L 2 # A bn : le. * ” RE | ye à: P^ nos HARVARD UNIVERSITY. ERBE AMEN OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. 13680 de Shay pe Salons ML er. Vues ; rtm 1 Internationale Monatsschrift Anatomie und Physiologie. Herausgegeben von R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, Éd. van Beneden in Lüttich, S. Ramón y Cajal in Madrid, H. F. Formad in Philadelphia. C. Golgi in Pavia, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge. G. Retzius in Stoekholm E. A. Schäfer L. Testut in Edinburg in Lyon und Fr. Kopsch in Berlin. Band XXV. LEIPZIG 1908 Verlag von Georg Thieme Internationale Monatssehrift für Anatomie und Physiologie. Herausgegeben von R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, Ed. van Beneden in Lüttich, S. Ramön y Cajal in Madrid, H. F. Formad in Philadelphia, C. Golgi in Pavia, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, G. Retzius in Stockholm E. A. Schäfer L. Testut in Edinburg in Lyon und Fr. Kopsch in Berlin. Band XXV. LEIPZIG 1908 ; Verlag von Georg Thieme. Inhalt, Dr. Domenico Cesa Bianchi, Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione del corpo luteo. (Con Tav. I) Sergius Michailow, Zur Frage über den feineren Ban des intra- cardialen Nervensystems der Säugetiere. (Mit Tafel II—IV) Caroline MeGill, Fibroglia Fibrils in the Intestinal Wall of Necturus and their Relation to Myofibrils. (With Plate V Fr. Kopsch, Referate MI AE m In Memoriam! Professor Dr. med. G. A. Guldberg j Dr. Benedetto Pizzini, Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. (Mit Tafel VI) P. Krassin, Über die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. (Mit Tafel VII) . Fr. Kopseh, Referat . CSAR is: 0. LT ANR, H. A. Riehl, Über den Bau des Augenlides beim Vogel (Mit Tafel VII, IX) Pa NET te Va REI ag Herbert v. Haffner, Ein Fall von doppelseitigem Gastrocnemins tertius. (Mit 2 Textfig.' CR S EIE f ena Dott. Giulio Ceccherelli, Contributo alla conoscenza delle espan- sioni nervose di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua dell’uomo. (Con Tav. X—XIX) Sergius Michailow, Das intracardiale Nervensystem des Frosches und die Methode von Ramón y Caval. (Mit Tafel XX > BAY 19 1308 \AOLDO Internationale Monatsschrift fiir | Anatomie und Physiologie. Herausgegeben von R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, Éd. van Beneden in Lüttieh, S. Ramón y Cajal in Madrid, H. F. Formad in Philadelphia, C. Golgi in Pavia, G, Guldberg in Christiania, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, G. Retzius in Stockholm E. A. Scháfer L. Testut in Edinburg in Lyon und Fr. Kopsch in Berlin. Band XXV. Heft 1/5. ^ LEIPZIG 1908 Verlag von Georg Thieme. Inhalt. : Seite r Domenico “Bianchi, Di alcune particolarità di struttura e dei dee | secrezione dei corpo i&teo. ^ (Pay. 1) 2 Hickäuvwy) Zur (Frage über) den femeren Bau de a ae Nervensystems. der Saug zetiere. (Tafel ITA x . 44 Caroline MeGill, 'Fibroglia Hibrild\in tile Intestinal Wall of Neue aud ther oe Relation to-Myofibris--(PlatesV) Re ee er re Fr.Hopsch, Referate. . {i RR LO) Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsützen 50 Sonderabdrücke frei, eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. : Frankierte Einsendungen in lateinischer, französischer, itälienischer, englischer oder deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- © logie“ werden direkt an die Redaktion: Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf bei Berlin, — Prinzregentenstr. 59, erbeten. ; à 2 € di sn) m AA Mee PIL PU Cae] ERI E Moe M Reprints. Contributors desiring more than 50 extra copies of their articles ; can obtain them at reasonable rates by application to the publisher Georg T ; Leipzig, Rabensteinplatz 2, Germany. 2 Contributions (French, English, German, Italian or Latin) should be sent to the associate editors or to the editor Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf by Berlin, Prinz- — regentenstr. 59. s ER op dem UT Avis. Les auteurs des mémoires insérés dans ce journal qui désireront plus de — 50 tirages à part de leurs artieles, les obtiendront à des prix modérés en s'adressant à M. Georg Thieme, libraire-éditeur, Leipzig, Rabensteinplatz 2, Allemagne. Les articles écrits en allemand, en anglais, en français, en italien ou en latin — doivent être adressés à l'un des Professeurs qui publient le journal, ou à M. Fr. Koes a Wilmersdorf pres de Berlin, Prinzregentenstr. 59. zx ar TIRI Die bisher erschienenen Bände kosten: plc RM I SSR > SE Y EI I CN PNE DEBE EC cm e dcc uc e dc CEU ET c CN CORIO TE UNO dd En Bet a Co co SU WC 079550], CI E eo nu 099602 ll I XR n a. N Bd. I—XX statt M. 1397.30 nur M. 1000.— har. (ps (Dall'Istituto Anatomico dell’Università di Pavia, diretto dal prof. L. Sala. .Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione del corpo luteo. per il Dr. Domenico Cesa-Bianehi, assistente. (Con Tav. I.) Le ricerche sull'origine e sulla struttura della cellula luteinica, le indagini sperimentali sulla funzione del corpo luteo, la patologia stessa di questa formazione, hanno oramai dimostrato in modo indubbio, che il corpo luteo deve essere considerato come un organo ghiandolare, a secrezione interna, al quale spetta una funzione molto importante, sebbene ancora poco conosciuta, per l'organismo femminile durante tutta la vita sessuale. Devo subito dichiarare che parlando di corpo luteo alludo esclusiva- mente al corpo luteo vero, alla formazione cioé che segue alla completa evoluzione del follicolo di De Graaf giunto a maturazione e scoppiato, sia stato o meno luovo fecondato non importa, giacché le formazioni che si sviluppano in questi due casi si corrispondono perfettamente fra di loro, non allontanandosene se non per le diverse dimensioni e per la lunghezza diversa del loro periodo di evoluzione. Nelle mie ricerche ho peró preferito prendere in esame i corpi lutei della gravidanza anziché quelli della mestruazione, giacchè i fenomeni sui quali richiameró tra breve l’attenzione, sono nei primi molto più manifesti e durano più a lungo che non in questi ultimi. Se peró allo stato odierno delle nostre cognizioni l'accordo fra gli studiosi è quasi completo nel riconoscere al corpo luteo una attiva fun- Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 1 9 . Domenico Cesa-Bianchi, zione ghiandolare, di secrezione, quest'aecordo cessa completamente, anzi le nostre cognizioni in proposito diventano molto scarse e con- tradditorie, quando si cerchi di stabilire con quale meccanismo, sotto quali modalità e con che aspetti diversi questa attività secretoria si mani- festa nella cellula luteinica. / Quando si pratica una sezione di un corpo luteo, a completo svi- luppo, di un mammifero, un fatto colpisce subito la nostra attenzione, oltre la consistenza propria parenchimatosa della formazione, ed è il colorito giallastro o giallo-rossastro, di intensità e di tonalità varie a seconda dei diversi animali e dei diversi periodi d’evoluzione del corpo luteo. Questa caratteristica colorazione giallastra è dovuta, come è noto, alla presenza nel protoplasma degli elementi propri del corpo luteo di un particolare pigmento, la luteina, appartenente alla categoria delle sostanze grasse colorate o dei lipocromi; pigmento che per altro non è esclusivo del corpo luteo, ma si trova anche abbondantissimo nel giallo d'uovo ed in quantità assai minore nel siero di sangue, nel tessuto adiposo, nelle granulazioni della retina, etc. Esaminando al microscopio gli elementi cellulari del corpo luteo, a fresco in soluzione fisiologica di cloruro di sodio, la luteina si pre- senta sotto forma di minutissimi granuli di color giallo più o meno intenso, solubili in alcool, etere e cloroformio, sparsi uniformemente in tutto il citoplasma. Questo speciale pigmento, che rientra indubbiamente nella categoria dei lipocromi presentando tutte le reazioni micro-chimiche dei grassi colorati, avrebbe origine ematica per consenso quasi unanime dei ricercatori, proverrebbe cioè dal riassorbimento del sangue stravasato in seguito alla rottura del follicolo ovarico; anzi alcuni autori (Holm, Staedeler, Ch. Robin, Virchow) tendono ad identificarlo coll’ ematoidina, dalla quale invece seconde altri autori (Thudichum, Preger, Piccolo e Leyden) differirebbe particolarmente pel modo di comportarsi all'analisi spettroscopica, ove presenterebbe tre strie caratteristiche d'assorbimento, nel bleu, nell'indaco e nel violetto. L'esame microscopico a fresco della cellula luteinica oltre questo pigmento ci svela, in modo particolare negli elementi di maggiori dimen- sioni, a nucleo vescicolare, la presenza di goccioline, di dimensioni diverse e talora notevoli, occupanti di preferenza le parti periferiche Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc. 3 del citoplasma. Queste goccioline assai bene evidenti all'esame a fresco per il loro caratteristico splendore, rifrangendo molto intensamente la luce, si possono trovare in numero vario nei diversi elementi cellulari; abbondantissime come ho detto nelle cellule di maggiori dimensioni, tanto da occupare in alcuni casi quasi tutto il protoplasma, sono invece assai scarse e limitate alla periferia in altre ed in non poche anche mancano completamente. Oltre che nel corpo degli elementi cellulari le goccioline ricordate possono pure trovarsi, presentando gli stessi caratteri, al di fuori di questi, negli spazi intercellulari e nel lume dei vasi. La presenza, a parte la luteina, di una sostanza grassa, e di tale natura devono certamente essere considerate le goccioline ora ricordate, negli elementi cellulari del corpo luteo, non è certo un fatto nuovo, chè anzi venne messo in evidenza da tutti i ricercatori; quasi completamente ignote ci sono invece la genesi e la natura intima di questa sostanza, che con tutta probabilità, come verrò dimostrando, sta a rappresentare il prodotto di secrezione della cellula luteinica. Sono invero oltremodo scarse ed incomplete le nostre conoscenze sul meccanismo di secrezione della cellula luteinica, basate quasi esclusiva- mente su osservazioni isolate e superficiali. Rabl [35] nel suo importante lavoro sull’istologia dell’ovaia dei mammiferi ricorda, che nelle cellule luteiniche della donna ha potuto osservare in qualche caso, oltre alle solite granulazioni grassose, altre granulazioni colorantesi in rosso colla saffranina. In un caso anche — si trattava di un corpo luteo umano dell'età di cinque mesi — ha osservato nel citoplasma numerose, picco- lissime granulazioni, poste luna vicina allaltra, colorantesi in rosso coll’eosina. In un corpo luteo infine di una donna a termine di gravidanza ha potuto notare, all'esame a fresco, nelle cellule luteiniche una straor- dinaria quantità di granuli scolorati, certamente diversi dalle solite granulazioni grassose sia perché non sempre rotondeggianti, sia perchè rifrangenti solo debolmente la luce. Per quanto scarse ed incomplete pure queste osservazioni di Rabl rappresentano quanto di meglio è finora a nostra conoscenza sui fenomeni di secrezione della cellula luteinica. Più recentemente Regaud e Policard [56—57] nelle cellule del corpo luteo della cavia, coniglio, topo e riccio fissando in bicromato acetico (Tellyesniczky) e colorando col metodo di Weigert per la mielina (mordenza- 4 Domenico Cesa-Bianchi, mento in acetato di rame, colorazione con ematossilina, differenziazione con soluzione allungata di borace e di ferricianuro di potassio), hanno potuto mettere in evidenza gran numero di piccole gocciole colorate in nero, che essi non ritengono di natura grassa e che pensano stiano a rappresentare il prodotto di secrezione della cellula luteinica. Con lo stesso metodo poi, in un unico caso, hanno potuto dimostrare nella cellula luteinica del riccio, la presenza di numerose formazioni ergasto- plasmatiche molto sviluppate, di forma e diposizione diversissime. Cohn [77] nel suo lavoro sull'istologia e l'istogenesi del corpo luteo nota, che l’accrescimento del corpo ceilulare degli elementi luteinici avviene in prima linea per la comparsa di goccie di secrezione, le quali si mettono specialmente in evidenza nella parte piü periferica della cellula; esse si colorano in nero sotto l'azione dell'acido osmico e mostrano, col metodo di colorazione di Plessen-Rabinovicz, la zona periferica costituita da piccoli granuli violetto-scuri. Loisel [25] nella sua rivista sui fenomeni di secrezione delle ghian- dole genitali ricorda, che due sono i prodotti elaborati dal corpo luteo: un pigmento particolare, la luteina, ed una sostanza di natura grassa, presentantesi sotto forma di gocciole (Cohn), che per le sue reazioni microchimiche sembra indicare la presenza di lecitina. Pinto [25] or è qualche anno in corpi lutei umani di diversa età, ma con maggior abbondanza al principio del secondo mese, ha potuto notare la presenza di gocciole, di volume vario, da 2a 204, le più piccole nel protoplasma della cellula luteinica, le più grosse a posizione extracellulare ed anche nel lume dei linfatici del corpo luteo. Senza colorazione alcuna queste gocciole appaiono molto splendenti, rifrangenti la luce; collematossilina ferrica si colorano in nero e spiccano molto bene; col metodo di Van Gieson in giallo aranciato; con la tionina in verdognolo, analogamente alla sostanza colloide del corpo tiroide; col metodo di Weigert infine si colorano in viola più o meno intenso. Pinto esclude che si tratti di una sostanza grassa, poichè resiste all’azione dell’alcool e dello xilolo, usati per il comune allestimento dei preparati; così pure esclude che possa trattarsi di glicogene o di sostanza amiloide non presentando le caratteristiche reazioni di queste sostanze, e per via d'eliminazione ritiene possa trattarsi di sostanza colloide od jalina. Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete. 5 Riguardo alla formazione ed al significato di queste goccie VA. crede più probabile che si formino in seno al protoplasma, piuttosto che non vi provengano dall'esterno e siano solo passivamente depositate negli elementi cellulari; senza affermarlo poi con certezza è inelinato a rite- nere, che la sostanza in discorso rappresenti un prodotto dell'attività secernente della cellula luteinica, piuttosto che un prodotto di degene- razione. La scarsità delle osservazioni e la tecnica non adatta nè sufficiente consigliano però all’A. un giusto riserbo su questa opinione. Mulon [3/—32] infine affatto recentemente sottoponendo all’azione dell'acido osmico sezioni, ottenute per congelamento, di corpo luteo di cavia, ha osservato nel protoplasma di alcune cellule luteiniche la presenza di formazioni filamentose, a disposizione concentrica, talora voluminose, colorate in nero e morfologicamente identiche a quelle descritte dallo stesso A. nella cellula coitico-surrenale della cavia. A parte il reperto di Mulon, che, come del resto egli stesso ritiene, non è se non un prodotto artificiale dei reattivi impiegati, indice per altro della presenza di una sostanza grassa e dello stato semifiuido, pastoso del protoplasma della cellula luteinica, le osservazioni ora ricordate per quanto incomplete e frammentarie, ci indicano con suffi- ciente chiarezza, che nell’attività secretoria della cellula luteinica si devono distinguere diversi periodi, che in altre parole l’elaborazione della sostanza grassa, ammessa dai diversi ricercatori, deve essere preceduta dalla comparsa nella cellula luteinica di altre sostanze, presen- . tanti caratteri chimici, morfologici e disposizione diversa. Difatti se i granuli descritti da Cohn rappresentano certamente, come osserva Loisel, una sostanza di natura grassa, ed altrettanto si può dire delle granulazioni di Regaud e Policard, giacché il metodo di Weigert usato da questi autori mette assai bene in evidenza, coloran- dole in nero, alcune sostanze di natura grassa e fra queste precisa- mente, come dimostreró in seguito, la sostanza grassa che si trova nella cellula luteinica, sta però il fatto, che le relativamente antiche osservazioni di Rabl depongono per la presenza nella cellula luteinica, almeno in alcune condizioni particolari, accanto a gocciole di grasso, di una particolare sostanza, presentante caratteri morfologici, chimici e fisici ben distinti dai corpi di natura grassosa. 6 Domenico Cesa-Bianchi, Le osservazioni di Pinto se a tutta prima sembrano portare una valida conferma a quelle di Rabl non sono però tali, e l'A. stesso ne conviene non essendogli stato possibile approfondire le sue ricerche, da darci completo affidamento sulla natura delle gocciole descritte. Anzi piuttosto che di una sostanza colloide od jalina, mi pare si tratti anche in questo caso di una sostanza di natura grassa, per quanto Pinto creda di poterlo escludere. L’aspetto di gocciole splendenti, costan- temente' rotondeggianti, le dimensioni diverse, la posizione spesso extra- cellulare e nel lume dei vasi linfatici, la colorazione nera che assumono coll’ematossilina ferrica, la violacea col metodo di Weigert, parlano piuttosto a favore di una sostanza grassa, e precisamente di quella particolare sostanza grassa, che si trova nella cellula luteinica in alcuni periodi della sua attività secernente. Nè il fatto che queste goccie resistono all’azione dell’alcool e dello xilolo durante l'allestimento dei preparati ha gran valore, giacché come è noto alcune sostanze grasse e fra queste quella appunto che si trova nella cellula luteinica, possono in certe condizioni resistere all’azione più o meno prolungata dell'aleool e dello xilolo. Se Pinto avesse usato nelle sue ricerche l’acido osmico, il più sensibile certo dei numerosi reattivi delle sostanze grasse, avrebbe certamente osservato che le gocciole da lui descritte si colorano in nero per la riduzione dell’acido osmico. Data la scarsità delle nostre conoscenze sui fenomeni di secrezione del corpo luteo, che d’altra parte presenta tutte le caratteristiche di un organo ghiandolare, ho creduto opportuno istituire una serie di indagini su questo argomento, cercando se mi fosse possibile mettere in evidenza anche per la cellula luteinica quella successione di fenomeni, che numerose ed interessanti ricerche hanno dimostrato in molti elementi di natura sicuramente ghiandolare. Così nella cellula cortico-surrenale accanto alle note granulazioni cromatiche, le ricerche di Bonnamour [7] hanno messo in evidenza la presenza di granulazioni colorantesi in nero col metodo di Weigert all'ematossilina cuprica, granulazioni che le indagini successive di Mulon [50] e le recentissime di Babès [3] tendono a stabilire essere costituite da lecitina, la quale verrebbe quindi a rappresentare il così detto grasso surrenale. Analogamente nella cellula ipofisaria accanto alle Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete, 7 granulazioni cromatiche basofile ed acidofile le ricerche di Launois, di Loeper ed Esmonet hanno dimostrato la presenza di una sostanza grassa identica per i suoi caratteri chimici e tintoriali al grasso della cellula cortico-surrenale. Osservazioni simili comprovanti il complicato meccanismo della secrezione nelle cellule ghiandolari, furono fatte anche per la cellula interstiziale del testicolo, la cellula cromaffine, la cellula renale, etc. Riguardo alia scelta del materiale d'esame, dopo alcune ricerche d'orientamento, ho fermato la mia attenzione sul corpo luteo di alcuni grossi mammiferi e precisamente del Bos taurus, Equus caballus e Sus scropha dom., come quelli che più manifesti presentavano i feno- meni di secrezione. Ho preso in esame, per le ragioni che ho già ricordato fin da principio, quasi esclusivamente corpi lutei della gravi- danza nei più diversi periodi di sviluppo, dai primi giorni fin quasi a termine della gravidanza. Per calcolare con sufficiente approssimazione l'età del corpo luteo in esame, non conoscendo l'epoca del concepimento, tenevo conto della lunghezza dell'embrione; il maggior numero delle ricerche venne eseguito su corpi lutei nei primi periodi dello sviluppo (embrioni della lunghezza di 12—20 centimetri). Non starò a diffondermi sui metodi di tecnica seguiti, ricordo semplicemente che, oltre all'esame a fresco in soluzione fisiologica di cloruro di sodio, ho usato per esami su sezioni numerosi liquidi fissa- tori (liquido di Zenker, di Flemming, di Bouin, di Tellyesniczky, formalina, sublimato, etc.), facendoli agire su frammenti freschi di corpo luteo. Inclusioni in paraffina: in casi speciali sezioni per congela- mento. Ad alcuni dei numerosi metodi di colorazione eseguiti accennerò in seguito. Per la dimostrazione del grasso ho usato i vari reagenti proposti per svelare questa sostanza (Lombardo [26]) e cioè: l’acido osmico (sotto forma di vapori, di soluzione acquosa al 2°/,, di liquido di Flemming), il Sudan III secondo il metodo di Daddi, lo Scharlach R. secondo il metodo di Herxheimer su sezioni per congelamento previa fissazione in formalina, la tintura di alcanna e finalmente l'acetato di rame in soluzione acquosa concentrata secondo il metodo di Benda. Dalle mie ricerche risulta in modo evidente, che nell’attività secre- toria della cellula luteinica si devono distinguere diversi periodi, caratte- 8 i Domenico Cesa-Bianchi, terizzati ciascuno, come vedremo fra breve esponendo in modo riassuntivo i risultati delle mie ricerche,!) da un particolare aspetto della cellula luteinica e dalla presenza nel citoplasma di prodotti di secrezione, presentanti caratteri morfologici, chimici e tintoriali diversi. In un primo periodo che possiamo anche chiamare periodo prepa- ratorio, la cellula luteinica presenta per lo più dimensioni relativa- mente piccole (15—20 u di diametro), forma rotondeggiante od ovoidale, contorni netti e regolari, nucleo quasi sempre centrale piecolo con ricco reticolo cromatico e nucleolo per lo più unico, protoplasma chiaro omogeneo o uniformemente granuloso, non presentante mai, in nessun caso, vacuoli, granulazioni od inclusioni di sorta. In questo periodo si trovano abbastanza di frequente elementi cellulari in divisione diretta, della quale si possono osservare tutte le forme di passaggio, dalla cellula a nucleo strozzato, alla cellula con due nuclei, a due cellule figlie infine perfettamente simili (Fig. 1). Assai più rari ma non asso- lutamente eccezionali, come hanno sostenuto alcuni ricercatori, sono gli elementi cellulari in cariocinesi; per lo più si tratta di figure cario- cinetiche bipolari, solo in qualche caso veramente eccezionale si notano figure cariocinetiche atipiche, multipolari (Fig. 2). Questa notevole scarsità, ammessa da tutti, di forme in divisione nelle cellule del corpo luteo, non è del resto un fenomeno isolato, ma bensi un fenomeno generale per le cellule ghiandolari; il fatto poi di osservare figure in scissione quasi esclusivamente negli elementi cellu- lari appartenenti al primo periodo o periodo preparatorio, depone in favore della legge generale stabilita da Prenant, secondo la quale una cellula in pieno lavoro di secrezione non può dividersi e reciprocamente una cellula che si divide non secerne. Anche per questo carattere adunque, noto incidentalmente, la cellula luteinica deve rientrare nella categoria degli elementi ghiandolari. Riguardo alla loro distribuzione ricordo che le cellule appartenenti a questo primo periodo possono trovarsi in corpi lutei di tutte le età; esse sono però molto più numerose nei primi stadî di sviluppo della 1) I risultati di queste ricerche vennero comunicati alla società medico-chirur- gica di Pavia nella seduta del 14 Giugno 1907, corredandoli con presentazione di preparati e di disegni. (Vedi: Bollettino Soc. med.-chir. di Pavia 1907, No. 2.) . Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete, ‘) formazione lutea e particolarmente quando questa non è ancora del tutto completa e presenta la nota cavità ematica centrale. In epoche più avanzate dello sviluppo, del corpo luteo, le cellule del primo periodo si trovano per lo più disposte in vicinanza delle travate connettivali che dividono in lobi il corpo luteo, ad esse anzi addossate. A questo fatto è dovuta, io credo, l'affermazione di alcuni ricercatori di aver osservato delle forme di passaggio fra le più piccole cellule luteiniche e gli elementi del tessuto connettivo di sosteguo. È inutile che io dica che nelle mie ricerche non ho mai potuto constatare la reale esistenza di queste forme di passaggio, le quali non sono che apparenti. Sono invece assai manifeste, graduali e veramente reali le forme di passaggio fra le cellule del periodo di preparazione e le ceilule del secondo periodo, che essendo caratterizzato dalla presenza nel citoplasma di abbondantissime granulazioni, che assumono intensamente diverse sostanze coloranti, può essere chiamato perzodo delle gramulazioni cromatiche o d'attività elaboratrice. In questo periodo gli elementi cellulari sono notevolmente ingranditi di volume, fino a raggiungere 30—40 e più w di diametro; la forma da rotondeggiante si fa poliedrica, irregolare, talora allungata, il nucleo appare per lo più eccentrico, vescicolare, con scarso reticolo cromatico e numerosi nucleoli. Il citoplasma, nel quale non mi è mai stato possibile dimostrare la presenza di corpuscoli centrali, diplosomi, etc., presenta invece due zone nettamente distinte: una zona centrale — endoplasma — circondante direttamente il nucleo, di estensione varia, occupante per lo più la metà od anche i due terzi dell'intero corpo cellulare, completa- mente ripiena di minutissime granulazioni (1—2 w) rotondeggianti o ‘ leggermente allungate, stipate l'una contro l'altra, sui caratteri chimici e tintoriali delle quali dirò fra poco, ed una zona periferica — esoplasma — più chiara, presentante nei preparati allestiti coi metodi comuni nume- rosi vacuoli di dimensioni diverse e per lo più notevoli. Fra queste due zone, sempre per altro ben distinte, non esistono limiti netti, nella maggior parte dei casi anzi la zona centrale manda prolungamenti più o meno cospicui nella periferica. In alcuni casi poi la zona peri- ferica non presenta vacuoli ed è assai ridotta, tanto che l'elemento cellulare sembra esclusivamente costituito dalla zona centrale; in altri 10 Á Domenico Cesa-Bianchi, casi invece si nota presenza di vacuoli anche in mezzo alle granula- zioni dell'endoplasma (Fig. 9 — 9). È interessante conoscere le proprietà ed il modo di comportarsi di queste granulazioni, che caratterizzano la cellula luteinica nel se- condo periodo della sua attività secernente. Si tratta, come ho detto, di granulazioni minutissime, uniformi, di appena qualche w di diametro, per lo più rotondeggianti od allungate, poste l’una a ridosso dell’altra, occupanti tutta la zona centrale del citoplasma ed avvolgenti completa- mente il nucleo, senza per altro che sia mai possibile notare granula- zioni analoghe nell'interno di questo. Per essere completo dirò anche, che le granulazioni poste nelle parti più periferiche dell'endoplasma e che in alcuni casi arrivano fin quasi alla periferia dell'elemento cellulare, appaiono di dimensioni leggermente superiori alla norma e si presen- tano assai meno fittamente stipate. All'esame a fresco le granulazioni in discorso riescono difficilmente individualizzabili, mascherate come sono dalle granulazioni luteiniche e dalle gocciole di natura grassosa, che, come ho ricordato, caratterizzano l'esame a fresco della cellula luteinica. Nelle preparazioni eseguite coi metodi comuni (fissazione in liquido di Zenker od in soluzione acquosa satura di sublimato, colorazione con Emallume-Eosina od Orange) l'endoplasma delle cellule luteiniche appare grossolanamente granulare, senza per altro che le granulazioni risul- tino bene individualizzate, l'esoplasma mostra numerosi vacuoli. Nei preparati invece trattati coll’ematossilina ferrica seconde il metodo di Heidenhain, e successiva colorazione di fondo con eritrosina o fucsina acida, le granulazioni dell’endoplasma spiccano assai bene, tinte come sono in nero (Fig. 3— 4). La colorazione è oltremodo elettiva ed intensa, tanto che si può far agire anche a lungo la soluzione decolorante di allume ferrico, senza che le granulazioni dell'endoplasma cedano colore: la loro decolorazione solo incomincia ed avviene in modo contemporeneo a quella della cromatina nucleare. La saffranina colora pure eletivamente ed intensamente queste granulazioni, che spiccano assai bene in rosso vivo sul citoplasma colorato, ad esempio, in verde chiaro dal Lichtgriin. Col metodo tricromico di Cajal (fucsina basica, carmino d’indaco ed acido picrico) le granulazioni si colorano meno bene in rosso-giallastro. Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete. 11 Una colorazione molto elegante e dimostrativa si può ottenere impiegando la triplice miscela (emallume, saffranina O e verde luce), recentemente proposta dal Federici [15] per la dimostrazione delle Mast- zellen; risultati migliori si hanno sostituendo come mordente alla solu- zione al 1?/, di allume ferrico, una soluzione molto allungata 1—2°/,, di acido cromico. Con questo metodo la cromatina nucleare appare colorata in viola dall’emallume; il citoplasma in verde azzurrognolo dal Liehtgrün e le granulazioni in rosa dalla saffranina; il connettivo poi intercellulare appare colorato in verde splendente (Fig. 5—6). Il metodo di colorazione però che mi ha dato i risultati migliori e più costanti dal punto di vista della dimostrazione delle granulazioni è il metodo del Mann al bleu di metile ed eosina, eseguito su sezioni di pezzi fissati in liquido di Zenker ed anche, quantunque con risul- tati meno buoni, in soluzione acquosa satura di sublimato. Con questo procedimento il tessuto connettivo e la cromatina nucleare restano colo- rati in bleu più o meno intenso, i nucleoli invece sono per lo più tinti in rosso vivo e così pure le granulazioni dell'endoplasma, che col metodo del Mann sembrano anche più numerose del solito e con dis- posizione tanto fitta da nascondere quasi completamente il citoplasma che le accoglie, colorato in bleu chiaro, che si rende ben manifesto solo alla periferia dell'elemento cellulare — esoplasma — ove per lo piü presenta i soliti vacuoli già parecchie volte ricordati (Fig. (— 8). Per la dimostrazione di queste granulazioni cromatiche si prestano assai meno bene i pezzi fissati in liquidi a base di acido osmico (liquido di Flemming, di Hermann); giacché le sostanze grasse che, come si è visto, sono assai abbondanti nella cellula luteinica, colorate in nero dalla riduzione dell’acido osmico, vengono a mascherare quasi completa- mente le granulazioni ora descritte, le quali per altro si possono sempre mettere in evidenza, per quanto non molto chiaramente nè con troppa eleganza, colorate in rosso dalla fussina facendo uso dei metodi di Altmann o di Galeotti. Prima di chiudere questa rapida rassegna sui diversi modi di com- portarsi delle eranulazioni cromatiche coi vari metodi di colorazione, voglio aecennare alle notevoli difficoltà di tecnica che si incontrano nella loro dimostrazione, difficoltà che ci spiegano perché esse siano 12 - Domenico Cesa-Bianchi, passate inosservate a numerosi ricercatori. In generale si può affermare che è necessaria un'ottima e delicata fissazione, affinché le granulazioni dell'endoplasma della cellula luteinica si rendano manifeste, nettamente individualizzate ed assumano poi bene le sostanze coloranti. Scartati per le ragioni su esposte i liquidi osmici, il fissativo che mi ha dato i risultati migliori, da questo punto di vista, è quello di Zenker, usato in grande quantità e lasciato agire a lungo, su pezzi piccoli e freschissimi. Non sempre però, per ragioni che ci sfuggono, anche questo liquido, pure seguendo tutte le precauzioni, dà risultati soddifacenti; in questi casi quando gli elementi cellulari appaiono irregolari, allungati, il protoplasma retratto, eli spazi intercellulari molto ampi, è inutile ten- tare la dimostrazione delle granulazioni cromatiche. Riguardo ai metodi di colorazione servono bene tutti quelli che ho ricordato, ed in modo particolare quello del Mann; essi però richiedono molta cura nella loro esecuzione ed una sufficiente abilità tecnica. Ricordate così le principali caratteristiche delle granulazioni croma- tiche rispetto ai varî metodi di colorazione, vediamo ora quale sia la loro natura e quale origine e significato si debba ad esse attribuire. Che si tratti di sostanza colloide od jalina, di glicogene o di sostanza amiloide si deve senza dubbio escludere, non presentando le granulazioni descritte nessuna delle reazioni proprie di queste parti- colari sostanze; così pure si deve escludere, che esse stiano a rappresen- tare qualcuna delle numerose sostanze di natura grassa, che con tanta frequenza si trovano negli elementi cellulari. Già le caratteristiche morfologiche e le proprietà fisiche delle granulazioni in discorso depon- gono contro l'ipotesi di una supposta sostanza grassosa, ipotesi poi che è dimostrata completamente infondata dalle proprietà chimiche e dal modo di comportarsi delle granulazioni rispetto alle sostanze coloranti. Intanto esse resistono all’azione dell’alcool, dello xilolo, dell’etere, del cloroformio e degli altri solventi dei grassi, anche lasciati agire a lungo; non sono colorate in rosso dal Sudan III, dallo Scharlach R. e dalla tintura di alcanna nè in bleu dall’acetato di rame secondo il metodo di Benda; ma sopra ogni altra cosa non reagiscono in presenza di acido osmico, che, come è noto, fra i numerosi reagenti delle sostanze grasse è il migliore e quello che ne svela un maggior numero. Infatti non Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc, 13 si colorano in nero, nè primitivamente nè in modo secondario, sia che le sezioni vengano sottoposte all’azione dei vapori di acido osmico, che della soluzione acquosa o del liquido di Flemming. Esclusa in tal modo anche la natura grassosa, le granulazioni in discorso devono, con tutta probabilità, essere considerate di natura albuminoidea; rientrano quindi nella categoria delle granulazioni deutoplasmatiche o delle granu- . lazioni-inclusioni, che comprende prodotti d'origine e funzione diverse (Loewenthal [24]). Riguardo allo loro origine, il fatto di riscontrarle esclusivamente nella parte più interna del citoplasma, a ridosso del nucleo, senza che sia mai possibile dimostrarne l’esistenza nelle parti più periferiche dell'elemento cellulare e tanto meno al di fuori di questo, parla in modo palese a favore dell’origine cellulare di queste granulazioni, piuttosto che a sostegno dell'origine extracellulare e successiva im- migrazione nel citoplasma. Se poi queste granulazioni abbiano origine esclusivamente citoplasmatica od anche in parte nucleare, non ho dati sufficienti per poterlo nè affermare, nè negare. Questo è certo, che non mi è mai stato possibile osservare, come ho già ricordato, la pre- senza di granulazioni analoghe a quelle descritte in seno al nucleo, e tanto meno passaggio di granulazioni dal nucleo al citoplasma o vice- versa. È giustizia però ricordare che i nucleoli, per lo più numerosi in uno stesso elemento, presentano i medesimi caratteri tintoriali ed all'incirca le stesse dimensioni delle granulazioni citoplasmatiche. D'altra parte è noto che la maggioranza degli studiosi, che si sono occupati dei fenomeni di secrezione degli elementi ghiandolari, attribuiscono in essi erande importanza al nucleo. Galeotti |75] anzi afferma, che: ' a prima preparazione dei granuli di secrezione avviene nel nucleo; gli elementi granulari che in esso si trovano sono per i loro caratteri identici a quelli, che poi in determinati momenti si vedono nel cito- plasma in vicinanza del nucleo. Quando il corpo cellulare è riempito di granuli non se ne vede alcuno nel nucleo, ma quando poi il citoplasma si vuota de’ suoi prodotti di secrezione, compaiono di nuovo i granuli nel nucleo“. Date queste considerazioni, per quanto io non abbia mai potuto avere la prova materiale della compartecipazione del nucleo alla produzione dei granuli, non credo di poterla escludere in modo assoluto. 14 ; Domenico Cesa-Bianchi, Che le granulazioni descritte rappresentino infine un prodotto di secrezione dell'attività vitale dell'elemento cellulare in seno al quale si trovano, piuttosto che un prodotto regressivo, di degenerazione della cellula, mi pare risulti evidente sia dalla natura stessa di queste granu- lazioni, sia dal fatto di non trovare mai alcun segno di regressione o di degenerazione qualsiasi negli elementi che le albergano. Riguardo alla distribuzione delle cellule del secondo periodo o periodo delle granulazioni cromatiche ricorderò, che esse, analogamente a quelle del primo periodo, possono trovarsi nei più diversi stadî di sviluppo del corpo luteo; sono però molto più frequenti e manifeste in corpi lutei completamente formati ed in piena attività e con maggior precisione, per quanto riguarda il Bos taurus, verso il secondo ed il terzo mese di gravidanza. Particolare ancora degno di nota è la grande ricchezza di capillari sanguigni e linfatici attorno agli elementi del corpo luteo, nel secondo periodo della loro attività secretoria; ma poiché questo fatto è ancora più manifesto per gli elementi del terzo periodo, ora vi accenno solo di sfuggita, riserbandomi di ritornare più tardi sull’argomento. Gli elementi cellulari del terzo periodo, che per essere caratterizzato dalla presenza nel citoplasma di numerosissime goccie di una sostanza di natura grassa, può essere chiamato anche per?odo delle granulazioni grassose, non diversificano da quelli ora descritti del secondo periodo, se non per le caratteristiche del citoplasma. La forma infatti, le dimen- sioni, forse leggermente aumentate, i caratteri del nucleo non presen- tano modificazioni degne di nota. Nel citoplasma invece se si notano ancora le due zone — endo- ed eso-plasma — più sopra ricordate, i rapporti fra esse si sono però cambiati, si sono anzi invertiti. È inutile ricordare che fra gli elementi del secondo e quelli del terzo periodo, analogamente a quanto si è visto a proposito di quelli del primo e del secondo, non esistono caratteri differenziali netti e decisi, ma si passa dagli uni agli altri per mezzo di una lunga serie di forme intermediarie. Per comodità di descrizione e per brevità mi limito, come è naturale, ad indicare nell'esposizione le caratteristiche principali dei diversi periodi, accennando esclusivamente agli elementi tipici che li rappresentano. - Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete. 15 Nelle cellule del terzo periodo o periodo delle granulazioni grassose adunque, l’endoplasma è assai ridotto di volume, limitato ad una sottile zona circondante il nucleo, presentante scarse granulazioni cro- matiche e più spesso anzi affatto priva di esse; l'esoplasma invece appare assai aumentato di volume, occupa i due terzi e più dell'intero elemento cellulare, ed assume nelle preparazioni eseguite coi metodi communi un aspetto spugnoso o meglio cribroso, dovuto alla presenza di numerosi vacuoli, di dimensioni diverse, da 4—5 a 8— 10 u; i più piccoli centrali, i più grandi verso la periferia. I limiti dell'elemento cellulare appaiono meno netti e precisi che non nei due primi periodi. Quest'aspetto caratteristico della cellula del terzo periodo è dovuto alla presenza nel protoplasma di una particolare sostanza, solubile nei reagenti impiegati per allestire i preparati comuni. All'esame a fresco questa particolare sostanza si presenta sotto forma di goccioline roton- deggianti, di dimensioni diverse, da 4—5 a 8— 10 w, a contorni netti, rifrangenti intensamente la luce; esse sono oltremodo abbondanti e ven- gono ad occupare quasi completamente il citoplasma. Oltre alle caratteristiche morfologiche ora ricordate, il modo di comportarsi di queste gocciole rispetto alle sostanze coloranti ed i caratteri chimici che presentano, depongono nettamente per la loro natura grassosa; alcune particolarità che presentano sono poi tali, da permetterci di individualizzare, almeno con sufficiente probabilità, la loro costituzione. Le gocciole in discorso sono solubili in alcool ed in etere, molto lentamente però; con rapidità assai maggiore sono invece sciolte dal cloroformio e dalla benzina. La loro solubilità in alcool assai lenta alla temperatura ambiente, aumenta notevolmente operando alla tempera- tura di 40°—50°; per questo fatto non è raro trovare nei preparati allestiti coi metodi comuni la presenza di queste gocciole, o almeno di alcune di esse, le più voluminose, al posto dei soliti vacuoli. È degno di nota il fatto, che queste goccie, quando non sono sciolte dai passaggi negli alcool, si colorano in nero col metodo di Heidenhain, differenzian- dosi ad ogni modo sempre bene dalle granulazioni cromatiche del secondo periodo, per la loro forma, per la posizione periferica e sopratutto per le loro dimensioni sempre notevoli e di gran lunga superiori a quelle 16 Domenico Cesa-Bianchi, delle granulazioni cromatiche. In questo modo, credo, si debbono inter- pretare le gocciole descritte da Pinto ed i granuli colorati in alcuni casi da Cohn, col metodo di Plessen-Rabinovicz, nel protoplasma delle cellule luteiniche, ai quali ho già accennato più sopra. È poi particolarmente interessante conoscere il modo di compor- tarsi delle gocciole descritte in presenza di acido osmico. Sottoponendo le sezioni ottenute per congelamento all’azione dei vapori di acido osmico oppure della soluzione acquosa al 2°/, di questa sostanza, si vede che le gocciole assumono abbastanza rapidamente una tinta nero-grigiastra: invece fissando in liquido di Flemming la comparsa di questa colo- razione appare assal più lentamente. Se poi si passano le sezioni otte- nute per congelamento nella serie degli alcool, oppure se si praticano sezioni di pezzi inclusi in paraffina, previa il trattamento sopra accennato, si osserva che la tinta grigiastra delle gocciole diventa rapidamente di un bel nero intenso (Fig. 9). In altre parole il grasso che si osserva nella cellula luteinica e che comincia a comparire in esse nel secondo periodo della sua attività secretoria per prendere il predominio nel terzo periodo, è un grasso che in presenza di acido osmico assume la così detta colo- razione secondaria (Mulon); appartiene quindi alla categoria delle sostanze grasse povere di oleina e di acido oleico. Un ultimo carattere di questa particolare sostanza annerita dall’acido osmico, è che essa subisce una lenta decolorazione nel balsamo del Canadà sciolto in xilolo. Se si sottopongono le sezioni di corpo luteo ottenute per congela- mento alla colorazione con Sudan III secondo il metodo di Daddi, le gocciole descritte assumono molto lentamente una debole colorazione rosso-giallastra; non reagiscono invece con lo Scharlach B. secondo il metodo di Herxheimer, nè alla tintura di alcanna. Sottoponendo infine le sezioni di corpo luteo, fissato in formalina od in soluzione di bicromato di potassa con aggiunta di acido acetico, alla colorazione coll'ematossilina cuprica secondo il metodo di Weigert, le gocciole descritte assumono una colorazione nero-bluastra caratteristica. Questa riassuntiva esposizione dei diversi modi di comportarsi della sostanza in discussione di fronte ai reagenti impiegati, ed in modo parti- colare: la lenta solubilità in alcool alla temperatura ambiente, la colo- razione dapprima grigia in presenza di acido osmico e solo secondaria- Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc. 17 | mente nera, che poi lentamente scompare nel balsamo sciolto in xilolo, la reazione positiva col metodo di Weigert, ci permettono di identificare con ogni probabilità questa sostanza con la lecitina, date almeno le nostre conoscenze sulla dimostrazione isto-chimica dei grassi (Mulon, Lombardo, Bernard e Bigart etc.). Il grasso adunque della cellula luteinica, analogamente a quanto avviene per la cellula cortico-surrenale e per quella dell'ipofisi, è rap- presentato, almeno in buona parte, dalla lecitina. Né questo deve mera- vigliarei data limportanza grande di questa sostanza, che secondo il Loew renderebbe possibile od almeno agevolerebbe la combustione fisiologica dei grassi. È degno di nota il fatto che le gocciole di lecitina non si trovano solamente nel protoplasma della cellula luteinica, ma, e con notevole frequenza, si riscontrano anche al di fuori di questa, negli spazi inter- cellulari, sopratutto poi nel lume dei piccoli linfatici ed anche, sebbene più di rado, dei capillari sanguigni. Il corpo luteo arrivato a completo sviluppo presenta, come è noto, una ricchissima rete vasale: si direbbe quasi che ogni elemento cellulare ed in modo particolare ogni cellula nel terzo periodo della sua attività secernente, sia circondata, completa- mente avvolta, da una delicata rete di vasi capillari, nei quali, come ho ora ricordato, si riscontrano con notevole frequenza gocciole di lecitina, certamente fuoruscite dagli elementi luteinici. I rapporti poi fra questi ultimi ed i capillari circostanti sono tanto intimi e stretti, che in alcuni casi i contorni delle cellule luteiniche sembrano direttamente rappresen- tati dai capillari (Fig. 9). . In tutti i periodi di sviluppo del corpo luteo, già dai primi gio:ni fino a termine della gravidanza, si riscontrano elementi cellulari del terzo periodo o periodo delle granulazioni grassose; essi peró relativa- mente scarsi nei corpi lutei giovani si fanno abbondantissimi in seguito, fino a costituire buona parte, la grande maggioranza anzi, degli elementi del corpo luteo a completo sviluppo. Il numero notevolmente mag- giore delle gocciole di lecitina rispetto alle granulazioni cromatiche e corrispondentemente il maggior numero delle cellule del terzo periodo in confronto di quelle del secondo, dipende almeno in parte, a mio modo di vedere, dalle difficoltà grandi che si incontrano nel mettere in evi- Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 2 18 Domenico Cesa-Bianchi, denza queste granulazioni, le quali richiedono, perchè risaltino ben manifeste, ottime fissazioni e metodi di colorazione delicati e di difficile esecuzione, mentre le gocciole di lecitina si possono in ogni caso dimo- strare con tutta facilità. Come ho già ricordato è difficile osservare elementi cellulari con- tenenti nel loro protoplasma, in modo esclusivo, le gocciole di lecitina caratteristiche del terzo periodo o le granulazioni cromatiche proprie del secondo; nella grande maggioranza dei casi si osservano forme miste, contenenti entrambi i prodotti di secrezione ‘della cellula lutei- nica; il prevalere dell'uno sull'altro ci indica il periodo dell'attività secretoria in cui si trova la cellula in esame. Se le gocciole di lecitina e le granulazioni cromatiche presentano caratteri morfologici e proprietà chimiche. ben diverse ed anche, fino ad un certo punto, una diversa posizione nel citoplasma, le prime alla periferia, le seconde nelle parti più centrali, non è men vero però che si possano facilmente notare gocciole di lecitina in mezzo alle granu- lazione cromatiche e viceversa granulazioni nelle parti più periferiche dell'elemento cellulare. Questa ed altre considerazioni mi fanno inclinare a credere, che 1 due prodotti ricordati dell'attività della cellula luteinica, a tutta prima ben diversi, siano geneticamente legati fra loro; in altre parole, che in seno al citoplasma, e particolarmente nelle sue parti più centrali, per l’attività propria di questo e forse anche coll'intervento dell'atti- vità nucleare, si differenzi sotto forma di minute granulazioni una particolare sostanza, di probabile natura albuminoidea, presentante caratteri morfologici e proprietà chimiche e tintoriali sue proprie, la quale portandosi verso la periferia dell'elemento cellulare si andrebbe trasformando in un'altra sostanza a caratteri ben diversi, la lecitina, che fuoruscendo infine dall'elemento cellulare passerebbe in circolo. Naturalmente questa non é che un'ipotesi e non ha valore che come tale, giacchè sgraziatamente i mezzi d'indagine istologica che oggidi possediamo, se ci lasciano constatare i fatti definitivamente stabiliti, non sono però ancora tali da permetterci di determinare tutta la serie di fenomeni e le diverse modalità con cui questi fatti si stabiliscono. Le gocciole di lecitina che rappresentano il prodotto ultimo del- | a | | Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc. 19 | À | l’attività secretoria della cellula luteinica fuorescono, come abbiamo | | | dei capillari sanguigni o, con maggior frequenza, per mezzo della visto, dal citoplasma ed arrivano in circolo, o direttamente per mezzo | via linfatica. Quando la cellula luteinica ha espulso per così dire tutte le gocciole | di lecitina che è venuta elaborando, diminuisce rapidamente di volume, i ' contorni ritornano netti, decisi, il nucleo centrale, il protoplasma chiaro, i ; | omogeneo o finamente granulare; in altre parole gli elementi cellulari entrano in un quarto periodo, che possiamo chiamare perzodo di riposo, nel quale assumono caratteri, per cui si avvicinano molto alle cellule del primo periodo o di preparazione. Prima di chiudere l'esposizione dei risultati ottenuti dalla prima serie delle mie ricerche sulla struttura del corpo luteo, voglio accennare brevemente ancora a qualche dettaglio di struttura che ho potuto dimostrare nella cellula luteinica. OE I i MT Me A E RRe e e Già da tempo come è noto Holmgren [72] — e prima di lui Nelis sotto il nome di „etat spirémateux du protoplasme", — ha descritto nel | protoplasma della cellula nervosa dapprima ed in seguito di numerosi altri elementi cellulari, una particolare formazione canalicolare (Zropho- spongium, Saftkanälchen), che egli ha creduto di poter identificare coll’apparato reticolare interno dimostrato da Golgi pure nel protoplasma della cellula nervosa. Il reperto ottenuto da Holmgren venne con- fermato da numerosissimi ricercatori ed esteso ad una lunga serie di elementi cellulari, tanto che da alcuni si è voluto considerare come una particolarità di struttura a carattere generale, propria di tutte le cellule. Fra gli elementi nei quali sono stati descritti i canalicoli dei succhi di Holmgren, quelli che presentano maggiori affinità di struttura con la cellula luteinica sono senza dubbio la cellula cortico- surrenale e la cellula interstiziale del testicolo; in questi ultimi elementi il trophospongium è stato descritto da Bouin e Ancel [9] (nel cavallo), i quali accettano completamente le idee di Holmgren sul significato e sulla origine di questa formazione. L'esistenza del Trophospongiwm nelle cellule del corpo luteo negata da numerosi ricercatori, e fra i più recenti da Cohn, venne invece stabilita da Vastarini-Cresi [#47], almeno per quanto riguarda il corpo luteo DES 20 Domenico Cesa-Bianchi, della gravidanza di Bos taurus. Nelle mie ricerche ho potuto piena- mente confermare questo reperto; nel protoplasma delle cellule del corpo luteo degli animali esaminati si notano con notevole frequenza, almeno date certe particolari condizioni alle quali accennerò fra poco, delle screpolature più o meno numerose, a contorni netti, regolari, spesso a disposizione raggiata, talora anastomizzate fra loro, che ricordano assai bene i canalicoli dei succhi, quali furono descritti da numerosi ricercatori in diverse cellule di natura ghiandolare. Esse presentano poi una particolare somiglianza, anche per la loro disposizione, colle analoghe formazioni osservate nelle cellule giganti del midollo osseo (megacariociti). Queste screpolature del citoplasma, adopero questa espressione invece che quella più comune di canalicoli, giacchè mi sembra risponda meglio al fenomeno che si osserva senza d’altra parte pregiudicarne il significato, sono come ho detto assai regolari, sembrano anzi mumite di una sottile parete propria, dovuta ad un leggero ispessi- mento del citoplasma che le circonda; esse sono particolarmente numerose nelle cellule luteiniche del terzo periodo o periodo delle granulazioni grassose ed anche, sebbene in modo minore, in quelle del secondo periodo; mancano negli altri (Fig. 10—11). Senza entrare nella dibattuta questione dell’origine e del signi- ficato di questa formazione che ci porterebbe troppo lontano dal nostro argomento, a me pare che essa, piuttosto che una particolarità di struttura del citoplasma, come sostengono alcuni autori, od un fenomeno di degenerazione dell'elemento cellulare, come sostengono altri, rappresenti un prodotto artificiale, dovuto ai trattamenti ai quali é stato sotto- posto l’elemento cellulare per allestire i preparati. Difatti questo particolare aspetto del protoplasma della cellula luteinica si osserva solo quando la fissazione non è stata troppo delicata, e gli elementi cellulari appaiono deformati ed allontanati l'uno dall'altro, per la retra- zione del protoplasma: in altre parole quando si sono usati liquidi fissatori molto energici e violenti (sublimato in soluzione acquosa satura, liquido di Rabl, etc.) Date queste condizioni l'aspetto sopra descritto del cito- plasma si mette in evidenza quasi costantemente ed in modo chiaro, con qualsiasi metodo di colorazione, mentre al contrario non riesce più possibile. nella maggior parte dei casi, la dimostrazione delle granu- Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete, 21 lazioni cromatiche, che richiedono, come ho ricordato, un'ottima e deli- cata fissazione. Se però questo particolare aspetto del citoplasma deve, a mio modo di vedere, essere interpretato come un prodotto artificiale, per il fatto che esso si osserva solo negli elementi cellulari che sono caratterizzati da una particolare abbondanza del citoplasma, per la sua regolarità ed uniformità di distribuzione, deve ciò non ostante essere considerato, almeno con grande probabilità, come l'indice di un particolare e finora sconosciuto stato fisico del citoplasma. Arrivata a termine od interrotta la gravidanza il corpo luteo, come è noto, in breve tempo finisce con lo scomparire; le cellule luteiniche presentano a questo punto tutti i numerosi e varî processi, coi quali può determinarsi la degenerazione e la distruzione degli elementi cellu- lari. Oltre che in questo periodo, per così dire classico, si possono osservare cellule luteiniche in preda ad evidenti processi di regressione, più o meno numerose in tutte le età del corpo luteo. Sorvolo sui diversi modi coi quali puó verificarsi questa regressione (degenerazione grassa, jalina, vacuolare, frammentazione del protoplasma, cromatolisi, cariorexi, etc.), per fermare l'attenzione su uno solo, non ancora descritto che io mi sappia nella cellula luteinica, ma che peró trova riscontro in altri elementi cellulari. Voglio alludere alla penetrazione, all’in- vasione del protoplasma della cellula luteinica da parte dei nuclei degli elementi connettivali circostanti e da parte ancora di cellule migratrici (Fig. 12). Quale sia l'importanza che spetta a questi due elementi nella distruzione della cellula luteinica non mi è stato possibile stabilire; questo è certo che vi prendono parte entrambi. Gli elementi cellulari invasori, per lo più assai numerosi, dalle parti periferiche del citoplasma si portano ‘gradatamente nelle centrali, di mano in mano che i processi regressivi della cellula luteinica si fanno più accentuati; il protoplasma presenta dapprima numerosi piccoli vacuoli, che poi confluendo fra loro ingrandis- cono, fino a frammentarlo ed a condurre alla sua completa distruzione, mentre il nucleo da sferico che era, diventa sformato, la cromatina si rac- coglie in un unico blocco, che poi si spezza in numerosi granuli, che ven- gono da ultimo riassorbiti. A processo compiuto il posto dell'elemento cellu- lare distrutto resta occupato dal connettivo. Un processo analogo a questo, che per altro non è certo il più frequente dei numerosi coi quali la 99 Domenico Cesa-Bianchi, cellula luteinica può andare incontro a distruzione, si avvera, come è noto, ad esempio nelle cellule nervose dei gangli spinali, da parte degli elementi della capsula che le avvolge. Concludendo dalla prima serie delle mie ricerche risulta in modo indubbio: che la cellula luteinica, per la sua complessa struttura isto- logica, per i diversi aspetti che assume nei vari momenti della sua attività, per la ricca rete vasale che la circonda e per gli in- timi rapporti che con essa contrae, deve essere considerata come un elemento ghiandolare, dotato di notevole attività secretoria er forse anche molto importante per l'organismo femminile durante tutto il periodo della vita sessuale. Quest’attività secretoria si svolge in diversi periodi, in ciascuno dei quali l’elemento cellulare viene ad assumere particolari caratteristiche di struttura, che permettono in ogni caso di ben identificarlo. Il prodotto dell'attività secretoria della cellula lutei- nica é rappresentato dapprima da una particolare sostanza, di pro- babile natura albuminoidea, che sotto forma di minute granulazioni occupa la parte centrale del corpo cellulare, direttamente circondante il nucleo; in seguito questa sostanza si andrebbe trasformando con un processo tuttora ignoto in gocciole di lecitina, che poste dapprima nella parte più periferica del citoplasma, fuorescono infine da questo ed arri- vano in circolo. La lecitina quindi rappresenta il prodotto ultimo del- l’attività secretoria della cellula del corpo luteo. La luteina da ultimo, che pure si trova in questi elementi, non ha dal punto di vista dell'attività secretoria che un'importanza affatto secondaria; essa sarebbe semplicemente depositata nell'elemento cellulare, ove si comporta in modo del tutto passivo; come é provato del resto dal fatto, che essa si riscontra costantemente nel citoplasma, mantenendo inalterati i suoi caratteri, in tutti i vari periodi dell'attività cellulare. Questo pigmento di origine ematica, sembra che provenga dal riassorbi- mento del sangue stravasato in seguito alla rottura del follicolo di Graaf, e che per un certo periodo di tempo si conserva nel corpo luteo in via di formazione, ove costituisce il così detto nucleo ematico. L'origine ematica della luteina é provata poi dal fatto, che mentre essa é abbondantissima nei corpi lutei degli animali, in cui lo scoppio Di alenne particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete, 23 del follicolo maturo è accompagnato da una forte emorragia (grossi mammiferi), è invece assai scarsa e talora manca quando questa emor- ragia non è che minima o non si verifica affato. Ammessa la natura ghiandolare della cellula luteinica e quindi del corpo luteo, in una seconda serie di ricerche mi sono proposto di studiare il modo di distribuzione del tessuto connettivo in questa forma- zione, allo scopo di stabilire se il tessuto di sostegno si comportasse anche per il corpo luteo in modo analogo a quello che recenti ricerche, con metodi perfezionati di tecnica, hanno dimostrato avvenire per numerosi organi di sicura natura ghiandolare.!) La distribuzione e la quantità del tessuto connettivo di sostegno nel corpo luteo vero — sia della gravidanza che della mestruazione variano assai a seconda degli animali presi in esame e dell’età del corpo luteo stesso. Difatti accanto ad animali nei quali la formazione lutea è rappresentata in gran parte da numerosi e robusti fasci di tessuto connettivo fibroso, intrecciantisi in vario modo fra di loro, così da formare una fitta e spessa rete, nelle cui maglie si trovano raccolti gli elementi nobili di questa formazione, le cellule luteiniche, completa- mente isolate ed allontanate l’una dall’altra, come si osserva ad esem- pio nell’Ovis aries, possiamo facilmente osservare altri animali (Sus seropha dom. ad esempio), nei quali il corpo luteo è essenzialmente formato dall’avvicinamento o meglio dall’addossarsi delle cellule lutei- niche l'una all'altra, che si mostrano solo separate qua e là, nei pre- parati eseguiti col metodi comuni, da qualche esile trabecola connet- - tivale, decorrente per lo più coi vasi che si distribuiscono al corpo luteo. D'altra parte è noto che il tessuto connettivo, relativamente scarso nei corpi lutei in formazione e nei primi tempi del loro sviluppo, va aumentando di pari passo col crescere dell'età del corpo luteo e finisce per avere la prevalenza quando comincia l'involuzione di questo, tanto da condurre dapprima alla formazione del cosidetto corpus fibrosum ed in 1) I risultati di questa seconda serie di ricerche vennero comunicati, con presentazione di preparati, alla società medico-chirurgica di Pavia nell'adunanza del 21 Giugno 1907. (Vedi Boll. Soc. med.-chir. Pavia 1907, Nr. 2.) 24 ; Domenico Cesa-Bianchi, seguito a quella del corpus albicans, ultima tappa della complessa e non breve evoluzione del corpo luteo, anzi, per essere più preciso, del follicolo di Graaf. Riguardo all'origine del connettivo della formazione lutea l'accordo è oramai completo fra gli studiosi nel riconoscerne la provenienza dalle membrane connettivali avvolgenti il follicolo di Graaf. Nell’ovisacco giunto a completa maturazione e pronto a scoppiare, l’epitelio della granulosa è ridotto, come è noto, a pochi strati di elementi, tre o quattro al massimo, rivestenti la cavità follicolare, salvo in corri- spondenza del polo ove trovasi l’ovicino, nel qual punto gli strati della eranulosa sono più numerosi e formano attorno all'uovo il cosidetto cumulus proligerus. Al di là della granulosa, procedendo dall’interno all'esterno si trova la cosidetta membrana propria 0 basale od anche vitrea dell’ovisacco; un’esile membranella anista, che serve di impianto alle cellule della granulosa, la cui esistenza però è stata messa in dubbio da numerosi ricercatori. Esternamente a questa è posta la tonaca interna (theca interna), di notevole spessore nel follicolo maturo, specialmente dei grossi mammiferi, caratterizzata dalla grande abbon- danza di vasi (donde anche il nome di tonaca vascolare), dalla presenza di numerosi elementi cellulari voluminosi, rotondeggianti, a nucleo vescicolare e protoplasma abbondante, ricco di granulazioni (cellule della theca interna o Thecazellen o cellule interstiziali), riuniti in am- massi più o meno numerosi, separati fra di loro dall’intecciarsi di fascetti di fibre connettivali. E in corrispondenza di questa membrana vasco- lare, che avvengono le prime emorragie, le quali, come è noto, pre- ludiano alla rottura del follicolo. Al di là della theca interna trovasi la tonaca esterna o fibrosa (theca esterna), costituita essenzialmente da abbondanti fasci di fibre connettivali, disposti a lamelle concentriche. Avvenuto lo scoppio del follicolo maturo, il modo di comportarsi di queste varie membrane che l'avvolgono non é ancora bene stabilito; gli autori ne danno anzi descrizioni diversissime, giacchè da esso dipende in gran parte la tanto discussa questione dell'origine della cel- lula luteinica. Secondo alcuni ricercatori, la grande maggioranza fino a pochi anni fa e la maggioranza tuttora degli ostetrici, in seguito allo scoppio del follicolo, oltre l'uovo, il cumulus proligerus ed il liquor Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete. 25 folliculi, verrebbe espulsa anche la membrana granulosa, almeno in gran parte e quella che rimane rapidamente degenera e scompare; la cavità follicolare dapprima occupata dal sangue stravasato viene com- pletamente riempita in un breve periodo di tempo da un tessuto di neoformazione, costituitosi a spese di quegli elementi cellulari, che abbiamo visto caratterizzare la tonaca interna (cellule della theca interna o cellule interstizial?). Secondo altri ricercatori invece, in maggioranza anatomici con a capo Sobotta, le più minuziose e recenti indagini sull'origine della cellula luteinica avrebbero stabilito, che la membrana granulosa (almeno quella parte della granulosa che riveste la cavità follicolare e prende appunto il nome di epitelio follicolare) non solo non viene espulsa nè degenera, ma anzi gli elementi che la costituiscono vanno rapidamente ipertrofizzandosi tanto da riempire in un breve periodo di tempo la cavità follicolare e condurre alla completa formazione del corpo luteo. Ad ogni modo qualunque sia l'origine della cellula luteinica, o dagli elementi della theca interna o dalle cellule della granulosa, il connettivo fibrillare di sostegno del corpo luteo proviene senza dubbio dalle membrane avvolgenti il follicolo di Graaf maturo. La tonaca esterna o fibrosa, a corpo luteo completamente svilup- pato, viene a costituire la robusta capsula connettivale avvolgente la formazione lutea, che separa e rende in certo qual modo indipendente dal parenchima ovarico circostante. Dalla faccia interna di questa cap- sula connettivale, nello spessore della quale decorrono abbondantissimi vasi per lo più di notevole calibro, si partono numerose trabecole con- nettivali, che con direzione raggiata, accompagnando per lo più il ' decorso dei vasi, arrivano al centro del corpo luteo, ove riunendosi fra loro eostituiscono il cosidetto nucleo connettivale centrale, il quale per altro almeno in parte avrebbe origine, secondo aleuni ricercatori, dall’organizzarsi del primitivo nucleo ematico, dovuto all'emorragia che segue alla rottura del follicolo ovarico. Data questa disposizione del connettivo ne risulta che il corpo luteo appare diviso in tante colonne, o meglio piramidi a base periferica, più o meno numerose e più o meno bene individualizzate fra loro a seconda degli animali e dell’età del corpo luteo. 26 Domenico Cesa-Bianchi, Clark [/0] applicando il metodo della digestione con la tripsina al corpo luteo ha potuto mettere in evidenza l’esistenza di un fitto reticolo connettivale di sostegno. Quale sia peró l'ulteriore modo di comportarsi del connettivo, quali siano i rapporti che intercedono fra la cellula luteinica da una parte e le sottili fibrille connettivali dall'altra è completamente scono- sciuto. Ho cercato di colmare questa lacuna con una serie di opportune e sistematiche ricerche, in considerazione anche della notevole im- portanza, che il connettivo di sostegno assume quando incominciano i fenomeni di natura regressiva, che rapidamente conducono alla completa distruzione del corpo luteo. D'altra parte i risultati delle ricerche esposte nella prima parte di questo lavoro sulla fine struttura della cellula luteinica e sui diversi aspetti che essa assume nei varî periodi della sua attività depongono nettamente, come ho ricordato, per la natura ghiandolare di questo elemento. Era quindi interessante stabilire se il connettivo di sostegno si comportasse anche nel corpo luteo analogamente a quanto si verifica negli altri organi di sicura natura ghiandolare; se cioè formasse un ricco stroma di sostegno e di protezione attorno agli elementi nobili dell'organo, così come numerose e recenti ricerche hanno verificato accadere per altri elementi ghiandolari. L'applicazione dei comuni metodi di colorazione suggeriti dalla tecnica per la dimostrazione del tessuto connettivo (metodi di Van Gieson, di Mallory, tricromico di Cajal, di Dubreuil, di Delamare, di Curtis, ete.) non mi ha dato risultati troppo soddisfacenti, sopratutto dal punto di vista della fine distribuzione del connettivo, per cui ho rivolto subito la mia attenzione ai metodi a base di impregnazione metallica, che di recente hanno dato per questo scopo ottimi risultati ad alcumi ricercatori, ed in modo particolare all’impregnazione argentea, giacchè i sali d’oro e d’altri metalli sono per lo più di riuscita problematica e sempre frammentaria. Applicando su pezzi di sistema nervoso i varî metodi ideati per la dimostrazione delle neurofibrille e basati sulla riduzione dei sali d’argento, è abbastanza frequente il caso di veder colorate in nero accanto alle neurofibrille, altre sottili fibre di sicura natura connettivale, specialmente in rapporto ai vasi sanguigni. L'applicazione di questi metodi sui vari organi ghiandolari dimostra in molti casi attorno agli Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc. 27 elementi cellulari una ricca rete formata da sottili fibrille connettivali, colorate in nero dalla riduzione del sale d’argento; qualche volta anzi questi metodi, eseguiti da ricercatori poco esperti, hanno dato luogo a grossolani errori d'interpretazione, hanno condotto cioè ad affermare di natura nervosa reticoli e fibrille indubbiamente connettivali. — Così Wollf [42] applicando il metodo di Bielschowsky per la dimostrazione delle neurofibrille su fegati di rana, ha potuto dimostrare la presenza di numerose fibrille a decorso assai complicato, di sicura natura connet- tivale, affatto simili a figure analoghe descritte da altri ricercatori pure nel fegato e considerate invece come di natura nervosa. Più tardi Maresch [28] applicando ancora il metodo di Bielschowsky su fegati umani normali e patologici, ha osservato specialmente in rapporto ai capillari sanguigni che si distribuiscono al lobulo epatico, | una ricca e complicata rete costituita da tenuissime fibrille connettivali, intrecciantesi in tutti i sensi, tanto da avvolgere completamente in alcuni casi la cellula epatica. Moschini [29] applicando il metodo all’argento ridotto di Cajal ha potuto studiare la fine distribuzione del connettivo nella capsula surre- nale, portando un notevole contributo alla fine anatomia di quest'organo. Più recentemente Studniéka [40] ha preconizzato l’impiego del metodo di Bielschowsky, leggermente modificato, per la dimostrazione delle tenui fibrille connettivali in numerosi organi e tessuti e particolar- mente nelle ossa, nella dentina e nella cartilagine jalina. Barnabò [4] col metodo fotografico di Cajal ha studiato la fine distribuzione del connettivo nella ghiandola interstiziale del testicolo . della cavia, ed ha descritto un delicato reticolo connettivale che unisce le cellule interstiziali tra loro ed ai tubuli seminali vicini. Affatto recentemente Levi [22] avendo osservato che il metodo di Bielschowsky preconizzato per la colorazione delle neurofibrille, colora con grande facilità, delicatezza ed elettività anche le fibre collagene, che non si possono confondere con le neurofibrille, perché quando riesce la colorazione di quest'ultime non riesce affatto quella delle prime, ha applicato questo metodo sui gangli sensitivi di Orthagoriscus mola, ed ha potuto dimostrare la penetrazione di numerose fibrille collagene nel protoplasma delle cellule gangliari. 28 Domenico Cesa-Bianchi, Da ultimo Comolli [12] ha studiato il comportamento del tessuto di sostegno delle capsule surrenali applicando il metodo di Biel- schowsky, studio almeno in parte già stato compiuto da Moschini, come ho ricordato, col metodo fotografico di Cajal. Il Comolli ha potuto dimostrare nel corpo surrenale l’esistenza di una ricchissima rete di fibrille connettivali, specialmente in corrispondenza della zona reticolare. Sulla fine distribuzione del connettivo nelle capsule surrenali messa in evidenza del Comolli, avrò del resto occasione di ritornare in seguito, poichè essa ricorda assai, da vicino quella che io, con un metodo diverso, ho potuto mettere in evidenza nel corpo luteo. L'applicazione dei metodi di Bielschowsky [6] almeno per quanto riguarda il corpo luteo, non mi ha dato risultati troppo soddisfacenti. Il metodo anzi di impregnazione argentea su pezzi in toto, con succes- siva inclusione in paraffina e viraggio all'oro delle sezioni non serve affatto per la dimostrazione delle fibrille connettivali; gli strati più superficiali appaiono uniformemente neri, mentre nei più profondi per la mancata penetrazione del sale metallico la reazione non è avvenuta. Meglio si presta il primo metodo di Bielschowsky nel quale l'im- pregnazione argentea vien fatta direttamente sulle sezioni, ottenute previa inclusione in paraffina o meglio ancora direttamente per con- gelazione. A parte però la lunghezza del metodo, per i numerosi passaggi che richiede, e le difficoltà tecniche non indifferenti, la troppo frequente incostanza della riuscita ed i risultati scarsi ed incompleti, mi hanno deciso ad abbandonare anche questo procedimento, che però, è giustizia riconoscerlo, in altri organi ha dato ottimi risultati. Risultati migliori per il nostro scopo sono dati dal classico metodo all’argento ridotto, introdotto nella tecnica da Ramon y Cajal, previa fissazione dei pezzi in alcool ammoniacale od in formalina. Anche a questo metodo però si devono rimproverare e l’incostanza della riuscita e la scarsa penetrazione, difetti per altro comuni a tutti i metodi a base d’impregnazione metallica. Di più il metodo di Cajal, quantunque dia risultati migliori e sopratutto più completi che non quello di Bielschowsky, se ci dimostra chiaramente la grande abbondanza del connettivo nel corpo luteo, il modo di decorrere e di comportarsi Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc. 20 dei fascetti di fibre connettivali, la loro intima costituzione, risultante dall’intrecciarsi in tutti i modi di numerosissime esili fibrille, colorate nettamente in nero per la riduzione del sale d'argento, non ci permette d’altra parte di seguire l'ulteriore decorso di queste fibrille, né quindi di stabilire i loro rapporti con le cellule luteiniche fra le quali de- Gorrono, rapporti che in qualche punto in cui la reazione è avvenuta più chiara e completa, appaiono essere oltremodo intimi. Persuaso ció non ostante che l'impregnazione argentea rappresenti, almeno allo stato odierno delle nostre conoscenze di tecnica, il reattivo più delicato per la fine dimostrazione delle fibrille connettivali, ho cercato un metodo che rispondesse con maggiore costanza e delicatezza a questo scopo. Dopo non poche ricerche in questo senso ho fermata . la mia attenzione su un procedimento di tecnica oltremodo semplice, il quale per altro non rappresenta se non una leggera variante al metodo fotografico di Cajal, basato sulla conoscenza di un elementare principio di chimica fotografica. Come è noto il sale d'argento che è annerito dall'azione della luce o delle comuni sostanze riducenti non è già il nitrato, che di solito si usa nell’impregnazione argentea, ma bensì quelle piccole quantità di questo sale, che in presenza dei cloruri dei tessuti si sono andate trasformando in cloruro d'argento. Difatti, come hanno dimo- strato recentemente Achard e A ynaud |/—2], se si sottraggono completa- mente ai tessuti i cloruri che contengono, trattandoli con una soluzione inoffensiva di solfato di sodio e di zucchero, l’impregnazione argentea diventa impossibile, mentre invece riappare se si ritorna il cloruro ai .pezzi in esame. Era quindi logico ammettere, che aumentando arti- fieialmente la quantità dei cloruri già normalmente contenuti nei pezzi, Si riuscisse ad ottenere impregnazioni più delicate e più estese. La prova dei fatti dimostrò completamente fondata questa supposizione teorica. Tl metodo seguito nelle mie ricerche è il seguente: i pezzi, di spessore non superiore ai due o tre millimetri, previa fissazione in formalina, alcool ammoniacale, sublimato, etc. (i migliori risultati sono però dati dalla formalina al 15—20 ?/, lasciata agire a lungo), vengono passati in una soluzione di cloruro di Sodio all'uno per cento 30 i Domenico Cesa-Bianchi, — meno bene servono gli altri cloruri, di Potassio, Ammonio, Litio, Magnesio —, che si deve cambiare parecchie volte e nella quale i pezzi devono rimanere dieci o dodici ore. I pezzi tolti da questa soluzione vengono asciugati con carta bibula o meglio comprimendoli leggermente con una pezzuola pulita, per asportare l’eccesso di cloruro di sodio, — mai lavati — e quindi immersi direttamente in una soluzione di nitrato d'argento al tre per cento. Gli altri sali d'argento, danno risultati di gran lunga inferiori; il cloruro poi non può essere usato perchè insolubile in acqua, si scioglie solo ed in piccola quantità in presenza di un eccesso di ammoniaca. Il soggiorno dei pezzi nel bagno d’argento varia a seconda della temperatura ambiente e delle dimensioni dei pezzi stessi: di solito alla tempera- tura di 35°—40° centigradi limpregnazione è già completa dopo 48—60 ore; un soggiorno più prolungato non nuoce però alla reazione, talora anzi la favorisce. I pezzi dal nitrato d’argento vengono passati in una vaschetta di vetro contenente acqua distillata ed esposti alla luce intensa; anneriscono rapidamente; tuttavia perchè la reazione si compia bene occorre una lunga esposizione ed una luce assai intensa quale non si può avere che nella stagione estiva. Risultati anche migliori ma sopratutto più rapidi e sicuri si hanno facendo uso, previa rapido lavaggio in acqua distillata, dei soliti sviluppatori della chimica fotografica: idrochinone, glicina, rodinal, acido pirogallico, tannino ed acido gallico, etc. Dopo qualche ora di soggiorno in queste soluzioni 1 pezzi vengono lavati in acqua distillata, passati rapidamente nella serie degli alcool ed inclusi in paraffina. Le sezioni possono poi essere virate col cloruro d’oro ed anche sottoposte ad una delle solite colora- zioni nucleari. Io però preferisco esaminare direttamente le sezioni appena sparaffinate, giacchè data la grande quantità di fibrille con- nettivali, colorate in nero, che nel nostro caso si mettono in evidenza col metodo descritto, le sezioni virate all'oro presentano un color grigio- nerasto uniforme, mentre nelle sezioni semplicemente sparaffinate, le fibrille connettivali colorate in nero spiccano molto bene sul fondo giallastro. Il metodo ora descritto oltre che essere molto semplice e non richiedere una speciale abilità tecnica, è anche di riuscita quasi costante. Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc. 3] Ho prudentemente limitata questa affermazione, giacchè nel corso delle mie ricerche mi è capitato qualche rara volta di osservare, che pezzi provenienti dallo stesso animale e trattati contemporaneamente nell'iden- tico modo, presentano reazioni diverse: in alcuni completa e delicata, in altri invece affatto frammentaria, per non dire del tutto mancante; senza che d'altra parte fosse possibile stabilire la causa di questo diverso modo di comportarsi. Unico inconveniente del metodo descritto, inconveniente del resto comune a tutti gli altri metodi a base di impregnazione metallica, è la sua scarsa penetrazione; per cui non avrò mai abbastanza raccomandato di usare pezzi di spessore il più che possibile sottile. Questa scarsa penetrazione della reazione è del tutto indipendente dall’uso della solu- zione di cloruro di sodio e dalla concentrazione di questa soluzione; giacchè i risultati, per quanto riguarda la penetrazione, non variano sia adoperando soluzioni molto concentrate di cloruro di sodio, che soluzione debolissime ed anche non usandole affatto; essa dipende invece dalla coagulazione dell'albumina provocata dal liquido fissatore. D'altra parte una buona fissazione è indispensabile, se si vogliono ottenere preparati chiari e dimostrativi, in cui i rapporti fra elementi cellulari e fibrille connettivali siano molto netti. ». Ed ora passo ad esporre brevemente i risultati delle mie ricerche. Ho già ricordato, che la quantità di tessuto connettivo di sostegno, che si riesce a mettere in evidenza coi metodi comuni nel corpo luteo, varia assai a seconda degli animali; giacchè accanto ad animali in cui il corpo luteo appare costituito in grande prevalenza da grossi fasci connettivali, che separano l'una dall'altra ed isolano completamente le cellule luteiniche, si trovano altri animali nei quali il tessuto connet- tivo di sostegno è assai scarsamente rappresentato nel corpo luteo, tanto che ad un esame superficiale sembra mancare quasi completamente. La quantità di fibrille connettivali che, applicando il metodo sopra descritto, si riesce a mettere in evidenza nel corpo luteo, è in generale tanto grande, che nelle mie ricerche ho dovuto ben presto lasciare da parte l'esame dei corpi lutei di quegli animali, che, come la pecora, presentano un grande sviluppo del connettivo nella formazione lutea. In questi casi l’intrecciarsi e l’aegrovigliarsi delle fibrille connettivali 32: Domenico Cesa-Bianchi, annerite per la riduzione del sale d’argento era tanto fitto e com- plicato, da mascherare completamente le cellule luteiniche e rendere quindi del tutto impossibile lo stabilire esattamente il modo ultimo di comportarsi delle tenui fibrille connettivali ed i loro rapporti cogli elementi cellulari. Per ciò ho dovuto limitare le mie ricerche a due tipi di corpi lutei: a quelli in cui il tessuto connettivo non è che modicamente rap- presentato e certo non costituisce che una parte minima della forma- zione lutea (ed il corpo luteo della donna è fra questi) ed a quelli in cui è scarsissimo e sembra quasi mancare. Per non dilungarmi troppo esporrò solo i risultati datimi dall'esame di una serie di corpi lutei, ad epoche diverse di sviluppo, di Bos taurus per il primo tipo e di Sus seropha dom. per il secondo. Già un semplice esame superficiale di una sezione di corpo luteo in via di sviluppo di Bos taurus, trattata col metodo descritto, ci dimostra chiaramente l’enorme abbondanza del tessuto connettivo di sostegno, abbondanza di cui i preparati eseguiti coi metodi comuni ben poco lasciavano intravedere e di cui ci davano solo una pallida idea i preparati eseguiti coi metodi di colorazione ideati per la dimostra- zione del tessuto connettivo. Dalla capsula che limita il corpo luteo e che, come abbiamo visto, deriva dalle membrane connettivali avvolgenti il follicolo di Graaf, costituita da numerose lamelle molto ricche di fibrille connettivali intrecciantesi fra di loro e povere invece di elementi cellulari, si par- tono fasci di fibre (fravate di primo ordine), presentanti qua e là qualche raro nucleo, che penetrano profondamente nel parenchima del corpo luteo, accompagnando di solito i numerosi vasi sanguigni che, pure provenienti dalla capsula avvolgente, vanno a distribuirsi al parenchima stesso, formando anzi attorno a questi vasi una robusta e spessa tonaca avventizia. Da questa avventizia si dipartono con- tinuamente, lungo tutto il suo decorso, piccoli fasci di fibrille (travate di secondo ordine), che accompagnando i vasi sanguigni di calibro minore, si portano fra gli elementi cellulari, formando una delicata ed elegante rete a maglie fitte attorno ai piccoli vasi ed ai capillari, che Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc. 33 come ho ricordato nella prima parte di questo lavoro, sono oltremodo abbondanti e circondano ogni singola cellula. Gli elementi cellulari del corpo luteo di Bos taurus appaiono quindi nei preparati eseguiti col metodo descritto, allontanati l'uno dall'altro, separati, da fasci più o meno robusti di fibrille connettivali avvolgenti i capillari sanguigni e formanti attorno ad essi eleganti reticoli. Da questi fascetti partono altre fibrille ancora più sottili, che intrecciandosi ripetutamente fra di loro e con quelle provenienti dai fascetti vicini, fimiscono col costituire un fittissimo, veramente in- estricabile, intreccio reticolare, che avvolge, ricopre e maschera in gran parte gli elementi cellulari (Fig. 13). — Data la grande abbondanza delle fibrille ed il fittissimo intreccio che costituiscono, anche in questi corpi lutei riesce pressochè sempre malagevole stabilire i rapporti che intercedono fra le cellule luteiniche e le fibrille connettivali circostanti, rapporti che invece riescono ben manifesti, come vedremo fra poco, nei corpi lutei del secondo tipo. Il carattere connettivale delle fibrille ora descritte, lo dichiaro una volta tanto, ove non fosse a sufficienza provato dal loro aspetto, dal loro modo di comportarsi e dalla loro provenienza, è dimostrato anche dal fatto, che è possibile in qualche caso metterle in evidenza, quantunque sempre in quantità senza confronto minore, anche coi comuni metodi ideati per la dimostrazione del connettivo. I grossi fasci o travate di primo ordine, che abbiamo visto dipar- tirsi dalla capsula connettivale periferica e penetrare nel parenchima del corpo luteo avvolgendo i vasi sanguigni, dopo un decorso più 0 meno tortuoso, di molto assotigliati per l'abbondante somministrazione di fascetti di fibrille (travate di secondo ordine), arrivati al centro del corpo luteo, finiscono col formare, intrecciandosi fra di loro, il cosidetto nucleo connettivale centrale. Se giunti a questo punto si prende a confrontare il modo di distribu- zione delle fibrille connettivali di sostegno nel corpo luteo, quale son venuto ora rapidamente esponendo, e nella capsula surrenale, come ha affatto recentemente, quando già aveva comunicato le mie ricerche alla società medica di Pavia, descritto il Comolli, applicando il metodo di Bielschowsky, si resta veramente colpiti dalla grande somiglianza, 9 Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 9 34 Domenico Cesa-Bianchi, dall’identità quasi del comportamento del tessuto di sostegno in questi due organi. Anche nel corpo surrenale, come nel corpo luteo, dalla capsula connettivale avvolgente si partono numerosi fasci di fibre, che hanno un decorso nettamente radiale, convergente verso la parte centrale del corpo surrenale; essi però non rappresentano che l’in- telaiatura più grossolana dell'organo, e per tutto il loro decorso abban- donano una quantità di fibrille isolate o riunite in fascetti, che si portano negli spazî intercellulari. Tutte queste fibrille, precisamente come nel corpo luteo, avvicinandosi, riunendosi, per .poi di nuovo divi- dersi, finiscono col formare un reticolo fittissimo, visibile solo a forte ingrandimento, che ricopre ed avvolge le colonne cellulari, le arterie enlemyene: Anche per la fine distribuzione del connettivo di sostegno quindi, come per tutti i caratteri di disposizione e di intima struttura degli elementi cellulari, il corpo luteo e la ghiandola cortico-surrenale si corrispondono molto bene. Queste intime affinità di costituzione ana- tomiche fra i due organi si devono a mio modo di vedere tenere pre- senti e nella giusta considerazione, quando si affronti la questione della natura e del significato della formazione lutea. Riprendendo il nostro argomento, se invece di corpi lutei in via di formazione od in piena attività, si prendono in esame corpi lutei (sempre di Bos taurus) che hanno quasi compiuto il loro ciclo evolutivo, si vede subito che il tessuto connettivale appare notevolmente aumen- tato, e di corrispondenza le cellule luteiniche sempre più allontanate l’una dall'altra. Ancora più abbondante appare il tessuto connettivo di sostegno nei corpi lutei in via di regressione, già nei primi giorni dopo il parto per quanto riguarda il corpo luteo della gravidanza; l'aumento anzi del connettivo è uno dei caratteri principali del corpo luteo in regressione; le cellule luteiniche sempre più compresse dall'at- tiva proliferazione connettivale, finiscono col degenerare, col frammen- tarsi e coll’essere distrutte; di modo che al parenchima del corpo luteo si viene sostituendo una formazione esclusivamente fibrosa (corpus fibrosum). La fine distribuzione del connettivo di sostegno quale si verifica nel corpo luteo del Bos tawrus, si riproduce nelle sue grandi linee Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione ete, n — _ anche nei corpi lutei del secondo tipo, nei quali cioè il tessuto con- nettivo è oltremodo scarso e le cellule luteiniche appaiono addossate intimamente l’una all’altra, come si verifica ad esempio in modo carat- teristico nel corpo luteo di Sus scropha dom. Tralascio quindi di descriverla per non ripetermi. Data però la relativa scarsità del tessuto connettivo nel corpo luteo di Sus seropha dom., Vimpregnazione argentea riesce in questo caso molto più fine e delicata, di modo che è possibile stabilire i rapporti intimi, che intercedono fra le più sottili fibrille connettivali e gli elementi cellulari. Questi che, nei preparati eseguiti coi metodi comuni, appaiono - addossati l'uno all’altro, si dimostrano invece in seguito all’impregnazione argentea separati da un delicato intreccio di fibrille connettivali, provenienti dai fascetti che, come si è visto per il Bos taurus, formano un fitto reticolo attorno ai piccoli vasi ed ai capillari (Fig. 14). Nelle sezioni sottili le cellule luteiniche appaiono quindi circondate da un fine intreccio di fibrille connettivali, nel quale talora decorrono i capillari, che viene a costituire i contorni del corpo cellulare; in sezioni più grosse (10—12 w) si vede poi in modo chiaro, che questo intreccio di fibrille avvolge completamente la cellula, formando tutt'all'intorno di questa un inestricabile reticolo, a maglie fittissime, 0, meglio ancora, un involucro connettivale completo, che sostiene e nello stesso tempo protegge l'elemento cellulare (Fig. 15). Tutti questi reticoli pericellulari intimamente collegati fra loro, vengono a costituire lo stroma di sostegno e di protezione degli elementi nobili del corpo luteo; in altre parole lo scheletro, l'impaleatura di questa formazione. Dati gli intimi rapporti che intercedono fra cellula luteinica e rela- tivo reticolo pericellulare, ci si potrebbe domandare se in qualche caso Sl osserva penetrazione di fibrille connettivali nell'interno del corpo cellulare. Come ho gia ricordato, Levi ha recentemente potuto osser- vare questa penetrazione di fibrille collagene nel citoplasma di alcuni elementi nervosi gangliari; Comolli, per quanto riguarda la cellula cortico-surrenale, pur non affermando in modo sicuro questa penetra- zione di fibrille collagene nel citoplasma di alcuni elementi della zona reticolare, pure mostra di credervi, poichè la riproduce nei disegni. SES ob 36 Domenico Cesa-Bianchi, Nella cellula luteinica, quantunque i rapporti fra elemento cellulare e fibrille connettivali siano almeno tanto stretti quanto si verifica per la cellula cortico-surrenale, ed i reticoli pericellulari siano molto più com- | plicati e fitti, non ho mai potuto osservare in nessun caso una sicura penetrazione di fibrille connettivali nel protoplasma cellulare. Qualche volta si osservano delle figure che possono trarre in errore, delle fibrille cioè, che staccandosi dal reticolo pericellulare sembrano portarsi nel- l'elemento cellulare; un'attenta osservazione mostra però in tutti questi casi che si tratta di una semplice parvenza e nom di una vera pene- trazione; le fibrille in questione sono sovrapposte all'elemento cellulare, decorrono alla periferia di questo, e contribuiscono a formare quegli involucri connettivali che ho descritto attorno ad ogni singola cellula luteinica. Non si può quindi parlare, almeno per il corpo luteo, di una penetrazione di fibrille connettivali nel protoplasma cellulare. Concludendo, quantunque il connettivo di sostegno del corpo luteo sla diversamente rappresentato nei diversi animali, pure in linea generale si può affermare: che esso, proveniente dalla capsula avvolgente e dall’avventizia dei grossi vasi, è in ogni caso molto abbondante e finisce col formare attorno ad ogni singolo elemento cellulare un fittissimo, indecifrabile reticolo di sostegno e di protezione, che avvolge completamente ogni cellula. I reticoli pericellulari poi collegandosi fra loro costituiscono lo stroma di sostegno, che nel corpo luteo rag- giunge un'importanza ed una complicazione maggiore di quello che non si verifichi in altri organi di sicura natura ghiandolare, nei quali la fine distribuzione del connettivo di sostegno sia pure stata studiata coi metodi a base di impregnazione argentea. Se si aggiunge questo particolare modo di comportarsi del tessuto connettivo di sostegno agli altri fatti, che ho già messo in evidenza nella prima parte di questo lavoro: complessa struttura della cellula luteinica, diversi aspetti che assume nei varî periodi della sua attività. rapporti intimi colla ricca rete vasale che l'avvolge, resta una volta di più provata la natura ghiandolare del corpo luteo. ————————————— MH Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc, 37 Ammesso che il corpo luteo sia una organo ghiandolare, rap- presenti quindi una ghiandola a secrezione interna, viene spontanea una domanda: Qual’é la funzione di quest'organo? La secrezione interna dell'ovaia venne dapprima attribuita all'ovaia in toto; solo non molti anni or sono quando si cominciò a sospettare la natura ghiandolare del corpo luteo, venne a questo attribuita la funzione di secrezione interna dell’ovaia, che numerosi dati della fisiologia e della patologia rendevano innegabile. Dapprima nel 1896 Podvyssotzky, colpito dalle grandi analogie che la cellula luteinica presenta con la cortico-surrenale, pensó che i due elementi avessero una funzione analoga, vicaria anzi; che il corpo luteo aiutasse la ghiandola cortico-surrenale nella sua funzione svelenante a causa del maggior lavoro arrecato della gravidanza. Im seguito Beard [5] emise l'ipotesi che il corpo luteo serva a sopprimere od a far abortire l'ovulazione durante il periodo dalla gravidanza. Prenant [54] e Lebreton [27] persuasi della funzione di secrezione interna dell'ovaia, cercarono anzi di trarre vantaggi terapeutici dall'opoterapia luteinica. Prenant poi ed il suo allievo Demange [74] pensarono anzi che la clorosi fosse dovuta ad insufficienza della secrezione interna del corpo luteo. Più tardi Skrobansky [295—229] emise l'ipotesi che i prodotti della secrezione interna del corpo luteo avessero un'azione inibitrice sui feno- meni evolutivi dell'ovaia, provocando l’arresto della sua congestione, dello sviluppo dei follicoli e quindi la loro atrofia. accostandosi in tal modo all’idea di Beard. Frattanto Born dalla lettura dei lavori di Sobotta sull'origine del corpo luteo è tratto a pensare che quest'organo possegga una secrezione interna analogamente alla tiroide, all'ipofisi, alla ghiandola surrenale, ete. Le sue idee in proposito vennero riprese e diffuse dai suoi allievi. Così Magnus [27] avendo castrato una serie di coniglie gravide trova, sacrificandole ad epoche varie, l’utero vuoto ed atrofico; in una seconda serie di esperienze distrugge coll’ignipuntura solamente i corpi lutei ed ha lo stesso risultato senza però atrofia dell'utero, almeno quando l'operazione è praticata nei primi venti giorni dalla gestazione. Fraenkel [76— 77] ed in parte anche Cohn confermarono con maggior numero di esperienze le ricerche di Magnus, concludendo: che il corpo luteo è provvisto di una 38 Domenico Cesa-Bianchi, secrezione interna, che ha lo scopo di mantenere l'utero (grazie ad una azione vasodilatatrice o trofica) in condizioni tali, che si presti o alla comparsa di una nuova mestruazione — se si tratta di corpo luteo della mestruazione — o allo sviluppo dell'uovo fecondato — se si tratta di corpo luteo della gravidanza —. Quando il corpo luteo é distrutto lo stimolo fisiologico che esso esercita sparisce e l'embrione s'atrofizza o degenera in un utero a nutrizione viziata. Fraenkel cercò argomenti a sostegno di questa sua ipotesi oltre che nell'esperimento anche nella patologia umana, non solo, ma cercò anche di trarre appli- cazioni pratiche dalle sue conclusioni teoriche. Vi fu anzi chi (Licht- nitz [25], correndo veramente un po’ troppo colla fantasia, asserisce di aver ottenuto un siero tossico specifico per la cellula luteinica e quindi capace di azione immunizzante contro la formazione del corpo luteo e però anche, ammessa l'ipotesi di Fraenkel, contro la concezione! Le ricerche, le esperienze ed i dati della patologia umana avan- zati da Fraenkel a sostegno della sua ipotesi, vennero confermati da alcuni autori, modificati da altri, contraddetti però dalla grande maggio- ranza dei ricercatori, che io non voglio ora nemmeno ricordare giacché andrei troppo per le lunghe. Oramai anzi l'ipotesi di Fraenkel sulla funzione del corpo luteo, sebbene sia quella che ha sollevato più rumore in questo campo ed ha dato luogo al maggior numero di vivaci discussioni, è quasi completamente abbandonata, non potendo reggere alla critica, alla prova anzi dei fatti sperimentali e dovendosi interpretare diversamente i dati della pato- logia umana che a tutta prima sembravano darle ragione. Allo stato odierno delle nostre conoscenze nulla possiamo affer- mare di sicuramente fondato sulla funzione del corpo luteo; essa ci è ancora, come opportunamente fa osservare il De Bovis [15], completa- mente ignota. Ed è naturale, è logico, aggiungo io, che sia così, giacchè le ricerche anatomiche, che devono sempre precedere, se si vuol fare della scienza e non solo fabbricare delle ipotesi, le conclusioni d’indole fisiologica, non hanno ancora detta l’ultima parola, sono anzi ancora ben lontane dal poterla dire, sulla intima natura del corpo luteo. Difatti noi non cono- sciamo finora in modo sicuro quale sia l’origine e quindi il significato Di alcune particolarità di struttura e dei fenomeni di secrezione etc. 39 della cellula luteinica; le ricerche di Sobotta a questo proposito che sembravano aver risolta finalmente l’oscura questione, facendo derivare il corpo luteo dall’ipertrofia delle cellule della membrana granulosa del follicolo maturo, se furono confermate da alcuni studiosi, vennero con- traddette da altri, tanto che ancora oggi la maggioranza degli autori si attiene all'idea antica, per così dire, che fa derivare il corpo luteo dalle cellule della theca interna. Poichè questa oscura questione, ed ognuno vede quanta impor- tanza essa abbia per stabilire il valore funzionale del corpo luteo, possa essere risolta è necessario, io credo, come ho già fatto notare in un altro lavoro, che venga istituita una serie completa di ricerche sulla maturazione del follicolo di Graaf, sui fenomeni che ne accom- pagnano lo scoppio e sui primi stadi di sviluppo del corpo luteo, nei grossi mammiferi. In questi animali difatti le differenze morfologiche. e strutturali fra cellula della granulosa e cellula della theca interna, i due elementi che si contendono il campo nella questione della origine del corpo luteo, sono molto evidenti e grossolane, si che riesce relativa- mente facile seguire il loro modo di comportarsi dopo lo scoppio del follicolo, mentre invece sono assai meno accentuate e chiare nei piccoli mammiferi, che comunemente si usano nelle ricerche di laboratorio, e dei quali appunto si è servito il Sobotta (topo, coniglio, cavia). A questo fatto si devono probabilmente attribuire i risultati profondamente diversi avuti dai varî ricercatori, che si preoccuparono di stabilire l'origine del corpo luteo. Ma un'altra importante considerazione é opportuno fare. Nell'ovaia noi ci troviamo di fronte a due organi ghiandolari a secrezione in- terna: il corpo luteo e la cosidetta ghiandola interstiziale. Qual'è l'importanza, l’intima struttura ed il probabile significato di quest'ultima formazione? Quali sono e di che natura i rapporti che legano il corpo luteo alla ghiandola interstiziale? Qual’ è l’origine e qual’ è il modo di comportarsi nei varî animali e nei varî periodi della vita di quest’ultima ghiandola? Ecco i principali problemi che ci si presentano e che è necessario risolvere se si vuole affrontare sul serio la questione del valore funzio- nale di queste importanti formazioni. 40 Domenico Cesa-Bianchi, Di alcune particolarità di struttura etc. Se si potessero ad esempio stabilire analogie morfologiche, di struttura, di comportamento e sopratutto di origine fra la cellula lu- teinica e la cellula interstiziale, ognuno vede come le indagini sul valore funzionale di questi elementi, e quindi delle due ghiandole che essi costituiscono, riceverebbero un nuovo impulso e sopratutto avreb- bero tracciato un nuovo indirizzo. Per quanto riguarda la ghiandola interstiziale dell’ovaia rimando ad un mio lavoro sull'argomento, pubblicato di recente nell'Archivio di Fisiologia (Vol. IV, 1907). Qui ora mi basta affermare, che sono vane e non possono essere proficue le ricerche e le discussioni sul valore funzionale del corpo luteo e sul significato della secrezione interna del- l'ovaia, quando sono ancora tante e tanto importanti le incognite d'indole anatomica in rapporto a questo argomento. Solo quando, io penso, tali questioni di pura pertinenza dell’indagine anatomica saranno risolte, potremo affrontare, con speranza di successo duraturo, il difficile pro- blema della natura e dell'importanza della secrezione interna dell'ovaia e solo allora quindi ci sarà dato di poter stabilire il significato funzionale del corpo luteo. 15. Luglio 1907. ———— E mmm eS 10. ile 12. -13. 14. 15. 16. lid: 18. 19. 20. Indice dei lavori citati. . Achard et Aynaud, Sur les conditions histo-chimiques de l’impregnation par l'argent. C. R. Soc. de Biologie. T. II. p.43. 1906. — Sur le róle du Chlorure de Sodium dans l'impregnation histologique des tissus par l'argent. C. R. Acad. des Sciences. 25 Juin 1906. Babés, Observations sur la graisse surrénale. C. R. Acad. des Sciences. .8. Avril 1907: Barnabó V., Contributo allo studio della struttura della ghiandola interstiziale del testicolo nella Cavia. Bollett. Soc. zool. italiana. Roma 1906. Beard, The rythmum of reproduction in Mammalia. Anat. Anzeiger 1897. Bielschowsky, Die Silberimprägnation der Neurofibrillen. Journ. f. Psychol. u. Neurol. Bd. VII. 1904. Bonnamour, Recherches histologiques sur la sécrétion des capsules surrénales. C. R. Assoc. des Anat. Montpellier 1902. Bonnamour et Policard, Note histologique sur la capsule surrénale de la Grenouille. C. R. Assoc. des Anat. Liège 1903. Bouin et Ancel, A propos du ,Trophospongium“ et des ,canalicules du SUC GR. Soc. de Biol. Ls 95. priate Clark, Ursprung, Wachstum und Ende des Corpus luteum nach Beobachtungen am Ovarium des Schweines und des Menschen. Arch. f. Anat. u. Physiol. Anat. Abt. 1898. Cohn, Zur Histologie und Histogenese des Corpus luteum und des interstitiellen Ovarialgewebes. Arch. f. mikr. Anat. Bd. 62. Comolli, Intorno al tessuto di sostegno del corpo surrenale. (Nota preven- tiva). Monit. zool. italiano. No. 5—6. 1907. De Bovis, Le corps jaune. (Revue générale). La Semaine médicale. No. 6. 1906. Demange, Thèse de Nancy. 1898. Federici, Anatomischer Anzeiger. Bd. 29. Nr. 13—14. Fraenkel u. Cohn, Experimentelle Untersuchungen über den Einfluss des Corpus luteum auf die Insertion des Eies (Theorie von Born). Anat. Anzeiger. Bd. XX. 1902. Archiv. f. Gynäk. Bd. 68. 1903. Fraenkel, Weitere Mitteilungen über die Funktion des Corpus luteum. Zentralbl. f. Gynäk. 1904. Galeotti, Über die Granulationen in den Zellen. Intern. Monatsschr. f. Anat. Ua Phys I. XI? 1995. Holmgren, Studien in der feineren Anatomie der Nervenzellen. Anat. Hefte. Bd. XV. Launois, Sur une sécrétion graisseuse de l'hypophyse chez les mammifères et en particulier chez l'homme. C. R. 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Centralbl. f. allg. Path. u. path: Anat. Bd. 16. Nr. 16—17. 1905. . Moschini, Contributo alla fine anatomia delle capsule surrenali. Boll. Soc. med. chir. di Pavia. 1906. . Mulon, Action de l'acyde osmique sur la graisse surrénale et les graisses en générale. C. R. Assoc. des Anat. Toulouse 1904. . — Sur certaines cellules des corps jaunes chez la cobaye. C. R. Soc. de bio- logie. 6. Avril 1906. — Evolution des ,corps osmophiles^ inclus dans les cellules à lutéine de la cobaye. C. R. Soc. de biologie. T. 61. No. 28. . Pinto, Note istologiche sulle modificazioni delle ovaie in gravidanza. Annali di Ostet. e Ginecol. 1905. . Prenant, De la valeur morphologique du corps jaunes. Revue gén. des sciences. No. 16. 1898. . Rabl, Beiträge zur Histologie des Eierstockes des Menschen und der Säuge- tere nebst Bemerkungen über die Bildung von Hyalin und Pigment. Anat. Hefte Bd. XV. 1898. . Regaud et Policard, Phénomènes sécrétoires, formation ergastoplasmiques et partécipation du noyau à la sécrétion dans les cellules des corps jaunes chez le hérisson. C. R. Soc. de Biologie. p. 470. 1901. 87. — Notes histologiques sur l’ovaire des mammifères. C. R. Assoc. des Amat, Lyon 1901. 98. Skrobansky, Contribution à létude de la cicatrisation de certaines plaies de l'ovaire. Thése de Saint-Petersbourg 1901. 99. — Zentralb. f Gynák. 1904. 40. Studnicka, Über die Anwendung der Methode von Bielschowsky zur Impräg- 41. 42. nation von Bindegewebsfibrillen, besonders im Knochen, Dentin und Hyalinknorpel. Zeitsch. f. wiss. Mikr. Bd. 23. Nr. 4 1906. Vastarini-Cresi, Zrophospongium e canalicoli di Holmgren nelle cellule luteiniche dei mammiferi. Anat. Anz. Bd. 24. 5S. 203. Wollf Max, Über die fibrillàren Strukturen in der Leber des Frosches. Anat. Anz. Bd. 26. S.135. 1905. Bic, 1. .Fig. 2. Fig. 3. Fig. 4. Bio, 9. bro. : 6. Fig. 7. Fig. 8. Fig. 9. Fig. 10. Big. 11. Fig. 12. Fig. 13. Fig. 14. Fig. 15. Spiegazione delle figure. Cellule luteiniche di Bos /aurus in divisione diretta (I periodo o di prepa- razione). Zenker. Ematossilina ferrica-Eritrosina. Oc. 8 comp., Obb. 1/,5 imm. om. Koristka. Tubo 160 mm. Cellule luteiniche di Bos /aurus in cariocinesi. (I periodo). Zenker. Saffranina-Verde luce. Oc. 3, Obb. 8* Koristka. Tubo 160 mm. Cellule luteiniche di £quus caballus (II periodo o delle granulazioni cro- matiche). Zenker. Ematoss. ferrica-Eritrosina. Oc. 4 comp., Obb. !/,; imm. om. Koristka. Tubo 160 mm. Cellula luteinica di Equus caballus nel II periodo di secrezione. Distinzione dell'endoplasma e dell’esoplasma. Coloraz. ed ingrand. come alla fig. 3. Cellule luteiniche di Bos taurus (II periodo) Zenker. Emallume-Saffra- nina-Verde luce. Oc.4 comp., Obb. !/,; imm. om. Koristka. Tubo 160 mm. Cellule luteiniche di Sus scropha dom. (II periodo). Color. ed ingr. come alla fig. 5. Cellule luteiniche di Bos taurus (II periodo). Zenker. Bleu di metile- Eosina. Oc. 3, Obb. 8* Koristka. Tubo 160 mm. Cellule luteiniche di Sus scropha dom. (II periodo). Zenker. Bleu di metile- Eosina. Oc. 6 comp., Obb. !/,; imm. om. Koristka. Tubo 160 mm. Cellule luteiniche di Bos taurus (III periodo o delle granulazioni grassose). Flemming-Saffranina. Oc. 4 comp., Obb. !/,; imm. om. Koristka. Tubo 160 mm. Cellula luteinica di Bos taurus (II periodo). Trophospongium. Sublimato. Saffranina-Emallume-Verde luce. Oc. 4 comp., Obb. ?