LIBRARY !f Dott. TEODORO FERRARIS TRATTATO DI PATOLOGIA E TERAPIA VEGETALE I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI MALATTIE PRODOTTE DA EXOBASIDIACEE ALBA Ì STABILIMENTO TIPOGRAFICO SINEO & BO ^/x- t I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI TRATTATO DI PATOLOGIA B TERAPIA VEGETAI! AI) l SO DELLE SCUOLE D'AGRICOLTURA I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI PEL Dott. TEODORO FERRARIS PROFESSORE DI PATOLOGIA VEGETALE PRESSO LA R. SCUOLA DI VITICOLTURA " UMBERTO I „ DI ALBA LIBERO DGCENTE DI FITOPATOLOGIA PRESSO LA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA > con 184 incisioni ed 1 tavola Lm*M*r YORK ANICAfj ALHA STABILIMENTO TIPOGRAFICO SINEO » BO 1913 PROPRIETÀ LETTERARIA VIETATA OGNI TRADUZIONE <> RIPRODUZIONE -in/a II. CONSENSO DELL'AUTORE QUESTO LAVORO MODESTO È DEDICATO A S. E. TEOBALDO CALISSANO MINISTRO DELLE POSTE E TELEGRAFI POICHÉ VENNE PENSATO E MATURATO NELLA PORTE SUA TERRA DAI FERTILI PAMPINI CHE DA LUI RICEVE LUSTRO E DECORO PREFAZIONE. L' importanza sempre crescente che vanno assumendo oggidì gli stadi fi to patologi ci per il continuo diffondersi delle malattie parassitarie che fanno strage fra le nostre più preziose piante coltivate renderà questo lavoro attorno cui con amore mi sono dedicato per diversi anni, utile e ben accetto al pubblico. Eormerà un libro di testo più che sufficiente per le cognizioni (die debbono acquistare in fatto di fìtopatologia gii allievi delle nostre scuole di Agricoltura e sarà inoltre di guida allo studioso ed al pratico per indagare la causa delle principali malattie pro- dotte da parassiti vegetali e per l'applicazione dei relativi rimedi, essendo la parte riguardante i mezzi di cura am- piamente trattata per -ogni malattia di una eerta impor- tanza. () cercato con giusto equilibrio di distinguere nella trattazione di ogni singola alterazione la parte strettamente scientifica dalla parte veramente pratica. () l'atto il pos- sibile di rappresentare con figure chiare e precise tratte in. gran parte dal vero i caratteri delle principali malattie e delle loro cause vegetali e ciò allo scopo di facilitare allo studioso il riconoscimento delle alterazioni e dei loro parassiti. Richiamo poi l'attenzione del lettore alla guida analitica per la classificazione delle malattie delle prin- cipali piante coltivate in base specialmente ai caratteri esterni (pag. 947-1008) che sarà di grande giovamento a chiunque anche con mediocri cognizioni fitopatologicbe vorrà in base agli effetti assurgere alla determinazione della malattia e della causa. Nello Bcrivere questo lavoro che la quantità del mate- riale Torse à reso più voluminoso di quello elie mi ero prefìsso ò avuto per iscopo principale di l'are cosa non inutile per la nostra agricoltura illustrando i principali parassiti vegetali, le malattie che da essi derivano ed ad- ditando i mezzi più razionali di lotta. Non dico di aver colmato a dirittura un vuoto della nostra letteratura scien- tifica in cui pur sono poche, ma buone opere in materia benché condotte forse più con indirizzo teorico che pratico, spero tuttavia di aver aggiunto una pietra di più al grande edificio della difesa contro le malattie parassitarie delle piante coltivate. L'incoraggiamento avuto da molti eminenti fttopatologi italiani ed esteri fin dalla pubblicazione dei primi fascicoli della presente opera ed i consigli di cui mi furono larghi gli illustri scienziati italiani prof, coni in. P. A. Saccardo, direttore del R. Istituto Botanico della R. Università di l 'adova e prof. cav. Giuseppe ( Juboni, direttore della R. Sta- zione di Patologia Vegetale di Roma, che pubblicamente sento il dovere di vivamente ringraziare, valsero a vincere molte difficoltà, dubbi e titubanze da cui mi trovai natu- ralmente assalito al sobbarcarmi del difficile compito. K questo stato soddisfatto sì come io mi proponevo ! Ideal- mente l'Agricoltura nostra potrà trarne qualche proficuo vantaggio"? E quant'io spero e fervidamente desidero. Don. Prof. TEODORO FERRARIS. />/■:. SOMMARIO delle Materie contenute nel volume INTRODUZIONI'.. Generalità sulle Malattie delle Piante. 1. Concetto di malattia. La Patologia Vegetale 2. Cenni storici e progressi della Patologia Vegetale 3. Origine delle malattie dello piante ...... 4. Cause determinanti malattie nelle piante .... 5. Condizioni di ambiente favorevoli allo sviluppo delle malattie paras 6. Predisposizione. Influenza della coltivazione sulle piante 7. Resistenza ed immunità. Reazione delle piante all'azione dei parassiti 8. Ereditarietà nelle malattie, nella predisposizione e nella resistenza ad 9. Effetti delle malattie sulle piante ...... 10. Condizioni generali sfavorevoli alle malattie delle piante. 1 nemici natu rali dei parassiti ........ 11. Mezzi di lotta contro le malattie delle piante 12. Classificazione delle malattie delle piante ..... Elenco delle principali opere di Fitopatologia (Parassiti Vegetali) pubbli cate dal principio del secolo XIX in poi ..... Principali exsiccata di funghi dannosi alle piante coltivate od utili 1 I in 1 I 20 i-:; 29 37 il l l 54 PARTE SPECIALE. Malattie Parassitarie. I Parassiti Vegetali delle Piante coltivate od utili. Capitolo I. I Mixomiceti ..... 5 5 Capitolo IL Gli Schizomiceti o Batteri} . 1. I Batteriocecidi ...... 73 2. Batterti producenti cancrene, necrosi di tessuti . Capitolo III. Gli Eumieeti ..... 1 IT 1. Ficomiteti ....... 134 a. Chitridinee ...... L35 b. Oomiceti ....... 1 il e. Zigomiceti ...... 2. Micomicoti ....... A. Ascomiceti ....... a. Eruiasci ....... b. Exoasci ........ . e. Carpoasci ...... L'IS Discomiceti ...... 249 Pirenoniiceti ...... Ipocreacee ....... 316 Dotideaeee ...... 342 MI Si >MM \ i;i< » Valsacee ( ieratostoniatacee Sferiacee Perisporiacee l'.i ieifacee /.'. Basidioiniceti . (i. Emi basi di i Ustilagiuali /-. Protobasidii Uredinali e. Eubasidii Exobasidiali [ineuiali Falloidali . ( . 1 leuteromicel i . a. Bferopsidali Sferioidacee V ci ridiilacee Leptostromatacee Excipalacee b. Melancouiali e. [fali .... Mucedinacee DiMiia/.iacct' Stilbacee Tnberonlariacee . />. Miceli] sterili . Capi mio IV. Alghe Capitolo V. Licheni Capitolo VI. Fanerogame parassite Aggiunte <■ correzioni Qnadro analitico dei principali gruppi in cui boi atali delle pianti- per facilitarne la ricerca si Esempi per l'uso del quadre» analitico per la ci parassita ....... Guida per la tacile determinazione delle più impo coltivate od utili prodotte da Parassiti Vegel 1. \ ite ..... Gruppo II. Piante «la frutto tintinni III. ('cicali .... Gruppo I V. riante ortensi . Gruppo V. l'iante industriali e medicinali i)i> \ I. l'iante foraggere Gruppo ili. Piante da Bore ed ornamentali Gruppo l 1 1 1 . Piante f"i ostali linllce ........ o compresi i Parassiti Ve- stemal ica assiiicazioue ili un micete tanti malattie ile li le pianti TRATTATO DI PATOLOGIA E TERAPIA VEGETALE introimziom;. lw*a»y GENERALITÀ SULLE MALATTIE DELLE PIANTE BcrAfik:^ CUUBBM 1. — Concetto di Malattia - La Patologia Vegetale. Tatti gli organismi, dal minuscolo protozoo all'essere più evoluto della scala zoologica, dal microscopico batterio al vegetale più elevato vanno soggetti durante il loro periodo vitale a squilibri] nel funzio- namento dei loro organi semplici o complicatissimi che siano: tali squilibrii in certi casi momentanei e di breve durata vengono facil- nente superati dall'attività vitale esuberante dell'organismo, in nou pochi casi invece accentuandosi tale squilibrio si à per conseguenza una rapida decadenza dell'essere il quale precocemente, prima d'aver compiuta regolarmente la sua curva vitale, si avvia al line della sua esistenza. Tali squilibrii funzionali che possono essere determinati da cause assai diverse, ora intime, cioè dipendenti dall'organismo st« 3so per difetto de' suoi organi, ora esterne od estrance all'organismo, cioè dall'ambiente in cui vive o dall'azione di altri esseri nocivi, costi- tuiscono le malattie. È malattia dunque qualunque alterazione che possa sopravvenire al normale funzionamento dèlie parti di mi organismo. È naturale che quanto più complesso è un essere vivente altrettanto più numerose sono le malattie: come una macchina semplicissima più difficilmente si guasta di una macchina assai complicata e delicata i un essere poco evoluto meno facilmente di un essere più perfezion può andar soggetto ad alterazioni nelle sue funzioni assai ridotto semplificate. Benché tuttavia si possano avere malattie nelle piante e uegli ani- mali non bisogna credere che l'origine di queste «• gli effetti gli stessi: ciò è naturale data la struttura completamente dh Ferraris, Trattato di Patologia, eco. — 1. f tEXKRALIT A SULLE MALATTIE DELLE l'iAMl. un organismo vegetale «la un organismo animale. È bensì vero <-h«' possono esservi cause eguali capaci di determinare malattie negli animali .•(une nelle piante, ad esempio, i batteri possono trovarsi parassitica- mente viventi sì nelle piante come Degli animali, peri» la loro azione sui tessuti animali e vegetali è inulto diversa e pur diversamente reagi- scono tali te.-suti all'azione nell'aria che le circonda, <•<•<•. senza tener conto • Ielle cause parassitarie, possono determinare più <> meno rapidamente squilibrii funzionali e quindi esser cause (li malattie. Non e sempre tacile al «-erto poter indagare e scoprire in tutti i casi l'origine «li una malattia nelle piante quando non sia evidente un'azione parassi- taria: troppo .scarse sono ancora le nostre cognizioni nel campo «Iella tisiologia vegetale «la poterci spiegare le ragioni intime «li una alte- razione col solo sussidio dell'anatomia vegetale e non sempre il me- todo sperimentai*' che si usa per indagare 1«' funzioni delle piante ci «■ di aiuto nello svelare le condizioni esterne ed interne necessarie perchè L'alterazione abbia a prodursi. Tuttavia oggidì si può «lire che la scienza che si occupa delle malattie delle piante a fatto «l«'i grandi progressi. Tale scienza è la Patologia vegetale <> Fitopatologia. Sorta molto e molto tempo dopo la consorella «die si occupa delle malattie degli animali e specialmente dell'uomo, quando questa .uià progredita prodigava i suoi buoni frutti all'umanità sofferente, essa, appena in fasce, nel prin- cipio «lei secolo scorso andava raccogliendo i primi contributi dalle scienza' affini fra cui sorgeva e con «mi da prima andava confusa, in special modo dalla botanica «la cui a poco a poco si stacco per fot mare una scienza a se che ora finalmente, nel periodo «li circa un secolo, <• in grado «li offrire un potente aiuto all'agricoltura. Scopo «Iella Patologia vegetale è non solo lo studio generico delle malattie delle piante in «pianto riguarda la conoscenza degli effetti «li ciascuna malattia e la determinazione delle cause: questo scopo benché scien- tificamente elevato avrebbe troppo poco interesse pratico: merito «li questa scienza sono i risultati t contagiosi* morbis. Marcello Malpighi (1627-1694), insidie naturalista e celebre fondatore dell'Anatomia vegetale descri- veva e studiava l'anatomia di certe produzioni patologiche delle piante note col nome di galle. Nei primi anni del secolo XVIII. TOUBNBFOET pubblicava importanti osservazioni sulle malattie delle piante che distin- gueva in (Incelassi, nella prima comprendeva le malattie fisiologiche, nella Seconda quelle prodotte da condizioni meteoriche, da parassiti animali (insetti) e da azioni traumatiche. In Italia pochi anni dopo (1716) il Lancisi, celebre medico romano descriveva una epidemica mortalità degli alberi che infieriva in Italia.il Micheli (17lm>) nell'oliera Wovq pianta/rum genera descriveva alcuni funghi parassiti e saprofiti e pre- cisamente i generi Aspergillus, Botrytis, Puccinìa, ecc., mentre più tardi G. Targ-ioni Tozzetti e Felice Fontana applicando il microscopio allo studio di alcune malattie delle piante svelavano nuovi l'atti im- portanti intorno alla causa di alcune malattie e verso il 17(17 il Fon- tana definiva la Ruggine dei cereali come vegetazione di piante eritto- game die nascono fra pelle e pelle sul grano. Adanson (1763) nella sua opera Familhs tra lavoro ancora oggidì molto interessante sulle malattie dei gelsi e più tardi diverse notizie sulle malattie della vite, di piante da frutto e forestali j pres- sapOCO nella stessa epoca FÀBRICHTS esponeva un suo sistema di classificazione delle malattie delle piante. L'influenza esercitata a quei tempi dalle scienze mediche e chirur- giche che progredivano assai per l'opera di insigni cultori, doveva naturalmente riflettersi anche nel campo della Patologia vegetale così che verso la (ine del secolo XVI II ed in principio del XIX gli autori che scrissero di (piesta materia, imbevuti delle dottrine che allora SÌ avevano nel campo della patologia animale, non esitarono ad attribuire le stesse cause delle malattie degli animali alle piante, così che nelle Ioli, opere troviamo glandi confusioni nell'interpretazione delle cause «■(1 una strana terminologia presa a prestito dalla patologia animale. Così lo Zallotgeb (177'.») ce ne offre curiosi esempi col descrivere Casi di l'hhgmasir, di paralisi , (li eaeìiessia [l) nelle piante. 2. — CENNI STORICI E PROGRESSI DELLA PATOLOGIA \ In quali condizioni la patologia vegetale si trovasse al principio del secolo scorso ce lo dimostra chiaramente l'opera «li mi dotto servatore: Filippo Re
  • «li •_''• GENERALITÀ 9 OLLE MALATTIE DELLE PIANTI solforosa eli»' in presenza di timidità dell'aria si trasforma in acido solforoso e causa ustioni sali. • foglie, «li acido solfidrico, cloridrico e specie nei centri molto industriali ed ove vi sono officine, fabbriche, fonderie di metalli, le piante olirono una vegetazione meschina e stentata (1). Si sa intatti delle esperienze del MOBREN che basta di acido solfidrico nell'aria per promuovere un cambiamento di colon- nelle foglie dei vegetali, tanto L'azione di questo gas, pei citare un esempio, e nociva alla vegetazione. A tutte queste cause si possono a . — Condizioni di ambiente favorevoli allo sviluppo delle malattie parassitarie. In parte di queste ei siamo già intrattenuti nel capitolo prece- dente, parlando delle cause di malattie che possono risiedere nel- l'ambiente, quindi mi limiterò ad accennare brevemente alle condizioni generali che si debbono trovare nell'ambiente perchè una causa de- terminata possa svolgersi e determinare un fenomeno patogeno. Lo studio delle condizioni di ambiente favorevole alle malattie è della più alta importanza pratica poiché non solo con esso si può spie- gare l'origine ed il decorso di certe malattie, ma ancora si possono trovare i mezzi atti a prevenire certe alterazioni coll'impedire che tali condizioni abbiano luogo e contrapponendo ad esse possibilmente condizioni sfavorevoli alle malattie e quindi naturalmente favorevoli alla vegetazione «Ielle piante. ('«•ite «•«indizioni di ambiente in due modi possono favorire lo sviluppo «li una malattia: L.° coll'agevolare lo sviluppo «le.u'li orga- nismi parassiti: 2." col determinare uno squilibrio funzionale indie piante in modo da predisporre le piante all'attacco «lr<><ì<>ttc olle piante coltivate dalle emanazioni gaaose degli stabilimenti industriali sta/. Sper. Agrar., XXXVI, L903, 109 pag. <■ 2 tav.). 5. — CONDIZIONI DI AMBIENTIO FAVOREVOLI A.LL0 SVILUPPO, Per le malattie prodotte da parassiti animali le <• lizioni «li ambiente anno in generale minore influenza che per le malattie crit togamiche: la soverchia umidità o siccità, il caldo od il freddo ehio possono bensì influire sulla maggiore o minore quantità e diffusione di parassiti animali, ma non così intensamente come nelle malattie prodotte, p. es., da funghi. Per lo sviluppo delle malattie crittogamiche sono assolutamente indispensabili invece certe condizioni di ambiente, senza di che i germi non riescono a svilupparsi ed a diffondersi. Ed è grazie alle condizioni di ambiente sfavorevoli ai parassiti che in certe annate le nostre piante coltivate soffrono meno del loro attacco ,• gj portano a maturità i raccolti senza che questo dipenda esclusivamente dal- l'azione di speciali trattamenti anticrittogamici che som» stati effettuati. Presentandosi invece quelle determinate condizioni di ambiente le malattie si sviluppano con singolare intensità e non sempre l'opera dell'uomo riesce ad arrestarne completamente i danni. Calore ed umidità sono i due fattori principali che agevolano lo sviluppo dei funghi parassiti. Queste due condizioni agiscono in generale con temporaneamente: il calore non à effetto se non è accompagnato da umidità, anzi molto spesso questa agisce anche quando la tempe ratura non è molto elevata. In generale per ogni fungo parassita esiste un optimum di tem- peratura a cui corrisponde il suo massimo sviluppo nel più breve tempo possibile. Al di sotto come al di sopra di questo optimum il fungo rallenta il suo sviluppo e molte volte non riesce a svilupparsi completamente. Il Jensen esperimentando con conidi di Phytophthora infestans seminati su fette di patata, tenute a temperature diverse, dimostrò che la loro germinazione non si compie sotto i -f 5°, al di sopra di questa temperatura il micelio che da essi deriva si svolge sempre più rapidamente fino a raggiungere un massimo di attività a 22",5 che rappresenterebbe la temperatura ottima per lo sviluppo del fungo. Sopra tale temperatura avviene un rallentamento nella germinazione dei conidi come nella loro produzione dai rami conidiofori finché a temperatura di 40° i conidi finiscono per perdere dopo breve tempo la loro proprietà germinativa. Nella Plasmopara vi\ la germinazione dei conidi nell'acqua con produzione di zoospore avviene in circa una mezz'ora a temperatura di +28°, + 30°, a tem- peratura inferiore non germinano che dopo qualche ora: a + 17 dopo qualche giorno e a temperature più basse dod germi nan< UOidium Tuekeri si sviluppa invece a temperature non molti GENERALITÀ BULLI «ALATTIE DELLE PIANTE potendo già iniziarsi la sua vegetazione a temperature minime «li _l_ 4" + .">" ed aumentando progressivamente 6no a + 25° + • "><>" in cui lo sviluppo «• intenso. Il massimo «li temperatura in cui avverrebbe lo sviluppo dell'oidio sarebbe «li -p 40°. 1". molto interessante conoscere i limiti «li temperatura entro cui un fungo parassita si sviluppa per poterne prevenire la comparsa, così la «•<»- uoscenza della temperatura sufficiente per lo sviluppo della Crittogama e d.lia Peronospora «Iella vite ci à suggerito che per la prima occorre fare trattamenti preventivi molto pei' tempo, «piando appena «• avvenuto lo sbocciamento delle gemme, mentre per la seconda non si faranno trattamenti preventivi che assai pili tardi, quando cioè i tralci giovani avranno raggiunto una lunghezza «li 12-15 cent, ed in generale du- rante la prima o la seconda quindicina di Maggio. L'umidità è una condizione indispensabile per lo sviluppo di tutti i funghi. 11 caldo asciutto uccide i germi, le spore, i miceli e riesce quindi in generale nocivo. L'umidità accoppiata ad una sufficiente temperatura crea invece una condizione ottima. Basta alle volte un periodo anche molto breve di caldo-umido perchè durante questo si effettui lo sviluppo rapidissimo ed intenso di un micete parassita causando danni gravissimi. La Peronospora della vite ce ne offre annualmente esempi notevoli. Non occorre la presenza di acqua precipitata in generale per creare condizioni sufficienti di umidità: le nebbie persistenti sono assai propizie allo sviluppo «lei miceti parassiti sia col favorirne lo sviluppo sia predisponendo le piante ospiti al loro attacco. Durante un periodo di pioggie o di nebbie prolungate le piante verdi rallentano le loro funzioni vitali : le funzioni di assimilazione, di assorbimento, di traspirazione sono profondamente turbate, lo squilibrio che si de- termina predispone facilmente la pianta all'attacco dei parassiti. Vi sono parassiti (die offrono casi curiosi di endemismo e che non si diffondono se non in località ove si trovano quelle determinate condizioni di ambiente indispensabili per il loro sviluppo. Il Black Eoi prodotto dalla Quignardia Biducéllii ce ne offre un esempio. Esso <• «li origine Americana e si è diffuso qua e là, saltuariamente però in ESuropa e specialmente in alcune località della Francia. A diffe- renza «li molte altre malattie pervenute pure dall'America e ormai diffuse ovunque, questa non avrebbe ancora valicate le Alpi verso l'Italia Lo sviluppo del parassita, secondo le osservazioni «li <'\/r. \r\ <"az\ii.t e di altri autori, pare sia legato a speciali tasi meteoriche clic per esempio si mani test crebbero costantemente nelle regioni «lei PREDISPOSIZIONE - INFLUENZA DELLA COLTIV VZION1 SI II l ri \ Missouri, dei grandi Laghi in America ed in Francia nell'Hérault nel Lot e nella Garonne. Le fasi meteoriche dovrebbero succedi nel seguente ordine: 1." periodo di pioggie prolungate cod abbai? mento di temperatura; 2.° rialzo di temperatili;!: .">." bel tempo; I riodo di pioggerelle o nebbie. È stato osservato che nelle regioni • tali fasi meteoriche si succedono abitualmente il Black Boi infieri in modo straordinario. Ma oltre le condizioni indicate altre ne abbiamo che possono favo- rire lo sviluppo dei parassiti in modo diretto od indiretto. Nella 'inalila del terreno, nella sua composizione chimica, nella sua maggiore o mi nore compattezza, nello stato igrometrico del terreno, nella quantità o qualità dei concimi, nella presenza di molto Humus, ecc.. possiamo pur trovare condizioni favorevoli allo sviluppo «lei parassiti vegetali od animali. Concludendo: non basta la presenza di germi patogeni per deter- minare una malattia, occorre che nell'ambiente si trovino le condi- zioni necessarie per lo sviluppo di questi germi. Vedremo tosto come occorra una terza coudizione perchè la malattia si determini in una pianta: questa condizione deve trovarsi nella pianta stessa e consiste nella predisposizione. 6. — Predisposizione - Influenza della coltivazione sulle piante. Esaminando il comportamento delle piante di fronte ai loro pa- rassiti noi siamo alle volte colpiti da un fenomeno strano, che cioè nou tutte le piante pur trovandosi nelle identiche condizioni, sono egualmente attaccate da una determinata causa parassitaria, ma alcune ne sono fortemente colpite fino a soccombere, mentre altre continuano a vegetare quasi senza presentare alcun sintoi li de perimento. In terreno fortemente fillosserato noi vedremo ere svilupparsi rigogliose le Riparie, le Bupestris, mentre le nostre riti Europee deperiscono più o meno rapidamente: durante una furie infe zione peronosporica noi vediamo alcune varietà di viti coltivate come il Trebbiano verde, il Greco, ecc., soffrire meno dell'attacco del ntto, della Barbera, del Xebiolo. ecc. Visitando uliveti possiai io tare come alcuni ulivi siano più fortemente colpiti sui rami dalla i malattia della tubercolosi, mentre altri som» quaBi sani. «• potremmo facilmente renderci conto di tali fatti quando le condi in cui vivono le piante sane e le malate fossero identiche ed '24 GENERALITÀ -imi MALATTIE DELLR PIANTE le circostanze «die anno potuto favorire 1«» svolgimento «lei germe parafi sitario. Esaminando poi il comportamento delle piante soggette a col- tura e
  • specie resistente di per se al le mulat t ie : L'apparente resistenza nou sarebbe dovuta «he alle condizioni di ambiente sfavorevoli allo sviluppo «lidia PREDISPOSIZIONE - INFLUENZA DELLA COLTIVAZIONI -l I II Pi •, causa patogena. Tale modo di vedere è però erroneo e contrario as solutamente ai fatti ed alle prove numerose che si anno invece ossidi in appoggio alla teoria della predisposizione. Di fronte alle Ruggini noi vediamo che certe varietà di grano specialmente caratterizzate da semi farinacei, a fogliame ampio e molle molto produttive come il Noè, il grano di Provenza, il Bianco
  • sostanze gommose <-h«' si rap- prendono e consolidano all'aria, in modo «la proteggere i tessuti più delicati messi a nudo da una ulteriore degenerazione. E3 così in mol- tissimi casi la pianta si rimette in buone condizioni di salute elimi- nata la causa del male e distrutto o riparato il punto che era stato attaccato, l'n altro bell'esempio di reazione dei tessuti vegetali sotto lo stimolo «li cause parassitarie è la produzione di certi ingrossamenti od ipertrofie che prendono il nome di galle <> cecidi. Batteri, funghi, acari, insetti, possono causare «li questi eecidi la cui origine è sempre dovuta allo stimolo esercitato dal parassita in un organo <> parte di organo in accrescimento per cui si determina uno sviluppo anormale di tessuti che costituiscono iperplasie più o meno notevoli e sempre «li forma caratteristica Lo studio «li queste formazioni patologiche sia nella loro struttura come nella loro genesi e nel loro significato e del più grand»' inte- resse e già il Malpjghi si era affaticato a darne una spiegazione india -uà opera che riguarda tali produzioni {De exerescentiis et tumoribus piantoni m). Sono caratteristiche e numerose quelle delle quercie e diverse per forma a seconda dell'organo in cui si sviluppano «- della specie parassita che le determina, quelle della Rosa, dell'Olmo, ecc. Notevole il fatto che in tali produzioni si accumula in generale una quantità enorme «li tannino cui alcuni attribuiscono ufficio protettivo; cioè «li favorire la conservazione dell'ipertrofia il cui sfacelo potrebbe i sser «li danno agli organi sani della pianta con cui e in relazione. Quanto all'interpretazione «lei significato della galla non tutti gli autori sono d'accordo: alcuni vedono nella galla un mezzodì difesa, «li resistenza contro il parassita: sarebbe come un ostacolo alla sua propagazione nel vegetale e con quella produzione i danni sarebbero limitatissimi: altri invece pur interpretando nella galla una vera e propria pro- duzione patologica non credono che tuie ipertrofia sia un mezzo «li difesa «•«mtio il parassita il quale anzi troverebbe nella galla 1«- mi- gliori condizioni «li vita senza sentire il bisogno «li passare altrove. Non insisto ne per l'ima né per l'altra interpretazione, tanto più che le cose non sono ancora sufficientemente chiare, rimanilo il lettore 8. — EREDITARIETÀ NELLE MALATTIE, NELLA PREDISPOSIZIONE l che volesse approfondirsi nella questione ai lavori del Cuboni l e del Trotter (2): per noi al presente basti rilevare il fatto che le galle sono produzioni causate da uno stimolo di an parassita: che queste reazioni siano utili (nel senso di limitare la causa del male) indifferenti o dannose per le piante non è stato ancora nella gene- ralità dei casi affatto dimostrato. 8. — Ereditarietà nelle malattie, nella predisposizione e nella resistenza ad esse. Si dicono malattie ereditarie quelle trasmissibili dai genitori ai figli mediante i semi. Il germe di queste malattie deve dunque già trovarsi nell'embrione ov'è stato portato col plasma germinativo e coi nuclei sessuali nell'atto fecondativo, oppure può essere mimato dalla pianta madre nel seme durante il successivo accrescimento «lei l'embrione. Si è esagerato molto intorno all'interpretazione di queste malattie ereditarie comprendendo in esse molte che non anno ragione «li con- siderarsi tali, perchè non si presentano come una continuazione «lei caratteri acquisiti per ereditarietà dalla pianta madre. Tei esempio alcuni avevano ammesso che certe piante, le Quercie, p. es., abbiauo per eredità acquisita la proprietà di formare delle galle speciali ap- pena gli organi su cui si formano siano eccitati dall'insetto stimo- lante. Tale ipotesi è assolutamente contraria ai fatti poiché vi sono specie di piante le quali nei loro paesi di origine non presentano né anno presentato mai una determinata forma di galla comune invece in altre regioni su specie affini e che possono, quando siano in presenza dell'insetto cecidogeno, riprodurre perfettamente una simile altera/ione. Ora tali individui che non anno acquisito per ereditarietà la facoltà di produrre quelle galle avrebbero dovuto per la -ic-mi ragione essere refrattarii all'azione di quella causa nuova, il fatto contrario «limo-ira che non esiste ereditarietà nella capacità di produrre di tali formazioni (1) Cuboni G., La Teratologia vegetale ed i i>r<>l>leini della biologia moderna (Rivista delle Scienze biologiche, voi. II, 1900, j>. 249). (2) Trotter A., Le ragioni biologiche della cecidogenesi (Nuovo Giornale Bot. Ita!., voi Vili, X. 4, 1901); Nuove ricerche sui micromiceti dell< sitila natura dei loro rapporti ecologici (Annales mycologici, voi. III. l pag. 521-547). Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 3. 34- GENERALITÀ SULLE HALATTII DELL1 PIANTE la cui prodazione è esclusivamente subordinata alla presenza dell'insetto si [molante. Sono da considerarsi invece come vere malattie ereditarie quelle che in un modo o nell'altro anno un riverbero nelle cellule sessuate e perciò si portano all'embrione; quindi quelle alterazioni non locali, ma che interessano tutto l'organismo, possono essere trasmesse per ereditarie. Così la clorosi quando non è localizzata in qualche parte della pianta per azione di uno speciale parassita, ma che interessa tutto il sistema vegetativo e riproduttivo può essere ereditaria: il nanismo, il gigantismo, alterazioni che si ripercuotono su tutto il colpo della pianta si (issano per seme e si trasmettono ai nuovi individui. E3 così si dica di molti fenomeni teratologici che apparsi in un in- dividuo si sono trasmessi per seme e fìssati nella prole, mantenendosi costantemente si da creare un carattere nuovo, peculiare, capace di dar luogo ad una forma (l'orma teratologica), varietà 0 perfino ad una specie. 11 SOBAUEB, (1) Ci ricorda a questo proposito il caso della Ceiosia oristata, pianta notissima ai giardinieri, in cui lo stelo presenta un caso tipico di fasciazione nella regione dell'infiorescenza: questo fe- nomeno teratologico si mantiene costante negli individui che nascono dai semi di tale pianta. Questa probabilmente in origine doveva possedere una infiorescenza più o meno espansa ed a rami divaricati: un qualche individuo a cominciato a presentare casi di simile fascia- zione e questo carattere forse tornando più utile alla pianta per le sue condizioni di vita si e fissato e trasmesso costantemente. Anche la Fedia Oornucopiae (Valerianacea) presenta una tipica riduzione del- l' infiorescenza a cima dicotoma, caratteristica della famiglia, colla sal- datura, dei rami laterali, abitualmente indipendenti negli altri generi Valeriana, Valerianélla, ecc.) e questo carattere si riproduce per semi. Se e facile accertare clic le malattie fisiologiche si possono in molti casi trasmettere ereditariamente non è altrettanto facile dimo- strare lo stesso fatto per le malattie parassitarie dei vegetali, l'el- le malattie degli animali è noto che alcune gravissime malattie cau- sate da microorganismi patogeni possono trasmettersi ereditariamente: covi le ricerche di LàNDOIZV e M MM IN, di Koi'BASi >1 1 ed altri dimostrerebbero resistenza di tubercolosi congenita, trasmessa alla prole da individui tubercolotici. 1 Soa \ i i - 1 .- . I. im. ai . Km. Il, indi». meno elevato predisposizione a dette malattie, si sono l'atte accurate esperienze per provare l'ereditarietà della resistenza alle ruggini che possono presentare varietà di grano o di orzo otte- nute coll'incrocio di varietà immuni o predisposte alle malattie. BlFFEN (1) riferisce che incrociando una varietà immune con una predisposta l'ibrido mostra predisposizione, (all'autofecondazione di questo si ottiene lutile in parte immune e in parte predisposta nella proporzione su quattro individui di uno immune e di tre predisposti (Legge di Mendel): incrociando fra loro varietà immuni la prole conserva lo stesso carattere. Le varietà immuni o predisposte si presentano talora con caratteri morfologici assolutamente identici, il che significa che la immunità come la predisposizione anno sede liei protophisto. (Ili -tessi rapporti anche si anno di fronte a parassiti animali: molti- viti americane anno acquisito per eredità la (piasi completa immunità contro la fillossera, la cui azione invece si manifesta più o meno sensibile o dannosa sulle altre viti che anno una eredita- rietà nella resistenza ad essa notevolmente inferiore. Da questi esempi si vede quali profonde modificazioni possano — ere trasmesse col seme. Tali modificazioni sono il risultato di lente 1 I'.iiii.n i;.. Studies in the Inheritance <>/ dis. resist. (Iourn. of Agric. sci, nce. II. L907, i>. 109-123 . 9. — EFFETTI DELLE MALATTIE NELLE PIANTE oscillazioni che avvengono nella pianta sotto l'influenza dell'ambiente esterno: esse possono quindi fissare nelle piante caratteri nuovi «li resistenza o viceversa possono fissarsi dei caratteri di predisposizione a malattie tendenti cioè ad abbreviare la durata della vita dell'in- dividuo. Non sempre però l'ambiente esterno può far insorgere «• fissare nelle piante caratteri nuovi: non sono in generale i violenti «uni! che possono scuotere profondamente le qualità di un organismo: quei come dichiara il Sorauer, posseggono una stabilita assai differente e la forma di movimento che esse rappresentano è spesso irritata da una debole scossa, mentre talora rimane immutata di fronte ai più grandi attacchi degli agenti esteriori. Vi sono qualità che si man tengono immutabili di generazione in generazione e che apparentemente sembra non abbiano a modificarsi mai: rispetto al tempo però si può dire che nessuna qualità di un organismo sia da considerarsi come immutabile. Xella stabilità maggiore o minore delle qualità di un organismo di fronte alle mutate condizioni esterne va riferita la causa della resistenza diversa che presentano i vegetali alle cause di ma- lattia e quindi le ragioni intime dell'ereditarietà nella resistenza «• nella predisposizione. 9. — Effetti delle malattie nelle Piante. Una pianta ammalata presenta all'esterno ed all'interno .le' Buoi organi delle alterazioni più o meno profonde, più o meno estese, di- terminate dalla causa o dalle cause nocive che anno turbato il fun- zionamento della parte colpita. Tali caratteri che una pianta malata presenta sono gli effetti della malattia. Lo studio degli effetti ossia dell'insieme delle alterazioni prodotte da una qualsivoglia causa, di- cesi patografia. Gli effetti guidano bene spesso alla conoscenza della causa <• sono di somma importanza nella diagnosi di una malattia, benché una stes causa possa talora su piante diverse od organi «liscisi della stes pianta determinare effetti diversi, mentre in altri casi uno stesso effetto possa essere determinato da cause perfettamente diverse. I ad es., la clorosi, malattia frequente nelle piante coltivate e special- mente nella vite può essere determinata da deficienza <»d esuberai di certi elementi nel suolo, come da azione parassitaria: la flllofi può essere causa di clorosi, come lo possono essere le rizomorfe della Rosellinia necatrix o dell' Armillaria milieu. 11 fermarsi quindi : 38 GENERALITÀ SOLLE MALATTIE DELLE l'IVMi: esame degli effetti urlio studio di una malattia sarebbe assolutamente insufficiente e non potremmo farci ima chiara idea dell'origine della malattia e quindi non sapremmo indicare quali mezzi preventivi o curativi siano necessari per impedire la manifestazione di tali effetti. Tuttavia quando non si avevano ancora mezzi sufficienti per la ricerca delle cause, L'osservazione «Ielle malattie veniva naturalmente limitata agli effetti dei quali quasi sempre si dava una origine strana per noi, ma ehe allora sembrava la più plausibile «late le utopie e le super- stizioni elie dominavano anche la mente (lei dotti. Non è quindi da maravigliarsi se Teofrasto e Plinio attribuiscono l'origine della pol- vere nera che riveste le spighe carbonchiose del grano ad ustioni del sole e se il sommo Galileo credeva «die le ruggini non fossero altro (die L'effetto dei raggi solari concentrati ed intensificati nelle goccioline di rugiada funzionanti da lenti in modo da causare delle vere e proprie bruciature! E fin qui si rimaneva ancora quanto a Spiegazione dei fatti nell'ordine delle cose naturali: (piando poi non era facilmente manifesta Tazione di una di queste cause si ricorreva volentieri a spiegazioni più ardite ammettendo l'opera sovrannatu- rale del diavolo o delle streghe! E qualche nome ci ricorda ancora queste idee superstiziose dei nostri antichi, così una malattia dei frutti di susino determina le prugne del diavolo, certe ramificazioni anor- mali ed affastellate frequenti sui Lecci, Pini, Ciliegi, ecc. vennero deno- minate Scope di strega (iu tedesco hexenbesen) e via di questo passo. Possiamo fare una distinzione degli effetti a secondo del loro modo di presentarsi in: 1. Effetti meccanici : l a) per eccesso (efletti ipertrofici), 01 j " :' 3. Effetti consistenti in degenerazioni <» metamorfosi; 4. Effetti consistenti in processi istolitici. Gli effet ti meccanici consistono in lacerazione di tessuti, in cor- rosioni superficiali o profonde, in azioni traumatiche •> ferite, fenomeni che possono essere occasionati dalle cause più diverse. La grandine, l'azione del gelo e del disgelo, gli insetti, le critto* game parassite, L'uomo infine som» capaci di determinare effetti mec- canici le (aii conseguenze possono essere leggere od anche gravissime ;i seconda dell'estensione, della profondità delle lesioni <> delle parti più o meno vitali che sono colpite. Gli effetti teratologici consistono nella produzione di parti odi 2. Effetti teratologici b) per difetto (effetti atrofici), <■) diversi; EFFETTI DELLE MALATTIE NELLE PIANTE organi di forma anormale, cioè <> di grossezza esagerata o «li propor- zioni eccessivamente ridotte, oppure anche di aspetto, di colon perfino di funzione diversa dalle parti normali. Quando si ;i un eec< di accrescimento in qualche parte in seguito ad uno stimolo deter- minato da una causa qualsiasi così da determinare un tumore, L'effetto si dice ipertrofico, la parte che si modifica e diventa mostruosa si dice ipertrofizzata ed ipertrofia o iperplasia è l'ingrossamento stesso. Le galle o cecidi sono precisamente produzioni ipertrofiche cioè formate da un accrescimento enorme di un tessuto in un del minato punto che è stato sottoposto all'azione
  • metamorfosi certi processi che av- vengono nelle cellule per cause più <» meno ben note, per cui si modifica la costituzione chimica «hi contenuti cellulari o della membrana, for- mandosi come prodotto patologico una sostanza che molto spesso viene segregata all'esterno «la speciali ferite. Cosi è «Iella produzione • li -omnia che scola «la molte piante «la frutto (Ciliegi, l'inni. Agrumi, ecc.) e che causa La esse un grave deperimento <» «Iella manna «•he si tonua su certi organi vegetali in seguito ad alterazioni cel- lulari. È un processo «li degenerazione e «li metamorfosi «niello de- terminato «lai Badlltts amylobacter nei tuberi «Iella patata in cui la materia zuccherina «la prima ed in seguito la sostanza intercellulare e la membrana vengono fermentate e trasformate in acido butirrico, anidride carbonica ed altri composti secondari I processi istolitici consistono pure in degenerazioni «li tessuti, questi peri» perdono completamente la loro struttura, si decompon- gono, si disorganizzano, diventano friabili, si polverizzano finalmente • ■ così si costituiscono dei cancri, delle carie che si approfondano più o meno negli organi della pianta. Anche qui le cause «li questi effetti possono essere diversissime. La carie o necrosi dei rami «li Pero o «li Melo prodotta dalla Nectria attissima ce ne offre un esempio tipico. Si formano in tale malattia delle piaghe nei rami che interes- sano la corteccia e possono approfondirsi anche nel legno che viene così messo a mulo «• facilmente deteriorato. Noi avremo occasione, nel parlare delle singole malattie, «li descri- vere minutamente molti e svariati effetti «lei «piali cercheremo spie- garne la produzione e l'origine. In certe malattie gii effetti dell'alterazione sono generali, cioè si manifestano nell'intera pianta «' nelle condizioni meteoriche circostanze a loro contrarie, benché in generale si possa dire che per essi meno in- tensamente che pei parassiti vegetali l'azione di tali cause si taccia sentire non essendo cosi facilmente influenzati dal soverchio caldo o «lai soverchio freddo <> dal grado maggiore o minore di umidità <• di siccità. Sappiamo ehe. i>. es., la fillossera «Iella vite vive difficilmente nei terreni sabbiosi ed in quelli umidi, mentre predilige quelli ar- gillosi, calcarei e «li una certa compatte/./.;!, quindi la sua diffusione e alle volte ostacolata dalla presenza nel terreno di quelle eause con trarie naturali. Ma lo sviluppo dei parassiti — specialmente quelli animali — è bene spesso e per nostra fortuna tenuto in treno da altre cause per essi l un più dannose. La loro esistenza e non di indo minacciata da altri organismi che trovano modo di attaccarli, di svilupparsi sii essi e di ucciderli, determinando delle vere e proprie epidemie che in certe annate limitano notevolmente la diffusione di certe specie nocive ai vegetali. Ter le crittogame parassite e meno ben chiara l'esistenza di or- ganismi ehe riescano a danneggiarle, benché sia noto che anche i pic- colissimi esseri, come i bacilli, abbiano le loro malattie e che su alcuni funghi possano vivere parassiticamente altri funghì come, per esempio, il Gicinnobolu8 Cesata che vive nei filamenti conidiali dell' Oidium TuckeH e. secondo recenti ricerche del MAN GIN, il Mycelophagus Co- staneae ehe vivrebbe parassiticamente nelle ite miceliali delle micorrize delle radici "lei castagno che distruggerebbe ed alcuni altri cui per brevità non accenno. L'azione parassitaria però di «piesti esseri non e ben evidente e non facile ad essere dimostrata. Nel campo invece dei parassiti animali gli esempi sono numerosis- simi e ben noti. Moltissimi insetti nocivi alle piante sono a loro volta distrutti da altri parassiti vegetali 0(3 animali. Sulle cavallette poS- sono svilupparsi speciali funghi, come VEmpuua Grylli, la Botrytis acridiorum, ecc.. capaci di determinare «Ielle vere e proprie epidemie come avvenne — secondo quanto ci ricorda il Laboi lbène — nel IS7L' in Crimea pel Caloptenus Italicus i cui individui andarono sol: getti ad una grande distruzione per opera precisamente déìVSmpusa 10. —CONDIZIONI GENERALI SFAVOREVOLI ALLE MALATTIE DELLE PIANTE 43 Grylìi. Più frequenti dei fanghi parassiti troviamo speciali insetti, specialmente certi imenotteri, (littori, ecc., i quali insidiano conti- nuamente la vita degli insetti più pericolosi alle piante e per la loro voracità e prolificità riescono bene spesso a limitarne enorme- mente la diffusione, assai più di quello che potrebbe fare l'opera del- l'uomo usando i più potenti mezzi di distruzione di cui dispone. Ne bisogna credere che questi parassiti dei parassiti siano di dimensioni maggiori e quindi riescano a soggiogarli colla forza e eolla mole: si verifica invece tutto l'opposto, che cioè tali parassiti degli insetti nocivi sono assai minuti e non per questo meno dannosi. Si sa infatti che non è sempre l'organismo più grande (die la vince sul pie colo, ma si verifica bene spesso l'inverso: il colosso e vinto dal mi- crobo e distrutto senza che quello possa opporre, nonostante la sua forza formidabile, alcuna resistenza all'invisibile essere (die -li rode le fibre. Quasi tutte le specie di insetti parassiti, specialmente allo stato di larve anno i loro nemici fra i più minuti rappresentanti della stessa classe. La Piralide [Onectra pilleriana), micro-lepidottero danno- sissimo alla vite, à numerosi nemici che possono causare la distruzione perfino del 50 °/o delle sue larve, fra i quali specialmente alcuni ditteri {Syrphus hyalinatus, Tachina hortorum) e diversi Imenotteri ìIcIukh mon mdanogonus, Pimpla aìttrnans, Chalcis minuta, Pteromalus larva- rum, ecc. ecc.). È noto che la mortalità delle Cochylix ambiguella e dell' Eudemia botrana, le temute Tignole dell'uva, allo stato di larve o di crisalidi dovuta a cause naturali è assai elevata ed in certe condizioni limita notevolmente la loro diffusione; in certi casi i nemici naturali (fungili. insetti, ragni, ecc.) apportano nelle larve della Cochylis una mortalità fino al 35 °/0? mentre nell'Eudemis la percentuale della mortalità per tali cause si può elevare fino al 60%. Gli insetti endofagi loro ne- mici, fra i quali dobbiamo annoverare diverse Pimple [Pimpla stig- matica, coxalis, Labordei, ecc.), il Griptus minutulus, lo Pteromalus vitis, ecc. ecc., di per sé soli possono distruggere fino il 22 di Cochylis ed il 32 °/0 di Eudemis. Questi dati non colo esagerati, ma forse anzi inferiori alla realtà, dimostrano quali potenti alleati a l'uomo per lottare contro certi parassiti e non è quindi a meravigliare se venne escogitato e messo in pratica, specialmente in America, un nuovo mezzo di lotta tutt'affatto originale, ma clic a già dato ottimi risultati e del quale parlerò a suo tempo in un prossii japitolo, consistente nella distruzione degli insetti dannosi delle piante colla diffusione dei loro parassiti. 44 GENERALITÀ BULLE MALATTIE DELLE piami: Il volgo crede ancora oggidì che gli eccelli siano in generale dei putenti nemici degli insetti dannosi: è fuor di dubbio che molti «li essi per essere insettivori ricercano e distruggono facilmente larve ed insetti diversi, sarebbe peri» ridicolo che la loro sedia si Limitasse solamente alle torme parassite; avviene invece ordinariamente che coi dannosi vengono distrutti anche insetti utili, di più la distruzione di quelli dannosi si limita a quelli più vistosi e questi in generale non producono i maggiori danni sulle piante: i piccoli Invece sfuggono facilmente alla ricerca ed anno migliori mezzi di protezione contro la voracità degli animali più grossi, quindi il beneficio che gli uccelli insettivori possono apportare all'agricoltura — pur riconoscendo che un beneficio esiste — è di gran lunga inferiore a quello che appor- tano i minuti esseri, i parassiti endofagi di cui abbiamo fatto parola. Concludendo su questo argomento possiamo dire che esistono po- tenti cause naturali atte a limitare è ad ostacolare la produzione e diffusione delle malattie delle piante e che per esse specialmente e non sempre per l'opera dell'uomo, che per quanto accurata è sempre minima di fronte alle forze della Natura, in non pochi casi si ve- rifica se non la soppressione o la completa scomparsa dell'agente pa- togeno, tuttavia la sua minore frequenza ed una moltiplicazione in- tcriore ai mezzi di cui sarebbe provvisto. Così si spiega il fenomeno che pare a prima vista strano che cioè data la presenza di un parassita su una pianta in una determinata regione non in tutti gli anni esso manifesta la stessa diffusione e quindi produce gli stessi danni. 11. — Mezzi di lotta contro le malattie delle Piante. La difesa contro le malattie delle piante è antica quanto le ma- lattie stesse, solo i metodi che usavano i nostri antichi basati su altri principii sono notevolmente diversi da quelli che si impiegano, certo COU migliore successo, oggidì. Allora che molte malattie delle piante ciano note solo per gli effetti e si ignoravano le cause 0 queste erano solo ipotetiche, i mezzi di difesa erano all'atto empirici : colla cono- scenza delle cause il metodo diventa razionale, se anche l'effetto non sarà sempre soddisfacente, tuttavia la lotta non sarà mai inutile e M' non si riesce a sopprimere del tutto la causa del male, si riuscirà almeno ad attenuarla od almeno a creare attorno ad essa condizioni più difficili per il suo sviluppo, riuscendo in ogni caso a migliorare 11. — MEZZI DI LOTTA CONTRO LE MALATTIE DELLE PIANTE 45 lo stato generale delle piante sofferenti. Solo contro le malattìe pro- dotte da cause ignote, ed oggidì nonostante i progressi della scienza ancora ne abbiamo che non anno avuto la loro soluzione scientifica e per le quali quindi non possiamo iniziare metodi razionali di lotta, i risultati delle nostre cure, quando se ne possono effettuare, sono assolutamente incerti, mentre per tutte le altre di causa nota possiamo in generale disporre di qualche mezzo efficace. È ben vero che in certi casi la lotta è assurda e disuguale, volendo lottare, p. esempio, contro gli agenti meteorici; l'uomo però non si è arrestato nemmeno di fronte al fenomeno meteorico più violento e dannoso per le uostre piante e impossibile a prevenire ed à sperimentato con successi pero non ancora soddisfacenti cannoni e bombe grandinifughe. Contro le brinate primaverili tìn da tempi remoti è stato adottato il sistema delle così dette nubi artificiali, tuttora in uso in varie loia lità più esposte a tali meteore con risultati certo vantaggiosi. I mezzi di difesa contro gli agenti meteorici in genere sono sempre più o meno insufficienti: superano la potenzialità umana, sono cause troppo generali e troppo estese per poterle combattere od allontanale. Si riuscirà nel piccolo ad eliminare l'azione del freddo o del ealdo soverchio coltivando le piante in ambienti artificialmente preparati, sarebbe impossibile estendere tali mezzi di difesa alle estese colture che bene spesso sono in balìa degli elementi. I mezzi di lotta li possiamo distinguere in due gruppi: 1. Mezzi di lotta preventivi; 2. Mezzi di lotta curativi. Sono mezzi di lotta preventivi quelli che servono a .prevenire lo sviluppo della malattia, cioè si applicano prima che la causa patogena sia comparsa rendendo difficile il suo sviluppo o la sua diffusione. In generale si può dire che i migliori effetti nella lotta conti., le malattie delle piante si ottengono con questi mezzi confermando il principio espresso nel noto proverbio francese « Mieux va ut prèvi nir gue guérir ». L'uomo dispone di molti mezzi per prevenire lo sviluppo delle malattie delle piante. La profilassi ci insegna quali siano le norme igieniche da adottare per far sì che la pianta cresca sana e rigogliosa e meno soggetta ad influenze nocive, quindi circondando la pianta di tutte quelle cure necessarie per favorirne lo sviluppo rigoglioso, migliorando le condizioni colturali, del terreno, dell'a biente in cui la pianta vive ed eliminando da questo possibilmente un gran numero di germi nocivi colla lavorazione del suolo, co alternanza di coltura, coli' uso di sostanze insetticide ed annerino- \ù GENI i: LL1 I \ -1 II l. M \l.\ I l II. DJ l II l'I W 11 miche adoperate preventivamente si riesce multe volte a salvare le piante «la violenti infezioni. Fra i mezzi preventivi, oltre quelli in- dicali, sta in prima linea la selezione artificiale la Sieroterapia ci possano aiutare nella lotta contro i parassiti vege- tali ed animali delle piante e giammai eredo potremo «la esse ottenere quei buoni risultati che danno nel campo della medicina animale. Solo per le malattie costituzionali o fisiologiche il metodo della cura interna potrebbe forse riuscire di qualche efficacia (4). Non sempre si à la possibilità di adottare in ogni caso delle mi- sure preventive atte ad impedire la produzione di una alterazione «> l'insorgere «li una causa di malattia e allora bisogna ricorrere ad altri mezzi per sopprimere possibilmente la causa senza danneggiare la pianta ospite. Tali mezzi diconsi curativi e di essi si occupa la Terapia vegetale che studia i rimedi adatti indie singole ma- (1) Beauverie, Essai d'immunisation des végétaux contro les maladiea ery- ptogamique8 (Compt. remi. hebd. de l'Acad. «1. Se. i. CXXXIII. Paris 1901, pag. 107). (2 Marchal, Ih Vimmunisat. de la laitue contre le meunier (C. remi., ecc.. CXXXV, p. 1067). 3ob \ i i i:. l.iNn \ i . Uni. Handb. der Pflaneenkrankh., I. p. '-'1 . Berlin luti."). (A) T. Ferraris, Sieroterapia vegetale, ossia j>r<>si si impiega in certe località l'acqua come mezzo «li difesa contro la fillos- sera, quando vi sia la possibilità di sommergere per un certo tempo la vigna sotto uno strato
  • n<> operare eoi me/zi «li cui dispone. In questi aitimi tempi i professori Beklese, Leonardi e Silvestri anno iniziato importantissime esperienze per combattere la temuta Cocciniglia «lei (!els«i [Diaspis pentagono,)) eli«' si diffonde sempre piti in Italia, con uno «le' suoi parassiti endofagi, un imenottero, la Prospaltella Berlesei che introdussero dall'America «lei Nord e «lai Giappone, patria d'ori- gine «li questo utilissimo insetto, «lai «piale la gelsicoltura Europea si ripromette un beneficio senza contrasti superiore a quello che si ottiene coll'applicazione degli usuali mezzi «li lotta, i Cui elVetti sono sempre molto incerti. Purtroppo questi metodi non som» ancora «-n- t rati nella pratica perchè domina sempre nell'agricoltore anche intel- ligente una buona dose di incredulità su tutto quanto è basato su dedu- zioni scientifiche e quindi ci vorrà del tempo prima che in Italia questi nuovi mezzi «li lotta vengano adottati e diffusi sì da produrre quei buoni frutti di cui ,uià da diversi anni approfittano gli agricoltori americani. Come risulta da quanto abbiamo esposto non tanno difetto i mezzi di lotta contro le malattie delle piante e se con essi non sempre per ora possiamo riprometterci di poter debellare la causa del male. tuttavia nella maggior parte dei casi siamo in grado «li limitarne la diffusione, riducendo a più miti proporzioni i «Ianni che potrebbero accadere quando, come pur troppo talora succede per trascuranza, indifferenza od incredulità, si lasciasse al male libero campo di svi- luppo e «li diffusione. \'2. — Classificazione delle malattie delle Piante. Quando non si avevano ancora esatte cognizioni intorno alle cause delle malattie «Ielle piante, si usava prendere come punto di partenza per classificare le malattie stesse gli effetti: tale metodo presentava il grave inconveniente «li riunire nello stess«» gruppo alterazioni che pur avendo simili caratteri erano determinate «la cause diversissime. Il metodo i Icilio e pili razionale, prende come base per la clas- SÌficazione delle malattie le cause. Queste possono essere molteplici e le possiamo distinguere in due grandi gruppi: Cause parassi- tarie «• «-anse non parassitarie. Sono cause parassitarie celi i BIBLIOGRAFIA 53 organismi vegetali od animali che vivendo sopra le piante determi- nano delle alterazioni o dei danni più o meno gravi; sono cause uhm parassitarie quelle non dovute alla presenza di speciali organismi ma dipendenti da condizioni sfavorevoli di ambiente in cui la pianta vive o provocate da squillimi funzionali. Il quadro qui sotto esposto di- mostra quali sono le cause parassitarie o non che possono determinare malattie nelle piante. I. Malattie prodotte da parassiti IL Malattie non pro- dotte da parassiti, ma da Vegetali Animali cause note cause ignote. 1. Mixomiceti 2. Schizomiceti o Batteri 3. Ifomiceti 4. Alghe 5. Fanerogame 1. Vermi 2. Artropodi J Ara<"ni,,i ^a<':,li' / Insetti 3. Molluschi i T7- 4. i ±- ( Uccelli I. vertebrati „ I Mammiferi Condizioni disadatte del suolo Agenti atmosferici Emanazioni gazose Fatti traumatici Elenco delle principali opere di Fitopatologia (Parassiti Vegetali) pubblicate dal principio del secolo XIX in poi. 1807. Ke F. Saggio teorico pratico sitile malattie delle jiiante (1807-1817). 1833. Unger F. Die Exantheme der Pflansen und dilige mit diesen venvand. Krankh. d. Geivàchse, Wien (1833). 1841. Meyen. Pfianzenpathologie, Berlin (1841)! 1852. Bérenger A. Micogenesi, ossia delle malattie dei vegetali caratterizzate dalla presenza costante o quasi costante di qualche specie di funghi, Colle- gllano (1852). 1858. Kuhn I. Die Krankh. der Kulturgewàchse, ihre ursachen mal Verhiitung, Berlin (1858). 1868. Hallier. Pkytopathologie — Die Krankh. der Kulturgewàchse, Leip (1868) 54 -.imi: \i.i i i -i 1.1 i M \i \ i i n: DI LI i PI \n i r 1874. Sorauer. Handb. der Pflaneenkrankhetien, Berlin 1874; 1886). 1880. Frank, Die Krankheiten der Pflaneen, Breslan (1880; 1895). 1882. Bartig B. Lehrbueh der Baumkrankheiten, Berlin [1882; L889; 1900). >v7. \\<>ii' iind /.ori. Krankh. d. landwirsch. Nutepfl. d. Schmaroteepfl. (1887). 1889. Wolf, l!\<< \i:im. Le malattie crittogamiche delle piante erbacee coltivate, Milano (1889 . 1890. Kirchner. Die Krankh. und Beschàdigung. unserer landw. Iculturpfl., Stuttgart (1890). 1891. Comes (). Crittogamia Agraria, Napoli (1891). 1892. Loyerdo I. Lea maladies cryptogam. dea céréales, Parie lsii'2). 1893. Yi\i.\ P. 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I Mixomiceti o funghi gelatinosi rappresentano il gruppo più basso degli organismi vegetali ed anno affinità cod forme di protozoi, specialmente NudoflagellatieRizopodi perciò il De Baey li denomina Micetozoi ossia Funghi-Animali. Dal- I'Haeckel vengono compresi nel gruppo dei Proti sti in cui con- fluiscono le due serie degli organismi animali e vegetali colle loro forme più semplici. Compresi nelle antiche classificazioni nel gruppo dei funghi ne vengono ora staccati, formando un gruppo a sé essen- dosi ristretto il significato di Funghi a quegli organismi vegetali pur sprovvisti di clorofilla, ma forniti di un sistema vegetativo for- mato di filamenti od ife che si dice micelio. Sistema vegetativo. Il tallo di questi organismi è semplicissimo. Consta di una massa più o meno grande di plasma nudo, cioè spn>\ visto di membrana cellulare. Si presenta quindi molle, mucillaginoso, talora minuto e visibile solo al microscopio, in generale pero nelle specie saprofite abbastanza ben visibile ad occhio nudo e talora anche piuttosto grande (Aethalium septicum). Tale corpo vegetativo, mai
  • . Capillizio (e) e spore («)
  • y\A matura; l> in germinazione; c-f mixamebe in diversi -~ i : • * 1 1 ili sviluppo; // riunione «li mixa- mebe; i piccolo plasmodi iposto da Cibnkowski, Schboteb; _ <■ j orig. die si dice plasmodio (fig. 1: 7, i, 1). Anche i plasmodi possono poi aggregarsi <» fondersi in modo diverso fra «li loro. Sistema riproduttivo. I plasmodi «-ohm' le mixamebe possono mol- tiplicarsi per un semplice processo «li segmentazione: la massa plas liiatiea si allunga, presenta litio st ro/zailieilto elle si approfonda sempre più tinclie si spe/./.a in due parti che possono svilupparsi indipen dentemente. Ma i mixomiceti si riproducono anche per spore di ori gine agamica, le quali si possono tonnare 0 direttamente per dille renziazione «li tutta la massa plasmodica, come avviene in alcune GENERALITÀ SUI MIXOMICETI • .",7 specie di ruixoiniceti parassiti (Es. Plastnodiophora), oppure alla estre- mità di speciali filamenti che funzionano da basidii o più frequente- mente in sporocisti (Zopf) o sporangi (De Babi |. La forma di questi organi è assai varia (fig. 1: 2-4), talora sono sferici o coni Minati da una membrana sottile od un po' spessa (peri dio) incrostata talora di Carbonato di Calcio, di colore vario e spesso vivace, dentro cui si formano in gran quantità le spore e dei filamenti semplici o retico- lati, lisci, rugosi, aculeati o con ispessimenti a spirale che costituì scono il capillizio (fig. 1: 5-6 fcj) il cui ufficio è di fare pressione sulla parete della sporocisti e di provocare la fuoriuscita e la dissemi- nazione delle spore. Talora gli sporangi presentano un piede a forma di setola nera che poggia sul plasmodio e nella parte superiore dà origine ad un fittissimo intreccio di filamenti che costituiscono il capillizio tra cui si trovano le spore (fig. 1: -4). Allorché il piede dello sporanzio si pio lunga nell'interno di esso costituisce la così detta col uni eli a dalla quale si dirama poi la rete di capillizio. Il capillizio à proprietà fortemente igroscopiche: si distende <<>1 l'umidità e provoca così la deiscenza degli sporangi (fig. 1: 3). 11 suo funzionamento è perfettamente analogo a quello degli elateri delle Epatiche. Le spore dei mixomiceti sono unicellulari, piti o meno globose, anno un episporio (parete esterna della spora) piuttosto spesso, liscio o talora con disegni o rilievi superficiali (fig. 1: 5-6 [s]). Il colore delle spore è generalmente violaceo o bruno violaceo. La loro germinazione si compie nell'acqua ed in questo mezzo la membrana si rompe in un punto e lascia uscire la massa plasmatica che costituisce una specie di zoospora nuda, fornita di ciglio con cui nuota per un certo tempo, poi si fissa, perde il ciglio e si trasforma in mixameba che fondendosi con altre costituisce un nuovo plasmodio (fig. I: 7 [a Modo (li vita. Quando le condizioni di vita sono sfavorevoli, cioè fanno difetto nell'ambiente le condizioni di umidità sempre indispen sabili per la vita di questi esseri, possono presentare delle forme transitorie in cui la massa di plasma si indurisce specie alla super ficie formandosi così delle cisti e degli sclerozi, in cui la vitalità del plasma si conserva latente anche a lungo linche non sopravvengono condizioni favorevoli di sviluppo, ed allora dallo sclerozio si riforma il plasmodio colla sua ordinaria consistenza. I mixomiceti allo staio vegetativo presentano un eliotropismo negativo, rifuggono dalla li dal calore che provocherebbe un rapido disseccamento del loro corpo nudo: allo stato riproduttivo possono presentare talora eliotropismo 1 PARASSITI VEGETALI: I. MIXOMICETI positivo. Godono invece altamente «li proprietà idrotropiche positive i -i sviluppano così in generale nei siti ove abbonda l'umidita ed ove c'è poca luce. La maggior parte dei mixomiceti sono saprofiti e si riscontrano frequentemente nei legni fracidi, Dell'interno dei tronchi cariati, sulle corteccie putride, su foglie a terra decomposte, fra i DIUSChi, ere. Pochissime s]ieeie vivono parassiticamente nei tessuti delle piante determinandovi «Ielle malattie. In queste troviamo ridu- zione considerevole uegli organi riproduttori, formandosi direttamente le spore in seno alla massa plasmodica. Arca di distribuzione geografica. I mixomiceti comprendono circa 150 specie diffuse specialmente in Europa e nell'A melica del Nord: molte specie poi Simo cosmopolite. Mixomiceti parassiti «Ielle piante. Sono compresi nell'ordine delle Phytomyxineae (1) caratterizzato dalla presenza di plasmodi! viventi nell'interno degli organi delle piante, in cui spesso determinano «Ielle alterazioni singolari, specialmente produzione di ipertrofie localizzate nel sistema radicale. Pochissime specie sono state ben studiate e si- cure, altre sono oltremodo dubbie, essendo stati interpretati come plasmodii di mixomiceti parassiti non di rado certi residui plasmatici rimasti in cellule alterate e trattate con speciali reattivi dei quali non si osservo mai la propagazione né la produzione di spore. I prin- cipali generi cui si ascrivono le specie parassite sono i seguenti: G-. Plasmodiophora colla specie ben studiata /'/. Brassicae Woboninb. In questo genere alcuni autori comprendono anche dei pretesi mixomiceti che determinerebbero due malattie della vite di natura ancor poco chiara: la Brunissure ed il Mal della California. La prima sarebbe determinata dalla Plasmodiophora Vitù ViALA et Sa t vacuai' (2) o secondo Debrai (3) dallo Pseudocommis Viti» parassiti messi in dubbio dal Massée, dal < 'avara (4). dal Beheens (5) e da (1) W'i ii-ii in. Umidi), il. si/sfcm. Botati., 1 Band., Leipsig, p. 54. 2 Viu . \ l'. el Sai vageau, /." brunissure et la maladie de Oalifornie, ma- ladies de la vigm causées pur la Plasmodiophora vitis et l'I. Ualìfomica, Mont- pellier-Paris, 1892. In bb \i 1'.. I.u brunissun <ìic; l<) altri autori. La seconda sarebbe causata da una Plasmodiophora Ga- Ufornica Viala e Sauvageau (1) che si presenta quasi nello stesso modo della precedente e che quindi si deve escludere pure secondi) le più autorevoli osservazioni dal gruppo dei mixomiceti. Noi parleremo di queste due malattie nel trattare delle alterazioni delle piante prodotte da condizioni finora non peranco ben note. G-. Schinzia colla specie Sdì. Alni Woron. molto dubbia. Dubbio pure è il CI. Spongospora colla specie Sp. Solani Brun- CHORST. Recentemente il Brzezinski (2) descriveva col nome di Myxomonas Betae una nuova forma di mixomicete parassita delle barbabietole, sulle quali, sec. PA., provocherebbe la malattia detta mal del cuore o marciume secco. L'A. descrive il ciclo evolutivo di tale mixomicete affine a quello della Plasmodiophora Brassicae. Secondo Trzebinski (3), Faber (-4), ecc., il preteso microorganismo non sarebbe che un residuo di plasmi cellulari alterati da altre cause patogene (Phoma Betae, ecc.) cui si deve la malattia della bietola che il Brzezinski vorrebbe at- tribuire al suo nuovo mixomicete. I lavori accurati dei succitati autori negherebbero dunque l'esistenza di questo parassita. 1. PLASMODIOPHORA BRASSICAE, Woronine. N~. volg. ital. : Ernia, Tubercolosi dei Cavoli, mal del Gozzo dei cavoli. JV. volg. stran.: Gros Pied , Hernie du Chou, maladie digitoire, kohlhemie , leohlkropf, Hernie der Tiolilpflanzen , Clupbing, Glub-root, Hamburg, ecc. Generalità. È una malattia assai frequente in tutta Europa, ma specialmente nel settentrione ove è assai dannosa alle Crocifere ortensi particolarmente nella Russia ove venne studiata dal Woronine (5) nel 1877. In Italia benché si trovi qua e là con una certa frequenza non pare abbia prodotto finora conseguenze tanto gravi e si sia diffusa con grande intensità come avviene altrove. Le piante colpite sono le Oro- fi) Viala et Sauvageau, l. e. (2) Brzezinski I., Myxomonas Betae, parasite des betteraves (Bull, de l'Ac. de Se. de Cracovie. CI. de Se. inatti, et natur., 1906, p. 139-202). (3) Trzebinski I., Ueber die existenz von Myxomonas Betae Brzez. (Zeitschr. f. Pflanzenkrankh., XVII, 1907, p. 321). (4) Fabek (von) F. C, Ueb. d. exist. v. Mijxom. Betae Brzez. (Bericlit. d. deut. bot. Gesell., XXVI, 1908, p. 177). (5) Woronine, Pringsh. Iahrb. f. wissensch. Bot., XI, 1878, pag. 548. 60 I PARASSITI VEGETALI: I. MIXOMICETI cifere e specialmente la Brassica oleracea, Br. Napus, Br. Rapa colle diverse varietà e forme coltivate di queste specie cioè Cavolfiori, Broc- coli, Cavoli-rape, Cavoli di Bruxelles, ecc. ecc., inoltre molte crocifere spontanee come alcune specie del genere Iberis, la Sinapis arvensis, il Baphanu8 sativus ed il B. raplianistrum, la Capsella Bursa-Pastoris, i Sisymbrium, la Camaelina satira, ecc. ecc. Caratteri esterni della malattia. Le piante colpite dall'ernia ma- nifestano una vegetazione assai stentata, un pronunciato rachitismo della parte aerea che in certi casi finisce per ingiallire e deperire completamente. Sulle radici si riconoscono le caratteristiche altera- zioni. Tanto sulla radice principale, quanto sulle radici laterali si pos- sono osservare delle ipertrofie di grossezza variabile, in generale più piccole sulle radici laterali più grosse sul fittone (fig. 2: 1-2). Tali tumori che possono essere disposti isolatamente o possono anche confluire insieme e saldarsi sono da giovani del color normale della radice cioè giallicci, lisci, sodi, più tardi invecchiando imbruni- scono, diventano rugosi, flosci e vanno soggetti ad una rapida decom- posizione, specialmente se nel terreno vi è un certo grado di umidità e la presenza di numerosi organismi saprofiti capaci di produrre la disgregazione dei tubercoletti. Talvolta anziché distinguere sulle ra- dici laterali la presenza di questi tumoretti più o meno isolati, l'iper- trofia invade le intere radicelle ed allora queste prendono uno sviluppo superiore al normale, si ingrossano notevolmente cosicché la loro dispo- sizione sul fittone ricorda quella delle dita di una mano, onde i francesi battezzano questa forma della malattia col nome di maladie digitoire. Lo sviluppo di questi tumori si verifica specialmente nella primavera e nell'autunno e durante la stagione piovosa si decompongono rapi- damente. Quando vengono tagliati da giovani si presentano nell'in- terno piuttosto compatti e di color chiaro, più tardi appaiono come spugnosi o quasi lacunosi. Caratteri del parassita. Facendo una sezione sottile di un giovane tumore ed osservandola al microscopio si constata anzitutto che esso è prodotto da un anormale ed eccessivo accrescimento delle cellule del cilindro corticale della radice: tra queste cellule se ne notano alcune di maggiore grandezza con un abbondante contenuto plasmatico che rappresenta il plasmodio del parassita. Tale plasmodio appare — spe- cialmente se si tratta la preparazione per renderlo maggiormente evidente con una soluzione iodata — assai granuloso, fornito di goc- ciole oleose e generalmente assai vacuolare: su materiale fresco si pos- sono osservare anche movimenti ameboidi. PLASMODIOPHORA BRASSICAE WOE. 61 Nawaschin (1) à fatto interessanti studi sulla struttura di questi plasmodi, sulla forma e divisione nucleare: nelle mixamebe si trova nella massa plasmatica un solo nucleo, mentre nei plasmodi si riscon- trano diversi nuclei derivanti dalle mixamebe fuse che anno costituito il Plasmodio. Tali plasmodi possono migrare, probabilmente approfittando delle punteggiature cellulari, da una cellula all'altra, diffondendo così l'infe- Fig. 2. Plasmodiophora Brassicae. 1-2. radici di Brassica rapa affette dall'ernia; 3. cellule di un tumore invase dal parassita (p. plasmodio, *. spore) : 4. Stadi di sviluppo delle mixamebe (da Tubeuf, Soeauer, VVoronike). zione, finché il tubercolo non à assunto la grossezza definitiva e non sta per disgregarsi. Allora nelle cellule contenenti il plasmodio si veri- fica un cambiamento: il plasmodio si scinde in una quantità gran- dissima di minuti corpiccioli sferici della dimensione di circa p, 1.0 che rappresentano le spore del parassita (tìg. 2: 3 [*]). Tali spore non (1) Nawaschin, Beobacht. iiber denfeineren Bau und Umwondl. von Plasmod. Brassicae, ecc. (Allg. Bot. Zeitschr., 1892). 62 I PARASSITI VEGETALI: I. MIXOMICETI sono contenute in un perielio, come avviene nella maggioranza degli altri mixomiceti, ma sono contenute invece dentro la cellula in cui esisteva primitivamente il plasmodio da cui si sono formate per di- retta produzione. Sono jaline e presentano un episporio liscio pure incolore. La germinazione delle spore avviene nel modo solito carat- teristico pei mixomiceti cioè quando per la putrefazione dei tubercoli si trovano libere nel terreno umido circostante o nell'acqua dopo qualche tempo l'episporio si scioglie in un punto e lascia uscir fuori il contenuto plasmatico della spora che assume una forma allungata e presenta all'estremità un ciglio o flagello, mediante il quale questo corpicciolo sprovvisto di membrana può nuotare per un certo tempo nell'acqua se in essa si trova e poi aderire ad una piccola radice o ad un pelo radicale della pianta ospite. Tale corpicciolo cigliato dicesi mi- xameba (tìg. 2 : 4). Dopo circa due giorni perde il flagello e prende una forma più o meno irregolare, presentando alla periferia lobuli o pseudo- podi, mediante i quali può muoversi per strisciamento. Xon si sa an- cora con certezza come possa avvenire la penetrazione della mixoameba nei tessuti radicali della pianta ospite: il Woronine à potuto consta- tarne la presenza nell'interno dei peli radicali e nelle cellule dell'epi- blema, quindi probabilmente per un processo di corrosione si insinua nello strato di cellule più esterno, guadagnando poi man mano col- l' attraversare punteggiature cellulari e spazi intercellulari i tessuti più interni, mentre le cellule sotto lo stimolo esercitato dal parassita si moltiplicano anormalmente e costituiscono il tumore caratteristico. Nelle cellule poi la mixoameba si accresce, si moltiplica, più mixamebe pos- sono fondersi insieme e si viene alla produzione di un plasmodio composto. Woronine à stabilito rigorose esperienze per provare il po- tere parassitario del mixomicete, mettendo delle giovani piantine di cavoli e di rape sanissime colle loro radici in un terreno artificial- mente infettato colle spore della Plasinodiophora : egli potè così ripro- durre sulle radici le caratteristiche escrescenze dell'Ernia nella forma osservata in natura. Condizioni favorevoli di sviluppo. La malattia si sviluppa special- mente negli orti riccamente concimati con concimi organici, in siti piuttosto umidi e freddi. Le spore possono conservare la loro facoltà germinativa nel terreno per ben due anni : la loro germinazione è faci- litata dalle condizioni di umidità: la siccità pare ostacoli il loro svi- luppo. La diffusione delle spore si effettua per la disgregazione dei tumori in seguito all'umidità del suolo ed all'azione di speciali agenti saprogeni ed in particolar modo del Baeiìlus amylobacter. PLASMODIOPHORA ALNI MOLLER 63 Metodi di cium. Non è possibile salvare le piante colpite dall'Ernia, queste vanno invece sradicate diligentemente e distrutte per impedire che la malattia si diffonda alle piante sane. Bisogna avvertire di fare questa operazione quando i tubercoli radicali sono ancor giovani e la ma- lattia è nel suo inizio per impedire che parte delle spore si suino già dif- fuse nel terreno come avverrebbe sradicando le piante già molto deperite o morte. Le piante estirpate non si debbono mettere in concimaia né lasciare sul posto, ma debbono essere bruciate. Nel fare i trapiantamene delle crocifere ortensi bisogna fare una accurata selezione delle piante eliminando assolutamente dalla cultura e distruggendo quelle che pre sentassero indizi di tubercoli erniosi sulle radici. In terreni già preceden- temente infetti dalla malattia è da sconsigliarsi il piantamento delle crocifere, ma si dovrà far succedere un'altra coltura con piante di altre famiglie almeno per un periodo di due anni per essere sicuri che i germi del male per mancanza delle piante ospiti vadano distrutti. Le crocifere spontanee come la Capsella Bursa-Pastoris , i Sisymbrium , Raplianus, Sinapis, ecc., debbono essere sradicate ed eliminate dagli orti poiché molto spesso su di esse si conserva la malattia che si trasmette poi alle piante coltivate. Il Brunchorst consiglia la disinfe- zione del terreno infetto con solfuro di carbonio qualche tempo prima di piantare le crocifere, lo Pfeiffer e lo Staes anno ottenuto buoni risultati con soluzioni assai diluite di petrolio, irrorandone il suolo. Il Seltensperger (1) à esperimentato con ottimo successo il se- guente metodo. Nel trapiantare le piantine di crocifere scava attorno a ciascuna piantina una fossetta circolare profonda da 6-10 cm. in cui colloca un pugno di calce viva, poi ricopre la fossetta di terra. Con tale trattamento preventivo in un suolo infetto egli ha potuto salvare completamente le piante che crebbero rigogliosissime, mentre altre piante appositamente non trattate per controllo vennero attac- cate dall'ernia e rimasero danneggiatissime. Anche le esperienze del- I'Halsted provano la superiorità della calce viva su qualunque altra sostanza: egli consiglia di spargerla polverizzata nella proporzione di 400-500 kg. per ettaro di terreno durante l'inverno. 2. PLASMODIOPHOEA (Schinzia) ALNI, Moller (2). N. itaì. : Ernia delle radici dell'Ontano. JV. str. : Hernie der Erhnicurzeìn. (1) Seltensperger, in Bullett. de la Soc. d'Agricolt. de l'arrond. de Cha- rolles, 1, 3, p. 57, 1894. (2) Moller, Bericht. d. deutsch. Bot. Gesellsch., 1885, 3, p. 162. 64 I PARASSITI VEGETALI: I. MIXOMICETI Attacca le radici dell' Alnus glutinosa, A. incana, ecc. La malattia si presenta sotto forma di rigonfiamenti tubercolari coralloidi, varia- mente ramificati, di color nerastro del diametro di circa 2-10 cm. I tubercoli sono internamente costituiti da una massa di cellule iper- trofizzate dentro cui si osserva a volte una massa mucillaginosa che alcuni autori credono sia il plasmodio del mixomicete, altre volte dei grovigli filamentosi che altri autori fanno appartenere ad un qualche i fornicete indeterminato. Il parassita è dunque oltremodo dubbio. Il Woronine lo riferisce al genere Scliinzia, il Moller al g. Pìmmodio- phora interpretandolo come un mixomicete. Il Brunchorst crede si tratti di un fungo che denomina Frankia subtilis, il Frank non ammet- terebbe una origine parassitaria dell'alterazione. Recenti osservazioni di B.jòrkenheim (1) proverebbero trattarsi di un fungo di posizione sistematica dubbia, fornito di un micelio formante ammassi nell'interno delle cellule delle ipertrofìe. È del resto malattia di poca importanza. 3. SPONGOSPORA SOLANI, Brunchorst (2). A. Hai. : Crosta, rogna delle Patate. A. str. : Schorf, Grind, Skurv, Scab. Malattia studiata dal Brunchorst in Norvegia e colà denominata Skurv nelle patate che presentano macchie brune sulla pellicola dei tuberi. In corrispondenza di tali macchie si sviluppano poi delle croste che si disquamano. Il Brunchorst crede che tale malattia sia dovuta ad un mixomicete di cui avrebbe osservato nelle cellule dei tuberi delle masse plasmodiche gialle, sferoidali, reticolari in cui si formerebbero delle spore del diam. di circa jx. 3,5. L'A. non avrebbe però osservato la germinazione di queste spore. Regnano tuttora molti dubbi sull'identità specifica del parassita. Secondo alcuni la malattia non è di natura parassitaria, ma dipenderebbe da condizioni del ter- reno; secondo Schacht le scaglie non sarebbero che una trasforma- zione delle lenticelle in tubercoli suberosi. Anche Frank e Sorauer souo di opinione che il preteso mixomicete non sia un parassita. 11 Lopriore studiando in Germania la malattia colà denominata Schorf non avrebbe trovato il parassita descritto dal Brunchorst, quindi esprime dubbi sulla sua esistenza a meno che lo Skurv dei Norvegesi non sia una malattia diversa. L'alterazione è sconosciuta in Italia. (1) Bjòrkenheim, in Zeitsclir. f. Ptìanzenkr., XIV, 1901, p. 129. (2) Brunchorst, in Bergen's Mnseuni Aarsberetning, 1886. Bergen issi. pai;-. 217. GENERALITÀ SUI BATTERII 65 CAPITOLO IL GLI SCHIZOMICETI 0 BATTERII. Generalità e sistema vegetativo. I batteri sono organismi uni- cellulari di piccolissime dimensioni. Il loro tallo visibile solo coll'ainto di potenti ingrandimenti, ben spesso non supera la grossezza di un millesimo di millimetro (unità di misura adottata in microscopia col nome di micron [n]), quindi tali esseri rimasero per lunghissimo tempo ignorati, finché col perfezionarsi dei mezzi ottici si riuscì a scoprirli ed a studiarli fondando le basi di quell'importante ramo della scienza degli organismi oggidì tanto progredito che è la Batteriologia. La cellula che costituisce il corpo di questi minuscoli esseri è fornita di una membrana, in generale costituita di due strati : uno strato interno più solido detto strato cuticolare, uno strato esterno detto per la sua consistenza gelatinoso. Si crede da alcuni autori che entri a far parte della membrana di questi batteri una sostanza azotata detta micopro- teina, dentro a questa membrana si trova una massa plasmatica più o meno granulosa e talora vacuolare in cui spiccano dei corpiccioli più rifrangenti e facilmente colorabili con speciali reagenti che alcuni interpretano come nuclei, altri come semplici corpi di Cromatina (Chromatinkorner) (fig. 3: 10). I talli dei batteri data la loro piccolezza e la facilità della loro moltiplicazione vivono in generale associati insieme in gran numero formando delle colonie o zooglee costituite da una massa mucilla- ginosa fornita dallo strato esterno delle loro membrane, dentro la quale si trovano numerosissimi i corpiccioli di tali microorganismi (fig. 3 : 15 [a-h]). Le zooglee che sono capaci di accrescersi notevolmente possono così diventare anche visibili ad occhio nudo e si presentano spesso con forma, colore speciale su determinati substrati nutritivi, sui quali anno trovato condizioni opportunissime di sviluppo (fig. :> : 14). In generale i batteri sono jalini, cioè senza colore, trasparenti e quindi in questo caso la loro ricerca nel campo microscopico non è facile e bisogna ricorrere a colorazioni ed a processi di tecnica mi- croscopica speciali per farne meglio spiccare la forma e la struttura: vi sono però batteri i quali anno una colorazione loro propria dipen- dente da certi pigmenti coloranti che essi contengono. Così, ad es., il Mierococcus prodigiosus si presenta di color rosso, il Bacterium viride, Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 5. 66 I PARASSITI VEGETALI : II. BATTERI! il Bact. chlorinum, si presentano di color verdastro, giallognolo, ecc. È da notarsi però che se anche qualche bacillo può presentare un colore più o meno verdastro, questo non dipende mai dalla presenza di clorofilla. Questa sostanza manca assolutamente nei batteri, come pure nei Mixomiceti e nei Funghi. Mancando i cloroplastidi la nu- trizione dei batteri non si effettua come per le piante verdi, cioè essi non anno vita autoctona, ma per vivere debbono trovarsi in ambiente ove la sostanza organica è già formata. Fig. 3. Generalità sui Batteri. 1. Micrococchi. 2. Diplococchi, 3. Streptococchi, 4. Sarcine. 5. Forine di Boote- riunì, 6. di Bacillus, 7. di Pseudomonas, 8. di Spirillum. 9. Bacillus typhi, lu. B. anthracis mostrante struttura vacuolare e granulazioni pla- smatiche, 11. Bacilli in scissione. 12, Sporulazione dei batteri. 13. Ger- minazione delle spore, 14. Forma di zooglea su gelatina. 15. a h Diversi stadi di formazione di una zooglea di Leuconostoc (da Migula, Fischer, Zopf, v. Tieghem ed origin.). I batteri vengono da alcuni autori compresi nel gruppo delle Schizofite (Piante che si moltiplicano per divisione) ed avrebbero affinità con un gruppo di alghe inferiori {ScMzoficee) da cui opinereb- bero siano derivate per adattamento ad un modo di vita speciale che avrebbe condotto alla scomparsa della clorofilla. Nelle antiche classi- ficazioni i batteri venivano compresi nel gruppo dei funghi e detti perciò Sdii so m iceti (funghi che si dividono). La semplicità del loro sistema vegetativo e riproduttivo li fa ragionevolmente considerare come un tipo a se del gruppo delle Sporofite. I batteri presentano uno spiccato polimorfismo, cioè non sempre una determinata specie si presenta colla stessa forma, ma questa si può bene spesso variare col mutarsi delle condizioni di vita, cioè per GENERALITÀ SO BATTERI! temperatura, costituzione del substrato nutritivo, ecc. Data questa grande variabilità non è facile, colla semplice osservazione microsco- pica, giungere alla sicura determinazione di una specie di batterio, ma a questo non ci si riesce se non studiandone la biologia, il modo di sviluppo, le proprietà, ecc., ecc. Le principali forme di Schizomieeti si possono riportare ai seguenti tipi: Coccus, Bacillus, Bacterium, Clostridium, Spirillum, Spirochaete, Yibrio, Lcptotrix, Cladotrix. Le forme che appartengono al tipo del Coccus anno la cellula che costituisce il loro corpo isodiametrica, cioè a forma di una piccola sferulina: se tali corpiccioli sono distinti l'uno dall'altro allora si à la forma detta 2Iicrococcus (fig. 3 : 1), se invece sono riuniti due a due si à il Diplococcus (fig. 3: 2), se quattro a quattro Tetragoni*, se in numero maggiore formanti una colonia subcuboidea Sarcina (fig. 3: 3), se a catenella Si reptococcus (fig. 3 : 4), se in ammassi irregolari a forma di grappolo Staphylococcus. Tutte le altre forme ricordate sono allungate, cioè con diametro longitudinale superiore al trasversale: nel genere Bacterium la cellula è ovale o brevemente cilindrica col diametro longitudinale poco più lungo del trasversale (fig. 3 : 5), nel g. Bacillus si anno dei bastoncini cilindrici, dritti a diametro longitudinale notevolmente maggiore del trasversale (fig. 3 : 6), nel g. Clostridium cellule subfusiformi ad estre- mità più o meno acuminate, nel g. Yibrio bastoncini alquanto incur- vati, nel g. Spirillum (fig. 3: S) e Spirochaete corpiccioli cilindrici o filiformi fortemente ondulati o contorti a spirale, nel g. Lcptotrix fi- lamenti lunghi ed esili, nel genere Cladotrix filamenti adattati gli uni sugli altri simulanti ramificazioni. Il corpo di questi bacilli può essere immobile, oppure può essere dotato di movimenti speciali: a volte oscillano o si muovono in de- terminate direzioni, girano su se stessi più o meno rapidamente. Spes sissimo questi movimenti sono aiutati da speciali ciglia vibrabili che si possono trovare all'estremità od anche tutto attorno al corpo dei batteri (fig. 3: 7, S, 9). Moltiplicazione e riproduzione. Gli schizomieeti si moltiplicano per un processo semplicissimo di scissione o di divisione diretta. Il loro corpo può presentare verso la metà uno strozzamento clic diventa sempre più profondo finché i due pezzi si staccano e si formano così due individui (fig. 3: 11). Qualche volta anziché staccarsi rimangono uniti a due a due e per successiva suddivisione possono anche formale (bile catenelle più o meno lunghe costituite o da cocchi o da bastoncini. 68 I PARASSITI VEGETALI: II. BATTKUII Tale processo di moltiplicazione vegetativa è il più frequente ed avviene in generale sempre quando le condizioni di vita siano favo- revoli, cioè quando i batteri si trovano in un ambiente ricco di materie nutritive e ad una temperatura adeguata. Moltiplicandosi così rapi- damente in poco tempo vengono a formare col loro numero sterminato delle colonie sui mezzi nutritivi facilmente visibili ad occhio nudo. Quando le condizioni di vita si fanno invece più difficili o per la scarsezza del nutrimento o per l'influenza della temperatura o per i prodotti di secrezione da essi stessi espulsi nel mezzo in cui sono vissuti allora molte specie formano nel loro interno una o più spore distin- guibili come corpiccioli di forma determinata a seconda della specie, rifrangenti e dotati di parete piuttosto spessa. Queste spore (endospore) possono occupare la parte centrale del corpo del batterio o possono anche trovarsi verso una estremità; in questo caso si dicono anche acrospore. Vi sono batteri monospori ed altri polispori a seconda che si formano nel loro tallo una sola o più spore (fig. 3 : 12). Le spore molto più resistenti alle condizioni sfavorevoli di vita dei batteri stessi pos- sono rimanere molto tempo senza germinare : sopravvenendo condizioni opportune germinano e da esse si origina un nuovo batterio (tìg. 3: 13), Proprietà dei Batteri. Alcuni di questi organismi non possono assolutamente vivere se non si trovano in presenza dell'aria di cui utilizzano l'ossigeno libero: questi batteri vennero denominati dal Pasteur col nome di aeróbii, distinguendoli da un altro gruppo di bacilli detti anaerobii che non possono vivere in presenza di ossigeno libero, ma utilizzano l'ossigeno pur necessario ai loro x>rocessi vitali prendendolo da combinazioni. Il Bacterium aceti è, ad es., un bacillo aerobio, mentre il Bacillus butyricus è anaerobio. Elaborano i batteri dal substrato in cui vivono speciali sostanze ed altre ne segregano fra cui alcune che sono potenti veleni per gli organismi come le toxine che sono materie albuminoidi di varia costi- tuzione e molto complesse. Negli organismi animali morti durante i processi di putrefazione svolgono altri principi : le ptomaine, diverse dalle toxine, che sono sostanze azotate pure assai complesse. 1 batteri presentano un grado di resistenza notevole alle più diffi- cili condizioni di ambiente che farebbero soccombere qualunque altro organismo più elevato. Resistono a temperature elevatissime come a temperature bassissime senza perdere le loro proprietà vitali. Più dei corpi vegetativi sono resistenti le spore le quali in certe specie ven- nero assoggettate anche a temperature di — 110° e fino a — 270° senza che avessero sopportato alcun danno. Così dicasi per l'elevate GENERALITÀ SUI BATTERII 69 temperature: le spore del bacillo del Carboncino (Bacillus anthracis) sop- portano per dieci minuti una temperatura di 95°, umida, a tempera tura secca cresce la loro resistenza fino a + 123° C. I batteri in generale nel periodo di moltiplicazione vegetativa non sopportano temperature superiori ai 70° + 75° C: è da notarsi che l'umidità abbassa notevolmente il loro grado di resistenza alle tem- perature elevate. U optimum di temperatura varia per i diversi bacilli e si aggira tra i + 20° ed i + 35° circa. La luce agisce sfavorevolmente sui batteri, ne impedisce lo sviluppo ed à un'azione sterilizzante. Così certe so- stanze anno la proprietà anche in soluzioni molto diluite di distrug- gerli. Fra i migliori antisettici abbiamo il sublimato corrosivo di pronta azione anche in soluzione all'I per mille, l'acido fenico al 3-5 °/0 , ecc. ecc. I bacilli a seconda della loro proprietà o dell'azione che eserci- tano sul mezzo in cui vivono si possono distinguere in: 1. Batteri zimogeni quelli capaci di determinare speciali fermentazioni (Es. Bacillus aceti, B. butyricus, ecc.). 2. Batteri saprogeni che determinano putrefazione delle sostanze organiche (Es. Bacterium Termo). 3. Batteri patogeni che danno luogo a delle malattie negli animali o nelle piante, esercitando nei tessuti o nelle cellule un'azione chimica o meccanica o biologica (Es. Bacillus anthracis, B. oleae, ecc.). 4. Batteri cromogeni quelli provvisti di un pigmento co- lorante e formanti quindi delle colonie di determinato colore (Es. Mi- crococcus prodigiosus). 5. Batteri fotogeni capaci di produrre emanazioni luminose (Micrococcus phosphorescens). 6. Batteri tiogeni viventi nelle acque solforose che possono scomporre incorporando dello zolfo (Beggiatoa alba, ecc.). Diffusione dei Batteri. Gli schizomiceti comprendono circa un mi- gliaio di specie diffuse in tutte le parti del mondo. Data la loro rapida moltiplicazione, la loro piccolezza, il facile adattamento anche alle condizioni più difficili di vita è naturale che si trovino diffusi in ogni mezzo, in ogni ambiente; nell' aria, nelle acque, nel terreno se ne trovano quantità grandissime e specialmente sovrabbondano ove vi sia gran ricchezza di principi organici nei quali trovano condizioni favorevolissime di vita. I Batteri parassiti delle piante. Non sono che poche dei ine di anni da che si è potuto accertare che anche nei tessuti vegetali i 70 I PARASSITI VEGETALI: II. BATTERII batteri possono svilupparsi determinando delle speeiali malattie come negli organismi animali. Da prima i più erano contrari all'idea che i batteri potessero vivere nei tessuti vegetali e fossero capaci di de- terminarvi alterazioni: di questa opinione erano pure eminenti scienziati come PflììGtER e De Baby dominati pur essi da preconcetti che fecero ritardare notevolmente i progressi della Batteriologia in riguardo alle malattie delle piante. Si credeva cioè che la reazione acida dei .succhi vegetali fosse sfavorevole allo sviluppo dei batteri e così anche la bassa temperatura dei vegetali ne fosse un ostacolo. Il De Bary più tardi constatò bensì la presenza di bacilli in vegetali in decomposizione, ma fu sempre restìo a considerarli come forme patogene, interpretando la loro presenza come un epifenomeno od uno sviluppo post mortem. Più tardi essendosi riscontrati con sicurezza batteri nei tessuti vegetali si venne nel sospetto che questi vi si trovassero normalmente anche nelle piante sane. Ricerche di Fernbach (1) poi di Laurent, Duclaux, Buchner e molti altri riuscirono a provare all'evidenza che i « tessuti normali delle piante sono privi di batteri », quindi la loro presenza doveva interpretarsi come dovuta ad introduzione dal difuori e si dovevano quindi considerare come veri e propri parassiti. Si provò allora ad inoculare diverse specie di bacilli nei tessuti vegetali di piante succose {Pelargoninm, Begonia, ecc.) e si vide che per es., il Bacillus fluorescens, il B. acidi lactici, il B. butyrieus riusci- vano perfettamente a svilupparsi dimostrando così che la reazione acida dei tessuti e la bassa temperatura dei vegetali non ostacolavano il loro sviluppo. Nel 1892 Migula (2) ammetteva che solo alcuni ba- cilli potevano ritenersi come veri parassiti delle piante benché la loro presenza fosse frequente nei tessuti vegetali alterati da altre cause, ricerche posteriori di Sorauer, Smith, Bolley, ecc., elevarono no- tevolmente il numero delle malattie batteriche delle piante. In gene- rale i batteri riescono a penetrare meno facilmente nei tessuti vegetali che in quelli animali, in questi esseri vi sono troppe vie aperte che ne agevolano l'introduzione mentre la penetrazione nelle piante av- viene solo quando vi siano piccole lesioni anche superficiali, ma tanto da mettere in comunicazione coli' ambiente esterno i tessuti interni meno resistenti alla penetrazione dei microorganismi. Questi per la secrezione di speciali principi diastasici sono capaci di produrre fer- (1) Centralbl. f. Bakter., 1888, pag. 713. (2) Migula, Kriiisch. iibcrs. derjen. Pflanzenlr. , ivelche angebìieh durch Baìcterien verurs. icerden, Semarang, 1892. CLASSIFICAZIONE DEI BATTERI PARASSITI 71 mentazione e decomposizione delle membrane cellulosiche, penetrando così nelle cellule più interne ed anche distruggendole, formando talora fra i tessuti delle lacune nelle quali spesso si costituiscono delle zooglee di batteri. L'azione patogena dei batteri nei vegetali può consistere o in ef- fetti meccanici determinati dallo sviluppo di colonie nei vasi o nei tubi cribrosi in modo da impedire la circolazione dei sacelli nutritivi producendo fenomeni di emboli o trombosi come avviene in una malattia delle cucurbitaeee, oppure possono determinare alterazioni chi- miche cioè segregando toxine che uccidono il protoplasma od infine determinano processi istolitici o metamorfici come è il caso più fre- quente e per cui si hanno cancrene, disgregazioni di tessuti, produzioni anormali di gomme, resine, ecc., elaborate dai microorganismi patogeni. Notevole il fatto che i tessuti ammalati anziché reazione acida danno una reazione spiccatamente alcalina ; il che prova che i bacilli patogeni anno la proprietà di cambiare la natura chimica dei succhi vegetali. La classificazione degli schizomiceti parassiti dei vegetali dal punto di vista morfologico non è facile dato il loro frequente polimorfismo, quindi per facilitare la ricerca delle malattie prodotte da questi mi- croorganismi seguiremo un metodo meno scientifico, ma più pratico prendendo come punto di partenza per la loro classificazione gli eflètti che essi determinano sugli organi dei vegetali. Non terremo conto delle malattie batteriche di minore importanza né di quelle prodotte su piante esotiche o su quelle spontanee non essendo nell'indole del presente trattato. Classificazione dei principali batteri parassiti delle piante coltivate. I. Batteri producenti effetti ipertrofici (Batterio cecidi). A. Viventi su organi aerei (rami). 1. Bacillus Oleae (Arc.) Trbv. (Rogna, tubercolosi dell'olivo). 2. Bacillus ampelopsorae, Trev. (Tubercolosi della vite). 3. Bacillus Pini Vuillem. (Tubercolosi del pino). 4. Bacillus Populi, Brizi (Neoplasie del pioppo). 5. Clostridium Persicaetuberculosis, Cavara (Tub. del pesco). B. Viventi su organi sotterranei (tuberi, radici). 6. Bacterium Solarti, Bolley (Tubercolosi delle patate). 7. [Rhizobium Leguminosa!' uni, Frank] (Tubercoli radic. delle leguminose). 72 I PARASSITI VEGETALI : II. BATTERII II. Batteri producenti cancrene, necrosi di tessuti. A. Viventi sa organi aerei. a) Sui fusti, rami, ecc. 8. Bacillus vitivorus, Baccar. (Mal nero della vite). 9. Bacterium Fici, Cav. (Batteriosi del fico). 10. Bacillus caulivorus, Prill. e Delacr. (Cancrena dei fusti di patata). 11. Bacillus traclieipMlus, Smith (Batteriosi delle cucurbitacee). 12. Bacillus Sorghi, Burril (Bruciatura del sorgo). 13. Bacillus vaseularum (Cobb) Migula (Gommosi della canna da zucchero). b) Sulle foglie. 14. Bacillus Gubonianus, Macch. (Batteriosi del gelso). 15. Bacillus Trifola, Vogl. (Batteriosi del trifoglio). 16. Bacillus Apii (Brizi) Migula (Bacteriosi del sedano). 17. Bacillus sp.f (Mosaico del tabacco). e) Su fiori o frutti. 18. Bacillus sp. (Bacteriosi del pomidoro). 19. Bacillus Uvae, Cugini e Macch. (Batteriosi dei grappoli dell'uva). 20. Bacillus Phaseoli, Smith (Batteriosi del fagiolo). B. Viventi su organi sotterranei. 21. Bacillus Betae, Migula (Bacteriosi delle radici di bietola). 22. Bacillus Oryzae, Vogl. (Marciume radicale del riso). 23. Micrococcus sp., Vogl. (Batteriosi delle fragole). C. Viventi tanto su organi aerei che sotterranei. 24. Pseudomonas campestris, Smith (Batteriosi delle Crocifere). III. Batteri producenti effetti metamorfici (Secrezioni particolari, fermentazioni, ecc.). A. Viventi su organi aerei. a) Su fusti, rami, ecc. 25. Bacterium gummis, Comes (Gommosi). 26. Bacillus amylovorus (Burril) De Toni (Necrosi dei rami del pero). I BATTERIOCECIDI 73 [8] (Bacillus vitivorus, Baccar.) (Mal nero della vite). 27. Leuconostoc Lagerlieimii, Ludwig- (Mucosità bianca degli alberi). 28. Micrococeus dendroporthos, Ludwig (Mucosità bruna degli alberi). b) Su semi, frutti, ecc. 29. Micrococeus Tritici, Prill. (Arrossamento delle cariossidi). B. Viventi su organi sotterranei (tuberi, bulbi, ecc.). 30. Bacillus amylobacter, v. Tiegh. (Cancrena delle patate). 31. Bacillus solaniperda, Kramer-Migula (Cancrena delle patate). 32. Bacillus Hyacinthi-septicus, Heinz. (Morbo bianco delle cipolle). 33. Pseudomonas Hyacinthi, Smith (Morbo giallo dei giacinti). 1. — I BATTERIOCECIDI. Le alterazioni causate dagli schizomiceti di questo gruppo con- sistono in ipertrofie a forma di galle o cecidi che si svolgono sugli organi in accrescimento delle piante. Secondo il Vuillemin (1) per effetto della penetrazione di un determinato bacillo nei tessuti di una adatta pianta ospite ed in seguito all'azione del bacillo stesso ed agli scambi nutritivi che si effettuano tra i bacilli e le cellule si produ- cono nei tessuti dei fusti delle iperplasie più o meno considerevoli. La genesi di un batteriocecide può avvenire secondo l'A. in due modi: 1.° gli elementi soggetti all'influenza del bacillo possono in seguito allo stimolo esercitato da questo presentare un eccesso di attività, dividendosi attivamente e dando quindi luogo ad una produzione pato- logica che si può chiamare per eccesso. Questo caso si verificherebbe per es. nella Tuberculosi del pino di Aleppo (Bacillus Pini, Vrn. lemin); 2.° gli elementi sotto l'influenza del bacillo possono invece alterarsi o degenerare e disgregandosi lasciano al loro posto lacune più o meno evidenti. I tessuti vicini sono poi la sede di una iperplasia, ma questi nuovi tessuti che si formano sono più o meno alterati; gli elementi liberiani, i vasi, sono gonfiati, rammolliti e poi distrutti dal batterio. Questo modo di origine di un batteriocecido sarebbe mani festo nel caso della Rogna dell'ulivo (Bacillus oleae, Trev.) i cui tu- (1) P. Vuillemin, Sur la génese des tumeurs baetériennes des végétaux (Bull, d. Séances de la Soc. d. Se. de Nancy, 1889, n. 1, pag. 7). 74 I PARASSITI VEGETALI: II. BATTERII bercoli allo stato adulto si presentano nell'interno più o meno lacunari ed avrebbero quindi origine per difetto, cioè sostituendosi tessuti nuovi ipertrofizzati a quelli andati distrutti dall'azione diretta del microorganismo. Le conseguenze di queste produzioni ipertrofiche sono dannose quando si svolgono negli organi aerei, causando un indebolimento sensibile della vegetazione e della produttività, sulle radici di certe piante (Leguminose) invece si osservano tubercoli radicali prodotti da speciali batteri che riescono vantaggiosissimi alle piante stesse avendo la capacità di fissare l'azoto libero dall'atmosfera e creando così com- posti azotati che la pianta ospite utilizza nei suoi processi di vege- tazione. Recentemente vennero osservati bacilli anche in certi tubercoli radicali della Datisca cannabina L. (Passiflorine) la cui azione non pare patogena e che forse potrebbe essere affine a quelli delle Legu- minose (1). Riservandoci di parlare in ultimo brevissimamente dei Batteriocecidi utili, accenneremo ora a quelli nocivi che si sviluppano su alcune delle nostre più importanti piante coltivate, con conseguenze alle volte non lievi. 4i. BACILLCJS OLEAE (Arcano.), Trevis. N. Udì. Rogna o Tubercolosi dell'ulivo e dell'oleandro, Chiodo del- l'ulivo, ecc. N. stran. Maladie de la Loupe, Gale, Bai-feri enknoten des olbaum'es, Krebsknoten, ecc. Generalità. La malattia è frequentissima in tutte le regioni ove si coltiva l'ulivo, in Italia come in Francia. Tutte le parti della pianta ne possono venir attaccate, ma in special modo i giovani rami, meno frequentemente le gemme, le foglie, le radici, rarissimamente i fiori ed i frutti. L'Arcangeli scoprì per primo il bacillo nei tubercoli dell'ulivo e venne da lui denominato Bacterium Oleae. Il Trevisan lo riportò quindi al g. Bacillus. Da prima questo organismo non venne considerato come patogeno: gli studi di Comes, di Prillietjx e spe- cialmente le ricerche accurate e le esperienze di Say astano (2) sve- (1) Cfr. Trotter, Intorno a tubercoli radicali di Datisca cannabina L. (Bull. Soc. Bot. Ital., 1902, pag\ 50); L. Montemaktini, Sui tubercoli radicali della Datisca cannabina L. (Atti della Accad. d. Lincei, ser. V, voi. XVI, 1.° seni., fase. II, 1906, pag. 144). (2) L. Savastano, Tubercolosi, iperplasie e tumori dell'ulivo. I-II Memoria (Ann. della R. Scuola di Agr. di Portici, 1887). — Id., Il bacillo della tuber- colosi delVulivo (Rend. dell'Acc. dei Lincei, voi. V, 2.° seni., fase. 3). — Id., Les maladies de V Olivier et la tubercnlose en particulier (Paris, 1886), ecc. BACILLUS OLEAE TREV. IO larono chiaramente la natura batterica della malattia. Recentemente è stata riscontrata la stessa malattia e prodotta dalla medesima causa sui rami e sulle foglie del Nerium Oleander dal Peglion (1) nel Niz- zardo e dallo Smith (2) nell'America del Nord. Caratteri esterni della ma- lattia. Sopra i rami giovani si manifestano tumori, da prima piccoli, verdi, lisci superficial- mente, di non grande consi- stenza, in seguito grossi come una nocciuola od una noce o talora anche più, duri, legnosi, irregolari alla superficie ed ivi con anfrattuosita o screpolature spesso molto profonde, di color bruno più o meno intenso (fi- gura 4 : 1-3). Tali tubercoli sono disposti isolatamente ad una certa di- stanza l'un dall'altro od anche avvicinati, ma raramente con- fluenti ed occupanti talora per buon tratto i rami, i quali in seguito a detta alterazione si manifestano indeboliti, impro- duttivi e finiscono per dissec- care, specialmente durante l'inverno. Si à quindi come conse- guenza generale un rallenta- mento nella vegetazione, uno scarso allegamento dei fiori ed una incompleta maturazione dei frutti. I danni che si producono quando le piante siano fortemente colpite dalle Fig. 4. Tubercolosi delVulivo. 1. Giovane rametto di ulivo colla malattia, _. Tubercolo su ramo più vecchio, 3. Tubercoli su radici. 4. Si srione attraverso un giovane tubercolo con lacune piene di zooglee di Bacillu* oleae (originale). (1) V. Peglion, La rogna o tubercolosi del Nerium oleander (Rend. 1J. A.cc. dei Lincei, Roma, 1905, voi. XIV, p. 462-463). (2) Smith, A bacterial disease of oleander: Bacillus oleae (Arc.) Tki:v. (Botanical Gazette, t. XLII, 1906, p. 301-310). 76 I PARASSITI VEGETALI : II. BATTERII formazioni rognose possono anche essere quindi abbastanza conside- revoli. Anatomia patologica e caratteri del parassita. Sezionando un gio- vanissimo tumore si vede che è formato da una massa di cellule di forma varia, alcune con parete maggiormente ispessita. Qua e là si possono notare delle piccole lacune formate dalla distruzione di alcune pareti cellulari; tali cavità sono occupate da zooglee di bacilli (fig. 4 : 4). Sezionando i tubercoli più vecchi si vede che si sono formati nell'in- terno in modo irregolare dei tessuti legnosi, dei noduli di elementi lignificati a parete molto ispessita e qua e là degli strati suberosi che verso la periferia ed in prossimità delle grandi lacune si vanno disgregando. Qua e là, specialmente nelle vicinanze delle piccole lacune, si osservano cellule contenenti numerosissimi bacilli. Questi presentano una forma allungata, cilindrico-arrotondata e all'estremità misurano, secondo il Schiff (1) p- 1,5—4,5 = 0,8. Il bacillo è aerobio, è dotato di un movimento proprio, si trova generalmente isolato, ma in coltura può anche formare delle corte catenelle. Si colora agevolmente coi colori di anilina. Per ottenere buone preparazioni si può ricorrere al metodo della doppia colorazione nel seguente modo. Si collocano le sottili sezioni fatte attraverso un tubercolo, preferibilmente adoperando materiale fissato in alcool, in una soluzione di violetto di genziana o violetto di metile, dopo che le sezioni si sono ben imbevute di colore si passano in alcool a 90° contenente qualche goccia di solu- zione potassica e vi si lasciano almeno per 48 ore: i tessuti così perdono la colorazione violetta acquistata, mentre il colore resta fis- sato ai batteri che spiccano così distintamente. Volendo far spiccare anche il tessuto sottostante, per montare la preparazione in balsamo o in resina Dammar si riportano le sezioni in soluzioni di verde jodio, verde metile, ecc. quindi si segue il metodo ordinario per fare un preparato duraturo (2). Il bacillo isolato dal Savastano si coltiva facilmente nella gelatina e nell'agar-agar producendo colonie rotonde trauslucido-paglierine. Nei mesi d'estate il bacillo è capace di fondere la gelatina, mentre nell'inverno e nella primavera ciò non avviene. La temperatura ottima per lo svi- luppo del Bacillus Oleae varia fra 32-38°. Lo Schiff à potuto ottenere (1) Schiff R., Bakteriologische untersuch. iiber Bacillus oleae (Arc). (Cen- trali), f. Bakter. und Parass., II, Bd. 12, 1904, p. 217). (2) Voglino P., La rogna dell' ulivo, Torino, 1892. — Id., Patologia Vege- tale (N. Encicl. Agr. Ital., Torino, p. 46). BACILLUS OLEAE TREV. 77 in colture di bacilli a 37l la formazione delle spore che pare non si t'ormino in natura nei tubercoli: tali spore misurerebbero n- 1,5 = 1. Secondo recenti studi però le forme di bacilli isolate e descritte da Savastano e da Schiff-Giorgini non corrisponderebbero ai veri agenti patogeni della tubercolosi dell'ulivo. Sull'identità del micro- organismo della rogna sono stati fatti nel 1905 studi per opera di E. F. Smith (1) e nel 1907 di L. Petri (2) i quali proverebbero esau- rientemente che i bacilli osservati dai diversi autori che li isolarono e studiarono non sono identici. Intanto la forma descritta dal Sava- stano corrisponde in gran parte aìYAscobacterium luteum Babés clic non è l'organismo produttore delle iperplasie, ma che si trova fre- quentemente consociato al vero bacillo patogeno al quale solo si deve la produzione delle alterazioni già ottenute dal Savastano mediante inoculazione di colture del bacillo da lui osservato, evidentemente im- pure. IP A. luteum produce colonie bianche poi gialle, fonde lentamente la gelatina e non forma spore. Venne pure dal Peglion constatato nella tubercolosi dell'oleandro di cui però neppure è la causa. Anche il Baciìlus Oleae descritto da Schiff non è il vero agente patogeno : esso produce colonie bianche, fonde la gelatina e sporifica. La vera specie tubercoligena secondo Petri è quella isolata da E. Smith che è formata da bastoncelli mobili, con molte ciglia alle estremità, non riuniti in filamenti, non fondenti la gelatina ne producenti spore. Petri esperimentando con queste tre specie di bacilli che isolò accuratamente potè solo ottenere la riproduzione della malattia ino- culando la forma dello Smith. Il Savastano è riuscito per primo a riprodurre la malattia in ulivi perfettamente sani inoculando nei rami un po' di liquido in cui aveva sciolto culture del microorganismo. Si formano così colonie presso la zona cambiale, attorno ad esse si produce poco a poco una iperplasia che aumenta coll'aumentare delle colonie. I tumori nascono in primavera, il loro sviluppo si arresta nell'estate per riprendersi poi durante l'au- tunno. È stato constatato che il bacillo non penetra nei tessuti del ramo se non vi è qualche piccola ferita o lesione superficiale che ut' agevoli l'ingressso, non essendo capace direttamente di perforare la cuticola o le pareti suberose del tessuto tegumentale. Secondo Sciiiff- (1) Smith E., Some observations on the biology of the olive-tubercle organi*m (Centralo, f. Bakteriol. Abth. II, Bd. XV, 1905; pag. 198-200). (2) Petri L., Untersuchungen iiber die Mentitili des Kotzbacillus dea Oel- baumes (Centralbl. f. Bakter., II, Bd. XIX, 1907; pag. 531-538). 78 I PARASSITI VEGETALI : II. BATTERII Gioegini (1) il bacillo da lui isolato sarebbe capace di segregare atnilasi che agisce sull'amido contenuto nei rami della pianta onde riesce singo- larmente dannoso. L'organo colpito cerca di limitarne la diffusione colla formazione di sughero e di trilli, inoltre pare che le cellule vive dei tes- suti che si trovano ad una certa distanza dai centri di infezione conten- gano sostanze capaci di esercitare azione quasi tossica sul bacillo. Cause che favoriscono lo sviluppo della malattia. Il Sav astano le distingue in due gruppi: 1.° Cause occasionali, dipendenti dall'am- biente esterno; 2.° Cause costituzionali dipendenti dalla natura delle piante. Le cause occasionali vengono divise in: esterne, meteoriche, trau- matiche. Fra le prime egli considera la fertilità del suolo, la troppa irrorazione e la soverchia concimazione, quali condizioni che possono favorire lo sviluppo di tessuti troppo ricchi di succhi e meno resi- stenti, perciò più facilmente abitati e danneggiati dal parassita; fra le cause meteoriche il gelo, l'umidità e la grandine, che possono pro- durre screpolature, intaccature alla superficie dei rami o creare nel- l'ambiente condizioni favorevoli allo sviluppo del bacillo; fra le trau- matiche sono a considerarsi i tagli abbondanti, le ferite operate sulle piante nella pratica riprovevole e pur in tanti siti usata di raccogliere le ulive colle pertiche, le lesioni determinate dagli animali, ecc., ecc. che agevolano l'ingresso del parassita, il quale come si sa non rie- scirebbe a penetrare senza che trovi una qualche piccola soluzione di continuità nei tessuti esterni. Considera poi come cause costituzionali la naturale predisposizione che anno certe varietà di ulivi all'attacco del batterio. Le varietà più gentili e quindi migliori per prodotto ed anche più abbondanti di frutto sono le più deboli, le più attaccate, le varietà che si avvi- cinano di più al tipo selvatico sono più rustiche, più resistenti. Xegli ulivi coltivati la Eogna è frequente nella proporzione di 50 piante su 100, mentre nei selvatici la percentuale arriva appena all'I per 100. Le varietà più deboli secondo il Savastano sarebbero le seguenti: in Calabria: l'Amara, l'Acinina, la Eitunnella; nel Barese: la Baresana e Cellina; nel Leccese: la Cornolara e la Pasola; in Toscana: la Correggiola ed il Gentile. (1) Schiff-Gtorgini, in Centr. f. Bakter. Paras. u. Infektionskrankh., 1905, XV, pag. 200-211). BACILLUS OLEAE TKEV. 79 Mezzi (li difesa, a) Cure preventive. Sono da preferirsi non essendo cosa facile quando la malattia si sia sviluppata il poterla combattere. Queste consistono in adatti metodi colturali ed in speciali misure profilattiche da seguirsi rigorosamente nei piantamenti, nel raccolto, nelle operazioni di potatura. Anzitutto nel fare degli allevamenti «li ulivi bisogna prelevare le talee da piante sanissime, meglio poi se si possono ottenere le piante da seme. Xel fare i piantamenti in sito. le piantine debbono essere collocate a distanza, considerando che quando esse abbiano raggiunto il loro massimo sviluppo non abbiano a toc- carsi colle fronde in modo tale da intercettare la luce e da impedire la libera circolazione dell'aria, condizioni queste sempre favorevoli allo sviluppo dei batteri. Si deve applicare alle piante una potatura moderata, avvertendo di adoperare sempre dei ferri ben puliti, uè imbrattati di terra, coll'avvertenza quando cogli stessi ferri si siano amputati rami rognosi di passarli, prima di tagliare le parti sane, su una fiamma o di immergerli in una soluzione di solfato ferroso per disinfettarli. Abolire la pessima usanza di percuotere gli ulivi colle pertiche nella raccolta dei frutti. Gli ulivi nati da seme si possono innestare con varietà più resistenti, ad es., il Maremmano ed il Leccino. b) Mezzi curativi. I metodi di guarigione non anno semine buoni risultati quando la malattia sia già molto avanzata, sono però efficaci quando si usino tosto all'inizio della malattia. I rami tubercolosi piccoli debbono essere asportati via fino alla parte sana: i tumori rognosi sviluppati sui rami più grossi e che sono ancora vigorosi si debbono asportare con un coltello assai tagliente: la ferita così determinata dev'essere però tosto lavata con una sostanza antisettica, p. es., con solfato ferroso al 50 °/0 oppure con acido fenico al 5-6 °/0, quindi si dovrà intonacare per metterla al riparo dalle influenze esterne con un qualche mastice, con cera, pece, catrame, ecc. Sono stati proposti alcuni mastici speciali a base di sterco vaccino, per es., l'unguento di Saint-Fiacre formato da un terzo di sterco vaccino e due terzi di argilla pura più urina e sale e l'unguento Forsytto così composto: Gesso . Kg. 0,50 Cenere di legna » 0,50 Sabbia silicea » 0,60 Sterco di vacca » 1,00 Queste miscele offrono però l'inconveniente oltre di essere niente affatto antisettiche di screpolarsi facilmente colla siccità e «li scio- gliersi colle pioggie: quindi serve molto meglio il catrame, oppure si può applicare sulla ferita come si usa in alcune località della Francia I PARASSITI VEGETALI: II. BATTERI! un pezzo «li foglio di stagnola che si lega per bene eon spago o filo di ferro attorno al ramo, avendo poi cura di levarlo quando la ferita 8i saia rimarginata. Buoni mastici sono i seguenti: I. Mastice a caldo (Formula Cavazza): Cera vergine gr. 500 Vasellina » 500 Sego » 50 In un piccolo recipiente si tanno sciogliere a caldo la cera vergine e la vasellina poi si aggiunge il sego: il recipiente dev'essere tenuto a bagno maria alla temperatura di 50°-G0° per fare l'applicazione sulle ferite del mastice mediante un pennello. II. Mastice a freddo: Cera gialla . gr. 500 Terebentina vischiosa » 500 Pece bianca . » 250 Sego . . » 100 Fondere il tutto a fuoco lento, rimescolare e versare nell'acqua fredda: si imitasti eliminando l'acqua e si applichi il mastice riscal- dandolo leggermente fra le dita se troppo compatto. 'l'ali miscele sono perfettamente asettiche, aderiscono molto bene e non vengono asportate dagli agenti meteorici. 5 2. P. AC I PLUS AMPELOPSORAE, Trevisan. \. Ital. Rogna o Tubercolosi della Vite, Ipotiposi, Roviglione. \ . stran. Broussins, Exostoses, Fongosités, Rande, Kreps, Grimi, l'iih i rl:ula dell'amido, imbevuto di tannino. Secondo il Bacoarini l'opinion. ■ più probabile è quella del Coppola: queste materie ulmi che accumulate negli elementi del parenchima legnoso sarebbero ac compagnate e precedute dalla diffusione di materie tanniche dal succo llulare degli elementi uccisi in quelli circostanti. Nei meati inter- cellulari, nei vasi, nelle cellule della zona cambiale si trova poi una abbondante mucilaggine l'ormata dalla disorganizzazione del plasma, dell'amido e delle pareti cellulari. Tale mucilaggine contiene tannino e albuminoidi, appare al microscopio finamente granulosa '. Comi 3, Recenti studi sul Mal nero o gommosi della vite (Atti del Regio l-ii!. di incoraggiamento di Napoli, serie 4.a, voi. VII, n. 9, 1894). BACILLUS VITIVORUS BACO. 93 per la presenza di una quantità enorme di microrganismi, bell'in- terno dei grossi vasi si nota uno sviluppo anormale di tilli che ostrui- scono la cavità stessa. Eziologia. Intorno alla natura di questa malattia ed alle proba- bili cause, prima delle ricerche del Baccarini si ebbero le idee più diverse e si diedero le spiegazioni più disparate benché già alcuno dei primi autori avesse segnalato la presenza di batteri senza però attribuir loro la causa della malattia. Le prime osservazioni fatte con criterio scientifico atte ad inda- gare l'origine della malattia vennero eseguite nel laboratorio Critto- gamico di Pavia dai Proff. Garovaglto e Cattaneo nel 1878 (1) e por- tarono alla scoperta della mucilaggine riempiente la cavità dei vasi, di vescichette del diam. di p- 30 che erano poi i tilli e di batteri copiosamente sviluppati nella mucilaggine stessa. Gli autori però non soffermano affatto la loro attenzione su questi microrganismi che con- siderano come saprofiti e concludono che la malattia non è di natura parassitaria né prodotta da soverchia umidità, ma dipendente proba- bilmente da alterazione nel processo di nutrizione. Il Cugini più tardi (1881) pur ammettendo le conclusioni di Garovaglio e Cattaneo è di opinione che la malattia in certi casi possa anche originarsi paras- siticamente e ne attribuisce la causa a due funghi la Sphaeropsìs PecTciana Thùm. ed al Phoma vitto Bon. (2). Il Pirotta (1882) du- bita pure che la malattia sia parassitaria e ammette come causa pro- babile lo sviluppo di certe rizomorfe che aveva osservato su radici di vite affette dal mal nero. Il Comes crede ad una degenerazione gommosa per malsanie radicale; identifica la malattia a molte altre alterazioni (Clorosi, Antracnosi, marciume, gommosi della vite e di altre piante legnose) che avrebbero la stessa origine cioè umidità del suolo, sbalzi di temperatura subitanei e forti (3), Viala (1893) com- prende la malattia in quelle non di natura parassitaria ed espone il dubbio che possa avere analogia colla Brunissure e col mal della California. Pierce riconfermerebbe l'analogia del mal nero col mal della California, Harttg- la crede una conseguenza del marciume radicale, Pollacci pensa ad azioni traumatiche dovute ad un insetto... (1) S. G-arovaglio ed A. Cattaneo, Studi sulle (laminanti malattie dei vi- tigni, Milano, 1878. (2) Cugini, Eicerche sul Mal nero della vite, Bologna, 1881. (3) Comes, Il Mal nero o la (/orninosi nella, vite ed in qualsiasi altra pianta legnosa (Atti del R. Istit. di incoragg. alle Se. Nat., ecc., Napoli, 1887). 1 PARASSITI VEGETALI! II. BATTERII ,e ., \,,i.' una quantità di cause sono state invocate senza dar nel segno. Il Baccaeinj (1) nel 1893 dimostrava la costante presenza dei bacilli osservati da Gaeovaglio e Cattaneo nella mucilaggine dei vasi e oei tilli (fig. 7:1. Egli isolò e coltivò il bacillo in linfa gelatinizzata <• ut-i mosto »li vino -.-latinizzato ottenendo delle colture pure del mi- crorganismo che egli battezzò Bacillus vitivorus. 11 batterio e mobile, cilindrico con estremità arrotondate, misura l.;, - o.:». si colora facilmente coi colori di anilina, è capace di fondere la gelatina colorandola in bruno. Il Macchiati (2) in ulte- riori studi tatti sulla biologia «lei bacillo che egli denomina Bacillus Baccarinii dedicandolo all'egregio scopritore, ne chiarisce le proprietà, il cirlo biologico e dimostra che la temperatura ottima cui si sviluppa tra i 4- 23 e i + 25 centig., la temperatura minima scende ai + 9, la massima sale lino a + 40. Il bacillo sarebbe specie anaerobica. Il E$A< i akim riuscì a riprodurre la malattia coll'inoculazione del bacillo. l.a malattia si propagherebbe attraverso le ferite aperte colla pota- tura per le quali il bacillo riesce a penetrare nel legno e a diffon- dersi dall'alto in basso. Anclic Peillieux e Delacroix (3) riconoscono gli stessi bacilli nella -liminosi bacillare da loro studiata che identificano al mal nero, all'.l ni» i -iitii/r estendendone la causa alla Dartrose, alla Gélivure ed al Roncet. Ravaz (4) descrivendo la malattia della vite dell'Isola d'Oléroo dimostra che e di natura batterica e riscontra pure i batteri nei vasi benché la creda diversa dal mal nero, cosa che in realtà Don e poiché dalle figure e dalla descrizione risulta identica. Comes trova pure nei vasi delle viti aft ette dal mal nero il bacillo che iden- tiliea al su.» BacUlus nummi* benché non sia propenso ad attribuirgli un'azione parassitaria credendo la malattia dovuta a sbalzi di tem- peratura. SOEAUEB (5) trattando della gommosi bacillare e del Roncet din- che queste malattie si presentano con caratteri molto simili al Baci irini, 1. e. u m vii. Ueb. il. Biologie dee Bacillus Baccarinii Macch. (Centralini. Parasit. and Inf.kt. Zweit. Abth., IV Band, 1898, p. 332). \ « i Delacroix, La gommose bacillaire des vignes (Ann. de l'In- . XIV, 1895). '//' maladie bactenenne u!l><> di giacinto amma- lato. 2. Dna squama dello stesso. :t. Foglia alterata. 4. Pseudomona» Hyacinthi; a. da bulbi, b. da coltine (da E. F. SMITH). 116 I PARASSITI VEGETALI : II. BATTERII si scorgono molte macchioline gialle che corrispondono alle striature le quali poi rappresentano i fasci libro-vascolari pieni di ima sostanza mucilagginosa gialla che sgorga alla superfìcie di sezione (li g. 11: 1-2). Più tardi il bulbo si rammollisce e si putrefa. Caratteri interni ed eziologia. Le regioni anatomiche ove si ma- nifesta l'alterazione sì nelle foglie, come negli steli fiorali, come nelle tuniche del bulbo, corrispondono ai fasci fibro-vascolari: nei vasi si trova una quantità grande di mucilaggine gialla che ne riempie il lume e che invade poi i tessuti vicini per la corrosione operata dai microorganismi che in numero sterminato si trovano nella mucilaggine. 11 Wakker (1) che studiò la malattia in Olanda negli anni 1883-1888 scoprì per primo il batterio causa dell'alterazione che egli denominò Ba- ciììus Hyacinthi. Presenta la forma di piccoli bastoncini colle estremità arrotondate e misura da v-. 2,5 = 0,5 — 1. Secondo Wakker il batterio sarebbe immobile nella mucilaggine, ma presenterebbe uno speciale movimento facendo passare nella preparazione del bacillo vivo una soluzione al 0,75 °/0 di cloruro di sodio. La sua azione consisterebbe nel produrre corrosioni cellulari e sviluppo della caratteristica mucil- laggine giallognola. Lo Smith nel 1901 (2) à completato gli studi del Wakker illu- strando con nuove esperienze e ricerche i caratteri del parassita e le sue proprietà parassitarie. Prove di infezione col bacillo di Wakker sono perfettamente riuscite riproducendo la malattia con tutti i suoi caratteri. Secondo le osservazioni dello Smith il bacillo nelle giovani colture presenta ad una delle estremità arrotondate un ciglio abbastanza lungo per mezzo del quale compie speciali movimenti (fig. 11: 1). Asso- miglia per forma allo Pseudomonas campestris e Ps. phaseoli pur studiati dallo stesso autore che comprende nel medesimo genere pure la pre- sente specie per i caratteri ricordati. Forma delle piccole colonie, nei mezzi di coltura solidi, rotondeggianti e di color giallo, in vecchie colture ricche di zucchero i bacilli possono allungarsi in filamenti lunghi fino a n. 50 — 100. La malattia si trasmette facilmente per contatto ed è eminente- mente contagiosa, specialmente se favorita da condizioni costanti di umidità del suolo. (1) Wakker, La maladie da jaune, ecc. (Arch. néer. d. Se. ex. et uat., XXIII, 1889, p. 1). (2)E. F.Smith, Wakker'1 s Hyacinthi Germ [Pseudomonas Hyacinthi [Wakker]) (Bull. n. 26 U. S. Depart. of agricult. Division of Veget. Pbys. and. Patii., Washington, 1901). GENERALITÀ SUGLI EUMICET1 117 Come mezzi di cura oltre quelli già indicati pel marciume bianco, vengono applicati inoltre l'accurata selezione dei bulbi da mettere nel terreno, il lavaggio dei bulbi stessi in soluzioni di solfato ferroso od in soluzioni diluite di solfato di rame, passandoli poi momentaneamente in latte di calce perchè le proprietà venefiche del solfato di rame non abbiano a danneggiare lo sviluppo dei giacinti. CAPITOLO III. GLI EUMICETI. Generalità. Gli eu mie e ti od i foni ice ti (in senso largo) costitui- scono i veri funghi e si distinguono dai mixomiceti e dai batteri per una maggiore differenziazione del loro corpo vegetativo o tallo e per la distinzione che esiste nella maggioranza di essi fra sistema ve- getativo e sistema riproduttivo. Nei mixomiceti il tallo è semplicissimo: una massa di plasma: su di esso si possono differenziare speciali organi di riproduzione asessuale; nei batteri il sistema vegetativo formato da una semplice cellula minutissima non si differenzia dal sistema riproduttore: quest'unica cellula vegeta, si riproduce e si moltiplica producendo internamente spore o segmentandosi direttamente. Nei funghi, salvo qualche eccezione (fra i Chitridiacei, gli Emiasci, ecc.), il sistema vegetativo è ben sviluppato e da esso si svolgono gli organi di riproduzione la cui localizzazione nei funghi più elevati è riservata a speciali corpi fruttiferi che prendono origine dal tallo. Come i mi- xomiceti ed i batteri, gli euniieeti sono sprovvisti di clorofilla, quindi non possono mai avere vita autoctona assimilando dall' atmosfera il carbonio e formando direttamente sostanza organica, ma il loro sviluppo non può effettuarsi che in ambiente speciale ove essi pos- sano trovare il materiale necessario per la loro vegetazione. Quanto alla derivazione degli ifomiceti i più. ammettono che derivino da alghe specialmente del gruppo delle cloroficee in cui è avvenuta, per un feno- meno di adattamento a modo speciale di vita, la graduale scomparsa della clorofilla. Contro questa opinione si elevano alcuni moderni mico- logi che come il Dang-eard (1), il quale si è fatto propugnatore di una teoria nuova sulla filogenia dei funghi, sostengono che gli itomi- ceti costituiscono un gruppo naturale, monofiletico che non è affatto (1) Dangeard, Les aneétres des champignons supérieurs (Le Botanista IX, sèrie 3.a, fase. 3-6, p. 158-303). 118 I PARASSITI VEGETALI: III. ECMICETI derivato dalle alghe, ina di queste è più antico. L'assenza della clo- rofilla, secondo il Dangeard, indicherebbe invece l'antichità della Fig. 12. Sistema vegetativo dei funghi. Micelio ad ife continue (Macor). 2. Micelio ad ife articolate {Penieillium). 3. Micelio esogeno con anstorio (Oidium). 4. Micelio endogeno intercellulare con austori globosi (Cystopiis). 5. Id. con austorio ramificato (Peronospora calntheea). 6. Cordoni rizoniorfici (Armillaria). 7. Sezione longit. di rizomorfa. 8. Sclerozio ed apoteci (Sclerotinia). 9. Sezione trasv. di porzione di sclerozio {id.) [da De Bary, Zopf. Peillieox. etc. ed originali]. loro origine, anteriore alla prima apparizione del pigmento clorofilliano. Non entreremo certo a discutere la maggiore o minore attendibilità di questa nuova teoria. GENERALITÀ SUGLI EUMICETI 119 Sistema vegetativo dei funghi. Il tallo dei funghi dicesi micelio. Esso è formato da filamenti, raramente semplici, ordinariamente più o meno ramificati che si dicono ife. Le ite del micelio sono costituite o da una sola cellula tubiforme poco o molto ramificata oppure risultano di diverse cellule filamentose, di modo che possiamo distinguere delle i fé continue od unicellul ari (tig. 12: 1) e delle ife settate o pluri- cellulari od articolate (fig. 12: 2). Si distinguono inoltre col nome di ife vegetative quelle che in condizioni ordinarie non producono organi di riproduzione, ma costituiscono solamente il sistema vegetativo e di ife fruttifere quelle che si differenziano più o meno e servono per sostenere o contenere gii organi di riproduzione. In certi funghi semplicissimi, oppure in certi stadi i alcuni funghi non presentano un micelio evidente e non risponderebbero quindi al carattere fondamentale degli ifomiceti se per ragioni di affinità e per modo di sviluppo non si riattaccassero ad altre forme di funghi mice- lici. La presenza di un micelio ad ife continue rappresenta nei funghi un carattere di minore differenziazione e troviamo precisamente talli così costituiti nei funghi meno evoluti, mentre nei funghi superiori generalmente il micelio è ad ife articolate. Tali cellule tìlamentose o tubiformi che costituiscono le ife presentano naturalmente tutte le parti essenziali delle cellule ordinarie, cioè: membrana, citoplasma, nucleo e speciali contenuti. La membrana delle cellule dei funghi si presenta nella maggioranza dei casi jalina, non di rado però può avere colori di versi, cioè: bruno, giallo, roseo, rarissimamente altre colora- zioni. Essa è resistentissima e più della membrana delle cellule dei vegetali superiori resiste all'azione di certi reattivi chimici tendenti a scioglierla od a disgregarla. Non è quindi formata di cellulosa pura, ma di una miscela di cellulosa e callosi cui si dà il nome di micocel- lulosa. Oltre alle sostanze suddette nella membrana dei funghi si può trovare pure la granulosa e secondo le ricerche di Gilson anche la chitina e la »ticosina. Il plasma si presenta per lo più jalino, rifrangente, granuloso, omo- geneo nelle ife giovani, quindi riccamente vacuolare: esso contiene una quantità grandissima di acqua. Molto spesso nella massa plasmatica si osservano delle goccioline oleose che spiccano per la loro speciale rifrangenza: nei vacuoli si possono trovare qualche volta anche dei cristalli di ossalato di calcio o di altre sostanze, del glicogene, del latice (es. nel g. Lactarius). Nel citoplasma si possono osservare, mediante speciali colorazioni, il nucleo od i nuclei perchè sovente si trovano in parecchi per ogni 120 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI cellula dell'ifa. Iu tali nuclei vennero osservati processi
  • PHYTOPHTHORA INFESTANS DE I5ARY 165 Il che dimostra che quanto più superficiali sono i tuberi tanto più facilmente possono contrarre la malattia perchè i conidì che cadono dalle foglie sul terreno o le zoospore che su questo da essi si formano riescono facilmente ad attraversare il sottile sfiato ed a produrre infe- zione. L'infezione può avvenire anche dopo l'estrazione dei tuberi dal terreno, specialmente quando essi si dissotterrano nel periodo in cui la parte aerea colpita dal fungo non è ancora completamente dissec- cata, di modo che i conidì possono trattenersi sui tuberi umidi che portati in magazzini non tròppo sani o poco aerati possono così con- trarre la malattia. Conservazione dei germi del parassita. A differenza di quello che avviene nella grande maggioranza delle Peronosporacee, la Ph. in/e- stans manca della riproduzione sessuale: in nessuna delle matrici mi cui essa può svilupparsi sono state trovate delle oospore. Lo Smith (1) erroneamente credette di averle scoperte, scambiando le pretese oospore della Phytophthora con quelle di una specie di Pythium che talvolta l'accompagna. La mancanza della sessualità è dovuta probabilmente ad un fenomeno di adattamento. Le oospore non sono necessarie per la conservazione della specie che potendo vivere in organi succosi, perennanti allo stato miceliale riesce così ad attraversare il periodo critico dell'inverno nelle migliori coudizioni. De Bary à dimostrato precisamente che il micelio è capace di conservarsi nell'inverno nei tuberi sviluppandosi poi nelle nuove piantine che da essi derivano, se messi in terreno, nell'annata successiva. Un tubero parzialmente infetto e collocato nel terreno emette in corrispondenza degli occhi o gemme che poggiano su un punto am- malato germogli che. date le condizioni favorevoli di ambiente, non tardano a ricoprirsi di conidiofori e quindi di conidì. Se questi ger- mogli sono deboli e non riescono ad allungarsi fuori del terreno, anche in questo si producono gli organi di riproduzione e quindi le zoospore che infettano il suolo: se invece i germogli sono vigorosi la forma- zione dei conidiofori e conidì avviene all'esterno, nell'aria e si possono così diffondere ai germogli sani delle piante vicine. Come si vede dunque l'infezione primaverile dipende da tuberi ammalati che sono stati portati nel terreno e da cui si sono svilup- pati germogli infetti che anno diffuso i germi del fungo. I giovani getti di patate infette si riconoscono facilmente perchè presentano (1) W. Smith, The resting spores of the Potato disease (Gardener's chro- nicle, 1875). 166 T PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI delle linee longitudinali brune in corrispondenza alle quali si mani- festa poi una delicata lanuggine bianca, costituita dai conidiofori. In casi di forti infezioni primaverili i teneri germogli così colpiti avviz- ziscono e disseccano. Danni. Nei primi anni della sua comparsa in Europa cioè dal 1840-1850 la malattia apportò danni gravissimi ed in alcune località una vera carestia. In Italia si ricordano forti infezioni sulle patate e danni gravissimi al raccolto nel 1878 in Lombardia, nel 1881 nel Na- poletano ed in Toscana, nel 1881 nell'Avellinese, in provincia di Bo- logna, di Piacenza, ecc., nel 1887-1891 in Piemonte ed altrove; sui pomidoro sono notevoli le infezioni del 1881 nel Bolognese, Piacen- tino, Bellunese, nel 1885 nei dintorni di Roma, di Campobasso, di Avellino, nel 1889 nelle Provincie di Cuneo e Savona, ecc. Se la ma- lattia si sviluppa per tempo cioè nel giugno-luglio i danni sono assai rilevanti poiché col disseccamento della parte aerea i tuberi riman- gono piccoli ed il raccolto è in gran parte perduto: se la malattia si sviluppa in autunno i danni sono un po' meno sensibili benché, se l'infezione è forte, i tuberi ne risentano notevole danno poiché pur avendo raggiunto il loro completo accrescimento tuttavia vengono alterati sia nel terreno che in magazzino e vanno soggetti alla can- crena secca, per cui le patate perdono immensamente di valore. Metodi di cura. La pratica ci suggerisce diversi mezzi profilattici atti a prevenire l'infezione che si possono compendiare nei tre seguenti: I. Scelta di varietà di patate più resistenti. IL Pratiche colturali adatte. III. Uso di sostanze anticrittogamiche. I. — Scelta di varietà più resistenti. Questa applicazione deve solo adottarsi entro certi limiti. Nessuna varietà di patate anche assai rustica presenta una resistenza completa, una assoluta immunità di fronte alla malattia. La parte aerea, cauli e foglie, è quasi egualmente attaccata in tutte le varietà, quando naturalmente siano eguali le con- dizioni esterne che favoriscono lo sviluppo del fungo. La resistenza all'infezione sta nei tuberi poiché vi sono delle qualità di patate che o per epoca di maturanza o per maggiore spessore del periderma sono molto meno danneggiate. Osservazioni fatte dal Rostrup, dal Sorauer, da Girard, ecc. dimostrano che le varietà Magnum bonum, RicMer's Imperato)-, ({('ante Mene, Gleason, Aurelia, Athénes, Bruce, Farmer, Champion, ecc. sono le meno attaccate. La varietà più di tutte resistente in Danimarca, in Germania, in Inghilterra, in Francia sarebbe la Magnum bonum. PHYTOPHTHORA IXFESTANS DE BARY 167 Le varietà più gentili, più delicate, a buccia sottile chiara o bluastra ed a polpa bianca sono naturalmente le più attaccate, le varietà più ricche in amido, più rustiche a buccia più spessa e tardive anno in- vece un grado elevato di resistenza. Secondo Bltchner le infezioni primaverili-estive danneggiano specialmente le varietà più precoci perchè in quell'epoca si trovano in rigoglioso sviluppo, le varietà tar- dive sono molto meno attaccate in quest'epoca nella parte aerea, queste però soffrono maggiormente le infezioni autunnali che danneggiano i tuberi. II. — Metodi adatti (li coltivazione. Anzitutto bisogna aver cura nel piantamento dei tuberi di scartare tutti quelli che presentano macchie scure sulla buccia e nella polpa e quindi di affidare al terreno solamente quelli sani. È questa la prima precauzione che bisogna avere se si vuol evitare di introdurre dei germi del fungo nella col- tivazione. Il terreno ove si fa la semina dev'essere ben lavorato, aerato, asciutto, leggero, ben drenato. I tuberi debbono essere sotterrati ad una debita profondità in modo che sovrasti ad essi almeno uno strato di 12-15 centina, di terreno. Quando i nuovi tuberi sono in via di formazione e di accresci- mento bisogna osservare che il loro sviluppo non avvenga troppo su- perficialmente, nel qual caso è conveniente operare leggere rincalzature al piede delle piante in modo da ricoprirli di quello strato di terra necessario perchè i conidì o le zoospore che eventualmente possono cadere dalle foglie non siano capaci di infettarli. Tale operazione na- turalmente si deve fare prima che i conidì siano comparsi sulla pa- gina inferiore delle foglie: si deve eseguire una diecina di giorni prima della fioritura od anche dopo di questa, mai durante essa; non bisogna esagerare però nel rincalzarli troppo abbondantemente, poiché lo strato di terreno sovrastante troppo elevato potrebbe produrre degli inconve- nienti. Tale strato dovrà avere uno spessore di 20 cm. circa dal li- vello del terreno. È stato osservato da Petermann, da Wollny, ecc.. che una troppo forte rincalzatura impedisce la penetrazione dell'acqua fino ai tuberi e quindi se la stagione è poco piovosa essi soffrono, rimangono piccoli ed il raccolto è scarso ed insufficiente. Alcuni con- sigliano per prevenire lo sviluppo della peronospora nei tuberi nel caso di infezione sulla parte aerea di falciare questa, allontanandola dai coltivati. È facile immaginare che questa operazione fatta nel periodo in cui le patate sono in accrescimento riesce ad esse dannosa poiché i tuberi si arrestano nel loro sviluppo e rimangono piccoli ed il raccolto così riesce molto meschino e molto meno remunerativo forse se si 168 i parassiti Vegetali : in. kumiceti fosse lasciata la parte aerea, nonostante la presenza della peronospora. Nei luoghi fortemente ed annualmente colpiti dalla peronospora è bene sospendere per qualche tempo la coltura sì delle patate che del pomidoro. Jbnsen (1) basandosi sulle esperienze fatte, dimostranti la poca resistenza del micelio della Phytophthora a temperature anche non molto elevate (+ 35°, + 40°), consiglia la disinfezione dei tuberi da seme collocandoli in un forno con temperatura oscillante fra i + 40" ed i 43° oppure in un recipiente di latta che viene tuffato in un serba- toio con acqua a 48 -50° e tenuto per circa quattro ore. Questa tem- peratura è affatto innocua alla germinazione dei tuberi anzi pare che la agevoli: il micelio verrebbe invece rapidamente distrutto. L'opera- zione può dare buoni risultati quando si faccia la coltivazione in un suolo vergine della malattia in cui si è sicuri che nessun germe del fungo vi può essere capace di diffonderla e di infettare i tuberi così sterilizzati. Uso di sostanze anticrittogamiche. Queste possono applicarsi tanto ai tuberi prima di metterli nel terreno come alle piante che da essi si svolgono per prevenire lo sviluppo del fungo. Il loro uso rappre- senta sempre uno dei migliori mezzi di difesa contro la temuta ma- lattia. Il lavaggio dei tuberi con soluzioni anticrittogamiche venne esperimentato e consigliato da qualche autore sia per i tuberi cbe debbono servire per la semina, come per quelli che dopo la raccolta si debbono collocare nei magazzini. Per i primi venne consigliata la immersione in poltiglia cuprocalcica al 2 °/0 di solfato di rame e di calce, per gli altri che debbono servire per l'alimentazione, lo spruz- zamene con calce spenta, lasciandoli poi asciugare all'aria prima di collocarli in magazzino. Il Laurent (2) inzuppò delle patate sia in- tere che tagliate per circa 20 ore in una soluzione al 2,5 per mille di solfato di rame, quindi dopo averle superficialmente lavate le coprì con foglie ammalate di Phytophthora : potè constatare che il tratta- mento non aveva alcun risultato perchè i tuberi vennero colpiti nella stessa intensità di quelli che non avevano subito razione del sale di rame. Questo metodo quindi non può servire come mezzo preventivo. Una poltiglia che invece formi una crosta aderente all' esterno dei (1) Jexsen, Moyens de combattre et de détruire le Peronospora de la pontine de terre (Meni, de la soc. nat. d'Agi., CXXI, 1887). (2) Laurent, Le trempage des pommes de terre dans le sulfate de cuivre (Progr. agr., XX ami., n. 39, p. 444, 1903). PHYTOPHTHORA INFESTANS DE BARY 169 tuberi e la cui azione si continui nel terreno avrà certo una mag- giore efficacia. Risultati ottimi invece si ottengono trattando con soluzioni o pol- tiglie cupriche la parte aerea delle patate e dei pomidoro, prima che la malattia abbia fatto la sua comparsa. Dal 1885 si usano in Francia poltiglie, soluzioni, polveri a base di sali di rame: oggidì tali sostanze sono ovunque impiegate con ottimo successo. Esperienze fatte da So- rauer in Germania anno dimostrato che coi trattamenti fatti alla poltiglia bordolese la percentuale dei tuberi ammalati che nelle piante non trattate saliva fino al 55-70° 0, discendeva fino all'I °/„ ! Pkunbt (1) cita le esperienze assai dimostrative fatte in Svizzera dal WTSS su una coltivazione di patate della qualità abbastanza re- sistente: la Richter's Imperator. Una parte della coltivazione venne assoggettata a tre trattamenti con poltiglia bordolese, un'altra parte non venne trattata. Dalla prima si ottennero 110 quintali di tuberi contenenti 22,4 °/0 di amido, dalla seconda 80 quintali con appena il 15,2 °/0 di amido. I risultati però non sarebbero sempre così soddi- sfacenti secondo alcuni osservatori come il Sorauer (2), Sempo- lowski (3), ecc.; in seguito ai trattamenti cuprici si verificherebbe talora o nessun aumento sulla quantità e qualità del prodotto od anche una più o meno sensibile diminuzione. Parisot (1) à consta- tato che mentre le varietà precoci trattate colla poltiglia borghignona aumentarono il prodotto fino al 22 ed al 50 °/0> le tardive davano solo un profitto del 7 °/0 e che alcuna varietà come la Richter's Imperator poteva talora subire anche una diminuzione del prodotto del 21 " „. Siccome coi trattamenti cuprici si aiuta e si prolunga la vegetazione, pare che si venga a restringere il lavoro fisiologico degli organi ipogei. Nelle varietà precoci prorogandosi la vitalità i prodotti di assimila- zione si concentrano nei tuberi ed allora si à un effetto utile, nelle varietà tardive ciò non si effettuerebbe più. La questione però non è ancora del tutto risolta e merita certo di essere meglio studiata e rischiarata. (1) Prunet, Le mildiou de la pontine de terre (Rev. di Vitic, XVIII, 1902, pag. 357). (2) Sorauer, Lindau, Refi, Handb. d. Pjlanzenkrankh., 1905, II Band, pag. 117-118. (3) Sempolowski, Beitr. z. Bekampf. der Kartoffelkrankh. (Zeit. f. Prìanz... V, 1895, p. 203). (1) Parisot, Trait. anticrypt. d.2)ommes de terre (Journ. d'agr. pr,, 68 ami., 1901, II, p. 231-235). 170 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI i Per combattere la peronospora delle patate vennero fin dai primi anni della sua comparsa in Europa tentati vari mezzi per impedirne o limitarne lo sviluppo. I primi tentativi con sostanze diverse non ebbero alcun risultato. Il Kiiiix da prima consigliò lo spargimento sulle piante di zolfo finamente polverizzato, ma ben presto si accorse che tale so- stanza non aveva alcuna efficacia sulla Phytophtkora. Oggidì le poltiglie a base di solfato di rame vengono largamente impiegate nella lotta contro la peronospora delle patate e dei pomidoro con risultati splen- didi. La poltiglia più impiegata è la poltiglia bordolese che si può preparare colle seguenti dosi: Solfato di rame .... kg. 1-2. Calce spenta » 1-2. Acqua litri 10(1. La preparazione di questa poltiglia verrà ampiamente descritta più avanti trattando dei mezzi di lotta contro la peronospora della vite. Occorrono almeno tre trattamenti per ottenere risultati soddi- sfacenti. Il primo trattamento si farà poco prima della Moritura delle patate e del pomidoro, usando la poltiglia all'I0 0. Il secondo si farà una quindicina od una ventina di giorni dopo il primo, aumentando un po' le dosi (1,5-2 °/0) quando si verifichino condizioni favorevoli allo sviluppo della malattia. Il terzo trattamento seguirà 2-3 settimane il secondo, seguendo le stesse norme. Xon è consigliabile nell'estate per le patate eccedere nei trattamenti cuprocalcici per non protrarre troppo la vegetazione delle piante ed ottenere una diminuzione del raccolto come abbiamo più addietro accennato. Il Girard avendo esperimentato con diverse poltiglie a base di solfato di rame è arri- vato a queste conclusioni : 1.° Le miscele cuprocalciehe anno diversa facoltà di adesione sulle foglie di patata e di pomidoro. 2.° I sali di rame sono facilmente asportati dalle pioggie. 3.° La poltiglia meno aderente sulle foglie ruvide di dette So- lanacee è la bordolese, egli perciò consiglia come più resistente ed ade- siva la poltiglia alla melassa così preparata: Solfato di rame kg. 2. Calce » 2. Melassa litri 2. Acqua » 100. PHYTOPHTHORA PHASEOLI THAXTER 171 Altri anno pure ottenuto ottimi effetti colla poltiglia borghignona alla seguente formula : j&' Solfato di rame kg. 2. Carbonato sodico anidro Solvay » 2. Acqua litri 100. Come trattamento complementare servono molto bene le polveri cupriche da applicarsi fra due trattamenti liquidi specialmente sulle infiorescenze e sui frutti del pomidoro. Si possono impiegare con pro- fitto la steatite cuprica, miscela polverulenta di talco coll'8°/0 di sol- fato di rame, il gesso polverizzato nelle proporzioni di kg. 97 misto a kg. 3 di solfato di rame in polvere. Il Millardet consiglia l'ap- plicazione di quest'ultima miscela sulle piante di patate o di pomidoro da giugno ad agosto ogni 10 giorni. 52. PHYTOPHTHORA PHASEOLI, Thaxter. N. ital. Peronospora dei fagioli di Lima. N~. stran. Mildew of Lima Beans; Downy Mildew. Il fungo si sviluppa sulle foglie, sui piccioli fogliari, sui cauli e specialmente sui baccelli del fagiolo di Lima (Phaseoìus lunatus) nel Connecticut (Amer. bor.) ove venne osservato e studiato dal Thaxter (1). La malattia sui legumi si manifesta da prima con una macchia bian- chiccia di aspetto cotonoso, che si estende rapidamente in tempo umido, invadendo tutto il legume che resta coperto di un abbondante e fitto tomento bianco formato dai conidiofori. La malattia sarebbe in certe località dannosissima poiché i legumi ed anche talora i ger- mogli e le foglie colpite avvizziscono, anneriscono e disseccano. Il micelio è intercellulare; dalle aperture stomatiche si sviluppano i conidiofori semplici o talora biforcati su cui si possono produrre da 2 a 4 conidi i quali si originano nello stesso modo come nella Ph. infestans. I conidi germinano sì direttamente che per zoospore le quali sono fornite di due cigli e possono formarsi fino in numero di quindici negli zoosporangi. La disseminazione dei conidi e quindi l'infezione sarebbe, secondo lo Sturgis, operata specialmente dalle api che visitando fiori ammalati e fiori sani per la ricerca del net- tare, trasportano sullo stilo del pistillo i germi del fungo i quali poi (1) Thaxter, Botanic. Gaz., 1889, n. 11, e Ann. Rep. Connect., 1888. p. 167. 172 I PARASSITI VEGETACI: III. EDMICETI si sviluppano successivamente mentre l'ovario si trasforma nel legume che riesce quindi infetto. In America si usa contro questa malattia efficacemente la poltiglia bordolese. 53. PHYTOPHTHOEA X1COTIAXAE, Breda. A. ital. Peronospora del tabacco. X. stran. Setzlingkrarikheit dea Tabaks; Bìbitzielcte. Questa malattia venne scoperta e studiata da 1. van Preda De Haan (1) a Sumatra, G-iava e Bòrneo ove produrrebbe danni piuttosto considerevoli alle piantagioni di tabacco. Tutti gli organi della pianta possono essere colpiti, non escluse le radici. Le foglie si coprono qua e là di chiazze olivaeee, riman- gono come scottate e rapidamente disseccano. La malattia si diffonde da pianta a pianta, quando queste siano assai vicine anche per azione del solo micelio: in generale però si formano conidiofori uscenti dagli stomi portanti conidi da cui si svolgono zoospore. Esiste anche ripro- duzione sessuale con produzione di oospore. La luce agisce sfavore- volmente sullo sviluppo del fungo, quindi come mezzi di cura preventiva vengono consigliati i piantamenti di tabacco non troppo ritti ed in siti bene illuminati e le irrorazioni con poltiglia bordolese sulle giovani piantine. (*. Sclerospora Schk. Il micelio continuo si presenta fornito di austori; i conidiofori sono alquanto ramosi ed assai fugaci e portano all'estremità dei rametti conidi (zoosporangi) ovati germinanti per zoospore. La riproduzione sessuale che si compie nell'interno delle piante ospiti è sviluppatis- sima e quindi nei tessuti si riscontrano numerosissime le oospore glo- bulose. Le specie di questo genere attaccano quasi tutte piante della famiglia delle graminacee. Il genere presenta affinità specialmente per la conformazione degli organi sessuali e delle oospore col g. Plasmopara. 54. SCLEEOSPOEA GEAMINICOLA (SACC.) Schroet. JV. della malattia. Peronospora del panico. Questa specie attacca alcune graminacee spontanee del g. Setaria, specialmente S. viridi*. S. verticillata e & italica la quale ultima in alcune località si coltiva sotto il nome di panico. Le foglie imbruni- li) Breda de Haax, De Bibite, in de Delitabah ver Soor Phyt. Xicot., in Meded. uit's Lands Plantet.. XV, 1S96, Batavia. SCLEROSPORA MACROSPORA SACC. 173 scono e disseccano e le spighe si presentano molto spesso deformate per virescenza delle spighette. Siigli organi colpiti si formano coni- diofori facilmente evanescenti, ramosi con conici! quasi globosi: nel- l'interno dei tessati delle piante già imbrunite si notano numerosissime oospore che misurano da 32-3G p-. di diametro. LI Traverso (1) distingue come varietà (vr. Setariae-Italicae) la forma vivente sul panico che presenterebbe oospore più grandi (n- 39-45) della forma vivente sulle altre specie del g. Setaria. La malattia pro- dotta è però pochissimo interessante dal punto di vista agrario. Peglion riferisce a questa specie la Peronospora vivente sul grano, molto più importante, il Traverso (2) però la ascrive alla Sclerospora macro- spora Sacc. sotto il qual nome la descrivo. 55. SCLEROSPORA MACROSPORA, Sacc. N. della malattia. Peronospora del frumento. La malattia venne riscontrata la prima volta in Italia sul frumento dal prof. V. Peglion nell'estate del 1900 a Ponte Galera presso Roma, successivamente venne trovata oltre che sul grano, sul mais e sul- l'avena nell'Emilia, uel Ferrarese, in Sardegna e finalmente nel Veneto. Si presenta con una caratteristica alterazione delle spighe che i contadini del Lazio chiamano incipollite, arricciolate (3) poiché effet- tivamente le spighe vengono deformate; l'asse o rachide si ipertrotizza, spesso si contorce stranamente presentando pieghe ad $; le spighette come i fiori sono più o meno divaricati, le reste nelle forme di grani aristati variamente contorte (fig. 22 : 1, a-b). Non di rado le spighe rimangono racchiuse nella guaina dell'ultima foglia ipertrofìzzata. I fiori sono sterili, talora virescenti, l'androceo ed il gineceo scompaiono o vengono stranamente deformati. I denti della rachide sono spesso più distanziati che nelle infiorescenze normali così che le spighe prendono un po' l'aspetto di quelle dei Lolium in cui le singole spighette sono distanziate fra di loro. Sulla rachide come sulle foglie, guaine e culmi si distinguono poi delle macchie nerastre nelle quali è agevole, facendo sezioni trasver- sali ed osservandole al microscopio distinguere numerosissime oospore (1) Traverso G. B., Sclerospora graminicola (Sacc.) Schr. vr. setariae italicae (Bull. d. Soc. Bot. Ital., 1902, p. 1-8 estr.). (2) Id., Rote critiche sopra le Sclerospora parassite di graminacee (Malpighia, anno XVI, 1902). (3) Peglion, La peronosjyora del frumento, in Ball. Not. ;i<>t.. n. 20, unno 1900. 174 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI misuranti da 40-60 p.. di diametro, quindi notevolmente più grandi di quelle della specie precedente (fìg. 22: 2, 3). Il micelio è intercellu- lare e presenta austori vescicolari. Non sono stati osservati finora Fig. 22. Peronospora del grano. 1. A-H. Spiche di frumento deformate dalla Selerospora macro- spora. -. Sezione attraverso una porzione di rachide colpita : nel tessuto si trovano numerose oospore. 3. Oospora isolata (tutte originali). conidiofoi'i e conidì i quali se esistono debbono essere fugaci ssi mi. Secondo Peglion e Traverso (1) la diffusione della malattia avver- rebbe essenzialmente per mezzo dell'acqua che per inondazione da fiumi o torrenti vicini può invadere i campi di grano e ristagnarvi (1) Traverso G. B., La peronospora del frumento in provincia di Padova. Padova, 1906. PLASMOPARA VITICOLA BERhKSE-DE TONI 175 per un qualche tempo. In queste condizioni solo la malattia si ma- nifesta con una certa intensità e può produrre danni considerevoli. Mezzi di cura diretti non se ne conoscono. È prudente non semi- nare grani in località troppo vicine a fiumi e soggette quindi ad inon- dazioni. Il Peglion consiglia la bruciatura delle stoppie per distruggere le oospore che possono contenersi nei tessuti dei culmi e l'incorpo- ramento di calce viva nel terreno per impedire la germinazione delle oospore. (*. Plasmopara Schr. Il micelio intercellulare continuo è irregolare, ramificato e fornito di numerosi austori vescicoliformi, globosi od ovati. 1 conidiofori (zoo- sporangiofori) uscenti a fascetti dagli stomi sono nella parte supe- riore abbastanza ramificati secondo il tipo monopodiale ; i rami laterali sono patenti ed i rametti terminano alla loro estremità con papille generalmente in numero di tre che sostengono ciascuna un conidio (zoosporangio). I conidi producono per lo più zoospore, meno frequen- temente germinano direttamente. Esiste riproduzione sessuale con for- mazione di oospore che si costituiscono nelle foglie delle piante ospiti. 56. PLASMOPARA VITICOLA (Berk. et Curt.) Berlese e De Toni. N~. ital. Peronospora della vite. N. stran. Mildiou, Mildew, Falsche Mehlthau, Falsche Reben mehltliau; Grey rot, rot gris, Brown rot, rot bruii, ecc. (sugli acini). Generalità. È questa senza dubbio la malattia di natura critto- gamica più grave della vite e che à destato fra i viticultori le più gravi apprensioni, prima che si trovasse nel solfato di rame un pò tentò ed infallibile mezzo di difesa. E naturale che una malattia di tanta importanza sia stata l'oggetto degli studi più ampi nel campo della patologia vegetale e l'abbondante letteratura che si ha sull'argomento dimostra precisamente con quale interesse il fungo sia stato studiato non solo dal punto di vista scientifico, ma anche sotto quello pratico specialmente per rendere i trattamenti contro di esso più efficaci e più sicuri. Tutte le specie di viti ne possono essere attaccate benché in misura molto diversa; certe specie anzi, come Riparia, Rupestri*, ecc.. rasentano quasi l'immunità essendo pochissimo colpite e danneggiate dal fungo. Cenni storici. La malattia è oriunda dall'America del Nord ove al certo esisteva da tempo indeterminabile sulle viti spontanee ere 176 I PARASSITI VEtìETALl: III. EUMICETI sceiiti nelle foreste vergini; cognizioni esatte intorno ad essa non si cominciarono però ad avere che nel 1855. Le prime notizie intorno al fungo le dobbiamo allo Schweexitz, il quale prima ancora del 1834 ne dimostrava la presenza nell'America del Nord. Anche in questa regione si andò successivamente diffondendo, richiamando anche colà l'attenzione dei viticoltori, probabilmente perchè si adattò a vivere anche sulle viti coltivate, su di esse passando dalle viti spontanee sulle quali il fungo naturalmente non poteva avere che un interesse puramente scientifico. Così nel 1800 abbiamo notizie di danni pro- dotti dal Mildew negli Stati Uniti d'America: nel 1807 una rela- zione del Mead ci apprende che la malattia infierisce specialmente nelle regioni caldo umide degli Stati Uniti e che in eerte località si ebbero anche dei danni gravi e fino al 75 °/0 di perdite del raccolto. Dunque anche in America, patria del parassita, questo non risparmiò le viti coltivate: tuttavia i danni non raggiunsero mai nel complesso quelli che il fungo doveva poco più di una decina d'anni dopo ap- portare in Europa. In un rapporto fatto dal Cornu nel 1873 all'Accademia delle Scienze di Parigi, il chiarissimo scienziato richiamò l'attenzione su questo parassita che al di là dell'oceano si diffondeva e danneggiava le viti e pronosticò un pericolo imminente per la viticoltura Europea. La profezia purtroppo si avverava pochi anni dopo poiché nel 1878 il prof. Planchon — che dieci anni prima aveva già scoperto in Francia la fillossera — riscontrava nelle foglie di viti francesi per la prima volta in Europa il dannoso parassita. Il fungo giunto a noi certamente con viti americane infette si acclimatò benissimo ed incominciò tosto la sua marcia disastrosa attra- verso tutti i paesi viticoli del vecchio mondo. Nel 1879 la malattia si diffonde in vari punti della Francia e la troviamo, ad esempio, nei pressi di Lione: nell'autunno dello stesso anno viene scoperta pure in Italia dal prof. Pirotta a S. Giulietta presso Voghera. Nel 1880 la peronospora à invaso tutta l'Italia superiore e fin la Toscana, è passata in Austria, negli anni successivi tutta la penisola nostra e le isole sono visitate dal fungo che nel 1881-1882 contemporaneamente si è manifestato in Svizzera, in Germania, nella Spagna, in Turchia, nella Russia, nell'Africa e nell'Asia Minore. Per dare un esempio della sua rapidità di diffusione basti riportare il giudizio di Tiiìoien se- condo il quale nel 1880 la peronospora avrebbe percorso ben 850 km. in linea retta! Da prima si ammisero varie ipotesi per spiegare lo sviluppo della peronospora in Europa: il Planchon credeva che i PLASMOPARA VITICOLA BEULESE-DE TONI 177 venti dell'ovest avessero potuto portare i conidi dall'America in Europa: la biologia della peronospora però à dimostrato la falsità di Fig. 23. Peronospora della vite (caratteri esterni). 1. Foglia di vite colpita dalla Plasmospara viticola. 