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CONTE EMILIO TURATI Nuove forme di Lepidotteri La corrente del giorno porta alla suddivisione , alla frazionatura. Non bastano più le specie e le varietà, le subspecie, le aberrazioni, le diverse generazioni di una medesima specie e le varietà delle varietà; tutte le mutazioni anche accidentali, sporadiche, dirò così i casi pato- logici, riscontrati senza probabilità di rinnovo, trovano un nome nella falange pullulante di autori, ed aiv'colisti di giornali e di rivistucole di società entomologico-sportive o s' |i. Ciò dimostra forse un prog:c:50 nella nostra scienza, un risveglio generale nello studio di essa, o ne indica una specie di decadenza, un rilassamento a scopo di ambizione da parte di gente che si crea au- tori, od a scopo di lucro da parte di altri ? È dessa un movimento fatto a base di commercio, per stimolare la passione dei collezionisti, dei dilettanti, dei raccoglioni, come li chia- mava il sommo geologo Stoppani? O è dessa una necessità vera della scienza ? Si deve seguire questo andazzo, che può ingenerare confusioni e sinonimie molteplici, o privarci di un mezzo—certo precipuo—per una minuta e scrupolosa determinazione ? Questo mi sono andato chiedendo negli ultimi tempi, in cui anche le maggiori opere in corso di pubblicazione hanno accolto, e vanno ac- cogliendo frazionature di specie in molteplici forme nominate, muta- zioni numerosissime, che forse non meritano un nome particolare. Personalmente mi sono formato il concetto, che sia bene contenere questo movimento nei giusti limiti, e dar di frego ai nomi troppo leg- germente imposti a forme, che non valgono una distinzione speciale. Dovrebbero essere bene accolte dalla classificazione tutte quelle mutazioni della specie, derivate dalla differenza di località o di genera- zione, e quelle forme aberrative, che sono ricorrenti regolarmente. Ma nr vd n 422466 AL a —_ E pe andrebbero assolutamente radiate, poichè non meritano l’ onore di un nome, tutte quelle altre forme aberrative sporadiche, o viceversa asso- lutamente normali nella riproduzione degli individui di una medesima specie. E per citare un esempio di queste ultime accennerò alle varietà ed aberrazioni costituite da differenze di numero, grandezza o forma dei punti o degli ocelli; da differenze di colorazione, come nella Himera pen nuria L., come negli Smerinthus e Dilina, dal verde al rosso bruno in individai magari ottenuti da una sola covata, ecc. ecc. A spiegare queste anomalie provvederà il biologo, col dirci se esse rappresentino una evoluzione della specie verso il suo avvenire, o non piuttosto una derivazione storica, un atavismo di colorazioni passate. Per stare nel campo della pura e semplice classificazione, queste variazioni normali, non si distaccano dalle caratteristiche della loro specie in modo tale da formare un gradino nella scala della sua evolu- zione, ma devono costituire inve.e la serie dei caratteri della specie stessa. I casi sporadici, isolati, sont interessanti per loro stessi, ma difficil- mente potrebbero essere ricorre» » perciò non abbisognano affatto una nominazione particolare. Ed è seguendo questo concetto, c.. 1) vrocederò nella presente pub- blicazione, dove però alcune forme lov» on possono a meno di es- sere considerate in tutta la loro importa. > Io mi lamentavo lo scorso anno con Ruggero Verity perchè pub- blicava in francese la sua magnifica opera sui Ropaloceri della Fauna paleartica. Avrei desiderato che un’opera di tanta importanza fosse ve- nuta ad accrescere la letteratura scientifica della nostra lingua. Ma un lavoro di tal mole necessitava una spesa tutt’ altro che indifferente , che richiedeva il massimo smercio possibile. Perciò il giovanissimo e valente lepidotterologo fiorentino aveva acceduto al parere di Carlo Oberthir, che lo aveva consigliato a scegliere il francese come la lin- gua la più corrente, e quasi generalmente compresa anche in Germa- nia ed in Inghilterra, per non parlare dell’Italia, dove i pochi entomo- loghi che siamo, siamo tutti del più al meno poliglotti..... come i portieri d’albergo ed i conduttori da Sleeping-Cars, del resto. Ora sembra che la necessità porti a farne una edizione anche in tedesco, per non defraudare la massa dei piccoli entomologhi tedeschi PING di una così bella ed importante opera. Bisogna proprio andar loro in- contro..... come Maometto alla montagna, visto che la montagna non si sognava affatto di andare incontro a Maometto ! Così quest’ anno toccò a me sentirmi chiedere perchè non pubbli- cassi le mie note nell’« Iris». Eravamo il giovane « professor doctor » *** ed io vecchio « autodi- dakt».Si saliva verso l’ora della colazione all'albergo sulla cima d’una montagna. Poco si era raccolto quella mattina, ma si aveva chiacchierato molto in tedesco con qualche parola frammezzo di francese e d'italiano. Il discorso era venuto sulle mie « Nuove Forme di Lepidotteri », pubblicate nel 1905 dal Naturalista Siciliano. — Perchè non scrivete le vostre note in tedesco? mi disse — sa- rebbero molto più lette, e tutti le capirebbero ! — E perchè non scrivete voi le vostre in italiano? Non avremmo bisogno così noi di sapere il vostro tedesco ! Facciamo noi la fatica di imparare le lingue degli altri, fate un po’ di fatica anche vojaltri che vi intendete solo della vostra lingua..... o di quella affumicata, risposi ironicamente. — Ma noi siamo più di i». nila—rimandò il tedesco — e voi siete una ventina al massimo che si interessano di lepidotterologia !... Pochi ma buoni, è vero—aggiunse con un cortese sorriso. — Già; come i versi del Torti —si dice da noi. « Comme les vers du Tortrix... tradussi entomologicamente in francese, appoggiando sulla orribile freddura, che il mio dotto contradditore ebbe la longanimità di non comprendere. — Ed è ben naturale, del resto, il vostro punto di vista — soggiun- si: Quanto più estesa è una passione, tanto meno elevata è , natural mente, la massa che la professa; tanto minore è individualmente la media della coltura di questa massa ! — Non posso darle torto. Certo è che in Germania pullulano pic- coli Vereine entomologici. Sono altrettanti piccoli circoli sportivi di cac- ciatori... di farfalle, che si riuniscono quasi settimanalmente d'inverno a mostrarsi—inter pocula e scioppi di birra—i rispettivi trofei; a scam- biarsi l’un coll’altro i doppî. Se questi circoli hanno anch'essi una importanza relativa, e vanno lodati ed assecondati nelle loro modeste aspirazioni, essi non preten- dono di dettar legge. Lasciano il lavoro scientifico alle società maggiori, dove non sono ammessi che i dotti. PSI — Ne ho conosciuto anch'io di questi piccoli circoli. In una città balneare dove si parla tedesco , esiste uno di questi Vereine con niente meno che S5 soci—tutti lepidotteristi. Tra questi sportsmen ho fatto la conoscenza di un bagnino, un bi- dello, due o tre parrucchieri, un cartolajo, un tipografo —e questi era certo fra i soci più elevati, perchè — persona oltremodo seria e simpa- tica, ad ogni modo — doveva avere una coltura superiore a quella de- gli altri.... pel fatto stesso che componeva libri, lui. — Avrà notato anche, che fra questi circoli sono sorti, per met- tere a contatto--dicono—i soci degli uni e degli altri, e provocare gli scambi, piccoli giornali entomologici, che hanno trovato così un campo d’azione che può riuscir utile alla scienza... — Del resto una simile incursione d’ orde di barbari nella nostra partita, un simile dilagare della lepidotterologia, piuttosto che degli al- tri rami della Storia Naturale, e della Entomologia stessa, si capisce facilmente. Infatti la farfalla non parla soltanto ai sensi coi suoi colori, la sua struttura, il suo volo. Essa ha in sè come una mestissima poesia, per la sua vita stessa. Le sue metamorfosi danno un lontano appoggio alla teoria delia metampsicosi. Non ha detto il nostro massimo pesta, che « Noi siam vermi Nati a formar l’angelica farfalla ? » Dante, se non era un lepidotterologo , doveva essere per lo meno un bachicultore..... — La farfalla interessa pei danni che il suo bruco può recare al- l’agricoltura, all'economia domestica. — La farfalla è alla portata di tutti... — Ma non il suo studio, intendiamoci... — Dai ragazzi, che la rincorrono colla rete, al raccoglitore che la fa venire a sè coll’esca o colla lanterna, al paziente coltivatore che la alleva dall’uovo. E badi un po’ a questo. Non è che da noi, in Italia, che anche la gente colta non le dà alcuna importanza, e non accorda alcuna considerazione agli studiosi di lepidotterologia, quasi fosse un giuochetto, un divertimento , un tra- stullo, un passatempo da bambini. Libri Ma da questa quasi sprezzante indifferenza, alla esagerazione ger- manica il passo è enorme. Se ciò prova sociologicamente che il livello della popolazione è tanto elevato da poter permettere a moltissimi di occuparsi d’ entomo- logia, scientificamente non vuol dire lo stesso. Ed io non vedo perchè, per far piacere a voi signori tedeschi, che potete imporvi col numero, per quanto in moltissimi casi si deve rico- noscere che ne avete anche tutta la qualifica, io non vedo perchè si deva pubblicare nella vostra lingua quanto riguarda la lepidotterologia piut- tosto allora che in francese od in inglese. In Inghilterra il numero dei lepidotterologhi è certo grandissimo... — Certo... — Forse maggiore di quello che non sia in Francia; ma, che io mi sappia, né in Inghilterra, nè in Francia il livello dei raccoglitori è sceso tanto basso quanto in Germania, nè vi sono oltre le società en- tomologiche , dirò così, principi, cotante altre piccole società di cac- ciatori. Intanto suonava la campana del lurch, ed il discorso rimase inter- rotto per una operazione, che assorgeva in quel momento a ben altra importanza dopo la faticosa mattinata in quell’aria rarefatta, che ci a- veva aguzzato l’appetito. È un fatto che la quistione della lingua nelle pubblicazioni scien- qifiche è divenuta di capitale interesse. Ho sotto gli occhi pubblicazioni in italiano, in francese, in tedesco, in inglese, in olandese, in russo, in spagnuolo, in portoghese, in unghe- rese, in bulgaro o romancio, che sia, in giapponese. Quanto prima ne avremo in turco od in chinese !... Dove si andrà a finire? E pazienza ancora che gli ungheresi, nel cui paese il latino è an- cora compreso correntemente, ci danno — accanto al loro —il testo in latino ! Era ben questa una volta la lingua scientifica universale. Adesso si vorrebbero i Volapiick e gli Esperanto, che passeranno ben tosto di moda, luna avendo anzi già soppiantato l’altra, come nuovi altri lin- guaggi le soppianteranno entrambe, mentre il latino glorioso rimane e SEA — rimarrà finchè coltura si avrà negli uomini dotti, od in quelli che vor- ranno passare per colti, se non dotti. Torniamo dunque all’ antico per evitare la Babele moderna? C° è pericolo di sentirsi ancor dire, come più sopra « perchè non scrivete in tedesco » e rinnovare così una analoga discussione. C'è pericolo di tro- vare anche nei migliori autori degli strafalcioni come questi « duplo minor » parecchie volte ripetuto nel Catalogo Staudinger Rebel (pag. 19, N. 113 c), pag. 81, N. 578 a), (pag. 146, N. 1321 b) per esempio) il doppio più piccolo, invece di « dimidio minor », la metà più piccolo. Ma questo sarebbe ancora il minore dei mali, perchè al giorno di oggi—ed anche nel secolo scorso —il latino degli scienziati naturalisti somiglia a quello degli ecclesiastici. È un «latinus grossus, qui fecit tremare pilastros » come si diceva scherzando a scuola. Sia comunque però, adottando la buona regola del latino, se non altro per la descrizione sommaria delle specie, si può esser sicuri di farsi intendere da tutta la parte eletta dei cultori delle scienze naturali, i quali pei loro studi classici compiuti devono conoscere il latino, ma non sono obbligati a sapere il giapponese, o magari... l’italiano. Ad ovviare la confusione delle lingue e farsi capire anche da tutti il mezzo c'è. È quello suggerito da Carlo Oberthiir al cui valore scien: tifico reverente m’inchino. Nessuna descrizione deve essere menata buo- na, nessuna specie dovrebbe essere ufficialmente riconosciuta e registrata, se non è stata accompagnata dalla sua riproduzione grafica. L’ iconografia pura e semplice del resto era già stata praticata da Hiibner, il babbo di tante specie, nelle sue voluminose « Sammlungen » belle per allora ed anche per adesso, se anche qualche figura neila massa non era perfettamente riuscita. Al giorno d’oggi in cui le arti grafiche coll ajuto della fotografia hanno fatto progressi straordinari—se pur ce n’era bisogno, perchè già le incisioni del Millièére, del Romanoff, dovute in massima parte al Pou- jade, per non citare che alcune fra le migliori opere a bulino, erano si può dire perfette—al giorno d’oggi il linguaggio scientifico dovrebbe essere il linguaggio iconografico. Esso è la rappresentazione completa, non a segni convenzionali, a lettere e caratteri—a parole—dell’oggetto: è il ge- roglifico moderno, perfezionato dall’arte che colpisce direttamente l’occhio senza farci fare la fatica di un giro di traduzione —- attraverso mille nervi e vasi cerebrali—più lungo e faticoso, e ad ogni modo anche meno esatto e preciso. La fatica dell’analisi l’ha fatta il pittore o la macchina fotografica—non abbiamo che da mangiare e digerire il piatto già bello rica e cucinato — la fatica sarà tutt’al più di prender la lente, o magari un pajo d’occhiali..... quando l’oggetto non è già ingrandito dalla macchina stessa. L’iconografia è quasi come la romanza senza parole del musicista, se anche qualche volta deve essere interpretata... E volentieri qui parafrasando il motto del filosofo dirò: più trovo descrizioni, più voglio figure ! Queste sono comprensibili a tutti, qualunque lingua tutti parlino. Si iasci dunque che ognuno scriva nella propria lingua — anche in chinese se occorre—le opere scientifiche, purchè le descrizioni sieno ac- compagnate dalle figure degli oggetti. Il nome ed una descrizione som- maria in latino sono necessarî; ma senza iconi non si dovrebbero am- mettere oggigiorno forme nuove in qualunque lingua sieno descritte, sia fosse anche in tedesco! Perciò io scrivo in italiano. % IL (as av) Ed anche in italiano queste mie note incontreranno certo nei cen- tri entomologici interesse e quasi meraviglia, sia per la novità delle forme che per la prima volta qui vengono presentate e descritte, e per alcune notizie intorno a molte di esse, e ad altre rarissime. Ho detto meraviglia. Ma veramente nessuno dovrebbe meravigliar- si—allo stato in cui sono ancora le ricerche lepidotterologiche nel no- stro paese—che molte specie e forme nuove si abbiano a trovare spe- cialmente negli ordini dei notturni, e dei cosidetti microlepidotteri. A questi ultimi, per quanto riguarda la Sicilia, sta provvedendo ora con la passione che lo distingue, il nostro Enrico Ragusa, che ha installato all’uopo nell’isola per suo conto un ratcoglitore tedesco. Ed è da augurarsi che le sue ricerche abbiano ad apportare una larga messe di specie, nuove non solo alla fauna siciliana, ma anche del tutto alla scienza. Il sig. Giorgio Kriiger che per tre anni ha raccolto per mio conto lepidotteri in Sicilia con l’ abnegazione, la valentia e la passione che lo distinguono, si era assunto più specialmente l’incarico di occuparsi delle farfalle, che vivono e vagano neile diverse ore della notte. Richiamate all’esca (Kéder), e intorpidite dall’ etereo profumo dol- cissimo, si scuotono giù nella boccetta dai vapori di cianuro, che le ad- dormentano per sempre. Attratte dai bagliori dell’ acetilene sul bianco gue schermo di tela steso dietro la lampada, dove compaiono di botto, non si sa da che parte, vi si aggrappano come stanche da un lungo viaggio, o vi arrivano frenetiche, girando, come ossessi, intorno alla fiamma. Chi non ha provato le difficoltà di questa caccia davanti ad am- pie distese di prati e di boschi, appoggiati alle pareti scoscese dei monti, accanto alla neve, o al di sopra di profondi burroni; chi non ha provato il freddo e l’umido della notte, nella lunga attesa delle nottate buje senza vento, quando più si aspetterebbe una ricca preda; o, nella furia della pioggia o del temporale, quando si dovrebbe cercar riparo, l’incalzare delle farfalle a stormi, senza tregua, tanto da annerire quasi lo schermo, e non lasciare il tempo alla scelta; chi non ha provato l’e- mozione a volte di intravedere un esemplare, che sul momento non si sa giudicare, o tal’ altra di appoggiare il tubo di cianuro con mano tremante su un esemplare ben noto per rarità, ed atteso con ansia di ora in ora, di giorno in giorno, non sa giudicare le soddisfazioni, che questa caccia può dare. Ed ogni ora ha le sue specie: dall’imbrunire alle dieci più special- mente sono numerose, poi verso la mezzanotte, indi--di solito dopo una sosta—alle due. E perfino poco prima dell’alba altre specie, appena nate, si mettono in moto. Così è della meravigliosa Dianthecia kruegeri Trti, i cui due unici esemplari furono presi al mattino, mentre stava per albeggiare , sopra la Neviera del Senato, lassù sulla Busambra, ed il Kriiger. stava già spiantando il suo « paretajo » improvvisato la sera prima. Ed è appunto sui più alti monti della provincia di Palermo, spe- cialmente sulla breve catena della Busambra, dove il Kriiger ha fatto lo scorso anno le sue più numerose ed importanti perlustrazioni. Ma una interessantissima messe di lepidotteri egli potè raccogliere in tre peregrinazioni, che fece in tre diverse stagioni, nella regione Cir- cumetnea. Le lave, vecchie e nuove, che formano come uno zoccolo bruno al cono bianco di neve del vecchio Mongibello, e si protendono a guisa di tentacoli di un polipo immane fino a Catania, Adernò, Bronte da una parte, a Randazzo, a Taormina, a Riposto, al mare dall’ altra per un vasto cerchio, che ha circa una cinquantina di chilometri di diametro, dove le ceneri han fatto terriccio, son piene di vigne e d’uliveti, di a- bitati, di piccole città. Vi son coni verdeggianti, come il Mombelliere, e creste brulle come il Monte Rosso, la Serra Pizzuta, dove la vegeta- zione si riduce ad erbaccie miste alle grandi ginestre dell’Etna crescenti Easgpi: fra le scanalature riempite di scorie e di ceneri: e dapertutto le lave danno la nota generale del fondo, danno quasi il colore alla natura. Un fatto particolare di mimetismo, degno di essere segnalato, è che qui la fauna—per quanto riguarda la lepidotterologia—ne risente nella sua colorazione. Come il suolo calcare dà le forme dai coloriti chiari, giallognoli (vedi alcune varietà e molte specie proprie di Digne e del Giura) così devo qui registrare, che la fauna circumetnea ha una speciale tendenza al colorito brunneo, nerastro delle ceneri e delle lave da tempo inde- terminabile sovrapposte a vicenda le une alle altre: un colorito che ricorda le forme di Scozia e di Islanda — terreni vulcanici per eccel- lenza. Non citerò le farfalle diurne, che pel loro volo di giorno, hanno- varie risorse nei colori che le proteggono, e di notte l’ oscurità stessa le pone quasi al sicuro; ma citerò qui alcune forme di lepidotteri, che volano di notte, bensi protetti dalla oscurità, ma che di giorno riposano ed abbisognano di colori, che le confondano colla natura del terreno, che le circonda, colla tinta dei sassi su cui si posano. Così tra i lepidotteri a volo notturno raccolti dal Kriiger all’ Etna mi stanno dinanzi sotto questo rapporto, per non citarne che alcuni : l’Acidalia laevigata Sc. in esemplari tutti fuliginosi, come di raro invece si incontrano sul continente, l’Acidalia luridata Z. var. falsaria HS. pure intensamente oscura—un’altra Acidalia, la cossurata Mill., buona variegà della virgularia Hb. (da non confondersi come fa il catalogo Stgr. Rebel colla bischoffaria H.G.) e che è una forma spiccata, a rigature neris- sime — la Pionea scorialis Z. particolare di quella regione; le nuove, forme Orectis barteli Trti, Epunda aetnea Trti, Dianthoecia vulcanica Trti, infine una nuova Coscinia d’ un solo colore fuligginoso che potrebbe a tutta prima sembrare una mutazione della chrysocephala Hb. tutta tra il bruno bronzato ed il terreo, che corrisponde mimeticamente al colore del suolo. Anche alcune Larentia, sebbene non possano meritare il ti- tolo di forme speciali, pure hanno un colorito più intenso nei neri. Date queste indicazioni generali su alcuni punti della fauna sicula, darò volta per volta notizie e dettagli sulle località, e le date delle spe- cie, qui menzionate. E come per me hanno scarso valore gli individui, che non hanno passaporto, o le loro carte in regola, cioè non sono accompagnate — a guisa di fede di nascita, dal cartellino colla data ce la località di cat- tura, così ritengo sia necessario per la scienza, che quei dati sieno men- Il Nat. Sic., Anno XX, 2 RI (Je zionati in tutti i casi, e molto serupolosamente, onde non ci si trovi ad aver davanti come nei vecchi testi di Boisduval, Gené, Fabricius, Herrich Schreffer, ecc. o nei cataloghi, che per necessità sono sommarî, le indicazioni di Sic., It. m. o It. s. 0 Hung, o Gal. m., 0 Germ. e così via, indicazioni troppo vaghe, che indicano niente, o rendono troppo difficili ulteriori ricerche. Pur troppo non c’è come gli scienziati per essere invidiosi gli uni degli altri, per essere gelosi delle proprie scoperte ! E pazienza ancora se questo senso fosse diretto a proteggere le spe- cie dalla loro distruzione in pro’ della scienza! Ma invece tende a te- nere alto il valore commerciale di qualche novità, tende a mantenere il monopolio di qualche specie. E così, chi ne scapita è la generalità degli scienziati; è la passione, che diminuisce nei neofiti. Io stesso ho provato varie volte questa mancanza, ed il dover pro- cedere a tastoni per ricercare una specie che da anni non si raccoglieva più, come è stato per l’Euchloé Damone B., la cui origine determinata da Boisduval come « Etna » ancora abbastanza da vicino, ha portato naturalmente a minuziose ricerche, a perdite di tempo affatto inutili. Seguendo il mio modo di vedere i nuovi raccoglitori potranno pro- cedere sicuri colla scorta delle note che loro offro, e potranno recarsi diritto al luogo d’origine ed all’epoca opportuna, senza tema di errare. La loro fortuna non dipenderà che dalle circostanze climatiche , dagli stadî della luna per le notturne, e..... della loro abilità e diligenza. Quest'anno ho dato incarico al sig. Geo. C. Kriiger di esplorare la Calabria, e specialmente i monti ed i boschi della Sila, appoggiandolo presso le autorità forestali con speciali lettere gentilmente fornitemi dal R. Ministero dell’Agricoltura e per esso al Comm. Tito Pasqui direttore generale della partita al quale rendo vive grazie. Ho poi pregato il Dr. Gieseking di voler per mio conto perlustrare le alti valli della Li- guria occidentale ed il colle di Tenda, che ci dovrebbe riservare molte specie di Digne. Mi auguro che da così valenti ed abili raccoglitori mi potrà nel prossimo inverno stare dinanzi copiosissimo materiale di studio. Un nuovo e grande passo nella conoscenza della fauna lepidotterologica italiana non può mancare di essere fatto, e sarò ben lieto se mi potrò vantare di averlo promosso. — li — Anomalie, aberrazioni, mutazioni sporadiche e accidentali. Tav. I. Figurare una serie di anomalie, di belle aberrazioni accidentali è sempre interessante: così possono infatti rimanere nella storia più a lungo, che non si salvino nelle collezioni, affinché un giorno servano a qualche deduzione filogenetica o di discendenza per chi vorrà riunire le osservazioni fatte su di esse, Vale anche la pena di mostrare un bellissimo ermafrodito del Parnassius delius L. fig. 6. in cui la parte sinistra reca il disegno della Q, le ali di destra sono invece del dg. Il sacco corneo particolare della Q si stacca sotto all'addome sulla sua metà sinistra, e viene trasversalmente a coprire completamente tutta l'estremità anale. Il fatto di trovar qui questo sacco corneo, che si afferma formarsi nelle 99 solo dopo la fecondazione, in un individuo che non può essere fecondo, nè fecondato, potrebbe smentire la spiegazione data alla sua genesi. Questo è il punto interessante che mette in luce l’ermafrodito, che io riproduco, riaprendo la quistione sull'origine di quel sacco. In una tavola raccolgo alcune forme spontanee, divergenti dal tipo delle loro specie, catturate in natura non prodotte artificialmente, m’in- tendo. Queste forme potrebbero essere prese in considerazione dal biologo per lo studio della loro formazione, o per l’ accenno ad una tendenza di mutabilità della specie sotto evidenti influenze particolari diverse di clima, d'ambiente o di nutrizione. Gli studî fatti fino al giorno d’oggi con i cosidetti esperimenti di Di qorae temperatura nell'allevamento di parecchie specie di farfalle, massime dei generi Pyrameis, Vanessa e Polygonia, permetterebbero di ritenere, che una crisalide esposta a violenti sbalzi di calore (per esempio se non è ben riparata dai raggi del sole, che per alcune ore giornalmente la col- piscano in pieno o la avviluppino col calore di riverbero) potrebbe pro- durre dei melanismi, e quanto meno una maggiore intensificazione di colori, e specialmente del nero. In questo modo credo possa essersi formata la Melanargia arge Sulz. ab. melanotica fig. 4. 5. che difficilmente si dovrebbe ritrovare ancora, se non si danno le stesse circostanze che l’ hanno provocata, mentre probabilmente si potrebbe ottenere ad arte, se non fosse già così difficile la coltivazione in catti- vità delle Satiridi in generale. Il sig. Zickert ha già accennato a questa forma melanotica della Melanargia arge Sulz. da lui trovata al Monte Coppola sopra Castellam- mare di Stabia il 2 giugno 1906. Essa non merita di avere un nome speciale, perchè rappresenta certamente uno di quei casi sporadici, accidentali, di cui ho detto più sopra. La figura dice a sufficienza, senza bisogno che si soffermi con una ulteriore descrizione. Ma se la temperatura portata ad altissimo grado od a bassissimo, come abbiamo visto nelle prove fatte dallo Standfuss, dal Fischer e da altri, dà quasi sempre delle prevalenze del nero sugli altri colori, te- nuta ad una media elevata, ma diversa dalla temperatura normale, può dare dei fenomeni contrari, aumentando invece la vivacità e la nitidezza dei colori. Vedi le mutazioni artificiali della Vanessa antiopa ab. Daubi, ab. Koederi; della Urticae ab. Hermanni, ab. ichnusoides ecc. Così un caso naturale di questo genere potrebbe essere fornito dalla Melanargia galatasa L. ab. fig. 1.2. che fu presa nei dintorni di Berlino il 15 luglio 1903, e mi fu ceduta dal sig. Max Bartel. Si Un'altra Melanargia galataa L. ab. melanotica fig. 3. presa a Santa Caterina nella Carniola nel luglio 1905 si avvicina alla forma meridionale ab. turcica B. e potrebbe essere considerata come un « colpo di sole » anch’esso — amenochè non sia un « colpo di freddo » il che è abbastanza probabile nelle altitudini in cui fu presa — estre- mo caldo ed estremo freddo recando i medesimi effetti. Non mi dilungo in altre argomentazioni su due belle aberrazioni di Melitee, la Melitasa athalia Rott, ab. fig. 12. 13. che assomiglia a quella già pubblicata e descritta dallo Hibner Btr. II, poi classificata come ab. navarina dal Selys Longchamps, ed ora ritro- vata quasi identica dal Kriger alla Fienzza, e della Melitasa aurinia Rott. var. provincialis B. ab. fig. 8.9. presa dal Dott. Gieseking nel luglio 1906 sulle colline della Touret‘e sur Loup, nelle Alpi Marittime, che parrebbe quasi un ritorno alla for- ma tipica della specie, se non avesse il disotto così mutato. In questo esemplare è da notarsi lo sviluppo accidentale diverso delle ali destre da quello delle sinistre, senza che perciò ci si trovi in presenza di un ermafrodito. Circostanza questa già notata da qualche autore. Ed un'altra aberrazione anch’ essa probabilmente prodotta dal ca- lore eccessivo, è quella della Meliteza didyma O. ab. meridionalis Stgr. fig. 10.11, Si avvicina assai nel disegno a quella a cui lo Stichel ha dato il nome di zzegleri (Berl. Ent. Zeitsch 1900), BUT AL Essa è stata presa dal Dott. Gieseking nei pressi di Vence (Alpes Maritimes). Nella mia collezione posseggo pure una aberrazione di Argynnis niobe L. che ricorda assai le ab. pelopia Bkh. figurata da Borkhausen, da Herb- stein e da Herrich Schaeffer-Geyer. Un albinismo, o meglio una discontinuità nella squamatura delle ali è quella che si osserva nella Melitasa didyma O. ab. meridionalis Stg. fig. 7. che fu presa dal sig. Kriiger a Ficuzza il 5 giugno 1905. Simili casi di ali fenestrate, o semidiafane, sono stati notati già pa- recchie volte: tuttavia non credo fuori di luogo di mostrarne uno as- sai caratteristico per quanto o ttenuto artificialmente. in seconda gene- razione nel novembre 1903, dopo due anni di riproduzione per incesto. Esso è una della Lasiocampa quercus L. ab. fenestratus Ger. D va = Di forma descritta già dal Gerhard nella Berl. Ent. Zeit. del 1882 pag. 128. Un analogo indebolimento portato da un rapido succedersi di ge- nerazioni, spinto ad arte al massimo grado , è stato ottenuto in esem- plari di Arctia caja L. di terza e quarta generazione dell’annata, da un lepidotterofilo di Karl- sbad. Nella terza generazione troviamo ancora alquanta statura, ma la squamatura si è andata diradando, ed il colore impallidendo. nq — Nella quarta generazione anche la statura è ridotta ai minimi ter- mini, ed il colore bruno è così diluito, come se le squame non rico- prissero più le ali cartilaginose. Zygaena trifolii Esp., ab. incarnata Trti. Tav. I, fig. 17. La Zygaena trifolii a colorito azzurro metallico e grandi macchie rosse, che si prende tanto sulle Madonie, quanto alla Ficuzza, ha fornito al sig. Kriiger un esemplare degno di essere notato. Esso ha le mac- chie e le ali disotto color rosa incarnato degradante al giallognolo. Fu preso in giugno sulle Madonie, e rappresenterebbe anche per la trifolti le aberrazioni di analogo colore della transalpina Esp., nella Boisduvalti Costa, e della ephialtes L. nella aecus Esp., e più ancora nella araratica Stgr. Parnassius mnemosyne L. ab. nova nebrodensis Trti Tav. III, fig. 3.4. 5. È una forma che dovrebbe stare fra la athene Stieh. e la nubilosus Chr. Essa si trova sulle Madonie e sui monti Nebrodi, e sembra sia la razza che rappresenti la specie in Sicilia. Mentre la athene Stich. ha il margine vitreo delle ali superiori, che si allunga, pontuto, nel °—e di più nella Q—al di sotto della metà dell’ala, e contiene una fila di 4 o 5 macchie bianchicce; mentre la nubilosus Chr. ha la parte vitrea dell’ ala ben divisa in due linee on dulate oscure per mezzo di una serie di lunule bianche quasi formanti, una linea continua, la nebrodensis Trti, ha come nel tipo la parte vi- trea troncata nel 9 circa a metà dell'ala, uno spazio più in giù nella 9, e contiene delle ben distinte lunule bianche intercostali grosse e a- perte verso l’esterno. Inoltre tanto nel 3° quanto nella 2, più in quest’ ultima che nel primo, una macchia, quasi una piccola fascia spolverata fortemente di nero , tra il grosso punto che chiude la cellula e l’area apicale vitrea si diparte dalla costa. Nella 2 si nota anche, rudimentale, un punto nero a metà del mar- gine interno. E (HE La sfumatura nera, invece, al margine interno delle ali inferiori è a squame più rare che nel tipo. I peli del torace e dell'addome sono leggermente giallognoli; più fortemente tinteggiate di giallo sono le basi delle ali e così pure di sotto il ventre. Questa forma potremo probabilmente ritrovarla anche in Calabria. La razza dell'Appennino centrale sembra doversi ravvicinare ed ascri- vere alla athene Stich. Ne ho sotto gli occhi dei bellissimi esemplari del Monte Autore, e di Valle Pietra, presi dal Comm. Rostagno, che potrebbero forse ascriversi a questa forma di Grecia —che del resto è stata anche trovata nella Francia meridionale—mentre si scostano sen- sibilmente dalla ad. nedrodensis Trti. Collezione Turati 7 0°, 192 avuti dal sig. Kriiger e del sig. Enrico Ragusa. Parnassius mnemosyne ab. pyraenaica Trti Tav. II, fig. 3-6. La forma di Gèdre, negli alti Pirenei, va designata anch'essa, co- me una razza affatto speciale. Qui il colorito bianco del fondo è sensibilmente lavato di terreo, specialmente nelle 99. Tutto unito, cioè senza alcun punto bianco frammezzo, è il margine vitreo, che forma una larga fascia oscurissima fino a metà dell’ala, ed accompagna, con un leggero risalto nei g, fino all'ultimo spazio inter costale accanto all’angolo interno, tutto il bordo dell’ala. Una larga fascia nera tanto nel 0° quanto nella 2 scende dalla co- sta fra la cellula ed il margine vitreo (1). Nella © il punto nero a metà del margine interno è ben distinto. Caratteristica è l’ ala inferiore, che ha più o meno fortemente se- gnata nella 2 una linea arcuata antemarginale, spolverata di nero, che nel g è appena accennata, ma ricopre spesso di spolveratura nera il ter- mine marginale di tutte le coste: un po’ come nelle 29 del P. stubben- dorffi Men. Torace ed addome a peli non bianchi, ma giallognoli: quasi ocra- cei nelle 90. Collezione Turati 20 00, 4 22 presi il 26 giugno, 1, 8 e 16 luglio 1906 del sig. P. Rondou. (1) La fig. N. 3 è stata male ritoccata. (N. d. A.) Si (ee Pieris manni Mayer (1) (bona species) ergane HG. gen. II. rostagni Trti. (forma nova). Tav tIVate VE Alcuni anni or sono, trovandomi a Bordighera per ragioni di salute dalla fine di marzo alla fine d’ aprile, mi dedicai a raccogliere Pieridi nella speranza di poter trovare la ergane HG. Ma non raccolsi che napî L. manni Mayer e rapae L. ab. lewcotera Stefan.. Quest’ ultima spesso senza macchie apicali ne’ punti nella pa- gina superiore, ch'è bianco lattea nel v', giallo verdognola nella 9 (2). E tutte e tre queste forme volavano contemporaneamente nelle me- desime località, e si distinguevano benissimo dal volo l’ una dall'altra. La struttura della marmi Mayer colle sue ali arrotondate nel suo margine esterno, colle sue macchie apicali bigie, ben abbraccianti la punta dell’ ala, il punto lunato, non rotondo, più o meno distinto ma sempre largo e diffuso nel o’, accompagnato da un altro punto con una striscia sfumata deilo stesso colore accanto al margine interno nella 9, il suo volo diverso da quello della rapae L. e la concomitanza delle due forme negli stessi luoghi e negli stessi giorni, mi persuasero tosto che si dovesse staccarla dalla rapae L., e mi chiesi se non fosse questa la forma rappresentante invece la ergane HG. in quelle località. Espressi questa mia idea all’egregio prof. Pietro Stefanelli, al quale (1) Ho avuto occasione di dare un breve riassunto di queste mie osservazioni sulla manni Mayer al chiarissimo sig. J. Ròber di Dresda, specialista delle Pieridi, e sono lieto di aver visto nella 12* puntata del Séitz (die Grossschmetterlinge der Erde - fauna palzaretica) che egli, accennando a questa mia opinione, la accetta, e la fa pure sua, separando nettamente la manni Mayer e la rossi? Stef, , come forme di una specie a sè. Ringrazio il distinto entomologo della cortesia, ch'egli ha avuto a mio riguardo. (2) Rober nella monografia delle Pieridi ch’ egli pubblica nel Seitz (id. ibid.) accenna alle forme di I generazione : metra Steph. (disegni neri meno accentuati, disotto delle ali posteriori giallo oscuro e spolverato di nero), ab. immaculata CKII. (senza alcun segno nero, la base delle ali grigia), Aavescens Roòber (9 di sopra for- temente giallognola disegni apicali appena accennati, ma le macchie discali ben sviluppate — disotto delle ali inferiori, margini esterno ed anteriore delle ali supe- riori di un bel giallo). Queste potrebbero essere considerate come sottovarietà della leucotera Stefan. Il Nat. Sic., Anno XX 3 — 8—- dobbiamo la descrizione della Pieris rossi Stef. che non è altro se non la generazione estiva della manni Mayer. Egli mise a mia disposizione il suo copioso materiale, e dalla sua cortesia ebbi campo di osservare una grandissima serie di Pieris rapae L., leucotera Stefan, erganoides Stefan, manni Mayer e rossi Stefan, da lui stesso raccolti. Si poteva certamente formare con quell’importante materiale tutta una scala di gradazioni e di passaggi da una nell'altra, sì da arrivare dalla leucotera Stefan. interamente bianca, alla più intensa © della rossiz Stefan. Ma con tutto ciò la differenza dal primo all’ ultimo individuo della serie, appariva grandissima ed appariva anche saltuariamente dal. l’uno all’altro individuo. Ad ogni modo si poteva formarne due gruppi ben distinti: l’ uno della Zeucotera Stefan. colla rapae L. in II generazione, l’ altro delle manni Mayer colla rossiî Stefan. in II generazione. Che queste ultime potessero rappresentare una mutazione della er- gane HG. non si voleva del tutto escludere, sebbene manni Mayer e rosstî Stefan. abbiano al di sotto i punti neri, che mancano (come ca- ratteristica) alla ergane HG. Si era detto anche, viste le gradazioni fra la leucotera Stefan. e la manni Mayer, che questa potesse supporsi un prodotto di ibridazione fra le due specie rapae L. ed ergane HG.; ma bisognava ammettere che la ergane HG. fosse del tutto scomparsa, quando invece sussisteva la rapae L. nelle medesime località. E d’altra parte la ab. erganoides Stefan. presenta appunto il feno- meno dell’assenza dei punti neri al di sotto. Certamente questa erganoides Stefan. , per la macchia apicale che è stretta e ad arco, e per la macchietta mediana che trovasi più pros- sima al margine esteriore che non nella rapae L., è anch’ essa una a- berrazione della manni Mayer e non della rapae L.. Ma l'assenza di punti neri di sotto nella ab. erganoides potrebbe dare qualche forza al- l'opinione che la manzi Mayer sia una derivata della ergane HG.. Ed allora come spiegare l’ assenza di tutti i punti neri nella ab. immacw- lata Ckll. che è aberraz. vera e propria della rapae L.? Sia comunque, in nessun modo la marzi Mayer e la sua II gene- razione rossti Stefan., contrariamente a quanto è stato indicato nel ca- talogo Stgr. e Rebel 1901 (appendice), mi sembravano assolutamente va- rietà od aberrazioni della rapae. Continuai ed estesi le mie ricerche. SS SC Ebbi campo di approfittare delle raccolte di amici, di ricevere manni Mayer dal Tirolo, dalla Sicilia. Im Toscana stessa, dove lo Stefanelli a- vea raccolto diligentemente nei dintorni di Firenze, io ebbi occasione di trovarmi nell’aprile del 1905. Ed ai Bagni di San Giuliano presso Pisa, dove la immensa pianura, tanto intensivamente coltivata da non lasciare un palmo di terra senza aver subito il sovescio, dà di cozzo ex abrupto nella collina brulla, e negli oliveti, mentre ai piedi del colle avevo raccolto parecchi rapae. leucotera Stefan., appena salito snlle balze dell’ uliveto e fra i nudi ceppi non trovai più altra forma che la manni Mayer in quantità. Trenta metri più in giù, evidentemente, la coltura intensiva aveva fatto scom- parire la pianta, che nutriva la larva della manri Mayer, mentre do- vevano prosperarvi le piante domestiche, case della rapae L. A Bordighera, a San Remo, in altri posti della Liguria dove la spiaggia del mare non lascia alcun campo alla coltura intensiva, e gli uliveti si susseguono ai palmizi, ed alle rive brulle, ed ai terrazzi ed alle spallette erbose, là trovano modo di vivere entrambe e rapae L. e manni Mayer. La soluzione delia quistione da me posta l’avrebbe dovuta dare il bruco della mannri Mayer. Ma non sono riuscito fino ad oggi ad averlo, nè ho potuto farlo nascere colle femmine, che ho catturate. Però da due anni a questa parte, facendo ricerche l'inverno lungo i muricciuoli, negli anfratti delle pietre a San Remo ed a Bordighera sono riuscito a raccogliere delle serie di crisalidi di Pieris della gran- dezza di quelle delle rapae L.. Ve n'erano alcune verdognole con i punti e le macchiette nere caratteristiche, e mi diedero constantemente delle leucotera Stefan., altre invece erano bianco lattee, o lavate di rosa, senza aleun punto nè macchia, ma qualche leggera ombreggiatura sui tegu- menti delle ali, e queste mi diedero costantemente delle manni Mayer. Avevo dunque messo la mano sulla crisalide della manni Mayer. differente essa pure specificamente da quella della rapae L. Ed ora il comm. Fortunato Rostagno, consigliere alla corte dei conti, della cui fiducia e stima altamente mi onoro, ha scoperto anche l’ergane HG. in Italia. Egli Vl ha presa in principio d’ autunno ad Oricola dove villeggiava, in provincia di Roma. Gli esemplari da lui raccolti rappresentano la II generazione: i 9 sono quasi tutti piccolissimi, le 49 hanno un colorito giallognolo, molto accentuato nelle seconde ali; tutti una intensità del nero alquanto mag- giore che non negli esemplari di Dalmazia, che tengo nella mia colle- zione, e che evidentemente appartengono alla I generazione. SRO Questa seconda generazione di Oricola, che ha dato modo al comm. Rostagno di creare le sue ab. semimaculata Rost., magnimaculata Rost. e longomaculata Rost. sta alla ergane HG. come la rossi Stefan. sta alla manni Mayer. Ed io propongo di darle pure un nome, quello di rosta- gni Trti. Alcuni esemplari di Oricola mi ricordano molto le figure assai im- perfette 3 e 4 della tavola III del Costa — Fauna del Regno di Napoli, che egli chiama rapae L. var. minor Costa. Esse rappresentano senza dubbio una Ydi ergane HG. gener. II. Non è solo il colore giallognolo ed il taglio arrotondato delle ali, che me lo fanno credere, ma sopratutto l’assenza dei punti nella pagina inferiore (fig. 4 del Costa). La località stessa di sua provenienza, cioè le « alte regioni del nostro Appennino » ecc. e l'epoca in cui si schiude « luglio ed agosto » confermano ancora che questa minor di Costa va messa nel novero dei sinonimi, ed a- scritta senz'altro alla II gener. rostagni Trti, della ergane HG. Per completare ora la descrizione della rostagni Trti, aggiungerò che il disctto delle ali inferiori, ed il disotto dell’apice sono giallo-chiaro quasi senza la spolveratura verdognola della I gener. Abbiamo dunque in Italia quattro forme distinte di Pieris propria- mente dette : a) rapae L. colla sua I gener., leucotera Stefan. e le aberr., car- ruccîî Rostag. ecc. I due esemplari 79 da me qui figurati a che dovrebbero apparte- nere alla ab. immaculata Ckll. sono forme di lewcotera, e sebbene non abbiamo macchia alcuna di sotto, l’occhio stesso non ci permette di qua- lificarli nè ergane HG., né manui May. ab. erganoides Stef. b) manni Mayer colla sua II gener. rossiî Stefan., e la sua aber- razione erganoides Stefan. c) ergane HG. colla sua II gener., rostagni Trti, e le sue aberr. semimaculata Rostag., longomaculata Rost. e magnimaculata Rost. d) napîi L. colle sue II gener. napazae Esp. e meridionalis Rihl., e le aberrazioni gialle, od oscure delle S®, la varietà alpina dryoniae O. ecc. Ma di questa non è qui il caso di parlare. Vengo da tutt> ciò a concludere che la manni Mayer, ha ben di- ritto di essere staccata dalla rapae L. e delle ergane HG. e considerata come specie propria, tanto più se si mettono a confronto esemplari delle prime generazioni delle tre forme. Risulta allora, che la manni Mayer 1° differisce dalla /eucotera Stefan. per la forma delle ali più lar- = es ghe e rotonde, quindi meno allungate ed acute nell’apice della leucotera Stefan. Inoltre l’ala inferiore è bordata da un filo nero, micante, più o meno continuo, quasi impercettibile all’ occhio non armato di lente, filo che precede la brevissima frangia bianca, e che si riscontra anche nella ergane HG. Il punto dell’ala anteriore nella pagina superiore del 7 non è mai rotondo e netto nei suoi contorni (come nella rapae L. I e II generazio- ne), ma lunato e diffuso. Certe volte non esiste affatto nella leucotera Stefan., od è piccolissimo, esiste sempre nella manni Mayer. Piccolissi- mo pure lo è nella ergare HG. Esso è di color grigio glaucescente nella manniî Mayer, nero nella sua II gener. rossi Stefan. Lo stesso dicasi della macchia apicale, che nelle manni Mayer, è sempre ben discesa al di sotto dell’apice, mentre nella leucotera Stef. è scomparsa o quasi (1). Le 22 hanno nelle manni Mayer tutte le macchie più diffuse, e più lunga e crassa è quella, che sta accanto al margine interno. 2° differisce dalle rapae L. nella crisalide. 3° ha un volo diverso, e riconoscibile da quello delle rapae L. 4. convive colla leucotera Stefan. (e la rossi Stefan., che vola in luglio ed agosto anche lungo tutta la Riviera, in Sicilia, in Toscana convive con la rapae L. tipica). Convive colla ergane HG. in Dalmazia, e probabilmente anche in provincia di Roma. Euchloè euphenoides Stgr. ab. lecithosa Trti. Godo di confermare questa magnifica aberrazione, da me descritta la prima volta in questo stesso « Naturalista Siciliano », e poterla così ritenere una mutazione costante, per quanto rarissima, perchè il Dott. Gieseking ne ha preso un’altra coppia nella primavera 1906, identica perfettamente a quella già da lui cedutami, che avrò il piacere di ve- (1) Lo Stefanelli nella sua descrizione (Bull. soc. entom ital. anno XXXII) in- dica lewcotera come tutta bianca, quindi senza alcun accenno alle macchie apicali, che sono grigiastre e minime ad ogni modo in tutta la I generaz., e la dà come ab. « insieme al tipo » in primavera. Io credo deva estendersi la denominazione di leucotera Stef. a tutta la gener. vernale, che è molto più bianca ad ogni modo della gen. estiva. og der di nuovo figurata, ed a colori, nell’importantissima opera del signor Roggero Verity di Firenze. Collez. Gieseking 1 0, 19. Collez. Turati 109,192. Ed a proposito dell’ Euehloé euphenoides Stgr. devo aggiungere che la specie fu raccolta dal Dott. Gieseking anche nell’estremo confine della Liguria, tra la R. Dogana di Grimaldi e la Mortola, onde essa va ascritta alla fauna italiana strettamente intesa nei suoi confini politici. Drymonia chaonia Hb. nova var. grisea Trti. Tav. VI, fig. 2.3. Var. obscure grisea : absque colore albido. Differisce singolarmente dalla forma specifica pel suo colore grigio piombo oscuro, e per l’assenza completa di bianco. 6 esemplari nella mia collezione, altri in quella Ragusa raccolti dal sig. Kriiger dal marzo fino a metà maggio nel bosco di Ficuzza. Dovrebbe essere una forma locale. Cilix glaucata Sc., nova ab. (gen. sestiva) aeruginata Trti. Tav. III, fig. 17. 