/,; imm. omog. Koristka. Tubo 160 mm. Cellule luteiniche di Sus scropha dom. Trophospongium. Sublimato. Emallume-Eosina. Oc. 4, Obb. 8* Koristka. Tubo 160 mm. Cellula luteinica di £quus caballus. Immigrazione di nuclei del connet- tivo. Zenker. Ematos. ferrica-Eritrosina. Oc. 4 comp., Obb. */,, imm. omog. Koristka. Tubo 160 mm. -Corpo luteo Bos taurus. Distribuzione delle fibrille connettivali fra gli elementi cellulari. Oc. 3., Obb. 8* Koristka. Tubo 160 mm. Corpo luteo Sus scropha dom. Distribuzione delle fibrille connettivali intercellulari. Oc. 3., Obb. 8* Koristka. Tubo 160 mm. Cellule luteiniche di Sus scropha dom. Reticoli od involucri pericellulari. Oc. 4 comp., Obb. !/,j imm. omog. Koristka. Tubo 160 mm. Tutte le figure vennero disegnate coll'aiuto della camera chiara Abbe-Apathy. Tavolino all'altezza del preparato. Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems der Sáugetiere Von Sergius Michailow. (Aus der Kaiserlichen Medizinischen Militàr-Akademie zu St. Petersburg.) (Mit Tafel II—IV.) I. Technische Bemerkungen. Zuerst diente als Material für die folgenden Untersuchungen das Herz folgender Säugetiere verschiedenen Alters und Geschlechts: der weissen Maus und Ratte, des Kaninchens und hauptsächlich der Katze, wobei ich die Gelegenheit hatte, in Bezug auf seine Innervation auch das Herz des Affen zu untersuchen. Jedoch nach einigen Ver- suchen entschloss ich mich, das Untersuchungsobjekt zu wechseln, wobei meine Wahl auf das Herz des Pferdes fiel, da es grosse Bequem- lichkeiten, was die Prüparation anbelangt, besitzt, und soviel ich weiss, noch niemals als Objekt für histologische Untersuchungen gedient hat, wenigstens für's Studium seines Nervensystems. Somit wird in der folgenden Ausführung nur die Struktur des intracardialen Nervensystems der Säugetiere, eigentlich, ja beinahe ausschliesslich, die Innervation des Herzens nach den Präparaten des Pferdes beschrieben, und nur als Bruchstücke treten zur folgen- den Ausführung einige Angaben hinzu, die aus den Präparaten des Herzens einiger anderer Säugetiere erhalten worden sind. | Das Herz des Pferdes wurde stets vom Petersburger Pferde- schlachthof bezogen, also war die Art des Tötens immer ein | | Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 45 und dieselbe, von Spezialisten angenommen. Das isolierte Herz wurde dem Laboratorium 1,5—2 Stunden nach dem Tode des Tieres zugestellt, wobei es mir nicht überflüssig erscheint, zu bemerken, dass es in der Mehrzahl der Fálle noch warm war. Für die histologische weitere Bearbeitung wurden verschiedene Teile des rechten und linken Vor- .hofes, der Herzohren, des rechten und linken Ventrikels von seiner Basis bis zur Spitze von der Grösse von 10><5—60><50 mm genommen, wobei diese Stücke in Form von Platten mittlerer Dicke vom Visceralblatt des Pericardiums geschnitten wurden. Die Fárbung der Nervenelemente, welche Bestandteile der oben ge- nannten Abschnitte des Herzens vorstellten, wurde immer mit Methylen- blau ausgeführt. Für die Bearbeitung der ersten Objekte wurde Me- thylenblau in physiologischer (0,75°/,) Lösung von Kochsalz aufgelöst, jedoch schon nach einigen Versuchen in dieser Richtung beschloss ich, die Vorbereitung der Lósungen, die zur Fürbung mit Methylen- blau dienten, etwas zu veründern, indem ich hoffte, dank dieser Ver- änderung, eine vollstiindigere Fürbung der Nervenelemente zu erhalten. Die Veränderung besteht darin: aus den Arbeiten von J. S. Locke [5], Kuliabko [7] und anderer ist bekannt, dass eine bestimmte Salzlösung, die jetzt gewöhnlich Ringer-Lockesche Flüssigkeit benannt wird, ein ausgezeichnetes Mittel vorstellt, welehes áusserst günstig auf das Tier- gewebe einwirkt im Sinne des Überlebens seiner Elemente, da sie nach ihrer chemischen Zusammensetzung sich dem Bestand des Blutserums der Säugetiere nähert; ausserdem ist allen, die mit Methylenblau gearbeitet haben, bekannt (siehe z. B. A. Dogiel [5]), was auch ich meinerseits bestä- tigen kann auf Grund der erhaltenen Tatsachen, dass einer aus den Hauptfaktoren, die auf die Qualitàt und Quantität der erhaltenen Resultate bei der Färbung der Nervenelemente mit Methylenblau ein- wirken oder sie sogar bedingen — die Lebensfáhigkeit oder genauer der Grad der Lebensfähigkeit dieser Färbungselemente ist. Ich ver- suchte experimentell die Richtigkeit dieser Schlussfolgerung zu kon- trollieren, die mit logischer Notwendigkeit aus den beiden angeführten Vorbedingungen gefoleert werden kann, nümlich: ich versuchte meine Präparate mit Methylenblaulósung zu färben, wobei das Methylenblau nicht in physiologischer Lósung von Kochsalz aufgelóst wurde, sondern 46 Sergius Michailow, in der Ringer-Lockeschen Flüssigkeit, und überall, wo ich die physiologische Salzlósung benutzen musste (wie z. B. für die vorher- gehende Abwaschung des Gewebes von Blut), ersetzte ich sie durch die genannte Salzlósung, indem ich dadurch seine Lebensfähigkeit zu unterstützen versuchte. Was die chemische Zusammensetzung der von mir gebrauchten Ringer-Lockeschen Flüssigkeit anbelangt, so wurden in dieser Beziehung zwei verschiedene Lisungen angewandt: erstens eine solche, wie sie in der Arbeit von F. S. Locke für alle Sáugetiere beschrieben worden ist, zweitens — die Ringer-Lockesche Flüssigkeit in emer Zusammen- setzung, welche sich dem Blutserum des Pferdes nähert. In letzterem Falle wurde eime Korrektur auf den quantitiven Bestand in der Lósung von KCl, CaCl, und NaHCO, vorgenommen,.was aus den Arbeiten von E. Abderhalden [1] und Kuliabko [7] folgt. Jedoch Rusch zeiete schon, dass das Herz der Säugetiere, wenn man durch die es nährenden Arterien Ringers Flüssigkeit durchlässt, nach halb- bis dreiviertelstündiger Arbeit stehen bleibt, was durch Sauerstoffmangel bedingt wird und das Hauptverdienst von F. S. Locke besteht gerade darin, dass er diesen Mangel der genannten Flüssigkeit dadurch beseitigte, dass er durch sie Sauerstoff durchliess. Da ich vollständig die Bedingungen der günstigen Wirkung der Ringer-Lockeschen Flüssigkeit ausführen wollte, so verwirklichte ich, soweit es móglich war, solche Bedingungen, bei denen eine direkte Berührung der Lósung mit reinem Sauerstoff zustande kam. Das wurde dadurch erreicht, dass erstens, ehe die Farbung der Präparate mit der genannten Methylenblaulósung vollbracht wurde, ich im Laufe einiger Zeit Sauerstoff durch sie durchliess, zweitens die Färbung selbst und alle mit ihr verbundenen Manipulationen in sauerstoffhaltigem Raume vollzogen wurden. Jedoch, ausserdem suchte ich meine Methodik zu derselben der genannten Autoren (Locke, Kuliabko) annähernd gleichzustellen, und zuletzt verwirklichte ich vollständig eine solche Art des Experiments, bei der das isolierte Katzenherz arbeitend, d. h. sich mehr oder weniger regelmässig kontrahierend, zugleich auch ge- fürbt wurde. Zu diesem Zwecke liess ich durch die Gefässe des isolierten und zuerst sorgfältig ausgewaschenen Herzens der Katze Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 47 die genannte Salzlösung, die bis 38—39° C erwärmt war, ein- fach die Methylenblaulósung in der Ringer-Lockeschen Flüssigkeit, was auf folgende Weise erreicht wurde: eine schwache Lósung von Methylenblau in der genannten Flüssigkeit wurde in eine Bürette ge- gossen; aus einem Kolben wurde durch eine Glasróhre, die bis zum -Boden der Bürette reichte. reiner Sauerstoff durchgelassen, der somit ununterbrochen in Form von Bläschen durch die Fürbungslósung durch- eing, indem er sie sáttigte. Aus der Bürette trat die Flüssigkeit in ein erwärmtes Schlangenrohr, wonach sie bis zu 398—539? C erwärmt in die Aorta trat, von wo sie direkt ins Arterialsystem der eigent- lichen Herzwand gelangte. Was die Resultate anbelangt, welche durch die von mir eingeführte Veränderung der Methode erhalten worden sind, nämlich in der Vor- bereitung der benutzten Lósungen von Methylenblau, so kann man, wie es mir scheint, sich ganz bestimmt in dem Sinne ausdrücken, dass bei der Benutzung einer Lósung von Methylenblau im der Ringer- Lockeschen Flüssigkeit sich gleich gut, wie auch bei gewóhnlieher bis jetzt angenommener chemischer Zusammensetzung der Lösung, eine weit grössere Anzahl von Elementen, die die Struktur des intra- cardialen Nervensystems bilden, färben, was natürlich eine bessere Möglichkeit und Leichtigkeit der Aufklärung, wie der gegenseitigen Beziehung einzelner Nervenelemente zueinander, so auch einzelner Teile ein und desselben Elementes gewährt. Was die verschiedene Zusammensetzung der Lösung und die Färbung in sauerstoffhaltigem Medium anbelangt, so konnte ich keinen Unterschied in der Qualität und Quantität der erhaltenen Resultate bei der An- wendung dieses oder jenes von den obengenannten chemischen Bestand- teilen der Ringer-Lockeschen Flüssigkeit bemerken; das sauerstofi- haltige Medium wirkte auf die Fürbung in der Beziehung, dass die nötige Zeit für die Färbung der Nervenelemente sehr verkürzt wurde. Was endlich die vitale Färbung anbelangt, d. h. den Fall, wo das Herz zugleich arbeitet und mit Methylenblau gefürbt wird, so muss man in dieser Beziehung sagen: die vitale Fürbung zeigt im hóchsten Grade unerwünschte, bedeutende Unbequemlichkeiten, die darin bestehen, dass gleichzeitig mit der Färbung der Nervenelemente 48 Sergius Michailow, eine nicht weniger intensive Fárbung auch anderer Gewebselemente der Herzwand eintritt, was die Untersuchung sehr erschwert und verwickelt und sehr ungünstig auf die Qualitàt der erhaltenen Resultate einwirkt. Aus dem Pulver von Methvlenblau rectif. nach Ehrlich wurden in der Ringer-Lockeschen Flüssigkeit Lósungen verschiedener Kon- zentration (!/,—!/,—'/,—/,,) vorbereitet, wobei für die Färbung die schwücheren benutzt wurden. Ich werde nicht die weiteren Mani- pulationen beschreiben, mit denen die Fürbung der Nervenelemente mit der genannten Farbe verbunden ist, da dieses schon von A. Dogiel beschrieben worden ist, dessen Angaben ich auch folgte. Was die vitale Farbung anbelangt, so ist es in diesem Falle viel rationeller, noch viel schwächere Lösungen ('/,,—'/,9,9/;) zu benutzen, wobei auch die Zeit der Färbung bis zu zehn Minuten verkürzt wird. Nachdem die Färbung der Nervenelemente eintrat, wurden die Präparate in 7°/,er Lósung von molybdaensaurem Ammonium zum Fixieren übergeführt und weiter, nach genügender Auswaschung, Ent- wässerung und Aufhellung in Dammar-Xylol eingeschlossen. Wenn man Flächenpräparate des visceralen Blattes des Peri- cardiums aus den Herzen (des Pferdes z. B.) vorbereitet, indem man den technischen Angaben folet, die eben angeführt worden sind, so kann man auf solchen Präparaten eine grosse Anzahl der verschie- densten Nervenelemente sehen. Der schon festgestellten Klassifikation folgend, die zuweilen die anatomische, zuweilen die physiologische Bedeutung der entsprechenden Nervenbildungen in Betracht zieht, kann man alle Elemente, die den Bestand des intracardialen Nervensystems bilden, in einzelne Gruppen einteilen, deren Untersuchungsergebnisse im folgenden Teil der Arbeit wiedergegeben sind. II. Die intracardialen Geflechte der Nerven. A. Historischer Überblick. Indem ich zum historischen Überbliek der Arbeiten übergehe, welche die Frage über den Bau des intracardialen Nervensystems der Säugetiere berühren, halte ich es für notwendig, vor allem darauf Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 49 hinzuweisen, dass ich den Inhalt derjenigen gar nicht erwähnen werde, die mit Hilfe von jetzt veralteten Färbungsmethoden der Nervenelemente (Ac. osmicum, Vergoldung ete.) ausgeführt sind. Ich werde sie deshalb umgehen, weil sie alle, ausser den elementarsten Angaben, über die Anwesenheit der oder jener Nervenelemente in der Herzwand nichts geben und darum keine direkte Beziehung zu den uns interessierenden Fragen haben. Diese Fragen, die nur in allge- meinen Zügen von den alten Autoren behandelt waren, berühren den feineren Bau der intracardialen Nervenganglien, die intracardialen Ge- flechte der Nerven und der Endigungen der sensiblen Nerven im Herzen der Säugetiere und wurden weiter nur mit Hilfe solcher Methoden, wie Farbung mit Silber nach Golgi, und hauptsüchlich dank Anwendung der Methode von Ehrlich verarbeitet. Unsere weitere Ausführung wird auch nur den Überblick von Arbeiten enthalten, die mit Hilfe der angeführten Färbungsmethoden vollbracht sind. Berkley [5] erhielt, als er sich dem Studium der Herzinnervation der weissen Maus und Ratte widmete, mit Hilfe der Methode von Golgi in allen Prüparaten, hauptsáchlich in den Ventrikeln der Maus, ein feines Netz zwischen den Muskelbündeln. Heymans und Demoor [4] konstatierten in Herzschnitten einer Maus, die ebenfalls nach der Methode von Golgi bearbeitet waren, die Anwesenheit der von den vorhergehenden Autoren erwähnten Nervenstämme, wobei sie angaben, dass von diesen Stàmmen Nerven- fasern sich abteilen, die in die Muskelbündel eindringen, zwischen den kontraktillen Elementen in der Zwischenschicht der Bindegewebe sich fortsetzen, indem sie ein Nervenendnetz bilden. Ebenso berührt P. Jacques [6] in vielen von seinen Arbeiten die Frage über die intracardialen Nervengeflechte. Indem er die Me- thoden von Ehrlich und Golgi anwandte, fand er, dass die Nerven- stàmmchen, die sich längs der Fläche des Myocardiums hinziehen, ein subpericardiales Geflecht bilden. Aus letzterem entstehen zweierlei Fasern: erstens marklose Fasern in der Richtung zum visceralen Blatt des Pericardiums, die hier zwei Netze bilden; zweitens Fasern, die sich zum Myocardium hinziehen und seine áussere Schicht innervieren, wobei die inneren von Nervenfasern innerviert werden, die direkt aus Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. E 50 Sergius Michailow, dem perivasculàren Geflecht der Atrioventrikular-Klappen entspringen. Einzelne Fasern bilden ein Geflecht um die Muskelbündel herum. Viel genauere Angaben über diese Frage finden wir in der Arbeit von V.Schmidt [14], die nach der Methode von Golgi ausgeführt wurde. Er stellte für die Säugetiere drei Hauptgeflechte Gerlachs fest, wo- bei nach dem letztgenannten Autor alle Nerven des Myocardiums ein allgemeines Netz bilden, das sich bis zur Herzspitze hinzieht. Aus der Tatsache jedoch, dass aus diesem Netz Endzweige entspringen, die selten miteinander anastomosieren, darf man nicht nach Schmidt in diesem Falle über ein Nervenendnetz reden. | A. Dogiel [5] konstatierte ebenfalls die Anwesenheit eines peri- cardialen und eines perimuskulàren Geflechtes, welche einzelne Muskel- bündel umgibt, indem er das Herz verschiedener Säugetiere mit Methylenblau färbte. A. Smirnow [75] fand, ebenso wie V. Schmidt, bei Säugetieren ein Grundnetz, die perimuskulären und intramuskulären Netze Gerlachs, indem er die Methoden von Golgi und Ehrlich anwandte. Jedoch sind die peri- und intramuskulären Netze nach Smirnow eigentlich nicht Netze, sondern Geflechte. B. Eigene Untersuchungen. Aus welchem Abteil des Herzens (Vorhof, Aurikel, Ventrikel), oder aus welchem Teile dieses Abschnittes ein Flächenpräparat bereitet wird, indem man sich an die angeführte Methodik hält, immer erhält man ein sehr verwickeltes, kompliziertes Bild der intracardialen Nervengeflechte, die aus einer enormen Anzahl einzelner Nervenfasern, und ganzer Stimme verschiedener Grósse besteht. Die einen, wie die anderen Teile verwickeln sich auf ihrem Wege miteinander und kom- plizieren dadurch noch mehr das ganze Bild des Präparates. Hier sehen wir variköse, marklose und markhaltige Nerven- fasern und auch solche, die auf einige Zeit den Charakter einer marklosen Faser behalten, später in einen Achsenzylinder der markhaltigen Nervenfaser, mit allen seinen Eigentümlichkeiten über- gehen. Wenn man dem geschlängelten Verlauf einer solchen Faser folgt, kann man zuweilen konstatieren, dass sie nach längerem | | | | Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 5] oder kürzerem Verlauf von neuem ihr Mark verliert. Solche Uber- gänge von einer Art der Nervenfasern in eine andere kónnen viel- fältig beobachtet werden. Unter den Stämmen, welche die Nervengeflechte des Herzens bilden, lenken vor allem die grossen Nervenstimme die Aufmerksamkeit auf Sich, welche aus einigen Hunderten von Nervenfasern bestehen, und sich in verschiedenen Richtungen von der Stelle des Ein- und Ausgangs der grossen Blutgefässe bis zur Herzspitze hinziehen. Diese Nervenstämme liegen in der Mehrzahl der Fille in der Grenzschicht zwischen dem Myocardium und dem Visceralblatt des Pericardiums, obgleich sie sich ihrer Lage nach zuweilen nach dieser oder jener Seite neigen. Sie kreuzen sich und anastomosieren miteinander. Infolgedessen bilden sich Sehlingen verschiedener Form und Grósse, die ein Ganzes bildend, das intracardiale Grundnervengeflecht vorstellen. Von verschiedenen Stämmen dieses Geflechtes an verschiedenen Stellen ihres Laufes gehen eine grosse Anzahl verschiedener Nerven- fasern, sowie auch dünnere Nervenstàmmchen ab. Die letzteren, wenngleich sie, wie auch die Stämme des Grundgeflechtes, aus zwei verschiedenen Arten von Nervenfasern bestehen, haben doch einige Besonderheiten. Diese Eigentümlichkeiten bestehen darin, dass in einigen von diesen Stämmchen markhaltige Fasern prävalieren, wo- gegen andere hauptsächlich aus marklosen Nervenfasern bestehen. Die ersteren teilen sich von den Stämmen des Grundgeflechts ab und ziehen sich in die obengelagerte Schicht des Visceralblattes des Pericardiums. Hier ziehen sie in den verschiedensten Rich- tungen hin, zuweilen auf sehr verwickelten Wegen. Auf ihrem ganzen Wege teilen sich diese Stämmchen dichotomisch, geben zuweilen Seitenzweige ab, die ihrerseits sich wieder mehreremal teilen können, anastomosieren miteinander, verwickeln sich und bilden ein ziemlich dichtes Geflecht. Einzelne Schlingen dieses Geflechts, verschiedene polygonale Figuren vorstellend, erscheinen viel enger und kürzer, als die Schlingen des Grundgeflechts. Sich in verschie- denen Ebenen ausschliesslich des Pericardiums lagernd, kann dieses Geflecht: ziemlich richtig als eigentliches Pericardialnervengeflecht bezeichnet werden. 4 * 52 Sergius Michailow, Was jetzt die Nervenstämmchen anbelangt, die hauptsächlich aus marklosen Nervenfasern bestehen, so ziehen sie sich aus den Stämmen des Grundgeflechts unter verschiedenen Winkeln ausgehend und somit in verschiedenen Richtungen verlaufend, in die untergelagerten Schichten des Myocardiums. Ich werde nicht auf den genaueren weiteren Gang dieser Nervenstämmchen eingehen, da meine Präparate nur zu den oberflächlicheren Schichten des Myocardiums Beziehung haben; von ihrer Verteilung in diesen Schichten kann man folgendes sagen: während ihres Ganges in den Zwischenschichten des Binde- sewebes zwischen diesen oder jenen Muskelbündeln des Herzens umzweigen sie die genannten Nervenstimmchen, so dass ein peri- muskuläres Nervengeflecht entsteht. Die Schlingen dieses Geflechts erweisen sich ziemlich ausgedehnt, wobei ihre Querachse mit der Richtung der Muskelbündel übereinstimmt. À Jedoch beinahe in allen Schichten meiner Präparate, schon von denen abgesehen, auf welchen eine vollständigere Farbung der Nerven- elemente zustande kam, kommen ausser den soeben beschriebenen, im alleemeinen ziemlich groben, bedeutenden Nervengeflechten, noch ausserordentlich feine, zahlreiche Nervenfasern und Nervenfädchen vor. Sie bilden, wie im Visceralblatt des Pericardiums, so auch im Myo- cardium, sehr dichte und verwickelte Nervenbildungen. Diese Fasern, aus Nervenstämmchen des eigentlichen Pericardial- nervengeflechts und Grundnervengeflechts stammend, durchdringen das Visceralblatt des Pericardiums in seiner ganzen Dicke. Sie liegen in allen Abschnitten des Herzens, sowohl in den Schichten, die direkt unter der Schicht des Epitheliums liegen, welches die äussere Oberfläche der Herz- wand bekleidet, als auch in den Schichten, die beinahe gleich über dem Myo- cardium liegen, und auch in den Zwischenschichten, zwischen diesen beiden äussersten Lagen. Diese Nervenfasern und -fádchen verändern lings ihres ganzen, zuweilen sehr langen Weges ihren Gang in verschiedenen Rich- tungen, anastomosieren miteinander, teilen sich oft dichotomisch an ver- schiedenen Stellen, wobei die Zweige, die durch eine solche Teilung ent- stehen, sich zuweilen von neuem teilen. Indem sie sich so mannigfaltig verzweigen und sich miteinander verwickeln, bilden sie das pericardiale Nervenendnetz, das sehr dicht und dünn nach seiner Architektonik erscheint. Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 53 Was jetzt die Nervenbildungen des Myocardiums anbelangt, so teilen sich hier ebenfalls von den Stümmchen des perimuskulüren Ge- flechts einzelne marklose Nervenfasern ab, die zwischen die einzelnen Muskelzellen eindringen. Sie stimmen in ihrer Richtung in der Mehrzahl der Fálle mit der Längsachse dieser Zellen überein, zuweilen teilen sie sich auf ihrem Wege, verwickeln sich miteinander, und bilden das intramuskuldre Nervenendnetz. Die perivasculären Nervengeflechte des Herzens. Zu der Beschreibung der Geflechte der Blutgefässe des Herzens übergehend, muss man vor allem sagen, dass an der Bildung dieser Nervengeflechte ausschliesslich marklose Nervenfasern teilnehmen, und wenn in den Nervenstàmmchen, welche die grossen Blutgefüsse des Herzens begleiten, auch zuweilen markhaltige Fasern angetroffen werden, so haben sie zu dem Gefäss eine ganz andere Beziehung, indem sie in der Adventitia der letzteren mit baumfürmigen, sensiblen Apparaten enden. Im Herzen, wie auch in anderen Organen, wird, entsprechend der allmählichen Verengerung des Kalibers der Blutgefässe, auch. der Umfang der Nervenstämmchen immer kleiner und kleiner, so dass wir bei den Blutkapillaren nur ein oder zwei Nervenfàden antreffen, die parallel der entsprechenden Kapillare laufen, und sie auf ihrem ganzen Lauf begleiten. Sobald die Kapillare anfángt sich zu ver- zweigen, verzweigen sich auch die sie begleitenden Nervenfäden. Was jetzt die Beziehung dieser Nervenfüden zu der Kapillarwand anbelangt, so sah ich auf meinen Präparaten niemals einen näheren Zusammenhang, als den soeben beschriebenen, die Innervation der grösseren Gefässe jedoch erscheint viel verwickelter. Von den Nervenstiimmchen, die von dem Grundgeflecht ausgehen und diese Gefässe begleiten, gehen Nebenzweige ab, die weiterhin sich mehreremal teilend in verschiedenen Richtungen längs des Blutgefüsses zerfallen. Zwischen den Richtungen právaliert zweifellos die, welche mit der Längsachse des Blutgefässes übereinstimmt. Die Fasern verzweigen sich mannigfaltig, anastomosieren miteinander und verwickeln sich, diese Richtung einschlagend, wodurch die Bildung eines Nervengeflechts zu- 54 ^. Sergius Michailow, stande kommt. Dieses Geflecht liegt in der Adventitia des Gefässes und seine Schlingen erscheinen der Länge nach stark ausgedehnt. Von den Fasern dieses Adventitialgeflechts gehen in grósserer Anzahl noch dünnere, varikóse Fasern ab, die ihrerseits sich teilend, innerhalb der Muskelschicht der Blutgefàsse ein im hóchsten Grade dichtes Netz bilden. Es scheint mir nicht überflüssig. zu bemerken, dass die Richtung der dünnen Nervenfäden, aus denen es besteht, vollkommen mit der Riehtung der glatten, ringfórmigen Muskelfasern, welche die Tunica media des Gefässes bilden, übereinstimmt. III. Topographische Verteilung der intracardialen sympathischen Ganglien und ihr feinerer Bau. A. Historischer Überblick. Wenn wir uns der Übersicht von Arbeiten zuwenden, die mit Hilfe neuer Methoden von Färbung der Nervenelemente vollbracht sind, und die eine plausible Lösung der Fragen geben, die mit dem Studium der intracardialen Ganglien verknüpft sind, so muss man vor allem wieder die schon oben erwähnte Arbeit von Berkley [3] im Auge haben. Nach diesem Autor sind die Nervenzellen überall im Muskel- gewebe der Ventrikel zerstreut, wobei es ihm einmal gelang, sie in der Entfernung nicht mehr wie 200 4 von der Spitze des linken Ventrikels zu finden. Die Nervenzellen des Herzens sind nach Berkley näher dem Typus der bipolaren, als der multipolaren Zellen. P. Jacques [6 w. 17] sagt im Gegenteil, dass die Mehrzahl der Nervenzellen des Herzens multipolar sei, dass es jedoch bipolare Zellen gibt, ja, wenn auch selten, sogar unipolare Zellen. Alle Arten von Zellen befinden sich immer in ein und demselben Nervenknoten, und keine Art prävaliert in einem von ihnen. Ihr Achsenzylinder- fortsatz zieht zum benachbarten Nervenstämmchen, während ihr Zellkörper in Kontakt mit den freien Verzweigungen fremder Nerven- fasern tritt. Nach den Angaben dieses Autors liegen ganze Ganglien, ebenso wie einzelne Nervenzellen längs des Ganges der Nervenstämmchen, die in der Furche zwischen den Vorhöfen und Ventrikeln, in der intra- - Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 55 aurikulären Furche, auf den Vorhófen, den Herzaurikeln und im oberen Drittel der Ventrikel liegen, zuweilen auch niedriger, sich auf die Hälfte und zwei Drittel derselben verbreitend. Auch V. Schmidt [14] ist der Meinung, dass die Herzganglien der Säugetiere auf den Vorhöfen und dem oberen Drittel der Ven- trikel gelagert sind. Nach diesem Autor sind die Nervenzellen auch im Myokardium der Ventrikel zu finden, wenn auch in geringer Anzahl. Die Zellen sind multipolar; bipolare Zellen hat der Autor niemals gesehen. Ein wichtiger und grosser Schritt im Sinne der weiteren Aus- arbeitung der Frage über die Herzganglien wurde seit der Erschei- nung der Arbeit von A. Dogiel [5] gemacht. Indem dieser Autor das Herz verschiedener Sáugetiere (Mensch, Hund, Katze, Schaf, Kalb usw.) mit Methylenblau bearbeitete, fand er, dass längs der Nervenstämmchen, die das subpericardiale Geflecht der Vorhófe bilden, Gruppen von Nervenzellen gelagert sind. Zugleich mit diesen Gruppen finden sich ‘in den Vorhófen und der Basis der Ventrikeln noch einzelne Zellen, die entweder dicht sich den Stämmchen anschliessen, oder in ihrer Mitte liegen. Solche Zellen findet man auch längs der Nerven- stämmchen, welche die Geflechte im Pericardium bilden und, wenn auch seltener, in den Nervengeflechten des Myokardium. Indem A. Dogiel bemerkt, dass das charakteristische Merkmal der gangliôsen, sym- pathischen Zellen die beständige Anwesenheit einiger Dendriten und eines Nervenfortsatzes sei, bemerkt er, dass dieses Kennzeichen auch bei den Ganglienzellen des Herzens angebracht ist. Die Zellen sollen ‘einkernig sein, obgleich der genannte Autor in einigen Fällen in den Herzganglien eines Kindes beständig Zellen mit zwei Kernen gefunden hat. Nach A. Dogiel kann man alle Nervenzellen des Herzens, je nach dem Charakter ihrer Dendriten in drei verschiedene Typen einteilen, ebenso wie diese Gruppierung nach diesem Autor, z. B. in den Ge- flechten des Darmes und anderer Organe stattfindet. I. Typus. Zellen mittlerer Grósse, die nur in den Ganglien liegen; ihre Dendriten sind kurz, dick, abgeplattet und zeigen Varikositàten. Schon in kleiner Entfernung von der Zelle teilt sich jeder Dendrit 56 Sergius Michailow, in einige kurze Zweige mit Verdickungen verschiedener Grósse, die wieder bald sich in verschiedene Aste teilen und in ein Bündel kurzer und dicker varikóser Fáden zerfallen. Alle Verdickungen der Dendriten haben kurze, verschiedenartig sich teilende Dornen, die der ganzen Zelle ein eigentümliches Aussehen geben. Zuweilen trifft man Zellen an, die nur einen Nervenfortsatz haben, von dessen Konus viele Seitenzweige den Anfang nehmen, Dendriten dieser Zellen vorstellend. Die Anwesenheit eines solchen dicken und langen Konus mit Seiten- zweigen, soll nach A. Dogiel oft charakteristisch für Zellen des ersten Typus sein. Die Mehrzahl von Fasern der Nervenstämmchen gehört den Nervenfortsätzen von Zellen dieses Typus an, die nach der Mei- nung Dogiels in der Muskulatur des Herzens endigen. II. Typus. Die Zellen des zweiten Typus liegen vereinzelt längs der Nervenstämmchen oder bilden kleine Ganglien. Der Autor meint, dass die Dendriten der Zellen des zweiten Typus mit irgendwelchen Endapparaten in der Herzwand endigen, oder ihre Endverzweigungen verbinden sich miteinander in den Nervenstämmchen und Zweigen der Nervengeflechte des Herzens, wobei ihm die erste Voraus- setzung wahrscheinlicher erscheint. Das charakteristische Merkmal der Zellen des zweiten Typus ist: die Dendriten sind länger, zeigen wenig Verzweigungen, sind dünn und überschreiten die Grenzen des Nervenknotens, dem die Zelle selbst angehört. Der Nervenfortsatz ist marklos und nur beim Kinde verwandelt er sich, nach Dogiel, in einer grossen Entfernung von der Zelle zuweilen in eine markhaltige Faser. III. Typus. Das charakteristische Merkmal der Zellen dieses Typus besteht darin, dass ihre Dendriten, nach Dogiel, nicht die Grenze des Nervenknotens überschreiten, dem die Zelle selbst angehört, jedoch nach ihrem Charakter näher zu den Dendriten der Zellen des zweiten Typus stehen, als des ersten Typus. Die Endverzweigungen der Dendriten aller Zellen des dritten Typus ziehen sich zwischen den Ganglienzellen und bilden ein dichtes Netz, welches auch einige Zellen: anderer Typen umgibt. Gleichzeitig mit der Arbeit von Dogiel wurde auch die Arbeit über die Lage der Ganglienzellen im Herz der Säugetiere von = Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw, 57 S. Schwartz [12] veröffentlicht. Als Untersuchungsobjekt diente das Herz der Ratte, gefärbt mit Tionin. Auf Grund seiner Untersuchungen kam S. Schwartz zum Schlusse, dass die Ganglienzellen im Herz der Ratte sich nur auf einem abgegrenzten Feld befinden, das an der hinteren Wand der Vorhöfe zwischen den hinteren Enden der Herz- ‚aurikeln und Sulcus coronarius transversus, in dem die niedrigsten Ganglien sich befinden, liegt. Ausser der Arbeit von S. Schwartz ist mir noch eine einzige be- kannt, die mit Tioninfärbung ausgeführt ist. Es ist die Dissertation von Noe |2]. Indem er das Herz des Hundes untersuchte, kam er zum Schluss, dass die Ganglien grósstenteils im Pericardium liegen, und niemals im Myocardium. Was ihre topographische Verteilung an- belangt, so stimmen die Angaben des Autors sehr genau mit denen von P. Jaeques überein, die oben besprochen sind. Die Zellen sind multipolar, obgleich es unipolare gibt. Endlich die letzte von den mir bekannten Arbeiten, welche die Frage über die intracardialen Ganglien der Sáugetiere berührt, ist von A. Smirnow [15] Nach diesem Autor kann man im Herzen vieler Sáugetiere (Mensch, Hund, Katze etc.) nach Farbung mit Methylen- blau Nervenzellen konstatieren, wie im Pericardium, so auch im Binde- gewebe, das zwischen den äusseren Schichten des Myocardiums der Ventrikeln gelagert ist. Die Herzganglien, wie auch einzelne Nerven- zellen, befinden sich in der ganzen Gegend der Ventrikel, die Herz- spitze nicht ausgenommen. Diese Nervenzellen der Ventrikelganglien gehören, nach Smirnow, zu den peripherischen multipolaren Nerven- zellen, deren Kerne nicht selten zwei Kernkörperchen verschiedener Grösse besitzen. Ihre Dendriten teilen sich auf ihrem Wege, wobei, wenn man nach der Beschreibung und den Zeichnungen des genannten Autors urteilt, er nur die Zellen des ersten und zweiten Typus A. Dogiels sah. Db. Eigene Untersuchungen. Langs des Verlaufes der Nervenstiimmchen, welche das Grund- geflecht bilden, und auch derer, die das eigentliche Pericardialnerven- geflecht bilden, werden sympathische Zellen angetroffen. Diese Nerven- 58 Sergius Michailow, zellen liegen bald einzeln, bald sammeln sie sich in mehreren: Exemplaren an einer Stelle an, indem sie einen Nervenknoten bilden. Wie im ersten, so auch im zweiten Fall liegen sie dicht dem i Nervenstàmmchen an oder liegen in ihm. Zuweilen jedoch kann | man sehen, dass sie frei zwischen den Bündeln der Bindegewebs- | fibrillen des Visceralblattes des Pericardiums liegen. Was die Lage | der Nervenganglien des Herzens in vertikalen und horizontalen Ebenen der äusseren Schichten der Herzwand anbelangt, so muss man in dieser Beziehung bemerken, dass auf Präparaten, die mit Methylenblau gefärbt sind, dadurch, dass die Färbung nicht nur auf das Nervengewebe beschrünkt ist, sondern auch auf die anderen Gewebeelemente übergeht, ganz deutlich zu sehen ist, dass die Herz- ganglien in der Grenzschicht zwischen dem Myocardium und dem Visceral- blatt des Pericardiums gelagert sind. Zuweilen freilich trifft man Ganglien an, welche im Myocardium liegen, jedoch in seiner äussersten Schicht. Wenn wir uns jetzt der Frage über die Verteilung der Ganglien- zellen in den verschiedenen Abschnitten des Herzens zuwenden, so muss ich vor allem sagen, dass ich trotz der grossen Menge des bearbeiteten Materials niemals weder ganze Ganglien noch einzelne Ganglienzellen sah, die in der Herzspitze der Sáugetiere oder in der nächstbenachbarten Gegend gelagert waren. Diese Gegend entspricht einem Drittel der Ventrikel. Was die anderen zwei Drittel der Herz- ventrikel anbelangt, so traf ich auf ihrer Oberfläche niemals Gang- lien von bedeutender Grösse an, und kann nur bemerken, dass hier die Ganglienzellen einzeln oder zu drei bis acht beisammen liegen. Sie liegen hauptsächlich làngs der Art. coronaria und der bedeutenderen Nervenstàmmchen, die in der atrio-ventrikulären Furche oder daneben gelagert sind. In grósserer Anzahl als auf der Oberfläche der Ventrikel, sind die Nervenzellen in der Gegend der Vorhòfe und der Herzohren zu finden. Hier, hauptsächlich an den Vorhöfen, speziell und hauptsüchlich am rechten Vorhof, sind die Nervenzellen in grósster Anzahl vorhanden. Sie bilden in diesen Abschnitten des Herzens zuweilen sehr grosse Ganglien, sich an den Stellen der Teilung von grüsseren Blutgefüssen und hauptsächlich von Nerven- Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 59 stimmchen sammelnd. Ausser in den genannten Gegenden traf ich Ganglienzellen auch längs der grossen Blutgefässe, wie Art. pulmonalis und Aorta, an, wobei sie Ganglien bilden, welche niemals die Grenze überschreiten, die auf natürliche Weise in Form der Umschlagsstelle des Pericardiums gebildet ist. Sowohl die Ganglienzellen, welche isoliert liegen, als auch die- jenigen, welche Ganglien bilden, haben bald einen beinahe runden, bald einen elliptischen, bald einen eiförmigen, oder einen spindel- formigen Kórper. Zuweilen jedoch werden noch wunderliche Modifi- kationen des Zellenkórpers angetroffen, wenn er sich in einer bestimmten Richtung stark ausgedehnt präsentiert. Es werden solche Ganglien- zellen angetroffen, deren Durchmesser sich zu der Längsachse wie 1:5 oder 1:7 verhält. Der Kórper einer Nervenzelle im Herzen erscheint immer etwas komprimiert in der Richtung von oben nach unten oder, was dasselbe ist, in der Richtung vom Epicardium zum Myocardium. Beinahe alle diese Ganglienzellen haben einige Fortsütze, die von allen Seiten vom Zellenkórper abgehen, und erscheinen deshalb multipolar. Jedoch, wenn auch selten, traf ich zwischen ihnen bipolare und unipolare an. Beinahe immer haben die Nervenzellen des Herzens einen Kern, der ein oder zwei Kernkörperchen verschiedener Grösse enthält, wo- bei seine Konturen, eine runde oder beinahe regelmässige ovale Form besitzend, in der Mehrzahl der Fälle glatte Grenzen behalten. ‚Jedoch in einigen Präparaten des Herzens, sowie auch des Kaninchens, des Pferdes und des Affen, traf ich zuweilen Ganglienzellen an, die zwei Kerne enthielten. Solche Zellen sind in Fig. 6 und 24 abgebildet. Auf dem letzteren Präparat haben wir das ganze nicht grosse Ganglion vor uns, das aus fünf Ganglienzellen besteht, wobei zwei von den letzteren (A und B) zwei Kerne enthalten. Wie die eine von diesen Zellen, so haben auch andere eine stark ausgesprochene Einschnürung, die ungefähr in der Mitte des Zellenkörpers durch- geht, und infolgedessen die Zelle in zwei beinahe gleiche Teile teilt. Von jedem Teil, der einen Kern enthält, geht wenigstens ein Fortsatz ab. Mir scheint sehr wahrscheinlich, dass man die Zellen A und B als solche betrachten muss, die sich noch im Stadium der Teilung be- finden, und zwar in dem Stadium, in welchem der Kern der Mutter- 60 Sergius Michailow, zelle schon geteilt erscheint, das Protoplasma der beiden Tochterzellen noch einige Zeit verbunden bleibt. Was die Zellen C und D auf dem- selben Pràparat anbelangt, so bin ich geneigt, sie anzusehen, als aus ein und derselben Mutterzelle entsprossene, gleich wie A und B. Auf den Präparaten des Herzens der Säugetiere, speziell und hauptsächlich des Pferdeherzens, trifft man sehr. häufig unter den Nervenzellen solche an, die mehr oder weniger pigmentiert erscheinen. Dieses Pigment kommt in den verschiedensten Nuancen der gelben Grundfarbe vor. Bald erscheint es blassgelb, wobei es auf den Prà- paraten, die mit Methylenblau gefärbt sind, grünlich erscheint, bald zeiet es eine braune Farbe verschiedener Nuancen vom dunkelgelben bis beinahe zum schwarzen. Das Pigment dieser Farbe bildet in den Ganglienzellen des Herzens, zuweilen auch.in den Endapparaten, mit denen ihre Dendriten enden (s. Fig. 3 und 15) Bildungen verschiedener Grósse, Form und Zeichnung. Das Pigment ist bald in Form von kleinen Kórnern verschiedener Form vorhanden, als runde, ovale, spindel- formige Körper, bald in Form einzelner Pigmentschollen. Die letzteren werden durch Vereinigung einiger Kórner und Kórnchen gebildet. Die Pigmentschollen, ebenso wie die einzelnen Kórner des Pigments, haben ebenfalls die verschiedensten Konturen, indem sie ihrer ganzen Fläche nach mit Ausläufern unregelmissiger Form versehen sind. Die Pigment- kórner liegen bald zerstreut, zuweilen in ziemlich bedeutender Aus- dehnung in dem Zellkörper oder, umgekehrt, sammeln sich alle an einer Stelle an, wie das z..B. auf den Fig. 7, 11, 12, 14 zu sehen ist. Mir scheint nicht überflüssig zu bemerken, dass die beschriebenen Pigmentschollen in den verschiedenen Teilen der Zellen in ver- schiedener Anzahl vorhanden sein können. Zuweilen endlich trifft man solche Pigmentbildungen an, die ihrer äusseren Form nach vollkommen an die gewöhnlichen Zellenvakuolen erinnern, deren Inhalt jedoch gelb gefárbt erscheint. Auf meinen Präparaten, die mit Methylenblau gefürbt sind, haben solche Pigmentvakuolen eine erünliche Farbe, wobei ich es für nótig halte hinzuzufügen, dass sogar bei Anwendung der Immersion es unmóglich ist zu entscheiden, ob wir vor uns eine feine Kórnung haben oder das Pigment auf- gelöst ist. | Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 61 4 1 Jede von diesen beschriebenen Ganglienzellen ist von einer be- sonderen Bindegewebskapsel umgeben, die sich gewóhnlich als dünne, durchsichtige Membran darstellt. Diese Kapsel liegt dicht der Zelle | an und hat deshalb im allgemeinen die Form der letzteren. Die Kapsel jedoch bedeckt nicht nur den Zellkörper, sondern erstreckt sich auch auf seine Fortsátze. In dieser Beziehung habe ich zweierlei Prä- parate. Auf einigen von ihnen kann man sehen, wie die Kapsel | der Nervenzelle auf jeden Fortsatz einzeln übergeht, hingegen auf den anderen, was auf Fig. lla zu sehen ist, zieht sich die Kapsel vom Zellkórper auf einer bedeutenden Ausdehnung vom letzteren in Form einer Róhre hin, die stellenweise breiter, stellenweise enger ist, und ein ganzes Bündel von Fortsátzen umscheidet. Was die Frage an- belangt, ob die Fortsätze der Ganglienzellen mit einer Kapsel auf ihrem ganzen Wege bis zum Ende bedeckt sind oder ob dieses nicht der Fall ist, so kam ich in dieser Beziehung zu folgenden Schlüssen: ganz | | mit einer Kapsel bedeckt erweisen sich nur die kurzen, keulenfórmigen JA Dendriten der von mir entdeckten Rosettenzellen, wie das auf Fig. 11b zu sehen ist, wobei in allen anderen Fällen die Kapsel da endigt, wo eine bedeutende Verdünnung der Fortsätze eintritt, die durch ihre Teilung bedingt ist. Die Klassifikation der sympathischen Nervenzellen des Herzens. Nachdem ich das allgemeine Aussehen der Ganglienzellen des Herzens beschrieben habe, muss ich die Aufmerksamkeit darauf lenken, dass alle diese Nervenzellen so angeordnet sein kónnen, dass es móglich ist, bei der Beschreibung mit bestimmter Genauigkeit nur von einigen wenigen Grundtypen zu sprechen. In der jetzigen Zeit existiert für die Nervenzellen des Herzens eine solche Klassifikation, die A. Dogiel angehört. Das Hauptkriterium (siehe „Historischer Überblick“), dessen sich der genannte Autor bei der Feststellung seiner Grundtypen der Zellen bediente, bestand darin, dass er über die Angehörigkeit der entsprechenden Zelle zu dem oder jenen Typus, nach dem Charakter ihrer Dendriten urteilte. Die Ganglien- zellen des Pferdeherzens und teils des Katzenherzens konnte ich dieser Klassifikation nicht unterziehen und zwar aus folgendem Grunde: Nach- 62 | Sergius Michailow, dem ich eine grosse Anzahl sich hierauf beziehender Präparate unter- sucht hatte, traf ich ófter solche Ganglienzellen an, deren Dendriten zum Teil nicht die Grenzen des Ganglions überschritten, dem die entsprechende Zelle angehórte, während ein anderer Teil der Dendriten diese Grenzen überschritt; ausserdem sah ich auch solche Nervenzellen, deren Dendriten entweder sümtlich die Grenzen des entsprechenden Ganglions über- | schreiten, oder gar nicht. Nach der Klassifikation von Dogiel gehóren die ersteren, aus den beiden letzten Gruppen, Ganglienzellen des Herzens zu seinem zweiten Typus, die zweiten von ihnen — zum dritten, die erste Gruppe der Zellen passt zu keinem Typus. Ausserdem habe ich Präparate, auf denen man sehen Kann, wie ein Teil der Dendriten einer oder der anderen Zelle, von den ebengenannten drei Gruppen mit voll- kommen analogen Endapparaten endigen und diese Dendriten sich nur der Grósse und. Form nach unterscheiden. Dieser letztere Befund nótigte mich alle solche Zellen zu ein und demselben Typus zu rechnen, da ich der Meinung bin, dass sowohl vom anatomischen, als auch vom physiologischen Standpunkte, für die Angehórigkeit einiger Nervenzellen zu ein und demselben Typus vielmehr die Identitàt der Endapparate spricht, mit denen ihre Den- driten enden, als die gleiche Lànge, Dicke und Art der Verzweigung der letzteren. Indem ich meine Klassifikation der Nervenzellen nach den End- apparaten, mit denen wenigstens eim Teil der Dendriten der Nerven- zellen des Herzens endigt, aufstellte, kam ich zum Schluss, dass es vier Grundtypen dieser Ganglienzellen gebt. I. Typus. Die diesem Typus angehörigen Zellen sind sehr schwer mit Methylenblau zu färben. Sie werden zuweilen in grösseren oder kleineren Ganglien angetroffen im Verein mit anderen Zellen, zuweilen liegen sie völlig isoliert, als einzelne Zellen ausserhalb der Ganglien. Diese Zellen haben gewöhnlich den Körper einer von den oben beschriebenen regelmässigen Formen, von dem eine verschiedene Anzahl Dendriten und ein Neurit abgehen. Die Dendriten gehen nach verschiedenen Richtungen aus, haben äusserst verschiedene Form, Aussehen und Grösse (s. Fig. 5). An ihrer Basis erscheinen sie mehr oder weniger dick, umfangreich, weiter- i Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 63 hin werden sie dünner, sich mehrmals teilend. Die Zweige, die durch | diese Teilung entstanden sind, bilden, sich stark vermehrend, im allgemeinen ein ziemlich kompliziertes Bild von Endverzweigungen, die einfach mit Spitzen in Form von Dornen verschiedener Grösse | oder mit Verdickungen verschiedener Form und Aussehens endigen. | Alle solche Verzweigungen der Dendriten der entsprechenden Zelle | kreuzen und verwickeln sich miteinander, infolgedessen ein ganz kleiner Dendritenendbusch entsteht, der sich im Umkreis der Zelle lagert. Was den Nervenfortsatz anbelangt, so tritt er, aus dem Zellen- körper oder einem von Dendriten ausgehend, in das nächstliegende Nervenstämmchen, wo er sich, mit anderen markhaltigen und mark- losen Fasern vermischt, gänzlich dem Auge des Beobachters entzieht. Die Zellen dieses Typus hält A. Dogiel hypothetisch für motorische. Ich erhalte für sie dieselbe Bezeichnung, wobei ich es für moglich halte vorauszusetzen, dass die Bildung eines Dendritenendbusches, die Berührungsfläche der entsprechenden Zelle mit den hinzukommenden und sie umwickelnden Nervenfasern vergróssernd, infolgedessen die notige und genügende Bedingung für das Empfangen der Massen- reizung bilden, die so wesentlich notwendig für das Erhalten des Hem- | mungseffekts ist (Prof. N. E. Wedensky). | Il. Typus. Obgleich auf Herzpräparaten, die nach den oben be- schriebenen technischen Angaben verfertigt sind, die Zellen dieses i "Typus in weit minderer Anzahl zu treffen sind, als z. B. Zellen des dritten und vierten Typus, im Gegensatz jedoch zu den Zellen des ersten Typus, kann man sie doch ziemlich häufig beobachten. Diese Ganglienzellen werden am häufigsten in Ganglien ange- troffen, speziell und hauptsächlich in den grüsseren von ihnen, die làngs der grossen Gefüsse gelagert sind, die sich im Grenzgebiet zwischen dem Myocardium und Visceralblatt des Pericardiums hin- ziehen. Die Zellen dieses Typus werden jedoch auch einzeln einem Nervenstämmchen anliegend angetroffen oder, wie das deutlich aut einem von meinen Priparaten des Pferdeherzens zu sehen ist, bilden sie (im genannten Prüparat aus sieben Zellen) ein kleines Ganglion, das ausschliesslich aus Zellen dieses Typus besteht. 64 Sergius Michailow, Der Körper bei den Nervenzellen dieses Typus hat in der Mehr- zahl der Fälle eine runde oder ovale Form, wobei von ihm eine un- gleiche Zahl von dreierlei Fortsätzen abgehen. Unter diesen Fort- sätzen kann man gewöhnlich ganz deutlich einen Nervenfortsatz unter- scheiden, ferner 2—9 kurze, keulenförmige Dendriten und 1—4 Den- driten, am häufigsten mittlerer Grösse, welche mit eigentümlichen, ziemlich grossen plattenfürmigen Verdickungen endigen, die das Aussehen von grossen, starken Varikositüten haben. Der Nervenfortsatz dieser Ganglienzellen ceht vom Zellkörper ab, in der Mehrzahl der Fälle in Form eines mehr oder weniger dünnen Fadens, der längs seines Verlaufes bald Verdickungen, bald Verdünnungen des Durchmessers mit allmählichen Übergängen besitzt, jedoch in einiger Entfernung vom Zellkörper einen ganz glatten Charakter be- sitzt (s. Fig. 3 und 22). Zuweilen jedoch, wenn der Zellkörper nicht regelmässige Konturen besitzt und auf seiner Fläche bald hier, bald dort unregelmässige Vorsprünge verschiedener Grösse und Form trägt, so fängt der Nervenfortsatz von einem dieser Vorsprünge an. Nach- dem er eine Strecke weit verlaufen ist und das Aussehen eines dünnen, glatten Nervenfadens beibehalten hat, erhält der Nervenfort- satz der Nervenzelle allmählich deutlichere Verdickungen verschiedener Grösse und Form. Indem diese Verdickungen den Nervenfortsatz in immer grösserer Anzahl umgeben, geht er allmählich in eine gewöhn- liche, marklose Nervenfaser über, deren Charakter er auf seinem ganzen Wege beibehält. Nur auf wenigen Präparaten sah ich, dass der Nervenfortsatz des beschriebenen Typus markhaltig wurde und somit in eine markhaltige Faser überging. Wenn man seinen Gang weiter verfolgt, bis zum Augenblick wo er verschwindet, so kann man immer konstatieren, dass der Nervenfortsatz, in den Füllen, wo die Zelle isoliert liegt, und in denen, wo sie im Ganglion gelagert ist, bald in das nächste, bald in das mehr oder weniger entfernte Nerven- stàmmchen übergeht. Was die kurzen, keulenférmigen Dendriten dieser Rosetten- zellen des zweiten Typus anbelangt, so sind sie in verschiedener Zahl vorhanden (2—9) und liegen beinahe ausschliesslich in ein und derselben Ebene mit dem etwas komprimierten Zellkórper; diese Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 65 Fortsitze geben eben den Zellen des zweiten Typus die für sie ziem- lich charakteristische Form einer Rosette, wie das z. B. auf Fig. 3 zu sehen ist. Diese kurzen Dendriten liegen gewóhnlich unter der Kapsel, wie die analogen Dendriten der Zellen des ersten "Typus von Ramón y Cajal, die er in den Ganglien des Grenzstrangs des Sym- pathikus beim Menschen gefunden hat [15]. Sie haben in der Mehr- zahl der Fälle ein keulenförmiges Aussehen, da sie niemals platt, komprimiert erscheinend, als aus zwei Teilen bestehende betrachtet werden können, die eine direkte Fortsetzung voneinander bilden. Schon beim ersten Blick auf Fig. 5, 4 und 22 fällt es auf, dass jeder keulen- förmige Dendrit dieser Art aus ziemlich umfangreicher Endansamm- lung des Protoplasma und einem Füsschen oder Stiel besteht, welcher diese Keule mit dem Zellkörper verbindet. Dieser Stiel geht in der Mehrzahl der Fälle von dem oder jenem Punkt der Hauptmasse des Protoplasma aus, die den Körper der entsprechenden Zelle bildet, zuweilen jedoch, wenn der Körper der letzteren hier oder dort ver- Schiedene Vorsprünge unregelmässiger Form besitzt, geht der erwähnte Stiel von einem oder dem anderen Vorsprung aus. Nachdem er vom Zellkörper bald in Form eines ziemlich bedeutenden Zylinders, bald als mehr oder weniger dünner, glatter Faden abgegangen ist, bleibt dieser Stiel bald als äusserst dünner Faden den ganzen Gang entlang, wie z. B. ein Teil der Dendriten, die auf Fig. 3, 4 und 22a abgebildet sind, bald als ein zylinderförmiger Körper bedeutender Grösse. In welcher von den beiden eben beschriebenen Arten er nicht worgestellt ist, hat er immer eine Verdünnung in der Mitte mit all- mählichen Übergängen zu den dickeren Enden. Vom zweiten dieser Enden fängt, in der Mehrzahl der Fälle plötzlich, der zweite Endteil des besprechenden keulenfórmigen Dendriten der rosettenförmigen Zelle des zweiten Typus an. Diese ziemlich deutliche Veränderung des Durchmessers lässt noch mehr die Dünne des Dendritenstiels oder eigentlich des Dendriten zum Ausdruck kommen, wenn man die keulen- förmige Verdickung für seinen Endapparat hält. Diese protoplasma- tischen Endansammlungen sind auf meinen Präparaten als Bildungen von verschiedenstem Aussehen dargestellt, verschieden nach der Grösse, und nach der Form. In der grossen Mehrzahl der Fälle Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 5) 66 Sergius Michailow, haben diese Endansammlungen eine beinahe regelmässige Kugelform, I T | welche auf den Flächenpräparaten in der Richtung von oben nach 1 | unten etwas komprimiert sind. Infolge dieser Form machen sie auch | | den Eindruck von ziemlich regelmässigen, runden Keulen. Indem ich die Beschreibung der keulenförmigen Dendriten der Rosettenzellen des zweiten Typus beendige, halte ich es für nötig darauf hinzuweisen, dass ich zuweilen, wenn auch selten, auf den Präparaten des Herzens Färbung anderer, äusserst kleiner .Vorsprünge erhielt. Diese kleinen Vorsprünge, die bald hier, bald dort von verschie- denen Teilen der Ganglienzellen ausgehen, haben die verschie- densten Formen, auch eine keulenfórmige. Sie können jedoch nicht mit den eben beschriebenen keulenförmigen Dendriten verglichen werden aus folgendem Grunde: Während solche Vorsprünge auch. an Zellen anderer Typen (s. Fig. 22b) zu finden sind, sind die be- schriebenen keulenförmigen Dendriten nur den rosettenförmigen Zellen des zweiten Typus eigentümlich. Einen ganz anderen Charakter besitzen die Dendriten der zweiten Art dieser rosettenförmigen Nervenzellen. Indem er vom Zellkörper in Form eines mehr oder weniger dünnen, glatten Fadens abgeht, richtet sich ein solcher Dendrit nach der einen oder anderen Seite und nachdem er öfters eine kleine Strecke durchlaufen hat, teilt er sich dichotomisch. Die Zweige, die durch diese Teilung entstanden sind gehen entweder in verschiedenen Richtungen auseinander oder, was in der Mehrzahl der Fälle vorkommt, bleibt ihre weitere Richtung eine gemeinsame. Die sekundären Zweige oder der anfangs nicht ge- teilte Faden beginnt, nachdem er mehreremal seine Richtung ver- ändert und sich mit anderen Nervenfäden und -fasern, die in dem- selben. Ganglion oder neben ihm. gelagert sind, verwickelt hat, mit einem Mal sich reichhaltig und oft zu verzweigen. Infolge einer solchen di- und trichotomischen Teilung und auch deswegen, dass von den dickeren Zweigen dünnere Seitenäste sich abteilen, werden die Fäden immer dünner, so dass man als Resultat einer solchen schnellen Teilung den Eindruck erhält, dass die Dendriten dieser Art, nachdem sie sich auf eine kleine Strecke vom Zellen- körper entfernt haben, plötzlich in ein ganzes Bündel (4—10) + m Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 67 sehr dünner Fäden zerfallen. Die letzteren gehen, sich schlüngelnd und miteinander verwickelnd, gewóhnlich in einer gemeinsamen Rich- tung, wobei diese dünnen Fäden während ihres Verlaufes in der Mehr- zahl der Fälle ebenfalls plötzlich und alle zusammen einen varikósen Charakter annehmen. Diese Varikositäten oder Verdickungen werden, je näher sie zu den Enden der Fäden treten, die das besprochene Endbündel von Verzweigungen der Dendriten zweiter Art bilden, grósser in der Zahl, sammeln sich an. und nehmen öfters eine bedeutende Grösse an. In diesen Fällen haben die Verdickungen gewöhnlich eine platte Form von mehr oder weniger regelmiissigen Konturen oder indem sie Vorsprünge verschiedener Grósse besitzen, zeigen sie unregelmässige Umrisse. Nicht immer jedoch fangen diese Dendriten an sich mehr- fach zu teilen, um schliesslich in ein Endbündel von Fäden nicht weit von der Zelle, der sie angehören, zu zerfallen. Umgekehrt hatte ich oft Gelegenheit zu beobachten, dass vom Körper einer solchen Ganglienzelle 1—4 Dendriten solcher Art ausgingen, von denen nur einge in der beschriebenen Weise in der Nähe endigten, wogegen man andere in Form von glatten, dünnen Fäden auf ziemlich grosse Strecken verfolgen konnte und sehen, dass sie in dieses oder jenes Nerven- stämmchen eintreten und weiterhin verschwinden. Es scheint mir nicht überflüssig darauf aufmerksam zu machen, dass man in den ent- sprechenden Zellen des zweiten Typus sehr deutlich und mit grosser Beständigkeit eine scheinbar gesetzmässige Verteilung des Pigments in dem einen oder anderen Teil der Zelle beobachten kann — ein sehr unverständlicher Befund, jedoch, wie mir scheint, ein sehr interessanter —, unverständlich ist er durch völlige Unaufgeklärtheit der Frage über die Pigmentation und die funktionelle Bedeutung des Pigments im allgemeinen. In diesen Ganglienzellen ist das gelb-braune Pigment in drei verschiedenen Formbildungen vorhanden, von denen oben die Rede war. Am stärksten und häufigsten sammelt sich das Pigment in den keulen- formigen Dendriten an, nämlich im Zentrum der Endkeule; hier gibt es am haufigsten kugelfórmige Bildungen, die an Vakuolen er- innern, protoplasmatische Zwischenlagen besitzen und mit Methylen- blau in eine zarte blaue Farbe gefärbt sind. Häufig sammelt sich 5* 68 Sergius Michailow, hier das Pigment in Form von Pigmentschollen verschiedener Grösse und Form und in Form einfacher Körnung. Im Körper dieser Nerven- zellen kommt das Pigment weit seltener vor. Zuweilen gelingt es zu bemerken, dass das Pigment, im Zellenkórper gelagert, sich hauptsäch- lich in der Nähe des Austritts des Nervenfortsatzes ansammelt, nie- mals in den letzteren übergehend. Diese Tatsachen, welche durch die genannten und zahlreichsten Beobachtungen der Präparate des Herzens festgestellt sind, ermóglichen es mit Bestimmtheit auf die Anwesenheit hier und da, von in diesem Falle mit Methylenblau nicht gefürbten Fortsátzen hinzuweisen und liefern noch ein Kennzeichen, auf Grund dessen es zuweilen móglich ist, schnell einen Nervenfortsatz unter anderen auszuscheiden, die mit ihm ein gleiches Aussehen haben. III. Typus. Obgleich die Zellen dieses Typus auch in grosser Anzahl in Ganglien angetroffen werden, kann man sie doch häufiger, leichter und mit grosser Deutlichkeit bald einzeln, bald kleine Ganglien bildend, beobachten. Ihr Kórper hat die verschiedensten Formen. Diese Nervenzellen erscheinen häufiger als die Ganglienzellen anderer Typen bipolar und sogar unipolar, jedoch viele von ihnen sind auch multipolar. Die bipolaren Zellen haben gewóhnlich beide Pole in entgegengesetzter Richtung, wobei in den Fallen, in denen ihr Kórper stark gedehnt er- scheint, und wenn dabei in der Mehrzahl der Fälle der Zellenkern bei einem seiner Enden liegt, der Nervenfortsatz gerade von dem der beiden entgegengesetzten Pole abgeht, bei dem der Kern liegt. Was die uni- polaren Zellen anbelangt, so geht von ihrem Zellkörper, wie das z. B. auf Fig. 1 zu sehen ist, ein genügend dicker Dendrit ab, von dem etwas später der Nervenfortsatz entspringt. Der Nervenfortsatz hat gewöhnlich das Aussehen eines mehr oder weniger dünnen, glatten Fadens, der zuweilen in den Achsenzylinder der markhaltigen Nervenfaser übergeht mit allen seinen charakte- ristischen Eigentümlichkeiten. Ausser dem Nervenfortsatz gehen von den Ganglienzellen des dritten Typus gewóhnlich eine verschiedene Anzahl von Dendriten aus. Ich werde mich nicht bei der Beschreibung dessen aufhalten, was für eine Form des Abganges dieser Dendriten vom Zellkörper Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 69 existiert, da man in dieser Beziehung nichts Neues zu dem hinzufügen kann, was schon über diese Frage bei der Beschreibung von Zellen der vorhergehenden Typen gesagt wurde; bei ihrer weiteren Verbrei- tung stellen diese Dendriten, wie es mir scheint, sehr viel Originelles und Interessantes vor. Vor allem muss ich darauf hinweisen, dass ‘die Dendriten dieser Art eine sehr verschiedene Länge haben und entweder im selben Ganglion endigen, zu dem auch die Zelle selbst gehòrt oder aber sich über seine Grenzen erstrecken. Im letzteren Falle erstrecken sie sich auf grosse Entfernungen. Sie ziehen sich bald ohne Teilung: bis zur Bildung ihres Endapparates hin (wie dieses foo, aut den Fig. 1,.7, 15 d, 16, 17 B d, d' und d" zu sehen ist), bald teilen sie sich mehr oder weniger mannigfaltig auf ihrem ganzen Wege. Im letzteren Falle zuweilen, beinahe gleich, teilt sich der Dendrit in zwei sekundäre Aste, nachdem er den Zellen- kórper in Form eines ziemlich umfangreichen, zylinderfórmigen Fadens verlassen hat, wie das z. B. auf Fig. 7 Ad zu sehen ist. Diese Aste laufen nach verschiedenen Richtungen hin und endigen mit End- apparaten in Form von Platten und Keulen. Zuweilen fängt eine solche Teilung weiter vom Zellenkórper an, die sekundären Aste, die durch diese Teilung entstanden sind, teilen sich ihrerseits mehrfach diehotomisch usw., wobei in diesem Falle die entstehenden Fäden immer dünner werden und alle Verzweigungen werden ófters auf grosse Flächen zerstreut. Der eine oder andere von den besprechenden Dendriten berührt mit seiner Endplatte die Kapsel der entsprechenden Zelle, indem er zu einer von den Nervenzellen des Ganglions heraus- tritt oder endigt neben ihr. Zuweilen jedoch (wie dieses z. B. auf Fig. 7 C und D zu sehen ist) endigen die Dendriten der Zellen des dritten Typus nicht einmal auf ihr oder an ihr mit Endplatten, nach- dem sie zu der einen oder anderen Nervenzelle herangetreten sind, sondern umflechten sie zuerst in verschiedenen Riehtungen, indem sie sich miteinander auf der Peripherie ihrer Kapsel umwickeln. Was jetzt die genaueren Angaben darüber anbelangt, wie und auf oder in welchen Gewebeelementen der Herzwand man diese platten- fórmigen Endapparate beobachten kann, so muss man in dieser Be- ziehung bemerken, dass diese Apparate, in der grössten Mehrzahl der 70 Sergius Michailow, Fülle, frei im Bindegewebe des Visceralblattes des Pericardiums, bald ausserhalb des Ganglions, bald in ihm liegen. Im letzteren Falle kann man sie viel öfter in den freien Zwischenräumen zwischen einzelnen Nervenzellen gelagert sehen, wo man auch bei der ge- nauesten Untersuchung keine Anzeichen von der Anwesenheit von Nervenzellen konstatieren kann, und nur zuweilen erscheinen sie auf denselben gelagert. In solchen Fällen, wie dieses z. B. auf Fig. 7 C und E und auf Fig. 8 zu sehen ist, kann man sich gewöhnlich davon überzeugen, wenn die Kapsel der Zelle sich mit Methylen- blau gefärbt erweist, dass diese Platten niemals unter der Kapsel gelagert erscheinen, sondern nur an ihre äussere Fläche angelagert sind. Zuweilen bemerkt man in solchen Fällen — wie dieses be- sonders deutlich auf einem von meinen Präparaten zu sehen ist — in denen die Kapsel der Zelle, von unregelmässiger Form und Umriss ebenfalls von Methylenblau in einem zarten blauen Ton gefärbt erscheint und in ihr deutlich Körner eines gelben Pigments hervor- treten, dass ein dicker hinzutretender Faden sich an der äusseren Fläche dieser Kapsel teilt und weiterhin auf ihr mit zwei End- apparaten verschiedener Form und Grösse endigt, indem er sie umschlingt. Ich besitze jedoch ein Präparat aus dem rechten Vor- hof eines Pferdes (s. Fig. 2), auf dem man sehen kann, wie vom Zellenkörper einige Fortsätze herauskommen, von denen der eine Nervenfortsatz unter der Kapsel herauskommt, und alle Dendriten scheinbar mit Platten unter ihr endigen, indem sie den Zellenkörper umflechten. Die Grösse, Form und das Aussehen der entsprechenden End- apparate, mit denen die Dendriten der Zellen des dritten Typus endigen, ist sehr verschieden. Bald haben sie die Form einer ziemlich regel- mässigen mehr oder weniger komprimierten Kugel oder Ellipsoides, bald erscheinen sie birnfórmig, bald präsentieren sie sich in Platten, die die Form verschiedener polygonaler Figuren haben. Überhaupt haben sie die verschiedensten Umrisse, die verschiedensten Kom- binationen mannigfaltiger Flächen vorstellend. Ihre Grösse ist auch verschieden, wobei sie zuweilen die Grösse der Zelle erreichen können, deren Dendritenendigung sie vorstellen. Was das Aussehen Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. T] dieser Nervenbildungen anbelangt, so werde ich in dieser Beziehung nur darauf hinweisen, dass man unter ihnen einfache und kom- piizierte Apparate unterscheiden muss, wobei man unter letzterer Benennung das versteht, dass zuweilen der eine oder andere Dendrit nicht mit einem Endapparat in Form einer Platte oder Keule endigt, sondern mit einigen, wobei sie hintereinander gelagert erscheinen und miteinander wie ein Rosenkranz verbunden sind (s. Fig. 9a und 17 5). Ich beschäftigte mich nicht speziell mit der Aufklärung der feinsten Struktur der Nervenelemente, die in der Herzwand der Säugetiere ge- lagert sind. Indem ich jedoch unter anderem einige zu dieser Frage gehórige Angaben erhalten habe, móchte ich sie nicht vollständig ignorieren. Die besten Präparate in dieser Beziehung handeln eben über die Nervenendapparate, mit denen die Dendriten der Ganglien- zellen des dritten Typus endigen. Ich werde jedoch in dieser Be- ziehung mich nur auf die Beschreibung von Fig. 7 beschrünken und nur des Teiles, der mit £ bezeichnet ist, und mit dem Immersions- system auf Fig. 8 abgebildet ist. Hier sind sehr dünne Fibrillen deutlich zu sehen, die sich zuweilen auf eine Strecke hinziehen und Schlingen bilden oder ihre Fragmente. Die Fibrillen bilden ein feines Netz, das sehr dicht ist, wobei es natürlich schwer zu sagen ist, ob diese Fibrillen sich miteinander verbinden oder sich nur verflechten. Dieses Netz erscheint gleich dicht, sowohl in den peripheren Abschnitten des keulenfórmigen Apparates, als auch in den zentralen. Indem ich die Beschreibung der Zellen des dritten Typus beendige, scheint es mir nicht überflüssig auf die Fig. 15 aufmerksam zu machen, wo deutlich zu sehen ist, dass die Endplatten zuweilen stark pig- mentiert sein kónnen, wobei dieses Pigment in Form von Schollen vorhanden sein kann, die sich an einer Stelle in verschiedener Anzahl angesammelt haben. IV. Typus. Aus dem Kórper der Ganglienzellen dieses Typus spriesst, wie auch aus den Zellen anderer Typen, eine ungleiche An- zahl von Fortsätzen. Diese Fortsátze haben, indem sie von ver- schiedenen Stellen ausgehen und sich nach allen Richtungen begeben, 79 Sergius Michailow, eine verschiedene Länge und Breite. Es ist móglich, unter ihnen einen | Nervenfortsatz auszuscheiden. Was die Dendriten anbelangt, so konnte ich unter ihnen solche beobachten, die mit besonderen Endapparaten im selben Ganglion, dem auch die Zelle angehört, endigten, wie auch solche, die die Grenzen dieses Ganglions überschreiten und sich im Nervenstämmchen verlieren, indem sie sich mit seinen Fasern verwickeln. Andererseits jedoch, wie dies z. B. auf Fig. 18 zu sehen ist, habe ich auch gesehen, dass in das Ganglion eine marklose Nervenfaser eintritt, in diesem Falle d, und auf dieser oder jener Zelle mit einem Apparat endigt, welcher dem gleich ist, mit dem die Dendriten des entsprechenden Typus endigen. Ich meine aus diesem Grunde, dass die von den Dendriten des vierten Typus, welche die Grenzen des Ganglions überschreiten, in einem anderen Ganglion mit ihrem Endapparat endigen. Nach ihrem Charakter gleichen diese Dendriten den Dendriten der. Zellen vom dritten Typus bis zu ihrem Übergang in den Endapparat, was jedoch die letzteren anbelangt, so haben sie nichts gemeinsames. Nachdem sie eine grössere oder kleinere Strecke durchlaufen haben, fangen die Dendriten der Ganglienzellen vom vierten Typus an, sich auf einer kleinen Strecke wiederholt zu verzweigen. Indem sie sich mehrfach dichotomisch teilen und Seitenzweige liefern, zerfallen sie schliesslich in Endzweige, die gewöhnlich mit Verdickungen der verschiedensten Grósse, Form und Aussehen versehen sind. Diese Endzweige bilden bald eine einfache Form von Büscheln, bald eine kompliziertere Form, zuweilen dichte Sträucher, wie dieses z. B. auf Fig. 17A zu sehen ist, wo vom Zellenkórper A zwei Dendriten abgehen, von denen der eine vollständig mit dem Endapparat gefärbt erscheint, den er bildet, wogegen der andere schwach gefärbt erscheint, obgleich sein Zerfall in einen Endstrauch doch ziemlich deutlich hervortritt. Als Beispiel ebensolcher Endapparate, jedoch von einfacher Form, kann man auf Fig. 18 hinweisen, nàmlich auf den Endapparat der Faser d und auf Fig. 12. Auf letzterem Präparat sieht man die Lage des sich teilenden Endzweiges auf der benachbarten Zelle deutlich, ebenso wie die Faser d, die auf Fig. 18 abgebildet ist, sich wahrscheinlich auch auf einer Zelle befindet, da der Kern der letzteren zu sehen ist, der | í Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 78 durch Methylenblau gefürbt erscheint. Meine Meinung ist, dass dank einer solchen Lagerung der Endapparate der Dendriten der Zellen vierten Typus, eine Verbindung oder von Zellen eines Typus, oder verschiedener Typen erreicht wird. IV. Die Endigungen der hinzutretenden Nervenfasern in den Ganglien. A. Historischer Überblick. Indem ich zum historischen Überblick der Arbeiten übergehe, die die Frage über die Endigungen der in die Ganglien des Herzens der Säugetiere hinzutretenden Nerven berühren, muss ich vor allem darauf hinweisen, dass der erste, der auf die Anwesenheit dieser Endigungen hinwies, der Schüler Ehrlichs, Aronson [2], war. Bei der Anwendung der vitalen Färbung mit Methylenblau konstatierte Aronson die Anwesenheit eines Nervennetzes um die Ganglienzellen des Vor- hofs beim Kaninchens, deswegen er diese Ganglien für sympatische hielt, wogegen die Zellen, die an der Basis der Ventrikel, an der Grenze zwischen den Vorhöfen und Ventrikeln und in der Scheidewand der Vorhöfe liegen, nach Aronson keine perizellulären Netze haben und sich dadurch von den zweifellos sympathischen Zellen der Vorhöfe unterscheiden. A. Smirnow [15] erwähnt auch solche Endigungen. Dieser Autor hatte mehreremal Gelegenheit, zu beobachten, dass einige benachbarte oberflächliche Netze, die um einzelne Zellen lagen, durch einen allge- meinen Nervenfaden verbunden wurden, der der ganzen Länge entlang marklos blieb. Der erwähnte Autor sah jedoch auch, dass die be- schriebenen perizellulären Netze zuweilen den Verzweigungen der mark- losen, varikösen Fasern entsprangen, die letzteren stammten ihrerseits von einer markhaltigen Faser. Zu diesen letzten Angaben gesellt sich auch V. Schmidt hinzu [74]. Doch über diese, wie auch über die vorhergehenden Fragen finden wir in der schon erwähnten Arbeit A. Dogiels die genauesten An- gaben. Nach dem letztgenannten Autor endigen in den Herzganglien wenigstens zweierlei Fasern, die nach der Meinung des Autors ver- schiedenen Ursprung haben. Die Fasern erster Art sind markhaltig 74 Sergius Michailow, oder marklos. Die einen, und die anderen stehen im gleichen Verhältnis zu den Ganglien. Die Endverzweigungen dieser Fasern umflechten alle Elemente der Ganglien, d. h. sowohl die Ganglienzellen, als auch ihre Fortsátze. Die Fasern erster Art bilden in den Ganglien ein verwickeltes und sehr dichtes Geflecht, wobei es, einzelne Zellen um- flechtend, niemals unter die Kapsel eindringen kann. Alles eben Ge- sagte gilt auch für die Verzweigungen um die Fortsátze herum, wobei die Verzweieungen um die Fortsátze die Fortsetzung der peri- zelluliren bilden. Indem Dogiel meint, dass die Kapsel der Zelle sich auf die Dendriten bis zu den Endverzweigungen fortsetzt, erkennt er die Móglichkeit einer direkten Berührung der besprechenden Geflechte mit den Dendriten nur an der Stelle ihrer Endverzweigungen am. Die Nervenfasern des zweiten Typus unterscheiden sich von denen des ersten nach dem genannten Autor nur nach dem Charakter der markhaltigen Fasern. Jede Faser des zweiten Typus teilt sich nach Verlust des Marks in 2—3 und mehr dicke Fasern, die in eine grosse Anzahl von Fäden zerfallen. Die letzteren durchbohren die Kapsel der Zelle und umflechten ihren Körper mit zahllosen Windungen, wobei sie auf ihrem Wege kurze Seitenfäden absenden. Diese ver- wickeln sich so miteinander, dass sie einen Knäuel bilden. Diese Knäuel sind kleiner als die perizellulären Netze, die durch die Fasern des ersten Typus gebildet sind, die Fäden, die sie bilden, sind auch dicker und variköser. Die Endverzweigungen der Fasern des zweiten Typus umflechten nach Dogiel nur eine kleine Anzahl von Ganglienzellen, diese Zellen haben einen kleineren Umfang, deshalb meint er, dass die Fasern des zweiten Typus bei der Peripherie der Zellen nur beim ersten Typus enden.. Dogiel meint auch, dass die Fasern des ersten Typus sympathische sind, wogegen er die Fasern des zweiten auf einen zerebrospinalen Ursprung zurückführt. B. Eigene Untersuchungen. Bei einigen isoliert gelagerten Zellen kann man alle Endigungen antreffen, die man auch in ganzen Ganglien konstatieren kann, des- halb werde ich nur die Beschreibung der letzteren unternehmen. Unter ihnen kann man deutlich Endigungen zweier Arten unterscheiden, die ì Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 75 in beiden Fallen in Form von Netzen oder Geflechten, welche um einzelne Ganglienzellen gelagert sind, vorhanden sind. Diese zweierlei Art Endigungen unterscheiden sich nach dem Charakter der Nerven- fasern, die sie bilden, und auch dadurch, dass die einen von ihnen um die Kapsel der Nervenzelle herum auf ihrer Oberfläche gelagert sind und niemals unter sie dringen, wogegen die anderen unter die Kapsel gelagert sind und somit die Zelle selbst umflechten. In diesem oder jenem Herzganglion treten gewünlich eine grosse Anzahl von markhaltigen und marklosen Nervenfasern auf. Ein Teil der letzteren geht durch das entsprechende Ganglion durch, zwischen den einzelnen Zellen des letzteren sich schlüngelnd, wogegen ein anderer Teil in dem entsprechenden Ganglion an den einen oder anderen Nervenzellen endigt. Was jetzt die markhaltigen Fasern anbelangt, so geben sie, in das Ganglion eintretend, an den Einschnürungen Ranviers marklose Seitenzweige ab und teilen sich auch dichotomisch. Indem sie sich teilen, verlieren sie oft ihre Markscheide und gehen in einen mehr oder minder glatten, dünnen Nervenfaden über, der nach seinem all- gemeinen Aussehen den anderen hier passierenden marklosen Nerven- fasern sehr ähnlich ist. Nachdem die markhaltigen Nervenfasern ihre Markscheide verloren haben, schlängeln sie sich um die eine oder andere Ganglienzelle, sich auf der Peripherie ihrer Kapsel lagernd, ebenso wie solche Fasern, die, soweit man sie verfolgen kann, die ganze Strecke marklos erscheinen. Indem sie so alle Teile der Ganglienzelle umflechten, d. h. wie den Kórper, so auch die bedeutenden dicken Fortsátze, die Zweige, die durch mehrfache Teilung entstanden sind, verlaufen sie in verschiedenen Richtungen und auf den ver- schiedensten, zuweilen sehr komplizierten und verwickelten, unregel- mässigen, schiefen Wegen. Indem sie sich miteinander verwickeln, bilden diese dünnen, varikósen Endfäden ein perikapsuläres Geflecht oder ein feines perikapsulüres Endnetz. An der Bildung des peri- kapsulären Geflechtes nehmen bald eine, bald mehrere Nervenfasern teil, die zur Zelle von verschiedenen Seiten hinzutreten, wobei einige von ihnen nur verbindende Glieder zwischen dem entsprechenden Geflecht und anderen identischen vorstellen. 76 Sergius Michailow, Was jetzt die wirklichen. perizellulären Endnetze anbelangt, so bleibt von ihnen nur wenig zu sagen. Diese Endnetze, die ebenfalls ein Geflecht vorstellen, fárben sich áusserst schwer mit Methylenblau. Sie lagern sich, scheinbar, unter der Kapsel, haben deswegen durch- schnittlich einen bedeutend kleineren Umfang als die perikapsulären Netze, was z. B. auf Fig. 18 zu sehen ist, wo das Endnetz A deutlich von B und D unterschieden werden kann, welche die Endigungen der markhaltigen Nervenfaser b vorstellen, ebenfalls kann es vom Endnetz C unterschieden werden, mit dem die Nervenfaser c endet. Ausser dem Umfang, der durch die Lage unter der Kapsel bedingt ist, unter- scheiden sich die perizellulàren Netze von den perikapsulüren noch nach dem Charakter der Nervenendfiden, die sie bilden. Diese End- fäden sind gewöhnlich dicker, ihre Verdickungen, Varikositàten, er- scheinen grüsser, ausserdem sind sie dichter mit den Varikositàten besetzt. Alle diese so unbedeutenden Eigentümlichkeiten jeder im einzelnen geben den perizellulären Geflechten das für sie charakte- ristische Aussehen, jedenfalls soviel charakteristisch, dass es immer móglich ist, sie von den perikapsulären Geflechten zu unterscheiden. V. Die sensiblen Nervenendapparate, die im Bindegewebe des Visceralblattes des Pericardiums gelagert sind. A. Historischer. Überblick. Indem ich zum historischen Überblick der Arbeiten übergehe, die die Frage über die sensiblen Nervenendigungen im Herzen der Säuge- tiere berühren, muss ich vor allem darauf hinweisen, dass die Frage auf zwei Teile zerfällt: der erste berührt die sensiblen Endigungen in den Muskeln, der zweite — im Bindegewebe des Herzens. Dem- entsprechend existiert auch eine Teilung der hierhergehórenden Arbeiten. Über die erste der genannten Fragen existiert, soviel ich weiss, nur eine Arbeit, die Berkley (1893) angehört, da ich jedoch das Herz in dieser Beziehung nicht untersucht habe, werde ich sie nicht besprechen. Was die sensiblen Nervenendigungen in dem Bindegewebe des Herzens anbelangt, so wurden sie zuerst von A. Smirnow [73] ent- Zur Frage iber den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 77 deckt, nur zwei Jahre nach der Veróffentlichung der Arbeit von Berkley. Da jedoch dessen Untersuchungen das Endocardium berühren, unsere Arbeit hingegen das Resultat eines Studiums der Struktur des intracardialen Nervensystems nur hinsichtlich des Pericardiums ist, und da ausserdem A. Dogiel etwas später die Kontrolle der von A. Smirnow erhaltenen Resultate unternahm, der ebensolche Endigungen im Pericardium fand, so werden wir nur hier bemerken, indem wir weiterhin eine vollständige Ausführung der Arbeit von A. Dogiel geben, dass nach A. Smirnow der spezifische Charakter der sensiblen Nerven- endigungen mit der eigentümlichen Struktur dieser Endigungen in Zusammenhang steht, und besonders mit der ,sensiblen Unterlage*, die aus homogener Grundsubstanz und aus feinen, in Reihen gelagerten Kórnern besteht. Die Form dieser Endigungen hängt von der Struktur und Form der benachbarten Gewebselemente ab. Den spezifischen baumförmigen Charakter aber gibt ihnen ihre eigene Struktur. A. Smir- now hàlt sie für die Endigungen des Depressors, wobei er zwei Typen unterscheidet, die jedoch ziemlich ähnlich sind. V. Schmidt sagt in der schon bekannten Arbeit, dass er in den Bindegewebe-Zwischenschichten des Myocardiums Endigungen bemerkte, welche er für identisch mit den Endigungen hált, die von A. Smirnow entdeckt sind. Die vollstándigste Arbeit über diese Frage stellt die schon oben zitierte Arbeit von A. Dogiel [5] vor. Indem er A. Smirnow ergänzt, sagt er, dass die kórnige Substanz, die der erwähnte Autor als „sensible Unterlage* bezeichnet, und in welche die baumförmigen sensiblen Endapparate gelagert sind, aus kleinen sternförmigen Zellen besteht, die mit denen identisch sind, welche die marklosen und mark- haltigen Fasern begleiten, indem sie dem Neurilemma dicht anliegen. Die baumförmigen Endapparate sind im Pericardium in mehreren Ebenen gelagert, vom Myocardium an bis zur untersten Flüche der Endothelzellen. Zuweilen, bemerkt in einigen Worten der Autor, verflechten sich Fäden der einen oder anderen Verzweigung mitein- ander in verschiedener Weise und nach verschiedenen Richtungen hin, so dass sie keine Pláttchen, wohl aber einfache oder zusammengesetzte Knäuel bilden. Solche Endapparate ähneln sehr den Verzweigungen, 78 Sergius Michailow, mit welchen die sensiblen Fasern in der Conjunctiva, in der Haut der Glans penis und des Präputium ete. endigen, jedoch mit dem Unterschiede, dass sie anscheinend von keiner besonderen Bindegewebs- kapsel umgeben sind. Zuweilen schliesst sich der Endapparat un- mittelbar an eine Fettzelle an und umwebt dieselbe wie auch die benachbarten Fettzellen. Die Faden, aus denen der baumfórmige End- apparat besteht, sind sehr dünn und bilden zuweilen ein dichtes, festes Netz, indem sie sich miteinander verflechten. Alle Nervenfasern, die im Pericardium mit sensiblen Endapparaten enden, hált Dogiel für mark- haltig. Gleich A. Smirnow unterscheidet dieser Autor ebenfalls zwei verschiedene Arten der baumfórmigen Endapparate. Erstens die Art, welche durch dicke, markhaltige Fasern gebildet ist: die Endfäden, aus denen die Endapparate dieser Art bestehen, sind ziemlich dick und zeigen bedeutende Varikositäten; in solchen Apparaten findet man sternfórmige Zellen und die Bildungsfasern verlieren ihre Markscheide an der Stelle, wo sie in den Endapparat übergehen; eine andere Art entsteht aus den dünnen, markhaltigen Fasern, wobei die Endfäden, die den Endapparat dieser Art bilden, dünn sind und kleine Varikositäten besitzen; sternfórmige Zellen sind nur in grossen Apparaten anzutreffen und die Bildungsfasern verlieren ihre Markscheide schon lange vor dem Apparat. In dieser Arbeit spricht auch Dogiel von sensiblen Endigungen in den Blutgefässen der Säugetiere, die denen ziemlich ähnlich sind, die soeben beschrieben wurden, deshalb werden wir sie umgehen. b. Eigene Untersuchungen. Kine grosse Anzahl von dicken und dünneren markhaltigen Fasern und auch von marklosen endigen frei im Bindegewebe des Epicardiums mit Nervenendapparaten der verschiedensten Grósse, Form und Aus- sehen. Alle diese freien sensiblen Endigungen teilen sich ziemlich deutlich in zwei Gruppen. Zu der ersten dieser Gruppen gehóren die Nervenendapparate in Form verschiedener Endplatten und Keulen, wo- gegen in diesem Falle die zweite Gruppe Endigungen in Form von Bäumchen, Netzen und Knäueln enthält, die uneingekapselt oder ein- gekapselt sind. Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 70 Indem ich die Beschreibung der sensiblen Endapparate der ersten Gruppe beginne, muss ich vor allem bemerken, dass ich niemals ge- sehen habe, dass die Nervenfasern, die in soleher Weise enden, den Charakter von markhaltigen Fasern besitzen. Sie erscheinen viel- mehr marklos, bald mit varikósen Verdickungen besetzt, bald haben ' sie ein ziemlich glattes Aussehen. Diese marklosen Nervenfasern endigen teilweise, soweit man sie verfolgen konnte, mit einem einfachen oder komplizierten Apparat, ohne sich zu teilen, teilweise endigen sie mit einer zuweilen grossen Anzahl solcher Endapparate (bis 20 und mehr), indem sie Seitenzweige abgeben und sich di- und trichotomisch teilen. Wie eben erwáhnt wurde, sind diese Endapparate zweierlei Art: einfache und komplizierte, wobei ich als kompliziert solehe bezeichne, bei denen einige Keulen oder Plättchen ein Ganzes, einen Endapparat bilden. Dieses findet dann statt, wenn die Keulen oder Platten direkt, und nicht die sie tragenden Fasern, miteinander verbunden sind. Solche Endapparate sehen wir z. B. auf Fig. 25, 19 und 21, die Abbildungen vom Apparate a auf Fig. 25 vorstellen. Infolgedessen, dass die mark- lose Nervenfaser, die mit solchen Apparaten endet, sich mehrfach und oft teilt, und auch deswegen, dass die Zweige, die durch diese Teilung entstanden sind, zuweilen eine grosse Lànge haben, kann die Fläche, die durch solche Endverzweigungen einer Faser besetzt ist, grosse Strecken einnehmen. Die Form dieser Apparate ist sehr verschieden. Am häufigsten ‚erscheinen sie in Form von Keulen, die sehr konkav sind, oder in Form von Endplatten. Was die Form der letzteren anbelangt, so muss man in dieser Beziehung bemerken, dass sie öfter die Form einer mehr oder weniger regelmässigen Kugel oder eines Ovals haben, obgleich auch solche anzutreffen sind, deren periphere Begrenzungen die verschiedensten Kombinationen wie gerader, so auch gebrochener und schräger Linien vorstellen. Solche Plattenapparate sind mit allen ihren Teilen ungefàhr in einer Fläche gelagert, oder umgekehrt liegen einzelne Teile dieser Endplatten in verschiedenen, sowohl horizontalen, wie auch vertikalen Ebenen, wodurch ihre Form noch komplizierter wird. Wenn wir uns jetzt der Lósung der Frage zuwenden, wo und 80 Sergius Michailow, auf oder in welchen Gewebebildungen der Herzwand Nervenendappa- rate solcher Form anzutreffen sind, so kann ich auf diese Frage in dem Sinne antworten, dass sie auf meinen Flächenpräparaten des Herzens sowohl längs des Verlaufes der Nervenstämmchen grösseren oder kleineren Kalibers anzutreffen sind, was am häufigsten vorkommt, als auch in bedeutender Entfernung von ihm, wie z. B. ein ganzer Strauch aus ihnen, der auf Fig. 19 abgebildet ist. Zuweilen jedoch konnte ich solche Apparate längs des Verlaufes der Blutgefüsse, die die Herz- wand ernühren, gelagert sehen, obgleich dieses selten zu beobachten ist. Ich denke, dass die beschriebenen Platten- und Keulenendigungen mit den gleichen Endigungen der Dendriten der Ganglienzellen des dritten Typus identisch sind, und somit ebenfalls Endigungen derer von ihnen vorstellen, die wegen ihrer Länge dem Auge des Beobachters entgehen, sobald sie in das Nervenstämmchen eintreten, wobei ich meine Meinung auf folgende Tatsachen begründe: ich habe eine grosse. Anzahl von Präparaten, wie z. B. die auf den Fig. 9 und 15 abge- bildeten, auf Grund deren ich, wie es mir scheint, behaupten kann, dass alle Dendriten der Zellen des dritten Typus mit Keulen und Platten endigen; ausserdem besitze ich auch Präparate, auf denen deutlich zu sehen ist, dass ein Teil der Dendriten der Zelle mit gleichen Apparaten endigt, wogegen andere in das Nervenstümmchen eintreten und weiter- hin dem Auge des Beobachters entschwinden (s. Fig. 17 B). Es gibt jedoch Präparate, wie z. B. das auf Fig. 16 abgebildete, auf denen es gelingt, zu beobachten, wie der oder jener Dendrit in ein Nerven- stämmchen gemischten Charakters eintritt und nachdem er einen mehr oder weniger grossen Weg zurückgelegt hat, in ihm mit einer Keule oder Platte endet. Als diese Arbeit schon längst beendet war, veróffentlichte Ramon y Cajal seine Arbeit (s. R. Cajal, ,Die histogenetischen Beweise der Neuronentheorie von His und Forel“. Anat. Anzeiger. Bd. XXX. 1907), in der er sagt: ,In den sensiblen und normalen sympathischen Ganglien, besonders in den von Erwachsenen herstammenden, befinden sich ausser den gewöhnlichen morphologischen Typen gewisse eigentiimliche Zellen, “aus deren Axon oder aus deren Soma lange und sehr feine divergente Fasern spriessen. Diese Fortsätze werden progressiv dichter und | | | | Zur Frage über den feineren Ban des intracardialen Nervensystems usw. 81 endigen nach einem veränderlichen Laufe in Form eines eingekapselten Knopfes, völlig gleich denjenigen der wachsenden Axonen . . . Bevor wir unsere Arbeit über die Nervenregeneration begannen (und somit ohne die schätzbaren Tatsachen, welche diese liefert), glaubten wir, dass die Kugelfortsätze ein beständiges und einem besonderen Typus von sensiblen Ganglienzellen eigentümliches Verhalten darstellten. Heute indessen . . . zweifeln wir nicht mehr, dass die Axonen und die mit Endknöpfen versehenen Kollateralen in den normalen Ganglien des Menschen und der Tiere vorkommen und Phasen eines interessanten Neubildungsvorganges von Nervenfasern darstellen, eines in gewissen Grenzen sich abspielenden physiologischen Prozesses, der indessen unter pathologischen Bedingungen übertrieben werden könnte.“ Ich kann mich nicht dieser neuen Meinung R. y Cajals anschliessen und bin geneigt, die von mir beschriebenen Keulen und Platten als wirkliche Endapparate der Dendriten der Nervenzellen meines dritten Typus anzusehen, ja, im entgegengesetzten Falle und nach R. y Cajals neuer Meinung scheinen mir solche Bilder, wie z. B. die auf Fie. 25 abgebildeten, ganz unverständlich. Auf dem Präparat, das der Fie. 25 entspricht, und auch auf vielen anderen haben wir ein mehr oder minder bedeutendes Nervenstämmchen vor uns, längs dessen Verlauf und auf der Strecke von 6 — 7 Gesichtsfeldern bei Ocul. 2 und System 7 von Leitz aus ihm von allen Seiten marklose Nervenfasern entspriessen, die nach verschiedenen Richtungen sich be- geben und mit solchen Keulen, Kolben oder Platten enden. Wenn man dies als eine Wachstumserscheinung der Nervenfasern ansehen soll, so scheint mir sonderbar und unverständlich, warum es solche Bilder nur in der Phase des noch nicht beendeten Wachstums zu sehen gelingt und niemals diese Art der Verzweigung bei schon vollkommen formierten Nervenstämmchen. Indem ich jetzt direkt zur Beschreibung der Nervenendapparate übergehe, die von uns zur zweiten von den früher genannten Gruppen bezogen sind, muss’ ich vor allem die Aufmerksamkeit darauf lenken, dass man unter ihnen unterscheiden kann: Endigungen in Form von Sträuchern oder baumförmigen Endigungen, Endnetze, uneingekapselte und eingekapselte Knäuel. Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 6 82 Sergius Michailow, Ich werde mich nicht bei der Beschreibung der ersten zwei Arten von Endapparaten aufhalten, da sie schon von A. Dogiel beschrieben worden sind. Was jedoch die uneingekapselten und eingekapselten End- knäuel anbelangt, so werde ich auf ihre Beschreibung näher eingehen, denn obgleich Dogiel als der erste auf die Anwesenheit von ihnen im Bindegewebe des Visceralblattes des Pericardiums bereits in seiner Arbeit von 1898 hingewiesen hat, hat er sie doch nicht beschrieben, die eingekapselten Knäuel sind jetzt von mir zuerst entdeckt. In der Mehrzahl der Fälle endigen mit uneingekapselten Knäueln die mehr oder weniger feinen markhaltigen Nervenfasern, die aus den Nervenstämmchen des eigentlichen Pericardial- oder Grundgeflechtes ausgehend, bald auf isolierten, einzelnen Wegen sich hinziehen, bald kleinere Stämmchen des Pericardialendgeflechtes bilden. Diese Nerven- fasern verlieren ihre Markscheide bald in bedeutender Entfernung von dem Nervenknäuel, der durch sie gebildet ist, bald näher zum letzteren; es gibt jedoch auch solche, die sie bis zum Orte des Zerfalls ihres Achsenzylinders in einzelne Endzweige, die den beschriebenen Apparat bilden, beibehalten. Es gelang mir nicht selten, zu sehen, dass zu- weilen die bildenden Fasern solcher Endapparate beständig den Cha- rakter einer marklosen Nervenfaser beibehalten, auch wenn man sie auf eine bedeutende Strecke verfolgt. Zu der einen oder anderen Stelle gelangt, fangen die beschriebenen Fasern an sich zu verzweigen, indem sie sich teilen und Seitenzweige liefern, wobei die sekundären Aste sich ihrerseits mehrfach teilen. Somit zerfällt die Nervenfaser in viele Fäden, die sich in verschiedenen hichtungen biegen, und auf verschiedenen, zuweilen sehr komplizierten und verwickelten, sich schlängelnden Wegen verlaufen. Ein Teil von ihnen bildet eine ziemlich bedeutende Anzahl der Lànge und Breite nach verschiedener Schlingen, wogegen die anderen sich in die Zwischenräume dieser Schlingen begeben und somit einzelne von ihnen verbinden, wobei die letzteren auch selbst ineinander eingreifen und sich miteinander verwickeln. Das ganze Bild wird jedoch noch komplizierter und verwickelter dadurch, dass in die im allgemeinen noch breiten Zwischenrüume eine neue Anzahl von kleineren Schlingen eingedrängt wird, wodurch sie Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 83 noch mehr verengert werden. Dadurch entsteht ein Nervenendknáuel von der verschiedensten Grósse, Form und Aussehen, der sehr ver- wickelt ist in bezug auf den Verlauf der Fiiden, die ihm bilden und die bald parallel, bald quer, bald schräg in beliebiger Fläche des ‚entsprechenden Präparats sich hinziehen. Die Kompliziertheit und Dichtigkeit der Apparate wird nicht nur durch die Anwesenheit einer grossen Zahl sich verschieden schlängelnder Fäden und Zweige bedingt, sondern auch dadurch, dass die letzteren gewöhnlich nicht glatt erscheinen, sondern längs ihrer Gänge mit Verdickungen und Varikositäten versehen sind. Nur in sehr seltenen Fällen haben wir es mit solchen von den beschriebenen Endapparaten zu tun, die nur eine hinzutretende Faser besitzen, in der Mehrzahl der Fälle gibt es mehrere derartige Fasern (2—8, sogar 12 und mehr), und zwar markhaltige sowie marklose. Diese Fasern treten ein und aus in den verschiedensten Stellen des letzteren, wobei ein Teil nicht zur Bildung, sondern nur für die Verbindung einzelner dieser Nervenendapparate dient. Indem ich die Beschreibung der Bildung von Nervenknäueln beende, werde ich noch bemerken, dass man in den Fällen, wo ein solcher Knäuel nur durch eine Faser gebildet wird, immer hierselbst im Umkreise die Anwesenheit noch anderer gleicher Endapparate konstatieren kann, wobei es sich erweist, dass sie alle in diesem Falle durch einzelne Zweige gebildet sind, die durch mehrfache Teilung ein und derselben Faser entstanden sind. Die beschriebenen Endknäuel sind zweierlei Art: einfache und komplizierte, wobei zu den letzteren die gerechnet werden, bei denen die Bildungsfasern, die ihre einzelnen Knäuel bilden, direkt von anderen gleichen Knäueln herstammen und nur der erste in der Reihe dieser Nervenknäuel durch Nervenfasern gebildet ist, die aus dem einen oder anderen Nervenstämmchen der intracardialen Nervengeflechte her- stammen. Jedoch ungeachtet dessen, dass die uneingekapselten Knäuel zweierlei Art sind, kann man unter ihnen eine einzelne Gruppe unter- scheiden, die sich durch die Anwesenheit im Knäuel von einer be- sonderen Grundplatte charakterisiert, die äusserst deutlich auf den Präparaten des Herzens hervortreten, die mit Methylenblau gefärbt sind. 6* 84 Sergius Michailow, Auf der Fig. 13 ist einer von diesen Knäueln abgebildet. Hier sehen wir, dass die hinzutretende markhaltige Nervenfaser, indem sie in bedeutender Entfernung von ihrer Endigung ihre Markscheide ver- liert, wobei auf der Zeichnung nur der Teil abgebildet ist, wo sie die Markscheide schon verloren hat, beinahe direkt vor der Bildung ihres Endapparates sich dichotomisch und wiederholt zu teilen anfüngt. Ein Teil der Zweige, die durch diese Teilung entstanden sind, läuft in verschiedenen Richtungen, teilt sich auf seinem Wege mannigfaltig, nimmt einen varikósen Charakter an und verwickelt sich miteinander, wogegen die übrigen sich mit der Grundplatte, ziemlich grossen Um- fanges, verbinden. Von dieser Platte gehen ihrerseits eine bedeutende Anzahl von Fäden und Zweigen aus, die dieselben Veränderungen durchmachen, die schon früher beschrieben sind und denen die Nerven- fasern, die die knäuelförmigen Endapparate bilden, auch unterworfen sind. Sie verwickeln sich mit den Fäden und Zweigen, die diese. Grundplatte passiert haben und bilden mit ihnen zusammen einen End-. apparat, der dem oben beschriebenen gleich ist, in Form eines oder einiger Knäuel. Diese Grundplatten haben eine sehr verschiedene Grósse, Form und Aussehen. Jedoch häufiger erscheinen sie beinahe regelmässig oval oder eifórmig. Zuweilen kann man sehen, wie die hinzutretende Faser eine Grundplatte solcher Art bildet und von der letzteren spriesst schon eine gróssere oder kleinere Anzahl, der Länge und Grósse nach verschiedener Faden. Indem sie sich von der Grundplatte entfernen, bilden sie einen, bald zwei und sogar drei Knàuel, von denen ihrer- seits zuweilen eine verschiedene Anzahl, wie verbindender, so auch bildender Fáden entspriessen, die sich durch nichts von den schon be- schriebenen unterscheiden. Was jetzt das Verháltnis dieser Grundplatten zu den Knäueln, in deren Bildung die Fäden, die aus der Platte stammen, teilnehmen oder sie ganz bilden, anbelangt, so treffen wir hier ebenfalls in dieser Be- Ziehung die grösste Mannigfaltigkeit. Ich werde mich nicht bei dieser Frage lànger aufhalten und werde nur darauf hinweisen, dass die Grundplatte in den Fallen, wo sie mit den Faden eines Knäuels ver- bunden erscheint, bald in ihrer Mitte, bald an der Peripherie liegt - Zur Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 85 oder sogar in einiger Entfernung von der letzteren;. wenn sie mit zwei Knäuel in Verbindung steht, so liegt sie öfter zwischen ihnen, wenn mit drei (mehr habe ich nicht beobachtet), so liegt sie am häufigsten auch zwischen ihnen. Indem ich direkt zur Beschreibung der eingekapselten Nerven- kniiuel übergehe, muss ich noch zuerst bemerken, dass sie durch dicke markhaltige Fasern gebildet werden, die, nachdem sie weiter oder niher vom Endapparat ihre Markscheide verloren haben, an das letztere in Form eines ziemlich dicken Nervenfadens, der stellenweise erweitert, stellenweise verengert erscheint, herantreten. Diese Faser teilt sich längs ihres Verlaufes, gibt zuweilen Seitenzweige ab, wobei es immer aus dem einen oder anderen Nervenstämmchen des Grund- geflechtes herauskommend erscheint. Ihre Teilung erfolgt zuweilen schon an der Stelle. der Bildung des Nervenapparates, wobei die Apparate, die durch einzelne durch diese Teilung entstandene Zweige gebildet werden, sich nebeneinander lagern. Ich werde mich nicht bei der Beschreibung dessen aufhalten, wie aus der herantretenden Nervenfaser der eine oder andere dieser Knäuel gebildet wird, da in dieser Beziehung man dasselbe wiederholen müsste, was schon früher erwähnt wurde und werde nur darauf hinweisen, dass die eingekapselten Knäuel gewöhnlich noch dichter erscheinen als die uneingekapselten, dass ihre Form in der Mehrzahl der Fälle regelmässig ist und die Konturen glatter. Diese ist natürlich durch die hemmende Wirkung der Bindegewebekapsel bedingt. Die ein- gekapselten Knäuel sind auch in zwei Arten vertreten: es gibt einfache und komplizierte, d. h. sie können bald einzeln erscheinen, bald eine Kette bilden, indem sie sich durch einen Nervenfaden direkt mit- einander verbinden. Einer von diesen eingekapselten Endknäuel, die auf dem entsprechenden Präparat eine Kette bilden, die vollständig nur aus Platzmangel nicht dargestellt ist, ist auf Fig. 20 abgebildet. St. Petersburg, Mai 1907. 10. pil: 12. 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XXX. 1907. Erklärung der Abbildungen. Alle Zeichnungen sind mit Hilfe des Zeichenokulars von Leitz verfertigt. Die Zahl, die nach der Beschreibung der Figur steht, zeigt die Nr. des Objektivs an. Eine unipolare Zelle des dritten Typus. Vom dicken Dendrit, der mit einer komplizierten Keule endigt, spriesst ein dünnes, glattes Axon ab. Pferd. Leitz 7. Eine Zelle des dritten Typus. Es ist eine Kapsel zu sehen, aus der nur ein Axon austritt, wogegen die Dendriten scheinbar unter ihr endigen. Pferd. Leitz 7. Eine rosettenförmige Zelle des zweiten Typus. Einige von den Keulen erscheinen ziemlich stark pigmentiert. Der Nervenfortsatz ist mit n, die | Dendriten der zweiten Art mit d bezeichnet. Pferd. Leitz. Öl-Immersion !/,,. Eine Zelle des zweiten Typus. Es sind fünf kleine Vorsprünge zu sehen, die auf verschiedenen Teilen der Zelle sitzen. # = Nervenfortsatz. Pferd. Leitz 7. Eine Zelle des ersten Typus. # = Nervenfortsatz; d = Dendritenend- büschchen. Pferd. Leitz 7. È Zwelkernige Zelle. Wie der Zellenkòrper, so auch ihre Fortsätze sind | mit einer gefärbten Kapsel umringt. Zwei Dendriten treten in das Nerven- stämmchen ein. Affe. Reichert 7a. Kleines Ganglion. A = Zelle des dritten Typus: einer von ihren Den- driten (d) endigt bei der Zelle C mit einer Platte, wobei er sie zuerst umflicht; Nervenfortsatz (n) geht in den Achsenzylinder der markhaltigen Faser über. £ = Kapsel der Zelle, die Pigment enthält und auf der drei Endknöpfe liegen. Pferd. Zeiss. Apochr. 4,0 mm. Apert. 0,95. Ein Teil der Fig. 7, die mit £ bezeichnet ist und mit Reicherts Objektiv 18b, homog. Immersion !/,3 abgebildet ist. | Zelle des dritten Typus. Nervenfortsatz (4), die Dendriten endigen mit einfachen und komplizierten Keulen und Platten. Pferd. Reichert 7a. Eine Zelle, deren Nervenfortsatz neben dem Zellenkórper in den Achsen- zylinder der markhaltigen Faser übergeht. Pferd. Leitz 7. Ein kleines Ganglion. «= Zellenkapsel, deren Dendritenbündel mit der róhrenfórmigen Fortsetzung der Kapsel gekleidet ist; b = Zellenkapsel des zweiten Typus, die Pigment enthält. Pferd. Zeiss. Apochr. 4,0 mm. Apert. 0,95. d — Zelle des vierten Typus, einer von deren Dendriten endet mit einem Endapparat auf der benachbarten Zelle. Pferd. Reichert 7a. Uneingekapselter, knäuelförmiger Endapparat mit einer Grundplatte. Pferd. Leitz 7. Fig. Fig. Fig. 16. 17, mus E. . 20. peal. 2022: . 98. . 24. 25. ' Frage über den feineren Bau des intracardialen Nervensystems usw. 89 Ein kleines Ganglion. Pericapsuläre Geflechte. Pferd Reichert 7a. Eine Zelle des dritten Typus. n = Nervenfortsatz; die Dendriten endigen mit Keulen und Platten, wobei die von ihnen, mit der der Dendrit 4 endigt, pigmentiert ist. Pferd. Zeiss. Homog. Immersion 1,5 mm. Apert. 1,90. Eine Zelle des dritten Typus. Einer von den Dendriten tritt in das Nervenstämmchen ein und endigt in ihm mit dem Endapparat (a). Pferd. Zeiss. Apochrom. 4,0 mm. Apert. 0,95. A = Zelle des vierten Typus. # = Nervenfortsatz; die Dendriten endigen mit Sträuchern. B = eine Zelle des dritten Typus. n = Nervenfortsatz ; einige von den Dendriten endigen mit einfachen und komplizierten Platten und Knöpfen. Pferd. Reichert 7a. Ein kleines Ganglion. A = pericelluläres; 8, C und D = pericapsuläre Endgeflechte. Die hinzutretende marklose Faser (d) endigt auf der Zelle [nur der Zellenkern (e) ist gefürbt| mit einem Büschel. Katze. Reichert 7a. Ein Büschchen aus keulen-, knopf- und plattenförmigen Ehdapparaten, die frei im Bindegewebe des Epicardiums liegen. Leitz 7. Eingekapselter, knäuelförmiger Endapparat. Pferd. Reichert 7a. Sensibler Endapparat in Form einer komplizierten Platte. Ein Teil der Fig. 25. Pferd. Leitz 7. a = Zelle des zweiten Typus. x = Nervenfortsatz. Katze. Reichert 7a. Uneingekapselte, knáuelfórmige Endapparate. Pferd. Leitz 7. Ein kleines Ganglion. Teilung der Zellen: 4 und B = sich teilende Zellen, C und D — schon geteilte. Pferd. Reichert 7a. Nervenstàmmchen (44), aus dem eine grosse Anzahl markloser Nerven- fasern heraustritt und hierselbst bei dem Nervenstimmchen mit Keulen, Knópfen und Platten endigen; « = komplizierter Apparat, derselbe, der auf Fig. 21 bei starker Vergrósserung abgebildet ist. Pferd. Leitz 3. Fibroglia Fibrils in the Intestinal Wall of Necturus and their Relation to Myofibrils. By Caroline McGill, Instructor in Anatomy, University of Missouri. (With Plate V.) Mallory (1903) in a paper entitled ^A Hitherto Undescribed Fibril- lar Substance Produced by Connective tissue Cells”, has shown that. connective tissue cells, in addition to elastic fibers and ordinary col- lagenous fibrils, produce a third variety of fibrils which he terms | fibroglia fibrils. These fibrils differ both chemically and morphologi- cally from other connective tissue fibrils. In their staining reactions they very closely resemble the coarse fibrils of smooth muscle. Mallory found these fibrils occurring most abundantly in pathologic growths, as in the connective tissue immediately surrounding the invading epithelium in adenoma of the breast. Here they often tend to form basement membranes. In normal tissue, he found them forming the true base- ment membranes of the kidney tubules, of the sweat glands and the glands and ducts of the breast. They also occur beneath the endo- thelium of arteries and the larger veins. Everywhere, these fibrils are much more numerous in pathologic than in normal tissue. In all new | growths where new connective tissue is rapidly forming they are very abundant. For Mallory’s methods of staining these fibrils the reader is referred to the original paper in “The Journal of Medical Research”: Vol. 10. Mallory thinks that these fibrils are produced by connective tissue cells. This he concludes from the fact that they are most numerous in pathologic lesions where there is an abundance of newly | formed connective tissue. Because they arise in connective tissue cells, Fibroglia Fibrils in the Intestinal Wall of Necturus ete. 91 he considers them separate and distinct from myofibrils. However, as ean be shown by tracing the deveiopment of smooth muscle, the origin of these fibrils in connective tissue cells is not conclusive in differentia- ting them from myofibrils. In the digestive tract of Necturus, just beneath the lining epi- thelium and scattered in the subepithelial connective tissue, are fibrils —which in most respects are strikingly similar to the fibroglia fibrils described by Mallory. In this paper these structures will be called fibroglia fibrils though the term, as will be shown presently, is perhaps not entirely appropriate. The material used was stomach and intestine of Necturus macu- latus. For fixation Zenker's and Gilson's fluids were employed. The material was stained in the following mixtures, Mallory's anilin-blue connective tissue stain, Van Gieson's haematoxylin picro-fuchsin mixture, Heidenhain’s iron-haematoxylin stain and Weigert’s fuchsin-resorcin elastic tissue stain. With Mallory's anilin-blue connective tissue stain the fibroglia fibrils stain uniformly red, as do the fibroglia fibrils of Mallory and as do myofibrils. With Van Gieson's stain they take the intense yellow color characteristic for myofibrils with this stain. When stained with Heidenhain's iron-haematoxylin and counterstained with eosin the appearance varies, depending upon the caliber of the fibril and the amount of extraction of the haematoxylin with the iron-alum. When the sections are over-stained with the haematoxylim and then the stain only moderately extracted, all of the fibroglia fibrils, regard- less of their thickness, stain black. If the haematoxylin be further extracted, the coarser of the fibroglia fibrils stain black while the finer fibrils lose all the haematoxylin and stain red with the eosin. Longer treatment with the iron-alum causes all of the haematoxylm to be removed from the fibrils while the chromatin ot the nucleus may still be well stained. In this instance all of the fibrils stain red. These reactions to iron-haematoxylin are identieal with those shown by myofibrils. In fact, with every stain used it was impossible in their reactions with stains to differentiate between the fibroglia fibrils and myofibrils. It is only morphologically that they show any ditie- rences what-so-ever. 92 Caroline McGill, The wall of the intestine of Necturus consists of four typical layers; serous, muscular, submucous and mucous. It is only the mucous « and submucous coats that require description here. The mucous coat - is made up of an inner lining of simple columnar epithelium. This M rests upon a loose connective stroma, the tunica propria. The epi- thelium is thrown up into large folds, by some described as villi. There k is no distinct muscularis mucosa, muscular fibers scattered throughout M the tunica propria and submucosa apparently taking its place. The tunica propria blends with a heavier connective tissue layer beneath, the submucosa. Just beneath the epithelium occurs a thick felt-work of fibroglia fibrils. There are also scattered fibroglia fibrils throughout the subepithelial connective tissue, down as far as the muscular coat. Immediately beneath the epithelium these fibrils are so numerous that they form a distinct basement membrane (Figs. 1b and 3b). Morphologically, these fibrils found in the intestinal wall of Nec- M turus so closely resemble the fibroglia fibrils of Mallory that a separate description of the individual structures is hardly necessary. They are, in the main, heavy fibrils, round or oval in cross-section, of approxi- mately uniform caliber throughout the entire length. With ordinary stains, they usually appear homogeneous. The fibrils in Necturus vary more in thickness than do those described by Mallory. They range in size from strands as fine as the fine fibrils of smooth muscle, to those as coarse as the coarse myofibrils. In places the coarse fibrils break up into bundles of finer fibrils (Figs. 3bf and 4bf). It is in their relation to the cell body and in their general course that these fibrils differ from those of Mallory. Some of these fibrils very closely resemble in their arrangement those of Mallory (Figs. 4 and 5). That is, they bear the same relation to the cell protoplasm as do neuroglia fibrils, merely touching the border or, perhaps, running through it for a short distance. One fibril may pass through the pro- toplasm of several connective tissue cells. In such tissue as this the connective tissue cells are flattened with oval nuclei. The fibrils tend to run parallel with the long axis of the cell, but many of them spread out in other directions, forming more or less of a network. Besides these fibrils, the cell protoplasm around the periphery may contain col- Fibroglia Fibrils in the Intestinal Wall of Necturus etc, 05 lagenous fibrils. 