2. Tralcio alti-iato. 3. <4itiis » Euiopaea » Eoropaea var. Canajolo » Berlandieri var. Mangiaglieli a var. Ascolano » Sangioveto » Cordifolia » Trebbiano verde » Lagarese » Dolcetto « Rotundifolià » Greco » Trebbiano-giallo » Barbera » Cinerea » CabernetSauvignon » Nebiolo » Aramon » Colombano » Petit Bouschet .. Barbarossa » Rosico di Valtellina » Malvasia » Sylvaner, ecc. » Bombino » Otello » Malbec » Riesling, ecc. Mezzi di cura. Fin dai primi anni della comparsa della malattia in Europa ed appena cioè essa cominciò a produrre sensibili danni si iniziò la lotta contro il nuovo parassita che minacciava la nostra viticoltura. Le cognizioni intorno alla biologia del fungo ed alle cause che ne favorivano lo sviluppo e la diffusione erano allora ancora in buona parte sconosciute, quindi non è da meravigliare se i primi mezzi di cura tentati ebbero un risultato assolutamente negativo. Non si sapeva a quali metodi bisognava attenersi per sopprimere le cause del male se ai curativi od ai preventivi. Poiché si conobbe che il fungo si diffondeva da un anno all'altro mediante le oospore che svernavano nelle foglie cadute al suolo nell'autunno i viticultari si affannarono subito a cercare di sopprimere tali germi col raccogliere diligentemente le foglie cadute e bruciarle. Ben presto si avvidero della nessuna efficacia di questo mezzo di lotta. Il fungo ciò nono- stante si manifestava nella primavera successiva perchè aiutato da certe favorevoli condizioni di ambiente. Era impossibile dunque arri- vare alla completa soppressione dei germi i quali non ibernavano solo nelle foglie cadute, ma anche nei tralci e talora perfino sulle squame delle gemme. Bisognava adottare un altro metodo e lottare contro le forme di diffusione: impedire la formazione dei conidio- fori e dei conidi ed in particolar modo lo sviluppo di questi e la nascita delle zoospore. Come si poteva arrivare a ciò? Si trattava di trovare una sostanza anticrittogamica che avesse questa azione no- civa sulla peronospora e i patologi, i chimici, i pratici agricoltori si diedero affannosamente a ricercare, a provare e sperimentare. Lo zolfo che dava risultati così splendidi contro l'oidio, venne subito sperimentato; disgraziatamente le speranze che su esso si erano fon- PLASMOPAEA VITICOLA BERLESE-DE TÒNI 193 date caddero subito di fronte alle esperienze in proposito eseguite. Lo zolfo ordinario non aveva alcuna azione. Si tentò l'impiego dei fiori di zolfo acido specialmente in Francia per opera del MARÈS nel L885- 1886 e del Briosi negli stessi anni in Italia. Nonostante la fiducia di questi autori su tal rimedio, questo risultò in seguito ad accurate esperienze di nessuna efficacia. Sarebbe lungo e fuor di luogo enumerare qui tutte le sostanze che vennero provate contro la malattia; si provarono soluzioni di soda del commercio, soluzioni di acido cromico al 2 per mille, di borato ili soda, emulsioni di acido fenico in acqua saponata (una parte di acido fenico su 100 di acqua saponata secondo la formola Foex) senza alcun risultato. Nello stesso modo si dimostrarono inefficaci miscele polve- rulente di zolfo e calce, di iposolfito sodico, di cloruro di ealce, di cenere, di solfato di zinco, di potassa, ecc. (1). Le foglie delle viti bagnate o coperte di queste sostanze non mani- festavano alcuna resistenza ed i conidiofori come i conidi continua vano a svolgersi nella pagina inferiore. I mezzi non erano dunque appropriati; di più il modo con cui la lotta era organizzata non era razionale. Ben presto i patologi si convinsero che si potevano solo avere dei buoni risultati quando si fosse riuscita con qualche sostanza di provato valore anticrittogamico e nello stesso tempo innocua alla vite ad impedire la formazione delle zoospore. Non era possibile ar- restare lo sviluppo dei conidiofori quando il micelio aveva già preso possesso dei tessuti della foglia; qualunque sostanza applicata all'esterno era inefficace. In una parola si dovevano abbandonare i trattamenti curativi ed adottare invece mezzi preventivi. Il merito di aver trovato la sostanza adatta per lottare contro la peronospora come anche il modo di applicarla spetta al prof. Mil- lardet. Prima ancora che egli proponesse la prima formola della poltiglia bordolese aveva dimostrato con accurate esperienze la tossi- cità di alcune soluzioni per le zoospore della peronospora. Così aveva trovato che la germinazione dei conidi non si effettuava in soluzioni di calce nelle proporzioni di l/io.ooo, di solfato di ferro all'l/ioo.oooj «li solfato di rame nelle minime proporzioni di 2-3 ukooo.ooo. La calce, il solfato di ferro ed il solfato di rame costituivano dunque dei potenti anticrittogamici anche usati in soluzioni diluitissime. Nonostante la constatazione dell'elevato potere tossico del solfato di rame contro la (1) Vedi Briosi, Esperienze per combattere la peronospora della vite, Mi- lano, 1886-87. Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 13. 1 94- I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI germinazione delle spore — fatto del resto già accertato dal Prévost fin dal ISO 7 per le spore della carie del grano — ci vollero diversi anni e alcune osservazioni affatto casuali perchè questo sale venisse collocato in prima linea nel novero dei rimedi contro le malattie delle piante. La prima sostanza che venne impiegata con favorevoli risultati nella lotta contro la peronospora fu il latte di calce. Esperimentato dal prof. (tArovaglio nel 1881, in vista dei buoni effetti ottenuti ne venne consigliato l'impiego ed i viticoltori previdenti che lo usa- rono nei primi anni in cui infieriva la malattia ebbero la grata soddi- sfazione di vedere in buona parte salvato il loro raccolto dall'attacco del male. E qui va dato giusto merito all'operosità ed intelligenza dei fratelli Bellussi di Conegliano Veneto, i quali fin dal 1884 si die- dero con ogni cura ad applicare il nuovo rimedio alle loro viti otte- nendo così buoni risultati che il prof. Cerletti nel 1885 non si peritava di asserire che la peronospora era vinta col latte di calce. Le esperienze fatte successivamente dai professori Cerletti e Cu- Bcmi nel 1886 dimostrarono che il rimedio era certamente buono, ma che la sua efficacia dipendeva molto dal momento dell'impiego, espli- cando solo buoni effetti quando era usato preventivamente. I tratta- menti si iniziavano dal mese di maggio, ripetendosi ogni 15 giorni, usando soluzioni di calce al 2-3 °/0-' L'applicazione doveva farsi in modo che gli organi verdi ne fossero ricoperti da un tenue strato. Alcuni fisiologi e patologi sorsero contro questo trattamento asserendo che il ricoprire di una crosta di calce le foglie della vite poteva riuscire dannoso alle funzioni delle foglie : il prof. Cuboni riuscì però a dissi- pare questi timori dimostranti o come effettivamente il leggero strato di calce non poteva avere alcuna influenza nociva sulle funzioni vitali della pianta. Quanto all'azione del latte di calce contro la peronospora essa si manifestava meccanicamente e chimicamente. Meccanicamente opponendo una resistenza alla penetrazione dei germi nei tessuti, chi- micamente poiché la reazione alcalina che si determinava nelle goc- cioline di acqua di pioggia o di rugiada in cui venivano a trovarsi i conidi del fungo impediva la formazione e la germinazione delle zoospore. Nessuna azione aveva però il rimedio sul micelio già pene- trato nei tessuti, non riuscendo in questo caso ad impedire la forma- zione dei conidiofori che egualmente potevano svilupparsi sulla pagina inferiore delle foglie. L'uso del latte di calce si diffuse assai nell'Italia superiore e media e si estese ancora quando già in Francia si diffondeva l'uso dei trat- PLASMOPARA VITICOLA BERLESE-DE TONI 195 tamenti a base di solfato di rame. Anzi in principio in Italia vi fu un po' di riluttanza per applicare il nuovo rimedio clie al di là delle Alpi dava risultati splendidi e vi fu non poca ostilità fra i partigiani del latte di calce ed i sostenitori dei trattamenti al sale di rame. Questa lotta d'idee si chiuse però dopo poco tempo colla completa vittoria dei rameisti. L'uso dei sali di rame nella lotta contro la Peronospora. Benché Millardet avesse enunciato il principio scientifico dell'elevata azione antiperonosporica del solfato di rame, tuttavia la pratica dei tratta- menti a base di questo sale non venne iniziata che in seguito a due osservazioni affatto casuali fatte in due distinte località della Francia. Nel settembre del 1884 in una località della Borgogna venne fatta una curiosa constatazione: tra i vigneti già privi in gran parte delle foglie a causa di una forte invasione peronosporica si notavano qua e là dei ceppi adorni di verde fogliame, rigogliosi e quasi immuni dal male. Ricercata la causa del fatto si scoprì che le viti sane erano addossate a pali nuovi, stati collocati in primavera ed impregnati di una soluzione di solfato di rame per preservarli dal marciume. Ciò dette occasione ad una importante comunicazione fatta dal Peerey all'Accademia delle Scienze di Parigi. Un'altra osservazione anche più concludente veniva intanto fatta nel Médoc. Ivi era antica abi- tudine di cospargere i filari lungo le strade con una miscela di calce e di solfato di rame in modo da imbrattarne bene i grappoli allo scopo di sottrarli alla voracità dei ragazzi e dei ladruncoli campestri. Fin dal 1881 era stato osservato il fatto meraviglioso che queste viti con- servavano il loro fogliame sano fino ai geli. Queste constatazioni di- mostrarono: 1.° che il solfato di rame era un ottimo rimedio contro la peronospora; 2.° che esso non solo non era nocivo alla vite, ma ne agevolava notevolmente la vegetazione. Ai professori Millardet e GtAyon spetta il merito di aver trovato il modo di rendere pratica l'applicazione dei sali di rame contro la peronospora e di aver tro- vato quell'eccellente rimedio che ancora oggidì non è stato da alcun altro sorpassato e che è la poltiglia bordolese. Le prime esperienze fatte a questo riguardo dai sullodati autori furono coronate da splendido successo; usata preventivamente la mi- scela impediva lo svolgersi della malattia, le foglie rimanevano sane. la vegetazione della vite si manteneva normale. I buoni effetti si ri- specchiavano inoltre sulla qualità del prodotto; le uve maturavano regolarmente, si arricchivano di più in sostanze zuccherine, dando mosti più dolci e quindi vini più alcoolici e conservabili. Analisi fatte 196 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI da Millardet e Gayon su mosti ottenuti con uve trattate e con uve non trattate colla poltiglia dimostrarono la superiorità in materia zuc- cherina di quelli e la povertà di questi ed in senso inverso l'acidità. Ecco il risultato di alcune di queste analisi per tre qualità di vitigni : Zucchero per litro. Acidità per litro, (rapp. ad acido sol- forico ). Malbec gr Tratto te 177,0 5,1 Non trattate gr. 91,0 7,7 Petit- Veedot Trattati' Non trattate gr. 175,0 gr. 39,4 7,9 9,3 Cabeenet-Sauvignon Trattate UT. 178,6 4,6 Non trattate gr. 116,2 6,3 I principi su cui si doveva fondare il trattamento a base di sali di rame vennero nettamente stabiliti dal Millardet. Il rimedio po- teva solo manifestare tutta la sua efficacia quando fosse applicato preventivamente. La presenza del sale di rame sulle foglie o sugli altri organi della vite doveva effettuare l'avvelenamento delle goccio- line di acqua nelle quali eventualmente potevano trovarsi i conidì della peronospora. Ciò rendeva impossibile la formazione delle zoospore. I trattamenti tardivi non potevano avere lo stesso effetto; nonostante la superiorità come anti crittogamico del solfato di rame al latte di calce, non era possibile distruggere il micelio già sviluppato nei tes- suti delle piante. Effettuandosi abitualmente l'infezione sulla pagina superiore delle foglie, qui specialmente il liquido antiperonosporico doveva essere sparso; il primo trattamento doveva farsi avanti il periodo di incubazione, cioè verso la seconda metà di maggio. Avanti che il Millardet proponesse la sua prima formula della poltiglia bordolese si sperimentarono tanto in Francia che in Italia dei trattamenti con soluzioni semplici di solfato di rame che diedero però luogo a non piccoli inconvenienti, come dirò subito qui appresso. Trattamenti con soluzioni semplici di solfato di rame. Il sol- fato di rame — che forma la base dei trattamenti — si trova in commercio sotto forma di grossi cristalli azzurri che contengono cinque molecole di acqua di cristallizzazione la quale però viene perduta riscaldando per un certo tempo i cristalli ad una temperatura di 120°. È condizione essenziale che il solfato di rame sia puro poiché perde notevolmente della sua efficacia anticrittogamica quando si trova me- scolato a solfato di zinco o di ferro. Per assicurarsi della purezza del solfato di rame se ne fa una soluzione acquosa e in questa si versami po' di latte di calce; se il sale è puro il precipitato che si PLASMOPARA VITICOLA BEHLESK-DE TONI 197 forma è di un colore bleu-celeste che si mantiene permanente e se contiene ferro o zinco il precipitato cambia di colore. Un altro me- todo consiste nello sciogliere il vetriolo di rame in acqua distillata: si aggiunge quindi un po' di ammoniaca che determina un precipitato azzurro solubile in eccesso di ammoniaca se è puro, se contiene sol- fato di ferro, rimane un sedimento rugginoso, se vi è solfato di zinco il precipitato acquista un colore azzurro più chiaro. Il solfato di rame nelle prime esperienze che si .fecero con (pasto rimedio contro la peronospora veniva sciolto semplicemente nell'acqua e così applicato: da prima si usarono dosi molto elevate dal 10 tino al 15%? ma subito si abbandonarono in seguito agli effetti disastrosi che si producevano sulle foglie le quali venivano bruciate e le dosi vennero tosto ridotte al 5, al 3 °/0, ma si constatarono identici incon- venienti. Per evitare le bruciature sulle foglie non bisognava superare l'I " 0 ed attenersi specialmente a soluzioni di solfato di rame al 3 od al 5 per mille. Allora si ottennero degli effetti veramente vantaggiosi, riuscendo molto attivo nella lotta contro la peronospora ed innocuo alla vite. Le soluzioni semplici di solfato di rame presentano però diversi inconvenienti: 1.° aderiscono male sulle foglie; 2." sono facilmente portate via dalle pioggie; 3.° sotto l'azione del sole cocente le goc- cioline di soluzione anche diluite si concentrano e possono determi- nare delle ustioni agli organi teneri. Quindi ben presto si abbandonarono le soluzioni semplici e si cercò di mescolare al solfato di rame qualche altra sostanza che ne dimi- nuisse la causticità e ne aumentasse il grado di aderenza. Si tentò l'applicazione di soluzioni di solfato di rame e di ammo- niaca ed una forinola proposta era la seguente: Solfato di rame gr. 500 Ammoniaca » 500 Acqua litri 100 Ma i risultati non furono soddisfacenti poiché agli inconvenienti delle soluzioni semplici si aggiungeva il costo notevolmente più elevato. Poltiglia bordolese. Rappresenta la migliore miscela a base di solfato di rame da usare contro la peronospora. E merito del profes- sore Millardet di aver combinato questa poltiglia col mescolare latte di calce in una soluzione di solfato di rame. Il composto risultante — ossido idrato di rame — presentava i migliori requisiti per la lotta 198 I PARASSITI VEGETALI*. III. EUMICETI contro la peronospora, poiché non dannoso alla vite, non facilmente dilavabile dall'acqua e solo solubile lentamente, come dimostrarono le esperienze del Gayon, nell'acqua più o meno ricca di carbonato di ammoniaca e di acido carbonico. Ora l'acqua meteorica — di ru- giada o di pioggia — si trova precisamente in queste condizioni: di modo che le goccioline dissolvendo traccie del composto cuprico im- pediscono la germinazione dei conidì che in esse vengano a cadere. La formola primitiva della poltiglia bordolese data dal Mlllaedet conteneva in proporzioni esagerate il solfato di rame e la calce, quindi riusciva molto costosa e difficile da applicare. Eccone la costituzione: Solfato di rame kg. 8 Calce viva » 15 Acqua litri 130 In vista degli inconvenienti ricordati il Millardet stesso ridusse la formola a più giuste proporzioni: Solfato di rame kg. 2 Galee viva » 1 Acqua litri 100 In Italia la formola più adatta e che oggidì è in generale da tutti i viticoltori usata è quella proposta dal prof. Cuboni: Solfato di rame kg. 1 Calce spenta » 1 Acqua litri 100 La quantità di calce spenta in questa formola è sufficiente per neutralizzare un kg. di solfato di rame. Teoricamente 244 grammi di calce pura ed anidra neutralizzano 1 kg. di solfato di rame, in pratica però ne occorrono circa 330 grammi date le impurità che si trovano sempre nella calce; ora questa quantità corrisponde al- l'incirca ad un kg. di calce grassa spenta come è consigliata nella formola Cubont. La preparazione della poltiglia bordolese deve essere fatta con cura in questo modo: in una tinozza di capacità sufficiente si collo- cano 100 litri di acqua; da questi si prelevano alcuni litri per scio- gliere a parte il solfato di rame (1 kg.), operazione che si può fare più sollecitamente a caldo in un recipiente di terra o di rame (mai di zinco o di ferro) ed alcuni altri litri che servono per disciogliere la calce spenta grassa in un altro qualsiasi recipiente adatto. Sciolto PLASMOPARA VITICOLA BERLESE DE TONI 199 il solfato di rame si versa nell'acqua della tinozza grande e si rime- scola, poi — sempre rimescolando — si versa lentamente il latte di calce. È indispensabile di seguire sempre quest'ordine nel fare l'ope- razione, cioè di versare sempre il latte di calce nella soluzione diluita di solfato rame e non mai fare l'operazione inversa poiché ciò pre- giudicherebbe assai la buona costituzione della poltiglia. Nelle cam- pagne si usa anche molto spesso di sospendere nella tinozza ov'è collocata l'acqua per la poltiglia un panierino di vimini contenente i cristalli di solfato rame, lasciandovelo immerso lino a completa dis- soluzione ; in seguito si toglie e si versa il latte di calce operando come sopra. Per l'aggiunta di latte di calce nella soluzione limpida di solfato rame si determina un caratteristico intorbidamento, poiché si forma un precipitato di idrossido di rame che dà un colore azzurro da prima a tutta la massa liquida, ma che poi si raccoglie in fondo al recipiente per effetto del suo proprio peso. Se la calce è in quantità sufficiente il liquido sovrastante al precipitato gelatinoso dev'essere perfettamente incolore ; se vi fosse eccesso di solfato rame o deficienza di calce il liquido sovrastante rimane azzurrognolo, il che può pro- durre qualche inconveniente per la reazione acida che presenta; l'ec- cesso di calce si manifesta con una pellicola madreperlacea che sovrasta il liquido incolore e che si riforma abbastanza rapidamente quando si toglie. Se invece di versare la calce nel solfato di rame si facesse l'opera- zione inversa si otterrebbe un precipitato scuro, insolubile ed inefficace nella lotta contro la peronospora. Non di rado i contadini che annettono poca importanza a questa circostanza si lagnano poi della inefficacia della poltiglia ed incolpano la qualità del solfato di rame, mentre il cattivo risultato ottenuto dipende tutto dalla loro inavvertenza. È bene, preparata la poltiglia, di procedere dopo qualche tempo al controllo; si può ricorrere alla prova col bicchiere, prelevando una certa quantità del liquido sovrastante al precipitato e guardandolo contro luce o contro una superficie bianca ; se il liquido è incolore la poltiglia è normale, se azzurrognolo vi è eccesso di solfato rame che bisogna correggere coli' aggi unta di un po' di calce. Migliori però e piò sicure sono le prove colle carte reattive. Le cartine di tornasole come vengono impiegate dai chimici e dai farmacisti servono ottimamente; il loro uso pel controllo della poltiglia bordolese venne consigliato nel Congresso antiperonosporico tenutosi a Roma nel 1894. La rea- zione della poltiglia dovrebbe essere neutra, ma questo non avviene quasi mai in pratica; non deve avere però mai reazione acida. 200 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICET1 Se immergendo una cartina di tornasole azzurra questa arrossa, è segno di reazione acida e la poltiglia dev'essere corretta, se la carta rossa di tornasole immersa nel liquido diventa azzurra è seguo di reazione alcalina ed allora la poltiglia è ben preparata e può essere usata senza pericolo di alcun inconveniente. La reazione neutra non dà nessun cambiamento di colore alle cartine che si immergono, ma questo, com'è detto, in pratica si verifica raramente. Eecentemente si usa anche con molto profitto la carta alla fenolftaleina che ciascuno con molta facilità può prepararsi da se. Basta disciogliere in un litro di alcool gr. 30 (in pratica bastano anche 10) di fenolftaleina (che si può acquistare al prezzo di L. 4,50 ogni 100 grammi) ed immergere dentro questa soluzione delle strisele di carta ordinaria da filtro. Si lascia quindi seccare la carta e si ritaglia in piccole liste che si con- servano con cura. Le reazioni che dà questa carta sono le seguenti : immersa nella poltiglia se questa à reazione acida, non cambia colore, rimane bianca; se la poltiglia è alcalina la carta diventa rosa o rossa. L'uso di queste carte dovrebbe essere diffuso fra tutti gli agri- coltori per l'esatto controllo della poltiglia bordolese. Costituzione della poltiglia bordolese. Oltre all'idrossido di rame — che rappresenta il composto più importante per la sua azione nociva contro i germi della peronospora — si formano nella poltiglia del solfato di calcio la cui presenza contribuisce notevolmente a ren- dere più adesiva la miscela alle foglie e meno facilmente dilavabile per la sua poca solubilità nell'acqua; del solfato basico di rame, del solfato basico doppio di rame e di calce, composti riscontrati dal prof. Sosteg-ni nelle sue accurate ricerche sulla composizione della poltiglia bordolese. I composti rameici sono insolubili nell'acqua pura, mentre si disciolgono lentamente nell'acqua di pioggia o di rugiada che contiene traccie di anidride carbonica e di ammoniaca. Su ogni foglia di vite — stata in precedenza trattata colla poltiglia bordolese — le goccioline di rugiada che vi si depositano al mattino possono disciogliere da 1 /20 ad 1 in di milligramma di composto cuprico, quan- tità più che sufficiente per distruggere prontamente la proprietà ger- minativa dei conidì. Così la poltiglia bordolese à sugli organi della vite non solo un'azione immediata contro la malattia, ma un'azione futura, poiché, se non sopravvengono pioggie violente o continue cbe dilavino troppo le foglie, si può conservare a lungo senza nulla perdere delle sue proprietà. Tempo opportuno per l'applicazione della poltiglia bordolese. È preferibile fare i trattamenti con un tempo sereno e calmo, senza PLASMOPARA VITICOLA BERLESE-DE TONI 201 vento il quale fa sprecare una certa quantità del liquido e impedisce che le goccioline aderiscano bene agii organi irrorati; la poltiglia dev'essere distribuita fina ed eguale avendo cura di inorale non so- lamente le foglie, ma anche i giovani tralci ed essenzialmente i grap- poli in qualunque stadio del loro sviluppo. Il buon effetto della poltiglia dipende anche moltissimo dal modo con cui si eseguiscono i tratta- menti. Le prime ore del mattino sono le più adatte per fare le irro- razioni, poiché il sole non ancora troppo caldo fa evaporare lentamente le goccioline del liquido e non concentra d'un tratto la soluzione, il che potrebbe provocare qualche inconveniente quando in essa vi fosse un eccesso di solfato di rame. Un'ora circa dopo l'applicazione, se il tempo è asciutto, le macchie di poltiglia sono secche benché non ancora completamente aderenti, il che si effettua più tardi. Le macchie debbono spiccare con un bel colore ceruleo nel fondo verde delle foglie così che anche in distanza si distinguono agevolmente i vigneti trattati da quelli non ancora inorati. Se subito dopo l'applicazione o anche poco dopo sopravviene una pioggia le macchie non ancora ben consolidate vengono facilmente dilavate, perciò è prudenza di evitare i trattamenti quando il tempo è minaccioso, a meno che l'urgenza del caso non lo richieda. La quan- tità di poltiglia occorrente per ettaro varia a seconda dello stato di vegetazione in cui si trova la vite ed anche del sistema di alleva- mento e di potatura. Questa quantità può variare fra i 200 ed i 600 litri circa. ISTel priino trattamento sono sufficienti 200 litri e talvolta anche meno, avendo le viti in quell'epoca scarso fogliame, nei trattamenti successivi la quantità viene gradatamente aumentata. I trattamenti indispensabili da eseguirsi anche quando le stagioni decorrono rego- larmente e non vi è pericolo di infezione peronosporica non debbono mai essere inferiori a tre dalla primavera all'autunno; è ben raro però che questi bastino e l'intelligente viticultore di fronte alla mi- naccia della malattia che per il cattivo andamento della stagione sta per manifestarsi, saprà aggiungervi quegli altri trattamenti supple- mentari nel numero e nel momento più opportuno. Il primo trattamento dev'essere assolutamente preventivo e si ap- plica quando ancora non si manifestano le condizioni favorevoli per lo sviluppo della peronospora. A seconda della località o dell'andamento della vegetazione l'epoca di questo primo trattamento va dal 10 maggie al 1.° giugno: non essendo possibile stabilire una data fissa il viti- coltore si regolerà di far la prima irrorazione quando i getti della vite 202 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI anno raggiunto una lunghezza da 10 a 12 centimetri. Le dosi da usarsi saranno le minime, cioè non si supererà mai l'I " 0 di solfato di rame e di calce, anzi è bene usare poltiglie più ridotte anche al i/2 per cento, riuscendo così meno dispendiose ed avendo eguale effetto. Questo primo trattamento previene lo sviluppo della malattia sulle giovani foglie e la sua benefica azione non può durare molto a lungo perchè le nuove foglie che si sviluppano ed i grappolini che si formano ri- chiedono una ventina di giorni od un mese dopo un secondo trattamento. Questo è il più importante di tutti poiché si fa nell'epoca in cui la peronospora per le favorevoli condizioni di temperatura e di umidità potrebbe essere più disastrosa. Se fatto a tempo e con cura si pre- viene nelle annate di forte invasione peronosporica la terribile forma detta allesàatura del grappolo che può in pochissimo tempo compro- mettere il raccolto. Si dovrà eseguire poco prima o poco dopo la fio- ritura; nel momento in cui i fiori sono aperti è bene evitarlo poiché si disturberebbero i fenomeni di impollinazione, di fecondazione e di allegamento. Tutte le parti della vite debbono essere con cura irrorate, cioè, le foglie, i tralci ed i grappolini. La poltiglia da usarsi è quella della formula normale (1 °/6) che si può elevare — quando l'imminenza del pericolo lo richieda — anche all'I, 5 di solfato di rame e di calce. Il terzo trattamento si eseguisce un mese e mezzo circa dopo il secondo, quindi fra la prima quindicina di luglio e la prima metà di agosto. In generale però fra il secondo ed il terzo si fanno seguire in numero va- riabile altri trattamenti, specialmente se sopravvengono pioggie, nebbie, temporali che diminuiscono l'effetto dei trattamenti antecedenti e de- terminano propizie condizioni allo sviluppo del male. Così dopo il terzo trattamento, tanto più se questo è fatto ancora nel luglio, se ne può far seguire un altro poco prima che si inizi la maturazione dell'uva. Ai trattamenti liquidi si intercalano come applicazioni complemen- tari dei trattamenti polverulenti in numero di uno o due od ancbe di più se la miscela che si impiega deve servire anche a combattere l'oidio. La sostanza che oggidì si impiega a questo scopo e che dà i migliori risultati è il solfo-ramato di cui diremo più appresso. Apparecchi per l'applicazione della poltiglia. Ve ne sono di di- versissimi tipi e sono conosciuti col nome di pompe irroratrici. Le pompe a spalla d' uomo sono le più usate da noi, in Francia nelle grandi proprietà si usano di quelle a carretto, trainate da animali. Non è qui il luogo di accennare ai vari tipi oggidì in uso, mi limiterò a ricordare gli splendidi risultati che dà uno dei modelli più usati, PLASMOPARA VITICOLA BERLESE-DE TOXI 203 quello fabbricato dalla casa Vermorel di Villefranche e denominato l' Écìair. Consta di un serbatoio di rame a forma di cilindro elittico, com- presso, della capacità di circa 20 litri (fig. 25). Alla parte supcriore vi è una apertura di riempimento fornita di reticella di rame per impedire l'ingresso di corpiccioli estranei che potrebbero danneggiare L'appa- recchio. Internamente al serbatoio da un lato vi è il corpo di pompa fissato al fondo; nella parte inferiore vi è un albero a gomito con manubrio che muove lo stantuffo formato di un disco di gomma stretto Fig. 25. Pompa per irrorazioni. (Tipo Éclair: fabb. Vermorel, Villefranche). fra due cerchi di ferro. Il liquido viene aspirato nel corpo di pompa ed ivi compresso con forza, quindi proiettato attraverso un tubo di gomma articolato al tubo di ottone che termina col polverizzatore. Questa è la parte più delicata dell'apparecchio, poiché dalla sua costi- tuzione dipende la perfetta distribuzione della poltiglia. Dal polveri/ zatore cambiando solamente il piccolo pezzo di rapporto ove è il foro di uscita si possono ottenere tre tipi di getti: a zampillo, adatto per ino- rare viti tenute a pergolati o maritate ad alberi; a ventaglio quando si tratti di interessare una larga superficie, a nube od a pioggia quando 204 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICRTI si debba distribuire finamente il liquido ad una breve distanza. Una buona pompa deve oltre alla solidità di costruzione presentare come requisiti la maggiore semplicità, dev'essere facilmente maneggiabile e deve distribuire la poltiglia in goccioline finissime, poiché tanto più sono fine e meglio aderiscono agli organi delle piante effettuandosi così anche una grande economia nella quantità del liquido da impiegare. Altre poltiglie e miscele per combattere la peronospora. Oltre la poltiglia bordolese si conoscono altre miscele a base di solfato di rame o di altri composti cuprici che si possono usare con eguali buoni risultati o che presentano talora sulla poltiglia bordolese qualche vantaggio e possono essere meglio indicate per speciali trattamenti. Ne indicheremo qualcuna delle migliori. l.° Poltiglia ridotta (formula Gavazza). — È assai leggera e si può quindi applicare con molto vantaggio in tutti i casi in cui la malattia si presenta in forma non molto grave, specialmente nel primo trattamento quando si debbano irrorare organi teneri e delicati. Si prepara sospendendo in un recipiente piuttosto grande la calce spenta nell'acqua, quindi rimescolando e lasciando depositare. L'acqua che sovrasta al deposito si butta via e si sostituisce con altra, rime- scolando la calce e lasciando depositare. Quest'acqua limpida, satura di calce si usa per la preparazione della poltiglia nella seguente dose: Acqua satura di calce litri 100 Solfato di rame (sciolto in acqua bollente) grammi 720 Si ottiene una poltiglia azzurra, leggerissima, che si applica ma- gnificamente colla pompa non ostruendo affatto le valvole per la purezza della soluzione. Presenta però qualche piccolo inconveniente: essa lascia sulle foglie macchie poco appariscenti, à un grado di aderenza inferiore alla pol- tiglia bordolese ed è meno resistente di questa all'azione delle pioggie, contenendo una minore quantità di solfato di calcio. 2." Poltiglia al cloruro ammonivo (formula SOSTEGNI). — È molto adatta in casi di forti infezioni che bisogna sopprimere rapidamente; le sue proprietà autiperonosporiche sono più elevate di quelle della poltiglia bordolese. Ecco la formula : Solfato di rame kg. 1,500 Calce spenta » 1,500 Cloruro ammonico gr. 125 Acqua litri 100 PLASMOPARA VITICOLA BERLESE-DE TONI 205 Si prepara da prima la poltiglia solita ed in questa si versa poi il sale ammoniaco sciolto a caldo nell'acqua. Si a sviluppo di ammo- niaca e la massa acquista un colore intensamente azzimo. Bisogna avere l'avvertenza però di preparare quella sola quantità di poltiglia che può essere subito adoperata perchè dopo qualche tempo essa perde notevolmente del suo effetto. 3.° Poltiglia zuccherata (formula Perret, 1892) : Solfato di rame (sciolto in 10 litri di acqua) kg. 2 Calce spenta (sciolta » » ) » 2 Melassa ( » » » ) lit. 2 Acqua » 70 L'aggiunta di melassa aumenta notevolmente il grado di aderenza della poltiglia e di solubilità del composto cuprico, formandosi del saccarato di rame, facilmente solubile. Si versa prima il latte di calce nel solfato di rame, poi si aggiunge la melassa, si mescola bene con forza quindi si versa il rimanente d'acqua. La miscela à un colore verdastro; secondo Girard avrebbe il massimo grado di aderenza. 1." Poltiglia borghignona o cujrro-sodica (Masson, 1887). — Alla calce della poltiglia bordolese è sostituito il carbonato di soda o di potassa del commercio. Versando una soluzione di carbonato sodico in una soluzione di solfato di rame si formano solfato di soda ed idro- carbonato di rame che è assai aderente alle foglie. Gli effetti però sono eguali a quelli della poltiglia bordolese per non dire inferiori. Si conoscono varie formule. Formula A : Solfato di rame (sciolto in 10 litri di acqua) kg. 2 Cristalli di carbonato sodico (e. s.) » 3 Acqua lit- 80 Formula B: Solfato di rame kg. 1 Carbonato sodico anidro Solvay » 1 Acqua » 100 Formula G (neutra): Solfato di rame kg. 1,5-2 Carbonato sodico a 90° (Solvay) » 0,675-0,9» mi Acqua lit- 100 5.° Poltiglia al sapone. — Notevole per la sua aderenza: Solfato di rame kg. 1,500 Sapone in polvere » 1,500 Acqua lit. 100 206 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Si versi il sapone in polvere nella soluzione diluita di solfato di rame. 6.° Acqua celeste (Audoynaud, ISSO). — È una soluzione di solfato di rame nell'ammoniaca, diluita con aequa: Solfato di rame (sciolto in IO litri di acqua) kg. 1 Ammoniaca del commercio (a 22") lit. 1,5 Acqua » 90 Si prepari alcuni giorni prima di usarla e si lasci qualche tempo all'aria; è assai aderente alle foglie, però lascia su queste delle traccie assai poco visibili. 7.° Ammoniuro di rame. — Si ottiene versando ammoniaca sulla limatura di rame. In soluzione all'1-3 °/0 in acqua l' ammoniuro di rame costituisce un rimedio ideale contro la peronospora essendo ef- ficacissimo ed assai aderente. Per il suo prezzo elevato e per la dif- ficoltà della preparazione non può essere usato praticamente. 8.° Verdet-gris. — È un acetato bibasico di rame usato con molto vantaggio specialmente in Francia; non è solubile in acqua, ma in esso si sospende nelle proporzioni dell'1-2 °/0- È assai aderente. 9.° Verdet-neutro. — È un altro acetato di rame solubile facil- mente nell'acqua all' 1-1,5 °/0, costituendo un ottimo rimedio contro la peronospora per la sua efficacia e il grado elevato di aderenza. 10.° Poltiglia al solfato di rame e di ferro (formula Menozzi). — Venne esperimentata per vedere di realizzare una certa economia di solfato di rame; i risultati però non furono così soddisfacenti da estenderne l'applicazione. Eccone una formula: Solfato di ferro kg. 0,500 » di rame » 0,500 Calce spenta » 1,000 Acqua lit, 100 Si sciolgono a parte i due solfati, poi si rimescolano e nella mi- scela si versa il latte di calce. 11.° Poltiglia al permanganato di potassa (MASSON, 1897). — Darebbe buoni risultati specialmente nelle annate piovose. Alla pol- tiglia normale si aggiungono da 25-100 gr. di permanganato sciolto precedentemente in un litro di acqua. Poltiglie miste. Per risparmio di tempo e di spesa oggidì si sono esperimentate -delle miscele formate da diversi componenti i quali esplicano la loro azione verso diversi parassiti, in Francia special- PLASMOPARA VITICOLA BERLESE-DE TONI 207 mente da qualche anno sono assai diffuse le poltiglie solforate ed ai polisolfuri che combattono contemporaneamente la peronospora e l'oidio. Siccome pare che la maggioranza dei viticoltori siano d'accordo nel riconoscere ottimi effetti di queste poltiglie miste, vale la pena di dire qualche parola e di citare qualche formula. I. Poltiglie solforate e ai polisolfuri alcalini. — Fin dal L886 il visconte Amaury de Montlaur ed Hugounenq esperimentarono con buoni risultati una soluzione di solfuro di potassio e nel 1887 Mi- chele Perret incorporava nella poltiglia bordolese dello zolfo per combattere con uno stesso trattamento la peronospora e la crittogama dell'uva. Più tardi Cucovich proponeva la seguente formula: Solfato di rame kg. 1 Calce » 1 Solfo » Acqua lit. 100 La difficoltà nella preparazione di tali poltiglie sta nell'incorporale lo zolfo il quale tende a rimanere a galla, perciò GrUiLLON (1), strenuo sostenitore di queste poltiglie, consiglia di mescolare lo zolfo preci- pitato o sublimato colla calce in pasta a caldo in modo da fare un tutto omogeneo che poi si allunga nell'acqua, e si aggiunge alla so- luzione di solfato di rame. In tal modo lo zolfo rimane bene incor- porato e la poltiglia rimanendo più omogenea può essere ben distribuita. Oggidì la ditta Campagne dell' Hérault à messo in commercio una qualità di zolfo detto mouillable (bagnabile) speciale per la prepara- zione di tali poltiglie solforate. Hugouisenq riconosce come maggiormente efficaci le poltiglie ai polisolfuri alcalini poiché in esse il rame si combina formandosi po- lisolfuro di rame. Questo composto è insolubile nell'acqua e resterebbe senza azione contro la peronospora se non fosse assai instabile; os- sidandosi dà solfato di rame solubile e quindi assai attivo. Queste modificazioni si producono direttamente sulle foglie di vite trattate. I polisolfuri alcalini si sciolgono assai nell'acqua, ma la soluzione presto si intorbida per la precipitazione di solfo allo stato nascente. Ora questo solfo in tale stato esplica la massima azione contro l'oidio. I polisolfuri alcalini si possono usare tanto col solfato di rame, quanto coll'acetato neutro di rame. Ecco alcune formule: (1) Guillon, Soufres et bouilles cupriques, Revue de Viticult., voi. XIX-XX. 208 I PARASSITI VEGETALI: Ili. EUMICETI I. - Formula Hoc. II. - Formula Hoc. III. - Formula Mosse. Solfato di rame kg. 1 Solfato di rame kg. 1,5 Verdet neutro gr. 250 Polisolfuro ale. » 1 Polisolfuro ale. » 1.2 Polisolfuro ale. » 500 Acqua lit. 100 Carb. sod. Solv. » 0,500 Acqua lit. 100 Acqua lit. 100 Tali poltiglie àuuo uu grado assai elevato di aderenza. Una miscela capro solforosa che pare dia buoni risultati, come provano esperienze da me fatte nel vigneto sperimentale della Scuola Enologica di Alba è la miscela Sébastian preparata dalla ditta Fratelli Charvet di Torino e che si scioglie nell'acqua nelle proporzioni del 3-4 per cento. II. Poltiglie miste contro diversi juirassiti vegetali ed animali. — Ve ne sono in gran numero. Mi limito a ricordarne qualcuna delle più importanti: a) Formula Martini [Polt. contro la peronospora e la cochylis] Solfato di rame kg. 1 Calce spenta » 1 Rubina » 1 ,5 Acqua lit. 100 Dà effettivamente buoni risultati contro le due malattie. b) Formula Mosse [Polt. contro la peronospora, l'oidio, l'altica, la coehylis, ecc.]. Verdet neutro gr. 250 Polisolfuro alcalino » 500 Arseniato di soda » 200 Acqua lit. 100 Secondo il Mosse Fuso di questa miscela sarebbe economico e notevolmente efficace. Grado di aderenza delle varie miscele. In una poltiglia o miscela antiperonosporica non bisogna tener conto soltanto dell'efficacia, ma anche del grado di aderenza. Quanto più è aderente una poltiglia e tanto più a lungo ne esercita la sua azione benefica sulle foglie, mentre d'altra parte si realizza un notevole risparmio, occorrendo un numero minore di trattamenti. Varii autori si occuparono del grado di aderenza delle varie poltiglie e riportiamo in poche parole i risultati delle loro osservazioni. La poltiglia bordolese può presentare un grado di aderenza diverso a seconda del modo di preparazione; la maggior resistenza la pre- PLASMOPA1ÌA VITICOLA BERLESE-DE TONI 209 sentirebbe a quanto pare se preparata col metodo così detto americano. Questo consiste nello sciogliere separatamente in parli eguali di acqua — in modo da avere soluzioni egualmente diluite — le due sostanze, cioè la calce ed il solfato di rame, versandole poi contemporaneamente in una tinozza e mescolando energicamente. Secondo Girard la meno aderente è la poltiglia bordolese alcalina, mentre la poltiglia borghi gnomi e le soluzioni di acetato di rame avrebbero un'aderenza quasi doppia; la poltiglia zuccherata Pei; k et avrebbe un'aderenza considerevole. Secondo Gastine invece la pol- tiglia bordolese alcalina avrebbe pure un grado elevato di aderenza di poco inferiore alla poltiglia borghignona. Ecco una classificazione proposta da Guillon e Gouirand (1) di diverse- miscele e poltiglie dal punto di vista della loro aderenza : 1.° Poltiglia al sapone. 2.° » al bicarbonato sodico. al carbonato neutro di soda (polt. borghignona). alla calce, al carbonato potassico, acqua celeste. verde t-gris. alla gelatina. alla melassa. al verdet neutro. Ohuard e Porchet (2) arrivano a delle conclusioni alquanto dif- ferenti; i dati del Guillon riguarderebbero l'aderenza assoluta, in pratica l'aderenza non corrisponderebbe a quella teorica, secondo gli autori il verdet -neutro si sarebbe mostrato invece più aderente di al- cune poltiglie. Polveri cupriche. Come trattamenti complementari danno ottimo risultato certe miscele polverulente a base di composti cuprici da usarsi in certe epoche fra un trattamento liquido e l'altro. Tali polveri anno il Arantaggio di penetrare molto bene tra i grappoli proteggen- doli assai a lungo da infezioni peronosporiche. Alcune di esse poi avendo come componente anche lo zolfo agiscono ottimamente contro l'oidio. Non Anno il valore antiperonosporico delle poltiglie, ma il loro uso può tornare assai efficace completando l'azione di quelle. •_>. » 4.° » 5.° » 6.° » 7.° » (1) Guillon et Gouikand, L'adltérence des bouilles cuprìques. Rev. Vitic, 1905, n. 599. (2) Ciiuard et Porchet in Rev. Vitic. XXIV (1905). n. 604. Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 14. 210 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI Tra le polveri cupriche tiene il primo posto il solfo- ruma lo miscela di solfo e solfato di rame nella proporzione di 3 5 kg. di solfato di lame su 97-95 kg. di solfo. La dose migliore è quella al 3 ° 0 che abitualmente si trova in commercio. Per essere più sicuri della purezza della miscela ciascuno può facilmente prepararla da se; si fa disec- care il solfato di rame sopra i 100' in un forno in modo da scacciarne l'acqua di cristallizzazione, quindi si polverizza, il che si ottiene in questo caso facilmente; la polvere finissima viene mescolata a solfo puro e finissimo. Si può anche preparare in altro modo, facendo scio- gliere 3 kg. di solfato di rame nell'acqua ed in questa soluzione im- pastando i 97 kg. di solfo. La pasta ottenuta si lascia seccare quindi si polverizza. È necessario che la mescolanza delle due sostanze riesca molto omogenea e che la polvere sia finissima per poterla ben distri- buire colle ordinarie solforatrici. Polvere di steatite cuprica. — E una miscela di polvere di steatite (talco) con solfato di rame nella proporzione de'11'8 °/0 di questo sale. E' assai fine ed aderente, però manifesta azione solamente contro la peronospora. Coefficienti di efficacia delle varie sostanze antiperonosporiclie. Paragonati fra di loro gli effetti di diverse poltiglie o miscele si è constatato che alcune di esse sono realmente più efficaci, mentre altre sono meno attive. Chauzit con diverse serie di esperienze à detcr- minato il coefficiente di efficacia di varie sostanze; bisogna però notare che questi dati non anno un valore assoluto, andando soggetta l'ef- ficacia di una miscela a varie oscillazioni in rapporto colle condizioni favorevoli o meno allo sviluppo della malattia. La scala di Chauzit va da 0 a 10, cioè dalle sostanze inefficaci a quelle efficacissime; nessuna però raggiunge il valore massimo. I dati riportati riguardano solo le soluzioni o miscele più note e più usate: Solfo ramato coeftìc. di efficacia = 2 Soluzione semplice di solfato di rame Acqua celeste Steatite cuprica Verdet-gris Poltiglia borghi gnona Poltiglia zuccherata (Perret) » bordolese I sali di rame e la vegetazione della vite. La conoscenza del potere venefico dei sali di rame anche in minime dosi ritardo note- » » — o » » — 5,5 » » = r7 1 » » — 8-8,5 » » = 7.5-8,5 » » = 9 » » = 9 PLASMOPARA VITICOLA BERLESE-DE TONI 211 volmente la loro applicazione pratica come rimedio an ti crittogamico. Anche quando Millardet dimostrò l'azione intensamente nociva di soluzioni diluitissime di solfato di rame sui germi della peronospora, molti viticoltori furono invasi da timori, da incertezze per paura di nuocere alla vegetazione della vite o di pregiudicare in qualche modo le qualità del vino. Ben presto però si constatò die i sali di rame avevano una azione importante e benefica sulla vegetazione. Gli or- gani irrorati si conservavano più intensamente verdi, presentavano maggior vigore, il periodo vegetativo veniva prolungato notevolmente. Non solo questa constatazione venne fatta per la vite, ma altresì per tutte le altre piante coltivate che eventualmente ne venivano irrorate. Eumm trova un maggior numero di corpi di clorofilla nel palizzata delle foglie trattate e spiega questo fatto ammettendo un'azione che- miotattica del rame. Come primo effetto di una irrorazione si à una leggera sosta della vegetazione cui segue però un energico sviluppo. Una parte del sale di rame osmoticamente passa nel plasma cellulare; trattandosi di un veleno in piccole dosi determina prima un arresto nella sua attività, quindi agisce come stimolo e da ciò ne risulta una mag- giore energia vegetativa. Facendo dei trattamenti piuttosto tardivi si à quindi come effetto un prolungamento nella vegetazione; questo fatto in certi casi può dare vantaggiosi risultati, in certi altri conseguenze nocive. Prolungando la vegetazione si prolunga altresì il processo di maturazione ; se la stagione decorre calda e favorevole a questo processo si à un vantaggio notevole nella qualità del prodotto, poiché le sostanze elaborate che vanno nel frutto aumentano assai. Nelle regioni meridio- nali si è constatato una elevazione nel grado zuccherino dei mosti e quindi nell'alcoolicità dei vini prodotti da uve tardivamente trattate. Questo fatto venne anche constatato negli Stati Uniti dal Gallovay nel 1889. Nelle regioni settentrionali e quindi con autunno già piut- tosto freddo il prolungare la vegetazione delle viti e quindi la matu- razione delle uve può esser causa di inconvenienti. Per l'abbassamento della temperatura le uve maturano incompletamente, i vini risultano agri, difficilmente conservabili e predisposti alla casse; anche i tralci tardivamente sviluppati non si lignificano normalmente, così clic le parti tenere vengono facilmente uccise dal gelo e dalle brine. Per evitare questi inconvenienti nelle regioni settentrionali è prudenza di non esagerare molto nei trattamenti tardivi e quando si debbano applicare nell'epoca della maturazione è bene usare poltiglie poco concentrate. 1212 I PARASSITI VEGETALI: III. ÉUMICETI Aziono «lei rame sul terreno. Alcuni anno pensato che per la dispersione inevitabile sul terreno di una parte dei composti cuprici che si usano nei trattamenti, il suolo, immagazzinando dopo molti anni una certa quantità di tali sostanze potesse riuscire improprio alla coltivazione della vite o almeno ne diminuisse notevolmente la fertilità. Ciò non è assolutamente. Il rame si viene a trovare nel ter- reno in una forma inerte. La calce del terreno à una azione predo- minante nell'assorbimento del solfato di rame. Il rame si incorpora specialmente al suolo allo stato di idrossido, di solfato basico e forse anche di solfato doppio di calce e di rame e se anche piccole quantità di rame vengono assorbite dalle piante, ciò è senza inconveniente per la vegetazione (1). I sali di rame nella vinificazione in rapporto eolFigiene. Nessuna influenza perturbatrice anno i sali di rame introdotti colle uve in così deboli proporzioni nel mosto sulla fermentazione e sulla costi- tuzione dei vino, né dal punto di vista delle sue qualità, né dal punto di vista igienico. Le traccie di sali cuprici che possono passare nel mosto vengono in gran parte eliminate durante la fermentazione; lo svolgimento di traccie di idrogeno solforato che si unisce al rame determina formazione di solfuro di rame, composto insolubile. Analisi di Mììntz, Caklbs, Ravizza, ecc., anno trovato meno di un mezzo milligramma di rame per litro di vino non chiarificato. Un vino de- fecato ne contiene quindi una quantità ancora minore. Ora il rame può avere conseguenze leggermente venefiche quando sia ingerito nell'organismo in dose di un decigramma, quantità contenuta appena in 10 ettolitri di vino che un uomo mediocremente bevitore consuma in poco meno di due anni. Dato che il rame si accumulasse nell'or- ganismo, ciò che non è, per produrre un avvelenamento grave, occor- rendo almeno un grammo di rame, ciò non potrebbe accadere che dopo venti anni. Quindi dal punto di vista igienico non vi può essere il minimo timore. Quanto alla conservabilità dei vini è un fatto che i vini trattati si conservano di più potendo raggiungere un grado alcoolico del 9-13 °/p, mentre in quelli ottenuti da ine non trattate il titolo alcoolico in certe annate non raggiunge il 0 °/0. Da quanto si è esposto risulta evidente che i sali di rame deb- bono essere impiegati sempre nella lotta contro la perouospora senza timore di arrecare danni uè alle piante, ne al terreno, uè al vino. (1) Bereese e Sostegni, Bech. sur Vaction des sels de cuivre, eoe. (Revuc International de vit. et d'oenol., 1895). PLASMOPARA NIVEA SCHR. 213 57. PLASMOPARA NIVEA Schr. N. ital. Peronospora delle ombrelli fere. X. stran. Mildiou du Persil, du Gerfeuil, ecc. ; KranJcheit der Pe- tersilie, Kerbel der Mohren, Parsnip Mould. È una malattia assai frequente in Europa ed in America su diverse piante della famiglia delle ombrellifere spontanee e coltivate. In Italia si ritrova frequentissima sulle foglie AélV Aegopodium Podagraria, del Daucus Carota, della Pastinaca nativa, del Petroselinum sativum (prez- Fig. 26. Peronospora delie ombrellifere. 1. Porzione ili foglia di Aegopodium Podagraria colpita. 2. Conidioforo di Plaxmopara nivea (originili). zemolo), della Pimpinella anisum, deWAnthriscus cerefolium, dell' An- gelica, ecc. Produce talora sul prezzemolo e sulle carote negli orti dei danni abbastanza notevoli. Caratteri esterni della malattia. Le foglie colpite presentano da prima una leggera scolorazione in alcuni punti sulla pagina superiore; più tardi si determinano delle macchie giallognole che in seguito di- ventano brune, esse si raggrinzano, disseccano, la pianta presenta aspetto sofferente e vegetazione stentata. Sulla pagina inferiore in corrispondenza alle macchie giallognole si nota una fitta efflorescenza bianca dovuta agli organi di fruttificazione del fungo (tìg. 26:1). 214 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Secondo il Comes anche le radici verrebbero attaccate, ciò però non sarebbe confermato dalle osservazioni del Beelese. Caratteri botanici. Nei tessuti alterati si nota la presenza di ife niiceliclie tubolari, continue, fornite di austori sferici od obovati che penetrano nelle cellule. I conidiofori che escono dagli stomi nella pagina inferiore sono numerosi, assai ramificati, jalini ; le ultime terminazioni dei rami sono allungate, coniche e portano conidi ellissoidali misuranti (i. 25 — 32 = 12 — 22, papillati (tìg. 20:2). I conidi (zoosporangi) ger- minano per zoospore che si possono originare in numero variabile da 6 a 14 per ciascun conidio. Il De Baby avrebbe trovato una analogia col Gystopus candidus nel modo di penetrazione delle zoospore nella pianta ospite. Le zoospore trovandosi presso una stoma si fissano, emettono un tubo che attraversa il dotto stomatico e raggiunge la camera d'aria ove si gonfia notevolmente e forma un austorio che passa in una vicina cellula epidermica. Di qui si originano diversi rami che si dirigono negli spazi intercellulari del mesotìllo, formando il micelio intercellulare. Perchè avvenga l'infezione sarebbe dunque ne- cessaria la penetrazione del promicelio attraverso lo stoma. Le oospore, che pur si possono trovare negli organi alterati dal fungo, sono grandi, globose, giallo brune; possono facilmente rimanere per un certo tempo nel terreno germinando quindi per zoospore. Metodi di cura. La malattia si combatte facilmente con dosi leg- gere di poltiglia bordolese. Serve molto bene ad es. la formula ridotta del prof. Cavazza. Solo bisogna avvertire di far uso della poltiglia per le sole piante ortensi di cui non si mangia la parte aerea (carota), per le altre (prezzemolo, cerfoglio, ecc.) non è prudente, igienicamente, far uso dei composti cuprici a meno che non si abbia poi l'avvertenza, priina di servirsi delle piante per l'alimentazione o la vendita, di la- varle accuratamente in acqua corrente. Le piante ammalate debbono essere distrutte. In caso di continue e forti infezioni in una località per la presenza abituale dei germi del parassita è bene cambiare per qualche tempo la coltura sostituendo alle ombrellifere qualche altra pianta ortense. Tra il gruppo delle Peronosporee planoblaste e quello delle Pero- nosporee sifoblaste si deve collocare un genere il quale rappresenta un anello di congiunzione fra questi due gruppi : il g. Pseudoperonospora che à delle planoblaste il carattere della germinazione indiretta dei PSEUDOPERONOSPORA CUBEXSIS ROST. 215 conidi per zoospore e delle sifoblaste il carattere della ramificazione del conidioforo secondo il tipo dicotomico. Se si volesse dar maggiore considerazione al primo carattere si potrebbe senz'altro comprendere tale genere al g. Plasmopàra tutt'al più riferendolo al sottogenere Peronoplasmopara creato dal Berlese (1). Bostcavzew, Humpheey, Linhart ed altri autori recentemente sono d'accordo nell' attribuire a questo genere intermedio il nome di Pseudoperonospora. Di questo merita speciale menzione la specie: 58. PSEUDOPEBONOSPOBA CUBEXSIS Bosiwz. Sinon. Peronospora eubensis ; Plasmopàra eubensis. X. ital. Peronospora delle cucurbitacee. V. stran. Méltau der Gurlcen; Dówny mildew of cucumber, ecc. La malattia è originaria dell'isola di Cuba ove il parassita venne riscontrato su cucurbitacee spontanee di quella regione tin dal 1868. Si diffuse quindi anche sulle cucurbitacee coltivate nel Nord America e nel Giappone. In America produce annualmente danni abbastanza intensi nelle coltivazioni delle cucurbitacee nelle regioni della Florida, del Massachusetts, dell'Ohio e della Virginia. Segnalata in Russia nel 1902 dal Bostowzew (2), nell'anno successivo venne riscontrata dal Linhart in Ungheria e dall'HECKE a Vienna; il dott. E. Cazzam nello stesso anno ne dimostrava la presenza in Italia e precisamente nel Pavese e nel Biminese (3), il Trotter (4) nell'Avellinese, il Vo- glino (5) lo segnala pure in Piemonte. Attacca i cocomeri, le zucche, i meloni, le angurie, nonché una grande quantità di altre cucurbitacee spontanee nei paesi di origine. Caratteri esterni della malattia. Sulla pagina inferiore delle foglie tra le nervature compaiono delle macchie bruno-violacee che si pos- sono anche estendere sì da occupare un buon tratto della lamina fogliare prendendo in seguito un colore anche più scuro. In corrispondenza di tali macchie sulla pagina superiore si manifestano delle decolora- zioni e più tardi delle macchie angolose di un colore giallo scuro o (1) Berlese, Monogr. delle peronosp. (Riv. Patol. Veg., 1900, pag. 123). (2) Rostowzew, Beiir. sur kenntn. fi. Peronosporeen (Flora, 1902). (3) Dott. E. Cazzani, Sulla comparsa della Peronospora cubensis l'i. 0. in Italia (in Atti del R. Ist. bot. dell'Univ. di Pavia, voi. IX, 1904 . (4) Trotter, La 2)eronospora delle cucurbitacee (Giorn. di Yit. e di Enol. di Avellino, 1905). (5) Voglino, I funghi parass. delle piante ossere. nelle prov. di Torino nel 1906 (Ann. Accad. Agr., Torino, XLIX, 1907). 21(5 I PARASSITI VEGETALI: III. KUMICETI cretaceo. Le foglie quindi disseccano e così i cirri, i frutti benché non direttamente attaccati rimangono piccoli, maturano incompleta- mente e scarseggiano assai di principii zuccherini. Le piante colpite acquistano, viste ad una certa distanza, un colore grigio verdastro che le fa spiccare fra le piante sane. I caratteri più appariscenti del male in generale si manifestano nei mesi di luglio e di agosto. Caratteri del parassita. Il fungo venne descritto fin dal 1868 dai micologi Berkeley e Cuetis che lo avevano riscontrato su foglie di cucurbitacee spontanee provenienti dall'isola di Cuba. I conidiofori si svolgono nella pagina inferiore delle foglie ed escono dagli stomi isolatamente od appaiati, meno frequentemente in tascetti formati da tre stipiti. Raggiungono una lunghezza da l/3 a i/2 millimetro, pre- sentano una ramificazione ramoso dicotoma ed all'estremità degli ultimi rametti portano collidi ovoidei, papillati, misuranti v- 24-27 = 16-20, di un color violaceo sporco. La germinazione dei conidi si effettua l»er zoospore, quindi sotto questo riguardo il fungo à lo stesso com- portamento del genere Plasmopara, da cui solo differisce, per avvi- cinarsi al g. Peronospora per la ramificazione e aspetto del conidioforo. Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. La malattia si sviluppa in generale a primavera inoltrata dopo un periodo di pioggie o di nebbie più o meno lungo; iniziatosi lo sviluppo del fungo questo si diffonde anche se la stagione decorre in seguito calda ed asciutta, arrecando quindi i maggiori danni nell'estate. I danni ch'essa produce sono talvolta assai intensi e nel 1896 nell'America del Nord si ebbe la distruzione di più del 50 °/0 del raccolto. Mezzi di cura. Selby ottenne in America splendidi risultati col- Tapplicazione della poltiglia bordolese nelle dosi dall'I all' 1,5 % di solfato di rame e di calce, da applicarsi ogni quindici giorni a partire dal giugno fino a tutto settembre. Per rendere più adesiva la poltiglia sulle foglie ruvide delle curcubitacee è cosa opportuna mescolare alla poltiglia ordinaria un po' di melassa. Cazzani consiglia di aggiungere all'ordinaria poltiglia bordolese l'I °/00 Cli permanganato potassico, secondo la formula di Guozue- kowic. Le piante morte per malattia, come le foglie essiccate non debbono essere abbandonate sul suolo, ma bruciate; nei casi in cui la malattia insistentemente si sviluppi in una determinata località è evidente che bisogna per qualche anno sospendere la coltivazione delle cucurbitacee. BKEMIA LACTUCAE REG. 217 Sottofam. Sifoblaste. Presentano i conidi germinanti a tubo, cioè direttamente originando il promicelio. I conidiofori sono ramificati secondo il tipo dicotomico. Vi appartengono i due generi Bremia e Peronospora. 0. Brenna Reg. I conidiofori ramificati strettamente, secondo il tipo dicotomico, presentano all'estremità degli ultimi rametti dei rigonfiamenti timpa- niformi forniti di piccole punte su cui si attaccano i conidi i quali sono j al ini e forniti di una papilla apicale. 59. BREMIA LACTUCAE Regel. Sinon. Peronospora gangliformis (Bere:.) de Bary. N. itaì. Peronospora delle composte (delle lattughe, dei carciofi, ecc.); marciume dell' insalata. N. stran. Meunier des laitues ; Jcrankh. Mélthau des Gartensalat ; Lettuce-mould. Malattia frequentatissima ovunque su diverse composte spontanee (specialmente Cirsium, Sonchus, Rieracium, Senecio) e coltivate, di queste attaccando in particolar modo le insalate (Lactuca satira, Gichorium indivia) i cardi ed i carciofi [Cynara cardunculus, C. Scolymus) e certe piante di fiori come le Cinerarie. Venne segnalata dannosa alle lat- tughe per la prima volta in Francia nel 1878 ove la malattia è designata col nome caratteristico di Meunier, — mugnaio — per l'aspetto farinoso delle foglie colpite osservate in pagina inferiore. In Italia è frequentissima ovunque nella primavera, nell'autunno ed anche nell'inverno producendo però non sempre gravi danni almeno nel settentrione, mentre nell' Italia centrale attaccando fortemente i carciofi può riuscire seriamente nociva. Caratteri esterni della malattia. Sulla pagina superiore delle foglie delle lattughe appaiono macchie angolose, internervie, pallide prima, poi giallastre e quindi anche rosso-brune, numerose, distinte, rara- mente occupanti una larga superficie. Nella pagina inferiore corrispon- dentemente a tali macchie si nota una fine e talora rada lanuggine bianco-polverulenta. Sulle foglie dei cardi e dei carciofi le macchie della pagina superiore sono quasi olivastre da prima, poi brune ; il tomento bianco della pagina inferiore talora lascia poco distinguere la lanug- gine formata dai conidiofori (fig. 27:1). Le foglie così colpite si accar- 218 I PARASSITI VEGETALI : III. ECMICETI tacciano, disseccano, specialmente e più rapidamente quelle più vicine a terra. Le lattughe colpite dalla malattia e mandate imballate sui mercati marciscono più o meno rapidamente per lo sviluppo intenso Fig. 27. Peronospora delie composite. 1. Porzione di foglia di caìciofo vista dalla pagina Inferiore colla malattia. '2. Ramo eonidioforo di Uremia. 3. Gonidio germinante. 4. Oospora (1-:; origin., 4 da Bee- LESE). del micelio. Dei carciofi vengono attaccati spesso i capolini i quali rimangono inservibili all'alimentazione. Caratteri del parassita. Il micelio intercellulare è fornito ci pic- coli austori vescicolosi; i conidiofori uscenti dagli stomi in pagina inferiore sono semplici per lungo tratto, poi si ramificano superior- mente con perfetta dicotomia; i rami arcuati superiori, si intrecciano spesso fra di loro; gli ultimi rametti terminano con un rigonfiamento a ganglio od a timpano su cui sono disposti da 3 a G piccoli sterigmi die sostengono altrettanti conidi (fig. 27:2). I conidi sono leggermente ovali, jalini, misurano ji. 16-22 = 15-20. BREMIA LACTUCAE REGEL 219 I conidi in ambiente umido germinano facilmente per tubo quando la temperatura dell'ambiente sia di 10" o 12° (tig. 27:. 3). Le oospore, osservate dal Cornù sono globulose, giallo-brune, poco numerose nelle foglie delle lattughe, copiosissime invece nelle foglie delle Senecio (fìg. 27:4*. Condizioni favorevoli di sviluppo. La temperatura mite, l'ambiente umido favoriscono lo sviluppo del male, mentre il freddo ed il caldo eccessivo lo arrestano. Ottime condizioni trova il fungo nelle serre, nei letti ealdi ove produce danni gravissimi ai giovani allevamenti delle composte ortensi che vi si coltivano. In questo ambiente si sviluppa copiosamente anche durante l'inverno. Certe qualità di lattughe, spe- cialmente le primaticcie ne vanno maggiormente colpite. Mezzi di cura. Consistono nella distruzione delle piante attaccate o nel togliere diligentemente le foglie colpite al primo inizio della malattia, nell' allontanare dalle coltivazioni e specialmente nella vici- nanza dei letti caldi le specie di composite spontanee che abitualmente sono colpite [Girsium, Sonchus, Senecio, ecc.), nel l'are i trapianti al- l'aperto scartare tutte le piantine con traccia del male, disinfettare le pareti delle serre, ricambiare il terriccio infetto, ecc. Giovano mol- tissimo i trattamenti ai sali di rame sulle piccole piante, da usarsi preventivamente in dosi però assai deboli per non danneggiare i teneri organi ed usando poltiglie neutre o leggermente alcaline. Bercerei consigliava irrorazioni con soluzioni diluite di sale di borace; secondo alcuni il rimedio darebbe risultati soddisfacenti. È ovvio ricordare che i trattamenti cuprici non si dovranno usare sulle piantine adulte che debbono servire per l'alimentazione, per misura igienica. II Marshall (1) à cercato di immunizzare giovani piantine di lat- tuga contro l'azione della Bremia allevandole in soluzioni nutritive cui aveva aggiunto nelle proporzioni del 3-4 per 10.000 del solfato di rame e poi tentando di infettarle con conidi di peronospora. Egli potè constatare che le piantine presentavano un grado notevole di resistenza e quasi di immunità, mentre altre piante allevate in solu- zioni nutritive semplici ne rimanevano più o meno fortemente colpite. Tale mezzo di difesa interessante teoricamente, non può certo avere almeno per ora importanza pratica. (1) Marchall, De Vimmunisation eie la Laitue cantre le Meunìer (Compt. rend. de l'Acad. d. Se, Paris, 1902, CXXXV, p. 1067). 220 I PARASSITI VEGETALI: III. El. Mirini (x. Peronospora Corda. Caratterizzato da conidiofori più volte ramoso-dicotomi cogli ul- timi rami diritti od arenati, acuminati; da collidi ovoidèi od ellittici, jalini o di un violaceo sporco, sempre germinanti direttamente per tubo. Genere ricchissimo di specie di eui menzioneremo solo le più importanti, invadenti piante coltivate. 60. PERONOSPORA PAEASITICA (Peks.), Tul. JV. ital. Peronospora, mal del secco delle crocifere (dei cavoli, delle rape, ecc.). W. stran. Rapskrarikheit, Cabbage Peronospora. Questa peronosporacea è comunissima su diverse crocifere coltivate e su moltissime sponta- nee. Fra le coltivate at- tacca in special modo il Ravizzone (Brassica Xa- pus v. oleifera), il eavolo (B. oìeracea), il cavolo- cappuccio (B. oìeracea v. capitata), il cavolfiore (B. oìeracea v. botrytis), la rapa (Br. rapa), la camelina (Camaelina saliva), la vio- lacciocca (Cheiranthus Cheiri), tra le spontanee le specie dei generi Ca- psella, Thlaspi , Draba , Cardatine, tiinapis, Si- symbrium, ecc. Sulle piante adulte non è causa di gravi danni i quali invece si rendono assai sensibili nelle giovani piantagioni e specialmente alle colti- vazioni ortensi nei se- menzai. Caratteri esterni. La Fig. 28. Peronospora delle crocifere. Ramo couidiofbro, «midi ed oospore (da Berlese). malattia si manifesta sulle foglie con macchie gialle più o meno estese che diventano poi più tardi brune; le foglie colpite si accartocciano PERONOSPORA SCHACHTII PICK 221 e mostrano sulla, pagina inferiore una lanuggine bianchiccia-polveru- lenta formata dai rami eonidiofori del fango. Le foglie colpite Uniscono per seccare, si distaccano e cadono a terra. La malattia si manifesta inoltre sui cavoli e sulle infiorescenze nelle quali determina ipertrofie molto simili a quelle effettuate dal CystojmH conditili* col (piale ben spesso si trova consociata. Magnus descrisse dettagliamente le alte- razioni prodotte dal fungo sui fiori del Gheiranthus Cheiri ed avrebbe osservato che esso costituisce negli ovari fra gli ovuli gli oogonii e gli anteridi e quindi le oospore. Caratteri del parassita. Presenta micelio intercellulare fornito di austori riccamente ramificati nel lume cellulare. I eonidiofori escono dalle aperture stomatiche, sono assai ramificati verso l'estremità e gli ultimi rametti cui si attaccano i conidi sono divergenti, arcuati od ondulati, talora quasi unciniformi (fig. 28). I conidi sono jalini, ovoidei, misurano p. 24-27 = 15-20. Le oospore anno episporio giallo pallido o giallo-bruno e misurano p.. 30-35 di diametro (fig. 28). Mezzi di lotta. In generale si possono adottare quelli già consi- gliati per il Gystopus candidus, qualora la malattia sia infesta ai se- menzai di crocifere; è buona pratica falciare le piante colpite, bruciando le parti secche, allontanare dalle coltivazioni ortensi le crocifere spontanee spessissimo colpite dal fungo e quindi sorgenti d'infezione; sulle piante giovani, quando non debbano ancora servire per l'ali- mentazione sono efficacissime le irrorazioni con poltiglia bordolese. Schrenck à pure sperimentato con ottimi risultati oltre le soluzioni di solfato rame, poltiglie e soluzioni a base di carbonato di rame, di solfato potassico coll'aggiunta di colla di pesce per aumentarne il grado di aderenza. 61. PERONOSPORA SCHACHTII Fuck. iVT. itaì. Peronospora della barbabietola, Mal del secco, Falso oidio delle barbabietole. iVr. stran. Mildiou de la Betterave; Krarikheit der herzblatter der Zucìcerruben, KrausélkranTcheit. Malattia comune sulle foglie delle barbabietole ed in special modo dannosa alla barbabietola da zucchero. In Francia venne osservata fin dal 1S52 ed in Germania dal 1854 ; in Italia pure è nota da molto tempo. Caratteri esterni della malattia: si riscontrano specialmente sulle foglie del centro che appaiono scolorate, deformate, a superficie on- dulata o grinzosa e alquanto carnose. Sulla pagina inferiore si vede una muffa più o meno abbondante bianco-grigiastra o violacea. Le 222 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI foglie colpite si disseccano così che la pianta rimanendo privata delle foglie centrali ed anco del germoglio, finisce per disseccare. Diffon- dendosi facilmente da una pianta all'altra riesce sommamente dannosa e non di rado si deve riferire a questa causa la diminuizione del raccolto o della percentuale zuccherina delle barbabietole. Caratteri del parassita. Il fungo presenta un micelio intercellulare con austori ramificati nelle cellule della pianta ospite (tìg. 29 : 1); i coni- diofori escono isolatamente o fascicolati a due o tre per stoma, sono piuttosto rami- ficati, benché con rami brevi, all'estre- mità biforcati coi due rametti talora ine- guali o divergenti (flg. 29 : 2). I conidi sono ovali, di un bruno violaceo pallido e misurano fi. 22-27 = 17-20. Essi germi- nano per tubo abbastanza rapidamente; in quattro o cinque ore possono deter- minare infezione, da ciò il carattere emi- nentemente epidemico della malattia. I primi osservatori non avevano tro- vate le oospore e la conservazione del fungo da un anno all'altro si credeva avvenisse esclusivamente per virtù del micelio ibernante nel colletto delle radici, come ammetteva il Kuhn (1). Questo fatto da alcuni contestato è stato da altri anche oggidì confermato. Il Vogklino (2) avrebbe osservato nella primavera svol- gersi dei conidiofori da radici carnose di barbabietole che avevano passato l'in- verno. Le oospore che mancano all'inizio- della malattia si trovano poi numerosissime più tardi nelle foglie già molto danneg- giate. Sono globose ed anno episporio liscio e bruno (fig. 29 : 4). Nel terreno conservano le proprietà germinative da un anno all'altro. Mezzi di cura. Consigliabile la distruzione delle prime foglie at- taccate; nei casi di forti e continue infezioni in una località limitata Fig. 29. Peronospora della barbabietola. 1. Porzione di micelio con austorio. 2. Ra- mo conidioforo. 3. Gonidio germinante. 4. Oospora (2 originale, 1-3-4 da Pril- LIEUX). (1) Kuhn, Zeitschf. d. Landw. Centrali-, d. Fior. Sacltsen, 1872, e Bot. Zeit. 1873, pag. 499. ' (2) Voglino, Patologia vegetale, pag. 94. PERONOSPORA CANNA BINA OTT1I. 223 è bene sospendere la coltura delle bietole per qualche tempo. Come mezzo diretto à dato ottimi risultati sia in Francia che in Germania l'uso del solfato di rame incorporato nella calce in poltiglie in cui entrambe le sostanze siano nelle proporzioni di 1 a 3 kg. per 100 di acqua. Osservazioni ed analisi fatte da Girard provano che le bietole da zucchero trattate con poltiglie contenevano circa il ' ., per °/0 di zucchero di più di quelle non trattate. Il mezzo di lotta dunque è facile, pratico e rimunerativo. 62. PERONOSPORA CANNABINA Otth. JV. della malattìa. Peronospora della canapa. La malattia venne scoperta nel 1868 dall'OTTH in Svizzera e ri- trovata poi da Massalongo, Aducco, Keppi nel Ferrarese nel 1898 (1). Il Peglion recentemente la osservò nel Ferrarese abbastanza fre- quentemente in giovani piante di canapa incappucciate per l'azione del Thylenchus devastato)' (2). Sebbene non molto dannosa per la sua rarità e pel suo carattere quasi endemico nelle località indicate può tuttavia contribuire al diradamento dei canapai. Caratteri della malattia e del parassita. Le foglie appaiono ac- cartocciate con macchie gialle nella pagina superiore; più tardi im- bruniscono e disseccano. Nella pagina inferiore si manifesta una lanuggine cenerognola formata dai conidiofori. Questi sono fascicolati, uscenti in gran numero dagli stomi, quasi jalini da prima, più tardi rosso-violacei, in alto alquanto ramosi con rami divaricati; i conidi sono ellissoidei e misuranti ji. 30-36 = 16-20, di color violaceo-bruno. Le oospore da prima non osservate né dall'OTTH né dal Massalongo vennero ritrovate in gran numero dal Peglion nei tessuti della canapa affetta da incappucciamento nel Ferrarese (3). La conservazione delia specie da un anno all'altro sarebbe dunque dovuta alla presenza delle oospore. Mezzi di lotta. Data la poca, importanza della malattia finora non ne vennero escogitati alcuni, del resto nel caso avesse a mani- festarsi in qualche sito intensamente sulle giovani piante, credo si potrebbe ricorrere con buoni risultati alla poltiglia bordolesi-. (1) Massalongo, La peronospora della canapa (in Agricol. Ferrarese, 181 (2) Peglion, Intorno alla peronospora della canapa (Atti d. Et. Accademia dei Lincei, 1906, voi. XV, pag. 591-597). (3) Peglion, op. cit. 224 I PARASSITI VEGETALI! III. ECMICETI 63. PERO^OSPORA SPARSA, Berk. N. ital. Peronospora delle rose. N. stran. Mehltkauschimmel der Rosen. La malattia venne scoperta nel 1S(»2 in Inghilterra nelle serre sii piante di rosa coltivate in vaso dal Berkeley. Più tardi si riscontrò in Germania, in Austria, in Francia ed in Italia. Quivi venne osser- vata la prima volta in Roma dal Bagnis, nel 1S8.S però il prof. Cuboni nella stessa lo- calità la trovò diffusissima e notevolmente dannosa (1). Caratteri della malattia. Le foglie di rosa colpite pre- sentano nella pagina supe- riore delle macchie brune con un orlo di colore più carico di grandezza e forma variabile: in pagina inferiore corrispon- dentemente a tali macchie si può osser- vare una rada peluria bianchiccia costi- tuita dai conidiofori. Questi si possono inoltre presentare oltre che sulle foglie anche sui peduncoli e sui boccioli fiorali, specialmente sui sepali i quali natural- mente disseccano. Il prof. Cuboni che a studiato molto bene la malattia osserva che le piante anno una vegetazione stentata, che i bottoni fiorali sono spesso pendoli an- ziché eretti e si spaccano per una fes- sura longitudinale assai prima di sboc eiare. È frequente specialmente nelle serre nel febbraio e marzo sulle rose più delicate che fioriscono prestissimo e causa danni notevoli poiché non di rado le piante dopo reiterati attacchi Fu?. 30. . ... r, 7 7, del male finiscono per disseccare com- Peronospora delle rose. UCI uul'^ *■ il', sparsa)': Ramo conidiofo.ro con con idi pletamentC (ila 15ERLESE). (1) Cuboxi, in Staz. sper. Agr. Ital.. 1888, p. 295. PEKONOSPORA EFFUSA RAB. 225 Caratteri del fungo. I conidiofori sono piuttosto gracili, radi: sono ramosi in alto per rami patenti cogli ultimi rametti piuttosto lunghi e divergenti all'estremità dei quali si attaccano conidi ovali o — nella forma italiana osservata dal prof. Cuboni — globosi, misuranti in questo caso p-, 12-16 di diametro e ialini (fig. 30). Le oospore non descritte da altri autori vennero scoperte dal Cu- boni nei sepali attaccati; esse sono sferiche e piccole, misurando ap- pena H 14-18 di diametro. Mezzi di cura. Il Cuboni consiglia di distruggere le parti infette, di potare abbondantemente le piante ammalate, asportando tutti gli organi infetti, la scelta accurata delle talee che servono per la pre- parazione delle piante, la ventilazione nelle serre per diminuire il grado di umidità che favorisce lo sviluppo del male e finalmente i trattamenti coi sali di rame. La soluzione semplice di solfato di rame all' 1 per mille servirebbe benissimo. Fairchild ottenne nel 1891 splendidi risultati in America contro questa malattia coll'applicazione della comune poltiglia bordolese. 64. PERONOSPORA EFFUSA, Rab. jV. ital. Peronospora degli spinaci. JV. stran. Mildiou de l'Épinard, Krankheit des Spinats, MehWtau- seliimmel des Spinats, Spinach Mould. Tale specie di peronospora è frequentissima sulle Chenopodiaeee in special modo sul Chenopodium album che è piantaccia assai comune ed infesta. Non di rado però si manifesta anche su Chenopodiaeee ortensi e precisamente su Atriplex hortensis, Spinacio, ohraeea, su questa specialmente può esser causa di notevoli danni. Caratteri della malattia e del fungo. Le foglie appaiono nella pagina superiore chiazzate di giallo che più tardi sfuma in color ros- sastro; esse si raggrinzano quindi, si accartocciano, mostrandosi più spesse e carnose; nella pagina inferiore si nota un'abbondante muffa di color violaceo sporco formata dai conidiofori. Questi sono ramosi in alto, cogli ultimi rametti divergenti; i conidi sono ellittici, di color violaceo sporco e misurano \x. 25-34 — 18-21. Nei tessuti fogliari si costituiscono pure le oospore (1). Magnus (2) à osservato che il micelio (1) Laubeut (Gartenflora, 1906, Heft XVI, p. 17) differenzia la forma che vive negli spinaci col nome di Perori, spinaciae. Questa nuova specie non a però alcuna ragione di sussistere e la forma degli spinaci non deve essere staccata da quella che vive sulle altre chenopodiaeee. (2) Magnus, Peronospora effusa auf tibertointeruden Spinatspfl., <•<•<•. (in XXIX, Atti Bot. Ver. Prov. Brand., p. 13). Fkkraius, Trattato di Patologia, ecc. — 15. 226 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI del fungo può svernare sulle foglie della rosetta delle piante di spi- nacio senza produrre sviluppo di conidiofori o di oospore fino alla primavera. Mezzi di cura. Eaccolta delle foglie colpite e loro distruzione. Eliminare dai coltivati le Chenopodiacee infeste che sono spesso col- pite dal fungo che poi trasmettono agli spinaci, cornei Chenopodi um, Atriplex, ecc. Non consiglia- bili, dato Fuso che si fa degli spinaci, i trattamenti coi sali di rame, a meno che le piante prima di portarle sui mercati non vengano diligentemente lavate. 65. PERONOSPOEA AEBORESCENS, De Bary. JV. ital. Peronospora dei papaveri, Mal del secco dei papaveri. A. stran. Mildiou dellOei- lette ; Mehlthauschimmel des Mohns. Frequentissima su di- verse specie spontanee e col- tivate del genere Papa ver e precisamente sul P. Rhoeas, P. dubium, P. Argemone e P. somniferum. Su quest'ul- timo specialmente riesce ta- lora dannoso ove se ne fa una coltivazione intensiva per l' estrazione dell' oppio. Le piante possono essere colpite tanto da gio- vani che allo stato adulto; nel primo caso tutti gli organi aerei ne vengono colpiti. nel secondo caso specialmente le foglie e le infiorescenze. Sulle foglie giovani e sugli organi in accrescimento si producono non di rado delle deformazioni; le foglie come i cauli vengono stranamente accartocciati, ravvolti, le foglie diventano più spesse, quasi carnose, ingialliscono, poi seccano. I conidiofori sono Fig. 31. Peronospora dei papaveri. Conidiofori, conidi, oospo- iv ili ]'. arborescena (ila Berlese). PERONOSPORA TRIFOLIORUM DE BARI' 227 abbondantissimi sulla pagina inferiore delle foglie come sugli steli o sugli assi fiorali; costituiscono una lanuggine bianco-giallognola. Essi sono straordinariamente ramificati alla estremità, gli ultimi rametti sono corti, subconici, divaricati (fig. 31). I conidi sono subglobosi (li- 20-24 = 1G-20), ialini o di un violaceo-sporco pallido. Xci tessuti alterati si trovano pure le oospore (fig. 31). I mezzi di cura consistono nell'estirpazione delle piante ammalate, nell'allontanamen- to dalle coltivazioni a papa- vero sonnifero del Rosolaccio che è frequentemente colpito e finalmente nell'uso della poltiglia bordolese che al so- lito contro le peronosporacee è efficacissima. 60. PEROKOSPORA TRIFOLIORUM, De Bary. X. itàl. Peronospora o Muffa del trifoglio. X stran. Maladie du Tréfle. Benché non sempre dan- nosa tuttavia si ritrova assai spesso epiesta specie in pri- mavera su diverse legumi- nose da foraggio, specialmen- te Trifolium, Medicago, Me- lilofus, Lotus, sulle cui foglie produce macchie giallastre ben distinte nella pagina su- periore e nella inferiore una muffa abbastanza copiosa di color grigio plumbeo. I co- nidiofori sono assai ramosi in alto (fig. 32); i conidi sono Fig. 32. Peronospora del trifoglio. Ramo conidioforo di /'. Trifoliorum (da Ber] subviolacei, ellissoidei , mi- suranti n- 18-21 = 15-18. Le oospore sono globose e brune. Venne riscontrata dannosa dal Pirotta nel Modenese, in Piemonte ed in Lombardia dal Voglino. I prati a trifoglio o medica fortemente 228 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI infetti si riconoscono a distanza presentando una tinta grigio-giallastra caratteristica. Unico mezzo di premunirsi contro questa malattia nel caso in cui minacci di riuscire dannosa è quello di procedere alla sol- lecita falciatura di quella parte del trifogliaio o del medicaio in cui il fungo si è manifestato, asportando la parte tagliata e facendola seccare a parte 0 dandola in pasto agli ani- mali. ]Sron è prudenza lasciare chele piante colpite secchino per causa della malattia sul posto poiché in questo caso si formano le oospore nei tes- suti alterati e così si ha una continua sorgente di infe- zione. 67. PEPOXOSPORA YICIAE De Bart. N~. Hai. Peronospora delle lenticchie, dei piselli, muffa della veccia. X. stran. Mildiou des Pois et des Yesces; Tare Mould, Abbastanza frequente sulla fava, sulle veccie e sui piselli, raramente però riesce veramente dannosa. La pa- gina superiore delle foglie colpite presenta macchie gial- lastre in corrispondenza delle quali inferiormente si mani- festa una muffa grigio-viola- cea. Il fungo invade anche i peduncoli fiorali ed i cirri. 1 conidiofori sono piuttosto ramificati cogli ultimi rametti divergenti ad angolo retto; i conidi violaceo- pallidi sono ovoidei e misurano n- 22-27 = 15-19. Le oospore anno un episporio distintamente reticolato (fig. 33). Fig. 33. — Peronospora della veccia. Conidiot'oro, cernirti, oospora (rta Beklese). PEROXOSPOKA SCHI.EIltENI DNG. 229 ;iesee Si combatte la malattia, qualora riesca dannosa, col diradare le piante estirpando quelle colpite, col falciare le leguminose, se colti- vate in prateria o in campo per sovescio prima che il male abbia fatto molto progresso. Per i piselli e le fave serve ottimamente la poltiglia bordolese come ne fanno fede le esperienze fatte in Germania fin dal 1892. 68. PEROXOSPORA SCHLEIDENI, Uno. X. ital. Muffa, Perono- spora delle cipolle. X. stran. Mildiou de VOi- gnon; Zwiébélbrand, Zwiébel- rost ; Onioìi Mould, Ouion Rust. È abbastanza comune tanto in Europa che nell'A- merica del Nord e qualche volt abbastanza dannosa all'aglio ed alla cipolla negli orti, specialmente nei luoghi piuttosto umidi durante l'estate tanto più quando questo decorre alquanto piovoso. Gli steli e le foglie si presen- tano languenti, di color giallastro e finiscono per disseccare compromettendolo sviluppo del bulbo. Sugli organi colpiti si nota una muffa piuttosto densa di color violaceo sporco, formata dai coni- diofori che anno una forma caratteristica. Essi sono piuttosto grossi, robusti, all'apice ramoso- dicotomi con gli ultimi rametti arcuati su cui si sviluppano conidi grandissimi acini formi, mi- suranti fino a 55 i^- di lunghezza, grigio-violacei (fig. 34). Le oospore si trovano nelle parti dissec- cate, sono globose, con episporio liscio. Spessissimo trovasi consociato a questa pe- ronosporacea un altro fungo che produce sulle macchie gialle una muffa nereggiante. E il Macrosporium parasiticum il quale può trovarsi anche da solo determinando alterazioni sulla pianta ospite. La raccolta e la distruzione delle foglie disseccate in seguito alla malattia è un buon mezzo per impedire che le oospore passino nel Fig. 34. Per ono s pò r a delle cipolle. Conidiofori e conidi (da l'.i B LESE). 230 I PARASSITI VEGETALI : III. EPMICETI terreno conservando le proprietà germinative durante l'inverno fino alla primavera successiva. Le poltiglie a base di sali di rame sono certamente efficaci; la poltiglia bordolese comune però aderisce piuttosto male sulle foglie degli Allium ed è conveniente, se si vuol ricorrere a tale mezzo di lotta usare poltiglie più aderenti, p. es. la poltiglia zuccherata che è aderentissima. 69. PERONOSPORA POTENTILLAE, De Bary. JV. della malattia. Peronospora della fragola. Vive sulle foglie di diverse rosacee spontanee, specialmente Po- tentina, Alehemilla, Sanguisorba, Rovo, fragola selvatica, ma talora di questa colpisce anche negli orti la forma coltivata eausando, benché raramente, qualche danno. Il Voglino la riscontrò dannosa sulle fra- gole coltivate in alcuni orti dei dintorni di Casalmonferrato. Le foglie presentano superiormente piccole macchie giallognole, più tardi rosso- brune; sulla pagina inferiore si svolgono dei conidiofori piuttosto esili, ramificati dicotomicamente, con rami divaricati. I conidi sono violaceo- pallidi. Voglino afferma che la malattia si combatte efficacemente con poche applicazioni di calce polverizzata mista a solfato di rame pure ridotto in polvere tìnissima. Moltissime altre specie di questo genere attaccano piante spon- tanee o coltivate, ma dato il poco interesse che offrono dal punto di vista pratico tralascio di parlarne. Qualche lieve danno apporta talora la Peronospora Valerianellae Fuck. sulla Val eri a nella, olitoria che si coltiva spesso in Piemonte negli orti per insalata, Voglino la riscontrò dannosa in alcuni orti nei pressi di Casale; la P. Maydis segnalata dal Raciborski sul Mays nell'isola di Giava è con ogni probabilità, come ben osserva il Berlese, una Sclerospora e forse la stessa Scle- rospora macrospora di cui più addietro ci siamo occupati. 3.° Ordine. — Zigoiniceti. Sono funghi tipicamente saprofìti (Mttcoracee) oppure parassiti di insetti {Entomoftoraece). Presentano micelio continuo, talora ramitìca- tissimo; riproduzione sessuale per isogameti (zigosi) da cui si origina MICOMICETI 231 una zigospora ; riproduzione agamica per spore fisse contenute in spo- rangi oppure disposte su speciali conidiofori. Fra gli zigomiceti sa- profita abbiamo il genere Mucor colle notissime specie M. mucedo, M. racemosus, M. stolonifer che vivono sulle sostanze organiche, sui frutti in decomposizione, ecc. Nella famiglia Entomoftoracee abbiamo alcune specie utili all'agricoltura nel senso che producono talora vere epidemie in certi insetti parassiti su cui vivono per es. 1' Empiisci Gryìli che vive sulle cavallette ed altri Ortotteri. Non abbiamo fra gli zigomiceti specie veramente dannose alle piante coltivate: tale gruppo non à dunque importanza in patologia vegetale. Classe II. — Micomiceti. I micomiceti comprendono i funghi più elevati, caratterizzati dal- l' avere un micelio generalmente ben differenziato e pluricellulare e dalla riproduzione che si compie esclusivamente per via agamica. Vi sono bensì micomiceti in cui il micelio è ridottissimo ed il tallo seni plicissimo come ad es. i Saccaromiceti in cui tutto il corpo è una semplice cellula, questa però in condizioni speciali cessando di mol- tiplicarsi vegetativamente per un processo di gemmazione è capace di formare delle spore endogene rappresentando così un organo «li riproduzione agamica caratteristico di un gruppo di funghi superiori (ascomiceti). Gli organi caratteristici della riproduzione asessuale dei micomiceti sono gli aschi ed i basidi. L'asco produce spore nel suo interno [asco- spore) ; esso rappresenta da prima una cellula nella quale per un pro- cesso di moltiplicazione nucleare e per ripartizione del citoplasma che vi è contenuto, si vengono a formare delle altre cellule che sono spore endogene. 11 basidio è un organo differenziato sul micelio destinato a sostenere spore esogene; la sua origine, il suo sviluppo variano nei diversi gruppi di funghi caratterizzati dalla sua presenza. I fungili forniti di aschi diconsi ascomiceti, quelli forniti di basidii: basi diomiceti. Non di rado accanto agli organi di riproduzione carat- teristici, i micomiceti possono presentare altri organi riproduttivi asessuali, cioè conidi, clamidospore, ecc., quindi il loro ciclo evolutivo viene talora a complicarsi, succedendosi in varii stadi forme varie «li riproduzione e quindi presentando casi di generazione alternante. Il modo di vita dei micomiceti è assai vario; non pochi vivono saprofiticamente, altri si comportano da parassiti ed un piccolo nu- mero vive simbioticamente. La classificazione dei micomiceti si basa 232 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI sulla presenza dell' a s co e del basidio e da ciò abbiamo queste due sottoclassi: I. Sottoclasse: Ascomiceti. IL Sottoclasse: Basidiom ietti. I. Sottoclasse. — Ascomiceti. L'asco o teca sostanzialmente non molto diverso da sporangio rappresenta un organo contenente nell'interno per lo più un numero determinato di spore. Non è questa una distinzione sufficiente per distinguerlo dallo sporangio in cui abitualmente le spore sono innu- merevoli poiché in certi casi anche nell'asco si trova un numero illi- mitato di spore; pare — secondo alcuni ricercatori — che l'origine delle spore si effettui nello stesso modo tanto nell'asco che nello spo- rangio, quindi non solo analogia, ma omologia esisterebbe fra questi organi di cui l'uno è caratteristico di questo gruppo di funghi e l'altro si trova già sviluppato nei fìcomiceti. Recenti ricerche tenderebbero ad ammettere un'origine sessuale dell'asce Harper studiando lo sviluppo dell'asce e del peritecio nella Sphaerotheca Castagnei avrebbe trovato che all'inizio del corpo frutti- fero due ife di cui una funzionerebbe da anteridio e l'altra da oogonio si avvicinano e si fondono: i due nuclei si mescolano e il nuovo nucleo risultante sarebbe il nucleo dell'asco che occupa la parte centrale del peritecio. Questo nucleo nato per fusione di due si moltiplicherebbe poi nell'asco: i nuovi nuclei circondandosi di plasma e di membrana formerebbero poi le ascospore (flg. 35 : 1-6). Benché non tutti i micologi ed i citologi siano d'accordo nell'in- travedere coII'Harper negli ascomiceti un vero anteridio ed un vero oogonio come nei funghi inferiori, tuttavia quasi tutti ammettono ormai che la formazione dell'asco si effettui per un processo di cariogamia o di copulazione nucleare. Le importanti ricerche di Dangeard (1) dimostrerebbero precisamente questo fatto. Egli avrebbe provato per molti ascomiceti che nella cellula madre dell'asco esistono due nuclei dal cui congiungimento risulta la formazione del nucleo dell'asco che prolificando costituirà poi le ascospore. Mentre nei funghi inferiori i nuclei sessuati sono contenuti in due cellule distinte eguali (isogameti) (1) Dangeard, La sexualité che: les ehampignons (Rev. Scientif. 5.a sèrie, IV, 1905); Bech. s. le dévéloppement du périthèce chez ìes ascomycètes ("Le Bo- taniste, 9.a sèrie, 2.° fase, 1904, pag. 59). ASCOMICETI 233 o diverse (eterogameti), nei fanghi superiori invece i nuclei che si congiungono sarebbero contenuti nella stessa cellula. La sessualità dei funghi superiori e nel nostro caso degli ascoiniceti sarebbe rappresen- tata quindi da un semplice atto cariogamico che precede la formazione dell'organo di riproduzione asessuale. Negli ascomiceti più bassi (Emiasci, Saccaromiceti) Pasco è ancora poco differenziato : talora esso non è distinto dal sistema vegetativo e — come avviene nei fermenti — la cellula stessa che rappresenta il tallo può successivamente funzionare da asco e presentare delle Fig. 35. Origine dell'asco nella Sphaerotheca Castagnai. 1. a Anteridio, o oogonio. 2. Atto di cariogamia, 3-5. Stadi successivi di differenziazione della cellula madre dell'asce 6. Asco cou asco- pore (da Haeper). endospore. Alcuni autori negano a questo organo dei Saccaromiceti il valore di un asco e mettono in dubbio l'indipendenza di questo gruppo di ascomiceti; recentemente il G-uilliermond (1) avrebbe dimostrato che i caratteri morfologici e citologici dell'asco dei fermenti non sono diversi da quelli dell'asco dei veri ascomiceti. L'A. avrebbe dimostrato che il nucleo della cellula dei fermenti si comporta né più né meno per formare le ascospore come il nucleo di un asco. Non solo, ma in molti fermenti avrebbe constatato la fusione di due nuclei, quindi mi vero atto cariogamico come quello svelato dal Dangeard per altri (1) Gì-uilliekmond, Rév. génér. de Botanique, 1903; Bullett. de l'institul Pasteur, 1905 ; Annales mycologici, 1907, pag. 49. 234: I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI ascorniceti. Senza volerei ulteriormente addentrare nella questione che non è nell'indole del presente trattato basta ricordare che un legame esiste fra Ficomiceti ed Ascomiceti nel senso che anche in questi ultimi vi è un residuo di generazione sessuale, ridotto però ad un puro atto di copulazione nucleare in una stessa cellula senza la presenza di veri e propri gameti. In Ascomiceti più elevati Pasco presenta una maggiore differen- ziazione: negli Exoasci esso si sviluppa direttamente sul micelio vege- getativo, ma presenta per lo più già un numero determinato di spore; nei Carpoasci infine gli aschi sono portati sopra o dentro un corpo fruttifero che a sua volta si è sviluppato sul micelio vegetativo. La parte del corpo fruttifero formata dagli aschi dicesi imeni o a s co- foro. Oltre gii aschi si possono ritrovare nell'imenio ascoforo dei filamenti sterili intercalati agli aschi detti parafisi (fig. 13:10). Il corpo fruttifero presenta negli ascomiceti carpoasci una grande varietà di forme che possono però riunirsi sotto due tipi fondamen- tali: 1' a pò te ciò ed il peritecio. L'apotecio è un corpo fruttifero in cui l'imenio è almeno in parte esterno (fig. 14:4-5); nel peritecio l'imenio è perfettamente chiuso nell'interno del corpo fruttifero (fig. 14:6-8). La forma, il colore, la consistenza, la dimensione degli apoteci come dei periteci variano assai nei diversi ascomiceti e costituiscono caratteri importanti per la distinzione dei vari gruppi. Accanto alla forma ascofora negli ascomiceti non di rado si trovano altre forme di sviluppo con spore esterne (coni di). Molte di queste forme conidiofore ascritte ai Deutrromieeti venivano considerate dai micologi come specie a se : riconosciuti i nessi genetici che li colle- gano a funghi superiori, si debbono interpretare come forme di svi- luppo di questi. Tuttavia per comodità di determinazione anche nei moderni trattati di sistematica dei funghi vengono tali forme meta- genetiche descritte come specie distinte non senza però accennare alle specie superiori cui si riferiscono rappresentando uno stadio di sviluppo. Xella presente opera attenendomi alle ricerche più recenti e più sicure ascriverò tali forme inferiori alle specie di ascomiceti cui metageneticamente sono collegate, lasciando nel gruppo dei Deutero- miceti (funghi imperfetti) quelle sole forme di cui fino ad ora non si conosce con sicurezza alcuna relazione con miceti più elevati. Queste forme inferiori di sviluppo che si collegano agli ascomiceti possono presentare questi caratteri: 1.° Le spore possono essere portate da brevi filamenti impro- ASCOMICETI 235 priamente in questo caso detti basidi i e che più propriamente si po- trebbero chiamare sporofori i quali si trovano in un corpo fruttifero della t'orina di un peritecio e che più propriamente dicesi pi cui dio. Questo carattere è proprio dei Deuteroni ic( ti Sferopsidacei. '2.° Le spore possono essere portate da brevi filamenti o sporofori emergenti dalla matrice e disposti in una piccola depressione o cavità formata in generale dalla matrice stessa e che si dice acervolo (Deuteroni ic. Mélanconiacei). 3.° Le spore (con idi) possono essere portate da filamenti (coni- di ofori) del tutto esterni di forma variabilissima (Deuteroni. Tfomiceti). Ò fatto accenno a questi caratteri poiché più di una volta avremo occasione nel trattare ascomiceti parassiti di ricordare forme di svi- luppo di essi che possono essere ascritti all'uno od agli altri gruppi. Per citare qualche esempio basti ricordare che la forma conidica dell' Uncinuto Americana è YOidìum Tukeri che à i caratteri di un 1 fo- rnicete, che la forma conidica della Sclerotinia Fuckeliana è la Botrytis cinerea par essa riferibile al terzo gruppo dei funghi imperfetti. Come modo di vita gli Ascomiceti possono essere saprofiti, paras- siti e simbiotici. Quelli dei primo gruppo predominano assai, le forme parassite sono tuttavia numerose: fra le simbiotiche abbiamo nume- rose specie che vivono in società colle alghe e da questo commen- salismo armonico si originano i licheni. Vi sono anche casi di simbiosi tra specie di questi funghi e piante superiori: se è vero, come appa- rirebbe dalle più recenti osservazioni, che le micorizze rappresentino lo stadio vegetativo di tuberacei, questi ascomiceti vivrebbero in sim- biosi colle radici delle piante arboree. Il nostro compito essendo di occuparsi solamente delle specie parassite più importanti, trascurando le specie saprofite innocue e le simbiotiche, accenneremo a quelle sole che sono comprese nei tre se- guenti sottordini in cui distinguiamo l'ordine degli ascomiceti: I. Sottordine, Emiasci : ascomiceti semplicissimi: aschi con nu- merose spore, micelio talora ridotto ed articolato. IL Sottordine, Uxoasci : micelio distinto, aschi tipicamente otto-spori, superficiali ; corpo fruttifero mancante : funghi tipicamente parassiti. III. Sottordine, Carpoasci : micelio distinto; aschi e. s. portati sopra o dentro un corpo fruttifero. 236 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI I. Sottordine. — Emiasci. Piccolo gruppo in cui si comprendono ascomiceti assai semplici ad ascili ancora incompletamente sviluppati presentanti la costituzione di sporangi cioè contenenti numerose spore. Presenta affinità coi fico- miceti e zigomiceti, quindi si potrebbe considerare come un anello di congiunzione fra i ficomiceti ed i micomiceti ascofori. Gli sporangi nascono direttamente sul micelio dal quale si può pure sviluppare talora una forma conidiofora. Il micelio è articolato. L' unico genere interessante nel nostro caso è il g. Protoni yces. G. Protomyces Ung. Gli sporangi si formano nella continuità delle ife miceliche. Le specie vivono parassiticamente sulle piante erbacee su cui de- terminano alterazioni speciali. 70. PKOTOMYCES MACROSPORUS, Ung>. N~. itaì. Cancro delle ombrellifere. Si sviluppa su diverse ombrellifere, specialmente Aegopodium Po dagraria, Carum Carvi, Heracleum Spliondylium, Meum Athamantieum e secondo Sadebek anche sul Daucus carota attaccando lo stelo, il picciolo od anche il lembo fogliare. Forma in questi organi delle pustoline rilevate, allungate, che assomigliano un po' a quelle prodotte dal Cystopus candidus sulle crocifere (fig. 36 : 1), ripiene di una polvere biancastra. Il micelio articolato si svolge nel parenchima e presenta qua e là dei rigonfiamenti o clamidospore che si differenziano poi in sporangi (fig. 30 : 2). A maturità lo sporangio si apre e lascia uscire una massa sferica con numerose spore (fig. 36 : 3-4). In liquido nutritivo queste spore si possono moltiplicare per gemmazione. Il fungo causa talora delle ipertrofie; le cellule dei tessuti colpiti si ingrandiscono assai e si moltiplicano rapidamente. Questa specie attacca ordinaria- mente ombrellifere spontanee, quindi dal punto di vista agrario non à che scarsissima importanza. 71. PROTOMYCES PACHYDERMUS, Thum. A7, ital. Cancro delle cicoriacee. Colpisce il Tara.racxm officinale nelle foglie e negli assi fiorali su cui si manifestano macchie e pustoline biancastre, più tardi polve- rulenti. Il micelio articolato si differenzia quasi totalmente in clami- PROTOMYCES l'ACHYDERMCS TIIUM 237 dospore che si rendono libere V una dall'altra e cadono a terra col- l'apertura della pustolina in cui si sono prodotte. Durante l'inverno rimangono in riposo, nella primavera successiva germinano. L'episporio si rompe e l'endosporio si protrae fuori formando un organo sacci- forme alle cui estremità si condensa il plasma. Ivi si formano le spore che rimangono così contenute in uno sporangio. In liquidi nutritivi tali spore si comportano come le cellule dei saccaromiceti. Le spore cadendo sulla pianta ospite riproducono l'infezione. La malattia è di nessuna importanza. Fig. 36. Cancro delle ombrelli fere. 1. Picciolo di Aegopodium Podagraria colpito dal paras- sita. '_'. Micelio con sporangio maturo di Protomyces. 3-4. Stadi successivi di formazione delle spore nello sporangio (1 da Tubeuf, 2-4 da De Baby). IL Ordine. — Exoasci. Gli exoasci sono caratterizzati dalla presenza di aschi ben diffe- renziati, non più isolati come nel gruppo precedente, ma riuniti insieme a formare alla superfìcie degli organi delle piante ospiti su cui si svolgono uno strato continuo. Tali ascili però sono nudi, cioè non inseriti su di un corpo frut- tifero, masi svolgono all'esterno originandosi da un micelio clic scorre sotto la cuticola, il quale costituisce delle cellule ascogene che rom- pono la cuticola e si prolungano all'esterno. Talora la cellula ascogena 238 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI si divide per un setto verso la sua base ; la cellula superiore forma il corpo dell' asco in cui si differenzieranno le ascospore; la cellula inferiore e pia piccola serve di base all'asco e costituisce il cosidetto piede, fissato alla cuticola della matrice. La parte vegetativa del mi- celio è più o meno sviluppata nei tessuti: il micelio è talora peren- nante nei rami o, come di mostrarono il Sadebeck ed altri ricercatori, nelle gemme. Gli exoasci sono funghi interessanti per le alterazioni che producono le quali sono caratteristiche e talvolta così curiose che richiamarono l'attenzione anche degli antichi dai quali ci provengono certi nomi strani coi quali solevano designarle. Notevoli le deforma- zioni che una specie (Uxoascus Pruni) determina sui frutti dei susini, battezzate dagli antichi bozzacchioni o prugne del diavolo. Anche Dante ne fa cenno in un canto del Paradiso (XXVII): la pioggia continua converte In bozzacchioni le susine vere. ove egli dà anche una ragione — almeno naturale — dell'origine della malattia e ciò è molto in quei tempi in cui le menti anche dei dotti erano imbevute di pregiudizi, così che molto spesso i fenomeni più semplici venivano riferiti a cause soprannaturali. Altre curiose alterazioni sono quelle prodotte dagli Exoasci il cui micelio si svolge nei rami, per cui questi assumono uno sviluppo anormale e crescono affastellati, formando un sistema di ramificazione simile ad una scopa, onde riesce giustificato il nome di scopazzi dati a tali produzioni. Tennero pure designati col nome di scope di strega (hexenbesen dei tedeschi: baiai de sorcière dei francesi) e sono assai frequenti sul ci- liegio, sul leccio, sul carpino, ecc.; la presenza del fungo può anche modificare notevolmente la forma delle foglie che si sviluppano sul ramo colpito, ad es. sono note le così dette foglie quercine del carpino dovute al parassitismo deWPxoascus Carpini. Strane deformazioni fogliari pure si manifestano sul pesco, sul mandorlo per opera dell7 Exoascus defonnans in cui non solo l'aspetto esterno delle foglie è notevolmente modificato, ma anche la struttura interna. Importanti ricerche di anatomia patologica sugli organi al- terati dalle Exoascacee vennero eseguite per opera di W. G. Smith (1). Gli exoasci comprendono due generi principali, il g. Exoascus ed il (1) Smith, Untersuch: der Morphol. und Anat. der durch JExoaseaceen ve- nir*. 8pro8S. und Blattdeformat. (Forati. Naturwiss. Zeitscr.. Ili, 1894, p. -420). V. anche traduz. di A. X. Berlese in Riv. di Fatai, vegetale. 1895, voi. III. pag. 245). EXOASCUS DEFORMANS PCCK 239 g. Taphrina. Il primo sarebbe caratterizzato dall'avere micelio vivace. perennante nei rami delle piante ospiti e da ascili tipicamente 8-spori. Il secondo avrebbe un micelio limitato solo alle foglie invase e quindi non perennante, gli ascili sarebbero polispori o almeno con ascospore prolificanti nell'asco stesso. Quest'ultimo però non sarebbe un carattere differenziale del tutto costante. Recentemente però il G-iesenhagen (1) riunì i due generi in uno solo (Taphrina) dividen- dolo però in quattro sottogeneri: Taphrinopsis, Eutaphrina, Euexoascus e Sadebecliella. Per maggiore semplicità seguo l'antica distinzione e quindi enumero le specie parassite più importanti delle Exoascacee nei due generi Exoascus e Taphrina. (*. Exoascus Fuck. Spore ordinariamente S per asco, germinanti come i fermenti pei gemmazione. Micelio vivace, vivente sui rami. La diffusione da una pianta all'altra si effettua per spore, nella stessa pianta anche per opera del micelio che è ibernante. Diverse specie di questo genere producono danni gravi alle foglie, ai fusti od ai rami. 72. EXOASCUS DEFOBMAXS (Berk.), Euck. X. volgare delia malattia. Bolla delle foglie, accartocciamento delle foglie, tìllilesia, fillorisema, lebbra, ecc. X stran. Cloque du péeher, Krauselkrankheit, Hexenbesen des Pfir- si chb a urne, Peach leaf-curl, ecc. La malattia è frequentissima in Europa e nell'America del Nord ed attacca il pesco {Amygdalus Persica) ed il mandorlo (Amygdalus communi*) producendo danni notevoli. Caratteri esterni ed interni. Le foglie attaccate presentano delle deformazioni caratteristiche : sulla pagina superiore si notano dei ri- gonfiamenti, delle bollosità talora isolate in un punto della lamina, spesso riunite in diverso numero così che buona parte o tutta la foglia viene deformata (tìg. 37:1). Il colore di tali bollosità è da prima gial- liccio, più tardi diventano rosee almeno nella parte superiore. In con seguenza di tali rigonfiamenti la foglia si raggrinza, si accartoccia, più tardi si distacca e cade. Corrispondentemente alle bollosità della pagina superiore nella pagina inferiore si osservano delle concavità rivestite (1) G-iesenhagen, Taphrina, Exoascus und Magmisiella, in Bot. Zeit., ."''.». Jahrg., 1901, 1. Abth. p. 115. 240 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI di una finissima lanuggine o pruina biancastra tanto più manifesta quanto più i bozzacehioni si sono già originati da qualche tempo. Anche la consistenza della lamina nei punti alterati viene a modifi- carsi; cioè essa si indurisce, diventa ceracea, perde l'ordinaria flessi- bilità diventando fragile se si cerca di piegarla in corrispondenza di una bollosità. Talora nelle vescichette o bollosità delle foglie si pos- Fii;. 37. Bolla delle foglie del pesco. l. Aspetto di un germoglio colpito. 2, Porzione di sezione trasversale «li foglia colpita, cogli aschi dell' Exnascug. 3. Ascospore. 4. Ascospore in geminazione (tutte originali). sono trovare degli ospiti casuali, come gorgoglioni che trovano ivi un comodissimo riparo contro le intemperie ed i loro nemici naturali nonché formiche richiamate dalla presenza degli afidi che loro forni- scono un prezioso alimento. Non solo le foglie, ma anche i giovani rametti possono ipertrotìzzarsi assumendo una grossezza superiore a quella dei rami normali e sani: le stipole alla base delle foglie che I V/l >Taiv ic l EXOASCUS DEFORMANS FL'CK. 241 come si sa sono normalmente caduche in tali piante, si presentano invece sui rami infetti alla base del picciolo notevolmente ipertrofizzate. Secondo Derschau anche i tìori potrebbero essere attaccati e di- strutti dal parassita, diventando anormali ed ipertrofici; il FOUSSA.T avrebbe osservato, benché in rarissimi casi, frutti di pesco profonda- mente deformati dalla malattia. Sezionando una porzione di lamina di foglia di pesco in un punto ipertrofizzato e confrontandola con una sezione di foglia normale si vede subito che il mesofillo nel primo caso si è fortemente accresciuto e che la disposizione dei tessuti è alterata. Non vi è più differenza fra tessuto a palizzata e lacunare, ma fra le due epidermidi si nota un tessuto quasi omogeneo formato di cellule piuttosto grandi, allungate o rotondeggianti e limitanti dei piccoli spazi intercellulari. Caratteri del parassita. L'esame microscopico delle foglie colpite ci fa rilevare facilmente i caratteri del fungo. Tra gli spazi intercel- lulari si distingue un micelio discretameute abbondante, ramificato, settato, che non penetra però nelle cellule. Nella pagina inferiore tra l'epidermide e la cuticola si differenziano gli organi fruttiferi cioè uli aschi che si allungano al di fuori dando così un aspetto linamente vellu- tato alla parte concava delle bollosi tà quando sono completamente svi- luppati (fig. 37:2). Gli aschi presentano alla base una cellula (piede) che li fissa l'un presso l'altro sullo strato proligero. Le spore nell'asco sono tipicamente in numero di otto, di forme tondeggiante, jaline. piccole, misuranti in media fi. 3 5 di diametro. Tali spore sono capaci di proliferare nell'asco stesso così che in esso si possono trovare nume- rose sferuline di varia grandezza che si sono prodotte per un processo di gemmazione delle ascospore (fig. 37 : 3-4). Non si è potuto ancora riprodurre la malattia coll'infezione arti- ficiale su piante sane mediante ascospore, quindi non si sa bene in quali circostanze queste possono germinare e penetrare nelle piante ospiti. Sembra però, secondo le esperienze fatte dal Derschau, che il loro sviluppo venga agevolato nella mncilaggine gommosa die scola spesso dai peschi: è probabile quindi che trovandosi le ascospore in questo substrato favorevole possano germinare ed infettare le piante. Il micelio che è perennante nei rami, durante l'inverno rimane allo Stato latente nei rami stessi ed alla primavera successiva invade i giovani germogli che derivano dai rami infetti. Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. La malattia si mani festa in primavera ordinariamente nei mesi di aprile e di maggio sui teneri germogli specialmente (piando la temperatura è molto variabile Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 16. 242 I PARASSITI VEGETALI: III. HUMKKTl ed a giornate umide e tiepide seguano bruschi abbassamenti di temperatura; più tardi generalmente scompaiono quasi del tutto le manifestazioni morbose almeno sulle foglie. In seguito allo sviluppo dei bozzacchioni e delle ipertrofie .sui rami le foglie si distaccano fa- cilmente ed i land o disseccano oppure anno una vegetazione stentata. Ciò porta di conseguenza la caduta di molti frutti ancora immaturi e l'incompleto sviluppo dei frutti stessi che rimangono aderenti alle piante. Essi rimangono più piccoli, maturano meno bene e sono quindi per eonseguenza molto meno gustosi. I peschi vanno pia facilmente soggetti alla gommosi, la quale benché sia dovuta ad altre eause, tut- tavia si manifesta con intensità maggiore nei peschi già indeboliti dal parassitismo deWUxoaficus. Poiché il micelio iberna nei rami e nelle gemme, la malattia si propaga così facilmente da un anno al- l'altro, non solo, ma anche da una pianta all'altra quando un soggetto venga innestato con scudetti prelevati da un ramo di pesco infetto. Secondo Derschau vi sono delle varietà di peschi più soggette alla malattia come le varietà Beatrice precoce, Mignoline, ecc., i peschi Alexander, Ainsden, ecc., sarebbero invece molto più resistenti : in generale le varietà più tardive sarebbero più sensibili al male delle primaticcie. Il Pierce (1) à constatato che le varietà di pesco a foglie fortemente dentate e senza ghiandole sul picciolo sarebbero più resi- stenti alla malattia. Mezzi di cura. È consigliabile anzitutto asportare nella primavera i rami infetti che debbono essere distrutti colle foglie attaccate dal male che si raccolgono al snolo. Si deve usare la massima cura nei vivai nel momento di fare gli innesti, prelevando le marze e gli scu- detti solamente da quelle piante che sono assolutamente sane. È questa una pratica cui non si suole dare la necessaria impor- tanza e da ciò ne avviene che la malattia si propaga ed è diffusa molto di più di quel che si potrebbe effettuare pei soli mezzi natu- rali di cui il parassita dispone per trasmettersi da una pianta all'altra. È buona pratica poco dopo eseguita la potatura procedere sulle piante più soggette al male alla lavatura dei rami con soluzioni anti- settiche: vale a questo scopo benissimo una soluzione al 10°/0 di solfato ferroso il quale oltre che distruggere le spore che eventual- mente potrebbero trovarsi sui rami, rinvigorisce le piante e previene la clorosi. Delacroix consiglia trattamenti preventivi mediante pen- (1) Pierce, Peach Lea/ Curi, eco. (Bull. n. 20. Piv. of Veget. Physiol. and Pathol. Washington, 1900). EXOASCUS PRUNI FUCKEL 243 nellazioni con poltiglia cuprica ;il 10 per cento di solfato di rame e 5 per cento di calce. Tale cura riesce però dispendiosa e quindi non è praticamente consigliabile. Sono certamente efficaci i trattamenti primaverili a base di com- posti cuprici cioè l'uso della comune poltiglia bordolese all'I °/0 o della poltiglia borgliignona oppure le soluzioni di acetato di rame al 0,5-1 °/0- Le esperienze di Dtjgg-AR, Taft, Murrill, Pierce, ecc. dimostrano chiaramente i buoni effetti dei sali di rame applicati nella primavera contro la lebbra del pesco. Assai efficace è la miscela proposta da Pierce così costituita: Solfato di rame kg. 0,400-0,600. Solfo » 1,000. Calce » 2,000. Acqua litri 100. da applicarsi con pompa prima dello sbocciamento. Risultati pure molto soddisfacenti si otterrebbero secondo il sullodato A. con quest'altra miscela: Solfato di rame kg. 2,000. Calce viva » 1,000. Cloruro ammonico » 0,200. Acqua litri 100. Perchè abbiano tutta la loro efficacia i trattamenti debbono essere fatti molto per tempo; cioè appena cominciano ad ingrossarsi le gemme fiorali si farà una prima irrorazione, una seconda con poltiglia bor- dolese all' 1 per cento si farà dopo la fioritura ed una terza dopo lo sbocciamento delle foglie (1). Le tenere foglie sono assai sensibili al solfato di rame: le poltiglie quindi dovranno essere neutre od alca- line per evitare qualsiasi bruciatura. Se le piante soggette da vari anni all'attacco della malattia si presentassero piuttosto languenti, si può cercare di rimetterle in vi- gore con opportune concimazioni a base di stallatico, di super l'ostati e di sali potassici. 78. EXOASCUS PRUNI, Fuckel. N~. ital. Lebbra, bozzacchioni del susino, prugne del diavolo, ecc. X. .stran. Poehettes du Prunier, Scoten, Tasehen, Plum pockets. (1) KòckGt., Die Kroascus Kranhh. unserer Obstbaume und ihre Bekamp- fini g (Oesterr. Landw. Wochenbl., Wien 1907). 244 I PARASSITI VEGETALI : III. EU MI CETI È un comunissimo parassita dei rami e dei frutti di varie specie coltivate e spontanee di susini; specialmente attacca il Prunus do- mestica, il P. padus, il P. spinosa. Le deformazioni curiose che esso opera specialmente sui frutti erano anticamente note ed attribuite a eause diverse, e talora anche sovrannaturali; il fungo venne scoperto Fig. 38. Bozzavvhioni del susino. 1. Ramo di susino con frutti affetti dalla malattia. 2. Sezione attra- verso una porzione ili frutto con aschi. 3. Asco dopo L'uscita delle spore. 4. Ascospore in geminazione (1-2 orig., 3-1 da Prillieux). nel 1861 dal Fuckel e la malattia più tardi venne poi ampiamente illustrata dal De Bary. Caratteri esterni ed interni. Sui rami si determinano frequente- mente degli scopazzi che sono assai comuni p. es. sul Prunus spinosa, pianta volgarissima nelle nostre siepi. Talora i rami del susino ven- EXOASCUS PRUNI FUCKEL 245 gono singolarmente deformati; i giovani getti per anomalie di accre- scimento si contorcono stranamente talora piegandosi (piasi a spirale e mostrandosi in certi punti molto ingrossati. I frutti alterati comin- ciano a mostrarsi quando ancora sono giovanissimi: essi assumono una forma allungata, irregolare, l'estremità talora è ravvolta a spira e sono verso il mezzo più o meno incurvati (flg. 38:1). La superficie di tali frutti ipertrofici è di color giallo verdastro, più tardi come cosparsa di una polvere ocracea, essa diventa quindi distintamente rugosa. I frutti colpiti si distaccano facilmente e cadono in abbondanza al suolo. Facendo sezioni attraverso i germogli fortemente rigonfiati si può osservare uno sviluppo anormale ed esagerato del parenchima corti cale, mentre i fasci fibrovascolari sono più piccoli che nei germogli sani e cogli elementi legnosi in piccol numero od anche mancanti. Caratteri del parassita. Il micelio è vivace, ramificato. Scorre negli spazi intercellulari più larghi «lei tessuti parenchimatici dei rami, dei piccioli, dei frutti. Esso à pareti sottili, è settato, le pareti trasversali sono più spesse delle longitudinali. Invade il peduncolo dei fiori e dei frutti passando dal ramo infetto ai frutti che vengono così alte- rati. Alcuni rami si svolgono tra le cellule epidermiche e quivi, sotto la cuticola producono uno strato di cellule cilindriche che accrescen- dosi verso l'esterno rompono la cuticola e si prolungano all' infuori in aschi. Gli aschi sono clavati, presentano inferiormente un piede e contengono nell'interno otto spore che iniziano la loro germinazione nell'asco stesso (fìg. 38:2-3). In liquidi zuccherini si riproducono per gemmazione a guisa di fermenti (fig. 38 : 4). Anche per questa specie non si conosce come avvenga la propagazione della malattia per le aseospore da cui inutilmente si è cercato di ottenerne un micelio ca- pace di infettare la pianta ospite. Il Rudow crede che gli acari e le cimici siano capaci di inoculare le aseospore nelle giovanissime susine promovendo la diffusione del parassita. L'infezione però si effet- tuerebbe specialmente pel micelio che iberna nei rami e nelle gemme. Danni e mezzi di cura. La malattia benché piuttosto frequente non produce che raramente danni rilevanti. Intatti non tutte le va- rietà di prugne coltivate ne vanno facilmente soggette, molte varietà sono pochissimo colpite o quasi immuni. I mezzi di cura consistono nella raccolta e distruzione dei bozzacchioni, nelle abbondanti pota ture asportando i rami ipertrofici e gli scopazzi non solo sulle piante coltivate, ma anche sulle spontanee (Prunvs spinosa) clic e\. ritual- mente crescessero nelle vicinanze del frutteto. Dopo la fioritura e 246 I PARASSITI VEGETALI'. III. EUMICETI ottima pratica fare una applicazione ogni 15 giorni con poltiglia bor- dolese all' 1 0/o sulle piante piti soggette. 74. EXOASCLS CERASI (Fuck.) Sadeb. N~. Hai. Scopazzi o scope di strega del ciliegio. W. stran. Balais de sorcière du Cerisi er ; Hexenbesen der Kirsehbawme. Si osserva abbastanza frequentemente sui ciliegi la produzione di ramificazioni anormali, affastellate, impiantate su rami più grossi, ra- mificazioni che nell'inverno, essendo la pianta sprovvista di foglie, spiccano maggiormente ed in distanza sembrano quasi scheletri di grossi nidi d'uccello. Questi rametti che costituiscono lo scopazzo sono gracili perchè si originano in molti da uno stesso punto per lo sviluppo disordi- nato delle gemme normali e preventive, anno tendenza a dirigersi verti- calmente, in primavera non si ricoprono di fiori, ma di sole foglie che si schiudono prima di quelle dei rami normali, così che in principio della primavera gli scopazzi si distinguono anche meglio poiché sono verdeggianti. Le foglie però che si sviluppano su tali rami sono ipertrofiche, anno picciolo ingrossato e lembo rugoso. Più tardi perdono il loro colore verde, ingialliscono e quindi imbruniscono. Per lo sviluppo degli aschi alla loro superficie diventano poi biancheggianti, infine dissec- cano e cadono. Il micelio del fungo vive nel parenchima delle foglie e dei rami, è intercellulare, settato e produce un principio di gommificazione sulle pareti cellulari con cui viene in contatto. Lo stimolo esercitato dal micelio causa una anormale moltiplica- zione delle cellule del parenchima corticale così che questo si sviluppa esageratamente all'opposto dei tessuti meccanici che si sviluppano assai poco. Il micelio nelle foglie a suo tempo dà luogo alla produ- zione degli aschi. La conservazione e la diffusione della malattia nello stesso ospite è dovuta al micelio perennante nei rami. Mezzi di cura. Si possono adottare quelli consigliati per la specie precedente; gli scopazzi debbono essere recisi e bruciati, le foglie ammalate che cadono al suolo accuratamente raccolte e distrutte. Gio- vano sicuramente anche i trattamenti primaverili a base di poltiglia bordolese. 75. EXOASOUS KRUCKII, Vuill. N. ital. Scopazzi del leccio. Si sviluppa abbastanza frequentemente nel Lazio sul leccio (Quereus llex) ove lo osservò e raccolse il prof. Kruck; venne trovato anche TAI'HRINA BULLATA TUL. 247 dal Vuillemtn nella Francia meridionale e quest'autore scoperse il parassita (1). I rami infetti si dividono abbondantemente ed i ra- metti si curvano in alto con brusche ripiegature. Essi sono rigonfiati alla base, ma poco solidamente impiantati così che si disarticolano facilmente dal ramo su cui sono inseriti. Le foglie clic si svolgono sugli scopazzi sono più tardi floscie e tendenti al giallastro; la lamina si ripiega verso la pagina inferiore sulla quale appaiono poi gli ascili. Il micelio sverna nei giovani getti e sulle gemme, mantenendosi sotto la cuticola. Asportando con cura i rami colpiti dell'annata e bruciandoli si distrugge facilmente il micelio e si può rimettere la pianta in buone condizioni di vegetazione. 7b,.EXOASCUS ALNITORQFITS, Sadeb. Sinon. Taphrina Tosquinetiì (West.) Magn. N. della maialila. Bozzacchioni degli amenti dell'ontano. Fungo frequentissimo sugli ontani (Alnus glutinosa, Alnus lu- cana, ecc.), colpisce le foglie e le squame degli amenti femminei le quali si ipertrofìzzano in modo curioso allungandosi moltissimo a guisa di piccoli sacchetti clavati e solcati longitudinalmente. Il micelio è pure ibernante nelle gemme ed in primavera si svolge nei giovani rami e nelle foglie, interessando però solamente gli strati subcutieulari. Sulle foglie come sulle squame ipertrofizzate che diventano più tardi quasi vellutate si sviluppano gli aschi. Non produce danni di importanza. G. Taphrina Fr. Sarebbe differenziato dal g. Exoascus per non avere il micelio pe- rennante per cui la diffusione e la conservazione della specie è affidata esclusivamente alle spore che proliferano nell'asco stesso. Oompren- donsi sotto questo genere molte specie, ma il loro parassitismo non produce che danni lievissimi sulle piante. 77. TAPHRINA BULLATA, Tul. N. Hai. Bolla nera delle foglie del pero. A. stran. Taches vésiculeuses d. fenili, de Poirier. (1) Vuillemin, Sur l'action biologique des champignons parasites, Nancy L891 Kruch, Deformazioni dei ni mi dell' Elee prodotte dall' Exoascus Kruckii Vuill. (Lavori e Relaz. della R. Staz. di Pat. Ve.-', «li Roma, 1892). 248 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Sulla pagina superiore delle foglie del pero si manifestano talora dei rigonfiamenti a bolla di colore verde seuro ed in seguito bruno sotto ai quali, nella pagina inferiore, che in tale punto presenta delle concavità, si nota uno strato bianco e quasi farinoso formato dagli aselli. Il micelio scorre sotto la cuticola ed a suo tempo verso la pagina inferiore sviluppa gli asehi. I danni prodotti sono quasi del tutto trascurabili e vi si può porre facilmente rimedio potando i rami ammalati, distruggendo le foglie colpite ed applicando qualche trattamento colla poltiglia bordolese. 78. TAPHRENA AUREA, Fk. N'. della malattia. Bolla delle foglie di pioppo. Specie comunissima sul Populus nigra, italica, ecc. Sulla pagina superiore si osservano dei rigonfiamenti vescicoliformi convessi al di sopra, concavi al di sotto e quivi di un bel colore giallo dorato. Gli ascbi sono ipofilli, grandi, con contenuto aranciato e presentano spore che si moltiplicano per gemmazione nell'asco stesso. È malattia di nessuna importanza. 79. TAPHRINA CRATAEGI, Sadeb. Comunissima sul Crataegus Oxyacantha sulle cui foglie determina vescichette o bollosità rossastre. SO. TAPHRENA ULMI, Fuckel Sulle foglie degli olmi. 8: q ne rei e 81. TAPHRENA CAERULESCENS, Sadeb. Sulle foglie delle III. Ordine. — Carpoasci. In questo gruppo gli aschi non sono più nudi e sviluppati diret- tamente sul micelio vegetativo, ma portati sopra o dentro un corpo fruttifero. L'insieme degli aschi costituisce l'ini en io a s co foro che riveste parzialmente o totalmente il corpo fruttifero. Non di rado fra gli aschi delFimenio ascoforo si trovano dei filamenti sterili (o ecce- zionalmente conidiferi) (die si dicono parafisi. Il corpo fruttifero nei casi più semplici poco differenziato può presentare alla sua superficie l'imenio nudo (Gimnoascacee) in altri casi esso è foggiato a coppa od a, scodella colla parte inferiore sterile e la superiore fertile (disco): india parte concava si trova disposto l'imenio ascoforo. Questo tipo di corpo fruttifero è caratteristico della maggior parte dei discomi- DISCOMICIOTI 249 ceti e dicesi a scoili a. Finalmente l'imenio ascoforo si può trovare racchiuso nell'interno di un corpo fruttifero più o meno completamente chiuso denominato peri tee io o in casi speciali peri dio. I carpoasci comprendono gli aseomiceti più elevati, molti di essi anno un ciclo evo- lutivo abbastanza complicato nel quale entrano una o più forme coni- diche o picnidiche che alternano colle forme ascofore. Distinguo i carpoasci nei seguenti sottordini principali in cui si comprendono forme parassite: I. Discomiceti. II. Pireiiomiceti. lì ' li __55== Fig. 39. Caratteri dei Discomiceti. 1. Ascomi di Pseudopeziza Trifola (gr. nat.) : a aseonia più ingrandito in sezione. b id. di frinite. 2. Ascouii di una Peziza (gr. nat.). 3. Ascili di Peziza : p, pa- rafisi. 4. Ascomi sviluppati da stroma (Sclerotinia Taccimi). ">. Ascomi svol- gentisi da sclerozio (Sclerotinia Libertiana) [tutte orig. salvo fig. 4 da Rehm]. I. Sottordine. — Diseomiceti. Funghi a micelio ben sviluppato, settato, vivente saprofiticamente mìVhumus, sulle corteeeie, legni e foglie fi-acide al suolo, oppure pa- rassiticamente nei tessuti erbacei o legnosi delle piante. Dal micelio prendono origine corpi fruttiferi costituiti da una massa ifenchimatosa più o meno compatta, di consistenza varia, da subgelati- nosa a cornea, spesso carnosa. La grossezza dei corpi fruttiferi è assai variabile uelle diverse specie: talora essi sono minuscoli e distinguibili nella loro forma solo coll'aiuto della lente (fig. 39:1 a-6), in altri casi sono 250 I PARASSITI VEGETALI: III. ÉUMICETI "rossi, vistosi ed anche eduli (Hélvélla, Morchella e certe specie di Peziza) (fig. 39:2). La forma dei corpi fruttiferi è in generale quella di una coppa o scodella, presentante nella parte superiore concava lo strato ascoforo (imenio ascoforo), mentre la parte inferiore è sterile, talora sessile, tal altra attenuata in una specie di piede. Tali corpi frutti- feri vengono detti a scorni. La parte occupata dall'imenio dicesi disco. Non di rado il disco differisce notevolmente pel colore dalla rimanente parte dell'apotecio ed in certi casi si presenta vivacemente colorato (Dasyscypha, Sarcoscypha, ecc.). L'ascoma può presentare il suo mar- gine variamente conformato, talora esso è liscio e glabro, tal altra rugoso, peloso o cigliato. L'imenio è formato da uno strato continuo di aschi di forma per lo più clavata ai quali sono spesso frammischiate delle parafisi non di rado contenenti pigmenti coloranti (fi g. 39:3). In altri discomiceti (Helvellacee) il corpo fruttifero si allontana un po' dalla forma tipica, è provvisto di piede che porta in alto una lamina più o inenoplicata rivestita dall'imenio [Hélvélla] oppure una massa cavernosa tappezzata dallo strato ascoforo {Morchella). Vi sono poi discomiceti in cui il corpo fruttifero rappresenta un grado di passaggio fra ascoma e peritecio, così nelle Isteriacee, gruppo intermedio fra i discomiceti ed i pirenomiceti, l'ascoma non presenta più un disco aperto, il corpo fruttifero ha forma allungata, ma è quasi chiuso e solo sulla sua faccia superiore si distingue una fessura longitudinale da cui le spore usci- ranno a maturità. Restringendosi tale apertura si passa facilmente al tipo di peritecio ostiolato. I discomiceti sono funghi metagenetiei di cui si conoscono nume- rosi stati secondari picnidici e collidici. Talora precede la formazione del corpo ascoforo lo sviluppo di un p i cnidio o di uno spermogonio con sporule libere: tale organo più tardi si differenzierà in ascoma (Dasyscypha Willkommii, Rhytisma, ecc.). Le forme conidiche più importanti vengono riferite ai g. Botrytìs e Monilia che appartengono al ciclo biologico del g. Sclerotinia. Un gruppo di discomiceti è caratterizzato dalla produzione di sclerozi corpiccioli di consistenza quasi lapidea, nerastri all'esterno, bianchi all'interno, formati da un ifenchima assai compatto: tali scle- rozi si originano generalmente nell'autunno dal micelio vegetativo e rappresentano organi ibernanti; nella primavera successiva dagli scle- rozi si svolgono gli ascomi (fig. 59:5). In altri casi questi prendono ori- gine da stromi, formati dalla matrice trasformata, indurita, mummificata per opera del micelio del fungo. Da questa massa stromatica in condi- zioni opportune si svolgono poi i corpi fruttiferi (Sclerotinia {Stroma- PEZ1ZACEE 25 1 tinia] Vaccinii (fig. 30:4), ecc.). Il gruppo dei Discomiceti è ricchissimo di specie viventi per lo più saprofiticamente su parti morte «li vegetali, su escrementi o sul terriccio. Fra queste vi sono anche specie mange- reccie. Le forme parassite non sono in gran numero, tuttavia ve ne sono di specialmente interessanti per i danni che possono produrre. Al solito ci occuperemo solo delle principali. Ecco il prospetto delle famiglie e dei generi principali in cui si comprendono specie dannose alle piante coltivate: Fani. I. Pezizacee. Ascomi carnosi o ceracei, glabri od irsuti, da prima chiusi poi aperti a coppa od a piatto. G-. Dasyscypha. Ascomi lignicoli. Mancanza di sclerozi. G. Sclerotìnia. Ascomi svolgentisi da sclerozi o da stromi. Fam. II. Heìreìlaeee. Ascoma generalmente grande, di forma varia, verticale, elavato, laminare, ordinariamente non a coppa uè a disco. G-. Bili si na. Ascomi sessili appianati, al di sotto forniti di ap- pendici riziformi. Fam. III. Dermatacee. Ascomi subcoriacei ordinariamente sessili, per lo più erompenti, superficiali. Gr. Cenangium. Ascoma a cupola. Spore allungate. Fam. IV. Stictidacee. Ascoma immersi nella matrice poi erompenti, tenui, minuti. Gr. Stictis. Ascospore filiformi, settate. Fam. V. Caliciacee. Ascomi per lo più stipitati, piriformi, globosi, ecc. G-. Roesleria. Ascomi stipitati, pallidi, in alto rigonfiati. Fam. VI. Facidiacee. Ascomi immersi nella matrice e a lungo velati dall'epidermide, tenui, fibrosi. Gr. Pseudopeziza. Ascoma disciforme. Ascospore ovoidee. G-. Rhyti.sma. Ascoma appiattito confluente colla matrice. Asco- spore bacillari. Fam. VII. Isteriacee. Ascomi aperti solo sulla faccia superiore da una fessura stretta longitudinale. G. Lophodermium. Ascospore bacillari. Fam. I. — Pezizacee. G. Dasyscypha Fries. Ascomi piccoli, pedicellati, con disco colorato in rosso vivo. Mar- gine dell'apotecio con peli piccoli e bianchi. Aschi eia vati con otto spore ellissoidee, jaline, continue: paralisi filamentose. 252 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI 82. DASYSCYPHA WILLKOMMII, Hart. JV. ital. Cancro del larice. N~. stran. Le Chancre clu Mélèee, Làrcheiikrébs, Ldrchenkrankheit. È una malattia dannosissima ai larici specialmente in Germania, nella Danimarca ed in Scozia, ma è pure diffusa in Francia ed in Italia benché in queste regioni i danni non siano sempre egualmente intensi. Venne ampiamente illustrata da Hartig (1): il fungo era però già conosciuto molto tempo prima, in Italia esso venne studiato dal Balbis nel 1804 che lo denominò Peziza laricina (2), in Germania dal Willkomm al quale I'Hartig- dedicò poi la specie. Fig. 40. Cancro del larice. 1. Ramo di larice colpito dalla malattia. 2. Sezione attraverso uri ramo colpito dal cancro. 3. Spermogouio. 4-5. Ascomi di Dasyscypha Willkommii. 6. Asco e paratisi. 7. Ascospore (da Peillieux e da Reh.m). La malattia si riscontra talora durante la primavera, tal altra du- rante l'estate sui larici specialmente nei boschi di conifere situati in località basse ed umide. Caratteri esterni. Si manifesta coll'ingiallimento e la precoce ca- duta delle foglie di alcuni rami della pianta sui quali si osservano delle ferite da cui scola della resina: ferite che si allargano e met- tono talora a nudo il legno sottostante alla porzione corticale alte- (1) Hartig, Untersuch. aus dem fortsb. Inst., I, p. 63-88, Munchen 1880. (2) Balbis, Meni, de l'Ac. d. se. de Turili, voi. VII, 1804. DASYSCYPHA WILLKOMMII HART. 253 rata. I cancri si sviluppano frequentemente all'apice del ramo e occu- pano per lo più un lato del ramo stesso: la parte opposta a quella ammalata si presenta rigonfiata a causa dell'accrescimento dei tessuti che si compie solo dal lato sano (fig. 40:1-2). Sulla scorza secca appa- iono poi in condizioni determinate da prima dei piccoli corpiccioli pun- tiformi, biancastri, più tardi degli ascomi minuti, col disco di un bel rosso vivo. Caratteri microscopici e del parassita. Il micelio del fungo for- nito di ife settate, ramificate, scorre tra le cellule del parenchima, in- sinuandosi inoltre nel libro, nel cambio ed anche nei raggi midollari. Lo sviluppo del micelio, che avviene abitualmente in primavera, pro- duce la distruzione dei tessuti corticali e del cambio nei punti attac- cati così che ivi non si effettua accrescimento. In estate, se questo è asciutto, il micelio è meno attivo ed allora la ferita viene in parte cicatrizzata da uno strato di periderma di difesa. Nell'autunno il mi- celio riprende la sua attività mentre la pianta con strati successivi di sughero tenta separare la zona corticale disseccata da quella sana. Il cambio interrotto non forma più nel punto attaccato zone legnose le quali solo si svolgono dal lato sano ove dunque si effettua un ec- cesso di crescenza e quindi un rigonfiamento. Finché vi è una parte sana il ramo, benché stentatamente con- tinua a vegetare nonostante la presenza del cancro, così Hartig ri- corda di aver osservato nel Tirolo dei fusti di larice ancora vegeti aventi cancri vecchi di cento anni. Se invece il cancro gira tutt'at- torno al ramo allora questo più o meno rapidamente dissecca. Sulla porzione corticale disseccata appaiono presto gli organi di riprodu- zione del parassita che sono di due sorta e si sviluppano o l'uno o l'altro secondo le condizioni di ambiente: spermogonì ed ascomi. Gli spermogoni si sviluppano solo in ambiente umido e seccano facilmente all'aria asciutta: sono delle piccole pustule bianco-giallastre con cavità interne tappezzate di basidi forniti di spermazi assai piccoli di cui non si conosce l'ufficio non essendo capaci di produrre infezione (fig. 40:3). Gli spermogonì possono poi trasformarsi in ascomi forniti di un breve pedicello, aperti a coppa, larghi fino a 2 min. e col disco vivace- mente colorato in rosso (fig. 40:4-5). L'imenio è formato da aschi para- tìsati. Negli aschi sonvi otto spore obovate e jaline (fig. 40:0 7). Il promicelio che si svolge dalle ascospore germinanti insinuandosi in una piccola ferita attraverso la scorza del ramo produce infezione. Condizioni favorevoli di sviluppo. La malattia e molto favorita quando per soverchia umidità il fenomeno di traspirazione viene ral- 254 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMKETI lentato. Essa si diffonde tanto più facilmente quantopiù alla super- fìcie dei rami si possono trovare piccole lesioni determinare da altre cause per es. da insetti [Coleophora laricella) oppure dall'azione della neve che col proprio peso curvando esageratamente i rami può de- terminare alla loro ascella delle ferite, facilmente compenetrate dalle ascospore del fungo. Mezzi di cura. Nel fare impianti di boschi di larici è opportuno scegliere località asciutte e piante perfettamente sane. I rami su cui si trovano i cancri debbono essere amputati fino al punto sano e bruciati. G. Selerotmia Fuck. In questo genere gli ascomi anziché svolgersi direttamente sulla pianta ospite si originano da uno sclerozio o da uno stroma formato per opera del micelio. Gli sclerozi e gli stromi rappresentano organi di riposo e di conservazione del fungo, potendo rimanere quiescenti nella stagione invernale nel terreno, per svolgere poi i corpi frutti- feri nella primavera successiva. Il genere si può scindere in due sotto- generi: Stromatinia ed JEuscìerotinia. Nel primo il micelio sviluppandosi nei frutti della pianta ospite li trasforma in una massa resistente imputrescibile, essi vengono come si suol dire mummificati: in tale stato possono rimanere sulla pianta o sul suolo molto tempo finché da essi si svolgono poi gli ascomi. Nel secondo sottogenere si à un vero sci ero zio, formato esclusivamente dal micelio del fungo che si differenzia in uno pseudoparenchima. Del g. iSclerotinia sono caratteristiche alcune forme conidiche che si possono svolgere direttamente dal micelio vegetativo oppure anche sugli stromi o sugli sclerozi: tali forme vennero già riferite al gruppo Hyphale.s (Deuteromiceti) ed ai g. Monilia e Botrytis. Il g. Monilia è caratterizzato da cespuglieti talora molto compatti di conidiofori por- tanti all'estremità delle catenelle — spesso ramose — di conidi obovati o limoniformi in certi casi connessi fra di loro da un apparecchio detto disjunctor. Tale forma conidica appartiene al sottogenere Stromatinia. Nel g. Botrytis i conidiofori sono allungati, settati, scarsamente ramosi in alto ed ivi denticolati e conidiferi. I conidi sono obovati, pic- coli, non catenulati e costituiscono talora dei glomeruletti all'apice dei rametti conidiferi. Le Botrytis sono forme conidiche del sottogenere Emclerotinia. SCLEROTINIA VACCINI1 WORON. 255 Il micelio, le forme conidiche e qualche volta gli sclerozi rappre- sentano gli stadi più dannosi del parassita. La forma ascofora svilup- pandosi indipendentemente dalla pianta ospite a per ufficio la diffusione della specie durante la primavera. Non di rado tali fungili si coni portano sapronticamente, anzi secondo Db Bary molte specie di Scie- rotinia si comporterebbero prima da saprofiti vivendo solo indie parti guaste delle piante, più tardi si adatterebbero a vivere anche sulle parti sane, danneggiandole. Il micelio à un carattere eminentemente infettivo, si diffonde in certe forme rapidamente e trovando un sub- strato nutritivo molto adatto talora non costituisce neppure organi di riproduzione, ma tutt'alpiù si differenzia in sclerozi. Sottog. I. — Stromatinia. 83. SCLEROTINIA VACCINII, Woron. N. ital. Mal dello sclerozio del Vaccinio. N. stran. SclerotienkranTch. (lev Preifsclbeeren, Gran berry. Attacca il Vaccinium Vitis-Idaea pianta frequente sulle Alpi. Benché si tratti di pianta spontanea e di nessuna importanza agraria tuttavia vale la pena di accennare a questa malattia studiata dal Woronine nel 1888 (1) per il curioso ciclo di sviluppo del fungo che la deter- mina. Sulle foglie di questa piantina in primavera, nella pagina inferiore si sviluppa una muffa con spiccato odore di mandorle, formata da co- nidi obovati o limoniformi, giallognoli, disposti in catenelle ramose. I conidi sono riuniti l'uno all'altro mediante un corpicciolo intermediario detto dal Woronine disjunctor, il cui uffici*», come dice lo stesso nome, è quello di separare i diversi conidi dalla catenella, quando sono maturi. Gli insetti attirati dall'odore della muffa si portano sulle foglie ammalate, si caricano di conidi e visitando poi i fiori della stessa pianta depositano casualmente tali spore sugli stimmi. In presenza del succo stiinmatico i conidi emettono attraverso la loro parete di- versi tubicini promicelici che penetrano nello stimma e si allungano verso la cavità ovarica. Così l'ovario invece che in un frutto normale si trasforma in uno sclerozio o meglio in uno stroma, costituito cioè in parte dai tessuti alterati dall'ovario, in parte dalle ite miceliche del fungo variamente intrecciate. Tali frutti mummificati cadono poi (1) Woronine, Ueb. die Sclerotienhr. !' Science of St. Louis, voi. XII, n. 8, p. 91-97, 1902). 2(54 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI caduti al suolo, ecc. Alcuni consigliano di irrorare le piante prima della schiusura delle gemine con soluzioni di solfato di ferro al 5° .,. il Tamaro propone di imbiancare con latte di calee nell'inverno il tronco delle piante e ciò per distruggere i conidi che potessero tro- varsi sui rami e sulle corteccie. Contro il fungo avrebbe anche azione efficace il solfuro di potassio che in America si adopera nelle propor- zioni di grammi 14 su litri 4,5 di acqua al momento in cui i fiori stanno per schiudersi. (erto che questi trattamenti non possono che difendere sempre più le piante dallo sviluppo del male, bisogna però riconoscere che il mezzo migliore è sempre quello di raccogliere e distruggere la frutta colpita dal male poiché in tal modo si sopprime un numero enorme di germi ed i vantaggi se non immediati, si faranno sentire indubbia- mente nell'anno successivo. 88. SCLEROTESIA LAXA, Adbrh. et Kuhl. F. conidica: J[onilia lasca Ehrenb. N. d. malattia. Muffa delle albicocche. Con questo nome Adekhold e Ruhland distinguono la specie che danneggia i frutti del Prunus armeniaca. Del fungo essi avreb- bero riscontrato anche la forma ascofora data da ascomi che si svol- gerebbero sui frutti mummificati. Le alterazioni come il ciclo biologico del fungo sono del tutto si- mili a quelli della specie precedente, quindi non è il caso di aggiungere altre parole su questa specie distinta dalle altre piti dal punto di vista biologico che morfologico. 89. SCLEROTICA TEMULENTA (Prill. et Delacr.) Sacc. Sinon. Phialea temulenta Prill. et Delacr.; Stromatinia temulenta Prill. et Delacr. St. conid. Endoconidium temulentum Prill. et Delacr. A. hai. Micosi dei chicchi di segala. A. stran. Maladie du seigle cnirrant. Verso il 1891 veniva segnalata in poche regioni della Francia (Dordogne e Oreuse) un'alterazione dei chicchi di segala che pur non pregiudicando la quantità del raccolto di questo cereale ne alterava completamente la qualità e le proprietà rendendo le farine ricavate dalla macinazione della segala infetta non solo improprie all'alimen- tazione, ma velenose al punto da provocare gravi disturbi nell'appa- rato digerente dell'uomo e degli animali. L'alterazione delle cariossidi SCLEROTINIA TEMILENTA SACC. 26r. venne diligentemente studiata dai professori Peillieux eDELACUoix il) i quali riscontrarono la presenza di un micelio invadente la parte esterna dell'albume, fino a sostituirsi quasi completamente alle cellule stesse, producendo corrosioni nei granuli d'amido, mentre verso il centro il chicco presentava tessuti con cellule a contenuto normale (tìg. 41: 1,3 . Le cariossidi così colpite si mostravano più piccole e leggere delle sane ed all'esterno notevolmente raggrinzite. Collocati i chicchi in ambiente umido a tempe- ratura di -f 15" C. si aveva svolgimento air esterno di una muffa formante cusci- netti compatti di circa un millimetro di diametro, da prima candidi poi rosei, co- stituiti da ite tortuose, ra moso-intricate che all'estre- mità dei rametti lasciavano uscire dei conidi originatisi nell'interno ovoidei, jalini, grossi circa P-. li, 5. A questa forma conidica gli autori die- dero il nome di Endoconidium temulentum(4:4t:2). Alcune ca- riossidi infette lasciate per diversi mesi in luogo umido diedero origine ad ascomi pedicellati alti circa un cen- timetro, con disco ocraceo del diametro di 5-7 millimetri ad imeniocon ascili parafisati contenenti ascospore j al ine ed obovate (fig. 44:4,5.6). Su ogni carios- side si potevano contare numerosi ascomi. Tale forma ascofoia venne prima riferita al g. Phialea fra i discomiceti poi al g. Stromatinia e quindi dal Saccardo al g. Scleroti)ti<( e distinta come specie nuova col nome di Sclerotinia temulenta, bencbè, come avvertono gli autori, del genere Sclerotinia inanelli il carattere della forma conidiofora a Monilia e della particolare tessitura dello stroma. Fiy. 44. Micosi dei chicchi di segala. 1. Sezione di cariosside ili secala infetta (la parte ceu- fcrale punteggiata rappresenta la /.ima amilifera): alia periferìa] cespuglieti! dell' Endoconidium temulen- tiini. 2. Rametti conidiofori del parassita. :;. Micelio interno. 4. Ascomi sviluppati ila chicchi ili segala, in b ingranditi. 5. Asco >• parafisi 6. Spore, a sinistra germinanti (da Prillieuxj. (1) Prillieux et Delacroix. Trav. du Labor. de Pathol. vég., T. VII. pag. 104 (1891) e T. Vili, pag. 22 (1892). 266 I PARASSITI vegetali: ih. eumiceti La malattia è rara anche in Francia: il Rehm cita una Sclerotinia secalincola su cariossidi di segala nella Germania e benché si tratti con ogni probabilità della stessa specie di Prillietjx e Delaoroix, tuttavia dev'essere rarissima perchè finora pare che la malattia sia ignota in tutte le altre nazioni d'Europa. Non si conoscono mezzi di «Mira. Le cariossidi alterate dovranno essere bruciate e la segala torte- mente infetta non dovrà essere usata per la panificazione e per la alimentazione degli animali. Sottog. IL — Eusclerotinia, 90. SCLEROTINIA LIBERTLANA, Fuck. E. di sclerozio: Sclerotium rari udì Pers; Sci. Brassieae Pers; Sci. compact u m D.C., ecc. F. conidica: Botrytis vulgaris Fr. (1). N. ital. Mal dello sclerozio delle leguminose, delle crocifere. delle bietole, delle cipolle, del topinambour; cancro del fagiolo, della canapa (tigna), del girasole, delle patate, ecc. Marciume delle piante erbacee, dei boccinoli di rosa, di Dahlia, mal della tela, ecc. X. stran. Maladie des sclérotes du Maricot : chancre du chanvre etc. Haufkrébs (s. canapa); Sclerotierikrariìcheit der Kartoffeln, des lìapses, Runkelriibenkrankheit, Rubenfaiile ; Erkrankung der Speisezwù belìi. Più che una sola malattia è un complesso di malattie che una stessa causa determina su piante diverse e con effetti talora diversi. Troppo lungo sarebbe descrivere minutamente le alterazioni nelle sin- gole piante colpite, daremo indicazioni sommarie dei caratteri con cui la malattia si presenta sulle piante più importanti, avuto riguardo, (1) A proposito delle forme conidiche delle Sclerotinìe appartenenti a questo sottogenere regna tuttora una grande confusione nella nomenclatura. Esse ven- gono comprese nel g. Botrytis però da alcuni disi iute in diverse specie, mentre altri autori ne fanno una specie sola col nome più antico di Botrytis cinerea Pers. vivente su diversi substrati con comportamento prevalentemente sapro- titieo e presentante talora, a seconda dei substrati, aspetti un po' diversi, quindi sarebbe una specie polimorfa. Per evitare confusioni io ritengo che sia conve- niente per ora distinguere con diversi nomi specifici le forme conidiche di Bo- trytis riferentisi a distinte specie di Sclerotinia ; così alla Sci. Libertiana Fuck. riferisco come forma conidica la Botrytis vulgaris Fr. (che altri identificano a B. cinerea) alla Sclerotinia Fuckel'mna FuCK. la Botrytis cinerea Pers. È mia opinione però che la maggior parte delle altre specie di Botrytis descritte con nomi diversi (B. acinorum Pers., B. caria Kze. et Sch.. B. plebeja Fres, B. Douglasii Tub., ecc.) siano da riferirsi all'una od all'altra delle due specie indicate. SCLEROTINIA LIBERTIAXA FUCK. 267 come sempre, a quelle che sono oggetto di una speciale e larga col- tara in Italia. Le piante più frequentemente colpite sono le seguenti : Phaseolus vulgaris, Vida Faba, Lv/pinus, Ali in m Cepa, A. sativum, Cannabis sativa, Lactuca satira, Relianthusannuus, Helianthus tuberosus., Solami») tuberosum, Brassica campéstris var. oleifera. Br. Napus, Ra- phanus sàtivus, Beta vulgaris, Lilium candidimi, Vahlia variabilis, Rosa sp. cult., Abies Douglasii, ecc. Pig. 45. Mal dello sclerozio della lattuga, ecc. 1. Aspetto della malattia su stelo di lattuga. 2. Micelio con organi ade- sivi. 3. Sclerozii. 4. Sezione ili sclerozio. 5. Asci. mi sviluppati da scle- rozi. 6. Aseo e paratisi (tutte originali, salvo la fig. 2 da De Baby). Caratteri esterni delle alterazioni. Sai fagioli, fave lupini, la malattia si manifesta frequentemente in ispecie nelle annate umide in primavera od in autunno. Le piante già bene sviluppate presentano talora nelle condizioni indicate, sullo stelo a cominciare dal livello del suolo una muffa bianchissima ed abbondante, simile ad ovatta che determina l'ingiallimento delle foglie e quindi il marciume dei cauli ed il disseccamento delle piante. La malattia si diffonde talora rapi- damente da pianta a pianta poiché il micelio può scorrere anche alla superficie del terreno quando questo sia molto umido e concimato e 268 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI così invadere le piante vicine. Negli steli delle piante morte. e pre cisamente nella regione midollare si riscontrano dei corpiccioli nerastri all'esterno, duri che sono gli sclerozi, rappresentanti uno stadio quie- scente del micelio (fig. 45:1). Petri (1) à potuto constatare lo sviluppo della malattia anche sui frutti dei fagioli ove si inizierebbe con una macchia gialliccia che presto viene invasa da abbondante micelio. Lungo le suture delle due valve del legume si formerebbero gli sclerozi. Le corolle decomposte e mar cescenti cadendo sul legume secondo Fautore inizierebbero lo sviluppo della malattia. Sulle cipolle da moltissimo tempo si conosce una alterazione che dev'essere riferita a questa stessa causa. I bulbi si putrefanno nel terreno ricoprendosi specialmente nella loro parte superiore di un mi- celio bianco abbondantissimo e fioccoso. Tra le tuniche dei bulbi si trovano poi gli sclerozi talora piccoli, granuliformi e numerosissimi. Anche sull'aglio da Vogeino (2) e da me presso Casale venne osservata la stessa forma. Sorauer à ampiamente illustrato la malattia e de- scrisse le diverse forme di sviluppo del fungo cioè la forma micelica, di sclerozio (Sclerotium cepivortim Berk.) e conidiofora (Botrytis cana Kze. et Schm.). Non constatò la presenza degli ascomi (3). Sulla canapa la malattia sarebbe stato osservata nel Ferrarese nel 1853 dal Botter, successivamente descritta nel 1861 dal Ber- toloni (4); pochi anni dopo nel 1868 veniva da Tichomiroff (5) ampiamente descritta in Russia. Gli steli della canapa per lo più in vicinanza del terreno anneriscono e si coprono quindi di una muffa bianca che invade anche i tessuti interni e precisamente il midollo, i raggi midollari e la porzione vascolare e fibrosa. Non di rado le piante cosi colpite ingialliscono e disseccano: i tessuti diventano fra- gili e le fibre vjerdono la loro caratteristica resistenza così che gli steli danneggiati dal fungo diventano inutilizzabili. Più tardi all'esterno delle chiazze bianche miceliche o nel midollo a spese del micelio che (1) Petri, Di una forma speciale della « Malattia degli sclerozi » nei fa- gioli (Rend. Acc. d. Line. CI. di se. fis. mat. e nat., voi. XIII. 2.° seni., serie 5, fase. 10, 1904). (2) VoGLixo, in Staz. Sper. Agr. Ital., XXXVI, 1903, p. 89. (3) Sorauer, Handb. d. Pflanzenkr., t. II, p. 294. (4) Bertoloni, in Meni. Aec. Se. di Bologna, voi. XII (sec. Comes Crittog. Agraria, p. 189). (5) Tichomiroff, Pesisa Xauffmanniana, ecc. (in Bull. Soe. Iinp. Natio-. de Moseou, 1868). SCLEROTINIA LIBERTIANA FUCK. 269 vi si è introdotto si formano i soliti corpiccioli neri che sono gli scle- rozi oblunghi, grossi da 3 a 20 millimetri destinati a conservare il germe del fungo per Panno successivo. Sul girasole (Helianthus animus) e sul topinambour (H. tuberosus) la malattia attacca gii steli e nella seconda specie anche i tuberi. Sugli steli a fior di terra od anche sotto terra nella porzione del colletto, della radice o dei rizomi si presenta la solita muffa bianca uià segna- lata più sopra per le altre piante. Anche qui in autunno si formano gii sclerozi tra il cilindro legnoso ed il midollo i quali sono di forma variabile, globosi, cilindrici, irregolari, larghi talora fino a 4 centimetri. Sui tuberi del topinambur, come anche sulle radici tuberizzate della bietola e della carota non solo nel terreno, ma nei magazzini ove ven- gono conservate si può produrre una muffa bianca abbondantissima che determina il marciume di tali organi carnosi. Sul feltro bianco miceliale più tardi si vengono a differenziare numerosi sclerozi di forma irregolare e nerastri. Sulla patata la malattia venne segnalata dannosa dal Frank in Norvegia, riscontrata dal (John in Germania, constatata, benché più rara, dal Peglion e da altri autori in Italia. La parte aerea della patata verso l'epoca della fioritura si dissecca mentre gii organi sotterranei si coprono di abbondante efflorescenza biancastra. La polpa dei giovani tuberi è profondamente alterata ed invasa da micelio : nella cavità midollare degli steli colpiti si diffe- renziano gii sclerozi. Sulla bietola, specialmente sulla varietà da zuc- chero, il mal dello sclerozio produce danni ingenti: la parte aerea avvizzisce e dissecca, il colletto annerisce in seguito allo sviluppo sulla radice del micelio bianco fioccoso e di numerosissimi piccoli sclerozi da prima bianchi, poi rossastri e finalmente bruni, disposti specialmente sul colletto della radice. Questa malattia è diffusa in Italia specialmente nel Lazio e nel Ferrarese, in Spagna ove venne studiata dal Prillieux nel 1895, in Francia, in Inghilterra ed in Germania. Il contenuto zuccherino delle bietole viene a diminuire, mentre si à produzione anormale abbondante di gomme e di sostanze amilacee. Sulle Brassicacee la malattia è nota da moltissimo tempo e pare sia stata riscontrata la prima volta in Francia verso il 1852 dal Morière. Frank à studiato accuratamente questa alterazione sulle piante di colza, designandola col nome di Rapskrebs (1). Si mani- testa con un marciume che interessa specialmente il cilindro corticale alla base dello stelo che imbrunisce mentre il fogliame della pianta (1) Frank, Kranlch. il. Pflanz., II, p. 493. 270 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI ingiallisce e più tardi dissecca quando il micelio à invaso la porzione vascolare e la regione midollare. Se l'umidità è molto elevata, il mi- celio si sviluppa copiosamente a fiocchi bianchicci ed interessa anche le radici. Nella cavità midollare si vengono ad organizzare gli scle- rozi di forma variabile, piccoli, misuranti in media da 2 a 4 millimetri, al massimo un centimetro, nerastri e rugosi all'esterno. Il fungo si comporta pure saprofitica mente poiché continua a vegetare ed a dif- fondersi anche sulla pianta morta. Anche le Sinopia vanno soggette alla stessa alterazione. Su una grandissima quantità di piante vengono inoltre attaccati i boccioli fiorali, i fiori, i frutti, le foglie ed i giovani rami ancora erbacei da una muffa che presenta un aspetto diverso da quello che fin qui abbiamo descritto alla base degli steli o sugli organi sotter- ranei di diverse piante erbacee, ma che appartiene allo stesso fungo di cui rappresenta un altro stadio. Nei casi fin qui descritti il fungo si presenta abitualmente solo in forma sterile, cioè con micelio fioccoso o sclerozi e raramente si osserva la forma conidica. Nei casi che indicheremo brevemente qui appresso invece prevale la forma conidioa e quindi la muffa si presenta di un colore grigio cenerino e di aspetto polverulento per l'abbon- danza dei conidi che su essa si formano. Anche questa muffa si pre- senta talora dannosissima. Nelle serre ne sono frequentemente colpite le Begonie, i Pelargonium ed altre piante a foglie e fusti piuttosto succosi, le foglie degli agrumi, i Gyelamen, le Primule, le Echeverie, ecc.: una muffa grigia abbondantissima invade le foglie e gli steli che in- gialliscono da prima e poi vanno soggetti al marciume. Non è raro trovare sugli organi morti e disseccati per la malattia la presenza di sclerozi. Anzi talora su questi sclerozi si vede svilupparsi ancora la stessa muffa grigio-polverulenta. I boccioli delle rose, specialmente di certe qualità più delicate e pregiate tanto coltivate in serra che all'aperto, si coprono bene spesso in primavera od in autunno, sempre quando la stagione sia molto umida, nel momento in cui sbocciano di una muffa grigia abbondan- tissima che invade petali, calice, pedicello fiorale dimodoché il bocciolo si piega ed il fiore marcisce (tìg. 46:1). La malattia, é contagiosissima e non di rado si estende ad intieri rosai con quali danni è facile im- maginare. Una alterazione perfettamente consimile si constata frequen- tissimamente sui capolini delle Dahlie. delle Zinnie, sui fiori delle tuberose (Polyanihes tuberosa ■ L.) (1) e di moltissime altre piante. (1) L. Montemartini, Una malattia delie tuberose donila alla Botrijtìs vni- garis (Atti dell'Ist. Bot. dell'Unir, di Pavia, s. II, voi. XI. p. 1 [estr.j). SCEEROTINIA LIBERTIAXA FUCK. •J71 Nei semenzai di piante forestali, specialmente in Germania, se- condo quanto riferisce Tubeuf, reca grandi danni una muffa dall'au- tore indicata come una specie nuova di Botrytis (B. Douglasii) che attacca i germogli dell' Abies Douglasii e di altre conifere e si svolge in condizioni favorevoli di umidità da piccoli sclerozi che il fango forma sulle foglie e sui germogli di tali conifere. I germogli e le foglie infette disseccano rapidamente. Anche le piantine gio- vanissime appena nate da *\, seme ed allevate sotto vetro in letti caldi vengono talora gravemente dan- neggiate dal micelio della Sclerotinia Liberti ano. Se l'ambiente ove sono colti- vate è molto umido, suffi- cientemente caldo e poco aerato si sviluppa sugli steli giovanissimi a fior di terra una muffa grigiastra non polverulenta che si estende anche sul terreno circostante quasi come una tela di ragno invadendo man in ano ed uccidendo le piantine che incontra. Questa forma di ma- lattia tanto comune nei semenzai di fiori, di piante ortensi, foraggere, ecc. (He- lianthus, Sinapis, Brassica, Trifolium, Solarium Lyco- persicum, Lepidium, ecc.) viene designata giustamente col nome di Mal della tela (1). Il fungo in questione nelle sue diverse forme colpisce come si vede una quantità grandissima di piante ed à un comportamento in parte Fig. 46. Marciume dei boccioli di rosa. 1. Boccioli di rosa invasi dalla Jiotri/tis vulgaris. -. a coni- dioforo. b dettaglio dell'estremità di un ramo oonidio- foro. 3. Gonidi (originale). (1) Prillirux et Delacroix, Maladie de la toile produite par le Botrytis cinerea (Compt. rend. de l'Acad. d. Se, 1894). 