più corti; quelli presso l’ apice ridotti a 18-20 cm. I fiori 7 sono lunghi 9-10 mm; edi fiori 9 al momento che i y sono prossimi ad aprirsi larghi solo 4 mm., ma probabilmente sarebbero aumentati alquanto di volume al momento della loro antesi. Arecastrum Romanzoffianum v. Micropindo Becc. (Tav. III, f. 1). Potrebbe considerarsi come una sotto varietà dell'A. Romanzof- fianum australe, il Cocos che nel mio lavoro nella « Malpighia » (I, p. 37) avevo erroneamente riferito al C. acazdis Drude, e che ora distinguo col nome di /Microfindo. (Riconosco presentemente che il C. acaulis Drude è una specie di Syagrus, affine al S. petrea). Di detta varietà l’Ing. Spegazzini ha raccolto solo dei frutti lungo il Rio Ibicuy nelle montagne dell’ interno del Paraguay, sui con- fini del Brasile; di essa il collettore nota che è una specie nana; ed a me sembra corrispondere ad una di quelle rammentate da Barbosa-Rodrigues, e delle quali è stata data una figura d’assieme nel « Sertum Palmarum » tav. 63, f. B. I frutti di detta varietà Micropindo sono angustamente ovato-ellittici, con apice conico, lunghi (col perianzio) 23-24 mm.; i noccioli sono molto acuti alle due estremità, un poco più larghi in basso che in alto, lunghi 2 cm., larghi 1 cm. Detti frutti, meno che nell’essere un poco più piccoli, non differiscono del resto da quelli della varietà «australe. Alla varietà Micropindo parrebbe dovesse riportarsi anche un cam- pione consistente in un solo ramoscello assai più corto di quelli . della var. australe, portante frutti maturi, che pure mi è stato donato dall’Ing. Spegazzini e che proviene da un individuo colti- vato dal Sig. Richter a Buenos-Ayres e trapiantato dalle isole del Paranà. Di esso l’Ing. Spegazzini dice che è simile all’A. Romaz- zoffianum australe, ma che è però una pianta più piccola, con spa- dice meno ricco e frutti più rotondati. I noccioli in detto campione sone lunghi 21 mm. e larghi 11 mm.; sono quindi un poco più corti, e quindi relativamente più panciuti di quelli delle piante del Rio Ibicuy. Arecastrum Romanzoffianum X Butia. — Di questa curiosa Pal- ma, che io ritengo con tutta certezza per un ibrido, esiste un grande esemplare nella Villa St. Louis presso la frontiera a Ventimiglia, e di esso mi sono stati trasmessi dei buoni saggi in fiore dal Si- MENA NE 0 S1 gnor Elwin Berger, Curatore del Giardino Hanbury alla Mortola. Mancano però i frutti. ‘Da quanto mi scrive il sig. Berger questo esemplare ha il tronco e l’inserzione delle foglie come nelle 5wz2, i piccioli però non sono spinosi; i segmenti hanno la medesima disposizione di quelli delle Butia, sono sottilmerite coriacei, verdi sulle due faccie, lucidi di sopra, non pulverulento-cerosi di sotto, ma quivi solo leggermente più pal- lidi che di sopra, con la costola mediana molto forte e gialla; sono molto ravvicinati fra di loro nei due terzi superiori del rachide e quivi equidistanti e concinni, ossia tutti sopra un piano; nella parte bassa però hanno la tendenza ad esser geminati ed a esser un poco arruffati, ossia vòlti in varie direzioni; i più bassi sono molto ravvicinati fra di loro e più corti e più stretti degli intermedî, dei quali i maggiori sono lunghi 1-1.07 m. e larghi 25 mm.; hanno i nervi secondarî assai numerosi e distinti; venule trasverse quasi obliterate, Di questo ibrido ho ricevuto due spadici, uno inaperto, ed un altro al momento dell’antesi dei fiori maschi. In uno la spata è lunga 1.50 m., nell’altro 1.80 m.; la sola pannocchia misura 1.30 m. La spata è legnosa, fortemente plicato-solcata e perfettamente simile a quella delle grandi forme di A. Romanzoftianum. I rami dello spadice, numerosissimi, sono gracili e molto allungati. I fiori 9° sono lunghi 7-8 mm., ma in tutto conformi a quelli dell’A. Romarzoffia- num; non così i fiori Q, i quali sono identici a quelli della Buzz capitata, ovato conici, larghi 4-4.5 mm. ed alti 6-6.5 mm., con ovario ovato conico e glabro, e nettario brevemente annulare. È evidentemente un ibrido, rivelato principalmente dalla spata plicato-solcata propria degli Arecastrum, e dai fiori Q con ovario gla- bro come nelle 2uzfze. I caratteri intermedì si trovano nell’apparenza del tronco e nelle fronde. La specie di Bxfia che può aver contri- buito alla formazione dell’ibrido è con tutta la probabilità la 2. capitata, od una delle ‘sue varietà, a motivo della forma e dimen- sione dei fiori 9. Digià un ibrido fra VA. Romanzofianum ed una Butia è stato descritto da Barbosa-Rodrigues nel « Sertum Palmarum » pag. 116 @ 134, t. 69, fig. D, col nome di Cocos Romanzoffiana pulposa, ed è stato incontrato nell’Isole di Los Padres sul Rio Cebolate nell’Uru- guay, in un luogo dove l’Arecastrum Romanzofianum era estrema- mente abbondante insieme alla Buia capitata pulposa. Si ritiene che la pianta fecondatrice sia stata l’Arecast7u7, del quale presenta i caratteri del tronco, che per le dimensioni però rassomiglia più a 32 quello di una 52 (3-4 m. di altezza sopra 45-50 cm. di diam.); le foglie sono dell’ Arecastrum, meno i piccioli che sono spinosi come nelle Buzza. I frutti sembra che dovessero essere simili a quelli‘ dell’A. Romanzoffianum australe, ma col perianzio delle Buia. Que- st'ibrido differirebbe da quello da me descritto specialmente per le fronde con i piccioli spinosi. GEN. SYAGRUS MART. Mart. Hist. Nat. Palm. III. 129; et III, 290 (partim) et Palm. Orbig. 131. — G/aziova et Cocos sectionis Syagri Drude in Mart. FI. Bras. III, II 395 et seq. — .Syagrus et Cocos subg. G/laziova Becc. in Malpighia, I (1886) 351 — (Tav. IV). I Syagrus si distinguono dalle 5a per le foglie con piccioli a margini non spinosi, e per i frutti a nocciolo monospermo con cavità regolare, distintamente segnata da 3 vitte lucide, e per gli ocelli situati presso la base del nocciolo ed incavati come negli Are- castrum, mentre nelle Bufza gli ocelli sono superficiali. Una diffe- renza importante fra le Buzia ed i Syagrus si trova anche nella natura dei dissepimenti delle loggie; di fatti questi nelle Zuzza sono legnosi come le pareti del nocciolo (Malpighia v. I, Tay. IX, f. 10-12), mentre nei .Syag7us detti dissepimenti sono membranacei, e durante lo sviluppo del frutto vengono spinti da un lato della cavità endocarpica dall’unico ovulo che va trasformandosi in seme (Malpi- ghia 1. c. fig. 3-5). Quando si toglie il seme dal nocciolo di un .Sya- grus per lo più accade che col seme si asportano anche i resti dei dissepimenti, e per tal motivo, oltre ad apparire il punto al quale corrispondeva il dorso del seme (vale a dire la sua vitta), rimangono allo scoperto anche le altre due vitte, che rappresentano l’area d’in- serzione dei due ovuli abortiti; di tal guisa l’intiera cavità endocar- pica apparisce 3-vittata. Alle volte le due vitte delle celle sterili non rimangono allo scoperto, ma faeilmente si possono rendere visibili grattando la cavità eudocarpica in modo da asportare le sottili pellicole (i dissepimenti) che le nascondono. Dagli Arecastrum i Syagrus si distinguono per la differente struttura del nocciolo e del seme; nei primi la cavità del nocciolo essendo irregolare ed univittata ed il seme gibboso-uncinato ; nei secondi, come sopra è stato detto, la cavità è regolare, 3-vittata ed il seme regolare. ì 83 La specie tipica del Genere Syagrus sarebbe il .S. cocozdes, che del resto però non offre caratteri nei fiori e nel frutto per i quali si possa distinguere dalle altre Palme che io, nel mio precedente lavoro, avevo collocato fra le G/azzova. Martius colloca fra i Syagrus anche il Syagrus comosa, che rimane una delle specie tipiche di detto Genere; non così però vi può rientrare il .S. dofryofhora, che corrisponde invece ad una delle varietà dell’ Arecastrum Romanzof- fianum, vengono pure staccati dai Syagrus di Martius il Syagrus amara ( Rkyticocos Becc.) ed il S. Mikantana (Barbosa Becc.). Rientrano fra i Syagrus le due Palme per le quali Drude aveva stabilito il Genere G/aziova : la G. insignis e la G. Martiana. Presento qui sotto l’elenco delle Palme che mi sembra debbano rientrare fra i Syagrus, non avendo per il momento potuto fare di questo Genere uno studio completo, non possedendo di molte spe- cie il materiale di studio occorrente. ENUMERAZIONE DELLE SPECIE DI .SYAGRUS Syagrus acaulis Becc. — Cocos acaulis Drude in Mart. FI. Bras. III, II, 426, t. XCVII, f. II. — Brasile centrale. — apaensis Becc. — Cocos afaensis Barb.-Rodr. Sert. Palm. I, 100, t. 74, A. — Brasile: Rio Apa. — argentea Becc. — Cocos argentea Engel, Palmae Nov. Columb. in Linnaea XXXIII (1865) 190 — Columbia. — campestris Wendl. Index Palm. 17, 38 — Cocos campestris Mart. Hist. Nat. Palm. .IIJ, 121, t. 87, f.. 1. — Brasile: S. Paulo e | Minas-Geraés (1). — eampicola Becc. — Cocos campicola Barb.-Rodr. Palmae Hass. N. 6 et Sertum Palm. I, 98, t. 71. — Paraguay. — campylospatha Becc. — Cocos campylospatha Barb.-Rodr. Pal- mae Hassl. N. 9g et Sertum Palm. I. 99, t. 73 A. — Paraguay. — Catechucarpa Becc. — Cocos Catechucarpa Barb.-Rodr. in Con- trib. Jard. bot. Rio-de-Jan. I (1901) 41, t. II D. et in Sert. Falmid:107;-t,80 (2) — Chavesiana Barb.-Rodr. in Vellosia ed. 1.* (1887) I, 52; ed. 2.° (1891) I, p. 108. — Cocos Ckavestana Barb.-Rodr. in lit. ex Becc. in Malpighia, I (1886) 445 et Sert. Palm. I, 106, t. 79 B. —. Brasile: Manaos. 34 Syagrus Chiragua H. Wendl. in Kerch. Les Pal. 257. — Cocos Chi- ragua Becc. in Malpighia, I (1886) 445. — Pafentia Chiragua Karsten in Linnaea XXVIII (1856) 240. — Columbia: presso Pamplona. Cogniauxiana Barb.-Rodr. Sert. Palm. I, 102, t. 76 A_— Para- guay : Rio Apa. comosa Mart. Palm. Orbign. 134 et Hist. Nat. Palm. III, 292, 324, t. 166. f. V. — Cocos comosa Mart. Hist, Nat. Palm. II, 122, t. 88, f. I-II. — Brasile centrale. coronata Becc. — Cocos coronata Mart. Hist. Nat. Palm. II, 115, t. 80 (nomine C. cafitatae ; vide expl. tabularum), et t. 81, tantum quoad ff. 8-17. — Brasile: Bahia, Pernambuco, etc. (3). coronata var. Todari Becc. — Cocos coronata v. Todari Becc. in Malpighia, I (1886) 453. — Brasile. Drudei Becc. — Cocos Weddellîir Drude in Mart. FI. Bras. III, II, 411. t. XC. — Cocos Druder Becc. in Malp. I (1886) 445. — Brasile centrale : Sertao de Amarolite. Dyerana Becc. — Cocos Dyerana Barb.-Rodr. Sert. Palm. I, 95, t. 70, B. — Paraguay. ecuadorensis Becc. sp. n. — Ecuador. (4) fietuosa Becc. — Cocos fexuosa Mart. Hist. Nat. Palm. II, 120, t. 64 et 86 (incl. v. 8 catafhracta et y densiflora); Barb.- Rodr. Sert. Palm. I, 88, t. 61 B, 62 C et 64 C. — Brasile cen- trale. (5). glaucescens Becc. sp. n. — Brasile: Minas-Geraés. (6). Glazioviana Becc. — Cocos Glazioviana Damm. in Engl. Bot. Jahrb. XXXI (1902) 21. — Brasile: Goyaz. graminifolia Becc. — Cocos sraminifolia Drude in Mart. FI. Bras. III, II, 415, t. XCI. — Brasile centrale. graminifolia v. nana Becc. — Cocos graminifolia v. 8 nana Drude in Mart. FI. Bras. III, II, 416, t. XCI, f. 1, 2. — Brasile centrale. graminifolia v. Glazioviana Becc. — Cocos graminifolia v. x Glazioviana Damm. in Engl. Bot. Jahrb. XXXI (1902) 23. — Brasile centrale: (Goyaz. Hassleriana Becc. — Cocos Hassleriana Barb.-Rodr. Sert. Palm. I, 101, t. 74 B. — Paraguay : presso Concepcion. 30 Syagrus Inajai Becc. — Cocos Zrajar Trail in Journ. of Bot. 1877, 79; Drude in Mart. FI. Bras. III, II, 407, t. LKXXVIII, f. II. — Maximiliana Inajati Spruce in Journ. Linn. Soc. XI (1869) 163. — Cocos aequatorialis Barb.-Rodr. En. Palm. nov, (1875) 38. — Brasile: Rio delle Amazoni presso Manaos. — insignis Becc. — Cocos insignis H. Wendl. in Kerch. Les Palm. 241; Barb.-Rodr. Sert. Palm. I, 115, t. 87 B. — G/azzova insignis Drude in Mart. FI. Bras. IU, II, 398. — Brasile: Prov. di Rio-de-Janeiro. — lilliputiana Becc. — Cocos /alliputiana Barb.-Rodr. Palmae Has- sler. N. (1900) 5 et Sert.-Palm. I, 96, t. 69 A. — Paraguay. — macrocarpa Barb.-Rodr. Prot.-App.(1879) 48. — Cocos macrocarta Barb.-Rodr. Prot.-A.pp.(1878) 46 et Sert. Palm. I, 112, t. 85, 86. Cocos Procopiana Glaz. ex Drude in Mart, Fl. Bras. III, II, (1882) 413, t. LXXXII, f.'2 — Brasile: Minas-Geraéès. — oleracea Becc. — Cocos oleracea Mart. Hist. Nat. Palm. II, 117. t. 82 (excl. f, III ?); Barb.-Rodr. Sert. Palm. I t. 83, 84; Becc. in Malpighia, I (1886) 447. — Brasile: Minas-Geraés. — oleracea v. platyphylla Becc. — Cocos oleracea v. platybhylla Drude in Mart. Fl. Bras. III, II 417. — Brasile, . — petraea Becc. (genuina) — Cocos pfetraea Mart. Palm. Orbign. 100, t. 9, f. 2 et Hist. Nat. Palm. III, 2090, 324. — Cocos rupestris Barb.-Rodr. Prot.-App. 45. — Bolivia orient. e Bra- sile centr. — petraea v. platyphylla Becc. — Cocos fetraea v. platythylla Drude in Mart. Fl. Bras. III, II, 426; Barb.-Rodr. Sert. Palm. I 097, t. 70 A. — Brasile centrale. — petraea v. alpina Becc. — Cocos $etraca v. alpina Drude in Mart. Fl. Bras. III, II, 426. — Brasile. — pierophylla Barb.-Rodr. Prot. App. 45 et 48 — Cocos fecro- phytla Barb.-Rodr. Les Palm. 26, f. III, f.2 @, 5, et Sert. Palm. I, 88, t. 65 A_ et 66. — Brasile: Prov. di Rio-de-Janeiro. — quinquefaria Becc. — Cocos quinquefaria Barb.-Rodr. Palm. Hassl. N. (1900) 13 et Sert. Palm. I, 114, t. 87 A. — Coltiv. nel Giard. Bot. di Rio-de-Janeiro. — Sancona Karst. in Linnaea XXVIII (1856) 247. — Cocos San- cona. Hook. f. in Report R. G. Kew 1882 (1884) 72 — Columbia. 36 Syagrus speciosa Barb.-Rodr. Prot.-App. 49. — Cocos speciosa Barb.- Rodr. Enum. Palm. nov. 39 et Sert. Palm. t. 1,107. — Bra- sile; Regione litoranea dell’Amazone. — sapida Becc. — Cocos sapida Barb.-Rodr. Palm. Nov. Parag. 12, t. III et Sert. Palm. I, 104, t. 77 B. — Paraguay. — Treubiana Becc. — G/azzova Treubiana Becc. in Ann. Jard. Bot. Buit. 2% Ser. Suppl. III, 792, cum ff. — Paraguay? — Urbaniana Becc. —- Cocos Urbantana Damm. in Engl. Bot. Jahrb. XXXI (1902) 22 — Brasile: Minas-Geraés. — Weddelliana Becc. — Cocos Weddelliana H. Wendl. in Florist and Pomologist, 1871 — G/aziova Martiana Glaz. ex Drude in Mart. Fl. Bras. III, II, 397, t LXKXXVI et LKXXVII. — Cocos elegantissima Hort. — Leopoldina pulchra Hort. — Bra- sile: Vicinanze di Rio-de-Janeiro. — Weddelliana v. cinerea Becc. var. n. — Brasile (Glaziou. N. 2758 in Herb. Becc.) (7), — Weddelliana v. Pinaertii Hort. ex Nich. et Mott. Dict. d’ Hort. VBA SPECIE DUBBIA: Syagrus plumosa H. Wendl. Ind. Palm. 322. — .Syagrus comosa Mart. ? * * * È probabile che uno studio accurato : delle piccole specie di Syagrus, descritte col nome di Cocos da Barbosa-Rodrigues, consigli la soppressione di varie di esse. I Syagrus lilliputiana e campicola sono grandemente affini al Syagrus petraca. Sono molto affini al Syagrus Drudeîi i Syagrus campylospatha, apaensis, Hassleriana e Cogniauxiana. Il Syagrus Dyerana è molto affine al Syagrus graminifolia. NOTE E DESCRIZIONE DI SPECIE O VARIETÀ NUOVE DI SYAGRUS. (1) Non ha nulla che vedere con la Palma talora conosciuta nei giardini col nome di Cocos campestris, che non è un Syagrus, ma una Zutza, spesso riferibile alla £. cafifata Becc. 37 (2) Il Syagrus Catechucarfa rimane per me una Palma pro- blematica, perchè per le parti vegetative corrisponderebbe all’ Are- castrum Romanzoffianum. La sua spata tanto potrebbe appartenere ad un Arecastrum quanto ad un vero Syagrus essendo solcata- pieghettata; le figure però delle foglie, dei fiori, del frutto e dei noccioli, pubblicate nel « Sertum Palmarum » sono tanto simili alle parti corrispondenti della /ubea spectabilis, che quasi si sospet- terebbero come veramente appartenenti a questa Palma. (3) Spesso nei giardini col nome di Cocos coronata si trova una delle forme della Butia capitata. (4) Syagrus ecuadorensis Becc. sp. n. — Palma circiter 15 m. alta, inermis (Eggers). Frondium segmenta ensiformia, basi sensim at- tenuata, apice aequaliter acuminata, costa media supra acuta, nervis secondariis utrinque 6, tenuibus, venulis transversis obsoletis. Spadicis spatha....: rami rigidi, crassiusculi, floribus foemineis numerosis ap- proximatis et spiraliter pluriseriatis alte praediti, superne sensim attenuati et flores masculos tantum ferentes. Z/ores 3 ovati, obtusi. Flores ® in alveolis orbicularibus feere confluentibus horizontaliter inserti. Z7ucfus auguste ovati, vel ovato-elliptici, superne conico- attenuati, areola suborbiculari augusta (stigmatum residuis) terminati, 34 mm. longi, 17 mm. lati; mesocarpio exsucco, I mm. crasso, fibris tenuibus contexto; endocarpio lapideo 2 mm. spisso, intus conspicue lateque trivittato; semine oblongo, superne rotundato, basi planiu- sculo, 17 mm. longo, 9 mm. lato, embryone exacte ad basin latera- liter locato, profunde in albumine pleno oblique penetranti. Andro- cei rudimentum annulare, in margine obsolete dentato-repandum. Perianthium fructiferum breviter cupulare, sepalis et petalis subae- qualibus, rotundatis et in margine irregulariter fissis. HABITAT. Nell’Ecuador. — Raccolta da Eggers in luoghi. sel- vatici a Zapullo e distribuita col n. 15681 (Erb. di Monaco). Ho visto di questa Palma solo un segmento di una fronda, un ramo di spadice con frutti maturi, ed un ramo con fiori. Sembra una specie ben distinta per i rami dello spadice co- perti di fiori feminei per la maggior parte della loro lunghezza ; per i fiori stessi inseriti orizontalmente in alveoli orbicolari non molto profondi, ma ben distinti, ravvicinatissimi fra di loro e disposti spi- ralmente lungo 5-6 serie; per i frutti angustamente ovati a punta conica, con mesocarpio scarso, ed endocarpio assai spesso, molto distintamente 3-vittato, e per il seme oblungo. | 38 (5) Col nome di C. /lexuosa si trova spesso nei giardini una forma dell’ Arecastrum Romanzoffianum. (6) Syagrus glaucescens Becc. — Cocos glaucescens Glaziou Sched. in Herb. Becc. n. 20024. Caudex.... Frondium rhachis furfuracea; segmenta per acervos 4-nos inter se conspicue dissitos densissime approximata, lineari- oblanceolata, basi paullo angustata ibique arcte inflexo-condupli- cata, apice abrupte pau!lo inaequaliter angustata et fere obtusa sed acumine tenui rigido pungenti terminata, subtiliter coriacea, rigida, 30 cm. longa, 22-26 mm. lata, supra pallide virentia et indumento tenuissimo detergibili preedita, subtus glaucescenti-cerosa, costa me- dia supra prominula, nervis secundariis utrinque 4-5, tenuibus, ve- nulis transversis obsoletis. S#adzx minor (circa 40 cm. longus) validus; spatha superiori fusiformi, acuminata, rigidissima, spisse coriacea, extus plicato-sulcata, peduculo compresso 7 mm. lato, superne sub- clavato; ramis paucis rigidis, erectis, flexuosis, 10-12 cm. longis, basi crassis et flores foemineos 1-3 ferentibus, superne tenuioribus, acute angulosis et subscrobiculato-serratis, floribus masculis nume- rosis onustis, ZZores d' coriacei, 11-12 mm. longi, inaqualiter lan- ceolati, acuminati, calyce brevi acute 3-dentato. /ores foeminei majusculi, conoidei, angulosi, masculis multoties majores, 15-20 mm. longi, sepalis coriaceis, triangularibus, acuminatis; petalis è basi latissima in acumen subulatum attenuatis. Androcei rudimentum breve, annulare, obsolete 3-denticulatum. F7xctus globoso-ovati, utrin- que rotundati, 25 mm. longi, 20 mm. crassi, monospermi; epicarpio furfuraceo; mesocarpio fibroso; endocarpio 4 mm. crasso, intus 3-vit- tato; semine globoso. HABITAT. — Scoperto da Glaziou il 28 Marzo 1892 nel Brasile a Biribing presso Diamantina, Prov. di Minas-Geraés; n. 20024 nel- l’Erb. Beccari ed in quello di Copenhagen. È una piccola specie, d’aspetto eminentemente xerofilo, affine a quanto sembra al .S. comosa, caratterizzata dalle sue foglie glauce- scenti molto rigide, con segmenti molto distintamente riuniti in gruppi assai discosti l’uno dall’altro, ma nei singoli gruppi ravvi- cinatissimi fra di loro per le basi; essi poi sono coperti da un te- nuissimo strato ceroso, che specialmente nella pagina superiore si stacca in sottili lamelle come in certe Coperzicsa e Thrinax,; sono pure caratteristici gli spadici per la spata superiore strettamente fusiforme, molto coriacea e con pareti spesse 3 mm.; per i rami portanti pochi fiori feminei, grandi, conico-allungati, e per i frutti 39 globoso-ovati, forforacei allo esterno, con nocciolo striato e punteg- giato-impresso all’esterno, a pareti spesse, con pori quasi superficiali e situati proprio alla base. (7) Syagrus Weddelliana var. cinerea Becc. var. n. — A forma typica differt frondium segmentis subtus indumento conspicue ci- nereo obtectis. — Brasile: Glaziou N. 2758 in Herb. Beccari. — Sembra una forma intermedia fra il Syagrus insignis ed il Syagrus Weddelliana, delle dimensioni però di quest’ultimo o poco maggiori. GEN. BUTIA Becc. Cocos Auct. plur. — Cocos Subg. Butia Becc. in Malpighia, I (1886) p. 352. Le Zxfia hanno un tronco che rimane lungamente coperto dalle basi delle fronde, le quali solo quando sono vecchissime, cadendo, lasciano il tronco stesso scabro e fittamente segnato dalle cicatrici delle basi marcescenti dei piccioli. Le fronde hanno un, picciolo molto dilatato in una base crassa, che non abbraccia però che una piccola parte del tronco, di modo che su questo le foglie, che per- sistono lungamente, risultano distintamente disposte secondo diverse spirali; i margini dei piccioli stessi sono poi molto cospicuamente armati di un tipo tutto speciale di spine. I segmenti foliari sono allungati e stretti, coriacei, gradatamente acuminati in punta subu- lata, brevemente bifida: hanno la costola mediana robusta ed i nervi secondarî pochissimo distinti dai numerosissimi nervi terziarî; le venule transverse sono indistinte, ed i margini leggermente inspes- siti. Gli sfedici sono provvisti di una spata basilare breve, tubulosa, strettamente guainante, pervia all’apice, e di una grande e completa spata superiore avvolgente tutta la pannocchia, da prima fusiforme e che poi si apre lungo tutto un lato e diventa cimbiforme, ossia assume la forma di una canotto allungato; essa è coriacea, glabra o tomentosa di fuori, ma a superficie unita (non solcato-plicata). La pannocchia è semplicemente ramosa ed è portata da una parte pe- duncolare assai robusta. I ramoscelli fioriferi sono allungati e portano in basso, per un tratto più o meno lungo, fiori feminei accompagnati da due fiori maschi, e nel rimanente soli