'lhese are quite numerous intercellularly and, in all probability, are derived from the same cells as the fibroglia. Often, however, the arrangement differs from the above. In Figure 6, taken from the connective tissue in the center of a fold or villus, the connective tissue cells form a distinct syncytium. Most of the fibrils are almost entirely embedded in the cell protoplasm. The ends of some of the fibrils seem to be lying free in the intercellular substance, but in most instances some granular protoplasm surrounds the fibril throughout its extent. Here the condition closely resembles a develop- mental stage of smooth muscle. In Figure 3, taken from just beneath the epithelium, the cells are much elongated structures with rod-shaped nuclei similar to those of smooth muscle. The protoplasm is directly continuous from one cell with that of the next, through long anasto- moses. The fibrils are very numerous and most of them run parallel with the long axis of the cell The fibrils nearest the nucleus are embedded in the granular protoplasm throughout their entire length. Some of the more peripheral seem to be entirely free from cell pro- toplasm, but usually can be shown to be connected at some point. The fibrils are both fine and coarse. The fine fibrils tend to lie near the nucleus, the coarse around the periphery. The whole bundle of fibrils grouped around a single nucleus forms a structure which shows a striking resemblance to a smooth muscle fiber. Between this type and that described by Mallory are all transitions. Not only in the base- ment membrane, but scattered throughout the subepithelial connective tissue are these elongated, spindle-shaped cells, which, with their sur- rounding fibrils so closely resemble muscle fibers. Here, as in the base- ment membranes, all transitions exist between them and the stellate cells which contain such fibrils. From the fact that the fibroglia fibrils, by every method employed, stain just as do myofibrils, and in addition, because these fibrils are often arranged in bundles which morphologically resemble smooth muscle fibers, it seems that, unless more evidence to the contrary can be obtained, they should be considered myofibrils. The term fibroglia fibril will then be unnecessary. That these fibrils arise in connective tissue cells, and that the cells even when the fibrils are fully formed 94 Caroline McGill, may resemble ordinary connective tissue cells, is no argument against their not being myofibrils. This statement will be clear when it is remembered that in their development the myofibrils usually arise in an embryonal connective tissue syncytium. In this syncytium, side by side with the myofibrils, collagenous and elastic fibers are differentia- ting. In the later development, the connective tissue fibrils are crowded to the periphery of the protoplasm by the rapid development of myo- | fibrils around the nucleus. Even in the adult, however, both connec- tive tissue fibrils and myofibrils may occur in the same protoplasmie mass. The details of the development of smooth muscle, I have de-: scribed in a paper published in “Internationale Monatsschrift für Ana- tomie und Physiologie", 1907, on “The Histogenesis of Smooth Muscle in the Pig". In the development of smooth muscle there are many more coarse fibrils present than in adult tissue. Often these coarse myofibrils do | not run parallel with the long axis of the cell, and they frequently break up into bundles of finer fibrils, showing much the same ap- pearance as fibroglia fibrils. "The picture shown in Figures 2, 4, 5 and 6, very closely resembles some stages in the development of smooth muscle in pig intestine. The presence of the fibroglia fibrils, staining exactly like coarse myofibrils, in such large numbers in the tissue described, seems to indicate more that it is of an embryonal muscle type rather than that it is connective tissue. That the fibroglia fibrils in part of their course seem to lie free in the intercellular substance, does not indicate that they are not myo- fibrils. In the mass of myofibrils making up the smooth muscle bundle, the granular protoplasm is restricted to a small amount immediately surrounding the nucleus. It is impossible to demonstrate, by ordinary methods, the sarcoplasm which is supposed to lie between the myo- fibrils, so that the fibril bundles, to all appearances, seem to lie free in the intercellular substance. Heidenhain considers the myofibrils living protoplasm and there seems to me to be every reason to believe that they are such. From the close resemblance of the fibroglia fibrils to myofibrils there is no reason to doubt that they are living protoplasm also, and not merely a protoplasmic product. The close relation which Fibroglia Fibrils in the Intestinal Wall of Necturus ete. 95 these fibrils bear to the granular protoplasm surrounding the nucleus and the fact that they always stain as does this protoplasm, is further evidence for their being protoplasmic. Of course, the conclusive evidence as to the nature of the fibro- glia fibrils can only be definitely obtained when their function is clearly determined. That is whether they be contractile or not. Along this line I have no direct evidence. However, in the intestine of Necturus where these fibrils were studied, the muscular coat had in some in- stances been contracted by stimulation, either electrically or otherwise before fixation. In the subepithelial connective tissue of portions of the intestine so contracted, the collagenous fibrils often run a distinctly wavy course, yet the fibroglia fibrils always run a comparatively straight course (Fig. 5). Were these fibrils non-contractile, in firmly contracted material they would show decidedly wavy. Thus there is some evi- dence for believing that these fibrils are really contractile. Since there is no distinct muscularis mucosa present in the in- testine of Necturus, it is probable that these scattered fibroglia fibrils, arranged either singly, or grouped around the cell protoplasm into structures closely resembling smooth muscle fibers, represent such a layer. It is quite probable that in the basement membrane of the kidney tubules, beneath the endothelium of blood vessels and in other places where Mallory found fibroglia fibrils that they are, as he suggests, contractile in character. In concluding, I merely wish to emphasize that, as these fibroglia fibrils occur in Necturus, there is no apparent reason for considering them anything other than myofibrils. Summary. 1. In the intestine of Necturus, forming a basement membrane for the lining epithelium and scattered throughout the subepithelial connective tissue, are fibrils which closely resemble the fibroglia fibrils described by Mallory. 2. These fibrils always, at some point in their course, are in con- nection with the granular protoplasm of the cells from which they arise. In some places, throughout their entire length, the fibrils run 96 Caroline McGill, Fibroglia Fibrils in the Intestinal Wall of Necturus etc. through granular protoplasm. The cells may be stellate with ovalıl nuclei or much elongated with rod-shaped nuclei. In every case thee protoplasm is a syncytium there being abundant anastomoses betweeni : the cells. | 3. Where the cells are stellate the fibrils run in all directions forming a network. Around the elongated cells the fibrils are arranged ì parallel with the long axis of the cell just as in the case of smooth || muscle. 4. The fibrils may be either coarse or fine. The coarse fibrils | closely resemble coarse myofibrils, the fine, the fine myofibrils. 5. With all stains used the fibroglia fibrils stain just as do the myofibrils. 6. There is some evidence that the fibroglia fibrils are contractile. 7. In general arrangement, as well as in many details of struc- ture, the fibroglia fibrils, with the cells containing them, resemble smooth muscle in certain stages of its development. 8. "Throughout, the similarity of the fibroglia fibrils to myofibrils is very apparent. 'This resemblance is so close that it seems unneces- sary to give them a separate name. They should be considered merely as a type of myofibril. | Columbia, Missouri, June 1, 1907. Fig. 1. Fig. 2. Fig. 8. Deseription of Figures. b — basement membrane. be — base of the lining epithelial cells. cc = stellate cells containing fibroglia fibrils. mc — elongated cells containing fibroglia fibrils. cf — coarse fibroglia fibrils. /f = fine fibroglia fibrils. wf = collagenous fibrils. g = granular protoplasm. s = protoplasmic syncytium. A cross-section of a portion of the epithelial and subepithelial layers from the intestine of Necturus. Fixation, Zenker’s fluid; stain, Mallory’s anilin- blue connective tissue stain; magnification, 800. The fibroglia fibrils and granular protoplasm are red, the nuclei yellow, collagenous fibrils and mucous in the goblet cells blue. be = lining epithelium; b = basement membrane of fibroglia fibrils intermixed with a few collagenous fibrils: cc = stellate cell containing fibroglia fibrils; mc = elongated cell containing collagenous fibrils; cf — coarse fibroglia fibril; zf = collagenous fibrils. A portion of the subepithelial tissue from the intestine of Necturus. Fixation, Zenker’s fluid; stain, Van Gieson’s connective tissue stain; magnification, 1400. The fibroglia fibrils and granular protoplasm are stained yellow, the nuclei brown, collagenous fibrils red. ce = stellate cell; cf = coarse fibroglia fibril; wf = collagenous fibrils. The finer cell structure is not brought out well by this stain. Two elongated cells from just beneath the epithelium of the intestine of Necturus. Fixation. Zenker’s fluid; stain, Heidenhain’s iron-haematoxylin, eosin; magnification, 1400. The fine fibroglia fibrils and the granular pro- toplasm are stained red, coarse fibroglia fibrils and the chromatin of the nuclei black, collagenous fibrils yellowish pink. Most of the fibroglia fibrils in these cells run parallel with the long axis of the cells so that the resemblance to smooth muscle is very striking. The granular proto- plasm of the two cells is continuous. è — basement membrane upon which rests the lining epithelium; /f = fine fibroglia fibrils; cf = coarse fibroglia fibrils; mc = elongated cell with rod-shaped nucleus; bf = coarse fibroglia fibril breaking up into a brush of fine fibrils; wf = collagenous fibrils. internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. i 98 Caroline McGill, Fibroglia Fibrils in the Intestinal Wall of Necturus etc. Fig. 4. A cross-section of the basement membrane and a portion of the sub- epithelial tissue from the intestine of Necturus. Fixation, Zenkers fluid; | stain, Heidenhain's iron-haematoxylin eosin; magnification, 1400. The haematoxylin was not far extracted so that all the fibroglia fibrils, both . coarse and fine, are stained black. In this section the fibroglia fibrils occur in a syncytium formed by the anastomoses of the branches from the stellate cells. The fibrils run in every direction forming a distinct network. be = base of the epithelium; b = basement membrane; cc = stellate cell of the syncytium; 7 = granular protoplasm; cf = coarse fibroglia fibril; ff = fine fibroglia fibril; bf = coarse fibril breaking up into a brush of fine fibrils; wf = collagenous fibrils. A portion of the subepithelial tissue of the intestine of Necturus. Fixation, Zenkers fluid; stain, Mallory’s anilin-blue connective tissue stain; magni- fication, 1400. The intestine had been contracted by electrical stimulation and fixed while still contracted. The wavy course of the collagenous fibrils and the comparatively straight course of the fibroglia fibrils is apparent. a =a bundle of fine and coarse fibrils which, outside the section drawn, was in relation to an elongated cell. Note the close resemblance to a smooth muscle fiber. cf = coarse fibroglia fibril; ce = stellate cell; /f = fine fibroglia fibril. From the tunica propria in the center of a villus of the intestine of Necturus. Fixation, Zenker’s fluid; stain, the iron-haematoxylin method of Heidenhain, counterstained with eosin; magnification, 1400. The stellate cells unite to form a syncytium. In the granular protoplasm of this syncytium are large numbers of fibroglia fibrils, both coarse and fine, cut, in the main, in cross-section. cc = stellate cell of the syncytium; s= syncytium; ¢f = coarse fibroglia fibrils in both cross and longitudinal section; ff = fine fibroglia fibrils; wf = collagenous fibrils. Referate. Von Fr. Kopsch. Ernst Schwalbe, Die Morphologie der Missbildungen des Menschen und der Tiere. Ein Lehrbuch für Morphologen, Physiologen, prak- tische Arzte und Studierende. Jena, G. Fischer. I. Teil: Allgemeine Missbildungslehre (Teratologie). Eine Einführung in das Studium der abnormen Entwicklung. 1 Tafel. 165 Ab- bildungen im Text. 1906. IL. Teil: Die Doppelbildungen. Mit 2 Tafeln und 394 Abbildungen mie ext. 1901. Das Werk soll aus drei Teilen bestehen; die beiden ersten Abteilungen liegen vor, die dritte wird die Einzelmissbildungen enthalten. Der Verf. hat mit grossem Fleiss und hervorragendem Geschick das ungemein reiche Material gesammelt und geordnet. Morphologie und Physiologie der Entwick- lung sind in ausgiebiger Weise herangezogen zur Erklirung der Entstehung der Missbildungen. Die Literatur ist fast lückenlos angegeben und das will viel sagen angesichts des behandelten Gegenstandes. Der Autor. hat sich ein grosses Verdienst mit diesem Werke erworben. J. Clarence Webster, Die Placentation beim Menschen. Eine Dar- stellung der Vorgänge in der Uterusschleimhaut und den mit ihr verbundenen fótalen Gebilden während der Schwangerschaft. Ins Deutsche ibersetzt von Gustav Kolischer. Berlin 1906, Oscar Coblentz. 10 M. Websters Buch über die menschliche Placenta, welches 1901 in englischer Sprache erschien, liegt hier in guter deutscher Übersetzung vor. Ausgehend von der normalen Schleimhaut des Corpus uteri, werden die Veränderungen durch die Schwangerschaft hindurch verfolgt bei der Decidua und ihren einzelnen Teilen, beim Chorion und Amnion. Ein besonderes Kapitel handelt von der Abtrennungsebene des Eies, ein anderes von der Placenta praevia. Den Beschluss des Ganzen machen eine kurze vergleichend-embryologische Darstellung und die Beschreibung der aus- gestossenen menschlichen Placenta. 100 Fr. Kopsch, Referate. Die deutsche Ausgabe übertrifft das englische Original in bezug auf die Güte | der beigegebenen (173) Figuren. Während das letztere Reproduktionen von Mikro- photographien enthält, welche nicht besonders instruktiv sind, wie ich früher (s. diese Monatsschrift, Bd. XIX, S. 368) sagte, dienten in der deutschen Ausgabe Zeichnungen als Vorlagen. Ausserdem sind die Figuren grósser. — Die Literaturübersicht ist nicht vermehrt worden. Das Buch ist als klare, übersichtliche Darstellung der Placentabildung sehr zu empfehlen. Bernhard Rawitz, Lehrbuch der mikroskopischen Technik. 438 Seiten. 18 Figuren. Leipzig 1907, W. Engelmann. Geh. 12 M., geb. 13,20 M Das Buch ist gegliedert in zwei Teile. Der erste enthält in zwölf Kapitel: die ,Untersuchungsmethoden* nach Gruppen geordnet. Das erste dieser zwòlf Kapitel ist der Beschreibung des Mikroskopes, das letzte ist der Herstellung von Abbildungen und den Rekonstruktionsmethoden gewidmet. Der zweite Teil enthält die „Anwendung der Methoden“ auf die verschiedenen Gewebe und Organe. Rudolf Grashey, Atlas typischer Röntgenbilder vom normalen Menschen. Ausgewählt und erklärt nach chirurgisch-praktischen Gesichts- punkten mit Berücksichtigung der Varietüten und Fehlerquellen sowie der Aufnahmetechnik. Mit 97 Tafelbildern und 42 Kontur- zeichnungen sowie 14 schematischen Figuren. München, Lehmanns Verlag. 16 M. Die Notwendigkeit, , Réntgen-Normalbilder“ der einzelnen Regionen als Unter- lage zur Beurteilung dem Arzte und Studierenden zu bieten, hat den Autor zur Herausgabe des Atlas veranlasst. Neben den Normalbildern sind auch eine Anzahl der häufigsten Varianten dargestellt, was angesichts der grossen Bedeutung der Variationslehre sehr verdienstvoll ist. Folia neuro-biologica. Internationales Zentralorgan für die gesamte Biologie des Nervensystems. In Verbindung mit zahlreichen Autoren herausgegeben und redigiert von E. Hekma. Leipzig, W. Klinkhardt; Paris, G. Ricker; New York.’ encre eov uchners dele Niele Nov. 1907. Die „Folia neuro-biologica* machen einen Versuch, die gesamte neuro-biologische Literatur zu zentralisieren. Dies soll erreicht werden durch Sammelberichte und laufende Berichte iber die weit zerstreute Literatur. Ausserdem sollen Original- arbeiten in den vier Kongresssprachen Aufnahme finden. Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto) in Leipzig. | Vorlesungen über soziale Medizin Prof. Dr. Th. Eu Bonn. M. 8.—, geb. M. 9.—. Der Praktiker. . Ein Nachschlagebuch für die ärztliche Praxis Dr. E. Graetzer, Berlin. i. Abteilung. M. 6.—. Einführung in das Studium der Bakteriologie. - Mit besonderer Berücksichtigung der mikroskopischen Technik a von Prof. Dr. Carl Giinther, Geh. Med.- Rat in Berlin. Mit 93 Photogrammen. - Sechste, vermehrte und verbesserte Auflage. M. 13.—, Halbfrz. geb. M. 15.80. P LEHRBUCH . der allgemeinen Pathologie und all- memeinen pathologischen Anatomie von Dr. R. Oestreich, Privatdozent und Prosektor des Königin Augusta-Hospitals in Berlin. Mit 44 Abbildungen und 11 Tafeln in Dreifarbendruck. M. 13.—, geb. M. 14.20. Rauber-Kopsch’s Lehrbuch der Anatomie. VII. neu ausgestattete Auflage. Abt. VI (Schluss): Sinnesorgane, Generalregister. 251 teils farbige Abbildungen. Geb. M. 8.—. Verlag von (e Thieme in Leipzig. Grundriss der physikalischen Chemie von Dr. Max Roloff, Privatdozent an der Universitàt in Halle. Mit 13 Abbildungen. M. 5.—, geb. M. 6.—. hoth's klinische Terminologie. Zusammenstellung der zurzeit in der klinischen Medizin gebrauchlichen technischen Ausdrücke, mit Erklärung ihrer Bedeniang: und Ableitung | 5 von weil. Dr. Otto Roth. E Siebte, vielfach verbesserte und stark vermehrte Auflage. ‘4 Geb. M. 7.—. i t Vorlesungen über Wirkung und Anwendung der Unorganischen Arzneistoffe für Ärzte und Studierende von Prof. Dr. Hugo Schulz, Geheimer Medizinalrat in Greifswald. M. 8.—, geb. M. 9.—. Lehrbuch der allgemeinen Physiologie. — Eine Einführung in das Studium der Naturwissenschaft und der Medizin m 3 von Prof. Dr. J. Rosenthal. Mit 137 Abbildungen. M. 14.50, geb. M. 16.50. Diesem Heite liegt ein Prospekt der Verlagsbuchhandlung Wilhelm Engelmann | 4 in Leipzig, betr. ,Archiv für Zellforschung, herausgegeben von Dr. tes Goldschmidt“, bei. i 3 Ricnard Hahn (H. Otto), Leipzig. Herausgegeben : von tich gi in Pavia, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, G. Retzius in Stockholm | E. A. Schäfer n Tostut | in Edinburg in Lyon e und | Fr. Kopsch E in Berlin. à "È Band XXV. Heft 4/6. ì $u- Ae "LEIPZIG 1908 Verlag von Georg Thieme Anbalt | 3 ; ‘es Seite - In Memoriam! Professor Dr. med. G. AnGuldbere en ne. RENTE 101° . Dr. Benedetto Pizzini, Über die Sekretionserscheinungen in do Nierenzelle | È bei der Diurege. (Tafel VI)... sa : Se e x P. Krassin, Über die Regeneration ler peripheren Noi ma ee 2 (Patel VED) - 5. SA (Inna Me Fr. Kopsch, Referat |. © . eee cau RR c cu Ba Mp ee 180. 5 li i I Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsátzen 50 Sonderabdrücke frei. eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. — Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 3 logie“ werden direkt au die Redaktion: Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf bei Berlin, Prinzregentenstr. 59, erbeten. Reprints. Contributors desiring more than 50 extra copies of their articles can obiain them at reasonable rates by application to the publisher Georg Thieme, Leipzig, Rabensteinplatz 2, Germany. Contributions (French, English, German, Italian or Latin) should be sent to the associate editors or to the editor Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf by Berlin, Prinz- regentenstr. 59. - Avis. Les auteurs des mömoires insérés dans ce journal qui désireront plus de 50 tirages à part de leurs articles, les obtiendront à des prix modérés en s’adressant à M. Georg Thieme, libraire-éditeur, Leipzig, Rabensteinplatz 2, Allemagne. Les articles écrits em allemand, en anglais, en français, en italien ou en latin doivent être adressés à l’un des Professeurs qui publient le journal, ou à M. Fr. Kopsch — à Wilmersdorf prés de Berlin, Prinzregentenstr. 59. Die bisher erschienenen Bande kosten: DI SM due N ol... LER CON 45,50. NR e UU. CL eu an neo. aa cu RI C u POM oS uL. nau I o v cU ee UE UEM c qm cda c ou cr TU LI Se ning Le MIA M c E tu I rU WU qu cm nn rg soa e Bd. I—XX statt M. 1397.30 nur M. 1000.— bar. In Memoriam! Professor Dr. med. G. A. Guldberg. Der kräftige Mann mit dem hellen Sinn ist nicht mehr. Der Tod nahm ihn plötzlich, ohne Mahnung, mitten in seinem besten Wirken. Guldber® war geschätzt wie wenige. Das darf man wohl ohne Widerspruch sagen, dass er keine Feinde hatte und dass seine Freunde zahlreich waren. Friedfertig war er wie wenige. .V;] nocere konnte er als seinen. Wahlspruch setzen. Sein munterer, froher Sinn, seine ständige Hilfsbereitschaft und die grosse persönliche Liebenswürdie- keit, die aus seinem offenen Gesichte mit den guten Augen leuchtete — alles machte, dass man sich mit ihm zusammen wohlbefand, sei es als Schüler, Mitarbeiter oder Freund. Deshalb kam es für viele als eine Botschaft der Trauer, dass er am 25. April aus dem Leben schied, und alle wollen sich seiner erinnern als des guten Menschen, der er war. Gustav Guldbere war geboren am 27. Oktober 1854 und war der Neunte von zwölf Geschwistern, neun Knaben und drei Mädchen, von welchen eine Reihe hervorragende wissenschaftliche Stellungen erreicht haben, einzelne auch Namen mit europäischem Klange. Als einen charakteristischen Zug — sicher ein ganz seltener Zufall — kann man erwähnen, dass alle neun Brüder ihr akademisches Staats- examen auf der Universität Kristiania ablegten. Schon sein Vater, damals Kapellan in Nannestad. Karl August Guldberg e, machte sich als Stilist bekannt und gründete das „Skillings- magasinet“, als dessen Redakteur er die erste Zeit fungierte. Seine Mutter war Hanna Sophia Theresia Bull. Gustav Guldberg wurde Student im Jahre 1873 und fing bald |danach an Theologie zu studieren, aber sein Sinnen und Trachten stand doch nach den Naturwissenschaften, und nach eimigem Kampf 102 In Memoriam! Professor Dr. med. G. A. Guldberg. verliess er die Theologie und ging über zur Medizin. Die Erziehung im vüterlichen Pfarrhause, das begonnene theologische Studium sind deutlich zu erkennen an dem religiósen, ernsten Zug, welcher als ein Unterstrom durch seme Arbeit geht. Er versuchte die Wissenschaft mit dem Glauben zu vereinigen. Schon wührend seiner Studienzeit musste G. versuchen, sich selbst vorwärts zu helfen. So war er eine Zeit Hauslehrer, gab Unterricht in Zoologie, Astronomie und fremden Sprachen, und war dabei mehrere Jahre Lehrer in einigen hóheren Mádchenschulen in Kristiania. Schon ehe er mit seinem medizinischen Staatsexamen 1881 fertig .war, wurde er als Konservator beim Zootomischen Museum an der Universitát Kristiania angestellt. ; Guldbergs Interesse ging am meisten in biologischer Richtung. Nachdem er Präparationsmethoden in Stockholm und Upsala studiert hatte, zog er drei Sommer nacheinander nach Finmarken, um die Biologie der Wale zu studieren. G. ging hier sehr gründlich zu Werke. Freundlich wie er war, lebte er mit den Fangmännern und Fischern zusammen und sammelte sich dabei ein sehr gutes Material, das er zur Universität mitbrachte und bearbeitete, gleichwie er mit seiner Intelligenz sich leicht mit dem praktischen Betrieb bekannt machte und deshalb spáter imstande war, den Fischern nützliche Rat- schläge und Winke zu geben. 1884 war er als Assistent bei Dr. Unna in Hamburg und ereriff damals die Initiative zu einer praktisch-wissenschaftlichen Wal-Aus- stellung in dem Zoologischen Garten daselbst. Das Resultat seiner Studien über die Wale war eine Preis- abhandlung, die mit der goldenen Medaille des Kronprinzen belohnt wurde (1884): „Giv en pà egne iagttagelser stittet fremstilling af bardehoalernes nervesystem, speciell hjernens bygning.* Nachdem Guldberg schon früher in Deutschland, Frankreich, | Belgien, Holland und England sich die Museenverhältnisse angesehen | hatte, studierte er 1885 Embryologie und Zoologie bei van Beneden - in Lüttich, und bei O. Hertwig und E. Haeckel in Jena, und wurde | im Herbst dieses Jahres als Stipendiat der Anatomie bei der Univer- sitàt Kristiania angestellt. In Memoriam! Professor Dr. med. G. A, Guldberg, 105 1886 reiste Guldberg nach Paris und studierte Anatomie und Anthropologie bei Farabeuf, Topinard und Manouvrier und bei v. Köllicker in Würzburg. Hier hat er Svante Arrhenius getroffen, und durch ihn wurde G. als ordentlicher Professor der Anatomie an dem Carolinischen Institut zu Stockholm bestimmt. Nachdem er „Bidrag til Insula Reiliis Morphologie* geschrieben hatte, verteidigte ee ee er diese Schrift als Doktorabhandlune und wurde als Doctor medicinae 1887 kreiert. Nächstes Jahr kehrte er in sein Vaterland zurück als ordentlicher Professor der Anatomie bei der Universität Kristiania. nachdem er feste Ansetzung als solcher in Stockholm abgelehnt hatte. Allseitig ausgebildet wie G. war, wurde viel Beschlag auf seine Arbeitskraft gelegt, und seine Arbeitsleistung war gross. Als kundiger Museumsmann ordnete und vermehrte er das anatomische Museum; speziell beschaffte er eine wertvolle Sammlung altnorwegischer Schädel von vielem Interesse. Auch die Bibliothek des anatomischen Institutes ist unter G.s Leitung bedeutend vermehrt worden. Als Biologe beteiligte er sich an der Bildung der biologischen Station zu Dróbak. | In einer Reihe von Jahren war er Vorsitzender der Zahnarzt- kommission und von 1903 ab war er Generalsekretär der wissenschatt- lichen Gesellschaft zu Kristiania. G. war ein moderner Anatom, zoo-biologisch ausgebildet wie er war. Sein Unterricht war darum auch vergleichend-anatomisch ge- halten. Auch ein histologisches Institut wurde durch seine Initiative errichtet, als ein unentbehrliches Glied des anatomischen Unterrichtes. Als Lehrer war er bei allen seien Schülern ausserordentlich beliebt und viele suchten seme Hilfe. G. war Mitglied einer Reihe gelehrter Gesellschaften und Mit- arbeiter von mehreren Zeitschriften, und neben seinen wissenschaft- lichen Abhandlungen fand er noch Zeit zu populären Übersichten über Wissenschaftliche Themata. G. war literarisch ausserordentlich tätig. Am Schlusse befindet sich eine Übersicht über seine literarischen Produktionen. Von diesen seien. besonders hervorgehoben seine Arbeiten über das Zentralnerven- system der Wale. Auf dem Gebiete der Wale war G. vielleicht die 104 In Memoriam! Professor Dr. med. G. A. Guldberg. erüsste Autorität. Bedeutungsvoll ist der durch ihn geführte Nach- weis der äusseren Anlagen der Hinterglieder bei jungen Delphinen- embryonen und deren Reduktion während der späteren Entwicklung. Weiter kann man erwähnen die zusammen mit seinem Bruder F.O.Guldberg gemachten Untersuchungen über Extremitätenasymetrien bei Menschen und höheren Wirbeltieren, wodurch sie sich verschiedene instinktive Bewegungen erklärten, welche ebenso wie die Zirkulär- bewegungen darauf beruhen, und eine Grundform für die Bewegung der Tiere sein sollten. In allen Jahren war G. up to date mit seinem Fache. Zahlreich waren seine Studienreisen im In- und Auslande, wo viele Freunde und Bekannte sich des guten Mannes mit dem lichten Gesichte und. den klugen Augen erinnern werden. Sein Andenken wird deshalb dort wie hier gut und hell sein. Kristiania, 13. Juni 1908. Dr. J. Barth. Guldbergs anatomische und zoologische Schriften sind: Bidrag til kundskab om Delphinus albirostris J. E. Gray. In: Kristiania Viden- skabsselskabs Forhandlinger. 1882. Undersogelser over en subfossil flodhest fra Madagaskar (Hippopotamus Madagas- cariensis n. sp.). Ibidem. 1883. Über das Centralnervensystem der Bartenwale. Ibidem. 1885. (Für diese Abhand- lung wurde ihm die goldene Medaille des Kronprinzen zugeteilt.) Bidrag til Cetaceernes biologi. Om forplantningen og dragtigheden hos de nord- atlantiske bardehvaler. Ibidem. 1886. Bidrag til Insula Reili's morfologi. (Abhandlung für Doktorgrad.) Ibidem. 1887. En hvaljagt paa Varangerfjorden. In: Norsk jæger- og fiskerforenings tidsskrift. 1883. Zoologi og medicin und Om wgget og dets befrugtning. In: Norsk magazin for legevidenskaben. 1583. Trek af den nyere tids biologiske forskninger und Über die Gróssen- und Gewichts- verhältnisse des Gehirns bei den Bartenwalen und ihr Vergleich mit dem Gehirn der übrigen Cetaceen und anderen Säugetiere. In: Meddelelser fra den naturhistoriske forening i Kristiania. 1885. Om wgget hos de lavest organiserede pattedyr. In: Biologiske meddelelser. 1885. Om næbhvalen. In: Naturen. 1885. Om subfossile og forhistoriske knokkelfand af pattedyr i Norge. In: Nyt magazin for naturvidenskab. 1886. Sur la présence aux temps anciens et modernes de la baleine de Biscaye (ou nord- caper) sur les côtes de Norvège et Sur l'existence d'une quatrième espèce du genre Balaenoptera etc. In: Bulletin de l'Acad. Roy. de Belgique. 1884. The Northcaperwhale and The whale exhibition in Hamburg. In: The Nature. 1884. On the existence of a fourth species of the genus Balaenoptera. In: Journal of Anatomy and Physiologie. 1885. Über die Nagelmatrix und die Verhornung des Nagels. In: Monatshefte f. prakt. Dermatologie. 1885. Beitrag zur Kenntnis der Eierstockseier bei Echidna. In: Sitzungsberichte der Jenaischen Gesellschaft f. Medizin u. Naturwissenschaft. 1885. Zur Biologie der nordatlantischen Finwalarten. In: Zoologische Jahrbücher. 1886. Zur Morphologie der Insula Reili. In: Anat. Anzeiger. 1887. Foredrag om hvalerne. In: Vardoposten. 1883. Om det anatomiske studium. Installationsrede. Kristiana 1888. Nordkaperen eller Biskayerhvalen. In: Naturen. 1889. En kort historisk udsigt over hvalfangsten i ældre tider. In: Folkevennen: 1859. Darwinismen og menneskets naturhistorie. In: Nordisk tidsskrift. 1889. 106 In Memoriam! Professor Dr. med. G. A. Guldberg. Lidt om det tangentiale nervenet i storhjernens barksubstans. In: N. M. f. læge- videnskaben. 1889. Oleum physeteris. In: Tidsskrift for praktisk medicin. 1889. Om Darwinismen og dens rækkevidde. Kristiania 1890. Om skandinavernes hvalfangst. In: Nord. tids. 1890. Pygmæerne eller de menneskelige dværgracer. In: Naturen. 1891. Bidrag til noiere kundskab om Atlanterhavets rethval (Eubalana biscayensis). In: Videnskabsselskabets forhandlinger. 1891. Zur Kenntnis des Nordkapers. In: Zoologische Jahrbücher. Bd. 7. Om de saakaldte endotelier og deres betydning. In: Nord. med. ark. 1892. Grundtræk af menneskets anatomi. Kristiania 1895. : Nyere undersogelser over nerveelementernes struktur. En oversigt. In: N. M. f. lægevidenskaben. 1893. Rudimentære baglemmer hos hvaldyrene i fosterlivet. In: Videnskabss. forh. 1894. Uber temporäre äussere Hinterflossen bei Delphinembryonen. In: Verhandl. d. Anat. Gesellsch. 1894. On the development and structure of the whale. Ausgegeb. v. Bergens Museum. 1894. Nyere undersogelser over rygmarvens struktur. En oversigt. In: N. M. f. lege- videnskaben. 1894. Udviklingsproblemer. In: Nyt tidsskrift. 1895. Skeletfundet paa Ror i Ringsaker og Ror kirke. In: Videnskabss. forh. 1895. Pygmeer 1 Europa. In: Nyt tidsskrift. 1895. Über die morphologische und funktionelle Asymmetrie der Gliedmassen usw. In: Biolog. Centralbl. Bd. 16. Om extremitets-assymetrien hos mennesket. In: N. M. f. legevidenskaben. 1897. — Om Pithecanthropus erectus, Dubois, eller har man fundet mellemformen mellem dyret og mennesket. In: Naturen. 1897. Udsigt over en del fund af gammelnorske kranier. In: Nord. med. arkivs. Festband für Axel Key. Études sur la Dyssemetrie morphologie et fonctionelle chez l'homme et les verte- brès supérieures In: Universitetets festskrift til H. M. Kong Oskar IL. i anledning af hans regjeringsjubileum. 1897. Nekrolog over prof. Dr. J. Voss. In: N. M. f. legevidenskaben. 1897. Om den Gall'ske lere og lidt om de psykiske funktioners lokalisation for og nu. In: N. M. f. legevidenskaben. 1898. Om reduktionen af de temporære baglemmer hos delfinembryoner og om melke- kjertelens forste anleg hos disse. In: Videnskabselsks. skrifter. 1898. Forskjellige tiders anskuelser om de sjælelige funktioners sede i legemet. In: Nord. tidss. 1898. Grundtræk af menneskets anatomi, 2den forogede udgave. Kristiania 1899. Neue Untersuchungen über die Rudimente von Hinterflossen und die Milchdrüsen- anlage bei jungen Delphinembryonen. In: Intern. Monatsschr. f. Anat. u. Physiol. Bd. 16. Über die Kórpertemperatur des Cetaceen. In: Nyt magazin for naturvidenskab. Bd. 98. Anatomisk-anthropologiske undersogelser af de lange extremitetknokler fra Norges befolkning i oldtid og middelalder. In: Kristiania Videnskabss. skrifter. 1901. mE AES) In Memoriam! Professor Dr. med, G. A. Guldberg. 107 Embryometriske. undersogelser over delfinfostre. In: Nyt magazin for naturviden- skab. 1900. En kort udsigt over anatomien i det 19de aarh. In: N, M. f. legevidenskaben. 1901. Cetologische Mitteilungen. In: Nyt magazin for naturvidenskab. 1901. Om skeletlevningerne af en kvinde fra vikingtiden etc. In: Vidensk. selsk. forh. 1901. Über die Wanderungen verschiedener Bartenwale, In: Biolog. Centralbl. Bd. 23 u. 24. Die Waltiere des Königsspiegels. In: Zoologische Annalen, Zeitschrift f. Geschichte der Zoologie. 1904. Über die Krümmung des Oberschenkels (Curvatura diaphysis femoris) In: Intern. Monatsschr. f. Anat. u. Physiol. Bd. 21. Om en samlet anthropologisk undersogelse af Norges befolkning. In: Videnskabss. forh. 1904. Om menneskets tidligste optræden paa jorden, seet fra naturvidenskabeligt stand- punkt. In: Norsk theologisk tidsskrift. 1904. Om hvaldyrenes levevis, udbredelse og fangst. In: Naturen. 1905. Om Nobelpristagerne Golgi og Cajal. In: Tidssk. f. kemi, farmaci og terapi. 1907, Über das Verfahren bei Berechnung des Rauminhaltes und Gewichtes der grossen Waltiere. In: Videnskabss. forh. 1907. Feminin pseudohermafroditisme med almindelige og specielle bemerkninger om hermafroditiske karakterer. In: N. M. f. legevidenskaben. 1907. Die Menschenknochen des Osebergschiffes aus dem jüngeren Eisenalter. Eine ana- tomisch-anthropologische Untersuchung. In: Videnskabss. skrifter, I. Math.- Naturw. Klasse. Nr. 8. 1907. Om Osebergskibets menneskeknokler fra den yngre jernalder. In: N. M. f. kege- videnskaben. 1907. Lidt om misdannelser af mundhulen og de deraf folgende funktionsforstyrrelser. In: Tandlægeforeningens tidsskrift. 1896. Er kjonnet kos mennesket og de hoiere vertebrater 1 sin oprindelse unisexuelt eller bisexuelt. In: Tidskrift for Nordisk Retsmedicin og Psykiatri. 7. Aargang. Nr. 1. Videnskabsselskabets 50-aars generalberetning. Kristiania 1908. Viele Aufsiitze von populärwissenschaftlicher Art in verschiedenen Zeitschriften. Institut für allgemeine Pathologie der Kgl. Universitit Neapel unter Leitung von Prof. Gino Galeotti. Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. Experimentelle Untersuchungen von Dr. Benedetto Pizzini. (Mit Tafel VL) Das Studium der Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle, das mit Heidenhains berühmtem Experiment über die Ausscheidung der Natrium-Indigoschwefelsäure von seiten der Zellen der gewundenen Harnkanálchen begann, war gewiss und ist noch immer ein Thema, das die Physiologen wáhrend der letzten Jahre am meisten begeistert hat. Das glänzende Experiment des deutschen Gelehrten, das die Funktion und die wesentlich drüsenartige Tätigkeit dieses Epithels so deutlich nachwies, wurde sehr bald der Ausgangspunkt einer reichen Folge von ununterbrochenen Untersuchungen, die nicht wenig zur Aufklärung des dunklen Mechanismus der Nierenfunktion bei- getragen haben. Schultze, Kühn, Schmidt, Ribbert, Arnold und andere untersuchten nach derselben Methode die Ausscheidung von anderen färbenden Sub- stanzen (Methylenblau, neutrales Rot, Lithionkarmin usw.) wobei sie Heidenhains Resultate vollkommen bestätigten. Diesen ersten Forschungen, gegen welche die Anhänger der Lud- wigschen Theorie nicht wenig Einwände erhoben, folgten weitere, die auf noch rationellere Weise durchgeführt wurden und sich auf die vermittelst der gewöhnlichen histologischen Methoden gemachte direkte Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese, 109 Beobachtung der Strukturveränderungen stützte, die allen absondernden Zellen gemeinsam sind. Indem sie diese Richtung verfolgten und oft sehr feine Methoden anwandten, konnten die Brüder Monti, Steiger, Rothstein, Van der Stricht und Disse in den Nierenzellen Kórnchen von verschiedener Grösse, Vakuolen und Bläschen in klarer Beziehung zu ihrem Funktions- stadium deutlich nachweisen. Sauer dagegen leugnete diese Beziehung und behauptete, er habe nie im Nierenepithel irgendeine Funktionsveränderung beobachten künnen. Nach diesem Autor bestände der einzige wahre morphologische Unterschied zwischen einem in Ruhe und einem in voller Tätigkeit befindlichen Kanálehen im Volumen seiner Zellen, das im ersten Falle ein sehr grosses, im zweiten ein sehr kleines ware, und folelich im Lumen des Kanälchens, das sich während der Ruhe enger und während der tätigen Phase viel weiter zeige. Dasselbe lässt sich von dem bürstenförmigen Saume sagen, der die Zellen der gewundenen Kanälchen bedeckt und der sich nach Sauer in beiden Fallen stets gleich zeigt hinsichtlich seiner Gestalt und semer Struktur. Trambusti hingegen halt den Saum für eine rein transitorische sildung, die ausschliesslich in Beziehung zur Tätigkeit der Zelle oder zu der durch letztere bewirkten Austreibung der Exkretionsprodukte stehe. Aber abgesehen von der Erklärung, die man lieutzutage ganz allgemein von dem Vorhandensein des bürstenfórmieen Saumes gibt, ‘man muss doch sagen, dass die Ansicht Sauers, soweit sie die Funktions- veränderungen des Zellprotoplasmas betrifft, durch die weiteren Arbeiten in keiner Weise bestätigt worden ist. In der Tat haben in jüngster Zeit einige Autoren, als sie das Studium der Nierenzellen wieder aufnahmen, neuere und feinere Einzel- heiten der Struktur beschrieben, die offenbar mit dem Funktionszustand der Nierenzellen zusammenhängen. Gurwitsch beschrieb bei den Nievenzellen des Frosches verschiedene Arten von Vakuolen und Kórnchen, je nach den verschiedenen Reaktionen, die sie mit den verschiedenen Fixierungsmethoden ergaben (Sublimat, Osmiumsiüure). 110 Benedetto Pizzini, Regaud und Policard trafen in den Nierenzellen von niederen Tieren (Fischen, Amphibien und Reptilien) Bläschen und Kórnchen von verschiedener Natur. Die Kórnchen oder, wie sie sich ausdrücken, die Körper gehörten 3 Kategorien an: a) chromatoide Körper, b) lipoide Körper, c) Absonderungskörnchen. Die ersten oder chromatoiden Körper liegen in der Nähe des Kerns und besitzen viele von den beim Chro- matin gewöhnlich vorhandenen histochemischen Reaktionen; nichts be- rechtigt aber, nach der Ansicht der Autoren, mit Tribondeau anzu- nehmen, dass sie nuklearen Ursprungs seien. Diese Körnchen finden sich jedoch nur ausnahmsweise. Konstant hingegen ist das Vorhandensein der zweiten, der lipoiden Körper, die von den Autoren unterschieden werden in Körnchen aus wahrem Fett und Kôrnchen aus einer dem Fett verwandten Substanz (wahrscheinlich Lezithin). Was die dritte Kategorie oder die Absonderungskörnchen betrittt, die von Tribondeau zuerst in den Nieren von Schlangen entdeckt wurden, so sind es kleine Kugeln, welche die Gegend über dem Kern einnehmen und für Regaud und Policard nichts anderes darstellen als das letzte Produkt (oder eines der Produkte) der Zelltàtigkeit, das auf dem Wege sei, ausgeschieden zu werden. Die chemische Beschaffenheit dieser Granulationen ist noch un- bekannt; die Autoren halten es aber für wahrscheinlich, dass sie Harn- säure und Urate enthalten. Diese Annahme scheint jedoch nicht bestätigt zu werden durch weitere Untersuchungen von Tribondeau, der gesehen haben will, dass die erwähnten Körnchen durch die gewöhnlichen und stärkeren Lösungs- mittel der Harnsäure (Sodalauge, Piperazin usw.) nicht gelöst werden, woraus der Autor. schliesst, dass die chemische Beschaffenheit dieser Granulationen eine kompliziertere sein müsse. Dass jedoch ein Teil von ihnen —- und vielleicht auch der grössere Teil — tatsächlich aus Harnsäure bestehen kann (im weiteren Sinne des Wortes, d. h. eigentliche Harnsäure und überhaupt Purinkörper), behaupten auch Courmont und André, die — indem sie von den bekannten Experi- menten Autens ausgehen — bei neueren Untersuchungen in den mikro- skopischen Schnitten der Niere von Fischen, Vögeln, Säugetieren und 7 Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese, 111 auch des Menschen die Harnsäure gefällt haben sollen in Gestalt von - kleinen Kórnchen von Silberharnsäure, die ein enthüllender Reduktor (Hydrochinon) schwarz gefürbt erscheinen lüsst. Diese letzten Untersuchungen steckten sich wirklich als Haupt- ziel die Erforschung der chemischen Beschaffenheit der erwähnten 25 -Granulationen, aber, wenn wir von dieser Frage absehen — die, wie wir später sehen werden, unter den jetzigen Verhältnissen auf be- friedigende Weise zu lósen nicht leicht ist so ergibt sich aus dem Gesagten klar die drüsenartige Tätigkeit der Zellen des Nierenepithels bei den niederen Tieren. — Nicht weniger wichtig und überzeugend sind die ausschliesslich an den Nieren von Säugetieren angestellten Unter- suchungen. Dieselben Autoren, Regaud und Policard, haben runde, feine und regelmässige Granulationen auch in der Niere des Igels beschrieben, in allen gewundenen Kanälchen von den Malpighischen Glomerulis bis zum mittleren Trakt. Diese Granulationen sind in den Zellen stets in linienfórmigen Reihen angeordnet, die einander und der radialen Achse der Zelle parallel sind, der sie jenes Aussehen einer aus Stäbchen bestehenden Struktur verleihen, das Heidenhain zuerst betonte, und von dem Rothstein dann nachwies, dass es von nichts anderem her- rühre als von hintereinander angeordneten Körnchen. Diese Kórnchen. die man in der ganzen Höhe der Zelle antritft, von der Basilarmem- brana bis zum bürstenfórmigen Saum, bemerkt man nie im Lumen der Kanälchen. Die Autoren hatten Gelegenheit, dieselben Bilder in der - Niere eines Hingerichteten zu beobachten. Noch feinere Besonderheiten der Struktur hat Ferrata in emer Arbeit über die Niere der Säugetiere deutlich nachgewiesen. Dieser Autor, der dieselbe cytologische Fàrbungsmethode verwendete wie ich, sowie die von Sauer modifizierte mit Eisenhämatoxylin, will bemerkt haben, dass der Kern der Nierenzellen (gewundene Kanälchen) sich an den Funktionserscheinungen aktiv beteiliet, indem er die Entstehung zweier verschiedener Sekretionsprodukte veranlasst; eines Produktes mit feinem granulirem Typus, das aus dem chromatischen Teil des Kerns stammen soll, und eines andren mit gròberem granulürem Typus, das aus dem azidophilen Teile des Kerns entstehen soll. 112 Benedetto Pizzini, Ausser diesen Produkten ausschliesslich nukleären Ursprungs be- schreibt der Autor auch eine Substanz oder ein Produkt cytoplasma- tischen Ursprungs, das infolge seiner eigentümlichen Beschaffenheit an das Ergastoplasma anderer Drüsenzellen erinnert; gerade aus diesem Grunde nennt der Autor die Erzeugung dieser Substanz „ergasto- plasmische Bereitung*. Alle diese Untersuchungen und noch zahlreiche andere, die ich der Kürze wegen übergehe, wurden an den Nieren normaler Säugetiere (Igel, Kaninchen) oder, besser gesagt, in einer Periode normaler physio- logischer Tätigkeit angestellt. Spärlich dagegen und wenig beweisend erscheinen mir die bis jetzt an verletzten sowie an künstlich gereizten Nieren ausgeführten Untersuchungen. Indem ich es einstweilen unterlasse, von den verschiedenen und schónen Untersuchungen zu sprechen, die namentlich Castaigne und hathery an experimentell verletzten Nieren angestellt haben, will ich eleich bemerken, dass unter den mikroskopischen Forschungen, die das Ziel verfoleten, die Funktion der Niere in einer Periode anormaler Erregung zu studieren, die von demselben Sauer ausgeführten die erste Stelle eimnehmen; ferner die von Sobieransky und seinem Schüler Modrakowsky ausgeführten, welche bekanntlich untersuchten, wie sich das Nierenepithel unter dem Reiz der Diuretica verhält. Zu welchen Schlussfolgerungen Sauer gelangt, wissen wir schon; für diesen Autor offenbart sich die Funktionstätigkeit des Zellelementes nicht durch Veränderungen der Struktur seines Cytoplasmas, sondern einfach dureh Zunahme oder Abnahme seines Volumens, die eine gróssere oder geringere Weite des Lumens der Kanälchen veranlasst. Die von Sobieransky erhaltenen und sodann von Modrakowsky bestätigten Resultate scheinen dagegen insofern von grósserer Wichtig- keit zu sein, als diese beiden Autoren wahre und eigentliche Ver- änderungen der Struktur des Epithels während der Harnabsonderung beschreiben. Gleichwohl wird die Erklärung, die sie uns bezüglich der von ihnen beobachteten Erscheinungen geben (Sobieranskysche "Theorie über den Mechanismus der Nierenfunktion), heutzutage nicht von allen angenommen und ihre sehr beschrünkten Experimente werden andrer- Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. 113 seits nicht für ausreichend gehalten, um uns eine hinkinelich klare und genaue Vorstellung von der Art und Weise zu geben, wie sich das Nierenepithel verhált, das unter dem Reiz der verschiedenen Agenzien, die es beeinflussen kónnen, übermässig funktioniert. Aus diesem Grunde hielt ich es für angezeigt, das Thema wieder aufzunehmen und — indem ich sogar einige von anderen schon ee- machte Experimente zum Teil nochmals machte, deren Resultate eine sehr zweifelhafte Auslegung zuliessen — durch eine Reihe von neuen Untersuchungen das Studium dieses interessanten Kapitels der Nieren- physiologie zu vervollständigen. * Das Ziel, das ich bei Ausführung der vorliegenden Untersuchungen verfolgte, bestand also darin, die absondernde Funktion der künstlich gereizten Nierenzellen (gewundene Kanälchen) zu untersuchen. Und da die von mir angewendeten Reize von verschiedener Art waren, so habe ich es auch für notwendig gehalten, meine Experimente in nachstehender Reihenfolge zu besprechen: l. Versuche, bei denen ich als stimulierende Substanzen für das Nierenepithel die gewöhnlichen Diuretica verwendete — Natl in verdünnter oder sehr konzentrierter hypertonischer Lüsung: Kaffein in verdiinnter und konzentrierter Lósung; Theobromin; Harnstotf und Harn- säure m verdünnten Lösungen — auf intravenösem Wege einverleibt. 2. Versuche, bei denen ich als stimulierende Agentien einige Alkaloide, Pilokarpin und Atropin verwendete, die eine Wirkung aut alle Drüsenzellen zeigten. 3. Versuche, bei denen ich, um auf das Nierenepithel ein- zuwirken, die sogenannten spezifischen Reize verwendete. Unter spe- zifischen Reizen verstehe ich in diesem Falle nach dem, was wir über das Vermógen der Extrakte aus Organen, der Nukleoproteide und der cytotoxischen Sera im allgemeinen wissen, die Untersuchung der Ein- wirkung des Nierenextrakts und des Blutserums eines urämisch ge- machten Tieres. 4. Endlich Versuche, bei denen der Reiz für die Niere dar- gestellt wird durch die gróssere Arbeit, die ihr infolge der unilateralen Nephrektomie auferlegt wird. Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. yo 114 Benedetto Pizzini, Als Versuchstiere verwendete ich Kaninchen und erwachsene Hunde von mittlerer Grösse Und insbesondere verwendete ich Kaninchen bei den Experimenten, die ich mit den Diureticis, dem Pilo- karpin und dem Atropin machte; Hunde wählte ich zu den mit dem Nierenextrakt, dem urämischen Blutserum und der unilateralen Nephrek- tomie gemachten Experimenten. Für die mikroskopische Untersuchung des Organs wurden kleine Stücke der sofort nach Tötung des Tieres exstirpierten Niere in folgender Altmannscher Lösung fixiert: 2proz. Lösung von Osmium- süure und 5proz. Lösung von Kaliumbichromat, mit Hinzufügung von wenigen Tropfen Essigsäure. | Von den so fixierten (d. h. in dieser Flüssigkeit 24—48 Stunden lang gehaltenen) Stücken wurden sehr feine Schnitte von 2 oder 3 4 nach der so empfindlichen cytologischen Methode Galeottis gefärbt. In bezug auf diese Methode muss ich jedoch einige Bemerkungen machen. Bei der Galeottischen Färbung zeigen die in der obener- wähnten Flüssigkeit fixierten Schnitte — wie man aus den dieser Arbeit beigelegten Figuren ersieht — die Kerne der Zellen mit Methyl- grin grün gefärbt, während bekanntlich, wenn man die am häufigsten verwendeten Fixiermittel für Osmium (Flemmingsche und Hermannsche Flüssigkeit) gebraucht, der Kern stets durch Fuchsin rot gefärbt wird und dagegen nur das Cytoplasma gelblichgrün gefärbt erscheint. Dies ist eine der so zahlreichen Umkehrungen der Färbungsaffinität des Kernes, die, wie Corti und Ferrata mit Recht bemerkten, eintreten können, wenn man lieber die eine Fixierungsflüssigkeit verwendet als eine andere. Ausserdem halte ich es auch für nótig, darauf hinzuweisen, dass bei den in der Harnabsonderung begriffenen Nieren — wie schon Mo- drakowsky hinsichtlich der Altmannschen Methode bemerkt hatte — die Fárbung nach Galeotti etwas schwer eintritt. Zur Erzielung einer eleganten Färbung muss man in diesen Füllen Vorsichtsmassregeln anwenden, d. h. man muss gewóhnlich die Schnitte länger im Fuchsin lassen und sie dann nur rasch in der Pikrinlósung differenzieren. Ausserdem muss man auch bei der allmáhlichen Fürbung mit dem Methylgriin aufmerken, da es zuweilen vorkommt, dass das Grün (viel- Uber die Sekretionserschemungen in der Nierenzelle bei der Diurese, 115 leicht wegen der verminderten elektiven Affinität des Kerns für diese Farbe in den in der Harnabsonderung begriffenen Nieren) sich über die rote Färbung des Fuchsins legt und eine gleichmässige veilchen- blaue Farbe ergibt, die das Präparat verdirbt und es unbrauchbar macht. Ehe ich zur Beschreibung meiner Experimente übergehe, halte ich es für notwendig, eine sehr ausführliche histologische Beschreibung der normalen Kaninchenniere und der Funktionstätiekeit ihrer Zellen vorauszuschicken.. Normale Niere. In der auf die obenerwähnte Weise fixierten und gefärbten Kaninchenniere bemerkt man, dass die Zellen der ge- wundenen Kanälchen fast immer gleiches Volumen haben in den verschiedenen Schnitten von Kanälchen (Fig. 1) — mit grün gefärbtem Kern und bürstenfórmigem Saum, der konstant erhalten und dunkelgrün sefärbt ist; er bedeckt in Gestalt einer fortlaufenden, ziemlich hohen Schicht die freie Oberfläche der Zellen. Der Kern nimmt fast immer den mittleren Teil dieser Elemente ein, deren seitliche Grenzen man nicht unterscheidet. Im Cytoplasma ist die Erscheinung, die auf den ersten Blick auffällt, die ausserordentlich grosse Menge von Körnchen, die. sich darin befinden und die durch saures Fuchsin rot gefärbt werden. Diese Granulationen, die ein ziemlich kleines Volumen und eine meist runde Gestalt zeigen, finden sich besonders verdichtet im basalen Teil der Zellen, wo sie namentlich jenes Aussehen von Stäbchen zeigen. von dem nach Heidenhains Veróftentlichung soviel die Rede gewesen ist. Die von ihnen eingenommene Protoplasmazone erstreckt sieh ge- wóhnlich nicht über den vorderen Pol des Kerns hinaus, aber die Stelle, an der sie am meisten angehäuft erscheinen, ist — wie ich schon bemerkte — gerade oberhalb der Basilarmembrana. . Was man im Kern deutlich wahrnimmt, sind zwei oder drei dicke chromatische Granulationen und eine deutlich unterschiedene Kern- membran. Zuweilen — jedoch selten in der normalen Niere — be- merkt man auch einen azidophilen kleinen Kern. Bei meinen auf die obenerwähnte Weise fixierten Präparaten tritit ES 116 Benedetto Pizzini, man niemals den hellen perinuklearen Hof, den Castaigne und Rathery bei den Fixierungen mit Flemming und Hermann antrafen und den sie als eine durch diese Fixierungsflüssigkeiten hervorgerufene Ver- änderung erklärten. Von diesem Gesichtspunkte aus betrachtet bietet also die von mir bei der Niere verwendete Altmannsche Flüssigkeit einen wirklichen Vorteil den anderen Osmiumgemischen gegenüber. Dennoch muss ich, trotz einer so guten Fixierung, bekennen, dass es mir niemals gelungen ist, alle die Einzelheiten und Veränderungen der Struktur deutlich nachzuweisen, die andere (Ferrata) bei den Kernen der Nieren von Säugetieren beschrieben haben. Dies ist viel- leicht dem Umstande zuzuschreiben, dass ich zu meinen Untersuchungen ausschliesslich die Kaninchen- una Hundeniere verwendete, bei denen die Funktionsveränderungen des Kerns vielleicht nicht so augenfällie sein werden wie bei anderen Säugetieren — wie z. B. beim Igel — aber abgesehen von dieser Betrachtung kann ich, was die von mir untersuchten Tiere betrifit, mit Gewissheit behaupten, dass ich in den normalen Nieren nichts Bemerkenswertes gefunden habe, ausser einer leichten Abnahme der chromatischen Substanz in denjenigen Zellen, in welchen die Funktionstätigkeit mir lebhafter zu sein schien, und dem (übrigens nicht immer konstanten) Vorhandensein des azidophilen kleinen Kerns in diesen Zellen selbst. Später werde ich ausführen, dass auch diese wenigen Erscheinungen, die ich in den Kernen von normalen Nieren beobachten konnte, und die noch deutlicher hervortretenden, die ich bei den in der Harnab- sonderung begriffenen Nieren wahrgenommen habe, Anzeichen einer wahren Funktionstätigkeit des Kerns sein können. Indessen kehre ich zu den fuchsinophilen Granulationen des Cyto- plasmas zurück und will sogleich bemerken, dass sie ein besonderes Aussehen annehmen, entsprechend dem absteigenden Schenkel der Henleschen Schleife. Hier sind die Körnchen nicht nur ein wenig dicker, sondern sie färben sich auch intensiver mit Fuchsin, und statt vorzugsweise nur an dem basalen Teil der Zellen angehäuft zu sein, nehmen sie das ganze Cytoplasma ein; dabei lassen sie weiter nichts frei als den Kern, der wie inmitten einer dichten Masse von roten Granulationen eingeschachtelt erscheint. ae Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Dinrese. 117 Das Lumen der gewundenen Kanälchen — dem eine so grosse Bedeutung bei den auf das Studium der Funktion des Nierenepithels gerichteten Untersuchungen beigelegt wurde — schwankt bei normalen Nieren bisweilen von Kanälchen zu Kanälchen, ist jedoch stets zu- sänglich und mehr oder weniger erweitert, je nachdem die Zellen mit der Abnahme oder Zunahme ihres Volumens einen geringeren oder grüsseren Raum einnehmen. Die Zunahme des Volumens, die, ich wiederhole es, sich stets auf alle Zellen eines und desselben Kanälchens erstreckt, erfolet nach meiner Ansicht stets gleichzeitig mit einer grösseren Funktionstätigkeit der Zellelemente; dies kann man aus der sonderbaren Anordnung schliessen, welehe die. Kórnchen in den verschiedenen Schnitten von gewundenen Kanälchen zeigen. Bei einigen erscheint das Lumen er- weitert, der ziemlich hohe und mit regelmässigen Konturen versehene bürstenförmige Saum bedeckt tiefliegende Zellen, in denen man die Kórnchen nur an der Basis in Reihe angeordnet und verdichtet wahr- nimmt, wie ich schon sagte; Zellem in Ruhe oder im Minimum ihrer Funktionstätigkeit. Diese Bilder sind besonders häufig in dem mehr peripheren Teile der Rindensubstanz. In anderen Kanälchen ist das Volumen der Zellen etwas grösser, der bürstenförmige Saum etwas tiefer und unregelmässig und die Körnchen, statt eine gleichmässige Zone zu bilden, drängen sich auch ein wenig weiter vor, indem sie den Kern wie eine kleine Krone um- geben: Zellen im Beginn der aktiven Phase. In anderen endlich sind die Zellen noch in höherem Grade an Volumen gewachsen, der feinere bürstenförmige Saum erscheint als sehr unregelmässig und das Lumen des Kanälchens als immer mehr eingeengt: zuweilen nimmt es geradezu eine sternförmige Gestalt an. Die Körnchen in diesen letzten Kanälchen finden sich auch im vorderen Teil der Zellen unterhalb des bürsten- fórmigen Saumes und auch ihn durchkreuzend, namentlich den Kernen entsprechend, wo der Saum seltener und durchscheinend geworden ist, so dass er bei oberflächlicher Beobachtung wie unterbrochen erscheinen kann; diese Unterbrechung existiert jedoch in Wirklichkeit nicht, da die Körnchen es sind, die sich an diesen Stellen angehäuft haben, den Saum in die Höhe heben und, indem sie ihn einzeln oder in Masse 118 Benedetto Pizzini, durchkreuzen, ihn unfórmlich und undeutlich machen. Dies sind die Zellen in vollständiger sekretorischer Tätigkeit. Alle diese verschiedenen Typen und noch andere dazwischen liegende (die ich der Kürze wegen nicht beschreibe), stellen nichts andres dar als die verschiedenen Funktionsstadien desselben Zell- elements des gewundenen Kanälchens; und dennoch, wie man leicht begreift, finden sie sich nicht auf eine einzige Zone des Präparats be- schränkt, sondern hier und da ohne irgendwelche Ordnung in der ganzen Rindensubstanz zerstreut. Dennoch sieht man bei richtiger Beobachtung leicht, dass die Sekretionserscheinungen in der Niere namentlich in dem mehr zentralen Teil der Rindensubstanz vorherrschen, während in dem mehr peripheren Teile (der Cortex corticis Hyrtls) die Kanälchen sich gewöhnlich in vollständiger Ruhe befinden. Das Endresultat der sekretorischen Tätigkeit des Nierenepithels ist also der Übergang der intrazellularen Kórnchen ins Lumen der Kanälchen. Aber wie geschieht dieser Übergang? Das ist die erste Frage, die sich aufdrängt, und wir müssen versuchen, sie zu lösen. Nach Trambusti sollen die Körnchen als solche niemals ausge- schieden werden, sondern zuerst das Entstehen von Vakuolen oder Bläschen veranlassen, die dann, indem sie durch den kleinen gestreiften Saum der Zellen hindurcheingen, mit ihren seitlichen Oberflächen all- mählich das bildeten, was wir den bürstenförmigen Saum nennen. Sauer und Rathery behaupten in ihren angeführten Arbeiten — indem sie jedoch eine ganz andere Erklärung des bürstenförmigen Saumes geben — sie hätten nie Körnchen im Lumen der Kanälchen angetroffen. Wenn sie darin wahrgenommen werden — sagt Rathery — so erklärt sich das einzig und allein aus der schlechten Fixierung. Ferrata dagegen, der wie ich und so viele andere Autoren das fast konstante Vorhandensein von Körnchen im Lumen der Kanälchen beobachtet hat (auch wenn man sich auf keinen Mangel bei der Fixierung berufen konnte), behauptet, man könne hinsichtlich ihres Durchgangs durch den bürstenförmigen Saum nichts Bestimmtes sagen, da man nicht auf sichere Weise entscheiden könne, ob sie ihn in flüssiger oder fester Gestalt durchquerten. Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. 119 Was mich betrifft, so trete ich der Ansicht derjenigen bei, welche behaupten, der Durchgang geschehe, wie man sagt, eigentlich auf natürliche Weise, d. h. ich bin der Ansicht, dass die Kürnchen als solche durch den bürstenförmigen Saum auf seinen Kapillarbahnen ohne irgendwelche Veränderung ihres physikalischen Zustandes hin- durchgehen. Dies erschien mir bei der Untersuchung meiner Präparate als so augenscheinlich, dass es mir, ich möchte sagen, fast unbestreit- bar zu sein scheint. In der Tat genügt es, wenn man bedenkt: a) dass die Körnchen, die man in so grosser Zahl im Lumen der Kanälchen antrifft, morphologiseh und hinsichtlich ihrer Dimensionen vollständig mit den entsprechenden intrazellularen identisch sind; b) dass viele von ihnen noch an der äussersten freien Stelle der Cilien des Saumes hängen bleiben, gerade als ob sie soeben aus den wahrscheinlichen Porenkanälen herausgekommen wären; c) dass man endlich an vielen Stellen auch rot gefärbte Körnchen unter den den Saum bildenden Elementen antrifft — wodurch man sich überzeugen kann, dass die Hypothese von der Fusion oder Verflüssigung, wie man sie nennen will, unhaltbar ist. — Dies gilt, wohlverstanden, für die eigentlichen Kórnchen oder das angenommene feste Sekretionsmaterial, da man ja auch nicht, wie wir in der Folge sehen werden. das Vorhandensein einer wahren und eigentlichen flüssigen Sekretion durch das Nieren- epithel (gewundene Kanälchen) der Säugetiere ausschliessen kann. Die meisten der Autoren, die sich mit der Zytologie der Niere be- scháftigt haben, stimmen sogar darin überein, sie anzunehmen. Aber diese flüssige Sekretion würde auf jeden Fall niemals etwas zu schalten haben mit der ersten oder granulären Sekretion; sie stellen zwei ganz verschiedene Erscheinungen dar, die allerdings einander parallel, aber stets unabhángig voneinander fortschreiten können. I. Experiment. Harnabsonderung nach hypertonischer NaCI-Lüsune. Ein Kaninchen von 2,500 kg Gewicht erhält in die V. marginalis des Ohres 100 cme einer 5 proz. NaCl-Lósung von einer Temperatur von 37? C. Die entleerte Menge Harn betrug 270 eme. Nach 2 Stunden tötete ich das Tier. 120 Benedetto Pizzini, Makroskopisch zeigen sich die Nieren normal; die Kapsel wird leicht entfernt und aus der Schnittfläche sickern einige Tropfen Flüssigkeit. Mikroskopische Untersuchung. Bei der mikroskopischen Unter- suchung und bei starker Vergrösserung ist das Aussehen des Schnittes verschieden, je nachdem man den mehr peripheren oder den mehr zentralen Teil des Präparats betrachtet. Im ersteren erinnern die Kanälchen durch ihr sternfórmiges Lumen, das aber stets zugänglich ist, durch das nicht übermässig vergrösserte Volumen ihrer Zellen, durch die Menge und Anordnung der Körnchen im Zellprotoplasma sowie durch den stets deutlich wahrnehmbaren, wenn auch nicht sehr regelmassigen bürstenförmigen Saum an die Schnitte von Kanälchen in der grössten Phase der normalen Tätigkeit, die ich weiter oben be- schrieben habe. Im zweiten dagegen, d. h. in dem mehr zentralen Teile des Präparats, sind die Dinge vollständig geändert und auf den ersten Blick fällt die ausserordentliche Zunahme des Volumens der Zellen der gewundenen Kanälchen auf. Diese nehmen fast das ganze Lumen des Kanälchens ein, das in der Mehrzahl der Fälle auf eine einfache, sehr gewundene Spalte reduziert erscheint (Fig. 2). Da die hydropischen Zellen sich mit ihren distalen Rändern berühren, ist der bürstenförmige Saum nicht mehr deutlich zu sehen; er erscheint nur hier und da als eine feine ausgezackte Linie Deutlich erscheinen dagegen die seitlichen Konturen der Zellen, die man gewöhnlich bei normalen Nieren nicht wahrnimmt. Im angeschwollenen Cytoplasma dieser Elemente, das jedoch gleich- falls heller und durchscheinend geworden ist, sind die Kórnchen nicht nur beträchtlich an Zahl vermindert, sondern sie haben auch die charakteristische Anordnung in Stäbchen vollständig verloren. Sie finden sich nämlich nicht mehr am basalen Teil der Zellen verdichtet, sondern im ganzen Cytoplasma zerstreut, zuweilen isoliert, zuweilen in kleinen Anhäufungen, ohne Ordnung oder irgendwelche Regel- mässigkeit. Die Färbung, welche diese Granulationen mit Fuchsin annehmen, ist dagegen etwas verblichen; ihre Grösse ist jedoch stets dieselbe und unterscheidet sich nicht von der normalen. Nur in einigen Zellen Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Dinrese. 12] kann man oft einige wenige Kórnchen sehen, die offenbar grósser und rund und meistens dem vorderen oder hinteren Pol des Kerns ent- sprechend gelagert sind. Welche Bedeutung haben diese letzteren Granulationen?. Stammen sie aus dem Kerne her? Das lässt sich . wirklich nicht mit Bestimmtheit behaupten, aber abgesehen von dieser Beziehung der einfachen Nàhe scheint mir, dass noch eine andere vorhanden ist, auf die man sich zugunsten dieser Hypothese berufen kann, und dieser Umstand besteht in der verminderten Menge von chromatischer Substanz, die man in den erwühnten Zellen im Kern bemerkt, wie auch im Vorhandensein eines grossen Körnchens oder eines azidophilen kleinen Kerns im Kern selbst. Was nun diesen azidophilen kleinen Kern betrifft, so ist es inter- essant, sein Erscheinen zu verfolgen. Er wird, wie ich schon sagte — bei der von mir verwendeten Methode — nur selten in der normalen Niere beobachtet und fehlt auch oft im äussersten oder peripheren Teile des Práparats (Cortex corticis) der in der Harnabsonderung be- griffenen Niere, in dem man noch oder fast in Ruhe befindliche Kanälchen bemerkt; man trifft ihn dagegen stets in den Kanälchen. in denen die Funktionstätigkeit begonnen hat; sodann bemerkt man ihn sehr deutlich in den Kanälchen, in welchen die aktive Phase ihr Maximum erreicht hat und der Kern ármer an Chromatin ist. — Das Erscheinen des azidophilen kleinen Kerns scheint also enge mit dem Erwachen einer gewissen Tätigkeit des Kerns verbunden zu sein, die unter normalen Verhältnissen beschränkt und wenig deutlich sein dürfte, während sie infolge des Reizes einiger Diuretiea intensiver und deutlieher wahrnehmbar werden kónnte. Dies muss übrigens stets mit einem gewissen Vorbehalt gesagt werden, denn — ich wiederhole es — die Beteiligung des Kerns an den Sekretionsvorgüngen ist noch weit davon entfernt, auf unbestreit- bare Weise nachgewiesen zu sein. In der Tat hat, abgesehen von der bekannten Arbeit Tribondeaus und der weiter oben erwähnten Ferratas, in denen ausführlich von einer nuklearen Sekretion auch dureh die Nierenzelle die Rede ist, soviel ich weiss, kein andrer Autor dieses interessante Thema ernstlich behandelt. Nur Galeotti deutet darauf hin — im Lehrbuch der allgemeinen 122 Benedetto Pizzini, Pathologie von Lustig — wenn er, indem er von Sekretionserscheinungen der Nierenzelle spricht, sagt, was die in ihr angetroffenen, durch Fuchsin färbbaren Kórperchen betreffe, so habe man keinen nuklearen Ursprung konstatieren kónnen. Indem ich also diese Frage offen lasse, will ich eine andere Er- scheinung bei der Diurese der Salze hervorheben, nàmlich die Gleich- artigkeit des Aussehens, die das Präparat an den Stellen annimmt, an welchen die Zelltätigkeit weiter vorgeschritten ist. Ich sagte schon, dass in den Práparaten der normalen Niere der absteigende Schenkel der Henleschen Schleife alles übrige überragt durch Zahl, Grösse und lebhaftere Färbung seiner Kórnchen. Nun ist dieses Aussehen, das bei normalen Nieren konstant ist und sich bis zu einem gewissen Punkte bei allen Formen der Diurese erhält, bei der Diurese der Salze in dem mehr zentralen Teile des Práparats vollständig verschwunden. Hier haben die Kórnchen der eigentlichen gewundenen Kanälchen und die der Henleschen Schleifen dieselbe Grösse und dieselbe blassrote Färbung, weshalb man sie nicht von- einander unterscheiden kann. Dies erklärt sich wohl durch die tätige Ausscheidung von Kórnchen, die, wie es scheint, bei dieser Diurese auch im absteigenden Schenkel der Henleschen Schleife stattfindet. II. Experiment. Harnabsonderung durch NaCl in konzentrierter Lósung. Ein Kaninchen von 2,200 kg Gewicht erhált in die V. marginalis des Ohres 20 cme einer 25proz. NaCl-Lósung, die eine Temperatur von 37° hat. Harnabsonderung ziemlich spárlich. Nach 2 Stunden wird das Tier getötet. Makroskopisch zeigen sich die Nieren hyperämisch. Mikroskopische Untersuchung. Die Malpighischen Glomeruli scheinen wenig an Volumen zugenommen zu haben, aber der innere Raum der Bowmannschen Kapsel ist fast verschwunden. Die in den meisten gewundenen Kanálchen an Volumen vergrósserten Zellen zeigen sich von konischer Gestalt und mit ziemlich unregelmássigem bürsten- förmigem Saum. Das Lumen der Tubuli ist, obwohl etwas eingeengt, meistens Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. 123 immer zugänglich und enthält oft auch kleine Haufen von freien Körnchen. Die Ausscheidung der Körnchen ist bei dieser Diurese, nach ihrer Zahl zu urteilen, weniger aktiv als bei der vorhergehenden; auch hier ist jedoch das stäbchenfürmige Aussehen der Zellen verschwunden und die Kórnchen finden sich im ganzen Cytoplasma verteilt. — Die Kerne sind mit einem azidophilen Nucleolus versehen. In besonders aktiver Weise erscheint die Sekretion in den ab- steigenden Schenkelu der Henleschen Schleifen, wo der Durchgang der Kürnchen im Lumen der Tubuli sehr deutlich wahrnehmbar ist. III. Experiment. Diurese durch Kaffein. Kaninchen von 2,400 kg Gewicht. Ich injiziere im die V. mar- ginalis des Ohres 100 eme von der folgenden Lósung:. Kaffein 0,25 & — Natrium benzoicum 0,50 g — Natriumchlorid 0,75 g — dest. Wasser 100 g — bei einer Temperatur von 37°. Die Menge des ausgeschiedenen Harns betrug 170 cmc. Nach 2 Stunden tótete ich das Tier und fand die Blase mit Harn gefüllt. Bei der makroskopischen Untersuchung zeigt die Niere sich leicht hyperämisch. Mikroskopische Untersuchung. Auch hier (wie bei der durch verdünnte Lösung erhaltenen Diurese der Salze) bemerkt man bei starker Vergrösserung zwei verschiedene Ansichten im Präparat: einen ‘zentralen Teil (beschränkter als derjenige, welchen man bei dem NaCl bemerkt), in dem die Tätigkeit der sekretorischen Zellen deutlicher erscheint, und eine periphere Zone, in der die aktive Phase weniger vorgeschritten ist. Im dieser letzteren bewahren die gewundenen Kanälchen noch ihr mehr oder weniger eingeengtes Lumen, die Zellen haben leicht an Volumen zugenommen und der bürstenfórmige Saum ist vollkommen augenfállig. Im Lumen der Kanälchen bemerkt man hier viele Kórnchen. In dem mehr zentralen Teile dagegen haben wir ebenfalls durch- gehends dieselben Erscheinungen, wie ich sie bei der Diurese der Salze beschrieben habe: das Lumen der Tubuli ist ganz oder beinahe ver- 124 Benedetto Pizzini, schwunden, auch die hydropischen und an Volumen vergrésserten Zellen berühren sich mit ihren freien Rändern, und der bürstenförmige Saum ist deshalb sehr wenig wahrnehmbar. Die Kórnchen sind hier nicht so betrüchtlich vermindert wie bei jener Diurese, aber sie haben gleich- falls ihre Stäbchenanordnung verloren und finden sich im ganzen Cyto- plasma zerstreut — oft auch mehr verdichtet an der freien Oberfläche der Zellen, die nach dem Lumen der Tubuli gerichtet ist, oder im Lumen selbst. ‘ Die Kerne zeigen sich auch hier verschoben und wie von einem flüssigen Strom gegen das Lumen des Kanälchens hingezogen. Sie sind mit einem dicken azidophilen kleinen Kern versehen und sind im allgemeinen arm an chromatischer Substanz. Die Körnchen sind auch in den Zellen des absteigenden Schenkels der Henleschen Schleife vermindert; die übrig gebliebenen bewahren aber noch die von mir erwähnten unterscheidenden Merkmale. IV. Experiment. Diurese durch Kaffein in konzentrierter Lósung. Kaninchen von 2,300 kg Gewicht erhált, immer auf intravenósem Wege, 20 ce der folgenden Lösung: Katfein 1 g — Natrium benzoicum 2g — NaCl 0,75 g — Aqua dest. 100 g — bei einer Temperatur von 37°. Diurese spärlich. Das Tier, das die 25 cg Kattem in kon- zentrierter Lösung schlecht vertragen hat, wird nach 1'/, Stunde getötet. Die Nieren sind etwas hyperämisch. Mikroskopische Untersuchung. Das Lumen der gewundenen Kanäl- chen ist im allgemeinen sehr eingeengt und zeigt unregelmässige Kon- turen; sodann ist es zuweilen, gerade wie es bei starker Diurese vorkommt, direkt auf eine sehr gewundene Spalte reduziert. Im Vo- lumen der Zellen zeigt sich eine bemerkenswerte Verschiedenheit: neben einigen sehr angeschwollenen bemerkt man andere niedere und von einem verhältnismässig hohen bürstenförmigen Saum bedeckte. — Das Zellprotoplasma ist hell und zeigt (wie bei jeder durch verdünnte Lösungen bewirkten Diurese) zahlreiche leere Räume. Handelt es sich Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. 125 um wahre und eigentliche Vakuolen? Mir scheint es nicht so, obschon wahre Vakuolen bei Diurese durch Kaffeim beschrieben worden sind (Modrakowsky). Um nämlich von Vakuolen reden zu kónnen, muss man auch annehmen, dass der Rest des Cytoplasmas eine mehr oder weniger kompakte Struktur hat, hier dagegen (namentlich bei allen starken Diuresen) erscheint er uns als hydropisch und verdünnt: wie kann man nur von eigentlichen Vakuolen sprechen bei einem so schwammigen Cytoplasma, das noch dazu. wie es scheint, ganz mit Flüssigkeit durchtränkt ist? Auch bei dieser Diurese bemerkt man im Lumen der Kanälchen freie Kórnchen. Diese haben in den Zellen die Anordnung in Stäbchen verloren. bewahren aber die normalen Dimensionen; doch bemerkt man auch hier und da einige, die stàrker und liehtbrechend sind. Der Kern zeigt nichts Bemerkenswertes. V. Experiment. Diurese durch Theobromin. Kaninchen von 2,500 kg Gewicht. Im die V. marginalis des Ohres injizierte ich 100 ce einer 1proz. Lösung von Theobromin und Natrium benzoicum in physiologischer NaCl-Lósung bei einer Temperatur von 37°. Die Menge des entleerten Harns betrug ca. 130 ce. — Nach 2 Stunden tótete ich das Tier und entzog der gefüllten Blase weitere 30—40 ce Harn. Makroskopisch zeigten die Nieren nichts Bemerkenswertes. Mikroskopische Untersuchung. In den Präparaten der durch ‘Theobromin in Diurese befindlichen Niere bemerkt man sogleich die Erscheinung, dass sich hier im Gegensatz zu den anderen Diuresen eine gróssere Gleichartigkeit des Aussehens in dem Sinne zeigt, dass die Bilder, die man beobachtet, durchgehends dieselben sind und der oft so ausgesprochene Unterschied zwischen peripherer und zentraler Zone der Rindensubstanz nicht existiert. Dies lässt sich durch die Annahme erklären, dass das Theobromin ein Diureticum ist, das seine Wirkung auf einem ausgedehnteren Nierengebiet schneller äussert. Bei dieser Diurese muss ich zwei Umstinde hervorheben: die grosse Verminderung der Kórnchen im Cytoplasma und das unregel- massige Volumen der Zellen. In der Tat scheinen die letzteren in 126 Benedetto Pizzini, einem und demselben Schmitt eines gewundenen Kanálchens von ver- schiedenem Volumen zu sein: einige sind dick und angeschwollen, andere klein und mit sehr deutlichem bürstenförmigen Saum. Sowohl bei den einen als bei den anderen sind jedoch die Kórnchen im Cyto- plasma ohne irgendwelche Ordnung zerstreut. Das Lumen der Tubuli ist im allgemeinen eingeengt, aber zugäng- lich; nur bei einigen Kanälchen kann man sagen, dass es verschwunden sel, aber bei dieser Diurese beobachtet man das selten. In den an chromatischer Substanz ziemlich reichen Zellkernen bemerkt man stets das azidophile Kórnchen oder den azidophilen kleinen Kern. VI. Experiment. Diurese durch Harnstoff. Kaninchen von 2,600 kg Gewicht; es erhält in die V. marginalis des Ohres 100 ce einer 5 proz. Harnstofflósung in physiologischer NaCl- Lósung, bei einer Temperatur von 37°. Das Kaninchen hat in 2 Stunden 120 cc Harn entleert; hierauf wird es getótet und die Blase wird wieder mit Harn gefüllt angetroffen. Die Nieren zeigen sich ziemlich blass. Mikroskopische Untersuchung. Bei der histologischen Untersuchung fand ich auch bei der Diurese durch Harnstoff — wie bei der durch Salze und durch Kaffein — den gróssten Teil der gewundenen Kanälchen betráchtlich an Volumen vergróssert und angeschwollen. Das Lumen der Kanälchen ist, entsprechend diesen beobachteten Zellenbildern, sehr eingeengt; den bürstenfórmigen Saum sieht man bei einigen Kanälchen eut, bei anderen erscheint er hier und da ausgezackt und wenig deutlich. Die Tätigkeit der Zellen erscheint jedoch, nach der geringen Zahl von Kanälchen zu urteilen, die man unter diesen Bedingungen wahr- nimmt, geringer im Vergleich zu der Diurese durch Kaffein und be- sonders zu der Diurese durch Salze, bei denen diese Erscheinungen häufiger und allgemeiner sind; sie erreichen, wie man sagen kann, ihren höchsten Ausdruck. — Dennoch habe ich auch bei der Diurese durch Harnstoff eine beträchtliche Verminderung der Körnchen im Zellprotoplasma beobachtet, in dem sie ohne Ordnung zerstreut Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. 127 erscheinen. Aber ausser dieser Verminderung, die man mehr oder weniger ausgeprügt bei allen Diuresen bemerkt, und dem Verschwinden der Heidenhainschen Stäbchen, ist hier eine andere Tatsache eingetreten: die Zunahme des Volumens der Kórnchen selbst. Diese zeigen sich in einigen. Zellen. von gewóhnlicher Grósse; in anderen bemerkt man Gruppen, die das doppelte Volumen des normalen erreicht haben. Diese Erscheinung der Zunahme des Volumens der fuchsinophilen Granulationen habe ich ausser bei der Diurese durch Harnstoff, wie ich sehr bald ausführen werde, auch in gesteigertem Masse bei der Diurese durch Harnsäure angetrofien. VII. Experiment. Diurese durch Harnsáuse. Kaninchen von 2,700 kg Gewicht. Ich injiziere in die V. margi- nalis des Ohres 100 cc einer 1'/,proz. Lösung von Harnsäure und Natriumkarbonat. Bei einem andern Kaninchen von 2,400 kg Gewicht. bei dem ich gleichfalls die nämliche Menge von 1'/,proz. Lósung injizierte, verwendete ich als Lösungsmittel der Harnsáure das Piperazin. Bei beiden Tieren zeigte sich eine sehr spärliche Diurese. Die Kaninchen wurden 2 Stunden nach Beginn der Injektion getötet und aus der Blase wurden 40—50 ce Harn entleert. Die Nieren zeigen sich etwas hyperämisch. Mikroskopische Untersuchung. Bei diesen Prüparaten ist das erste, was man auch bei kleiner Vergrósserung bemerkt, die Art und Weise, Wie sich das Lumen der gewundenen Kanälchen darbietet, das konstant und zuweilen auch beträchtlich erweitert ist. Die Zellen sind tiet- liegend und von einem sehr zarten bürstenförmigen Saum bedeckt, der aber ziemlich deutlich wahrnehmbar ist. In einigen Kanälchen ist das Lumen etwas mehr eingeengt, und hier sieht man stärkere Zellen mit hellem, hydropischem Protoplasma und mit einem Kern. der gegen den freien Rand der Zelle hin verschoben ist. Auch hier fällt die starke Verminderung der Kórnchen des Cyto- plasmas auf, aber mehr als ihre Spärlichkeit — die wirklich erheblich ist — fällt noch eine andere Erscheinung auf, die ausserordentlich starke Zunahme des Volumens, die man in vielen Kanälchen wahr- 128 Benedetto Pizzini. nimmt (Fig. 3). In der Tat habe ich nur bei dieser Diurese Kórnchen gefunden, die das Doppelte, das Dreifache und auch noch mehr der normalen Dimensionen haben. Bei der Diurese durch Harnstoff bemerkte ich schon. dass sich in einigen Kanälchen eine Zunahme des Volumens bei den Körnchen zeigt, aber diese Tatsache ist nie so bemerkenswert und so verallgemeinert wie bei der Diurese durch Harnsäure. Was ihre Anordnung betrifft, so sind die Kórnchen, grosse und kleine, auch hier ohne Ordnung in dem ganzen Cytoplasma zerstreut, aber in einigen Elementen habe ich sie, namentlich die grósseren, am basalen Teil der Zellen oder unterhalb des bürstenfórmigen Saumes zu kleinen Haufen angesammelt gefunden. Die chemische Natur dieser starken Granulationen ist natürlich noch unbekannt, aber alles erweckt den Glauben, dass es sich um Körnchen handelt, die hauptsächlich oder ausschliesslich aus Harnsäure bestehen. Die Hypothese von Ebstein und Nicolaier bezüglich des Vorhan- denseins von speziellen ,Uratzellen*, die zur Ausscheidung der Harn- säure bestimmt seien, kann heutzutage nicht mehr aufrecht erhalten werden, und mein Experiment dient noch ein weiteres Mal zur Bestä- tigung dessen, was Sauer seit 1899 behauptete, dass es nämlich „in hohem (Grade wahrscheinlich“ sei, „dass Harnsäure durch aktive Tätigkeit der Epithelien in körperlicher Form in das Lumen gelangt.“ — Ich habe allerdings im Lumen der Kanälchen die Körnchen be- obachtet, aber ich habe nie die Harnsäurekonkremente angetroffen, von denen dieser Autor spricht, der übrigens bei seinen Untersuchungen eine Methode für die Fixierung und Färbung verwendete, die vollständig von der von mir verwendeten verschieden ist. Bei den zwei folgenden Experimenten wollte ich, wie ich von Anfang an ausgesprochen habe, das Verhalten der Nierenepithels einigen | Alkaloiden gegenüber studieren, die eine wohlbekannte und antago- nistische Wirkung auf die Zellen der Drüsenorgane haben: ich meine das Pilokarpin und das Atropin. Die Wirkung dieser Gifte, namentlich des Pilokarpins, auf die Nierenzellen ist Gegenstand mannigfacher Untersuchungen gewesen und wird heutzutage nicht mehr in Zweifel gezogen. Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese, 129 Galeotti, der die Wirkung des Pilokarpins auf die Nierenzellen niederer Tiere (Frosch) studiert hat, konnte konstatieren, dass es anfangs eine aktivere Ausscheidung von Kórnchen und im zweiten Abschnitt das Verschwinden grosser Vakuolen im Cytoplasma veranlasst. Théohari, der später das Experiment bei Sáugetieren wiederholte, hat beobachtet, dass die Zellen der Tubuli an Volumen abnehmen, und es scheint, dass sie sich teilweise von ihrem Inhalt (Exkretionsprodukte) befreien, indem sie ihn ins Lumen der Kanälchen ergiessen. Todde bemerkte, dass die Wirkung des Pilokarpins auf die Frosch- niere sich zuerst kundgibt durch eine Zunahme der Zahl der fuchsino- philen Granulationen, die dann das Streben zeigen, nicht nur rasch zu versehwinden, sondern auch kleiner zu werden. Auch Courmont und André erlangten, wie in der zitierten Arbeit über die Ausscheidung der Harnsäure erwähnt wird, durch Injektionen von Pilokarpin eine aktivere Ausscheidung von Körnchen. Es bleibt also kein Zweifel hinsichtlich der Wirkung des Pilo- karpins auf das Nierenepithel übrig. Als ich das Studium dieser Substanzen an den Nieren von Säuge- tieren wieder aufnahm, konnte ich Erscheinungen beobachten, die eine gewisse Bedeutung haben und ein vergleichendes Studium der Wirkung solcher Alkaloide und derjenigen der eigentlichen Diuretica besser ge- statten. — Im nachstehenden folgen wenige Worte über die Resultate. die ich erhalten habe. VIII. Experiment. Pilokarpin. Kaninchen von 2,100 kg Gewicht. Ich injizierte in die Bauch- höhle 15 ce Pilokarpin, gelöst in ebensoviel ce einer physiologischen NaCl-Lósung. Nach wenigen Minuten schon gab sich die Wirkung des Giftes zu erkennen durch mässige Diurese und durch den gewöhnlichen Schleimausfluss aus den Nasenlöchern des Kaninchens. Eine Stunde nach der Injektion tötete ich das Tier. — Makro- skopisch zeigen sich die Nieren sehr hyperämisch. Mikroskopische Untersuchung. Wenn man die Präparate bei starker Vergrösserung beobachtet, bemerkt man sofort die übermässige Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 9 130 Benedetto Pizzini, Funktionstátiekeitder Zellen der Harnkanälchen. In diesen Zellen ist die normale Stäbchenstruktur noch vollkommen deutlich erhalten, aber die Zahl der Kórnchen ist in der Mehrzahl der Kanälchen ausserordentlich vermehrt. In der Tat. während bei normalen Nieren die Kórnchen in den Zellen, die in voller Tätiekeit sind, herbeikommen und den Kern in Form einer kleinen Krone umgeben oder sich hóchstens nach Art einer Haube vor ihn hinlegen, ist hier in einigen Zellen die Zunahme so stark, dass wir den Kern nicht nur umgeben, sondern verschoben erblicken dureh eine dichte Masse von Granulationen, die, indem sie sich von der Basilarmembrana aus erhebt, ihn (wie man bei Fig. IV sieht) gegen die Peripherie der Zelle hin treibt. — Der bürstenförmige Saum erscheint in diesen mit Kórnchen so vollgestopften und an Volumen vergrósserten Zellen gespannt und auf eine feine, zuweilen kaum sichtbare Linie beschränkt. Diese Zellen stellen, um uns so auszudrücken, einen ersten Typus von Zellen dar, die im Maximum der aktiven Phase (Periode voll- stándiger Belastung) befindlichen, die sich ihres Inhalts nicht entleert haben, was so deutlich zu sehen ist, dass man im Lumen dieser Kanälchen nur wenige oder gar keine Kórnchen wahrnimmt. Diesen gegeniber bemerkt man andere Tubuli, in denen die Zellen dagegen tiefliegend und von einem deutlich unterschiedenen bürstenfürmigen Saum bedeckt sind. Im Cytoplasma dieser letzteren Elemente fallen zwei Tatsachen auf: eine merkliche Verminderung der Körnchen (die bisweilen auch kleinere Dimensionen zeigen) und das Vorhandensein zahlreicher glänzender Trópfchen, die aus einer hyalinen Substanz be- stehen. Derartige Trépfchen bemerkt man im ganzen Cytoplasma zwischen den Kórnchen zerstreut, vorzugsweise aber finden sie sich unterhalb des bürstenförmigen Saumes, wo sie sich in horizontaler Reihe verteilen (Fig. VI), eine Aufstellung, die sie notwendigerweise annehmen müssen, um den Rand zu durchkreuzen. Ich habe sie in der Tat auch im Lumen der Kanälchen zugleich mit vielen freien, rotgefärbten Körnchen angetroffen, mitten in einer gelblichen form- losen Masse, die ganz das Aussehen einer koagulierten flüssigen Sub- stanz hat. In dieser letzten Kategorie von Tubuli, die ich beschrieben habe, Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese, 131 sind offenbar alle Zellelemente geschildert. die schon funktioniert, d. h. die schon zum grössten Teil ihren Inhalt an Kórnchen entleert haben. Die hyalinen Tröpfehen oder Bläschen, die man darin bemerkt, sind wahrscheinlich nichts anderes als ein Produkt der Degeneration des Cytoplasmas, wahre tote Eiweissstolfe, die in gleicher Weise aus der Zelle ausgeschieden werden, ehe im Innern des Cytoplasmas selbst ein Wiederherstellungsprozess eingeleitet wird. Wir kónnen also zum Schluss die Wirkung des Pilokarpins auf die Kaninchenniere folgender- massen zusammenfassen: in einer ersten Periode Erregune der Funktion der Glomeruli und besonders der absondernden Funktion der Zellen der gewundenen Kanälchen, die sich kundgibt durch eine beträchtliche Vermehrung der Zahl der fuchsinophilen Granulationen; in einer zweiten Periode Verminderung der Kórnchen und Erscheinen der genannten Zelen mit Degenerationserscheinungen im Protoplasma. Die Verminderung der Kórnchen ist eine derartige, dass sie nach Ansicht von einigen der zitierten Autoren bis zu ihrem vülligen Ver- schwinden in der Froschniere gehen kann; in meinem Falle aber, ab- gesehen davon, dass es sich um verschiedene Tiere handelte, hätte ich, um dies zu beobachten, das Kaninchen mehrere Stunden nach der Injektion tóten müssen, was ich nie getan habe. Nachdem dies gesagt ist, bleibt noch ein dunkler Punkt bei der durch Pilokarpin erregten Diurese: es ist das Vorhandensein der form- losen Masse, von der ich kurz vorher gesprochen habe, im Lumen der Kanälchen. Bei aufmerksamer Beobachtung sieht man, dass diese Masse, ^ die eine sehr verblichene grünlichgelbe Färbung annimmt. in Wirk- lichkeit nicht formlos ist, wie es auf den ersten Dlick erscheint, sondern. wie sich herausstellt, aus grossen Blasen oder Tröpfchen besteht, die, indem sie sich anhäufen und übereinanderlegen, ein eleichtórmiges Aussehen erlangen. Woher diese Trópfchen oder Kügelchen von einer unbekannten Substanz kommen und welche Bedeutung sie haben. wüsste ich nicht zu sagen. Stellen sie das Produkt eimes andern Typus von Zellsekretion dar oder eine aus der Fixierungsflüssigkeit gefällte und geronnene flüssige Substanz? Ich wiederhole es, ich kann es weder behaupten, noch in Abrede stellen. Nur eines kann ich mit Sicherheit behaupten, nämlich, dass diese Substanz von keinem Mangel der Fixierung 9* 132 Benedetto Pizzini, herrühren kann. Die von Rathery ausgesprochene Ansicht, dass alles, was man im Lumen der Tubuli antreffe, nur von der Wirkung schlechter Fixierungsflüssigkeiten herrühre, ist schon von Metzner und anderen bekümpft worden; was mich betrifft, so beschränke ich mich einfach darauf, hinzuzufügen, dass bei meinen Präparaten die Fixierung nicht besser und vollkommener hätte sein können. IX. Experiment. Atropin. Kaninchen von 2,400 kg Gewicht. — Ich beginne damit, dass ich in die Bauchhóhle 50 cc einer 1 proz. neutralen Lösung von Atropin- sulphat in physiologischer NaCl-Lósung injiziere. Nach 1'/, Stunden injiziere ich weitere 25 cc und wieder nach 1 Stunde weitere 25 cc — im ganzen ein Gramm schwefelsaures Atropin, das sehr gut ver- tragen wurde. — Ich wollte das Atropin so in einzelnen Dosen ein- führen, um das Tier eine bestimmte Anzahl von Stunden hindurch unter der konstanten Wirkung des Giftes zu halten. Vier Stunden nach der ersten Injektion tótete ich das Kaninchen; in der Blase fand ich nur eine sehr kleine Menge sehr dicken Harns. Die Niere zeigt sich klein, wie zusammengezogen und sehr blass. Mikroskopische Untersuchung. Bei diesen Präparaten erscheinen die Malpighischen Glomeruli verhältnismässig klein. Das Lumen der gewundenen Kanälchen ist stets genügend weit, mit tiefliegenden und von ziemlich deutlichem bürstenfórmigen Saum bedeckten Zellen. Im Cytoplasma dieser Elemente bemerkt man, dass die Kórnchen seltener » geworden sind und nur ein sehr kleiner Teil von ihnen die stäbchen- förmige Anordnung beibehält; das Cytoplasma selbst hat sodann ein charakteristisches helles und durchsichtiges Aussehen erlangt, als ob es eine Verdünnung erfahren hätte. In den Kernen bemerkt man keine Veränderung: nicht einmal das Erscheinen des azidophilen kleinen Kernes. Auch was das Atropin betrifft, scheint mir deshalb eine Einwirkung auf die Nierenzellen offenbar zu erfolgen, und diese Einwirkung ist im Grunde dieselbe, wie dieses Gift sie bei den anderen Drüsenzellen ausübt. | Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese 133 Zur Vervollständigung des Studiums der Sekretionserscheinungen der Nierenzelle hielt ich es für notwendig wie ich schon an anderer Stelle bemerkt habe — auch Versuche mit organischen Substanzen zu machen, die, obschon sie mit den wahren Diureticis sowie mit den -obenerwähnten Alkaloiden nichts zu schaffen haben, eine spezifische stimulierende Wirkung auf das Epithel der Niere ausüben. Worin nun diese Wirkung besteht, die von einer einfachen Erregung bis zu den sehwersten Läsionen des Cytoplasmas gehen kann, halte ich für überflüssig, hier zu sagen nach dem, was über die Extrakte aus Organen, die cytotoxischen Sera und die Nukleoproteide im allgemeinen geschrieben worden ist. Ohne bei Angaben und Tatsachen zu ver- weilen, die nunmehr jedermann bekannt sind, will ich einfach sagen, dass ich es auch für überflüssig und übel angebracht halte, hier an die von Nefedieff und anderen mit dem nephrotoxischen Serum ange- stellten Untersuchungen zu erinnern, weil sie auf absolut verschiedene Weise und zu einem ganz anderen Zwecke durchgeführt wurden als die meinigen. Beim Studium der Wirkung des urämischen Blutserums und des Extraktes der Niere auf die Zellen des genannten Organs war es nicht meine Absicht, zu untersuchen, welche histologischen Läsionen diese Substanzen veranlassen kónnen, sondern ich wollte ihren mehr oder weniger deutlichen Einfluss auf die Funktionstätigkeit der Nieren- zelle erforschen. Ich werde in Kürze die erhaltenen Resultate vortragen, indem ich auch hier einige Bemerkungen über die Niere des normalen Hundes vorausschicke. Niere des normalen Hundes. Die sehr dünnen (2 oder 34), nach derselben Galeottischen Methode gefärbten Schnitte unterscheiden sich wenig von denen der Kaninchenniere. Die gewundenen Kanälchen haben im allgemeinen einen grösseren Durchmesser, und die sie be- kleidenden Zellen sind auch grösser. Im Cytoplasma dieser Elemente sind die Körnchen nicht nur feiner, sondern auch weniger angehäuft und zeigen eine deutlichere stäbchenförmige Anordnung; in der Tat hóren die Streifen in diesen Zellen nicht in der Nähe des Kerns auf, sondern sie gehen von der Basilarmembrana bis zum bürstenförmigen 154 Benedetto Pizzini, Saum, gerade wie Sauer behauptet hat. Dadurch ergibt sich ein deut- licheres gestreiftes Aussehen. Was die Färbung nach der obenerwähnten Methode betrifft, so halte ich es für angezeigt, darauf aufmerksam zu machen, dass die Hundeniere sich weniger als die Kaninchenniere dazu eignet, sehr reinliche und elegante Präparate zu liefern. X. Experiment. Erwachsener Bastardhund von 7 kg Gewicht. Ich injiziere in die Bauchhöhle zweimal je ca. 70 cc Blutserum von einem urämischen Hund.) Vier Stunden nach der ersten Injektion tóte ich das Tier. Die Nieren sind anämisch und sehr blass. — "Mikroskopische Untersuchung. Die Glomeruli sind klein und wie zusammengezogen. In den gewundenen Kanälchen bemerkt man einerseits - eine aktivere Ausscheidung von Kórnchen (die sich oft zahlreich im Lumen der Kanälchen finden), andrerseits Degenerationserscheinungen in den Zellelementen Vor allem in dem mehr zentralen Teile der Rindensubstanz bemerkt man diese Veränderungen in Gestalt eines ganz deutlich Vakuolen zeigenden Zustandes des Cytoplasmas, während in seinem mehr peripheren Teile das Zellprotoplasma besser erhalten ist und man die Ausscheidung der Körnchen besser beobachten kann. Auf noch deutlicher wahrnehmbare Weise erscheint sodann diese Ausscheidung in dem ansteigenden Schenkel der Henleschen Schleife. Hier zeigen sich die Zellen zuerst hypertrophisch, von Granulationen erfüllt und mit starkem blasenförmigen Kern, der einen schönen azido- philen kleinen Kern enthält; später, in dem Masse wie die Zellen ihren Inhalt entleeren, erscheinen im Cytoplasma die Vakuolen und im Kern Veränderungen. Diese Erscheinungen beobachtet man, wie wir sehen werden, in noch gesteigertem Masse in der Niere, die der Wirkung des Extraktes, !) Das Blutserum entnahm ich einem Hunde, dem ich die Uretheren unterband und bei dem ich eine Blutentziehung ausführte, als die Symptome einer schweren urämischen Intoxikation sich zeigten. Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. 135 aus dem Nierenparenchym ausgesetzt wird; das urämische Blutserum hat jedoch eine gefüsszusammenziehende Wirkung, die dem Extrakt fehlt. Und die angetroffenen Läsionen kónnen, ausser von der direkten toxischen Wirkung des Serums, teilweise auch von der tiefgehenden Anämie herrühren, die infolge dieses Gefässkrampfes das Organ be- troflen hat. i XI. Experiment. Männlicher erwachsener Hund von 6,500 kg Gewicht. Ich in- Jiziere in die Bauchhóhle zweimal, im Abstand von einigen* Stunden, ca. 80 ce Extrakt von einer Hundeniere. Nach 5 Stunden tóte ich das Tier. Die Nieren finde ich sehr hyperämiseh. | Mikroskopische Untersuchung. Die Zellen der Kanälchen sind etwas hóher und haben einen feineren bürstenfórmigen Saum als bei der normalen Niere. Zwischen den ziemlich selten gewordenen Heiden- hainschen Stübchen erscheinen leere Ráume, in denen man das mit feinen Vakuolen versehene Protoplasma bemerkt. Die Kórnchen scheinen in einigen Elementen an Zahl zugenommen zu haben, aber vor allem scheint auch hier ihre Ausscheidung vermehrt, da sich Zellen finden, in denen sie spárlich vertreten sind. Auch hinsichtlich dieser Niere kann man also sagen, dass sich zuerst eine mássige Vermehrung der Granulationen zeigt. In der Folge, wenn die Zellen beinahe voll- ständig entleert sind, erscheinen sie klein, mit reich vakuolisiertem Protoplasma und mit einem Kern, der ebenfalls kleim und zusammen- geschrumpft ist. Folglich làsst sich als Schlussfolgerung nachstehendes sagen: in einer ersten: Periode haben wir bei Einwirkung des urämischen Serums und des Nierenextraktes Reizung zu vermehrter Arbeit und die Zellen zeigen eine gesteigerte Bildung und Absonderung der Kórnchen; folglich überwiegt die toxische Wirkung des stimulierenden Agens (um dessen Regulierung durch Herabsetzung der Dosis usw. ich mich nicht ge- kümmert habe) und es erscheinen die von mir beschriebenen Verände- rungen, die zuweilen auch noch schwerer sein können (Rathery) Um sodann das Missverhältnis zu erklären, das zwischen der schwachen Reizung zu einer Hyperfunktion der Zellen und dem Wesen der an- 136 Benedetto Pizzini, getroffenen Läsionen des Cytoplasmas und der Kerne besteht, will ich nur an das erinnern, was Galeotti uns hinsichtlich der Wirkung der Nukleoproteide auf die lebenden Zellen gesagt hat. Er sagt nümlich, die zerstórende Wirkung dieser Gifte sei unter gleichen Be- dingungen stets intensiver bei den Zellen, die infolee ihrer eigentüm- lichen Natur (Zellen der Niere) in andauernder Funktion seien. Und dies sei der Fall, weil diese Zellen im Vergleich mit den anderen einen geringeren Widerstand entgegensetzen müssten. Nachdem ich alle diese Mittel für die direkte Reizung des Nieren- epithels durch Experimente versucht hatte, hielt ich es für angezeigt. meine Untersuchungen auch auf die einseitige Nephrektomie auszu- dehnen. Heutzutage weiss jedermann, dass nach Nephrektomie die Arbeit der übriggebliebenen Niere zunimmt; nun bestand meine Ab- sicht gerade darin, zu untersuchen, von welchen morphologischen Ver- änderungen diese Zunahme der Arbeit begleitet wird. Auch die einseitige Nephrektomie ist wahrlich nicht vernachlässigt worden von den Autoren, die meine Vorgänger bei dieser Art von Untersuchungen über die Niere gewesen sind, aber ihre Beobachtungen — das muss gleichfalls anerkannt werden — beschränken sich rein auf das histologische Gebiet und auf die Hervorhebung von mehr groben Veränderungen der Struktur. Eine eigentlich cytologische Untersuchung ist, soviel mir bekannt, noch nicht angestellt worden, und deshalb hielt ich es zur Vervollständigung meiner Untersuchungen für dringend notwendig, dieses Thema wieder aufzunehmen. XII. Experiment. Einseitige Nephrektomie. Bastardhund von 8 kg Gewicht. Am 27. Juni exstirpierte ich auf extraperitonealem Wege die linke Niere. Das Tier ertrug die Operation sehr gut und nahm regelmässig während der folgenden Tage Nahrung zu sich, ohne irgendeine Störung zu zeigen. Am 2. Juli, also fünf Tage später, tótete ich es vermittelst Durchschneidens der Carotis. Die übriggebliebene. rechte Niere, die stark hypertrophisch war, wog 30 g. Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. 137 Mikroskopische Untersuchung. Schon bei kleiner Vergrósserung bemerkt man, dass die Malpighischen Glomeruli in diesen Präparaten hypertrophisch sind mit erweitertem innerem Raum der Bowmannschen Kapsel. Die Harnkanälchen haben gróssere Dimensionen erlangt. In ‘ihrem konstant zugänglichen und oft sogar erweiterten Lumen bemerkt man stets sehr zahlreiche Kórnchen mitten in einer gelblichen form- losen Masse, die gleichsam ein sehr grobes Netz bildet. Bei stárkerer Vergrósserung bemerkt man ein verschiedenes Aus- sehen in den gewundenen Kanälchen. Einige zeigen sich mit weitem Lumen, ziemlich tiefliegenden Zellen mit sehr deutlich wahrnehmbarem bürstenfórmigen Saum. Im Cytoplasma dieser Elemente, auch in einem und demselben Schnitt eines Kanälchens bemerkt man Unter- schiede in der Struktur: in einigen Zellen bemerkt man nämlich noch einen Rückstand von Stübchenstruktur, in anderen sind die Stäbchen vollstàndig verschwunden, um sehr dicken Kórnchen Platz zu machen, die sich ohne Ordnung zerstreut oder im ganzen Cytoplasma angehäuft finden (Fig. VII). In diesen Kanälchen sieht man auch viele Körnchen im Lumen und oft auch durch den bürstenfórmigen Saum hindurch. — In anderen Kanálchen dagegen zeigt sich ein ganz anderes Bild. Die an Volumen beträchtlich grósser gewordenen Zellen erscheinen wie bombées mit ziemlich deutlichen seitlichen Konturen. Ihr Cytoplasma ist vollgestopft mit sehr feinen Granulationen, die bisweilen so dicht angehäuft sind, dass sie den Kern verbergen, der fast immer den azidophilen kleinen Kern enthält. In diesen Elementen ist der bürsten- fórmige Saum nicht sichtbar und in dem von ihnen umschriebenen Lumen sind sehr wenige oder gar keine Kórnchen. Offenbar entsprechen diesen beiden beschriebenen Typen von ge- wundenen Kanälchen verschiedene Stadien der Funktion: im ersten haben wir Zellen, in denen die aktive Phase schon weit vorgeschritten Ist, in den Elementen des zweiten dagegen sind wir in der sogenannten Periode der Belastung, die Funktion oder die Austreibung der Kórnchen wird gleich beginnen und die Zellen werden binnen kurzem ihren Inhalt entleert haben. Letzterer besteht von Anfang an, wie bereits gesagt, aus sehr feinen. fuchsinophilen Granulationen; die dicken Kórnchen werden entweder durch sie verborgen oder sie erscheinen 138 Benedetto Pizzini, tatsüchlich in der zweiten Periode, wenn die Zellen sich schon zum Teil von ihren Sekretionsmaterialien befreit haben. Neben diesen beiden Typen der häufigsten Kanälchen bemerkt man sodann noch einen andern, bei dem das Lumen stark erweitert ist und die Zellen tiefliegend, wie zerquetscht sind, mit spärlichen Granulationen von grossem Volumen. Diese haben ganz das Aussehen, als ob sie Kanälchen wären, bei denen die sekretorische Phase sich ihrem Ende zuneigt. Ausser diesen, die, um sich so auszudrücken, die Haupttypen der funktionierenden Kanälchen darstellen, gibt es auch, wie man leicht begreift, zahlreiche andere dazwischenliegende Typen, die zu beschreiben überflüssig wäre. Die Verschiedenartigkeit dieser Bilder, die verschiedenen Momenten der Funktion entsprechen, beweist wieder einmal die Wahrheit des Gesetzes über die funktionelle Abwechslung der gewundenen Kanälchen, auf die auch Regaud und Policard in letzter Zeit ein solches Gewicht gelegt haben. Und diese Abwechslung besteht vor allem bei der einseitigen Nephrektomie, die bei letzterer nach meiner Anschauungsweise mit der grössten Deutlichkeit wahrgenommen wird. Bei meiner kurzen Zusammenfassung muss ich notwendigerweise auf einige Fragen zurückkommen, auf die ich während der Darlegung meiner Experimente nur flüchtig hinweisen konnte. Die erste betrifit die Beziehungen zwischen dem Volumen der Zellen und dem von ihnen umschriebenen Lumen der Kanälchen. Die Zunahme des Zellvolumens und die Zusammenziehung des Lumens der gewundenen Kanälchen stellt — wie ich schon mehrmals Gelegenheit hatte, zu sagen — meiner Ansicht nach das Bild der grössten funktionellen Tätigkeit des Nierenepithels dar. Dies steht in offenbarem Widerspruch zu dem, was Sauer und andere Autoren stets behauptet haben. Sie versichern, die Zunahme des Volumens der Zellen und das eingeengte Lumen bezeichneten das Ende der aktiven Phase, die dagegen dargestellt werde durch die niederen Zellen, den deutlich wahrnehmbaren bürstenförmigen Saum und erweitertes Lumen. Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese. 139 Disse dagegen behauptet das Entgegengesetzte in seiner klassischen Arbeit über die Nieren. Nun bestütigen gerade die Resultate meiner Untersuchungen, was die Auslegung dieser Bilder betrifft, die An- sichten dieses Autors. Sauers Ansicht kann meiner Ansicht nach heutzutage nicht mehr aufrecht erhalten werden. Galeotti und andere Autoren haben uns in der Tat bewiesen, dass bei der Diurese das erste Moment der Sekretion, d. h. die Filtrierung der Salzlósung durch die Wände der Schleifen der Glomeruli, unab- hüngig ist von den Bedingungen der Epithelien der Kanälchen, da eine beträchtliche Diurese auch dann erfolgt, wenn die Kanälchen sehr verändert sind. Nun entsprechen die Bilder von gewundenen Kanälchen mit tiefliegendem Epithel und sehr erweitertem Lumen genau dieser ersten Periode der Salzdiurese, d. h. der Periode der grössten Funktion der Glomeruli. Berufen sich Sauer und seine An- hänger auf diese Tatsache, um zu behaupten, dass auch in diesem Augenblick die Epithelien das Maximum ihrer sekretorischen Tätigkeit erreicht hátten? Um dies zu behaupten, müsste man zwischen Funktion der Glomeruli und Funktion des Epithels der Niere einen Parallelis- mus annehmen, der in Wirklichkeit nicht existiert. Durch die neueren Untersuchungen einiger Autoren scheint sogar das Gegenteil nach- gewiesen zu sein: die vollkommene funktionelle Unabhängigkeit zwischen Glomerulis und gewundenen Kanälchen. Und dass diese Unabhängigkeit, die aus verschiedenen Gründen gewöhnlich zu sein scheint, dann bei der Diurese ihren hóchsten Ausdruck erreichen muss, kann man auch aus einer anderen Erscheinung folgern, aus der mechanischen Wirkung selbst, die nämlich das (im ersten Zeitraum so reichlich aus den Schleifen der Glomeruli sickernde) Wasser auf die Zellen der Harn- kanälchen ausüben muss, die durch den gesteigerten Druck im Innern der Kanälchen momentan zusammengedrückt und gequetscht werden. Von dieser Überlegung geleitet, wollte ich bei meinen Unter- suchungen studieren, wie sich das Epithel der gewundenen Kanälchen gerade in der zweiten Periode der Diurese verhält, d.h. wenn es mir schien, dass ihre Tàtigkeit am grüssten sein musste, und es ist des- halb klar, dass, obschon die von mir angetroffenen Bilder bisweilen 140 Benedetto Pizzini, den von Sauer beschriebenen entsprechen, sie dennoch nicht auf die- selbe Weise interpretiert werden können. | Was die von mir bei den verschiedenen Formen der Diurese be- obachteten Strukturveränderungen betrifft, so erinnere ich einfach daran, dass sie — wie ich von Anfang an gesagt habe — von Sauer selbst in Abrede gestellt wurden. Rathery, der in seiner wertvollen Arbeit über die gewundenen Kanälchen im allgemeinen diese An- schauungswelse akzeptiert, sagt dann in derselben ‘Arbeit in einer Anmerkung, er habe bei einigen Experimenten an hyperfunktionieren- den Nieren bedeutsame Modifikationen im Zellprotoplasma der gewun- denen Kanälchen angetroffen. Ich weiss nicht, von welcher Art diese Modifikationen sind, auf die Rathery anspielt, aber nach den von den angeführten Autoren er- haltenen Resultaten und nach den meinigen erscheint es klar, dass auch diese weitere Ansicht Sauers zu verwerfen ist. ‚Nachdem dies festgestellt ist, muss eine andere, sehr interessante Frage jetzt besprochen werden. — Existiert tatsáchlich eine flüssige Sekretion des Nierenepithels? Oder, um es genauer auszudrücken, sickert das Wasser ausser durch den Glomerus auch zum Teil durch die Wand des Kanälchens hindurch? Diese Frage ist noch weit da- von entfernt, gelóst zu sein. Es lässt sich jedoch nicht leugnen, dass die Annahme vom Durchgang des Wassers durch die Wand der Kanälchen in der letzten Zeit viele Anhánger unter denen gefunden hat, die sich mit der Physiologie der Niere beschäftigen. Einige der neueren Autoren (Lamy und Mayer) gelangen sogar zu der Behauptung, dass die Filtrierung des Wassers ausschliesslich durch das Epithel der gewundenen Kanälchen stattfinde, und dass den Glomerulis oder pulsierenden Kórpern nichts anderes zukomme, als eine sekundäre Funktion als Pumpe, die imstande sei, den Druck im Innern der Kanälchen zu erhóhen. Ohne auf diese Behauptung grosses Gewicht zu legen, die mir, um die Wahrheit zu sagen, sehr gewagt, wenn nicht direkt unbegründet zu sein scheint, glaube ich meinerseits, dass es sich nicht absolut aus- schliessen lässt, dass eine gewisse Menge Flüssigkeit tatsächlich durch die Wand der Nierenkanálchen hindurchgeht. Zugunsten dieser Hypo- Uber die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese, 141 these bei der Diurese scheinen mir mehrere "Tatsachen zu sprechen, und insbesondere: a) der hydropische Zustand des Zellprotoplasmas bei starken Diuresen, die durch Diuretica in verdünnten Lösungen erregt werden; b) die Verschiebung in toto des Kerns gegen die Zell- peripherie, die, wenn auch in nicht übermässig hohem Grade, bei diesen Diuresen stattfindet, und die sich schlecht erklären liesse durch die einfache Erscheinung der Resorption von Fliissigkeit durch die Kanälchen; c) die so beträchtliche Ausscheidung der Körnchen unter dem Reiz der Diuretica usw. Alle diese Umstände sprechen zugunsten der flüssigen Sekretion, obgleich sie die Frage nicht in entscheidender Weise lösen. EH * Zusammenfassung. Aus dem Gesagten ergibt sich klar, dass unter Anwendung sehr femer eytologischer Methoden auch bei Säugetieren die Funktion der Niere unter verschiedenen Bedingungen und bei verschiedenen Reizen untersucht werden kann. Die von mir erhaltenen Resultate lassen sich folgendermassen resümieren : 1. Bei der normalen (Kaninchen-, Hunde-) Niere ist die physio- logische Tätigkeit der Zellen des post-glomerularen Traktes sehr deutlich wahrnehmbar. Sie gibt sich stets zu erkennen und hilt gleichen Schritt mit der Änderung der Anordnung und Zahl der Körnchen im Cyto- ‘plasma. Diese umgeben anfangs den Kern vollständig, dann sammeln Sie sich in kleinen Haufen in seinem vorderen Teile an, von wo aus sie sich durch den bürstenförmigen Saum hindurch im Lumen der Kanälchen verbreiten. Das Cytoplasma der sezernierenden Zellelemente gewundene Kanälchen) zeigt eine kompakte Struktur und man be- merkt darin keine Vakuolen irgendwelcher Art. In den Kernen trifft man nichts wirklich Bemerkenswertes an, ausser dem spärlichen Vorhandensein von chromatischer Substanz und dem azidophilen kleinen Kern in den aktiver funktionierenden Zellen. 