272 I PARASSITI VEGKTALI: III. EUMICETI saprofitico ed in parte parassitico. Vediamone ora brevemente i ca- ratteri botanici. Caratteri botanici del parassita. Dovremo accennare singolarmente ai diversi stadi in coi esso si può presentare e che sono precisamente i seguenti : 1.° Micelio vegetativo; 2.° Sclerozi; 3.° Forma corìidiofora; 4.° Forma aseofora. 1. Micelio vegetativo. — In molti casi esso costituisce Panica, ma- nifestazione del fungo che si presenta allora in forma sterile e general- mente quando si trova in condizioni favorevolissime di sviluppo special- mente su organi carnosi e succosi hi vicinanza o dentro al terreno. Allora costituisce una massa feltrosa bianchissima o raramente grigiastra (mal della tela) assai abbondantemente sviluppata sulle parti estèrne degli organi colpiti (tìg. 45: 1). Il micelio è formato di ifé jaline, ramosis- sime, settate e variamente fra di loro intrecciate e non solo si sviluppa largamente all'esterno, ma si insinua nei tessuti decomponendo rapi- damente quelli più teneri e che offrono meno ostacolo alla sua pene- trazione ed al suo sviluppo. Db Bary à constatato che quando una ita del micelio incontra un ostacolo più resistente essa produce dei rametti corti e molto settati, ravvicinati (crampons) che si fissano so- lidamente sull'ostacolo che compenetrano o che girano per approfon- darsi nei tessuti della pianta (tìg. 45:2). 2. Sclerozi. — Quando il micelio si è sufficientemente sviluppato ed in generale allorché il substrato nutritivo diventa meno favorevole al suo sviluppo oppure nell'ambiente le condizioni di umidità e di calore diminuiscono si vengono a costituire gli sclerozi per un fìtto intreccio di ife che si ramificano assai e si saldano l'ima all'altra costi- tuendo una massa compatta, ifenchimatosa, da prima molliccia, poi dura e da secchi di consistenza quasi pietrosa. La grossezza di questi scle- rozi è variabilissima: alcuni non sono più grandi di un seme di pa- pavero, mentre altri possono raggiungere la grossessa di parecchi milli- metri (fig. 45:3). Esternamente sono di color bruno o nero, non di rado anche lucidi, mentre internamente sono biancheggianti. Una sezione tra- sversale di uno sclerozio mostra nell'interno una massa ifenchim atosa biancastra e verso l'esterno uno strato pseudoparenchimatoso di co- lore sempre più intensamente bruno, assai compatto die rappresen- terebbe la scorza dello sclerozio (tìg. 45:4). Tali sclerozi si formano talora sul micelio esterno (nella lattuga (tìg. 45:1), canapa, ecc.), in altri casi sul micelio interno e particolarmente nella cavità midollare della pianta ospite. I micologi antichi considerando questi sclerozi come funghi ste- SCLEROTINIA LIBERTIAXA FUCK. 273 rili li denominarono con nomi speciali e li differenziarono in varie specie per forma, grossezza, colore e compattezza, habitat, ecc. Ecco alcuni nomi di forme di sclerozi riferentisi alla presente specie: Selerotìum com- pact uni De.; Sci. sphaeri deforme Lib. ; Sci. varium Pers. ; Selerotìum cepivoruni Berk., ecc. 3. Forma conidiofora. — Non sempre presente quindi L'opinione di diversi micologi antichi e moderni quali De Bary, Tubeuf, Ostkij- walder, Appel e Brtjck, ecc., secondo la quale la Selerotinia Liber- tiana mancherebbe di forma conidica riferibile a Botrytis. Essa però a quanto pare si svilupperebbe preferibilmente negli organi aerei e non sempre sa organi vivi, ma anche su frammenti di vegetali morti e putrescenti. Può essere talora in relazione col micelio feltroso o cogli sclerozi dianzi accennati; più frequentemente però si sviluppa da un micelio che si è svolto nell'interno dei tessuti vegetali. Tale forma è costituita da rami conidiofori più o meno allungati, spesso cespugliosi, di colore grigiastro od un po' olivaceo specialmente in basso, quasi jalini o più pallidi verso l'apice. Sono talora un po' ri- gidi, presentano numerosi setti trasversali e verso l'alto sono forniti di alcuni rami laterali (fig. 46:2). La ramificazione è del tipo monopodico. Per il maggiore o minor numero di rami questa forma conidica è stata designata con nomi assai diversi e se ne son fatte varie specie che non anno ragione di esistere data la grande variabilità di forma di questi conidiofori sui vari substrati nutritivi (Botrytis plebeja Fr., B.furcata Fr., Botrytis Douglasii Tu., Botrytis cana Kze. et Sch., ecc.). A designare la forma conidica della Selerotinia Libertiana ò riser- vato il nome di Botrytis vulgaris Fr., non perchè questa rappresenti una specie nettamente caratterizzata e diversa morfologicamente da Bo- trytis cinerea Pers., nome specifico che ò riservato alla forma conidica della Selerotinia Fuckeliana, ma perchè essendo nettamente differen- ziate fra di loro le due forme ascofore ò creduto opportuno di ritenere distinte le forme eonidiche che ad esse rispettivamente si riferiscono. Dal punto di vista morfologico sono anch'io d'accordo colla maggioranza degli autori che oggidì ritengono non esservi differenza fra Botrytis vulgaris e B. cinerea sì da conservarle alla dignità di specie. Quindi il significato da me attribuito a tali due forme non è quello degli autori che le anno create, ma è informato piuttosto ad un criterio biologico. Verso l'estremità i rametti conidiofori portano delle piccole punte che sostengono ciascuna un conidio subjalino, continuo, di forma ovale o subglobosa misurante 10-12 = 8-10 V-. I conidi sono agglomerati in Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 18. 274 1 PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI gran numero all'estremità dei rami così da formare degli aggruppa- menti o glomeruli di aspetto caratteristico (flg. 46:2 a, b, 3). A maturità i couidi si distaccano facilmente e danno un aspetto polveroso alla muffa, come si può osservare nella forma che attacca i boccioli delle rose, le dalilie, i geranii, ecc. Essi servono alla diffusione del fungo: germinano facilmente nell'aria umida, nell'acqua, ma il promicelio che da essi deriva non sempre riesce ad infettare organi sani, bensì questo accade quando gli organi vegetali presentano già qualche piccola lesione superficiale oppure quando i conidi germinano in liquido formato dal succo della matrice, acquistando allora una speciale virulenza e forza di penetrazione. 4. Forma ascofora. — Orli ascomi si sviluppano generalmente nella primavera successiva dalle forme di Sclerotium che anno passato l'in- verno sul terreno. Quando questi non si trovino sotterrati a troppo grande profondità in condizioni propizie di umidità e di calore svi- luppano alla loro superficie delle prominenze da prima piccole, ma che in seguito vanno sempre più accentuandosi finche ciascuna di esse si differenzia in un ascoma col relativo piede più o meno allungato a seconda della profondità nel terreno in cui si è effettuata la germi- nazione dello sclerozio. La parte superiore dell'ascoma è imbutiforme col disco di colore bruno pallido, mentre all'esterno la cupola è di colore alquanto più chiaro. La consistenza è carnoso-ceracea, disseccando gli ascomi di- ventano più duri e fragili. In certi casi si sviluppano isolatamente per sclerozio in altri casi da uno sclerozio si manifestano numerosis- simi corpi fruttiferi (fig. 45:5). L'imenio ascoforo che forma il disco è formato da uno strato di aschi cilindraceo-clavati, allungati, infram- mezzati da parafisi filiformi. Negli aschi sono contenuti otto spore ovali, jaline e continue (45: G). Lo sviluppo di una forma ascofora da uno sclerozio venne osser- vato da diversi autori. Nel 1860 Coemans aveva constatato questo fatto e riferiva la forma ascofora alla Peziza sci eroti or um Lib. Nel 1868 Tichomiroff (1) da sclerozi sviluppati negli steli della canapa otte- neva lo sviluppo di una peziza da lui denominata P. Kauffmanniana. Nel 1881 Pirotta (2) osservò lo sviluppo di ascomi da sclerozi stati raccolti dal De Bary a Strasburgo su steli di fagiolo e li riferì alla Peziza sclerotiorum Lib. Nel 1882 Prillieux osservava la Sclerotinia (1) Op. cit. (2) Pirotta, in Nuovo Giornale Bot., 1881, Firenze. SCLEROTINIA LIBERTI AXA FUI K. 275 Libertiana svilupparsi da sclerozi provenienti da steli di fagiolo in una grave malattia sviluppatasi nei dintorni di Algeri su questa pianta. Tutte queste osservazioni si riferiscono evidentemente alla presente specie. Non in tutti i casi descritti però la forma ascofora venne riscon- trata: in alcuni di essi non venne constatata che la forma conidica (Botrytis), in altri il micelio sterile bianco e fioccoso e gii sclerozi. Fenomeni di adattamento, modificazioni nella qualità del substrati» nutritivo ed altre ragioni non per anco note anno indotto varie modi- ficazioni nel ciclo biologico di questo fungo che raramente si presenta con tutte le sue forme come per es. si può osservare sulle Brassi- cacee su cui oltre il micelio e gii sclerozi si può sviluppare la forma conidica e dagli sclerozi la forma di ascoini. Le ascospore mature vengono dagli aschi proiettate ad una certa distanza, come osserva il Prillieux (1), e ciò contribuisce natural- mente alla loro disseminazione. Azione del micelio sui tessuti della pianta ospite. Come già ab- biamo altrove fatto osservare il micelio può comportarsi saprofiticamente e parassiticamente. Secondo De Bary (2) il micelio per manifestare la sua azione parassitaria sui tessuti vivi della pianta avrebbe bisogno di iniziare prima il suo sviluppo su sostanze organiche vegetali in decomposizione, vivendo quindi anche per breve tempo come saprofita. Lo stesso autore à studiato pure con molta cura la penetrazione del micelio sulla pianta ospite e la sua azione sui tessuti della stessa. Quando un ramo micelico proveniente da una vicina pianta infetta tocca il fusticino di una pianta ancora sana, il rametto forma alla sua estremità diversi corti rami adesivi che aderiscono all'epidermide della pianta ospite .senza da prima compenetrarla. Ciò nonostante le cellule epidermiche imbruniscono poi a poco a poco anche i tessuti sottostanti le cui cellule vengono uccise per una azione a distanza eser citata dallo stesso micelio. Questo, secondo l'osservazione del De Bary, segregherebbe un vero e proprio veleno assai energico a reazione acida, contenente un fermento solubile e dell'acido ossalico. Il succo di una pianta infetta dal micelio del fungo messo a contatto con un tessuto sano produrrebbe le stesse alterazioni sulle cellule che il micelio. La penetrazione di questo nei tessuti della pianta si effettuerebbe solo (1) Prillieux, Mal. d. Plantes Agr., p. 412. (2) De Bary, Bot. Zeit., 1886, n. 22, 27. 276 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI dopo che è avvenuta una necrosi parziale dei tessuti. Il Petri (1) à fatto a questo proposito interessanti esperienze dimostrando il va- lore del chemotropismo nell'azione parassitaria di questo fungo che studiò sui fagioli. Egli riuscì ad infettare di micelio una foglia di Àgropyrum, pianta refrattaria al parassita, facendo agire ad una certa distanza dalla superficie fogliare opposta a quella su cui si trovava il fungo, una soluzione nutritiva stimolante, ottenuta con decotto concentrato di fagioli bianchi. Il micelio attraversò la foglia di gra- minacea per arrivare a contatto della sostanza nutritiva. Ciò dimostra la potenza dello stimolo chemotropico da questa esercitata sul fungo. Condizioni favorevoli (li sviluppo della malattia. L'umidità elevata ed una adeguata temperatura dell'ambiente sono le migliori condizioni per lo svolgimento della malattia. La temperatura migliore si aggira dai + 20° ai + 25° C, benché anche a temperature più basse possa lenta- mente svilupparsi, purché il grado di umidità sia elevatissimo. Nelle serre calde o fredde, nei letti caldi il fungo trova le condizioni più propizie di sviluppo ed ivi quindi i suoi effetti riescono più disastrosi. I terreni ricchi di concimi organici sia perchè possono favorire lo sviluppo del micelio allo stato saprotìtico, sia perchè agevolano nelle piante la produzione di tessuti teneri e ricchi di succo anno notevole influenza nell'aiutare la diffusione e la conservazione della malattia. Mezzi di cura. Con buone misure profilattiche non è difficile pre- venire lo sviluppo del male. L'aerazione delle serre ove le piante sono coltivate, i lavori di drenaggio per diminuire l'umidità del suolo, le concimazioni moderate a base di concimi organici e l'uso di adatti concimi minerali molto spesso riescono efficacissimi e salvano le gio- vani piante dall'attacco del fungo. Il terriccio delle lettiere dev'essere spesso rinnovato ed è bene cospargervi sopra della sabbia poiché il marciume delle giovani piante molto spesso comincia ad effettuarsi a fior di terra determinato da micelii che sapronticamente vivono sul terriccio. Nel caso in cui la malattia si sia manifestata fortemente in una località è conveniente sospendere per qualche tempo la coltura di quelle piante che ne sono state più soggette: se nella coltivazione qua e là alcune piante cominciano ad ammalarsi, queste debbono es- sere diligentemente sradicate e bruciate, non già lasciate sul terreno né buttate in concimaia ove il micelio continuerebbe a svolgersi egre- (1) Petri L. Un'' esperienza sopra il vaiare del chemotropismo nelF azione parassitaria dei fungiti (Rendie. della R. Accad. dei Lincei, XVIII, ser. V, I seni., fase. 10, 1909). SCLEROTINIA TRIFOLIORUM ERIKSS. 277 giamente. I sarmenti secchi rimasti sui campi dopo il raccolto, nel caso in cui le piante abbiano subito attacchi dalla Sclerotinia deb- bono essere asportati e bruciati per impedire che gli sclerozi riman- gano sul terreno e diano luogo nella primavera successiva agii ascomi. Se la muffa si svolge sui boccioli fiorali, foglie, germogli, ecc., bisogna asportare con cura gli organi infetti, distruggendoli. L'uso delle so- stanze an ti crittogamiche contro questa malattia ed in generale per tutte quelle prodotte da forme di Botrytis non à dato fino ad ora risultati soddisfacenti. La poltiglia bordolese anche con solfato di rame e calce in dosi elevate (6-8 °/0) non riesce a distruggere sempre la proprietà germi- nativa dei conidi. Alcuni avrebbero ottenuti migliori risultati impie- gando soluzioni al bisoltìto di calcio nelle proporzioni dell'I, 5 °/0: si potrebbe per es. tentare di combattere il marciume dei boccioli delle rose, delle dahlie, delle tuberose, la muffa dei pelargonii, ecc., col- l'alternare trattamenti liquidi a base di bisolfito di calcio con trat- tamenti polverulenti di calce e solfato di allumina (calce 80°/0, solfato di al. 20 °/0) che, secondo alcuni autori, darebbero discreti risultati. Parisot (1) che si è occupato delle malattie del topinambour con- siglia la distruzione delle piante ammalate tagliando i fusti colpiti sopra il suolo e bruciandoli versando poscia una soluzione concentrata di solfato di ferro sulla base delle piante tagliate che verranno sradi- cate più tardi cioè solo dopo la raccolta dei tuberi sani. In casi di forti e ripetute infezioni consiglia di tralasciare la coltura del topi- nambour nonché delle altre piante colpite dalla stessa malattia nella località infetta per un periodo di 3-4 anni. 91. SCLEROTINIA TRIFOLIORUM, Erikss. AT. Hai. Mal dello sclerozio del trifoglio. A7", stran. Maladie à sclerótes du Trèfle ; Kleékrébs. Attacca varie specie di trifoglio ed in special modo le seguenti: Trifolium pratense, Tr. repens, Tr. hybridum, Tr. incarnatimi, nonché specie del g. Medicago, Trigonella e, secondo Frank, anche VArachis hypogaca. Possono essere colpite tanto le foglie che i fusti e le radici. La alterazione à un carattere epidemico poiché si diffonde in condizioni opportune largamente nelle coltivazioni di leguminose foraggere. Non (1) Parisot F., Maladie des topinambours (Journ. d'agr. prat., 1905, u. 38, pag. 318, 371). 278 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI è però frequente ovunque: pare che sia più comune al nord: fin dal 1S57 venne riscontrata in Germania, più tardi si diffuse in Danimarca, in Svezia, in alcune regioni della Francia ed anche in Italia. Venne stu- diata da diversi autori ed in particolar modo dal Kuhn (1) e dalREHM (2). Caratteri della malattia e del parassita. La malattia appare in primavera e si può riconoscere per un cambiamento di colore e per la putrefazione che ne consegue alla base degli steli delle piante che presentano di conseguenza un ingiallimento notevole e final- mente disseccano. La disgrega- zione dei tessuti interessa non solo la base dei cauli, ma anche le radici e qualche volta anche le foglie più basse. Una muffa bianca appare sui punti colpiti più o meno copiosa, la quale poi si insinua nei tessuti diffondendo così l'alterazione. Il parenchima corticale è anzitutto disgregato dall'azione parassitaria del mi- celio. Sulle piante uccise dalla malattia nell'autunno o nell'in- verno si possono riscontrare dei corpiccioli duri, di varia grandezza che sono gii sclerozi, annidati nei tessuti delle radici, dei cauli o delle foglie. Molto spesso si trovano nella regione del colletto (f. 47 : 1). La grossezza di questi sclerozi varia da meno di un millimetro fino a 12 millimetri circa (fig. 47 : 2,3). Il micelio è ialino, riccamente rami Beato, settato e si accumula negli spazi intercellulari. Il suo aspetto ed il comportamento ricordano quello della specie precedente. Dall'intreccio delle ife miceliali si originano poscia gli sclerozi sulle piante morte. La forma di sclerozio venne dal De Candolle designata Fig. 47. Mal dello sclerozio del trifoglio. 1. Porzione basilare di stelo affetto dalla malattia (in * sclerozi). 2. Sclerozi isolati. 3. Sezione di sclerozio. 4. Ascomi di Sclerotinia Trito- liorum svolgentisi da sclerozi [in a gr. nat.. in b ingrandito]. 5. Asco e parafisi (da Pril- lieux). (1) Kuhn, in Hedwigia, 1870, n. 4. (2) Eehm, Bntwiékél. eines d. Eleearien serstòr. Pilses, Gottinga 1872. SCLEROTINIA TRIFOLIORUM EKIKSS. 279 col nome di Sclerotium compaetum. Anche la struttura di questi scle- rozi non differisce da quella della precedente specie. Gli sclerozi rimangono allo stato di riposo durante l'autunno, L'in- verno e la seguente primavera, nell'estate, trovandosi in condizioni opportune producono degli ascomi forniti di piede più o meno allungato e di coppa con disco molto concavo e liscio (fig. 47:4). L'altezza del- l'ascoma è complessivamente di 2-3 millimetri, il disco può misurare fino ad un centimetro di diametro. L'aspetto di questa forma di Peziza dall'HoFFMANN denominata P. ciborioides è quello stesso della P. Sclero- tiorum Lib., ed alcuni anzi avrebbero ritenuto non esservi differenza sostanziale tra le due specie di Sci e rat ini a cui tali forme ascofore si riferiscono; De Bary ritiene però le due specie diverse. Il disco della Peziza del trifoglio è regolarmente concavo, mentre quello del- l'altra specie presenta una depressione imbutiforme nel mezzo, questo almeno come riferisce il Prillieux (1). Anche le ascospore sarebbero un po' più grandi. In ambiente umido esse germinano producendo un promicelio più o meno lungo, molto settato, fornito di rametti late- rali corti all'estremità dei quali si differenziano catenelle di piccoli conidi (sporidii) globosi di cui non si sarebbe osservata la germinazione. Condizioni favorevoli (li sviluppo. Le piante giovani sarebbero più facilmente colpite delle vecchie: pare che l'infezione sia dovuta essenzialmente al micelio che si può sviluppare sul terreno saprofiti- cainente tanto per la germinazione delle ascospore, quanto originatosi direttamente da sclerozi che vi anno ibernato. Secondo il Coleman il micelio penetrerebbe non attraverso gli stomi dello stelo, ma per lo più tra l'ima e l'altra cellula epidermica. Le spore potrebbero re- sistere alla siccità anche per diversi mesi e probabilmente diffonde- rebbero la malattia anche aderendo ai semi della pianta ospite. La propagazione del male da un campo all'altro sarebbe dovuta tanto agli sclerozi che alle ascospore (2). L'umidità del suolo e la stagione umida sono le migliori condi- zioni per agevolare lo sviluppo del fungo. La stanchezza del suolo per depauperamento di principii minerali non più sostituiti con ade- guate concimazioni indebolirebbe le piante rendendole più soggette al male. Gli sclerozi rimasti sul terreno anche nelle condizioni meno propizie di vita, non perdono la loro capacità di germinare che dopo (1) Prillieux, Mal. d. PI. agr., II, p. 416. (2) Coleman L. C, Ueb. Sclerot. Trifoliorum, ecc. (Avb. a. d. Kais. biol. Aust, f. Land, und Fortw. Berlin 1907; Bd. V, p. 469-4 88). 280 I PARASSITI VEGETALI : III. KL'MICKTI circa due anni e mezzo e ciò rende naturalmente difficile il poter libe- rare i campi infetti dalla malattia. Mezzi di cura. Sono di indole essenzialmente colturale: consistono nella lavorazione profonda del suolo, nel favorire lo scolo delle acque, nel sopprimere i centri infetti collo sradicare le piante infette e un po' quelle circostanti, smuovendo ivi la terra e cospargendola abbon- dantemente di calce viva. Nel caso di forti e ripetute invasioni non vi è che la sospensione della coltura per alcuni anni, rompendo il prato di leguminose e coltivandovi invece i cereali. 92. SCLEROTICA FUCKELIAXA (De Baby) Fuck. F. di sclerozio: Sclerotium echinatum Fuck. F. conidica: Botri/ti s cinerea Pers; B. acinorum Pers. W. itT. stran. Pourriture des raisins ; pourriture gri.se de la vigne; bru- lure; Fiinl nix der Bebentriebe ; Burn-rot. La malattia, comunissima sulla vite di cui attacca le foglie, i tralci ed in particolar modo gli acini non produce però sempre danni con- siderevoli poiché il suo sviluppo è collegato a speciali condizioni me- teoriche e ad altre cause che studieremo più appresso e che ne possono facilitare lo sviluppo e la diffusione. Il fungo a un comportamento essenzialmente saprofitico però ve- rificasi anche qui quel che abbiamo indicato per la Sclerotinia Liber- tìana: cioè inizia il suo sviluppo da saprofita per comportarsi in seguito parassiticamente acquistando una speciale virulenza sì da poter inva- dere anche gli organi sani. Come vedremo il fungo può talora anche produrre azione benefica nella maturazione dell'uva in certe località, quindi mentre nelle regioni del Reno e di Sauternes esso migliora la qualità del raccolto in altre regioni esso è causa di ingenti danni de- prezzando le uve e rendendo i vini deboli e poco conservabili. Caratteri esterni della malattia. Può attaccare, come abbiamo accennato, le foglie, i tralci giovani, gli innesti, raramente i giovani grappoli, frequentemente gli acini maturi. a) Sulle foglie. — jSou è molto frequente all'aperto, più spesso si trova sulle viti coltivate in serra, ad ogni modo non produce mai dei danni di qualche importanza. Poche sono le foglie che possono essere attaccate e talora solo parzialmente e la malattia non si diffonde che assai lentamente e scarsamente. SCLEROTINIA FCCKELIANA FUCK. 281 La foglia colpita manifesta sur un punto della lamina una macchia prima giallastra poi rugginosa o rossastra che si va sfumando verso Fig. 48. Muffa grigia dell'vva. 1. Caratteri esterni della malattia, in a su foglia ili viti-, in b su tralcio e grappolo, in e su acini. 2. Ramo oonidioforo, in a figura d'insieme mi po' schematica, 6 estremità ili ramo conidioforo, e spore (Botr. cinerea). 3. Sclerozi su tralci, b id. jiiii ingranditi. 4. A scoma di Scic rutin in Fuckel. da sclerozio. 5. Asco e parafisi (tutte originali, salvo 4 5 da Kav.vz). i bordi e si estende più o meno largamente. Su questa macchia tanto sulla pagina inferiore che su quella superiore appare poi una abbondante muffa grigio polverulenta, formata dai conidiofori del fungo (fig. 48 : 1 a). 282 I PARASSITI VEGETALI: III. ElMICETI L'alterazione è facilmente distinguibile da quella prodotta dalla perono- spora: 1.° perchè le macchie non sono ad area limitata e numerose come in questa all'inizio, ma più diffuse e rare; 2.° invece di una efflore- scenza bianca che compare nella peronospora solo sulla pagina infe- riore, qui si à sviluppo di una muffa grigia tanto superiormente che inferiormente; 3.° la muffa grigia esala strofinandola un odor fungi no, mentre quella della peronospora odora di pesce fracido. Questa forma che attacca le foglie viene designata anche dai francesi col nome di brulure. Le foglie colpite si accartocciano e più tardi possono distac- carsi; sul suolo la muffa continua a svilupparsi invadendo talora anche tutta la foglia se vi è molta umidità. b) Sui tralci. — Anche qui la malattia non si presenta frequen- temente all'aperto, ma più spesso sulle viti in serra. Venne osservata dal FoÉX in Algeria ed in Francia, dal Bavaz pure in questa regione, dal Cuboni e dal Brizi in Italia. L'alterazione si inizierebbe ai nodi, diffondendosi poi anche lungo gli internodi: i tessuti si presentano corrosi ed all'esterno si à sviluppo di muffa grigia (fig. 48:1 />): i rami si disarticolano in corrispondenza ai nodi colpiti e cadono. Viala (1) à fatto osservare una forma assai dannosa della malattia che attacca i tralci innestati e stratificati nella sabbia per favorirne l'attecchimento. Nel punto in cui dovrebbe effettuarsi la saldatura fra il soggetto e la marza si sviluppano dei corpiccioli duri, nerastri che sono gli sclerozi i quali insinuandosi nello spacco dell'innesto separano i due pezzi e ne impediscono la saldatura, così che i tralci vanno a male e disseccano. Questo avviene talora quando la sabbia è umida e contiene frammenti di tralci su cui il fungo si può trovare allo stato saprotìtico. e) Sui grappoli. — I giovani grappoli possono essere talora colpiti, benché non comunemente, prima o durante la fioritura da una muffa grigio cenerina che invade tutti gli organi determinandone la putrefazione. Molto più frequentemente la malattia attacca invece gli acini quando anno già raggiunto una certa grossezza e specialmente quando sono già ben maturi. È allora che si possono effettuare i mag- giori danni. Gli acini colpiti prendono da prima una tinta un po' giallo- grigiastra o rosso-violacea, poi perdono la loro turgidezza, diventano flosci, si spaccano e si ricoprono di una abbondantissima muffa grigio- cenerina polverulenta (fig. 48:1 b, e). (1) Viala P., Une maladie E N0T. 301 à potuto osservare recentemente anche una forma picnidica del fungo riferibile al g. Phi/llostieta da prima affatto sconosciuta. Egli l'ottenne prima artificialmente coltivando il fungo in agar cui aveva addizionato l'l°/o ài glucosio; di poi la osservò frequentemente in natura sulla pagina inferiore delle foglie colpite da brusca, prima della comparsa o almeno della maturazione in pagina superiore degli ascomi. Il Brizi potè dimostrare la natura parassitaria del fungo osservato sulle foglie facendone l'inoculazione su foglie sane e riproducendo per- fettamente la malattia con tutti i suoi caratteri. Condizioni favorevoli di sviluppo. La malattia compare quasi im- provvisamente verso la fine dell' autunno e si manifesta tanto pili intensamente quanto più nebbie o pioggierelle elevano il grado di umidità dell'ambiente. Nell'inverno nonostante la diminuita tempera- tura il fungo continua a svilupparsi ed a produrre danni. Nel Leccese una delle varietà di ulivo più colpita sarebbe VOgliarola, invece la varietà detta Cettina o Nardo sarebbe assai resistente alla malattia. Secondo il Petri il diverso comportamento di questa varietà rispetto al parassita dipenderebbe essenzialmente dalla diversa acidità del succo fogliare; la minore acidità sarebbe favorevole alla germinazione delle picnidiospore e quindi predisporrebbe maggiomente le foglie all'attacco. Mezzi di cura. Finora non se ne conoscono di veramente efficaci. Venne sperimentata la poltiglia bordolese, ma con risultati dubbi; il polisolfuro di potassio al 2 °/0 avrebbe invece dato migliori risultati però nemmeno questo à esplicato un'azione veramente nociva contro il parassita. Le pratiche colturali quali la razionale potatura, la rac- colta e distruzione delle foglie colpite e cadute al suolo possono certo giovare a qualche cosa, ma non già rappresentano un mezzo di lotta completo contro la malattia contro cui attualmente gli olivicoltori del Leccese sono assolutamente indifesi. Fam. V. — Caliciacee. Piccola famiglia caratterizzata dalla presenza di ascomi turbinati o piriformi o globosi, minuti, per lo più stipitati, talora di color pallido, in altri casi e più spesso nerastri con disco da prima chiuso poi aperto. Vi appartiene il g. Roesleria in cui comprendiamo una specie vivente sulle radici delle viti, ma che à un comportamento più da saprofita che da parassita. 302 I PARASSITI VEGETALI! III. ECMICETI 101. ROESLERIA PALLIDA (Pers) Sacc. A. d. malattia. Roesleria della vite; Pourridié de la vigne (pp.)j Morille de la vigne; Wurzelfàule. Questo mieete venne scoperto nel 1868 nel territorio di Baden dal Roesler e venne di poi constatata frequentemente la sna pre- senza sulle radici fracide delle viti e di altre piante legnose in Francia, in Austria, in Svizzera ed in Italia. Non tutti sono d'accordo nell' attribuire a questo fungo un'azione parassitaria, anzi la maggioranza dei micologi lo considerano come un puro sa- profita che si svilupperebbe solo sulle radici delle viti quando queste sono già state alterate da altre cause per es. dal pa- rassitismo della Rosellinia ne- catrix o dell' Armillaria mellea i fungili caratteristici del mar- ciume radicale. Tuttavia Pril- lieux (1) assicura di avere osservato in alcune località della Francia e precisamente nell' Ha xte Marne una forma di marciume radicale assai grave ch'egli attribuisce al parassi- tismo di questo fungo. Sulle radici fracide delle viti si os- serva un micelio piuttosto tenue le cui ife però penetrano nei tessuti probabilmente già dis- gregati da altre cause. All'e- sterno si formano i corpi fruttiferi che sono piccoli ricettacoli bianchi piuttosto numerosi alti da 5 ad 8 millimetri diritti o curvi assottigliati in basso, rotondati a capocchia in alto sì che somigliano a minuscoli chiodetti. Il piede di tali corpi fruttiferi è bianco: la parte rigonfiata in alto si presenta più tardi di color grigio cenerognolo con superficie Fig. 51. Soesleria pallida. 1. Aspetto dil fango su radici oli olmo. 2. Aseonii . a ingranditi, b uno piti ingrandito, e id. in se- zione longit. 'ò. grappi di asciti e spore in vari stadi. 4. Spore:'alcune germinanti (1-2 originali. le altre da PfilLLlEDX). (1) Prillieus, Le Pourridié des vigne» de la Haute-Marne (Ann. de l'Inst. Agi-., 1882, p. 171). PSISUDOPEZIZA TRIFOLII PDCK. 303 polverosa per la gran copia di spore di cui è cosparso (fig. 51 : 1 -li). Tali spore sono libere: però se si osservano corpi fruttiferi più giovani si vedono nello strato imeniale ascili cilindraceo-clavati con otto spore internamente e qua e là delle catenelle di spore globose portate da un filamento, oltre a numerose paralisi filiformi ed allungate (fìg. 51:3-4). Originariamente le spore sono contenute negli ascili; più tardi però esse accrescendosi nell'asco stesso ne rompono lateralmente la parete e rimangono così disposte in catenelle di otto spore che poi diventano libere e formano lo strato polverulento che ricopre la parte superiore del corpo fruttifero. Al di sotto del primo strato sporifero si formano altri aschi con nuove spore così che queste si producono successiva- mente in grande abbondanza. Le spore germinano facilmente proda cendo uno o due tubi promicelici che si ramificano e settano costituendo il micelio definitivo. Richon avrebbe anche osservata una forma co- nidiofora. Poiché è molto più probabile che il marciume delle radici su cui si trova il fungillo sia determinato da altre cause e specialmente dalla Bosellinia o dall' Armillaria melica così ci riserveremo di indicare i mezzi di cura contro la malattia a proposito di questi miceti. Fam. VI. — Facidiacee. In questa famiglia distinguiamo due generi, in cui si comprendono specie parassite, così differenziati: G. Pseudopeziza con ascomi minuti, discoidali, ceracei, sessili, quasi piani, foglicoli e con ascospore ovoidee, jaline e continue. GÌ. Ehytisma con ascomi appiattiti, spesso continenti, rivestiti dell'epidermide che si presenta fortemente annerita, indurita e final- mente fessurata in corrispondenza ai corpi fruttiferi. Le ascospore sono filiformi (scolecospore). (*. Pseudopeziza Fuck. 102. PSEUDOPEZIZA TRIFOLII (Biv.) Fuck. 2f. ital. Vaiolatura del trifoglio e dell'erba medica. X. stran. Blattfleckenkranhheit des Klees. È un parassita comunissimo specialmente sul Trifolium repens, Tv. pratense, Ir. nigrescens, Tr. incarnatimi, ecc., noncliè sulla Medi- cago satira, M. lupulina, ecc., e si sviluppa dalla primavera all'autunno. 304 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Caratteri (Iella malattia. Le foglie colpite presentano qua e là piccole chiazze gialle che man mano si ingrandiscono fino ad inva- dere tutta la lamina fogliare. Le macchie gialle più tardi diventano brune e su di esse si distinguono dei corpiccioli puntiformi bruuastri che sono gli organi fruttiferi del fungo (fìg. 52 : 1). Le foglie colpite dissec- cano, specialmente quelle della base più vicine a terra ne sono fre- quentemente e più fortemente colpite poiché l'umidità del suolo favorisce notevolmente lo sviluppo del fungo. Xon sempre questo riesce dan- noso benché sia molto co ninne; solo in condizioni di forte umidità può talora pro- durre nei medicai e nei tri- fogliai un ingiallimento ed un deperimento delle piantine diffondendosi ad aree circo lari facilmente riconoscibile al colore sul fondo verde cupo delle piante sane. Caratteri del parassita, Il micelio vivendo nel meso- frio provoca una profonda alterazione dei tessuti fo- gliari; esso forma poi verso la pagina superioreuna specie di stroma che erompe dall'e- pidermide in un ascoma dis- coidale col margine un po' irregolare di colore gialliccio o giallo bruno, di consistenza subgelatinosa quando venga umettato (tìg. 52:2-3). Molti di tali ascomi si possono formare su ogni foglia e ciascuno di essi poggia su una macchia più scura ed irregolare che appare come una piccola chiazza bruna sul fondo giallognolo della foglia alterata. Gli ascomi presentano uno strato imeni ale formato da' aschi clavati con spore obovate ejaline (fìg. 52:4-5). Brefeld à seguito la germinazione di tali spore ed à notato che esse nel germinare svi- luppano da prima una specie di bolla jalina da cui partono poi i rami del promicelio. Su questo si verrebbero poi a formare dei conidi. Le ascospore portate su foglie di trifoglio o di erba medica in opportune con- dizioni di umidità e di temperatura germinano riproducendo la malattia. Fig- 52. Vaiolatura del trifoglio. 1. Aspetto di una foglia colpita. 2. Ascomi di fronte in- granditi. :'.. Ascoma in sezione, i. Aschi e paratisi. •">. Ascospore (tutte originali). PSEUDOPEZIZA RIBIS KLEBAHX 305 ■ Mezzi di cura. Nei casi in cui la malattia minacci di estendersi in un medicaio o trifogliaio non yì è di meglio che procedere alla sollecita falciatura della zona infetta ed un po' della adiacente sana, raccogliendo diligentemente il falciato e facendolo essiccare al sole. In tal modo si impedisce che la malattia si diffonda largamente. 103. PSEUDOPEZIZA TRACHEIPHILA, Mììlleb-Thtjrgau. W. ital. Rossore delle foglie di vite. N". stran. Roter Brenner ; Sang, Rauschbrand. L'arrossamento delle foglie di vite è alterazione frequentissima e prodotta da cause svariatissime, ora da parassiti ed ora da disturbi fisiologici; una nuova forma di arrossamento dovuta al parassitismo di un fungo di questo gruppo sarebbe stata osservata dal Mììller- Thurgau (1) in Svizzera e nella regione Renana. Secondo il prof. Cu- boni sarebbe stata anche riscontrata ultimamente nei pressi di Lecce però senza che abbia prodotto danni apparenti. Le foglie apparirei) bero chiazzate di rosso-porporino specialmente sugli angoli delle ner- vature; tali chiazze si estenderebbero fino ad interessare buona parte od anche tutta la lamina; alla loro periferia si distinguerebbe una zona gialliccia sfumante poi nel verde della porzione ancor sana. Nel caso di colorazione diffusa a tutta la lamina solamente le nervature spiccherebbero in verde sul fondo rossastro della lamina. Il micelio del fungo parassita costituito da ife sparsamente settate, jaline e poco ramose sarebbe localizzato non nel parenchima fogliare, ma bensì nei vasi e quindi visibile solo mediante sezioni longitudinali. I vasi pre- senterebbero la parte colorata in bruno-rossastro e la cavità ripiena di masse mucillaginose e di tilli. In prossimità delle nervature si svi- lupperebbero conidiofori ramificati con piccoli conidi unicellulali agglo- merati all'estremità dei rametti; sulle foglie colpite dalla malattia e che anno passato l'inverno sul suolo l'autore avrebbe riscontrato ascomi riferibili al g. Pseudopeziza di cui fa una specie nuova. La malattia è poco interessante dal punto di vista pratico e non si sa se la poltiglia bordolese abbia effetto per impedirne lo sviluppo. 104. PSEUDOPEZIZA RIBIS, Klebahn. F. conidiea: Gloeosporium Ribis (Lib.) Mont. et Desm. N. ital. Seccume delle foglie del ribes. (1) Mììller-Thurgau, Der rote Brenner des Weinstocks (Centi', f. Bakter, u. Parasit. 2 Ab., X, 1903, p. 8). Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 20. 306 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICET1 N. stran. Maladie desfeuilles du Groseillier ; Gloeosporium Krankheit des Joliannisbeeren. Le foglie del Ribes rubrum e un po' meno frequentemente quelle del B. nigrum e del R. Grossularia sono assai spesso colpite da questa malattia che le fa disseccare e talvolta induce anche il disseccamento nell'intiera pianta. Specialmente sui cespugli più vecchi si nota con Fig. 53. Seccume delie foglie del ribes. 1. Aspetto di una foglia colpita. 2. Sezione attraverso un picnidio di Gloeosporium Ribis. 3. Stilospore. 4. Sex. long, di aseoma AiPseudo- peziza Itibis. 5. Asco e parafisi (1 orig., le altre da Kxehahn). singolare frequenza l'alterazione: così I'Ewert la chiama una malattia dei vecchi. Si inizia sul finir della primavera, continua nell'estate e raggiunge la sua massima intensità nell'autunno. Caratteri esterni della malattia. Le foglie assumono un aspetto rugginoso per la presenza di macchioline bruno-rossastre sulla pagina superiore che si estendono, confluiscono in macchie più grandi fulve o rossastre circondata da una zona più scura. Delle piccole pustuline EHYTISMA ACERINUM FR. 307 rilevate, assai numerose, di color brimastfo si vengono a formare sulle macchie nella pagina superiore; sono gli organi di riproduzione del fungo (fig. 53:1). Le foglie colpite si accartocciano e cadono precoce- mente. Caratteri del parassita. Il micelio vive nei tessuti fogliari e pro- duce al disotto dell'epidermide dei sottili filamenti su cui si differen- ziano dei conidi. Tali organi accrescendosi sollevano l'epidermide che poi si spacca e così si viene a formare la pustulina o acervulo frut- tifero da cui erompono molte sporule piccole, jaline, curvule, continue, misuranti circa P-. 10 = 5-6 (fig. 53:2-3). Tale forma è stata classificata fra i Melanconiales nel genere Gloeosporium col nome di Gì. Eibis MoNT. et Desm. Il Klebahn (1) recentemente è riuscito a scoprire un'altra forma di riproduzione fornita di aschi disposti in un ascoma riferibile al g. Pseudopeziza, di cui egli forma una specie nuova col nome di Ps. Ribis (fig. 53 : 1-5). Secondo l'autore la forma ascofora si svilupperebbe sulle foglie infette abbandonate durante l'autunno e l'inverno sul terreno. Egli avrebbe anche ottenuto tale forma in colture pure del fungo eseguite in laboratorio. Le spore sviluppate dagli apoteci infetterebbero in primavera le foglie del Ribes e così si determinerebbe nuovo svi- luppo della malattia. Recentemente I'Ewert (2) avrebbe dimostrato che i conidi formatisi nell'estate conservano la proprietà germinativa anche durante l'inverno, per cui anche da essi nella primavera suc- cessiva si potrebbe determinare lo sviluppo della malattia. Il micelio invece non svernerebbe nel legno delle piante colpite. Mezzi di cura. Consigliabile in autunno la raccolta delle foglie colpite e la loro distruzione: nella primavera e nell'estate riescono molto efficaci i trattamenti con poltiglia bordolese all' 1-2 °/0. ti. Rhytisiua Fkies. 105. RHYTISMA ACERINUM (Pers.) Fr. F. picnidica: Melasmia acerina Lèv. X. ital. Croste nere delle foglie dell'acero. X. 8trcm. Taches crustaoées des feuilles d'Érable; Ahornrunzelschorf. Parassita frequente, benché poco dannoso, delle foglie di vari aceri (Acer campestre, A. platanoides, A. pseudoplatanus, A. opulifolium, ere.). (1) Kxebahx in Zeitschr. f. Pflanzenkrankh., XVI, 1906, p. 65. (2) Ewert, Ehi Beitr. z. JSntmckelung. sowie zur ~Ermittelung der TnfeJction- ébedin. und der besten Bekàmpfungsart voti Gloeosp. Ribis (Lib.) Mont. et Desm. (Zeitschr. f. Prlauzenkr., XVII, 1907, p. 158). 308 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Caratteri esterni della malattia. La malattia si inizia nel giugno o nel luglio con macchie gialle subrotonde del diametro di 1-2 cen- timetri su cui più tardi appaiono nella pagina superiore dei puntini neri che si allargano, confluiscono sì da formare una macebia di color nero, di apparenza crostosa, larga da 3 a 20 millimetri, subrotonda un po', convessa, marginata di giallo. Tali chiazze possono anche es- sere molto numerose su una stessa foglia, rimanendo in generale di- stinte l'ima dall'altra (fìg. 54:1). Le foglie così colpite ca- dono nell'agosto o nel set- tembre, ma siccome raramente la malattia presenta un ca- rattere veramente epidemico sì da invadere tutte le foglie così le piante non soffrono molto di questa parziale e precoce defogliazione. La ma- lattia si riscontra più spesso negli aceri che sono presso le siepi o in quelli coltivati nei parchi specialmente se situati in località un po' umide. Caratteri del parassita. Il micelio si sviluppa nel parenchima fogliare e pro- duce in corrispondenza della pagina superiore uno stroma; le cellule epidermiche si pre- sentano fortemente annerite; nell' estate nello spessore dello pseudoparenchima stro- matieo si vengono a differen- ziare delle piccole cavità in sezione piuttosto allungate in cui si stipano una infinità di sottili e brevi filamenti jalini all'estremità dei quali si formano delle piccolissime spore (stilospore). Tali cavità rappresentano dei picnidii ossia una forma conidica del fungo; essi si aprono all'estremità così le stilospore possono essere disseminate (tìg. 54:2-3). Sulle foglie colpite e cadute al suolo nell'inverno si ditte- (.'roste nere delle foglie dell'acero. Fig. 54. 1. Aspetto ili ima foglia di Acer colpita. 2. Sez. rli foglia con picnidii «li llelasmia. 3. Basidi e spore. 4. Ascoma di Uhytisma. 5 Asehi, a due ascospore (originali, salvo 3-5 da Prillieux). RHYTISMA ONOBRYCHIDIS DC. 309 renziano negli stromi cavità simili a quelle dei picnidii benché un po' meno strette dentro cui si svolgono aschi e paratisi e negli ascili otto esili spore filiformi (fig. 54:4 5). Tali corpi fruttiferi si aprono superiormente mediante una fessura lineare da cui in primavera ven- gono fuori le ascospore avvolte da una sostanza mucillaginosa che ne favorisce la disseminazione per opera degli insetti. Portate le asco- spore sulle foglie, come dimostrò il Cornu (1), esse nell'aprile o maggio germinano ed infettano le foglie determinandovi prima le macchie giallognole e più tardi le croste nere dello stroma. Mezzi (li cura. Xei parchi e boschetti di aceri ove la malattia potrebbe produrre qualche danno è consigliabile la raccolta delle foglie cadute al suolo che debbono essere ammucchiate e bruciate per evi tare che su esse si produca la forma ascofora destinata alla conser- vazione del parassita per l'anno seguente. 100. RHYTISMA PUNOTATUM (Pers.) Fr. Si sviluppa specialmente sulYAcer pseudoplatanus e si riconosce dal precedente perchè sulle macchie gialle non si viene a formare un'unica crosta nera come nella precedente specie, ma una grande quantità ('20 30) di piccole macchioline puntiformi nere, distinte l'ima dall'altra, che rappresentano i corpi fruttiferi. È meno diffusa e quindi ancora meno dannosa della precedente. 107. RHYTISMA SALICOUM (Pers.) Fr. F. picnidica: Melasmia saìicina Tul. JY d. malattia. Croste nere delle foglie del salice. Si trova abbastanza spesso nei luoghi umidi sulle foglie special mente del Salix caprea e delle specie affini. Anche qui sulla pagina superiore appaiono prima delle macchie gialle su cui poi si viene a formare uno stroma compatto, convesso di color nero lucente largo talora dieci o più millimetri. In luglio si troverebbero in tali stromi i picnidii {Melasmia saìicina Tul.); gli apoteci invece maturerebbero durante l'inverno o nella primavera successiva sulle foglie cadute. Come malattia non à alcuna importanza. 108. RHYTISMA ONOBRYCHIDIS DC. Attacca V Onobrychis satira (Lupinella) ed il Lathyrus tuberosus producendo sulla pagina .nferiore delle foglioline delle tacche crostose- (1) Cornu, in Compt. remi, de PAcad. d. Se, t. LXXXVII, p. 178 (1878. 310 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI ispessite, nerastre, in corrispondenza delle quali anche la pagina su- periore si presenta annerita. Benché non sia molto dannoso tuttavia si trova talora abbastanza diffuso, come avrebbe il Prillieux consta- tato in alcune località della Francia (1). Non si conosce finora la forma ascofora veramente riferibile al g. Rhytisma, ma solo la forma pieni- dica dal Saccardo denominata: Placosphaeria Onobrychidis. Fam. VII. — Isteriacee. Famiglia di transizione fra i Discomiceti ed i Pirenomiceti in cui le specie presentano ascomi oblunghi o lineari, semplici, con fessura più o meno stretta percorrente tutta la faccia dell'ascoma o pseudo- ascoma. Vi si comprendono molte specie saprofite; fra le parassite meritano un breve cenno alcune appartenenti al g. Lophodermium . G. Lophodermium Chev. Caratterizzato da ascomi allungati, talora lineari, membranacei, a fessura distinta che solca nel senso della lunghezza tutta la faccia superiore. Le ascospore sono filiformi, jaline e subeguali all'asco. Il micelio è settato e si svolge copiosamente negli spazi intercellulari. Le specie di questo genere vivono parassiticamente in special modo sulle foglie aghiformi delle conifere causando specialmente nei boschi delle Alpi e delle regioni nordiche d'Europa danni rilevanti, provocando la caduta delle foglie e talora il disseccamento delle piantine special- mente se queste sono giovani ed allevate nei vivai. Ricorderemo qui le specie principali e più dannose. 109. LOPHODERMIUM MAOROSPORUM (Hart.) Rehm. Sinon. Hysterium macrosporum Hartig. N. ital. Imbrunimento e caduta delle foglie di abete. ■ JV. stran. Brini de VÉpieea; Fichtenritzenschorf. Questo parassita attacca e danneggia le foglie délYAbies exceìsa ed è assai frequente nelle regioni boschive più umide della Germania ove PHartiGt ebbe occasione di scoprirlo e di studiarlo (2). (1) Prillieux in Bull, des séanc. de la Soc. Nat. d'Agr., 1883, p. 312. (2) Hartig, R. Wichtige krankJi. cler Waldbàume, 1874, p. 101. LOPHODERMIUM PINASTRI C'HEV. 311 In primavera (maggio) o nell'autunno (ottobre) si inizia la malattia con un cambiamento di colore delle foglie che verso la base od al- l'apice od anche nel mezzo cominciano ad acquistare un colore ros- sastro che più tardi passa al bruno. Nei punti colpiti si può vedere al microscopio un micelio intercellulare copioso, ramificato, settato. Nell'estate o nell'autunno — se la malattia si è iniziata in primavera — cominciano a comparire sulle foglie dei corpiccioli neri che sono gli spermogonii; più tardi appaiono gli ascomi i quali però non maturano che nell'anno seguente in primavera. Tali ascomi appaiono sulla pa- gina inferiore delle foglie ai due lati della nervatura, sono allungati, nero-lucenti e si aprono poi per una fessura longitudinale a maturità. Nell'apotecio trovansi aschi parafi sati con spore filiformi che in condi- zioni favorevoli di umidità escono e si diffondono per opera special- mente del vento umido che favorisce così nuove infezioni. Mezzi di lotta possono servire quelli indicati per la malattia che segue. 110. LOPHODERMIUM PINASTRI (Schbad.) Chev. Sinon. Hysterium Pinastri Schrad. N. iteti. Arrossamento e caduta delle foglie di pino. 2f. stran. Le rouge du Fin; Kiefern Ritzenschorf; Schuttepilz. Malattia comunissima che attacca le foglie del Pino comune (Pinus silvestris) e di altre essenze resinose provocando danni sia sulle piante adulte nei boschi che nei giovani allevamenti in vivaio. Si manifesta specialmente in autunno con un arrossamento notevole delle foglie che assumono quindi un colore quasi porporino pur rimanendo talora aderenti alla pianta. L'arrossamento delle foglie del pino però non sempre può riferirsi a questa causa come vorrebbe il Gòppert (1) poiché come provano le osservazioni dell'HARTiG le forti gelate pri- maverili, come la soverchia siccità nell'estate possono produrre effetti consimili. La presenza di un micelio sulle foglie arrossate solo può indicare che l'alterazione è dovuta alla presenza del Lophodermiwm. Più tardi sulle foglie arrossate od imbrunite compaiono piccoli puntini nero- lucenti che sono gli spermogonii sui quali si trovano sporule minu- tissime, jaline (spermazi). Gli ascomi per lo più compaiono solo nell'anno seguente e sono assai più grandi, di forma ovale, nero lucidi e disposti lateralmente o presso la nervatura (fig. 55 : 1-3). Gli ascomi si aprono solo (1) Gòppert, Verhandt. des schles. Forstvereins, 1852, p. 67. 312 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI per una fessura longitudinale in periodi di forte umidità, specialmente durante le persistenti pioggie «Iella primavera. Le parafisi e gli ascili si gonfiano coli' acqua, fanno pressione sulla parete dell'ascoma e così avviene la deiscenza (fig. 55:4-5). Le scolecospore cadendo sulle foglie sane sottoposte o portate dal vento umido altrove germinano e producono infezione. L'inverno mite, le abbondanti pioggie primaverili sono spe- cialmente favorevoli alla conservazione ed alla diffusione della malattia che reca notevoli danni specie Fig. 55. Lophodermium pinastri. 1. Aspetto del parassita sulle toglie. 2. Ascomi su porzione di foglia più ingrandita. :t. Ascoma in sezione. 4. Asco e parafisi. 5. Ascospora (originali, salvo 4-5 da Kehji). sulle giovani piante di pino alle- vate nei vivai su cui determina bene spesso un disseccamento parziale o totale. I trattamenti colla poltiglia bordolese, borgliignona, zucche- rata sulle giovani piantine dareb- bero buoni risultati quando ven- gano applicati durante l'estate e specialmente nel mese di agosto. Come misura preventiva è consigliabile di non piantare pini in località ove la malattia è molto diffusa, inoltre è ottima pratica da seguire in tutti i casi in cui si debba fare uu vasto pianta- mene di conifere, di alternare le essenze resinose che siadoprano: cioè — ove questo sia possibile — al pino consociare l'abete od il larice e ciò perchè la malattia non trovi modo di diffondersi. 111. LOPHODERMIUM NERVISEQUUM (DO.) Eehm. JVr. d. malattia. Imbruni inento delle foglie di abete; le brun du Sapin; } T reissta nnenritzenschorf. Attacca le foglie delVAbies alba; si distingue dalla precedente specie perchè gli apoteci si svolgono sulla pagina inferiore in corrispondenza alla nervatura mediana, quindi sono lineari ed assai lunghi. Le foglie cadono nell'estate e su esse si costituisce prima la forma picnidica (Septoria Pini Fuck.) e più tardi l'ascofora. PIRENOMICETI 313 112. LOPHODERMIUM JUNIPERINUM (Fu.) De Not. Si svolge .sulle foglie del Juniperus comflmnis. 113. LOPHODERMIUM LARICINUM, Duby. Attacca le foglie del Larix europaea e ne determina la precoce caduta. Sottordine II. — Pirenomiceti. 11 sistema vegetativo dei Pirenomiceti è costituito da un micelio bene sviluppato ad ife settate spessissimo di color olivaceo o bruno, meno frequentemente jaline o diversamente colorate. Comprendono un numero grandissimo di specie (circa 14.000) la maggior parte delle quali però viventi saprotìticamente su parti morte o detriti di vege- tali o meno frequentemente di animali. Le specie parassite benché in minor numero formano tuttavia un gruppo assai interessante in fitopatologia poiché sono causa talora di gravi alterazioni per le piante coltivate. Basti citare la Cìaviceps purpurea causa della segala cornuta, la Boseìlinia necatrix che pro- duce il marciume bianco delle radici, la Guignardia Bidwcllii che de- termina il Blak-rot dell'uva, VUncinula necator che nella sua forma conidica costituisce la crittogama della vite, per avere l'idea di alcuni miceti di questo gruppo che anno recato e recano tuttora danni gra- vissimi all'agricoltura. Nelle forme parassite il micelio può essere interno, intra- od in- tercellulare (pirenomiceti endoparassiti) oppure può essere esterno, in tal caso è talora fornito di austori (es. Erysiphe) o sprovvisto e quindi prettamente superficiale ed incrostante (es. Capnodium). L'organo caratteristico dei Pirenomiceti è il peritecio che differisce dall'ascoma — corpo fruttifero dei Discomiceti — per avere gli aschi contenuti nell'interno e non portati sopra un disco od imenio asco- foro. Il peritecio à forma variabilissima, per lo più però è globoso, a forma di sfera, talvolta è allungato, ovale, depresso, ecc. (flg. 56:1-9). La gran dezza pure è varia, in generale però i periteci sono minuti, ad occhio nudo puntiformi. Tipicamente sono di color bruno, in una famiglia però sono anche diversamente colorati, raramente sono jalini. Quanto a consistenza possono essere membranacei, carbonacei, più di rado mol- licci, subcarnosi, ecc. La superfìcie del peritecio può essere liscia oppure fornita di tubercoli o di peli o setole od anche di appendici semplici o ramificate (fulcri nelle Erisifacee). 314 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI I periteci possono essere completamente chiusi da ogni parte ed allora si dicono astoni i (es. nelle Erìsifacee) (fig. 50:8,9) oppure pre- sentano sulla loro parte superiore una apertura per lo più circolare che è il poro da cui escono a maturità le spore. La parte apicale del peritecio ove si trova il poro dicesi ostiolo (rìg-. 56:4.5,0,7). Talora al disopra del peritecio si prolunga una specie di collo di modo che il poro si apre all'estremità di questo: in tal caso il peritecio Fig. 56. Caratteri dei Pirenomieeti. 1. Periteci di Hypomycex (assai ingranditi). 2. Periteci stromatici di Polystiyma rubrum (Ipo- «reacee) : p periteci, s stroma :i. Peritici stromatici di Dotideacea (Phyllachora). 4. Stroma («) e periteci (p) con ostiolo (o) di Valsaeea (Diaporthe). ò. Peliteli cod lungo ostiolo dì Ce- ratostomatacea (Gnomonici). 6-7. Periteci di Sferiacee : 6. di Spinterella, 7. di Ophiobolus (sez. long.). 8. Peritecio astouio di Perisporiacea (Thielavia). 9. Peritecio astomo sezionato longitnd. di Erisit'acea | Erysiphe) : m micelio, a appendici del peritecio (1.2.3.4.8 in parte da Winter, le altre originali). assume la forma come di un fiasco e se questo prolungamento è libero costituisce il rostro: il peritecio si dice allora rostrato (fig. 50:5). I periteci possono essere superficiali se sviluppati all'esterno della matrice, erompenti se da questa escono fuori sollevando all'inizio l'epidermide od il periderma che li ricoprono nello stato giovanile. Quanto a disposizione si distinguono iti: sparsi, quando sono Tini dall'altro distinti, gregari se avvicinati fra di loro, stromatici se collegati insieme o saldati da una specie di trama miceliale od ifenchima PIRKNOMICETI 315 cui talora si unisce anche una porzione del tessuto della matrice alterata (stroma) (fig. 56:2,3,4). In qualche caso (es. Roseli in ia) i periteci sono impiantati su di una massa miceliale feltrosa che prende il nome di s ubi colo. Quanto ad origine il peritecio deriva da un intreccio di ife mi- celiali che si raggomitolano insieme e poi si differenziano formando all'esterno la parete del peritecio e nell'interno costituendo una massa da cui più tardi si differenzieranno gii aschi. I recenti studi di Harper, Blackman, Fraser, ecc. sui periteci degli erisifei (g. Sphaerotheca, Erysiphe, Phyllactinia), dimostrerebbero che essi anno un'origine ses- suata: prima della formazione del peritecio due ife differenziate, rap- presentanti l'ima un oogonio l'altra l'anteridio, si con giungerebbero, in seguito a quest'atto sessuale si verrebbe a formare il peritecio. Dan- GfEARD non divide completamente le vedute di Harper negando un vero atto di coniugazione eterogamica e ammettendo invece un atto cariogamico delle cellule madri degli aschi. Comunque sia questo peritecio rappresenta il corpo fruttifero di questi funghi e dentro di esso si vengono a poco a poco differenziando gli organi di riproduzione asessuale che sono gli aschi. Il numero di questi per ogni peritecio è variabile; generalmente sono molti; in pochi casi si trova un solo asco (es. Sphaerotheca, Podosphaera, ecc.). La forma di questi aschi pure è variabile, predominano però sulle altre la forma clavata e cilindracea. Accompagnano talora gli aschi dei filamenti più sottili, sterili detti parafisi di cui già pure si fece pa- rola altrove. Negli aschi si trovano le spore tipicamente in numero di otto, raramente di due, quattro, sedici, ecc., cioè un multiplo o sotto- multiplo di otto. La forma come il colore delle spore nell'asco costi- tuiscono dati diagnostici di grande importanza per la classificazione dei Pirenomiceti; troviamo in questi rappresentati quasi tutti i tipi di spore che abbiamo enumerato più sopra nell'esporre le generalità sui funghi. Di un considerevole numero di Pirenomiceti si conoscono oltre la forma principale, tipica ed ascofora altre forme secondarie o ine- t agenetiche che osservate indipendentemente potrebbero riferirsi ai Deuteromiceti (funghi imperfetti). Così, per es., nella famiglia Erisifacee accanto alla forma periteciale si osserva una forma coni dica riferibile al g. Oiclium (Deuteromiceti ifomiceti), nella famiglia Sferiacee si accom- pagnano talora alla forma ascofora delle forme picnidiche, in certi casi ancora possono alternarsi anche più forme conidiche o picnidiche colla forma ascofora. 316 I PARASSITI VEGETALI! III. ELMICETI Raramente i Pirenomiceti presentano degli sclerozi — che invece abbiamo riscontrato abbastanza frequentemente nei Discouneeti — ne abbiamo un caso tipico nel g. Glavie&ps in cui lo sclerozio formato da una massa ifenchimatica rappresenta un organo di conservazione del fungo nella stagione invernale, sviluppandosi poi da esso in prima- vera gli stromi coi periteci. Secondo la classificazione di Sacoardo il gruppo dei Pirenomi- ceti si può distinguere in undici famiglie, siccome però alcune di esse non anno alcuna importanza in Patologia vegetale mi limiterò ad indi- care le famiglie in cui sono comprese specie parassite, disponendole in modo che risultino evidenti i caratteri più salienti onde sono diffe- renziate. A. Periteci forniti di poro (ostiolati). I. Periteci subcarnosi, ceracei o membra- nacei per lo più di colori vivaci : stroma, quando esiste, carnoso o ceraceo ordina- riamente pure vivamente colorato (tì- gura 56 :1,2) . II. Periteci e stromi non mai vivamente co- lorati. a. Periteci sempre immersi nello stroma colla parete indistinta dalla massa stromatica (fig. 56:3) b. Periteci liberi o stromatici, in questo caso però colla parete ben distinta dalla massa stromatica. 1. Periteci immersi in uno stroma o pseudo- stroma e per lo più in esso circolar- mente disposti (fig. 56:4) . 2. Periteci liberi, non stromatici. -j- Periteci rostrati (fig. 56 : 5) + + Periteci non rostrati (fig. 56:6,7) . B. Periteci sforniti di apertura (a stomi). I. Funghi a micelio bruno, superficiale (senza austori), incrostante, ordinariamente sa- protìti (fig. 56:8) Fani. 6. Perisporiacee. IL Fungili a micelio jalino, superficiale (con austori), parassiti (fig. 56:9) .• . Fam. 7. Erisifacee. Fani. 1. Ipocreacee. Fam. 2. Dotideacee, Fam. 3. Yalsacee. Fani. Fam. 4. Ti. Geratostomatacee. Sfer iacee. Pam. I. — Ipocreacee. I Pirenomiceti appartenenti a questa famiglia sono caratterizzati dalla presenza di periteci di consistenza carnosa o ceracea e di colore piuttosto vivace: giallo, aranciato, rossastro, azzurrognolo; tali peri- POLYSTIGMA Ul'BRCM DC. 317 fceci sono in certi casi liberi (es. Hypomyces, Melanospora, ecc.), in altri casi sviluppati od immersi in uno stroma più o meno vivace- mente colorato {Poly stigma, lìpichloe, Claviceps, ecc.). Vi si compren- dono diverse forine parassite di vegetali, alcune delle quali interessanti pei danni che producono e distinte nei generi seguenti che dispongo in prospetto analitico per meglio poterli differenziare' A. Ascopore jaline o pallide, continue o settate. I. Ascospore ovoidee, continue. Periteci stronfiatici. Strorai fulvi o rossi, foglicoli . . . . G. Polystigma. II. Ascospore settate (o continue, ma in tal caso ver- micolari). a. Spore jalodidime. 1, Periteci non stronfiatici, immergi nella matrice, cinti da un subicolo bissineo, fungicoli . . G. Hypomyces. 2. Periteci talora strematici, subsuperficiali o viva- cemente colorati, non fungicoli . . G. Nectria. b. Spore plurisettate ; periteci subsuperficiali azzurri o violacei G. Gibbe iella. e. Spore vermicolari (Scolecospore). -f- Stroma effuso, culmicolo, sessile, sparso . . G. Epichlòe. -f + Stroma stipitato, nascente da sclerozio . . G. Claviceps. B. Ascospore brune, continue. I. Periteci rostrati, fulvi, con ciuffo di peli all'apice, inseriti su un subicolo. Spore ovali . . G. Melanospora. II. Periteci rossastri non come s. ; spore globose . G. Neocosmospora. 0. Poly stigma DO. Comprende fanghi parassiti di foglie su cui determinano escrescenze o bollosità di color rosso o giallastro che sono gli stromi in cui poi si svolgono da prima picnidi e più tardi periteci ascofori. 114. POLYSTIGMA BUBKUM (Pees.) DO. X. ital. Croste o macchie rosse delle foglie del pruno. X. strali. Tachts des feuilles du Prunier ; Eothfleeken der Pflauinvii- blàtter. Si sviluppa sulle foglie di vari pruni (Prunus spinosa, Pr. dome- stica, Pr. insititia) nei mesi di maggio e giugno, determinando la formazione di croste di un color rosso-vivo, ispessite, di consistenza cerosa, alquanto prominenti verso la pagina inferiore (tìg. 57:1). Da questo lato sugli stromi appaiono poi numerose piccole punteggiatine che sono gli orifici dei picnidi annidati nello spessore della massa stromatica. 318 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI Una sezione condotta attraverso lo stroma, mostra i tessuti fo- gliari ipertrofizzati ed invasi dal micelio del fungo le cui ife sono ripiene di un pigmento rossastro nonché le cavità dei picnidi stipati gli uni presso gli altri, ovali, provvisti di una parete rossastra che li di- stingue dalla circostante massa stromatica (tìg. 57:2). Dentro i picnidi e precisamente sullo strato prolifero che tappezza l'interno della parete si trovano numerosissime spo- rule (spermazi) sottili, cur- ve, con una estremità affilata ejaline che a maturità escono fuori dall'apertura del pic- nidio e si disseminano sulla pagina inferiore delle foglie colpite (figura 57:3). Questa forma si ritrova precisamente nelle foglie durante il periodo di vegetazione della pianta; la forma ascofora si sviluppa solo sulle foglie cadute a terra verso la fine dell' inverno. Secondo le osservazioni di Fisch (1) e Frank (2) la for- mazione del peritecio asco- foro sarebbe la conseguenza di un atto sessuato molto affine a quello che si compie in certe alghe Floridee. Fra i picnidi si svolgerebbero nello pseudoparenchima dello stroma delle ife che si intrec ciano rappresentanti Pasco- gonio. Da tale intreccio si dipartirebbe un'ifa che fuoriuscendo da uno stoma sporge nella pagina inferiore (tricogino). Venne asserito un tempo che a questo filamento aderivano gli spermazi usciti fuori dai picnidi maturi e che uno di essi determinava la fecondazione dell'asco- gonio in cui per proliferazione si differenziavano poi gii aschi: tale ipo- tesi oggidì non è più accettabile; gli spermazi vengono interpretati come Fig. 57. Croste rosse delle foglie del pruno. 1. Foglia di pruno colpita. 2. Sezione attraverso uno stroma fogliare. 3. Sezione di uno spennogonio (in a spermazi più ingranditi). 4. Porzione di peritecio di Polystigma rubrwm con aschi. 5. Asco. ti. a Asco- pore. b Id. in germinazione (1-3. origin. 4; secondo Tulasne, 5-6. a da Winter, 6 da Prillieux). (1) Fisch, Beitr. z. Entioick. einiger Ascomyceten^ Bot. Zv\\.. 1882, n. 19. (2) Frank, in Landa-. Ja7ir&., XII, p. 528 eBer.der <ìeut. Bot. Gesell,,ì8S3,\i.'yS. POLYSTIGMA. OCHRACKDM SACC. 319 organi metagenetici, ma non fecondatori. Gli stromi delle foglie cadute a terra prendono un colore più scuro e verso la fine dell'inverno o sul principio della primavera i periteci sono maturi (fig. 57:4). Essi conten- gono molti ascili di forma clavata ed in ogni asco si trovano otto spore continue, jaline, ellittiche che germinano bene nell'acqua (tìg. 57 : 5,6 a. b) emettendo un corto tubo yn-omicelico che si dilata poi notevolmente all'apice ed in contatto coll'epidermide delle foglie di susino manda un rametto nell'interno da cui poi si sviluppa il micelio del fungo che pro- duce l'ipertrofia del mesofillo e determina in uno spazio di tempo varia- bile fra cinque a sei settimane la produzione di un nuovo stroma. Questa malattia che è assai frequente in Germania, in Francia ed anche nell'Italia settentrionale (più rara nella meridionale), si com- batte essenzialmente colla raccolta diligente e successiva distruzione delle foglie ammalate e cadute al suolo dalla fine della primavera all'autunno. In tal modo la diffusione della malattia viene assai di- minuita. Pare che anche i trattamenti colla poltiglia bordolese all'I °/0 diano buoni risultati quando siano applicati in primavera e preven- tivamente cioè prima dell'epoca in cui si può effettuare la diffusione della malattia per opera delle ascospore. Quindi si possono fare alcuni trattamenti alla fine di aprile e sul principio di maggio. 115. POLYSTIGMA OOHEACEUM (Waiil.) Sacc. JV. d. malattia, Macchie rosse delle foglie del mandorlo. Attacca le foglie del mandorlo, del ciliegio e del Prunus Padus ed è frequente specialmente nella Francia meridionale. Determina sulle foglie delle tacche rigonfiate di color aranciato per cui le foglie pre- cocemente si staccano. Anche qui, come nella specie precedente ma- turano prima negli stromi i picnidi e solo più tardi i periteci ascofori; questi però sogliono comparire sulle foglie cadute già nell'autunno, quindi si formano prima che nella specie precedente. Gli stessi mezzi di cura consigliati per il susino servono anche per prevenire il mandorlo dall'attacco di questo parassita. G. Hypomyces Fkies. Si comprendono in questo genere alcune forme fungicole che ta- lora attaccano e danneggiano le coltivazioni di funghi mangerecci che specie nelle grandi città sono oggidì oggetto di un'attiva industria. I periteci nel g. Hypomyces sono globulosi, di colore giallastro con ostiolo un po' prominente, di consistenza subcarnosa, contenenti aschi con spore jaline e biloculari. 320 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Si conoscono inoltre diverse forme Gonidiali che si riattaccano al ciclo biologico degli Hyponujces i quali si possono inoltre anche ripro- durre per clamidospore. 116. HYPOMYCES PERNICIOSUS, Magnus. X. ital. Deformità, mostruosità dei funghi mangerecci. X. stran. Maladìe de la Mole. Attacca YAgaricus campester — l'Agarico coltivato — (Gham- pignon de conche) nelle caverne o gallerie ove in certe località — spe- cialmente nei dintorni di Parigi, di Vienna, di Roma — si coltiva largamente per la consumazione. I funghi attaccati dalla malattia si rigonfiano, diventano irrego- lari, mostruosi, si coprono di una muffa bianchiccia e si putrefanno rapidamente (fi- gura 58:1 A. B). Nell'ifen- chima del fungo si sviluppa un micelio parassita che ne provoca l'alterazione; dal mi- celio si svolgono all'esterno dei rami conidiofori eretti, jalini, verticillati, ramosi, por- tanti all'estremità piccoli co- nidi jalini; questa forma si può riferire alg. Verticillium, mentre un'altra forma clami- dosporica che a quella spesso si associa si può riferire al g. Mycogone [M. perniciosa Magnus (1)] (tìg. 58 : 2). Lo stato ascoforo del fungo non è peranco noto però è riferito ad un Hypomyces per somiglianza con quello che avviene in altre specie ben note di questo genere (H. ochraceus) di cui son noti periteci ed aschi. Fig. 58. Deformità dei funghi mangerecci. I. A. B. Agarici deformati dalla malattia. 2. Forme conidiche del parassita: Te itici Ili uni agaricinwm e Mycogone perniciosa (1. A. B. da Prillieux. •J. da Prillieux e da Delacroix). (1) Magnus, Einige Beob. iiber pilsige Feinde der Chtxmyigììon-evltiiren (Botali. Centi-., 1888, n. 26). I^EW YORK XKCTRIA CUCURBITULA FR. 321 Prillieux (1) raccomanda ai coltivatori di fanghi di raccogliere diligentemente i funghi affetti dalla malattia, distruggendoli e non lasciandoli marcire al suolo in prossimità delle culture. Costantin e Dufour (2) che si sono occupati di questa malattia consigliano la disinfezione dei locali infetti ove si coltivano gli agarici bruciando dei fiori di solfo oppure facendo delle polverizzazioni negli ambienti con soluzioni di lisolo, mediante pompe irroratrici. (j. Nectria Fries. Caratterizzato da periteci per lo più vivacemente colorati in rosso o rosso aranciato, di consistenza carnosa, contenenti aschi clavati con spore bicellulari, jaline. I periteci si svolgono sugli organi morti delle piante per lo più sulle parti già alterate dal micelio del lungo e can- crenose, specialmente sul legno o sulla corteccia dei rami. I periteci sono spesso strematici, in tal caso sui rami delle piante si sviluppano degli stromi più o meno grossi, di color vivace alla superficie dei quali si formano minutissimi conidi il che caratterizza la forma rife- ribile al g. Tubercularìa ; su questi stromi si possono poi sviluppare i periteci. Accenneremo a tre specie di questo genere che sono le più importanti per i danni che possono produrre. 117. NECTRIA CUCURBITULA, Fr. N. ital. Cancro dei rami di abete. N. stran. Maladiè de Vécorce de VÉpicéa; Fichtenrindenpilz. Attacca specialmente l'abete, meno frequentemente il larice, i pini, ecc. È specie assai comune che una volta si riteneva come sa- profita, ma di cui nel 18S0 I'Hartig (3) à dimostrato incontrastabil- mente l'azione parassitaria. Il micelio del fungo attraversa la corteccia approfittando di qualche lesione su di essa prodotta o dalla azione della grandine o più frequentemente dal bruco della tignola della cor- teccia dell'abete (Grapholitlta pactoìana) che produce corrosioni tra le quali facilmente si insinua il micelio del parassita. Il micelio invade i tubi cribrosi e raggiunge il cambio appropriandosi il materiale nu- tritivo delle giovani cellule di questo meristema; questo avviene essen- ti) Prillieux, Mal d. FI. Agric., 1897, p. 70. (2) Costantin et Dufour, Becli. s. la destruct. du Champignon produisant la Mole, ecc. (Bull, de la Soc. bot.. 1892). (3) Hartig, Der Fichtenrindenpils : Untersuch. aus d. Forstbot. Inst. /., Miinchen 1880, p. 88. Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 21. 322 i parassiti vegetali: hi. kumiceti zialmente nella primavera; nell'estate si à un arresto nella sua attività, nell'autunno si determinano poi delle screpolature e si viene quindi a formare una zona cancrenosa sulla corteccia di 3-4 centimetri di larghezza, limitata nella parte inferiore da una zona di periderma che si viene a formare per proteggere i tessuti ancora sani sottostantì da una ulteriore invasione del micelio. Se la piaga si forma dal lato del ramo rivolto al sole od esposto all'azione del vento la corteccia si dissecca e se il ramo è piccolo il disseccamento interessa anche il cilindro legnoso così che il rametto muore. Questo avviene special- mente verso la punta dell'asse principale ciò che pregiudica notevol- mente il regolare accrescimento ed allungamento della pianta. Dalle screpolature della corteccia alterata in autunno si svolgono delle pustoline bianche che si coprono di piccoli conidi cilindrici set- tati e j)oi cambiano di colore diventando rossastre. Così si originano i periteci di color rosso-aranciato, molli in cui vi sono numerosi aschi accompagnati da parafisi ramose. Negli aschi vi sono otto spore bilocu- lari, subj aline. Queste ascospore come i conidi servono alla propaga- zione della malattia. È prudente recidere i rami affetti dal' cancro o seccati per causa del fungo e bruciarli per impedire la diffusione dei germi del parassita. 118. NECTRIA CIXXABARLNA (Tode) Fries. F. conidica: Tubercularia vnlgaris Tode. JV. ital. Necrosi del legno degli alberi. X. strati. Nécrose du bois. È una specie comunissima ovunque in Europa e notissima spe- cialmente nella sua forma conidica di Tubercularia vuìgaris che tanto frequentemente si rinviene sui rami secchi di molte piante legnose. Si sviluppa e può riuscire dannosa alle seguenti piante: Tiglio, Castagno d'India, Broussonetia papi) rifera \, Ailanthus glandulosa, Morus alba, M. nigra, Acer pseudoplatanus, A. Negundo, Salite, Betuìa, Ro- binia, Fraxinus, Ulmus, Ribes, Spiraea, Cali/cauthus, ecc. L'azione parassitaria del fungo venne confermata dagli studi del Mayr (1) il quale fece delle inoculazioni colle spore del fungo su rami di acero e di tiglio, riproducendo la malattia e provocando il dissec- camento dei rami stessi. Anche per questa specie, come per la pre- Ci) Mayr, Ueber den Parasit. von Wectria cinnabarina in ETntersuch. a. ti. Forstb. Inst. z. Miinchen 1882. NECTRIA CINTsABARINA FRIES. 323 cedente, è indispensabile, perchè il promicelio proveniente dalle spore in germinazione possa penetrare nella i>ianta, che trovi qualche solu- zione di continuità nella corteccia dei rami o delle radici, allora il micelio si sviluppa, invade i vasi percorrendoli in senso longitudinale, attacca le cellule dei raggi midollari piene di amido il quale viene distrutto e sostituito con una materia verdastra. Il legno si annerisce e così viene impedita la circolazione della linfa il che provoca la ca- duta delle foglie ed il disseccamento dei rami. Il cambio e la corteccia non verrebbero direttamente attaccati dal micelio del fun- go: nel cilindro corticale si svilupperebbe solo quando esso è già stato ucciso da altre cause, quindi in esso il micelio sì comporterebbe da saprofita. Wehjier però nou sarebbe di questa opi- nione ammettendo invece che il micelio del fungo si trovi nella corteccia anziché nel legno (1). Però il Man gin consta- tando la presenza del micelio nel legno delle piante colpite à potuto dimostrare cbe nei vasi induce produzione anor- male di tilli. Gli organi riproduttivi del fungo non fanno in ge- nerale la loro comparsa sui rami seccati per la malattia che nella primavera successiva e si appalesano con pustuline di colore rosso miniato, subcarnose poi un po' consistenti e durette che rappre- sentano gli stromi e caratterizzano la forma conidica comunemente nota col nome di Tubercularia vulgaris. Sui rami secchi di Ribes come di Acer, Salir, Robinia, ecc., tale forma si riscontra straordinariamente frequente (lìg. 59:1). Gli stromi sono formati da un fitto ifenchima da 0 0 Fig. 59. Necrosi dei rami. 1. Rametto di Ribes con sporodochii e periteci del pa- rassita. 2. Sezione attraverso lo stroma con periteci («stroma, ^periteci). 3. Conidiol'oro. i. Gonidi {Tu- bercularia vulgaris). 5. Ascili (Xectria cinnabarina) [1.3.4 dal vero. 2.5 in parte dal "Winter]. (1) Wehmer, Z. Parasitism. ron Xectria cinnabarina (Zeitschrf. f. Pflanzenk. IV, 1894, p. 74; 1895, p. 268). 324 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI cui si diramano verso la periferia del cuscinetto stronfiati co dei brevi filamenti conidiofori che portano piccoli conidi obovati e numerosis- simi (flg. 59:2,3,4). La forma ascofora è meno frequente e si svolge più tardi su detti stromi cioè nell'autunno o nell'inverno; i periteci sono di un color rosso più scuro, globosi, granulosi all'esterno e forniti internamente di aschi con spore biloculari e di paralisi (tìg. 59:2,5). Pare, secondo l'opinione del Behrens, che gli insetti trasportino queste ascopore sui rami delle piante favorendo così la diffusione del fungo. Come mezzi carativi si consiglia la recisione dei rami affetti da cancro, la lavatura delle ferite dei rami più grossi con soluzione con- centrata ed acida di solfato ferroso, coprendo poi con un mastice le ferite stesse per preservarle dall'influenza nociva delle cause meteoriche. I rametti secchi e caduti al suolo d'autunno e d'inverno nei boschi e ricoperti dalle visibilissime pustule rosse della Tubercularia debbono essere ammucchiati e bruciati. Nelle vallate umide ove la malattia può riuscire contagiosa alle essenze forestali, specialmente alle lati- foglie è prudenza nel fare impianti per rimboschimenti di alternare alle latifoglie stesse delle essenze resinose (Fino silvestre, Larice, Abete, ecc.) che non vanno soggette a questa malattia e che quindi X>ossono arrestarne la diffusione. 119. NECTRIA DITISSIMA, Tul. N~. iteti. Cancro del pero e del melo. N~. stran. Chancre du Poirier, du Pommier ; Krebs der Obstbàume. Si deve alle ricerche di Hartig (1) e di Goethe (2) la prima affer- mazione del potere parassitario di questo fungo che per molto tempo venne considerato semplicemente come un saprofita. Hartig ne avrebbe accertato il parassitismo su diverse piante da frutto e da legno: Pero, Melo, Nocciolo, Faggio, Quercia, Frassino, Carpino, Ontano, Aceri, Tiglio, ecc. Sui peri e meli riesce nei frutteti sommamente disastroso compromettendo oltre il raccolto la vita delle piante stesse. Caratteri della malattia. In primavera si notano talora sui rami di pero e di melo — nonché su quelli delle piante sopra indicate — delle depressioni corticali in certi punti, alla biforcazione dei rami (1) Hartig (Zeitschrf. d. Landwsch. Centralv. d. Prov. Sachsen, 1870, n. 12). (2) Goethe, Weitere Mittheil. iiber den krebs der Apflelbàume (Deutsch. Garten- Monatschr., 1888, II, p. 76). NECTRIA DITISSIMA TUL. 325 stessi o nella prossimità di un rametto stato amputato od anche in qualsiasi altro punto ove una piccola ferita o soluzione di continuità abbia favorito l'ingresso del germe parassita. Questa depressione della corteccia si rende vieppiù marcata, la corteccia stessa annerisce, presenta delle pieghe concentriche e si forma così un cancro, una piaga, mentre i bordi della ferita sono rialzati (fig. 60 : 1 A-B). La scorza si disquama, il cilindro corticale presenta alte- razioni profonde e talora nella parte centrale della piaga appare a nudo il cilindro legnoso. Se il ramo è sufficientemente grosso il cancro può in- teressarne un lato solo ed allora il lato sano continua a funzionare e le condizioni di vegeta- zione sul ramo stesso non sono molto alterate, ma se il ramo è giovane ed il cancro si allarga all' ingiro, la parte cen- trale legnosa vien messa a nudo per buon tratto ed allora tutta la parte superiore dissecca. Sulle parti cancrenose dissec- cate da un anno in con- dizioni opportune di umi- dità appaiono prima delle tacche biancastre e più tardi dei corpicciolini puntiformi di color rosso vivo che rappresentano gli organi di riproduzione del fungo. Caratteri microscopici. Il micelio del fungo invade le cellule della corteccia che uccide e disgrega e pei raggi midollari si insinua anche nel legno che imbrunisce (fig. 60 : 2). Le ife miceliche sono assai copiose tra le cellule del tessuto corticale, ialine, settate, ramosissime: alcuni rami penetrano poi nell'interno delle cellule stesse. Si costituiscono sotto la scorza come duri cuscinetti stromatici di color bianco che erom- Fig. 60. Cancro dei rami di melo. 1. A-B. Porzione di rami di melo colpiti dalla malattia. 2. Se- zione attraverso la corteccia alterata. 3. Peritecio di Neetria altissima sezionato longit. 4. Ascospore (1.2.4 originali, 3 8ec. Goethe). 326 I PARASSITI VEGETALI: III. El'MICETI pono poi alla superficie e su cui si svolge la forma coni dica. I co- llidi sono di due forme: alcuni ovali, continui, jalini. piccoli, altri più grandi fusiformi, settati [Fusarium Willkommii Lindau). Tanto gli uni clic gli altri in ambiente umido germinano producendo tubi promicelici capaci di insinuarsi tra le fessure della corteccia riproducendo il mi- celio definitivo e diffondendo la malattia. Dopo la produzione dei conidi dagli stromi si svolge la forma ascofora. I periteci sono di color rosso vivo; sono globosi od ovali un po' papillari all'apice ove si apre l'ostiolo rotondo da cui a maturità usciranno le spore. La consistenza del peritecio è subcarnosa: nell'in- terno di esso vi sono numerosi ascbi clavati contenenti ciascuno otto spore bicellulari pallide e tra di essi vi sono parafisi articolate e ter- minanti in appendice filamentosa (fig. 60 : 3-4). Come i conidi le ascospore germinando producono un promicelio cbe infetta i rami attraversando le lesioni della corteccia o penetrando per le lenticelle. Brzezinski (1) nega alla Xectria (Zitissima un potere parassitario y secondo questo autore sarebbe un semplice saprofita incapace di svi- lupparsi nei tessuti sani del melo, vivente solamente sulla corteccia morta. Egli attribuisce l'origine dei cancri del melo ad un Bacierium mali. L'opinione di Brzezinski, che è in aperto contrasto colle opinioni dei più insigni patologi, è confutata dalle esperienze di Aderhold (2) il quale con spore di Nectria ditissima è riuscito a riprodurre perfet- tamente la malattia ed i cancri, escludendo così l'ipotesi di una batte- riosi e confermando il parassitismo della Kectria già stabilito dalle classiche ricerche di Hartig e di Goethe. Condizioni favorevoli (li sviluppo. Favoriscono lo sviluppo della malattia tutte quelle cause meteoriche o traumatiche che possono de- terminare sulla scorza delle piante delle lesioni anche leggere, necessarie per lo sviluppo del fungo. L'azione del gelo e disgelo, le ferite pro- dotte dalla grandine preparano assai spesso lo sviluppo della malattia. Così anche le potature troppo abbondanti, le lesioni determinate coi ferri da lavoro inavvertentemente dall' uomo, le corrosioni prodotte sulla corteccia da insetti, ecc. ne favoriscono molto la diffusione. L'umidità poi è — come in tutte le malattie di natura crittogamica — una condizione favorevolissima. (1) Brzezinski, Le Ghancre ries arbres, ses causes et ses synijrfomes (Bull, de TAcad. d. Se. de Cracovie; CI. d. Se. math. et nat., 1903, p. 95-143). (2) Aderhold, Impfversuche mit Nectria ditissima Tul. (Centralo), f. Bakter. Paras. Zweitc Abth. X, Bd., n. 24-25, p. 763 [1903]). parti 200 » 20 » 100 GIBBERKLLA MORICOLA SACC. 327 Metodi
  • i<> spore ili cui una germinante (tutte secondo Hartig). KOSELLINIA BTSSISEDA SCHROET. 371 o 50 centimetri per impedire la diffusione del micelio e delle rizomorfe. Nelle buche ove sono state sradicate le piante ammalate non biso gnerà subito ripiantarne delle altre, ma lasciare le fosse aperte per un po' di tempo e quindi mescolare alla terra calce viva e solfato di ferro prima di fare un altro piantamento. Forse potrebbe riuscire a qualche buon risultato l'uso del solfuro di carbonio iniettato nel ter- reno ove sono piante infette in dosi molto piccole cioè da 20-25 grammi per metro quadrato. 144. ROSELLINIA BYSSISEDA (Tode) Schroet. Sinou. Rosellinia aquila (Fu.) De Not. N~. ital. Marciume radicale dei gelsi. Ni stran. Pourridié dìt Mar ter ; Wurzelkranhheit der Maulbeerbàume. Questo fungo comunissimo sui rami secchi e fracidi di una grande quantità di piante legnose à un comportamento essenzialmente sapro- tìtieo, tuttavia è capace di vivere anche parassiticamente sulle radici di certe piante che come il gelso ne sono seriamente danneggiati-. Caratteri esterni. Sul gelso la malattia si presenta cogli stessi caratteri del così detto Mal del Falchette di cui diremo più avanti a proposito dell' Armillaria mellea. Anzi si può dire che il Mal del Fal- chette è causato anche dal presente parassita oltre che dalla Rosel- linia necatrix e dall' Armillaria. I gelsi anche vecchi incominciano a manifestare i segni di una alterazione con uno scarso prodotto di foglie, coll'ingiallimento delle foglie stesse durante l'estate seguito da una precoce caduta e da un disseccamento progressivo dei rami più gio- vani, poi dei più vecchi e finalmente del ceppo. La malattia può du- rare anche per due o tre anni, dopo di che avviene in generale la morte della pianta la quale dissecca d'un tratto specialmente d'estate come colta da apoplessia. Sulle radici delle piante ammalate o morte si nota un abbondante micelio fioccoso, bianco che più tardi, diventando meno opportune le condizioni di ambiente, diventa giallastro poi nero. Caratteri microscopici. Le ife del micelio sono jaline, settate, rami6cate, lassamente intrecciate da prima, più tardi strettamente riunite a formare cordoni o stromi lassi prendendo un colore più cupo e finalmente anche nerastro. Il micelio invade il parenchima corticale «Iella radice e lo distrugge : più tardi attraverso i raggi midollari rag- giunge anche il legno. Il cambio ne è pure fortemente invaso e cessa di funzionare. Sullo stroma nerastro superficiale si svolge più tardi una peluria che gli dà un aspetto vellutato ed un colore olivaceo, 372 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI dovuta alla presenza di rami conidiofori che al microscopio appaiono ramosi, settati, bruni in basso, subjalini in alto e che portano con idi obovati, pallidamente olivacei, misuranti 9-11 = 5-6 r. Questa forma conidica corrisponderebbe al Tv ichosporiumf menni Sacc. Dopo la forma conidica sugli stessi stromi prendono sviluppo i periteci che sono neri, piccoli, papillati, riuniti a gruppi, contenenti aschi lungamente paransati. Le ascospore sono ovali, brune, continue, I-settate e ven- gono cacciate fuori dall'asco per un organo speciale foggiato a sfin- tere situato all'estremità dell'asco stesso. Condizioni favorevoli di sviluppo. Anche qui la temperatura e la soverchia umidità del suolo sono favorevoli allo sviluppo del fungo. La temperatura più propizia per lo sviluppo del micelio è di + lo + 20" 0. Nei terreni umidi per natura e poco permeabili ove l'acqua ristagna la malattia può far gravi danni diffondendosi lungo i filari di gelsi per le radici che vengono a contatto. Mezzi di cura. Sono essenzialmente colturali; consistono in una accurata scelta delle piante dai vivai prima di metterle in posto, scar- tando quelle con radici ammalate, in una profonda lavorazione del suolo per favorire lo scolo delle acque, in una adeguata concimazione a base di concimi minerali. Le piante un po' sofferenti non debbono essere assoggettate alla sfrondatura, quelle molto deperite o secche debbono essere sradicate con cura, togliendo tutte le radicelle rimaste nel suolo. La buca deve essere lasciata aperta per tutto un estate cospargendo la terra con calce viva, solfato di ferro o facendo iniezioni di solfuro di carbonio nelle proporzioni di 50-100 grammi per metro quadrato. Le piante infette debbono essere isolate nel filare dalle vicine mediante una profonda fossa circolare per evitare il contatto delle radici. 115. ROSELLINIA NECATRIX (E. HaktiCt) Berlese. Sinon. Dematophora neeatrix R. Bartig-. A. ital. Mal bianco o marciume radicale della vite (e di altre piante legnose). A. stran. Pourridié de la vigne; Weinstqckfàule, Wurzelschim- mel, ecc. È una malattia ovunque diffusissima che attacca le radici e le porzioni sotterranee dei fusti delle piante legnose ed in certi casi anche di piante erbacee. Tra le legnose abbiamo in prima linea la Vite poi anche la Quercia, l'Acero, il Fico, il Gelso, il Pesco, il Ciliegio, il Mandorlo, il Pero, le Conifere, ecc. possono essere più o meno seria- ROSELMNIA NKCATRIX BKKI.KSK 373 mente danneggiate. Sitile piante erbacee venne dall'HARTiGr riscontrata sulla fava, sui giacinti, patata, fagiolo, barbabietola, ecc. Fij--. 71. Marciume radicale della vite. 1. Porzione di radice ili vite col micelio (m) e cordoni rizomorfici (/■) della Rosellinia ne- catri.r. 'J. Porzione ili radice con sclerozi e conidiotbri. '■'•. Struttura ili un cordone rizomorfico. 4. a Micelio fioccoso bianco. 6 micelio fioccoso bruno. ">. Sezione longit. (Iella parte corticale ili una rizomorfa. 6. Conidiofori : in a estremità ili ramo conidio- foro t'iin conidi. 7. Peritecio circondato -278). Sur io dehisc. (ics perith. (hi Rosellinia ne- catrix (Bull. Sor. mycol. Frniic. XX, 1904. p. 34). ROSELLINIA NECATRIX BERLESE 379 aschi. Le ascospore sono oblunghe, fusiformi, brune ed opache a matu- rità e misurano 43-47 = 7 |i. (fig. 71 : 7 b). Anatomia patologica. I tessuti radicali colpiti dal micelio e dalle rizomorfe della Rosellinia presentano cellule imbrunite con membrane cellulari corrose. I granuli d'amido si rigonfiano da prima e poi si disciolgono; si formano nelle cellule delle sostanze nerastre, gommose che danno le reazioni del glucosio, si notano inoltre abbondanti depo- siti cristallini di ossalato di calcio. Oltre il parenchima corticale ed il libro vengono invasi il meristema cambiale ed i raggi midollari; le cellule di questi tessuti vengono non di rado interamente invase o sostituite da masse miceliali e da rizomorfe. Condizioni favorevoli di sviluppo. L'umidità del suolo è una delle prime cause che favorisce lo sviluppo e la diffusione della malattia. Nei terreni molto sciolti, sabbiosi od asciutti la Rosettinia neeatrix non si manifesta mai, essa è invece assai più frequente nei terreni compatti poco permeabili e perciò umidi per natura. La malattia inoltre si svolge assai frequentemente ove si son fatti piantamene di viti e d'altre piante in siti recentemente disboscati e ciò perchè essendo il suolo dei boschi assai ricco di miceli e di rizomorfe di questo fungo allo stato saprontieo l'infezione avviene colla maggiore facilità. Il ri- piantare alberi o viti negli stessi siti ove da poco tempo si è sradi- cata una pianta colpita da marciume fa sì che la malattia si svolge e danneggia le nuove piante. L'uso di fare i drenaggi del terreno colle fascine come praticano in generale i contadini, nel fare impianti di viti può favorire talora lo sviluppo del marciume radicale, poiché si adoperano talora fascine di sarmenti di viti non di rado già da molto tempo giacenti al suolo e coperte di miceli, rizomorfe del fungo (die così può facilmente passare dalla vita saprofitaria alla parassi- taria. Così servono a facilitare lo sviluppo della malattia le concima /ioni con foglie, rami secchi, con spazzatura dei boschi o con terriccio superficiale dei boschi stessi. Metodi di lotta. Quando la malattia si è sviluppata su una pianta riesce assai difficile liberarsene. Si possono tentare iniezioni di solfuro di carbonio in piccole dosi (da 25 30 grammi per mq.), però non sempre i risultati sono soddisfacenti dato anche il potere venefico di questa sostanza per le radici delle viti. Se la malattia non è molto avanzata può tornar utile la deposizione al piede di ogni ceppo ammalato di 120-150 grammi di solfato di ferro che sciogliendosi lentamente col- l'umidità del suolo o più prontamente colle pioggie impedisce ulteriore sviluppo dei miceli e delle rizomorfe e di più assorbito dalle radici 380 * I PARASSITI VEGETALI : III. ECMICETI rimette talora la pianta in migliori condizioni di vegetazione facendo sparire la clorosi che è uno degli effetti della malattia. Meglio di tutto servono le misure profilattiche. Le piante infette debbono essere estirpate e se l'infezione è grave si dovranno sradi- care anche quelle vicine che già si mostrano deperenti: tutte le ra- dici nel suolo debbono essere tolte con somma cura e bruciate. Si lascierà la buca aperta per tutto il periodo della stagione estiva perchè la luce solare uccida i germi del fungo e si può meglio sterilizzare il terreno spargendo nella fossa del solfato di ferro del commercio oppure della calce viva od anche i prodotti della distillazione del carbon fossile. Solo nella primavera successiva si potrà rimettere al posto un'altra pianta con più fondata speranza che non venga più attaccata dal parassita. L'isolamento delle piante ammalate con fosse circolari e alquanto profonde come già si è consigliato per le precedenti malattie dà anche qui buoni risultati, quando le piante siano in fila e vi sia pericolo che per contatto radicale la malattia si possa diffondere. Xel fare impianti bisogna scegliere con grande cura le piantiue dai vivai, assicurandosi bene — coll'esaminarne il sistema radicale — che non siano infette. I terreni molto compatti e poco permeabili do- vranno essere profondamente lavorati e si farà il drenaggio possibilmente non con fascine, ma con pietre o se si adoperano fascine preferire quelle di Pino, di Crataegus, ecc., che meno facilmente di quelle di vite vanno soggette allo sviluppo del fungo allo stato saprotìtico. 146. ROSELLINA (?) GLOMERATA (Yiala). Sinon. Dematophora glomerata Yiala. Quest'altra specie che io solo per analogia — non essendo ancora stata osservata la forma ascofora — delle altre forme di sviluppo con quelle della B. necatrix riferisco al g. RoHelUnia è stata dal Yiala scoperta nel mezzogiorno della Francia e si svilupperebbe nei luoghi sabbiosi. Anche Peunet l'avrebbe constatata nel sud-ovest della Francia su radici e sarmenti di viti collocati nella sabbia umida. Il micelio di questa specie apparirebbe fioccoso, dell'aspetto quasi di una tela di ragno, brunastro. Le sue ife sarebbero di egual calibro, senza i caratteristici rigonfiamenti noduliformi della BoseUinia necatrix, con parete un po' spessa, di colore bruno rossastro. Aneli e qui Yiala avrebbe osservato dei conidiofori coremiiformi però più gracili e più lunghi di quelli della specie precedente, con rami assai brevi verso l'apice e con couidi pallidamente bruni. VRNTURIA PI RINA AUERHOLD 381 Avrebbe inoltre osservato anche degli sclerozi sviluppati nel mi- celio fioccoso esterno, nonché dei picnidi globulosi pieni di piccole stilospore jaline, obovate e continue. La forma periteciale è ignota: tuttavia la corrispondenza delle altre forme di sviluppo con quelle della specie precedente lasciano supporre che si tratti anche qui di una Roseli inia. L'importanza di questa però dal punto di vista pratico è limitatissima data la sua rarità, e quindi non merita di occuparcene ulteriormente. (t. Yenturia Ces. et De Xot. Le specie di questo genere sono caratterizzate dalla presenza di periteci semplici, tipicamente membranosi, forniti verso l'alto di se- tole nere, contenenti ascili non parafisati con spore jaline (più tardi anche talora olivacee) ed I-settate. Vi si comprendono fra gli altri alcuni miceti dannosi alle piante da frutto cui si riferiscono come torme conidiche specie del g. Fusieladium. 147. VENTURIA PIRICA, Aderhold. F. conidica: Fusicladium pirinum (Lib.) Fuok. 2V. ital. Ticchiolatura o brusone del pero. N. stran. Tavelures et erevasses despoires; Scliorf, Grind, Rostfiecken ; Seab, ecc. La ticchiolatura del pero costituisce una delle più gravi malattie crittogamiche di questa pianta di cui compromette non solo la frutti- ficazione, ma la vitalità stessa attaccando tutti gii organi aerei cioè foglie, rami e frutti. È diffusissima ovunque in Europa come in Ame- rica e produce annualmente danni più o meno intensi, non di rado anche gravissimi nelle località ove si coltivano varietà di peri più soggetti a questa alterazione. Caratteri esterni: 1. Sulle foglie. Specialmente sulla pagina infe- riore si manifesta in primavera con macchie olivacee a contorno inde- finito, effuse, che acquistano più tardi un aspetto vellutato. In seguito le foglie anneriscono nei punti colpiti e l'annerimento si propaga tosto a tutta la lamina così le foglie si distaccano e cadono al suolo preco- cemente. 2. Sui rami giovani si manifestano talora verso l'estremità delle macchie nerastre che poi confluiscono insieme di modo che il germoglio si annerisce, dissecca ed appare come carbonizzato. Sui rami più vecchi si manifestano invece delle screpolature sulla corteccia: il periderma 382 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI si solleva a lembi disquamandosi lentamente. L'aspetto del ramo col- pito è del tutto caratteristico per l'irregolarità della corteccia che si presenta anziché liscia ed uniforme solcata da fessure in ogni senso (fig. 72:1). Naturalmente questi rami conducono una vegetazione molto stentata e finiscono poi col disseccare. 3. Sui frutti appaiono da prima delle chiazze o tacche più o meno irrego- lari di color rugginoso in corrispondenza delle quali il frutto non si accresce più, continuando invece a svilupparsi nelle parti ri- maste sane, di modo che la pera rimane deformata e di forma irregolare. Sotto lo sforzo della tensione dei tessuti sottostanti le tacche rugginose si scre- polano così che i frutti appaiono ben spesso sol- cati in ogni senso da fes- sure più o meno profonde e disposte come a raggi pallenti dal centro delle chiazze primitive (figura 72:2). I frutti rimangono così duri, di brutto aspetto ed assolutamente impro- pri alla conservazione. Etiologiaed anatomia patologica. Prillieux(I) fin dal 1877 attribuì le alterazioni sovra descritte al parassitismo del Fusicladium pirinum: questa opinione venne da prima combattuta dal Savastano il quale considerava il fungo come unsaprofita, ulteriori studi ed osservazioni dimostrarono all'evidenza l'azione parassitaria del Fusi- cladium e quindi la natura crittogamica della malattia. Osservando una sezione di una foglia ammalata condotta in un punto corrispondente Fig. 72. Ticchio] attira del pero. 1. Uarao ili pero colpito dalla malattia. 2. Frutto e toglie danneggiate. 3. Conidio'tbri di Fusicladium pirinum. 4. u Conidiotbro più ingrandito con conidi, in b un conidio 1 -settato. 5. Sezione longit. di peritecio di Vmituria pi- rina. ti. Aaco con ascospore (l-:i originali, le altre da ADEBHOLD). (1) Piuu.ieux, in Annal. de l'Instit. Agrononi.. T. I, 1877-1878. VENTURIA PIRINA ADERHOLD 383 ad una macchia bruno oli vacca si può vedere, specialmente verso la pagina inferiore al posto delle cellule epidermiche, un sottil sfiato di stroma pseudoparenchimatoso, olivaceo, da cui si innalzano verso l'esterno dei filamenti conidiotbri olivacei, un po' irregolari, continui, da prima lisci poi tuberculato-denticolati all'apice, lunghi da 40 a 75 i^. Su tali piccole prominenze si inseriscono i con idi, però siccome questi si formano successivamente è raro vederne più di uno per ogni coni- dioi'oro, però da questo se ne possono anche produrre 20 o 30. I conidi sono ovali o subfusiformi, un po' arrotondati alla base e più ristretti verso l'apice, continui, olivacei e misurano 25-30 = 7-9. (fig. 72:3-4). Gli elementi del mesotìllo sottostanti alla lamina stigmatica sono profondamente alterati, benché il micelio sia localizzato essenzialmente nella regione epidermica e non si estenda ai tessuti circostanti i quali però subiscono l'influenza dei tessuti più esterni necrosati dal fungo. Anche nei rami giovani è il tessuto epidermico che si presenta pili invaso dal micelio che però qui si può anche estendere ad una parte del parenchima corticale. Sulle parti un po' più vecchie è il periderma che si presenta molto alterato e le sue cellule prendono un colore rosso-mattone (1). jSTegli spazi intercellulari vi è un fitto intreccio di ife del Fusicladium costituenti uno pseudoparenchima. Anche sui rami giovani nei punti alterati, verso la periferia si vengono a sviluppare cespuglietti di rami conidiotbri dello stesso aspetto di quelli sovra- <1( -scritti. La zona alterata dei tessuti corticali è nettamente separata dalla sottostante parte sana da uno strato di periderma. Sui rami di due o tre anni nelle screpolature della corteccia si vengono a diffe- renziare dei noduli di ifenchinia che costituiscono degli sclerozi o stromi più prominenti i quali servirebbero anche a conservare la specie da un anno all'altro. Su tali organi si sviluppa poi un tomento bruno-olivaceo che dà loro un aspetto vellutato, costituito da nume- rosi conidiotbri coi relativi conidi. Anche nei frutti in corrispondenza delle tacche rugginose si osserva che i tessuti superficiali sono necro- sati, le cellule brune ed avvolte in un ifenchima che nella parte supe- riore si differenzia in stroma conidifero. Come nei rami la parte ammalata è separata dalla sana da uno strato di periderma. Per la tensione intensa dei tessuti sani in accrescimento la parte necrosata si spacca e così si verificano le screpolature che si osservano assai spesso sui frutti ammalati. (1) Peguon, La tieehiolatura del pero, in Riv. di Patol. Yeg., I. 1S92. pa- gina 181. 384 I PARASSITI VEGETAMI III, EU MI CETI La forma fruttifera che si svolge sugli organi vivi della pianta è conidica e venne già dal Fuckel designata col nome di Fusicladiwm pirinum. I conidi in ambiente umido ed a temperatura di + 18" + 20° C germogliano facilmente e portati su foglie possono determinarvi in- fezione. Prillieux e Delacroix (1) avrebbero inoltre constatato negli stromi sviluppati su rami durante l'inverno la produzione di spermo- gonii contenenti delle piccole spore. La scoperta della forma ascofora (Venturia pirina) spetta all'ADER- hold (2). I periteci si sviluppano sulle foglie già state colpite dalla malattia e cadute al suolo durante l'inverno e maturano nella prima- vera seguente. Appaiono come piccoli puntini neri qua e là disseminati sulla lamina, sono immersi nei tessuti fogliari e sporgono dall'epider- mide solamente per l'ostiolo che è circondato da setole brune e corte. In ogni peritecio si trovano numerosi aschi subcilindrici in cui vi sono otto spore I-settate nel terzo inferiore di modo che risultano inegual- mente biloculari (fìg. 72 : 5-6). La loro forma è ovoide, un po' ristrette al setto, di color giallo -verdastro e misurano 14-20 = 5-8 i^. L'umidità favorisce la fuoriuscita di queste ascospore. L'acqua penetrando attra- verso l'ostiolo gonfia gli aschi i quali si allungano quasi del doppio e sporgono fin nel collo del peritecio od anche fuori: Pasco riempien- dosi d'acqua diventa turgido e sotto la pressione si apre per un pic- colo poro all'apice. Da questo vengono lanciate fuori successivamente l' una dopo l' altra le ascospore. Queste portate sulle giovani foglie germinano facilmente e producono le prime infezioni primaverili. Danui. Resistenza e predisposizione di alcune varietà di peri alla malattia. — Gli effetti che il fungo produce sulle piante sono assai gravi. Talora si produce la defogliazione quasi completa; frequente- mente i giovani germogli anneriscono e disseccano rapidamente come se fossero bruciati, i frutti rimangono deturpati, coperti di tacche rug- ginose, screpolati, duri, suberosi, quindi perdono ogni pregio. Quando poi sono invasi i rami più vecchi allora la pianta deperisce rapida- mente ed in breve tempo dissecca. Le varietà di pero più colpite sono le seguenti: Pero alloro, Beurré (V Aremberg, Pera spina, Doyenne d'hiver, Curato, Beurré d'Àmanlis, Olivier des Serres, ecc.; in Piemonte (1) Prillieux et Delacroix, Sur le spermogonie du Fusicladium pirinum (Bull, de la Soc. mycol. de France, T. IX, p. 269). (2) Aderhold, Ueber die Fusicladien uriserer Obstbàume (Landw. Jahrbuch., XXV, 1896, p. 875; XXIX, 1900, p. 512). VENTURIA PIRINA ADERHOLD 385 una varietà locale pregevolissima come pera d'inverno, il Martin secco è straordinariamente colpita dalla ticehiolatnra di modo che nonostante tutte le cure riesce difficile salvare il raccolto nelle annate più favo- revoli alla malattia sì che i frutticultori anno ornai quasi abbandonato la coltura una volta così rimunerativa di questa qualità sostituendola per es. nelTAlbese con un'altra molto affine, benché non così pregiata, detta Madernassa (derivata probabilmente dal Martin secco) molto rac- comandata dal prof. Cavazza e assai resistente alla ticehiolatnra. Sono pure varietà resistenti i peri Colmar cV Aremberg , Duchesse d) 'Arigou- Urne, ecc. Mezzi di difesa. Per ottenere buoni risultati bisogna fare dei trat- tamenti invernali e dei trattamenti primaverili. All'epoca della potatura è bene pulire col guanto metallico il tronco ed i grossi rami per libe- rarli dalle vecchie scorze fra le quali albergano conidi o gli stromi svernati del fungo, quindi si fanno sugli organi suddetti delle pen- nellature con soluzioni piuttosto concentrate (dal 10 al 20 °/0) di solfato di ferro oppure con una poltiglia bordolese molto densa, formata per esempio da 1 kg. di solfato di rame, 1 di calce spenta in 100 litri di acqua, cui si può aggiungere, quando sui rami vi sia traccia di malattia, della melassa o del cloruro ammonico nelle proporzioni già indicate a proposito della Peronospora. in primavera poi subito dopo l'allegamento dei frutti si deve fare una prima irrorazione generale della pianta (tronco, rami, foglie, giovani frutti) con poltiglia bordo- lese normale; tale operazione si ripeterà ad intervalli più o meno lunghi e sempre quando le condizioni di umidità possano favorire lo sviluppo della malattia o quando si incomincia a vedere su una pianta lasciata senza trattamento l'apparire della ticehiolatnra. Secondo Far- neti sarebbe assai efficace l'irrorazione mediante la soluzione ammo- niacale di carbonato di rame suggerita anche dal Dangeard e così composta : Carbonato di rame grammi 250 sciolto in un litro d'acqua Ammoniaca . . . litri 2 Acqua » 125-200. Questa poltiglia dovrà essere applicata, perchè conservi tutta la sua efficacia, non oltre due ore dalla sua preparazione e distribuita mediante un polverizzatore finissimo. Nell'anno seguente ad una forte infezione conviene fare un primo trattamento anche più presto, per es. nel marzo prima dell'apertura delle gemme; se le piante sono a spalliera conviene irrorare oltre che Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 25. 386 I PARASSITI VEGETALI: III. BUMICETI il tronco ed i rami anche il muro ed i sostegni con poltiglia al 2 °/0 per distruggere tutti i germi che anno svernato. 1 rami fortemente attaccati debbono essere asportati nella potatura e bruciati: le foglie secche al suolo d'autunno debbono essere rac- colte e distrutte per impedire la formazione dei periteci. Le piante ammalate debbono inoltre essere escluse per fornire marze da innesto. 148. VEXTURIA IXAEQUALIS (Cooke) Aderh. F. couidica: Fusicladiuni dendriticnm (YVallr.) Fuck. X ital. Ticchiolatura o brusone del melo. A. stran. Rostflecken, Leaf-bìight, Apple Scafo, Gale et Crevasses des Pommes. Attacca le foglie, i frutti ed i rami del melo ed è non meno dif- fusa della specie precedente, recando danni se forse non così gravi, tuttavia sempre notevoli. Caratteri esterni. Sulle foglie si manifesta parimenti la malattia colla presenza di macchie effuse, nel contorno finamente raggiato-den- droidee (fig. 73 : 3), olivacee, vellutate, che più tardi si allargano produ- cendo l'annerimento ed il seccume delle foglie. Sui rami è un po' meno frequente della specie dei peri e quando vi si manifesta presenta alterazioni molto simili cioè delle chiazze grigiastre un po' sollevate in corrispondenza delle quali l'epidermide si stacca mettendo allo sco- perto delle tacche crostose brune. Sui frutti il micete è invece frequen- tissimo e li danneggia tanto quando sono ancor giovanissimi, quanto a quasi completo sviluppo (fig. 73 : 1-2). Sulla buccia del frutto appaiono ordinariamente delle tacche sub- rotonde del diametro di 3-5 millimetri più o meno numerose da prima subolivacee e vellutate, anche qui finamente dendroideo-ramose nel contorno quindi di color rossastro e crostose: esse possono trovarsi isolate, ma non di rado sono anche confluenti sì da occupare un buon tratto della superficie del frutto. Queste tacche si screpolano meno frequentemente che nel pero e le fessure sol si possono distin- guere in casi di forte infezione sì che buona parte del frutto ne sia invasa. Caratteri microscopici. Xon molto diversi da quelli della prece- dente specie. Anche qui il micelio forma nelle cellule epidermidi e delle foglie e anche in piccola parte nei tessuti -sottostanti dei rami e dei frutti uno strato di ifenchima bruno da cui si svolgono nella parte superiore i conidiofori brevi (20-40 |i. lunghi), bruni, dritti, lisci, continui od I-settati che portano all'apice un conidio giallo-bruno inver- VENTURIA INAEQUALIS ADERH. 387 samente eia vato, cioè colla base arrotondata e assottigliato all'altra estre- mità, continuo o raramente bicellulare (fig. 73:4-5). Al distacco di un conidio sotto se ne possono formare successivamente degli altri, ma però sempre apicali e non laterali come nella specie precedente. Questa forma conidica (Fusicladium dendriticum [Wallr.] Fuck.) si sviluppa sulle foglie, sui frutti, sui rami nell'estate, ma cessa poi nell'autunno in cui le foglie cadono al suolo e se già ammalate con- servano il micelio del fungo nei tessuti necro- sati da cui si sviluppano poi i periteci che ma- turano nella primavera seguente. Nei periteci sonvi molti ascili sub- cilindrici in cui trovansi otto ascospore misu- ranti 11-15 = 4-8 |*. subcilindriclie un po' rigonfie in alto in cor- rispondenza del primo articolo, I-settate verso il terzo superiore e di color giallo verdastro (fig. 73:6). La forma ascofora venne già os- servata dal Cooke e da lui designata Sphae- rella inacquali»; Ader- hold (1) però stabilì i rapporti di questa for- ma riferita al g. Ven- tarla, colla forma co- nidica di Fusicladium. Metodi di cura. Sono da seguirsi gli stessi mezzi di difesa con- sigliati per la precedente malattia. Fig. 73. Ticchiolatura del melo. 1-2. Porzione di foglia e frutto di melo colpiti dalla malattia. 3. Macchie fogliari dendroidee prodotte dal fungo più ingran- dite. 4. Conidiofori e conidi del Fusiclni/ium (leiuìriticuni. 5. a Conidioforo più ingrandito, in b conidio 1 -settato. 6. Due ascili «Iella Yenturia inaequalis con ascospore (originali, ec- cetto 5-6 da Aderhold). (1) Aderhold, op. cit. 388 I PARASSITI VEGETALI: III. 1XMICETI 149. VENTUBIA CERASI, Aderhold. F. conidica: Fusicladium Cerosi (Rabh.) Sacc. N~. ital. Ticchiolatura delle ciliegie. X. stran. Taches noires des Cerises. Il fungo è abbastanza frequente nella sua forma conidica sulle ciliegie ancora assai giovani oppur già mature su cui produce delle tacche di color olivaceo scuro, vellutate, in corrispondenza delle quali il frutto non si accresce più, rimanendo duro e deforme. Si troverebbe inoltre anche sulle foglie su cui produce macchie olivacee vellutate ed effuse. Il parassita venne descritto la prima volta da Al. Braun nel 1854 sotto il nome di Acrosporium Cerasi e da questo autore segnalato come dannoso ai ciliegi in Prussia (1). La forma conidica {Fusicladium Cerasi) si presenta sulle tacche dei frutti in piccoli cespuglietti di brevi conidiofori, semplici, continui od I-settati, olivacei, portanti all'estremità un conidio fusiforme giallo-bruno con- tinuo od unisettato, misurante 16-25 = 4,6 ri. La forma ascofora venne dall' Aderhold (2) osservata in prima- vera (aprile-maggio) su foglie di ciliegio dell'anno precedente, marce- scenti al suolo e da lui considerata come una nuova specie: Venturia Cerasi. Questa malattia è di secondaria importanza e da noi almeno non a mai arrecato danni sensibili. Quindi inutile indicare metodi di cura: del resto nel caso potrebbero adottarsi ottimamente quelli consi- gliati per le specie precedenti. G. Sphaerella Ces. e De Kot. Comprende Sferiacee fornite di minuti periteci immersi nella ma- trice, perforati, contenenti aschi non paratisati con ascospore ovate, bicellulari e generalmente jaline. Tali periteci si svolgono talora sapro- fiticamente sulle parti morte delle piante già state attaccate dalla forma vegetativa o da forme conidiche o picnidiche. Appartengono a questo genere come forme metagenetiche conidiche certe specie dei g. Ramularia, Ovuìaria, ecc., come forme picnidiche specie dei g. Asco- cìti/ta, Phoma, ecc. 150. SPHAERELLA MORI, Euck. F. conidica: Phìeospora Mori (Lèv.) Sacc. (Cylindrosporìum Mori Berl., Septogloeum Mori Br. e Cav.). (1) A. Brain. Uber einige neite oder toenìger bcli-auiite krankheiten d. Pflanzen, Berlin 1851. (2) Aderhold, Landw. Jahrb., 1900, p. 511. SPHAERELLA MORI FUCK. 389 JVr. ital. Fersa del gelso, macchia, bruciatura, ruggine, nebbia, sec- cume, salso marino, ecc. K. stran. Rouilìe des feuilles de Murier ; Fleckenhrankheit der Maul- beerblatter. La fersa del gelso è malattia notissima ed assai diffusa in Italia, Francia, Germania, Austria ed Inghilterra. Causa talora danni rile- vanti, provocando la caduta di molte foglie in primavera e rendendo le foglie colpite improprie alla alimentazione dei bachi da seta. Le prime notizie sicure intorno a tale malattia datano solo dal principio del secolo scorso e fu il Carradori nel 1814 che in pregevole la- voro ne fece una chiara descrizione (1). Dopo il Carradori se ne occu- parono in Francia il Turpin nel 1838, in Italia molti altri insigni studiosi quali il Coppa, il Bellani, Sandrt, Gera, Bérenger ed in Germania ne fece oggetto di un bel studio Ugo Mohl nel 1854 (2). Kecentemente i professori Cuboni e Brizi la illustrarono in una ot- tima memoria (3). Caratteri esterni. La tersa si manifesta sulle foglie — interes- sando la lamina, più raramente il picciolo od i rami assai giovani — con macchie irregolari sparse, piccole da prima poi del diametro di qualche millimetro, in certi casi anche confluenti a due o tre, talora internervie di color bruno pallido o rossastro con margine di un rosso- bruno, più scuro onde spiccano nettissimamente sul fondo verde della lamina (flg. 74:1). Talora tali macchie sono in piccol numero su ogni foglia, due a tre o poco più all'inizio delle infezioni o quando la stagione decorre poco favorevole al fungo, in condizioni diverse le macchie possono essere numerosissime cioè fino a 30 o 40 per ogni lamina. Non è raro in questo caso che anche sulla base del lucciolo si possano distinguere di tali macchie. Verso il centro della chiazza rossastro-pallida ed in corrispondenza della pagina superiore appaiono più tardi delle pic- cole pustoline bianchiccie ben visibili anche ad occhio nudo e ben caratterizzate se esaminate con una lente. Cuboni, Brizi, Peg-lion anno anche osservato macchie simili, benché più piccole, sui germogli; esse apparrebbero però solo sui rametti di un anno sotto forma di pustoline minutissime. (1) Carradori, Della nebbia dei mori o gelsi (Ann. d'Agr. del Regno d'Italia, XXII, p. 61, 1814). (2) H. v. Mohl, Ueber die Fleckenhranhh. d. Maulbeerblàtter (Bot. Zeit., 1854, pag. 761). (3) Cuboni e Brizi, La fersa del gelso, Roma 1896. 390 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Le foglie colpite ingialliscono e cadono precocemente. I bachi rifiu- tano le foglie coperte dalle taccile della tersa, essi però non verreb- bero danneggiati alimentandosi con foglie ammalate contrariamente alle affermazioni di alcuni autori. La malattia appare in primavera e nell'autunno: in questa stagione è più frequente, ma meno pericolosa, mentre in primavera è assai più dannosa per la defogliazione che ne consegue. Caratteri del parassita. Carradori trovò sulle fo- glie ammalate un fungo che egli descrisse col nome di Peziza nebulae, forse eguale a Phleospora ; Turpin attri- buisce la malattia ad un Fusarium; molti autori ita- liani di poi ascrissero l'alte- razione a cause meteoriche o fisiologiche. Sandri ac- cenna alla presenza di una crittogama parassita ; BÉ- renger (1) si riferisce al parassitismo di un Fusarium (F. maeulans). Leveillé ri- ferisce il fungillo al g. Sep- toria (8. Mori), nome che rimase per molto tempo e che fu poi cambiato nel 1884 dal prof. Saccardo in Phleo- spora Mori, nel 1888 da Briosi e Cavara in Septo- gloeum Mori, nel 1893 da Berlese (2) in Cylindrosporium Mori, ma il vero nome che si deve conservare alla forma conidica è di Phleospora, genere giustamente riportato ora anche dal Saccardo alle Melanconiacee. Mohl aveva già osservato negli spazi intercellulari del mesotìllo le ife miceliche del fungo parassita le quali poi costituivano sotto l'epidermide uno pseudoparenchima da cui si originavano le caratte- Fig. 74. Fersa del gelso. 1. Aspetto di foglia di gelso colpita dalla tersa. 2. T7n acervolo ingrandito «li Phleospora Mori. 3. Id. sezio- nato. 4. Due conidi isolati. ">. Periteiio ili Sphaerella Mori. 6. Asco (1-4 originali, 5-6 da Berlese). (1) Bérenger in Giorn. Agr. Loiiib. Veu., 184S, p. 268. (2) Berlese, in Eiv. di Pat. Veg., 1893, II, p. 210. SPHAERELLA MORI FUCK. 391 ristiche pustoline erompenti dall'epidermide della pagina superiore od inferiore delle foglie. Si vengono così a costituire non dei veri concetta- celi o picnidi, ma semplicemente degli acervuli subcutanei e poi erom- penti in cui sono disposti i conidiofori ed i conidi (fìg. 74 :2-?>). Questa la ragione per cui il fungillo è stato allontanato dal gruppo degli Sfe- ropsidacei e portato a quello dei Melanconiacei. I filamenti che sosten- gono i conidi sono assai brevi e tappezzano il fondo dell'acervulo che è all'intorno limitato dall'epidermide sollevata: sui conidiofori si svolgono i conidi che sono cilindracei, un po' curvi, ottusi, 3-4settati, misurano 40-50 = 4 M-. e sono jalini (fìg. 74:4). A maturità escono fuori dagli acervuli e formano una massa bianca subgelatinosa che rende così appariscenti adocchio nudo le piccole pustoline sul centro delle macchie fogliari. Sulle foglie cadute nell'autunno si formano poi durante l'inverno i periteci ascofori che vennero scoperti dal Fuckel e da lui ascritti al g. Sphaerelìa (S})h. Mori). I periteci si sviluppano sulla pagina infe- riore e diventano quasi superficiali ; anno forma subconica, presentano aschi larghi contenenti spore disposte in due file, oblunghe, arroton- date alle estremità, 4-settate verso la metà, ivi però non ristrette (fìg. 74:5-6). Finora però nessun sperimentatore è riuscito a provare i rapporti metagenetici fra Phleospora e la Sphaerelìa. Cuboni e Brizi anzi escluderebbero questi rapporti, basandosi su dati sperimentali pei quali avrebbero solo ottenuto la forma couidica. La germinazione dei conidi si effettua facilmente in ambiente umido o nell'acqua, è rapi- dissima poi in una soluzione concentrata di zucchero di canna. Il promicelio che si sviluppa dalle spore germinanti su foglie si insinua attraverso gli stomi nel mesofillo ove si dirama e costituisce il micelio del fungo. Cuboni e Bbizi sono riusciti a riprodurre artificialmente la malattia colla semina di tali conidi germinanti su foglie di gelso perfettamente sane. Condizioni favorevoli di sviluppo. L' umidità e la temperatura mite sono le migliori condizioni che ne agevolano lo sviluppo e poiché esse sono realizzate abitualmente nella primavera e nell'autunno, così si possono distinguere nell'anno due periodi di sviluppo del male onde si à una fersa primaverile ed una Jcrsa autunnale. L'estate è stagione poco favorevole alla malattia per la siccità e l'elevata temperatura, quindi in questa stagione si à in generale un periodo di sosta. La conservazione del fungo da un anno all'altro sarebbe dovuta essenzialmente al micelio il quale iberna nei rami stati colpiti nel- l'autunno. 392 I PARASSITI vegetali: III. elmiceti In generale tutte le varietà di gelso coltivate sono egualmente soggette alla tersa: i gelsi primitivi pare che però siano un po' meno attaccati. Mezzi di lotta. Esperienze eseguite con poltiglia bordolese anno dato ottimi risultati contro questa malattia, però praticamente non si può ricorrere in primavera a tale trattamento poiché le foglie irrorate diventano improprie all'alimentazione dei bachi che ne rimarrebbero avvelenati. Le foglie trattate acquistano proprietà altamente venefiche pei bachi; prove che sono state in proposito stabilite anno dimostrato che cibandoli con tali foglie si verifica in essi una mortalità anche del cento per cento. Dunque impossibile difendere con questo mezzo le piante nella primavera dalla fersa primaverile. Allo spuntare delle nuove foglie, finita la stagione dei bachi, se le condizioni si manten- gono favorevoli alla malattia si può fare un trattamento con poltiglia bordolese. Altri trattamenti potranno farsi sulla fine dell'estate e spe- cialmente nell'autunno, epoca in cui la fersa si sviluppa quasi sempre con intensità. Eiesce pure vantaggiosissimo per impedire lo sverna- mento del fungo la potatura dei rami colpiti e la loro distruzione. 151. SPHAERELLA MACULIFORMIS (Pers.) Auersw. F. conidica: Phleospora castanicola (Desm.) D. Sacc. (Cylin- drosporium castanicolum Berl.). F. spermogonica: Phyìlosticta maculiformis Sacc. X Hai. Seccume del castagno, brusarola, miliare del castagno, lampo del castagno, ecc. X. stran. Maladie des feuilles du chàtaignier. La malattia delle foglie del castagno venne ampiamente studiata nel 1893 dal prof. Berlese nell'Avellinese e da lui riferita ad una causa parassitaria (1). Si sviluppa alla fine dell'estate e nell'autunno provocando non di rado danni considerevoli al raccolto delle castagne. Danni fortissimi si ebbero nel 1896 nell'Emilia, in Toscana ed in altre regioni d'Italia come dimostra una minuta relazione del prof. Cuboni (2). Oltre che in Italia la malattia venne pure riscontrata nella Svizzera ed in Francia. Caratteri esterni. Sulle foglie compaiono da prima delle macchie circolari piccole e sparse che più tardi confluiscono insieme. Il colore (1) A. N. Bkhlese, II seccume dei castagno in Riv. di Pat. Veg., II, 1893, pag. 191. (2) Cuboni, La malattia del castagno nel 1896, Roma 1897. SPHAERELLA MACULIFORMIS AUER. 393 delle macchie è bruno rossiccio carico, da prima sono più visibili sulla pagina interiore poi appaiono anche evidenti sulla pagina superiore. Qui le macchie sono da prima circondate da una zona giallo-citrina che più tardi scompare, mentre la macchia acquista un colore rosso- bruniccio e presenta un aspetto irregolare. Tra una macchia e l'altra il tessuto fogliare è verde da prima, poi ingiallisce. La foglia rimane così interamente chiazzata di tacche di diverso colore che danno l'aspetto di un mosaico (fig. 75:1). Le foglie colpite dis- seccano e si accartocciano a spira. La caduta comin- cia ad effettuarsi in agosto- settembre, così che si ef- fettua V arresto del pro- cesso di maturazione del frutto e l'abortimento delle castagne. Anche i ricci nelle piante ammalate arrossano e cadono precocemente. Sia sulla pagina inferiore delle foglie colpite che sugli aculei del frutto si distinguono assai copiosi e fitti gli organi di ripro- duzione del fungo paras- sita. Caratteri microsco- pici. In una sezione di foglia fortemente colpita si distingue una profonda alterazione del merenchi- ui a le cui cellule sono distanziate le une dalle altre per lo sviluppo del micelio negli spazi inter- cellulari. Earamente il micelio si spinge fino alle cellule del paliz- zata. Il micelio viene così a costituire qua e là nel lacunare delle masse ìfenchimatose che racchiudono talora ancor delle cellule del tessuto Fig. 75. Seccume del castagno. 1. Foglia di castagno affetta dalla malattia, vista dalla pagina superiore. 2. Frammento della stessa vista dalla pagina inferiore con spermogonii. '.ì. Sezione longitudinale di acer- volo di l'hleoxpora castanicola. 4. Gonidi. 5. Sezione lon- gitudinale di spermogonio [Phyllosticta maculi formis). li. Spermazi (1,2,5,6 originali, :!-4 da Iìkrlese). 394 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI fogliare e sporgono contro l'epidermide che viene sollevata e spezzata. La parte più superficiale di tali masse stromatiche presenta delle pa- pille che vanno sfumando all'apice in bruno sulle quali stanno inse- riti i conidi i quali colla spaccatura dell'epidermide si trovano liberi ed escono fuori formando dei cirri lunghi e giallicci. I conidi sono cilindrici, diritti o curvi, j alini, trisettati e misurano 28-32 = 4 n. (Phleospora castanicola [Desm.] D. Sacc). La temperatura di 18° è assai favorevole alla germinazione dei conidi. L'infezione si effettua sulla pagina superiore ove i conidi germi- nano e mandano i tubi promicelici attraverso il palizzata fino al lacu- noso ove si riforma il micelio e l'ifenchima. Le cellule colpite muoiono e per la necrosi dei tessuti si à la comparsa delle macchie. Più tardi nell'ifenchima si differenziano spermogonii piccoli, ovoidali, perforati nei quali son vi numerosissimi spermazi allantoidei, piccolissimi (4 = 1 !*.). Questa forma corrisponderebbe a Phi/llosticta ìiì acuii formi s Sacc. (fi- gura 75 : 2,5,6). La forma ascofora non si svilupperebbe che sulle foglie cadute già colpite dalla malattia e solo dopo l'inverno e nei concettacoli della PhyUosticta. Essa è caratterizzata da periteci globosi, conglomerati in macchie scure, contenenti aschi cilindrico -elavati e misuranti 50 60 = 7-8. Le ascospore sono distiche, obovato-oblunghe, ristrette al setto delle dimensioni di 14 p. per 3-4. A questa forma è attribuito il nome di Sphaerella macuiiformis (Pers.) ArERS. Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. Secondo il prof. Cu- boni esse sarebbero realizzate quando l'estate sia molto piovoso e suc- cedano rapidi abbassamenti di temperatura. In queste condizioni si possono avere danni intensi che in certe annate provocarono la di- struzione da un terzo a metà del raccolto. Prima ancora degli studi di Berlese si avevano notizie di questa malattia dei castagni, della quale però non erano ancor note le cause, così nel 1880 il Piccone fa rilevare in Liguria gravi danni apportati da simile alterazione, nel 1888 Prlllietjx in Francia la riscontra assai dannosa. Nel 1893 infierì fortemente nell'Avellinese, nel 1896 nell'Emilia ed in Toscana. Mezzi di lotta. Berlese raccomanda la raccolta e bruciatura delle foglie ammalate in autunno, Cuboni però osserva che questo processo avrebbe pochi risultati quando le condizioni atmosferiche fossero nel- l'anno successivo nuovamente favorevoli alla malattia. Ottimi risultati dà la poltiglia bordolese, ma, come facilmente si può capire, la sua applicazione in pratica è impossibile in questo caso e solo si potrà farne uso quando si tratti di salvare dalla malattia le giovani piante nei vivai. SPHAEKELLA SENTINA SACC. 395 152. SPHAEEELLA SENTINA (Fries) Sacc. F. picnidica: Septoria piricola Desm. ÌV. Udì. Macchie bianche delle foglie del pero. N. stran. Fleckenkrankh. der Bimenblatter. Attacca le foglie del pero e non sempre leggermente: io stesso ò potuto constatare più volte i danni abbastanza gravi prodotti dal fungo nella sna forma picnidica. Si manifesta nella primavera spe- cialmente siri peri te- nuti bassi a piramide od a cordone, nelle località umide od ove le piante sono troppo fìtte o trascurate. In tali condizioni non di rado si verifica che quasi tutte le foglie ne sono più o meno intensamente colpite. Caratteri esterni. Sulle foglie appaiono delle macchie grigio- chiare, quasi bianca- stre, nitide, piccole, rotonde, sparse, mar- ginate di bruno che spiccano assai bene sul fondo verde-scuro delle foglie adulte che ne sono specialmente attaccate. Al centro fkgbcB V--o^&2&§ t1^ Fig. 76. Malattia delle foglie del pero. 1. Foglia di pero colpita dalla malattia. 2. Una marchia fogliare più ingrandita. 3. Sezione longitudinale di picnidio (Septoria piricola). 4. Stilospore. 5. Sezione longitudinale di peritecio (Sphaerella sentina). 6. Asco con ascoapore (1-4 originali, 5-6 sec. Klebahn). delle macchie nella pagina superiore, ma più frequentemente in corri- spondenza della pagina inferiore si distinguono dei piccoli corpiceioli puntiformi poco numerosi, neri che sono i picnidi (fig. 70:1-2) Le foglie colpite in generale non si distaccano subito, ma rimangono più o meno a lungo aderenti alla pianta che però rimane sofferente e quasi infrut- tifera a causa del cattivo funzionamento del sistema assimilatola. Caratteri microscopici. I picnidi sono globosi, bruni, con ostiolo largo e contengono numerose spore filiformi, falcate, ottuse siile estremità 396 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI 2 settate, subjaline o appena colorate, misuranti 48-60 = 3 p. (tìg. 76:3 -4). Questa è Punica forma riproduttiva che si riscontra sulle foglie vive e che corrisponde alla Septoria piricoìa Desm. Sulla pagina inferiore delle foglie colpite cadute al suolo e che anno passato l'inverno si riscontrano poi nella primavera dei periteci di 80-110 r. diam., con ostiolo un po' prominente contenente aschi clavati delle dimensioni di 60-75 = 11-13 n. in ognuno dei quali si trovano otto ascospore fusiformi, dritte od un po' curve, I-settate nel mezzo, jaline, misuranti 26-33 = 4 (flg. 76:5-6). Questa forma sarebbe riferibile a Spinterella sentina (Fuck.) Sacc. Kle- bahn (1) à stabilito i rapporti genetici fra la Septoria piricoìa e tale forma ascofora. Mediante ascospore sul finire della primavera ed all'inizio del- l'estate egli riuscì ad infettare foglie di pero perfettamente sane sulle quali si riprodussero le caratteristiche macchie ed i picnidi della Septoria. Le ascospore germinano egregiamente in giugno dopo 1-2 giorni in decotto di foglie di pero gelatinizzato con agar. Dopo otto giorni il micelio è sviluppato del tutto nelle foglie ed in seguito appare la forma picnidica. Mezzi di cura. Raccolta delle foglie ammalate in autunno e loro distruzione; impianto del frutteto in località sane e bene esposte, potature razionali in modo da eliminare soverchi rami e favorire la circolazione dell'aria attorno a tutte le parti della pianta. La poltiglia bordolese all'I per cento riesce efficacissima se data preventivamente sulle giovani foglie ancora sane. Se la malattia infierisce conviene elevare le dosi all'I, 5 2 per cento di solfato di rame e calce. 153. SPHAERELLA CERASELLA (Aderhold) Sacc. et Syd. F. conidica: Cercospora cerasella Sacc. N~. d. malattia. Macchie delle foglie del ciliegio. La forma conidica è frequentissima e talora può anche provocare leggeri danni sulle foglie del ciliegio che fa cadere precocemente. Sulle foglie colpite si distinguono macchie rotondate, epifille, bruno- pallide, al centro delle quali si notano al microscopio dei conidiofori bruni, cespugliosi portanti all'estremità conidi vermicolari obclavati 1-3 settati, pallidamente fuliginei e misuranti 40-60 = 3-4^. La forma ascofora venne scoperta dall'ADERHOLD sulle foglie ca- dute e che anno svernato a terra e da lui riferita ad una nuova specie di Sphaerella (S. cerasella) (2). Si può combattere con trattamenti preventivi di poltiglia bordolese. (1) Klebahn, Vnters. iiber einige Fungi imperfecti, ecc. V. Sejrforia piricoìa Desm. (Zeitschr. f. Pttanzenkrankh., 1908, Heft. 1, p. 5). (2) Aderhold in Ber. d. Deut, Bot. Gesell., XVIII, 1900, p. 246. SPHAERELI.A FRAGARIAE SACC. 397 154. SPHAERELLA FRAGARIAE (Tul.) Sacc. Sinon. Stigmatea Fragariae Tul. F. conidica: Ramularia Tulasnei Sacc. F. picnidica: Septoria. Fragariae Desm. K". ital. Vaiolatura rossa delle fragole. iV. stran. Fleckenkrankheit der Frdbeerbì after ; Taches des fenili cu du Fraisier ; White Rust, Bliglit, Spot, Disease of strawberry leaves. Colpisce nella prima- vera e nell'estate special- mente le fragole coltivate a grossi frutti, è invece molto più rara sulle fra- gole spontanee. Caratteri esterni. So- no evidentissimi e del tutto speciali. Appaiono sulle la- mine in corrispondenza del- la pagina superiore delle macchie rotonde piccole, sparse, talora poi anche confluenti se numerose, di color rossastro da prima poi cenerognole al centro e con largo orlo rosso por- porino alla periferia (figu- ra 77:1). Esse spiccano molto bene sul fondo verde della lamina. Più tardi le foglie acquistano un color rossastro, si accartocciano e disseccano. Le foglie più vicine a terra sono quelle maggiormente col- pite e quindi le più esterne alle rosette. Caratteri microscopici. In corrispondenza delle macchie si nota nel mesotìllo un micelio sottile, misurante v. 1,5-3 di diametro che in corrispondenza dell'epidermide costituisce piccoli cuscinetti o promi- nenze che da essa si elevano e portano all'esterno dei conidiofori a bastoncino su cui sono inseriti conidi cilindracei,j alini, continui o set tati. Fig. 77. Vaiolatura rossa delle fragole. 1. Foglia di fragola attaccata dalla malattia. 2. Oèspuglietto conidifero di Ramularia Tulasnei. in b conidi. '■'•. Peritecio di Sphaerella Fragariae. 4. Aschi, in b ascospore (1-2 ori- ginali, 3-4 da Prilliecx). 398 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI disposti in breve catenella e misuranti 20-50 =2,5-4 p-. (fig. 77:2). Questi conidi germinano facilmente: portati su foglie sane riproducono le caratteristiche macchie della malattia. Questa forma conidica, che è la più comune in primavera, venne dal Saccardo designata col nome di Bamularia Tulasnei. In estate ed in autunno sulle macchie fogliari si formano i picnidi bruni, forniti di ostiolo grande e contenenti nume- rose stilospore lineari, ottuse, dritte o curve, 29-38 = 5(i. ordinariamente trisettate e jaline. Tale forma corrisponderebbe a Septoria Fragariae Desm. Nell'inverno sulle foglie cadute si formano i periteci che matu- rano in primavera. Essi contengono numerosi aschi con spore I-settate, ristrette al setto che non è mediano per cui esse rimangono divise in due loculi ineguali (fig. 77 : 3 4). È la forma di Spinterella. Sulle stesse parti morte delle foglie già colpite o marcescenti al suolo si sarebbe scoperto un altro fungillo (Graphiothecium phyllogenum Sa.CC.) che sa- rebbe una seconda forma conidica, questa però saprotìtica. I conidi della Bamularia germinanti facilmente nell'acqua sareb- bero destinati alla diffusione della malattia durante il periodo vege- tativo della pianta ospite e fino alla comparsa dei picnidi: la forma ascofora avrebbe per ufficio la conservazione della malattia da un anno all'altro. Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. La vaiolatura delle fragole si sviluppa con intensità nelle annate umide e calde, negli orti che anno terreno compatto, umido o soverchiamente concimato. I danni sono però in generale leggeri e pare non compromettano troppo lo sviluppo e la maturazione dei frutti. Secondo Vogeino (1) le Al- tiche diffonderebbero facilmente da una pianta all'altra i conidi del fungo. Cure. Servono bene le irrorazioni con poltiglia bordolese molto leggera (formula Cavazza), trattamenti polverulenti con una miscela di solforamato e calce oppure aspersioni con soluzioni di solfuro potas- sico (fegato di zolfo) all'I °/0 in acqua che in America, secondo Arthur, sarebbero efficacissime contro la malattia (2). E buona pratica pure da eseguirsi in autunno la raccolta e distruzione delle foglie amma- late secche e cadute al suolo. 155. SPHAEKBLLA TABIFICA, Prillieux et Delacr. F. picnklica: Phyllosticta tàbifica Prill. et Del. (Phoma Betae Frank). (1) Voglino, I funghi piti dannosi delie piante coltivate, Torino 1895. (2) Arthur, VI Rep. of the New York Agr. Exp. Stat., p. 351. SIMIAERELLA TABIFICA PRILL.-DEL. 399 N~. ital. Mal del cuore, della barbabietola. JV. stran. Maladie du coeur de la betterave; Herzfaule der Znckerruben. È una malattia molto diffusa ed assai dannosa alla bietola da zuc- chero specialmente in Germania ed in Francia. Fa la sua comparsa nelle annate favorevoli verso la fine del giugno e si diffonde durante i mesi \m\ caldi d'estate. In Francia la malattia del cuore della barba bietola venne studiata fin dal 1S91 dal Prillieux (1), in Germania venne ampiamente illustrata due anni dopo dal Frank (2). Caratteri esterni. Si manifestano nell'e- state con un appassi- mento delle foglie, come se in esse per soverchia traspirazione e per la siccità del suolo fosse venuto meno il turgore ; tale appassimento però si mantiene anche nel- la notte e nei giorni successivi dimostrando trattarsi non di momen- taneo squilibrio funzio- nale, ma di un vero caso patologico. Le fo- glie successivamente ingialliscono e dissec- cano così che le piante presentano un aspetto languente (fìg. 78:1). Osservando il picciolo di tali foglie si notano su di esso delle grandi macchie biancastre con- tornate da una aureola bruna, larga talora tino a L'0-25 millimetri: in Fig. 78. Mal del cuore della barbabietola. 1. Porzione di pianta di bietola con foglie avvizziti' dalla ma- lattia. 2. Porzione di picciolo fogliare col fango ù puntini neri sono i picnidi). 3. Due picnidi di Phoma tabifica molto ingranditi. 4. Un picnidio in sezione longitudinale da cui escenn cirro di spore, in 6 le stilospore più ingrandite. 5. Asco con ascospore di Sphaerella tabifica (1,2.4 originali, le altre da Prillieux). (1) Prillieux, La pourriture du coeur de la betterare (Bull, de la Soc. uiycol., t. VII, pag. 15, 1891). (2) Frank, PItoma Betae, eine ueuer E iibervpiU (Zeitschr. f. Pflanzenkrankheiten, IH, 1893, pag. 90. •400 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI corrispondenza a tali macchie vi è una profonda disorganizzazione di tessuti. Questa alterazione si propaga, seguendo il decorso dei fasci libro-vascolari, lino al cuore (centro della rosetta) della bietola così che le giovani foglie in prossimità dell'apice vegetativo ne vengono attaccate e muoiono. Il marciume allora si può propagare dalle foglie del centro a quelle della periferia e tutte le foglie della rosetta nei casi più gravi vengono a disseccarsi. Talora anche sulla lamina ap- paiono delle macchie bruno-pallide con striature concentriche. Se anche la radice carnosa non è profondamente alterata, il che talora pure avviene col comparire del marciume secco che la rende nerastra, dopo la prima metà di settembre si possono sviluppare dall'ascella delle foglie inferiori — se ancor sane — dei nuovi germogli, così si riprende la vegetazione della pianta benché più stentata e con poco profitto per riparare alle perdite di zucchero già avvenute nelle radici tube- rizzate in conseguenza dello sviluppo della malattia. Caratteri microscopici. Xei tessuti alterati si rinviene un abbon- dante micelio jalino, settato, colle ife fornite di molti vacuoli. Esse penetrano nelle cellule, producono contrazioni della massa citoplasma- tica e quindi la morte, si espandono quindi nei tessuti vicini e salgono nelle foglie seguendo il decorso dei fasci libro- vascolari. Sulle macchie del picciolo compaiono dei picnidi globosi, distintamente perforati, del diametro di circa 200 i^. contenenti numerosissime stilospore che ven- gono emesse in lungo cirro tortuoso e gelatinoso dall'orifìcio ostiolare (fìg. 78 : 2,3,4). Tali spore sono piccole, jaline e misurano 5-7 = 3-4 n. Questa forma è stata dal Frank (1) descritta col nome di Phoma betae, da Pril- lieux come Phyllostieta tdbifica, nome che per ragioni di priorità e di opportunità è stato conservato, bell'autunno sui piccioli seccati si formano dei periteci globosi, ostiolati, contenenti aschi senza parafisi con ascospore jaline e biloculari. Prillieux e Delacroix designa- rono questa forma col nome di Spinterella iabifica (fig. 78:5). Frank à ottenuto facilmente la germinazione delle stilospore in decotto di foglie di bietola dopo 24 ore. Il promicelio si presenta jalino, molto settato e lateralmente si ramifica. Krììger (2) à eseguito prove di infezione con stilospore germinanti su piante di bietola in diversi stadi di sviluppo riuscendo a riprodurne la malattia. Secondo Frank, Hellriegel (3), ecc. i germi del fungo potrebbero anche (1) Id., op. cit. (2) Krììger, in Zeitschr. f. Eiibenzucker. Industrie, 1893, p. 90. (3) Hellriegel, Sehàdig. Jung. Ruben, (inveli Wurzelbrand^ ecc. (Deut. Zu- ckerind., XV, p. 745). SCHAERELI.A TARIFICA PRILL.-DEL. 401 invadere i semi, così la malattia potrebbe trasmettersi alle giovani piante dalla pianta madre, (piando su questa gli organi fiorali e frut- tiferi ne siano stati colpiti. Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. Secondo Merle (1) le sabbie argillose sarebbero assai favorevoli alla malattia, come anche le concimazioni a base di nitrato sodico, mentre i concimi fosfatici e potassici avrebbero a questo riguardo una azione quasi nulla. Klebergeiì (2) è di opinione che la malattia sia favorita dalle forti concimazioni di stallatico nonché da incostanza di condizioni me- teoriche e precisamente dall'alternarsi di periodi umidi e di periodi asciutti, durante la stagione critica. Se nello stallatico si trovano dei frammenti di bietola già colpita dal male esso rimane infetto e la malattia allora si propaga largamente. I danni che derivano dal mal del cuore delle bietole sono assai gravi. Esso pregiudica la ricchezza zuccherina delle radici tuberizz;ife e quindi anche quando si manifesta in forma leggera, cioè senza pro- vocare la morte delle piante, diminuisce sempre notevolmente il ren- dimento del raccolto. Mezzi (li cura. Si consigliano lavori profondi 30-35 centimetri da eseguirsi al terreno nell'autunno od in principio della primavera: nel caso in cui il terreno fosse già infetto il Merle consiglia raggiunta al terreno di due metri cubi per ettaro di cenere di legna da farsi in primavera. Se lo stallatico fosse inquinato di germi del fungo per la presenza di bietole ammalate che vi fossero state mescolate è con- veniente prima di adoperarlo nella concimazione del terreno adatto alla coltura delle bietole mescolarlo con un po' di calce viva. Le piante morte debbono essere distrutte e non buttate in concimaia, quelle ammalate si dovranno isolare dalle altre, togliendo le foglie colpite in modo che non vengano a contatto. Vi sono varietà di bietole più resistenti alla malattia per esempio in Francia le varietà Géante de Vauriac, Ovoide des Barres, ecc., quindi colla selezione si ottengono buonissimi risultati. Sono anche molto efficaci, però solo come misura preventiva, i trattamenti con poltiglia bordolese, da eseguirsi nella seconda quin- dicina di giugno. In caso di forti e ripetute invasioni della malattia uella stessa località è conveniente per qualche anno cambiare coltura. (1) Merle, La maladie du coeur de la betterave, Joigny, 1906. (2) Kleberger, Die Mitst. Verbr. der Herz-und Trockenfdule d. RunkelrUben (Zeit. f. Pnanzenkrankheiten, XVIII, 1908, p. 48-53). Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 26. 402 I PARASSITI VEGETALI: III. EUHÌCKT1 156. 3PHAERELLA TLLASNEI, Jancz. F. conidica: Clàdosporium lierbaruin Link., CI. graminum Link. X. it«1. Nero dei cereali. X. strati. Noir des Cereale* ; Schwarze des Qetreides. È una malattia dannosa diffusa in Francia, Germania e non rara anclie in alcune località d'Italia ove, secondo Lopriore, sarebbe nota col nome di Ptintatura del frumento (Bratttìspitzigkeit dei tedeschi). Attacca oltre il frumento, la segala, l'avena, l'orzo. Di questa ma- lattia si occupò diffusamente il prof. Loprioke (1). Caratteri esterni. Essi si manifesterebbero sui cereali specialmente quando dopo un lungo periodo di siccità succedono nel giugno delle pioggie insistenti. Allora le piante ingialliscono, le foglie disseccano e si coprono di minuti cespuglieti bruni formati da un fungillo. Questo, secondo il Lopriore attaccherebbe anche le giovani piante che fa perire, sviluppandosi in particolar modo sulla parte inferiore dello stelo. Ma le alterazioni più caratteristiche e più dannose sono quelle che interessano le piante adulte. La spica rimane allora nascosta nella guaina tino a tardi; essa quindi si sviluppa, ma presenta un colore verde-sporco e quindi dissecca. Sulle glume, glumette, antere e sugli ovari appaiono numerosi cespuglietti bruni, come sulle foglie. L'at- tacco può anche avvenire all'epoca della maturazione ed allora le cariossidi si alterano in modo caratteristico. Su di esse appaiono punti o talora lunghe linee brune in corrispondenza delle quali il seme si spacca e presenta fessure che rimangono larghe (fig. 79:1 a, b, e). Talora non ne viene compromessa la germinabilità, ma le giovani piante che si sviluppano sono tosto colpite dal male; in altri casi le cariossidi pcidono completamente la proprietà germinativa. Caratteri microscopici. Tra le cellule del parenchima nelle foglie colpite serpeggia un micelio ad ife bruniccie settate che in corrispon- denza dell'epidermide forma una massa stromatica subcutanea da cui si svolgono all'esterno dei ciuffi di rami conidiofori (fig. 79:2,3). Le tacche nere e le strie che si osservano sulle cariossidi sono formate da sottili laminette stigmatiche su cui pure si differenziano i filamenti fruttiferi. Questa forma conidica che può riferirsi a Glàdosporium herbarum od a CI. graminum Link, è costituita da conidiofori riuniti a cespuglietti, eretti, bruni, settati, in generale non ramificati, un po' flessuosi e por- tanti in alto conidi pure olivacei, obovati. alcuni continui, altri anche (1) Lopriore, Die Schwarze d. Getreides(ha.ndw. Jalir.. XXIII. 1894). SPHAERELLA TL'LASXEI JANCZ. 403 2-settati, ma in generale con un solo setto nel mezzo (fig. 79:4). In colture- la forma di Cladosporium passa facilmente a quella di Hormodendron caratterizzata da conidiofori ramificati ad alberetto all' estremità e sostenenti catenelle di conidi. Alcuni autori riattaccherebbero al ciclo del Cladosporium come forma di coltura anche i Dematium in cui si osservano filamenti irregolari, fortemente settati, lateralmente produ- centi una grandissima quantità di conidi. Berlese però esclude questo fatto (1). Infezioni eseguite dal Ianczewski (2) con colture in gelatina su foglie di grano avrebbero provato che il mi- celio penetra attraverso gli Stomi invadendo quindi il parenchima fogliare. Egli à seguito la formazione degli latro ini ed osservata la pro- duzione da questi di periteci riferibili al g. Spinterella. Tali periteci sono piccoli, globosi, conici, contengono aschi fusoidei, spore oblun- ghe, jaline I-settate, delle dimensioni di 28 « 0,.") \±. (fi- gura 79:5,6,7). Condizioni favorevoli alla malattia, danni ed ef- fetti. L'umidità che succeda nel principio dell'estate ad un lungo periodo di siccità può indurre sui cereali lo sviluppo della malattia che trova in tale ambiente caldo- umido le migliori condizioni per il suo sviluppo. I danni sono in talune località e specialmente in Germania talora abbastanza considerevoli, causando la malattia e 1. a Fig. 79. Nero dei cereali. , b, e. Chicchi «li grano alterati dalla malattia (ingran- diti). 2. Micelio visto su sezione trasversale del tegu- mento di una cariosside infetta. :ì. Micelio a pseudo- parenchima, visto di fronte. 4. Cespuglieti» conidifero di Cladosporium herbarum : in alto i conidi. 5. Peri- tecio di Sphaerella l'ulasnei in sezione longitudinale. 6. Asco. 7. Ascospore (da I'kili.ikiw e ila Janczewski). (1) Berlese, Gontrib. allo studio della morfol. e biol. di Cladosporium e De- matium (Riv. di Pat. Veg. IV., p. 1-42, 1895). (2) Cfr. Prillielx. Mal. d. Plautes Agric., 1897, p. 254. 404 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMIOETI il disseccamento delle giovani piante o l'abortimento delle spighe o nn raccolto molto scadente quando le cariossidi ne vengano colpite. Se- condo Eriksson e Woronin i così detti cereali del delirio (Taumel- getreide) che producono, quando vengono ingeriti anche in piccola dose col pane fatto con farine inquinate, brividi, mal di capo, vomiti, per- turbazioni visive ed ebbrezza sarebbero affetti precisamente dal paras- sita indicato. Esperienze eseguite in proposito dal Lopriore (f) escluderebbero assolutamente questo fatto: il Gladosporium sarebbe del tutto innocuo all'organismo animale. Mezzi di cura. Per preservare le giovani piantine dall'attacco della malattia ove i semi ne fossero infetti conviene medicare le ca- riossidi con acqua acidulata con acido solforico oppure con soluzione diluitissima di solfato di rame. La mietitura precoce può talora impe- dire lo sviluppo del parassita sulle cariossidi: la bruciatura delle stoppie infette dal fungo ne impedisce la conservazione. I semi dei cereali dovranno essere collocati, specialmente se in parte colpiti da malattia, in granai molto asciutti, rimuovendo i mucchi molto spesso perchè i germi del fungo non riescano a svilupparsi e ad infettare ì chicchi sani. (*. Stigmatea Fries. Periteci generalmente assai minuti, semplici, immersi nella matrice, membranacei. Aschi tipicamente pseudoparatìsati, contenenti spore al- lungate, bicellulari, jaline. Le specie di questo genere vivono paras- siticamente su foglie. Una di esse merita di essere ricordata. 157. STIGMATEA MESPILI Soratjer. F. conidica: Entomoxporium Mespili Sacc. [Morthiera Mescili Fuck.J. X ital. Iinbruuimento delle foglie del pero, del cotogno, del nespolo, X. stran. FlecJcenkrankheit, Blatibràune der Bìrne; Bear leaf-blight. È una malattia molto diffusa in Europa e nell'America boreale ed attacca le foglie del nespolo (Mespilus germanica), del cotogno (Cydonia vulgaris), del pero (Pirus communis), del Cotoneaster vulgaris e del G. tomentosa che nel principio d'estate imbruniscono e disseccano. Caratteri esterni. Sulle foglie di dette piante compaiono sul finire della primavera delle macchioline da prima epifille poi anche ipofille, (1) Lopkiokk, op. cit. STIGMATKA MKSPILI SORAUER 405 puntiformi o gialle ò giallo-rossastre elie poi si ingrandiscono e con- fluiscono insieme formando delle chiazze brune che al centro sono ne- rastre e formate come di una crosta subrotondeggiante (fig. 80:1). Le foglie così colpite ingialliscono od imbruniscono e cominciano a cadere sul principio di luglio. La defogliazione è talora grave e compromette seriamente lo sviluppo e la maturazione dei frutti. I germogli stessi se fortemente attaccati disseccano annerendo. Secondo Arthur la malattia in America at- taccherebbe anche i frutti del melocotogno: sulla buccia si svilup- perebbero delle mac- chie circolari nere, cro- stose orlate di un mar- gine rosso o biancastro. Più tardi le macchie confluendo possono an- che coprire buona parte del frutto il quale resta così all'esterno detur- pato. Secondo Gallo- avay sarebbe poi disa- stioso nei vivai, sfo- gliando in principio d'estate quasi comple- tamente i giovani peri. Caratteri del pa- rassita. Nei tessuti fo- gliari si nota la pre- senza di abbondante micelio intercellulare con ife settate del dia- metro di 4-5 fi. che sotto lo strato di cellule epidermiche od in esse producono uno stroma pseudoparenchima toso che solleva le cellule epidermiche stesse o la cuticola costituendo gli acervuli fruttiferi che appaiono all'esterno sotto forma di macchie nericcie crostiformi, rugose. Dallo stroma si dipartono dei brevi rametti fruttiferi un po' ramificati, settati, portanti all'estremità dei conidi di forma singolare. Fig. 80. Imbrunirne nto delle foglie del pero. 1. Ramo ili pero con foglie attaccare dalla malattia, 2. Sezione att inverso un acervolo fruttifero di Entorhosporium maculatum. 3. Spore in diversi stadi. 4. Due spore mature, 5. a Asm di Stig inatea Mespili, b ascospora, e parafisi (1 da Kirchner, 'J-:: da Briosi e ('AVARA. 4-5 da SOEAUEE). 406 I PARASSITI VEGETALI : III. ELM1CETI Essi sono costituiti da due cellule sovrapposte, obovate, là superiore più grande e munita di un ciglio lunghetto, la inferiore più piccola e nautica. Attorno al punto di inserzione delle due cellule fra di loro si trovano altre due o quattro cellule laterali, piccole e cigliate (fi- gura 80:2,3,4). I conidi sono dunque pluriloculari e formati da un numero vario di articoli j al ini. Sorauer (1) il quale à fatto interessanti ricérche intorno a questa malattia à pure eseguito delle prove di infezione con tali conidi su giovani foglie di pero ed osservata la penetrazione del promicelio attra- verso la parete delle cellule epidermiche e la comparsa dopo quin- dici giorni nei punti di infezione delle caratteristiche macchie e più tardi degli stromi conidigeri. Questa forma conidica venne dal Fuckel designata col nome di Morthìera Mespili e dal Saccardo riportata al g. Untomosporium (Melaneoniacei). Sulle foglie ammalate in dicembre Sorauer (2) avrebbe osservato la formazione di periteci bruni sviluppatisi sulle macchie determi- nate d'àlYEntomosporium Mespili. In tali periteci egli vide aschi parafi sati contenenti otto spore distiche, jaline, della dimensione di 18-20 * 6-7 \u inegualmente biloculari (fig. 80 : 5). Sorauer designò la forma ascofora col nome di Stigmatea Mespili. Le ascospore germinerebbero in maggio e poco dopo si avrebbe la comparsa delle prime foglie ammalate. Mezzi (li cura. Galloway (3) nell'America del Nord avrebbe ottenuto splendidi risultati coll'uso della poltiglia bordolese contro la malattia che colà è assai dannosa ai peri. L'epoca migliore per l'applicazione sarebbe il giugno. Anche soluzioni diluite di ammoniuro di rame da- rebbero risultati ottimi, solo che questi trattamenti sono poco pratici per il loro costo elevato. G. Didymella Sacc. Genere molto affine al precedente da cui solo si differenzi crebbe per avere gli aschi distintamente parafisati e per le ascospore settate presso la metà e quindi con due loculi subeguali. Comprende molte specie viventi su rami, foglie e cauli di piante legnose ed erbacce. Come parassiti anno poca importanza, una sola specie la: (1) Sorauer, Monatschr. d. Ver. /. Befórd. d. Gartenb. in d. Kgl. Preusa. St., Januàx 1878. (2) Sorauer, op. cit. e Pflanzenkrankb. 2 Aufl., II Band. p. 372 (1886). (3) Gaixoway, Rep. of the Chief of the Secti.m of Veg. Pathol. for the year 1889, Washingt., p. 415. DIDYMOSPHAERIA POPUL1NA VUILL. 407 158. DIDYMELLA OITRI, Noack produrrebbe nell'America del Sud (Brasile) una malattia sui rami degli aranci che però non sarebbe stata ancora riscontrata in Europa. G. Gibbera Fries. Cai*atteri zzato da periteci carbonacei, setolosi, cespitosi sviluppati su uno stroma superficiale contenenti aschi con paratisi eoalescenti. Ascospore in numero di otto per asco, allungate, I-settate, pallida- mente giallastre. È specie parassita, ma di scarso interesse la: 159. GIBBERA VACCINIi (Sow.) Fr, che vive pai assiramente sui rametti del Vaccinium Vitis Idaea che fa disseccare. Su tali rami morti si sviluppano poi dei periteci riuniti su uno stroma nerastro, totalmente coperti da setole rigide, papillati. Gli aschi contengono spore I-settate, jaline o pallidamente olivacee misuranti 15-18 « 7-8 [i. G. Didvniosphaeria Fuck. Caratterizzato dalla presenza di periteci semplici, disposti sotto la corteccia da cui leggermente sporgono per un ostiolo papiUifbrme, minuti, membranacei. Gli aschi sono paratìsati e contengono otto spore brune I-settate. Contiene numerose specie viventi ordinariamente allo stato saprotìtico su steli o rami secchi di varie piante. Una sola specie ci può interessare. 160. DIDYMOSPHAERIA POPULIXA Vuill. F. conidica: Xapicladiinn Tremulae (Frank) Sa p. di color giallo-bruno (fìg. 82:4,5). Il micelio interno si svolge anche al di là della guaina e forma fra questa ed il culmo una lamina di pseudoparenchima che salda assieme questi due organi. Il Passerini eseguì prove di infezione mediante frammenti di piante colpite dalla malattia mescolati nella terra di un vaso ove aveva seminato del grano. Nel primo anno la malattia non si sviluppò e le piantine crebbero perfettamente sane: nell'anno successivo poi avendo riseminato nello stesso vaso nuovo grano ottenne piante col- pite dal parassita. Questo proverebbe forse che le spore non riescono a germinare subito nel primo anno, ina abbisognano di un periodo di riposo. Mezzi di cura. Non è una malattia molto diffusa e quindi poco pericolosa, ad ogni modo si può prevenirne i danni ove avesse ad apparire togliendo e bruciando i culmi ammalati e sostituende al grano altro cereale in caso di forti e ripètute invasioni nella stessa località. G. Acanthostigma De jSTot. Presenta diverse specie abitualmente saprofite. È caratterizzato da periteci rivestiti di aculei con ascili forniti di ascospore jaline, tra- sversalmente plurisettate. Merita qualche cenno la seguente specie parassita: 162. ACANTHOSTIGMA PAKAS1TICUM (Hart.) Sacc. Sinon. Trichosphaeria paralitica Hartig. N. ital. Seccume delle foglie dell'abete bianco. JT. stran. Maladie des aiguilles du Sapin. Si sviluppa specialmente sull'abete bianco (Abies pectiiiata) e sa- rebbe stata riscontrata talora anche su altre conifere {Tsuga, ecc.). In Germania la malattia venne illustrata dall'HARTiG (1). Caratteri esterni. Sui rami si nota un sottil feltro bianco o giallo- brunastro persistente sul lato inferiore dei rami da cui si estende quindi alla pagina inferiore delle foglie che disseccano senza però cadere, ma rimanendo legate contro il ramo a mezzo dei filamenti micelici bianchi (fig. S'ò: 1,2,3). Secondo Hartig nel primo anno la ma- il) Hartig, Min neuer parasti.