fiori o, da prima gemini e poi solitari nell’estremità dei ramoscelli stessi, sui quali sono inseriti in piccole intaccature provviste di minute bratteole. Ì for: maschi , 40 sono piccoli, irregolarmente ovati per la mutua pressione, hanno il calice formato da 3 piccoli sepali triangolari, + uniti fra di loro per la base, la quale spesso si prolunga in una specie di pedicello solido, trigono ; la corolla è assai più lunga del calice, di 3 petali valvati ; gli stami sono 6 con filamenti subulati inflessi all'apice ed antere versatili; il rudimento d’ovario è minuto, e 3-partito. /%0rz feminei inseriti sopra pulvinuli provvisti di piccole brattee, globoso-ovati, od ovato-conici, a sepali larghi, imbricati, terminati in punta acu- tiuscula o leggermente cucullata, a corella di poco più lunga del calice, con i petali molto espansi sui lati, latamente involuto-im- bricati, ma terminati in breve punta triangolare valvata; gli stami- nodi formano un breve anello, intiero, o + 6-dentato. Ovario ovato, acuto, glabro; stigmi piccoli, crassi, trigoni, acuti, da prima con- niventi, patenti poi durante l’antesi. #7 globosi, ovati od ovato- conici, terminati dai resti dei piccoli stigmi, senza areola pubescente intorno a questi; epicarpio liscio ; mesocarpio assai abbondante, car- noso-fibroso o muciliaginoso, per lo più acidulo. Nocciolo legnoso- osseo, globoso, ovato od ellittico, a superficie unita, segnato da 3 pori od ocelli, deltutto superficiali, situati spesso verso la metà, ov- vero poco sopra o poco sotto di questa, ma talvolta anche in pros- simità della base ; normalmente il nocciolo è 3-loculare, e le loggie sono separate da dissepimenti legnoso-ossei, ed ognuna accoglie un sol seme; tolto il seme ogni loggia mostra una vitta lucida. Non di rado si trovano dei noccioli biloculari od anche uniloculari e quindi con un solo o due semi; essi allora hanno le traccie delle loggie abortive spinte da un lato ed incluse nelle pareti ossee del nocciolo stesso. I sezzz sono conformi alla cavità del nocciolo e sono + regolari. Albume omogeneo, oleoso, con appena un accenno di cavità nel centro. L’embrione è + laterale, essendo situato di con- tro agli ocelli. Perianzio fruttifero leggermente accresciuto sotto il frutto maturo. * * * Da molti anni sono andato riunendo i campioni delle varie Butta (1), coltivate nei giardini quasi sempre con nomi erronei, e sono venuto alla conclusione che, a parte due specie ben distinte, vale (1) Secondo Barbosa-Rodrigues (Sert. Palm. I, p. 81) il nome indigeno di « Butia » per queste Palme, è una corruzione del portoghese « Mbotià » da « mbo » fare e « tià » dente incurvo, per allusione ai denti che guarniscono lateralmente i piccioli delle Butza» 41 a dire della Bufia Yatay con la sua var. faraguayensis, e della Butia eriospatha, tutte le altre sono quasi sempre forme riducibili alla Butia capitata od a varietà di questa. In coltura s'incontra non di rado anche la Buzza /ejospatha, e la 5. Bonneti ; che in verità a me sembrano debbano esse pure considerarsi piuttosto come varietà, od al più come sotto-specie della 5. capitata. Il sig. B. Chabaud di Tolone, in due articoli inseriti nella « Re- vue Horticole » (1905, n. 21, p. 515, e 1906 n. 6, p. 143) ha descritto sotto il nome complessivo di Cocos sfizosa, oltre al C. Vafay ed al C. eriospatha, specie sulle quali come ho di già accennato non ca- dono dubbî, anche le seguenti: C. capitata; C. coronata; C. ery- throspatha sp. n.; C. llaceiffora sp. n.; C. elegantissima sp. n. Di tutti questi Cocos il sig. Chabaud mi ha molto cortesemente comu- nicato dei campioni, dietro ai quali a me parrebbe poter ritenere che tutti debbano considerarsi quali forme della 5. capitata, com- preso quello che egli chiama C. coronata, ma che non ha nulla che vedere col vero C. coronata Mart., collocato da me fra i Syagrus. Alle forme di 5. capitata già note ho aggiunto una varietà vtrescens che ho trovato in coltura a Firenze; ma di certo molte altre varietà e forme di passaggio fra l'una e l’altra, oltre quelle rammentate, esistono tanto nei giardini quanto allo stato selvatico nel loro paese nativo. È probabile anche che diverse di tali forme debbano considerarsi come il risultato di ibridi naturali, tanto più che io ho potuto constatare che i fiori della 5. capitata sono molto frequentati dalle Api, per il nettare che trasudano, e che quindi la fecondazione incrociata debba essere molto facilitata dall’azione di questi insetti. ID poi certo che accadono veri ibridismi fra le Zuzza e l’Arze- castrum Romanzofianum. NETTARI FLORALI NELLE BUTIA. Probabilmente in tutte le Bx?i2, ma certamente nella Buzza capitata (forma tipica), di cui ho potuto studiare la fioritura il 19 Luglio 1905 sopra un esemplare che coltivavo nel mio giardino in . Pian di Ripoli, esistono nettarî florali, tanto nei fiori maschi, quanto nei feminei. I fiori maschi nel mio esemplare erano di un color leggermente roseo ed esalavano un lieve ma grato odore melleo, che attirava 42 un gran numero di api, le quali attivissime si vedevano suggere il nettare che sgorgava da un forellino situato framezzo ai 3 stigmi del loro ovario rudimentario, e che si raccoglieva fra le basi dei filamenti staminali. Sopra un dato spadice, al momento che i fiori JT erano aperti, i fiori feminei erano ancor chiusi ; solo quando tutti i fiori maschi furono caduti, i feminei si mostrarono pronti per l’im- pollinazione, perchè solo allora gli stigmi comparvero al di fuori del perianzio. I 3 stigmi dei fiori feminei sono similissimi a quelli dell’ovario sterile dei fiori maschi, e come in questi, dal seno for. mato dalla loro divaricazione, defluisce il nettare, pure ricercatis- simo dalle api. In tal modo nelle Zuzza la fecondazione dei fiori feminei che si trovano sopra un dato spadice non può accadere che per mezzo del polline inconsciamente trasportato dalle api da un altro spadice. Le specie descritte come Cocos dagli autori e che rientrerebbero nel genere 5xfia sono le seguenti: Cocos capitata Mart. == BUTIA CAPITATA. » odorata Barb.-Rodr. #0 » Vv. ODORATA. » fulposa Barb.-Rodr. » ». V.. PULPOSA, » Qilacetflora Chabaud » » v. LILACEIFLORA. » elegantissima Chabaud » » Vv. ELEGANTISSIMA » ervythrospatha Chabaud » » v. ERYTHROSPATHA. » Zejospatha Barb.-Rodr. » » var. angustifolta Drude » eriospatha Mart. ex Dr. » atay Mart. » paraguayensis Barb.-Rodr. » Bonneti H. Linden » . stolonifera Barb.-Rodr. (1) Nella mia memoria inserita nella « Malpighia » avevo incluso fra le Buéza anche il Cocos schizophylla Mart. È questa però una Palma assai differente dalle Bxzia per il suo frutto contenente un seme con albume ruminato, per la quale, come precedentemente ho esposto, Barbosa-Rodrigues ha creato il Genere Arzcuryroba; se nonchè, non avendo il chiarissimo Autore riconosciuto in esso il C. schizofhyla di Mart., ha fatto un A. Capanemae, che diventa quindi un Ar:curyroba schizophylla. Sembrerebbe riferibile alle 5%#za anche il Cocos Barbosti Barb.- » LEJOSPATHA. » BONNETI. ERIOSPATHA. S PAATNIE » » Vv. PARAGUAYENSIS. » BONNETI. » STOLONIFERA. O IAA (1) Del Cocos stolonifera Barbosa-Rodrigues ha descritto e figurato solo la pianta ste- rile, e rimane quindi il dubbio se esso debba o no riportarsi alle Buzza, nella qual se- zione invero è stata inclusa dal suo Autore. Pu TE e 48 Rodr., Sert. Palm: t. 87, il quale anzi avrebbe molto rassomiglianza con la 5. Bonneti, se non è per avventura esattamente riferibile a questa. PROSPETTO DELLE SPECIE DEL GENERE ZBUZIA. A. Fronde a segmenti con l’apice flaccido e + profondamente bifido. I. Spata generale (superiore) densamente tomentoso-rubiginosa di fuori, Segmenti equidistanti, verdi di sopra, glaucescenti di sotto. Base del picciolo tomentosa sui margini. Frutti globosi, apicolati. Noccioli globosi di 12-16 mm. di diam. B. eriospatha. II. Spata generale glabra ed a superficie unita di fuori. O Perianzio fruttifero cupolare-campanulato cuoprente la metà od un terzo del frutto maturo. Noccioli allungati. «. Piante robuste. Fronde con segmenti equidistanti. Spadici lunghi oltre 1 m. Fiori ® relativamente grandi, ovoideo- conici, lunghi 15-19 mm. Frutti ovati, relativamente grossi, terminati in punta conica acuminata. Noccioli per lo più unispermi ma talora anche 2-3-spermi, allungati, più lar- ghi in basso che in alto, con ocelli situati in vicinanza della base. Perianzio fruttifero ciatiforme molto profondo, fa- sciante buona parte della parte inferiore del frutto. 1. Frutti lunghi 3.5-5 cm. (compreso il perianzio), larghi 25-28 mm. B. Yatay (forma typica). 2. Frutti lunghi 3-3.8 cm. (compreso il perianzio), larghi 20-22 mm. : B. Yatay v. paraguayensis. 8. Pianta di piccole dimensioni. Fronde con segmenti equidi- stanti. Spadice di 50-60 cm. di lunghezza. Fiori piccoli. Frutti piccoli, ovato-conici, acuti, lunghi 18-20 mm,, larghi 14-16 mm. Nocciolo ellitico, di solito circa il doppio più lungo che largo, con ocelli situati verso la metà od anche alquanto al di sotto. Perianzio fruttifero cupulare-ciatiforme, cuoprente un terzo del frutto. B. Bonneti (alcune forme sono poco distinguibili dalla 2. derospatha). OO Perianzio fruttifero cupolare, pochissimo profondo o quasi spianato sotto il frutto maturo. + Piante robuste con spadici lunghi oltre 1 m. Fiori Q glo- boso-ovati, alti circa 8 mm. e larghi 6 mm. * Fronde a segmenti + volti in direzioni differenti, ed al- meno in parte + — distintamente riuniti in gruppi di 2-3 e sino 5 sopra ogni lato del rachide, biancastri o pulveru- lento-cerosi di sotto. 1. Frutti da prima ovoidei, alti 25-26 mm., larghi 20-22 mm., ma a maturità inoltrata anche un poco più larghi che-alti. Noccioli ellittici, + acuti alle due estremità, di 16-24XX10-14 mm. Perianzio fruttifero bassamente cupolare. B. capitata (forma typica). 2. Frutti globulosi di 22-24 mm. di diam. Noccioli ovati, roton- dati alle due estremità, lunghi 17-18 mm,, larghi 15-16 mm. B. capitata v. subglobosa. 3. Frutti a perfetta maturità globoso-depressi, o notevolmente più larghi che alti, larghi circa 25 mm, alti 20 mm. Noc- ciolo per lo più sferico, di + 15 mm. di diam. Perianzio fruttifero del tutto spianato sotto il frutto, di 18 mm. di diametro. B. capitata v. odorata. 4. Frutti globosi, leggermente depressi, molto polposi, più grossi di quelli della v. odorata. Seme sferico di sino 14-16 mm. di diam. Perianzio fruttifero pure più grande che nella v. odorata. Pianta anche più robusta. B. capitata v. pulposa. 5. Frutti più piccoli che nelle varietà precedenti, alti 16-18 mm. larghi 17-19 mm. Noccioli di 11-12 mm. di diam. Spata di un bruno rosato di fuori. B. capitata v. erythrospatha. * * Fronde a segmenti non sempre equidistanti ma tutti su di un medesimo piano (non uno volto in un senso ed altri in un altro), + bianco-pulverulento-cerosi di sotto. 45 1, Frutti ovoidei, larghi 20-22 mm,, alti 23-24 mm. Noccioli globoso-ovoidei di 13-14 mm. di diam. Perianzio cupolare poco profondo, di 20-22 mm. di diam. Segmenti equidi- stanti, meno pochi ravvicinati per due- B. capitata v. lilaceiflora. 2. Frutti allorchè ben maturi globoso-depressi, assai più lar- ghi che alti (20 mm. alti, 30 mm. larghi). Nocciolo globoso o leggermente ovoidale. Segmenti assai stretti, i maggiori larghi 22-23 mm., diversi ravvicinati in gruppetti di 2-3 sopra ogni lato, ma tutti su di un piano. Perianzio frut- tifero di 18 mm. di diam., quasi spianato. B. capitata v. elegantissima. * * * Segmenti equidistanti, concinni, verdi sulle due fac- cie (non pulverulento-cerosi di sotto). Frutti globoso-depressi con base pianeggiante, larghi 20-25 mm., alti 15-18 mm. Nocciolo sferico di 10-13 mm. di diam. Perianzio di 17 mm. di diam., spianato sotto il frutto. B. capitata v. virescens. + + Pianta assai più piccola e con tronco più gracile che nella £. cafitata e sue varietà. Spadici lunghi 50-60 cm. Fronde a rachide fortemente arcuato. Segmenti equidistanti o quasi, i maggiori lunghi 35-50 cm., raramente più, lar- ghi 12-14 mm. Frutti globosi, conici nella parte superiore ed acuti. Nocciolo globoso o poco più lungo che largo, di 10-12 mm. di diam. Perianzio cupolare, cuoprente una parte della base del frutto. | B. lejospatha. B. Fronde con segmenti rigidissimi terminati da un apicolo pun- gente. I B. purgens. Sembrerebbero specie di 2? di piccole dimensioni, ed anzi, a quanto pare, molto prossime alla AButia Bonneti ed assai affini fra di loro le seguenti, figurate da Barbosa-Rodrigues nel « Sertum Palmarum » (vol. I) delle quali è ignoto il frutto, ma che sembra abbiano la spata superiore liscia all’esterno. | Cocos amadelpha B.-R. Palmae Hass. novae (1900) p. 7 et S. P., EibasoBa ta: Nei campos a Capibary nel Paraguay. — Hassler n.° 6083. 46 Cocos Wildemaniana B.-R., S. P. I, p. 101, t. 75, A. Paraguay: Nei campos lungo il corso superiore del Rio Apa. — Hassler n. 8554. Cocos arenicola B.-R., S. P. I, p. 100, t. 75, B. Paraguay : Negli altipiani arenosi della Cordillera de. Altos. — Hassler n. 3761. $ * *% Butia eriospatha Becc. — Cocos erzosfatha Mart. ex Drude in Fl. Brasil. III, II, 424; Becc. in Malpighia, II (1887) 91; Barb.-Rodr, Contrib. Jard. bot. Rio-de-Jan. I, n. 2, p. 31, t. III, f. D, et Sertum Palm. I, gr cum ic. et t. 68. B.; Chabaud in Rev. Hort. 1905, p. 515 et 1006 p. 144; Roster, Le Palme colt. 37. — Cocos. Blumenavia Hort.? Non sembra che raggiunga grandi dimensioni, al più 3-4 metri d’altezza, con un tronco relativamente grosso (circa 50 cm, di diam.). Fronde arcuate, lunghe nella parte pinnifera circa m. 2.50. Il pic- ciolo è lungo circa 1 m.: nella parte più bassa è dilatato e coperto di tomento scuro, assai denso in vicinanza dei margini; questi sono armati di spine conplanate assai fitte, relativanente brevi, vòlte in alto nella metà o nei ‘/ inferiori, e nel rimanente spesso orizzontali od anche rivolte in giù ed uncinate. I segmenti sono molto numerosi, rigidi, lungamente e gradatamente acuminati in punta rigida subu- lata, brevemente bifida, equidistanti o quasi sino all’estremità, nella parte centrale discosti circa 2 cm. sopra ogni lato del rachide, nel- l'estremità più discosti ed opposti; sul fresco sono di un verde cupo (non vivace) e quasi nitidi di sopra, opachi e leggermente polve- rulento-glaucescenti di sotto, molto finamente striato-nervosi sulle due faccie (sul secco), provvisti alla base, nella pagina inferiore, delle solite pagliette brune sulla costa mediana; gli intermedî sono lunghi 70-80 cm., larghi 15-20 mm.; i più bassi sono strettissimi. Lo spadice ha la grande spata lunga 1.20-1.30 m., coperta da denso tomento lanoso, rubiginoso; la parte peduncolare è terete e finamente tomentosa. Ramoscelli fioriferi gracili, lunghi sino 40 cm., compresso- angolosi, lisci. tori feminei globoso-ovati, ottusiusculi, larghi alla base 5-6 mm.; sepalo interno cucullato all’apice; l’anello formato da- gli staminodi è troncato, non o poco distintamente 6-denticolato. I pulvinuli sui quali riposano i fiori 9 sono superficiali, e contornati da 47 inconspicue bratteole. Z7071 masch: inseriti tutto in giro nella metà superiore dei ramoscelli in intaccature, che hanno un piccolo labbro sporgente acuto: sono oblunghi, subtrigoni, asimmetrici per la mu- tua pressione, ottusiusculi, lunghi 5-6 mm.; calice affatto sessile, non prolungato in basso, diviso completamente in 3 piccoli sepali an- gustissimi, subulati; lunghi 1.5-2 mm., ma talora giungenti sino alla metà dei petali; corolla molto più grande del calice, + punteg- giata; antere lineari-sagittate a connettivo nero (sul secco); rudi - mento d’ovario- formato da 3 punte subulate giungenti al più sino verso la metà della corolla. rw? globosi, apicolati, alti 18-19 mm., larghi 17-18 mm.; mesocarpio carnoso ; nocciolo globoso di 14-16 mm. (talora anche meno) di diam., con appena un accenno di 3 costole che si riuniscono presso l’apice, a superficie grigia segnata da piccole venature chiare, e con gli ocelli situati quasi esatta- mente alla-metà. Perianzio fruttifero bassamente cupolare. HABITAT. — (Glaziou ha distribuito col n. 8059 esemplari di questa 5ufta, accompagnati nel mio erbario con la seguente nota: « Spontané dans les campos de Rio (Grande-do-Sul et de Santa Catharina et cultivé dans les jardins publics de Rio-Janeiro où il fleurit en Novembre et Décembre: son stipe est haut de 3-4 m.; son fruit est jaunàtre de la grosseur d’une cerise. Vulgo : « Butia ». L’esemplare ha i segmenti equidistanti (nella porzione di foglie esi- stente), rigidi, gli intermedî lunghi 65 cm., larghi 20-22 \mm. I ramoscelli dello spadice sono lunghi 20-22 mm. Un frammento della spata apparisce ricoperto del caratteristico indumento ferru- ginoso. Lindman (Beitr. zur Palmenfl. Sidam. p. 23) sotto il nome di Cocos ertospatha descrive e figura (f. 6 e t. I, A) la Butia Yatay. Però nel testo sembra che realmente si parli della 8. erzosfatha, o forse di una forma della £. capitata, quando a p. 24 scrive: Inter fructus « butia » dictos, in publico venales, mihi quoque altera forma occurrit. La 2. ertospatha si coltiva nei giardini mediterranei come la B. capitata e sue varietà, ma s'incontra assai più raramente di que- sta. Non l’ho vista nei giardini di-Firenze. Ne ho ricevuti esemplari dalle vicinanze di Tolone inviatimi dal,sig. Chabaud e dal Giar- dino della Mortola favoritimi dal sig. A. Berger, non che dal Por- togallo inviatimi molti anni addietro dal prof. Henriques di Coimbra. Della B. erztospatha il sig. Chabaud scrive (Revue Hort. 1906 n. 6, p. 144) che il frutto è subgloboso, di color giallo lionato, della 48 grossezza di una ciliegia, alto 160 mm, largo 18 mm., con carne fibrosa, che si stacca facilmente dal nocciolo, di sapore delizioso, che rammenta le susine Mirabelle, La 5. ertospatha è particolarmente caratterizzata dalle foglie a segmenti equidistanti, dai piccioli tomentosi in basso e sui margini, e sopra tutto dalla spata superiore coperta all’esterno da una lana persistente molto densa colore avana. Produce dei frutti globosi con nocciolo sferico, molto regolare e polpa carnosa edule, indistin- guibili da quelli di alcune forme della £. cafifata. Al 5. eriospatha si considera riferibile il Cocos Blumenavia Hort. del quale si dice che cresce fra gli 800 ed i 1200 m. sul livello del mare nelle montagne della Provincia di Santa Catharina, nel Brasile meridionale, dove il termometro scende talora a 10-12 gr. sotto zero. La densa lana della quale è ricoperta la spata può considerarsi come un carattere acquisito a difesa delle basse temperature, alla quale i fiori possono andare soggetti. Le piante giovani, ancorchè non ancora fiorifere, si distinguono da quelle di tutte le altre Bufza per avere la base dei piccioli to- mentosa, questa parte essendo glabra nelle altre. Butia Yatay Becc. — Cocos Yatay Mart. Palm. Orbign. 93, t. Lf. 1.;/t; 30/B;-et: Hist.-Nat.-Palm..Ilt, 2809 -et 324; Drude n Mart. FI. Bras. HE IL 421; t XCIVoet XEVGrisSyonb. a déBl Atg. (1879) 283; Becc.-“in'Webbia.E:p.-02:6bpi 32410 exe; ba Rodr. Contrib. Jard. bot. Rio-de-Jan. II, 36, t. III, f. A, 2-4; et Sert. Palm. I, p. 90, t. 69 B (mala ?); Chabaud in Rev. Hort. 1905, p. 515; et 1906, p. 143; et I9I0, p. 198, f. 78, 80; Gassn. in Kar- sten et Schenck, Vegetationsbilder, ser. 11, t. 21-22. — C. erzo- spatha (non Mart. ex Drude) Lindman, Beitr. zur Palmenfl. Sùdam., p. 23, f. 6 et t. I, f. A. — Cocos mammilaris (non Blanco) Hort. — (Tav. .V, 1% 2, e TUOVI). Tronco assai grosso, di circa 40 cm. di diam., che molto len- tamente acquista l’altezza di alcuni metri ed è reso squamoso dalla base delle foglie lungamente persistenti, e per ultimo marcescenti. Le fronde sono disposte secondo varie spirali (12?) che hanno un andamento dolcissimo da destra verso sinistra: sono lunghe 2-3 metri nella parte pinnifera, fortemente arcuate e nell’ insieme for- mano una chioma molto regolare ed elegante. Piccioli lunghi 50-70 cm., glabri anche sui margini, i quali sono armati molto for- 49 temente in basso di spine compresse, allungate, arcuato-ascendenti, più rade e più corte in alto. I segmenti sono molto numerosi, equi- distanti, discosti 2.5-3 cm.l’uno dall’altro, ma 8-10 per lato dei più bassi sono molto più degli altri ravvicinati fra di loro; tutti sono molto regolarmente eretto-patenti sui lati del rachide e concinni, verdi pallidi di sopra, glaucescenti di sotto, rigidi, molto lunga- mente e gradatamente acuminati in punta sottile brevemente bifida ; gli intermedî lunghi + 70 cm., larghi 2 cm.; margini alquanto inspessiti; i segmenti più bassi e quelli della parte apicale assai più stretti degli altri. Spadzc:i grandi, lunghi sino 1.50 m., da prima eretti, poi reflessi, glabri in ogni parte, con pannocchia assai densa, composta di moltissimi ramoscelli, misurante nell’ insieme 75-80 cm. di lunghezza e portata da una assai lunga parte pedun- colare, compressa questa e larga 2 cm.; spata superiore grande, allorchè aperta cimbiforme-allungata, allo stato fresco coriacea ed alquanto flessibile, liscia, glaberrima, di color bigio-glaucescente di fuori, latteo-giallastra di dentro. Parte. assile dello spadice e fiori . de 2 pure bianco-giallastri. Rami dello spadice allungati, fortemente angolosi, e fortemente sinuosi, specialmente in basso fra uno scrobi- colo e l’altro, dove sono inseriti i fiori feminei; i ramoscelli più bassi sono lunghi circa 50 cm., e di solito portano subdisticamente 6-8 fiori feminei, ognuno dei quali è accompagnato da due fiori d'; nella parte terminale vi sono solo fiori 7, sorretti da una brattea molto sporgente ed acuta; i ramoscelli superiori sono più corti e portano un minor numero di fiori feminei. I fforz z2aschi sono molto ineguali, ovati od ovato-lanceolati, acuti, angoloso-subtrigoni e più o meno defor- mati per la mutua pressione, lunghi 6-10 mm., larghi 4-5 mm.; il calice ha i sepali angustamente lanceolati, acutamente carenati, sca- riosi sui margini, della metà circa più corti della corolla, uniti in basso a formare una specie di pedicello trigono, alle volte assai lungo e che, specialmente nei fiori che rimangono ai lati dei fiori 9, rag- giunge talora anche 1 cm. di lunghezza; petali lanceolati od ovato- lanceolati, acuti od acuminati; stami nel boccio un poco più corti della corolla; antere allungate, sagittate in basso; rudimento d'’ o- vario rappresentato da 3 punte molto piccole. Atzori feminei ripo- santi sui rami in intaccature orizzontali, formanti dei pulvinuli di circa 6 mm. di diam., circondati da brattee semianulari,strette, ma | provviste di un apicolo molto acuto; essi (i fiori 0) sono ovoideo- conici, con base piana, relativamente grandi, lunghi 15-19 mm., larghi 10-12 mm ; sepali larghissimi, fortemente imbricati, sottil- 4 DO mente membranaceo-scariosi sui lati, attenuati in punta subcucullata, acutiuscula, carinata di fuori; petali simili ai petali ma alquanto più lunghi di questi, latamente convoluto-imbricati in basso, terminati bruscamente in una piccola punta triangolare valvata; rudimento d’androceo formante un bassissimo anello intiero. Ovario ovato-co- nico, glabro; stigmi trigoni, Persanzio fruttifero profondo, ciatiforme- cupolare, cuoprente circa la metà, od almeno un terzo del frutto ; i suoi sepali e petali sono essucchi e bruni nella metà superiore ; i petali superano di circa il doppio i sepali; questi lisci e subcallosi in basso. A7uft ovati, ristretti piuttosto bruscamente in assai lunga punta conica, acuminata, spesso obliqua; allorchè ben maturi uni- formemente citrini, a superficie liscia ed emananti un grato odore; mesocarpio carnoso-fibroso, abbondante, a polpa acidula ma che la- scia un gusto non gradevole, che si distacca con difficoltà dal noc- ciolo ed è alquanto gommosa. I frutti ben maturi sono lunghi, com- preso il perianzio, 3.5-5 cm., e senza il perianzio 30-42 mm., larghi 25-28 mm. Noccioli allungato-ovati, aventi la loro parte più larga verso il terzo inferiore, lunghi 25-29 mm., larghi 12-13 mm., a pa- reti spesse 2-2.5 mm., attenuati ed acuti alle due estremità, ma spe- cialmente in alto, con gli ocelli situati assai al di sotto della metà o verso la base; contengono di solito un sol seme oblungo, talora due ed anche tre ; se il seme è uno la cavità endocarpica è segnata per tutta la sua lunghezza da una sola larga vitta lucida color ca- stagno; se invece i semi sono due o tre altrettante sono le vitte ; sempre però le loggie sono separate da dissepimenti ossei. I noc- cioli che contengono 3 semi sono più panciuti degli altri. Io ho scritto la descrizione precedente valendomi di esemplari còlti sopra un bellissimo esemplare che da molti anni fiorisce e fruttifica nel Giardino botanico di Napoli (Tav. V. f. 1, e T. VI.. La Butia Yatay sembra varî assai per la grandezza dei frutti, e di essa ne esiste in coltura una forma a frutti alquanto più pic- coli di quelli precedentemente descritti, ma del resto identici, e che mi sembra corrisponda esattamente al Cocos faraguayensis Barb- Rodr., del quale è parola qui appresso (Tav. VII, B). I noccioli di Cocos Yatay messi in commercio da Vilmorin Andrieux et C.'