19. Ab. fere dimidio minor: alis albis, punctis marginalibus dilutis : macula brunnea triangulare in medio margine interno minima. Capite, thorace, abdomine, cruribus, pcdibusque albis (1). Espansione delle ali mm. 17, lunghezza dell’ala superiore mm. 8. La ritengo una varietà di stagione, la seconda generazione, la estiva della glaucata Sc., che ne ha parecchie di generazioni in una annata. (1) Bang-Haas descrive nell’ Iris di quest'anno a pag. 70 una var. astatica , la cui caratteristica è : le ali ant. completamente bianche ad eccezione di una piccola macchia triangolare bruna nel campo mediano al margine interno. Ma egli non accenna affatto a testa bianca, torace, addome, gambe bianche, cosieché dovrebbe ritenersi che sono come nella specie. Perciò o la descrizione della aszatica B. H. è incompleta, e quindi non valevole, o essa è una forma sensibilmente diversa dalla mia eruginata. — 933 — Non mi saprei perciò decidere a separarla come una specie nuova per quanto la testa bianca la differisca totalmente dalla g/aucata Sc. Essa è stata rinvenuta dal sig. Kriiger solo nei mesi di luglio ed agosto, mentre la glaucata Sc. in belli, oscuri e grandi esemplari fu da lui raccolta nella stessa località in marzo ed aprile, e sulla Busambra in maggio. Essa è molto più piccola quasi metà della gluucata Sc. di Sicilia, e la statura proverebbe in questo caso da una parte la rapidità dello sviluppo nei primi stadi avvenuto nei mesi più caldi e dall’altra la minor sostanza della nutrizione in una stagione, in cui le pioggie di solito difettano, e la vegetazione, riarsa dal sole, si va disseccando, e perciò fornisce minore quantità di acqua. Nei cinque esemplari che mi stanno davanti presi alle Banche della Ramosa (Ficuzza) nei giorni 15, 18 e 25 di luglio, e 13 di agosto (2 e- semplari), il colore delle quattro ali è bianco sericeo, e non leggermente infumato, come è nella specie. Le grandi macchie brune nel centro del margine interno, sono di- ventate quasi dei piccoli triangoli rugginosi; ed al posto della macchia glauco-giallognola diffusa nel mezzo dell’ ala superiore , più non si tro- vano che alcune squamule giallo ruggine sulle coste. In un solo ese:n- plare sono appena leggermente segnati i punti glauchi marginali degli spazî intercostali. Un leggero contorno grigio segue tutto ìl margine delle ali inferiori sotto alle frangie bianche. Nella pagina inferiore le ali sono bianche e non grigie, leggermente infoscate nelle prime ali verso i margini esterni. Caratteristici sono la testa, il torace, l'addome, le gambe ed i piedi, tutti bianchi, mentre la glaucata Sc. non ha che il collarino bianco, la testa è nerissima, ed il resto plumbeo. Un esemplare preso a Cosenza, in Calabria, dal Kriiger il 20 otto- bre 1906, dovrebbe rappresentare la terza o la quarta generazione, e ritorna perfettamente al tipo della glaucata Sc. di primavera, per sta- tura e per colore. batta 0); Vasa Dianthoecia vulcanica Trti., nova species. Tav. VI, fig. 6. Alis ant. signaturis coosive Bkh. vix similibus, sed colore nigrescente, non flavo nec coeruleo adsperso; alis post. obscure griseis ad basem dilutio- ribus. Subtus striga obscura arcuata, in alis post. duplicata. Espansione delle ali mm. 33, lunghezza dell’ala superiore mm. 15. Ne ho un solo esemplare preso dal sig. Kriiger il 15 giugno 1906 vicino a Nicolosi, e precisamente alla Serra Pizzuta, e perciò oso appena pronunciarmi, e presentarlo come una nuova specie, il che il tempo di- mostrerà quando maggior materiale potrà essere raccolto. Intanto giova fissarne la priorità. Ad ogni modo appare all’ occhio che è una forma affatto distinta e pel taglio delle ali alquanto tozzo, e pel colorito oscurissimo, che è un'evidente manifestazione dell’influenza del terreno vulcanico circum- etneo. Nella disposizione dei disegni si avvicina alquanto alla v. nigrescens Stgr. della caesia Bkh., varietà che si raccoglie nelle più nordiche lati- tudini, od in località alpine molto elevate (Grigioni ecc.). Ne differisce in modo assoluto per la statura minore, per la forma delle ali, ad angolo meno acuto, pel colorito quasi nero, senza alcuna immistione di ceruleo, nè di gialio. Su tutta l’ala superiore passa invece come un leggero riflesso verde cupo. Le ali inferiori grigio fumose sono un po’ più chiare alla base. Le antenne sono più tenui di quelle della caesia Bkh. Al di sotto si nota ben marcata una riga arcuata; doppia nelle ali inferiori. Quattro o cinque piccoli punti bianchi si notano al disotto, sulla costa, verso l’apice delle ali superiori, punti che non si riscontrano così chiaramente nella caesia Bkh. Gambe e tarsi cerchiati di nero. SLIP Dianthcoecia compta F., nova var. galactina Trti. Tav. VI, fig. 10.11. Var. strigis albis latioribus, colore grisescente, non brunneo , albido-lacteo suffuso. i È una forma appariscente che il sig. Kriiger ha raccolto in molti esemplari alla Sciacca di Mezzogiorno e ai piedi della Busambra nella seconda metà di luglio.” Essa differisce dal tipo della specie anzitutto pel suo colorito non bruno deciso, ma grigio pallidissimo, lavato come da una leggera tinta lattea. Il bianco abbonda fra i disegni dell’area antemarginale, ed è an- che più diffuso alla base dell’ala: al contrario della armeriae Gn. nella parte oscura si scorgono bene in nero i piccoli disegni delle righe delle ali. La fascia bianca mediana è più larga ed abbraccia completamente quasi sempre anche la macchia reniforme. Ali inferiori grigie non brune. Addome bianchiccio, testa e torace di colore misto con prevalenza di peli bianchi. Di sotto grigio chiaro, con fascia nelle ali posteriori più o meno marcata. Sostituisce, a quanto pare, il tipo in Sicilia. Dianthoecia kruegeri Trti, nova species. Tav. VI, fig. 7. Alis ant. colore lacteo glaucescente paullulum flavido adspersiîs, strigis lu- nulatis nigris duabus. Alis post. grisescentibus. È forse la più interessante delle novità trovate dal signor Geo. C. Kriiger in Sicilia, ed è perciò, che a lui meritamente va dedicata. La ascrivo alle Dianthoecia, per quanto non ne conosca la 2, per l'aspetto suo, ed i caratteri generali, che presenta. Essa è talmente diversa da ogni altra Noctua , talmente nuova di Il Nat. Sîc., Anno XX 4 rog colore, e così semplice di disegno, che non mi perito a pubblicarla, sebbene non ne abbia che due soli esemplari JI. Espansione delle ali l uno mm. 33 l’altro mm. 35, ali superiori rispettivamente mm. 15 e 16. Colore generale del torace, testa, ed ali superiori latteo glauce- scente. Lungo la costa quattro piccole coppie di macchiette nere con in- terstizio più chiaro del fondo dell’ala, ed una macchietta isolata in cor rispondenza della reniforme. La prima coppia di queste macchiette dà origine ad una pseudoriga basilare formata dalla prima macchietta di questa coppia leggermente lunulata, e da un’altra macchietta lunulata nera nello spazio intercostale secondo bordate di fuori da un po’ di bianco, cosicchè la basilare sem- bra costituita da due accenti circonflessi neri nell’apertura e bianchicci nella parte convessa. Dalla seconda coppia di macchiette costali ha origine la riga me- diana, che è di altrettante lunulette nere, quanti sono gli spazî inter- costali , aperte verso la base, e da questa parte segmentate di bianco, chiuse da un leggero filo più oscuro. Tra la basilare e la mediana troviamo più intenso il colore glauco del fondo. La terza coppia di macchiette precede la linea antemarginale di altrettanto, quanta è la larghezza del proprio interstizio. La linea antemarginale che, come nelle altre Noctue, segue un po’ l'andamento dell’ala, è formata da una serie di lunulette intercostali a- naloghe a quelle della mediana, cioè costituite da una linea arcuata esterna nera, ed una corda che la chiude di colore grigio glaucescente con entro un segmento chiaro, lunulette però aperte all’infuori. Lo spazio antemarginale porta vicino al margine la solita ondula- tura festonata più oscura. In questo spazio traspajono oscure le coste QUAND, di La quarta coppia di punti, appena percettibili, è verso 1’ apice in corrispondenza di questo spazio festonato antemarginale. Il margine appare cuspidato, perchè negli spazî intercostali vi è un piccolo segno triangolare nero in prolungamento del quale le frangie, relativamente lunghe, presentano un colore misto grigio scuro. Il fondo delle frangie è biancastro lavato di giallo. Le due righe mediana ed antemarginale, racchiudono nel solito tra- pezoide le macchie, vascolare e reniforme, concolori affatto col fondo, ma segnate da un contorno giallo ocreo lateralmente soltanto. I A la Qualche piccolo segno giallo accompagna all’interno del trapezio la linea mediana. Qualche piccolo segno giallo si nota anche alla base dell'ala. Le ali inferiori grigio oscuro uniforme, leggermente più chiaro verso la base dell’ala. Antenne robuste, ciliate, come nella proxima Hb., di color bruno. Tarsi tutti cerchiati di bianco e nero: coscie villose del colore del di sotto delle ali. Addome bianchiccio. Di sotto le ali superiori sono di color grigio fumoso con una lu- nuletta oscura cellulare, ed una spolveratura chiara lungo la costa fino ad oltrepassare l’altezza della lunuletta. Una linea arcuata oscura parte dalla costa al di fuori della lunuletta e va, scemando d’intensità, a fi- nire sulla costa 1. Lo spazio tra questa costa ed il margine interno è più chiaro, se- riceo. Sulla costa al finire della parte chiara c'è un segno nero arcuato, quasi fosse origine di una linea parallela all’altra, che però non esiste. Le frangie biancastre ad interstizî oscuri. Le ali inferiori di sotto sono un po’ più chiare delle superiori con una lunuletta discoidale molto leggera, ed una riga arcuata in conti- nuazione di quella delle ali superiori, poco marcata. I due esemplari che mi servono da tipi, sono stati presi il 20 di lu- glio alle 3 del mattino, quando già quasi albeggiava, alla lampada d’a- cetilene sulla Busambra al di sopra della Neviera del Senato , altezza m. 1400 circa. Hadena standfussi Trti, n. sp. Tav. VI, fig. 17.18. Alis ant. brunneo luteo miatis: area media obscure brunneo picta, Mac. vasc. et rhenif. distinetis, in linea antemarginale inscriptis. Alis post. albescentibus, ad marginem obscurioribus. Questa Hadena — alquanto più grande della arabs Obert. e della ribbei Pung., alquanto più piccola della polyglypha Stgr., alle quali tre specie più si avvicina —ha una espansione media delle ali di mm. 38; lunghezza dell’ala superiore mm. 18. RO NgRIE Il colore delle ali superiori è bianchiccio, più o meno lavato di giallo luteo, con striscette e rigature sulle coste bruno oscure. L’area di mezzo, di un colore bruno intensissimo ha la solita for- ma trapezoidale con la base larga alla costa, e scende fino al margine interno, rastremata e come allacciata, con una strozzatura, da una barr: triangolare nera al di sopra della prima costa. Una striscetta nera alla base lungo la costa mediana, ha riscontro con un’altra striscetta nera basale sulla costa 1. Le due righe che chiudono l’area mediana bruno oscura sono nere, ben marcate, e vanno con corso vario a scaglioni dalla costa al mar- gine interno. La macchia vascolare è stretta e lunga di colore giallo luteo, spic- catissimo sul fondo bruno dell’area mediana, ed è circondata da un filo nero. La macchia reniforme traspare appena, in un tono più chiaro, sul fondo oscuro dell’area mediana. Il campo antemarginale presenta il colore caratteristico bianchic- cio, lavato più o meno fortemente di giallo luteo, ed è attraversato dalle coste, nerissime. Da due a quattro punti vi si rilevano negli spazî intercostali. I disegni del margine sono marcatissimi, bruno oscuri o neri, a guisa di spine. terminanti nelle frangie. Le ali inferiori sono bianchiccie, con una sfumatura a guisa di ri- ga, più intensa nelle 929, che precede il margine dell’ala, chiuso da un orlo nero sottilissimo. Frangie bianchiccie. Nel mezzo, come trasparisse dal di sotto, una macchietta lunulata centrale. Al di sotto le macchie centrali delle quattro ali sono appena sen- sibili. Due linee arcuate stanno loro dietro, la prima abbastanza ben marcata, la seconda alquanto dilavata. Tutte e quattro le ali sono grigio-chiare spolverate più o meno for- temente di bruno lungo le nervature, e nell’ala superiore, nello spazio lungo la costa esterna. Addome bianco gialliccio. Torace del colore delle ali, a peli misti, con le scapole bordate di bruno. Già nel 1904, il sig. Geo. C. Kriger aveva raccolto sull’alto della Busambra, al di sopra di Ficuzza, un esemplare alquanto danneggiato, — 29 — che Ragusa mi comunicò, e che io allora attribuii alla polygIypta Stg., è come tale fu accennato poi nel Naturalista Siciliano. Questo esemplare appartiene alla collezione Ragusa. L’anno seguente, raccogliendo per mio conto, il sig. Kriiger prese nella stessa località una © il 5 di giugno rerfettissima. Saltò subito al- l'occhio allora che questa e l'esemplare Ragusa dell’anno prima erano una sola cosa; ma la differenza colla polyglypha Stgr. era assoluta. La misi a confronto colla arabs Oberth., di cui avevo avuto recen- temente dal Bartel un bell’esemplare preso a Lambessa , e mi parve poter dedurne di trovarmi davanti ad una specie affatto nuova. Mandai la mia v all’egregio sig. Rodolfo Piingeler per averne il suo illuminato parere; ed egli, pur non volendosi pronunciare in proposito, emise l’idea che potesse essere una forma più fortemente segnata in bruno della arabs Oberth. (1). L’ interesse grandissimo che suscitò questo esemplare mi indusse a pregare il signor Kriger di farne migliore e speciale ricerca nel 1906. Ed il suo zelo fu coronato da buon successo. Rimasto per ben sette giorni, dal 18 al 24 luglio è la delle etoile lassù nell’ inospite altipiano della Busambra, frugando la riva scoscesa che scende a picco alla Ne- viera del Senato mentre l’anno prima aveva trovato in giugno la 9 sul declivio meridionale verdeggiante del monte, egli ebbe la fortuna di raccoglierne quattro esemplari, due d'o0° e due Q9. Ho qui dunque sott'occhio oggi una fila di cinque di queste nuove Hadena, ed ho messo al loro fianco una arabs Oberth, quattro ribbei Piing. e dodici polyglypha Stgr., e l’ occhio può abbracciare, come fos- sero colori di una tavolozza, a colpo sicuro i caratteri diversi di una forma dall’altra. La mia tavola riproduce tutte e quattro le specie l’ una accanto all'altra per lasciare così a tutti un controllo perfetto. Per quanto potrebbe il signor Piingeler avvicinarsi al vero nel cre- dere che arabs Oberth., ribbei Piing., ed anche standfussi Trti. potranno più tardi forse raggrupparsi in una specie sola, io mi acconcierei mal volentieri a non ritenerle almeno separate come forme locali. (1) Ciò che espresse anche descrivendo la Hadena ribbei Piing. nella Iris, 1906, = Se La ribbei Piing., che è stata scoperta in Ispagna da Carlo Ribbe nel 1905, quasi contemporaneamente alla standfussi Trti. è stata descritta dal sig. Piingeler nel 1906 (1), e diversifica ad ogni modo più dalla mia che dalla arabs Oberth.: anzi uno dei quattro bellissimi esemplari, for- nitimi dal Ribbe stesso, per la minore intensità di colore dell’area bru- na, se non avesse il colorito cenerognolo glauco particolare, si confon- derebbe assolutamente coll’ esemplare della arabs Oberth., che mi sta davanti. Una particolarità della ribbei Piing. è quella di avere la macchia reniforme che dilaga nel colore cenerognolo esteso fino all’ apice del- l’ala, mentre la standfussi Trti. ha la macchia reniforme, lievissima in ogni modo, circoscritta, come nella polyglypha Stgr., entro il bruno o- scurissimo dell’ area trapezoidale mediana, limitata distintamente all’e- sterno da una riga nera sagittata. Il colore della standfussiì Trti. è peculiare : affatto diverso da quello della arabs Oberth., che è bruniccio , della ribbei Piing., che è cenero- gnolo glaucescente , della polyglypha Stgr., che è bruno terreo, esso è bianco lavato di giallo luteo, e la sua area trapezoidale mediana è o scurissima, molto marcatamente circoscritta. La standfussiì Trti. differisce inoltre dalla ribbei Piing., perchè l’ a- rea bruna mediana va fino al margine interno, mentre nella congenere spagnuola questa sì arresta o va sfumando al di sopra della 1° costa. Differisce dalla arabs Oberth., perchè questa non ha affatto uno spa- zio trapezoidale bruno intenso nel mezzo delle ali superiori. Mancano poi nella arabs Oberth. i disegni del margine esterno, che nella standfussi 'Trti. sono un po’ come nella polyglypha Stgr., ma meno estesi e più in- tensamente coloriti. Differisce poi dalla arabs Oberth. e dalla ribbei Piing. nel disotto delle ali. Queste due specie hanno una riga sola arcuata antemarginale molto dilavata: la standfussi Trti. ne ha due, come la polyglypha Stgr. una molto ben marcata, l’altra esteriore, più dilavata. Nomino la mia nuova specie con affetto da discepolo in onore del- l’amico carissimo il professore Dr. Max Standfuss, che dalla lepidotte- rologia ha tratto, oltre che nel campo della classificazione, in quello della biologia, gloriosi altissimi titoli di merito. Nel luglio corrente anno il sig. Kriiger ha potuto catturare altri 6 (1) Iris, 1906, pag. 77. — 31 — esemp]ari sulla Busambra. Il sig. Ragusa poi mi scrive di averne avuto un altro esemplare preso dal sig. Failla allo Sparviero (Madonie). Epunda lichenea Hb., nova varietas astnea Trti. Tav, VI, fig. 25-27. Var. nigricans, fascis ct signaturis distinctis. Parrebbe di aver davanti una specie artica, tanto l’intensità del co- lor nero fa risaltare la lanosità delle frangie, specialmente nelle ali in- feriori lungo l’addome. Nè prendendo un solo esemplare, il più intenso di colore, si saprebbe a tutta prima giudicare a qual genere ed a quale specie ascriverla. Una buona serie di esemplari tuttavia, messi a confronto con al- trettanti della Epunda viridimixta Frr., pure di Sicilia, permettono la soluzione del problema più facilmente di quanto si sarebbe dubitato. La prima cosa, che richiama l’attenzione sono le antenne, identica- mente pettinafe e formate come nella Epunda tipica. La descrizione pel resto ne può esser fatta con brevissime righe. Quando si è detto che il colore del fondo delle ali superiori è nero con una leggerissima sfumatura verdastra, e non grigio chiaro come nella viridimiarta Frr., quando sì è detto che le macchie e le strie delle ali superiori rappresentano, con una gradazione di colore più chiara del fondo, l’equivalente di quelle della vàridimixta Frr., altrettanto va- riabili e più o meno vibrate da esemplare ad esemplare, non vi sarebbe altro da aggiungere, se non che le ali inferiori sono abbastanza inten- samente sfumate di nero. Parecchi individui 75 furono raccolti dal sig. Kriger nella prima metà di ottobre sui Monti Rossi, nel gruppo dell’ Etna, ma di Q9 una sola. Questa non differisce affatto dal 0° se non nelle antenne e per a- vere qualche squamula ocracea sparsa qua e là, a guisa di alcune Po- lie, nelle ali superiori. Inoltre nella maggiore intensità del nero — pro- prietà in generale delle 29 delle noctue — nelle ali inferiori. Credo che anche qui ci troviamo davanti ad una forma locale del terreno vulcanico cireumetneo, mutazione analoga a quella della vérid/- mixta Frr., la quale invece è sorta in terreno calcare o giurassico, co- me quello a cui appartiene il gruppo dei monti della Busambra, — 39 — Polia dubia Dup. Propria della Spagna e della Francia meridionale si può ora ascri- vere alla fauna italiana, poichè il Dr. Gieseking ne prese all’ esca nu- merosi esemplari nella Valle della Nervia (Ventimiglia) nell'ottobre 1906. La 9 ha un colorito meno azzurrognolo del g', ed i disegni più ri- stretti e minuti, tanto che se non fossero state prese più volte in copula potrebbero far sorgere dubbi sul loro dimorfismo sessuale. Essa è stata trovata anche dal sig. Kriiger in Sicilia : me ne stanno davanti parecchi esemplari presi in ottobre 1906 alla Ficuzza. Polia venusta B. Trovata dal Dr. Gieseking nell’ottobre 1906 oltrechè a Mentone al- l’esca, nella Valle della. Nervia, sui colli al di sopra di Ventimiglia rac- cogliendone molti esemplari alla luce della lampada posati sui verticilli dei Pinus halepensis, dove si arrampicano appena schiuse a tarda sera per la copula. Va dunque ascritta alla fauna italiana. Xanthia sulphurago F., ab. innotata Failla Tav. VI, fig. 28. Ne abbiamo quest'anno la 9, che è in tutto eguale al g (vedi Na- turalista Siciliano anno XVIII, Tav. VI, fig. 14). Essa fu presa dal si- gnor Kriger alla Neviera del Senato (Busambra) nei primi giorni di settembre, insieme a parecchi esemplari tipici della specie. Cleophana anatolica Ld. Un esemplare Q in maggio raccolto dal sig. Kriiger all’Etna. Que- sta specie è nuova per la Sicilia. Sul continente era già stata presa dallo Standfuss a Monte Rotondo (Roma) come dice il Calberla nell’Iris 1888 a rettifica di quanto aveva pubblicato il defunto mio cugino Gian- franco Turati nel Bull. Soc. Ent. it. del 1884, che la diceva presa nel- l’Abbruzzo, Lian Cleophana yvanii Dup. È stata presa nella Valle della Nervia sui colli presso Ventimiglia dal Dr. Gieseking nel giugno e nell’agosto 1'06 in parecchi esemplari. E specie che si era trovata finora solo a Digne e nella Spagna. Cucullia schrophulariphaga Rbr. Questa specie propria della Corsica è stata presa in 3 esemplari dal sig. Kriger alla Serra Pizzuta (Etna) presso Nicolosi il 19 giugno 1906. Essa riesce quindi nuova per la Sicilia. Nel gruppo delle prime Cucullie sono citate come siciliane la ver- basci L., la scrophulariae Cap., la lychnitis Rbr., la thapsiphaga Tr. , la blattariae Esp. Quest’ ultima sarebbe facile confonderla con la scrophu- lariphaga Rbr. se non avesse un colorito più giallognolo, mentre. la scrophulariphaga Rbr. ha una tinta specialissima, quasi violacea. Gli esemplari del sig. Kriiger concordano perfettamente cogli esem- plari della mia collezione provenienti dalla Corsica. Cucullia anthemidis Gn. Un'altra nuova importantissima aggiunta alla fauna italiana dovuta al nostro Kriiger. Egli ha raccolto un unico splendido esemplare di questa rarissima specie, propria della Franeia meridionale occidentale il 20 luglio dello scorso anno sotto alla Busambra, alla Neviera del Senato. Esso è un po’ più grande della figura riprodotta dal Millière (Icon, t. 145, fig. 8) ed anche un po’ più grande e più vivacemente colorito dell’ esemplare un po’ invecchiato che esiste nella mia collezione, con una bell’area più chiara al di sotto della costa nera mediana; ma ha la caratteristica delle macchie gialle sulle ali superiori, e del bordo interno segnato con una striscia nera. Forse potendone avere sott'occhio una serie più numerosa si potrà anche distinguerla come razza speciale, ma ad ogni modo corrisponde abbastanza bene alla descrizione dell’anthemidis di Guené. Il Nat. Sic., Anno XX 5 SE SLY Cucullia chamomillae Schiff., var. chrysanthemi Hb. Checchè ne dica il Guené, e malgrado sulle figure di Hiibner 686-7 non si possa affatto contare per la orribile imperfezione, i quattro e- semplari 2 7g e 2 2E raccolti dai sig. Kriger alla Marosa, sulla pendice meridionale della Busambra nel marzo 1905, sono perfettamente consoni con quelli che mi mandò il signor Jonathan Paulus da Gerusalemme, presi colà nel mese di febbraio. È questa una forma che non dovrebbe essere riunita alla chamo- millae Schiff., alla quale si riattacca solo pel punto chiaro caratteristico, che è sotto alla linea nera mediana, quasi a metà delle ali anteriori. Mentre la chamomillae Schiff. è spolverata di color bruno nel fondo delle ali, nella chrysanthemi Hb. il fondo è decisamente nero d’ardesia. In nessun genere più che nelle Cucullie è necessario conoscere i bruchi, che variano da specie a specie più che non gli insetti perfetti; e della chrysanthemi Hb. il bruco non mi è noto. Ma, sia comunque, se non si vorrà tenerla come specie a sè, la chrysanthemi Hb. non deve essere considerata come una aberrazione, ma come una varietà, una vera e propria razza speciale. Con questa forma è così la terza Cucullia, nuova per la Sicilia, che il sig. Kriiger ha scoperto durante la sua permanenza nell’Isola. Parascotia nisseni Trti. Tav. I, fig. 18. 19. Questa bella Hypoerina, che forma la quinta finora conosciuta delle Parascotiae paleartiche è stata da me descritta due anni or sono nel « Naturalista Siciliano » 1905, tav. VIII sovra un solo ‘esemplare as: sai guasto, ma tuttavia perfettamente caratterizzato, che ebbi dal Dr. Chr. Nissen di Algeri. Il sig. Kriiger ha scoperto ora questa specie in Sicilia. Egli me ne portò 7 esemplari di cui sei sono gg ed uno 9. Essi furono presi alle Banche della Ramosa presso Ficuzza, 1 o il 15 luglio, 5 JA nella stessa notte del 16 luglio, e la © il 18 luglio 1906. Due altri esemplari li ricevetti questo scorso anno, ben coloriti, dal Dr. Nissen presi da lui e dal Capit. Holl nei dintorni d’Algeri alle lampade stradali il 24 ed il 26 maggio 1906, SEE Paragonando questi con quelli di Sicilia, riescono perfettamente i- dentici. Trovo superfluo rinnovare qui la descrizione, che si adatta benis- simo a questi esemplari, senza bisogno di essere altrimenti completata Dirò solo che la © è della statura dei 99° più piccoli, e non dif- ferisce affatto dai 90, che per le antenne filiformi e non ciliate. Trovo invece opportuno di riprodurre la figura della specie non ab- bastanza ben riuscita sull’ unico esemplare alquanto difettoso che ne avevo allora.” Statura dei 9° fino a mm. 24, lunghezza dell'ala mm. 11; 2 sta- tura mm. 19, lungh. dell’ala mm. 9. Orectis barteli Trti., nova species Tav. I, fig. 21. Colore terreo diluto, punctis discoidalibus nigerrimis. Alis anticis strigis si- cut in proboscidata sed magis distinctis, brunneis. Antemarginale la- tiore, apud apicem et costam magis effusa. Alis posticis striga antemarginali in puncto anale desinente. Espansione delle ali mm. 21, lungh. dell’ala sup. mm. 10. Vicinissima alla proboscidata HS. per struttura, statura ed una certa rassomiglianza nella disposizione dei disegni delle ali, ne differisce to- talmente pel colore terreo , fuliginoso di tutte e quattro le ali, su cui . campeggiano nel centro i quattro punti discoidali nerissimi. Le righe delle quattro ali sono di colore molto più intenso del fondo. Nelle ali superiori la basilare è accennata da due punti neri inter- costali, la extrabasilare è formata da punti e lunule colla convessità rivolta verso la base dell’ala, che partono da un punto nero sulla costa. Una sfumatura oscura scende quasi nel mezzo dell’ ala, e uscendo da un punto, oscuro esso pure, sulla costa, passa sopra il punto discoi- dale, e va a finire con salto rientrante a metà del margine interno. Equidistanti fra il punto nero discoidale e la riga antemarginale, due lunule sottili e ben marcate, unite fra loro a forma di 3, stanno negli spazî intercostali II e III. La riga antemarginale diffusa scende dalla costa, dove ha una base relativamente larga verso l’ apice senza tuttavia toccarlo, sin quasi al- l’angolo interno dell’ala. ia Essa ha nel suo contorno verso il punto discoidale dapprima uno sviluppo semicircolare. poi alla costa IV prende la direzione dell'angolo interno. Il suo contorno esterno invece dapprima la restringe; poi, riapren- dosi forma un risalto a cuspide a metà dell’ala, indi rientra, e con un piccolo semicerchio aperto all’infuori termina nell’angolo interno. La marginale pure oscura segue quasi regolarmente, strettissima , il berdo dell’ ala, che finisce in una frangia fumosa, nella quale si no- tano come punti neri i termini delle coste. Nelle ali inferiori le righe sono tre, formate da punti, più o meno distinti, del solito colore bruno oscuro; la antemarginale però si racco- glie all'angolo anale in una macchia nera relativamente grande, diffusa, ma ben distinta. Addome, torace, testa, palpi concolori col fondo delle ali. Il di sotto delle ali è tutto grigio fumoso, uniforme, meno bruno del disopra, e senza traccie di linee nè di punti. Le gambe sono pure di questo stesso colore. Tre esemplari c° presi alla Serra Pizzuta (Etna) provincia di Ca- tania, l’uno il 15 ottobre, gli altri due il 18 ottobre 1906, alla lanter- na (1). I Dedico questa nuova specie al sig. Max Bartel di Oranienburg in ricambio della cortesia, che egli mi usò la scorsa primavera, dedicando a me una nuova /ro presa dal signor Fritz Zickert nella Campania, nei terreni ora tutti devastati dall’eruzione del Vesuvio. Acidalia submutata Tr., var. gianellaria Trti. Nel Naturalista Siciliano del 1905 (anno XVIII, fasc. 2, 3) pubbli- cai come nuova specie una Acidalia sotto il nome di gianellaria. Ne a- ‘Vevo avuto sotto gli occhi alcuni esemplari di un colore così caratteri- stico cenerognolo quasi azzurro, che non sapevo riscontrare con altra specie del genere. La ritenevo del gruppo della asellaria HS. e vesubiata Mill. anche per la piccola statura. (1) 1 esemplare fu preso nella medesima località alla fine giugno di quest’an- no; indizio che la specie ha due generazioni. Hp 7 Ma un dettaglio importantissimo m’era sfuggito: le coste 6 e 7 delle ali inferiori stelate; cosicchè il suo posto dovrebbe essere accanto alla luridata Z., decorata Bkh., ecc. Il signor Rodolfo Piingeler; che mi ha fatto gentilmente rilevare questo dettaglio vedrebbe nella mia gianellaria la submutata, Tr. che varia spesso di colore e di grandezza. Egli opina che sia anzi del co- lorito dalla forma tipica, col campo marginale esterno fortemente gri- gio azzurro, ben diverso dagli esemplari uniformemente rossicci e pal- lidi del terreno calcare di Digne. Ho ripreso in esame gli esemplari tipici della giareZlaria Trti., che ho in raccolta, confrontandoli con una piccola serie di submutata Tr. di diverse località. Effettivamente devo riconoscere che la gianellaria Trti. può essere una forma della submutata Tr.. Però, a parte la più piccola statura in confronto degli individui miei della submutata Tr. essa ha un disegno molto più pieno di quello della submutata Tr. specialmente nella linea antemarginale, che è continua, e non ha, all’ incontro, così marcati i punti sulla costa. Il colorito non eguaglia quello di alcuno dei miei individui della submutata Tr., anche i più azzurri. Ne vengo alla conclusione che la gianelluria Trti. potrebbe quindi legittimamente figurare come una forma locale subalpina della submu- tata T. Larentia putridaria H. S., var. bulgariata Mill. Il Dr. Gieseking l’ha trovata pure nella Valle della Nervia in nu- merosi esemplari. La specie, che Calberla prese anche nell’ Italia cen- trale (Appennino), nella forma descritta dal Millière era finora cono- sciuta soltanto della Bulgaria, dell'Asia Minore, e di Digne nella Fran- cia meridionale. Boarmia occitanaria Dup. Nuova per la Sicilia. Il sig. Kriiger ne ha preso un solo g° il 15 ottobre 1906 al Monte Rosso (Etna), che corrisponde pel colore oscuro alla forma descritta dal Millière (Icon. I, tav. 25, fig. 11) sotto il nome di var. A (Id. ibid. pag. 230), e che è la forma meridionale, eguale a- gli esemplari di Palestina inviatimi dal sig. Paulus. ngi Il Dr. Gieseking ne prese in gran numero a Ventimiglia neli’ au. tunno 1906, raccogliendoli la notte sui fili d’ erba nello spazio rischia- rato tutt'intorno dalla sua lanterna. Nessuno di questi esemplari d'o° è così oscuro, come i suddetti, ma sono più o meno distintamente rigati. Spilosoma rhodosoma Trti., nova species Tav. II, fig. 10.13 e Tav, V, fig. 16. 17. Alis luteis, subtus paullulum roseo adspersis. Abdomine supra roseo, subtus luteo ; eatremitate anale lutea; cruribus interne roseis. Maculis sive punctis, nigris, subtus transparentitus: macula costali nigra ad basem super costam desinente. Bucca et coxis anter. roseis, palpis et tarsis nigris. Espansione delle ali del 9° da mm. 41 a 44. Lunghezza dell’ala supe- riore mm. 21; della 9? rispettivamente mm. 50 e 24. Questa nuova specie forma il passaggio fra la Zutea Hufn. e la se- riatopunctata Motsch. Dico Zutea Hufn. e non lubricipeda L. perchè la classificazione di questa specie è stata definitivamente fissata in questi ultimi tempi sol- tanto. Il sig. Rodolfo Piingeler mi scriveva a questo proposito lo scorso anno: « Ultimamente il nome di lubricipeda L. è stato riportato alla «specie bianca, finora denominata menthastri Esp., mentre la specie « gialla viene indicata come /utea Hufn.. Linneo aveva compreso sotto «il nome di /ubricipeda entrambe le specie, ma aveva indicato per pri- « ma la specie bianca, la quale quindi ha diritto alla priorità (1). Il ca- « talogo Staudinger-Rebel non ha seguito questo modo di vedere, ed ha « così erroneamente riunito la bianca purctaria Cr., come varietà, alla « specie gialla, invece che alla bianca. Il che evidentemente doveva « essere inteso, e nell’opera dello Staudinger sulla Fauna dell’Amur (2) « era anche già avvenuto. Questa purctaria Cr., conosciuta solo del Giap- « pone e della China, viene del resto ritenuta da Hampson a ragione. (1) Staudinger nel suo Catalogo Staudinger-Wocke 1871 aveva indicato lubri- cipeda L. come sinonimo di menthastri Esp. colla annotazione di « nomen restituen- dum?»—(N. d. A.). (2) Die Macrolepidopteren des Amur-Gebiets. Romanoff, vol. VI (1892) pag. 285. A «come una specie a sè : infatti la menthastri Esp. si trova nell'Asia o- « rientale accanto a lei.» Lo Staudinger del resto aveva parecchi anni fa questa stessa opi- nione, poichè mi aveva mandato un esemplare della purctaria Cr. sotto il nome di doerriesì Oberth. che ancor oggi come allora, figura come specie propria nella mia collezione davanti alla menthastri Esp. (ora lubricipeda L.), senza che mai mi fossi curato di seguire il catalogo Staudinger-Rebel nel suo evidente errore. Lo Spuler nella sua grande Opera « die Schmetterlinge Europa's » in corso di pubblicazione, il cui fascicolo di testo sulle Spi/osome è uno degli ultimi pubblicati, se la cava colla sinonimia linneana, indicando la specie gialla come /ubricipeda Esp., e lasciando alla bianca il nome di menthastri, che le aveva dato Esper. Io credo che il signor Piingeler sia nel vero, ed adotto perciò qui la nuovissima interpretazione della sinonimia. Insieme alla doerriesì Oberth. (purctaria Cr.) lo Staudinger mi a- veva mandato anche un esemplare della striapunctata Oberth. Nella ci- tata Fauna dell’Amur a pag. 286 al n. 331 me la vidi invece compa- rire sotto il nome di seriatopunctata Motsch., perchè Motschulskyi così aveva scritto quel nome a pag. 31 delle sue « Études Entomologiques » 1860. Tanto era nello Staudinger lo serupolo nella ricerca della priori- tà (1), che malgrado egli esprimesse (id. ibid. pag. 93) l'opinione « che i «lavori di questo autore sui lepidotteri (ed altri insetti ?) erano di così « scarso valore, che non ritenne necessario darsi la pena di vederli », pure ha accettato come buono quel nome, che Carlo Oberthur ha cre- duto di interpretare come striatopunctata. Lo Staudinger anzi se ne domanda (idem ibidem, pag. 287) con quel certo fare piccato, che mostra sempre contro le opere del beneme- rito lepidotterologo francese, il perchè. Che in tipografia stampando le note di Motschulsky , in un nome affatto ostico a quei bravi tipografi russi, si fosse letto e lasciato sfug- gire nella correzione un e, invece d’un #, e così invece di striatopun- ctata si fosse stampato seriatopunctata, è possibile. Ma è anche probabile, senza entrare qui in disquisizioni filologi- che , che Motschulsky abbia effettivamente voluto dire punteggiata a serie (seriatim) dal latino serzes=serie, ordine, fila, seguenza. Il che po- trebbe anche essere la vera etimologia del nome prioristico. (1) Vedi pag. XV e seg, della prefazione del catalogo Staudinger-Wocke, 1871, EST Ad ogni modo, adottando quest’ultimo, come nel catalogo Staudin- ger-Rebel, che in mancanza di meglio oggi fa testo, per la lutea Hufn. ex lubricipeda L. dobbiamo adottare la nuovissima e più giusta inter- pretazione della sinonimia. Ma è tempo ormai di parlare della mia nuova rhodosoma. Ne ho sott’ occhio molteplici esemplari go e cinque sole QQ, rac- colti due 70° nel 1905, otto 9g nel 1906, gli altri quest’ anno, in cui il novilunio di giugno, coincidendo coll’ epoca di apparizione della spe- cie, si potè finalmente averne anche le 99. Tutti hanno una statura quasi uniforme, le 9Q appena un po’ più grandi. Più grande e più robusta della lutea Hfn. la rhodosoma Trti. ha il torace largo, globuloso, lanoso. Le ali superiori larghe e ben tarchiate, alquanto arrotondate, come nella Zutea Hufn., nel margine esterno, non allungate come nelia seriatopunctata Motsch. Colore generale delle ali, del torace e della testa giallo luteo. Mentre nella lutea Hufn. si nota nei d'o° da esemplare ad esem- plare una marcata gradazione di colorito dal giallo luteo, al colore delle Q9, quasi biancastro, tutti gli esemplari che ho dinanzi sono identici fra loro, ed anche le Q9 non sono quasi affatto più chiare. Addome di sopra rosa vivissimo, quasi carmino. Dello stesso colore sono le mandibole, che terminano in palpi nerissimi. Rosa è l'inserzione del collo, che non si può scorgere in tutti gli esemplari disseccati. Rosa è pure il femore delle due gambe anteriori, rivestite però di lanugine gialla nella parte di sotto. Nere sono le zampe e le antenne. Le altre gambe sono in alcuni esemplari lavate di rosa nella parte superiore e interna, ed hanno le zampe nere. Una corta e larga riga scapolare nera si allunga sul davanti del torace ai lati della testa. L’addome porta la serie di punti neri dorsali e stigmatali, uno per ogni segmento, come in tutte le altre specie affini, e l’ estremità anale è lutea, come nella seriatopunetata Motsch. Il ventre è giallo al pari delle ali. Una leggera sfumatura di rosa si nota sulla lanugine, che copre le ali inferiori verso l’ angolo interno, molto meno marcata che nella se- riatopunctata Motsch., in alcuni esemplari della quale il rosa pervade tutto il centro delle ali di sotto. Dei lunghi peli ascellari rosa, a ciuffo, Sine partendo dal termine della riga nera scapolare, coprono, al disotto, la inserzione delle prime ali. Nel disegno delle ali si nota anzitutto al disopra, che le macchie intensamente nere nella rhodosoma Trti. sono anche più grandi e me- glio marcate, che non nelle due sue affini, Lungo la costa si trovano due macchie: una allungata verso l’apice, l’altra uncinata verso la base, che dividono la costa in tre tratte quasi eguali, la basale un po’ più breve. La macchia costale uncinata si allunga sul bordo della costa fino alla base, ma non risvolta, come le&germente nella seriatopunetata Mots. sullo spazio subcostale della pagina superiore, cosicchè per notare que- sto prolungamento della macchia uncinata bisogna guardare l’esemplare di fronte e non dall’alto. In alcuni esemplari questo tratto nero termina sul torace con alcuni peli rosa. La riga di punti in parte segnati sul di sopra dell’ala, in parte tra- sparenti dal di sotto, è qui molto più sinuosa che nella lutea Hufn. e nella seriatopunctata Motsch. In quest’ ultima corre quasi diritta dall’a- pice ai due terzi del bordo interno: nella rhodosoma Trti. essa è —nella parte che traspare — largamente falcata, coll’arco aperto verso il mar- gine esterno, e la convessità, quasi tangente al punto di tripartizione della grossa costa mediana verso la cellula. Un piccolo punto nero accompagna la cellula al di sopra, ed ap- pare più espanso per la trasparenza della macchia corrispondente al di- sotto. Un’ altra serie di punti, più minuti, e più o meno distinti, parte dalla macchia uncinata della costa a guisa di una riga extrabasilare interrotta, con un risalto all’infuori, sulla grossa costa mediana. Nelle ali inferiori, ad eccezione del punto cellulare più o meno mar- cato, i punti neri da uno a tre, si dipartono dall’angolo interno dell’ala verso la cellula, fino a passare la submediana. La differenza più apparente tra la mia nuova specie, la lutea Hufn. e la seriatopunetata Motsch., a parte la statura ed il suo aspetto generale più robusto e ben tarchiato, sta nella pagina inferiore delle prime ali. Tanto nella seriatopunetata Motsch. quanto nella rRodosoma Trti. e- siste una stria nera, talora duplice, talora appena accennata, sopra il margine interno negli spazî intercostali al di sotto della costa IV, 2. Questa stria non esiste quasi nella lutea Hufn. Nella seriatopuncetata Mots. essa si arresta, e forma quasi la continuazione ad angolo retto della riga Il Nat. Sic. Anno XX 6 CAD e antemarginale a serie di punti, mentre nella rhRodosoma Trti. la oltre passa di due millimetri. La riga antemarginale della seriatopunctata Motsch. si diparte da quella stria nera, spesso allargata e diffusa, e va, arcuata, quasi con- centricamente al margine esterno, finendo nella costa verso l’apice del- l’ala sul tronco I 3, in una serie di piccoli punti distinti; mentre nella rhodosoma Trti. e nella lutea Hufn. essa si arresta nello spazio al di so- pra della III, 2. Nella rRodosoma Trti. essa è centrata all'infuori in modo da presentare la concavità al margine esterno. Inoltre in questa specie esiste un punto stretto, ed allungato dal- l’alto al basso, nello spazio fra le coste II, 5, e III, 1, all’ indentro del termine della riga antemarginale, e qualche volta così allungato da toc- care quasi questa antemarginale, e formare con essa un angolo saliente verso l’apice. Questo punto non esiste affatto nella /utea Hufn., e nella seriatopunctata Motsch. non è stretto e lungo, ma largo e ben marcato, quasi rotondo , affatto indipendente dalla antemarginale, che cammina diritta verso l'apice con punti meno sfumati, ma più minuti e distinti. In tutte e tre le specie esiste il punto discoidale, che nella rRodo- soma Trti. è allungato, quasi lunulato, e va dalla subcostale alla me- diana interamente chiudendo la cellula, mentre nella seriatopunctata Motsch. è semplice, rotondo. Inoltre la seriopunctata Motsch. ha, nel di sotto delle ali superiori il campo interno, limitato dai punti neri, tutto ricoperto di rosa vivis- simo, mentre il rosa della rhodosoma Trti. non appare che come una la- vatura lungo la costa. Le ali inferiori si rassomigliano nelle tre specie: soltanto sono più oscure e sfumate di rosa nella seriatopunetata Motsch. mentre nella rho- dosoma Trti. solo un leggero accenno al rosa si nota nello spazio tra il margine interno e la costa I. Lungo l'addome le frangie villose del margine anale nella rhodoso- ma Trti., molto meno che nella seriatopunetata Motsch., sono giallo ro- sate. Gli esemplari sono stati presi alla lanterna d’acetilene nel Bosco di Ficuzza non molto lontano del sito chiamato « Macchia dello Zinga- ro » sempre verso la mezzanotte. Essi portano le date del 12 giugno fino al 10 di luglio. Analogamente alle sue congeneri le 99 sono più grandi ed un po’ più allungate di ali che non id'o, ma il loro colore anzichè più chiaro è giallo come quello dei c'o°, 0 poco meno. ER49 — La rhodosoma Trti. a detta del sig. Kriiger, che la scopri, dovrebbe estendersi a tutta la Sicilia, poichè egli dice di aver osservato nella collezione Ragusa esemplari molto vecchi, però ancora con sufficienti caratteri generali da poterli ritenere come appartenenti alla rhodosoma Trti. Questi esemplari dovrebbero provenire come tutto il fondo di rac- colta, dalla collezione Failla, ed esser quindi presi sulle Madonie molti anni or sono. Personalmente ebbi il piacere di vedere quattro anni fa la colle- zione dell’ amico Ragusa, ma la mia attenzione non fu fermata da al- cuna particolarità nelle Spilosome. Che nessuno, nemmeno il diligentissimo sig. Failla-Tedaldi, che sta sul luogo sempre sulla breccia, abbia mai preso finora in altra stagione la specie presente m’indurrebbe a credere, che una sola generazione ne esista, come del resto nelle sue congeneri. Le uova di una ©Q deposte nella scatola di presa disseccarono senza fornirmi i bruchi. Esse sono elissoidali, lucide, di color verde pisello. Spero di poter presto essere in grado di completare colla descri- zione del bruco la storia di questa meravigliosa Arctiidea, la quale for- ma come un anello di collegamento cogli elementi della fauna paleartica, che si trovano nell’ Estremo Oriente, e riuscirà tanto più importante e ricercata per i lepidotterologi e lepidotterofili, che si occupano della fauna esclusivamente europea. Quando ne ebbi nel 1905, i primi due esemplari credetti a tutta prima che fosse una forma della serzatopunetata Motsch. ricomparente in Sicilia, a guisa della £Aiparioides metelliana LA., propria del lontano Est, ch'è stata rinvenuta in alcune limitate località disparatissime della vecchia Europa, e cioè ad Also Dabas (Comitato di Pesth) in Ungheria, a Taganrog nella Russia meridionale, ed a Rheims nella Francia set- tentrionale-orientale. Oggi che il materiale è abbondante, e che mi stanno dinanzi nu- merosi esemplari pochissimo varianti fra di loro, posso affermare, che i suoi caratteri sono fissi, e non ho alcun dubbio sulla bontà della nuova forma, e sulla specifica differenza fra di essa e le sue congeneri lutea Hufn. e seriatopunetata Motsch. La descrizione, che ho tenuto a fare minutissima, ed il raffronto che ne sono venuto facendo, lo dimostrano chiaramente. Essa rappresenta qui la forma orientale; e per cercarne le origini seguendo la teoria della discendenza bisognerebbe arguire, che essa si ea è andata formando in modo quasi parallelo, a quello, in cui si è svilup- pata nell’Asia orientale la serzatopunctata Motsch., avendo trovato in Sicilia condizioni consimili a cui adattarsi. Ma come mai questa specie così appariscente non era stata avver- tita prima d’ora nella nostra isola ricchissima ? Nè il Lefebure, nè lo Heger, nè il Zeller, nè il Mann, nè il barone Kalchberg, nè il Calberla, nè il Bellier de la Chavignerie, per citare i più diligenti fra gli stranieri; nè fra i nostri il Ghiliani, il Failla-Tedaldi, il Minà-Palumbo, il Ragusa non l'hanno mai notata ? Evidentemente essa è stata da qualcuno confusa colla Zutea Hufn. (e gli esemplari nella collezione Ragusa potrebbero forse farne prova). Altri non sono capitati sui luoghi in cui si trova, o non vi sono capi- tati nella stagione opportuna, o nella luna contraria; o non hanno cac- cito coi più moderni sistemi, e colle ricerche notturne. Il fatto si è che dobbiamo all’ottimo signor Geo. C. Kriiger anche questa nuova interessante scoperta e dobbiamo vivamente con lui ral- legrarci. Collez. Turati 15 gig, D 9. Euprepia rivularis Mén. Questa specie era conosciuta finora soltanto del Caucaso. Millière la indica come proveniente dai dintorni di Elisabethpol, piccola città della Georgia russa. Il catalogo Staudinger-Rebel dà per indicazione di sua patria l'Armenia. Ora ho il piacere di annunciare che è stata scoperta anche in I- talia. Il signor F. Dannehl ne ha preso colla lanterna quest'anno tre e- semplari go nel mese d’agosto alla Majella. Come è noto la 2 di questa specie, contrariamente a quelle della pudica Esp. e della oertzeni Ld., è subaptera. fis Coscinia caligans Trti. nova species. Tav. III, fig. 21. Alis totis brunneis: anticis aeneo micantibus, posticis obscurioribus, ad ba- sem paullulum dilutioribus, antennis tenuioribus quam in chrysoce- phala Hubn. Capite flavescente, thorace abdomineque alarum colore. Punctis nigris minutissimis secundum costam medianam, et costarum in termine marginis exterioris : abdomine lutescente nigro-punctato iu ultimis segmentis. Subtus alis pedibusque unicoloribus caligantibus. Espansione delle ali mm. 32, lunghezza dell’ala superiore mm. 15 ‘/,. E ritenuto che la Coscinia chrysocephala Hb. sia la forma meridio- nale della cribrum L.. Essa era certo l’unica del suo genere in Sicilia; e vi rappresentava una razza speciale il cui carattere della testa gialla e delle ali quasi senza punti ci potrebbe anche farla elevare alla dignità di specie vera e propria. Ora ci giunge questa nuova forma raccolta in ur solo esemplare dal signor Kriiger sui Monti Rossi, nel gruppo dell’Etna il 14 ottobre 1906. La data di cattura potrebbe indicare una seconda generazione poi- chè è noto, che le Coscinie appajono a primavera avanzata. Il colore potrebbe farla supporre una aberrazione della cArysoce- phala Hb. prodotta dall’ adattamento alle circostanze locali , sopratutto al terreno. Ma due caratteri principalissimi me la fanno ritenere una nuova vera e buona specie, e cioè le antenne, che sono sensibilmente diverse —molto più tenui—di quelle della Coscinia chrysocephala Hb., ed il ta- glio delle ali molto più stretto ed allungato. Di quest’ultima specie la caligans Trti., ha tuttavia la testa ocracea. Le ali sono invece di color fuliggine, le inferiori più oscure, le su- periori con un leggero riflesso metallico del colore del bronzo. Il torace e le gambe sono brune, l'addome con una serie di punti sugli ultimi segmenti, è alquanto più chiaro, lutescente, come lo sono anche le frangie del bordo interno delle ali inferiori. Tutte le altre frangie sono fuliginose tanto al di sopra quanto al di sotto; e mentre nella chrysocephala Hb. le frangie bianche fanno strano contrasto non solo col fondo grigio della pagina superiore delle seconde ali, ma più ancora al disotto col fondo bruno grigiastro di tutte SIVE e quattro le ali, nella caligans Trti. al contrario, tutte le ali di sotto, frangie comprese, sono di un solo e medesimo colore fumo. Differenza in ciò sensibile ancora, perchè nella chrysocephala Hb. al di sotto solo le ali anteriori sono più oscure, mentre le altre hanno una tinta de- gradante fino al grigio, andando dal margine superiore verso l’angolo anale. Lungo la costa mediana delle ali superiori, e nel margine esterno al termine di ogni costa si notano dei punti neri allungati, minutissimi, come dei piccoli tratti. Il ventre è giallognolo. L’esemplare, che si trova nella mia collezione, è un g. Questa mia caligans non ha nulla a che fare colla oscurissima var. rippertii B. dei Pirenei, che non diversifica dalla cribrum L.se non pel colorito del fondo delle ali superiori intensamente grigio, mentre la ca- ligans Trti. è del più intenso colore di fuliggine, di un tono nuovo, che non ha nulla di simile con quello delle mutazioni melanotiche, a cui questo genere— va notato—ha una particolare tendenza, come ad esem- pio la funerea Es. della striata L., e la già citata rippertiù B. della crè. brum L. Oreopsyche mediterranea Ld. Una bella serie di esemplari di questa rara specie proveniente da Cerchio, nell’ Abbruzzo , è passata nel commercio con infilati sotto dei sacchi, che non sono i loro. Interrogai la persona, che me ne spedì, chie- dendo come mai i sacchi non avessero la spoglia della crisalide pro- minente, ma sembrassero sacchi di 9. Mi si disse che i sacchi non erano quelli, da cui effettivamente erano usciti gli individui infilati, ma erano stati trovati secchi nella località, dove volavano le mediterranea Ld., ed erano stati attribuiti a questa specie. Questo filo mi condusse a riconoscere, che erano giovani sacchi di individui morti o di 929 della Phalacropterya apiformis Rossi. I follicoli della Oreops. mediterranea LA. che esistono nella mia collezione sono ben diversi. Essi sono molto più piccoli e formati di detriti per lo più sabbiosi, e non di fuscelli tras- versi. Giova quindi rettificare qui la cosa, onde l’errore commesso in buona fede dai raccoglitori connazionali, venga corretto nelle collezioni. e VA (ff ne Evergestis rubidalbalis Trti., nova species. Tav. VI, fig. 30. Al. ant. strigis albis et rubigineis—lineis nigris interjectis — irregulariter undulatis et dentatis. Al. post. grisescentibus, striga obscuriore a margine externo ad marginem internum trasversutis. Espansione delle ali mm. 23-27; lunghezza dell’ala superiore rispet- tivamente mm. 11-15. Una larga fascia bruno ruggine attraversa tutta l’ ala superiore a metà, limitata da una parte da una riga extrabasilare nera che forma un risalto ad angolo acuto verso la base, tra i due tronchi principali della costa mediana. Questa riga nera è accompagnata da un contorno bianchissimo, sfumato verso la costa esterna. Il resto dell’area basale è di un colore bruno ruggine, meno in- tenso però della fascia suddetta. Questa all'infuori è delimitata da una fascia bianca irregolare, in- terrotta quasi a metà ala come da un riversamento del bruno; e si di- parte dalla costa esterna con due ondulazioni. All’infuori di questa fascia bianca una riga nera segue il disegno, partendo con un tratto nero ben distinto dalla costa, e finendo ad on- dulazioni e risalti nel margine interno. Al di fuori di questa riga nera ancora un’altra linea irregolare bianca, poi lo spazio antemarginale bruno ruggine più chiaro. Dall’apice obliquamente verso la riga nera antemarginale una mac- chia unguicolata più oscura. Ali inferiori grigio-biancastre, pellucide al margine superiore sotto alle prime ali. Una ombreggiatura fumosa accompagna il bordo di queste. A due terzi se ne stacca una sottile riga oscura trasversale che forma come un triangolo aperto all’ angolo anale, ed il cui vertice op- posto è nell’angolo esterno. Punti discoidali oscuri, poco distinti in due esemplari. Testa, antenne, palpi, torace unicolori bruno ruggine chiaro. Addome grigiastro; gambe e di sotto delle quattro ali unicolori bruno grigio, sericeo, RIA (e LOSS Traspare di sotto il punto discoidale, e si nota anche una riga an- temarginale sottile in tutte le quattro ali. Il margine è formato da puntini neri—le frangie sono concolori col fondo delle ali. Questa bellissima nuova specie deve collocarsi fra la frumentalis L. e la segetalis HS., delle quali segue press’a poco la disposizione dei di- segni, ma ne distacca in modo straordinario per la diversa combinazione del bianco. Ricorda nel colore, per quanto di un bruno molto più rossiccio la varietà asiaticalis Rag. della frumentalis L. Nei bianchi ricorda la figura 132 di HS. della segetalis HS. Ne differisce completamente nei disegnì delle ali inferiori che non seguono, come nelle affini, la linea del margine dell'ala. Tre esemplari raccolti dal sig. Kriiger alla lanterna il 20 luglio 1906 a Ficuzza sopra centinaja che in quella notte erano venuti, ed a quali non aveva dato importanza. IZ GIUSEPPE LEONI Le variazioni della Cantharis Fusca L. rta Certe singolari variazioni della C. Fusca, avevano in me fatto na- scere il dubbio della sua sinonimia con la rustica, dalla quale nou la sapevo vedere essenzialmente diversa. Per tentare la risoluzione del problema, quantunque di entrambe le forme avessi una discreta raccolta composta di esemplari di provenienze diverse, la primavera decorsa mi diedi alla ricerca della C. Fusca e in una gita, potei raccoglierne 97 esemplari, fra i quali riscontrai tutte le variazioni già note di questa forma. Piacendomi rendere ragione completa delle mie idee, espongo qui l’ esame particolareggiato fatto sui 97 esemplari suddetti, che raccolsi tutti insieme, in un piccolo prato, sui primi di giugno. Cinquantotto esemplari; a parte le solite variazioni nello spessore AI delle antenne, nella forma del corsaletto, sua scultura, della maggiore o minore dilatazione di tarsi nei 0°0; presentano la forma di colorazione tipica o leggerissime variazioni di cui non mi sembra opportuno tener conto: quali la maggiore o minore grandezza delle macchie, il ribordo sottilmente rosso sul margine anteriore del corsaletto in corrispondenza della macchia stessa, il 3° articolo delle antenne più o meno invaso dal color nero, la base degli articoli 4-5-6, rossa o nera. I rimanenti 39 presentano le seguenti variazioni : Variazioni cromatiche : Corsaletto : a) Macchia nera completamente distaccata dal margine anteriore, quasi sempre in ovale irregolare transverso e piccola, limitata indietro ad !/, circa della lunghezza totale del corsaletto (Es. 7). b) Macchia biloba divisa come in due piccoli triangoli (Es. 1). e) Macchia disposta sul mezzo del corsaletto, come nella rustica. Di rado. cuoriforme, più spesso rotonda, piccola (Es. 8). d) Corsaletto con la macchia come nel tipo più o meno prolungata in- dietro; margine inferiore del corsaletto, bordato di nero. (Es. 9) (ab. Fracassi m.). e) Macchia attaccata al margine anteriore e prolungata fino ai °/, del corsaletto (Es. 2). f) Nero anche il solco intermedio fra le due bozzette ed unito al mar- gine posteriore che è anche nero. (Es. 2). g) Macchia nera prolungata per tutta la lunghezza del corsaletto. Le due bozzette rimangono rosse (Es. 2). h) Come sub g) Ai lati delle bozzette due macchie piccole nere perfet- tamente rotonde (Es. 3). i) Macchia nera prolungata per tutta la lunghezza del torace. Bozzette anche nere (marsicana m.). (Es. 3). 1) Torace senza macchie (immaculicollis) (Es. 2). Palpi: Neri o ferruginei od oscuri. Testa: Colorito rosso del davanti poco variabile. Antenne : 1. Antenne quasi completamente testacee. Sono infoscati sul mezzo gli art.4a 10: il 3° interamente rosso. Macchia del corsaletto come sub a). Sopra un bell’esemplare di grandezza massima (2). Il Nat. Sic. Anno XIX, 7 ZE 2. Terzo articolo completamente nero macchia come sub d). (1 Es. d°). 3. 