    ln Lot e di Aramon-rupestris clie causava lesioni alla base dei sarmenti a 5-10 cui. dal ceppo consistenti in esco- riazioni e scorteccia- menti, mentre sulla scorza, raramente sul legno denudato, si osservano nume- rose pustoline bian- co-grigiastre (figura 84:2). La scorza dun- que sarebbe colpita e distrutta ed attor no al sarmento si t'or- merebbe un anello di tessuti necrosati die si distaccano facil- mente a strie. Que- sti effetti sono però rarissimi e pare che sui tralci il fungo sia piuttosto un sa- profita od un paras- sita di ferite occa- Fihacria Tritici di fronte. 5. a Asco e pa- rafisi, b due ascospòre (originali eccetto 5 in parte da Frank). LEPTOSVHAERIA HERPOTRICHOIDES DE NOT. 421 Septoria graminum Desm. (fig. 85:3) a cui secondo il Frank (1) che à osservato la malattia in Germania si riattaccherebbe una forma aseo- ibra riferibile al g. Leptosphaeria. I periteci apparirebbero sulle foglie morte, sarebbero minuti, pun- tiformi come i picnidi, con ostiolo un po' sporgente dall'epidermide e conterrebbero ascili parafìsati forniti di otto spore fusiformi, giallastre, trisettate, un po' ristrette ai setti e misuranti 18-19 n. di lunghezza (fig. 85 : 4-5). Sulle foglie morte talora si svilupperebbero anche dei filamenti conidiofori bruni con conidi riferibili al g. Cladosporium (forse a CI. cjra- minum) che il Janczewski (2) ritiene sia collegato metageneticamente alla forma di Septoria nonché ad un'altra forma spermogonica appar- tenente al g. Phoma. Garovaglio e Cattaneo attribuiscono al pa- rassita la malattia del grano nota col nome di allettamento, Comes (3) invece ritiene che il fungo sia al più un emiparassita ed attribuisce i danni riscontrati sul frumento essenzialmente alle gelate primave- rili avvenute in terreni per natura umidi. Giova però avvertire che la malattia in questione non à niente a che vedere coll'allettamento, alterazione che non è di natura parassitaria. La malattia prodotta dalla Leptosphaeria (forma di Septoria) e da altri parassiti venne in Italia dal Passerini segnalata e descritta nel 18 70 (4). Mezzi di cura. Non ve ne sono. Si distruggono possibilmente le piantine colpite prima che la malattia si possa propagare. 1GG. LEPTOSPHAERIA HERPOTRICHOIDES, De Not. X. ital. Spezzamento dei culmi della segala. N. stran. Boijgenhahnhrecher. Con questo nome è nota la malattia in Germania (5) ove sarebbe abbastanza diffusa ed infesta nei campi di segala. Si trova del resto anche in Italia sul grano producendo quasi gli stessi effetti del cosi detto mal del piede prodotto dagli Opkiobolus di cui sarà detto più oltre. (1) Frank in Deutsche Landw. Presse, 22 Aug. 1894; Die krank. d. Ptì., II, pag. 302, 1896. (2) Ianczewsky, Polymorphisme dn Cladosporium herb. (Bull. d. L'Ac. d. Se. d. Cracovie, 1892). (3) Comes, Critt. Agr., p. 324. (4) Passerini, La nebbia dei cereali (Boll. Coni. agr. di Parma, 1876). (5) v. Frank in Deut. Landw. Presse, 27 Juni, u. 27 Aug. 1894; Die krank. d. Pfl., II, 1896, p. 301. 422 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Caratteri della malattia e del parassita. Alla base dei culmi del grano e della segala si osserva talora no micelio bruno che produce l'annerimento dei culmi non solo in basso, presso terra, ma talora anche in alto. In seguito alla necrosi dei tessuti che si determina alla base della pianta in principio di giugno i culmi di segala si incur- vano e si spezzano. Sulle stoppie dopo la messe i periteci maturano e sono numerosi sopra i culmi. Si presentano circondati da molte ite brune, quindi villosi, distintamente ostiolati e contengono otto spore in ciascun asco lunghe 25 33 n., fusiformi, giallastre, con 6 8 setti trasversali e col terzo articolo alquanto rigonfiato. Il parassita pro- dusse, a quanto riferisce il Frank nel 1894, notevoli danni in Germania. Del parassitismo di questo fungo se ne occupò il Mangin in un lavoro riferentesi pure al parassitismo degli Ophioboliis (1). Mezzi di lotta. Identici a quelli consigliabili contro il mal del piede ed indicati più oltre diffusamente a proposito di questa malattia. 167. LEPTOSPHAERIA NAPI (Euck.) Sacc. F. conidica: Alternarla Brassicae Sa.cc. var. exit iosa (Kuhn) Fere. (= Polydèsmus. exitiosus Kuhn). JV. ital. Nero del colza. N. stran. Bapsverderber, SchwUrze des Bapses ; Aribury, Fingers, ecc. Maladie des siliques du Colza. La malattia attaccherebbe diverse crocifere spontanee e coltivate cioè: Baphanus Baphanistrum, Sinapis arvensis, Diplotaxis tenui/olia, Brassica Bapa, Br. Napus, ecc., sviluppandosi sulle foglie, sugli steli, ma in particolar modo sulle giovani silique. È comune ovunque e venne ampiamente illustrata dal Kuhn che in Germania ebbe più volte a constatarne gli effetti dannosi (2). Caratteri esterni. La malattia si manifesta sulle silique del colza e di altre crocifere, quando sono tuttora verdi, con tacche nerastre, puntiformi e sui fusti con macchie pure nerastre, ma lineari che poi con- tluiscono formando chiazze più grandi (fig. 86:1). Le tacche nere, depresse che si svolgono sulle silique determinano il disseccamento dei tessuti del frutto che cambia di colore, dissecca e si apre lasciando cadere i semi ancor verdi. (1) Mangin (Coinpt. remi, de l'Ac. d. Se, Ag. 1898). (2) Kuhn in Botan. Zeit., 1886, n. 6, p. 89; Die krank. <1. kulturgewàchse, 1858, pag. 164. LEPTOSPHAKRIA NAPI SACC. 423 Caratteri microscopici . Il micelio nei tessuti verdi causa la scolorazione dei corpi clorofilliani e l'ini brunimento della membrana cellulare, esso determina poi alla superficie delle silique e dei fusti lo sviluppo di cespuglieti colliditeli inseriti su una massa pseudoparen- cliimatosa, bruna, subepidermica. I conidiofori sono bruni, brevi, set- tati e portano all'apice conidi allungati molto ristretti ed assottigliati in alto, bruni, forniti di numerosi setti trasversali lunghi fino a 140 \i. (tig. SO: 2). Questa forma- venne dal Kuhn designata come Sporidesmium e.ritio- sum e dal Montagne rife- rita poi al g. Pòlydesmus il (piale differirebbe solo dal- l'affini s si mo g. Al ternaria per l'assenza di setti tra- sversali; ora siccome questo carattere non è sempre co- stante oggidì si suol riferire la specie di Kuhn ad Alter- naria Brassicae cui io pure la riferisco considerandola appena come una varietà pel fatto della scarsezza od as- senza di setti longitudinali presenti nel tipo. I conidi germinano fa- cilmente nell'acqua emet- tendo numerosi tubi di ger- minazione i quali sugli or- gani verdi penetrano attra- verso gli stoini ed invadono i tessuti sottostanti nei qua- li poi si costituisce un ab- bondante micelio intracel- lulare (fig. 80:3). Fuckel avrebbe trovato in primavera sugli steli secchi di Brassìca Napus e B. Rapa già stati attaccati dalla malattia dei periteci ascofori con ascospore fusiformi, giallastre e trasversal- mente fornite di sei setti, riferibili ad una Leptosphaeria (L. Wapi | Fuck.J Sago.). Che questa specie sia la forma ascofora dell'Alternarla clic dan- Fig. 86. Nero del colza. 1. Aspetto di una infruttescenza (li rana con silique colpire dalla malattia. 2. Un cespuglieti» di Alternaria Bros- ticae var. exitiosa con conidiofori e conidi. 3. Conidio germinante (1 da Kirchner, 2 orinili.. :; da KiiiiN). 424 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI neggia le silique non è cosa certa non essendo stato provato speri- mentalmente. Mezzi (li cura. Kuhn consiglia di tagliare il raccolto prima della maturità dei semi e di ammucchiare i fusti forniti di silique in modo che queste siano rivolte verso l'interno del mucchio. Cos'i i semi con- tenuti in esse completerebbero la loro maturazione, quando naturai mente i fasci di piante siano esposti in luogo asciutto e sano. Secondo Wolf è buona pratica il distruggere le crocifere spontanee come Ita phanus, Sinapi-8, ecc., comuni nei seminati e spesso colpite dalla ma- lattia che può così passare alle crocifere coltivate. Comes (1) riferisce questa alterazione al parassitismo dell a Rhizoctonia violaceaYar. Brassicae e considera le altre crittogame come manifestazioni secondarie. Ciò però sarebbe contrario al fatto che il nero del colza è stato trovato assai spesso su piànte le cui radici erano perfettamente sane e nor- mali. 1GS. LEPTOSPHAERIA CIKCINAXS (Fuck.) Sacc. F. sterile: Rhizoctonia violacea Tul. f. Medicaginis (DO.): = Eh. Medicaginis DC. X. Hai. Mal vinato dell'erba medica. X. .stran. Wurzeltoter der Luzerne; Rhizòctone de la Luzerne. Questa gravissima malattia attacca in prima linea la Medicago sativà,. ma danneggia anche il Trifolhim pratense, il Tr. repens, il Tr. hybridum, ecc., secondo Comes anche il Fagiolo e la Fava e se- condo altri anche la Sulla [Hedysarum coronarium). È stata riscontrata la prima volta in Francia dal De Candolle nel 1815 (2): ma è diffu- sissima oltre che in Francia anche in Italia, in Germania e nella Danimarca. Caratteri esterni. La malattia si rende manifesta per lo più verso il mese di giugno: nel primo anno si mostra isolatamente nel medi- caio, nell'anno successivo si allarga e forma altorno ai centri di infe- zione delle zone circolari più o meno larghe in cui le piante prima ingialliscono e poi disseccano completamente. Così si vengono a for- mare nel medicaio delle lacune che si allargano man mano, conflui- scono insieme e finiscono per distruggere buona parte della coltivazione se la malattia non viene arrestata a tempo con opportuni trattamenti. Sulla parte aerea non vi è nessun indizio che riveli la presenza di (1) Comes, Crittogamia Agr., p. 344. -' Di; Candolle, Meni. d. Mas. d'Hist. Nat., 1815. LEl'TOSPHAKRIA CIRCINANS SACC. 425 un parassita; per constatare la sede della malattia e le cause bisogna cercare di strappare le piantine ammalate e quelle recentemente dis- seccate. Esse si strappano facilmente non offrendo il fittone colpito dal wmm " jp«? Fig. 87. Mal vinato dell'erba medica. ì. Ululici- «li Medicago satira colpita dal parassita: m micelio, e corpi miliari. J. Micelio
  • roporzioni di una parte di calce per tre di terra e quindi si inatti discretamente con acqua. Il latte di calce che si forma potrà distruggere frammenti di micelio che possono trovarsi nel terreno. Volendo rompere un medicaio infetto per facilitare la decomposi- zione delle radici colpite si spargano 8-10 quintali di calce viva per ettaro e poi si proceda alla lavorazione del terreno coll'aratro. Invece che colla calce si può disinfettare il suolo mediante il solfuro di car- bonio da usarsi nelle proporzioni di 150-200 grammi per mq., oppure con formalina nelle proporzioni di 60 grammi per mq. (1). Secondo Selby (2) irrorando il terreno con una soluzione acquosa di formalina nella proporzione di due parti di formalina (al 40 per cento) su 400 parti di acqua in modo da bagnare ogni mq. di suolo infetto con 80-90 litri ditale soluzione si uccide il micelio della Rhyzoctonia: però bisogna attendere poi qualche tempo prima di riseminare affinchè ogni traccia di formalina, che è nociva alla germinazione, sia scomparsa. È pru- dente però nei terreni così lavorati o nei tratti dissodati del medicaio seminare foraggi annuali oppure cereali. L'isolamento delle piante colpite mediante fosse profonde come è stato da alcuno consigliato non è qui praticabile e non dà buoni risul- tati data la profondità che raggiungono le radici della Medicago satiro. G. Pleospora Eabh. Periteci semplici, globulosi, membranacei, erompenti, ordinariamente caulicoli. Aschi parafisati con spore settato-muriformi, giallastre o brune. Le ascospore germinano facilmente emettendo parecchi tubi pro- ìnicèlici, uno in corrispondenza ad ogni setto. Come forme conidiche si riferiscono specie del g. Alternarla, Macrosporium, ecc. Specie nu- merosissime, ma tipicamente saprofite. Meritano tuttavia un breve cenno le seguenti: (1) Pkglign in Italia Agricola. XLI (1904), n. 14, p. 324. (2) Selby A. D. in Ohio Agr. Exper. St., 1906. tire. n. 59. PLEOSPORA HERBAECM RABH. 429 1.° PI. herbarum. Saprofita, ma talora aiiche in parte pa- rassita sii piante ortensi (cipolla, aglio, asparagio, ecc.). 2.° PI. Hyaclntlii. Parassita dei balbi di Giacinto. 3." PI. putrefaciens. Danneggia le foglie della Bietola. 4.° Pi. albicdns. Si svolge siri fusti della Cicoria. 5.° PI. Hesperidearum. Attacca i frutti di Arancio. 6.° PI. infectoria. Dubbiamente parassita sai calmi di fru- mento. 169. PLEOSPORA HERBARUM (Pers.) Rabh. F. conidica: Maerosporium commune Rabh., M. sarcinula Berk., M. parasiticum Thììm., Alternarla tennis Nees. N. della malattia. Annerimento delle piante ortensi (Allium cepa, A. sativum, Asparagus, ecc.). È una specie che si trova sa una quantità grandissima di piante però abitualmente allo stato saprotitico. Tuttavia Thììmen in Gei- mania, Prillietjx in Francia (1) l'avrebbero riscontrata dannosa alle coltivazioni delle cipolle e dell'aglio di cui determinerebbe il marciume dei bulbi. Secondo altri anche l'erba medica ne sarebbe danneggiata e pre- senterebbe disseccamento e caduta delle foglie in conseguenza al paras- sitismo del fungo. Anche il tabacco verrebbe, secondo il Behrens (2), attaccato e sulle foglie la malattia si mostrerebbe con tacche brune irregolarmente rotondate che finiscono per disseccarsi. Sui bulbi di aglio e di cipolla attaccati vi sarebbe abbondante micelio che all'esterno costituisce filamenti bruni, settati, sostenenti all'estremità grossi co- nidi bruni trasversalmente e longitudinalmente settati o sarciniformi che corrisponderebbero a M. sarcinula Berk. var. parasiticum Thììm. Forme conidiofore consimili si mostrerebbero pure sulle foglie e sugli steli languidi di dette piante nonché suWAsjmragus, sulla Medicago, ecc. Sulle foglie del tabacco nei punti colpiti Behrens avrebbe osser- vato lo sviluppo di una muffa olivacea, vellutata, costituita da brevi conidiofori sostenenti conidi a catenella, acuminati all'estremità, oli- vacei, muriformi-settati, misuranti 30-40 ^ 12-15 n. Questa forma verrebbe ascritta &\V Alternarla tennis Nees. Questo fungillo è anche comunissimo sui frutti e sulle foglie degli agrumi sia allo stato saprofitico sia come emiparassita. (1) Prillieux in Bull. d. la Soc. Myc. d. France, t. IX, 1893 e Malad. d. PI. Agi-., II, 1897, p. 230. (2) Bkhrens in Zeit. f. Pttanzenkrankh., II, 1892, p. 327. 430 I PARASSITI vegetali: III. EUMICETI Sugli organi colpiti in via di essiccamento si svolgono periteci sparsi, subepidermici, neri, globulosi ed un po' depressi contenenti ascili paratìsati ed in essi otto spore oblunghe, longitudinalmente e trasversalmente settate (5-7 divisioni trasversali), giallo brune, delle dimensioni di 30-40 * 16-18 V-. Questa forma è riferibile a Pìeospora herbarum (Pers.) Rabh. Le splendide ricerche di Gibelli e Grif- fi ni (1) anno provato i rapporti di questa specie colle forme cometiche riferibili ai g. Alternarla e Macrosporium escludendo invece rapporti e<»l g. Cl<(dosj)orium come aveva ammesso Tulasne. Secondo i sullodati autori il Macrosporium sareinula sarebbe più propriamente la forma eonidiea di una varietà di PI. herbarum che potrebbe, come ammette il Mattirolo (2), considerarsi come il tipo, ma elie Gibelli e Griffini designano come nuova specie (PI. sartina la), mentre V Alternarla tennis sarebbe forma eonidiea di PI. Alternariae Gib. et Grif., inclusa dagli altri autori in Pìeospora herbarum e da altri riferita invece a PI. infectoria FtJCK. (3). Mezzi di cura. Data la poca importanza di questo fungillo come parassita non sono necessari in generale mezzi di cura: l'allontana- mento o la distrazione degli organi o delle piante colpite è l'unico rimedio per evitarne la diffusione. 170. PLEOSPOKA HYACI^THI, Sorauer. X. ita!. Nero dei giacinti. X. stran. Schwarze (ter Hyaeinthen; Xoire des Eyacinthes. È una malattia che venne studiata in Germania dal Sorauer nel 1878 (4). Si manifesterebbe con macchie nere un po' rilevate, iso- late o confluenti sì da formare larghe chiazze crostose che si svolgono sui catafilli dei bulbi di giacinto che sono invasi da un abbondante micelio jalino, settato. Da questo micelio si forma alla superficie delle squame uno strato nerastro costituito da ife brune, fortemente settate, con articoli brevi e piuttosto larghi. Sa tali laminette stromatiche si (l)GrlBELLl e GrRIFFINl, Polimorfismo della Pleospor Spore biformi. 5. Periteeio ili Pleospora albicans. 6. Giovane asco con parafisi. 7. Asco ma- turo. 8. Ascospore (tutte secondo Prillieux). l Prillieux in Bull. d. la Sor. Myc. ti. France, 1896, p. 82; Maladies d. l'I. A.gr., L897, p. 248. PLEOSPORA INFECTORIA FUCK. 4:!o secchi si sviluppano i periteci di una PUospora (PI. albicans Fuck.) (fig. 88:5,8) cui già il Fuckel riferì la forma picnidica. Condizioni favorevoli, danni, cure. Condizioni favorevoli di svi- luppo sono il calore e l'umidità, quindi la malattia sarebbe specialmente frequente sul finire della primavera quando la stagione sia piovosa : d'estate la malattia in generale si arresta. Le piante colpite seccano parzialmente o totalmente e se l'attacco si effettua prima del completo sviluppo dei semi, ne compromette la maturazione. Si può combattere la malattia collo sradicare le piante colpite e non lasciarle in sito a marcire nel suolo perchè così si favorisce lo sviluppo della forma asco- fora o di conservazione, ma bruciarle. 173. PLEOSPORA HESPERIDEARUM, Caftan. N. iteti. Vaiolatura o nebbia dei frutti degli agrumi. N~. stran. Die Schifar ze der Orangenfriiehte. La malattia venne studiata nel 1878 dal prof. Cattaneo (1) e da lui attribuita ad una nuova specie del g. Pleospora. Si manifesta sui frutti di arancio con macchie irregolari, depresse, di varia grandezza che più tardi si ricoprono come di una specie di pulviscolo nero. I frutti colpiti diventano secchi, duri e quindi inutilizzabili. Il pulvi- scolo è formato dai collidi dello Sporidesmium piriforme Corda che sarebbe la forma conidica della Pleospora Hesperidearum i cui periteci non apparirebbero che più tardi sparsi sulle macchie brune dei frutti, immersi negli strati più esterni dell'epicarpio, globosi, papillari, for- niti all'interno di aschi ovato-oblunghi contenenti otto spore ellittiche, muriformi-settate, fosche, misuranti 40-50 * 18-20 fi. Il Cattaneo mediante i conidi riuscì a riprodurre la malattia, dimostrando così l'azione parassitaria del fungo. Non è un'alterazione né molto grave né molto diffusa: la distru- zione degli aranci infetti nelle località ove si sviluppa (Napoletano, ecc.) sarebbe più che sufficiente per rendere anche più miti i già lievi danni. 171. PLEOSPORA INFECTORIA, Fuck. N~. d. malattia. Annerimento dei culmi. Questa specie di cui è dubbia l'azione parassitaria si ritrova con una certa frequenza sui culmi di segala, giano, orzo, specialmente verso la base e non di rado in società colV Ophiobolus graminis. Nei (1) Cattaneo A., La nebbia degli Esperiti] (Ardi. Lab. Critt. d. Pavia, vo- lume IV, p. 3-8, Milano 1879). Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 28. 4;U I PARASSITI VEGETALI! III. Kl MK'ETI punti attaccati i culmi si presentano anneriti e dalla periferia di essi Sporgono piccoli corpiccioli nerastri, generalmente disposti in serie che som» periteci in cui sonvi ascbi cilindrici, paratisati contenenti spore ovato allungate 5-settate, giallognole, divise anche longitudinal- mente da un tramezzo e misuranti circa 18-20 * 9-12 p.. La bruciatura delle stoppie infette serve ad impedire la diffusione di questo fungillo ed anche degli Ophiobolus che sono notevolmente più dannosi. 0. CucurMiarìa Cray. Caratterizzato da periteci cespitoso-erompenti, neri, di consistenza carbonacea. Gli ascbi sono parafisati e contengono spore fosche tra- sversalmente e longitudinalmente settate. 1 75. CUCURBITARIA LABURNI (Pbbs.) Ces. e De Not. lf. d. malattia. Cancro dei rami del maggiociondolo. Si sviluppa sui rami del maggiociondolo (Cytisus Laburnum) senza essere però un vero parassita poiché il fungo non avrebbe la capa- cità di penetrare attraverso la corteccia sana, ma solo si insinuerebbe là ove esistono soluzioni di continuità, piccoli lesioni che mettono a nudo i tessuti sottostanti. È dunque quel che si dice un parassita di ferita. Tubeuf (1) ne studiò la biologia ed avrebbe provato che attraverso a lesioni superficiali il micelio penetra nei tessuti corticali quindi invade anche gli elementi legnosi ove determinerebbe una for- mazione gommosa. Nei punti cancrenosi comitale prima una forma coni- dica, quindi sotto la corteccia si viene a costituire come una specie di stroma su cui si costituiscono dei picnidi riferibili alla Diplodia Cytisi Aw., più tardi compaiono i periteci con ascopore settato- muriformi. La malattia non à che scarsissima importanza, trattandosi di pianta per lo più spontanea. 17(i. CUCÙRBITARIA PITHYOPHILA (Kunze)DeNot. .Y. Hai. l'umori dell'abete. A. strati. Erkrankung der Weisstanne. (1) Tubeuf, Gucurbitaria Laburni auf Cytisus Laburnum (Bot. Centi-., XXVI, pag. 229, L886). CUCURBIT'ARIA CITHYOPHILA DK NOT. 435 La malattia produce ipertrofìe sui rami dei giovani abeti (Abies pedinata) ed in Italia venne dettagliatamente studiata dal prof. Ca- vara (1) che la scoprì in Toscana, a Vallombrosa. Si manifesta sui rami con escrescenze lunghe alle volte fino a sei centimetri: la superficie della parte ammalata appare nera, rugosa (fig. 89:1). Il legno presenta un accrescimento anormale, i rami colpiti disseccano e talvolta si à la morte della giovane pianta. Nei tumori si tro- va il micelio del fungo il quale costituisce nelle screpolature della cor- teccia uno stroma con numerosi corpi fruttiferi ordinati secondo linee trasversali al ramo. Tali periteci sono subglobosi con piccolo poro, immersi in uno stroma bianchiccio formato da pseudoparen- chima e spesso circa mezzo millimetro (figura 89:2). Nei periteci che sono forniti di grossa parete nera si trovano aschi parafisati con spore 4-cellulari, settate solo tras versai mente (figura 89 : 3,4). Per impedire la diffu- sione di questa malattia si debbono tagliare e bru- ciare i rami ammalati e nei vivai sradicare le piante infette. Fig. 89. Tumori deW Abete. 1. Ramo di Abies colpito dalla malattia. 2. Stroma («) e periteci (p) della Cucurbita/ria pithyophila. 3. Aschi e paratisi. 4. A- seospore (a immatura, b matura) (tutte da Cavara). (1) Cavara F., Uber eiiie neue Pilzkmnkheit d, Weisstanne: Cucurbitaria pithyophila De N. (Zeit. f. Ptìanzenkr., VII, 1897, p. 321-325). 136 I PARASSITI VEGETALI! III. EUM1CETI Gr. Ophiobolus Riess. Distinto per la presenza di periteci senza stroma, talora subconici • •on ostiolo prominente, non di rado pelosi, contenenti lunghi ascili ed ascospore filiformi, giallastre, a diversi setti trasversali. Molte specie «li questo genere sono saprofite, due però arrecano non di rado gravi danni alla coltivazione del grano. 177. OPHIOBOLUS G-RAMINIS, Sacc. .V. ital. Mal del piede del grano, diradamento del grano. N. stran. Piétin, Maladie dii Pieci, Fusslranlcheit des Getreides. Il mal del piede del grano è malattia gravissima e purtroppo assai diffusa oltre ebe in Francia, in Germania e nel Belgio anche larga- niente in Italia. Essa è dovuta al parassitismo di tre specie di fungili che indipendentemente l'un dall'altra possono produrre gli stessi ef- fetti: 1' 'Ophiobolus grammi a, VOph. herpotriehus e la Leptosphaeria herpo- trichoides della quale abbiamo già parlato. Questi parassiti possono attaccare oltre che il frumento, anche l'orzo, la segala e l'avena pro- vocando danni assai intensi, che in Italia sono più sensibili nel Lazio,, nella Maremma, nel Pugliese, in Toscana e nell'Umbria. Caratteri esterni della malattia. Gli effetti del male si rendono manifesti specialmente nel maggio-giugno e quando sono intensi è facile constatare il deplorevole stato della vegetazione dei grani anche a distanza e specialmente osservando dall'alto un campo infetto. Si notano allora qua e là radure di forma irregolare o talora tondeg- gianti, larghe da pochi metri quadrati tino ad oltre mezzo ettaro. Ciò à potuto constatare il prof. Peglion nell'Agro Romano, regione spe- cialmente soggetta al diradamento del grano (1). La malattia si inizia dopo il mese di marzo: allora le piante incominciano ad offrire un aspetto clorotico e non di rado disseccano prima ancora di emettere la spica, soffocate ben spesso dallo sviluppo di cattive erbe che pren- dono la prevalenza nel campo sui cereali deboli e deperiti. Sradicando un cespugi ietto di grano, di avena o di altro cereale colpito si nota che il sistema radicale è profondamente disorganizzato e che l'alte- razione interessa anche la regione sopra il colletto cioè i due primi (1) Peglion, // dira ih uh cnto ilei grano e dell'averta nell'Agro Romano e nella Maremma (Staz. Sperim. Agr. Ital., Modena 1898. voi. XXXI, fase. V, 1». 467-484). OPHIOBOLUS GRAMINIS SACC. 437 internodi del culmo. Là si distingue una incrostazione nera che si diffonde al disotto delle guaine che sono marcescenti e costituisce una larga zona scura alla base delle piante (90 : 1). Tali parti alterate esalano uno spiccato odore fungine Solo nell'autunno e sulle stoppie dei grani ammalati lasciate imprudentemente sul campo si possono rinvenire colle caratteristiche incrostazioni nere su- gli internodi più vicini a terra dei piccoli e numerosi corpiccioli prominenti che rap- presentano gli organi di riproduzione e di conservazione del pa- rassita. Caratteri del pa- rassita. L'azione pa- rassitaria dell' Ophio- bolus graminis venne messa in evidenza la prima volta da Pril- lieux e da Dela- croix (1) nel 1890 in Francia. La crosta nerastra che riveste all' esterno i culmi verso la loro base è costituita da un mi- celio ad ite ramose, brune, settate, fra di loro intrecciate e co- stituenti qua e là co- me una pellicola stro- Fig. 90. Mal del piede del grano. 1. Base ili un cespuglieto di grano affetto dalla malattia. '-'. Micelio intercellulare del parassita. 3. Porzione ili ita micelica ili Ophio- bolus graminis. 4. Peritecio in sezione longitudinale ili Ophiob. kerpotrichus. ó. Asco e paratisi di Ophiob. herpòtrìchus, in b ascospora (originali, eccetto 2-3 da PeiLLIEUX). matica che si distende al disotto delle guaine: il micelio penetra inoltre nei tessuti del culmo ove le ite più pallide o quasi incolori si insinuano e penetrano nel lume cellulare (tig. 90:2,3). Durante la primavera e Testate il parassita si (1) Prillieux et Dklacroix, La maladie dit pied du Blé (Bull. parassiti vegetali: hi. eumk kti mostra esclusivamente sotto questa forma sterile: nell'autunno però sui punti infetti dei culmi giacenti al suolo si costituiscono dei periteci un astri a t'orma di fiasco, cioè rigonfi in basso e in alto un po' atte- nuati in un eolio breve e largo, troncato, inseriti alla base su u\i ammasso di ife brune ed un po' infossati nei tessuti del culmo eolla loro parte rigonfia. 1 periteci a differenza di quelli della specie seguente sono quasi glabri alla loro superficie o tutt'al più forniti di brevi e rade ife brune a foggia di peli. In ogni periteeio si trovano nume- rosi ascili non parafi sati contenenti ciascuno otto spore allungate, fili- formi misuranti 70-75 * 3-4 n., da prima pluriguttulate poi trisettate. Le spore svernano sulle stoppie e germinano a quanto pare in pri- mavera sul terreno infettando le giovani piante dei cereali e dando luogo così alla produzione del micelio nero e crostoso. Secondo il Peglion siccome le prime traccie del male si veggono sulle radici è probabile che la prima infezione si trasmetta alle radici primarie od autunnali donde poi passerebbe al colletto ed agii internodi infe- riori del culmo. Condizioni favorevoli allo sviluppo della malattia. Tutte le con- dizioni di ambiente che possono in qualche modo pregiudicare lo svi- luppo del grano e di altri cereali possono favorire lo sviluppo del mal del piede. Così il Peglion ammette tra le condizioni favorevoli alla malattia l'esaurimento del suolo per ripetute colture di cereali di- pendente essenzialmente da scarsità di fosfati, l'umidità del suolo per cui la malattia sarebbe più frequente nei terreni naturalmente umidi od acquitrinosi (regioni di Maremma, ecc.), la scarsità dello strato coltivabile, V arrabbiaticcio che contrarrebbero i grani quando vengono seminati in terreno solo bagnato superficialmente e che si manifesta poi nella primavera con una vegetazione stentata e languente, l'ab- bondanza delle pioggie durante la stagione primaverile. Mezzi di lotta. Consistono prima di tutto nell'estirpazione e bru- ciatura delle stoppie nell'estate, cioè prima che si siano costituiti gli organi di riproduzione del fungo parassita. Si faranno seguire quindi «lue arature una superficiale ed una profonda, spandendo nell'inter- vallo fra le due operazioni sul terreno 5 quintali di calce viva pel- ei laro. Nei terreni già esauriti per ripetute colture di cereali sarà bene eseguire buone concimazioni fosfatiche, quando non sia più op- portuno sospendere la coltura dei cereali e sostituire invece il trifoglio o la medica od altre leguminose per arricchire il terreno di principi azotati. Per impedire che i grani contraggano l'arrabbiaticcio sarà bene evitare di far semine su terreno bagnato solo superficialmente, prima OPHIOBOLUS HERPOTRICHUS SACC. 439 della semina si eseguiranno, come ben consiglia il Poggi, opportune rullature per rassodare bene il terreno prima o dopo la semina (a se- conda che si semina a righe od a spaglio), ripetendo l'operazione, se sarà del caso, durante la primavera a terreno asciutto. Secondo Peglion nessuna varietà di frumento presenterebbe una vera e propria resistenza contro il diradamento (1). Schribatjx (2) aveva eseguito diverse esperienze per vedere se era possibile distruggere i germi del parassita disinfettando il suolo mediante inaffiatura del terreno infetto con soluzioni di solfato di ferro, di rame e di acido solforico prima della semina del frumento. Le prove diedero risultati sconfortanti poiché i trattamenti avevano poco effetto contro i germi del fungo e d'altro lato potevano pregiudicare lo svi- luppo dei cereali alterando la costituzione chimica del terreno. Non rimangono dunque contro la malattia che le pratiche sovra ricordate di natura colturale le quali danno però risultati assai sod- disfacenti. 178. OPHIOBOLUS HEEPOTE1CHUS (Fr.) Sacc. N~. Hai. 0. s. N. stran. C. s. Questo parassita che attacca specialmente il frumento, l'orzo e la segala provocando gli stessi inconvenienti della specie precedente venne segnalato dannoso la prima volta nel 1S80 dal prof. Cugini nei pressi di Bologna (3). Nel 1883 si manifestò ancora in Italia sotto forma più grave, nel 1890 si diffuse notevolmente nel Modenese, nel 1891 dal Frank veniva anche segnalato in Germania. Caratteri della malattia e del parassita. Anche qui la malattia si riconosce facilmente per il progressivo ingiallimento e disseccamento dei culmi. La spica appare piegata colle glume macchiettate di bruno o di nero e con cariossidi piccole e leggere. Alla base del culmo si notano le identiche alterazioni della specie precedente. Anche in questo caso la crosta nera al disotto delle guaine fogliari basilari è formata da un micelio settato e bruno: dai tessuti necrotizzati del culmo erom- pono in autunno periteci che si distinguono facilmente da quelli del- ti) Peglion, Le malattie critt. delle piante coltivate, p. 121 (Casale: Bibl. Agv. Ottavi, 1899). (2) Sciiribaux Le Piétin ou maladie du pied des céréales (Journ. d'Agr. prat., 1892, p. 317). (3) Cugini in Giorn. Agv. Ital., XIV, 1880, n. 13-11. 440 i parassiti vegetali: ih. eumiceti VOph. graminis per essere irti di peli bruni, più o meno lunghi e flessuosi e per contenere aschi lunghi e sottili con spore filiformi il «loppio più lunghe cioè misuranti ben 135-150 n. per 2-2,5 i^. di lar- ghezza, fornite di più setti trasversali (Mg. 90:4,5). In Piemonte e precisamente nei dintorni di Alba il diradamento del grano, che non è raro benché produca danni limitati, è prodotto particolarmente da questa specie che io ò potuto osservare moltissime volte. Secondo il Krùgker (1) tanto questa specie che la precedente non sarebbero veri parassiti, ma solo parassiti facoltativi attaccando per lo più le piante non del tutto sane e provocando solo danni gravi quando la vegetazione sia già da altre cause alquanto indebolita. Le cause (die potrebbero influire e predisporre le piante alla malattia sarebbero, secondo il Soeauek, il gelo ed i forti freddi primaverili, secondo il Kuuger ed altri autori si dovrebbe tener calcolo anche di disturbi fisiologici per incompleta nutrizione, dell'azione del clima, dell'umi- dità, ecc. Mezzi di lotta. Orli stessi che per la precedente malattia. (j. Dilophia Sacc. Le specie di questo genere presentano periteci erompenti dall'epi- dermide contenenti aschi con otto spore filiformi, lunghe, plurisettate e tornite alle estremità di una appendice filiforme. Notevole la specie: 179. DILOPHIA GRAMINIS (Fuck.) Sacc. F. pieni dica: Dilaphospora graminis Desm. A. ital. Micosi delle spighe del grano e della segala. .V. strati. Mala die des épis du Bìé. Il fungo attacca le spighe di diverse graminacee spontanee e colti- vate e precisamente VAlopeeurus agresti» su cui venne descritto la prima volta nel 1829 dal Fries, la Festuca ovina, VHolcvs lanatus, la Vactylis glomerata, le Galamagrostis, le specie del genere Secate su cui nel 1840 lo osservava il Desmazières (2) e del g. Tritieum su cui il Berkeley nel 1862 lo osservava in Inghilterra. Il parassita l Kinii.i.i:. Untersuch. ttber <ì. Fusskrankheit. d. Getreidcs (Arb. A. K. Biol. Anst. t. Landw. n. Forstw., Berlin 1908, VI, p. 321). Desmazières in Ann. S.-. Nat., sci-. II, Bot. XIV. 1810, p. 67. DIL0PHIA GRAMINIS SACC. 441 gono guaina è abbastanza frequente sulle graminacee spontanee, su quelle coltivate è invece assai raro in Francia, pare sconosciuto in Italia, mentre sa- rebbe piuttosto dannoso in Inghilterra. Caratteri esterni. La malattia è facilmente riconoscibile ai carat- teri esteriori. Prima della fioritura compaiono sulle foglie delle macchie bianche sparse fittamente di puntini neri formati da picnidi. Sulle guaine le macchie sono più grosse e possono anche raggiungere la lunghezza di un centi- metro. Le foglie colpite imbruniscono e quindi disseccano. Le spighe rimangono deformate, coi fiori atrofizzati, be- ne spesso esse riman- racchiuse nella e si ricoprono completamente od in parte di uno strato ne- ro che le fa apparire come carbonizzate. Lo strato nero che non è polverulento come nel caso delle spighe affet- te da carbone, ma den- so, ingloba glume, glu- mette e rachide saldan- dole insieme (91:1). Katuralmente le spi- ghe così colpite riman- gono infruttifere. Caratteri del pa- rassita. I punti neri che si svolgono sulle macchie bianche delle foglie e delle guaine sono costituiti dalla forma picnidica del fungo che il Desmazieees designò col nome di Diloplwspora graminis (fig. 91:2). Nei picnidi si trovano stilospore cilindriche, continue, ialine lunghe circa 10 n. fornite di ciglia alle due estremità (fig. 91:3 a, b). Secondo Fuckel dai picnidi che anno svernato sugli organi morti in primavera si svilupperebbero dei Fig. 91. Micosi delle spighe. 1. Spighe tli grano colpite dalla malattia. 2. Sezione longitudi- nale di un picnidio di Dilophospora graminis, 'i. a Stilospore sviluppate sullo strato proligero del picnidio, b stilospore in diversi stadi di sviluppo. 4. Periteti in sezione longitudinali' (scheìnat.). 5. a Asco, b ascopora (da Prillieux. Winter. Fuckel). 44'J I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI periteci ascofori con spore lunghe fino e 72 n. affusolate, plurisettate ( ti ir. 1>1 :4,5). La massa nera che detonila le spighe è costituita da uno stmiiia a struttili;! di sclerozio cioè nero all'esterno, bianco all'interno. Alla sua superficie sporgono numerosi picnidi simili a quelli delle toglie e presentii uti lo stesso tipo di stilospore. Karsten nel 186Ò à seguito la germinazione di tali spore nell'acqua: esse si restringono nel mezzo fino a strozzarsi ed a spezzarsi: da questa apertura me- diana si svolge il promicelio. Mezzi (li lotta. Consistono anzitutto nella raccolta e distruzione delle spighe ammalate, facilmente riconoscibili, quindi nel mietere piuttosto alto il grano, bruciando le stoppie. Siccome, a quanto afferma ii Prillteux, la malattia attaccherebbe specialmente i frumenti in- glesi: conviene prima di seminarli di farne la medicatura con solfato di rame, come del resto si applica per prevenire lo sviluppo della carie e del carbone. Fam. VI. — Perispòriacee. La presente famiglia e la seguente {Erisifaeee) si distinguerebbero dalle già descritte famiglie dei Pirenomiceti per la presenza di peri- te fi à stomi cioè sforniti di ostiolo o di foro per la fuoriuscita delle spore a maturità. Questo carattere che è costante nelle Erisifaeee non è sempre mantenuto in tutti i rappresentanti delle Perisporiacee gruppo comprendente forme talora molto eterogenee e quindi poco naturale in cui confluiscono specie non sempre perfette di Pirenomiceti. Tipi- camente i periteci sono globosi o scudiformi. àstomi, bruni o neri a parete sottileo membranosa o carbonacei: qualche volta (sottof. Gap- nodiee) sono di forma allungata od anche ramosi e si aprono all'estre- mità per piccole lacinie, lasciando uscir fuori le spore. Il micelio è generalmente bruno, spesso crostoso, superficiale e sfornito di austori. Le ite che lo costituiscono sono a calibro più o meno grosso con pa- rete ordinariamente spessa e bruna, sono fittamente settate e cogli articoli non di rado rigonfi, toruloidei. Alcuni articoli rigonfiati possono costituire clamidospore che staccandosi germinano e possono dar luogo a nuovo micelio. Le ite intrecciandosi spesso formano anastomosi o confluiscono in masse pseudocellularij esfendendosi possono costituire strati sottili, crostosi, nerastri capaci di ricoprire per larga superficie organi vegetali. Dal micelio si originano forme conidiofore che prendono vari nomi a se- conda del loro aspetto; il tipo più comune è quello di Fitmayo, poi si anno t'oiine di Torula, di Hormiscium, ecc. PKKISI'ORIACBE 443 Oltre le forme conidiche in non pochi casi si osservano pure forine picnìdiche e spermogoniche talora intercalate ai periteci ascofori. Tutte queste forme in generale prendono sviluppo sul micelio bruno e cro- stoso, superficiale. Le specie veramente parassite in questo gruppo sono rare (g. Thielavia), predominano in gran numero quelle saprofite alcune delle quali però nonostante il loro saprofitismo possono riu- scire abbastanza dannose ai vegetali. Queste generano sulle piante colpite alterazioni molto note coi nomi di Fumaggine, Morfea, ecc.. perchè gli organi, foglie, fusti, fiori, frutti si ricoprono di uno strato nero fnliggineo determinato dal micelio del fungo. Lo sviluppo di questi fungili è nella massima parte dei casi subordinato alla pre- senza od alla precedente invasione di speciali insetti quali cocciniglie ed afidi le cui secrezioni spesso dolciastre costituiscono un ottimo ambiente per lo sviluppo delle spore di tali fungili. Le secrezioni zuccherine costituenti il fenomeno della melata che si verificano in non pochi casi sugli organi verdi dei vegetali spe- cialmente durante l'estate e che sarebbero dovute, stando all'opinione del Comes a disquilibrii di temperatura, sono particolarmente favo- revoli allo sviluppo delle fonnaggini perchè tali trasudazioni di consi- stenza gommosa trattengono facilmente le spore portate dal vento, ne favoriscono la germinazione e servono ad alimentare il micelio che si stende superficialmente. Sia per l'azione delle cocciniglie o delle melate sviluppandosi tali fungilli pregiudicano la vegetazione delle piante ospiti benché ad esse nessun materiale sottraggano direttamente poiché lo strato compatto ch'essi formano impedisce la penetrazione della luce alle cellule assimilatrici, quindi ostacolano la funzione clo- rofilliana, gii scambi gazosi dell'assimilazione del carbonio e della respirazione nonché la traspirazione. Avviene raramente che tali sa- profita siano causa di morte per la pianta che li ospita, tutt'al più essi determinano un rallentamento nella vegetazione dovuto alla diffi- coltà con cui si compiono le più importanti funzioni vitali. Oltre al gruppo dei funghi delle fumaggini. dei quali ci occupe- remo quasi esclusivamente tra i Peri spòri acci, abbiamo un gruppo di mi ceti del tutto saprofiti (Aspergillaeee), ma che si incontrano con una grandissima frequenza sugli organi vegetali però già deteriorati da altre cause, così ad es. VEurot'uim lievitar ioni ni Link più noto nella sua forma conidica di Aspergillus glaucus Link che è una delle più co- muni muffe delle sostanze organiche; così il Penicillium crusfacewm Fr. (F. glaucum Link.) che si rinviene frequentissimamente col precedente in particola!' modo su frutti però con coni portamento del tutto sapro- 444 I PARASSITI VEGETALI: III. EDMICETI fitario. Di quest'ultima specie solo aggiungeremo poche notizie non avendo le altre di questa sottofamiglia uno speciale interesse per la Patologia Vegetale. Distinguo nella sottofamiglia Perisporìee i generi di Perisporiacei con peritecio àstomo ed includo nella sottofamiglia Gapnodiee quegli altri generi in cui il peritecio nascente da un copioso micelio nero, imbrattante e separabile dalla matrice a maturità si apre in alto per la fuoriuscita delle spore. Sottofam. Perisporìee I. Fanghi parassiti radicicoli. . . G. Thiélavia. II. » saprofiti non radicicoli, con micelio nero, crostoso,, con periteci globosi o piriformi ad ascili polispori e spore jaline G. Apiosporium. Sottofam. Capnodiee I. Micelio nero crostoso, imbrat- tante. Periteci subglobosi, dei- scenti all'apice, ascofori : spore plurisettate, fosche o jaline . G. Idmacinia'. II. Micelio e spore e. s. Periteci semplici o ramosi, spesso ver- ticali, allungati G. Capnqdium. III. Periteci e. s., ma non ascofori G. Antennarut. Sottofam. Aspergiììaeee. Micelio ad ife jaline o di colori vivaci. Conidiofori a pennello all'apice con conidi catenellati. Forma ascofora sviluppata da speciali sclerozi G. PenUUÌium. G. Thiélavia Zopf. Periteci sferici, minuti, àstoini, contenenti numerosi asebi ovali con otto spore. Spore continue, oblunghe, fosche. Parassita radicale con micelio esogeno ed endogeno non crostoso su cui si origina una forma conidiofora riferibile al g. Thielaviopsis caratterizzata da conidi endogeni, jalini, svolgentisi dall'interno di u n'ita e da conidi esogeni (più esattamente clamidospore) bruni, catenellati. Nota la specie: 180. THIÉLAVIA BASICOLA, Zopf. V. ital. Moria delle piantine dei semenzai, marciume radicale del tabacco e di altre piante erbacee. X. stran. Wurzelbraune der Lupinai; Boat Fot of Tobacco. Questo parassita venne scoperto nel 1876 dallo Zopf sulle radici di Senecio elegans nell'Orto botanico di Berlino e più tardi dallo stesso THIKLAVIA BASICOLA ZOPF 445 autore ritrovato ed accuratamente studiato sulle radici del Lupino (1). Jn Italia venne osservato dal Peglion sulle piantine di tabacco che danneggerebbe grandemente (2); il Sorauer in Germania lo riscontrò anche sulle radici dei Cyclamen, il Clinton negli Stati Uniti d'Ame- rica lo constatò dannosissimo sul tabacco nonché su specie dei generi Ar alia, Begonia, Vio- la. Predilige però il tabacco e le legumi- nose poiché oltre di- verse specie del g. Lupinus è stato tro- vato sulla Trigonella caerulea, svilì Onobry- cliis Cristo, Galli e sul Pisum satirum. Caratteri esterni della malattia. Le piante colpite ed in particola!" modo il ta- bacco presentano a- spetto malaticcio, ri- nane ed quanto afferma mangono a Briggs raggiungono appena 20-25 centi- metri quando le sane sono già completa- mente sviluppate ed atte al taglio. Cer- cando di svellerle dal terreno si nota subito che non offrono al- cuna resistenza e che si spezzano nella re- gione del colletto es- sendo il fittone più o meno profondamente disorganizzato. Le radici Fig. 92. Marciume radicale del tabacco. 1. Piantina di tabacco colpita in M dalla malattia. 2, Micelio e forme conidiche della Thielavia banicola: A forma claniidosporica, Sfor- ma di conidi endogeni. 3. a Peritecio «lei fango, b asco, e ascospore (1 in parte da Peijmon, 2-3 in parte «la W'intkri. (1) Zopf W. , Ueb. die Wurzelbràune d. Lupinai (Zeit. f. Pflanzenkrankli. Bd. 1, 1891, pag. 72). (2) Peglion V., Marciume radicale delle piantine di tabacco causato dalla « Thielaria basicola Zoff » (Remi. R. Aec. fi. Line: ci. se. fìs. inat. nat., vo- lume VI, 2.° seni., ser. 5.a, fase. 2.°, Roma 1897). 446 I parassiti vegetali: hi. ei miceti secondarie dell'estremità del fittone sono putrefatte, mentre talora dalla base di esso, se sana, si svolgono nuove radici, ma deboli sì che non possono sostentare la pianta la quale ciò nonostante illan- guidisce e muore. Sulle radici alterate appaiono chiazze piuttosto estese, polverose, di color nero fuliggineo (fig. 92:1). Caratteri del parassita. Sul fittone e sulla parte ipocòtilea del fusto si distingue abbondante micelio fuligginoso, fitto che non solo interessa l'epiblema, ma si insinua nel cilindro corticale dissociando le cellule del parenchima e promovendo il marciume. Le ife miceliche sono ramificate, olivacee, fittamente settate, penetrano dentro le cel- lule più esterne del parenchima corticale formando nell'interno di esse fitti grovigli. Dal micelio si possono diramare dalla radice affetta al terreno circostante dei piccoli cordoni rizomortìci costituiti da poche ife lassamente riunite. Gli organi fruttiferi del fungo si svolgono alla superficie delle radici e sono di due sorta: Gonidiali ed ascoforo. Gli organi conidiali sono di due tipi: il primo e costituito da conidiofori tubulosi, articolati in basso, superiormente cilindrici e solo un poco dilatati in prossimità del setto inferiore, misurano 60-80 — 5 5.5 n. e dentro di essi si differenziano da 4 a 5 endoconidi jalini misuranti circa 6 = 4 li. che a maturità vengono espulsi l'un dopo l'altro dall'apice aperto di questo curioso conidioforo (fig. 92:2 B). Sugli stessi rami che portano tali organi o su altri del micelio si formano poi da brevi supporti dei gruppi di catenelle di spore brune: ogni gruppo può essere costi- tuito anche da 5-6 catenelle ognuna formata da 4-5 spore che a maturità si separano e misurano circa 14-16 = 10-12 n. (fig. 92:2 A). La forma delle catenelle di spore ricorda un po' una teleutospora di Phragmiàium. Secondo Zopf tali spore più che veri conidi dovrebbero considerarsi come clamidospore e costituirebbero organi ibernanti. In queste con- dizioni la superficie delle radici malate si copre di una grande quan- tità di questi conidi che formano così una specie di polvere brunastra. La forma ascofora si svolge dopo la produzione dei conidi incolori e quando le clamidospore sono già numerose. È rappresentata da peri- teci misuranti 80-100 fi. di diametro, subglobosi, membranacei, da prima incolori poi bruni, sono perfettamente àstomi e contengono aschi ovali con otto spore limoniformi, brune, grossamente 1-guttate e misuranti 8-10 = 4-5iL (fig. 92:3). La vitalità delle clamidospore è assai lunga come à potuto con- statare il Pegllon (1) che le conservò a secco per tre anni, rimet- ti) PeGLION V.. Moria delle piantine nei semenzai (Staz. Sper. Agr. Ital., 1900, XXXIII, fase. Ili, p. 232). THIELAVIA BASICOLA ZOPF 447 tendole in vita con qualche goccia di acqua sterilizzata addizionata ad acido tartarico al 6" 00. Il micelio del fungo vive anche saprofi- ticamente nella terra umida le cui particelle vengono avvolte come da una ragnatela. Il fungo perciò si conserva e si diffonde nel ter- reno da pianta a pianta con estrema facilità specialmente nei semenzai ove sono realizzate le condizioni favorevoli di sviluppo cioè calore, umidità, presenza di terriccio ricco di humus e di concimi organici che ne facilitano la vita saprotitaria. Mezzi di lotta. Poiché il parassita produce i maggiori danni nei semenzai ove talvolta distrugge tutte le piantine è qui che bisogna adottare i mezzi più energici di lotta. Peglion (1) che à fatto impor- tanti esperienze in proposito consiglia come misura preventiva di preparare con cura il letto dei semenzai disponendo sopra il concime un abbondante strato di terra proveniente da località sana. L'eccesso di sostanze organiche e l'umidità essendo condizioni favorevolissime allo sviluppo del fungo dovranno essere eliminate sia col mescolare sabbia al terriccio troppo grasso, sia con opportuni drenaggi che col favo- rire l'aerazione del semenzaio. È stato consigliato molto opportuna- mente il debbio del terreno destinato a semenzaio: con questa pratica vengono distrutti i germi parassiti e saprofiti del suolo e si modifi- cano inoltre le proprietà fisiche del terreno rendendolo più adatto allo sviluppo delle piantine. Si brucieranno a tal uopo sul terreno adatto a semenzaio e coperto di terriccio di bosco delle fascine o della legna secca oppure della pula di frumento: la cenere verrà quindi incorporata nel suolo. Secondo Briggs (2) si combatte efficacemente la malattia nei letti caldi sterilizzando il terreno con vapore di acqua bollente o bagnan- dolo con soluzioni diluite di formalina. I concimi neutri o debolmente acidi ostacolerebbero la diffusione del male, mentre concimi alcalini (contenenti calce e carbonato potassico) ne agevolerebbero lo sviluppo. Secondo Clinton (3) la disinfczione dei letti caldi si farebbe age- volmente inaffiandoli con una soluzione di formalina a queste dosi: Formalina al 40 per cento . . . parti 1 Acqua » 10(1. (1) Peglion V., 1. e. (2) Briggs L. I., The fièld t reali», of Tobacco rout-rut (U. I. Dep. of Agric. Bureau of Plant. Ind. Ciré. 7; 1908). (3) Clinton G. P., Boot-rot of Tabacco (Rep. of the Connect. Exp. St. V. Rep. of the Stat, Botali, f. 1907: 1908, p. 363-368). 448 I PARASSITI VEGETALI : III. EDMICETI La proporzione da adoperarsi sarà di circa 40 litri di tal soluzione ogni mq. Per combattere la malattia nei campi non c'è che ricorrere ad una buona rotazione agraria. G. Apiosporium Kunze. Micelio superficiale crostoso presentante forme conidiche e clami- dosporiche riferibili ai g. Tonda, Antennaria, Fumago, ecc., di color brano nerastro. Periteci superficiali minuti, globosi o piriformi, im- perforati, inseriti sul micelio crostoso. Aschi senza parafisi contenenti numerose spore globose od oblunghe, continue, jaline. Sono note molte specie a comportamento saprofitatario. Meritano appena un cenno le seguenti: 181. APIOSPORIUM PINOPHILUM, Fuck. X. ìtal. Fumaggine dell'abete, del pino, ecc. X. stran. Busstau der Tarine. È frequente nei boschi di Conifere e specialmente sui giovani rami e sulle foglie di abete che riveste di una crosta nera, friabile, formata da ife brune, ramose, settate, cogli articoli rigonfiati e costituenti catenelle di clamidospore (Antennaria pinophila Nees). Sulle foglie si costituirebbero secondo il Fuckel dei periteci minuti, superficiali, orbicolari, convessi, neri, contenenti aschi grandi pieni di numero- sissime spore minute e jaline. È un saprofita che à pochissima importanza e che deturpa più che danneggi le piante colpite. L82. APIOSPORIUM RHODODBXDRI, Fuck. X. stran. Fumaggine del rododendro. .V. stnin. Russtau der Alpenrosen. Comunissimo sui rami e sulla pagina inferiore delle foglie del Ehododendron firmili nauti nei luoghi ombrosi e boschi della regione alpina. Costituisce una erosta nerastra superficiale formata da micelio bruno su cui si distinguono eatenule di clamidospore (Tonda Rhodo- driul ri Kze). Anche questa specie non riesce dannosa. LIMACINIA PENZIGI SACC. 44ìt G. Li iliaci n ia (1) Neger. Micelio crostoso, superficiale, separabile, formato anche qui da ite brune, articolate, fittamente riunite, presentante alla superficie periteci globósi, àstomi, membranacei, forniti o sprovvisti di setole. Interna- mente i periteci contengono ascili brevi ordinariamente 2-8-spori. Le spore sono oblunghe, fosche o jaline, plurisettate. Questo genere è ricco di specie a comportamento saprofitico, ma tuttavia dannose a non poche piante coltivate ed in special modo agli Agrumi. 183. LIMACINIA PEXZIGJ, Sacc. (1899). Sinon. Meliola Penzigi Sacc. (1882); M. Camelliae (Catt.) Sacc; Capnodium Cifri Penz. A. ital. Morfea, t'omaggine, nero degli agrumi. A. stran. Noir du Citronnier, de l'Oranger, eie. ; Morfea -h ran k he it; Russthau; iSooty mold. È una delle più comuni malattie che si osserva sugli agrumi e che deturpa le foglie, i rami ed i frutti degli aranci, dei limoni, dei cedri e dei mandarini. Lo stesso fungo si svilupperebbe anche sulle foglie e sui rami della Cametlia e riesce dannoso specialmente ove questa pianta è largamente coltivata nelle serre. Sui diversi organi colpiti si manifesta con croste estese, nere, friabili, poco aderenti, del tutto superficiali (fig. 93: 1). Lo strato nero è formato da ife miceliche di color bruno scuro, fittamente settate, ramose e densamente intrec- ciate (fig. 93 : 2). Qua e là si elevano rametti più strettamente articolati, con articoli rigonfiati e quindi toruloidei che si possono staccare ed in con- dizioni opportune germinando riproducono il micelio. Talora le ife intrec- ciandosi densamente si saldano in alcuni punti formando come delle masse brune a struttura cellulare che si possono staccare e parimenti dar luogo a formazione di nuovo micelio. Altre forme ri produttive sono i cerato pi cu idi, i picnidi globosi ed i periteci ascot'ori. I cerato- picnidi o spermogonii sono di forma allungata, quasi a cornetto, per lo più subfusiformi cioè un po' rigonfiati al mezzo ed assottigliati all'estremità superiore, sono bruni, rigidi ed in basso impiantati sulla crosta micelica, sono lunghi da mezzo millimetro ad un millimetro e (1) Questo genere era stato da alenili micologi riferito al g. Meliola Fries, che però ben si distingue dal presente per il micelio regolare e non capno- diaceo, per le speciali appendici dei periteci e per la sua area di distribuzione geografica, essendo proprio delle regioni tropicali. Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 29. 4.-.0 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICET1 si notano talora anche siri frutti molto deturpati dalla fumaggine degli agrumi come sporgenze setoliformi cbe si innalzano dalle chiazze nerastre. Tali organi si aprono in alto e lasciano uscire delle stilospore jaline, ellittiche, minute (o-G = 2-3 p.) ed assai numerose (tìg. 93:4). Sullo stesso micelio si possono distinguere altre due forme di picnidi globosi cioè alcuni con setole acute, rigi- de e nerissime im- piantate verso la- sommità, altri sprov- visti di setole, perfo- rati all'apice e con- tenenti in entrambi i casi stilospore per- fettamente simili a quelle dei ceratopi- cnidi (tig. 93:3). I periteci ascofori sono anch'essi globulosi, glabri o poco setolosi, neri, contengono a- schi obovati con otto ascospore muriformi settate (dictiospore) di un color bruno giallastro (tìg. 93:5). Favoriscono lo sviluppo di questa malattia diversi in- setti, specialmente afidi e cocciniglie, che sia colle loro secrezioni zuccheri- ne, sia col determi- nare sulle foglie fe- nomeni di melata agevolano lo sviluppo e la vita saprofitiea del fungo. Cos'ispessissimo 1:1 c Parsa della Morfea è preceduta dall'invasione dell'uno o del- l'altro di questi comuni parassiti degli agrumi; il Lecanium hesperidum Burm., la Mytilaspis citricola Ooms., il Dactylopius cifri Sign., l'Aspi- CT^ Fig. 93. Nero degli agrumi. !■ Ra' li arancio con foglie infette dalla Limacinia Penzigi. 2. Mi- celio, :ì. a Picnidio, 6 stilospore. i. Ceratopicnidi. 5. a Peritecio, b asco, e ascospora (da Penzig). LIMACINIA PBNZIG1 SACC. 451 diotus Limonii Sig-n. I tre primi specialmente che si rinvengono con grande frequenza siigli organi colpiti da fnmaggine sono notevoli per l'abbondante melata che producono e quindi contribuiscono più di tutti alla diffusione della malattia. In America, ove pure questa altera- zione è assai diffusa, è inoltre favorita dallo sviluppo di altri insetti e precisamente daWAleyrodcs Gitri R. et H., dal Ceroplmtes floridensis Coms. e ddWAphis GosKypil Glov. Conseguenze dello sviluppo della fumaggine sono l'interruzione dei processi di assimilazione, degli scambii gazosi; l'incompleto svi- luppo dei frutti il cui accrescimento è notevolmente ritardato, mentre frequentemente non raggiungono l'intiera maturità o se la raggiun- gono rimangono insipidi e poco succosi. Mezzi di lotta. I più efficaci sono tutti indiretti cioè si cerca di combattere le cocciniglie che sono la causa prima dello sviluppo delle fuinaggini e ciò mercè l'uso di energici insetticidi. Può servire a questo scopo una miscela formata da kg. 1-2 di sapone nero, di petrolio nero litri 1-2 e di 100 litri di acqua da applicarsi con una pompa irrora- trice sugli organi invasi da cocciniglie. Il Cuboni consiglia la puli- tura dei rami coperti da fumaggine con una spazzola e quindi una irrorazione generale di tutte le parti colpite della pianta colla seguente miscela : Acqua litri 10 Nicotina . . . . . grammi 10 Alcool metilico centimetri cub. 100 Sapone nero . . . . grammi 100 Carbonato sodico . . » 20. Questa miscela insetticida servirebbe essenzialmente contro le coc- ciniglie, per arrestare poi lo sviluppo della Meliola si faranno seguire a qualche intervallo una o due irrorazioni con poltiglia bordolese. Secondo il Webber (1) si otterrebbero grandi vantaggi coll'uso di miscele resinose. Una formula molto conveniente sarebbe la seguente: Eesina Soda caustica (98° J Olio di pesce crudo Acqua 9,00 » 1,80 litri 1,700 » 08,000 (1) Webber II. I., Sooty mold o/the Orange and its treatment (Bull. n. 13 U. 8. Depait. of Agr. : Divi», of Veget. Phys. and. Pathol. Washington, 1897). 452 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI Al momento di usarla si prende una parte di questa miscela e si diluisce in nove parti di acqua. Si dovranno eseguire da due a tre irrorazioni sulle piante durante l'inverno ed una nel mese di maggio. Lo stesso autore accenna anche a mezzi biologici di lotta che à espe- rimentato per distruggere VAleyrodes Gitri R. et H., che è una delle principali cause di diffusione delle fumaggini degli agrumi, mediante l'inoculazione di un l'ungo parassita: l' Aschersonia Aleyrodis Webb. che si sviluppa sulle larve e sulle pupe, uccidendole. Avrebbe otte- nuto buoni risultati spruzzando su piante affette da Aleyrodes del- l'acqua con sporule del fungillo. Buoni risultati possono dare certe poltiglie miste cioè miscele cu- priche con aggiunta di qualche energico insetticida : la poltiglia bordolese con aggiunta di Rubina secondo la formula Martini po- trebbe essere molto efficace sia contro le cocciniglie che contro la fu maggi ne. 184. LIMACIXIA CITRI (Br. e Pass.) Sacc. (1899). Sinon. Meliola Cifri Sacc. (1882); Apiosporium Cifri Br. e Pass. A. ital. Mal di cenere degli agrumi. A. stran. e. s. Questa malattia venne osservata per la prima volta verso il 1876 dal prof. Briosi (1) in Sicilia ed attaccherebbe con gravi danni tutte le qualità di agrumi. Le foglie attaccate si presentano come ricoperte da una crosta leggera, polverosa di color grigio cenere che più tardi prende una tinta più scura. Tale strato è formato da ite miceliche ramose, di color grigiastro, tenui, molto settate e quasi moniliformi. Più tardi su questo micelio si sviluppano periteci puntiformi, bruni con aschi ottospori: la forma ascofora è però rara, assai più frequen- temente si possono osservare picnidi di due qualità, alcuni setolosi, altri inermi, contenenti entrambi stilospore jaline piccolissime (2). Le condizioni favorevoli di sviluppo sono eguali a quelle della specie precedente e quindi gli stessi mezzi di lotta si possono con- sigliale per combattere questa malattia. 185. LIMACIXIA MORI (Catt.) Sacc. (1899). Sinon. Capnodium Mori Catt. ; Meliola Mori Sacc. (1882). A'. 4 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICET1 ISO. CAPNODIUM SALICINUM, Mont. F. conidica: Fumago vagans Pjsrs. .V. ital. Furaaggine della vite, del salice, del luppolo, ecc. X. .stran. Rwstau, Fumdgine, Xoir de la vigne, etc. Questa specie si sviluppa sii molte piante ed attacca in particolar modo la vite, il luppolo, il salice ed il pioppo: i maggiori danni li produce sulla vite e quindi ci occuperemo essenzialmente degli effetti die la malattia determina su questa pianta. Il Capnodium salicinvm, più noto nella sua forma conidica di Fumago vagans, è un fungo cosmo- polita, diffuso quindi in tutte le località ove si coltiva la vite o dove crescono le piante ebe attacca. Caratteri esterni della malattia. Della vite attacca tutti gli or- gani verdi, giovani tralci, foglie, grappoli, acini coprendoli di uno strato nerastro spesso continuo e dall'aspetto di fuliggine che ma- schera completamente il color verde delle parti invase. Sulle foglie si manifesta specialmente sulla pagina superiore che ne rimane rico- perta spesso interamente e del tutto annerita, mentre talora la pagina inferiore à il suo color verde normale (fig. 94:1). Frequente è pure l'annerimento degli acini specialmente delle uve bianche da tavola che deturpa, riducendole improprie al commercio. La patina nerastra sia dei tralci che delle foglie che degli acini, specie quando è fresca si stacca facilmente essendo del tutto superficiale e lascia vedere sotto il color verde naturale degli organi colpiti. In seguito a tale rivestimento fuligginoso vengono impedite la traspirazione e la funzione di assimilazione del carbonio, la vegeta- zione rimane stentata, la maturazione delle uve ritardata od impedita ed anche talora ostacolata la completa lignificazione dei tralci. Le uve coperte da fumaggine oltre che avere un cattivo aspetto, anno anche un sapore disgustoso, diventano amarognole e questo' sapore si trasmette anche al vino il quale inoltre risulta di difficile conser- vazione. Benché non si tratti qui di una vera e propria malattia parassi- taria, le conseguenze dello sviluppo di questo saprofita sono dunque a temersi per le ragioni indicate. Caratteri del fungo. La crosta nera superficiale è costituita, come nelle altre fonnaggini, di un denso strato micelico costituito da ife fittamente intricate brune e strettamente articolate, confluenti qua e là in animassi di struttura pseudoparenchimatica, con elementi cellu- lari piccoli poliedrici, bruni a grossa parete e contenenti spesso una gocciolina oleosa: qua e là sul micelio si distaccano ife con articoli CAPNODIUM SALICINUM MONT. 455 più rigonfiati, come rotondeggi unti, disposti a catenelle irregolari e ramose, fortemente brune. Tali articoli possono facilmente disartico- larsi e germinare in ambiente opportuno dando luogo a formazione Fig. 94. Ftimaggine della vite. 1. Foglia
  • geni mule, di color bruno nerastro impropriamente considerati conidi 456 I PARASSITI vegetali: III. ElMICKTI benché ricordino quelli del g. Coniothedum, che staccandosi possono pure riprodurre micelio germinando in diversi punti.. Clamidospore e gemmili e rappresenterebbero dunque parti del sistema vegetativo ca- paci di riprodurre il t'ungo. Accanto a queste forme si trovano poi rami conidiofori generalmente brevi, settati, bruni, semplici o ramosi, diritti o flessuosi sviluppati sugli ammassi pseudoparencliimatici, verso l'estremità un po' denticolati e sostenenti catenelle semplici o ramose di conidi ovali, bruni da prima semplici poi I-settati, non ristretti al setto. A questa forma riproduttiva che è la più comune il Persoon diede il nome di Fumago vagans (= Cladospòrium Fumagò Link.) (fig. 1)4:1'). Anche per mezzo di tali conidi si può effettuare lo sviluppo di micelio e quindi la diffusione della malattia. Meno frequenti sono gli altri organi riproduttivi del fungo cioè gli sperino goni, i pieni di ed i periteci. Gli spermogoni sono di forma cilindrica o conica, generalmente dilatati in basso ed un po' assottigliati all'apice, di color bruno nerastro; a maturità si aprono per piccole lacinie all'apice e lasciano uscir fuori degli spermazi jalini, piccolissimi e numerosissimi. I picnidi, mescolati agli spermogoni sono della stessa forma, differisce solo il contenuto, le stilospore infatti sono più grosse, brune e settate (fig. 94:3 e). Assai frequentemente si trovano di tali corpi fruttiferi bifor- cati e non è raro che alle estremità dei due rami sfuggano spore di due forme differenti. Evidentemente si tratta di uno spermogonio e di un picnidio che si sono fusi insieme e che anno quindi una base comune. I periteci si incontrano più frequentemente sui rami delle piante col- pite e maturano generalmente durante l'inverno. Sono più grandi di quegli altri organi sporiferi però più corti, quasi cilindrici, spesso un po' rigonfi ed arrotondati all'apice ove si aprono per lacinie lasciando sfuggire numerosi aschi contenenti da sei ad otto spore brune tra- sversalmente e longitudinalmente settate (fig. 94:3^ 4, 5). Condizioni favorevoli di sviluppo. La malattia è più frequente nei luoghi bassi ed umidi, si ritrova con maggiore frequenza sulle viti tirate contro i muri dei fabbricati e meno ben esposte alla luce o coltivate nelle serre od in località poco ben aerate. Diverse cocci- niglie possono favorire lo sviluppo della malattia ed in particola!" modo il Dactyìoj)ins vitis e la Fulvinaria vitis le cui secrezioni si prestano molto bene per la germinazione delle spore del Capnodium. Anche la melata che sulle foglie di vite può talora svolgersi indipendentemente da cause parassitarie è assai favorevole allo sviluppo della malattia. Mezzi di cura. 1 tralci fortemente colpiti debbono essere aspor- tati nella potatura verde e secca e distrutti: si spogleranno le viti CAPNODIUM SALICINUM MONT. 45 7 colpite del fogliame soverchio, togliendo le foglie malate, l'aerazione e la luce impediranno la diffusione della malattia. Durante l'inverno poi si eseguiranno opportuni trattamenti per distruggere sul ceppo sia i germi delle fumaggini che le cocciniglie. Hi scorteceieranno i ceppi con un guanto d'acciaio (guanto Sabatier) oppure con una spaz- zola molto dura: i detriti di vecchia scorza dovranno essere ammuc- chiati e bruciati sul posto: si procederà quindi al lavaggio dei ceppi così ripuliti mediante una soluzione di solfato di ferro acidificata così composta: Solfato di ferro kg. 30 Acido solforico . . ... . . litri 1 Acqua calda » 100. Sarà opportuno bagnare con questa miscela anche un po' il suolo al piede delle viti che talora è annerito dalla grande quantità di spore e di altri germi del fungo che si sono distaccati dagli organi colpiti e si sono depositati a terra. Se si tratta di distruggere anche le cocci- niglie sarà più opportuno fare pennellazioni con qualche energica mi- scela insetticida. Ecco la formula che secondo Degrully (1) viene maggiormente impiegata nel Bordolese: Acqua litri 100 Calce grassa in pietra . . . kg. 20 Olio greggio d'oliva .... » 8. Si prepara bagnando la calce quanto basta per renderla polveru- lenta, quindi si versa sulla calce l'olio e si rimescola facendo una pasta omogenea indi si aggiunge l'altra acqua sempre rimescolando attiva- mente. Un'altra ottima formula è quella proposta dal compianto pro- fessore V. Mayet: Acqua litri 100 Sapone nero kg. 3 Olio greggio d'oliva .... » 5 Naftalina greggia » 5. Si sciolga il sapone nell'acqua calda e sempre agitando fortemente si aggiungano le altre sostanze. (1) Dkgrully L., Trait. des vignes attàntes de fu magi ne (Progr. Agr., 1904, num. 51, p. 705-706). t.'.s I PARASSITI VEGETAI^": III. EUMICETI Se in primavera si osservassero ancora delle cocciniglie sugli or- gani della vite si potrà a mezzo della pompa applicare l'insetticida Biley così composto: Sapone nero kg. 1.000-1.500 Petrolio litri 2-3 Acqua » 100. I trattamenti con poltiglia bordolese che si faranno alle viti contro la peronospora serviranno anche a prevenire lo sviluppo della funi a g- gine sulle foglie sane; è a notarsi però che i conidi della Fumago vagans sono assai più resistenti all'azione dei composti cuprici dei conidi e delle zoospore della Pìasmopara. Su diverse altre piante legnose si trovano fumaggini che vengono riferite a questo genere benché si conoscano esclusivamente le forme pienidiche o sperroogoniche: la distinzione di specie è spesso più ba- sata $\\\Y habitat diverso che su veri e propri caratteri botanici, così ad esempio sono frequenti le seguenti specie: 187. CAPNODIUM TILIAE (Fuck.) Sacc. che produce la fumaggine sulle foglie e sui rami del tiglio. 188. CAPNOD1UM NERII, Rabenh. assai frequente sulle fo- glie e sui rami di Xcrium Oleander, talora consociato a cocciniglie. 189. CAPNODIUM QUERCIXUM, Berk. et Desm. che induce la fumaggine sulle foglie e sui giovani rami di quercia. 190. CAPXODIUM PERSOOXn, Berk. et Desm. che pro- duce la fumaggine del nocciolo. Prillietjx (1) comprende queste due ultime specie nel: 191. C. ELOXGATUM, Berk. et Desm. caratterizzato da sper- mogoni e picnidi allungati, assottigliati in alto e lateralmente ramifi- cati. Tutte queste specie però anno scarsissima importanza. (*. Antennaria Link. In questo genere si comprendano specie con caratteri molto simili a «pielli del g. precedente e che anzi si potrebbero collocare tra le (1) Pkillikcx. Mal. ,1. Plantes Àgr., II, p. 59. ANTENNARIA ELAEOPHILA MONT. 459 torme imperfette del g. Gapnodium perchè mancanti di periteci asco- fori e fornite solo di spermogoni o di picnidi. È degna di menzione una specie clie vive sull'olivo: 102. ANTEXXARIA ELAEOPHILA Mont. (= Gapnodium eia- eopkilutn Prill.). X. ital. Fumaggine o nero dell'olivo. N. .stran. Xoir de VOlirier. È mia malattia molto diffusa nei luoghi di riviera in Italia, in Francia ed in Algeria e sarebbe causa talora di danni assai gravi per la pianta e per il raccolto. Il modo di presentarsi non è diverso da quello delle altre fumàggini cioè anclie qui i germogli, le foglie, i rami ed anche i giovani frutti sono coperti di una abbondante crosta nerastra che dà agli organi ed alle piante colpite una colorazione oscura visibile anche a distanza (tig. 95:1). Come nel Gapnodium sali- cinum anche qui la crosta nera è costituita di ite brune, torulose con- fluenti in masse cellulari che si possono staccare e riprodurre il micelio (tig. 95:2). Altri organi riproduttivi sono spermogoni di forma sferica od ovoidale contenenti minuti spermazi ovali e j alini (tìg. 95:3). Farlow (1), Prillieux ed altri autori anno potuto inoltre osservare dei picnidi allungati e subconici, deiscenti all'estremità e contenenti spore brune e settate simili a quelle dei Gapnodium. Prillieux (2) avrebbe pure trovato spermogoni di forma allun- gata con spore jaline e bacillari. Perciò questo autore riferisce la fumaggine degli olivi al g. Gapnodium osservando inoltre clic il G. claeo- philum è assai poco distinto da G. salicinum per quanto riguarda le forme vegetative, picnidiche e sperinogoniche e clie la differenza più marcata sarebbe nell'assenza della forma ascofora fin qui non' constatata. Penzig riferisce che la fumaggine dell'olivo venne dal Gasparrixi anche riscontrata sulle foglie e sui rami di limone, lo stesso Farlow constatando il medesimo fatto sarebbe venuto nell'idea che sostan- zialmente la Morfea degli ulivi non è diversa da quella degli agrumi e che si tratterebbe della stessa specie (3). A mio avviso però la que- stione, che à per noi solamente un'importanza scientifica, potrà solo (1) Farlow W. G-., On a disease of olire and Orange trees, eie. (Bull. of. the Bussey lnst., 1876, p. 404). (2) Prillieux, op. cit., t. II, p. 51. (3) Pknzig O., Studi botanici sugli agrumi e suite piante affini (Ami. di Agr., Roma 1887. p. 323). 4li() I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI essere definitivamente risolta quando si sarà scoperta ed ottenuta la torma ascofora della fumaggine dell'olivo per cui si potrà stabilire se è una specie autonoma o se dev'essere fusa col CajmojHùm salicinwm o colla Limaeinia Penzigi. La fumaggine dell'olivo è favorita nel suo sviluppo dalla presenza della comune cocciniglia dell'olivo: Lecanium Oleae: le condizioni die agevolano lo sviluppo di questo parassita sono pure favorevoli alla Morfea per naturale conseguenza. Così men- tre l'inverno rigido col provocare la morte del- le cocciniglie limita la diffusione dell' Anten- naria, così all'opposto l'inverno mite favori- sce lo sviluppo delle une e dell'altra. Anche qui dunque per combattere effica- cemente questa fumag- gine si dovrà ricorrere ad insetticidi che ab biano azione molto erti cace sulle cocciniglie. Zachaebwicz (1) consiglia di fare tre trattamenti mediante pompa uno alla metà di aprile, un secondo un mese dopo, il terzo in luglio colla seguente miscela dotata anche di proprietà anticrittogamiche e che può combattere quindi contempo- raneamente la fumaggine, il Gyclooonmm oleaginum e le cocciniglie dell'olivo: Fig. 95. Fu maggine dell'oli vo. 1. Rametto ili olivo con foglie colpite dalla fumaggine. 2. Por- zione «li micelio AsU'Antennaria elaeophila colle ile confluenti in mass,- cellulari lumie. 3. Varie fonile riproduttive del fungo (picnidi, ceratopicnidi. ecc.» (1-2 originali. ri da Pril- LIEDX). (1) Zacharewicz E., Lafumagine de l'olivier, ecc. ;Kev. de Vit.T t. XX. 1903. pag. 209 e Progr. A.gr., 1904, n. 50, p. 686). ANTKXXAKIA KLAKOHHJI.A MONI. 461 % Sapone nero kg. 1,00 Petrolio litri 4,00 Solfato di rame kg. 1,00 Acqua litri 100. Si prepara sciogliendo il sapone nero in 10 litri di acqua bol- lente, a tiepido si versa lentamente il petrolio agitando fortemente la miscela tino ad ottenere una specie di crema. Si aggiunge quindi il solfato di rame sciolto a parte e si aggiunge tanta acqua finche sia raggiunta la quantità indicata di cento litri. Vidal (1) in seguito a numerose esperienze eseguite è venuto alla conclusione che il tratta- mento più efficace contro la fumaggine dell'olivo è quello che com- batte contemporaneamente i due parassiti. Si potrebbero fare due applicazioni dal giugno all'agosto colla seguente miscela: Poltiglia bordolese al 2 per cento litri 100 Essenza di trementina » 1 oppure con una miscela al 2 per cento di sapone nero e di petrolio nell'acqua. Secondo alcuni la fumaggine si potrebbe anche asportare con irrorazioni ripetute di calce e cenere sospesa nell'acqua oppure con soluzione di carbonato sodico all' 1 per cento. Come misure pre- ventive e d'indole culturale sono consigliabili la pulitura moderata delle piante per meglio favorire l'aerazione e l'illuminazione di tutta la chioma dell'albero, la vangatura al piede delle piante più colpite e l'abbondante concimazione a base di concimi minerali. Le foglie, i rametti secchi caduti al suolo o rimasti sulla pianta e coperti di fumag- gine debbono essere raccolti e bruciati sul luogo. Ct. Penicillium Lk. Comprende diverse specie di funghi saprotìti che costituiscono muffe comunissime delle sostanze organiche, note essenzialmente nella loro forma conidica costituita da conidiofori .ialini, strettamente ra- mosi in alto con rami portati quasi alla stessa altezza a guisa di pen- nello e portanti all'estremità catenelle di conidi minuti, globosi, jalini o glauchi. La forma ascofora nota per una specie (P. crustacium Pr.) in seguito alle ricerche del Brefeld si svilupperebbe da speciali ite (1) Vidal, Traitement de hi fumagine de Volivier (Progr. Agr., 1906, n. 43, pag. 509). 462 I PARASSITI VEGETALI: III. KL'MKKII differenziate entro piccoli sclerozi formati in condizioni particolari da fusione di ite uiiceliche. Il saprofitismo di questa specie induce talora qualche alterazione su organi in periodo di vita latente delle piante. 193. PENICILL1UM CKUSTACEUM (= P. glaucum Lk.). N. d. malattia. Muffa delle castagne, dei frutti degli agrumi, ecc. Frequentemente si riscontra nelle castagne che vengono vendute sui mercati sia crude che affumicate una muffa color verderame al di sotto della buccia che invade non di rado anche le parti più interne dei co- tiledoni. La polpa diventa arida, secca, di color bianco giallognolo, acquista un odo- re spiacevole ed un sapore disgustosissimo. Collocati in ambiente umido frammenti di queste castagne si co- prono ben presto di una abbondante muffa verdiccia polverosa per la stragrande abbondanza di minutissime spore. La muffa è formata da micelio ad ife sottili va- riamente intrecciate, j ali ne e con setti distanziati da cui si svolgono numerosi conidiofori eretti, sottili, al- quanto settati ed in alto con rami disposti a pennello e forniti di catenelle di pic- ,OoO Fig. 96. Muffa dei frutti di timone. i. Frutto di limone colpito dal marciume. 2. Micelio e rami conidiofori ili Penidllium crmtaceum. 3. Estremità «li coli collidi (4 !-*. diali). ) Oliasi ramo conidioforo con sterigmi e catenelle di conidi. 4. Co- ' nidi isolati (tutte originali». globosi, nell'insieme glau- cescenti (fig. 96:2-4). L'alterazione delle castagne è stata diligentemente studiata dal prof. Peghon (1) su castagne provenienti dalla Valle d'Aosta e dal- l'Appennino centrale e state conservate in magazzini poco sani. Egli à potuto constatare che il micelio invade i tessuti amili feri dei coti- (1) Peguon V., Alterazioni delle castagne, cagionate da «Penicill. glaucum » tftend. Acc. d. Line, voi. XIV, Roma 1905, p. 45-48). EKISIFACEK 463 ledoni provocando la dissociazione dei singoli elementi. L'autore à voluto inoltre ricercare il comportamento delle castagne ammuffite di fronte a certi reattivi impiegati, secondo il metodo Gosio-Di Pietro, per l'analisi del mais guasto. Egli à potuto constatare che gii estratti benzinici danno colorazione verde intensa colla soluzione alcoolica di cloruro ferrico. Tale reazione fenolica indica che il Penicillo à pro- prietà tossiche e prova quindi che le castagne ammuffite possono deter- minare gravi inconvenienti dal punto di vista igienico. Si previene lo sviluppo di tale alterazione conservando le castagne dopo accurata essicazione in magazzini saui e ben aerati. Il P. crustaceum si trova inoltre comunissimo insieme ad altre specie (P. italicum Wehm. ; P. dìgitatum Sacc.) e ad altre muffe (Aspergillus glaueus Link) sui frutti delle Auranziacee avariati superficialmente o troppo maturi o conservati in luogo umido. Sull'epicarpio si svilup- pano chiazze bianche che si estendono talora largamente, mentre al centro diventano verdastro-polverose per la straordinaria copia di conidi (fig. 96:1). Talora l'intero frutto è trasformato in una massa verdastra pol- verosa e l'alterazione si può trasmettere facilmente a frutti sani se posti in vicinanza di quelli ammalati. Anche sugli acini di uva, benché più raramente, si nota talora la presenza di Penicilli sempre però con com- portamento saprotìtario. Fam. VII. — Erinifacee. Benché vi sia qualche affinità nella costituzione dei corpi frutti- feri tra il gruppo precedente e la presente famiglia tuttavia sono moltissime le differenze che intercedono tra le Per ìspor iacee e le Eri- sifacee sia dal punto di vista morfologico che biologico. Infanti» mentre colà abbiamo saprofiti tipici qui il modo di vita è del tutto parassi- tario e lo sviluppo del fungo è qui intimamente collegato alla pianta ospite da cui interamente dipende. Il parassitismo delle Erisifacee salvo qualche rara eccezione si esplica però in un modo un po' diverso da quello degli altri funghi che pur sono intimamente collegati ad una pianta nutritrice. Si tratta qui di ectoparassiti tipici: il sistema vegetativo è superficiale bensì, ma però in rapporto colle cellule epi- dermiche dell'ospite mediante speciali organi di adesione e di nutri- zione detti austori. Il solo genere Phyllactinia fa eccezione alla regola, avendo anche un micelio endogeno. Le malattie prodotte dalle Eri- sifacee sono note da moltissimo tempo percliè inducono sulle piante colpite alterazioni caratteristiche conosciute coi nomi di Xi<<. Aìbu- 404 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI gine, Mal bianco, ecc. Colpiscono esclusivamente gli organi verdi quindi si trovano facilmente sulle foglie, sugli steli, sui germogli e sui frutti di moltissime piante angiosperme appartenenti alle famiglie più diverse. Il parassitismo delle Erisifee è però talora specializzato cioè alcune specie sono strettamente legate a determinate piante ospiti sulle quali non si trova die quella determinata forma di Erisilacea nella mag- gior parte dei casi non differente morfologicamente da altre forme che vivono su piante affini, ma però biologicamente con comportamento diverso. Si tratta in poche parole di un fenomeno di adattamento simile a quello che avviene per molte Uredinee e (die è stato messo in evidenza dall'EiiiKSSON specialmente per riguardo alle ruggini dei cereali e nel nostro caso dal Salmon (1) per le forme dell' Erysipìie graminis. Quindi anche in questo gruppo esistono delle forme biolo- giche non sostanzialmente diverse fra di loro e dal tipo o capo-stipite per cai-atteri botanici, ma tuttavia distinte per il loro comportamento essendo capaci di svilupparsi solo su determinate piante ospiti. Il micelio delle Erisifacee è jalino, formato da ite generalmente di calibro uguale o quasi, settate, è superficiale salvo qualche rara eccezione {Phyllactinia) in cui penetra attraverso gli stomi negli spazi intercellulari. Le ite però scorrendo alla superficie delle cellule epi- dermiche aderiscono mediante speciale organo alle cellule stesse: tale organo a forma di un disco di adesione semplice o talora lobu- lato dicesi appresso ri uni; questo si mette in contatto colla cuti- cola e da esso parte l' a ustorio, corpìcciolo di forma globulare o bottoncini forme che si svolge nella cavità della cellula epidermica e che serve per succhiare il materiale nutritivo (tìg. 97:6). Il micelio forma sugli organi colpiti delle chiazze bianche più o meno appariscenti, talora è persistente, tal altra evanescente, ora feltroso ora polverulento per l'abbondante produzione dei conidi. L'osservazione del sistema vegetativo e riproduttivo di questi fun- gini venne fatta per la prima volta da Giovanni Targioni Tozzetti nel 1707 clic descrisse con sufficiente esattezza quegli organi che più tardi venivano designati come conidiofori, conidi e periteci. Sulle ife mieeliche si elevano in direzione più o meno verticale dei brevi rami conidiofori semplici, in basso del calibro press'a poco «Ielle altre ife, in alto più dilatati ed articolati, cogli articoli sempre di Salmon E. S.. On special. ofParasitism in the Brysiphacee (Beili, z. Bot. inoga, b asco (tutte originali). 172 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI garaento che entra in una cellula epidermica e costituisce un austorio, mentre alla superfìcie si svolge il micelio. Sui conidiofori di questa specie è abbastanza facile trovare i pie-nidi del Gicinnobolus Cesatii De Bary, il noto parassita degli Oidium di cui ò già fatto parola. D'autunno si organizzano al centro delle chiazze mieeliche i periteci visibili ad occhio nudo sotto forma di minuti corpicciolini nerastri, puntiformi die al microscopio appaiono di forma globosa, di colore bruniccio e di consistenza membranacea provvisti di poche e brevi appen- dici bruniccie e perfettamente àstomi (fìg. 98:4). Schiacciati lasciano uscire fuori un unico asco grande quasi quanto il peritecio, obovato o glo- boso, contenente otto spore jaline, continue ed ovate (98:4 6). La forma ascofora in questa specie non è sempre presente, anzi da noi è piuttosto rara e solo saltuariamente si può incontrare in autunno sulle rose o sui peschi. Probabilmente per la formazione dei periteci occorrono circostanze speciali di ambiente che non sempre sono presenti nelle nostre regioni di modo che il parassita si sviluppa, si moltiplica e si conserva per lo più nelle sole forme mieeliche e conidiali. La conservazione della specie da un anno all'altro quando man- cano le ascospore è compiuta dal micelio o forse talora anche dai conidi se l'inverno non è troppo rigido: si crede da alcuni autori che gli austori costituiscano anche organi di conservazione, dai quali in primavera si svolgerebbe nuovo micelio superficiale. Coiidizioiii favorevoli di sviluppo e danni. La malattia si inizia generalmente in periodi umidi e un po' piovosi della primavera anche quando la temperatura è ancora bassa, ma una volta che à preoO possesso degli organi di una pianta la siccità dell'ambiente e l'elevata temperatura estiva non valgono a limitarne lo sviluppo, quindi pro- duce danni in qualunque stagione salvo, beninteso, d'inverno nelle regioni settentrionali su piante tenute all'aperto. In serra poi si svi- luppa con maggiore intensità poiché naturalmente le condizioni sono favorevolissime in qualunque stagione dell'anno e fa danni quindi anche d'inverno. Le alterazioni sulle rose portano per conseguenza il disseccamento dell'estremità dei rami, delle foglie, l'abortimento dei fiori, sui peschi l'avvizzimento dei germogli e l'incompleto sviluppo dei frutti. Mezzi di cura. Schultheis (1) raccomanda come misura preven- tiva nell'epoca in cui la malattia non à fatto ancora la sua comparsa di non lasciar scendere la temperatura serale nelle serre sotto i 15°, (1) V. Zeitsch. f. Pflanzenkrankh., IX, p. 128. SPHAEROTHECA RANNOSA LEV 473 mantenendola verso i 1S°,5 e la temperatura notturna non sotto i 10". Raccomanda inoltre di non bagnare le piante di sera, occorrendo che le foglie di rosa nelle serre siano di notte perfettamente asciutte. I mezzi diretti di lotta consistono in ripetute solforazioni da appli- carsi sulle piante colpite subito all'inizio della comparsa della malattia e nelle ore più calde del giorno. Ò potuto constatare però che non sempre colle solforazioni pure e semplici si riesce a liberare la pianta dal parassita: quando il micelio è un po' invecchiato pare che sia più resistente alle solforazioni. Secondo Carrière darebbero buoni risul- tati irrorazioni con solfuro di calcio sciolto in acqua nelle proporzioni del 2-3 °/0, alcuni anno anche indicato come efficace il sai di cucina in soluzione al 3 ° 0 in acqua. Del Guercio e Baroni (1) consigliano questa miscela (formula Del Guercio) che sarebbe assai più efficace del solfo e del solfo ramato: Carbonato sodico commerciale . . . kg. 1,5-2 Catrame vegetale di Norvegia ... » 1 Acqua litri 100. Si preparerebbe facendo bollire insieme in due litri di acqua il catrame ed il carbonato sodico e poi diluendo coll'agginnta di 98 litri di acqua. Foex (2) consiglia la polverizzazione con un miscuglio di due terzi di fiori di zolfo e di un terzo di calce oppure meglio una soluzione di 260-300 gr. di solfuro potassico in 100 litri di acqua. II Cuboni in ripetute esperienze eseguite per combattere contem- poraneamente la bolla del pesco (Exoascm deformans) ed il mal bianco avrebbe ottenuto buonissimi risultati colla seguente miscela: Polisolfuro alcalino . . . kg. 0,500 Solfato di rame » 0,500 Acqua litri 100. Un'altra miscela consigliata da autori americani contro l'oidio delle rose e che darebbe eccellenti risultati si otterrebbe impastando in un recipiente con poca acqua kg. 5 di zolfo con 100-200 grammi di colo- (1) Del Guercio e Baroni, Rimedi contro la infezione prodotta sulle rose dalla << Sphaerotheea ininnosa » (Waelr.) Lev. (Bull. Soc. Bot. ita!., 1894, pag. 253-256). (2) Foex E., Maladies du rosier (Progr. Agi., 1905, n. 48. p. 617). 474 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI fonia ridotta in polvere finissima e versando di poi su questa mi- scela kg. 3,350 di soda caustica, agitando energicamente. Dopo qualche minuto la massa entra in ebollizione, lo zolfo si scioglie e si forma un liquido rosso-bruno cui si aggiunge acqua fino a formarne 10 litri. Questa soluzione si conserva a lungo. Volendola adoperare si diluisce un litro di tal soluzione in 100 litri di acqua e si applica con pompa. Si potrebbero completare i trattamenti primaverili anche con trat- tamenti invernali che servono anche contro VExoascus mediante pen- nellazione od irrorazione dei rami con poltiglia bordolese alquanto più densa dell'ordinaria. Le potature autunnali eseguite sulle rose e sul pesco allo scopo di allontanare tutti i rami colpiti è una ottima pra- tica igienica: tali rami dovranno essere bruciati. 195. SPHAEROTHECA HUMULI (DO.) Burr (= Sph. ('a- stagnei Lèv.). X. ital. Oidio, mal bianco, nebbia del luppolo, della tragola, delle zucche, ecc. JT. stran. Blanc du Houblon ; Hopfenmehltau , Ji'rdbeermehltau ; Eopbìight. È una erisifacea assai comune che vive su un numero grandis- simo di piante dicotiledoni appartenenti alle famiglie più diverse. Il luppolo (Humulus Lupulus) spontaneo nelle nostre siepi ne è frequen- temente colpito e su di esso produce danni gravi nelle regioni di Europa ove tale pianta viene largamente coltivata per l'industria della birra; le fragole coltivate ne sono pure invase, assai spesso le zucche, i poponi, i cetrioli, ecc. Per le campagne le Piantaggini (Plantago major, ecc.) i Geraniunij la Spiraea Ulmaria che viene assai deformata dallo sviluppo del fungo e tante altre piante spontanee ne sono spes- sissimo invase dalla primavera all'autunno. Caratteri della malattia. Questa si presenta egualmente sulle di- verse piante che colpisce rivestendo le foglie, gli steli erbacei e qualche volta anche i frutti di chiazze bianchiccie da prima quasi circolari, ctl'use, ragnatelose, più tardi confluenti, polverose per la gran copia di conidi che si formano alla superficie del micelio. Le foglie fortemente invase si arricciano verso la pagina inferiore, come si osserva sul luppolo, mentre appaiono delle chiazze rosso-brunastre sull'epidermide e sui fusti al disotto delle chiazze bianche (tìg. 09: 1). Sulle fragole la ma- lattia venne notata fin dal 1854 dal Berkeley e più tardi dall' Arthur in America e quindi poi anche constatata in Europa. Nel primo stadio la malattia attacca le foglie su cui determina le caratteristiche efrlo- SPHAEUOTHECA 111)111,1 Bl'RR 475 rescenze biancastre ed al di sotto di esse delle chiazze rossastre pro- dotte dall'alterazione delle cellule epidermiche. Anche i frutti ne verreb- bero talora colpiti coprendosi ancora immaturi di tacche bianche e non arrivando quindi a maturazione od acquistando un sapore sgradevole. Caratteri del pa- rassita. Il micelio è talora persistente tal altra evanescente se si effettua la produ- zione dei periteci, è bianco, anfigeno, for- mato da ife jaline, set- tate, striscianti prov- viste di austori pene- tranti nelle cellule epi dermiche. I conidiolbri brevi che si svolgono dalla parte superiore delle ife sono eretti , set- tati e sostengono una lunga catenella di co- nidi obovati, jalini, i più vecchi gradata- mente più grossi (fi- gura 99:2). Sulle fo- glie del luppolo e di altre piante è estrema- mente frequente nel- l'autunno la forma a- scofora che si svolge più copiosamente sulla pagina inferiore sopra le chiazze del micelio e che si rende manifesta per numerosissimi corpiccioli bruni, avvicinati, puntiformi, facilmente staccabili. I periteci sono globosi, membranacei, forniti di appendici settate, fosche, flessuose assai più lunghe del peritecio e contengono un unico grosso asco fornito di otto spore ovate e jaline (fig. 99:3-4). Secondo Salmon (1) un forte abbassamento di temperatura induce Fig. 99. Mal bianco del luppolo. 1. Foglia di luppolo colpita dalla malattia : in /// macchie epi- fille prodotte dalla forma conidjca, in p gruppi ipofilli di periteci ascofori. 2. a Forma conidica di Oidiuin,, in b go- nidio isolato. 3. Peritecio con appendici «li S/ihaerotheca Huinuli. 4. Asco con ascospore (tutte originali). (1) Salmon E. S. Iter Erdbeermehltau, ecc. (Sphaeroth. Humuli Bdru.) Zeitschr. f. Pflanzenkr., 1901, XI, p. 73. 476 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICET1 una vigorosa germinazione dei conidi e quindi facilita la diffusione della malattia. Mezzi di lotta. Contro la forma che danneggia le fragole, le zucche od il luppolo ove esso è coltivato sono efficaci, secondo Arthur, Humphrey ed altri autori americani le irrorazioni con soluzioni di solfuro potassico al 0,5 per cento in acqua oppure con una miscela formata da: Cari )onato di rame . grammi 28,00 Carbonato di ammonio . » 142,00 litri 73,00 196. SPH AEROTECA MORS-UVAE (Schw.) Berk. N. itaì. Nebbia del ribes, mal bianco dell'uva spina. JV. stran. StachelbeerMehltau; mild&w of the Gooseberry Questo parassita che colpisce gravemente le diverse specie del g. Ribes e specialmente il Ribes grossularia, il R. nigrum è di origine americana. Lo Schweinitz lo avrebbe scoperto in America fin dal 1837. La Sua introduzione in Europa risale al 1900 anno in cui venne osservato in Irlanda ed in Russia diffondendosi poi successivamente nel 1901 in Svezia, in Danimarca nel 1902, in Germania nell'anno successivo, in Finlandia nel 1904, in Norvegia e nell'Austria Ungheria nel 1905 (1). Finora la nuova malattia del Ribes è ignota in Francia ed in Italia. Caratteri della malattia e del parassita, Attacca le foglie ed i rami dei Ribes producendo delle chiazze effuse da prima bianchiccie polverose poi brune, sui frutti specialmente produce larghe macchie espanse da prima distinte le une dalle altre poi confluenti e talora ricoprenti tutto il frutto. Anche qui le chiazze sono feltrose, fitte, abbastanza spesse e di color bruno. Le foglie, i giovani rami, le gemme ed i frutti colpiti finiscono poi per disseccare. La muffa bruna è costi- tuita dal micelio duraturo della Sphaerotheca, costituito da ite settate e fittamente intrecciate su cui si svolgono da prima brevi conidiofori sostenenti catenelle di conidi. La quantità enorme di conidi che si possono produrre ricopre gli organi colpiti come di uno straterello farinoso. Più tardi su tale micelio si formano periteci bruni, immersi (1) (Ti. Herter W. , Die Ausbreitung der Stachelbeerpest : Sphaerotheca mors-uvae Berk. in Europa in Jahre 1906 (Centi, f. Bakter., ecc., II Abth., Bd. XVII. p. 7H4-773). PODOSPHAEKA OXYACANTHAE DE BAKY 47' nella massa feltrosa, contenenti un solo asco con otto spore. Micelio bruno e periteci svernano sui giovani rami e così contribuiscono a diffondere la malattia nell'anno successivo. Secondo Briksson (1) il micelio del fungo in autunno segregherebbe nelle cellule un vero micoplasma che dal fusto scenderebbe alle radici per risalire in pri- mavera di nuovo sulla parte alta della pianta e riprodurre la malattia. Mezzi di cura. In America si combatte la malattia sciogliendo circa 300 grammi di solfuro potassico in 100-130 litri di acqua ed irrorandone gli organi colpiti. Altri consigliano l'uso di una soluzione di mouosolfito potassico al 0,2-0,4 per cento. I trattamenti estivi sono però assai difficili essendo il fungo molto resistente agli autocritto- gamici. La raccolta durante l'inverno delle bacche disseccate e col- pite nonché la potatura e bruciatura dei rami infetti, disinfettando gli altri con una soluzione di solfato di rame al 2 per cento sarebbe da alcuni raccomandabile. L'eriksson però ritiene inefficaci le irrorazioni con fungicidi, am- mettendo la presenza di un micoplasma interno. Non ci sarebbe che sradicare le piante infette non piantandone più nello stesso terreno per 3-4 anni e sostituendo poi delle varietà più resistenti. Gr. Podospkaera Kunze. Presenta micelio effuso per lo più evanescente: si differenzia poi dal genere precedente essenzialmente per la forma delle appendici del peritecio che sono per lo più in piccol numero, fosche in basso, jaline all'apice ed ivi elegantemente e strettamente ramificate secondo il tipo dicotomico. Anche in questo genere l'asco è unico e contiene otto spore ovali e jaline. 197 PODOSPHAERA OXYACANTHAE (DC.) De Bary. N. d. malattia. Nebbia del biancospino, del nespolo, ecc. Questa erisifacea invade un gran numero di piante appartenenti specialmente alla famiglia delle rosacee e precisamente il Crataegus oxyacantha, i Prunus, il Mespilus germanica, gli Amelanchier, le Spi- ra ea ; secondo il Pierce in America attaccherebbe anche il pesco, e si trova inoltre sul Diospyrvs e sui Vaccinium. È comunissimo spe- cialmente sul biancospino dall'estate all'autunno: colpisce specialmente (1) Eriksson J., StacTcelbeermeliltau unti Stachel !><■<■ n-ulliir (Prakt. Bl. f. Pthmzenb. u. Pflanzenschntz., 1908, V, p. 121-126). 478 I PARASSITI VEGETALI : III. EDMICETI le estremità dei rami così che i germogli si accartocciano, le foglie si deformano e si coprono di micelio bianco-farinoso per la grande quantità di conidì di cui è cosparso. Queste estremità finiscono poi per disseccare. D'estate si à un abbondante sviluppo della solita forma conidica ad Oidiitm, nell'autunno si costituiscono periteci da prima giallicci poi bruni, membranacei, forniti di appendici non più lunghe del diametro del peritecio, brune in basso, all'apice dilatato-dicotome ed ivi jaline. N«] peritecio trovasi un solo asco con otto spore. La malattia da noi a pochissima importanza non pregiudicando veramente lo sviluppo della nostra frutta. Pieece che la riscontrò dannosa al pesco in America consiglia di eseguire trattamenti cuprici sulle piante colpite durante l'inverno che avrebbero azione anche contro VJExoascus. 198. PODOSPHA- BEA TRIDACTYLA (YVallk.) De Baky. N. ital. Bianco, neb- bia del susino, del ci- liegio, dell'albicocco. N. strati. Bla ne du P ruiiicr. Si potrebbe consi- derare col Salmon uè più uè meno che una varietà della specie pre- cedente localizzata spe- cialmente sulle diverse specie del g. Prunus ed in particolar modo sul- l'albicocco (P. Arme- niaca) e sul ciliegio su cui riuscirebbe assai dannosa in America, Le macchie bianche for- mate dal micelio sono in generale poco visi- bili sulla pagina supe- riore delle foglie, un po' più manifesti sulla pagina inferiore (figura 100:1). La forma conidica ad Oidiuni è rada e assai fugace e i peri- teci che si svolgono verso la fine dell'estate sono piccoli con appendici Fig. 100. Nebbia dell'albicocco. I, Foglia di albicocco colpita dalla malattia, 2. Peritecio con ap- pendici di Podotphaera t rido et (ila. '■-'.. a Asco. b xscospore (tutte originali). PODOSCHAEUA LEUCOTRICHA SALMON 47i* partenti dall'estremità superiore, poco numerose e ramificate all'apice dicotomicamente (fig. 100:2-4). Anche questa specie è per noi poco interessante. 199. PODOSPHAERA LEUCOTRICHA (Ell. et Ev.) Salmon. N. ital. Mal bianco dei meli. N. stran. Mehttau des Apfelbainns; Apple powdery mildew. Questa malattia colpisce gravemente i meli nel Nord America; venne pure osservata nel Giappone ed anche in alcune località del- l'Europa e precisamente in Russia, in Germania ed in Austria sarebbe comunissima. Laubebt (1) che à studiato accuratamente la malattia asserisce che essa fa la sua comparsa in primavera all'epoca della germoglia- zione, deformando le foglie ed accartocciandole alquanto mentre si coprono di macchie bianchiccie e più tardi giallo grigiastre. Anche il calice fiorale ne verrebbe colpito ed i fiori verrebbero ad appassire. Il fungo è più noto nella sua forma coni dica che corrisponderebbe ad Oidium farinosum Cooke. La forma ascofora non è frequente, essa è costituita da periteci con fulcri poco numerosi semplici o con qualche rara ramificazione dicotoma all'apice così che a volte la forma del peritecio si avvicina a Spliaerotheea, altre volte a Podosphaera. La conservazione del lungo durante l'inverno sarebbe effettuata oltre che dai periteci anche dal micelio capace di svernare nelle gemme. Mezzi (li lotta. In America si combatte la malattia essenzialmente con poltiglie a base di carbonato di rame e di ammoniaca: Laubeim consiglia di recidere in primavera i primi rami colpiti distruggendoli subito, facendo poi seguire delle solforazioni o delle irrorazioni con solfuro potassico in soluzione acquosa al 3 per cento. Gr. Uncinala Lèv. Micelio evanescente o persistente espanso, polverulento alla pro- duzione dei conidi. Periteci globosi, bruni forniti di appendici sem- plici o ramificate, uncinate o ravvolte a spirale all'apice, per lo più jaline o solo un po' brune alla base, settate; aschi numerosi per ogni peritecio contenenti da due ad otto spore. Una specie più nota a noi nella sua forma conidica è causa di una malattia gravissima alla vite: (1) Laubert R., Ber edite Mehltau de» Apfelbaunis, ecc. (Deutsch. Landw Presse, 1908, p. 628-635). 180 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI 200. TJNOINULA NECATOR (Schw.) Burr. (= U. spirali* Berk. et Curt. ; V. americana E. C. Howe). F. conidica: Oidi it m Tuckeri Berk. 2f. ital. Oidio, crittogama della vite, marino, bianco, ecc. .V. stran. Mal Mane, Oidium de la Vigne; Traubenkrarikheit, Menltau des Weinstockes; Vine disease, Powdery mildew. Anche questa gravissima malattia della vite ci è stata importata dall'America anzi è la prima della serie delle così dette malattie nuove della vite che venne introdotta in Europa. Essa comparve infatti nel 1845 nelle serre di Margate presso il Tamigi in Inghilterra e venne scoperta dal Tucker al quale nel 1847 il Berkeley che studiò e descrisse pel primo il parassita, dedicava la nuova specie, segna- landola nello stesso tempo come pericolosissima per la vite. La pro- fezia dell'insigne micologo purtroppo si avverò poiché la malattia dopo essersi diffusa alle viti coltivate nelle serre inglesi, valicata la Ma- nica nel 1847 si sviluppava in Francia e nel Belgio prima nelle serre, in seguito anche all'aperto; nel 1850 compariva nell'alta Italia, nel 1851 la sua area di diffusione comprendeva già tutta la regione Me- diterranea. All'apparire della nuova malattia ed anche molto tempo dopo alcuni avanzarono l'opinione che essa esistesse già in Europa fin da tempi remotissimi e che solo circostanze speciali ne avessero impedito una più larga diffusione. A convalidare questa ipotesi che oggidì non à quasi più alcun sostenitore si citavano passi di Teo frasto, di Plinio, di Coltjmella, di autori arabi ed anche si por- tava il noto verso di Dante: la vigna clie tosto imbianca se il vignaio è reo (Paradiso xil) che venivano interpretati come riferentesi alla nuova malattia della \ ite (1) mentre i propugnatori della tesi opposta sostenevano che si riferivano a ben altre cause. Comunque è un fatto accertato che la malattia è venuta in Europa dall'America, la stessa sua apparsa nelle serre e precisamente in Inghilterra e poi man mano la sua acclima- tazione sulle viti all'aperto ne sono la prova. Se il parassita fòsse esistito prima se anche non avvertito dai più, non sarebbe sfuggito «cito all'occhio indagatore del micologo ed è accertatissimo che nes siino prima del BERKELEY in Europa descrisse altra forma di Oidium h CtV. Savastano L., La Patologia Vegetale dei Greci, Latini ed Arabi (Portici 1890-91, p. 18-20). UNCINDLA NECATOR BUER. 481 sulla vite. Quindi nessun dubbio per riguardo all'origine della ma- lattia. Questa cominciò ad apportare danni gravissimi nel 1852, poi nel 1854, 1856 e negli anni successivi. Verso il 1853 qualcuno co- NEW V0*c Fig. 101. Crittogama della vite. 1. Porzione di tralcio. 2. di grappolo. :i. Giovane foglia di vite colpita dalla ma- lattia, i. Porzione di micelio e rami conidiofori di Oidiwm Tuckeri, b conidio isolato. 5. Peritecio di Uncinala neeator. 6. Due ascili (1-4 origin., 5-6 secondo Pbili.ieux). minciò ad usare lo zolfo il cui uso però non divenne generale che verso il 1802. Da quest'anno in poi i danni diminuirono sensibilmente. Caratteri esterni della malattia. La crittogama della vite può apparire anche molto per tempo, talora già alla fine di aprile od in Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 31. 482 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI principio di maggio e può svilupparsi fino ad autunno inoltrato attac- cando -invaili germogli, foglie, tralci erbacei, fiori ed acini. Su tutti questi organi si mostra con una efflorescenza finissima, polverulenta, sottile, di color bianco-grigiastro che forma delle chiazze effuse a contorno indefinito, isolate o confluenti, ricoprenti piccole o grandi superfìcie (fig. 101:1-3). Passando il dito sopra a queste tacche lo st ratei elio polverulento viene asportato colla massima facilità ed allora al di sotto si scorgono sull'epidermide dell'organo attaccato dei minuti punticini bruni da prima sparsi poi riuniti, formanti delle macchie più o meno estese, brune, velate superficialmente dallo straterello bianco-grigiastro del fungo esalante fra le dita un odore di fungo fresco, molto diverso quindi dall'odore esalato dalla muffa di perono- spora che ricorda quello del pesce fracido. Sui giovani germogli e sulle tenere foglie le prime tacche della malattia non sono facili a constatarsi: le lamine si scolorano legger- mente in alcuni punti e presentano quindi viste contro luce come delle zone più trasparenti. Coll'aiuto della lente si potranno vedere su queste prime macchie delle minute punteggiature nerastre che sarebbero date dalle cellule alterate ove già si sono svolti gli austori del parassita, più tardi sulle chiazze si rende evidente come un legge rissimo velo araneoso formato dal micelio che diventa presto di aspetto polverulento in seguito alla produzione sterminata di conidi. La te- nuità e finezza di tali chiazze è spesso così grande che riesce talora non facile a prima vista distinguerle dalla lamina fogliare, l'aspetto finamente polverulento le farebbe assomigliare più ad una deposizione casuale di uno straterello leggerissimo di polvere che ad una produzione fungimi (fig. 101 : 3). Un esame un po' più attento toglie però ogni dubbio: la scolorazione della lamina sotto la tacca e la presenza delle piccole macchioline brune sono indizio sicurissimo che si tratta di oidio. Questo può attaccare tanto la pagina superiore che la inferiore. Il disseccamento delle foglie colpite non avviene così rapidamente come per la peronospora; anzi per l'oidio non si notano mai quelle larghe macchie rossastre, color foglia secca che si manifestano nell'altra malattia; più spesso le foglie attaccate dall'oidio si accartocciano un po' e pur coperte del loro straterello polverulento rimangono ade- renti ;il tralcio, rallentando però notevolmente le loro funzioni. Anche il picciolo può essere attaccato: su di esso risaltano con maggiore evidenza al di sotto delle chiazze bianco grigiastre le macchie bru- niccie dipendenti dall'alterazione del tessuto epidermico. UNCINULA NECATOR BL'RR. 483 Sui tralci la malattia si manifesta quand'essi sono allo stato erbaceo, quindi in principio della vegetazione della vite od anche in autunno sugli ultimi germogli che si vengono a formare e che per lo più non arrivano a lignificare prima dei freddi. Anche qui si distinguono le solite chiazze effuse, bianco-polverulente, non sempre nitide da prima poi più appariscenti coll'alterazione ed imbrunimento del tessuto sotto- stante (fig. 101 : 1). In casi di forti infezioni i giovani tralci si possono pre- sentare coperti per un tratto abbastanza lungo di questo fine strato di polvere bianco-bluastra così che essi si riconoscono anche a distanza e vengono in alcune località designati coi nomi di bandiera o vessillo. Togliendo la polvere colle dita sotto si vede una zona gialliccia poi grigio-brunastra. Anche lignificandosi più tardi questi tralci presen- tano queste macchie benché su di esse non sia più visibile la pol- vere grigiastra solo presente sugli organi erbacei. In autunno, epoca in generale assai propizia allo svolgimento dell'oidio, sugli ultimi tralci formatisi che non anno più subito alcun trattamento è assai facile constatare queste alterazioni. Sui fiori la malattia fortunatamente non è frequente. In Italia venne osservata per la prima volta dall' Amici. Sviluppandosi sul cap- puccio corollino e sul pedicello fiorale li fa imbrunire e causa l'aborto dei fiori, presentandosi sulla rachide o sulle ramificazioni del grappolo causa un'alterazione che ricorda un po' V aUessaiura del peduncolo prodotto dalla peronospora; però in questo caso più che allessatimi di tutti i tessuti non si à che un imbrunimento del tessuto epider- mico, gli effetti però sono egualmente gravi. Però questa forma è rarissima. Sui grappoli dopo avvenuto l'allegaménto dei fiori la malattia è invece comunissima, anzi è qui precisamente che produce i maggiori danni. Sugli acini in tutte le fasi del loro sviluppo, dalla loro forma- zione fino all'invai atura si può manifestare la malattia. L'acino appare coperto di una polvere bianchiccia talora anche abbastanza abbon- dante sì da velarne leggermente la superficie, facendola apparire come pruinosa: sotto tale straterello appare la buccia di colore grigiastro o cenerognolo. Per l'accrescimento della polpa internamente avviene spesso che l'epidermide alterata non più elastica nò suscettibile di moltiplicare le sue cellule, incapace di seguire lo sviluppo della polpa, si spacca longitudinalmente e la spaccatura man mano si approfonda fino al centro all'acino mettendo a nudo bene spesso i vinaccioli. Tale aspetto degli acini colpiti dall'oidio è caratteristico (fig. 101:2). In caso di forti infezioni tutti gli acini del grappolo si presentano più omeno gra- 4S4 I PARASSITI vegetali: hi. ecmiceti veniente alterati o deformati, altre volte sono solo pochi acini e spesso vendono colpiti solo quelli più piccoli rimasti addietro nello sviluppo e quindi più deboli. È frequentissimo poi constatare un forte sviluppo di oidio su quei grappolucei che si svolgono dalle femminelle e sotto- femminelle noti ai nostri vignaioli col nome di grappoli di 8. Mar- tino che spesso non arrivano a maturazione, ma che si coprono abbon- dantemente della pruina biancastra dell'oidio, sotto alla quale assumono una tinta grigiastra rimanendo duri ed acidissimi. Talora si nota, benché non frequentemente, che la superficie epidermica degli acini in seguito all'attacco dell'oidio appare squamosa per piccole forma- zioni suberose: gli acini allora appaiono curiosamente deformati. Gli acini maturi delle uve bianche colpite però dall'oidio appaiono di fre- quente colorati in verdiccio ed il loro sapore non è mai spiccatamente zuccherino; ma acidulo ed il profumo naturale di certe qualità è in tali acini completamente mancante, così che vinificando con tali uve se ne ottengono vini deboli e senza profumo. Caratteri botanici del parassita. La prima descrizione del paras- rita venne fatta nel 1847 dal Berkeley che designò il fungo col nome di Oidium Tuckeri ad onore dello scopritore: Cesati, Amici in Italia, Tulasne in Francia lo ristudiarono esprimendo opinioni diverse in- torno all'azione patogena del fungillo in questione; Tulasne lo de- signò col nome di Brysiphe Tuckeri benché non avesse constatato la presenza dei periteci caratteristici di tal genere di Erisifei e gli fosse nota solo la forma conidica, Berkeley nel 1857 descriveva col nome di Uncinula spiralis una forma ascofora di Erisifacea frequente sulle viti in America, solo più tardi si veniva a stabilire per opera essen- zialmente del Yiala che la forma europea della crittogama (Oidium Tuckeri) non era che uno stadio di sviluppo dell' Uncinula spirali s fre- quente in America e consociato alla forma conidica (1). Il micelio è superficiale, settato, però con setti piuttosto distan- ziati, ramoso, jalino: si può colorare per renderlo più evidente con una soluzione alcoolica di violetto di metile o di eritrosina: nei punti in cui esso tocca le cellule epidermiche presenta un organo lobato, appiattito detto appressorium, specie di disco adesivo che serve ad attaccare la porzione di ita alla cuticola. Da questo organo parte l'austorio che si rigonfia a vescica nell'interno della cellula epider- miea in cui e penetrato. La cellula colpita presenta il contenuto di color bruno e così la parete. Più tardi imbruniscono e muoiono anche (1) Viala 1\. Une mission ritirale cn Amèrique: 1889, p. 278-284. UNCINULA NECATOR BURR. 485 le cellule vicine. Causa l'imbrunimento delle pareti cellulari nei punti alterati si manifestano all'esterno da prima delle minute macchie solo visibili coll'aiuto della lente che in seguito si riuniscono assieme e costituiscono le chiazze caratteristiche bruniccie sulle foglie, sui tralci e sugli acini bene manifeste al di sotto della pruina bianco-grigiastra determinata dal fungo. Le ife sviluppano dal lato dorsale dei brevi filamenti eretti, semplici che sono i conidiofori all' estremità dei quali si condensa molta plasma che prenderà parte alla costituzione dei conidi (fig. 101:4). Questi si originano per segmentazione dell'estremità del conidioforo che si divide per setti quasi equidistanti e trasversali in diversi articoli di cui i superiori man mano si rigonfiano, prendono forma ovoidale e vengono a costituire i conidi (fig. 101 : 4, 6). Man mano che un conidio è maturo si disarticola dalla catenella e cade sul micelio. Il posto di questo conidio viene rimpiazzato dall'ultimo articolo della cate- nella, così matura un nuovo conidio, si distacca e si disperde. E ciò si ripete per un gran numero di volte tinche per attività del coni- dioforo si costituiscono conidi. Le catenelle conidiche in questa specie non portano in generale molti conidi perchè questi si staccano man mano e raggiungono la maturazione. È questa la forma Europea della crittogama della vite e che dal Berkeley venne designata col nome di Oidium Tuckeri. I conidi maturi sono jalini, di forma ovoi- dale, colle estremità tronche, presentano nell'interno un citoplasma da prima omogeneo, poi vacuolare. Essi sono capaci di resistere alla siccità per un certo tempo e si possono accumulare in quantità enorme sugli organi colpiti su cui determinano la nota efflorescenza bianco- pruinosa, simile a fine pulviscolo. Il vento li trasporta colla massima facilità perchè leggerissimi e quindi provvede alla loro disseminazione. Collocati in ambiente umido ed a una temperatura tra i + 25° e -j- 30° C. germinano colla massima facilità emettendo un tubicino promicelico ad una estremità o ad un lato od anche alle due estremità. Se la germi- nazione si effettua su una foglia o su un altro organo verde della vite questo filamento promicelico manda un rametto in una cellula epidermica che si differenzia in austorio e così è assicurata la nutri- zione del giovane micelio e l'ulteriore sviluppo delle ife che in ogni senso irradiano dal primitivo punto d'infezione e così vengono a costi- tuire una prima tacca che più tardi si renderà visibile per il suo aspetto e per la sua colorazione. Sui rami conidiofori dell' Oidium Tuckeri è facile riscontrare il noto parassita degli Oidium di cui già feci parola il Cicinnobohis Cesata De Bary. Anzi fu precisamente su questo oidio che venne scoperto 486 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI nel 1851 dal prof. Cesati e nel 1852 osservato dall' Amici in Toscana, descritto poi nel 1853 dal Tulasne in Francia. Da prima venne inter- pretato come nna forma pienidica appartenente al ciclo evolutivo dell' Oidium Tuckeri; solo De Bary nel 1870 riuscì a stabilirne la vera natura dimostrandone il parassitismo. Si presenta sui conidio- fori come un manicotto di forma ovale, bruno, membranaceo che av- volge Tifa e talora la catenella conidica. Da questa parte rigonfiata vengono poi fuori numerosissime piccole spore jaline. Il micelio sot- tile si sviluppa dentro le ife dell'oidio. La forma ascofora rimase per lunghissimo tempo sconosciuta in Europa. Fu solo verso il 1857 che il Berkeley studiando il paras- sita delle viti in America descrisse col nome di TJncinula spìralis la forma ascofora, non sospettando però che questa fosse collegata meta- genetica in ente aM'Oidium Tuckeri europeo. Tale forma ascofora venne poi constatata ancora più volte dal Viala stesso in America nel 1887 ed a lui spetta il merito di aver identificate le due forme che però già il De Bary sospettava uguali. Egli potè constatare che negli Stati Uniti la forma ascofora è abbastanza frequente e che si sviluppa spe- cialmente d'ottobre. Bioletti riferisce che V TJncinula è diffusa in Cali- fornia specialmente quando sopravvengono nebbie umide dall'Oceano: egli avrebbe contato talora più di 100.000 periteci sulla pagina supe- riore di una sol foglia infetta. Colà si comincierebbero a formare a primavera o verso la metà di giugno quando durante la stagione caldo umida succedano bruschi raffreddamenti. La forma ascofora in Europa venne osservata per la prima volta dal Couderc (1) in Francia e precisamente su viti in serra fredda nell'Ardèche sul finir di novembre del 1892; nel 1893 il Viala la ritrovava abbondante sui rami, viticci e specialmente sulla pagina superiore delle foglie oidiate nell'ottobre a Montpellier ed altrove. Negli anni successivi si riscontrarono in parecchie altre regioni della Francia così che ora anche tale forma vi si è perfettamente acclima- t ;i t a. Vennero inoltre ritrovati i periteci in Europa dal Lustner nel 1900 a Ceisenheim, dal Juel nello stesso anno a Bonn ed anche in Italia il prof. Peglion nel novembre del 1909 li riscontrava su viti oidiate in una spalliera presso la chiesa dei Teatini in Ferrara e nell'orto botanico (2). I periteci si costituiscono sulla patina bianco-polverosa (1) Couderc in Compt. rend. de l'Acad. d. Se. Paris (30 janv. 1892). (2) Vedi Peglion V. in Rendic. Accad. d. Lincei. CI. se. fis. mat. nat., 1909, ■_'. semestre, p. 488. UNCINUTA NECATOR BURR. 487 formata dal micelio e si manifestano da inuma come minuti pimticini giallognoli che più tardi diventano nerastri e distinguibili anche ad occhio nudo. Essi sono globosi, membranacei, presentano alla base nu- merosi fulcri (fino a 20-30) alcuni solo flessuosi o dritti all'apice, altri invece piegati ad uncino od a spirale all'estremità, settati, brunicci alla base, jalini all'apice. Dentro ogni peritecio si trovano da quattro ad otto aschi contenenti ciascuno da quattro ad otto spore ovali e jaline (fig. 101:5 6). I periteci sono talora riuniti in piccoli gruppi in punti determi- nati: i fulcri vengono spesso a contatto colle loro estremità uncinate e rappresentano organi di adesione quando portati dal vento i peri- teci vengono a cadere sugli organi della vite cui si aggrappano me- diante tali appendici. I periteci passano l'inverno sugli organi colpiti od anche sul terreno ed alla primavera in condizioni opportune di calore e di umidità diventano deiscenti, lasciando uscire gli aschi e disseminando le spore. Alcuni anno fatto osservare che dopo l'apparsa della forma asco- fora in Francia si è notato una maggiore virulenza della malattia e spiegano il fatto coli' ammettere che i periteci servirebbero a conser- vare maggiormente il parassita durante l'inverno ed a promuoverne un più largo sviluppo nella primavera. Alcuni negano però recisamente tale fatto ammettendo che probabilmente anche prima del 1892 i peri- teci dovevano essersi sviluppati in Francia, ma che erano sfuggiti all'osservazione per l'epoca tarda in cui si formano e che ciò non per- tanto la crittogama apportava in certe annate danni or lievi or gravi a seconda delle circostanze di ambiente favorevoli o meno allo svi- luppo del fungo. Conservazione dei germi del parassita durante l'inverno. Secondo Woktmann, Viala, Behrens, ecc., il micelio svernerebbe nelle gemme oppure negli angoli delle ramificazioni del ceppo od in altre parti della vite: secondo Sorauer esso ibernerebbe nella corteccia dei tralci, secondo Appel (1) l'oidio passerebbe l'inverno sui tralci e precisamente nei punti arrossati dal micelio stesso le cui ife persisterebbero presen- tando gran numero di austeri nelle cellule epidermiche. Istvanffi (2) non dà importanza allo svernamento del micelio nelle gemme: egli (1) Appet. O., Zur kenntnis il. Ubenointerung d. Oidium Tuckeri (Centralbl. f. Bakt. 2 Abth. XI, 1901, p. 113). (2) Istvanffi Gr. de: Sur Vhivernage de V Oidium de la vigne (Compt. reno". > » 0,25 3L » » » + 13° C. » » 0,50 1 settembre » » + 19° c. » » 1,50 2 » » » + 8° e. » » — 3 » » » + 4° e. » » — 4 » » » + 8 e. » » — 5 >> » » + 10° e. » » — H » » >> + 12° e. » » — 7 » » » + 12° e. » » — 8 » » » + 6 e. » » 2,2 9 » » » + 8° e. » » 0,8 Tali osservazioni provano che in seguito alle pioggie del 30-31 agosto e primo settembre si ebbe un notevolissimo abbassamento di tempe- ratura Ano a raggiungere il 3 settembre un minimum di + 4° C, poi nuovo rialzo di temperatura ed in seguito nuovo abbassamento. Queste oscillazioni ebbero per conseguenza un largo sviluppo della forma ascofora durante il settembre. Anche nelle serre di forzatura si è osser- vato un fenomeno consimile: finché le serre sono riscaldate per acce- lerare la maturazione delle uve l'oidio si può manifestare nella sua forma conidica, dopo la raccolta, diminuendo nell'ambiente la tempe- ratura compaiono abbondantemente i periteci. Questi poi sono resi- stentissimi al freddo, temperature di — 12° C. anche per la durata di diversi giorni non ne impedirebbero la conservazione. Influenza del vitigno sullo sviluppo della malattia. È stato con- statato in tutte le regioni viticole invase da questo parassita che non tutte le qualità dei vitigni sono egualmente colpite, ma che alcuni presentano una notevole resitenza ed altri per l'opposto sono assai deboli e quindi assai attaccati. I vitigni ad uve bianche sono assai più sensibili all'oidio dei vitigni ad uve nere; probabilmente a ■influenza lo spessore della cuticola della buccia che offre una diversa resistenza alla penetrazione degli austori del parassita. Tra i vitigni italiani maggiormente colpiti abbiamo: la Luglienga, i Trebbiani, il Nebbiolo bianco, la Balsamina bianca, il Corvino, la Molinara, il Sangioveto, la Malvasia, i Moscati, il Cabernet- Sauvignon, il Biesling, ecc. Sono invece poco attaccati: il Greco nero, la Vernaccia nera, il Dolcetto, la Balsamina nera, VAramon, Y Alicante, il Pinot, il Petit Botiseli et, ecc. UNCINULA NECATOR BURR. 491 Quasi immuni i vitigni americani. È stato notato in molti casi nei vigneti che l'oidio si presenta quasi sempre sugli stessi ceppi di vite così che si vengono a formare rome dei veri foyers d'infezione dai quali poi la malattia passa alle altre viti. La soppressione di tali centri d'infezione mediante ener- giche cure riesce talvolta efficacissima come misura preventiva. Effetti prodotti dalla crittogama sugli organi colpiti. Benché il micelio non eserciti la sua azione diretta che sulle cellule epidermiche tuttavia gli organi colpiti ne risentono effetti gravissimi. Per la morte «Ielle cellule epidermiche ne provengono danni ai tessuti sottostanti: la clorofilla si riduce o scompare nei punti colpiti, quindi la funzione clorofilliana è ridotta: se la malattia colpisce i tralci questi anno svi- luppo stentato ed in autunno non riescono a maturare il loro legno di modo che vengono uccisi ai primi freddi: sugli acini poi come ò già fatto notare gli effetti sono anche più gravi perchè essi riman- gono immaturi, piccoli, verdastri, acidi, quando non si fendono longi- tudinalmente: i grappoli colpiti diventano impropri alla vinificazione perchè danno vini deboli, di costituzione difettosa, acerbi e difficil- mente conservabili. È dunque una malattia temibile sotto tutti i rap- porti e che quindi occorre combattere energicamente. Mezzi di lotta. Appena si cominciarono a constatare danni in se- guito alla comparsa dell'oidio si iniziarono esperienze con sostanze diversissime liquide e polverulente per cercare di combatterlo: fortu- natamente fin dai primi anni si sperimentò lo zolfo che diede subito cosi splendidi risultati da far abbandonare tosto tutte quelle altre sostanze o miscele che si erano da prima adoperate allo stesso scopo. Benché siano passati oltre sessantanni dall'epoca in cui si fece il primo impiego dello zolfo tuttavia si può dire che oggidì non è stato trovato un rimedio migliore dato che ne possa- esistere uno mi- gliore poiché lo zolfo è il re dei rimedi esplicando azione anticritto- gamica elevatissima sia usato preventivamente che come mezzo curativo. In questi ultimi tempi molte altre sostanze o miscele vennero pure impiegate con profitto nella lotta contro la crittogama, nessuna però di esse, è capace di gareggiare collo zolfo e se momentaneamente qual- cuna può esplicare un'azione più intensa questa non è mai così dura- tura come quella esplicata dallo zolfo. Io farò un cenno delle principali sostanze e miscele che oggidì si impiegano nella lotta contro l'oidio indicandone brevemente i pregi od i difetti. Fra le sostanze che si adoperano nei trattamenti primaverili estivi abbiamo: 1.° lo zolfo; 2.° il permanganato potassico; 3.° le poltiglie al permanganato potassico; 492 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICET1 4.° i polisolfuri alcalini; 5.° le poltiglie solforate; 0.° l'acido solforoso, i bisoltìti, i tiosolfati, ecc. Accenneremo in seguito succintamente ai trattamenti invernali che si potrebbero effettuare contro l'oidio. I. Trattamenti primaverili-estivi. Si iniziano poco dopo la ger- mogliazione e si terminano poco prima dell'inizio della maturazione. l.° Solfo. — Venne impiegato per la prima volta nel 184G nelle serre presso Londra per opera di un certo Kyle giardiniere a.Leyton. Nel 1848 l'uso dello zolfo era già diffuso in molti graperies o serre a viti, nel 1850 veniva sperimentato con ottimi risultati in Francia e quindi anche in Italia. Da prima si sospendevano i fiori di zolfo nell'acqua e quindi si spruzzavano le viti, in modo che evaporando l'acqua lo zolfo aderiva sulle foglie. Si può facilmente immaginare che questo metodo primitivo presentava degli inconvenienti poiché lo zolfo si deponeva a piccole masse e quindi esercitava solo azione nei punti ove si deponevano le goccioline d'acqua. Si abbandonò tosto tale sistema e si applicò lo zolfo in polvere, constatando migliori effetti perchè si poteva meglio espandere sugli organi della vite. La efficacia dello zolfo, la sua azione come anticrittogamico e sulla vege- tazione vennero però solo messi in evidenza alcuni anni dopo e preci- samente in seguito agli splendidi studi del Marès (1). Egli riuscì a dimostrare all'evidenza che lo zolfo à una azione disorganizzatrice sul micelio e sui conidi dell'oidio. Questo effetto si produce già quando la temperatura sale ai + 25° C, ma diventa più intenso a temperatura di + 32° 0. -j- 35° C. In questo caso bastano 24 ore per la distruzione del parassita. Lo zolfo à una azione chimica sulla crittogama. Secondo gli studi di Sestini e Mori lo zolfo applicato in polvere tenuissima sugli organi della vite esposti alla luce solare ed all'aria un po' umida si conver- tirebbe in anidride solforosa, in acido solforoso e solforico. A tempera- tura di -- 30° C. + 35° C. lo zolfo si evapora parzialmente e questo si può facilmente constatare dall'odore speciale che si avverte passando nelle ore più calde del pomeriggio presso i filari di viti recentemente solforate. L'effetto utile di una solforazione dura da 20 a 25 giorni, dopo occorre una nuova solforazione. Lo zolfo è azione preventiva e curativa: il numero dei trattamenti da eseguirsi annualmente non debbono mai essere inferiori a tre, è raro però che questi siano suftì- cienti, ]»er lo più vengono duplicati e talora anche triplicati. I tre trattamenti obbligatori si eseguiranno nelle seguenti epoche: (1) Marès IL, Manuel pour le soufrage des vignes malades, ecc., 1857. UNCINULA NECATOR BURIÌ. 493 Prima solforazione : nell'aprile quando i germogli anno appena pochi centimetri di lunghezza. Questa agisce per lo più preventivamente, inoltre produce effetti utili anche sulla vegetazione della vite e riesce efficace anche contro l'Erinosi, malattia prodotta da un acaro (Phy- toptus vitis) e che si sviluppa, potendo talora riuscir dannosa, precisa- mente in tale epoca. La quantità di zolfo che occorre per ettaro è di circa 15 kg. sia esso zolfo triturato che sublimato. Seconda solforazione : circa un mese dopo: si effettua all'epoca della fioritura ed è la più importante poiché lo zolfo manifesta anche qui una benefica azione, agevolando l'allegamento ed impedendo la cola- tura dei fiori. Occorrono all'incirca 50 kg. di zolfo triturato per et- taro oppure 30 kg. di zolfo sublimato. Terza solforazione: si applica essenzialmente sugli acini quando questi sono già ben formati per impedire lo svolgimento dell'oidio su tali organi che verrebbero fortemente danneggiati. La quantità di zolfo occorrente, se triturato è di 60-70 kg. per ettaro o di 40 kg. se sublimato. Xelle annate cattive si aumenterà il numero dei trat- tamenti. Oggidì si impiega specialmente per il secondo ed il terzo tratta- mento anziché dello zolfo puro dello zolfo-ramato cioè coli' aggiunta di solfato di rame al 3-5 per cento perchè avendo anche azione contro la peronospora può combattere nello stesso tempo le due malattie. Abbiamo però già indicato a proposito della peronospora che il solfo- ramato non costituisce che un trattamento complementare ad eseguirsi nell'intervallo tra due trattamenti liquidi a base di poltiglia bordolese. Quanto alla qualità dello zolfo da adoperare occorre innanzi tutto che sia puro e finissimo. La purezza dello zolfo si determina brucian- dolo su lamina di platino o sciogliendolo nel solfuro di carbonio: sarà di prima qualità quello solo che non lascierà residui apprezzabili; la finezza si determina mercè il tubo di Chancel che consta di una provetta lunga 25 centimetri e divisa in 100 parti. Si pesano 5 grammi di zolfo e si versano nel tubo, poi si aggiunge dell'etere fino alla divi- sione 100, quindi si agita chiudendo l'estremità del tubo col pollice e si lascia depositare; si leggerà in seguito il numero delle divisioni occupate dallo zolfo nel tubo e si à il grado di finezza. I migliori zolfi danno 90 al tubo di Chancel, le qualità triturate superiori 70, gli zolfi ordinari 45. In commercio esistono diversi tipi di zolfi che a seconda del modo di depurazione si dicono triturati, ventilati, sublimati, precipitati. Quelli più usati sono il triturato ed il sublimato, anno entrambi eguale azione; 494 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI è da notarsi però che il primo aderisce di più. Da pochi anni è messa in vendita una qualità di zolfo speciale detto mouillable, costituita da una miscela di zolfo e di resina; esso è più aderente dell'altro poi à la proprietà di bagnarsi nell'acqua il che lo rende adatto alla prepa- razione di quelle poltiglie solforate di cui abbiamo fatto già cenno nei trattamenti contro la peronospora. L'applicazione dello zolfo dev'essere fatta preferibilmente di mat- tina con atmosfera tranquilla e con sole poco caldo. Applicandolo nelle ore più ealcìe della giornata su organi teneri può deter- minarvi delle bruciature. Il massimo effetto della sol forazione si ottiene però solo quando lo zolfo venga applicato sotto forma di una polvere finissima e questo dipende esclusiva- mente dall'apparecchio che si userà all'uopo. Una volta si adoperavano scatole bu- cherellate od altri strumenti imperfetti che depositavano lo zolfo a mucchietti in modo che il vento finiva per disperderlo in gran parte, diminuendo quindi l'effica- cia delle solforazioni ed ele- vando il consumo di zolfo. Si anno oggidì buonissimi apparecchi per solforare. Ormai i vecchi soffietti a mano anno fatto il loro tempo e non si impiegano più nelle campagne che dai piccoli proprietari ai quali potrebbe riuscir grave la spesa di una buona solforatrice. Ottima sotto ogni rapporto è la solforatrice Torpille costruita dalla casa Vermorel di Yillefranche die consta di un apparecchio metallico che può essere fissato mediante cinghie al dorso dell'uomo come una pompa irroratrice e provvisto di un'apertura ove si introduce lo zolfo: a portata di mano c'è un ma- nubrio clic fa agire la leva del soffietto e dall'altro lato vi è un tubo con cannula o lancia clic serve per espandere lo zolfo (fi g. 102). Questo viene disperso sotto forma di una polvere finissima, impalpabile, produce coinè una nebbia attorno alla vite di modo che le particelle dello zolfo Fig. 102. Solforatrice Torpille. (Fabbr. Vermorel, Villefrancbe), UNCINI! LA. NECA.TOR BLTR R. Ì95 si depositano uniformemente su tutti gli organi della pianta. Con uno di questi apparecchi si può fare un lavoro grandissimo, quindi vi è molto risparmio di tempo, di mano d'opera e di materiale. In gene- rale però pel primo trattamento che si eseguisce poco dopo la schiu- sura delle gemme non si adopera la solforatrice perchè si disperderebbe troppo zolfo: questo viene esposto a spizzichi sul giovane germoglio od applicato mediante un piccolo polverizzatore come quelli che si adoperano per la razzia. In questi ultimi anni alcuni anno fatto notare che l'oidio oppor- irebbe una maggiore resistenza allo zolfo e che quindi occorre spesso ripetere i trattamenti per avere azione più pronta , per sopprimere certe invasioni violente di oidio, alcuni anno consigliato Fuso del permanga- nato potassico in soluzione acquosa od unito alla poltiglia bordolese. 2.° Permanganato potassico in soluzione acquosa. — Tale sostanza proposta dal Truchot in Francia è certo assai efficace contro l'oidio. L'azione del permanganato consisterebbe in un fenomeno di disossi- dazione della sostanza stessa e quindi di ossidazione degli organi del fungo con cui verrebbe a contatto e che distruggerebbe senza dan- neggiare affatto le foglie. L'effieacia del permanganato è però di assai breve durata: esso può solo usarsi come mezzo curativo, mai come preventivo. Serve ottimamente quando si debbano sopprimere pronta- mente delle tacche o foyers di Oklium ed allora si irroreranno gli organi colpiti con una soluzione di 125-200 grammi di permanganato potassico per ettolitro di acqua. Secondo alcuni avrebbe l'inconve- niente di macchiare un po' gli acini delle uve bianche da tavola, quindi se ne dovrebbe limitare l'uso a quelle da vino. Non produce alcun inconveniente né alla costituzione del vino né all'igiene. Si potrà aumentare un po' di più l'aderenza della soluzione di permanganato sulle foglie aggiungendo alla soluzione 2-3 kg. di calce per ettolitro. 3.° Poltiglie con permanganato potassico. — Sarebbero destinate a combattere contemporaneamente la peronospora e l'oidio. L'aggiunta del permanganato alla poltiglia bordolese comunica certamente a questa una azione molto efficace contro l' oidio, però quest'azione è tempo- ranea come avviene per le soluzioni semplici di permanganato perciò l'uso di tali poltiglie non è consigliabile se non quando si debba repri- mere contemporaneamente allo sviluppo della peronospora anche una forte e rapida invasione di oidio. In Francia da alcuni viticoltori sarebbero usate vantaggiosamente anche contro il black-rot. Basta aggiungere ad una comune poltiglia 496 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI bordolese da 50 a 125 grammi di permanganato potassico per etto- litro. Guozdenovic consiglia la cura seguente per combattere nello stesso tempo efficacemente peronospora ed oidio: Primo trattamento. Con poltiglia bordolese neutra al 0,5 per cento di solfato di rame e di calce. Pochi giorni dopo fare una energica applicazione di solfo ramato. Secondo trattamento (a farsi prima della fioritura). Irrorare con poltiglia bordolese alla stessa dose: alcuni giorni dopo trattare le viti con solfo semplice. Terzo trattamento (a farsi alla fioritura o poco dopo). Usare pol- tiglia bordolese con aggiunta di grammi 0,1 per cento di permanga- nato potassico, dopo alcun tempo applicare solfo ramato sui grappoli. Quarto e quinto trattamento, ecc. Alternare trattamenti liquidi con poltiglia bordolese normale con trattamenti polverulenti a base di zolfo. 4.° Polisolfuri. — Sarebbero molto attivi nella lotta contro l'oidio il che spiega la loro larga diffusione in Francia per combattere questa malattia. I polisolfuri si trovano in commercio sotto forma di solu- zioni concentrate note coi nomi di Solfo liquido, di Solforide, ecc., oppure in forma solida (Thiopol, ecc.). Volendo usare le soluzioni con- centrate si impiegheranno 2 3 litri di polisolfuro per ogni ettolitro di acqua, usando i polisolfuri solidi si scioglieranno nella proporzione di kg. 0,5-1 per ogni ettolitro. È stato dimostrato che i polisolfuri sono più attivi dello zolfo quando manchi la temperatura necessaria perchè questo abbia effetto. Bisogna avere l'avvertenza però dopo l'applicazione di pulire bene i polverizzatori perchè non si deterio- rino e durante i trattamenti di non bagnare i vestiti che si macchiano e perforano. I polisolfuri più usati sono quelli alcalini ed in particola!" modo il polisolfuro di soda. Di questo se ne può fare una soluzione sem- plice, per esempio, di due grammi per litro aggiungendo un po' di sapone tenero per aumentare il grado di aderenza. Basterebbero 24 ore dopo il trattamento per constatarne i buoni effetti. Molto più usate delle soluzioni semplici sono le poltiglie o le solu- zioni cupriche coll'aggiunta di polisolfuri. Eccone alcune formule: Formula Hoc e Quentin, per combattere l'oidio e la peronospora: 1." Dominando l'oidio: Polisolfuro alcalino kg. 1,200; Solfato di rame kg. 1; Acqua litri 100. 2.° Dominando la peronospora: Solfato di rame kg. 1,200; Poli- solfuro alcalino kg. 1; Acqua litri 100. UNCINULA NECATOR BCRR. 497 Formula Mosse con acetato neutro di rame: Verdet neutro, grammi 250 ; Poli sol furo alcalino, grammi 500 ; Acqua, litri 100. Il Chappaz (1) à esperimentato con buon successo le due seguenti miscele, da usarsi la prima nel primo trattamento, l'altra nel secondo: Solfato di rame . . kg. 0,500 Polisolfuro alcal. . . » 0,500 Acqua litri 100. II. Solfato di rame ... kg Polisolfuro alcal. . . » 1,00 Acqua litri 100. 1,00 Migliori risultati avrebbe però ottenuto con questa miscela: Verdet neutro . Polisolfuro alcal. Acqua. . . k-. 0,750-1 » 0,500-1 (in cristalli) litri 100. Le poltiglie con polisolfuri a base di sali cuprici darebbero istanta- neamente formazione di un polisolfuro di rame di color marrone scuro. Questo polisolfuro a quanto pare per essicamento darebbe un solfuro che mette in libertà solfo assai diviso ed il solfuro ossidandosi lenta- mente all'aria ridarebbe solfato di rame. 5.° Poltiglie solforate. — Di queste abbiamo già parlato in parte a proposito della lotta contro la Peronospora (2), non mi resta quindi che ricordare ancora la loro benefica azione contro le due malattie. La loro efficacia si esplica preventivamente: nelle annate di mediocre infezione bastano da sole a prevenire lo sviluppo dell'oidio, nelle an- nate di forte infezione occorre alternarle con solforazioni. Guillon propone le seguenti formule: Per i primi due trattamenti: Solfato di rame . . kg. 1,500 Solfo sublimato . . » 2,000 Calce viva .... » 0,750 Acqua litri 100. Per i due ultimi trattamenti : Solfato di rame . . kg. 2,000 Solfo sublimato Calce viva . . Acqua » 3,800 » 1,000 litri 100. (1) Chappaz, Bouilles mixtes oontre le mildiou et VO'ìdium (Prog. Agr., 1908, num. 19); Trait. de VOidium (hi., 1909, n. 18). (2) Vedi pag. 207. Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 32. 498 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI 6.° Acido solforoso, bisolfiti, iposolfiti, tiosolfati. — Esperienze ese- guite dal Pacottet (1) con acido solforoso (in soluzione satura nel- l'acqua) in dosi di 5 centimetri cubici per litro e con bisoltìto sodico sciolto alla dose di grammi 2,5 per litro avrebbero dato buoni risul- tati, combattendo l'oidio e non provocando alcun danno alle foglie «piando fossero usati a temperatura bassa. Temperature di + 15", + 20° C. potrebbero rendere il trattamento alquanto dannoso alle viti per le bruciature che si produrrebbero. Dato questo inconveniente, in vista anche della poca stabilità di tali composti non ne è consigliabile l'uso in pratica benché abbiano, a quanto riferisce l'autore, effetti superiori al permanganato potassico, ma però inferiori come durata allo zolfo. Il dott. Kaserer consiglierebbe una miscela a base di iposolfito sodico che si preparerebbe sciogliendo 500 grammi di solfato di rame in pochi litri di acqua, aggiungendo quindi latte di calce per avere una poltiglia alcalina e mescolando di poi 500 grammi di iposolfito sodico, portando a volume di 100 litri con aggiunta di acqua. Lo stesso autore seguendo l'ipotesi del Eòsler secondo la quale contro l'oidio agirebbe non l'anidride solforosa, ma gli acidi politio- nici, consiglia di sostituire lo zolfo ad una soluzione di tiosolfati resa alcalina con aggiunta di calce. Il dott. Kaserer proporrebbe inoltre di combattere oidio e peronospora con una miscela cupro-calcica al 0,5 °/0 di solfato di rame e di calce, assai basica a cui si dovrebbe aggiungere rimescolando il 0,5 °/o di tiosolfato sodico. Si potrebbe aumentarne l'aderenza con aggiunta di calce o di resina. II. Trattamenti invernali. Non tutti sono d'accordo nella loro efficacia contro l'oidio. Secondo Istvanffi i trattamenti invernali si impongono e si dovrebbero effettuare colla raccolta e distruzione dei sarmenti ammalati dopo la vendemmia, trattando poi sul finire del- l'inverno o poco prima dello sviluppo delle gemme i sarmenti sani con bisoltìto al 5-8 °/0. Altri consigliano di decorticare i ceppi durante l'inverno, pennellandoli poscia con una soluzione di acido solforico al 10°/0 oppure di solfato di ferro al 400/0 caldo ed acidulato. Buoni risultati poi si otterrebbero secondo alcuni viticoltori trat- tando i ceppi tra il primo dicembre ed il primo febbraio, previa decor- ticazione, con una miscela formata da 100 litri di acqua, cinque litri di acido solforico ed un kg. di iposolfito sodico. (1) Pacottet, Acide sulfweux et bisulfites cantre V Oidium, ecc. (Kcv. de Viticult., t. XX, n. 503). UNC1NULA SAL1CIS WINTER 499 Il Marsais però dichiara che questi trattamenti sono inefficaci, sia perchè i germi dell'oidio durante l'inverno sono meno sensibili agli agenti chimici, sia perchè la forma ascofora frequente in Francia potendosi trovare durante l'inverno anche sul suolo, sfuggirebbe ai trattamenti. Conclusioni intorno ai mezzi di lotta contro l'oidio. Da quanto si è esposto a questo proposito risulta chiaramente che nonostante le molte sostanze sperimentate è sempre lo zolfo che finora tiene il primo posto nella lotta contro la malattia. Esso è un rimedio preven- tivo e curativo nello stesso tempo: à azione lenta bensì in certi casi, se non aiutato dalla temperatura, ma duratura. Tuttavia si potrà ricor- rere anche alle poltiglie a base di permanganato per reprimere vio- lente invasioni, alle miscele cupriche con polisolfuri ed alle poltiglie solforate quando non si abbiano forti attacchi di oidio e si debba pre- veuire nello stesso tempo lo sviluppo della peronospora. Azione dello zolfo sulla vegetazione delle viti. Lo zolfo non è solo un energico anticrittogamico, ma come il solfato di rame esercita inoltre la sua azione benefica sugli organi sani che rinvigorisce. Così i tralci trattati presenteranno lignificazione più completa, applicato durante la fioritura o poco dopo, favorisce la fecondazione ed impe- disce la colatura e l'aborto. Gli acini trattati assumono una colora- zione più intensa ed il vino riesce quindi più colorato, manifestando in questo un'azione strana, pensando che l'anidride solforosa è invece un decolorante. Lo zolfo nel terreno agisce come concime costituendo in seguito a diverse modificazioni chimiche del solfato di calcio. Da tutto questo risulta che lo zolfo dev'esser largamente usato non solo per combattere l'oidio, ma anche per migliorare la vegetazione delle viti. 201. UNCINULA SALICIS (DC.) Winter. JV. ìtal. Nebbia, mal bianco dei salici e dei pioppi. N. stran. Piane du peuplier; Mehltau auf Weiden, Willow Blight. Specie frequentissima in Europa ed in America su diverse specie di salici e di pioppi, da noi specialmente si ritrova sul Salix alba, & purpurea, Populus nigra, P. italica, P. tremula, Betula alba, ecc., causando però danni trascurabili. Le foglie tanto .sulla pagina supe- riore che inferiore presentano chiazze bianche effuse, persistenti od evanescenti, formate dal micelio: su tali chiazze più tardi compaiono periteci globosi, forniti di numerose appendici ialine per lo più sem- plicemente uncinate all'apice, contenenti numerosi aschi con 4-6 spore, ovali-j aline. Questa forma ascofora si ritrova facilmente sui salici nell'autunno. 500 I PARASSITI VEGETALI: III. EDMICETI 202. UNCINULA AOEEI8 (DC.) Sacc. .V. d. malattia. Nebbia, mal bianco dell'acero. È specie frequente suìVAcer campestre e siili' A. Pseudoplatanus, ma anch'essa di pochissima importanza. Produce chiazze bianchiccie, «tìnse su entrambe le pagine fogliari in seguito alle quali le foglie ingialliscono: tali chiazze diventano polverulenti durante l'estate per la produzione della forma conidiofora nota col nome di Oidium Aceris Rabh., quindi diventano meno spiccate mentre su di esse si notano in autunno piccoli punticini gialli poi scuri che sono i periteci che ingranditi appaiono globosi con molte appendici bifide o dicotome ed uncinate all' apice in generale più brevi del diametro del peritecio. (*. Microsphaera Lèv. L'aspetto del peritecio in questo genere ricorda quello del g. Po- dosphaera per la forma delle appendici che sono all'apice per lo più regolarmente ramoso-dicotome. Però mentre che nel g. Podosphaera si riscontra un solo asco per ogni peritecio, qui se ne distinguono parecchi e contenenti da due ad otto sporidi. 11 genere comprende diverse specie comuni, ma di scarso interesse come produttrici di ma- lattie dannose a piante coltivate. 203. MICROSPHAERA GROSSULARIAE (Wallr.) Lèv. X. ital. Mal bianco del ribes e dell'uva spina, ecc. N. stran. Piane du Groseillier. Frequente sulle foglie di diverse specie di ribes su cui produce però pochi danni, non certo comparabili a quelli gravissimi prodotti dalla Spliaerothcca mors-uvae che causa il vero mal bianco dell'uva spina. Sulle foglie dei ribes si riscontrano talora chiazze bianchiccie ef- fuse, aracnoidee, sparse o confluenti specialmente sulla pagina superiore, persistenti od evanescenti, sulle quali più tardi compaiono numerosi piccoli punticini neri formati da periteci sparsi o aggregati (fig. 103:1-2), uldboso-depressi, forniti di numerose appendici scolorate, all'apice vaga- mente dicotome, contenenti numerosi aschi con 4-6 spore (fig. 103:3). Si combatte facilmente, ove riuscisse alquanto dannoso, con polve- rizzazioni di solfo. 204. MICROSPHAERA ALNI (DC.) Winter. .V. ital. Mal bianco dell'ontano, del carpino, del noce, ecc. -V. stran. Bla ne de l'Anne, ecc. MICROSPHAERA LONICERAE WINT. 501 Specie comune e polifaga, riscontrata sulle foglie degli Alnus, Cor- pinus, Ulmus, della Betula, Quercus, Juglans, Lonicera, del Corylus, ecc., perù anch'essa poco interessante dal punto di vista pratico. Sulle foglie di tali piante si svolge un micelio amfigeno, formante chiazze bianchiccie, effuse, spesso evanescenti, sulle quali poi si svolgono peri- teci sparsi od aggregati, bruni, globosi, forniti di numerose appendici rigide, all'apice ramoso-dicotome e cogli ultimi rametti ricurvi. Pro- duce danni trascurabili. Fig. 103. Mal bianco dell'uva spina. 1. Aspetto eli ima foglia colpita dalla malattia. 2. Porzióne della stessa più ingrandita (i punti cini neri sono i periteci). 3. Peritecio di Mi crosphaera Giossularicte colle sue appendici (il peritecio è rap- presentato un po' aperto da un lato, lasciando sfuggire gli ascili come avviene in seguito a schiacciamento) [originali]. 205. MICEOSPHAERA LONICERAE (DO.) WiNT. Attacca le foglie di diverse specie del genere Lonicera ed anche del Lillà (Syringa vulgaris) che ricopre di un micelio per lo più per- sistente, effuso, amtìgeuo. I periteci sono globosi, depressi e presen- 502 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICET1 tano appendici all'apice 3-4 volte ramose, cogli ultimi rametti assai incurvati. Non produce danni apprezzabili. 20(3. MICROSPHAERA QUERCINA (Schw.) Burr. Non è specie nostrale: in America però è comuni ssi ma ed attacca intensamente diverse specie di quercie in particolar modo: Quereus alba, Q. coccinea e Q. rubra. Il micelio abbondantissimo forma delle larghe placche bianche sulle foglie che si estendono fino a rivestirne quasi interamente la superfìcie. I periteci sono numerosi, anno appen- dici lunghe 4-5 volte il diametro del peritecio, all'estremità 5-6 volte ramoso-dicotome, con gli ultimi rametti ricurvi all'apice. Alcuni autori (Saccardo, Trotter, ecc.) ritengono probabile che a questa specie spetti una forma oidica: Oi. quercinum Thììm. che da pochi anni à assunto una straordinaria diffusione in Europa e che danneggia notevolmente le nostre quercie. Tale riferimento però è tuttora ipote- tico poiché non si è ancora osservata in Europa la forma ascofora di questo Oidium del quale parlerò in breve nell'appendice al gruppo delle Erisifacee, descrivendo alcune delle forme imperfette, note finora solamente nello stadio conidico. G. Erysipke Lèv. È un genere ricco di specie che per aspetto del peritecio ricorda il g. Sphaerotheca essendo esso provvisto di appendici semplici, brevi o lunghe, flessuose ed intrecciate colle ife del micelio. Dal suddetto genere però differisce il presente per il numero notevole di aschi che contiene, mentre, come abbiamo detto, nel g. Sphaerotheca i periteci sono monoaschi. Le forme conidiche appartengono al solito genere Oidium e la forma più frequente e comune a diverse specie è il collet- tivo Oi. erysiphoides. Sono interessanti le specie seguenti: 207. ERYSIPHE G-KAMINIS DC. F. coni dica: Oidium monilioides Link. N. ital. Nebbia, mal bianco, albugine dei cereali, ecc. N~. stran. Biave, oìdiion, meunier des cereale* ; Getreide-Schinncl oder Mehltau; Grass Blight. È un comunissimo parassita' che invade tanto le graminacee spon- tanee che le coltivate, su quest'ultime apportando non di rado, spe- cialmente in Europa e nell'America del Nord, danni abbastanza gravi. Si rinviene frequentemente nei prati sulle specie del g. Poa, sui Bromus, snll' Hordeum murinum, ecc., colpisce poi tra i cereali il frumento, ERYSIPHK GRAMINIS DC, 503 l'avena, l'orzo, la segala ed il sorgo. Fu verso il 1801 che il Tulasne la segnalò particolarmente dannosa ai cereali nell'America del Nord. È un parassita indigeno, però è noto, almeno nella sua forma coni- dica, fin dal principio del secolo scorso. Si manifesta essenzialmente nelle primavere umide e piovose e talora anche nell'autunno ed attacca prevalentemente le parti più basse delle piante almeno da prima, distruggendone le foglie poi man inailo attaccando quelle superiori. Caratteri esterni della malattia. Le foglie colpite appaiono qua e là come decolorate e su tali chiaz- ze si distingue uno strato di una muffa abbastanza compatta, ispessita e spe- cialmente verso il centro della tacca alta anche fino ad un millimetro, più bre- ve all'ingiro, fioccosa, bian- chiccia da prima poi grigio- rossastra (figura 104 : 1). Oltre che sulle foglie si può distinguere anche sulle guaine fogliari. In seguito flvftl, "U ni allo sviluppo del fungo le foglioline si increspano poi ingialliscono e dissec- cano: cominciano a sec- care le foglie inferiori, mentre su quelle più ele- vate si manifestano le ca- ratteristiche chiazze. Gli internodi assumono accre- scimento stentato e tal- volta anche nell'ali ungarsi si incurvano: le piantine così indebolite non raggiungono lo sviluppo completo e disseccano assai prima di emettere la spiga oppure rimangono languide e poco produttive. Caratteri microscopici. La muffa bianchiccia che da prima appare sulle giovani macchie delle foglie ammalate è formata da un micelio ad ite ialine, fittamente intrecciate, alquanto settate ed assai ramose, Fig. 104. Nebbia del grano. 1. Porzione di foglia di grano colle chiazze del parassita. 2. Porzione di stelo con periteci. 3. Ramo Gonidi oforo e catenelle di collidi di Oidivm monilioides. 4. Alcuni conidi isolati. 5. Due periteci di Erysiphe grammi». 6. Due ascili contenenti ascospore (originali). 504 I PARASSITI VEGETALI: III. E0MICETI di calibro quasi costante, presentanti di quando in quando sul lato Neutrale ed in contatto colle cellule epidermiche delle piccole bozze semicircolari costituenti Vappressorium dal quale si diparte un austorio di forma vescicolare che attraversata la membrana delle cellule epider- miche, penetra nella cavità di una di esse e rappresenta un organo di adesione e di nutrizione per il fungo. Dal lato dorsale le ife e specialmente verso il centro del cespuglietto presentano ben tosto delle bozze che si allungano in senso verticale ed assumono forma clavata : sono l'origine dei conidiofori. Ivi si concentra una grande quan- tità di massa plasmatila e ben tosto un setto divisorio comparendo alla base del giovane couidioforo lo distingue dall'ila su cui è impiantato. Al di sopra di questo setto il couidioforo presenta un rigonfia- mento vescicoliforme e questo è un tratto caratteristico che distingue facilmente VOidium monilioides Link da altre forme di Oidiwm. Sopra tal rigonfiamento basilare il giovane conidioforo assume forma clavata e ben tosto in questa parte appaiono dei setti trasversali che lo divi- dono in tratti od articoli subeguali. Ciascuno di questi articoli succes- sivamente differenziandosi ed accrescendosi assume forma ovoidale, in corrispondenza dei setti avviene come una strozzatura così che appare nell'insieme una catenella formata da diversi conidi portati da un breve conidioforo indiviso, di cui gli inferiori non ancora ben differenziati perchè più giovani sono più piccoli e subcilindracei, mentre i successivi gradatamente più sviluppati e più grossi anno forma ovale ed il superiore più grande di tutti à la sua estremità libera fortemente arrotondata. Ogni catenella può essere costituita da sei, otto od anche più conidi e, a differenza che negli altri Oidium in cui questi si di- staccano assai facilmente sì che le catenelle sono ridotte a quelli più giovani, in queste i conidi rimangono lungamente aderenti e le cate- nelle appaiono singolarmente allungate (fig. 104:3). I conidi maturi presentano un episporio sottile, liscio, un contenuto granuloso ed intersecato da numerosi vacuoli rotondeggianti (fig. 104:4). Essi germinano facilmente nell'aria umida in un periodo di tempo non superiore alle 10-16 ore emettendo da uno o più punti dei tubi di germinazione in cui si condensa il citoplasma. Secondo il Wolf (1) germinerebbero, benché più lentamente, anche nell'aria asciutta produ- cendo però tubi promicelici assai corti capaci di resistere in tale am- biente anche per più di due giorni. Se la germinazione si effettua su (1) Wolf-Baccakini. Le malattie crittogamiche delle piante erbacee coltivate, Milano, LI. Hoepli, 1889, p. 172. ERTSIPHE GUAMINIS DC. 505 una foglia di graminacea allora avviene che l'estremità del tubo promi- celico alquanto rigonfiata si attacca alla cuticola che discioglie in un punto formando come una stretta apertura in cui si insinua il sottile pedicello dell' austorio che si rigonfia a vescica appena raggiunta la cavità della cellula epidermica. Costituitosi così il primo austorio ed assicurata la vita al giovane micelio questo si sviluppa superficial- mente per ulteriore allungamento del tubo germinativo costituendo a poco a poco la chiazza feltrosa da prima bianchiccia poi subocracea in seguito alla produzione dei conidiofori e dei collidi. Quando l'attività vegetativa delle foglie si rallenta, il che avviene dopo l'emissione e lo sviluppo della spiga, il fungillo non trovando più condizioni favorevoli per la sua diffusione cessa di riprodursi per conidi e allora sulle chiazze miceliche si va differenziando una nuova forma riproduttiva, l'ascofora e si costituiscono i periteci. Essi si ritro- vano frequentemente nel luglio su diverse graminacee coltivate e spontanee ed in particolar modo sulla Secale cercale, siili' Hordeum murinum, sui Bromus, ecc. L'origine di questi periteci venne chiara- mente illustrata dal De Bary: si differenziano su di un'ifa due fila- menti brevi e rigonfi di cui uno avvolge l'altro a spira (ascogonio e pollinodio). L'ascogonio si rigonfia ulteriormente, mentre il pollinodio diventa meno visibile: le ife che circondano l'ascogonio si segmentano e costituiscono così poco a poco la parte corticale del peritecio, mentre al centro si vanno poi differenziando gli aschi. I periteci maturi che sono immersi nel micelio persistente appaiono aggregati o sparsi, sono ben visibili ad occhio nudo come punticini scuri (fig. 104:2)ed ingranditi rivelano un colore bruno, una forma globoso-depressa e presentano nel contorno delle appendici brevi, quasi rudimentali, pallidamente fosche (104 : 5). Schiacciati lasciano uscir fuori numerosi aschi da prima pieni solo di citoplasma e sol più tardi forniti nel loro interno di otto spore (raramente quattro) ovali e jaline (fig. 104:6). I periteci si distaccano in autunno dalle foglie, secche su cui si sono formati e cadono al suolo ove completerebbero la loro matura- zione. Crii aschi non sarebbero maturi che alla primavera seguente e precisamente la formazione delle ascospore si effettuerebbe fra il marzo ed il giugno. L'eiaculazione delle spore avviene in seguito a torte umidità od a pioggie: l'acqua penetrando negli aschi li dilata, la parete turgida esercitando forte pressione sulla massa interna fa sì che la sommità del peritecio si rompe e le spore vengono lanciate fuori. Esse germinano facilmente nell'aria umida o nell'acqua, perdono facilmente la proprietà germinativa in ambiente secco e caldo. Por- 506 I PARASSITI vegetali: hi. eumiceti tate su foglie delle piante ospiti si comportano come i collidi e ripro- ducono il micelio. Per le ascospore si inizia così nella primavera lo sviluppo del fungo e quindi della malattia. Caratteri biologici e condizioni favorevoli di sviluppo. Secondo le ricerche di Negee, Marchal, Salmon e Reed questa specie pos- siede numerose forme specializzate a singole piante ospiti od a gruppi determinati e molto affini di piante ospiti: tali forme però non sono tra di loro differenziate morfologicamente, ma solo biologicamente, si osserva cioè qui quel che I'Eriksson ha pure provato per le ruggini dei cereali. Salmon (1) chiama queste forme razze biologiche e ne ha potuto distinguere un buon numero tanto sulle graminacee spontanee che sui cereali. Ad esempio la forma di Oidium monilioides che si trova sul grano infetta solo il Triticum vulgare ed il Triticum Spelta, ma non attacca l'avena, né l'orzo, né la segala; viceversa, la forma dell'avena non attacca che le specie di questo genere e così via. Questo fenomeno di specializzazione dipenderebbe a quanto pare dalla qualità del succo cellulare vario nelle diverse piante e che eser- citerebbe un'azione chemiotattica positiva o negativa verso il fungo. Salmon avrebbe inoltre dimostrato con esperienze che queste forme biologiche possono solo svilupparsi su un'altra pianta ospite che non è l'abituale quando esistano ferite interessanti l'epidermide, in modo che essendo distrutta od almeno indebolita l'azione dei succhi che ne ostacolerebbero lo sviluppo, la vita del parassita diventa possibile il che non sarebbe per quella determinata forma biologica se l'epi- dermide fosse illesa. Ne viene di conseguenza che certi insetti ed in particolare afidi che vivono sulle foglie e vi determinano lesioni pos- sono concorrere all'alterazione dei succhi e quindi alla diffusione delle forme specializzate dell7 Erysiphe. Alcune di queste forme si potreb- bero quindi anche considerare come « parassiti di ferite ». La perma- nenza però dei conidi deìVUrysiphe sulle ferite non darebbe alla nuova l'orma biologica che ne risulta la facoltà di infettare le foglie illese della pianta adottiva. Il Salmon à ancora dimostrato con esperienze di infezioni arti- ficiali che VErysiphc graminis non è esclusivamente un ectoparassita, ma che può in condizioni speciali favorevoli svilupparsi anche dentro le foglie e diventare un endoparassita facoltativo (2). (1) Salmon E., On specialisat. of Parasitism in the Erysiphaceae (Beiti-, z. Bot. Centi., XIV, 1903, p. 261). (2) Salmon E., On endophytic adaptation shoton by Erysiphe graminis, eco. (Pbil. Trans, of the Koyal Soc. of London ser. B., voi. 198, p. 87-97). ERTSIPHE POLYGONI DC. 507 Lo sviluppo dell' Erysipke graminis nella sua forma conidiofora è agevolato dalle pioggie persistenti nella primavera, particolarmente nel maggio ed è più intenso ove le piante siano state seminate troppo fitte: così che la poca illuminazione delle foglie più basse e la grande umidità che regna fra le piante è condizione ottima per la propaga- zione della malattia. Mezzi (li cura. Benché esistano mezzi diretti di lotta contro la nebbia del grano, questi non sono tuttavia adoperati poiché non pra- tici, il sistema colturale dei cereali creando serie difficoltà alla loro applicazione. Così si sa che le solforazioni sarebbero efficacissime e che darebbero pure ottimi risultati le irrorazioni con polisolfuri ed in particola!' modo col polisolfuro di calcio: se trattamenti con questa sostanza sono r>ossibili in via di esperienza su piccoli lotti od in pic- coli campi, nella grande coltura non sono attuabili. Non rimane altro che adottare misure preventive seminando i cereali non troppo fitti specialmente nelle località basse od umide ove la malattia suole quasi annualmente fare la sua comparsa: la semina a macchina è perciò specialmente raccomandabile perchè i semi vengono egualmente distri- buiti e le piante non crescono assieme affastellate il che impedisce l'illuminazione delle parti più basse e la circolazione dell'aria. Salmon (1) à fatto una serie di esperienze per stabilire se facendo assorbire a piantine di cereali allevate in soluzioni nutritive traccie infinitesime di solfato di rame era possibile impedire lo sviluppo del- l' Oidi-uni, basandosi sulle esperienze già da noi citate di Marchal e coronate da felice risultato di immunizzazione della lattuga contro la Bremia Lactucae per assorbimento di traccie di sali cuprici. Trovò che dosi di parti 1 di solfato di rame su 2000 di acqua riuscivano assai dannose alle piantine, che dosi di 1 p. 13.000 pure provocavano disturbi funzionali alla pianta mentre non impedivano lo sviluppo della malattia. Naturalmente tali esperienze anno un puro signiticato teorico: dato anche che avessero avuto buon risultato, non potevano certo svelare un nuovo metodo di lotta. 