° (1911) provenienti dall’Uruguay, hanno la forma so- pra descritta, e misurano 23-26 mm. per 12-14 mm.; altri noccioli, provenienti da un esemplare che si trovava a Montecarlo, sono meno dei precedenti assottigliati verso l’apice, sono quasi ellittici, 51 od ovato-allungati, e misurano 22-23 mm. per 12-13 mm. Altri frutti, che il dott. Felippone mi ha mandato da Montevideo, hanno i noc- cioli meno acuminati dei IAA e spesso contengono due o tre semi (Tav. V. f. 2). Martius ha lasciato scritto che il Cocos Yatay forma vaste bo- scaglie nella Provincia idi Corrientes e di Entre Rios nella Repub. blica argentina, fra il 27° ed il 32° grado di L. S., e che ama i luoghi arenosi sani. Dice che la polpa dei frutti è molto dolce e ricercata dagli uomini, ma che è anche avidamente mangiata dai cavalli e dai muli, con la quale ingrassano assai, I noccioli riget- tati dagli animali sono raccolti dagli indigeni per la mandorla che si mangia o serve per estrarne dell'olio. Dalla polpa si ottiene an- che una specie di alcool. Il germoglio è edule come quello di altre Palme. Con i segmenti delle foglie si fanno stuoje, cappelli ecc. A causa degli incendi sistematici dei campi l’area occupata da questa Palma va sempre restringendosi. Il nome volgare in lingua (Gua- rany e « Yata-y » ossia « Palma piccola ». Mantegazza scrive che i semi hanno efficaci proprietà antelmintiche. Dalla base del frutto, nei campioni dell’esemplare del Giardino botanico di Napoli, trasuda una sostanza gommosa assai abbondante, la quale si fa strada framezzo ai pezzi del perigonio, dove si rap- prende. Barbosa-Rodrigues nelle « Contributions du Jardin botanique de Rio-de-Janeiro », v. I, n. 2, p. 36, t. III, f. A, a-d, e nel « Ser- tum Palmarum » v. I, p. 90, t. 69 B, descrive pure le 5. Yazay, ed adduce alcune notizie intorno a questa Palma, che a quanto pare sono desunte per la massima parte dall'opera di Martius. Non sem- bra infatti che Barbosa abbia avuto una congscenza personale della vera Butta Yatay, giacchè le figure che egli ha dato dei frutti di questa Palma (ll. cc.) o non sono esatte, o rappresentano i frutti di tutt'altra specie. ; Infatti nelle indicate figure il perianzio ricuopre appena la base del frutto, e nella sezione del nocciolo (f. d.) che apparisce unilocu- lare, si vedono 3 vitte (carattere questo dei Syag7us). Di più il Cocos Yatay nel prospetto viene collocato invero correttamente, fra le Butta; mentre poi il C. faraguayensis, che non sembra diffe- rire specificamente dal C. Yatay, si trova nella sez. II fra i Sya- grus. Evidentemente B.-R. ha ritenuto la 5. Yefay per una Palma molto differente dal suo C. Saraguayensis. La Butta Yatay, dopo la 5. ertospatha, è la più | distinta del D2 Genere, ed è caratterizzata: per le foglie con i segmenti equidi- stanti, verdi di sopra, glaucescenti di sotto; per la grande spata glabra di fuori; per i fiori 9 ovato-conici, assai più grandi che nelle altre specie congeneri; per i fiori 97 con calice molto pro- lungato' in basso o pedicellato ; per i frutti che da una base larga ovata si terminano in punta conica acuta e sono ricuoperti nel terzo o nella metà inferiore dal perianzio fruttifero, che è ciatiforme e profondo ; ed infine per i noccioli allungati, + acuti alle due estre- mità, ma specialmente in alto, e che per lo più hanno il ioro punto più largo verso il terzo inferiore, uni-o raramente 2-3-spermi e con gli ocelli situati assai al di sotto della metà o poco sopra la base. Dalle notizie e dalle fotografie pubblicate dal dott. G. Gassner in « Karsten et Schenck, Vegetationsbilder » (11* serie, t. 21-22) si rileva che il Cocos Yatay nei Dipartimenti di Rocha, di Pay- sanda e di Cerro largo dell’Uruguay forma degli estesi Palmeti (Palmares) naturali, stimati talora di sino 2000 chilom. quadrati di estensione. Dalle fotografie si riconosce che in detti Palmeti è esclusa qualunque altra pianta legnosa, e che essi sono di una grande uni- formità, tutte le piante avendo la corona delle fronde, che è assai folta, ad un medesimo livello e portata da tronchi, che l'Autore in- dica di 6-8 m. di altezza e di 40-50 cm. di diam. Tutte le piante ‘di un Palmeto sono adulte e valutate dell’età di 100-200 anni, senza che sotto di esse si vedano spuntare giovani piante. Il tronco, nelie fotografie, apparisce cilindrico, nudo e fittamente cicatricoso, perchè probabilmente le fronde vecchie secche vengono distrutte dagli in- cendi. La mancanza di giovani piante all’ombra delle adulte si deve al fatto che quelle vengono distrutte, mano mano che spuntano, dalle mandrie di cavalli e di bestie vaccine che vi vanno sotto a pascolare. La linfa della Buzfia Vatay è fortemente Li e, secondo l’Autore citato, ogni tronco abbattuto può somministrare 2-3 litri di liquido, che condensato produce il così detto « Miele di Palma ». Probabilmente l’estrazione del liquido zuccherino si ottiene, come nella /udaca spectabilis, tenendo inclinata la pianta abbattuta, alla quale si taglia l’apice vegetativo, da dove scola la linfa che si rac- coglie in qualche recipiente. Spesso nei giardini passa sotto il nome di C. Yefay una forma robusta della Bulza capitata, e specialmente la var. pu/fosa con segmenti delle fronde molto larghi. Non ho indicazioni speciali che permettano di distinguere allo stato giovanile la 8. Yafay dalle varie forme di £. capitata. 53 I semi della B. Yafay nascono assai più difficilmente di quelli delle altre Ba forse hanno bisogno di passare prima attraverso l'intestino di qualche animale, o di essere leggermente attaccati da un acido. Butia Yatay var. paraguayensis Becc. — Cocos paraguayensis Barb.-Rodr. Palmae novae parag. 9, t. II; pie Flasst.,\:p.F2; Sertum Palm. I, 110, t. 82. È indubbiamente un forma più gracile della tipica Butta Ya- tay ed a frutti un poco più piccoli. La figura d’assieme del Cocos faraguayensis nel « Sertum Pal- marum » di B.-R. (v, I, p. 110) sembra che rappresenti una Palma ben differente da quella che ho descritto, mostrando delle foglie con segmenti arruffati, come certamente non sono nella tipica £. Yatay, dove invece i segmenti sono molto regolarmente disposti lungo il rachide, graziosamente arcuato. Barbosa-Rodrigues scrive che il suo Cocos faraguayensis cresce a San Salvador presso Tagatiya nel Paraguay, e presso Cordillera de Altos, e che è una Palma con tronco breve o quasi nullo. Nome volgare « Yatay guazu ». Forse potrebbe riferirsi alle varietà faraguayensis il Cocos Vatay descritto da Chabaud nella « Revue Hort. » (1905, p. 515 e 1906, p. 143) e che prospera, fruttificando anche, in diversi giardini della Riviera. Il sig. Chabaud me ne ha inviato i frutti di un individuo crescente nel Giardino Lemarchand a l’Artaude presso Tolone. Detti frutti sono esattamente come quelli che ho descritto per la forma tipica, ma un poco più piccoli, ed hanno il perianzio che li ricuo- pre per un poco meno della metà; sono lunghi 3-3.8 cm. (misurati col perianzio) e larghi 20-22 mm.; i noccioli sono ovati, attenuati in alto ed acuti, lunghi 20 mm, e larghi 12 mm. verso il terzo inferiore. Anche dal D." Robertson Proschewsky ho ricevuto dei frutti di questa varietà, maturati nel suo giardino a Nizza in Di- cembre 1909 (Tav. V, f. 3, e T. VII, B). Butia Bonneti Becc. — Cocos Borneti Linden (1865) ex Cha- baud in Rev. Hort. igIo, p. 198; H. Wendl. in Kerch. Palm. 240; Rev. Hort. 1885, p. 232; Illustr. Hort. 1881, p. 16. — C. Bonetti et Bonnetti Hort. — C. Gaertneri Blumenau in Gartenfi. XXX (1881) p. 103 et XXXI (1882) p. 244 cum ic. xyl. — C. australis (non Mart.) Carrière in Rev. Hort. 1876, p. 155, f. 33 (ic. iterata D4 in Nicholson et Mottet, Dict. d’Hort. f. 964). — C. sckizofhylIa (non Mart.) Barb.-Rodr. Plantas nov. I (1891) p. 10, t. III 2, et Sertum Palm. I, p. 95, t. go B (fructus). — C. deyosfatha var. 8 augustifo- Zia Drude in Mart. FI. Bras. III, II p. 423, t. XCVI, f. II (seg- mentum.)? — Exicc. Glaziou n. 20025. — C. Barbosti Barb.-Rodr. Sertum Palm., p. 86, t. 67? — (Tav. V, f. 4, 5,6) È una palma assai più piccola della Buzfza capitata e sue va- rietà. Le fronde hanno il picciolo armato del solito genere di spine ma più gracili, ed il rachide fortemente arcuato. I segmenti sono equidistanti, i maggiori lunghi 30-35 cm., larghi 12-15 mm. (od an- che meno?). Sfadici lunghi 50-60 cm.; spata stretta, fusiforme, glau- cescente di fuori. F7xffi ovati, da una base larga. ristretti in una punta conica, acuta, lunghi circa 2 cm. e larghi 15-16 mm,, col pe- rianzio fruttifero cupolare-campanulato, ricuoprente almeno la terza parte del frutto. Noccioli allungato-ellittici, acuti alle due estremità, circa il doppio più lunghi che larghi (lunghi 14-16 mm., larghi 7-9 mm.), con ocelli ovali, situati al disotto della metà od anche presso la base; di solito con due semi. Noccioli di questa 5xfza sono stati messi in commercio nel 1886 da Vilmorin-Andrieux et C.i° (Tav. V, f. 5: i 3 noccioli a de- stra) e da Schenkel (Tav. V, f. 4) sotto il nome di Cocos Bonette, ed altri da Haage et Schmidt di Erfurth, pure nel 1886, sotto quello di C. Bonnetti. (Tav. V, f. 5: i due noccioli a sinistra). Quelli di Schenkel provenivano dal Giardino di Orotawa, e forse arche gli altri non avevano una differente origine. I noccioli in parola sono caratterizzati dalla loro forma allun- gata, ellittica, quasi il doppio più lunghi che larghi e più o meno acuti alle due estremità: hanno spesso l’apice 3-denticolato; va- riano da 11 a 16 mm. di lunghezza e da 7 a 9 mm. di larghezza; gli ocelli sono spesso situati in vicinanza della base e sono ovali. Mi sembra indubitato che gli ora rammentati noccioli corrispon- dano a quelli descritti e figurati da Barbosa-Rodrigues (l. c.) ed erroneamente considerati come appartenenti al Cocos schizophylla Mart. (1). Sino dall’anno 1883 il Barone Valiante mi inviava i frutti di questo Cocos còlti da un esemplare coltivato in un giardino di Pa- lermo. (1) È bene avvertire che le 3 punte all’apice del nocciolo nelle figure citate di B.-R. sono esageratamente riprodotte, e che il vero C. schizophyla Mart. non è una Butza, ma corrisponde all’ Aricuryroba Cafanemae Barb.-Rodr. == Arscuùri schisophylla Becc. 55 ‘In Ottobre 1914 il sig. dott. G. Garbari mi ha inviato un cam- pione con frutti maturi di questa Palma, coltivata nel suo giardino presso Portoferraio all'Isola d'Elba (Tav. V, f. 6). Una foglia aveva il picciolo glabro, verde pallido, armato di spine al solito modo, ma molto più gracile di quello della Buia capitata, largo solo 13 mm. presso l’estremità; parte pennifera lunga 70 cm.; segmenti equidi- stanti o quasi, rigidi, verdi pallidi sulle due faccie, con leggiera traccia di indumento cereo-pulverulento in quella inferiore; i segmenti più bassi sono molto ravvicinati fra di loro e più stretti dei superiori; gli intermedî lunghi 35 cm., larghi 15 mm.; gli altri gradatamente più corti e più stretti. Sfa4dzc7 piccoli, nell'insieme lunghi 50-60 cm.; spata superiore stretta, fusiforme-cimbiforme, acuminata, glaucescente di fuori, del tutto glabra in alto, ma cosparsa in basso di minute squamule brune; pannocchia lunga 30 cm., portata da una assai lunga parte peduncolare leggermente compressa, a sezione tran- sversa ellittica, a margini molto ottusi, ceroso-pulverulenta; ramo- scelli fioriferi rigiduli, eretto-patenti, angolosi e sinuosi specialmente in basso, dove portano fiori feminei; anche dove portano solo fiori gd i ramoscelli sono assai fortemente intaccati e provvisti di brat- teole rigide ed acute; i ramoscelli fioriferi più bassi sono lunghi 15-18 cm. e portano 1-6 fiori 9 nella parte più bassa, e solo fiori d', da prima gemini e poi solitari, nel rimanente; i ramoscelli su- periori sono più corti e portano solo fiori d°. I fiori feminei ripo- sano in intaccature dei rami oblique o quasi orizzontali sopra pul- vinuli assai larghi, circondati da brattee semianulari, strette, ma provviste di un apicolo molto acuto. Perzanzio fruttifero alquanto profondo, cupolare sub-campanulato, cuoprendo almeno un terzo ed alle volte quasi la metà del frutto; sepali a base larga, terminati in punta triangolare acuta, nell’insieme poco più larghi che lunghi, o quasi tanto lunghi quanto larghi, verdi e callosi in basso, con larga fascia bruna in giro e margine ciliolato; petali superanti di assai i sepali, dei quali sono un poco più larghi ma del resto simili, lar- ghi 10 mm, alti 8 mm., bruscamente contratti in un ben distinto api- colo. Frutti ovato-conici, mucronulati dai resti degli stigmi: col pe- rianzio misurano 18-20 mm. di lunghezza, senza il perianzio (quando perfettamente maturi) sono lunghi 17-18 mm., larghi 14-16 mm., uniformemente giallo-albicocca, a polpa di sapore grato, acidula ma non abbondante ed un poco fibrosa. Nocciolo ellittico, egual- mente ristretto verso le due. estremità, lungo 14-15 mm., largo 8-9 mm.; ocelli situati al di sotto della metà; nei pochi noccioli 56 aperti ho trovato due semi. Il seme sembra che varî alquanto, ora più lungo, ora più corto, più panciuto o meno, ed alle volte esat- tamente il doppio più lungo the largo. La 5. Bonneti è abbastanza distinta dalle altre Suza per le sue piccole dimensioni, ma sopratutto per i suoi frutti piccoli, ovato- conici con nocciolo ellittico, normalmente il doppio più lungo che largo o quasi; nell’insieme, a parte le dimensioni molto minori, i suoi frutti rassomigliano assai a quelli della 5. Yafay, specialmente per il perianzio che ne riveste la base sin presso ia metà. Sembra però che esistano forme di passaggio fra la 5. Bonneti e la B. defospatha. Io ritengo quasi come cosa certa che alla 5. ZBorzeti debba riportarsi il Cocos /efospatha var. angustifolia Drude, del quale si dice che differisce dalla forma tipica di C. /ejospatha per essere una pianta più gracile, con i segmenti delle foglie più lassamente inse- riti e più stretti, e per i frutti più lungamente acuminati. Drude indica questa sua varietà come crescente nei Campos presso Lagoa Santa nella Prov. di Minas-Geraés, ivi raccolta da Warming. Corrispondente alle var. argustzfolia del C. lefospatha, e quindi, secondo il mio modo di vedere, alla 5. Borneti, è il n. 20025 di Gla- ziou, del quale in una nota di questi nell’Erb. Beccari si dice che è una piccola Palma, quasi acaule, comunissima fra le graminacee nei pascoli delle parti elevate fra Correyo secco e Diamantina, dove è conosciuta col nome di « Coquinho do campo ». In detto esem- plare il picciolo e la base del rachide sono pulverulento-cerosi; i segmenti sono rigidi, i più bassi larghi 5 mm.; i maggiori fra i pre- senti, che sono quelli della parte superiore. della parte pinnifera (a 40 cm. dall'apice) sono lunghi 33 cm. e larghi 8 mm. Lo sfadzce nell'insieme è lungo circa 50 cm.; la sola pannocchia misura 25 cm.; la grande spata è glabra e glaucescente di fuori in alto, ma è assai distintamente consparsa di squamule brune in basso. I 707: d' e 9 non sembrano differire da quelli della 2. lejospatha, con la quale invero la 5. Bonneti ha molta affinità. Dalle notizie pubblicate dal sig. Chabaud (1. c.) sarebbe stato Linden che nel 1865 avrebbe assegnato il nome di Cocos Borneti a questa Palma, dedicandola ad un certo sig. Bonnet, appassionato orticultore, nella cui proprietà alla Villa Margherita presso Hye- res un individuo, nato da semi ricevuto da Linden, avrebbe fiorito e fruttificato per la prima volta. È questo l’individuo figurato nella « Revue Horticole » del 1876 sotto il nome erroneo di Cocos au- DT stralis, e che è stata la causa per cui, d'allora in poi, i Cocos ri- feribili alle BZ sono stati spessissimo battezzati nei giardini col nome di Cocos australis. È possibile che alla 8. Bomzeti debba ricondursi il Cocos Bar- sosti Barb.-Rodr. Sertum Palm. I, p. 86, t. 67, del quale si dice che cresce nei campi naturali nelle vicinanze di Alfenas e di Cabo Verde nella Prov. di Minas-Geraés. Riceve il nome di « Coco de Vassoura » e si dice che le sue foglie servono a farne delle granate. Dalle figure pubblicate nel « Sertum Palmarum », e specialmente per il frutto, io giudicherei questa Palma riferibile ad una 5uzia; mi sembrerebbe anzi che potesse corrispondere alle 5. £Lozzez: per il perianzio assai profondo e che cuopre una buona parte del frutto; . soltanto il nocciolo sarebbe un poco più panciuto che nelle forme tipiche di questa specie. Butia capitata Becc. (typica). — Cocos capitata Mart. Hist. Nat. Palm. II, 114, t. 78-79; Becc. in Malpighia, I (1886) 30; Drude in * Mart. FI. Bras. III, p. II, 424; Roster in Bull. Soc. tosc. Ortic. (1913), p. 153, et Palme colt. 35. — Cocos australis saepissime in hortis — (Tav. V, f. 7, 8). Il tronco raggiunge 4-5 m. di altezza ed il diametro di 40-50 cm.; in basso la sua superficie è resa rozza dalle cicatrici delle basi delle fronde cadute, ed in alto rimane coperto dalle basi lungamente permanenti di quelle vecchie. Le fronde sono arcuate, hanno, il pic- ciolo glabro, armato in basso, sui margini, di lunghe spine arcuate, cornee, nerastre, ed in alto di spine brevi triangolari complanate. I segmenti sono rigidi, numerosi, bifarî e rivolti in alto, talora un poco sparpagliati, spesso ravvicinati in numero di 2-5 sopra ogni lato del rachide, a tratti equidistanti, più irregolarmente disposte e più di- scosti l’uno dall’altro nella parte apicale, verdi-pallidi di sopra, + glaucescenti e pulverulento-cerosi di sotto, molto distintamente e finamente striato-nervosi sulle due faccie (sul secco): hanno la costola mediana assai rilevata di sopra, superficiale e quasi rappresentata solo da un solco di sotto, dove alla base si trovano alcune pagliette allungate scure, e del resto è nuda; i segmenti intermedî sono lun- ghi 60-70 cm. e larghi 20-23 mm,, lineari, o strettamente lineari-lan- ceolati; quelli presso l’apice più stretti (larghi 10-15 mm.); i basilari pure più stretti dei mediani, assai ravvicinati fra di loro e più flac- cidi degli altri. Sfadzci grandi, lunghi sino 1.50 m.j la spata gene- rale è glaucescente e liscia di fuori, od al più poco distintamente 58 striata. Pannocchia grande, con numerosi ramoscelli fioriferi, nu- tanti durante l’antesi; i più bassi lunghi 50-60 cm., i superiori gradatamente più corti e fortemente sinuosi nella parte apicale. Fiori maschi oblunghi, ottusi od acutiusculi, subtrigoni ma irrego- lari per mutua pressione, lunghi 5-6 mm: hanno il calice lungo quanto */ o la metà della corolla, a sepali lanceolati, subulati, ca- rinati sul dorso, spesso così uniti e prolungati alla base da formare una specie di pedicello, solido, trigono; petali lanceolato-oblunghi, subfalcati, ottusi od acuti; rudimento d’ovario minuto, 3-papillare. Fiori feminet circondati da bratteole molto anguste, globoso-ovato- conici, con base piana, larghi 6-6.5 mm., lunghi 8 mm; sepali ot- tusi; petali con larga base imbricata e punta triangolare sorpas- sante i sepali; staminodi formanti un basso anello membranoso, troncato o più o meno lobulato-ondulato sul contorno. F7x/f ovoidei, lunghi sino 25-26 mm., larghi 20-22 mm. od anche assai più quando stramaturi (1), mesocarpio carnoso, acido, un poco fibroso. Nocciolo ovato-ellittico, attenuato ed acuto alle due estremità (esclusi gli aber- ranti che spesso s'incontrano) lunghi 18-24 mm., larghi 10-14 mm., di solito biloculare, ma anche 