2. Der Durchgang des dem Anschein nach festen Sekretions- produktes oder der Kórnchen durch den bürstenförmigen Saum findet 142 Benedetto Pizzini, in der Mehrzahl der Falle nicht vermittelst Dialyse, sondern direkt statt; d. h. die Kórnehen durchziehen als solche den Saum durch seine Kapillarbahnen oder Porenkanäle ohne irgendeine Modifikation ihres physikalischen Zustandes. 3. Bei den Nieren in Diurese und vor allem bei Darreichung von Diureticis in reichlichem wässerigem Vehikel beobachtet man tief- gehende Veränderungen. | Das Volumen der Zellen (ca. 2 Stunden nach Beginn der Ein- verleibung des Diureticums) ist konstant vergróssert und das Lumen der Kanälchen sehr eingeengt oder geradezu verschwunden in dem am aktivsten funktionierenden Teile. Hier erscheint das Cytoplasma der Elemente schwammig, hydropisch und wie verdünnt. Die Kórnchen haben nicht nur ihre stábchenfórmige Anordnung vollständig verloren, sondern sind auch in der Mehrzahl der Falle infolge einer aktiveren Ausscheidung stark an Zahl vermindert. Oft kann man die so reich- lich ausgeschiedenen Körnchen frei im Lumen der noch zugänglichen Kanälchen beobachten. — Der Kern erscheint in toto etwas ver- schoben, wie durch einen flüssigen Strom gegen den freien Rand der Zellen hingezogen; er ist arm an chromatischer Substanz und zeigt fast immer einen schönen, azidophilen kleinen Kern. 4. Diese letzteren Umstände und das mehrmals beobachtete Vor- handensein von starken Granulationen in unmittelbarer Nähe des Kerns (Plasmosome?) können betrachtet werden als Anzeichen einer wahr- scheinlichen Beteiligung des Kerns an den Sekretionserscheinungen. Diese Beteiligung, die während der normalen Funktion der Niere sehr schwer zu konstatieren ist, würde nach meiner Ansicht viel deutlicher wahrnehmbar werden unter dem Reiz der Diuretica. 5. Bei den durch konzentrierte Lösungen (NaCl und Kaffein) be- wirkten Diuresen bemerkt man durchgehends dieselben Erscheinungen. Hier zeigen jedoch das geringere Volumen der Zellen und das stets zugängliche Lumen der Kanälchen eine geringere und regelmässigere Funktionstätigkeit an. Die Ausscheidung der Körnchen bei diesen Diuresen (NaCl) ist auch in besonderem Masse deutlich wahrnehmbar im absteigenden Schenkel der Henleschen Schleife. 6. Bei der Diurese durch Harnstoff und namentlich bei der (aller- Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Dinrese. 143 dings sehr spärlichen) durch Harnsáure trifft man bei den meisten Kanälchen die Kórnchen beträchtlich vergrössert. Das Fehlen der sog. ,Uratzellen* von Nicolaier und Ebstein in den Nieren von Tieren, denen ich Harnsäure injizierte, lasst mich mit Sauer, Courmont und André annehmen, dass die Ausscheidung dieser Substanz durch alle Zellen der gewundenen Kanälchen ohne Unterschied stattfindet. — Nur glaube ich, dass der Durchgang ins Lumen nieht durch Dialyse geschieht, wie die beiden letzten von mir zitierten Autoren. behaupten, sondern im eigentlichen Sinne in der Form von Kórnchen. *. Die Wirkung des Pilokarpins auf das Nierenepithel gibt sich kund — wie bei den anderen Drüsen —- durch eine ziemlich beträcht- liche Zunahme der Sekretionsprodukte in einem ersten und durch Läsionen des Cytoplasmas in einem zweiten Abschnitt. Bezüglich des Ursprungs dieser Produkte kann ich nicht sagen, ob sie durch das Protoplasma bereitet werden, wie ich mich gleichfalls nicht aussprechen kann über die Natur und die Bedeutung der formlosen Substanz mit grossen Blasen, die ich oft bei diesen Nieren im Lumen der Kanälchen angetroffen habe. 8. Nicht weniger offenbar erschien mir die antagonistische Wirkung des Atropins auf die Nierenzellen, die ein helleres und an Kürnchen weniger reiches Cytoplasma zeigen. 9. Bei Wirkung des urämischen Blutserums und des Nieren- extraktes bemerkt man folgende Erscheinungen: in allererster Zeit eine leichte Erregung, die sich durch eine gróssere Erzeugung und vor allem durch eine gróssere Ausscheidung von Kórnchen kundeibt: in der Folge, wenn die toxische Wirkung vorherrscht, zeigen sich schwere Läsionen auf seiten des Cytoplasmas und des Kerns. 10. In der Niere von Hunden, an denen die Nephrektomie aus- geführt wurde, erscheint die Funktionstàtigkeit der Zellen der ge- wundenen Kanáülchen noch auf deutlichere Weise. Die Zellen, die im Gegensatz zu den anderen untersuchten Nieren eine reichere Folge von morphologischen Veränderungen darbieten, bringen zwei ver- schiedene Typen von Kórnchen hervor: einen Typus mit feineren Kórnchen, mit dem die Sekretion, wie es scheint, beginnt, und 144 Benedetto Pizzini, einen anderen mit starken Körnchen, mit dem sie wahrscheinlich abschliesst. Die Kerne sind stets arm an Chromatin und zeigen konstant den azidophilen Kern oder kleinen Kern. Aus diesen Erscheinungen und aus der Tatsache, dass die Mal- pighischen Glomeruli stets hypertrophisch sind und das Lumen der Kanälchen erweitert ist, folgert man leicht, dass bei diesen Nieren die beiden Funktionen, die der Glomeruli und die eigentliche Zell- funktion, ausserordentlich übertrieben sind. Nachdem dies vorausgeschickt ist, bleibt mir noch eine letzte Erörterung übrig, welche die Bedeutung und die chemische Natur der Granulationen der Niere betrifft. Ich sage die Bedeutung, denn bekanntlich halten einige Autoren die fuchsinophilen Körnchen nicht für wahre Sekretionsprodukte, sondern für Bestandteile der Zelle (besondere Bioblasten), die zur Ausscheidung derartiger Produkte verwendet werden. Gurwitsch z. B., der dies be- hauptet, sagt, die Körnchen funktionierten als „Kollektoren und Konden- satoren“ der Substanzen, die ausgeschieden werden müssten. Aber seine Hypothese wird heutzutage nicht allgemein angenommen und die meisten Autoren glauben hingegen, dass die Körnchen wahre Sekretions- produkte sind, deren chemische Natur schwer zu bestimmen ist. Der Grund dieser Schwierigkeit ist klar und er ist von Galeotti in sehr klaren und bestimmten Worten ausgesprochen worden. Während bei allen anderen Drüsenzellen — sagt dieser Autor — die Granu- lationen nichts anderes darstellen, als ein Produkt der Tätigkeit des Cytoplasmas, wozu der Kern den ersten Impuls gibt, kann man das nur hinsichtlich der Nierenzellen keineswegs behaupten. Das Epithel der Nierendrüse hat für sich allein eine ganz besondere Funktion, die man bei keinem anderen Drüsenorgan antrifft: es entnimmt näm- lich — wie von Bowmann angefangen die Anhänger der vitalistischen Lehre behauptet haben — dem Blute einige Substanzen, um sie in das Lumen der gewundenen Kanälchen zu befórdern. Nun wohl, sage ich, wenn alle diese Substanzen (Harnsäure, Harnstoff, Xanthinbasen usw.) es sind, die wührend ihres Durchgangs durch das Zellprotoplasma sich uns in Gestalt von kleinen, durch Fuchsin rot fárbbaren Granulationen Über die Sekretionserscheinungen in der Nierenzelle bei der Diurese, 145 zeigen, so versteht man wohl, dass ihre chemische Natur sehr ver- schieden und kompliziert sein muss, wie man auch leicht versteht, dass es ein nutzloses Beginnen ist, wenn man sie vermittelst einer einzigen mikrochemischen Reaktion enthüllen will (Courmont und André). Dass diese Körnchen in gewissen Fällen hauptsächlich aus Harn- süure bestehen (VII. Experiment), bedeutet wahrhaftig nicht, dass es stets eine solche Substanz ist, die in normal funktionierenden Nieren der Säugetiere vorherrscht. Und deshalb scheinen mir die Experimente der beiden oben zitierten Autoren in dieser Hinsicht nicht sehr beweis- kräftig zu sein. Es bedarf noch neuer und immer genauerer Untersuchungen. vor allem muss durch geeignete mikrochemische Reaktionen (die uns heut- zutage leider nicht immer zur Verfügung stehen) die experimentelle Ausscheidung aller Substanzen, die eine nach der anderen studiert werden, die man unter normalen Bedingungen im Harn antrifft, ehe man eine bestimmte Schlussfolgerung über die chemische Natur der in-Rede stehenden Granulationen ziehen kann. Dies gilt natürlich stets für die Substanzen, welche die Nieren- zele infolge ihrer besonderen Eigenschaften direkt aus dem Blute aufnimmt und in die Harnkanälchen befördert; denn neben diesen Substanzen, die unzweifelhaft den grössten Teil ausmachen, können sich auch andere, gleichfalls in Gestalt von Körnchen, befinden, die einen ganz anderen Ursprung haben und deren chemische Natur sich eimstweilen jeder erdenklichen Forschungsmethode entzieht. Das Vor- handensein dieser Substanzen oder eigentlichen Produkte der Bereitung von seiten des Protoplasmas der Nierenzelle schliesst sich, wenn es auch noch so lebhaft bestritten wird, an die berühmte Frage der inneren Sekretion der Niere an und bildet ein weiteres unter den verwickelten Problemen der Cytologie der Niere. Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 10 Literaturverzeichnis. Arnold, Virchows Arch. 164, 1902 und Anat. Anz. 15, 21, 1902. Anten, Arch. int. de Pharmakodynamie. VIII, S. 455. 1901. Anzillotti, Ricerche sulle modificazioni prodotte nel rene opposto nel caso di legatura unilaterale dell'uretere o dell'arteria e nella nefrectomia. Clinica moderna. 1903. Bottazzi e Onorato, Sulla funzione dei reni sperimentalmente alterati. Archivio di Fisiologia. 1904. Courmont e André, Sur l'elimination de l'acide urique chez le rein des vertebrées. Journal de Physiologie et de Pathologie générale. 1905. 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Schnitt eines gewundenen Kanälchens. Zellen in verschiedenen Stadien der Sekretion. Kaninchenniere in Diurese (NaCl in 5 proz. Lósung). Angeschwollene Zellen mit an Zahl verminderten und ohne Ordnung zerstreuten Kórnchen; Kerne verschoben und arm an Chromatin. Das Lumen des Kanälchens ist ver- schwunden und der Saum allein ist an einigen Stellen kaum wahrnehmbar. Mit Harnsäure behandelte Kaninchenniere. Niedrige Zellen, deutlich wahr- nehmbarer Saum sowie spärliche, starke Granulationen. Mit Pilokarpin behandelte Kaninchenniere. Ausserordentliche Vermehrung der Kórnchen in den Zellen (Maximalphase der Sekretion oder Periode vollkommener Belastung) und Verschwinden des Saumes Mit Pilokarpin behandelte Kaninchenniere. Zweiter Abschnitt der Sekretion: niedere Zellen, weniger reich an Kórnchen und Verschwinden von weissen hyalinen Trópfchen in ihrem Cytoplasma. Niere eines normalen Hundes. Hundeniere nach einseitiger Nephrektomie. In einigen Zellen bemerkt man einen Rückstand von Stäbchenstruktur, in der Mehrzahl derselben jedoch ist diese Struktur verschwunden, um starken Granulationen Platz zu machen, die sich im ganzen Cytoplasma zerstreut finden. (Aus dem histologischen Laboratorium der Universität Kasan.) Über die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. Von P. Krassin. (Mit Tafel VII.) Literaturübersicht. Die experimentelle Erforschung des Mechanismus der Regeneration verletzter peripherer Nerven datirt seit Ende des 18. Jahrhunderts, als der englische Anatom Cruikshank im Jahre 1776 in seimem Berichte an die Königliche Gesellschaft zu London zum ersten Male auf die Moglichkeit einer Regeneration der Nerven hinwies. Ein Teil der Autoren, welche nach Cruikshank diese Frage behandelten (Fontana, Monro, Michaelis, Haighton, Meyer, Swan, Descot, Prevost, Flourens, Beclard, Tiedemann, Joh. Müller, Valentin, Steinrück) sprachen der ‘Möglichkeit einer wahren Regeneration der Nerven das Wort, während andere hingegen eine solche in Abrede stellten (Arnemann, Burdach, Delpech, Richerand, Brechet, Jobert) Die Arbeiten sämtlicher oben- genannten Autoren haben gegenwártig nur ein historisches Interesse, zumal als viele von den soeben angeführten Beobachtern bei Unter- suchung dieser Frage nicht einmal das Mikroskop zu Hilfe nahmen. Im Jahre 1839 fand Nasse, dass im peripheren Abschnitte des von semem Zentrum getrennten Nerven ein Degenerationsprozess sich ent- wickelt. Die Behauptungen Nasses wurden von Günther und Schön. Bidder und Stannius bestätigt. Die Arbeiten Wallers (1850) waren epochemachend in der Lehre von der De- und Regeneration der peripheren Nerven; sie führten zur 150 , P. Krassin, Begründung der Gesetze, welche den Konnex dieser Erscheinungen mit den cerebro-spinalen trophischen Zentren feststellten. Ungeachtet der Mangelhaftigkeit und Unvollkommenheit der ihm zu Gebote stehenden mikroskopischen Technik ist Waller in bezug auf das Wesen der De- und Regeneration der peripheren Nerven zu einer Anschauung gelangt, die auch bis jetzt in ihren Hauptzügen unwiderlegt dasteht und gegen- wärtig in den Koryphäen der Histologie, wie Ranvier und S. R. Cajal, ihre Verteidiger findet. Bekanntlich erfolgt nach Wallers Lehre die Regeneration der peripheren Nerven auf dem Wege eines zentrifugalen Wachstumes, welches von den Enden der alten Achsenzylinder des zen- tralen Stumpfes ausgeht und in peripherer Richtung fortschreitet. Sämtliche Autoren, welche sich nach ‘Waller mit der in Rede stehenden Frage beschäftigt haben, lassen sich gemäss ihren Ansichten über den Regenerationsprozess in mehrere Gruppen teilen. Zur ersten Gruppe rechnen wir folgende Autoren, mit Schiff an der Spitze: Remak, Magnien, Erb, Laveran, hobin, Peretjatkowitsch. Bezeichnend für diese Gruppe erscheint die Anschauung, dass die Achsen- zylinder nach stattgefundener Nervenläsion unverändert bleiben und der Regenerationsprozess sich hauptsächlich auf die Markscheide des peripheren Nervenendes beschrünkt. Ausgenommen Schiff und Remak, die die jungen Achsenzylinder aus den präexistierenden alten herleiteten, deren Wachstum entweder durch Verlängerung (Schiff) oder durch Verlàngerung und Spaltung (Remak) erfolgen und die Vereinigung der Nervenstümpfe zu einem gemeinsamen Ganzen bewirken soll, — sprachen sich alle übrigen Autoren (Magnien, Erb, Laveran, Robin, Peretjatko- witsch) zugunsten einer Verlótung der durchschnittenen Nervensegmente durch Zellketten aus, welche letzteren nachträglich zu Achsenzylindern sich umbilden. Zur zweiten Gruppe gehóren diejenigen Autoren, welche der von Neumann aufgestellten chemischen Theorie der Nervenregeneration huldigen, derzufolge die jungen Achsenzylinder und Markscheiden sich aus dem degenerierenden Protoplasma der alten verletzten Nervenfasern hervorbilden. Abgesehen von dem Urheber dieser Theorie sind hierher noch — Heller, Eichhorst, Dobbert, S. Mayer und Tizzoni zu zählen. Der dritten Gruppe schliessen sich diejenigen Autoren an, welche Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 151 eine Sonderstellung in der Literatur einnehmen und eigentümliche An- schauungen in bezug auf den Regenerationsprozess vertreten. Hierher gehóren: Stilling (welcher behauptet, dass die De- und Regeneration des Nerven ausschliesslich von der Anderung seiner optischen Eigen- schaften abhánge) Dubreuil (dessen metaphysischer Anschauung zu- folge im Nerven eine besondere Kraft existiere, welche das Blastem - die die Segmente primär verlötende Substanz — in wirkliches Nerven- gewebe umwandele), Korolew (welcher behauptet, dass an den End- stücken der Achsenzylinder des zentralen Stumpfes sich Nervenzellen entwickeln, deren Achsenzylinderfortsätze, indem sie weiter auswachsen die Regeneration des Nerven herbeiführen. Die vierte Gruppe der Autoren betrachtet die Bindegewebszellen als Bildungszellen bei der Wiederentstehung der Nerven. Hierher ge- hören: Hjelt, Weismann, Gluge und Thiernesse, Oehl, Förster, Virchow Luys, Einsiedel, Hertz, Bruns, Bakowetzky, Gluck und Wolberg. Ausserdem ist hier noch zu notieren, dass Schiff, Bruch, Hertz, Gluck und Wolberg der Möglichkeit einer primären Nervenverheilung das Wort reden. Zur fünften Gruppe gehören diejenigen Autoren, welche den Schwannschen Zellen eine regenerative Bedeutung bei der Nerven- faserbildung zuschreiben. Hier sind zu nennen: Bruch, Lent, Philippeaux und Vulpian, Benecke, Korybutt-Daszkiewiez, Aufrecht, Leegaard, S. Sirena, Cattani, Frankl v. Hochwart, Soyka, Biingner, Galeotti und Levi, P. Ziegler, Kennedy, Wieting, Marchand, Bethe, Ballance und Stewart, Flemming, Henriksen, Durante, Schütte, Lemke, Razzaboni, Tonarelli, D. Barfurth, Lapinsky, Raimann, Modena, Head und Hamm, Kohn, Marguliès, O. Schultze, Besta. Wir müssen noch bemerken, dass Hertz auch die Schwann’schen Zellen und die weissen Blutzellen, Korybutt-Daszkiewiez aber die Bruchstücke der alten Achsenzylinder des peripheren Stumptes als Ur- sprungsquellen der jungen, sich neu bildenden Achsenzylinder betrachteten. Ausserdem ist noch beizufügen, dass Philippeaux und Vulpian die Lehre von der Autoregeneration des peripheren Nervenabschnittes auf- stellten, eine Lehre, welche bis heutzutage in Bethe (Pflügers Arch. 1907, Bd. 116) einen eifrigen Verfechter findet. 152 P. Krassin, Die sechste Autorengruppe umfasst die Vertreter der Waller'schen Theorie der Nervenregeneration. Hierher gehóren: Ranvier, Bogoslowsky, Billroth, Gen, Hoggan, Hudendorif, Vanlair, Nothhafft, Kölster, Strübe, E. Ziegler, Finotti, Betahg, Peterson, Purpura, Münzer, Langley und Anderson, Halliburton und Mott, Levin, S. R. Cajal, Perroncito, Marinesco, Fischer, Medea, Lenhossék, Krassin. Eine Mittelstellung zwischen den beiden letzt- cenannten Gruppen nehmen Howell und Huber ein, indem sie die Scheiden der jungen Nervenfaser als Abkómmlinge der Schwann'schen Elemente betrachtet wissen wollen, während die neugebildeten Achsen- zylinder, ihrer Ansicht zufolee, den alten Nervenfasern des zentralen Stumpfes entstammen. Gegenwärtig sind die von den Autoren der ersten vier Gruppen verteidigten Regenerationstheorien allgemein verlassen, ebenso auch die Lehre von der primären Nervenheilung. Die Debatten der jetzigen Zeit beziehen sich ausschliesslich darauf, ob die Zellen der Schwann- schen Scheide an dem Neubildungsprozesse der jungen Achsencylinder teilnehmen oder ob diese letzteren dem Auswachsen der alten Achsen- zylinder des zentralen Stumpfes ihre Entstehung verdanken. Somit entspinnt sich die Diskussion zwischen den Vertretern der Lehre von dem vielzelligen Ursprunge der Achsenzylinder aus den Elementen der Schwann’schen Scheide, den Polygenisten und den Monogenisten, welche die Waller'sche Theorie verteidigen, wobei die Gegner bis jetzt unversóhnt einander gegenüberstehen. Abgesehen von der prinzipiellen Meinungs- differenz in bezug auf die Nervenregeneration, welche die beiden ent- gegengesetzten Lager (der Polygenisten und Monogenisten) voneinander trennt, vermissen wir selbst unter den Vertretern einer und derselben Anschauung die wünschenswerte Übereinstimmung in zahlreichen speziellen Fragen, die mit der De- und Regeneration der Nervenfasern zusammenhängen. Der Wachstumsmechanismns der jungen Nervenfaser ist noch nicht genügend klargestellt und erst die Arbeiten der neuesten Autoren, welche sich bei ihren Untersuchungen exakter differentieller Methoden zur Färbung der jungen Achsenzylinder bedienten (S. R. Cajal, Perron- cito, Marinesco, Krassin, Poscharissky) eröffnen neue Gesichtspunkte Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 153 für ein Verständnis dieser Erscheinung, angesichts der an den jungen wachsenden Nerven konstant anzutreffenden und charakteristischen End- anschwellungen, welche letzteren bei dem Wachstum der jungen Nerven- faser zweifellos eine wichtige Rolle spielen. Die soeben genannten Autoren bestätigten die zuerst von Stróbe und Tepläschin gemachten Beobachtungen betreffend die Wachstumskeule (cóne de croissance) der jungen Achsenzylinder der verletzten Nervenfaser und lieferten schützens- werte Daten zugunsten der Wallerschen Regenerationstheorie. Die Lehre von der Regeneration der peripheren Nerven nach deren Verletzung interessierte mich um so mehr, als dieselbe auch für den Chirurgen von wesentlicher Bedeutung ist, und indem ich mir zur Aufgabe stellte, der Lósung der obenerwähnten Streitfragen näher zu treten, benutzte ich hauptsächlich die Ehrlichsche Methode der vitalen Methylenblaufürbung der Nerven. Hierzu bewogen mich einer- seits die grossen Vorzüge der Ehrlichschen Methode, die von den Histo- logen mit Recht als exakteste Methode für Achsenzylinderfàrbung ge- schätzt wird, andererseits aber der Umstand, dass die Ehrlichsche Methode bis jetzt bei dem Studium der Nervenregeneration nur wenig in Anwendung kam und keine beweisenden positiven Daten geliefert hat. Abgesehen von den fruchtlosen Versuchen, die von Stróbe, Purpura, Galeotti und Levi in der Anwendung dieser Methode unternommen worden, fand ich in der mir zugänglichen Literatur nur zwei Arbeiten, deren Autoren. über ihre Erfolge bei Anwendung der Ehrlichschen . Methode zum Studium der Nervenregeneration berichten. Diese Autoren sind C. Huber und Lapinsky. Was den erstgenannten Autor betrifft, so richtete sich sein Interesse namentlich auf den Regenerationsprozess der motorischen und sensiblen Nervenendigungen in den quergestreiften Muskelfasern. Dieser Autor untersuchte die Erscheinungen der Regeneration, wie sie nach Ablauf eines Zeitraumes von mindestens 28 Tagen nach der Nervenläsion zur Beobachtung kommen und liess die früheren Stadien ganz unberücksichtiet; ausserdem wurde auch die operierte Stelle nicht in den Bereich seiner Untersuchungen gezogen. In bezug auf die Arbeit von Lapinsky kann man sich des Gedankens nicht er- wehren, dass dieser Autor die Erscheinungen der De- und Regeneration 154 P. Krassin, an Präparaten mit diffuser postmortaler Gewebsfürbung untersucht hat, denn dafür spricht die reichliche Kernfärbung an den verletzten Nerven, wie sie der Autor konstant zu Gesicht bekam. Bei gelungener Methylenblaufärbung werden derartige Erscheinungen an den Nerven- präparaten nie angetroffen. Die Resultate unserer eigenen Beobachtungen über die De- und Regeneration markhaltiger Nerven sind in einer vorlàufigen Mitteilung (Anatom. Anz. Bd. 28, 1906) und sodann in unserer Doktor-Dissertation, betitelt: ,Zur Lehre von der Regeneration der peripheren Nerven nach deren Verletzung“ (Kasan, 1907), veröffentlicht worden. Im vorliegenden Aufsatze móchte ich die in meiner russischen Arbeit enthaltenen Daten einem weiteren Leserkreise darlegen, wobei ich mich namentlich in betreff der literarischen Nachweise auf meine Dissertation berufen muss. Ausserdem findet man die einschligige Literatur in den die De- und Regeneration der Nerven behandelnden russischen Arbeiten von Hudendorff, Levin, Schwarz sorgfältig zusammengestellt. Von den ausländischen Arbeiten, welche die betreffenden literarischen Daten enthalten, nennen wir die Arbeiten von Vanlair, Benecke, Neu- mann, Eichhorst, Th. Kölliker, S. R. Cajal, Stróbe, Büngner, Bethe, Barfurth, Schütte. Versuchsanordnung und histologische Untersuchungsmethoden. Als Objekt unserer Studien über die Erscheinungen der De- und Regeneration der Achsenzylinder dienten uns vornehmlich die peripheren Nerven verschiedener Säugetiere (Katzen, Hunde, Kaninchen, Meer- schweinchen, weisse Mäuse und Ratten). Eine Anzahl von Experimenten wurde ausserdem noch an den Nerven des Frosches von uns angestellt. bei den an Hunden, Katzen, Kaninchen, Meerschweinchen und weissen Ratten ausgeführten Versuchen wurde die Operation am N. ischiadicus gemacht; ausserdem experimentierten wir — bei Katzen, Hunden, Kaninchen und Meerschweinchen — am N. cruralis und dessen Zweige, dem N. saphenus. Ferner brachten wir speziell Kaninchen und Meerschweinchen lineare Hornhautwunden bei, um eine operative Verletzung der Hornhautnerven hervorzurufen. Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 155 Sodann wurden denselben Tieren (neugeborenen oder 6—7 tigigen) die Hautnerven am äusseren Ohre durchschnitten. Bei Mäusen und Ratten operierten wir hauptsächlich an den Nerven der Schwanz- und der Ohrenhaut. Zu diesen Operationen wurden weisse, albinotische Tiere genommen. Das Alter der operierten Tiere war sehr verschieden. Es wurden sowohl neugeborene als auch erwachsene und selbst alte Tiere von uns operiert. Behufs einer operativen Verletzung der grossen Nerven- stämme dienten folgende Eingriffe: totale oder partielle Nervendurch- schneidung, Resektion (von '/, bis 6 cm langen Stücken des Nerven), Quetschung des Nervenstammes durch die Ligatur oder mittels einer Pinzette. In einigen Fallen wurde eine Dislokation des zentralen Stumpfes bewirkt, indem er in die nächstliegenden Muskeln eingenäht wurde. Nach der Durchschneidung des Nerven vereinigten wir in einigen Fallen die Schnittenden durch Seidennaht oder Catgut. Recht oft wandten wir bei unseren Experimenten die Nervenquetschung mittels einer starken Seidenligatur oder der Peanschen Pinzette an. Studiert man die Erscheinungen der De- und Regeneration an Objekten, welche den gequetschten Nerven entnommen wurden, besonders unter Benutzung von Isolationspräparaten, wie sie nach einer derartigen Operation leicht zu erhalten sind, so lässt sich der Verlauf der ge- nannten Vorgiinge an isolierten Nervenfasern, angefangen von ihren zentralen Teilen, durch die Stelle der Kontinuitätsstörung hindurch bis zum Anfangspunkte und ebenso auch im weiteren Verlaufe des peripheren Segmentes mit Leichtigkeit verfolgen. An solchen Präparaten kann man den Entwickelungsvorgang der Nervenfaser kontinuierlich ver- folgen, indem man deren Verbindung mit dem zentralen Ende des alten Achsenzylinders nicht aus dem Auge verliert, ein Umstand, der den Be- obachter vor Fehlschlüssen schützt. Besonders gilt das Gesagte für die Isolationspráparate, welche nach Färbung gequetschter Nerven- stämmchen nach Ehrlichs Methode in Methylenblau und darauffolgender Behandlung mit gesättigter wässeriger Ammoniumpikratlósung erhalten worden sind. Das letztgenannte Reagens übt einen stark mazerierenden Einfluss auf die Gewebe aus, was die Prozedur der Isolierung der Nervenfasern an der Quetschungsstelle wesentlich erleichtert. 156 P. Krassin, Ausser den oben angegebenen operativen Eingriffen und Unter- suchungsobjekten wurde (bei Kaninchen und Meerschweinchen) auch der N. saphenus in den Bereich unserer Untersuchungen gezogen. Hierbei wurde die Verletzungsstelle des N. saphenus oder seiner Aste in der Weise untersucht, dass die operierte Stelle des Nerven und die dazugehörenden beiden Nervenstümpfe in Zusammenhang mit dem sie bedeckenden zarten Fascienblatte und der das Gefässnervenbündel tragenden dünnen Muskelunterlage abpräpariert und als Flüchen- präparat der mikroskopischen Durchmusterung unterzogen wurde. Für unsere Zwecke besonders geeignete Objekte erhielten wir bei der Ehrlichschen Farbungsmethode an Flächenpräparaten aus der Ohren- und Schwanzhaut weisser Mäuse und Ratten. Die in Methylenblau gefärbte Haut der genannten Körperteile lässt sich bei Nachbehand- lung mit gesättigter wässeriger Ammoniumpikratlósung sehr leicht von ihrer Epitheldecke befreien und ergibt dann ein dünnes, für die Untersuchung mit stàrksten Vergrósserungen zugängliches Blattchen. Die Schnitte an den Ohren drangen nur bis auf den Knorpel; es wurde hierbei der halbe Umkreis des Ohres oder aber nur ein Drittel desselben umschnitten. Die Operationswunden wurden, mit Ausnahme der Hautschnitte an den Ohren und am Schwanze, stets durch eine festschliessende Seiden- oder Catgutnaht vereinigt. Bei sämtlichen Operationen wurden die Regeln der Aseptik streng befolgt. Am besten überstehen Meer- schweinchen die in Rede stehenden Eingriffe (seltene Entwickelung von Dekubitus nach Verletzung des N. ischiadicus und cruralis). Die Gesamtzahl der operativen Verletzungen der Nerven in ver- schiedenen Körperteilen betrug 465, bei einer Zahl von 262 Versuchs- tieren verschiedener Spezies. Schliessen wir hiervon 24 infolge von mancherlei zufälligen Ursachen verunglückte oder wegen Wundeiterung (3) für unsere Zwecke verloren gegangene Tiere aus, an welchen 39 Ope- rationen gemacht worden waren, so erhalten wir 238 Versuchstiere, wobei die Zahl der an denselben ausgeführten Operationen sich auf 426 beläuft. Es gelang uns bei weitem nicht, alle operierten Tiere als em für unsere histologischen Zwecke brauchbares Material zu ver- werten. Positive Resultate erhielten wir mit Hilfe der Ehrlichschen Über die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 151 Methode sowohl an Flächen-, als auch an Zupfprüparaten gequetschter Nerven, sowie endlich an in toto plattgedriickten Nervenstämmchen. Die photographische Versilberungsmethode nach S. R. Cajal ge- stattete uns den Regenerationsprozess an Längs- und Querschnitten zu studieren. Ausserdem wandten wir auch die von Büngner empfohlene Methode der Nervenfärbung an (Färbung in Safranin nach Fixierung des Objektes in Flemmingscher Lösung). Zur Erórterung der Struktur der Schwannschen Elemente wandten wir besonders die hanviersche Vergoldungsmethode an; darauf fürbten wir die Präparate in Pikrokarmin, Hämatoxylin, nach Mallory und endlich die Schnitte der nach S. R. Cajal mit Silber imprägnierten Nerven in Safranin oder Thionin. Was die Technik der Ehrlichschen Färbungsmethode anbetrifft, so wurde dem Versuchstiere mittels einer Handspritze gewöhnlich eine Injektion dureh das linke Herz gemacht, wobei der Farbstoff (Methylenblau rectif. nach Ehrlich, bezogen von Grübler) in physio- logischer Kochsalzlösung, erwärmt in das Blutgefässsystem eingeführt wurde Das Methylenblau wurde in einer */,—*/,—1—2- und 4 pro- zentigen Lösung angewandt. Die besten Resultate erzielten wir mittels einer !/,—-1prozentigen Lösung des genannten Farbstoifes. Mitunter wurde in den Fällen, wo die vitale Methylenblau-Injektion kein genügendes Resultat ergeben hatte, eine Nachfärbung im Thermo- Staten, bei 38° C, nach A. Dogiel's Methode vorgenommen. Um die Struktur der in Bildung begriftenen Markscheide, ebenso wie auch den degenerativen Zerfall des Nervenmarkes kennen zu lernen, wurden die Präparate nach vorhergehender Methylenblaufärbung in einer osmiumsäurehaltigen wässerigen Ammoniumpikratlösung fixiert (1, 2, 3—10 Tropfen einer 2 prozentigen Osmiumlüsung auf je 50 cem der Ammoniumpikratlósung). In der genannten Fixierungsflüssigkeit verblieben die Präparate 24 Stunden. Mitunter wurde der fixierenden Lösung eine relativ grössere Menge der Osmiumsäure beigefügt und dann musste die beginnende Schwärzung des Präparates von Stunde zu Stunde kontrolliert werden (so war z. B. eine 1—3 stündige Ein- wirkung erforderlich bei Zusatz von 15—30 Tropfen der Osmiumsäure o auf je 50 cem der Ammoniumpikratlósung). 158 P. Krassin, Um die Zellen der Schwannschen Scheide zu färben, setzten wir zur Fixierungsflüssigkeit eine Pikrokarminlésung im Verhältnisse von '/,:1/3:!/, des Gesamtvolumens hinzu. Eine Dreifachfärbung erzielten wir, indem wir der gesättigten wässerigen Ammoniumpikratlósung gleichzeitig Osmiumsáure und Pikrokarmin beifügten. Bei der Silberimprügnierung der Nerven nach S. R. Cajal ver- fuhren wir folgendermassen: Stücke der ausgeschnittenen Nerven wurden einen Tag lang in 97 prozentigem Alkohol fixiert. Darauf wurden die (hauptsáchlich dem N. ischiadicus des Meerschweinchens, Kaninchens, Hundes und der Katze entnommenen) etwa 1—2 cm langen Stücke der ausgeschnittenen Nerven in destilliertem Wasser leicht abgespült und in dunkle Gläser von 50 cem Volumen gebracht, welche mit einer (1,5—2 prozentigen) Lósung von salpetersaurem Silber gefüllt waren. Hier verblieben die Objekte im Thermostaten, bei 38° C, eine ungleich lange Zeit. Zur Imprägnierung 1—2 cm langer Stücke aus dem N. ischiadicus von Hunden oder Katzen bedurfte es 5—8 Tage; Objekte aus dem Ischiadicus kleinerer "Tiere (Meerschweinchen, Kaninchen) bedürfen hierzu 4—6 Tage. Nach einem genügenden Verweilen in der Silberlösung werden die Objekte in destilliertem Wasser abgespiilt und in einer 2 prozentigen Hydrochinonlósung entwickelt; darauf werden die Präparate entwässert und zur Anfertigung von Schnitten in Paraffin eingeschlossen. Bei der Nachbehandlung der versilberten Nerven mit Gold hielten wir uns an die von S. R. Cajal angegebenen Regeln. Das Verfahren von Büngner wandten wir in der gewöhnlichen Weise an, indem wir es vorzogen, die Flemming- sche Lösung unter Chloroformnarkose in die Dicke des Nerven- stimmchens zu injizieren. Eigene Beobachtungen tiber den Mechanismus der Regeneration operativ verletzter peripherer Nerven. In unserer vorläufigen Mitteilung (s. Anat. Anzeiger, 1906, Bd. 28) sind die ersten Stadien der Regeneration der Nerven, angefangen vom 7. Tage, beschrieben. Gegenwärtig ist es uns möglich, den Regene- rationsprozess zu beschreiben, indem wir von der 24. Stunde nach der Verletzung beginnen; hierbei werden wir uns hauptsächlich mit den Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 159 De- und Regenerationserscheinungen an den Achsenzylindern der mark- haltigen Nervenfasern beschäftigen. Unsere Beobachtungen über die Regeneration der peripheren Nerven beziehen sich auf folgende Zeiten nach der Operation: 24 Stunden, 48, 72 Stunden; 4 Tage, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 20, 22, 24, 25, 27, 30, 35, 40, 43, 47, 49, 50, 60, 65, 68, 73, 80, 90, 98, 100, 120, 130, 150, 160 und 180 Tage. An den Methylenblau-Präparaten treten bereits nach Ablauf von 24 Stunden scharf ausgesprochene Veränderungen degenerativen Charakters hervor; derartige Veränderungen werden hier an den Achsen- zylindern sowohl des zentralen als auch des peripheren Stumpfes zahl- reich angetroffen. So sind in Figur 1 (Taf. VII) Bündel derart veränderter Achsen- zylinder dargestellt; diese Nervenbündel treten in den Bestand einzelner kleiner Nervenstàmmchen, welche letzteren in den peripheren Terri- torien der durchschnittenen Nerven der Ohrenhaut einer weissen Maus gelagert sind; neben Achsenzylindern, die ihr normales Aussehen bewahrt haben, sehen wir hier sehr charakteristisch veränderte, die in ihrem Verlaufe eine Reihe recht umfangreicher, unregelmássig zylindrischer oder länglich ovaler Anschwellungen tragen; diese Anschwellungen werden dureh dünne, kurze, intensiv gefürbte und stellenweise zer- rissene Fäden miteinander verbunden. Diese Anschwellungen boten bald eine homogene, bald eine granulierte oder aber fibrilläre Struktur dar. Innerhalb eines Ranvierschen Segmentes finden sich je eine, zwei oder auch mehr dieser massiven Anschwellungen. Die Ranvier- schen Einschnirungen erscheinen verjüngt, ausgedehnt und nehmen sich aus wie feine, fadenförmige Gebilde, die stellenweise durch deutlich bemerkbare Risse unterbrochen werden. Die Fragmentierung der Achsenzylinder vollzieht sich sowohl an den Stellen der Ranvierschen Einschnürungen als auch längs der Segmente an den Stellen, wo der Achsenzylinder zwischen den oben beschriebenen Anschwellungen faden- förmig verdünnt erscheint. Die Degeneration der Achsenzylinder tritt binnen 24 Stunden in der ganzen Ausdehnung des peripheren Abschnittes sowie in einem begrenzten Bezirke des zentralen Stumpfes hervor; besonders gut lässt 160 P. Krassin, sich dieses an Flächenpräparaten der Ohren- und Schwanzhaut albino- tischer Mäuse und Ratten beobachten. An derartigen Präparaten lässt sich der Degenerationsprozess bis in die Nervenendapparate (die palisadenfórmigen Nervenendigungen der Haarbálge) verfolgen. Noch deutlicher tritt die Fragmentierung | der Achsenzylinder nach Ablauf von 48 Stunden hervor. Vielfach sind in den Fragmenten noch erhalten gebliebene, oft etwas verdickte Fibrillen bemerkbar. Weiterhin, am 4. Tage (Fig. 3 der Taf. VIT) konstatierten wir be- ginnende Schrumpfung der zerfallenen Axenzylinder, in deren Frag- menten eine fibrilüre Struktur kenntlich war. Die Konturen der Fragmente erschienen háufig wie angefressen. Am 12. Tage bemerkten wir in den Achsenzylinderfragmenten eine unter Vakuolenbildung erfoleende Degeneration. Inmitten solcher Bilder einer Zerstórung der Achsenzylinder beobachteten wir zu derselben Zeit (binnen 11—12 Tagen) auf langen Strecken verfolebare Achsenzylinder von reeelmässig zylindrischer Form, welche aus deutlich differenzierten, wohlerhaltenen und einen nur wenig geschlängelten Verlauf zeigenden Fibrillen bestanden. In den Fragmenten von unregelmässiger, wie z. B. spiralig oder korkzieherartig gewundener Form, wie sie bei der Achsenzylinderdegeneration nicht selten beobachtet werden, trägt die Anordnung der Fibrillen einen mehr verwickelten, mitunter gleichsam netzartigen Charakter. Somit widersprechen unsere Befunde betreffend die Degeneration der Achsenzylinder verletzter Nervenfasern den Behauptungen von Bethe und Mönckeberg. Diesen Autoren zufolge beginnt der Zerfall der Achsenzylinder vor allem mit einer Änderung der regelmässigen Fibrillen- lagerung und einer Entwickelung deutlich ausgesprochener körniger Verdickungen an den Fibrillen; diese Veränderung geht rasch in einen körnigen Zerfall der Fibrillen über und da erst greift der destruktive Prozess auch die Perifibrillärsubstanz an. Aus unseren Beobachtungen ersehen wir, dass der Degenerations- prozess von Anfang an die Substanz des Achsenzylinders in toto ergreift und in einer Fragmentierung zum Ausdruck gelangt, wobei sich aber die Fibrillen als der resistenteste Bestandteil erweisen, indem sie sehr Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 161 lange, in zahlreichen Fragmenten dem zerstörenden Finflusse des dem Nervenstamme beigebrachten Traumas widerstehen. Im weiteren Verlaufe des Prozesses nehmen die Achsenzylinder- fragmente an Grösse ab und schwinden schliesslich ganz. Unsere Be- obachtungen stimmen im allgemeinen mit den Darstellungen derjenigen Autoren überein, welehe den Degenerationsprozess des Achsenzylinders verletzter Nerven mit Hilfe der auch von uns benutzten Methode der Nervenfärbung, d. h. der Ehrlichschen Methode untersucht haben, Tepläschin, C. Huber und Igapinsky. Am 18.—20. Tage haben die Fragmente des Achsenzylinders im peripheren Stumpfe erósstenteils das Aussehen kleiner, runder oder ovaler Gebilde. | Was die Degeneration der Achsenzylinderenden des zentralen Stumpfes betrifft, so verläuft dieselbe nach dem soeben dargestellten Typus, wobei der genannte Prozess sich auf den Bereich einer bis dreier Ranvierschen Einschnürungen beschränkt und nur in einigen wenigen Nervenfasern weiter hinauf steigt. Was die Degeneration der Mark- scheide anbelangt, so wollen wir nur bemerken, dass dieser Prozess von den primären Anderungen in den Achsenzylindern abhängig ist und dass dieser Degenerationsprozess des Nervenmarkes an den Enden der Achsenzylinder am zentralen Stumpfe die der Nekrose der Achsen- Zylinder selbst entsprechende Demarkationslinie etwas übersteigt. Die Degeneration der Achsenfaserenden bleibt unseren Beobachtungen gemäss nicht ausnahmslos in dem Niveau eines Ranvierschen Schnür- ringes stehen, sondern sie kann auch in einem beliebigen Punkte eines interannulàren Segmentes Halt machen (Fig. 2 der Taf. VII). Bevor wir die Beschreibung des Degenerationsvorganges der Achsen- Zylinder verletzter Nerven schliessen, müssen wir noch bemerken, dass keine der von uns benutzten Farbungsméthoden uns irgendwelche Hinweise auf das Vorhandensein einer Degeneration der Schwannschen Scheide geliefert hat. Es scheint uns daher der Gedanke: berechtigt, dass eine derartige Ansicht, obwohl sie auch von einigen neueren Autoren geteilt wird, auf einem Irrtume beruhe. Indem wir nun zur Darstellung des Regenerationsvorganges am verletzten Nerven übergehen, wollen wir zunächst den Verlauf desselben ‘Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 11 162 P. Krassin, unter der Bedingung betrachten, wenn die beiden Stümpfe einander genähert sind. An Zupfpräparaten aus dem gequetschten N. ischiadicus, der 24—48 Stunden nach der Operation behufs Untersuchung heraus- genommen und in Methylenblau gefárbt worden ist, konnten wir uns bereits am frisch ausgeschnittenen Objekte bei gelungener Fürbung desselben mit Hilfe des Mikroskopes davon überzeugen, dass in der Zone des zentralen Stumpfes eine Masse feinster Achsenzylinder hervor- tritt, welche letzteren die direkte Fortsetzung der alten, dickeren Achsenzylinder bilden. Diese Fäserchen waren varikós oder sie erschienen als fadenförmige Bildungen und trugen deutlich ausgesprochene knopf- förmige Verdickungen an ihren freien, der Peripherie zugewandten Enden. bei Untersuchung von Isolationsprüparaten, welche in gesättigter wüsseriger Ammoniumpikratlósung unter Zusatz von Pikrokarmin oder auch ohne solchen fixiert worden waren, beobachten wir über der Zone der degenerierten Nervenenden scharf ausgesprochene Anderungen in den erhalten gebliebenen Achsenzylindern. Diese letzteren waren stark verdickt und sahen mitunter wie gequollen aus, wobei sie häufig eine deutlich fibrillàre Struktur darboten. Die Endanschwellungen der Achsenzylinder des zentralen Stumpfes oder mit anderen Worten, deren Hypertrophie nach Ranvier, ist ent- weder auf einen eng umschriebenen Bezirk lokalisiert, oder aber sie besitzt einen weiter ausgedehnten Charakter. Im ersteren Falle kann sie sich als eine enorm grosse terminale Verdickung präsentieren, welche aus der stellenweise deutlich flbrillären Achsenzylindersubstanz besteht; ihre Oberfläche erscheint unregelmässig höckerig und ist mit feinsten kurzen Ästchen besetzt, welche letzteren ihrerseits in knopfförmige Anschwellungen auslaufen (Fig. 5 der Taf. VII). Im zweitgenannten Falle trägt diese Hypertrophie, wie gesagt, einen mehr ausgebreiteten Charakter (Figg. 2 und 4 und besonders Fig. 6 der Taf. VII). In diesen Figuren ist noch eine Erscheinung be- merkenswert, welche sich wie eine Zerfaserung der Achsenzylinder- substanz in ihre Bestandteile, d. h. in Fibrillen ausnimmt. Diese Zer- faserung kann sich bisweilen weit hinauf erstrecken. In einigen Fällen Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 165 teilt sich das Ende des verdickten Achsenzylinders gabelfürmig in zwei Aste oder es zerfällt in eine grosse Zahl feiner Nervenfibrillen, die bürsten- oder besenfórmig gelagert sind (Fig. 4 der Taf. VII). Entsprechend den Ranvierschen Finschmirungen findet man mit- ‚unter eine charakteristische, als lokale Hypertrophie der Achsenzylinder- substanz anzusprechende Erscheinung. Bisweilen begegnet man wenig verdickten Achsenzylindern, die sich in weitere Aste teilen, wobei letztere mit knopfförmigen Endanschwellungen versehen sind. Der Übergang des alten dicken A chsenzylinders in den neu anwachsenden ist gewöhnlich ein einfacher, d. h. der erstere geht in einen, meist knopfförmig ver- dickt endenden, feineren Faden über. Die Struktur der jungen Achsenzylinder erscheint bei Methylen- blaufärbung entweder homogen oder sie beurkunden einen fibrillären Bau und präsentieren sich als scharf konturierte Nervenfüden, die entweder mit Varikositäten besetzt sind oder solcher entbehren. Ihr Durehmesser ist an ihrer Ursprungsstelle stets grósser und in dem Verlaufe der jungen Nervenfaser sieht man eine Substanz eingesprenet, welche wir nach Prof. C. Arnsteins Vorgange als methylenophile Substanz bezeichnen wollen, da sie in Methylenblau eine intensive, dunkel-violette Fárbung annimmt. Diese innerhalb der jungen Nerven- fasern zerstreute Substanz liegt bald in der Tiefe, bald mehr ober- flächlich und erscheint in Gestalt von Körnchen oder Streifen. Die Konturen des jungen Achsenzylinders sind nicht glatt. Die Struktur der terminalen Endknópfchen ist entweder homogen oder schwach kórnig oder endlich fibrillàr. Mitunter sind in diesen Endanschwellungen auch Körnchen der methylenophilen Substanz enthalten. Die fibrilläre Struktur der Endanschwellungen erscheint in Gestalt eines zarten Filzes, dessen äusserst feine Fäserchen mit den Fibrillen des hinzutretenden Achsenzylinders verbunden sind. In ihrem Verlaufe teilen sich die jungen Achsenzylinder häufig, und indem sie sich mit ihren Verzweigungen unter- emander verflechten, bilden sie komplizierte, mit den charakteristischen ündknöpfchen versehene Plexus. In einigen Schwann'schen Scheiden gewahrt man eine mehr regelmássige Anordnung der heranwachsenden Fibrillen (Fig. 6 der Taf. VII). Als eine typische, häufig vor Augen tretende Erscheinung bei der 11% 164 P. Krassin, Nervenregeneration ist die Multiplizitàt der jungen Ausläufer zu be- trachten, welche dem Ende eines einzelnen Achsenzylinders des zentralen Stumpfes entstammen. Als eine konstante Erscheinung ist ferner das Hervorgehen junger Achsenzylinder an den Ranvierschen Einschnürungen zu notieren, ebenso wie auch die Umwindung der verdickten Endabschnitte der Markfasern durch die besagten feinen marklosen Sprüsslinge. . Was die von Perroncito beschriebene Durchbohrung der Schwann- schen Scheiden durch die jungen Achsenzylinder betrifft, so müssen wir bemerken, dass es uns an den isolierten Nervenfasern nie gelang, etwas derartiges zu sehen. Das Einwachsen der jungen Nerven in das Gebiet der Verletzung haben wir — bei Quetschung des Nerven durch die Ligatur — binnen 48 Stunden nach der Operation beobachtet. Die feinen Achsenzylinder dringen um diese Zeit zahlreich in das genannte Gebiet ein und charakterisieren sich durch ihre knopffórmigen terminalen Anschwellungen. Einige Fasern bahnen sich bereits jetzt schon ihren Weg in den Anfangsteil des peripheren Nervensegmentes. Die jungen Achsenzylinder erscheinen zunächst sämtlich als marklose Fasern (Ranvier, Hudendorff, Notthafft, Kolster, S. R. Cajal, Perron- cito) Die bekannte Beobachtung von Stróbe, derzufolge die jungen Nerven von dem Momente ihrer Entstehung an mit Mark versehen sein sollen, ist unrichtig. Binnen 72 Stunden nach der Durchschneidung des Nerven be- merkten wir zuerst das Einwachsen einer Unzahl feiner Nerven in das Gebiet der embryonalen Narbe. Um dieselbe Zeit sahen wir auch besonders deutlich die Collateralzweige, welche von den jungen, im Wachstum begriffenen Achsenzylindern ausgingen, während diese letzteren die Narbe noch nicht erreicht hatten. Vom 4.—15. Tage beobachteten wir die allmählich ansteigende Überflutung der Narbenregion — und bei Quetschung des Nerven auch des peripheren Segmentes — durch eine unzáhlige Menge junger Nerven- fasern, welehe im Narbengewebe komplizierte und verwickelte Geflechte bildeten. Ausserdem ist noch die Rückkehr zur Norm zu notieren, welche Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 165 sich an den dicken, geschwollenen Endteilen der Achsenzylinder im zentralen Stumpfe bemerkbar machte. Indessen haben wir auch in späteren Stadien Verdickungen an den Übergangsstellen der alten Achsenzylinder in die jungen konstatiert. Der Übergang des alten Achsenzylinders erscheint háufiger als einfache Fortsetzung in einen feinen geradlinigen Nervenfaden, dessen Durch- messer sich allmählich verjüngt. Mitunter windet sich der junge Achsenzylinder in wellenfórmigen Linien oder wir sehen an der Über- gangsstelle noch kompliziertere Bieeungen und Schlingen. Nach der am N. saphenus des Kaninchens vollführten Operation der Nervendurchschneidung sahen wir bei Untersuchung der am 11. Tage nach dieser Operation gefertigten Flächenpräparate im Gebiete der Narbe einen fórmlichen Nervenfilz; hierbei waren einige Achsenzylinder mit den charakteristischen Endkeulen in den Grenzabschnitt des peri- pheren Stumpfes, in das Innere der Schwann’schen Scheiden einge- drungen. Diese wachsenden Nervenenden lagen inmitten der Frag- mente der alten zerfallenen Nervenfasern. Die jungen Nervenfasern liessen sich mitunter durch die ganze Narbe hindurch bis an ihren Ursprungsort verfolgen. In der Fig. 19 der Taf. VII. haben wir Abbildungen von Präparaten, welche das Eindringen der jungen Achsenzylinder in das Gebiet der Narbe veranschaulichen; die Methylenblaufàrbung war hier eine un- vollstàndige, so dass nur ein geringer Teil der jungen Nervenfasern gefärbt erscheint. Dessenungeachtet haben diese Präparate nichts an ihrer Instruktivität verloren. Was die Morphologie der jungen Achsenzylinder zum besagten Termine betrifft, so begegnen wir neben einer Masse feiner variköser Fasern auch stärkeren, ebenfalls varikösen oder bereits mehr oder weniger zylindrischen (Fig. 11 der Taf. VII) dicken Achsenzylindern, besonders was die zentralen Teile derselben betrifft, wobei zahlreiche Achsenzylinder bereits am 7.—8. Tage mit Ranvierschen Schnürringen versehen waren. Die kontinuierliche Verfolgung eines einzelnen jungen Achsenzylin- dersin der ganzen Ausdehnung desselben, angefangen von seiner typischen Endkeule bis an seinen Ursprung, gelingt unschwer an Isolations- 166 P. Krassin, präparaten aus einem gequetschten Nerven, nach vorhergehender Me- thylenblaufárbung desselben mit oder auch ohne Pikrokarmin- und Osmiumbehandlung. Zu diesem Zwecke dienten uns Präparate, die 8, 10, 12, 13 Tage nach der Operation dem Versuchstiere entnommen worden waren, da man um diese Zeit stets darauf rechnen kann, dass man noch nicht weit ausgewachsene Achsenzylinder mit ihren typischen Endkeulen antreffen werde. Die ersten Anzeichen der Bildung von Ranvierschen Schnürringen wurden von uns am 7. Tage nach der Läsion bemerkt. In den zentralen reiferen Teilen der wachsenden Achsenzylinder kann man am 7., besonders aber am 8. Tage das Auf- treten eng umschriebener, fast auf einen Punkt beschränkter, in Me- thylenblau dunkel tingierter Stellen am Achsenzylinder konstatieren, wobei diese Stellen wie kleine knotenfórmige Verdiekungen aussehen. Mitunter sind diese umschriebenen knotigen Verdickungen gleichsam von einer ringfórmigen Strangulationsfurche umschnürt, welche letztere - den Achsenzylinder in deutlich ausgesprochene Segmente teilt. Diese Einschnürungen (Fig. 11 der Taf. VIT) liegen in gewissen Abständen von einander entfernt, welche zur Peripherie der jungen Achsenzylinder hin allmählich an Länge abnehmen; im peripheren Teile des Achseuzylinders werden die Schnürringe allmählich undeutlicher und schwinden endlich ganz; sodann nimmt die Nervenfaser den Charakter eines gewöhnlichen embryonalen, dünnen, bisweilen varikösen Fadens an, welcher meist in die charakteristische Endkeule ausläuft. Von den sich anbildenden Schnürringen sieht man oft Collateraläste abgehen, welche letzteren bald spiralig die Hauptfaser umwinden, bald in rückläufiger Richtung zentralwärts verlaufen. Die terminalen Anschwellungen bilden hier einen konstanten Befund. Ein derartiges, obwohl einem etwas späteren Stadium angehörendes Bild, ist in Fig. 14 (Taf. VII) dargestellt. Was das Verhalten der jungen Achsenzylinder zu den stark proliferierenden Schwannschen Elementen betrifft, so wollen wir vorläufig bemerken, dass Perroneito mit Recht darauf hingewiesen hat, dass die Bildung der sogenannten „Zellketten“ später erfolgt als die Entstehung der jungen Achsenzylinder. Bei dem Übergange der jungen Nerven von der durchschnittenen Schwannschen Scheide zur Narbe tritt stets eine interessante Erscheinung zutage, die Entstehung der Knäuel- oder Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 161 Spiralbildungen von S. R. Cajal und Perroncito. Kine Reihe von Ab- bildungen in den Arbeiten der genannten Autoren ebenso wie auch unsere Fieg. 7, 9, 10 (Taf. VII) zeigen, wie komplizierte Gebilde diese verirrten und zu Nervenknäueln sich gestaltenden Achsenzylinder sind. Die freien Endigungen erscheinen in diesen Gebilden stets mit den terminalen Anschwellungen bewaffnet. Die bereits wiederholt erwähnten Endknópfe gelang es uns — besonders am 8, 10. 12, 18. und 20. Tage — in aller Deutlichkeit zur Anschauung zu gewinnen. Indem wir die histologischen Bilder der in den angegebenen Zeiten erhaltenen Präparate benutzen, wollen wir versuchen, eine allgemeine Charakteristik dieser recht mannigfaltigen und morphologisch inter- essanten Gebilde zu entwerfen, da in dem Studium derselben unserer Ansicht nach der Schlüssel zu einem Verständnis des Mechanismus der Regeneration verletzter peripherer Nerven zu suchen ist. Die terminalen Anschwellungen erscheinen stets als die Fortsetzung je eines einzelnen an sie herantretenden Achsenzylinders. Die Substanz dieser Verdickungen ist identisch mit der des Achsenzylinders: sie be- stehen aus Fibrilen und der interfibrillàren Substanz. Die Fibrillen sind gewóhnlich in dem zentralen Teile des Gebildes, in Gestalt von Filz oder Netzbildungen gelagert (Fig. 8 der Taf. VII). Diese fibrillàre Struktur hebt sich besonders deutlich bei S. R. Cajal's Silberimprägnierung ab. Bei der Methylenblaufürbung liess sich eine ganz deutlich aus- gesprochene fibrillàre Struktur nicht gerade häufig konstatieren. In der Regel ergab das Methylenblau eine gleichmässig diffuse Färbung, und erschienen diese Gebilde dann entweder von homogenem Charakter oder sie boten ein schwach granuliertes, kòrniges Aussehen. Die End- anschwellungen beherbergen gleichfalls Kórnchen der methylenophilen Substanz. Mitunter standen diese Kórnchen durch feinste Füdchen mit- einander in Verbindung. Form und Grósse der terminalen Verdickungen sind äusserst mannigfach. Wir unterscheiden keulen-, stecknadelkopt-, birn- und stäbchenförmige Endanschwellungen, sowie solche von Mórser- keulenform. Mitunter stösst man auf Endanschwellungen von stern- förmiger Gestalt (wie z. B. in Fig. 16 der Taf. VIT). In einigen Fallen’ 168 P. Krassin, erscheint die Endkeule am freien Pole in zwei Teile gespalten. Ferner trafen wir Endanschwellungen an, die mit feinen, bartenfórmigen Aus- läufern versehen waren. Endlich fanden sich Endanschwellungen von Sanduhrform oder in Gestalt eines zentralwürts gebogenen Hakens oder Halbmondes. Ihrem Umfange nach lassen sich die Endanschwellungen in grössere, kleine und riesig grosse einteilen. Die kleinen Endanschwellungen besitzen einen sehr geringen Umfang, während dagegen die gigantischen eine geradezu enorme Grösse erreichen (so z. B. 20 u im maximalen Querdurchmesser bei 60 «u Länge). Lange, stäbchenförmige Bildungen an dem Ende junger Achsen- zylinder sehen wir in Fig. 22 (Taf. VII) dargestellt, Endanschwellungen in Gestalt einer Reihe nahe beieimander liegender kolossaler Varikosi- täten in der Fig. 21 der Taf. VII. | Die von S. R. Cajal geäusserte Ansicht über das Wachstum der jungen Achsenzylinder, als einer besonderen Art der amöboiden Bewegung des im Wachstum begriffenen Protoplasmas findet eine wesentliche Stütze in der Mannigfaltigkeit der morphologischen Gestaltung der terminalen Anschwellungen. Die Ranvierschen Einschnürungen selbst bilden sich, wie es scheint, aus den Überresten früher dagewesener Endanschwellungen. Perroncito weist auf die innige Beziehung der Endanschwellungen zu flachen Kernen hin, und S. R. Cajal beschreibt eine besondere Kern- kapsel im Umkreise des wachsenden Endes der jungen Achsenfaser. An Isolationspräparaten (s. Fig. 21 der Taf. VII) haben wir uns überzeugt, dass diese Kerne den proliferierenden Schwannschen Scheiden- zellen angehören. An manchen Stellen der in Silber imprägnierten Präparate manifestieren sich diese Kapseln als Schrägschnitte der alten Schwannschen Scheide. Am 10., 12. und 13. Tage beobachtet man das häufige Auswachsen von Collateralen aus den Ranvierschen Schnürringen sowie auch aus dem Hauptstrange des Achsenzylinders selbst; zugleich konstatiert man hier die Bildung komplizierter Plexus innerhalb einer einzelnen Schwannschen Scheide, wie dies in Fig. 13 der Taf. VII dargestellt ist. Hierbei stellt sich mit Evidenz heraus, dass die jungen Achsenzylinder mit den sich mehrenden Schwannschen Zellen nichts gemein haben. Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 160 Am 8.—13. Tage wachsen die jungen Achsenzylinder weit in den Stumpf des peripheren Nervensegmentes ein und bieten hier charakte- ristische Allgemeinbilder, wie es in der etwas schematisierten Figur 19 (der Taf. VII) wiedergegeben ist. Sämtliche jungen Achsenzylinder sind Fortsetzungen der alten Nervenfasern des zentralen Stumpfes, deren Enden infolge von Retrak- tion häufig spiral gewunden erscheinen. Die verschiedene Länge der jungen Nerven weist auf ein ungleich- mässig progressierendes Wachstum derselben hin. Vom 10. Tage an wurde an den zentralen, bereits dentlich seg- mentierten Teilen der jungen Achsenzylinder das erste Auftreten einer neugebildeten Markscheide von uns bemerkt; letztere erschien in Gestalt einer dünnen, in Osmiumsäure sich hellgrau färbenden Schicht. Die Entstehung der jungen Markscheide hängt nicht von der alten Myelin- schicht ab, denn erstere erscheint anfangs oft von der letzteren durch einen gewissen Abstand getrennt. An den mehr distalen Teilen der jungen Nervenfasern, d. h. an Teilen jüngerer Herkunft, erscheint die Markscheide zunächst nicht als eine ununterbrochene und peripherwärts anwachsende Schicht, sondern vielmehr in Form vereinzelter ovaler Tropfen oder umschriebener Auflagerungen, welche der Faser ein perl- schnurartiges Aussehen verleihen (Fig. 18 der Taf. VII). Nach Ablauf von 10 Tagen erscheint die Markscheide bereits an einigen Fasern im Bereiche der Verletzungsstelle, und am 12. Tage bekleidet sie Teile der Achsenzylinder, welche in der Randzone des peripheren Stumpfes liegen. Am 18. und 20. Tage ist die Mehrzahl der Achsenzylinder des peripheren Stumpfes auf weite Strecken hin mit Mark bedeckt. Die Ranvier’schen Schnürringe sind bereits völlig ausgebildet. Auf Grund unserer Beobachtungen nehmen wir an, dass die Myelinbildung der Nervenfaser von der funktionellen Tätigkeit des Achsenzylinders abhängt und nicht etwa ein Sekretionsprodukt der Schwann'schen Zellen dar- stellt, wie einige Autoren meinen. Vom 25.—40. Tage beobachteten wir eine allmáhliche Verdickung der Markschicht an den jungen Achsenzylindern und eine weitere Ver- breitung der genannten Schicht nach der Peripherie hin. Was den ferneren Verlauf des Regenerationsvorganges betrifft, so wollen wir 170 P. Krassin, nur in Kürze darauf hinweisen, dass von dem 50. bis zum 180. Tage ein immer weiter fortschreitendes Längenwachstum der Nerven und eine Verdickung sowohl der Achsenzylinder als auch der Markscheiden zu konstatieren waren. Hiermit parallel ging die Degeneration einer Masse von Collateralästen und eine beträchtliche Anzahl junger Nerven- fasern erschien beispielsweise in 100 Tagen nach der Operation in Gestalt vereinzelter und der Seitenäste entbehrender' Fasern. Die De- generation von Collateralen kam an Prüparaten zur Beobachtung, welche 18, 20, 30, 68 Tage nach der Operation hergestellt worden waren und liesse sich dieser Prozess unseres Erachtens als Atrophie aus Überfluss deuten. Die charakteristischen Unterschiede der regenerierten Markfasern späterer Termine von den normalen bestehen, abgesehen von dem Beisammensein mehrerer Fasern in einer gemeinsamen Schwann’schen Hülle, noch in folgendem: 1? ihr geringeres Kaliber; 2? das ans Monstróse grenzende nahe Aneinanderrücken der Ranvierschen Schnür- ringe; 3? die im Verlauf dieser Fasern nicht selten zahlreichen und komplizierten Windungen und Schlingenbildungen, und 4? der Befund zweier oder dreier Schwannscher Zellkerne neben einer, innerhalb der alten Schwannschen Scheide verlaufenden Nervenfaser im Bereiche eines Ranvierschen Segmentes. Der Eimschluss mehrerer junger Nervenfasern in einer und der- selben Schwannschen Scheide, ebenso wie auch der Befund solcher Nervenfasern ausserhalb der genannten Scheide lässt sich leicht an Querschnitten von Präparaten demonstrieren, die nach S. R. Cajals Methode behandelt worden sind. Was die Besonderheiten und die topographische Verteilung der das Narbengewebe durchwachsenden Nerven betrifft, so lassen sich diese an Fláchenpráparaten aus der Ohren- und Schwanzhaut weisser Ratten und Máuse, ebenso wie auch an Präparaten von Nerven- stàmmchen kennen lernen, welche nach Durchschneidung dünnerer Nerven (wie z. B. des N. saphenus vom Meerschweinchen) und darauf- folgender Methylenblaufärbung erhalten worden sind. Ausserdem verfügten wir über Schnittserien aus operativ durch- Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 171 schnittenen starken Nervenstämmen, welche nach S. R. Cajals Methode mit Silber imprágniert worden waren. Die allgemeine topographische Verteilung der die Narbe durch- setzenden Nerven und deren Besonderheiten, angefangen vom 11. Tage, wo wir das Eindringen der Nerven in den peripheren Stumpf zuerst gewahr wurden, sind im allgemeinen folgende. Die die Narbe durch- waehsenden Nerven stellen um die besagte Zeit marklose Fasern dar, welche nur in ihren zentralen Teilen mit Einsehnürungen versehen sind. Es fallen hierbei die reichlichen dichotomischen Teilungen der Achsenzylinder sowie die Masse der meist peripherwärts gerichteten Endkeulen auf. Nahe am Ende des zentralen Stumpfes treffen wir mitunter auf die Knäuel- und Spiralbildungen, welche in Gruppen bei- sammen liegen. Der mittlere Teil der Narbe besteht aus Achsenzylindern verschiedenen Kalibers und aus Achsenzylinderbündeln, die sich unter verschiedenen Richtungen miteinander kreuzen. Die der Mündung des peripheren Stumpfes benachbarte Zone besteht aus Axenzylindern von schmächtigem Kaliber, deren Verlaufsrichtung mehr senkrecht zur Querfläche des Segmentes steht. Ein Teil der Axenzylinder dringt in den peripheren Stumpf ein und charakterisiert sich durch seine ter- minalen Wachstumskeulen. An Präparaten aus späteren Stadien be- obachten wir eine immer mehr zunehmende Dichtheit der Plexus- bildungen, eine Verdickung der einzelnen Achsenzylinder und das Auf- treten der Ranvierschen Schnürringe an den mehr distalen Teilen, ‚ebenso wie auch die beginnende Markscheidenbildung in den zentralen Teilen. Als charakteristisch für die im Gebiete der Narbe belegenen Nerven halten wir die freien baumförmigen Verzweigungen, das, was S. R. Cajal „arborizaciön terminal varicosa“ genannt hat. Endlich haben wir in der Narbe freie Endigungen an wachsenden Nerven gefunden, die in Gestalt von „Nervenpinseln“ erscheinen. Was die bei Resektion der Nerven von uns erhaltenen histologischen Bilder betrifft, so gleichen sie den oben beschriebenen; stets liegt der Schwerpunkt des Regenerationsprozesses in dem Endteile des zentralen Stumpfes. Je grösser das bei der Resektion ausgeschnittene Stück des Nerven war, desto später trafen wir die jungen Achsenzylinder (eöne de croissance) im peripheren Segmente an. 172 P. Krassin, Unsere Beobachtungen schliessen jede Móglichkeit einer autogenen Regeneration aus, obwohl wir auf eine Lósung aller hiermit verbundenen Fragen keineswegs Anspruch machen. Was die Anderungen in den Sehwannschen Zellen betrifft, so be- stàtigen wir unbedingt den Befund der intensiven Vermehrung dieser Zellen und legen besonders Gewicht darauf, dass die ersten Andeutungen auf den Beginn dieser Zellenproliferation erst binnen 48 Stunden nach der Nervenläsion zur Beobachtung kommen, also in einem Zeitpunkte, wo sich im zentralen Stumpfe bereits eine Masse neugebildeter Achsen- zylinder konstatieren lässt. Der Höhenpunkt des karyokinetischen Prozesses in den Schwannschen Zellen fällt auf den 7. Tag, d. h. auf ein Stadium, in welchem die Bildung der Ranvierschen Schnürringe an den jungen Achsenzylindern bereits im Gange ist. Die Karyokinese der Sehwannschen Zellen ist ein gewóhnlicher Befund an Präparaten, die nach Büngner gefärbt worden sind, wobei die Kerne sich färben, das Protoplasma dagegen ungefärbt bleibt. Seltener gelingt es, die Teilung des Protoplasmas der Schwannschen Zellen selbst gewahr zu werden. Was die angeblich aus Schwannschen Zellen zusammengesetzten „Zellketten“ betrifft, so scheinen uns diese letzteren nur Trugbilder zu sein, da wir eine wirkliche Vereinigung dieser Zellen miteinander nie wahrnehmen konnten und da man ferner über ein derartiges Ver- halten der Zellen nach den Safraninpräparaten wohl kaum ein Urteil zu gewinnen vermag, wenn man erwägt, dass das Safranin oft eine diffuse Färbung des Inhaltes der degenerierenden Nervenfaser hervor- bringt, d. h. eine undifferenzierte Färbung der von einer solchen Nerven- faser beherbergten Zerfallsprodukte der alten Markscheide, des alten Achsenzylinders und daneben auch der proliferierenden Schwannschen Zelen sowie der in einer gemeinsamen Schwannschen Scheide oft zahlreich vorhandenen jungen Achsenzylinder. Ebenso können solche Schwannsche Scheiden, die nach Resorption ihres Inhaltes zusammen- gefallen sind, gleichfalls die Zellketten der Polygenisten vortäuschen. Derartige Gebilde sind an den in Methylenblau und Pikrokarmin ge- färbten Präparaten sehr gut sichtbar. Ferner halten wir die weiteren Entwickelungsstadien „der embryo- Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 175 nalen Nervenfaser“ der Polygenisten (Axialstrangfasern Bethes) für Kunstprodukte, zusammengesetzt aus Schwannschen Scheiden mit ver- mehrten Kernen und jungen, vom zentralen Stumpfe herstammenden Achsenzylindern; bei Benutzung von Fürbungsmethoden, welche keine differentielle Färbung ergeben, erscheinen die genannten Gebilde nur undeutlich tingiert. An Schnitten zeigen diese Gebilde scheinbare Unterbrechungen. Ganz sonderbar und vom Standpunkte der Theorie der Polygenese unerklärlich müssen ferner diejenigen ,Axialstrangfasern* vorkommen, deren Kerne in den Phasen karyokinetischer Teilung sich befinden. Eine so verspätete Karyokinese weist darauf hin, dass die Vermehrung der Schwannschen Zellen einerseits, und andererseits die Fibrillen- bildung im anliegenden Medium, dem zentralen Inhalte der Schwannschen Scheiden, zwei voneinander ganz unabhängige Prozesse sein müssen. Unsere Untersuchungen haben uns definitiv davon überzeugt, dass die Theorie der Polygenisten nichts anderes ist als eine „Illusion“, wie S. R. Cajal mit Recht sagt. Welch eine Rolle fällt den Schwannschen Zellen bei der Nerven- regeneration zu? Hält man sich streng auf dem Boden der Tatsachen, so lässt diese Frage nur die eine Antwort zu: diese Zellen spielen die Rolle von Phagozyten. Bildern der Phagozytose begegnen wir auf jedem Schritte. | Die Schlüsse, zu denen wir gelangt sind, lassen sich in folgende Thesen zusammenfassen. 1. In der ganzen Ausdehnung des peripheren Abschnittes und in einem umschriebenen Bezirke des zentralen Stumpfes entwickelt sich bereits 24 Stunden nach der Nervenläsion plötzlich und gleichzeitig eine Degeneration der Achsenzylinder. Die Degeneration kommt morpho- logisch in einer Schwellung der Achsenzylindersubstanz zum Ausdruck; diese Schwellung tritt in Gestalt varikóser Verdickungen von ansehn- licher Grösse auf, wodurch der Achsenzylinder ein rosenkranzförmiges Aussehen gewinnt. 2. Die Kontinuitätsstörungen der degenerierenden Achsenzylinder finden sich sowohl an den Ranvierschen Einschniirungen als auch im 174 P. Krassin, übrigen Verlaufe des Achsenzylinders, wobei die Fragmentierung sich in dem weiteren Zerfale der primáren Fragmente in noch kleinere Bróckel manifestiert. Die Fibrillen erweisen sich besonders resistent gegen den Zerstörungsprozess und bleiben lange erhalten. 3. Die Degeneration der Markscheide steht in Abhängigkeit von den primiren Anderungen des Achsenzylinders. Die Schwannschen Scheiden werden von der Degeneration nicht betroffen. 4. Die Regeneration der Achsenzylinder beginnt sehr früh. So lässt sich bereits binnen 24 Stunden ein deutlich ausgesprochener Regene- rationsprozess konstatieren. Die Anfangsphasen desselben bestehen in einer Hypertrophie der Achsenzylindersubstanz, in Fibrillenbildung und Zerlegung der fibrillären Substanz in die einzelnen Fibrillen oder in Fibrillenbündel. 5. In frühen Stadien erscheinen die jungen Achsenzylinder mit den charakteristischen Endkeulen versehen; letztere stellen eine lokalisierte Anhaufung der Achsenzylindersubstanz dar und diese, im allgemeinen keulenfórmig gestalteten Endanschwellungen des Achsenzylinders dienen als Kennzeichen seines fortschreitenden Wachstums (cóne de croissance). 6. Eine engumschriebene Hypertrophie der Achsenzylindersubstanz wird auch an den Ranvier’schen Schnürringen beobachtet; von letzteren gehen schon sehr früh junge Seitenäste ab. *. Eine für die Regeneration der Achsenzylinder charakteristische Erscheinung ersehen wir in dem Ursprunge multipler junger Sprósslinge aus einem einzelnen alten Achsenzylinder; mit dieser Entstehungsweise der jungen Nervenfasern stehen auch die innerhalb einer und derselben Schwannschen Scheide anzutreffenden, aus feinsten wachsenden Nerven- faden bestehenden, komplizierten Plexusbildungen in Zusammenhang; eine Perforation der Schwannschen Scheide durch die jungen Achsen- zylinder kommt nie vor. 8. Am zahlreichsten trifft man die Teilungen der Achsenzylinder im Gebiet der Narbe an; für die letztere charakteristisch sind die Nervenplexus, welche in Gestalt der Spiral- oder Knäuelbildungen, sowie auch der freien varikósen Verzweigungen sich entwickeln. 9. Die Elemente der Schwannschen Scheide nehmen an der Re- Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 175 generation der Achsenzylinder keinen Anteil, denn der Nenbildungs- prozess der Nerven tritt viel früher zutage als die Entstehung der sogenannten „Zellketten“. Die grösste Mehrzahl der neu anwachsen- den Achsenzylinder dringt in das Innere der Schwannschen Scheiden ein; hier liegen die Achsenzylinder, nicht selten in grosser Zahl inner- halb einer und derselben Schwannschen Scheide, inmitten der Detritus- masse und zwischen proliferierenden Schwannschen Zellen, umwinden dieselben oder ziehen an ihnen in verschiedensten Richtungen vorbei, ohne jemals in eine organische Verbindung mit den genannten Ele- menten zu treten. 10. Die grosse Mannigfaltigkeit in der Form der terminalen End- verdickungen der wachsenden Achsenzylinder (cône de croissance) spricht zugunsten der von S. R. Cajal aufgestellten Regenerationstheorie. Die Grósse dieser Endkeulen ist oft dem Kaliber des an sie- herantretenden Achsenzylinders proportional; die Endkeulen erscheinen stets nackt und besitzen weder eine Markschicht noch die von S. R. Cajal beschriebene Hülle. 11. Die Ranvierschen Schnürringe treten am 7. Tage in den zentralen Teilen des Achsenzylinders zuerst auf. Etwas später beginnt die Myelinbildung, und zwar an solchen Teilen des Achsenzylinders, welche bereits häufig segmentiert erscheinen. Das Mark setzt sich anfangs in Gestalt von Tropfen ab oder es bildet umschriebene Auf- lagerungen; die alte Myelinscheide nimmt keinen Anteil an der Neu- bildung des Markes der jungen Nervenfasern. 12. Die Theorie des vielzelligen Ursprunges der jungen Achsen- Zylinder wird wohl in Zukunft der Vergessenheit anheimfallen müssen, denn die von den Polygenisten als erste Phasen der Regeneration be- trachteten Gebilde sind nur durch mangelhafte histologische Methoden vorgetàuschte Kunstprodukte. 13. Die Regeneration der Achsenzylinder erfolgt im Sinne Vanlairs, d.h. auf dem Wege einer Neurotisierung des peripheren Stumpfes seitens der dem zentralen Stumpfe entspriessenden Fasern; diesem Regenerationsvorgange parallel gehend entwickelt sich ein degenerativ- atrophischer Prozess, welcher die Vernichtung zahlreicher Collateral- aste verursacht. 176 P.Krassin, Uber die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 14. S. R. Cajal gebührt der Ehrenplatz unter den Vertretern der Wallerschen Regenerationstheorie, denn er hat nicht nur die erste klare und bestimmte Beschreibung der cóne de croissance der jungen Achsenzylinder gegeben, sondern auch die Bedeutung dieser Gebilde für die Regeneration erklärt und die Lehre der Polygenisten widerlegt. Am Schluss meiner Arbeit angelangt, sage ich den Herren Pro- fessoren C. Arnstein und D. Timofejew, unter deren Leitung die vor- liegenden Untersuchungen ausgeführt worden sind, meinen herzlichsten Dank. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Erklärung der Abbildungen. Allgemeine Buchstabenbezeichnung: A = zentrales Nervenende; D — peripheres Nervenende. Flichenripparat. Ohrenhaut einer weissen Maus, 24 Stunden nach der Durch- schneidung. Degeneration der Achsenzylinder des peripheren Stumpfes. Vitale Methylenblaufàrbung nach Ehrlich. Fixierung in Ammoniumpikrat. Zeiss’ Apochr. 3,0; Comp.-Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem zentralen Segmente des N. ischiadicus eines Kaninchens, 48 Stunden nach der Quetschung des Nerven. a = Stück eines alten Achsenzylinders mit Ranvierschen Einschnürungen; b — Ende des alten Achsenzylinders; c — Schwannsche Scheide. Fürbung und Fixie- rung wie die des vorhergehenden Präparates. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Flichenpriparat. Ohrenhaut einer weissen Maus, drei Tage nach der Durch- schneidung. Degeneration der Achsenzylinder des peripheren Segmentes. Färbung und Fixierung wie die der vorhergehenden Präparate. Reichert, S. VIII, Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem zentralen Stumpfe des N. ischiadicus eines Kaninchens, 48 Stunden nach der Quetschung des Nerven. 4 = Kern einer Schwannschen Scheide; b = Hauptstrang des Achsenzylinders; c = Schwann- sche Scheide. Färbung und Fixierung der wie der vorhergehenden Präparate. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem zentralen Segmente des N. ischiadicus eines Kaninchens, 48 Stunden nach der Quetschung des Nerven. 4 = lokale Hypertrophie des Achsenzylinders; b = Achsenzylinder; € = Schwannsche Scheide, 4 = junge Achsenzylinder. Färbung und Fixierung wie die der vorhergehenden Präparate. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem zentralen Stumpfe des N. ischiadieus eines Kaninchens, 48 Stunden nach der Quetschung des Nerven. 4 — lokale Hypertrophie des Achsenzylinderendes; è = junger Collateralast mit End- keule; c — Übergangsstelle des alten in den neugebildeten Achsenzylinder; = Schwannsche Scheide. Färbung und Fixierung wie die der vorher- gehenden Präperate. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Langsschnitt durch den N. ischiadicus eines Kaninchens, 22 Tage nach der Durchschneidung des Nerven. a — Kern einer Bindegewebszelle; b — Wachs- tumskeule; c = Kontur der Bindegewebshülle. Silberimprägnation nach S. R. Cajal. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2.0; Comp.-Oc. 4. Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 12 Fig. Fig. Fig. Fig. 10010 EL. „12. ls: 14. 15. 16. iL P. Krassin, Längsschnitt durch den N. ischiadicus eines Meerschweinchens, 5 Monate nach der operativen Durchschneidung des Nerven. Silberimprignation nach S. R. Cajal. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Lingsschnitt durch den N. ischiadicus eines Kaninchens, 22 Tage nach der operativen Durchschneidung des Nerven. a = Kern einer Binde- gewebszelle; d = freies Ende mit der Wachstumskeule; c = Kontur der Bindegewebshülle. Silberimprágnation nach S. R. Cajal. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 8. Querschnitt einer Spiralbildung des Achsenzylinders. a = Kern einer Bindegewebszelle; 6 = Cône de croissance; c = Querschnitt des Achsen- zylinders in Gestalt eines schwarzen Punktes. Silberimprägnation nach S. R. Cajal. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem N. ischiadicus einer Katze, 12 Tage nach der Quetschung des Nerven. 4 — neugebildeter Ranvierscher Schnürring. Fiirbung nach Ehrlich. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Lingsschnitt aus dem zentralen Segmente des N. ischiadicus eines Kanin- chens, 20 Tage nach der operativen Durchschneidung des Nerven. Silber- imprägnation nach S. R. Cajal. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem N. ischiadicus eines Meerschweinchens, 16 Tage nach der Quetschung des Nerven. D = Verletzungsstelle; a = Kern einer Schwannschen Zelle; b = Cône de croissance; € = Schwannsche Scheide; d = Myelinschicht; 4 = rückwärts laufender Ast mit der Wachs- tumskeule; / — Tropfen zerfallenden Myelins. Färbung nach Ehrlich. Fixierung in Ammoniumpikrat mit Osmium- und Pikrokarminzusatz. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem zentralen Segmente des N. ischiadicus eines Meerschweinchens, 10 Tage nach der Quetschung des Nerven. 4 = Kern einer Schwannschen Zelle; 0 = Cône de croissance; c = Schwannsche Scheide; d = Ende des alten Achsenzylinders. Färbung nach Ehrlich. Fixierung in Ammoniumpikrat mit Pikrokarminzusatz. Reichert, Hom. Imm ee RO Isolierte Nervenfaser aus dem N. ischiadicus eines Meerschweinchens, 10 Tage nach der Quetschung des Nerven. «= zentralwärts umbiegende Wachstumskeule; è — Kern einer Schwannschen Zelle; ¢ = Schwannsche Scheide. Färbung nach Ehrlich. Fixierung in Ammoniumpikrat mit Pikrokarminzusatz. Reichert, Hom. Imm. !/,5; Oc. 2. Flächenpräparat der Ohrenhaut eines neugeborenen Kaninchens, 18 Tage nach der Durchschneidung. Färbung nach Ehrlich. Zeiss’ Apochr. 3,0; Comp.-Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem zentralen Segmente des N. ischiadicus eines Meerschweinchens, 10 Tage nach der Quetschung des Nerven. 4 A’ = zentrales Ende der alten Markfaser; D = Verletzungsstelle; a = Kern einer Schwannschen Zelle; è b b = junger Achsenzylinder; c = Schwannsche Scheide; d — Stelle eines Ranvierschen Schnürringes; f — wachsendes Ende; /= alte Myelinschicht. Färbung nach Ehrlich. Fixierung in Ammoniumpikrat mit Pikrokarmin- und Osmiumzusatz. Reichert, Hom. nama MO E Fig. . Fig. Fig. 18. 19. . 20. mal, 22. Über die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. 179 Isolierte Nervenfaser aus dem N. ischiadicus eines Meerschweinchens, 20 Tage nach der Quetschung des Nerven. D = Verletzungsstelle; a = Myelinkugeln; è = junges Mark in Tropfenform; € = Schwannsche Scheide. Färbung nach Ehrlich. Fixierung in Ammoniumpikrat mit Osmiumzusatz. Reichert, Hom. Imm. !/,,; Oc. 2. Flächenpräparat der Schwanzhaut einer weissen Maus, 12 Tage nach der Durchschneidung. C= Gebiet der Narbe; « — Enden der jungen Achsen- zylinder mit den Wachstumskeulen; 5 = Stücke des alten, zerfallenen Achsenzylinders. Firbung nach Ehrlich. Zeiss’ Apochr. 8,0; Comp.-Oc. 8. Ein Teil des in Fig. 19 abgebildeten Prüparates bei stárkerer Vergrósserung. a = Ranvierscher Schnürring. Zeiss’ Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. Isolierte Nervenfaser aus dem peripheren Segmente des N. ischiadicus eines Meerschweinchens, 13 Tage nach der Quetschung des Nerven. «= junger Achsenzylinder; b — cône de croissance; c = Schwannsche Scheide; d = Kern einer Schwannschen Zelle; f = Verdickung in der Kontinuität des Achsenzylinders. Färbung nach Ehrlich. Fixierung in Ammonium- pikrat mit Pikrokarminzusatz. Reichert, Hom. Imm. !/,,; Oc. 2. : Isolierte Nervenfaser aus dem N. ischiadicus eines Meerschweinchens, 10 Tage nach der Quetschung des Nerven. C = Stelle der Quetschung; a = Kern einer Schwannschen Zelle; b — alte Myelinschicht; c = Schwann- sche Scheide; d = Tropfen des alten Myelins; ff — junger Achsenzylinder; k — Verdickung in der Kontinuität des Achsenzylinders. Färbung nach Ehrlich. Fixierung in Ammoniumpikrat mit Pikrokarmin- und Osmium- zusatz. Zeiss Apochr. Hom. Imm. 2,0; Comp.-Oc. 4. 12* Referat. Von Fr. Kopsch. Die Pendulationstheorie von Heinrich Simroth. 8°. 564 Seiten vnd 27 Figuren. Leipzig 1907, K. Grethlein. Brosch. 12 M., geb. 14 M. Die von dem Ingenieur Paul Reibisch entdeckte Pendulationstheorie besagt, dass die Erde ausser ihren beiden Drehungspolen noch zwei Schwingpole, Ecuador und Sumatra, besitzt, zwischen denen sie hin- und herpendelt. Jeder Ausschlag des Pendels soll einer der grossen geologischen Perioden entsprechen, denn jeder Pendelbewegung der Erde müssen bedeutende Ânderungen in der Verteilung von Land und Wasser entsprechen. Dementsprechend hat die Pendulation eine grosse Bedeutung für die Verbreitung und Umbildung der Organismen. Der Verf. untersucht nun die geographische Ausbreitung der Tiergruppen und des Menschen, sowie der Pflanzen und der geologischen Tatsachen mit Rücksicht auf die Pendulationstheorie. Er findet sie im Einklang mit dieser, derart, dass alles Geschehen auf der Erde nach Pendulation und Sonnenstellung geordnet erscheint. Das interessante Werk und sein mit grossem Fleisse zusammengestelltes Material werden den Biologen reiche Anregung geben. Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto) in Leipzig. ^ e. à | Valle von Georg Thieme in Leipzig. — Vorlesungen über soziale Medizin von Prof. Dr. Th. Rumpf, Bonn. M. 8.—, geb. M. 9.—. Der Praktiker. Ein Nachschlagebuch für die àrztliche Praxis von Dr. E. Graetzer, Berlin. M. 14.—, geb. M. 15.—. E Einführung i in das Studium der Bakteriologie. Mit hesonderer Berücksichtigung der mikroskopischen Technik von Prot. Dr. Carl Günther, Geh. Med.-Rat in Berlin. Mit 95 Photogrammen. Sechste, vermehrte und verbesserte Auflage. M. 13.—, Halbfrz. geb. M. 15.80. FERLRBUCH der allgemeinen Pathologie und all- gemeinen pathologischen Anatomie von ‘Dr. R. Oestreich, Privatdozent und Prosektor des Kónigin Augusta-Hospitals in Berlin. ' Mit 44 Abbildungen und 11 Tafeln in Dreifarbendruck. M. 13.—, geb. M. 14.20. nmm cem sam die : Simulation von Krankheiten und ihre Beurteilung. Herausgegeben und bearbeitet von Geheimrat Dr. L. Becker, Berlin. M. 8.—, geb. M. 9.—. . Verlag von Georg Thieme in Leipzig. von Grundriss der physikalischen Chemie | Dr. Max Roloff, Privatdozent an der Universität in Halle, Mit. 13 Abbildungen. M. 5.—, geb. M. 6.—. 9 LJ e e e hoth's klinische Terminologie. — : Zusammenstellung der zurzeit in der klinischen Medizin gebrauchlichen technische Ausdrücke, mit Erklárung ihrer Bedeutung und Ableitung von weil. Dr. Otto Roth. | Siebte, vielfach verbesserte und stark vermehrte Auflage. E Geb. M. 7.—. Vorlesungen über Wirkung und Anwendung der Unorganischen Arzneistoffe für Arzte und Studierende von Prof. Dr. Hugo Schulz, Geheimer Medizinalrat in Greifswald: M. 8.—, geb. M. 9.—. Lehrhuch der allgemeinen Physiologie. | | Eine Einführung in das Studium der Naturwissenschaft und der Medizin © Von Prof. Dr. J. Rosenthal. Mit 137 Abbildungen. M. 14.50, geb. M. 16.50. Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. BÉ | 7 T nationale Monatsschrift — tomie und Physiologie — — derson in Galway, C. Arnstein in Kasan, Ed. van Beneden . jüttich, S. Ramón y Cajal in Madrid, H. F. Formad in Philadelphia, olgi in Pavia, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, : G. Retziüs in Stockholm | E. A. Schäfer L. Testut Pa in Edinburg in Lyon und Fr. Kopsch in Berlin. Band XXV. Heft 7/9. LEIPZIG 1908 Verlag von Georg Thieme. Inhalt. x | Seite | | H. A. Riehl, Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. (Tafel VIII, IX) . 181° Herbert v. Haffner, Ein Fall von doppelseitigem Gastrocnemius tertius. E Texte} ow E D ar St UM RU MODE i Die Herren Mitarbeiter BNE) von ihren Aufsitzen 50 Sonderabdriicke frei, 4 eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. « Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder E deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- M logie“ werden direkt an die Redaktion: Prof. Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf bei Berlin, — Prinzregentenstr. 59, erbeten. 3 Reprints. Contributors desiring more than 50 extra copies of their articles 1 can. obtain them at reasonable rates by application to the publisher Gea Thieme, | Leipzig, Rabensteinplatz 2, Germany. Contributions (French, English, German, Italian or Latin) should be sent to # the associate editors or to the editor Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf by Berlin, Prinz- « regentenstr. 59. Avis. Les auteurs des mémoires insérés dans ce journal qui désireront plus de . 50 tirages à part de leurs articles, les obtiendront à des prix modérés en s’adressant | à M. Georg Thieme, libraire-éditeur, Leipzig, Rabensteinplatz 2, Allemagne. | Les articles écrits en allemand, en anglais, en frangais, en italien ou en latin | doivent être adressés à l'un des Professeurs qui publient le journal, ou à M. Fr. Kopsch - à Wilmersdorf prés de Berlin, Prinzregentenstr. 59. Die bisher erschienenen Bande kosten: Bd Te. 0.59520 M ERBE up p Uu Tu dE Oe we gas “til ea SCAT SO 5 NV I SIN ELEM e mS — QUUD E ono pou qe M IM pcc. c qm — DANSE RT VII Dco gr - get, oe , VIH Iene DE A OU à De TO son ORD en tan er ame ER SI ER A Bd. L—XX statt M. 1397.30 nur M. 1000.— bar. Aus dem veterinür-anatomischen Institute der Universität Zürich. (Prof. Dr. Zietzschmann.) Über den Bau des Augenlides beim Vogel. Von H. A. Riehl, Tierarzt aus Delitzsch (Prov. Sachsen). (Mit Tafel VIII, IX.) Im Handbuche der vergleichenden mikroskopischen Anatomie von Ellenberger, II. Auflage 1906 [27] findet sich Seite 535 eine kurze Beschreibung des Baues der Lider vom Vogel. Sie zeigt, dass in einer Anzahl von Punkten der Aufbau des Vogellides mit dem bei den Säugern übereinstimmt. Sie zeigt aber ferner, dass der Bau sieh doch anders gestaltet, als man bisher annahm. Speziell ist es eine Abhandlung aus Leuckarts Institut aus dem Jahre 1899, die uns eingehenden Aufschluss über die feineren Verhältnisse des Vogellides, und zwar beim Sperling gibt. Meines Wissens existiert eine andere Quelle nicht, aus der man für den gesamten Aufbau hätte schópfen kónnen. Über Einzelfragen gibt es natürlich weitere Literatur. Die oben erwähnten, von Zietzsch- mann gemachten Beobachtungen |27], die sich in Ellenbergers Handbuch befinden, beziehen sich auf das Lid vom Huhn, von der Taube und vom Uhu; sie stehen aber in verschiedenen Punkten dem, was Doenecke |7/| bei Leuckart beschrieben hat, gegenüber. Doenecke bezieht sich aut den Sperling, die Angaben Zietzschmanns dagegen befassen sich mit anderen Tieren. So würde es denkbar sein, dass die Verschiedenartigkeit in den Funden sich daraus erklürt, dass beide Autoren mit verschiedenen Objekten arbeiteten. Es ist ja allgemein bekannt, dass Abweichungen bei verschiedenen Arten in ziemlicher Breite auftreten kónnen. Ich erinnere, um möglichst beim einschlägigen Thema zu bleiben, nur an die Verschiedenartigkeit der Ausbildung eines Tarsus im Lide der Sàuge- 182 He A Bien] tiere oder an die Epithelverhältnisse an der Konjunktiva bei den gleichen Tieren, wie sie Zietzschmann beschrieben hat. Dagegen sind die Diffe- renzen in den Angaben Doeneckes und Zietzschmanns in einzelnen Punkten sehr grosse, obwohl sich kein Grund dafür finden lüsst, dass etwa aus einer verschiedenartigen Lebensweise oder aus einem anders gearteten Gebrauch des Lides bei den verschiedenen Untersuchungsobjekten auf einen prinzipiellen Unterschied im Aufbau geschlossen werden kónnte. Denn Sperling einerseits und Huhn und Taube andererseits dürften wohl in bezug auf die Lebensweise und den dadurch eventuell beeinflussten Gebrauch des Lides einander näher stehen als Huhn, Taube und Uhu. Und doch zeigen nach Zietzschmann beispielsweise Huhn und Uhu im Konjunktivalepithel Becherzellen — das Huhn am oberen und unteren Lid, der Uhu an der Palpebra tertia, während Doenecke ein Vorkommen derselben beim Sperling verneint. Aus Zietzschmanns Angaben ist nun aber nicht zu entnehmen, ob auch der Taube solche Elemente zukommen; zum mindesten kann er solche nicht gesehen haben, da der Fund solcher Zellen an den Lidern ausdrücklich nur beim Huhn gemacht wurde. Man sieht also, dass die Verhältnisse bei Vógeln durchaus in wider- sprechender Weise geschildert wurden, beziehungsweise, dass die Unter- suchungen darüber noch lückenhafte sind. Einen zweiten Hauptpunkt, in dem die genannten Autoren sich gegenüber stehen, bildet der Musculus orbicularis palpebrarum. Doenecke [Z| fand, wie bisher alle Autoren (Leuckart, Gadow usw.) angegeben haben, dass der Muskel aus quer- gestreiften Elementen sich aufbaut wie bei den Sáugetieren. Zietzsch- mann |27| dagegen will bei Taube und Huhn nachgewiesen haben, dass die Fasern des Schliessers der Lidspalte glatte Elemente seien, ein Fund, der also nicht nur den bisherigen Anschauungen über die Ver- hältnisse bei den Vógeln widerspricht, sondern der auch im Gegen- satze steht zu der bei den Säugern feststehenden Tatsache, dass der Orbicularis palpebrarum ein quergestreifter, willkürlicher Muskel ist. Um so mehr muss dieser Fund überraschen, als gerade am Vogelauge im Vergleich zu dem der Säuger die Tendenz besteht, die glatte Mus- kulatur durch quergestreifte zu ersetzen. Ich erinnere nur daran, dass der kompliziert aufgebaute Musculus ciliaris beim Vogel ein willkür- licher, also ein quergestreifter ist, und dass auch die Iris mehr oder Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 183 weniger reichlich mit quergestreiften Fasern ausgestattet ist. Wir wissen ja, dass zum mindesten der Sphincter pupillae des Vogels und der von H. Müller [74] entdeckte und durch von Pflugk | 76) in neuester Zeit wieder in helleres Licht gestellte basale Irisrandmuskel aus will- kürlichen Elementen sich zusammensetzt. Sowohl der Akkomodations- muskel wie auch der Schliesser der Pupille bauen sich aber bei den Säugern und dem Menschen aus glatten Zellen auf. Ob auch der Dilatator bei Vógeln ein quergestreifter Muskel ist, wie viele Autoren angeben, vermag- ich nicht zu entscheiden, von Pflugk und Zietzsch- mann sind jedenfalls der Meinung, dass der Erweiterer der Pupille beim Vogel ganz wie bei den Säugern zu beurteilen ist, d. h, dass die modifizierte äussere Epithelschicht der Iris den Dilatator iridis darstellt. Und die Untersuchungen von Heerfordt [70], Grunert [9], von Szily |17]. Zietzschmann |27] u. a. haben einwandfrei für die Säuger und den Menschen ergeben, dass es sich hierbei um eigenartige, den glatten Muskelzellen ähnliche Elemente handelt. Für meine Arbeit ist diese Frage unwichtig. Hier am Musculus orbicularis palpebrarum würde sich also nach Zietzschmann das entgegengesetzte Prinzip geltend machen, der Schliesser der Lidspalte ist ein organischer Muskel und dürfte dem- nach auch nicht dem Willen unterworfen sein. In der Frage der Ein- lagerung von Lymphzellen in das Grundgewebe der Konjunktiva des Vogels sind beide Autoren sich über das Vorhandensein derselben wohl einig, jedoch wäre es angebracht, diesen Punkt näher zu be- ‚leuchten, da genaue Angaben bei beiden Publikationen fehlen. Hier rollt sich auch genau wie für die Becherzellen die Frage auf, ob die eventuell vorkommenden Becherzellen und Leukozyten normale oder pathologische Bildungen seien, so dass dann die positiven Funde Zietzsch- manns an nicht gesunden Konjunktiven hätten gemacht sein müssen, wenn man der Ansicht verschiedener Autoren huldigt, dass beide Zell- arten physiologisch im Lide nicht gefunden werden. Man sieht, es kónnen eine Reihe ungelüster Fragen wichtiger Art über den Bau des Lides vom Vogel aufgeworfen werden, die zu beantworten es sich ver- lohnen wird eine Untersuchung anzustellen. Ausser diesen Haupt- punkten kónnen noch eine ganze Anzahl von weniger wesentlichen in Betracht gezogen werden. Herr Prof. Dr. Zietzschmann lenkte meine 184 H. A. Riehl, Aufmerksamkeit auf die geschilderten Streitfragen; ihm war es auch von besonderer Wichtigkeit, dass seine Funde einer Nachuntersuchung unterworfen wurden. Er versprach sich nur durch eine eingehende Spezialuntersuchung, von den geschilderten Gesichtspunkten ausgehend, über die Fragen definitive Entscheidung. Unter seiner Leitung sind im veterinär-anatomischen Institut der Universität Zürich meine Unter- suchungen ausgeführt worden, über die ich im nachstehenden berichten werde. Technik. Ich ging von dem klarliegenden Gesichtspunkte aus, dass die Fragen nur einwandfrei gelóst werden kónnten, wenn eine móglichst grosse Anzahl von Tier- arten untersucht würde. Deshalb bemühte ich mich, Exemplare von möglichst entfernt stehenden Arten von Vögeln zu erlangen und deren Lidapparat zu mikro- tomieren. Stets war es mein Bestreben, die Tiere im lebenden Zustande zu er- halten und alles Material lebenswarm zu verarbeiten, um so zu verhindern, dass Zellstrukturen speziell an der Konjunktiva verwischt wurden. Im übrigen habe ich nur wenige verschiedene Verfahren der Fixierung usw. angewendet, was mir für meine Untersuchungen speziell unnötig erschien. Ich benutzte zunächst als Fixa- tionsmittel Formalin in 4°, wässeriger Lösung. In der üblichen Weise durch- wanderten dann die in möglichst kleine Stücke zerlegten Objekte die Alkohole von 70, 90, 95°/, und schliesslich den absoluten Alkohol. Andrerseits konservierte ich in Sublimat mit geringem Zusatz von Eisessig. Die Objekte wurden dann aus- gewaschen und durch Behandlung mit Jodalkohol von dem Quecksilber befreit, die weitere Überführung in absoluten Alkohol geschah in der gleichen Weise wie bei der Formalinfixation. Die Stücke, die von jedem Tier dem nasalen, mittleren und temporalen Teile des Lides entnommen waren, wurden nach Fixation und Ent- wässerung zwei Stunden mit Chloroform, dann bei einer Temperatur von 56° C vier Stunden mit Chloroformparaffin und zwei Stunden mit reinem Paraffin (Schmelzpunkt ca. 54° C) durchtränkt, darauf eingebettet. Andere Stücke wurden behufs Celloidineinbettung nach Durchgang durch den absoluten Alkohol einen Tag mit Äther-Alkohol zu gleichen Teilen, dann fünf Tage mit einer dünnen Lösung von Celloidin und drei Tage mit dickem Celloidin durchtränkt, um nach allmählichem Luftzutritt und dadurch bedingtem Erhärten unter Alkohol das Material zu schneiden. Die Dicke der Schnitte schwankt zwischen 0,01 und 0,02 mm, da wegen des teil- weise sehr grossen Reichtums der Lidbasis an Federn unter diese Stärke nicht heruntergegangen werden durfte. Im übrigen genügte diese Stärke für alle meine Untersuchungen vollständig. Flachschnitte wurden in Serien in Stärke von 0,035 mm ausgeführt. Die Paraffinbefreiung geschah in der üblichen Weise mit Xylol. Zur Färbung habe ich in der Hauptsache Hámatoxylin und Eosin angewendet und speziell zur Muskelfärbung Hämatoxylin und Säurefuchsin-Pikrinsäure nach van Gieson, ferner für das elastische Gewebe Resoreinfuchsin nach Weigert, alle nach den bekannten Angaben (cf. Böhm und Oppel und Krause [5]. Um den sicheren Beweis für das Vorhandensein der von Doenecke [7] negierten Schleim- zellen zu erbringen, d.h. um diese Zellen behufs leichterer Feststellung ihrer Zahl Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 185 deutlicher sichtbar zu machen, und um festzustellen, wie die fraglichen Zellen sich tinktoriell verhalten, behandelte ich Schnitte von allen von mir untersuchten Tieren mit den sogenannten Schleimfarben, und zwar mit Bismarckbraun. Muchhämatein, Mucikarmin und Delafieldschem Hiimatoxylin. Nach Verwendung in der üblichen Weise konnte ich für die Vögel feststellen, dass am sichersten sich Bismarckbraun erwies. Das Delafieldsche Hämatoxylin firbte sehr unzuverlissig. Für meine eigenen Untersuchungen gelang es mir von folgenden Tieren Exemplare zu erhalten: Huhn, Taube, Rabe, Ente, Móve, Fink, Sperling und Uhu. Allgemeines. Der Augapfel des Vogels liegt in der von mehreren Knochen begrenzten Augenhóhle, der Orbita, welche am Eingang dorsal und temporal vom Os frontale, nasal vom Os lacrimale abgeschlossen wird. Ventral ist der Orbitaring offen; durch Fortsátze, die sowohl das Os frontale als das Os lacrimale aussendet, deren Ver- halten in Lànge und Vorkommen aber bei den verschiedenen Vogelarten sehr mannigfaltig ist, ist der offene Teil mehr oder weniger eingeengt. Der Zwischen- raum, der zwischen diesen beiden Fortsátzen bleibt, wird überbrückt durch eine vom Os nasale zum Os temporale ziehende Bindegewebsplatte, ventrale Orbitalplatte, so dass auf diese Weise ein vollständiger Verschluss erzielt wird. Medial sind die beiden Augenhöhlen durch eine sagittale, sehr dünne Platte des Siebbeines, das Septum interorbitale getrennt, welche an einzelnen Stellen von háutiger Beschaffen- heit ist. Die Achsen der Orbitae sind in der Regel derart gestellt, dass sie sich direkt gegenüber stehen, nur wenige Vógel, z. B. die Eulen, machen davon eine Aus- nahme. Der dorsale Orbitarand erfährt eine gewisse Ergänzung durch Anlagerung einer bindegewebigen Platte, der dorsalen Orbitalplatte, welche den Rand des Orbitaeinganges überragt und somit das Schutzdach des Augapfels verbreitert. Ebenso soll nach Gadow [8] eine Verbreiterung des nasalen Randes bei Falk, Habicht und Strauss vorkommen. Diese sehnigen Platten sind in den Grund des oberen resp. unteren Lides eingebettet und bieten eine gute Ansatzstelle für das Lid selbst. In der Orbita findet sich der m. o. w. kugelige, relativ grosse Augapfel ein- geschlossen, dessen Form ziemlichen Schwankungen unterworfen ist, und der bei den Raubvógeln durch die starke Wólbung der Cornea wohl am meisten von der ‚gedachten Kugelform abweicht. Weiter auf ihn einzugehen, liegt für mich keine Veranlassung vor. Für seine Beweglichkeit sind sechs Muskeln vorgesehen. Die Muskeln sind, wie auch beim Menschen und den Säugetieren, die vier Mm. recti und die Mm. obliqui; den den Säugetieren zukommenden Musculus retractor bulbi finden wir bei den Vógeln nicht; er fehlt auch dem Menschen. Die Augenmuskeln des Vogels sind nach Leuckart [/2] wegen der geringen Beweglichkeit des Bulbus schwach ausgebildet und haben einen sehr straffen Verlauf und weniger als die doppelte Länge des Auges. Die geringe Ausbildung der Bulbusmuskeln beim Vogel hat ihren Grund darin, dass der Vogel eine sehr bewegliche Halswirbelsäule besitzt; diese Seitwürts- und Drehbewegungen des Halses und Kopfes ersetzen die Bewegungen des Bulbus: Es wird also beim Vogel, entgegen den Verhültnissen bei gewissen Säugetieren (vergl. Zietzschmann [/9], eine Abtastung der Umgebung mehr durch Bewegungen des Kopfes als durch solche des Auges in der Orbita bewirkt. Seitwürts- stellung der Augenachse und Form der Lidspalte sprechen hierbei vielleicht nur in geringem Grade mit. Über den Verlauf und das Verhalten der Muskeln sei nur folgendes bemerkt. Die Mm. recti inserieren sich sámtlich an der Austrittsstelle 186 H. A. Riehl, des N. opticus in der Tiefe der. Orbita um das Foramen opticum herum, legen sich dem Sehnerven und dann dem Bulbus dicht an und enden meist in fácher- förmiger Ausbreitung mit einer flachen Sehne auf der Oberfläche des Augapfels, m. o. w. weit entfernt vom Aquator an der corneaseitigen Hälfte der Sklera. Auf dem dorsalen Teile der optikusseitigen Halbkugel verlüuft ferner der M. obliquus superior (dorsalis). Dieser dünne platte Muskel entspringt an der ventralen Wand der dorsalen Nasenmuschel und verläuft in schráger Lage in horizontaler Richtung auf dem Bulbus entlang, um temporal vom M. rectus dorsalis am Âquator zu enden. Von der gleichen Ursprungsstelle aus nimmt auch der dünne M. obliquus inferior (ventralis), und zwar caudoventral, fast parallel dem Aquator des Bulbus seinen Verlauf, um an der Insertionsstelle des M. rectus ventralis zu enden. Der in der Orbita gelegene, in lateraler Richtung freiliegende Augapfel, wird durch ein eigen- artiges bewegliches Klappensystem, den Lidapparat geschützt, welches derartig geschlossen werden kann, dass der Bulbus günzlich verdeckt wird. Auf diesen Lidapparat mit seinen Muskeln werde ich noch genauer eingehen. Den Muskeln des Bulbus liegen bekanntlich die Augendriisen, Nickhautdrüse und Tränendrüse auf, und zwar findet sich die Glandula palpebrae tertiae unter der Basis der Nickhaut ziemlich weit dorsal; sie mündet mit ihrem Ausführungs- gang an der Innenfläche der Nickhaut in den Konjunktivalsack. Die Glandula lacrimalis liegt in der Tiefe der Orbita unter dem temporalen Augenwinkel in der Nähe des Aquators des Augapfels; sie mündet mit ihrem Ausführungsgange stets an dem unteren Lide aus, meist in der Nähe des betreffenden Augenwinkels. Das Sekret dieser Drüsen, die Tränenflüssigkeit, dient zum Schlüpfrigmachen und Feucht- halten der vorderen Augenfläche und zum Fortschwemmen von Fremdkörpern. Die Verteilung und Fortschaffung derselben wird hauptsächlich durch die Bewegung der Augenlider bewirkt. Meine speziellen Untersuchungen erstrecken sich nur auf den Lidapparat des Vogels, d. h. also auf das obere, das untere und das dritte Lid. Makroskopischer Teil. Die beiden Lider im engeren Sinne, die Palpebra superior und die Palpebra inferior, sind als Hautfaltungen an ihrer äusseren Ober- flache von der allgemeinen Kórperdecke überzogen, die nur wenig modifiziert ist. Sie schliessen einen zwischen Lid und Bulbus ge- legenen Sack ab, den Konjunktivalsack, und begrenzen mit ihrem freien Rande den Eingang zu demselben, die Lidspalte, Rima palpebralis, die dank der Beweglichkeit der Lider geschlossen und geüffnet werden kann. Dieser freie Rand der Lider, Limbus palpebrae, liegt der fest- gewachsenen Basis gegenüber und stellt die Linie dar, an der die äussere Haut in die die innere Fläche der Lider überziehende blass rosa- rote Bindehaut, Konjunktiva, übergeht. Der freie Lidrand zeigt bei den einzelnen Tieren ein verschiedenartiges Verhalten, er ist bei Huhn, Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 187 Taube, Rabe, Move, Fink und Sperling deutlich gewulstet, bei der Ente und dem Uhu dagegen glatt. Temporal nimmt die Wulstung immer etwas ab. Kurz vor dem freien Rande finden sich 2—3 Reihen dünnster Federchen mit stark reduzierter Fahne, welche nach Nitsch, Gadow [5] und Moser [15] die Stelle der Wimpern, Ciliae, der Säuge- tiere vertreten. Doenecke [7] will beim Sperling solche nicht gefunden haben. Ich konnte bei diesem Tiere sowohl wie bei dem ihm ver- wandten Fink und auch bei allen anderen von mir untersuchten Vügeln immer deutlich kleine Federchen am freien Lidrande wahrnehmen, die man den Cilien gleichzustellen berechtigt ist. Bei äusserer Betrachtung der Lider sieht man ausser einer m. o. w. gleichmässigen feinen Furchung sowohl am oberen als auch am unteren Lide eine tiefe Falte, welche besonders bei geöfineter Lidspalte sichtbar ist. Am oberen Lide ist sie besonders auffallend; sie gibt dem Lide eine charakteristische Form und teilt dasselbe gewissermassen in einen stàrkeren basalen oder Wurzelteil und einen dünneren randseitigen oder freien Teil. Im Wurzelteil finden sich in der Lidhaut die Federn zahlreicher — sie bilden den Übergang zu der federreichen Haut der Umgebung — während der freie Teil besonders an der bedeutend be- weglicheren Palpebra inferior bis auf die Cilien federfrei ist. Das obere Lid ist deutlich unterschieden von dem unteren; es ist kürzer und, wie allgemein bekannt, in seiner physiologischen Tätigkeit beschränkter. Es stellt eine kurze plumpere Hautfalte dar, die voll- Ständig mit Federn, allerdings bedeutend spàrlicher als die übrige Haut, bedeckt ist. Die schon erwähnte tiefe Lidfurche verläuft in einem ventral offenen flachen Bogen und wird nach dem temporalen Lidwinkel zu seichter. An dem deutlich gewulsteten Rand findet sich i. d. R. starke Pigmentation, ferner finden sich in 2—3 Reihen die oben schon geschilderten Cilien vor. An den Lidwinkeln, den Commissurae palpebrarum, geht das obere Lid ohne Grenze in die Palpebra inferior über. Das untere Lid ist sehr dünn und infolgedessen ausserordentlich beweglich, im Gegensatz zu den Verhältnissen beim Säugetier. Bei geschlossener Lidspalte bedeckt es fast den ganzen zu Tage tretenden Teil des Bulbus, der infolge der dünnen Beschaftenheit des unteren 188 H. A. Riehl, Lides als dunkler Kórper durchscheint. Die geschlossene Lidspalte verläuft nicht wie beim Säugetier gerade in horizontaler Richtung, sondern in einem deutlich erkennbaren ventral offenen Bogen. Das untere Lid übernimmt somit gewissermassen die Arbeit des primitiveren schwerbeweglichen oberen Lides. An dem ebenfalls stark verdickten, individuell in verschiedenem Grade pigmentierten Limbus des unteren Lides finden sieh ebenfalls 2—3 Reihen Cilien, auf diese folgt eine von aussen deutlich abgesetzte, meist federlose, fein gefurchte Zone; es ist dies der bei geschlossenem Lid durch den Untergrund dunkel erscheinende Teil. An der Innenseite markiert sich an dieser Stelle eine deutliche Platte, der schon häufig beschriebene sogenannte Lid- knorpel, der sich als runde, seichte Schüssel dem Schleimhautteil des Lides anlagert, ihm als feste Stütze dient und das Lid glatt erhält. Diese Platte wird, wie schon angedeutet, allgemein als der ,Lid- knorpel* bezeichnet, wohl deswegen, weil beim Menschen und bei ge- wissen Säugern eine mit diesem Namen belegte m. o. w. deutlich ab- gesetzte Platte bekannt ist, deren Konsistenz etwa eine knorpelartige ist. Da aber, wenigstens bei den Vógeln, Knorpelgewebe nie in diesem Lidteile beobachtet wurde, so dürfte die Bezeichnung „Lidknorpel“, wie sie Doenecke |/], Leuckart |/2] u. a. anwandten, unangebracht und besser durch ,.Lidplatte* zu ersetzen sein. Hier sei nur kurz her- vorgehoben, dass diese Lidplatte des Vogels aber der Lidplatte des Menschen und der Quadrumanen (Eggeling [4]) und der rudimentären Bildung der Säugetiere (Zietzschmann |79]) als durchaus nicht homolog anzusprechen ist. Deshalb sollte vor allem auch der Name ‘Tarsus für die Bildung beim Vogel nie Anwendung finden. Ein Tarsus stellt eine feste derbe Platte in beiden Lidern dar, die dicht dem Lidrand ansitzt und als Träger der Tarsaldrüsen und Stütze des Lidrandes selbst funktioniert. Beim Vogel aber kommt die Platte nur dem unteren Lide zu, sie liegt ein Stück vom freien Rande entfernt (beim Huhn ca. 3 mm) ganz dicht an die Konjunktiva geschmiegt und findet sich naturgemáss auch nicht in der Umgebung von Tarsaldrüsen, da diese beim Vogel fehlen. Ich bezeichne diese Bildung des Vogels zur Unterscheidung vom Tarsus als Tabula conjunctivae, Konjunktivalplatte, da man sie zwanglos wegen ihrer Lagerung zur Bindehaut rechnen TL m T ga ere e Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 1 80 kann. Die Konjunktivalplatte hat beim Huhn einen Lingsdurehmesser von ca. 4 mm. Sie erscheint innen mehr bläulich, wird von einem ca. 1 mm breiten helleren Ring umgeben und ist an der inneren, dem Bindehautsack zugekehrten Oberflüche von der Konjunktiva faltenlos überzogen. Abgesehen von dem limbusseitigen Rande der Platte ist die Konjunktiva rings um dieselbe in Falten gelegt, die besonders deren Seitenränder konzentrisch umlagern und sich nach dem nasalen Lidwinkel hin zu einem dichten Faltensystem vereinigen. Im nasalen Augenwinkel des Vogels sitzt die von den Reptilien ererbte Membrana nictitans, Nickhaut oder Blinzhaut als drittes Lid, das sich vom nasalen Augenwinkel her über den Bulbus hinwegziehen lässt, ohne bei seiner ausserordentlich dünnen Beschaffenheit die Seh- fähigkeit wesentlich zu beeinflussen. Die Palpebra tertia ist als ein- fache Duplikatur der Konjunktiva anzusehen und besitzt zentral zwischen den beiden Epitheloberflächen eine bindegewebige Stütze. Diese durchsichtige Membran liegt im Zustand der Ruhe mondsichel- artig gefaltet im nasalen Augenwinkel, so dass der freie konkave Rand temporal gerichtet ist. Die Enden der Sichel ziehen sich am Grunde der Innenfläche des oberen wie auch des unteren Lides am Bulbus entlang, so dass noch temporal von der Mitte des oberen resp. unteren Lides eine immer schmaler werdende Nickhautfalte zu erkennen ist. Der freie Rand der Nickhaut trägt meist Pigment, was schon makroskopiseh durch einen schmalen schwarzen Saum markiert ist. Am ventralen Sichelende steht die Nickhaut mit einem komplizierten Muskelapparat sehnig in Verbindung; dieser ist in Anbetracht der zu leistenden Arbeit im Verhältnis zur Muskulatur der beiden anderen Lider sehr stark ausgebildet. Dieses Muskelsystem ist von vielen Autoren (z. B. Leuckart |/2], Doenecke [/]) eingehend beschrieben worden. Es findet sich in Gestalt zweier quergestreifter Muskeln auf der optikusseitigen Fläche des Bulbus, liegt dort der Sklera fest an und ist fast vollständig von den bereits beschriebenen Bulbusmuskeln bedeckt. Der grössere der beiden, der M. quadratus (Fig. 1, f) nimmt nach Leuckart [72] reichlich den dritten Teil des Augengrundes ein, er entspringt am dorsalen Rande desselben unterhalb des M. rectus dorsalis und M. obliquus dorsalis in den aneinander grenzenden Teilen 190 H. A. Riehl, der dorsalen Quadranten dicht am Aquator, und làuft von da, sich verjüngend, bis zum N. opticus hin, wo er eine kurze saumartige Sehne bildet (Fig. 1, g), die in ganzer Ausdehnung einen schlauch- artigen Kanal bildet. Dieser dient zur Aufnahme der schlanken faden- artigen Sehne des M. pyramidalis (Fig. 1, ^). Der M. pyramidalis entspringt im nasoventralen Quadranten, zum Teil bedeckt vom nasalen Rande des M. rectus ventralis, und steigt nasal vom N. opticus zum M. quadratus empor, um mit seiner Sehne in den schlauchartigen Kanal des M. quadratus einzutreten. So umkreist diese Sehne (Fig. 1, 4) den Sehnerv dorsal und temporal im Bogen, um dann in ventraler Richtung temporal am N. opticus wieder vorüber zu ziehen. Also temporal vom N. opticus verlässt die Sehne den Kanal und verläuft dann ventral bis zum Aquator, über den sie im ventrotemporalen Quadranten hinwegzieht. Hier tritt sie, den Verbindungsteil zwischen M. rectus ventralis und M. rectus temporalis als Rol'e benützend (Leuckart) auf die lidseitige Fläche des Bulbus und verläuft, bedeckt vom unteren Lid, in fast horizontaler Richtung zu dem ventralen Zipfel der Nickhaut; dort strahlt sie in das Bindegewebe derselben ein, wo sie noch auf eine kurze Strecke als differenzierter Strang entlang dem freien Niekhautrande bemerkbar ist. Die Bewegung der Nickhaut wird allein durch Kontraktion des M. pyramidalis besorgt, wührend der M. quadratus einen elastischen fixen Punkt bildet und bei gleichzeitiger Kontraktion durch Heben seines Sehnenkanals den Weg der Sehne des M. pyramidalis vergróssert. Vor allem wird durch die Tatigkeit des letzteren verhindert, dass die Sehne auf den N. opticus drückt und somit Sehstórungen veranlasst. Mikroskopischer Teil. Um zu weit gehenden Wiederholungen aus dem Wege zu gehen, seien hier einige allgemeine Angaben über den feinen Bau des oberen und unteren Lides vorausgeschickt. Histologisch teilt man am besten die Palpebra superior und inferior in drei übereinander liegende Schichten ein, und zwar in den äusseren Hautteil, den mittleren binde- gewebig muskulósen Teil und den inneren Schleimhautteil. An Sagittalschnitten durch das Lid lässt sich die Form desselben etwa Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 191 dahin näher bestimmen, dass man, wie schon im makroskopischen Teile beschrieben, durch die tiefe Lidfurche einen basalen dicken Grundteil von einem wesentlieh dünneren freien Lidteil unterscheiden muss. An dem letzteren ist wiederum der m. o. w. verdickte Lidrand von dem dünnen mittleren Teil zu trennen. Der Lidrand ist, wie der der Säuger, mit Kanten, Margines, versehen, die abgerundet sind; bei manchen Vógeln ist er aber einfach spitzrund, und lässt eine Differen- zierung zwischen äusserer und innerer Lidkante nicht erkennen. Den Hautteil des Lides stellt die äussere Bedeckung dar. Er zerfällt in Epidermis, Corium und eine fettlose Subkutis. Die Epidermis ist durchweg sehr dünn und mit einem dünnen Stratum corneum und einem dieken Stratum mortificatum versehen, das sich m. 0. w. in Fetzen ablóst. Am Lidrand erfährt die Schichtung i. d. R. in der Hóhe der äusseren Lidkante eine beträchtliche Steigerung. Am freien Rande finden sich Pigmentierungen in den tiefsten Schichten des Epithels, und zwar in Form von Einlagerungen feinster Pigment- kórnchen, die regellos den Epithelien eingefügt sind und natürlich ziemlich weitgehenden individuellen Schwankungen unterliegen. Die Oberfläche der Epidermis ist im allgemeinen stark und unregelmässig gefaltet und wird erst nahe dem Lidrande glatt. Der gerundete Lid- rand zeigt sich zuweilen in der Mitte etwas eingezogen, so dass zwei m. 0. w. sanft gestutzte Kanten, der Margo externus und internus auf- treten. Ein Papillarkórper ist unter der Liddecke nicht wahrnehmbar, er tritt erst an der dusseren, meist sogar erst an der inneren Lid- kante auf. Das Corium besteht aus einer dünnen Schicht wellig ver- laufender zellarmer Bindegewebesbündel, die sich häufig kreuzen und somit feste Konsistenz erlangen. Von den epidermoidalen Bildungen fehlen die Hautdrüsen, die Glandulae sebaceae und die Glandulae sudoriferae, wie ja allgemein bekannt ist, vollständig, während kleine Federn ziemlich zahlreich besonders im oberen Lid zu finden sind. Ausserdem sind die bereits erwähnten, die Cilien vertretenden Federchen am Lidrand, allerdings spärlich, vorhanden. Den Glandulae ciliares (Moll) des ‚Menschen und der Säuger zu vergleichende Drüsen müssen natürlich ebensogut fehlen wie Tarsaldrüsen. Der histologische Bau der Federn dürfte soweit bekannt sein, dass von einer ausführlichen 192 H. A. Riehl, Beschreibung abgesehen werden kann. Ich verweise hierzu speziell auf die jüngst erschienene Abhandlung Mosers [15] in Ellenbergers Handbuch der vergleichenden mikroskopischen Anatomie. Am freien Lidrande präsentiert sich die äussere Decke etwas abgeändert. Dicht an der äusseren Lidkante ist die Grenze der Befederung gelegen. Meist bilden eigenartig reduzierte Federn den Abschluss, die man mit den Cilien der Sáuger und des Menschen vergleichen kann. Sie zeichnen sich dadurch aus, dass sie den übrigen Federn gegenüber eine stark reduzierte Fahne besitzen. Auch fehlt ihnen stets der After- schaft (Gadow |5]. Der Teil der äusseren Deke, der sich zwischen den beiden Lidkanten befindet, der intermarginale Saum, also der Überzug des Lidrandes im engeren Sinne, ist stets federlos und zeigt die geschilderten Epithelverhältnisse. An der inneren Lidkante schlägt sich endlich die áussere Haut auf die Innenseite des Lides um und geht m. o. w. plótzlich in die Schleimhaut des Konjunktivalsackes über, in die Bindehaut. Die Konjunktiva teilt man bei den Sáugetieren und dem Menschen in die Pars tarsalis und die Pars orbitalis ein. Diese Verhältnisse lassen sich aber meiner Meinung nach nicht vorteilhaft auf die Vögel übertragen. Ebensowenig aber kann ich der Meinung Doeneckes beipflichten, der gar keine Trennung der Konjunktiva zu- lassen will und die gesamte Lidbindehaut mit der Platte im unteren Lid als den „Tarsalteil“ des Lides bezeichnet. Und doch kann man deutlich zwei Abschnitte in der Bindehaut unterscheiden, die durch verschiedenes Epithel etc. sich voneinander auszeichnen. Ganz absehen will ich hier von dem Gesichtspunkte, der es verbietet, die die Konjunktivalplatte bergenden Teile als ,tarsal^ zu bezeichnen. Ich möchte deshalb die Konjunktiva der Vögel, da diesen ein Homologon des Tarsus der Säuger fehlt, in einen lidrandwärts gelegenen Ab- schnitt, die Pars limbalis, und in einen der Basis des Lides an- liegenden Abschnitt, die Pars orbitalis, zerlegen. Die Pars limbalis des Vogels entspricht also bis zu einem gewissen Grade der Pars tarsalis der Säuger und des Menschen. Die Pars limbalis ist glatt und weniger breit als die Pars orbitalis. Sie trägt bei fast allen von mir untersuchten Vögeln einen deutlichen Papillarkörper, dem ein hochgeschichtetes, meist flaches oder plattes Epithel aufsitzt. Die Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 193 Pars orbitalis ist m. o. w. gefaltet und zeigt im Epithel deutliche Verschiedenheiten dem des Randabschnittes gegenüber; es tritt hier das typische Konjunktivalepithel auf. Die Grenze zwischen den beiden Abschnitten ist meist nicht scharf anzugeben, es findet i. d. R. ein ganz allmählicher Übergang zwischen beiden Teilen statt. Am Lid- grunde schlägt sich, wie hier ergänzend noch ausgeführt sei, die Konjunktiva orbitalis temporal auf den Bulbus, am nasalen und mittleren Teile der beiden Lider dagegen auf die Nickhaut um, an welcher man eine. lidseitige und eine bulbusseitige Schleimhaut unter- scheidet, die am freien Rande des dritten Lides ineinander übergehen. Am Grunde der Nickhaut setzt sich die bulbusseitige Schleimhaut in einer zweiten Umschlagstelle ebenfalls auf den Augapfel fort und überzieht den ganzen freiliegenden Teil desselben, d. h. den cornea- seitigen Teil der Sklera und die Cornea selbst, an der die Konjunktiva allerdings, wie bekannt, wesentliche Umánderungen zeigt; es erscheint also der Konjunktivalsack von der Tiefe her durch den Augapfel vor- eestülpt. Huhn. Die mit vielen Falten und einer deutlichen Hauptfurche ver- sehene äussere Decke des oberen Lides wird von einer 2—3schichtigen Lage platter Epithelzellen gebildet, der unter Vermittelung eines dünnen Stratum corneum ein dickes Stratum mortificatum aufgelagert ist. An der äusseren Lidkante wird das Epithel plötzlich höher und bleibt entlang des Lidrandes ca. 10schichtig. Die Obertläche des freien Randes ist glatt und zuweilen in der Mitte geringgradig eingezogen, ein Stratum mortificatum ist bis zur inneren Lidkante zu verfolgen. Hier schlägt sich die äussere Haut auf die Innenfläche des Lides um und geht in die Pars limbalis conjunctivae über. Diese ist glatt und mit einem sehr deutlichen, gut entwickelten Papillarkörper ver- sehen, dessen spitzrunde dünne Zapfen besonders nach dem orbitalen Teile zu hoch in das Epithel, zuweilen bis zur dritten Schicht, von der Oberfläche gerechnet, eindringen. Dazwischen finden sich auch dieke breite Papillen; diese aber sind in der Hauptsache nur auf den Randteil beschränkt. Die Anzahl der Zellschichten beträgt nahe der inneren Lidkante 10—12, im mittleren Teile der Pars limbalis der Internationale Monatsschrift f. Anat.u. Phys. XXV. 13 194 H. A. Riehl, Konjunktiva dagegen nur 8. Es handelt sich um polygonales Epithel; der Übergang vom Plattenepithel des freien Lidrandes in das poly- gonale der Pars limbalis findet sieh dicht basal vom Margo internus. Allmählich wird das Epithel niedriger, ca. 5—7schichtig. Die ober- flächliehste Schicht ist noch relativ. flach, während die Zellen der tieferen Lagen alle unregelmässige Gestalten annehmen. In den tiefsten Schichten sind die Zellen zylindrisch oder keulenförmig, ihre Längsachse ist senkrecht zur Basalmembran gestellt. Die Kerne der Zellen dieses Stratum germinativum sind zum Teil wesentlich grösser und erscheinen voller als die mehr flachen Kerne der oberen Lagen. Im Stratum germinativum finden sich im Anfanesteil der Limbal- konjunktiva in individuell verschieden hohem Grade Pigmenteinlage- rungen in Form feinster Körnchen, die den Epithelien gleichmässig eingestreut sind. Ohne deutliche Grenze, also allmählich, geht die Conjunctiva limbalis in die Pars orbitalis über, die anfänglich noch von einem deutlichen Papillarkörper gestützt wird. Sie verläuft weniger glatt, sondern mehr wellig, ohne dabei tiefe Falten zu bilden. Anfangs findet sich ein 6—7schichtiges Epithel polygonalen Charakters, dessen oberflächlichste Zellen der Pars limbalis gegenüber allmählich im Höhendurchmesser wachsen, um schliesslich mehr zylindrischen Charakter anzunehmen. Am Fornix selbst findet sich wieder poly- eonales Epithel. In der Höhe der grossen Lidfurche an der äusseren Decke sind dem Epithel gut entwickelte Becherzellen eingelagert, die natürlich dem ganzen Bilde der gegenseitigen Anlagerung der Zellen ein anderes Aussehen verleihen, und die gewissen individuellen Schwankungen in der Zahl unterworfen sind. Diese schleimprodu- zierenden Elemente nehmen nach dem Fornix hin ziemlich an Zahl zu. Ich kann also die allgemein gestellten Angaben Zietzschmanns für das Huhn nur bestätigen. Die Becherzellen stellen sich im mikro- skopischen Bilde uns als Gebilde dar, welche in ihrer Form und dem Verhalten den Farben gegenüber ziemlich genau dem entsprechen, was bereits über Becherzellen bekannt ist. Zellen von gut ausgeprägter Becherform, d. h. Zellen mit einem oberen becherfórmig aufgeblasenen Teil und einem schmalen Fussteil, habe ich bei meinen Untersuchungen nicht gefunden. Sie zeigen m. o. w. Kugelform, sind im Verhältnis Uber den Ban des Augenlides beim Vogel. 