208. ERYSIPHE POLYGONI, DO. {= Erysiphe communi* [Wallr.J Fr.). F. conidica: Oidium erysiphoides Fr. (in parte). N~. iteti. Nebbia, mal bianco del pisello, del trifoglio, della medica, del pomidoro, del grano saraceno, ecc. (1) Salmone., Cultural Exper. toith the Barley Mildexo: Erysiphe graminis DC. (Ann. Mycol., voi. II, 1904, p. 70-79). 508 I PAH ASSITI VEGETALI: III. EL'MICETI _ZV. stran. Bìanc, O'idium des poi*; Blighting of field peas; Powdery Mildew of the Bea, ecc. È certo la più comune Erisifacea che si incontra sii una grande quantità di piante appartenenti alle famiglie più diverse. È frequen- tissima sulle foglie delle Poligonacee attaccando varie specie del g. Polygonum (P. aviculare, Conrolvulus, ecc.) ed anche il P. fagò- pyrum (voi. grano saraceno), delle Eauunculacee, delle Geraniacee, delle Leguminose in particolar modo manifestandosi su varie specie dei g. Pisum, Trifolium, Me- dicago, Melilotus, Lupi mix, Onobrych is , Hedysa rum , ecc., ed anche delle Sola- nacee: per es., del Sola- rium Lycopersicum su cui produsse danni abbastanza intensi fin dal 1879 in Si- cilia, nel Palermitano, poi nel 1881 ed in altre an- nate successive nel Saler- nitano, nella Media e nel- l'Alta Italia. Caratteri della ma- lattia e del parassita. Le foglie, gli steli e qualche volta anche i baccelli (nelle leguminose) si coprono ta- lora nella primavera e nel- l'estate di uno strato tenue, bianchiccio, araneoso da prima e quindi polveru- lento formante macchie effuse, indefinite, più tardi confluenti, bene spesso ri- coprenti interamente le superfiei fogliari, qualche volta anche tutta la piànta (es. in certe Eanunculacee come nei Delphinium (fìg. 105:1-2). Poligonacee, ecc.). Gli organi colpiti al di sotto delle chiazze bianco- polverulente presentano macchioline grigiastre, la clorofilla scompare cosi che le foglie diventano gialle e le piante clorotiche. Lo strato bianco -araneoso è formato dal micelio amfigeno, persistente od evane- scente, cosi il aito al solito da ife densamente intrecciate, jaline, di Fio-. 105. Mal bianco delle Eanunculacee. 1. Foglia di Delpìiiniunì sp. cult, colpita dalla malattia. 2. Porzione di stilo colle chiazze prodotte dal fungo. 3. Forma conidica {Oidium erytiphoides). 4. Peritecio lasciantt- st'uggiic <^\\ ascili per schiacciamento (origi- nali). ERYSIPHE POLYGONI DC. 509 calibro subeguale e provviste di austori vescicolari penetranti nelle cellule epidermiche. Da questo micelio tosto si svolge la forma conidica costituita OIDIUM KVONYMI-JAPONICI SACC. 515 Oidium Ceratoniae. Secondo il Comes la malattia sarebbe più frequente nelle annate e nei climi umidi, il Campbell (1) però osserva invece che i danni sarebbero più gravi nelle località e nelle annate asciutte. Lotta. Secondo il Campbell le solforazioni sarebbero assai più efficaci delle polverizzazioni con calce consigliate dal Comes. Le ope- razioni colturali atte a promuovere una buona vegetazione della pianta, come le potature razionali per favorire l'aeramento della parte più interna della chioma servirebbero ottimamente come misure preven- tive e profilattiche. 213. OIDIUM EVONYMI-JAPONIC1 (Aro.) Sacc. JV. d. malattia. Nebbia o mal bianco dell'evonimo del Giappone. Questa malattia riscontrata verso la fine del 1899 dal prof. Ba- roni a Firenze, veniva studiata e descritta nell'anno successivo dal prof. Arcangeli che la ritrovava copiosa nel Livornese ed in altre località della Toscana. Nel 1903 il Sydow la ritrovava in Austria e nello stesso anno il Salmon in Inghilterra; nel 1904 compariva anche in Francia. Ora è ovunque diffusa attaccando gravemente VEvo- nymus japonicus e le sue numerose varietà assai note ai giardinieri essendo molto adoperate per le loro foglie sempre verdi alla decora- zione di parchi e di giardini e specialmente per la formazione di siepi decorative. Caratteri della malattia e del parassita. Dell' Evonymus japonicus vengono attaccate le foglie, i germogli e le infiorescenze. Su tutti questi organi compaiono delle chiazze bianche da prima subrotondeg- gianti poi confluenti ed invadenti anche tutta la superfìcie fogliare. Tali chiazze diventano poi farinoso-polverulente per la gran copia di conidi che vi si originano. Le foglie colpite cadono precocemente: in casi di forti invasioni si nota una defogliazione quasi completa. Il micelio formato da ife jaline, subeguali, fittamente intrecciate è superficiale e presenta al solito austori vescicolari nelle cellule epi- dermiche che procedono da appressorii lobulati. Dal micelio si origi- nano conidiofori eretti, brevi, bisettati, portanti all'estremità una breve catenella di 2-3 co'nidi. Questi sono cilindrici, raramente ovali ed hanno le estremità arrotondate. La germinazione di questi conidi avviene facilmente in ambiente umido: ogni conidio può emettere uno o più tubi germinativi: questi sono brevi e formano tosto un largo appres- si) Campbell C, La )iebl>ia del carrubo (Italia agricola, 1908, n. 23, pa- gina 541). 516 I parassiti vegetali": IH. EDMICETI sorium da cui prende origine il primo austorio. Oltre questo organo di adesione i tubi si prolungano e diramano alla superficie delle cel- lule epidermiche. I primi autori che studiarono questa malattia rife- rirono questo Oidium ad una forma nuova di Oi. leueoconium Desm. o di Oi. erysiphoides Fr. Saccardo lo interpretò giustamente come una specie nuova, designandola come Oi. Evonymi japonicae (Aro.) Sacc. Sono del tutto ignoti finora i rapporti di questa forma Gonidiale con qualche stato ascoforo di erisifacea, nonostante le numerose ri- cerche fatte in proposito. Secondo Salmon (1) la presente specie non ha alcun rapporto colla Microsphaera Evonymi (DO.) Sacc. che vive sulY Evonymus europaeus: inoculazioni fatte da questo autore su mol- tissime specie del g. Evonymus e di generi affini della fam. Celastracee, anno provato che i conidi di questo Oidium infettano esclusivamente V Evonymus japonicm, le sue varietà e VEvon. radica»*. Peglion (2) à fatto importanti osservazioni sull'ibernazione del parassita. D'inverno le ife superficiali si disorganizzano in gran parte, mentre rimangono nelle cellule epidermiche grossi austori che ne riempiono quasi com- pletamente il lume. Tali austori avrebbero una parete più ispessita ed avrebbero l'aspetto di clamidospore: rappresenterebbero gli organi ibernanti. Salmon attribuisce alle placche miceliali la proprietà di conservare la specie durante l'inverno: gli austori servirebbero solo a supplire all'alimentazione delle ife durante il periodo di vita latente. Peglion però contesta questo fatto e corroborerebbe le sue asserzioni dimostrando che togliendo accuratamente nell'inverno ogni traccia delle chiazze miceliche dalla superficie fogliare, poi mettendo le foglie in ambiente caldo-umido si sviluppa nuovo micelio e quindi compa- iono nuovi conidi. Ciò vorrebbe dire che sono gli austori che conser- verebbero la proprietà vitale. Mezzi di cura. Le ordinarie solforazioni nei luoghi ombreggiati non darebbero troppo buoni risultati. Secondo Peglion sono molto più efficaci i trattamenti con solfo ramato al 3 per cento; con essi avrebbe ottenuto splendidi effetti. Secondo Cuboni gioverebbe anche di più la miscela a base di kg. 1 di polisolfuro alcalino, di kg. 1 di solfato di rame con 100 litri di acqua. Per promuovere lo sviluppo (1) Salmon E., Cultural JExper. with an Oidium on 'Evonymus japomcus (Ami. Mycol., Ili, 1905, pag. 1-15). (2) Peglion V., Intorno alla nebbia o mal bianco dell' Evonymus japon. (Rendic. d. K. Accad. dei Lincei, Roma. ser. V, voi. XIV. p. 232-234 (1905). OIDIUM QUERCINUM THÌÌM. 517 di nuovi germogli a sostituire quelli ammalati servirebbero bene som- ministrazioni al terreno di piccole dosi di nitrato sodico: proteggendo poi i germogli nuovi con polverizzazioni di solfo-ramato. 211. OIDIUM QUERCINUM Thììm. var. GBMMIPARUM Fekr. N. ital. Mal bianco, oidio delle quercie. N. stran. Bìanc du chène; oidio dos carvalhos. La malattia di recentissima diffusione in Europa si manifestava con una certa intensità in Francia per la prima volta nel 1907 (1). Di là si estendeva rapidamente nelle annate successive in diverse regioni dell'Europa e precisamente nella Spagna, nel Portogallo, nella Svizzera, in Italia ove la segnalava per la prima volta nel 1908 il prof. Saccardo (2), nella Germania e nell'Olanda. L'origine di questa nuova malattia non è ben chiara: alcuni pensano che sia di impor- tazione americana, altri suppongono che esistesse già in' Europa da molto tempo, ma pochissimo sviluppata: molti autori identitìcano poi il parassita alYOidium quercinum di Thììmen da lui riscontrato tino dal 1878 nel Portogallo. Il Griffon ed il Maublanc (3) vi ravvisano, ma ciò sembra poco probabile, una specie nuova che chiamano Oi. alphitoides ; mentre il Voglino (1) la attribuisce all'O/. ventricosum Harkn. che è la forma conidiofora della SphaerotJieca lanestris. Il Sac- cardo (5) però che esaminò gli esemplari originali dell'HARKNESS, li trovò affatto differenti dall'oidio delle nostre quercie. L'oidio in questione attacca diverse specie di quercia e precisa- mente: Quercus peduncolata, Q. sessiliflora, Q. Gerris, Q. lle.r, (). subir, Q. Tozza, Q. rubra, Q. palustris, (J. cocci/era, Q. pubescens, ecc., non tutte queste specie verrebbero però attaccate con eguale intensità. Caratteri esterni della malattia. Questa si sviluppa essenzialmente sugli individui giovani, sui germogli nascenti dalle ceppaie, od anche sulle piante adulte, ma attaccando in questo caso solo i rami infe- riori. Si manifesta sulla pagina superiore con efflorescenze biancastre, ragnatelose, effuse a margine indefinito, da prima isolate poi confluenti (1) Cfr. per dettagliate notizie intorno a questa malattia il natio recente la- voro : Osservazioni sulla morfologia dell'oidio della quercia (Annalcs Micolo- gici, voi. VII, n. 1, Berlin, 1909, pag. 62-73 e. tav.). (2) Saccardo P. A., L'oidio della quercia (La Gazzetta del contadino, Tre- viso, agosto 1908, n. 32). (3) Ball. Soc. Mycol. de Franco, XXVI, 1910, p. 137. (4) Annali R. Accad. di Agricolt. Torino. LII, 1910, p. 291. (5) Annales Micologici, Vili, 1910, p. 345. 518 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI e ricoprenti buona parte della superfìcie fogliare (fig. 107:1). Sulla pagina inferiore sono un po' meno distinte (107 :2). Le chiazze bianche sulla pa- gina superiore finiscono poi per formare uno straterello compatto, tenace, persistente, che non si stacca facilmente colle dita e superfi- cialmente polverulento. Sotto le chiazze l'epidermide presenta pun- teggiature scure e la foglia ingiallisce più o meno evidentemente. Le piante colpite si conoscono molto bene a distanza per il loro aspetto biancheggiante. Caratteri del paras- sita. Le chiazze bianche sono costituite da mi- celio formato da ite jaline, fittamente intri- cate, tortuose, striscian- ti, con setti distanziati, di calibro variabile fra i5-6 |i. Sul lato ventrale delle ife e nei punti di contatto colle cellule epidermiche si presen- tano dei piccoli rilievi o dischi adesivi (appres- sorium) da cui partono gli austori globulosi od obovati che passano nelle cellule epidermi- che (fig. 107:3-6). Dal lato superiore le ife miceliche mostrano in- vece di quando in quan- do dei rilievi o bozze notevolmente ispessite e rifrangenti nella par- te superiore il cui uf- ficio è tuttora ignoto, ma che forse potrebbero considerarsi come organi ibernanti (107:3-4). Dallo stesso lato delle ife si elevano i rami conidiofori eretto-ascendenti, semplici, non molto lunghi presentanti superiormente una catenella di conidi, di cui l'ul- timo solamente ben formato (fig. 107:7). 1 conidi maturi sono ialini, Fig. 107. Mal bianco della quercia. 1. Foglia di quercia colpita dalla malattia. 2. La stessa dalla pagina inferiore. :_!-."> Micelio ieìVOidium quer- ci/num. ti. Micelio con austeri. 7. Kami conidiofori. 8. conidi (originali). OIDIUM QCEUCINUM THUÌM. 519 obovati, colle estremità leggermente convesse od un po' troncate (fi- gura 107:8). Misurano da H. 24 34 == 15-17. La forma ascofora di questo micete è tuttora ignota; Saccardo ed altri micologi suppongono, e fino ad ora sarebbe l'opinione più probabile, che lo stato ascotbro sia una Microsphaera e forse la 3f. quer- cina (Schw.) specie finora ignorata in Europa, ma assai conosciuta sulle quercie nell'America boreale. Recentissimamente il Cuboni ed il Petri (1) riscontrando in al- cune località del Lazio fortemente invase dall'oidio delle quercie una specie di Sphaerotkeca sui rami del pesco, diversa dalla solita 8pK pannosa ed affine invece alla Sptì. lanestris Harkn., specie esotica vivente sulla Quervus Agri/olia, avanzano l'ipotesi ebe si tratti della torma ascofora dell'oidio delle quercie, che sarebbe in questo caso una specie eteroica. Ciò però non sarebbe stato finora controllato con dati sperimentali che solo potrebbero provare se realmente tale Sphaero- tkeca è riferibile al ciclo evolutivo del fungo della quercia. Condizioni favorevoli (li sviluppo e danni. La malattia è frequente specialmente nelle esposizioni a Nord e presso i corsi d'acqua: l'umi- dità non sarebbe però una condizione indispensabile per il suo svi- luppo poiché nel 1907 si sviluppò in Francia in condizioni di grande siccità, mentre nell'anno successivo all'opposto si sviluppò in circo- stanze affatto contrarie. I danni sono abbastanza gravi specie sui getti più giovani in cui ostacola il normale accrescimento, arrestando lo sviluppo delle piante e rendendo la vegetazione stentata anche per l'anno successivo. Nei vivai, poi, come facilmente si può immaginare, i danni sono anche maggiori. Mezzi di lotta. Le solforazioni e le irrorazioni con polisolfuri alca lini nelle proporzioni del 3-5 per cento sono state subito esperimen- tate e con buoni risultati: tali mezzi di cura sono però praticamente inapplicabili nella grande coltura forestale e solo attuabili nel caso in cui si debbano salvaguardare dalla malattia le giovani piantine di quercia nei vivai. Si potrà invece opporre un ostacolo alla diffu- sione del male scegliendo per i nuovi impianti specie più resistenti quali: Q. sessilifiora, Q. coecifera, <{. ilex, Q. rubra, (}. palustri* adat- tandole a seconda delle località. (1) Cuboni e Petri, Sopra una Erisifacea parassita del pesco in rapporto col nuovo oidio delle Quercie (Rend. d. K. Accad. d. Lincei, CI. Se. Fis. Mat. Nat., voi. XVII, 1909, p. 325-326). 520 I PARASSITI VEGETALI: III. KUMICETI È da sperare che le nostre piante adattandosi a poco a poco alla nuova malattia abbiano a risentirne in seguito un minor danno e pio- movendone l'allevamento da seme di ottenere delle razze biologica- mente e naturalmente resistenti. 11. Sottoclasse. — Bsisidioiuiceti. I basidiomiceti costituiscono una serie parallela agli ascomiceti e come questi si sono probabilmente originati da Ficomiceti. Infatti come da tìcomiceti si passa gradualmente agli Emiasci, agli Exoasci ed ai Carpoasci per il successivo differenziamento dello sporangio che viene a costituire Pasco caratteristico di quel gruppo, così da tìcomiceti in cui à avuto preponderanza la riproduzione conidica si sono differen- ziati i primi basidiomiceti (E mi basidi) e quindi a poco a poco i proto- basidiomiceti e gli eubasidiomiceti. Anche in questa sottoclasse manca una vera e propria riproduzione sessuale, però secondo Dang-eard (1) ed altri autori anche qui come negli ascomiceti la riproduzione sessuale sarebbe rappresentata da un atto cariogamie-oche precederebbe la formazione del basidio. De Baky, Fedekley ed altri micologi constatando nelle ustilaginee fenomeni di copulazione tra le basidiospore svolgentisi dall'einibasidio (promi- celio), avrebbero interpretato tale fatto come un atto sessuale, dimo- strando che in tale processo si effettuava la fusione dei nuclei dei singoli conidi. Secondo Christman (2) la formazione degli ecidi nel g. Phragmidium sarebbe la conseguenza di un atto sessuale. Comunque sia, se anche si può ammettere che nei basidiomiceti come negli asco- miceti esista un rudimento di riproduzione sessuale, questa si compie in modo ben diverso dai tìcomiceti ove esistono veri e propri organi ben differenziati per tale processo pei quali si origina una vera spora sessuale. II micelio dei basidiomiceti e ben sviluppato: è costituito da ife ad accrescimento apicale, settate, ramificate, libere fra di loro oppure riunite a costituire e ordoni rizomorfa ci (Arm Maria melica) od anche sclerozi. (1) Dangeahd, La sanai iti' che: Ics champignons (Kev. Scienti!'., 5 sèrie, t. IV, 1905). (2) Chkistman, Senta! reproduct. in the lìnsts (Botati. Gaz., t. XXXIX, 1905, p. 267-275). BASIDIOMICETI 521 Il micelio è qualche volta duraturo, come si osserva in certi Imeno- miceti che vivono parassiti sui tronchi ed il cui micelio si sviluppa nel legno delle piante arboree (Polyporus, Fomes), spesso è invece effimero e dura solo fino alla produzione degli organi riproduttivi. Nelle forme parassite il micelio può essere localizzato ad una parte determinata della pianta o di un organo di essa come avviene nella maggior parte dei casi: più di rado invade tutta quanta la pianta, accumulandosi solo più intensamente nei punti ove si dovrà effettuare la produzione delle spore (Ustilaginee). La riproduzione dei basidiomiceti si effettua sempre per spore esterne inserite su filamenti più o meno differenziati che prendono il nome di basidi. Nei casi pia semplici un basidio non è che il prò dotto della germinazione di un tipo speciale di spora detta spora duratura che può essere una clamidospora se originata per ri- gonfiamento e differenziazione di un articolo di un'ifa miceliea. Tali basidi semplicissimi vengono designati col nome di emibasidi e sono caratteristici delle ustilaginacee. Possono essere un po' allungati e forniti di qualche setto trasversale portando poi lateralmente ed al- l'apice delle altre piccole spore (basidiospore o sporidi) [es. g. Us1ilago\, oppure sono più brevi, continui e portanti solo all'estremità una coroncina di sporidi come nel g. Tilletia. In basidiomiceti un po' più elevati si originano da una vera spora detta tei euto spora: da questa si sviluppano sempre uno o più basidi maggiormente diffe- renziati, sempre plurisettati, portanti lateralmente su piccole punte o sterigmi le basidiospore (Uredinacee). Nei basidiomiceti superiori il basidio prende origine direttamente dal micelio e rappresenta la diffe- renziazione di una speciale ifa che diventa fruttifera: negli exobasidi (gruppo parallelo agli exoasci) i basidi sono direttamente impiantati sul micelio vegetativo e trattandosi qui di forme parassite degli or- gani verdi essi erompono all'esterno degli organi attaccati: negli ime- nomiceti si differenzia invece un corpo fruttifero e su di esso una zona detta imenio basidio foro che è formato dall'insieme dei basidi. Nei basidiomiceti più elevati il basidio è generalmente un organo di forma elavata e porta verso l'estremità 2 8 sottili prolun- gamenti o steri gmi che portano ciascuno una basidiospora. Il corpo fruttifero è variamente differenziato nei basidiomiceti: in alcuni gruppi è crostoso (Cortieium), in altri elavato od elegantemente ramificato e superficialmente tappezzato dall'i menio (Clavaria), altrove è foggiato a zoccolo od a mensola e porta inferiormente l'imenio tubuloso o la- mellare (Fomes, Schizophylìunì, ecc.) frequentemente è ad ombrello .">L'2 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI come in molti agaricini (figura 14, pag. 127) e poli porci oppure può essere sferoidale, obovato, avente imenio interno come nei gasteromi- ceti (Scleroderma, Lycoperdon, ecc.). I basidìomieeti sono saprofiti, parassiti, meno frequentemente sim- biotici. Il parassitismo è più frequente nei basidiomiceti inferiori: i basidiomiceti i>iù elevati (imenomiceti) sono in .man parte saprofiti. Tra i primi si comprende un gran numero di forme dannose alle piante coltivate e spontanee: si tratta di endoparassiti il cui micelio è in- tracellulare o intercellulare oppure l'uno e l'altro nello stesso tempo. Si sviluppano specialmente sugli organi verdi che distruggono talora completamente od in cui inducono strane deformazioni. La classificazione dei basidiomiceti è basata sulla differenziazione dei basidi e sulla loro localizzazione sul corpo fruttifero. Ecco il quadro della classificazione che abbiamo adottato per questo gruppo: Primo ordine JEmibasidii: sottordine Ulstilaginales. Fani. l.a: Ustilaginacee. Fani. 2.il : Tilletiacee. Secondo ordine Protobasidii : sottordine Uredinales. Fani. l.a: Pucciuiacee. Fani. 3.a: Coleosporiacee. Fani. 2.a: Cronartiacee. Fani. 4.a: Melampsoracee. Terzo ordine JEubasidii: sottordine 1. Exobasidiales. Fani. Exobasid iacee. sottordine 2. Hymeniales. Fani. l.a: Teleforacee. Fani. 3.a: Idnacee. [Fani. 2.a: Clavariacee]. Fani. 4.a: Poliporacee. Fani. 5.a: Agaricacee. [sottordine 3. Gasterales], sottordine 4. Phalloidales. Fani. Phal Iacee. Ordine I. - Fmibasidii. I basidi semplicissimi sono qui il prodotto della germinazione di speciali spore (clamidospore), cui è affidata la conservazione della specie. Tali basidi settati o continui presentano lateralmente o solo all'apice un numero più <» meno grande di basidiospore. Vi si comprende runico: USTILAGINALES 523 Sottordine. — Ustilaginales. I fungili ustilaginei o funghi del carbone sono classici generatori di malattie già note tìn da tempi antichissimi e Teofrasto, Plinio poi tutta la schiera degli scrittori georgici dei telici tempi dell'Im- pero Romano ne tanno di esse accenni abbastanza chiari. L'opinione di questi antichi scrittori in proposito alla causa della malattia è che sia dovuta a condizioni meteoriche: per Teofrasto e Plinio la polvere nera che imbratta gli organi colpiti dei cereali non è che il prodotto di ustioni solari, quindi come il residuo di una speciale combustione! Bauhin naturalista che visse nel secolo XVII e che osservò pure tale malattia dei cereali non dissente dagli antichi quanto alle loro origini. Wolf nel 1718 crede che le alterazioni carbonchiose siano dovute ad una specie di corruzione dei succhi percorrenti i vasi della pianta e le interpreta come mostruosità di sviluppo: Tillet (1752) die fa già la distinzione tra carie e carbone ne attribuisce la causa ad una specie di virus contagiosi!* e crede che la polvere nera pas- sando da spiga a spiga serva a diffondere la malattia in quelle sane per contagio. I naturalisti Adanson, Bernard de Jeussieu, Linneo, ritengono la polvere nera dovuta all'azione di un vegetale che classi- ficano tra le licoperdacee. Persoon e De Candolle lo collocano tra i funghi al g. Uredo; Prévost (1807) riconosce la possibilità di ger- minazione e la capacità di infezione delle spore; la biologia e la esatta collocazione sistematica dei funghi del carbone non veniva effettuata che verso il 1S17 dai fratelli Tulasne, insigni micologi. Alcuni anni dopo ne chiarirono la biologia gli studi del De Bary, del Kuhn (1858) che illustrò molte malattie prodotte da tali funghi, e dimostrò che l'infezione alle piante derivava dalle spore che aderivano ai semi dei cereali, dall'HoFFMANN, dal Wolff, dal Fischer v. Waldheim: re- centemente nuovi fatti importantissimi vennero messi in luce dalle splendide ricerche di moderni osservatori quali il Brefeld, il Falk, il Jensen, il Rostrup, I'Hecke ed Hori. Caratteri botanici: Micelio. Il micelio delle ustilaginee è formato da ife tenui, jaline, plurisettate, assai ramificate, viventi parassitica- mente negli organi giovani ed in via di sviluppo «lei vegetali superiori, sviluppate essenzialmente negli spazi intercellulari, talora però anche intracellulari. Anche quando le ife si trovano all'esterno «Ielle cellule mandano però sempre dentro di queste dei piccoli e brevi rametti 524 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI che si piegano nell'interno ed anno Puffi ciò di austori. In alcune specie {Ustilago hypodite.s, ecc.) le ife mieeliche crescono anche dentro le cavità cellulari ove avviene più tardi la produzione delle spore. Le ife sono di micocellulosa però talora sono fornite all'esterno come di una specie di ispessimento o guaina cellulosica che alcuni autori con- siderano come un prolungamento della membrana delle cellule del- l'ospite attraversate dal fungo, mentre altri considerano come una modificazione chimica propria della parete esterna delle ife. Il micelio in generale attraversa tutto il corpo della pianta che attacca seguendone lo sviluppo dall'inizio della germinazione tino alla fruttificazione. In questo caso le piante infette non si riconoscono da prima affatto da quelle sane poiché questo micelio entrato nella gio- vane piantina non ne turba la vegetazione: mantenendosi però sotto forma di un tubicino assai esile che si trasporta sempre in su col l'accrescimento del vegetale: la parte più bassa del micelio essendo più vecchia muore e l'attività vitale si concentra invece sulla por- zione più giovane localizzata in alto. Quando l'ospite à quasi rag- giunto il completo sviluppo allora questa porzione di micelio invadendo adatti organi si moltiplica e differenzia dando luogo alla produzione delle spore. In altri casi, però assai più rari, il micelio è localizzato ai punti di infezione, quindi à uno sviluppo più limitato e sporifica là ove esso si è sviluppato. Questo si vede, ad esempio, nell' Ustilago Maydis in cui l'infezione, può avvenire tanto sulle foglie giovani, che sui culmi, come sulle infiorescenze femminee o maschili. Clamidospore. Poiché il micelio à raggiunto l'organo o gli organi della pianta che, a seconda della specie, deve invadere e distruggere per la produzione dei germi di diffusione esso si ramifica abbondante- mente sostituendosi poco a poco ai tessuti o producendo in essi pro- fonde lacune od anche determinando collo stimolo che esercita sulle cellule in via di accrescimento tumori od ipertrofie; le pareti delle ife si gonfiano ed ispessiscono notevolmente, mentre si muta la loro natura chimica, presentando un processo di gelatinizzazione. Le ife cosi rigonfiate si toccano, si intrecciano, si riuniscono, si saldano in- sieme: si vengono a formare dalla fusione di moltissime ife delle masse gelatinose negli organi colpiti entro le quali si cominciano a diffe- renziare dei corpicciolini globosi, qua e là sparsi, jalini da prima che sono i rudimenti delle spore che si circondano più tardi di una parete bruna, notevolmente ispessita (fig. 108:1-4). Man mano che le spore si differenziano e maturano la massa gelatinosa entro cui si sono formate viene riassorbita e le spore che erano prima come agglutinate assieme USTILAGINALES ,V_'.-> diventano infine libere e polverulente. È il momento in cui l'organo colpito mostra all'esterno o all'interno una quantità grandissima di una polvere bruno-scura, fetida die costituisce il carattere più saliente di queste affezioni carbonchiose. Fig. 108. Generalità sulle Ustilaginee. 1-4. Stadi successivi di differenziazione delle ite per la formazione delle clamidospore Del g. Ustilago (U. utriculosa). 5. Germinazione delle clamidospore di Us. Avenae: a in acqua, l> in soluzione nutritiva (i corpiceioli laterali sono gli sporidi). 6. Germinazione delle clamidospore dell1 P». Maydis: a in acqua, b in soluzione nutritiva. 7. Germinazione delle clamidospore di Tilletia Tritici. 8. (Iciini- nazione degli sporidi di Vs. Avenae. 9. Germinazione degli sporidi accoppiati di Tilletia Tritici e formazione di uno sporidiolo. 10. Porzione di micelio sviluppato dalla germinazione di sporidio di Tilletia formante sporidioli (corpi falciformi). 11. Formazione delle clamidospore per ingrossa- mento delle ife miceliche nel g. Tilletia. 12. Clamidospore a glomernlo
  • :!(> I PARASSITI vegetali: ih. eomiceti cui il micelio penetrerebbe senza danneggiare però l'embrione ehe seguirebbe nella sua evoluzione. Operando collo stesso metodo sulla avena ottenne fino al 40 per cento di piante ammalate. Secondo Hecke (1) naturalmente le spore del carbone verrebbero portate alle spighe sane, sui fiori e precisamente sugli stimmi insieme al polline per azione del vento e degli insetti: ivi troverebbero con- dizioni opportunissime per germinare, di qui ne verrebbe l'infezione agli ovari e la propagazione del micelio ai semi. Lo stesso Hecke à provato l'esistenza del micelio nell'embrione dei semi di quelle spighe ove è stata effettuata l' infezione fiorale. Le recenti esperienze di Bkefeld e Falci; (2) confermano tali fatti e corroborano la teoria di Hecke dell'infezione fiorale con nuove scoperte. Infettando mediante un polverizzatore con acqua ricca di spore fresche di TTstilago Tritici delle spighe in fioritura di frumento ottenne dal 18-26 per cento di piante carbonchiose dalla semina delle carios- sidi : eseguendo l'infezione delle spore fresche mercè un pennello fiore per fiore ottenne dalle cariossidi seminate nell'anno successivo il 95 per cento di piante carbonchiose. Hoei osserva che l'infezione delle piantine per opera del suolo sarebbe assai rara ed è di opinione che la maggior propagazione del carbone delle spighe si effettui attraverso i fiori: l'infezione per spore aderenti alla superficie delle cariossidi meno frequente per 1' TTstilago Tritici, V. Hordei, U. nuda, sarebbe invece più comune per VTJ. Panici -m il lacci, V. Bciliana, TJ. Sorgiti, U. Arenac, Urocystis occulta, Tillctia lacvis, T. Tritici. Johnson ammette che le piantine germinanti di orzo e di grano non sarebbero facilmente infettate dalle spore del carbone: egli crede che l'entrata del fungo avvenga fin dall'epoca della fioritura di queste piante sul giovane ovario e che quindi il germe della malattia rimanga annidato nel seme. Secondo Peglion il passaggio del micelio negli ovari cesserebbe quando in questi è già avvenuta la fecondazione ed è già più avan- zato il differenziamento. Anche Strampelli (3) à tatto importanti esperienze che confermano la teoria (IcITHecke: egli dopo aver in- (1) Hecke L., Zur Theorie der Bluteninfection des Getreides durch Flvg- brand (ber. il. Deut. Botan. Gesellsch., 1905, Bel. XXIII, p. 248-250. (2) Bkefeld O., Falce R., Die Bluteninfect. bei den Brandpilc, ecc. in Brefeld, Untersuch. a. d. Gesantg. d. Mykol. Heft III, 1905, Mimster. (3) Strampelli N., Esperienze intorno alla malattia del frumento dovuta all' « Ustilago ('orbo» (Kendic. R. Acc. d. Lincei, 1906, voi. XV. p. 211-213). USTII.AGINALES 531 tettato spighe di grano in fioritura eolle spore del carbone raccolse le cariossidi e le seminò. Anche quelle che aveva diligentemente la- vato all'esterno con soluzioni di sublimato corrosivo diedero piante con spighe carbonchiose. Ciò prova all'evidenza che i germi della malattia si trovavano all'interno. Queste osservazioni che vengono a chiarire un lato ancora oscuro della biologia dei funghi del carbone anno anche una enorme impor- tanza pratica additando nuovi mezzi di lotta più adatti di quelli fin qui praticati che limitandosi alla sterilizzazione esterna della semente, non sempre impediscono lo svolgersi della malattia. Le piante che vengono maggiormente colpite dalle ustilaginacee sono in prima linea le Graminacee, tra le quali tengono il primo posto per importanza i cereali che ne sono danneggiatissimi, vengono poi Ir Giperacee, le Giuncacee, le Poligonacee, le Ranunculacee, le Carioflllee. le Composite: ma di queste famiglie attaccando per la maggior parte dei casi piante spontanee riescono assai meno importanti. Quanto agli organi che vengono invasi sono quasi sempre organi aerei, rarissima- mente attaccano radici o parti sotterranee: nella maggior parte dei casi il fiore è la sede della sporificazione, talora le antere, altre volte l'ovario, i frutti, spesso le parti accessorie del fiore (calice, glumette, ecc.); le parti fiorali possono diventare mostruose od ipertrofiche, deforman- dosi in corpi sacciformi pieni di una polvere nerastra formata dalle spore (p. es. la deformazione dei fiori maschili del granturco per opera del- l' Ustilago Maydis). Sugli steli, sui culmi possono presentarsi ora pu- ntale striiformi piene di polvere nera {Urbcystis occulta), ora grossi tumori carbonchiosi (Ustilago Maydis), sulle foglie pustule, rigonfia- menti vari erompenti abitualmente con una massa bruna polverulenta (XTrocystis Ancmoncs, Violae, ecc.). La maggior parte delle Ustilaginacee sono dei parassiti specializzati: anche qui come nelle Erisifee, nelle Uredinee, sonvi forme talora assai poco o per nulla tra loro differenti morfologicamente, pur tuttavia con comportamento diverso: ad esempio, il carbone delle spighe che una volta si riteneva prodotto da una unica specie designata come Ustilago Garbo viene oggidì, in seguito alle esperienze del Brefeld e del Jensen, attribuito a più specie differenti biologicamente e quasi per nulla morfologicamente: così è provato che il carbone che infetta il grano non è capace di svilup- parsi sull'orzo né sull'avena, quello dell'orzo non attacca né avena né grano, quello dell'avena non infetta che questa pianta. Anche questa osservazione à apportato i suoi buoni frutti in agricoltura, dimostrando che si può coltivare impunemente un dato cereale in un 532 I PARASSITI VEGETALI": III. EUMICETI canapo in cui l'anno prima un altro cereale che si era coltivato è stato fortemente colpito dal carbone, senza pericolo alcuno che le molte spore rimanenti sul terreno possano produrre infezione. Classificazione. Il gruppo Usti lag in ale* nelle classificazioni odierne si divide in due famiglie delle Vstilaginacee e delle T ili et iacee. La distinzione è basata essenzialmente sul diverso modo di germinazione delle clamidospore. Xelle Vstilaginacee queste germinano producendo un tubo promicelico (e mi basidio) relativamente allungato e con qualche setto trasversale; lateralmente a questo prendono origine gli sporidi. Xelle Tillet iacee invece le clamidospore germinano con breve promicelio, il quale rimane indiviso ed all'apice solo, non mai late- ralmente si sviluppa una coroncina di sporidi. I generi delle due famiglie le cui specie anno maggiore interesse in agricoltura sono esposti nel seguente prospetto analitico (1). Pam. 1. Ustilaginacee. I. Spore 'semplici (fig. 108:13-14). A. Erompenti, polverulente dai sori a maturità. a. Bori da prima ricoperti da mia membranella for- mata dai tessuti della pianta, poi nudi . . G. Ustilago. b. Sori coperti da una falsa membrana formata da cellule del fungo G-. Sphacelotheca. B. Agglutinate a maturità e sviluppate attorno ad una columclla centrale ...... C4. Ci ut rad ia. II. Spore appaiate, agglutinate nei sori . . . Gr. Schizonella. ttt et i i- a- ii i 4. j-i. * fi- * G-. Sorosporium. III. Spore riunite a "lomeruli di cellule tutte fertili . •> n rr, f , L ° { ir. i li eco p li ora. Fani. 2. Tilletiacee. 1. Spore semplici (fig. 108 : 15). 4. Erompenti dai sori a maturità e polverulenti . Gr. TiUetia. B. Incluse nelle foglie a maturità, per lo più jaline . Gr. Entyloma. 2. Spore a glomeruli di cui le cellule centrali fertili, le periferiche sterili (fig. 108:12) . . . Gr. Urouystis. Fam. I. — Vstilaginacee. (*. Ustilago Pers. Caratterizzato da clamidospore unicellulari, libere e polverulente a maturità, brune o nerastre, originantisi per fusione e gelatinizza- zione di ife generalmente negli organi fiorali delle piante colpite. Le clamidospore germinano per rm promicelio 1-5 settato (em i basi dio) j lateralmente al quale ed anche all'apice si formano sporidi i quali (1) In parte desunto dall'opera di Clinton, Sortii American Ustilagìneaé (in Pn.ce. 1. Boston Soc. of Nat. List., voi. XXXI, 1904. p. 320-529). USTI LAGO TRITICI JKNSEN 533 germinano a loro volta per promicelio od in liquidi nutritivi si svi- luppano a guisa di fermenti. Questo genere è ricchissimo di specie alcune delle quali dannosissime ai cereali. Di queste faremo speciale menzione. 215. USTILAGO TRITICI (Pers.) Jensbn. Sinon. JJ. segetum (Bull.) Ditm. in parte; JJ. Carbo Tul. in parte. K. iteti. Carbone del frumento, car- bonchio, volpe, golpe. JV. strati. Charbon clu blé; Flugbrand dir Gerste; Staubbrand d. Weizens ; Barley smut; Loose smut of Wheat. Sotto il nome di Carboni delle spighe vengono comprese tutte quelle specie che recano danno alle spighe e pannocchie dei cereali più coltivati e che anticamente erano riferite all'unica specie JJ. segetum (Bull.) Ditm. od JJ. Carbo DC. In seguito alle ricerche di Brefeld, Jensen, Rostrup, ecc., questa vecchia specie venne distinta nelle seguenti: JJ. Tritici Jens. che attacca il grano; JJ. Rordei (Pers.) K. et S. ; JJ. nuda (JENS.) K. et S. cbe vivono sull'orzo; JJ. Avenae (Pers.) Jens.; JJ. laivis (K. S.) Magn. che vivono sull'avena. La presente forma è specializzata sul grano, attaccando quasi tutte le varietà coltivate, ma in special modo le varietà Noè, Bordeaux, ecc. È un parassita cosmopolita ed i suoi effetti sono noti dai tempi più antichi. Esso arreca danni, benché non sempre intensi, in tutta Europa, nell'America del nord, nell'Africa settentrionale, nell'Asia centrale e nelle Indie orientali. Caratteri della malattia. Sono assai palesi e si manifestano ap- pena la spiga si libera dall'ultima guaina fogliare in cui da prima è Fig. 109. Carbone del grano. 1. Spiga di grami colpita dalla malattia. 2. Clamidospòre di Ustilago Tritici molto ingrandite (d. 475). ìi-5. Tre stadii di germinazione delle clamido- spore (1-2 originali, le altre da Bke- FBLD). 534 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMIOETI ravvolta. Le spighe ammalate appaiono del tutto deformate o ridotte ad un ammasso bruno polverulento che aderisce alla rachide ed ai monconi delle spighette completamente disorganizzate. Sulla spiga per lo più non esiste alcuna traccia di organi normali: i lìori anno per- duto la loro struttura, gli ovari e gli stami scomparsi, le glumette sono ridotte a mozziconi od a residui informi di cui sopravvivono a mala pena le nervature o, se esiste, la resta divaricata o contorta, anche le glume anno subito la stessa sorte e tali residui della spi- ghetta sono coinvolti in una massa bruno-nerastia polverulenta formata dalle spore del parassita (tìg. 109:1). Le spighe ammalate per tale carat- tere risaltano con molta facilità nel campo tra le circostanti sane. Prima della comparsa della polvere nera negli ovari vi è una massa molle, gelatinosa, bianchiccia, non facile però ad osservarsi poiché all'uscita della spiga dall'ultima guaina, la malattia si presenta già con tutti i suoi caratteri e già è avvenuto il completo aborrimento degli organi fiorali e la conseguente produzione della massa carbonchiosa. Caratteri del parassita. La massa bruno-olivacea è formata da una sterminata quantità di clamidospore che si sono formate sugli organi fiorali a spese del micelio del fungo che vi è coni penetrato salendo dalle parti basse della pianta durante lo sviluppo di questa: micelio che da prima formato di ite fine, delicate, a doppio contorno, difficilmente distinguibile nei tessuti dei culmi infetti, più tardi negli organi fiorali si ramifica copiosamente dando rami che si gonfiano, si fondono insieme per un processo di gelatinizzazione e costituiscono una massa mucilagginosa in seno alla quale si costituiscono le clami- dospore. Queste sono di forma subsferica od ovale, sono di color bruno e translucide, anno episporio liscio e misurano circa 5-8 = 5-6 i^. (tìg. 109 : 2). Germinano facilmente in ambiente umido o nell'acqua dopo 4-6 ore se giovani, dopo anche due giorni se vecchie, più rapidamente in liquidi nutritivi e costituiscono un promieelio (emibasidio) diviso trasversal- mente da 3 4 setti e non fornito di sporidi, ma con articoli germinanti direttamente, capaci di infettare le giovanissime piantine di frumento all'epoca della germinazione se con queste vengono messi a contatto (tìg. 109 : 3-5). Non infettano però uè l'orzo, ne l'avena, uè tanto meno altri cereali. È stato dimostrato sperimentalmente dal Bkefeld che le cla- midospore portate dal vento possono dalle spighe ammalate passare alle sane ed apportare infezioni alle cariossidi, le quali apparentemente normali e saue contengono però nell'interno il micelio del fungo che alla germinazione del seme seguirà la piantina nello sviluppo e renderà palese l'infezione coli' alterazione carbonchiosa che indurrà nella spiga. USTILAGO TRITICI JENSEN 535 Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. La qualità del suolo non à grande influenza uel favorire o meno lo sviluppo della malattia così tanto si manifesta nei terreni secchi e calcarei di collina, quanto nei terreni silicei ed umidi di pianura, però à influenza notevole la concimazione. Nei terreni abbondantemente concimati a stallatico spe- cialmente se fresco è molto più comune che nei terreni concimati con sostanze minerali. Le variazioni di temperatura durante il periodo vegetativo primaverile «Iella pianta non anno alcuna influenza sul fungo il cui micelio trovasi già all'interno, però tutte le cause che possono indebolire la giovane piantina che è appena germinata sono favorevolissime alla penetrazione del germe patogeno, quando questo si trovi all'esterno ed in prossimità del tenero caulicino che invade attraverso la prima guaina fogliare basilare. La durata della facoltà germinativa delle spore è assai lunga, se- condo il Liebenberg si manterrebbe fino a sette anni: temperature bassissime di — 15° 0. — 25° C. secondo Hoffmann, Schindler non varrebbero a distruggerla, come non viene distrutta con temperature elevate, purché secche, anche di + 128° 0., mentre in ambiente umido la proprietà germinativa è distrutta a + 58° C. Le spore possono, senza venir distrutte, attraversare l'intestino degli erbivori, espulse colle feci in esse trovano condizioni opportuni ssiine di sviluppo. La paglia infetta di cui possono cibarsi i bovini o che può essere ado- perata come lettiera aiuta la diffusione della malattia poiché le spore trovano nel fimo il miglior ambiente nutritivo. Oltre i danni che ne vengono al raccolto, non sempre però gravis- simi almeno nelle nostre regioni ove la malattia benché sempre pre- sente nei campi di grano si limita ordinariamente alla distruzione di poche spighe, secondo alcuni, il fungo apporterebbe anche conseguenze agli animali che eventualmente si cibassero di culmi infetti: così il Cantoni crede (die possa produrre indigestioni ed irritazioni gravi all'apparato digerente, mentre altri sono d'opinione che le conseguenze sarebbero più leggere e limitate a coliche o disturbi momentanei. Metodi di cura. 1 metodi che qui esporrò non sono «'schisivi al carbone delle spighe del grano, ma servono altresì contro tutti i car- boni delle spighe dei cereali non solo, ma anche contro quasi tutte le malattie causate da Ustilaginacee. I mezzi di lotta sono tutti pre- ventivi: non è possibile contro i carboni dei cereali applicare mezzi curativi poiché come è noto il fungo si sviluppa all'interno e sfugge così a qualunque trattamento od applicazione esterna. Potremo divi- dere i mezzi di difesa in colturali ed in chimico-fisici. 536 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI a) Colturali. — Le semine precoci in autunno, quando è possi- bile effettuarle sono un'ottima misura preventiva: la temperatura ancor mite aiuta la germinazione e lo sviluppo della piantina, die forma tessuti più robusti e più difficilmente compenetrati dai germi del carbone. Così anche le adeguate concimazioni purché non eseguite con stallatico fresco anno lo stesso vantaggio di favorire lo sviluppo delle piantine; la buona lavorazione del suolo, i drenaggi nei terreni compatti ed umidi indirettamente sono sempre operazioni assai vantag- giose. Anche le rotazioni di coltura per più ragioni sono consigliabili, sia per evitare l'esaurimento del terreno, sia per impedire che i germi della malattia conservandosi sul terreno da un anno all'altro siano causa di continuate infezioni. Peglion raccomanda vivamente e con ragione la raccolta delle spighe infette man mano che si presentano, distruggendole e ciò per impedire che il vento trasporti le spore sui fiori e si abbiano ad in- fettare le cariossidi. Anche colla selezione si possono ottenere varietà di grani meno soggetti al carbone: è consigliabile selezionare quelle varietà di grani che anno glume più aderenti al momento della fioritura poiché in esse è assai più difficile l'infezione fiorale a mezzo delle spore del carbone che è probabilmente il mezzo naturale più frequente per la diffusione della malattia. Secondo lo Strampelli (1) la resistenza dipenderebbe dalla pubescenza delle glume nonché dal restare poco aperte durante la maturazione delle cariossidi. h) Fisico-chimici. — Questi metodi vengono designati col nome di medicature e consistono poi in processi fisici e chimici per la steri- lizzazione della semente. Vennero preconizzati da oltre un secolo e mezzo, ma per combattere come dirò in seguito essenzialmente la carie del grano, malattia più grave del carbone delle spighe e poi gene- ralizzata anche per la lotta contro tutti gli altri carboni. È stato il Tillet verso il 1755 uno dei primi a consigliare medicature pei semi dei cereali contro la carie, il Prévost nel 1807 preconizzò per la lotta contro la stessa malattia l'uso dei sali di rame. Ecco le sostanze che sono state esperimentate nella lotta contro i carboni dei cercali per la medicatura della semente: 1. Solfato eli renne. — La medicatura dei semi con soluzioni di- luite di solfato di rame sono quelle più usate e da più lungo tempo (1) Strami-eli. i X., iu Rendic. R. Acc. d. Lincei, 1906, voi. XV, p. 211-213. USTILAGO TRITICI JKNSEN 537 esperimentate con successo. I grani da semina vengono immersi per un determinato periodo di tempo in una soluzione di solfato di rame che anche in tenue dosi uccide facilmente le spore del carbone elie possono aderire alla semente e che portate nel campo potrebbero occasionare lo sviluppo della malattia. Questa medicatura può essere eseguita secondo vari metodi consigliati da vari autori. Il più usato è il Metodo Kuhn. In un recipiente abbastanza capace si fa una solu- zione di kg. 0,5 di solfato di rame in 100 litri di acqua: si collocano i semi da medicare in un cestino e si immerge il tutto nel liquido, lasciandolo immerso per un periodo di 10-1G ore, avendo cura però di rimescolare di quando in quando con un bastoncello la semente, perchè tutta la superficie dei granelli venga ben bagnata. Si ritira quindi il paniere, si fanno asciugare i chicchi e si semina. Il metodo cosi usato offre però seri inconvenienti. La tossicità del rame pregiu- dica la germinabilità di quei semi che alla superficie anno qualche lievissima lesione e si à così una percentuale piuttosto forte di gra- nelli che non germinano: in vista di tale inconveniente il Dreisch (1873) à migliorato il metodo di Kuhn, consigliando di neutralizzare l'acidità e la tossicità del sale di rame aderente ai semi, immergen- doli subito dopo estratti dalla soluzione di solfato di rame per pochi mi- nuti in un latte di calce assai leggero, quindi stendendoli per lasciarli asciugare e seminandoli al momento opportuno. Alla superficie del chicco si viene così a formare uno straterello di ossido idrato di rame non nocivo per la germinazione, ma nocivo ai germi del carbone anche quando questi si trovassero sul suolo e venissero a contatto coi semi. Secondo il Wolf si potrebbe pure adoperare una soluzione di solfato di rame nelle proporzioni del 5°/00 riducendo la durata del- l'immersione a 6-12 ore, I'Habeelandt suggerisce una soluzione di solfato di rame all'I °/no con 12-14 ore di immersione; per accelerare l'operazione quando si abbia una grande quantità di grano da trat- tare il Wolf consiglia di raccogliere il grano a mucchi e di irrorarlo con la soluzione indicata di solfato di rame nella proporzione di 10 litri di soluzione per ogni ettolitro di semente, trattandolo quindi con latte di calce e dipoi lasciandolo asciugare. Elevando le dosi del solfato di rame, si può diminuire la durata di immersione. 2. Acido solforico. — Si sarebbero ottenuti anche buoni risultati contro il carbone delle spighe medicando la semente con immersione per circa 12 ore in una soluzione di acido solforico in acqua, nella proporzione di 500 grammi di acido solforico su 100 litri di acqua. Questo trattamento riesce anche efficace contro T anguillaia del fin- 538 I PARASSITI VEGETALI: ITI. KCMICKT! mento (Tylenchus tritici) che si trova talora nei chicchi «lei cereali e li danneggia. .">. Solfuro potassico. — È usato largamente in America, ma, come dirò più appresso, specialmente contro il carbone dell'avena. I semi verrebbero immersi per circa 24 ore in una soluzione all'I " u di sol- furo potassico (fegato di zolfo) che non danneggerebbe affatto la ger- minazione dei semi, ma che distruggerebbe i germi del carbone. 4. Solfato di soda. — Il Dombasle consiglia di irrorare il seme del frumento con un liquido formate da soluzione di kg. 8 (riducibile anche a 2-3) di solfato di soda in un ettolitro di acqua, spolveran- dolo quindi con calce linamente polverizzata. Secondo Comes questo metodo sarebbe molto efficace ed offrirebbe il vantaggio di non essere pericoloso per la semente. 5. Formalina. — Venne esperimentata in America, in Germania dal Klrchneb, in Austria, in Francia dal Delacroix e dallo Schri- baux usando soluzioni al 3°/00 in cui verrebbero immèrse le granello per pochi minuti. Gli effetti contro la malattia sarebbero stati ottimi e quanto a germinatoli tà dei semi si sarebbe ottenuto una percen- tuale del 90° 0; solo il 10°/0 si avrebbe di perdita, mentre col tratta- mento a base di sale di rame aumenterebbe alquanto. In questi ultimi tempi, anche in seguito alle nuove scoperte sul- l'infezione fiorale per opera delle spore del carbone à preso grandissima voga un trattamento di natura fìsica cui si assoggettano i semi dei cereali per prevenire lo sviluppo del carbone. Il metodo, preconizzato del Jensen, è la: 6. Sterilizzazione con acqua calda. — Jensen consiglia di immer- gere per la durata totale di 5 minuti il grano da semina in un reci- piente contenente acqua calda a -(- 54° + 55° C. Perchè l'operazione riesca bene è d'uopo collocare i semi in un paniere, immergendolo nel recipiente con acqua per 5-6 secondi, ritirandolo quindi per 3-4 se- condi, immergendolo ancora, poi ritirandolo e ciò per diverse volte. Infine il paniere si immerge col grano nell'acqua fredda, si lascia poi asciugare stendendolo all'aperto e quindi si semina. Questo metodo a il grande vantaggio oltre ebe di essere efficacissimo di non nuocere all'atto alla germinazione dei semi. Il Keller MANN ed altri autori sarebbero di opinione che col metodo Jensen si mantiene più elevata la produzione. Siccome oggidì si sa dalle esperienze del Brefeld che nei chicchi di grano si può trovare il micelio del parassita che vi è entrato per infezione fiorale, i medicamenti colle miscele indicate anno perduto CSTILAGO AVENAE JENSEN 539 uri po' della loro importanza, poiché evidentemente essi non anno effetto sul germe del fungo contenuto nell'interno, quindi si a tutta la ragione di credere cbe il metodo Jensen sia a tutti superiore perchè a quella temperatura probabilmente anche il micelio interno viene distrutto essendo il riscaldamento sopra i + 50" C. già dannoso al fungo in ambiente umido. L'Appel (1) indotto dall'osservazione che il mi- celio inizierebbe il suo sviluppo nella cariosside prima dello sviluppo dell'embrione, consiglia di tenere i semi per 4-6 ore in un ambiente a temperatura di -j- 20° + 30° C. per iniziare lo sviluppo del micelio, portandoli poscia in acqua o corrente d'aria riscaldata a temperatura di + 50° + 54° C. e così il micelio verrebbe più facilmente ucciso. È da augurare che anche da noi tali sistemi già largamente adot- tati in diverse nazioni europee e nell'America del Nord vengano espe- rimentati ed adottati contro le diverse manifestazioni delle ustilaginee parassite dei cereali. Concludendo: si può lottare efficacemente contro il carbone delle spighe: raccogliendo e distruggendo man mano si presentano le spighe alterate perchè non infettino le spighe sane: non usando la paglia dei grani carbonchiosi né come mangime pel bestiame né come let- tiera nelle stalle, uè buttandola in concimaia ove fomenterebbe lo sviluppo dei germi patogeni, non adoperando per la concimazione che letame vecchio e ben fermentato (nel quale se vi possono essere germi di carbone sono ridotti allo stato di virus attenuati); anticipando, ove sia possibile, la semina del frumento in autunno e facendo uso di varietà a rapido sviluppo; selezionando varietà più resistenti; operando medicature alla semente con solfato di rame o solfuro potassico o meglio di tutto adottando il metodo Jensen conveniente sotto tutti i rapporti. 216. USTILAGO AYENAE (Pers.) Jens. N. iteti. Carbone dell'avena. .A7, stran. Haferfluyb ranci ; Loose smut of Oats; Gharbon de Vavoìne. Questa specie che attacca V Avena sativa e le sue varietà più comu- nemente coltivate è notissima e più della precedente dannosa causando notevoli perdite al raccolto. Negli Stati Uniti d'America specialmente provoca danni gravissimi. (1) Appel O., Theorie u. JPraxis der Bekàmpfung von Ustilago Tritici ioni Vst. nuda (Ber. d. Deut. Bot. Gesell., XXVII, 1909, pag. 606-610), 540 I PARASSITI VEGETALI : III. ElMICETI Caratteri della malattia. Anche qui l'alterazione carbonchiosa suole manifestarsi allo svolgersi della pannocchia dall'ultima guaina fogliare: l'infiorescenza appare completamente deformata, meno espansa, coi rami talora appressati e presentanti le spighette atrofiche ed in- quinate di una abbondante massa polverosa bruno- oli vacea. Da prima gli ovari si convertono in sacchetti rivestiti di sottil membrana, pieni di polvere nerastra: poi le spore di- ventano libere: le glumette e talora anche le glume totalmente od in parte si disorganizzano e degli involucri della spighetta e dei fiori non rimangono che pochi residui come le nervature più grosse e le reste: della pannocchia rimane alfine la sola rachide con poche spighette ridotte a glume o vuote o piene della massa polverulenta (figura 110:1). Caratteri del parassita. Le clami- dospore assomigliano molto a quelle della specie precedente: sono di colore bruno, globulose, misurano da 5-8 n. di diametro ed anno episporio leggermente punteggiato (fig. 110:2). Germinano facilmente in acqua producendo un emibasidio con 4-5 setti trasversali che presenta all'apice e lateralmente degli sporidi (fig. 110:3-4). Brefeld à ese- guito esperienze di infezione con tali sporidi su giovani piante di avena, riproducendo la malattia. L'infezione riesce tanto più facile quanto più le piantine sono giovani: nei primi stadi della germinazione l'infezione può dare il 17-20 °/0 di piante carbonchiose; se la piumetta è già alta un centimetro sene ammaleranno solo il 7 10 ° 0, se alta fiuo a due centimetri appena il 2 ,, se le piantine sono più alte o non si a più infezione o al massimo questa avviene solo per l'l%- u trasporto delle spore dalle infiorescenze carbonchiose a quelle sane che avviene tanto facilmente peri' Ùstilago tri- Fig. 110. Carbone dell'Arena. 1. Porzione di pannocchia ili avena colpita dal carbone. 2. Clamidospore di Usti- lago Avenae molto ingrandite (d. 475). 3-4. Clamidospòre germinanti in solu- zinni nutritive per tubi e per sporidi] (1-2 originali, ::-4 da Bkefeld). DSTILAGO A.VENAE JEN8EN 541 tici e che à per conseguenza di infettare i fiori e quindi le cariossidi, qui non produrrebbe le stesse conseguenze poiché le glume difendono meglio dall'attacco delle spore l'ovario ed impediscono quindi l'infezione della cariosside su cui vengono a stringersi. Perciò in questa specie sono specialmente le piantine germinanti (die ricevono l'infezione dagli spo- ridi che possono trovarsi all'esterno od aderire alle cariossidi, dentro alle quali diffìcilmente potrebbe già preesistere il germe del parassita, come invece avviene per altri carboni delle spighe. L'infezione alle giovani piantine viene assai facilitata se il terreno è stato concimato con fimo cavallino fresco: in tali condizioni si può ottenere oltre il 40 ° 0 di piante ammalate. Lo sviluppo del micelio nell'interno della pianta, la sua differenziazione negli organi fiorali e la successiva for- mazione delle clamidospore, concordano in tutto con quello che av- viene ed abbiamo descritto per la specie precedente. Metodi di cura. Anche per questa malattia si possono attuare tutti quei metodi preventivi che abbiamo indicato per il carbone del grano, avvertendo che qui sono di grande importanza le medicature della semente e danno risultati anche più. soddisfacenti e completi che per VUstilago tritici per la ragione già indicata che l'infezione avviene generalmente alle piantine germinanti per sporidi che sono all'esterno. In America è assai usata nella lotta contro 1' Z^stilafjo Avenae la medicatura con solfuro potassico facendone una soluzione di kg. 0,68 in circa 114 litri di acqua ed immergendovi per un paio di ore la semente. I risultati sarebbero splendidi (1) e la germinazione dei semi verrebbe favorita. Le medicature con solfato di rame se- condo il processo di Kuhn perfezionato dal Deeisch, darebbero pure effetti soddisfacenti, però anche qui qualche seme un po' avariato per introduzione del liquido velenoso perde la capacità germinativa. L'Arthur consiglierebbe pure la medicatura con formalina commer- ciale (al 40°/0) disciolta nella proporzione di un kg. su 400 litri di acqua. Però la formalina può pregiudicare la germinazione di un certo numero di cariossidi, per questo non è troppo a consigliarsi. Secondo Jensen sarebbe pure efficacissimo contro il carbone del- l'avéna il trattamento coll'acqua calda. Egli à in proposito istituito una serie di esperienze comparative impiegando diversi mezzi dalle quali risulterebbe la superiorità del trattamento coll'acqua calda a qualsiasi medicatura. Ecco i risultati: (1) Swin'glk T. W., The graìn smtits: their carne, and prevention (Yearb. of the U. S. Dep. of Agricult. for 1895, Washington). 542 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETl Trattamenti eseguiti. Percentuale di piante carbonchiose. Genninabilità. 1. Senza alcun trattamento 36°/0 ottima 2. In acqua calda a -\- ^6° C. per 5 minuti 0 » 3. » » a -f 53° C. » . . 0.5 » 4. Riscaldamento in camera umida per 5 ore a + 53° C. 0 mediocre 5. » » a secco per 7 ore a -j- 54 " C. 34 buona 6. Immersione in solfato di rame al 2,5°/00 (12 ore) 0,5 » 7. » » soluz. al 4"/n di calce e 2°/0 di CINa 9 ottima 8. » » in acido solforico al 0,5 °/0 per 12 ore 13 buona La temperatura migliore dunque per operare col metodo Jensen sulle cariossidi dell'avena sarebbe di -f 55° + 56° 0. Contro questa malattia sono perciò consigliabili le pratiche coltu- rali e profilattiche già indicate per il carbone del grano: le medicature più convenienti sarebbero quelle al solfuro potassico oppure coli' acqua calda, 217. USTILAGO LAEV1S (Kellerm. et Sw.j Magn. UT. ital. e stran. e. s. Anche questa specie attacca l'avena e produce gli stessi effetti e danni della specie precedente da cui solo si differenzia per uri carat- tere morfologico, quello di avere le clamidospore perfettamente liscie. Si combatte naturalmente allo stesso modo. 218. USTILAGO HOEDBI (Pebs.) Kellerm. et Sw. (= U. Jensenii Rostr.). X. ital. Carbone coperto dell'orzo. X. stran. Charbon de l'orge; Hartbrand der Gerste, Gerstenbrand ; Barley Smut. Questa specie attacca particolarmente l'orzo distico le cui spighe appaiono annerite per l'enorme sviluppo di una massa carbonchiosa nera che si è sostituita in buona parte alle spighette di cui riman- gono solo pochi residui. Le singole masse carbonchiose in questa specie non sono così decisamente polverulenti come nella seguente perchè anche a maturità delle spore sono ricoperte da una membrana (die le avvolge onde il nome che si dà a questo carbone di coperto (fig. 11 1 : A). Le clamidospore sono rotonde, nerastre, liscie sull'episporio e mi- surano da 6-5 — 7,5 V-. di diametro; germogliano per un emibasidio plu- ricellulare dal quale si sviluppano sporidi (fig. Ili :l-2). Le clamidospore in questa specie come nella seguente possono anche facilmente essere portate sui fiori e penetrare nelle cariossidi infettandole, in modo che da esse si possono direttamente sviluppare piante carbonchiose come nel caso del carbone del grano. l'Mll.ACd NUDA KELL. - SW 543 219. USTILAG-0 NUDA (Jenb.) Kell. et Sw. (= U. Hordei Bkef.)- JV. Hai. Carbone nudo dell'orzo. N. striai. Flugbrand der Gerste; Loose smut of harley; charbon de Forze. Attacca le diverse forme e varietà coltivate déìVHordeum vulgare ed è comune col precedente in Europa e nell'America del Nord ove secondo Fkeeman produrrebbe danni del 5-10 per cento del raccolto. Anche da noi questa specie è frequente in particolar modo nel Ve- neto, in Lombardia ed in Piemonte. Si distingue facilmente dalla prece- dente perchè le masse carbonchiose di color bruno-verdastro da prima avvolte da tenue membrana, diven- tano tosto erompenti e polverulenti. Spesso si osserva che all'uscita della spiga carbonchiosa dall'ultima guaina fogliare, mentre l'estremità di quella è già coperta da abbondante massa polverulenta, alla sua base à ancora le spighette ammalate coperte da membrana che però tosto si lacera per lasciare libera fuoriuscita alla massa di spore (flg. 111:5). Le clamidospore sono qui più regolarmente globulose od ovali, anno l'episporio finamente echinulato, mi- surano circa 5-7 = 5-0,5 !^. e di colore bruno-nerastro; germinano per un pro- micelio che si ingrossa e si ramifica lateralmente senza però produrre spo- ridi (fìg. 111:3-4). Mezzi di cura (contro entrambe le specie). Sono applicabili gli stessi mezzi di lotta preventivi indicati contro i carboni del giano e dell'avena; peri carboni dell'orzo avrebbero dato essenzialmente buoni risultati: la medicatura con acido solforico diluito nella proporzione ^~P Fig. 111. Carboni dell'orso. A. Spiga ili orzo colpita dall' TTstilago Hordei. i. Clamidospore molto ingrandite (d. 47.">i. 'J. Clamidospora germinante. />'. Spiga di orzo colpita chili Uà. umili. :t. Clamida- spore ingrandite (d. 4 7 .". < . t. Una clami- dospora germinante (originali, eccetto 2 da ÌRostrup. 4 sec. Bit] i eld). . 544 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI di kg. uno di acido solforico su 200 litri di acqua con durata d'im- mersione dei semi di 12 ore. Dopo i semi vengono sciacquati in acqua ordinaria, lasciati asciugare e a suo tempo seminati. Freeman e Johnson consigliano il metodo Jensen che dev'essere preferito a qualunque altro per prevenire il carbone di questo cereale. Jensen raccomanda però di rammollire prima i semi dell'orzo da trattare immergendoli per due ore nell'acqua fredda poi sommergendoli nel- l'acqua calda a temperatura di + 51° + 52° 0. per una quindicina di minuti. JSIon è conveniente per l'orzo superare questa temperatura poiché si avrebbe come conseguenza, diminuzione del raccolto. 220. USTILAGO PANICI MILIACEI (Pers.) Wint. (= U. destruens Schlecht.). A. ital. Carbone del miglio. A", stran. Gharbon du Millet; Hirsebrand; Staubrand der Hirse ; Millet-Smut. È malattia comune e di frequente dannosissima in Italia, Francia, Germania, Xord e Sud America che attacca le infiorescenze del miglio (Panicum miliaeeum). Io stesso ò avuto occasione di osservarla frequen- temente in Piemonte, nel Monferrato così estesa in certi campi che più del 50 per cento delle piante ne erano colpite. Caratteri esterni. La malattia attacca tutte le parti dell'infiore- scenza, quando ancora questa è coinvolta nell'ultima guaina fogliare notevolmente rigonfiata. Aprendosi la guaina appare talora un corpo ovoide, giallo-grigiastro, rivestito da sortii membrana al di sotto della quale si trovano i residui fortemente alterati della pannocchia le cui ramificazioni coi peduncoli fiorali ed i rudimenti dei fiori abortiti sono come agglutinati da una massa abbondantissima più tardi polveru- lenta, bruno-olivacea formata dalle spore. Queste infiorescenze così deformate non si espandono mai, ma rimangono così ammassate e talvolta anche non escono fuori dalla guaina fogliare (fig. 112: i-i B). Caratteri del parassita. La massa nerastra è formata da un nu- mero sterminato di clamidospore che si sono formate dalle ife forte- mente ramificate e gelatinizzate nei tessuti della giovanissima pannocchia. Esse sono arrotondate oppure leggermente ovali od anche sub-polie- driche, anno episporio bruno, quasi liscio e sono notevolmente più grandi di quelle delle specie precedenti, misurando circa P. 8 12 = 8 10 (fig. 112:2). Secondo LlEBENBERG queste clamidospore conservano anche per 5 anni la facoltà germinativa: germinano in acqua, secondo Brefeld dopo 2-3 giorni producendo un tubo promicelico 4-5 settato, USTILAGO PANICI-MILIACEI WINT. 515 i cui articoli senza produrre sporidi germinano direttamente per fila- menti che spesso si fondono tra di loro e che sono capaci di infettare la pianta ospite giovanissima (fig. 112:3). Se vengono collocate in liquido nutritivo si à invece la produzione dall'emibasidio degli sporidi, capaci a lor volta di moltiplicarsi per gemmazione a guisa di fermenti e di emettere in certi casi altri tubi di germina- zione sui quali si in- seriscono degli spori- di oli (figura 112:4-5). Le infezioni mediante questi sporidi germi- nanti sulle giovanissi- me piantine di miglio vennero eseguite dal Brefeld e dall'HoFF- mann: il micelio pene- trato nella piumetta segue la pianta nel suo sviluppo differenzian- dosi sempre più nella parte alta e costituen- do solo le spore negli organi fiorali appena cominciano a costi- tuirsi. Secondo Tr- schebinski la germi- nazione delle clamido- spore dell' U. Panici- miliacei non avver- rebbe nello stesso anno di loro produzione: esse avrebbero biso- gno di un periodo di riposo e rimarrebbero tutto l'inverno libere sul suolo del campo già infetto: nella primavera acquisterebbero quindi una facoltà germi- nativa assai elevata. L'autore però è di opinione che le spore in tali condizioni non concorrono molto alla diffusione della malattia, l'infe- Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 35. Fig. 112. Carbone del Miglio. 1. A-B Due pannocchie «li Miglio deformate dall' Usiilago Panni vuliacei. 2. Clamidospore (d. 47.r>). 3. Dae clamidospore germi- nanti in acqua. 4. Clamidospora germinante in soluzione nu- tritiva. 5. Sviluppo ulteriore del promicelio originatosi da una clamidospora germinante in soluzione nutritiva, con produzione di conirli aerei (1-2 originali, le altre da BREFELD). 54-6 I PARASSITI VKGETALl: III. EUMICETI zione più forte deriverebbe sempre da semi già infetti per avvenuto trasporto di spore sui fiori (1). Ciò però non sarebbe in rapporto colle osservazioni di Hori clie classifica questo carbone fra quelli che pili facilmente infettano i semi colle loro spore aderenti all'esterno, osta- colando la conformazione fiorale la penetrazione dei germi fino al gio- vane ovario. Mezzi (li lotta. Come per gii altri carboni. Per questo che, se- condo Hecke, sarebbe il più refrattario ai metodi di cura avrebbero dato specialmente buoni risultati le medicature con solfato di rame al 0,5 per cento con durata di immersione di circa 20 ore, seguite poi dalla solita neutralizzazione con latte di calce, con formalina al 0.25 per cento con durata di immersione dei semi di due ore; il me- todo JENSEN coli' acqua calda a temperatura di + 53° + 55° C. Le piante colpite vanno raccolte e distrutte col fuoco prima della disper- sione delle spore: nei campi fortemente infetti è conveniente per di- versi anni sostituire altra coltivazione. 221. USTILAGO CRAMERI, KÒRN. X. d. malattia. Carbone del Panico; Kolbenhirsenbrand. Attacca il Panico (Setaria italica) ed arreca danni gravissimi nelle località ove questo cereale è largamente coltivato come in Ungheria, nella Croazia, in Turchia ed anche in alcune località d'Italia. Si trova inoltre copiosissima nei nostri prati sulla Setaria viridi*, graminacea frequentissima nei siti magri; colpisce anche la 8. germanica qua e là coltivata col nome di Molta. Le spighe colpite da prima appaiono come inalterate, ma poi acquistano un colore bruniccio e si distinguono facilmente dalle altre sane, in seguito, ma molto tardi, si coprono poi di una polvere bruna olivacea che erompe dagli ovari i quali sono anormalmente sviluppati e trasformati come in sacchettini pieni di spore che erompono al- l'esterno in seguito alla rottura della tenue parete ovarica che le trattiene. Le clamidospore sono rotonde od alquanto ovali, misurano 7-9 n. di diametro, oppure 0-9 = 10-12 n. Anno un episporio bruno, liscio e germinano sia in acqua che in liquido nutritivo per un emibasidio 4-5 cellulare da cui non si svolgono sporidi bensì lunghi tubi germi- nativi. (1) Trschebinski J.. Hirsenbrand nini dessen Belcàmpfung (Wiest. Sacchamoj Promyschl. f. das Jahr 1906. n. 10). U8TILAG0 MAYD1S TUL. 517 Mezzi di cura. Secondo Hecke colla sterilizzazione dei semi a -f- 55" + 60° C. in acqua calda le clamidospore non vengono uccise, mentre invece si pregiudica la germinabilità dei semi stessi. Le me- dicature con solfato di rame non avrebbero effetto: migliori risultati darebbe l'immersione della semente in una soluzione di formalina al 0,5 per cento, per la durata di cinque minuti, seguita poi da la- vaggio in acqua. 222. USTILAGO MAYDIS (DC.) Tul. N. ital. Carbone del mais, del granturco. X. stran. Charbon du Mais; Maisbrand, Btulenbrand des Mais; Maize Smut, Corri Sniut. Il carbone del granturco è malattia eomunissima e dannosa in tutta Europa nonché nell'America del Nord e nel Chili. Attacca tutte le varietà coltivate del mais ed è maggiormente diffusa nei luoghi di pianura in terreni pingui ed irrigui che nei luoghi asciutti e magri di collina. Venne studiata nel 1809 dal Carradori in Toscana: egli l'attribuisce al parassitismo di un fungo che classifica al g. Eeticularia col nome di Eeticularia Mays (1). A differenza della specie precedente la presente non è localizzata solamente agli organi florali, ma attacca i culmi, le guaine fogliari, le lamine, le infiorescenze maschili e le femminee, qualche volta anche, benché assai raramente, le radici. Caratteri esterni della malattia. Sui culmi appaiono dei tubercoli grossi talora più del pugno, isolati o riuniti, di forma irregolare, di consistenza carnosa, turgidi, rivestiti all'esterno di una pellicola da prima bianca coi riflessi rosso-violacei, lucida come se fosse ricoperta di vernice, liscia, poi di color violaceo-bruno, rugosa, floscia, da cui erompe una massa nero-polverulenta che imbratta gli organi sotto- stanti delle piante ed anche il terreno. Tagliando i giovani tumori si vede che anno una struttura spugnosa, cavernosa: qua e là nelle la- cune si nota una sostanza mucilagginosa bianchiccia da prima, poi nerastra appiccicaticela che aumenta sempre di volume riunendosi a quella di altre lacune e finalmente interessando buona parte dell'iper- trofia. Sulle guaine fogliari e sulle lamine si notano consimili alterazioni: però i tumori sono in generale un po' meno grossi e sulle lamine ta- ci) Carradori, Osservazioni sul carbone del granoturco in Giornale Pisano, 1809, p. 265; (secondo Lovekoo J., Lea malad. Gryptog. d. Géréales, Paris 1892, pagina 69). 548 I PAHASSITI VEGETALI: III. EVJMICETI lora interessano o il lembo o la nervatura mediana, disponendosi in serie e rivestendole per un tratto più o meno lungo (fig. 113:1-2). Fi»-. 113. Carbone del (ira ut ureo. I. Tumori prodotti dall' Vitilago Maydis su porzione «li guaina fogliare: in S un tumore sezionato. 2. Tumori su porzione
  • . 7-s. Clamidospòre germinanti in acqua. 9 In soluzione nutritiva. 10. Sporjdii gemmanti in soluzione nutritiva (1-4 e <; originali, le altre «la Beefeld). A nelle sulle grandi brattee fiorali può talora mostrarsi la ma- lattia: frequentemente poi questa attacca lo spadice od infiorescenza USTILAGO MAYDIS TUL. 541) femminea producendo l'ipertrofia non solo degli ovari, ma anche delle piccole brattee che accompagnano il pistillo che si ingrossano, si tumefanno, diventano mostruose e sporgono all'infuori notevolmente t'ormando delle escrescenze di forma e grossezza varia, spesso sacci- formi, piegate, con una punta rivolta in alto di color bianchiccio poi subviolacee o plumbee ed al solito internamente lacunari e piene di pol- vere brnniecia (fig: 113: 3). In generale non tutti i fiori femminei appaiono così deformati, ma verso Paltò o la base o la metà dello spadice appaiono ovari più o meno normali, alcuni dei quali possono anche dare ca- riossidi regolari. La pannocchia maschile è pure frequentemente colpita: sono per lo più alcuni fiori, quelli situati verso l'estremità delle singole rami- ficazioni che appaiono deformati, trasformandosi in gruppetti di corpi sacciformi, più piccoli di quelli delle infiorescenze femminee, ma più regolari, allungati, con una punta rivolta in alto, di color bianco- violaceo o plumbeo, poi ripieni di polvere bruno-scura (fig. 113:4). Il Cugini (1) e più tardi il Mottareale (2) descrissero minutamente le deformazioni degli organi fiorali maschili che essi però attribuiscono al parassitismo della forma Zeae dell' TJsiil. Eeiliana. Secondo Motta- reale anche gli stami presentano talora profonde modificazioni: le antere assai rigonfiate si impiantano sul filamento sottile, oppure si riducono notevolmente su filamenti grossi e di forma elavata (fig. 113:5). Sulle radici avventizie del mais vennero osservati tumori dal- I'Hennings e dal Ohifflot. Quest'ultimo Autore fa notare che le radici ipertrotìzzate presentano spesso casi di pseudodicotomie sul loro apice vegetativo. Caratteri e biologia del parassita. Facendo una sezione attra- verso un giovane tubercolo si può constatare la presenza del sistema vegetativo del parassita e la sua successiva differenziazione in clami- dospore. I tubercoli che si possono considerare come veri micocecidi, sono stati studiati nella loro origine e struttura anatomica da Knowles (3) e Wakker (4). Essi sono formati da uno straordinario ed anormale sviluppo dei tessuti parenchimatici le cui cellule grosse (1) Cugini G-., Il Carbone del Grano turco (Boll. Staz. Agr., voi. X. pag. 17, Modena 1890). (2) Mottareale G., i' Ustilayo Beilianaf. Zeae e la formazione dei tumori staminali nel granone (Armali K. Se. Super, di Portici, voi. IV, 1902). (3) Knowles E. L., Journ. of Mycol., V, 1889, p. 14. (4) Wakker I. H., Pringsh. Jahrb., XXIV, 1894, p. 499. 550 1 PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI ed a pareti sottili lasciano qua e là degli spazi intercellulari o lacune più o meno grandi nelle quali il micelio del parassita differenziandosi darà luogo alla produzione delle spore. I vasi sono incompletamente sviluppati, presentano parete non lignificata, anche i tubi cribosi sono modificati o mancano. Il micelio è facilmente visibile: esso è jalino, attraversa le cellule o si svolge negli spazi intercellulari, formando talora come dei cordoni rettilinei: i filamenti micelici si rivestono spesso di una grossa guaina cellulosica, sono a calibro assai irrego- lare e presentano qua e là dei rigonfiamenti e delle ramificazioni che nelle lacune si fanno sempre più abbondanti, rigonfiandosi, saldandosi insieme, gelatinizzandosi e costituendo le clamidospore che per riassor- bimento della massa mucosa in cui si sono formate diventano in seguito polverulente e rimangono libere nella cavità, che poi si riuniscono, delle ipertrofie. Le clamidospore sono tondeggianti od ovali, colla dimensione di n. 8-13 = 8-10, di colore giallo brunastro, anno episporio finamente, ma fittamente aculeolato e piuttosto spesso (fig. 113:6). Da fresche non germinano subito, avendo bisogno di un certo periodo di riposo: dopo qualche tempo germinano facilmente nell'acqua producendo un emi- basidio 3-4 settato fornito di pochi sporidi laterali oppure di filamenti micelici sviluppati dagli articoli (fig. 113: 7-8). In liquidi nutritivi invece dall'emibasidio si svolgono moltissimi sporidi gemmanti in altri sporidi di modo che si formano lateralmente al promicelio come delle specie di cate- nelle tortuose di conidi che si sono sviluppati gli uni dagli altri (fig. 1 13 : 0), conidi che poi si staccano e nel liquido nutritivo continuano a moltiplicarsi all'infinito (fig. 113:10). La capacità germinativa delle clamidospore può esser conservata per diversi anni. Le clamidospore restando nel ter- reno possono nell'anno successivo infettare le giovani piante in via di sviluppo, però a differenza delle altre ustilaginee la malattia può colpire anche organi giovani di piante ben sviluppate e che anno già di molto oltrepassato il periodo della germinazione potendo le spore portate dal vento o da altre cause da organi già infetti attaccare non solo il culmo, ma anche le foglie giovani, le infiorescenze maschili, femminee, ecc. Ciò è stato provato sperimentalmente da Brefeld e Falok che riuscirono ad infettare con sporidi germinanti non solo giovani piante, ma anche l'apice vegetativo di piante adulte. L'infe- zione dopo tre settimane circa di incubazione si manifesta e resta localizzala alle parti degli organi su cui anno germinato gli sporidi, mentre le altre parti possono rimanere del tutto sane. Così si spiega che talora le lamine, le guaine od i culmi possono essere infetti mentre la pannocchia e lo spadice sono perfettamente sani o viceversa: la USTILAGO MAYDIS TUL. 551 infezione generale avviene solo allorché essa si inizia sulla piantina nei primordi della sua vegetazione. Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. Quasi tutte le varietà
  • Id. germinanti in soluzione nutritiva (1-4 originali, 5 da I'rillieux, G da Brefeld). (1) Roberts H. F., Freeman G. F., The preventiva of Sorghum and Kafir Coni 8m,iit (Bull. n. 149, Exp. Stat. Kansas, Manhattan 1907). SPHACELOTHECA REILIANA CLINTON 557 Keillana .soluzioni di formalina in diverse proporzioni e con diversa durata di immersione ottennero i seguenti soddisfacenti risultati : Soluz. di formalina al 0,l%j durata di immers. 1 ora: "indo di infez. per °/0 18 » » 0,2% » » » » » >> 13,4 » » 0,5% » » » » » » 1,8 » » 0,1 % » » 4 ore » » » 2,2 » » 0,2°/0 » » » » » » 2.0 » » 0,5 °/o » » » » » » — Da semi non trattati si ebbero piante infette nella proporzione del 27,8-33,4 per cento. La dose migliore sarebbe dunque l'ultima, con durata di immersione di quattro ore. Anche il metodo Jensen con acqua calda a + 54° -f- 58° C. con immersione per 15 minuti, da- rebbe buoni risultati. 230. SPHACELOTHECA REILIANA (Kuhn) Clinton (= Usti- ìago Beiliana Kuhn). N. ital. Carbone della pannocchia. N~. stran. Charbon des panicules de mais et de Sor gito ; Staubbrand von Sorghohirse und Mais. Questo carbone attacca il granturco ed il sorgo specialmente il sorgo dolce (Sorglium saecharatum) e la Durra (8. cernuum) ed è dif- fuso in Europa (anche in Italia, benché non comune), ma specialmente dannoso nell'Africa settentrionale (Egitto), nelle Indie e negli Stati Uniti d'America. La pannocchia della durra viene trasformata, a quanto riferisce Kuhn, in un grosso tumore carbonchioso alto tino a (10-95 millimetri e del diametro di 40-60 millimetri, di forma subglo- bosa od ovale. Da prima questa produzione è avvolta da una mem- brana bianchiccia che poi si rompe e lascia uscire la massa bruna polverulenta delle spore. Gli arabi chiamano questa malattia Eamari. Anche sulla pannocchia del mais si possono formare pustole rotonde od ovali, rivestite da una pellicola bianca, sottile che più tardi si apre per lasciar uscire le spore. La parte della pannocchia su cui sono le pustole si presenta fortemente alterata e deformata. Cugini (1) e Mottareale (2) riferiscono a questo parassita certe deformazioni degli stami del granturco che però Saccardo attribuisce al parassitismo della forma androfila dell' Ustilago Maydis sotto la quale specie le abbiamo descritte. (1) Cugini CI., in Stazioni Sperimenti. Agr. Ital.. X, 1890, p. 17, tav. II, fig. 13-16. (2) Mottareale G., in Annali R. Se. Superiore di Portici, voi. IV, 1902. 558 i parassiti vegetali: ih. kumiceti Le spore sono irregolarmente sferiche, misurano da 9-15 n. di dia- metro, sono translucide con episporio bruno finamente aculeolato: all'inizio di loro formazione sono riunite in ammassi di 40-50 n. di diametro; però più tardi diventano libere. Esse possono conservare la facoltà germinativa anche fino a nove anni: la germinazione si compie in acqua od in liquidi nutritivi per emissione di un promi- celio settato con sporidi. Servono come mezzi di cura quelli già indicati per la specie pre- cedente; giovano inoltre la distruzione delle piante colpite e la sospen- sione della coltura delle piante ospiti nelle località più danneggiate, almeno per qualche tempo, procurandosi poi la semente da località non infette. 231. SPHACELOTHECA HYDROP1PERIS, De Bary. È specie frequentissima, ma di nessun interesse, che colpisce e distrugge gli ovari di molte specie del g. Polygonum e specialmente P. Hydrapiper, Bistorta, viviparum, mite, ecc., piante dei luoghi umidi e dei prati alpini. 11 fungo venne accuratamente studiato dal De Baey. G. Cintractia Cornu. Differisce dal genere Ustilago per le clamidospore che sono da giovani agglutinate e solo a maturità libere e che si svolgono da una massa centrale subgelatinosa per lungo tempo fertile e producente spore che respingono verso l'esterno le più vecchie. Non à speciale interesse poiché le specie che vi si comprendono sono parassite degli organi florali specialmente di Ciperacee e di Giuncacee. È abbastanza comune la C. Caricis (Pers.) P. Magn. che attacca specie del g. Carex. G. Schizonella Schroet. È caratterizzato dall'avere clamidospore da prima divise da un setto verticale, poi costituite da due cellule lateralmente attaccate. Esse si sviluppano a serie sulle ife fertili: la germinazione avviene come nel g. Ustilago. Vi si comprende la specie, per noi però senza speciale interesse: Sch. melanogratuma (DO.) Schr. che vive sulle foglie di diverse Carex {C. praeeox, digitata, ecc.) e produce sori striiformi, nero-polverulenti. Le clamidospore sono didime, connesse da uno stretto istmo: ogni cellula misura 8-12 = 5-8: il colore è bruno olivaceo. Da ogni cellula si svolge un promicelio 1-3 settato, fornito di spo- ridi allungati, ellittici. SOKOSPORH M NAPONAKIAE KUI"). 559 Cr. Sorosporium Eud. Le clamidospore formano da prima riunendosi in gran numero dei glomeruli e si originano da una massa di ife gelatinizzate, a matu- rità diventano poi libere ed isolate. La germinazione avviene per promicelio filiforme o per un emibasidio settato, fornito di sporidi. Merita appena un cenno il: 232. SOROSPORIUM SAPONARIAE, Rud., che vive negli ovari e nei filamenti staminali di varie specie dei generi Dianthus, Saponaria, Silene, Lychnis, nonché sull'estremità vegetativa dei cauli di Cerastium su cui produce speciali deformazioni. In tali organi attac- cati si manifesta da prima un abbondante muco bianchiccio e poi una polvere bruno-ocracea. Il calice appare talora con sepali rudimentali, di forma vescicolosa, appena aperto e mostra nell'interno stami bre- vissimi ed un ovario assai poco differenziato. Le masse di spore di color ocraceo misurano 40-90 V-. di diametro, constano di parecchie clamidospore subglobose che a maturità diventano libere. (x. Thecaphora Fing. Le clamidospore sono riunite a glomeruli e difficilmente si distac- cano per diventar libere, sono grosse, rotondate, convesse da un lato, piane dall'altro. Germinano per promicelio filiforme fornito di rametti laterali: gii sporidi sono fusoidei, solitari all'estremità del promicelio. Questo genere comprende molte specie però poco interessanti prati- camente, così la TU. hì/alina Fing. che si sviluppa nei frutti del g, Convolvulus, attaccando i semi che distrugge mentre si formano glomeruli costituiti da tre a dieci spore globose, brune, punteggiate, la Th. Lathyri Kuhn, che vive nei semi del Lathyrus pratensi* in cui forma una polvere bruna costituita da masse di spore che erom- pono all'esterno coll'apertura del baccello. Fam. IL — Tilletiacee. U. Tilletia Tul. L'origine delle clamidospore anziché avvenire come nel g. l'stil ed in altri della precedente famiglia in seno ad una massa gelatinosa formata da fusione di più ife, qui si effettua per l'estremità rigon- 560 i parassiti vegetali: ih. eumiceti fiata dei singoli rami fruttiferi che si mantengono indipendenti e dentro la quale si va differenziando la spora che dapprima è ancora circon- data da invoglio gelatinoso che poi viene riassorbito, di modo che le spore rimangono poi libere nell'organo (generalmente ovario) in cui si sono costituite. La loro germinazione avviene poi in modo diverso dalle Ustilaginacee, cioè il promicelio od emi basidio si mantiene breve, semplice ed indiviso ed alla sua estremità produce una cproncina di corpiceioli (corpi a corona di Kuhn) che si differenziano in spo- ridi allungati bacillari e riuniti per lo più due a due per un breve istmo trasversale. In questo genere si comprendono specie assai dan- nose che producono la carie dei cereali. 233. TILLETIA TEITICI (Bjerk.) Wlnt. N. ita!. Carie del frumento, volpe, golpe, bufo, buffone, carbonella, carbone puzzolente del grano. JV. stran. Carie du blé, Steinbrand, StirtJcbrand des Weizens, Bunt, Pepper brand, Hardsmut of Wheat, Stinking smuts of Wheat. È certamente l'Cstilaginacea più dannosa al grano ed è contro questa e la seguente specie, che produce identici effetti, che sono stati fin da oltre un secolo e mezzo fa escogitati quei mezzi di lotta che più tardi perfezionati dovevano acquistare una così grande importanza nella lotta contro i carboni dei cereali. La malattia attacca quasi tutte le varietà di grani coltivati, ma in special modo il Triticum durian ed il Tr. spelta. La presente specie è più frequente in Europa che in America, ove invece la Carie del grano è prodotta essenzialmente dalla specie seguente (T. laevis). In Italia sono abbastanza comuni entrambe le specie, in Lombardia ed in altre regioni dell'Italia supe- riore predominerebbe la T. Tritici, mentre nell'Emilia, nel Lazio e nelle Puglie sarebbe più diffusa la T. laevis. Caratteri esterni della malattia. È difficile riconoscere le piante colpite prima che la spiga sia completamente sviluppata e differen- ziata, poiché esse non differiscono quasi affatto dalle sane e solo un occhio molto esperto potrebbe rilevarne la presenza. Wolf però fa notare che le piante colpite anno foglie apparentemente più robuste e guaine fogliari più sviluppate: il colore di tali parti sarebbe da prima di un verde più cupo però all'epoca della spigatura divente- rebbero più pallide. Ad onta però di tali caratteri riesce sempre difficile e poco sicura la diagnosi tinche non appaiono le note alte- razioni nella spiga. Osservando superficialmente un campo di grano in via di maturazione qualche volta possono sfuggire facilmente TILLETIA TRITICI WINT. 561 all'occhio inesperto le spighe cariate poiché esse all'esterno non pre- sentano nessuna massa nerastra polverulenta come nei carboni e di più le anomalie della spiga non sono così marcate da poter colpire a tutta prima. Un primo carattere che si manifesta sulle spighe ca- riate è la loro posizione eretta all'epoca della mietitura, mentre le sane per il peso delle ca- riossidi si incurvano: un secondo carattere che ci indica la presenza della carie in mi campo di grano è un lieve odore come di salamoia o di pesce cor- rotto che si avverte pas- sando vicino al grano o tra la messe: l'odore è do- vuto ad un principio ela- borato dal fungo che è la trimetilammina. Esaminan- do con maggiore attenzione le spighe erette si vedrà che molte di esse anno spighette più rade ed un po' divaricate o distanziate dalla rachide: le glume e le glumette sono più allar- gate, queste ultime i>oi non coprono completamente le cariossidi come suol av- venire d' ordinario nelle spighe sane, ma un po' allontanate lasciano scor- gere per un buon tratto la cariosside di forma, co- lore e consistenza tale che svela subito la presenza della malattia (fig. 110:1). Le cariossidi cariate sono più corte, di forma più irre- i Pig. 116. Carie del Orano. I. Porzione di una spiga di inani* allctta da Carie. 2. .1 Ca- riosside alti rata vista dall'esterno (ingiallii.) ; I! la stessa in sezione longitudinale. 3, Due clamidospore di TiUetia Tritici. 4. Clamidospore di 7'. levis (d. ::7o). 5. Clamido- spora di T. Tritici germinanti n sporidi accoppiati. 6. Una coppia di sporidi germinanti e producenti uno spo- ridiolo laterale. 7. Sporidiolo germinante. 8. Porzione di micelio nelle cui ite si differenziano le clamidospore (1-4 originali. ."> da TlI.ASNK, I! 7 ila BBEFELD, 8 da FISCHER von VV-). gelare, note volmente rigon- fiate, di color giallo-bruno, o grigio cupo, sono leggere e frantumate Ferraris, Trattalo di Patologia, ecc. — 36. 562 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI tra le dita lasciano uscire una grande quantità di polvere bruno-scura, untuosa, odorante sgradevolmente di trimetilammina (fig. 11(5:2 AB). Se si riesce ad osservare una spiga colpita prima della differenziazione delle spore si vedrà che gli ovari attaccati prendono da prima un colore verde-scuro, mentre i sani assumono un colore verde giallastro, schiacciati lasciano uscire una materia pastosa, di color bianco-grigiastro e formata dalla massa di ite non ancora differenziate in spore. Caratteri del parassita. La materia bianca che riempie gli ovari è costituita da ife assai ramificate, settate, jaline i cui rametti sono rigonfi vescicolosi all'estremità. In ognuno di questi rigonfiamenti si differenzia una clamidospora che da prima è un corpo globoso subialino che più tardi per la differenziazione di un episporio spesso e bruno as- sume questo colore. La massa gelatinosa che avvolge da prima la giovane clamidospora viene più tardi riassorbita e così si riassorbono tutte le altre porzioni di ife, di modo che le clamidospore formatesi indipendentemente l'ima dall'altra ad un dato punto si trovano libere nella cavità ova- rica. Pel modo di origine delle clamidospore si à dunque una notevole differenza tra ilg. Ustilago ed il g. Tilletia poiché in quello esse si formano in grandissimo numero in un'unica massa gelatinizzata. Le clamido- spore della Tilletia Tritici sono brune, rotonde, misurano da 15-20 p.. di diametro (raramente fino a !21 ;i.) presentano un episporio spesso ed ele- gantemente rivestito di areale poligonali limitate da breve cresta rilevata (fig. 116:3). Questo carattere serve a distinguere assai bene la presente specie dalla seguente in cui invece le clamidospore sono liscie all'esterno. Nell'interno le clamidospore presentano un plasma granuloso, general- mente fornito di grosse gocciole oleose. La facoltà germinativa di tali clamidospore secondo il Liebenberg può protrarsi anche fino ad otto anni : esse germinano però dopo un certo periodo di riposo assai facilmente in aria umida o nell'acqua a seconda della temperatura dell'ambiente in un periodo di tempo da due a sei giorni. La germinazione si compie per la rottura in un punto dell'episporio da cui si sviluppa un tubo promiceli co jalino, pieno di plasma, semplice e continuo che si allunga circa 2-3 volte il diametro della spora poi costituisce alla sua estremità piccole bozze disposte tutto all'ingiro come le punte di una corona (corpi a corona di Kuhn) e che si differenziano poi in sporidi (fig. 116:5). Questi sporidi si formano però esclusivamente nell'aria, mai nell'acqua, quindi se la clamidospora si trova in acqua il tubo promicelico si allun- gherà (pianto occorre per portarsi fuori del livello, mentre il plasma si accumula all'apice ove si costituiranno le spore secondarie. Gli sporidi che si formano all'estremità dell'emibàsidio sono da quattro a dodici, per TILLETIA TRITICI WINT. 563 10 più otto o dieci, sono lineari, un po' flessuosi od arcati, assottigliati alle estremità e misurano da 60-70 n. di lunghezza. Alcuni sono iso- lati, altri più frequentemente sono riuniti due a due per un tramezzo od istmo che li congiunge in generale verso il terzo inferiore e che dà a questa coppia grossolanamente la forma di un H. Questo feno- meno viene interpretato da diversi autori come un atto copulativo che sarebbe necessario per lo sviluppo ulteriore degli sporidi. Ogni coppia di sporidi produce verso l'alto uno o due tubicini promiceliei che ora rimangono brevi e semplici producendo all'estremità uno s p o r i d i o 1 o di forma oblunga, un po' curvo a falce [s p o r i d iol o f a 1 e i f o r m ej e pieno di plasma granuloso (fìg. 116:6), ora invece si allungano notevolmente, si ramificano e si settano, produccndo. se la germinazione avviene in li- quido nutritivo, una grandissima quantità di sporidioli falciformi, mentre le ite si intrecciano variamente e formano un copioso micelio. Questi sporidioli sono capaci a lor volta di germinare producendo sottilissimi tubicini promiceliei (fìg. 116: 7). Gli sporidi isolati sarebbero pure capaci di germinare e di produrre uno sporidiolo secondario: questo, a diffe- renza di quelli sviluppati dagli sporidi accoppiati, sarebbe sterile. 11 Kuhn à eseguito esperienze di infezione coi germi del parassita, dimostrando che essi attaccando la piantina giovanissima verso la base, penetrano nei tessuti più interni, seguendola poi man mano nel suo sviluppo fino alla produzione della spiga. Sono gli sporidioli falciformi che causano infezione nelle piantine di grano. Poiché il micelio è arrivato nella regione della spiga si di- rige agli ovari in cui si ramifica abbondantemente formando quella massa bianco-pastosa che è l'inizio dello sviluppo delle clamidospore. Condizioni favorevoli di sviluppo, diffusione e dauni. Le clami- dospore sono resistentissime sia a basse che ad elevate temperature purché in ambiente secco. Secondo Sohindler a — 16" 0. le spore non soffrono affatto, come non perdono la proprietà germinativa por- tate a calore secco di + 95° C; invece in ambiente caldo-umido a + 45" + 50" C. vengono facilmente uccise. Anche qui come nei Car- boni, secondo quanto à dimostrato il Brefeld, i concimi organici freschi costituiscono il miglior ambiente per lo sviluppo degli sporidi e degli sporidioli che portati sul campo quando anno ancora tutta la loro virulenza possono facilmente produrre gravi infezioni. L'umidità al solito agevolando lo sviluppo dei germi può favorire la malattia. La dif- fusione delle clamidospore non avviene normalmente sulle cariossidi sane prima della trebbiatura. Con questa operazione i chicchi cariati assai fragili vengono rotti, le spore vengono fuori ed imbrattano le carios- 564 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICBTI sidi sane, fermandosi sul ciuffetto di peli clie si trova all'estremità delle cariossidi di grano. I pratici conoscono molto bene questi chicchi così infettati e scartano i grani a punta azzurra sia dalla seminagione che dalla panificazione. La malattia oltre che essere dannosissima al raccolto, ed in Italia sono ancora memorande le terribili invasioni del 1878-79, ne deteriora anche la qualità poiché si ottengono da grani imbrattati di spore di carie farine velenose e paglia che è pur velenosa per l'alimentazione del bestiame. All'epoca della battitura del grano gli operai addetti a questa operazione possono soffrire anche disturbi abbastanza gravi per l'intromissione nelle vie aeree del pulviscolo formato da clamido- spore che si diffondono durante la trebbiatura. Metodi (li cura. Sono in linea generale quelli stessi che servono contro il carbone, anzi come ò già avvertito, la prima applicazione che si fece di tali metodi fu appunto per combattere la carie che è la malattia più grave di questo gruppo. Contro la carie i primi me- todi di cura vennero preconizzati da Tillet nel 1755 il quale con- sigliava di trattare i semi con liscivia di cenere. Ancora prima del Tillet però e cioè fin dai tempi di Malpig-hi (1 627-1691) si usava in alcune località dell'Italia centrale il metodo dell'incalcinatura dei semi probabilmente per prevenire qualche malanno dei cereali. Xel 1807 Prévost preconizza l'uso dei sali di rame nella lotta contro la carie, il Bellini nel 1S21 usa spargere calce viva in polvere sulla granella che poi bagna con acqua per utilizzare colla causticità del latte di calce lo sviluppo di calore. Tra i trattamenti moderni più usati e dimostrati maggiormente efficaci contro la carie abbiamo: 1.° la medicazione col solfato eli rame, usando una soluzione al 5° (l0 in cui si immergono i semi per dodici ore, passandoli poi in latte di calce per neutralizzare l'azione venefica del sale di rame che potrebbe avere influenza nociva sulla germinazione. 2.° il solfuro potassico al 5 °/00 con immersione per 21 ore. 3.° il solfuro sodico al 20 o l 00* 4.° la formalina commerciale (al 40°/0) 'n soluzione acquosa al- l'l,2-2-2,5°/o0. Questa medicatura sarebbe efficacissima contro i germi della carie. Henderson col trattamento alla formalina avrebbe avuto solo il 0,5 °/0 (li piante attaccate, mentre col solfato di rame ebbe una percentuale del 2,7-10" 0 operando su semi che senza alcun tratta- mento diedero il 52 °0 di piante ammalate. 11 KoCK pure avrebbe ottenuto risultati brillanti con soluzioni al 0,12 °/0 di formalina e con durata di immersione di mezzo minuto: i semi diedero piante perfet- TILLETIA TRITICI WINT. 565 tamente sane, mentre quelli 11071 trattati diedero il 25-50 °/0 di spighe cariate. Similmente il Martine'!' dichiara di aver prevenuto efficace- mente la carie trattando i semi in una soluzione di 250 grammi di formalina (al 40°/0) in 100 litri di acqua. 5.° il sublimato corrosivo al 2,5 °/00 sarebbe usato in America, dimostrandosi micidialissimo alle spore delle carie e del carbone. Data la potenza del veleno occorre cautela nel maneggiarlo e per non dan- neggiare la germinabilità dei semi occorre dopo lavarli in acqua pura. 0.° il metodo Jensen con acqua calda a -+- 54° + 55° C. con du- rata di immersione per cinque minuti darebbe esito brillante. Il permanganato potassico consigliato dall'HABERLANDT viene dal Jensen dimostrato inefficace contro i germi dei carboni e della carie. Esperienze comparative eseguite dall' Arieti (1) con diverse so- stanze su semi di grano che senza trattamento, in lotti di controllo diedero il 16°/0 di spighe cariate, provano che il permanganato po- tassico al 0,5 °/00 con immersione per due ore non à che azione de- bolissima sulla carie; che il solfuro potassico al 5°/00 ecl il solfuro sodico al 20°/00 con immersione per 21 ore sono buoni rimedi preven- tivi, che la formalina al 2 °/00 con due ore di immersione è efficacis- sima, ma danneggia assai la vitalità dei semi, che infine il solfato di rame al 5 °/00 con dodici ore di immersione con successivo trattamento al latte di calce è efficacissimo ed assai meno dannoso della forma- lina alla germinabilità dei semi. Le esperienze di Sutton e Pridham (2) arrivano pure a conclusioni poco diverse e proverebbero che esponendo i semi all'azione dell'acqua calda per 15 minuti il 18,6 °/0 di semi perdono la facoltà germinativa: soluzioni di solfato di rame al 2°/0 per cinque minuti ucciderebbero il 18,4 °/0 di semi: la formalina al- l'I :400 per cinque minuti ne ucciderebbe solo il 3,7 °/0, il trattamento al solfato di rame al 2 °/0 per cinque minuti seguito da aspersione con calce in polvere ridurrebbe i danni solo all'I, 8 " n. collo stesso metodo, ma usando invece della calce in polvere l' immersione per tre minuti in acqua di calce della semente, i danni al seme non supe- rerebbero ri,5°/0. Qualunque sia il liquido che si adopera per fare (1) Arieti G., / trattamenti preventivi dei cereali contro la cavie ed il car- bone (Relaz. della R. Staz. di Pat. Veget. di Roma in Staz. Sper. Agr. Ital., 1900, voi. XXXIII, fase. V, p. 441-445). (2) Sutton G. L. e Pridham J. T., The Effects of some Fungicid fov the Pvevention of « Stinking Smut » (Bunt) on the germinat. of Wheat Seeds (Agric. Gaz. of N. S. Wales, Sidney 18. 1907, p. 235-253). 566 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI la medicatura bisogna per maggior sicurezza dopo effettuata l'immer- sione della semente togliere tutti quei semi che vengono a galla i quali sono o vuoti o cariati o altrimenti danneggiati e debbono quindi essere distrutti. La raccolta delle spighe colpite durante la mietitura sarebbe certo operazione vantaggiosa se ciò non apportasse una di- spendiosa perdita di tempo in un momento in cui la mano d'opera è molto elevata e se fosse sempre possibile a tutti di distinguere a prima vista le spighe colpite dalle sane. La paglia proveniente da grano infetto non dev'essere usata in alcun modo né per alimento al bestiame ne come lettiera per non inqui- nare il letame di germi: non devesi usare nelle concimazioni stalla- tico fresco, ma sempre ben decomposto: nelle località molto infette sarà bene far precedere al grano per qualche anno altre colture: i grani a punta azzurra dovranno sempre essere scartati sia dalla semi- nagione che dalla panificazione. 234. T1LLBTIA LEVIS, Kììhn. N. ital. e stran. e. s. Produce gli stessi precisi effetti della specie precedente e sarebbe diffusa oltre che in Italia (specialmente nell'Emilia, Lazio, Puglie) in Francia, in Inghilterra, in Germania, largamente nell'America del Sud e del Nord ove sarebbe più comune della T. tritici. Attacca oltre il Triticum vuìgare, Tr. spelta, Tr. durimi anche il Tr. amyleum, turgidum e monococcum. Differisce solo dalla specie precedente per l'aspetto delle clamido- spore che qui sono irregolarmente sferiche, ellittiche od ovali, misuranti ora 14-23 ji. di diametro, ora |x. 17-25 * 14-18 e di più anno episporio castagno-bruno perfettamente liscio (tig. 116:4). Il ciclo evolutivo è identico e quindi identici sono i uiezzi di lotta da applicare contro questo parassita. 235. TILLETIA SECALIS (Corda) Kììhn. N. ital. Carie o golpe della segala. N. stran. Roggenkombrand, ìcugélbrand des Roggens. È una malattia abbastanza rara, in Europa la si ritrova quasi esclusivamente in Germania e nella Boemia: arreca danni abbastanza gravi solo nella Slesia e nella Moravia. In Italia venne trovata nel 1847 dal Rabenhorst, però vi è rarissima. Colpisce anche qui l'ovario che viene invaso dal micelio del parassita di modo che i chicchi re- stano deformati, anneriti e pieni di una polvere nera, ma inodora. Le UROCYSTIS 567 clamidospore sono isteriche od irregolari, misurarlo da Ì8-23 n. di dia- metro, anno un episporio di color castagno scuro fortemente areolato e con creste limitanti le areole alte lino a 2 \i. Mezzi di cura. Come per le specie precedenti. G. Eiityloma De Bary. Il micelio è intercellulare, non gelatinoso: su di esso si producono clamidospore solitarie terminali od intercalari, tornite di episporio spesso jalino o bruno, germinanti come nel g. Tilletia. Gli sporidii anche qui si copulano per lo più due a due. Comprende diverse specie però assai poco interessanti dal punto di vista pratico, così, per es.: E. Banunculi (Bon.) Schr. comunissimo sul Banuncuhis Ficaria, B. acer, B. auricomus, ecc. sulle cui foglie produce delle piccole macchie bian- cheggianti. Le clamidospore germinando nei tessuti delle piante ospiti producono dei minuti eonidi che escono fuori a cespuglietti dagli stomi fogliari e formano uno straterello bianco alla superficie delle chiazze; VE. Calendulae (Oud.) De Bary che produce sori in macchie fogliari rotonde, verdiccie poi bianche, quindi brune di diverse composite {Calendula, Hieracium, Arnica, ecc.); VE. Magnusii Wor. e VE. Gre- pidicola Trotter (1) che rappresentano le due uniche specie del ge- nere ipogee, parassite l'ima di certi Giiaphalium, l'altra della Grepis bulbosa. (x. Urocystis Babenh. Le clamidospòre sono composte da parecchie cellule riunite insieme, formanti dei glomeruli più o meno regolarmente globulosi: una o pili di queste cellule più grosse e di colorito più scuro occupano la parte centrale del glomerulo e rappresentano le spore fertili, altre più pic- cole e di colore più chiaro si trovano alla periferia e sono sterili: queste possono talora anche mancare. Ogni cellula centrale può ger- minare indipendentemente, quindi da ogni glomerulo si possono svol- gere uno o più tubi germinativi (emibasidi) a seconda del numero delle spore fertili. Il promicelio è breve e termina alla sua estremità, come nel g. Tilletia, con una corona di sporidi però in piccol numero, cilindrici che generalmente non si copulano e possono germinare me- diante tubicino promicelico ancora aderenti all' emibasidio. 11 genere comprende alcune specie interessanti e dannose. (1) Thottek A., Un nuovo parassita ipogeo del g, Entyloma (Ann. Myc, VI, 1908, p. 19). 568 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI 236. UROCYSTIS OCCULTA (Wallr.) Rabenh. N. ital. Tarlo del gambo della segala; Carbone del culmo della segala. UT. strati. Charbon des tiges de Seigle ; Roggenstengeìbrand ; Rye smut. È malattia frequente in Europa, nell'America del Nord ed in Australia sulla segala e secondo il Wolf ed altri autori attaccherebbe anclie il grano, l'orzo ed il loglio. In Italia la malattia della segala è pure co- mune; nell'Avellinese è specialmente frequente e dannosa. Caratteri esterni della malattia. Il parassita colpisce i calmi, le la- mine fogliari e la spiga di cui invade le glume, la rachide ed anche gli ovari. Talora si presenta su tutti questi organi contemporaneamente, altre volte attacca solo il culmo e le foglie. La malattia si manifesta con strie o linee bianco- grigiastre poi brune o nere, un po' rilevate, disposte parallelamente alle nervature che poi si aprono per una fessura longitudi naie, lasciando uscire abbondante polvere bruno-scura. Simili pustole, ma più brevi, però egualmente pol- verose appaiono talora sulla rachide della spiga, sull'ovario e sulle glume. Le spighe colpite appaiono diradate e deformi; le piante carbonchiose anno vegetazione stentata, rimangono come atrofizzate, presentano spighe rachi- tiche, sterili, piegate in basso o con- torte e tìnalmente disseccano. La malattia comincia in generale ad ap- parire sugli internodi più alti della pianta (fig. 117:1). Caratteri del parassita. Nei punti corrispondenti alle strie grigiastre poi brune il parenchima appare distrutto, sostituito dal micelio che si differenzia in clamidospore che poi erompono dalla pustola a maturità Fig. 117. Tarlo del gambo della segala. 1. Sommità di un colmo di rigala e spiga col- pita dalla malattia. ^-:ì. Glomeruli di cla- midospore di JTrocystig occulta: '2 senza cellule sterili, 3 con cellule sterili. 4-5. Ger- minazione di clamidospore e formazione dell'emibasidio e degli sporidi (1-3 origi- nali, 4-5 da WOLFF). UROCYSTIS CEl'ULAE FROST. 569 e formano la massa nero-polverulenta. Le clajnidospore sono riunite in glomeruli di due o più, talora al centro si notano 1-3 grosse clamidospore rotonde, fertili, misuranti circa 13-18 [i. di diametro e fornite
  • l formanti nel- Fkrrahis, Trattalo di Patologia, ecc. — 37. 578 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI l'insieme un corpo cilindraceo, rigido (Gronartium) (tìg. 120:10) od una specie di crosta in cui le teleutospore sono disposte più o meno paral- lelamente tra di loro (Coleosporium, Mclampsora) (fig. 120:11-12). Le teleutospore presentano un episporio molto spesso di colore general- mente bruno intenso ora liscio, ora rugoso o verrucoso; talvolta verso l'apice sono più ispessite presentando come una papilla, mentre verso il basso presentano il punto d'attacco col pedicello da cui ora si disar- ticolano assai facilmente od al quale in certi casi possono restare ade- renti. La forma e la struttura delle teleutospore è un carattere di grande importanza per la distinzione dei diversi generi delle uredinee. Esse sono unicellulari nel g. Uromyces (fig. 120:0;, bicellulari nei g. Puccinia (fig. 120:7) e Gymnospo- rangium, tricellulari nel g. Triphragmium, pluricel- lulari nel g. Phragmidium (tìg. 120:9), ecc. La germinazione delle teleutospore non avviene generalmente che dopo un periodo di riposo che è per lo più l'inverno, durante il quale aderenti agli or- gani colpiti e morti riman- gono sul terreno perfetta- mente insensibili alle con- dizioni esterne più sfavo- revoli. In primavera gei minano emettendo un tubo promieelico in corrispon- denza di un poro germi- nativo. Se le teleutospore sono pluricellulari si può sviluppare da ogni cellula un promicelio distinto. I fenomeni germinativi dello teleutospore vennero già osservati «la Tilasne fra il 1847 ed il 1854. Nell'acqua semplice od in ambiente fortemente umido esse germinano in poche ore emettendo Fig. 121. Ciclo biologico delle Fred ina ere (g. l'ucci nia). A. Schema ilei ciclo biologico completo (Eupucdnia: es. /'i/c- einia Violaci. B. Ciclo biologico ridotto (mancano le l'orme ecidico-picnidica) (Emipuccvnia : es. /'. Aliti), e. Ciclo biologico ridottissimo (mancano le loro eidio-picnidiche di uredosporica) (JLeptopuccìnia : es. P. Malvacearum.) O, Forma picnidica. I. Forma ecidica. II. Forma uredo- sporica. III. Forma teleutosporica. IV. Forma basidio- sporica (fidine (ulte schematiche ed originali). UREDINALES 579 un tubo cilindrico o subclavato pieno di protoplasma granuloso che dopo essersi alquanto allungato senza ramificarsi presenta verso l'alto per lo più tre o quattro setti trasversali che lo dividono in brevi articoli più o meno ristretti ai setti, da ognuno dei quali si svolge un pedicello sottile (steri gm a), che sostiene all'estremità una spora (sporidio) (tìg. 120:8). Così il promicelio originatosi da una teleuto- spora si viene differenziando in un protobasidio. Gli sporidi o ba- sidiospore portate sulla pianta ospite del fungo, germinano e da esse si costituisce la forma iniziale del ciclo evolutivo della uredinea. Biologia delle Urediuee: Ciclo evolutivo. Diconsi a ciclo com- pleto quelle urediuee le quali anno tutte le forme di sviluppo e di riproduzione che abbiamo descritto, a ciclo incompleto quelle che mancano di qualcuna delle forme riproduttive: sono perfette le urediuee che presentano sempre almeno la forma teleutosporica: im- perfette quelle di cui non son note le teleutospore e che si pos- sono considerare come stadi di sviluppo o metagenetici di Urediuee superiori. Ecco alcuni esempi di specie perfette di Urediuee del genere Puccinia a ciclo completo ed incompleto: Cielo completo: Picnidii, Ecidii; for- ma uredosporica ; forma te- leutosporica: Sppridii [;> Pi- cnidii ed Ecidii] . . . {Puceitiia Violae DC.) (fig\ 121: A). Ciclo incompleto : I. Picnidii ed E- cidii ;....: forma teleutospo- rica: Sporidli [> Picnidii ed Ecidii] (Puccinia TAliacearum Duby). II. Picnidii, ; forma uredosporica; forma teleuto- sporica : Sporidii [> Picnidii] (Puccinia Balsamitae Rai?.). Ili , Ecidii, forma uredo- sporica ; foirua teleutospo- rica: Sporidii [> Ecidii] . (Puccinia Apii Desm.). IV , ; forma uredosporica : forma teleuto- sporica : Sporidii [:=> forma uredosporica] . • . (Puccinia Alili Rui>.) (ri^'. 121 :B). V , ; forma te- leutosporica: Sporidii [sfor- ma teleutosporica] . . {PvceiuiaMalvacearumMoniT.). (fìg. 121:C). Le Urediuee imperfette comprendono forme sempre mancanti dello stato teleutosporico od almeno delle quali finora le teleutospore non sono state rinvenute. Le recenti ricerche specialmente snll'eteroicismo 580 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI delle Uredinee anno di molto ridotto il grappo, una volta assai co- spicuo, delle Uredinee inferiori, riportando moltissime forme al ciclo evolutivo di Uredinee superiori. Si riferiscono al g. Aecidium quelle forme imperfette di cui è nota solo la forma ecidica come ad esempio nelV Aec. Banunculacearum DO., al g. Caeoma quelle forme che presentano specie di ecidi sprovvisti di peridio (Caeoma conjiuens Schr.), al g. Uredo quelle che presen- tano come forma più evoluta la sola forma di uredospore [Uredo al- pestri* Schr.), ecc. Omoicismo ed eteroicismo. Si dicono Uredinee omoiche od autoiche quelle che compiono tutto il loro ciclo evolutivo semplice o complesso sulla stessa matrice come ad esempio l' Uromyces Fabae, la Puccinia Violae che anno tutte le loro forme evolutive: picnidii ecidi, uredosori, teleutosori sviluppati e succedentisi sulle loro rispet- tive matrici; si dicono invece eteroiche quelle Uredinee che pre- sentano alcuni stadi di sviluppo (picnidico-ecidico) su una matrice e gli altri stadi (uredo-teleutosporico) su un'altra matrice. La dimo- strazione dell'eteroicismo nelle Uredinee venne data la prima volta dal De Bary nel 1864-65 a proposito della Puccinia graminis (1). Egli venne tratto a questa importantissima scoperta da una leggenda popolare secondo la quale il Crespino (Berberis vulgaris) era una pianta malefica per la coltivazione del grano ed esercitava una fatale influenza sui cereali che erano danneggiati ssi ini dalla ruggine, quando questo arbustino si trovava casualmente nelle siepi vicine. Nel secolo XVIII il parlamento di Rouen prescriveva la distruzione del Berberis dalla vicinanza dei campi coltivati a grano, consimili editti vennero ema- nati fin dal Medio Evo in diverse località. De Bary volle spiegare scientificamente questa sinistra influenza che esercitava il Berberis e la sua relazione colle ruggini dei cereali. Si conosceva sul Crespino una forma di ruggine designata come Aeci- dium Berberidis Gmel., ma si credeva specie assolutamente indipen- dente da Uredo linear is e da Puccinia graminis che vivevano sul grano. Con pazienti esperienze il De Bary riuscì a dimostrare che invece la forma di Aecidium consociata ad una forma picnidica non erano che i primi stadi di sviluppo della ruggine del grano, ma che vive- vano su altra matrice. Egli provò che seminando delle ecidiospore in (1) De Bary A., Neiie Untersuch. ueb. die Uredineen, insbesondere die Ent- wickel. (1. Puccinia graminis (Monats. Berichte d. Akad. <ì. Wissenschaft. z., Berlin, 1865). UREDINALES 581 germinazione su foglie di Crespino non si aveva infezione, mentre portate sulle foglie di grano producevano micelio interno: si svilup- pava una tacca d'infezione e compariva una forma riproduttiva non però del tipo Aecidium, ma perfettamente identica alVUredo lineari» dalla quale poi per generazioni conseeutive si passava alla forma teleu- tosporica di Puccinia (P. granititi*). Così dimostrò che dalle teleuto- spore germinanti si costituivano degli sporidi (basidiospore) incapaci di infettare le foglie di grano, ma che germinavano egregiamente nel Crespino producendo le forme picnidico ecidiosporicbe. Con queste esperienze potè provare brillantemente per la prima volta il fenomeno dell'eteroicismo nelle Uredinee. In seguito il De Bary dimostrava i rapporti tra le forme riproduttive della ruggine striata (Puccinia Rubigo- vera) viventi sui cereali e certe forme di Aecidium viventi sulle Borraginee; nel 1866 I'Oersted stabiliva i rapporti tra le forme picnidico-ecidicbe di Eoesteìia e la forma teleutosporica dei Gymnospo- rangium. Gli studi successivi di Fuckel, di Cornu, di Schroeter e quelli più recenti e recentissimi di Magnus, Plowright, Klebahn, E. Fischer, Bostrup, ecc. dimostrarono che moltissime sono le specie eteroiche delle Uredinee, mentre ai tempi del De Bary il loro nu- mero era assai limitato poiché le prove sperimentali non erano state stabilite che per pochissime specie. La scoperta dell'eteroicismo delle Uredinee fatta dal De Bary non solo ebbe una importanza scientifica grandissima, illuminando un punto ancora oscuro della vita e della diffusione delle Uredinee, ma una importanza pratica notevolissima perchè si trovò, come conseguenza diretta della scoperta, cbe la distruzione delle piante ospiti intermedie e spontanee poteva alleviare di molto la diffusione della malattia e quindi i danni. Diffusione e conservazione dei germi delle Uredinee. Gli organi di diffusione delle ruggini sono gii sporidi, le ecidiospore e le uredo- spore, le teleutospore rappresentano invece organi di conservazione, germi destinati a passar l'inverno ed a costituire gli sporidi nella primavera successiva. La diffusione della malattia può effettuarsi da pianta a pianta; quando si tratti di coltivazioni intensive le spore da una pianta ammalata possono facilmente passare alle piante sane di modo che la malattia in condizioni favorevoli di sviluppo può assu- mere larghe proporzioni. Per gii sporidi si costituiscono talora picnidii ed ecidi, altre volte solo ecidi, in certe specie uredospore, in altre infine subito teleutospore. Dalle ecidiospore si formano le uredospore: queste rappresentano 582 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI essenzialmente spore di diffusione durante la primavera e l'estate poiché anno diverse generazioni e perchè germinano con grande facilità. Il vento, gli animali, insetti specialmente, possono concorrere alla diffu- sione sia degli sporidi che delle eeidiospore e delle uredospore. Ove si tratti di forme eteroiche la presenza dell'ospite intermedio e la sua vicinanza cogli ospiti definitivi favorisce notevolmente il passaggio del fungo da quello a questi e così agevola la diffusione della malattia- Pero è stato osservato che talora la propagazione della ruggine è ostacolata dalla distanza, che basta qualche volta una distanza di una ventina di metri dagli ospiti intermedi delle forme eteroiche perchè certe ruggini non possano propagarsi da essi agli ospiti definitivi, che le eeidiospore e le uredospore perdono in ambiente sfavorevole (asciutto e caldo) la proprietà germinativa, che le teleutospore in certe condi- zioni durante la primavera non riescono a germinare. Per queste cause lo sviluppo delle ruggini dovrebbe essere meno intenso di quello che si suol verificare e la loro diffusione dovrebbe essere meno rapida di quella che è in realtà : per spiegare la comparsa e la diffusione delle ruggini anche quando si verificherebbero condizioni contrarie bisogna ammettere che la loro propagazione possa talora effettuarsi all'infuori degli organi destinati a tale ufficio. Eriksson à potuto constatare che nella Puccinia graminis le eeidiospore potrebbero passare dal Cre- spino al grano solo quando la prima pianta ospite si trovi non più distante di 10-25 metri, di più avrebbe osservato che tale specie di ruggine è anche diffusa e dannosa in regioni ove il Crespino non vegeta come nelle Indie inglesi e nell'Australia ed inoltre avrebbe provato con esperienze che tenendo al riparo sotto campane di vetro fin dall'inizio della loro germinazione delle piantine di grano per evi- tare qualsiasi infezione dall'esterno, la ruggine ciò nonostante poteva fare la sua comparsa. Da queste osservazioni egli venne alla conclu- sione che il germe delle ruggini può trovarsi anche nei semi ove sa- rebbe migrato dagli organi fiorali colpiti della pianta madre, di modo che la malattia potrebbe essere fino ad un certo punto ereditaria po- tendosi talora sviluppare su piante che non anno avuto contatto uè con sporidi, né con eeidiospore, né con uredospore. Per spiegare la conservazione del germe del parassita nel seme ed il suo passaggio quindi sulla giovane piantina egli formulò una ingegnosa teoria (die egli appoggerebbe con dei dati di fatto e delle osservazioni scienti- fiche, teoria detta del micoplasma (1). Con questa teoria I'Eriksson (1) Eriksson, J., Sur l'origine et la propagation de la rouille des céréalea par la semenee (Ann. d. Se. Nat. Botan., Vili sér. T. XIV-XV, p. 1-284). ukedinai.es 583 ammette elie nelle cellule dei semi il fungo si trovi annidato sotto forma di una massa plasmatica. (micoplasma) che vivrebbe come in simbiosi col plasma delle cellule ospiti, simbiosi che egli designa col nome di simbiosi micoplasmatica. Da questo mieoplasma in condizioni particolari si differenzierebbero speciali corpuscoli mi cellari che iuizierebbero la fase vegetativa del fungo. I corpuscoli miceli ari uscendo dalle cellule e sviluppandosi negli spazi intercellulari darebbero luogo al micelio definitivo. Mediante accurati processi di tecnica microscopica I'Eriksson sa- rebbe riuscito a dimostrare l'esistenza reale di questo micoplasma. Egli avrebbe trovato in foglie di grano attaccate dalla Puccinia glu- marum cellule con un contenuto finamente granuloso e vacuolare che sarebbe il micoplasma vivente in simbiosi col protoplasma dell'ospite. Egli sarebbe riuscito a colorarlo in violetto pallido col metodo di fissa- zione e di colorazione del Flemming. Durante l'inverno si troverebbe nell'ospite solamente questa forma del parassita senza traccia alcuna di micelio. All'epoca della comparsa della forma uredosporica nelle foglie di grano (in Svezia nel mese di giugno) avrebbe constatato la presenza di una massa plasmatica filamentosa, non distinta da setti, tra le cellule e gli spazi intercellulari del parenchima fogliare in pros simità delle macchie rugginose, che egli considera come un proto- micelio cioè uno stadio di passaggio tra il micoplasma ed il vero micelio. In questo protomicelio più tardi si farebbero distinti nume- rosi nuclei, mentre nelle vicine cellule dei tessuti invasi si effettue- rebbe una notevole ipertrofia del nucleo cellulare, mentre si sviluppa il primo austorio. In una terza fase il protomicelio per la comparsa li setti si differenzierebbe in un vero micelio, si costituirebbe sotto l'epidermide uno pseudopareuchiina a forma come di stroma (fase di imenio), da cui poi si originano le spore (1). La teoria di Eriksson venne fin dal principio combattuta seria- mente da diversi micologi e patologi ed in particolar modo dal Marshall Ward, dal Klebahn, dal Linhart, dal Massee e da altri ancora. Marshall Ward ritiene falsa ed inverosimile la teoria di Eriksson ed interpreta i corpi ccioli miceliari che, secondo questo autore sa- rebbero derivati dal micoplasma, come semplici austori del fungo di- (1) Eriksson, J., Sur Hapyàreil vegetati/ de la Eouille jaune des cercale* (Compt, rend. de l'Acad. d. Se. de Paris, 1903, t. CXXXYII, p. 578). Cft. anche G. B. Traverso, La Teoria dei Micoplasma di Eriksson (in Bull, della Soc. Bot. Ita!., 1903, p. 311). 584 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI staccatisi dalle ife. Secondo Klebahn (1) la ruggine non sarebbe ere- ditaria come vorrebbe Briksson e non sarebbe localizzata nei semi allo stato di micoplasma. Secondo l'autore la malattia si propaghe- rebbe esclusivamente per germi esterni e lo svernamento potrebbe effettuarsi allo stato di Uredo. Eriksson pur ammettendo la possibi- lità di svernamento della forma uredosporica dubita che tale forma in primavera riproduca infezione; secondo lui V Uredo glumarum che si presenta già nell'autunno sulle giovani piantine di grano prover- rebbe da un germe interno. Per la Puccinia grani ini* la forma di Aecidium vivente sul Berheris avrebbe solo importanza per la propa- gazione del parassita per quelle piante ospiti su cui vive la forma specializzata fornita di ecidio, per quelle che ne sono prive la vici- nanza con tale forma di ecidio non à alcun interesse, quindi secondo l'autore l'importanza già attribuita al Berheris nella diffusione della ruggine dei cereali non rappresenterebbe che un errore storico. La Puccinia graminis passerebbe l'inverno né sotto forma di Uredo ne di micelio, ma solo allo stato micoplasmatico. Comunque sia l'ardita teoria dell'EiUKSSON se soddisfa in molti punti e se può avere un fondamento di verità, non à ancora ricevuto al momento attuale quella completa dilucidazione scientitìca necessaria perchè scompaia ogni dubbio sì da poterne far sicuro affidamento per spiegare la vita vegetativa delle ruggini durante l'inverno e la loro propagazione all'infuori dei germi di diffusione. Parassitismo. Le ruggini sono parassiti obbligati ed endogeni. Esse sottraggono alla pianta ospite sostanze alimentari distruggendo quindi il proto plasma. Per l'alterazione dei cloroplastidi gli organi attaccati presentano da prima fenomeni clorotici più o meno evidenti. Secondo Marshall Ward esisterebbero in alcune ruggini speciali enzimi o toxine capaci di produrre profonde alterazioni sulle cellule delle piante ospiti. Molte specie di ruggini sono parassiti specializzati cioè non vivono che in dipendenza di speciali piante nutritrici e benché alcune di esse non differiscano tra di loro notevolmente per caratteri morfologici, sono però biologicamente distinte non infettando che determinate piante ospiti. Studiando le Uredinee nei loro rap- porti colle piante ospiti, molti insigni micologi quali I'Eriksson, il Oarleton, il Klebahn, ecc., sono stati indotti a scindere alcune specie prima studiate solo morfologicamente in altre specie o forme o razze biologiche. (1) Klebahn, H., Die wirtswechseìnden Rost2>il:e, Berlin (Gebr. Borii., 1904). UKEDINALES 585 L'Eriksson studiando il gruppo delle ruggini dei cereali trovò che le tre specie Puccinia graminis, P. rubigo-vera e P. coronata dal punto di vista biologico si dovevano scindere in varie altre specie a loro volta comprendenti parecchie razze biologiche. Avvenne qui quel che pure si effettuò per VTJstilago segetum che venne suddivisa in diverse altre specie distinte tra di loro più biologicamente che morfologica- mente. L'Eeiksson distingue delle ruggini dei cereali due gruppi di forme biologiche; alcune ben fissate, altre meno ben fissate. Le prime possono essere legate: 1." Ad una o più specie di piante nutritrici congeneri (parassiti isofagi): per esempio la Puccinia dispersa che vive sulla segala, la P. holcìna che vive mWHolcus lanatus, la P. Triseti che si sviluppa sul Trisctum fiavcscens, ecc. 2.° A più specie di piante nutritrici meno congeneri (parassiti eterofagi). Esempio: Puccinia graminis forma speciale Secalis che vive sulla Secale cereale, suWHordeum vulgare, sul Triticum repens, sul Bromus secaUnus, ecc.; la P. graminis forma speciale Avenae che vive sulla Avena saliva, Dactylis glomerata, sugli Alopecurus, Afilium, ecc. Le forme meno ben fìsse sarebbero proprie a certe piante nutri- trici congeneri, -ma potrebbero anche comunicarsi ad altre specie. Esempio: Puccinia graminis forma speciale Tritici che vive sul Tri- ticum vulgare, ma può anche comunicarsi alle specie dei generi Hordeum, Secale, Avena, ecc. In base alle sue osservazioni PEriksson (1) fece delle tre antiche specie di ruggini dei cereali ben dodici specie e numerose forme spe- ciali così distinte : N.° Antiche specie N.° Specie nuove Forme specializzate I. Puccinia graminis I 1. Secalis (su Segala, Orzo, Pers. I Bromo, ecc.). (Aecid. Berberidis) 1 2. Avenae (su Avena, Da- 1. P. graminis Pers. ' ctylis, ecc.). (Aec. Berberidis) ) 3. Tritici (su Triticum}. 4. Airae (su A ini ). 5. Agrostis (su Agrostis). 6. Poae (su Poa). 2. P. Phlei-pvatensis Erikss. et Henn. (senza ecidio) / 1. Tritici. II. Puccinia Rubigo- 3. P. gì urna rum Erikss. \ 2. Secalis. vera DC. et Henn. ' 3. Hordei. (Aec. Asperifolii) (senza ecidio) 1 4. Plipni. [ 5. Agropuri. (1) Confrontare per la bibliografia: Eriksson J., Principaux résultats da recherchcs sur la Rouille cles Céréales (Kev. de Botan., 1898, X, p. 335). 586 I PARASSITI VEGETALI: III. EUM1CETI N.° Antiche specie N.° Specie nuovi: Forme specializzatk 4. P. dispersa Erikss. et Henn. (Aec. Anchnsae) 5. P. tritiviiia Eriks. (senza ecidio) 6. P. bramino, Eriks. iscnza ecidio) 7. P. agropi/rina Eriks (senza ecidio) 8. P. holcina Erikss. (senza, ecidio) 9. P. Triseti Erikss. (senza ecidio) 10. P. simplex Erikss. et Henn. (senza ecidio) / 1. Arenae. [ 2. Aìopecnri. III. P 'uvei n ia coronata 11. P. corallifera KxEB. ' 3. Feshicae. Corda. (Aec. Catliavticae) ì 4. Polii. (Aec. Rhamni) / 5. Gh/ceriae. I 4. JjOlll. f 5. Gh/ceri \ 6. Holei. 1. Caìamagrostis. . 2. Phalaridis. 12. P. coronata Cda. 1 g- AgrostÌ8. (Aec. I rangulae) l 4 AJf/l.op!/rL t ifo/ci. Secondo Ertksson la specializzazione non ri guarderebbe solo la forma teleufcosporica, ma si estenderebbe anche alla uredosporica : ogni forma biologica avrebbe la sua Uredo e, quando esiste, anche il suo Aecidium con proprietà biologiche speciali benché non differiscano per caratteri morfologici da Uredo e da Aecidium appartenenti ad altre forme e viventi su altre matrici. Klebahn, che si è dimostrato contrario alla teoria del micoplasma di Eriksson, conferma invece le vedute di questo autore per riguardo alla specializzazione ed ammette l'esistenza di varietà biologiche, così afferma che nella Puecinia graminis forma speciale Secali* Eriks. et Henn. le uredosporc infettano solo la segala e Forzo e non il fru mento e l'avena, che le uredospore della Puecinia graminis forma spe- ciale Tritici Eriks. et Henn. infettano il frumento e talora l'orzo ed altre graminacee, clie quelle della P. graminis forma speciale Arenae Eriks. et Henn. infettano l'avena, la Dactylis e talora il miglio, ma non la segala, ne il frumento, ne l'orzo (1). Queste osservazioni anno non solo una grande importanza scien- tifica, ma anno anche un enorme interesse pratico poiché si può ov- (1) Klebahn H., Pie wirtsirecliselnden EostpUee, Berlino (Gebr. Borntraeger, 1904). CJREDINALBS 587 viare ai danni prodotti da una larga diffusione della ruggine di un dato cereale, seminando nell'anno successivo un altro cereale che non venga attaccato da quella determinata forma di ruggine. Azione patogena degli U redi nei. Per le ragioni più sopra indi- cate le ruggini possono determinare malattie di esaurimento: le alte- razioni cellulari, la scomparsa della clorofilla producono ingiallimento ed indebolimento e quindi il seccume e la caduta delle foglie. Alcuni uredinei sono capaci poi di produrre delle deformazioni o delle iper- trofìe talora strane e curiose. Le forme ecidieo-spermogoniche del- l' Uromyces Pisi e dell' Ur. striatus che vivono siili' Mujphórbia Cyparissias determinano su questa pianta l'abortiniento dei rami fiorali; i cauli si presentano per lo più semplici, giallicci, le foglie anziché essere lineari e sottili, diventano obovato-lanceolate, corte e spesse; i cespu- glieti formati da tali piante attaccate sono del tutto caratteristici e completamente diversi dalle piante normali e sane. I Gymnosporangiilm nella loro forma ecidica (Roestelia) producono tumoretti sulle foglie e sui piccioli, nella forma teleutosporica ingrossamento e deformazioni dei rami delle piante ospiti. L' Aecidium elatinum forma sui rami di Abete delle scope di strega: il micelio vivendo nel cilindro corticale e nel cambio causa irregolare sviluppo della massa legnosa: si for- mano ingrossamenti, tumori di consistenza legnosa presso ai quali si svolgono dei rametti che crescono affastellati e che portano foglie più corte e più larghe. Notevoli pure sono le deformazioni causate sui giovani rami di pino dal Gàeoma pinitorquum i quali, in seguito ad irregolare sviluppo del germoglio si incurvano, prendendo talora la forma di un 8. Condizioni propizie o contrarie allo sviluppo delle ruggini. La umidità e la temperatura moderata sono condizioni favorevolissime per lo sviluppo delle uredinee, la prima sopratutto: per quanto ri- guarda la temperatura si sa che molte uredinee si sviluppano anche a bassa temperatura, per esempio, in certi inverni non molto freddi non è raro riscontrare forme di JJredo su graminacee pratensi e ta- lora anche su cereali. Secondo Christman le uredospore delle Ure- dinee non perdono la facoltà germinativa durante l'inverno, nemmeno quando vengano esposte per qualche tempo a temperature sotto <>" C. Secondo Eriksson 1' abbassamento della temperatura fino a 0° C, aumenterebbe spesso l'attività germinativa delle spore delle Uredinee. Dietel fa notare che le Uredinee proprie di climi poco umidi anno sotto l'esosporio delle teleutospore uno stato protettore ricco d'acqua. Le specie di climi umidi avrebbero teleutospore capaci di germinare 588 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI subito alla maturazione, quelle di climi più freddi avrebbero teleu- tospore solo germinanti dopo riposo invernale. Pfeffer, Massee, Miyoshi ed altri autori sono di opinione che la penetrazione delle ruggini in una determinata pianta ospite sia dovuta ad una azione cbemiotattica da questa esercitata sul fungo. L'immunità che presen- terebbero certe piante alle ruggini sarebbe dovuta, secondo questi autori, alla mancanza di sostanze chemiotattiche attrattive. È stato dimostrato che le concimazioni possono avere un'influenza diretta sullo sviluppo delle ruggini a seconda delle sostanze che ven- gono adoperate. Secondo Sorauer, Kocii, ecc. le forti concimazioni azotate favoriscono lo sviluppo delle ruggini, tanto date sotto forma di nitrati che di solfato di ammonio o di stallatico. I superfosfati in- vece sarebbero di ostacolo allo sviluppo delle Uredinee: ciò sarebbe dovuto al fatto che i nitrati allungano il periodo vegetativo, mentre i composti n base di fosforo accelerando lo sviluppo delle piante con- trariano l'invasione delle ruggini (1). Secondo il Kissel (2) ed altri autori le concimazioni fosfatiche provocherebbero un maggiore ispes- simento nelle membrane cellulari in tutti i tessuti. L'epoca della semina potrebbe pur avere influenza sullo sviluppo di certe rugginire stato dimostrato che i piselli seminati in ritardo sono più facilmente colpiti dall' Uromyces Pisi perchè la cuticola è più sottile al momento dello sviluppo del fungo. Mezzi di lotta contro le ruggini. Riservandoci di parlare dei singoli mezzi di lotta a proposito di ciascuna malattia daremo solo qui un breve cenno generale sui mezzi che si possono adottare per combatterle o prevenirle. I mezzi di lotta diretti non sono sempre praticamente applicabili, per esempio nel caso dei cereali : si possono adoperare invece efficacemente contro le ruggini che attaccano piante ortensi o di giardino. Il solfato di rame nella poltiglia bordolese sa- rebbe molto efficace e così altri sali e composti cuprici. Anche i poli- solfuri alcalini al 3-5" 00 potrebbero essere impiegati con successo. Per le ruggini dei cereali che sono le forme più dannose e che, secondo l'opinione di Hiltner e Sorauer, sarebbero malattie di disposizione non è possibile alcun trattamento diretto ed il migliore (1) Sorauer P. Vorarbeitenfur eine internationale Statistik der Getreideroste (Zeitechr. f. Pflanzenk. Bd. XIX, 1909, p. 193-286); Rock, in Mitth. d. k. k. Landw. Bakter. u. Pflanzenschutz. in Wien, 1907. (2) Cfr. Montemartini L., La ruggine dei cereali in rapporto colla conci- mazione (Riv. di Patol. Veg., IV, 1909, n. 4, p. 53-56). UREDINALES 589 uiodo per poterle combattere è quello di ricorrere alla selezione per ottenere varietà di cereali resistenti. Si conoscono oggidì varietà di grano resistentissiine alla ruggine ed il Rieti sta in prima linea. Con prove di selezione ed incrocii si possono ottenere in ogni regione qua- lità di grani resistenti e produttivi. La distruzione delle piante ospiti intermedie come Crespino, Bor- raginee, ecc. non è sempre praticamente possibile, ne da essa si possono sperare risultati completi e soddisfacenti poiché si sa che alcune forme di ruggini si sviluppano indipendentemente da forme ecidiche: quando poi il germe potesse realmente annidarsi nel seme come vorrebbe FEriksson colla sua teoria del niicoplasma, allora ben si capisce la inutilità della distruzione degli ospiti intermedi. Classificazione delle Uredinee. Seguendo un criterio moderno si distinguono le Uredinee nelle seguenti famiglie, comprendenti diversi generi dei quali io qui accenno solo a quelli che anno specie inte- ressanti la Patologia Vegetale (1): Fani. l.a Pucciniacee : Teleutospore ordinariamente pe- dicellate, continue o pluricellulari, riunite in sori ora polverulenti, ora compatti, ora gela- tinosi, germinanti per protobasidi settati : ure- dospore continue, non disposte a catenella : ecidi con o senza pseudoperidio. A. Teleutospore libere, mai incluse entro massa gelatinosa. 1. Teleutospore I-cellulari. a. Uredospore aculeolate, verrucose o liscie su tutta la Toro superficie G. Vromgees (figura 120:5-6). b. Uredospore liscie da un lato . . . . G. Hemileia. 2. Teleutospore 2-cellulari: ecidi con pseudoperidio G. Puccini" (figura 120:7-8). 3. Teleutospore pluricellulari, a diversi setti tra- sversali Gr- Phragmidium (fi- gura 120:0). B. Teleutospore incluse in una massa gelatinosa, bicellulari, fornite di pedicello assai lungo . G. Gymnosporangium. Fam. 2.a Cronartiacee : Teleutospore I-cellulari, sessili, disposte in serie e formanti sori cilindrici o verruciformi. Ecidi con pseudoperidio. (1) Cfr. Trotter A., Uredinales in Flora Ital. Crgptogama, Rocca S. t'a- sciano 1908, p. 22; Hariot P., Les Uredinées (0. Doin, Paris, p. 102). 590 I PARASSITI VEGETALI: III. KUMICETI J.. Sori teleutosporiferi nudi. 1. Sori a forma di cuscinetto Gr. Ghrysomyxa. 2. Soli cilindracei, setoliformi : teleutospore riunite in serie ........ Gr. Cronarthim (figura 120:10). B. Sori teleutosporiferi circondati da peridio. Te- leutospore disposte in acervuli ecidiiformi . G. Endaphyllum. Fam. 3,a Coleosporiacee : Teleutospore sessili, apparente- ménte quadriceli ulari, disposte in sori crosti- formi in un solo od in doppio strato. A. Uredospore isolate: ecidio con peridio a cupola Gr. Ochrospora. B. Uredospore catenellate: ecidio con peridio a pu- stola. ........ G. Coleosporiitm (ti gitra 120:11). Fani.4.a Melampsoracee : Teleutospore sessili, continue o pluricellulari, disposte in soro crostiforme appiattito, in una sola serie. Ecidi con o senza peridio. A. Teleutospore continue: uredospore fornite di parafisi ingrossate alla sommità . . . G. Melampsora (figura 120:12). B. Teleutospore settate verticalmente, disposte in sori crostiformi, a membrana bruna . . G. Pxeciniaxtnim. Fam. I. — Pucciniacee Djetel. (*. Uromyces Link. Questo genere è caratterizzato dalla presenza di teleutospore con- tinue, fornite di pedicello persistente o deciduo: Y episporio bruno, liscio o verrucoso presenta spesso alla estremità una papilla ed un unico poro di germinazione. Le uredospore sono I-cellulari, semplici, con episporio liscio o più spesso verrucoso od aculeato: in alcune specie anche mancano. Picnidi ed ecidi in alcune specie presenti in altre mancanti. I. Specie parassite su Chenopodiacee coltivate. 1241. LTROMYOES BETAE (Pers.) Kuhn. N. ital. Ruggine della Barbabietola. N~. stran. Bouille de la betterave; Rosi der Bunkel-und Zucherriibcn, Beet-leaf Bust. Attacca la barbabietola da zucchero e la bietola da coste (Beta vulgaris var. Cicla) provocando disseccamento delle foglie e riuscendo UROMYCES BETAE KUHN 591 >.* \ ^ 1 !&U * . " - 0<&> V*v% i&é y^k_ . $ *A« r */*_ '$> ^ talora assai dannosa alla coltivazione di queste piante. È frequente in tutta l'Italia, nelle altre nazioni d'Europa ed in America. Caratteri esterni della malattia. Si presenta sulle foglie durante l'estate con macchie un po' rotondate, di color rosso-bruno, manifeste su entrambe le pagine: sulle macchie compaiono pustoline numerose, brune, da cui erompe una polvere, giallo bruna: in autunno le pustoline anno un colore più scuro e così la polvere che da esse vien fuori (figura 122:1-2). Le foglie colpite diventano qua e la clorotiche, poi ingialliscono del tutto, quindi imbruniscono e disseccano. Talora sono attaccate solo le foglie della periferia, altre volte anche quelle del centro della ro- setta ed allora i danni sono più gravi perchè o la pianta dissecca o la vegetazione diventa molto stentata. Caratteri del parassita. Una sezione condotta attra- verso le macchie fogliati quando queste cominciano a manifestarsi lascia distin- guere al microscopio un micelio a calibro irregolare, settato, intercellulare, for- nito di austori che pene- trano nelle cavità cellulari. Da questo micelio si pro- duce al di sotto dell'epider- mide imo straterello ifen eh ino atoso, specie di stroma, il quale dalla parte supe- riore produce su brevi fila- menti semplici delle spore ovali o globose, continue, ad episporio punteggiato di color giallo-bruno, misuranti 23 32 * 17-24 fi. Rappresen- tano le uredospore e co- stituiscono la generazione I estiva del parassita (figura 122:3). Sollevando l'epider- mide queste uredospore for- Fig. 122. Muggine della barbabietola. 1. Porzione di foglia di bietola oolpita dalla ruggine. 2. Pic- cola parte della stessa mostrante i sori più ingranditi. 3. Uredospore. 4. Xeleutospore '<■ Ecidiospore. 7. Uredospore: a giovane, li matura, e germinante. 8. Te- leutospore (tutte originali). 604 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Caratteri del parassita. Le forme ehe si svolgono sui cereali sono la uredosporica e la teleutosporica, quelle che invadono il Crespino e la Mahonia la picnidica e l' ecidiosporica. Le pustole allungate, giallo aranciate o rossastre, talora distinte o parallele, altre volte con- fluenti sono gli uredosori in cui si osservano le uredospore ovali oblunghe od ellittiche, sostenute da breve pedicello da cui poi si disarticolano facilmente, di color giallo e con episporio finamente aculeo- lato, misuranti circa 24-45*14-21 ji. (fig. 126:7). Vengono facilmente asportate dal vento e se cadono su una foglia del cereale adatto in condizioni favorevoli di umidità e di calore germinano in un periodo di 2-3 ore producendo uno o due tubi germinativi che si insinuano attra- verso le aperture stomatiche e svolgendo il micelio definitivo nel pa- renchima fogliare provocano lo sviluppo di una tacca d'infezione. Dopo 8-10 giorni dalla germinazione della uredospora e dalla penetrazione del suo promicelio nelle foglie su queste si produce una nuova pu- stola uredosporica. Si possono così succedere 5-6 generazioni di ure- dospore. Dopo circa un paio di settimane dall'apparsa della forma di Uredo si rende manifesta la forma di Puccinia (teleutosporica). I teleu- tosori sono lineari, disposti nel senso delle nervature fogliari o delle striature del culmo e delle guaine, anno color nero e sono erompenti (fig. 126 : 4). Le t e 1 e u t o s p o r e sono bicellulari, oblunghe, davate, arro- tondate od un po' acuminate verso l'estremità ed ivi più ispessite, liscie, di colore bruno-scuro o nerastro, misuranti 34-60 * 12 22 p.; presentano un pedicello giallastro, persistente, lungo fino a 60 n. (fig. 126 : 8). Queste spore rappresentano gli organi di svernamento del fungo. Passano Tin- verno sulla paglia infetta, sul terreno e germinano poi nella primavera successiva. Da ogni cellula si può svolgere un promicelio (prò tolta sidio) che presenta verso l'alto qualche setto trasversale: in corri- spondenza ad ogni articolo si sviluppa uno sporidiolo (basidi ospor a). Questi sporidioli germinano facilmente non però sulle foglie di grano, ma sulle giovani foglie del Berberis vulgaris oppure sui giovani frutti di questa pianta e della Mahonia Aquifolium. Su tali organi produ- cono infezione : sulle macchie rosso-giallastre delle foglie del Crespino, in corrispondenza della pagina superiore si distinguono piccoli pun- tini neri che sono le aperture dei picnidii, annidati nel palizzata ed erompenti per la loro apertura coronata di setole jaline: dentro ai picnidii vi sono piccolissime sporuline o sperai azi che si sviluppano all'estremità di esili filamenti tappezzanti tutta la cavità interna del picnidio. Dal lato opposto dei picnidii, cioè sulla pagina inferiore, disposti in piccoli gruppi si trovano gli ecidii, forniti di pseudoperidio a PUCCINIA GRAMINIS PERS. - ERIKSS. 605 bordo diritto, laciniato, biancastro (fig. 126:5): negli ecidii sonvi stipate catenelle di ecidiospore subpoliedriche, liscie, leggermente aranciate, della dimensione di 14 26 n. (fig. 126:6). Le ecidiospore germinano quando dal vento o da altre cause vengono a cadere sulle foglie delle graminacee ospiti: dopo 8-10 giorni si à la comparsa della prima pustola uredosporica. Questo caso di eteroicismo venne constatato la prima volta dal De Bary fino dal 1853. Eriksson distingue di questa specie varie razze biologiche viventi su cereali coltivati e su graminacee spontanee. Le più importanti forme specializzate dal punto di vista pratico sarebbero le seguenti : Puccinia graminis f. sp. Tritici che si sviluppa essenzialmente sul Triticum vulgate e solo occasionalmente sulla Secale cereale, Hordeum vul gare ed Avena saliva. Puccinia graminis f. sp. Secalis che attacca Secale cereale, Hordeum volgare ed altre specie, Agropyrum repens, caninum, ecc. Puccinia graminis f. sp. Avenae che si svolge su Avena satira, A. elatior, sterili», Pactylis glomerata e molte altre graminacee spon- tanee ancora. La specializzazione di queste forme riguarda non solo lo stadio di TJredo, ma anche lo stadio di Aecidium. Così, per esempio, una uredospora della P. graminis dell'avena, come una ecidiospora di Aeci- dium Beroeridis sviluppatosi da uno sporidiolo di teleutospora di P. gra- minis f. Avenae, possono solo infettare l'avena fra i cereali e non mai la segala, l'orzo od il grano. Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. Lo sviluppo di questa e delle altre ruggini dei cereali di cui dirò in appresso dipende da una somma di circostanze alcune delle quali esterne, altre interne. Eriksson ed Henning in un loro importantissimo lavoro (1) fanno un minuto ed accurato studio di tutti i fattori che possono aiutare lo sviluppo delle ruggini. Tra le cause esterne si deve tener conto della località e delle condizioni di umidità del suolo, delle proprietà tisiche del terreno, delle proprietà chimiche, dell'epoca della seminagione, della germinazione, della fruttificazione, della temperatura, ecc. Per indagare le cause interne bisogna studiare la diversa suscettibilità dei grani all'attacco delle ruggini, la loro struttura anatomica in rap- porto specialmente allo spessore delle membrane cellulari, al numero degli stomi, alla presenza sulla cuticola di cera o di peli, allo sviluppo (1) Eriksson J., Henning E., Die Getreideroste, ihre Gcschichte und Natur, Stockholui 1896, p. 259-321. 606 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI degli elementi meccanici e di assimilazione. Si deve tener conto inoltre della conservazione dei germi del parassita, poiché secondo I'Ertksson essa si effettuerebbe anche indipendentemente dalla presenza delle teleutospore e la diffusione della malattia potrebbe avvenire anche senza gii ospiti intermediari (Berberis o Mahonia) come avrebbe con- statato nell'India e nell'Australia ove tali piante mancano o sono ra- rissime ed ove pure la malattia è diffusa sul grano. Secondo l'autore questo parassita potrebbe conservarsi in uno stato micoplasmatico, riproducendo poi a primavera direttamente le uredospore. Secondo I'Eriksson le ecidiospore dal Crespino al grano potrebbero solo pro- durre infezione entro un raggio di 10 a 25 m., talora anche esse sa- rebbero incapaci di germinare, quindi la presenza del Berberis non avrebbe quella straordinaria importanza attribuitagli dal De Bary. Esperienze di Eriksson fatte tra il 1890-1894 dimostrarono che le teleu- tospore della ruggine nera non germinano se non quando sono in pre- senza dell'aria e nelle circostanze ordinarie esposte a tutte le influenze meteoriche. Le paglie fresche e le stoppie lasciate sui campi rappre- sentano quindi il miglior mezzo per la propagazione della malattia. Per quanto riguarda l'azione dei concimi Sorauer (1) osserva che le forti concimazioni azotate favoriscono lo sviluppo della ruggine, mentre i composti a base di fosforo accelerando lo sviluppo della pianta contrarierebbero lo svolgimento delle ruggini. Interessanti espe- rienze eseguite dal Montemartini (2) confermano le vedute di So- rauer, di Brooks e di altri autori a questo riguardo, dimostrando che effettivamente le concimazioni a base di fosfati esercitano azione sfavorevole alla ruggine e quindi benefica allo sviluppo dei cereali. Quanto ai danni che la ruggine lineare produce, essi sono gravis- simi. In Italia sono memorande alcune annate in cui questa ruggine produsse effetti disastrosi, come nel 1872 in Alta Italia, nel 1877 nel Leccese, nel 1879 nel Bolognese, nella Lombardia, nell'Emilia, nel- l'Italia meridionale, ecc. nel 3 884 in cui produsse la distruzione del raccolto negli Abruzzi ed in Sardegna. Oltre i danni immediati che produce al raccolto è stato constatato che anche la paglia infetta riesce dannosa al bestiame. Secondo Bisler produrrebbe irritazioni intestinali, coliche, ecc. Anche la polvere rugginosa infiltrandosi nelle (1) Sorauer P., Vorarbeiten fiir ehie Internationale Statistik tler Getreide- roste (Zeitschr. f. Pflanzenkr. Bd. XIX, 1909, p. 193-286). (2) Montemartini L., La ruggine dei cereali in rapporto colla coneimas'wne. Riv. di Patol. Veget., IV, 1909, n. 4, p. 53-56. PUCC1NIA GKAMINIS PERS. - ERIKSS. B07 vie aeree durante le operazioni di mietitura e di trebbiatura potrebbe produrre qualche inconveniente ai lavoratori ed operai addetti a tale operazione. Resistenza e predisposizione dei cereali alla ruggine. Numero- sissime esperienze ed osservazioni eseguite e raccolte da studiosi e pratici su quasi tutte le varietà di grani coltivati nelle diverse parti del mondo anno provato incontrastabilmente che esiste tra varietà e varietà, tra razza e razza comportamento notevolmente diverso di fronte a questa ed alle altre ruggini che danneggiano i cereali. Al- cune varietà mostrano una notevole resistenza, mentre nelle stesse condizioni di ambiente altre si presentano singolarmente predisposte. Il grado maggiore o minore di resistenza di alcune varietà può essere talora solo in relazione con certe condizioni estrinseche, mutando le quali muta il loro comportamento, altre volte invece la resistenza è un fenomeno acquisito per selezione ed ereditario oppure può essere dovuta a caratteri anatomici, a maggiore sviluppo dei tessuti protet- tori o meccanici che si oppongono alla penetrazione del germe pa- rassitario. In generale i frumenti maggiormente danneggiati sono quelli più produttivi, a semi farinacei, a fogliame ampio e molle di colore verde-cupo che crescono specialmente in siti di pianura, più umidi: quelli che resistono di più avrebbero, secondo l'opinione del Cobb, ordi- nariamente fogliame più stretto, cretto ad epidermide più resistente e stomi assai piccoli, culmi rigidi ed insieme alle foglie glaucescenti per abbondante cera. Queste ultime varietà crescono essenzialmente in luoghi secchi. Le condizioni di ambiente ed in particolar modo la umidità del clima e del terreno possono facilmente influire su quelle varietà la cui resistenza dipenda esclusivamente dal fatto che nei loro paesi d'origine crescono in siti ed in climi asciutti, così il Vilmorin osserva che avendo introdotto dall'Australia, dall'America del Nord, in Francia varietà resistentissime ed assai produttive di grani, queste coltivate nel clima umido dei dintorni di Parigi dopo poco tempo per- dettero completamente la loro resistenza alle ruggini e la loro pro- duttività. Per contrapposto certe varietà di climi umidi portati in luoghi secchi se resistenti conservano e migliorano questa qualità, se predisposte possono dopo qualche tempo diventar meno soggette alla malattia. La siccità o l'umidità dell'ambiente sono dunque due grandi fat tori dai quali dipende la resistenza o la predisposizione della mag- giore parte delle varietà dei cereali alle ruggini. Alcune varietà di grano pur tuttavia non avendo alcuna resistenza acquisita per eredi- 608 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI tarietà o per selezione sfuggono talora ai forti attacchi delle ruggini perchè anno uno sviluppo rapido ed una maturazione anticipata, di modo che la pianta à portato a maturazione la spiga prima che le ruggini abbiano potuto produrre i loro effetti disastrosi. La varietà di grano che si trova in tali condizioni, molto nota a noi ed assai coltivata per la sua precocità è quella designata dai cerealicultori col nome di Cologna Veneta. Le diligentissime e numerose esperienze fatte dal prof. Stram- pelli, direttore della Stazione di Granicoltura di Rieti, in rapporto alla resistenza o meno delle principali varietà di grano da noi colti- vate lo anno indotto a distinguerle nei seguenti gruppi: I. Varietà con resistenza massima: Rieti. IL Varietà meno danneggiate: Nonette de Lausanne, Duro di Medeal, Xeres, Australia, Petaniella, Cavallasca, Fucense. III. Varietà assai attaccate: Rosso varesotto, Reno Val d'Olona, Co- logna, Spinazzolese, Rosso gentile, Roma/nello, Tosello, Rosso pro- lifico aristato, Tummonia, Sihraif, Herison, Hunter, Bordeaux. IV. Varietà danneggi atissime : Noè, Chiddam, Blood red di Scozia, Japht, Prinee Albert, Red Chaft, Althirch, Saint Laud, Fiandra, Teversan, Trunip, Vittoria, Perle du Vaisenunt, Champagne, Po- lonia, Crepi, Durosella. Il (Carola classifica tra le resistentissime alla ruggine il Rieti, il Rosso di Scozia, il Battei; tra le resistenti il Victoria; il Rosso di Ungheria, il Grano d' Australia ; tra le più attaccate: VAleph, Roussellin, Noè, Touzelle rossa, Bisciola di Napoli, Grigio di Saumur, Rosso di Saint Land, Bordeaux, Bianco dJ Ungheria, Principe Alberto. Naturalmente si possono trovare alcune differenze nel collocamento di alcune delle varietà in questa scala di resistenza per la ragione già citata che il loro comportamento rispetto alle ruggini è spesso influenzato da circostanze di ambiente. Si dice anche che il grano di Rieti, da tutti ritenuto come resi- stentissimo, fuori del suo paese di origine perda più o meno rapida- mente la caratteristica resistenza così che dopo alcuni anni degene- rando per rispetto a tale qualità si renda necessario il ritorno al seme originario per riavere il tipo resistentissimo alla ruggine. La predi- sposizione e la resistenza delle varietà di grano alla ruggine sareb- bero, secondo il Biffen (1) ed il Buttler (l>), due caratteri antagonisti (1) Biffen 11. H., in Journal of Agricult. Science, I, 1905. n. 1. (2) Buttlku E. J., The JBearing of Mendelism toco resistenti debbono essere ab- bandonate e si coltiveranno solo quelle che si manifestarono più resi- stenti alla ruggine, al freddo e nello stesso tempo si dimostrarono più precoci e più produttive. Egli consiglia inoltre di studiare bene le condizioni del suolo, l'azione dei concimi e tutte quelle circostanze che possono avere una qualche influenza sullo sviluppo delle ruggini. È di parere che colla selezione e gli incrocii si possa facilmente in ogni regione arrivare alla produzione di varietà e di razze nuove resistenti e produttive. 250. PUCCENTA DISPERSA, Erikss. ed Henn. (P. Rubigo- vera DC. pp.) E. ecidica: Aecidium Anchusae Erikss. ed Henn. (Air. Asperi- /olii Pers. pp.). (1) Eriksson, Sur Vorigine et la propagation de la rouille par la xcmence , 3,5.9 secondo ErIKSBON). PUCCINIA GI.UMARLM ERIKSS. - HKXX. 615 parti della pianta sono sane. Da ciò il nome specifico dato al parassita. Più tardi appaiono sulle guaine fogliari nonché sulla pagina inferiore delle foglie dalle striscioline lunghe, fine, brune o nerastre, ricoperte sempre dall'epidermide (fig. 128:1,2,4): esse si manifestano anche sulla parte interna delle glumette e sulla parte periferica delle cariossidi, ma con disposizione più irregolare (sori teleutosporiferi). Caratteri del parassita e biologia. Crii uredósori contengono me dospore glolmlose o largamente ellittiche, leggermente echin alate e gialle (fig. 128:6,7), i teleutosori sono internamente divisi in numerose concamerati oni limitate da parafisi brune, di forma clavata: in ogni con- eamerazione si trova un gruppo di teleutospore davate, alla estremità arrotondate o coniche o più spesso tronche, ispessite in alto, liscie e li color bruno, quasi sessili, della dimensione di 30-70*12-24 n. (fi- gura 128:8,9). Le uredospore germinano facilmente anche a temperature di poco superiori ai 0°, le teleutospore che maturano su varietà di grani a semina autunnale germinano già nell'autunno, producendo delle basi- diospore inserite su protobasidi semplici o ramificati, di color giallo. Di questa specie non si conosce alcuna forma ecidiea. Gli ecidi che si svolgono su molte Borraginee (Lithospermum, Pulvnonaria, Lycopsis, Echium, Symphytum, Borrago, Cynoglossum, ecc.) e che si ritenne fossero legati al ciclo biologico della Puccinia Rubino-vera DO., nel cui ciclo la presente specie si comprende, non anno alcuna relazione iolla P. glumarum. Eriksson ed Henning distinguono in questa specie cinque forme specializzate: 1." fin. specializzata Tritici 2.a » » Secali* » » Hordei » » Elym i » » Agropyri 3.a 4.a 5.a che attacca il Triticum vulgare; » » la Secale cereale; V Barde a ut vulgare; V Elymus arenarius : V Agropyrum repens. » » » » » » Condizioni favorevoli di sviluppo e danni. Le stesse circostanze che favoriscono lo sviluppo della P. (/ramini* e delle altre ruggini, agevolano pure la comparsa e la diffusione della presente specie. Così l'umidità à un'azione molto favorevole e la poca aerazione delle piante nonché la soverchia quantità di concimi azotati sul terreno predispon- gono più facilmente i cereali all'attacco. La temperatura à poca in- fluenza perchè questa ruggine si svolge anche a bassa temperatura e nelle località ove l'inverno è mite si può osservare facilmente lo svolgimento delle uredospore anche in questa stagione. I danni son«> 616 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI in generale gravissimi e superiori in certe località a quelli prodotti dalla ruggine bruna. In certe regioni anzi è la forma di ruggine più comune dei cereali. Lotta. Anche qui sono a consigliarsi al solito misure preventive, quelle stesse già consigliate per la ruggine lineare cioè: semina in tile, moderazione nell'uso di concimi azotati, preferire concimi fosfa- tici, scelta di varietà resistenti e produttive in ogni singola regione. 254. PUCCINI A CORONATA, Corda p.p. Klebahn. F. ecidica: Aecidium Frangulae Schum. X. d. malattia. Ruggine coronata; ramile à couronne; Kronenrost, Grown-rusi. Questa specie di Corda in seguito agli studi del Klebahn (1) venne suddivisa in due distinte specie alla prima delle quali venne conservato il nome originario del Corda, alla seconda venne attri- buito il nome specifico di coroni/era. La distinzione venne fatta in seguito a diligenti prove di infezione e specialmente pel fatto che gli ecidi che si svolgono sul Rhamnus Frangula e sul Rh. cathartica non sono riferibili, come invece si credeva da prima, alla stessa specie di Puccinia. Alla presente specie è ascritta la forma ecidica che si sviluppa sul Rhamnus Frangula {Aecidium Frangulae Schum.), pianta arbustiva frequente nelle nostre siepi. La Puccinia coronata à poco interesse pratico perchè colpisce solo varie graminacee pratensi spon- tanee e nessun cereale coltivato. Così è frequente sulla Calamagrostis arundinacea, sulla Phalaris arundinacea, suWAgrostis rulgaris, A. sto- lonifera, Agropyrum repens, Holctis lanatus sulle quali graminacee si presenta con forme specializzate, attacca inoltre la Bactylis glomerata, la Festuca, ecc. Sulle foglie e sulle guaine di tali piante si sviluppano uredosori sparsi o seriati, piccoli, talora confluenti, di colore aranciato, più tardi appaiono i teleutosori più irregolari, neri, oblunghi o lineari: le ure dospore sono globose od ovali, gialle, echi uniate, le teleutospore sono davate, alla sommità depresse e fornite di appendici un pò7 più scure disposte come a corona, provviste di un pedicello brevissimo. Sulle foglie del Rhamnus Frangula appaiono poi in primavera frequentemente i picnidii e gli ecidii, questi ultimi ipotìlli, numerosi, disposti in gruppi e forniti di margine lacinato. Le ecidiospore germinano facilmente e cadendo sulle graminacee indicate provocano la formazione dei primi uredosori. (1) Klebahn H., in Zeitschr. f. Pflanzenkrankh., Ili, Heft ó-6, e IV, Heft. 3. PUCC1NIA CORONIFERA KLEBAHN 617 255. PTJCCIN1A CORONIFERA, Klebahn. F. ecidica: Aecidium Cathartìcae Schm. X. ital. Ruggine coronata dell'avena. N~. stran. Rouille à couronne de l'avoine; Kronenrost ; Crown Rust of Oats. Questa specie assai più dannosa della precedente attacca oltre molte graminacee spontanee (Lolium , Festuca, Holcus, Alopeeurus, Glyceria) anche l'avena su cui produce effetti talora ab- bastanza gravi. È comune in tutta Europa, nelPAme- rica del Nord e nell'Africa Settentrionale, non si svi- luppa però regolarmente tutti gli anni e talora si presenta solo sul finire del periodo vegetativo delle graminacee. Caratteri della malattia e del parassita. Sulle foglie della avena, specialmente sulla pagina superiore si sviluppano gli uredosori in forma di pustoline brevi od allungate, di color giallo- aranciato e deiscenti in pol- vere dello stesso colore (fi- gura 129:2,4). Una setti- mana dopo circa dalla com- parsa degli uredosori, comin- ciano a svilupparsi i teleuto- sori in forma di macchioline nere, ricoperte dall'epider- mide e spesso disposte come ad anello attorno ai sori uredosporici (figura 129:3,5). Le uredospore sono subglobose del tutto simili a quelle della specie precedente (f. 129:6): le teleutospore pure identiche, sono fornite all'apice di appendici digi- tiformi, disposte come le punte di una corona (tìg. 120:7,8). Lo sverna mento di queste teleutospore avviene nel terreno ed alla primavera germinano producendo sul protobasidio degli sporidi di color pallida Fig. 129. Ruggine coronata delVa/vena. 1. Foglia