3-loculare ed uniloculare ; ocelli si- tuati verso la metà o poco al di sotto. Perzarzzio fruttifero molto bassamente cupolare; sepali e petali verdi nella parte basilare con largo margine bruno, essucco; petali molto espansi sui lati, ossia un poco meno del doppio più larghi che alti, con piccola punta triangolare ottusa nel centro. HABITAT. — La forma tipica di Bufia capitata è stata primie- ramente descrittta e figurata da Martius (1. c.) sotto il nome ci Cocos capitata. Egli scrive di avere incontrato questa Palma ai Brasile nei campi montani della Prov. di Minas-Geraés, e più frequentemente nel deserto fra la Serra de S. Antonio ed il Rio Jequitinhonha (circa fra il 17° e 18° L. S.), nonchè, ma più di rado, nella Regione dei Diamanti. Le viene assegnato il nome volgare di « Cabecudo » o « Coqueiro acido ». Hg La tav. 78 dell’opera di Martius rappresenta un individuo di Cocos capitata rimasto tormentato dal fuoco, che, come scrive l’Au- (1) Il maggior o minor diametro del frutto maturo della 8. capitata, come delle sue varietà, dipende dal volume del nocciolo; ma più ancora dallo sviluppo che acquista il mesocarpio polposo, essendo questo apparentemente più voluminoso in quelli individui ai quali non è mancata l’acqua durante la maturazione dei frutti e potendo variare, den- tro certi limiti, da un anno all’altro. E SIT PPT SI 7. DI 59 tore, gli indigeni accendono annualmente nei campi per bruciare le erbe. A. tale circostanza si deve attribuire la differenza nell’a- spetto generale che si riscontra fra gli individui di Bua capitata che si vedono usualmente, e quello che presenta la pianta raffigu- rata nell’ora rammentata tavola della « Historia naturalis Palma- rum ». Ma che il C. capitata di Martius corrisponda esattamente . alla Bufia da me sopra descritta ne abbiamo la prova nella t. 79 della opera citata, tavola che rappresenta l'estremità di uno spadice in fiore e la parte bassa di una fronda, pure di C. caf:tata, non che nella descrizione che di detta specie è stata pubblicata dallo stesso Martius (i. c. p. 114). Invero potrebbe rimanere qualche incertezza riguardo alla forma precisa alla quale, fra le Buzia coltivate, conviene di assegnare il nome di £. cafitata come precisamente intesa da Martius, non avendo il chiarissimo autore avuto sott’ occhio di detta specie i frutti, che quindi non ha descritto, e dei quali solo dice: « Drupa, testibus incolis, ovata, acuta, sicca, carne fibrosa acida ». Alla Butia capitata è riferibile il n. 9334 di Glaziou (in Herb. Becc.), ma l’esemplare mancando dei frutti non è possibile indi- care con certezza se esso veramente appartiene alla forma tipica o ad una delle sue varietà: detto esemplare è accompagnato dalla seguente nota: « Très commun dans les campos sablonneux de Rio Grande-do-Sul et cultivé dans les jardins publics où il fleurit en juin-juillet. Son stipe est haut de 3-5 mètres, son fruit est d’un jaune rosé et de la grosseur d’un oeuf de pigeon: vulgo: Butia et Cabegudo ». Probabilmente l’ esemplare in parola è stato staccato da una pianta coltivata. Per l’indicazione che i frutti hanno la grossezza dell’ova di piccione parrebbe che realmente si trattasse della tipica Butia capitata. Egualmente considero come appartenente alla tipica Butza ca- pitata un esemplare che io ho coltivato per molti anni nel mio giar- dino nei contorni di Firenze, e che in un inverno rigoroso perse il germoglio centrale. Forse la minor resistenza di questa varietà di 5. capitata al clima nostro, in confronto di altre, deve attribuirsi alla sua provenienza. Infatti la tipica Buia capitata, quale è stata descritta da Martius, crescerebbe dentro il tropico, mentre le altre che sono più di frequente coltivate sono proprie di regioni al di sotto di questo. Non ostante però che il mio esemplare avesse perso il germoglio centrale le fronde laterali rimasero in vita lungamente, e numerose piantine continuarono a sporgere le loro foglie pri- 60 mordiali dall’ascella delle basi delle vecchie fronde, dove si era accumulato del terriccio, e vi erano caduti dei semi. Le fronde in detto esemplare sorgevano da prima erette per divenir poi arcuate; avevano i segmenti spesso ravvicinati in grup- petti di 2-3 sopra ogni lato del rachide, erano assai glaucescenti e relativamente assai larghi ed alquanto sparpagliati. Il tronco era quasi bulboso alla base, misurando ivi da 80 cm. di diam. ed an- dava poi gradatamente ristringendosi, ma a 60 cm. al di sopra del terreno rimaneva del diametro costante di 50 cm.; nella parte più bassa, il tronco, aveva la superficie scura, rimulosa, e su di esse le fronde cadute avevano lasciato delle cicatrici basse, molto estese per traverso, ed assai ravvicinate fra di loro; più in alto le fronde ancorchè morte, persistevano lungamente. Ben si capisce però che se nella sua patria gli incendi agrarî annualmente abbruciano la parte delle fronde che è più facilmente attaccabile dal fuoco, rimane sempre incombusta quella più bassa legnosa e dilatata del picciolo; l’assieme di queste parti abbruciacchiate nella parte alta del tronco, al di sotto delle fronde nuovamente emesse, deve formare una spe- cie di capitozza, che ben rende ragione del nome specifico asse- gnato da Martius a questa Palma. È I frutti del mio esemplare erano da prima ovoidei, attenuati un poco verso la punta, ma diventavano a maturità, e specialmente ‘quando stramaturi, anche un poco depressi nell’apice, lunghi 25-26 mm. e larghi 20-22 mm., erano molto odorosi, di color giallo albicocca, con polpa carnosa, ma alquanto fibrosa, di sapore acidulo molto grato, che rammentava specialmente l’Ananasso. Il nocciolo di que- sti frutti era + attenuato alle due estremità, ottusamente 3-gono all’apice, a superficie segnata da piccoli bucherelli, nei quali s’iîn- sinuavano alcuni dei fasci vascolari del mesocarpio; di solito, il nocciolo conteneva solo 2 semi, ma quando se ne sviluppavano tre diventava più panciuto (Tav. V, f. 7). I frutti erano maturi nel mese di Ottobre. Ritengo che debbano riferirsi alla forma tipica di Buzia ca- pitata i semi che per molti anni sono stati messi in commercio da Vilmorin Andrieux et C.ie sotto il nome di Cocos australis; semi simili ne ho ricevuti dal Giardino di Orotawa, dal Giardino bota- nico di Palermo, e da quello di Pisa. I frutti della Buia capitata del Giardino botanico di Pisa, rac- colti il 17 novembre 1914 erano del tutto gialli e solo leggermente rosati alla base; quelli non perfettamente maturi erano di forma latamente ovata; gli stramaturi erano anche più larghi che alti, Are #0 61 ossia larghi 25-30 mm. e alti 22-25 mm.: avevano noccioli ellittici lunghi 20-24 mm. e larghi 12-13 mm. (Tav. V, f. 8). Anche il sig. Chabaud mi ha comunicato dei campioni com- pleti della tipica Butia capitata provenienti da un individuo col- tivato nel Giardino Lemarchand al Pradet presso Tolone: campioni che corrispondono’ alla descrizione che di detta £Lufze ne ha dato lo stesso sig. Chabaud nella « Revue Horticole » (1906, n. 6, p. 144). La Butia capitata, presa in un senso largo, può considerarsi come una « Synspecies », esattamente come l’Arecastrum Roman- zoffianum, del quale pure ha presso a poco la medesima distribu- zione geografica nell'America meridionale. I semi della £. capitata che sono stati introdotti in Europa proveniendo da svariate regioni, dove certamente vivono forme locali, hanno dato origine a quella varietà di forme che si constata nei nostri giardini, non che in quelli del Brasile e dell’ Argentina, dove pure questa £5uzia, oltre a riprodursi naturalmente, è anche coltivata a scopo ornamentale non solo, ma anche per i suoi frutti, che non sono punto sprege- voli, e che specialmente in alcune varietà hanno un ben grato sa- pore e possono essere utilizzati anche per farne delle conserve. Valendomi io dei numerosi campioni, delle note, disegni e fotografie riferentisi agli individui che io stesso ho visto, o che mi sono sono stati comunicati dai miei corrispondenti da varie parti d’Italia, dal mezzogiorno della Francia, dal Portogallo, dalle Canarie ecc., e dall'America meridionale, non che delle descrizioni e delle figure pubblicate nei vari lavori di Barbosa-Rodrigues, sono venuto a concludere che della Buzza cafztata, sia allo stato selvatico, sia in coltura, esistono numerose forme e varietà, delle quali le principali (fra quelle che sono venute a mia conoscenza) vengono qui appresso descritte, tentando, forse invano, di assegnare loro dei caratteri per i quali possan esser riconosciute; ma in verità è pro- babile che talune di esse non rappresentino delle vere razze co- stanti, ma solo delle variazioni individuali, essendo quasi certo che, sia per la grande dispersione naturale di questa Palma nelle regioni dove è indigena, sia per l’estesa sua coltura, diverse di dette forme non sono che il risultato di incrociamenti naturalmente pro- dotti, tanto nel nuovo quanto nel vecchio mondo (1). (1) A questa circostanza si deve probabilmente il fatto che da ogni sementa che di questa Palma fanno gli Orticultori nascano spesso individui che differiscono fra di loro, specialmente per quel che riguarda il portamento generale, il colore, la forma, la gran- dezza ed il sapore dei frutti, di modo che il numero delle varietà che potrebbero distin- guersi sarebbe quasi illimitato, Alle varietà della 5. capitata si connettono anche la 2. /ejo- spatha e la B. Bonneti, che potrebbero esser considerate, anzichè specie distinte, come semplici varietà, od al più come sotto specie della 5. capitata. La Butta capitata tipica e le varietà odorata e fulposa si di-. stinguono abbastanza bene l’una dall’altra nei casi estremi per la forma e grossezza del frutto e dei noccioli, ma vi sono forme in- termedie che non è possibile stabilire a quali delle 3 varietà ram- mentate convenga di riportarle. E ciò è ben naturale in una Palma che in senso largo è indi- gena in tutta la immensa regione che si estende dal 17° L. S. sino a Rio Grande-do-Sul, e che spesso anche in America è coltivata da Rio-de-Janeiro alla Plata. Come quindi sempre accade quando una specie è dotata di una estesa distribuzione geografica, e tanto più quando essa è anche estesamente riprodotta per la coltura, esi- stono numerose forme di transizione connettenti fra loro le forme estreme. Dal mio studio risulterebbe che la tipica £. capitata sa- rebbe la forma più settentrionale; che la 2. odorata sarebbe la va- rietà più comune nello stato di S. Paulo a Santa Catharina, e che la varietà /u/fosa sarebbe la più meridionale e frequente a Rio Grande-do-Sul, almeno da quanto asserisce Barbosa-Rodrigues. La 2. capitata varia non solo per la forma, colore, sapore e grado di fibrosità della polpa dei frutti, non che per la forma da globosa ad ellittica del nocciolo, ma anche per la maggiore o mi- nor larghezza e glaucescenza dei segmenti e per il loro grado di aggruppamento, ora essendo essi distintamente gemini o terni od anche in gruppi di 4-5 sopra egni lato del rachide ed ora + equi- distanti e solo con qualche segmento inserito a distanza differente dalle usuali, ora tutti inseriti su di un medesimo piano, ora alcuni devianti e sparpagliati. In tutte le forme di Bwuzza capitata da me esaminate non ho riscontrato differenze apprezzabili nei fiori d' e 2, e solo ho osservato qualche diversità nel colore, ora rosato, ora decisamente violescente, variazione di colore che si estende anche alle varie parti degli spadici, compresa la spata. Butia capitata var. subglobosa Becc. — Cocos coronata (non Mart.) Chab. in Rev. Hort. 1905, p. 516 et 1906, p. 144 — (Tav. X, A). Questa varietà poco si discosta dalla tipica £. capitata ; in essa però il sig. Chabaud ha creduto di riconoscere il Cocos coro- nata di Martius. I suoi frutti sono globosi, di 22-24 mm. di diam., + È CH PS È 4 3 63 con noccioli ovato-rotondati alle due estremità, lunghi 17-18 mm., larghi 15-16 mm.; ocelli situati al di sotto della metà. Potrebbe considerarsi come una forma intermedia fra la £. capitata tipica e le varietà odorata e pulposa. Nei giardini raramente s'incontra il vero Cocos coronata Mart., che è un tipico Syagrus, Palma assai meno rustica di tutte le Butia, con le quali non ha nulla che vedere, sebbene non di rado venga scambiata con una delle forme della 2. capitata, perchè nella grande opera di Martius la tav. 80, che rappresenta il C. capitata, porta per sbaglio il nome di Cocos coronata. Butia capitata var. odorata Becc. — Cocos odorata Barb.-Rodr. Plant. nov. Cult. Jard. Bot. Rio-de-Jan. I (1891), 11, t. IV, A, et V. f. C, et Sertum Palm. I, 92, t. 68 A (cum ic. in texto); Daveau in Rev. Agr. (1893), 345, f. 110 — (Tav. V, f. 11; T. VII, IX, e X B). In questa varietà le fronde hanno i segmenti di un color verde chiaro glaucescente di sopra, e sono distintamente più pallidi di sotto, essendo ivi coperti da un tenue strato biancastro pulverulento- ceroso. Anche l’asse dello spadice ed i rami fioriferi sono glauco- pulverulento-cerosi. (La natura cerosa di tale strato si riconosce «facilmente accostandovi un ago od altro corpo incandescente, nel qual caso si vede fondersi lo straterello ceroso nei punti toccati). I segmenti variano assai di dimensione e di aggruppamento; di so- lito si possono osservare, in vari punti del rachide, 2-3 segmenti ravvicinati fra di loro più di quello che non sia la maggioranza, mentre vi sono poi anche lunghi tratti dove i segmenti sono equi- distanti. Quanto più i segmenti sono distintamente aggruppati e tanto meno la disposizione lungo ogni lato del rachide è regolare e sopra un medesimo piano; in tal caso alcuni rimangono più alti o più bassi dei prossimi e quindi alquanto sparpagliati ; dei segmenti varia pure la larghezza da un individuo ad un altro anche secondo il rigoglio vegetativo della pianta, talora trovandosi dei segmenti che dalla forma decisamente lineare passano a quella sublan- ceolata. Nemmeno le dimensioni dei frutti sono costanti, potendo esse variare anche sulla medesima pianta da un anno all’altro, secondo che la stagione è stata + propizia per la loro maturazione. In un esemplare che si coltiva nel Giardino della R. Scuola di Orticol- tura alle Cascine di Firenze, i frutti maturi nel Novembre 1910 misuravano (20-24 mm. di diam. e 17-18 mm. di altezza, erano di- 64 stintamente depressi ed anche leggermente concavi sul vertice, ed avevano noccioli di 13 mm. di diam. I frutti della medesima pianta còlti 118 Novembre 1gIr1 erano globosi, assai meno depressi di quelli dell’anno precedente ed assai più grossi, misurando 22-28 mm. di diam. e 19-22 mm. di altezza e con nocciolo sferico contenente di solito 3 semi. La rammentata pianta era in piena fioritura alla metà di Luglio (1913) ed aveva i rami dello spadice ed i fiori molto con- spicuamente violescenti; il 18 di detto mese ho trovato i fiori fe- minei, pronti per l’impollinazione, frequentatissimi dalle api; solo l’ apice dell’ovario e gli stigmi, candidi, sporgevano dal perianzio e mostravano molto distintamente i 3 nettarî che si trovano presso la base degli stigmi (dal lato interno) trasudanti una goccioletta di nettare. In detti fiori l’androceo rudimentario formava un anello membranoso, troncato ‘o leggermente lobulato-6-dentato od ondulato, in qualche raro caso con un accenno di antere abortive. Della v. odorata ho ricevuto anche campioni provenienti da esemplari coltivati a Montevideo, cortesemente inviatimi dal dott. Fe- lippone, e che esattamente corrispondono al Cocos odorata come de- scritto e figurato da Barbosa-Rodrigues. È la Butia più comunente coltivata nei giardini della Regione mediterranea, dove fruttifica abbondantemente nell’autunno inoltrato. I suoi frutti da prima globosi, quando sono maturissimi sembrano piccolissime mele depresse. Sono per lo più gialli in alto e rossastri alla base; la carne è spessa circa 6 mm., acquosa, acidula, alquanto fibrosa; il nocciolo è + globoso, alle volte un poco più lungo che largo, di 11-13 mm. di diam. e contiene di solito 2-3 semi, ma tal- volta anche uno solo. Il perianzio nei frutti stramaturi è quasi com- pletamente spianato e misura 18 mm. di diam. Glaziou ha distri- buito esemplari di questa varietà col nome di Cocos odorata B.-R. sotto il numero 16481 (Erb. Becc. e di Copenhague) ed anche col n° 8047 nel’Erb. di Copenhague. Al mio esemplare è unita una nota di mano dello stesso Glaziou del seguente tenore : « Spontané dans l’état de Santa Catharina et cultivé dans les jardins de Rio-de-Ja- neiro; son stipe est haut de 2 a 3 métres; son fruit est presque rond de la grosseur d’une cerise; il fleurit en Octobre-Novembre. Vulgo: Butia da serra ». Gli esemplari probabilmente sono stati staccati da un individuo coltivato. Barbosa-Rodrigues scrive del suo Cocos odorata che si trova nei campi (Savanne) a Rio Grande-do-Sul, nella Isla de los Padres nie —_-- re @ ‘2069 SCO lata . 65 LI in Rio-Celobatè, sino all’Uruguay, e che è coltivata in Rio-de-Ja- neiro. Nome volgare « Palma petiza » e « Butia ». Butia capitata var. erythrospatha Becc. — Cocos erythrospatha Chabaud in Rev. Hort. 1905, p. 516 et 1906, p. 144 et les Palm. de la Céòte d’Azur, 80 — (Tav. VIII, A). Non ho visto gli esemplari viventi di questa Buia, ma dai cam- pioni e dalle fotografie che mi ha inviato il sig. Chabaud a me sem- bra che possa considerarsi come una forma intermedia fra la var. odorata e la var. lefospatha. I frutti che ho esaminato sono un poco più piccoli di quelli della var. 0dorafa, sono globosi, assai legger- mente depressi, alti 16-18 mm. ‘e larghi 17-19, mm., con nocciolo glo- boso di 11-12 mm. di diam.; questi frutti quindi oltre ad essere più piccoli sono anche un poco meno depressi di quelli della var. 04d0- rata. Le fronde, indistinguibili da quelle della v. odorata, hanno i segmenti biancastri di sotto, spesso in gruppi di 2-5 ed alquanto ir- regolari; la spata di fuori è bruno-rossastra o di un verde-bruno ro- sato, Di questa varietà, che sembra di dimensioni generali inferiori a quelle usuali della v. odorafa, Chabaud scrive che il tronco è alto da 1.50-2 m., che le fronde hanno i segmenti verdi (però come ho accennato nell’esemplare ricevuto sono biancastri di sotto) e che i frutti hanno una polpa non molto abbondante, un poco fibrosa, assai profumata, una cosa di mezzo fra il sapore di Ananasso e quello di Fravola. L’esemplare descritto da Chabaud si coltiva nella proprietà del sig. Lemarchand a l’Artaude, comune di Pradet, presso Tolone. Butia capitata var. pulposa Becc. — Cocos $w/fosa Barb.-Rodr. PI. nov. Jard. bot. Rio-de-Jan. I (1891) 14, t. IV, B; Contrib. Jard. bot. Rio-de-Jan. II, 38, t. III, B. a-c; Sert. Pam. I, 94 (cum ic.) ti:08,:C. —», ambedue inserite nelle « Contributions from the Unites Sta- tes National Herbarium » di Washington (1), colloca invece la cuna del Cocco nelle interne e lontane vallate delle Ande della Colom- bia. Contro questa opinione, ed in favore di una origine asiatica o polinesiana del Cocco, io ho portato digià alcuni argomenti in uno scritto inserito negli « Annales du Jardin Botanique de Buitenzorg » (28 serie, suppl. III, 1910); ma le condizioni nelle quali è stato pre- sentemente trovato crescere il Cocco nell’ Isola Palmyra mi da l'occasione di ritornare sul soggetto, e di portare nuovi contributi alla tesi da me sostenuta. Sono inoltre spinto a scrivere le seguenti critiche agli argomenti ed asserzioni di Cook, dal fatto che l’ame- ricanicità della Palma Cocco sembra abbia trovato favore presso varie autorità scientifiche, come Ugo de Vries (Species and Varie- ties etc. 2% ediz. p. 82), e Geoffrey Smith (The Cambridge Natural History « Crustacea » (1909) p. 173). Prima di entrare nel merito della discussione credo opportuno di esporre sommariamente le condizioni fisiche e geografiche del- l'Isola Palmyra. L'Isola Palmyra vien descritta da Mr. Joseph F. Rock (2), che la visitò nel 1913 facendo parte di una spedizione organizzata dal- l’Hon. Henry E. Cooper di Honolulu, come un regolare atollo co- rallino composto di circa 52 isolotti, che racchiudono 4 lagoni, di cui 3 grandi ed uno piccolo, il tutto circondato da una barriera di scogli madreporici. L’Isola Palmyra è situata nel mezzo del Paci- fico, presso a poco a 2200 miglia al Sud delle Hawaii, a circa 5°.30 Lat. Nord, e circa 162° Long. Ovest di Greenwich. Il punto più elevato dell’isola non sorpassa 1.50 m., e ia mag- N69 Nel seguito di questo scritto indicherò col n. I, la prima memoria, e col n, II la seconda, i (2) Palmyra Island with a description of ite Flora. - College of Hawaii publica- tion. - Bulletin n, 4 « Honolulu, 1916. 83 gior differenza media della marea e di 43 cm. Diversi degli isolotti rimangono coperti ad alta marea. Il sig. Rock esplorò accuratamente la Flora deil’Isola, ed a lui sono debitore dei frutti che ho descritto. La Flora risultò estremamente povera, fra tutto essendo state incontrate solo 38 specie di vegetali, delle quali solo 13 sono piante Fanerogame. Il Cocco vi cuopre grandi estensioni, e di esso si ri- tiene che vi crescano ora almeno 25.000 piante portanti frutto, ol- tre ad un immenso numero di giovani in vario grado di sviluppo. Vi sono state trovate 2 specie di Pandani, e solo 3 specie di grandi piante arboree, vale a dire: la fisozza grandis R. Br. (Nyclagineae) che vi raggiunge 24 m. di altezza; la Ockrosia opfosttifolta (Lam.) K. Sch.(Apocyneae) che raggiunge 15 metri, e la Zournefotia argentea Linn. f.