1° articolo delle antenne con una macchia nera allungata — macchia come sub a) e c) — (3 esemplari). Negli altri esemplari il colorito di quest’organo varia di poco e solo pel 3° art. più o meno macchiato di nero, per la base dei 4-5-6-7 più o meno distintamente rossa. Zampe : Estremità delle tibie e tarsi testacei, sulle zampe anteriori (sopra un esemplare cui sub c). — Coscie a metà rossa, in due esemplari a macchia come la ru- stica. Gli altri tutti a coscie nere; talvolta la estremità delle tibie an- teriori e i tarsi oscuri. Addome: Non presenta variazioni importanti. Scudetto: Nero o anche ferrugineo più o meno oscuro. Variazioni anatomiche : Le antenne variano di lunghezza e di spessore quantunque limita- tamente. Anche i loro articoli variano di proporzione fra loro, ma de- bolmente. La testa e il corsaletto variano nella punteggiatura ma di poco. Talora un solco segna nettamente il mezzo della fronte. Il corsaletto come ho già detto è di forma variabile e si notano tutte le variazioni intermedie tra i due tipi fusca e rustica, tali quali gli ha stabiliti il De Marseul. Il lato anteriore è più o meno arrotondato , il posteriore più o meno sinuoso. Lateralmente si arrotonda più o meno. Si vedono per- ciò corsaletti di forma quasi discoidale ed anche subquadrata. Varia la flessione dei margini che formano perciò sui lati una doccia più o meno profonda. Le bozzette sono più o meno distinte, e il solco intermedio più o meno profondo. Lo scudo varia un poco di dimensioni, ora è quasi ovale, ora subtriangolare, a vertice arrotondato, più o meno concavo sul mezzo. Le elitre hanno il callo omerale più o meno distinto; nella scultura e nella pubescenza non si mostrano variazioni apprezzabili. Gli esemplari della Basilicata, che in maggioranza appartengono alla var. immaculicollis presentano anche qualcuna delle variazioni su- accennate. Vediamo ora come il De Marseul distingueva le due forme: trala_ scio caratteri che si ripetono : — he fusca Antenne gracili allungate. 3° art. più lungo del 2° più corto del 4°. — 1° e 2° rossi come il 3° alla base. Pronoto transverso arrotondato nel suo contorno senza angoli subsinuato alla base. Macchia nera arrotondata sul mezzo del bordo anteriore; solco mediano poco profondo bozzette spor- genti. Elitre lunghe 3 !/, il torace, lar- ghe quanto questo alla base. Addo- me largamente marginato di rosso. Gambe internamente qualche volta testacee, 12-14. rustica Antenne raggiungenti la metà del corpo. Art 1° e 53° rossi con una macchia sul 1° e l’ estremità del 3° oscura. 3° eguale al 4° due volte più lungo del 2°. Pronoto transverso, arrotondato sul davanti e sui lati in una medesima curva, ristretto in dietro. Macchia cordiforme mediana, soleo mediano debole, bozzette poco sporgenti. Elitre lunghe 4 volte il torace e più larghe di questo alla base. Addome marginato di rosso — 5° segmento con due macchie nere, co- scie rosse alla base—talvolta nere o di un rosso testaceo nel primo terzo soltanto. 13-14. I soli caratteri che potrebbero autorizzarci a ritenere distinte le due forme sarebbero dunque : 1. Il 1° articolo macchiato di nero nella rustica—rosso nella fu- sca. (L’ apice del terzo è comunemente macchiato di nero anche nella fusca). 2. La diversa disposizione e forma della macchia del corsaletto. 3. Il corsaletto più o meno largo alla base, delle elitre. 4. Il colorito delle coscie. Ma son essi costanti ? Mi parrebbe di no. Ho esemplari francesi della rustica, che hanno il 3° art, delle antenne senza macchia ed esemplari della fusca di Ita- lia, sulla quale qnesta macchia si presenta più o meno distinta. La macchia, come abbiamo già visto, subisce tante modificazioni nella sua forma, estensione ed ubicazione che è impossibile a parer mio considerarla come carattere stabile. Sulla forma del corsaletto e sua larghezza alla base è anche inu- tile insistere. Il colorito delle coscie solo, se non la costanza assoluta; poichè vi sono certamente rustica a coscie nere; però è a preferenza proprio degli individui a macchia nera media isolata, RISI O E Io non ho visto esemplari che abbiano le macchie nere disposte come nella fusca e nel medesimo tempo le coscie rosse a metà o meno. Il carattere della lunghezza delle elitre rispetto al corsaletto è as- solutamente insostenibile. Le dimensioni dell'insetto sono anche varia- bilissime e non possono essere contenute nei limiti assegnati dal de Marseul. Che le forme sopradette siano variabili non è ignoto. A conferma delle mie idee, e anche perchè queste varietà potranno trovarsi in Ita- lia: ripeto qui le diagnosi delle varietà della fusca (?) che il Rey de- scrisse nell’Echange (1891). Teleph. fuscus v. auritus Rey. Più piccolo del fuscus: Corsaletto più regolarmente arcuato ai lati: un poco meno stretto anteriormente a macchia dorsale nera largamente prolungata dall’ apice alla base. Tarsi anteriori del 9° più fortemente dilatati. Nora. — A questa forma, ora in sinonimia della corjuncta Schilsky dovrebbe forse unirsi anche la mia marsicana (1). È ben vero che i miei esemplari sono di dimensioni normali, e il corsaletto non ha proprio la forma assegnata dal Rey, ma non non credo si possa dare importanza a certi particolari. Il carat- tere più essenziale rimarrebbe sempre quello della forma della mac- chia. v. tenuipes Rey.: Grandezza del rusticus al quale somiglia pel co- lore delle zampe e la macchia del torace, ma i tarsi anteriori appaiono meno dilatati; il 3° art. delle antenne del g° è relativamente più corto, i palpi più oscuri. Nora — Non mi sembra che questa forma differisca di gran che dalla vera rustica. Perchè ritenerla varietà della fusca, e non la rustica in persona ? v. curticornis Rey. In questa varietà, forse accidentale, le antenne sono meno allungate, più grosse che in qualsiasi altra, ed il 2° art. è ben più corto del 3°. La macchia del protorace è oscuramente prolun - (1) Vedi Riv. Col. It. 1905, 160, SE gata fino al bordo anteriore, i piedi sono meno bruni alla base dei fe- mori anteriori come in certe varietà del rusticus (1 9) Nora — Una femmina della mia collezione, quella che noto come avente le an- tenne quasi in totalità rosse, presenta presso a poco i medesimi caratteri. Ha corsaletto a macchia staccata come sub a) v. nigripalpis Rey. Dimensioni di un piccolo rusticus; vicino al fenuipes, ma la macchia dorsale del protorace è più estesa e si avanza sin presso al bordo anreriore. I palpi sono neri, i femori largamente bruni all’apice ed i tarsi anteriori ed intermedi appena dilatati (3 es.). Nota — Ritorno sul particolare già detto che i palpi in queste forme sono quasi sempre neri (del resto lo dice anche il de Marseul). Alle va- riazioni di dilatazione dei tarsi non credo debbasi dare molta im- portanza perchè è caso comune. Un'altra varietà menziona il (Cat. Reit. 1906) la var. basithorax Pic. Non la conosco. Il nome mi farebbe supporre che si trattasse di una forma a base del torace nera, come nella var. Fracassi m.). Con quanto ho più sopra detto, con le descrizioni qui riportate, credo aver dimostrato a sufficienza come manchino assolutamente ele- menti per ritenere specie distinte le due forme in questione. A quali caratteri infatti appigliarsi che non siano più o meno in- costanti ? Le cantharis, ci danno ben altri esempi di variabilità; e non mi sembra quindi azzardato supporre che anche la fusca e la rustica ab- biano un’origine comune. Per parte mia credo sia proprio così, e riterrei opportuno che la rustica si dovesse considerare non come forma a sè, ma come varietà della fusca, perchè infine anche pel loro aspetto generale esse sono si- milissime. Cerchio, agosto 1907. teen > Spini CONSIDERAZIONI sull’ Autogamia nelle piante fanerogame pel Dott ANTONINO PONZO (Continuaz. e fine ved. N. prec.) II. L’autogamia non può effettuarsi che nei soli fiori ermafroditi; or se essa, in mancanza della staurogamia, si sostituisce a quest’ ultima per meglio garentire alle piante la loro conservazione e la loro diffusione, deve ritenersi una proprietà acquisita collo acuirsi della lotta per l’ e- sistenza. Se così è, dobbiamo riconoscere nell’ermafroditismo fiorale an- che un carattere acquisito col graduale evolversi delle piante, e quindi più adatto dell’unisessualismo alla loro biologia, giacchè ermafroditismo ed autogamia sono intimamente collegati? Io credo di sì, perchè non posso sostenere la prima tesi senza ammettere la seconda. Qui dovrei intrattenermi su una quistione tuttora dibattuta fra tanti illustri scienziati; ma l'argomento è arduo e non spetta a me il discu- terlo; solo a sostegno della mia convinzione mi limito a fare alcune considerazioni. È noto come molti scienziati , specialmente fra i zoelogi, abbiano affermato che l’ermafroditismo ha preceduto l’unisessualismo, perché ri- tenuto la forma più semplice ed originaria di sessualità. Altri invece hanno riconosciuto il contrario e fra i botanici, che hanno sostenuto la precedenza dell’unisessualismo sull’ ermafroditismo, cito il Niàgeli (1), il quale fu di opinione che gl’individui più antichi e meno evoluti dovet- tero essere a sessi separati; il Darwin (2), il quale, avendo ammesso la precedenza dell’anemofilia sull’entomofilia, disse che dalle piante dioiche si dovette passare alle monoiche e poi alle ermafrodite, e spiegò que- (1) Nigeli, Entstehung und Begriff der naturhist. Art. 1865. (2) Darwin Ch,, l. c. RR 2 Sto passaggio per il rischio che incontravano i discendenti, specialmente durante il loro stato anemofilo, di non esser sempre fecondati e di non potersi propagare; il Miller H. (1), il quale sostenne che sulla terra com- parvero dapprima le metasperme anemofile, poi le piante entomofile. dialipetale e infine le entomofile gamopetale, e che i fiori ermafroditi più antichi abbiano ereditato gli involucri colorati da progenitori ane- mofili a sessi separati; l’ Henslow (2), che, colla sua teoria della « Con- stitutional selection » spiegò l'origine delle piante dicotiledoni dalle for- me dicline e dioiche gimnospermiche ancestrali; il Delpino (3), il quale dimostrò che i tipi più antichi, ove si è avuta la prima manifestazione dei sessi, erano unisessuali e non ermafroditi, e siccome l’ ermafroditi- smo fu indispensabile per l'introduzione in natura del vicariato dell’o- mogamia, l’unisessualismo ha dovuto precedere all’ermafroditismo; ecc. Recentemente il Nicotra si è occupato di tale quistione in due sue pubblicazioni; nella prima (4), obbiettando contro l’ affermazione della priorità dell’unisessualismo, dice che, le separazioni sempre più profonde sempre più precoci, che portano i sessi prima su fillomi differenti, in seguito su differenti fiori, differenti infiorescenze, differenti piedi, avven- gono in piante più evolute e mercè l’eterosporismo; sicchè questa progres- siva differenziazione legasi alla contingenza di protalli unisessuali, come a condizione necessaria; quindi il proanto dovette albergare simultanea- mente filli microsporigeni, per cui la proantofita fu una pianta mono- clina; inoltre se il primordio del microsporangio è identico a quello del macrosporangio, e se in sulle prime è indifferente la nascita di un ovulo o d’un sacco pollinico, questa indifferenza non ci potrebbe recare mai una seguela di forme fanerogame a fiori ermafroditi, dopo che una dif- ferenziazione tanto bene e tanto lungamente si fosse elaborata per cui un filloma si troverebbe accomodato all’oogenesi e l’altro alla pollige- nesi; mentre dando luogo alla tesi della priorità dell’ ermafroditismo, facilmente si spiegherà la susseguente derivazione di lignaggi diclini e naturalissima l’ indelebilità fondamentale, predominante del monoclini- (1) Miiller H., Blunen und Insekten— Die Ursprung. d. Blumen., Kosmos, I Jahrg. 1877. (2) Henslow G., he origin of floral structure through insect and other agencies; Lon- don 1893. (3) Delpino F., Funzione nuxiale e origine dei sessi; Riv. di scienze biologiche n. 4, e 5, vol. II, Como 1900. (4) Nicotra L., Le fanerogame furono originalmente dicline? Rend. d. Congresso bot, d. Palermo, 1902, al smo. Nella seconda pubblicazione (1) sostiene l’ipotesi della origine po- lifiletica delle fanerogame per l’esistenza di proantofite dicline e mono- cline; infatti ammette tre cladus differenti per Cycadee, Conifere e Gne- tacee, perchè se il diclinismo primordiale è ben accertato per il cladus delle Cycadee rimane dubbio per quello delle Conifere ed è completa- mente respinto per l’altro delle Gnetucee ove è assolutamente seconda- rio; e conclude sostenendo un’ androginia primitiva, per cui non tutte le fanerogame furono originalmente dicline. È opinione generale che 1’ origine della riproduzione digena debba farsi risalire alle colonie di protozoi e protofite, e probabilmente la for- ma iniziale si ha nella coniugazione di due cellule in apparenza simili. A tal proposito il Delpino (l. c.), che riconosce appunto la prima manifestazione della sessualità nei Vol/vox e nelle Fucacee, scrive: « spermatozoidi isolati, che si muovono liberamente nell'acqua, ed oosfere « pure isolate e libere in sospensione nell’acqua stessa, sono contingenze «da unisessualismo purissimo e non ermafroditismo ». Infatti se noi e- saminiamo alcune colonie vediamo, p. e., che nella Pandorina morum, in autunno, gl’individui costituenti l: colonia, si separano e vanno a coniugarsi agl’ individui di altre colonie, che differiscono dai primi un po’ in grandezza. Il dimorfismo sessuale, che qui si mostra appena accennato è più manifesto nell’Eudorina, ove si comincia a distinguere colonie isomorfe maschili e colonie isomorfe femminili. Una fase più evoluta la trovia- mo fra i Volrox, ove nei cenobî già possiamo distinguere elementi so- matici ed elementi germinali, ed ove in parecchie specie si ha colonie con soli spermatozoidi e colonie con sole oosfere. In questi esempî noi osserviamo un netto unisessualismo e proprio una spiccata dioicità. Dunque se noi risaliamo al primo manifestarsi dei sessi troviamo, non solo un evidente unisessualismo, ma spesso un netto dioicismo. Il che mi sembra conforme alla legge dell’evoluzione, che è legge del pro- gresso, per cui dal semplice si va al complesso, dall’ omogeneo all’ete- rogeneo, dall’indistinto al distinto. Infatti quale è la forma più semplice, l’unisessualismo, e proprio il dioicismo, o l’ermafroditismo? senza dub- bio il dioicismo, perchè ogni individuo, col primo manifestarsi dei sessi, subì la prima differenziazione dando origine omogeneamente, o a sole (1) Nicotra L,, Origine polifiletica ed archidiclinismo delle fanerogame; N. giorn. bot. it., n. s., vol. XII, ottobre 1905. SA cellule germinali maschili o a sole cellule germinali femminili; dovette avverarsi in seguito, quando già la differenziazione dei sessi si era fis- sata, che nello stesso individuo, il quale, discendente da un progenitore maschio e da un progenitore femina, potè ereditare dall’ uno e dall’al- tro i rispettivi caratteri, si produssero gameti maschili e gameti fem- minili. Venendo alle fanerogame, sembra indiscusso che la loro origine sessuale debba farsi risalire all’isosporismo pel tramite dell’eterosporismo con macrosporangi e microsporangi. Ma anche qui la prima differen- ziazione dovette avverarsi su piedi differenti, e mentre in alcuni si for- marono omogeneamente macrospore, in altre si formarono pure omoge- neamente microspore; su discendenti di macrospore e microspore poi per ereditarietà si manifestò l’ eterogeneità, per cui su una stessa specie si svilupparono tanto macrospore che microspore. Nelle Calamitacee fos- sili, p. e., ove si distinsero specie omosporee e specie più evolute ete- rosporee, in quest’ ultime alcune spighe portavano soli macrosporangi (Vollemannia), altre invece soli microsporangi (Bruckmannia). Il prof. Nicotra, in conformità della tesi da lui sostenuta fa osser- vare che le Marsilia, che hanno sori androgini, sarebbero meno evolute delle Sa/winia, credute superiori. Io mi avvalgo dello stesso esempio per sostenere anche il mio asserto, perchè credo che proprio qui abbiamo elementi per giudicare del grado evolutivo. Infatti è noto che nella gra- duale evoluzione delle piante si ha un regresso continuo nel tallo ed un progresso nel cormo, finchè nelle più evolute il primo scomparisce ed il secondo è al suo completo sviluppo. In conformità a ciò la Mar- silia, che ha il tallo più ridotto della Salvinia dovrà ritenersi la più evoluta. Dunque per la legge dell'evoluzione, che va da uno stadio indiffe- rente ad uno sempre più differenziato e specializzato, i fiori unisessuali, più semplici ed omogenei, dovettero precedere gli ermafroditi, più com- plicati ed eterogenei, giacchè l’eterogeneità di questi ultimi presuppone già avvenuta la separazione e specializzazione delle due. maniere di filli sessuali, derivati alla loro volta da una doppia differenziazione de- gli sporofilli. Riferendoci ad altre deduzioni si perviene alle stesse conclusioni. Una legge, p. e., riconosciuta da zoologi e da botanici è che gli organi più evoluti sono costituiti da un minor numero di elementi. Infatti il Il Nat. Sic., Anno XIX 8 Dago Rosa (1), fra i primi, dice che nel corso della filogenesi il numero di certi organi va diminuendo e non mai aumentando; e il Celakovsky (2), fra i secondi, colla sua teoria della riduzione , sostiene che un fiore è sempre più evoluto, quanto più ridotto ha il numero degli elementi che lo costituiscono. Quindi nel passaggio dalle piante dioiche alle monoiche e in quello di quest’ ultime alle ermafrodite, nou si nota che una con- tinua riduzione, perchè le piante monoiche, non solo sono equipollenti ad un numero doppio di piante dioiche, ma un fiore ermafrodita equi- vale al doppio dei fiori unisessuali e potrebbe ritenersi la riduzione di una infiorescenza monoica. Premesso ciò si deve ammettere per le fanerogame un’origine mo- nofiletica o un’ origine polifiletica ? Che il cladus delle Cycadeae com- prenda anche le Coniferae è stato sostenuto da Coulter e Chamber- lain (3), i quali fanno discendere queste gimnosperme dalle /ilicales pel tramite delle Cycadofilices; da quest’ultimo gruppo si sono originate, per due vie opposte, le Bennettitales, precursori delle Cycadales, da una parte, e le Cordaitales, precursori delle GinFKoales e Coniferales dall’ al- tra. Meno evidente è parsa agli stessi autori l’affinità delle Gnetacee colle restanti gimnosperme , tanto che essi non mettono innanzi alcuna ipo- tesi sulla loro origine, solo mettono in dubbio l’ origine comune delle Gnetacee colle altre gimnosperme. Il Nicotra crede discutibile l'ipotesi che le Cycadacee e le Conifere siano derivate da un cladus comune, anzi è di parere contrario, per- chè un unico cladus per le Cycadee e Conifere negherebbe le affinità viste da parecchi botanici fra Lycopodiacee e Conifere; fa derivare poi le Gnetacee e le Angiosperme quasi tutte, escluse le Casuarinee, da un altro cladus. Ammessa l’origine polifiletica, questi cladus furono diclinici ? Il prof. Nicotra riconosce il diclinismo primordiale nelle Cycadee, per le loro note di cliniche più spiccate, che si sono mantenute costanti sino alla più perfetta Zamia. Discute invece il diclinismo del cladus delle Conifere e dice, che esso sarebbe diverso da quello delle Cycadee; non sarebbe pri- mitivo, non potrebbe escludere, come non esclude, un accenno a mono- (1) Rosa D., La riduzione progressiva della variabilità e î suoi rapporti colla estin- zione e colla origine della specie. (2) Celakovsky L. Das Reduetionsgeseta d. Bliiten, 1894. (3) Coulter J. e Chamberlain Ch. J., Morphology of Spermatophytes. New-York, 1901; p. I, Gymnosperms, > rc clinismo atavico. Ancora più certo riconosce il monoclinismo del cladus del Gretacee, ove il diclinismo è, come afferma, evidentemente secon- dario. Ripeto, non oso discutere queste conclusioni, perchè non spetta a me il discuterle; solo mi permetto fare delle obbiezioni, le quali mi ten- gono restio dall’ ammettere un monoclinismo primitivo. Se noi diamo uno sguardo alle conifere, osserviamo un diclinismo ben marcato nei Taxus e Ginko, cioè proprio nei tipi meno evoluti. Che la famiglia delle assacee sia la meno evoluta fra tutte le conifere, lo dimostra il solo fatto, che le squame fruttifere sono poco sviluppate e non nascondono i semi, a differenza delle rimanenti, ove le dette foglie fruttifere sono bene sviluppate e nascondono i primordii dei semi. Che anche il Ginko sia meno evoluto è evidente, perchè esso rap- presenta l’ unico superstite di una stirpe primitiva, intermedia fra le felci e le conifere, vissuta nel carbonifero, quando cioè ancora le coni- fere propriamente dette non si erano affermate. Quindi se fra le coni- fere troviamo un netto diclinismo nei tipi meno evoluti ed il monocli- nismo nei tipi più evoluti, come si può spiegare il cladus monoclino ? Il predetto prof. Nicotra accenna ad un monoclinismo atavico; ma il carattere atavico, quando comparisce e si manifesta in qualche di- scendente, può affermarsi, nei tipi più evoluti , come carattere impor- tante e generale? è stato detto che esso non può ritenersi punto di par- tenza di nuove linee filetiche. Forse qui si potrebbe obbiettare, che le Cordaites fossili, indicate fra i primi rappresentanti delle gimnosperme sono state ritenute monoiche (1). Però io sono di opinione, che anche le Salisburiee, le quali furono dioiche, debbono riconoscersi non solo primitive, ma bensì meno evo- lute delle Cordaitee; e per me basta a riconoscerle tali il solo fatto che esse conservano, specialmente nelle foglie, un manifesto accenno della antica costituzione dicotomica (DicranophyUum, Ginkophyllum, Tricho- pitys, Baiera, Ginko, ecc.), a differenza delle Cordaitee ove già le foglie assumono le forme ovali, lanceolate, spatolate (Cordaites), lineari (Poa- cordaites) ecc., proprie dei tipi più evoluti. Inoltre se le Cordaites presentano le prime traccie nel periodo de- vonico, ebbero però il predominio nella flora stefaniana, nella quale si trovano le prime conifere (Walchia), mentre nel culm e nella flora ve- stfaliana anche le salisburice esistevano. (1) K. A. Zittel, Trazté de Paléont, II IS Il fatto poi che quest’ ultime hanno conservato qualche loro rap- presentante fino a noi, mentre le prime hanno avuto una durata limi. tata, tanto che nel periodo permico erano in via di completa scomparsa, induce maggiormente ad affermare che le Salisburiee si dovevano tro- vare in uno stadio meno perfezionato e meno evoluto, tanto che hanno potuto resistere meglio ai vari cambiamenti dell'ambiente ed hanno a- vuto una durata più lunga; mentre le Cordaitee dovettero costituire uno stadio più evoluto e più perfezionato, per cui furono sottoposte più fa- cilmente alle cause di estinzione per il cambiarsi dell'ambiente, e si e- stinsero nello stesso modo dei trilobiti, pterodattili, ecc. fra gli animali. Infatti Haeckel disse che le forme di passaggio, non potendo più diffe- renziarsi, si estinguono, e il Rosa (1. c.) ne determinò la sua legge della variazione progressivamente ridotta. Esaminando le gnetacee osserviamo, nei generi, che costituiscono quest’ ordine, un evidente polimorfismo. cioè dal dioicismo (Ephedra) si va al monoicismo (Ephedra), alla riunione dei sessi in una stessa infio- rescenza (Gnetum), e perfino ai primi abbozzi dell’ ermafroditismo per avvicinamento dei due sessi nello stesso fiore, nel femmineo (Welwits. chia). Perchè dobbiamo ritenervi secondario il diclinismo e non il mo- noclinismo ? forse perchè il primo accenno all’ermafroditismo si ha nei genere più raro? Ma che la Welwitschia debba essere, dal punto di vi- sta cronologico, il più evoluto dei gnetacei, ce lo dimostra, sia pei suoi caratteri morfologici, perchè presenta un rudimentale primordio di se- me, ci ricorda un pistillo con stilo e stimma, ed è fornito di un tegu- mento doppio, che è semplice invece nel genere Ephedra ; sia perché pare tenda ad estinguersi per la stessa causa che abbiamo detto a pro- posito delle Cordaitee; sia perchè delle gnetacee la sola Ephedra sembra si trovi allo stato fossile. Dunque questo primo abbozzo di ermafroditismo sono convinto debba ritenersi un carattere rudimentale, carattere, che per la prima volta si manifesta nella scala evolutiva delle fanerogame e che va a raggiun- gere la completa perfezione nelle più perfette dell’ attuale vegetazione; non lo ritengo un carattere regresso ed inveterato, perché nella vege- tazione gimnospermica che precede alla Welwitschia non si è mai mo- strato e in tutte le altre gnetacee ha predominato e predomina il dioi- cismo o il monoicismo. Quindi è mia convinzione doversi ammettere per le fanerogame un diclinismo primitivo, il quale si sarebbe conservato nelle Cicadee, sa- rebbe passato al monoclinismo nelle Conifere, sarebbe arrivato fino ai SZ — primi abbozzi dell’ ermafroditismo nelle gnetacee , ermafroditismo che poi avrebbe raggiunto la completa perfezione nelle Angiosperme. Sorge ancora un’altra obbiezione : L’anemofilia, fra le angiosperme precedette all’ entomofilia, oppure è un carattere secondario, derivato da quest’ ultima ? Parecchi botanici sostengono la prima tesi, altri invece la seconda. Fra i primi cito .il Darwin, il quale però non esclude anche un’ anemofilia secondaria, co- me nel Poterium Sanguisorba, per cessata visita d’insetti; fra i secondi l’ Henslow (1) il quale spiega l anemofilia come fenomeno secondario , manifestatosi col venir meno della visita degl’ insetti, come nelle isole Galapagos, nelle regioni artiche, ecc., che sono povere d’insetti. Io credo che nel discutere tale dibattito debba tenersi presente lo evolversi della vegetazione in rapporto ai climi nelle varie epoche geologi- che. In base a quanto sostiene la geologia, nell'era paleozoica il clima dovette essere più caldo dell’attuale e senza freddo sensibile, nemmeno nelle regioni polari, ove, come sembra, dovette dominare una temperatura tropicale; così nel Devoniano e nel carbonifero vi fu caldo ed umido, e specialmente nel secondo periodo è stata esclusa qualsiasi alternanza di stagioni. Anche nell’era mesozoica i climi furono caldi ed uniformi; solo verso la fine del sopracretaceo (2) si ebbero i primi indizii attendibili del differenziarsi dei climi e il primo accenno all’ alternarsi delle sta- gioni. Nell’ era cenozoica il clima si differenziò sempre più da regione a regione; (però nell’Eocene le regioni artiche conservavano ancora una temperatura media superiore di una ventina di gradi all’ attuale) e si stabili un regime di stagioni calde e asciutte in alternanza con altre piovose e temperate (De Saporta); anche nell’ Oligocene vi fu un clima umido e temperatura piuttosto uniforme e moderata (De Saporta); nel miocene il clima, sebbene alquanto uniforme fu umido e piovoso in e- state e mitissimo in inverno, per cui le piante non furono sottoposte a vere fasi di riposo invernale; nel Pliocene i climi andarono sempre più raffreddandosi ‘e crescendo in variabilità; nei successivi periodi questa differenziazione andò sempre più accentuandosi fino ai climi attuali. Quindi la vegetazione che fu sottoposta ai climi caldi, uniformi e senza l'alternarsi delle stagioni dovette essere arborea ed a foglie per- sistenti, perchè, stante l’uniformità delja temperatura e dell’umidità, che favoriscono la durata della vita, con formazione di tronchi enormi, e (1) Henslow G., Zhe origin of floral structure through insect and other agencies, London. (2) R. Zeiller, Elem. d. Paleobotan., Paris, 1900. — 602 — mantengono ininterrottamente il rigoglio vegetale, l'accrescimento delle piante potè continuare incessantemente senza arresti periodici. Infatti nelle legnose carbonifere non vi fu traccia di giri annuali d’ispessimento, come nelle attuali tropicali, per il loro accrescimento continuo, dovuto al clima favorevole. All’inizio dell’alternarsi delle stagioni le piante sen- tirono un primo bisogno di adattarsi alle oscillazioni climatiche, seb- bene ancora non sottoposte ad un vero riposo invernale; quindi alle le gnose con foglie persistenti, dovettero seguire le legnose a foglie deci- due, la cui prima comparsa è segnalata nella metà superiore del cre- taceo. Colla sempre più marcata differenziazione delle stagioni, le piante arrestarono periodicamente il loro sviluppo, ed è qui che si deve porre la comparsa delle vere piante erbacee, ove questo arresto raggiunge la massima perfezione, specialmente nelle annue, che dovettero essere gli ultimi discendenti. Da ciò, il fatto che l’anemofilia è più generalizzata nelle piante legnose, per origine più antiche, mentre l’entomofila è più generalizzata che debbono ritenersi più recenti, induce ad affermare che la prima costituisce un carattere primitivo. Certo non intendo escludere un’ ane- mofilia secondaria, giacchè i caratteri biologici sono subordinati alle condizioni dell'ambiente, ed in una regione, ove manca lo stimolo del- l’ insetto ma predomina l’azione del vento, la vegetazione deve pre- sentare e perfezionare i caratteri anemofili. Ma nel carattere anemofilo predomina l’unisessualismo, mentre nell’ entomofilo predomina l’ erma- freditismo, dunque anche da questo punto di vista a me pare che si debba concludere che; l’ ermafroditismo è un carattere secondario in rapporto all’unisessualismo. Ammettendo queste conclusioni possiamo dedurre che | autogamia è un carattere più evoluto della staurogamia, affermatosi dall’ acuirsi della lotta per l’esistenza, che è più accentuata nel regno vegetale ? Chi ignora i danni enormi che producono gl’ insetti, gli acari, i vermi, i funghi, ecc. alle piante, cause tutte di estinzione, deperimento, sterili- tà ? Chi ignora i danni che ad esse arrecano ‘gli animali erbivori e da pascolo ? L’ uomo stesso, che ha posto sotto la sua protezione un gran numero di specie a lui utili, non è forse anche nemico acerrimo di tutte quelle altre specie che invadono i campi coltivati e contendono colle prime ? Oltre a ciò quanti semi non sono dispersi inutilmente dagli stessi agenti disseminatori? quanti non ne sono distrutti, specialmente dagli uccelli ? Esaminando dettagliatamente tutte queste ed altre cause di distru- a zione cui sono sottoposte le piante, cause che vanno sempre aumen- tando, possiamo renderci razione del perchè esse sentono il bisogno di produrre un sempre maggior numero cdi germi onde potersi assicurare la conservazione e la propagazione ; il che certo non potrebbero otte- nere colla sola staurogamia, determinata esclusivamente dall’intervento di agenti esterni, ma ricorrendo all’autogamia, la quale completa la pri- ma. Ciò è confermato dal fatto che l’ autoimpollinazione generalmente si effettua in fin di fioritura o quando il fiore sta per chiudersi senza aver ricevuto visite proficue di pronubi. Quindi tutto mi induce a concludere che, ammesso 1’ ermafroditismo come carattere più evoluto e più consono dell’ unisessualismo alla vita delle piante, il vicariato dell’autogamia si è affermato coll’acuirsi della lotta per l’esistenza. CATALOGO RAGIONATO DEI: GOUISTOLTIRIR NES CONI (Cont. v. N. 3-4-5) —_+*e.- Anthonomus Germar ANTHONOMUS lo Sp. Toplithus Gozis rubi Herbst. . . . Vitale Ja cita di Messina, notata dal Failla e Baudi, che a me pure la notò. Ne posseggo sette esemplari da me catturati nel luglio, alle Caronie. Chevrolati Desbr .. . Vitale la cita notata dal Bandi, che a me non la notò. I miei esemplari erano invece pedicularius. cinetus Kollar. . . Citata dal Vitale che la trovò notata dal Failla e dal De Stefani (Ficuzza, maggio). La posseggo in molti e- semplari della Ficuzza. Desbrochers (loc. cit.) dice che è facile ottenerla in grande quantità seguendo il si- stema Aubé, cioè raccogliendo i bottoni dei fiori di pero, che si sono fermati allo sviluppo, causa la pun- tura dell’insetto, Sie inversus Bedel. . . Vitale la cita di Messina sotto il nome di pedicularius L. per come gliela notò il Baudi, che a me pure la notò; egli vi mette in sinonimia la cinetus Thom. e la ulmi Desbr., che sono sinonimi dell’inversus, e non del pedicularius. Posseggo nella mia collezione esem- plari determinati dalle stesso Desbrochers, come ulmi, ma per me sono la specie seguente. pedicularius L. . . Vitale la cita sotto il sinonimo di ulmî Gyll. notatagli dal Baudi, che a me invece la notò pedicularius. A confermare quanto ho detto più sopra, viene la nota del Vitale, che nel primo supplemento cita dal Berto- lini la pedicularius v. inversus Bedel,che egli ritiene una buona varietà. La catturai in moltissimi esem- plari a Castelbuono, nel maggio battendo gli alberi in fiore della Crataegus oxyacantha, ed alla Ficuzza nel giugno. rufus Gyll. . . . . Citata dal Vitale di Messina e dal Baudi, che a me pure la notò. Non la posseggo ancora. Vive sui fiori del Prunus. proni Desbr. . . . Citata nel primo supplemento dal Vitale, perchè notata nel catalogo Bertolini. Non la posseggo, è probabile si trovi in Sicilia, ma temo vi sia stata confusione con la specie precedente, alla quale assomiglia molto. ornatus Reiche. . . Specie descritta di Sicilia e notata in tutti i cataloghi, il Vitale li cita, omettendo quello del Rottenberg, men- tre l’ornatus fu la sola specie di Anthonomus che questi citò e ritiene che questa specie vive specialmente sugli alberi di mandorle, ne trovò una grandissima quantità nel cavo d’una roccia, presso Girgenti dove, a parer suo, gl’insetti si erano rifugi.ti prima d’ un acquazzone. È comunissima nell’aprile nei dintorni di Palermo donde provengono molti esemp'ari della mia collezione. È specie variabilissima e Desbrochers ne descrisse due aberrazioni. a. messanensis Vitale (1). Descritta come varietà distintissima per la colora- zione generale, la fascia transversale delle elitre e le macchie suturali. Desbrochers pure la descrisse nel Frelon, ma non credette con ragione, darle un nome trattandosi di aberrazioni (egli ne descrisse due a. d.) di specie tanto variabile. La var. siculus Vitale citata erroneamente dal Bertolini era questa aberrazione, (1) Rivista Coleott. Ital. Anno I, 1903, pag. 45. == SR — spilotus Redtb. . . Vitale cita di Messina questa specie e la Roberti Wenck.; come varietà di questa specie, mentre la Roberti n'è sinonimo. Nella mia collezione esiste un esemplare avuto dal Vitale, che porta sul cartellino da lui ma- noscritto: rufus var. Roberti Wenck. Faillae Desbr. . . . Descritta di Sicilia e dedicata a Luigi Failla Tedaldi, dal quale il Desbrochers n’ebbe vari esemplari, Vitale la cita nei Rincofori siciliani ed io la posseggo in molti esemplari, avuti dallo stesso Failla che li catturò a Castelbuono. pomorum L. . . . Vitale la cita di Messina, notatagli dal Failla, non cita il Baudi che a me la notò e vi aggiunse in sino- nimia la îneurous Steph., ch'è invece sinonimo della specie seguente. a. piri Kollar . . . Citata dal Vitale nel primo supplemento come da me notatagli, ma fu certamente confusa con la pirî Boh. sinonimo della cinctus Kollar, giacchè non ho mai posseduta quest’aberrazione. humeralis Panz. . . Cito questa specie, perchè il Baudi a me notò la éneur- vus Panz., che sarebbe sinonimo di questa specie che io non posseggo. Bradybatus Germar BRADYBATES l. Spa Creutzeri Term. . . Vitale la cita notata dal Fa illa. La posseggo in molti esemplari di Castelbuono e Ficuzza, da me catturati nel maggio. Acalyptus Schònherr carpini a. sericeus Gyll. Vitale la cita notata dal Romano. Non la posseggo P y e non essendo ancora stata ritrovata da altri, direi pru- dente per ora non contarla fra le specie di Sicilia. Elleschus Stephens infirmus Herbst. . . Vitale cita di Messina questa specie da me posseduta in unico esemptare avuto dal Vitale stesso e catturata a Messina nel 1900. (continua) E. Ragusa. Il Nat. Sie. Anno XIX. 9 SOR Sulla seoverta di taluni strati di Lignite e sulla utilità di estese ricerche di altri minerali in Sicilia ent = Sono lieto di far conoscere che per la prima volta in Sicilia si sono scoperti dei banchi di lignite. Talora gli scavi anche ben auspicati non han dato poi che insuccessi; bisogna esser cauti pria di avventurarsi in siffatte imprese. Ad ogni modo mi giova far conoscere che anche in Sicilia ci sia la possibilità di avere buona lignite di ben profittevole applicazione industriale. Mio cugino il March. Vincenzo Paternò di Spedalotto mi ha mo- strato talune rocce dei suoi possessi di Malvagna, in cui ho riconosciuto un grés psammitico, micaceo, semischistoso, con straterelli di lignite. La roccia madre è caratteristica e simile a quella che si trova in altri de- positi analoghi. ba grana fina; non fa effervescenza con acido solfo- rico. In alcuni punti è più o meno tenace, in altri si sgretola facilmente riducendosi affatto frammentaria. Gli strati sono obbliqui. Nei blocchi da me esaminati gli straterelli di lignite hanno un piccolo spessore; sono di un colore molto scuro; in taluni blocchi hanno lo splendore nero vi- treo come il litantrace. Tale roccia si trova a pochi metri da Malvagna, paesetto non a molta distanza da Randazzo e da Castiglione. Nella carta geologica tale contrada è segnata come eocenica e probabilmente lo è. Detta lignite contiene 16.31 acqua, 19.31 cenerî, 26.11 sostanze i- drocarbonate 38.37 carbonio. Le ceneri contengono sesquiossido di ferro di alluminio, carbonati e solfiti di calcio e di stronzio, potassio, sodio e silice, secondo l’analisi eseguita dalla nostra Stazione Agraria. È facile ad accendersi e ad arroventarsi e comincia ad essere usata localmente dai fabbri ferrai. Si tratta di un semplice affioramento, che potrebbe essere indizio di un vasto giacimento, o anche di uno limitato e di poco conto. La li- gnite degli straterelli che ho esaminato interposti alla ganga, ha poca lu- centezza e pare una lignite tipica; però ne ho avuti in mano vari fram- menti con frattura nera molto luccicante che somigliano al tipo descritto da Gumbel col nome di «lignite picea ». Nel continente a Monte Bam- boli si trova una lignite lucente e compatta alquanto simile ma però più tenace, che è lavorata in oggetti d’ornamento (giaietto). Seggi — Sovente le ligniti contengono dello solfo che le rendono inadatte agli usi industriali, perchè corrodono le caldaie; ma questa di Malvagna ne è relativamente esente. Il sig. De Borch (Minéralogie sicilienne, Turin 1780, pag. 187) è il solo, a mia cognizione, che parla di carbon fossile siciliano. Egli narra che, secondo la tradizione, nei pressi di Messina verso « Porta Legna » esisteva una cava profonda da cui lo si estraea. Però le gallerie furono atterrate e distrutte dal terremoto del 1693. Egli dice avere esaminato taluni pezzi di detto carbone nel gabinetto del principe di Biscari. Egli trovò che contenea troppo quantità di zolfo per essere utilizzato, il che succede talora negli strati superiori. È a deplorare che il governo non s’interessi a fare dei saggi. Io credo che anche nei pressi di Palazzo Adriano si potrebbero tentare. Si è visto che quando in un paese affluiscono capitali, e si costituiscono delle forti società, allorchè si fa una scoverta mineraria anche in ap- parenza di poco importanza, fatti degli scavi e rinvenuto un deposito redditizio, poi questi sono seguiti da altri; l'industria aumenta subito vertiginosamente. Ora i tentativi superficiali generano per lo più degli insuccessi; quelli profondi costano ingenti somme e non possono essere assunte così di leggieri da singoli privati, perchè potrebbero facilmente trascinare al fallimento. Il nostro governo ha, con ottimo risultato, fatto compilare dal R. comitato geologico la carta di Sicilia. Io credo però che gli studi fatti dal lavo paleontologico dovrebbero essere seguiti da pratica applicazione e da un esame delle rocce dal lato industriale. Per esempio nei pressi di Petralia si, potrebbe tentare qualche profonda tri- vellazione per petrolio, come anche nei dintorni di Ragusa. È noto co- me recentemente nella Rumania e altrove si sono scoverte con tal si- stema dei vasti depositi. Però sono esperienze che costano immensa- mente e che possono benissimo non riuscire. Nei centri industriali, ove sono delle grandi società ricche di mezzi e di personale pratico, le e- splorazioni anche molto costose e di dubbio esito non impensieriscono; ma qui da noi ove manca tutto e ove non si ha alcun sicuro affida- mento sulla riuscita, non sono possibili, a meno che non si tratti di la- vori superficiali e di poca entità. È veramente a deplorare che di ricchezze minerarie sia così po- vera la nostra Italia rapporto alle altre regioni. Però non è impossibile che degli scandagli ben diretti possano essere fruttuosi. Quando la Si- cilia fu sotto il governo dell’ Austria, furono mandati molti blocchi di roccia a Budapest per estrarne dei metalli nobili; poi furono tali ope- ih — razioni eseguite in Sicilia; si coniarono monete di argento con |’ effigie di Carlo Sesto da un lato e dall'altro con la Trinacria e il motto «in visceribus meis». Di seguito, ai tempi di Carlo Terzo si riaprirono 52 miniere metallifere. Importanti nozioni se ne trovano nel lavoro di Fr. Ferrara (I campi Flegrei di Sicilia, Messina 1810, pag. 27 etc.) e anche nel vecchio libro di Borch (Minéralogie sicilienne, p. 211 etc. Turin 1780). Intanto ora tranne dello zolfo e dell’ asfalto nulla si coltiva in Si- cilia! È probabile che l’estrazione di taluni metalli, che riuscirà prima non remunerativa, ora coi mezzi attuali di cui dispone l’industria possa invece riuscirlo. Qui pur troppo nulla è utilizzato. Per esempio tra le argille bianche feldspatiche del messinese iv credo ce ne siano ottime per la fabbricazione della porcellana. Altre rocce che ritengo potrebbero adoperarsi con buon esito nella confezione del cemento idraulico sono talune marne del territorio di Alcamo, di Gibellina, di Polizzi, di Nicosia e di molti siti di Sicilia. — Bisognerebbe fare delle prove, Io ne ho esaminato di talune che mi paiono non dissimili di quelle che forniscono il cemento così detto port- landico. Ora poi che l’uso dei concimi chimici si va estendendo giornal- mente in proporzione considerevole, sarebbe utile una ricerca accurata di rocce fosfatiche. Finora non se ne sono state trovate in Sicilia; ma io ho delle valide ragioni per credere che ve ne siano e possano essere adoperate. Ne parlerò in altro articolo dopo avere accertato il fatto. Una delle regioni che maggiormente si presterebbe a delle ricerche minerarie è quella di Fiumedinisi. Colà anche si trovano delle calco- piriti che potrebbero essere utilizzate non solo per l’acido solforico, ma anco per il rame, i cui composti hanno attualmente così grande appli- cazione agricola c industriale. MARCH. ANTONIO DE GREGORIO. —_&&>>-—__ Rivista bibliografica Studi ed esperienze sulla Mosca dell’ Olivo ( Dacus Olcae Rossi) ed altri insetti che danneggiano la medesima pianta (in Redia, Giornale di Entomologia pubblicato dalla R. Stazione di Entomologia Agraria în Pirenze. Vol. IV, fasc. I, 1907). — 69 — In questa pubblicazione, illustrata da ben 60 fig. nel testo e da tre tavole, si dà minuto conto di quanto si è fatto in questi ultimi anni in Italia nella lotta contro gli insetti dannosi dell’ulivo, si riferiscono spe cialmente il risultato degli studi e le numerose osservazioni fatte in- torno alla mosca olearia. Si inizia la lunga relazione descrivendo le varie forme del Ducus oleae, si parla quindi della sua prima comparsa, della sua nutrizione, della durata della sua vita; poi dell’ accoppiamento e della deposizione delle uova, in seguito del modo di comportarsi della mosca per sce- gliere le ulive a cui affidare il suo uovo, della propagazione dell’ infe- zione, dei caratteri delle ulive bacate; il tutto illustrato da buonissime figure e da un diagramma dimostrante il sovrappo:si delle varie gene- razioni di mosca dipendenti da un solo individuo. Questa può dirsi che costituisce la prima parte della pubblicazione mentre poi si viene anche a parlare degli insetti nemici del Dacus oleae che sono descritti nei diversi loro stadii e con notizie dietologiche molto estese, ma a questi parassita, nella lotta contro la mosca, pare che non si attribuisce, contrariamente a come altri credono, grande importanza, ea ciò si è indotti dal fatto che i parassita della mosca olearia, sinoggi conosciuti, non sono ad essa esclusivi. Vedremo in seguito, nella rassegna di altra pubblicazione sullo stesso soggetto, che valentissimi entomologi sono invece del parere per- fettamente contrario. Di questi insetti entomofagi sono enumerati 10 spccie di Imenot- teri e cioè : Eulophus pectinicornis (L.) Il, Cratotrechus larvarum (L.) Thom. , C. aencicora Thomson, Trichomalus spiracularis Thomas, Psilocera con- color ‘Thomson) D. T., Eupelmus Degecri Dalm., Eurytoma rosae Nees, Eur. rufipes Walk., Eur. aethiops Boh., Ephialtes divinator Grav. E si descrive anche una cecidomide ottenuta dalle ulive, la Lasto- ptera Berlesiana Paoli n. sp., intorno alla quale però si sono potute rac- cogliere poche notizie, ma la di cui larva, di un bel colore roseo con tubercoli di un bel rosso vivo, vive nelle ulive. In un altro capitolo si viene a dire delle ricerche biologiche fatte su alcune cocciniglie dell’ulivo e delle diverse cause della loro distru- zione; in queste è indicata la mortalità per cause non accertate, gli in- setti loro nemici, come il Chilocorus bipustulatus L., di cui si descrivono la vita e i costumi, l’Erastria scitula Rbr. di cui si indicano anche i pa- rassiti nell’Eupelmus urozonus Dalm. e nell’Apanteles lacteus (Nees) Reinch, Zamoro Della Scutellista cyanea Motsch., di questo singolare e grazioso ime- notterino, si dice che è molto apprezzabile il contributo portato nella diminuzione dei Lecanium. Tra gli insetti nemici delle cocciniglie vengono indicate pure le Forficule le quali, in un solo pasto, sono capaci di ingerire 400 uova di Lecanium e in 24 ore circa 1600. Tra le cause fisiche che contribuiscono alla diminuzione delle coc- ciniglie sono da noverare ancora il vento e la pioggia. Questa pubblicaziene è seguita dalla lunga e minuziosa Relazione presentata dal prof. Antonio Berlese a S. E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio intorno agli esperimenti eseguiti nel 1906 in To- scana contro la Mosca delle Olive (Dacus oleae Rossi) col metodo Da- chicida De Cillis-Berlese e nella quale conchiude affermando l’ efficacia del rimedio, ma rimettendosi alla pratica per vedere qual vantaggio essa ne può trarre. Contribuzioni alla conoscenza degli insetti dannosi all’Olivo e di quelli che con essi hanno rapporti. (Bollettino del Laboratorio di Zoologia Ge- nerale e Agraria della R. Scuola Superiore d’Agricoltura in Portici Vol. II — 1907). Questo importantissimo contributo su gli insetti dannosi ed utili a l una delle più importanti piante della patria agricoltura è stato fornito, con vera conoscenza, dall’ egregio Dott. F. Silvestri professore di Ento- mologia Agraria nella R. Scuola Superiore d’Agricoltura in Portici e dai suoi assistenti signori Dr. Giovanni Martelli, Dr. Gustavo Leonardi e Dr. Luigi Masi, i quali, ognuno per la propria parte, hanno contribuito e continueranno a contribuire con osservazioni e ricerche coscienziose ad accumulare un materiale importantissimo per consigliare metodi di lotta razionali contro gli insetti dannosi. Il Dott. Martelli fornisce note dietologiche sulla mosca delle ulive e quindi parla della nutrizione dell’adulto, dei suoi costumi, dell’accop- piamento, della deposizione delle uova, della puntura nelle olive e della galleria che la larva scava in esse; parla lungamente di questa allo stato maturo e quindi dice dell’inquinamento delle olive e della mosca allo stato di pupa, indicandone la durata variabilissima e conchiude col dare un quadro della durata delle varie fasi di sviluppo della mosca. Delle generazioni della mosca delle olive si occupa il prof. Silve- stri il quale dice che quest’insetto è uno di quelli a sviluppo continuo, ii cioè, può trovarsi allo stato di uovo, di larva, di pipa e di insetto per- fetto durante tutto l’anno e le sue generazioni sono dipendenti da di verse circostanze che il valente professore chiaramente espone, dandoci anche dei quadri con le epoche approssimative della comparsa degli a- dulti. Parla ìn modo speciale di una generazione primaverile a cui bi- sogna annettere grande importanza per la lotta contro la mosca, perchè appunto da tale generazione, in giugno, si avranno mosche ben nutrite e pronte a deporre uova feconde, così che in quest'epoca, l'applicazione del dachicida De-Cillis-Berlese riuscirebbe inutile o avrebbe un effetto assai limitato; mentre invece l’ agricoltore ne avrebbe avuto un danno certo per la spesa e per la mortalità sicura di molti insetti utili suoi preziosi ausiliari. i In un terzo capitolo di questa nitida esposizione, il prof. Silvestri si occupa degli Imenottori parassita ectofagi del dannoso dittero e sulla loro importanza nel combattere la mosca stessa; in questo bellissimo studio egli è stato efficacemente coadiuvato dai Dri. Martelli e Masi. Comincia il suo dire con alcuni cenni storici sui parassiti del Da- cus oleae dicendo che il primo che ne avesse fatto parola si fu il Laure nel 1847 nelle sue Revue Nouvelle, cita in seguito gli altri autori che si sono occupati di questo soggetto, giungendo sino all’ultima pubblica- zione della R. Stazione di Entomologia Agraria di Firenze più avanti notata, dove sono enumerate 9 specie di parassita della mosca che ii prof. Silvestri riduce solamente a quattro e che, contrariamente a come si dice in quella pubblicazione, egli ritiene di un’ utilità grandissima nella lotta contro la mosca perchè sono dei veri parassita che tutti vi- vono a spese delle larve del Dacus. Di questi parassita che sono il Dinarmus dacicida Masi, l'Eulophus longulus (Zett.) Thoms., l Eupelmus urozonus Dalm. e l' Eurytoma rosae Nees, si danno le descrizioni, notizie dietologiche e si considera la loro importanza come parassita della mosca, e tutti sono illustrati da riusci- tissime e numerose figure. Parlando delle larve di questi parassita l’A. ci apprende le marcate differenze che esistono tra l’una e l’altra ed anzi sul proposito dà una tavola analitica per la loro determinazione che è invero molto chiara pur essendo assai sintetica; a questa prima tavola fa seguire l’altra per la determinazione delle pupe di questi parassiti ed infine quella per la determinazione degli adulti. Il valore di questi parassita contro la mosca delle ulive egli ce lo mostra in speciali quadri dove risulta che da ulive bacate ha otte- — 73 — nuto una percentuale tale di parassita da doverla tenere in grandissima considerazione e chiude questo capitolo col dire che, se la mosca delle ulive non produce tutti gli anni gli stessi gravi guasti, nè in tutte le località in un dato anno danni eguali, ciò si deve all’ azione dei suoi parassiti naturali. Viene quindi a dire della possibilità di moltiplicare questi parassiti e dà dei consigli per poterli utilizzare; a tale scopo è del parere che bisogna scartare qualunque sostanza distribuita sugli ulivi composta di sostanze zuccherine avvelenate, perchè oltre alla mosca, tali sostanze ucciderebbero anche i suoi parassita non solo, ma anche gli insetti che sono predatori c endofagi delle cocciniglie dell’ ulivo e di altri alberi, non che quelli che sono parassiti di molti altri insetti titofagi. In que- sto capitolo egli escogita molti mezzi per la protezione di questi paras- sita, ma sarebbe troppo lungo enumerarli in una rivista, e per tanto rimando il lettore alla bella pubblicazione di cui io ho voluto sola- mente accennare di volo e per sommi capi i pregi ai lettori del Na- turalista Sic. L’egregio A. conchiude infine accennando alla probabilità che altri insetti parassita della mosca delle ulive possono esistere fuori d’Italia, ciò che invero non è difficile quando si pensa che l’ulivo pare che sia originario dell’Asia minore, ma certamente esso, sebbene speci- ficamente si dice europeo, non è certamente indigeno d'Europa; una prova si può avere anche nel fatto che nessuna foglia di ulivo si è trovata sin’oggi nei tufi della Francia meridionale, nè in queili della Toscana, nè in quelli della Sicilia, dove invece dice il De Candolle, si rinviene il lauro, il mirto ed altre piante attualmente viventi. Or, se l’ulivo non è indigeno tra noi, non lo è neanco la mosca, e di conseguenza essa nella sua patria di origine potrà avere dei paras- sita proprii che ne limitano la propagazione e che per ragioni che igno- riamo non giunsero tra noi col loro ospite. MRS IDY Con profondo dolore apprendiamo che il 6 settembre, a Monaco di Baviera, è morto dopo breve malattia, il Colonnello in ritiro August Schultze, il ben noto conoscitore dei CeuthorrAynehini, che egli illu- strò in vari pregevolissimi lavori. Giungano alla desolata Famiglia le più vive condoglianze dell’ a- mico che egli onorò della sua simpatia e con il quale da tanti anni era in corrispondenza. ENRICO RAGUSA Ragusa Enrico — Direttore resp. bi. Parnassius delius L.bherm. 