  • ) » su Crataegus, Cydonia, Mespilus e talora anche Pirus 2) G. confusum Prow. 2) formanti teleutospore sul Juni- perus communi*. a) con ecidii sul Sorbus Aria . . 3) G. treinelloides Hartig b) » su Cratacgus, Cotonea- ster . . 4) (t. eia rari i forme Rees e) » su 8orbus àucuparia ed Amelanchier rulg 5) G. Juniperinum (L.) Fr. 283. GYMXOSPORAXGIUM SABIXAE (Dicks.) Wint. N. d. malattia. Ruggine del pero; Rouille du poirier ; Gitterrost der Birnb/iìime. Nella sua forma telentosporica attacca i rami di diverse specie del g. Juniperus specialmente Jiiniperus Sabina, poi anche J. macrocarpa , J. Oxycedrus, J. rirginiana, J. phoenicca : nelle forme picnidico -ecidica colpisce le lamine, i piccioli fogliari e talora anche i giovani rami e frutti del pero, causando a questa pianta danni talora gravi. Caratteri della malattia. I rami colpiti dalla malattia nelle specie del g. Juniperu* che ospitano la forma telentosporica appaiono ingros- sati verso la base o la metà acquistando una forma subconica o fu- siforme caratteristica ed incurvandosi più o meno nella parte colpita. (1) Fischer Ed., Biologie der Gattung Gymnosporangium der Vredineen in Soc. Heiv. d. Se. Nat.: Extr. d'Archiv. Se. Phys. et natur., T. XXIV, No- vembre 1907). GYMNOSPORANGIUM SABINAE WIXT. 641 La scorza si presenta screpolata e fessa; dalle screpolature erom- pono nella primavera, generalmente nel mese di aprile, delle masse di color giallo-bruno, snbconiche o depresse, subcoriacee se il tempo è secco, che in seguito alle pioggie primaverili diventano gelatinose. i ■ -• •• Fig. 134. Ruggine del pero. 1. Ramo di Juniperus Sabina con fceleutosori erompenti ili Gymnosporangium Sabiìiae. 2. Pagina inferiore di foglia di pero cogli eoidii {Boettelia ea% lata). 3. Pagina supcriore della stessa foglia con picnidii. 4. Crup]», «li eoidii più ingranditi. 5. Sezione attraverso foglia ili pero con ecidio e picnidii. 6. Due ecidiospore. 7. Gruppo di teleutospore (tutte originali). si allungano fino anche a 2 cm., assumono color giallo-ambra, pre- sentano forma varia, di lobi compressi, contorti 0 dritti, semplici 0 ramificati, si agglutinano talora assieme e si appiccicano sui rami vi- cini con cui vengono a contatto formando degli ammassi di aspetto curioso e del tutto caratteristico (tig. 134:1). Colla stagione asciutta Ferraris, Trattalo di Patologia, ecc. — 41. 642 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI e calda tali masse gelatinose scompaiono, le ferite si cicatrizzano, però i rami restano sempre deformati e contorti. Gli ingrossamenti dei rami sono dovuti ad anomalie di accresci- mento che vennero diligentemente studiate dal Wornle (1). Le cerchie legnose sono maggiormente sviluppate nei punti colpiti, la disposizione delle tracheidi è però irregolare, i raggi midollari sono più appariscenti, mentre invece sono meno ben definiti i limiti delle cerchie annuali di accrescimento del legno. Verso la fine di maggio o nel giugno la malattia può passare sul pero e manifestarsi sulle foglie o meno frequentemente sui giovani frutti e sui rametti. Verso il margine delle foglie o sulla nervatura mediana od in altro punto della lamina in pagina superiore compare una tacca larga fino ad un centimetro o più, irregolarmente circolare di color giallognolo, più tardi rosso-porporino, sfumata attorno in aran- ciato e giallo; la parte centrale appare più ispessita ed ivi si presenta fittamente punteggiata di corpicciolini neri alquanto prominenti (picnidii) (fìg. 134:3). Dal lato inferiore, in corrispondenza delle stesse macchie si inizia la formazione di corpi mammellonari, aggre- gati, cespitosi, che prendono forma subconica ed anno colore rosso- bruno; all'estremità sviluppano una specie di fiocchetto bianchiccio, acuminato, fimbriato, simile ad un cappuccetto tenue (pseudoperi dio) che si sfibra in lacinie longitudinali riunite all'estremità, lasciando uscire di tra le lacinie una abbondante polvere color bruno-rossastro (ecidiospore) che imbrattano le foglie sottoposte (tìg. 134 :2,4). Più tardi i fiocchetti bianchicci si distaccano e allora appare l'orificio rotondo degli ecidii ormai già quasi vuoti di spore. Su ogni foglia o picciolo si possono contare talora da uno a più di questi agglome- ramenti ecidici. In casi di forti infezioni li constatai anche sui rami più giovani ammassati in un punto del rametto che appare ivi notevolmente de formato ed irregolare. Anche sui giovani frutti si può presentare una consimile alterazione, ma più raramente. Peglion (2) ha fatto l'anatomia patologica delle alterazioni pro- dotte dal parassita sulle foglie e rami di pero. Nelle foglie il paren- chima a palizzata è poco modificato, però invece di clorofilla si trovano (1) Wornle P. in Forati. Naturw. Zeitsch., Ili, 1894, p. 68. (2) Peglion V., Bieerche anatomiche sopra i tumori delle foglie e rami di Pero causati dal parassitismo della Boestelia cancellata (Riv. di Patologia Ve- getale di A. Berlese, voi. II, 1893, p. 23-37). GYMNOSPORANGIUM SABINAE WINT. 643 dell'amido e delle gocciole oleose. Il tessuto spugnoso è invece pro- fondamente alterato; le cellule sono quasi rettangolari, anno parete sottile e contengono molto amido. Lo stimolo esercitato dal micelio del fungo fa accrescere enormemente questo tessuto. L'amido che si trova in tali cellule non è autoctono poiché ivi la clorofilla è scom- parsa, ma è immigrato da altra parte della pianta; esso viene lenta- mente assorbito dal fungo e da ciò ne deriva indebolimento alla pianta. Nei rami il tessuto ipertrofico prenderebbe origine dallo strato fello- genico. Caratteri del parassita. Il micelio è intercellulare e perennante nei rami del Jnniperus Sabina; si svilupperebbe essenzialmente nel cilindro corticale, non nel legno. Le pustole teleutosporiche si originano nel cilindro corticale della parte ipertrofìzzata e si protraggono fuori per lacerazione dello strato suberoso. Nella massa gelatinosa del te- leutosoro le teleutospore sono stipate, sono di color bruno od aranciato, fusiformi, bicellulari, misurano 40-45 * 25-30 |i. e sono fornite di un pedicello flessuoso lunghissimo, jalino, gelatinizzato (fig. 134:7). Nella stessa massa alcune teleutospore anno episporio più sottile e quasi incolore, altre più spesso e di color bruno, le prime germinano più presto delle seconde. Colla germinazione delle teleutospore si produ- cono i protobasidii e le basidiospore colle quali I'Oerstedt fin dal 1805 riuscì a riprodurre i picnidii e gli ecidii sulle foglie del pero, pro- vando così l'eteroicismo del fungo. Le ferite prodotte dalla fuoriuscita dei teleutosori sui rami del Juniperus Sabina vengono più tardi cicatrizzate colla formazione a spese del fellogeno di più strati di cellule suberitìcate, formanti una tacca un po' convessa, liscia e di color giallo-chiaro. Anche sulle foglie del pero il micelio si presenta intercellulare, settato, un po' ristretto ai setti, ramificato e pieno di gocciole oleose di color giallo lancialo. I picnidii si formano tra l'epidermide della pagina superiore ed il palizzata che viene spinto in basso; gli ecidii si formano invece nella parte ipertrofìzzata del mesotillo, corrispondente al tessuto spugnoso, presentano nell'interno una grande cavità ed all'apice sopra l'aper- tura sono provvisti di uno pseudoperidio a foggia di calittra, decom- posto in lacinie longitudinali e di colore bianchiccio (fig. 134:5). Nella cavità dell'ecidio si trovano numerosissime ecidiospore arrotondate, brune ^fig. 134:6). Questa forma ecidica era designata dai micologi col nome di Roestelia cancellata. Danni. Metodi (li cura. I danni che il parassita produce alle piante di pero se non sempre gravissimi, sono tuttavia nella maggior parie 644 I PARASSITI VEGETALI! III. ECMICETI dei casi considerevoli. Ò potuto constatare più di una volta in frut- teti del Piemonte ove erano collocate per ornamento o per uso me- dicinale piante di Juniperus Sabina effetti disastrosi sui peri, le cui foglie erano colpite talvolta nella proporzione del 100 per 100 dagli ecidii della Foesteìia e diseccavano prima dell'autunno, arrestandosi così l'accrescimento e la maturazione dei frutti. Le qualità di peri precoci sono meno fortemente danneggiate, non così le tardive che coli' alterazione delle foglie e talora dei rami cessano di accrescersi e non arrivano a maturare. Ò visto anche piante della nota qualità piemontese detta Martin sec condurre per diversi anni una vita molto languente e rimanere infruttifere per essere continuamente colpite dalla malattia trovandosi vicine ad una pianta di Juniperus Sabina i cui rami ogni primavera si coprivano abbondantemente delle masse gelatinose del Gymnosporangium. I continui attacchi del parassita fanno anche disseccare i rami e trattandosi di piante giovani anche l'intera pianta poiché essendo assai diminuiti i fenomeni di assimila- zione, gli organi si indeboliscono spogliandosi di materiali di riserva che vengono utilizzati dal fungo. Il mezzo più radicale per liberarsi di questa malattia è quello di sopprimere le piante di Juniperus Sabina che si trovano talora colti- vate nei giardini prossimi ai frutteti. Ò constatato che l'azione nefasta del Juniperus si può manifestare in linea retta anche per oltre una cinquantina di metri, però se tra il sito ov'è il frutteto ed il luogo ove crescono i Juniperus vi è una casa alta, le piante di pero possono mantenersi immuni. (_) provato a trasportare giovani piante di pero abitualmente infestate dalla malattia in altro sito diviso da un giar- dino ov' erano piante di JunÌ2)erus Sabina da una casa piuttosto alta e constatai subito nell'anno appresso la scomparsa della malattia e lo sviluppo rigoglioso delle piante. In Svizzera ed altrove del resto è reso obbligatorio l'allontanamento dai frutteti del Juniperus Sabina, cosa che potrebbesi fare anche da noi, tanto più che si tratta di pianta che come ornamento può ben essere sostituita da altre conifere di mi- gliore portamento e per nulla dannose perchè non ospitanti il Gi/mno- sporangium. Ò pure provato in diverse annate trattamenti primaverili preventivi alle piante di pero con poltiglia bordolese all'I °/0 a rea- zione neutra o debolmente alcalina ed ò potuto constatare splendidi effetti. Anche le piante meno distanti dai Juniperus presentavano un fogliame più sano e se non del tutto immune, perchè non era pos- sibile colpire col liquido tutte le foglie, almeno in condizioni di prov- vedere ad una buona vegetazione. Si inizieranno i trattamenti poco UYMNOSPORANGIUM TREMELLOIDES E. HARTK1 645 dopo lo sbocciamento delle foglioline: si continueranno tino aliatine della primavera. I trattamenti più energici debbono essere l'atti dalla metà di aprile a tutto maggio; è l'epoca in cui le teleutospore possono essere disseminate, nella quale operazione probabilmente possono con- correre gli insetti: bisogna che le basidiospore che da esse ne deli- ri vano trovino la superficie fogliare avvelenata dal sale cuprico al momento della loro germinazione. a->' 284. GYMNOSPORANGIUM CONFO SUM, Plowk. JV. d. malattia. Ruggine del cotogno, del nespolo, ecc. Questa specie affine alla precedente, ma molto meno interessante venne studiata e distinta dal Plowright (1), essendo da prima dai micologi confusa con G. Sabinae. La forma teleutosporica si sviluppa anche qui sul Juniperus Sabina sui cui rami produce teleutosori tu- bercolosi, color bruno rossastro poi neri, cilindrico compressi. Le teleu- tospore somigliano molto a quelle della specie precedente, sono un po' più lunghe ed anno il loculo superiore più arrotondato: misurano da 35-50 * 20-25 fi. Le forme picnidico-ecidica si sviluppano sulle foglie della Cydonia vulgaris, del Mespilus germanica, del Crataegus Oxyacantha (biancospino) e molto raramente su quelle del Pirus com- munis. Su questa pianta le avrebbe ottenute il Fischer mediante infezioni artificiali (2). I picnidii sono epifilli, di color aranciato, gli ecidii si sviluppano nella pagina inferiore su macchie ispessite, arrotondate, di colore rosso aranciato: anno peridio lungo, cilindrico o subfusi turine, all'apice con pseudoperidio più allungato e laciniato. Le ecidiospore sono sub- globose di color più chiaro e più piccole che nella specie precedente. II Gymnosporangium confusimi è specie meno frequente e poco dan- nosa. 285. GYMNOSPORANGIUM TREMELLOIDES, R. Haktk.. 2T. d. malattia. Ruggine delle foglie del melo; Bouille des pommiers : Apfelrost. La forma teleutosporica di questa specie si sviluppa sul Juniperus communis, J. nana, attaccando i rami ed anche le foglie. Verso la metà di aprile si manifestano i teleutosori sui rami come animassi irregolari, erompenti dalla scorza, lobato-auricolati, gelatinosi e di (1) Plowright, in Linnean Soc. Journ. Botan.. issi. (2) Fischer, in Zeitschr. f. Ptìanzenkv., I, p. 194 (1891). 646 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI color giallo-aranciato o giallo-bruno: sulle foglie appaiono invece sotto t'orma di piccole pustole brune ed allungate. Le teleutospore sono fusiformi, assottigliate alle due estremità, misurano 35 60 * 20-30, nello stesso soro alcune anno parete più sottile, altre più spessa. Per ger- minazione delle teleutospore si producono i protobasidii e le basidio- spore che germinano facilmente sulle foglie di moltissime Pomacee, come dimostrano le esperienze fatte da molti autori (Peyritsch, KÀTHAY, PLOWRIGHT, ROSTRUP, ecc.). Frequentissimi specialmente nei luoghi di montagna sono gli ecidi i sul Pirus Aria, P. Aucuparia e talora anche sul melo {Pirus malns). Si sviluppano per lo più dal luglio al settembre sulle foglie, sui pic- cioli fogliari ed anche sui frutti. Gli ecidii (Aecidium penicillat itm Mììller ) sono ipofilli e si sviluppano su una massa tubercolosa, all'apice pre- sentano uno pseudoperidio con lacinie filamentose, lunghe fino ad un millimetro e divise fino alla base. Le ecidiospore sono di color scuro. Wornle anche per questa specie si occupò delle alterazioni anato- miche prodotte dalla forma teleutosporica sulle foglie e sui rami di .luniperm, constatando sviluppo irregolare del legno, dei raggi midol- lari e del cilindro corticale. Questa forma di ruggine, che attacca anche i meli, è però di scarso interesse poiché raramente produce danni apprezzabili. 286. GYMNOSPORANGILM CLAVARIIFORME(Jacq.)Rees. X. d. malattia. Ruggine del biancospino; Rouille de V Aubépine. Il parassita attacca nella sua forma teleutosporica il Jiuriperus communio, J. phoenicea, J. nana, ecc. producendo sui rami che vengono deformati, ipertrotìzzati delle masse di color giallo aranciato, cilindriche o davate, talora anche biforcate lunghe fino a 12 nini., che erompono da fessure della scorza disponendosi più o meno orizzontalmente e quindi in direzione quasi perpendicolare ai rami da cui si sono ori- ginate (fig. 135:5). La loro consistenza è subcoriacea: contengono te- leutospore oblungo -fusoidee, gialle a parete più o meno spessa, misu- ranti 50-120 * 14-20 (i. (fig. 135:6). 11 micelio è perennante nei rami dei Juniperus e si svolge negli spazi intercellulari del libro secondario. Secondo Geneatj de Lamarliére (1) le ipertrofie dei rami sarebbero dovute essenzialmente all'anormale accrescimento del parenchima cor ticale ed anche un poco ad anomalie di sviluppo del legno secondario. (1) G-eneau de Lamarliére L., Sur les mycocècidies des Gymrnosporangium (Ann. ci. Se. Natur., Botan., sér. IV, T. II, p. 315-350, Paris 1905). GYMNOSPORANGIUM CLAVARIIFORMK REES 647 I tessuti meccanici sarebbero ridotti, mentre i tessuti tegumentali sa- rebbero presso a poco normali. Le forme picnidico-ecidica si sviluppano frequèntemente nel giugno- laglio sul biancospino (Crataegus Oxyacaniha) poi attaccano anche spesso V Amelanchier vttlgaris, il Pirus torminalis ed anche talora il Pirus communis. Colpiscono foglie, frutti, rami. Per le siepi avviene spessissimo di constatare sul biancospino le caratte- ristiche alterazioni pro- dotte dal fungo. I picnidii sono epifilli o frutticoli, verruciformi, disposti su una parte ispessita, rigon- fiata di color giallo ros- sastro. Alla estremità o verso l'estremità dei gio vani rami di biancospino si osservano spesso delle ipertrofie curiose di colore rossastro- scuro irte di bi- torzoli provvisti di lungo pseudoperidio giallo -pai - lido molto divaricato tra le cui lacinie erompe ab- bondante polvere color can- nella. Nel punto deformato il ramo si contorce, si piega ad angolo od anche ad ansa, voltandosi con una brusca curva in basso (tìg. 135 : 2). Ipertrofie consimili si os- servano sulle foglie specie sulla nervatura mediana. Anche i frutti del biancospino sono frequentemente colpiti ed acqui- stano un aspetto dei più curiosi essendo deformati e ricoperti per intero dalle pustoline ecidiche che dopo l'emissione delle ecidiospore perdono lo pseudoperidio, lasciando vedere la loro apertura circolare, così che i frutti appaiono alla superficie verrucosi e tutti bucherel- lati (fig. 135 :1). Le ecidiospore sono angolose, giallastre o color can- nella (fig. 135:3,4). Nelle foglie il micelio è localizzato nel mesotillo Fig. 135. Ruggine del biancospino. 1. Peduncoli fruttiferi, frutti e foglie ili biancospino defor- mati dagli ecidii del Gymnosporangium clavariìforme. 2. Porzione di ramo contorto <• deformato ihiLili stessi. 3. Sezione longitudinale di un ecidio. 4. Due eoidiospore. 5. Teleutosori erompenti da corteccia di un ramo di gi- nepro comune, ti. Telentospore (tutte originali). 648 I PARASSITI VEGETALI : III. KUMICKTI in cui induce speciali alterazioni, studiate dal Wakkbb. Esperienze di infezione artificiale colle basidiospore della forma Gyninosporangium sulle foglie di molte Pomàcee vennero eseguite da Peyritsch, Tubetjf, Bathay, Plowright, ecc., riproducendo la forma ecidica che gli autori designarono già come Roestelia lacerata Sow. Praticamente la malattia à poco interesse. Fam. IL — Cronart iacee. 0. Croiiartium Feies. Questo genere assai caratteristico comprende poche specie eteroiche, le cui forme ecidicbe si sviluppano sui rami dei pini erompendo dalla scorza come organi sacciformi o vescicolosi più o meno lunghi od espansi, da prima chiusi poi aperti irregolarmente all'apice o lasciasti uscire fuori una quantità grandissima di ecidiospore subglobose od ovali ad episporio spesso e striato radialmente, nell'interno dell'ecidio disposte in lunghe e regolari catenelle. L'aspetto particolare di questa forma ecidica provvista di lungo pseudoperidio membranoso e di co- lore bianchiccio à indotto gli antichi micologi a classificarla ad un genere a sé: g. Peri derni ium : le specie di questo genere non sono però tutte metageneticameute connesse al g. Cronartiuni, ma, come vedremo poco oltre, anche al g. Coleo spori uni. Le forme di Peridermium riferite al presente genere sono propriamente quelle viventi sui rami del pino ed erompenti dalla scorza, non le forme foglicole. Le forme uredo teleutosporiche si svolgono invece .su piante angiosperme ap- partenenti a famiglie diverse di dicotiledoni. Crii uredosori sono pustoliformi, piccoli, subepidermico-erompenti e contengono uredospore globose od ovali, continue, semplici, ad epi- sporio aculeolato. Negli uredosori prendono sviluppo i teleutosori del tutto caratteristici ed a forma di colonnetta o di cornetto sporgente assai al di sopra dell'epidermide fogliare, costituiti da teleutospore subpoliedriche I-cellulari, catenellate e densamente fra di loro stipate. Ogni teleutospora può germinare lateralmente alla colonnetta teleu- tosporifera per un protobasidio settato che presenta poi sporidi. Le specie di questo genere possono essere dannose su entrambe le piante che ospitano le forme ecidiche e le uredo teleutosporiche, sulle prime specialmente. CKONARTIL'M ASCLEPIADEUM FR. 649 287. CRONARTICJM ASCLEPIADEUM (Willd.) Fr. (incl. Or. flaccidum (A. S.) Wint.). F. ecidica: Peridermium Cornili RoSTR. et KLEB. N. d. malattìa. Ruggine vesoicolosa della scorza di pino; ruggine delle peonie, delle verbene, delle balsamine, ecc.; Rouille véxiculaire de Vécorce du Pin ; Rouille des piroims, des Verveines, ecc.; Rinden- blasenrost dei' Kiefer. Il parassita attacca nella sua forma ecidica i rami del pino sil- vestre {Pinus sylvestris) su cui il Cornu la riscontrò assai dannosa nei pressi di Parigi in giovani piantagioni di pino e produsse effetti gravi in diverse altre località della Francia come nel 1877 nella Vandea, nel 1878 nell'Alide, nella Germania (1885) ed in altre regioni d'Europa. Nelle sue forme iiredo-teleutosporica il fungo colpisce le foglie di di- verse piante appartenenti a varie famiglie, in primo luogo del Cy- nanchum Vineetoxicum, Asclepiadacea spontanea nelle siepi e negli incolti di collina e di montagna, di nessuna importanza, e quindi anche le peonie (Paeonia officinali*), danneggiando alquanto anche al- cune varietà coltivate, delle verbene coltivate {Verbena teucrioides) delle balsamine (Impatiens Balsamina) e delle ffevnesia (Scrofulariaeee). Il micelio del fungo è perennante nei rami del pino, intercellulare e si sviluppa nella scorza, nel cilindro corticale, nel cambio ed anche nel legno, penetrando in questo anche per un tratto di oltre 10 cm., seguendo il decorso dei raggi midollari. Esso manda nelle cellule dei piccoli austorii filiformi che producono fenomeni metamorfici, trasfor mando l'amido e la parete cellulare in trementina clic si accumula nei tessuti colpiti e li inbeve scolando poi all'esterno attraverso le ferite e le screpolature della scorza, ivi resinificandosi; si determinano così all'esterno dei cancri in cui affluisce molta resina. Il micelio uccide anche, ove le compenetri, le cellule cambiali ed allora in quel punto il ramo non si accresce più. mentre dal lato sano le zone legnose continuano a formarsi annualmente di modo che il ramo non accrescendosi uniformemente assume un aspetto del tutto anormale. L'Hartig ricorda di aver osservato una pianta «li l'ino di 85 anni che venne colpita dalla malattia nel quindicesimo, per ben settant'anni le zone legnose si accrebbero sempre irregolarmente e solo dal lato opposto al cancro che si era formato e che aveva in un tratto soppresso la zona cambiale (1). (1) Hartig, GtEkschel et Henri Trait. (1. mal (1. Arbres, p. 160. 650 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Nel maggio-giugno erompono all'esterno sollevando la scorza gli ecidii di forma vescicolosa, sacciformi, 1 ungili fino a 15 inni., bianchicci, pieni di polvere aranciata erompente da fessura irregolare per cui si apre lo psendoperidio. Questa forma ecidi ca è stata designata dal Rostrup e da Klebahn col nome di Peridermium Cornui (fig. 136:4,5). Le ecidi ospore sono globulose, ad episporio striato radial- mente ed a contenuto aran- ciato (fig. 136: 6,7). Presso gli ecidii si trovano anche picnidii assai piccoli e poco appariscenti. Ogni anno nella stessa epoca appa- iono nello stesso punto can- crenoso del ramo ecidii e picnidii finché il ramo muore. Se l'alterazione col- pisce l'asse principale co- mincia a seccare la cima dell'albero, se i rami late- rali questi si seccano man mano, mentre il micelio scende alle parti sane e finisce di colpire poi anche l'asse principale. Il Cornu è riuscito a stabilire che le spore di questo Peridermium por- tate su foglie di Gynanohum Vincetoxieu m 1 o i n fé 1 1 a no dando luogo ad altre forme riproduttive e provò così l'eteroicismo del parassita. Si è provato indubbiamente che il Cro- nartium asclepiadeum à per forma ecidica il Peridermium Cornui; non è però accertato che tutte le forme di Peridermium s vii uppan tisi sulla corteccia del pino siano riferibili a quest'ultima specie e intatti le ricerche di Wolf, Tubeuf, Mag-nus, Eriksson, Klebahn (1) pro- Fig. 136. Ruggine della peonia e ruggine vescicolosa dei rami di pino. 1. Porzione di foglia di Paeonia officinali* dalla pagina infe- riore con itelentosori del Cronartiu.m asclepiadeum. 2. Se- zione attraverso la stessa foglia con uredosoro a, e teleu- tosoro b. 3. Due uredospore. 4. Rametto di pino colpito dalla raggine vescicolosa. 5. Porzione di scorza dello stesso più in grande con gli ecidii erompenti del l'è ride rmiuin C'orimi. 6. Alcune file di ecidiospore del Peridermium. 7. Eoidiospora (originali, eccetto 4 e 6 da Hariir, 5 e 7 se- condo Prillieix). (1) Klebahn, Ueber die Fonnen umì Wirthschwechsel der Blasenroste der Kiefern (Ber. d. Deut. Botan. Gesell., Vili, 1890). CRONARTIUM ASCLKLMADKUM PR. 6ól verebbero i rapporti di una forma consimile di Peridermium col Co- leosporium Senecionis , uredinea ben diversa dai Gronartium e che attacca altre piante. Forse si tratta qui di due specie distinte biolo- gicamente, ma non morfologicamente, aventi lo stesso habitat, ma ca- paci di infettare piante diverse producendo su esse distinte forme uredo-teleutosporiche. Il Peridermium Cornili si riferirebbe però come forma ecidica al solo Gronartium asclepiadeum, l'altro Peridermium si mile, ma in relazione col Goleosporiwm Senecionis sarebbe il P. Pini Kleb. (1). Le forme uredo telentosporica oltre che sul Gynanchum, si svolgono anche sulle foglie di Paeonia, di Nemesia, di Verbena teucrioides, di Impatiens balsamina. La forma che attacca la peonia e (die veniva distinta come specie a sé sotto il nome di Gronartium Haccidum Wint., identica alla presente è comunissima nei giardini su detta pianta a cominciare dal luglio fino all'autunno. Compaiono sulle foglie delle macchie brune più o meno ben distinte e nella pagina inferiore ag- gruppate o sparse delle piccole pustoline erompenti, giallastre che sono gli uredosori contenuti in una piccola cavità subepidermica. Le uredospore sono sostenute da brevi pedicelli, sono ovali, gialle e for- nite di episporio aculeolato (fig. 136: 2,3). Più tardi dal fondo degli stessi sori si originano i telentosori che si allungano a cornetto o colonnetta fuori della cavità perpendicolarmente od obliquamente, raggiungendo anche la lunghezza di due millimetri. Ad occhio nudo appaiono sulla pagina inferiore come una rada peluria un po' rigida di color giallo- rossastro poi rosso-bruno (tìg. 136:1,2). Non è raro vedere tutte le foglie di un cespuglio così colpite. I telentosori constano di teleotospore sub- poliedriche, disposte in catenelle stipate densamente e saldate. Germi- nano nella primavera per probasidi disposti perpendicolarmente al soro e quindi suborizzontali, settati trasversalmente, forniti lateralmente di sporidi. Mezzi di lotta. La forma ecidica è certamente dannosa special mente nei vivai di pini e non è facile combatterla essendo il micelio interno e vivace. Il recidere i rami colpiti è spesso rimedio più grave del male poiché la pianta, se si tratta di rami principali, non cresce più regolarmente: si potrebbe tentare di raschiare i cancri nel primo anno in cui si sviluppano pennellandoli con soluzione concentrata di solfato di ferro e ricoprendo poi la ferita con mastice a base di cera vergine o di paraffina. Lo sradicamento dei Cynanchum dalle vicinanze (1) Klkbahn, in Zeitschr. f. Pflanzenkrankh., II. 1892, p. 259). 652 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI dei vivai e cosi anche il non coltivare da presso le altre piante su cui ospita il parassita negli stadi uredo-teleutosporico può essere pra. tica conveniente peraltro non sempre praticabile nell'aperta eampagna- Relativamente poco dannose sono le forme del parassita che inva- dono le peonie, le balsamine, le verbene, ecc., poiché se inducono il disseccamento delle foglie questo avviene in epoca che di poco pre- cede il normale disseccamento delle foglie di queste piante ornamen- tali. Per misura preventiva è sempre bene però tagliare queste foglie infette e bruciarle. 288. CRONARTIUM RIBICOLA, Dietrich. F. ecidica: Peridermium Stróbi Klebahn. X. d. malattia. Ruggine vescicolosa del pino Weymouth; ruggine del ribes.; Rouille vésiculàire clu Pin Weymouth; Rouille du Gròseillier ; Blasenrost der Weymouthkiefer. Le forme ecidico-picnidica si svolgono sui rami del Pinus strobus e del P. Cembro, producendo alterazioni e lesioni analoghe a quelle del Peridermium Corniti, da cui però questa forma ecidica si distingue per alcune particolarità morfologiche, specialmente perchè le ecidio- spore sono qui in gran parte del tutto liscie onde il Klebahn la distingue col nome di Peridermium Strobi. Il micelio perenna pure nei rami di detti pini, produce cancri e deformazioni nello sviluppo del legno e riproduce annualmente sui punti colpiti all'esterno picnidii ed ecidii. Le forme uredo-ieleutosporica si sviluppano sulla pagina inferiore di diverse specie di Ribes e precisamente R. rubrum, R. Grossularia, R. alpi ini in, R. aureum, R. nigrum, specialmente nell'Europa setten- trionale. Stewart osserva che la malattia sui Ribes si è anche dif- fusa nell'America del Nord intensamente nel settembre del 1906 ed è di opinione che colà la malattia sia stata importata dalla Francia con piante di Pinus Cembro, o di P. strobus oppure di Ribes infette nel 1904. I sori uredosporiferi, minuti, ipofilli, aranciati, subepidermico erompenti contengono uredospore ovate, rosso aranciate che a matu- rità escono dall'apertura del soro. I teleutosori sono pur qui a foggia di colonna, prima aranciati, poi bruni e raggiungono la lunghezza anche di due millimetri. Klebahn (1) è riuscito con diligenti esperienze ad infettare i Ribes colle spore del Peridermium, ottenendo la forma uredosporica del Cro- (1) Klebahn IL, in Berieh. d. Deutscli. Botan. Gesell., 1888. CHRYSOMYXA RHODODENDKI DE BARY - 653 nartium. Eguali risultati ottennero pure Rostrup (1), WETTSTBIN e Sorauer. Klebahn fece anche di più riuscendo a fare l'esperienza inversa cioè ad infettare il pino Weymouth colle basidiospore del Grò- nartium ribicola ottenendo sulla scorza del pino, prima i picnidii poi gli ecidii (2). Danni e cure. La malattia è pochissimo dannosa ai ribes ma è però assai pericolosa al Pinus Stróbus nella sua t'orma eridica. Quasi impossibile la cura nelle coltivazioni forestali: possono dare discreti risultati nei vivai di detta conifera i mezzi di lotta indicati per la specie precedente. <;. Chrysomyxa Unger. Comprende poche specie di cui alcune apparentemente omoiche, altre eteroiche. Gli ecidii, quando esistono, sono contornati da pseudo- peridio e contengono file di ecidiospore snbglobose od allungate con episporio striato radialmente ed a contenuto aranciato. I teleutosori di consistenza gelatinosa sono formati da teleutospore unicellulari, aranciate internamente, disposte in poco numero in catenelle brevi, semplici o ramificate tra loro parallele, costituenti nell'insieme come dei cuscinetti erompenti per sollevamento dell'epidermide, poco visi- bili quando sono secchi. Le teleutospore che si trovano più in alto nella catenella germinano all'apice (quelle superiori) o ai lati (le in- feriori) e producono un probasidio settato con sporidi: le cellule più basse sono sterili. 289. CHRYSOMYXA EHODODENDRI (DO.) De Barv. N. ci. malattia. Ruggine del rododendro; ruggine vescicolare delle foglie di abete; Rouille vésiculaire des aiguilles de l' E 'pieni : Ber M- penrosenrost. È specie eteroica, Le forme ecidico-picnidica si sviluppano sulle foglie delYAbies excelsa che nel luglio-agosto incominciano a presen- tare dei piccoli picnidii giallicci e poi nell'agosto-settembre si coprono di macchioline gialle da cui erompono ecidii provvisti di peridio lungi. tino a tre millimetri, sacciforme, bianchiccio (die alla estremità si (1) Rostrup in Botan. Centralbl., XLIII, p. 353. (2) Klebahn H., Kultùrversùvhe mit Rostpileen, XII. Ber. (Zeitseh. t. Ttlan- zenkr., Bd. XV, 1905). 651 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI fende irregolarmente presentando l' orificio frangiato o dentato la- sciando uscir fuori una quantità enorme di ecidiospore arrotondate od oblunghe, aculeolate, internamente aranciate che il vento disperde facilmente scuotendo i rami colle foglie infette che lasciano cadere una abbondantissima pol- vere giallo-rossastra come una nubecola (figura 137 : 1,2,4,5). Le foglie colpite assumendo poi una colo- razione giallo brunastra muoiono e si distaccano facilmente. Tale forma eci- dica è nota come Aecidium abietinum Alb. et Schw. Le ecidiospore infettano nel settembre le foglie del Ixhododendron ferrugineum e del Mh. hirsutum: su di esse appaiono macchie brune e sulla pagina infe- riore od anche sulla scorza dei giovani rami degli ure- dosori giallicci in cui si trovano uredospore cate- nellate, ovate od ellittiche, verrucolose ed aranciate (flg. 137: 3 a). Poco dopo svolgonsi i teleutosori co- me piccole tacche ipotille rosso brune e disposte a gruppi, contenenti cate nelle ciascuna di 1-6 te- leutospore, talora ramificate, (fig. 137:3 6, 6) Le teleutospore svernano sulle foglie e germinano in primavera. Poco dopo la fondita delle nevi le teleutospore si allungano, rompono l'epidermide e appaiono di un bel colore rosso- aranciato. De Bary à potuto seguire nel 1879 la germinazione delle basidiospore, che si producono nel giugno, sulle giovani foglie di abete, svolgendo un micelio intercellulare da cui poi in luglio-agosto si organizzano i picnidii. Il parassita si sviluppa in montagna solo tra i 1000 ed i 1800 metri Fig. 137. Ruggine dell'abete e del rododendro. Rametto ili aiuti- con foglie colpiti' Aa.il' Aecidium abìeti- unni. 2. Foglia più ingrandita co«li ecidii. 3. Porzione di rametto di Rhododendron hirsutum con foglie parte con uredosori (a. a. in. parte con teleutosori (6,6) di Chrysomyxa Bhododendri. 4. Sez. attraverso ecidio e picnidio. 5. Eci- dioBpore. n. Sezione attraverso nn teleutosoro il originale, J da HABTIG, :; «la TUBEUP, 4-5, *ec. BRIOSI e (.'AVANA, 6 sec. A. Db Baby). CHRYSOMYXA ABIETIS UNO. 655 essendo lo sviluppo di questa ruggine legata alla presenza dei Rho dodendron. Tale constatazione venne pur fatta dal De BARY: sopra o sotto tale altitudine la malattia non esiste. Danni e lotta. Sui Rhododendron, piante spontanee, coinunissime della regione alpina non vale la pena certo controllarne i danni del resto le alterazioni su tali piante sono minime, invece la forma che attacca le foglie dell'abete è bene spesso causa dell'abbondante caduta delle foglie ed anche del disseccamento dei rami com'io stesso ò po- tuto più volte constatare nei boschi alpini in Valle d'Aosta e spe cialmente in Val di Cogne ove VAecidium dbietinum Alb. et Schw. è frequentissimo nei siti poco soleggiati ed in vicinanza dei torrenti. I mezzi di lotta sono certo difficili, poiché sarebbe ridicolo prò porre lo sradicamento dei Rhododendron piante così graziose e diffuse nella regione alpina, oppure la distruzione dei rami portanti un mag- giore numero di foglie infette. Nel fare però impianti di abeti biso- gnerà scegliere località sane, ben aerate e soleggiate ed in questo caso torna conveniente nella preparazione del terreno togliere i cespi di rododendri che vi possono crescere. 290. CHRYSOMYXA LEDI (A. et S), De Barv. Specie assai affine alla precedente, molto diffusa in tutta l'Europa settentrionale, specialmente in Russia, in Svezia, Danimarca, Groen- landia ed anche in Germania e nell'America del Nord. Ignota in Italia. È pure eteroica ed attacca nella sua forma ecidica parimenti le toglie degli abeti producendo picnidii ed ecidii quasi simili: nelle forme uredo teleutosporica attacca le foglie del Ledum palustre in Europa, del Ledum latifoìium nell'America boreale. Gli uredosori sono gialli, rosso-bruni i teleutosori. Anche per questa specie è stato provato che le basidiospore germinando sulle foglie di abete riproducono le forme ecidio-pi cnidica. Secondo SCHROETEit produrrebbe danni abbastanza gravi agli abeti nell'Europa settentrionale. 291. CHRYSOMYXA ABIETIS (YVallr.) UNG. X. d. malattia, Ruggine dell'abete rosso; Rouille dei aiguilles de VEpicéa, Der Fichtennadeìrost. Forma, a quanto pare, autoica non attaccando che l'abete [Abies ejrel.sa) nei boschi di montagna tino ai 1700 metri. È assai frequente nell'Europa Nordica: in Germania causa talora danni notevoli; non però mai gravi. Si riscontra generalmente nelle vallate umide. 656 I PARASSITI VEGETALI : III. ECMICET1 111 giugno-luglio le foglie appaiono colorate in gialliccio però solo in determinati punti cioè nella parte sola ove è avvenuta l'infezione ed ove si è effettuato lo sviluppo del micelio. Quivi la lamina è striata di giallo, negli altri punti è verde, di color normale: su queste macchie gialle in ottobre o novembre compaiono delle pustole allungate, pa- rallele alla nervatura mediana, lunghe da tre a nove millimetri, erom- penti poi alla primavera e circondate dall'epidermide un po' sollevata e lacerata. Il micelio del parassita è intracellulare. Le cellule che attraversa e che si trovano precisamente nei punti ingialliti della lamina pre- sentano nel loro interno un grande accumulo di amido il che non si vede nelle parti sane del mesofillo. Nell'autunno si sviluppano subito i teleutosori, unica forma nota del fungo: essi sono di color giallo d'oro, contengono teleutospore sovrapposte in file semplici o ramose, cilindriche che erompono dall'epidermide solo nella primavera e ger- minano nel mese di maggio producendo basidii e basidiospore che presto infettano le giovani foglie degli abeti svolgentisi dalle gemme e penetrando attraverso l'epidermide. Lo sviluppo del parassita venne studiato dal Kees. Danni e cure. Non è un parassita di grande importanza perchè non induce la rapida caduta delle foglie colpite. Esse invece cadono solo dopo la germinazione delle teleutospore cioè nell'anno seguente a quello della loro infezione, quindi possono ancora in parte funzio- nare per la porzione della lamina che rimane verde. Nelle primavere susseguenti ad inverni molto freddi, la malattia è più rara poiché le foglie ammalate uccise dal freddo non permettono più lo sviluppo e la germinazione delle teleutospore. Non è quindi il caso di adottare il metodo di lotta suggerito da Wlllkomm e da Frank di tagliare i rami infetti, poiché, come ben avverte I'Hartig, questo rimedio po- trebbe essere peggiore del male. G. Eudoph villini Lèv. Caratteristico per la presenza delle sole forme picnidica e teleu- tosporica. I teleutosori sono ecidiiformi cioè circondati da un peridio che ricorda quello degli Aecidium. Come in questi le spore sono di- sposte a catenella e solo si differenziano dalle vere ecidiospore perchè germinando producono un probasidio fornito di sporidii i quali ger- minano sulla stessa matrice e producono un micelio invadente talora l'intera pianta ospite. Si tratta di forme autoiche, poco interessanti. Merita appena un cenno la specie: ENDOPHYI.LL'M SEMPERVIVI LEV. 657 292. ENDOPHYLLUM SEMPERVIVI, Lev. N. d. malattia. Ruggine dei semprevivi e delle Echeverie; Rouille des Joubarbes. È frequente sui Sempervivwm spontanei e coltivati, nonché sulle Eclievcria, crassulacee ornamentali. Le foglie vengono spesso deformate od almeno perdono il loro aspetto caratteristico diventando singolar- mente lunghe e strette. Sulle lamine appaiono poi delle pustole larghe 1-2 millimetri giallo- ran ci ate, polverose. Som» i teleutosori il cui pe- ndio da prima chiuso si apre all'estremità per un poro e quindi si allarga a coppa. Le teleutospore sono globulose o subpoliedriche, giallo- brune, finamente verrucolose, catenellate e misurano 24-35 - 21-28 ;i. Tra i teleutosori si manifestano qua e là anche piccoli picnidii. Il micelio perenna nelle rosette dei semprevivi. Cure. Distruzione delle piante colpite irrorando le sane che sono nelle vicinanze, specie quando si tratti di qualche crassulacea pregiata come ornamento, con poltiglia bordolese in primavera. Fam. III. — Coleosporiacee. G. Coleosporium Lèv. Le forme ecidiche sono qui molto simili a quelle del g. Cronartium e per essere fornite pure di uno pseudoperidio membranoso ed abba- stanza voluminoso, vengono riferite al g. Peridermium. Si svolgono specialmente sulle foglie del Pinus silvestris. (ili uredosori sono nudi. contengono uredospore rotonde od ovali con episporio punteggiato o verrucoso e sono catenellate. I teleutosori come gli uredosori preva- lentemente ipofilli sono crostiformi, piatti, rossastri, compatti, «la prima subepidermici e risultano costituiti da teleutospore stipate parallela- mente, da prima I-cellulari poi divise da tre setti in quattro cellule sovrapposte di cui le due superiori solo possono germinare non pro- ducendo però un vero protobasidio, ma solo uno sterigma filiforme, semplice che porta all'apice una basidiospora abbastanza grossa ci ovale. Le teleutospore internamente anno gocciole oleose di colore aranciato vivo: la loro membrana è sottile: per questo carattere e per il loro modo di germinazione sono ben distinte da quelle ). Dopo la caduta di questa polvere le foglie colpite si distaccano di modo che nell'inverno i rana delle scope di strega sono senza foglie, così si di- stinguono molto bene dai rami su cui sono impiantate perchè questi, come si sa, conservano le loro foglie durante l'inverno. Gli stessi rami nell'anno successivo si ricoprono di nuove foglie anormali e parimenti coperte degli organi di riproduzione del parassita. Sulle altre piante ospiti, erbe di nessuna importanza, le altera zioni prodotte dalle altre forme del parassita sono meno evidenti. Si tratta di pustoline giallo-aranciate che si svolgono nell'estate sulle foglie, in pagina inferiore e che più tardi sono sostituite da macchie crostiformi rossastre o rosso-brune che si estendono talora tino ad occupare tutta la superficie fogliare. Anatomia patologica e caratteri del parassita. Le alterazioni in- terne causate dal parassita furono oggetto di interessanti -unii di De Bary (1), di Meb (2), di Hartmann (3) e di Anderson (4). Il micelio penetrerebbe nei rami attraverso una ferita della scorza, punto (1) De Bary, A., Ueb. den Krebs und die Hexenbesen der Weisstanne (Bot. Zeit., 1867, p. 257). (2) Mer, E., Le baiai de Sorcière chi Sapin (Bull. Soc. Bot. «le France, 1893, pag. 89); Le Chaudron du Sapin (Kev. Gén. de Bot., VI, 1894, p. 252 . (3) Hartmann, Anatomisch. Vergleich. dee Hexenbesen der Wemtanne, ecc. (Freibourg 1892). (4) Anderson, Comparative anàtomy of tlie nonna! and diaeaded organa oj Abies balsamea affected mth Aecidium elatinum (Botan. Gazette XXI\ . 1897, pag. 309). 664 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICKTI nel quale più tardi si inani testa la piaga ed il caratteristico tumore. Il micelio è settato, jalino, provvisto di austori, intercellulare, si svolge prima nei rami, quindi nei germogli di cui altera lo sviluppo ed ove perenna, quindi passa alle foglie ove produce gli organi riproduttivi. Le gemme che si trovano in corrispondenza del punto colpito presen- tano ipertrofie per cui il germoglio che ne deriva si curva verso l'alto anziché prendere una posizione plagiotropa. Nei tumori caratteristici che si formano alla base dello scopazzo si nota uno sviluppo abbon- dante del parenchima corticale e del libro: negli .spazi intercellulari abbondano le ife miceliche provviste di austori. Queste possono inva- dere anche il cambio ed il parenchima legnoso allungandosi attraverso i raggi midollari. Nei punti invasi il cambio viene ucciso, di modo che la formazione delle zone legnose diventa molto irregolare: da ciò ne dipende l'irregolare ingrossamento del ramo nel punto opposto a quello ove si è formato il cancro. Alla superfìcie la scorza si fessura per l'anormale accrescimento dei tessuti sottostanti che non può se- guire perchè necrosata dall'azione del fungo e si dissecca disquaman- dosi. Secondo Mee le foglie attaccate mancano quasi sempre della scanalatura caratteristica della pagina superiore: nel mesonllo i ca- nali resiniferi sono ristretti, manca l'ipoderma scleroso, il palizzata, i granuli clorofilliani sono sparsi in minor quantità in tutte le cellule e meno ricchi di clorofilla, quindi le foglie sono più pallide e giallo- gnole. L'amido ed il tannino sarebbero invece abbondanti. Dal micelio che vive nelle foglie in primavera si svolgono tra la cuticola e la parete delle cellule epidermiche i picnidi che contengono nell'interno piccole sporule, rotondate e jaline: nell'estate verso la pagina inferiore compaiono gli ecidii che a maturità sono contornati da un breve pendio e contengono ecidiospore ovali, oblunghe o poliedriche a su- perficie verrucosa ed a contenuto aranciato. Tale forma ecidica è nota ai micologi col nome di Aecidium elatinum Alb. et Schyv. (flg. 139:4,5). Il De Bary la credeva una forma a sé non avendo potuto trovare i rapporti metagenetici con altre torme di uredinee, però egli non era riuscito ad infettare colle ecidiospore i rami della stessa pianta. Il Fischer scopriva invece più tardi che le ecidiospore dell' Aecidium subito dopo la loro emissione potevano germinare facilmente sulle foglie di alcune caiiotillacee, specialmente della Stellarla nemorwm producendo su queste uredosori pustoliformi aranciati contenenti uredospore ellit- tiche o globulose, gialle, aculeolate, più tardi seguiti da teleutosori incrostanti, largamente effusi sulla pagina inferiore delle foglie, ros- sastri e costituiti nell'interno di teleutospore stipate fra loro, unicel- MELAMPSORA LINI DESMAZ. 665 talari, prismatiche e misuranti 13-21 \i. Fischer, TuBEUF, I\i.j:i:ah.\ ne osservarono la loro germinazione, la produzione del protobasidio e delle basidiospore che iniettano in primavera i giovani rami di abete. Il promicelio delle basidiospore a la facoltà di penetrare L'epidermide dei giovani rami passando tra la parete che separa due cellule vicine (1): I'Hartig opinerebbe che l'infezione si effettua più facilmente attra- verso le piccole lesioni dell'epidermide o della scorza dei rumi. Danni e cure. La forma che attacca i rami degli abeti è certo dannosa poiché la produzione degli scopazzi li spossa e la formazione dei cancri induce uno sviluppo anormale, specie (piando l'air era/ione avviene sull'asse principale il che non è raro sulle giovani piante. Attraverso le screpolature delle piaghe, come ben osserva I'HARTIG, prende facile sviluppo il micelio del Polyporus lui ras che induce il marciume del legno e fa deperire e morire più o meno rapidamente la pianta. Non c'è altro mezzo di cura possibile che quello di procedere alla distruzione degli scopazzi nell'autunno o nell'inverno, epoca in cui sono assai bene distinti per la mancanza di foglie, o nella primavera sempre prima però della formazione delle ecidiospore. 297. MELAMPSORA LINI (Pers.) Desmaz. K. d. malattia. Ruggine del lino; Botiille dn L'in. Bruirne du Un: Leinrost, Flachsrost ; Flax brand. È specie autoica, a quanto pare, comune in tutta Europa e nel- l'America: attacca diverse specie di Limi m alcune spontanee tra cui in prima linea il L. eatharticum, altre coltivale, specialmente Linum usitatissimum su cui riuscirebbe molto dannosa particolarmente nel Belgio ove la malattia del lino è indicata col nome di brulure. Si presenta particolarmente all'epoca della fioritura e colpisce le foglie superiori, gli steli ed anche gli organi fiorali (sepali). Le forme ecidico-picnidica sono ignote, quindi il parassita appare subito nella sua forma di Uredo, presentandosi come pustoline numerose giallo rossastre nelle quali sono uredospore rotonde od ovali, aranciate, ac compagnate da parafisi claviformi. Più tardi, sotto le foglie e sugli steli appaiono i teleutosori a forma di macchie rossastre poi nerastre, crostiformi, costituite da teleutospore subepidermiche, prismatiche, sii paté, giallo-brune, misuranti 35-60 » 7-14 ji. Frank ritiene possibile la propagazione della ruggine per la se- mente e riferisce a prova di ciò un'osservazione di Kòrnioke il quale (1) Fischer E., in Zeitsch. f. Pflanzenkr., XI, 1901, p. 321. 666 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI avrebbe constatato lo sviluppo della malattia su una varietà di lino i cui semi provenivano da Kopenhagen, mentre altre piante dello stesso giardino provenienti da altri semi non presentarono la malattia (1). Le spore aderirebbero ai semi, il che può avvenire facilmente sia per essere gli organi fiorali attaccati, sia anche nel raccolto della semente stessa. Danni e lotta. La forma teleutosporica è particolarmente dannosa perchè sviluppandosi anche sugli steli intacca la fibra tessile che di- venta fragile di modo che le piante colpite sono inutilizzabili nella industria. Conviene perciò assicurarsi della provenienza della semente, ripulirla accuratamente prima della semina di tutti i detriti di foglie o steli secchi che ci possono essere e che possono presentare teleu- tospore: le piante rugginose nel campo debbono essere distrutte, se una zona del campo ne è infetta si proceda alla falciatura prima della formazione delle teleutospore. In caso di ripetute infezioni si sospenda per due anni la coltivazione del lino nella località infetta. 298. MELAMPSORA PINITORQUA Roste, F. ecidica: Gaeoma pinitorquum A. Br. N. d. malattia. Ruggine curvatrice dei rami del pino; ruggine del pioppo tremolo; Bouille courbeuse du Fin, rouille du Tremble; Drehrost der Kiefer, Aspenrost. Specie eteroica. La forma ecidica colpisce i rami del Pinus silvestris e del P. montana, le forme uredo- teleutosporica attaccano le foglie del Populus tremula, e talora anche del P. alba e del P. canescens. Secondo le osservazioni di Hartig (2) fatte nel 1874 la malattia che deforma i rami del pino dovuta al Gaeoma pinitorquum A. Br. è sin- golarmente frequente nei boschi ove sono consociati alle resinose tali pioppi; Rostrup riuscì poi ad infettare i germogli del pino colle ba- sidiospore ottenute dalla ruggine nera del tremolo; Hartig succes- sivamente riprodusse la forma di Uredo sul pioppo colla semina sulle foglie di questa pianta delle ecidiospore del Gaeoma. La malattia del pino attacca specialmente le giovani piante nelle giovani piantagioni di uno a dieci anni ed è diffusissima in tutta Europa, specialmente al Nord della Germania. L'alterazione si inizia ai primi di giugno sull'epidermide dei giovani getti con tacche pal- lide lunghe 1 3 centimetri, larghe 0,5-1 centimetri: su queste tacche (1) Frank, Die Krankh d. Pflansen., II., p. 198. (2) Hartig R., Wichtige krankh. der Waldbàume, p. 91 (1874). MELAMPSORA PINITORQUA ROSTK. 667 appaiono piccole pustole (picnidii): più tardi queste scompaiono e dalla scorza ingiallita e fessurata longitudinalmente sporgono pusto- line da prima bianchiccie poi giallo-dorate estese talora anche per due centimetri (ecidii). I tessuti circostanti della scorza muoiono, ma il germoglio ciò nono- stante continua ad allun- garsi ; però siccome il punto offeso non può seguire que- sto allungamento l'asse del getto si incurva natural- mente dalla parte lesa, poi- ché il lato opposto si ac- cresce di pitie così avviene che il germoglio per un certo tratto cresce con di- rezione geotropica, finché ad un certo punto l'apice si rivolta di nuovo in alto per legge fisiologica, sì che l'asse finisce per prendere l'aspetto di un S (figura 140:1). Tali contorcimenti si producono però solo nel- l' accrescimento dei ger- mogli più robusti, quelli esili, sottili, sotto la in- fluenza del fungo possono disseccare senz'altro. Sono i rami alti che vengono specialmente colpiti e ciò avvalora la supposizione che il vento contribuisca alla infezione diffondendo le basidiospore. L' estre- mità vegetativa dell'asse principale del pino o dei suoi rami laterali finisce per disseccare: alla base del rametto disseccato si formano nuovi germogli i quali d'ordinario presentano poi gli stessi contorcimenti e subiscono la stessa sorte. Dopo il trentesimo anno la malattia scompare quasi Fig. 140. Fuggine curvatrice dei rami del pino. Ramo di pino deformato dalla malattia. '-'. Forma pionidica e al disotto di essa le eoidiospore in via di sviluppo del Oaeomapinitorquum. 3. Alcune file di eoidiospore. e Foglia (liPopithis tremula coi teleutosori. 5. Sezione attrav. teleu- tosoro A. ed uredosoro B, di Melamptora pinitorqua d-t da Hartio, 5 da Prilliecx). 668 I PARASSITI vegetali: ih. eumiceti del tutto. Il micelio del parassita si trova nella corteccia e nel legno che annerisce nei punti colpiti; anche il cambio può essere attaccato ed allora diventa discontinuo; pei raggi midollari si insinua anche nel legno il cui sviluppo può essere anormale. In principio dell'estate sotto la cuticola dei germogli nei punti ingialliti si svolgono i picnidi e poco dopo sotto di essi nella 2.a-3.a assisa di cellule del cilindro corticale si svolge la forma di Caeoma da una serie di filamenti mi- celici intercellulari che si dispongono parallelamente e formano ca- tenelle di spore (fig. 140:2). Per sollevamento e fenditura degli strati superficiali gli ecidii erompono come pustole bianche, poi giallo-dorate, che nell'interno con- tengono spore subpoliedriche, rossiccie, che si disseminano nell'estate (fig. 140:3). In periodi piovosi queste fruttificazioni sono specialmente frequenti e si possono riprodurre sugli stessi punti negli anni successivi potendo il micelio perennare nella corteccia. Le ecidiospore germinano facilmente sulle foglie del Populus tremula ed anche questa pianta può soffrire dello sviluppo delle altre forme del fungo. Non è raro infatti osservare, di tali piante fortemente colpite defogliarsi quasi comple- tamente nel settembre. Sulle foglie, specie nella pagina inferiore, com- paiono molte pustoline gialle-polverose, talvolta numerossissime che sono gli uredosori, cui seguono sulle foglie già in via di deperimento, ingiallite, arrossate, parzialmente disseccate, i teleutosori piccoli, ag- gregati o confluenti, crostiformi, di color rosso-bruno, poi nerastri, irregolari (fig. 140:4). Le teleutospore del solito tipo sono subepi- dermiche prismatiche e fittamente stipate in un sol strato, perpen- dicolarmente disposte alla superficie fogliare (fig. 140:5«). Tali teleu- tospore svernano sulle foglie disseccate e cadute al suolo, nella_ primavera germinano producendo basidiospore che il vento probabil- mente trasporta sui germogli del pino od anche sulle piante giova- nissime in via di germinazione, svolgendo, in questo caso, il loro proinicelio nelle foglioline cotiledonari. Danni e lotta. Come avverte I'Haktig la malattia del pino riesce solo dannosa nei vivai e nei giovani impianti da 1 a 10 anni. Le piante più vecchie se non immuni ne soffrono assai meno o almeno il loro accrescimento e sviluppo non viene pregiudicato. Si previene lo sviluppo della malattia togliendo le piante di Pioppo tremolo dalle vicinanze dei vivai o dai boschi di giovani resinifere. Il taglio dei rami deformati dal Caeoma sarebbe anche pratica utile, non sempre però attuabile poiché, come dissi, si producono spesso nelle parti più alte della pianta. Per quanto riguarda i Pioppi la malattia è qui MELAMPSORA ALLII-POPULINA KLEBAHN 669 molto meno grave; produce solo in casi di fortissimi attacchi una de- fogliazione un po' più precoce, ma non compromette la vitalità dei rami e tanto meno delle piante. 299. MELAMPSORA LARICIS TREMULA E, Klebahn. F. ecidica: Gamma Laricis Hartig. JV. d. malattia. C. s. per il pioppo: pel larice == ruggine delle foglie del larice; Romite des aiguilles du Méléze ; Ldrohennadelrost. Specie eteroica. La forma ecidiale (Caeoma Larici* Il artici) si presenta tra la fine di maggio ed i primi di giugno nella pagina inferiore delle foglie del larice (Larix europaea) preceduta da picnidii minuti, puntiformi, i quali vengono poi sostituiti dal Caeoma che erompe perforando l'epidermide e formando pustoline gialle, lunghe o brevi disposte ai due lati della nervatura fogliare. Gli eeidiosori sono con- tornati da parafisi simulanti un peridio: dopo la disseminazione delle ecidiospore le foglie cadono. Hartig (1) riuscì ad infettare di queste spore le foglie del Po- pulus tremula, come per la precedente specie ottenendo una forma uredosporica riferibile a Melampsora (il/. Laricis Hartig) diversa da quella della specie precedente specialmente per la forma delle para- fisi. La forma teleutosporica è simile a quella della precedente specie. Anche il Populus alba ne sarebbe attaccato. Le esperienze «li Klebahn provarono l'esattezza delle osservazioni dell'HARTiG riguardo all'ete- roicismo di questa uredinacea. Secondo Hartig il ('«conia Laricis sarebbe diffuso in tutta la Germania e provocherebbe talora gravi danni alle foglie del larice. Cure. Consistono esclusivamente nel togliere dai lariceti le piante di Populus tremula che servono ad ospitare e provvedono alla diffu- sione del parassita. 300. MELAMPSORA ALLII POPULIXA, Klebahn. F. ecidica: Caeoma Alliorum Link p.p. N. d. malattia. Ruggine o nebbia del pioppo; Bouille du Peuplier; Poplar brand. Eteroica. Forma ecidiale e picnidica sub' Ali inni ascalonicum rife- ribile al g. Caeoma (67. Alliorum Link p.p.), in relazione, secondo gli studi di Klebahn (2), con una Melampsora comunissima sulle foglie (1) Hartig R., Wichtige kranlch. der Waldbaume, 1874, p. 93, «-«1 in Alh Forst. und Jagd Zeit., 1885, p. 326. (2) Klebahn H., in Zeitsch. f. Pflanzenkrankb . Bd. XII. 1902. 670 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI del Populus nigra, P. canadensis, P. balsami/era e già nota come M. po- p uì ina Lèv. p.p. In estate sulla pagina inferiore delle foglie di questi pioppi di frequente si notano numerose piccole pustoline gialle che talora ricoprono quasi completamente la superficie fogliare (fig. 141: 1): sono gli uredosori costituiti verso la periferia da numerose parafisi che formano una specie di perielio attorno alle uredospore, ranciate, aculeo- late, obovate, semplici (fig. 141 : 3). In corrispondenza degli uredosori la pagina superiore pre- senta piccole chiazze gial- liccie. In altri punti della lamina sia alla pagina su- periore che inferiore, ma specialmente su questa si svolgono i teleutosori, mi- nuti, a forma di piccole croste da prima rossastre poi brune o nereggianti, irregolari, larghe da mezzo ad un millimetro o più se confluenti assieme come avviene in alcuni punti (fig. 141:2). Attorno al teleutosoro la lamina è leggermente decolorata. Le teleutospore sono anche qui subepidermiche e non diver.se per costituzione da quelle della specie prece- dente (fig. 141:4-5). Le foglie colpite da questa forma cominciano a pre- sentare macchie di secco poi seccano del tutto ri- manendo ora appese ai rami delle piante ora cadendo precocemente. Le teleutospore germinerebbero nella primavera seguente dalle foglie infette accumulate al suolo infettando VAllium ascalonicum su cui appa- rirebbe la forma ecidica che inizia il ciclo evolutivo del parassita. È malattia di scarsa importanza e non produce serie conseguenze alle pioppaie; solo, secondo Yoglino (1), potrebbe riuscire dannosa (1) Voglino P., 1 nemici del pioppo Canadense in Annali della R. Acc. di Agile, di Torino, voi. LUI, 1910. Fig. 141. Fuggine del Pioppo. 1. Foglia di Populus nigra dalla pagina inferiore con uredo- sori di Melampgora alliipopuliìia. •?.. Foglia di Populus piramidali* alla pagina superiore con teleutosori. 3. Por- zione di uredosoro con parafisi ed uredospore. 4. Sezione di teleutosoro. 5. due teleutospore isolate (tutte originali). MELAMPSOKA ALLII-SALICIS ALBAE KLEBAHN 671 alle pianticine di pioppo Canadense nei vivai. Per misura di sicurezza si possono ammucchiare le foglie cadute nell'autunno bruciandole op- pure facendole marcire in buche profonde coperte di terra per utiliz- zarle poi come concime dopo la completa decomposizione. VoGilNO consiglia di trattare le giovani piante di pioppo nei vivai con poi figlia bordolese all'I per cento. 301. MELAMPSORA ROSTRUPII Wagner (= il/. aecidioi,hs [DC.j Schr.I). F. ecidica: Caeoma Mereurialis (Mart.) Link, che si sviluppa assai frequentemente sulle Mereurialis erbaccie spontanee ed infeste frequentissime ovunque negli incolti, nei coltivati e nei boschi. Le ecidiospore infettano le foglie del pioppo bianco (Popuìus alba) e del tremolo (P. tremula) su cui si sviluppano uredo e teleutosori poco di- versi dalle altre specie già ricordate sulle stesse matrici. È pure una ruggine di scarsa importanza. 302. MELAMPSORA ALLII-SALICIS ALBAE Klebahn. N. d. malattia. Ruggine del salice da pertiche; Eouille du Saule, Weidmrost, Willow Brand. Sulle diverse specie di Salix vivono una quantità di Melampsora in generale poco fra di loro distinte morfologicamente, ma ben dirle renziate fisiologicamente perchè legate strettamente alle loro matrici ed in relazione con speciali forme ecìdiche ordinariamente sviluppate su diversi ospiti. Le ricerche sperimentali di Klerahn (1) Schneider (2) anno provato oltre che l'esistenza di queste diverse specie anche i rapporti metagenetici con forme fin qui ritenute indipendenti. Non credo opportuno riportare le osservazioni che riguardano le ruggini delle diverse specie di salici, mi basterà citare qualche particolare intorno alla ruggine del salice più comunemente coltivato: il salice bianco (Salix alba), benché anche questa specie dal punto di vista pratico non sia molto dannosa. La presente specie è in relazione con una forma ecidica che si sviluppa su diverse specie di Allium, spe- cialmente A. vincale, A. ursinum, A. 8ehoenopra.su m. .1. Porrum, A. ('epa e che pure è riferibile a Caeoma Alliorum Link p.p. Sul finir della primavera o sul principio dell'estate si pu.» osser- vare con frequenza la ruggine dei salici nella sua forma uredospoi ica (1) Klebahn H., Zeitsch. f. Pflanzenkr., Bd. XII, 1902, |>. 17. L82. (2) Schneider, Experim. Unters. iiber schieri;. Weidenrostpilse (Centi all'. f. Bakt. u. Parasit., II Abth. XVI (1906) p. 74-93, 159-176). 672 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI sulle foglie di queste piante siano giovani che adulte e talora anche sulle bratteole e sui giovani ovari nelle infiorescenze femminee. Si presenta sulla pagina inferiore delle foglie in forma di pustoline pic- cole, numerose, rotonde, sparse o confluenti, talora anche largamente estese in macchie rossastro- polverose. Sugli ipsofilli e sulle foglie car- pellari sono più lunghi erompenti parimenti con polvere abbondante giallo dorata. In corrispondenza delle pustole la pagina superiore pre- senta delle zone decolorate poi delle chiazze irregolari di seccume. I teleutosori compaiono sulle foglie languide già attaccate dalla forma uredosporica, sono amfigeni. ma più spesso epifilli, da prima rosso- bruni, più tardi crostiformi, di grandezza varia, nerastri. Negli ure- dosori abbondano le parafisi clavulate insieme alle uredospore obovate, aculeolate, aranciate: nei teleutosori sonvi teleutospore del solito tipo. Le basidiospore che in primavera si svolgono dalle teleutospore svernate sulle foglie secche infettano facilmente gli Allium riprodu- cendo la forma di Caeoma, Klebahn portando ecidiospore del Caeoma alliorum sulle foglie del Salix alba var. vitellina e del Salix alba vai*, argentea riprodusse la forma di Melampsora. Hartig- (1) aveva però constatato fin dal 1874 che le basidiospore potevano anche nella primavera infettare le foglie vive dei salici riproducendo direttamente la forma uredosporica. Se ciò fosse il fungo presenterebbe un caso di eteroicismo non necessario e di autoicismo nello stesso tempo, fenomeno del resto non raro nelle uredinacee. Danni e cure. I danni sono per nulla rilevanti, quindi non è ne- cessario prescrivere speciali metodi di cura. Basterebbe ad ogni modo distruggere nell'autunno le foglie cadute ed ammalate dei salici. 303. MELAMPSORA (MELAMPSORIDIUM) BETULINA (Pers.) Tul. JV. d. malattia. Ruggine della betulla; Bouille du Buleau, Birkenrost, Birch brand. Eteroica. La forma ecidica vive sul larice (Larix decidua) produ- cendo sulla pagina inferiore delle foglie una forma riferibile al g. Peri- dermium (P. laricis Klebahn) costituita da ecidii sparsi od aggruppati ai lati della nervatura mediana, piccoli, pustuliformi, pallidamente aranciati, forniti di perielio che si apre a maturità irregolarmente, lasciando uscire ecidiospore globose od ovali a membrana inegualmente spessa. (1) Hartig K.. Wichtige KranJch. <1. Waldbàume, Berlin 1874. PUCCINI A STRUM CADI DIETEL 673 Queste ecidiospore infettano le foglie della Betulla {Bel uhi alba) producendo su queste la ruggine che si manifesta da prima con ure- dosori arrotondati di un bel color giallo-aranciato, circondati da un peridio e contenenti uredospore oblunghe, echinulate, aranciate non accompagnate da vere parafisi. I teleutosori sono ipofilli e formano piccole tacche irregolari giallo-rossastre poi brune, sparse o continenti e disposte tra le ultime nervature. In corrispondenza ai sori sulla pagina superiore si distinguono piccole macchie sparse, rossastre. Le teleutospore sono prismatiche, liscie, pallide poi bruno-giallastre. Il Plowright nel 1891 in Inghilterra fu il primo a trovai- rela- zioni tra questa forma di Meìampsora ed una forma ecidica del Larice; il Klbbahn (1) poi provò tale fatto sperimentalmente constatando che le basidiospore germinavano ed infettavano le foglie del Larix, mentre le ecidiospore infettavano le foglie della Betula. Secondo questo autore la specie dovrebbe riferirsi al nuovo genere Melampsoridium distinto da Meìampsora per la presenza del peridio attorno agli ecidii, riferi- bili quindi a Peridermium e per gli uredosori pure provvisti di peridio. ma mancanti di vere parafisi. Anche questa specie non produce danni apprezzabili nò sul Larice uè sulla Betulla. G. Pucci ìiiastruiii Otth. Affine al g. Meìampsora per i teleutosori crosti formi che si svilup- pano ora sotto ora dentro le cellule epidermiche : si distingue perla forma delle teleutospore che sono qui divise longitudinalmente per lo più da due setti disposti in croce. Le forme ecidica ed uredospo- rica sono provviste di peridio. 304. PUCCINI ASTRUM PADI (Liberi) Dietel. F. ecidica: Aeeidium strobilinum A. et. S. JSf. d. malattia. Ruggine degli strobili di abete: Fichtenzapfenrost. È specie eteroica. La forma ecidiale nota col nome di Aeeidium strobilinum A. et S. si svolge sui coni deWAbies excelsa interessando precisamente le squame dal lato concavo. Ivi gli ecidii di un milli- metro circa di diametro sono aggruppati numerosi formando come delle granulazioni caratteristiche di color bruno-pallido da prima chiusi, (1) Kxebahn H., in Zeitsch. f. Pflanzenkr., IX. p. L'I. 1899. Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 43. 674 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI sono convessi all'esterno, più tardi si aprono a scodella lasciando uscir fuori una grande quantità di ecidiospore irregolarmente roton- date od ellittiche a membrana spessa, striata radialmente, a conte- nuto giallo. Nell'ecidio tali spore sono disposte in regolari eateuelle in cui alternano con cellule intermedie che servono poi a disgiungerle. Le squame così colpite danno allo strobilo un aspetto caratteristico onde l'alterazione riesce facilmente riconoscibile. Il Tubeuf suppo- neva da prima che si trattasse di una forma autonoma e che la germi- nazione delle ecidiospore avvenisse in primavera sui giovani coni o dentro le infiorescenze femminee dell'abete; più tardi iterò scopriva i rapporti di questo Aecidium con una Uredinacea vivente sulle foglie del Prunus Padus (1). Con infezioni di ecidiospore riprodusse su questa pianta macchie gialle della pagina superiore, porporine inferiormente e su queste osservò lo svolgimento di pustole striiformi, bianchiccie da prima poi giallognole circondate da un peridio irregolarmente laci- niato e polveroso. Tali pustole (uredosori) contengono uredospore glo- bose od ellittiche, gialle, aculeolate. Le foglie prendono successivamente nella pagina superiore una colorazione totalmente gialla. Su tal lato della lamina compaiono poi i teleutosori aggruppati in croste irrego- lari, angolose, un po' convesse, bruno rossastre, poi nere. Le teleutospore si formano nelle cellule epidermiche, sono subprismatiche a 2-4 loculi ciascuna, misuranti 22 30 * 8-14. Ivi svernano le teleutospore che germinano nella primavera per probasidi i, producendo basidiospore che trasportate dal vento infettano le infiorescenze femminee dell'Abete. Il micelio del fungo è localizzato nelle squame e nell'asse dello stro- bilo, non migra nei rami. Il fungo non produce quindi danni apprezzabili. 305. PUCOINIASTKUM GOEPPERTIANUM (Kuhn), Kleb. Sinon. Caìyptospora Goeppertiana Kuhn. F. ecidica: Aecidium eolumnare A. et S. N. d. malattia. Mal della clava della vite-idea; ruggine vescicolosa delle foglie di abete bianco; Rouille de Vairelle canehe; h'onille vési- culaire des feuilles de Sapin; Weisstannensaulenrost. È specie eteroica. Gli ecidii si svolgono sulle foglie dell'abete bianco (Abies pedinata DO.) in sul principio della state ed anno forma caratteristica. Sono disposti sulla pagina inferiore in due file ai lati (1) Tubeuf, v. in Arbeìt. a. d. Biol. Abtli. f. Land, und Forstwirtsch., ecc., Bd. II, Berlin, 1900, p. 164-167. PUCCINIASTRUM GOEPPEBTIANUM KLEB. 675 della nervatura mediana: anno pendio lungo fino a tre millimetri, bianco, cilindrico o fusiforme o clavató, a colonna — onde il nome di Aecidium colmnnare — che si apre all'estremità irregolarmente per coperchio o per fessure o per denti (fig. 142:3,4,5). Dentro l'ecidio le ecidiospore sono disposte in lunghe catenelle, tra loro separate da cellule intermedie lunghe e strette, la forma è globulosa od ellittica, l'episporio verrucoso, il contenuto giallo (tìg. 142 : 5,(>). La caduta delle foglie di Abies colpite si effettua solo dopo la disseminazione delle ecidiospore cioè a metà dell'estate, La loro germinazione avviene su una pianticella arbusti va frequentissima in montagna nei boschi: il Vaecinium Vitis-idaea di cui vengono infettati i fusti per la penetrazione del pro- micelio nell'epidermide at- traverso gli stomi. Curiose ed interessanti sono le de- formazioni che il parassita produce su questa pianta. Gli individui attaccati si differenziano tosto da quelli sani per vari caratteri. Mentre le piante normali forman piccoli cespuglieti poco sollevati da terra, quelle colpite manifestano una vegetazione più vigo- rosa e si innalzano anche fino a 30 centimetri, supe- rando di molto le altre. Col- pisce inoltre vivamente lo sguardo l'anormale gros- sezza di certi tratti del fusto e dei rami che rag- giunge in certi punti i 4 o 5 millimetri di diametro di modo che ricordano l'aspetto di quei calmi di graminacee colpiti dal mal della clava prodotta AaW Epichl'óe typhina; solo all'apice e qua e là in certi tratti i fusti ed i rami >i Fig. 142. Ruggine dell'abete e del vaceinio. i. l'm/.i -di l'usto (li Vaccinili ni Vitis-idaea attaccato ila! l'iicciiiiush n in GoepperUanttm. 2. Sezione attraverso un teleutosoro con teleutospore germinanti mi probasidii. 3.Ba inetto di Abies con foglie attaccate dal VÀecidtum colum- mi re i. Porzione ili foglia >li AMes con ecidii pia ingran- diti. •"'. Sezione attraverso un ecidio. 6. Posizione delle ecidiospore nelle catenelle (tutte ibi Basti G). 676 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI presentano di grossezza normale (flg. 142:1). La parte ispessita è spu- gnosa prima bianca o rosea poi bruna o nerastra. Le foglie inferiori muoiono, mentre le superiori continuano a vegetare. Questi fenomeni teratologici non avvengono però nel primo anno di infezione: in quel periodo si à solo sviluppo di micelio interno. Si è nel secondo anno che i germogli presentano la caratteristica alterazione. Il micelio perenna negli spazi intercellulari, arrivando alle gemme ne stimola lo sviluppo. Nei nuovi germogli il micelio si espande, dirigendosi verso l'epidermide dal lato interno dei rami che si gonfiano all'estremità e mandano dentro le cellule epidermiche dei piccoli succiatoi e dei rigon- fiamenti globulosi che sono le cellule madri delle teleutospore. Esse crescono in numero di 4-8 (generalmente 6) in ogni cellula epidermica ed ingrossando ne occupano tutta la cavità. Si dividono quindi ognuna in quattro scompartimenti a mezzo di due setti disposti in croce. Così le teleutospore sono formate, anno aspetto subprismatico, color giallo- bruno, episporio liscio. Germinano solo nel maggio dell'anno seguente producendo per ogni cellula della teleutospora un protobasidio triset- tato con lateralmente brevi sterigmi alla sommità di ognuno dei quali vi è una basidiospora (fig. 142:2) Secondo le esperienze di Hartig (lì le basidiospore infettano le foglie dell' Abies pectinata e dopo un mese si à lo sviluppo della forma ecidica. Secondo Hartig però anche senza la presenza degli ecidii la malattia sui Vaccinium si svilupperebbe lo stesso, potendo germinare le basidiospore anche sulla stessa matrice su cui si formarono le teleutospore. !>an ni e cure. L'Hartig riferisce che la malattia è comune in tutta la Germania e produce maggiori danni alle foglie dell'abete bianco là ove nelle foreste sonvi grandi quantità di Vaccinii infetti. Questi danni non compromettono però mai soverchiamente la vege- tazione della resinosa. Si impone in casi di forti invasioni la distru- zione dei Vaccinii infetti, cosa facilmente attuabile perchè le piante colpite sono evidentissime. Appendice. — Uredtnee imperfette. Di alcune uredinacee non si conoscono ancora i rapporti con forme superiori (teleutosporiche) e quindi vengono comprese fra le imperfette alcune forme riferibili ai g. Aecidium , Caeoma, Uredo, ecc., distinte per le loro spore ora catenellate (Aecidium, Caeoma), ora semplici ( Uredo) fi) Hautio R., Lehrbuch. der Baumkrankh., I Aufl., p. 56, Berlin, 1882. AECIDIUM ASPERIFOLII PERS. 677 e per la presenza o la mancanza del perielio. Ricordo solo molto breve- mente qualcuna delle specie di detti generi che si possono trovare più comunemente in particola!' modo su piante coltivate. (*. Aecidium Hill. Pendio a forma di scodella. Spore (ecidiospore) più o meno polie- driche regolarmente disposte in catenella, da cui a maturità si distaccano. 306. AECIDIUM CLEMATIDIS DC. Specie frequentissima sui piccioli e sulle lamine fogliari di Glematis Vitalba, CI. veda, CI. Viti- cella. Induce strane deformazioni sui piccioli che si ingrossano, in certi punti si contorcono talora più volte su se stessi con pieghe ser- pentine mentre la superficie della pianta ipertrofi zzata diventa rosso- bruna e si copre di una quantità enorme di ecidii che si aprono a scodelletta per lasciar uscir fuori le ecidiospore poliedriche, finamente papillose, giallo:aranciate. Sulle lamine si formano dal lato inferiore ipertrofie bollose, vescicolari del diametro di 5-6 millimetri su cui sono disseminati moltissimi ecidii. Questa specie è solo rimarchevole per le alterazioni che produce, ma non à importanza pratica. Oggidì è stato provato che è collegata ad una Uredinacea superiore e preci- samente alla Puccinia Agropyri Ell. et Ev. 307. AECIDIUM MAGELHAENICUM Berk. È comune in montagna sul Berberis vulgaris (Crespino). La ritrovai io stesso più volte pei monti ove cresce questa pianta (Val di Susa [Piemonte], ecc.). Produce specie di scopazzi cioè dei germogli speciali con foglie più piccole delle altre e disposte in fitte rosette che si coprono abbon- dantemente nella pagina inferiore di numerosissimi ecidii stipati, for- niti di lungo peridio cilindrico, giallo-pallido, dritto, un po' rigido, aperto circolarmente all'apice. Le ecidiospore sono angolose a conte- nuto giallo e misurano da 19-24 ja. di diametro. Le foglie colpite alla pagina superiore in corrispondenza degli ecidi presentano una chiazza più o meno larga rossastra. 308. AECIDIUM ASPERIFOLII Pers. A questa specie si riferiscono tutti quegli ecidii che si trovano sulle Borraginacee non aventi rapporti stabiliti colle ruggini delle graminacee. È frequente sulle Cerinthe, sui Symphytum, Pulmonaria, ecc. 678 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI 309. ABCIDTUM CORRUSCAI Fr. Si svolge sui giovani germogli dell'abete nell'Europa nordica, specialmente nella Svezia e nella Finlandia. Le foglie dei germogli colpiti diventano gialle, più larghe delle normali, si dispongono ad embrice sì da rassomigliare nell'insieme a squame di uno strano strobilo carnoso. Parallelamente alla nervatura mediana si svolgono ecidii allungati ricoperti da un peridio che poi si lacera. Tali germogli deformati in Svezia si man- giano e sono colà noti col nome di MjdlJcomlor. Il micelio perenna nei rami e nelle cernine. <*. Caeoiua Link. Distinto dal precedente per la mancanza di peridio. È la forma ecidica tipica delle Melampsoracee. 3]0. CAEOMA CONFLUENS (Pers.) Schr. Si svolge sulle foglie dei Ribes in forma di pustole arrotondate od irregolari, talora confluenti, giallo-aranciate, dentro cui sonvi spore globose od ellittiche, angolose, rosso-ranciate, finamente verrucose. La forma di Gaeoma è anche accompagnata da picnidii sparsi, giallicci. G. Uredo Pers. Sori contornati o sprovvisti di peridio. Spore (uredospore) non ca- tenellate. 311. UREDO DLANTHICOLA P. Hariot. Su entrambe le pagine fogliari del Diantlius Caryophyllus ed altre specie e loro varietà coltivate. I sori sono confluenti in gruppi allungati, ferruginosi: le uredospore sono giallo-brune, a membrana spessa, ellittiche o globu- lose, verrucose. 312. UREDO FICI Cast. Produce sulle foglie del fico {Ficus carica) delle macchioline gialle nella pagina superiore in corrispon- denza delle quali nella pagina inferiore sonvi molti sori sparsi od aggregati, raramente confluenti, talora disposti lungo le nervature, piccoli, giallo -bruni. Le uredospore sono globose, ovate, finamente verrucose. È stata trovata in Italia, nell'Africa settentrionale, nel- l'America, ecc. EUBASIDII 679 313. LTRBDO QUERCUS Brond. Appare talora sulle foglie dei giovani getti di Quercus peduncidata e
  • riavu- tati, terminano con quattro brevi sterigini sostenenti quattro basidiospore allungate od un po' curve, jaline, continue, misuranti LO L2 « 2 2,5 |i. Germinano alle due estremità e sul promicelio si svolgono conidi in sì gran numero da rendere pruinosa la superficie della galla. Danni e cure. La malattia non è fortemente dannosa però deturpa la bellezza degli arbustini delle azalee, piante eminentemente orna- mentali. È opportuno raccogliere e distruggere i micocecili appena si formano e prima della comparsa della pruina. Potrebbero forse tor- nare convenienti nelle grandi colture in serra aspersioni leggerissime di poltiglia bordolese molto ridotta: bisognerà prima farne l'esperienza su qualche pianta per regolarne le dosi essendo le foglie delle azalee piuttosto delicate e ciò per evitare bruciature e la caduta delle foglie. 0. Aureobasidiuin Viala et Boy. il micelio è interno, formato da ife più o meno intricate, ramose, settate: i basidii erompenti a cespuglietti pustoliformi sono provvisti di molti sterigmi all'estremità dei quali sonvi basidiospore cilindriche, Il nome del genere si riferisce ad un carattere della specie riscon- trato dagli Autori e per cui fu creato, essendo le ite ed i basidii «li color giallo dorato per uno speciale contenuto che presentano. Tale carattere non sarebbe però stato osservato dalla maggioranza di altri osservatori. Si ritiene ad ogni modo che per la disposizione dei basidii il genere differisca sufficientemente dal precedente. 320. A.UKEOBASIDIUM VITIS VlAJLA el Boyeb «vai ALBUM MONTEMARTINI. N. d. malattia, Bruciatura «Ielle foglie e «lei grappoli; Brnlures dea feuillcH de la vigne. Fra il 18813 ed il 1885 il Viala e Boyeb riscontravano in alcune località della Francia una malattia sugli acini dell'uva prodotta da un 686 I PARASSITI VEGETALI! III. EUMICETI parassita fin allora sconosciuto e ne fecero oggetto di speciale studio (1). I vitigni più colpiti erano il Frankenthal ed i Ghasselas, però i danni riscontrati non erano sempre gravi e solo appena sensibili nelle an- nate umide. Si manifestava la malattia nel settembre all'epoca della maturazione con una tacca livida sull'acino in cui la buccia appariva depressa, raggrinzita e disseccata quindi per un terzo circa della su- perficie dell'acino. Prima del raggriuzimento erom- pevano dalla buccia delle pustoline di un colore biondo-dorato, vellutate e prominenti al massimo un quinto di nini. La polpa era invasa da abbondan- tissimo micelio, ramificato, settato, sinuoso, incolore nel centro dell' acino, di color giallo chiaro presso la buccia ed ivi svolgente alcuni rami che solleva- vano o rompevano l'epi- dermide formando verso l'esterno dei cespuglieti di basidi] in basso con- tornati dalla cuticola sol- levata. Tali basidi i portati a diversa altezza dal mi- Bruciàtura delle foglie di vite. celio ramoso sono arroton- 1. Porzione di foglia di vite alterata As\V Aureóbasidium vitis dati all'apice O pieni di var. album. '1. Sezione trasversale di una pustola fogliare coi basidi) del parassita. 'A. Basidii erompenti da pustola UH plasma gl'ailllloSO O della rachide di un grappolo. 4. Basidiospore (tutte da Mon- te.maiìtini). vacuolare giallo -bruno: presentano alla sommità sterigmi piccolissimi in numero spesso di sei, talora quattro o due, con altrettante basidiospore a maturità allungate eilindrico-arrotondate, talora un po' curve, misuranti 6,25 v 1,5 ji. Nel 1896 il Guillon riscontrava lo stesso parassita in Francia anche sui tralci delle viti, mentre Viala e Foex lo constatavano su Fi"-. U4. (1) Viala, P. et Boyeu G., Une maladie des raisins 'proci, par VAureoba- sidium vitis, Montpellier 1891. AUREOBASIDIUM VITIS VIALA, BOYEB 687 foglie di viti provenienti dalla Crimea. Quasi contemporaneamente il Montemartini constatava su foglie e grappoli di vite provenienti da Udine e dall'Istria appartenenti a vitigni di Pinot e di Cabernet un parassita molto simile a quello descritto da Yiala e BOYER, non però identico, che distinse se non specificamente almeno coinè una varietà, designandola come Ah. vitis v. album (1). Le foglie colpite, secondo la dettagliata descrizione datane dall'Autore, appaiono con mar- gine arricciato, disseccate nel contorno e tra le nervature principali le macchie di secco sono come circondate da una zona rossastra (fig. 144:1). I grappoletti disseccati presentano sulle rachidi delle escoriazioni e delle macchiette biancastre. La malattia si inizierebbe sulle foglie colla pro- duzione di macchie rosse all'apice dei lobi fogliari; più tardi sulla pagina inferiore delle foglie erompono pustoline fitte che formano ta- lora come uno strato imeniale piuttosto esteso coll'aspetto, com'anche avverte il Prillieux che l'osservò in Francia, di efflorescenza bianca simile a fine polvere di creta, formante qua e là degli allunassi più spessi. Dei grappoli è attaccata specialmente la rachide: in corrispon- denza di escoriazioni si notano pustoline bianchiccie anche qui talora molto ravvicinate. Le ife miceliehe a differenza di quelle del tipo sono qui jaline, mai dorate, anche i basidii sono jalini, le basidiospore, se- condo Prillieux, misurerebbero 12 10 « 4-6,5 n. (fig. 144:2-4), La forma del Montemartini venne successivamente osservata in Italia su vari vitigni dal Peglion, anzi questo Autore ritiene che sia più diffusa di quanto si crede, potendosi confondere le alterazioni che produce con quelle che si attribuiscono al così detto « colpo di sole ». Nel 1906 il G-abotto segnala il parassita sugli acini ancor verdi di cui determinerebbe la cascola e sulle foglie che arrosserebbe del Barbera nei pressi di Casalmon ferrato (2). Nel 1907 il prof. Cuboni fa notare la diffusione della malattia in Toscana, nei pressi «li Pisa sulle foglie e tralci di Grignolino, però esprime l'opinione che il fungo sia più un saprofita od un parassita di ferite che un vero parassita; le alterazioni dei tralci da lui osservate ritiene siano dovute al gelo anziché al fungo che si sarebbe sviluppato posteriormente (1) Montemartini, L., Un nuovo micromicete della vite (Atti dell'Istit. Botan. dell'Univ. di Pavia, II serie, voi. V, Milano L897, p. 69-72). (2) Gabotto, L., Contributo alle ricerche intorno all'Aureoli, vitis l'. et /-'. in Atti del Congresso d. Natur. [tal., Milano 1906. (3) Ccboni, G., in Relais, sulle malattie delle piante studiate nel /.'«/j>) molliccio o carnoso o legnoso o suberoso (Corticium, Stereum), altrove in forma di orecchio o mensola (Polystietus, Fomes, ecc.), spessissimo di ombrello in cui il piede sterile so- stiene un e appello o p i 1 e o che dal lato inferiore porta un imenio variamente conformato (Hi/d- num, Boletus, Aga- ricus, ecc.) (figura 145: 2,5,6,7). In certi funghi (Glavariei) è verticale, semplice od elegantemente ramificato e l'ime- nio ne riveste tutta la superfìcie (figura 145:3,4). Negli Inte- rnali l'imenio non è mai interno al cor- po fruttifero il che li differenzia age- volmente dai Ga- sterali e Fallo id ali che sarebbero Ime- nomiceti angiocar- pi (a corpo fruttifero chiuso). Il corpo frutti- fero si origina dal micelio vegetativo da un fìtto intreccio di ite che costituì scono poi uno pseu- doparenchima più 0 meno compatto; Fig. 145. Generalità degli Tmeniali. ]. Sezione attraverso porzione ili lamella di Agarici I b ba- sidi, p parafisi, e cistidio. 2. Due corpi fruttiferi rli Teleforaeea ade- renti a corteccia di pianta (Stereum). 3. Corpo fruttifero ili Typhula (Clavariacee). 4. «li Clavaria (Clavariacei - longiindii attraverso un ammasso di corpi fruttiferi di Bydnum v (Idnacee). 6. Polyporus squamosun su porzione «lì cort< perfide imeniale piii ingrandita (Poliporacee). 7. ('..ii... fruttifero «li Amanita eaesarea (Agaricaceo): p pileo. i imenio lamelloso. a anello. 8 stipite » volva. 8, Sezione longitudinale fi porzione «li corpo frut- tifero di Arancino mostrante lamella [D libera dui itambo. 9 [d lamella scorrente sul gambo (1 da !'■ i '1:' Kalchbrenni aitie originali i. in certi funghi pa- rassiti le ite nel formare il corpo fruttifero possono includere anche Ferraris, 'fruttato di Patologia, ecc. — 11. 690 I PARASSITI VKGKTALI: III. EUMICETI detriti di legno o di corteccia, di modo che esso viene ad assumere speciale consistenza. Gli Tmeniali sono in grandissima parte saprofiti. Nelle non nume- rose specie veramente parassite il micelio è talora perennante nel legno ed intercellulare (Fomes) e può percorrere in ogni senso gli elementi legnosi e corticali: in altri è intercellulare, in altri può es- sere almeno in parte superficiale. Frequentissimamente si presenta coll'aspetto di cordoni rizomoitìci {Armillaria melica), meno frequente- mente di sclerozi (Typhula, ecc.). Alcune specie anno- la proprietà di comportarsi sì da saprofiti clie da parassiti e queste non di rado rie- scono singolarmente dannose. Distinguo nel seguente prospetto ana- litico le famiglie degli Imeniali : I. I meri io liscio. A. Corpo fruttifero membranaceo, crostifornie o strati- forme, di consistenza varia. Imeni o liscio, rico- prente talora tutta la superficie libera del corpo fruttifero (fig. 145:2) I. Teleforacee. JB. Corpo fruttifero per lo più carnoso, corticale, cilin- drico, clavato, semplice o ramificato. Imenio liscio ricoprente più o meno completamente la superficie di esso (fìg. 145:3,4) II. Clavariacee. II. Imenio variamente conformato, mai però liscio. A. Imenio atl aculei, a denti, a tubercoli, a papille, ecc. Corpo fruttifero
  • /' Pomaceous fruits (Animi. Mycol., VI], 1909, p. 4i). CORTICIUM VAGUM BERK. 693 talora anche screpolati. Sono quasi tutti saprotìti e vivono specialmente nei legni fracidi: merita appena un cenno la specie seguente che sa- rebbe parassita. 324. CORTICIUM VAGUM Berk. et C. var. SOLASTI Burt. Sinon. Rhizoctonia Solani Kuhn: Rh. violacea Tul. p.p. N. d. malattia. Scabbia delle patate; Kartoffel-grindes. Il Kuhn attribuiva al parassitismo di una Rhizoctonia una malattia particolare dei tuberi di patata detta « Scabbia », caratterizzata, se- condo la dettagliata descrizione datane recentemente dal Giissow (1) che la trovò frequente e dannosa alle coltivazioni nei pressi di Londra nel 1905 dalla presenza sui tuberi colpiti di un micelio di Rhizoctonia che organizza più tardi alla superficie di tali organi degli sclerozi pustoliformi, prima bianchi, poi bruni, del diametro di 1 mm. o meno, fino a 4-5 mm. Da questi sclerozi si diramano ite micci iche brune, ramose, diffuse sul periderma. In seguito la superficie stessa dei tuberi appare tutta screpolata così che le patate ricordano un po' l'aspetto dei frutti di pero screpolati per l'azione parassitaria del Fusicladium pirinum. Il Rolfs, a quanto riferisce il Giissow, avrebbe osservato la fruttificazione del fungo alla base degli steli di patata ancor verdi a forma di un imenio grigio-biancastro costituito di basidii eia vati, sviluppati da un micelio ramoso-settato, alla sommità dei (piali sonvi brevi sterigmi provvisti di basidiospore lunghe 6-10 fi. Esperienze di infezione eseguite dal Rolfs con colture pure del parassita riprodus- sero sempre la stessa malattia col solito micelio, cogli sclerozi e colle fruttificazioni del Corticium. In base alle osservazioni del Rolfs il Giissow ritiene che la malattia delle patate prima attribuita ad un micelio sterile del g. Rhizoctonia debba riferirsi al parassitismo di un Imenomicete riferibile al g. Corticium e precisamente al Gort. vagwn B. C. var. Solani, Burt. Danni e cure. Non è una malattia molto grave: arreca qualche danno nei terreni molto pingui. Misure preventive da adottarsi come per VHypochnus Solani. G. Stemmi Pbrs. Comprende funghi di consistenza coriacea o legnosa, spesso pe renuanti, di forma varia: ora crostiformi, ora auricoliformi, superior (1) Giissow, H. T., Beili: :. kcnìifins des Kartoffél-Grindes Corticium vagvm B. Crai: Solani Burt. in Zeitsch. f. PflanzenkraBkh.. XVI, \W(ì. p. 135-137. (5!)4 I PARASSITI VEGETALI: III. BUMICETI mente spesso zonati aventi imenio supero se effuso-resupiiìati od infero se ;i corpo fruttifero inserito lateralmente al substrato. L' imenio è liscio e fornito di basidii 4-spori. Tra l'imenio e la cute del cappello esiste sempre uno strato ifencbimatoso ben distinto. E* un genere ricchissimo di specie la maggior parte però saprofite e lignicole: riescono dannose al legname delle piante vive le seguenti: 325. STEREUM HTRSUTUM (Will.) Fr. iV. &. malattia. Marciume bianco del legno di quercia; Weisspfeifiges Eichenholz. Il fungo produce una caratteristica decomposizione del legno di quercia che venne molto bene studiata e descritta dall'HARTiG (1). Le quercie attaccate appartengono essenzialmente alle specie: (t>. Róbur, Q. Cerris, Q. Ile®, ma oltre le quercie attacca anche il castagno, il faggio, il pioppo. Il legno infettato dal micelio del parassita comincia ad imbrunire secondo zone concentriche: più tardi appaiono in sezione trasversale dei punti bianchi disposti pure in serie concentriche i quali in una sezione longitudinale si risolvono in strie allungate, candide. In seguito la massa legnosa assume un colore giallastro. L'imbrunimento del legno con cui si inizia la malattia è dovuto ad accumulo di una materia bruna nelle cellule dei raggi midollari, del parenchima legnoso e delle fibre del libriforme (fig. 146:6). Xelle zone biancheggianti il micelio muta la natura chimica della parete degli elementi lignificati che viene trasformata in cellulosa, sì da colorarsi in azzurro-violaceo col cloro- joduro di zinco. Gli elementi legnosi verrebbero quindi isolati, secondo HARTiGt, per la scomparsa della lamella mediana, di modo che il legno ili quei punti diventa friabile. Xelle parti legnose che prendono un colore giallastro la decomposizione si effettua nelle cavità cellulari, ivi le pareti degli elementi legnosi non mutano la loro proprietà chi- nuca. Il micelio interno ed intracellulare costituisce poi sulla scorza dei rami o dei legni morti per la malattia dei corpi fruttiferi talora piuttosto avvicinati e come sovrapposti sul ramo o sul tronco per tratto più o meno lungo: da prima tali corpi fruttiferi sono crosti - formi, ma distintamente marginati poi da questa crosta si distacca la parte superiore che sollevandosi forma un bordo largo qualche cen- timetro, riflesso orizzontalmente a piccola mensola, superiormente bruno, (1) Hartig, R., Zerseteungserscheinungen <ì. Holzes, ecc. 1878, p. 129. STEREUM FRUSTULOSUM II; 695 irsuto per peli rudi e debolmente zonato (fig. 14(i: 1 . La farcia inferiore (imeniale) è liscia e gialliccia «• costituita si in- contra frequentissimo anche su rami morti per altre cause, su pali, travi, legnami esposti all'intemperie. Danni e lotta. Il legna me alterato diventa improprio alla lavorazione per- dendo la sua na- turale consistenza. Mezzi diretti di 1 otta non ce ne sono : si può prevenire lo sviluppo della ma- lattia intonacando con mastice le fé ri te del tronco de- gli alberi e special mente la superficie di sezione dei rami suiti tagliati poiché è attraverso queste ferite che il micelio del fungo riesce a penetrare nell' in- terno. I rami sec rati per opera del fungo vanno ta- gliati e bruciati. Fig. 146. Maremme del legno ili quercia. 326. STERE 1IM FRUSTULO S(JM (Pbrs.) Fr. (= Thelephora Per- dix Hartig). N~. d. malattia. Occhi di pernice del legno di quercia; Bois de perdrix ; Bebh uhriholz. Anche questa specie attacca la quercia producendo alterazioni l. Porzione «li corteccia di un ramo secco coi corpi fruttiferi dell riunì li irmi tu in . 2. Corpi fruttiferi di St. frustulosum >u porzione -
  • \ iluppa nei tronchi di quercia e di faggio producendo un marciume bianco del legno. Sotto l'influenza del micelio che si insinuerebbe attraverso ferite della scorza il legno prende da prima una colorazione gialliccia. mentre i raggi midollari acquistano una tinta più scura, spiccando come delle strie di color bruno-chiaro. Nelle cellule del parenchima legnoso e dei raggi midollari l'amido scompare e viene trasformato in sostanza bruna che le ife a poco a poco consumano di modo che il legno prende poi una colorazione più chiara. Quando la decompo- sizione legnosa è più avanzata al posto delle zone «li legno di pri- mavera si distinguono strati micelici bianchissimi; le pareti legnose subiscono una geliflcazione parziale, però non si convertono in cellulosa. I corpi fruttiferi appaiono sulle piaghe della scorza o del legno e si presentano sotto forma di ammassi carnosi, giallo biancastri più o meno sporgenti a mensola e forniti al lato inferiore «li aculei o punte imeniali inegualmente lunghe, in media misuranti da 2-3 cm. Lo strato imeniale da prima è semplice, ma poi si ispessiste per for- mazione di nuovo imenio che si sovrappone al più vecchio. Ciò si può ripetere anche per 5-8 volte di modo che l' imenio può presentare quando venga sezionato da 5 ad 8 strati. Secondo Hartig questa specie è un parassita di ferite: le basidiospore riuscirebbero a prò durre infezione sol quando riescono a germinare su una ferita della scorza o del legno. Lotta. I corpi fruttiferi debbono essere raschiati via e distrutti: le piaghe si lavano con soluzioni antisettiche solfato ferroso in so- luzione concentrata) e poi chiuse con mastice per metterle al riparo da nuove infezioni. Fam. IV. — Poliporacee. Si comprendono in questa famiglia funghi con corpo fruttitelo ber sviluppato e generalmente di dimensione notevole, ora di breve du- rata od annuale, più frequentemente perennante. La consistenza i 702 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI corpo fruttifero è varia : ora suberosa, talora legnosa, altre volte car- nosa, di rado tenne e gelatinosa. Qualche volta esso è effuso-crosti- forme con iiuenio supero, più spesso è costituito da un pileo oriz- zontale sessile o peduncolato, a torma di mensola, di zoccolo, di orecchio o di ombrello con imenio infero. Spesso i pilei concrescono l'uno sul- l'altro formando degli ammassi attaccati ai tronchi che possono rive- stire per larga superfìcie con aspetto caratteristico. La conformazione speciale dell' imenio contraddistingue facilmente questa famiglia nu- merosissima di Imenomiceti. Esso è tipicamente poroso: ma ora i pori sono piccoli e regolarmente rotondi o poliedrici e rappresentano l'ori- fìcio libero di tubuli strettamente appressati o saldati assieme, pa- rallelamente disposti, ora invece sono grandi, sinuosi, a forma di lacune o di meandri e più o meno profondi, or sono appena delineati sì che l' imenio appare fornito di pieghe disposte a reticolo, di modo che questo diverso aspetto dei pori fornisce dati diagnostici importanti per la distinzione dei numerosi generi. L'interno dei tubuli o delle lacune è tappezzato da uno strato formato da basidii generalmente tetraspori cui sono trammisti paratisi e cistidi. Le basidiospore pos- sono essere jaline o variamente colorate. I funghi Poli porci sono per la massima parte saprofìti, lignicoli od umicoli : alcune specie carnose sono stimatissime per il loro sapore ed il loro valore nutritivo (Boletus edulis), altre sono velenosissime, la maggior parte innocue, ma non eduli per la loro consistenza; un certo numero di specie vivono da parassite col micelio nei tronchi delle piante recando grave danno al legno e sviluppando sulla loro scorza o sul legno denudato gli organi riproduttori. 1 principali generi di Poliporei nei quali si comprendono specie parassite vengono così distinti pei loro caratteri differenziali: I. Pileo nullo od indistinto. Corpo fruttifero membrani- forme o crostiforme , effuso, a contorno indefinito. Imenio supero reticolato o poroso. J.. Corpo fruttifero di consistenza membranacea o ceracea, effuso. Imenio pieghettato, reticolato. . . . G. 2feri(1ins. B. Corpo fruttifero di consistenza varia, spesso coriacea o sugherosa, crostiforme, effuso, imenio supero, tubo- loso. Tubuli disposti in unico strato .... Gr. Paria. II. Pileo generalmente distinto, sessile o stipitato. Corpo fruttitelo per lo più di consistenza legnosa, suberosa o carnosa. Imenio poroso 0 lacunoso, infero. A. Tubuli dell'imenio non separabili fra loro, ma stretta- mente saldati. 1. Imenio non stratificato. a. l'ori ineguali, grandi, sinuosi, simili a lacune, l'ileo ses- sile, sugheroso . . . . . . . . G. Daedalea. MERULIUS LACRTMANS FU. TIC! b. Pori più regolari e più piccoli rappresentanti veramente l'orificio di minili anziché di lacune. Tubuli disposti in unico strato ben distinto benché non facilmente separabile dal tessuto del pileo. Funghi stipitati o sessili, di consistenza varia . . . . (2) Ari'Ki., 0.,in Arb. .1. Rais. Biolog. Ausi. f. Land. u. Forstwrrtsch., Berlin, 1906, V, pag. 204-206. Fki:i:ai:is. Trattato di Patologia, «<:<•. — 45. 706 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Lotta. Sviluppandosi il fungo solo in ambiente molto umido si impone l'aerazione dei loeali ove sono costruzioni in legname ed ove si conservano legnami da costruzione. Le piante abbattute non deb- bono essere abbandonate sul suolo, ma da esso sollevate con pietre. Nella costruzione di pavimenti in legno a pianterreno ove il suolo non sia ben asciutto conviene coprire il terreno di uno strato di asfalto, evitando di collocarli su materiali umidi e non cospargendo sul suolo né cenere ne polvere di carbone coke che aiutano lo sviluppo del fungo, ma piuttosto uno strato di sabbia secca e grossolana. Si pos- sono poi proteggere i travi, i legnami in contatto col terreno con ab- bondanti pennellazioni di olio greggio di catrame, di carbolineum o di altre sostanze conservanti e preservanti il legno dall'umidità. In caso si constatasse su tronchi o su travi o legnami lo sviluppo del fungo conviene subito togliere le pellicole di muffa od i corpi frutti- feri che si staccano facilmente, possibilmente prima che al centro di- ventino ferruginosi per non operare la disseminazione delle spore: il legno cariato si taglierà tino al sano: questi organi del fungo ed il legno infetto ed alterato debbono essere subito bruciati. Il legno sano così denudato si pennellerà quindi con uno strato di Carbolineum. Il Falk (1) avendo sperimentato la resistenza del micelio agli ele- vamenti di temperatura e constatato che esso viene ucciso a tem- peratura di -f- 34° C. in quattro giorni, di -f 38° 0. in tre ore, di + 40° C. in un'ora, consiglia per liberarsi dal fungo che avesse invaso i legnami in un ambiente chiuso di riscaldarlo con stufa a temperatura di + 36° + 40° 0. per breve tempo. A mio avviso si può sterilizzare il legname da costruzione (assi, travi) che è stato esposto in luogo umido riscaldandolo per alcune ore entro forni speciali sopra i + 40° C, operazione che del resto si suol fare nei grandi depositi di legnami per anticiparne la stagionatura. G. Poria Peks. Funghi di consistenza coriacea, ceracea o membranosa, crostosi, del tutto resupinati, generalmente assai effusi e provvisti di pileo, con imenio supero formato da tubuli disposti in unico strato non sepa- rabile dalla parte sottostante del corpo fruttifero. Comprendonsi in questo genere molte specie ordinariamente saprofite. (1) Falk, R., Ueber den Eausschwamm in Zeit. f. Hygiene und Infektion- krankh., 55 Bd., 1906, p. 478-505. PORI A VAPORARIA PERS. 7<>7 332. POEIA VAPORARIA Pers. (= Potyporus vaporarius Fr.). W. d. malattia. Marciume rosso del legno di pino, di abete, ecc. È specie assai frequente sul pino silvestre e sugli abeti di cui danneggia il tronco ed anche le radici, in Italia è pure cornane sui tronchi di quercia e di pioppo. Su tali piante si comporta il micelio da vero parassita, però può avere anche un comportamenro saprotì- tario potendo vivere su assi, travi, ecc., riuscendo dannoso al legname da eostruzione come la specie precedente. Le alterazioni del legno sono molto simili a quelle prodotte dal Merulius : il legno prende una colorazione rosso-bruna, diventa molle e friabile fra le dita, quando poi si secca si screpola in diverse dire- zioni ed assume l'aspetto di un pezzo di carbone di legno, però con colore rosso bruno, riducendosi facilmente per schiacciamento in una farina gialliccia. Il micelio forma tra le fessure del legno o tra il legno morto e la scorza delle tele o dei cordoni bianchi assai ramosi e to- mentosi. Hartig (1) suppone che tali rizomorfe frequenti nelle radici morte possano infettare sotto terra le radici degli alberi vicini. Le ife del micelio interno attraversano le tracheidi e gli altri ele- menti legnosi, facendone screpolare e poscia dissolvendone le pareti. Nelle fessure del legno si accumulano ammassi feltrosi miceli ali, simili ad ovatta, bianchissimi che spiccano molto bene sul fondo rosso-bruno del legno alterato. Anche qui come nella specie precedente le ite pre- sentano ai setti dei collegamenti a fibbia: il micelio della presente specie si distingue però da quello del Merulius perchè in (pioto dopo qualche tempo le membrane miceliali acquistano colore grigio-cenerino, mentre nella Poria si mantengono sempre bianche. 1 corpi fruttiferi di aspetto crostiforme appaiono frequentemente come strati bianchi su assi, travi e su coìtecele o legno morto de- nudato di Pino, Abete, Quercia, Pioppo. Essi sono formati quasi eselu- sivamente di tubi bianchi poi bianco-giallastri, lunghi da 3-5 milli- metri ed inseriti perpendicolarmente al corpo fruttitelo <• (putidi alla matrice cui per mezzo di uno strato ifenchimatoso basilari' s. stret- tamente saldati. I tubuli si aprono in alto per pori grandi ad aper- tura angolosa ed assai irregolare. L'interno dei tubi e tappezzato «la basidii clavati portanti sterigmi su cui sono inserite basidiospore j aline. Queste, cadendo su ferite del tronco o delle radici delle piante indi cate produrrebbero infezione. (1) Hartig, R., Zersetzungserschein. . U. S. Depart. of Agric. Div. of Veget. l'hys and Pathol. Washington 1900, pag. 40). 710 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI La cavità dei vasi è piena di micelio, mentre la parete è bruna e quella delle fibre legnose si presenta fessurata, di modo che questi elementi alterati diventano assai friabili. Dal maggio al settembre si sviluppano all'esterno da ferite della scorza nelle piante ammalate i corpi fruttiferi frequentemente agglomerati in masse irregolari formate da molti esemplari concrescenti insieme, larghi fino a 20 centimetri e dello spessore di 2-3 centimetri, sessili, di consistenza carnoso-ca- seosa superiormente di colore giallo-ranciato, inferiormente di colore giallo-solfo ed ivi minutamente porosi per fori rotondi che rappresen- tano gli orifici di tubuli lunghi fino ad un centimetro (fig. 149 : 1,2). Tali corpi fruttiferi sono annuali, internamente bianchicci. I tubuli sono rivestiti internamente di basidii terminati da quattro sterigmi su cui sono inserite basidiospore ovali, j aline. Hartig, De Seynes ed altri constatarono inoltre sul micelio sviluppato nel legno in decomposizione nonché dentro i corpi fruttiferi ordinari e nell'iuterno di speciali masse carnose mammellonari erompenti e sprovviste di imenio una forma conidica caratterizzata da conidiofori assai ramosi portanti conidii (cla- midospore) globosi, ravvicinati, coli' aspetto come di un minuscolo grap- polo d'uva co' suoi acini. L'alterazione del legno induce la morte delle piante colpite. Se- condo Hartig (1) il vento trasportando col pulviscolo del legno morto i conidii che vi si trovano frammisti contribuirebbe alla diffusione della malattia. Lotta. Conviene recidere i corpi fruttiferi assai ben visibili e rico- noscibili per la loro grossezza e pel loro colore appena si presentano sui tronchi, avendo cura di raschiar via anche la parte del legno ammalato su cui erano poggiati. Le ferite debbono poi esser lavate con una soluzione antisettica (solfato di ferro acido) quindi intona- cate con mastice o catrame. 335. POLYPORTJS DRYADEUS Fr. Attacca specialmente le quercie (Quercus Robur, Q. Cerris, ' G. Trametes Fries. Comprende specie fornite di corpo fruttifero di consistenza sube- rosa, sessile, ad imenio non stratificato, con tubuli immersi nell'ifen- chima del pileo a diversa profondità, quindi ineguali, subcilindrici, aprentisi all'esterno per pori rotondi. Di questo genere riesce parti- colarmente dannoso alle resinose la specie seguente: 341. TRAMETES PINI (Brot.) Fr. N. d. malattia. Marciume annulare del legno di pino: Pourriture rouge du Pin ; Rotfdìiìe, Ring/àule, Ring-Kernschale <1< r Kiefer. Questa malattia ampiamente studiata dall'HARTlG (1) e largamente diffusa al Nord della Germania attacca il Pinus silvestri* } l' Abies excelsa, A. pedinata, Larix europaea. Nell'America del Nord, secondo Schrexk (2), arreca gravissimi danni al Pinus strobus, Abies balsamea ed altre resinose la forma Abietta Karst. della presente specie. Caratteri delle alterazioni. Anche questo parassita infettando le piante attraverso una ferita invade il cuore del legno e si espande in senso longitudinale e trasversale seguendo le cerchie legnose in modo da formare attorno ad esse un anello completo. Nella cerchia colpitali legno di primavera imbrunisce e quindi si fessura in seguito allo sviluppo di cavità piene di micelio, infine si distrugge. Il legno d'autunno più ricco di resina resiste meglio e si presenta in zone circolari isolate dal legno primaverile alterato. La malattia resta spesso localizzata al centro, ne facilmente passa all'alburno perche ai margini della zona ammalata si deposita come una incrostazione di (1) Hartio, K.. Wiehtige krankh. der Waldbiiume, p. 43, Berlin 1874. (2) SCHKENK, 1. e. ]). 31. 718 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICET1 resina che impedisce al micelio del fango di andare oltre. La pianta non muore in generale e può anche vegetare a lungo, ma, come ben si può capire, il legno diventa assolutamente inutilizzabile. L'imbruni- mento del legno, col quale si inizia la malattia è dovuto al solito aumento di materia bruna negli elementi legnosi, materia che poi il micelio del fungo consuma; più tardi appaiono chiazze bianche cor- rispondenti ai punti delle zone legnose ove la parete lignificata è stata trasformata in cellulosa. Prima ancora che le tracheidi siano comple- tamente distrutte vengono fra loro isolate per il discioglimento della lamella mediana. Caratteri del parassita. I corpi fruttiferi che sono vivaci e pos- sono vivere parecchi anni nel Pino selvatico si sviluppano esclusiva- mente presso l'inserzione dei rami, in altre resinose possono uscire anche direttamente dalla scorza in diversi punti del tronco. Essi anno forma di mensola, misurano in larghezza da 8-16 cm. di diametro e sono spessi fino a 10 cm. Il pileo è superiormente di color bruno- ferrugineo, rugoso e zonato concentricamente ; la consistenza è dura, legnosa, internamente è di color giallo-bruno. L'imenio è formato da pori grandi, rotondi od esagonali od allungati, tagliati obliquamente, di color giallo ocra. L'interno dei tubi è tappezzato da uno strato di basidii alternanti con cistidi bruni allungati ed acuminati. La diffu- sione della malattia avverrebbe solamente per opera delle basidiospore che ogni anno si formano nei tubi del ricettacolo fruttifero e che il vento disperde. Secondo Hartig l'apparsa dei corpi fruttiferi non avverrebbe nelle piante giovani, ma solo in quelle vecchie e di oltre 50 anni. Lotta. Conviene abbattere subito le piante in cui si è constatato l'inizio della malattia perchè il legname possa essere ancora utilizzato. Quando l'alterazione si fosse propagata solo in un ramo laterale con- viene reciderlo fino alla parte sana per impedire che il micelio rag- giunga il tronco. G. Fomes Fries. Comprende numerose specie a corpo fruttifero perennante, di con- sistenza legnosa, sessile, mensolifornie od a zoccolo, fortemente ade- renti al tronco delle piante. Il pileo si presenta spesso al disopra solcato concentricamente; l'imenio infero è formato da tubuli stretta- mente fra loro stipati e saldati da trama, quindi non staccabili, disposti in strato distinto bensì dall' imenoforo, ma non facilmente da esso FOMES FOMENTARIUS FÉ. 719 staccabile. Nel primo anno di formazione dimenio à un unico strato di tubuli, negli anni successivi si formano altri strati così che esso appare distintamente stratificato nei corpi fruttiferi vecchi. Citeremo alcune delle più importanti specie parassite. I. Viventi specialmente su latifoglie. 342. FOMES FOMENTARIUS (L.) Fé. X. volgare del parassita. Fungo dell'esca (vero); Amadouvier; Zan- der soli iva mm. Cresce specialmente sui tronchi di faggio, meno frequentemente di betulla. VOGKLINO(l) lo dà come diffuso e dannoso anche ai tronchi di pesco specialmente in Piemonte nelle vicinanze di Santena. Veniva raccolto un tempo e serviva alla preparazione dell'esca. Produce gravi danni nelle faggete, attaccando il cuore del legno in cui distrugge specialmente i vasi, le fibre e le cellule del parenchima legnoso, ri- spettando per lo più, almeno fino ad un certo tempo, i raggi midollari. Gli elementi legnosi scompaiono in gran parte e vengono sostituiti da una massa miceliale; il legno si trasforma così in una massa bianca, screpolata, senza consistenza. La parte ammalata del legno è limitata da quella sana più esterna mediante una linea bruna in cui le cellule e le fibre sono piene della solita sostanza bruna prodottasi sotto l'azione del fermento segregato dal fungo. In sezione trasversale un tronco di faggio fortemente colpito mostra il legno fessurato in senso radiale: attraverso tali fessure si vede il micelio sotto forma di larghi strati bianchi ed abbastanza consistenti. Nel punto in cui il micelio è penetrato attraverso una ferita del tronco si manifesta sulla scorza come una depressione od una specie di solco longitudinale corrispondente alla zona in cui per l'uccisione del cambio non è più avvenuto accrescimento e formazione di legno o di corteccia. Su questa zona fanno la loro apparsa per lo più i corpi fruttiferi che sono talora molto grandi, foggiati a zoccolo, con pileo superiormente a scorza molto dura, grigia o bianca, solcata concen- tricamente, convesso e con faccia imeniale piana, da prima grigia poi gialla a maturità, formata da tubuli piccoli aprentisi pei orifici rotondi (fig. 151:3). La carne è ferruginea, di consistenza suberosa; le spore sono olivacee. Tali corpi fruttiferi sono persistenti ed annualmente si accrescono per formazione di un nuovo strato di tubi. (1) Voglino, Osservazioni sulle malattie crittogamiche, ecc. (Estr. Annali K. Accad. di Agricolt. di Torino, 1904-, p. 60). 720 I PARASSITI VEGETALI: III. ECMICETI Danni e lotta. Il fungo nel caso del faggio e della betulla se non compromette la vita alla pianta riesce però nocivissimo perchè rende il legno inadatto alla lavorazione, nel caso del pesco, secondo Vo- ghino, produrrebbe la morte delle piante. Le piante colpite debbono essere abbattute prima clic il fungo si sia impossessato di gran parte del corpo legnoso ; i corpi fruttiferi si debbono tagliare e bruciare disinfettando poi ed intonacando le ferite se l'operazione si fa a piante vive. Yogllno avrebbe ottenuto buoni risultati nella forma che dan- neggia il pesco tagliando i corpi fratti feri con un po' del legno sot- tostante, pennellando le ferite con solfato di ferro al 15 25 per cento poi chiudendo le ferite col catrame. 343. FOMES IGNIARIUS (L.) Fé, X volgare del parassita. Fungo del salice; Faiix Amadouvier; der Weidensch i uà m m . È fungo comunissimo che si sviluppa su molte latifoglie appar- tenenti a famiglie diverse e specialmente su quercia, salice, faggio, ontano, carpino, pioppo, pero, melo, noce, ciliegio, pruno, albicocco, mandorlo, carrubo, gelso, limone. Hartig- (1) ne studiò l'azione pa- rassitaria sulla quercia su cui produce frequentemente il marciume bianco del legno. L' infezione al tronco avviene generalmente dalla parte superiore della pianta sui monconi dei rami tagliati, quindi il micelio si propaga nel legno attaccandone il cuore. Da prima questo prende un color bruno poiché nelle cellule del parenchima legnoso, nei vasi, nelle fibre e nei raggi midollari si sviluppa la solita materia bruna che serve all'alimentazione del micelio del fungo. In un secondo stadio le pareti legnose vengono trasformate, salvo la lamella me- diana che si conserva ancora per qualche tempo di cellulosa, quindi avviene il discioglimento delle membrane. La massa legnosa assume allora un color bianco-giallastro, si fessura concentricamente così che le cerchie annuali talora si distaccano e diventa friabile. Una zona buina separa la parte legnosa alterata da quella ancor sana. Il mi- celio del fungo si sviluppa abbondantemente nelle cavità cellulari riempiendole; le ife abbastanza grosse in fine si assottigliano nelle cellule fortemente alterate ed ove la materia bruna è scomparsa (fi- gura 151:1'). (1) Hartig, R., Zersetznngserschein., p. 141. ecc. FOMES ULMARTUS FR. 723 I corpi fruttiferi assomigliano molto a quelli della specie prece- dente, sono duri, persistenti, mainili elio nari, poi generalmente a forma di zoccolo (fig. 151:1). Il diametro del pileo è per lo più da 6 a imi cm., qualche volta però raggiunge, benché raramente, i 30-40 cm. Superior- mente è bruno, vellu- tato da prima, poi gri- giastro; è distintamente zonato e fornito di bordo più pallido. La superficie imeniale è di color can- nella; i tubuli nei vecchi corpi fruttiferi sono di- sposti a strati sovrap- posti. I tubuli si aprono in basso per pori arro- tondati e piccoli: dentro i tubuli sonvi basidii e parafisi che ne tappez- zano la parete interna; le basidiospore sono ja- line. Internamente i corpi fruttiferi sono compatti e di color ferrugineo. Danni e lotta. Come per la specie precedente. 344. FOMES UL- MAB1ITS Fu. Vive sugli olmi cui riuscirebbe, secondo le osservazioni di Plow- kight, assai dannoso. Anche il Cavar a (1) ebbe occasione di constatarne il parassitismo su un olmo secolare presso Pavia alla base del quale il fungo si era sviluppalo assumendo enormi proporzioni. Il micelio costituisce dei cordoni rizomorfici che penetrano nel legno in cui inducono decomposizione. I corpi fruttiferi Viti. 151. Marciume bianco del legno. 1. Corpi fruttiferi di ; ius su corteccia -li un tronco. li. Micelio dello stesso sviluppato negli elementi nei v:isi (sezione longitudinale). 3. < torpo fi uttifero di / fomentarius 0 da Peillieux 2 da II un ig (1) (.'avara Fr., Note sur le parassitisi»* de quelq. Uhampig»., in Revue Mycolog. Toulouse, 1891. Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 4(ì. 722 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI si sviluppano per lo più alla base dei tronchi e talora in cavità for- matesi per decomposizione del legno vecchio. Cavara ricorda di avere trovato in una cavità alla base di un annoso tronco di olmo un esem- plare di ben 70 cm. di diametro. Il pileo è convesso, tubercoloso, glabro, grigio-giallastro a margine liscio, ripiegato; la carne è bianco- gialliccia, compatta, però non coriacea. I tubuli sono disposti in più strati sovrapposti, anno colore bruno chiaro e si aprono all'esterno per pori assai minuti e giallicci. I basidii anno forma subglobosa e portano quattro sterigmi alla estremità dei quali sono inserite basidio- spore globose, liscie, jaline, di 7-8 ji. di diametro. Lotta. Conviene recidere i corpi fruttiferi al loro punto d'inser- zione e raschiare un po' del legno alterato; si spalmano quindi le ferite con carbolineum e si chiudono le cavità del tronco con calcestruzzo. 345. FOMES FULVUS (Scop.) Fries. Attacca specialmente alberi fruttiferi, in particolar modo il Melo ed il Pruno ed anche secondo il Comes altre piante come Quercus Tlex, Q. Roìmr, Ulmus campestris, Prunus Laurocerasi^, Robinia pseudo- acacia : la varietà oleae attacca anche l'ulivo. Le alterazioni del legno sono presso a poco simili a quelle prodotte dal Fomes ignarius con cui la presente specie à molta affinità, da cui si differisce però il corpo fruttifero per essere il pileo più piccolo ed appena solcato, non di- stintamente zonato. Le alterazioni che la varietà oleae induce nel legno di ulivo vennero studiate dall'HARTiGr in Italia negli uliveti del lago di Carda (1). L'infezione per opera delle spore del fungo avviene attraverso ferite; ben presto si differenzia anche all'esterno la parte del tronco che è stato attaccato poiché ivi appare una placca stretta, allungata ove cessa l'accrescimento ed ove quindi si manifesta più tardi come una depressione. Il legno si colora da prima in bruno scuro e qua e là appaiono anche linee sinuose bruno nere; subentra quindi una specie di marciume bianco. Attraverso i raggi midollari l'alterazione invade poi il cuore del legno che si svuota. Lotta. Gli olivicoltori del lago di Garda usano tagliare non solo la scorza morta, ma anche il legno sottostante che comincia ad alte- rarsi, fino al legno sano. E' l'unico mezzo per limitare la diffusione (1) Hartig, R., Die Spaltung der Oelbàum, in Forstlich. natum-iss. Zeitsch., T. II. p. 57. 1893). FOMES ANNOSUS FR. 723 della malattia nel corpo legnoso. Le ferite che così si aprono debbono però tosto essere lavate con soluzione di solfato di ferro acido e quindi ricoperte con catrame. Naturalmente i corpi fruttiferi che appaiono sui tronchi debbono essere sollecitamente tagliati e bruciati. II. Viventi specialmente su piante resinose. 346. FOMES HARTIGII Allesch. (= Polyporus fulvus Hàrt.). N. d. malattia. Marciume bianco del legno di abete e di pino; Pourriture bianche de Sapin ; Weissfdule der Tannen und Fichten. Attacca particolarmente i Pini e l'Abete bianco (Abies pedinata). Le alterazioni prodotte dal parassita vennero studiate dall'HABTiG, riferendole a Polyporus fulvus (1). Da prima il legno si colora in giallo- biancastro presentando linee scure, di poi appare gialliccio con tacche chiare oblunghe. Il micelio ad ife abbastanza grosse, ramose attra- versa le punteggiature areolate delle tracheidi ; le pareti diventano sottili, friabili e si dissolvono. Anche la lamella mediana in seguito scompare. Le ife negli elementi molto alterati diventano sottilissime ed appena visibili al microscopio. Il micelio può anche invadere la scorza producendo poi all'esterno di essa i ricettacoli fruttiferi pe- rennanti, a forma di mensola o zoccolo come quelli del Fomes igna- rius se si sviluppano sul tronco, se si svolgono sui rami laterali li possono avvolgere come un cercine inferiormente ed ai due lati. Il pileo a color cenerognolo, è glabro, non zonato, solo la carne si pre- senta zonata internamente ed è di color giallo-bruno. Lo strato ime- niale è giallo-bruno e formato di tubuli i quali ogni anno si allungano verso il basso. Le spore sonojaline e germinano facilmente nelle fe- rite del legno o dei rami, in particolar modo attaccano quei rami già alterati dall' Aecidium elatinum. Danni e lotta. I tronchi delle conifere in seguito alla carie del legno perdono ogni resistenza e vengono facilmente schiantati dai venti e dal peso delle nevi. Il legname naturalmente resta deteriorato e non può più servire come materiale da costruzione. Conviene abbattere le piante colpite ed anche quelle affette dai cancri prodotti dall' Aecidium elatinum, attraverso i quali si insinua il fungo. 347. FOMES ANNOSUS Fr. (= Trametes radiciperda R. Bartig). N. d. malattia. Mal del rotondo; Pourriture rouge; Maladie e assai poco o rimarrebbe del tutto isolata. Ove sono state sradicate piante morte dal mal del rotondo non è prudente per qualche tempo sosti- tuirne altre della stessa essenza; sarebbe preferibile per riempire i vuoti, sempre che la località si presti, collocarvi delle latifoglie (ca- stagni, quercie, faggi, ecc.). G. Eistuliua Bull. Comprende funghi carnosi con ricettacolo ad inserzione laterale, imenio infero formato da tubuli cilindrici non saldati fra loro, quindi facilmente separabili. Specie ordinariamente saprofite. 348. FISTULINA EBPATICA Fr. N~. volgare del fungo. Lingua di bue; Langue de beuf; Leberschwamm. Comune specialmente sui tronchi di quercia. Il micelio di questo fungo sarebbe dannoso al legno di quercia che decomporrebbe colo- randolo in rosso-bruno-scuro. I corpi fruttiferi commestibili appaiono in autunno ed erompono dalla scorza. Sono carnosi. Lunghi da 12-20 centimetri, spessi 4-6 centimetri, a forma di lingua, di colore rosso- sangue o rosso-bruno in alto e ivi viscosi e coperti di setole die poi scompaiono; l'imenio è formato da tubi bianchi poi giallo pallidi apren- tisi per pori a contorno frangiato. 11 piede è corto, grosso, laterale ed obliquo, del colore del cappello. La carne è rossa, fibrosa, molle, marmorizzata, di sapore gradevolmente acidulo. Non è un parassita di grande importanza essendo i suoi danni quasi trascurabili. Fam. Y. — Agaricacee. Comprende un numero grandissimo di fungili [menomiceti m(»lt i dei quali ben noti anche per le loro proprietà che ora rendono ricer- catissime alcune specie alimentari, ora rendono temibilissime altre (1) D'Arbois de Jdbainville, in Revue dea Eaux et Forèts, 1875, p. 105. 728 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI specie per il loro potere estremamente venefico. Moltissimi poi non anno alcuna importanza speciale. La maggior parte di questi funghi fa vita saprofitaria cioè si sviluppano essi o sul terreno ricco di humus e di detriti vegetali e perciò sono specialmente frequenti nei boschi sulle foglie, sui rami, legni, corteccie morte o sul concime od altre sostanze organiche putride, un numero limitato di specie può talora sui vegetali legnosi aver comportamento parassitario. Questo paras- sitismo non è però sempre completo: queste poche forme sono ordi- nariamente degli emiparassiti o dei parassiti di ferite, non tutte perciò riescono dannosissime; la sola specie che produce effetti veramente gravi alle coltivazioni arboree ed alle piante da frutto è 1' 'Armili aria mellea Vahl che è una delle cause principali del marciume radicale delle piante legnose. Il sistema vegetativo degli Agaricini è costituito da un micelio ora feltroso, effuso, generalmente bianchiccio, formato da ife settate, ramificate, variamente intrecciate o fra loro anastomo- si!; ;•. presentanti talora ai setti delle congiunzioni a fìbbia: non di rado questo micelio costituisce cordoni rizomorfici di color bianco o bruno, di varia grossezza e ramificati alla superficie del suolo o fra i detriti di sostanze organiche putrescenti, qualche volta anche inter- nantisi per ferite nella scorza o nel legno di piante vive. Si possono pure costituire sclerozi di varia consistenza o dimensione. Su tali organi vegetativi prendono poi sviluppo i corpi fruttiferi generalmente di dimensioni abbastanza grandi e ben visibili sempre ad occhio nudo, ora consistenti e carnosi ora più tenui membranacei o subgelatinosi, più di rado suberosi o sublegnosi. Tali corpi fruttiferi si incontrano spesso sul terreno umido e ricco di humus, sulle foglie fracide al suolo, sulle corteccie morte, legni, ecc. Sono formati da un pileo spesso rego- lare, circolare, nel mezzo rialzato ad ombrello oppure incavato a sco- della; il pileo è superiormente sterile di color assai vario, inferiormente porta l'imenio (fig. 145:7). Può essere sessile, quindi inserito lateral- mente ad un sostegno (pali, legni, scorze) senza gambo, oppure è prov- visto di un piede o stipite laterale o centrale. Allo stato giovanile i corpi fruttiferi sono spesso nascosti dentro ad un involucro miceliale più o meno spesso e formato da ifenchima, involucro che poi si rompe nell'accrescimento del corpo fruttifero e che può essere ancora rap- presentato nel corpo fruttifero adulto da un velo araneoso aderente più o meno al cappello oppure da squame o placche su esso attaccate oppure da un involucro membraniforme alla base del gambo che si dice voi va. Se il velo si trova solo al margine del cappello e sulla faccia imeniale, staccandosi in alto circolarmente può formare verso AOAUICACEE i'_".l la parte superiore del gambo uno speciale rivestimento detto anello. Lo stipite o gambo è spesso fibroso ora vuoto all'interno (fistoloso) ora invece pieno e più consistente. L'imenio, sempre infero, cioè situato nella parte inferiore «lei pileo, è formato da lamelle raggianti attorno al punto d'inserzione «lei gambo se questo è centrale, o diramantisi da esso a ventaglio se è laterale o se il pileo è sessile. Le lamelle ora sono ben distaccate «lai gambo ora invece aderiscono anche parzialmente ad esso o possono scorrere più o meno lungamente su di esso (tig. 145:8,9). Sono fra di loro più 0 meno stipate o diradate, libere od anastom osate o ramificate, a filo dritto od acuminato, raramente dentellato o bitkle. Sezionando trasver- salmente una lamella si vede al microscopio che la parte centrale è formata da un tessuto fitto di ife che ai due lati costituiscono uno strato fitto di piccoli basidi cui sono inframmezzati cistidi e parafisi (fig. 145:1). I basidii, clavati, portano verso l'apice ordinariamente quattro sterigmi sostenenti altrettante basidiospore. Queste sono in generale piuttosto piccole ed anno colore speciale; in certi fungili sono jaline, in altri rosee, giallognole, ocracee, brune o nere. Perciò (piando l'imenio è maturo presenta le faccie delle sue lamine di color speciale a seconda del colore delle spore. Il colore delle spore e quindi delle lamine mature, è un carattere diagnostico importante per la sistematica di questo gruppo. Il tessuto che forma il corpo fruttifero è un ifen- chima più o meno compatto: tra le ife si trovano talvolta elementi contenenti un lattice bianco o colorato (es. nei Lactarius). Per facilitare il riconoscimento delle principali specie parassite di questo gruppo dispongo nel seguente prospetto analitico nelle rispettive sottofamiglie caratterizzate dalla differente colorazione delle spore i generi più im- portanti sotto il nostro punto di vista : Sottofam. I: Leucospore. — Spore (e quindi lamine) jaline oppure pallidamente gialle o rosee. A. Funghi di consistenza carnosa. 1. Stipite (gambo) centrale o quasi. a. Stipite carnoso o fibroso-elastico fornito di anello . <;. Armtllana. b. Stipite cartilagineo. Pileo col margine da prima in- voluto. Lamelle non decorrenti . . • ■ ';• CfoMyota. 2. Stipite eccentrico o nullo. Lignicoli . . • G. Pleurotus. B. Funghi di consistenza sugherosa o coriacea. 1. Consistenza sugherosa. Lamelle raggianti, acute. intere • . • G- /-<"-"<-• 2. Consistenza coriacea. Lamelle .fesse pel lungo, quindi bifide coi due lobi revoluti. Stipite laterale . G. Schtzophyllum. Sottofam. II: Bodospore.— Spore (e quindi lamelle) «li colore roseo o roseo rugginoso. (Non si comprendono specie parassiti 730 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI Sottofilm. Ili: Ocrospore. — Spore (e quindi lamelle) ocracee o subferruginee. Le specie con stipite centrale fornite di anello appartengono al . . . Gr. Pholiota. Sottofam. IV: Melanospore. — Spore (e quindi lamelle) ne- rastre o fosco-porporine. A. Spore fosco-porporine. Lamine imeniali confluenti collo stipite. Stipite senza anello, margine del cappello con una specie di cortina . G. Rypholoma. B. Spore atre. Le specie a pileo membranoso, striato, con lamelle non liquefacentesi a maturità si rife- riscono al G. Psathyrella. Le specie parassite di questi generi, salvo imo {Armillaria), sono poco interessanti quindi ne riferiremo molto succintamente, mentre invece ci intratterremo maggiormente intorno ad una specie del primo genere singolarmente dannosa. G. Armillaria Fé. Funghi di consistenza carnosa, almeno da giovani, poi un po' fi- brosa, con gambo centrale fornito in alto di un anello che è il residuo di un velo parziale che copriva nella giovane età il margine del pileo e Fimeuio. Le lamelle dell'imenio aderiscono per un dente all'inser- zione del gambo sul pileo. La specie che ci interessa per la malattia che produce è la: 349. ARMILLARIA MELLBA Yahl (Agaricm melleusFL. Dan.). N. iteti, del fungo : Chiodini, Famigliola. N. d. malattia: Marciume bianco radicale, muffa delle radici, cancro, moria, seccarola, salvanello, mal del falchette (in parte) [sui gelsi]. A7, stran, del fungo: Grande Souchette; Hallimasch. N. d. malattia : Pourridié des arbres ; Blanc dea raeines ; Erdhrebs, Wurzelfàule, Marzsticken, Weinstockfaule, ecc. È un parassita diffusissimo cosmopolita che attacca il sistema ra- dicale di una grande quantità di piante legnose, producendo su di esso gli stessi effetti di un altro parassita radicale di cui abbiamo già trattato precedentemente: la Bosellinia necatrix Beel. (cfr. Trat- tato p. 372). Esso è stato riscontrato su tutte le conifere: Pini (Pimis .silvestri*, P. Strolms, P. Laricio), Abeti (Abies exeelsa, A. pedinata), Larici (Larix eitropaea); I'Haetig ne riscontrò perfino le traccie nel legno di una resinosa fossile ; su moltissime latifoglie forestali: Quercia, Faggio, Ontano, Betulla, Carpino, Pioppo {Populus nigra, P. pyrami- dalis), Gaggia; su piante da frutto: Castagno, Nocciolo, Fico, Pero, Melo, Pesco, Pruno, Ciliegio, Arancio, Limone, Olivo, Vite, su cui è ARMILLARIA MELLEA VAIII. 731 dannoso quanto la Rosellinia; su piante industriali come il Gelso Morus alba, M. nigra) che ne è danneggiatissimo e di cui costituisce il pa- rassita vegetale più pericoloso. Caratteri delle piante colpite e delle alterazioni: 1. Sulle pianti forestali (specialmente resinose). — Hartig (1) si è occupato special- mente della malattia che il parassita produce sulle resinose e che può manifestarsi sia sulle piante ancor giovani che su quelle centenarie. Essa produce danni gravi particolarmente alle conifere giovani fin verso i venti anni d'età; le conifere più vecchie, secondo le osserva zioni di D'Arbois :de Jubainville, verrebbero pure attaccate, ma non uccise. La vegetazione delle piante colpite fin dal primo anno dell'infezione si manifesta stentato; le foglie anno aspetto clorotico, cadono facilmente ed i rami possono seccare progressivamente. Sagli organi aerei non si riscontra traccia della causa che a prodotto ta li- alterazione ; scalzando però le piante fino alle prime radici si può ve- dere sotto la scorza di queste ed anche della base del tronco uno strato miceliale bianco-neve che può talvolta risalire anche per un certo tratto sotto la scorza dei vecchi fusti ad una certa alte/za da terra; in relazione con questo micelio stanno dei cordoni rizomorfe] bruno-nerastri, lucidi all'esterno, cilindrici od un po' schiacciati, di 1-2 millimetri di diametro che scorrono alla superficie della radice e di quando in quando mandano rami che si possono anastomosare fra loro o si connettono al micelio bianco subcorticale. Da questi partono poi dei filamenti micelici che attraversano il cambio, si insinuano pei raggi midollari nel legno e si diramano spe- cialmente nel parenchima che circonda i canali resiniteli. Per Tinte! razione di questi canali la resina esce fuori e si espande attraverso le screpolature della scorza, mescolandosi alla terra. Si a come una pletora di resina e secondo I'Hartig sarebbe nelle conifere precisa- mente un indizio della presenza di questo parassita il fatto «die le grosse radici trasudano una grande quantità di resina. L'alterazione interessa in seguito anche il corpo legnoso ove il micelio produrrebbe una specie di marciume bianco del legno, mentre costituisce come ano pseudoparenchima nelle cavità delle tracheidi. Quando il sistema ra- dicale è così alterato la pianta dà segno di grave deperimento e muore . Ciò avviene però raramente nelle piante di una certa età ove il si- stema radicale molto profondo ed assai sviluppato non viene talora (1) Hartig, R., Wichtige Ininkh. A. Waldbàwme, Berlin L874, p. 12. 732 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI che colpito parzialmente senza che la pianta dimostri una grande sofferenza. 2.° Sulle piante da frutta (specialmente vite). Su queste Hartig aveva constatato la presenza del parassita solo per il Prunus avium e Pr. domestica : egli era di opinione che non attaccasse la vite, ma che il marciume bianco radicale della vite fosse dovuto esclusivamente alla Bosellinia necatrix. Però fin dal 1877 lo Schnetzler (1) attri- buiva alle rizomorfe àeWAgaricus melleus il mal bianco delle radici delle viti; il Millardet successivamente ne confermava il parassi- tismo osservando però che il fungo si comportava spesso anche da saprofita sviluppandosi facilmente sulle radici di viti già uccise dalla fillossera. Più tardi Schnetzler (2) riuscì ad osservare lo sviluppo dei caratteristici corpi fruttiferi dell' Armillaria alla base dei ceppi di vite le cui radici erano colpite da rizomorfe ed in seguito moltis- simi altri osservatori constatarono la stessa cosa così che si venne a provare che il marciume radicale della vite nonché di altre piante fruttifere (Pruno, Albicocco, Fico, ecc.) se è dovuto in certi casi al- l'azione delle rizomorfe della Bosellinia necatrix, in altri casi è rife- ribile al parassitismo degli organi vegetativi dell' Armillaria melica. Le viti colpite fin dal primo anno presentano vegetazione stentata, rami- ficazione affastellata per lo sviluppo disordinato di germogli avventizii, foglie piccole, assai clorotiche, talora più profondamente lobate o quasi laciniate. Nel primo anno di malattia le viti portano molto frutto, negli anni successivi invece diventano quasi infruttifere; il deperi- mento può essere rapido sì che dopo 12-18 mesi il ceppo può disseccare, oppure più lento ed allora la vite colpita può condurre una vegetazione stentata per due o tre anni o più, poi muore. Nella vite e per le piante da frutto coltivate in filari la malattia si propaga facilmente alle piante vicine pel contatto delle radici alterate : nelle piantagioni sparse la malattia à decorso più lento. Osservando le radici delle viti o delle piante da frutto deperenti si constata subito una profonda alterazione. Nello scavare alla base del ceppo si avverte tosto un forte odore di muffa, di fungo fresco ca- ratteristico, indizio sicuro di marciume radicale. Le radici diventano nerastre, molli, spugnose, piene d'acqua, la loro scorza si distacca con massima facilità ed al disotto di essa si notano placche bianche mi- fi) Schnetzler, Observat. sur une maladie de la vigne •, corintie vulgati: p. le noni de Blanc (Compt. rend. de l'Acad. d. Se. Paris, 1877, p. 1141. (2) Schnetzler in Botan. Centralbl., XX VII, 1886, p. 274. ARMILLARIA MELLEA VAHL 733 celiali in relazione con cordoni rizomorfici che scorrono alla superficie collo stesso aspetto di quelle che abbiamo descritte sulle radici delle piante forestali. Tali cordoni rizomorfici si possono incontrare solo su alcune radici se la malattia è nell'inizio; nelle piante morte essi si riscontrano su tutto il sistema radicale. Si arrestano alla base del ceppo, non attaccandone la parte epigea. Incontransi tali rizomorfe anche frequentemente sulle radici del castagno e talora anche su quelle alterate dal cosi detto mal i impianta la vite il marciume bianco fa strage e talora rovina del tutto le piantagioni poiché sulle radici delle piante da bosco, specialmente delle quercie, il parassita si trova frequente o per i frammenti radicali infetti rimasti nel terreno su cui si conserva come saprofita finisce poi per propagarsi alle altre piatile. Ripiantando gelsi, vili od altre piante da frutto o forestali nello stesso sito ove precedentemente sono (1) Comics, 0., Crittogamia Agraria, p. 15-1. Ferkakis, Trattato di Patologia, ecc. — -17, 738 I PARASSITI VEGETALI: III. EDMICETI stati tolti alberi morti o deperenti per marciume radicale, questo si diffonde tosto sulle radici delle nuove piante ancorché sane e le può uccidere. Anche l'uso di fare il drenaggio nei terreni compatti ed umidi con fascine lasciate talora lungo tempo al suolo e parzialmente ammuffite e coperte dei cordoni rizomorftci del fungo può avere effetto dannoso perchè quando le radici delle piante approfondandosi nel suolo ven- gono a contatto con questo legno fracido si infettano di mal bianco. Può servire pure alla propagazione della malattia l'uso del terriccio superficiale dei boschi come concime, ricco sempre di germi saprofi- tari ed anche parassitari. Anche il letame fresco se messo troppo a contatto colle radici riesce dannoso poiché prende facilmente la muffa e la trasmette al sistema radicale «Ielle piante. 0) avuto occasione di osservare più di una volta il deperimento e la morte di giovani piante di pesco per marciume radicale contratto in seguito ad una concima- zione a base di letame non razionalmente eseguita. Nelle piantagioni fitte la malattia si propaga sottoterra per contatto delle radici e si può diffondere circolarmente se le piante sono sparse, in linea retta se in filari, come avviene nei gelsi e indie viti. Ìlez/A di lotta. Contro il marciume bianco radicale delle piante legnose anno efficacia sicura solo trattamenti preventivi. Se il fungo à preso possesso di una parte delle radici riesce difficilissimo e quasi impossibile liberarne la pianta e salvarla rimettendola in buone con- dizioni di vegetazione. Fra le più importanti misure preventive da adottarsi e da applicare con scrupolo specialmente nelle località più soggette alla malattia ricorderemo le seguenti: 1." Nell'effettuale impianti di viti, di gelsi, o di qualsiasi altra pianta da frutto o da legno bisogna scegliere talee, barbatelle o pian- tine assolutamente sane, senza traccia di rizomorfe e che provengano da vivai immuni dalla malattia. 2.° Il terreno ove si effettueranno gli impianti dovrà essere la- vorato profondamente e ben scassato tanto più se compatto, argilloso e poco permeabile all'acqua: le buche o le fosse dovranno essere larghe ed al fondo di esse si faranno lavori di drenaggio preferibil- mente con pietre od altro materiale, non adoperando fascine o legnami facilmente soggetti al marciume. Nel caso si volesse adoperare questo materiale conviene bagnare le fascine con latte di calce o soluzione di solfato di ferro coprendole poi con abbondante terra smossa. 3.° Le piante non dovranno mai essere collocate col sistema ra- dicale troppo profondamente, ma più superficialmente che sarà pos- ARMIIXARIA MK1.T.KA VAIII. 739 sibilo e solo coperte da tanta terra quanto è sufficiente per impedire ohe abbiano a soffrire di siccità nella state. Per preservarle da questo inconveniente è consigliabile piuttosto rincalzarle alquanto al piede. 4.° Si faccia poco uso di concimi organici specialmente se il ter- reno è per natura già ricco di humus e favorevole al marciume; in questo caso sarà meglio ricorrere a concimazioni minerali; in nessun caso si dovrà usare mai concime fresco o deteriorato (ammuffito) e mai si dovrà collocare a contatto delle radici. 5.u Alcune varietà di gelsi sono più resistenti al marciume ra- dicale come il Morettiano ed il Cattaneo: può convenire quindi talora l'impianto di queste varietà oppure innestare i gelsi sul moro papi- rifero (Broussonetìa papyrifera) (die è rustico in qualsiasi terreno. 0." I giovani gelsi non debbono essere sfrondati ed anche sa- rebbe conveniente non sfrondare annualmente le piante adulte, ma adottare il sistema della sfrondatura alternativa, di modo che le piante non si indeboliscono e quindi offrono maggiore resistenza ai parassiti. Tale pratica era già consigliata fin dal 1773" dal Jacopo Alberti per prevenire il mal del falchette Se nelle coltivazioni di fruttifere, di gelsi o di piante forestali si constaterà la presenza della malattia bisognerà ricorrere subito al si- stema dell'isolamento per impedirne la diffusione. Le piante od i gruppi di piante colpite si isoleranno dalle sane con fosse circolari profonde che debbono cingere tutto all'intorno il sistema radicale delle piante infette perchè non vengano a contatto con quelle sane. Se la malattia è nell'inizio può dare discreti o buoni risultati la pratica da me al- cune volte sperimentata su giovani piante da frutto ancora discreta- mente vigorose, di scalzare con riguardo il piede fino alle radici più superficiali in modo da non offenderle, ricoprire quindi con sul «Ina e versare sopra una soluzione diluita di solfato di ferro od anche col- locare un po' di solfato di ferro del commercio cristalizzato, bagnando leggermente di quando in quando il piede delle piante per favorirne il discioglimento se la stagione fosse asciutta. Ò salvato con questo me- todo alcuni peschi già deperenti per le rizomorfe delV Armillaria o della Rosellinia, che dopo alcun tempo anno rimesso germogli vigo- rosi e non più clorotici. Comes anche per le grosse piante consiglie- rebbe di rimuovere il terreno attorno al piede per un raggio di un metro versando poi una certa quantità di latte di calce, oppure ri- mescolando alla terra della cenere non lisciviata. Quando però la pianta è molto deperita conviene toglierla, avendo cura di ben estirpare tutto il sistema radicale e ciò per impedire la 740 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI diffusione del male alle piante vicine. Si raccoglieranno bene dalla terra tutti i detriti di radici e si brucieranno. Naturalmente si avrà cura di lasciar passare buon tratto di tempo prima di ripiantarvi un'altra pianta che sicuramente sarebbe in breve colpita ed uccisa dalla stessa malattia. Se le piante sono state estirpate in autunno si lascierà la buca aperta fino a primavera, avendo cura di rimescolare alla terra inietta calce viva e solfato di ferro del commercio in cri- stalli, oppure, e questa sarebbe la miglior cosa, ricorrere al debbio della terra infetta, così mentre si bruciano erbe cattive e secche si Sterilizza il terreno e si arricchisce di materie fertilizzanti. Si potrebbe anche disinfettare il suolo con iniezioni di solfuro di carbonio nelle proporzioni di 50-100 grammi per metro quadrato, ciò però non sarebbe consigliabile per le Aiti che troppo vicine nei filari avrebbero a soffrirne, almeno le più vicine al sito ove si fa il trat- tamento, però conviene invece per piante isolate od in filari distanti. Se l'estirpamento delle piante si fa in primavera la buca si lascierà aperta tutto Testate fino all'autunno; l'azione sterilizzante della luce solare ucciderà ogni traccia di micelio; però anche qui si potrà aiu- tarne l'azione collo spargere nelle fosse calce viva o solfato di (erro. Naturalmente i corpi fruttiferi del fungo che eventualmente si svi- luppassero presso il piede delle piante morte dovranno essere estirpati prima (die siano maturi, (piando cioè' anno ancora la forma di chiodetti e ciò per impedire la maturazione e la diffusione delle spore. (*. Collybia Fu. Funghi con corpo fruttifero stipitato; gambo fistoloso, cartilagineo; pileo un po' carnoso, non solcato, da giovane col margine involuto. Merita appena un cenno la: 350. COLLYBIA YELLTIPES CuitT. che vive sui tronchi di Salice, Quercia, Faggio e. specialmente di Robinia pseudoacacia su cui il Vogltno (1) più volte avrebbe potuto constatarne l'azione parassitaria. Il micelio del fungo penetrando per la germinazione delle spore at- traverso le ferite della corteccia o del legno si di (fonderebbe special- mente nella regione del colletto e nelle radici più superficiali provo- cando una specie di cancrena del legno. Sulle porzioni alterate dei (1) Voglino, P., in Annali Acc. di Aglio, di Torino, voi. XLIX (1907) e Idi (1910). SCinzoriiYi.MM commini: i i;. 741 tronclii dalla primavera all'autunno inoltrato si svilupperebbero i corpi fruttiferi del fungo disposti a cespuglietti con stipite bruniccio, vel- lutato e cappello largo 2-5 cui. di diametro di color giallo chiaro, tornito inferiormente di lamelle rade, larghe e giallognole. G. Pleurotus Fé. Caratterizzato dalla presenza di corpi fruttiferi con pileo talora sessile e dimezzato, talora ad inserzione laterale o tornito di Stipite per lo più eccentrico. Comprende numerose specie viventi ordinaria- mente sui vecchi tronchi, su scorze o legni morti. Qualche specie bì comporterebbe anche da parassita così il 351. PLEUBOTUS OsTEEATUS Jacq. che si sviluppa sul tronco di diverse latifoglie, ma anche su travi o legnami umidi e che à un corpo fruttifero a forma di orecchia o di guscio d'ostrica, supe- riormente liscio, grigio-bruno, inferiormente lamelloso, con lamelle bianche decorrenti sul gambo brevissimo. Il micelio si addentra nel legno e produce nelle cerchie annuali degli strati di consistenza co- riacea, inducendo nel legno una specie di marciume bianco. 352. PLEUROTUS ULMABIUS Bull, frequentissimo special mente sul tronco degli olmi, con cappello carnoso, più o meno con- vesso di colore variabile, ma sempre pallido, lamelle bianche, piede quasi centrale. È talora un parassita di ferite e può il micelio pro- durre una disgregazione del legno nella parte in cui si insinua. 0. Lenzites Fu. Comprende funghi di consistenza suberoso-coriacea . con lamelle pure rigide, acute, raggianti, talora anche fra loro un po' anastomo- sate. I corpi fruttiferi ricordano un po' quelli della Daedalea nei l'o- liporei. Vi appartengono specie per lo più saprofite. La Lenzites betulina Fu. frequente sui tronchi di Betulla, di Castagno e di Quercia avrebbe peri) talora anche un comportamento parassitario. G. Sebi zophyllum in. Di questo genere è frequentissima la specie: 353. SCHIZOPHYLLUM COMMUNB Fi:, caratterizzata da un cappello coriaceo, dimezzato, sessile, peloso, con imenio costituito da 742 I PARASSITI vegetali: hi. kumiceti lamelle divise in senso longitudinale coi due lembi rovesciati, quindi bifide. È un parassita di ferite che in Francia sarebbe stato riscon- trato dannoso al gelso dal Cornu, al castagno da Guéguen (1) ed in Italia anche osservato dal Cattaneo sui tronchi vecchi degli agrumi. G. Pholiota Fr. Appartiene al gruppo delle Ocrospore poiché le spore mature colo- rano le lamelle in ocraceo o ferrugineo. Il presente genere è distinto per lo stipite fornito di anello e per le lamelle confluenti collo stipite. Alcune specie sono parassite. 351. PHOLLOTA DESTPUEXS Brond. Eiesce talora dannoso ai pioppi. Eoze à potuto constatare il parassitismo di questo fungo in una fila di pioppi che vide perire successivamente in seguito al diffon- dersi del micelio del parassita sottoterra da un ceppo ammalato alle piante sane. Il micelio si sviluppa molto rapidamente ed invade la scorza ed il cilindro corticale e può imbrunire superficialmente anche il legno. I corpi fruttiferi compaiono poi d'autunno sui tronchi già abbattuti. Sono piuttosto grossi, cespugliosi, costituiti da un pileo carnoso, ineguale, fioccoso, bianco-gialliccio col margine alquanto in- voluto e fibrinoso e provvisto di stipite solido attenuato nella parte superiore ed ivi fornito di anello fugace. Le lamelle sono decorrenti, di color cannella scuro a maturità. 355. PHOLIOTA ADIPOSA Fries produce secondo Titbeuf una specie di marciume giallo del legno dell'abete bianco. Il legno colpito da bianco diventa giallo-miele poi qua e là imbrunisce. Il mi- celio forma strati bianchi tra le cerchie legnose e si estende sia in direzione orizzontale che verticale. Il legno si screpola e si fessura disgregandosi in piccoli pezzetti poiché le screpolature si formano se- condo piani tra loro perpendicolari. Sotto la scorza poi il micelio orga- nizza i corpi fruttiferi che erompono all'esterno sia dei tronchi vivi come delle piante abbattute. Essi sono cespitosi, gialli; il pileo misura da G ad 8 centimetri, è subconico e presenta piccole squame super- ficiali disposte concentricamente. Il gambo centrale lungo da 11-10 centimetri è piuttosto sottile, talora flessuoso o curvato. Le lamelle imeniali sono prima gialle poi scure e di diversa grandezza. (1) Guéguen, in Bull. Soc. Mycol. de France, XVII, 1901, p. 283. PSATHYREIXA AMPELINA FOÉX-VIAI.A 0. ìl\ jdloloma FR. Appartiene alla sezione delle Melanospore poicLè le spore e quindi le lamelle a maturità sono fosco-porporine (Pratelli). Comprende specie cespitose, lignicole con eappello più o meno carnoso fornito
  • i cordoni rizomorfioi e \<\ picnidii un por- zione di caule. -. Picnidio di fronte. 3. [d. di lato. 4. In sezione longitudinale. 5. Pseudobaeidii. •'■. Stilospore. B. Ord. Melanconiali {Golletotrichum Lindemvtkiantun). 1. Porta- mento del fungo su baccello ili t\ 1 1^ i ■ » i ■ > . 2. Tacca con acer- vuli pi ìi ingranditi. :ì. Seziono di acervulo fruttifero. I nidii. C. Ord. Itali. 1. Oidium sp. 2. Itamulai sterotporium sp. (Micelio, conidiofori e conidii) (tutte ori- ginali). 74S I PARASSITI VEGETALI: III. EDMICETI Il numero delle specie parassite tra i Deuteroiniceti è per vero esiguo in confronto al numero grandissimo di forme saprofite, tuttavia accanto a generi che comprendono specie quasi tutte viventi su so- stanze organiche o su parti morte di piante si notano talora generi comprendenti specie tipicamente parassite. Cosi le numerosissime specie dei generi Phyllosticta, Septoria, Cercospora, Ramularia sono tutte pa- rassite attaccanti un numero grandissimo di piante ospiti, quasi tutte fanerogame però ciascuna ordinariamente specializzata ad una data matrice. Seguendo la classificazione del Saccaedo, universalmente adottata, divido i Deuteromiceti nei tre seguenti ordini: Ordine 1.°: Sferopsidali. — Sono funghi imperfetti caratterizzati dalla presenza di un peritecio non ascoforo ovverosia di un picnidio (fig. 155, A). Questo picnidio generalmente minutissimo e puntiforme ad occhio nudo, può essere semplice o stromatì co, superficiale od immerso od erompente dalla matrice, generalmente è pertugiato o fornito di un ostiolo più o meno pronunciato od anche rostriforme: la consistenza è membranosa, o subcarnosa o carbonacea, il colore bruno, nero, bian- chiccio, giallo, rosso, azzurrognolo, violaceo, struttura pseudoparenchi- matosa, forma globosa o depressa, scudiforme, allungata, ecc. Nell'in- terno è tappezzato da filamenti per lo più esili e brevi, semplici o raramente ramificati, impropriamente detti basidii sostenenti all'estre- mità spore (stilospore) variamente foggiate, j aline o brune (die a matu- rità si staccano e si trovano libere nella cavità del picnidio poi vengono emesse fuori dal poro o dall'ostiolo. Ordine 2.°: Melanconia] i. — \n questi funghi non esiste più un vero picnidio, ma i filamenti fruttiferi, semine assai brevi, tappez- zano piccole, cavità dette a cervuli fruttiferi che si formano sotto l'epidermide o nel periderma degli organi delle piante ospiti, da cui poi erompono per lasciare uscire le spore che maturano all'estre- mità di detti filamenti conidiferi (fig. 155, B). Quindi in questo caso manca un vero cor]») fruttifero (die è so- stituito dall' acervulo, formato ordinariamente nei tessuti della matrice. Ordine 3.' : I/ali. — Comprende Deuteromiceti sprovvisti sia di picnidio che di acervulo: i filamenti fruttiferi detti conidiofori in generale assai lunghi, semplici e ramificati, liberi fra loro o variamente riuniti, j alini e bruni sono sempre superficiali alla matrice e portano le spore (conidii) direttamente all'aperto (fig. 155, ('). I conidii sono va- riamente conformati e disposti e di color vario: la loro forma, dispo- sizione, il loro colore, ecc. costituiscono dati importanti per la sistema- tica di questo gruppo. SFKi:i>r>ll>AT.I 749 A ) 2 .affé H 00 000 0 QiO 000° re. Ordine I. — Sferopsidali. Fungili forniti di peritecio non ascoforo (picnidio), «li forma, consistenza, colore vàrio, generalmente t'orniti di organo per la fuo- riuscita delle spore, contenenti nell'interno spore (stilospore), inse- rite su filamenti fruttiferi brevissimi. L'ordine comprende le seguenti quattro famiglie: Pam. l.a: Sfe- rioi (Iacee. — Pieni - dii di consistenza membranacea op- pure carbonacea <> subcoriacea , glo - bosi, globoso -de- pressi, subconici o conici, complet i (eioè con parete prò pria sviluppata da ogni parte), immersi od erompenti dalla matrice oppure su perfieiali. Presen- tano nella parte su- periore un foro ro- tondo oppure un ostiolo più o meno prominente od an- che un rostro. I periteci possono es- sere glabri o pelosi, semplici o strema- tici. Pam. 2.a: Ke- ctrioidacee. — Pi- cnidii e stroma (quando esiste) di consistenza carno- sa o ceracea, di colore vivace cioè Fig. 156. Iconografia dei principali generi della f ani. Sferioidacet . r. Phyllosticta. 1. Portamento su foglia. 2. Picnidio ili fronte. 3. U. in sezione 4. Pseudobasidii. 5. Stilospore. II. Phoma, Dendrophoma, Macrophoma. 1. Portamento dei picnidii su porzione «li Btelo. '-'. Pi- cnidio di fronte. 3. ld. in sezione. 4. a-b Pseudobasidii e stilos di Phoma. 5. a 6 Cd. di Dendrophoma. 6. a b là. di ìlacroph III. Fusicoccum. 1. Portamento degli stromi su p ■ i i ramo. ■j. Sezione ili stroma plurilocnlare. 3. Pseudobasidii. I. Stilospore. IV. Sphaeropti». 1. Portamento dei picnidii su porzione ili ramo. 2. Sezione ili picnidio. 3 Pseudobasidii. 4. Stilospore. \ . i 1. Sezione «li pi muli... 2. Stilospore. VI Diplodia. 1-2. et. VII. H«i- dersonia. 1-2. et. Vili. Septoria. 1 Picnidio «li fronte. 2. [n zione. 3- Stilospore (figure tutte originali <• semiscbeniaticl rosso, giallo, azzur- rognolo, violaceo, mai di colore bruno o nero, tipicamente 750 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Le forine comprese in questa famiglia appartengono in massima parte al ciclo evolutivo di Pirenomiceti Ipocreacei. Fani. 3.a: Leptostromatacee. — Picnidii incompleti, non globosi e definiti in ogni parte, ma ordinariamente dimezzati, scudiformi, astonii od ostiolati, con ostiolo rotondo od allungato ed in forma di fessura longitudinale, di consistenza membranacea o carbonacea, nerastri, erom- penti dalla matrice o superficiali. Fani. 4.a: JExcipulacee. — Picnidii di forma globosa o quasi da giovani, più tardi largamente aperti alla sommità e quindi cupuli- formi o scodelliformi dell'aspetto degli ascomi dei Discomiceti, di consistenza membranacea o carbonacea, nereggianti, erompenti dalla matrice o superficiali. Fam. I. — Sferioidacee. Picnidii semplici o stronfiatici, bruni o nerastri, membranacei o carbonacei, globosi o snbeonici pertugiati alla sommità e con ostiolo più o meno prominente, glabri o pelosi, immersi, erompenti o super- ficiali. Il colore, la forma delle spore, la disposizione dei periteci ser- vono a distinguere queste famiglie in diverse sottofamiglie e nume- rosi generi : Prospetto sinottico delle Sottofamiglie e dei principali generi delle Sfericidacee parassite. A. Stilospore contenute nei picnidii sempre continue. I. Stilospore jaline, ovate, ellittiche, subglobose, ciliudracee, mai vermicolari (Sottofamiglia l.a: Ialosporee). a. Picnidii semplici, cioè non riuniti fra di loro da stroma. 1. Picnidii sviluppati su organi diversi di piante (mai inseriti su ite di Oidium). a. Picnidii tipicamente foglicoli, sviluppati ordina- riamente su macchie, spesso velati dall'epi- dermide, forniti di poro più o meno grande, membranacei. Stilospore generalmente assai minute e numerosissime (flg. 356:1) . . G. Phyllosticta. [3. Picnidii tipicamente cauli-ramicoli o fructicoli, raramente foglicoli, non formanti sempre mac- chie caratteristiche. Stilospore minutissime od anche grandette. — Stilospore minute. $ Picnidii ordinariamente cauli-ramicoli, pertugiati, ma non distintamente papillati nèrostrati, erom- penti, glabri, membranacei o Bubcarbonacei. Stilospore ovate, fusoidee, cilindriche, rara- mente sferiche, inserite su pseudobasidii fili- formi, spesso brevissimi, semplici (f. 156, 11 : 1-4) G. Phoma. SFERIOIDACEE 7." i §§ Caratteri in gran parte del g. Phoma : presenza però di micropicnidii (a spore piccolo e di macropicnidii (a spore più grandi),