(Borrugineae) che rimane alquanto più bassa delle precedenti. L'Isola Palmyra ha probabilmente subìto varie vicende fisiche e telluriche e specialmente abbassamenti e sollevamenti di suolo, di modo che si può ritenere per certo che tanto la sua Flora, quanto la sua Fauna, non possano vantare una grande antichità in senso geologico, ciò che rende ragione del piccolo numero di specie di esseri viventi che la popolano; ma nel suo stato attuale Palmyra si trova esattamente nelle condizioni di quelle isole disabitate, che, come dice Simmonds (citato da O. F. Cook, II, 28) sono den- sa mente coperte di Palme Cocco, delle quali « le noci cadute un anno dopo l’altro nessuno raccoglie e giacciono sul terreno in quan- tità incredibile ». Così accade precisamente in Palmyra dove (sono parole di Rock) « nell’Isolotto Cooper il Cocos nuczfera vi forma dei magnifici gruppi, e dove le noci cadute cuoprono il terreno di uno strato di varî piedi di altezza e germogliano ovunque ». Le condizioni speciali geografiche e fisiche nelle quali quindi si trova l'Isola Palmyra, ed oltre a ciò il suo isolamento per la grande lontananza da qualunque altra terra, l’ assoluta mancanza d’'indigeni, la certezza che non è stata regolarmente visitata nè da. pescatori nè da persone che abbiano cercato di sfruttare regolar- mente la sua ricchezza (consistente solo nelle noci di Cocco) o di alterarne con la coltura le sue condizioni primitive, la mancanza d’acqua dolce e di qualsiasi resto di pianta economica che possa far sospettare che in tempi remoti sia stata abitata (1), sono tante (1) In verità nella memoria citata di Rock si ricorda che in Howe Islet sono state trovate traccie di abitazioni, certamente di epoca ron remota, consistenti in un casotto di legno (wooden Shack) ricoperto di lamiera ondulata; e che nel 1886 un certo Dillon vi abitò qualche tempo e vi piantò 200 Cocchi, ma che, come lo stesso Dillon riferiva, ve ne esistevano di già diverse migliaia di adulti. 89 circostanze che mi offrono validi argomenti da contrapporre a quelli, che, per sostenere l'origine americana del Cocco, ha emesso, con grande competenza ed erudizione invero, il sig. O. F. Cook nelle memorie sopra indicate. In queste memorie Cook sostiene tre principali tesi, dalle quali io dissento completamente. E cioè: 1.° Che il Coces nucifera deve avere assunto i suoi caratteri. specifici attuali sul Continente americano, dove deve essere stato trovato dai navigatori polinesiani, i quali poi lo avrebbero diffuso nelle loro isole, ed in seguito sarebbe passato in Malesia e sul Con- tinente asiatico. 2.° Che il Cocco in Asia ed in Polinesia, come in qualunque altro luogo ove ora s’incontra, non può in alcun caso fare a meno deila protezione dell’uomo, senza della quale è anche incapace di mantenersi sulla spiaggie marittime. 3.° Che le correnti oceaniche non possono essere state un mezzo etficace per la sua diffusione o disseminazione, e quindi per l'allargamento della sua area geografica. DEBBONO DI NECESSITÀ TUTTE LE COCOINEAE AVERE AVUTO UN ORIGINE AMERICANA? — Secondo la tesi molto abilmente e diffusamente sostenuta da Cook, il Cocos nucifera non può essere di origine asiatica, malese, o polinesiana, ma deve essere un « na- tivo del Sud America trasportato nell’occidente, attraverso il paci- fico in tempi preistorici », e la sua patria originale deve trovarsi in alcune riparate vallate delle Ande equatoriali (in some sheltered valley of the equatorial Andes). L’ argomento antico, e del resto giustissimo, per ritenere il Cocos nucifera d’origine americana, che cioè tutti gli altri membri della Tribù delle Cocozreae (eccettuato 1'EZae:s guineensis) (1) sono americani, non ha più gran valore; dopo le nuove eccezioni che hanno portato alcune recenti scoperte botaniche. Ed invero l’esistenza di una specie distinta di Z/zezs nel Ma- dagascar, della £. madagascariensis Becc. (2), differente dalla Z/aeis (1) La presenza nel Madagascar di una specie di Z/aezs distinta dalla £. gwuzine- ensis, mi fa quasi sospettare che il Genere Z/aeis debba essere considerato come real- mente affricano, e che invece del trasporto dall'America in Affrica diun rappresent-nte di detto Genere, sia accaduto precisamente l’opposto, e che l’ americana £, melanococca debba. considerarsi d’origine affricana, (2) Beccari: Palme del Madagascar, p. 55, f. 46 e: Contributo alla conoscenza delle Palme a olio (1916) p. 72, t. XVIII. ‘90 guineensis, e la scoperta di un’altra vera Cocoinea, della /ubaeopsis Caffra Becc. (Webbia v. IV, p.-169) nell’Affrica australe, contri- buiscono ad infirmare la credenza in uno necessario indigenato ame- ricano di tutte le Cocoinee. La /ubaeopsis infatti risulta molto più affine al Cocos nucifera, di quello che non sia qualunque altra delle Palme riferite sin qui dagli Autori al genere Cocos. Io ho digià dimostrato che il Cocos nucifera è una Palma mo- notipica, con scarse affinità con le altre Palme incluse nel Genere Cocos, ma che ha a comune con la /ubaeopsis la conformazione ge- nerale del frutto, il seme con ampia cavità centrale, ed i fiori ma- schi di 3 sepali completamente liberi ed imbricati, tanto che io mi sono azzardato ad esporre il dubbio che il Cocos mucifera, per l’af- finità che dimostra con la /ubaeofsis, invece che in Polinesia o in terre ora scomparse nell’area del Pacifico, come altre volte ho sup- posto, (I. c. p, 802) possa avere avuto origine nelle Isole più orien- tali dell'Oceano indiano, o piuttosto in altre terre od isole una volta esistenti nell'area interposta fra l’Affrica e l’India (Webbia 1. c). Secondo questa ipotesi Ceylon e le Isole Keeling si trovereb- bero quindi presso a poco nella regione di primitiva plasmazione del C. nucifera. Ulteriori considerazioni, specialmente avvalorate dalle condizioni nelle quali il Cocco si trova in Palmyra, mi fanno però parere adesso più probabile l’ipotesi primitiva, cioè di una sua origine polinesiana, come verrà meglio dimostrato nel seguito di questo scritto. I Anche le ZEugezssona proprie della Malesia, che sino ad ora erano ritenute come facenti parte delle Lefzdocaryeae, io ho dimo- strato (Webbia v. IV, p. 190) che di fatto sono, più che a queste, affini alle Cocoineae. Dietro tali fatti l’americanicità delle Cocozzeae non può quindi più considerarsi come assoluta. ASSOCIAZIONE DEL BIRGUS LATRO CON LA PALMA Cocco. — Anche nell’ Isola Palmyra è stata riscontrata l’associazione di quel grosso crostaceo, così diffuso in Malesia ed in Polinesia, del £7gus Zatro, con la Palma Cocco. Nell’Isola Palmyra anzi il £7gus, da quanto riferisce il sig. Rock, è molto abbondante insieme ad altri crostacei. Di questa associazione io mi sono servito (Ann. Jard. bot. Buit. 1. c. p. 804) come un argomento contrario all’indigenato ame- ricano del Cocco, perchè mi sembrava inammissibile che l’uno di essi potesse essere rimasto plasmato indipendentemente dall’ altro. Quantunque il Cocco possa, con vantaggio, fare a meno del Bz7g%s, 91 per questo animale il caso è ben diverso, perchè senza il Cocco egli non avrebbe, più il mezzo di vivere; mentre poi se non fosse esistita tale associazione non avrebbe potuto avere origine quella speciale conformazione degli organi prensili, mercè la quale il Btr- gus può afferrare. e rompere le nuci di Cocco, principalissimo suo mezzo di sussistenza, non che salire sulla pianta che le produce. É questa associazione in ogni caso mi sembra che difficilmente avrebbe potuto aver luogo nelle vallate orientali delle Ande, dove, come vuole Cook, avrebbe avuto origine la Palma Cocco. Ed è notevole il fatto che il 577g%s s’ incontri associato con la Palma Cocco anche in località fra loro distantissime, dove il Cocco può ritenersi che vi sia giunto naturalmente da se, come sono le Isole Keeling nell'Oceano indiano e l’Isola Palmyra nel Pacifico, regioni che distano fra di loro di almeno un terzo dell’intiera cir- conferenza del Globo. Ignoro se il 527gws sia stato trovato in Cocos Island nel Pacifico (altra isola che in origine si ritiene fosse natu- ralmente coperta di Palme Cocco), dove pure non mi farebbe me- raviglia che avesse potuto esistere, perchè sebbene quando adulto il Birgus sia un essere conformato per una vita terrestre, allo stato di larva o di « Zoaea » ha una esistenza pelagica, e può quindi essere trasportato ad enormi distanze. Non ostante ciò il £Lirgws sembra assolutamente sconosciuto sulle spiaggie americane del pacifico. Qui mi si presenta l’ occasione di azzardare l’ ipotesi che la primitiva e remota connessione biologica avvenuta fra il £zrg%ws e la Palma Cocco, connessione che avrebbe avuto la potenza di mo- dificare certi organi dcl £770%s, abbia avuto anche una influenza per fare assumere alcune particolarità alla stessa Palma Cocco. In- tendo alludere allo straordinario inspessimento del pericarpio, che sotto un punto di vista teleologico è stato attribuito: od al vantag- gio che offre al frutto per il galleggiamento onde venga favorita la disseminazione, o per ammortizzare il colpo cadendo il frutto dall’albero (1). Secondo il mio pensiero il grande sviluppo del pe- ricarpio. potrebbe essere stato invece l’effetto dello stimolo che il Birgus avrebbe operato durante l'epoca plasmativa sul pericarpio dei giovani frutti, per poter giungere sino all’albume, stimolo che avrebbe potuto causare una ipertrofia ereditaria nelle pareti esterne del pericarpio stesso e generare un tessuto fibroso-suberoso di na- (1) Questa opinione è condivisa anche da Ugo de Vries, nell’opera sopra citata. 92 tura protettiva, analogo alla scorza di un albero. In seguito a ciò, per la natura leggiera di tale tessuto il frutto sarebbe risultato gal- leggiante, indipendentemente da ogni causa finale; di guisa che fra i molti frutti prodotti, taluni sarebbero risultati leggieri, e di questi per tal motivo sarebbe stata favorita la disseminazione a pre- ferenza di quelli pesi. Tutto ciò però nella supposizione che quando il B:rgus monta sopra un Cocco (e sopra questo fatto sembra che non cada dubbio) ciò faccia per valersi dei frutti immaturi. A. tale proposito ho da osservare che mi è occorso di trovare spesso nelle Molucche noci di Cocco per terra non perfettamente mature, più o meno rose ed intieramente vuotate della mandorla, per opera, da quanto mi hanno assicurato gli indigeni, del £z7gus /atro. D'altra parte Guppy (1) asserisce di non aver mai visto dei 2irgus tenuti in schiavitù nell’atto di levare il guscio alle noci di Cocco mature che venivan loro date per cibo, ma che sempre per mantenere l’a- nimale in vita bisognava che le noci gli venissero aperte. Non è quindi ancora bene accertato che il £472%s riesca a spogliare del mesocarpio le noci di Cocco perfette e naturalmente cadute al suolo. E se il nocciolo non viene liberato almeno in parte del guscio mi sembra assai difficile che il 5:7gus possa arrivare alla mandorla di una noce di Cocco matura ed allo stato secco, attraverso lo strato di tessuto fibroso-suberoso del mesocarpio, mentre gli deve essere facile arrivarvi nei frutti giovani. Ciò spiegherebbe perchè il B7gus per approvigionarsi dei frutti freschi abbia bisogno di salire sul- l'albero, diversamente potrebbe servirsi dei frutti caduti. È molto, facile però che il £77g%s possa approfittare anche di quei frutti caduti per terra, nei quali è iniziato il germogliamento, poichè in tal caso è possibile che con le sue mandibole possa arrivare sino al seme rodendo la radice (2). ESISTEVA LA PALMA COCCO IN AMERICA PRIMA CHE QUESTA VENISSE SCOPERTA DA CRISTOFORO COLOMBO? — Anche ammesso che la Palma Cocco esistesse in America sulle coste del Pacifico prima della sua scoperta per parte degli Europei, i dati sui quali si fonda Cook per ritenere che essa fosse diffusa anche dal lato del- (1) B. Guppy: Ze Solomon Island, p. 320. (2) In aggiunta ai curiosi costumi del 2:rgws /atro, Rock (1. c. 16) racconta he questo strano essere non sarebbe semplicemente vegetariano, ma che avrebbe anche degli» istinti cannibali, divorando qualche suo consanguineo (Brother-crab). Forse si parla del grosso Paguro : Coenobita Olivieri). 93 Atlantico sono così scarsi ed incerti, da risultare poco convincenti per la sua tesi. E d’altra parte io mi meraviglio come i primi na- vigatori intorno al continente americano non abbiano nemmeno fatto menzione del Cocco, se non altro per il liquido contenuto nel suo frutto, mentre non vi è viaggiatore in oriente che non ram- menti il fatto dei nativi che portano ai forestieri le noci di Cocco per dissetarsi; ed Amerigo Vespucci stesso, che per il primo navigò lungo tutta la costa tropicale orientale dell'America del Sud, sino nel Golfo del Messico, e visitò le Antille, nella narrazione dei suoi viaggi non fa menzione una sola volta che i nativi gli abbiano of- ferto alcunchè di simile. Non ho difficoltà ad ammettere che Polinesiani, Malesi, Ma- lesoidi o Papuani possano essere giunti in tempi anche remotissimi a stabilirsi sulle coste del Pacifico nell'America tropicale, e che essi possano .aver portato colà insieme al Cocco anche il Banano; ma stento a credere che essi, avendo trovato sulle coste americane del Pacifico la Palma Cocco, l’abbiano di ritorno diffusa in Poli- nesia ed in Asia (1). La difficoltà affacciata da Cook che il Cocco non poteva es- sere introdotto in America dagli Spagnuoli o dai Portoghesi per- chè i frutti non avrebbero potuto conservar la facoltà germinativa durante il lungo viaggio, non ha valore, inquantochè, contraria- mente a ciò che Cook asserisce, i frutti di Cocco possono sopportare varî mesi di siccità, specialmente sotto l’influenza dell’aria di mare, e possono anche germogliare sospesi alle sartie di un bastimento, come è frequentissimo in Malesia di vedere un mazzo di noci di Cocco germoglianti sopeso agli stipiti delle capanne. (1) La credenza, molto accreditata, di indigeni d’origine asiatica, polinesiana o pa- puana sulle coste occidentali dell’ America centrale sembrerebbe avvalorata anche da quanto scrive Amerigo Vespucci nella relazione del suo primo viaggio (1). Egli racconta infatti che navigando, a quanto sembra, sulle coste del mare Caribeo, nelle vicinanze dell’Istmo di Panama, approdò ad una isola che distava nel mare 15 leghe da terra, nella quale trovò la più bestiale e brutta gente che mai avesse visto; e racconta che quei selvaggi avevano la bocca piena di un erba che continuamente ruminavano per cui appena po- tevano parlare, Ognuno portava al collo due zucchette secche, in una delle quali teneva l’erba che masticava, e nell’altra una farina bianca che pareva gesso in polvere, ed in questa di quando in quando intingeva una bacchetta in forma di fuso, che prima inu- midiva in bocca per infarinare con detta polvere l’erba che masticava. Mi sembra indu- bitato che tale abitudine dovesse corrispondere a quella in uso generale fra i Malesi, e di altre popolazioni asiatiche o polinesiane, di masticare cioè il Siri, od altra erba o frutto, con la calce, che tale sostanza doveva essere la polvere bianca di cui parla Vespucci. (1) Libro di viaggi di Amerigo Vespucci di Stanislao Canovai. Firenze, Tipografia Tofani, 1832 v. I. 94 Riguardo all’indigenato americano del Cocco ed alla sua sup- posta patria nelle regioni salmastre della Colombia o del Perù orien- tale, Cook conclude (II, p. 307); « sarebbe ragionevole di pensare a questi distretti salini del Sud America volendo fare un tentativo per accertare definitivamente il luogo d’origine del Cocco, e per trovarlo in uno stato veramente selvatico » (1). Fortunatamente che l’Autore si affretta a dire: « Una tale scoperta è difficile che av- venga perchè probabilmente tali località convenienti per lo sviluppo spontaneo del Cocco avrebbero attratto l’attenzione dell’uomo an- che in epoche remote (2). Ma allora potrebbe dirci il sig. Cook per- chè ritiene che in simili località il Cocco, con le sue caratteristiche attuali, avrebbe potuto costituirsi in entità specifica, crescere e ri- prodursi senza l’assistenza dell’uomo, e sulle coste asiatiche od ocea- niche no? Ed ancora: « Noi possiamo però sperare di trovare una serie di varietà locali o sottospecie di Palma Cocco in queste loca- lità interne (lato orientale delle Ande), varietà che sarebbero più resistenti e. vigorose delle forme marittime della Palma coltivata nelle parti umide dei Tropici, e che più facilmente potrebbero pro- sperare in condizioni semitropicali (3). Questa ricerca ritengo che potrebbe benissimo essere eseguita da qualche botanico intraprendente, ma di fatto nessuno sino a qui ha incontrato di simili forme o varietà di Cocco nelle regioni ram- mentate; non dico però che la cosa sia assolutamente impossibile e che varietà e specie di Cocco ancora ignorate ai botanici, più affini al Cocos nuctfera di quello che non siano tutte le altre Co- coineae sino a qui note, non possano trovarsi in dette località, ma questo sarebbe certamente un fatto meno straordinario di quello che se i grossi frutti del tipico Cocos nucifera avessero attraversatò le Ande e di là fossero stati disseminati nelle isole del Pacifico. DISSEMINAZIONE DEL COCCO PER MEZZO DELLE CORRENTI MA- RINE. — Cook scrive (I, 276) che le « correnti oceaniche sono un (1) « It would be reasonable to turn tho these saline districts of South America if any attempts were to be made to definitely ascertain the original home of the Coco- nut by finding it in a truly wild state ». (2) « Such a discovery is hardly to be expected, because of the probability that localities suited to the spontaneous growth of Coconuts would have attracted human in- habitants, even in very early times ». : , (3) < We may hope, however, to find a series of local varieties or subspecies of the Coconut palm in these interior localities (Perù orientale), varieties that will be more hardy and vigorous than the maritime forms of the palm cultivated in the humid parts of the Tropics, and more likely to thrive under semitropical conditions ». 95 mezzo inefficace (an ineffective agency) per la disseminazione delle noci di Cocco, e che il trasporto di frutti per mezzo di dette cor- renti ha ricevuto molta più attenzione e più credito di quello che sembri dimostrato dai fatti (1) », ed aggiunge che è una Teoria poetica (a poetic theory) ed una vecchia storiella (a time honored fancy) quella della Palma Cocco che lascia cadere i suoi frutti nel mare, per essere trasportati dalle onde sopra lontane isole prive di vegetazione, e così renderle adatte ad essere abitate dall'uomo (2). Ed ancora: « (II, 297) che una Palma incapace di mantenersi da sola sulla terra, non ha niente da guadagnare dall’avere le sue noci trasportate da un luogo ad un altro per mare (3) ». Quanto però avvenne nella esplosione dell’Isola di Krakatau, nello stretto dei Sunda, mi sembra che contradica tutte queste as- serzioni, poichè in tale circostanza in Krakatau, e nelle piccole isole in sua immediata vicinanza, accadde la completa distruzione di tutta la vita organica. Ciò non ostante Ernst (4) al momento della sua visita in quelle isole, pochi anni dopo il cataclisma, trovò colà un numero considerevole di Palme Cocco che davano al luogo una fiso- nomia particolarmente notevole (an especially remarquable fea- ture). Di già nelle prime visite alle isole sconvolte vennero da Treub e da Penzig raccolti frutti di Palma Cocco rigettati dal mare sulla spiaggia; ma presto cominciarono ad apparire di questa Palma anche individui verdeggianti; ed infatti nella t. VI, f. 7 del libro di Ernst si può scorgere una giovane pianta di Cocco situata precisamente sull’estremo limite superiore del livello della marea, sulla costa S. E. di Krakatau, e nella t. VIII, f. 11 si vede un intiero gruppo di Palme Cocco torreggianti sopra gli altri alberi. Altrove, sbar- cando a Zwarte Hoek, pure in Krakatau, quest’ Autore scrive che (« giovani piante di Cocco si trovano sparse qua e là insieme a frutti germoglianti di Larrizgtonta sfpectosa ecc. » ed a p. 68 « che {gruppi di piante litoranee erano penetrate dentro terra per una di- stanza di 300-500 m. » e che fra queste « si trovava un gruppo di giovani Cocco e ciuffi di Parndanus, così vicini alla sponda del mare, che i loro tronchi erano bagnati dalle onde ad alta marea ». (1) « The :iheory of transfer (Coconuts) by ocean currents has received much atten- tion and far greater credence that the facts seem to warrant ». (2) « The Coco nut palm dropping its fruit into the sea to float away to barren islands and prepare them for human habitation ». (3) « A Palm that is unable to maintain itself oa the land has nothing to gain by having its nuts drifted about by the sea ». (4) A Ernst. The New Flora of the vulcanic Island vf Krakatau, p. 58. 96. A. conferma della non poetica idea (poetic theory) e della vec- chia credenza (time honord fancy) che le noci di Cocco cadendo dalla pianta madre nel mare possano galleggiare ed essere portate sulle nude spiaggie di un isola deserta e popolarla si veda la t. X della memoria del sig. Rock (riprodotta da una fotografia), che rap- presenta una veduta dello isolotto Cooper, sul quale la sola vege- tazione esistente consiste in belle piante di Cocco, e nella qual ta- vola l'A. fa notare le noci sparpagliate sull’arena corallina, e fra queste alcune di già germoglianti; la fotografia essendo stata presa a bassa marea, le giovanti piante dovevano rimanere in gran parte immerse nell’acqua salata quando la marea era alta. Le riportate parole di Ernst e l’accennata fotografia di Rock basterebbero da sole per confutare l’asserto di Cook che la Palma Cocco raramente cresce sulle coste in posizioni immediatamente so- vrastanti l’acqua od anche dove possono giungere le ondate usuali (1). Ognuno poi che ha pratica con le coste asiatiche e con le Isole deila Malesia e della Polinesia avrà visto le mille volte villaggi d’indigeni ombreggiati da Palme Cocco, aventi queste i loro piedi bagnati dalle onde; e Cook stesso (II, 299, t. 54,f. 1) ci pre- senta una figura istruttiva di « Coco nut Palms overhanging the surf at high tide » a Puerto Barrios in Guatemala ed un’altra (f. 2) simile a Livingston, pure in Guatemala. Alle azzardate asserzioni di Cook si può per di più contrapporre quanto scrive Ferguson, (2) che cioè: « il Cocco prospera meglio presso il mare che dentro terra. In vicinanza del mare acquista più vigore ed è più fecondo che nell’interno e mai è così lussureggiante come quando trova l’aria impregnata di particelle saline; sembra anzi che l’acqua salata lo invigorisca più dell’acqua dolce; il mare poi può bagnare i piedi del Cocco senza danneggiarlo ». Nel libro di Ferguson si riporta anche un passo di Bertolacci che così corre ::« Il Cocco prospera tanto bene nelle vicinanze immediate del mare, che in molti luo- ghi le sue radici rimangono lungamente dilavate dall’acqua salata, sino al punto che la base della pianta ne rimane scalzata senza che questa ne risenta danno ». Abbiamo poi le attuali osservazioni di Rock in Palmyra dove (sono sue parole): « migliaia di noci di Cocco avevano germogliato proprio nell’acqua salata, suil’orlo dei lagoni dove erano soggette (1) « The Coco nut Palm seldom grows upon the immediate strand ovehanging the water or even in reach of ordinary waves » (I. 276). (2) AIl about the Coco nut Palm., p. 11, 97 ad essere bagnate dalla marea. Le lingue di suolo arenoso spor- genti tutto intorno alla periferia del lagone erano coperte di noci di Cocco germoglianti, in tutti i varî stadi di sviluppo, fino a che si giungeva a quelle che avevano formato enormi gruppi di magni- fiche piante, spandenti una densa e cupa ombra sotto di loro ». (Rock. I. c. p. 28). Secondo anche la mia esperienza personale tutti gli argomenti prodotti dal sig. Cook non provano che il Cocco non possa esser disseminabile dall’azione delle correnti, sebbene egli ritenga (II, p. 324) che dopo le sue osservazioni non possa rimanere alcun dub- bio che le cose non accadono secondo il suo modo di vedere. Per Cook quindi durante quasi duecento anni il Cocco è stato falsa- mente descritto nei libri di viaggi e di storia naturale, ed anche in vere opere scientifiche, come un esempio di piante naturalmente ed estesamente disseminate dall’azione delle correnti marine » (1). Sono pure parole di Cook le seguenti (II, 300) « La possibi- lità che le noci di Cocco possano essere rigettate sulle spiaggie ma- rine di un isola di nuova formazione e moltiplicarvisi sul suo suolo non ancora occupato da altre piante, come vorrebbe far credere la favola, non si può assolutamente escludere, ma si sa che il mono- polio non sarebbe di lunga durata ».