1. 2. Melanargia galataea L. ab. 3. » ab. 4h. 5. Wie. arge Sulz. ab. 12.13. Metitaea athalia Rott. ab. 8.9. » aurinia Rott. v. pro- vincialis B. ab. asa 10.41. Melitaà@a dydima 0. ab. meri- dionalis Ster. ab. 7 Melit@a didyma 0, ab. meri- i ì MEM 1 dionalis Ster. ab. 18.19. Parascotia nisseni Trti o 4 14.15. Argynnis niobe L. ab. 20, Orectis proboscidata HS. 16 Lasiocampa quercus L. ab. 2A. Orectis barteli Trti. 17 Zygrena trifolii Esp. ab. (in- carnata Trti.) unu 0 a no 4. 6. . Parnassius mnemosyne L. gf °) » » » ab. pyreenaica Trtido » SI 7.8. Parnass. mnemos. ab. hartmani Stdfss-g 9 9,40. melaina Honr. d 9 20 21 .2. Parnass. mnemosyne L. ab. nubilosis Chr. 9 £ 14.15.16. Cilix glaucata Sc. dI SL 3.4.5. » » ab. nebrodensis Trtig// 9 17.18.19.» » ab. seruginata Trti” d L 6.7. Spilosoma lutea Hnfn d £ 20. Coscinia cribrum L. ab. chrysocephala Hb. 8.9. » seriatopunctata Motsch g °) 2I. » caligans Trti 40,14.42.13. Spilosoma rhodosoma Trtid d LL 22, » cribr. ab. rippertii B.f È LI INA I IEFELI LI MANA RCA LETT al ha ) att ION III GPITTTTNEISIN: NILO BALYOO TRAI Tav. IV 1.25 Pieris rape L. 9. 10,11. Pieris manni ab. rossii Ste- 15.16, Pieris ergane ab. rostagni 3.4,12, » » ab. leucotera fan, Trti. Stefan, 19. » » ah. erganoides 17. » » ab, magnima- 5.6. » » ab. immaculata Stefan. culata Roste. 1}. 13,14. » ergane IH.G. 18. » » ab. longoma- 7.8,20. » manniMayer culata Rostg. 5.6. 1.2. Pierisr 3.4 » ape L. » » ab. leucotera Ste- fan. ab. immaculata Ckli. 7.8. Pieris manni Mayer » ab.rossii Stefan, 9.10 15. 11.12. » » » » WADI ergane H,G. erganoides Stefan, 13.14. Pieris ergane ab, rostagni Trti, 16. 17. Spilosoma rhodosoma Trti. 18.19. » serlatopunctata Mot- sch. 20.21. » lutea Hufn. .. di 1 Drymonia chaonia Hb. Cad: » ab. grisea Trti. 4 Dianthoecia cassia Bkh. ab. ni- grescens Ster. 3. » » ab. clara Ster. vulcanica Trti. 1 » kruegeri Trti. ESITI 9. Al. +13. 16. +18. 20. Dianthoecia compta F. » » ab. galactina Trti. » » &ab. armerie Gn. Hadena arabs Oberth. » ribbei Ping. » standfussi Trti. » polyglypha Ster. 30. » Tav. VI DO 26 2 . Epunda lichenea Hb. 2i È » v. viridicineta Frr. 25.26.27. ab. setnea Trti. DI 8. Xanthia sulphurago F. notata Failla 4 29. Evergestis frumentalis ab. asiaticalis Rag. rubidalbalis Trti. ab. in ANNO XX 1908 N. 4-5. _————_—FFT€; nr ROROTRIONTA AAA GEOM. VITALE FRANCESCO OSSERVAZIONI SU ALCUNE SPECIE di RINCOFORI MESSINESI (Cont. ved. pag. 135, Anno XIX. N. 6-7) — ——e-. NOTA IV. 8. Ceuthrrhoynchus ornatus Gyll. Questa vecchia forma specifica, che fin dal 1837 veniva tenuta a] fonte battesimale dal Gyllenhal, per riceverne più tardi (1849) la cre- sima dal Germar sotto il nome di Andrae, sotto il quale la maggior parte dei cataloghi la riportano (1), era anticamente nota per la Fran- cia, la Germania e la Russia, ma dopo dei 1850 essa venne ritrovata in quasi tutti i paesi dell’ Europa media e meridionale, non che per il Nord dell’Africa. Il Bedel la cita infatti per parecchi paesi della Fran- cia, come raccolta dai signori Brisout, Bellier, Rauget ec., ed il Cata- logo di Berlino ultimo, anco per l’Austria e l'Ungheria. Per l’Italia poi questa forma era nota da molti paesi, tanto che il Bertolini nel suo primo catalogo del 1872 la dice (Andrae Germ.) di tutta l’Italia, mentre nell’ultimo ne limita l’ estensione geografica, a la Toscana, Sardegna, Sicilia, Corsica ed Abruzzi. La prima notizia per l’isola nostra, da quanto abbiamo potuto cer- care, ci viene fornita dal Failla, e poscia dal Ciofalo, e su tali testimo- nianze noi fin dal 1893, in questo stesso periodico, abbiamo notata per (1) Il Bedel fu il primo che ne volle cambiato il nome, facendo osservare che il Germar non descrisse tale insetto, mentre il Catalogo Gemminger et Harold assieme agl; altri lo cita, come descritto dal Germar, nel lavoro classico Irsectorum species novae, pag. 220. Il Nat, Sic., Anno XX 10 SZ la nostra fauna, una tale forma specifica. Però più tardi abbiamo noi stessi nella contrada Amantea, del Villaggio di Curcurace, potuto rac- cogliere un tale insetto su la Galactites tomentosa Moench., e lo abbia- mo, nel Catalogo generale del 1899-900, ed in quello speciale del 1899, segnalato anco per il nostro territorio. Dopo ciò non sappiamo per quali argomenti il Ragusa possa dubi- tare dell’esistenza in Sicilia di quella elegante e rara specie. Forse per- chè Lui non l’ha trovato ? e se ciò fosse, vuol dire che noi dovremmo mettere in dubbio l’esistenza del Thamiocolus uniformis Gyll., o dei Ceutorrhynchus Roberti Gyll., barbarae Suffr,, viridanus Gyll.... ecc., sol perchè noi non li possediamo, ed altri non l’ha pria d’ora citati? Via ciò è puerile, e non va tenuto in conto. Il C. ornatus Gyll. (Andreae Germ.) è stato osservato sul Cirsium palustre dal Brisout e sul Carduus pycnocephalus dal Pirazzoli, mentre il Perris ne vidde le larve sull‘ Echium vulgare. Noi lo abbiamo preso due volte sulla Galactites tomentosa Moench., in terreno arido, sabbioso, e posto in colle. 9. Ceutorrhynchus peregrinus Gyll. Sopra esemplari siciliani, descrisse nel 1824 il Gyllenhal tale forma specifica, e quindi meraviglia non poca abbiamo provato, quando per la prima volta leggendo il Catalogo dl Berlino 1891, trovammo indi- cata per tale specie, la Spagna, quale patria (1), mentre unanimi tutti gli altri cataloghi lo citano di Sicilia. Noi fin dal 1891 segnammo tale forma, per la fauna siciliana, anco perchè oltre a le indicazioni dei cataloghi, ne fummo assicurati da quello scrupoloso raccoglitore che fu il Conte Flaminio Baudi da Selve. Però fino al 1905, non ci era stato possibile catturare quel bello insetto, quando il 7 marzo di quell’anno, falciando le piante di Borrago officinalis Lin., che si trovavano coltivate in un agrumeto in contrada Pistunina, ne ebbimo nel retino una coppia. D’allora, di tanto in tanto qualche indi- viduo di C. peregrinus Gyll. viene ad aumentare la nostra collezione, sempre però quando falciamo su quelle piante in primavera. Reputiamo tale forma assai rara e vivente da noi su la Borrago anzi detta. Lo Schultze (che assieme a la su detta specie ci determinò (1) Il Nuovo Catalogo ha corretto tale errore, giacchè vi segna, la Francia meridio- nale, la Corsica, la Sardegna e la Sicilia come paesi in cui è stato trovato quell’insetto. — 75 — tutti iCeutorrhynchini edi Coryssomerini de la nostra raccolta), sul riguardo del C. peregrinus Gyll. ci scriveva: « rara e bella « specie, specialmente quando è fresca ». Siamo d’opinione che l’indicazione data dall'antico Catalogo di Ber- lino, Hi (Hispania), sia un errore tipografico, invece di Sì (Sicilia) (1); oggi infatti tale errore è stato corretto (2). Il C. peregrinus Gyll. era stato anco catturato in Sardegna e su tali esemplari il Bohemann ne descrisse il suo uroleucus (3). Però esami posteriori fatti da entomologi, ravvicinarono i due no- mi specifici siffattamente, che ne fecero dell’ uroleucus Bohm. pria una varietà del peregrinus Gyll, (4) e poscia un semplice sinonimo (5). Termineremo queste brevi notizie, ricordando che tale insetto è stato raccolto nella Francia meridionale, in Sardegna, Corsica e Sicilia per il nuovo Catalogo di Berlino, e per il Bertolini (6) mentre a Roma lo raccolse il sig. Luigioni (7) ed in Africa il Desbrochers des Loges (8). 10. Ceutorrhynchus atomus Bohm. Fin dal 1893 abbiamo notato tale forma specifica per la nostra i- sola, perchè indicataci dal Conte Baudi come da Lui raccolta, ma d’al- lora nessun altro entomologo lo ha raccolto, nemmeno il Ragusa l’ in- faticabile e fortunoso raccoglitore. Pare che sia una specie assai rara, almeno pei posti in cui han tutti cacciato, giacchè in 26 anni di assi- due cacce, neanco a noi era stato dato un tale piacere, e si fu solo nel settembre 1906, che vagliando del terriccio di bosco raccolto in con- trada Scala, proprietà del sig. Cav. Salvatore Comitini abbiamo potuto (1) V. Heyden-Reitter-Weise — Catalogus coleopterorum Europae ete. Mddling 1896, -pag. 626. (2) Id. id. Paskau, 1906, pag. 674. (3) V. Bohemann in Schònherr — Gen. Cure. Tom. INIL, pag. 149. (4) V. Gemminger et Harold — Catalogus coleopterorum Monachii 1871, pag. 2607. (5) V. Bertolini S. — Catalogo sinon. e topogr. dei Coleotteri d’ Italia. Firenze 1872, pag. 195. V. Heyden-Reitter-Weise — Op. cit. Médling 1891, pag. 626. Non sappiamo perchè il nuovo Catalogo di Berlino abbia soppresso tale sino- nimia. (6) V. Heyden-Reitter-Weise — Op. cit, Paskau 1906, pag. 674. V. Bertolini — Catalogo dei Coleotteri d'Italia. Siena 1904, pag, 99. (7) V. Luigioni Paolo — Coleotteri del Lario, Riv. Coleott. Italiana. Anno 3. Came- rino 1906, pag. 273. (8) V. Desbrochers des Loges — Le Frelon. Chatauroux. Tome VII, pag. 35. catturare qualche esemplare di tale grazioso insetto. Per tale cattura, oltre a confermarsi la scrupolosa esattezza del Baudi, continuando in quel posto le ricerche, siamo sicuri di arricchire la nostra collezione di varii esemplari di quella elegantissima specie. Il Bohemann descrisse tale insetto col nome di atomus su esemplari provenienti da l’Illiria, mentre poco dopo nomava setosus quelli prove- nienti da la Sassonia, forse perchè più freschi e provvisti di maggior copia di setole. In seguito tale insetto fu segnalato per varii paesi quali 1° Inghil- terra, l’Austria, la Francia e l'Algeria. Per l’Italia il Bertolini (1) lo cita per la Lombardia prima, e poscia (2) pel Piemonte, Toscana e Corsica. Come si vede è specie di vasto habitat. Sul suo genere di vita si sa troppo poco, giacchè secondo il Bedel la notizia data dal Perris (3), in cui è detto che la larva di quest’insetto vivrebbe ne le silique di Teesdalia nudicaulis, deve riferirsi invece al C. posthumus Germ. (4) 11. Ceutorrhynchus consputus Germ. Questa forma molto tipica, specialmente pel protorace troncato ret- tamente, i femori mutici e le elitre provviste di macchia scutellare bianca, con piccole squamette biancastre sparse sul disco, è stata de- scritta dal Germar fin dal 1824, sopra esemplari provenienti da la Ger- mania (5). Più tardi il Gyllenhal la ridescrisse sotto due nomi (alboscz- tellatus ed aegrotus) su individui provenienti da la Francia (6) e final mente il Bohemann nel 1845 sopra insetti raccolti in Austria basò il suo C. rubescens (7). Il Bedel, nella tavola analitica de le specie, lo avevo confuso con il C. querceti Gyll., (insetto assai diverso, specialmente per il funicolo de le antenne, che nel querceti Gyll., è formato da 7 articoli, mentre che nel corsputus Germ. è di 8, e per le unghie dei tarsi, le quali sono den- tate nel querceti Gyll. e semplici ne l’altro), ma poi nel Catalogo, lo staccò; anzi affermò ivi, che il C. querceti Gyll. non era stato raccolto in Fran- (1) V. Bertolini S. — Op. cit. Firenze 1871, pag. 194. (2) Id. id., Siena 1904, pag. 99. (3) V. Perris — Ed. Catalogue des Coleop. des Landes, pag. 276. (4) V. Bedel — Faune des Colop. du Bassin de la Seine. Paris 1883-88, pag. 334. (5) V. Germar — Insectorum Species novae, 1824, pag. 232. (6) V. Gyllenhal in Schònherr — Genera et species Curculionidium. Paris 1837, pag. 478 e 483. (7) V. Bohemann in Schònherr — Op. cit., Paris 1845, pag. 156. PI SLI cia, e tutti quelli da Lui esaminati, provenivano da la Svezia, Germa- nia e Svizzera (1). Invece il C. consputus Germ. nel bacino de la Senna è stato. rac- colto in molti posti da varii entomologi, come anco nei varii paesi de l’Europa media e meridionale ed anco in Algeria. Il Bertolini lo cita del Trentino, nel 1° Catalogo (2), e del Piemonte nel 2° (3), ma nessuno pria di noi da la Sicilia. Il Ragusa (4) la possiede per averne raccolto 3 esemplari nei dintorni di Palermo, mentre 3 al- tri esemplari li ebbe donati dal valentissimo giovane entomologo G. Co- niglio Fanales da Caltagirone. Il Catalogo di Gemminger, pone il cornsputus Germ. come var. del. l’alboscutellato Gyll. facendolo sinonimo di aegrotus Gyll. e rubescens Boh. (5), mentre l’ultimo Catalogo di Berlino, riunisce in sinonimia i 4 nomi su citali aggiungendovi l’erythropterus de lo Stierlin (6). Raccogliamo di rado questa bellissima forma specifica, falciando in primavera i prati deila mezzalina (Scoppo, Gravitelli, Tremonti) e specialmente ove trovansi dei Papaveri, Papaverum v. sub-integrum Wk., assieme al C. cinzamomeus Schultze specie siciliana da noi scoperta. Su i suoi costumi sappiamo poco o nulla, giacchè solo il Bedel dice di trovarlo « au collet d’une petite Liliacée (? Allium) dans la quelle il « vit probablement!» (7). 12. Mecinus Heydeni Wench. Questa elegantissima forma specifica. nuova non solo per la fauna sicula, ma ben anco per quella italiana, per la cattura da noi fatta viene sbalzata dal settentrione d’ Europa in pieno meridione. Essa in- fatti soltanto era nota per 1’ Alsazia (8); la Germania (9), la Svezia e (1) V. Bedel L. — Op. cit. pag. 131-32. (2) V. Bertolini S. — » » Firenze 1877, pay. I94. (3) Id. id. —» » Siena 1904, pag. 99. (4) V. E. Ragusa — Catalogo ragionato dei Coleotteri di Sicilia. Palermo 1907. An- no XIX. (5) V. Gemminger et Harold — Op. cit. pag. 2603. (6) V. Heyden-Reitter-Weise — Op. cit. Paskau 1906, pag. 676. (7) V. Bedel L. — Op. cit. pag. 332. (8) V. Wencher J.- A. et Silbermann G.— Cat. des Col. dell’ Alsace et des Vosgel 1866, pag. 130. V. De Marsenl S. A.—Iulex de Coléopt. de l'ancien monde, ete Paris 1877, p. 61. (9) V. Gemminger et Harold — Op. cit. pag. 244. V. Desbrochers des Loges J.—Rér. des esp. à Curcul. ap. de la Tribù des Gym- netridae d’Eur. et circa. Le Frelon An, II, pag. 59. —.780— l’isola d’ Oeland (1), mentre i due Cataloghi Generali del Bertolini (2), quelle del Pirazzoli (3) e quello del Luigioni (4) per i coleotteri roma- ni, non la citano assolutamente. Però , la scoperta di tale insetto, se da un lato ci fe’ grandissimo piacere, vuoi per avere arricchito di una nuova forma la nostra colle- zione, vuoi per l'eleganza e la bellezza del piccolo Mecininae, dall'altro ci obbligò a disturbare parecchi valentissimi amici entomologi, per a- vere la conferma de la determinazione da noi fatta, dapoichè: quan- tunque rispondente a le diagnosi del Wencher e del Desbrochers, e del tutto diverso da l’ unica specie vicina con cui potea venire confuso, il M. janthinus Germ. pure stentavamo a credere a la sua presenza ne le nostre contrade. Quest’insetto che fe’ esclamare il Dodero « è proprio una bella be- stiolina » ! è stato raccolto in unico esemplare nel febbraio 1906, va- gliando il terriccio raccolto sotto le fascine di erica e corbezzoli poste a disseccare ne la contrada S. Michele del Villaggio Ritiro. Si riconosce a prima giunta dal M.janthinus Germ. al quale si av- vicina di più pel colorito bleuastro de le elitre e del corsaletto, per a- vere il rostro più sottile e bruscamente curvato, mentre più grosso è molto lievemente curvato si presenta nel M. janthinus Germ., pel pro. torace a riflessi metallici, e con le interstrie cosparse di punti rotondi nel M. Heydeni Wench., mentre il protorace è senza alcun riflesso e le interstrie son provviste di punti quadrati ne l’altro. Anco la statura è varia, essendo più piccola la forma Wencheriana di quella Germariana. Quest’ insetto ha la sua biologia ancora avvolta ne le tenebre de l'ignoranza; solo si sa che è stato raccolto in una specie indeterminata di Linaria (5), ove del resto vivono moltissimi altri Mecinini. Da noi su la Linaria spuria L. vive il M. longiusculus Bohm, il Gymnetron teter Fabr. con le sue varielà, il G. vestitum Germ, e qualche altra forma. Ne la contrada in cui fu trovato quell’insetto, vegetano la L. graeca Bor., la Elatine v. Prestandreae Tin,, la spuria L., la reflera L., con la (1) V. Heyden-Reitter-Weise — Catalogus Médling 1891, pag. 642. » » » » Paskau 1906, pag. 639. (2) V. Bedel L. — Op. cit. pag. 148 in nota. (3) V. Pirazzoli O. — Noxioni elementari intorno ai Coleotteri Italiani, Imola 1887. (4) V. Luigioni Paolo — Op. cit. (5) V. Bedel L. Relevé d’observations éthologiques faites sur les Miarus et les Mecinus ou Gymnetron. Paris 1844, pag. 270. bi: O v. Castellis Nic. la simplex L. ecc..... Non è quindi difficile che possa vivere su qualcuna delle dette piante, il piccolo M. Heyderi Wench. 13. Gymnetron thapsicola Germ. Vecchia forma specifica che fin dal 1821 era stata trovata in Ba- viera, da alcuni Cataloghi assegnata al Miller (1), mentre di fatti fu il Germar che ne diede la prima diagnosi nel IV tomo del suo Maga- zin der Entomologie , a pagina 311 e non 313 come dice l’ultimo Cata- logo di Berlino. D’ allora, la sua forma speciale e la sua rarità, non l’ hanno fatto ribattezzare con altri nomi, ed é quindi una delle poche specie che non ha sinonimi. Ne la diagnosi data dal Germar, e riportata poco dopo con qualche variante dal Bohemann, havvi un errore che il Brisout corresse nel suo pregevole lavoro monografico del genere e che poi ribadì il Desbro- chers ne la monografia de la Tribù dei Gymnetridae, cioè che furono considerati i femori di tale insetto come sprovvisti di denti (mu- tici), mentre di fatti quelli delle zampine mediane e posteriori sono tutti dentati, con denti visibili in ambo i generi. Quest’insetto quantunque oggi sia noto per varii paesi dell’Europa, ‘pure fino a pochi lustri or sono, lo era soltanto per la Germania, e si è ritrovato qua e là con intervalli lunghi di tempo. Ciò forse è di peso per la sua rarità come fa osservare il Brisout de Barneville (2). Dal 1821 al 1862 il suo cammino si è sempre aggirato ne la Ger- mania; in fatti da la Baviera, paese citato dal Germar (3), Bohemann (4), Redtembaker (5), si va a la Germania meridionale e lungo il corso del Reno per le notizie del Brisout (6). Più tardi (1865) lo si scopre nei Vosgi (7) dal Puton, e per molti anni non si mostra in nessun altro (1) V. Jekel H. — Catalogus des Genera et species curculionidium (Schònherr) Pari- sis MDCCCXLIX, pag. 244. V. Redtembaker L. — Systematische Verxeichniss des deutschen Kifer als Tausch- katalog eingerichtet. Wien 1849, pag. 28 1 colonna. (2) V. Brisout de Barneville Henri — Monographie du Genre Gymnetron. Annales de la Société Ent. de France 1862, pag. 646. (3) V. Germar E. F. — Magaxin der Entomologie. Halle 1821, pag. 311. (4) V. Bohemann in Schònherr — Supplement ou Mantissa. Vol. VIII. Parisis 1845, pag. 186. (5) V. Redtembaker L. — Op. cit. p. 28. (6) V. Brisout H. — Op. cit., pag. 646. (7) Id. —Notes suppléementaires, rectificatives et synonymiques sur les Genres Gymnetron ete. An. d. la S. Ent. de France 1865, pag. 619, a 9) a paese , tanto che fino al 1891, il Catalogo di Berlino (1) ed il Desbro- chers (2) non danno che le semplici indicazioni, Germania, Gallia. Si trova in seguito nella Regione Giulia (3) e finalmente nella Grecia (4). È certo però che dovunque è stato raccolto, la sua rarità non ha per- messo di farlo entrare nel cambio o nel commercio, giacchè nessun ca- talogo o meglio lista lo porta. Noi lo abbiamo catturato da soli pochi anni, e con estrema parsi- monia, quantunque in varii posti, e principalmente a Scala, Cavaliere, Linata, Casazza, Mauli, Badiazza, Tremonti, Montalbano, Novara, Fran- cavilla ecc. Su la biologia di questo insetto conosciamo troppo poco, dapoichè il Brisout (5) dice su le generali che esso vive sul Verbascum, e fedel- mente tale sua asserzione han copiato tanto il Bedel (6), quanto il Bar- gagli (7). Da noi si trova l’insetto perfetto costantemente sul Verdascum Thap- sum Lin. nei mesi di maggio, giugno e luglio, nascosto in mezzo a le gemme florali costituenti la spica. Nessun raccoglitore pria di noi lo cifa dell’isola nostra, ed il Ra- gusa ne acquistò da noi molti esemplari, segno che neanco Lui lo pos- sedea. 14. Gymnetron spilotum v. sanguinipenne Desbr. Il Gymnetron spilotum Germ. (8) è certamente una forma specifica che offre una sì vasta serie di passaggi di colorazione de le elitre, che dal nero più completo si può benissimo andare al più completo rosso. Ciò è una prova de la necessità di segnare i punti estremi de |’ aber- (1) V. Heyden-Reitter-Weise — Op. cit. Médling 1891, pag. 643. (2) V. Desbrochers des Loges J. — Op. cit. pag. 23. (3) V. Bertolini S. — Op. cit. Siena 1904, pag. 101, 2. colonna. (4) V. Heyden-Reitter-Weise — Op. cit. Paskau 1906, pag. 691. (5) V. Brisout H. — Monographie cit. pag. 646. (6) V. Bedel L. — Éhologie des Miarus et des Mecinus, Paris 1884, pag. 218. (7) V. Bargagli P. — Rassegna biologica dei Rincofori Europei, Firenze 1883-84, pag. 243. (5) Abbiamo, seguendo il Brisout, dato il nome di spilotum Germ., e non dipustu- latum Rossi, a questa prima specifica, perchè riteniamo che il Rossi abbia descritto solo un’aberrazione e non la forma tipica. Infatti la figura che ne dà il Rossi stesso, indica che Lui non conobbe altro se non una variazione ad elitre con macchia, (pustula) ros- sastra, piccola e ben marcata. A razione per colorito, e come per l’aberrazione nera si ebbe il fulig?no- sum Rosh., così per quella rossa il Desbrochers creò il sanguinipenne (1). Questa aberrazione relativamente da poco creata (1892), era di già stata raccolta in Sicilia dal Baudi, e da noi citata nel Catalogo del 1899-900 (2). Anco il Desbrochers la cita di Sicilia (3) e noi 1’ abbiamo ultimamente raccolta assieme al tipo in quel di Tremonti. Si distingue facilmente per avere; le elitre interamente rosse con una striscia suturale nera, stretta e tal fiata allargata in forma triangolare presso lo scutello. Il Brisout ha conosciuto tale aberrazione ma non ha creduto regolare no- marla, infatti egli dopo la diagnosi del tipo, dice ; « Var. Minor. Elytris pedibusque ferrugineîs » (4). Questa aberrazione si trova col tipo su la Scrophularia. Infatti, il Brisout dice : « se trouve sur les Scrophularia canina et acquatica dont « les fruit nourissent la larve» (9). Il Perris ha trovato le larve del Gymn. spilotum Germ. ne le cap- sule de la Scrop. aquatica (6). Il Pirazzoli invece lo lega a la Scrop. canina in tal modo: « Scrophularia canina, Gymnetron spilotum, Cionus scrophulariae (1). Il Bargagli quantunque cada in errore nel citare l'opinione del Bri- sout (pag. 650 non 649) pure dice che: « nell'Italia centrale, sul Monte « Amiata fu osservato questo insetto su la Scrophularia canina in fiore «ad Arcidosso, e sulla Scrophularia nodosa presso S. Fiora ed al Pigel- « leto, dove era anco in copula in giugno (8) ». Il Bedel conferma tali notizie in forma generale, là ove dice : « Sur divers Scrophularia (canina, nodosa, acquatica) dont les fruits- « nourissent les larves (9) », ed in modo particolare quando dice : (1) V. Desbrochers J. — Op. citata, pag. 34. (2) V. Vitale Fr. — Rincofori siciliani — Catalogo generale sinonimico-topografico. A- cireale 1399-900, pag. 43, 2. colonna. (3) V. Desbrochers J.—Op. cit. p. 34. (4) V. Brisout H.—Id. p. 649. (5) Id. id. p. 650. (6) Perris Ed.—Larves de Coléoptères. Ann. Soc. Lynn. Bordeaux 1876, pag. 406. (7) V. Pirazzoli E.—Op. cit. pag. 186. (8) V. Bargagli P.—Id. pag. 242. (9) V. Bedel L.— Id. (1887), pag. 307-308. Il Nat. Sic., Anno XX li SENIQDi te «Scrophularia L. « acquatica L........ capsules. Gi. bipustulatum Rossi (Redtenb. Fn, ed. 1, p. 816; d’aprés le Dr. Giraud) » (1). Da noi invece si raccoglie il tipo su la Scrophularia peregrina L. , e col tipo l’aberrazione su nominata rarissimamente. Messina 30-XII-07. ——_—.t i+. Resti di Elephas antiquus Var. Melitae presso Palermo Invitato dal cav. Tucci, direttore dell’istituto zootecnico, per esami- nare un deposito ossifero e determinare i fossili, mi recai nel mese te- stè scorso (novembre) in Luparello. Egli mi accompagnò dietro la casa (ove sono le librerie) e precisamente nella piccola villetta retrostante, nella quale adossate alla montagna, sotto il muro che cinge il boschetto, si trovano dei lembi della solita roccia rossiccia quaternaria ricca di ossa frantumate. Mi avvidi subito che si tratta di incrostazioni e resti di uno strato quaternario identico a quello già da me descritto in una località dello stesso Luparello non molto discosta (Deux nouveaux dé- pòts d’' Elephas antiquus, Annales di géologie Palerme 1899, 26 Livrai- son). Infatti potei estrarre un piccolo molare. Si tratta come ho già detto di una varietà di elefante minuscolo, cui può stare bene il nome di Elephas antiquus var. Melitae. Avendo fatto un’ispezione nei luoghi, mi accorsi che di piccoli lembi di quaternario analogo ne esistono parecchi nel fianco rupestre della montagna. Io credo che tali vestigia sparse qua e là siano suffi- cienti per farci giudicare che in quella località il deposito ossifero do- vea avere un tempo un grande sviluppo e che le vicissitudini dell’ e- poca quaternaria abbiano asportato e distrutto completamente il depo- sito di cui ora non rimangono che poche tracce. La roccia della mon- tagna è eminentemente dolomitica probabilmente triasica. MARCH. ANTONIO DE GREGORIO. (1) V. Bedel L.— Op. cit. (1884), pag. 220. , — 83 - Sulla fauna liasica di Casale Ciciu PRESSO FIcuUZzza Avendo nel 1886 pubblicato un lavoretto su detti fossili (Annales de Géologie 4 livraison Palerme), il prof. Canavari mi scrisse pregan- domi di fargli avere delle collezioni di detta località già splendidamente illustrata dal prof. Gemmellaro. Io ne detti incarico ad un certo Sca- turro, il quale si recò sul luogo da me additato e esegui a spese del- l’Università di Pisa delle importanti collezioni di fossili che furono quindi da lui inviate al prof. Canavari. Tali fossili furono di seguito studiati e descritti dal prof. G. Merciai nel bollettino della società geologica ita- liana. Sono lieto che tale interessante fauna abbia avuto un altro illu- stratore, ma non so comprendere come costui abbia omesso nella biblio- grafia il mio lavoro. Certo, non è desso gran cosa, ma è accompagnato da una tavola in cui sono riprodotte varie forme importanti. L’ omis- sione è tanto più strana in quanto che fu per mio mezzo che l’ Univer- sità di Pisa fu arricchita di tale materiale scientifico ! MARCH, A. DE GREGORIO. —__ coB>o-—__ Sul genere Zittelspongia Nel 1882 pubblicai un lavoro sui « Corali titonici di Sicilia », in cui descrissi non solo i corallari propriamente detti, ma taluni spongidi. In esso proposi il genere Zittelspongia. Di seguito l'illustre prof. Zittel mi avvertì per lettera che tale nome era stato precedentemente ado- perato, onde io lo sostituii con quello di Culiaespongia (Annales de géo- logie 27 livraison). Recentementemente il professore De Stefani ha pubblicato un la- voro del rimpianto A. Malfatti (Contributo alla Spongiofauua del Ceno- zoico italiano, Paleontogr. Italiana 1901) in cui il Malfatti propone un nuovo genere col nome di Zittellospongia. Questo nome deve evidentemente essere cambiato ed io propongo di sostituirlo con quello di Ma/fattispongia in memoria dell’egregio au- tore defunto. MARCH, A. DE GREGORIO ig Geom. VITALE FRANCESCO Notizie su aleuni insetti rari del Messinese I Il Rhizotrogus tarsalis Reiche e la sua dimora ———_@——&«-__&k Ne la seduta del 22 gennaio 1862, de la Società Entomologica di Francia, il sig. L. Reiche presentava la diagnosi di alcune nuove spe- cie di coleotteri, appartenenti a la fauna circa-mediterranea, fra cui il Rh. tarsalis. L'autore, dopo una lunga e minuziosa descrizione de l’in- setto, citava la Sicilia, come patria di quello, aggiungendovi: « Cette « espèce , que je dois à la générosité de M. André de Beaune, est très « voisine du R%. rugifrons Burm.....» Dopo di allora, e per ben 20 anni, tale insetto non veniva più ci- tato da alcun raccoglitore, neanco da l’ accurato Capitano De Marchi, o da l’infaticabile Barone di Rottenberg, che visitarono la nostra isola, raccogliendovi moltissimi insetti. Nè dopo 20 anni, la notizia fornita sul riguardo, dai Signori T. De Stefani e F. Riggio, nel loro Catalogo dei Coleotteri Siciliani, riesce di alcuna utilità a l’entomologo raccoglitore, e ciò perchè essi, non indicano (come del resto per gli altri coleotteri fanno) il paese, o la contrada in cui fu catturato quello Scarabeide, limitandosi a questa laconica no- tizia: Rhizotrogus Latreille 290 tarsalis Reiche. Està (1). Il Ragusa invece, il solerte raccoglitore palermitano, undici anni (1) T. De Stefani e F. Riggio. — Catalogo dei Coleotteri Siciliani della collezione del R. Museo Zoologico di Palermo. Palermo 1887, pag. 14. . ia La dopo, in questo stesso periodico, ci dà qualche precisa indicazione su la patria di quell’insetto, e ci mette su la buona via, per poterlo ri- trovare. Ecco le sue precise parole : Rhizotrogus Muls. tarsalis Reiche. Non posseggo che quattro soli esemplari di questa gra- ziosa specie : essi provengono da Messina. Reiche, la descrisse nel 1862 assieme alla specie precedente (A. ciliatus Reiche), e l’ebbe di Sicilia dal Sig. André de Beaune. De Stefani la cita e Baudi me la notò (1). Tale notizia del Ragusa ci pone in grado di dimostrare che quella forma elegante di Chasmatopterinae è propria del Messinese, giacchè tanto l’André, quanto il Baudi l’hanno ricevuta, al pari del Ragusa da Messina, ed eccone le prove. Il sig. Ed. André, dottissimo imenotterologo di Beaune, era in re- lazione da molti anni col Cav. Luigi Benoit, valente malacologo mes- sinese, e scambiavansi insetti e conchiglie in quantità, cioè il Benoit inviava degl’insetti per averne in cambio de le conchiglie da l’André (2). Il Benoit poi, acquistava quegl’insetti, da l’inserviente del Gabinetto di Chimica farmaceutica de la nostra Università, certo Matteo Ailio an- tico fornitore di M.®° Power. Il detto Allio abitando nel vicino villaggio di Gravitelli, cacciava nei giorni festivi, in quella contrada, o ne le finitime, di Casazza e Scala gli entomati che vendeva; e precisamente in queste ha al certo catturato il RA. tarsalis Reiche. Che poi tale insetto fosse stato raccolto dal citato inserviente lo abbiamo potuto personalmente constatare, nel- l’esame dei Coleotteri che vendeva, negli ultimi anni di sua vita al sig. Cav. Benoit. Il Conte F. Baudi ebbe il Rhizotrogus in parola da noi, nel maggio del 1900, quando passò qualche giorno in Messina e vi compì una sola escursione sui nostri colli. Anzi ricordiamo bene, che gli esemplari di (1) E. Ragusa. Catalogo ragionato dei Coleotteri di Sicilia. Nat. Sic. Anno XII, lu- glio 1893, N. 10, pag. 235. (2) Il Benoit era corrispondente di molti illustri entomologi francesi, fra cui il Gué- rin-Méneville, il Fairmaire, l’André, 11 Bellier, ecc, do 86 Rhizotrogus (in N. di cinque) che noi gli demmo, erano in un mucchio d’insetti da scarto, avuti dal Benoit e sempre raccolti da quel tale in- serviente (1). Il Ragusa, l’'ebbe come dichiara egli stesso, da Messina, e forse pel tramite dell’illustre paleontologo, il prof. G. Seguenza, il quale periodi- camente gli spediva a Palermo pacchetti di coleotteri, che facea rac- cogliere al noto Allio. Riguardo poi a la notizia dei signori De Stefani e Riggio, non la riteniamo molto attendibile, anzitutto per l’ errore su la stagione in cui dicono trovarsi l’insetto, sia poi per la mancanza d’indicazioni precise su le stazioni o la contrada in cui quell’ insetto venne raccolto. Ciò ci dà diritto a supporre, che gl’insetti esistenti nel R. Museo Zoologico di Pa- lermo , ed appartenenti a la forma specifica di cui ci occupiamo, non furono raccolti dai due coscienziosi ed esperti entomologi che redassero il Catalogo, ma chi sa da chi, e dove. Tutti gli argomenti positivi su esposti, ci sembrano sufficienti ad affermare come la vera patria di quello insetto sia Messina, esclusiva- mente Messina, e per maggiormente dimostrare ciò, ne daremo anche gli elementi..... negativi. Gli entomologi stranieri che visitarono la nostra isola, per caccìarvi insetti non sono stati pochi, e Mann, Zeller, Power, Rottenberg, Schultze Holdhaus, Leonhard, ecc. ecc. con le loro raccolte hanno mostrato co- me la fauna entomologica de la nostra isola, non sia inferiore a quella delle più ricche contrade europee. Eppure tali entomologi non hanno rac- colto il Eh. tarsalis Reiche nelle loro escursioni. E non solo gli stranieri di passaggio, ma gli stessi italiani e stra- nieri che lungamente dimorarono in Sicilia, o vi caccìarono in varie riprese, come De Marchi, Power, Baudi, Ghiliani, Costa, ecc., neanche fanno menzione di quel grazioso Scarabeide. Ciò è abbastanza importante per la nostra tesi, perchè vuol dire che le epoche in cui stranieri ed italiani cacciarono da noi. non erano (1) Il Benoit divenuto vecchio, e non potendo più camminare, pensò a distrarsi for- mando una collezione d’ insetti. Per ciò si mise in relazione con moltissimi entomologi siciliani, coi quali scambiava tutti i coleotteri che potea avere. Il suo raccoglitore per Messina era il citato inserviente, e noi che visitavamo spesso il dotto naturalista, vedevamo di frequente l’Allio. La sua raccolta disordinata e danneggiata nella conservazione, morendo la legò al- l’Università di Messina. CONS propizie a la comparsa del Rhizotrogus, come anco non lo si trovava nei posti ove quelli vi dimorarono in tutte le stagioni dell’anno. Ciò quindi giova a dimostrare che tale insetto aveva delle apparizioni ri- strette e per zone molto limitate. Ed aliora per eliminazione potremo escludere da le epoche, la pri- mavera e l’està, perchè tutti i raccoglitori non paesani in quelle epo- che visitavano e visitano i nostri paesi, e da le regioni, Mistretta, ove per varii anni il De Marchi raccolse centinaia e centinaia di specie co- leotterologiche. E se a le superiori considerazioni aggiungeremo quelle che riguar- dano i coleotterologi paesani, che pur cacciando a preferenza in certe regioni e per tutte le stagioni dell’anno, pure di quello insetto non ne parlano, noi avremo da escludere, Palermo, accuratamente esplorato dal Ragusa, De Stefani, ed altri: le Madonie, così bene studiate dal Minà e dal Failla: Termini-Imerese esplorato dal Ciofalo: Trapani, in cui il Romano raccolse, e Castelvetrano in cui cacciò il Palumbo: Catania ove ebbe agio di raccogliere lo Zuccarello-Patti, e qualche altra zona dell’i- sola. E così per eliminazione dovremo fermarci a Messina, unico posto ove fin’ ora si è raccolto tale insetto, ed ove sicuramente lo si può ri- trovare. Ed all’ obbiezione che potesse venirci mossa, che pur fra gli ento- mologi anzi citati, parecchi pur cacciarono ne le nostre contrade, fare- mo osservare che sì lo fecero, ma in epoca non opportuna, e cioè nella primavera o ne l’està, cioè quando quell’insetto non si trova che a lo stato larvale, nascosto nel terriccio boschivo. Per tali considerazioni, riteniamo che il RA. tarsalis Reiche , sia specie esclusiva del messinese, o di qualche altra ristretta località igno- rata, perchè non ancora bene studiata dal punto di vista entomologico. Data la specialità, reputiamo utile mettere gli studiosi di tale ma- teria, a giorno de le osservazioni che da più anni, su quell’elegantissimo Lamellicorne, abbiamo fatto. anco perchè indirizzate le ricerche su quel tramite, potrà forse riuscire facile rinvenire anco quell’insetto, in altri posti de la nostra isola. Fin da quando, attratti da lo studio de l’Entomologia, abbiamo co- minciato a correre pei campi, ed a scorazzare su per i monti in cerca d’insetit, la nostra attenzione veniva maggiormonte colpita da quelle forme strane per grossezza o per scabrosità, per colorazione o per pe- lugine, che incontravamo lungo il nostro cammino; e ricordiamo sem- pre il ribrezzo provato quando abbiamo visto per la prima volta, la ni BR Meloè cavensis Petagna, trascinarsi quel suo voluminoso addome, e la gioia provata nel catturare la prima Cetonîa aurata Lin. E si fu per effetto del suo colorito giallastro e per la sua indolenza nel muoversi che ci colpì anco il ‘Rà. tarsalis Reiche, (che allora igno- ravamo cosa fosse), e che pur troppo poi dovevamo ansiosamente ricer- care per la sua importanza e rarità. Però, fino al 1903, quell’insetto trovavamo di rado ne le nostre e- scursioni autunnali sui colli Peloritani, presso l’antico posto telegrafico, in contrada Telegrafo, e se in una stagione arrivavamo a catturare due o al più tre insetti, ci ritenevamo fortunati. Una strana combinazione però ci diede il piacere di avere parecchie coppie di quel A%izotrogus, in un giorno del cadente ottobre 1903, mentre, accompagnati da una fina acquerugiola, salivamo per la via provinciale Messina-Palermo. Giunti a la fine del caseggiato Scala, un Pachypus caesus Er. volava innanti a noi, che, non sdegnado la comune preda, l’inseguimmo un bel tratto, fin che corse a nascondersi nel fogliame di una Robinia pseudo-acacia L. Con la speranza di catturarlo, voltando lo stesso parapioggia che ci proteggeva da quella pioggerella, cercammo di farlo cadere, sbattendo i rami de la Robinia; e vi riuscimmo di fatti. Ma immensa meraviglia e gioia indicibile provammo, quando assieme al Pachypus abbiamo potuto catturare una coppia di Ahizotrogus tarsalis Reiche. Continuammo al- lora a battere tutte le Robinie esistenti lungo quello stradale, e tornam- mo provvisti di ben 11 gg e 7 00 di quella rara forma specifica. Tor- nammo in seguito, e ogni anno verso quell'epoca e per oltre un mese, andiamo a bottinare in quel sito, facendo or ampia or scarsa provvista di Fhizotrogus, pel nostro magazzino di cambî. Però, se da un canto, il rifornimento de le provvigioni, ci obbliga a fare man bassa d’ogni individuo di quella specie, da l’altro lo studio dei costumi di essa, ci tien desta l’attenzione e ci sprona a de le ricer- che. Per ciò da ben quattro anni abbiamo cercato di coordinare tutte le osservazioni, sul proposito, e dare qualche idea precisa e qualche nor- ma sicura su la vita e le abitudini di quello Scarabeide. Il &A. tarsalis Reiche, nel messinese, è stato fin’ora sicuramente raccolto nelle contrade Scala e Casazza del Villaggio Ritiro, e Pantani e Telegrafo del Villaggio S. Michele. Ne le contrade Scala e Casazza esso vi si può trovare o sotto gli alberi di Robinia, o battendo la chioma di quelle piante dal 1° ottobre fino al 10 novembre: però l’epoca più propizia e quella dopo le piogge continuate che suole accadere dai 15 ottobre in poi. Ne le contrade TT6O Pantani e Telegrafo invece lo si ritrova dai 15 di ottobre ai primi di dicembre e sempre ne la canaletta della strada Comunale, la quale è sul lato destro da chi da Portella-Gesso va a Portella-Castanea. In tale seconda stazione gl’insetti si trovano sempre sul fondo de la cunetta e tiai su la sponda destra, raramente su la sponda sinistra, ove invece è facile catturare qualche esemplare di SyncaZgpta setosa Woll. e raris- simamente qualche individuo di Lyodes Heydeni Rag. o di Cebrio mela- nocephalus Germ. Le su dette stazioni altimetricamente sono poste; la prima a m. 180 sul livello del mare, e la seconda a m. 370. Le ore del giorno in cui riesce agevole catturare tale insetto sono le vespertine, e principalmente dalle 16 in poi, ne le giornate calde e soleggiate, mentre ne le giornate umide, nebbiose o pioviginose è facile ottenere de le amorose coppie, battendo gli alberi di Robiria in qua- lunque ora del giorno. Dopo le piogge abbondanti, riesce facile invece catturare gl’ insetti ne la cunetta ai Pantani od al Telegrafo, o là ove si scaricano le acque da quelle cunette convogliate. Abbiamo poi notato che sotto gli alberi di Robinia a Scala e Ca- sazza , sì rinvengono quasi sempre dei 737, i quali vengono giù da la chioma di detti alberi, spossati dopo la copula compiuta, mentre le 09, liberate dall’erotico amplesso, volano ne le propinque macchie a depo- sitarvi le uova fecondate. Le coppie poi catturate nell’ amplesso amo- roso, rimangono lunga pezza attaccate, tanto che possono così uccidersi. Invece ne la cunetta de la via Comunale, gl’ insetti che vi si rinven- gono sono tutte 99, le quali sono state trascinate da le acque di piog- gia, cadute su le pendici sovrastanti, mentre pochi Do morti, vi si tro- vano nei posti di scarico del materiale convogliato da la cunetta su citata. Riguardo a la biologia di tale insetto non siamo in grado di fornire notizie esaurienti. Certamente le xova vengono depositate nel terreno boschivo, ed ivi nascondo le /arve, trovano subito di che cibarsi ne le radici de le va- rie essenze silvane sì arboree, che arbustive od erbacee, che popolano quei cedui. Ivi s'incrisalidano, e la ninfa, si chiude in una celletta elissoidale, interamente ben levigata, ove passa tutta la sua vita ninfale. La tra- sformazione in imagine avviene verso la fine di settembre, e noi abbia- mo potuto avere lo scorso anno (1906) ed il corrente, de le ninfe di Rhizotrogus tarsalis Reiche, pronte a divenire 2magini, nei lavori di Il Nat. Sic. Anno XX 12 = do scasso fatti in un bosco ceduo di corbezzoli, eriche citisi, querci ecc. di proprietà del sig. Cav. Salvatore Comitini, nella contrada Scala, in vi- cinanza de la via provinciale anzi notata. Da tali ninfe (tre soltanto) abbiamo ottenuto due bei Jo ed una 9 alquanto rachitica. Termineremo queste poche nozioni col segnalare, iS la scorsa sta- gione, una forte scarsezza di quell’ insetto. Non sappiamo a qual causa attribuire ciò, ma è certo che non ab- biamo potuto arricchire, in tutta la decorsa annata , la nostra riserva di oltre 10 individui. Pochini invero!..... Ma !!.... Il La © del Pachypus caesus Erichson e la sua galleria. Ognuno sa quanto riesca difficile procurarsi una Q di Pachypus cae- sus Eric.; la quale, essendo attera, va a rifugiarsi sotterra ove aspetta ansiosa, l’ossequio dei @ ed i loro amplessi. In tanti anni di ricerche nor ci era stato facile catturare una sola 9 di Packypus, sebbene di Td, ne avessimo raccolto centinaia, e talfiata parecchie diecine in uno stesso luogo. Ma..... chi cerca trova, dice l’ adagio, e noi in questi ultimi giorni di novembre, il 26, cercando abbiamo avuto la ventura di catturare un bellissimo esemplare © di tale forma specifica, nella contrada Tremonti proprietà del sig. Domenico Aliberti. Le piogge abbondanti dei giorni precedenti, avevano imbevuto il terreno in modo veramente eccezio- nale, ma la nostra bella sultana, si era scelto un posto non molto u- mido, una ripida balza, ove per la postura e per la natura geologica del terreno (alluvione quaternario compatto) la galleria non avrebbe po- tuto riuscire molto umida, nè venire allagata, rimanendovi affogata la sua abitatrice. Il posto scelto poi sarebbe stato scoperto assai difficilmente, se l’im- prudenza di tre g°d', che si affannavano a guadagnare la bocca della galleria, non ci avesse messo su l’avviso, per cui dopo avere spiato un bel po’ e guardato attentamente, chini sul precipizio e col pericolo di un salto di una diecina di metri, seguendo il volo dei Sd, ci siamo ac- corti di un buco circolare de la misura di mm. 12 di diametro, e che p= rp (ESS intuimmo subito per la bocca del tunnel in cui dovea trovarsi la nuda G del P. caesus Eric. E così era difatti. Con l’aiuto di un contadino, che provvisto di zappa potè intaccare la dura roccia qeaternaria, arrivammo cautamente a scoprire tutto in. tero il canale nascondiglio, a la estremità interna del quale, una grassa e giallastra regina, se ne stava pigramente accoccolata. Sebbene la struttura fisica de la roccia in cui la galleria era sca- vata, fosse tutta eguale, come identica era la natura geologica di essa roccia, pure il cunicolo non si presentava con unica direzione, ma con due direzioni ben marcate, formanti un angolo ottuso di circa 146°. Ciò ci fe’ sospettare che l’astuta bestiolina, avesse con intenzione strategica proceduto al discavo de la sua dimora. Abbiamo voluto difatti eseguire una sezione di quella galleria, per darne un'idea ai lettori, corredandola di alcune misure illustrative. 7,7 Y eZ de DATA, = ; e —, - wr => =® A, == pie >» _ < 5 al 2 SG GI DE ESS —S 3 LZ LZ Leggenda. a Sito in cui era la Q del Pachypus. a-b tratto di galleria lungo cm. 17. b-c ” » » DNSSIO! d-e diametro della galleria mm. 12. lunghezza totale della galleria em. 27. L’inclinazione del tratto d-c della galleria era da Sud a Nord, men- tre l'inclinazione del tratto 4-6 era da Sud-Est a Nord-Ovest. La profondità totale del punto @ da la superficie del terreno, era di 6 centimetri circa. Ed ora alcune osservazioni in proposito. Il Ragusa parlando di quest’insetto, dice che esso si scava dei pro- fondi buchi (1), ed io sono sicuro che il Chiaro entomologo palermitano abbia fatto tale osservazione direttamente, giacchè noi abbiamo potuto 4 ga ct misurare soli centimetri 6, meno qualche millimetro, per raggiungere il posto in cui si trovava la Q. La divergenza quindi di osservazioni può dipendere secondo noi o da la natura del terreno in cui si trova- vano le gallerie scavate, o da l’epoca in cui furono trovate quelle 90, od infine da le condizioni igroscopiche del terreno. Il Desbrochers des Loges, ne la seduta del 12 marzo 1872 de la S. Ent. de France, presentò alcune. osservazioni su le specie del genere Pachypus, combattendo le idee sinonimiche dai Signori Mulsant e Rey, espresse per il /. candidae Pet. ed il P. caesus Eric. In quella critica, onde dimostrare la necessità di mantenere distinte le due forme su no tate, si basava fra l’altro, il Desbrochers, sui caratteri morfologici delle QQ de le specie in esame. Egli così diceva: « La femelle présente plusieurs des différence signalées pour le male : «la taille plus grande, la carène frontale plus distante du rebord an- « terieur, les tarses allongés. En outre, le Pachypus caesus Q a l abdo- « men plus long que large, d’un Brun marron, avec le marge postérieure « des segments du dos noiràtre; le P. candidae a cette partie plus large «que longue, uniformement d’ un testacée clair, moins luisant, enfin le « pygidium terminé en angle assez marqué ou légèrment émoussé, tandis « qu'il est largement arrondi au sommet chez le P. caesus » (2). Non abbiamo nulla da osservare a quanto dice il valentissimo en- tomologo di Tours, e riteniamo che se non due forme specifiche, sieno certo due razze ben distinte il P. candidae ed il P. caesus, ma però, ne l'esemplare di Pach. caesus Q da noi catturato , il colorito dell’ addome non è già d’un bruno marrone col margine posteriore deî segmenti del dorso nerastri, ma sibbene d’un giallo più o meno chiaro, anzi nell'unione dei segmenti chiarissimo. Si presenta invece di un bruno marrone il cor- saletto e la testa, come pure le zampe, ma il resto no. La linea nerastra sul dorso si osserva a mala pena, formata da tratti nei varii segmenti, in doppia striscia e paralleli. Sembrano indi- care i margini delle elitre mancanti. Speriamo nel venturo anno raccogliere altre 22 di Pachypus e con- tinuare le osservazioni sul proposito. Messina 12 dicembre 1907, (1) Ved. E. Ragusa — Catalogo ragionato dei Coleotteri di Sicilia.—Palermo. Nut. Sic. Anno XII, luglio 1893, N. .0, pag. 233. (2) V. Desbrochers des Loges.—Ann. de la S. Ent. de France. Paris 1873. Bullettin pag* XL e XLI. 2 9 CENNI sulla relazione dei fenomeni stromboliani e i terremoti delle Calabrie e sulle cause di questi Da lunga esperienza si è indotti a considerare i noti fenomeni vul- canici di Stromboli come indipendenti da quelli dell'Etna e del Vesuvio. L’ illustre prof. A. Ricco (Académie des Sciences Paris 1907) ha dimo- strato che più della metà dei parossismi stromboliani hanno coinciso con una maggiore azione attrattiva della Luna e del Sole, il che pure con- soliderebbe la supposizione di un’azione analoga a quella che determina le maree. Però d’altro canto è da segnalare un fatto importante, cioè la calma quasi assoluta di Stromboli durante il terremoto delle Cala- brie nel 1894, poi nel 1905 e recentemente nel 1907.