  • eubcarbonacei, glabri, spore ovato-oblunghe, jaline. Pseudobasidii ramosi o rerticillato-ra- mosi (tig. 156, 11:1-3,5) ..... &. Dendroplioma. -] — |- Stilospore lunghe da 15 \i. in più ovate o cilin- driche, jaline, inserite su pseudobasidii .sem- plici, brevi, in picnidi erompenti, membranacei o subcoriacei, senza rosfro, minutamente per- tugiati (rlg. 156, 11:1-3,6) G. Macrophoma. 2. Picnidii piccoli, conici od oblunghi, membranacei inseriti su ite di Oidium di cui sono parassiti . G. Cicinnobolus. b. Picnidii riuniti da stroma bruno o nereggia ni e. 1. Stilospore diritte. a. Stroma convesso, conico o verruciforme, subcu- taneo-erompente o subsuperfìciale , interna- mente pluriloculare. -f- Stroma subcutaneo-erompente, nero. Stilospore fusiformi per lo più grandette (tig. 156, III) G. Fusicoccum. -\ — j- Stroma erompente o superficiale, nero. Stilospore globose od ovate, piccolissime . . . G. Cytosporella. p. Stroma effuso, nero, spesso velato dall'epider- mide. Stilospore oblunghe, fusoidee o cilin- dracee con stipite per lo più distinto . . G. Placosphaeria. 2. Stilospore curvule (allantoidee). Stromi conici o verrucosi, pluriloculari G. Gytospora. II. Stilospore brune (Sottofamiglia 2.a : Feosporee). a. Picnidii semplici, subcutaneo-erompenti, papil- lati, membranacei o subcarbonacei. Stilospore ovate od oblunghe, continue, fuligginee, gran- dette (fig. 156, IV) . . . . . . G. Sphaeropsis. b. Picnidii e. s. Stilospore globose od ellittiche, con- tinue, fuligginee, piccole G. Goniotlujrium. B. Stilospore tipicamente settate (raram. continue, ma allora vermicolari). I. Stilospore 1 -settate, quindi biloculari, di forma varia, mai però vermicolari. a. Stilospore jaline (Sottofamiglia 3.a : Jalodidimee). 1. Picnidii tipicamente foglicoli (od anche rami- fructicoli, ma allora maculicoli). a. Picnidii ordinariamente sviluppati su macchie decolorate della matrice, membranacei, subglo- bosi, pertugiati. Stilospore ovate od oblunghe (fig. 156, V) G. Ascochyta. p. Picnidii subsuperfìciali, non pertugiati, inseriti su fibrille raggiate dendroideo-rainose aduale alla lamina fogliare. Stilospore oblunghe . G. Actinonema, 2. Picnidii rami-caulicoli, subcutaneo-erompenti, papillati, atri, glabri. Stilospore obi. -ellittiche G. J>iplodina. b. Stilospore brune (Sottofamiglia 4.a : Feodidimee). 1. Picnidii subcutaneo-erompenti, atri, per lo più papillati, ma non rostrati, glabri. Stilospore ellittiche od obovate, bicellulari, fosche (ti- gura 156, VI) Gr. I>ii>h>,!in. 2. Picnidii rostrati, pelosi. Stilospore oblunghe, bi- cellulari, costanee G. Hhyncltodip&odia. 752 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI II. Stilospore 2-plnrisettate, quindi pluriloculari od anche continue (almeno apparentemente), ma allora vermicolari. a. Stilospore ovate, oblunghe, cilimlracee, fusiformi, inai vermicolari. 1. si ilospore settate trasversalmente per lo più brune (Sottofamiglia 5.a : Fragmosporee). Picnidii sub- cutaneo - erompenti, globoso -papillati, atri. Spore oblunghe o fusoidee, 2-plurisettate, oli- vacee o fuligginose (fìg. 156, VII) . . . G. Hai dorso iti a. 2. Stilospore settate trasversalmente ed anche lon- gitudinalmente, brune o jaline (Sottofam. 6.a: Dictiosporee) (1). b) Stilospore sottili, molto allungate, filamentose o vermicolari, tipicamente con setti trasversali e jaline (talora però anche continue o pluri- guttulate) (Sottofamiglia 7.a: Scolecosporee). 1. Picnidii senza stroma: stilospore mai cigliate alle estremità. a. Picnidii completi, pertugiati, membranacei ; sti- lospore filiformi, sottili. -j- Picnidii per lo più maculiceli, foglicoli, "labri. Stilospore filiformi plurisettate opluriguttulate (fìg. 156, Vili). . . . . . G. Septorin. -j — j- Picnidii e. s. però in ogni parte pelosi. Stilo- spore bacillari, settate, jaline . . . . G. Trichoseptoria. p. Picnidii incompleti, largamente pertugiati, acer- voliformi. Stilospore cilindrico-bacillari , al- quanto grosse, plurisettate. jaline . . . G. Phìeospora. 2. Picnidii per lo più protetti da crosta stromatica, globosi, pertugiati. Stilospore cilindriche, con- tinue, jaline, alle estremità setoloso-cigliate . G. Dilophvspora. Sottofam. lalosporee. (*. Pliyllostieta Pers. Comprende numerosissime specie tipicamente viventi sulle foglie e parassite che producono per lo più sulla lamina (meno frequente- mente sui piccioli, sui cauli o sui frutti) delle macchie distinte di color vario che al centro spesso si fendono o si staccano circolarmente in modo che la foglia appare perforata. Xel centro delle macchie com- paiono i picnidii, piccoli, velati per lo più dall'epidermide, lenticolari. membranacei, di color bruno-chiaro, forniti di poro più o meno grande da cui a maturità escono, talora sottoforma di cirro o di nubecola numerosissime stilospore assai minute, ovate od oblunghe, continue, jaline. da giovani inserite sulla parete interna del picnidio a mezzo (1) Non vi si comprendono forme veramente parassite e che meritino di essere ricordate. PHYLLOSTICTA PUUNICOLA SACC. 753 di psendobasidii brevissimi e talora (piasi nulli (fig. L56, Ij. La grande somiglianza di questi corpi fruttiferi nelle diverse specie mi dispensa da una dettagliata descrizione riferendo di questo genere solo poche specie ritenute fra le più dannose alle piante coltivate. Per le altre numerosissime consultare opere speciali di micologia. a) Parassite su piante da frutto. 359. PHYLLOSTICTA P RUPICOLA (Opiz) Sacc. N. d. malattia, Enggine perforatrice delle foglie dei pruni; Scabbia dei meli; Apple Scurf. Parassita frequentissimo sulle foglie, raramente sui rami del Prunus domestica, Pr. Armeniaca, Pr. Cerasus e talora anche del melo (Pirus Malus). Sulle foglie di dette piante produce delle macchie ben distinte, subro- tonde, sparse o confluenti di color bruno-ocraceo, di- stintamente marginate che pel disseccamento dopo ef- fettuatasi la maturazione dei picnidii si tagliano cir- colarmente e si distaccano, di modo che le foglie colpite si presentano bucherellate come se fossero state colpite dalla grandine (fig. 157:1). Sui rami dei pruni forma talora macchie bianco-gri- giastre ed ivi il fungo, se- condo VoGKLiNO, potrebbe svernare. Stevens (1) avrebbe constatatola malattia con una eerta frequenza negli Stati Uniti d'America oltre che sulle foglie anche sin rami del melo su cui apparirebbero delle macchie bianco-argentee caratteristiche Fig. 157. Perforazione delle foglie ili pruno. 1 . Aspetto ili una foglia ili prono colpita dalla mainili a. 3. l'i cnidio ili Phyllosticta prunicola emergente dall'epider mille. :;. Id. sezionato. 4. Stilospore (tutte originali). (1) Sxevess F. L., Apple Scurf (North Carol. Agric. Exsp. Stnt. Bull., a. 58, 1908, pag. 54). Feurauis, Trattato di Patotogia, ecc. — 48. 754 I PARASSITI VEGETALI: III. EtJMICETI sviluppate su porzione dell'epidermide o del periderma contratto o raggrinzato. Al centro delle macchie fogliari o dei rami appaiono in generale pochi corpiccioli puntiformi che sono i picnidii globosi, un po' prominenti al disotto dell'epidermide, distintamente perforati che dall'apertura lasciano uscir fuori moltissime stilospore subjaliue, bi- guttulate, ovoidali od ellittiche misuranti in media \\. 5 ^ 3. (fìg. 157:2-4). La forma nel melo, secondo l'opinione del prof. Saccardo, potrebbe essere in rapporto con Leptosphaeria Pomona Sacc. fungo Pirenomi- cete che si incontra sulla stessa matrice. Il fungo si sviluppa con grande frequenza nei periodi caldo-umidi dalla primavera all'autunno e può produrre colla precoce caduta delle foglie danni abbastanza sensibili poiché i frutti non maturano com- pletamente. Questo però essenzialmente sui pruni, sui meli è poco dannoso. Il parassita è assai affine alla Phyllosticta circumscissa Cooke o shot-hole fungus assai dannoso alle Amigdalee in Australia ed alla Ph. Mattiroliana Me. Alpine, dannosa fra noi al Lauroceraso. Se- condo il Saccardo V Ovviarla circumscissa e la Cercospora circumscissa sarebbero gli stati conidiofori di detta Phyllosticta. Mezzi di lotta. Debbono essere impiegati preventivamente. Secondo Vogeino (l) sarebbero assai efficaci le irrorazioni alle foglie con una soluzione di iposolfito sodico nelle proporzioni di kg. 1 di questo sale su 100 litri di acqua. Anche la poltiglia borghignona formula Massox (kg. 1 solfato di rame, kg. 2 carbonato di soda, acqua litri 100) da- rebbe ottimi risultati per la sua aderenza ed efficacia. Il fegato di zolfo sciolto nelle proporzioni dell'I per cento nell'acqua avrebbe pure dato risultati vantaggiosi. Come misure profilattiche si consiglia inoltre la potatura dei rami malati o la pennellazione invernale con una pol- tiglia bordolese un po' densa. Le foglie ammalate e cadute al suolo debbono essere raccolte e distrutte o sotterrate profondamente per impedire che la malattia si propaghi nell'anno successivo. 360. PHYLLOSTICTA PRUNI DOMESTICAE Vogeino. Osservata dal Yogltno (2) in Piemonte sulle foglie del Prunus domestica su cui produce danni simili a quelli della precedente specie. (1) Voglino P., I funghi piti datinosi alle piante coltivate: la ruggine per- foratrice delle foglie (Estr. del Coltivatore di Casale Monferrato, anno XXXVIII, 1892, q. 8-9)/ (2) Voglino P., I funghi }>iìt dannosi alle piante osservati in provincia di l'ovino nel 1905 (Annali lì. Acc. di Agricoli, di 'l'orino. XLYIII, 1906). PHTLLOSTICTA VINDOBONENSIS THUMEN Da questa però si distinguerebbe perchè le macchie fogliari di forma circolare del diametro da l/2 :l -V"> millimetri, sono di colore grigio biancastro e contornate da orlo largo, di color brano fuligginoso, da prima sparse poi confluenti sì da interessare talora buona parte delle lamine che si disseccano in corrispondenza e si perforano, riducen- dosi taloràa brandelli. Nella parte centrale, grigiastra delle macchie appaiono piccoli picnidii bruni con stilospore jaline, cilindriche, mi- suranti 2-3,5 <* 1-1,5 n. Mezzi di difesa. Come per la specie precedente. 361. PHYLLOSTICTA PEESICAE SACC. JV. d. malattia. Perforazione delle foglie -del pesco. Attacca le foglie del pesco nella primavera e nell'autunno produ- cendo macchie sparse, irregolarmente rotondeggianti abbastanza grandi, di color giallo bruno e con margine rosso-sanguigno, talora con zone concentriche. Col disseccamento delle macchie la parte centrale di esse si distacca circolarmente e cade così che le foglie appaiono per- forate. Sulla parte centrale delle macchie prima della perforazione appaiono picnidii puntiformi, globoso depressi, bruno-pallidi, pertugiati, sparsi od isolati che contengono nell'interno numerosissime stilospore jaline, oblunghe, ovali od ellittiche, biguttulate, misuranti (5 7 * 3,5-4 \i. La malattia produce in generale danni limitati. Lotta. Si combatte efficacemente con trattamenti preventivi di poltiglia bordolese. 362. PHYLLOSTICTA YIXDOLOXLW'SIS Thumen. Y. d. malattia. Rogna dei frutti di albicocco. Riscontrata da prima dal Thììmen in Austria dannosa agli albicocchi, da altri autori pure osservata altrove. È frequente di osservare sui frutti degli albicocchi (Prunus Armeniaca) in via di maturazione o già maturi una specie di crosta suberosa, rugosa, brunastra che li detonila e li rende poco accetti sui mercati; in corrispondenza di tali croste l'epicarpio presenta talora delle screpolature. Questa alterazione a qualche somiglianza con un'altra malattia delle albicocche di cui si dirà più oltre, prodotta dalla Stigmina Briosiana I'\km;ii. Nel caso presente però sulla buccia appaiono piccoli picnidii in cui si trovano stilospore ellittiche o subcilindriche, jaline od un po' affumicate lunghe 3,5 5 fi. grosse 1,5-2,5 ;i. Le frutta colpite debbono essere distrutte e non abbandonate sulla pianta per impedire il propagarsi della malattia. 756 i pai; assiti visGBTAl-1 : ni. EU Micini 363. PHYLLOSTICTA PIEINA Sacc. X. d. malattia. Tacche delle foglie del pero; Tacite* des feuilles da Poirier. Produce sulle foglie del pero delle macchie bianche circondate di breve margine scuro: al centro delle macchie ed in corrispondenza della pagina superiore appaiono picnidii minuti poco numerosi conte- nenti stilospore obovate delle dimensioni di 4-5 « 2-2,5 fi., jaline. Il carattere delle macchie ricorda molto l'alterazione prodotta da un altro fungo: la Septoria piricola Desm. di cui si è già parlato a proposito della Sphaerella sentina, (Fé.) Sacc. Colla Phyllosticta si trovano ta- lora i periteci della Sphaerella Bellona Sacc. con cui forse è legata metageneticamente. Raramente però il parassita riesce molto dannoso: le foglie per lo più non si staccano dalla pianta. Lotta. Secondo Weiss si combatte efficacemente con trattamenti preventivi di poltiglia bordolese: le soluzioni di solfuro potassico im- piegate dal DuGrGAR sarebbero meno efficaci. 361. PHYLLOSTICTA PLATANOIDIS Sacc. Il parassita venne trovato la prima volta dal Saccakdo BulVAcer platanoides, più tardi il Penzig lo riscontrava anche dannoso sulle foglie degli agrumi, specialmente del limone. Su questo produce macchie ora poco distinte, ora grigio-chiare che verso la pagina inferiore por- tano picnidii densamente gregari, minutissimi, velati dall'epidermide, globosi, pertugiati. In essi trovansi stilospore piccolissime un poco ristrette nel mezzo, jaline, misuranti 3-3,5 * 0,5 1,5 ji. Il fungo fa sec care le foglie, ma attacca specialmente quelle di piante già un poco sofferenti o tenute in serra. Sono efficaci trattamenti preventivi con poltiglia bordolese all'I " ,,. 3G5. PHYLLOSTICTA BIZZOZERIAXA C. Mass. Questo parassita attacca le foglie delle viti Europee, ma è poco diffuso e pochissimo dannoso. Solo nel 1900 I'Istvanffi (1) ne con- stata grande sviluppo nei vigneti ungheresi fortemente attaccati dal- l'antracnosi. Esso colpisce solo le foglie in sul principio dell'estate producendo macchie irregolari bruno-rossastre o grigio-brune. Sulle macchie compaiono poi piccole pustoline nere, formate da picnidii globoso-depressi, perforati, contenenti stilospore piccole, cilindriche (1) Istvanffi G~. DE, D"1 une maladie de la vigne catisée par le Ph. £i~:o;e- riana (Ann. de l'Instit. Centi*. Ampel. Rovai Hongrois, 3, 1905, pag. 168-1*1'). PHVLLOSTICTA BEGONIA*! BEUN (57 colle estremità arrotondate, jaline, misuranti 2,5-3,8 * 1,5 2,3 p. 11 fango non à nessuna relazione ne coli' antracnosi né col Black-rot, la cui forma micropicnidica è rappresentata da altra specie
  • -. che sollevano la cuticola ed erompono alla superficie, alla sommità dei quali formansi conidii minutissimi (3 6 « 2,5-3,5 ;i.) ellittici od ovali-allun- gati, jalini e con due gocciole oleose verso le due estremità., come agglu- tinati assieme da una sostanza gommosa. La presenza di questa fruttificazione conidiale dà al centro delle pustole un aspetto finemente cotonoso o meglio forforaceo ed \\n colore più o meno roseo che più tardi scompare quando è avvenuta la disseminazione di questi conidii. Essi germinano molto facilmente tanto più se la temperatura dell'am- biente si avvicina ai + 25° 0. (die rappresenta V optimum alla super- Fkimìauis, Trattato di Patologia, ecc. — •!!*. 770 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI ficie dei liquidi ed in presenza dell'aria. L'acqua
  • > ino. I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI quale è diminuita la quantità
  • ,."> per cento sarebbero state usate con vantaggio contro l'antracnosi da alcuni viticoltori e mentre limiterebbero lo sviluppo della malattia gioverebbero al rinverdimento dei sarmenti e delle toglie clorotiche. Non conviene però superare la dose indicata perchè altrimenti si prò locherebbero bruciature. L'efficacia delle diverse sostanze e miscele consigliate nella lotta contro l'antracnosi si potrebbe stabilire nel seguente ordine decrescente (Perraud): 1.° Acido solforico (soluzione al 10 per cento): 2.° Poltiglia al solfato di ferro e di rame (due trattamenti); 778 i parassiti vegetali: ni. kumickti o.° Soluzione di solfato di ferro acidificato (Skawinsky) (due trattamenti); 4." Poltiglia al solfato di ferro e di rame (un trattamento); 5.° Poltiglia bordolese (due trattamenti); li." Soluzione di solfato di ferro acidificato (un trattamento); 7." Poltiglia bordolese (un trattamento); 8.° Solfato di ferro in soluzione semplice. La lotta contro l'antracnosi non è quindi difficile, ma per avere risultati completi bisognerà sempre attenersi essenzialmente ai tratta- menti preventivi da farsi mediante pennellazioni colle soluzioni più adatte in sul principio della primavera. I trattamenti durante il pe- riodo di vegetazione della vite si possono ritenere semplicemente come complementari. (j. Dendroplioma Sacc. Portamento del g. Phoma da cui si differisce essenzialmente per avere la superfìcie interna dei picnidii tappezzata da pseudobasidii brevemente verticillato ramosi (fig. 156, 11:1-3,5). Contiene diverse specie tutte poco importanti come parassiti: ricorderemo solo la se- guente: 380. DEKDKOPHGMA MARCONI I (avara. A. d. malattia. Nebbia del fusto della canapa. È un parassita abbastanza comune dello stelo della canapa spe- cialmente nell'Emilia ed in Romagna ove venne studiato nel 1888 dal Cavara (1). Si manifesta per lo più nell'ultimo periodo della vege- tazione provocando sugli steli la formazione di macchie cenerognole allungate nel senso delle libre della lunghezza di centimetri 0,5-1,5, e della larghezza di millimetri 2 ad 8 cosparse di numerosi punti- cini neri che al microscopio risultano costituiti da picnidii subcutanei, globoso-depressi, bruni, con ostiolo alquanto prominente. La superficie interna di tali corpi fruttiferi è tappezzata di basidii jalini alcuni brevi e semplici, altri vagamente ramoso-dicotomi presentanti all'estre- mità dei rami stilospore ovali, ellittiche o cilindriche, jaline, misuranti 4,5-6,5 * 2-2,5 \i. Il micelio del fungo sviluppato nel cilindro corticale (1) Cavara Fr., Appunti di Patologia Vegetale (Atti dell'Ist. bot. dell'Univ. di Pavia, serie li, voi. I (1888), p. 425). MACROl'HOMA REN1FORM1S CAV. TTi» può invadere anche le fibre ed allora le rende fragili di modo che gli steli diventano inutilizzabili: le sue it'e sono olivaceo- chiare, set- tate, piuttosto ristrette ai setti e qua e là varieose. Le macchie cenerognole prodotte dal parassita alla superficie dello stelo sono sparse od isolate, raramente confluenti, più abbondanti nella metà inferiore del fusto. Benché comune, raramente il parassita produce danni gravi. Lotta. In caso minacciasse una forte diffusione causa condizioni favorevoli al suo sviluppo conviene anticipare alquanto il taglio della canapa. GK Macrophoma (Sacc.) Berl. e Voglino. Picuidii del genere Phoma da cui Berlese e VoGLlNO, seguendo il Saccaudo, disgiunsero il presente genere per la maggior grandezza delle stilospore che sono ovate, fusoidee o cilindriche grandi da L5 ;... in su, spesso granulose all'interno, continue, .ialine, raramente bigut- tulate (fìg. 15(3, 11:13,6). Comprende moltissime specie saprofite <» parassite di scarsa importanza. Ricordiamo le seguenti: a) Sulla vite. 381. MACROPHOMA FLACCIDA (Yiala et Ravaz) Oav. Specie riscontrata da Viala e Ravaz in Francia, dal Cwaka in Italia ed osservata pure altrove sugli acini maturi specialmente dei gcappolini stati dimenticati sui tralci dopo la vendemmia. Finora non sono stati constatati altri danni da questo fungillo clic e cimi ogni probabilità un semplice saprofita. Gli acini colpiti avvizziscono senza seccare completamente : la loro buccia si raggrinza contro i vi- naccioli mentre alla superficie di essi appaiono numerose pustoline nerastre che ricordano un po' quelle prodotte dal Black-rol con cui alcuni autori lo scambiarono. Le pustoline sono formate da picuidii e da spermogonii bruni, subglobosi, ostiolati, i primi contenenti stilospore di 16-19 * <» :■-. quasi fusiformi, gli altri sporule minutissime, bastonciniformi. Le stilospore germinano molto facilmente in acqua emettendo tul>i promicelici. Il micelio si trova abbondantemente sviluppato tra la polpa ed i vinac- cioli. 382. MACROPHOMA BENIFORMIS (Vi ALA et Ravaz) Cav. Anche questa specie venne trovata in Francia dal prof. RAVAZ, constatata in Algeria dal TrABUT, in Italia dal Cavar \. e da altri 780 I PARASSITI VEGETALI: III. EUM1CETI autori iu diverse altre regioni. Ancli'io ebbi occasione di constatarne qualche volta la presenza sempre però su acini maturi di uve abban- donate dopo la vendemmia. Si trova specialmente sui Chasselas pro- ducendo alla superfìcie degli acini maturi numerose pustoline bruno- nerastre formate da picnìdii appena emergenti, perforati da un foro rotondo e contenenti stilospore allungate, talora asimmetriche, un poco più grosse al centro, jaline, misuranti 22 * G jjl. Il micelio è ramifi- cato, settato, jalino e sviluppato nella polpa dell'acino che appellasi presenta appassito. Si tratta anche qui di una forma saprofita. Non si ebbero mai a constatare vere infezioni dovute a questo fungo benché alcuni autori (Speschnew, ecc.) l'abbiano ritenuto come un parassita capace di produrre disseccamento degli acini come il Black-rot, rife- rendolo colla specie precedente al ciclo biologico della Guignardia Bidivellii, mentre con questa specie non à, come dimostrarono nume- rose esperienze, alcuna relazione. 383. MACBOPHOMA PECKIANA (Thììmen) Berl. et Yogl. Produce qualche volta sui tralci delle viti delle macchie irrego- lari, grigio-chiare su cui spiccano punticini neri formati da picnidii erompente-subconici, tappezzati da basidii lunghi e clavati, alla sommità dei quali sonvi stilospore ellittiche, jaline, molto grandi (20-34 * 6-14 ji.). Come parassita a scarsissima importanza. b) Su organi fiorali del grano. 384. MACEOPHOMA HENNEBERGII (Kuhn) Berl. et Vogl. Questa specie venne trovata dal Kuhn in Germania sugli organi fiorali del grano e da lui riferita al g. Phoma, dal Frank venne poi constatata in Baviera e Turingia, dall'ERiKSSON in Svezia, dal Lo- priore anche in Italia (1). Si sviluppa su glume, glumette, reste di grano su cui appaiono picnidii sparsi, prima coperti dall'epidermide poi erompenti, rotondati, un po' depressi all'apice, nerastri e conte- nenti stilospore cilindriche, rette o curve, misuranti 14-18 ^ 2-2,5 \i., jaline. Può produrre lievi danni impedendo il normale sviluppo e la ma- turazione delle cariossidi. (1) Lopriori:, in Boll. Not. Agrarie del Minist. di Agric. Imi. e Cornili., IM)::, XV, n. 14, p. 498. FDSICOCCUM A.BIETINCM PKILL.-DELACE. 7N1 G. Cicinnobolus Ehrh. In questo genere non si comprendono specie dannose a vegetali, ma viventi parassiticamente (?) sulle ile conidifere degli Oidium su cui sviluppano contornandole come un manicotto, picnidii piccoli, obo- vati, oblunghi o conici, membranacei, bruno-pallidi o subocracei, con tenenti numerose stilospore ovate, continue, jaline, espulse in massa a forma di cirro. Una specie di questo genere designata col nome di Cicinnobolus Cesata De Bary si ritrova frequentemente sui conidio- fori déìVOidium Tuclceri, anzi un tempo si credeva che fosse una forma picnidica collegata al ciclo evolutivo del fungo della crittogama della vite, mentre poi il De Bary nel 1870 riuscì a stabilirne l'autonomia ed il parassitismo (cfr. Trattato a pag. 485 480). Questa ed altre specie di Cicinnobolus si incontrano di frequente su diverse specie di Erisi- facee allo stato di Oidium. Il Vuillemin (1) recentemente propugnò l'ipotesi che il Cicinnobolus Cesata forma Evonymi Tassi che si sviluppa ne\V Oidium quercinum possa contribuire alla distruzione di questo, nuo- cendo al di lui sviluppo; è da osservarsi però che il Cic. Cesatii non impedì per nulla il fatale propagarsi- dell' Oidium Tuclceri. (*. Fusicoceuin (orda. In questo genere i picnidii sono immersi in uno stroma subcuta neo- erompente convesso o conico di consistenza quasi coriacea, nero ed in esso spiccano come delle cavità più o meno grandi ed irregolari tappezzate da brevi pseudobasidii all'estremità dei quali trovatisi sti- lospore fusoidee, continue, jaline, dritte, grandette. Ricorderemo la specie : 385. FUSIOOCCUM ABIETINUM (HARTIG-) Pkill. et DELACR. (= rhoma abietina II. HARTKl). N. d. malattia. Seccume circolare della scorza dell'abete bianco: Maladie desbranchesdu Sapin; mnschnurungskrankheit der Tannenzweìge. Questa malattia venne studiata in Germania dall'HARTia (2) che l'attribuì al parassitismo di una nuova specie di ritorna, da lui desi- gnata col nome di rhoma abietina e che più tardi il Trillieux e & (1) Vuillemin P., in Bull. Soc. Mycol. de France, XXVI. p. 390-393 (1910). (2) Hautig K., Lelub. der Bautukrankli., II. 1889, i>. 124. 782 I PARASSITI VEGETALI: III. EDMICETI Delacboix giustamente riportarono al g. Fusieoccum. Il parassita colpisce sia il tronco od i rami dei giovani abeti [Abies pedinata), sia rami aventi anche 5 centimetri di diametro di piante più vecche ed uccide la scorza a zone circolari per un qualche centimetro di lunghezza. Sopra la zona ammalata il ramo presenta vegetazione sten- tata: le foglie diventano clorotiche, più tardi rossastre mentre l'estre- mità del ramo finisce per disseccare. La malattia venne an- che osservata in Francia dal Meb nei Vosgi e re- centemente dallo HENRY nelle foreste del Giura e da questi autori riscontrata in alcuni casi piuttosto dannosa (1 j : l'infezione per opera del fungo sui rami avviene dall'agosto al set- tembre: la scorza attaccata secca a piccoli tratti ed a zone circolari durante l'inverno, però il ramo ve- geta ancora benché sten- tatamente al disopra del punto attaccato produ- cendo nel maggio-giugno dei germogli corti e deboli che verso la fine della state presentano le foglie ingiallite, mentre ai limiti della parte necrosata com- paiono rigonfiamenti an- nnlari (die tendono a limi- tare la parte morta della scorza da quella ancora sana. Solo nella primavera successiva le foglie già ingiallite prendono una tinta bruno- rossastra e seccano, mentre pur avviene il disseccamento dell'estre- 2 ìas&*&&£ae ' Fig. 160. Secatine circolare dei rami dell'abete bianco. 1. Porzione ili ranni eli Abies i ■< >1 1 • i r < > dalla malattia. 2. Se- zione di uno stroma pluriloculare «li Fusieoccum Abie- tiiiinit. :;. Pseudobasidii e stilospore. 4. Stilospore isolate (1,4 da Hartig, 2-3 <ìa PsiìuÈux). (1) Ut. Mi:RE..in Bullett. Soc. Botali, de Plance, T. XXXVII. lev. 1890; IIi.nkv F... in Conipt. rend. de l'Acad. d. Se. de Fi.. Paris 1907, T. CXLIV, [>ag. 725. CYTOSPORELLA DAMNOSA PETRI 783 unità del ramo o del fusto, quando si tratti di giovani piante. Se il ramo è grosso e vigoroso può talora avvenire che la scorza molla si stacchi ed allora il ramo vegeta ancora: se però l'alterazione à in- vaso anche il cambio, il legno annerisce, dissecca ed il ramo muore. I tessuti della scorza sono invasi da abbondante micelio ad ife brune, ramificate che non solo uccidono le cellule del periderma e del fellogeno, ma anche gli elementi del libro e del cambio arrivando talora tino al legno. Quando il cambio è attaccato questo non forma più legno, ma verso l'esterno tende a formare come una specie di cercine cicatrizzante alle due estremità della zona alterata. Sulla scorza morta attraverso le fessure del periderma erompono poi dei corpiccioli tubercoli formi neri che sono gli stromi del fungo, di forma subconica (fig. 160 : 1) presentanti nell'interno diverse lacune o cavità irregolari tappezzate da uno strato di tini e brevi pseudobasidii aventi all'estremità stilosporejaline, continue, fusiformi, misuranti 12-14 « 5-6 ;u (I. 1 < 1 < ► : l' 1 . Queste spore germinerebbero facilmente nell'acqua e portate sulla scorza svolgerebbero nell'interno il micelio. Hartig suppose che questa forma picnidica fosse in relazione con una forma ascofora di un disco- micete che il Eehm ascrive alla Dasi/scypha caliciformis, frequente sui rami disseccati della stessa pianta. Lotta. Fortunatamente la malattia non è in tutte le località molto diffusa e quindi non sempre produce danni gravissimi. La lotta non è facile e si dovrebbe esplicare colla distruzione dei rami infetti (die sono d'ordinario quelli più bassi. Quest'operazione deve essere fatta prima dell'emissione delle spore e cioè sul finire dell'estate od in principio d'autunno. (*. Cytosporella Sacc. Caratterizzato dalla presenza di uno stroma a forma di verruca erompente dalla scorza dei rami o superficiale, nero all'esterno, interna- mente più pallido e pluriloculare. Dentro a queste cavità si trovano poi numerose stilospore globose od ovali, continue, jaline o quasi, per lo più assai minute. 386. CYTOSPOEELLA DAMNOSA Petri. N. d. malattia. Disseccamento degli apici dei rami di pino. Questo parassita che produce una malattia molto analoga alla pre- cedente venne riscontrato dal PETRI su rametti di Pinti 8 Phiaster 7S+ 1 PARASSITI VEGETAI,] : III. UUMIGKTI disseccati all'apice in una giovane pineta in quel di Gaeta (1). Anclic Schellkmeerg in Svizzera avrebbe riscontrato qualcosa di simile riferendolo al parassitismo di una Gytospora. La malattia studiata dal Petri si manifesta col disseccamento degli apici dei rami di pino: nel limite tra la parte sana e quella disseccata è caratteristico un rigonfiamento che gira tutt'attorno al rametto formato da accumulo di resina die trasuda da piccoli cancri bruni e profondi. Queste ul- ceri si formerebbero in seguito alla tensione della massa resinosa nonché dei corpi fruttiferi del fungo die si originano profondamente e fanno screpolare la parte superficiale già necrosata. Nella parte sana del rametto non vi è traccia di micelio, questo è invece abbondante nella zona corrispondente al rigonfiamento od alle formazioni cancre- nose. Ivi si nota che le cellule dei tessuti corticali sono profonda- mente alterate, imbrunite ed impregnate di resina ed invase da nume- rose ife j aline che invadono anche il cambio ed al disotto di essole tracheidi. Nella, profondità del tessuto corticale del micelio si svilii p- pano concettacoli fruttiferi a parete bruna che più tardi diventano superficiali, erompendo dai tessuti morti: nella cavità dei concettacoli tappezzati da uno strato di filamenti sporiferi brevi e stipati trovansi numerose stilospore jaline, globose od ovali assai piccole (1,5-2,5 (i. di diametro; oppure 3 * 1,5-2). L'infezione avverrebbe probabilmente nei rami attraverso piccole ferite della scorza. Come per la malattia precedente anche qui si consiglia il taglio dei rametti colpiti a 5-10 centimetri al disotto del caratteristico rigon- fiamento. (*. Placosphaeria Saoo. Presenta stromi effusi, neri, spesso velati dall'epidermide, nell'in- terno più o meno distintamente pluriloculari e contenenti in queste cavità stilospore oblunghe o cilindracee, jaline. Le specie attaccano per lo più cauli o foglie: sono però di scarsa importanza. La Placosphaeria Onobrjchiilis Sacc. : che produce nella pagina inferiore delle foglie di lupinella e, secondo Scalia (2), anche della Sulla {JBLedysarum coro- narium) le cui piante rimangono basse e rachitiche, dei Lathyrus, delle carat- teristiche tacche crostose nere è la forma pienidica del Tthytisma Onobrychidis DC. già descritto a pag. 309 del presente Trattato. (1) Petri L., in Annales Micologici, V, Berlin 1907, p. 326-332. (2) Scalia G.. Note Patologiche in Nuova Rassegna, Catania 189J. SPHAEROl'SIS MAI.ORUM l'ECK. 785 G. Cytospora Ehbenb. Comprende moltissime specie assai frequenti sui rami secchi di diverse piante però ordinariamente a comportamento saprofitario, ca- ratterizzate da stromi più o meno erompenti, conici o verrucosi, inter- namente forniti di cavità di varia grandezza piene di stilospore piccole, jaline, leggermente curve a forma di C (Allantospore). La Cytospora rubescens FR.rche si sviluppa comunemente sui rametti ancora vivi di diverse specie di Prunus è la t'orma picnidica della Eutypélla Prunastri (Pers.) Sacc,, già descritta a pag. 345 del Trattati). Sottopam. — Feosporee. (*. Sphaeropsis Lèv. Picnidii subcutanei poi erompenti, globosi con ostiolo papilliforme, di consistenza membranacea o carbonacea e di colore bruno-nerastro. Le stilospore sono ovate od oblunghe abbastanza grosse, continue, olivacee o fuligginee, inserite su basidii bacillari. Ricorda il porta- mento del g. Macroplioma da cui si distinguerebbe per le stilospore brune. ■ÒSI. SPHAEROPSIS MALOEDM Peck. X. della malattia. Ticchio] attira delle foglie, cancro dei rami rot bianco degli acini. I picnidii si svolgono sugli acini, raramente sui tralci. Sottofam. — Jalodidime. (x. Actinonema Fu. Caratterizzato da picnidii minuti, ottusi, superficiali, astomi, inse- riti su fibrille a disposizione raggiata, t'ormanti macchie epifille, ara- cnoidee innate nella cuticola. Le stilospore sono tipicamente oblunghe, jaliue ed 1 -settate. 388. ACTINONEMA ROSAE (Lib.) Fries (Asteroma rosae Lib.). X. d. malattìa. Ticchiolatura delle foglie delle rose: Roseti Asteroma. Produce sulle foglie di alcune qualità di rose coltivate (per esempio delle varietà Belle Augevine, Triomphe d' Alengon, Aoel Orant, Eosa Borboniana var. Triomphe d'Anger, ecc.) delle caratteristiche macchie sulla pagina superiore, grandi, subrotonde di color grigio- violaceo a Struttura minutamente fibrillare, con fibrille raggianti verso la peri feria dendroideo-ramose, sulle quali macchie sono disposte talora in serie, concentriche numerosi e piccoli corpiccioli neri che sono i pi- cnidii nell'interno dei quali si trovano numerose stilospore ialine, bicellulari. assai ristrette al setto e misuranti L5-20 * 5-6 n. La forma incompleta dei picnidii à indotto alcuni autori forse giustamente ad interpretarli piuttosto come acervoli e quindi a riferire la specie al 788 1 PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI gruppo dei Melanconiacei, distinta però dal Saccardo dalla Marssonia Rosae (Lib.) Br. e Oav. che si sviluppa pure sulle stesse qualità di rose e che presenta macchie quasi simili sulle foglie. Secondo le osservazioni fatte dal Frank (1) queste stilospore ger- minano nell'acqua dopo 24 ore e producono infezione attraverso la cuticola delle foglie di rosa svila ppandosi il micelio al disotto della cuticola stessa ed irradiando attorno al punto d'infezione in modo da formare le caratteristiche macchie a struttura tìbroso-raggiata. Alcune ife però riescono a passare anche attraverso le cellule epidermiche nel palizzata ed allora avviene disorganizzazione dei contenuti cellu- lari: le cellule imbruniscono e le foglie disseccano. Sulla parte supe- riore delle chiazze il micelio costituisce poi i picnidii. La malattia può compromettere talora, benché non sempre grave- mente, la vegetazione o la fioritura delle rose. Conviene staccare e distruggere le foglie colpite ed adottare come misura preventiva per le rose più danneggiate la poltiglia bordolese a tenui dosi (0,5 per cento) oppure una poltiglia formata da kg. 0,5 di solfato di rame, 0,5 di solfato di ferro, 0,5 di calce, 120 grammi di sale d'ammonio in 100 litri d'acqua. G. Ascochyta Lib. Comprende specie tipicamente parassite viventi su foglie, cauli o frutti e producenti su tali organi verdi prima delle decolorazioni poi delle macchie per lo più caratteristiche. Su tali macchie appaiono poi i picnidii, minuti, globoso-lenticolari, perforati, membranacei, conte- nenti stilospore ovate od oblunghe I-settate, j aline o pallidamente giallognole. Le specie parassite più interessanti sono le seguenti : 380. ASCOCHYTA PISI Lib. N. d. malattia. Antracnosi del pisello, seccume, nebbia del pisello, del fagiolo, della fava, rabbia del cece; Antracnose anni dei vivai, talora tutte le foglie di tutti i rami ne sono colpite Il micelio del fungo che si svolge nel niesofillo è formato da ife ialine e settate: verso la pagina superiore appaiono poi in corrispon- denza delle macchie dei piccoli picnidii sollevanti l' epidermide che poi viene rotta, di color bruno. Xella cavità del picnidio trovansi stilo- spore jaline per lungo tempo continue, coi caratteri quindi di una Vhyllosticta, più tardi diventano 1 settate, leggermente ristrette al setto, misurando 8-14 ^3-4,5 n. Le stilospore germinano facilmente ed il promicelio infetta le foglie. Lo sviluppo del fungo è collegato a forte umidità dell'ambiente consociata a temperatura non molto elevata (+8° + 12° C.) quindi la malattia si appalesa abitualmente nell'autunno producendo però danni limitati poiché anticipa di poco la caduta delle foglie. Cure. Si potrebbero fare nel mese di agosto sulle piante dei vivai irrorazioni di poltiglia bordolese all'I per cento. Converrebbe anche raccogliere e distruggere le foglie ammalate cadute al suolo. 0. Diplodina West. Affine al precedente: però le specie sono per lo più rami-caulicole e sono caratterizzate da picnidii subcutanei od erompenti, globoso- papillati, atri, giabresceuti. Le stilospore sono ellittico oblunghe, I-set- tate, jaline. 392. DIPLODIXA CASTANEAE Prillieux et Delacroix. X. (1. malattia. Cancro dei rami di castagno; Le Javart des Chà- taigniers. È dannosa in alcune località della Francia, specialmente nella Loira inferiore, ed attacca i rami dei castagni tenuti a ceppa ia che vengono adoperati per la fabbricazione di cerchi di legno 0 per utilizzarne le pertiche. Il fungo è pur stato trovato in Italia, ma non si anno no- tizie di danni che abbia potuto produrre. Sulla scorza dei giovani getti appaiono tacche allungate, molto appa- riscenti, sviluppate in diversi punti ed a breve altezza dal piede. Ivi la scorza è bruna, depressa, si secca e screpola in placche che si distaccano di modo che il legno appare poi denudato (fig. 162:1). Anche questo può essere alterato ed allora i piantoni diventano inutilizzabili. I cancri che si formano sui rami assomigliano alquanto a quelli prodotti dalla Xeetria ditissima sui meli. La vegetazione dei rami colpiti e stentata 794 I PARASSITI VEGETALI: III. EC.MICETI e questi possono seccare entro 7-8 anni. Il taglio di tali castagneti, come constatarono il Prillieux ed il Delacroix (1) che si occuparono della malattia nota in quelle regioni della Francia col nome di Javart, perde 1 , od anche più del suo valore poiché i rami non possono più essere utilizzati per la fabbricazione dei cerchi. Sui punti ammalati della scorza appaiono poi pustoline nere, pro- minenti, subcutaneo- erompenti, in- ternamente uniloculari od anche irregolarmente e poco distinta- mente pluriloculari, con cavità tappezzate da basidii e presen- tanti su essi stilospore fusoidee, ialine, 1- settate, misuranti 6-7 * 1-1,5 \i. (tìg. 162:2-4). Lotta. Conviene tagliare e bru- ciare i rami infetti per impedire la propagazione della malattia. 393 DIPLODIXA PAEA- SITICA (E. H art io) Prillisi- x (= Septoria paralitica Hartig: Ascochyta piniperda Lixd.). N. d. malattia. Seccume dei germogli dell'abete; Maladie des jeunes pousses de VÉpicea. Questa malattia venne studiata dall'HARTiG (2) in Germania e da questo autore riferita al parassi- tismo di una Septoria (S. parasi- tica). Sarebbe frequente e dannosa nei vivai di giovani abeti (di 2-3 anni), ma colpirebbe talora anche gli alberi più vecchi. La malattia appare in maggio, quando i nuovi germogli sono an- cora teneri: quelli colpiti si presentano verdi all'apice, ma perdono Fig. 162. Cancro dei castagno. I. Ramo di castagno affetto dalla malattia. 2. Se- zione rti picnidio di Diplodina Castaneae. 3. Strato di pseudobasidii. 4. Stilospore (tutte da Prillieux). (1) Prillieux et Delacroix, Le Javart: maladie des GUàtaigniers (Bullett. de la Sor. Mycol. «le Fr., T. IX, p. 275) (1893). (2) Hartig R., Etne Icrankh. der Fichtentriebe (Zeitschf. far Forst. und Jagdw., XXII, 1890). DIPLODIA PRUNI FO< K 795 le foglie alla base o verso la metà. Il germoglio così colpito pende verso terra ed a poco a poco si spoglia anche delle foglie superiori. L'inizio della malattia si effettua per lo più alla base del germoglio ov'erano le squame della geni ma tra cui il germoglio stesso è sorto. La malattia ben si distingue dal seccume dei germogli per effetto del gelo: in questo caso il germoglio secca tutto contemporaneamente, mentre nel primo caso progressivamente. Il micelio si trova abbondante alla base del germoglio ed il suo sviluppo determina il cambiamento di dire/ione del germoglio stesso. Sui rametti morti nell'estate ed alla base dei germogli stessi nonché sulle toglie morte che non si sono slaccate appaiono poi i picnidii in t'orma di corpiccioli neri che erompono all'esterno: essi sono uni o pluriloculari, colle cavità rivestite internamente di pseudobasidii acu- minati sostenenti stilosporejalin e, fusiformi, I set tate, misuranti 13 15 ji. di lunghezza. L'infezione per opera di queste stilospore avviene nel maggio della successiva primavera, epoca in cui sono mature sui germogli secchi dell'anno precedente. Hartig à dimostrato il potere parassitario di questo fungo riproducendo a mezzo di infezioni artificialmente la malattia. I mezzi (li lotta consistono nella soppressione dei germogli col- piti, prima della comparsa dei picnidii. Sottofam. — Feodidimee. G. Diplodia Fr. Molto affine al precedente genere per aspetto dei picnidii che sono subcutaneoerompenti, subcarbonacei, atri, tipicamente papillati, per- forati e tappezzati internamente da pseudobasidii bacillari, semplici, jalini. Se ne differisce però per le stilospore fosche, I-settate, ovate. oblunghe od ellittiche. Comprende moltissime specie la maggior parte ramicole, saprofite o parassite di poco interesse. .Meritano appena di essere menzionate le seguenti che si possono ritrovare sui rametti di piante da frutta. 394. DIPLODIA PRUNI FuCK. Si sviluppa sui rametti del susino (Prunus domestica) e dell'albicocco (Pr. Armeniaca) formando dei piccoli picnidii aggregati, erompenti dall'epidermide, globosi, papillati. nerastri. in cui si trovano stilospore allungate, fosche, I-settate (18 22 s 8-10 Pochissimo dannosa. 796 i parassiti vegetali: ih. eumiceti 395. DIPLODIA OERASORTJM Fuck. Sui rametti di ciliegio. 1 ])icnidii sono grandetti, neri, per lo più ricoperti dalla scorza e con- tengono stilospore brune, ora continue, ora bicellulari (24-2.") * 12 fi.). Anche questa specie à poca importanza pratica. 396. DIFLODIA PEESICAE SACC. Sui rametti del pesco. I picnidii sono erompenti, globulosi, papilla ti, neri: le stilospore oblunghe, bicellulari, fuligginee (18-20 * 8 n.). Poco interessante. O. Rhynchodinlodia Briosi e Farn. Si distingue dal precedente per i picnidii forniti di rostro allun- gato e pelosi. Le stilospore sono oblunghe, I-settate, di color castagno. 397. RHYNCHODIPLODIA OITRI Briosi e Farneti. N. della malattia. Fuggine bianca dei limoni; Weissen Scliorf der Limoneti. In Sicilia fin dal 1899 gli agrumicoltori specialmente delle Pro- vincie di Messina, Siracusa e Palermo ebbero occasione di constatare la diffusione di una grave malattia dei limoni colà designata col nome di Ruggine bianca. Si diffuse poi negli anni successivi provocando danni sempre più intensi, comparve anche nel continente in provincia di Reggio Calabria ed anche sarebbe stata osservata in Liguria però raramente e senza che quivi abbia apportato danni apprezzabili. In- torno alle cause di questa malattia i pareri dei patologi sono tuttora discordi : Cavara e Mollica (1) che la studiarono in Sicilia l'attri- buirono al parassitismo di un acaro rinvenuto sui frutti ammalati il Tenni pai pus cuneatus, il Leonardi la crede dovuta all'azione di un tìsa- porle: YNeliothrips liemorrlioidalis, secondo gli studi recenti del Briosi e Farneti si dovrebbe riferire invece ad un fungo assai polimorfo che designano come specie nuova: la Rhyncliodiplodia Gìtrì Br. e Far. (2). In attesa che nuovi studi confermino la vera causa della malattia, ne descriveremo qui brevemente i caratteri esterni, con un cenno al fungo, che secondo questi ultimi autori, si dovrebbe ritenere come la causa esclusiva del male. (1) CATARA F. e MOLLICA X.. Intorno alla ruggine bianca (lei limoni (in Ani Arcati. Gioenia di Se. Natur., Catania, 4. voi. XVII). (2) Briosi Gr. e Farneti R., in Atti Istit. Bot. di Pavia, nuova serie, vo- lume Vili e X (1907^. p. 1. RHYXCHODIl'I.oiM V CITRI BEIOSI-FARNET1 r97 Caratteri esterni della ruggine bianca. La malattia colpisce spe- cialmente i frutti, ma attacca anche le foglie ed i rami di 2-3 anni dei limoni. Sulla buccia dei frutti giovani si manifesta con chiazze cenerognole o grigio-verdiccie, irregolari, confluenti, formate cune da piccole croste forforacee, disquamantisi. Talora le macchie interessano un sol punto della buccia, altre volte si diffondono a quasi tutto l'epicarpio. Incerti casi lo strato crostoso può assumere anche un co- lore grigio - gialliccio. Sui frutti maturi si ma- nifesta come una patina bianco -cenerognola, a lucentezza micacea, screpolata superficial- mente per fessure che incontrandosi limitano delle areole subpolie- driche. I frutti colpiti rimangono deturpati, duri, con buccia coria- cea e diventano inuti- lizzabili (fìg. 1G3: 1). I rami colpiti si presentano più poveri di foglie e qua e là ricoperti da una patina più continua che quella dei frutti e dell'aspetto di uno strato denso di vernice bianco-cenerina molto evidente e stac- catesi nettamente dai circostanti tessuti sani e verdi. Sulle foglie le macchie sono più o meno estese ed irregolari, non marginate, bianchiccie o giallognole, poi brune, ipofille: a queste macchie si contrappongono sulla pagina supcriore tacche decolorate, gialle, clorotiche. Sulle macchie bianche più tardi appaiono areole bruniccio che si allargano e confluiscono comunicando alle foglie un colore **=■__ Pig. Hi::. Ruggine bianca dei limoni. 1 . Aspetto di un giovane frntto ili limone colpito dalla malattia. '_'. Sezione attraverso un cancro prodotto dal i in m micelio della Rhynehodì Citri, p formazioni del peri- derma che circoscrive l'infezione. 3. Forma conidica del fungo (Ovularia Citri). 4, Altra forma coni .">. Forma picnidica [lthynchodi\ a picnidio sezionato longit., h stilospore (tutte sec. Briosi e Park 798 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI bruno-tabacco. Le foglie diventano poi bollose alla pagina superiore e disseccano. Caratteri microscopici della malattia e del parassita (secondo Briosi e Farneti). Sotto l'influenza del micelio del fungo da prima le pareti cellulari del parenchima ipodermico della buccia si lignifi- cano parzialmente, più tardi si effettuano processi di suberificazione. Il plasma cellulare si altera, imbrunisce, si disorganizza e muore. Nei tessuti sani sottostanti si formerebbe uno strato di periderma protettore che impedisce che la malattia si approfondi e si estenda (fig. 163:2)- Il parassita trovato da Briosi e Farneti sulle tacche sarebbe assai polimorfo. Alla superficie delle tacche crostiformi e nelle scre- polature si rinvengono ife miceliche di diverso calibro ora abbastanza grosse, brune, settate, da cui si elevano conidiofori pure bruni e set- tati, cespugliosi, portanti verso l'estremità conidii ellittici, bruni, con- tinui o bicellulari (5 11*4 ja.), ora esilissime, jaline, raramente set- tate con conidiofori brevi, jalini, semplici portanti all'apice conidii piccoli, jalini, continui, ellittici, misuranti 6 * 3-4 |i. Alla prima forma conidica diedero il nome di Cladosporium Otri, alla seconda di Ovv- iarla Gitri. Queste forme assoggettate a colture diedero luogo ancora ad altre forme conidiche {Pseudofumago Cifri, Hormodendron Cifri, Haplaria Citri) e ad una forma picnidica che gli autori designano come Mhyncliodiplodia Citri costituita da picnidii piriformi, forniti di rostro ostiolare dritto o curvo, più o meno rivestiti di peli flessuosi e fuligginei. Nell'interno contengono stilospore prima jaline, poi brune e bicellulari, oblungo- ellittiche, misuranti 7,5-9 * 3-3,5 jx. (fig. 163:3-5). Gli autori sarebbero riusciti con prove di inoculazione a riprodurre arti- ficialmente la malattia su piante sane. Mezzi di lotta. Tra le diverse miscele anticrittogamiche sperimen- tate da Briosi e Farneti allo scopo di trovare un rimedio adatto contro la ruggine bianca dei limoni essi avrebbero ottenuto special- mente buoni risultati dall'applicazione: 1.° Dell1 acqua celeste preparata con un kg. di solfato di rame, 1,5 litri di ammoniaca su 100 litri di acqua. 2.° Della poltiglia zuccherata preparata sciogliendo kg. 2 di calce viva in 85 litri di acqua, ed a parte kg. 2 di melassa commerciale in 10 litri di acqua, mescolando le due soluzioni poi aggiungendo kg. 2 di solfato di rame sciolto in 10 litri di acqua. 3.° Del miscuglio di carbonato di rame e carbonato di ammoniaca preparato mescolando in polvere grammi 150 di carbonato di rame con 500 grammi di carbonato di ammonio ed impastando le due so SEPTORIA TRITICI DESM. 799 stanze con 1-2 litri di acqua, diluendo quindi con acqua fino ad otti- nere 225 litri di soluzione che non deve essere subito adoperata, ma lasciata un po' di tempo in riposo. Come misura profilattica conviene inoltre sempre raccogliere e di- struggere gli organi (specialmente i frutti) colpiti dalla ruggine bianca e potare energicamente i rami infetti. Sottofam. — Fragmosporee. G. Hendersonia Berk. Picnidii subcutaneo-erompenti o subsuperficiali, globoso-papillati o depressi, membranacei ò subcarbonacei, neri. Il carattere distintivo sta nelle stilospore che sono oblunghe o fusoidee, 2-plurisettate tra- sversalmente, olivacee o fuligginee. Comprende molte specie per lo più saprofite dei rami secchi. Sui sarmenti della vite si può incon- trare talora con una certa frequenza la specie: 398. HENDERSONIA SARMENTORUM West, che pero vive anche sui rami di altre piante e produce piccole pustoline sollevanti la scorza, numerose, brune, formate da picnidii un po' depressi, per- forati in cui sono stilospore ellittiche, brune, trisettate, misuranti 10-12 * 4-5 |a. JSon si può considerare come una forma parassita poiché si trova sulla scorza dei rami annuali languenti o secchi per altre cause. Sottofam. — Scolecosporee. G. Septoria Fu. Comprende moltissime specie a comportamento per lo più paras- sitario, tipicamente foglicole, producenti d'ordinario, come nel genere rhyUosticta, decolorazioni o macchie fogliari su cui si svolgono picnidii minuti, subcuticolari, globoso-lenticolari, distintamente perforati, lassa mente membranacei di color giallo-bruno o bruno-pallido. Le stilospore sono vermicolari o filiformi (scolecospore), plurisettate o plurigut- tulate, jaline, inserite su pseudobasidii brevissimi o quasi nulli. Ac- cenneremo solo alle specie principali e più dannose che si svolgono sulle foglie delle più comuni piante coltivate. 1) Specie parassite su toglie od organi erbacei di Monocotiledoni. 309. SEPTORIA TRITICI Desm. X. (1. malattia. Seccume delle foglie del grano: La Nuile dés Céréales. 800 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI È un parassita frequentissimo delle foglie del grano diffuso spe- cialmente in Francia, in Italia e nell'Inghilterra. Non produce che raramente danni serii, tuttavia il Cavara nel 1893 ebbe occasione di constatarne danni abbastanza sensibili nell'Italia superiore (1). Si sviluppa in primavera specialmente quando la stagione decorre fredda ed umida ed attacca specialmente le foglie inferiori, più vicine a terra che fa seccare. Non di rado è consociato alla Puccinia dispersa. Sulle foglie produce tanto alla pagina superiore che alla inferiore, ma spe- cialmente su questa, delle piccole tacche, prima giallognole poi rossastre e finalmente biancastre: queste tacche sono più o meno allungate nel senso delle nervature e su di esse spiccano piccoli punticini neri, numerosi che sono i picnidii, immersi nell'epidermide. Osservati al microscopio essi sono globoso depressi, membranacei, di color bruno- chiaro, distintamente pertugiati e contengono moltissime stilospore lineari, jaline, curve o flessuose, distintamente settate (cfr. tìg. 85:3 a pag. 420 del Trattato) e misuranti 60-05*3,5 5 <>nntli>ro. 1. Portone di foglia 'li pomidoro colpita dalla malattìa. 2. Mac- chie fogliari prodotte dal parassita più ingrandite. 3. Se- zione longitudinale di picnidi con stilospore ili Septoria Lycopersici. 4. Stilospore (tutte originali). 806 I PARASSITI VEGETALI: III. KUMICETI I picnidii sono immersi, forniti di ostiolo erompente, rotondo, grande, sono subglobosi e di color olivaceo. Le stilospore numerosissime sono filamentose, cilindriche o clavulate, plurisettate, jaline e misurano 40-120*2-4 n. (flg. 165:3-4). Questo parassita del pomidoro venne scoperto la prima volta dallo Spegàzzini nell'Argentina, più tardi veniva anche segnalato in Europa e dal prof. Cuboni nel 1888 riscontrato in Italia presso Trobaso (1), nell'anno successivo il Passerini lo avvertiva dannoso iu quel di Parma (2), Briosi e Cavara lo ritrovarono poi presso Pavia ed oggidì è ovunque diffuso e frequentissimo anche nell'estate durante i forti calori comparendo anche in periodo di siccità e nell'autunno conso- ciando poi il suo parassitismo a quello della peronospora del pomi- doro. Oltre che in Italia il parassita è dannoso in .Francia, in Austria ove venne osservato nel 1905 dal Kock ed in Germania ove pure lo riscontrò il Beh. Lotta. Contro questa malattia riesce efficacissima la poltiglia bor- dolese che, secondo il Beh (3), dovrebbe essere preparata all'1-2 per cento ed applicata di quindici in quindici giorni dall'estate all'autunno. Le foglie come gli steli colpiti o seccati per la malattia debbono es- sere raccolti e bruciati. 400. SEPTOEIA CCJCUBBITACEAEUM Sacc. JV". d. malattia. Seccume delle foglie di zucca. Molte cause parassitarie e non, possono determinare il disseccamento delle foglie della zucca; tra le parassitarie va annoverata anche questa specie benché non produca grandi danni. Sulle lamine fogliari produce delle macchie di secco larghe circa un millimetro se isolate od anche di circa 3 millimetri se confluenti, a contorno irregolare. Sul centro delle macchie si nota un piccolo picnidio nero, fornito di grande ostiolo, contenente stilospore vermicolari, tortuose, settate, jaline, misuranti 60-70 * 1-2 ti. 407. SEPTOBIA CHEYSANTHEMI Cav. 2t. d. malattia. Seccume delle foglie del Crisantemo. II fungillo scoperto dal Cavara sulle foglie dei Crisantemi venne riconosciuto dannoso parassita di questa pianta ornamentale dal Vo- li) Cuboni G-., in Boll. Not. Agrarie, Roma, nov. 1888. (2) Passerini G., La nebbia del pomidoro in Bull. Coni. Agr. di Panna, giugno 1889. (3) Reh L., in Prakt. Ratg. im Obst. und Gartenbau, 1905, n. 21, p. 189 e 190. SEPTORIA CHRYSANTHBM1 CAV. 807 gltno (1) nei giardini di Torino e dintorni dall'estate all'autunno degli anni 1900-1901. La malattia si presenta sulle foglie con macchie irregolari brune o giallo-rossastre che in principio dell'infezione (luglio settembre) pro- ducono annerimento parziale o totale della lamina e del picciolo, rara- mente di porzione del fusto e che più tardi (novembre) inducono l'essicamento delle toglie mentre si formano su di esse chiazze circo- lari, (piasi lucenti, bianco-grigiastre, poi bruno ocracee a contorno ben netto e definito in corrispondenza alle quali il tessuto morto si di- stacca circolarmente lasciando un foro. Le foglie così disseccate si distaccano. Sulle porzioni imbrunite della lamina e del picciolo come pure sulle macchie ocracee appaiono poi minuti corpi fruttiferi, sferici, pro- minenti, disposti irregolarmente. Xei tessuti il micelio si presenta con ite jaline, cilindriche, di calibro diverso, ramificate, intercellulari e da esse si costituisce una forma picnidica che il VOGLINO designa come Phoma Ghrysanthemi fornita di stilospore ovate, .ialine, misu- ranti 7-10 * 3 -1 (i. Insieme a questa sarebbe consociata un'altra forma picnidica riferibile invece a Septoria Ghrysanthemi Cav. (1892) con sti- lospore 6-10 settate, filiformi, misuranti 60-75 v 2-2,5 p. Questa forma era già ritenuta dannosa da altri autori che ebbero occasione di osser- varla sulle foglie dei Crisantemi coltivati, come Briosi e Cavara, PRUNET, Chifflot, ecc. (2). Il Saccardo dovette mutarne il nome in Septoria chrysanthemella avendo I'Allescher, un anno avanti (1891) istituita una diversa Septoria Ghrysanthemi che vive siili" indigeno Ghrysanthemum leucanthemum. Secondo Yoglino la forma di Phoma sarebbe collegata al ciclo evolutivo della forma Septoria come avrebbe potuto provare con col- ture artificiali del fungo. I picnidii della Septoria sarebbero più dura- turi di quelli del Phoma, ed anche le stilospore della Septoria sarebbero più resistenti al freddo e conserverebbero la loro proprietà germina- tiva per più mesi. Germinando le stilospore potrebbero produrre sul promicelio dei conidii secondari. Mezzi di lotta. Eaccogliere e distruggere le toglie colpite: applicare preventivamente nell'estate e sul principio dell'autunno qualche trat- tamento di poltiglia bordolese. (1) Voglino P., Sopra una malattia dei crisantemi coltivati (Malpigliia, vo- lume XV, 1902). (2) Cfr. Briosi e Cavara, I funghi parassiti delle piante coltivate od utili, mini. 221 ; Chifflot, Maladies et Parasites du Ghrysanthéme, Paris. I >. Doin 1898. 808 i PARASSITI vf.<;i;tat.i : tu. EUMICETI Septoria Fragariae Desm. : sulle tacche marginate
  • sai irregolari e più o meno grandi, alquanto infossate ed a bordo rialzato bruno-nerastro, evidenti specialmente nella pagina superiore. Quivi e sulle macchie spiccano pochi picnidii nerastri in t'orma di minuti puntini. I picnidii sono globoso-conici con largo ostiolo, di consistenza carbonacea e di color nero. Contengono stilospore vermicolari, clavu- late, dritte o flessuose, 1-3-settate, misuranti 18-26 * 2 \i. Lotta. Raccogliere le foglie più colpite e distruggerle: trattare le giovani foglie con poltiglia bordolese diluita. Esporre le piante in siti sani e ben arieggiati. Septoria piricola Desm. : si sviluppa su macchioline bianche largamente cir- condate di bruno sulla pagina superiore delle toglie del pero e rappresenta la forma picnidica della Spinterella sentina (Fb.) Sacc. di cui e già stato trattalo a pag. 395. 812 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI (». Trichoseptoria Cav. Distinto dal genere precedente per i picnidii pelosi in ogni parte, anziché glabri, membranacei, parimenti maculiceli e contenenti stilo- spore bacillari, settate, jaline. 415. TRICHOSEPTOKIA ALPEI Cav. È un parassita, fortunatamente raro, che colpisce i frutti dei li- moni e venne nella primavera del 1891 constatato in Lombardia dal prof. F. Cav ara (1) su esemplari inviatigli da Milano e provenienti dalla Brianza dal prof. V. Alpe. Sulla buccia dei limoni colpiti, quasi maturi, la malattia si ma- nifesta con chiazze bruno olivacee, subrotonde, del diametro di 0,6-2 cen- timetri, da prima sparse poi confluenti ed interessanti in tal caso anche una buona parte dell'epicarpio. Su di esse più tardi appaiono delle piccole pustoline di color bianchiccio, disposte come in zone con- centriche. Le macchie assumono allora color bruno-grigiastro od ocraceo al fondo con zone grigie: ivi la buccia appare depressa: più tardi si effettua anche il rammollimento e la putrefazione del frutto. Le pustoline erompenti sulle maccliie sono i picnidii, di forma globoso-conica, bruno-olivacei, cosparsi di peli contorti, I-cellulari e fìtti. Internamente i picnidii sono rivestiti di uno strato di elementi papilliformi su cui si inseriscono stilospore bacillari, ristrette alle due estremità, alquanto curve, continue od 1-2-settate, misuranti 12-16 v 2 \i. In colture in succo di limone il Cav ara riuscì pure ad ottenere una forma conidica ed una clamidosporica. Lo stesso autore potè ripro- durre artificialmente la malattia inoculando stilospore germinanti nella buccia di limoni sani ed in via di maturazione. È consigliabile la distruzione dei limoni così colpiti per impedire la propagazione del male. Finora però non si a notizia che si sia diffusa altrove e che abbia prodotto danni reali. G. Phleospora Wallr. Caratterizzato da picnidii incompleti, largamente pertugiati, col peridio per lo più formato dai tessuti della matrice alterati, subcuti- (1) Catara Fk., Una malattia dei limoni, in Atti dell'Istit. Botan. dell'Univ di Pavia, ser. II, voi. Ili, Milano 1894, p. 37-44 con una tavola. POLYSTIGMINA RUBRA SACC. 813 colari-eroinpenti. Stilospore fusóideo-bacillari, alquanto grosse, 2-plu- risettate, jaline. È molto affine al g. Septogloeum tra Le Melanconiacee, alle quali anzi ultimamente il Saccardo attribuisce il g. PMeospora. PMeospora Mori (Lèv.) Sacc.: su macchie rossastre marginate di inumi delle foglie del gelso su cui causa la malattia detta Persa già descritta a pa- gina 388 e seg. di questo Trattato e riferita, a Sphaerella Mori Fock. che alcuni autori ritengono sia la forma ascofora della PMeospora. PMeospora castanicola (Desm.) D. Sacc. : è una t'orma picnidica della Sphae- rella maculiformis Auersw. che produce il seccume delle foglie del castagno, malattia pure già descritta a pag. 3t>2 e seg. G. Dilophospora Desm. Presenta picnidii globosi, perforati, per lo più protetti da una crosta stromatica. Le stilospore sono cilindriche, continue, jaline, alle due estremità fornite di setole disposte come le barbe di un pennello. Dìlophospora graininis Desm. : sulle foglie e sulle spighe del grano e della segala su cui induce una malattia già descritta a pag. 440 del Trattato e rife- rita al parassitismo della Dilophia graminis Sacc di cui la Dilopho»pora rap- presenta lo stadio picnidico. Fam. IL — Xectrioidaeee. Picnidii e stroma (quando esiste) carnoso-ceracei, di colore vivace (mai bruno o nero). Le forme comprese in questa famiglia appaiteli gono in massima parte al ciclo evolutivo dei Pirenomiceti ipocreacei. G. Polystigniiua Sacc. Funghi strematici. Stroma sviluppato sulle foglie a forma di disco piano-convesso, di consistenza alquanto carnosa, di color rosso vivo, internamente pluriloculare. Loculi (picnidii) con stilospore filiformi, uncinate, continue, jaline. Polystigmina rubra (Desm.) Sacc : è la forma picnidica del Polystigma rubrum (Pers.) DC. che produce le croste rosse delle foglie dei pruni (Cfr. Trattato, pag. 317). 814 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI Fam. III. — Leptostromatacee. Picnidii incompleti, non globosi, ordinariamente scudiformi imper- forati o forniti di ostiolo rotondo od allungato in forma di fessura longitudinale, di consistenza membranacea o carbonacea, nerastri, erom- penti dalla matrice o superficiali. Prospetto sinottico dei generi principali; I. Stilospore jaline e continue, mai setolose o cigliate. A. Picnidii incompleti, scudiformi o discoidali, neri, semplici (cioè non inseriti su stroma). 1. Picnidii scudiformi, astoni i od aperti, a struttura raggiata, staccantisi circolarmente. Stilospore ovoideo-oblunghe o fusoidee G. Leptotìn/rium. 2. Picnidii incompleti, rotondati od ineguali, fessu- rati. Stilospore globose, oblunghe o fusoidee . G. Laureila. B. Picnidii dimezzati subastomi o fessurati, innati in stroma assai effuso, nero, per lo più foglicolo . G. Meìasmia. II. Stilospore biloculari o 4-loculari (ed in questo caso coi loculi in croce). Loculi tutti ornati di una setola G. JEntomosporium. (*. Leptotliyriuni Kze. et Schm. Picnidii smezzati, appiattiti in basso, convessi in alto a contorno subcireolare, di consistenza membranacea o carbonacea, neri, astomi od irregolarmente aperti, facilmente staccabili circolarmente dalla ma- trice, a struttura raggiata. Stilospore ovoidee, oblunghe o fusoidee, continue, jaline. Questo genere contiene diverse specie saprofite o pa- rassite di scarso interesse pratico. Fra queste ricorderemo solo le seguenti: 410. LEPTOTHYEIUM ACEEIKUM (Kttnze) Corda. Frequente in tutta Europa su diverse specie di aceri spontanei o coltivati nei parchi o viali a scopo ornamentale, particolarmente: Acer campestre, Acer platanoides, A. opulifolium. Produce macchie fo- gliari alquanto grandi bruno-rossastre nella pagina superiore, più pal- lide india pagina inferiore sulla quale appaiono i picnidii sotto forma di minute punteggiature nerastre. LABRELLA CORVI. I SACC. SI.") I picnidii sono subepidernmi poi erompenti, convessi in allo ed ivi irregolarmente lacerati: contengono numerose stilospore cilindriche un po' curve, colle estremità arrotondate, continue, j aline, misuranti 12-14 * 1,5-2 p,. inserite su basidii filiformi, stipati parallelamente sul fondo del picnidio. La specie fa cadere le foglie colpite, però non e mai cosi lai- a mente diffusa da compromettere la vegetazione di dette piante. 417. LEPTOTHYR1UM ALNETTM (Lèv.) Sacc. Comunissimo ovunque sulle foglie degli Ontani (Alnus glutinosa, A. viridis, A. ineana, ecc.) su cui forma macchie irregolarmente roton date, del diametro di 5 10 millimetri rossastre con margine più scuro, ben evidenti sulla pagina superiore, in corrispondenza alla quale, nelle macchie, trovan si numerosi picnidii nero-lucenti, puntiformi, abbastanza stipati. Tali picnidii a maturità sono largamente aperti, tappezzati in fondo da basidii brevi e cilindrici sostenenti stilospore obovato-allun- gate, strette, misuranti 8-9 v 1,5-2,5 jjl. Le conseguenze del parassitismo di questo fungillo sono trascu- rabili. G. Laureila Fr. Picnidii incompleti, rotondati od irregolari, scuri, piuttosto ade renti alla matrice, aprentisi per fessura longitudinale e contenenti stilo spore oblunghe, fusoidee o globose, continue, jaline. 418. LABRELLA CORYLI (Desm. et Kob.) Sacc. Specie comunissima sulle foglie del nocciòlo (Corylus Avellana) ove produce macchie irregolarmente rotondate più o meno larghe, ocracee con margine più scuro cosparse per lo più verso la periferia ili punti- cini neri formati da picnidii minuti subepidermici, convessi in alto ed ivi fessurati longitudinalmente, bruno-nerastri, contenenti su brevi basidii, stilospore cilindrico-ottuse, jaline, misuranti 12-15 « 5 p,. La specie produce il disseccamento parziale e la caduta delle foglie per lo più però verso l'autunno, quindi senza arrecare gravi danni. €r. Melasmia Lev. Picnidi più o meno pianeggianti (piasi àstonii <> fessurati, meni branacei, sviluppati su stroma nero effuso per lo più follicolo. Le stilospore sono continue e jaline. Le specie di questo genere sono le forme picnidiche dei Rhytisma. 816 I PARASSITI VEGETATA : III. EUMÌCET1 Melasmia acerìna Lèv. clie produce le note croste nere sulle foglie degli aceri è la forma picnidica del Rhyti&ma aeerinum (Pers). Fr. (vedi Trattalo. pag. 307). Melasmia salicina Tux. produce le croste nere tfelle foglie del salice ed è la forma picnidica del Eh. salicinum (Pers.) Fr. (vedi Trattato, pag. 309). (j. Eiitomosporium Lèv. Picnidi piani alla base, più o meno convessi in alto, àstomi, neri. Stilospore tipicamente a -4 loculi disposti in croce, j alini, tutti fomiti di setola. Entomosporinm Mespili Sacc. è la forma picnidica della Stigmatea Mespili Sor. (cfr. pag. 404) che produce sulle foglie del pero, del cotogno e del nespolo un caratteristico imbrunimento accompagnato da macchioline brune. Fam. IV. — Exeipuìacee. Picnidi subglobosi a maturità largamente aperti all'apice e quindi a forma di scodella, ricordanti l'aspetto degli ascomi di certi Disco- miceti, di consistenza membranacea o carbonacea, nereggianti, er penti dalla matrice o superficiali. oni- Ci. Dothichiza Lib. Picnidi erompenti, subrotondi, piuttosto grandi, prima chiusi poi irregolarmente aperti, subcupulati. Stilospore oblunghe o rotonde, con- tinue, jaline. Le specie di questo genere si considerano come forine picnidiche di Discomiceti riferibili al g. Cenangium. 419. DOTHICHIZA POPULEA, SACC. et Briard. X. d. malattia. Macchie ocracee, cancro del pioppo can adense. È un parassita comune e dannoso nei vivai e nei giovani pianta- menti di pioppi del Canada e della Carolina che oggidì si vanno esten- dendo specialmente nell'Italia superiore per l'impiego che anno queste piante nell'industria della carta. Anche per la Francia il Delacroix in un suo pregevole lavoro (1) ricorda i danni che questa malattia va apportando tin dal 1896 nella Valle della Garonna al pioppo della Carolina. (1) Delacroix G., Sur une maladie de pevplier de la Caroline (Bull, de la Soc. Mycol. de France, Paris 1906, T. XXII, fase. 4). DOTHICHIZA POPULEA SACC.-BRI AlìlJ. 817 Vengono colpiti per lo più gii individui di 1-3 anni al momento clie essi vengono trapiantati: probabilmente perchè l'indebolimento che avviene nelle piante per causa del trapianto le predispone all'at- tacco del fungo. Rara è invece la malattia su piante di quattro o più anni a dimora fìssa. In certe circostanze, specie nei piantamene fìtti ed in località ed annate umide, venne perfino constatato un deperi- mento di dette piante per causa del cancro nelle proporzioni del 95 per cento! La malattia si mani- festa con macchie ferruginose alla base del fusto generalmente a 30-60 centimetri dal suolo, qualche volta anche, ma meno frequentemente, a metri 1-2 dal suolo: tali macchie della lar- ghezza del ramo o del fusto raggiungono la lunghezza di C fino a l'ò cm. : l'epidermide si pre- senta sollevata, screpolata e da essa emergono cuscinetti vellu- tati, fuligginosi, discoidali od el- littici, depressi, larghi da 1-3 mil- limetri (flg. 107:1). La parte del fusto che è sopra tale macchia secca però le piante non muoiono perchè possono rigettare dalla base. La malattia appare sul fi- nire dell'inverno (febbraio-marzo) i. Porzione di tronco rolla tacca e pustole prodotte .... . • i ii dal parassita (Dothichiza populea). 2. Porzione di e SI accentua COlTimialzarSl della stroma con imenio sporifero della Vothieì r. • -, o / \ 3. Stilospore isolati- (sec. VOGLINO). temperatura fin verso 1 -j- Ih C. Esaminando al microscopio il parenchima corticale alterato spe- cialmente verso la periferia delle tacche si può notare la presenza di un abbondante micelio con ifejaline, settate, ramificate, scorrente tra le cellule a clorofilla. I corpi fruttiferi che appaiono erompenti dai tessuti tegumentali nella parte alterata anno l'aspetto di picnidi acervoliformì, cioè largamente aperti, presentanti nell'interno dei pseudobasidii obcla- vati. ristretti in alto e portanti stilospore ovato-piriformi, jaline, della dimensione di 10-13 ** 7-9 p. (tìg. 167:2-3). Esse germinano facilmente ed introdotte nelle piccole ferite che occasionalmente possimi) esservi sul tronco anche per la recisione dei rametti più bassi provocano infe- zione che si manifesta colla produzione di una piccola macchia livida Ferraris, Trattato di Patologìa, ecc. — 52. Fig. 167. Cancro del pioppo Canadense. 818 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI o fulvo ocracea che si allarga ed allunga notevolmente. I tessuti cor- ticali vengono dal micelio disorganizzati e ridotti in un ammasso sube- roso. Il fungo è dunque un parassita di ferite, però può comportarsi anche da semplice saprofita vivendo sui rami morti, staccati, marce- scenti al suolo da cui però può passare facilmente alle piantine di un anno provenienti da talee lasciate ammucchiate per un certo tempo in un sito umido. Importanti studi del Yogliko (1) sulla biologia del fungo dimostrerebbero i rapporti di questa specie con Genangium po- pulneum (Pers.) Eehm, dall'autore trovato nel 1908 su rami di pioppo canadense colpiti anche dalla DotMcMza e giacenti a terra. Lotta. Come misure preventive il Delacroix consiglia di bagnare le talee con poltiglia bordolese al 10 per cento e di lavare i tagli o le ferite fatte colla potatura con una soluzione concentrata di solfato di ferro (50 per cento) acidulata coll'l per cento di acido solforico. Anche le pennellazioni con latte di calce al 5 per cento sulle pian- tine destinate al trapianto le premunirebbero contro la malattia. Il Voglino avrebbe sperimentato anche con buoni risultati soluzioni di formolo al 10 per cento per pennellare le talee. È conveniente di non lasciare queste ammucchiate molto tempo sul terreno umido perchè così si infettauo facilmente. Ordine II. — Melanconiali. Funghi sforniti di un vero picnidio, ma presentanti organi di ri- produzione localizzati in piccole cavità sub-epidermiche o sub-perider- miche poi erompenti (acervoli) e costituiti da brevi filamenti frut- tiferi all'estremità dei quali si formano le spore (conidii). Fam. Melanconiacee. Prospetto sinottico dei principali generi delle Melanconiacee parassite: A. Conidii ovoidei, fusiformi, filiformi, continui. jalini o foschi. I. Conidii jalini. a. Conidii ovoidei o brevemente fusoidei, mai fili- formi. 1. Acervoli sub-epidermico erompenti, pallidi o fo- schi, sprovvisti di setole: conidii ovato-oblunghi G. Gloeospiorium. (1) Voglino P., in Annali della R. Acc. di Agric. di Torino, voi. XLIX (1907) e LII (1910). I nemici dei pioppo canadense di Santena, id., voi. LUI (1910). GLOEOSPORIUM AMYGDALIXCM BKIZI 819 2. Acervoli e. s., foschi, cinti di setole lunghe, nere. Conidii cilindrici o subfusoidei, dritti o curvi <•. Colletotriehum. b. Conidii filiformi, vermicolari o lungamente fusoi- dei, dritti o falcati. I. Acervoli subepidermici, pallidi, discoidali. Conidii filiformi ........ G. CyMndrosporium. 2. Acervoli sub-peridermici, erompenti, discoideo- conici. Conidii fusoideo-falcati, piuttosto grandi (>. Cryptosporium. II. Conidii fuligginosi, abbondantissimi, imbrattanti la matrice. Acervoli conici sub-cutaneo-erom- penti ......... G. Melanconium. B. Conidii settati. I. Conidii I-settati, jalini: acervoli pallidi, subepi- dermici, per lo più follicoli .... G. Marssonia. II. Conidii plurisettati. a. Conidii cilindrici, jalini. Acervoli sub-epidermico- erompenti, minuti, pallidi . . . . (J. Septogloeum. b. Conidii bruni o fuligginei, rar. jalini, in tal caso cigliati all'apice. 1. Conidii fuligginei, mai cigliati alle estremità. Acervoli neri subcutaneo-erompenti . . G. Coryneum. 2. Conidii bruni talora solo nei loculi mediani. rar. jalini, sempre forniti di uno o più ciglia all'estremità G. Pestalossia. (*. Gloeosporium Desm. Mont. Comprende diverse specie parassite specialmente di organi cibaci come cauli e foglie, su cui si manifestano, spesso in macchie, i corpi fruttiferi, minuti, acervoliformi, subepidermici, per lo più erompenti, discoidali, pallidi o di color scuro, rivestiti in fondo di pseudobasidii filiformi od aciculari, fascicolati su cui si inseriscono conidii ovato- oblunglii, continui e jalini. Alcune specie di questo genere sono ineta- geneticamente collegate a funghi superiori (Ascomiceti). Meritano un breve cenno le seguenti : 4l'(). GLOEOSPORIUM AMYGDALIXUM Srizi. JV. d. malattia. Antracnosi del mandorlo; Antraknose (Ics Mandel- baumes. Questo parassita venne scoperto e studiato dal Brizi nel L896 (1) su frutti immaturi e più raramente su giovani rami di mandorlo prò venienti dalla Sardegna. Determina delle chiazze giallo brune sull'epi- carpio, di forma circolare, al centro piuttosto depresse, ora isolati', ora confluenti in modo da invadere buona parte o tutta la superficie del frutto che appare deformato e come corroso alla superficie in modo irregolare. I tessuti del mesocarpio disseccano ed i tessuti dell'endo- (1) Biuzi IL, in Zeitschr. f. Pflanzenkr., 1896. pag. »!•">. 820 I PARASSITI VEGETALI: III. EL'MICETI carpo anziché lignificarsi diventano molli e marciscono. Più di rado chiazze consimili si presentano sui giovani rami. Sulle macchie del- l'epicarpio appaiono poi come disposti concentricamente i corpi frut- tiferi (acervoli) del fungo, minuti, puntiformi, foschi poi alquanto gial- lognoli da cui erompono numerosissimi conidii ovato-oblunghi, un poco acuminati alle estremità, jalini, misuranti 15-20 v 4-5 jì. 11 micelio del parassita è abbondantemente sviluppato nel pericarpio e nella scorza dei giovani rami. La scarsa diffusione di questa malattia la rende poco temibile e quindi meno interessante. 421. GLOEOSPORIUM HESPERIDEAEUM Cattan. Parassita di poco conto, che colpisce talora e fa cadere qualche foglia degli agrumi e determina su di esse macchie aride interessanti buona parte del lembo, specialmente verso l'apice. Le macchie sono cenerognole al centro, sfumate di giallo verso la periferia: su di esse si distinguono numerosissimi acervoli puntiformi, epifilli, neri, subepi- dermieo-erompenti, contenenti conidii subcilindrici, jalini, guttulati, misuranti 16-18 * 5 |i. 422. GLOEOSPORIUM TRLFOLII Peck. N~. d. malattia. Antracnosi del trifoglio; Stengelbrenner des Klees. Malattia diffusa nell'America del Nord, ma nota anche in Europa ove venne studiata ed osservata nel 1901 dal Mehnee in Sassonia, dal Rostrtjp in Danimarca e dal Voglino in Piemonte (1). Colpisce in primavera i fusti, i piccioli fogliari ed anche le lamine del Tri- folium pratense causandone il disseccamento ed anche la morte di tutta la pianta con forti danni ai trifogliai nell'America del Nord specialmente ove talora si riscontrano il 25-30 per cento di piante morte di tal malattia. Sui fnsticini appaiono delle chiazze bruno-chiare al centro, più scure alla periferia, larghe in modo da annerire talora quasi totalmente la parte inferiore degli steli. Nel maggio anche le foglie possono presentare macchioline gialle su cui sonvi punti neri, pure abbondanti sulle macchie dello stelo e che sono gli acervoli del t'ungo che a maturazione lasciano uscire piccoli grumi gelatinosi di color roseo pallido. Negli acervoli sonvi al fondo conidiofqri adden- sati, cilindrici, sostenenti conidii ellittici un po' incurvati, jalini, misu- (1) Voglino I'.. / parassiti delle piante osservati in provincia di Torino nel 1908 (Ann. R. Acc. di Agric. di Torino, voi. LI. 1909). I OLLETOTRICHOM CIRCINANS voci.. 821 ranti 15-24 * 4G ^. Nel giugno, secondo Voglino, dagli acervoli matu- rati sulle foglie si svilupperebbero gli apoteci della Pseudopeziza Tri- fola, onde l'autore ammette che la l'orma di Gioco-spuri uhi rappresenti 10 stato conidico di questo Diseomicete clic produce la vaiolatura del trifoglio e che è già. stato descritto a pag. 303 di questo Trattato. 11 Vocilino ritiene inoltre che il 61. Tri/olii sia identico a Gì. cauli- vorum KlRCHN., pure segnalato dannoso al trifoglio. Come mezzi di lotta si consigliano: la falciatura precoce dei trifogli ammalati ed il cambio di coltura nelle località più visitate dalla malattia. Gloeosporiiun lagenarium (Pass.) Sacc. Vedi Golletotrichum lagenarium. Grioeosporiiim frnctigennm Bere. È la, forma conidica della Glomerella fructigena (Glint.) Sacc. già descritta a pag. 367 e die produce il Bitter-rot delle mele. Crii acervoli si sviluppano su piccole macchie nerastre dell'epicarpio dei frutti e da essi erompe una massa rossastra formata dai conidii. Gloeosporium anipelophagnm (Pass.) Sacc. Forma conidica della Mangiata ampèlina Viala e Pacott. che produce ì'Ant radiosi della vite (Tratt. p. 76-ti e che si riscontra comunemente sulle macchie in piccoli acervoli tonnati da conidiofori brevi bastoncinif'ormi, stipati, sostenenti conidii .jalini, obovati ed assai minuti (3-6*2,5-3,5 p..). Gloeosporium Ribis Mont. et Desm. Appartiene, come t'orma conidiale, al ciclo evolutivo della Pseudo2n;i:<>,! Antracnosi del Melone in Italia Aricola, XI. (1903), p. 516. (3) Petri L., Sur une maladie des olire* due cirri ne- rastri che imbrattano talora largamente la matrice. Gli acervoli sono subcutaneo erompenti, subconiei o discoidali, neri. Molte specie sapro- fite: merita un cenno la seguente specie parassita della vite: 432. MELANCONIUM FULIGINKUM (Scimi;, e Vjala) C w. JVT. d. malattia. Marciume amaro degli acini; Hot amer ; Bitter rot. Questo parassita venne sco- perto e studiato nel 1887 dallo Scrjbner e ViALA (1) nell'A- merica settentrionale ove sa- rebbe diffuso nelle regioni più calde ed umide del littorale dell'Atlantico, causando una malattia designata dai viticol- tori americani col nome di 'Bitter-rat (marciume amaro). Gli autori lo descrissero col nome di Greeneria fuliginea ScuiB. e Viala. Nel 1894 il t'ungo veniva anche riscontrato in Europa e precisamente nel- l'Ungheria. Attacca i rami e specialmente gli acini, mai le foglie. Sui tralci attacca porzione dell'internodio od anche tutto l'internodio che prende da prima una tinta livida poi grigio-bruna, mentre si copre di pustolette fuligginose. Cosi colpito muore e si disarticola da quelli rimasti sani, facendo quindi seccare anche quelli clic se- guono. La stessa alterazione può manifestarsi anche sul peduncolo dei grappoli: allora tutta la rachide può seccare: se attacca le ramifica- zioni laterali allora il disseccamento è parziale: ncll'iin caso e nel- Fig. 169. Marciume nero degli acini. 1. Acino colpito dalla malattia. 2. Sezione longitudinale di un arci-volo fruttifero ili Melaneonium > neum. 'ó. Estremità ilei filamenti fruttiferi. 4. Co- nidii (1 originale, le altre sec. Vm \) (1) ScRiBNERe Viai.v inCompt. remi, de l'Acati, d. Se, Paris 12 Sept. L887. 830 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI l'altro gli acini dei punti colpiti del grappolo si staccano dai loro pedicelli e cadono, mentre questi stanno attaccati al graspo secco. Se vengono attaccati gli acini essi prendono colorazione livida: la buccia rimane liscia, turgida, cioè non si raggrinza e sulla super- ficie erompono poi pustole nere fuligginose da cui escono spore nu- merosissime coprenti l'acino come una fuliggine (fig. 169:1). Se il tempo è umido gli acini colpiti si putrefanno, se è asciutto si spaccano e seccano, in ogni caso acquistano un sapore amarissimo tutto spe- ciale che si trasmette anche al vino rendendolo disgustoso al palato. Nella polpa degli acini il micelio è abbondante e formato da ife fuligginose che sotto l'epidermide forma una massa stromatica densa subconica, bianchiccia in basso, bruna in alto da cui su brevi basidi si formano i conidi ovoidei, olivacei, misuranti 7,5-9 ^ 4 4,5 p.. che si diffondono all'esterno per il sollevamento delle pustole che spaccano l'epidermide, formando una massa grumosa ed abbondante che imbratta l'acino (fig. 169:2-4). Lo sviluppo del fungo avviene a temperatura ottima di -f 38° -f 48° C. ragione per cui la malattia non si è diffusa nelle nostre regioni, ma è limitata a paesi più caldi e più umidi. 2son si conoscono mezzi appropriati di lotta. G. 3Iai\ssonia Fisch. Comprende specie tipicamente parassite, per lo più foglicole e ma- culicele. Oli acervoli minuti pallidi o bruni sono velati lungamente dall'epidermide e solo a maturità erompono in Gonidi i ovoidei od oblunghi, spesso curvoli, I-settati, j alini. 433. MABSSOXIA ROSAE (Bon.) Bk, e Cav. Danneggia le foglie di alcune varietà di rose coltivate inducen- dovi delle alterazioni del tutto simili a quelle prodotte da un altro parassita di cui ci siamo precedentemente occupati: V Actinonema rome (Lib.) Fr. (cfr. Trattato, pag. 787). Anche i caratteri del fungo asso- migliano a quelli di quest'altra specie tanto che alcuni autori riten- gono le due specie identiche. Xella Marssonia gli acervoli sono sub- cutanei, erompenti per la rottura della cuticola e lasciano uscire conidii oblunghi, bicellulari, ristretti al setto, ialini, misuranti 14-18 * :>-i) v_. Mezzi (li lotta. Come per V Actinonema. 431. MARSSOXIA POTEXTILLAE (DissM.) Fisch. {= Gloe*- sporium Fragariae (Lib.) Mont.). MARSSONIA PAXATTOXIAXA BERE. 831 Produce sulla pagina superiore delle foglie fragola (Fragaria vesca coltivata o spontanea larghe macchie irregolari gialle o color di secco su cui distinguonsi acervoli puntiformi, neri, un po' prominenti. I conidii sono subfusoidei, I-settati, piegati a falce, con loculi ineguali, jalini e misurano 22-28 * 8 p. Praticamente è poco interessante. 435. MARSSONIA PANATTONIANA Berl. Determina uno speciale marciume delle foglie dell'insalata (Lactuca saliva) diffuso in diverse località della Toscana ed anche nel La/io. La malattia ed il suo parassita vennero studiati dal prof. Berlese nel 1895 (1). Sulle foglie delle lattughe produce macchie (lepri—. subcircolari del diametro di 2-5 mm. specialmente verso la base della nervatura mediana e dal lato della pagina inferiore. Le macchie sono bianche al centro, brune ai margini, confluiscono assieme e tanno sec- care le foglie specialmente quelle pili esterne della rosetta clic sono le prime ad essere colpite. Se l'infezione procede poi alle foglie più centrali la pianta muore. Gli acervoli conidigeri aggregati erompono a maturità dall'epidermide e lasciano uscire conidii un po' curvi, jalini. I-settati, ristretti al setto, misuranti 15-20 ^ 3-4 [i. Il micelio è inter- cellulare. Appel e Laibach che riscontrarono pure la malattia diffusa e dannosa sugli orti in Germania raccomandano per combatterla la distru- zione delle piante infette, la disinfezione con latte di calce o solfalo di rame delle serrette di semina o dei letti caldi e di spruzzare le giovani piante con poltiglia bordolese al 0,5 per cento. In caso di ripetute infezioni nello stesso sito conviene sospendere la coltura del- l'insalata per due anni. Marssonia Juglandis Sacc. È un parassita comunissimo sulle foglie e frutti del noce (Juglans regia) di cui già si fece parola a pag. 348 a proposito della Gnomonia Juglandis che rappresenta il suo stato aseoforo. G. Septogloeum Sacc. Comprende pure specie parassite delle piante, rami-foglicole i cui acervoli minuti, subepidermici o subperidermici prima chiusi poi erom- penti contengono conidii oblungo-cilindracei, jalini. 2-plurisettati. (1) Berlese A. X., Nuovo marciume dell'insalata, in Riv. di Patol. Vege- tale, III, p. 339 (1895). 832 1 PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETÌ 436. SEPTOGLOEUM HAETIGIANIJM Sacc. ~N. d. malattia. Seccume dei rametti di acero. Maladie des jeunes pousses de VÉrable; Zweigdurre des FeldaJiorns. Questa malattia venne studiata dall'HlRTici nel 1892 e causa in primavera il disseccamento dei rametti di un anno delYAcer campestre. L'infezione risale all'anno precedente verso il maggio-giugno ed av- viene sui giovani e teneri germogli. 11 micelio che si sviluppa nei punti di infezione interessa ben presto tutti i tessuti del rametto che però vegeta ancora normalmente fino all'autunno. Nella primavera successiva le gemme di questi rametti ammalati si gonfiano, ma poi seccano senza sbocciare: i rami seccano ed allora dalla scorza erom- pono gli acervoletti fruttiferi che sono allungati e stretti (1-4 rom- per 0,5 min.) e contengono nell'interno su brevi filamenti dei conidii oblunghi per lo più bisettati, un po' ristretti, misuranti 26-36 * 10-12 p. che germinano facilmente nell'acqua e producono infezione ai rami erbacei nei periodi piovosi. La lotta consiste nella raccolta e nell'abbruciamento di questi rametti secchi. Septogloeum Mori Briosi e Cav. identico a Phleospora Mori (Lèv.) Sacc. Rappresenta la forma conidiale della Spinterella Mori Focic. che è la causa della fersa del gelso (v. Trattato, pag. 388). G. Coryneuin ìSIees. Funghi ad acervoli discoidali, subeutaneo-erom penti, nerastri. Co- nidii oblunghi o fusoidei, 2-plurisettati, fuligginosi, inseriti su basidii bacillari di varia lunghezza. 437. COEYNEUM PEENIGIOSUM Briosi e Farneti. N. d. malattia. Moria dei castagni: mal dell'inchiostro del castagno (secondo Briosi e Farneti). Il mal dell' inchiostro del castagno, la più grave malattia che dan- neggia questa pianta e che cagiona annualmente gravissime perdite indie regioni submontane ove il castagno fornisce uno dei principali raccolti, diffusa tanto in Italia (specialmente al settentrione ed al centro) che in Francia, da qualche decina d'anni affatica le menti dei fitopa- tologi che cercarono di svelarne la natura e scoprirne le cause. Che sia di natura parassitaria è opinione della maggioranza; quale sia il parassita qui è il punto ove regna tuttora tra gli scienziati il mas- CORYXKIM PERNICIOSUM BR.-FA1ÌN. 833 simo disaccordo. Recentissimi stadi dei professori Briosi e Farneti(I) avrebbero messo in evidenza un nuovo parassita di cui la t'orma più comune è riferibile al presente gruppo e che secondo gli autori sarebbe la causa esclusiva del male. In attesa die nuovi studi confermino questa importante scoperta io riferisco a questo punto molto in breve qualche notizia intorno a questa grave malattia, senza poter assicu- rare però, non avendo fatto finora osservazioni in proposito, che la questione intorno alla sua natura sia ora completamente risolta. Notizie vaghe intorno a detta malattia si anno da tempo molto antico, ma studi seri e concreti intorno ad essa non vennero effet- tuati che dopo il 1870 essendosi manifestata con singolare intensità tanto in Francia che in Italia. Classiche ricerche che portarono ad importanti scoperte sulle micorrize vennero in Italia eseguite dal prof. Gibelli tra il 1875 ed il 1883, mentre in Francia se ne occu- pavano Planchon (1878), De Seynes (1879), e successivamente Cornu, Duval, Crié, Naudin, Delacroix, Mangin, Henry, ecc. Caratteri della malattia. Essa si manifesta sulle piante di qual- siasi età con un progressivo disseccamento dei rami dall' estremità verso la base e quindi della pianta. Le foglie delle piante colpite cominciano a decolorarsi, poi ingialliscono e cadono nell'agosto così che i frutti rimangono immaturi nelle loro cupide attaccate ai rami. Il carattere più saliente della malattia si manifesta poi nel sistema radicale che appare profondamente disgregato ed invaso come da una specie di cancrena umida. Le radici sono molli, spugnose, in sezione appaiono nere o violaceo-scure, la scorza si stacca con massima faci- lità e così il cilindro corticale tino al legno, mentre trasuda da queste radici così alterate un umore nero come l'inchiostro, di odore forte, che si spande nel terreno macchiandolo. Questo liquido nerastro sa- rebbe dovuto a formazione di tannato di ferro per la reazione dei com- posti tannici delle radici coi sali di ferro contenuti nel suolo. Con- simile alterazione si manifesta anche nella parte superiore, sui rami e sul tronco su cui distinguonsi placche nerastre più o meno estese a forma di piaghe o di cancrene. Secondo le ricerche di limosi e di Farneti il primo indizio della malattia apparirebbe non sotto terra nel sistema radicale, ma alla base del tronco, ivi si noterebbe una tacca livida più o meno estesa accompagnata da depressione coiti- ci) Biliosi e Farneti, Sulla Dioriti .."»() l'uno dall'altro e dal ceppo, attorno alla pianta ed usando per ogni foro piccole dosi «li sol- furo di carbonio. Il metodo però non è scevro di pericoli poiché la azione venefica del solfuro di carbonio pai» essere sfavorevolmente risentita anche dalle radici con cui il liquido e il gas potrebbero venire a contatto, di più esso dà solo risultati soddisfacenti in terreni sciolti e profondi. Conviene in ogni caso circoscrivere i centri di iniezione con fosse profonde (come nel caso del mal del rotondo delle Conifere, del marciume radicale delle piante legnose, ecc.) sradicare accurata mente le piante morte bruciando sul luogo le radici. BRIOSI e Fai: neti consigliano di amputare i rami e tronchi infetti sotto al punto ove si nota la caratteristica depressione corticale prodotta dal paras- sita, bruciando la parte ammalata e disinfettando i tagli e le ferite con soluzioni concentrate di solfato di rame, oppure di tannato di protossido di ferro, oppure di solfato di t'erro acidulato. Ad ogni modo sono sempre mezzi di lotta poco pratici od attuabili mdle grandi col- ture e di risultato non sempre sicuro. Coryneum Beyeriuckii Old. Forma piccoli acervoli sulle .porzioni es&iccate dei rametti di pesco, di mandorlo, ecc. colpiti da gommosi di cui sarebbe mia delle cause. È la forma conidica dell' Ascospora BeyerincTciì Vi ni em., già de- scritta a pag. 352. U. Pesta lozzia De Not. In questo genere i conidii oblunghi 2 plurisettati, raramente del tutto jalini, tipicamente bruni nei loculi centrali e jalini alle estre- mità, terminano alPapice con un ciglio semplice o ramificato. (Jli acervoli sono subcutaneo erompenti, nerastri. 43S. PESTALOZZIA HARTIGII v. Tubeuf. ¥. d. malattia. Mal del colletto delle piantine forestali (nei vivai) Maladie du coìlet des plants d'Épicéa et de Sapin : EinscMrungskrankheit funger Holzpflanzen. Questa malattia frequente in tutta la Germania specialmente nei semenzai di conifere e di altre piante forestali {Faggio, Quercia) venne prima studiata dallMlARTiG nel 1883 poi dal TUBEQF nel 1888 il quale ne svelò la causa parassitaria (1). ì: diffusa oggidì anche in (1) Tubeuf y., Beitr. :. kenntn. . U. Conidii. IV. Ovularìa (Ov. pulchella). 1. Foglia di l. fiumi colle tacche prodotte dui fon gillo. 2. Cespuglieti» conidioforo. :'.. Conidii isolati. V. Didy maria {!>. prtmicola). 1. Foglia di l'iunus attaccata dal fungo. '_'. Micelio, conidiofori e conidii. :;. Conidio isolalo. VI. fio- ■malaria (JB. Gynarae). 1. Porzione ili foglia di carciofo attaccata dal fungo. '-'. Cespuglieto conidioforo. n. Conidii. VII. rincula ria (/'. Oryzae). 1. Conidiofori e conidii. 2. Conidio iso- lato (I. II, III, VI originali, le altre secondo Briosi e Catara). -j — (- Cespuglietti più o meno compatti. Conidiofori e catenelle spesso ramose (fig. 171:1) (i. Monilia. p. Specie parassite con micelio superficiale, ma provvisto di austori (fig. 171:11) - i 1'.. in Bull. Soc. Botan. Irai., 1890, p. 65. OOSPOUA CITRI-AURANTII SACC.-SYDOW 845 È malattia dannosa al noce specialmente nell'Italia meridionale, però anche nel settentrione è diffusa e può causare qualche danno sensibile quando colpisce i giovani frutti che cadono. Potrebbero servire benissimo come mezzo di lotta trattamenti pre- ventivi sulle giovani foglie con poltiglia bordolese: ma quest'appli- cazione facile nelle giovani piantagioni presenta delle difficoltà quando si dovesse effettuare sulle vecchie ed annose piante. È buona pratica raccogliere e bruciare le foglie cadute al suolo. 442. MICROSTROMA ALBUM SACC. Parassita molto simile al precedente che colpisce però le foglie delle quercie (Quercus Gerrìs, Q. sessiliflora, Q. pubeseens, ecc.) produ- cendo su di esse alla pagina superiore delle macchie giallo-brune, spesso confluenti, cui corrisponde nella pagina inferiore una efflore- scenza candida sì da coprirla talora quasi interamente. Anche qui tale muffa è formata da brevissimi conidiofori clavati con conidii ovoi- dei, jalini, misuranti 5-10 ^ 3-3,5 p. La malattia induce disseccamento e caduta delle foglie ed è dif- fusa specialmente nella bassa Italia (Calabria, ecc.), ma non è rara anche nell'alta Italia. G. Oospora Wallr. Presenza di cespuglietti effusi o polverulenti costituiti da conidio- fori assai brevi e per lo più semplici, portanti alla sommità conidii ovali o globosi, disposti in catenelle più o meno lunghe, jalini o di colori vivaci, mai bruni. Le specie sono in massima parte saprofite. Escludo dal genere V Oospora scabies del Thaxter (XIY Ann. Rep» Comi. Agric. Exp. Stat. for 1890-1891) che è causa di una speciale Scabbia delle patate perchè non è né un Ifomicete né un fungo, ma una batteriacea, impropriamente quindi dal Thaxter riferita al pre- sente genere. Un breve cenno sulla malattia delle patate prodotta da questo parassita che à molta analogia col Schorf, dal Brunchorst attribuito alla Spongospora Solarti (Trattato, pag. 04), verrà fatto in Appendice. 443. OOSPORA CITRI-AURANTII (Ferr.) Sacc. e Sydow. Questa specie da me riscontrata nell'Italia Meridionale (1) induce (1) Ferraris T.. Di un uxoro ifomicete parassita nei frutti di arancio. Malpighia, XIII, Genova 1900. 846 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICET una speciale marcescenza dei frutti degli aranci che si manifesta con un rammollimento dei tessuti dell'epicarpio e dell'endocarpio che viene trasformato in una poltiglia biancastra. Gli aranci infetti acquistano un odore speciale penetrante ed un sapore fortemente amarognolo. Sulla pellicola dei carpidii vengono a depositarsi in abbondanza delle piccole masse biancastre formate da agglomerazioni di sferocristalli di esperidina. I tessuti del frutto sono invasi da abbondante micelio che in coltura ed in camera umida dà luogo a catenelle di conidii cilin- drici, jalini, misuranti da 13-19 * 7-7,5 p.. Esperienze di inoculazioni artificiali di tali conidii germinanti su aranci perfettamente sani ripro- dussero la malattia. A quanto ò potuto constatare il fungo non è molto diffuso, ma potrebbe arrecare gravi danni non tanto sugli aranci attaccati alla pianta, quanto su quelli tenuti in magazzini per la ven- dita e l'esportazione. Perciò è sempre prudente togliere dal contatto dei sani tutti quelli che presentano traccie di rammollimento per marciume dei tessuti dell'epicarpio. 444. OOSPORA FIMIOOLA (Cost. et Matr.) Cuboni e Me- GLIOLA. N. d. malattia. Mal bianco delle colture dell'agarico campestre; Plàtre, chanci, maladie du blanc de cliampignon. Questo fungillo che a un comportamento puramente saprofitario riesce assai infesto alle colture dell'agarico campestre (Agaricus cani- pestris L.) o cliampignon de conche, coltivato artificialmente in Francia nonché nelle cave di pozzolana e di tufo nei dintorni di Roma. Venne già studiato in Francia nel 1894 dal Costantin e Matruchot (1) e descritto col nome di Ifonilia fimicola Cost. et Matr. : recentemente ristudiato dal Cuboni e Megliola (2) che lo riscontrarono abbon- dante nelle colture dell'agarico nei dintorni di Roma, venne da essi riportata giustamente al g. Oospora. Il fungo appare sul concime dopo il collocamento del micelio del- l'agarico {Mane de eliampignon) sotto forma di piccoli punti bianchi che molti plicandosi danno l'aspetto di polvere di gesso sparsavi sopra, (1) Costantin et Matruchot, Eech. s. le veri de gris, le plàtre et le chanci, maladie dn blanc de champignon, Rev. Gen. de Botan., VI (1894), p. 289. (2) Cuboni e Megliola, Sojyra una malattia infesta alle colture dei fungiti mangerecci (Read. R. Accad. d. Lincei. CI. di S. Fis. Mat. e Nat., voi. XII, sez. 5.a, fase. 10 (1903). MONILI A \K< ANS FERRARIS 847 il che giustifica la designazione francese della malattia - piètre ». In tal caso la coltura dell'agarico rimane improduttiva o (piasi. II mi- celio dell' Oospora è bianco e forma cespuglieti crostosi: le ife sterili sono striscianti, jaline, settate, i conidiofori brevi. I conidii sono glo- bosi (5-6,5 fi. diam.), jalini e disposti in lunghe catenelle da cui poi si disarticolano. Gli autori ritengono VOoxpora non direttamente dan- nosa perchè parassita allo sviluppo del fungo, ma pel suo saprofitismo riesce nociva all'agarico, spogliando il concime di materiali nutrii i vi. Il fungo si diffonde con estrema rapidità, quindi è assai contagioso. Si consiglia perciò la disinfezione dei locali destinati alla coltura dell'agarico campestre, nonché l'asportare il concime ammuffito, sosti tucndolo con altro perfettamente sano e di buona qualità. G. Monilia Pers. Comprende specie per lo più saprofite con conidiofori eretti, seni plici o ramosi più o meno stipati in cespuglietti densi: i conidii sono disposti in lunghe catenelle semplici o ramose, per lo più grandetti. Vivono spesso sui frutti determinando in essi una specie di marciume secco o mummificazione, talora anche su foglie in cui inducono il dissec- camento. Sono collegate metageneticamente a Discomiceti del -. Scie rotinia (Stromatinia), quindi della maggior parte di esse ci siamo già altrove occupati. 445. MOBILIA NECAXS (Pass.) Ferraris (= Ovularia necans (Pass.) Sacc. Colpisce le foglie del codogno e del nespolo ed è piuttosto diffusa nell'Italia superiore nonché in Francia. Produce una grande macchia lungo la nervatura mediana, lateralmente effusa, espansa per lo più dai mezzo verso l'apice della foglia, di color bruno rossastro in se- guito alla quale la foglia avvizzisce e parzialmente o totalmente dis secca. Lungo le nervature e sulla pagina superiore appare poi una polvere bianchiccia, formata da conidiofori jalini erompenti dall'epi dermide, cilindrici o subclavati, semplici o brevemente ramosi su cui sono disposti i conidii globosi (7-15 ,tl. diam.) in catenelle, attaccali l'uno all'altro da piccoli tratti ispessiti. La regolare disposizione in catenelle, come anche il fatto clic il Woronine riferisce questa specie ad una Sclerotinia che vive sui frutti del nespolo ne giustifica la trasposizione da me fatta dal g. Ovularia al g. Monilia. La malattia fa cadere le foglie colpite però solo in primavera: nel mese di giugno abitualmente scompare. 848 I PARASSITI VEGETALI : III. ECMICETI Si potrebbe combattere con trattamenti preventivi di poltiglia bor- dolese. Vennero già descritte come forme conidiche riferite a specie del g. Sclerotinia le seguenti: Mouilia Linhartiana Sacc. Affine alla precedente e che attacca foglie e gio- vani frutti di codogno. È la forma conidica della Sclerotinia Linhartiana Pr. et Del. (cfr. Trattato, pag. 256-258). Mouilia fructigena Peus. Produce il marciume nero dei frutti di pero e melo ed appartiene al ciclo di sviluppo della Sclerotinia fructigena Schr. (vedi pag. 258). Monilin cinerea Box. Sulle ciliegie, susine, pesche. È la forma conidica della Sci. cinerea Schr. (pag. 262). Mouilia laxa Ehrh. Sull'albicocco. Forma conidiale della Sci. ìaxa Aderh. et Ruhl. (pag. 264). 0. Oidiiim Link. Specie tutte parassite, a micelio esterno, superficiale, però prov- visto di austori che penetrano nelle cellule epidermiche. I conidiofori sono eretti, semplici, i conidii ovoidei, catenellati, jalini. Eappresen- tano la forma conidica di Erisifacee per la maggior parte note. Delle specie più importanti abbiamo già parlato a proposito di questo gruppo e precisamente delle seguenti: Oidi ii ni leucoconinm Uesm. Forma conidica di Sphaerotkeca pannosa Lèv. (Trattato, pag. 469): sulle foglie delle rose; sulle foglie, rami e frutti giovani del pesco. Oidi uni erysiphoides Fr. Forma conidica di Sphaerotkeca Humuli Burr. (pag. 474), di Enjsiphe Poli/goni DC. (pag. 507), ecc. Sulle foglie del luppolo, del pisello, trifoglio, erba medica, pomidoro, grano saraceno (Pohjgonum Fa- gopyrum), ecc. (fig. 171:11). Oidiuin fariiiosuiii Cooke. Forma conidica di Podosphaera leucòtriclia Salm. (Trattato, pag. 479): sulle foglie dei meli. Oidiimi Tnckeri Berk. Forma conidica di Uncinuta necafor Bdrs. che vive sulle foglie, tralci erbacei e foglie di vite e costituisce la così detta critto- gama della vite (pag. 480). Oidium Aceris Rabh. Sulle foglie degli aceri: è la forma conidica dell' Z7«- cinula Aceris Sacc. (pag. 500). BOTRYOSCORIUM PULCHRUM CORDA 849 Old ì ii in monilioides Link. Produce il mal bianco o nebbia delle graminacee (Triticnni, Arena, Hordeum, Secale, Poa, ecc.) ed è legato metageneticamente all' Erysvphe graminis DC. (pag. 502). Oidlum Tabacì Thììm. Sulle foglie del tabacco: forma conidica «li Erysiphe cìchoriacearum DC. (pag. 510). Oidinm Ceratoniae Comes. Su foglie, germogli e giovani frutti di Ceratonia siliqua (carrubo) : forma ascofora iguota (v. Trattato, pag. 514). Oidinm Eronyini -japonici (Aro.) Sacc. Sulle foglie dell' Evonymus japo- nicus. Forma ascofora ignota (v. Trattato, pag. 515). Oidinm quercinum Th. var. gemmiparum Ferr. Sulle foglie delle quercie. Forma ascofora ignota (v. Trattato, pag. 517). G. Botryosporium Corda. Funghi saprofiti a conidiofori eretti, lateralmente forniti di rami brevi, all'apice rigonfi ed ivi divaricati in 3-5 brevissimi prolunga- menti spinnlosi, a lor volta brevemente divisi all'apice in piccoli spo- rofori rigonfiati ed ornati di sterigmi con conidii globosi od ovati, jalini. 446. BOTBYOSPOPJUM PULCHBUM Corda. È specie essenzialmente saprofita. Solo il Peglion (1) ne fece rile- vare recentemente in una sua memoria l'attitudine anche semiparas- sitaria, avendola riscontrata su foglie di grano coltivato in vaso per esperienze però già attaccato dall'Anguillaia (Tylrnchus Tritici). Sulle foglie che ingiallivano e poi disseccavano appariva una muffetta bianca a ciuffetti eretti formati da conidiofori lunghi da 2-3 min. in più, provvisti di ramificazioni laterali brevi, rigonfiate all'estremità ed ivi fornite di papille disposte in croce a lor volta divise in 2 3 sporofori rigonfi, ornati di sterigmi minuti, su cui si inserivano conidii piccoli, ovato-ellittici, jalini. In natura il fungo però sembra che abbia solo comportamento saprotìtario, quindi la specie non à speciale interesse in Patologia Vegetale. (ì. Penicillium Link. Specie tipicamente saprofite con ife sterili striscianti, fertili erette, set- tate, jaline, all'apice ramoso-penicillate (rametti divaricati come le barbe di (1) Peglion V., Sopra il parassitismo dei Botrijosporkim in Sta/. Speriin. Agrarie Ital., 1901, voi. XXXIII, fase. VI, p. 585. Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 54. 850 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI mi pennello). I conidii sono sferici o quasi, eatenellati. jalini o di colore vi- vace, mai bruno. Le alterazioni prodotte da una specie di questo geaere, comu- nissima: il P. crustaceum (L.) Fr. vennero già descritte a pag. 462 di questo Trattato, essendo il fungo provvisto oltre che di organi riproduttori a conidii. di aschi e quindi incluso nella fam. Perisporiacee. G. Sporotrichnm Link. Fanghi saprofita. Conidiofori settati, variamente ramosi, decombenti, intrecciati. Conidii inseriti su piccoli denticoli dei rami conidiofori per 10 più solitari, ovoidali o globosi. Poco interessanti dal punto di vista pratico. Bicordo solo lo : 447. SPOROTEICHOr AXTHOPHILOI Peck che secondo I'Heald (1) produce una speciale malattia detta Bud-rot dai floricol- tori del Xebraska (Amer. Settentr.) sui garofani. Per il parassitismo di questo fungo i boccioli florali abortiscono o si aprono anormalmente, mentre le parti florali dentro al calice appaiono avvizzite ed annerite. 11 fungillo presenta conidiofori ramosi, intricati, jalini : i conidii sono jalini, subglobosi, talora di due forme, piccoli e grandi, questi ultimi bicellulari. Con piove di infezioni artificiali, l'autore sarebbe riuscito a riprodurre la malattia. In società col fungo vive un acaro, il Pedi- culoides dianthophilus W. che contribuisce alla diffusione delle spore del fango il cui sviluppo avviene specialmente nelle serre caldo umide, attaccando specialmente certe varietà di garofani. In Europa questa malattia sarebbe sconosciuta. G. Botrytis Mich. Le specie di questo genere anno un comportamento prevalente- mente saprotìtico, ma in condizioni speciali dalla vita sapro fi tari a possono passare a quella parassitaria. Presentano ife sterili striscianti. conidiofori eretti, più o meno ramosi verso l'alto e conidii aggregati all'estremità dei rami su brevi denticoli, talora come a grappolo, glo- bosi, continui, jalini o quasi. Delle specie più importanti del genere ci siamo già occupati addietro tra i discomiceti del gen. Sclerotinia (E 'usci e rotini 'a) quindi non faremo che elencarle coll'indicazione delle loro matrici più importanti: (1) Heald F. D., The budrot of carnatiom in Xebrask. Agric. Exp. St a t . . 1907, Bull. n. 103, p. 1-24. 0V1 I.AKIA il l.< HKI.I.A SAI C. \jl Botrytis vnlgaris Fa. È una delle muffe grigiastre |>iu comuni stigli organi vegetali deperenti e morti: è causa di malattie sul Fagiolo, Feccia, Cipolla, Aglio, Canapa. Lattuga. Girasole, Topinambour, Bietola, Balilla (boccioli fiorali . Rosa (id.), ecc. È la torma conidica della Sclerotinia Libertiana Fdck. (vedi Trattato, pag. 266). Botrytis cinerea Pers. (B. aciuoram Pers.). É la ben nota inulta grigia delle toglie, dei tralci e specialmente degli acini maturi della vite. K legata metageneticamente alla Sclerotinia Fuckeliana Fu< k. (v. Trattato, pag. -_'v" , Botrytis parasitica Cav. Danneggia le foglie dei tulipani. Di essa Don >i conosce forma ascofora (v. Trattalo, pag. L'1I4). Botrytis Diospyri Brizi. Produce il marciume dei frutti del kaki e di essa pure non si conosce che la forma conidica (Trai iato. pag. 295). Botrytis citricola Brizi. Produce uno speciale marciume dei frutti dei li- moni e degli aranci. Ignorasi la forma ascofora (Trattato, pag. '_'SM5). G. Ovularia Sacc. Fanghi parassiti di organi verdi, specialmente di foglie su cui inducono decolorazioni o macchie. I conidiofori semplici, eretti sono all'apice più o meno denticolati e portano ivi conidii ovati o globosi, continui, jalini, per lo più solitari. Sono note molte specie parassite di piante spontanee, pochissime riescono veramente dannose a piante coltivate od utili. Ricorderemo brevemente le seguenti: 448. OVULARIA PULCHELLA (CES.) Sacc. Si sviluppa sulla Dactylis glomerata e Lolium italicum graminacee comunissimo di prati di pianura ed ottime piante foraggere, danneg giandole. Sulle foglie di esse appaiono macchie rotonde od oblunghe. ocracee, orlate di rossastro (fig. 171: -IV, 1). Tra le cellule del paren- chima fogliare in corrispondenza di dette macchie scorre un micelio esile, settato, jalino che attraverso gli stromi manda fuori esili coni- diofori semplici o bifidi su cui si sviluppano conidii ovali, .ialini, mi- suranti 8-12 * G-7 [i. (fig. 171 : LV.2-3). La malattia prodotta da questo fungillo è connine specialmente nei prati umidi della Lombardia e presso i canali d'irrigazione. Le piante ingialliscono e l'erba del prato deperisce specialmente se è formata prevalentemente di Lolium. Per impedire l'estendersi della malattia si consiglia di falciai.' l'erba nei punti ov'è ingiallita, asportandola sollecitamente dal prato. 852 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI 449. OVULAEIA SPHAEROIDEA Sacc. Parassita di poco conto sulle foglie del Lotus comieulatm, leguminosa frequente nei prati. I conidii sono sferici e misurano 8-10 p. di diametro. Ovnlaria Citri Br. e Farn. È una forma collidiate della Bhyncltodiplodia Citri Br. e Farn. (descritta a pag. 796 del presente Trattato) che produrrebbe, secondo Briosi e Farneti, la Ruggine bianca dei limoni in Sicilia. La forma di Ovnlaria sarebbe quella più comune sui frutti di detta pianta colpiti dalla malattia. Si presenta con conidiofori semplici, sorgenti da ife sterili striscianti, non settati, ialini, portanti all'apice conidii piccoli, jalini. G. Mycogoné Link. Funghi saprofiti spesso viventi su Agaricini putridi. I conidiofori sono ramosi, intrecciati: i rami laterali fertili sono brevi e portano conidii piuttosto grossi inegualmente biloculari, col loculo superiore più grande, echinulato e di colore spesso vivace. La Mycogoné perniciosa Magn., forma conidica dell' JSjrpo- myces perniciosus Magn., attacca V Agaricus campester nelle colture artificiali di questo fungo mangereccio, danneggiandolo e deformandolo (v. Tratt., p. 320). G. Didyniaria Corda. Funghi parassiti di organi verdi, specialmente foglie, con compor- tamento identico a quelli del g. Orularia, da cui solo si differenziano perchè i conidii ovoidei, jalini, anziché essere continui sono 1 -settati. La maggior parte delle specie vivono su piante spontanee di poco interesse. 450. DIDYMAEIA PRUNICOLA C avara (1). Parassita dal Gavara riscontrato sulle foglie di pruno in Lom- bardia, sulle quali determina delle macchie circolari di 4 0 mm. di diametro, livide, spesso confluenti in modo da invadere tutta la la- mina (fìg. 171:V, 1). Il micelio è formato da ife esilissime intercellu- lari: i conidiofori escono dagli stomi nella pagina inferiore, sono sottili, allungati, I-settati e terminano in un rigonfiamento che si differenzia poi in un conidio solitario ellittico od obovato I-settato, alquanto ristretto al setto e misurante 12-17*5-9. (fig. 171 :V, 2-3). Il fungo produce danni limitati. (1) Cavara Fr., Contribuzione alla conoscenza dei funghi pomicoli. Agri- coltura italiana, XVI, 1890, p. 145. KAMULAKIA J.ACTEA SACC. 853 0. Hain uliiria Use.. Genere ricchissimo di specie, tutte parassite di organi verdi spe- cialmente foglie, la maggior parte però attaccano piante spontanee in generale senza arrecar loro gravi danni: poche colpiscono piante coltivate. Il micelio è interno e dalle aperture stomatiche manda inori esili e brevi filamenti j ali ni, per lo più semplici che sono i rami coni- diofori, talora un po' denticolati all'apice su cui si articolano conidii stretti, ciliudracei od ovato-cilindrici, continui od 1 o plurisettati, tipi- camente catenellati, ma di sarti colantisi rapidamente dalle catenelle, jalini. 451. BAM [ILARIA ARMORACIAE FuCK. Colpisce specialmente le foglie inferiori della Cochlearia Armoracia più prossime a terra e nelle località umide causando sulla pagina superiore delle macchie più o meno rotondeggi a ut i bruno-rossastre, cui corrisponde in pagina inferiore uno s tra ter elio pruinoso di colore bianco-grigiastro, formato da brevi conidiofori erompenti dagli stomi su cui sono inseriti conidii ciliudracei misuranti 15-20 » :>-4 |i. È specie comune negli orti, ma poco dannosa. Togliendo le foglie inferiori at rat- eate e distruggendole si combatte agevolmente la diffusione della malattia. 452. RAMULARIA LACTEA (Dbsm.) Sacc. È specie comunissima sulle foglie della Viola odorata. Viola hirta, Viola tricoìor (viola del pensiero) e produce delle macchie caratteri- stiche grandi, circolari di color bianco-latteo da prima, leggermente contornate di bruno poi di colore un po' grigiastro ed alquanto zo- nate. A tali macchie corrispondono nella pagina inferiore radi e brevis- simi conidiofori, erompenti a piccoli cespuglietti dagli stoini, denti- colati all'apice ed ivi forniti di conidii ciliudracei talora brevemente catenellati, continui o bicellulari, misuranti 8-12 * 2-3 ì±. Qualche volta il parassita arreca danni nelle colture all'aperto o sotto vetro di Viola odorata a fiore doppio e talora anche della Viola tricoìor. Si consiglia di raccogliere e distruggere le foglie colpite facilmente riconoscibili per le caratteristiche macchie ed anche di eseguire in primavera un trattamento con poltiglia bordolese leggera sulle foglie prima della fioritura. 854 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI 453. RAM [ILARIA CYNARAB Sacc. Attacca le foglie del carciofo (Gynara Scolymus L.) ed è specie comune e talora dannosa in Italia e Francia. Quivi venne riscontrata dannosissima nel 1892 dal Prillieux (1), anno in cui in alcune re- gioni il raccolto dei carciofi venne annientato. Produce sulle foglie delle maccliie irregolarmente circolari del diametro di circa ? milli- metri, limitate, poi estendentisi tra le nervature secondarie od anche confluenti sì da invadere buona parte della lamina clie finisce per disseccare. Il colore delle macchie è grigiastro, al margine sono brune poi alla superficie .si ricoprono come di una efflorescenza bianca for- mata da cespuglietti di conidiofori esili, jalini, semplici o brevemente ramosi portanti conidii cilindrici continui od 1-2 settati (fig. 171 : VI, 1-3). Nei tessuti fogliari presso l'epidermide Briosi e Cavara riscontrarono anche dei piccoli sclerozi globosi, neri, che gli autori interpretarono coinè una forma di micelio ibernante. È raro che la malattia si manifesti in modo da arrecare gravi «Ianni: questo avviene solo in condizioni eccezionali di clima. La sic- cità dell'estate arresta sempre la malattia che del resto si può com- battere colla raccolta e distruzione delle prime foglie ammalate, nonché con trattamenti preventivi di poltiglia bordolese. 454. RAMULARIA HEBAOLEI, Sacc. var. API1 Sacc. Ber- lese. Si sviluppa sulle foglie del sedano (Apium graveolens) inducendo parziale disseccamento. 455. BAMÌJLAEIA BOSEA (Fcck.) Sacc. è frequentissima sulla pagina inferiore delle foglie dei salici. 456. RAMFLARIA AUSTBALIS Sacc. Produce macchie bruno nerastre internervie sulle foglie del carrubo (Geratonia siliqua) che dis- seccano. Il fungo si rende visibile come una muffetta bianchiccia nella pagina inferiore. La malattia venne recentemente scoperta dal pro- fessore Campbell nell'Agro Formiano: il parassita venne studiato dal prof. P. A. Saccardo. 457. RAMULARIA VALLISUMBBOSAE, Cav. sulle foglie dei Narcisi. Rantolarla Tolasnei Sacc. Produce la vaiolatura rossa delle foglie di fra- gola ed è la forma conidica della Spinterella Fragariae descritta a pag. 397 ilei Trattato. (1) Prillieux, in Bull, de la Soc. Mycol. de France, 1892. TIKICULARIA ORYZAE BR.-CAV. 855 G. Piricularia Sago. Comprende poche specie per lo più tutte parassite di graminacee. Presentano conidiofori quasi semplici, eretti, settati, portanti al- l'apice conidii solitari, clavato-piriformi, 2 qdurisettati, jalini o grigiastri. Interessa la specie: 458. PIRICULARIA ORYZAE, Bit. e <\\v. V. d. malattia. Unisone del riso, bruseggio, carolo, ecc. (in par Blast, rotten necìc; imotzi (Giappon.). Sotto il nome di Brusone del riso è noto un complesso di alte- razioni che gravemente danneggiano da tempo immemorabile questa preziosa pianta coltivata, alterazioni che alcuni autori riferiscono ad una sola causa altri a più cause. Al giorno d'oggi nonostante i nu merosi studi fatti intorno a questa grave malattia i patologi non sono ancora d'accordo nell'interpretazione delle cause <1 n* alcuni vogliono siano parassitarie altri non. Data questa divergenza d'idea ed essendo opinione mia che a determinare il brusone nelle sue varie torme e manifestazioni possano concorrere diverse cause, io esporrò qui bre- vemente solo quanto concerne il parassitismo della Piricularia <)njz\ UxLlo(1874 . Cattaneo (1879), Briosi (1892), Voglino (1897-1903), da me (190 da Brizi (1905), dal Farneti (1907), ecc. in Italia; nel Portogallo da Verissimo d'Almeida (1889); nel Giappone dal K LWAKAMi (1901 e dallo Shirai (1905); nell'America del Nord dal Metcaj i L90G l . (1) Confrontare in proposito del Brusone del riso le seguenti pubblicazioni più recenti (tra il 1S74 ed il 1908). Garovaglio S., Bel carolo <> brusone del riso (Atti del Labor. Critt. .li Pavia, 1, 173, Milano L874). Cattaneo A, Sullo > róthim Orysae nuovo parassita del riso il. ... 11-111. p. 7::. Milano L879 Briosi e Cav ara, Funghi. parassiti delle i>itc coltivate «,l utili. fase. Vili, Q. lss- 856 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI Caratteri esterni della malattia. Sulle foglie si manifesta con macchie irregolari, allungate nel senso delle nervature più o meno numerose, sparse o confluenti di color grigiastro con orlo più scuro, più nette sulla pagina superiore (fig. 173:2). Le foglie colpite essicano progressivamente dall' apice verso la base acquistando un colore bruniccio che rende facilmente riconoscibili le piante colpite anche ad una certa distanza, specialmente quando la malattia interessa una certa zona della risaia. Ma la forma più grave non è quella che colpisce le foglie su cui si può trovare in certe località più o meno comune- mente tutti gli anni, bensì quella che attacca i culmi e le pannocchie e che fortuna- tamente si sviluppa e dif- fonde solo in certe circo- stanze apportando però in tali casi danni gravissimi. Quando la malattia colpisce i culmi allora la pannocchia da verde diventa giallastra simulando una precoce ma- turazione, sì che le risaie bru sonate biondeggiano pri- ma di tempo mentre effetti- vamente i fiori anno glumette floscie, vuote, gialliccie e che più tardi diventano bruniccie per sviluppo di fungilli sa- profita Le spighette colpite cadono facilmente al minimo urto di modo Fig. 173. Unisone del riso. 1. A-B. Parte alta di culmi di riso colpiti in m dalla ma- lattia. 2. Porzione di foglia colle tacche prodotte dal parassita. 3. Cellule del culmo invase dal micelio della Piricularia Oryzae. 4-5. Conidioforo e conidii del fun- go (tutte originali). Farneti R., in Atti Istit. Botan. di Pavia, II, T. X, pag. 11 (1907). Rivista di Pat. Veget., n. 2-3, pag. 17-43 (1906). Ferraris T., Il Brusone del riso e la Firicularia Orysac Br. e Cav. Malpighia XVII, Genova 1903. Voglino P., PIRICULARIA ORYZAE BR.-CAV. 857 che la pannocchia rimane povera, depauperata della maggior parte o ta- lora anche di tutte le sue spighette. La sede della malattia può essere nella parte alta del culmo, in corrispondenza del primo nodo da cui par- tono le ramificazioni della pannocchia oppure localizzata sui rami di questa; nel primo caso tutta la pannocchia resta danneggiata, nel secondo caso solo le spighette che sono distribuite sulla porzione colpita. Si nota in quel punto un caratteristico annerimento dei tessuti clic gira attorno al culmo od alle ramificazioni della pannocchia come un anello e che dà l'idea di quella alterazione prodotta dalla peronospora della vite detta « allessatura del peduncolo del grappolo » onde io già pro- posi per questa forma di brusone (che io constatai frequentissima nei campioni da me studiati) il nome di « allessatura del culmo » (figura 173:1, A, B). In effetto però i tessuti non si rammolliscono, ma l'an- nerimento della porzione del culmo o dei rami della pannocchia im- pedisce la salita dei materiali nutritivi nella parte alta di modo (die i fiori denutriti abortiscono, ingialliscono e seccano. Xei casi da me osservati di brusone le radici non offrivano nulla di caratteristico. Secondo Voglino e Brizi (1) invece nel brusone sarebbe essen- zialmente alterato il sistema radicale: le barbicelle si presenterebbero morte e disgregate e le alterazioni sulla parte aerea non sarebbero che una conseguenza diretta di questo sfacelo radicale. Pur non vo- lendo mettere in dubbio le osservazioni di questi insigni autori mi permetto osservare che nel caso del brusone del riso prodotto dalla Piricularia le radici si presentano sanissime, mentre le piante presen tano tutti i caratteri del vero e tipico brusone. Può darsi però clic anche altre cause parassitarie o non all'infuori della Piricularia pos- sano agire sul sistema radicale inducendo alterazione non dissimile pei effetti dal brusone e cioè ingiallimento, aborrimento e caduta dei fiori. Cause della malattia. Qui veramente non dovrei occuparmi clic della descrizione del parassita in questione cioè della Piricularia Oryzae, ma crederei di fare cosa incompleta se sommariamente non indicassi anche le altre cause cui da alcuni autori il brusone del riso viene Annali della R. Acc. di Agric. di Torino, XV, novembre 1S!»7. Economia ru- rale, voi. 45 (1903). Brizi IL, Rendic. d. R. Acc. d. Lincei: CI. Se. Fis. mat. e nat., XIV, 576-582 (1905); Annuario della Istit. Agraria Ponti : Milano, vo- lume V, 1905, pag. 77-95, voi. VI (1906), voi. VII (1908). K.vu akami T .. Bull, de la Soc. Agron. de Sapporo, T. II, 1901. Siiirai M.. Botanica! Magaz., XIX, num. 217 (1905). MetCALF H., in South. Carolina Agric. Exp. Stai. Bull., nu- mero 121 (1906). (1) Vedi lavori citati. 858 I PARASSITI VEGETALI : III. EUM1CETI riferito. Vi sono autori che parteggiano per l'ipotesi non parassitaria e tra questi annovero il prof. Brizt che nei lavori citati apporta molti fatti interessanti per appoggiare la sua opinione intorno alla eziologia del male che secondo l'autore sarebbe dovuto a cause fisio- logiche cioè ad asfissia radicale per mancanza di ossigeno alle radici. Egli nega la presenza di cause parassitarie sia sugli organi aerei che sulle radici. L'ipotesi parassitaria è invece condivisa dai più. (tAROVAGLIO da prima attribuì la malattia ad un Pirenomicete: la Pleospora Oryzae, Cattaneo per qualche tempo credette al parassitismo di uno Sclerotium Oryzae: ma questi parassiti vennero ben presto dimenticati colla sco- perta della Piricuìaria Oryzae fatta nel 1S91 dai professori Briosi e Cavara. Il fimgillo è frequentissimo sulle foglie dei risi brusonati e precisamente sulle macchie grigiastre e si manifesta all'esterno con conidiofori dritti, semplici e continui o con rari setti trasversali, sparsi, di color grigiastro, lunghi da 60-120 [X. portanti all'estremità un Go- nidio di color grigio-chiaro, obovato, rotondato in basso, assottigliato in alto, tipicamente bisettato, misurante 20 22 * 10-12 ^ (tig. 173:4 5). Io stesso ò potuto constatare (1) che il fungillo può presentarsi sui culmi determinando annerimenti annulari nella sola forma miceliale: mediante adatte colorazioni <> potuto riscontrare sui culmi brusonati un micelio delicato, jalino, intracellulare capace di produrre l'iinbru- nimento dei contenuti e delle pareti cellulari e la conseguente necrosi dei tessuti che attraversava (flg. 173:3). Da questo micelio potei ot- tenere con adatte colture lo sviluppo dei caratteristici conidiofori e conidii. Identiche osservazioni aveva fatto pure il Kavakami nel Giappone che attribuisce alla Piricuìaria grisea (Ck.) Sacc, secondo lui eguale a P. Oryzae Br. e Cav., la causa del brusone od Imotzi del riso nel Giappone, e che avrebbe riprodotto con prove di inoculazioni artificiali del parassita. Tali vedute vengono successivamente confer- mate dalle osservazioni e dalle esperienze dello Shirai (1005). dal Farneti (1900) e recentemente dal Metcalf. Xon vi è dubbio alcuno quindi che la Piricuìaria Oryzae abbia una parte importante sulla de- terminazione del brusone del riso pur non escludendo che questo in circostanze speciali possa anche essere dovuto ad altre cause. Il Yo- GrLiNO (2) infine è bensì sostenitore dell'ipotesi parassitaria, ma il pa- rassita sarebbe un bacillo che egli designa col nome di Baciìlus Oryzae (1) Vedi mio lavoro citato. (L'i Vedi op. citata. PIRICULARIA ORTZAE BR.-CAV. S.7.1 e che produrrebbe la disgregazione dei tessuti radicali. Ad esso venne già accennato a pag. 105 del presente trattato. Condizioni favorevoli di sviluppo. Le forti invasioni
  • roi.i> e del Voglino (1). Sotto il nome di Xero delle pesche (Russtau der Pfirsiche ; Spotting ofpeaches) è nota una malattia dei frutti dei pesco che viene riferita da alcuni autori al parassitismo del Cladosporium carpophilum Lèv-, che le moderne ricerche dimo- strarono identico al Clasterosporium. La malati /a è comunissima in America ed in Europa e si manifesta sui frutti, quando non anno ancora completato il loro accrescimento. Si presenta con macchie brune, irregolari, confluenti: in corrispondenza delle quali l'epicarpio si suberifica, diventa duro, crostoso e >i screpola più o meno profondamente sotto la tensione dei sottostanti tessuti. Dalle screpolature trasuda talora materia gommosa. 1 frutti cosi colpiti non maturano più regolarmente: il loro aspetto li fa rifiutare sui mercati, (ili organi riproduttivi del fungo appaiono poi alla superfìcie dell'epicarpio annerito e Bono presso a poco simili a quelli che si svolgono sugli altri organi colpiti. I mezzi di lotta consistono nella raccolta e distruzione di tali frutti ed in pennellazioni invernali sui rami con sostanze anticrittogamiefe già consigliate a pag. 355. Clasterosporium putrefaciens (Fuck.) Sacc. Produce l'annerimento delle foglie della barbabietola ed appartiene al ciclo evolutivo della Pleospora ]>n- trefaciens (Fuck.) Frank (cfr. Tratt. pag. 431). (*. Stigmina Sacc. Assai affine al precedente. I conidiofori sono brevissimi, erompenti in piccole pustoline a forma di acervoli su foglie (o raramente fratti) di cui le specie sono prevalentemente parassite. I conidii sono ovoidei od oblunghi, 2-plurisettati. olivacei. 469. STIGMTNA BEIOSIAXA Farn. N. d. malattia, Eczema empetiginoso delle albicocche. Questo parassita scoperto e studiato nel 1000 dal prof. PAENE'J i 2) produce una alterazione ben nota e frequente sulle albicocche che da una parte assomiglia a quella prodotta dalla Phyllostiota vindobonensU Thììm. (cfr. Tratt. pag. 755), dall'altra può paragonarsi al Acro delle (1) Cfr. Voglino P., in Atti d. R. Acc. d. Se. di Torino. XI. I, 1905. (2) Farneti R., in Atti Istit. Botan. d. R. Univ. di Pavia. II, voi. VII ri902), pag. 23. 874 1 PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI pesche prodotto dal Clasterosporium carpophilum e di cui si è parlato .sopra, cui alcuni autori (Voglino) riferirebbero anzi il presente pa- rassita. La malattia dei frutti di albicocco, pure sviluppata in Francia, sarebbe, secondo il Farneti, molto diffusa nei dintorni di Pavia: del resto in Piemonte io osservai pure più volte consimile alterazione che talora invadeva tutti i frutti ancora verdi di certe piante. Sui frutti ancora giovani si manifesta con piccole macchie di color verde- grigiastro, prominenti, quindi bruniccie e più o meno irregolari. I frutti così colpiti cadono in gran parte, quelli meno danneggiati arrivano a maturazione, ma rimangono alla loro superficie deturpati. Le tacche si trasformano in croste più o meno numerose e confluenti, brune poi fosche, di consistenza suberosa, alcune delle quali si staccano lasciando al di sotto una tacca rosso-sanguigna: quelle che rimangono si accre- scono, si collegano assieme per buon tratto della superficie del frutto ed ivi appaiono non di rado delle screpolature più o meno profonde dell'epicarpio. Nei tessuti alterati abbonda il micelio sotto il cui sti- molo avviene la suberiflcazione dell'epicarpio: tra le screpolature del periderina appaiono poi gli organi riproduttori del fungo in forma di brevi conidiofori più o meno addensati in minute pustoline, sui quali sonvi conidii 1-3 settati, fuligginei, ovati, ellittici, ristretti ai setti, misuranti 28-42 * 13-16 ^ I frutti colpiti rimangono deturpati, poco gustosi e poco accetti sui mercati. La malattia si combatte come il Nero delie pesche. 0. Helmintliosporiuin Link. Genere ricco di specie per lo più saprofite e viventi sul legno o rami fracidi. Le poche specie parassite sono foglicole e si sviluppano su graminacee. T conidiofori sono rigidi, per lo più semplici, bruni, settati: i conidii fusoidei od allungato-clavati o cilindracei, pluriset- tati, grandi, foschi e con episporio liscio. 470. HELMINTHOSPORIITM GRAMO ETJM (Rabh.) Erikss. Nome d. malattia. Striatimi bruna delle foglie di orzo; Strcifen- krankheit der Gerstenhìatter. È una malattia comune dell'orzo e dannosa specialmente nell'Europa nordica (Scozia, Svezia, ecc.) che si manifesta particolarmente nelle foglie inferiori con macchie lunghe talora fino ad un centimetro, ma molto strette, a forma di strie di color bruno con orlo gialliccio: sulla parte centrale appaiono come coperte da un leggero pulviscolo ne- HELMINTHOSPOHICM AVENAE-S ATI V AE LIND. 875 rasfcro. Le piante colpite disseccano per Io più prima di formare la spiga e non è raro che la morte delle piantine possa effettuarsi anche nella proporzione del 5 per cento. Dagli stoini nella parte eentrale della stria fogliare erompono i conidiofori che talora possono pure attraversare le celiale epidermiche: essi sono dritti, bruni, settati: portano alla sommità ciascuno un grosso conidio cilindricó-oblungo, di colore grigio giallastro, fornito di l-ò setti, della dimensione «li 50-100 * 14-20 ji. diametro. Secondo le ricerche del Noack (1) il fango è capace di produrre anche degli sclerozi che rimangono poi nelle stoppie, da cui si originerebbe poi una forma ascofora riferibile a Pleospora triehostoma Wint. già osservata dal Diedicke. La propagazione «Iella malattia può avvenire sia pel micelio aderente alle glume che per i couidii sviluppantisi dagli sclerozi sulle stoppie in primavera, come per le ascospore. L'infezione alle giovani piante avverrebbe per co- nidii aderenti alle cariossidi, come provano le osservazioni di Eolpin Ravn (2), il quale avrebbe constatato che in tale caso portati nel campo infettano le giovani piante insinuandosi il micelio nell'apice vegetativo e di là diffondendosi a tutte le foglie che da esso succes- sivamente si sviluppano. L'intensità della malattia non e tanto do- vuta però alle qualità parassitarie del fungo quanto alle condizioni di ambiente, alla seminagione, alla temperatura di germinazione, ecc. Per limitare la diffusione della malattia converrebbe bruciare le stoppie e più di tutto trattare le cariossidi prima della semina con soluzioni anticrittogamiche nello stesso modo come si opera per pre- venire lo sviluppo dei carboni. 471. HELMINTHOSPOEIUM TERES Saco. 472. HELMINTHOSPORIUM AVENAKSATI V A K (BRIOSI e Cav.) Lind. Questi due parassiti producono alterazioni dette / una speciale infezione crittogamica dei semi di erba medica e di trifoglio, in Remi. d. E. Acc. d. Lincei, XII, Roma 1903, p. 270. (2) Saccakdo P. A., in Giorn. di Vit. e «li Enol. di Avellino 1903, d. 6, p. 132. 892 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI 498. ALTEEXAEIA VIOLAE Gallow. et Dorsett. Questo parassita studiato in America dal Galloway e Dorsett (l) liei 1900, riscontrato anche in Italia dal prof. Vog-lino, riesce dan- noso alle coltivazioni specialmente in cassoni o serre della Viola odorata particolarmente delle varietà a fiori grandi odorosi o doppi. Si ma- nifesta con macchie bianchiccie o giallognole, rotonde, sparse o con- fluenti che ricordano l'aspetto delle alterazioni prodotte dalla Bamu- laria lactea (Desm.) Sacc. sulle stesse foglie e di cui si è già parlato in addietro: tali macchie sono poi alquanto zonate verso al margine e presentano verso il centro una chiazza grigio vellutata non visibile invece per la Eamularia (fig. 174: VII, 1-3). Ivi da brevi conidiofori olivacei sorgono conidii pure olivacei, plurisettati trasversalmente e longitudinalmente, obclavati, misuranti 40-60*10-17 jj.., talora un pò7 catenulati. Con questi conidii germinanti gli autori americani riusci- rono a riprodurre artificialmente la malattia. Essi constatarono inoltre gli ottimi risultati che contro di essa si possono ottenere con tratta- menti cu procalcici. 499. ALTEEXAEIA SOL ANI Sorauer (= Macrosporium So- limi Ell et Mart.). V. d. malattia. Xebbia o seccume primaverile delle patate. Durrjie- cìcenkrankheit der Kart off chi •; Earìy blight, Potato blight. Colpisce le foglie delle patate (Solarium Lycopersicum) e talora anche di altre Solanacee (Solanum Lycopersicum, Datura Stramoniuni, Hyoseiamus albus, ecc.). producendo danni talora paragonabili a quelli della Phytopthora infestam specialmente in America, meno gravi da noi in Europa, tuttavia sensibili. Venne prima riscontrata in Ungheria poi in Germania e quivi studiata dal Sorauer (2). La malattia fa la sua comparsa in generale dal luglio al settembre e si inizia sulle foglie con macchie irregolari di color bruno scuro, aride, limitate dalle nervature e circondate da una zona giallognola. Allargandosi poi le macchie presentano molto ben distinte, special- mente verso la periferia delle zone disposte concentricamente. Per tali caratteri la malattia è distinguibilissima dalle alterazioni fogliari prodotte dalla peronospora delle patate (Phytophthora infestans). Al (1) Galloway B. T. e Dorsett P. H., Spot disease of the violet (Bull., n. 23, U. S. Dep. of. Agric. Div. of. Veg. Physiol. and Pathol., Washington, 1900). (2) Sorauer P., in Zeitschf. f. Pflanzenkrankh., t. VI, 1896, p. 1. STILBACKE 893 centro di tali macchie, specialmente se la foglia è stata tenuta per breve tempo in un ambiente umido (camera umida) appaiono poi brevi conidiofori bruno settati che ad occhio nudo formano comic una corta lanugine olivacea su cui sviluppatisi conidii di color bruno scuro, eia vati, assottigliati a coda all'apice, l'orniti di numerosi setti trasversali e di alcuni longitudinali, misuranti 90O40 * 15-18 .(1. In camera umida essi sono talora disposti in breve catenella onde la itosi/ione siste- matica del fungo è nel genere Alternarla, benché presentandosi spe a conidii isolati abbia il portamento di un Macrosporium. I conidii germinano facilmente producendo diversi tubi promiceli ci che pene trano negli stomi e diffondono il micelio nel mesofillo le cui cellule si decolorano poi imbruniscono, di modo clic pel diffondersi dell'in- fezione le foglie seccano annerendo, come fossero state bruciacchiate dai raggi ardenti del sole. Le varietà di patate più colpite da questa malattia som» il Can- celliere imperiale, la Richter Imperator, alcune altre varietà resistono maggiormente. I tuberi, a differenza della peronospora, non vengono colpiti direttamente dal fungo, ma naturalmente possono subirne le conseguenze dall'alterazione delle foglie, rimanendo più piccoli e meno ricchi di fecola. Contro questa malattia il Gallcavay (1) in America ha dimostrato efficacissimi i trattamenti con poltiglia bordolese che si può rendere più aderente alle foglie ruvide delle patate con aggiunta di mei;, litri 1,5-2 per ettolitro) oppure di cloruro ammonico (gr. 125 per ettol. . Facendo coincidere i trattamenti coll'epoca in cui si fanno quelli contro la peronospora delle patate, contemporaneamente si combattono colla stessa miscela le due malattie. Fam. III. — St Ubaci ■ . Comprende pochissime forme parassite. In (piota famiglia le ife conidiofore non sono più libere e distinte come nelle due precedenti, ma riunite a fascetta con disposizione parallela e più o meno strettamente fra di loro stipate in modo da t'ormare un filamento od una colonnetta stipitiforme più o meno rigida, jalina o bruna detta sinnema. Le ife del sinnema all'estremità poi più o meno divergendo portano i conidii (1) G-aixoway B. T.. Potato diseases and Unir treatment (U. S Dep. of Agi'. Favmers Bull. n. 91, Washington, 1899). 894 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI ialini o bruni ora a disposizione isolata, ora catenellati, ora come in pannocchia lassa ora formanti ira capitolo molto denso. Questi funghi vivono specialmente su matrici putride: tra le forme parassitarie meritano appena un cenno una specie del genere Phaeoisa- riopsis ed una del genere Briosia. (j. Phaeoisariopsis Ferr. Specie foglicole, producenti su esse delle macchie di secco su cui si notano piccole produzioni setoliformi che sono i sinneini, gracili, olivacei o bruni, formati da ite non troppo stipate fra loro ed a di- sposizione parallela, portanti all'apice come in pannocchia lassa dei conidii cilindrico-fusoidei, plurisettati, bruno-oli vacei. 500. PHAEOISARIOPSIS GRISEOLA (Sacc.) Ferr, (= Isa- riopsis griseola Sacc). Produce uno speciale seccume delle foglie del fagiolo ed è parassita comunissimo non solo in Europa, ma anche nell'America settentrionale e meridionale. Da noi si ma- nifesta per lo più sul finire dell'estate od in principio d'autunno, attaccando ordi- nariamente le foglie, qualche volta però anche i legumi. Sulle foglie determina delle piccole macchie grigiastre, angolose, disseminate e limi- tate tra le nervature fogliari. Le foglie appaiono così chiaz- zate di verde e di bruno con aspetto talora quasi di mo- saico (fig. 179:1). Sulle mac- chie in pagina inferiore si distinguono anche ad occhio nudo delle minute punteg- giature o piccole setole brune, Y^ 279 fittamente sparse, formate, Seccume delle foglie del fagiolo. quando si osservano al mi- 5 . Fogliolina attaccata. 2. Porzione della stessa con macchie crOSCOpio, da Stipiti cilill- jiiii ingrandite mi cui il parassita. 3. Conidii. 4. Ce- dutolo conidioforo «li l'haeoisariopsis griseola (tutte draceì COll ife a i manifesta da prima coll'ingiallimento poi col progressivo disseccamento delle foglie. I tessuti dello stelo a livello del suolo appaiono ram- molliti, decomposti, onde cercando di sradicare una pianta danneggiata. questa si rompe facilmente nel punto colpito. Tra le guaine basilari delle foglie, tra le scaglie dei bulbilli notasi un Atto intreccio di fi- lamenti bianchi formanti ora dei cordoni, ora delle placche più <> menu largamente effuse tra le quali poi si formano moltissimi corpiccioli sferici, granuliformi, neri e duri che sono minuscoli sclerozii del dia- metro non superiore a 0,4-0,5 mm. Secondo Voglino questa forma scleroziale devesi riferire a Scltrotium cepivorum BEBÉ. Sorat'ku ri- tiene questa specie di Sclerotium forma vegetativa della Botrytis cana Kz. et Sch., forma conidiale legata metageneticamente al ciclo evo- lutivo della Sclerotinia Libertiana FrjcK. e che è causa frequente della putrefazione dei bulbi dell'aglio e della cipolla di cui si fece già parola a pag. 268 della presente opera. Voglino pero fa distinzione tra la forma scleroziale del fungo delle cipolle da quella dell'aglio: secondo questo autore la prima corrisponderebbe non a Sclerotium cepivorum Berk., ma a Sci ambiguum Duby la cui forma conidica sarebbe una (1) Voglino P., Sul parassitismo e I» sviluppo 'l Sclerotium cepivorum Berk. nelV Allium sativum, in Le Sta;. Sper. Agr. Ital., 1902, t. XXXVI, fase, II, p. 80-106. Ferraris, Imitato di Patologia, ecc. — 57. 898 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Botrytis che non avrebbe rapporto coll'altra forma di Sclerotium, la quale invece è in relazione con un'altra fruttificazione conidica che si sviluppa sulle placche bianche fra le tuniche dei bulbi dell'aglio, consistente in brevi conidiofori j alini su cui sono inseriti conidii sfe- rici, talora catenellati, 1-guttulati, misuranti 3-4,5 jj.. di diam. j alini, isolatamente in massa rosei in modo da formare uno strato polveru- lento vellutato roseo alla superficie delle tuniche dei bulbi alterati da questa malattia- Questa forma conidica venne dal Voglino distinta col nome di Sphacelia Allii. Egli riuscì ad ottenere per colture di sclerozi del- l'aglio direttamente questa forma. L'autore non esclude che anche lo Sclerotium cepivorum Blrk. e questa specie di Sphacelia possano essere in rapporto con discomiceti del genere Sclerotinia, poiché anche altri autori, come il Woronine avrebbero constatato nello sviluppo di certe Sclerotinia la produzione di conidii simili a quelli dal Voglino osser- vati nella Sphacelia : il che fa supporre che la presente specie possa riferirsi pure al ciclo evolutivo di quei discomiceti. Il Voglino riuscì inoltre a dimostrare il parassitismo del fungo con infezioni artificiali eseguite a mezzo di sclerozi e di conidii sui bulbi dell'aglio. I mezzi di lotta consistono nella distruzione delle piante amma- late e nel sospendere per diversi anni la coltura dell'aglio nelle lo- calità più soggette alla malattia. Sphacelia typhina Sacc. Èia forma iniziale, Qonidica dell' JEpichloe typhina (Peks.) Tul. che produce il mal della elava nelle Graminacee (v. Tratt. p. 331). Sphacelia segetnm Lev. si sviluppa sugli ovarii e sulle giovani cariossidi delle graminacee ed è la forma iniziale della Claviceps purpurea (Fr.) Tul. che produce la Segala cornuta (Tratt. pag. 334). G. Fusarium Link. Qui gli sporodochii sono in generale meno compatti, ma per lo più effusi o polverulenti, formati da conidiofori j alini, ramosi. Caratteristica è la forma dei conidii che sono piuttosto grandi, fusoidei o falcati, plurisettati, jalini od in massa di colori vivaci. Il genere è ricchis- simo di specie molto affini per caratteri e quindi non sempre agevol- mente distinguibili fra loro se non dalla qualità della matrice. La maggior parte dei Fusarium sono saprotìti di organi vegetali. Oggidì però alcune specie fin qui ritenute come innocue o di com- portamento solo saprofitario vanno assumendo speciale importanza per i i - \i;ir.\i nivali-: SOHAU. sii!) il loro facile adattamento alla vita parassitaria. Il micelio di queste specie è capace di disciogliere la cellulosa delle membrane e di prò durre vere e talora anche gravi malattie alle piante. K un gruppo di funghi questo che meriterebbe di essere studiato profondamente dal punto di vista fitopatologico (1). Accenneremo qui alle principali alterazioni prodotte su piante col- tivate da alcune specie di Fusa ri uni, disponendo per comodità le ma- trici in gruppi sistematici. 1) Specie viventi su granii nacee (Cereali). Fusarium rosea in Link e F. heterosporum Nees. Si ritrovano Bulle Bpighe del grano, della segala e di altri cereali e producono suite diverse parti delle spighette (glume, glumette, ecc.) delle pustoline bianche o rosse più o meno effuse. La prima specie sarebbe la forma conidica della Gibberella Saubinetii (MONT.) SaCC. e produce la così detta Golpe bianca ilei frumento di cui -i e parlato a pag. o29. Fusarium culmorum W. Sm. si sviluppa sui culmi del grano ed e forse identico alla forma conidica dello Sphaeroderma damnosum S m i . Bbkl. che produce la così detta malattia del grano di Sardegna studiata a pag. 340. 504*. FUSABIUM NIVALE (Feies) Soeatjee. Questo parassita venne uià dall' TJngek osservato fin dal IMI. successivamente dal Feies e dieci anni fa studiato diti SOEAUEB 2 per la malattia che produce sui cereali e che in Germania è nota col nome di Schneeschimmel « Muffa della neve ». È una antichissima malattia, prima del SOEAUEB pero non bene studiata che compare al termine dell'inverno od al principio della primavera sui cereali che hanno svernato, specialmente segala, che trovandosi ricoperti di strato di neve si ammalano talora in seguito al riscaldamento del suolo che si verifica per i raggi già più caldi del sole in sul finire dell'inverno e che determina sviluppi» «li forte umi- dità negli spazi tra il terreno e la neve occultati dai cereali in erba. Le piante colpite dalla malattia si presentano annerite, giacciono a terra e sopra di esse si vede una muffa bianca o grigio-rosea Col- mata da conidiofori a cespuglieti fìtti su cui som» inseriti conidii jalini trisettati, misuranti 30-30 « 4 p. (1) Per complete notizie intorno alle specie patogene di questo gruppo, confrontare 1' interessante recentissimo lavoro di APPEL 0. e WOLI.ENWEBEH IL W. : Grundlagen einer Monographie der Gattung Fusarium Link (Ari», a. d. k. Biol. Anst. f. Landw. a. Fors., Berlin 1910, Vili, p. L-207 (2) SokauerP., J>cr Schneeschimmel, in Zeitsch. f. Pflanz., 1901, XI. p. 220. 900 I PAllASSITI VEGETALI: III. EUMICET1 Il micelio del fungo sotto alla neve da ima pianta passa all'altra per le estremità fogliari ammalate che vengono a contatto con quelle di piante sane. Allo sciogliersi della neve, specialmente quando sof- fiano forti venti il fungo non si vede più, ma si rendono visibili nei campi le macchie formate dalle pianticelle morte. Secondo Fuckel questo Fusarium sarebbe la forma conidica della Didymosphaeria zerbino.. Naturalmente contro questa malattia che si produce in tali con- dizioni non ci sono mezzi di lotta diretti a meno di ricorrere alle semine primaverili. 2) Specie parassita di Moracee (Gelso). l-'iou ri N ni Iateritium Nees sui germogli e rami di gelso in cui induce ne- crosi dei tessuti. È la forma conidica della Gibbereìla moricola (De Not.) Sacc. di cui è stato trattato a pag. 327. 3) Specie parassita di Cariofillacee (Garofano). 505. FUSARIUM DIANTHI Prill. et Delacr. (1). Da una dozzina di anni questo parassita va producendo danni ingenti alle colture dei garofani in Francia, specialmente nei dintorni di Antibo: anche da noi venne riscontrato dannoso nella riviera Ligure di Ponente. Le foglie delle piante colpite cominciano ad ingiallire poi avvizziscono ed i fusti seccano. Cercando di sradicare una di queste piante così colpite essa si strappa a fior di terra o poco sotto, alla base del fusto, nella regione del colletto che è completamente decom- posto. Collocando queste porzioni ammalate in sito umido si ricoprono presto di abbondante muffa bianco-nivea in cui sono conidii ialini, fusiformi e clamidospore globose. Per combattere questa malattia il Delacroix consiglia la distru- zione sollecita delle piante ammalate prima della comparsa della muffa sul colletto, la sospensione per almeno tre anni della coltura dei ga- rofani nelle località ove più intensamente si è manifestata la malattia, il prelevamento di margotte da siti e piante immuni. Si può effet- tuare la disinfezione del suolo bagnandolo a due o tre riprese con una soluzione di aldeide formica diluita nella proporzione di 1:300, (1) Per maggiori notizie intorno a questa malattia confrontare i seguenti lavori: Prillieux et Delacroix, La maladie des oeillets à Antibes, in Compt. rend. de l'Acad, de Se. de Paris, 1899: Masgis L., Sur une maladie nouvelle des oeillets ; Delacroix, Sur la maladie des oeillets 2>>'od. parie Fusarium Dianthi Pr. et Del., ib. 1900. FUSARIDM SOLANI 9ACC. IMI] spandendone 10-12 litri per mq. Nelle piccole colture potrebbe anche disinfettarsi il suolo con irrorazione di una soluzione diluita di ben- zonaftolo nell'alcool (250 grammi di benzonaftolo per un litro di alcool denaturato, allungato in 500-600 litri di acqua). 4) Specie parassite di Leguminose. 500. FUSARIUM specie diverse. Sulle leguminose possono svilupparsi diverse specie di Fusarium: p. es. la var. Lupini albi Sacc. del Fusarium restimi Le. produce sui legumi ed anche sui semi del lupino delle caratteristiche macchie ro- tonde rosee per cui i tessuti marciscono, altre specie vivono su Cave, piselli, attaccando piantine giovani od anche adulte clic per l'alte- razione dei tessuti dello stelo verso la base avvizziscono e seccano. Di tal natura è la malattia delle piante dei piselli nota in Ger- mania col nome di Malattia di S. Giovanni (1). 5) Specie parassite sugli Agrumi e sulla Vite. 507. FUSARIUM SARCOCHROUM (Desm.) Sa« - . Si trova sui rami dei limoni e degli aranci e m- produce l'essi- camento. Il fungosi manifesta con cuscinetti piccoli (meno di un mm. di diametro) od anche più grandi se confluenti, da prima candidi poi di un bel color carneo. Su questi cuscinetti (sporodochii) osservansi al microscopio numerosissimi conidii fusiformi, trisettati, misuranti 18 24 * 4-6 [i. 508. FUSARIUM ZAVIANUM SACC. Attacca i giovani tralci, i piccioli fogliari, i peduncoli dei fiori e frutti, i viticci della vite facendoli seccare ed ha prodotto Bpecial- mente nel Veneto danni su una qualità di uva da tavola detta Sa- lamanna. Sugli organi morti erompono poi pustnline bianchiccie, quindi carnicine alla superficie delle quali sonvi numerosissimi conidii della solita forma, di un roseo-pallido. 0) Specie parassite di SoJanacee (Patate, Pomidoro, reperoni). 509. FUSARIUM SOL ANI (Mart.) SACC. Nome della malattia. Marciume secco «lei tuberi delle patate; Trockenfaule der Kartoffeln. (1) Per le malattie prodotte dai Fusarium Bulle leguminose 8Ì confronti l'importante lavoro del Schikoura, Fusarium-Krankheiten der Leguminose», Berlin, 1906. 902 I PARASSITI VEGETALI : III. EUMICETI Secondo diversi autori il marciume secco delle patate (o cancrena secca) sarebbe dovuto piuttosto a questo parassita che all'azione del Bacillus amylobacter, causa della cancrena umida dei tuberi. Nella cancrena secca determinata dal Fusarium i tessuti del tubero indù riscono sotto l'influenza del micelio del fungo, ma l'amido non viene alterato. Secondo Wehmee (1) il micelio intercellulare del parassita determina l'imbrunimento e la morte delle cellule e la soluzione delle membrane cellulari: il tubero rimarrebbe come mummifìeato e sarebbe formato quasi esclusivamente da intreccio di ife miceliclie e da amido. Alla superficie dei tuberi compaiono poi pustoline bianche coi conidii di Fusarium. Vennero osservate anche clamidospore. Alcuni autori considerano il F. solani come un semplice saprofita ed attribuiscono esclusivamente la causa del marciume secco delle patate all'azione del Bacillus amylobacter e della Phytophthora infe- stans con cui è spesso associato: le osservazioni del Wehmee ven- nero però confermate successivamente dal Frank (1898) in Germania e dal Pizzigoni in Italia. Contro questa malattia dei tuberi possono adottarsi gli stessi mezzi di lotta consigliati per prevenire lo sviluppo della Pkytophthora infestans e del Bacillus amylobacter. 510. FUSARIUM sp. Un'altra specie di Fusarium non peranco ben definita produce in America, secondo Smith e Swingle, una malattia delle patate detta dry-rot che attacca il sistema radicale, i tuberi ed anche gli steli. Le foglie delle piante colpite ingialliscono poi imbruniscono e si ac- cartocciano al margine. Il micelio è diffuso nel sistema radicale : nei tuberi invade i fasci fibrovascolari che imbruniscono. Questo sarebbe il carattere anatomico pili saliente della malattia e che si rende evi- dente anche ad occhio nudo con tagli attraverso i tuberi. Dalle col- ture del micelio si sarebbe ottenuta una forma di Fusarium. Una consimile malattia è pure diffusa e dannosa in Europa e cau- serebbe l'arricciamento dei germogli delle patate. La natura di questa alterazione è tuttora molto oscura e benché si siano trovate anche qui ripetutamente forme di Fusarium tuttavia non è certo che questi siano i veri agenti di tale alterazione (2). (1) Wehmer, in Centralb. f. Bakter. und Parass., 2 Ab., Ili, 1897, p. 727. (2) Cfr. in proposito Cuboni in Belas. sitile malattie d. piante studiate du- rante il biennio 1908-1909, Roma 1910, p. 68-70. PUSARIDM ERDBESCENS .\IU\-ov. 903 511. FUSARIUM PESTIS Sukaiki:. Secondo questo autore tale Fusai-inni attacca gli steli delle patate indùcendo in essi speciale marciume. Sulle piante in via di accre- scimento od anche adulte avviene un ingiallimento seguito da appas simento delle foglie tinche tutta la pianta avvizzisce. Nella parte «Idi.» stelo che è presso terra si manifesta una macchia nera ed ivi i tes- suti sono uccisi. Nei tessuti trovasi abbondante micelio che poi costi tuisce straterelli di color bianco-cretaceo erompenti su cui trovassi Conidii di Fusarium. Le radici sono da prima sane poi si ammalano e con esse anche gli stoloni. La malattia prodotta dà questo paras- sita sarebbe diffusa in Germania e nel Belgio. ■!-:' 512. FUSARIUM EEUBESCENS Appel et Oven. Nome d. malattia. Marciume apicale del pomodoro. Blossom end rot. Questo fungillo attacca i frutti del pomodoro e secondo OVEN (1) sarebbe la causa del marciume apicale che altri autori riferiscono al parassitismo di un bacillo e che noi abbiamo pure descritto tra le malattie batteriche col nome di Bacteriosi del pomidoro a pag. 103. La malattia comunissima in Europa come in America e che da noi va prendendo in questi anni una grande estensione con grave pre- occupazione degli orticoltori si inizia sui frutti tuttora vérdi nell'estate con una tacca depressa, bruno-oli vacea all'apice del frutto proprio ov'è ancora il residuo dello stilo: la tacca si estende sempre circo- larmente fino ad invadere un terzo od anche meta del frutto che può intanto continuare ad accrescersi e maturare nella parte rimasta sana (verso il peduncolo), mentre la chiazza sempre più depressa passa dal colore ólivaceo al nerastro e per l' essicamento della buccia in quel punto si presenta al margine nettamente solcata di zone concentriche. 1 frutti così colpiti imputridiscono e cadono. <> potuto osservare in moltissimi casi più del 50 per cento di frutti cosi ammalati con quali danni è facile immaginare. I frutti diventano amari «• quindi assola- tainente inutilizzabili. Alla superficie della buccia nella parte annerita compaiono poi molte vegetazioni l'ungine p. es. Macrosporium Tom, ito Oooke e forme di Fusa ri uni da me pure spesso constatate e che nono riferibili forse a Fumrinm erubescens. Secondo diversi autori la malattia sarebbe dovuta alla presenza di uno specifico batterio, l'OVEN iuv< escluderebbe questa causa perche nei primi stadi della malattia non (1) von Oven, in Laiulw. Jalirb., 1905, XXXIV, ivi. 904 I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI avrebbe trovato nei tessuti del frutto nlcim batterio. In stadi suc- cessivi della malattia avrebbe isolato due forme di bacilli, dai quali però per inoculazioni artificiali non potè mai ottenere la riproduzione del male. Egli li interpreta perciò come fenomeni secondari, la vera causa sarebbe un Fusarium diverso da quelli che attaccano altre so- lanacee. Il suo micelio avrebbe la proprietà di segregare un enzima capace di uccidere le cellule. Alla superficie dei fusti apparirebbero poi sulle macchie delle chiazze o pustoline gialliccie o rosee su cui si trovano numerosissimi conidii del Fusarium che nella polpa dei frutti produrrebbe anche dei microconidii, delle clamidospore e degli sclerozi che rappresenterebbero le forme ibernanti del fungo. Gli studi di Smith (1) su questa malattia dei pomidoro, che in America produce gravissimi danni, confermerebbero in massima le os- servazioni dell'OvEN. Però secondo l'autore la specie di Fusarium non sarebbe diversa da F. Solani (Mart.) Sacc. Tal fungo sarebbe molto attivo nel trasformare l'amido in zucchero, quindi attaccherebbe solo i frutti verdi, non quelli del tutto maturi in cui manca l'amido. Le inoculazioni di detto fungo avrebbere dato risultati positivi se effet- tuate attraverso piccole lesioni o ferite del frutto. Lo Smith ritiene però che il detto Fusarium non sia l'unica causa della malattia poiché sarebbe riuscito ad isolare forme di batteri coi quali potè riprodurre la stessa alterazione dei pomidoro. Lotta. Dev'essere esclusivamente preventiva: si consiglia di fare trattamenti di poltiglia bordolese zuccherata o con aggiunta di sapone molto per tempo, badando di irrorare bene i giovani frutti e ciò fino all'inizio della maturazione. I frutti che si ammalano debbono essere subito raccolti e distrutti buttandoli in una fossa con calce viva: assolutamente non debbono abbandonarsi al suolo. In tal caso bisogna sospendere la coltura del pomidoro nelle località più danneggiate. 513. FUSARIUM sp. Un'altra specie di Fusarium non peranco ben definita produrrebbe l'accartocciamento ed il seccume delle foglie del pomidoro, quindi il disseccamento delle piante in settembre e sarebbe nota anche in Italia, ma specialmente diffusa in America (California, Florida) e colà cono- sciuta col nome di Summer Blight. Secondo Rolfs questa malattia si propaga nel terreno: produce prima decolorazione delle foglie in- (1) Smith E. in Massach. Agr. Exp. Stat., Bull. 3, 1907, p. 1-19. FUSARIUM VASINFECTUM ATK. 905 feriori che avvizziscono e seccano a cominciare dalla punta poi invade man mano le foglie più alte. Nel caso di comparsa della malattia il Eolfs consiglia di non coltivare per almeno tre anni i pomidoro ili quella località. 514. FUSARIUM VASINFECTUM Atk. 11 Montemartini (1) osservò alcuni anni anni fa nei dintorni di Voghera una speciale malattia dei peperoni che si manifesta in luglio- agosto con un rapido avvizzimento delle piante, seguito da morte in uno spazio di talora 24 ore, come per apoplessia. Le piante colpite si sradicano facilmente, anno un sistema radicale meno ben sviluppato con radicelle brune e floscie. Su queste radicelle e talora anche sul fittone distinguesi un micelio bianco che in ambiente umido o per colture dà luogo a forma di Fusarium che l'autore crede identico a F. vasinfectum, noto parassita delle cucurbitacee. Secondo l'autore la malattia si troverebbe già nelle piantine gio- vani al momento del trapianto e non si diffonderebbe per contano alle vicine. Più colpiti sarebbero i peperoni rossi. Una alterazione molto simile a questa venne anche osservata e studiata dal prof. jS"oelli (2) nei dintorni di Torino. In questo caso però non avrebbe costantemente trovato la presenza del Fusa riunì onde dubita che sia proprio identica a quella studiata dal MONTEMARTINI. È consigliabile come misura profilattica di cambiare la terra nei semenzai ove vegetarono piante infette e di distruggere col fuoco le radici delle piante colpite. 7) Specie parassite di Cucurbitacee. Fusariiiiii vasinfectum Atk. (— F. niveum E. Smith). È comune su una grande quantità di piante appartenenti a famiglie di- verse, ma riesce particolarmente dannoso alle Cucurbitacee: cetrioli, zucche, meloni, ecc. È la forma conidica della Neocosmospora vasinfecta (Atk.) E. F. Smith di cui si è trattato a pag. 341. Benché la malattia «Ielle cucurbitacee [avvizzimento dei cocomeri, ecc.) sia già stata descritta brevemente, eie. lo op- portuno aggiungere qui altri particolari riferentisi allo sviluppo ed ai danni ch'essa produce in Italia. L'avvizzimento delle cucurbitacee renne constatato in Italia (Reggiano, Faentino e Pisano) dal Farneti (3) e dal Pantanelli (4 (1 Montemartini L., Avvizzimento dei peperoni, in Riv. di Patol. N i II, 3907, p. 257. (2) Noelli A.. Il marciume del Gapsicum amuium. in Riv. Pat. Veg., IN . 1910, p. 177. (3) Farneti R., L'avvizzimento dei cocomeri in Italia, in Riv. ili Pat. Veg., II, 1907, p. 241-242. (4) Pantanelli, in Italia Agno., XLVI. Piacenza, L909, p. L32-135. 906 I PARASSITI VEGETAI,!: III. EUMICETI il quale però nega che la malattia sia nuova in Italia come vorrebbe il Farneti : essa esisteva già da lungo tempo nel Pisano ed ivi nota col nome di bolla e nell'Emilia conosciuta col nome di nebbia. Si rivelò però particolarmente dan- nosa in questi ultimi anni, apportando danni specialmente gravi in Toscana. L'infezione si manifesta 15-20 giorni dopo la germinazione : se la stagione poco dopo diventa molto asciutta la malattia abbatte completamente le piante già colpite. Le foglie si afflosciano, si arricciano ai margini, disseccano ed imbru- niscono e le piante muoiono. Sugli steli dei cocomeri colpiti notansi cancrene umide: sul fittone ulceri più o meno profonde fino al legno a forma di infos- sature piene di una sostanza viscida e fetida formata dai tessuti disgregati uniti a sostanza gommosa giallastra. La lotta diretta sarebbe impossibile. Pantanelli consiglia la selezione col metodo del Nilsson come misura profillatica: nel campo si scelgono quelle piante che pur a contatto di malate si sono mantenute sane e di esse si rac- coglie il seme. I discendenti di queste piante, ancora selezionati e coltivati in terreni infetti dalla malattia possono dare piante del tutto resistenti. 