(2) E ciò perchè l'Autore ri- tiene che le giovani piante rimarrebbero soffocate dalle altre piante forestali (forest-forming competitors). Io osservo però che questi com- petitori sulla spiaggia del mare non saranno che piante alofile, le quali mai si son dimostrate incompatibili col Cocco, speciaimente sulle sponde immediate del mare delle isole coralline, e degli atolli in particolar modo. Se in molte coste asiatiche, continentali od in- sulari, il Cocco non vi si riscontra, fra le altre ragioni che rammen- | terò in seguito, dirò che è appunto perchè piante forestali dell’ in- terno hanno trovato mezzo di moltiplicarsi a preferenza delle sole piante litoranee, originate da semi rigettati dal mare. Il Cocco, sempre secondo Cook, non può essere disseminato dalle correnti oceaniche perchè egli dice essere « tutt’ altro che (1) « For nearly tuo centuries the Coconut has been described in books of travel and natural history, and even in formal scientific works, as an example of a plant wi- dely distributed in nature through tbe ageney of ocean currents ». (2) « The possibility that a coconut might be stranded on a newly formed island and multiply in the unoccupied soil, according to the fable, may not be absolutey exclu- ded, but we know that the monopoly would not be of long duration ». 98 corretto il supporre che tutte le noci che giungono al mare rie- scano a vagare nell’oceano; la probabilità che ciò accada sono an- cora una contro cento, perchè esse saranno immediatamente riget- tate sulle loro proprie coste dalle ondate insieme agli altri oggetti fluttuanti. Le grandi ondate o le maree invece di far galleggiare sulla spiaggia i detriti li portano più lontano dentro terra, come ben conosce ognuno che ha pratica con le coste marine » (1). Che vi possano essere delle coste sulle quali le ondate abbiaro la potenza di rigettare nell’interno i materiali che da essa si distaccano lo ammetto, ma che in tesi generale il mare non rigetti materiali di varia natura trasportati da altre coste, e fra gli altri anche frutti e semi di piante, è innegabile, ed anche ogni bambino che fa i bagni di mare può affermarlo. Come si sarebbe formata tutta la Flora litoranea (Strand Flora) del mondo se il mare non ne avesse portati sulle spiaggie i semi per mezzo delle correnti? LA PALMA COCCO NON HA SEMPRE BISOGNO DELL’ASSISTENZA DELL'UOMO. — Mr. Cook asserisce (I, 280) che il Cocco ha sempre bisogno della DIPEZIGNE dell’uomo per la sua esistenza e che que- sta Palma (II, 296) non è conosciuta esistere eccetto che come pianta coltivata (2), ed esclama: « dove si trovano vecchie Palme circon- date da prospera prole all’ ingiro, crescenti spontaneamente senza il soccorso dell’uomo? » (3). Ed ancora « Non sembra che vi sia ricor- danza autentica di Palme Cocco spontanee che si siano stabilite e mantenute in alcuna costa dei tropici in uno stato veramente selva- tico » (4). Aggiunge poi che « la completa assenza del Cocco da tutta l’estesa costa tropicale dell’ Australia, fino a che i coloni euro- pei non ve la piantarono, è uno sperimento di grandi proporzioni che dimostra come il Cocco non si stabilisca da sè stesso senza l’aiuto umano, anche in un luogo dove in seguito ha prosperato allo (1) « It is far from correct to suppose that all nuts which reach the water are really launced for oceanic wandering ; the chances are still hundreds to one that they will be thrown back immediately upon their own coast, like other objects floating in the surf. High waves or tides, instead of floating shore débris away, merely carry it farther inland, as everybody familiar with seacoasts knows » (I. p. 277). (2) « Is not known to exist except as a cultivated plant ». (3) « Where we find old palms surrounded by flourishing young ones growing spontaneously without the aid of man? » (II. p. 297). (4) « There seems to be no authentic record of Coco palms tabMa Ding and main- taining themselves on any tropical coast in a wild or truly spoutaneous condition ». 99 stato di coltura » (1). Mr. Cook fa pure sue le asserzioni di Picke- ring (II, 299) che il Cocos muczfera « s'incontra solo in quelle isole sulle quali vi è stato trasportato dai nativi (2) e nega che si possa trovare una sola Palma Cocco selvatica attraverso l’intiera esten- sione del Pacifico (3). Che l’assistenza dell’uomo sia necessaria alla Palma Cocco è indubitato tutte le volte che questa vien coltivata in regioni dove non si combinano tutte le condizioni di clima richieste dalla sua natura di pianta alofila, e dove ha da contendere il terreno con altre piante, e dove trova dei nemici che ne danneggiano i frutti e le piante germoglianti, o che causano la morte di quelle adulte. Ma estese formazioni floridissime di Cocco esistono in luoghi dove certamente l’uomo non contribuisce a mantenerle, e dove si ri- produce naturalmente da sè, anche supposto il caso che 1’ uomo vi abbia depositato i primi frutti. In questo caso si trovavano le Isole Keeling, dove, come aveva osservato Darwin, piante di Cocco giovani e completamente adulte crescevano promiscuamente. In que- sto medesimo caso sembra si trovino altre isole coralline del Pa- cifico, l'Isola Palmerston p. e., e probabilmente una volta Cocos Island, quando non era stata ancora invasa dagli Europei. È in queste località che il Cocco poteva già considerarsi come veramente selvatico, ed un vero rappresentante di una Flora litoranea. Ma la migliore e più completa confutazione a tutte le precedenti asser- zioni di Cook ci è data dalla Isola Palmyra, dove, come risulta dalle attuali osservazioni di Rock e dalle fotografie inserite nella sua memoria sulla Flora di detta isola, il Cocco prospera e si mantiene senza la protezione dell’ uomo, e dove piante adulte in tutti i gradi di sviluppo crescono allo stato veramente spontaneo e selvatico circondate da numerosa prole. Anche ammettendo che il Cocco per potersi stabilire sopra una isola oceanica abbia avuto bisogno che i frutti vi siano stati por- tati dall'uomo, il caso dell’Isola Palmyra dimostra che è assoluta- mente contrario alla verità che sempre il Cocco non possa trovarsi in stato florido, e riprodursi spontaneamente, senza un susseguente (1) « The complete absence of Coconuts from the extensive tropical line of Au- stralia until planted by European colonists « is » a gigantic experiment showing that the Coconut did not establish itself without human help, even in a place where it after- wards thrived in cultivation ». (2) « Occurs only on those islands to which it has been carried by the natives ». (3) « A wild Coconut Palm..., throughout the breath of the Pacific ». 100 aiuto umano. Non si può credere infatti che nella Isola Palmyra, quand’anche i Polinesiani vi avessero portato i frutti di Cocco, essi vi siano ritornati poi per custodire la piantagione. Ciò non ostante le noci di Cocco di Palmyra sono fra le più grosse conosciute, e con l’albume più sviluppato che in tutte le altre varietà in custodia dell’uomo. Nelle isole oceaniche, sugli atolli specialmente, la Palma Cocco può naturalmente stabilirsi perchè una volta che ivi sono stati deposi- tati i suoi frutti, le giovani piante non hanno da temere il contrasto del suolo con la foresta primitiva, e perché ivi i suoi concorrenti al più possono essere solo poche specie di piante alofile, prodotte da frutti trasportati insieme ai suoi, e che non possono fare al Cocco una grande concorrenza per rigoglio di vegetazione; per di più, cosa essenzialissima, su tali isole non hanno potuto esistere mam» miferi distruttori, e per il loro grande isolamento, nemmeno vi sono potuti giungere i due grossi coleotteri, il Rinoceronte e la Calan- dra (Red e Black beetle), che sono i due più terribili nemici del Cocco. Ed infatti in Palmyra il Cocco prospera e si mantiene per- chè, come asserisce Rock (1. c. p. 28), non ha ivi nemici di alcun genere. Sempre per sostenere la sua tesi Mr. Cook scrive (II, p. 303) « Ammeno che l’amica mano dell’uomo sia pronta a tenere in freno la concorrente vegetazione le giovani piante di Cocco non oltrepas- sano il periodo dell’infanzia (1) ». Ed io faccio osservare che le spe- ciali condizioni richieste dal Cocco per svilupparsi e riprodursi in- dipendentemente dall’uomo sono appunto quelle che possono tro- varsi od in spiaggie nuovamente emerse, come erano quelle di Krakatau, o sulle isole coralline oceaniche, che pure ad un dato periodo della loro esistenza dovevano esser prive di ogni vegeta- zione, e dove se questa esisteva non poteva consistere che in poche specie di piante nate da semi trasportati dal mare, e dove non erano giunti animali a loro dannosi. Il fatto che in Australia il Cocco non si è naturalmente sta- bilito, sebbene le sue noci debbano certamente esservi state traspor- tate sulle sue spiaggie, si spiega riflettendo che l'Australia è pre- cisamente una di quelle regioni nelle quali si trovano condizioni tali, per le quali il Cocco non può stabilirsi senza l’assistenza del- (1) « Unless the human friends of the young Coconut are at hand to keep down the other vegetation the period of infancy is not survived ». sr I, 101 l’uomo, come sarebbero: il contrasto con la vegetazione predomi- nante; la troppa grande siccità, specialmente durante il germoglia- mento ; gli animali distruttori delle noci e delle piante giovani, come certi Marsupiali erbivori ed alcuni Roditori, non che l’uomo stesso, ma sopratutto la facile invasione degli insetti distruttori della pianta adulta (1). Secondo Cook il Cocco dovrebbe essere una pianta collegata biologicamente con l’uomo, vale a dire un prodotto dell’uomo stesso, come forse è il Dattero, il Grano, e qualche altra pianta coltivata ; ma allora se il Cocco si è diffuso dall'America verso la Polinesia e l'Asia, ossia se è di origine americana, bisognerebbe pure am- mettere, sotto questo punto di vista, che la cuna dell’uomo è stata l'America meridionale, ciò che non mi sembra molto probabile. Ma il Cocco è una pianta molto più indipendente itiiaa, di quello che non siano le altre piante citate. Altro argomento per sostenere l’impossibilità dell’autodissemi- nazione delle noci di Cocco, Cook lo trova (II, 325) nell’ asserito fatto che i frutti cadendo dall’alto vengono danneggiati per la rot- tura del nocciolo, ciò che avrebbe per effetto di materialmente ri- durre le probabilità del germogliamento (2); ma quand’anche ciò fosse vero (e per qualche altissima pianta lo può forse anche essere) lo stesso fatto dovrebbe pure esser accaduto nel luogo d’ origine del Cocco, dove non vi erano uomini, che, come egli dice fossero pronti a calare con cura (let down carefully) i frutti per impedire che vengano danneggiati (to ovoid injury). A. parte ia poca atten- dibilità di simile pericolo, occorre pensare che la Palma Cocco co- mincia a fruttificare anche quando ha solo qualche metro di altezza, e che quindi non vi è alcun pericolo che i suoi frutti cadendo pos- sano risentirne danno, di modo che rimarrebbe sempre una suffi- ciente provvista di frutti per assicurare la riproduzione delle specie. LE ISOLE CORALLINE SONO LE LOCALITÀ PIÙ ADATTE PER LA RIPRODUZIONE SPONTANEA DEL Cocco. — Il modo come l'Isola (1) Come talora la presenza di un insetto possa impedire l’acclimazione di una pianta in una nuova regione, îo dimostra il fatto seguente: Per varî anni io ho coltivato la Aubretia deltoidea, una graziosa Crucifera propria dell’Italia meridionale, ma scono- sciuta in Toscana, la quale sì manteneva e si moltiplicava naturalmente sopra una sco- gliera nel mio giardino presso Firenze, quando una primavera venne attaccata dalle larve della .ddemonia Tanaceti, un piccolo coleottero, che la distrussero sino all’ultima foglia, , @ dallora in poi non è più ricomparsa, (2) « Reduce materially the chances of successful germination » 102 vulcanica di Krakatau, dove ogni più piccola traccia della vegeta- zione primitiva era rimasta distrutta dall’esplosione, e sotto i nostri occhi è rimasta poi ripopolala di piante, ci rivela il modo come ciò possa essere accaduto per le isole coralline, non appena esse si sono trovate in condizione da poter sostentare una vegetazione. Il trasporto dei semi di piante sopra isole di tale natura può essere avvenuto oltre che per le correnti oceaniche normali, anche per mezzo degli uragani, delle straordinarie mareggiate, delle maree eccezionali, e delle grandi ondate occasionalmente prodotte da mo- vimenti tellurici, non rare nell’area del Pacifico, dove una buona parte delle isole che vi si trovano sembrano riposare sopra un fondo vulcanico. Non sembra che al popolamento di forme vegetali di talune di dette isole, dell’Isola Palmyra fra le altre, abbia molto contri- buito il trasporto dei semi per mezzo dei venti. degli uccelli o di altri animali frugivori; perchè i semi che con queste forze vi pos- sono esser giunti appartengono quasi sempre a piante che non tol- lerano la presenza del sale nel terreno, e spesso forse nemmeno ‘quello occasionalmente esistente nell’aria. Le isole coralline oceaniche di nuova formazione non potendo essere popolate che da quelle piante delle quali i frutti odisemi, oltre ad essere galleggianti, hanno gli invogli di natura tale da poter resistere all’azione dell’acqua salata, e che per di più possono tolle- rare la presenza del sale durante il germogliamento, spiega lo scarso numero di piante che crescono su tali isole oceaniche, le quali, come le Keeling e Palmyra, non possono esser considerate come resti di antiche terre emerse. Palmyra è infatti, come le Keeling, una di quelle isole costituite intieramente di coralli, delle quali. scrive Darwin, come riportato da Hemsley nel Rapporto del viag- gio del Challenger (Botany, p. 114), che ad un certo momento deb- bono essere state semplici scogliere dilavate dall’acqua marina (1) e sulle quali tutte le produzioni terrestri che vi si trovavano, prima che vi si stabilissero gli europei, od anche vi giungessero degli in- digeni, vi debbono essere state trasportate delle onde del mare. (2) È precisamente per questa circostanza che io ritengo che nell’Isola Palmyra, come nelle Keeling, e probabilmente in altre piccole isole del pacifico non ancora ben note, la Palma Cocco abbia potuto sta- (1) « At one time must have existed as mere water-washed reefs ». (2) « Must have been transported by the waves of the sea », 103 bilirsi senza l’aiuto dell'uomo. In isole di tal natura infatti, sul loro scarso suolo quasi a fior d’acqua, i frutti di Cocco che vi può aver depositato il mare hanno potuto germogliare, non avendo trovato ostacolo in una vegetazione forestale preesistente, ed hanno potuto crescere e prosperare perchè non hanno trovato i numerosi nemici, che avrebbero ostacolato il loro indipendente sviluppo sulle spiaggie continentali o sopra le grandi Isole asiatiche. Fra i più grandi nemici del Cocco vanno annoverati i Porci ‘selvatici, Riguardo a questi in Ferguson (l. c. p. 187) si legge: « Fra i più terribili nemici del Cocco vi sono i porci selvatici, non solamente perchè essi sono i maggiori distruttori delle giovani pian- tagioni, ma anche perchè sono il primo nemico con il quale il Cocco ha da combattere ». È certo che sulle coste dell'Asia e sulle spiag- gie delle Isole della Malesia e della Papuasia, dove i Porci selva- tici sono abbondantissimi, nemmeno una noce di Cocco potrebbe giungere a produrre una pianta adulta, senza la protezione dell’uo- mo, anche date tutte le altre condizioni favorevoli. Vi sono inoltre altri mammiferi che possono danneggiare assai le noci di Cocco; fra gli altri io ho riscontrato che alla Nuova Guinea il piccolo Oposso volante il Belideus Ariel vuota intieramente le noci mature. È cosa poi notissima che possono essere completamente distrutte delle in- tiere piantagioni di Cocchi in seguito ai danni arrecati al germo- glio della pianta adulta dai due rammentati temibilissimi insetti, dell’ordine dei Coleotteri, la Calandra o Punteruolo rosso; il RAyr- chophorus ferrugineus (Red beetle) e dal Rinoceronte, l’Oryctes Rki- noceros (Black beetle). Che il Cocco poi possa non solo vivere ma prosperare senza l'assistenza dell’uomo, anzi produrre dei frutti più belli e più volu- minosi che in località dove riceve un’accurata coltura, è un fatte che vien pure messo luminosamente in evidenza dalle dimensioni delle noci di Cocco di Palmyra che sopra ho descritto; fatto attri- buibile alle condizioni speciali del terreno di detta isola, dove, quan- tunque a prima vista si possa credere che il Cocco, pianta tanto esigente in fatto di principi fertilizzanti, ben poco alimento possa ricavare da un terreno che risulta formato solo dalla disgregazione della roccia corallina di cui è composta l’isola, è da ritenersi che ivi abbia trovato abbondanti principi nutritivi da supplire, con grande vantaggio, a qualunque assistenza che avrebbe potuto rice- vere dall'uomo. Infatti sulle isole coralline oltre ai detriti di varia natura, capaci di trasformarsi in humus che vi può avere apportato 104 il mare, il terreno che vi si forma contiene certamente sostanze fertilizzanti dovute ai resti degli animali che hanno contribuito alla formazione del banco, all’accumulamento del guano prodotto dagli uccelli marini, ed infine anche ai resti degli innumerevoli molluschi e crostacei di cui sono generalmente popolate tal genere di isole (1). IL COcco È UNA PIANTA ALOFILA D'ORIGINE DELLE SPIAGGIE MARITTIME ED ADATTATO PER QUESTE. — L’esame chimico delle ceneri della Palma Cocco dimostra che tutti i suoi organi conten- . gono Cloruro di Sodio in quantità ragguardevole; anzi questo sa- rebbe il sale più abbondante dopo quelli di potassa e di calce e del fosfato di calce, più anche della silice, che pure si trova allo stato di cristalli, specialmente nelle foglie. Secondo i riassunti di Prudhomme (Le Cocotier p. 262) una piantagione di un ettaro di Palma Cocco preleverebbe dal terreno annualmente 120 Cg. di Sal marino. E da quanto riporta Ferguson (1. c. p. 66) una pianta adulta di Cocco richiede ogni anno 1.34 Cg. di Cloruro di Sodio. Il sale anzi vien considerato come un importante concime per il Cocco, più di quello che venga dimostrato dalla quantità che se ne trova nelle sue ceneri. Dalla medesima sorgente tolgo che il dott. Gar- dner per dimostrare il valore che si attribuisce dai Brasiliani al sale come concime per il Cocco, scrive che « una persona farebbe molte miglia per procurarsi un carico di sale che pagherebbe anche un prezzo elevato, per darlo poi ad una sola pianta ». Altrove si ricorda che vengono adoprate ceneri di piante contenenti molto sale ed alghe marine per concime della Palma Cocco. Ricorda an- che (p. 142) che i Singalesi in Ceylon « invariabilmente gettano una manciata di sale nelle buche prima di collocarvi le piante di Cocco ». Ed a p. 111, a proposito di una nuova piantagione di Cocco fatta nell’interno lontano dal mare, che « si usa di gettare nella buca destinata a riceyere una noce di Cocco sino a mezzo corbellino (half-a-bushel) di sale ». W. E. Safford (The useful plants of the Island of Guam, p. 233) scrive che il Cocco: « meglio che altrove prospera vicino alla spiag- gia del mare e che esso richiede molto sale e libera circolazione (1) Rock scrive che il terreno in Home Islet (uno degli isolotti di Palmyra) è formato di soli frammenti sciolti di coralli, di arena e guano, senza terra od humus, ma che in Holei fslet il suolo è composto di grossi blocchi di una roccia fosfatica e di uno strato di nero humus di due pollici di spessore. 