— Si è nel regno delle ipotesi, però mi sembra non improbabile che Stromboli, oltre del profondo fittone verticale abbia delle radici diramate obliquamente in ispecial modo dalla parte della Calabria e che quando talune di queste vie di sfogo casualmente si ostruiscano, ne conseguano dei fenomeni tellurici analoghi a quelli che si sono verificati in questi ultimi anni. Viceversa altri criterii tendono a farci riconoscere in tali fenomeni non un effetto di azioni vulcaniche, ma di sistemazione di rocce. Gli studi e le vaste osservazioni recenti hanno molto sfrondato l’azione dei vulcani sui terremoti e con ragione fanno ricercare la causa di questi più di frequente nel rassettamento e contrazione delle rocce che in una causa plutonica. Però non ancora è detta l’ultima parola in tali impor- tanti manifestazioni della vita endogena del nostro globo, che possono anche avere cause complesse. Una delle contraddizioni più palesi, uno dei contrasti più spiccati, che si verificano nello studio di tali fenomeni, si ha in questo, che men- tre talora si osserva un non dubbio riscontro tra fenomeni vulcanici in siti molto remoti e disparati, più di sovente non si trova la benchè mi- nima relazione, neppure tra siti vulcanici vicinissimi; talchè si è tratti a considerare tali fenomeni come prodotto da cause locali relativamente affatto superficiali. Per citare un esempio della nostra isola, dirò che mentre il littorale settentrionale ha sofferto molto dell’azione dei terre- — 4 moti da Messina a Termini e Trabia, invece Cefalù si è mantenuto im- mobile, come anche è accaduto durante i terremoti di altre epoche. Del resto, parmi che coloro i quali considerano i terremoti esclu- sivamente come semplici manifestazioni di sistemazione di rocce, mal si appongono nello escludere del tutto l’azione plutonica. Questa può tal- volta essere mossa da quella ed esserne un effetto e quindi poi alla sua volta agire come causa impellente. Infatti la sistemaziona determina una contrazione o piuttosto una oscillazione che per quanto immensa- mente lieve, deve generare per conseguenza una compressione o una scossa, ossia un tremito, sugli strati fluidi sottoposti, i quali si espande- ranno e rimonteranno nelle zone ove è meno resistente, o cava, o frat- turata la scorza terrestre; in modo che un movimento impercettibile microsismico di una vasta regione può produrre un movimento grave in una data piccola regione. Così a mio parere si spiega come e perchè i terremoti più gagliardi devastino delle regioni di un'estensione circo- scritta e relativamente minima e come vi sieno nel nostro globo delle regioni per così dire preferite dai terremoti. D'altro canto i turbamenti forti e repentini di una piccola regione si ripercuotono e si trasmettono in vaste regioni lontane con oscillazioni e tremiti sempre più decrescenti. Accade in tal guisa un doppio ciclo di movimenti tellurici. Non è qui a trattenermi ulteriormente su tal soggetto, però tali considerazioni mi sembra completino quelle da me esposte nel mio lavoro: « Sulle cause delle eruzioni laviche » (R. Accademia delle scienze di Palermo 1893). MARCH. ANTONIO DE GREGORIO. eee èesr, lens Lembo eretaceo sulle Madonie Mettendo in assetto taluni scaffali del mio privato gabinetto geolo- gico, ho trovato uno blocco di roccia mandatomi molti anni addietro dal mio rimpianto amico Minà Palumbo da Castelbuono. Esso porta un'iscrizione che indica come provenienza « Gonato ». Esaminandolo accuratamente vi ho distinto tre esemplari di Radio- lites che mi paiono riferibili ad una varietà (crassior) della È. cornupa” “na ME COREt storîs D’ Orb.; hanno infatti le pareti più doppie di quelle del tipo di D’Orbigny. Hanno un diametro di 10 centimetri. Lo spessore del guscio è di ben tre centimetri. La roccia è un calcare grigiastro abbastanza tenace; a guardarsi con la lente mostra una struttura alquanto gra- nulare. MARCH. ANTONIO DE GREGORIO dann COLEOTTERI NUOVI 0 POCO CONOSCIUTI DELLA SICILIA di ENRICO RAGUSA (Cont. ved. N. preced.) Il sig. Prof. Dr. L. von Heyden pubblica nella Wiener Entom. Zei- tung Jahrg XXVII, I, Heft 1 genn. 1908, alcune Osservazioni e correzioni al Catalogo Coleop. Europ. Cauc. et Arm. ross. 1906. Rileviamo quelle che riguardano i coleotteri della fauna siciliana : Carabus Famini non Faminii. Masoreus Wetterhali non Wetterhalli Nemosoma il sottogenere deve chiamarsi Monesoma. Anthicus maltae et malvae Rey non Pic. Hapalus Caruanoi non Caruanae. Eledona agaricola loco agricola. Pelorinus non Pelorimus. Periîtelus Reitteri Vitale ad subgen. Pseudomzira. Macrothorax planatus Chd. L’ultima edizione del catalogo Reitter, cita questa bellissima specie come una varietà del morbillosus F. dal quale sostengo differisca asso- lutamente. Il morbillosus rappresentato in Sicilia dalla varietà SerwvélZei Sol. si trova nei giardini, nei campi, nei boschi ed anche sui monti, sotto le pietre; il planatus è localizzato sulle sole Madonie; bisogna vederne — 96 — dozzine di esemplari, per convincersi che per la sua forma costante, esso rappresenta tutt’ altra specie tipica. Il p/anatus Chd. ha forma ro- busta, schiacciata sulle elitre, che sono piane e non arcuate, come lo sono sempre nella morbillosus e nelle sue varietà ed aberrazioni. Dichirotrichus chloroticus Dej. Nel catalogo del 1906 questa specie, a torto, è riunita alla obsole- tus Dej. Dissi già, nel mio catalogo ragionato, che la ritenevo una buona specie, assai distinta dall’obsoletus per la forma assai più stretta ed al- lungata del corsaletto, e per la statura assai più piccola dell’ intero insetto. L'obsoletus vive presso il mare sotto le pietre, presso le pozzanghere di acqua salata, mentre il chloroticus vive presso i monti ed i boschi a molte miglia lontano dal mare. Ho comunicato le due specie al chiarissimo signor Agostino Dodero che ha pure riconosciuto trattarsi di due specie ben distinte. Micropeplus staphylinoides Marsh. var. laticollis Fiori Nuova per la Sicilia raccolta dal Vitale (1) nel comune di Messina, (contrada Musolino del villaggio Gesso); a m. 400 sul livello del mare nel dicembre 1907 e gennaio 1908. Ne posseggo quattro esemplari avuti dal Vitale. Xylodromus affinis Gerh. Specie nuova per la Sicilia raccolta nel suo viaggio in Sicilia dal sig. Agostino Dodero (2) che ne catturò cinque esemplari a Ficuzza e Castelbuono. (1) Coleotteri nuovi o rari per la Sicilia. Rivista Coleott. Ital. Anno VI, N. 5, mag- gio 1908, pag. 110. (2) Appunti Coleotterologici. Rivista Coleott, Italiana. Anno VI, N. 5, maggio 1908, pag. 95, n Octavius Vitalei Bernh. Troviamo nella Societas entomologica, 15 maggio 1908, N. XXIII Jahrg. la descrizione di questa interessantissima nuova specie, scoperta dal nostro amico Francesco Vitale e della quale diamo la traduzione : « Vicinissima alla Octavius Raymondi Saulcy, di Sardegna, ne diffe- « risce per i seguenti caratteri : «La nuova specie è il doppio più grande, la testa è più larga, quasi « più larga del corsaletto, non ristretta sul davanti, ai lati quasi para- « lella; il corsaletto un poco più corto e più largo, tanto largo quanto le « elitre, appena tanto lungo che largo, i solchi sul medesimo, specialmente « quelli laterali, un poco meno profondi; l'addome assai più densamente «e finamente puntato. « Questo elegantissimo insettuccio con l’ addome allungato misura « 15 mm.». Fu scoperto vagliando il terriccio di macchia nella contrada Scala presso Messina nel novembre 1907. Se ne conoscono sei esemlpari quat- tro dei quali fan parte della mia collezione, grazie alla generosità del- l’amico Francesco Vitale. Scopaeus sulcicollis Steph. È citata (loc. cit.) dal Vitale che la raccolse vagliando il terriccio di bosco nell’ottobre 1907 in contrada Scala e Cavaliere. Hypocyptus unicolor Rosh. Specie nuova per la Sicilia, catturata nel decorso dicembre dal Vi- tale vagliando il terriccio di bosco raccolto a 400 metri sul livello del mare, nella contrada Musolino, del villaggio Gesso, al piede dei castagni. Myllaena dubia Grav. Vitale ha catturato varii esemplari di questa bella specie, nuova per la Sicilia, stacciando il terriccio di bosco, raccolto nella contrada Scala nel decorso novembre. Il Nat. Sic. Anno XX 13 LE Falagria gratilla Er. Il sig. Vitale (loc. cit.) domanda perchè non citai questa specie nel mio catalogo elencativo. Non la citai perchè dissi nel catalogo ragio- nato, che la Falagria che il sig. Fauvel mi aveva determinato per gra- tilla Er., risultò invece essere la /. laevigata Epp. Atheta Bernhaueri Peyer Questa specie, nuova per la Sicilia, fu raccolta dal sig. F. Vitale in unico esemplare mutilato nel marzo 1907, stacciando il terriccio di bosco, raccolto nella contrada Cavaliere. Atheta parva Sahlb. Questa specie è nuova per la Sicilia, ed il sig. Vitale la cattura in primavera, nella provincia di Messina, vagliando il terriccio dei bo- schi cedui di Erica, Corbezzolo e Spartium. Astilbus italicus Bernh. Specie nuova per la Sicilia, catturata dal Vitale nel decorso otto- bre, vagliando il terriccio di bosco raccolto nella contrada Scala. Trimium Zoufali Krauss. Il sig. Agostino Dodero possiede questa specie, nuova per la Sicilia, di Ficuzza, Castelbuono, Messina e Fiumedinisi. Ne posseggo cinque e- semplari avuti dal Vitale di Messina. Piomaphagus sericatus Chaud. Nel mio catalogo ragionato, a torto , citai il sericeus Panz. mentre era invece la sericatus Chaud., che io posseggo (sericeus Reitt.) in molti esemplari trovati specialmente sul Monte Pellegrino sotto le pietre, nel novembre. Fui tratto in errore dalla citazione del Rottenberg che disse di aver preso la sericeus Panz. (subvillosus Goeze) a Palermo. Si dovreb- bero verificare nella collezione di Berlino, gli esemplari del Rottenberg per accertarsi a quale specie appartengono. nin n ‘990 Orthoperus anxius Rey Vitale cita questa specie, come nuova per la Sicilia, mentre fu da me già citata nel Nat. Sic., vol. XIX, p. 126. Paromalus filum Reitt. Un esemplare di questa specie, nuova per la Sicilia, fu raccolto alla Ficuzza dal sig. Agostino Dodero. Acritus rhenanus Fuss. Altra specie, nuova per la Sicilia, raccolta a Castelbuone dal signor Agostino Dodero. Myrmecoxzenus subterraneus Chevr. Il sig. A. Dodero (loc. cit.) cita questa specie come notata di Sici- lia (?), io non la posseggo ed omisi di citarla. Attalus lusitanicus Er. È specie nuova per la Sicilia, ed il Vitale ne ha raccolto un esem- plare nel maggio 1905 in provincia di Messina. La posseggo in tre esem- plari. Brachypterus velatus Wollast. Posseggo pochi esemplari di questa specie, nuova per la Sicilia , presi nei dintorni di Palermo e determinatimi dall’ amico carissimo Dodero. Dinoderus minutus F. Ho avuto la fortuna di trovare un secondo esemplare di questa specie, che il Baudi descrisse sotto il nome di D. siculus. Nel mio ca- talogo ragionato figurava sotto il nome di D. difoveolatus Woll., essendo nel vecchio catalogo il /. siculus sinonimo di questa ultima specie che va tolta dalle specie di Sicilia, = 100 — Microptinus Reitteri Pic. Questa specie fu descritta di Sicilia nell’ Echange 1896, pag. 99, e non era ancora stata da me citata. La posseggo in pochi esemplari dei dintorni di Palermo, determinatimi dal sig. Dodero. Microptinus melitensis Pic Pic descrisse nell’ Echange 1903, pag. 162, questa specie dell’isola di Malta, che ho omesso di citare. Dorcatoma chrysomelina Sturm. Posseggo alcuni esemplari di questa specie, nuova per la Sicilia; erano nella mia collezione coi D. setosella Muls. e li ebbe determinati dal sig. Dodero. Dorcatoma Dommeri Rosenh. Specie nuova per la Sicilia, da me posseduta in soli due esemplari presi nei dintorni di Palermo. Baris setifera Bris. L'amico Francesco Vitale giustamente mi faceva osservare che nel mio Catalogo ragionato dei Coleotteri di Siciiia, avevo omesso di citare fra i Barîs questa specie descritta dal Brisont di Sicilia. Il Bedel nella Wien. Ent. Zeit. 1885, pag. 57 pose questa specie in sinonimia della Torneuma deplanatum Hampe, sinonimia che io citai. Phyllobius viridiaeris Laich. Schilsky nel suo ultimo lavoro Die Kafer Europa’s Heft, 45, Nirn- berg 1908, mette in sinonimia di questa specie il Phyl/obius pomonae OI., cosicchè nel catalogo della specie di Sicilia bisognerà mettere : P. viridiaeris Leich. >» pomonae Oliv. » var. cinereipennis Gyll. — 101 — Quest'ultima differisce dal tipo per il corpore supra squamis cinereis obtecto. Phillobius claroscutellatus Vitale. Schilsky (loc. cit.) descrive il P. italicus Solari e vi mette come var. b.il claroscutellatus Vitale, esso si distingue dall’italicus per le an- tennis pedibusque rufo-testaceis, antennarum clava nigricante. Barypithes maurulus Rottb. Il signor R. Formànek nella Wiener Ent. Zeit. Jahrg. XXVII Heft IV & V, pag. 143, dice che avendo avuti comunicati dal signor Sigm. Sehenkling dal Ent. Museo di Berlino, i due esemplari tipici che servi- rono al Rottenberg per la descrizione di detta specie, li ha trovati identici all’Omias metallescens Seidlitz. (continua) Ancora sul monoclinismo primitivo fanerogamico (LETTERA AL PROF. ANT. Ponzo *) Pe pei « Amicus Plato.....; sed magis amica veritas ». (Motto vecchio e santo) Quando un giovane studioso, intelligente ed istruito, com’ Ella è, oppugna una tesi, debbesi supporre, che, nel caso più propizio, cioè ove essa sia vera, il suo sostenitore non si sia bene spiegato, non l’ abbia saputo dimostrare. La tesi del monoclinismo primitivo fanerogamico , adottata già da qualche raro botanico (ricordo Hildebrand solamente), non vien favorita che da certe confessioni (di quelle, che la verità trae a forza, magari dalla bocca dei suoi avversarii), fatte qua e là da Saporta, Daminar, Celakovsky. Del resto stanno contr’ essa autorità eminenti, ma anche * Riguarda il suo opuscolo : Considerazioni sull’ autogamia nelle piante fanero- game (Naturalista Siciliano, 1907). dat ragioni invalide; sta un fatto impressionante, cioè la caterva di mille e mille fanerogame inferiori, vetuste, dicline. Io mi studiai di circondarla di qualche buona ragione, sperando che potesse esserne favorita, più di quanto le nocessero quelle autorità magistrali, e che meno si restasse impressionati da un fatto, indebitamente assunto come prova contraria, e più dalle conseguenze logiche di un principio vero. La mia speranza, me lo dice ora Lei, è stata ingannevole; ma io voglio, come ò qui detto, addebitare a mia mancanza l’esito infelice; sicchè tento ora rifarmi al- quanto, tornando alla questione, augurandomi di rendere un servizio alla verità. Infatti, d'altro non calme. Se la mia tesi m’apparisse un momento falsa, l’abbandonerei; come abbandonai già quella d’un esclusivo mono- clinismo primigenio delle fanerogame, solo propugnando di poi quello di certune. Non abbandonarla, dopo le argomentazioni oppostemi da Lei, è segno ch’esse non mi soddisfino ancora. Mi fa decidere inoltre a impegnarmi nell’ agone, l’ essere certo di parlare ad un amico. Non soffrirei che la parola detta per puro amor di scienza sia supposta d’origine cattiva; mentre neppur quel tanto d’a- mor proprio, ch’io possa concepire (humani nihil a me alienum !), adesso mi punge. Se mai, esso è stato soddisfatto soverchiamente dall’onore da Lei resomi, di leggermi e di credere necessario il contraddirmi. Il principio, donde nuovo, è quello dell’ impossibilità di una regres- stone 0 di un sallo dall'uno all’altro ramo dell'albero genealogico: è il prin- cipio reggente la morfologia filogenetica; pel quale affermasi, che, dif- ferenziatosi, un organo non può tornare allo stato d'indifferenza, nè tramu- tarsi in altro termine, cui sia pervenuto un ramo parallelo dì differenziazio- ne. Ora questo principio vale più di tutti i fatti non bene interpretati, assai assai più (non importa dirlo) di tutte le supposizioni. Come si po- trebbe dimenticarlo, per dar campo a queste ultime ? Se non m’inganno, esso dimenticasi, però, quando si fa (per miracolo) uscire un fiore erma- frodito dall’ unisessuale, supponendo che uno stame si muti in carpello o viceversa. Non si citano che casi straordinarii d’indifferenza nei fillomi sessuati: volere ripetere da creazioni teratologiche l avvento del fiore monoclino sarebbe troppo. Ora, giusta l’anzidetto principio, non si può avere nella storia del fiore che aborti, zigomorfie, saldature, passaggio dalla polimeria all’oli- gomeria; ed Ella, aderendo a tale insigne conseguenza, si mostra persuaso del principio, che implicitamente la contiene. Ella ricorre alle protofite, per affermare con dati positivi un diclini- denti — 109 — smo originale, esclusivo. Non La posso seguire su questo terreno, ricor- dandomi del quì nimis probat. Saremmo fuori quistione. Noi si discorre di piante superiori, di apparato fiorale. Lasciamo i Volvox e le Pandorina: non è più il tempo della benedetta scala uniseriale degli organismi ; sic- chè potrebbero le protofite cominciare da una massima separazione di sessi, e un’antofita cominciare dall’essere monoclina. Noi non dobbiamo uscire dal #ipo, su cui verte la questione; le forme del quale possono co- minciare differentemente dal come le protofite àn cominciato. Ma, an- che a voler ascendere quella scala: chi ci dice che le antofite non sian cominciate da un termine, cui le piante inferiori siansi dirette ; chi ci dice che tal termine non sia pianta ermafrodita ? Se fosse così, la sua dimostrazione non infirmerebbe la mia tesi. Il ricorso però Lei lo fa invocando un principio, che non è differente dal sopraddetto. La natura va dal semplice al composto. Ora se da tale prin- cipio non segue dirittamente, che noi dobbiamo nella nostra questione ricorrere ad inferiori vegetali, non vuol dire che esso sia falso. Tutt'altro: esso esprime l’ andamento della differenziazione, il metodo naturale di creare organismi; e l’altro, dond’io son partito, non ne è essenzialmente diverso. Infatti, se il differenziato (che è un composto) non può tornare ad essere indifferente (cioè un semplice), significa che la natura non va dal composto al semplice; e il mio principio concorda col suo. Ma quest’ultimo vuol essere inteso cum grano salis. Il semplice è tale come forma. Come materia, per dir così, esso è composto; poichè la dif- ferenziazione, investendo la materia, prima dotata di unica forma (forma semplice), fa che l’ omogeneo diventi eterogeneo ; e se non si darà sottra- zione nè aumento di materia, quel tanto di materia, che ora differisce da un’altra per forma differenziata, è necessariamente minore della som- ma di materia investita già da unica forma. Si può dunque dire che l’or- gano indifferenziato, uniforme, sia un composto per materia , risultando da più parti identiche, e che, per questo rispetto differenziandosi, si sem- plicizzi. Sviluppo questa riflessione in altro modo, incalzando. Quando ac- cade la differenziazione, accade una divisione di lavoro. Vuol dire che esso lavoro era fatto prima da unico organo, poniamo la cellula della pianta unicellulare, sede di tutte le essenziali funzioni fisiologiche. Pas- sandosi al così detto composto, p. e. alla pianta pluricellulare, può aversi quella divisione; ma allora ogni cellula componente fa meno lavoro, la- voro più uniforme, più semplice, sebbene più perfetto (data la consocia- zione però coi lavori forniti dalle compagne): dunque il passaggio trae seco, sotto altro punto di vista, un andare dal composto al semplice, — 104 — Sarà forse creduta questa mia una divagazione; ma non è tale. Io miro a mostrare, che se sotto un riguardo il passaggio dal fiore unises- suale all’ermafrodito può parere il passaggio dal semplice al composto; sott’altro si può intanto più legittimamente chiamare passaggio dal com- posto al semplice; altrimenti sarebbe passaggio dal composto al semplice il passaggio inverso (il quale si avvera cento e cento volte nelle angio- sperme); e si crederebbe almeno allora un’ infrazione a quella, che vuol riguardarsi come legge universale di natura, cioè si cadrebbe allora in una credenza non conforme a verità. Ella, fondato su questo principio, trae l’antecedenza dell’unisessua- lismo, affermando che il fiore monoclino valga il doppio del diclino; ma trasanda di riflettere, che laddove il primo può star da solo, il secondo reclama l’esistenza del suo complemento, non potendo stare da solo, come da solo non può stare l’ organo di un organismo differenziato. Sicchè, invece di dire semplice e composto, e risicare di creder per ogni verso semplice la pianta diclina (mentre semplice non è, se mai, che il fiore unisessuale); faremmo meglio, ei mi pare, a dire che avvenga riduzione di organi in un fiore, col passaggio dall’ermafroditismo all'unisessualità. Ma allora parrà chiaro a chiunque che, se la storia del fiore è storia di riduzione, questo passaggio è di regola, non già cosa eccezionale; dun- que è regola la semplicizzazione, cioè il ritorno al semplice, dopo l’attin- gimento del composto. L'enorme quantità di piante dicline, che la logica e la paleontolo- gia ci additano come prime comparse, non ci deve ora socraffare, non ci deve illudere. Una domanda noi dobbiamo farci invece, ed è: sono esse le sole piante fanerogame primitive? Certamente qualche rappresen- tante vetusto potè perdersi nella notte dei tempi, o potrà ancora na- sconderci i suoi resti; sicchè nessuno ha creduto la paleontologia piena ed unica fonte di conoscenze genetiche. E si pensi, che una sola pianta veramente primeva, veramente capostipite d’un cladus, basterebbe a pro- vare la mia tesi, se essa, pianta fosse ermafrodita. In difetto di questo documento, non dobbiamo però perder la fede nei principii. Ed io, fiducioso, mi sono rivolto a studiare il processo anto- genetico; quindi a prendere in esame le pteridofite, progenitrici delle fa- nerogame. Siccome il fiore presenta fillomi sessuali, che decidono della sua natura monoclina o meno; bisogna sapere come un filloma cotale sì crei. La sua creazione comincia dall’ eterosporismo; le pteridofite etero- sporee per conseguenza fanno oggetto di mio studio. E a che fare ci en- trerebbero le alghe inferiori? Sarebbe perditempo, anzi causa di fuor- — 105 — viamento. Lo stesso filloma produce le micro e le macrospore: è capace delle due cose a un tempo; e se ne mostra capace, per atavismo, anche dopo un lunghissimo seguito di discendenze. Quando si semplicizza, cioè genera le sole micro o le macrospore soltanto, il filloma è maschile o femminile. Ora qual pare via naturale dell’antogenia, quella il cui primo termine del suo movimento è la dioicità o la monoicità, o l’altra il cui primo termine, il cui punto di partenza è l’ermafroditismo ? Se natura non facit saltus, la separazione dei sessi meno prodigiosa è quella che si opera fra i fillomi dello stesso fiore: essa deve formare il primo gradino di separazione siffatta, e con essa il primo fiore è un fiore ermafrodito. L’incunabolo di fiore infatti presentatoci dalle più perfette pteridofite è improntato d’ermafroditismo ; come ci vien dimostrato da Isoetes, Sela- ginella, Lepidodendron. Ella, per contro, scrive: Za prima differenziazione dovette avverarsi su piedi differenti (p. 41). Se ci fosse buona ragione, rinuncierei al pro- gresso graduale or ora invocato. Ma come mai in un piede si potè av- viare unica direzione di differenza in tutti i fillomi, e l’ opposta in un altro? La è cosa altamente improbabile. Intanto Ella prosiegue : su di- scendenti di macrospore e microspore per ereditarietà si manifestò poi Ve- terogeneità (ib.). Ora, se io arrivo ad indovinare il suo pensiero, Ella vorrà dire, che da specie dioica sia provenuta la monoica in virtù di eredità; altrimenti non c’è senso nelle sue parole. Ricordo che un gran natura- lista abbia qui fatto entrare egli pure il potere ereditario, ma indebita- mente; perchè si ereditano i caratteri di entrambi i parenti, non gli or- gani sessuali. Non c’innamoriamo di tutto quanto un forte ingegno ab- bia pensato; e ricordiamoci, che quandoque bonus dormitabat Homerus. Non è chiaro, che, se fosse tale l’ origine della monoicità, l’eterosporia dioica scomparirebbe subito ? Difatti, ogni discendente di macrospora e di microspora (secondo Lei dice) sarebbe necessariamente monoico. A me urta l’idea che l’ermafroditismo sia prodotto ereditario di ge- nitori unisessuati, perchè vedo la possibilità dell'ermafroditismo acciden- tale nella realità dell’ermafroditismo essenziale. L'individuo unisessuato è ermafrodito essenzialmente, ma dissimulato, e quell’accidenza non sta che nella rimozione di questa latenza. Nei mammiferi superiori corpo di Wolff e canale di Miiller coesistono; e il maschio generasi con l’atro- fizzarsi del secondo, la femina con l’atrofizzarsi del primo. Che succede dunque ? Semplicizzazione individuale e complicazione collettiva. È poi ozioso il dire che le VolkKmannia presentassero soli maero- Il Nat. Sic. Anno XX 14 — 106 — sporangi e le Bruckmannia microsporangi soli (ib.). Forse si vorrà do- cumentare paleontologicamente la dioicità delle prime eterosporee.... Ma chi ci dice, che i fossili allegati rappresentino individui interi? e che siano davvero essi i primi esempî di eterosporismo ? Al più, vien da essi provata la separazione dei sessi per infiorescenza, non già la dioicità. Or questa separazione, se qui arriva a un grado non massimo, non ce ne fa supporre un grado minore pregresso ? Le Rizocarpee lé adducevo io come gradino intermedio nella sepa- razione dei sessi. Giusta la mia concezione, esse mostrano il primo ac- cenno di separazione, senza importare differenziazione tra filloma e fil- loma; poichè nelle Salvinia è lo stesso filloma gestante e di fiori maschili e di femminini. Con fillomi tali, non un fiore ermafrodito si ha, ma un filloma ermafrodito. Che ci guadagnerebbe la natura, passando ai fillomi di Marsilia? Resterebbe sempre con fillomi ermafroditi! Adunque l’in- gaggiare qui una discussione sarebbe un prolungarla inutilmente; salvo essa non si dirigesse a far vedere che un significato giacerebbe nel pro gresso da Marsilia a Salvinia, essendovi preparazione a un progresso ulteriore, e destituito di significato fosse il passaggio inverso. C'è in que- sti due generi, per questo riguardo, un’instabilità; per la quale fu dato ad Heinricher di trovare nella S. natans sporocarpii ermafroditi. Questo avvento sarebbe nell'ordine di mie idee un ricordo atavico; nell’ordine a me contrario, una prolepsis di inutile fase ulteriore. Se volessi però dare largo a questa parte subordinata della nostra questione, potrei dire col Saporta che nelle Salvinia si mostri il mas- simo di complicazione (L’évolution du regne végetal, p. 177). Se poi l’ a- pogeo delle Rizocarpee è segnato com’egli dice (p. 200) dagli Spheno- phylum, debbo indurre che il cammino è verso la formazione d’un fior- ermafrodito (diciam così); perchè secondo le osservazioni concordanti di Grand’Eury e Renault l’apparato fruttificatore vi è composto di brattee: verticillate e sovrapposte, ove micro e macrosporangi alternano da un verticillo all’altro. Viene avvertito intanto, che in queste piante fossili la trasformazione, per quanto spetta agli organi fruttificatori, non è a- vanzata al segno in cui l’è nelle Salviria; il che è conforme del resto alla multiplicità delle direzioni assunte dall’evoluzione, cioè al fatto co- stituente il grande obice pel tassonomo e pel filogenista. Posto che l’evoluzione delle crittogame eterosporee stia adunque in una sempre più remota collocazione dei due sessi, remozione che co- mincia dall’ allontanarli da un medesimo protallo (ciò costa dall’ espe- rienza !); è naturale domandarsi qual fosse la topografia dei sessi nelle — 107 — profanerogame. La risposta si collega all’ origine polifiletica o no delle fanerogame, come vedesi chiarissimamente; ma si collega anche alle idee che ci facciamo sullo stato, in cui la topografia sudetta si trovava nelle crittogame genitrici di esse profanerogame. Questo collegamento non si rese subito evidente al mio pensiero: fui vittima di un’astrazione infelice; che mi fece abbracciare una esagerata sentenza, cioè il generale mono- clinismo delle profanerogame; non avvertendo, che la separazione dei sessi, giunta a certo grado avanzato, l’ avesser potuto ereditare talora da crittogame. C° è qualche caso, ove ciò accadde probabilmente, Le cicadofelci, surte immediatamente da felci, dovettero in esse trovare un eterospori- smo, se pure non vogliamo supporre, che a un tempo apparisse e l’ete- rosporismo e la fanerogamia. Nell’un caso e nell’altro, in seno a critto- game o a fanerogame, si ebbero i varii gradi di separazione sessuale- Allora non si è forzati ad ammettere proavi ermafroditi di fanerogame; ma si è forzati a non attribuire a queste ultime neanche discendenti cotali, ed a concedere uno stato equivalente ad ermafroditismo presso le crittogame prossime genitrici di cicadofelci, quello stato che non si è in queste ultime. Una tendenza alla separazione dei sessi vediamo nelle Osmunda. Chi sa se le felci più progredite già abbiano percorso ulteriore cammi no, e se or esse ci si nascondono o abbiano affatto perduto i resti loro ? Certa è però una cosa : che le ginnosperme, piante a separazione sessuale inoltratissima, siano incapaci di costituirsi ascendenti di fanerogame er- mafrodite. Saporta l’afferma anch'egli (pag. 14, 156 del 1° vol. sulle fa- nerogame, 140-1, del 2° vol.): dice, che le Conifere non si prestino più ad evoluzione ulteriore; che i sessi in loro come nelle Cicadee si siano trovati di buon’ora divisi; che l'evoluzione, una volta pronunciatasi nee seuso ginnospermico, avrà dovuto procedere avanti, allontanandosi da quella, donde si ebbero angiosperme; che la separazione sessuale con- duce indi ad un dimorfismo sempre più profondo; che dal carpofillo di una conifera è impossibile proceda il carpello d’un’ angiosperma. Questa via dunque ci rimane chiusa per prometterci una possibile scaturigine di fanerogame ermafrodite. Si dirà: esse sono scaturite prima che le Conifere pigliassero piede. Allora vorrebbe dirsi, che più si discende nell'albero genealogico, più largo campo di possibilità si apre per lo av- vento di cotali ermafrodite. Ciò sarebbe un accreditare la tesi della pri- malità storica di esse piante; sicchè l’obiezione ad essa tesi ne reca es- senzialmente una conferma. — 108 — E se non possiamo ottenerle dalle Conifere, a fortiori invano le a- spetteremmo dalle Cicadee tali piante. Ma lasciamo stare i casi, ove si avveri un primitivo diclinismo ; scrutiamo un poco sol quell’uno, che alla mia mente rivelasi come con- nesso all’esistenza necessaria d’un progenitore fanerogamico ermafrodito. È il caso delle Gnetacee, e di quant’ altre mai fanerogame formarono con esse un gruppo, oggi ridotto a minimi termini, a reliquie disperse; che mal consentono forse d’andar legate in unica famiglia. Io confesso, che la convinzione è in me nata dalle riflessioni fatte su quanto Delpino pronuncia intorno gli ascendenti delle Gnetacee; e dalla contemplazione di certi alberi genealogici (come quello che Saporta riferisce a pag. 201 del 2° vol.), ove spicca l’indipendenza delle angiosperme, piante giudicate non prive di parentado vetusto con le ginnosperme, ma impossibili a derivarsi a un momento qualunque dal ramo ginnospermico propriamente detto, non fosse altro pei reiiquati diciamo crittogamici, che la loro em- briologia presenta, e che sono affatto scomparsi presso le ginnosperme. Gnetacee ed angiosperme suppongono una profanerogama ermafrodita. Le une, e più le altre, sono geneticamente distinte dalle Conifere; ed è un sogno l’intermediarietà delle prime fra le ginnosperme e le seconde, dacchè sono per tendenza, secondo avvisa il Saporta (pag. 166, vol. 19) parallele alle angiosperme, sono abbozzo destituito d’ulteriore portata. Il loro moto regressivo è confermato dalle osservazioni di Naudin, e la Welwitschia ne segna l’ultima fase. Tutto nelle Gnetacee accenna a se- parazione di sessi: il genere Gnetum precisamente indica già, che la separazione dovette iniziarsi da gran tempo. Io non devo trascrivere ora tutto quel che Delpino (Applicazione di nuovi criterii, Mem. 2% $ 20) trae dalla descrizione hookeriana delle Welwitschia. Trascrivo solo la conclusione: « gli antenati delle gnetacee dovean possedere. fiori ermafroditi ». Egli sente la difficoltà di far di- scendere le Gnetacee da proavi unisessuali, e chiama reliquia, ciò che Ella, prof. Ponzo , chiama rudimento in senso di prodromo. Ma egli ri- flette, che siamo in faccia a un’adelfia androceale, in faccia a un’ axo- spermia, ed è perciò che conclude a quel modo. Mi dispiace che Ella ricusi di entrare in tale discussione; se ci en- trasse, parteciperebbe ai dubbî espressi da Coulter e Chamberlain. Con- tro i quali però Ella insorge (pag. 43), quando trattasi di levarsi un in- ciampo dai piedi, il monoicismo delle Cordaites e forse anche (se è vero quel che si è visto nel Cordajanthus Penjoni Ren.) il loro monoclinismo. Ella le fa superiori ai Ginkgo; mentre eglino le fanno stipite comune di Ginkgoales e Coniferales. ig Non dico niente dell’ avvertenza fattami (ib.) a questo proposito , circa l’ incapacità d’un carattere atavico a farsi punto di partenza di nuovi corsi filetici; perchè io non ho voluto trar niente dalla tendenza eccezionale, che può incontrarsi accennante alla riunione dei sessi. Dissi e ripeto, che le Conifere rappresentano ciò, che i francesi chiamano impasse; sicchè niente voglio ripetere da tendenza siffatta. Resta ancora un’ ultima via da esplorare: quella battutasi per la creazione delle angiosperme. Esse ammettono, senza dubbio alcuno, una forma originale ermafrodita, come lo stesso Saporta asserisce (pag. 133 in nota, e 219 del vol. 1°; 150-1 del 2°). Ora in qual punto dell’albero genealogico vorrà essa indovarsi ? Dopo le Gnetacee non è possibile, co- me non lo-è prima di qualunque c/adus ginnospermico. Pensai a due discendenze parallele (di Gnetacee e di angiosperme) da unico stipite; ma non mi potei pronunciare , stante certe peculiarità di qualche famiglia angiospermica vetusta. Quel che rilusse e riluce tuttora nella mia po- vera intelligenza è la necessità di a/mero una fanerogama primitivamente monoclina, non potendomela immaginare figliata da alcuna delle dicline conosciute. Sarò indiscreto; ma non posso trattenermi dal dire, che anche Ella senta delle difficoltà a far nascere dal diclinismo il monoclinismo; e pare, che, per uscire dall’imbarazzo, voglia far buona una pseudanzia quasi generale. Mi pare d’averlo detto in uno dei miei scritti precedenti, che questa sarebbe una scappatoja assurda. Elia però è disposta davvero a conceder questo? Ne verrebbero altre difficoltà e non lievi, pur vo- lendosi chiuder un occhio, e tentare di dar credito all’ asserto. Fra le quali vedo quella (non so se vi si sia pensato abbastanza) di spiegare la costante indovazione del gineceo rispetto all’androceo; mentre una ri- duzione di infiorescenze apporterebbe assai spesso un’indovazione in- versa. E la difficoltà vale anche, lo vedo, per gl’incunaboli di fiore su accennati; ma non è detto ch’essi ne rappresentino il tipo generale. Tocca ora a Lei il vedere in quanti errori io sia caduto scriven- dole questa lettera, e il farmene avvisato. Di che Le sarò grato sem- pre; ma gratissimo, se il rilievo apporterà in me la persuasione, che la tesi principale da me seguita sia erronea; perchè allora Ella m'avrà fatto il beneficio di liberarmi da una falsa scienza. Messina, gennaio 1908. D.° S.2T— LeopoLpo NIcoTRA. = 10 — L’Attalus semitogatus Fair. non esiste in Europa. <> drive Descritto d’Algeria (Ann. Soc. Ent. Franc. 1863, p. 641); l’Abeille lo indicò della Francia (Nat. Sic. 1882, p. 177) per un esemplare preso a Hyeres dal Cap. Defarques; il sig. Ragusa lo indicò di Messina (Nat. Sic. 1884, p. 318). Il sig. Ragusa ripete questa indicazione nel suo Ca- talogo ragionato dei Coleotteri di Sicilia (Nat. Sic. 1894, p. 64), lamen- tando che l’ Abeille non abbia tenuto conto della sua precedente indi- cazione, nella Revisione dei Malachidi d'Europa (An. Soc. ent. Fr. 1891). Ed infatti in questa Monografia l’Abeille afferma che il semitogatus Fair. si trova in Algeria e che è errato l esemplare di Hyeres; ma non si occupa affatto degli esemplari siciliani. Anche il Reitter nel catalogo del 1906 non annovera fra le specie europee l’Af. semitogatus, mentre in quello del 1891 lo indicava della Francia. Avendo avuto occasione di ricevere dal sig. Vitale e dal sig. Ragusa esemplari dell’Attalus semitogatus di Messina li ho confrontati con esem- plari di Algeria e rilevo che trattasi di specie diversa sopratutto per gli articoli delle antenne più corti e più grossi, nel c° più evidente- mente dentati all’apice. La struttura delle antenne è identica a quella dell’Attatus postremus Ab. e corrisponde esattamente alla descrizione che ne fa l’Abeille, sotto il nome di Ragusae nel Nat. Sic. 1882, p. 146. Per me non vi ha alcun dubbio trattarsi appunto di questa specie e non del semitogatus. Il postremus Ab. sarebbe allora una specie molto variabile quanto al colorito. Gli esemplari distribuiti dal sig. Failla corrispondono esat- tamente alla descrizione del fagusae. Il Baudi mi regalò due 2 di Taor- mina colla macchia posteriore molto piccola e non prolungata lungo la sutura, ed un co di Castelbuono avente una macchia scutellare verde bronzata, una macchia apicale gialla, ed il resto dell’elitra di un bron- zato giallastro : basterebbe che in questo esemplare le elitre perdessero la loro tinta bronzata, diventando gialle sino alla macchia scutellare e sì avrebbe un esemplare identico a quelli di Messina. Il signor Ragusa (Nat. Sic. 1898, p. 258) descrive l’ ab. superbus che oltre alla macchia gialla apicale, presenta anche il bordo giallo (non dice se tale bordo sia — lli — esterno o suturale o l’uno e l’altro ad un tempo) (1): evidentemente è una forma di passaggio alla colorazione di quegli esemplari che vennero creduti semitogatus e che quanto al colore imitano questa specie siffat- tamente che chiunque ne resterebbe ingannato. Le collezioni regionali del resto non possono permettere di risolvere dubbii di questo genere, quando si presentano. Forse è conveniente distinguere questa forma con un nome (ab. pallidus m.) sia perchè sembra abbia una distribuzione geografica sua propria (Messina), sia perchè imita il semitogatus al quale il postremus è certamente molto affine. Bologna 10 giugno 1908. A. FIORI 120034 SS
= _
In questa primavera la moltiplicazione degli afidi su diverse piante,
specialmente erbace», è stata straordinaria, la quantità di Aphis papa-
veris Fabr. (1) sulle fave e sui piselli, grandissima. Il fatto è stato co-
statato da tutti i campagnoli dell’ agro palermitano i quali temettero
grandemente di vedere fallire il loro prodotto. Il gorgoglione, riunito
in fitte colonie sulle cime degli steli di fava, formava uno spesso strato
di piccoli esseri atteri ed alati per una lunghezza di circa dieci centi-
metri, e in campi molto estesi non ci era cesto che ne fosse esente.
È pur troppo noto il danno che questi insettucci recano alle piante
dalle quali, succhiando umori coll’esile rostro, fanno loro quell’alimento
che andar dovrebbe a tutto beneficio del vegetale, e così ne soffre lo
sviluppo di questo e conseguentemente la regolare fruttificazione.
Fortunatamente gli afidi hanno dei nemici che ne limitano il nu-
mero; sono questi, fra gli altri, altri insetti parassiti e predatori e fra
questi ultimi, il più valido, il più attivo è la graziosa Coccinella 7-punc-
tuta Linn.
Non credo che ci sia persona che non conosce questo animaletto
dal suo nome scientifico, ma se lo indichiamo con alcuni di quelli vol-
(1) In Sicilia, con nome volgare, tutti gli afididi sono detti genericamente Piroccehi,
Campa e Risina e le piante che ne sono invase a/fîrmiculate perchè dove sono afidi non
manca mai l’andirivieni delle formiche, alle quali a torto, il contadino attribuisce, e non
ai primi, il danno che la pianta soffre,
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gari che in tutti i paesi gli vengono applicati, ci faremo un’idea della
simpatia che dovunque gode la Coccinella dai sette punti, e della sua
notorietà.
In Sicilia la si chiama Santu Nicola e Gaddinedda di lu Signuri ,
in Napoli Vaccarella; con nome italiano la si dice Gallinetta del Signore,
Gallinetta della Madonna, in Germania Vitellina del Signore, Vitellino
del Sole, Agnellino di Dio, in Inghilterra Uccello della Madonna, in Fran-
cia Bestia del buon Dio e così di seguito ovunque altri nomi che sono
sempre una carezza pel simpatico insettolino.
Or bene, il caro insetto è un terribile carnivoro; suo alimento prin-
cipale, tanto allo stato di larva che di ‘insetto perfetto, sono gli afidi,
distruggendo i quali riesce di grande utile alla campagna; ma questa
sua qualità la conserva finchè il numero dei suoi individui è limitato,
se invece la sua moltiplicazione aumenta di molto, allora, la Gallinetta
del Signore, la Bestia del buon Dio, diventa dannosa alla sua volta.
Così infatti è successo in questa primavera :
Forse la mitezza dello scorso inverno in Sicilia e i tiepori prima-
verili agevolarono grandemente lo sviluppo e la moltiplicazione di al-
cuni insetti, oltre agli afidi anche le coccinelle comparvero in numero
esorbitante, cosicchè invasero tutte le campagne; grande quantità se ne
trovarono anche sulle cime dei monti (Montagne di Renda, Monte Cuc-
cio), le strade di Palermo e di altri paesi ne furono piene, se ne racco-
glievano in casa e sulle persone e la sciroccata dei primi giorni di giu-
gno ne annegò una grande quantità nel mare.
Fu questo scirocco che portò dalle circostanti campagne in Paler-
mo questi insettucci, non vennero, come forse qualcuno ha creduto, dalla
prossima Africa, questi insetti sono poco volatori e nessuna ragione li
costringeva ad una passeggiata assai pericolosa per loro.
Le numerose coccinelle, come era naturale, in pochissimi giorni di-
strussero gli afidi delle fave, dei piselli e di altre piante, e quando non
trovarono più a nutrirsi di gorgoglioni, cominciarono a divorarsi fra
loro stesse:
Le prime coccinelle che comparvero allo stato perfetto, assalirono
le crisalidi dei confratelli fissate sulle foglie, e quando anche queste fu-
rono distrutte in buona parte, per non morir di inedia, la Bestia del
buon Dio, si riversò sugli alberi fruttiferi, e i frutti delle ciliege e dei
gelsi furono in gran parte annientati. Su ogni frutto erano mucchi da
6 a 10 coccinelle, (spesso il loro numero era maggiore) si soprappone-
vano l’una all'altra e urtandosi, spingendosi a vicenda si disputavano
il posto per potere più comodamente banchettare.
Il Nat. Sio. Anno XX 16
— 14 —
Stando a guardare uno di questi gelsi così invaso, spesso accadeva
di veder venire giù una pallottola rossastra; era un frutto staccatosi dai
rametti e coperto di coccinelle. Quello che restava ancora di gelsi ma-
turi era ridotto in una poltiglia informe, nera, emanante odor di cocci-
nella e nauseante.
Le ciliege, più salde, restavano attaccate ai rami, ma asciuttate e
per lo più completamente prive della polpa (mesocarpo); di esse non ri-
maneva che il lungo picciuolo e il seme, sull’endocarpo del quale era
venuto ad attaccarsi quel tanto che restava dell’ epicarpo disseccato.
In tal modo le coccinelle, da insetti utili, divennero un flagello.
Non per questo però la Coccinella 7-punctata deve ora annoverarsi
tra gli insetti dannosi, tutt’ altro; la sua straordinaria moltiplicazione,
dovuta a diversi fattori, è assolutamente anormale; essa, di già, è quasi
rientrata nei limiti ordinarii e ciò senza una causa apparente che spieghi
il fenomeno. Nè in questo caso si può ricorrere alla solita azione degli
uccelli insettivori, nè a quella dei parassiti, dei quali, dalle molte larve
di coccinella che raccolsi adulte, non ne ottenni nemmeno un solo, nè al
vento, che se ne annegò un certo numero nel mare, ne lasciò migliaia a
scorazzare per la campagna : Tutte queste belle ragioni nel caso odier-
no, puzzano di poesia ad un miglio di distanza. La riduzione delle coc-
cinelle intanto è evidente, ma deve piuttosto attribuirsi ad uno di quei
fatti i quali ristabiliscono l’ equilibrio in natura, e che per noi restano
sempre misteriosi.
Ma la Coccinella settempunctata in questa occasione non era sola,
essa era accompagnata da una simpatica sua consorella, dall’ Adalia bi-
punctata Linn. , la quale, se non raggiungeva il numero di quella non
per questo poteva passare inosservata.
Reputo questi fatti molto importanti e nuovi nei costumi delle coc-
cinelle, io, almeno, non ho potuto rinvenire nessuna notizia sul propo-
sito, e per tanto ho creduto bene di far note queste osservazioni.
A queste coccinelle, come sciacalli dietro al pasto del leone, teneva
coda un altro buon numero di insettucci di tutti gli ordini, cosicchè le
ciliege e i gelsi erano il teatro di una grande festa entomologica.
Palermo, 14 giugno 1908.
T., DE STEFANI,
— 115 —
Alcuni stadii del Zixus algirus Linn.
e di alcuni dei suoi parassiti.
La larva di questo coleottero curculionide, comune in Sicilia, vive
dentro i gambi delle fave (Vicia faba Linn.) e forse anche in quelli
di altre leguminose dove compie le sue trasformazioni e da dove esce,
allo stato perfetto, in giugno e luglio, a seconda che la pianta è più o
meno precoce e coltivata al piano o in collina.
Date località, come quelle di collina, sembra che siano preferite
da quest’ insetto, e qui, i gambi di moltissimi cespi di fava, ne alber-
gano la robusta larva, la quale, pare che non arreca al vegetale danni
marcabili. Essa si nutre del midollo che raschia con le mandibole dalle
pareti del gambo e queste non intacca mai tanto da indebolirle.
I gambi vengono perforati dall’insetto solo in due casi: una prima
volta, quando schiuso dall’ uovo, che la madre ha deposto poco al di
sopra del colletto della pianta, deve introdursi nell'interno per raggiun-
gere il midollo, una seconda volta quando ha compito le sue trasfor-
mazioni e deve venir fuori.
Nel primo caso, sui gambi ancora verdi, troviamo un piccolo buco
a contorno nerastro, turato con escrementi e residui vegetali che la
larva accumula dietro di sè man mano che ascende nel suo cammino.
Questa prima incisione permane sulla pianta e pare non produrre
in essa disturbi sensibili, come pare che non viene neanco molestata
dalla corrosione interna che esercita la larva lungo le pareti. In questo
modo continua il suo sviluppo e i gambi iufestati non presentano, almeno
apparentemente, nessuna differenza da quelli che non lo sono.
Nel secondo caso, cioè, quando l’insetto adulto deve venir fuori per
accoppiarsi e passare il resto della stagione calda e il prossimo inverno
nascosto sotto le pietre o in altro luogo riparato per aspettare la pri-
mavera e deporre le uova, il buco, che esso pratica allora nella parete
del gambo, ha forma subovale ed è molto grande così, che può dar pas-
saggio a due esemplari dell’insetto in unica volta. Anche questa seconda
breccia riesce innocua alla fava perché se la prima, cioè, il bucolino di
entrata, forse per la sua esiguità o perchè praticato in un periodo di
SSTINGNE
accrescimento e di vigoria del vegetale, non apporta ad esso disturbi
apparenti, la seconda o buco di uscita, non ha per la pianta importanza
alcuna; questo secondo passaggio viene aperto allora che la fava ha com-
pito il suo accrescimento ed è in via di disseccamento o di già dis-
seccata.
Il periodo quindi dell’ entrata della larva nel gambo delle fave e
l’altro dell’ uscita dell’insetto perfetto, coincidono in due epoche nelle
quali la pianta non risente nessuna grave conseguenza e può giungere
benissimo al compimento di tutte le sue funzioni.
Intanto la larva del Lix«s, durante il suo accrescimento, accumula,
come ho detto, dietro di sè, i detriti del midollo di cui si è nutrita e le sue
deiezioni, che lungo il cammino tubiforme del gambo si trovano pres-
sati come un turacciolo e in modo, che lo spazio libero abitato dalla
larva, tra la parte superiore del fusto non distrutta e i rifiuti sottostanti
ad essa, è relativamente limitato.
Se si rompe senza toglierlo dal sito, uno di questi gambi invasi dal
Lixus per osservarne la larva e poi lo si abbandona, l'indomani si tro-
verà la frattura chiusa da un turacciolo di nuovi detriti accumulati da
essa, sia che la frattura avvenne al di sotto o al di sopra della larva
stessa.
Il periodo larvale dura circa tre mesi, cioè, da aprile a giugno e
da marzo a maggio.
DESCRIZIONE DELLA LARVA DEL Lixus
La larva matura è bianca, subcilindrica, lunga in media 15 mill.;
ha la testa chitinosa, fulviccio bruna, più ristretta degli altri zooniti, ar-
mata di piccole mandibole coniche e robuste, unidentate e con pochi
e fini peli bruni; le macchie oculari sono ben visibili, relativamente
grandi, ovali.
Il corpo, oltre la testa, conta 13 zooniti, nudi e verrucosi; mancano
i piedi, ma, meno il 12° zoonite, tutti gli altri ventralmente portano
ciascuno un paio di mucroni che dal primo al terzo sono ben pronun-
ziati, dal 4° all’11° più piccoli dei primi, gli ultimi del segmento anale
sono i più robusti e i più pronunziati di tutti; i primi tre paia di mucroni
sono inoltre provvisti di pochi e fini peli bruni.
A mezzo di questi organi la larva si muove in avanti o indietro
— 117 +
con sufficiente sveltezza poggiando e spingendosi anche con l’estremità
addominale e aiutandosi con movimenti dei segmenti anteriori.
Sui lati del 4° all’ 11° zoonite sono i fori tracheali, piccoli, rotondi
e situati in una leggiera depressione accanto un piccolo tubercolo sub-
ovale.
DESCRIZIONE DELLA CRISALIDE DEL LixUSs
La crisalide, da principio bianco-fulviccia, diviene fulvo-bruna a ma-
turità, in media conserva la stessa lunghezza della larva, cioè da 13
a 15 mill.; essa tiene la proboscide ripiegata sul petto, su questo giac-
ciono le elitre e le ali le une sovrapposte alle altre, su cui, alla loro volta,
si sovrappongono i primi due paia di piedi, mentre il terzo paio sta al di
sotto delle ali e delle elitre dalle quali viene quasi intieramente nasco-
sto. Le antenne sono piegate ad angolo sul torace, mentre il funicolo
lambisce appena il bordo dei piccoli occhi.
I segmenti addominali, contando come primo quello immediatamente
dopo il corsaletto, dal 5° al 10°, sono sul dorso, prima del loro margine
posteriore, dentati, cioè , portano piccoli aculei chitinosi diritti o curvi
disposti sopra una linea; questi dentini, specialmente sul nono e decimo
zoonite, sono più numerosi e più robusti, mentre essi cominciando pic-
colissimi sul quinto vanno man mano rendendosi più appariscenti sino
al 10°.
Il nono zoonite dorsale inoltre ha forma diversa di tutti gli altri,
è carenato , cioè, elevato nel mezzo in una forte carena a taglio acuto
sulla quale sono impiantati gli aculei sudetti.
Al segmento anale persistono i due mucroni descritti per la larva,
anzi ora sono più pronunziati; gli ultimi tre segmenti si incurvano un
poco verso il ventre, sono più brevi dei rimanenti e leggermente coria-
cei; del resto la crisalide è nuda e levigata. Essa, disturbata nel suo
ricovero, si muove avanti o indietro abbastanza speditamente spingen-
dosi con spessi colpi degli ultimi segmenti addominali.
Questo stato di crisalide si protrae per circa una ventina di
giorni.
— 118
I parassiti della larva del Lixus
Allo stato di larva ho trovato quest’ insetto assalito da due paras-
siti ectofagi che ho potuto conoscere uno allo stato di pupa e d’insetto
perfetto, l’altro anche in quello di larva.
Si tratta di un imenottero e di un dittero frequenti sul curculio-
nide in parola e che presentano alcune particolarità degne di nota.
Questi due insetti pare che depongono il loro uovo sulla vittima o
in vicinanza di essa perchè ho trovato la larva del primo e la pupa del
secondo sulla larva e sulla crisalide del curculionide; una, la larva della
Pimpla flavipennis Rudw. che ho potuto seguire più facilmente, si trova
sui segmenti ventrali della larva del Lixus che ha uccisa. Questo pa-
rassita divora addirittura la sua vittima sino alla distruzione quasi com-
pleta non lasciando di essa che parte della spoglia e la testa chitinosa.
A questo punto, la larva della Pimpla ha raggiunto la sua maturità e
abbandonando la vuota spoglia della vittima va a filarsi un bozzoletto,
tutto speciale, lunge dall’ ospite che l’ ha nutrito, ma dentro il gambo
stesso della fava e colà si rinchiude per le ulteriori sue trasformazioni.
DESCRIZIONE DELLA LARVA DELLA Pimpla
Questa larva è bianco-pellucida, lunga circa 10 mm., nuda, piegata
ventralmente a semiluna, attenuata alle due estremità in forma di spola
(subulata); conta 13 segmenti oltre la testa; è apoda; ha capo piccolo,
chitinoso, di color livido, macchie oculari poco distinte, brunastre; man-
dibole piccole, spiniformi, leggermente incurve verso l’interno, l’oro base
larga e robusta.
Zooniti dorsali dal 5° al 10° portanti nel loro mezzo un piccolo tu.
bercolo coniforme.
Il periodo larvale in questa Pimpla dura circa due mesi.
— 119 —
DESCRIZIONE DELLA CRISALIDE DELLA Pimpla
La crisalide, da principio bianchiccia, va man mano sempre più o-
scurandosi sino a divenire bruna. Il lungo ovopositore , ripiegato sul
dorso, giunge sino alla metà del torace. Sui segmenti dell’ addome non
si rinvengono più i tubercoli coniformi che esistevano nella larva,
Lung. 7-9 mill.
Bozzolo della Pimpla
Il bozzolo di questa Pimpla, è caratteristico per una specie di co-
pertura resistentissima che lo nasconde tutto e che certamente serve a
salvaguardarlo contro suoi speciali nemici. Questo riparo protettore è
della stessa natura setacea del bozzolo: un tessuto fittamente intrecciato,
levigato, sottile ed offrente una resistenza molto notevole; la sua porzione
mediana è bruna, non così i suoi lembi che sono ferruginei come le pareti
interne del gambo sulle quali sono fissate e con le quali si confondono.
Essa è inoltre larga, a contorno declive perchè segue la sagoma del
sottostante bozzoletto, e amalgamata di una sostanza assai tenace che
la fa anche aderire fortemente alle pareti del gambo.
L’ insetto per venir fuori dal doppio suo riparo, rotto il bozzolo,
buca la sua tettoia ad una delle estremità e viene ad uscire da un punto
qualunque delle pareti del gambo che buca alla loro volta.
Questa tettoia di protezione misura da 16 a 21 mill. di lunghezza
e circa 6 mill. di larghezza; mentre il bozzoletto sottostante misura una
lunghezza di 10-12 mill. con un diametro massimo di 3-4 mill.
Il bozzolo propriamente detto è cilindrico, ma un po’ più ingrossato
verso il suo mezzo, con le due estremità rotondate, formato di un tes-
suto tenace, ma sottile e trasparente, di color ferrugineo più o meno
bruno.
Il dittero parassita del Lixus
Un altro parassita di quest’insetto è il muscide Sturmia atropivora
R. D., accusato di vivere a spese di alcune farfalle; ma pare che esso
— 120 —
non isdegna i coleotteri, difatti io 1’ ho trovato sul Lixus algirus, sul
quale compie tutte le sue trasformazioni.
La larva del coleottero, invasa da quella della Sturmia, non viene
uccisa perchè il parassita non si nutre che degli umori della vittima
senza, almeno sino ad un dato momento, attaccare organi vitali.