195 zu den umliegenden Epithelien wesentlich grösser, und von den um- gebenden Zellen durch eine dünne, scharf konturierte Schicht, die Theka, deutlich abgegrenzt. Das Innere der Zelle erscheint bei ge- bräuchlicher Hämatoxylinfärbung blass und fast homogen; bei starken Abblenden kann man aber die bekannte Gitterzeichnung deutlich er- kennen. Am Grunde der Zelle ist der rundlich zackige Zellkern sicht- bar, dem an der freien Oberfläche eine kleine, bei starker Ver- erösserung gut wahrnehmbare Offnung, das Stoma, gegenüber liegt, durch welche der Schleim nach aussen befördert wird, ein Prozess, der bei Anwendung der Schleimfarben eut sichtbar ist. Nicht selten beobachtet man natürlich Zellen, die ihren Schleim m. o. w. voll- ständig abgegeben haben und bei denen auch der Kern zugrunde gegangen ist. Man findet an solchen Stellen, wie Fig. 9 für die Ente zeigt, grössere oder kleinere Vertiefungen der Oberfläche, an deren Grunde ab und zu Reste von den zugrunde gegangenen Zellen noch sichtbar sind. Im Bereich der Pars orbitalis besitzen die oberfläch- lichen Zellen eine deutliche Cuticula, die selbstverständlich dort, wo Becherzellen mit ihrem Stoma an die Oberfläche treten, m. o. w. breit unterbrochen ist. Zuweilen fand ich in tieferen Schichten besonders auffallende Zellen der gleichen Art. welche, da sie die Oberfläche noch nicht erreicht hatten und ihren Inhalt noch nicht entleeren konnten, strotzend mit Schleim gefüllt waren. Bei geringer Epithelschichtung sind die Becherzellen wenig hoch und erinnern kaum an einen Becher, ihre Form ist also variabel. Um zu prüfen, wie sich die Zellen den sogenannten Schleimfarben gegenüber verhalten, tingierte ich die Präparate vom Huhn mit Bismarckbraun, Hämatoxylin + Muci- karmin, Muchämatein und Delafields Hämatoxylin. Man konnte fest- stellen, dass Bismarckbraun und Mucikarmin die Zellen stets gut färbten, während die beiden anderen Farben sich als ziemlich unzuverlässig be- sonders Paraffinschnitten gegenüber erwiesen. Mit den beiden erst- genannten Farben konnte man also vor allem auch erzielen, dass die Becherzellen im Schnitt schon bei schwacher Vergrösserung deutlich ins Auge traten, so dass eine Beurteilung der relativen Verhältnisse in bezug auf die Zahl der Becherzellen dadurch sehr erleichtert wurde. In der Pars orbitalis conjunctivae finden sich nahe dem Fornix in 13* 196 H. A. Riehl, der nasalen Partie des Lides in einer subepithelialen Zone der Propria geringgradige diffuse Ansammlungen von Leukozyten, welche zuweilen kleine m. o. w. abgegrenzte Haufen bilden. Stellenweise sind die Leukozytenhaufen in die Epithelschicht vorgeschoben, das Epithel vorbuchtend, so dass in den Zwischenräumen aus Epithelzellen be- stehende Zapfen sich zwischen die Lymphzellen einsenken. Durch diese Niveauverschiebungen wird ein Papillarkórper vorgetàuscht. Mir erscheint es, als ob die Lymphzellen dureh ihre Vermehrung das Epithel vor sich her schieben, dass nicht der umgekehrte Prozess des Wachstums besteht. Es wächst nicht das Epithel in die Tiefe, viel- mehr wird es durch die gegendringenden Lymphzellen vorgebuchtet und dort in der Schichtung verdünnt. Dieser Prozess der Verdünnung wird aber dadurch noch gesteigert, dass Lymphzellen in das Epithel selbst eindringen und die einzelnen Elemente auseinander drängen. Dadurch wird die Epithelgrenze gegen die stark zellig durchsetzte Propria hin verwischt. Dies kann in so hohem Masse der Fall sein, dass man Mühe hat, das Epithel überhaupt zu erkennen. Bei genauerer Be- trachtung aber sieht man, dass stets an der Oberflüche eine 1- bis 2schichtige Zellage der deckenden Epithelien bestehen bleibt, wie es Fig. 10 von der Ente deutlich zeigt. Soweit ich es untersuchen konnte, habe ich niemals gesehen, dass die Lymphzellen diese schmale deckende Schicht durchbrochen hätten. An solchen Stellen, an denen die Lymphzellen m. o. w. zahlreich das Epithel durchsetzen, beobachtet man stets eine Abänderung in der Form des Epithels selbst. Meist nehmen die Becherzellen an Zahl ab, und an gewissen Stellen ver- schwinden sie gänzlich. Ferner geht mit stärkerer Anhäufung von Lymphzellen auch meist ein Sichabplatten der oberflächlichsten Epithel- lagen einher, und diese oberflächlichsten platten Lagen sind es, die auch dann noch deutlich als Deckschicht wahrnehmbar sind, wenn alle anderen polygonalen Epithelien m. o. w. verdrängt sind. Durch diese Schieht platter Zellen tritt also niemals eine Lymphzelle hindurch. Bei Untersuchung des zentralen, des eigentlichen stützenden Teiles findet man ein starkes Bindegewebsgeflecht, dem Muskulatur, Gefässe und Nerven eingelagert sind. Im basalen Teile des Lides findet man ein dickes, querverlaufendes sehniges Band, das weit in den Lidkörper Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 197 hineinragt; es ist dies die im allgemeinen Teile näher beschriebene dorsale Orbitalplatte. Die Fasern verlaufen im übrigen in randwärts gerichteten m. o. w. gewellten Zügen und sind in individuell ver- schiedenem Masse in der Nähe der Oberfläche von Pigment durchsetzt, ‘das sich in Form von unregelmässie verzweigten schwarzbraunen Zellen besonders háufig perivaskulür ausbreitet. Kerne sind wegen der dichten Pigmentierung in diesen Zellen nicht nachzuweisen. Dennoch kann es sich naturgemiiss im gegebenen Falle nur um Einlagerung von pigmentierten Bindegewebszellen handeln. Im Zentralgewebe findet sich besonders lidrandwürts, zuweilen aber auch im basalen Teile Fettgewebe vor, das als weitmaschiges Gefüge von grossen Zellen sichtbar ist. Sie liegen dicht nebeneinander und haben die bekannten Eigenschaften (grossen Zelleib mit deutlicher Pellicula und plattem wandständigen Kern). Von den Blutgefässen, die im Lid- inneren regellos verlaufen und in jeder Grósse anzutreffen sind, ist auffallend, dass sie am freien Rande ein dichtes Netz feinsten Kalibers bilden, die an Kapillaren grenzen, aber noch von deutlichen Muskel- zellen begleitet sind. So kommt es, dass man in jedem Schnitt im freien. Lidrande m. o. w. dichte Geflechte glatter Muskulatur finden kann. Nerven sind im Lide vorhanden, spezielle Färbungen habe ich unterlassen. Im übrigen ist das Bindegewebe von vielen e/astischen Fasern durchsetzt, welche sich besonders entlang den Lidoberflächen zu einem dichteren Geflecht veremigt vorfinden, während sie im übrigen mehr vereinzelt anzutreffen sind. Bemerkenswert ist ihr Ver- halten den Muskeln gegeniiber. Diese sind von elastischen Fasern so dicht durchzogen, dass die einzelnen Biindel in eine Scheide elastischen Gewebes eingebettet sind. Die Muskulatur besteht aus dem Musculus orbicularis und dem Musculus levator palpebrae superioris, dem funktionell die ent- sprechende Aufgabe zufällt, wie dem Musculus depressor palpebrae inferioris des unteren Lides. Sämtliche Muskeln "bestehen nach Doenecke [Z|] beim Sperling aus quergestreiften Fasern. Zietzsch- mann [27] dagegen will bei Huhn und Taube gesehen haben, dass der Musculus orbicularis aus glatten Fasern besteht. Diesen Punkt habe ich natürlich speziell geprüft. Vom Huhn habe ich die Lider mehrerer J 198 H. A. Riehl, Exemplare geschnitten und immer wieder finden kónnen, dass der Musculus orbicularis in ganzer Ausdehnung ein glatter ist. Da die quergestreiften Muskelfasern des Vogels oft recht minimalen Quer- durchmesser aufwelsen, so ist es leicht verstündlich, dass das eigen- artige Verhalten des Kreismuskels der Lidspalte beim Vogel den Ver- hältnissen bei den Sáugern gegenüber so lange unbekannt bleiben konnte, bezw. unrichtig gedeutet worden ist (so von Leuckart) Man ist gewöhnt gewesen, den Orbicularis von den Säugern und dem Menschen her als einen quergestreiften Muskel anzusprechen. Bei sorgfältiger Betrachtung des Querschnittes durch den Muskel (verel. die Fig. 11 von der Móve) muss aber sofort die eigenartige Ver- teilung der Kerne in den Feldern der quergetroffenen Muskelfaser- bündel auffallen, die eventuell ja mit den Querschnitten einzelner quergestreifter Fasern verwechselt werden könnten. Die kleinen zahl- reichen. runden Kerne liegen in diesen meist rundlichen oder poly- . gonalen Feldern unregelmässig verstreut, nicht nur am Rande, wie es an Querschnitten durch willkürliche Fasern (vergl. Fig. 12 von der Móve) der Fall sein müsste. Jedes der gedachten Felder kann bei stärkerer Vererósserung als aus einzelnen kleinen, meist rundlichen Scheiben bestehend erkannt werden, die ungleichmässigen Durchmesser besitzen, zum Teil kernlos und zum Teil kernhaltig sind. Dieses charakteristische Verhalten zeigt ja glatte Muskulatur im Querschnitt. Der Grund für die Gróssenunterschiede der einzelnen Scheiben liegt in der Form der Zelle, die eine spindelartige ist. Kleinere und kern- freie Scheiben entstehen ja dann, wenn eine glatte Zelle nicht im zen- tralen kernhaltigen Teile getroffen ist. Bei schrägen Schnitten bilden die schief geschnittenen Muskelfasern spindelförmige Scheiben. Auch die Intensität und Art der Eosinannahme ist eine ganz eigenartige: die Nuance, im der die glatte Muskulatur des Kreismuskels sich. tingiert, ist bei vorsichtiger Eosintinktion stets verschieden von der der quergestreiften Elemente, die an anderen Stellen eventuell in Schnitten durch das Lid anzutreffen sind. Es unterliegt also keinem Zweifel, dass der Musculus orbicularis wirklich ein glatter Muskel ist. Zudem habe ich auch Flächenschnitte durch das Lid in Serien an- gelegt, um auch im Längsschnitt mich von dem Fehlen der Quer- Uber den Ban des Augenlides beim Vogel. 199 streifung zu überzeugen. Ich konnte wiederum nur konstatieren, dass die Zellelemente, die den Orbicularis aufbauen, in ihrer Form in jeder Richtung den glatten Muskelzellen entsprechen. Im Flachschnitt sieht man langgestreckte, an beiden Enden zugespitzte Spindelzellen, die in ihrer breiteren Mitte einen längsovalen bis stübchenfórmigen Kern enthalten. Von dem in gleicher Richtung verlaufenden Bindegewebe unterscheiden sich diese Bündel durch das Vorhandensein zahlreicher stäbehenförmiger Kerne und durch die eigentiimliche Violettfärbung der Zelleiber bei der Hämatoxylin-Eosinfärbung. Der Musculus orbieularis bildet eine dünne zusammenhängende Muskelplatte, die zweifellos aus der Hautmuskulatur des Tegumentanteils des Lides hervorgeht, die im basalen Teil in Form von Federbalgmuskeln auf- tritt. Der Orbicularis verläuft kreisförmig zur Lidspalte Ein Stück basiswärts von der grossen Lidfurche nehmen die Muskelbündel mehr den Charakter eines zusammenhängenden Muskels an, der Muskel selbst wird. dünner und er zieht nun, mehr nach der Oberfläche zu gelegen, ohne, wie Leuckart schreibt, mit der Lidplatte in Verbindung zu treten, lidrandwärts; er erreicht aber im allgemeinen den freien Lidrand nicht. Nasal endet er weiter entfernt vom Limbus palpebrae als in der mittleren und temporalen Partie des Lides, wo er im Lid- rand eine deutliche Anschwellung zeigt. In seiner ganzen Ausdehnung ist der Musculus orbicularis von einem dichten Netz elastischer Fasern durchsetzt und umgeben, wie ich es oben schon schilderte (vergl. Fig. 3 vom unteren Lide) Der Musculus levator palpebrae superioris besteht ebenfalls aus glatten Muskelfasern, wie ieh entgegen der Meinung von Doenecke [/] feststellen muss, der ja alle Lidmuskeln beim Sperling aus quergestreiften Fasern aufgebaut wissen will. Der Heber des oberen Lides verläuft rechtwinklig zu den Fasern des M. orbicularis und ist tiefer, d. h. näher der Innenfläche des Lides zu gelegen. Man findet ihn dicht der Konjunktiva angelagert; er ist von ihr nur durch das spürliche subkonjunktivale Gewebe getrennt. Seine Fasern bilden feine Bündel, die dicht aneinander gelagert sind und so eine zusammenhängende dünne Platte bilden. Auch hier ist jeder Zweifel ausgeschlossen, dass die Elemente glatte Fasern sind; es wäre für den feineren Aufbau das gleiche zu erwähnen, was ich schon über 200 H. A. Riehl, den M. orbicularis gesagt habe, worauf ich verweise. Nach Leuckart [12] soll dieser Muskel gemeinsam mit dem M. depressor palpebrae in- ferioris in der Tiefe der Augenhöhle als Teil einer gemeinschaftlichen Muskelmasse seinen Ursprung nehmen. Nach meinen Beobachtungen entspringt der Musculus levator palpebrae superioris aus einer stark elastischen Sehne, welche aus der Tiefe der Augenhöhle kommt (vergl. Fig. 6, d, von der Taube) und ein starkes Blatt an die Nick- haut abgibt (Fig. 6 c). Auf diese elastische Platte komme ich im folgenden noch wiederholt zurück. Der Heber des oberen Lides ist ein äusserst dünner Muskel, der nur in der Gegend des Fornix als zusammenhängende Platte deutlich ist. Er lässt sich nur bis zur Hauptlidfurche hin in Gestalt einiger dünner Fasern verfolgen, doch verlieren sich seine Fasern in der zentralen Bindegewebsschicht. Das schon makroskopisch deutlich unterschiedene untere Lid des Huhnes zeigt auch in seinem mikroskopischen Bau beim Huhn wesent- lich andere Struktur. Vor allem zeichnet es sich ja durch den Besitz der schon im makroskopischen Teile beschriebenen Konjunktivalplatte aus. Auch an der Palpebra inferior unterscheidet man natürlich die drei Hauptschichten, äussere Haut, bindegewebig-muskulöse Zwischen- schicht und Schleimhaut. Die äussere Haut zeigt im wesentlichen dasselbe Bild wie im oberen Lide, die Cutis ist ebenfalls dünn und gefaltet. Beachtenswert erscheint, dass sich die Federn im Gebiet der Tabula conjunetivae nicht finden, sondern nur an der Basis und am freien Rande des Lides. Es ist wohl leicht erklärlich, dass gerade die von der festen Platte gestützte Partie der Lidhaut federfrei ist; an dieser Stelle ist die äussere Haut äusserst dünn, so dass die Federn einen festen Halt nicht finden würden. Andrerseits aber muss ich betonen, dass auch der grósste Teil desjenigen Bezirkes der äusseren Haut federfrei ist, der die grosse Lidfalte bildet und noch im Bereich der Konjunktivalplatte sich findet. Der Lidrand verhält sich so, wie es schon für das obere Lid geschildert ist. Die Pars limbalis der Konjunktiva der Palpebra inferior ist wieder durch einen deutlichen Papillarkórper ausgezeichnet, dem ein polygonales Epithel aufsitzt. Dasselbe ist 8—10schichtig. Man findet in dieser schmalen Zone sehr breit gezogene Erhebungen des Papillarkórpers, die kaum an Uber den Ban des Angenlides beim Vogel. 20] Erhebungen eines Corpus papillare erinnern; auf der Hóhe solcher Er- hebungen ist natürlich die Schichtung des Epithels wesentlich redu- ziert, so dass man auf kürzeren Strecken nur ein 2—3schichtiges Epithel findet. Meist sind die oberflächlichen Zellen dort mehr platt - gedrückt. Die Conjunctiva orbitalis zerfällt am unteren Lide bei der Betrachtung in toto in zwei hegionen; die eine stellt den inneren Überzug der Stützplatte dar und ist dieser Unterlage glatt und falten- los angeheftet. Die zweite Region ist halbmondförmig der ersteren angelagert, und zwar derart, dass lidrandwärts die Platte an die Con- junetiva limbalis anstösst, während zu beiden Seiten der plattenfreie Teil sich vorschiebt. Da, wo die Orbitalkonjunktiva nicht von der Platte gestützt wird, ist ihr äusseres Aussehen in charakteristischer Weise abgeändert. Daselbst ist sie in Falten gelegt, die nasal am stärksten in Erscheinung treten. Im vertikalen Schnitt erscheint die Oberfläche der Konjunktiva scharf gezackt, man sieht an der Oberfläche ab- geflachte Erhebungen, die voneinander durch weite Buchten getrennt sind und die an den Rändern der Erhebungen scharfe Kanten bilden. Das Epithel der Conjunetiva orbitalis hat den Charakter des poly- gonalen Epithels und ist 2—4schichtig, also wesentlich dünner als das des Limbalteiles (vergl. Fig. 2), nasal in den Tälern zwischen den Falten finden sich zum Teil Zylinderzellen in 4—5 Schichten. Auch das Konjunktivalepithel des unteren Lides ist durch den Besitz von Becherzellen ausgezeichnet, und zwar kann die Ausbreitung dieser Elemente eine ganz bedeutende sein. Im allgemeinen lässt sich sagen, dass die nasale Hälfte der Bindehaut reichlicher mit schleimprodu- zierenden Zellen ausgestattet ist als die temporale, ein Verhalten, wie es Zietzschmann |/S] auch für die Säugetiere nachweisen konnte. Schon die Pars limbalis zeigt nasal vereinzelte Schleimzellen; lidrand- wärts finden sich aber noch grössere Strecken becherfreier Epithel- decke zwischen den einzelnen Elementen, während basal, nach dem Fornix hin, sie so dicht in den oberflächlichsten Lagen auftreten, dass nur wenige protoplasmatische Zellen die einzelnen Becher trennen. Schon in den mittleren Partien des Lides sind die Becherzellen der- art an Zahl reduziert, dass sie nur noch am Fornix selbst wahrnehm- bar sind; das gleiche gilt auch für die temporale Lidpartie Im 202 H. A. Riehl, übrigen ist zu berücksichtigen, dass individuelle Schwankungen vor- kommen. Wie beim Säugetier so ist auch für das untere Lid des Vogels das Vorhandensein vieler leukozytärer Ansammlungen mit Follikelbildung in der Konjunktiva charakteristisch. Zunächst ist im allgemeinen das subepitheliale Gewebe in einer breiteren Zone von Lymphzellen reichlich durchsetzt (Fig. 2, c), so dass im Bilde unter dem Epithel ein an Breite etwas schwankender dunkler Streifen sicht- bar wird. Selbst in der Mitte der Konjunktivalplatte, in der doch die Epithelschieht straff dem anliegenden Gewebe aufliegt, finden sich vereinzelte Leukozyten. Betrachtet man sich aber Schnitte aus der nasalen Partie des Lides (Fig. 2), so sieht man, wie die Schicht der diffus eingelagerten Rundzellen um ein beträchtliches an Dicke zu- nimmt und wie in diesen gleichmässig verteilten Zellmassen in m. 0. w. abgegrenzten Haufen besonders dicht angeordnete Zellen sichtbar werden (Fig. 2, d); es sind dort zahlreiche, teils gróssere, teils kleinere und kleinste Lymphfollikel eingelagert, die in verschiedener Tiefe im Konjunktivalgewebe verteilt liegen und so in mehreren Lagen auf- treten kónnen. Es sind das jene Bezirke der Konjunktiva, die schon makroskopisch dureh den Reichtum an m. o. w. hohen Faltungen aus- gezeichnet sind, so dass man ohne weiteres auf die Vermutung kommen muss, dass beide Erscheinungen in ursächlicher Beziehung stehen. Auch aus der Literatur ist es ja für die Sáuger und den Menschen hinlànglich bekannt, dass dies der Fall ist. Ich werde an anderer Stelle nochmals darauf zurückkommen. Da, wo sich die grossen Mengen der Lymphzellen in das Grundgewebe der Bindehaut einlagern, lassen sich auch Veränderungen am Epithel nachweisen. Zunächst fallt auf, dass die Zahl der Schichten der Epithelzellen verringert ist; die Decke wird also im allgemeinen dünner. Weiter bemerkt mam, dass die Becherzellen an Zahl abnehmen, und dass schliesslich m. o. w. zahlreich Lymphzellen in die Epithelschicht eindringen. Merkwürdig er- scheint mir, dass man an der Oberfläche irgendeinen Defekt in der Kontinuitát der Epithelzellen nicht beobachten kann, obwohl es Be- zirke in der Konjunktivaldecke gibt, in denen die Lymphzellen so zahlreich zwischen den Epithelzellen auftreten, dass man eine Ab- grenzung des Epithels gegen das Stroma hin nicht erkennen kann. Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 203 Dagegen sieht man an der freien Oberflüche, wie die polygonalen Epithelien sich ohne Unterbrechung einander anreihen. Es lässt sich also wohl kaum der Satz aufstellen, dass hier die Lymphzellen durch die Epitheldecke nach aussen wandern. Es kann nicht meine Auf- - gabe sein, diese Frage zu lösen. Ich verweise auf die einschlägige Literatur, móchte aber nur betonen, dass meine Bilder wohl kaum im Sinne einer Durchwanderung von Leukozyten durch die Epithelzellen auf die freie Oberfläche zu deuten sind. Im den Bezirken, die zahl- reiche Lymphfollikel enthalten, finden sich nun aber ausser den grösseren Einfaltungen deutlich m. o. w. flaschenfórmige Vertiefungen der Oberfläche, die mit den Tälern nichts zu tun haben. Zum Teil sind es einfache, gestreckte m. o. w. lange Säcke, eventuell mit terminaler Ausbuchtung, zum Teil fi:den sich an einem solchen Haupt- gange Nebenäste, die in unregelmässiger Verteilung das lymphoide Gewebe durchsetzen (Fig. 4, ^). Man könnte diese Gebilde als Drüsen auffassen und sie in die Gruppe der beim Menschen und beim Pferde beschriebenen Henleschen Drüsen aufnehmen. Unter Henleschen Drüsen verstehen wir schlauchartige Oberflächenausbuchtungen der Konjunktiva, die das Epithel der Bindehaut, also ein mehrschichtiges Epithel tragen. Demnach sind solche Bildungen, streng genommen, nicht als eigentliche Drüsen, sondern als Krypten anzusehen. Sie sind durchaus nicht den Drüsen gleichzustellen, die Fumagalli [7] am dritten Lid bei Huhn und Taube gefunden haben will. Darüber siehe unten. Das Epithel in diesen Krypten ist nur zum Teil deutlich zu erkennen, da es hier ganz besonders stark von Lymphzellen durchsetzt ist. Es trägt dieselben Charaktere wie an der Oberfläche, d. h. es ist ein 3—5schichtiges polygonales, zum Teil Zylinderepithel, das in den terminalen Erweiterungen auch platt gedrückt erscheinen kann. An solchen Stellen ist es nicht von der Hand zu weisen, dass Leuko- zyten die Epitheldecke durchbrechen; denn nicht selten sieht man in diesen Gängen ausgetretene Lymphzellen und auch eosinophile Zellen. Allerwärts finden sich nämlich in den diffusen ‚Einlagerungen zum Teil in grosser Zahl eosinophile Zellen verstreut; in den Follikeln fehlen sie. Sie zeichnen sich durch den Gehalt von feinen acidophilen Granula aus, die sich in bezug auf die Grösse etwa wie die vom Rind 204 H. A. Riehl, und vom Schwein verhalten, also wesentlich kleiner sind als die des Pferdes (Zietzschmann [20], und die in bezug auf die Anzahl in den einzelnen Zellen grossen Schwankungen unterworfen sind. Das nähere tinktorielle Verhalten derselben habe ich nicht geprüft. Jedenfalls färben sich die Kórnchen mit Eosin intensiv rot. Der zentrale bindegewebig-muskulöse Teil des unteren Lides ist ebenfalls in vielen Richtungen im Bau wesentlich von dem des ent- sprechenden Teiles des oberen Lides verschieden. Die Lidbasis ist in ziemlich breiter Ausdehnung durch eine quer verlaufende binde- gewebige Platte gestützt, die sich im Lid fast bis zum Grunde der erossen Hautfalte verfolgen lässt. Es ist die oben erwähnte Sehnen- platte, welche vom Os lacrimale zum Os frontale verläuft und somit die Orbita nach der ventralen Seite abschliesst, die ventrale Orbital- platte. Die schon häufig beschriebene, sehr unrichtig meist Lidknorpel benannte Stütze des unteren Lides verdient, wie ja auch schon be- schrieben, diese Bezeichnung ebensowenig wie den Namen "Tarsus (Leuckart). Denn von einem Tarsus, der nach Eggeling [5 u. 4] nur beim Menschen und den Quadrumanen vorkommt, und dessen Vor- stadium Zietzschmann [/9] im Augenlid sämtlicher Haussäugetiere nachgewiesen hat, kann man beim Vogel nicht im geringsten sprechen. Diese dem unteren Lid als Stütze dienende Platte, die Tabula con- junctivae, kónnte man schon eher nach ihrem histologischen Bau und nach der Lagerung mit dem beim Schwein von Zietzschmann [79] be- schriebenen Gebilde vergleichen, welches sich lidbasiswärts dem rudi- mentären Tarsus bezw. den kurzen Tarsaldrüsen anschliesst und sich dicht an die Konjunktiva hält. Ich habe, wie schon erwähnt, sie beim Vogel mit dem Namen Konjunktivalplatte belegt, da sie in enge Lage- beziehungen zur Bindehaut tritt (cf. Fig. 3, a) und mit dieser leicht von der Zentralschicht abgehoben werden kann, andrerseits auch, um jeder Verwechslung mit einem Tarsus vorzubeugen. Leuckart |Z2] schreibt von einem dem unteren Lid eingelagerten Knorpel (Tarsus, Lidknorpel), der sehr ansehnlich bei Raubvógeln, Hühnervógeln und Straussen sei, bei den Papageien aber zu fehlen scheine. Mikro- M skopisch betrachtet, erscheint das Gewebe der Platte auf den ersten M Blick dem Knorpelgewebe ähnlich; bei genauer Untersuchung erkennt | Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 205 man aber die scheinbar gleichmässige Grundmasse als ein stark ver- filztes Geflecht von derbem Bindegewebe. Diesem gleichmässig er- scheinenden Grundgewebe sind vereinzelte Bindegewebszellen ein- gelagert, welche vielleicht Knorpelzellen vorgetäuscht und zu dem Namen Veranlassung gegeben haben, diesen aber «durchaus nicht ähneln, denn wahre Knorpelzellen finden sich nirgends in der Binde- hautplatte, wie auch Doenecke |/] und andere schreiben. Zietzsch- mann [27] erwähnt ferner das Vorkommen von besonderen Blutgefässen in der Platte, die aus einem in der Hauptsache an der äusseren Ober- fläche des Gebildes vorkommenden Geflecht stammen. Von dem Vor- handensein derselben konnte ich mich häufig überzeugen. Das übrige Gewebe der zentralen Zone besteht aus Bindegewebsbündeln, die in der Hauptsache nach dem freien Lidrande verlaufen. Die Faser- bündel sind unter dem Corium besonders dicht gewebt, auch im verdickten Lidrande ist das Geflecht ein festeres. Mehr zentral ist das Gewebe locker, hier finden sich viele Blutgefässe und Nerven. Wie im oberen Lid zeigt sich auch unten im freien Lidrand ein starkes Geflecht feinster Gefässe, und nicht selten beobachtet man, dass pigmentierte Bindegewebszellen von bekannter Form sich dort anhäufen: An der Lidbasis ist das Bindegewebe meist stark mit Fett durchsetzt. Der Musculus orbicularis besteht natürlich auch in der Palpebra inferior aus glatten. Fasern, die eine zusammenhängende Platte bilden und, dicht unter der äusseren Haut gelegen, die Lidspalte kreisförmig begleiten. Er ist in der Basis des Lides sehr schwach und reicht mit einigen Fasern in dem nasalen Teile und in der Mitte des Lides bis zur Wurzel; temporal fehlt er dagegen in der Basis, hier tritt er als zusammenhängende Platte erst in der Höhe der grossen Lidfurche auf. Im weiteren Verlauf wird der Muskel kräftiger und nimmt all- mählich nach der Spitze hin an Dicke zu, so dass er im Lidrand am ‚stärksten ist. Er ist in seinem ganzen Verlauf dicht unter der Haut gelegen, tritt also in keiner Weise mit der Konjunktivalplatte in Be- rührung, wie es Leuckart schreibt. In ihrer ganzen Ausdehnung ist die Muskelplatte von elastischen Fasern geflechtartig umgeben, so dass die einzelnen Muskelfaserbündel in Präparaten, die mit Weigertschem 206 H. A. Riehl, Resorcin-Fuchsin tingiert waren, mit zierlichem schwarzen Flechtwerk (Fig. 3, d) umgeben erscheinen. Wie im oberen Lide finden sich weiter elastische Fasern auch im ganzen unteren Lide, die regellos nach allen Richtungen verlaufen, im Zentrum vereinzelt und nach den Lidflächen zu fester gefügt sind. Der Musculus depressor palpebrae inferioris soll nach Leuckart [12] in der Tiefe der Augenhéhle mit dem M. levator palp. sup. aus einer gemeinsamen Muskelmasse ent- springen. [ch kann diese Ansicht schon aus dem Grunde nicht teilen, da der M. depressor palp. inf. in seinem Basisteil deutlich quer- gestreift ist, wohingegen den M. levator palp. sup. vom Anfang bis zum Ende glatte Fasern bilden. Ferner sah ich deutlich den M. levator palp. sup. in der Nàhe des Fornix des Konjunktivalsackes aus einer elastischen Platte hervorgehen, welche aus der Orbita aufsteigt (s. oben). Der M. depressor palp. inf. kommt aus dem Innern der Augenhóhle, ebenfalls von einer elastischen Platte begleitet, und diese bildet wahrscheinlich den gemeinsamen Ansatzpunkt beider Muskeln. Am Fornix des Lides treten dicke Muskelfaserbündel auf, deren Elemente im Lide sagittale Anordnung aufweisen, also in sagittal ge- führten Schnitten lings getroffen sind und von der Lidbasis zum Lid- rande hin verlaufen. Nahe dem Grunde des Bindehautsackes ist der Muskel aus Fasern aufgebaut, die deutlich eine Querstreifung zeigen. Im mittleren Teile des Lides tritt der platte Muskel an die Kon- junktivalplatte und verläuft an der der äusseren Haut zugewendeten Fläche derselben lidrandwárts. Am stärksten ist der Muskel temporal entwickelt, wo er bis weit in den freien Lidteil vorzieht, ohne aber den freien Rand zu erreichen. Der Muskel ist nun aber nicht in seiner ganzen Ausdehnung aus quergestreiften Zellen aufgebaut, viel- mehr erfahren die Fasern gegen sein limbal gerichtetes Ende derart eine eingreifende Anderung, dass die quergestreiften Fasern durch glatte Zellen ersetzt werden. Der glatte Teil beträgt in Sagittal- schnitten durch die temporalen Teile des Lides ungefàhr den dritten Teil der quergestreiften Partie. Im mittleren Liddrittel endet der Muskel frei mit einigen dünnen Bündeln. Nach dem nasalen Augen- winkel zu wird der Muskel kürzer, und zwar in der Hauptsache auf Kosten des aus elatten Elementen aufgebauten Abschnittes, Schon in Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 201 dem mittleren Lidteil endet der relativ dicke quergestreifte Teil vor, d. h. basiswärts von der tiefen Lidfurche, es folgen dann noch einige schwache glatte Fasern, die aber bei weitem hinter denen am temporalen Lidteil zurückbleiben. Nasal endet der Muskel ebenfalls basiswärts von der tiefen Lidfurche, und zwar mit starken quergestreiften Bündeln, ohne dass glatte Zellen aufgetreten wären. Der Aufbau des Muskels aus quergestreiften und glatten Fasern erinnert sehr an die Verhält- nisse des M. tarsalis im oberen Lide der meisten Haussäugetiere, wie es Zietzschmann [18] nachgewiesen hat. Die Palpebra tertia, das dritte Lid oder die Nickhaut des Huhnes stellt eine Faltenbildung der Konjunktiva in der Tiefe des nasalen Augenwinkels dar. Sie ist äusserst zart und dünn. Die nach aussen gekehrte Fläche gleitet bei Bewegung der Nickhaut auf der Lidkon- junktiva, kann also als lidseitige Fläche, Palpebralfläche, die gegenüber gelegene als bulbusseitige oder Bulbusfäche bezeichnet werden. Am Grunde der Falte, an dem sich die Conjunctiva palpebrarum auf die Palpebra tertia umschlägt, also an dem „Lidfornix“, wie ich ihn im Gegensatz zu der dem Bulbus zugekehrten Umschlagstelle, dem „Bulbusfornix“ nennen möchte, zeigt sich die Konjunktiva gering- gradig gefaltet und in m. o. w. engem Bogen auf die Nickhaut um- geschlagen. Auch der lidseitige Schleimhautüberzug zeigt beträcht- liche Faltungen, welche wellenförmig verlaufen, und zwar sind die Wellenberge ziemlich lang ausgedehnt, während dazwischen kurze runde Buchten liegen. Doenecke [7] spricht diese Falten für sekundäre Erscheinungen an, welche sich durch Kontraktion der Nickhaut post mortem eingestellt haben. Dieser Ansicht kann ich mich auf Grund meiner Beobachtungen nicht anschliessen, da ich Verschiedenheiten betreffs der Epithelformen an den Erhöhungen und in den Buchten beobachten konnte, die ohne weiteres darauf hindeuten, dass diese Faltenbildung intra vitam bestanden haben muss. Am Fornix findet sich im Bereich des oberen Lides 6—8schichtiges Epithel mit poly- gonalen Formen an der Oberfläche. Diesen Zellen sind Becherzellen in mässiger Anzahl eingestreut. Da, wo sich die Konjunktiva des unteren Lides auf die Palpebra tertia umschlügt, also im unteren Abschnitt des Fornix, finden sich naturgemàss ganz wie an dem unteren Lide 208 H. A. Riehl, mehr schleimproduzierende Elemente im Epithel. Das Epithel ist 2schichtig. Die basale Zellreihe zeigt kubische bis polygonale Formen; ihr liegt eine Schicht hochgeformter Zylinderzellen auf, deren Kern nahe der Zellbasis gelagert ist. Verfolgt man die Epithel- verhältnisse des im Halbkreis verlaufenden Fornix weiter, im Bogen dorsal und temporal, so findet man, dass die hohen Epithelformen auf der lidseitigen Nickhautoberfläche allmählich mehr und mehr von platten Zellen verdrängt werden. Schon em horizontaler Schnitt durch die Nickhaut, also in Lidspaltenhóhe, zeigt Zylinderzellen nur noch dicht am Fornix, während sie in der ventralen Nickhautpartie ja fast bis zum freien Rande zu verfolgen sind, wo sie dann in flachere Epithelien übergehen. Der von dem oberen Lid sich umschlagende Teil der Nickhaut endlich zeigt ebenfalls nur dicht am Fornix ein etwa Oschichtiges, polygonales Epithel, welches sehr bald in Platten- epithel übergeht. Becherzellen sind dicht am Fornix nur sehr ver- einzelt zu treffen, oder sie fehlen vollständig. Auffallend sind die oben bereits angedeuteten Epithelunterschiede in den Furchen und den Erhebungen des dritten Lides. Während die mit einer Cuticula ver- sehenen Epithelzellen in den Tälern ca. 9schichtig und durchweg auch in der Deckschicht von polygonaler Form sind, liegen sie auf der Oberflache der Erhóhungen in 3--6 Schichten und nehmen in den oberen 2—3 Schichten platten Charakter an. Nach dem freien Rande der Palpebra tertia zu werden die Falten flacher und das Epithel hat durchgehend platten Charakter; in dem ventralen Teil der Nickhaut ist, wie schon erwähnt, das Epithel nur an dem randwärts gelegenen Saum von platter Form. Auf der bulbusseitigen Fläche der Palpebra tertia ist die Konjunktiva in ganzer Ausdehnung in kleinste Falten gelegt, so dass sie im Schnitt fast sägenähnlich erscheint (vergl. hier- zu Fig. 6; von der Taube); nach dem Fornix zu werden die Falten unregelmässig. Es ist das ein Fund, wie ihn auch Fumagalli [7] ab- gebildet hat. Das Epithel ist auf dieser Fläche 2—3schichtig, kubisch, stellenweise einschichtig, zylindrisch und mit einer feinen Cuticula versehen. In dem Epithel des feinen Rinnensystems sind ganz ver- einzelt am Grunde Becherzellen eingelagert. Lymphzellen finden sich auf der bulbusseitigen Fläche am Fornix nur in geringer Menge. Am Uber den Ban des Augenlides beim Vogel 209 freien Rande der Nickhaut endlich fiel mir bei meiner Untersuchung eine eigenartige Formation auf, welche ich in der mir zugänglichen Literatur nirgends erwähnt fand. Doenecke |/| bringt zwar das Ge- bilde in der Abbildung eines Sagittalschnittes durch den Bulbus mit den Lidern, erwähnt aber in seinen Ausführungen ebensowenig davon, wie frühere Autoren. Der freie Rand der Nickhaut ist nicht einfach zugespitzt, sondern vielmehr in zwei scharfe Ränder ausgezogen, so dass am freien Rande eine saumartige Platte entsteht (vergl. hierzu Fig. 6 von der Taube und Fig. 7 von der Ente). Dieser gweikantige Randsaum, Limbus bimarginatus, wie ich die Bildung nennen möchte, ist aber der Nickhaut derart schief angesetzt, dass die eine Kante basal ' schaut und sich der lidseitigen Fläche der Nickhaut anlegt, während die zweite in der direkten Verlàngerung der Nickhaut liegt und gleichzeitig deren freien Rand darstellt. An der Bulbusfläche ist also die Randplatte von der Nickhaut nicht abgesetzt. Ich glaube, man kann die Niekhaut mit diesem Gebilde im senkrechten Schnitt vorteilhaft mit einem Parkettschrubber vergleichen, der ja ebenfalls eine schief am Stilende befestigte Platte aufweist. Man kann infolgedessen einen limbal und einen fornikal gerichteten Rand der Anhangsplatte unterscheiden. In ihrem mittleren Teile ist die eigenartige Saumplatte verdickt, wührend die beiden Ränder scharf ausgezogen sind. Nach den temporalen Enden der Nickhaut hin wird die Platte allmählich schmaler und ver- schwindet. schliesslich ganz. Die Konjunktiva schlägt sich also von der lidseitigen Fläche der Nickhaut in spitzem Bogen auf die Unter- fläche des Randsaums um, überzieht diese bis zur basisseitigen Kante, um sich dann auf die lidseitige Gleitfläche des Gebildes umzuschlagen. Diese Fläche überzieht sie bis zum freien Rande der Nickhaut, wo sie sich mit der Schleimhaut der bulbusseitigen Fläche der Palpebra tertia in spitzem Winkel vereinigt. Das Epithel ist im Bereich des Randsaumes ein plattes; es liegt an der basiswärts verlaufenden Unter- flache desselben in 3—4 Lagen, wird aut der Gleitfläche allmählich 7—8schichtig und an der dem Bulbus zugekehrten Fläche wiederum 3—4schichtig. An der Übergangsstelle auf die eigentliche Nickhaut werden die Epithelien ausserdem höher in der Form, und es treten dort bereits vereinzelte Becherzellen auf. Im mittleren Teil der Internationale Monatsschrift f. Anat.u. Phys. XXV. 14 210 H. A. Riehl, freien Gleitfläche des Randsaumes ist die Konjunktiva mit einem un- deutlichen Papillarkórper versehen. Was die Ansammlung von Leukozyten in der Konjunktiva des 3. Lides anbelangt, so sind solche nur an der oberen nasalen und mittleren Umschlagstelle der Nickhaut auf den Bulbus zu finden, wo. sie diffus eingestreut sind und eine unterbrochene subepitheliale Lage an den Stellen bilden, wo sich un- regelmässige Falten finden. Das zwischen den beiden Epithellagen befindliche Gewebe der zentralem Schicht besteht in der Hauptsache aus in versghiedenen Richtungen sich kreuzenden Bindegewebsbündeln, die reich mit Blutgefüssen versehen sind; auch bemerkt man einige Nervenstämmchen. Das Grundgewebe ist aber ausserdem sehr reichlich durchflochten von zarten elastischen Netzen, die m. o. w. gleichmässig das Ganze durchsetzen und von einer ziemlich deutlich abgesetzten elastischen Platte abstrahlen, die aus der Orbita heraufsteigt und basal in das 3. Lid einstrahlt. Sie verläuft dicht der bulbusseitigen Oberfläche der Palpebra tertia entlang und wird nach dem Randsaume hin allmäh- lich schwächer. Diese Fasern, mit Resorcin-Fuchsin schón stahlblau tingiert, bilden durch Verästelungen und gegenseitige Verbindungen die kompliziertesten Geflechte (vergl hierzu Fig. 6 von der Taube). Am Limbus bimarginatus lagert sich in der Regel etwas Pigment ab, und zwar ist dasselbe in der Hauptsache an Bindegewebszellen ge- bunden, die sich am freien Rande perivaskulir anháufen. Viel ge- ringer sind die körnigen Einlagerungen im Epithel des freien Randes. Knorpelgewebe, besonders hyalinen Knorpel, wie er wohl ausnahms- weise in der beim Menschen zur Plica semilunaris stark reduzierten Falte vorkommt (nach Kölliker [77] durch Giacomini zuerst bei zwei Negerinnen nachgewiesen) und der dort als Rudiment des regelmässig in grosser Ausdehnung vorhandenen Nickhautknorpels der Säugetiere zu betrachten ist, habe ich beim Huhn nirgends finden kónnen. Da- gegen fand ich aber eine von Doenecke [7] bereits beschriebene, be- sonders differenzierte, bindegewebige Platte, die aus dem Inneren der Orbita kommt und weit in die Nickhaut einstrahlt. Diese Faserplatte zeichnet sich dadurch aus, dass sie eine ausserordentlich grosse Menge starker elastischer Fasern birgt, die nach dem freien Rande der Nickhaut verlaufen. Das Kaliber dieser Fasern ist bei weitem Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 211 erösser als das der elastischen Fäden in dem Grundgewebe des 3. Lides. Dem Vorhandensein dieser Platte dürfte ein grosser Teil der der Nickhaut eigenen Elastizitiit zuzuschreiben sein. Nach Fumagallis [7] Untersuchungen wird die zentrale Binde- gewebsschicht des 3. Lides „von einer Menge tubulöser Einzel- drüsen durchzogen, die manchmal geradlinig, manchmal unter Windungen verlaufen und welche auch manchmal als knäuelförmige Drüsen auftreten, wie die Schweissdrüsen. Die Ausführungsgänge dieser Drüsen münden an der vorderen Fläche aus.“ Da ich ähnliche Bildungen bei allen Vögeln in keinem Teil der Wandungen des Lid- sackes bisher gesehen hatte, so untersuchte ich natürlich das 3. Lid von Huhn und Taube, bei denen Fumagalli solche Funde machte, ganz besonders aufmerksam. Obwohl ich Präparate von mehreren Individuen aus den fraglichen Teilen herstellte, gelang es mir nie, derartige Funde zu machen. Es erscheint auch von vornherein höchst zweifelhaft, dass derartige Drüsen beim Vogel gefunden würden. Nach dem Bilde, welches Fumagalli [7] von diesen Drüsen gibt, möchte ich fast an- nehmen, dass es sich um Täuschungen handelt. Ich fand nur zahl- reiche Blutgefässe im Grundgewebe der Nickhaut, die perivaskuläre Zell- anhäufungen aufweisen, und diese dürften bei entsprechender Schnitt- führung Ähnlichkeit mit den vermeintlichen Fumagallischen Drüsen aufweisen. Ich kann also auf das bestimmteste betonen. dass das Huhn im 3. Lide keine Drüsen besitzt. Der Vollständigkeit wegen käme noch die Beschreibung der Con- juneliva bulbi hinzu, die im weitaus grösseren Teile des Auges von der Bulbusfläche der Nickhaut aus auf den Bulbus zieht, im temporalen Teile des Konjunktivalsackes aber die Fortsetzung der Conjunctiva orbitalis palpebrarum darstellt. Die Bindehaut des Augapfels ist durch viel lockeres Bindegewebe an die Unterlage, d. h. an die Sklera befestigt. Sie birgt zahlreiche Fettzellen im subkonjunktivalen Ge- webe. Ihre Oberfläche ist leicht und unregelmässig gefaltet, das Epithel ist 1—2schichtig, zylindrich und reichlich mit Becherzellen versehen. Lymphzellansammlungen bemerkt man diffus und gehäuft meist am Fornix, zuweilen auch weiter auf den Bulbus ausgedehnt. Am Corneoscleralbord tritt die Conjunctiva sclerae auf die Cornea 14* 212 H. A. Riehl, über. An der Grenze selbst verliert sie ziemlich plötzlich ihre Eigen- schicht, die nun als schmaler Saum, Annulus conjunctivae genannt, eine ganz kurze Strecke auf die Cornea selbst überstrahlt; sie sendet somit nur die Epithelschicht auf die Cornea, die sich in meine Be- trachtungen nicht einschliesst. Taube. Die äussere Haut am oberen Lide der Taube, sowie die Cutis- gebilde und der plötzliche Umschwung der Epithelschichtung am äusseren Lidrande verhalten sich im allgemeinen wie beim Huhn. Auffallend ist die sehr grosse Hauptfalte des Integumentum commune, welche fast den freien Lidrand erreicht (vergl. Fig. 6) Die Pig- mentation ist wie beim Huhn sowohl in Form feinster Körnchen in den tiefsten Epithelschichten am Lidrand vorhanden, als auch nach der Basis zu an spindelförmige Bindegewebszellen gebunden, welche stellenweise perivaskulär gehäuft auftreten. Schon an der äusseren Lidkante tritt bei der Taube ein deutlicher Papillarkörper auf, der sich eine kurze Strecke auf die Innenfläche des Lides verfolgen lässt und dadurch die Pars limbalis conjunctivae charakterisiert. Die Pars limbalis conjunctivae trägt ein ca. 10schichtiges Epithel polygonalen Charakters, welches recht mannigfaltig geformten Papillen aufsitzt und nach der Pars orbitalis hin plótzlich an Zahl der Zellagen ab- nimmt. Das Epithel der Pars orbitalis conjunctivae wird niedriger, 3—Dschichtig und besteht aus äusserst kleinen niedrigen Zellen der polygonalen Form, zuweilen sind sie auch platt. Der Papillarkórper der limbalen Abteilung ist verschwunden, auch fehlen die Becherzellen und eine Cuticula. Die Oberfläche der Orbitalbindehaut ist zunächst glatt, nach dem Fornix zu wird sie gewellt. Die oberflächlichen Zellen werden höher, z. T. zylindrisch (Fig. 7, a). Während in der Zone, die die kleinen Zellformen aufwies, Becherzellen sehr spärlich auftreten, treffen wir sie nach dem Fornix zu zahlreicher an (Fig. 7, db). Von Lymphzelleinlagerungen ist die Konjunktiva der Taube gänzlich frei. Zentral wird das Lid durch Pindegewebszüge, Blutgefässe und Nerven ausgefüllt, die m. o. w. lidrandwärts gerichtet sind; im Lidrand ist das Gewebe lockerer. In der Lidwurzel erkennt Uber den Ban des Augenlides beim Vogel. 213 man die schon beim Huhn beschriebene quer verlaufende Sehnenplatte, die das obere Lid an den knöchernen Orbitalrine anheftet, die obere Orbitalplatte. Ebenso befindet sich auch bei der Taube der stark mit elastischen Elementen durchsetzte Bindegewebszug, an welchen sich der M. levator palp. sup. inseriert, und der in der Haupt- sache in die Nickhaut (Fig. 6, c) ausstrahlt; ein kleiner Teil verliert sich in der Basis des oberen Lides (Fig. 6, d). Im Grunde des Lides finden sich um die Federbälge herum starke Bündel glatter Muskulatur, die als Federbalgmuskeln anzusehen sind, und welche rings um die Federbälge in verschiedener Richtung angeordnet sind. Nach der Hauptfalte des Lides zu werden diese Bündel allmählich schwächer, um an der tiefen Furche fast gänzlich zu verschwinden. Erst am freien dünnen Lidteile wird eine zusammenhängende, aber sehr dünne Muskelplatte sichtbar, die als Museulus orbieularis aufzufassen ist; den Lidrand erreicht dieselbe nicht. Der Musculus levator palpebrae supertoris ist nasal und in der Mitte nur mit einigen schwachen Fasern von der Gegend des Fornix bis zum Grunde der grossen Falte vertreten; in seiner temporalen Partie ist er wesentlich länger und kräftiger, er findet sein Ende aber dennoch weit vom Limbus entfernt. Seine Fasern zeigen wiederum deutlich die Eigenschaften der glatten Muskulatur, wie ich sie schon beim Huhn schilderte. Der allein aus glatten Elementen bestehende M. orbicularis ist auch bei der Taube von einem dichten Netz elastischer Fasern umgeben (Fig. 6, a). Im übrigen sind die elastischen Fäden ähnlich angeordnet wie beim Huhn, d. h. sie durchziehen das ganze Lid mit einem zarten Netz, welches aber nur den Oberflächen entlang ein festeres Gefüge zeigt und be- sonders gut am freien Lidrande in Erscheinung tritt (Fig. 6, 0). Das untere Lid der Taube ist durch eine geringe Faltenbildung in der äusseren Decke ausgezeichnet (verel. Fig. 5) Im übrigen zeigt die äussere Haut mit ihren Epidermoidalgebilden dieselben Ver- hältnisse wie im unteren Lid vom Huhn. Besonders auffallend ist an Sagittalschnitten durch das Lid der deutlich abgesetzte Lidrand, der mit seinen abgerundeten Lidkanten als keulenartige Endanschwellung dem dünnen Lide ansitzt. Die Pigmentation findet sich wie sonst. Auch hier steigt das dünne Epithel der Cutis an der äusseren Lid- 214 H. A. Riehl, kante (Fig. 5, 4) plótzlich auf 10 Schichten, die sich bis zur inneren (Fig. 5, ?) erhalten und einem gering ausgebildeten Papillarkörper auf- sitzen. Wie beim Huhn, so ist auch bei der Taube das Stratum mortificatum des Epithels der äusseren Decke bisweilen über den ge- samten intermarginalen Raum, d. h. bis zur inneren Lidkante hin zu verfolgen. Jenseits derselben, also am Übergang zur Conjunctiva limbalis wird das Epithel ca. 8schichtig und verliert die Eigenschaften des Plattenepithels. Die oberflächlich gelegenen Zellen haben vielmehr durchgehend eine kubische Gestalt und tragen eine deutliche Cuticula. Das Epithel der Pars limbalis sitzt wiederum einem guten Papillar- kórper auf, der wesentlich hóher ist als am intermarginalen Saum. Auch der sich anschliessende Teil der Coniunctiva orbitals ist glatt, der Papillarkörper fehlt ihm jedoch. Das Epithel wird 3—4schichtig, behält aber seinen Charakter als polygonales Epithel; zuweilen ist es herdweise zylindrisch. Nach dem Fornix zu wird das Epithel 1- bis 2schichtig. Zunächst nehmen aber die oberflächlichsten Zellen an Hóhe zu, so dass man von einem regelrechten Zylinderepithel sprechen kann. In dieser Form erhält sich das Epithel bis etwa zu den Lymph- zelleinlagerungen hin. Am Fornix selbst findet sich ein meist 2schichtiges Epithel mit niedrigen Formen, jedoch kann auch ein zylindrisches Epithel bis zum Fornix hinziehen, und dann finden wir in ihm reichlich Becherzellen eingelagert. Lymphzelleinlagerungen kann man erst am Anfang des letzten, etwas dickeren Liddrittels wahr- nehmen. Zunächst finden sich subepithelial nur einzelne verstreute Lymphzellen. Allmáhlich nehmen sie an Zahl zu, bis diese endlich in der Gegend der Lidbasis zu einer breiteren Zone anschwellen (Fig. 5, 0). An dieser Stelle ist das Epithel zuweilen so stark von Lymphzellen durchsetzt, dass es schwer wird, seine Abgrenzung gegen das bindegewebige Stroma zu erkennen. Der letzte Abschnitt der Conjunctiva orbitalis vor dem Fornix ist stets frei von Lymphzellen. Zentral tritt die beim Huhn näher geschilderte quer verlaufende Bindegewebsplatte der Lidbasis (Fig. 5, 9) fast bis zum Beginn des dünneren freien Lidteiles ein. Besonders zu bemerken ist, dass die beim Huhn scharf abgesetzte Konjunktivalplatte bei der Taube sehr undeutlich begrenzt auftritt (Fig. 5, f). Das dünne Gewebe der Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 215 zentralen Lidschicht ist allerdings in der Mitte des Lides konjunktiva- seitig fester gewebt, aber doch sehr undeutlich von der Hauptmasse abgesetzt und häufig von Blutgefässen durchzogen. Zur Bildung einer deutlich markierten Platte, in der die Faserung in den Hintergrund tritt, kommt es bei der Taube im unteren Lide nicht. Demgegenüber kann man finden, dass die obenerwühnte ventrale Sehnenplatte des Orbitaleinganges weit in das Lid einstrahlt und somit die Lidplatte vertritt. Im übrigen ist das Gewebe der achsialen Schicht des Lides fest und nur in seinen zentralen Partien etwas lockerer und von starken Blutgefässen durchzogen; am freien Lidrand zeigt sich wie beim Huhn ein dichtes Geflecht feinster Gefässe mit muskulósen Wänden. Bei einer Taube fand ich nahe der Basis des Lides, dicht randwärts von dem Ende der Orbitalplatte, ein die äussere Haut er- reichendes Blutgefäss, das sinusartig erweitert und zwischen den M. depressor palp. inf. und die äussere Haut eingebettet erschien. In gleicher Höhe fand sich in der Konjunktiva die starke Ansammlung von Leukozyten. Fettzellen lassen sich nur in der Lidwurzel nach- weisen; der Lidrand ist stets frei von solchen. Elastische Fasern treten besonders als Begleiter des M. orbicularis und des M. depressor palp. inf. auf; ferner sind sie zahlreich im Lidrand sichtbar. Der Musculus orbieularis (Fig. 5, c) ist durchweg ein glatter Muskel, er ist in der Basis des Lides sehr schwach und wird erst vor dem Ende des M. depressor palp. inf. deutlicher. Nach dem Lidrande zu wird er bedeutend stürker, er erreicht aber den freien Rand nicht. Diese Muskel- | platte ist ebenfalls dicht unter der Haut gelegen, entgegen den Angaben Leuckarts [72], der sie mit der Konjunktivalplatte in Verbindung treten lässt. Der Musculus depressor palpebrae inferioris (Fig. 5, d und e) kommt aus der Tiefe der Augenhöhle und tritt, begleitet von einer stark elastischen Platte, in den Lidkórper. Ganz wie beim Huhn sind seine starken Bündel aus quergestreiften Fasern aufgebaut (Fig. 5, d). Er verläuft, ganz allmählich dünner werdend, hautseitig der undeutlichen Bindehautplatte entlang und endet in halber Hóhe des freien dünnen Lidteiles mit deutlich glatten Fasern (Fig. 5, e). Der Wechsel in der Art der Fasern erfolgt erst nahe dem Ende, immerhin hat in den mittleren Partien des Lides die glatte Zone eine beträchtliche Ausdehnung. 216 H. A. Riehl, Das dritte Lid der Taube zeigt im ganzen dieselbe Struktur wie das des Huhnes, auch hier findet sich der eigenartige zweikantige Randsaum (Fig. 6, e) Ebenso zieht die aus dem Innern der Orbita kommende elastische Platte (Fig. 6 c) welche ein Blatt an das obere (Fig. 6, d) resp. untere Lid abgibt, in das Zentrum des 3. Lides ein. Im übrigen wird die Stütze des 3. Lides von Bindegewebe gebildet, dem viele elastische Fasern in Netzform eingelagert sind. Auch ist der Blutgefässgehalt bedeutend. Wiederum ist bei der Taube die Stützsub- stanz des 3. Lides frei von Knorpelgewebe. Die schon beim Huhn näher beschriebenen Fumagallischen Drüsen im Stützgerüst der Nickhaut habe ich trotz eifrigsten Suchens auch bei der Taube nicht finden kónnen. Die Schleimhaut der Palpebra tertia zeigt lidseitig die gleiche Faltenbildung, wie die des Huhnes. Das Epithel ist in dem an das obere Lid grenzenden Teile der Nickhaut, also in der Fortsetzung der Conjunctiva orbitalis superior, wie an dieser selbst 3—4schichtig und ebenfalls an der Oberfläche aus platten Zellen aufgebaut. Nur in den beschriebenen Buchten sind diese Zellen von hóherer Form. Auch treten hier nur spärlich Schleimzellen auf. Die Conjunctiva orbitalis inferior behält ihren Epithelcharakter an der Membrana nictitans in der ventralen Hälfte derselben bei. Die Schleimhaut des unteren Teiles der Nickhaut zeigt infolgedessen in der Nähe des faltenlosen Fornix ein 2schichtiges Zylinderepithel, das von vielen Becherzellen durch- setzt ist; jenseits des Fornix wird es allmáhlich kubisch und dann platt. Nach dem freien Rande hin zeigt die Schleimhaut der ganzen Nickhaut daher lidseitig den gleichen Charakter. Am freien Lidrand findet sich wiederum das gleiche Gebilde wie beim Huhn, der von mir zuerst beschriebene doppelkantige Randsaum, Limbus bimarginatus. Im Grundgewebe des den freien Rand des 3. Lides bildenden Teiles vom Randsaum trifft man im unteren Teil der Nickhaut auf eine in Längsschnitten quer getroffene, fast gleichmissig erscheinende fibröse Platte, die dadurch gebildet wird, dass vom unteren temporalen Zipfel der Nickhaut aus die Sehne des M. pyramidalis einstrahlt. Sobald die rundliche Sehne in die Nickhaut eingetreten ist, verbreitert sie sich. Sie zieht am freien Rande der Falte entlang und verliert sich gegen die Mitte der Nickhaut hin in deren Grundgewebe, so dass sie schon Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 217 , in Längsschnitten, die das 3. Lid in der Höhe der Lidspalte treffen nicht mehr als besondere Platte gesehen werden kann. Das Epithel auf der Gleitfláche des Randsaumes ist im Mittelteil ca. 6schichtig, nach den freien Rändern hin 4—5schichtig, z. T. noch niedriger, und gleichmässig ein plattes. Soweit der Randsaum reicht, ist auch seine Bulbusfläche mit plattem Epithel überzogen, und erst an der Ansatz- stelle an die eigentliche Nickhaut ändert sich das Epithel in der typischen Weise. Auch bei der Taube ist das eigenartige Nickhant- randgebilde der Träger von Pigment, und zwar findet sich solches so- wohl im Epithel kórnig den Zellen eingelagert, als auch im binde- gewebigen Grundstock, und zwar hier in Form teils spindelfórmiger, teils sternfórmiger oder ganz unregelmässiger Bindegewebszellen, die mit Pigmentkórnchen völlig überladen sind. Der bulbusseitige Kon- junktivalüberzug des 3. Lides ist wie beim Huhn in zahlreiche feine, parallel zum freien Rande ziehende Falten gelegt, so dass in Schnitten diese Oberfläche durch ziemlich regelmässige Einbuchtungen uneben gemacht wird. Dieser Teil der Conjunctiva palpebrae tertiae wird von einem 3schichtigen polygonalen oder Zylinderepithel überzogen, dessen oberste Schicht in der Hauptsache aus Becherzellen besteht. Merkwürdig und nicht recht erklärlich erschien es mir, dass diese Becherzellen leicht ausfallen, so dass an der gefalteten Oberfläche eim 2schichtiges polygonales Epithel sitzt, von dem dünne protoplas- matische Fäden ausziehen, die zwischen den Becherzellen hinziehen mógen. An manchen Stellen kann man an der eigentlichen Ober- flàche noch m. o. w. gut erhaltene Becherzellen nachweisen, die dann auch deutliche Schleimreaktion geben. Ich kann mir das merkwürdige Aussehen des Epithels nicht anders erklären. Bulbusseitig zeigt die gesamte Schleimhaut, also in dem dorsalen wie im dem ventralen Abschnitte, das gleiche Bild. Der stark gefaltete Fornix zwischen dem 3. Lid und dem Bulbus besitzt ein 1—2schichtiges poly- gonales Epithel mit nur wenigen Schleimzellen; diese Eigenschaft behált auch die Conjunctiva bulbi in ihrem Anfangsteil bei. Leuko- zyten sind an der Nickhaut im Grundgewebe nicht wahrnehmbar, wohl aber finden sich häufig im Stützgerüst derselben eosinophile Zellen in grósserer Anzahl. 218 H. A. Riehl, Rabe. Im oberen Lide des Raben liegen die Verhältnisse ähnlich wie bei der Taube. Die äussere faltenreiche Oberfläche bedeckt eine 2—3schichtige Epidermis, der unter Vermittlung eines schmalen Stratum corneum ein dickes Stratum mortificatum aufliegt. In deren Epithelschichten und besonders nahe dem freien Lidrande nimmt man starke Pigmentation wahr, welche bis zu den mittleren Lagen reicht und in Form feiner, den Epithelien eingelagerten Körnchen dargestellt wird. Aber auch im Corium finden sich Elemente, die mit Pigment- körnchen dicht angefüllt sind. Diese Zellen sind spindelförmig oder unregelmässig geformt und liegen entweder isoliert im Bindegewebe, oder sie sind der Adventitia der Gefässe eingelagert. Ein Zellkern ist wegen der gleichmässigen dichten Einlagerung schwarzbrauner Körnchen in dem Protoplasmaleib nicht wahrnehmbar. Es handelt sich also hier wieder um pigmentierte Bindegewebszellen. Nach dem Limbus hin nimmt die Epithelschichtung allmählich zu und erreicht an der inneren Lidkante mit ca. 8 Lagen ihren Höhepunkt. Charakte- ristisch für die Bindehaut des Raben ist die Form der Epithelzellen, welche fast durchweg platt ist. Die Pars limbalis der Konjunktiva ist glatt mit 7—8schichtigem Plattenepithel und hohem Papillarkörper ausgestattet; die tiefste Zellschicht enthält nahe der inneren Kante noch reichliche Mengen Pigment, das meist in halber Höhe der Pars limbalis verschwindet. Nach dem orbitalen Teile der Bindehaut hin wird es ziemlich rasch flacher, 4—5-, seltener 6schichtig, und der Papillarkörper verschwindet. Die Pars orbitalis ist in der Haupt- sache faltenlos; nur nach den Augenwinkeln hin ist sie wenig gefaltet. Dort ist auch das Epithel abgeändert; es findet sich ein im Mittel 5schichtiges polygonales Epithel. Eine beachtenswerte Besonderheit besitzt das obere Lid des Raben insofern, als alle Becherzellen in der Conjunctiva palpebrarum fehlen, desgleichen finden sich nirgends Lymphzellanhäufungen. Zwischen der äusseren Haut und der Schleim- haut liegt die zentrale Bindegewebsschicht, in die Gefässe, Nerven und die bekannten Muskeln eingebettet sind. Die Lidwurzel ist wieder durch eine fibröse Platte, die dorsale Orbitalplatte gestützt, Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 219 der sich konjunktivaseitig die aus der Orbita kommende dünne Sehnen- platte anschliesst. Diese strahlt in die Nickhaut ein und dient dem M. levator palp sup. zum Ansatz. Die Hautmuskulatur im Lidgrunde ist beim Raben sehr schwach ausgebildet. Limbuswärts wird der Musculus orbieularis allmählich stärker und bildet auch in der nasalen Partie, wo er nahe der Basis nur durch einige lockere Bündel repräsentiert wird, eine zusammenhängende Muskelplatte. Er endet im Sagittalschnitt mit eimer Anschwellung, die ungeführ mit der Grenze der Pars limbalis zur Pars orbitalis der Konjunktiva abschneidet. Wie bei Huhn und Taube ist auch der M. orbicularis des Raben von reichlichen elastischen Fasern begleitet und durchflochten. Der Mus- culus levator palpebrae superioris ist auch beim Raben in ganzer Ausdehnung aus glatten Zellen aufgebaut. Er wird bis zur Umschlag- stelle der Conjunctiva sclerae auf die Nickhaut bezw. das Lid von starken elastischen Fasern begleitet und zieht sich in starken Längs- bündeln, nahe der Konjunktiva gelegen, gegen den Lidrand hin. Ein eigenartiges Verhalten zeigt der Muskel im mittleren Lidteile, indem er in halber Hóhe des Lides, vom Fornix der Nickhaut aus gerechnet, die glatte Muskulatur des M. orbicularis durehbohrt, und sich an der äusseren Oberfläche des letzteren eine ganze Strecke hinzieht, bis er etwa in der Höhe der limbusseitigen wulstartigen Verdickung des M. obicularis endet. Die Gefässe zeigen dasselbe Verhalten wie bei Huhn und Taube, indem sie im Lidrand ein feines Geflecht kleinster Gefüsse mit muskulösen Wänden bilden. Der äussere Überzug des unteren Lides vom Raben zeigt starke Faltenbildung, er wird gebildet von einer 2—4 schichtigen Epidermis, deren Zellen in der tiefsten Schicht polygonal und in der oberfläch- lichsten platt sind; einem schmalen Stratum corneum liegt ein dickes Stratum mortificatum auf. Dem Epithel ist besonders nach dem Lid- rand zu viel feinkörniges Pigment eingelagert; basiswärts dagegen liest das Pigment tiefer im Corium und ist über den freien Lidrand hin bis zur Conjunctiva orbitalis zu verfolgen; dort ist es an Binde- gewebszellen gebunden. Auffallend erscheint am unteren Lid des Raben das Vorhandensein einer sehr dichten Federdecke selbst im Gebiet der Konjunktivalplatte. In gleicher Höhe findet sich eine 220 H. A. Riehl, ziemlich breite Schicht lockeren Gewebes. Nach dem kolbenartig ver- dickten Lidrande zu nimmt das Epithel allmáhlich eine hóhere Schich- tung an; an der inneren Lidkante ist sie wiederum mit 13—14 Lagen am hóchsten. Am Margo internus verschwindet das Stratum morti- ficatum, so dass die Pars limbalis conjunctivae dessen entbehrt. Das Epithel derselben sitzt einem deutlichen Papillarkórper auf und er- scheint bis etwa zur Hälfte der Breite stark pigmentiert. Die Epithel- zellen liegen in ca. 8 Schichten. übereinander und werden nach der Oberfläche hin allmählich platt. Im weiteren Verlauf bleibt die Kon- junktiva auch als Pars orbitalis glatt, der Papillarkórper verschwindet und das Epithel wird wesentlich niedriger, etwa 4schichtig; es behält zunächst den Charakter des platten Epithels bei, um allmählich in ein polygonales überzugehen, dessen oberste Schicht aber immer noch aus ziemlich niedrigen Zellen gebildet wird. Becherzellen fehlen im all- gemeinen im unteren Lide der Konjunktiva, nur in einem schmalen Bezirke direkt am Fornix sind solche zu entdecken; dort treten sie aber ziemlich geháuft auf. Weiterhin finden sich nahe der Basis des Lides und jenseits der Konjunktivalplatte subepithelial anfangs ver- einzelte, spàter am Fornix selbst aber dicht gelagerte Leukozyten, die ein dickes Polster unter dem Epithel bilden. In der Tiefe dieser An- sammlung kommt es auch zur Bildung einzelner Lymphfollikel mit Keimzentren. Das an sich schon dünn gelagerte Epithel ist im Be- reich der Leukozytenanlagerung sehr stark von diesen Zellen durch- setzt, so dass auch beim Raben die Epithelgrenze verwischt erscheint. Die Oberfläche bleibt auch in der Höhe der Einlagerung ziemlich olatt. Sobald die Konjunktiva auf die Sklera übertritt, findet sich an ihrer Oberfläche ein 2schichtiges Epithel, dessen oberflächliche Lagen fast nur aus Becherzellen gebildet werden, die mit der Ent- fernung vom Fornix an Zahl abnehmen. Die Achsenschicht des Lides besteht in der Hauptsache aus starken Bindegewebszügen, die im Lid- erund ein mehr lockeres, am Lidrande dagegen sehr festes Gefüge bilden. In der Lidwurzel sind nahe der Oberfläche grosse unregel- mässige, sternfórmige Pigmentzellen im Bindegewebe besonders auf- fallend. Der Lidwurzel ist wie bei Huhn und Taube die stützende, quer verlaufende, sehnige ventrale Orbitalplatte eingelagert, welche Uber den Ban des Angenlides beim Vogel. 291 etwas dünner ist als beim Huhn, im Ban aber dasselbe Verhalten zeigt, wie diese. Die sehr gut ausgebildete Konjunktivalplatte liegt der Pars orbitalis conjunetivae dicht an. Durch das Vorkommen be- sonders vieler Spindelzellen zeigt sie im geringen Masse ein verän- dertes Verhalten zu der des Huhnes; auch das Vorhandensein eines besonders gut entwickelten Gefüsssystems in dieser Bildung ist für den Raben charakteristisch., Der Musculus orbicularis ist beim Raben eine dünne Platte, die nur im Bereiche des lidrandseitigen Teiles eine m. 0. w. zusammenhängende Lage darstellt. Nahe der Lidbasis lassen sich nur verstreute, nach allen Richtungen verlaufende Federbalgmuskeln nachweisen. In beiden Teilen finden sich nur glatte Muskelfasern vor. Der Musculus depressor palpebrae inferioris ist aus sehr dicken Bün- deln quergestreifter Fasern zusammengesetzt, die hautseitig der Platte entlang weit lidrandwärts verlaufen. Der Muskel endet aber ebenfalls wieder deutlich mit Fasern von glatter Struktur. Wie bei der Taube ist auch hier die aus glatten Elementen aufgebaute Zone des Depressor nur schmal. Am Lidgrunde ist der Muskel von dem Sehnenzug be- gleitet, der ebenso wie bei Huhn und Taube aus der Orbita autsteigt. Das 5. Lid des Raben zeigt in seiner groben Struktur dasselbe Verhalten wie das bei Huhn und Taube. In die zentrale Schicht strahlt die bereits erwähnte Sehnenplatte ein; im übrigen besteht das Nickhautgerüst aus festem Bindegewebe, in dem Gefässe und Nerven- stàmmchen liegen, und das im Bereiche des Randsaumes perivaskuläre Ansammlungen von den charakteristischen pigmentierten Bindegewebs- zellen aufweist. Der Epithelüberzug der grob gefalteten lidseitigen Fläche zeigt wie auch am Fornix zur Lidkonjunktiva ein 4—5 schich- tiges Plattenepithel. In der Tiefe der Falten zeigt sich wieder die geringe Dickenzunahme des Epithels. Auch das 3. Lid des Raben besitzt, wie schon angedeutet, den zu einem Saum verbreiterten Rand, den Limbus bimarginatus. Diesem Randgebilde ist die Konjunktiva mit ihrem Plattenepithel glatt angelegt. Am gemeinsamen Rande von Saum und Palpebra tertia findet sich wiederum Pigment in die Epi- thelzellen der tieferen Lagen eingestreut, und zwar in ziemlich reichem Masse. Auch an der bulbusseitigen Fläche der Nickhaut ist eine Faltenbildung wahrnehmbar; allerdings tritt diese nur gering in die 299 H. A. Riehl, i Erscheinung, im Gegensatz zu den Verhältnissen bei Huhn und Taube. Vom Randsaum aus geht das 4—5schichtige Plattenepithel in Form eines 2schichtigen zylindrischen, dann polygonalen Epithels auf die Bulbusfläche des 3. Lides über. Das polygonale Epithel findet sich auch am Fornix und an der Conjunctiva sclerae im Bereiche des oberen Lides. Wie sich die Epithelverhältnisse an der Conjunctiva sclerae im Bereiche des unteren Lides gestalten, wurde schon,erwähnt. Becher- zellen finden sich im ganzen Bereiche der bulbusseitigen Fläche der Nickhaut und auch an der Conjunctiva sclerae, und zwar hier in der Hóhe des unteren Lides reichlicher als in der Gegend des oberen. Elastische Fasern finden sich in der Duplikatur der Bindehaut, also im 3. Lide, in grosser Anzahl, besonders‘ zahlreich und dicht an- einandergelagert im Gewebe des Randsaumes. Die aus der Orbita einstrahlende Platte wurde schon erwahnt, sie ist sehr stark und liegt nahe der bulbusseitigen Oberfläche. Ente. Die dussere Decke am oberen Lide der Ente bildet eine 4—5- schichtige Epidermis von Plattenepithel, dem ein schmales Stratum corneum und darauf folgendes dickes Stratum mortificatum aufgelagert ist, und das ohne Vermittelung eines Stratum papillare dem Corium aufsitzt. Das obere Lid ist wie schon makroskopisch sichtbar, sehr kurz, infolgedessen ist auch eine Faltung wenig zu beobachten; nur im mittleren Teile ist die bei Huhn und Taube so deutliche Haupt- lidfurche wahrnehmbar. Federn finden sich zahlreich, ebenso die mehr nach dem Lidrand stehenden, als Federn stark reduzierten Epidermoi- dalgebilde, die stellvertretenden Cilien. Die Federn sind bei der Ente dadurch ausgezeichnet, dass sie ganz enorm starke Balgmuskeln be- sitzen. Der Lidrand ist zum Unterschied von Huhn und Taube im Sagittalschnitt nicht kolbenartig verdickt, sondern die äussere Haut schlägt sich im spitzrunden Bogen am freien Rande auf die Innen- fläche des Lides um, so dass Lidkanten nicht gebildet werden. Der Übergang in hóhere Epithellagerung geht allmählich vor sich und schon vor dem freien Lidrande, der ein 7—8schichtiges Plattenepithel mit dickem Stratum mortificatum trägt. Pigmentkérnchen sind sowohl Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 223 subepithelial an Bindegewebszellen gebunden, als auch besonders am freien Lidrande dem Epithel bis in die mittleren Schichten eingelagert. Der auch intra vitam etwas schnabelschuhartig aufgeworfene freie Rand behält auf seiner bereits der Pars limbalis conjunctivae zuzurech- nenden Innenfläche eine verhältnismässig lange Strecke sein Stratum mortifieatum bei. Erst hinter dieser eigenartigen Modifikation zeigt das Epithel seine hóchste Schichtung mit 12— 14 Lagen; es ist von einem deutlichen Papillarkörper gestützt und dem Plattenepithel zuzu- rechnen. Fornikalwärts folgt die Pars orbitalis der Bindehaut, die 1 sich dureh ein 7— 8schichtiges polygonales, z. T. zylindrisches Epithel auszeichnet. In den obersten 3—4 Lagen finden sich zahlreiche Becher- zellen von mehr rundlicher Form. Auf diese wird später eingegangen werden. Lymphzelleinlagerungen scheinen der Oberlidkonjunktiva der Ente völlig zu fehlen. Der achsiale bindegewebige Teil wird von einem festen Gewebe dargestellt, das auch in seiner mittleren Partie sein festes Gefüge beibehält und wie im Lid anderer Vögel von elastischen Fasern durchsponnen ist. Das Vorkommen von Fett konnte ich weder in der freien Lidspitze noch im Lidgrunde beobachten. In der Lid- wurzel ist die relativ dicke dorsale Orbitalplatte sichtbar. Im freien dünneren eigentlichen Lidteil finden sich viele Blutgefässe, die oft von zahlreichen pigmentierten Zellen in der Wand begleitet sind. Der Lidrand ist wiederum durch den Besitz von zahlreichen feinsten Blut- gefüssen mit Muskelwandungen ausgezeichnet. Ferner ist am Limbus eine starke Anhäufung glatter, unregelmässig verlaufender Muskel- fasern auffailend, die sich besonders um die Federbälge der Cilien an- häufen. Das Muskelsystem des Lides besteht ebenfalls aus dem Heber des oberen Lides und dem Kreismuskel. Der Musculus orbieularis bildet bei der Ente eine starke muskulóse Platte glatter Fasern, die bis zum freien Lidrande reicht und in ihrem randwärts gelegenen Teil um weniges verdickt ist. Der Musculus levator palpeprae superioris tritt besonders am Lidgrunde als dicker glatter Muskel auf, er wird allmählich dünner und verläuft mehr zentral und ziemlich weit rand- Warts; in seiner temporalen Partie zeigt er ein gleiches Verhalten wie der Heber des oberen Lides des Raben, indem er den hautseitig gelegenen M. orbicularis durchbohrt und zwischen diesem und der 294 H. A. Riehl, äusseren Haut sein Ende findet, ohne aber den Lidrand zu erreichen. In seiner ganzen Ausdehnung ist er aus glatten Zellen aufgebaut. Am unteren Lide der Ente zeigt die mässig mit Federn bedeckte äussere Haut starke Faltung mit ausgeprägter Hauptfurche. Die Epidermis besteht aus 4 Schichten von Plattenepithel, das von einem dünnen Stratum corneum und von einem festen Stratum mortificatum bedeckt ist. Der Lidrand ist wie im oberen Lide nicht verdickt, je- doch etwas breiter, die Lidkanten sind aber deutlich abgerundet; er ist wie an der Palpebra superior nach aussen aufgeworfen. Schon weit vor dem freien Rande nimmt die Zahl der Epithelschichten in der Epidermis allmählich zu, so dass das Epithel am freien Rande ca. 7—9schichtig ist. In den tiefsten Lagen findet sich hier viel Pig- ment, welches man ausserdem in dem den Lidrand stützenden Binde- gewebe an unregelmässig geformte, meist sternförmige Bindegewebs- zellen gebunden gehäuft antrifft. Ebenso wie am oberen lässt. sich auch am unteren Lide das Stratum mortificatum des Epithels bis auf die Lidinnenfläche, d. h. bis auf einen kleinen Randteil (ca. !/, der Breite) der Conjunctiva limbalis hin verfolgen. Ein kurzes Stück basal vom Lidrand tritt in der Pars limbalis ein deutlicher Papillarkórper auf, und das Epithel findet in der Mitte des Limbalteiles mit 16 Lagen seine höchste Schichtung; es steigt also vom freien Rande an Zahl der Schichten noch ganz beträchtlich an, um dann allmählich wieder abzunehmen. Nach den Lidwinkeln hin wird die hóchste Schichten- zahl von 16 im Epithel der Pars limbalis nicht erreicht; dort finden sich hóchstens 12 Zellagen übereinander. Die Pars limbalis conjunc- tivae ist glatt und stellt nur einen schmalen Streifen dar; sie geht also schon nahe dem Lidrande in den Orbitalteil über, und zwar etwa in der Mitte zwischen Limbus und limbusseitigem Rande der Konjunk- tivalplatte. In dem Bereiche zwischen Übergang und Plattenrand ist die Pars orbitalis conjunctivae unregelmässig gefaltet. Eine besonders ausgeprägte Einsenkung findet sich dicht am Rande der Bindehaut- platte. Die deckenden Epithelien der oberflächlichsten Schichten zeigen polygonale Formen und bergen schon vor Beginn der Tabula conjunc- tivae schleimproduzierende Elemente. Sehr zahlreich finden sie sich in der tiefen Einfaltung vor der Bindehautplatte und auch in der Hóhe Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 9925 der Platte selbst. In deren Bereiche und auch jenseits des basalen Endes derselben finden sich eigenartige Epithelwucherungen gegen die Unterlage, so dass an dieser Stelle eme Art Papillarkórper entsteht. Bei genauer Besichtigung findet man an sehr vielen dieser Epithel- zapfen, wie ich sie jetzt kurz nennen will, eine lumenartige Ein- senkung von der Oberfläche her, so dass dann, da die Epithelbeklei- dung eine mehrschichtige ist, kurze Krypten entstehen. In diesem Bereiche ist das Epithel im Mittel 5schichtig und sehr reichlich mit Becher- zellen durchsetzt. Oft will es mir erscheinen, als ob am Grunde der kurzen Einsenkungen sich Becherzellen besonders anháufen. Zum Teil sind die Becherzellen dort derartig vermehrt, dass sie das ganze Lumen ausfüllen; dann dürften allerdings die Epithelzapfen solide Gebilde sein. Sie haben entschieden gewisse Ähnlichkeit mit den von Ens- lin [6] in der Tränenkarunkel des Menschen und von Zietzschmann [27] am gleichen Ort auch beim Hunde beschriebenen Drüsen. Jenseits der Lidplatte wird das Lumen dieser Bildungen durchschnittlich ein erüsseres, so dass dort noch eher von Krypten gesprochen werden kann. Wahrend in der der Konjunktivalplatte angelegten Zone der Konjunk- tiva mit den mehr knospenartigen soliden Epithelzellbildungen die Schleimzellen schon ziemlich zahlreich in den oberflächlichsten Lagen zu finden sind, hàufen sie sich eine kurze Strecke jenseits der Platte der- art (Fig. 9,a), dass sie die protoplasmatischen Zylinderzellen (Fig. 9, c) fast vollstàndig verdrängen. Beide Zellarten finden sich in der ober- flachlichsten Schicht fast in gleicher Zahl, an manchen Stellen über- wiegen die Becherzellen, an anderen die protoplasmatischen. Immer aber erkennt man, dass die grossen bauchigen Becherzellen die zwischen- liegenden protoplasmatischen Elemente derart zusammendriicken, dass sie nur schlanke fadenartige, der Form der Becher sich anschmiegende Körper bilden, die in verschiedener Höhe, je nach dem Raumverhältnis, in einem etwas verdickten Teile des Zelleibes den Kern tragen (verel. Fig. 9). Sehr häufig liegt der Kern einer solchen Zelle dicht am freien, dann meist kappenartig verbreiterten Ende des Zelleibes. Zwischen diesen Epitheleebilden ragen die Becherzellen meist bis an die freie Oberfläche, wo sie durch ein Stoma ihr schleimiges Sekret entleeren. Natürlich kann man auch zu Grunde gehende Becherzellen Internationale Monatsschrift f. Anat. u, Phys. XXV. 15 296 H. A. Biehl, finden bezw. an m. o. w. seichten Einsenkungen erkennen, dass dort der durch den Zerfall von entleerten Bechern entstandene Defekt in geringerem oder stärkerem Grade wieder ausgefüllt ist (Fig. 9,0). Im übrigen zeigen die Becherzellen alle Eigentümlichkeiten ihrer Zellart (Theka, wabenartige Netzstruktur im aufgetriebenen Zelleib, basal ge- stellten, platt gedrückten oder halbmondfórmigen oder mützenförmigen Kern im Reste des protoplasmatischen Anteiles der Zelle). Unter dem oberflächlichen becherzellreichen Lager finden sich noch 1—2 Schichten kleinster polygonaler Epithelzellen. Ganz ähnliche Verhältnisse finden sich auch in den teils tieferen, teils seichteren Krypten. Das Epithel der Conjunctiva orbitalis ist im ganzen ca. 4schichtig und zeigt an der Oberfläche teils überwiegend polygonale, teils überwiegend zylin- drische Zellformen, je nach der Zahl der Becherzellen. ZLeukozyten finden sich erst fornikalwärts von der Konjunktivalplatte, und zwar im Anfang vereinzelt subepithelial gelegen, dann in dicken Haufen mit ausgesprochener Follikelbildung. Wo wir die stärkeren Anhäu- fungen bemerken, ändern sich auch ganz plötzlich die Epithelverhält- nisse, und zwar derart, dass unvermittelt ein 2—3 schichtiges poly- eonales Epithel ohne Becherzellen die Decke bildet, das m. o. w. glatt die Anhäufungen überzieht. Da, wo die Lymphzellanlagerungen durch bindegewebige bis an die Oberfläche reichende Septen in einzelne Komplexe geschieden werden, finden sich in der Regel von der Ober- fläche her seichte Epitheleinbuchtungen und abermals zahlreiche Becher- zellen. Weiterhin aber erscheint bemerkenswert, dass ganz ähnlich wie beim Huhn im unteren Lide vom oberflächlichen Epithel aus auch in die Lymphzellanhäufungen hinein Epithelschläuche sich senken, die mit. einem mehrschichtigen polygonalen oder auch zylindrischen Epithel ausgekleidet sind und in der Hauptsache der Becherzellen ent- behren. Dass auch bei der Ente im Bereich der Leukozyteninfiltration das Epithel der Bindehaut mit zahlreichen Leukozyten durchsetzt wird, brauche ich wohl nicht besonders zu erwähnen. Ganz wie beim Huhn konnte ich aber auch bei der Ente beobachten, dass die äussersten platten Zellen des Epithels niemals als Decke verschwinden. Sie setzen dem Eindringen der Lymphzellen einen scheinbar unüberwind- lichen Widerstand entgegen (Fig. 10,9 und b). Das zentrale Binde- Uber den Bau des Augenlides beim Vogel, 997 gewebsgerüst des unteren Lides der Ente zeigt m. o. w. starke Binde- gewebsbündel, die lidrandwärts verlaufen und nahe dem Lidrande besonders zahlreich von elastischen Fäden durchzogen sind. Bulbus- seitig schliesst sich die deutlich differenzierte Konjunktivalplatte an, welche gleich der des Raben durch ihren Reichtum an Rund- und Spindelzellen ausgezeichnet ist und im Vorhandensein von Gefässen ein gleiches Verhalten zeigt, wie die der bereits beschriebenen Vögel. Ebenso findet man am Limbus palpebrae im Grundgewebe einen be- trächtlichen Gefässreichtum und eine besonders starke Anhiufune von netzartig verbundenen Zügen glatter Muskulatur. Der Lidwurzel ist die quer verlaufende Orbitalplatte als stützendes Blatt eingelagert. Weder an deren lidrandwärts gekehrtem Ende noch an dem Lidrande konnte ich das Vorhandensein von Fettzellen im achsialen Bindegewebe feststellen. Auch die Muskulatur der Ente zeigt dasselbe Verhalten wie schon bei anderen Vögeln beschrieben wurde Der Musculus orbicularis stellt eine gut zusammenhängende Platte dar, die jedoch erst von der tiefen Lidfurche an deutlich wird, dann aber bis zum freien Rande zu verfolgen ist. ‚Jenseits, basal von der Furche, finden sich wohl auch noch starke Bündel von in der Hauptsache zirkulär verlaufenden glatten Fasern, und das besonders am freien Ende der grossen Falte. Ich bin aber geneigt, diese Fasern wegen ihrer Grup- pierung zu den Federn als Balgmuskeln anzusehen. Der Musculus depressor palpebrae inferioris ist ein kräftiger quergestreifter Muskel, der mit seinen starken Bündeln besonders in der Lidbasis ins Auge fällt, als solcher tritt er auf die hautseitige Fläche der Konjunktival- platte und verläuft, sich schnell verjüngend, eine kurze Strecke aut dieser entlang. Nach dem Lidrand zu folgen als Fortsetzung einige unzusammenhängende Muskelbündel, die sich als glatte Fasern er- weisen. Auch im freien Rand des unteren Lides sind, wie für das obere schon erwähnt, unter der äusseren Decke unzusammenhängende, unregelmässig verlaufende glatte Muskelbündel sichtbar, die vielleicht als von der zusammenhängenden Platte des M. orbieularis abgesprengte Bündel aufzufassen. sind. Nur bei der Möve waren solche noch nach- zuweisen. Wenn bei den übrigen Vögeln auch an der gleichen Stelle unregelmässig verlaufende Muskelfasern sich fanden, so glaube ich doch 15* 228 H. A. Riehl, annehmen zu müssen, dass diese lediglich an Gefässwände gebunden waren, während die hier in Frage stehenden ohne solche auftreten. Das 5. Lid der Ente zeigt die gleiche Form wie die schon be- schriebene Nickhaut anderer Vógel. Der den freien Rand verbrei- ternde Saum, Limbus bimarginatus, ist auch bei der Ente vorhanden (Fig. 8), ebenso ist das Verhalten der Schleimhaut in der Faltenbil- dung das gleiche, wie schon geschildert. Lidseitig ist die Konjunktiva in grobe Falten gelegt und im dorsalen und mittleren Teil von einem 6schichtigen Plattenepithel bedeckt, das sich ohne Anderung auf den Randsaum fortsetzt. Seine Oberfläche ist glatt; das Epithel der Gleit- fläche ist in der Mitte ca. 9schichtig (Fig. 8,0); nach den im Schnitt als Spitzen erscheinenden Rändern hin (Fig. 8, d und e) nimmt die Schichtung beiderseits ab und an der lidrandwárts gerichteten Kante trägt das Epithel der tieferen Schichten reichliche Einlagerungen von Pigment. Im ventralen Teil der Nickhaut ist die lidseitige Fläche am Grunde von einem 2—3 schichtigen Zylinderepithel bedeckt, welches, wie wir es schon von anderen Vógeln her kennen, vollkommen dem Epithel der Konjunktiva an der Basis des unteren Lides gleicht, die dort geschilderten Krypten aber vermissen lässt. Nach dem Rand- saum hin nimmt die Schichtung des Zylinderepithels zu, es stellt sich allmählich mehr polygonales Epithel ein und die Becherzellen werden spärlicher, bis sie schliesslich verschwinden. Beim Übergang auf die Unterfläche des Randsaums wird das polygonale zu einem 6- und mehr- schichtigen Plattenepithel (Fig. 8, a). Die bulbusseitige Fläche der Nickhaut ist von der Verbindung mit dem Randsaum ab in kleine regelmässige rinnenartige, parallel zum freien Rande ziehende Falten gelegt und ist bedeckt von einem ca. 3 schichtigen polygonalen oder niedrig zylindrischen Epithel (Fig. 8, c), dem erst in dem unregelmiissig gefalteten fornikalen Teil Becherzellen eingelagert sind. Im Fornix zur Conjunctiva sclerae sind die Becherzellen sehr zahlreich. Die stark gefaltete Dulbusbindehaut hat ein deutliches, etwa 3 schichtiges Zylin- derepithel, dem die Becherzellen in der Hauptsache fehlen. Am Aug- apfel finden sich im konjunktivalen Bindegewebe vereinzelte abge- erenzte Leukozytenhaufen, ferner subkonjunktivale Fettzellen. Das Stützgerüst des 3. Lides wird im übrigen vom Bindegewebe gebildet, Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 229 cct dem ausserordentlich viele elastische Fasern eingebettet sind. Diese finden sich vor allem als Fortsetzung der schon eingehend beschrie- benen Sehnenplatte, von der sie sich nach den Oberflächen hin ab- zweigen; ferner liegen sie in dichten Geflechten im Stroma des Rand- saumes. Im bindegewebigen Gerüst dieses Gebildes ist ferner noch die Anhäufung pigmentierter Bindegewebszellen auffallend. — Gefüsse sind im Nickhautgerüst häufige und gut entwickelt zu bemerken. Lymphozyten und eosinophile Zellen sind nirgends wahrzunehmen. Move. Der stark in Falten gelegte äussere Überzug des oberen Lides der Möve besteht aus einer 2—3 schichtigen Epidermis, deren poly- gonale Zellen im Stratum germinativum von einem schmalen Stratum corneum und dieses wiederum von einem dicken Stratum morti- fieatum bedeckt ist. Ein Papillarkôrper fehlt in der Lidhaut der Móve, wie auch bei anderen Vógeln. Besonders auffallend ist das ausserordentlieh dicke Corium, in welches die Federn tief einge- pflanzt sind. Schon weit vor dem freien Lidrande, an der Feder- erenze, erfährt plötzlich die Schichtung der Epithelien eine starke Zunahme auf 12—13 Lagen, in der Hauptsache auf Kosten des Stra- tum germinativum; sie nimmt dann nur wenig ab, so dass sie im Bereich des freien Randes noch ca. 10 Schichten aufweist. Das Stra- tum mortificatum lässt sich auf eine kurze Strecke auch auf die Imnen- ‚seite des Lides noch verfolgen. Der Lidrand an sich zeigt ein ähn- liches Verhalten wie der der Ente; er ist ebenfalls (allerdings nicht so stark) nach aussen aufgeworfen. In seiner Form zeigt der Rand in der Mittelpartie etwas deutlicher als bei der Ente zwei abgerundete Kanten, deren intermarginale Epithelschieht ca. 9schichtig ist; nach den beiden Lidwinkeln hin wird der Rand spitzrund, so dass dort Lid- kanten nicht mehr nachweisbar sind. Auch intermarginal zeigt das Epithel bis weit in die obersten Schichten polygonale Form und ist sehr reichlich mit kórnigem Pigment, besonders nach dem Margo internus zu, angefüllt. An der inneren Lidkante sinkt die Schichtung der Epi- thelien auf 8, die Epithelien sind aber bereits von der vierten Schicht an platt gedrückt. Die Pars limbalis conjunctivae ist vor der aller 230 H. A. Riehl, anderen Vógel dadurch ausgezeichnet, dass sie eine ausserordentlich starke Piementation besitzt, die sich in Gestalt feinster Kórnchenein- lagerungen in das Protoplasma bis in die obersten Schichten der Epi- thelien kenntlich macht. In den Zellen häuft sich das Pigment mit Vorliebe in der Umgebung des Zellkerns an. Die Grenze zwischen Pars limbalis und Pars orbitalis conjunctivae würde bei der Móve an der Stelle zu suchen sein, wo der sonst undeutliche Papillarkórper der limbalen Bindehautpartie basiswärts deutlich wahrnehmbar ist; hier findet sich auch geringere Pigmentation, und das Epithel zeigt mit 5—6 Lagen polygonale Formen. Decherzellen findet man nur äusserst spärlich in dem Fornixteil der Bindehaut; Zymphzelleinlagerumgen fehlen dem Oberlid der Móve jedenfalls vüllig. Die Achsenschicht des Lides besteht im wesentlichen aus Bindegewebe, welches sehr gleich- mässig gewebt erscheint und an der konjunktivaseitigen Lidfläche eine der Konjunktivalplatte des unteren Lides ähnliche Struktur zeigt, d. h. sehr zellarm ist, und nur schwer ein Geflecht erkennen lässt. Blutgefässe sind natürlich im Lidinnern eingebettet, auffallend ist aber die geringe Entwicklung der feinen Blutgefässe im Lidrande. Dagegen beobachtet man dort ein reiches Geflecht von glatten Muskelzellen, die nicht an Gefässe gebunden sind, ein Geflecht wie ich es nur noch bei der Ente gefunden habe. Am Limbus ist besonders die ausserordent- lich starke Pigmentation auffallend, die sich besonders dicht unter dem Epithel in Bindegewebszellen findet, welche sich auch als Chro- matophoren zwischen die Epithelien einschieben, ein Verhalten, wie ich es bisher bei keinem Vogel fand. Daneben ist natürlich auch reich- lich Pigment an das Protoplasma der Epithelzellen selbst gebunden. Vom Lidrande her ziehen sich pigmentierte Bindegewebszellen im Corium und darunter noch ein ganzes Stück basal in das Lid hinein; sie bevorzugen wiederum die Gefüssscheiden (Fig. 11,0). Fettzellen konnte ich weder im Lidrande noch im Lidgrunde wahrnehmen. Ælasti- sches Gewebe findet sich nur dichter gelagert hauptsächlich am Lid- rande und entlang der Bindehautoberfläche, während sich sonst in der achsialen Zone nur vereinzelte Fasern wahrnehmen lassen, abgesehen von dem gut ausgebildeten elastischen Apparat im Verlauf des M. orbicularis. Der Musculus orbieularis zeigt sich als gut zusammen- Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 231 hängende, nach dem Lidgrunde hin sehr dünne, nach dem Lidrande zu dieke Platte glatter Fasern (Fig. 11, 4), welche vollständig von elasti- schen Fäden durchflochten ist; sie endet dicht vor dem freien Lidrande. besonders bemerkenswert sind dicke Muskelbündel glatter Fasern, die im Corium die Federbälge dicht umgeben und naturgemäss in ver- schiedener Richtung verlaufen, so dass sie sich im Schnitt ohne weiteres deutlich von der Orbikularisplatte unterscheiden lassen. Der starke Musculus levator palpebrae superioris liegt mit semen dicken Bündeln organischer Elemente in der Lidwurzel und ist nur auf eine kurze Strecke in den freien Lidkórper zu verfolgen. Er legt sich der Unterfläche des basisseitigen Teiles des Kreismuskels an und endet dort mit relativ starken Biindeln. Das längere und schlankere untere Lid der Móve ist in den mitt- leren Partien federarm, nur im Grunde finden sich vereinzelte, tief ein- gepflanzte Federbälge, ausser den lidrandwärts sitzenden Cilien. Die Oberfläche weist nur geringgradige Falten auf. Das Epithel der äusseren Haut ist 2—3schichtig polygonal und unter Vermittelung eines dünnen Stratum corneum von einem festen Stratum mortificatum bedeckt In dem mit abgerundeten Kanten versehenen, deutlich abge- setzten Randteile der mittleren Lidpartie steigt die Schichtung allmáh- lich an und zeigt intermarginal ca. 10 Lagen, um jenseits der inneren Kante wieder abzunehmen; dort verschwindet auch das Stratum morti- ficatum. Auffallend ist hier wiederum die ausserordentlich starke Pig- » mentation bis in die oberste Schicht; am dichtesten tritt sie jenseits der inneren Lidkante und in der sich hier anschliessenden faltenlosen limbalen Bindehautpartie auf. Am intermarginalen Teile ist die basale Schicht der Epithelzellen am wenigsten bedacht, wührend jenseits der inneren Lidkante, wo die Pigmentation am stàrksten ist, vor allem die tieferen Schichten intensiv braun gefärbt erscheinen. Merkwiirdig ist es, dass der bindegewebige Grundstock des Lides fast frei von pigmen- tierten Bindegewebszellen ist. Das Epithel ist in der Pars limbalis conjunctivae etwa Sschichtig und in seinem obersten Lager ausge- Sprochen platt; ein deutlicher Papillarkórper dient ihm zur Stütze, der weniger deutlich als bei der Ente ist, sich sonst aber wie der im oberen Lide verhält. Jenseits der starken Pigmentation und dicht 232 H. A. Riehl, basal von jener Stelle, wo der Papillarkórper etwas deutlicher hervor- tritt, ändert sich allmählich das Bild des Epithels. Dasselbe wird im Durchschnitt etwas niedriger, etwa 5—7 schichtig, und zeigt auch an der Oberfläche polygonale Formen, die sich, nur um weniges hóher werdend, bis an den Fornix hin erhalten. Becherzellen treten nur äusserst spärlich, am reichlichsten noch in der nasalen Partie der Bindehaut auf. Ausserdem ist die Pars orbitalis conjunctivae vollkommen pig- mentfrei. Von dem Verlauf der Bindehaut sei noch erwihnt, dass sie sich im Bereich der Konjunktivalplatte derselben faltenlos anlegt und fornikalwärts vom basisseitigen Ende der Tabula unregelmässige Falten bildet. Nahe dem Fornix treten nasal und in der Mitte ziemlich plótz- lich diffuse Einlagerungen von Lymphzellen in der Propria conjunctivae auf, die in den Schnitten eine dicke blaue subepitheliale Zone bilden und unregelmässig von deutlich begrenzten und z. T. mit Keimzentren . versehenen Follikeln durchsetzt sind. An diesen Stellen ist die Ober- fläche sehr stark in Falten gelegt, und es finden sich wiederum ziem- lich reichliche, aber meist unregelmässig gestaltete Epithelvorbuchtungen in das infiltrierte Gewebe hinein. Lumina sind in gewissen Bezirken der Bindehaut an diesen Einwucherungen deutlich nachzuweisen, jedoch selten; meist sind sie dann fast vollstàndig mit polygonalen Epithel- zellen ausgefüllt, und diese sind so reichlich von Lymphzellen durch- setzt, dass eine Abgrenzung gegen das cytogene Gewebe nicht zu er- kennen ist. An anderen Stellen, wo sich Epithelwucherungen in Massen finden, sieht man dagegen deutlich begrenzte Lumina und blasig auf- getriebene Aussackungen, die von einem meist 3schichtigen, an der Oberfläche platt gedrückten Epithel ausgekleidet sind, das weniger Lymphzellen zwischen sich birgt. Das Oberflächenepithel ist an solchen Stellen ein geschichtetes polygonales und spärlich mit Becherzellen durchsetzt. Das gleiche gilt von den Krypten. Die cytogenen Ein- lagerungen treten in m. o. w. dicht aneinander liegenden, deutlich ab- gesetzten Haufen auf. Zwischen solchen Bezirken sieht man, dass in der Regel die Schleimhaut leicht gefaltet ist, und dass an diesen Stellen in dem 3— 4schichtigen Epithel z. T. sehr zahlreiche Becherzellen auf- treten. Zentral findet sich ein gleichfórmig erscheinendes Bindegewebe, an dem man nur im Lidrand eine deutliche Faserung sehen kann, wo Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 233 man wiederum das schon beim oberen Lide geschilderte Geflechtwerk von glatten Muskelfasern beobachten kann. Im übrigen zeigt das ge- samte Gewebe der Achsenschicht einen ähnlichen Bau wie die Kon- junktivalplatte und ist relativ gering mit spindelfórmigen Zellen ver- sehen. Von der Tabula conjunctivae ist bemerkenswert, dass sie fast bis zum freien Lidrande zu verfolgen ist, wo sie ohne scharfe Grenze endet. Fettgewebe ist nirgends wahrzunehmen. Weiterhin finden sich Gefàsse, die am Lidrande das schon häufig beschriebene Geflecht feinster Gefasschen bilden. Das Muskelsystem im Lidapparat der Móve ist sehr gut entwickelt. Der Musculus orbicularis ist ganzlich aus glatten Zellen aufgebaut (Fig. 11, a). Im Lidgrund ist er sehr dünn, an der Übergangsstelle des quergestreiften M. depressor in glatte Elemente wird er stärker und zieht dann, dicht auf demselben gelegen, als gut zusammenhängende Platte bis in den freien Lidrand. "Temporal, wo die Breite des Lides abnimmt, ist er äusserst stark entwickelt. Fast ausnahmslos tragen wiederum die Federn stark ausgebildete Balg- muskeln, die natürlich im Bereich der Orbikularisplatte deutlich von dieser zu trennen sind, da sie ja oberflàchlicher im Corium selbst ge- legen sind und unregelmässig verlaufende Züge darstellen. Wie bei anderen Vógeln ist auch der M. orbicularis der Móve von elastischen Fasern durchsponnen. Im Gegensatz zu dem oberen Lid ist das untere Lid sehr reich an elastischen Elementen. Parallel zur elastischen Platte des Ringmuskels begleitet auch den M. depressor ein dichtes Geflecht elastischer Fasern. Elastische Elemente finden sich in dichten Netzen "unter der äusseren Haut, vor allem aber im freien Lidrande, schwächer treten sie entlang der Konjunktiva auf. Der Musculus depressor pal- pebrae inferioris besteht im Lidgrunde aus dicken Bündeln querge- streifter Fasern (Fig. 12, «); schon dicht fornixwärts von dem basis- seitigen Rande der Konjunktivalplatte geht der Muskel in glatte Fasern über und setzt sich, nur wenig dünner werdend, fast bis zum lidrand- seitigen Ende der Bindehautplatte fort, wo er im schmalen Zwischen- gewebe zwischen dem M. orbicularis und der Platte endet. Es geht also daraus hervor, dass der glatte Anteil des M. depressor palp. inf. eine so betrüchtliche Breitenausdehnung besitzt, wie wir sie bei keinem anderen Vogel wiederfinden. Im temporal gelegenen Teile des Muskels 234 H. A. Riehl, finden sich keine glatten Elemente. In seinem Verlauf begleitet der Muskel, der Tabula conjunctivae hautseitig dicht angelagert, den Kreis- muskel der Lidspalte an dessen konjunktivaler Fläche Hier finden wir im Sagittalschnitt das merkwürdige Bild, dass in einer breiten Zone ein quer- und ein làngsgetroffenes glattes Muskelblatt nebeneinander liegen. Das 5. Lid der Move trägt auf seiner gröber gefalteten lidseitigen Fläche wie am Fornix ein 4schichtiges polygonales Epithel, welches sehr bald nach dem Rande abflacht, so dass es schliesslich in ein 3schichtiges Plattenepithel übergeht. Diesen Charakter behält es auch auf der Oberfläche des Randsaumes bei, der also auch die Palpebra tertia der Move krónt. Auf seiner Unterfläche zeigt er geringgradig höhere Epithelformen. Im mittleren Drittel der Gleitfläche des Saumes ist das Epithel 6schichtig, während es nach den Rändern hin nur 9—4fach geschichtet ist. An dem eigentlichen freien Rande finden sich kórnige Pigmenteinlagerungen im Epithel, ausserdem ist aber auch der Grundstock der Platte, vorzüglich perivaskulär, von den bekannten, unregelmässig geformten, pigmentierten Bindegewebszellen durchsetzt. An der Verbindungsstelle des Randsaumes mit der in zarte, niedrige Falten gelegten bulbusseitigen Fläche der Nickhaut ist das Epithel 4schichtig und zeigt polygonale bis niedrig zylindrische Formen in den oberflächlichsten Lagen. Die Schichtung sinkt basal vom Randsaum auf 2 Lagen herab, und das Epithel zeigt zylindrische Form. Nach dem Grunde zu nimmt der Höhendurchmesser der Zellen wieder ab. Charakteristisch für die Möve ist der Aufbau des zentralen Nickhaut- gerüstes, welches, ähnlich dem der Lider, fast homogen erscheint. In den Nickhautgrund tritt die schon häufig beschriebene, aus der Orbita stammende elastische Platte ein, die aber nur auf eine kurze Strecke zu verfolgen ist. Man kann dann als Fortsetzungen dieser schwachen Platte ‘im Nickhautgewebe nur noch ganz vereinzelte, feinste elastische Fasern beobachten. Blutgefässe sind nur in sehr geringem Masse im 3. Lid der Möve nachzuweisen. Fink. Die stark gefaltete dussere Haut des oberen Lides beim Finken zeigt ein 2—3schichtiges Plattenepithel, ein dünnes Stratum corneum — ES Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 23) und ein dickes Stratum mortificatum, welches bis zur inneren Lidkante zu verfolgen ist. Man kann beim Fink scharf eine äussere und eine innere Lidkante unterscheiden. Das oft stark pigmentierte Epithel des intermarginalen Raumes ist an der äusseren Kante ca. 5schichtig und steigt nach der Innenkante hin auf 8—9 Schichten an. Die sich an- schliessende Pars limbalis der Konjunktiva ist glatt und von einem ca. 7schichtigen Plattenepithel bedeckt, das einem Papillarkörper nicht aufsitzt. Mit dem Übertritt auf die Pars orbitalis sinkt das Epithel auf ca. 4 Schichten herab und ist ein polygonales zu nennen. Dort sind die einzelnen Zellen hóher geformt, so dass die Epitheldicke in beiden Ab- schnitten hur geringgradig vermindert ist. Weiterhin setzt sich der Orbitalteil der Bindehaut dadurch ab, dass er unregelmássige Falten trägt. Becherzellen und Lymphanhäufungen fehlen in dem Epithel bezw. der Propria der Konjunktiva. Die zwischen Haut und Schleimhaut gelegene zentrale Schicht setzt sich aus regellosen Bindegewebszügen zusammen, die m. o. w. gestreckt dem Lidrande zustreben. Von einer Fettan- sammlung in dieser Schicht ist nichts zu bemerken. Auffallend ist die starke Pigmenteinlagerung, die sich der äusseren Oberfläche entlang, besonders aber am Limbus in Gestalt von unregelmássig geformten spindelfórmigen schwarzbraunen Bindegewebszellen bemerkbar machen, teils als Chromatophoren in die tiefsten Epithelschichten tretend. Ferner sind dem Bindegewebe zahlreiche, stellenweise von Pigmentzellen be- gleitete Blutgefässe eingelagert, welche am Limbus ein dichtes Netz feinster Gefásse mit muskulósen Wandungen bilden. Das elastische Gewebe ist im Oberlide des Finken reichlich vertreten. Es bildet in der gesamten Zentralschicht ein lockeres Maschenwerk, das entlang der epithelialen Begrenzung dichter ist und um die Bündel des Kreismuskels herum ein enges Geflecht darstellt. Der Musculus orbicularis ist re- lativ stark ausgebildet, und zwar ganz besonders am Lidgrunde. Er besteht allein aus organischen Fasern. Diese sind, allmählich schwächer werdend, mit Unterbrechung bis nahe an den Lidrand verfolgbar. Im Bereich des freien Lidteiles bemerkt man nur eine dünne unzusammen- hängende Platte. Der Musculus levator palpebrae superioris liegt in starken glatten Bündeln im Grunde des Lides, er endet aber be- reits am Fornix. 