105 d’aria » ed aggiunge che « dense piantagioni di Cocco hanno sus- sistito per centinaia di anni nel medesimo punto sulle coste di Guam, mentre dei gruppi piantati nell'interno prima o poi esauri- scono il terreno e le piante divengono gracili ed improduttive ». Prudhomme (Le Cocotier, p. 40), riguardo alla tolleranza del Cocco per il sale marino, si domanda se non si deve comprendere il sale marino nel numero dei concimi da somministrare al Cocco, sembrandogli che invece di tolleranza il Cocco abbia una vera pre- ferenza per il sale. E nota la estrema tossicità del Cloruro di Sodio per le piante in generale; il Cocco invece è una delle poche che possono vegetare sui terreni salati. Non saprei perciò spiegarmi come una pianta che è dotata di un così alto alofilismo ereditario, e che quindi non solo tollera ma preferisce terreni salati, e che per di più ha frutti costituiti in modo da essere, come scrive Seeman (F1. Vit. 276): « spesso sballottati per mesi nell’oceano senza perdere la facoltà di germogliare per effetto dell’acqua salata », possa esser rimasta plasmata in una regione lontana dal mare. Il Cocco è realmente una alofita, ossia una pianta capace di resistere all’azione fisiologica dei mezzi ricchi di Cloruro di Sodio e di altri sali caratteristici dell’acqua di mare, di cui la presenza è perniciosa alla più gran parte dei vegetali; bisogna quindi che di necessità durante il suo periodo evolutivo si sia trovata in con- tinuo contatto con terreni salati, e quindi, considerate tutte le altre circostanze che possono essere state richieste durante l’evoluzione e plasmazione della specie Cocos mucifera, che abbia avuto origine sulle spiaggie marittime di regioni tropicali. Poche sono lo piante veramente alofile, ed è questa la ragione per cui la Flora delle spiaggie marittime e delle isole coralline è così povera di specie, e che in compenso tali specie sono di este- sissima distribuzione geografica. Ciò dipende appunto perchè sono poche le piante che abbiano semi tolleranti del sale, ed al tempo stesso siano provviste di frutti galleggianti, che sopportino la lunga permanenza nell’acqua salata, e quindi lunghe navigazioni. E la Palma Cocco è precisamente una di queste poche. È bensì vero che il Cocco può talora crescere, ed anche prosperare, lontano dal mare, e vivere anche sui monti ad una considerevole elevazione, sebbene sia probabile che in tali località possa sempre trovare la quantità di Cloruro di Sodio che gli è necessaria. Ma se è vero che ia Palma + Cocco è suscettibile di adattamento anche a terreni non salsi, come altre piante alofile, rimane sempre vero che se il Cocco, per le sue 106 condizioni nelle quali è stato plasmato non fosse una pianta delle spiaggie marittime, e quindi di una indubbia alofilia ereditaria, non riuscirebbe a trovarsi meglio in un terreno ricco di Cloruro di So- dio, di quello che in uno che è privo di questo sale. È quindi sulla spiaggie marittime di terre od isole oceaniche che il Cocco deve aver trovato le condizioni più favorevoli alla sua plasmazione specifica, perchè ivi poco deve avere avuto da temere dalla concorrenza delle grandi piante della Flora litoranea, e perchè ivi non ha avuto a lottare contro animali nocivi. Non può quindi ammettersi che la Palma Cocco sia incapace di sussistere (1) sulle rive del mare, e rimarrà sempre vera « l’idea popolare » che ‘essa è specialmente adatta per le coste marine dei tropici. CONCLUSIONI. Dal precedente studio mi sembra poter giungere alle seguenti conclusioni: 1.° Che la disseminazione del Cocco può benissimo accadere per mezzo delle correnti oceaniche. 2.° Che il Cocco è un alofita e che quindi predilige le spiag- gie marittime. 3.° Che il Cocco può vivere e moltiplicarsi nei tropici indi- pendentemente dall'uomo, e che la protezione di questo gli è solo necessaria quando è costretto a vivere in regioni dove la sua esi- stenza è minacciata da speciali nemici, ed è contrastata dalla na- tura del suolo e dall’alta vegetazione preesistente. 4.9 Che il Cocco per assumere i suoi caratteri attuali, non essendo pianta forestale, ha avuto bisogno di un area sua propria dove poter dominare, di un suolo fertile e ricco di Cloruro di Sodio, di alta temperatura in atmosfera impregnata d’umidità, di abbon- danti provviste d’acqua nel sotto suolo, di facilità di dissemina: zione, di assenza di animali nocivi. Queste condizioni non si possono ‘trovare adesso (e forse non si sono mai trovate nemmeno in passato) (1) « Unable t» maintain iltelf on the sea coasts (II, p. 294) ». 107 nell’interno dei grandi continenti, ma sono solo realizzabili sopra spiaggie marittime di isole oceaniche; queste però debbono essere state di notevole antichità geologica per poter esser stati centri di formazione di specie (come sarebbero le Seychelles per la Lodozcea). Forse al dì d’oggi di tali terre od isole non ne esistono più nel Pa- cifico; giacchè sebbene presentemente il Cocco riunisca tutti i mi- gliori requisiti per la sua esistenza sopra talune delle sue isole ma- dreporiche, queste, vista la loro relativamente recente età geologica non possono ritenersi come centri di formazioni specifiche; esse però rappresentano stazioni cumulanti tutti i requisiti di quei centri dove si può supporre che in origine il Cocco sia rimasto specifica- mente individualizzato, e dove presentemente si può considerare che il Cocco sia realmente selvatico. Io ritengo quindi di poter continuare a persistere nella ipotesi, gia espressa altra yolta (Ann. Jard. Bot. de Buit. 2* serie, suppl. III, p. 862), che cioè il C. nuczfera sia stato modellato, con i suoi caratteri specifici attuali, in terre od isole situate un tempo nella vasta Regione del Pacifico ed ora scomparse, se non forse in qual- cure di quelle anche presentemente esistenti, ma prima che l’uomo ne modificasse la vegetazione, o che vicende geologiche ne aves- sero grandemente alterata la configurazione attuale e la primitiva vità organica. 108 Sinonimi - Specie dubbie ed orticole od indicate solo di nome (N.B. - Non vengono rammentate le specie valide che sono state trasportate nel Genere .Syagrus). 1. Cocos acrocomioides Drude in Mart. FI. Bras. III, p. II, 409, t. 87, III = Arecastrum Romanzoffianum australe Becc. 2. C. aculeata Sw. (non Jacq.) = Acrocomia lastospatha Mart. (fide Gris. Fl. brit. West Ind., p. 521). 3. C. arenarius Gamez, Act. Olysip. 1812, p. 61, (vide Belg. hort., VI, p. 106. = Di$lothemium litorale Mart. 4. C. Aricui Prinz v. Neuwid, Reise in Brasil, p. 272, ex Barb.- Rodr. Plant. n. (1891) 10 = Aricury schizofhylla Becc. 5. C. armentalis Morales ex Sauvalle Fi. Cub. 153 n. 239 = Acrocomia crispa C. F. Baker in Becc. Palms ind. to Cuba, in Po- mona College Journ. II, 364. 6. C. attaleoides Hort. — Revue hort., 1850, p. 250. Patria? Quid ? 7. C. australis Hort. — Sotto questo nome si comprendono alcune specie coltivate nei giardini, le quali per lo più non deb- bono certamente riferirsi al C. australis Mart. (Arecastrum Roman- zoffianum v. australe) ma a specie del genere Buia. Sono queste la Butia capitata Becc. e sue varietà, la 5. eriospatha e la 2. le- Jospatha. 8. C. Balanse Naud. in Belgique hort., 1877, p. 190. Paraguay (Balansa). Il nome di C. ZBalanse è stato da Naudin provvisoriamente assegnato ad una specie di Cocos nato da semi raccolti da Balansa, e che forse appartengono alla specie che fu distribuita col n. 4773 nelle PI. du Paraguay, (1874-77), ma la specie non è stata descritta. 9. C. Barbosii Barb.-Rodr. Sert. Palm. t. 87 — Non sembra differire dalla Butia Bonneti Becc. 109 1o. C. Blumenavia Hort. — Haage et Schmidt in Gartenflora, XXX, (1881), p. 103; et XXI, (1882), p. 244; Revue hort., 1881, p. 64; Bullett. Soc. Tosc. d’Ortic., 1881, p. 79; Hook. f. in Re- port. R. G. Kew, 1882 (1884), p. 72. Cresce fra gli 800 ed i 1200 metri sopra il livello del mare, nelle montagne della Provincia di Santa Catharina nel Brasile meridionale, dove il termometro scende talora a 10-12 gr. cent., sotto zero. Il dott. Blumenau stesso (Gartenflora, XXXI, p. 244) ritiene che il C. Blumenavia debba riferirsi o al C. capitata Mart. od al C. eriospatha Dr. È certamente una Bu/za. 11. C. botryophora Hort. — Spesso nei giardini si trovano con questo nome forme dell’ Arecastrum Romanzoffianum, talvolta anche forse della vera var. botryvophorum. 12. C. Butei Hort. — Gardeners’ Chr., v. XXIII, 1885, p. 439. Solo nome. Patria? 13. C. butyracea Mut. in Linn. suppl. 454; Kunth, Enum,, pl., III, 286; Mart. Hist. Nat. Palm., III, p. 324. = Scheelea bu- tyracea Karst. Nuova Granata. 14. C. butyrosa (L.) Man. Arruda da Camara = Attalea hu- milis Mart. 15. C. chilensis Molina. = /ubea spectabitis Humb. B. et è Kunth. 16. C. Chirita Hort. == Diflothemium maritimum Mart. (ex H. Wendl. Ind. Palm., p. 17). 17. C. coronata Hort. (non Mart.). — Nei giardini si coltivano spesso con questo nome forme della Luzfia capitata Becc. Il vero C. coronata Mart. è un Syagrus. 18. C. crispa H. B. et Kunth, Nov. Gen. I, 302; Mart. Hist. Nat. Palm., III, p. 324; Kunth, Enum. pl. III, p. 287; H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241; Sprengel (Syst. veg., II, 141) cum Cocoé oleracea Mart. compinxit. = Acrocomia crispa C. F. Baker in Becc. Palms ind. to Cuba, in Pomona Coll. Journ. II, 364. 19. C. Datil Gris. et Dr. in Gris. Symb. FI. Arg. (1879) 283 = Arccastrum komanzofianum australe Becc. 20. C. elegantissima Lind. — Illustr. hort., 1881, p. 16, (solo nome). “s) Amazone = Syagrus Weddelliana (Wendl.) Becc, 110 21. C. fernambucensis Hort. — Revue hort., 1849, p. 155. Vedi C. fernambucana Hort. 22. C. frigida Lind. — Illustr. hort., 1881, p. 16. — Brasile me- ridionale. Quid? 23. C. flexuosa Hort. (non Mart.). — Si coltiva spesso con que- sto nome l' Arecastrum Romanzoffianum australe Becc. Il vero C. fexuosa Mart. è un Svagrus. 24. C. fusiformis Sw. = Acrocomia aculeata Lodd. ex Becc. Palms ind. to Cuba, in Pomona Coll, Journ. II, 367. 25. C. Geriba Barb.-Rodr. Protesto-app. 43, et Les: Palm. 27, t. Ii, f. 5-6 = Arecastrum Romanzofftanum Becc. ‘26. C. Geertneri Blumenau in Gartenflora, XXX (1881), p. 103; et v. XXXI, (1882), p. 244 cum icone xyl.; Revue hort. 1881, p. 64; Bull. Soc. Tosc. d’Ortic., 1881, p. 79. Nella regione marittima della provincia di Santa Catharina e di Rio Grande-do-Sul, nel Brasile meridionale. . È chiamato Butia dagli indigeni. E certamente una specie del Genere £uZa e probabilmente da riferirsi, secondo lo stesso dot- tor Blumenau, al C. Zejospatha Barb.-Rodr. B_ angustifolia Drude, che io ho riferito alla Butia Bonnett. 27. C. Guacuyule Liebm. in Oversigt over det Kong. danske- Vidensk. Selskabs (1845), p. 9; et in Martius, Hist. Nat. Palm., III, p. 323; Walp.. Ann, IL p.473; HH. WendLcinKkRerteh Palm: p. 241. = C. Cocoyule Karwinski in Mart. I. c. Nelle selve della costa occidentale del Messico ad un altezza di circa 1200 piedi; frequente a Guatulco (Liebm.). Da esame dei disegni originali del frutto, comunicati gentil- mente dal prof. Lange, mi sembra poter riportar con abbastanza certezza il C. Guacuyule all’ Aftalea Cohune Mart. Hist. Nat. Palm., v. III, p. 300, tab. 167, f. IV, la quale però io non saprei distin- guere dalla A. amygdalina Humb., B. et K., Nov. Gen. I, p. 310, t. 95-96. 28. C. guineensis L. (excl. syn. Sl). = Zactris Plumeriana Mart. ex. Gris. Fl. brit. West Ind., p. 520). 29. C. gummosa Hort. — Revue hort., 1882, p. 244. Solo nome. 30. C. indica Royle, Illustr. bot. Him. mount., p. 395. — Quid? RA SIR: " ll 31. C. Jatta Hort. = Coperntcia robusta H. Wendl. (ex H. Wendl. Ind. Palm., p. 18). 32. C. Rotehoubeyi Lind. — Illustr. hort., 1881, p. 16. Solo nome. Brasile merid. 33. C. latifolia Hort. = 2actr7:s sp. (ex H. Wendl., Ind. Palm., p. 18). 34. C. (?) lapidea Gaertn. Fruct. et Sem., 1, p. 16, t. 6, f. I; | Mart. Palm. Orbign. p. 102, et Hist.Nat. Palm., III, p. 290 et 324; H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241. — ZLifhocarpus cocciformis Ott. Targioni-Tozzetti, Osserv. botan., Dec. VI, p. 22, reimpr. ex Mem. della Soc. ital. della Sc. di Modena, vol. XX, (1831). = Atta- lea funifera Mart. Targioni (1. c. p. 21) ha benissimo riferito il Cocos /afidea di Geertn. all’Aftalea funifera, ed ha osservato che il frutto ora porta un seme'solo (come in quello figurato da Geertner) ora 2, ora 3. Io ho esaminato i frutti studiati da Targioni e tutti mi sembrano da riferirsi all’ Affalea funifera, e non solo in parte come credette Mart. Il. c. 35. C. lapidea Hort. (non Geertn.) — Revue hort., 1876, p. 407, 1877, p. 236; Revue de l’Hort. belge, p. 223 = Arecastrum Ro- manzoftanum botryophorum Becc. 36. C. longifolia Hort. — Revue de l’Hort. belge, 1884, p. 223, = Attalea excelsa Mart. (ex H. Wendl. Ind. Palm., p. 5). 37. C. (Syagrus) majestica Hort. — H. Wendl. in Kerch,, Palm., p. 257. — Quid? 38. C. maldivica (mel. Syst. Nat., II, p. 569. = ZLodotcea se- chellarum Labill. 39. C. mammillaris Blanco FI. Filip. ed I, 722 = Cocos nwu- cifera L. var. 40. C. mammillaris Hort. — Cat. Dammann, 1886. = £Lwutzia Yatay Becc. 41. C. maritima Hort, — Revue hort., 1882, p' 244. Solo nome. Quid? 42. C. maritima Comm. — H. Wendl. in Kerch, Palm., p. 240.. == Lodotcea sechellarum Labill. 112 43. C. Martiana Drude et Glaz. in Mart. FI, Bras. III, p.-IL, 418, t. LXXXVIII et LKXXIX, excl, ic. putam. = Arecastrum Romanzofftanum var. botryophorum Becc. 44. C. Maximiliana Hort. — Revue hort., 1881, p. 233, et 1881, p. 24. (Solo nome). 45. C. minima glauca Hort. = Cocos (Syagrus Becc.) Weddelliana v. Pynaertit Hort. ex Nich. et Mottet, Dict. d’Hort. V. 754. 46. C. Molini Mirbel in Gaud. Bot. de la Bonite, Introd., parte I, p. 183 = Jubea spectabdilis H. B. et K. 47. C. Naja Arruda da Camara, Discurso sobre a utilidade de Jardins, p. 35. = Affalea spfectosa Mart.? (ex Mart. Hist. Nat. Palm., IL, p. 298). 48. C. nana Griff., Notule ad plant. asiaticas, p. III, p. 166. Sembra una varietà nana del Cocos mucifera. 49. C. Nypa Lour. FI, Cochinch., 694 (edit. Willd. = ife fruticans Thunb. 50. C. Normanbyi W. Hill in Rep. Brisb. Bot. Gard., 1874-6 (ex Benth. Fl. Austr., VII, p. 142). = MWormanbya Muelleri Becc. 51. C. Orbignyana Becc. — Cocos bdotryophora Mart. Palm. Or- ‘bign., p.98;-tab. IV, .f. 3, et tab. XXX DD {non Hist Nat Ea, II. p. 118). — Syagrus botryophora Mart. Palm. Orbign., p. 133 (partim). } Nella Bolivia, nelle vicinanze di Santa Crux de la Sierra, prin- cipalmente presso Bibosi, per un esteso tratto delle sponde del Rio Piray e del Rio Grande. Si trova ancora nelle vicinanze di San- Xaverio de Chiquitos e de San Joaquim de Moxos. — A Santa Crux è chiamato « Sumuqui ». I Guarayos la conoscono col nome di « Yatai », ed i Brasiliani del forte di Beira con quello di « Pal- mito molle » (Mart. ex Orbigny). Drude (in Mart. FI. Bras. v. III, p. II, p. 410), che pure si è accorto delle differenze che il C. dotryophora del « Palm. Orbi- gnianum » offre colla specie omonima della « Hist. Nat. Palm. » crede di poter riferire la prima al C. Acrocomioides ; ma questo è in- dubbiamente un Arecastrum, mentre la figura del frutto nel « Palm. Orbign. » rammenterebbe piuttosto quello di una specie di Syagrus prossimo al .S. oleracea. 113 52. C. orinocensis Spruce, Palme Amaz. in Journ. Linn. Soc. XI, (1869), p. 161-165; Drude in Mart. FI. Bras. v. IIL p. IL pi 427: i Presso i confini orientali della Colombia, sui monti granitici del fiume Orinoco, lungo le cateratte, fra le foci del Rio Vichada e del Rio Meta. Si dice essere un oggetto molto conspicuo sulle col- line a Maypures ed a Cerro de Mono (Spruce). E probabilmente un Syag7us, ma essendo ignota la struttura interna del frutto rimane di Genere incerto. 53. C. ovata Lodd. — Desfont. Cat. plant. H. R. Paris., 1829, p. 29. — Quid? 54. C. pernambucana Lodd. — Hook, f. in Report R. G. Kew. 1882 (1884), p. 72. = Svagrus botryophora Mart. ex H. Wendl, . Ind. Palm. .p.:18, 38. Brasile. Non descritta e di molto dubbia identificazione. 55. C. Piassaba Hort. — Revue de l’Hort. belge 1884, p. 223. — Solo nome. Quid? 56.? Cocos pityrophylla Mart. Palm. Orb., p. 99, t. 3, f. 2, et Hist. Nat. Palm., III, p. 290 et 324 (Ceroxylor ?); H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241; Drude in Mart., FI. Bras., v. III, p., Il,p. 428. Bolivia, prov. di Yungas; a circa 2600 metri sopra il livello del mare rel versante orientale della Cordilliera de la Paz, nelle vicinanze di Carcatua. Palma molto dubbia anche genericamente, descritta dalle sole fronde, e sopra le note ed i disegni di d’Orbigny. 57. C. plumosa (non Lodd.) Hook, f. in Bot. Mag. t. 5180 (1861) — Corrisponde alla forma tipica di Arecastrum Romanzof- fianum,; nei giardini però con quel nome s'incontra spesso la var. australe. 58. C. Rossii Hort. = Affalea Cohune Mart. (ex H. Wendl. Index Palm., p. 4). 59. C. reflexa Hort. Berol. = Syagrus refftexa H. Wendl. Ind. Pam., p. 38. —- Quid? 60. C. regia Liebm. in Oversigt over det Kong. danske Vi- densk. Selskabs, (1845), p. 9 et in Mart. Hist. Nat. Palm., III, p. 323; Walp. Ann., III, p. 473; H. Wendl, in Kerch., Palm., p. 241. Nelle boscaglie del Messico orientale fino ad una altezza di 8 114 2500 piedi, frequente ad Antiqua, Tolomone, S. Carlos, Colipa (Liebm.). Di questa specie ho visto alcuni fiori 9, ed in seguito ne ho ricevuto anche frutti e fiori 7 dal Museo coloniale di Harlem. È una specie di Schkeelea che può chiamarsi S. Liebmannii, esistendo. di già una S. regta Karsten. 61. C. regia (non Liebm.) Linden Illustr. hort., 1881, p. 16. — Quid? Messico. 62. C. speciosa Barb.-Rodr. Enum, Palm. nov., p. 39; H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241, — Syagrus spectosa Barb.-Rodr. Protesto- app. P. 49. Lungo i fiumi Capin e Pixuma nella regione littoranea delle x Amazoni al Brasile. Dagli indigeni è chiamato « Pupunha-rana » (Barb.-Rodr.). Palma molto dubbia inquantochè descritta dalle sole fronde. 63. C. sylvestris Hort. — Mart., Hist. Nat. Palm., III, p. 324; H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 242. Non descritta. 64. C. (Syagrus) Tamaca Lind. — Illustr. hort., 1881, p. 16. Colombia. Non descritta. 65. C. Urucuru Hort. = Affalea excelsa Mart. (ex H. Wendl. Ind. Palm. p-.18). 66. C. venatorum Poepp. in Mart., Hist. Nat. Palm., III p. 325. = Attalea venatorum H. Wendl. in Kerch. Palm., p. 251. 67. C. ventricosa Arruda (Steud. nomencl.).. — Quid? 68. C. vinifera Mart., Tab. Z., III, f. XVIII-XIX, (Euzerde) et vol. III, p. 324. = Gaussia vinifera H. Wendl. 69. C. (et Syagrus) Wallisii Lind. — Illustr. Hort., 1881, p. 16. Solo nome. Amazone. 70. C. Yurumaguas Hort. Linden. — Illustr. hort. 1881, p. 16; Revue Hortic., 1885, p. 232. Solo nome. Yurimaguas nella provincia Amazonas del Perù orientale. 71. C. Xochipatli Hernandez, Rerum med. Nov. hisp. — Se- condo Decaisne (Flore des Serres, v. XXIII, p. 116) è stato datc questo nome a dei tuberi di una Composta. | SPECIE FOSSILI 1. Cocos Faujasii Brongn. in Ann. du Mus., t. I, p. 245, t. 29: Prodr., 121. — Burtinia Faujasti, Mart. Hist. Nat. Palm., v. I, DE LXVI. 2. C. Burtini Brongn. Prodr., p. 121. = Zurtinia Cocoides Martrtco@ 3. C. annulatus Brongn. — (Vedi Just, Bot. Jahresb., 1873, p. 466). 116 Spiegazione delle Tavole Tav. IL — Arecastrum Romanzoffianum, genuinum Becc. — Ra- moscelli fioriferi; uno con fiori feminei ancor giovani nella parte bassa accompagnati da fiori maschi e soli fiori maschi, non an« cora aperti ma bene sviluppati nel rimanente; estremità di un ramoscello con fiori maschili, al momento dell’antesi; estremità della spata (Grand. nat.). Da esemplare comunicato da Chabaud e fiorito nel giardino del conte d’ Epremesnil al Golfo Juan in Riviera. Tav. II. — Arecastrum Romanzoffianum, genuinum Becc. — Ra- moscello fruttifero; noccioli in varie posizioni, uno sezionato per il lungo, un altro sezionato trasversalmente (Grand. nat.). Dall’ esemplare rammentato alla Tav. I., e fruttificato in Di- cembre 1909. I frutti sono dei più grossi fra quelli riferiti alla varietà genuinum. Tav. III. — Arecastrum Romanzoffianum e sue varietà. N. B. — La sezione longitudinale del nocciolo è sempre ese- guita dimezzando l'ocello della loggia fertile; la sezione trasversale varia d'aspetto a seconda del punto nel quale viene incontrato il seme. Tutte le figure sono di grandezza naturale. Fig. 1. - Var. Mieropindo Becc. — Frutto intiero (secco) e noccioli da esemplare raccolto da Spegazzini in Maggio 1885, lungo il Rio Ibicuy nel Paraguay; un nocciolo sezionato per il lungo. Fig. 2. - Var. australe Becc. — Nocciolo intiero ; altro sezio- nato per il lungo; seme isolato. Dell’Argentina, invio di Spegaz- zini in Dicembre 1906. Fig. 3. - Var. australe Becc. — Noccioli messi in commercio da Vilmorin Andrieux et C.i° nell’anno 1886 col nome di Cocos piu mosa. Nocciolo intiero, altro sezionato per il lungo ed un altro per traverso. | 117 Fig. 4. - Var. australe Becc. — Noccioli messi in commercio da Vilmorin Andrieux et C.'° nell’anno 1886 col nome di Cocos flexuosa. Fig. 5. - Var. australe Becc. — Noccioli inviati dal prof. Are- chavaleta in Giugno 1908 col nome di Cocos Arechavaletana B.-R. Un nocciolo è visto in sezione longitudinale. Fig. 6. - Var. australe Becc. — Frutto intiero (secco) e noc- cioli, dei quali uno in sez. long.; da invio del prof. Arechavaleta (Settembre 1908) col nome di Cocos Arechavaletana B.-R. Fig. 7. - Var. genuinum Becc. — Frutto intiero (secco) e noc- ciolo da esemplare di Schwacke n. 5022, raccolto a Santa Catha- rina. Fig. 8. - Var. genuinum, minus Becc. — Frutto secco e noc- cioli, uno in sez. long.; da esempiare fruttificato a Hyeres e co- municato da Chabaud. | Fig. 9. - Var. botryophorum Becc. — Le due figure a destra: nocciolo e seme isolato (si noti la forma uncinata del seme): dal Giardino di Orotawa nell’anno 1886 coi nomi di Cocos Daty e di Cocos coronata. — Le due figure a sinistra: nocciolo intiero ed uno in sez. long.: da Haage et Schmidt. nell’anno 1886 col nome di Cocos botryophora. Fig. 10. - Var. botryophorum Becc. — Noccioli messi in com- mercio da Haage et Schmidt nell’anno 1886 col nome di Cocos Za- didea Un nocciolo intiero; due in sez. long. ed uno in sezione tra- sversale. Sono questi i noccioli che più dei precedenti sembrano appartenere al vero Arecastrum Romanzoffianum var. botryophorum Becc. Tav. IV. — Syagrus coronata v. Todari Becc. -— Ramo di spa- dice al momento che i fiori maschi sono prossimi ad aprirsi; altro ramo con frutti quasi maturi. Da esemplare vivente nel Giardino botanico di Palermo. (Grand. nat.). TAV. V. — Specie e varietà del Genere Butia (Tutte le figure sono di grandezza naturale). Fig. 1. - Butia Yatay (Mart.) Becc. — Nocciolo intiero; sezione longitudinale di un nocciolo che conteneva un sol seme, e che mo- 118 stra nel suo interno la vitta lucida; semi isolati, uno di fianco ed uno dal lato del rafe. Da individuo vivente nel Giardino botanico di Napoli. Fig. 2. - Butia Yatay (Mart.) Becc. — Nocciolo intiero; noc- eiolo rotto mostrante i due semi che conteneva ; sezione trasversale di un nocciolo con 3 semi. Da frutti inviati da Montevideo dal dott. Felippone. Fig. 3. - Butia Yatay var. paraguaensis (Barb.