Così i due insetti, in questo strano amplesso, raggiungono la loro
maturità, di crisalide il curculionide, di pupa la mosca. La pupa di que-
sta, saldamente fissata alla sua vittima, occupa dal terzo al sesto zoo-
nite dorsale; la crisalide a questo momento se ne muore, i zooniti, dove
è fissata la pupa, subiscono una specie di infossamento, si avvallano in
modo da formare una concavità al fondo della quale, mercè una spe-
ciale conformazione del tegumento, si tiene la pupa del parassita sal-
damente attaccata.
Questa pupa, tutto intorno alla sua estremità anteriore, porta una
triplice corona chitinosa, bruniccia, rilevata e sormontata da brevi e
numerosi dentini acuti, ora diritti ed ora con l’ estremità uncinata, e
questo apparato si impianta fortemente nel tegumento dell’ospite; an-
che l’estremità inferiore della pupa è alla sua volta provvista di un si-
mile apparato fissatore, difatti essa è coriacea, molto scabrosa, coperta
di piccolissimi dentini, e dalla sua parte più estrema, si diparte una
specie di dente diritto, breve e robusto, un po’ appiattito, di ugual dia-
metro in tutto il suo percorso e terminato in una troncatura retta e
incisa in tre piccoli mucroni.
Il colore della spoglia di pupa è gialliccio, solamente le tre corone
anteriori e l’estremità posteriore di essa sono brune e più spesse.
In tal modo, mercè questi due apparati di adesione, saldamente im-
piantati nel tegumento della vittima, la mosca compie su di questa la
sua trasformazione in insetto alato, abbandonando sull’ospite la oramai
inutile sua spoglia pupale.
Dall’Istituto di Zoologia della R. Università di Palermo.
T. DE STEFANI.
Ragusa Enrico — Direttore resp.
ANNO XX 1908 N. 6-7-8-
rar A GITTZZ VANNA RARA RRE TE
Drei neue Scolytiden aus Sicilia
Unter den Borkenkàfern seiner Sammlung, die Herr Enrico Ragusa
mir freundlichst zur Durchsicht und Bestimmung iiberliess, fand ich
drei neue Arten aus Sicilien, deren Beschreibung ich im nachfolgenden
gebe.
1. Taphrorychus siculus n. sp.
Cylindricus, fusco-brunncus, subnitidus, longius pubescens ; prothorace lati-
tudine vix longiori, a basi ad apicem obtuse rotundato, linea media a
basi ad medium distincte laevi notato ; post medium utrinque omnino
non vel via distincte impresso; elytris cylindricis, thorace vix 1 !|, lon-
gioribus, striis punetis profundis, interstitiis subtilius notatis; declivi-
tate apicali communi in 3 et Q diverse constructa ut in bicolore, tu-
berculis non distinguendis, striis aeque ac supra notata.
3 apice circulatim plane retuso, mutico, sutura subelevata.
Q apice convere rotundato non retuso.
long. 2 mm.
hab.: Sicilia, insula mediterranea (Madonie).
specimina compluria in coll. Ragusa et in Coll Eggers.
leg. Enrico Ragusa, Palermo.
Diese Art steht unter den Verwandten dem bdicolor Herbst am
nachsten und unterscheidet sich von ihm durch die kurze glatte Mittel-
linie des Halsschildes, X%érzere Fliigeldecken, die schewdicher punctierten
Zwischenràume, den kaum wahrnehmbaren Quereindruck des Halsschil-
des. Von vélifrons Duf. und Bulmerinqui Kol. unterscheidet ihn sofort
das Fehlen der Hòckerchen am Absturz, ausserdem die meist geringere
Grosse und beim 3 die Form des Absturzes,
Il Nat. Sic., Anno XX 16
— 122 —
2. Dryocoetes minor n. sp.
Dr. villoso valde similis et affinis ; differt thorace subnitidiore , profunde
ac creberrime (sed non granulato-)punctato , linea media laevi, a basi
prope ad apicem nitida, subcarinata; stria suturali apice profundius
sulcata; corpore multo minore.
long. 2 mm.
2 specimina in coll. Ragusa.
leg. Ragusa.
Dem Mitteleuropàer wvi//osus Fabr. in Form, Sculptur und Behaa-
rung ausserordentlich Ahnlich. Er zeigt iedoch trotz zahlreicher und
starker Puncte ein etwas glinzenderes Halsschild, das nicht rauh zwi-
schen den Punkten ist. Die bei vi/losus fehlende Mittellinie hebt sich
glànzend und etwas erhéht ab. Auf den Fliigeldecken ist der Streifen
neben der Naht noch stàrker vertieft als bei vé//osus, sodass die Naht
noch mehr erhòht erscheint als bei diesem.
Die beiden Exemplare in Sammlung Ragusa sind braungelb mit
ròtlichbraunem Halsschild und vielleicht nicht ganz ausgefàrbt.
3. Thamnurgus robustus n. sp.
Elongatus , cylindricus, niger, nitidus, albido-hirtus, latitudine via triplo
longior; thoraci ovali, parce ac profunde punctato , linea media laevi
obsoleta ; elytris rugulosis, irregulariter profunde substriato-punctatis,
apice rotundato declivi, juxta suturam utrinque late sulcato : antennis
pedibusque rufo brunneis.
long. 2,5 — 3,0 mm.
hab. Sicilia (Imera, Navurra) leg, Ragusa.
4 spec. in coll. Ragusa, |1 sp. in coll. Eggers.
Gross, breit, zwischen Petzé Reitt. und de/phinii Rosenh. stehend.
Von Petzi, dem er in Grésse und Form sehr nahe steht, unterscheidet
ihn stàrkerer Glanz, das ovalere Halsschild, die nur angedeutete Mtt-
tellinie desselben und rotbraune Beine. Von de/phinii Grosse , breitere
und plumpe Form, stàrkere Punktierung und im Verbàltnis zum Hals-
schild grossere Breite der Fligeldecken.
— 123 —
Mit dem von Reitter 1906 (Nat. Sic. pag. 241) beschriebenen Czsur-
gus Ragusae enthàlt also die Collectio Ragusa 4 bisher nur aus Sicilien
bekannte Scolytiden.
Alsfeld (Hessen) Iuni 1908.
H. EGGERS.
1-—s000) le rp dor —
Aieuni Emitteri nuovi per la Sicilia
—_*—_—
'ydnus flavicornis Fabr.
Ebbi dall'amico Dott. G. Coniglio Fanales, un esemplare di questa
specie, nuova per la Sicilia; fu catturato a Caltagirone (Madonna Via),
il 1° Novembre 1906.
Gnathoconus picipes Fall.
var. fumicatus Costa
Nel catalogo degli Emitteri di Sicilia notai il picipes Fall., invece
della varietà fumicatus Costa che abbiamo in Sicilia. Ne posseggo due
esemplari, uno di Palermo, l’altro della Ficuzza (Kriiger) catturato in
Settembre.
Geocoris megacephalus Rossi
Posseggo un solo esemplare di questa specie, nuova per la Sicilia;
fu catturato a Salaparuta.
Geocoris siculus Fieb.
var. mediterraneus Put.
Posseggo molti esemplari di questa varietà che avevo coufusi nella
mia collezione con la tipica siculus. Essi provengono dalla Ficuzza (Kri-
ger) e da Caltagirone, Madonna Via, raccolti dal Dott. Coniglio Fanales
nel Luglio 1905,
— id —»
Holcocranum Saturejae Kol.
Il Dott. Coniglio Fanales in una escursione eseguita per mio conto
nella Piana di Catania, nel Novembre del 1907, catturò un esemplare
di questa specie, nuova per la Sicilia.
Heterogaster artemisiae Schill.
Ebbi dal Kriiger un esemplare di questa specie, nuova per la Si-
cilia, che egli catturò nel Giugno del 1906 a Nicolosi.
Brachyplax palliata Costa
var. linearis Scott.
Possiamo aggiungere alla palliata che conoscevamo già di Sicilia la
bella var. linearis Scott., scoperta in unico esemplare dal Dott. G. Coni-
glio Fanales, a Caltagirone l’11 Luglio 1905 (Madonna Via).
Rhyparochromus morosus Horv. nov. sp.
Posseggo un solo ‘esemplare di questa bella e distintissima nuova
specie, scoperta dal sig. Georg Kriger a Nicolosi nel Giugno del 1906.
Comunicatolo al Dott. Horvath, l’ebbi restituito con questo nome.
Icus angularis Fieb.
Altra specie, nuova per la Sicilia, che posseggo in un solo esem-
plare catturato anch’esso dal Kriiger, nel Giugno del 1906 a Nicolosi.
Tropistethus holosericeus Schltz.
var. albidipennis Horv.
Ebbi dalla Ficuzza, dal Kriger, due esemplari di questa bellissima
varietà, che cgli catturò nel Novembre 1906.
Aphanus pineti H. S.
var. confusus Reut.
Questa varietà dell'A. pineti non era ancora stata citata di Sicilia,
ia
Ne ebbi un esemplare dal Kriiger dalla Ficuzza nel Settembre 1906,
ed una nympha dal Dr. Coniglio Fanales (Caltagirone Madonna Via)
nel Luglio 1905.
Acalypta hellenica Reut.
Di questa graziosissima specie, nuova per la Sicilia, ne ebbi ceduto
un esemplare dall’amico Francesco Vitale che lo catturò a Messina.
Tingis griseola Put.
var. miscella Horv.
Kriiger catturò un esemplare di questa varietà nel Settembre 1906,
e me lo cedette per la mia collezione.
Ploiariola culiciformis De G.
Il 18 Luglio dell’anno scorso, B. Fiige catturò a Palermo, un esem-
plare di questa curiosa specie, nuova per la Sicilia.
Coranus niger Ramb.
var. femoralis Rag. var. nov.
Varia dal tipo per i femori e le tibie, macchiate di un leggiero co-
lore rossastro. Ne posseggo due soli esemplari catturati il 24 Ottobre a
Messina dal Vitale e che figuravano in collezione come C. niger Ramb.
Triphleps laticollis Reut.
Specie nuova per la Sicilia, da me. posseduta in unico esemplare
catturato dal Dott. Coniglio Fanales a Caltagirone (Madonna Via), nel
Novembre del 1907.
Phytocoris exoletus Costa
Altra specie, nuova per la Sicilia, che dobbiamo alle cacce eseguite
dal Kriiger nella ricchissima località di Nicolosi, donde possediamo tante
specie rare. Egli me ne inviò due esemplari catturati nel Giugno,
— 126 —
Megacoelum Beckeri Fieb.
Kriger catturò due esemplari di questa specie, nuova per la Sicilia,
uno a Nicolosi nel Luglio 1906, ed uno a Castelbuono nel Settembre 1907.
Calocoris ventralis Reut.
Di questa specie, nuova per la Sicilia, ne ebbi ceduti due esem-
plari dal Vitale, che li catturò a M. Albano il 2 Luglio 1905.
Calocoris sexpunctatus Fab.
var. confluens Reut.
Ebbi un esemplare, di questa varietà nuova per la Sicilia, dalla
Ficuzza, ove lo catturò il Kriger, nel Maggio.
Camptobrochis punctulatus Fell.
var. serenus Dgl.
Due esemplari di questa varietà, nuova per la Sicilia, furono cat-
turati a Nicolosi nel Giugno scorso dal Krilger, che me li cedette.
Capsus Schach Fab.
var. Novaki Horv.
Di questa bella varietà, nuova per la Sicilia, n’ebbi un esemplare
catturato nel Luglio, e cedutomi dal Kriiger.
Pilophorus perplexus Scott.
Questa elegantissima e bella specie, nuova per la Sicilia, mi fu in-
viata in due esemplari, del Dott. Coniglio Fanales, catturati, uno nel
Luglio 1905 e l’altro nel Settembre 1907, entrambi a Caltagirone (Ma-
donna Via).
Malacocoris chlorizans Fall.
Bellissima piccola specie, nuova per la Sicilia, avuta dall’ amico
— 127 -
Dott. Coniglio Fanales, in unico esemplare catturato nel Settembre 1907
a Caltagirone (Madonna Via).
Phylidea Heuschii Reut.
(femoralis Reut.)
Un esemplare di questa specie, nuova per la Sicilia, mi fu ceduto
dall'amico Francesco Vitale, che lo catturò a Scala il 14 Maggio 1904.
Psallus ancorifer Fieb.
var. fuscinervis Reut.
N’ebbi un esemplare cedutomi dal Vitale, che lo catturò a Monte
Albano nel Luglio del 1905; è una varietà nuova per la Sicilia.
Psallus diminutus Kb.
Posseggo un solo esemplare di questa specie, nuova per la Sicilia,
l’ebbi ceduto dal Vitale, senza indicazione della località, della provincia
di Messina, dove fu catturata.
Plagiognathus arbustorum F.
var. hortensis Mey.
Posseggo nella mia collezione un esemplare di questa varietà, nuova
per la Sicilia, da me catturato nelle campagne di Palermo
ENRICO RAGUSA
cappe
Oedemera caudata Seidl.
—e
Sino al 1881 si ammettevano nel sottogenere Oedemerina Costa due
sole specie, la virescens Lin. avente i femori posteriori del g° ingrossati,
e la lurida Marsh. coi femori non ingrossati: ambedue ritenute comuni
in tutta l’Italia e sue isole,
— 128 —
Nel 1881 Ganglbauer (Bert. Tab. p. 18) cita col nome di crassipes
Ab. (in litt.) una var. della lurida avente i femori ingrossati nel g° e rac-
colta nella Siria: questa figura come specie distinta nel catalogo d’ Eu-
ropa del 1891 per essere stata trovata in Grecia. Vi figura come specie
descritta dall’ Abeille, mentre più esattamente era stato il Ganglbauer
ad indicarla; ma una vera e propria descrizione che permettesse di ri-
conoscerla neppure il Ganglbauer l’aveva fatta.
Il Seidlitz nel 1890 (Naturges. Insec. Deutsch. V, p. 919) descrive
questa specie (crassipes Ab. in litt.) col nome di caudata ed afferma a-
bitare nell’ Italia, Sicilia, Sardegna, Dalmazia, Grecia ed Asia minore.
Ciò non-ostante nell’ ultimo catalogo del Dott. Bertolini si cita ancora
la virescens comune in tutta Italia e non la caudata. Il sig. Ragusa pure
nel 1898 (Nat. Sic. p. 236) cita la virescens di Sicilia, non essendo allora
stata ancor descritta la caudata; in seguito (Nat. Sic. 1907, p. 248) am-
mette la caudata senza escludere la virescens. Il sig. Razzauti (Riv. Col.
1906, N. 4, p. 114) cita dell'Isola d’Elba una Oedemera dubbia, che sa-
rebbe appunto la caudata, che io posseggo pure di Orbetello e della Ca-
labria: mentre della virescens posseggo soltanto esemplari della Valtel-
lina e della Svizzera. Credo che nell’Italia centrale e meridionale, nella
Sicilia e Sardegna non esiste affatto la virescens, ma bensì la caudata.
« Il signor Mario De Stefani l’ha raccolta nel mese di aprile sul M. Pel-
legrino e in maggio sui monti di Renda presso Palermo. È discretamente
comune ».
L'Oedemerina caudata Seid. è diversa dalla virescens per presentare
l’ultimo articolo dei palpi mascellari più largo del precedente, quasi scu-
riforme; il protorace è carenato nel mezzo nella virescens e lurida, men-
tre non lo è affatto nella caudata: le due lacinie del segmento anale
del 3° sono del doppio più lunghe che nella virescens, circa di un terzo
più lunghe che nella luriîda: il segmento anale della Q è bicarenato
nella caudata, liscio nella virescens e lurida: il pigidio della Q è molto
più lungo ed acuminato nella caudata che nelle altre due specie.
A. FIORI.
Due giorni di caccia entomologica
sulle Madonie
Un vivo desiderio di rivedere i luoghi ove avevo passato le più
belle ore della mia vita entomologica, mi spinse a scrivere all’ amico
Luigi Failla Tedaldi, per chiedergli se fosse libero e se voleva accom-
pagnarmi ad una gita sulle Madonie; avendone avuta risposta afferma-
tiva, il 4 Luglio mattino col treno delle 4, 25 partii alla volta di Castel
buono.
Dopo due ore di strada ferrata, giunsi alla stazione che porta sì
il nome di Castelbuono, ma ne dista altre due ore.
La così detta carrozza postale era pronta, e vi presi posto con altri
tre viaggiatori.
Descrivere l’indecente veicolo adamitico, sporco e scomodo che do-
veva condurmi alla mia meta, non è possibile! Fortunatamente in uno
dei viaggiatori trovai il gentilissimo e colto Capitano dei RR. Carabi-
nieri sig. Giuseppe Appelius di Livorno ; questi aveva conservato me-
moria di tutti i nomi dei lepidotteri diurni, avendone fatta raccolta da
giovanotto ; così, chiaccherando d’ entomologia, scorsero piacevolissime
quelle due ore di viaggio fatti in mezzo ad una nube di polvere, ed in
quella carrozzaccia postale.
Alle 9 in lontananza apparvero il castello, e le prime case di Castel-
buono, e con loro, il mio eccellente amico Failla che giulivo e festante,
veniva ad incontrarmi.
Presi alloggio nella locanda di Donna Stefana , sulla piazza, dove
ero stato per l’ultima volta un vent'anni fa, e dopo corsi subito a casa
dell’amico Failla, per rivedere le sue collezioni !
Il gentile permesso di appropriarmi tutte quelle specie che potes-
sero interessarmi, fece sì, che dopo tre ore avevo già riempito tre
grandi scatole di lepidotteri siciliani, frutto delle continue caccie del
mio amico nelle campagne vicine, nei boschi di Castelbuono e sulle Ma-
donie. Posso affermare di avervi fatto caccia più ricca che sulle Ma-
donie !
Alle 13 una colazione luculliana, dove la gentilissima sorella del
Il Nat. Sic. Anno XX 17
— 130 —
sig. Failla, la signora vedova Turrisi, aveva gareggiato con la figlia di que-
st'ultimo, a preparare degli intincoli, uno più saporito dell’altro, ci fece
restare per più di un’ora a lieto banchetto. Dopo il caffè tornammo su-
bito agli insetti, e questa volta, fu il turno dei coleotteri, che dalle cas-
sette della collezione Failla, passavano in quelle destinate ad arricchire
la mia raccolta, avendovi trovato quattro o cinque specie nuove per la
Sicilia !
Trovai le collezioni ben ordinate, ricche di specie rare e ben de-
terminate, col pregio altissimo di non contenere che esclusivamente
insetti di Sicilia! Le collezioni locali sono il vero e solo mezzo di po-
tere riuscire a dare all’ entomologo che le studia, la giusta idea della
fauna della regione e fargli intuire ciò che può trovare nelle contrade
già esplorate ed in quelle che non lo sono ancora!
Una lettera del sig. R. Oberthir mi aveva fatto nascere la speranza
di trovare sulle Madonie un Bupestide di Spagna, la Yamina sanguinea F.,
che vive nelle radici della EphRedia e siccome in Sicilia abbiamo una pianta
a questa analoga, la Nebrodensis, così il sig. Oberthir, mi consigliava
di ricercare quest’ insetto che si trova in Spagna nei primi d’Agosto.
Dal botanico signor Michele Lojacono, mio compagno di antiche e-
scursioni sulle Madonie, seppi che la detta pianta si trovava nella Valle
denominata Atrigni e stabilimino di andarvi.
Il giorno 5 Luglio, alle 5, una guida per portare le mie reti e sca-
tole, due mulattieri con le loro muli attendevano Failla e me, per prin-
cipiare la nostra gita. Attraversammo Castelbuono e ci diressimo a San
Guglielmo, dove ii mio amico ha un podere: ivi facemmo provviste di
mele, ciliege e piccole pere; indi attraversammo il bosco di castagneti
dove trent'anni prima, avevo scoperto nei formicai il Claviger nebroden-
sîs m., ed il Failla mi raccontava, in proposito, averne una volta trovati
sotto una sola pietra, più di ottanta esemplari. Com'’ero felice di rive-
dere quei luoghi! quanti ricordi in quelle selve solitarie, in quei taciti
recessi montani!
Era proprio qui, dove tanti anni addietro avevo cacciato in com-
pagnia del Barone Adolfo Kalcherg e poi dopo col Cav. Flaminio Baudi
de Selve e con l’amico Giacinto Gianelli!
l’ensavo chi sn oltre al Bellier de la Chavignerie se vi fosse stato
il Dott. Helfer di Praga, che soggiornò sei mesi in Sicilia nel 1833, e
se ne ritornò in Boemia, con 32.000 coleotteri e 10.000 piante!
Salivamo per i Monticelli e Piano della Noce , lasciando incolumi
centinaia di Melanargia var. Procida Hbst., Pararge Megaera L., Lycaena
— 131 —
Icarus Rott. Pyrameis Atalanta L., P. Cardui L., Vanessa Urticae L. ed
altri lepidotteri comuni.
Cominciai a battere qualche ramo d'albero e dal primo (un pero
selvaggio) mi caddero nell’ombrello due grossi bruchi di Geometra, che
già dopo due giorni si sono incrisalidati e suppongo mi daranno la Ny-
chiodes lividaria v. Bellieraria m.; caddero pure qualche Coccinella 10-pun-
ctata L., C. bipunctata L., Macroleus bimaculata Rossi, Lacnaea sexpun-
ctata Scop., Cryptocephalus tristigma Charp., Adalia a. sublunata Ws.,
Titubaea a. dispar Luc., Rhynchytes praeustus e var. Lebia v. nigripes
Dej., dei Scymnus, delle Haltiche (cinque o sei specic), dei Polydrosus,
degli Emitteri, dei Microlepidotteri , Ortotteri, Ditteri, Hymenotteri e Ra-
gni. Arrivati sul culmine della località che odorava della Artemisia cam-
pharata Vill., (della quale ogni qualvolta da Palermo guardo le Mado-
nie ricordo il grato profumo!) Qui i fiori dei cardi avevano tutti tre 0
quattro Zonabris var. lacera Kiist., e Zonitis praeusta F. e rari Clytus
arvicola Oliv. Sotto di noi era l’infinita distesa delle vallate, sull’orizzonte
la lunga catena di monti ed in fondo la linea diafana del mare; mi pa-
reva che il tempo non fosse mai passato su tutte queste cose di una
bellezza ammaliatrice che rivedevo dopo tanti anni!
Cominciammo a veder volare qualche Euch/loris smaragdaria F. e
Thalera Fimbrialis Sc., mentre a centinaia volavano le Melanargia Ja-
pygia Cyr. e Lycaena Astrarche Bg. Arrivati al Piano della Noce si scese
nella località della Ephedia Nebrodensis, ma non ci fu possibile ritro-
varla, e così abbandonatone il pensiero, continuammo a salire per giun-
gere allo Sparviero. Qui giacciono per terra vecchi tronchi di faggi e
querce che i contadini chiamano traverse e dove ci promettevamo di
fare ricco bottino di coleotteri. Difatti nei primi che esplorai trovai di
sopra la Rosalia Alpina L., che vi passeggiava maestosa facendo mostra
delle sue belle antenne, mentre sotto la corteccia, rinvenni il Ay/obius
corticalis Payk. nuovo per la Sicilia, in due esemplari, molti Philonthus
in due o tre specie, Leptacinus sp. ?, un Hylastes anch'esso nuovo per me,
disgraziatamente in unico esemplare, due esemplari di Acalles Bellieri,
Reiche, un Gnorimus v. velutinus m., Nemosoma v. siculum m., Baptoli-
nus affinis Payk., Bolitochara sp.?, un Dictyopterus rubens Gyll., Carabus
Lefebvrei Dej., Seraptia fuscula Mull., [phtimus Italicus Truqui, Helops
coeruleus L., Dorcus parallelopipedus L., Sinodendron cylindricum L., Hy-
pophloeus unicolor v. siculus Baudi, Conopalpus brevicollis Kr., Melanotus
puncticollis Bris., Morimus asper Sulz., ed altri, sull’ erba lentamente
camminava la Galeruca nebrodensis m. ed al volo presi un Aphodius v.
— 132 —
siculus Harold.. Si vedeva qualche raro Parnassius Apollo v. Siciliae
Obth. che per il pessimo terreno era impossibile inseguire. Sedemmo
sotto un gigantesco faggio. Battutene le foglie cadde un nido di cin-
gallegra con due uccellini; vi fecimo una frugalissima colazione. Ave-
vamo portato del vino, ma non dell’acqua che manca in quelle località,
e ne desideravamo ardentemente! La straordinaria siccità e l’ inverno
assai mite ci toglievano due speranze, sulle quali avevamo contato la-
sciando Castelbuono : la neve ed il latte! Quei monti che avevo sempre
trovati abitati da mandriani, erano deserti, tanto che decidemmo di
continuare le nostre caccie allo Sparviero, e poi di passare la notte sotto
quel faggio che ci aveva ospitati per la colezione.
Avevo commesso la più grande delle bestialità, ero andato in mon-
tagna con degli stivali ordinari, cosicchè il camminare mi era difficilis-
simo, il correre impossibile su quei terreni disagevoli e faticosi. Vedevo
la bellissima Gonepterya Cleopatra L., qualche rara Vanessa v. Sardoa
Stgr. delle Melitaca v. Meridionalis Stgr., Argynnis v. Cleodora O., Pa-
phia L., Pandora Schif. e ab. Paupercula m. Satyrus Circe F., S. Hermione
L., Statilinus v. Allonia F., Briseis v. major Ob., Epinephele Lycaon Rott.,
Lycaena Meleager Esp. o°, con la 2 v. Stevenii Tr., Hesperia orbifer Hb.,
Rhodostrophia var. strigata Stgr. e solo il Failla riusciva a prenderne
qualche esemplare in quel terreno tanto accidentato e poco addetto alla
caccia dei lepidotteri. Battendo i faggi volavano a dozzine le Sparta Pa-
radoraria Stgr. che anche riusciva difficile catturare.
Cercando sempre venne l’ora del tramonto e con essa, i Rhizotrogus
fuscus Scop., e dopo d’aver preso un boccone riempimmo il suolo sotto
il nostro faggio, di foglie secche, vuotammo i sacchetti ove erano ri-
posti gli utensili entomologici, anch'essi riempimmo di foglie secche do-
vendoci servire per cuscini e ci sdraiammo; siccome l’ aria era già al-
quanto pungente, i mulattieri con della legna secca accesero un immenso
fuoco e ricoperti da coperte di lana portate dall’ amico Failla stanchi
come eravamo ci addormentammo subito.
Verso le 3 antemeridiane il mulattiere rimasto con noi (uno lo a-
vevamo congedato, essendo quasi impossibile il ritornare a cavallo), si
accorse che durante la notte, il suo mulo se ne era andato, e così al
buio, col fred l», cominciò a correre per quei monti in cerca del suo
animale.
All'alba uno spettacolo, per me non nuovo, ma sempre di una gran-
diosità solenne si offrì ai nostri sguardi. Un largo nastro arancione
stendevasi in fondo all’orizzonte sullo specchio dell’azzurro mare, dietro
— 133 —
alle isole Eolie, quasi tutta la Sicilia con la sua infinita distesa di monti,
dai riflessi opalini, ci accarezzava con fascino l'occhio mentre vaporoso
lontano, lontano, appariva il Mongibello, quasi attraverso in una leggiera
nebbia azzurra !
Pochi minuti dopo sorse maestoso dalle onde marine, verso Mes-
sina, il sole, in tutto il suo splendore, illuminando debolmente prima le
cime delle catene dei monti, indi le cime delle querce e dei faggi a noi
dintorno, poi le valli, i prati, gialli di grano in ispiga, e le colline piene
di oliveti e di frassini, (gli alberi che producono la manna nella Conca
d’oro !). Sussurrii e gorgheggi di uccelli, attraversavano l’aria, vi predo-
minava il canto della pernice ed il tubare del colombo torraiolo che faceva
esclamare alla nostra guida: « Ma perchè vennero in montagna senza
fucili ?!».
Verso le 5 ricomparve il mulattiere che fortunatamente aveva tro-
vato il suo mulo! Noi intanto avevamo ricominciato la nostra caccia
dirigendoci verso i Pilati di mezzo dove catturammo un bellissimo esem-
plare di Larentia Fulvata Forst., che avevamo da principio al volo
scambiata per la Bilineata L., che con la ab. Testaceolata Stgr. cammi-
nando fra le felcie e l’urtica volava a dozzine. Si prese qualche esem-
plare della Orthostic Cribraria Hb., mentre rari Zygaena Erythrus Hb.
e Punctatum v. Italica Stgr. pesantemente volavano da un fiore all’ al-
tro. Molti Luperus Rottenbergi m. e pochi L. sulphuripes Graells , cade-
vano nell’ombrello battendo gli Acer campestris, Aceri-pseudo platani ed
i faggi.
Intanto le suole delle mie scarpe si levigavano sempre più diven-
tando sdrucciolevolissime, tanto che nel voler rincorrere un insetto, con
grande spavento del mio amico e delle guide, feci un doppio capitom-
bolo per andare poi a cadere fra le pietre! Fortunatamente mi era fatto
male solamente che al ginocchio ed alla gamba sinistra che mi face-
vano sentire un acuto dolore. Come potemmo incominciammo il ritorno
a piedi che durò un tre ore, ed a cavallo un due ore circa.
Alle prime sorgenti d’acqua (Acqua di li forgi) ne bevemmo a sa-
zietà, essendone stati privi per tante ore, ed alle 19 arrivammo, come
Dio volle, a Castelbuono; dopo aver fatto un poco di toilette, mi recai
in casa Failla, dove m’ attendeva un altro eccellente pranzo. Durante
il desinare venne al lume una Orgia Trigotephras var. Sicula Stgr. che
fu subito catturata.
Accomiatatomi, con la più sincera effusione dalla gentilissima fa-
miglia Failla, diedi un caldissimo saluto a quei luoghi cari, ricchi per
me di tanto fascino compreso solo dai cultori di Scienze Naturali!
— i3£4 —
L'indomani all’alba rifeci la strada percorsa tre giorni prima e que-
sta volta, fortuna volle che fossi solo nella carrozza postale, e così potei
distendere la mia povera gamba.
Giunto a casa chiamato il mio Dottore, il signor Pagano, il quale
dopo avermi osservata la gamba, mi fasciò il ginocchio ordinandomi ri-
poso assoluto, se volevo presto guarire di una sirnovite che mi ero rega-
lata per amore delle mie care bestioline, ad onta del mio male, ritornerò
a cacclare, e s'è possibile, con più passione !
Palermo, 8 luglio 1908.
ENRICO RAGUSA
ar EEE
Sn taluni pozzi nel calcare postpliocenico (frigidiano) di Palermo
E
sull’antica orografia del litorale di Palermo durante il frizidiano ©
ee
Avendo fatto eseguire un pozzo molto profondo nel mio podere di
Villabate, ho riscontrato delle anomalie molto importanti riguardo alla
temperatura. Ho constatato un valore assolutamente minimo per un grado
geotormico. È noto che ad una certa profondità, la quale varia per ogni
paese, si ha una temperatura costante risultante dalla media dell’anno.
Tale zona a Parigi è a poco più di 27 metri di profondità; nelle terre e-
quatoriali è a circa 6 metri. Al di sotto di tale zona la temperatura va
ovunque aumentando, ma non in tutte le contrade ugualmente. Tale dif-
ferenza dipende talora dall’influenza del calore prodotto dalle composi-
zioni e decomposizioni chimiche che subiscono le rocce superficiali della
crosta terrestre. Tal altra invece dipende dalla diversa azione del calore
delle profondità o anche delle acque termali che circolano nelle vene
delle rocce. Un valore molto piccolo si è riscontrato in una miniera di
(1) Questo nome fu da me proposto (pag. 3) nel mio lavoro « Intorno un deposito
di roditori e di carnivori pubblicati negli atti della Società di Sc. Nat. di Pisa, 1986.
— 135 —
Toscana cioè di metri 13,7. Ma questo è molto maggiore di quello da
me trovato il quale credo sia il minimo di quelli finora misurati nel mon-
do. In Prussia si ha trovato un minimo di 15 m. una media di 54 m.
Ora nel pozzo da me scavato ho constatato un aumento di temperatura
di 9 gradi in 40 metri di profondità quindi poco più di 4 m. Ma bisogna
considerare che il grado geotormico deve naturalmente misurarsi sotto
della zona a temperatura costante e non dalla superficie; quindi tale va-
lore dovrà ridursi di molto e forse non sarà maggiore di 3 metri.
La roccia soprastante è un calcare bianco postpliocenico, a grana
fitta, che negli strati superiori ha una tenacità straordinaria, sicchè per
scavarsi è necessario rompersi con mine. A circa 7 metri dalla super-
ficie comincia a cambiare di struttura e tenacità sino a diventare più giù
molto tenero, in certi punti friabile, in altri quasi terreo; sicchè è stato
necessario rinsaldare le pareti con una camicia in muratura. Alla pro-
fondità di circa 37 metri si trovano grandi massi di calcare secondario
con gran numero di fori di conchiglie litofaghe, le quali però sono state
distrutte. Tali fori sono profondi circa 12 centimetri e con un diametro
di tre centimetri. Si vedono qua e là delle sottili elegantissime incro-
stazioni di cristalluzzi che sembrano calcarei, iridati o giallastri per qual-
che inclusione ferrosa. Devo però farne l’analisi chimica. Si sente qual.
che tenue esalazione solfifera. Il calcare secondario, guardato con buona
lente appare subcristallino, cosparso di cristalluzzi e pagliette di cristalli
quasi microscopici che sembrano di calcite. Al di sotto di questi massi
calcari, evidentemente di trasporto, si trova lo strato di sabbia e are-
naria, antica spiaggia che forma ora un gran bacino acquifero. Io an-
cora non ho penetrato nel detto strato, da cui il fondo del mio pozzo non
dista che di uno o due metri. Però ne giudico dall'esame dei pozzi cir-
convicini. L'acqua è così abbondante che pompe a vapore di 40 cavalli
funzionano senza bisogno di alcun cunicolo laterale e senza far dimi-
nuire sensibilmente il livello dell’acqua.
La presenza non dubbia delle foladi e anche la costituzione geolo-
gica degli strati indicano con la maggiore evidenza trattarsi di un'antica
spiaggia,
Ora avendo esaminato la temperatura dell’ acqua dei pozzi circon-
vicini, ho notato che quelli entro una zona di circa ottocento metri più
o meno l’acqua è tepida, mentre ad una maggiore distanza è invece ab-
bastanza fredda. Quella del pozzo di Troia e di tutti quelli del paesetto
di Villabate è calda; quella del pozzo di Panzera (già Maggiore) è molto
fredda; quella dei pozzi di contrada Valloneria è pure fredda. Eviden-
temente le prime sono acque subtermali.
— 136 —
Nell’ anno scorso, quando si successero molte scosse di terremoto
nel litorale Termini-Trabia, anche Villabate ne sofferse molto; il tetto
della chiesa ne fu lesionato tanto, che pochi mesi dopo precipitò giù.
Intanto di tali scosse furono poco avvertite in Palermo. Pare quindi che
le acque del sottosuolo abbiano qualche relazione con quelle di Termini,
o per meglio dire che gli strati della crosta terrestre di quelle contrade
abbiano fra loro qualche connessione nelle fratture sottostanti per la
loro sistemazione.
Lo scoprimento di un litorale siciliano postpliocenico interno, quale
è dimostrato dai fatti sopracennati, ha avuto una conferma in altri fatti
analoghi da me notati. In un pozzo profondo di contrada Barzellino
presso Petrazzi fatto eseguire da mio padre, riscontrai lo stesso fatto, cioè
di blocchi di pietra calcarea forata dalle foladi. Nei pozzi profondi poi
di Pietrazzi sotto il calcare postpliocenico si trova un grande strato di
sabbia con specie marine postplioceniche, in mezzo al quale ho trovato
straterelli di argilla con piccole spire /ocustrì di acqua dolce, segno evi-
dente che si tratta di una zona littoranea. Anche nei pozzi di Cattaneo
(contrada Pietrazzi) è evidente la presenza di una spiaggia. Ho trovato
dei resti di Balena evidentemente colà naufragata. Dunque è chiaro che
in un’epoca più antica dell'ultima epoca postpliocenica, ossia più antica
dell'ultima epoca frigidiana, la spiaggia del golfo di Palermo s’internava
di molto, sino proprio ai monti di Billiemi e di Gibilfunnu e di Santa
Rosalia e sino alla Montagna Grande di Misilmeri. Io ho già dimostrato
tal fatto: (Un deposito di Roditori e Carnivori», p. 9, 1886).
Ora nasce spontaneo il dubbio : tale spiaggia costituisce il distacco
tra il postpliocene? appartiene forse al mare Astiano ? La risposta è de-
cisamente negativa. Si tratta sempre del frigidiano ossia piano siciliano.
Infatti questo ebbe una lunghissima durata e depose delle rocce di una
grande potenza. È evidente però che durante il detto periodo vi fu per
un lasso di tempo una sosta di stabilità durante la quale il mare ar-
rivava al livello della spiaggia indicata dai detti pozzi. Posteriormente
il litorale andò sommergendosi. Il mare occupò la spiaggia e dette luogo
alla formazione degli strati superiori; esso pervenne in tal guisa al li-
vello delle grotte che fiancheggiano tutte le nostre montagne.
Sono notevolissime le grotte del fianco di Catalfano che guardano
il mare e hanno uno riscontro con quelle di Montepellegrino dal ver-
sante di nord-est, come pure con quelle della montagnola di S. Rosalia
e di S. Ciro, la quale linea di grotte parmi segni con la maggiore cer-
tezza il livello del mare frigidiano,
Do Re
Ritengo quindi che il littorale del golfo di Palermo fu stabile per
un certo tempo quando la spiaggia si stendeva sotto gli alti pozzi da
me esaminati, poi si abbassò sino al livello delle grotte e quindi ebbe
un periodo di stabilità durante il quale il mare erose la roccia e formò
le dette grotte. Quindi cominciò ad emergere e si ridusse al livello at-
tuale.
Tenuto conto che la roccia estratta con le mine dal fondo del porto
di Palermo appartiene allo stesso frigidiano come ho io constatato, cal-
colo ad occhio e croce che la roccia di tal periodo deve avere uno spes-
sore superiore a 200 metri.
Il livello dell’ antica spiaggia ossia quello del mare del frigidiano
dovea essere circa cento metri più in alto di detta spiaggia. Infatti la
roccia di tale periodo si eleva di molto in contrada Barzellino come lo
attestano i pozzi scavati, come pure nel versante nord est di Montepel-
legrino.
Se rimontiamo ad un’epoca ancora più antica cioè al vero pliocene
astiano che è così ben rappresentato in Sicilia, troviamo che le sue
rocce si trovano ad altezze molto più considerevoli. Credo superino a
700 metri. La formazione più caratteristica che ho esaminato è quella
di Monte Lauro ove ho constatato delle argille marnose fossilifere me-
tamorfosate dalle larve. Importante di molto è pure il deposito conchi-
glifero di Nissoria da me scoperto. Durante il pliocene buona parte del-
l’isola era sommersa. Dopo il detto periodo, cioè durante il postpliocene,
cominciò ad emergere, mentre le onde del mare e i fiumi torrenziali
corrodevano e disfacevano in parte gli strati pliocenici e arricchivano
di carbonato di calce il mare postpliocenico. Il suolo di Sicilia continuò
ad elevarsi finchè il mare si trovò al livello della spiaggia sottostante
ai pozzi di cui ho parlato di sopra. Quindi ebbe un periodo di sorta;
di seguito al quale cominciò ad abbassarsi e a sommergersi fino alla
linea delle grotte e ancora un poco più in sù. Vi fu un periodo di sosta
poscia ricominciò a sollevarsi di nuovo, e quindi il mare cominciò a
retrocedere sino al limite attuale.
A giudicare dall’ enorme spessore della roccia del frigidiano deve
con sicurezza supporsi che dei fiumi riversavano enormi quantità di
questa sostanza, la potenza infatti dei nostri calcari è grandissima; il
fondo del porto di Palermo e di tutta la valle della conca d’oro è oc-
cupato dalla detta formazione.
Non ridirò qui tutte le ragioni che militano per farci ritenere che
la Sicilia avea delle comunicazioni con l’Africa come lo attestano molte
** Nat. Sic., Anno XX 18
— 138 —
specie quaternarie di tipo evidentemente africano. Anche in epoca re-
lativamente vicinissima, (contemporanea o quasi contemporanea alla
comparsa dell’ uomo) grandi modificazioni ha subito la conformazione
orografica non dico della Sicilia ma dall’intero Mediterraneo.
In vero se diamo un occhio ai depositi astiani di Sicilia li troviamo
disseminati in grandi lembi disparati qua e là. Onde è bene a supporre
che la Sicilia fosse in parte emersa e che tali lembi fossero dei golfi
o seni di mare.
È a credere che grandi erosioni siano successe e che il disfacimento
di esse rocce abbia servito per la formazione del postpliocene il quale
non solo è molto sviluppato sovrattutto nelle spiagge di Sicilia, ma for-
ma in gran parte tutte le rocce dei bassi fondi del mare limitrofo.
Sarebbe entrare nel regno delle ipotesi voler tracciare una storia
altimetrica della Sicilia durante le varie epoche geologiche. Però l'essere
gli altipiani delle Madonie cosparsi di lembi non dubbi numulitici ci di-
mostra che la Sicilia, o per meglio dire quella catena montuosa giaceva
nel periodo eocenico più di due mila metri (forse tremila) più in basso
che adesso.
Ma non riandando tempi così remotamente antichi (che del resto
sono pure recenti rapporto alle vetuste epoche geologiche) e ritornando
a quelli molto più vicini ai nostri, cioè del frigidiano, da quel che ho
detto di sopra è chiaro che nell’ ultima fase di esso molte oscillazioni
subì la nostra terra. Nel primo periodo frigidiano era, io calcolo 100
metri più bassa di adesso ed ebbe un periodo di stabilità durante il
quale si formò la spiaggia luogo la base dei monti (pozzi Pietrazzi, Vil-
labate etc. Ciaculli) poi si andò sprofondando per circa 100 metri, ed
ebbe un altro periodo di stabilità segnato dalla linea delle grotte delle
montagne. Quindi ebbe principio un periodo di sollevamento che mi pare
segni la fine del frigidiano e il principio del quaternario propriamente
detto durante il quale si formarono i depositi lacustri e di travestino,
e i depositi quaternari ossiferi (Puntali, S. Ciro, Carburanceli).
Come si spiega la quantità di ossami accumulati in tanta quantità
in date grotte ? 1° Dal fatto che anche attualmente i grossi mammiferi
sogliono vivere a grandi branchi consociati. In Africa attualmente an-
che si scoprono dei cimiteri di elefanti. 2° Dall’essere stata la morte di
essi forse prodotta da inondazioni che li ricacciarono verso dati siti ove
soleano più di sovente bazzicare. 3° Dal fatto che il quaternario ossifero
è stato in gran parte corroso e asportato dalle acque, sicchè ove è ri-
masta la roccia quaternaria abbondano i resti ossiferi; ove questa è
— 139 —
stata asportata mancano. Il periodo quaternario segna un elevamento
grande di temperatura in Sicilia che favorì la diffusione degli elefanti
e degli ippopotomi. Io credo che l’uomo preistorico sia comparso durante
tale periodo ; forse anzi nella epoca ultima di tale periodo. I depositi
marini a Patella ferruginea e Strombus Sferracavallensis di Sferracavallo,
da me sommariamente descritti, devono con probabilità ascriversi al
quaternario piuttosto che al frigidiano, essi hanno trovato uno riscontro
in altri siti del littorale mediterraneo e mi pare che rappresentino una
zona intermedia tra il frigidiano e il quaternario, ovvero anche più pro-
babilmente l’inizio del quaternario, cioè che siano contemporanei ai de-
positi ossiferi di grandi mammiferi e ai depositi preistorici, tra i quali
si trova del resto in quantità considerevole la stessa specie di Patella,
la quale formava uno dei principali alimenti di quegli antichi nostri
predecessori, come è attestato evidentemente dai vasti depositi delle
grotte di Monte Pellegrino e di Sferracavallo.
MARCH. A. DE GREGORIO.
——=e=%=—
NOTE LEPIDOTTEROLOGICHE
Lycaena Meleager Esp.
ab. © Steevenii Tr.
Failla nel suo Materiale per la Fauna Lopidotterologica della Sici-
lia (1) citando questa specie alpina non disse di possederne il solo c*,
mentre poi della ab. O Stevenii dice: « Nella nostra collezione abbiamo
soltanto la Q».
In Sicilia la Me/eager ha tutte le 99 intieramente oscure, mancando
assolutamente la Q tipica.
Cosicché nelle nostre collezioni bisognerà notare i S'od° come Ly-
caena Meleager Esp. e le 29 come Lycaena ab. Stevenii Tr.
(1) Nat, Sic. Anno VII-VIII, pag. 28.
— 140 —
Coenonympha Corinna Hb.
var. Lefebvrei Ragusa var. nov.
Failla nei suoi Materiali per la Fauna Lepid. della Sicilia disse che
questa specie fu riportata erroneamente dal Costa che figurò il Fam-
philus L. nella sua Fauna di Sicilia, per Corinna Hb. e poscia dal Minà
Palumbo e dallo Staudinger, e che doveva escludersi dalla Sicilia.
Avendomi scritto il sig. René Oberthiir di possedere questa specie
di Sicilia, lo pregai di comunicarmela; e difatti egli gentilmente mi spe-
diva l’unico esemplare da lui posseduto, con l’etichetta: « Ex Musaeo Ach.
Guénée , belle variété prise en Sicile par Mr. Lefebvre» accompagnato
con una lunga lettera, dalla quale riguardo a questa specie, tolgo il pe-
riodo seguente:
« La collection de mon frère Charles renferme environ 100 exempl.
de Corinna, tous de Sardaigne et de Corse (il ne possede pas el/bana Stgr.),
mais tout porte à croire que le specimen qui porte une etiquette Sticàle
écrite par Guénée avec des détails bien net, est exacte. D’un autre còté
aucun Corinna ne se rapporte à cette forme que je vous communique
aujourd’hui.
«Il ne serait pas surprenant qu'elle fàt localisée en Sicile, car com-
bien de temps à-t’on supposé que Arthocaris Damone n’était pas réelle-
ment une espèce de votre faune !
« Serait ce la forme E/bana, que mon frère ne possede pas? Stau-
dinger dit « linea argentea latiore » ce qui ne semble pas étre exacte en
ce cas. Quoiqu’il en soit je constate que la var. Austanti Obth. est à Dorus
tout à fait ce que ce spécimen de Sicile est à Corinna de Corse ».
. Ed è realmente una bella varietà della Coenonympha Corinna Hb.;
che si distingue dagli esemplari che posseggo di Sardegna e Corsica (non
conosco l’Elbana Stgr. dell’isola d’ Elba), per il disopra delle ali quasi
consimili ad una Coegonympha Pamphilus L., per il colorito chiaro di
tutte le ali, meno il bordo oscuro più esteso, delle ali inferiori.
Il di sotto nell’esemplare siciliano è assai diverso; le. ali superiori
hanno l’occhio tanto grande, quanto è il cerchio più chiaro negli esemplari
della Sardegna e Corsica; ciò che vuol dire del doppio più grande, le
ali inferiori hanno l'occhio apicale, anche del doppio più grande, che
negli esemplari non di Sicilia, con i quattro occhi più piccoli, anch'essi
del doppio più grandi e ben marcati, mentre negli altri, tendono a
— 141 —
scomparire, ed in alcuni esemplari si riducono a soli due o tre. La mac-
chia basale oscura, che si estende alla fascia più chiara, quasi bianca,
(negli esemplari di Sardegna è un poco più accentuata che in quelli di
Corsica), scompare totalmente nell’ esemplare siciliano, che è tutto uni-
colore, meno la fascia biancastra, ed uguale al di sotto delle ali su-
periori.
Non può essere la forma ZE/bana, giacchè lo Staudinger dice: « al.
post. supra (caeco)-ocellatis, subt. obscurioribus ».
È certamente una caratteristica bellissima varietà, per la quale
propongo il nome di Lefebvrei, in onore di chi la scoprì in Sicilia.
Bisognerà ora assolutamente riprenderla e ritrovare la località dove
fu catturata, che io suppongo debbano essere i boschi di Sperlinga, dove
nessun entomologo dopo il Lefebvre ha più cacciato !
Drymonia Querna F.
Debbo, il solo esemplare 7 da me posseduto, di questa specie nuova
per la Sicilia, all'amico Luigi Failla Tedaldi che lo catturò nel Giugno
dell’anno scorso a Castelbuono.
Pterostoma Palpina L.
Scoperta in Sicilia dal sig. Albert Faller di Freiburg (Baden) dal
quale ne ebbi due esemplari dd, da lui catturati a Taormina, nel Giu-
gno scorso alla lanterna.
Stilipnotia Salicis L.
Interessante scoperta fatta dal sig. Kriger, dal quale ebbe spediti
l’anno scorso, cinque bruchi trovati alle falde meridionali dell’ Etua in
contrada S. Leo a 1500 m. sul livello del mare. Detti bruchi appena ri-
cevuti s'incrisalidarono per darmi pochi giorni dopo due g'o° e tre QQ
conformi a quelli tanto comune sul continente.
Eriogaster Rimicola Hb.
Posseggo quattro esemplari 7g, di questa specie, nuova per la Si-
cilia, essi furono catturati nel Novembre scorso a S. Guglielmo, presso
Castelbuono, dal sig. Luigi Failla Tedaldi, che me li cedetti.
— 142 +
Thalpochares Candidana F.
Questa specie fu citata per la prima volta di Sicilia (Ficuzza), dal
conte Emilio Turati in questo periodico. Ne posseggo anch’ io ora un
esemplare preso dal Fige alla Favorita, presso Palermo, il 29 Giugno
dell’anno scorso.
Hybernia Marginaria Bkh.
var. Gigantea Ragusa var. nov.
Possedevo già questa specie di Sicilia in esemplari (un g° e 2 99)
simili a quelli del continente. Ne ho ora ricevuto un esemplare d' del
doppio più grande. Esso fu catturato da Luigi Failla Tedaldi a S. Gu-
glielmo nel Febbraio scorso. Il conte E. Turati, al quale lo comunicai,
mi scrisse di possederne un esemplare ideutico al mio, preso nel 1905
dal Kriiger alla Ficuzza.
Anisopteryx Aescularia Schiff.
Specie nuova per la Sicilia, presa in un solo esemplare dal signor
Luigi Failla Tedaldi, a S, Guglielmo il primo Marzo scorso, esso gen-
tilmente volle cedermelo.
Phigalia Pidaria F.
var. Sicanaria Ragusa nov. var.
Altra varietà di specie, nuova per la Sicilia, catturata in due e-
semplari 70 da Luigi Failla Tedaldi nel Febbraio u.s. a S. Guglielmo,
ed a me ceduti.
Il conte Emilio Turati al quale la comunicai mi scriveva « Bellis-
sima varietà, molto più verde e colle macchie più confuse degli esem-
plari della Germania ».
Difatti anch'io posseggo degli esemplari di questa specie della Ger-
mania (Dortmund 2 373) e fanno un'impressione assai diversa, sono as-
sai più chiari, e là sulle ali dove mancano i disegni oscuri, hanno una
tinta che dà nel giallognolo, mentre gll esemplari siciliani, alquanto più
grandi di quelli della Germania, hanno le macchie più dilatate di un
verdastro oscuro, talmente ben accennate, da farne una varietà nuova
che ho posta nella mia collezione sotto il nome di var. Sicanaria m,
— 143 —
Pseudohadena Chenopodiphaga Rbr.
È interessantissimo l’ essersi trovata in Sicilia questa specie della
quale ebbi un esemplare dall’ amico Luigi Failla, preso a S. Guglielmo
nell’Aprile scorso.
Sesia Corsica Stgr.
Il Conte Emilio Turati mi aveva scritto avere avuta questa specie
dalla Sicilia dal Kriiger e che gentilmente me ne riservava per la mia
collezione.
Ora ne ho avuto un esemplare dal sig. Albert Faller che la cat-
turò a Taormina, nella metà del Giugno scorso.
Crambus Desertellus Ld.
Posseggo molti esemplari, di questa specie nuova per la Sicilia, essi
furono catturati alla Favorita l’anno scorso nel mese di Ottobre dal sig.
Fiige, ed uno a Licata nell’Agosto dal prof. Filippo Re.
Crambus Cyrenaicellus Rag.
Ebbi uno splendido esemplare di questa specie, nuova per la Sici-
lia, dal mio amico il prof. Filippo Re che lo catturò a Licata. È assai
interessante lo aver trovata questa specie africana da noi!
Ancylolomia Disparella Hiibn.
Secondo il sig. J. de Joannis (1) la A. contritella Z., la A. hipponella
Ragonot e la A. disparella Hiibn. sono tutte e tre la stessa specie, che
per dritto di priorità deve portare quest’ultimo nome.
Delaharpe citando questa specie di Sicilia (2), fra tre 797° che pos-
sedeva ne cita uno più oscuro ch'esso riportava all’A. tentaculella Hb.
dicendolo uguale alla fig. 357 del Hùbner, che è invece il vero e del-
l'A. disparella Hb.
(1) Bul. Soc. ent. Fr. 22 aprile 1908, p. 145-150.
(2) Bul. Soc. Vaudoise de Sc. Nat., t. VI, 1861,
— 144 —
Nel mio catalogo dei Lepidotteri di Sicilia, ho citato la A. tentacu-
lella Hb. e la A. contritella Z., ma non come da me posseduti, mentre
ho molti esemplari della disparella Hb.
Ephestia Figulilella Grag.
Specie nuova per la Sicilia da me posseduta in pochi esemplari
presi dal Fiige alla fine di Giugno 1907 alla Favorita, ed a Licata dal
Prof. Filippo Re in Agosto.
Ephestia Cautella Wlk.
Fiige catturò un esemplare di questa specie, nuova per la Sicilia,
ai Rotoli presso Palermo il 6 Ottobre dell’anno scorso.
Metallosticha Nigrocyanella Const.
Posseggo un solo esemplare di questa specie nuova. per la Sicilia
e l’ebbi anni or sono dall’ amico Failla Tedaldi che lo catturò presso
Castelbuono.
Bradyrrhoa Seniella Stgr.
Specie nuova per la Sicilia catturata in un solo esemplare dal Fiige
il 27 Giugno dell’anno scorso alla Favorita presso Palermo.
Megasis Dilucidella Dup.
var. Iliguella L.
Ebbi tre esemplari di questa specie, nuova per la Sicilia, dal mio
carissimo amico il Prof. Filippo Re che li catturò nell’Agosto a Licata.
Salebria Albariella L.
Posseggo un esemplare di questa specie, nuova per la Sicilia. Fu
preso nei dintorni di Palermo.
Salebria Formosa Hw.
Fiige allevò dei bruchi, dei dintorni di Palermo, di questa specie
nuova per la Sicilia, e ne ottenne due esemplari il 10 Giugno dell’anno
scorso, che fanno parte della mia collezione.