236 H. A. Riehl, Das Unterhd des Finken ist eine sehr lange dünne Hautfalte, deren Oberfläche starke Faltenbildung zeigt, und die ein 2—3schichtiges Plattenepithel mit dünnem Stratum corneum und dickem Stratum morti- ficatum bedeckt. Federn finden sich zahlreich, selbst spärlich im Rand- bezirke der Konjunktivalplatte, ebenso Cilien in der Nähe des freien Randes. Der Lidrand ist leistenartig verdickt mit abgerundeten, aber deutlichen Kanten. An dem Margo externus wird das Epithel plótz- lich 5schichtig, steigt in der Mitte auf 10 Schichten an, um an dem Margo internus wieder, wie an der äusseren Kante auf 5 Lagen abzu- fallen. An dieser Stelle verliert sich das Stratum mortificatum. Die Pars limbalis der Konjunktiva ist àusserst schmal, entbehrt des Papillar- körpers fast vollständig und tıägt ein ca. 6schichtiges Plattenepithel, das aber sehr plötzlich in ein polygonales, z. T. zylindrisches übergeht; die Conjunktiva limbalis ist also in der Breite auf ein Minimum redu- ziert. Die Conjunctiva orbitalis beginnt demgemäss dicht basal vom Margo internus und überzieht alsdann faltenlos die Konjunktivalplatte. Sie ist bedeckt von einem 4schichtigen, bald 2—3schichtigen poly- gonalen Epithel, welches anfangs zahlreicher, spáter spärlicher Becher- zellen birgt. Auch hier treten individuelle Schwankungen auf. Jen- seits der Konjunktivalplatte oder kurz vor deren basalem Rande wird das Epithel auf eine kurze Strecke hóher, nimmt Zylinderform an und weist grössere Mengen von Becherzellen auf. Hier findet sich oft eine faltenartige Einsenkung der Oberfläche, die m. o. w. weit unter den freien Rand der Konjunktivalplatte reichen kann. Dieses Sicheinfalten der Bindehaut unter den freien Rand kann so stark und ausgedehnt sein, dass die gesamte Platte am Rande freigelegt erscheint. Diese Erscheinung muss ich aber als Kunstprodukt erklàren, da sie auch an anderen Lidern vóllig fehlen kann; sie deutet jedenfalls darauf hin, dass Platte und Bindehaut eng zueinander gehören und dass die Platte relativ leicht vom Grundstock des Lides sich abheben lässt. Das rechtfertigt ja auch die Benennung der Platte als Tabula con- junctivae. Da, wo sich die Einsenkung im Schnitt am basalen Rande der Platte findet, häufen sich in der Propria conjunctivalis in der Regel grössere Mengen von Lymphzellen an, die nasal, in der Mitte und temporal gleich stark aufzutreten scheinen und stellenweise in das Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 237 Epithel der Bindehaut eindringen; dort zeigt das Epithel in der Haupt- sache platten Charakter und nimmt aus bekannten Gründen am Höhen- durchmesser ab. Im weiteren Verlaufe zum Fornix werden die Becher- zellen seltener und die Zellen wieder niedriger, so dass ein etwa 2schich- tiges kubisches Epithel den Fornix überzieht. Am Grunde von in geringer Zahl vorkommenden tiefen Faltenbildungen des Fornix finden sich wieder Epithelveränderungen, die vor allem in einer Zunahme des Höhendurch- messers der oberflächlichen Lage bestehen. Das bindegewebige Stützgerüst des Lides zeigt nichts, was sich von anderen Tieren unterscheiden liesse. In ihm finden sich Blutgefässe und Capillaren. Fett ist in dieser Achsenlage nicht vorhanden. Die Konjunktivalplatte zeigt einen relativ erheblichen sagittalen Durchmesser. Sie beginnt schon sehr nalıe dem Lidrande und endet erst dicht vor dem Fornix. Im Verhältnis zur Liddieke ist ihr Durchmesser recht beträchtlich. Ihr Verhalten zur Konjunktiva wurde schon geschildert. In der gleichmässig erscheinen- den Grundmasse sitzen spärliche spindelförmige und sternförmige Zellen. Reichliche Blutgefässe durchziehen die Platte. Das elastische Gewebe des Unterlides kommt den Verhältnissen des oberen Lides gegenüber nur wenig zur Geltung, da die Konjunktivalplatte den grössten Teil des Lides ausmacht und diese frei von solchen Fasern ist. Durch Resorcinfuchsintinktion schwarz gefärbte Geflechte finden sich reichlicher am freien Lidrande und als Hüllmasse um die Bündel des M. orbicu- laris. Man sieht demgemäss nahe und parallel der hautseitigen Ober- . fläche der Bindehautplatte in so gefärbten Sagittalschnitten ein lang- gestrecktes Band.eines schwarzen Gitterwerkes. Subkonjunktival lassen sich im Bereiche der Platte nur schwer spärliche Fasern entdecken. Der nur aus glatten Fasern bestehende Musculus orbieularis ist: im Grunde des Lides dünn, an der Übergangsstelle des quergestreiften Teiles des M. depressor in seinen glatten Teil wird er plötzlich stärker und reicht als dicke Muskelplatte, dicht unter der Oberfläche liegend, bis zum Lidrande hin, den Raum zwischen Haut und Schleimhaut fast ausfüllend. Der Musculus depressor palpebrae inferioris ist ein kräftiger Muskel, der mit seinen quergestreiften Elementen etwa bis zur Mitte der Platte verläuft, dann deutlich sichtbar noch über den limbusseitigen hand derselben mit glatten Fasern randwärts hinwegziehend endet, 238 H. A. Riehl, ohne den verdickten Lidrand aber zu erreichen. Soweit die Konjunk- tivalplatte bei eingefalteter Konjunktiva (s. oben) mit dem Lidkörper in Verbindung steht, begleitet er sie, nur an wenigen Stellen durch lockeres Bindegewebe von derselben getrennt. An dem scharf gebogenen Fornix schlägt sich die Bindehaut des Lides auf das 5. Lid über. Auch beim Finken ist die Palpebra tertia mit einem deutlichen Randsaum versehen, der ziemlich viel Pigment enthält, und zwar sowohl im Grundgewebe des ganzen Lides als auch im Epithel der Gleitflàche des Randsaumes. Die Schleimhaut der Nick- haut ist in starke Falten gelegt, die lidseitig breit und hoch sind, während sie bulbusseitig dichter liegen. Das Epithel ist lidséitig im Fornix 4—5schichtig, platt und wird nach dem Saum hin etwas niedriger, ca. 3schichtig. So tritt es auch auf den Randsaum über. Bulbusseitig, wo die Konjunktiva in dichter stehende Falten gelegt ist, ist sie von einem 2schichtigen polygonalen Epithel bedeckt. Der Fornix ist sehr stark in Falten gelegt und enthält in der Tiefe derselben ein hohes 2schichtiges Zylinderepithel mit sehr zahlreichen schleimpro- duzierenden Elementen. Das Grundgewebe der Palpebra tertia wird wiederum nahe der bulbusseitigen Oberfläche von der starken elastischen Platte, die aus der Orbita aufsteigt, bis zum Randsaum durchzogen. Die übrigen Teile sind nur spärlich von elastischen Fasern durchsetzt; der Randsaum dagegen birgt viele solche Elemente. Die Conjunctiva bulbi ist glatt und zeigt das gleiche Epithel. Becherzellen konnte ich auf der bulbusseitigen Nickhautfläche nur vereinzelt, an der Umschlag- stelle auf den Bulbus hingegen sehr zahlreich beobachten. Sperling. Auch den Sperling habe ich in den Kreis meiner Untersuchungen einbezogen, einmal um nach Möglichkeit die Zahl der verschiedenen Vogelarten zu vergróssern, zum andern aber deshalb, weil der Sperling meinem Wissen nach als einziger Vogel genauer auf das miskroskopische Verhalten seiner Lider, und zwar von Doenecke [/] untersucht wurde. Der faltige Hautüberzug trägt im Oberlid ein 3—4schichtiges Platten- | epithel mit dünnem Stratum corneum und dicht anliegendem Stratum mortificatum und ist von feinen Federn bedeckt. An dem wie beim Über den Bau des Augenlides beim Vogel, 239 Fink leistenartig verdickten Lidrande kann man eine abgerundete äussere und innere Kante deutlich unterscheiden. An der äusseren Lidkante trägt der Lidrand ein Epithel, das dem der äusseren Decke gegenüber sich plótzlich hóher schichtet. An der äusseren Kante findet es sich in ca. 6 Lagen, in der Mitte in 10 ünd an der inneren Kante in 12 Schichten. Die Epithellagen sind wiederum in dieser Gegend kórnig pigmentiert, und zwar am stàrksten in den tiefsten Lagen, nach der Oberflache hin an Intensitàt geringer werdend. An der inneren Lid- kante verliert die epitheliale Decke das Stratum mortificatum und geht an der Pars limbalis conjunctivae in ein polygonales Epithel über. Die Schichtung nimmt mit der Entfernung von dem Margo internus bis auf 5 Lagen allmählich ab. Bis dahin sitzt das Epithel einem sehr undeutlichen Papillarkórper auf, den Doenecke |7] nicht erwähnt; dieser Teil dürfte daher der Pars limbalis grósserer Vögel eleichzusetzen sein. Der Verlauf der Pars orbitalis ist weniger straff, das Epithel ist 5- schichtig und platt. Die Ausführung Doeneckes [7] über die Binde- haut des Sperlings sind äusserst kurz gehalten und ungenau, auch in- sofern, als Doenecke [/] nicht einmal zwischen der Konjunktiva des oberen Lides und des unteren unterscheidet. Er bringt nur einen all- gemein lautenden Satz über die verschiedenen Epithelformen der ein- zelnen Lagen des Epithels, das er als ein mehrschichtiges Plattenepithel beschreibt. Nach dem Fornix zu nehmen nach Doenecke [7] die obersten Zellschichten der Conjunctiva palpebrarum m. o. w. kubischen Charakter . an; ob der Fornix des oberen oder des unteren Lides gemeint ist, ist aus Doeneckes Worten nicht zu entnehmen. Nach meinen Untersuch- ungen kann ich mich betreffs des Epithelwechsels am Fornix des oberen Lides nicht mit Doenecke einverstanden erklàren, ich fand vielmehr das die Conjunctiva orbitalis bedeckende 5schichtige Plattenepithel auch am Fornix. Gleich ungenau lauten auch die Angaben über das Vor- handensein von Lymphzellansammlungen. Doenecke beschreibt selche am Fornix, ob aber oben oder unten, ist nicht angegeben. Ich habe im Bereiche des oberen Lides keine Leukozytenanhäufungen gesehen. Nachträglich sei noch bemerkt, dass der Pars orbitalis des oberen Lides die Becherzellen fehlen, darin stimme ich mit Doenecke überein. Der zentrale Teil des Lides besteht aus einem Netz von Bindegewebsziigen, 240 H. A. Riehl, welche im Innern locker gefügt und in deren Maschen Gefàsse und Muskeln eingelagert sind. Dem Lidrande und entlang der äusseren Haut und der Schleimhaut, sind zahlreiche elastische Fäden eingebettet. Von den Muskeln soll nach Doenecke [7] der Musculus orbicularis ein quer- gestreifter sein, dieser Behauptung gegenüber hat Zietzschmann [21], wie einleitend schon erwähnt, bei Huhn und Taube feststellen kónnen, dass der Musculus orbicularis ein glatter Muskel ist. Ich konnte ja die Angaben Zietzschmanns für die gleichen Tiere nur bestàtigen und fand, dass ausserdem auch bei der Ente, dem Raben, der Móve und dem Finken dieselben Verhàltnisse bestehen, dass also der Kreismuskel der Lidspalte auch bei diesen Vógeln ein glatter Muskel ist. Deshalb ging ich mit besonderer Erwartung an das Studium des Lides des Sperlings heran. Ich konnte für unsere Streitfrage nur die Überein- stimmung der Verhàltnisse beim Sperling mit allen anderen Vógeln fest- stellen und muss also Doenecke [7] gegenübertreten und den Satz auf- stellen, dass der M. orbicularis des Sperlings wie der einer Anzahl an- derer Vógel kein quergestreifter, sondern ein glatter Muskel ist. Im oberen Lid des Sperlings bildet der Kreismuskel eine sehr feine unzu- sammenhángende Platte, die dicht unter der äusseren Haut bis zur Mittes des Lides sich verfolgen lässt. Im nasalen Teil des Lides ist er stàrker und gut zusammenhängend. Er nimmt lidrandwärts an Stàrke zu und endet an der Stelle wo der Lidrand sich kolbenartig verdickt. Der Musculus levator palpebrae superioris, den Doenecke [7] stillschweigend ebenfalls als quergestreiften Muskel ansieht, stellt wie bei anderen Vógeln auch einen glatten Muskel dar, der im Lidgrunde in starken Bündeln sichtbar ist, um am Fornix plótzlich zu enden. | Das untere Lid des Sperlings ist ein schlankes Hautgebilde, dessen Oberfläche ein 2—3schichtiges Plattenepithel mit dünnem Stratum morti- ficatum trägt und spärlich mit Federn besetzt ist, die sich hóchstens im Lidgrunde und am Rande finden. Auffallend ist der Pigmentreich- tum des Coriums. Der Lidrand ist deutlich gewulstet und trägt an der äusseren Lidkante ein etwa 5schichtiges, stark pigmentiertes Epithel, welches an der inneren Kante 10schichtig wird. Am Margo internus verschwindet das Stratum mortificatum, während das Pigment oftmals noch in den tiefsten Lagen bis auf die Pars limbalis der Kon- Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 241 * junktiva übergreift. Das platte Epithel wird ca. 7schichtig, und es tritt ein sehr undeutlicher Papillarkórper auf. Die Conjunctiva limbalis zieht in Form einer seichten Einfaltung unter das randseitige Ende der Bindehautplatte, wie ich es ähnlich auch beim Finken beobachten konnte. Ich glaube es auch hier mit einem Kunstprodukt zu tun zu haben. Am Grunde dieser fast stets am fixierten Lide zu bemerkenden Falte wird das Epithel ziemlich plótzlich niedriger, behàlt aber den platten Charakter bei. Hier ist die Grenze zwischen den beiden Abteilungen der Kon- junktiva zu suchen Jedoch kann man auch beobachten, dass in der Tiefe der Falte selbst polygonale oder zylindrische Zellen auftreten, die m. o. w. reichlich mit Becherzellen durchsetzt sind. An Schnitten, die seitlich (nasal oder temporal) von der Platte geführt sind, fehlt natürlich die Einfaltung, und dort kann man beobachten, dass schon sehr bald ein Epithelwechsel eintritt, dass also die Pars limbalis noch schmaler erscheint. Die nun folgende Pars orbitalis überzieht natür- lich faltenlos die Konjunktivalplatte, um jenseits derselben unter Bil- dung von m. o. w. grossen Unebenheiten in die Fornikalbindehaut über- zugehen. Die Form der Epithelien scheint ziemlich beträchtlichen indi- viduellen Verschiedenheiten unterworfen zu sein; denn man beobachtet, dass anfangs entweder ein 4schichtiges Plattenepithel ohne jede Bei- mengung von Becherzellen die Epitheldecke darstellen kann, oder es finden sich von vornherein Zellen der polygonalen Form, die in grósseren Abständen mukóse Elemente zwischen sich bergen. Dieses Verhalten . findet man dann, wenn in der geschilderten Einfaltung am limbus- seitigen Rande der Platte ähnliche Epithelverhältnisse zu beobachten sind. Ich konnte nicht wahrnehmen, dass etwa die eine oder die andere Epithelart sich nur auf der nasalen oder temporalen Seite des Lides fände. Die geschilderten Verschiedenheiten traten vielmehr bei ver- schiedenen Individuen in beiden Hàlften auf. Gegen das basale Ende der Platte hin wird das Epithel in jedem Falle niedriger, es geht in ein 2—3schichtiges polygonales Epithel über, das immer niedrigere Zellformen aufweist und stets Becherzellen birgt, wie ich entgegen den allgemein gehaltenen Angaben Doeneckes |/] feststellen muss. Am basisseitigen Ende der Konjunktivalplatte sah ich nie eine Einsenkung der Lidbindehaut, die das Ende frei hervortreten liesse; dennoch trennt Internationale Monatsschrift f Anat. u. Phys. XXV. 16 242 H. A. Riehl, E eine seichte Schleimhautvertiefung die Platte von dem fornikalen Teil der Bindehaut. In diesem Abschnitte der Konjunktiva des unteren Lides konnte ich nun auch entsprechend den Angaben Doeneckes [7] feststellen, dass sich sehr starke Leukozytenansammlungen erkennen lassen. Diese Vertiefung an dem basalen Ende der Bindehautplatte làsst sich weit in temporaler Richtung verfolgen, verhindert aber nicht, dass sich die Lymphzellansammlung dort mehr zentral in das Gebiet der Platte ausdehnt. In der Gegend der stärksten Ansammlung von Lymphzellen zeigt das Epithel sehr starke regionäre Verschiedenheiten, die sich nach Zonen aber nicht auseinander halten lassen. Einmal findet man ein 1schichtiges kubisches Epithel ohne Becherzellen, im anderen Falle ein 3—4schichtiges polygonales oder Zylinderepithel, reichlich von Lymphzellen durchsetzt und wiederum ohne Becherzellen, oder aber man sieht ein 2—3schichtiges Zylinderepithel, dem nicht wenige Becher eingelagert sind. Die zentrale Partie des Lides ist ausgefüllt von unregelmässig verlaufenden, mit elastischen Fasern durch- setzten Bindegewebsbündeln, welche besonders im Lidgrunde und am freien Rande den Hauptbestandteil bilden. Der übrige Teil des Lides ist so dünn, dass die gut entwickelte, von zahlreichen Gefässen durch- zogene Konjunktivalplatte und der auf ihr liegende M. orbicularis fast allein genügen. den Raum zwischen Haut und Schleimhaut auszu- fülen. Nahe dem Lidrande ist das Gewebe erfüllt von einem Geflecht feinster Gefässe und von mit Pigment beladenen spindelfórmigen Binde- sewebszellen. Der Musculus orbicularis stellt einen relativ kräftigen zusammenhängenden Körper dar, der aus glatten Fasern aufgebaut ist. Er verläuft, von elastischen Fasern begleitet, zwischen äusserer Haut und Konjunktivalplatte, von der ihn nur ein dünnes Bindegewebslager trennt. Er reicht bis zum Lidrande vor, wo er noch in deutlichem Masse eine Verdickung erleidet. Der Musculus depressor palpebrae inferioris ist ein quergestreifter Muskel, dessen Bündel am Fornix aus dem Innern der Orbita an das basisseitige Ende der Bindehautplatte treten. Hier geht der Muskel in eine starke Sehne über, die dicht auf der Platte verlàuft. Er birgt zuweilen deutlich organische Fasern, der glatte Teil des Muskels ist aber immer nur sehr wenig ausgebildet. Das 5. Lid des Sperlings stellt gleichfalls wieder eine Duplikatur Über den Bau des Augenlides beim Vogel, 245 der Konjunktiva dar, deren lidseitiges Blatt stark gefaltet ist, und die in den dem Fornix benachbarten Teilen, wie auch am Fornix selbst, I| er- wühnt bei der Nickhaut des Sperlings nur ein mehrschichtiges Plattenepi- von einem 5—7schichtigen Plattenepithel bedeckt ist. Doenecke thel, dem am freien Rande der Nickhaut reichlich Pigment eingelagert ist; es soll dort so ,,eine schmale pigmentierte Leiste entstehen“. Mit diesen Worten kann er unmóglich den von mir bei allen untersuchten Vügeln wahr- genommenen, in zwei scharfe Ränder ausgezogenen Randsaum gemeint haben, wie ich ihn auch beim Sperling sehr deutlich gesehen habe. In einer der Zeichnungen Doeneckes ist allerdings, wie ich schon kurz an anderer Stelle erwähnte, diese Randbildung deutlich zu erkennen. Doenecke wird sie jedenfalls als zufällige Faltung angesehen haben, denn er erwähnt über sie kein Wort. Auf der Unterflache des Rand- saumes sinkt das platte Epithel auf 5 Schichten, an den scharfen Rän- dern sogar auf 3, an dem gewölbten Mittelteile der Gleitfläche dagegen sind wieder 6 Zellschichten zu beobachten. Nach Doenecke soll die Pigmentation am freien Rande der Palpebra tertia an das Epithel des Überzugs gebunden sein. Ich konnte dagegen wie bei allen anderen Vógeln konstatieren, dass auch beim Sperling das Pigment an gedachter Stelle teils in Bindegewebszellen des Grundgewebes sitzt, teils die tiefen Epithellagen des freien Randes durchsetzt; im Epithel aber ist die Pigmentation eine nur sehr geringe, ähnlich wie es beim Huhne der Fall ist. Bulbusseitig ist die Konjunktiva der Nickhaut in kleine, rinnenartige Falten gelegt, deren Epithel schon auf der Unterfläche des den freien Rand der Nickhaut bildenden Teiles des Randsaumes kubischen Charakter annimmt und 2schichtig ist. An der Lidfläche dagegen, die auch in relativ engstehende Falten gelegt ist, und schon an der Rückflàche des basal gekehrten Saumrandes sieht man an der Konjunktiva ein 2—3 schichtiges polygonales Epithel. Nach dem Grunde zu sind ihm vereinzelte Becherzellen eingestreut. An dem stark ge- falteten, an Becherzellen reichen Fornix zum Bulbus wird das Ejpithel 2schichtig und kubisch. Die zentrale Stützsubstanz bilden feste Binde- sewebszüge, die im allgemeinen nach dem freien Rande hin verlaufen und am Saum divergierend nach beiden Rändern hinziehen. In das stützende Gewebe sind zahlreiche elastische Fasern eingelagert. Sie 16* 244 H. A. Riehl, sind besonders stark in der schon oft erwähnten, aus der Orbita auf- steigenden Platte angesammelt, die eine schwache Abzweigung an die Conjunctiva bulbi abgibt. Diese Platte beschreibt Doenecke [1] als eine bindegewebig-muskulöse. Ich habe Muskelfasern in dieser Platte im Bereich der Nickhaut bei keinem Vogel nachweisen kónnen. Der Sehnenzug zieht, in der Achse des 3. Lides gelegen, nach dem freien Ende hin. In der Lidbasis erscheint er besonders ‚scharf abgesetzt, um am Randsaum nach beiden Rändern hin divergierend sich aufzu- lösen. Gefässe sind im Stroma zahlreich bis zum freien Rande zu sehen, dagegen habe ich ein Vorhandensein von Nerven ebensowenig beobachten können wie Doenecke [7]. Da ich das 3. Lid nicht in Serien zerlegte, ist dieser negative Befund natürlich ohne Belang. Uhu. An einigen Präparaten, die mir von Herrn Professor Zietzschmann aus der Sammlung des Instituts zur Verfügung gestellt wurden, konnte ich ferner die Verhältnisse beim Uhu studieren, dessen Lider ein wesentlich abweichendes Verhalten zeigen. Das Material stammte von einem an Konjunktivitis erkrankten Individuum, dessen Konjunk- tivalepithel z. T. verloren gegangen war, so dass ich eine erschöpfende Schilderung nicht geben kann. Leider war es mir nicht möglich, ein zweites Exemplar der Art zu erhalten. Das obere Lid war zu kurz abgeschnitten, so dass ich die Verhältnisse am Fornix nicht anzugeben vermag, ebenso ist mir unbekannt, aus welcher Gegend die Schnitte speziell von der Nickhaut stammen, so dass die Frage der regionären Verschiedenheiten hier nicht beantwortet werden kann. Da mir aber einzelne wesentliche Verschiedenheiten im Bau der Lider vom Uhu dem anderer Vögel gegenüber auffielen, so möchte ich doch nicht versäumen, eine kurze, wenn auch lückenhafte Schilderung der Verhältnisse bei genanntem Vogel zu geben. Die geringgradig gefaltete federarme Epidermis des oberen Lides ist 2schichtig und mit einer ausserordent- lich dieken Schicht abgestorbener Epithelien bedeckt. Ein Papillar- körper fehlt der äusseren Haut wie bei allen Vögeln. Nach dem fast gänzlich abgerundeten Lidrande zu steigt die Zahl der Epithelschichten auf ungefähr 6 an. Makroskopisch geht an der völlig verwischten inneren | | | | | | | | | | Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 245 Lidkante die äussere Haut naturgemäss in die Schleimhaut des Binde- hautsackes über; diese zeigt aber mikroskopisch keinen Schleimhaut- charakter, insofern, als sie, mit einem schwachen Papillarkórper ver- sehen, ein kurz hinter dem abgerundeten freien Lidrand plótzlich hoch _ werdendes, ca. 12schichtiges Plattenepithel trägt, dem unter Vermitte- lung eines sehr breiten Stratum corneum ein fornikalwárts dicker wer- dendes Stratum mortificatum aufgelagert ist. Dieses Verhalten zeigt die Konjunktiva in einer ca. 7 mm breiten Zone nach dem Fornix zu; eine Trennung zwischen Pars limbalis und Pars orbitalis war nicht durchzuführen, da auf der ganzen sichtbaren Strecke die gleichen Epi- thelverháltnisse zu konstatieren waren. Gleichzeitig findet sich in ganzer Ausdehnung in den tiefen und oberflächlichen Epithelschichten der Kon- junktiva starke Pigmentation, wie auch an rundliche Zellen gebunden im Bindegewebe. Becherzellen und Lymphzellen fehlen diesem Bezirke der oberen Konjunktiva gänzlich. In der zentralem Schicht des Lides findet sich lediglich Fett, nur dicht an den Lidoberflàchen liegt sub- epithelial einerseits ein dünnes, gefässreiches Corium, andererseits eine noch dünnere, gefássarme Propria conjunctivae. Am freien Lidrande, wo beide subepitheliale Lagen zusammenstossen, trifft man das Binde- gewebe natürlich reichlicher und von relativ stark erweiterten Blut- gefassen durchzogen. Von den beiden Bindegewebslagen ziehen feine Züge in das Lidinnere und durchflechten in feinen Maschen das zentral gelesene Fett. Elastische Fasern durchsetzen sowohl das Gewebe des Coriums als der Propria conjunctivae; besonders reich ist der freie Lid- rand an elastischen Elementen. Auch das engmaschige Stützgerüst des Fettgewebes ist von elastischen Fasern begleitet. Irgendwelche Mus- kelfasern sind im oberen Lide nicht wahrnehmbar. Das dürfte sich daraus erklären, dass das Lid sehr kurz abgeschnitten war. Ich muss also für das obere Lid des Uhu die Frage der Art der Muskulatur offen lassen. Dass sich sowohl der M. orbicularis wie auch der M. levator palp. sup. finden, ist wohl als zum mindesten wahrscheinlich anzunehmen. Die stärker gefaltete äussere Haut des unteren Lides des Uhu ist von 3schichtigem Plattenepithel überzogen, welches ein schmales Stratum corneum und ein schmales Stratum mortificatum trägt; ein 246 | H. A. Riehl, Papillarkörper fehlt. Der Lidrand ist abgerundet, zeigt also weder eine äussere noch eine innere Lidkante. Lidrandwärts nimmt in der Epidermis die Zahl der Epithellagen zu, sie betrágt in der Mitte des gewülbten Randes 8 und steigt auf der Innenfläche des Lides auf etwa 13 Schichten. Am freien Rande beginnt eine Pigmenteinlagerung im Epithel, die sich ziemlich deutlich bis über den limbalen Rand der Konjunktivalplatte hin erstreckt. Subepithelial liegen nur wenig braune Zellen. Von der Mitte des Lidrandes ab tritt ein undeutlicher Papillar- körper unter dem Epithel auf, der sich wie im oberen Lide verhält. Die Conjunctiva limbalis ist wie im oberen Lide von einem breiten Stratum corneum und einem Stratum mortificatum bedeckt. Schon vor dem Übergang der Konjunktiva auf die Bindehautplatte sind in den mir zur Verfügung stehenden Schnitten infolge des Bindehautkatarrhs die Epithelien vollständig zerstört. Die Bindehaut bildet dicht vor dem Übertritt auf die Platte eine Einsenkung und überzieht jene dann falten- los. An der Einfaltung findet sich eine Leukozytenansammlung im sub- epithelialen Bindegewebe. In der Höhe der Platte ist dagegen die Konjunktiva frei von Leukozyten, während jenseits derselben, also zwischen Platte und Fornix, wieder grosse Mengen von Lymphzellen in Form unregelmässiger diffuser Einlagerungen auftreten. Hier finden sich sehr starke Gefásse; ob deren Vorhandensein krankhaft ist, will ich dahin gestellt sein lassen. Im Lidzentrwm finden sich unter der äusseren Haut randwärts verlaufende feste Bindegewebsbündel in dünner Lage. Diesen folgt eine sehr lockere Bindegewebsschicht und dieser die stark ausgeprägte Konjunktivalplatte. Starke Gefässe durch- flechten mit ‚Nerven den ganzen Lidkörper. In dem lidrandseitigen, etwas dickeren, deutlich durch die erwähnte Falte abgesetzten Teile des Lides tritt starke Fettansammlung auf, also derselbe Bau wie am oberen Lide. Von den Muskeln finden sich sowohl der M. orbicularis als auch der M. depressor palp. inf. in gut entwickeltem Zustand. Der Musculus orbicularis liegt im mittleren Liddrittel und bildet eine gut zusammenhängende Platte glatter Fasern, die fornikalwärts dünner wird. Um weniges lidrandwärts an der oben erwähnten Konjunktival- falte in dem abgesetzten Lidrandteil endet er mit einer bedeutenden Verdickung, so dass der fast nur Fett enthaltende Lidrandteil frei von Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 247 Muskulatur ist. Der Musculus depressor palpebrae inferioris zeigt, in der Fornixgegend auf den starken Leukozytenanhäufungen liegend, relativ wenig starke quergestreifte Bündel, welche plötzlich an Stärke abnehmen und an den fornikalen Rand der Bindehautplatte herantreten, um sich dort zu verlieren. Eine Fortsetzung in einem aus glatten Zellen auf- gebauten Endteil konnte ich jedoch nicht bemerken. Ælastisches Ge- webe findet sich vor allem im Bindegewebe entlang der äusseren Ober- fläche des Lides, von wo aus dünne Fasern in das Lidinnere, auch in das Fettgewebe des Lidrandes, einziehen. Die Konjunktivalplatte ist frei von elastischen Elementen. Pe Das 5. Lid des Uliu zeigt auf der lidseitigen Fläche die Schleim- "haut zunächst in grober Faltung; das Epithel ist zumeist zerstört, es lisst sich aber noch als ein vielschichtiges. Plattenepithel erkennen, welches bis an den Randsaum reicht und auch dessen Oberfläche über- zieht, wo das Epithel sehr reichlich pigmentiert erscheint und wo auch im Grundgewebe Pigmentzelen zu beobachten sind. An der bulbus- seitigen, dicht gefalteten Fläche ist das Epithel, soweit es erhalten ist, ein 4schichtiges hohes Zylinderepithel, dem sehr reichlich Becherzellen eingelagert sind. Auch die Nickhaut vom Uhu zeigt, wie schon gesagt, am Rande die saumartige Verbreiterung. Sie erscheint dick und plump. Das Stützgerüst besteht aus festen Bindegewebsbündeln, welche von vielen Gefássen durchzogen werden. An der Basis finden sich die von Zietzschmann [27] in seiner Publikation beschriebenen Bündel glatter Muskelfasern, die hóchstwahrscheinlich dem M. levator palp. sup. zuzu- rechnen sind, da sie direkt an der Einstrahlung der elastischen Platte in das 3. Lid gelegen sind. Schlussbetrachtung. Auf Grund meiner Ausführungen móchte ich zum Schluss folgende Zusammenstellung der Verschiedenheiten im Aufbau der Lider der von mir untersuchten Vögel geben: Die dussere Decke der Augenlider, der Palpebra superior und inferior, ist bei allen Vögeln wie die übrige Haut mit Federn aus- gestattet, allerdings im Verhältnis zu der angrenzenden äusseren Haut in geringerem Grade. Im unteren Lide finden sich im Bereich der 248 H. A. Riehl, Konjunktivalplatte keine Federn mit Ausnahme des Raben, der auch an dieser Stelle dicht befedert ist. Als Cilen anzusprechende Epider- moidalgebilde, also Federchen mit stark reduzierter Fahne und fehlendem Afterschaft, sind bei allen Vögeln in der Nähe der äusseren Lidkante nachzuweisen. Der freie Lidrand zeigt beim Vogel in der Regel un- deutliche, d. h. m. o. w. stark abgerundete Lidkanten; solche fehlen den Lidern der Ente und des Uhu. Bei der Móve und der Ente liegen um die Cilienbálge im freien Lidrande besondere Bündel glatter Muskelfasern. Drüsen sind im Augenlid weder als Schweissdrüsen, noch als Talgdrüsen nachweisbar; naturgemáss fehlen auch die Ciliar- und Tarsaldrüsen. Das Epithel der dusseren Decke ist durchweg 2—4schichtig und platt, man unterscheidet an ihm ein Stratum ger- minativum, dessen Zellen polygonale Formen aufweisen, ein dünnes, aus platten verhornten Elementen aufgebautes Stratum corneum und ein meist dickes, sich zuweilen in Fetzen ablösendes Stratum mortifi- catum. Die äusserste Schicht ist bei Huhn, Taube, Rabe, Fink und Sperling bis zur äusseren Lidkante zu verfolgen, beim Uhu schlägt sie sich weit, über eine mindestens 7 mm messende Partie, auf die konjunk- tivale Fläche um, ebenso bei Ente und Möve, aber nur auf eine sehr kurze Strecke. Bei Huhn, Taube, Sperling und Fink wird das Epithel an der äusseren Lidkante m. o. w. unvermittelt bedeutend höher geschichtet, etwa 8—12schichtig. Beim Raben nimmt die Schichtung an der äusseren Lidkante nur allmählich zu, um an der inneren Kante den Höhepunkt zu erreichen. Ente, Möve und Uhu zeigen insofern andere Verhältnisse, als das Epithel der äusseren Decke schon basal vom freien Lidrande allmählich ansteigt. Ein Papillarkórper findet sich unter der äusseren Liddecke der Vögel nicht, bei der Taube tritt entlang des intermar- ginalen Raumes ein undeutliches Corpus papillare auf; bei allen anderen Vögeln jedoch ist ein solches erst auf der Innenfläche des Lides wahr- zunehmen. Das Epithel des Lidrandes ist in der Regel beim Vogel Träger einer deutlichen Pigmentation. Diese ist gewissen Schwan- kungen unterworfen. Beim Uhu zieht sich die Pigmentation weit über die innere Lidkante auf die Konjunktiva hinüber. Die Konjunktiva des Vogellides lässt sich ungezwungen in zwei Abschnitte zerlegen, in einen randseitigen oder limbalen und in einen basisseitigen oder orbi- Uber den Bau des Augenlides beim Vogel 249 talen Teil. Beide sind nicht ganz scharf voneinander zu trennen; es findet i. d. R. ein allmählicher Übergang im Epithel statt. Die glatte Pars limbalis conjunctivae ist zunächst meist mit einem etwas dünneren Epithel bedeckt als der freie Rand; davon machen nur die Ente und der Uhu eine Ausnahme, bei denen die hóchste Schichtenzahl erst basal von dem Margo internus an der Konjunktiva selbst erreicht wird. Die Epithelschichtung schwankt zwischen 6--7—8 und 10—12—14 Lagen. Unter diesen Zahlen halten sich die Schichten nur im oberen Lid vom Sperling und im unteren vom Finken. Charakteristisch für den Limbalteil ist die Gegenwart eines m. o. w. hohen Corpus papillare, das oft nahe der Grenze zum Orbitalteil besonders deutlich in Er- scheinung tritt. Es fehlt dem Finken im Oberlide und ist nur schwach im Unterlide desselben Tieres, des Sperlings und des Uhus entwickelt. Das Epithel ist in der Regel ein Plattenepithel, ein polygonales besitzt an der fraglichen Stelle das Oberlid vom Huhn, Taube und Sperling und das Unterlid vom Huhn und Taube. Nach der Pars orbitals con- jwnctivae hin nimmt das Epithel in seiner Schichtung weiterhin ab, zwischen 2—3 und 6—7—8 Schichten schwankend. Der Papillar- kórper ist meist verschwunden, das Epithel sitzt also der Propria glatt auf. Im übrigen ist der Orbitalteil in m. o. w. hohe Falten gelegt, die nur in der Nàhe der Konjunktivalplatte im Unterlide fehlen und am Hornix besonders deutlich in die Erscheinung treten. Das Epithel ist in der Hauptsache dem polygonalen zuzurechnen, das ab und zu in ein zylindrisches übergeht. Plattenepithel findet sich an der Orbital- bindehaut nur im Oberlide des Sperlings, nahe dem limbalen Rande der Konjunktivalplatte im Unterlide desselben Tieres und des Raben und abwechselnd mit polygonalem im Oberlide der Taube. Das Vorkommen von JBecherzellem im Epithel der Konjunktiva, Welches ja von manchen Autoren für pathologisch erklärt worden ist, von Stieda, Kölliker und anderen, aber beim Menschen und für die Säugetiere von Zietzschmann für normal angesprochen wird, muss ich auch für den Vogel für normal erklàren. Die Becherzellen, deren Vorhandensein Doenecke für den Sperling negiert, sind bei allen von mir untersuchten Vögeln im Lidapparat gefunden worden. Vom oberen Lid, das spärlicher mit Bechern bedacht ist als das untere, lässt sich 250 H. A. Riehl, im allgémeinen der Satz aufstellen, dass die nasale Hälfte des Lides reichlicher schleimproduzierende Elemente besitzt, als die temporale. Während in der nasalen Partie die Schleimzellen schon in der Pars limbalis vereinzelt und im übrigen sehr zahlreich auftreten, sind sie im mittleren Teile nur spärlich, und zwar in der Nähe des Fornix und im temporalen Teil an der gleichen Stelle nur äusserst selten nach- zuweisen; es gelten diese Verhältnisse vor allem für Huhn und Taube, wobei aber zu berücksichtigen ist, dass ziemlich beträchtliche indivi- duelle Schwankungen auftreten können. Ein gleiches Verhalten hat auch Zietzschmann bereits für die Sáugetiere nachgewiesen. Bei der Ente sind die Becherzellen im Oberlide in ganz bedeutender Anzahl nachzuweisen, man findet sie in der Pars orbitalis conjunctivae in grosser Ausdehnung, selbst bis in die temporalen Partien hinein. Dem- gegenüber fehlen beim Raben, der Móve, dem Finken, Sperling und Uhu im Bereich des oberen Lides schleimproduzierende Elemente voll- ständig. Viel zahlreicher treten die Becherzellen in der Bindehaut des unteren Lides auf. Am zahlreichsten sind sie bei der Ente und dem Finken vertreten. Viele finden sich auch beim Huhn und dem Sper- ling; bei der Taube, dem Raben und der Móve sind sie auf den For- nix beschránkt; die Móve dürfte am wenigsten schleimproduzierende Elemente in der Konjunktiva des unteren Lides zeigen. Beim Huhn ist wiederum der nasale Teil stárker durchsetzt als der temporale. In der Konjunktiva treten bei fast allen Vogeln Lymphzellen auf als Einlagerungen der bindegewebigen Propria. Im oberen Lide zunächst fehlen sie allerdings in der Regel, so bei Taube, Rabe, Ente, Móve, Fink, Sperling und Uhu. Nur das Huhn zeigt in den nasalen Partien seines Oberlides diffuse Ansammlungen, die als subepithelialer Streifen in die Erscheinung treten und zuweilen zu Follikeln sich zusammen- lagern. Anders im unteren Lide, das bei sámtlichen Vógeln in der Gegend des Fornix eine cytogene Konjunktiva besitzt. Meist sieht man am Fornix in der ganzen Breite des Lides m. o. w. gleichmässige Infiltration von Zellen mit verschiedengradiger Follikelbildung; dagegen kann man aber beim Huhn beobachten, dass nasal und auch temporal von der Konjunktivalplatte stàrkere Ansammlungen sich finden als in dem mittleren Teile des Lides. Es sind das die Stellen, die makro- Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 251 skopisch eine deutliche Wulstbildung erkennen lassen. Besonders nasal treten die Follikel dort in so grossen Mengen auf, dass sie zu mehreren Lagen übereinander geschichtet sind. Besonders bemerkens- wert sind beim Huhn, der Ente und der Möve eigentümliche drüsen- artige Bildungen im Bereich der dichten Lymphzelleinlagerungen des unteren Lides, die man mit den Henleschen Drüsen des Menschen und der Säuger vergleichen kann. Es finden sich dort Einstülpungen der Oberfläche, die mit dem mehrschichtigen Epithel der Konjunktiva ausgekleidet sind und demnach sogenannte Arypten darstellen, also nicht mit echten Drüsen zu vergleichen sind. Stets trifft man sie nur in cytogener Grundlage, und man kann beobachten, dass in solchen Gängen, die z. T. verästelt und mit flaschenartigen Enderweiterungen ausgestattet sind, auch Lymphzellen die Epitheldecke durchbrechen, entgegen den Funden auf der freien Oberflàche. An der freien Ober- flàche kommt es nur zu einer Einwanderung von Lymphzellen zwischen die Epithelzellen der tieferen Schichten, die ihrerseits oft so stark verdrángt werden, dass eine basale Grenze des Epithels vóllig ver- loren geht. Die oberflächlichsten Lagen dagegen, die meist platten Charakter haben, bilden eine zusammenhängende ununterbrochene Decke, durch die Lymphzellen nicht austreten. Den Lymphzelleinlagerungen sind ganz ähnlich wie bei den Säugern auch eosinophile Elemente beigemischt. Regeln über typisches Auftreten bei den einzelnen Vógeln lassen sich nicht aufstellen. Sie dringen mit den Lymphzellen in das Epithel ein, in den Follikeln fehlen solche. Von einem Rinnensystem, wie es Stieda beim Menschen beschreibt und wie es ähnlich auch bei Säugetieren gefunden wird, kann man beim Vogel nicht sprechen. Es sind wohl Schleimhautfalten am Grunde der Lider und speziell in der basalen Zirkumferenz der Konjunktivalplatte des Unterlides zu be- obachten, sie stehen aber meist nicht in engerem Verhältnis zur Aus- bildung der cytogenen Einlagerungen. Ein Bruchscher Haufen, wie er unter den Säugern dem Rinde und Schafe zukommt, existiert beim Vogel demgemäss ebensowenig. Der zentrale Teil des Lides wird bei allen Tieren von Binde- gewebe ausgefüllt, in welches Gefässe, Nerven und die Muskulatur ein- gebettet sind. Dem Lidgrunde ist sowohl im oberen, wie im unteren 252 H. A. Riehl, eine stützende, sehnige Platte eingelegt, die querziehend eine Verbrei- terung der knóchernen Orbita bildet und günstige Ansatzverhältnisse für beide Lider schafft. Es ist das die dorsale und die ventrale Orbitalplatte, die besonders bei der Taube weit in den unteren Lid- körper zieht. Im übrigen finden sich randwärts verlaufende Bindegewebs- fasern, zwischen denen pigmentierte Bindegewebszellen in individuell verschieden starker Ansammlung besonders unter der äusseren Haut und entlang des intermarginalen Saumes eingelagert sind. Bei der Move und dem Finken schieben sie sich ausserdem am Limbus zwischen die Epithelzellen der Decke vor. Im Zentrum ist das Binde- gewebsgeflecht mit Ausnahme der Move bei allen Vögeln lockerer und oft im Grunde oder am Lidrande (Huhn und Taube) oder auch fast im ganzen Lid (Uhu) mit Fettzellen durchsetzt. Dem unteren Lide ist ausserdem als Stütze eine feste derbe Platte eingelagert, die dicht der Bindehaut anliegt und mit derselben sich leicht abheben lässt, die Tabula conjunctivae, Bindehautplatte. Sie ist dem Tarsus des Men- schen nicht gleichzustellen. Sie wird gebildet von einem dichten Ge- flecht feinster, im Schnitt fast homogen erscheinender Bindegewebs- fasern, in die vereinzelte runde oder spindelfórmige Zellen eingelagert sind. Nur beim Raben und der Ente sind die Bindegewebszellen reichlicher vorhanden. Bei Huhn, Ente, Móve, Rabe, Fink, Sperling und Uhu ist die Platte wohl ausgebildet, nur im Taubenlide hebt sie sich kaum vom Zentralgewebe ab, da sie dort ein nur wenig festes Gefüge zeigt. Ihre Innenfläche überzieht die Konjunktiva faltenlos. Ihr freier Rand kann im Schnitt m. o. w. von der Zentralschicht durch Einschiebung des Konjunktivalepithels abgehoben sein. Es ist das eine Erscheinung, die als Kunstprodukt zu erklären ist, die aber dafür spricht, dass Platte und Bindehaut eng zusammengehóren, da die Platte der Bindehaut fester angelagert ist als dem Grundgewebe des Lides. Die Blutgefásse des Lides zeigen insofern ein eigenartiges Verhalten, als sie bei allen Tieren mit Ausnahme der Móve im Lid- rand ein feines Geflecht kleinster Gefásse von Kapillargrösse bilden, die aber muskulöse Wandungen zeigen. Auch die Konjunktivalplatte wird von reichlichen Gefässen durchzogen. Am freien Lidrande der Ente und Möve lässt sich in der Grundmasse ausser den eventuell Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 252 vorkommenden muskelhaltigen Gefássen noch ein selbständiges Geflecht- werk organischer Fasern nachweisen, das oben schon erwähnt wurde. Im übrigen ist das Bindegewebe der Zentralschicht von vielen elu- stischen Fasern durchsetzt, welche sich besonders entlang den Lid- oberflächen zu einem dichteren Geflecht vereinigt vorfinden, also eine subepitheliale Verdichtung erfahren, während sie im übrigen mehr ver- einzelt auftreten. Beachtenswert ist ihr Verhalten zu den Muskeln der Lider. Diese werden in ihren Bündeln so innig durchflochten, dass sie gleichsam in Scheiden elastischen Gewebes eingebettet sind. Was die Muskulatur der Lider des Vogels anbelangt, so muss betreffs der Art derselben der Ansicht älterer Autoren (Leuckart, Doenecke) widersprochen werden. Der Musculus orbieularis, der Kreismuskel der Lidspalte des Vogels, ist stets ein nur aus organischen Fasern aufgebauter Muskel, kein quergestreifter. Er gehört ja be- kanntermassen wie auch bei den Säugetieren zu den sogenannten Hautmuskeln. Diese bauen sich bei den Säugern aus quergestreiften Fasern auf; dementsprechend ist auch der Kreismuskel der Säugetiere ein quergestreifter. Nach Moser sind aber die echten Hautmuskeln der Vögel, d. h. diejenigen, die nie von Teilen des Skeletts oder von den übrigen Muskeln entspringen, aus glatten Elementen zusammen- gesetzt, und so wird es verständlich, dass auch der Hautmuskel der Lider, der Musculus orbicularis dieser Tiere, aus organischen Zellen sich aufbaut. Der Kreismuskel verläuft parallel zur Lidspalte. Er bildet eine dünne Platte glatter Muskelfasern, die im basalen Teil noch unzusammenhängende, unbedeutende Bündel zeigt; lidrandwärts werden die Bündel stärker und die Platte zusammenhängend; hier ist der Muskel zuweilen erheblich angeschwollen. Er ist dicht unter der äusseren Haut gelegen und von der Konjunktivalplatte im unteren Lide durch eine schmale Bindegewebsschicht getrennt; er tritt also entgegen den Behauptungen Leuckarts nicht mit der Bindehaut in Berührung. Wie schon erwähnt, ist er vollständig von elastischen Fasern durchflochten. Ausser diesem Muskel sind in die Haut des Lides natür- lich noch Federbalgmuskeln eingelagert, die bei der Ente besonders stark ausgebildet sind. Der Musculus levator palpebrae superioris, der Heber des oberen Lides, besteht ebenfalls, entgegen der Meinung 254 H. A. Riehl, Doeneckes, bei allen von mir untersuchten Vogeln nicht aus quer- gestreiften Muskelfasern, sondern durchweg aus organischen Elementen. Der M. levator palp. sup. ist ein schwacher Muskel, der seine Lage mehr nach der Innenfläche des Lides zu hat. Er entspringt aus einer elastischen Platte, welche aus dem Innern der Orbita kommt und in der Hauptsache in das dritte Lid einstrahlt. Sein Ende findet der Muskel ungefähr in der Höhe der grossen Hauptlidfurche zwischen der Orbikularisplatte und der Konjunktiva. Ein eigenartiges Verhalten zeigt der Heber des oberen Lides bei Rabe und Ente, bei denen er in halber Hóhe des Lides, vom Fornix der Nickhaut aus gerechnet, den M. orbicularis durchbohrt und sich an der äusseren Oberfläche des letzteren eine Strecke hinzieht, bis er etwa in der Hóhe der limbusseitigen wulstartigen Verdickung des M. orbicularis, zwischen diesem und der äusseren Decke gelegen, endet. Nach Ansicht Leuckarts soll in der Tiefe der Orbita der M. levator palp. sup. mit dem M. depressor palp. inf. aus einer gemeinsamen Muskelmasse entspringen. Ich kann mich dieser Meinung nicht anschliessen. Denn es ist der M. levator palp. sup. ein vollkommen aus glatten Elementen aufge- bauter Muskel, der M. depressor palp. inf. hingegen ist im Grunde wenigstens ein quergestreifter. Eine gemeinschaftliche muskulüse Quelle für beide Muskeln wäre schon aus diesem Grunde nicht denkbar. Nach meinen Untersuchungen ist der M. depressor palp. inf. vielmehr in seinem Basalteil von einem elastischen Band begleitet, welches ihm ebenso wie dem Heber des oberen Lides als Ansatzstelle dient. Also nicht muskulós sind sie verbunden, sondern vielmehr durch eine ela- stische Platte. Der Musculus depressor palpebrae inferioris ist also, wie schon erwühnt, ein starker quergestreifter Muskel, wie es ja auch alle früheren Autoren angegeben haben. Hierzu muss aber ergänzt werden, dass der Muskel nicht durchweg ein quergestreifter ist, sondern dass er bei Huhn, Taube, Rabe, Ente, Móve, Fink und Sperling in seinem limbal gerichteten Ende in glatte Fasern übergeht. In der Regel ist dieser aus organischen Elementen aufgebaute Endteil nur kurz, beim Huhn hingegen beträgt er etwa !/, der Gesamtlänge des Muskels, und er über- wiegt an Ausdehnung sogar dem willkürlichen Teile gegenüber bei der Móve. Nur beim Uhu konnte ich ein glattes Ende nicht wahrnehmen. Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 255 Das dritte Lid, die Palpebra tertia, ist eine Bindehautduplikatur, im nasalen Lidwinkel angebracht, die mit der im Halbkreis gebogenen Basis dem Grunde des Bindehautsackes aufsitzt, dort also sich erhebt zwischen Fornikal- und Skleralbindehaut. Die blattdünne Duplikatur ist im versenkten und gefalteten Stadium einer halbmondförmigen Klappe mit konvexer Basis und konkavem freien Rande gleich, die zusammengelegt als Sichel dem Bulbus nasal angelegt ist und mit dem temporal gerichteten dorsalen und ventralen Fortsatz bis über die Mittelebene des Bulbus hinreicht, sich dort allmáhlich verlaufend. Im horizontalen Meridian ist die Falte am hóchsten, denn im entfalteten Stadium schiebt sie sich zwischen Bulbus und Lidern derart temporal vor, dass sie den Bulbus im gesamten Bereiche der Lidspalte bedeckt. Zu ihrer Bewegung dienen die beiden bekannten Mm. pyramidalis und quadratus, die dem Bulbusgrunde hirnseitig anliegen. Des ersteren Sehne tritt an den ventralen Zipfel des dritten Lides heran. Die Nickhaut besteht als Bindehautfalte aus zwei Schleimhautplatten. Diese stossen aber am freien Rande der Bildung nicht in einfachem spitzen Bogen zusammen, sondern der freie Rand ist eigenartig ver- breitert, in zwei scharfe Ränder ausgezogen. Auf diese Weise entsteht längs des konkaven freien Nickhautrandes eine flache saumartige Platte. Diese ist der Palpebra tertia derartig schief angesetzt, dass die eine Kante basal gerichtet ist und sich der lidseitigen Nickhaut- fläche anlegt, während die zweite basisabseitige Kante gleichzeitig den freien Rand des dritten Lides darstellt. Es entsteht also auf diese Weise ein zweikantiger Randsaum, Zimbus bimarginatus, der bei der Bewegung der Nickhaut auf der Lidkonjunktiva schleift, vielleicht ein festeres Anhaften an der Lidfläche bedingt und sicher dem Rande eine gewisse Steifheit verleiht. Im mittleren Teil dieser Gleitfläche ist der Randsaum etwas erhaben, so dass er sich der Konkavität der inneren Lid- fläche noch besser anschmiegen kann und somit seine Aufgabe, Reinigung der inneren Lidfläche, denkbar günstig erfüllen kann. Die in ziemlich grobe Falten gelegte lidseitige Fläche der Palpebra tertia trägt im mitt- leren und dorsalen Teile (also im Bereiche des Oberlides) ein flaches, besonders auf der Oberfläche der parallel zum Rande verlaufenden Falten plattes, bei allen Vögeln ca. 3 5—8schichtiges Epithel. Nur in den 256 H. A. Riehl, Tälern und am Fornix sind die Zellen an der Oberfläche polygonal ge- formt und meist etwas mehr geschichtet. In der ventralen Abteilung der lidseitigen Flàche der Nickhaut dagegen, d. h. in dem Teil, der sich vom unteren Lid auf das Stroma des 3. Lides umschlägt und von der Palpebra inferior bedeckt ist, ist das Epithel sowohl am Fornix wie auf der sich anschliessenden lidseitigen Nickhautfläche kubisch bis zylindrisch und von zahlreicheren Becherzellen durchsetzt, als dies im Bereiche des oberen Lides der Fall ist; dort finden sich nur bei der Ente gróssere Mengen von Bechern im Epithel, während bei allen anderen Vügeln (exkl. Uhu) diese Elemente nur äusserst spärlich vertreten sind. Die Bindehaut der bulbusseitigen Flüche des 3. Lides ist in wesentlich feinere Falten gelegt, die schmale Rinnen zwischen sich bilden und von einem 2—4schichtigen polygonalen bis zylindrischen Epithel im ganzen Bereiche der Konjunktivalfalte bedeckt; es bestehen also an dieser Flàche keine regionären Verschiedenheiten, wie leicht ersichtlich ist. Hier finden sich besonders bei Ente, Taube, Sperling und Uhu sehr zahlreiche Becherzellen, weniger bei Huhn, Rabe, Móve und Fink. Das bindegewebige Stützeerüst der Nickhaut ist reichlich mit elastischen Fasern ausgestattet, die zum grossen Teil von der oben schon be- sprochenen, zentral oder näher der bulbusseitigen Oberfläche liegenden festen elastischen Platte stammen, welche aus der Orbita in die Nick- haut einstrahlt und sich allmählich in derselben auflóst; am freien Rande sendet sie divergierende Faserzüge nach den beiden Saum- rándern aus. Am basisabseitigen (freien) Rande der Saumplatte ist das Grundgewebe bei allen Vógeln mit Pigment beladen, das an Binde- gewebszellen gebunden ist, ausserdem aber beim Finken auch in der basalen Saumkante und im Grundgewebe des gesamten dritten Lides ziemlich reichlich vorkommt. Alle Vógel besitzen endlich auch nicht unbedeutende kórnige Pigmentablagerungen im Epithel auf der Hóhe des basisabseitigen Randes dieser Platte; nur beim Huhn und dem Sperling sind diese Zelleinschlüsse schwach ausgebildet. Knorpelgewebe findet sich in der Grundsubstanz des 3. Lides nicht; desgleichen fehlen auch jegliche Drüsen, speziell die von Fumagalli be- schriebenen tubulósen Nickhautdrüsen bei Huhn und Taube. Vergleicht man zum Schluss die beim Vogel gewonnenen Resultate Uber den Bau des Augenlides beim Vogel. 257 mit den Verhältnissen des Aufbaues der Lider beim Säuger und Menschen, so kommt man zu der Anschauung, dass in vielen wesentlichen Punkten der Aufbau der Lider ein übereinstimmender ist. Nur in wenigen Punkten gehen Vogel und Säuger in dieser Richtung auseinander. Das 3. Lid allerdings ist davon auszunehmen, da dieses bei Mensch, Sáugetier und Vogel schon makroskopisch in ganz verschiedener Weise ausgebildet. ist. Zum Schluss wären als wesentliche Unterschiede der Augenlider der Vogel von denen der Stiuger kurz hervorzuheben: 1. Jegliche Drüsen fehlen in der äusseren Decke der Vogellider, demgemäss auch die Ciliar- und Tarsaldrüsen, die bei Mensch und Säuger wohl ausgebildet sind. 2. Der Musculus orbicularis des Vogellides ist ein glatter Muskel, wie alle eigentlichen Hautmuskeln des Vogels; bei Mensch und Sàugern ist er aus dem gleichen Grunde ein quergestreifter. 3. Der Musculus levator palpebrae superioris des Vogels ist ein glatter Muskel; er ist der Lage nach mit dem Musculus tarsalis superior der Mammalier zu vergleichen; dieser ist beim Menschen glatt, beim Pferde glatt, bei allen anderen Tieren gemischt. 4. Der Musculus depressor palpebrae inferioris des Vogels ist i. d. R. ein gemischter Muskel; der mit ihm zu vergleichende Musculus tarsalis inferior ist bei Mensch und Säugetier stets glatt. 5. Es fehlt dem Vogellide ein Tarsus, analog dem Fehlen der Tarsaldriisen; das untere Lid wird aber durch eine eigenartige Platte, die Tabula conjunctivae, gestiitzt. Der Tarsus des Menschen und der Säuger ist dieser Konjunktivalplatte nicht gleichzustellen. 6. Am freien Rande des 3. Lides des Vogels kommt ein eigen- artiger Randsaum, Limbus bimarginatus, vor, der den Säugern fehlt. 7. Im Gerüst des 3. Lides des Vogels tritt eine elastische Platte auf, die dem Sàuger fehlt. 8. Im 3. Lide des Vogels fehlt jegliches Knorpelgewebe, das die palpebra tertia des Sáugers stützt. Mit den Lidern der Süuger stimmen die Lider des Vogels in folgenden Punkten überein: 1. Das Vogellid ist mit Cilien ausgestattet, ähnlich den Verhält- nissen bei Mensch und Säugern. Internationale Monatsschrift f. Anat.u. Phys XXV. 17 258 H. A. Riehl, Über den Bau des Augenlides beim Vogel. 2. Die Konjunktiva des Vogels lässt sich in zwei deutlich zu tren- nende Abschnitte zerlegen, in die Pars limbalis und die Pars orbitalis; die Pars limbalis entspricht dabei der Pars tarsalis des Menschen und der Säuger. | 3. Am Vogellide kommen wie beim Menschen und Säuger in dem Konjunktivalepithel Becherzellen als physiologische Bildungen vor. 4. Am Vogellide kommen wie beim Menschen und Sàuger in der Propria der Konjunktiva Lymphzellen als pliysiologische Bildungen vor. 5. Bei einzelnen Vogelspezies finden sich analog den Henleschen Drüsen des Menschen und einiger Sáuger Krypten in der Konjunktiva. 2. J © OO 16. 17. Literaturverzeichnis. . Doenecke, Untersuchungen über den Ban und Entwicklung der Augenlider beim Vogel und Haifisch. Phil. Dissertation. Leipzig 1899. Eggeling, Zur Morphologie der Augenlider der Säuger. Jenaische Zeitschrift für Naturwissenschaften. Bd. 39. 1904. —, Zur Phylogenese der Augenlider. Verh. anat. Gesellschaft. 18. Vers. Jena. S. 163. —, Nochmals zur Morphologie der Augenlider. Anat. Anz. Bd. 29. Nr. 1/2. S. 95. . Enzyklopádie der mikroskopischen Technik mit besonderer Berück- sichtigung der Färbelehre von Ehrlich, Krause, Mosse, Rosin und Weigert. 1903. . Enslin, Die Histologie der Caruncula lacrimalis des Menschen. Arch. f. Augen- heilkunde. Bd. 51. S. 253. . Fumagalli, Über die feinere Anatomie des dritten Augenlides. Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Physiol. Bd. 16. p. 129. 1899. . Gadow, Dr. H. G. Bronns Klassen und Ordnungen des Tierreiches. . Grunert, Der Dilatator pupillae des Menschen. Arch. f. Augenheilkunde. Bd. 96. S. 919. 1898. . Heerfordt, Studien über den Musculus dilatator pupillae. Anatom. Hefte. Nr. 14. S. 487. 1900. . Koelliker, Handbuch der Gewebelehre des Menschen. Leipzig 1902. . Leuckart, Organologie des Auges. Graefe-Saemisch, Handbuch der gesamten Augenheilkunde. Bd. 2. 1876. . Moser, Die Haut des Vogels, Handbuch der vergleichenden mikroskopischen Anatomie der Haustiere. Herausgegeben von Ellenberger. Berlin 1906. . Müller, Über den Akkommodationsapparat der Vögel. Arch. f. Ophthalmologie. BARS MMM S3 25 1897. . Nakagawa, Über echte Papillen in der normalen Konjunktiva. Arch. f. Augen- heilkunde. Bd. 47. S. 51. 1903. von Pflugk, Über die Akkommodation des Auges der Taube nebst Bemer- kungen über die Akkommodation des Affen (Macacus cynomolgus) u. des Menschen. (Habilitationsschrift, Dresden.) Wiesbaden 1906. von Szili, Beitrag zur Kenntnis der Anatomie und Entwicklungsgeschichte der hinteren Irisschichten mit besonderer Berücksichtigung des Musculus sphincter pupillae des Menschen. v. Graefes Arch. f. Ophthalmologie. Bd. 53. H. 3. S. 439. 1902. 178 260 H. A. Riehl, Über den Bau des Augenlides beim Vogel. Zietzschmann, Vergleichende histologische Untersuchungen über den Bau der Augenlider der Haussáugetiere. v. Graefes Arch. f. Ophthalmologie. Bd. 58. 1904. —, Zur Frage des Vorkommens eines Tarsus im Lid der Haussäugetiere. v. Graefes Arch. f. Ophthalmologie. Bd. 59. 1904. — Über die acidophilen Leukozyten (Kórnerzellen) des Pferdes. (Habilitations- schrift, Dresden.) Internationale Monatsschrift f. Anat, u. Physiol. Bd. 22. S 11905 . —, Das Sehorgan. Handbuch der vergleichenden mikroskopischen Anatomie der Haustiere. Herausgegeben von Ellenberger. Berlin, Parey, 1906. Fig. Fig. Fig. Fig. Erklärung der Abbildungen. Senkrechter Schnitt. durch die hirnseitige Bulbushälfte in der Hóhe der Lintrittsstelle des Sehnerven vom Raben. Hämatoxylin-Eosin-Färbung. Sublimat. Lupenvergrósserung. « = Sklera mit der Knorpelschale; h = Chorioidea; c = Retina; ¢ = Nervus opticus; e = Pekten; f — M. quadratus; g = dessen schlauchförmige Sehne; A = Sehne des M. pyra- midalis. Unteres Lid vom Huhn. Sagittalschnitt nasal von der Konjunktivalplatte. Hämatoxylin-Eosin-Färbung. Sublimat. 45:1. «= M. orbicularis palpe- brarum; b = M. depressor palpebrae inferioris; c = diffuse Lymphzell- einlagerungen in der Pars orbitalis der Konjunktiva; d — Lymphfollikel; e — Pars limbalis der Konjunktiva. Sagiltalschnitt durch das untere Lid des Huhnes, im der Hóhe des lid- randseitigen Endes der Konjunktivalplatte. Resorcin-Fuchsin-Firbung. Sublimat. 45:1. «= Konjunktivalplatte; 6 = Konjunktiva; ¢ = äussere Haut mit dichterem subepithelialen Geflecht elastischer Fäden; d = elastisches Netzwerk um die Bündel des M. orbicularis. Schnitt durch die basale Partie der Conjunctiva orbitalis des Huhnes. Hämatoxylin-Eosin-Färbung. Sublimat. 120:1. «= Epithel; b = Ober- flächeneinstülpungen (Krypten); c = gehäufte Lymphzelleinlagerungen. Sagittalschnitt durch die mittlere Partie des unteren Lides der Taube. Hämatoxylin-Eosin-Färbung. Sublimat. 20:1. a = äussere Haut (im Schnitt war zufällig keine Feder getroffen); è = Konjunktiva mit Lymph- zelleinlagerungen; c = M. orbicularis; d = quergestreifte Portion des M. depressor palp. inf.; e — glatte Portion des M. depressor palp. inf.; f— undeutlich ausgebildete Konjunktivalplatte; 4 = ventrale Orbitalplatte; h = äussere Lidkante; © = innere Lidkante. Sagittalschnitt durch die mittlere Partie des oberen und 3. Lides der Taube. Resorcin-Fuchsin-Fiirbung. Sublimat. 25:1. 4 = elastisches Geflecht um den M. orbicularis; è = Geflechtwerk des freien Lidrandes; c = starke elastische Platte des 3. Lides, die aus der Orbita kommt; d = Ursprungssehne des M. levator palp. sup.; e — Randsaum; f= Haupt- falte der äusseren Haut. Conjunctiva orbitalis des oberen Lides der Taube aus der temporalen Partie, nahe dem Fornix geschnitten. Delafieldsches Hämatoxylin-Färbung. Sublimat. 450:1. «= Zylinderzellen; è = Becherzellen. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 10. 11. 12. H. A. Riehl, Über den Bau des Augenlides beim Vogel. Schnitt durch den Randsaum des 3. Lides der Ente. Hämatoxylin-Eosin- Firbung. Sublimat. 75:1. «= Lidseitiges Plattenepithel der Palpebra tertia; b = Plattenepithel der Gleitfläche des Randsaumes; € == Zylinder- epithel der bulbusseitigen Fläche des 3. Lides; d = gemeinsamer freier Rand des Lides und des Randsaumes, z. T. im Epithel, z. T. im binde- gewebigen Grundstock pigmentiert; e — basal gekehrter Rand des Saumes. Epithel aus der Conjunctiva orbitalis des unteren Lides der Ente (basal von der Konjunktivalplatte). Delafieldsches Hämatoxylin-Färbung. Sublimat. 450:1. «= Becherzellen; ) = Oberflächeneinsenkung, hervor- gerufen durch vóllige Abstossung einer Becherzelle; c — zusammengepresste protoplasmatische Zylinderzellen. Conjunctiva orbitalis vom unteren Lide der Ente. Zone der starken Lymphzellinfiltration. Delafieldsches Hämatoxylin-Färbung. Sublimat. 650:1. «= einfache Lage platter Epithelzellen (Rest des verdrängten Epithels); è = Lymphzellen. Querschnitt durch den M. orbicularis der Move. Hämatoxylin-Eosin- Färbung. Sublimat. 300:1. a = glatte Muskulatur im Querschnitt; b = pigmentierte Bindegewebszellen in perivaskulärer Anhäufung. Querschnitt durch den M. depressor palp inf. der Move. Hämatoxylin- Eosin-Fárbung. Sublimat. 300:1. a = Bündel quergestreifter Musku- latur im Querschnitt. ara 2 (Aus dem anatomischen Institut in Dorpat.) Ein Fall von doppelseitigem Gastrocnemius tertius. Von Herbert von Haffner. (Mit 2 Textfig.) Die Muskelvarietäten des menschlichen Körpers, die wegen ihrer vielfachen Anregung zu vergleichend-anatomischen Studien immer ein lebhaftes Interesse beanspruchten, sind in neuerer Zeit durch ihre breitere Aufnahme in die Lehrbücher der deskriptiven Anatomie auch den Nichtanatomen und Studierenden mehr zugänglich gemacht worden, — ein Beweis wohl dafür, eine wie grosse Bedeutung man ihnen für das Verständnis der Norm zuschreibt. Einen kleinen Beitrag zu diesem Kapitel soll vorliegende Arbeit geben. Es handelt sich um eine doppelseitige Varietät des M. gastro- cnemius eines erwachsenen Mannes, die 1907 im Dorpater Präparier- saale beobachtet wurde. Das Präparat gelangte leider, wie das oft bei seltenen Anomalien geschehen mag, in nicht ganz fehlerlosem Zustande in meine Hände, allerdings war die Leiche auch nur zum Präparieren der Muskulatur bestimmt. A. und V. poplitea sind erhalten, doch fehlen alle Äste; vom N. tibialis ist nichts mehr zu sehen, was bei einer Muskelvarietät besonders zu bedauern ist, da nach Fürbringer u. a. die Muskeln als die Endorgane der Nerven zu betrachten sind. Da sich die Varietäten an beiden Extremitäten im wesentlichen ähnlich sind, genügt die Beschreibung einer Seite, während ich zur besseren Illustrierung beide Seiten abbilde. 264 Herbert von Haffner, An beiden Extremitüten bieten mit Ausnahme des Gastrocnemius die in der Kniegegend sich anheftenden Muskeln keinerlei Abweichung von der Norm und kónnen deshalb bei der folgenden Beschreibung unberücksichtigt gelassen werden. Das Caput laterale des Gastrocnemius hat seinen Ursprung am Epicondylus lateralis; die ziemlich schmächtige Ursprungssehne zieht nach hinten unten medial, bedeckt die laterale Partie des Condylus lateralis und verläuft dann, schon am Condylus in seiner Hauptmasse fleischie geworden, lateralwärts und neben dem M. plantaris, bis zu seiner Vereinigung mit dem medialen Kopfe; jedoch bedecken recht starke Sehnenfasern die hintere Fläche des lateralen Kopfes während seines selbständigen Verlaufes. Die Breite der Ursprungssehne des Caput laterale ist 1,9 cm, die Lànge des freien lateralen Bauches 16 cm. Das Caput mediale hat einen doppelten Ursprung. Einmal den normalen — vom Epicondylus medialis mit kräftiger Sehne beginnend, über den Condylus medialis und die Gelenkkapsel hinwegziehend und schon in der Hóhe des oberen Randes des Condylus sich mit dem akzessorischen Bündel vereinigend. Dieses, der sog. Gastrocnemius tertius, entspringt mit einer 1 cm langen, schwachen Sehne vom Labium mediale der Linea aspera in der Hóhe der Mitte des Planum popliteum, 4 cm über dem normalen Ursprunge liegend. Die anfangs schwache Sehne geht bald in Muskelsubstanz über, und zwar in ein breites flaches Band, das sich an obengenannter Stelle mit dem normalen Ursprungsbündel vereinigt. Das akzessorische Bündel ist 4,5 em lang. Es macht in seiner flachen Masse eine Drehung, indem es zuerst bis zur Passage durch die Gefässe inkl. sagittal verläuft und erst nach dem Durchtritt durch dieselben eine frontale Lage annimmt. Im Bereiche des starken dicken Caput mediale, das an Umfang das late- rale um das Doppelte übertrifft, lassen sich noch bis zur gemeinsamen Sehne, die, wie normal, den Soleus in sich aufnimmt, zwei fest mitein- ander verwachsene, jedoch sichtlich gesonderte Portionen unterscheiden — eine sehnige vom normalen, eine fleischige vom überzáhligen Ursprung. Die Vereinigung des Caput laterale und mediale findet an der Grenze zwischen oberem und mittlerem Drittel des Unterschenkels statt, bietet also nichts Auffälliges. Kin Fall von doppelseitigem Gastrocnemius tertius, 265 Die Poplitealgefässe, die noch im Adduktorenschlitz eine gegen- seitig normale Lage einnehmen, teilen sich gleich unter ihm und ver- laufen von hier an getrennt, indem die Vene lateral, die Arterie medial vom Gastrocnemius tertius ihren Weg nimmt, somit durch die von den beiden Ursprüngen und der Linea aspera gebildete ovale Pforte hindurchzieht. Nachdem beide Gefüsse in ihrem Verlaufe das R. Bein o 1. Caput mediale m. gastrocn. 2. Caput laterale m. g 3. Gastrocnemius tertius. 4. Plantaris. 5. Soleus. 6. Biceps femoris. 7. Semimembranosus. 8. Semiten- dinosus. 9. Gracilis. akzessorische Bündel eng umschlossen haben, liegen sie unter ihm in einer-gemeinsamen Gefässscheide wieder vereint. Eine derartige Trennung von Arterie und Vene durch einen Muskel ist an sich nicht überraschend und findet in A. und V. sub- clavia, die durch den M. scalenus ant. voneinander geschieden sind, ihr Analogon; es kommt jedoch auch bei diesen Gefüssen vor, dass beide gemeinsam vor oder hinter dem Scalenus ihren Weg nehmen, was also der Norm der Poplitealgefässlage entsprechen würde. Die 266 Herbert von Haffner, getrennte Lage der Poplitealgefásse verliert noch mehr an Sensation, wenn man in Betracht zieht, dass diese Gefässe im embryonalen Stadium auch nicht in eine gemeinsame Scheide gehüllt sind, sondern etwas voneinander entfernt liegen. Im vorliegenden Falle ist also die gegenseitige embryonale Lage der Poplitealgefässe infolge eines Gastro- cnemius tertius verblieben. Dass bei Kontraktion des Gastrocnemius tertius irgendein Druck auf Arterie oder Vene am Lebenden stattgefunden hatte, ist nicht anzunehmen, denn obgleich die Arterie dem Schlitz der beiden Ur- sprünge eng anliegt und die Vene im weiteren Verlaufe vor dem akzessorischen Bündel lieet, wird bei Spannung dieses Bündels an der Leiche die Lage und das Lumen der Gefässe nicht geändert. Bei Flexion im Kniegelenk gleitet das überzählige Bündel zwischen den Gefüssen nach oben. Irgendwelche Änderungen im Mechanismus werden durch das Vorhandensein eines Gastrocnemius tertius nicht hervorgerufen, denn der Gastrocnemius ist ja nur eine anatomische, jedoch keine mechanisch-physiologische Einheit. Allerdings könnte durch die doppelt starke Entwicklung des Caput mediale die mit der Plantarflexion zusammenhängende Adduktion des Fusses mehr zum Ausdruck kommen. Bei einem Vergleiche der vorliegenden Varietät mit den Dar- stellungen, die der Gastroenemius bei den Autoren erfährt, fällt es auf, dass der meist bedeutend stärkeren Entwicklung des Caput mediale nicht überall erwähnt worden ist, wo doch die Differenz sich selbst bis zum Fehlen des Caput laterale steigern kann; allerdings wird von Hyrtl und Henle der verschieden grosse Umfang der beiden Bäuche betont. Das Vorhandensein eines Gastrocnemius tertius ist, wenn man die von Henle gegebene Beschreibung des Gastrocnemius als Norm annimmt, nicht überraschend. Nach ihm dehnt sich der Ursprung des Caput mediale auf das Planum popliteum aus: „von dem Tuberculum supracondyloideum oberhalb des Condylus entspringt ein zweiter platter Zipfel, der sich unter spitzem Winkel mit der Sehne vom Epicondylus vereinigt.“ Es entspricht dieser Zipfel ungefähr dem „überzähligen“ Bündel des voriiegenden Falles, wenn auch hier eine Sonderung der beiden Ursprünge augenfälliger ist. Ein Fall von doppelseitigem Gastrocnemius tertius 261 Ein Gastrocnemius tertius ist schon häufie an menschlichen Leichen beobachtet worden, die Literatur weist mehrere Fälle dieser Varietät auf. Smith, Howse und D. Colley sahen dieses überzählige Bündel vom Planum popliteum entspringen; H. Virchow hat einen ganz ana- logen Fall beobachtet. Terrier und Walsham haben ein überzähliges Bündel angetroffen, das vom Labium mediale der Linea aspera seinen Ursprung nahm. In einem Falle, den uns Quain meldet, und einem anderen von Kólliker und M. Flesch entsprang der Gastrocnemius tertius mit zwei deutlich getrennten Bündeln. Wood berichtet eleich- falls über einen Fall des gegabelten Gastrocnemius tertius: das eine Bündel nahm seinen Ursprung vom Ligamentum popliteum, das andere vom Planum popliteum. Hierher gehören auch die beiden Fälle von Chudzinski, der Gastrocnemius tertius beim Neger Maret, wo das überzählige Bündel mehr dem Caput mediale sich nähert; derselbe beim Neger Masseline, wo es sich deutlich dem lateralen Bauche an- schmiegt. In beiden Fallen fand die Insertion an der Stelle statt, wo Caput mediale und laterale sich miteinander vereinigten. Testut be- richtet über einen ähnlichen Fall vom Februar 1889, wo das über- zählige Bündel vom Planum popliteum, 2 cm medial von der lateralen Linea aspera, entsprang, von hier schrüg nach unten und medial zog und in die äussere Portion des Gastrocnemius medialis überging. Ssuss- loff beschreibt eine hier zu erwähnende Varietàt, die er 1901 im Petersburger Präperiersaale fand. Der Gastroenemius tertius nahm Seinen muskulósen Ursprung in der Mitte des Planum popliteum, 1,7 cm über dem Ursprunge des medialen Gastrocnemius-Bauches, zog nach unten und hinten, verjüngte sich allmählich zu einer schmalen bandartigen Sehne und ging an der Stelle der sehnigen Vereinigung beider Báuche in diese über. Es handelt sich also in den veróffentlichten Fallen um Varietàten, die der des vorliegenden Falles in mancher Hinsicht ähneln. Was den Ursprung angeht, so unterscheidet sich das zu behandelnde über- zählige Bündel kaum von denen von Terrier und Walsham, die In- sertion findet jedoch meist an der Sehne statt, welche die beiden Bäuche des Gastrocnemius miteinander vereinigt. Auch wird in allen Fallen nur von einseitig vorhandener Varietüt berichtet, während ein 268 Herbert von Haffner, hervorstechendes Charakteristikum der hier zu beschreibenden Varietàt ihre Doppelseitigkeit ist. Was Ruge über das beiderseitige Auftreten von Arterienvarie- täten sagt, lässt sich wohl auch mit Recht für ein solches der Muskeln anführen. „In der Doppelseitigkeit finden wir eine neue Bekräftigung der Anschauung, dass die Varietäten nicht durch zufällig auftretende Ursachen hervorgerufen sein kónnen. Die Tatsache dieser Varietäten- kombination drángt uns vielmehr wieder zu der Annahme hin, dass die für die Entstehung von Varietàten wirksamen Kräfte tief in die innerste Organisation eingreifende sein müssen, welche mit der bilate- ralen symmetrischen Einrichtung des Körpers im vollsten Einklange stehen.^ Auch Kollmann spricht sich dahin aus, dass, da die Musku- latur der Extremitüten bei einem sieben Wochen alten menschlichen Embryo schon zum grossen Teil die Verhältnisse wie bei dem Er- wachsenen zeigt, Varietäten schon beträchtlich früher angelegt sein müssen. Es führen uns obige Gedanken unwillkürlich ins Gebiet der ver- gleichenden Anatomie hinüber; haben keine zufälligen Ursachen die Varietät hervorgerufen, so sind wir genötigt, eine Aufklärung für ihr Bestehen in der Phylogenie des Menschen zu suchen. Vorerst jedoch einige Bemerkungen über die Art und Weise, wie einige Autoren, auch neuere, die Tierwelt zum Vergleiche heranziehen und benutzen. Schon Testut geht bei der Aufsuchung von Muskel- homologien über die Mammalia hinaus und zieht Vögel ins Bereich der Untersuchung; ganz heterogene Gebilde, die nur äusserlich über- einstimmen, werden von ihm homologisiert. Keineswegs anschliessen kann ich mich Ssussloff, der die von ihm beschriebene Varietät des Gastrocnemius mit der von Chudzinski angeführten vergleicht, hierbei betont, dass Chudzinski zweimal ein überzähliges Bündel des Gastro- enemius bei der Untersuchung von nur zwölf Negern gefunden habe, ein Gastrocnemius tertius konstant bei den Vögeln vorkomme, und aus all diesem den Schluss zieht, dass die Muskelorganisation der Neger dem Tiertypus näher stehe als diejenige der weissen Rasse. Schon Gadow fand bei seinen vergleichend-anatomischen Studien, dass eine direkte Vergleichung der Säugetiermuskeln mit denen der Vögel Ein Fall von doppelseitigem Gastrocnemius tertius. 269 zu wenig befriedigenden Resultaten führe, dass vielmehr „die Ver- eleichung auf dem Umwege über die tiefer stehende Klasse der Rep- tilien zu erfolgen habe“. Nun, auf diesem Umwege liesse sich ja ein Vergleich anstellen, ob aber ein solcher für die vergleichende Ana- tomie hier im speziellen Falle von Wert wäre, scheint mir zum mindesten fraglich. Ob der als M. gastrocnemius beschriebene Muskel der Vogel dem Triceps surae des Menschen, oder ob Pars externa et media dem M. gastrocnemius, die Pars interna dem Soleus entspricht, oder ob der Soleus den Vógeln fehlt und die Pars interna keinem Muskel des Menschen entspricht, wird auch von Gadow nicht ent- schieden. Wenn, wie jetzt als sicher angenommen wird, die Muskulatur des Menschen von den Amphibien abstammt, diejenige der Vögel von den Reptilien ihren Ursprung nimmt, so würde eine Vergleichung der Muskulatur des Menschen und der Vögel nur zum Homologisieren analoger Gebilde führen, die Muskulatur beider Gruppen liegt eben zu weit voneinander, als dass aus zufülligem Übereinstimmen einiger Gebilde Schlüsse gezogen werden dürften; man findet beim Vergleich bloss Analogien, die auf Anpassung, nicht aber Homologien, die auf Vererbung zurückzuführen sind. Ich meine deshalb, dass ein Vergleich nur im Bereich der Säugetiere bis zu den Monotrematen und den Amphibien geführt werden darf; nur in diesem Falle hat er seine volle Berechtigung und steht im Einklang mit der modernen Zoologie. Finden wir bei einem Tiere in obengenannten Grenzen einen Gastro- cnemius tertius als Norm oder häufige Varietàt, so ist das Vorhanden- sein eines solchen beim Menschen erklärt; wissen wir jedoch, dass ein dem Gastrocnemius tertius analoges Gebilde bei den Vógeln als Pars media des Gastrocnemius vorkommt, so ist zum Verständnis der Varietät nichts getan. Ein Vergleich der vorliegenden Varietät mit der entsprechenden Muskulatur der Amphibien führt zu wenig befriedigenden Resultaten. Bei den Urodelen, bei denen der Gastrocnemius (J. v. d. Hoeven) bloss einen lateralen Ursprung hat, d. h. vom Epicondylus lateralis femoris und von der ganzen Länge der Fibula entspringt, fehlt eine zum Ver- gleiche geeignete Portion vollständig; zudem entspricht nach Humphry 270 Herbert von Haffner, dieser Muskel den Gastrocnemius, Soleus, Plantaris und Flexor digi- torum brevis. Bei den Anuren finden wir zwei Köpfe am Gastro- cnemius, von denen der mediale bei weitem der stärkere ist, der laterale bloss einen dünnen Sehnenstrang vorstellt; in Ursprung und Ansatz sind jedoch beide zu einem Vergleiche mit der Varietàt nicht zu verwerten. Durchgehen wir die heihe der Mammalia, so sehen wir foleende Erscheinungsformen. Bei den Monotrematen (Echidna) hat der Gastroenemius nur einen Kopf, dessen Ursprung sich am Condylus internus femoris ausbreitet; bei Ornithorynchus wird der Soleus, der mit dem Gastrocnemius vereinigt gefunden wurde, von Meckel und Coues als áusserer Kopf des Gastrocnemius gedeutet. Bei den weiteren Formen der Mammalia finden wir eine ausserordentlich verschiedene Gestaltung des Gastrocnemius: Fehlen des lateralen Kopfes, Ubergreifen des lateralen Ursprungs auf die Fibula, alleiniger Ursprung des lateralen Kopfes von der Fibula; bald ist der mediale, bald der laterale Kopf stärker entwickelt. Bemerkenswert ist der Gastrocnemius der Dasyuridae, wie er von Mac Cornick und Cunning- ham gefunden wurde. Der laterale Bauch ist hier der stürkere, der mediale entspringt nicht nur vom Condylus femoris, sondern auch von der Facies poplitea. Bei den Primaten unterscheidet sich der Gastro- cnemius von demjenigen des Menschen nur durch eine viel geringere Stärke und bleibt meist fleischig bis zur Insertion. Beim Orang ent- springt der laterale Kopf von der hinteren und lateralen Fläche des Condylus externus im Verein mit dem Flexor communis digitorum fibularis (dem Flexor hallucis des Menschen). Wir finden also bei den Amphibien und Säugetieren kein Muskel- bündel, das einem Gastrocnemius tertius des Menschen gleichzustellen wäre. Da jedoch bei diesen Tieren der Ursprung des dem Gastro- cnemius des Menschen homologen Muskels in einem bestimmten Ge- biete in weiten Grenzen, darunter auch vom Planum popliteum statt- zufinden pflegt, andererseits beim Menschen sowohl das Caput mediale als auch das laterale sich nicht selten auf das Planum popliteum aus- dehnt, bin ich geneigt, die vorliegende Varietàt als Ausdruck dieses Sichausdehnens des Ursprungs des Gastrocnemius aufzufassen. Gegen eine derartige Auffassung scheint die seltsame Lage von Ein Fall von doppelseitigem Gastrocnemius tertius, 271 A. und V. poplitea zu sprechen, denn beim Hinaufrücken des Caput mediale wire eine Verschiebung beider Gefüsse lateralwürts die zu erwartende Folge. Dieses Hinaufrücken oder Sichausbreiten des Caput mediale fasse ich jedoch nicht so auf, als ob sich der Ursprung lateral- wärts stetig verbreitere und alles ihn dabei Störende in gleicher Richtung verdringe, sondern will damit nur sagen, dass in der An- lage des Caput mediale das Bestreben liegt, einen weiteren Raum als den Epicondylus med. allein einzunehmen, ungeachtet dessen, ob der verbreiterte Ursprung ein zusammenhüngendes Band ist oder aus einigen Bündeln besteht. Es erübrigt noch der merkwürdigen Lage der Poplitealgefässe zu erwähnen. Testut erläutert an zwei Beispielen, wie sehr die Muskelvarietäten und die durch sie veranlassten (refässverlagerungen bei Arterienunterbindungen von Bedeutung sein können. In den Lehrbüchern der operativen Chirurgie wird die innige Ver- bindung von A. und V. poplitea hervorgehoben und eine derbe (sefäss- scheide aus kurzem strafien Zellgewebe erwähnt, die die Isolierung der Gefässe erschwert. Eine von der normalen abweichende Lage der Poplitealgefüsse, wie sie durch einen Gastrocnemius tertius hervor- gerufen wird, erwähnt Testut und führt drei Möglichkeiten an: ent- weder verläuft das überzählige Bündel längs den Gefässen und bedeckt diese dadurch, oder das Gefässbündel wird schräg vom Muskel ge- kreuzt, oder drittens, wie in den Fallen von Terrier und Quain, geht der Muskel zwischen Arterie und Vene hindurch. Wie dort, so auch im vorliegenden Falle wáre eine sonst einfache Operation, wie die Unterbindung der A. poplitea, infolge der Isolierung und verschobenen Lage des Gefässes verwickelt geworden und hätte, da Vene und Arterie in der Kniekehle beides derbe Gefässe sind, leicht zu Ver- wechselungen führen kónnen. Wieder ein Beweis, wie wichtig die Varietäten der Gebilde des menschlichen Körpers nicht nur für den Anatomen, sondern auch für den Operateur sind; die häufigeren und praktisch wichtigen Varietäten sollten deshalb auch in den Hand- büchern der operativen Chirurgie Aufnahme finden. Literatur. . v. Bergmann und Rochs, Operationskursus an der Leiche. 1903. du Bois-Reymond, R., Spezielle Muskelphysiologie. 1903. Chudzinski, Des variations musculaires dans les races humaines. Revue d'anthropologie. Tome V, 622. 1882. Gadow, Beiträge zur Myologie der hinteren Extremität der Reptilien. Morph. Jahrb. Bd. VII. S. 329. —, Vögel. In: Bronns Klassen und Ordnungen. Ba. VL Abt. IV. Gegenbaur, Vergleichende Anatomie der Wirbeltiere etc. 1898. Henle, Handbuch der systematischen Anatomie des Menschen, Muskellehre. 1871. Hoffmann, Amphibien. In: Bronns Klassen und Ordnungen. Bd. VI. Abt. II. Hyrtl, Lehrbuch der Anatomie des Menschen. 1875. Kocher, Chirurgische Operationslehre. 1907. Kollmann, J., Handatlas der Entwicklungsgeschichte des Menschen. 1907. Langer, Die Muskulatur der Extremitäten des Orang etc. Sitzungsber. d. Wiener Akad. d. Wiss. LXXIX. Bd. III Abt. Heft 3. Leche, Mammalia. In: Bronns Klassen und Ordnungen. Bd. VI. Abt. V. Bd. I. . Rauber-Kopsch, Lehrbuch der Anatomie des Menschen. IIl. Abt. 1906. . Rotter, Typische Operationen. 1900. Ruge, Beiträge zur Gefässlehre des Menschen. Morph. Jahrb. Bd. IX. S. 384. Ssussloff, M. gastrocnemius tertius. Mitteil. d. Kais. Militàr-Med. Akademie. Bd. IV. April, Nr. 4. Petersb. 1902. Testut, Les anomalies musculaires chez l'homme. 1884. —, Les anomalies musculaires considérées au point de vue de la ligature des artéres. 1892. Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto) in Leipzig. Verlag von Georg Thieme in Leipzig. Vorlesungen über soziale Medizin ! Prof. Dr. Th. Rumpf, Bonn. M. 8.—, geb. M. 9 —. Der Praktiker. Ein Nachschlagebuch für die ärztliche Praxis von Dr. E. Graetzer, Berlin. M. 14.—, geb. M. 15.—. | Einführung in das Studium der Bakteriologie. Mit besonderer Berücksichtigung der mikroskopischen Technik von Prof. Dr. Carl Günther, Geh. Med.- Rat in Berlin. : Mit 93 Photogrammen. Sechste, vermehrte und verbesserte Auflage. M. 13.—, Halbfrz. geb. M. 15.80. EEFIRBUCH der allgemeinen Pathologie und all- gemeinen pathologischen Anatomie von Dr. R. Oestreich, Privatdozent und Prosektor des Königin Augusta-Hospitals in Berlin. Mit 44 Abbildungen und 11 Tafeln in Dreifarbendruck. M. 13.—, geb. M. 14.20. Die Simulation von Krankheiten und ihre Beurteilung. Herausgegeben und bearbeitet von | Geheimrat Dr. L. Becker, Berlin. M. 8.—, geb. M. 9.—. Verlag von Georg Thieme in Leipzig. Grundriss der physikalischen Chemie von Dr. Max Roloff, Privatdozent an der Universitàt in Halle. — Mit 13 Abbildungen. M. 5.—, geb. M. 6.—.. Roth's klinische Terminologie. Zusammenstellung der zurzeit in der klinischen Medizin gebräuchlichen technischen Ausdrücke, mit Erklárung ihrer Bedeutung und Ableitung von weil. Dr. Otto Roth. Siebte, vielfach verbesserte und stark vermehrte Auflage. Geb. M. 7.—. Vorlesungen über Wirkung und Anwendung der Unorganischen Arzneistoffe für Arzte und Studierende von Prot. Dr. Hugo Schulz, Geheimer Medizinalrat in Greifswald. M. 8.—, geb. M. 9.—. Lehrbuch der allgemeinen Physiologie. Eine Einführung in das Studium der Naturwissenschaft und der Medizin von Prof. Dr. J. Rosenthal. Mit 137 Abbildungen. M. 14.50, geb. M. 16.50. Ricnard Hahn (H. Otto), Leipzig. ; s ^ NM ES. cati TARA Mi, Herausgegeben von G. Retzius in Stockholm p. A. Schäfer L. Testut eS dn ppdinbdre in Lyon und - Fr. Kopsch in Berlin. Band XXV. Heft 10/12. #LEIPZIG 1908 - Verlag von Georg Thieme ieee Ss. entr Inhalt, a di Seite È Dott. Giulio Ceccherelli, Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua dell’uomo. "Mon ES Tay, XXIX) 4H JA HU Eye Sergius Michailew, Das intra? odi cal) eta AG ne Li de 4 Methode von Ramon y Cajal. (Mit Tafel XX). . - . en... 0900073550 Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsätzen 50 Sonderabdrücke frei, T eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. | ; Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder 3 deutscher Sprache für die , Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 4 logie“ werden direkt an die Redaktion: Prof. Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf bei Berlin, E Prinzregentenstr. 59, erbeten. Reprints. Contributors desiring more than 50 extra copies of their articles — can obtain them at reasonable rates by application to the publisher Georg Thieme, « Leipzig, Rabensteinplatz 2, Germany. 4 Contributions (French, English, German, Italian or Latin) should be sent to « the associate editors or to the editor Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf by Berlin, Prinz- regentenstr. 59. ; 4 Avis. Les auteurs des mémoires insérés dans ce journal qui désireront plus de | 50 tirages à part de leurs articles, les obtiendront à des prix modérés en s'adressant ~ à M. Georg Thieme, libraire-éditeur, Leipzig, Rabensteinplatz 2, Allemagne. H Les articles écrits en allemand, en anglais, en français, en italien ou en latin — doivent être adressés à l'un des Professeurs qui publient le journal, ou à M. Fr. Kopsch 3 à Wilmersdorf prés de Berlin, Prinzregentenstr. 59. Die bisher erschienenen Bande kosten: A. Bi o i 79057 ML 140 BAR S v eg REDEEM NA C EMO M E e T osi Ze Be, A PIV, M E Pu c ALTE d d Md MU cM LE T VIS P MY | M 750 NE X cS M MIL OS S CASES RTT e E P e ISSN ENGE ao A 5 re » a uos ah VI Pete n moi E " 5 AIT B EU PE NC ET - ov. » Fett BEV Ss Ga Mere ar. 5 Te Rs M I ME RR d I.E ee er 0. Lor SURE A. 02 ER NTI S UN Um NE UNT C2 79 En er vut n - Bd. I—XX statt M. 1397.30 nur M. 1000,— bar. Laboratorio di Anatomia umana normale della R. Università di Siena. (Diretto dal Prof. Stanislao Bianchi.) Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua dell’uomo per il Dott. Giulio Ceccherelli. (Con Tav. X— XIX.) Introduzione. Già fin dal 1904 in una breve nota preventiva") comunicai i primi resultati di una serie di ricerche da me intraprese: sulle espan- sioni nervose nel corion della lingua dell’uomo; proponendomi di com- pletarle per quest'organo, e di estenderle anche alla mucosa che riveste le altre parti del cavo orale. I notevoli resultati ormai ottenuti su questo argomento, che per sommi capi riassunsi in una nota successiva?) verranno per esteso de- scritti nella presente memoria. Uno studio accurato delle espansioni nervose del cavo orale interessa non solo dal punto di vista generale che hanno tutte le ricerche fatte nel campo del sistema nervoso periferico, ma anche e specialmente, per il fatto che essendovi localizzate, oltre la gustativa, altre specie di sensibilità (tattile, termica, barica e dolorifica), interessa studiarne gli apparati periferici di recezione. Dei quali, se grazie alle accurate e molteplici ricerche di numerosi osservatori, sono stati ben 1) Ceccherelli G., Sulle espansioni nervose di senso nella mucosa della lingua dell'uomo. Con 5 fig. Anat. Anzeiger. Bd. XXV. Nr. 2 und 3. S. 56—69. 1904. 2) Ceccherelli G., Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua dell'uomo. (Nota riassuntiva.) Atti della R. Accademia dei Fisiocritici in Siena. Serie IV. Vol. XVIII. Pag. 288—295. 1906. Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 18 274 Giulio Ceccherelli, definiti e descritti nei vari gruppi di vertebrati, sia per la loro topo- grafia che per la loro struttura, gli organi che raccolgono le sensa- zioni gustative; non altrettanto fu fatto relativamente alla disposizione e struttura degli organi periferici delle altre specie di sensibilità so- praricordate e pochi sono i fatti acquisiti su questo argomento. Fu specialmente per ciò che riguarda le espansioni nervose del corion che le ricerche rimasero più incomplete, mentre che molti fatti ci furono illustrati fin dai più antichi osservatori, relativamente alla struttura e disposizione delle fibre nervose nell’epitelio. Purtuttavia i dati che ci forniva la ricerca anatomica mal si accordavano coi resultati dell'indagine fisiologica, ma questo accordo che pur dovevamo ammettere come concezione teoretica, vedremo che verrà provato completamente dalle presenti ricerche, dalle quali risulta come la mucosa del cavo orale e della lingua sia provvista di un numero notevolissimo e svariato di espansioni nervose. | Le mie indagini si sono limitate alla illustrazione delle espansioni nervose del corion, tralasciando completamente tutto ciò che è inner- vazione dell'epitelio, compresi gli organi del gusto; e ciò in primo luogo perchè, come già dissi, le nostre conoscenze sono più incomplete per ciò che riguarda l’innervazione del corion, e poi anche perchè questo studio non mi era permesso dal metodo da me adoperato, che sciogliendo la membrana basale distaccava completamente l'epitelio. Metodo di ricerca. Il materiale che ha servito per le presenti ricerche fu sempre da me preso dal cadavere, il più presto che mi era permesso. Il metodo adoperato fu l'impregnazione aurica, secondo i dettami datici da Ruffini!) e secondo una modificazione che portai al metodo stesso. Questa modificazione consiste nell’aggiunta di una soluzione al 4°/, di forma- lina all’ acido formico nella prima acidificazione dei pezzi, nella pro- porzione di 1 volume di formalina a 2 volumi di acido formico. Due considerazioni mi spinsero a questa modificazione e cioè, che la forma- lina essendo una sostanza che conserva bene la struttura dei tessuti ") Ruffini A., Un metodo di reazione al cloruro d'oro per le fibre e le espan- sioni nervose periferiche. (2. edizione.) Siena, Tipografia di S. Bernardino, 1905. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 275 dovesse ovviare in parte all’inconveniente dell’eccessivo rigonfiamento prodotto dall'aeido formico, e che avendo un potere riduttore maggiore sui sali metallici, dovesse rendere più nette le reazioni. I resultati infatti furono eccellenti per ia grande elettività dell'oro ridotto per tutto cid che è espansione nervosa amielinica, ma non furono altrettanto buo- ni nel mettere in evidenza il connettivo di sostegno e il rivestimento capsulare delle singole forme di corpuscoli; mentre il metodo originario, colorando il tessuto connettivo in roseo o in viola, ci offre il mezzo di poter stabilire uno studio istologico fine sulle diverse espansioni nervose e di poter distinguere con sicurezza le forme libere da quelle cap- sulate. Capitolo primo. Mucosa del Labbro. Bibliografia. Nella mucosa labiale dell'uomo, alla base e pit spesso all'apice delle papille, furono descritti da Külliker!) i Tast- kòrperchen o corpuscoli di Meissner. Lo stesso Autore nelle piccole papille e alla base delle più grosse vide gomitoli nervosi liberi. Queste osservazioni confermate da Gerlach?) furono ampliate da Merkel?) che trovò i Tastkörperchen anche nella mucosa delle pieghe dell'angolo labiale, dove dimostró delle forme di passaggio cogli Endkolben di Krause. Krause*) descrisse numerosi suoi corpuscoli (Endkolben) nella mucosa del rosso del labbro dell'uomo e clave semplici in quella di molti mammiferi. Krause?) vide anche che in generale questi corpus- coli erano situati alla base delle papille, ma che si potevano trovare anche nellinterno e fin nella loro parte più alta e che potevano coe- sistere ad un'ansa capillare. I reperti di Krause furono confermati da Kélliker®) da Toldt”) e da altri osservatori. 1) Kölliker, Zeitschr. f. wiss. Zool. Bd. IV. S. 43. ?) Gerlach, Mikroskopische Studien aus dem Gebiete der menschlichen Morphologie. Erlangen 1858. 3) Merkel, Uber die Endigungen der sensiblen Nerven in der Haut der Wirbeltiere. 214 S. 15 Taf. Rostock 1880. 3) Krause, Die terminalen Endkórperchen. Hannover 1860. 5) Krause, Loc. cit. S. 128. Taf. 1 (Fig. 10—15). 6) Kólliker, Handbuch der Gewebelehre des Menschen. III. Bd.: von Ebner. S. 6. *) Toldt, Lehrbuch der Gewebelehre. S. 406, 407. Stuttgart 1884. 18* 216 Giulio. Ceccherelli, Col nome di Nervenknäuel Gerber?) chiamò dei gomitoli nervosi situati negli strati più superficiali della mucosa labiale dell'uomo e che interpetró come terminazioni nervose. A queste strutture fu negato in seguito ogni valore di organi terminali, e Toldt?) fa appunto rile- vare come questi gomitoli siano formati dall’intreccio di una fibra a doppio contorno, la quale si seguita al di là del gomitolo per dar luogo alla vera espansione terminale. Questi gomitoli di Gerber, adunque, non sarebbero altro che un esempio di piü di quella tendenza che hanno tutte le fibre sensitive, di avere un decorso molto lungo e tor- tuoso prima di dare la vera espansione nervosa. Recentemente Kiesow accennò in una sua memoria a speciali forme di gomitoli trovati da Fusari nelle papille del labbro del gatto; ma per quanto io sappia, non ne fu data da questo Autore una descrizione particolareggiàta e completa. Nell'epitelio furono scoperte da Paladino”) fibre nervose libere nel labbro del cavallo; e le cellule tattili di Merkel furono trovate abbon- danti in moltissimi mammiferi, ma specialmente nella capra e nel Vitello. Riassumendo: le forme di espansioni nervose fino ad oggi descritte nel corion della mucosa labiale dell'uomo sono; nell’interno delle pa- pille, i corpuscoli di Meissner e i gomitoli di Kölliker; sia nell’interno che alla base delle papille stesse i corpuscoli di Krause non doven- dosi, per le ragioni anzidette, ritenere come organi nervosi terminali i gomitoli di Gerber. Riassunto della struttura istologica del labbro. Per avere dei punti di repere nello svolgimento ulteriore della descrizione credo opportuno riassumere per sommi capi la struttura istologica del corion della mucosa labiale. Le labbra sono due ripiegature muscolo-membranose, rivestite sulla faccia esterna da pelle, che insensibilmente, attraverso ad una zona di transizione, che corrisponde al bordo libero, si seguita nella mucosa 1) Gerber, Lehrbuch der Allgemeinen Anatomie. Fig.99,100. Braunschweig 1841. Sy Boldt,aloereit: 3) Paladino, Sulla terminazione dei nervi cutanei nelle labbra. Bullettino della Associazione dei medici e naturalisti di Napoli. No. 10. 1871. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose eto. 2i che riveste la loro faccia interna. Le papille, che nella regione di transizione sono piecole ed assomigliano a quelle della pelle; divengono nella faccia interna più voluminose e composte, così da somigliare alle piecole papille filiformi della lingua, da cui si differenziano solamente perchè al disopra di esse l'epitelio si dispone in uno strato uniforme e pianeggiante. Il corion è formato da fasci di fibre connettivali più densi verso il margine labiale, meno ravvicinati e fitti nella faccia interna. Di questi fasci, mentre molti sono orientati in tutti i sensi, alcuni ben individualizzati e distanziati fra di loro hanno una direzione perpen- dicolare alla superficie della mucosa, traversando buona parte del suo spessore, per sfioccarsi a bocca di tromba al disotto delle papille. In questi fasci decorrono i vasi arteriosi e venosi e le fibre mieliniche. Le fibre elastiche, molto numerose, formano delle reti fittissime special- mente nella faccia interna del labbro. Quivi sono annidate numero- sissime ghiandole a grappolo che vanno sotto il nome di ghiandole labiali, le quali più o meno si approfondano nella mucosa, arrivando alcune fino ai fasci più interni dell’orbicolare delle labbra. La mucosa labiale è riccamente vascolarizzata e le arterie hanno un decorso tor- tuoso e un calibro rilevante. Per comodità di descrizione, nello stabilire la topografia delle varie espansioni nervose, chiamerò sottomucosa quella porzione del corion che dall’orbicolare delle labbra va fin poco al disotto della base delle papille; regione o strato subpapillare quella listarella di tessuto che è subito al disotto delle papille; regione papillare quella occupata dalle papille. Disposizione generale delle fibre nervose sensitive nei plessi fonda- mentali. Numerose fibre nervose sensitive, riunite in tronchi di di- Versa grossezza ed anche scarse fibre isolate, formano un plesso ric- chissimo nella parte profonda della mucosa, al disotto e tra le ghian- dole, plesso che è topograficamente situato poco al disopra della rete arteriosa profonda. Da questo plesso partono una quantità di fascetti e di fibre nervose isolate, che si dirigono verso le parti superficiali della mucosa. Alcuni di questi fascetti o di queste fibre terminano nel connettivo, nelle ghiandole e nelle arterie colle modalità che ver- 278 Giulio Ceccherelli, ranno a suo tempo descritte. La maggior parte però, decorrendo in quei tramezzi connettivali sopra descritti, raggiunto lo strato sub- papillare si allontanano fra di loro a ventaglio per andare ad in- nervare un certo numero di papille, intrecciando le fibre più estreme con quelle provenienti da altri fascetti. Si forma così un altro piccolo e meno intrigato plesso superficiale, le cui fibre si espandono definitivamente negli apparati terminali. Espansioni nervose nella sottomucosa. Corpuscoh di. Ruffin. Questi si ritrovano in numero rilevante in tutto lo spessore della sottomucosa, ma più abbondantemente verso i suoi strati profondi. Per la loro grandezza poco si discostano da quelli descritti da Ruffini nella pelle del polpastrello!) e d'altra parte questa oscilla entro limiti vasti. Prevalgono le forme tipiche, fusate e allungate sul bordo libero del labbro, le forme globose o irregolar- mente poligonali o stellate nella sua faccia interna. La loro direzione è variabilissima, facendosi queste espansioni sopra i fasci di connettivo che in tutti i sensi si incrociano fra di loro. Per i caratteri specifici queste espansioni poco differiscono da quelle della pelle. Il rivestimento capsulare è sempre presente e composto di un numero variabile di lamelle (da 3 a 5 e pii). Questo rivestimento capsulare in genere è più notevole nei corpuscoli situati profondamente mentre è scarso nei più superficiali. Il tessuto di sostegno consta in prevalenza di fascetti di connettivo denso, con scarse fibre elastiche, specialmente in quei corpuscoli situati sul bordo libero del labbro; mentre troviamo talora prevalente il tessuto elastico nei corpuscoli situati in corrispondenza della sua faccia interna. L'espansione della fibra pallida si può estendere su tutto quanto il tessuto di sostegno, oppure solo per un certo tratto, essendo localiz- zata talora alla sua parte centrale, nel qual caso il tessuto di sostegno ! Ruffini, Di un nuovo organo nervoso terminale e sulla presenza dei corpuscoli Golgi-Mazzoni nel connettivo sottocutaneo dei polpastrelli delle dita dell'uomo. Mem. pres. al concorso del premio Vittorio Emanuele II nella R. Uni- versità di Bologna, nell’ottobre dell’anno 1891. Annuario d. R. Univ. di Bologna, anno scol. 1891, 1892. Pag. 185, 186. Bol. prem. stab. tip. succ. Monti 1891. — Mem. d. R. Accad. dei Lincei. Cl. Sc. Fis. Mat. e Nat. Serie IV. Vol. VII. 1894. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 279 che resta alla periferia, pur non differenziandosi a lamelle capsulari, ne fa le veci (fig. 1). L'aspetto dell'intreccio nervoso terminale, pur conservando le caratteristiche fondamentali già così ben descritte da Ruffini, può essere più o meno complesso a seconda dell'abbondanza o scarsezza delle fibre elastiche nel tessuto di sostegno; prendendo talora le parvense di un intrigatissimo gomitolo, quando le fibre elastiche sono molto abbondanti. Alberelli di Dogiel. Col nome di Alberelli furono da Dogiel!) e da Vitali?) descritte nel letto ungueale delle speciali espansioni ner- vose, che dai predetti Autori in base ai caratteri dell'espansione amie- linica, dell’addensamento di connettivo e della presenza di nuclei, furono interpetrate come varietà dei corpuscoli di Ruffini. Forme simili tro- vate da Crevatin?) nella congiuntiva, furono erroneamente classificate da questo Autore tra i fiocchetti. Un esempio molto bello è disegnato nella Tav: 1 alla fig. 21 del suo lavoro. Nel labbro sono molto frequenti, specialmente negli strati superfi- ciali della sottomucosa, ma, come vedremo in seguito, invadono anche la regione subpapillare e la base delle papille. Le forme tipiche sono sempre di piccole dimensioni, di forma fusata o cilindrica. In corrispondenza di questi alberelli è dimostrabile quasi sempre un lieve addensamento di connettivo e qualche nucleo. Una sola fibra nervosa può originarne in gran numero, e spesso essi sono periferi- camente collegati da fibrille amieliniche, che talora però non sono . altro che fibrille ultraespansionali partenti da alberelli più grandi. L'espansione nervosa poco differisce da ciò che fu descritto da Dogiel e da Vitali e non credo opportuno ripetere cose già note. In base al miei reperti che confermano completamente le ricerche precedenti, ritengo giusta linterpretazione che loro fu data di varietà di corpus- coli di Ruffini. 1) Dogiel, Die Nervenendigungen im Nagelbett des Menschen. Archiv f. mikr. Anat. Bd. 64. 2 Taf. S. 173—188. 1904. ?) Vitali, Contributo allo studio istologico dellunghia. 1. Le espansioni nervose nel derma sottoungueale dell'uomo. Intern. Monatsschr. f. Anat. u. Phys. Bd. XXIII. 