-Rodr.) Becc. — Frutto intiero (secco) e noccioli da esemplare che ha fruttificato a Nizza, e comunicati in Dicembre 1909 dal dott. Robertson Pro- schowsky. Fig. 4. - Butia Bonneti Becc. — Noccioli ricevuti dal Giardino di Orotawa in 1886 col nome di Cocos Bonneti. Fig. 5..- Butia Bonneti Becc. — Le due figure a destra da noccioli messi in commercio da Haage et Schmidt nell’anno 1886 col nome di Cocos Bonneti; un nocciolo dimezzato mostra due semi al loro posto. Le 3 figure a sinistra da noccioli messi in commer- cio nell’anno 1886 da Vilmorin Andrieux et C.i° col nome di Cocos Bonetti; un nocciolo in sezione trasversa mostra 3 semi. Fig. 6. - Butia Bonneti Becc. — Frutto intiero (secco) e noc- cioli da esemplare che ha fruttificato in Ottobre 1914 nel Giardino del dott. Garbari all’Isola d'Elba (Forma forse non tipica, ma in- termedia fra la 5. Bonneti e la B. lejospatha). Fig. 7. - Butia capitata (Mart.) Becc. (Forma tipica). — Due noccioli intieri ed uno in sezione trasversa nel punto corrispondente ad un ocello e quindi all’embrione; seme isolato visto di fianco. Da individuo che ha fruttificato nel Giardino botanico di Pisa l’ anno 1912. Fig. 8. - Butia capitata (Mart.) Becc. (Forma tipica). — Noc- cioli da un individuo che ha fruttificato nel Giardino Beccari presso Firenze. Un nocciolo in sezione transversa mostra due semi. Fig. 9. - Butia capitata var. pulposa (Barb.-Rodr.) Becc. — Da frutti di esemplare coltivato a Montevideo ed inviati dal dott. Flo- rentino Felippone. Un nocciolo mostra un largo foro prodotto dal- l'uscita di un insetto, un Bruchide (Caryoborus nucleorum Fabr., secondo determinazione favoritami dall'amico prof. R.-Gestro). L’in- setto è rappresentato alla fig. 11. e Mec PRE ho a 119 | Fig. ro. - Butia capitata var. pulposa (Barb.-Rodr.) Becc. — Due noccioli intieri dei quali uno visto dall’alto. e l’altro di fianco e mostrante un ocello. Un nocciolo in sezione trasversa mostra 3 semi intieri ed al loro posto. Seme isolato visto dal lato del rafe. Da individuo vivente nella villa Ginori presso Viareggio. Fig. 11, - Butia capitata var. odorata (Barb.-Rodr.) Becc. — Noccioli tutti di una medesima provenienza, scelti fra quelli di dimensioni estreme, inviati da Montevideo dal dott. Felippone. Un nocciolo fra i più grossi mostra 3 semi; una fra più piccoli ne con- teneva uno solo; seme isolato in posizione da mostrare in basso il punto corrispondente all’embrione. L’insetto era uscito dai noccioli rappresentati nella Fig. 0. Fig. 12. - Butia lejospatha (Barb.-Rodr.) Becc. — Frutto intiero (secco) e noccioli da individuo (forse non della forma tipica) che ha fruttificato in Ottobre 1914 nel Giardino Garbari all’ Isola d’ Elba. Tav. VI. — Butia Yatay (Mart.) Becc. — Ramoscelli con frutti, e frutti isolati maturi ed allo stato fresco: dall’esemplare vivente nel Giardino botanico di Napoli e comunicati dal prof. Fri- diano Cavara. (Grand. nat.). Tav. VII. À. — Butia capitata var. erythrospatha (Chab.) Becc. — Da campioni comunicati allo stato fresco da Chabaud e pro- venienti dal Giardino Lemarchand al Pradet presso Tolone (Grand. nat.). TAv. VII. B. — Butia Yatay var. paraguaensis (Barb.-Rodr.\ Becc. — Frutti allo stato fresco comunicati in Dicembre 19009 dal dott. Robertson Proschowsky (Grand. nat.). TAv. VIIL — Butia capitata var. odorata (Barb.-Rodr.) Becc. — Fotografia eseguita il 25 Giugno 1916 dal prof. G. Roster, mo- strante lo spadice in fiore di un esemplare vivente nel suo Giardino dell’ Ottonella, presso Portoferraio all’ Isola d’ Elba. (Circa !/,$ del vero). Tav. IX. — Butia capitata var. odorata (Barb.-Rodr.) Becc. — Fo- tografia mostrante uno spadice fruttifero dell’individuo del quale si vede lo spadice in fiore nella tavola VIII, ed eseguita, pari- mente dal prof. Roster, nel Novembre 1914. (Circa !/; del vero). 120 Tav. X. A. — Butia capitata var. subglobosa Becc. — Da indi- viduo fruttificato nelle vicinanze di Tolone. Frutti comunicati in Dicembre 1905 dal sig. Chabaud. (Grand. nat.). Tav. X. B. — Butia capitata var. odorata (Barb.-Rodr.) Becc, — Da esemplare che ha fruttificato in Dicembre 1911 nel Giardino Bombicci Pomi ai Collazzi presso Firenze (Grand. naturale). Tav. XI. — Butia capitata var. pulposa (Barb.-Rodr,) Becc. — Da esemplare che ha fruttificato in Gennaio 1913 nel Giardino Hanbury alla Mortola presso Ventimiglia. Frutti comunicati dal sig. Alwin Berger (Grand. nat.). Tav. XII. — Butia capitata var. elegantissima (Chab.) Becc. — Da esemplare che ha fruttificato nelle vicinanze di Tolone. Frutti comunicati dal sig. Chabaud in Dicembre 1905 (Grand. naturale). Tav. XIII. — Jubaeopsis caffra Becc. — Figure in alto: giovane frutto con perianzio ; frutto intiero ; nocciolo in sezione transver- sale passando attraverso l’ocello della loggia fertile ed in cor- rispondenza dell'embrione (Grand. nat.). — Figure in basso: fiori maschi (Ingr. + 3 diam.). Figure riprodotte dalla « Web- bia » di U. Martelli, vol, IV (1913) p. 19, p. 172, 173). Tav. XIV. — Cocos nucifera L. — Ramoscelli dello spadice con fiori feminei in basso (di solito solitari) e fiori maschi prossimi ad aprirsi nel rimanente; base di un ramoscello portante un perianzio al quale è stato tolto il giovane frutto; frutto gio- vanissimo. Da esemplare in alcool inviato da Calcutta dal mag- giore A. T. Gage. (Circa !), del vero). TAv. XV. — Cocos nucifera. var. spicata Becc. — Riproduzione, due volte più piccola del vero, del campione raccolto dal pro- fessore Kraemer nell’Arcipelago Truk delle Isole Caroline. Fi- gura riprodotta dalla « Webbia » di U. Martelli, vol. IV (1913) Pirri lp rg Correzioni ed aggiunte Pag. 6. In luogo di Skeelea — si legga : Scheelea. 9. 34. 36. 62: 65. 80. 82. In luogo di Calyftrogyne (Calyptronoma Gris.) Swartit Becc. — si legga: Calyftrogyne (Calyptronoma Gris.) Swartzit Becc. si aggiunga : Syagrus cocoides Mart. Palm. Orbign. 134; Becc. in Malpi- ghia, I. 353 — Cocos Syagrus Drude in Mart. Fl. Bras. III II, 406. — Brasile: Regione del Rio delle Amazone. Syagrus cocoides v. linearifolia Barb.-Rodr. Enum. Palm. nov. 40 (Cyagrus) — Brasile: Regione del Rio delle Amazone. AI Syagrus Weddelliana v. Pinaertii Becc. — si aggiunga: Cocos W'eddelliana v. Pinaertit Hort. ex Nich. et Mott. Dict. d’Hort. v. 754 — Cocos minima glauca Hort. In luogo di... . che la 5. odorata — si legga:....che la var. odorata. In luogo di . . . la var. /ejospatha — si legga:.... la Butia lejospatha. Riguardo all’età nella quale la /ubaea spectabilis comincia a fiorire, vengo informato che l’esemplare esistente nel giar- dino del conte Parravicino a Campo Romano, del quale è fatta menzione a p. 80, venne affidato al terreno nell’ anno 1878, mentre poteva avere avuto allora 9-10 anni dalla na- scita, e che ha fruttificato per la prima volta nell’anno 1911, vale a dire che gli sarebbero occorsi circa 43 anni per rag- giungere il periodo riproduttivo. Vien così confermato quanto Martins lasciò scritto, che cioè la Fubaca non arriva a fer- tilità che verso il 40° anno di vita. Un caso di precocità fiorifera del Cocos, nucifera del tutto ana- logo a quello descritto a p. 82, avvenne, da quanto mi co- ‘ munica il dott. Attilio Ragionieri, nelle serre del marchese Bardo Corsi a Sesto fiorentino, quando queste erano sotto la custudia del dott. Ragionieri stesso. Anche allora una noce di Cocco, appartenente ad una varietà avente il picciolo e la costola delle fronde di color giallo, e che io avevo inviato da Buitenzorg, germogliando emise una sola foglia accompa- gnata ad una infiorazione. I | DATA MAME, 0 VI INDICE DELLE MATERIE Generalità RE SAVA IRA A Avvertenze ST, uso delle Tavole della « Historia naturalis Palmarum » rappresentanti le specie del (5a eee AL e A I RI RE Genere Cocos Linn, e sue suddivisioni . . . . Genere BARBOSA Becc. Genere RHYTICOCOS Becc. Genere ARECASTRUM Becc, } Forme di Arecastrum SALITE adi da Barbosa-Rodrigues . . . . ARA sn; Caratteri generali dell’ Arecastrum Rai, Descrizione delle varietà di Arecastrum Romanzof- fianuni Genere SyAGRUS Mart. i Enumerazione delle specie di Syadrui è Note e descrizione di specie o varietà nuove di Syagrus Genere BUuTIA Becc. . . : Nettari florali nelle Butia. } ; Specie descritte come Cocos e che rientrano 3 A mere Baila vi i È Prospetto delle specie del Ferdrà Putia Descrizione dettagliata delle specie di Buia. Genere JUBAEA H. B. et K. Genere JUBAEOPSIS Becc. . Genere Cocos Linn. ‘ Varietà di Cir ORIO L. Dell’origine del Cocos nucifera L. . ) LINGUA Debbono di necessità tutte le Cocozzeze avere avuto un'origine americana ? . » » » 124 Associazione del 517g%s /atro con la Palma Cocco. Pag. Esisteva la Palma Cocco in America prima che que- sta venisse scoperta da Cristoforo Colombo? . . » Disseminazione del Cocco per mezzo delle correnti marine, >... : NRE A Rpg La Palma dei non {a sempre bigagna della as- sistenza dell'uomo . . . Spa i » Le Isole coralline sono le località più santo per 271 riproduzione spontanea del Cocco. . . . » Il Cocco è una pianta alofila d’origine delle Ro gie marittime ed adatta per queste . . . . . >» Conclusioni 2 i ATI A AA e I AI MPA NEO ‘ IOI 104 106 INDICE DEI NOMI (E distinta con numero in carattere grasso la pagina dove la Specie od i Generi adottati sono descritti o più particolar- mente rammentati). Acrocomia, 6. » aculeata ZLodd. 110, » crispa C. 5, Baker, 108, 109. Le lasiospatha /Zar7f. 108, Ademonia Tanaceti, 101, Aracuri, Pr. v, Neuwied, 13. Arecastrum Zecc. 3, 6, 8, 14, 15, 32. » Romanzoffianum ecc. 3, 4, 5, Pec xor 21-22, 2%) (3Ì, (33; 370: 0g 109), FIONEFO) » Romanzoffianum var. australe Becc. 16, 22, 27 30, 32, 108, LO," Rigo, LET. » Romanzoffianum v. botryopho- rum Becc. 4; 22, 24, 25, 26, BITEEZIC, » Romanzoffianum XK Butia Lecce. 1 22. 80. » Romanzoffianum v, ensifolium Bercoio, 16, .22):20-27. » Romanzoffianum v. genuinum Becc. 22, 23, 24,27, 48, 116, txt: » Romanzoffianum v. genuinum minus Becc. 22, 24, 117. » Romanzoffianum v, Micropindo Becc. 22, 30, 116. » Romanzoffianum XK pulposum ecc: 4225 » Romanzoffianum, typicum Becc. Tacci8, 10. Aricury Bar8.-R. 7. > schizophylla £ecc. 13, 54, 108. » (Aricuryroba) 2ard.-R. 13, 14, 42. Aricuryroba Barzb.-R. 13, 14. 42. » Capanemae £La7d.-R. 13,42, 54. Astrocaryum, 6. Attalea, 6. » amygdalina H#, 2. et K. 110, » Cohune IMart. 110, » excelsa Mart. 114. » funifera Mart, 111. » humilis Merz. 109. » speciosa, Mart? 111, » venatorum /7. Wendl, 114. Aubretia deltoidea, 101, Bactris, 6. » Plumeriana Mart. r110, Barbosa Becc. 7, 9. » Pseudococos Becc. 4, 9, 26. Barringtonia speciosa, 95. Belideus Ariel. 103. Birgus latro, 90, QI, 92. Butia ecc. 3, 6, 8, 14, 32, 89, 40, 4I, 42, 43, 74, 75, 117. » Bonneti Zecc. 14, 4I, 42, 48, 45, 63; 90,57, 02, Od, ERO; «E19. è rcapitatal Beec: 036.3004142, 47:52; 54, 55, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 603; 71, 72 D0A109,' 18, » capitata v. elegantissima Zecc. 42, 45, 67, 120, » capitata v. erythrospatha ecc. 44, 65, 119. » capitata v. lilaceiflora Becc. 42, 45, 67, 68. » capitata v. odorata £ecc. 42, 44, 02, 63. 64. 65, 67, 68, 69, 70, I18, 119, 120, » capitata v, pulposa Zecc. 31, 42, 44, - 52, 62, 63, 65, 66, 67; 68, 118, I19, 120. » capitata v. subglobosa Zecc. 44, 62, 120. 126 Butia capitata (typica) Zecc. 44, 57, 62, » yi Big» » 63,67; 118. capitata v. virescens Becc. 45, 69. eriospatha Lecc. 42, 43, 46, 47, 48, 5I, 108. lejospatha Zecc. 41, 42, 43, 45, 56, 62, 65, 90, 72, 73, 108, 119. pungens LBecc. 45, 03, 74. ? stolonifera Lecc. 42. ? Wildemaniana ecc, 46. Vatay Becc. 41, 42, 48, 47,48, 50, 51,h2,53, SÒ, It, 117, LIO, V00: Yatay v. paraguaensis Lecc, 41, 42, 48, 51, 58, 118, 119. Calyptrogyne Swartzii Zecc. 9, 121, Calyptronoma Swartzii Gris. 9. Caryoborus nucleorum /abr. 118. Chamaerops humilis, 14, 15. Cocops rivalis O. F. Cook, 9. Cocos Z. 3, 6, 7, 9, 13, 14, 15, 39, 42, » » » o Y Is »Ù ÙY YU VV UV X uv » % ev x Y I V 4 Y I UV x * 54, 81, 82. acaulis Drude, 30, 33. acaulis. subsp. glauca Drude, 73. Acrocomioides Drude, 16, 28, 29, 108, 112. aculeata Sw, 108. aequatorialis Bard.-R. 35. amadelpha 2ard.-R. 45. amara /acq. 11. annulatus 5rong. 115. apaensis Bard.-R. 33. arenarius Gazzez, 108. arenicola Bard.-R. 46. Arechavaletana Bard.-R. 16, 28, 29. argentea ZErgel, 33. Aricui Pr, v. Neuwted, 108. Aricuryroba Barb.-R, 13. armentalis Morales, 108. attaleoides /70r7. 108. australis Mart. 16, 17, 22, 27, 28 108. australis (non Mart.) Carr. 53, 56, 57. australis Mort. 57, 60, 108. Balansae Maud. 108. Barbosii Ba75.-£. 42, 54 108. Blumenavia ZMHort. 46, 48, 109. Bonetti /ort. 53, 54. Bonneti Linden, 42, 53, 56. Bonnetti ortf. 53, 54. botryophora J/art. 4, 16, 17, 24, 25, 26,27, 109, 112; botryophora v. ensifolia Drude, 26, 27. Burtini Brong. 115. Butaei /Zort, 109. butyracea Aut. 109. butyrosa (L.) Arruda, 109. campestris Mart. 33, 36. campicola Bard.-R. 33. campylospatha 2Bard.-A. 33. bj Cocos capitata Mart. 4, 5, 15; 34; 4I,) 42 ri ss ss UN Oz Y ®” Us Y v “% % UV Vv % DA de v % Vv è yy sè vd Nd % 57: 59, 109. capitata v. pulposa ester, 67. Catechucarpa 2Barb.-R. 33. Chavesiana LBarb.-R. 33. chilensis IMo/zza, 109. Chiragua £Lecc. 34. Chirita ZMort. 109. Cocoyule Aarw. 110. comosa Mart. 34. coronata Mart. 4, 17, 25, 34, 37; 109.‘ coronata (non Mart.) Chabaud, 41,62. coronata //ort. 109, coronata v. Todari £Lecc. 34. crispa 7. 5. et K. 109. Datil Gris. ef Dr. 16, 17, 28, 109. de Aricuì Pr. v. Neuwied, 13. Drudei ZBecc. 34. Dyeriana 2Bard.-R. 34. elegantissima Chadaud, 41, 42, 47.. elegantissima /7ort. (Linden), 36, 109. eriospatha Mart. ex Dr. 41, 42, 46, 47; 109. eriospatha (non Mart.) Lindman, 48. erythrospatha Chkadaud, 41, 42, 65. Faujasii Brong, IIS. fernambucensis /7orz. II0, flexuosa Mart. 17, 28, 34, 38. flexuosa 077. (non Mart.), 110, flexuosa v. cataphracta Mart. 34. flexuosa v. densiflora Mart. 34. frigida Linden, 110. fusiformis Sw, IIO. Gaertperi B/umenau, 53, IIO. Geriba Zard.-R. 16, t1IO, glaucescens G/az. 38. Glazioviana Damm. 34. graminifolia Drude, 34. graminifolia v, Glazioviana Damm. 34. graminifolia v. nana Drude, 34. Guacuyule Zzebmz. 110. guineensis Z. 110. gummosa /Z7ort. 110. Hassleriana £a70.-R. 34. Tnajai:7r257,>; (20; (36) indica oyle, 110. insignis #7. Wendl, 35. Jatta MHort. 111. Kotchoubeyi Linden, III. lapidea ort. 17, 25, III. ? lapidea Gaertn. III. latifolia /Zort. III. lejospatha Zarb.-R. 5, 26, 42, 74, 71, 72. lejospatha v. angustifolia Drxde, 42, 4, 56, 110. 2 lilaceiflora Chkabaud, 41, 42. lilliputiana Bard.-A. 35. longifolia Most. III. 25, 27; hi" 900, SENT od Cocos macroearpa 5a7d.-R. 35. » V vs YU Ù0 Y 4 XxX Vv U V UV x V % U vv Y Vv x % SY v »s uyYI su v % vs UV YV » v vu Ù YU Y majestica MHort, III. maldivica Grwiel. 111, mammillaris Blanco, II1. mammillaris Hort. 48, III. maritima Comm. 111, maritima /Morf. II1. Martiana Drude, 16, 24, 25, II2. Maximiliana Mor, 112. Mikaniana Mart. 9. minima glauca Mort, 112, 121. Molini M/irb. 76, 112. Naja Arruda, 112. nana G7î)f. 112. Normanbyi W. Ml. 112. nuciera Z 3.405, .9y 10; 20% 27; 78, 81, 82, 83, 84, 87, 88, 89, 90, 94, 99, IOS, IO7, III, II2, E20,.:I2I. nucifera v. palmyrensis Zecc. 85. nucifera v. praecociflora Zecc. 82, 81, 121. nucifera v. spicata Zecc. 88, 120. nucifera v. synphyllica Becc. 88. Nypa Lour. 112. odorata ZBard.-R. 5, 42, 63, 64. oleracea Mart. 35, 109. oleracea v. platyphylla Drude, 35. Orbignyana £Lecc. 112. orinocensis Sprwce, 113. ovata Zodd. 113. paraguaensis Bard.-R. 42, 50, 53. pernambucana Hort. (Zodd.), 110, 1:13. petraea Mart. 35. petraea v. alpina Drude, 35. petraea v. platyphylla Drude, 35. Piassaba /Zort. 113. picrophylla Bard. A. 35. pityrophylla Mart. 113. plumosa ook. f. et Hort. 16, 17, ZI 4,20, 113. Procopiana G/az. 35. pulposa Bard.-R. 5, 42, 65, 66. quinquefaria Bard.-R. 35. reflexa MHort. Berol. 113. regia Zzebm. 113. regia (non Zzebm.) Linden, 114. Romanzoffiana Cham, 5, 16, 17, 22, 235.29. Romanzoffiana (non C%kam.) Lind- man, 28. Romanzoffiana XK pulposa 2ard.-A. 31. Rossii ZHorf., 113. rupestris Bard.-f. 35. Sancona ook. f. 35, sapida Barb.-R. 36. schizophylla Mart. 13, 14, 42, 54. schizophylla (non Mart.) Bard.-R. 54. Cocos » d » % % 127 speciosa La7rd.-R. 36, 114. spinosa (Zabaud. 41, stolonifera Barb.-R. 42. sylvestris /ort. 114. Tamaca ZLzrd, 114. Urbaniana Hazrzier, 36. Urucuru /ort. 114. ventricosa Arrwda, 114. vinifera Mart. 114. Wallisii Zerdern, 114. Weddelliana 7. Wendl. 36. Weddelliana v, Pynaertii Worz. 112, Lod, Weddellii Drude, 34. venatorum Poepp, II4. Wildemaniana 2a75.-R. 46. Yurumaguas /Zort. 114. Xochipatli Merz. 114. Coenobita Olivieri, 92. Copernicia, 38. » robusta ZH. Wendl. 111. Cyagrus, 121, Diplothemium, 6. Elaeis » litorale Mart. 108. » maritimum darti. 109. Eugeissona, 90. , 89. n » » guineensis, 89. madagascariensis Zecc, 89. melanococca, 89. Gaussia vinifera 7. Wendl. 114. Glaziova Drude, 3, 32, 33. » » Martiana G/az. 36. Treubiana Lecc. 3, 36. Heterospatha elata Schef. 82. Jubaea H. 2. et X. 8, 74, 75, 81. » » chilensis /okow, 76. spectabilis 7. 5. et X. 37, 75, 109; EIZUIEZIE: Jubaeopsis Zecc. 8, 81, 90. » Langs caffra Becc. 81, 90, 120. dorffia Pseudococos Raddi, 9. Lansium domesticum, 84. Leopoldinia pulchra /orz. 36. Lithocarpus cocciformis O. Targ.-T0zz. 111. Lodoicea sechellarum Zadz//, 111. Maximiliana, 6. » Inajai Spruce, 35. Micrococos chilensis PAi/d9îÎ, 76. Molinea Micrococos Zerzero, 76. Nipa fruticans 7%x75. 112, Normanbya Muelleri Becc. 112. Ochrosia oppositifolia A. Sch. 88. Orbignya, 6. Oryctes Rhinoceros, 103. Pandanus, 95. Phoenix humilis, 15. reclinata, 15. Pisonia grandis A. Browr, 88. Platenia Chiragua Aarsz. 34. 128 Rbynchophorus ferrugineus, 103. Rbyticocos Becc. 9, 11. » amara Zecc. 11, 33. -Scheelea, 6, 121. » » > butyracea /Aarst. 109. Liebmannii ecc. 114. regia Aarsten, 114. Syagrus Mart. 3, 6, 7, 8, 32, 33, 36, 41, 6 I Vv Y 3ì acaulis £Lecc. 83. amara Mart. I1, 33. apaensis Becc. 38, 36. argentea Becc. 33. botryophora Mart. 5, 24, 26, 33, 112; 113. campestris Becc. 38. campicola Becc. 88, 36. ‘campylospatha Lecc. 88, 36. Catechucarpa Lecc. 88, 37. Chavesiana Bard.-R. 38. Chiragua 7. Wendl. 84. cocoides Mart. 33, 121. cocoides v. linearifolia £ard.-/t. 121. Cogniauxiana Ba7b.-R. 34, 36. comosa Mart. 33, 84, 36, 38. coronata Becc. 34. coronata v. Todari Becc. 34, 117. Drudei Becc. 34, 36. Dyerana £ecc. 34, 30. ecuadorensis Zecc. 84, 37. flexuosa Becc. 34. glaucescens £ecc. 84, 88. Glazioviana Lecc. 34. e gramipifolia Becc. 84, 36. “ ss ve Y U Y YU YI ÙU Y ce % Ù % graminifolia v. Glazioviana Zecc. S4. graminifolia v. nana ecc. 34. Hassleriana Becc. 84, 36. insignis Becc. 35, 39. Inajai Becc. 5, 26, 85. lilliputiana Zecc. 36, 36. macrocarpa Barb.-R. 85. majestica MZort. III. Mikaniana Mart, 9. oleracea Zecc. 35, 112. oleracea v. platyphylla Zecc. 35. petraea Becc, 30, 39, 36. petraca v. alpina ecc. 35. petraea v. platyphylla Zecc. 35. picrophylla Ba7d.-R. 35. plumosa H. Wendi. 36. quinquefaria Becc. 85. reflexa H. Wend'/. 113. Sancona arst. 85. sapida Becc. 36. speciosa 2ar5.-R. 86, Tamaca Linden, 114. Treubiana Becc. 86. Wallisii Zérzden, 114. Weddelliana Becc. 86, 39, 109. Weddelliana v. cinerea so 36, 39. Weddelliana v. Pinaertii Hort, 36, 131, 114, Thrinax, 38. Tonraefortia argentea Linn. f, 88. de “» = = r ATC rane » rezr 1% Arecastrum Bomanzoffiantam (Cham.) enuinum Becc. E FeT. O, BECCARI Tav. II. Arecastrum Romanzoffianunmn (Cham.) senuinumi Bece. For. O, BECCARI IO Tav. IMI. un Arecastrum Romanzoffianum (Cham) Becc, e sue Varietà Fig. I var. Micropindo - Fig. 2-6 var. australe - Fig. 7 var. genuinum - Fig, 8 var. genuinum minus. Fig. 9-10 var. botryophorum FoT., O. BECCARI Tav. IV. tia Syagrus coronatalWwar. Todari Becc. FoT, O. BECCARI Tav. V. Fig. 1-2 Butia Yatay — Fig. 3 B. Yatay paraguaensis - Fig. 4-5-6 B. Bonneti — Fig. 7-8 B. capitata (typica) Fig. 10 B. capitata pulposa — Fig. 11 B. capitata odorata - Fig, 12 B. lejospatha. Fot. O. BECCARI 6 IO t° Coal TT Ven Pera USI] Stio ® nego ’ LN di Mi . net. Yeoh riad È 4 , Li data ae 1a «put 4 "pi? È ì è ur, ' è li ' Dis Cina] fed . : 6; é PT nta, PO! Î Ù dii - su, ? ® . ’ vd K LI “ x ee de P Ta À È x ’ t de V Ù bl ' a be * LI ‘ Ù s Ù LI È (> ‘ Pi la Ù 4 L) ’ i n . # ‘ S ‘. i a E î : ha n ’ : “ ra." ‘ * la . L'alta Pec Tav. VI. For. O. BECCARI Tav. VII. B.- Butia Yatay- var. paraguaensis Bece. For. O. BECCARI Tav. VIII. Butia capitata var, odorata Bece. ROSTER Fot, G, dARI pl pre DA DI Vena “ ha » + È Li sa n Ò 1) , . ld di È x std » Ù s A pf ». 4 e O » i 28 ; x RUOL nè ò Ù hs d- Ù bue" Ù ’ ” _ PI si * er î i LE - s è * ì Ù x L * PI * ni - sa re, a PI e LR n » i +34 “ si 3 * à g \ ( | : dx n » ?° À 1. Mi x \ 4 . . : i î (ET : » pa À . è - Ù È À “ di 2 | Tav. IX, Butia capitata var, odorata Becc, ROSTER Fort, G. CR] », e a tes La © | Tav. 9999] EFETOPO “ita EZEIFTAEO CHINA - ‘@ PA. PS , L $ I 3 ‘999g ESOQOIZANS ‘ea eqCIFACO emna V For. O. BECCAKI È # fo “% o .- i rg È CI è ho >_A lg k - » na .» È s . al x î “ è » fa - è. . - È o. meli . i. à “ ” Ò - ” » ” n È . è = - . * Ò “ Mi pa “ + r ; Pd 9; Da : t; bj E, vi 3 DI P = è = Ò é - V- L: 7 . - e È Fd L - ” Li n ” n ? = £ È, x P — > è da d- = È = al ha «-l'% .. bel e ì Ò tI . i ny) E ì % 323 : : : b. n 23 x L - 9 3 v - sb al À DI - < a . she a % —_ 4 { _ ì n - 4 4 - - * » ra .! e . ’ > ni ta y 3 n 5 # Le I i p » È 4 LE e 4 P. . \ e - Le a le ae A Ù - Bo ” 7%. ia 7 e 4 reo DI * : he DM Tav. XI Butia coronata var, pulposa Becc. Fort. O. BECCARI TI. Nnr—_ peo —vgue da i 84 da FLO Pete "di Tav. XII. Butia coronata var. elegcantissima (Chab.) Becc. T ” ti Fot. O, BECCARI Tav. XIII. ie -caffira. Recc. Jubasops eni ig fa ui . Tav. XIV. I PR n I POLTI TT TI e Cocos nucifera Linn. For. O. BECCARI rd x a ian Leto Sl gni Li Tav. XV. sprmormenresene spanne CEIrAI adi iii TARGA A PRA Vi Cocos nucifera var. Spicata Becc. "NYN\Ue-_ Prezzo: Lire 6 — ZA. È ni fi La Dre N KILI wa Li dl AE Bue LY và " dx ia gr I - ” = Cosi *] 2 ha di w Ù U > PE - [n : = . o £ ® DI “ a VA di ME RATIO) Prini, ) i TE i Cora peroni stitizicni SE s 3: sit a nidsvi A TIRATE tata: set par at Tipea Ò MRSISITII itesnticignis soin: desti guperti DI O DOTI ULCOCO DO) SI LI 60 s TI ICONA La * merate? RS 3 è riale se pr he Rie i