— 145 —
Salebria Brephiella Stgr.
Posseggo molti esemplari di questa specie, nuova per la Sicilia ,
essi mi furono ceduti dall'amico carissimo Luigi Failla Tedaldi, che li
catturò a S. Guglielmo nel Maggio e Giugno, ed un esemplare preso alla
Favorita nel Giugno scorso dal Fiige.
Rhodophoea Dulcella Z.
Fiige catturò questa specie, nuova per la Sicilia, in unico esem-
plare il primo Ottobre 1907 al Cimitero dei Rotoli, presso Palermo.
Scoparia Frequentella Stt.
E nuova per la Sicilia, e ne posseggo due esemplari catturati nelle
vicinanze di Palermo.
Pyrausta Incoloralis Gn.
Posseggo due soli esemplari di questa specie, nuova per la Sicilia,
li ebbi dal prof. Filippo Re, che li catturò a Licata nell’Ottobre.
Orneodes Hùbneri Wallgr.
Specie nuova per la Sicilia, da me posseduta in unico esemplare
dei dintorni di Palermo.
Conchylis Chamomillana HS.
Posseggo un bellissimo e grande esemplare di questa specie, nuova
per la Sicilia, catturato dal sig. G. Kriiger alla Ficuuzza il 10 Maggio
due anni or sono.
Tortrix Conwayana F.
Specie non ancora citata di Sicilia, benchè comune a Mondello presso
Palermo dalla metà di Maggio alla metà di Giugno dove ne catturai
molti esemplari assieme al sig. Fiige.
Il Nat. Sie., Anno XX 19
— 146 —
Steganoptycha Minutana Hb.
Ho preso questa specie, nuova per la Sicilia, dalla metà di Luglio
in poi a Palermo ed alla Favorita. Gli esemplari variano alquanto fra
di loro.
Semasia Aemulana Schlig.
Specie nuova per la Sicilia da me posseduta, in unico esemplare
preso il 2 Luglio 1905 alla Ficuzza.
Grapholitha Succedana Frod.
var. Ulicetana Hw.
L’anno scorso in Luglio, Fiige mi catturò un esemplare di questa
varietà, nuova per la Sicilia.
Cerostoma Lucella F.
Questa specie, nuova per la Sicilia, non è rara alla Ficuzza nei
primi di Luglio, ed io ne posseggo qualche esemplare.
Gelechia Mulinella Z.
Di questa specie, nuova per la Sicilia, Fiùge me ne catturò un e-
semplare alla Favorita presso Palermo, 1’11 di Ottobre dell’anno scorso,
Endrosis Lacteella Schiff.
È nuova per la Sicilia, e la posseggo in unico esemplare, catturato
dal Fiige ai Rotoli presso Palermo, il 27 Settembre dell’anno scorso.
Apatema Fasciata Stgr.
Questa specie fu descritta come a. medio pallidum Wlgm. dalla
Corsica , indi fu posta in sinonimia della Hypatina fasciata Std. ma è
nel genere Apatema che va collocata. È nuova per la Sicilia, dove fu
scoperta, il 10 Settembre dell’anno scorso, alla Favorita presso Paler-
mo, dal Fiige, in due esemplari.
een
— 147 —
Pleurota Aristella L.
Altra specie, non ancora citata di Sicilia, che non è rara alla Fa-
vorita e Mondello, presso Palermo, nel Maggio e Giugno. Ne ho qualche
esemplare catturato l’anno scorso dal Fiige.
Depressaria Alstroemeriana CI.
Distintissima e bella specie, nuova per la Sicilia, da me posseduta
in unico esemplare dei dintorni di Palermo.
Borkhausenia Lunaris Hv.
Posseggo un solo esemplare di questa specie nuova per la Sicilia,
l’ ebbi gentilmente donato dal Dott. Giacomo Coniglio Fanales che lo
catturò a Caltagirone.
Coleophora salicorniae Hein-Wek.
Altra specie nuova per la Sicilia da me posseduta in un solo esem-
plare catturato a Licata dal Prof. Filippo Re, che gentilmente me lo
cedette.
Tinea Infuscatella J. Joan.
Questa specie è nuova per la Sicilia e per la fauna d’Europa. Essa
fu descritta d’Algeria (Philippeville) nel 1897. Il bruco rode le corna di
animali morti.
Ne posseggo un solo esemplare catturato, che comunicatolo all’Illu-
strissimo sig. J. de Joannis fu da questi identificato per la specie da
lui descritta.
Micropteryx Isobasella Stgr.
Posseggo quattro esemplari di questa specie, nuova per la Sicilia,
furono catturati dal Fiige, alla Favorita presso Palermo, dal 1° all’ 8
Aprile dell’anno scorso.
ENRICO RAGUSA,
— 148 —
Ultima lettera di Rodolfo Amando Philippi a me
diretta ed eleneo dei suoi lavori sceientifiei
riguardanti la Sicilia e le adiacenze di essa.
—_—_0@-@e-__
Una delle vite più nobilmente spese, è stata senza dubbio quella
del celebre Rodolfo Amando Philippi. Egli nacque nel 1808 in Char-
lottenburgh. Ammalato gravemente di emottisi fu mandato dai medici
in Sicilia nel 1835. Egli qui, mentre ristorava la sua malferma salute
col nostro clima saluberrimo, attese alacremente alla illustrazione delle
faune malacologiche viventi e fossili di Sicilia e pubblicò due volnmi
che sono opera veramente classica, consultata in tutti i tempi dai zoo-
logi e paleontologi. Nel 1902, nei Nuovi Annali di Agricoltura diretti
dal prof. Alfonso, pubblicai un articolo col titolo : « Uno dei più antichi
e celebri illustratori dei molluschi di Sicilia», nel quale io così mi e-
spressi: « È davvero stupefaciente la saldezza adamantina di tale tempra
« di uomo che dopo tanto e tanto volgere di anni continua a tenere
«alto lo stendardo della scienza e attraverso il lungo fluttuare tempe-
« stoso della vita, qual faro torreggiante, continua a spandere luminosi
«raggi. Da questa terra che lo accolse ospite illustre settantuno anni
« addietro e che col suo dolce clima gli ridonò la salute, da questa terra
« ch’egli tanto predilesse e illustrò con tanto amore e tanta scienza, gli
« pervenga gradito il saluto cordiale plaudente ».
Il mio articolo fu riprodotto nella « Cronaca della civiltà elleno la-
tina » (Roma 15 fase. 1902) e nel dotto libro edito nel 1904 in Santiago
(Chilì) dal sig. Bernardo Gotschlich, libro che ben merita di esser letto
racchiudendo utili notizie e interessanti particolari della vita del dottis-
simo scienziato tedesco.
Credo far cosa grata ai lettori riportando l’ultima lettera manda-
tami da Philippi il 3 agosto 1903 da Santiago:
« Votre aimable lettre et les ouvrages intéressants que vous avez
«eu la bontè de m’envoyer m’ont fait le plus grande plaisir du monde
«et cela par plusieurs raisons : en premier lieu par l’intérét qu’ils ont
« pour la science, en second lieu parce qu’ils ont rappelé dans ma mé-
« moire mon séjours dans la Sicile. J'étais bien jeune alors, quand je vi-
« sitai cette belle île en 1830 la parcourant (avec mes deux amis le pro-
— 149 —
« fesseur Hofmann qui a pubblié la carte géologique de l’ìîle et Arnold
« Escher, (depuis professeur de Minéralogie et de géologie dans l’Univer-
« sité de Zurich) è pied au grand étonnement des Siciliéns depuis le
« Septembre jusqu'au printemps de 1832. J'étais bien jeune alors et ce
«temps a été peut étre le plus heureux de ma vie, et aujourd’ hui.....
« je vais achever ma 93"° année. Heureusement aussi sain et vigureux
«comme peuton le désirer dans un àge si avancé, assez sourd et un
« peu aveugle de manière à ne pouvoire plus lire ni écrire, ni dessiner
«et cependant ayant toujours envie de travailler.
«J'ai visité la Sicile une seconde fois dans le printemps de 1839,
« me limitant alors à etudier A Palermo les animaux marins. Ce second
« voyage fut motivè par l’état de ma santé. Le médecin m'’avait envo-
« yait en Italie pour y mourir; mais je ne lui ai fait ce plaisir. Ils avaient
« tous cru que j'avais une phtisis du larinx incurable. Votre lettre a fait
« renaître dans ma mémoire beaucoup de choses que j' avais crues ou-
« bliées. Les personnes che j'y ai connues et dont je pus admirer les
« excellents qualités, hélas; son tous morts. Mais l’ aspect de beaucoup
« d’endroits de l’île me reste vif par le nombreux vus que je pris.
«Où vont mes pensées? Pardonnez moi si j'ai peut étre abusé de
« votre patience. Je termine ici; je vous prie seulement d’accepter mes
« meilleurs hommages et remercîements ».
Questa lettera di carattere intimo e suggestivo sarà certamente letta
con sommo interesse da tutti i naturalisti siciliani. Philippi fu vera-
mente un sommo scienziato nel più alto senso della parola. Instancabile,
operoso, innamorato della prodigiosa varietà degli esseri organici e della
multiforme venustà dei vari tipi, non si limitò allo studio di una sem-
plice branca dello scibile, ma procurò abbracciarne una grande parte.
Di alte vedute, non riconobbe per patria che il mondo. Fu così, ch'egli
non studiò con minore amore la Sicilia che la sua stessa patria, nè con
minore zelo e affetto attese alla illustrazione del Chili sua terza patria
adottiva.
Egli nacque il 14 settembre 1808 da Guglielmo Eberardo Philippi
capitano dell’esercito prussiano nella campagna napoleonica del 1813-14.
A dieci anni fu mandato dal padre nello istituto di Pestalozzi in Yverdon
in Isvizzera nel lago di Neuchatel. Entrò nell’ Università di Berlino il
1826 e prese la laurea in medicina il 1830 con una dissertazione sugli
ortotteri. Morì in Santiago del Chili il 23 luglio 1904 nell’età di 96 anni
circa, undici mesi dopo di avermi scritto la lettera sopra riportata. Egli
scrisse 358 memorie scientifiche di cui ne lasciò 38 inedite.
Delle opere da lui pubblicate quella che senza confronto è per noi
la più interessante è la illustrazione dei Molluschi di Sicilia. Sono due
volumi con bellissime tavole notissimi a tutti i cultori di scienze (Enu-
meratio Molluscorum Siciliae con 21 Tav. Berlino 1830.—Vol. 2 con 22
Tavole, Berlino 1844). Però oltre del detto lavoro, Philippi pubblicò molte
note e memorie nelle quali si parla di specie siciliane o di argomenti
che ci interessano da vicino. Tali lavori sono pochissimo noti ed è molto
utile darne un elenco perchè possano essere riscontrati e studiati da co-
loro che si occupano di analogo subbietto.
Sui coralli di Sicilia osservati durante gli anni 1830, 1832, 1837.
Sicilia e Calabria nel decennio 1830-39 (Berichte des Vereins fir Natur.
Cassel 1903).
Supplemento al secondo tomo Enum. Moll. Sicil. 1844 (Zeitschitt fiir Ma-
lacozoologie). In detto periodico si trovano varie memorie 1844-
1851 su conchiglie viventi e terziarie.
Solenomya mediterranea (Wiegmans Archiv. fir Naturgeschichte) 1835.
Sopra la flora sicula paragonata con quella di altri paesi (idem) 1836.
Animali marini della costa di Napoli (idem) 1839, 1840.
Sopra il genere Clavagella, Zoe e Paguri (idem) 1840.
Copepodi del Mediterraneo (idem) 1843.
Sopra alcuni animali marini del Mediterraneo (idem) 1840.
Comparazione della fauna malac. del Mediterraneo con altre faune e
con fossili terziari (idem) 1844.
Osservazioni sul genere serpula (idem) 1843.
Delfino dello stretto di Messina (idem) 1846.
Resti fossili submarini di Pozzuoli e Ischia 1837 (Neues Jahrbuch der
Miner.).
Ultima creazione del Vesuvio (idem) 1841.
Proporzione tra le conchiglie viventi e fossili ter tert. Sicilia (idem).
Sul genere Cyclopsina Eurythee, Idomene) Wiegmans Arch. Berlin) 1843.
— ibi —
Sopra la fauna dei Molluschi della baia Italia (idem) 1844).
Picnogonidi napolitani (idem) 1843.
Comparazione della fauna malacologica del Mediterraneo con altre faune
e con conchiglie fossili terziari (idem) 1844.
Resti subfossili di animali marini di Pozzuoli e Ischia (Neue Jahrbuch
Min.) 1837.
Sopra l’ultima eruzione del vesuvio (idem) 1837.
Sopra il Polliceps carinatus (idem) 1846.
Rapporto tra le conchiglie viventi e fossili o scomparse nei terreni ter-
ziari di Sicilia 1837-1846.
Dati geognostici di Calabria 1845-46.
Ecmedus e Phyllodes due nuovi coralli fossili siciliani 1837-46.
Clypeaster altus e altri congeneri 1837-46.
Specie petrificate viventi nel terziario d’Italia 1837-46.
Alecto alticeps nuova comatula terziaria di Palermo 1837-46.
Ho spigolato tra le sue numerose pubblicazioni quelle che più ci
possono interessare. Quelle riguardanti il Chili sono numerosissime e di
grande importanza scientifica; però per noi ne hanno minore, attesa la
grande distanza e diversità delle faune. Chi desidera conoscerle può per-
correre il dotto libro del sig. Gotschlich sopra citato.
MARCH. ANTONIO DE GREGORIO
-__—_ ___ Med ______
COLEOTTERI NUOVI 0 POCO CONOSCIUTI
DELLA SICILIA
di ENRICO RAGUSA
(Cont. ved. N. preced.)
Trogophloeus hirticollis Rey.
Posseggo un solo esemplare di questa specie, nuova per la Sicilia;
lo catturai nel Febbraio all’Oreto, molti anni or sono, e l’avevo in, col,
— 152 —
lezione sotto il nome di dilatatus Er. Bisognerebbe vedere se il dilatatus
citato dal Rottenberg sia pure questa specie.
Platystethus Burlei Bris.
var. Luzei Bernh.
Posseggo un esemplare di questa varietà, nuova per la Sicilia, cat-
turato nei dintorni di Palermo; l’ebbi determinato dallo stesso Dottore
Bernhauer.
Stenus capitatus Epp. (1)
Specie notata nel nuovo catalogo come di Sicilia catturata in u-
nico esemplare dal Fùge il 27 Gennaio dell’anno scorso alla Ficuzza.
Xantholinus relucens Grav.
Nella mia ultima escursione sulle Madonie catturai dentro il fraci-
dume di un grosso acero che giaceva al suolo, allo Sparviero, un esem-
plare di questa specie, nuova per la Sicilia.
Quedius curtus Er.
Oltre la varietà coeruleipennis Fauv., da me già annunziata, pos-
seggo pure due esemplari della specie tipica, che catturai alla Ficuzza
ed uno ne ebbi da Caltagirone (Madonna Via) dall’egregio Dottore Co-
niglio Fanales, che lo catturò il 4 Ottobre 1905.
Quedius ochripennis Men.
var. nigrocoeruleus Fauv.
Avendo catturato sulle Madonie, allo Sparviero, un altro esemplare
di questa bella varietà, mettendola in collezione, mi sono accorto di a-
vere errato nel mio catalogo ragionato dove la citai, come varietà del
fulgidus F. mentre lo è dell’ockripennis,
(1) Vedi Nat. Sic. XIX, pag. 245.
— 153 —
Quedius fulgidus F.
var. depauperatus \Woll.
Posseggo un esemplare di questa varietà, nuova per la Sicilia, de-
terminatami dall’ illustre Dottore Bernhauer. Fu catturato nei dintorni
di Palermo.
Quedius fuliginosus Grav.
Altra specie nuova per la Sicilia, da me posseduta in unico esem-
plare. L’ebbi dall'amico Vitale che lo catturò presso Messina.
Gyrophaena affìnis Schlb.
Altra specie nuova per la Sicilia, la cui scoperta è dovuta al Dott.
Coniglio Fanales che me ne donò un esemplare da lui catturato nell’Ot-
tobre 1907 a Caltagirone (Madonna Via).
Bledius fracticornis Payk.
Specie nuova per la Sicilia, da me posseduta in unico esemplare
dei dintorni di Palermo.
Olibrus bisignatus Mèn.
Ebbi dall'amico Failla Tedaldi tre esemplari di questa graziosissima
specie, nuova per la Sicilia, catturati nelle vicinanze di Castelbuono.
Acmaeodora bipunctata Oliv.
var. Vaillanti Spin.
Questa bellissima varietà, nuova per la Sicilia, mi fu ceduta dal
sig. Luigi Failla Tedaldi, che la possedeva in unico esemplare, dei din-
torni di Castelbuono. D’ Europa era conosciuta della sola Sardegna.
Xylobius corticalis Payk.
Specie nuova per la Sicilia, da me catturata in Luglio in due esem-
plari, allo Sparviero (Madonie) nel fracidume di un vecchio faggio che
giaceva al suolo. Gli esemplari siciliani sono assai più oscuri di quelli
del continente.
Il Nat. Sie., Anno XX 20
— 154 —
Liodes cinnamomea Panz.
Specie nuova per la Sicilia, che posseggo in un bellissimo esemplare
gentilmente cedutomi dall’ amico Failla-Tedaldi che lo catturò sui fun-
ghi, nei boschi presso Castelbuono.
cathnartus advena Walt.
E nuova per la Sicilia e la posseggo in unico esemplare trovato
nei dintorni di Palermo.
Ptinus femoralis Reitt.
Ebbi un esemplare 37, di questa bella specie nuova per la Sicilia,
ed anche per l’Italia, dall'amico Failla che lo catturò nei boschi presso
Castelbuono.
Ptinus palliatus Perris
Altra bellisslIma specie, nuova per la Sicilia, avuta in unico esem-
plare catturato nei boschi di Castelbuono da Failla, che gentilmente volle
cedermelo.
(continua)
— —++.-q9tt0+>_
Fossili del Titonio
(zona a Terebratula janitor) di Dammusi (Carini).
La fauna di questo orizzonte, sulla quale l’illustre professore Gem-
mellaro pubblicò un classico lavoro (Studi Paleont. Fauna del calc.
T. janitor) e sulla quale ho io a riprese dato anche il mio contributo,
cresce sempre più d'importanza pei cultori di paleontologia siciliana,
perocchè giornalmente si scovrono nuove località fossilifere. I fossili che
ho ad esaminare in questa breve nota provengono da Damnusi, loca-
lità non molto distante da Carini e precisamente dalla località intesa
— 155 —
Guarino (fondo appartenente al comm. Beniamino Guarino). È un cal-
care grigiastro molto simile, anzi identico a quello dei dintorni di Pa-
lermo. Io non ho esaminato che poche specie; però non ho dubbio sulla
loro determinazione. Fra esse ve ne ha una che mi pare una specie
nuova.
Isastraea Ciofaloi De Greg.
1899. De Gregorio, Coelenterata tithonica, pag. 20, tav. 3, f. 5.
Posseggo un grazioso piccolo esemplare di questa interessante specie
già da me illustrata, che ho rinvenuto anche nel titonico di Termini e
di Arenella (presso Palermo).
Nerinea pseudobruntrutana Gemm.
Gemmellaro, Faun. Calc. Ter. Jan p. 12, tav. 2 bis, f. 6-7.
Vari frammenti di sicura determinazione.
Nerinea carpathica Zeusch.
Gemmellaro, Loc. cit., p. 31, tav. V, f. 10-12, tav. 2 bis, f. 11-13.
Ne ho tre esemplari in parte rotti, ma ben conservati e di sicura
dentificazione.
Nerinea Staszych Zeusch.
Gemmellaro, Loc. cit., pag. 16, tav. 3, f. 8-10.
Riferisco a questa specie cinque esemplaretti che le somigliano
molto.
Nerinea nana Gemm.
Gemmellaro, Loc. cit. pag. 14, tav. 3, f. 15-16.
Vari frammenti di nerinea somigliano siffattamente alla specie ci-
tata che non dubito della loro determinazione.
Nerinea Dammusensis De G.
Testa conica oblonga, sabcylindrica. Anfractus subcomplanati, laevigati. Co-
lumella uniplicata. Ultimus anfractus, subangulatus, major quam tertia
parte totius longitudinis.
L, 110 mm. Ultimo giro 44 mm,
— 156 —
Come si vede dalla descrizione, questa specie è vicina alla N. Pillae
Gemm. loc. cit. p. 17, tav. 3, f. 11-12. Ne è però molto distinta per la
forma meno trochiforme e più allungata, e per la dimensione dell’ulti-
mo giro. Sul bordo columellare dell’ apertura si vede una piega molto
sviluppata. Non ne ho fatto sezione non possedendone che un solo e-
semplare.
MARCH, A. DE GREGORIO.
e: —P———
CATALOGO RAGIONATO
DEI
CORRO IMERMIDTS IE RE:
(Cont. v. N. 1-2-3)
Tychius Germar (1).
OoromIus Desb. (2)
quinque-punctatus L. Vitale la citò nei suoi cataloghi notata dal Failla e poi
nel secondo suppl. di Messina, Cavaliere. A me la
notò il Baudi, e ne posseggo una dozzina d’ esem-
plari da me catturati nel Giugno alla Ficuzza, fal-
ciando l’ erbe la mattina presto. Ne posseggo due e-
semplari di Piazza Armerina (Dott. Roccella) che hanno
le due macchie bianche laterali delle elitre non inter-
rotte, col corsaletto unicolore, senza la linea mediana;
a questa aberrazione ho posto il nome di a. latereli-
neatus m..
(1) Genere difficilissimo e del quale il sig. Desbrochers des Loges mi scriveva: « Ces
insectes nécessitent absolument une révision que je n’ai jamais osé entreprendre, n’étant
pas certain de pouvoir me procurer les types de toutes les espèces ».
(2) Desbrochers nel Frelon Vol. 15 a pag. 109, Faunule des Coleop. de la France
et de la Corse. Curculionides de la Tribu des Tychiides , cita questo nuovo sottogenere
come Aoromius ed a pag. 194 Catalogue des Genres et des Espèces de la Tribu des
Tychiides lo cita sotto il nome di Ooromius Db., mentre poi a pag. 145, facendo la de-
scrizione del nuovo sottogenere è detto Aoromius; ora non avendo potuto trovare l’etimo-
logia della parola, per vedere quale dei due nomi era corretto, scrissi all’autore che mi
rispose «c'est bien Oororius qu'il faut lire. L’etymologie de ce nom est nulle »,
— 157 —
TycHIUS i. Sp.
parallelogrammus Desbr. (*) Specie nuova per la Sicilia, ed anche per la fauna
Europea. Essa fu descritta nel Frelon, prima nel 1892,
Vol. II, pag. 100, e poi di nuovo nel 1908, pag. 48,
d’Algeria. Ho trascritto la seconda descrizione, perchè
più dettagliata e meglio adattantesi all’insetto di Si-
cilia. Dobbiamo questa interessantissima scoperta al
Dott. Coniglio Fanales che me ne cedette un esemplare
catturato nel Maggio 1908 a Caltagirone (Madonna
Via), esso fu determinato dal signor Desbrochers al
quale lo comunicai. È specie facile a riconoscersi per
la sua forma particolare, per la sua colorazione, per
il suo protorace. Il polylineatus se ne allontana per la
sua forma sub convessa, assai più corta attenuata di
dietro, per il suo protorace assai meno ampio, il suo
rostro più corto.
gentilis Rottb. . . Vitale la cita dal Rottenberg e dai cataloghi. Fu descritta (1)
sopra un solo esemplare catturato sul Monte Pelle-
grino. Avendo avuto comunicato dal Direttore del Na-
tional Museo di Berlino la preziosa bestiolina, mi
sono convinto che è una buonissima specie, assai di-
stinta. Profitto per ringraziare sentitamente 1° illustre
Direttore Siem. Schenkling, per la premura addimo-
stratami nel comunicarmi con cortese sollecitudine ,
tutti gli insetti che gli ho richiesti (2).
(*) Tychius parallelogrammus Lg. 3 3-3,8 m.—Zlongatus, parallelogram-
mus, valde depressus, infra cretaceus , supra aureo-flavescente. Protho-
race, a latere, late, in medio, longitudinaliter, albidus. Elytris sutura
cretacea, interstitiis 2-4 primis alternatim flavescentibus albidisque, an-
tennis totis, Rostro apice, tibiis tarsisque testaceîs. Oculi perparum
prominuli. Rostrum valde curvatum, in 3° robustius, modice elonga-
tum. Antennae graciles, obsolete ciliatae, articulis 2 ultimis praeceden-
tibus vir latioribus, clava oblongo-elongata. Prothorax valde transversus.
Elytris non angustior, a latere fortiter rotundato ampliatus, antice u-
trinque impressus. Elytra longe parallela, latitudine duplo et ultra lon-
giora , striis non apertis. Tedes validi, femoribus modice elongatis late
dentatis. Pygidium fere apertum.
(1) Berl. Ent. Zeit. XV Jahrg. 1871, pag. 234-235.
(2) Trovo che il posto assegnatole nel catalogo del 1907 è poco adatto, ho creduto
metterlo dopo la parallelogrammus con la quale ha più analogia,
tesellatus Tourn. . . Specie nuova per la Sicilia, ed anche per l’Italia, da
me posseduta in un solo esemplare dei dintorni di
Palermo. Si conosceva della sola Andalusia. Il signor
Pic ha gentilmente paragonato il mio esemplare con
quelli della collezione Tournier (1).
rectinasus Desb. (*). Descritta di Sicilia, nel num. 4 dell’11 Maggio 1908 del
Frelon, senz’alcuna indicazione nè di località, nè della
persona che la comunicò, l’ autore la dice vicina al
T. cervicolor Desb, (2) per forma e colorazione, ed an-
che assai vicina al 7. cervino-aureus Desb. (3) dal
quale differisce pel dorso più depresso con il rostro
molto grosso.
polylineatus Germ. . Citata dal Vitale nei suoi tre cataloghi di Messina. Ne
posseggo cinque esemplari due di Messina, uno di
S. Teresa, uno di Cavaliere ed uno di Savoca cedu-
tomi dal Vitale.
lineatulus Steph. (4) . Specie nuova per la Sicilia, da me posseduta in due soli
esemplari catturati in primavera nelle vicinanze di
Palermo.
(*#) Tychius rectinasus 9, Long. 3 mm. Oblongus, postice attenuatus, crassus
perparum convexus, pectore ventroque cretaceis, supra fulvo-squamo-
sus, suhopacus. Prothorace vitta media longitudinali angusta, secun-
dum suturam prolungata, cretacea, ornato, antennis (clava excepta ni-
gra), Rostro apice, tibiis tarsisque rufis. Rostrum thorace vix aequilon-
gum, subrectum, basi minus incrassatum, posterius gradratim modice
attenuatum, apicem versus denudatum, acstringulosum. Antennae gra-
ciles, parce, longius, ciliatae, funiculi articulo 2° vix oblongo, ultimis
transversim submoniliformibus , clava oblongo-subovata. Prothorax a
latere, valde subregulariter rotundato-ampliatus. Elytra a basi paula-
tim attenuata, strîis apertis. Femora posteriores valide dentata.
(1) Avendola ora comunicata al sig Desbrochers egli dubita sia invece una © della
sua rectinasus.
(2) T. oppositus Desb. descritta in nota nel Frelon XV, p. 165, Desbrochers dice in
nota del Frelon XVI, pag. 51, di non essere altro che il g* del cervicolor Desb.
(3) Nel Frelon XV, pag. 165 l’autore mette questa specie in sinonimia del polyli-
neatus, ma poi nel Frelon XVI, pag. 51 contrariamente a quanto ha detto, finisce per
ammettere che sia una buona specie vicina ma distinta del polylireatus Germ.
(4) È descritto nel Frelon XV a pag. 168 e non 170 come erroneamente è stampato
poi nel Catalogue a pag. 194 (loc. cit.) e Schneideri Hbst. a pag. 166 e non 167.
— 159 —
elegantulus Bris. . . Specie nuova per la Sicilia, ne ebbi un esemplare dal-
l’amico Francesco Vitale che me lo cedette come po-
Iylineatus Germ. con la quale specie difatti ha moltis-
sima analogia per il colorito. Ne posseggo altri due
esemplari avuti da Piazza Armerina dal Dott. Federico
Roccella ed uno di Caltagirone (Coniglio-Fanales) cat-
turato il 16 Aprile a Madonna Via.
Schneideri Herbst. . Vitale la cita notata di Sicilia dal Tournier, Bertolini e
Baudi, che a me non la notò. Nel suo primo suppl.
Vitale nota la striatellus Rott. dicendo che il Tournier
ne fa un sinonimo della ScAnezderi, mentre egli ri-
tiene invece la strzatellus Rott. specie distinta, posse-
dendone molti esemplari. Ora suppongo che la stria-
tellus citata dal Tournier dal Rottenberg in Zitt. deve
essere invece la striatulus Gyll. = striatellus Bris.
che il Vitale citò nel sno secondo suppl.. È strano
che il Barone Rottenberg non abbia accennato (loc.
cit.) la sua striatellus, della quale pare abbia preso in
Sicilia molti esemplari, giacchè il Tournier dice di a-
verla vista in varie collezioni. Della ScAneideri ne
posseggo tre soli esemplari, uno di Rinella catturato
in Maggio 1906 (Coniglio Fanales), e due di Mes-
sina dal Vitale che me li cedette come polylineatus
Germ. con la questa specie viene spesso confusa a -
vendone la stessa colorazione e la stessa forma generale,
ma più stretta, col corsaletto assai meno largo e la-
teralmente mediocremente arcato, con le interstrie delle
elitre più strette.
Grenieri Bris. . . . Citata dal Vitale notata dal Tournier, dai cataloghi, da
me e dal Baudi che pure me la notò. Posseggo pochi
esemplari di questa bella specie. Un g3° ed una Q li
ebbi dal Dott. Coniglio Fanales catturati a Caltagi-
rone (Madonna Via) nel Gennaio 1904, uno ne cat-
turò il Fuge il 30 Dicembre 1907 alla Favorita, ed
un altro sul Monte Cauccio il 30 Marzo. Ne ho visti
di Piazza Armerina della collezione Roccella.
siculellus Ragusa nov. sp. (*) Questa specie nuova, era confusa nella mia colle-
zione coi Grenieri Bris. e come tale specie, era stata
sempre da tutti ritenuta, avendola spesso comunicata ad
(*#) siculellus Ragusa nov. sp. Oblongus, piceus, convea:us, subtus squamulis
griseis, supra brunneis griseis variegatis, dense tectus; prothorace tribus
— 160 —
entomologi che la rimandavano come Grenderi var.?
Debbo al sig. Desbrochers des Loges l’avermi tolto di
inganno, esso me la rimandò come nov. sp. an Gre-
nieri Bris. Ne posseggo molti esemplari da me cattu-
rati a Lentini (Maggio), Ficuzza e Godrano (Giugno)
Caronie e Madonie (Luglio). Ne ho visti di Piazza
Armerina della collezione Roccella. Varia alquanto
nella grandezza.
nigricollis Chevrot. . Vitale la cita notata dai cataloghi, dal Tournier e no-
tata dal Baudi che pure me la notò, ma omise il
Rottenberg che la notò sotto il sinonimo di Schaumi
Stierl. trovata in un esemplare sul Monte Pellegrino.
Avendo chiesto in comunicazione al Museo di Berlino
la supposta Schaumi Stier. ebbe comunicati dalla col-
lezione Letzner sotto questo nome tre esemplari non
di Sicilia, della Sibinia fugax Germ. Stierlin la de-
scrisse di Sicilia sotto il sinonimo di dbiécolor nella Berl.
Ent. Gesel. 1864, pag. 151, e non 1863, come citò il
Tournier (1). Posseggo due soli esemplari di questa
splendida specie e l’ebbi uno dal Dott. Roccella che lo
catturò a Piazza Armerina, l’altro dat Dott. Coniglio
Fanales che lo prese a Caltagirone (Madonna Via) nel
Maggio, dove sembra non sia rara.
bicolor Bris. . . . E citata dal Vitale dal Tournier, Bertolini e da me, che
gliela notai con una var.?, egli però omette il Rotten-
berg che la notò di Siracusa. Ne posseggo pochi e-
semplari dei dintorni di Palermo. La mìa supposta
vîttis scutello, elytrorumque sutura, griseis; rostri apice antennis tibiis
tarsisque ferrugineîs. Long. 1 |, a 2 ‘|, mill.
Di quasi un terzo più piccola della Grenieri Bris. con la quale è facilis-
simo scambiarla per il colorito delle squamule delle elitre, che però sono rico-
perte di squamule assai più rossastre nella sîculellus m. ed hanno meno squa-
mule grigie; il protorace ha una piccola macchiettina media e due laterali grigie
alla base, mentre nel Grenieri sono invece strisce di squamule bianche giallastre,
con la superficie consparsa di picchiettature biancastre che mancano totalmente
nel siculellus che ha il corsaletto unicolore bruno rossastro. Il di sotto poi è rico-
perto di una peluria sparsa grigiastra, che si estende anche sulle cosce e non
è fitta come nel Grenieri.
(1) Ann. Soc. Fr. 1873. Tribu des Tychiides, pag. 46.
Ciak.
= 161 +
varietà ? era tutt'altra specie (1). Tournier determinò
i miei bicolo» Bris.
aurichalceus Gyll. . Vitale la cita dal Tournier e dai Cataloghi. Non la pos-
seggo ancora.
funicularis Bris. . . Citata dal Vitale, dal Tournier e Bertolini. Ne posseggo
un solo esemplare dei dintorni di Palermo catturato
molti anni or sono.
laticollis Perris . . . Citata di Vitale, dal Tournier e dai cataloghi. Non la
posseggo.
Fanalesi Ragusa nov. sp. (*). Posseggo due soli esemplari di questa graziosa
ed elegante specie che con vero piacere dedico al ca-
rissimo amico Dott. Giacomo Coniglio Fanales di
Caltagirone che l’ha scoperta nel Maggio 1907 a Ma-
donna Via e l’aveva confusa fra i Tychius Grenieri
Bris. inviatemi all'esame. Ne ho visti pure due esem-
plari della collezione Vitale di Messina.
argentatus Chev. . . Vitale la cita di Messina (comune), notata dal Failla
ma non cita il Rottenberg che la nota di Palermo e
Catania, né il Baudi che me la notò. Ne posseggo
moltissimi esemplari catturati specialmente nell’Agosto
sulla Scabiosa marittima nei dintorni di Palermo,
Messina, Caltagirone. Ne ho visti di Piazza Armerina
della collezione Roccella. Baudi mi notò inoltre una
var. albidus {?) che non so cosa sia. È assai varia-
bile, Brisout Ja menziona (2) ed il signor Desbrochers
(#) Fanalesi Ragusa nov. sp. Elongatus, fere parallelus, niger, squamositate
luteo brunnescente sat dense tectus; antennis, tibiis, tarsis apiceque ro-
stri ferrugineis ; thorace albido trimaculatus ; elytris vitta suturali al-
bida; femoribus non dentatis. Long. 1/‘/-2 m.
Si avvicina al Zaticollis Perris, dal quale differisce per essere assai più pic-
cola e con le antenne intieramente ferruginose, per la totale mancanza della li-
nea mediana bianca sul corsaletto, che ha invece nel mezzo ed ai lati una pic-
cola macchia biancastra, per le elitre d’un brunastro ferruginose con la sutura
grigia e qualche rarissima squametta dello stesso colore sparsa sulle medesime.
Il di sotto ed i femori ricoperti di una fitta peluria bianca con le tibie e due
terzi apicale del rostro, ferruginosi chiari. I femori non sono dentati mentre lo sono
nel Zaticollis.
(1) Nel nuovo Catalogo 1906 è citata come descritta negli Ann. Francia 1862, pag.
722 mentre lo è a pag. 772.
(2) Ann, Soc. Ent. Fr. 1862, pag 766.
Il Nat. Sic., Anno XX 21
162 —
mi scriveva: « Jai toujours constaté qu'il existe deux
formes de prothorax chez argentatus, tantòt rétrèci
normalment en arrière, tantòt plus fortement, plus
brusquement; je ne me suis pas décidé à séparer
specifiquement les deux formes. Quant à la bande
blanche Jlatérale des elytres elle est souvent eflacée.
Le rostre est tantòt presque droit, tantòt courbé, sur-
tout le g'. Y a Vil deux espèces? Je ne crois pas ».
siculus Boh. . + . Vitale la cita dei cataloghi e notata da me, ma non
cita il Baudi che a me la notò. Nel Bol. del Nat. di
Siena (1), Vitale la dice non rara! Ne posseggo un
solo esemplare dei dintorni di Palermo, Il sig. Pic gen-
tilmente ha confrontato |’ esemplare di questa specie
della mia collezione con quelli della collezione Tour-
nier e lo trovò identico. La ritengo una semplice va-
rietà dell’argentatus.
nasutus Desbr.. . . Descritta (2) sopra esemplari da me comunicati dei din-
torni di Palermo. Vitale la cita come una varietà del-
l’argentatus Chev. Ne posseggo due soli esemplari,
l’uno dei dintorni di Palermo, l’altro da me catturato
nel Maggio al Godrano presso Ficuzza; mi furono
determinati dallo stesso Desbrochers.
flavicollis Steph. . . Vitale la cita di Messina e dal catalogo Bertolini, notata
dal Baudìi, che la notò pure a me, ma omette il Rot-
tenberg, che la notò sotto il sinonimo di squamulatus
Gyll. di Catania. Ne posseggo pochi esemplari dei din-
torni di Palermo. È specie intermedia fra la Raema-
topus e la junceus, delle quali ha l’analoga colorazio-
ne (3).
cinnamomeus Kiesw. Vitale la cita di Messina e notata dal Baudi, che pure
me la notò. Non la posseggo, ma ne ho visto un
esemplare appartenente all’ amico Vitale identico ad
un esemplare di Francia, vendutomi sotto questo nome
dal Reitter, ed assai differente di un cinnamomeus
(genuinus) di Spagna vendutomi dal Desbrochers. Che
(1) Le Frelon 4° année (1894-95) pag. 65.
(2) Anno XXVIII, N. 6-7, 15 Luglio 1908.
(3) Stierlin nella sua nota Curculionides de Sicile de la collection du Dr. Stierlin,
Nat. Sic. Anno XVII pag. 218 cita un Zychius abductus Tourn. che è specie d’Armenia.
Un T. sorex Tourn. che è specie della Russia. Il sig. Otto Leonhard, oggi proprietario
della collezione del defunto Stierlin potrebbe darci ragguagli e dirci cosa erano qeeste
due specie trovate in Sicilia,
— 163 —
l'esemplare di Sicilia e di Francia siano la var. fal-
lax Rey.? Non posso verificarlo non avendone la de-
scrizione.
venustus F. . . . Citata dal Vitale perchè è la sola specie di 7yc&ius no-
tata dal Romano. Non la posseggo.
var. genistae Bohm. Vitale la cita nei Rincofori siciliani, di Messina, e nei
Rincofori messinesi di Scodellaro. Essa si distingue
dalla venustus F. per essere assai più corta, quasi glo-
bulosa (1). Non la posseggo ancora.
Hueti Tourn. . . . Questa specie descritta della Calabria, Vitale la cita no-
tata dal Baudi, che anche a me la notò. Non la pos-
seggo.
striatulus Gyll. . . Vitale la cita nel suo catalogo dei Curculionidi di Sicilia,
nel suo secondo suppl. di Messina, Savoca. Non la
posseggo. Gli esemplari della collezione Vitale così de-
nominati erano invece polylineatus Germ.
a. fuscolineatus Luc. Citata dal Vitale dai cataloghi Bertolini e v. Heyden e
dal Tournier, egli non citò il Baudi che a me la notò.
Non la posseggo.
trimaculata Rosh. a. bellus Kirsch. Vitale la cita di Messina, come varietà
del striatulus Gyll.. Tournier ne fece un sinonimo
della fuscolineatus Luc. Non la posseggo, ed aven-
dola richiesta in comunicazione al Vitale, mi rispose:
« Non esiste in Sicilia è un errore.
aureolus Kiesw. . .ÉÈ citata dal Vitale e notata di Sicilia dal Tournier. Ne
posseggo pochi esemplari dei dintorni di Palermo
determinato dal Desbrochers.
var. medicaginis Bsis. Vitale la cita notata dal Baudi, che non me la notò.
Essa si distingue dall’aureolus Kiesw. per la mancanza
delle strisce laterali bianche delle elitre, per il rostro
più lineare e lungo per la clava delle antenne oscu-
ra. Non la posseggo.
haematopus Gyll. . Citata dal Vitale che l’ebbe notata dal Failla e la trovò
nella descrizione del Tournier citata di Sicilia. Si
distingue dal junceus Reiche per la forma più stretta
ed oblunga, per il rostro più fine posteriormente e
per il colore biancastro della sutura delle elitre. Ne
posseggo pochi esemplari da me catturati nei dintorni
di Castelbuono.
(1) Vitale mi ha gentilmente comunicato un esemplare di detta varietà, ma ho tro-
vato che era invece la polylineatus Germ., mentre i suoi polylineatus erano elegantulus
Bris,
femoralis Bris. .
junceus Reiche
meliloti Steph. .
— 164 —
. Vitale cita questa specie notata, dal Bertolini e vi ag-
giunge qual sinonimo la junceus Reiche, che è se-
condo il nuovo catalogo ed anche il Desbrochers, spe-
cie distinta. Non la posseggo.
. Citata dal Vitale di Messina, notata dal Tournier e dal
Failla sotto il sinonimo di curtus Bris. Avendolo ri-
chiesto in comunicazione al Vitale, mi scrisse di aver
perduto il solo esemplare che possedeva. Ne posseggo
un esemplare dei dintorni di Palermo, così determina-
to, nella mia collezione. Si distingue dall’Raematopus
Gyll. per essere più corto e più largo, con le strie
delle elitre più velate dalla pubescenza. Il rostro è in-
tieramente rossastro, invece di avere la base più o
meno nerastra.
+. Vitale la cita di Messina (ovunque), notata dal Tour-
nier, Bertolini e Baudi che la notò anche a me, È co-
munissima ed io ne posseggo moltissimi esemplari dei
dintorni di Palermo e di Caltagirone. Vitale cita inol-
tre la var. litigiosus Tourn. (notata nel catalogo 1906
come sinonimo) che Baudi a me notò, oltre nna var.?
an nov. sp.?. Tournier a pag. 493 del suo lavoro ci
ha detto che questa specie è variabilissima, come del
resto tutte quelle del genere , il colorito della pube-
scenza assimilandosi nella stessa specie, al colore del
fiore sul quale si rinviene; così un Meliloti Steph.
catturato sulla Melilotus officinalis che ha il fiore
giallo, si troverà con la pubescenza d’ un giallo più
o meno vivo, mentre se si cattura sulla Melilotus
alba, che ha i fiori bianchi, si troverà eon la pube-
scenza bianca o grigia chiara. Esemplari di questa
specie, più grandi, nella mia collezione portano il no-
me di Ztigiosus Tourn.
var. litigiosus Tourn. Secondo Desbrochers sono Zitigiosus Tourn., esemplari
sericellus Faust. .
NE
di un colore bruneo dorato, con le macchie della
base del corsaletto più estese ed i femori oscuri, dei
quali posseggo qualche esemplare, catturato nel Giu-
gno e Luglio dal Dott. Coniglio Fanales in Caltagi-
rone (Madonna Via) ed uno di Messina (Vitale).
con dubbio che io noto questa specie, nuova per la
Sicilia. Posseggo in collezione qualche esemplare che
mi era stato a suo tempo determinato per Meliloti
Steph. ma che invece non lo è, adattandosi invece alla
— 165 —
descrizione del sericellus Faust, di Turchia e Grecia.
Un esemplare identico ne ebbi pure comunicato dalla
collezione Rottenberg che portava 11 nome di bicolor
Bris.
armatus Tourn. . . Vitale la cita notata nei cataloghi e dal Tournier. Baudi
me la notò. Possedevo qualche esemplare nella mia
collezione così determinato dal Tournier, ma era in-
vece la specie seguente con la quale è stata sempre
confusa.
tibialis Boh. . . . Vitale la cita di Messina, notata dal Failla, Baudi, che
a me pure la notò e De Stefani. La posseggo in molti
esemplari dei dintorni di Palermo, Ficuzza, Messina
e Caltagirone. Ne ho visti di Piazza Armerina della
collezione Roccella.
var. comptus Tourn. Vitale la cita come specie, di Messina, notata dal Tour-
nier. Baudi me la notò. Ne posseggo moltissimi e-
semplari di Palermo, Ficuzza e Messina. Desbrochers
si domanda se è realmente una semplice varietà della
tibialis Boh. della quale ba visto numerosi esemplari
senza avervi trovati dei passaggi.
curvirostris Bris. . . Vitale la cita notata dal Baudi che non me la notò, ec-
cetto che non sia una sp. ?, (che egli mi notò dopo
tibialis), che sembra non aveva ancora studiata nel
1896, quando m’inviò la lista dei suoi Curculionidi
di Sicilia. Non la posseggo.
pusillus Germ. . . . Citata dal Vitale che l’ebbe notata dal Baudi che me la
notò pure, egli poi sotto il sinonimo di pygmaeus
Bris. la cita di Messina e così pure la citò Stierlin.
Ne posseggo molti esemplari dei dintorni di Palermo
e Ficuzza.
neapolitanus Tourn. È citata di Messina dal Vitale e dallo Stierlin. Non la
posseggo. Ne ho visto un esemplare sotto questo no-
me della collezione Vitale, gentilmente comunicatomi;
per me non è altro che una varieità del pusilus.
tomentosus Herbst. (1) Vitale la cita di Messina e notata dal Baudi, che non
me la notò. Ne posseggo molti esemplari di Palermo,
Vallone del Paradiso, Lentini e Siracusa, catturati nel
Maggio. Siccome questa specie ha per sinonimo pici-
rostris Gy]l., può darsi sia stata citata come Miccotro-
gus picirostris Fabr.
(1) Non fomentatus come è citato senza nome di autore nel Frelon XV pag. 195,
— 166 —
Hypacrus Tourn. (1)
depressus Desbr. . . È citata dal Vitale dal catalogo von Heyden e notata
dal Baudi, che me la notò sotto il sinonimo di 4y-
paetrus Tourn , con il quale il Vitale la cita di Mes-
sina, dal Tournier, Bertolini e da me notata. Stierlin
la citò. Ne posseggo vari esemplari catturati nel giu-
gno alla Ficuzza ed altri di Piazza Armerina e Calta-
girone. Vitale cita inoltre nel primo suppl. 1’ insu-
laris Chevr. notata nel catalogo Bertolini, che fu de-
scritta sopra esemplari di Sardegna, ma Chevrolat
descrivendola disse che si trovava pure in Sicilia.
Desbrochers la mette in sinonimia come 9 della de-
pressus Desbr. (2).
thoracicus Rok. . . Vitale la cita dal Tournier e dai cataloghi De Marseul,
Bertolini e notata da me, ma omette il Rottenberg
che la notò di Lentini. Stierlin la citò. Ne posseggo
oto esemplari da me catturati nel Maggio a Godrano
e nel Giugno alla Ficuzza. Ne ho due esemplari di
Caltagirone (Coniglio Fanales), ne ho visti pure esem
plari di Messina della collezione Vitale e di Piazza
Armerina, collezione Roccella. Desbrochers a pag. 192
del Frelon, vol. 15, dice che ques'a specie deve certa-
mente far parte del sottogenere /7ypactus, sono dello
stesso parere.
ApeLTARIUS Desbrochers
Ectatotychius Tournier
amplicollis Aubé . . Fu descritta di Sicilia nel 1850. Vitale la cita dal Tour-
nier, dai cataloghi e notata dal Baudi che la notò
pure a me. Steck la citò. Ne posseggo quattro esem-
plari della Ficuzza da me catturati nel Giugno, due
di Piazza Armerina, ed uno preso nell’Aprile a Pa-
lermo (Favorita).
(1) Non Hypactrus Tourn. come erroneamente è stampato nei Frelon XV, pag. 195.
(2) Desbrochers nel Frelon la cita erroneamente descritta. Ann. Fr. Soc. LVIII,
mentre doveva dire Ann. Soc. Fr. 1875, pag. Bull, LVITII,
— 167 —
similis Tourn. . . . Questa specie fu per molto tempo confusa con la specie
precedente. Vitale la cita dal Tonrnier e dai cataloghi.
Ne posseggo quattro soli esemplari da me catturati
al lago di Lentini.
Miccorrocus Schònherr
picirostris F. . , . Vitale la cita notata dal Remano e poi nel suo secondo
suppl. di Messina, Castanea. L’ esemplare comunica-
tomi sotto questo nome non era il picirostris F. ma
il pusillus Germ. Egli omise il Rottenberg che la citò
di Catania. Avendola richiesta in comunicazione, da
Berlino m’inviarono dei picirostriîs di Silesia ma non
di Sicilia. Il prof. Fiori la citò di Balestrate. Lo pre-
gherei di rivedere se realmente è la picirostris Fab,
o la picîrostriîs Gyll. Non la posseggo.
capucinus Bohm. . Gitata dal Vitale di Messina, Tarantonio, Olivieri, no-
tata dal Tournier, dai cataloghi, e Baudi che anche
a me la notò. Stierlin la citò ed il prof. Fiori di Bale-
strate. Posseggo varì esemplari di questa graziosissima
specie di Palermo, Favorita, Balestrate, Caltagirone
(Coniglio Fanales) e Messina (Vitale).
cuprifer Panz. . . . Questa comunissima specie è citata dal Vitale di Mes-
var. ? parallelus Kiesw.
sina, dai suoi cataloghi e notata dal Failla (proceru-
lus Kiesw.) e Baudi, che anche a me la notò. La pos-
seggo in moltissimi esemplari dei dintorni di Palermo
(aprile) Ficuzza, Castelvetrano e Bonfornello (Maggio).
Ne ho visti esemplari di Piazza Armerina, collezione
Roccella.
Vitale la cita dai vari cataloghi e nel suo secondo
suppl. di Messina, Calamarà. Fu descritta nel 1851
negli Ann. di Fr. a pag. 642-643 sopra un esemplare
di Sicilia (Sibines parallelus Kiesw.). Ebbi gentil-
mente comunicato dal Vitale il suo parallelus. Non
l'ho potuto determinare essendo un esemplare alquanto
deteriorato,
planiuseula Desbr.
primitta Herbst.
var. signata Gyl].
arenaria Steph. .
var. variata Gyll..
— 168 —
Sibinia Germar
SiByNes Schònherr (1)
Desbrochers nel Frelon N. 5 (1908) dice di possedere
questa specie di Sicilia. Non la posseggo ancora.
. È citata dal Vitale nel suo secondo suppl. di Messina
(Passo Badia) notata nei suoi Rincofori siciliani; dal
Tournier e dal Baudi che anche a me la notò. La
forma descritta dal Herbst deve considerarsi come la
tipica, mentre gli esemplari muniti di macchie devono
formare la var. signatus Gyll.=primittus Gyll. È la
specie più piccola del genere, ma la forma tipica che
io sappia è rara in Sicilia, mentre non lo è la sua
varietà (2).
. Bellissima varietà di Sicilia, che è conforme alla varietà,
descritta dallo Schilsky, ad elitre brunastre con la ma-
cula sutarale rosso fuoco. Non è rara ed io ne pos-
seggo molti esemplari da me caturati nel Luglio a
Castelbuono ed alla Ficuzza.
. Questa specie è citata di Sicilia dallo Steck come va-
rietà della primitta; il catalogo 1906 la mette a torto
in sinonimia della premitta , sinonimia che Schilsky
non ammette. Il Desbrochers con dubbio la mette in
sinonimia della sua Bohemanni (3) che a sua volta
vien posta in sinonimia dell’arenaria dallo Schilsky.
Desbrochers mi scrlveva: « arenariae auct. est un mé-
lange de deux especes impossible à dèbrouiller ». Non
la posseggo. La seriata Desb. non è altro che una
varietà (della Corsica) di questa specie.
. È nuova per la Sicilia. Desbrochers nel Frelon (4) a
(1) La Sibinia sellata Luc. citata dal Rottenberg, e dal Vitale aggiunta nel suo pri-
mo suppl.,era la Packytychius sellatus Luc. che egli catturò in due esemplari, uno sotto
una pietra a Palermo ed un altro presso Siracusa. Ho visto questi due esemplari con-
servati oggi al National Museum di Berlino. Stierlin pure la citò di Messina.
(2) Stierlin cita di Sicilia la wricolor Fabr. (nec Tourn.) che è specie della Russia
meridionale.
(3) Description de quelques 7ychiides nouveaux. Ann. Soc. Belg., 1873, Vol, VI,
pag. 115.
(4) Quinzieme Série, pag. 107 Curculionides de la Tribu des Tychiides.
var. Schoenherri Desbr.
phalerata Stev.
— 169 —
pag. 128, descrivendo la S. variata Gyll. la dice forse
una semplice varietà della precedente, mentre Schil-
sky (1) dice che non si può riunire a questa specie
come fu fatto nell’ ultimo catalogo dal Reitter 1906.
Ne posseggo esemplari determinatomi dal Desbrochers,
e da me catturati nei dintorni di Palermo molti anni
fa e molti di Caltagirone (Madonna Via Dicembre).
La ritengo una semplice varietà dell’ arenaria. Bedel
dice che vive sulla Spergularia rubra, pianta che ab-
biamo anche in Sicilia.
Posseggo due esemplari dei dintorni di Palermo de-
terminati dal sig. Desbrochers per S. Schoenherri m.
Non ho potuto trovarne la descrizione; la ritengo una
varietà dell’arenaria Steph.
: Baudi la citava, secondo il vecchio catalogo, come va-
femoralis Germ
rietà della primitta Herbst. Vitale accennandola la
dice specie distinta, come per tale la descrive il De-
sbrochers e lo Schilsky. Essa vive su diverse specie
di Cerastium; non la posseggo ancora.
. Specie nuova per la Sicilia, da me posseduta in unico
esemplare catturato a Mondello il 20 Maggio 1907 dal
Fuge.
var. harmonica Chevr. È la nigro-vittata Desbr. d’Algeria, che sarebbe nuova
per la Sicilia ed anche per la fauna Europea. Ne pos-
seggo numerosissimi esemplari di Messina cedutimi
dall'amico Vitale per S. primita (signata Gyll.) e di
Caltagirone (Coniglio Fanales) raccolti nell’ Ottobre e
Dicembre a Madonna Via. Si distingue dalla forma
tipica specialmente per le fascie e le macchie nere sul
corsaletto e sulle elitre.
. Vitale la dice comune a Messina, e la cita dal Baudi,
attalica Gyll.