1 Taf. ®) Crevatin, Le terminazioni nervose nel corio della congiuntiva etc. R. Accad. delle Scienze dellIstituto di Bologna. Serie V. Tomo X. 280 Giulio Ceccherelli, Varietà degli alberelli. Una varietà molto grande di alberelli a forma di piastre (fig. 2) si trova nella regione più alta della sotto- mucosa e fin alla base delle papille. Queste piastre sono quasi del tutto sprovviste del tessuto di sostegno, essendovi solo talora un lieve addensamento di fibre elastiche. Non hanno capsule e nemmeno nuclei lungo le loro diramazioni terminali. Le fibre pallide originandosi da una sola o da più fibre mieliniche, che in generale si dividono più volte in fibre secondarie e che possono arrivare all'alberello con dire- zione opposta, si dispongono a quisa di rete formando una piastra estesa in superficie, talora molto grande, che presenta delle varicositá di differente forma e grandezza, specialmente nei punti nodali. Per i caratteri dell'espansione nervosa, sebbene vi sia spesso as- senza di tessuto di sostegno e di nuclei, credo che queste forme pos- sano rientrare fra le varietà degli alberelli e come tali ho voluto ora descriverle. Espansioni libere di Sfameni. Sfameni!) descrisse negli strati più superficiali del derma dei genitali esterni femminili, delle speciali fibre mieliniche che invece di formare corpuscoli capsulati, si espandevano in un’ampia e lassa arborizazzione libera, formando la “rete granulare” che è completamente identificabile colla rete amielinica subpapillare già nota per le ricerche di Ruffini?. Ho trovato nel labbro delle forme di espansioni libere molto somiglianti a queste descritte da Sfameni, se ne differenziano però per il fatto che essendo diffuse anche agli strati più profondi della sottomucosa, non sempre prendono il caratteristico rapporto nella formazione della rete amielinica subpapil- lare, rapporto che hanno solamente quando si trovano negli strati più superficiali del corion. La loro struttura è in breve la seguente (fig. 3, 4 e 5). Una fibra mielinica in generale sottile, dirigendosi in modo rettilineo verso la superficie della mucosa, presenta lungo il suo decorso numerosi strozzamenti di Ranvier ed ha al suo estremo 1) Sfameni P., Sulle terminazioni nervose nei genitali femminili esterni e sul loro significato morfologico e funzionale. Archivio di Fisiologia. Vol. 1. Fas. IV. Maggio 1904. ?) Ruffini, Sulla presenza di nuove forme di terminazioni nervose nello strato papillare e subpapillare della cute dell'uomo etc. Con V tav. Siena, Tipo- grafia di S. Bernardino, 1898. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete, 28] uno strozzamento preespansionale assai marcato. Dai singoli strozza- menti di Ranvier e dallo strozzamento preespansionale, partono altret- tante fibre pallide, molto esili, dapprima liscie o con scarse varicosità. Dividendosi successivamente in modo dicotomico, formano un numero notevole di fibre secondarie, sempre più grossolanamente varicose, che si dirigono in tutti i sensi nel connettivo circostante e dopo un de- corso spesso lungo e irregolare, terminano con delle specie di fioc- chetti semplicissimi formati da due o tre esili e corte fibrille varicose che si intrecciano fra di loro. Spesso lungo il decorso di queste fibre vi sono dei nuclei chiari e rinfrangenti. Questa descrizione si rife- risce a quelle espansioni che sono situate nella sottomucosa, vedremo in seguito i rapporti che esse prendono nello strato subpapillare. Riguardo alla loro interpretazione, se per alcuni caratteri si possono riportare a varietà eccessivamente piccole di alberelli, per altri invece e specialmente per i loro rapporti se ne debbono nettamente differenziare. Corpuscoli di Krause o Golgi Mazzoni. Prima di iniziare la descrizione di questi speciali corpuscoli è necessario fare alcune consi- derazioni di indole generale che si riferiscono alla denominazione che devesi accettare, per riguardo alla priorità della loro scoperta, ed anche per dimostrare come forme fin'ora ritenute diverse, siano invece perfettamente uguali per la loro struttura, solo differenziando per la situazione topografica. Mi riferisco con ciò agli Endkolben di Krause e al corpuseoli Golgi-Mazzoni Krause!) per primo, adoperando una _ tecnica assai imperfetta, descrisse fin dai 1858 e meglio studiò in un altro lavoro?) nel 1860, nella congiuntiva, nel labbro e nella lingua, degli speciali corpuscoli terminali rotondegeianti, provvisti di lamelle capsulari. Krause non potè vedere a causa del metodo, l'espansione della fibra pallida, ma però dette una descrizione particolareggiata e completa del volume, delle dimensioni e della topografia di questi or- gani terminali, che distinse nettamente dai corpuscoli di Vater-Pacini e da quelli di Meissner. Successivamente Kej e Retzius?) conferma- 1) Krause, Über die Nervendigungen. Zeitschr. f. rationelle Medizin. 1858. ?) Krause, Die terminalen Endkórperchen. Hannover 1860. ®) Key und Retzius, Studien in der Anatomie des Nervensystems und des Bindegewebes. 2. Hälfte. Stockholm 1876. 289 Giulio. Ceccherelli, rono i reperti di Krause per la congiuntiva, ma neanche questi Autori videro l'espansione del cilindrassile nellinterno del corpuscolo. Più tardi Golgi!) nel connettivo peritendineo descrisse come forme nuove dei corpuscoli ovalari o rotondeggianti, capsulati, nei quali non riuscì a studiare con esattezza il modo di terminare delle fibre pallide, ciò che fu fatto da Mazzoni?) che poté esattamente vedere la disposizione a gomitolo della fibra pallida nell'interno di questi corpuscoli. La pro- posta del Ruffini di chiamare questi ultimi corpuscoli col nome di Golgi-Mazzoni fu completamente accettata nello scienza. Ed anche Crevatin?) nello stesso lavoro chiamò corpuscoli di Krause quelli della congiuntiva, e Golgi-Mazzoni quelli della pelle. Se noi peró per poco consideriamo queste due specie di organi terminali nella loro struttura, ci convinceremo tosto della loro identità morfologica. Infatti la forma rotondeggiante, la presenza di capsule, e di nuclei nell'interno della sostanza granosa di sostegno, la dis- posizione a gomitolo della fibra terminale, che se non fu messa in evidensa da Krause, fu constatata successivamente da Dogiel*) e da Crevatin?) negli stessi Endkolben, sono tutti caratteri a comune tra le due forme di corpuscoli capsulati. Il criterio della topografia che fino a non molti anni fà poteva giustificare il concetto di una di- versità strutturale tra le varie espansioni nervose, oggi non ha più valore, giacchè si è visto, che le stesse forme possono trovarsi negli organi più disparati, e ce ne offrono chiari esempi i corpuscoli di Pacini e di Ruffini. Recentemente anche Dogiel?) senti il bisogno di raggruppare in una sola categoria i corpuscoli di Krause e i Golgi- Mazzoni, chiamandoli “Modificiert Vater-Pacinische Kórperchen". Non 1) Golgi, Sui nervi dei tendini dell'uomo e di altri vertebrati e di un nuovo organo etc. Mem. dell'Accad. delle Scienze di Torino. Serie II. Tomo XXXII. ?) Mazzoni, Osservazioni microscopiche sopra i cosiddetti corpuscoli terminali dei tendini dell’uomo etc. Mem. delle R. Accad. delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Serie V. Tomo I. : 9?! Crevatin, Loc. cit. 4) Dogiel, Die Nervenendkérperchen in der Cornea und Conjunctiva bulbi. Arch. f. mikr. Anatomie. 1891. | 5) Crevatin, Loc. cit. 6) Dogiel, Über die Nervenendapparate in der Haut des Menschen. Zeitschr. f. wiss. Zoologie. Bd. 75. Heft 1. S. 46-111. Mit Taf. IV—XIV (S. 57). Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 283 credo che questa denominazione sia completamente da accettarsi come rispondente alla verità, non convenendo con Dogiel nel prendere come punto di partenza o forma tipica i corpuscoli di Pacini. Nella com- plessa categoria delle forme corpuscolate infatti, prima ad apparire nella filogenesi è la clavetta semplice |Kolbenkórperchen di Krause!)| ovalare od allungata, fornita di un numero esiguo di capsule, e nella quale la fibra pallida si comporta molto semplicemente, decorrendo diritta e terminando con un rigonfiamento apicale. Queste che appaiono come primo esempio di forme capsulate nei vertebrati, le ritroviamo come tali nei Rettili. Esse debbono considerarsi come tipo originario che si modifica e si perfiziona sia a spese dello stroma connettivale che a spese della fibra pallida, giungendo fino ai corpuscoli di Herbst e di Pacini da un lato, ai corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni dal- l’altro. Non bisogna adunque considerare a parer mio, i corpuscoli di Krause come derivanti da una successiva modificazione dei corpuscoli di Pacini, ma piùtosto ambedue le forme come una successiva evolu- zione della forma primitiva di clavette semplici, che se da un lato si è fatta specialmente risentire sulio stroma di sostegno e sull’involucro eapsulare, d'altro lato si è fatta in prevalenza sull’espansione ner- vosa. A conforto di ciò stà del resto anche l'opinione di Krause") che fin dall'anno 1885 riassumendo la descrizione delle forme allora note di espansioni nervose in uno specchietto al fine del lavoro, mise come forme originarie i Kolbenkórperchen dei Rettili da cui de- rivò il gruppo dei “Zilindrische Endkölben” tra i quali rientrano i corpuscoli di Pacini; e quello dei “Kuglige Endkolben” in cui rien- trano i corpuscoli di Krause e perciò anche i Golgi-Mazzoni. Per queste considerazioni e per eliminare una confusione che potrebbe riescire dannosa nell’interpretazione di queste forme, proporrei di chiamare col nome di corpuscoli di Krause ambedue questi organi terminali, in omaggio alla priorità della loro scoperta. Nel seguito della descrizione però, anche per debito di riconoscenza verso chi de- 1) Krause, Die Nervendigungen in der äusseren Haut und den Schleimhäuten. Biolog. Centralblatt. Bd. IV. Nr. 6. S. 168. 1884. : ?) Krause, Die Nervendigungen in der äusseren Haut und den Schleimhäuten. Biolog. Centralblatt. Bd. IV. Nr. 6. 8. 182. 1884. 284 3 Giulio Ceccherelli, scrisse più completamente queste forme di espansioni nervose, chia- meró questi organi col nome di corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Nella sottomucosa del labbro questi corpuscoli sono in grande quantità disseminati in tutto il suo spessore, ma specialmente nei suoi strati più superficiali. I corpuscoli situati più profondamente sono in generale grossi, rivestiti da uno strato rilevante di lamelle capsulari e nei quali la fibra pallida, irregolarmente varicosa, forma un fitto ed intrigato gomitolo. I corpuscoli più superficiali presentano un grande polimorfismo. Questo trova le sue cause; nella grandezza, che può variare notevolmente nei diversi corpuscoli, nella quantità di lamelle capsulari, che in generale sono poco numerose e soprattutto nel diverso modo di espandersi delle fibre nervose terminali. A questo proposito merita descrivere due varietà diverse di corpuscoli di Krause o Golgi- Mazzoni, che sono molto simili alle clave composte di Krause o corpu- scoli genitali. Queste forme sono in generale discretamente grandi. Una fibra mielinica si divide in un certo numero di fibre secondarie che si mantengono mieliniche, avvolgendosi a lasso gomitolo. Al suo estremo ciascuna di queste fibre secondarie, dopo lo strozzamento pre- espansionale, forma un piccolo e tipico corpuscolo di Krause, nel quale il gomitolo è lasso e semplice (fig. 6). Le capsule talora in modo evidente formano un doppio rivestimento, con un sistema di lamelle comuni che avvolgono tutto il corpuscolo e con tante lamelle proprie intorno ad ogni espansione terminale. Altre volte invece non sì può mettere in evidenza le lamelle capsulari comuni e solo si nota le la- melle proprie, mentre in corrispondenza di tutto il corpuscolo esiste solamente un poco di addensamento di connettivo e qualche nucleo. Espansioni libere a grappolo. Negli strati più superficiali della sottomucosa vi sono delle espansioni nervose libere, nelle quali la fibra pallida assume l’aspetto di piccoli grappoli o gomitoli, molto ravvicinati fra loro, con numerose e rotondeggianti varicosità. Un numero note- vole di nuclei rinfrangenti e facilmente distinguibili da quelli del tes- suto vicino sono in contatto collespansione stessa (fig. € e 8). Nella fig. 9 è riprodotto il rapporto molto interessante che una di queste espansioni prendeva con un corpuscolo di Krause tipico, essendo origi- nata dalla stessa fibra nervosa. Confrontando queste espansioni libere Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 285 colle varietà di corpuscoli di Krause sopraddescritte, insieme alla con- statazione di differenze di notevole importanza, quali l'assenza nelle prime, la presenza nelle altre di capsule; emergono anche punti di rassomiglianza, quali l'atteggiamento della fibra pallida a gomitolo o a grappolo, liberamente estesa nel tessuto vicino in un caso, raccolta e stipata nell’altro, perchè avvolta da lamelle capsulari, la presenza di nuclei in ambo i casi in rapporto coll'espansione nervosa, ed il fatto di aver trovato che un'unica fibra dava origine a un corpuscolo di Krause, e ad una di queste espansioni libere a grappolo. Espansioni nervose nello strato subpapillare. Rete amielinica subpapillare. È molto ricca nel labbro, tanto che si può dire, senza tema di errare, che è diffusa a tutta la superficie della mucosa (fig. 10). Concorrono a formarla fibre mieliniche proprie che appena rag- giunto lo strato subpapillare si sfioccano in un numero notevolissimo di fibre pallide, che riccamente si anastomizzano tra loro e con fibre vicine. Oltre a queste anche le espansioni libere di Sfameni, che si trovano in questa regione, cambiando un pò nella loro struttura da quelle che si trovano negli strati più profondi, confondono le loro fibrille nella rete amielinica (fig. 11). Anche fibrille ultraespansionali, specialmente derivanti dagli alberelli, dirigendosi verso la rete in essa si perdono. Essa ci appare come una reticella sottile, con punti nodali e con maglie di forma svariata e piccole, limitate da filuzzi unici e finamente varicosi. Del resto non presenta caratteri essenzialmente diversi dalle altre formazioni omologhe della pelle di cui non è che una continuazione. Espansioni a corimbo. Al disotto della membrana basale del- l’epitelio, in corrispondenza degli spazi interpapillari, delle fibre nervose mieliniche si diramano più o meno riccamente, formando delle espan- sioni estese in superficie, senza tessuto di sostegno, colle arborizazzioni terminali in forma di piastrine, di fiorami od in altri modi difficil- mente riportabili ad una precisa descrizione (fig. 12). Consultando la letteratura troviamo che forme simili furono des- 286 Giulio Ceccherelli, critte nella pelle da Szymonowicz!) e successivamente da Dogiel?) e furono chiamate “alberelli”. Troveremo che esse acquistano nella lin- gua un'importanza ed uno sviluppo veramente notevole, dirò allora tutte le ragioni che mi spinsero a dare il nome di “corimbi” a queste espansioni anziche di “alberelli” che deve esclusivamente essere la- sciato alle varietà ben note di corpuscoli di Ruffini. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Sono altrettanto frequenti quanto negli strati più superficiali della sottomucosa, e presentano le stesse varietà. Il rivestimento capsulare è in generale sottile. Pre- dominano le forme piccole che si dispongono talora in serie al disotto delle papille. Corpuscoli di Meissner. Im questa regione, dove fino ad oggi non furono descritti, vi sono corpuscoli di Meissner, però in scarsa quan- tità. Prevalgono le forme grandi, mentre i piccoli e i monolobati sono dentro le papille (fig. 13). Espansioni nervose nelle papille. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Sono abbondantissimi in tutta l'altezza delle papille dalla base all'apice. Le forme molto grandi sono in generale sole ed occupano quasi tutta una papilla che si pre- senta slargata in loro corrispondenza (fig. 14), le forme piccole invece, sebbene talora isolate (fig. 15) più spesso sono insieme riunite, dis- ponendosi in generale in serie dentro le papille stesse. Le fibre ner- vose prima di formare questi ultimi corpuscoli si intrecciano ripetuta- mente tra loro. Il rivestimento capsulare è molto sottile. Corpuscoli di Meissner tipici e loro varietà. Le forme tipiche sono abbastanza frequenti sul bordo libero e sul rosso del labbro, meno sulla faccia interna. Nelle papille piccole sono situati indifferente- mente o alla base o all’apice, nelle più grosse e nelle composte sono localizzati invece dentro una papilla secondaria, mentre le altre sono occupate da altre espansioni nervose o da anse capillari. Si nota una spiccata prevalenza dei plurilobati sui monolobati. Riguardo alla loro 1) Szymonowicz, Beiträge zur Kenntnis der Nervenendigungen in Hautgebilden. Arch. f. mikr. Anatomie. Bd. XLV. 2) Dogiel, Loc. cit. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 281 grandezza e al modo di espandersi della fibra nervosa dovrei ripetere cose già note essendo questi corpuscoli del tutto identici a quelli della pelle. Accanto a queste forme tipiche ve ne sono altre che poco conser- vano della struttura dei Meissner, cui si possono peió pur sempre ri- condurre per alcuni caratteri generali sia dell'espansione nervosa che dello stroma di sostegno. Tra le molte varietà una che più si allon- tana dal tipo è stata riprodotta nella fig. 16. E una forma molto sciolta che si può paragonare ad un corpuscolo di Meissner nel quale la fibra pallida, invece di fare dei giri elicospirali così ravvicinati da mascherare la disposizione degli intrecci e dei grappolini collocati nel- linterno del corpuscolo, si sia stesa così da far scomparire la carat- teristica struttura della periferia del corpuscolo, facendosi ben visibili i piccoli grappoli anzidetti. Al suo estremo poi la fibra pallida rias- sume le caratteristiche dei Meissner. Le cellule di sostegno con diffe- rente orientazione sono scaglionate lungo i grappolini. È evidente talora anche un addensamento di fibre elastiche intorno a queste va- rietà di corpuscoli di Meissner. Fiocchetti papillari. Sono numerosi nelle papille piccole in nu- mero di uno o due soltanto, in quelle più grandi in quantità maggiore. Per la struttura somigliano a quelli della pelle dai quali solo differis- cono per il maggiore sviluppo dell'espansione terminale. Sono molto frequenti le forme a pastorale (fig. 17 e 18). Lungo l'intreccio delle fibre pallide sono dimostrabili dei nuclei e un lieve addensamento di connettivo. Espansioni nervose libere. Nell’interno delle papille, sebbene non molto numerose, vi sono delle espansioni nervose libere che per le loro grandi varietà difficilmente possono essere riunite in un'unica descrizione. Mi limiterò ad accennarne alcuni esempi. Talora una fibra mielinica si sfiocca in un numero vario di fibre pallide, con vari- cosità fusiformi o rotondeggianti, avvolgentesi a lasso gomitolo, situato a diversa altezza nell'interno della papilla. Questi gomitoli sono completamente sprovvisti di capsule, ma pre- sentano numerosi nuclei lungo il loro decorso. Un esempio ce l'offre la fig. 15, nella quale è evidente anche una fibrilla varieosa ultra- 288 Giulio Ceccherelli, espansionale, che si dirige in basso. Forse queste forme sono simili ai gomitoli di Kölliker, e a quelli descritti da Dogiel nell'unghia. Del resto anche Crevatin descrisse e figurò nella congiuntiva forme simili scapsulate che interpetrò come corpuscoli di Krause. Un altro esempio ci viene offerto dalla fig. 19. Una fibra mie- linica si divide nella parte alta di una papilla bifida in due fibre se- condarie, ciascuna delle quali si sfiocca con delle volute piuttosto re- golari intorno alle anse capillari a mò di cappuccio. Infine, per dare un'idea della grande complicatezza che possono prendere queste espansioni libere, ho voluto disegnare la fig. 20 nella quale si vede come una grossa fibra mielinica, dopo lo strozzamento preespansionale, in corrispondenza della base di una papilla forma per ulteriori e molteplici divisioni, un'arborizazzione a guisa di anse intri- gate e complesse, che raggiungono fin la parte più alta della papilla stessa ma che specialmente ne occupano la base. Anse avviticciate. Grandemente diffuse in quasi tutte le papille, l'origine loro è quasi sempre da fibre mieliniche, ed avviene o diret- tamente o indirettamente per il tramite cioè della rete amielinica sub- papillare. Le anse formate direttamente da fibre mieliniche, che pene- trano fin dentro le papille, sono in generale le più tipiche. I filuzzi nervosi che provengono dal loro sfioccarsi, formano intorno all’ansa capillare dei ricchi e complessi avvolgimenti, abbracciandola in una specie di manicotto o canestro (fig. 21). Mentre le anse formate da filuzzi della rete amielinica subpapillare, sono meno tipiche, situate prevalentemente lungo i fianchi delle papille, e le fibrille decorrono più rettilinee, anastomizzandosi tra di loro, in modo da formare piut- tosto delle larghe ed irregolari reticelle che delle vere e proprie anse avviticciate. Un esempio dimostrativo ce l'offre la fig. 11, dove un espansione libera di Sfameni, mentre alla base della papilla forma la rete amielinica subpapillare, si spinge fin dentro la papilla stessa in forma di queste speciali anse avviticciate. Reticelle pericapillari. T'interessante rapporto che prendono le fibre amieliniche colle anse capillari fu già ben descritto da Crevatin!) 1) Crevatin, Loc. cit. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 289 nella pelle e da me!) per i capillari delle papille linguali dell'uomo. Anche nel labbro non è infrequente trovare questa interessante dis- posizione che consiste in reticelle più o meno fitte e strette avvolgenti o solo la parte superiore o tutta intiera un’ansa capillare. Queste fibre pallide secondo Crevatin provengono dalla rete amielinica sub- papillare. Per il labbro non posso nè confermare nè negare ciò non essendo riuscito a seguirle oltre la base delle papille (fig. 22). Rete simpatica diffusa e suoi rapporti. Da vari Osservatori fu- rono interpetrate come appartenenti al sistema del gran simpatico una certa categoria di fibrille nervose che formano alla periferia degli speciali apparati intorno alle altre espansioni nervose, oppure delle reticelle anastomizzandosi largamente fra di loro. Fra gli altri dirò che Ruffini?) ritenne di natura probabilmente simpatica gli apparati di Timofeew dei vari corpuscoli nervosi, ciò che fu successivamente ammesso come cosa certa da Sfameni?), il quale descrisse anche una reticella esilissima subepiteliale che ritenne della stessa natura. Anche altri Autori, tra cui Dogiel sono della stessa opinione, basandosi nel loro giudizio più su criteri indiretti, quali l’aspetto di queste fibrille, il loro volume e la presenza di nuclei sul loro decorso; che su dati assolutamente probativi, non essendo ancora riecito a seguirle fino al loro punto di origine. Purtuttavia sebbene adunque si debba ammet- tere solo come propabile questa loro natura, è certo che costituiscono una unità morfologica a sè, ben distinguibili anche per i rapporti dalle - altre fibre periferiche, da esse perciò vanno separatamente descritte, lasciando pure fino ad ora il nome di fibre simpatiche, che è ormai stato accettato dalla maggioranza degli studiosi. Nel labbro queste fibrille sono molto riccamente rappresentate e prendono dei rapporti assai interessanti. Il loro comportamento è il seguente. Fascetti più o meno numerosi di fibrille esilissime finamente varicose, provenienti dalle parti profonde della mucosa, sì dirigono o 1) Ceccherelli, Loc. cit. > Ruffini, Le fibrille nervose ultraterminali nelle terminazioni nervose di senso e la teoria del neurone. Rivista di patologia nervosa e mentale. Vol. V. Fas. 10. 1900. 3) Sfameni, Loc. cit. Internationale Monatsschrift f. Anat. u, Phys. XXV. 19 290 Giulio. Ceccherelli, isolati e con andamento irregolare, o più ‘frequentemente accollati alle guaine delle fibre mieliniche, specialmente di quelle che formano le espansioni libere di Sfameni, verso le regioni più superficiali della mucosa. Quivi giunti cominciano a dividersi in fascetti secondari che anastomizzandosi largamente ed in modo svariato, costituiscono una rete dapprima a maglie grandi e irregolari che diviene più fitta e intrigata al disotto e dentro le papille. I fascetti che decorrono ac- collati alle fibre mieliniche delle espansioni libere di Sfameni (fig. 5) dividendosi seguono completamente l'espansione primaria, abbandonando di tratto in tratto, lungo il loro decorso, dei fascetti che insieme agli altri che accompagnano fino al loro estremo le diramazioni dell'espansione libera, contribuiscono a formare la rete anzidetta. Essa (fig. 23), è costituita da maglie irregolari, limitate non da fibrille isolate, ma da fascetti di fibrille, con punti nodali molto grandi, formati dall’intreccio irregolare o a racchetta delle fibrille stesse, con molti nuclei chiari e rinfrangenti, lungo il decorso dei fascetti e nei punti nodali, carat- teri che fanno nettamente differenziare questa rete dall’altra amielinica subpapillare, anche senza tener conto del fatto importantissimo della loro diversa origine. Come già dissi questi filuzzi sì spingono ancora nelle papille, formando gli apparati di Timofeew ai corpuscoli che vi si trovano, o distribuendosi in modi molto varii dei quali un esempio interessante in forma di anse o reticelle intorno ai capillari è ripro- dotto nella fig. 24. Espansioni nervose nelle arterie. Dalle numerose ricerche fatte specialmente da Dogiel!), e dalla sua scuola sull'innervazione delle arterie e dei vasi linfatici, furono appurati dei fatti molto interessanti. Senza voler fare una disamina minuta di tutti i fatti riguardanti questo argomento, possiamo dire che tutti gli Autori furono d'accordo nellammettere tre reti nervose nei vasi di grosso calibro, una nell'avventizia, una nella muscolare e una in rapporto coll'intima. Dogiel descrisse nell’aorta dei corpuscoli cap- sulati simili a quelli di Pacini, che furono successivamente trovati 1) Dogiel, Die sensiblen Nervenendigungen im Herzen und in den Blutgefässen der Säugetiere. Arch. f. mikr. Anatomie. Bd. LII. 1898. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 29] anche nella vena cava da Rachmanow'). Sfameni?), vide delle piastrine nervose a ridosso della muscolare delle piccole arterie del derma dei genitali femminili esterni, dalle quali partivano filuzzi mielinici che si perdevano nella muscolare dell'arteria. Recentemente Botezat”) descrisse nelle arterie della cavità buccale degli uccelli queste stesse strutture. Nel labbro, nelle arterie di un calibro che oscilla tra 2 e !, mm, ho trovato numerose espansioni a forma di piastre situate nell’avven- tizia. Queste piastre prendono origine da fibre nervose mieliniche che con decorso ondulato raggiunta la superficie esterna dell’avventizia si dividono in un certo numero di fibre secondarie, che anastomizzandosi largamente tra di loro costituiscono un’espansione a forma di piastra reticolata. Le maglie sono poligonali e le fibre che le limitano sono rettilinee invece di ondulate. Queste piastre si anastomizzano anche tra di loro per mezzo di esili fibrille (fig. 25). Un fatto interessante, che chiaramente ho potuto accertare, è che in molti punti della peri- feria di queste piastre partono fibrille esilissime che approfondandosi verso la muscolare, si anastomizzano colla rete nervosa che qui si trova (fig. 26). Queste piastre sono numerose e situate irregolarmente lungo il decorso delle arterie, o nell'angolo di bifercazione delle arterie stesse. Riassumo brevemente i fatti fino ad ora decritti, riferendomi agli strati nei quali le diverse forme di espansioni si trovano, nel sequente specchietto. - Sottomucosa. Corpuscoli di Ruffini. Alberelli di Dogiel e loro varieta. Espansioni libere di Sfameni. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni, loro varietà. Gomitolo liberi. 1) Rachmanow, Zur Frage der Nervenendigungen in den Gefässen. Anat. Anz. Bd. 19. Nr. 21. S. 555—558. 1901. ?) Sfameni P., Contributo allo studio delle terminazioni nervose nei vasi sanguigni dei genitali esterni. Nota preventia. Monit. Zool. Italiano. An. XII. No. 1. 1901. ?) Botezat, Die Nervenendapparate in den Mundteilen der Vógel usw. Zeitschr. f. wiss. Zoologie. Bd. LXXXIV. H. 2. 195 209 Giulio Ceccherelli. Strato subpapillare. Rete amielinica subpapillare. Alberelli di Dogiel, loro varietà. Espansioni libere di Sfameni. Espansioni a corimbo. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni, loro varietà. Corpuscoli di Meissner. Rete simpatica. Strato papillare. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni, loro varietà. Corpuscoli di Meissner, loro varietà. | Fiocchetti papillari. Espansioni libere, loro varietà. Anse avviticciate. Reticelle pericapillari. Rete simpatica. Espansioni nervose nelle arterie. Piastre nervose nell'avventizia. Rete amielinica nella muscolare. Capitolo secondo. Mucosa della guancia. Bibliografia. La letteratura su questo argomento è invero molto scarsa. Infatti troviamo solo sommariamente accennato da Köl- liker?), che i gomitoli liberi da lui trovati nel labbro sono anche nella guancia. Anche gli Endkolben di Krause, secondo ciò che rife- risce Toldt?), sono quivi abbastanza rari. Recentemente Cutore?), fa- cendo rilevare la mancanza di ricerche originali su questo argomento, descrisse il comportamento dei nervi nell’epitelio e nel corion della guancia del gatto, figurando degli speciali corpuscoli che non sono 1) Kólliker, Loc. cit. 2) Toldt, Loc. cit. 3) Cutore, Contributo allo studio delle terminazioni nervose nella mucosa della guancia. Archivio di Anatomia ed Embriologia. Vol. II. Fasc. 3. Pag. 641—652. 2 tav. 1903. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 293 altro che clavette semplici di Krause. All’infuori di queste poche no- tizie, non sò che altri fatti siano stati descritti sul modo di terminare dei nervi nella guancia. Riepilogando: nella mucosa della guancia del- l'uomo furono descritti soltanto, i gomitoli di Kolliker e i corpuscoli di Krause. Jeiassunto della struttura istologica della guancia. La mucosa della guancia poco differisce da quella del labbro, di cui è del resto una continuazione. Le papille sono grandi e la maggior parte com- poste. Il tessuto connettivo è ordinato in fasci che si intersecano in tutti i sensi ed è ricco in fibre elastiche. Le ghiandole invece di essere sparse in tutta la mucosa, sono prevalentemente localizzate in- torno allo sbocco del dotto di Stenone, formando il gruppo delle ghiandole molari. I vasi formano reti meno ricche e complesse che nel labbro. Disposizione generale delle fibre nervose sensitive mei plessi fon- damentah. Questa non differisce notevolmente da cid che abbiamo visto nel labbro. Anche nella guancia vi è un plesso fondamentale nella parte profonda della mucosa, formato da fasci di fibre nervose diversamente intrecciati. Da questo plesso partono numerosi fasci e fibre isolate, che in parte si esauriscono nel connettivo della sotto- mucosa e negli organi che quì si trovano, (ghiandole), in parte rag- giunta la superficie della mucosa, sfioccandosi come abbiam visto nel labbro, formano un altro piccolo plesso in questa regione e le fibre che © concorrono alla sua costituzione si espandono definitivamente nei loro apparati terminali nello strato subpapillare e dentro le papille. Espansioni nervose nella sottomucosa. Corpuscoli di Ruffini. Sono discretamente numerosi e diffusi sia negli strati profondi che nei superficiali della mucosa, fino a ritrovarne degli esemplari tipici nella regione subpapillare. Riguardo alla dis- tribuzione, al volume, alla forma, non differiscono gran cosa da quelli del labbro. È più frequente la forma allungata, ma si trovano anche dei corpuscoli poliedrici o rotondeggianti. Il rivestimento capsulare è quasi sempre dimostrabile. Il tessuto di sostegno in quelli situati pro- x fondamente è prevalentemente composto di fascetti di tessuto denso 294 Giulio Ceccherelli, con scarse fibre elastiche; nei più superficiali accade il fatto inverso, cioè abbondano piuttosto le fibre elastiche. L’espansione delle fibre nervose offre le caratteristiche già note e, come nel labbro, presenta leggere variazioni determinate dalla specie di tessuto di sostegno sul quale riposa. Dirò solo che è piuttosto frequente la varietà descritta da Ruffini!), nella quale i filamenti pallidi dell'espansione nervosa si avvolgono ad anse o a lasso gomitolo, mantenendosi lisci lungo il loro decorso, invece di presentare le varicosità caratteristiche delle forme tipiche. Mi pare piuttosto interessante il rapporto che ho potuto met- tere in evidenza in uno di questi corpuscoli, consistente in una fibrilla ultraespansionale esile e varicosa che, dope un decorso non molto lungo si accolla alla guaina di una fibra mielinica, che decorre poco lungi al corpuscolo stesso (fig. 27 e 28). Alberelli di Dogiel. Sono molto frequenti, forse anche più che nel labbro. Si trovano prevalentemente negli strati più superficiali della sottomucosa. Non presentano delle caratteristiche degne di speciale menzione. Non ho mai visto capsule, solo è dimostrabile un lieve ad- densamento di connettivo e di nuclei in corrispondenza dell'espansione nervosa, la quale ultima mantiene sempre più o meno evidente la forma reticolata. Dagli alberelli partono frequentemente fibrilie ultraespansio- nali, che vanno alla rete amielinica subpapillare. Espansioni libere di Sfameni. Anche nella guancia queste es- pansioni, oltre alla sottomucosa, sono diffuse alla regione subpapillare. Per i loro caratteri generali non differiscono affatto da quelle del lab- bro, solo hanno una maggiore complicatezza nella distribuzione delle fibrille terminali, che possono serpeggiare per lunghi tratti nel tessuto connettivo. Anche le fibre mieliniche che formano queste espansioni, mentre nel labbro decorrono in generale isolate, nella guancia tendono a raggıupparsi in fascetti di due o tre, che dopo breve decorso con- temporaneamente si sfioccano nelle caratteristiche espansioni periferiche (fig. 32). Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Bisogna fermarsi un pò più lungamente ad analizzare lintima struttura di questi corpuscoli, non solo perchè nella guancia sono in quantità veramente rilevante, 1) Ruffini, Loc. cit. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc, 205 ma specialmente perchè essi si presentano in quest'organo colle moda- lità strutturali le più varie ed interessanti. Riguardo alla loro topo- grafia, si trovano in tutto lo spessore della sottomucosa, ma, come la maggior parte delle altre espansioni nervose, sono specialmente fre- quenti negli strati superficiali. Non starò a dire delle forme tipiche e semplici, perchè non dovrei che ripetere cose già note, dirò solo di alcune varietà più interessanti. Anzitutto nella guancia sono frequenti quelle varietà descritte già nel labbro, che somigliano ai corpuscoli genitali. Im alcuni di questi corpuscoli sono ben evidenti i due sis- temi di capsule (fig. 33). Questa disposizione è molto evidente nei casi in cui si riesca a rompere le capsule esterne (fig. 34). Da queste forme si passa ad altre in cui non abbiamo affatto traccia di capsule esterne o comuni (fig. 35). In queste le fibre mieliniche, dividendosi in numerose fibre secondarie, che hanno un decorso rettilineo o variamente ondulato, terminano in numerosi piccoli corpuscoli di Krause o Golgi- Mazzoni capsulati. Nella fig. 35 si vede anche che alcune di queste fibre secondarie terminano con una specie di piccolo e semplice albe- rello. Una disposizione simile fu descritta e figurata da Crevatin!) nella congiuntiva e chiamò “striscette nervose” questi speciali alberelli. Questi reperti portano un notevole contributo per ammettere l'esistenza di forme di passaggio fra le espansioni libere e quelle capsulate. Un carattere generale delle fibre di senso, come già dissi altra volta, è di avere un decorso lungo e complesso prima della espansione definitiva. Questa disposizione generale trova nella guancia bellissimi esempi in speciali varietà dei corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. La disposizione a gomitolo della fibra mielinica, prima di formare l’es- pansione amielinica nell'interno di questi corpuscoli, fu già vista e di- segnata da Krause?) Però Key e Retzius?) ne dettero, pur sempre per la congiuntiva, esempi più belli e complessi. Ma a Crevatin*) spetta il merito di aver descritta in questi corpuscoli la vera espansione amie- linica, intorno alla quale le fibre mieliniche formano una specie di au revatin, Loc city Tav. E. ET ?) Krause, Die terminalen Kórperchen. Taf. IV. Fig. 11, 12, 14 und 15. . Hannover 1860. 3) Key e Retzius, Loc. cit. DeGuevatin,« Locwet. Tav. l. Eip.9: 296 Giulio Ceccherelli, gomitolo. Secondo Krause e Key e Retzius le lamelle capsulari circon- dano completamente il gomitolo fatto dalle fibre mieliniche, Crevatin invece non disegna e non descrive capsule. Nella guancia queste varietà di corpuscoli di Krause sono frequenti e spesso molto complesse e varie, sia per dimensioni, che per forma, potendo essere rotondeggianti, ovalari, od anche notevolmente allungate. Sono originate generalmente da una sola grossa fibra, che in modo alterno, oppure d’un tratto, a forma di mazetto, si divide in un numero vario di fibre secondarie, sempre mieliniche, che si avvolgono a mò di complesso gomitolo nelle forme rotondeggianti (fig. 33 e 36), o ad elicospira in quelle allungate (fig. 37). Dopo un numero talora note- vole di giri o di volute, che divengono ognora più strette per il suc- cessivo dividersi delle fibre mieliniche, queste che si erano conservate fin quì liscie, appaiono varicose, mentre l'intreccio da esse formato ac- quista le parvenze di lasso gomitolo, per terminare, dopo breve tratto, in uno o più tipici corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Questi pos- sono essere situati o alla periferia di questo inviluppo di fibre mieli- niche, nella parte centrale, ovvero al suo estremo. Riquardo alla loro struttura sono tipicamente conformati a gomitolo, talora molto fitto e complesso, tal'altra abbastanza lasso. Nei miei preparati non ho visto traccia di capsule intorno al gomitolo di fibre mieliniche, ma solo in- torno alla vera espansione amielinica. In corrispondenza delle fibre mieliniche si nota solo un lieve addensamento di connettivo e la pre- senza di numerosi nuclei, ció che stà a significare che anche questi avvolgimenti di fibre mieliniche fanno parte integrale del corpuscolo, insieme alla vera espansione amielinica. Dirò per ultimo di un'altra varietà piuttosto rara che somiglia a quel corpuscoli descritti da Ruffini’) come corpuscoli di Pacini modi- fieati. In questi l'espansione assume una disposizione molto semplice, come nelle clavette semplici di Krause, di cui prendono anche l'aspetto esterno, avendo forma allungata, uno scarso numero di lamelle capsu- lari, e una ben evidente e grossa clava centrale (fig. 38). 1) Ruffini, Ulteriori ricerche degli organi nervosi terminali nel connettivo sottocutaneo dei polpastrelli dell'uomo etc.. Ricerche fatte nel Lab. di Anat. della R. Univ. di Roma. Vol. V. Fas. 3. 1896. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 297 Espansioni nervose nello strato subpapillare. x \ Rete amielinica subpapillare. KE diffusa e continua su tutta la superficie della guancia. Non si differenzia essenzialmente da quella del labbro di cui è una continuazione diretta, Contribuiscono alla sua formazione, fibre mieliniche proprie, le espansioni libere di Sfameni che si trovano in questa regione e le fibrille ultraespansionali, specialmente degli alberelli. Da questa rete partono filuzzi che vanno nelle papille. Espansioni « corimbo. Molto abbondanti, specialmente negli spazi interpapillari (fig. 39), possono talora risalire per breve tratto sui flanchi delle papille composte. Conservano immutati i rapporti e i caratteri istologici loro peculiari. Da questi partono filuzzi che vanno nell'epitelio. Corpuscoli di Ruffini tipici. Già parlando di questi organi nella sottomucosa dissi che si potevano trovare anche nello strato subpapil- lare. Qui essi sono piuttosto piccoli allungati o più o meno rotondeg- gianti. Il tessuto di sostegno è prevalentemente formato da fibre elastiche (fig. 29 e 30). Però vi sono anche scarsi e tenui fascetti connettivali. L'espansione nervosa, mentre talora si dispone in modo tipico, il più spesso assume la forma di intrigato gomitolo, tale da somigliare molto a certe varietà di corpuscoli di Krause (fig. 30). Alberelh di Dogiel. Già fu accennata la loro presenza nello strato subpapillare, del resto per la struttura non differiscono da quelli situati più profondamente. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Molto frequenti in questa regione variano notevolmente per le loro dimensioni, per il rivesti- mento capsulare, ma specialmente per il modo di disporsi della fibra pallida. Vi sono molti punti di passaggio colle espansioni libere. Corpuscoli di Meissner. Questi, non descritti ancora nella guancia, sono piuttosto rari in questa regione, essendo più specialmente localiz- zati dentro le papille, dove verranno descritti. Intrecci intorno alle fibre mieliniche. Prima di passare alla des- crizione delle espansioni nervose dentro le papille, dirò brevemente che in alcuni preparati si vede come da una fibra mielinica, lungo il suo decorso, si stacchino delle fibre pallide varicose, che restando dentro le guaine di Henle della fibra stessa, formano tutto intorno ad essa 298 Giulio Ceccherelli, degli intrecci talora assai complicati (fig. 40). La fibra mielinica seguitando il proprio decorso al di là di questi intrecci, si espande in un corpuscolo di varia forma. Fatti simili furono descritti da Sfameni!) e se ne trova un esempio nella fig. 48 della tav. XI, del suo lavoro. Espansioni nervose melle papille. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Sono abbondanti tanto alla base che all'apice delle papille semplici e composte, fin dentro le papiline secondarie, e sono di differenti dimensioni (fig. 41). L/es- pansione amielinica tipicamente disposta a gomitolo, alle volte assume un aspetto assal sciolto, avvicinandosi nella forma ai gomitoli liberi. Sono molto frequenti, come vedremo meglio in seguito, delle fibrille pallide lungo il decorso delle fibre mieliniche, che formano altrettanti apparati di Timofeew a questi corpuscoli. Gomatoli liberi. Come nel labbro anche nella guancia, specialmente nella parte più alta delle papille, vi sono delle espansioni fatte a zo- mitolo in cui non può essere dimostrata traccia di capsule, nè di ad- densamento di tessuto connettivo, ma solo qualche nucleo lungo il decorso della fibra pallida (fig. 42). Questi gomitoli possono essere originati direttamente dallo sfioccarsi di un’unica fibra mielinica, ma più spesso questa si divide in un certo numero di fibre secondarie che conservano la mielina, le quali alla lor volta, dopo essersi variamente intrecciate, subito lo strozzamento preespansionale, si espandono, in un numero rile- vante di fibre pallide, con varicosità fusiformi o rotondeggianti che si avvolgono a gomitolo. Come già dissi nella trattazione del labbro, queste sono forme da riportarsi ai gomitoli liberi di Kólliker e di Dogiel. Corpuscoli di Meissner. Nell’interno delle papille sono largamente rappresentate sia le forme monolobate che le plurilobate e la loro si- tuazione topografica varia potendole trovare alla base o all’apice delle papille, dove sono più frequenti. Nelle papille composte i Meissner più piccoli occupano di regola le papilline secondarie, mentre i più grandi stanno nella parte centrale del corpo papillare. Il loro numero entro una sola papila puó variare da uno a quattro o cinque, raramente di 1) Sfameni, Sulle terminazioni nervose nei genitali femminili esterni etc. Archivio di Fisiologia. Vol. 1. Fasc. IV. Maggio 1904. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 299 più. Il tessuto di sostegno e il modo di espandersi della fibra nervosa non si discosta affato dal tipo (fig. 43). Varietà dei Meissner. È interessante dire due parole su certe varietà di corpuscoli di Meissner, che ben poco conservano della struttura tipica, sebbene si possano ad essi ricondurre per i caratteri del tessuto di sostegno ed anche per il modo di disporsi della fibra pallida. Un bellissimo esempio ce l'offre la fig. 44. In questo corpuscolo la fibra pallida forma un’elicospira abbastanza regolare, che segue la curvatura dell’apice della papilla nella quale si trova, impartendo un aspetto del tutto caratteristico all'espansione stessa. Le fibre pallide presentano varicosità fusiformi o irregolarmente rotondeggianti. Il tessuto di sostegno é ricco delle caratteristiche cellule fusiformi, che si dispogono in serie parallele al decorso delle fibre amieliniche. Fiocchetti papillari. Si trovano in gran numero, talora unici dentro le papille piccole, più spesso raggruppati in quattro o cinque dentro le papille grosse. Una sola fibra mielinica sfioccandosi in corrispondenza di uno spazio interpapillare, può formare dei fiocchetti in due diverse papille (fig. 45). La loro struttura conserva sempre le caratteristiche tipiche di queste forme di espansioni nervose. È evidente, specialmente in alcuni, un lieve addensamento di connettivo e di nuclei tra l'intreccio delle fibre terminali. Anse avviticciate. Anche nella guancia esse hanno doppia origine, o diretta o indiretta da fibre mieliniche. Le forme tipiche di anse, come già furono descritte nel labbro, si banno quando una fibra mie- linica direttamente si espande nell'interno di una papilla, nelle sue diramazioni terminali (fig. 48); mentre le fibre provenienti dalla rete amielinica subpapillare costegeiano prevalentemente i fianchi delle papille constituendo più dei plessicini, e delle reticelle, che dei veri e propri viticei intorno all'ansa capillare. Reticelle pericapillari. Nella guancia ho trovato solo scarsi esempi di questa disposizione delle fibre nervose che non hanno nulla di so- stanzialmente diverso da ciò che descrissi nel labbro. Rete simpatica diffusa e suoi rapporti. Per l'origine, il decorso e i rapporti che prende colle altre forme di espansioni nervose. la rete simpatica della guancia é simile a quella del labbro. Dalle mie rea- zioni risulta che forse nella guancia é più ricca, e che quì é più evi- 300 Giulio Ceccherelli, dente il nesso che esiste tra gli apparati di Timofeew e la rete stessa. Quardando le fig. 32, 47 e 49, potrà il lettore farsi un concetto esatto dei rapporti che questi fasci di fibrille prendono colle espansioni libere di Sfameni, coi fiocchetti papillari e cogli alberelli, formando altrettanti appa- rati di Timofeew, oppure accompagnando il decorso delle fibre amieli- niche della espansione primaria, per allontanarsene tosto, contribuendo a formare la rete che é fittissima e chiaramente evidente in tutti i prepa- rati, della quale due bellissimi esempi sono riprodotti nelle fig. 47 e 49. Gli apparati di Timofeew dei fiocchetti, che fino ad oggi sfuggirono allindagini degli altri Osservatori, saranno più estesamente descritti nella trattazione della lingua, dove vi sono le forme più complete. Riassunto delle forme di espansioni descritte. Sottomucosa. Corpuscoli di Ruffini. Alberelli di Dogiel. Espansioni libere di Sfameni. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni, loro varietà. Strato subpapillare. Rete amielinica subpapillare. Espansioni libere di Sfameni. Espansioni a corimbo. Corpuscoli di Ruffini. Alberelli di Dogiel. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni, loro varietà. Corpuscoli di Meissner mono e plurilobati. Rete simpatica. Strato papillare. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Gomitoli liberi. Corpuscoli di Meissner tipici e loro varietà. Fiocchetti papillari. Anse avviticciate. Reticelle pericapillari. Rete simpatica. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 501 Espansioni nervose nelle ghiandole a grappolo labiali e molari. Tratterò ora degli speciali rapporti che prendono alcune determinate . forme di espansioni nervose colle ghiandole salivari del labbro e della guancia. Dovendomi riferire a disposizioni che si trovano in ambedue queste mucose ho creduto opportuno di farne la trattazione dopo che fu esaurito l'esame di tutte le altre forme di espansioni nervose che in queste mucose appunto sì trovano. Dibliografia. A Krause!) si deve la constatazione, rimasta unica nella letteratura, della presenza di corpuscoli capsulati, che furono rite- nuti come forme intermedie tra i Vater-Pacini e gli Endkolben, nelle ghiandole della guancia del riccio, e nella sottomascellare del gatto. Successivamente corpuscoli di Pacini furono da Krause?) stesso e da altri osservatori ritrovati nel pancreas. Sui rapporti che i corpuscoli capsulati possono prendere coi dotti escretori delle ghiandole, in genere portò un altro contributo recentemente Sfameni?), descrivendo lungo i dotti galattofori della vacca e della pecora, numerosi corpuscoli molto simili ai Krause o Golgi-Mazzoni. Corpuscoli di Krause o Golgi- Mazzoni. Nelle ghiandole salivari labiali e molari, immersi nel connettivo avventiziale, in intimo contatto e addossati alla parete esterna dei canali escretori e collettori, o nel connettivo peri-ed intralobulare, ho potuto dimostrare una grande quan- tità di corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni e delle speciali espansioni a reticella che verranno singolarmente descritte. I corpuscoli di Krause sono in generale grandi, provvisti di molte lamelle capsulari, di forma rotondeggiante od ovalare. L’espansione nervosa non presenta alcuna differenza da quella delle forme tipiche. Le varietà descritte nella guancia e caratterizzate dal comportamento a gomitolo della fibra mielinica, sono rare e le troviamo solo in quest'organo, vicino allo sbocco del dotto escretore. 1) Krause W., Über die Drüsennerven. 2. Die Nervenendigungen in den Drüsen. Zeitschr. f. rationelle Medizin Bd. 23. S. 46—62. Taf. 5 und 6. 1865. ?) Krause W., Über die Endigungen der Drüsennerven. Arch. f. Anat. H. 1. S. 9—27. 1870. 3) Sfameni P., Contributo alla conoscenza delle terminazioni nervose negli organi genitali esterni e nel capezzolo della femmina. Nota prev. Mon. Zool. Italiano. Anno XII. No.1. 1901. 302 . Giulio Ceccherelli, Espansioni a reticella. Queste sono molto simili, per la disposi- zione delle fibre pallide, a certe varietà di corpuscoli di Ruffini fig. 50. Sono piuttosto piccole, tantochè superano di poco le dimensioni di un grosso corpuscolo di Krause. Esse sono originate da una fibra mie- liniea che direttamente o dopo essersi divisa in un certo numero di fibre secondarie, si espande nel connettivo avventiziale dei canalini col- lettori ed escretori, in forma di plessicini o reticelle formate da filuzzi amielinici varicosi che abbracciano in totalità o solo parzialmente 1 tu- buli stessi. In rapporto con queste espansioni il connettivo é chiara- mente addensato. Esistono numerose forme di passaggio tra i corpus- coli di Krause e queste reticelle. Topografia di queste espansioni. Molto interessanti sono i rapporti che più precisamente prendono queste espansioni nervose colle diverse sezioni delle ghiandole labiali e molari. Sul dotto escretore e intorno al suo sbocco. In corrispondenza dell'ultimo tratto del dotto escretore uno o due tronchicini nervosi, formati da tre o quattro fibre, decorrono con direzione verticale più o meno ravvicinati ad esso, dirigendosi verso la superficie della mucosa. Questi fascetti poco al disotto dello strato subpapillare, cominciano a dividersi dicotomicamente e scambiandosi delle fibre, formano un plessi- cino più o meno complesso, che é situato da un lato del dotto escre- tore, o, come avviene più spesso, lo abbraccia completamente a guisa di lasso manicotto. Le fibre che costituiscono questo plessicino diri- vendosi sempre più superficialmente, terminano dopo un decorso vario in contatto delle pareti del dotto escretore o tutto all’intorno del suo sbocco, fino ad una certa lontananza da questo punto, in altrettanti corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Si ha cosi, in corrispondenza dello sbocco di ogni dotto escretore, un area più o meno grande dove sono molti corpuscoli di Krause, allinnervazione della quale concorre un numero originariamente limitato di fibre nervose, riunite in uno o due fascetti ben individualizzati, decorrenti parallelamente alle pareti del dotto ghiandolare (fig. 51). Nelle regioni prossime a queste aree i corpuscoli di Krause sono più scarsi e sparsi più irregolarmente. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 305 Lungo è dotti eseretori. Lungo i dotti collettori grandi e piccoli sono scaglionati in grande quantità corpuscoli di Krause ed espansioni a reticella. La maggior parte di queste espansioni sono situate molto vicino alla parete epiteliale, immerse nel connettivo della tonaca propria, ma altre ne sono piuttosto distanti, immerse nel connettivo lasso che involge tutta quanta la ghiandola. Le fibre che terminano in questi corpuscoli decorrono dal basso all'alto, disposte in fascetti paralleli alla direzione dei dotti ghiandolari e provengono dal plesso fondamentale profondo (fig. 52). Nei lobuli. Infine, nellinterno e alla periferia dei lobuli, immersi nel connettivo intra e perilobulare, vi sono abbondanti corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni (fig. 53). Riassumendo, nelle ghiandole labiali e molari dell'uomo, vi sono numerosi corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni ed espansioni a reticelle, raggruppati in modo tipico nel punto di sbocco del dotto escretore e scaglionati in quantità rilevante lungo tutti i dotti collettori e sia nel- l'interno che alla periferia dei lobuli. Capitolo terzo. Mucosa del palato duro. Bibliografia. Nella mucosa del palato duro dell’uomo fu per la prima volta constatata da Merkel!) la presenza di Tastkórperchen, re- perto successivamente confermato da Kolliker?) e da altri ricercatori. Nessun'altra espansione nervosa capsulata fu poscia descritta nel palato duro. Infatti mentre Krause *) scopri i suoi Endkolben nel palato molle o velopendulo (weichen Gaumens), non troviamo mai sia in Krause, che neeli altri Osservatori fatta menzione della presenza di questi stessi corpuscoli nel palato duro; ed anche Kiesow *), riassumendo la biblio- grafia relativa a questo argomento, fa la stessa constatazione. Numerose 1) Merkel, Über die Endigungen der sensiblen Nerven in der Haut der Wirbeltiere. 214. S. 15. Taf. Rostock 1880. ?) Kólliker, Handbuch der Gewebelehre des Menschen (v. Ebner) Bd. III. S. 6. 1899. ®) Krause, Die terminalen Kórperchen. S. 125 und 151. Hannover 1860. 4) Kiesow, Loc. cit. 304 Giulio Ceccherelli, osservazioni furono fatte da Elin !), Merkel?) Severin?) e Kölliker 4), in diversi animali e nell'uomo, sui plessi nervosi del corion e sul com- portamento delle fibre nervose nell'epitelio. Merkel dimostrò negli zaffi epiteliali interpapillari numerose cellule tattili. Riassumendo: nel corion del palato duro dell'uomo fm’oggi furono solo descritti i corpuscoli di Meissner e plessi di fibre mieliniche e amieliniche. Riassunto della struttura istologica del palato duro. La mucosa del palato duro é intimamente aderente al periostio sottostante, special- mente nella sua metà anteriore, mentre nella metà posteriore ne é separata dalla ghiandola palatina. Le papille piccole nella parte poste- riore, aumentano anteriormente di altezza facendosi allungate e sottili. Il corion é formato quasi in totalità da connettivo denso, ordinato in fasci che con decorso verticale traversano quasi tutta la mucosa, legando gli strati superficiali coi profondi; ed in fasci decorrenti obliquamente od orizzontalmente, che intrecciandosi tra loro nel modo più irregolare, limitano delle piccole aree di forme svariate, occupate da connettivo lasso e da numerose fibre elastiche. Nell’interno delle papille il connet- tivo é disposto secondo due direzioni, formando un fascio verticale fibroelastico che occupa la parte centrale della papilla, e non si spinge fino al suo apice, ma si perde poco distante da questo; e da fasci periferici in cui scarseggia il tessuto elastico, le cui fibre avendo una direzione perpendicolare alle prime, circondano completamente il fascio centrale a guisa di manicotto, arrivando fino all'apice della papilla. Disposizione generale delle fibre nervose sensitive mei plessi fon- damentali. Anche nel palato fasci di fibre nervose costituiscono un plesso fondamentale nella parte profonda della mucosa, dal quale partono numerosi fascetti o fibre isolate, che con decorso irregolare si dirigono verso la superficie della mucosa In parte si esauriscono nel connettivo della sottomucosa nei modi che vedremo, in parte decorrendo in quei 1) Elin, Zur Kenntnis der feineren Nerven der Mundhóhlenschleimhaut. Arch. f. mikr. Anat. Bd. 7. S.382—388. 1871. 2) Merkel, Loc. cit. ?) Severin, Untersuchungen über das Mundepithel bei Säugetieren etc. Arch. f. mikr. Anat. Bd. 26. S.85—88. 1881. 4) Kólliker, Loc. cit. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc, 305 tramezzi connettivali già descritti, arrivano allo strato subpapillare € alle papille, dove formano numerose espansioni periferiche. Espansioni nervose mella sottomucosa. Corpuscoli di Ruffini. Sono presenti nel palato e specialmente nelle parti profonde della mucosa. Per nulla differiscono da quelli già da Ruffini descritti nel derma dei polpastrelli delle dita. Non starò quindi a ripeterne la descrizione. Varietà dei corpuscoli di Ruffini. Dirò invece più estesamente di certe interessanti forme di espansioni, che si dispongono in modo plessi- forme, le quali per i rapporti che prendono con i fasci di connettivo denso e per la forma stessa dell'espansione amielinica, si possono ricon- durre al tipo dei corpuscoli di Ruffini, dai quali però differiscono per altri caratteri. Passerò senz'altro alla loro descrizione. In tutto lo spessore della sottomucosa, ma specialmente nella sua metà più super- fieiale, si osservano, provenienti da fasci piü o meno numerosi di fibre mieliniche, un gran numero di espansioni nervose, largamente riunite tra loro, situate sui fascetti di connettivo denso già descritti. Per di- mensione queste espansioni sono in generale piccole, subordinatamente alle dimensioni del fascio connettivo sul quale riposano; però talora questo rapporto proporzionale non é rispettato e si può avere anche una piccola espansione nervosa su un grosso fascio di connettivo. Una sola fibra nervosa può innervare molti fascetti connettivali, . Sia direttamente dividendosi in numerose fibre secondarie, sia indiret- tamente per mezzo di numerose fibrille ultraespansionali; in modo plessi- forme. Non vi sono capsule. L'aspetto che assume la fibra pallida é quello che si ha sempre quando essa deve espandersi tra dei fasci di connettivo molto denso (organi muscolo-tendinei di Golgi, alcuni tra 1 corpuscoli di Ruffini). Infatti essa presenta delle varicosità laminari lungo il suo decorso e si spinge tra i fasci di connettivo circondandoli più o meno completa- mente, ed anastomizzandosi a guisa di grossolano gomitolo nell'interno del fascio (fig. 60). Osservando molti preparati si riceve l'impressione che queste espansioni invece di essere uniformemente diffuse a tutta la sottomucosa, siano piuttosto raggruppate in zone circoscritte ed indi- Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 20 306 Giulio Ceccherelli, pendenti, vicine tra di loro, ad ognuna delle quali si distribuisce un fascetto di fibre nervose; mentre che il tessuto prossimo a queste zone ne é completamente sprovvisto. Non credo che ciò sia una falsa apparenza dovuta a deficienza di tecnica, giacchè in uno stesso preparato possiamo vedere nettamente individualizzate queste diverse aree. Queste espansioni non si possono identificare cogli-alberelli, prima di tutto perchè riposano su di un tessuto di sostegno molto ricco ed individualizzato, e poi anche per la forma stessa dell’espansione nervosa; somigliano piuttosto a piccoli corpuscoli di Ruffini, che adattandosi alla speciale disposizione del tessuto connettivo del palato, abbiano acqui- stato delle peculiari e caratteristiche modalità di disposizione o di struttura. Alberelli di Dogiel. Nel palato duro vi sono anche degli alberelli tipici che mostrano evidenti i caratteri differenziali colle forme sopra- descritte. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Nella sottomucosa questi corpuscoli non sono molto frequenti e si trovano esclusivamente loca- lizzati in quelle piccole aree di connettivo lasso, che già furono descritte fra le maglie del plesso formato dai fascetti di connettivo fibrillare denso. La forma e la grandezza di questi corpuscoli varia a seconda della direzione e dell'ampiezza di questi spazi. Mentre sono schietta- mente rotondi quando lo spazio nel quale riposano é abbastanza ampio, sono schiacciati o fusati laddove questo & ristretto o irregolarmente allungato (fig. 61). Tolto questo interessante rapporto, per la loro struttura per nulla differiscono da quelli delle altre mucose, perciò ritengo superfluo di farne un'ulteriore descrizione. Espansioni nervose nello strato subpapillare. Rete amielinica subpapillare. Anche nekpalato duro essa conserva i suoi tipici caratteri sia topografici che morfologici. È originata da fibre mieliniche che si sfioccano in numerose fibrille varicose che ana- stomizzandosi ampiamente circoscrivono delle maglie ampie ed irregolari (fig. 54). Anche qualche rara fibrilla ultraespansionale concorre alla formazione di questa rete, che invia nelle papille delle esili fibrettine. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 307 Questa rete 6 chiaramente in rapporto di contiguità colle numerose cellule connettivali stellate che si trovano in questa regione, sulle quali gli esili filuzzi nervosi si appoggiano, prendendo dei rapporti di sem- plice vicinanza, cosicchè nessun valore morfologico o funzionale va attri- buito a questo fatto. Espansioni a corimbo. Queste espansioni nervose le potei solo raramente mettere in evidenza. Sono semplici ed uguali a quelle da me descritte nelle altre regioni del cavo orale. Oltre a questi corimbi sono abbondanti delle fibre mieliniche che dividendosi dicotomicamente, penetrano negli zaffi epiteliali formandovi numerose terminazioni ederiformi di Ranvier. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Sono molto più abbon- danti nelle papille ed é in esse che presentano numerose ed interessanti varietà. Nello strato subpapillare sono scarsi e non presentano diffe- renze strutturali degne di un qualche rilievo da quelli descritti nella sottomucosa. Ne farò tosto una più ampia trattazione parlando dello strato papillare. : Espansioni nervose nelle papille. Corpuscoli di Krause 0 Golgi-Mazzoni. Questi corpuscoli, fino ad ora non descritti nella mucosa del palato duro, furono da me ritro- vati molto numerosi dentro le papille, come già dissi parlando dello strato subpapillare. Il loro numero, nell'interno di una sola papilla, può oscillare da uno a tre e più. Però quando sono in molti sono anche assai piccoli. Situati sia all'apice che alla base delle papille si trovano in corrispondenza del fascio fibro-elastico centrale, ed anche alla sua periferia; che anzi spesso in loro corrispondenza troviamo un rilievo della superficie papillare (fig. 56 e 57). Sono rivestiti di cap- sule variamente abbondanti a seconda della grossezza del corpuscolo e della complicatezza dell’espansione a gomitolo (fig. 58, 57 e 56); la quale, pur conservando i caratteri specifici propri di questi corpus- coli, varia però per la grossezza delle fibre pallide e delle loro vari- cosità, nonchè per la complicatezza o meno del gomitolo. Come vedremo meglio in seguito vi sono numerose espansioni libere che rappresentano dei punti di passaggio con i corpuscoli di Krause più semplici e poveri 20 * 308 Giulio Ceccherelli, di lamelle capsulari. Quasi tutti questi corpuscoli hanno l'apparecchio di Timofeew (fig. 58), che é formato da fascetti di fibre assai esili che decorrendo lungo la fibra mielinica, penetrati dentro le capsule, formano una reticella più o meno completa ed intrigata tra le fibre pallide del- l'espansione primaria. Riparleremo di ciò trattando della rete simpatica. Corpuscoli di Meissner mono e pluri-lobati. Sono molto frequenti e la loro distribuzione nell’interno delle papille é varia. In generale ne occupano la parte centrale e sono completamente ravvolti dalle fibre elastiche che abbiamo descritto in questa regione, le quali formano le capsule connettivo-elastiche di Ruffini. I monolobati (fig. 59) sono situati in generale nella parte più alta delle papille, mentre i plurilobati (fig. 62), occupano tutta la loro altezza. Può o no esservi contempora- neamente la presenza di un’ansa capillare. Le cellule del tessuto di sostegno sono abbondanti e tipicamente orientate. Riguardo al modo di espandersi della fibra pallida, nel palato duro troviamo una rassomi- glianza con ciò che fu descritto nella pelle, anche più spiccata che nel labbro e nella guancia. Anche i monolobati, invece di assumere l'aspetto di gomitoli mantengono la loro disposizione anulo-spirale e le fibre pallide hanno dei rigonfiamenti fusati molto manifesti. Varietà dei corpuscoli di Krause e di Meissner. Oltre a queste forme tipiche nell'interno delle papille si trovano numerose altre varietà che presentano una molteplicità di struttura veramente notevole. E difficile poterne dare un’esatta e completa descrizione, giacché sia per i caratteri del tessuto di sostegno o per la sua mancanza, sia per la disposizione della fibra pallida, mentre alcuni si possono ricondurre verso il gruppo delle varietà dei corpuscoli di Krause, altri verso quello dei corpuscoli di Meissner ed altri infine verso i fiocchetti papillari. Ne daró brevemente alcuni esempi. Spesso queste espansioni nervose sono raggruppate in gran numero dentro una sola papilla. Nella fig. 63 infatti vediamo penetrare dalla base della papilla numerose fibre mieliniche, le quali, subito lo strozzamento preespansionale, nella parte superiore di essa formano altrettante espansioni libere, molto irre- golari, che per certi caratteri si possono interpetrare come varietà dei corpuscoli di Meissner, specialmente per la presenza delle cellule di sostegno caratteristiche, sebbene in scarsa quantità e soprattutto per il Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete, 309 modo di disporsi della fibra pallida, che presenta varicosità fusiformi o rotondeggianti. Alcune di queste espansioni però per il disporsi della fibra pallida a gomitolo, tendono più a somigliare ai corpuscoli di Krause. Questa tendenza raggiunge il più alto grado nel preparato da cui fu tolta la fig. 64, dove vediamo come molte di queste espansioni siano originate da solo quattro fibre mieliniche. I nuclei non sono disposti nel modo caratteristico visto nel caso precedente, ma invece si trovano irregolarmente sparsi tra gli avvolgimenti della fibra pallida. Non vi é traccia di capsule. La fibra nervosa amielinica nel modo di disporsi somiglia molto ai corpuscoli di Krause, però per la forma delle varicosità, che sono in prevalenza fusate, e per la disposizione anulo- spirale che in alcuni punti prende l’espansione amielinica, assume talora l'aspetto dei Meissner. Nella fig. 65 vi é un altro gruppo di queste varietà che differi- scono dalle precedenti per la maggiore finezza delle fibre pallide e delle loro varicosità. Di più per la disposizione a fascetti che queste fibrille prendono somigliano molto ad alcune varietà complesse di fiocchetti, che vedremo sono assai frequenti nella mucosa del palato. Nella fig. 66 vi sono altri due esempi di espansioni libere che occupano i due terzi superiori di una papilla, in tutta la sua altezza e che somigliano a quei gomitoli liberi che descrissi colla stessa topo- grafia nella guancia. Infine, nella parte più alta delle papille, spesso al disopra della ripiegatura dell’ansa capillare, sono frequenti delle piccole espansioni libere, nelle quali la fibra pallida si dispone a guisa di lasso gomitolo di forma allungata ed orientato parallelamente alla direzione dell’ansa capillare, orientazione che impartisce un aspetto del tutto caratteristico a questa espansione nervosa (fig. 67 e 68). Nell’ulteriore descrizione vedremo che vi sono dei fiocchetti molto simili a queste varietà di Meissner monolobati. Fiocchetti papillari e loro varietà. Ciò che prima di tutto colpisce chi si accinge allo studio di queste espansioni nervose è la loro note- volissima ricchezza per numero e per varietà morfologiche. In nessun altro organo, che io sappia, sono altrettanto abbondanti e si può dire 310 Giulio Ceccherelli, che impartiscono alla mucosa del palato duro dei caratteri del tutto peculiari. Sono diffusi su tutta la superficie di questa regione del palato, ma specialmente abbondano nella sua parte anteriore, dove le papille sono più grandi e più lunghe. Anzi in queste sono talora raggruppati in numero notevole e ne ho potuti contare fino a dieci. Riguardo alla disposizione delle fibre pallide si ha le seguenti varietà. Anzi tutto sono molto frequenti le forme tipiche e semplici (fig. 75), come furono descritte nella pelle e di cui non parlerò più oltre. Nelle fig. 69, 70 e 71 vediamo un graduale passaggio da quelle varietà di Meissner monolobati alle forme di fiocchetti tipici, che si fa a spese della espansione amielinica, la quale diviene più complessa e sciolta con varicosità più grosse e meno regolari. Un'altra varietà molto caratteristica é la seguente. Una fibra mielinica nello strato subpapillare ed anche piü in basso si sfiocca in un gran numero di fibre pallide varicose, che raggruppandosi a guisa di fascetto appiattito, penetrano nell’interno di una papilla, Durante il loro decorso queste fibre si dividono replicatamente, onde il fascetto diviene piü fitto e complesso. Giunto dentro la papilla esso resta unico o si divide in fasci secondari che formano altrettanti fiocchetti. Nel punto di biforcazione le fibrille si dividono dicotomicamente e parte andando da un lato parte dall'altro, impartiscono a questo punto un aspetto reticolato (fig. 72). In qualunque modo siano originati, questi fiocchetti si dirigono verso l’apice della papilla con decorso rettilineo 0 facendo delle anse che abbracciano i vasi (fig. 73) e terminano con estremo rotondeggiante, il quale, per la divisione successiva sempre più abbondante delle fibre da un lato e dall'altro per l'aumento in grossezza e in frequenza delle varicosità, appare più fitto e intrigato del resto del fiocchetto. Ad aumentare ancora ciò concorre un addensamento del connettivo e di nuclei in corrispondenza di questo estremo. Questi fiocchetti possono essere molto grandi (fig. 74), ed occupare quasi in totalità l'interno di una papilla. Diró infine di un'altra varietà molto interessante che abbonda piü specialmente in tutta quella porzione del palato prossima alle gengive dove vi sono papille larghe e basse. Queste varietà nella loro più Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 311 semplice espressione sono perfettamente uguali a quelle espansioni libere che furono descritte da Crevatin') nella congiuntiva col nome di „nastrini nervosi“. Tali fiocchetti raggiungono talora una maggiore complicazione. Una fibra mielinica, dopo lo strozzamento preespansionale. penetrata dentro una papilla, si divide in una o poche fibre pallide che dopo un vario decorso si sfioccano in un numero rilevante di fibrille varicose intrecciate fra loro e riunite in fascetto. Le fibre che com- pongono questo fascio, al suo estremo distale si fondono nuovamente in un'unica fibra nastriforme a margini spinosi, che, mantenendosi unica, si avvolge più volte ad ansa nell’interno della papilla, intorno ai vasi capillari e, dopo un decorso differentemente lungo, termina con estremo leggermente clavato (fig. 81). Nel palato vi é una completa serie di questi fiocchetti, dai quali, per la progressiva riduzione dell’intreccio delle fibre pallide che ne occupa la parte media, fino alla sua completa scomparsa, si giunge alle ,striscette nervose“ (fig. 81), costituite da una fibra a margini spinosi che, mantenendosi unica, si avvolge più volte ad ansa nello stroma della papilla, prevalentemente verso la sua super- ficie libera, tra il punto di impianto dell'epitelio e l'ansa capillare. La dimostrazione che queste sono vere espansioni nervose ben definite, ce la dà la presenza dell'apparato di Timofeew (fig. 77). Anse avviticciate. Le anse avviticciate, ricchissime nel palato, hanno la loro derivazione come nel labbro e nella guancia, da fibre mieliniche o da filuzzi della rete amielinica subpapillare. Spesso sembra che in una stessa papilla siano rappresentati tutti e due questi ordini di fibre, Ma il più delle volte ciò é una parvenza erronea, data dal fatto che le fibre mieliniche si dividono in fibre pallide al disotto della base della papilla, onde in essa penetrano fibre pallide e fibre mie- liniche ad un tempo (fig. 78). Le anse avviticciate derivate diret- tamente da fibre mieliniche sono le più tipiche e mentre verso la base della papilla formano un plesso irregolare e lasso, nei suoi due terzi superiori questo plesso diviene più regolare a forma di vera e propria rete che avvolge come un cappuccio lansa capillare (fig. 79). Le fibre provenienti dalla rete amielinica hanno lo stesso comportamento di quelle descritte nel labbro e nella guancia. 1) Crevatin, Loc. cit. Tav. I. Fig. 17 e 18. 312 Giulio Ceccherelli, Reti pericapillari. Non sono frequenti ad osservarsi nel palato duro e la maggior parte presentano i caratteri già noti, che non starò più oltre a ricordare. Dirö solo che talora é un’esile fibra mielinica che sfioccandosi in fibre pallide varicose forma degli intrecci o reticoli pericapillari (fig. 80). Questo fatto é interessante perchè dimostra come duplice possa essere l’origine di queste reticelle. pericapillari; dalla rete amielinica subpapillare (Crevatin), e da fibre mieliniche. Reticelle subepiteliali. In alcune papille coniche ho potuto osser- vare delle fini ed eleganti reticelle, situate subito al disotto dell’epitelio, originate da fibre amieliniche che provengono dalla base delle papille, decorrenti in generale sui fianchi della papilla stessa (fig. 82). Queste reticelle avvolgono tutto l'apice papillare e talora si spingono anche sui suoi fianchi per lungo tratto. Come ci possiamo agevolmente convincere sia alzando che abbassando il fuoco del microscopio, sia osservando in sezione ottica il punto corrispondente al margine papillare, queste reti ne occupano solo la parte più periferica e stanno subito al disotto dell’epitelio. Non mi é riescito di veder partire da queste reticelle filuzzi per andare tra le cellule epiteliali, ma é probabile che ciò avvenga. Rete simpatica diffusa e suoi rapporti. Essa non é così facilmente dimostrabile come nel labbro e nella guancia. Purtuttavia anche qui é presente ed ha i medesimi rapporti che abbiamo descritto negli altri organi. Se ne trovano infatti degli esempi in tutto lo spessore della mucosa, sia fra le varietà dei corpuscoli di Ruffini descritte (fig. 60), sia a costituire gli apparati di Timofeew, come già fu detto a proposito della descrizione delle diverse espansioni nervose. Il fatto della minor chiarezza ed evidenza della rete simpatica in quest'orrano si deve addebitare più ad insufficienza di tecnica che al fatto che essa quivi sia in realtà meno complessa. Riassunto delle forme di espansioni descritte. Sottomucosa. Corpuscoli di Ruffini tipici. Varietà dei corpuscoli di Ruffini. Alberelli di Dogiel. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 313 Strato subpapillare. Rete amielinica subpapillare. Espansioni a corimbo. Alberelli di Dogiel. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Rete simpatica. Strato papillare. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Corpuseoli di Meissner, mono e plurilobati. Varietà di queste due forme di corpuscoli. Fiocchetti papillari, loro varietà. Reti pericapillari. Reticelle subepiteliali. Rete simpatica. Capitolo quarto. Mucosa della lingua. Bibliografia. Consultando la letteratura troviamo che le ricerche fatte sulla innervazione della lingua sono discretamente numerose, ma i fatti che da queste ricerche furono messi in evidenza, sono pochi, giacchè la maggior parte degli Autori recenti si limitarono a confer- mare ciò che era stato visto precedentemente. Da Krause!) troviamo descritti 1 suoi Endkolben nelle papille fungiformi e circumvallate, dentro le papilline secondarie ed alla base delle papille filiformi. Questo Autore ritenne che i corpuscoli trovati dentro le papille circumvallate, prendessero origine da fibre del glosso- faringeo. Queste osservazioni furono successivamente confermate da Kölliker, da Merkel, da Toldt e da altri Osservatori ancora. Più tardi Geber?) scoprì i corpuscoli di Meissner nelle papille del terzo anteriore della lingua. Questo reperto ottenuto su del materiale in buonissime condizioni di conservazione, giacchè tolto con intervento 1) Krause, Über Nervenendigung. Zeitschr. f. rationelle Medizin. Dritte Reihe. Bd. V. S.28. 1858. 2) Geber, Uber das Vorkommen der Meissnerschen Tastkórperchen in der Menschenzunge. Centralbl. f. wiss. Medizin. Nr. 20. 8. 353—355. 1879. 314 Giulio Ceccherelli, chirurgico, fu negativo in altri tentativi fatti su delle lingue tolte dal cadavere, ciò che fece nascere a Geber il dubbio che i corpuscoli di Meissner non fossero sempre presenti, ma che la loro quantità fosse subordinata a delle speciali condizioni individuali. Ma le ricerche di Merkel '), di Krause?) e del Rosemberg ?) confermarono pienamente il reperto di Geber e i corpuscoli di Meissner furono descritti nella punta della lingua al piede delle papille filiformi. : Queste sono le sole specie di corpuscoli descritte nel cerion linguale dell'uomo. Per gli altri mammiferi furono descritti corpuscoli di Vater- Pacini e di Meissner nella lingua dell'elefante, da Krause*) clavette sem- plici in quella di molti mammiferi, e recentemente Kiesow ?), nella lingua di una scimmia descrisse fiocchetti molto semplici e parzialmente la rete amielinica subpapillare, negando la presenza dei corpuscoli di Meissner. Riguardo al comportamento delle fibre nervose nella mucosa lin- guale già da tempo furono descritti dei plessi di fibre mieliniche, ma fu Rosemberg ) che fece uno studio accurato sulla distribuzione delle fibre nervose nell'interno delle papille della lingua del cavallo. Nelle papille filiformi descrisse un plesso intrigato di fibre mieliniche che, divenute amieliniche’ nell’interno delle papille, formavano un ricco plesso al disotto dell'epitelio, nel quale penetravano numerose fibrille specialmente verso l'apice papillare. Nelle papille fungiformi distinse esattamente un fascio di fibre nervose mieliniche assile e tanti piccoli fascetti parietali, vide anche che il fascio centrale, arrivato nella parte alta della papilla, si sfioccava a mò di plesso subepiteliale, intrigato dal quale penetravano filuzzi nell'epitelio. Anche i fasci parietali : contribuivano a formare questo plesso. Gli stessi fatti rilevó nelle 1) Merkel, Über die Endigungen der sensiblen Nerven in der Haut der Wirbel- tiere. 214. S. 15. Taf. Rostock 1880. 2) Krause, Die Nervenendigung in den Tastkórperchen. Arch. f. mikr. Anat. Bd. XX. 1882. ?) Rosemberg, Über Nervendigungen in der Schleimhaut und im Epithel der Säugetierzunge. Sitz. d. Ak. d. wiss. math. nat. Kl. Bd. 93. Abt. 3. S. 169—199. 1886. 4) Krause, Loc. cit. ?) Kiesow, Contributo alla conoscenza delle terminazioni nervose nelle papille della punta della lingua. At. d. Acc. R. d. Scienze d. Torino. N. 19. 1903. 5) Rosemberg, Loc. cit. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 315 papille circumvallate e foliate. Considerati questi reperti un pò atten- tamente, si rileva il fatto che essi sono incompleti nel senso che ven- gono ad essere confuse sotto la denominazione generica di plesso, ciò che sono fibre mieliniche lungo il loro decorso con ciò che rappresenta la vera e propria espansione nervosa. Questa confusione 6 in special modo manifesta nelle papille fungiformi e circumvallate, facendosi entrare, senza alcuna distinzione, a costituire il plesso anche le fibre del glosso- faringeo. Fusari e Panasci!) col metodo di Golgi, nella lingua del sorcio, del coniglio, del gatto e del cavallo, descrissero una rete sulla super- fide del corion, con cellule nervose intercalate, la maggior parte delle quali furono poscia peró riconosciute dallo stesso Fusari?) come cellule di connettivo o come punti nodali della rete. Dopo questi lavori Finocchiaro ?) nelle papille circumvallate del topo, descrisse il com- portamento delle fibre del glossofaringeo, ma questa descrizione non porta nessuna luce nuova sull'argomento, così bene e completamente investigato da Rosemberg molti anni prima. Nella lingua dell’uomo fu constatata la presenza di cellule nervose per la prima volta da Remak*) nel 1840, lungo i rami del glosso- faringeo; e successivamente da Kólliker?), che negó la loro presenza lungo i rami del linguale e dell’ipoglosso, mentre fu il primo a dimo- strarle presso le papille cireumvallate. Da Remak furono viste succes- sivamente anche lungo i rami del linguale. Di più questo Autore con numerose e valide argomentazioni sostenne che questi piccoli gangli stavano in rapporto colle ghiandole che si trovano in queste regioni. « 1) Fusari e Panascì, Sulle terminazioni nervose nella mucosa e nelle ghiandole sierose della lingua dei mammiferi. Atti d. R. Accad. d. Scienze di Torino. Vol. 25. Disp. 15. Pag. 885—857. 1889/90. *) Fusari, Alcune osservazioni di fine anatomia nel campo del sistema nervoso periferico. Giorn. d. Acc. Med. d. Torino. Anno 65, num, 8—9. Pag. 426—428. 1902. 3) Finocchiaro, Contributo allo studio delle terminazioni nervose nelle papille circumvallate. Arch. Italiano di Anat. ed Embriologia. Firenze. Vol. III. Fasc. 1. Pag. 288—297. 1 Remak, Über die Ganglien der Zunge bei Säugetieren und bei Menschen. Arch. für Anat. S.58—64, 1852. ? Kölliker, Beiträge zur Anatomie der Mundhöhle. Verh. d. Med. Phys. Ges. in Würzburg. Bd.2. S. 169—184. 1852. 316 Giulio Ceccherelli, LI Schwalbe '), oltre che confermare queste ricerche, riuscì a trovare queste cellule anche alla base delle papille circumvallate del porco e di più disse che esse andavano aumentando verso la periferia, spiegando così la maggior frequenza di fibre esili a costituire i rami periferici del glossofaringeo, che interpetrò come prolungamenti di queste cellule nervose. Schaffer*) per primo dimostrò la loro presenza nell'interno delle papille circumvallate dell'uomo e Rosemberg *) descrisse esatta- mente i rapporti che esse prendono nelle papille fungiformi e circum- vallate del cavallo, formando un ganglio nello strato subpapillare alla base di ciascuna papilla, accompagnando abbastanza numerose il fascio assile accollate tra le fibre che lo compongono, per ritrovarsi poi irre- golarmente sparse nello stroma papillare; fatti questi che vennero in seguito ridescritti come cose nuove da Finocchiaro. * Mi limiterò a queste poche notizie principali senza più oltre riassumere le numerosis- sime ricerche fatte su questo argomento, specialmente relative alle tanto dibatutte questioni sulla natura e sui rapporti di queste cellule, ciò che sarebbe superfluo per lo scopo che mi prefiggo, giacchè, come vedremo in seguito, col metodo da me adoperato non ho potuto portare nessun contributo nuovo su questo argomento, limitandomi a confermare i fatti già noti. Dovrei ora riassumere i numerosi lavori che si riferiscono ai nervi nell’epitelio, ma comincerò subito ad escludere quelli che riguardano le espansioni periferiche dei nervi di gusto, perchè esorbitano dal pre- sente argomento. Dirö solo che i “bottoni gustativi" nelle lingua del- l'uomo, sono stati fin'ora descritti solo nelle papille fungiformi e circum- vallate. In tutto il resto dell’epitelio esistono abbondanti fibre nervose libere, che furono scoperte da Sertoli®) nelle papille foliate del cavallo, 1) Schwalbe, Über die Geschmacksorgane der Sáugetiere und des Menschen. Arch. f. mikr. Anat. Bd. 4. S. 154—187. Taf. XII-XIII. 1868. 2) Schaffer, Beitráge zur Histologie menschlicher Organe. IV. Zunge. V. Mundhóhle, Schlundkopf. VI. Osophagus. VII. Cardia. Sitz. Ak. wiss. Wien. math.-nat. Kl. Bd. 106. Abt. 3. S.103. 4 tav. Wien 1897. ?) Rosemberg, Loc. cit. 4) Finocchiaro, Loc. cit. 5) Sertoli, Osservazioni sulla terminazione dei nervi del gusto. Gazzetta medico-veterinaria. Vol. 4. Fasc. 2. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 317 descritte anche da Rosemberg " nelle altre papille del cavallo stesso e di altri animali e successivamente meglio studiate da Merkel”), Krause?) Drasche 4), Retzius”), Fusari e. Panasci^) ed altri Autori ancora nei più svariati mammiferi. Negli zaffi epiteliali interpapillari Severin *) descrisse cellule tattili di Merkel. Riassumendo solamente i fatti che furono ben appurati sul modo di distribuirsi e di terminare delle fibre nervose nel corion della mucosa linguale dell’uomo, abbiamo: che furono descritti plessi di fibre mieliniche e amieliniche alla base e dentro le papille, cellule nervose lungo i rami del linguale e del glossofaringeo fin dentro alle papille stesse, corpus- coli di Meissner e di Krause coi rapporti già detti. Riassunto della struttura macro e microscopica della mucosa linquale. Le mie ricerche essendosi limitate al dorso e ai margini della lingua dirò sommariamente di ciò che si riferisce a queste parti. È ormai cosa notissima la presenza di speciali papille sul dorso della lingua. Esse furono divise in quattro categorie: Papille circumvallate, fungi- formi, filiformi ed emisferiche o coniche. Le papille appartenenti alle prime tre categorie sono composte, quelle appartenenti alla quarta rap- presentano papille semplici. Le papille circumvallate nell'uomo sono in numero limitato e localizzate verso la base della lingua a costituire il V linguale; le papille fungiformi sono diffuse su tutta la lingua, ordinate in ogni metà di essa in file parallele, che convergono ad an- golo verso il rafe mediano; le papille filiformi sono sparse irregolar- mente su tutta la superficie del dorso della lingua. Le papille emis- feriche, del tutto simili a quelle che si trovano nelle altre mucose, occupano tutti gli spazi che intercorrono tra le papille composte e si ritrovano quasi esclusivamente rappresentate nei margini della lingua, 1) Rosemberg, Loc. cit. 2) Merkel, Loc. cit. 3) Krause, Loc. cit. 4) Drasche, Untersuchungen über die Papillae foliatae et circumvallatae der Kaninchen etc. Leipzig 1887. 5) Retzius, Über die sensiblen Nervendigungen in den Epithelien bei den Wirbeltieren. Biol. Untersuchung. Nr.7. Bd.4. S.37—45. 4 Taf. 1892. 8) Eusari e Panasci, Loc. cit. *) Severin, Untersuchungen über das Mundepithel bei Sáugetieren etc. Arch. f. mikr. Anat. Bd. 26. S, 81—88. 1 Taf. 1885. | 918 Giulio Ceccherelli, ordinate in serie parallele a formare tanti piccoli rilievi a forma di creste. Le papille filiformi, fungiformi e circumvallate hanno numerose papilline secondarie che sono situate prevalentemente verso l’apice delle filiformi e sul margine libero delle circumvallate, mentre che sulle fungiformi sono più che altro verso i fianchi delle papille stesse, mentre nella parte più alta rigonfiata a clava o le papilline mancano o sono molto basse e smusse. È di grande interesse cercare di stabilire fino da ora le omologie tra queste papille composte e le loro papilline secondarie, con quelle delle altre mucose e della pelle. Grazie alle ricerche di numerosi Osservatori e di Gegembaur !) in special modo, dobbiamo ammettere che le papille composte, considerate nella loro totalità, rappresentino una disposizione nuova, che assume il corion della mucosa linguale, derivante da una differenziazzione delle papille semplici, che certo stà in rapporto colla funzione del tutto speciale della lingua, sia come organo tattile che come organo gustativo: e che le papilline secondarie siano omologhe a quelle della cute e delle altre mucose, per il loro modo di svilupparsi, per la grandezza, per la dis- tribuzione in esse di un’ansa capillare soltanto e, come vedremo in seguito, anche per il modo di espandersi delle fibre nervose. La mucosa linguale é costituita da fasci di connettivo più denso in alcune regioni (specialmente verso il V linguale), più lasso in altre, specialmente nei margini e verso la punta della lingua. Questi fasci di connettivo sono orientati in tutti i sensi e completamente avviluppati da una fittissima rete elastica. Le fibre muscolari del linguale superiore sul dorso della lingua si inseriscono direttamente sulla faccia profonda del corion e manca uno strato di connettivo lasso a dividere questi muscoli dalla mucosa. Disposizione generale delle fibre nervose sensitive nei plessi fonda- mentali. Riguardo a questa distribuzione poco invero vi é da aggiun- gere a ciò che fu già descritto da Rosemberg nella lingua del cavallo. Nelle parti più superficiali del tessuto muscolare troviamo una quantità di fasci e di fibre nervose isolate, di cui alcune si esauriscono nel tessuto muscolare stesso, mentre la maggior parte, raggiunta la faccia profonda del corion, vi formano un ricchissimo plesso. Da questo si 1) Gegembaur, Lehrbuch der Anatomie des Menschen. S. 458. Leipzig 1883. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 319 innalzano una grande quantità di fascetti e di fibre nervose che decor- rono in modo plessiforme in tutto lo spessore della mucosa. Questo plesso diviene più fitto alla base delle papille composte e successivamente penetra nel loro interno con modalità differenti. Nelle papille emis- feriche sia del dorso che dei margini della lingua, penetrano in modo irregolare fascetti o fibre nervose isolate per terminare nel connettivo 0 per proseguire verso l'epitelio: nelle papille filiformi entrano fascetti numerosi di varia grossezza e sparsi nel corion papillare a guisa di plesso formato da fibre mieliniche che terminano nei diversi corpuscoli e nelle espansioni libere e da numerose fibre amieliniche: nelle papille fungiformi le fibre mieliniche che partono dal plesso basilare sono riunite in un grosso fascio assile ed in alcuni piccoli fascetti periferici. Il fascio centrale raggiunto il terzo superiore della papilla, si sfiocca in numerose fibre mieliniche che terminano in altrettanti corpuscoli. Nel fascio centrale ed anche diffuse in tutto lo stroma della papille, esistono numerosi fasci di fibre esili che formano per conto proprio un plesso intrigatissimo, specialmente verso la periferia delle papille e verso l’apice, che debbono essere interpetrati come fasci del glossofaringeo che ter- minano nei modi caratteristici che verranno a suo tempo descritti. A causa dei resultati incompleti delle mie ricerche sulle papille circum- vallate non posso altro che confermare ciò che era già noto sul plesso del glossofaringeo e sulla presenza di fibre mieliniche e di cellule ner- vose in questo plesso. Le cellule nervose le potei anch'io mettere in evidenza nelle papille fungiformi. Espansioni nervose sensitive negli strati più superficiali del muscolo linguale superiore. Fusi neuro-muscolari. Negata da molti Autori la loro presenza nei muscoli linguali estrinseci ed intrinseci, furono da Franque?) visti în un caso nella lingua dell’uomo e da Forster?) successivamente ritro- vati nei muscoli estrinseci ioglosso e genioglosso. Nel muscolo linguale superiore ho costantemente trovati dei Fusi 1) Franque, Citato nel lavoro di Regaud e Favre. ,Les Terminacions nerveuses et les organes nerveux sensitifs etc.“ a pag. 42. ?) Forster, (Laur) Zur Kenntnis der Muschelspindeln. Inaug.-Diss. Bern. 348. 290 Giulio Ceccherelli, neuromuscolari, sebbene in scarsa quantità, piccoli, il cui fascetto di Weissmann é formato da due o tre fibre muscolari soltanto, coll’espan- sione nervosa piuttosto ridotta. Mi limito a rilevarne la presenza non avendo ancora potuto studiarne l’intima struttura. Organi muscolo-tendinei di Golgi. Laddove i fascetti muscolari si inseriscono alla faccia profonda della mucosa, non é raro trovare degli organi muscolo-tendinei di Golgi. Essi sono piccoli, ma per tutti gli altri caratteri non differiscono affatto dalle forme tipiche dei tendini. Un esempio dimostrativo ce l'offre la fig. 83, tolta da un preparato in cui questo corpuscolo era situato a tre millimetri al disotto della base delle papille, nello spessore del derma, su di un fascetto di connettivo denso cui si inserivano poche fibre muscolari. | Corpuscoli di Ruffini. Sono frequenti nel connettivo che si trova tra i fascetti muscolari. In generale sono grandi ed isolati e la loro forma varia molto, modellandosi sui fasci di connettivo che si inter- secano in tutti i modi più svariati. Si possono trovare infatti corpus- coli a mò di piastra, globosi, stellati o irregolarmente poliedrici. Sono sempre ben dimostrabili numerose lamelle capsulari. Nel tessuto di sostegno non si può dire, in regola generale, se sia prevalente il connet- tivo fibrillare o le fibre elastiche, essendo ambedue rappresentate, però, mentre é rarissimo trovare dei corpuscoli nei quali siano quasi in totalità presenti le sole fibre elastiche (alcune forme a piastra), é piut- tosto frequente il fatto opposto. L'espansione della fibra pallida offre i caratteri già noti e l’intreccio da essa formato é più o meno com- plesso a seconda della maggiore o minore abbondanza del tessuto di sostegno. Questi corpuscoli, scarsi nelle parti profonde del muscolo linguale, divengono più abbondanti nei suoi strati più superficiali, dove cominciano a raggrupparsi in modo caratteristico. Ma ciò vedremo meglio tra poco, descrivendo i loro rapporti e la loro struttura nella sottomucosa. Prima di procedere oltre é necessario ripetere che anche nella lingua indicherò col nome di “sottomucosa” tutto quello strato del corion che dal muscolo linguale va fin poco al disotto della base delle papille; di “strato subpapillare” quella piccola regione che resta alla base delle papille stesse; di “strato papillare” le papille semplici e composte. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 391 Però durante la descrizione di alcune espansioni nervose non mi atterò scrupolosamente a questa distinzione, d'altronde un poco artifi- ciale, giacchè ne perderebbe in chiarezza l'esposizione e specialmente riescirebbero oscuri a comprendersi certi rapporti che queste espansioni stesse prendono nei diversi strati della mucosa. Questo ho voluto dichiarare perchè non debba imputarsi ad un modo confuso di descrivere ciò che all'opposto vien fatto per rendere la descrizione stessa più chiara ed unita. - Espansioni nervose nella sottomucosa. Corpuscoli di Ruffini tipici. Questi corpuscoli, continuandosi in serie in interrotta con quelli dello strato muscolare, sono abbondantissimi sui lati e sul dorso della punta e della base della lingua, tantochè in una sottile fetta di cinque o sei millimetri quadrati di superficie ne ho potuti contare sopra a quaranta. È costante il fatto di raggrupparsi in gran numero, specialmente nelle parti più superficiali della mucosa. La loro direzione é svariatissima, essendo subordinata a quella dei fasci di connettivo entro i quali l'espansione € situata. Anche le loro dimensioni sono molto variabili, ma in generale sono più piccoli di quelli che furono descritti tra le fibre muscolari. Le forme prevalenti sono; quella irregolarmente globosa, o poliedrica, o a piastra (fig. 84); rare quelle fusiformi e cilindriche, che sono tipiche invece nella pelle. Il rivestimento capsulare & ben visibile nelle forme più grosse, meno evidente in quelle più piccole. Il tessuto di sostegno é misto, ma spesso troviamo predominanti le fibre elastiche, specialmente nelle forme sem- plici e in quelle situate nelle parti più alte della sottomucosa. La disposizione della fibra pallida varia notevolmente, presentando tutte le modalità per questi corpuscoli già altrove descritte e ben note. Talora questi intrecci sono molto fitti e complessi tanto da assumere l'aspetto di alcune varietà dei corpuscoli di Krause. In un caso (fig. 86), osservari un rapporto interessante determinato da una fibra mielinica che biforcandosi formava un corpuscolo di Ruffini tipico ed un corpus- colo di Krause. Rapporti simili tra i corpuscoli di Ruffini e quelli di Pacini furono descritti anche da Sfameni. Una varietà molto interessante di questi corpuscoli é caratterizzata dal comportamento speciale che prendono le fibre mieliniche prima di Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 21 322 Giulio Ceccherelli, formare l'espansione terminale. Senza stare a spendere troppe parole nella descrizione dirò che si ripete anche per i corpuscoli di Ruffini lo stesso fatto che abbiamo trovato in certe varietà di corpuscoli di Krause della guancia, cioé che la fibra mielinica forma degli avvolgimenti e talora dei gomitoli intrigatissimi e grandi tutto intorno all'espansione propriamente detta. Un esempio complesso e bello venne riprodotto nella fig. 94. Im essa vediamo come il gomitolo delle fibre mieliniche ravvolga da ogni parte il corpuscolo di Ruffini e che le capsule ben individualizzate e numerose involgano anche questo gomitolo di fibre mieliniche, tra le quali sono numerosi nuclei, mentre abbiamo visto che nelle corrispondenti varietà dei Krause ciò non avviene. Questi corpus- coli sono tutt'altro che rari gli ho quasi esclusivamente trovati, riuniti spesso in gran numero, in corrispondenza dei margini della lingua, immersi in uno stroma connettivale molto lasso e ricco di fibre elastiche. I corpuscoli di Ruffini si trovano anche, sebbene non molto. fre- quenti, alla base delle papille composte. Sono questi piccoli di forma svariata, allungati, fusati o rotondi, con poche capsule e scarso tessuto di sostegno, formato in prevalenza. da fibre elastiche, e conservano tipica la disposizione della fibra mielinica nello stroma connettivale. Sono riuniti spesso tra di loro per mezzo di esili fibrille e dalla loro periferia partono delle fibre ultraespansionali che, dopo un decorso differentemente lungo, si perdono nel tessuto connettivo o concorrono ad arricchire la rete amielinica subpapillare. Alberelli di Dogiel. Come già accennai nella trattazione di queste forme nel labbro, nella mucosa linguale esse prendono una diffusione ed un'importanza così grande che non trova il paragone con ciò che avviene negli altri organi dove furono fin'ora descritti. Ed é appunto quì che noi possiamo dimostrare una serie completa di forme di pas- saggio che collegano i corpuscoli di Ruffini tipici cogli alberelli e questi colle espansioni libere di Sfameni, che concorrono alla formazione della rete amielinica subpapillare. Tratterò prima degli alberelli del dorso della lingua, poscia di quelli che si trovano sui suoi margini, giacchè, sebbene fondamentalmente siano uguali pure presentano delle lievi differenze morfologiche e topografiche. Dorso della lingua. Abbondantissimi e diffusi in tutto il dorso Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete, 929 linguale, si trovano prevalentemente negli strati più superficiali della sottomucosa, nello strato subpapillare, dentro le papille composte e fin nell'interno delle papilline secondarie. Nello strato subpapillare occu- pano di preferenza gli spazi interpapillari, ma possono anche risalire lungo i fianchi delle papille. In generale una sola fibra mielinica si sfioeca in un numero notevole di questi alberelli di cui le forme più complesse somigliano molto ai corpuscoli di Ruffini. Sono grandi, molto estese in superficie a guisa di larghe piastre irregolari. Im corrispon- denza di questi alberelli vi é un lieve addensamento di connettivo e di nuclei, mancano però le capsule. L'espansione amielinica ha forma reticolata, con maglie irregolari e strette, con punti nodali ben evidenti cui corrispondono grosse ed irregolari varicosità (fig. 85). Spesso queste piastre sono riunite da filuzzi amielinici, e dalla loro periferia partono altre fibre pallide che vanno alla rete amielinica subpapillare, mentre talora rimontano sui fianchi delle papille, per formarvi una reticella che non é altro che una continuazione della rete amielinica anzidetta. Accanto a queste forme complesse ve ne sono altre più semplici, che somigliano alle prime per l’addensamento del tessuto connettivo e per la forma stessa dell'espansione amielinica. In esse sono più evidenti le anastomosi e le fibrille ultraespansionali che concorrono alla forma- zione della rete amielinica subpapillare (fig. 87). Anzi in alcuni punti questi alberelli perdono il loro aspetto tipico e tendono a formare una rete diffusa con maglie fitte e complesse. La maggior parte degli alberelli della mucosa linguale é rappresentata però da forme tipiche, come furono descritte nella pelle e nell'unghia, diffuse in numero rile- vantissimo nella sottomucosa, alla base e nell’interno delle papille primarie e dentro le papilline secondarie (fig. 88). Queste forme rap- presentano l’ultimo grado della semplicità che possono raggiungere questi alberelli, da cui si passa direttamente alle espansioni libere di Sfameni ed alla rete amielinica subpapillare. I caratteri delle espansioni libere di Sfameni vennero già altrove estesamente descritti. Anche nella lingua sebbene queste forme siano più complicate ed abbiano molta tendenza a costituire delle reti colle loro diramazioni amieliniche, pure i loro caratteri specifici restano immutati (fig. 89 e 90), e così anche i rapporti che prendono colla rete amielinica subpapillare. 21* 994 Giulio Ceccherelli, Margini della lingua. Anche in queste regioni gli alberelli sono abbondantissimi specialmente nello strato subpapillare e nell’interno delle papille. Non ho potuto vedere le varietà a piastra, mentre sono tanto frequenti gli alberelli simili a quelli descritti da Dogiel e da Vitali nell'unghia. Esistono però anche qui forme complesse accanto a forme più semplici, che differiscono tra di loro sia per la grossezza delle fibre che le originano, che per la complicatezza della espansione nervosa. Raggruppate a mazzetti, spesso in numero notevole, queste varietà si trovano rappresentate le une accanto alle altre negli stessi preparati (fig. 91). L'espansione della fibra pallida ha gli stessi caratteri propri di tutti gli alberelli (fig. 92) e numerose fibrille ultraespansio- nali partono dalla sua periferia, dirigendosi specialmente verso la rete amielinica subpapillare che circonda ed avvolge completamente queste espansioni nervose. Vedremo in seguito come altre espansioni che furono chiamate collo stesso nome di alberelli, siano essenzialmente diverse da queste cui sole spetta tale nome. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Questi corpuscoli numerosi in tutta la sottomucosa, abbondano più che altro nei suoi strati più superficiali e sui margini e la punta della lingua stessa. Insieme alle forme tipiche che ne rappresentano la maggior parte, vi sono anche delle varietà. Alcune di queste sono rappresentate da quei corpuscoli di Krause composti che somigliano ai corpuscoli genitali, come quelli che descrivemmo nel labbro e nella guancia (fig. 93). Im altre varietà la fibra mielinica prima di risolversi nella espansione amielinica forma un gomitolo più o meno complesso, come fu descritto per alcuni corpus- coli della guancia. Im oltre questi corpuscoli di Krause frequentemente hanno gli apparati di Timofeew, che non presentano però nessun carattere speciale degno di un qualche rilievo. Espansioni nervose nello strato subpapillare. Rete anvelinica subpapillare. E diffusa in tutta la lingua però prende degli speciali rapporti a seconda della regione in cui l’osser- viamo. Infatti nel margine della lingua, dove abbondano le papille semplici (fig. 95), ed anche sul dorso linguale, in corrispondenza delle Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 395 papille emisferiche, questa rete per forma e rapporti per nulla differisce da quella che abbiamo vista nelle altre mucose e da essa partono numerose fibrille che formano le anse avviticciate nello stroma papillare. In corrispondenza delle papille filiformi (fig. 97) e fungiformi vediamo che negli spazi interpapillari essa é tipicamente costituita, ma si seguita anche sui margini delle papille con maglie più larghe e regolari in - rapporto colla rete capillare, e si ritrova fino al disotto delle papilline secondarie, dentro le quali invia delle fibrille a formarvi le anse avvitieciate. Nelle fungiformi però questa rete non si segue oltre la base della papilla. Molte fibre di diversa origine concorrono alla costituzione della rete. Anzitutto la massima parte sono fibre mie- limiche proprie, poi, come abbiamo visto, tutte le varietà di alberelli indirettamente, per mezzo di fibrille ultraespansionali, e le espansioni libere di Sfameni direttamente, concorrono ad arricchire questa rete. Talora a queste si aggiungono fibrille partenti da altre forme di es- pansioni che si trovano in questo strato. Questa rete é sempre ben evidente e facilmente distinguibile dai plessi che si trovano dentro le papille e dalle reticelle subepiteliali che troveremo dentro le papille fungiformi. Alberelli di Dogiel. Abbiamo già descritto in modo esauriente come queste forme siano abbondanti e complesse in questa regione e gli interessanti rapporti che esse prendono (fig. 96). Corpuscoli di Ruffini. Anche di questi fu fatta menzione par- " lando della sottomucosa e non ne dirò più oltre per non cadere in inutili ripetizioni. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Numerosi in questa legione, specialmente verso i lati e la punta della lingua, dove vi é connettivo più lasso, sono più scarsi verso la base dove il connettivo é più denso. Per la loro disposizione e grandezza poco ditferiscono dalle forme tipiche, altre volte descritte. Esistono numerose varietà caratterizzate sia dalle dimensioni che dal numero delle capsule, o dalla maggiore o minore complicatezza della espansione nervosa. Non Sono infrequenti anche le varietà descritte nella guancia, e i corpus- coli di Krause composti. Ho potuto trovare diversi esempi di fibre 326 Giulio Ceccherelli, mieliniche che biforcandosi davano due piccoli corpuscoli di Krause ravvolti ognuno da capsule proprie e tutti e due da capsule comuni. Corpuscoli di Meissner. Sono abbastanza rari nello strato sub- papillare e specialmente sotto le papille composte, mentre li troveremo oltremodo abbondanti dentro le papille semplici e composte dove ver- ranno estesamente descritti. Espansioni a corimbo. Nella trattazione sommaria che ne feci nel labbro accennai che queste forme di espansioni sono molto com- plesse, per i caratteri morfologici e per i rapporti nella mucosa linguale; dissi anche che dallo studio accurato e dalla esatta loro conoscenza, | ne avrei tratti degli argomenti per distinguere queste forme degli alberelli e per giustificare la denominazione che io loro assegnai. Le forme tipiche di queste espansioni sono così costituite (fig. 99, 100, 101, 102 e 103). Una o più fibre mieliniche con decorso rettilineo od ondulato, si dirigono verso speciali località sia negli spazi inter- papillari che nell'interno delle papille, dividendosi in un numero note- vole di fibre secondarie, che si allontanano notevolmente tra di loro, nel tempo stesso che si dirigono verso la membrana basale, al disotto dell'impianto dell’epitelio. Raggiunta la periferia della papilla si es- pandono in una ricca e vasta arborizazzione di fibre pallide talora esili, talora grossolanamente varicose, che non si dispongono a guisa di rete, ma piuttosto a forma di peculiari piastrine e di fiorami, così irregolari, che é difficile darne una precisa descrizione. Non sempre però queste espansioni sono così tipiche. Talora infatti, invece di formare un’arborizazzione unica e uniformemente diffusa, le fibre pallide tendono a raggrupparsi, costituendo tanti piccoli corimbi di varia grandezza, che originariamente provengono da una sola fibra mielinica (fig. 104). Questa disposizione può raggiungere il massimo della sempli- cità in quelle espansioni costituite da due o tre piccoli corimbi sol- tanto, nei quali l'espansione nervosa é molto stipata e ricca, che si trovano in generale verso le parti più alte delle papille. Altre volte invece l'intreccio di questi corimbi é così lasso che si possono seguire uno per uno i filuzzi che lo costituiscono. I corimbi sono spesso riu- niti per mezzo di fibrille varicose, che decorrono sempre al disotto dell'epitelio ed anche dalla periferia dell'espansione si staccano delle Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. 327 fibrille ultraespansionali che formano altri piccoli corimbi nelle papille vicine (fig. 100, 102 e 105). Da queste espansioni partono delle fibrille varicose che vanno tra le cellule epiteliali. Lo studio della loro topografia riesce oltremodo interessante. Sul dorso della lingua dapprima li troviamo situati negli spazi interpapillari, essendo più o meno grandi a seconda che stanno tra le papille semplici 0 le composte (fig. 102 e 103). In generale, specialmente nelle papille composte, rimontano per un certo tratto i fianchi papillari (fig. 101). Sulle papille filiformi queste espansioni pigliano dei rapporti molto interes- santi. Possono trovarsi situate in tutta la loro periferia fin nella loro parte più alta, al disotto delle papilline secondarie. Nelle piccole papille filiformi i corimbi situati lungo le pareti possono, abbracciare quasi tutta la periferia (fig. 99), mentre in quelle più grosse ne ab- bracciano solo una parte (fig. 100). Ma un rapporto che si può dire costante é quello che prendono coll’apice di queste papille, al disotto delle papilline secondarie. La fig. 105 da un esempio assai chiaro di questo rapporto. In essa vediamo come uno di questi corimbi, molto grande, abbraccia da un lato l'estremo superiore di una papilla filiforme, Ricoprendolo in tutta la sua estensione, seguitandosi sulla superficie libera al disotto delle papilline secondarie, sul contorno delle quak si spinge con corti prolungamenti, che circondano più o meno completa- mente le papilline stesse. Tutte le altre varietà descritte di corimbi possono prendere tale rapporto. Questi fatti essendo quasi costanti. Si può dire che ogni papilla filiforme é provvista di una di queste espansioni, situate sui suoi fianchi o più specialmente verso l’apice, che occupa una rilevante superficie e che proviene originariamente da una sola fibra mielinica. Nelle papille fungiformi non ho potuto fin'ora vedere che vi sia nulla di simile e quivi i corimbi sono situati negli Spazi interpapillari. Anche in corrispondenza delle papille emisferiche e di quelle dei margini della lingua sono situati negli spazi inter- papillari e sono più piccoli e meno complessi. Dalla precedente descrizione risulta evidente che queste forme di espansioni nervose, per i loro caratteri morfologici e topografici, si possono riportare, come già dissi altrove, a quelle descritte da Szymono- wiez e Dogiel, chiamate da questi Autori col nome di “alberelli”. 328 Giulio Ceccherelli, Però abbiamo visto che speciale importanza e che rapporti del tutto peculiari esse prendono nella lingua. Che questi corimbi siano essen- zialmente differenti dai veri alberelli, che furono descritti nel corion, é chiaramente dimostrato dalla loro struttura istologica e dai loro rapporti. Infatti l'espansione della fibra pallida negli alberelli ha una forma reticolata, mentre ciò non avviene nei corimbi; di più, mentre in generale gli alberelli hanno tre dimensioni, i corimbi si estendono solo in superficie; mentre in corrispondenza degli alberelli vi é un ad- densamento di connettivo e di nuclei, questo manca assolutamente nei corimbi; mentre gli alberelli sono situati più o meno profondamente nello spessore del corion, i corimbi sono superficiali al disotto del- l’epitelio; e per ultimo per il fatto che mentre dagli alberelli partono delle fibrille per la rete amielinica subpapillare, dai corimbi si staccano fibrille per andare nell’epitelio. Credo che anche senza andare ulte- riormente a sottilizzare, i pochi fatti accennati siano sufficienti a darci la convinzione della diversità di queste due forme di espansioni nervose, che furono in altri organi chiamate fino ad oggi colla stessa denomi- nazione di alberelli. Ed 6 appunto per questo che ho creduto neces- sario di chiamarle con un nome diverso, e partendo dalla considera- zione della loro struttura caratteristica, il nome di “corimbi” mi pare che corrisponda più di ogni altro a darne un'idea chiara a precisa. Espansioni nervose melle papille. Così numerose e svariate sono le espansioni libere e capsulate nell'interno delle papille del dorso e dei margini della lingua, che diffi- cile é invero il darne una descrizione completa ed esauriente. Perchè l'esposizione resti più ordinata e chiara, tratterò prima della struttura istologica delle forme tipiche e delle varietà, il loro modo di raggrup- parsi ed i rapporti reciproci; per passare poi allo studio dei rapporti e della distribuzione di queste espansioni nell'interno delle diverse cate- gorie di papille. Corpusco di Krause o Golgi - Mazzoni. Sono numerosi special- mente verso i margini e la punta della lingua e di svariate dimensioni (fig. 106 e 109). 1H rivestimento capsulare é ora ben distinto e costi- tuito da un numero notevole di lamelle, ora difficilmente si puó mettere Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc, 329 in evidenza e si rimane dubbiosi sulla sua esistenza. La fibra pallida presenta tutte le modalità già altre volte descritte e che sarà inutile ora ripetere. Dirö solo che talora numerosi corpuscoli di Krause piccoli, si raggruppano nell'interno delle piccole papille, formando una specie di cono, coi più grossi alla base e i più piccoli all'apice. Forme simili furono descritte e figurate da Crevatin (loc. cit.) nella fig. 8 della tav. 1. del suo lavoro. Non sono infrequenti anche dei corpus- coli di Krause molto semplici che assumono l'aspetto di quelle varietà di Pacini che furono descritte da Ruffini nella pelle del polpastrello e che io ritrovai anche nella guancia. Un esempio assai dimostrativo ce l’offre la fig. 98, sebbene si possano ritrovare nella lingua degli esemplari di questa varietà molto più piccoli e semplici. Tutti questi corpuscoli hanno frequentemente l'apparato di Timofeew (fig. 107), che forma, nell’interno delle capsule, delle reticelle intorno all’espansione primaria e che può avere la sua origine da fibre mieliniche molto sottili o più frequentemente da fascetti di fibre esilissime e varicose. Corpuscoli di Meissner. Essi costituiscono senza dubbio la forma prevalente e più importante tra le espansioni capsulate della regione papillare e ciò non solo per la loro quantità veramente notevole e per la loro diffusione a tutta quanta la lingua, ma anche per le interessan- tissime particolarità strutturali che presentano e per le loro numerose varietà. Meissner monolobati. Sono largamente rappresentati. Nelle forme tipiche una fibra nervosa termina in un solo corpuscolo, che per i caratteri del tessuto di sostegno e della espansione amielinica somiglia a quelli descritti da Ruffini nella pelle. Talora invece assumono la forma di irregolari gomitoli, così da somigliare ai corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni, dai quali però differiscono peri caratteri dello stroma di sostegno e per la forma delle varicosità dell'espansione terminale (fig. 108), che, mentre nei Meissner sono fusate, nei corpuscoli di Krause sono prevalentemente rotondeggianti, carattere questo però assai infido che, come vedremo in seguito, in taluni casi perde ogni valore. Meissner plurilobati. Costituiscono la maggior parte dei Meissner che si trovano nella lingua. Più o meno grandi e complessi, da due 0 tre possono avere fin otto o nove lobi. Ben evidenti sono sempre 330 Giulio Ceccherelli, le capsule fibro-elastiche e le cellule del tessuto di sostegno. La dis- posizione della fibra pallida nell'interno del corpuscolo é tipica ed evidente la disposizione anulospirale. Talora queste anulo-spire essendo molto ravvicinate impediscono di vedere l'interno del corpuscolo (fig. 110 e 112). Peró accanto a queste forme cosi regolari esistono altre in cui i vari lobi, invece di essere disposti in serie, sono variamente raggruppati ed inclinati gli uni verso gli altri, disposizione che può impartire a tutto il corpuscolo una forma rotondeggiante o irregolar- mente poligonale (fig. 112). Ciò avviene specialmente nei Meissner molto erandi, sebbene questi complessi corpuscoli conservino molte volte la disposizione tiplea seriata, rageiungendo in tal caso una lunghezza notevole. | Forme di passaggio tra à mono-e à plurilobati. Interessanti sono alcuni corpuscoli plurilobati in cui i singoli lobi, invece di disporsi a contatto reciproco, sono ben individualizzati e lontani tra di loro, riuniti ciascuno per mezzo di un’esile fibra amielinica, talora molto lunga, a mò di pedicello, ad un unica fibra mielinica. Nelle fig. 113 e 114, furono disegnati tre esempi assai dimostrativi di questi speciali pluri- lobati. Nella fig. 113 é evidente la notevole lunghezza di una fibra amielinica alla quale sono legati per mezzo di fibre collaterali, quattro lobi, perifericamente del tutto indipendenti. Nella stessa figura si vede come possa variare il modo di aggruppamento, e ce lo mostrano i quattro lobi riuniti a mazzetto. Nella fig. 114, uno di questi speciali plurilobati assume l'aspetto di una spiga. Sono frequenti forme anche più complesse e il numero dei singoli lobi può arrivare fino a dieci, riuniti nei modi i più vari ad un unica fibra mielinica. Essi rappresentano evidentemente un punto di passaggio tra i monolobati e i plurilobati, perchè se da un lato hanno i singoli lobi ben individualizzati ed isolati, d’altra parte sono sempre tutti riuniti ad un'unica fibra mielinica. Una disposizione molto interessante, già descritta e figurata nella mia nota preventiva é quella dataci da fibrille ultraespansionali che riuniscono talora molti corpuscoli di Meissner. Un esempio molto bello e completo fu disegnato nella fig. 110. Varietà dei corpuscoli di Meissner e forme di passaggio alle es- Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 221 pensioni sciolte. Già da Ruffini ") e successivamente da Dogiel *) furono descritte nella pelle delle forme atipiche di Meissner molto allungate, nelle quali la disposizione elicospirale delle fibre quasi scompare, mentre le fibre pallide assumono nei singoli lobi la forma di irregolari intrecci o gomitoli. Numerosi esempi di queste varietà si trovano nella lingua e nelle fig. 115 ne é rappresentato uno molto bello. Im questo, pur restando invariata la disposizione del tessuto di sostegno, l’espansione amielinica si comporta diversamente dalle forme tipiche. Si conserva ancora un accenno alla forma lobata, ma i singoli lobi hanno confini poco notti ed in essi la fibra pallida prende la forma di piccoli gomitoli, larga- mente riuniti tra di loro. Le varicosità della fibra amielinica non sono più ovalari ma tendono a farsi rotondeggianti o addirittura globose, come nei corpuscoli di Krause. Da queste varietà si passa gradatamente, per successiva riduzione del tessuto di sostegno e per il sempre maggiore sparpagliamento delle fibre pallide, che hanno varicosità rotondeggianti, a delle forme libere che non hanno più nessuno del caratteri propri dei Meissner, la cui interpetrazione, mancando la serie completa delle forme intermedie, sarebbe molto oscura (fig. 116 e 117) Talora però queste espansioni libere prendono la forma schiettamente a gomitolo (fig. 118), che richia- mano alla mente le varietà più semplici di corpuscoli di Krause, da cui differiscono per la mancanza delle capsule. Rientrano queste varietà nella categoria dei gomitoli liberi di Dogiel. Queste espansioni libere interessano perchè, se pure nelle forme tipiche differiscono nettamente dagli altri corpuscoli, per mezzo di una serie di punti di passaggio formano quasi un ponte di unione tra i corpuscoli di Meissner e quelli di Krause. Speciali varietà di corpuscoli mal definibili. Brevemente dirò ora di alcune forme di espansioni nervose che é difficile far rientrare in uno dei due gruppi di corpuscoli descritti (Meissner e Krause), avendo talora le parvenze degli uni, talora degli altri; ma che però presentano 7 Ruffini, Sulla presenza di nuove forme di terminazioni nervose nello strato papillare e subpapillare della cute dell'uomo etc. Siena, Tipografia S. Bernardino, 1898. 2) Dogiel, Über die Nervenendapparate in der Haut des Menschen. Zeitschr. f. wiss. Zoologie. Bd. 75. Heft 1. Taf. VIL Fig. 17 und 18. 1903. 992 Giulio Ceccherelli, sempre dei caratteri peculiari che ne giustificano una descrizione a parte. Una fibra mielinica piuttosto grossa, in corrispondenza dello strato subpapillare, si divide contemporaneamente in tre o quattro fibre secon- darie che si intrecciano tra di loro a quisa di spirale molto allungata. Dopo un decorso diversamente lungo nell'interno di una papilla, questo fascetto divenuto più complesso per consecutiva divisione delle fibre varicose termina con un sol corpuscolo, oppure con molte e diverse espansioni amieliniche. Queste espansioni, come dissi, possono prendere le parvenze o dei fiocchetti papillari (fig. 119), o dei corpuscoli di Krause (fig. 120), o di corpuscoli di Krause e fiocchetti ad un tempo (fie. 121 e 122). Ho voluto soltanto accennare alla presenza di queste forme così speciali, delle quali non mi sono. potuto fare ancora un concetto esatto e completo, che cercherò di farmi con ricerche ulteriori. Espansioni libere... Oltre le espansioni libere precedentemente des- critte come varietà dei corpuscoli di Meissner, ve ne sono molte altre a forma di irregolari intrecci diffusi o raccolti a guisa di gomitoli, pitt o meno lassi. Data la loro grande variabilità essi sfuggono ad una descrizione metodica e basterà che io ne abbia fatta menzione. Esempi molto belli ce l’offrono le fig. 111 e 124, l’ultima delle quali fu disegnata da una papilla fumgiforme. Fiocchetti papillari e loro varietà. Nello strato papillare sono largamente rappresentati sia per numero che per varietà. La maggior parte dei fiocchetti differiscono da quelli descritti in altri organi, solo per le dimensioni più rilevanti e per la maggiore complicatezza del- l'intreccio delle fibre pallide. Predominano le forme a pastorale che possono raggiungere notevoli dimensioni (fig. 125). Una varietà di fiocchetti, essenzialmente caratterizzata dal modo di disporsi a nastro delle fibrille varicose che risultano dallo sfioccamento di una fibra mie- linica, merità di essere brevemente descritta. Queste fibrille, riunite in piccoli fascetti, si staccano o direttamente dall'estremo della fibra mielinica (fig. 126), o in modo alterno da un suo prolungamento amie- linico che si può spingere per lungo tratto nella parte centrale del fiocchetto (fig. 127). In qualunque modo si siano originati, o questi fiocchetti terminano ad apice tronco, ovvero formano anse talora com- plete intorno al vasi capillari. Anche nella lingua sono presenti e Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 233 discretamente abbondanti, quei fiocchetti papillari molto semplici che furono descritti nel palato, a forma di nastrini. Un esempio assai dimostrativo é riprodotto nella fig. 128. Apparato di Timofeew nei fiocchetti. Ho accennato più volte alla presenza dell’apparato di Timofeew nei fiocchetti, promettendo di occuparmene più estesamente nella trattazione della lingua. In questa mucosa infatti troviamo gli esempi più belli e completi di questa dis- posizione, che sfuggì fin'ora agli altri Osservatori. Nella fig. 129 ne é disegnato un magnifico esempio. In essa vediamo come una fibra mieliniea si sfiocchi in cinque fiocchetti dentro una piccola papilla fili- forme. Essa é contornata lungo il suo decorso da numerose fibrille esili e varicose, che ripetutamente si intrecciano. Raggiunto il punto di divisione della fibra mielinica, si sparpagliano in tanti piccoli fasci, che accollandosi ai singoli fiocchetti, ed anastomizzandosi a reticella involeono completamente l'espansione primaria. I singoli apparati sussidiari di ogni fiocchetto sono lassamente riuniti tra di loro da esili e scarsi filuzzi. Anche nella fig. 128, vediamo gli stessi fatti sebbene quivi la reazione fosse meno completa. La scoperta dell'apparato sussidiario anche nei fiocchetti é interessante, giacche porta un argo- mento di più, se pure ve ne fosse stato bisogno, in favore dell'opinione che essi siano delle vere e ben definite forme di espansioni nervose. Anse avviticeiate. Nelle papille emisferiche ed in quelle secon- darie del dorso della lingua le anse avviticciate sono, sia per la loro orieine che per la loro distribuzione, perfettamente uquali a quelle della altre regioni della mucosa orale (fig. 125 e 131). Le fibre mie- liniche che poi formano le anse avviticciate dentro le papilline secon- darie delle papille filiformi nel loro decorso intrapapillare, contribuis- cono alla constituzione del plesso nervoso che qui si trova. Le fibre amieliniche invece che formano l’altra specie di anse, derivano per la massima parte dalla rete amielinica subpapillare, che abbiamo visto esser presente in queste località. Nelle papille fungiformi vedremo che le anse avviticciate sono formate in massima parte. specialmente verso l’apice papillare, da fibre del glossofaringeo. Nelle papille del margine linguale le anse avviticciate molto ricche sono più che altro formate da fibre che partono dalla rete amielinica 394 Giulio Ceccherelli, subpapillare (fig. 95), e, come avviene di regola quando esse hanno questa derivazione, costituiscono piuttosto delle reticelle che delle vere e proprie anse, di cui vi é solo uma parvenza nell’apice delle papille. Reticelle pericapillari. Intorno e direttamente accollate alle anse capillari esistono quelle reticelle che già descrissi nelle altre parti della mucosa orale. Alcune di esse sembrano originarsi dalla rete amielinica subpapillare. Esse sono regolari ed eleganti, ed involgono separata- mente il ramo afferente e l'efferente dell'ansa capillare (fig. 132), op- pure la incappucciamo completamente in un'unica rete (fig. 133). In qualunque modo si comportino, distano sempre un piccolo tratto dalla parete del capillare, come agevolmente si vede alla sua periferia. Le maglie di queste reticelle sono irregolari e talora interrotte, tanto da dare la falsa apparenza di bottoni terminali. In alcuni punti essendo queste maglie più fitte impartiscono alla rete l'aspetto di piccole piastre accollate sulla superficie del capillare. i Espansioni a corimbo. Già descrissi minutamente la morfologia e la topografia di queste forme anche per questa regione. Reticelle subepiteliali. Parlerò solo di quelle che si trovano alla periferia delle papille fungiformi, che sono formate dal elossofaringeo, giacchè nelle altre papille non si possono sempre dimostrare vere e proprie reticelle subepiteliali. Nella parte generale dissi il decorso e il fitto plesso formato dalle fibre del glossofaringeo, che, come fu osservato già da Remak, Kolliker e Schwalbe, sono molto sottili e amieliniche nell’interno di queste papille. Questo plesso di fibre pallide raggiunta la periferia e special- mente l’apice di una papilla fungiforme, diviene più intrigato e ricco, a causa delle numerose anastomosi che si inviano i fascetti di fibre nervose (fig. 130). Arrivati poco al disotto dell'epitelio, questi fasei si sparpagliano a ventaglio e le fibre che derivano da questo sfiocca- mento si comportano in modo abbastanza tipico (fig. 134). Parte di queste che provengono da fascetti decorrenti tra le anse capillari, sfioccandosi largamente abbracciano la parte superiore dell’ansa per riunirsi a quisa di plesso nella sua parte opposta, dirigendosi poscia verso l'epitelio o formando così un che di mezzo tra le anse avvitic- ciate e le reticelle pericapillari. Altri fascetti invece allargandosi a Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 3 boeca di tromba si dirigono verso l’epitelio, in speciali punti delle papille, formando un intreccio molto complesso, che non é altro che il plesso subgemmale, così ben conosciuto per gli studi di Dogiel, Retzius e di altri Osservatori, dal quale partono numerose fibrille che vanno nei bottoni gustativi. Un'altra categoria di fibre infine, in tutta la superficie papillare sprovvista di gemme gustative, si dispone al disotto dell'epitelio, sotto forma di un'esile e fitta reticella a maglie irrego- larmente poligonali, che é sempre presente e chiaramente dimostrabile. Topografia delle diverse forme di espansioni mervose descritte, nelle varie categorie di papille. Papille semplici del margine linguale. I corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni sono in esse diffusi senza alcun ordine. I corpuscoli di Meissner mono-e plurilobati tipici e le loro varietà, altrettanto abbondanti ehe i corpuscoli di Krause, sono situati-prevalentemente verso l’apice di queste papille. Abbiamo poi i fiocchetti papillari, gli alberelli e le anse avviticciate colle modalità descritte. Negli spazi interpapillari vi sono i corimbi. Papille emisferiche del dorso della lingua. Anche in queste sono numerosi i corpuscoli di Krause, le loro varietà, i corpuscoli di Meissner tipici ed atipici, colle forme di passagio alle espansioni sciolte, i fioc- chetti papillari, talora molto complessi e le loro varietà, le anse avvi- tieciate derivanti o da fibre mieliniche o dalla rete amielinica sub- papilare e le reti pericapillari. Scarsi sono invece gli alberelli. Negli spazi interpapillari esistono i corimbi. Tutte queste espansioni ricordate si trovano irregolarmente ditfuse nello stroma papillare. Papille filiformi piccole e grandi. Parte delle fibre mieliniche che come fu detto penetrano in queste papille tormandovi un ricco plesso, si espandono a diverse altezze in.tutto lo stroma papillare in tanti corpuscoli di Krause. Altre più numerose, terminano con dei corpuscoli di Meissner mono-e plurilobati tipici e colle loro varietà, verso l'apice di esse papille e dentro le papilline secondarie. Le forme più grandi dei Meissner sono raggruppate in numero talora notevole, verso la parte centrale delle papille filiformi, essendo ravvolte anche da un ispessimento del tessuto connettivo che forma una parvenza 336 Giulio Ceccherelli, di capsule tutto intorno ad esse (fig. 112). Le altre fibre nervose terminano o in tanti alberelli, situati sia nello stroma delle papille primarie che nelle papilline secondarie: o in fiocchetti papillari che trovansi al disotto o piü spesso dentro le papille secondarie: o nelle espansioni libere ed in quelle forme mal definibili descritte più sopra: nelle anse avviticciate, nelle reti pericapillari e nella rete amielinica subpapillare. Oltre a ciò nei corimbi colle ben note carat- teristiche topografiche, che impartiscono un aspetto del tutto speciale a queste papille. Papille fungiformi. Il fascio assile ed i fascetti parietali nel terzo superiore di queste papille, si sfioccano nei loro elementi, for- mando un numero grandissimo di espansioni corpuscolate (fig. 135). Alcune di queste sono corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni, ma la maggior parte é formata da corpuscoli di Meissner tipici plurilobati, raggruppati irregolarmente nella parte più alta della papilla primaria e nelle papilline secondarie. Essi sono così numerosi che il loro numero oscilla dentro una sola papilla tra venti e cimquanta, ciò che impartisce un aspetto peculiare alle papille fungiformi. Vi sono anche numerosi alberelli, i fiocchetti colle loro varietà, le espansioni libere e la rete amielinica subpapillare, che come gia dissi non raggiunge l’apice papilare. In esse inoltre vi sono i plessi estremamente ricchi del glossofaringeo, che verso la periferia e l'apice delle papille si compor- tano nei modi anzidetti, formando le anse avviticciate, i plessi sub- semmali e le reticelle subepiteliali. Non posso ancora dire nulla di preciso relativamente alla topo- orafia delle diverse espansioni descritte nell’interno delle papille cireumvallate avendo fin'ora avuto esito negativo tutti i tentativi fatti per metterle in evidenza. Cercherò con ricerche ulteriori di chiarire anche queste punto così interessante. Rete simpatica diffusa e suoi rapporti. Resta ora a dire due parole sul comportamento e sui rapporti delle fibre nervose simpatiche colle varie forme di espansioni nervose descritte e sulla rete che esse formano sullo stroma connettivale. Riguardo al primo punto, rimando il lettore alle singole descrizioni che feci dei diversi apparati di Timo- feew, specialmente a quelli dei fiocchetti. Dirò solo che anche nella Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 337 lingua le fibre simpatiche conservano i caratteristici rapporti colle espansioni libere di Sfameni (fig. 89). Riguardo alla rete che é diffusa agli strati superficiali della mucosa èssa conserva più o meno evidenti le caratteristiche modalità di struttura e di disposizione che ha nelle altre regioni del cavo orale, ed a formarla concorrono oltre a numerose fibrille proprie, anche altre provenienti dagli apparati di Timofeew e dai fascetti che involgono le espansioni libere di Sfameni. Essa é sempre ben differenziabile da tutti eli altri plessi o reti di cui la lingua é fittamente ripiena. Riassunto delle forme di espansioni descritte Strato muscolare. Fusi neuro-muscolari. Organi muscolo-tendinei di Golgi. Corpuscoli di Ruffini. Mucosa propriamente detta. Sottomucosa. Corpuscoli di Ruffini. Alberelli di Dogiel, loro varietà. Espansioni libere di Sfameni. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni e varietà. Strato subpapillare. Rete amielinica subpapillare. Espansioni libere di Sfameni. Corpuscoli di Ruffini. Alberelli e loro varietà. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni e varietà. Espansioni a corimbo. Rete simpatica. Strato papillare. Papille del margine della lingua. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Corpuscoli di Meissner. Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. bo bo 338 Giulio Ceccherelli, Fiocchetti papillari. Alberelli di Dogiel. Anse avviticciate. Reti pericapillari. Rete simpatica. Papille emisferiche. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Corpuscoli di Meissner e loro varietà. Forme libere di passaggio ai Meissner. Forme atipiche non ben definite. Avvolgimenti e gomitoli liberi. Fiocchetti papillari. Reti pericapillari. Rete simpatica. Papille filiformi. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. Corpuscoli di Meissner e loro varietà. Forme libere di passaggio coi Meissner. Forme atipiche non ben definite. Avvolgimenti liberi a gomitolo. Fiocchetti papillari, loro varietà. Alberelli di Dogiel. Anse avviticciate. heti pericapillari. hete amielinica subpapillare. | Espansioni a corimbo. | hete simpatica. Strato papillare. i Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. | Corpuscoli di Meissner e loro varietà. Espansioni libere a forma di gomitolo. Fiocchetti papillari. Alberelli di Dogiel. 59 -- - Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete Pupille fumgiformi. Plessi del glossofaringeo. Anse avviticciate. Plesso subgemmale. Rete subepiteliale. Rete simpatica. Capitolo quinto. Considerazioni generali. L'analisi accurata sul comportamento delle fibre di senso nella mucosa orale e nella lingua dell’uomo, ci ha svelato una serie così ricca ed interessante di fatti che é duopo riassumere e considerare sia in rapporto agli organi nei quali questi fatti furono dimostrati. sia da un punto di vista più generale, venendo essi a portare un con- tributo non indifferente in favore di certi problemi che attualmente si agitano nel campo dello studio del sistema nervoso periferico. Come dissi fin dal principio di questo lavoro, già a priori dove- vamo ammettere nella mucosa del cavo orale e della lingua una stra- ordinaria ricchezza di espansioni nervose, sia per numero che per varietà, come esponenti anatomici dei dati che forniva l’indagine fisio- logica. Lo studio di queste mucose ha invero dimostrato tali fatti, che si può dire; hanno superato ogni nostra aspettativa. Numerosissime e svariate sono, come abbiam visto, le espansioni nervose in questi organi, a rappresentare le quali troviamo quasi la totalità delle forme note fin’ora nelle altre mucose e nella pelle. Anzi aleune espansioni che in altri organi sono costituite molto semplice- mente, nella mucosa buccale e specialmente nella lingua assumono uno sviluppo del tutto speciale e vengono ad acquistare un'importanza cosi grande, da impartire talora dei caratteri singolari a determinate regioni della mucosa nelle quali si trovano. Voglio alludere tra gli altri agli alberelli di Dogiel e alle epansioni a corimbo. . Non tutta la superficie del cavo orale é egualmente provvista di espansioni nervose, ma stabilendo un confronto tra le diverse regioni. Sorge evidente la constatazione che la lingua é l'organo di gran lunga 9* Na 340 Giulio Ceccherelli, più riccamente innervato, ciò che si accorda completamente colle co- onizioni dateci dalla fisiologia. Se nol consideriamo un pò più da vicino il rapporto numerico delle diverse forme di espansioni nervose nelle singole regioni del cavo orale, si vede come non vi sia uniformità di distribuzione. . Infatti, mentre nel labbro tutte le espansioni nervose sono ad un dipresso egualmente rappresentate, nella guancia predominano i corpuscoli di Krause che presentano anche numerose varietà; nel palato i fiocchetti papillari che impartiscono un'aspetto speciale a questa mucosa. Nella lingua infine tutte le diverse forme sono abbondantissime, ma, come risulta dalla descrizione fattane, non sono uniformemente diffuse. Da queste ricerche risultano anche altri fatti relativi al modo di distribuirsi delle espansioni nervose nei diversi strati della mucosa. In generale troviamo che il loro numero aumenta man mano che ci avviciniamo verso gli strati superficiali e verso la regione papillare. Le singole forme di espansioni non hanno limiti topografici netti, e pur restando localizzati prevalentemente in uno o in un altro degli strati della mucosa, pure invadono anche gli altri strati, essendo talora diffuse a tutto quanto lo spessore del corion. Negli strati superficiali della mucosa va generalmente di pari passo all'aumento numerico delle espansioni, una progressiva riduzione del tessuto di sostegno e delle capsule dei diversi corpuscoli, mentre tutto ciò che rappresenta la vera espansione nervosa diviene pit diffusa, sfioccandosi più o meno lassamente nello stroma connettivale. Negli strati superficiali della mucosa infatti, accanto alle forme corpus- colate troviamo molte espansioni libere, mentre negli strati profondi queste forme difettano e i corpuscoli che vi si trovano hanno molte lamelle capsulari e uno spesso tessuto di sostegno. Ma il fatto di maggior rilievo posto in luce da queste osser- vazioni é senza dubbio la constatazione della presenza di numerose varietà di corpuscoli nervosi e di forme di passaggio tra le espansioni capsulate e quelle libere. La constatazione di varietà dei corpuscoli terminali é tutt'altro che nuova, e fin da Merkel!) troviamo accennato 1) Merkel, Loc. cit. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc, 341 a forme di passaggio tra i Tastkörperchen e gli Endkolben, nella mucosa del labbro. Ma specialmente mercé le ricerche di Ruffini '), di Sfameni *), di Dogiel?) e di altri Osservatori, le nostre conoscenze sulle espansioni nervose si fecero più esatte e complete, e furono descritti punti di passaggio tra i corpuscoli di Meissner e i Golgi- Mazzoni da un lato e i fiocchetti papillari dall'altro. Delle mie ricerche non starò a ricordare molti esempi, mi limiterò solo a citarne i più tipici. Nel labbro e nella guancia abbiamo il passaggio graduale dei corpuscoli di Ruffini negli alberelli e dei corpuscoli di Krause 0 Golgi- Mazzoni nei gomitoli liberi. Nel palato, specialmente nello strato papillare, si può dire senza tema di errare, che vi sia una serie gra- duale e completa di forme intermedie che uniscono da un lato i corpus- coli di Krause a quelli di Meissner, e dall’altro queste espansioni ai fiocchetti papillari, i quali ultimi nelle loro forme. più semplici a nastrino possono assumere tutti quanti i caratteri delle anse avviticciate. Nella lingua poi basterà che ricordi come gradatamente si passi dalle forme tipiche di corpuscoli di Ruffini agli alberelli più complessi e da questi a quelli più semplici, per arrivare alle espansioni libere di Sfameni ed alla rete amielinica subpapillare; e come dai corpuscoli di Meissner, per riduzione sempre maggiore del tessuto di sostegno e per sparpagliamento delle fibre nervose, lungo le quali le vari- cosita divengono sempre più rotondeggianti, si passi a speciali forme libere, cui d’altra parte concorrono anche le varietà dei corpuscoli di Krause. A Ruffini *) spetta il merito di aver fatto notare tutta l'importanza che bisogna attribuire a questi fatti, che ci inducono a dare della parola “forma” una definizione un pò diversa da quella che per l’ad- dietro era ritenuta. Essa conserva é vero ancora parte del suo valore, quando venga riferita ad indicare delle espansioni nervose, nelle quali tutti i caratteri siano presenti e tipici, ma il concetto della sua immuta- bilità non ha diritto di esistere, dal momento che ormai numerosissimi SOR uini oc» Cries :?) Sfameni, Loc. cit. ?) Dogiel, Loc. cit. 4) Ruffini, Le espansioni nervose periferiche alla luce dell'analisi moderna. Mon. Zool. Italiano. An. XVII. Nr. 1. 1906. 349 Giulio Ceccherelli, sono gli esempi di molteplici e svariati punti di passaggio tra le forme tipiche di espansioni nervose. “Come spiegare la grande quantità di Forme e di varietà, e per qual ragione esse sono così instabili?” si domanda in un suo lavoro Ruffini e a questa interrogazione risponde dicendo che ciò dipende da fenomeni di adattamento delle fibre nervose periferiche, che si esplica in doppio modo, in rapporto cioé al tessuto di sostegno e all'ambiente nel quale l'espansione nella sua totalità é in contatto. A conforto di questa opinione, numerosi e tipici esempi di ambedue questi modi di adattamento delle fibre nervose, sono forniti dalle presenti ricerche. Infatti abbiamo visto, ad esempio, che i corpuscoli di Ruffini, colla loro espansione nervosa, assumono più o meno la forma tipica, oppure la disposizione a gomitolo assai intrigato, fino a somigliare a certi corpuscoli di Krause, a seconda della scarsezza o dell'abbondanza del tessuto elastico nello stroma di sostegno. La forma stessa del corpuscolo cambia essendo prevalentemente fusato od allungato nel primo caso, rotondeggiante nell'altro. Ma un esempio veramente tipico di adattamento delle fibre nervose al tessuto ambiente, risalta dallo studio del palato. Abbiamo visto infatti che le fibre nervose si espan- dono nella sottomucosa in due modi essenzialmente diversi in corri- spondenza delle due diverse forme di connettivo che qui si trovano. Nel tessuto denso fibrillare la fibra amielinica assume 1 caratteri propri delle espansioni nervose dei tendini o di quei corpuscoli di Ruffini in cui il tessuto di sostegno é molto denso, mentre nelle regioni in cui vi é connettivo lasso, le fibre nervose che possono espandersi liberamente, prendono la disposizione a gomitolo, formando i corpuscoli di Krause, che sono più o meno rotondeggianti o allungati a seconda degli spazi in cui si trovano racchiusi. Ricorderd per ultimo il rapporto che i corpuscoli di Krause prendono nelle altre parti della mucosa orale, trovandosi numerosi nelle labbra e specialmente nella guancia, ricche di connettivo lasso; mentre nella lingua sono specialmente frequenti ai margini e nella parte anteriore, in cui il connettivo é meno denso di quello della regione posteriore, dove abbondano i corpuscoli di Ruffini e eli alberelli. Molti altri esempi potremmo ancora trarre dalle ricerche fatte, ad illustrare questo punto cosi interessante e di Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 343 capitale importanza, per ben comprendere le ragioni della grandissima variabilità delle espansioni nervose, ma credo che i fatti ricordati siano abbastanza probativi e convincenti. Anche per ciò che riguarda le connessioni reciproche delle diverse espansioni nervose, per mezzo di fibrille ultraespansionali propriamente dette e di fibrille di associazione, come furono distinte da Ruffini, troviamo numerosi e tipici esempi nella mucosa buccale. Basterà ricor- dare da un lato gli alberelli, che in tutte le regioni del cavo orale e specialmente nella lingua, mediante numerose fibrille ultraesvansionali concorrono a formare la rete amielinica subpapillare e quelle varietà di corpuscoli di Ruffini del palato, legati l'uno all'altro da fibrille ultra- espansionali e da fibrille di associazione. Ma di quest'ultime, special- mente nella lingua le varie specie di corpuscoli ce ne danno i più chiari esempi, e primi tra tutti i Meissner, di cui talora molti, sebbene derivanti ciascuno da una distinta fibra mielinica, sono riuniti tra di loro perifericamente con fibrille di associazione. Da queste ricerche sorge anche evidente la constatazione della grandissima abbondanza e, quasi direi, della constanza degli apparati di Timofeew nelle più diverse espansioni nervose, tra le quali interes- santi i fiocchetti papillari. Possiamo dire che questo sia un modo di disporsi generale delle fibre nervose simpatiche, che provenendo dagli strati profondi del corion, in parte formando questi apparati. in parte decorrendo libere, si riuniscono negli strati più superficiali a guisa di rete. Un'ultima constatazione, che sorge evidente dallo studio delle espansioni nervose nella mucosa orale, specialmente nel labbro, guancia e palato, é la grande somiglianza che troviamo coi reperti che da numerosi altri Osservatori, e specialmente da Crevatin, furono trovati sul modo di terminare delle fibre nervose nella mucosa congiuntivale. Sappiamo che lo stesso nervo trigemino si distribuisce tanto alla mucosa del cavo orale come a quella del sacco congiuntivale, ed é ‘molto probabile che questo fatto possa spiegare la grande somiglianza nella distribuzione periferica e nei modi di terminazione delle sue fibre, nelle due mucose nelle quali questa distribuzione si compie. Riguardo alla interpetrazione fisiologica che convenga dare a 344 Giulio Ceccherelli, Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose etc. queste espansioni nervose, facile e talora veramente suggestivo sarebbe emettere delle opinioni e formulare dei giudizi che a prima vista potrebbero avere tutte le parvenze della probabilità e fin della certezza. Ma troppo pericolosa é invero questa via che sembra così facile e piana, perchè mi senta inclinato ad avventurarmi in essa; giacché, dovendo lavorare di fantasia, senza la scorta continua dell'esperimento e dei fatti, il più delle volte accade di formulare dei giudizi e di costruire delle teorie che al primo controllo serio e basato sull’osser- vazione diretta, sfumano come nebbia al sole. E talora teorie siffatte, specialmente se emesse da Autori che più o meno meritatamente godettero fama di serietà e di competenza, fecero un grave danno al progresso di questi studi, giacché a dei concetti aprioristici, spesso parti di fantasie troppo fervide, gli Autori successivi subordinarono le loro indagini. Invece adunque di fare vano sfoggio di troppo facile scienza, val meglio riconoscere che sul significato fisiologico di queste espansioni periferiche nulla sappiamo di preciso oltre il fatto che esse sono organi destinati a roccogliere gli stimoli sensitivi, ma quale specie di sensibilità o quali sfumature le diverse forme roccolgano, concesso pure che i nervi sensitivi si specializzino alla periferia, é ancora tutto lavoro da fare che spetta esclusivamente ai fisiologi. Spiegazione delle figure. Tutte quante le figure furono da me disegnate dal. vero colla più scrupolosa esattezza, colla camera lucida di Abbé (Rimpiccolite della metà dell’originale). Bio. 1. Fig. 2. Fig. 3. Fig. 4. Bio. 5. Fig. 6. lo. 7. Mio. 8. Bio. 9. Fig. 10. Bip. 11. Fig. 12. Fig. 13. Fig. 14. Fig. 15. Fig. 16. Fig. 17. Mucosa del labbro. Due corpuscoli di Ruffini originati da una sola fibra nervosa che non occupano tutto lo spessore del fascio connettivale entro il quale si trovano. Koristka oc. 4, obb. 5. Tubo chiuso. Un alberello di Dogiel visto in superficie, formato da due fihre che provengono da opposta direzione. K. oc. 3, obb. 8*. Tub. ch. Espansione libera di Sfameni tipica. K. oc. 3, obb. 5. Tub. ch. Espansione libera di Sfameni più piccola e più raccolta. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Espansione libera di Sfameni accompagnata da numerose fibre simpatiche che successivamente formano la rete diffusa. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Corpuscolo di Krause o Golgi-Mazzoni composto, simile ai corpuscoli genitali. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Gomitolo libero nella sottomucosa. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Forma più lassa della stessa varietà di gomitoli. K. oc. 3, obb. 8. . Tub. ch. Espansione libera simile alle due precedenti e corpuscolo di Krause originati dalla stessa fibra nervosa. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Magnifico esempio di rete amielinica subpapillare, di cui a destra si vede l'origine da una fibra mielinica, ed anche reticelle ed anse che si spingono dentro le papille. K. oc. 3, obb. 5. Tub. ch. Espansione libera di Sfameni che forma la rete amielinica subpapillare alla base della papilla e una reticella nell'interno della papilla stessa. K. oc. 3, obb. 5. Tub. ch. Piccola espansione a corimbo in uno spazio interpapillare. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Corpuscolo di Meissner alla base di due papille in uno spazio inter- papillare. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Due corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni alla base di due papille che in loro contatto si presentano slargate. K. oc. 3, ob. 8. Tub. ch. Un piccolo corpuscolo di Krause tipico alla base di una papilla, verso l'apice della quale vi é un gomitolo libero con una fibrilla ultraespansionale. K. 0c. 8, obb. 8. Tub. ch. Varietà di corpuscolo di Meissner. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Due fiocchetti assai complessi derivanti da una sola fibra mielinica. K. OG a obhbes. ebub ch: . 20, . 26. Bale . 96. ol: ig. 98. 1199: . 40. . 41. . 42. Giulio Ceccherelli, Un fiocchetto a pastorale. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Espansione libera a cappuccio su due anse capillari. K. 0c. 8, obb. 8. Tub. ch. Espansione libera a forma di ansa. K. oc. 3, ob. 8. Tubb. ch. Anse avviticciate tipiche formate direttamente da fibre mieliniche. K. 0C..8..,0bb: 8% Lub.ch: Reticelle pericapillari. K. oc. 9, obb. 8. Tub. ch. Rete simpatica. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Reticelle ed anse intrapapillari formate da un fascio di fibrille simpatiche. Altre fibrille isolate e tre corpuscoli di Krause si vedono nello stesso campo. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. 7 Arteria di !/, millimetro di diametro della faccia interna del labbro con cinque piastre nervose nell’avventizia di cui alcune si anastomizzano tra di loro per mezzo di fibrille pallide. Rete amielinica nella muscolare in rapporto colla rete ansidetta. K. oc. 1, obb. 5. Tub. ch. Parte di una piastra vista a forte ingrandimento che mostra ancor più evidente il rapporto di continuità tra la piastra e la rete nella muscolare. Kroc.4,.0bb28. Tubzch. Mucosa della guancia. Corpuscolo di Ruffini con una fibrilla ultraespansionale che va nelle guaine di una fibra mielinica. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Stesso preparato in cui é stato disegnato a più forte ingrandimento il punto dove si stacca la fibrilla ultraespansionale. K. oc. 8 comp. obb. 1/1; imm. om Tub. a 160 mm. Corpuscolo di Ruffini al disotto di una papilla. K.oc. 3, obb.8. Tub. ch. Corpuscolo di Ruffini nello strato subpapillare. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Alberelli di Dogiel. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Espansioni libere di Sfameni con numerose fibre simpatiche. K. oc. 8, obb. 5. Tub. ch. Due corpuscoli di Krause, uno composto simile ai corpuscoli genitali, l’altro appartenente alla varietà caratterizzata dall'avvolgersi a gomitolo della fibra mielinica. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Un corpuscolo di Krause composto di cui sono rotte le lamelle esterne o comuni. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Molti piccoli corpuscoli di Krause e tre alberelli originati da una sola fibra mielinica. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Varietà rotondeggiante di corpuscolo di Krause formata dall'avvolgersi a gomitolo della fibra mielinica prima di dare la vera espansione amielinica. K. oc. 1, obb. !/;; imm. om. Tub. 160 mm. Stessa varietà a forma allungata. K. oc. 1, obb. !/;; imm. om. Tub. a 160 mm. Varietà molto semplice di Krause simile alle clavette semplici. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Espansione a corimbo. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Intrecci intorno alle fibre mieliniche e fiocchetto. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Corpuscolo di Krause o Golgi-Mazzoni dentro una papilla. K. oc. 9, obb. 8. Tub. ch. Gomitolo libero all'apice di una papilla. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 5: Fig. 43. 10. SOT Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete. 347 Corpuscolo di Meissner plurilobato dentro una papilla. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Varietà dei corpuscoli di Meissner. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Fioechetti papillari. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Fiocchetto papillare più compesso. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Rete simpatica e suoi rapporti coi fiocchetti papillari. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Anse avviticciate tipiche. K. oc. 4. obb. 5. Tub. ch. rete simpatica ehe forma un apparato di Timofeew ad un alberello. K. 0643, Obb. 8 Lub: ch. Espansioni nervose nelle ghiandole labiali e molari. Espansione a reticella nella tonaca propria di un dotto collettore di una ghiandola labiale. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Numerosi corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni allo sbocco di un dotto escretore di una ghiandola labiale. K. oc. 3, obb. 2. Tub. ch. Un corpuscolo di Krause nel mezzo ad un lobulo ghiandolare. K. oc. 1, obb. 5. Tub. ch. Numerosi corpuscoli di Krause e reticelle lungo tutti i dotti collettori di una ghiandola labiale. K. oc. 1, obb. 2. Tub. ch. Mucosa del palato duro. Rete amielinica subpapillare con cellule connettivali stellate. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Quattro piccoli corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Tre corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Due corpuscol di Krause nei quali la fibra amielinica si mantiene liscia. loco Fobb: 8 Tub. ch. Corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni tipico con apparato di Timofeew. KR2ocH 3 0bb 8. Lubs ich: Corpuscolo di Meissner monolobato. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Varietà dei corpuscoli di Ruffini sui fasci di connettivo denso della sotto- mucosa. Rete simpatica. K. oc. 3, obb. 5. Tub. ch. Corpuscoli di Krause nelle aree di connettivo lasso della sottomucosa. K#0oc 2#0bb: Sub: ch. Corpuscolo di Meissner plurilobato. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Varietà sciolte dei corpuscoli di Meissner. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Gomitoli liberi. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Gomitoli ed espansioni sciolte simili si gomitoli più complessi. K. oc. 3, obb Sub ch: Due gomitoli liberi. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Un corpuscolo simile alle varietà dei monolobati e anse avviticciate ati piche. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Altra varietà dei Meissner monolobati. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Fiocchetto che somiglia molto alla varietà dei Meissner monolobati della Bipaglo Sesto csi obbsss lub. ch: Fiocchetto papillare. K. oc. 9, obb. 8. Tub. ch. Fiocchetti papillari molto irregolari. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Fig. Fig. Fig. Giulio Ceccherelli, Speciale varietà di fiocchetti papillari. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. La stessa varietà che forma delle anse intorno ai capillari. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Due grossi fiocchetti papillari. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Tre fiocchetti tipici in tre papille diverse originati da una sola fibra. K. oca oobbaeselub2tch: Fiocchetto papillare a piccole varicosità. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Fiocchetti simili con apparato di Timofeew e forme mal definibili. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Anse avviticciate tipiche. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Anse avviticciate tipiche che formano un lasso cestello nella parte più alta di una papilla intorno all'ansa capillare. K. oc. 8, obb. 8. Tub. ch. Reticella pericapillare di fibre pallide originata da un'esile fibra mielinica. K oc 5; tobb 6: Tup ich: Fiocchetti papillari a mò di nastrini. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. veticella subepiteliale. K. oc. 8, obb. 8. Tub. ch. Mucosa della lingua. Corpuscolo muscolo-tendineo di Golgi. K. oc. 4, obb. 5: Tub. ch. Corpuscolo di Ruffini a forma di piastra. K. oc. 9, obb. 8. Tub. ch. Numerosissimi alberelli di Dogiel nello strato subpapillare visti di fronte. Krtoe, 95 Obbio: I ub:zch: Corpuscolo di Ruffini e corpuscolo di Krause o Golgi-Mazzoni originati da una sola fibra. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Alberelli più semplici nelle stesse località che si anastomizzano a rete. Kr 0062 8,.0bb,5. Tub..ch. Numerosi alberelli di Dogiel di differenti forme e dimensioni. K. oc. 1, obb. 5. Tub. ch. Espansione libera di Sfameni circondata da numerose fibre simpatiche che si dispongono a rete. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Espansione libera di Sfameni assai complessa che prende parte alla costi- tuzione della rete amielinica subpapillare, tra due papille. K. oc. 3, obb. 5. Tub. ch. Alberelli di Dogiel del margine linguale di tre dimensioni diverse e dis- posti a mazzetto. K. oc. 3, obb. 5. Tub. ch. i Alberelli di Dogiel nelle papille del margine linguale a più forte ingran- dimento. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Corpuscolo di Krause o Golgi-Mazzoni composto. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Varietà speciale di corpuscolo di Ruffini con gomitolo di fibre mieliniche. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Rete amielinica subpapillare ed anse avviticciate a reticella nelle papille del margine linguale. Due fibre mieliniche originano queste reti. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Alberelli alla base delle papilline secondarie. K. oc. 3, obb. 5. Tub. ch. Rete amielinica subpapillare alla base di tre papille. K. oc. 3, obb. 5. Tub. ch. Due corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni molto semplici. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. 99, 100. 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. DLL 112. 113. 114. 115. 116. LOTES 118. 119. 120. 121. 122. Contributo alla conoscenza delle espansioni nervose ete, 240 Espansione a corimbo di una piccola papilla filiforme. K. oc. 3, obb. 8, Tub. ch. Varietà di espansione a corimbo. K. oc. 3, obb. 6. Tub. ch. Espansione a corimbo in uno spazio interpapilare e sui fianchi di dne papille vicine. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Espansione a corimbo molto grande in uno spazio interpapillare. K. oc, 3, Obb. 0. Tub. ch. Lo stesso corimbo a più forte ingrandimento. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Varietà di espansione a corimbo caratterizzata dal disporsi in tanti pie- coli corimbi secondari. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Una papilla filiforme con il caratteristico corimbo situato sul suo apice e alla base delle papilline secondarie che contorna. Un corpuscolo di Meissner, alcuni di Krause, un alberello nella parte bassa della papille e fibrille esili della rete amielinica subpapillare in rapporto coi vasi. K. 0699, obb. 5.. Tub; ch. Quattro piccoli corpuscoli di Krause. K. oc. 8, obb. 8. Tub. ch. Corpuscolo di Krause o Golgi-Mazzoni con l'apparato di Timofeew, e fibrille ad ansa intorno ai vasi. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Corpuscolo di Meissner monolobato. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Corpuscolo di Krause tipico dentro una papillina secondaria di una papilla fungiforme. Rete subepiteliale del glossofaringeo. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Cinque corpuscoli di Meissner legati da fibrille ultraespansionali. K. oc. 3, obbs 64, Tub: ch. Piccola espansione a corimbo, corpuscolo di Meissner monolobato, espan- sioni libere. K. oc. 3, obb. €. Tub. ch. Numeresi corpuscoli di Meissner nella parte centrale di una papilla fili- forme. Alcuni sono riuniti e ravvolti da un addensamento di connettivo che forma quasi una capsula. Numerose fibrille simpatiche. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Quattro corpuscoli monolobati di Meissner riuniti a mazzetto ad una sola fibra, e altri quattro disposti in serie. (Forme di passaggio tra i monolobati e i plurilobati. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Un esempio della stessa varietà fatta a spiga. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Varietà molto atipica di corpuscolo di Meissner plurilobato. K. oc. 3, Obb. oS. Tub. ch. Una di queste stesse varietà e due forme libere che fanno ad essa pas- saggio. K. oc. 4, obb. 8. Tub. ch. Altre espansioni libere simili alle precendenti. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Numerose espansioni a forma di gomitoli liberi a grosse e piccole vari- cosità. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Espansione nervosa mal definibile a forma di grande fiocchetto. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Espansione analoga alla precedente che termina con dei gomitoli molto simili a dei corpuscoli di Krause o Golgi-Mazzoni. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Espansione simile alla precedente che termina con due fiocchetti e due gomitoli somiglianti a corpuscoli di Krause. K. oc. 4, obb. 5. Tub. ch. Espansioni simili alle precedenti e mal definibili. RK. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. 350 Giulio Ceccherelli, Contributo alla conoscenza delle espansioni reıvcse etc. Fig. 123. Fig. 124. Fig. 125. Fig. 126. Fig. 127. Fig. 128. Fig. 129. Fig. 150. Fig. 131. Fig. 132. Fig. 133. Fig. 134. Fig. 135. Una sola fibra che da origine ad un Meissner monolobato, ad un gomitolo libero ed a un fiocchetto. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Papilla fungiforme con espansioni libere a gomitolo e rete del glossofa- ringeo. K.-0c. 4, obb: 0: «lub: ch. Due fiocchetti papillari di cui uno à pastorale. Anse avviticciate prove- nienti dalla rete amielinica subpapillare. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Varietà di fiocchetto papillare formato da un fascio di fibrille varicose. K^ oes 3, Obbs ub ch: Stessa varietà di fiocchetto papillare che forma delle anse intorno ai vasi capilari. Numerose fibre libere e altro fiocchetto molto semplice. K. OCH Os Obb: Ss. vlt ache Varietà di fiocchetti a nastrino. Apparato di Timofeew. K. oc. 8, obb. 5. Tub. ch. Cinque fiocchetti papillari in una papilla filiforme piccola, con ricco e tipico apparato di Timofeew. K. oc. 3, obb. 8. Tub ch. Plesso formato dalle fibre del glossofaringeo nella parte alta di una pa- pilla fungiforme. Numerosi corpuscoli di Krause, di Meissner ed alberelli. K^ov0c:19, Obbiio.) Tub.sch. Anse avviticciate tipiche in due papilline secondarie di una papilla fili- forme, originate da fibre mieliniche. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Reticelle pericapillari, in tre papilline secondarie di una papilla filiforme e fiocchetto papillare molto semplice. K. oc. 3, obb. 6. Tub. ch. Reticelle pericapillari a forma di cappuccio in una papillina secondaria di una papilla filiforme. K. oc. 3, obb. 8. Tub. ch. Estremo superiore di una papilla fungiforme. Fasci del glossofaringeo che formano le anse avvitieciate, due plessi subgemmali e la reticella subepiteliale. K. oc. 5, obb. 8. Tub. ch. | Quattro papille fungiformi viste a piccolo ingrandimento. Alla base numerosi corpuscoli di Ruffini, poi il plesso dei fasci di fibre nervose, i fasci assili e i piccoli fasci laterali dentro le piccole papille che nella loro parte più alta si sfioccano formando corpuscoli di Meissner, di Krause e fiocchetti. Corimbi ed alberelli sono negli spazi interpapillari. K. oc. 1, obb. 2. Tub. ch. Das intracardiale Nervensystem des Frosches und die Methode von Ramon y Cajal. Von Sergius Michailow (St. Petersburg). (Mit Tafel XX.) I. Einleitung. Die Frage über den Bau des intracardialen Nervensystems des Frosches ist kein neues Thema für anatomisch-mikroskopische Unter- suchungen. Über diese Frage gibt es, wie bekannt, eine überaus reiche Literatur, die grósstenteils den älteren Autoren angehórt, und das lässt ich hauptsächlich erklären durch das Bedürfnis nach anato- mischen Kenntnissen in diesem Gebiet von Seiten der Physiologen. Doch wie in jeder anderen, so sind auch in dieser Frage neue Untersuchungen mit Anwendung neuer, zeitgemässer Methoden erwünscht; die Innervation des Froschherzens ist, soviel mir bekannt, noch nie auf Präparaten untersucht worden, die nach der Methode von Ramön y Cajal mit Silber imprägniert worden sind. Die gegenwärtige Arbeit ist das Resultat des Studiums solcher Präparate. II. Technik. Viel Froschherzen (Rana temporaria) sind untersucht worden, so- wohl eben gefangene (im Sommer), als auch solche, die schon längere Zeit im Laboratorium gehalten waren (im Winter). Auf Seiten der ersteren befinden sich entschieden alle Vorteile in bezug auf Quantität und Qualität der erhaltenen Resultate. 302 Sergius Michailow, Isolierte und gut ausgewaschene Herzen wurden nach der Methode von Ramón y Cajal in ihren foleenden Modifikationen bearbeitet: 1. Die Fixierung dauerte 24 Stunden in: a) 96?/, Alkohol (mit oder ohne Ammoniak), b) 909/, Alkohol mit Ammoniak, c) absolutem Alkohol mit Ammoniak, d) 25°/, Lösung von Formalin (40°/,) mit Ammoniak (bis 0,5°/,) oder die Vorfixierung bleibt ganz aus. Die besten Resultate erhielt ich bei der Fixierung in absolutem Alkohol mit Ammoniak und in Formalin (es trat ein die Imprägnation der perizellulären Endigungen der hinzutretenden Nervenfasern). 2. Darauf wurde das Objekt nach Abspülen in Aq. destill in eine 1,5—2°/, Lósung von Silbernitrat (Ag.NO,) übertragen, worin es 4 5 Tage bei einer Temperatur von 359—937? C. lag. 3. Dann wurde es wiederum in Aq. destill. gespült und: a) entweder in 1—2°/, wässerige Lösung von Acid. pyrogal. mit Formalin (5°/,) übertragen, b) oder in dieselbe, jedoch alkoholische Lösung, für 20—24 Stunden. In diesem Falle trat im Durchschnitt ófter eine vollkommene Reduktion des Silbers ein und die Neurofibrillen zerfielen weit seltener in Kórnchen, was dagegen oft der Fall war bei der gewöhnlichen Bearbeitung. Ausserdem wurde versuchsweise eine doppelte und dreifache Methode der Imprägnation angewandt, ähnlich wie es bei der Methode von Golgi der Fall ist. Die Anwendung der doppelten Methode er- gibt eine vollkommenere Imprägnation des fibrillären Apparates in den Nervenzellen des Froschherzens, der sich auf die übliche Weise nur sehr schwierig, also auch selten imprägnieren lässt. Nach der Reduktion wurde das Objekt der gewöhnlichen Bearbei- tung unterworfen. II. Eigene Untersuchungen. Nach dieser Technik angefertigte Práparate bestätigen nicht nur die von den früheren Forschern nach anderen Färbemethoden er- langten Resultate, sondern sie geben die Móglichkeit, noch viel neue Das intracardiale Nervensystem des Frosches usw. 353 Tatsachen festzustellen. Dieselben beziehen sich hauptsächlich auf die feinere fibrilläre Struktur derjenigen Gebilde, die als Bestandteile des intracardialen Nervensystems des Frosches auftreten. 1. Die topographische Verteilung der Nervenzellen in der Herzwand. Da ich Schnittserien verfertigte, konnte ich mich stets von der Anwesenheit der Ganglien von Remak, Bidder und Ludwig überzeugen, was ich nicht sagen kann von den „Ganglia ventricularia“ von Joh. Dogiel. Manchmal zwar gelang es mir, doch sehr selten, bald einzelne, isoliert liegende Nervenzellen, bald auch Gruppen (2—4) im Ventrikel zu sehen, doch das war kein ständiger Befund. Ausserdem folgt aus meinen Präparaten, dass auch das Ganglion von Ludwig nicht immer vorkommt wie es bei denen von Remak und Bidder der Fall ist, dass man aber dazu alle diejenigen Nerven- zellen rechnen muss, welche zwischen diesen beiden (den Ganglien von Remak und Bidder) zu liegen kommen, d. h. welche längs der Nervenstàmmchen in der Scheidewand der Vorhöfe verstreut sind. Auf diese Tatsache hat schon Hofmann |/7] in seiner nach der Methode von Golgi ausgeführten Arbeit hingewiesen und ich muss es voll- kommen bestätigen. 2. Die feimere Struktur der intracardialen, sympathischen Ganglien. Bei Betrachten eines beliebigen Präparates eines intracardialen, sympathischen Ganglions des Frosches (sei es eins von Remak, Ludwig oder Bidder), wenn es nur ein genügend gutes Präparat ist, bekommt man in den Hauptzügen immer genau dasselbe Bild. Doch die feinere Struktur zu studieren, ist am bequemsten an den Ludwig’schen Ganglien, da sie am meisten zerstreut liegen. Die weitaus grósste Anzahl der sympathischen Zellen, welche die Nervenknoten des Froschherzens bilden, sind unipolar. Ihr Kórper ist meistens rund, oval, birn- oder eiförmig; doch man trifft auch Nervenzellen, deren Körper mehr oder weniger unregelmässig ist, oder eine Glockenform erhält, indem er aus uns unbekannten Ursachen an einem der Pole eine starke Vertiefung erleidet (Fig. 1, 2, 3, 4, 5, 6, S. 10, 11). Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 23 354 Sergius Michailow, Welche von diesen Formen der Körper der Nervenzellen auch aufweisen mag, von einem seiner Pole geht ein mehr oder weniger dicker, gerader, massiver Fortsatz aus (Fig. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10), wobei der Ort des Kórpers, an dem der Fortsatz entspringt, nicht immer unabhängig ist von der Form des Körpers der Nervenzelle: im Falle einer Glockenform nämlich entspringt der Fortsatz aus der Vertiefung (Fig. 4). 7 Der Kern jeder Nervenzelle des Froschherzens imprägniert sich überaus deutlich mit Silber nach der Methode von Ramón y Cajal (Fig. 1, 2, 3, 4, 5, 6), und ist beinahe stets kugelförmig, oder hat die Gestalt eines Ellipsoids. Er ist reich an Chromatin, dessen Kórner auf den nach Ramón y Cajal mit Silber bearbeiteten Pràparaten ganz schwarz erscheinen, und enthált einen oder zwei runde Nucleoli, die auf meinen Präparaten eine intensive schwarz-rote Färbung erhalten, wobei die Nucleoli, wenn ihrer zwei sind, an Grosse gleich sind. Das Protoplasma sowohl des Zellkürpers, als auch der Fortsätze imprägniert sich nach der Methode von Ramón y Cajal, und bekommt eine gelbe Grundfarbe verschiedener Nuancen (Fig. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11). Hierbei muss ich bemerken, dass ich auf meinen Prä- paraten nie die geringste Sonderung in Ekto- und Endoplasma be- obachten konnte; auf dieses Faktum weise ich aus dem Grunde hin, weil, als die gegenwärtige Arbeit de facto schon vollendet war, die erste Arbeit über die sympathischen und spinalen Ganglienzellen des Frosches veröffentlicht wurde, ausgeführt nach der Methode von Ra- món y Cajal; diese Arbeit gehórt E. Warfwinge [40] an, und darin gerade spricht der Verfasser von einer solchen Sonderung des Proto- plasmas in Ekto- und Endoplasma. Er untersuchte zwar die sym- pathischen Ganglienzellen des Grenzstranges, ich dagegen ausschliess- lich diejenigen der intracardialen Ganglien, doch es scheint mir, dass die Differenzen in den erhaltenen Resultaten kaum auf dem eben hin- gewiesenen Unterschiede beruhen. : Das Protoplasma des Zellkórpers setzt sich unmittelbar in dem obenerwähnten Fortsatz fort. Da aber diese' Zellen in direkter Nachbarschaft der Nervenstiimme liegen, nämlich an ihrer Peripherie oder sogar in ihrem Innern, und ferner, weil man im allgemeinen Das intracardiale Nervensystem des Frosches nsw. 255 ziemlich dünne Schnitte (5-10 u) zu studieren hat, gelingt es nur selten, ein mehr oder weniger vollkommenes Bild zu sehen und den Lauf des Fortsatzes mehr oder weniger weit zu verfolgen. Auf solehen Präparaten kann man dann sehen, dass der Fortsatz nicht immer gestreckt ist und in einer mehr oder weniger geraden Richtung verlàuft, sondern dass er schon in ganz geringer Entfernung vom Zellkörper, direkt neben ihm, manchmal eigenartige Bildungen hervor- bringt: er verändert auf einem beschrünkten Raume unter der Kapsel (Fig. 3), mehrmals seine Richtung, bildet infolgedessen eine gewisse Anzahl Schleifen, die sich ineinander flechten und zusammen einen Knäuel bilden, der an diejenigen erinnert, welche von Ramón y Cajal [22], A. Dogiel [9] und in letzter Zeit von M. v. Lenhossék [25] für die Zellen der Spinalganglien der Sáugetiere und des Menschen be- schrieben sind. Auf denselben Präparaten lüsst sich konstatieren, dass der Fortsatz, nachdem er eine mehr oder weniger grosse Strecke durchlaufen hat, sich teilt und Kollateralen aussendet. Dabei halte ich es für nótig zu bemerken, dass diese Abzweigungen vom Nerven- fortsatz bald (Fig. 5) aus einem ganzen Bündel von Neurofibrillen bestehen, die von einer perifibrillàren, protoplasmatischen Substanz umgeben sind, bald (Fig. 10 A und 4) nur aus einer einzelnen Neuro- fibrille besteht, die sich später wiederum ihrerseits teilen kann (Fig. 10 A). Doch nicht alle Nervenzellen des Froschherzens sind unipolar, im Gegenteil, manchmal — allerdings selten — kann man mit Deutlichkeit die Anwesenheit multipolarer Zellen konstatieren. In diesen Fällen kann man unter den Fortsitzen beinahe sofort einen Nervenfortsatz und mehrere Dendriten oder Protoplasmafortsätze unterscheiden (Fig. 9). Der Nervenfortsatz erweist sich meistens als dicker, und teilt sich weniger oder (was häufiger vorkommt) gar nicht. Er tritt ein in den Nervenstamm und erhält den Charakter einer typischen markhaltigen Nervenfaser, indem er sich mit denjenigen des Nerven- Stammes vermengt. Was nun die Dendriten betrifft, so sind sie (Fig. 9 D) bedeutend dünner als der Nervenfortsatz (N) und beginnen meistens sofort nach Austritt aus dem Zellkòrper sich zu teilen. Die durch diese Teilung 23* 356 Sergius Michailow, entstandenen Astchen teilen sich manchmal noch ihrerseits mehrmals, hier und da sich auf bedeutende Strecken ausdehnend. Jede von den erwihnten Nervenzellen des Froschherzens ist von einer besonderen Kapsel umgeben, vom Aussehen einer diinnen Mem- bran, die manchmal im Querschnitt einen geschichteten Bau aufweist. Diese Kapsel setzt sich vom Zellkürper direkt auf dessen Fortsatz fort und umkleidet ihn (Fig. 3, 4, 7, 10). Unter der Kapsel, zwischen ihr und der Zelle kann man auf Prüparaten, die mit Silber nach der Methode von Ramón y Cajal im- prägniert worden sind, sehr oft besondere Kerne erblicken, gewöhn- lich von lànglicher Gestalt. Sie enthalten ziemlich grosse Chromatin- körner, die sich schwarz färben (Fig. 1,3, 4, 7, 10) und einen oder zwei Nucleoli, die sich noch intensiver fárben. Die Anzahl dieser Kerne schwankt bei den verschiedenen Zellen (1—4——9), wobei sie sich am háufigsten an demjenigen Pole der Zelle in grósserer Anzahl anhäufen, von wo der Fortsatz entspringt, manchmal aber kann man solche Kerne den Fortsatz entlang konstatieren (Fig. 4). Diese Kerne gehóren hóchst wahrscheinlich den Zellen, die von Kohn [24] ,Randzellen“ genannt worden sind, und als deren Synonyme die Termini sind: Mantelzellen (M. v. Lenhossék |25]), Scheidenzellen, Hüllzellen, Kapselzellen u. a. Diese Zellen (,,Randzellen“ von Kohn) also lagern sich zwischen Kapsel und Nervenzelle und durch ihre Lage hier wird wahrscheinlich der scheinbar leere Raum, den man zwischen der Kapsel und der Nervenzelle auf den nach der Methode von Ramón y Cajal bearbeiteten Präparaten konstatieren muss, bedingt. Kollmann [25] und Arnstein [2] haben als erste in den sympathi- schen Ganglienzellen der Amphibien auf die Anwesenheit einer kórnigen, kernhaltigen Masse hingewiesen, die einen der Zellpole einnahm und, nach diesen Autoren, einen Teil des Zellkórpers ausmachte. Später haben Feist [12] und darauf Smirnow [59| diese Ergebnisse teilweise bestátigt, wobei letzterer nach Präparaten, die nach der Methode von Ehrlich bearbeitet waren, behauptete, dass diese Kollmann-Arnstein- sche kórnige Masse nichts anderes ist, als sehr dichtgedrängte variköse Nervenfäden, in welche manchmal die Spiralfàser zerfällt, von der wir noch weiter unten sprechen werden. Mir scheint es wahrscheinlich, Pas intracardiale Nervensystem des Frosches usw. 351 dass einen bedeutenden Teil dieser Masse die eben beschriebenen Randzellen (Kohn) bilden, obgleich wiederum, wie wir es weiter sehen werden, ein gewisses Teil Wahrheit auch in der Behauptung von Smirnow liegt. 3. Die feinere, fibrilläre Struktur der intracardialen Nervenzellen. Beim Studium der feineren, fibrillàren Struktur der intracardialen Nervenzellen des Frosches bemühte ich mich, folgendes aufzuklären: 1. die Verteilung des fibrillàren Apparates bezüglich der verschie- denen Teile dieser Nervenzellen, und 2. seine Architektonik, d. h. diejenigen gegenseitigen Beziehungen, die zwischen den ihn bildenden Neurofibrillen bestehen. Was die Fortsátze betrifft, so sind in ihnen, sowohl in den Den- driten der multipolaren Zellen, als auch in den Nervenfortsátzen, die Neurofibrillen eingehüllt in eine perifibrilläre, protoplasmatische Sub- stanz und laufen beinahe in gerader Richtung, nur ein wenig sich krümmend (Fig. 9, 4, 5, 9, 10). Nur selten (Fig. 4) kann man sehen, dass die eine oder die andere Neurofibrille, nachdem sie eine mehr oder weniger bedeutende Strecke zurückgeleet hat, beinahe plótzlich ihre ursprüngliche Richtung ändert und in eine andere, sowohl verti- kale, als auch horizontale Ebene übergeht. Die Anzahl der Neuro- fibrillen, welche die Dendriten der multipolaren Ganglienzellen bilden ist ganz verschieden (2—8), doch es gibt Fälle, wo ein Dendrit nur aus einer einzigen Neurofibrille besteht, wovon noch weiter die Rede Sein wird. Was nun die Nervenfortsütze betrifft, so kann man in dieser Hinsicht bemerken, dass diejenigen, welche multipolaren Ganglienzellen angehóren (Fig. 9), im allgemeinen dicker sind, und gróssere Bündel von Neurofibrillen enthalten, als die Fortsátze der unipolaren Ganglien- zellen (Fig. 3, 4, 5, 10). Diese enthalten Bündel recht dicker Neuro- fibrillen (8—12), von denen einige, noch bevor sie den Zellkórper er- reichen, sich dichotomisch teilen (Fig. 4). Im allgemeinen aber folgt als Regel aus meinen Präparaten, dass die Neurofibrillen in den Fort- sätzen sich nicht teilen, ausser den Stellen, wo der Fortsatz selbst eme di- oder trichotomische Teilung eingeht. 358 Sergius Michailow, Von den Fortsátzen kónnen sich einzelne Neurofibrillen abzweigen (Fig. 10 A und 5), die sich manchmal, nach dem Durchlaufen einer grösseren oder kleineren Strecke, dichotomisch teilen (Fig. 10 A). Die Neurofibrillen gehen aus den Fortsätzen unmittelbar in den Zellkörper über und bilden dort ihre fibrillàren Apparate von zwei verschiedenen "Typen, wonach auch die Nervenzellen in die beiden foleenden Typen eingeteilt werden: ; L Typus: Ganglienzellen mit einem feinschleifigen, netzfórmigen, fibrillären Apparat; IL Typus: Ganglienzellen mit einem grossschleifigen, netzfórmigen, fibrillàren Apparat. | I. Typus (Fig. 2). Der ganze Kórper der sympathischen, intracardialen Nervenzellen des Frosches dieses Typus ist durchsetzt von einer grossen Anzahl Neurofibrillen, die sich bestándig, oft und dabei mehrmals dichotomisch teilen, beständig, wenn auch in geringerem Masse, als die Neuro- fibrillen der Nervenzellen des nächsten Typus, ihre Richtung ändern und infolgedessen fortwährend aus einer Ebene in die andere über- sehen. Sie verflechten und verwickeln sich untereinander, einzelne von ihnen verbinden sich und anastomosieren miteinander mit Hilfe ihrer Seitenästchen; im Resultat erscheint eine grosse Anzahl voll- kommen geschlossener mehr oder weniger feiner Schleifen, die zusammen einen sehr verwickelten, komplizierten, netzförmigen, fibrillären Apparat bilden. Irgendwelche Verdichtungen an der Peripherie oder in der Umgegend des Kernes sind nicht zu bemerken, gleichwie man nie doppelte intrazelluläre Neurofibrillennetze beobachtet, — im Gegenteil, an allen den Präparaten (Fig. 2), wo die Imprägnation des neuro- fibrillären Apparates eine vollkommenere ist, kann man mit Deutlichkeit konstatieren, dass dieser Apparat gleichmässig im ganzen Zellkörper gelagert ist und stets einen und denselben Charakter trägt. II. Typus (Fig. 1 und 4). Bevor ich zur Beschreibung der sympathischen, intracardialen Nervenzellen des Frosches des zweiten Typus schreite, muss ich vor allem darauf hinweisen, dass ausser vielen anderen zu diesem Typus Das intracardiale Nervensystem des Frosches usw. 359 alle diejenigen Ganglienzellen gehören, die eine glockentórmige Gestalt haben (Fig.4). Nachdem der Fortsatz in die eben beschriebene Ver- tiefung dieser Ganglienzellen eingetreten ist, geht er unmittelbar in den Boden über, und von der Stelle dieses Überganges zerstreuen sich die Neurofibrillen, die früher den Fortsatz bildeten, im Zellkórper nach allen móglichen Richtungen. Sie teilen sich sehr selten (vergl. I. Typus) und infolgedessen bleiben sie in ihrem ganzen Verlaufe im Inneren des Zellkórpers im Durchschnitt bedeutend dicker (vergl. Fig. 1 und 4 mit Fig. 2), als diejenigen, die den fibrillären Apparat der Ganglienzellen des ersten Typus bilden. Während die Neuro- fibrillen gleichmässig den ganzen Körper der Nervenzellen des zweiten Typus durchsetzen, durchlaufen sie bei weitem kompliziertere und ver- wickeltere Wege, als wir es beim vorhergehenden Typus gesehen haben. Sie ändern oft ihre Richtung, und dabei so bedeutend, dass sie manchmal in direkt entgegengesetzten Richtungen verlaufen (Fig. 1), sie schlängeln sich durcheinander, verbinden sich mitein- ander und infolgedessen bildet sich ein wirkliches Neurofibrillennetz, das sich aber dadurch von dem des ersten Typus unterscheidet, dass es gross-schleifig ist, was durch die unbedeutende, d. h. seltene Teilung der Neurofibrillen bedingt ist. In den Fällen, wo wir es mit Nervenzellen des zweiten Typus von glockenförmiger Gestalt (Fig. 4) zu tun haben, kann man bei ungenügender Kenntnis des Präparates den Eindruck gewinnen, als wenn man ein, solches Bild vom Baue des fibrillären Apparates vor sich hätte, dass (besonders auf der Peripherie der Vertiefung, in die der Fortsatz eintritt [Fig. 4]) die Neurofibrillen nur durchgehend sind, so wie z. B. Bethe |6] und Joris [20] es von den Neurofibrillen der Zellen des Zentralnervensystems der Wirbeltiere behaupten. Doch bei einer aufmerksameren Beobachtung gewinnt man die Überzeugung, dass auch in diesem Falle die Fibrillen sich teilen, allein sehr selten, d. h. wenig, und sich mit Hilfe der durch diese Teilung entstandenen Astchen miteinander verbinden und ein Netz bilden. Zum Schlusse der Beschreibung des feineren, fibrillàren Baues der der intracardialen Nervenzellen des Frosches halte ich für angemessen noch auf diejenigen von meinen Präparaten hinzuweisen, auf denen 360 Sergius Michailow, man ganz deutlich beobachten kann, wie vom Zellkórper, d. h. von seinem fibrillàren Apparat sich einzelne Neurofibrillen abzweigen; eines von diesen Práparaten ist als Beispiel auf Fig. 1 abgebildet. Auf diesem Präparate sieht man drei solche Neurofibrillen (a), die aus den Grenzen des Zellkörpers heraustreten; auf anderen Präparaten ist ihre Zahl natürlich manchmal eine andere; dabei kann man diese Erscheinung sowohl an den Zellen des zweiten Typus (Fig. 1), als auch des ersten Typus beobachten. Im letzteren Falle, wenn die Fibrillen beim Ein- tritt in den Zellkórper sich gewóhnlich sofort stark zu teilen und an der Bildung des intrazellulären Fibrillennetz Anteil zu nehmen be- einnen, unterliegen auch diese Fibrillen, die zum Zellkórper einzeln herangetreten sind, denselben Veründerungen. Es scheint mir, dass man diese Tatsache vom folgenden Stand- punkte aus betrachten muss: ähnlich, wie sich von den Fortsátzen (Fig. 10 4 und 5) einzelne Neurofibrillen abzweigen kónnen, geschieht manchmal dasselbe am Körper einer Nervenzelle und folglich müssen solche isoliert ausgehende Neurofibrillen als Dendriten von bi- oder multipolaren Nervenzellen betrachtet werden, je nachdem, ob wir eine der mehrere solcher Neurofibrillen vor uns haben. 4 Keulenförmige Endigungen in den Ganglien des Froschherzens. . Auf Präparaten des Froschherzens, die nach der oben beschrie- benen Technik bearbeitet sind, ist es manchmal möglich zu beobachten, wie eine oder die andere Nervenfaser auf ihrem Laufe sich krümmt, stellenweise bald gróssere, bald kleinere Verdickungen aufweist (Fig.8 4) und schliesslich mit einer Keule oder einer Platte von verschiedener Grüsse, Form und Aussehen endet. Diese Keulen haben (Fig. 8 A) bald eine birnförmige, bald eine kugel- oder eifórmige, oder auch eine beliebige unregelmässige Gestalt. Sie befinden sich im Ganglion, zwischen seinen Zellen und ich habe sie ófter beobachtet, namentlich in den Ganglien von Bidder. Was den Ursprung der Nervenfasern betrifft, die in solche Keulen auslaufen, so kann ich darüber nichts Bestimmtes sagen. Ich kann nur darauf hinweisen, dass auf allen den Präparaten, wo ich solche keulenfórmige Endigungen konstatieren konnte, sich zusammen mit Das intracardiale Nervensystem des Frosches usw. 36 y ) ihnen auch Teile der perizelluliren Netze fürbten, die ich später be- sonders beschreiben werde; dieser Umstand erschwerte sehr eine ob- jektive Lósung der Frage über den Ursprung der erwähnten Nerven- fasern, oder richtiger, er machte es direkt unmóglich und zwar aus folgendem Grunde: manchmal gelang es mir, die Nervenfaser vom Kolben (Fig.8) bis zu der einen oder anderen Nervenzelle zu ver- folgen, doch, da diese Nervenfaser nach Aussehen und Dicke sehr ähnlich ist den Fasern, die diese Netze bilden, so war es ganz un- móglich, sie mit Wahrscheinlichkeit voneinander zu unterscheiden. Vielleicht zweigen sich diese Fasern von den perizellulären Netzen ab, vielleicht sind es Fortsátze (Dendriten) von solchen Nervenzellen, bei denen ihr Ursprung sich der Beobachtung entzieht. Die zweite Voraussetzung scheint mir wahrscheinlicher zu sein, erstens aus dem Grunde, weil die Färbung dieser Fasern, während sie stets gleich ist an Farbe und Intensität mit der Färbung des Zellkorpers und seines Nervenfortsatzes (Fig. 8), sich scharf unter- scheidet von der Färbung der Fasern, welche die Teile der perizellulären Netze bilden, und zweitens noch deshalb, weil es mir [20] auch bei den Säugetieren gelungen ist, unter anderen Typen von intracardialen Nervenzellen auch einen solchen zu entdecken, dessen Dendriten mit ähnlichen Keulen enden. 5. Die. Klassifikation der intracardialen Nervenzellen. In bezug auf die eben erórterte Frage móchte ich noch darauf hinweisen, dass in letzter Zeit (vergl. z. B. die Arbeit von Hofmann [77]) die Bestrebung sich geltend macht, die verschiedenen intracardialen Nervenzellen des Frosches mit denjenigen der Sáugetiere zu vergleichen und sie unter die Klassifikation zu bringen, die A. Dogiel [9] für diese festgestellt hat. Davon schon gar nicht zu reden, dass dieses gewaltsame Hinein- zwängen eines ganz fremden Stoffes in einen anderen Rahmen beinahe vollständige (vergl. die Arbeit von Hofmann) jeglicher tatsächlicher Begründung bar ist, halte ich es für nótig, hier darauf hinzuweisen, dass selbst die Klassifikation der intracardialen Nervenzellen der Säugetiere von A. Dogiel einer anderen Klassifikation weichen muss. 362 Sergius Michailow, die ich in einer neueren Arbeit [50] über die Frage des feineren Baues des intracardialen Nervensystems der Säugetiere aufgebaut habe. A. Dogiel bezieht eine gegebene Nervenzelle zu ‘dem einen oder dem anderen seiner drei Typen, je nach dem, ob ihre Dendriten lang oder kurz, dick oder dünn sind, sich viel oder wenig verzweigen. Meine Klassifikation stützt sich auf die Endapparate, mit welchen die Den- driten der intracardialen Nervenzellen enden, d. h. über die Zugehörig- keit einer Nervenzelle des Säugetierherzens zu einem meiner vier Grundtypen entschied ich danach, in was für einen Typus von End- apparat ihre Dendriten auslaufen; und es scheint mir, dass sowohl vom anatomischen als auch vom physiologischen Standpunkt aus für die Zugehörigkeit einiger Nervenzellen zu demselben Typus viel mehr der analoge Typus der Endapparate, mit den ihre Fortsätze enden, spricht, als deren Länge, Dicke und Art der Verzweigung. Auch ab- gesehen davon, hat es sich erwiesen, dass die Klassifikation von A. Dogiel sich nicht mit denjenigen Tatsachen deckt, und ihnen teil- weise nicht entspricht, mit denen man in der Wirklichkeit auf Präpa- raten zusammenstösst. Wenn man die Absicht hat, eine Klassifikation der Nervenzellen des Froschherzens zu geben, so muss man ihr, glaube ich, entweder dasjenige Prinzip zu Grunde legen, auf dem von mir eine Klassifikation der entsprechenden Zellen der Säugetiere aufgebaut ist, oder irgend- ein anderes, doch nicht weniger wesentliches (z. B. die Endigung des Nervenfortsatzes). 6. Die Endigungen der zutretenden Nervenfasern in den Ganglen. Nach der Meinung älterer Autoren, die mit primitiven Methoden arbeiteten (Osmium- und Essigsäure, Vergoldungsmethode usw.) hatten die sympathischen Nervenzellen des Frosches laut den einen (Beale [5], Arnold [7], Courvoisier [7], Kollmann und Arnstein [2], Friedländer [14], Schwalbe [37], Schweigger-Seidel [55], S. Mayer [29], Key und Retzius [24]) stets zwei Fortsätze: einen dicken, geraden, einen anderen dünnen, um den ersten sich spiralig herumwindenden, nach Angaben anderer (Krause [26], Sander [55], Joh. Dogiel [10], Klug [23], Kasem-Beck [21]) einen geraden Fortsatz; hinsichtlich des Spiralfortsatzes waren sie Das intracardiale Nervensystem des Frosches usw. 363 bald im Zweifel über seine nervose Natur, bald hielten sie ihn für ein Kunstprodukt. Zwar wiesen schon damals Beale, Arnstein und Kollmann darauf- hin, dass man manchmal den Übergang dieser Spiralfaser in eine typische markhaltige Nervenfaser beobachten kann, doch dieses Faktum wurde mit besonderer Klarheit und darum auch Wahrscheinlichkeit hauptsächlich von A. Smirnow [39] konstatiert, nach Präparaten, die mit Methylenblau gefärbt worden sind, was auch ich auf Grund eben- soleher Präparate bestätigen kann. Als man zum Studium des Baues des sympathischen Nervensystems des Frosches die ebénerwähnte Methode von Ehrlich anwandte, erwies es sich dabei (Ehrlich [71], Aronson [3], Lawdowsky [27], Arnstein [2], Retzius [54], Feist [12], Smirnow [39]), dass der ,Spiralfortsatz* der ülteren Autoren kein Fortsatz, sondern eine zur Zelle hinzutretende und auf ihr mit einem perizellulàren Netze endigende Faser ist. Diese Tatsache bestátigt auch Hofmann, der die Methode von Golgi benützt hat, und jetzt auch ich auf Grund von nach Ramón y Cajal bearbeiteten Präparaten (Fig. 3, 6, 7, 8, 10, 11). Bevor die Spiralfaser in den perizellulären Endapparat übergeht, windet sie sich verschiedene Male um den geraden Fortsatz. Doch es gibt Falle, wo so eine zur Zelle herantretende Faser keimen gewundenen Weg hat, sondern direkt in den erwähnten Apparat übergeht, oder es treten zur Zelle mehrere (2—8) Nervenfasern (Fig. 8), und es werden Spiralen gebildet, sei es von allen, sei es von einigen. Auf gelungenen Präparaten, die nach den oben angeführten tech- nischen Anweisungen bearbeitet sind, kann man sich davon überzeugen, dass so eine Faser beim Hinzutritt zur Zelle aus einer einzigen Neuro- fibrille besteht (Fig. 6, 7, 11), die auf ihrem Verlaufe ringförmige Bildungen aufweist, augenscheinlich indem sie sich an bestimmten nicht weit voneinander entfernten Stellen in zwei Teile spaltet. . Diese Endverdickungen stellen Platten von runder, ovaler oder birnähnlicher Gestalt dar, bestehend aus einer perifibrillären proto- plasmatischen Substanz, und unweit ihrer Peripherie verlaufen beide Aste der gespaltenen, ursprünglich einfachen Neurofibrille. 364 Sergius Michailow, Nachdem sie nun auf diese Weise einen Ring gebildet, treffen sich diese beiden Aste wieder am anderen Pol — am häufigsten wohl am direkt entgegengesetzten — und laufen wieder als eine einzige Neurofibrille bis zur nächsten solchen Bildung. Allein diese terminalen ringfórmigen Fibrillenbildungen stehen nicht immer nur mit zwel (einer hinzutretenden und einer wegtreten- den) Neurofibrillen in Verbindung; im Gegenteil, es lüsst sich manch- mal ihre Verbindung mit 3—4, ja sogar mit einer noch grósseren Zahl solcher Neurofibrillen konstatieren (Fig. 6, 7, 11). In diesen Fallen ist man genótigt, sich von der Existenz eines unmittelbaren Überganges einzelner Neurofibrillen oder einzelner Aste derselben Neurofibrillen ineinander zu überzeugen, gleichfalls von der Móglich- keit einer wirklichen organischen Verbindung von Neurofibrillen mit- einander. Doch andererseits kann man auch Bilder beobachten, in welchen eine terminale, ringfórmige Fibrillenbildung nur mit einer einzigen Neurofibrille verbunden ist (Fig. 6, 7, 11), gleichsam ihr Ende bildet. Mir scheint es, dass solche Bilder den Beobachter von der Wahrheit folgender Behauptung überzeugen kónnen (die ich jetzt jedoch bloss in bezug auf die oben angeführten Tatsachen ausspreche): auf Prä- paraten, die eine vollkommene Färbung aufweisen, kann man freie Endigungen von Nervenfasern beobachten, doch die Neurofibrillen haben überall und stets einen ununterbrochenen Lauf, da sie nirgends mit einem freiem Ende enden. (Wie wir weiter sehen werden, be- zieht sich dieser Satz auch auf die Endigungen der Nervenfasern auf den Herzmuskeln des Frosches, und er wird auch, wie bekannt, be- stätigt in den Arbeiten vieler anderer jetziger Autoren. Vergl. Schieffer- decker [36)). Aus allem, was eben gesagt ist, folet mit Klarheit auch das: wie soll man, auf Grund meiner Präparate, auf die Frage antworten: Bilden die zu den Nervenzellen des Froschherzens herantretenden Nervenfasern wahre perizellulàre Netze, oder — nur Verflechtungen, und auch dies: gibt es hier freie Endigungen, oder erscheinen diese Netze vollkommen geschlossen? Wie man es z. B. besonders deutlich auf Fig. 11 sieht, haben Das intracardiale Nervensystem des Frosches usw. 365 wir vor uns — ein Netz und nicht ein Flechtwerk, wobei das Netz freie Endigungen einiger seiner Fäden zeigt, wie es Ehrlich, Aronson und Lawdowsky nach mit Methylenblau gefärbten Präparaten be- schrieben haben, und was, auf Grund gleicher Präparate, Arnstein, Retzius, Feist und Smirnow geleugnet haben. Nach Präparaten, die ich mit Methylenblau gefürbt habe, kann ich mich der Meinung der ersten. von den angeführten Autoren anschliessen, auf Grund aber meiner Práparate, die nach der Methode von Ramón y Cajal bearbeitet sind, kann ich zu dieser Meinung bloss die schon angeführte Behaup- tung bezüglich der Geschlossenheit des Neurofibrillenweges hinzufügen. Beim Vergleich der Befunde, wie sie von Auerbach [4], Held [15], Ramón y Cajal [22], A. Dogiel [9], Lenhossék [25], van Gehuchten [14] und Holmgren |/5] beschrieben und teilweise abgebildet worden sind, mit denen, die ich auf meinen Präparaten beobachten konnte und die ich soeben beschrieben habe, bin ich zur Überzeugung gelangt, dass wir alle es mit analogen Bildungen zu tun haben. Ein wesentlicher Unterschied besteht darin, dass alle angeführten Autoren an Säugetieren arbeiteten und dabei beinahe ausschliesslich am Zentralnervensystem, während meine Angaben gegenwärtig sich nur auf die perizellulären Endigungen an den sympathischen Nerven- zellen des Froschherzens beziehen. Auerbach [4] hat als erster eigentümliche „Endknöpfchen“ be- schrieben, mit welchen die Endverzweigungen der Achsenzylinder enden, die zu einer Nervenzelle herantreten. Er hat darauf hingewiesen, dass diese Endknópfchen untereinander durch feine Fádchen verbunden erscheinen und als Knotenpunkte eines zarten Netzes erscheinen, das die Zellen umgibt. Ausserdem konnte Auerbach beweisen, dass diese Endknüpfchen aus einer homogenen Grundsubstanz bestehen, in der ein feines Fibrillennetzchen eingebettet ist und dass diese End- knöpfchen der Nervenzelle, auf deren Peripherie sie gelagert sind, bloss mehr oder weniger anliegen (Kontakt). Später wurden dieselben Resultate erzielt von Ramön y Cajal [32], Nowik [9], Lenhossék [28] und van Gehuchten [74], wobei A. Dogiel nach Präparaten von E. Nowik beschrieb, dass solche Endverdickungen an den motorischen Zellen des Rückenmarks aus einem mittleren, 366 Sergius Michailow, helleren Teile bestehen mit einem dunklen Rande, dieser aber aus einem Neurofibrillennetz besteht, das ringfórmig angeordnet ist. Doch schon damals und auch vordem wurde von Held [75] eine Reihe Schriften über diese Frage veróftentlicht. in denen der Verfasser diese Endknópfchen oder „Endfüsschen“, wie er sie nannte, als Con- crescenzstellen von Nervenzellen miteinander (nämlich der Endver- zweigungen ihres Achsenzylinders) ansieht. Seine Endfüsschen sind kecelfórmig, und bestehen aus einer protoplasmatischen Grundsubstanz, die eine gròssere Anhäufung besonderer Körner, der Neurosomen ent- hàlt, wobei die Fibrillen in ihnen ein Netz bilden. Von diesem Netz dringen einige ihrer fibrillàren Astchen in die Zelle ein und vereinigen sich mit ihrem intrazellulàren Fibrillennetz. Auf diese Weise wird an den Stellen der , Endfüsschen“ eine tat- süchliche Vereinigung sowohl des protoplasmatischen, als auch des fibrillàren Teiles verschiedener Nervenzellen verwirklicht. Einzelne von solchen Endfüsschen vereinigen sich miteinander mit Hilfe besonderer Queranastomosen, wodurch Endnetze gebildet werden. Auf Grund seiner weiteren Forschungen hat auch Auerbach seine ursprüngliche Meinung geändert und ist zur Überzeugung gelangt, dass die Fibrillen aus den Endknöpfchen, in denen sie Netze bilden, unmittelbar ins Innere derjenigen Nervenzellen eindringen, denen diese Endknöpfchen anliegen und in organische Verbindung treten mit ihrem intrazellulären Fibrillärapparat. Im Grunde zu denselben Resultaten, wie Held, ist schliesslich auch Holmgren [78] gekommen; er behauptet nämlich, dass die ner- vösen Endfüsschen nicht nur Concrescenzstellen des Ganglienzellen- protoplasmas mit dem Protoplasma der sie umflechtenden Endverzwei- gungen der Achsenzylinder sind, sondern auch als Vermittler einer direkten Verbindung der Neurofibrillen dieser mit den Neurofibrillen des Körpers der Ganglienzellen auftreten. Während das eben beschriebene Netz sich stets unter der Kapsel lagert (Fig. 6, 7,11), verteilt es sich manchmal mehr oder weniger gleichmässig auf der Oberfläche des ganzen Körpers der gegebenen Nervenzelle (Fig. 11), manchmal dagegen häufen sich terminale, ring- Das intracardiale Nervensystem des Frosches usw. 367 formige, fibrillàre Bildungen hauptsächlich an dem Pole, von wo der Fortsatz ausgeht, gleichsam einen Endkorb bildend an; in diesem liegt der Zellkörper mit dem Fortsatz nach unten (Fig. 6, 7). In diesem Falle kann so ein Endkórbchen auf Prüparaten, die nach der primi- tiven Methode bearbeitet sind, teilweise in der Tat die Anwesenheit einer besonderen Kollmann-Arnsteinschen kórnigen, kernhaltigen Masse vortäuschen, von der oben schon die Rede war und worauf zuerst Smirnow hingewiesen hat. Bevor ich die Beschreibung der Endigungen der hinzutretenden Nervenfasern in den Ganglien des Froschherzens beschliesse, muss ich noch bemerken, dass es auf den nach der Methode von Ramón y Cajal bearbeiteten Práparaten niemals gelingt, die Anwesenheit von Ver- bindungsfäden zwischen den einzelnen perizellulären Netzen zu kon- statieren, was vollkommen mit den Angaben anderer Autoren (Ehrlich [11 |. Arnstein [2], Retzius [24]) übereinstimmt, die die Methode von Ehrlich und (Hofmann [/7], die Methode von Golgi angewandt haben, was aber den Angaben Smirnows widerspricht, der seine Präparate nach der ersten von diesen Methoden bearbeitet hat. 7. Die Nervenendigungen an Muskelzellen des Froschherzens. Ranvier [55], der die Vergoldungsmethode mit Osmiumsäure an- wandte, behauptete, dass die Nervenfasern ins Innere der Muskelzellen des Froschherzens eindringen, sich daselbst in unmittelbarer Nähe des Zellkernes erstrecken und diese Zellen durchbohren. Aus einer solehen Zelle geht die Nervenfaser in eine andere über, wodurch sich das Bild so gestaltet, dass die Muskelzellen auf eine Nervenfaser aufgereiht erscheinen, ähnlich wie die einzelnen Kügelchen eines Rosenkranzes. Auf ihrem Verlaufe durch die Muskelzellen ana- stomosieren diese Nervenfasern miteinander, verbinden sich auf diese Weise zu einem Ganzen und bilden ein Netz, dessen einzelne Maschen beinahe dieselbe Grösse besitzen, wie die ihnen entsprechenden Muskel- zellen. Doch bald nach den Arbeiten Ranviers wurden die Untersuchungen in derselben Frage von Openchowsky [57] veröffentlicht, der ebenfalls die Methode der Vergoldung anwandte. Dieser Forscher hat gefunden, 368 Sergius Michailow, Das intracardiale Nervensystem des Frosches usw. dass die Nervenfasern mit kleinen, knopfartigen Verdickungen endigen, die sich dicht an Muskelzellen des Amphibienherzens legen, doch nie in ihr Inneres eindringen. Die Angaben von Openchowsky wurden spáter auch von anderen Forschern bestätigt (Retzius [34], Heymans und Demoor [5], P. Jac- ques [72], Smirnow [29], die ihre Untersuchungen sowohl nach der Methode von Ehrlich, als auch nach der Methode von Golgi ausführten. Doch in der letzten Arbeit, die der Frage über den Bau des intracardialen Nervensystems des Frosches gewidmet ist und Hof- mann [17] gehört, finden wir Angaben, die nach den eigenen Worten des Verfassers der Meinung der meisten Forscher auf diesem Gebiete widersprechen und sich den älteren Angaben Ranviers bedeutend nühern. Wenn Hofmann auch einerseits die von Ranvier festgesetzte Tatsache bezüglich des Eindringens der Endnervenfáserchen ins Innere der Muskelzellen leugnet, so behauptet er auch andererseits, wie auch Ranvier, dass diese Nervenfáserchen ein vollkommen geschlossenes Netz bilden und die von den obenerwähnten Autoren konstatierten freien, knopfartigen Endigungen deutet er als mangelhafte Färbung. Auf Grund von Pràparaten, die nach den oben angeführten tech- nischen Anweisungen erhalten sind, behaupte ich, dass beide Anschau- ungen nur teilweise die Wahrheit enthalten. In Wirklichkeit trifft man sowohl Endnetze (Fig. 12) an, als auch ganz unzweifelhafte freie Endigungen der Nervenfasern in Gestalt von terminalen ring- oder netzfórmigen fibrillären Bildungen, welche von den früheren Forschern, die nicht die elektiv-fibrillären Methoden an- wandten, eben als terminale knopfartige Verdickungen beschrieben wurden. Bezüglich der besprochenen Frage halte ich es für angemessen, statt irgendeiner Beschreibung, die Behauptung, die ich schon oben angeführt habe, zu wiederholen: es lassen sich freie Endigungen der Nervenfasern beobachten, doch die Neurofibrillen haben stets und überall einen ununterbrochenen Verlauf und endigen nirgends frei. Fig. 1 Fig. 2 Fig. 8 Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6 Bic. 7 Fig. 8 lio. 9 Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12 Erklärung der Abbildungen. Alle Zeichnungen hat der Verfasser mit Hilfe des Zeichenokulars von Leitz ausgeführt. Sympathische Nervenzelle mit intrazellulärem fibrillàren Apparat des zweiten Typus. a = einzelne heraustretende Neurofibrillen; 5 = Kern der Randzelle; c — optischer Querschnitt der Kapsel. Sympathische Nervenzelle mit intrazellulirem fibrillären Apparat des ersten Typus. Unipolare Nervenzelle, deren Fortsatz einen Knäuel bildet. è = Kerne der Randzellen; c — optischer Querschnitt der Kapsel. Unipolare glockenfórmige sympathische Nervenzelle mit intrazellulärem fibrillären Apparat des zweiten Typus. — Kerne der Randzellen; € = optischer Querschnitt der Kapsel. Unipolare sympathische Nervenzelle mit sich teilendem Fortsatz. Perizelluläre terminale ringfórmige fibrilläre Bildungen. Verbindung dieses Endapparates mit der Spiralfaser. e = Kapsel. . Ein noch deutlicheres Bild, dem vorhergehenden analog. Unipolare sympathische Nervenzelle. 4 = keulenférmiger Endapparat, mit dem die Faser 4 endigt; B = spirale Windungen der herzutretenden Nervenfasern (C, D, E, F), die unmittelbar in das perizelluläre Netz übergehen. Multipolare sympathische Nervenzelle. N= Nervenfortsatz; D = Dendriten. Unipolare sympathische Nervenzelle, von deren Fortsatz sich einzelne Neurofibrillen 4 und P abzweigen, von denen 4 sich sofort dichotomisch teilt. S = Spiralfaser; 6 = Kerne der Randzellen; c = Kapsel. Unipolare sympathische Nervenzelle, auf der terminale ringfórmige fibrilläre Bildungen gelagert sind, die sich zu einem perizellulären Netz vereinigen. Motorische Nervenendigungen auf Herzmuskelzellen. Die Endknópfchen haben einen ringfórmigen, manchmal netzfórmigen Bau. Internationale Monatsschrift f. Anat. u. Phys. XXV. 24 Ct 10. Literaturverzeichnis. Arnold, Über die feineren histologischen Verhältnisse der Ganglienzellen in dem Sympathicus des Frosches. Virchows Archiv. Bd. 32. —, Ein Beitrag zu der feineren Struktur der Ganglienzellen. Virchows Archiv. Bd. 41. 1867. Arnstein, Zeitschr. f. Biol. Bd. 2. 1866. —, Die Methylenblaufärbung als histologische Methode. Anat. Anz. 1887. Aronson, Beiträge zur Kenntnis der zentralen und peripheren Nervenendigungen. 1886. | Auerbach, Nervenendigung in den Zentralorganen. Neurol. Zentralbl. 1897. —, Das terminale Nervennetz in seinen Beziehungen zu den Ganglienzellen der Zentralorgane. Monatsschr. f. Psychiatrie u. 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Siebte, vielfach verbesserte und stark vermehrte Auflage * Geb. M. 7.—. Vorlesungen über Wirkung und Anwendung Unorganischen Arzneistoffe | für Arzte und Studierende von Prof. Dr. Hugo Schulz, Geheimer Medizinalrat in Greifswald. M. 8.—, geb. M. 9.—. Lehrbuch der allgemeinen Physiolog Eine Einführung in das Studium der Naturwissenschaft und der Medizi von Prof. Dr. J. Rosenthal. Mit 137 Abbildungen. M. 14.50,;geb. M. 16.50. Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. — Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsátzen 50 Sonderabdrücke frei, eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. Frankierte Einsendungen in lateinischer, französischer, italienischer, englischer oder deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- logie“ werden direkt an die Redaktion: Prof. Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf bei Berlin, Prinzregentenstr. 59, erbeten. Reprints. Contributors desiring more than 50 extra copies of their artirles can obtain them at reasonable rales by application to the publisher Georg Thieme, Leipzig, Rabensteinplatz 2, Germany. * Coniributions (French, English, German, Italian or Latin) should be sent to the associate editors or to the editor Dr. Fr. Kopsch, Wilmersdorf by Berlin, Prinz- regentenstr. 59. 3 Avis. Les auteurs des mémoires insérés dans ce journal qui désireront plus de 50 tirages à part de leurs articles, les obtiendront à des prix modérés en s'adressant à M. Georg Thieme, libraire-éditeur, Leipzig, Rabensteinplatz 2, Allemagne. Les articles écrits en allemand, en anglais, en français, en italien ou en latin doivent être adressés à l'un des Professeurs qui publient le journal, ou à M. Fr. Kopsch à Wilmersdorf prés de Berlin, Prinzregentenstr. 59. Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto) in Leipzig. Internat. Monatsschrift für Anat.u. Phys. Bd. XXV. I Taf. I. CR 4. NY; %, TORA #} E^ RON) Y a AR Ta Tith AnstvEARinkeLeipag D.Cesa-Bianchi : Struttura € secrezione del corpo luteo. Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. | Taf. 1l ua, * 5 ; ESSO Lichtdruck: Sinsel & Co., G. m. b. H., Oetzsch-Leipzig S. Michailow: Feinerer Bau des intracardialen Nervensystems der Süugetiere. Verlag: Georg Thieme, Leipzig CALCI Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. e— __— ro” —— ———— = — a (des — ' ~ ~ >. Ar Y ET Fe V Taf. III. S. Michailow: Feinerer Bau des intracardialen Nervensystems der Süugetiere. Verlag: Georg Thieme, Leipzig Lichtdruck: Sinsel & Co., G. m. b. H., Oetzsch-Leipzig SET PT o fios Fan EAS. puc We Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. Taf. IV. S. Michailow: Feinerer Bau des intracardialen Nervensystems der Süugetiere. Verlag: Georg Thieme, Leipzig Lichtdruck: Sinsel & Co., G. m. b. H., Oetzsch-Leipzig na To RM 3 CR N Si P | , TU FON I PST s DN ur e; D 1D Vt LN TUUS LTE J. u zu UM Des UT "or 4. Internat. Monatsschrift für Anat.u. Phys. Bd. XXV. E = BAD cc Fith Ans: E. A.Funke, Leipzig Caroline Mc Gill: Fibroglia Fibrils in the Intestinal Wall of Necturus and their Relation to Myofibrils. ar x É Taf. VIL. Internat. Monaisschrifi | für Anat.u. Phys. Bd. XXV. Tith Anstv E, A Funke, Leipziq- P. Krassin : Über die Regeneration der peripheren Nerven nach Verletzung. ERIGI E ES Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. Taf. VIII. H. A. Riehl: Ùber den Bau des Augenlides beim Vogel. Lichtdruck von Sinsel & Co., G. m. b. H., Leipzig-Oetzsch. of, i à i H te Ce SD E E iux Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. Taf. IX. — cm rom TET H. A. Riehl: Über den Bau des Augenlides beim Vogel. Lichtdruck von Sinsel & Co., G. m. b. H., Leipzig-Oetzsch. “= ran en Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. Taf. X. eras dc Fig. 10. G. Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. Fig. 7. Fig. 12. Fig. 4. Fig. 14. Fig. 13. Lc ; ift. pU —_ = BH cap UL | Verlag Georg Thieme, Leipzig. Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. Taf. XI. Fig. 15. Fig. 16. N 6 Te en 5 Verlag Georg Thieme, Leipzig G Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. = ER COR ios Internat. Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. Bd. XXV. G. Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. Fig. 45. Verlag Georg Thieme, Leipzig. 2 B a Ma x = en ME PE PO PUNTO Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. ift fü u. Phys Taf. XIII. G. Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. | Verlag Georg Thieme, Leipzig. LE TE La SX QE ee me K E i as Un Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. Fig. 75. G. Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. Verlag Georg Thieme, Leipzig. Ls Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. nternat. Monatsschrift für Anat. u. Phys XXV. Taf. XV. Fig. 81. Fig. 84. Fig. 85. G. Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. Verlag Georg Thieme, Leipzig. x a |. eee ost PR EHI PERA Internat. Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. Bd. XXV. Taf. XVI. G. Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. Verlag Georg Thieme, Leipzig. Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XXV. Taf. XVII Fig. 101. Fig. 104. Fig. 111. Verlag Georg Thieme, Leipzig. G. Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. ea LE MU ue Rte RU ON EE Taf. XVIII. Internat. Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. Bd. XXV. Fig. 113. } N "n N ; Jj z f h Ld BO [ = 2 x È 4 a [3 !] . d ; t z f ^ A ^p, Verlag Georg Thieme, Leipzig. G. Ceccherelli: Espansioni nervosi di senso nella mucosa del cavo orale e della lingua. ee Internat. Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. Bd. XXV. Fig. 125. Fig. 130. Fig. 135. \ NY, N NC n 0 A Wh À ll e. 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