Bertolini e De Stefani che la catturò in Maggio sul
Monte Pellegrino. Omise il Rottenberg, che ne trovò
un esemplare nella sabbia presso Catania. Fiori la citò
di Balestrate ed io la posseggo in moltissimi esemplari
dei dintorni di Palermo, Ficuzza, Palagonia, Mado-
nie, Piazza Armerina. Varia moltissimo.
. Questa aberrazione di Corsica è citata di Sicilia dallo
a. lateralis Perris.
Stierlin. Si distingue dal tipo per avere sulle elitre
delle squamule biancastre all’ angolo umerale , alla
(1) Die Kifer Europa. Heft 45, 1908, pag. 96-a.
Il Not, Sic,, Anno XX
22
var. inclusa Desb.
var. tibiella Gyll.
var. silenes Perris.
pellucens Scopoli .
var. Roelofsi Desbr.
viscariae Linné . .
— 170 —
sutura, e lateralmente. Ne ho degli esemplari che per
la colorazione vi si adattano benissimo.
. Posseggo due esemplari di questa varietà, uno di Pa-
lermo, l’altro di Caltagirone (Coniglio-Fanales). Si di-
stingue dal tipo per avere sulle elitre, una o due fa-
sce biancastre, arcuate verso la sutura, racchiudendovi
la macchia del colore del fondo.
. Citata dal Vitale, Failla, Baudi, che a me la notò con
un ?, e De Stefani, che non la cita. Si distingue dal
tipo per il rostro e le tibie quasi intieramente rossa-
stre. Ne posseggo un solo esemplare di Messina (Vi-
tale), determinato dal Desbrochers (1).
. Desbrochers la descrive come specie, il nuovo catalogo
come varietà dell’ attalica Gyll. Ne posseggo due e-
semplari dei dintorni di Palermo. Sarebbe nuova per
la Sicilia. La ritengo una varieta dell’attalica Gyll.
. Vitale la cita sotto il sinonimo di cana Herbst., nel suo
primo suppl., notata dal Bertolini. Ne posseggo due
soli esemplari avuti da Messina dal Vitale.
Citata dal Vitale, notata dal Failla e poi nel suo secondo
suppl. di Messina, Montalbano. Si distingue dal tipo
pel prothorace vage trilineato, elytrorum interstitiis
alternis griseo et brunneo-vittatis. Posseggo molti e-
semplari di questa distinta e bellissima varietà, presi
nel Giugno alla Ficuzza. Il catalogo di Berlino a torto
la nota come specie. L'avevo in collezione sotto il
nome di Emeryi Tourn.
Specie nuova per la Sicilia, e da me posseduta in molti
esemplari presi nei dintorni di Palermo e determinati
nel 1883 dal fu sig. Charles Brisout da Barneville al
quale li comunicai. Ne ho avuti anche dal Dott. Co-
niglio Fanales, di Novara, catturati nel Luglio e dal
Dott. Federico Roccella di Piazza Armerina. Des-
brochers (loc. cit.) dice che si distingue dalla pellu-
cens Scop. che è più grande per la sua forma molto
meno spessa e meno convessa. Vive sulla Silene in-
flata ed una Lychnis consimile alla dioîca giacchè
questa e la viscaria sono piante che non si trovano
in Sicilia, dove invece abbiamo la L. alba Mill., la
flos-cuculis L. ed altre.
(1) La niveivittis Mars. citata dal Vitale nel suo primo suppl., perchè da me ng-
tata, era invece una delle tante varietà dell’attalica,
— 71.
sicana Desbr. (*) (in litt.) Specie nuova della quale il sig. Desbrochers mi scri-
veva: « Sibinia noo. sp. que j avais de la méme
provenance avec le nom de Sicana m. inedit, mais
que j'ai hesité a décrire, ne la distinguant pas suf-
fisament tout d’abord de mes tout petits exemplaires
de la var. lugdunensis. Je vois que la petite taille est
constante et qu’ il y a quelques differences pour la
forme de la squamosité , la couleur des tarses etc.
Vous pouvez la décrire ». Ne posseggo dieci esemplari
cedutemi dal Dott. Coniglio Fanales che li catturò a
Madonna Via nel Luglio (1).
cretaceo-cincta Desbr. (#*) Posseggo un bellissimo esemplare di questa specie
così determinato dal Desbrochers stesso ed avuto dal
Dott. Coniglio Fanales di Caltagirone. Fu catturato a
Rinella il 24 Giugno 1906. È descritta nel Frelon N. 5
(*) sicana Ragusa nov. sp. Oblonga, convexra, supra albo-subargenteo-squa-
mosa, subtus albido-squamosa, squamis piliformibus, antennis , tibiis
tarsis nigris, unguiculis bifidis, rostro curvato, thorace rotundato, an-
tice fortiter rotundato, elyitris basi thorace latioribus, lateribus rotun-
datis, seriatim squamis piliformibus vestitis. Long. 1,8—2 mm.
Mas. : rostrîi parum breviore.
Fem. : rostro thorace longiore.
Si avvicina pel colorito alla var. lugdunensis Desbr. della viscariae L., dalla
quale differisce per la piccola statura che è constante, per la squamosità che è as-
sai più densa, per il colore dei tarsi, per la forma del protorace non ristretto
in avanti, mentre è uguale ed arrotondato nella sicana.
(##) cretaceo-cincta Desbr. Lg. 1.5 m.— Brevius ovata, converiuscula, supra
fulvo cretacea et albo-cincta. Rostro postice, antennis basi, pedibusque
rufis. Caput transversum , infra oculos tenue sulcatum. Rostrum cras-
sius, curvatum, thorace multo brevius. Antennae postice infuscatae, clava
fusca. Prothorax vix transrersus, subconicus. Scutellum cretaceum. Ely-
tra thorace basi perparum latiora, latitudine vix longiore. Femora valde
clavata. Infra cretacea.
Algeria, Sicilia: (Ragusa).
(1) Ho in collezione un esemplare (non fresco) che mi fu determinato per ,S. poten-
tillae Germ. Se prima non ne avrò visti altri esemplari preferisco non citare questa spe-
cie. L’esemplare proviene da Caltagirone (Coniglio Fanales), Madonna Via, e fu cattu-
rato il 4 Luglio 1906.
a- 179 —
seiziàme Série (20 Juillet 1908, pag. 56. Si distingue
facilmente dalle altre specie di piccola statura, per la
fascia di un bianco puro ai lati del protorace che si
prolunga più o meno sulle elitre.
ORCHESTINI
Orchestes Illiger
quercus L.. . . . Vitale la cita e la dice comune a Messina. Ne posseggo
qualche esemplare della Ficuzza (Giugno), Castelbuono
(Maggio) ed uno catturato dal Fùge alla Ficuzza nel
Gennaio. Gli esemplari catturati nel Maggio e Giugno
sono di colorito assai più chiaro di quelli dell’autunno
e dell’inverno. La larva vive sulla quercia.
alni LL . . . . . Vitale la cita dal Baudi, Failla, e De Stefani che la
citò delle Madonie e Ficuzza catturata nel Maggio e
Giugno. È comunissima ed io la posseggo in nume-
rosi esemplari assai variabili fra loro. Pochi esem-
plari hanno la macchia dorsale appena accennata e
mancano dei due punti alla base delle elitre formando
così il passaggio alla aberrazione seguente.
a. saltator Geof. . . Citata dal Vitale perchè notata dal Baudi e notata dal
Failla sotto il sinonimo di mel/anocephalus Oliv.; que-
sta aberrazione di colorito è comunissima assieme alla
specie tipica, ed io la posseggo invece di tutta ferru-
ginosa, con la testa e le gambe nerastre e con i soli
punti alla base delle elitre. Ne ho pure esemplari con
i due punti alla detta base, con la macchia dorsale
anch’essa divisa in due punti; sarà forse l’aberrazione
4-maculatus Gerh. della quale non posseggo la descri-
zione.
pilosus F. . . . . Vitale la cita di Messina, Raccuja e Tortorici notata dal
Baudi, che pure a me la notò col sinonimo di ilicis
F.. È comunissima ed io ne posseggo moltissimi e-
semplari raccolti alla Ficuzza, Castelbuono ed alla
Favorita dal Maggio al Luglio.
irroratus Kiesv. . . Vitale la cita come varietà della specie precedente no-
tata dal Baudi, che non me la notò. Non la pos-
‘ seggo.
fagi LL . . . . + Vitale la cita notata dal Failla. La posseggo in moltis-
simi esemplari da me catturati sulle più alte vette
— 173 —
delle Madonie, nella regione dei faggi, ove è comu-
nissima nel Giugno; la larva secondo gli autori, vive
sul ciliegio, ma deve certamente vivere anche sul fag-
gio, non essendovi ciliegi sulle Madonie !
avellanae Donov. . . Vitale la cita dicendola comune a Messina, Raccuja e
Tortorici. Io la posseggo in moltissimi esemplari della
Ficuzza, Castelbuono e Caronia, catturati dal Maggio
al Settembre.
a. picturatus Vitale . Aberrazione descritta dal Vita'e in questo periodico Vol.
XVIII, 1906, a pag. 134 come varietà, sì distingue
dal tipo per la chiarezza del disegno delle elitre ed
il colorito del fondo, di un nero-ebano, molto lucente,
L’esemplare descritto mi fu gentilmente comunicato
dal Vitale e lo trovo perfettamente identico ad esem-
plari avuti dal Desbrochers dalla Francia (Allier). Bri-
sout de Barneville descrivendo 10. avellanae Donov.
dice: « ornés d’un dessin formé par un duvet variable
de coloration, légèrment jaunatre ou cendré blanchà-
tre ». Attacco poco importanza a questa aberrazione
avendone tutti i passaggi. Posseggo invece alcuni e-
semplari assai rimarchevoli per l’abbondanza della pe-
luria talmente estesa da fare sparire il disegno alla base
delle elitre, ed anche quello apicale è appena accennato.
Credo debbansi riferire alla varietà citata dal Brisout
che disse essere posseduta dal Bonvouloir e prove-
niente dalla Grecia.
PsEUDORCHESTES Bedel.
flavidus Brisout. . . È nuova per la Sicilia, ed anche per l’ Europa (1) es-
sendo descritta d’ Algeria; ne ho catturato molti e-
semplari sul Monte Pellegrino nel Luglio ed alla Fi-
cuzza, nel Settembre falciando 1’ erbe. Ritengo sia
questa la specie che Baudi notò come cinereus.
cinereus Fahrs. . . Citata dal Vitate perchè notata dal Baudi che anche a
me la notò. Io dubito sia invece la flavidus Brisout.
(1) Il catalogo di Berlino 1906 non la nota, mentre ne ho avuti esemplari dal Des-
brochers di Hyères,
— 174 —
Rhamphus Claireville
pulicarius Herbst. . Vitale la dice ovunque comune nel distretto di Messina
e la cita dal Baudi che a me la notò sotte il sinoni-
mo di flavicornis Clairv. È comunissima e la pos-
seggo in molti esemplari dei dintorni di Palermo.
Kiesenwetteri Tourn. Vitale la cita comune a Messina. Avendola richiesta in
comunicazione mi rispose: « Non la posseggo e quella
pubblicata era invece la pulicarius ». Fu descritta (1)
di Sicilia dove la scoprirono i botanici fratelli Huet du
Pavillon
MECCININI
Mecinus Germar (2)
janthinus Germ. . . Specie nuova per la Sicilia, da me posseduta in due
soli esemplari che catturai anni or sono nel Maggio
a Nicolosi.
Heydeni Wencker . . Citata dal Vitale in questo periodico (3), egli la rac-
colse in unico esemplare nel Febbraio 1906, vagliando
il terriccio raccolto sotto le fascine di erica ed i cor-
bezzoli posti a dissescare in contrada S. Michele del
Villaggio Ritiro. Non la posseggo, ma l’ho vista, a-
vendola avuta gentilmente comunicata dal Vitale.
longiusculus Bohem. Citata dal Vitale che la dice comune a Messina e no-
tata dal Baudi. È comune anche nei dintorni di Pa-
lermo ed io ne posseggo molti esemplari di Mondello,
Balestrate (Maggio) e Piazza Armerina (4). Il signor
Giuseppe Leoni (5) disse che questa specie ed il jar-
thinus Germ. vivono sulla Linaria vulgaris e pur-
purea (6) in Giugno e Luglio ed ha trovato più volte
le due specie in copula.
(1) Schw. Mitth., Vol. 4, pag. 189.
(2) Reitter. Curculionidae Mecinini. Bestimmungs-Tabellen 59, 1907. (Gymnetrini).
(3) Anno XX, N. 4-5, pag. 77-79.
(4) Baudi mi notò un Orchestes Aubei che forse (?) per lapsus calami doveva ‘dire
Mecinus Aubei Desbr., ma siccome questa specie è d’ Algeria, per ora non credo utile
citarla.
(5) Rivista Coleott. [tal. 15 Luglio 1908, pag. 137.
(6) La Linaria purpurea Mill. si trova in Sicilia,
— PERI
pyraster Herbst. .
Schneideri Kirsh. .
andalusicus Faust.
circulatus Marsh. .
— 175 —
. Vitale la cita di Messina e notata dal Failla. Ne pos-
|
seggo qualche esemplare da me catturato alla fine di
Gennaio a Mondello.
. Baudi me la notò, ma sembra non l’abb'a notata al Vi-
tale che non la cita. È specie d’Egitto ed Algeria ed
io non la posseggo.
. Posseggo nella mia collezione due esemplari determinati
dal Reitter, di questa specie nuova per la Sicilia; li
catturai nei dintorni di Palermo (Mondello, Aprile).
. Vitale la cita nel primo suppl. di Messina e citata dal
Rottenberg, Bedel, Bertolini e Re. Nel secondo suppl.
di Messina, Castanea, S. Raineri; nel Nat. Sic. 1905,
Anno 17, pag. 166 descrive la cattura di questa spe-
cie a S. Raineri in Gennaio e cita il Rottenberg che
lo prese a Girgenti (1). Ne posseggo pochi esemplari
da me catturati sulle Madonie e nei boschi presso Ca-
stelbuono in Luglio, ed ai Rotoli presso Palermo in
Marzo.
var. nasutus Tourn. . Vitale cita questa varietà del circulatus notata dal Baudi,
humeralis Tourn.
setosus Kiesw.,
comosus Bohem. .
che pure a me la notò. Si distingue dal tipo per a-
vere il rostro un poco più lungo con le elitre intie-
ramente rosse, con solo il 2-4 interstizio anteriore
nero. Non la posseggo.
. Vitale la cita perchè notata nei vari cataloghi. Fu de-
scritta di Sicilia negli Annali della Soc. Ent. Belga,
1874 (2). Non la posseggo e dubito sia la specie se -
guente.
. Specie omessa dal Vitale benchè citata dal Rottenberg
che la catturò a Palermo. Dal Museo di Berllno ho a-
vuto comunicato uno degli esemplari raccolti in Sicilia
dal Rottenberg.. Reitter la suppone una semplice razza
deila comosus Bohem.. Dubito sia stato da me citata
come barbarus Gyll.
. Posseggo due esemplari di questa specie, nuova per la
Sicilia, mi erano stati determinati come varietà del se-
tosus a peluria assai più lunga. Esso però corrisponde
perfettamente alla descrizione del comosus.
(1) Berl. Ent. Zeit. 1871, pag. 234, non pag. 74 come cita Vitale per errore di
stampa.
(2) Soc. Ent. Belg. 1874 non 1873 come cita Reitter nella Bestim, Tab,
— 176 —
hesteticus Vitale . . Fu descritta nel Nat. Sic. 1906, pag. 134. Sopra un e-
semplare 9 catturato a Linata nel 1908. L’autore dice
che si distingue dal setosus per la striscia rosso-bruna
delle elitre. i dne ciuffi di setole bianche, e la sta-
tura. Reitter dice che dalla descrizione affatto insuf-
ficiente è da porsi forse, vicino al setosus. Non la
posseggo, ma ho visto l'esemplare (gentilmente comu-
nicatomi dal Vitale) che servì alla descrizione e mi
sono convinto che non è altro che una varietà del
comosus Bohm. (1).
Gymnetron Schénherr (2)
ApRrINUS Desbr.
simum Muls. . . . Vitale la cita dai cataloghi c nel secondo suppl. di Mes-
sina, Gesso e Ritiro, ma non cita il Baudi che me la
notò. È comunissima ed io la posseggo in moltissimi
esemplari dei dintorni di Palermo. Stierlin e Reitter
la citano di Sicilia,
Pirazzolii Stierl. . . Specie nuova per la Sicilia da me posseduta in pochi
esemplari e che avevo confusa in collezione coi simum.
GYMNETRON S. Str.
labile Herbst. . . . Vitale la cita di Messina. Ne posseggo un solo esemplare
catturato dal Dott. G. Coniglio Fanales a Caltagirone
(S. Mauro), nel Maggio scorso.
ictericum Gyll. . . Vitale la cita notata dal Failla. Non la posseggo.
latiusculum Duval . Vitale la cita notata dal Baudi che pure me la notò.
Non la posseggo.
pascuorum Gyll. . . Vitale la cita di Messina comune e notata dal Baudi.
Ne posseggo pochi esemplari dei dintorni di Palermo.
Ne ho un esemplare che ad eccezione della testa é
tutto di color ferruginoso.
(1) Romano nella sua memoria degli insetti che danneggiano' gli ulivi in Sicilia (Pa-
lermo 1845) cita un Mecinus senza indicarne la specie. Però siccome fra i coleotteri che
danneggiano l’olivo in Sicilia, citò anche la Melolontha vulgaris così dubito sia stato al-
tro genere.
(2) Reitter Bestimmungs-Tabellen, Heft, 59, pag. 15-43,
— 177 >
a. bicolor Gyll. . . Vitale la cita notata nel catalogo Bertolini come di Sici-
lia, mentre vi fu invece notata di Sardegna (Sa); co-
sicchè è una varietà nuova per la Sicilia, che si di-
stingue dal tipo per il colorito rosso che predomina
per le antenne, elitre e gambe. Ne posseggo qualche
esemplare dei dintorni di Palermo, Ficuzza e Calta-
girone. È assai più comune che il tipo.
variabile Rosenh.. . Vitale la cita notata dal Baudi con la var. sanguinipes
Bris. oggi sinonimo della variabile. Nel secondo sup-
plemento la cita di Messina e Scale. La posseggo in
moltissimi esemplari catturati nel Maggio dei dintorni
di Palermo. i
var. haemorrhoidale Bris. Baudi mi notò questa varietà, della variabile citata
dal Vitale solamente dal catalogo Bertolini. È comu-
munissima nei dintorni di Palermo dove io l’ho cat-
turata in numero nel Maggio, specialmente sul Monte
Pellegrino.
var. simplex Ragusa var. nov. Elytris totis rufis. Posseggo pochi esemplari
di questa varietà nuova della variabile, dalla quale,
si distingue facilmente per le elitre tutte unicolori
rosse. È l’istessa varietà come la bicolor alla pascuo-
rum. Li catturai nei dintorni di Palermo ed alla Fi-
cuzza.
var. curtulum Reitt. Posseggo qaalche esemplare di questa varietà, nuova per
la Sicilia; essa si distingue dalla varzabile per essere
più corta e più arrotondata. Gli esemplari da me pos-
seduti furono catturati nei dintorni di Palermo.
rostellum Herbst. . . Specie nuova per la Sicilia. Ne posseggo due soli esem-
plari dei dintorni di Palermo.
villosulum Gyll. . . Vitale la cita nel suo primo suppl. dal Bertolini e Rot-
tenberg che la catturò a Siracusa. Nel secondo suppl.
la cita di Messina e Scala.
var. luctuosum Vitale. Questa nuova varietà fu descritta nel Nat. Sic. 1906,
135. Essa rimase ignota al Reitter, secondo la descri-
zione differisce dal tipo per minor grandezza e per es-
sere tutta nera, meno le tibie e i tarsi e le antenne
che sono rossastri. Furono raccolti nell'Aprile a Scala.
Non la posseggo nè l’ho vista.
melinum Reitt. . . Ebbi notata questa specie dal Baudi sotto il sinonimo
di sapiens Faust. Al Vitale che non la cita, pare non
l'abbia notata. Ne posseggo due soli esemplari.
var. furcatum Desbr. Anche questa varietà del melinum, mi fu notata dal
Il Nat, Sic., Anno XX 23
— 178 —
Baudi. Vitale non la cita. Essa si distingue dal tipo
per la sutura nera delle elitre che è biforcata ed i fe-
mori che alla punta sono neri.
v. veronicae Gern. . Posseggo un solo esemplare di questa varietà della dec-
cabuncae L.
Runusa Steph.
asellus Grav. . . + Vitale la cita di Sicilia. Ne posseggo un solo esemplare
cedutomi dal mio amico Luigi Failla, che lo catturò
presso Castelbuono.
amictum Germ. . . Vitale la cita di Messina tota, ma la pone come varieta
del tetrum Lin., dove difatti era erroneamente poste
in tutti i cataloghi prima. E comunissima ed io la
posseggo in moltissimi esemplari catturati specialmente
a Mondello nel Novembre.
tetrum L. . . . . Vitale la cita (feter F.) di Messina, dal Romano e Bavdi
che pure me la notò. Gli esemplari a me ceduti sotto
questo nome dal Vitale erano melas Bohem. Ne pos-
seggo due soli esemplari dei dintorni di Palermo.
a. plagiellum Gyll. . Vitale la dice comune ovunque a Messina. Essa sì di-
stingue dal tetrum L. per avere l’apice o una mac-
chia apicale sulle elitre. Ebbi ceduti sotto questo nome
varii esemplari dal Vitale che mi risultarono essere
invece melas Bohem. Ne posseggo un solo esemplare
dl Sperlinga.
var. subrotundatum Reitt. Vitale la cita di Mandanici (v. antirrhini Germ.).
Essa sì distingue dal tetrum L. per essere più piccola
rotonda col torace appena puntato, con la superficie
dalle elitre assai meno ricoperta di peluria che è più
fina, con gli intervalli con righe di peli più lunghi,
con i femori debolmente dentati. Ne posseggo un solo
esemplare dei dintorni di Palermo.
herbarum Bris.. . . Vitale la cita notata dal Baudi che a me pure la notò.
Ne posseggo moltissimi esemplari della Ficuzza, Pa-
lermo, Caltagirone (Fanales).
antirrhini Payk. . . Baudi mi notò questa specie senza nome di autore; egli
non la notò al Vitale. Non poteva alludere alla va-
rietà dello stesso nome, giacchè me la pose dopo me-
las Bohm. e non dopo tetrum L. Non la posseggo.
lanigerum Bris. . . Vitale la cita notata dal Baudi, che pure a me la notò*
i Nel primo supplemento Vitale disse in nota di doversi
— i79 —
sopprimere questa specie perchè non esistente in Si-
cilia. Ma allora gli esemplari del Baudi cosa erano ?
var. griseohritellum Desb. Vitale la cita come specie nel primo suppl. di Mes-
sina e nel secondo di Messina e Condrò. Fiori la citò
di Balestrate e Canicatti. Ne posseggo un solo esem-
plare catturato dal Fanales a Caltagirone (Madonna
Via).
depressum Rottb. . . Descritta sopra un solo esemplare trovato a Catania
presso il mare. Ebbi la fortuna di avere avuto co-
municato dal Dott. Schenkling quest’esemplare e mi
son convinto che non è altro che un g* del vestitum
Germ.. L'autore nella descrizione dice che i femori
non hanno denti, mentre vi sono, ma talmente piccoli
che sfuggirono all’esame del Rottenberg.
melas Bohm. . . . Citata dal Vitale al quale la notò il Baudi che pure a
ime la notò. Ne posseggo moltissimi esemplari cattu-
rati a Messina, nel 1904 dal Vitale, e cedutomi come
tetrum L. e var. plagiellum Gyk.
vestitum Germ. . . Vitale la cita. Ne posseggo molti esemplari dei dintorni
di Palermo e di Messina cedutemi dal Vitale.
thapsicola Germ. . . Vitale la cita nel secondo suppl. di Messina, Cavaliere,
Montalbano. Poi a pag. 79 del Vol. XX di questo pe-
riodico, in un lungo articolo la cita di Scala, Linata,
Casazza, Mauli, Badiazza, Tremonti, Novara, Fran-
cavilla ecc. e dice che l’insetto perfetto trovasi costan-
temente sul Verbascum Thapsum L. nei mesi di Mag-
gio, Giugno e Luglio, nascosto in mezzo alle gemme
florali. Non la posseggo.
bipustulatum Rossì . Vitale la cita sotto il sinonimo di spilotum Germ. di Mes-
a. sanguinipenne Desbr.
sina (ovunque) e notata dal De Stefani (Monte Pel-
legrino, Trabia, Maggio e Giugno), omise però il Rot-
tenberg che la disse non rara sopra una Scrophularia
a Catania, Siracusa e Nicolosi. Vitale dice che vive
snlla Scrophularia peregrina |... Nel secondo suppl.
la cita (come varietà di spilotum) Messina, Tremonti,
Castanea. Baudi me la notò.
Vitale la cita notata dal Baudi, che pure a me la notò,
poi nel Nat. Sic., Vol. XX, pag. 80, la dice rarissima
a Tremonti sulla Scrophularia peregrina L. assieme
al tipo. Reitter la nota di Sicilia, Si distingue dal tipo
per le elitre intieramente rosse, solamente con la base
della sutura oscurata, Ne posseggo moltissimi esem-
— 180 +
plari catturati a Castelbuono dal Failla e dei dintorni
di Palermo dove è assai più comune del tipo.
var. fuliginosum Rosenh. Vitale la cita notata dal Baudi che a me non la
notò. Si distingue dalla bipustulatum per essere in-
teramente nera.
EuremnosceLIs Desbr. (1)
linariae Panz. . . . Vitale lacita nei Rinc. Sic. di Messina tota, nel secondo
supplem. di Messina, Tremestieri, S. Teresa Non la
posseggo.
Miarus Steph.
micros Germ. . . . Vitale la cita perchè notata dal Bertolini. Steck la citò,
ed io ne posseggo un esemplare dei dintorni di Pa-
lermo, ed uno di Caltagirone (Madonna Via) cattu-
rato dal Coniglio Fanales nell’ Agosto,
piaatarum Germ. . . Vitale la cita di Messina, dal Romano (Cleopus son-
nulentus Villa) ed una varietà ? notatagli dal Baudi
che a me invece notò la sola plantarum specie. Ne
posseggo molti esemplari della Ficuzza catturati nel-
l’Aprile e Maggio.
meridionalis Bris. . Vitale la cita di Messina, notata dal Failla e citata dal
De Stefani. Ne posseggo moltissimi esemplari della
Ficuzza.
CIONINI
Cionus Clairville
tuberculosus Scop. . Vitale la cita notata dal Baudi che pure a me la notò.
Omise il Reiche che la citò sotto il sinonimo di ver-
bascî F.. Ne posseggo due soli esemplari da me cattu-
rati al Godrano in Maggio. Ne ho visti esemplari di
Piazza Armerina appartenenti al Dott. F. Roccella.
scrophulariae L. . . Vitale la cita dal Romano e nel secondo suppl. di Mes-
sina e Tremonti. Non la posseggo.
hortulanus Geof. . . Vitale la cita di Messina (ovunque), dal De Stefani
(Palermo, S. Martino, Trabia, Sciacca, S. Ninfa, fre-
quente in Maggio, Giugno e Settembre), Ciofalo, Baudi,
(1) Non Evtemnoscelis come erroneamente è stampato nel nuovo catalogo di Berlino,
ra = siete è
— 181 —
che pure a me la notò, omise però il Rottenberg che
la citò di Catania e Nicolosi, raccolti sopra una Scro-
phularia. Steck la cita ed Assenzo di Noto. È comune
e ne posseggo molti esemplari dei dintorni di Palermo.
Ne ho visti di Piazza Armerina (collez. Roccella).
thapsi F. . . . . Citata dal Vitale, dal Romano e notata dal Failla e da
me, nel suo secondo suppl. la cita di Messina, Monte
Albano e Tremonti. Omise il Reiche, che la cita di
Sicilia. Ne posseggo molti esemplari dei dintorni di
Palermo, che avevo in collezione sotto il sinonimo
di similis Mull.
Olivieri Rosenh. . . Vitale la cita notata dal Baudi che pure a me la notò.
Steck la cita e poi la cita una seconda volta sotto il
sinonimo di Cladrvillei Boh. Ne posseggo molti esem-
plari dei dintorni di Palermo.
alauda Herbst. . . . Vitale la cita di Messina (ovunque) sotto il sinonimo di
blattariae F. notata dal De Bertolini, omise il Rot-
tenberg che la cita di Catania e Nicolosi (trovata so-
pra una scrophularia) in una varietà con pubescenza
debole e macchia vellutata sparuta, che gli sembra
assai diffusa nel meridionale, avendone avute esem-
plari uguali dall’Andalusia; credo debba riferirsi alla
varietà seguente. Ne posseggo nove esemplari da me
catturati alcuni allo Zucco, nell’A prile, ed altri in Mag-
gio alle falde del Monte Pellegrino.
var. Villae Comolli . Vitale la cita dal De Bertolini. Omise il Reiche. Non
la posseggo.
SrerEonvYcHUSs Suffrian.
fraxini Degeer. . . Vitale la cita di Messina dal De Bertolini notata dal
Failla e Baudi che pure a me la notò. Omise il Rei-
che. Steck la citò. Ne posseggo due soli esemplari
dei dintorni di Palermo.
var. phyllireae Chev. Citata dal Vitale e notata dal Baudi che pure a me la
notò. Ne posseggo tre soli esemplari dei dintorni di
Palermo ed uno di Castelbuono..
CioneLLUS Reitter
gibbifrons Kiesw. . Vitale la cita notata dal Baudi che non me la notò. Ne
posseggo due soli esemplari dei dintorni di Palermo,
— 182 =
NANOPHYINI
Nanophyes Schònherr
Nanopiscus Kiesw.
transversus Aubé . . Citata dal Vitale nel primo suppl. (1), dal catalogo Be-
del. Brisout difatti nella sua monografia la cita di Si-
cilia (2). Pare viva sul Juniperus phoenicea. Non
la posseggo.
NANOPHYES Ì. Sp.
niger Wall. . . . Vitale la cita di Messina, dai cataloghi, notata dal Baudi,
che pure a me la notò, ed anche sotto il sinonimo di
stculus Bohm. Nei Rinc. di Messina la cita di Mes-
sina e di Campo Inglese. Ne posseggo qualche esem-
plare catturato dal Vitale nel Maggio a Messina, uno
catturato in Marzo ed uno a Colla il 20 Dicembre.
Stierlin lo citò.
annulatus Arag. . . Vitale omise di citare questa specie che il Brisout cita
di Sicilia dalla collezione von Heyden. Secondo Aubé
pare viva sul Lythrum salicaria. Non la pusseggo.
hemisphericus Oliv. Citata dal Vitale dai Cataloghi e notata dal Baudi che
a me pure la notò, nei suoi Rincofori Messinesi la cita
di Calamarà. Posseggo tre soli esemplari di questa
splendida specie, uno di Motta S. Anastasia catturato
in Maggio dal Failla, e due della Ficuzza da me cat-
turati nel Settembre. Brisout la cita di Sicilia.
a. ulmi Germ. . . . Nuova per la Sicilia; ne posseggo tre soli esemplari cat-
turati nei dintorni di Palermo. Essa si distingue dal
tipo per la totale mancanza della macchia nera trian-
golare che occupa nella Raemisphaericus tutta la base
delle elitre.
var. melanocephalus Baudi ér Zitt. Vitale cita (ined.) nel sottogenere Corimalia
(1) A torto notata nel sottogenere Nanophyes è. sp.
(2) Abeille, Vol. VI, pag. 118.
— 183 —
Gozis (1), questa specie che il Baudi pure a me notò.
ma dopo il nigritarsis Aubé. Io suppongo sia stata
una varietà o aberrazione della Raemispherica Oliv.
che posseggo in pochi esemplari catturati alla Ficuzza
che si distinguono dal tipo per la testa ed il corsa-
letto testaceo invece di nero.
globulus Germ. . . Vitale la cita notata dal Baudi con dubbio (?), a me non
la notò, forse trovò ch’era tutt’altra specie, suppongo
che si trattava della specie seguente. Brisout la prese
in Ottobre sull’ Erica cinerea che non si trova in
Sicilia.
gracilis Redt. . . . Specie nuova per la Sicilia. Ne posseggo pochi esem-
plari dei dintorni di Palermo, ed un altro cedutomi
dal Failla, quasi totalmente nero, catturato nei din-
torni di Castelbuono, e che sarà forse l’ab. obscurior
Pic.
rubricus Rosenh. . . Vitale la cita dal Catalogo De Stefani e Riggio che la
dissero frequente, e poi nei Rinc. Messinesi, la cita
comune a Messina; nella mia collezione ne ho qual-
che esemplare di Messina (Vitale) dei dintorni di Pa»
lermo e della Ficuzza. Brisout la cita di Sicilia.
globiformis Kiesw. . Citata dal Vitale che la trovò notata nel Catalogo Ber-
tolini. Egli omise però il Rottenberg che la cita e la
catturò a Lentini.
nigritarsis Aubè . . Vitale la cita dai cataloghi e nel suo secondo suppl. di
Messina, Scala, Colla, Passo Badia. Fu descritta di
Sicilia, Annali di Francia 1862, pag. 72-73, donde
l’ebbe l’ Aubé, ed il Brisout la vide della collezione
Chevrolat, dicendola rarissima. Ne posseggo molti e-
semplari catturati tutti nel Luglio sul Monte Pelle-
grino, alla Favorita ed a Colla (Vitale). Ne ho di Mes-
sina (Vitale) catturati nell’ Ottobre e Gennajo. Un e-
semplare di Caltagirone, Cava (Coniglio Fanales) cat-
turato il 25 Giugno.
a. morulus Vitale. . Descritta nel Nat. Sic. Vol. XVI1II, pag. 135 Ho avuto
gentilmente comunicato l'esemplare dal Vitale, ed ho
trovato che non era altro che nn nigritarsis Aubé,
con la macchia rosso-bruna delle elitre quasi scom-
parsa tanto da farlo sembrare tutto nero. Ne posseggo
(1) Non Corinalia, come per errore tipografico fu stampato nel Nat, Sic., Catalogo
Vitale,
nitidulus Gyll. .
metallicus Vitale ,
marmoratus (;oeze
languidus Boh.
tristigma Rotib.
— 184 —
un esemplare che forma il passaggio dal tipo a que-
sta aberrazione, avendo la macchia appena accennata.
Sì tratta di una semplice aberrazione come ne abbia-
mo fante in questo genere così variabile.
. Citata dal Vitale di Messina (comune) e notata dal Baudi
che pure a me la notò, e dal Failla sotto il sinonimo
di Chevrieri Boh.. Tournier nel 1867, negli Ann. di
Francia, ne ridescrisse la Q di Sicilia, sotto il sino-
nimo di difficilis. Vitale, omise il Rottenberg che la
citò e la catturò al Belvedere presso Siracusa sopra un
Lythrum. È comunissima ed io la posseggo in mol-
tissimi esemplari variabilissimi, specialmente della Fi-
cuzza. Sterlin la citò come nitidulus e come Chevrieri.
. Descritta nel Nat. Sic. Vol. XVIII, pag. 136. Vitale me
ne ha gentilmente comunicato 1 esemplare che servì
alla descrizione, ed ho potuto convincermi che altro
non è che una delle tante varieta del rnitidulus, sola-
mente l’esemplare è denudato della peluria, ciò che gli
dà un aspetto tanto strano da farlo sembrare tutt’ al=
tra specie.
. Specie citata dal Vitale di Messina e notatagli dal Baudi,
sotto il sinonimo di Zythré F., che a me non la notò.
Non la posseggo (1).
Corimatia Gozis
. Vitale la cita notata nei cataloghi, ma omise il Rotten-
berg che la citò di Siracusa e Messina. Brisout la
citò di Sicilia (Schonherr). Ne posseggo pochi esem-
plari dei dintorni di Palermo.
. Fu descritta di Sicilia nella Berl. Ent. Zeit. 1871, pag.
235-236, sopra esemplari catturati a Messina, Girgenti,
e Siracusa. Vitale la cita notata dal Baudi, che pure
a me la notò dal De Stefani (Termini-Imerese, Sciacca,
frequente in Maggio, Giugno e Settembre), Ciofalo.
Steck pure la citò. Ne posseggo varii esemplari dei
dintorni di Palermo, ed uno avuto dallo stesso Rot-
tenberg.
(1) Nel suo secondo Suppl. Vitale nelle Rettificaxioni dice che questa specie è da
radiarsi,
— 185 —
tamaricis Gyll. . . Vitale la cita comune a Messina, notata nei cataloghi,
dal De Stefani (Termini-Imerese , Sciacca , poco fre-
quente), dal Ciofalo, dal Baudi, che pure me la notò,
e dal Failla. Omise il Rottenberg che la cita di Mes-
sina. Ne posseggo molti esemplari di Ficuzza e Mon-
dello catturati nel Settembre ed Ottobre, battendo la
Tamaryx africana.
a. rufulus Rey. . . Posseggo qualche esemplare di questa aberrazione, non
molto caratteristica. La catturai assieme al tipo nei
dintorni di Palermo (Mondello).
pallidus Oliv. . . . Citata dal Vitate di Messina, dal De Bertolini e notata
dal Baudi, che pure me la notò, con una var. concolor
(î. Lit.) che è sinonimo dell’a. rufulus Rey. Omise di
il Rottenberg che la cita di Siracusa. È comune ed io
la posseggo di Lentini (Ottobre), Ficuzza (Settembre)
e dintorni di Palermo.
v. stigmaticus Kiesw. Questa varietà è nuova per la Sicilia, si distingue dal
pallidus specialmente per avere sulle elitre, due pun-
tini neri. Ne posseggo due soli esemplari dei dintorni
di Palermo.
centromaculatus Costa. Vitale la cita dal Catalogo Heyden, e poi di Messina,
dal Brisout e dal Costa. Ne posseggo molti esemplari
di Passo Badia (Vitale) catturati in Aprile e della
Ficuzza (Settembre).
quadrivirgatus Costa. Vitale la cita notata dal Baudi, che a me pure la notò.
Non è rara ed io ne posseggo moltissimi esemplari
catturati tutti alla Ficuzza nel Settembre.
v. sex-punctatus Kiesw. Vita'e la cita notata dal Baudi, che non me la notò.
Posseggo qualche esemplare dei dintorni di Palermo
che si adattano a questa varietà poco importante in
un genere tanto variabile.
pallidulus Grav. . . Vitale la cita nei suoi due cataloghi notata dal Baadi,
nei Rinc. Messinesi di Messina (Passo Badia). Omise
il Rottenberg che la citò di Siracusa. Steck la cita.
Ne posseggo moltissimi esemplari della Ficuzza (Set-
tembre) e di Passo Badia (Vitale— Marzo).
MAGDALIDINI
Magdalis Germar
armigera Geof. . . Vifale la cita sotto il sinonimo di atterima F. di Messi-
na, Artolico, e citata dal De Stefani (Ficuzza, Madonie,
Il Nat, Sic., Anno XX 24
cerasi L.
exarata Bris. .
barbicornis Latr. .
ruficornis L. . .
(continua)
— 186 —
—Maggio e Giugno), dal Ciofalo, dal Failla e dal Bau-
di, che pure a me la notò catturata alla Firuzza, donde
provengono pure gli esemplari da me posseduti.
Panus Schònherr
. Vitale nei suoi cataloghi la cita notata dal Baudi, che
a me non la notò. Nel suo secondo suppl. la cita di
Messina, Colla, Sarto, M. Albino. Ne posseggo qual-
che esemplare della Ficuzza.
. Vitale nei Rinc. Siciliani la cita notata dal Baudi, che
a me pure la notò da lui catturata a Lentini e Ca-
stelbuono. La posseggo in pochi esemplari dei din-
torni di Palermo.
. Vitale la cita di Messina (Calamarà), notata dal Failla e
dal Baudi che a me pure la nota da lui catturata a
Ficuzza, Termini-Imerese e Gibilmanna. Ne posseggo
molti esemplari di Ficuzza e Messina (Vitale—Aprile).
Epo Germar
. Specie nuova per la Sicilia, da me possednta in tre soli
esemplari dei dintorni di Palermo.
E. RAGUSA
| Rivista bibliografica
Silvestri F. — Des -rizione di un nuovo genere di Insetti Apterigoti rap-
presentante di un nuovo ordine. (Boll. del Labor. d. Zool. gener. e
agraria della R. Scuola Sup. d’Agric. di Portici, vol. I, 1907).
Il sig. Agostino Dodero di Genova e la Direzione del Museo civico
di questa città, comunicavano un piccolo insettuccio al prof. Silvestri
per farne lo studio.
L’ egregio e attivo professore, dopo un minuto esame degli esem-
plari ricevuti, ha riconosciuto in essi un nuovo genere degli Apterigoti
e rappresentante tra questi un nuovo ordine,
— 187 —
L'A. quindi, con quella competenza che tanto lo distingue, ne fa
una minuta descrizione intercalando nel testo , oltre la figura dell’ in-
setto adulto, anche quelle di molte parti di esso, così che lo scritto rie-
sce di una chiarezza inconfutabile.
Egli chiama il nuovo ordine fProtura, Acerentomon il nuovo genere
per cui crea la famiglia Acerontomidae e la nuova specie Doderoî, dedi
candolo al sig. Dodero.
Quest’ insettuccio è stato rinvenuto nei dintorni di Genova, a Ca-
stelnuovo Garfagnana, Montallegro, Masone e Cogoleto.
Per importanti caratteri che l’ autore cita, quest’ insetto ha un va-
lore caratteristico superiore a quello dei 7hysanura e dei Collembola ,
ragione per cui crea per esso il nuovo ordine.
Grassi B. e Foà Anna — Iaspettata scoperta di una fillossera sulle ra-
dici della quercia. (Dal R. Osservatorio antifillosserico di Fauglia).
_ Rendiconti delle sedute della reale Accademia dei Lincei Classe
di scienze fisiche, matematiche e naturali — Vol. XVI, fasc. 7°, 2°
sem. 1907.
Questa pubblicazione è una nota sulla scoperta di una nuova fil-
lossera a cui viene imposto il nome di Danesi; questa è stata trovata
sulle radici di due querce (Quercus sessiliflora). Di essa si conoscono
sino ad oggi, le uova delle madri attere, le neonate da queste uova, e
le larve successive sino alle madri attere e alle ninfe, non che le alate.
Qneste forme, sino ad oggi conosciute dagli autori, si rassomigliano alla
fillossera del cerro (PA. corticalis), le differenze però sono minutamente
indicate dagli autori i quali promettono, quanto prima, di completare
queste notizie sommarie con un esteso lavoro accompagnato da figure.
Nielsen J. C. — The insects of East-Greenland — Copenhagen 1907.
Il sig. Nielsen in questo opuscolo, di cirea cinquanta pagine, riu-
nisce tutto quanto sin’oggi si conosce di insetti dalla Groenlandia, dando
larghe notizie della loro distribuzione geografica ed una estesa lette-
ratura.
Bezzi M.— Ulteriori notizie sulla Ditterofauna delle caverne (Atti d. Soc.
Ital. di Sc. Nat., vol. XLVI, 1907),
Il valente ditterologo in queste sue notizie sulla ditterofauna delle
caverne della Moravia nota che le specie, a lui comunicate dal Màhri-
— 188 —
schen Landesmuseùm di Briinn, sono accidentali, non se ne trovando
nessuna che si possa considerare cavernicola tipica; seguitando dice che
ciò è anche una prova che i ditteri poco o punto si sono adattati alla
vita sotterranea. Fa quindi altre importantissime considerazioni e dà
l’elenco delle specie studiate illustrandole con note e indicando le loca-
lità dove furono catturate. ;
Questo lavoro è seguito da un'aggiunta e da altre osservazioni sui
ditteri finora raccolti nelle caverne d’Europa e d'America.
Masi L. — Contribuzione alla conoscenza dei Calcididi italiani. (Boll. d.
Laboratorio di zool. gen. e agr. d. R. Scuola Sup. d’Agr. di Portici;
vol. I, 1907).
È questo del Dott. Luigi Masi un pregevole lavoro su alcuni cal-
ciditi parassita di insetti dannosi alle piante; egli descrive minutamente
le specie, dando esatti e numerosi caratteri di identificazione, e ci fa co-
noscere un nuovo genere che chiama Atoposoma e ben sei specie nuove
cioè, Coccophagus howardi, Disbrachys affinis, Arthrolytus incongruens, Eu-
ryischia inopinata, Atoposoma variegatum, Dinarmus robustus.
Il lavoro, di circa sessanta pagine, è ricco di numerose figure in-
tercalate nel testo.
De Stefani T. — Nuova cecidomide galligena — (Marcellia, Riv. inter. di
Cecidologia, vol. VI, 1907 — Avellino).
L’A. descrive la Janetiella euphorbiae n. sp. che vive, allo stato lar-
vale, tra le foglie terminali ipertrofizzate dell'Euphorbia characias L.
Id. — Una nuova interessante cecidomia. (ibid.).
Si descrive un nuovo genere ed una nuova specie di cecidomide
col nome di Aploryx n. gen. chenopodii n. sp.. Quest’ insetto vive e si
trasforma in alcuni rigonfiamenti vesciculosi dei rami del Chenopodium
album L.
Id.— L’insetto dei frutti del Pistacchio e modo di limitarne î danni. (Pa-
lermo 1908).
In questo lavoro di circa 60 pagine, illustrato da numerose figure
intercalate nel testo, l’ A. parla del Trogocarpus ballesterii Rndn. ime-
nottero parassita carpofago dei frutti della Pistacia vera e della Pistacia
terebinthus.
— 189 —
Dopo aver premesse alcune generalità sui pistacchi, egli parla degli
altri insetti che assalgono le terebintacee e quindi fa la storia del 7ro-
gocarpus e la sua biologia. Parla poi dei gravi danni che arreca e del
modo di come esso giunge ad infestare i frutti e viene a dire di un me-
todo per limitare la sua straordinaria moltiplicazione.
Silvestri F. — Appunti sulla Prospalta Berlesei How. (Boll. d. Labor. d.
zool. gen. e agr. d. R. Scuola Sup. d’Agric. di Portici, Vol III, 1908).
In questo opuscolo l’ A. parla della Prospalta Berlesei che ottenne
in laboratorio dalla Diaspis pentagona fatta venire parassitizzata dall’ A-
merica. Tutti gli esemplari da lui ottenuti erano di sesso femminino
come quelli osservati in America sono stati sempre dello stesso sesso,
sicchè sin’oggi deve ritenersi questa specie di imenottero partenogenetica.
Il prof. Silvestri parla poi dell’ uovo, che allo stato di ovocite di
1° ordine completamente sviluppato non presenta distinto , oltre il nu-
cleo, un nucleolo, a differenza di quanto egli ha osservato in altre
specie, da cui differisce anche pel fatto che il nucleo si trova nella
parte posteriore dell'uovo e non nell’anteriore, come è il caso in altre
specie da lui indicate.
Altre particolarità accenna sullo sviluppo di questo uovo, ma che
bisogna ritornare a verificare e pertanto invoglia altri, che possuno tro-
varsi in circostanze più favorevoli, di studiare lo sviluppo della Pro.
spalta Berleseì.
Id. — Descrizione e cenni biologici di una nuova specie di Asphondylia
dannosa al lupîno (1bid.).
Si tratta della descrizione e della biologia di una nuova specie di
cecidomide che vive sul Lupinus albus L. di cui i baccelli vengono a-
trofizzati per opera della sua larva.
L’A. con quella minuziosa esattezza che oramai gli è riconosciuta,
descrive minutamente la nuova specie chiamandola Asphondylia lupini
e la illustra di numerose figure intercalate nel testo.
Leonardi G. — Altre notizie intorno alla Diaspis pentagona Targ. ed al
modo di combatterla. (Ibid.).
In quest’opuscolo il Leonardi, accennando ai danni che la Diaspis
pentagona Varg. reca ai gelsi, dice che i diversi metodi usati per limi-
tare il pernicioso pidocchio sono riusciti vani, e che per tanto il prof.
— 190 —
Silvestri e il prof. Berlese ognuno indipendentemente pensarono di in-
trodurre in Italia dall’ America la Prospalta Berlesei How. imenottero
parassita validissimo nemico della Diaspis Gli esperimenti già iniziati
in piccolissima scala, per ragioni diverse non sono riuscite, ma si ten-
teranno altre prove che si spera potranno riuscire allo scopo.
L’ egregio dottore dà inoltre molti dettagli sulla Diaspis pentagona
e riporta la miscela raccomandata dal prof. Silvestri per combattere
questo pidocchio; conchiude infine dando lo elenco delle piante su cui
si è riscontrata la Diaspis in Italia e in altre contrade.
Trottere A. e Cecconi G. — Cecidotheca italica.
Di questa interessantissima raccolta di galle italiane sono stati pub-
blicati in gennaio i fasc. XVI, XVII e XVIII. Le galle, oltre all’ essere
state splendidamente preparate dagli egregi autori, sono illustrate con
note e particolari veramente degne di encomio e che dimostrano negli
autori non solo la conoscenza perfetta di questo ramo della biologia
botanico-zoologica, ma anche la cura grandissima che essi disimpegnano
nelle preparazioni onde riuscire sempre più accetti agli studiosi. Questi
ultimi tre fascicoli comprendono galle provenienti da diverse regioni d'I-
talia, alcune specialmente di un grande interesse perchè confinate a ri-
strette zone e a peculiari tratti di terreno, altre perchè poco note e
difficili a rinvenirsi.
Né meno lodevole è la parte estetica dei fascicoli in cui sono con-
tenute, e bisogna francamente dire che tale pubblicazione riesce di un
interesse grandissimo e si rende necessaria ad ogni studioso di biologia
botanico-zoologica.
Grandori R. — Una nuova malattia della vite (La Viticoltura Moderna.
An. XIV, n. 7 e 8) — Palermo, 1908.
Con questo titolo il Dott. Grandori parla del noto dittero Drosophila
ampelophila Loew. come danneggiatore diretto degli acini dell’uva.
Sin’ oggi questa specie era ritenuta vivere sui frutti in fermenta-
zione e su gli scoli dell’aceto e del vino che sogliono asciuttandosi, rap-
pigliarsi sul cocchiume delle botti; ma l’egregio dottore, per osserva-
zioni proprie fatte l’ autunno scorso in Palermo, ha dovuto convincersi
che il moscerino attacca direttamente gli acini sani dell’uva, vi depone le
sue uova sulla buccia e le larvette che ne schiudono poi si introducono
dentro e mandano l’acino in decomposizione.
— 191 —
Foà A. e Grandori R. — Stud? sulla Fillossera della vite. Differenze tra
la Fillossera gallicola e la Fillossera radicicola (Rend. d. R. Accad.
d. Lincei, vol. XVIII — 1908.
In questa nota gli egregi autori riferiscono, che contrariamente a
come tutti gli scrittori di cose fillosseriche hanno asserito, la larva di
fillossera uscita dall’uovo di inverno non può indifferentemente dirigersi
verso le foglie o verso le radici della vite e diventare gallicola o ra-
dicicola. Dopo numerosi esperimenti accertatesi del fatto che la fillos-
sera uscita dall’uovo d'inverno non passa sulle radici, vennero all’esame
delle differenze che potevano esistere tra le neonate dell’uovo d’inverno
e le neonate sulle radici.
Dalle loro ricerche, che chiaramente espongono nella loro nota, è
risultato che le fillossere uscite dall’uovo di inverno sono diverse dalle
neonate di uova di radicicole.
- Comes 0. — Sui mezzi per combattere la Mosca olearia (Atti del R. Isti-
tuto d’Incoraggiamento di Napoli. Ser. VI, Vol. V). Napoli 1908.
In questo opuscolo 1’ egregio prof. Orazio Comes, parla di alcune
prove da lui tentate nel 1893 per combattere il Dacus oleae, ma di-
stratto da altre cure abbandonò le sue ricerche e non le riprese che
circa dodici anni dopo. ‘
Tra i mezzi più opportuni per combattere la mosca olearia, basan-
dosi sui costumi di essa, pensò ad un alimento organico avvelenato, e a
tal’ uopo scelse la melassa che per renderla resistente all’ azione degli
agenti atmosferici stemprò con una sostanza grassa, rendendola velenosa
con l’arsenito potassico.
Faceva imbevere in detta miscela, allungata con acqua, carnicce,
stracci ed altro e queste faceva appendere agli ulivi; ma non ottenne
felice risultato e convinto dell’inanità della lotta contro la mosca olea-
ria con mezzi artificiali, depose il pensiero di ulteriori esperimenti.
Fu in seguito agli esperimenti che il Comes aveva praticato nel
Barese che anche al Dott. De Cillis di Polignano sorse l’idea di com-
battere la Mosca olearia, e impiegando presso a poco le stesse sostanze
e modificando un poco il modo di applicarle, concorse al vistoso pre-
mio promosso dalla Deputazione provinciale di Bari.
Così nacque il Dachicida De-Cillis del quale sappiamo oramai qual
conto deve farsi,
— 192 —
Tl prof. Comes smise i suoi esperimenti perchè sì persuase anche
che il rimedio, nella grande coltura, veniva a costare soverchio, e di
fatti criticando il Dachicida De Cillis che sarebbe poi il suo rimedio mo-
dificato accenna ad una serie di ragioni che vengono a dimostrare la
sua impraticità.
ARS IL
E E
CENNO NECROLOGICO
È con vero e profondo dolore che diamo l’ annunzio della morte
del Prof. Dr. Gustavo Mayr, avvenuta a Vienna la mattina del 14
luglio 1908 nell’età di 78 anni.
Dire convenientemente in questo momento dei meriti dell’ illustre
estinto non è possibile, la triste notizia ci ha molto impressionata e non
possiamo credere ancora che il gentile maestro sia stato rapito all’ af-
fetto dei suoi amici.
Egli, fa valentissimo imenotterologo e si occupò specialmente dei
Cinipidi e dei micro-imenotteri dove assurse a maestro e profondo co-
noscitore; a Lui, giovani e vecchi studiosi ricorsero sempre da tutte le
parti del mondo imenotterologico, chiedendo pareri, chiarimenti e noti-
zie che con quella gentilezza e bontà innata in Lui, sodisfece sempre
con vero amore di scienziato.
In questo ramo dell’Entomologia Egli apportò un contributo impor-
tantissimo di fatti nuovi e di serupolose osservazioni che lo resero be-
nemerito della scienza.
Le sue numerose e pregevolissime pubblicazioni restano come do-
cumento perenne della sua valentia e della sua attività, restano come
sillabo per gli studiosi di entomologia, come ricordo perenne che farà
rivivere in noi l’uomo cortese, l’amico carissimo, lo scienziato profondo.
Con la sua morte si spegne uno dei pochi di quella schiera deguis-
sima di studiosi che onorarono la loro patria e il mondo scientifico.
T. DE STEFANI.
Ragusa Enrico — Direttore resp.
ANNO XX 1908 N. 9.
IL NATURALISTA SICILIANO
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