515-516. FUSABRJM AURANTIAOUM Corda; FUSABIUM BETICULATUM Mont., ecc., si riscontrano di frequente sui frutti dei meloni e delle zucche producendone insieme ad altri parassiti e sa- protìti il marciume. G. Pionnotes Fr. Sporodochii prima gelatinosi poi col disseccamento formanti una pellicola o membrana per lo più di color rosso aranciato. Su coni- diofori fascicolati semplici o ramosi si riuniscono Gonidi grandi della forma di quelli del Fusarium, però indistintamente settati, ma in- vece pluriguttulati. 517. PIONNOTES CBSATII (Thùm.) Sacc. Secondo il Oabotto (1) il fungillo riuscirebbe dannoso in alcune località del Monferrato su certe qualità di vite, specialmente Freisa e Barbera. In principio di marzo in seguito ad abbassamento di temperatura si svilupperebbero nella regione del colletto di dette viti o sulle fe- rite lasciate dai vecchi tralci amputati delle placche carnicine di aspetto mucilagginoso perchè bagnate dalla linfa che esce dai tralci recisi nella potatura. Tali placche sono formate da ife fascicolate, settate, ramose, portanti conidii solitari, curvi, fusiformi, rosei misuranti (1) Gabotto L., Di un {fornicete parassita della vite, in Nuovo Giorn. Bot. Ital. (nuova serie), voi XII, n. 4-, 1905, p. 488. MICELII STERILI 901 10 50 * 4-0 ,jl- Questa sostanza mucillagginosa scorre poi lungo il ceppo e forma più tardi (aprile-maggio) una pellicola rosso-aranciata che poi secca e scompare. Secondo l'autore il fungo determinerebbe ipertrofie tubercolari molto simili a quelle della tubercolosi della vite prodotta dal Bacillus ampelopsorat ': in quei tumori però sarebbe costante la presenza delle ite del funge), n legno diventerebbe fragile nella parte offesa dal fungo, si formerebbero spaccature ed ivi i tessuti sarebbero necrosati. L'autore ritiene però che il fungo produca danni sol., su piante indebolite da altre malattie: la penetrazione del fungo avver- rebbe attraverso le ferite operate dalla potatura. Il GtAbotto indica come efficaci le pennellazioni «Ielle ferite con soluzione acida di solfato ferroso, coprendole poi con catrame. Con- siglia poi di tagliare i tralci obliquamente adoperando la roncola: così la superficie di taglio sarebbe meno facilmente inquinata da pa- rassiti. Micelii sterili. Diconsi Micelii sterili certe forme di funghi rappresentate da soli organi vegetativi, non accompagnate da organi riproduttivi. Alcune di queste forme sterili sono riferibili al ciclo evolutivo di funghi su- periori, altre invece per ora vengono considerate a sé non essendosi potuto provare i loro rapporti con forme fruttifere. L'aspetto di questi micelii sterili, che rappresentano nella maggior parte dei casi organi di ibernazione o forme vegetative sviluppate in ambienti ricchi di materie nutritive in cui possono trovare libera e facile diffusione, è vario: ora sono corpi tubercoliformi, duri, di grossezza varia, per lo più bianchi all'interno, neri all'esterno, con struttura ifenchima- tosa e prendono il nome di Sclerotium; ora sono cordoni costituiti da ife fittamente addensate in fascetti e parallelamente disposte, ab- bastanza grossi, rotondi o depressi, foschi o neri, biancastri nel cent io. a forme a volta rizoidale e viventi su parti sotterranee delle piante o nel suolo ricco di humus o su detriti vegetali e allora si riferiscono al genere Rhizomorpha; altre volte tali ife sterili formano membrane o pellicole più o meno estese bianchiccie o colorate talora confluenti in piccoli corpicciuoli tubercoliformi : tali micelii sterili .si riferiscono al genere Rhizoctonia ; quando poi le ife sono capillari, ramose, stri- scianti, molto intrecciate fra di loro in modo da formare masse sof fici, cotonose di color nero o bruno allora costituiscono le l'orme .Idi. • Rhacodium. •HIS I PARASSITI VEGETALI: III. EUMICETI Alcuno di queste forine abbiamo già descritte trattando degli or- gani vegetativi di funghi superiori parassiti e di esse daremo solo un cenno per il loro riferimento sistematico, altre poche di cui ben non si conosce il giusto posto fra i funghi superiori e che possono de- terminale qualche alterazione sulle piante, verranno qui brevemente accennate. G. Sclerotium Tode. Le specie i si estende al resto della radice disgregandola e c'ausando danni gravissimi si alle piante giovani che alle adulte. Sulle radici alterate si iota poi la solita pellicola micelica bruno violacea e qua e là dei corpiccioli KHAOODIUM CULLARE PERS. 909 tubercoliformi (corpi miliari), piccoli, irregolari, impiantati nel parenchima cor- ticale, facenti 1' ufficio come di austori e da cai si diramano per tutti i tes- suti della radice le ife del fungo. Forme analoghe attaccano le radici delle lattughe, del tabacco, ecc., cau- sando danni alle piantine specialmente nei vivai. La varietà Grocorum DC. attacca i bulbo-tuberi dello zafferano (Crocus sativus) e vi causa una malattia nota da tempi molto antichi. Essa appare a fine di primavera tra le tuniche dei tuberi con un micelio bianco che fodera come uno strato continuo la superficie di tali tuniche. Su tali placche miceliche distinguonsi poi verrucchette rosso violacee dell'aspetto dei corpi miliari della forma Medicaginis o delle masse scleroziali talora abbastanza grosse, un pò carnose, vellutate e di color rosso bruno. 11 micelio finisce per invadere poi anche l'esterno del bulbo-tubero ricoprendolo di uno straterello violaceo: le ife ed i cordoni micelici diramandosi sul terreno estendono la malattia ai cir- costanti bulbo-tuberi sani. Questi perdono la loro consistenza normale, si ram- molliscono e disfanno, mentre le foglie ingialliscono. La malattia è dannosis- sima e si combatte col togliere dal suolo i bulbo-tuberi colpiti che vanno distrutti, col disinfettare il suolo con calce e solfato di ferro, col sospendere la coltura delle stesse piante per un certo tempo, ecc. La varietà Asparagi riesce dannosissima ai rizomi degli asparagi ed è un vero flagello per le asparagiaie poiché le distrugge poco a poco, facendo pe- rire i rizomi che si ricoprono del solito straterello membranaceo rosso-vinoso. Dklacroix raccomanda contro questa malattia la disinfezione del suolo con solfuro di carbonio nella porzione di 250 grammi al mq. oppure irrorazioni al suolo infetto con una soluzione formata da una parte di formolo (al 40 per cento) su 400 parti di acqua. LiSi-Rìiizoctoma Solarti Kuhn che produce la Scabbia delle .patate è secondo Gussow la forma sterile di Corticium vagum B. C. varietà Satani Blrt., ime- nomicete di cui è già stato trattato a pag. 693 e certo identico ad Hypoehnus Solanì Pkill. poiché questo si sviluppa da tale specie la Rlrizoctonia. 518. G. EHACODIUM Peks. La specie più comune di questo genere è il Rhacodium celiare Pers., che si incontra ovunque nei luoghi oscuri delle cantine, sulle vecchie botti, bottiglie, travi, ecc. Il Pegeion (1) descrive sotto il nome di nerume delie castagne una alterazione prodotta nelle castagne conservate nei magazzini umidi o nelle cantine da questo fungo ste- rile. Non è difficile infatti vedere talora le castagne annerite nell'in- terno e piene di una massa cotonosa color fuligine che è appunto il micelio del fungo in questione. La massa dei cotiledoni annerisce, poiché secondo l'autore avverrebbe secrezione di una diastasi per opera del fungo che agirebbe sul tannino contenuto nelle cellule del (1) Peglion V., Il nerume delle castagne, in Italia Agric, 1901, n. 5. 910 1 PARASSITI VEGETALI: IV. ALGHE parenchima cotiledonare facendole diventar brune. Il Peglion pro- pone di combattere la alterazione con sùffimigi di anidride solforosa o con vapori di formalina. Meglio di tutto è collocare le castagne a conservarsi in magazzini asciutti, puliti e sufficientemente illuminati, aerando spesso le castagne clie vi sono ammucchiate, rimescolandole e togliendo quelle avariate. CAPITOLO IV. ALGHE. Le alghe formano un gruppo vastissimo di tallofite viventi abitual- mente nell'acqua od in luoghi molto umidi a corpo vegetativo varia- mente differenziato: ora semplicissimo, unicellulare poco diverso da quello delle batteriacee o dei funghi inferiori, ora di forma e strut- tura più complicata, ora differenziatissimo almeno all'esterno, sì da simulare un conno ossia il sistema vegetativo delle piante superiori. Le alghe nettamente si distinguono dagli altri gruppi di tallofite di cui ci siamo occupati sin qui per la presenza della clorofilla. Il loro colore è dunque tipicamente verde, quando non sia mascherato da qualche altro pigmento che dà talora alle alghe colori speciali e vivaci [alghe azzurre (Cianotìcee), alghe rosse (Eodoficee o Floridee), alghe brune (o Feotìcee), ecc.j. La presenza della clorofilla induce in questi esseri vegetali un modo di vita ben diverso da quello delle altre tallofite che ne sono sprovviste cioè a mezzo del pigmento verde le alghe, come le piante superiori verdi, sono capaci di assimilare il carbonio e formare direttamente la sostanza organica. Perciò esse, salvo rare eccezioni, tanno vita libera, indipendente, ed il saprotìtismo come il parassitismo in questo gruppo diventano fenomeni limitati a sole pochissime specie. Per questa ragione le alghe non offrono speciale interesse in patologia vegetale e ci limiteremo solo ad accennare più che a descrivere alcune poche forme che si possono talora incontrare su piante coltivate (1). 519. AXAIIAKXA CYCADACEAEUM (Eeink.) De Bary No8toc <■<> ni m une Vauch. secondo alcuni autori). (1) Per chi volesse avere più ampie notizie intorno alle alghe parassite con- siglio il lavoro di Moebius: Ueher endophyte Algen (Biologisch. Centrali)!., 1891). PHYLLOS1PHON AR1SARI KUHN. 911 È un'alga del gruppo delle Cianoficee (alghe azzurre per la pre- senza di un pigmento verde azzurrognolo detto Ficocianina) elio pro- duce una singolare alterazione sulle radici laterali delle Cicadacee, giinmospernie dell'Asia tropicale di cui è ben nota da noi pel suo bellissimo portamento die ricorda quello di una palma: la « Cycas revoluta », ornamento delle serre nei paesi freddi e dei giardini all'aperto nelle regioni calde. Sulle radici di questa pianta si notano talora degli animassi corallifbrmi che ricordano un po' quelli delle radici dell'Ontano ariette dalla PlasmodiopTiora Alni Moller. Sezionando trasversalmente tali radici ipertrotìzzate si nota nel parenchima corti- cale una zona circolare di color verde azzurro occupata dalle cellule di questa Nostocacea localizzata negli spazi intercellulari che disten- dono ed allargano schiacciando le cellule del circostante parenchima e disponendosi parallelamente e con disposizione radicale al corpo della radice. Tali cellule anno forma oblunga ed un contenuto granu- loso verde bluastro. La presenza di quest'alga nelle radici di tali piante costituisce più una curiosità d'interesse scientifico che pratico. 520. ANABAENA AZOLLAE Stbasb. Quest'altra alga vive nelle cavità fogliali delle foglie galleggianti (\e\V Azolla Caroliniana, piccole felce d'acqua dell'ordine delle Bizocarpce che si coltiva talora nelle vasche in serre calde. 521. PIIYLLOBIUM DIMOBPHUM Klebs. È un'alga del gruppo delle Clorolicee (alghe verdi) che determina nelle nervature fogliari di certe piante (Lysimachia ninnili diaria, Ajuga Yeptans, Chlora sp., Erythrea Centaurium, ecc.) speciali piccoli rigon- fiamenti noduloso-tubercolifornii. Le zigospore di quest'alga penetrano nelle foglie attraverso le aperture degli stomi. 522. MYCOIDBA PARASITICA Ckam. Altra alga Cloroficea parassita questa della cuticola epidermica di certe foglie cuoiose, come della Gamellia, Rhododendron , Tìu-a. Gitrus, ecc. Forma alla superficie delle foglie delle piccole tacche scu- di formi, convesse, di color verde chiaro in cui sono le cellule dell'alga che mandano specie di austori attraverso la cuticola che alterano e perforano, mandando poi speciali filamenti rizoidi nel parenchima fogliare. 523. PHYLLOSIPHOX ARISARI KiiHN. Cloroficea dell'ordine delle Sifonee che attacca le foglie di certe IAracee in Italia ed in Francia, specialmente dell' Arisarum vulgare e V*12 I PARASSITI VEGETALI: V. LICHENI più raramente degli Arum producendo sulle lamine e sui piccioli delle macchie ben distinte, decolorate, gialliccie. Nei tessuti del mesofillo, in corrispondenza delle macchie notasi quest'alga unicellulare molto ramificata che si dirama negli spazi intercellulari, di color verde-gaio per la presenza della clorofilla e contenente delle gocciole oleose poi delle piccole spore verdiccie. Anche questa specie non à però spe- ciale importanza pratica. 524. HYDEODICTYON BETICULATUM. Altra alga verde dello stesso ordine, dalPEGLiON(l) riscontrata nelle risaie dell'Emilia dannosa sulle piantine del riso. Sviluppandosi sulle radici delle giovani piante ne provoca l'asfissia di modo che le foglie avvizziscono e le piantine muoiono. Sul sistema radicale si potreb- bero notare le caratteristiche colonie a disposizione reticolata di questa curiosa alga verde. CAPITOLO V. LICHENI. I Licheni non sono organismi autonomi, ma risultano dalla riu- nione di alghe e funghi che vivono in società offrendo uno dei casi più belli ed interessanti di simbiosi armonica. Il corpo dei licheni è pure un tallo sempre però abbastanza ben differenziato, di forma, di consistenza, di colore assai vario. Spessissimo à forma di una crosta talora molto aderente al substrato come quello dei licheni che si svi- luppano sulle roccie o sulle corteccie liscie degli alberi, oppure di lamina variamente loboso-frastagliata alla periferia, più o meno attac- cata al substrato oppure eretta, ramificata, frondosa o pendente, non di rado i talli appaiono come eleganti cespuglietti minuscoli, arbore- scenti coi rametti fittamente intrecciati, ecc. La consistenza del tallo può essere gelatinosa, coriacea, membranosa e talora quasi pietrosa, il colore vario ora verdiccio, ora giallo, ranciato, violaceo, ecc. a se- conda dei pigmenti che può contenere. L'attacco del tallo al substrato si fa in generale mediante piccole appendici della parte inferiore del tallo dette rizoidi che servono a fissarlo più o meno solidamente. (1) Pegliox V., Di un'alga nociva olle risaie e dei mezzi per combatterla (Agrio. Ferrarese, 1906). LICHENI 913 Sezionando il tallo di un lichene se ne possono distinguere gli ele- menti costitutivi: l'elemento alga à forma di piccole cellule verdi, riunite a gruppi o sparse tra l'elemento fungo che appare a forma di filamenti più o meno intrecciati, formanti alla superficie come una specie di strato epidermico. In certi talli (om eomerici) l'elemento alga è omogeneamente frammisto all'elemento fungo, in altri (etero- meri ci) l'elemento alga è distribuito in uno strato (verso la faccia superiore nei talli dorsoventrali), l'elemento fungo in altro strato. Le alghe che prendono parte alle formazione dei licheni sono del gruppo delle scbizotìcee o per lo più delle clorotìcee unicellulari, i funghi ap- partengono specialmente agli ascomiceti (Disco- e Pirenomiceti), rara- mente ai basidiomiceti. La riproduzione dei licheni si effettua sia per via vegetativa a mezzo di gonidi (elementi dell'alga) o per soredi (elementi dell'alga con elementi del fungo) che si staccano e possono originare nuovi talli, che per via aganica a mezzo delle spore con- tenute in speciali corpi fruttiferi prodotti dal fungo e che sono del tipo di quelli cui il fungo appartiene, cioè apoteci per i discomiceti, periteci per i pirenomiceti, ecc. I licheni sono esseri dotati di una resistenza grandissima alle condizioni più sfavorevoli di vita, di fatti essi vegetano in siti ove non è possibile la vegetazione di nessun altro vegetale un po' differenziato. Li troviamo infatti a rivestire le nude roccie delle montagne, vivono sulle aride sabbie del deserto scot- tanti sotto i raggi del sole tropicale come sulle gelate tundre delle regioni nordiche. Apparentemente essicati in condizioni di estrema siccità, rivivono alla più piccola traccia di umidità e riprendono la loro vegetazione lentissima, ma continua. Un grandissimo numero di licheni vive sulle piante: le corteccie di tutte le nostre piante specialmente di quelle annose ce ne offrono una ricca messe di forme e specie le più variate e diverse. Questo non vuol dire però che essi vivendo su tale substrato si comportino da parassiti. Essi si accontentano di svilupparsi nella parte superfi- ciale morta della scorza e benché le ite fungine, secondo quanto os- servò il Lindatj, si [tossano trovare nei tessuti peridermici, tuttavia li compenetrano solo quando questi siano stati uccisi od alterati da altre cause: nei tessuti corticali vivi non si osservano ife di licheni. Xel caso solo in cui si sviluppassero su organi giovani, solo coperti di epidermide, il che però non è frequente, potrebbero produrre qualche danno ai tessuti sottostanti. Sulle corteccie delle nostre piante da frutto come peri, meli, pesco, mandorlo, vite, ed ancor sui gelsi, olmi, pioppi, salici, ecc., si riscon- Ferharis, Trattato di Patologia, ere. — 58. »)14 I PARASSITI VEGETALI : V. LICHENI trano frequentemente i talli laminari, lobulati alla periferia, di un bel color giallo, quindi evidentissimi, della Xanthoria {Parmélia) parietina oppure quelli crostosi, molto aderenti alla matrice di colore grigio- cenerino della Lecanora subfusca: la loro presenza se non pregiudica la vegetazione delle piante perchè poggiano sul vecchio periderma non è senza conseguenza poiché oltre dare al tronco un aspetto non este- tico, dal punto di vista igienico possono produrre inconvenienti perchè in essi e tra di essi si nascondono insidiosi insettucci o spore di funghi parassiti che a suo tempo troveranno modo di svilupparsi negli organi vegeti delle piante provocando danni. Per questa ragione ne è consigliabile la distruzione che si fa raschiando la vecchia scorza con apposito strumento o col guanto a maglie metalliche (Saltate) la- vando poi la scorza così raschiata per distruggere i germi di parassiti eventualmente annidati nelle screpolature del periderma ed anche le ife degli stessi licheni con latte di calce al 3-5 per cento, oppure con soluzione di solfato di fèrro al 15 per cento, oppure con poltiglia bor- dolese densa (3-5 per cento), oppure colla miscela Del Guercio con- sigliabile specialmente quando si vogliono uccidere anche alidi o coc- ciniglie alberganti nelle fessure del tessuto suberoso, formata da 3-4 litri di petrolio greggio, da 5 chilogrammi di soda, il tutto disciolto in 90-100 litri d'acqua. Tali lavature dei tronchi debbonsi fare preferibil- mente durante l'inverno. Sui rami secchi degli aliteli, specialmente delle conifere nelle grandi foreste alpine si veggono pendere spessissimo a forma di barbe bian- chiccie o glaucescenti assai lunghe i talli dell'etnea barbata o quelli laminari, a loggia di liste ramificate di colori spesso vivaci delle Evernia (E. vulpina) o quelli cespugliosi frondosi delle Ramalina che danno agli alberi stessi talora un aspetto curioso e caratteristico che li rende appariscenti tra gli altri sani e coperti del loro fogliame nor- male. Anclie tali licheni però a quanto pare sarebbero semplici sa- pienti capaci di svolgersi sulle cofteccie dei rami delle piante morte già per altre cause. FANEROGAME PARASSITE 915 CAPITOLO VI. FANEROGAME PARASSITE. La grande maggioranza delle Fanerogame per la presenza di clo- rofilla negli organi aerei ed il ricco sviluppo di un sistema radicale nel suolo è rappresentata da piante a vita autoctona cine capaci di alimentarsi da se prendendo materiali inorgànici e formando le so- stanze organiche che vanno a nutrire le loro cellule, i loro tessuti. Solo allo stato embrionale tali piante si nutrono organicamente utilizzandole riserve organiche dalle piante madri accumulate nei semi : ma esau- rite queste riserve procedono con materiali inorganici alla loro ali- mentazione. Un numero più limitato di fanerogame pine fornite di foglie verdi e di radici anno la proprietà di utilizzare i materiali or- ganici anche allo stato adulto, amando vivere nell'humus e costituì scono un interessante gruppo di saprofite: infine un numero esiguo di fanerogame distribuite in poche famiglie tra le dicotiledoni ma- nifestano comportamento parassitario vivendo in relazione più o meno infima con altre fanerogame da cui traggono parzialmente o total- mente il loro alimento. Alcune di esse anno ancor foglie verdi cu- llaci di assimilare il carbonio e di formare sostanza organica, ra- dici capaci di assimilare dal terreno e quindi sono in buona parte autoctone iteri) manifestano un primo grado di parassitismo svolgendo succhiatoi sulle loro radici (die si mettono in confatto colle radici di piante ospiti (es. Thesium, Melampyrum, Bhinànthus). Si tratta qui di un emipara ssitismo che è ora facoltativo ora invece obbliga- torio poiché alcune specie non vegetano se non traggono qualche utile anche dalle vicine piante ospiti. Un secondo gruppo di fanero- game parassite a ancora foglie verdi assimilanti, ma organi radicali del tutto trasformati in austorii completamente sviluppati nei tessuti dell'ospite (es. Viscum). Qui l'emiparassitismo obbligatorio fa passaggio al parassitismo completo (oloparassi tismo) che pre- sentano le fanerogame del terzo gruppo in cui le piante parassite man- cano di clorofilla e quindi sono incapaci di formare idrati di carbonio, non anno radici normali capaci di assorbire materiali dal suolo, ma organi assorbenti modificati in austorii esclusivamente in relazione cogli ospiti che naturalmente danneggiano fortemente. Distinguo nel seguente prospetto sinottico i principali generi di fa- nerogame parassite delle cui specie più importanti dovremo occuparci brevemente in questa ultima parte della nostra trattazione: 916 I PARASSITI VEGETALI : VI. FANEROGAME PARASSITE Classificazione biologica dei principali generi di Fanerogame parassite. A. Fanerogame erbacee (raram. legnose: G. Ost/ris), annue o perenni fornite di foglie verdi assimilanti e di radici assorbenti sviluppate nel terreno. Au- stori sviluppati sulle radici e per cui avviene il con- tatto colle radici delle piante ospiti. I. Appartenenti alla famiglia Santnlacee . . .6. Thesium. IL Appartenenti alla famiglia Scrofulanacee . ' \ Q, Ehinanthus B. Fanerogame legnose od erbacee spesso perenni (ra- ramente annue) con foglie verdi assimilanti o sprovviste di foglie, senza vere radici sviluppate nel suolo e trasformate in ogni caso in austorii. I. Legnose con foglie verdi assimilanti. Sistema radi- cale trasformato in organo di adesione, di pene- , r, v; »,..,„,. trazione nei rami degli alberi [Fani. Lorantacee]. ■ q jj0l.anfjtlts IL Erbacee senza foglie verdi. Organi di adesione (au- storii) sviluppati sulle parti aeree o sulle parti sotterranee delle piante. a. Piante volubili, allo stato adulto senza radici, con organi di adesione sviluppati nella parte aerea [Fani. Oonvolvulaceé] Gr. Cuscuta. b. Piante non volubili, con radici modificate in organi di adesione sviluppati sulle radici delle piante ( G. Kopsia. ospiti [Fam. Orobancacee] ] G. Orobanche. ( G. Lathraea. G-. Thesium L. Comprende piante erbacee annue o perenni con foglie verdi per lo più lineari o strettamente lanceolate con fiori pic- coli, poco vistosi, a perigonio verdiccio, ad ovario infero, frequenti specialmente nei prati o pascoli della regione submontana e montana, le cui radici abbastanza ben sviluppate presentano sulle ramificazioni laterali dei succhiatoi abbastanza grossi, bianchi, bottonciniformi, un po' strozzati alla base e arrotondati in alto disposti lateralmente alle radicelle e che si mettono in relazione per lo più colle radici di gra- minacee pratensi riuscendo però pochissimo dannose. L'austorio a con- tatto colla radice dell'ospite la contorna alquanto per una specie di cercine che si svolge dalla sua parte corticale, mentre dal centro del- l'austorio partono due cordoni vascolari a cellule disposte in file che ♦bimano il cono di penetrazione che attraversa l'epiblema, il ci- lindro corticale e si interna nel corpo legnoso centrale della radice attaccata. La parte esterna e periferica dell'austorio che non penetra nei tessuti, ma avvolge solo la radice ospite per un quarto o per un terzo, funziona da disco adesivo. I semi di queste piante anno embrione fornito di cotiledoni a sviluppo normale. Sono specialmente comuni di questo genere le specie : Th. aìpinum L., nei pascoli di inon- gna; Th. linophyllum L., colle varietà divaricatimi (Jan.) e interme- dium (SOHR.) nelle praterie più basse. MELAMPYRUM 917 G-. Mel.im py rum L. Appartiene alla famiglia delle Scrofulariacee. Comprende piante erbacee, annuali un po' rigide a foglie opposte, lanceolate, verdi, le superiori (fiorali) bratteifonni, di forma per lo più diversa e talora anche diversamente colorate, all'ascella delle quali trovansi i fiori disposti in racemi spesso unilaterali a calice tuboloso, non rigonfio, a corolla bilabiata con tubo abbastanza lungo dritto o curvo avente interna- mente quattro stami di- dinami, ad ovario supero. Il frutto è una cassida ovato-acuminata bivalve, contenente semi abba- stanza grossi in cui si distingue un embrione ben differenziato con fo- glie cotiledonari. Caduti al suolo questi semi ger- minano facilmente e svol- gono nello spazio di circa una settimana una radice lunga quasi quattro cen- timetri da cui si dipar- tono ad angolo retto altre radici secondarie che si allungano fino a toccare le radici di una pianta ospite su cui si fissano. Ivi producono succhiatoi simili a quelli dei Thesium, ma più pic- coli ed in cui non è ben distinto il cercine corti- cale che serve ad allac- ciare l'austorio colla ra- dice ospite: dal centro del succhiatoio anche qui parte un cono di penetrazione, formato da un fascio vascolare accompagnato da cellule che si interna nella radice ospite fino al cilindro centrale (tìg. 180:L'-3). I succhiatoi sono però qui in numero scarso quindi si tratta di paras- siti di poco conto. Cessata la fioritura ed avvenuta la maturazione dei semi il parassita si dissecca. Il disperdimento dei semi avviene a breve Fig. 180. Parassitismo del Melampyrum arvense. 1. Piantina di Melampyrum (assai rimpicciolita) colle sue radici in rapporto colle radici di una graminacea. "J. Porzione ili radice di Melampyrum con anstorio attaccati! alla radice di una graminacea. 3. Sezione trasversale di austorio (A) e della radice attaccata (K) (tutte originali ed un po' schema- tizzate). l'US I PARASSITI VEGETALI: VI. FANEROGAME PARASSITE distanza dalla pianta madre di modo che attorno a questa ben presto si vengono a sviluppare le giovani piantine figlie in gran numero. Le esperienze dell'HEiNRiCHER (1) provano <;lie i Melampyrum sono vera- mente parassiti, non arrivando a completo sviluppo se non possono venire a contatto colle radici delle piante ospiti. Il 525. MELAMPYRUM NEMOROSUM L. varietà PRATENSE (L). BÉG-., secondo Gautier è un emiparassita speciale delle piante forestali, particolarmente delle quercie le cui radici hanno micorrize quasi su- perficiali al terreno e che vengono facilmente attaccate dagli austori di questa fanerogama. Il parassitismo di questo Melampyrum si inizie- rebbe molto presto; gli austori si fisserebbero già alle radici prima che la piantina abbia esaurito i materiali nutritivi contenuti nel seme. Non sarebbe capace di vivere saprofiti cani ente o almeno il suo svi- luppo sarebbe molto stentato sui detriti delle piante morte. 526. MELAMPYRUM ARVENSE L. (fig. 180:1-3). Comune nei campi di grano ove si vede fiorito in giugno luglio ed è distinguibile anche a distanza più che per il colore dei fiori pel colore delle brattee fiorali rossastro porporine che fanno sembrare le piante come delle fiamme in mezzo ai grani. E' un parassita di queste e di altre graminacee, ma non provoca danni apprezzabili. Il Decaisne nel 1847 ne scoprì il parassitismo in seguito ad infruttuosi tentativi di coltivarlo in aiuole a scopo ornamentale. Dai semi nascevano le pian- tine che però poco dopo disseccavano se non si trovavano in vicinanza di qualche graminacea. U. li li inant iiiis L. Piante erbacee, annue appartenenti alla stessa famiglia delle Scrofulariacee differenti dai Melampyrum specialmente per i fiori che sono all'ascella di foglie fiorali non differenziate, anno ealice rigonfio, talora quasi vescicoloso. membranaceo, ecc. Le specie 7.7/. Alectoroloplius Poll.. Rh. major Ehrh., Bh. minor Ehrh. sono comunissime nei prati umidi od asciutti dalla pianura alla montagna ed appariscenti pel loro fogliame verde gialliccio e pei loro fiori gial- lastri, talora con macchie violacee. Il comportamento parassitario è identico a quello del genere precedente e il parassitismo si effettua su piante pratensi diverse, particolarmente graminacee. Si tratta anche qui di parassiti di poco interesse pratico. (1 Heinricher E., in Pringsh. Jalirb. f. w. Bot., XLVJ, 1909, p. 273. VISCUM ALBUM 919 G-. Vi SCum L. Appartiene alla famiglia delle Lorantaeee, arbusti legnosi, molto ramificati, parassiti dei rami di vari alberi, forniti di foglie opposte, semplici ed intiere. Le specie del presente genere hanno fiori dioici, frutti a bacca con mesocarpo gelatinoso, foglie persistenti. È inte- ressante pel suo parassi- tismo e per la sua diffu- sione la specie: 527. VISCUM AL- BUM L. (Vischio; Gui (frane); Die Minici (ted.). Il Vischio è diffuso in tutta Europa nonché nelle regioni temperate dell'Asia e nell'Africa boreale e si sviluppa sui rami di una quantità di alberi latifogli o resinosi. Predilige però le piante che hanno rami con corteccia tenera e scarsa formazione di su- ghero: gli ospiti favoriti sono il Pioppo ed il Melo tra i latifogli, V Abete bianco tra le conifere. Sul pioppo specialmente cresce rigo- gliosissimo sì che talvolta si può trovare in cespugli colossali del perimetro an- che di quattro metri e con fusti del diametro di oltre cinque centimetri. Più ra- ramente si incontra- sul Noce, Tiglio, Olmo, Robinia, Salice, Frassino, Biancospino, Pero, Ne- spolo, Susino, Mandorlo, rarissimo sulle Guercie, Aceri e sui vecchi ceppi della Vite. Kerner (1) riferisce che presso Verona è stato risemi Fig. 181. Parassitismo del Vischio. 1. Rametto di Melo culi semi germinanti e giovane piantina
  • . Portamento di una pianta di Vischio (semplificata e molto rimpicciolita). 4. Sezione di una bacca. 5. Seme di vischio (secondo Tuukif) (1) Kerner von M., La vita delle piante (trad. di L. Moschen), Telino, Un. Tip. Ed., 1892, voi. 1, p. 189. 920 i parassiti vegetali: ti. fanerogame parassite trato parassita perfino sul Loranthns europacus altra lorantacea clie vive specialmente parassita dei rami delle Quercie e che è nota col nome di Vischio quercino, il che mostra la straordinaria attitudine alla vita parassitaria di questa fanerogama. A proposito però di queste diverse matrici del vischio recenti ricerche tenderebbero a dimostrare che in ciascuna di queste esso si presenta in una forma specializzata per lo più non differente morfologicamente, ma solo biologicamente, precisamente come per le ruggini dei cereali. Così le esperienze di Hecke hanno provato che il vischio del melo non riesce a svilup- parsi sull'abete, mentre facilmente può infettare il pioppo. Tubeuf distingue poi tre tipi di forme di vischio per stazione: il primo tipo comprende il vischio che vive sugli alberi frondosi; il secondo tipo il vischio degli abeti {Ahiea pedinata, A. cephalonica); il terzo tipo il vischio dei pini (Pinus silvestris, P. Laricio). Quest'ultima forma è del resto staccata dalle altre anche morfologicamente e sistematicamente venne distinta da Boissier e Beuter col nome di Yiscum ìaxum che però è a considerarsi semplicemente come una varietà del Viscum album (1) per le sue foglie strette, quasi lineari e spesso falcate. Caratteri botanici e biologia del Vischio. E' un arbusto sempre verde, ramificatissimo, coi rami ripetutamente divisi secondo il tipo della cima bipara ossia della falsa dicotomia: i rami sono verdicci e su essi sono inserite foglie opposte, persistenti, piuttosto spesse, co- riacee, oblungolanceolate, ottuse, di color verde giallastro. Fiorisce in primavera (marzo-aprile) per lo più a cominciare dal quarto anno di vegetazione. I fiori unisessuali sono disposti in piccoli capolini ascellari o terminali, sono piccoli, sessili e giallognoli. L'infiorescenza maschile consta di tre fiori di cui uno centrale e gli altri due late- rali ed all'ascella di due foglioline. Il fiore centrale presenta 5-6 tepali, i laterali ne presentano solo quattro: l'androceo è formato da quattro Stami aderenti ai lobi del perigonio. Anche i fiori femminei anno la stessa disposizione: anno tutti quattro tepali, ovario infero e stimma sessile. Xell'ovario gli ovuli non sono ben distinti. I frutti maturano in autunno ed anno forma di bacche globose, bianche, translucide a mesocarpo viscoso gelatinoso. Ogni bacca contiene per lo più un sol seme talora con 2-3 embrioni, salvo che nelle forme viventi sulle conifere ove si distingue un sol embrione (fig. 181). La disseminazione del vischio è operata specialmente dagli uccelli frugivori ed in particolar modo dai tordi (Turdus viscivorus). I semi (1) Cfr. Fiori e Paoletti, Flora anal. d'Italia, I, p. 287. VISCUM ALBUM 921 attaccaticci per la sostanza viscosa che li avvolge possono rimanere aderenti al becco od alle penne degli uccelli mentre mangiano le bacche e venir poi depositati appiccicandosi ai rami degli alberi, oppure pos- sono essere espulsi cogli escrementi degli uccelli che si sono nutriti di bacche di vischio sui rami stessi in condizioni ottime per la loro germinazione. Questa avviene però a lunga distanza dalla dissemina- zione (5 6 mesi). L'embrione che è bene sviluppato, grande, circondato di materiali di riserva e fornito di due cotiledoni bislunghi e stret- tamente aderenti, di color verde per clorofilla, comincia il suo sviluppo coll'emettere un radichetta che si dirige verso la corteccia del ramo e vi aderisce per mezzo di un grosso disco di adesione che ivi si viene a formare. Dal centro di questo disco parte un sottile prolungamento che attraversa la corteccia, il cambio, fino al corpo legnoso in cui però non si affonda. Tale prolungamento costituisce la propaggine. Al primo anno lo sviluppo del vischio cessa a questo punto. Per la formazione di una cerchia legnosa nel ramo la propaggine rimane così colla punta affondata nel legno che successivamente accrescen- dosi la avvolge sempre più. Nel secondo anno dalla propaggine si diramano lateralmente nel libro delle radici che decorrono in senso longitudinale al ramo, interessando però solo il libro e formando le così dette radici corticali. Queste radici si possono allungare, ma non abbracciano mai come un anello la periferia del ramo nella regione corticale, ma si estendono piuttosto in senso longitudinale. Da queste radici partono poi nuove propaggini che si comportano come la prima cioè arrestandosi in prossimità della prima cerchia le- gnosa e venendo poi comprese nel legno che si formerà successiva- mente, ma naturalmente presentandosi sempre meno approfondate nel legno man mano che si discostano dalla prima propaggine e si avvicinano all'estremità della radice corticale (fig. 181:2). Con similitudine molto appropriata il Kerner paragona il sistema radicale del vischio ad un rastrello, di cui l'asta trasversale che porta i denti è la radice cor- ticale, i denti le propaggini (coni di penetrazione). Bisogna però immaginare che questi denti decrescano dalla metà del rastrello verso le due estremità dell'asta. Queste propaggini o coni di penetrazione sono formati poi da un parenchima in cui si differenziano degli cle- menti vascolari, specialmente nella parte del cono affondata nel legno. Ivi si distinguono molte cellule grosse e corte con pareti ispessite ad anello, a reticolo od a rete, disseminate però molto irregolarmente. Nella parte del cono che si trova tra il libro ed il cambio mancano tali cellule vascolari, ma sonvi solo cellule a pareti sottili. 922 i parassiti vegetali: vi. fanerogame parassite Appena fissata la prima propaggine comincia fuori della corteccia a svolgersi il fusticino. Il tegumento seminale cbe ancora ne copriva l'estremità cade, cadono poi i due cotiledoni e si forma la prima coppia di foglie verdi. Quindi avviene lo sviluppo graduale del fusto insieme allo sviluppo della radice. Xei primi anni lo sviluppo del fusticino procede molto lentamente, si accelera un pò di più nel terzo anno. Se la pianta ospite è in grado di dare molto nutrimento alle radici corticali del vischio allora da esse si svolgono delle gemme ed erom- pono all'esterno dei germogli avventizii, in caso diverso si mantiene solo il fusto di origine normale. Tagliando il ceppo principale del vischio la pianta non muore perchè dalla base di esso si svolgono nuovi germogli. 11 vischio può vivere anche fino a 40 anni. Effetti che il vischio produce sulla pianta ospite. Essendo ca- pace per le sue foglie verdi di assorbire dall'aria l'anidride carbonica, il suo sviluppo non dipende totalmente dall'ospite che non uccide, ma indebolisce. I meli colpiti portano poco frutto e si presentano con molti rami secchi. I cespugli del vischio si rendono particolarmente evidenti durante l'inverno, quando gli ospiti sono sprovvisti di foglie ed allora spiccano per il loro portamento cespuglioso-addensato ed il loro fogliame di un verde gaio. Secondo le osservazioni del BoNNEB il vischio durante l'inverno sarebbe capace di trasmettere alla pianta ospite una parte degli idrati di carbonio che esso continua a formare colle sue foglie persistenti: questo piccolo vantaggio, se esiste, è però di gran lunga sorpassato dai danni che produce. Secondo il Laurent i peri e le altre piante sarebbero talora preservati dal- l'attacco del vischio perchè le piantine germinanti di questo conter- rebbero un principio tossico per dette piante che uccide le cellule del parenchima corticale con cui vengono a contatto: per la morte di tali cellule che contornano la prima propaggine del vischio, questo pure muore per mancanza di nutrimento e la pianta ne riesce cosi liberata. Il legno alterato dalle propaggini del vischio appare come fittamente tra Ibi alo visto in sezioni longitudinali, come se fosse stato colpito da una scarica di pallini, mentre in sezione trasversale lascia vedere le pro- paggini impiantate come spine o piccoli chiodi a profondità diversa. Mezzi di lotta. Il taglio rasente il ramo dei cespugli del vischio non ,. sufficiente per liberarsi dal parassita poiché dalle radici cor- ben tosto si svolgeranno nuovi germogli avventizi. Bisogna quindi ricorrere al taglio dei rami colpiti oppure se il taglio di tali uni potesse portare pregiudizio alla vegetazione della pianta si cerchi LORANTHUS EUROPAEUS JACQ. 923 di asportare il cespuglio di vischio facendo un taglio sotto la corteccia fin dove si veggono le radici verdiccie del parassita. Le ferite così fatte sui rami debbono poi essere disinfettate con soluzione di solfato di ferro acidificato poi catramate o sigillate con qualche mastice, Il Malz (1) consiglia per non danneggiare il ramo su cui il vischio è impiantato di tagliare il tronco di questo rasente la corteccia coprendo poi il ramo in quel punto e per un certo tratto con un pezzo di car- tone nero incatramato e ciò per impedire l'accesso della luce che fa- vorirebbe la cacciata dei nuovi germogli avventizi del parassita. Sotto il cartone il ramo dev'essere spalmato di una poltiglia di argilla e carbolineum al 10 per cento per impedire che ivi vengano a fermarsi insetti dannosi. Nei luoghi esposti e favorevoli allo sviluppo del vischio con qualche cautela si può prevenire lo sviluppo del parassita sulle piante di melo, avendo cura di visitare i rami ogni primavera ed am- putando colla potatura quelli (e sono solo i più giovani) su cui si veg- gono le giovanissime piantine di vischio in germinazione. È conve- niente naturalmente per misura precauzionale di tagliare i rami dei pioppi o delle altre piante colpite dal vischio che sono prossime ai frutteti e ciò per evitarne la disseminazione assai facile a mezzo degli uccelli. I cespi di vischio possono essere utilizzati sia per la vendita essendo molto ricercati dai fioristi delle città (specialmente in Ger- mania) nell'epoca del Natale e Capo d'anno poiché le antiche leggende teutoniche veggono in questa pianta un segno di buon augurio, op- pure anche per l'alimentazione del bestiame essendo le foglie di vischio per la ricchezza notevole d'azoto un ottimo foraggio paragonabile al miglior fieno, prezioso quindi specialmente nella stagione invernale. In Inghilterra il vischio è venduto a fascine e si paga fino a L. 10 il quintale. Una volta venivano utilizzate le foglie ed i (rutti per l'estrazione, previa fermentazione, di una sostanza viscosa adatta alla caccia degli uccelli. 528. LORANTHUS EUROPAEUS, Jago. E il vischio-quercino, appartiene alla stessa famiglia delle Loran- tacee e si sviluppa esclusivamente sulle querele e sui castagni. È meno comune del precedente, si ritrova nell'Europa orientale e meridionale ed è diffuso specialmente nell'Austria. Mentre il vischio comune è un arbusto sempreverde, questo a toglie decidue clic cadono in autunno contemporaneamente a quelle della pianta ospite, rimettendole poi (1) Malz, in Landw. Presse, 1910. n. 9. 924 I PARASSITI VEGETALI : VI. FANEROGAME PARASSITE pure contemporaneamente nella primavera. Il fusto legnoso è ramo- sissimo anche qui secondo il tipo della falsa dicotomia: i rami sono ci- lindrici, articolati, di color bruno scuro. I cespugli del Loranto sono anche più grossi di quelli del vischio e ben spesso il fusto princi- pale raggiunge il diametro di 4 centimetri. Durante l'estate però à lo stesso aspetto e portamento del vischio comune. Le foglie sono brevemente picciolate, oblungo-spatolate, ottuse; i fiori dioici, piccoli, giallognoli in piccole spighe terminali. I frutti sono bacche gialle ag- gruppate in grappoletti distici e vengono anche qui avidamente man- giate dai tordi. I semi non digeriti espulsi cogli escrementi aderiscono ai rami e germogliano cacciando una radichetta che a contatto colla corteccia forma il solito disco di adesione fornito di cono di penetra- zione che attraversa il cilindro corticale, il cambio ed arriva fino al legno giovane. Questo cono à la forma di un chiodo confitto nella corteccia e poi nel legno che lo circonda: cresce poi in grosse/za e sviluppa rami decorrenti sotto la corteccia in senso longitudinale. Non si vengono qui a formare le propaggini che si incuneano nel legno come nel vischio, qui invece il sistema radicale del vischio à forma nell'insieme di un cuneo, ma diretto longitudinalmente cioè interca- lantesi nel cambio: la superficie di questo cuneo che è a contatto col legno è come dentellato (come i denti di una sega); i denti vanno man mano diventando sempre più superficiali dalla parte più vecchia della radice a quella più giovane poiché ogni dente è arrestato dallo sviluppo di una cerchia legnosa di modo che per superarla la radice del Loranto ivi si arresta e forma un nuovo prolungamento nel cambio sopra tale cerchia: quel prolungamento è poi arrestato da nuovo legno di modo che la radice è obbligata ad accrescersi più in alto e così via. Dove il ceppo del Loranto si distacca dal ramo ospite della quercia o del castagno si nota la produzione di un tumore legnoso talora tanto grosso quanto la testa di un uomo il cui accrescimento si ef- fettuerebbe, cosa strana, non per l'attività del ramo stesso della quercia, ma per opera dei materiali che il parassita fornisce in se- guito a sua assimilazione e che passano anche nel ramo dell'ospite. Questo spiega il perchè tali ipertrofie si accrescano ancora quando pei- effetto del parassitismo del Loranto il ramo su cui poggia à per- duto tutte le sue foglie. L'escrescenza legnosa presenta poi una depres- sione scodelliforme più o meno profonda attorno al piede del Loranto. G-. Cuscuta L. Della famiglia delle Convolvulacee di cui le specie anno il portamento volubile e la struttura fiorale, differenziandosi dalle CUSCUTA EUROPAEA 925 specie di altri generi per la mancanza di foglie, per il modo di vita del tutto parassitario, per la riduzione considerevole dell'embrione con cotiledoni indistinti. Il genere Cuscuta è ricco di specie (circa 90) dif- fuse qua e là in tutte le parti del mondo e parassite di erbe, di suf- fruttici, di arbusti o anche di alberi. I fiori nelle specie nostrali per lo più piccoli ed addensati in glomeruli anno calice 5-dentato, corolla urceolata a lembo diviso in 5 lobi che porta attaccati nell'interno 5 stami sotto i quali sonvi talora 5 piccole squame. L'ovario è biloculare. Il frutto una capsula per lo più deiscente a coperchio (pisside) contenente 1-2 se- mi per ogni loggia. 529. CUSCUTA EU- UOPAEAL. [Grongo, Car- patemi, Pittima, granchie- rella, ecc.). E' una specie comu- nissima parassita di una grandissima quantità di piante erbacee e legnose. Tra le erbacee predilige sopratutto le Ortiche, at- tacca inoltre il Luppolo, la Canapa, talora anche le Fave, le Vecce, il Trifo- glio, la Bietola, il Tabacco, tra le piante legnose col- pisce frequentemente il Sambuco, la Robinia, talora il Frassino, più raramente la Vite (fig. 182:4). Caratteri botanici e biologia. Il suo fusto filiforme esile bensì, ma relativamente a quello di altre cuscute, abbastanza robusto, è di colore giallo-verdiccio e ramosissimo. I fiori sono disposti in glomeruli ton- deggianti abbastanza fitti e forniti di una brattea alla buse : sono di tipo pentamero : calice e corolla sono campanulati, la corolla è però più lunga del calice e di color bianco o carnicino. La cassida abba- Fig. 182. Parassitismo delle Cuscute. 1. Cuscuta del trifoglio {Cuscuta epithymum) mi porzione ili stelo di trifoglio. 2. l'n fiore. 3. Un scine. I. Cuscuta della vite (C. europaea) su acini d'uva. 5. Penetrazione di un austorio di Cuscuta nei tessuti ili una pianta 08p te. 6. Stadii di germinazione di una pianta di Cuscuta {C. europaea) (1, 4. :> originali, 2-3 da Fnun. u da Keener). 926 T PARASSITI vegetali: vi. fanerogami-: parassite stanza grande, globosa, contiene semi misuranti rum. 1 ad 1,1 di dia- metro. La fioritura si effettua da giugno ad agosto. La biologia di questa specie press'a poco identica a quella delle altre del genere ci servirà per illustrare il ciclo evolutivo delle cuscute ed il loro paras- sitismo sulle piante ospiti. 1 semi di questa e delle altre cuscute contengono un embrione filamentoso piegato a spirale senza cotiledoni apparenti, ma provvisto di albume di riserva: essi germinano su detriti vegetali putridi nel- l'anno successivo a quello della loro disseminazione per lo più a sta- gione avanzata, quando cioè le piante ospiti sono già sviluppate tauto da offrire un facile appiglio per le giovani piantine di cuscuta. Per la rottura dei tegumenti del seme viene fuori la parte iute- rime dell'embrione che assume una forma clavata e si affonda un po' nel terreno, mentre l'altra estremità si allunga in senso opposto pre- sentando pieghe flessuose. Dopo circa tre giorni da questa estremità caulinare cadono i tegumenti vuoti del seme che ancora aderivano: mentre la parte opposta fa pochi progressi nel suolo da (mi ben poco assolile, nulla utilizzando poi il fusticino dall'aria per l'assenza di stomi, di modo che lo sviluppo iniziale della piantina tutto dipende dai materiali nutritivi (die sono accumulati nella parte clavata della estremità radicale che funziona come un piccolo tubero. .Ala esauriti questi materiali tale parte avvizzisce, mentre l'altra estremità (cauli- nare) diventata filamentosa continua ad allungarsi nella ricerca di una pianta ospite cui aggrapparsi: se la trova vi si avvolge ed il suo svi- luppo ulteriore è in questo caso assicurato, non trovandola si piega al suolo e cessa di crescere senza però seccarsi subito, anzi se il suolo e un [io' umido può durare in vita anche più di un mese durante il • piai periodo può ben avvenire (die una pianta ospite si sviluppi nelle vicinanze: se ciò non avviene allora muore (fìg. 182:6). Appena il fusticino della cuscuta tocca una pianta ospite allora ne avvolge lo stelo come in un laccio e disponendosi a spirale si ar- rampica mentre nei punti di contatto coi tessuti dell'ospite si pro- ducono sul lato ventrale del fusticino della cuscuta da tre a cinque papille die sono dischi di adesione, muniti nel centro del rispettivo cono di penetrazione formato da gruppi di cellule disposte in file re- golari e «la vasi a spirale che penetrano nei tessuti dell'ospite attra- versando il cilindro corticale ed arrivando al cilindro centrale ove divergono e si mettono a contatto colle cellule o cogli elementi dei fasci libro-vascolari dell'ospite (fig. 182:5). Così l'orinatisi i primi succhiatoi nel primo punto di contatto colla CUSCUTA EUROPAEA 927 pianta ospite avvizzisce e secca la parte del fusto della cuscuta che si trova al disotto del primo austorio e più nessuna relazione à il parassita col suolo. La vita è così del tutto parassitaria e dipende esclusivamente dalla pianta ospite cui si attorciglia sempre più, mentre si ramifica ed i rami invadono ed avvolgono come tìli capillari altri organi della pianta e si diffondono alle piante vicine estendendosi notevolmente. Più tardi compaiono lungo il fustieino e sui rami glo- meruli di fiori bianco carnicini, si ha la formazione di capsule deiscenti, di semi che abbondantemente possono cadere al suolo o si possono mescolare coi semi delle piante ospiti. Se la pianta ospite è annuale muore con essa a fine di vegetazione ed allora lo sviluppo per un altro anno è affidato solo ai semi, se invece, come spesso avviene. l'ospite è perennante allora la cuscuta può svernare nei tessuti a mezzo dei suoi austorii che nell'anno successivo riproducono nuovi fusticini in modo avventizio. L'adattamento della cuscuta ad una determinata pianta ospite sarebbe dovuto ad una speciale azione chemiotattica esercitata dai succhi della pianta ospite su quelli del parassita. La presenza del glucosio per esempio nei tessuti dell'ospite è una circostanza che attrae tanto più la cuscuta quanto più tal sostanza è in abbondanza. Se le piante ospiti invece hanno sostanze capaci di neutralizzare Fazione delle diastasi della cuscuta allora questa non si adatta e la pianta sfugge alla malattia. Condizioni favorevoli (li sviluppo. Questa e le altre specie di cuscute prediligono per lo più pel loro sviluppo la stagione asciutta e calda: il loro sviluppo è tanto più agevolato quanto più vengono i loro semi a trovarsi mescolati ai semi delle piante ospiti oppure se queste vengono a cadere in suolo già stato invaso dalla cuscuta od in cui i semi si trovano allo stato quiescente. L'azione degli animali ed anche dell'uomo che talora inavvertentemente coi ferri da lavoro trasporta da un punto all'altro dei frammenti di steli di cuscuta contribuisce pure moltissimo alla diffusione poiché i piccoli frammenti sono vere minuscole talee che si attaccano e prosperano magnificamente sulle piante ospiti su cui vengono a cadere. Anche gli animali che nel pascolo mangiano erbe invase da cuscuta con semi già maturi contribuiscono alla loro diffusione poiché i piccoli semi non vengono attaccati dai succhi gastrici, ma espulsi cogli escrementi si possono trovare in buone condizioni di germinazione. Anche lo spargimento di concimi così infetti o che sono stati infettati per aver frammischiato alle erbe cuscutate, come di leggeri si può comprendere, favorisce mol- tissimo la diffusione di questi parassiti. !)_'S I PARASSITI VEGETALI: VI. FANEROGAME PARASSITE Danni. La Cuscuta europaea può riuscire dannosa quando colpisce, come avviene spesso in Germania, il luppolo coltivato per l'industria «Iella birra, da noi può riuscire dannosa quando colpisce le giovani piante di canapa, di bietola, di tabacco od anco della fava, della veccia o del trifoglio perchè allora esse rimangono molto indebolite, ingial- liscono precocemente ed avvizziscono senza avere completato il loro sviluppo. L'aspetto delle piante colpite dalla cuscuta è sempre carat- teristico oltre che per lo stato sofferente per la presenza di questi tili giallo-verdognoli, ramoso-intricati, avvolgenti in ogni parte che serpeggiano ovunque e formano talora dei grovigli o dei cespi assai vasti ed appariscenti. 530. CUSCUTA EPITHYMUM (L.) Mubr. (Pittima, fiamma, piccola Cuscuta; la forma che vive sul trifoglio è nota col nome di Cuscuta del Trifoglio, Kleeseide (ted.) ecc.) (fig. 182:1-3). È una specie, come la precedente polifaga, però attacca quasi esclu- sivamente piante erbacee, in particolar modo Labiate (Thymus Serpyl- lum, ecc. onde il nome specifico), Leguminose (Trifolium, Medicago, ecc.) si ritrova però anche su Composite, Ombrellifere (Baucus, Foeniculum), Solanacee (Solauum tuberosum), su Chenopodiacee (Beta) e non disdegna le graminacee come il granoturco (Zea Mays) le Poa, i Phleum, ecc. I maggiori danni li produce nei trifogliai e medicai che sono talora interamente distrutti dallo sviluppo del parassita. Le zone del prato colpito si riconoscono facilmente anche a distanza per il colore gial- lognolo dovuto alle piante alterate nonché ai grovigli della cuscuta che le avvolge: tali zone da prima isolate ed a forma di macchie circolari vanno man mano estendendosi come una macchia d'olio su un foglio di carta, confluiscono assieme e se l'invasione non è arre- stata a tempo l'intero trifogliaio o medicaio ne viene colpito e ne ri- mane distrutto. Caratteri botanici. Si differisce dalla specie precedente pel fusto meno ramoso, per gli stili più lunghi dell'ovario, per le squame sotto gli stami chiudenti il tubo corollino. Del resto anche qui i fiori sono piccoli, bianchicci o rosei, riuniti in capolini accompagnati da brat- beole. 1 semi sono anche più piccoli misurando da 0,60 a 0,80 mm. di iametro. Secondo recenti ricerche lo svernamento potrebbe anche avvenire a mezzo degli austori sviluppati nella regione del colletto 1 erba medica e del trifoglio e che vegetano poi nell'anno successivo. II ciclo biologico è simile a quello della precedente specie. CUSCUTA MONOGENA VAHL. 929 531. CUSCUTA EACBMOSA Mart. (= C. corymbosa Choisy) (volg. Cuscuta d'America). E' specie oriunda americani) : attacca diverse piante erbacee (Galium, Sonchus), ma è stata riscontrata particolarmente dannosa da oltre 50 anni sulle leguminose particolarmente sull'Erba Medica nel Piemonte. Il fusto ramoso, filiforme è di color giallo ranciato, i fiori disposti in racemo o corimbo di 4-8 o più, accompagnati da brattee, sono pedicellati ed odorosi. La corolla è campanulata a cinque lobi di color bianco. 532. CUSCUTA ARVENSIS Beyr (Grande Cuscuta americana). Attacca grande quantità di piante di famiglie diverse (Bietola, Ta- bacco, Patata, Cicoria, ecc.), ma riesce speciamente dannosa alla Me- dica, al Trifoglio e ad altre leguminose. È diffusa specialmente in Francia ove è stata introdotta dall'America con semi infetti di erba medica. Recentemente venne anche osservata in Italia (1). È più dif- ficile a combattersi della stessa Cuscuta epithymum perchè i suoi semi grossi come quelli della medica non possono essere facilmente separati cogli ordinari apparecchi decuscntatori e germinano assai facilmente. 533. CUSCUTA EPILINUM Weihe (Volg. Strozzalino). E la Cuscuta del Lino diffusa e dannosa in varie regioni d'Italia, attacca iterò anche piante come Patata, ecc. À un fusto quasi sem- pliee, filiforme, giallo verdastro. I fiori bianchi o bianco-verdastri sono disposti a glomeruli, ma senza brattee alla base ed anno corolla a tubo piuttosto rigonfiato e lungo più del lembo. La fioritura avviene da aprile all'agosto. I semi maturanti dall'estate all'autunno misurano da 2 a 2,10 millimetri di diametro. 534. CUSCUTA MONOGYNA Vahl. Non è frequente in Italia: diffusa invece in varie regioni dell'Eu- ropa meridionale e dell'Asia occidentale su diversi arbusti, special- mente Salici, Tamarici, Pistacchi, Euforbie, ecc. Nel 1853 veniva no- tata anche sulla vite da Ch. des Moflins sui peduncoli degli acini e su tutti gli organi del sistema vegetativo di questa pianta su cui però si manifesta in via eccezionale nelle vigne trasandate o lungo i filari prossimi a margini delle strade. Attaccando i grappoli può invadere anche gli acini verdi o durante la maturazione ed allora essi (1) Cfr. D'Ippolito G., in Sta/.. Sperim. Agr. Ital., XLI (1908), p. 757, Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 59. 930 I PARASSITI VEGETALI : VI. FANEROGAME PARASSITE prendono un aspetto curioso che i francesi chiamano Baisins bavbus, perchè dai grappoli pendono i filamenti della cuscuta eoll'aspetto di ima barba gialliccia. Gli austori sono impiantati nella buccia ed at- torno al disco d'adesione la buccia appare per buon tratto decolorata. Notiamo qui però che quest'alterazione dei grappoli non è sempre dovuta a questa speciale Cuscuta, ma anche alla comune Cuscuta eu- ropea che, come abbiamo accennato, può anche attaccare la vite (fi- gura 182:4). Mezzi di lotta contro le Cuscute. Li divideremo in preventivi e curativi. I mezzi preventivi tendono ad impedire lo sviluppo di questi parassiti nelle coltivazioni e si possono effettuare con diversi mezzi e prima di tutto coli' accurata selezione dei semi che si adoperano nelle seminagioni. Nell'acquisto di semi di medica, di trifoglio, di ca- napa, ecc., bisogna ben accertarsi che essi abbiano una purezza as- soluta, quindi bisogna farsi garantire dal venditore l'assenza di cuscuta, la provenienza, la purezza, la facoltà germinativa. In ogni caso è con- veniente sottoporre un campione della semente acquistata all'esame di specialisti presso Laboratori di controllo delle sementi agrarie. Vo- lendo adoperare la semente che si è raccolta nella stessa proprietà, nel dubbio che possa essere inquinata da semi di cuscuta converrà ricorrere a speciali apparecchi detti vagli decuscutatovi di cui il miglior tipo è il Mavot. Con essi si separano bene i semi della medica e del trifoglio perchè più grossi dai piccoli semi delle cuscute ordinarie, solo non danno buoni risultati quando si tratti di Cuscuta d'America i cui semi sono grossi (piasi quanto quelle delle suddette foraggiere : in questo caso converrà adoperare crivelli con fori di inni. 1,50 coi quali si perderà, è vero, un pò di buona semente, ma si avrà il van- taggio che si elimina anche questa cuscuta e che quindi la semente rimanente è sana. Nelle piccole proprietà non potendosi acquistare uno speciale de- cuscntatore, quando non sia possibile prenderlo in affitto — il che generalmente si fa nelle campagne — si potrà far uso con egual ri- sultato di crivelli a tela metallica del n. 9 che ritiene i semi delle leguminose e lascia passare quelli di cuscuta. Heuzé e Noffray anno proposto un nuovo metodo basato sulla diversa densità dei semi per liberare le sementi impure dalla cuscuta. Essi consigliano di get- tare la semente in un grande recipiente con acqua: quelli delle le- guminose più densi del liquido vanno a fondo, quelli di cuscuta più leggeri rimangono a galla e si possono eliminare schiumandoli. Ri- movendo i semi del fondo nitri semi di cuscuta possono venir a galla LOTTA CONTRO LE CUSCUTE 931 e così si tolgono. Subito dopo bisogna però procedere alla semina- gione. È un buon metodo, ma non offre però sicurezza assoluta poiché qualche seme di cuscuta può anche affondare (1). Tra le misure di indole colturale si consiglia poi di non riseminare le stesse qualità di piante in terreni ov'esse anno già subito l'attacco della cuscuta: di concimare il terreno con concimi sani, avvertendo di non adoperare il letame per la concimazione dei prati artificiali in coper- tura perchè in esso trovansi frequentemente semi di cuscuta stati in- geriti dal bestiame nel pascolo. Anche dm-ante il pascolo avere la precauzione che il bestiame non si cibi di erbe cuscutate, tanto più se le cuscute sono in fruttificazione. Nel raccolto dei fieni badare di non rastrellare le erbe cuscutate sulle parti sane dell'erbaio perchè allora i filamenti ancor vivi della cuscuta od i semi maturi potreb- bero propagare il parassita e diffondere l'infezione. I metodi curativi consistono nella distruzione della cuscuta o dei centri cuscutati con mezzi meccanici, fisici o chimici. Qualunque me- todo si adotti è utile ricordare che questo darà solo risultati completi quando sia applicato prima della formazione dei semi di cuscuta. Il trattamento più semplice consisterebbe nel falciare le erbe della zona cuscutata, tagliando attorno anche quelle sane per raggio di 1-2 metri: si lascia seccare l'erba e quindi si brucia sul posto con paglia secca. Si procede quindi alla vangatura del terreno nel punto ov'è stata fatta questa operazione e si semina avena od altra foraggera, ma per un pò di tempo non più la pianta che è stata colpita dalla cuscuta. II metodo classico di lotta contro la cuscuta del trifoglio e del- l'erba medica è sempre quello al solfato di ferro che si eseguisce nel seguente modo: prima di tutto si tagliano le piante attaccate più al basso che è possibile ed anche quelle sane per una zona di sicurezza di 1-2 metri attorno, quindi si raccoglie la falciatura al centro della tacca cuscutata; si mette dentro sacchi e si porta fuori in sito ap- partato e soleggiato ove si distende, si fa seccare e si brucia, di poi a mezzo di un inaftìatoio si irrora copiosamente e ripetutamente la radura ove sono ancora naturalmente filamenti di cuscuta che non si son potuti asportare mediante una soluzione di solfato di ferro all'S-lu per cento. La cuscuta così bagnata dopo non molto tempo annerisce e dissecca. Nei tessuti del parassita si formerebbe, a (pianto pare, del tannato di ferro che non agisce come tossico, ma otturerebbe i vasi. (1) Marre E., La bitte contre la cuscute. Progr. Agricole, 1905, nuni. 23, pag. 684-694. 932 I PARASSITI vegetali: vi. fanerogame parassite L'erba medica ed il trifoglio non verrebbero invece danneggiati da queste irrorazioni. Questo trattamento è ottimo però à azione lenta: bi- sognerebbe per ottenere effetti completi ripetere più volte tali irrora- zioni per mantenere bagnati i fusticini di cuscuta fino al loro avviz- zimento. Riesce però alquanto costoso in pratica. Il Batlle (1) con- siglia di adoperare per economia il soltato di ferro proveniente dalle camere di depurazione del gas illuminante e che costa circa L. 1,1*0 al quintale (mentre il solfato di ferro del commercio costa fino a L. 15) spargendolo sulle tacche cuscutate, dopo naturalmente il taglio delle erbe colpite. Tale solfato di ferro che è mescolato a segatura di legno assorbe facilmente l'umidità atmosferica ed impregna meglio i fusti- cini di cuscuta. Prima di spargere tale sostanza conviene però lasciarla 4-5 giorni all'aperto perchè perda ogni odore di gas che potrebbe dan- neggiare le altre piante su cui viene sparsa. In tal modo il trifoglio e la medica vengono salvati e la cuscuta muore. Invece delle soluzioni di solfato di ferro altri propongono l'uso del solfato di rame al 3-5 per cento, ma non è conveniente oltre che per il prezzo per la sua veneficità anche sulle altre piante, così meno usate sono le irrorazioni con soluzioni di acido solforico all'I per cento, le polverizzazioni di solfato potassico nelle proporzioni di 300 grammi per mq., le coperture per uno spessore di 4-5 centimetri di calce viva e caustica sulle tacche cuscutate dopo falciatura. Secondo Gaurig-ou (2) il solfuro di calcio in polvere sparso sulle zone cuscutate avrebbe una superiorità sul solfato di ferro facendo sparire in due giorni la cu- scuta che avvizzisce ed annerisce potendosi poi togliere facilmente con un rastrello. Perchè abbia azione però occorre che il tempo sia un pò umido oppure conviene umettare la polvere prima di spargerla. Secondo il Bar. di Chefdebien anche il nitrato di soda sparso nella proporzione di 250 380 chilogrammi per ettaro nei punti ove si scopre la cuscuta subito dopo il primo taglio avrebbe per effetto di distruggere la cuscuta e di favorire invece notevolmente lo sviluppo delle altre piante. Prima di spargere il nitrato di soda l'autore con- siglia però di irrorare un pò il terreno con una soluzione molto di- luita dello stesso nitrato. G. Orobanche L. Della famiglia delle Orobaneacee : piante erbacee, parassite su moltissime fanerogame appartenenti a famiglie diverse, (1) Baille, in Rév. de Viticult., XV, n. 372 (1901), p. 130. (2) Garrigod, in Corapt. rend. de l'Acad. de Se.. Paris, 13 juin 1901, pag. 1549. OKOBAXCIIK 933 quasi mancanti o del tutto prive di clorofilla epperciò mai di color verde, con foglie squamiformi. Nel genere Orobanche i fiori sono di- sposti in spiga semplice su un asse annuale, per lo più sessili ed all'ascella di una brattea. Il calice è formato da due pezzi, la co- rolla di colore vario (giallo, rossastro, violaceo, ecc.), talora anche pro- fumata è tubolosa, a tubo spesso un po' incurvato, bilabiata, con labbro superiore bilobo, inferiore trilobo. Stami quattro didinauii, inse- riti nel tubo corallino. Ovario supero con stimma bilobo: frutto cassula 1-loculare bivalve, conte- nente numerosissimi semi minutissimi. Questo genere è ricco di circa 90 specie di cui una trentina sono rappresentate nella nostra flora con numerose varietà. La biologia per tutte pres sochè eguale si può breve- mente riassumere in questi particolari che ne svelano l'attitudine alla vita paras- sitaria. L'evoluzione del paras- sitismo è già marcata nel seme che presenta un em- brione senza cotiledoni e senza differenziazione di ra- dichetta e di fusticino, ma costituito solamente da un gruppo di cellule contornate da altre ricche di materiali di riserva. L'embrione na- scente à forma di un ti lo elicoide che ad una estre- mità presenta i residui del tegumento del seme (estremità caulinare), mentre all'altra è nudo (estremità radicale). Per questa estremità il filamento si insinua nel terreno con pieghe pili o meno sinuose in cerca di una radice d'una pianta ospite cui possa adattarsi. Se la radice ospite non vien trovata, allora esauriti i pochi materiali nutritivi contenuti nel filamento la pianticina muore, se la radice viene incontrata allora l'estremità ra- Fig. 183. Parassitismo delle Orobanche. 1. Primi sniilii ili sviluppo ili una Orobanche dal scine' 2-3 G invaili pianti- ili Ktipxitt ritintimi poggianti mi una radice ili pianta ospite. 4. Giovane pianta ili Orobanche minor. ">. Pianta di Kopsia ramosa, in iì Gore isolato, in 7 some (1 da Kerner, l'-4 secondo KOCH. 5-7 da Fiori e Paoletti). 934 I parassiti vegetali: ti. fanerogame parassite dicalo dell'Orobanca vi si adatta tosto e si ingrossa a forma di fiasco, mentre l'estremità superiore (caulinare), sempre coperta dai tegumenti seminali e che non ba subito notevoli modificazioni avvizzisce e scom- pare. La parte ingrossata dell' Orobanche che à aderito alla radice ospite quindi si ingrossa a forma di un tubercolo irto di nodosità o di prominenze coniche che ne rendono molto irregolare la sua superficie (tìg. 183 : 1). Nel punto di contatto colla radice ospite una di queste promi- nenze (cono di penetrazione) si insinua nella zona corticale, approfon- dandosi fino a raggiungere il corpo legnoso. Dalla parte superiore del tubero all'Orobanca si sviluppa quindi una gemma contornata da squame che si allunga ed esce fuor di terra formando il fusto fiorifero aereo, rigido, eretto, grosso, carnoso-succoso, coperto di diverse squame aride, bruniccie che alla sua sommità produce una spica di fiori ab- bastanza grandi e vistosi. Questo fusto fiorifero dopo la fruttificazione muore, ma rimane sotterra permanente (se la radice ospite è perenne) il tubercolo ai lati del quale svolgonsi grosse fibre carnose simili a radici alcune delle quali ripiegandosi verso la radice dell'ospite la com- penetrano colla punta, mentre altre sono libere nel terreno da cui però non è certo possano trarre qualche sostanza nutritiva. Questi organi hanno struttura diversa dalle radici normali: mancano di pi- lcoriza e di peli radicali e sono poco ramificati: attaccandosi ad altre radici producono succhiatoi secondarli, quindi vengono considerati come porta-succhiatoi. Mentre sono bene sviluppati durante l'emissione del germoglio fiorifero, muoiono poi dopo la fioritura. Le Orobanche sono per lo più parassiti specializzati. Condizioni favorevoli allo sviluppo delle Orobanche. Le Oro- banche si sviluppano con maggiore intensità nelle annate in cui la primavera decorre asciutta: nei terreni secchi, leggeri, poveri, poco profondi si diffonde in grande quantità. L'umidità e le pioggie rap- presentano invece condizioni sfavorevoli. Se il terreno è profondo e ricco le Orobanche possono pure svilupparsi, ma in tal caso le piante ospiti ne soffrono meno dell'attacco perchè riescono più vigorose. Il vento, uli uccelli, gli insetti, i concimi contribuiscono notevolmente alla diffusione dei semi delle Orobanche la cui facoltà germinativa può conservarsi nel suolo per anni ed anni: secondo il Delaceoix fino ;t lo anni. La vicinanza di una radice nutritrice ne stimolerebbe lo sviluppo. Alcuni concimi eserciterebbero un'azione nefasta sullo sviluppo di certe Orobanche: gli studi del prof. Samoggia avrebbero dimostrato che il cloruro potassico rende notevolmente resistenti le ite di canapa alla sua Orobanca (Kopsia ramosa Dum.) agevolando KOPSIA RAMOSA DUM. 935 la formazione di tessuti meccanici sulle radici dell'ospite che offrono valida resistenza alla penetrazione degli austorii del parassita. Specie parassite più importanti del g. Orobanche. Tra di esse ricordiauio: 535. OKOBANCHE CRENATA Porse. (0. speciosa DC). N. volg. Orobanca, succiamele, fiamma, sporchia, ecc. Frequentissima e dannosissima specialmente alle leguminose ed in particolar modo alla Fava, al Pisello, alla Lenticchia, al Lupino- colpisce talora anche i Pelargoni i. À un fusto fiorifero alto fino a 7 decim., robusto, giallastro, glanduloso, con squame brune, terminante in una spiga di fiori a corolla lunga 2 3 cm. biancastra o con nervature vio- lacee. Nei campi di fava è disastrosa poiché indebolisce siffattamente le piante da annientare talora il raccolto. 536. OROBANCHE MINOR Sutt. \Orobanca del trifoglio; Kleeteufel (ted.)] (fig. 183:4). Comunissima sul trifoglio e su altre leguminose. Distinta dalla precedente per la sua minor statura che varia tra 1 a 5 decim. : i fusti fioriferi sono però cespugliosi alla base, cioè anche riuniti a 7-8, ma non saldati insieme bensì nascenti ciascuno da un distinto tubercolo : per la grande vicinanza questi tubercoli si saldano poi insieme. 1 fiori hanno corolla più piccola di color bianco giallastro, un po' violacea verso il lembo. Questa specie danneggia il trifoglio specialmente al secondo anno dalla semina, dopo il primo taglio: le piante colpite ingialliscono. E' stato osservato che il bestiame alimentato con fo- raggio verde misto a questa Orobanca va soggetto a forti coliche : però se l'Orobanea viene raccolta e fatta cuocere perderebbe le sue proprietà nocive e si potrebbe dare in pasto al bestiame, contenendo principii nutritivi. 537. OROBANCHE LUTEA Batjm. Parassita dell'erba medica e del trifoglio. Fiori a corolla rossastra o in parte giallastra, gradevolmente profumata. (t. Iiopsia Dum. Affinissimo al precedente da cui si differenzie- rebbe essenzialmente pei fiori forniti di due bratteole laterali e prov- visti di calice per lo più quadridentato. La specie più comune e dan- nosa è la: 538. KOPSIA RAMOSA Dum. [Orobanche della Canapa, del Tabacco, del Pomidoro, fiamma, scalogna, Hanftod (ted.)]. (fig. 183:2-3,5-7). 936 I parassiti vegetali: ti. fanerogame parassite È certo la più dannosa tra le orobancacee e colpisce specialmente la Canapa, il Tabacco ed il Pomidoro. È per lo più di bassa statura non superando i fusti fioriferi i 3-4 decim. essi sono però ramosi, di color giallo pallido, al solito carnoso-succosi e portano all'estremità fiori in spiga rada di color azzurrognolo, piccoli, ma appariscenti. I cespu- glieti i fioriferi erompono talora in numero grandissimo (10-15 o più) attorno al piede delle piante colpite sì da sollevare delle zolle di terra ed il colore gialliccio degli steli poi l'azzurrognolo delle corolle li ren- dono molto evidenti sul fondo più o meno scuro del terreno. Se le piante ospiti quando vengono attaccate sono già adulte sof- frono poco relativamente dell'attacco, ma se sono giovani cominciano ad ingiallire e possono anche disseccare. Ciò avviene specialmente pel tabacco, per la canapa, e talora anche pel pomodoro. Per la canapa costituiva un vero flagello finche non si trovarono varietà resistenti e si escogitarono speciali mezzi di lotta poiché in certi casi annientava quasi il raccolto non lasciando pianta immune. I piccoli semi di questa orobancacea germinano solo quando si trovano a contatto colle radici delle piante ospiti, diversamente pos- sono rimanere anche diversi anni nel terreno inattivi. Lo sviluppo si effettua abbastanza rapidamente : dal momento in cui le radici ven- gono colpite al momento in cui la Kopsia fiorisce decorrono da due a due mesi e mezzo. Mezzi di lotta coiitro le Orobanche. I mezzi preventivi consistono anche qui sopratutto nell'adoperare sementi sane, non inquinate dai minutissimi e quasi impercettibili semi delle orobancacee che si pos- sono del resto abbastanza facilmente separare tuffando la semente nell'acqua e schiumando i semi leggeri e galleggianti delle Orobanche. Riesce però un po' difficile con questo metodo invece la selezione della semente di tabacco essendo qui i semi pure piccolissimi. Bisogna evitare sempre di coltivare le stesse piante nelle località ove di solito si sviluppano le loro Orobanche quindi la sostituzione di coltura per diversi anni può alla fine eliminare il parassita. Si terrà conto poi della resistenza che offrono alcune varietà di piante alle Orobanche per esempio per diminuire i danni prodotti dall'Orobanche della canapa sulle varietà comuni si può coltivare la canapa di Carmagnola ben nota per la sua resistenza, forse dovuta alla precocità e rapidità di sviluppo ed alla presenza di abbondanti tessuti meccanici nel suo sistema radicale. Contro detta Orobanche si può pure lottare efficacemente concl- udo i! campo con cloruro potassico che secondo gli accurati studi LATHRAEA SQUAMARIA L. 937 del prof. Samoggia renderebbe le piante specialmente resistenti al parassita. Tra i mezzi curativi si consiglia: di estirpare accuratamente gli steli fioriferi delle orobanche man mano vengono fuori dal terreno e sempre prima della fioritura: il Kock consiglia di fare lo sradicamento in tempo umido perchè così più facilmente si effettua l'estirpazione dei fusti del parassita. Bisogna badare però di non buttare nella conci- maia tali steli specialmente se la fioritura è già avanzata poiché i semi potrebbero inquinare il concime. Per meglio effettuare l'estirpamento delle orobanche è conveniente, specie per le leguminose (fave, ecc.). la semina in solchi, a righe. Contro Torobanche del tabacco sono state consigliate aspersioni di calce viva, di calce proveniente dalle usine del gas, di lisciva di cenere, di solfato di ferro, ma con risultati non soddisfacenti. G-. Lathraea L. Parimenti della famiglia delle orobancacee. Com- prende pochissime specie di piante parassite erbacee perennanti, di cui due sole rappresentate nella flora italiana ed europea. Il fusto sot- terraneo è rizomatoso coperto di molti catafilli biancastri ed embri- chiti e di consistenza carnosa. La parte aerea del fusto è per lo più breve e porta fiori disposti in spiga a calice 4-dentato, corolla bila- biata più o meno grande e colorata. 539. LATHRAEA SQUAMARIA L. (Latrew, Schuppenwurz [ted.j). È la specie più comune del genere che vive parassiticamente sulle radici di un gran numero di piante legnose appartenenti a famiglie diverse: specialmente Ontano, Carpino, Nocciolo, Frassino, Xoce, Pero, Quercia, Rose, Olmo, Vite, ecc. È una pianta curiosa pel suo porta- mento ed il suo modo di vita. Caratteri botanici e biologia. Il suo rizoma che scorre sotterra tra le radici meno profonde dell'ospite è molto ramificato e caratte- ristico per la presenza di numerosissimi e grossi catafilli a forma di squame embriciate, biancastre e carnose. L'estremità di alcuni rami di questo rizoma sotterraneo in primavera si voltano in alto, escono fuor di terra e formano un fusto fiorifero eretto, semplice, bianco o roseo, provvisto di poche squame. Superiormente, all'ascella di brattee piuttosto grandi, embriciati in due serie porta fiori in fitta spiga pen- dente prima della fioritura poi eretta. La corolla è tubolosa, bilabiata, a labbro superiore porporino ed inferiore bianchiccio. Il frutto è una capsula contenente molti semi globosi (tìg. 184:1-3). Questa pianta oltre che essere parassita delle radici è anche car- 938 I PARASSITI VEGETALI: VI. FANEROGAME PARASSITE nivora perchè cattura piccoli infusori di cui poi si nutre in appositi serbatoi o lacune delle sue squame spesse e carnose. A quindi una doppia nutrizione organica. L'embrione qui è più differenziato che nelle orobanche cioè fornito di radichetta, di un rudimento di fusto e di cotiledoni. La germinazione dei semi si effettua su terreno umido e allora si sviluppa la radichetta nel terreno che presenta lateralmente ramificazioni tortuose ed irregolari. Se tali radici arrivano a contatto colla radice di una pianta ospite vi si applicano rapidamente e nei punti di contatto si for- isi mano succhiatoi coll'a- spetto di bottoncini pri- ma globosi poi a disco, colla parte appiattita applicata sulla radice dell' ospite. L' adesione si effettuerebbe a mezzo di una sostanza vi- schiosa sullo strato più superficiale delle radici attaccate (fig. 184:4-6). Dal centro del disco di adesione parte anche qui il solito cono di pe- netrazione formato da un fascio di cellule suc- chianti che penetrano fino al corpo legnoso della radice dell'ospite. La giovine piantina così si allunga sottoterra, si producono sul fusto sotterraneo delle foglie squamose, carnose, bian- chiccie disposte ad em- brice. Tale fusto da prima semplice quindi si ramifica abbondante- mente tra le radici della pianta ospite formando dei rizomi di notevole grossezza <■ peso: come riferisce il Kerner talora un cespuglio di rizomi può anche raggiungere il peso di 5 chilogrammi! Dall'estremità Fig. 184. Parassitismo della Lattea. Pianta 'li Lathraea xquamaria con asse fiorifero. 2. Fiore in .-'■/ione longitudinale. :ì. Seme germinante. 4. Sistema radi- cale <ìi Lathraea aderente a radice di pianta ospite. 5. Por- zione di cauli' sotterraneo di Lathraea con radice aderente ■ dici- di pianta ospite. 6. Sezione attraverso un austorio del parassita mostrante l'adesione e la penetrazione nei tes- suti della radice ospite (secondo Heinricher eccetto 5, ori- ginale). LATHRAEA CLANDESTINA L. 939 di alcuni rami di questi rizomi si svolgono poi i cauli aerei fioriferi, mentre nuove radici partono dal rizoma e si intrecciano a rete alla superficie delle radici dell'ospite producendo all'estremità i loro austorii. Danni e lotta. Nonostante la sua frequenza nei boschi ed il suo rapido sviluppo non produce mai sulle piante legnose conseguenze apprezzabili. Il parassita già segnalato dal Viala anche sulla vite a quanto riferiscono Faes (1), Marsais (2) ed altri autori sarebbe su tal matrice abbastanza diffuso ed anche dannoso in alcune località della Francia. Le viti attaccate soffrirebbero notevolmente e dareb- bero germogli molto deboli in primavera: esse presenterebbero talora l'aspetto di viti fillosserate anche perchè la malattia si diffonderebbe a zone circolari. Su piante così sofferenti si riscontrerebbe nel sistema radicale grande abbondanza del caratteristico sistema vegetativo di questa Lathraea. È probabile che lo sviluppo della Lathraea sulla vite dipenda dalla pre- senza di germi del parassita già esistenti nel suolo in seguito a pre- cedente coltura arborea: ove si impiantino vigneti in terreni di recente disboscati in cui abbiano vegetato alberi già infetti dall'orobancacea non è difficile che qualche frammento di questa rimasto nel suolo possa infettare le viti. Il Faes consiglia come mezzo di lotta iniezioni nel suolo di sol- furo di carbonio: questa sostanza dev'essere però usata colle dovute pre- cauzioni ed in dosi limitate per non danneggiare soverchiamente il sistema radicale della vite colpita e delle vicine. Con una buona zap- patura attorno ai ceppi danneggiati si può facilmente staccare il ri- zoma della Lathraea, ripetendo l'operazione una o due volte l'anno si finisce per distruggerla completamente. 540. LATHRAEA CLANDESTINA L. Meno comune della precedente: diffusa qua e là pei boschi nell'Eu- ropa occidentale e meridionale. Vive parassiticamente sulle radici dei salici, dei pioppi e nelle faggete dell'Appennino meridionale. Quivi venne da me pure frequentemente osservata specialmente nell'Avelli- nese. La parte sotterranea à l'aspetto di quella della precedente specie: quivi però le radici sono abbastanza grosse e di color giallo : i suc- chiatoi discoidali sono grandi come una lenticchia e sarebbero i più grandi succhiatoi finora osservati sulle piante parassite. Il fusto tìo- (1) Faes H., in Progr. Agr., 1909, n. 4. p. 119. (2) Marsais P., in Kev. de Vie, XXXI. 1909, p. 619. 940 AGGIUNTE E CORREZIONI rifero è breve, assai ramoso e coperto «li squame orbicolari biancastre, concave: i fiori sono in spiga ramosa assai grandi di colore rosso vio- laceo e le infiorescenze viste nella penombra del bosco danno l'idea di piccole fiamme che erompano fuori dal terreno al piede degli alberi. Non consta che produca danni di qualche importanza. AGGIUNTE E CORREZIONI. A pag. 6 (linea 17). Di G. Targioni Tozzetti è notevole il trattato Alimurgia, pubblicato a Firenze nel 1767 in cui tratta delle malattie delle piante, dei funghi parassiti che le producono e dei modi di combatterle. A pag. 0 (linea 21). A proposito del Fontana è importante ricordare come nel suo interessantissimo lavoro Osservazioni sopra la rum/ine del grano (Lucca 1767) abbia rappresentato in una tavola a colori annessa le uredo e teléutospore della Puccinia graminis con una esattezza veramente mera- vigliosa, precorritrice del tempo e ciò 145 anni fa! A pag. 12 (linea 32). È stato dimenticato dopo : e per la prima volta in Europa l'aggiunta : sulle radici, necessaria poiché, come è noto, prima del Plancton la fillossera era stata osservata in Europa verso il 1863 dal Westwood su foglie di vite coltivate nelle serre di Hammersmith presso Londra. A pag. 12 (linea 33). Per svista è segnata la data della scoperta della fillossera in Francia fatta dal Plancton nel 1865, mentre realmente è nel 1868. A pag. 53-51. Sono a comprendersi nell'elenco delle principali opere di Fito- patologia (Parassiti vegetali) comparse nel secolo XIX le seguenti Italiane: 1839. Moretti G., Compendio di Nosologia vegetale, ecc. Milano 1839 (di pagg. 281 in 8.°). 1 N73. Iti volta S., Dei parassiti vegetali, come introduzione delle malattie pa- rassitarie (un volume di 592 pagg. in 8.°, Torino 1873). 1876. Cro ini G., Sulla vegetazione delle Crittogame parassite delle coltiva- zioni (Bologna 1876, 53 pagg. in 8.°). 1879. PlROTTA K\, 1 funghi parassiti dei ritigni (Arch. Labor. Crittog. di Pavia, II-1II, pag. 129-224, Milano 1879). 1883. CRESPI M. Trattato dei Crittogami e dei microzoi che infestano gli ani- muli ed i vegetali (Milano 1883, un volume in 8.° di pag. 160). L888. Solla K. F., Note di Fitopatologia, Firenze, 1888 (un volume in 8.° di pagg. 552 con 11 tavole). A pag. s,">. A proposito della Tubercolosi del Pesco debbo ricordare che parec- chie volle mi venne fatto di incontrare sulla radice principale o sulla por- zione del fusto infossata a terra in giovani piante di 2-3 anni di innesto piantate in terreni argilloso-calcarei, compatti ed umidi delle singolari AGGIUNTE E CORREZIONI 941 ipertrofie ora piccole, ora grosse quanto il pugno, dure, legnose, la cui pre- senza determinava la morte delle piantine. Non feci finora ricerche in pro- posito, ma non è fuor di caso die la causa di questa alterazione sia dovuta ad un batterio benché forse non identico al Olostridium Persicae-tubercu- losis del Cavara. La malattia è diffusa in Piemonte ed altrove ed è causa talora del mancato attecchimento delle piante di pesco trasportate in posto dai vivai. A pag. 8(J. A proposito della Rogna dei tuberi di Patata: Thaxter (in XIV Ann. ltep. Coinm. Agric. Exp. Stat. for 1890-1891) studiando in America questa malattia avrebbe osservato alla superficie delle tacche delle patate infette una sostanza grigiastra formata dall'insieme di corpi bacillari di varia grandezza che si dividono facilmente in corpiccioli bastoncini formi. Questi, in coltura darebbero finissimi filamenti di 0,8-0,9 jjl. di diam. che alla luce si piegherebbero a spirale all'apice dividendosi poi per molti setti trasversali in bastoncelli. In condizioni sfavorevoli di nutrizione si forme- rebbero invece delle spore durature rotonde od ovali. Thaxter designa questo microorganismo col nome di Oospora Scabies, però non si tratta qui di un fungo come il nome del genere farebbe supporre, ma bensì di una batteriacea. Lo sviluppo della Scabbia delle Patate è favorito dall 'impianto di tu- beri infetti, dalla coltivazione di patate in terreno già infetto. In terreni alcalini ed umidi la malattia si svilupperebbe più frequentemente : così è provato che l'aggiunta di calce o di cenere nel terreno ne facilita la dif- fusione. Secondo Morse (1) nei terreni infetti è indispensabile il cambio di coltura per 3-4 anni, sostituendovi graminacee o leguminose, si può poi migliorare il suolo con adatte concimazioni in modo da elevarne l'acidità (aggiunta di cloruro potassico, di solfato potassico, di nitrato sodico, di gesso ecc.) : torna poi conveniente la sterilizzazione dei tuberi immergen- doli per un paio d'ore in una soluzione formata da una parte di formalina del commercio (al 40 °/0) in 240 parti di acqua, oppure lavandoli in una soluzione di sublimato corrosivo all'I °/00, oppure lasciandoli esposti per un giorno o due ai vapori di formaldeide che si possono far svolgere ra- pidamente mettendo in un recipiente poco profondo grammi 9,375 di per- manganato potassico ed aggiungendovi poi 25 centim. cubici di formalina al 40 %. A pag. 103. A proposito della Ba tteriosi del pomidoro alcuni autori esprimono l'opinione che la malattia dei frutti del pomidoro sia dovuta anche al pa- rassitismo di speciali funghi. Confrontare quindi anche quanto è detto a pag. 903 a proposito di Fvsarium erubescens Arpei. ed Ovex che secondo questo autore sarebbe la causa del marciume apicale. A pag. 145 (linea 33). Filamenti conidiali: leggi: miceliali. (1) Morse I. \V. The Prevention of Potato Scab iu Maine Agric. Exp. Stat. Unii. a. 141 (1007 942 AGGIUNTE E CORREZIONI A pag. 173. (Sclerospora macrospora). Veramente prima ancora del Peglion questa malattia del frumento era già stata osservata dal Garovaglio fin dal 1874 (1), ma da lui erroneamente riferita al parassitismo del Protomyces maerosporus Ung. A pag. 176 (linea 31). Pochi mesi dopo questa scoperta il prof. Saccardo ne annunciava la presenza nel Veneto e dava anche un buon disegno del pa- rassita nel giornale II Contadino di Treviso del 31 agosto 1880. A pag. 215. A proposito della scoperta della Pseudoperonospora cubensis in Italia va ricordato che prima del Cazzani (che la osservò nel 1903 e non nel 1902) venne segnalata dal prof. P. A. Saccardo e figlio dott. Domenico Saccardo ai primi di agosto del 1903 a Selva di Treviso come ne fa fede una nota pubblicata sulla Rivista di Conegliano dal dott. D. Saccardo in tale anno a pag. 525-52G. A pag. 235 (linee 30, 31, 33, 36). Leggere: ordini, ordine al posto di sottordini. A pag. 230 (linea 1). Invece di I Sottordine leggere I Ordine. A pag. 317 (linea 24). Invece di Gr. Melanospora, sostituire G. Spliaerodenna. A pag. 335. In spiegazione alla figura 63 {Segala cornuta), ultima linea, tra parentesi leggasi 1-3 dal vero (e non dal vetro !). A pag. 462. Dopo Penicillium crustaceum aggiungasi il nome dell'autore che è (Linnè) Fr. A pag. 715 (linea 10). invece di odore leggasi: colore. (1) Garovaglio S. in Arci). Lab. Ciitt. di Pavia I pag. 132-133, Milano 1874. QUADRO ANALITICO DEI PRINCIPALI GRUPPI in cui sono compresi i Parassiti Vegetali delle Piante per facilitarne la ricerca sistematica. A. Piante imi- o pi uri cellulari a corpo vege- tativo (tallo) semplice o differenziato, ma in ogni caso a struttura omogenea (cioè senza tessuti differenziati). Ripro- duzione per spore Sottoregno I. SPOROFITE. I. Tallo semplice o differenziato, sempre sprovvisto di clorofilla, quindi mai verde. a. Sistema vegetativo formato da una massa di plasma nudo (plasmodio), da cui si formano sporangi o che si trasforma direttamente in spore [Vegetali per lo più saprofita, viventi in luoghi umidi] Tipol. Mixomiceti (v. p. 55). ì>. Sistema vegetativo mai e. s. 1. Talli sempre 1 -cellulari, minutissimi, glo- bosi, bastonciniformi, filiformi, a spi- rale, ecc., riuniti però sempre in gran numero e formanti colonie (zooglee). Riproduzione per scissione o più rara- mente per spore endogene . . . Tipo 2. Scliizomiceti o Iìat- teriacee (v. p. 65). 2. Talli I-cellulari, o più frequentemente plu- ricellulari, raramente non differenziati, per lo più ramificati, formati da fila- menti (ite) formanti una massa più o meno intrecciata (micelio), da cui si originano organi di riproduzione sva- riati. Riproduzione agamica o più rara- mente sessuata (1) Tipo 3. Eumiceti o Funghi (v. p. 117). a. Micelio ridotto oppure ben sviluppato, ma I-cellulare (raramente pluricellulare), spesso con austorii nelle specie paras- site ed intercellulare. Riproduzione aga- mica per conidii o per zoospore: ripro- duzione sessuale per oospore . . Classe I. Ficomiceti (p. 134). (1) Alcune forme si presentano talora nella sola forma sterile cioè col solo micelio, senza t i-accie di organi di riproduzione. Confrontare in questo caso il grappo: Micelii sterili a pag. 907. 944 QUADRO ANALITICO DEI PRINCIPALI GRUPPI, ECC. -|- Micelio ridotto: organi sessuali poco di- stinti, riproduzione agamicà per zoospo- rangi ....... Ord. 1. Chitridinee (p. 135). Micelio ben sviluppato: riproduzione aga- mica per conidii o per zoosporangi. Ri- produzione sessuale per oospore . . Ord. 2. Oomieeti (pag. 141). [Fam. Peranasporee p. 142]. fi. Micelio per lo più ben sviluppato, tipi- camente pluricellulare. Riproduzione sempre agamica. -\- Funghi riproducentisi (almeno in certi stadii del loro sviluppo) per spore con- tenute in aschi o portate su basidi Classe II. Micomiceti (p, 231). 0 Spore contenute in aschi .... Sottoclasse 1. Ascomiceti (pag. 232). X Micelio ridotto: aschi a forma di sporangi, contenenti molte spore. . . . Ord. 1. Emiasci (p. 236). XX Micelio ben sviluppato: aschi ben distinti, tipicamente con otto spore. i Aschi erompenti alla superficie della ma- trice, non contenuti in speciali corpi fruttiferi. Funghi producenti deforma- zioni sugli organi attaccati . . . Old. 2. Exoasci (p. 237). ?? Aschi sempre portati sopra o dentro uno speciale corpo fruttifero . . . Ord. 3. Garpoasci (p. 248). § Corpo fruttifero minuto od anche abba- stanza grosso, a forma di disco o di scodella (asconia), presentante sulla parte incavata gli ascili . . . Sottord. 1. Discanticeli (p.249) (per la distinzione in fa- miglie v. pag. 251). §§ Corpo fruttifero per lo più minuto ed a forma spesso sferica (peri feci o) di varia consistenza o colore, contenente ascili, fornito o non di apertura per la fuoriuscita delle spore a maturità . Sottord. 2. Pirènomic. (p. 313) (per la distinzione in fa- miglie v. pag. 316). 00 Spore talmeno in certi stadii) portate su basidii, in nessun caso mai contenute in ascili Sottocl. 2. Basidioniiceti Basidii sviluppantisi dalle spore di con- servazione germinanti [funghi parassiti con spore abbondanti erompenti spesso in gran copia dalla matrice che imbrat- tano di polvere nerastra o rossiccia o illognola]. (pag. 520). QUADRO ANALITICO DEI PRINCIPALI GRUPPI, ECC. 945 XX ++ 0 00 X Micelio endogeno percorrente spesso tutta la pianta e producente in determinati organi (per lo più fiorali) clamidospore in gran numero, ordinariamente erom- penti in massa nera polverulenta. Le clamidospore germinanti producono ba- sidi (promicelio) con sporidi. Specie per lo più parassite di graminacee Micelio a sviluppo più limitato producente tacche decolorate sulla matrice da cui erompono poi gli organi di riproduzione. Funghi a generazione alternante per lo più con diverse forme di spore suc- cedentesi. Spore durature (teleuto- spore) producenti basidi e sporidi . Basidi sviluppati da micelio o su speciali corpi fruttiferi, talora anche molto vi- stosi LIBRARY INEW YORK BOTANICAL (jARUfcN Ord. 1. JEmibasidii. Sottor- dine Ustilaginali (p. 523) (divisione in famiglie e generi a 532). Ord. 2. Protobasidii. Sottor- dine Uredinali(p. 571-572) (divisione in famiglie e generi a pag. 589). Funghi riproducentisi per spore mai con- tenute in ascili né portate da veri ba- sidi, ma sostenute da filamenti frutti- feri brevi o lunghi contenuti in corpi fruttiferi o superficiali .... Ord. 3. Mubasidii (pag. 679) (divisione in sottordini a pag. 681). Classe III. Deuteromiceti (pag. 746;. Spore (sti lo spore) portate da brevi fila- menti fruttiferi inclusi in corpo frutti- fero del tipo di un peritecio (pieni dio) Ord. 1. Sferopsidali (p. 749) (distinzione in famiglie a Spore mai contenute in corpo fruttifero chiuso. Filamenti conidiferi contenuti in piccole cavità poi erompenti e largamente aperte (acer vuli) della matrice pag. 749). XX Filamenti conidiferi (conidiofori) su- perficiali alla matrice, più o meno dif- ferenziati, spesso lunghi e ramificati . Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 60. Ord. 2. Mei (in co ni ali (p. 818) (Distrili, in generi a pa- gina 818-819). Ord. 3. I/ali (pag. 839) (Di- strib. in fam. a p. 839-840 1. 946 ESEMPI PER L'USO DEL QUADRO ANALITICO II. Tallo semplice o differenziato sempre provvisto di clorofilla e quindi per lo più verde (a meno non sia questo co- lore mascherato da altri pigmenti). a. Tallotìte per lo più acquatiche o almeno viventi in siti molto umidi, provviste di clorofilla, tipicamente a vita auto- ctona, raramente parassite . . . Tipo 4. Alarne (pag. 910). b. Tallofite non e. s. a tallo laminare o cro- stoso o ramificato o frondoso, per lo più sviluppato su concede vecchie o su rami di piante o a terra, formato dalla consociazione di un fungo con un'alga (simbiosi), quindi da elementi senza clorofilla e da cellule verdi . . . Tipo 5. Licheni (pag. 912). Piante a corpo vegetativo (e or ino) sem- pre t'ormato da tessuti differenziati, co- stituito da caule, foglie e per lo più ra- dice. Riproduzione per embrione, nelle più elevate incluso in un seme . . Sottoreg. II. EMBRIOFITE. * Piante con fiori (Antofite [Fanero- game]): con foglie ridotte od anche ben sviluppate, talora anche senza clo- rofilla e senza radici terrestri, in ogni caso però provviste di organi (succhia- toi) coi quali si adattano ad una pianta ospite che danneggiano . . . Gruppo biologico. Fanero- game parassite (v. classi- ficazione a pag. 916). Esempi per l'uso del suesposto quadro per la classificazione di un mi cete parassita. 1. Peronovpora delia vite. — Facendo ima preparazione della muffa bianca prelevata dalla pagina inferiore di una foglia di vite attaccata si constata la presenza di organi jalini, filamentosi, ramificati, por- tanti spore: quindi si tratta di una Sporofito,. L'assenza della cloro- filla include il vegetale nella sezione I. l'aspetto filamentoso del sistema vegetativo e riproduttivo lo rimanda ai paragrafi h, 2: si tratta dunque di un fungo (Eumiceti). Una sezione sottile delle foglie lascia vedere il micelio continuo provvisto di austori, quindi corrisponde alla frase contenuta in *: si tratta di un Ficomieete che per avere micelio ben sviluppato, riproduzione agamica per zoosporangi (il che si può ve- dere lasciando le spore qualche tempo in acqua) e sessuale per oospore GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE. ECC. 947 (visibili però solo dall'estate all'autunno in sezione delle foglie attac- cate) appartiene all'ordine degli Oomiceti ed alla famiglia delle Pero- nosporee: a pag. 145 una chiave analitica basata sulla forma degli zoo8porangiofori Iconidiofori) sulla posizione degli zoosporangi porterà facilmente alla lettera C. quindi al segno §§, di poi a — ed infine ad O. Si tratta quindi di una Plasmopara: a pag. 175 se ne troverà la descrizione sotto il nome specifico di Plasmopara viticola. 2. Ruggine del (frano. — Facendo una sezione attraverso una pu- stola aranciata ed una nera della ruggine lineare del grano si tro- vano facilmente i caratteri contemplati nel qnadro sotto la lettera .4. la cifra I. la lettera b, il numero 2, la lettera p, il segno — e quindi 00, X ed infine ?f. Si tratta di fnngo appartenente al sottordine Predi- noli (pag. 572). Per conoscere il genere basta confrontare il quadro della classificazione delle Uredinee a pag. 589: si troverà che appar- tiene alla fam. I e corrispondendo ai caratteri delle frasi in A, nu- mero 2, si tratta di una Puccinia e ricercando fra queste a p. 002 si vedrà se corrisponde a Puccinia graminis. 3. Bolla delle foglie del pesco. — Facendo una sezione sottile di foglie accartocciate si vedrà un micete compreso nel quadro sotto 3, — , 0, > . •• >si tratta di un Exoasco (pag. 237) e precisamente del- l' Exoascas deformanti (pag. 239). GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE delle più importanti malattie delle Piante coltivate od ntili prodotte da Parassiti Vegetali basata essenzialmente sui caratteri esterni. Distribuzione in Gruppi delle Piante coltivate per facilitare la ricerca delle loro malattie. GrBUPPQ I. VITE [Vitis cinifera L.. V. riparia Michx.. E. rupestris Sch.. ecc.). Gruppo IL PIANTE DA FRETTO (Legnose: p. le Erbacee cfr. Gruppo IV. sezione A. 2). A. Arboree: 1. Pero Pirus communisli.), Melo (P. Mahtsh.), Cotogno (P. Cydonia L.), Nespolo (Mespilxs germanica L.). 2. Pesco (Priiinis Persica St.), Mandorlo Pr. Amygdalvs St.), Albicocco Pr. Armeniaca L.). Susino (Pr. domestica L.), Ciliegio (Pr. Avium L.. Pr. Cerasus L.), ecc. 3. Castagno [Gastanea satira Miri.. . Noce [Jvglans regia E. . Nocciolo Cor gius Avellana L.). 948 OUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. 4. Fico (Finis Carica L.), Carrubo (Ceratonia siliqua L.), Kaki (Diospyros leali L.). B. ArTbustire: 1. Agrumi: Limone (Citrus Limonimi Risso), Arancio (C. Aurantium'L.), Mandarino (C. deliciosa Ten.), Cedro (C. medica L.). 2. Ribes (Bibes rubrum L.), Uvaspina (B. grossularia L.), Lampone (Bubus ld a e us li.). Gruppo III. CEREALI: 1. Grano (Triticum vulgare Vill., T. turgidum L., T. durum Desf., T. Spelta L., ecc.), Orzo (Hordeum vulgare L.), Segala {Secale ce- reale L.). Avena {Avena satira L.). 2. Granturco (Zea Mags L.), Sorgo (Sorghum vulgare Pers., S. sacclia- raium Moknch., S. cernuum Host. [Durra]), Miglio (Panicum mi- liaceum L.), Panico (Setaria italica P. B.), Riso (Oryza satina L.). Gruppo IV. PIANTE ORTENSI (A-E). A. Da frutto (Erbacee): 1. Con frutto a legume: Fagiolo (Phaseolus vulgaris L.), Pisello (Pisum sativum L.), Fava (Vida Faba L.), Cece (Cicer arietinum L.). 2. Con frutto carnoso (od infruttescenza) : Fragola (Fragaria vesca L.), Pomodoro (Solanum Lycopersicum L.), Melanzana (S. Melongenali.), Peperone (Gapsicum annuum~L.), Anguria {Cucumis citrullus Scr.), Cetriolo (C. sativus L.), Melone (G. Melo L.), Zucche (Cucurbita moschata Duch., C. maxima Duch., C. Pepo L., ecc.). B. Da bulbo, da tubero o da radice: 1. Da bulbo: Cipolla (Allium Cepa L.), Aglio (Allium sativum L.). '2. Da tubero: Patata (Solanum tuberosumlu.), Topinambour (Heliantltus tuberosus L.). 3. Da radice: Carota (Dauc.us Carota L.), Pastinaca (Pastinaca sativalu.), Rapa (Brassica rapa L.), Navone (Br. Napus var. esculenta DC), Ravanello (BapJianus sativus L.), Barbaforte (Kasturtium Armoracia Fr.), Scorzonera (Scorzonera hispanica L.). 6'. Da foglia, da fiore: 1. Da foglia: Sedano (Apium graveolens L.), Prezzemolo (Petrose! in um hortense Hoffm.), Cerfoglio (Anthriscus Cerefolium Hoffm.), Fi- nocchio (Foeniculum vulgare Mill.), Spinacio (Spinacio oleraceah.), Bietola da coste (Beta vulgaris L. |3. cicla L.), Lepidio (Lepidium sativum L.), Salsefica (Tragopogon porrifolius L.), Lattuga (Lactuca Scariola L. var. satira [L.]), Cicoria (Cichorium intgbus L.), En- divia (C. endivia L.), Cardo (Oynara Scolymus L. var. altilisDC). 2. Da foglia e da fiore: Cavolo, Cavolfiore, ecc. (Brassica oleracea L. e var. Botrytis L., var. capitata L., ecc.), Carciofo (Cynara Scoh/mus L. var. malica Vis., var. hortensis Mill., ecc.). I>. Da polloni : I. Asparagio (Asparagus officinale L.). /-. Da fanghi: 1. Prataiuolo (Psalliota campestris L.). GUIDA PER la facile determinazione, ecc. 949 Gruppo V. PIANTE CHE DIRETTAMENTE OD INDIRETTAMENTE FOR- NISCONO MATERIALI ALL'INDUSTRIA (0 MEDICINALI). A. Arboree: 1. Olivo (Olea eurqpaea L.). 2. Gelso (Moni* alba L., M. nigra L.). 3. Pioppo canadense (Populus canadensis Michx.). 4. Frassino da manna (Frati n us Ornus L.). B. Arbustive od erbacee: 1. Caffè (Coffea arabica L.). 2. Canna da zucchero (Sa celia rum officinarum L.). 3. Bietola da zucchero (Beta vwlgarià L. var. rapa [Dm.]). 4. Canapa (Cannabis sai iva L.). 5. Lino (Linum usitatissinum L.). 6. Tabacco (Nicotiana Tabacum L.). 7. Papavero (Papaver somnifertim L.). 8. Luppolo (Humulus Lupulus L.). 9. Rovo o Mora di siepe (Elibus discolo)- W. N., P. caesius Guss.). 10. Malva (Malva rotiindifolia L.). 11. Zafferano (Orocus sativus L.). 12. Anice (Pimpinella Anisinn L.). 13. Menta {Mentita viridis L.). 14. Canielina {Cliamaelina saliva Cr.). 15. Colza (Brassica campèstri» L. oleifera DC). 16. Girasole (Heliantlius animus L.). Gruppo VI. PIANTE FORAGGERE. A. Leguminose : 1. Trifogli (Tri/oli um pratense L., Tr. incarnatimi L., TV. repensL., ecc.). 2. Erbe mediche (Medicago satira L., M. falcata, ecc.). 3. Veccia ( Vida saliva L.). 4. Lupino (Lupinus albus L., L. angustifolius L.). 5. Ginestrina (Lotus eornieulatus L.). 6. Meliloto (Melilotus officinalis Lam.). 7. Lupinella (Onobri/chis satira Lam.). 8. Fieno greco (Trigonella foenum graecum). 9. Sulla (Hedi/saruni coronarium). B. Graminacee pratensi : 1. Loglio (Lolium. perenne L., L. italicum A. Br.). 2. Marzolina (Dactijlis glomerata L.). 3. Poa (Poa pratensi» L., P. triviali» L.). 4. Bambagiona (Holcus lanalus L.). 5. Paleo odoroso (Antlioxantlium odoratimi L.). 6. Bromo (Bromus sp. varie). 7. Festuche (Festuca sp. varie). Gruppo VII. PIANTE DA FIORE, ORNAMENTALI E DA SIEPE. A. Piante da flore: 1. Azalea (Azalea indica L.). 2. Begonie (Begonia Credneri, B. metallica, ecc.). 950 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. 3. Cineraria {Cineraria sp.). 4. Crisantemo (Ghrysanthemum sinense Sab.). 5. Dahlia (Dahlia variabilis Desf.). 6. Garofano (Dianthus caryophyllm L.). 7. Giacinto (Byacinthus orientalis L.). 8. Giaggiolo (Iris germanica L.). 9. Giglio (Lilium candidimi L.). 10. Narciso (Xarcissus poSticus L., X. Jonquilla L., ecc.). 11. Oleandro (Xeriuni Oleander L.). 12. Peonia (Paeonia officinalis L.). 13. Reseda {Reseda odorata L.). 14. Rododendro (Bhododendron sp.). 15. Rosa (Bosa centi/olia L. e vai.). 16. Tulipano (Tulipa Gesneriana L., T. praeoox Cav. ecc.). 17. Verbena (Verbena teucrioides G. et H.). 18. Viola mammola (Viola odorata L.). 19. Viola del pensiero (Viola tricolor L.). 20. Violacciocca gialla (Cheirantkus Cheiri L.). B. Piante ornamentali (da giardino, da viale, da parco, ecc.) e da siepe: 1. Aceri (Acer campestre L., A. Negando L., A. platanoides L., A. Bseuclo- platanus L.). 2. Biancospino (Crataegus Oxyacantha L.). 3. Bossolo (Bìixus seviperrirens L.). 4. Castagno d'India (Aescvlus Hippocastanum L.). 5. Cycas (Cycas revoluta Th.). 6. Evonimo del Giappone (Evonymus japonicus L.). 7. Ginepro Sabina (luniperus Sabina L.). 8. Olino (Ulmns campestris L.). 9. Pino d'Aleppo (Pinus halepensis Mill.l 10. Pioppo piramidale (Populus italica Dur.). 11. Platano (Platanus orientalis L.). 12. Tiglio (Tilia europaea L., ecc.). Gruppo Vili. PIANTE FORESTALI. A. Resinose: 1. Abete bianco (Abies alba Mill. [= A. pedinata DC.]). 2. Abete rosso (A. excelsa Poir.). 3. Larice (Larix europaea DC). 4. Pini (Pinus Pinaster Sol., P. Pinea L., P. silvestris L.). B. Latifoglie: 1. Faggio (Fagus silvatica L.). 2. Frassino (Fraxinus Ornus L.). 3. Leccio (Quereli* ilex L.). 4. Ontano (Ahius glutinosa Gaertn., A. viridis DC). Pioppo comune e P. tremolo (Populus nigra L., P. tremula L.). 6. Quercia (Quercus Bobur L. e var.). ~- Salice (Salix alba L., ecc.). GRUPPO i: VITE 951 Gruppo I. — Vite. A. Alterazioni sugli organi aerei (I-Ili). I. Alterazioni fogliari (a-b). a. Decolorazioni o colorazioni della lamina fogliare non accompagnate per lo più da corrosioni o perforazioni. 1. Decolorazioni o colorazioni largamente diffuse. a. Ingiallimento delle foglie (clorosi fogliare) [esaminare il sistema radicale]. p. Arrossamento della lamina, salvo le ner- vature che rimangono verdi . . Rossore delie foglie della vite (pag. 305). y. Annerimento della superficie fogliare (pagina superiore) per deposizione di una crosta nerastra facilmente stacca- bile coll'unghia (cfr. fig. 94,1 a p. 455) Fumaggine della vite (p. 454). 2. Macchie fogliari a sviluppo più limitato, a. Macchie accompagnate da una muffa o da pustoline evidenti o da pulviscolo bianchiccio. -4- Macchie fogliari accompagnate da una muffa o efflorescenza fungimi. O Macchie sulla pagina superiore da prima gialle poi rossastre, indi color foglia secca: in pagina inferiore muffa più o meno fitta, breve, candida (cfr. fi- gura 23,1 a pag. 177) .... Peronospora della vite (pa- gina 178). 00 Macchie di secco sulle foglie abbastanza glandi, accompagnate da abbondante muffa grigio-polverulenta (cfr. fig. 48,1. a, e, pag. 281) Muffa grigia della vite (pa- gina 280). 000 Macchie irregolari bruno-rossastre ben nette sulla pagina superiore, larghe da 5-8 inni, a 2-3 cm., cerchiate di rosso. In pagina inferiore efflorescenza bruno- olivacea Cercospora viticola (p. 884). -) — \- Macchie fogliari accompagnate da pusto- line o da pulviscolo bianchiccio. 0 Seccume o bruciatura delle foglie tra le nervature. Sulla pagina inferiore in corrispondenza pustoline erompenti, fitte, formanti piccoli ammassi bianco- polverulenti Bruciatura delle foglie (pa- gina 685). 952 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. ( )( t Chiazze polverulente, effuse, bianco-gri- giastre, talora anche un po' araneose più o meno ben distinte sulla pagina superiore od inferiore (fig. 101,3 p. 481) Crittogama della vite (p. 481). 3. Macchie fogliari accompagnate da minute punteggiature nere, talora quasi indi- stinte. -j- Macchie irregolarmente rotondate, ros- sastre, ben spiccate, con orlo bruno. Nelle macchie numerose e piccole pun- teggiature nerastre (fig. 69,1 p. 357) Blacl-rot della vite (p. 356). -| — p Macchie irregolari grigio-brune con rare pustoline nere (Cfr. Phyllosticta Bizzozeria- na e P. vitis: p. 756-757). -] — | — |- Macchie nerastre, sparse, numerose, an- golose, ben spiccanti sul fondo gial- lognolo della lamina. Colla lente nelle macchie nere piccoli punti scuri (su foglie di viti americane, fig. 166,1) . Melanosi della vite (p. 809). b. Screpolature, corrosioni o perforazioni degli organi fogliari. 1. Piccioli, nervature fogliari solcate da striature nere ed ivi con spaccature più o meno profonde .... Mal nero della vite (p. 88). 2. Tacche bruno-rossastre o grigiastre cor- rose sul picciolo o nervature : lamina fogliare raggrinzata, con tacche ne- rastre ed ivi presentanti perforazioni (fig. 159,2) Antracnosi della vite (p. 767). II. Alterazioni sugli organi fiorali e sugli acini (a-e). a. Alterazioni sulla rachide, peduncoli fio- rali, fiori od acini giovanissimi. 1. Disseccamento parziale o totale della ra- chide del grappolo, dei peduncoli, ecc. senza sviluppo di muffe o pustoline. a. Imbrunimento dei peduncoli fiorali, dis- seccamento e colatura dei fiori . . Cfr. Batteriosi dei grappoli (pag. 104). p. Allessatimi della rachide o delle sue ra- mificazioni o dei peduncoli e quindi disseccamento dei fiori o giovanissimi acini (fig. 23,3, pag. 177) . . . Cfr. Peronospora della vite (pag. 180) (forma larvata sui grappoli). 2. Disseccamento e. s., ma con sviluppo sulle parti alterate di muffa bianca o di pustoline bianche o di polvere bian- chiccia. GRUPPO i: VITE 953 a. Sviluppo di muffetta bianco-cristallina sulle parti alterate .... Peronospora delia vite (pa- gina 180). j3. Sviluppo di pulviscolo bianco-grigiastro sugli acini giovanissimi . . . Crittogama della vite (p. 481). y. Escoriazioni sulla rachide e comparsa di pustoline bianche .... Cfr. Bruciatura dei grappoli (pag. 685). 3. Striature nere, lineari sui graspi (talora anomalie fiorali, colatura) . . . Mal nero della vite (p. 88). b. Alterazioni degli acini ben sviluppati o maturi. 1. Presenza di muffe, di pulviscolo bian- chiccio o di croste nere staccabili sugli acini. t.. Muffa grigia sugli acini maturi (fig. 48,1, pag. 281) Muffa grigia (pag. 280). p. Pulviscolo bianco-grigiastro sugli acini immaturi che poi si spaccano (fig. 101,2, pag. 481) Crittògama della, vite (p. 481). y. Croste nere sugli acini come di fuliggine, staccabili coll'unghia .... Fumaggine della vite (p. 454). 2. Colorazione livida degli acini estesa od a tacche. Presenza sulla buccia di pu- stoline. a. Pustoline assai minute, prominenti ed erompenti dalla buccia, di color nero fin dall'inizio. -f- Acini lividi. Pustoline nere numerosis- sime, ricoprenti talora l'intera super- ficie (fig. 69, 3-4, pag. 357) . . Black-rot (pag. 356). -j — \- Acini più o meno contorti a buccia ta- lora spaccata, pustoline e. s., ma più rare Cfr. Malattia della vite del Caucaso (pag. 365). -) — 1 — \- Acini avvizziti (già maturi). Pare pusto- line nerastre su tacche brune o gri- giastre ....... Macrophoma della vite (pa- gina 779). p. Pustole minute od anche più distinte, almeno da principio chiare, raramente nerastre. v -f- Pustole erompenti nero-fuligginose, ri- coprenti l'acino come di strato fulig- gineo. Sapore amaro degli acini colpiti (malattia rara in Europa) . . . Marciume amaro degli acini . (i>ils- 829)- i — \- Pustole mai e. s., almeno da principio di color chiaro. 954 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. 0 Colorazione livida degli acini. Comparsa sulla buccia di pustoline bianche poi nere (fig. 84, 1-2, pag. 416) . . Carie bianca degli acini (pa- gina 414). 00 Tacche livide più limitate. Pustole più grandi e di altro colore. § Presenza sulla buccia di pustoline giallo- dorate, vellutate Aureobasidio della vite (pa- gina 685). §§ Presenza sulla buccia di verruchette dure bianco-ceracee o superiormente brune Cfr. Briosiaanipelopliaga (pa- gina 895) e Tubercularia acinorum pag. 896). e. Colorazione rosso-cuoio degli acini che poi avvizziscono (senza traccia di muffe o pustoline) Peronospora degli acini (pa- gina 180). d. Tacche depresse sugli acini, irregolar- mente rotondate, livido -rossastre o grigie a margine netto (fig. 159,3) . Antracnosi della vite (p. 767). e. Filamenti giallognoli o pallido -rosei av- volgenti come una barba il grappolo, appiccicati agli acini ed invadenti anche gli altri organi erbacei della vite Cfr. Cuscuta europ>aea{p. 925) C. monogena (pag. 929). III. Alterazioni sui tralci o sul ceppo. a. Formazioni rognose tubercoliformi sul ceppo o sui vecchi tralci (fig. 5, p. 81) Fogna della vite (pag. 80). b. Assenza di tale carattere. 1 . Presenza di macchie o strie nere sui tralci o ceppo. a. Strie nere accompagnate da spaccature (profonde sul ceppo). Legno annerito in corrispondenza della stria nera (fi- gura 7 o, pag. 89) ... . Mal nero della vite (p. 88). p. Macchie brune solo sui tralci giovani, senza spaccature e senza annerimento del legno Peronospora della vite (pa- gina 181, fig. 23,2, p. 177). 2. Presenza di muffe, di corpiccioli neri, duri (sclerozi), di pulviscolo bianco- grigiastro, di placche carnicine o di tacche varie sui tralci o sul ceppo. «. Muffe o sclerozi o pulviscolo o placche carnicine. GRUPPO I : VITE 955 -f- Muffa grigio-polverulenta sui tralci (fi- gura 48, 1 6, p. 281), oppine tubercoli neri, duri, lucidi su di essi (special- mente quelli stratificati nelk- sabbie per innesti) (flg. 48,3 a) . . Muffa grigia della vite (pa- gina 281). -1 — |- Chiazze effuse, polverulente bianco-gri- giastre sui tralci che al di sotto si mostrano imbruniti (fig. 101,1, p. 481) Crittogama della vite (p. 483). -| — | — |- Sul ceppo in primavera placche carni- cine, mucillaginose, poi formanti col disseccamento pellicola rosso-ranciata Cfr. PionnotenCesatii^. 906). p. Tacche rossastre o grigiastre sui tralci gio- vani ben nette e con margine più scuro. -j- Tacche rossastre con orlo bruniccio, poco depresse, con sopra minutissime pu- stoline nere (fig. 69,1) . . . Black-rot (pag. 356). -\ — \- Tacche rosso-grigiastre con margine bru- no, molto depresse, corrodenti il tralcio (fig. 159,1) ...... Antracnosi della vite (p. 765). B. Alterazioni degli organi radicali (I-Ili). I. Tumori sulla radice .... Sogna della vite (pag. 80). II. Assenza di tumori : marciume radicale più o meno pronunciato. a. Presenza sulla radice di chiazze bianche o di cordoni bianchi o bruni con odore di fungo. 1. Chiazze bianche e cordoni bianchi o bruni sopra o dentro le radici alterate che sono spugnose (cfr. fig. 71,1, p. 373) . Marciume radicale della vite (pag. 372 e pag. 730). 2. Cordoni bianco-rosei intrecciati a rete sulle radici dai quali svolgonsi fuor di terra masse globose, gelatinose, da cui erompe il corpo fruttifero di un fungo fetidissimo, dall'aspetto di una spugnola (cfr. fig. 154,1-2) . . . Marciume radicale prodotto dall' Ithyphallus (p. 744. b. Chiazze bianche o cordoni poco visibili. Presenza sulle radici di corpiccioli a forma di chiodetti a capocchia gri- giastra (cfr. fig. 51) . . . . Eoesleria della vite (p. 302). III. Presenza sulle radici più superficiali del rizoma di una fanerogama parassita, fornito di grosse squame carnose, em- briciate, biancastre, da cui si sviluppa fuor di terra un fusto fiorifero eretto con fiori bianchi o rosei . . . Cfr. Lathraea squamarla (pa- gina 937). 956 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. Gruppo II. — Piante da frutto (Legnose). 4. 1. Pero, melo, cotogno, nespolo (I-1II). I. Alterazioni sulle foglie, sui fiori o sui frutti. a. Alterazioni sulle foglie, a. Vescicole bollose brune sulla pagina su- periore : inferiormente concave e rive- stite di uno strato bianco farinoso (pero) Bolla nera delle foglie (pa- gina 247). J3. Macchie fogliari o deposito polverulento bianchiccio. Macchie fogliari senza deposito polveru- lento bianchiccio. § Macchie ben nette, determinate, non lar- gamente effuse né vellutate. 0 Chiazze rossastre sulla pagina superiore delle foglie, cui corrispondono nella pagina inferiore tubercoletti promi- nenti rosso-bruni (flg. 134,2-4) [pero] Fuggine del pero (pag. 640). 00 Chiazze rossastre o di altro colore : man- canza di tubercoletti. ! Tacche non depresse. Macchie rotondate bianche al centro con largo margine bruno. Verso il centro puntini neri (flg. 76,1-2) [pero] . . Macchie bianche delle foglie del pero (p. 395, cfr. anche a pag. 756: Phyllosticta pirina). XX Macchie irregolari, puntiformi, assai nu- merose, giallo-rossastre poi brune, al centro nerastre (flg. 80,1) [pero, co- togno, nespolo] Imbrunimento delle foglie (pa- gina 404). !! l'acche più o meno depresse al centro o con boi-do rialzato. X Tacche rotonde od irregolari, rosso-scure, con margine rialzato e porporino (dia- metro 312 mm.) [melo] . . . Ticchiolatura delle foglie pro- dotta da Sphaeropsis ma- lorum (pag. 785). Tacche depresse al centro, nerastre orlate di rosso, corrodenti il picciolo e la la- mina [pero] Antracnosi del pero (p. 863). $$ Macchie fogliari indeterminate, effuse, olivacee, vellutate. 0 Macchie olivacee, vellutate, effuse, per lo più ipofille [pero] (flg. 72,2) . . Ticchiolatura (pag. 381). GRUPPO II : PIANTE 1>A FRUTTO 957 00 Macchie e. s., ma a contorno fibroso-rag- giato per lo più epifillo [melo] (figura 73,1-2 Ticchi ohi tura (pag. 386). -) — (- Deposito polverulento bianchiccio sulle foglie. § Imbrunimento delle foglie dalla base al- l'apice lungo la nervatura mediana: su cui deposito polverulento bianco- grigiastro (fig. 41,1) [cotogno, nespolo] Mummificazione dei frutti di cotogno (p. 272) e Monilia iiccaiis (pag. 847). f§ Imbrunimento non distinto nò localizzato : deposito polverulento bianco- grigio sulle foglie che si accartocciano (melo) Mal bianco dei meli (p. 479). b. Alterazioni sui frutti, a. Annerimento dei giovani frutti (spec. alla base), indurimento e caduta (fig. 41.1) (cotogno) Mummificazione dei fruiti (pa- gina 272). |3. Annerimento o tacche sui frutti adulti o maturi. -}- Presenza di pustole piccole o vistose sulle parti alterate. $ Annerimento dei frutti : pustole erom- penti bianco-ocracee per lo più in zone circolari, numerosissime (fig. 42,1-2) (pero, melo, cotogno) .... Marciume nero dei frutti (pa- gina 258). §§ Tacche più limitate sull' epicarpo dei frutti. 0 Tacche bruno-scure sui frutti da cui esce materia rossa. Sapore amaro (melo) . Marciume amaro (pag. 367). 00 Tacche livide su cui pustoline nere. Polpa stopposa (frutti di melo conservati nel- l'inverno) ...... Cfr. Spliaeropsismalorum (pa- gina 785). -j — \- Assenza di pustole: presenza di tacche rugginose o crostose. § Su frutti di pero. 0 Tacche rugginose: superficie screpolata a stella. Consistenza dura (fig. 72,2) . Ticcliiolatura (pag. 381). 00 Tacche suberose che si disquamano. Scre- polature meno evidenti . . . Erpete furfu nuca delle pere (pag. 888). $§ Sui frutti di melo. Tacche rugginose. subrotonde a contorno raggiato (f. 73,2) Ticchiolatura del melo (pa- gina 386). II. Alterazioni dei rami giovani o del tronco. a. Cancri, screpolature, corrosioni, necrosi della corteccia o del legno (a-y). 958 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. a. Cancri sui rami. 4- Cancri profondi invadenti corteccia e legno (talora su essi pustoline rosse) (flg. 60,1) (pero, melo) . . . Cancro dei rami (pag. 32-4;. -| — p Cancri poco profondi interessanti per lo più solo la scorza (senza pustoline rosse) (melo) Cancro del melo (prod. da Sphaeropsismalorum) (pa- gina 785). p. Screpolature o corrosioni della scorza. -f- Screpolature sulla scorza dei rami che poi si stacca a placche (fig. 72,1) (pero, melo) Ticchiolatura (p. 381 e 386). _) — [_ Corrosione della scorza, preceduta da comparsa di tacca verdiccia sui rami. Trasudamento di umore viscoso fetido (malattia americana del pero, melo, cotogno) Necrosi dei rami (pag. 107). y. Sul tronco: corrosione o nevosi del vecchio legno. + Corrosione del vecchio legno; cavità nel tronco in cui si sviluppano masse car- nose color giallo solfo con appendici a frangio, ad odor di anice (vecchi meli) Marciume del legno (p. 700). -|- -f- Necrosi del legno. All'esterno del tronco sviluppo di grossi corpi fruttiferi a forma di zoccolo, duri, di un fungo imenomicete (melo) .... Cfr. Fomes fulvus (pag. 722). 1). Sviluppo di croste gialle sul tronco o sui rami vecchi o di un ar bus tino paras- sita sui rami a foglie verdi persistenti, a. Croste gialle sulla vecchia scorza del tronco o dei rami (pero, melo) . . Licheni (pag. 912). p. Presenza di un arbustino molto ramifi- cato a foglie verdi persistenti, impian- tato sui rami dei vecchi meli, special- mente ben visibile nell'inverno . . Vischio (pag. 919). III. Alterazioni sul sistema radicale. Marciume delle radici: placche bianche, brune, cordoni, ecc., con odore di fungo sulle radici alterate (pero, melo) . Marciume radicale (pag. 372 e 730). 2. Pesco, mandorlo, albicocco, susino, ci- liegio. I. Alterazioni sulle foglie, sui fiori o sui frutti. a. Alterazioni sulle foglie e giovani ger- mogli. GRUPPO li: PIANTE DA FRUTTO 959 a. Accartocciamento delle foglie o presenza di croste rilevate di colore vivace. + Accartocciamento delle foglie. 0 Foglie bolloso-vescicolose, accartocciate, di consistenza ceracea, spesse, di colore giallognolo o rossastro nei punti at- taccati (fig. 37,1) (pesco, mandorlo) . Bolla delle foglie (pag. 239). 00 Foglie da prima con macchie gialle poi semplicemente accartocciate nel dis- seccamento, non vescicoloso bollose né ispessite (fig. 66,1) (ciliegio) . . Nebbia del ciliegio (p. 346). -1 — 1- Presenza di croste rosse od aranciate, convesse sulle foglie. 0 Croste di colore rosso (fig. 57) (susino) prodotte dal Polystigma rubrum (p. 317). 00 Croste aranciate (mandorlo) prodotte dal Polystigma ochracenm (pa- gina 319). J3. Chiazze fogliari, efflorescenze bianche o pustoline. -j- Chiazze fogliari. 0 Presentanti per lo più una perforazione al centro. $ Tacche ocraceo-pallide, rotonde, margi- nate di rosso, perforate al centro, de- terminanti rapida caduta delle foglie (pesco, ciliegio, albicocco, mandorlo) Mal della gomma (pag. 352 e pag. 872). % Macchie bruno-ocracee, rotondate, zonate, con orlo rossastro, al centro poi per- forate (fig. 157,1) (pruno, pesco, man- dorio, albicocco) Perforazione delle foglie (pa- gine 753, 754, 755 e 882). 00 Non presentanti perforazioni. § Macchie rotonde, bruno-pallide, finamente punteggiate al centro (ciliegio) . . Macchie delle foglie del ci- liegio (pag. 396). §§ Macchia indeterminata larga dall' apice della foglia in giù, bruna: parte alte- rata raggrinzita (susino) . . . Ctadosporium condylonema (pag. 870). -j — \- Efflorescenze o depositi bianco-polveru- lenti, oppure presenza di pustoline. O Efflorescenze o depositi bianco-polveru- lenti. § Efflorescenze o chiazze bianco-polveru- lenti, talora abbastanza compatte e diffuse come una pàtina sulle foglie e germogli (fig. 98,2) (pesco) . . Mal bianco del pesco (p. 469). 960 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. §§ Chiazze bianco-polverulente sulle foglie del susino, ciliegio, albicocco (fig. 100,1) Mal bianco (pag. 478). 00 Presenza di pustoline. § Pustole j>iù o meno numerose, polverose, bruno chiare o nere (fig. 131,1) (susino) Ruggine del susino (p. 624). §§ Pustoline minute, bianchiccie, numerose, compatte, ipofìlle spec. in autunno su foglie di ciliegio .... Ruggine del ciliegio (p. 626). b. Alterazioni sui frutti, a. Deformazioni od atrofie. -)- Allungamento e talora ravvolgimento al- l'apice dei giovani fratti di susino che poi si ricoprono di uno strato vellu- tato (fig. 38,1) Bozzacchioni del susino (pa- gina 243). -j — |- Atrofia dei frutti di ciliegio, che riman- gono da una parte depressi (fig. 66,1) Nebbia del ciliegio (p. 346). p. Alterazioni di colore o sviluppo di croste suberose. — Alterazioni di colore. 0 Colorazione livida o bruna dei frutti: multa cenerina o pustole grigio-cene- rine (fig. 43,1) (ciliegio, susino, pesco, albicocco) ...... Muffa dei fruiti a nòcciolo (pag. 262, 264). 0<> Tacche sui frutti. v) Tacche non o poco depresse. Tacche rossastre sull'epiearpo, talora con trasudazione gommosa (ciliegio, man- dorlo, pesco) Gommosi (pag. 352 e 872). Tacche olivaceo-scure, vellutate: frutto duro e deforme (ciliegio) . . . Ticchiolatura del ciliegio (pa- gina 388). §§ Tacche brune, circolari, al centro de- presse sull'epicarpo dei frutti di man- dorlo Antracnosi del mandorlo (pa- gina 819). -f— f- Sviluppo di croste suberose. <> Sulle albicocche: croste brune suberose, epicarpo screpolato .... Rogna dei frutti di albicocco (pag. 755). 0 Sulle albicocche: croste brune suberose, staccandole al disotto tacca rosso-san- guigna Ecsema empetiginoso (p. 873). "• Alterazioni sui rami o sul tronco. a. Sui lami. ?.. Presenza di tubercoli oppure anomalie di ramificazione (scopa zzi). GRUPPO li: PIANTS DA FRUTTO 961 + Presenza di tubercoli. 0 Tubercoli più o meno duri, bruni, del diain. di 1-2 cui. (pesco) . . . Tubercolosi del pesco (p. 85). OO Tubercoli emisferici alti un centimetro, agglomerati in mammelloni nerastri che distaccandosi lasciano un cancro (susino, ciliegio) (malattia americana) Rogna del susino e del ciliegio (pag. 344). -J — j- Sviluppo di ramificazioni affastellate a ra- mi sottili e dritti (scopazzi) (ciliegio) Scopiazzi del ciliegio (p. 246). J3. Chiazze sui rami, trasudazioni gommose, seccume dei rami, -f- Tacche porporine, al centro ocracee: tra- sudazioni gommose (flg. 68,1-2) (pesco, albicocco, mandorlo, susino, ciliegio) Gommosi delle piante da frutto (p. 107, 352 e 872). -j — j- Tacche bianchiccie più o meno polverose sui rami giovani (pesco) . . . Nebbia del pesco (pag. 469). -\ — | — )- Seccume dei rami: sviluppo di tuberco- letti neri, erompenti (ciliegio, man- dorlo, pesco) ..... Seccume dei rami (pag. 345). b. Sul tronco. a. Sviluppo sulla scorza di corpi fruttiferi a forma di zoccolo con consistenza le- gnosa di fungo imenomicete (pruno) Fomes fulvus (pag. 722). p. Sviluppo di croste gialle sulla vecchia scorza (pesco, mandorlo, albicocco) . Licheni (pag. 912). III. Alterazioni sulle radici. . Tacche rosse nei fusti (visibili in sezione): odore di ananas. Avvizzimento delle foglie (Indie occ.) .... Cfr. Trichosphaeria Sacchari (pag. 366). 3. Alterazioni della bietola da zucchero (e bietola da coste). I. Sulle foglie. a. Presenza di tacche decolorate o varia- mente colorate con efflorescenze fun- gine o pustole polverose. a. Con efflorescenze fungine. -f- Macchie fogliari superiormente gialle, la- mine ondulate, grinzose : inferiormente efflorescenza grigio-violacea . . Peronospora della bietola (pa- gina 221). -| — |- Macchie fogl. brune, subrotonde poi dis- seccanti, coperte da muffa vellutata, olivacea Annerimento delle foglie di bietola (pag. 431). p. Con pustoline polverose, numerose, brune poi nerastre (in autunno), su macchie rosso-brune (fig. 122,1-2) . . . Ruggine della Metola (p. 590). b. Presenza di tacche decolorate o varia- mente colorate, talora con punticini scuri al centro. a. Sul picciolo delle fogl. centrali: grandi macchie bianche orlate di bruniccio con punticini neri (fig. 78,1-2) . . Mal del cuore della bietola (pag. 398). p. Sul picciolo e lamine : macchie nette, circolari, numerose, ocracee al centro, porporine alla periferia (fig. 177) . Cfr. Vaiolatura delle foglie di bietola (pag. 880). II. Sugli organi sotterranei. n. Marciume al colletto delle piantine ger- minanti: seccume e diradamento delle piantine ...... Cfr. Marciume delle piantine nei semenzai (pag. 146). />. Alterazioni sul colletto o sul fittone delle piante adulte. oc. Presenza sulle parti alterate di chiazze, placche miceliali o tubercoletti di na- tura fungina. GROPPO V: PIANTE INDUSTRIALI E MEDICINALI 987 -f- Cliiazze bianco-fioccose al colletto, alla base dei piccioli (nella bietola da coste), sul fittone con sviluppo successivo di corpiccioli globosi od ovali nevi (figura 147,1-2). Marciume delle radici . . Cfr. Mal dello sclerozio delle bietole (pag. 266 e 698). + + Chiazze o patina rosso-vinosa su cui tu- bercoletti dello stesso colore. Putrefa- zione del fittone Mal vinato delle bietole (pa- gina 908). p. Presenza di grossi tumori oppure sem- plicemente putrefazione radicale con sviluppo di sostanza gommosa. -f- Tumori grossi, carnosi, coperti di emer- genze, con cavità interne piene di massa bruna (Algeria) Lebbra dellabarbabietola (pa- gina 140). H — f- Marciume del fittone con annerimento e sviluppo di materia gommosa . Bacteriogommosi dellabietola (pag. 105). 4-5 Alterazioni della canapa e del lino. I. Canapa. a. Sulla parte aerea. a. Sui fusti e foglie, ecc. presenza di nu- merosissimi caulicini filiformi giallo- verdicci, ramosi, aggroviglianti ed ap- piccicati agli organi verdi . . . Cuscuta (pag. 925 . p. Sulle foglie o sui fusti. -f- Sulle foglie. O Macchie indeterminate gialle alla pagina superiore. Inferiormente lanuggine ce- nerognola. Accartocciamento e dissec- camento delle foglie (malattia rara) . Peronospora della canapa (pag. 223). 00 Macchie fogliari alla pagina superiore bianche od ocracee, con margine \nì\ scuro. Nel centro delle macchie pun- tini neri Cfr. Nebbia delle foglie di canapa (pag. 802). -| — f- Sui fusti macchie allungate, cenerognole con piccoli punti neri . . . Cfr. Nebbia dello stelo (pa- gina 778). b. Sugli organi sotterranei. a. Sulla regione del colletto annerimento: sviluppo di abbondante muffa bianca. Nella regione midollare tubercoletti neri, duri, abbastanza grossi . . Tigna della canapa (p. 266). 988 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. «. Sulle radici sviluppo dei cespuglietti gial- licci, ramosi . erompenti dal suolo ter- minanti in fióri pallidamente violacei della Orobanche della canapa (pa- gina 935). H. Lino. a. Su tutta la parte aerea presenza di fila- menti giallo-verdicci, ramosi, intricati, che la avvolgono ed a cui aderiscono in celti punti Cfr. Strozzalino (pag. 929). b. Sulle foglie, sugli steli e sepali presenza di pustoline numerose, polverulente, giallo-rossastre, poi di piccole croste rossastre o nerastre .... Ruggine del lino (pag. 665). (S-7. Alterazioni del tabacco e del papavero da oppio. I. Sugli organi aerei. a. Interessanti foglie, fusti, infiorescenze. a. Chiazze olivacee e seccume (talora in pa- gina inferiore delle foglie efflorescenza bianca) (tabacco: Indie or.) . . Perone-spora del tabacco (pa- gina 172). }. Macchie gialle : deformazione degli organi, accartocciamento delle foglie: sulla pa- gina inferiore di queste e sugli altri organi colpiti abbondante efflorescenza bianco-giallognola (papavero) . . Peronospora del papavero ipag. 226). b. Interessanti foglie: a. Macchie angolose, internervie. di vario colore, a mosaico. Accartocciamento e seccume delle foglie (tabacco) . . Mosaico del tabacco (p. 102). ?. Straterello ragnateloso poi bianco-polve- rulento sulle foglie (tabacco) . . Xebbia del tabacco (p. 510). II. Sulle radici del tabacco. a. Chiazze estese, polverose, bruno-fuliggi- nose. Marciume del fittone (fig. 92,1) Marciume radicale del tabacco (pag. 444). b. Presenza sulle radici del sistema assor- bente da cui si elevano i cespuglietti giallicci e ramosi che escono fuor di terra della fanerogama parassita . Orobanche del tabacco (pa- gina 935). 8. Alterazioni del luppolo. I- Su tutta la parte aerea. ". Presenza dei fusticini filiformi, giallo- verdicci, ramosissimi, aggroviglianti della Cuscuta (pag. 925). GRUPPO v: PIANTE INDUSTRIALI E MEDICINALI 989 b. Presenza «li tacche nere eros tif ormi, f'u- liggino8o-polverulenti, staccabili, an- nerenti gli organi .... Fumaggine del luppolo (pa- gina 154 . II. Sulle foglie chiazze effuse, cagnatelose, bianche poi polverulente, ben distinte nella pagina inferiore. Nell'estate (specialmente sulla pagina inferiot litti puntini bruni staccabili sulle chiazze (fig. 99,1) debbia del luppolo (p. 474-;. 9-10. Alterazioni del rovo e delle malve (incl. altea). I. Sulle foglie violacee, in pagina inferiore pustole gialle poi nerastro- polverolenti, talora confluenti . . Ruggine dei rovi pag. 639). il. Sugli steli e foglie delle malve: in pa- gina superiore macchie gialle piccole. inferiormente pustole prominenti, bru- no-chiare, «Iure, convesse, talora assai numerose fig. 132,1-2) . . . Ruggine delle malve (p. 627). 11. Alterazioni dello zafferano. I. Sui tuberi: tacche brune, intonile poi macchia nera, quindi depressione e earie ....... Carie dello zafferano (p. 759). 1\. Sui tuberi: lamine feltrose biancastre, poi pellicola violacea e tubercoletti violacei ...... Mal vinato dello zafferano (pag. 909). 12-13. Alterazioni dell'anice e della menta. I. Sulle foglie dell'anice: tacche gialle poi rossiccie in pagina superiore: inferior- mente efflorescenza bianca . . . Peronospora delle ombrelli- fere (pag. 213 II. Sui fusti e foglie della menta. In prima- vera tacche porporine e rigonfiamenti su cui pustoline aranciate : sulle lamine in estate-autunno pustoline polverose brune o nere ..... Ruggine della menta (p. 631). 1-1-J6. Alterazioni della eainelina. del colza e del girasole. I. Sulla camelina e colza. a. Interessanti la parte aerea. a. Presenza di pustoline convesse, colore bianco-avorio, erompenti-polverulente su tutti gli organi che spesso defor- mano (camelina, colza) . . . Ruggine bianca delle croci fere (pag. 150 . 990 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. p. Presenza di macchie giallognole (special- mentealla pagina superiore delle foglie) in corrispondenza alle quali (sulle foglie in pagina inferiore) efflorescenza bianca più o meno fìtta (id.) .... Peronospora delle croci/ere (pag. 220). y. Presenza di tacche nere, lineari od oblunghe, numerose, su cui più tardi muffetta olivacea (silique e fusti di colza) (fig. 86,1) Nero del colza (pag. 422). b. Interessanti la regione del colletto delle giovani piantine di canielina che si putrefa, producendo l'avvizzimento della parte aerea .... Marciume delle piantine net semenzai (pag. 146). TI. Sul girasole. a. Sulle foglie: chiazze gialle, larghe, poi brune su cui pustoline polverulente color cannella o nere .... Cfr. Ruggine del girasole (pa- gina 631). Sulle radici e nella regione del colletto: muffa bianca abbondante all'esterno. Nella regione midollare corpiccioli neri, duri, talora abbastanza grossi . . Cfr. Mal dello sclerozio (pa- gina 267). Gruppo VI. — Piante foraggere. Trifogli, erba medica, veccia, lupino, ginestrina, meliloto, lupinella, sulla, fieno greco. 1. Alterazioni interessanti tutta la parte aerea (ingiallimento, disseccamento) dovute alla presenza di filamenti gial- licci, aggroviglianti, appiccicati agli organi verdi, specialmente al fusto (trifoglio, medica) .... Cfr. Cuscuta (pag. 928). 2. Alterazioni sulle foglie e talora anche sugli steli. I. Presenza di macchie o tacche varie fo- gliari (o caulinari) per lo più deter- minate. a. Macchie fogliari accompagnate da efflo- rescenze fungine o da pustoline pol- verose. gruppo vi: piante foraggere 991 a. Macchie giallognole sulla pagina supe- riore delle foglie, inferiormente muf- fe tra, increspata grigio-violacea. + Su foglie di trifoglio, medica, meliloto, ginestrina Peronospora del trifoglio (pa- gina 227). -\ — |- Su foglie di veccia Peronospora della veccia (pa- gina 228). |3. Macchie piccole giallognole su cui pu- stoline erompenti polverose, brune o nere. + Sulle foglie dei trifogli .... Ruggine del trifoglio (p. 597). -f-+ Sulle foglie della medica, ginestrina, lu- pinella Bitggine della medica (p. 599). b. Macchie fogliari non e. s., ma con o senza pustoline o corpiccioli non distinta- mente polverulenti, a. Senza pustoline distinte. -f- Macchioline minute, nere sulla lamina (pagina inferiore) e piccioli (trifoglio bianco) Cfr. Batleriosi del trifoglio (pag. 101). -j-+ Tacche larghe crostose, nero-pece non staccabili (foglie di lupinella) . . Cfr. Rhytisma Onobrychidis (pag. 309). j3. Con pustoline o corpiccioli centrali di- stinguibili almeno colla lente. + Tacche un po' depresse sui fusti e pic- cioli, bruno-chiare al centro, brune alla periferia. Al centro pustoline nere da cui erompono grumi gelatinosi, rosei (trifoglio) ..... Cfr. Antracnosi del trifoglio (pag. 890). -| — \- Tacche non e. s. O Macchie brune sulle foglie, sparse poi confluenti annerenti le foglie (trifoglio) Cfr. Macrosporium sarcini- forme (pag. 888). 00 Macchie gialle sulle foglie producenti in- giallimento delle stesse. § Tacche gialle poi brune più o meno ro- tondate poi confluenti, al centro cor- picciolo giallo-bruno visibile colla lente (tig. 52,1-2) (trifoglio, medica) . . Vaiolatura delle foglie del trifoglio e della medica (pag. 303). 992 GUIDA PER I,A FACILE DETERMINAZIONE, ECC. §§ Tacche gialle, diffuse: inferiormente nu- merose pustoline nere fatte a eiuffetti (alla lente) oppure granuliformi com- patte (flg. 65,1) (trifoglio) . . . Vajolatura nera del trifoglio (pag. 342). II. Presenza «li tacche ragna telose e ff uso- polverulente oppure di escrescenze. a. Taccile effuse, estese talora all'intera pa- gina fogliare, ragnatelose poi polveru- lente, bianco-grigiastre (trifoglio, me- dica, meliloto, lupino, sulla, lupinella) Mal bianco delle leguminose (pag. 208). • />. Escrescenze sui piccioli, sulle nervature o sulla lamina. a. Escrescenze gialle poi brune senza pu- stole alla superficie (trifoglio) . . Escrescenze delle foglie del trifoglio (pag. 137). p. Escrescenze giallognole accompagnate da pustoline aranciate erompenti (id.) . Muggine del trifoglio (p. 597). 3. Alterazioni interessanti la base del fusto o le radici. I. Marciume nella regione del colletto delle giovani piante che avvizziscono (tri- loglio) Marciume delle piantine, ecc. (pag. 146). II. Alterazioni su piante adulte. a. Sviluppo sulle radici del sistema assor- bente di una fanerogama parassita . Cfr. Oro banche minor (p.935). A. Sviluppo di muffe o placche miceliari o di tubercoli, a. Sviluppo di muffe, di placche miceliari o di strato polverulento nerastro. + Sviluppo di muffe o di placche miceliari. § Presenza di muffa bianca copiosa sulle radici ed alla base degli steli: in au- tunno sviluppo in essa di sclerozi neri (fig. 47.1) (varie leguminose) . . Cfr. Mal dello sclerozio, ecc. (pag. 266 e 277). §§ Presenza di tacche rosso-vinose e di pu- stoline dello stesso colore sul fittone che si putida (tìg. 87,1) (medica, tri- foglio, sulla) Cfr. Mal rinato della medica (pag- 424). gruppo vi: piante foraggere 993 -| — \- Chiazze estese, polverose, nero fuligginee, producenti putrefazione del fittone (lu- pino, fieno greco, lupinella) . . Cfr. Marciume radicale delle piante erbacee (pag. 444). (3. Sviluppo di tubercoletti agglomerati, bianchicci, turgidi, grossi fino ad un seme di pisello sulle radici e base del fusto (fig. 16,1) (medica) (da non con- fondersi coi soliti tubercoli radicali) . Cfr. Mal del gozzo della me- dica (pag. 139). B. Graminacee pratensi varie. 1. Alterazioni interessanti gli organi aerei. I. Su foglie o culmi. a. Su foglie (cfr. anche b). a. Deposito polverulento o ragnateloso bian- co o chiazze feltrose subocracee, ta- lora con puntini bruni, staccabili (Poa, JBromus, ecc.) ..... Mal bianco delle graminacee Tacche nere, allungate, crostiformi, ade- renti (varie graminacee) . . . Vaiolatura nera delle grami- (pag. 502). ijolatura ne nacee (pag. 343). b. Su foglie e culmi. a. Strato bianco continuo, spesso, aderente lungo tutta una guaina fogliare (poi di color ocraceo con numerose pusto- line) (fig. 62,1) Mal della clava delle grami- nacee (pag. 331). p. Presenza di pustoline aranciate o bruno- nerastre , talora erompenti - polveru- leute. -f- Pustole lineari giallo-ranciate o nerastre polverulente Ruggine lineare delle grami- nacee (pag. 602). -j — |- Pustole piccole, brevi, aranciate polve- rulente, nerastre, non erompenti . Cfr. Ruggine coronata(p. 616). II. Sulle infiorescenze. a. Presenza di sclerozi bruno-nerastri a for- ma di cornetti, sporgenti dai fiori . Cfr. Sjn'on di gallo delle gra- minacee (pag. 334). b. Annerimento di una parte dell'infiore- scenza che appare carbonizzata, senza però formazione di polvere nera im- brattante (A lopecurus, Festuca, Holcus, Dactt/lis, ecc.) Cfr. M^icosi delle spighe (pa- gina 440). r. Escresce delle graminacee ip. 138). Escrescenze nodulose sulle radici della Dact;/lis glomerata (mazzolimi) . . Cfr. Escrescenze delle radici Ferraris, Trattato di Patologia, ecc. — 63. 994 GCIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. Gruppo VII. — Piante da flore, ornamentali, ecc. A. Piante da fiore (ricercarne le malattie secondo l'ordine alfabetico delle ma- trici) (1-20). 1-2. Alterazioni delle azalee e begonie. I. Presenza, di galle fogliari di aspetto ce- roso, glabre, a superficie mammello- nata (tìg. 143, 3^ (azalea) . . . Cfr. Galle fogliari delV azalea (pag. 684). II. Presenza di macchie fogliari. a. Sulle azalee: macchie gialle poi bruno- rossiccie estendentisi dall'apice verso la base con sopra corpicciolini neri, puntiformi Seccume delle foglie di azalea (pag. 810). b. Sulle begonie: Macchie brune, circolari od oblunghe, sparse poi largamente confluenti : perforate o lacere, con mi- nuscoli corpiccioli neri, puntiformi . Cfr. Phyllosticta Begoniae (pag. 757). 3-4-5. Alterazioni della cineraria, del crisan- temo e della dahlia. I. Sulle foglie. a. Cineraria: macchie giallognole poi rosso- . brune alla pagina superiore, inferior- mente efflorescenza bianco-farinosa . Peronosjiora delle composite (pag. 217). b. Crisantemo. a. Macchie irregolari, rossastre in pagina superiore. Inferiormente pustole polve- rulente cannella o bruno-scure . . Ruggine dei crisantemi (pa- gina 633). [3. Macchie irregolari o circolari bianco- grigie o bruno ocracee : nel centro pun- tini neri ...... Seccume delle foglie del cri- santemo (pag. 806). II. Sui capolini (talora anche su foglie e steli) presenza di abbondante muffa grigia polverosa, determinante il mar- ciume Cfr. Botri/tis vulgaris(p. 270). 6. Alterazioni del garofano. [. Sugli organi aerei. a. Sulle foglie e sui cauli (specialmente), a. Presenza prima di pustole brune, poi di pustole nero-polverulente . . . Muggine del garofano (p. 593). J3. Macchie varie, ma senza pustole e. s. GRUPPO VII : PIANTE DA FIORE, ORNAMENTALI, ECC. 995 -f- Macchie oblunghe, gialliccie, con largo orlo violaceo: puntini neri al centro (fig. 164,1) Macchie gialle del (/aro/ano (pag. 803). -j — \- Macchie ellittiche o circolari, livide, con orlo verdiccio. Sulle macchie deposito effuso-polverulento nerastro. Anneri- mento delle piante .... Nero del garofano (p. 878). b. Sui fiori: nelle antere polvere violacea abbondante, imbrattante gli organi fiorali . Carbone delle cariofrflacee(\)&- gina 554). IT. Sulle radici od alla regione del colletto presenza di muffa bianca talora abbon- dante producente marciume. Ingialli- mento ed avvizzimento di tutta la parte superiore Cfr. Fusarium Dianthi (pa- gina 900). 7-8-9-10. Alterazioni del giacinto, giaggiolo, giglio e narciso. I. Sulle foglie od assi fiorali. a. Giaggiolo e narciso: macchie oblunghe, livide poi brune , un po' zonate al centro con deposito granuloso, bru- niccio Cfr. Heterosporium gracile (pag. 877). b. Giacinto: macchia gialla lungo la ner- vatura mediana fogliare poi bruna: avvizzimento delle foglie e dello stelo fiorale (vedere alterazioni sul bulbo). II. Sui bulbi. a. Putrefazione dei bulbi senza presenza di muffe bianche o di croste nere fun- gine. a. Marciume dei bulbi che si decompongono in una poltiglia bianca fetidissima (giacinto) ...... Morbo bianco dei giacinti (pa- gina 114). {3. Marciume dei bulbi con trasudazione di una mucilaggine gialla (fig. 11,1-3) (giacinto) Morbo giallo dei giacinti (pa- gina 115). b. Alterazione dei bulbi con sviluppo di muffe bianche o di croste nere. «. Presenza di muffe bianco-feltrose tra le squame del bulbo, talora accompa- gnate da sclerozi neri. -f- Sul giacinto Cfr. Cancrena dei bulbi di giacinto (p. 292). 996 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. Sul giglio Cfr. Malattia dello sclerozio (pag. 266). (3. Presenza di chiazze crostose, nere su cui muffa bruno-olivacea .... Cfr. Nero dei giacinti (p. 430). 11-12-13-14. Alterazioni dell'oleandro, della peonia, del reseda e rododendro. I. Presenza di galle vescicolari, giallo ce- racee, subvellutate (fig. 143,1) sulle foglie del rododendro .... Pomi di galla del rododendro (pag. 683). II. Macchie varie sulle foglie delle altre piante. a. Macchie internervie bruno-grigiastre in pagina superiore, inferiormente pre- senza di pustoline gialle poi di corpic- cioli bruni, setoliformi (figura 136,1) (peonia) Ruggine della peonia (p. 649). b. Macchie varie senza pustole o corpic- cioli e. s. a. Macchie epifille candide, nette, a bordo più scuro. Puntini neri verso il centro (oleandro) Septoria oleandrina (p. 811). p. Macchie epifille biancastre, rotondeg- gianti con puntini grigiastri, sparsi (reseda) Cfr. Cercospora resedae (pa- gina 883). lf>. Alterazioni della rosa (sp. coltiv.). I. Presenza sugli organi aerei di pustoline o di strato effuso-polverulento. a. Sulle foglie, rami, boccioli in primavera ipertrofie con pustoline giallo-polveru- lente, in estate-autunno in pagina in- feriore (foglie) piccole pustoline gialle o nere, polverulente (fig. 133,1-2) . Fuggine delle rose (p. 636). h. Sulle foglie, rami, boccioli in ogni stagione patina o tacche ragnatelose bianco- polverulente (fig. 98,1) . . . Mal bianco della rosa (p. 469"). II. Presenza di muffe, efflorescenze o chiazze a struttura raggiato-tìbrillare. a. Presenza di muffe o di efflorescenze fun- gine. a. Macchie gialle poi brune in pagina su- periore, inferiormente rada pelurie bianchiccia Peronospora delle rose (pa- gina 224). |3. Marciume dei boccioli fiorali (e talora giovani rametti) con sviluppo di ab- bondante muffa grigio - polverulenta (fig. 46,1) Marciume dei boccioli di rosa (pag. 270). GRUPPO vii: piante da fiore, ornamentali, ecc. 997 b. Presenza sulla pagina superiore delle foglie di grandi macchie grigio-violacee a struttura raggiato-fibrillare con pie- coli corpiccioli neri concentrici . . Cfr. Ticchiolatura delle foglie di rosa (pag. 787). 16-17. Alterazioni del tulipano e della verbena (sp. coltiv.). I. Sulle foglie di verbena, macchie giallo- brune superiormente, inferiormente pustoline gialle poi corpiccioli setoli- formi, bruni, sparsi (come sulla peonia) Ruggine della verbena (p. 649). II. Sui bulbi o sul germoglio del tulipano. a. Sui bulbi: muffa bianco feltrosa fra le squame del bulbo accompagnata talora da sclerozi neri ..... Cfr. Mal dello sclerozio del tulipano (p. 294) e Can- crena dei bulbi (p. 292). b. Sul germoglio e giovani foglie macchie gialle, oblunghe che si allargano e disseccano. Sugli organi morti sviluppo di muffa grigia Cfr. Mal dello sclerozio del tulipano (pag. 294). 18-19. Alterazioni della viola mammola e della viola del pensiero. Sulle foglie. a. Sviluppo di ipertrofie o di pustole erom- penti-poi vendente. a. Sulla lamina e sul picciolo, rigonfiamenti bolloso- vescicolosi pieni di polvere nera, carbonchiosa (fig. 119,1) . . Carbone delle viole (p. 571). ,3. Id., rigonfiamenti coperti da numerose pustole giallo-ranciate, polverose (in primavera), sulla lamina pustoline brune o nerastre polverulente (estate- autunno) (viola mammola) . . . Fuggine della viola (p. 628). b Presenza di macchie colorate o decolorate con efflorescenze o puntini scuri. oc. Con efflorescenze o punteggiature grigie od olivacee. -f- Macchie grigie o bianchiccie concentri- camente zonate, in pagina inferiore con punteggiature olivacee . . . Cfr. Cercospore delle viole (pag. 883). -j — (- Macchie giallognole o bianchiccie, ro- tonde, zonate, al centro con una chiazza grigio-vellutata (viola mammola) . Cfr. Alternarla violae (pa- gina 892). 998 GUIDA PEK LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. (3. Con efflorescenza delicatissima bianchic- cia. Macchie grandi, circolari, di color bianco-latteo contornate di bruno, al- quanto zonate ..... Cfr. Ramularia lactea (pa- gina 853). II. Sulle radici escrescenze nodulose nell'in- terno non polverulente (viola mani- mola) Cfr. Gladocliyirium riolae (pa- gina 138). 20. Alterazioni della violacciocca gialla. I. Su tutti gli organi aerei : pustole bianco- gialliccie, convesse, erompenti in pol- vere bianca ...... Ruggine bianca delle croci- fere (pag. 150). II. Sulle foglie. a. Tacche gialle in pagina superiore, in- feriormente efflorescenza increspata, bianchiccia ...... Peronospora delle croci/ere (pag. 220). b. Macchie rotonde, bianchiccie con punti- cini grigiastri Cf. Gercospora cheiranthi (pa- gina 881). B. Piante ornamentali (1-12). 1. Alterazioni sugli aceri. I. Sulle foglie. a. Sulle foglioline cotiledonari (delle pian- tine in germinazione nei vivai) defor- mazioni e sviluppo di tacche scure, determinanti seccume, su cui punti- cini olivacei Cfr. Cercuspora aterina (pa- gina 884). b. Sulle foglie adulte. a. Presenza di chiazze effuse bianco-polve- rulente su cui in seguito punticini gialli o neri staccabili . . . Mal bianco degli aceri (pa- gina 500). p. Presenza di macchie fogliari. -f- Macchie gialle in pagina superiore su cui croste nere, larghe non staccabili (fi- gura 54,1) Croste nere delle foglie del- l'acero (p. 307-309). -\ — \- Macchie bruno-rossastre, grandi, infe- riormente con punteggiature nerastre Cfr. Leptothqrium acerinum Il Sui rami. a. Seccume dei rametti a primavera con gemme sboccianti. Sui rami vecchi pu- stoline brune, lunghe 1-4 millimetri, Cfr. Seccume dei rametti di strette, nere acero (pag. 832). gruppo vii: piante da fiore, ornamentali, ecc. 999 b. Seccume dei rami in qualunque stagione: sui rami secchi tubercoli rossi erom- penti Cfr. Necrosi del legno, ecc. (p. 322). 2-4. Alterazioni sul biancospino, bossolo, ca- stagno d'India. I. Su tutti gli organi aerei (rami, foglie, frutti) piccole ipertrofie o deformazioni su cui numerose pustole perforate piene di abbondante polvere color cannella (fig. 135,1-2) (biancospino) . . . Ruggine del biancospino (pa- gina 646). II. Su foglie o rami o giovani germogli. a. Su foglie e germogli efflorescenza o chiazze effuse bianco -polverulente (bianco- spino) Nebbia del biancospino (pa- gina 477). b. Su foglie presenza di tacche bollose o di pustole polverulente, a. Su biancospino: bollosità o vescichette fogliari convesse in alto, rossastre . Cfr. Taplirina Crataegi (pa- gina 248h p. Su bossolo : macchie gialle su cui pustole polverulente bruno-scure . . . Muggine del bossolo (p. 629). e. Su rami disseccamento con annerimento del legno. Dalla corteccia dei rami secchi sviluppo di tubercoli rossi erom- penti (castagno d'India) . . . Cfr. Necrosi del legno, ecc. (pag. 322). 5. Sulle radici del Cycas revoluta deforma- zioni coralliformi, mostranti in sezione trasversale zona annidare verdiccia . Cfr. Anabaena Ci/cadacea- rum (p. 910). 6. Sulle foglie dell'evonimo del Giappone larghe tacche bianche effuso polveru- lente Mal bianco dell'evonimo del Giappone (p. 515). 7. Sui rami del ginepro sabino ingrossamenti, screpolature sulla scorza e fuoriuscita in primavera di masse gelatinose gial- liccie (fig. 134,1) Cfr. Ruggine del pero (pa- gina 640). 8. Sul tronco e grossi rami dell'olmo can- crena e necrosi del legno. Sviluppo al- l'esterno dei corpi fruttiferi grandi, a ventaglio, bruno-squamosi in alto, giallo porosi in basso del ... Poi yporus squamosus (p.714ì. 9. Sui rami del pino d'Aleppo presenza di tubercoli legnosi, grossi, rugosi. . Tumori del pino d'Aleppo(jia.- gina 84). 1000 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. 10-12. Alterazioni sul pioppo piramidale (vedi anche pioppo in gruppo Vili), platano, tiglio. I. Sulle foglie. a. Del pioppo piramidale. Tacche brune o nerastre disseccanti: sulle tacche pre- senza di tomento vellutato, olivaceo . Cfr. Seccume dei rami di pioppo (p. 407). />. Del platano. Seccume lungo le nervature: su di esse presenza di corpiccioli neri, puntiformi Seccume delle foglie di pla- tano (p. 350). I. Sui rami. a. Del pioppo piramidale. Seccume (dei ra- metti giovani) con incurvamento al- l'apice: sulle parti secche presenza di puntini neri (fig. 81,1) . . .Cfr- Seccume dei rami di pioppo (p. 407). I>. Del tiglio: Disseccamento con anneri- mento del legno: sviluppo dalla cor- teccia di tubercoli rossi erompenti . Cfr. Necrosi del legno (p. 322). Gruppo Vili. — Piante forestali. A . Resinose. 1 . Alterazioni sugli organi aerei. 1. Sulle foglie o sulle squame dello strobilo. a. Sulle foglie. a. Sulle foglie cotiledonari : ingiallimento poi imbruuimento. Talora sulle mac- chie tenue efflorescenza bianchiccia, evanescente (abeti, pini) . . . Cfr. Pht/tophthora omnivora (pag. 154). p. Sulle foglie normali. + Ingiallimento e disseccamento con svi- luppo di corpiccioli o pustoline nere, oblunghe non polverulente. < ) Colore rossastro poi bruno delle foglie. Corpiccioli prima puntiformi poi oblun- ghi nero-lucenti (abeti) . . . lmbrunimento delle foglie di abete (p. 310-312). 00 Stessa alterazione sulle foglie dei pini (fig. 55,1-2) Arrossamento delle foglie di pino (p. 311). -f~ t- Sviluppo di muffe o di filamenti bianchi o bruni oppure di pustole vescicolose polverulente. O Sviluppo di muffe o di filamenti fungini bianchi o bruni. GROPPO Vili: pianti: forestali 1001 § Disseccamento delle foglie che rimangono però attaccate al ramo per lo più non formanti grovigli, ma isolatamente, mediante filamenti fungini bianchi fig. 83,1-2) (abete) .... Seccume delle foglie dell'abete bianco (p. 411). §§ Disseccamento delle foglie che rimangono poi aggrovigliate fra di loio ed al ramo in ammassi più o meno grossi da ab- bondante muffa bruno - nerastra (ta- vola I) (abete) Cfr. Herpotrichla nigra (pa- gina 413). 00 Sviluppo di pustole vescicolose da cui erompe polvere gialla od aranciata. v\ Su foglie non deformate e sviluppate su rami normali. ! Pustole fornite di involucro bianchiccio, cilindrico o sacciforme aperto in alto. ? Su abeti. — Pustole con involucro sacciforme, bian- chiccio da cui erompe abbondante pol- vere aranciata (figura 137,1-2) (abete bianco, abete rosso) .... Ruggine vescicolosa delle fo- glie di abete (p. 653). = Pustole con involucro cilindrico, fusi- forme o colonnare, localizzate ai due lati della nervatura fogliare contenenti polvere gialla (figura 142,3-4) (abete bianco) ....... Muggine vescicolosa delle fo- glie dell'abete bianco (pa- gina 674). ?'? Su pini : pustole sacciformi con involucro bianco, aperte in alto, da cui erompe abbondante polvere aranciata (figura 138,2) Fuggine delle foglie di pino (pag. 658). !! Pustole lineari-allungate inserite su mac- chie gialle fogliari erompenti in pol- vere gialla Ruggine dell'abete rosso (pa- gina 655). §§ Su foglie gialle più brevi e più larghe delle sane, inserite su ramificazioni anormali (scopazzi) (fig. 139,1-3) . Scope di strega dell'abete bianco (pag. 661). 6. Nella concavità delle squame strobilari dell'abete rosso, pustole granuliformi, numerosissime, giallo -brune, erom- penti in polvere gialla . . . Ruggine degli strobili di abete (pag. 673). 1002 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. II. Sui germogli, sui rami o sul tronco. a. Sui germogli od interessanti un complesso di rami giovani. a. Sui germogli in primavera caduta par- ziale delle foglie : disseccamento dei germogli con incurvamento dei loro apici (sull'asse sviluppo in seguito di corpiccioli neri erompenti) . . . Cfr. Seccume dei germogli dell'abete (p. 794). (3. Sui rami sviluppo anormale di ramifica- zioni affastellate, sottili, formanti sco- pazzo con asse verticale. Foglie di questi rami presentanti le alterazioni indicate in I, a, j3, -| — j-, 00, §§ (fig. 139) Scope di strega dell'1 abete bianco (p. 661). b. Sui rami o sul tronco. a. Presenza di cancri o di depressioni cor- ticali o di escrescenze o pustole pol- verose. -j- Cancri o depressioni corticali. 0 su cui sviluppate successivamente pu- stole bianche o corpiccioli rossi. § Cancri corticali su cui in autuuno svi- luppo di pustoline bianche poi ros- sastre Cancro dei rami di abete (p. 321). §§ Cancri depressi sui rami, unilaterali con rigonfiamento del ramo al lato opposto. Sui cancri sviluppo in seguito di cor- piccioli bianchi poi di corpi discoidali rossi (fig. 40,1) (larice) . . . Cancro del larice (p. 252). 00 su cui sviluppate successivamente pu- stoline nere. § Piccoli cancri bruni e profondi con tra- sudazione resinosa. Eigonfiamento del ramo al limite tra la parte sana e ma- lata. Seccume apicale. Pustoline nere sulle parti morte (pino) . . . Seccume apicale dei rami (pa- gina 783). §§ Depressione e seccume corticale a zone circolari: sulla scorza morta pustole nere (fig. 160,1) (abete bianco) . . Seccume circolare della scor- sa dell'abete bianco (pa- gina 781). ++ Escrescenze nerastre, granulose oppure pustole vescicolose erompenti. 0 Escrescenze sui rami rivestite da strato nero fittamente granuloso (fig. 89,1) (abete) Tumori dell'abete (p. 434). GRUPPO Vili: PIANTE FORESTALI 1003 00 Pustole vescicolose erompenti in polvere giallastra (pini). $ Presenza sui rami in primavera di pu- stole vescicolose (lunghe fino a centi- metri 1,5), erompenti dalla scorza, bianchiccie con polvere aranciata (fi- gura 136,4-5) (pino silvestre) . . Fuggine vescicolare della scor- za di pino (p. 649) <§§ Presenza sui rami di tacche brune su cui sviluppo di pustole bianche poi giallo-dorate. Incurvamento dei rami nei punti colpiti talora ad S (fig. 140,1) (pino silvestre e montano) . . . Fuggine curvatrice dei rami (p. 666). p. Alterazioni di colore o di consistenza nella massa legnosa. -\~ Legno a colorazione azzurrognola: sul legno denudato corpiccioli neri sormon- tati da setola Cfr. Ceratostomella pilifera (p. 346). -j — j- Legno a colorazione gialliccia o rosso- bruna in disgregazione. O Legno a colorazione gialliccia. All'esterno del tronco attaccato sviluppo di or- gani fungini a forma di mensola o zoc- colo, cenerini di sopra, sotto giallo- bruni, porosi (abete, pino) . . . Marciume bianco del legno (p. 723). OO Legno a colorazione per lo più rosso- bruna con striscie o lamine fungine bianche. § Sui tronchi morti o sul legno presenza di placche ci'ostose o membranacee bianche o giallo-ocracee. ! Legno rosso-bruno, friabile, screpolato in più direzioni : tra le fessure am- massi feltrosi bianchi. Sul tronco morto placche crostose con tubuli angolosi bianco-giallognoli (abete, pino) . Marciume rosso del legno (p. 707). !! Legno rosso-bruno, molle. Alla super- ficie strato ragnateloso bianco poi plac- che rotondate lobulate, membranacee, rugose al centi*o ed ivi bruno-ferruginee e polverose, bianche alla periferia (fi- gura 148,1) (sui legnami delle conifere in luoghi umidi) Cfr. Marciume dei legnami (p. 703). 1004 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. $§ Sui tronchi alterati sviluppo di corpi fungini spatoliformi od a mensola, po- rosi in basso. ! Legno giallo-bruno con striscie bianche, feltrose. Sulla parte morta sviluppo di corpi fungini a mensola o spatola car- noso-suberosi, inferiormente porosi (abete, larice) Cfr. Polyporus boreali* (pa- gina 715). !! Legno (cuore) bruno: alburno sano. Svi- luppo sul tronco di corpi fungini a men- sola, superiorm. bruni, inferiormente gialli a pori grandi (pino, abete, laiùce) Cfr. Marciume annidare del legno (p. 717). 2. Alterazioni al colletto o sulle radici. I. Sul colletto delle giovani piante nei se- menzai, rigonfiamento, al di sotto per un certe tratto depressione e seccume corticale. Ivi corpiccioli neri erom- penti (abete, pino) .... Cfr. Pestàlozeia Hartigii (pa gina 837). II. Sulle rati i ci. a. Presenza di cordoni bianchi e di masse fioccose. Marciume radicale (sul suolo presso le piante attaccate sviluppo di lamine fungine ondulate, bruno-ros- sastre, inferiormente fornite di rizine e di color più chiaro) (figura 49,1-2) (abeti, pini, larice) .... Cfr. Mal del rotondo delle conifere (p. 297). I>. Presenza di tacche fungine bianche sotto la scorza delle radici alterate. Su queste più tardi croste bianco-giallastre, irre- golari, porose (fig. 152,1-2-4) (id.) . Mal del rotondo (altro) (pa- gina 723). B. Latifoglie. 1-4. Alterazioni su faggio, frassino, leccio, ontano. I. Sugli organi aerei. a. Sulle foglie, fusti giovanissimi e su in- fiorescenze, a. Sulle foglie cotiledonari e giovanissimi l'usti (faggio, frassino), tacche scure, seccume, talora con lieve efflorescenza bianca, evanescente (fig. 20,1) . . Confrontare Peronosjpora del faggio, ecc. (p. 154). ?. Sulle foglie normali o sulle infiore- scenze. GRUPPO Vili: PIANTE FORESTALI 1005 -J- Sulle foglie normali. 0 Del frassino. § Macchie grandi presso il margine, gri- giastre poi screpolate: in pagina infe- riore sparse di corpiccioli puntiformi Cfr. Scolecotrichum Fraxini (pag. 868). §§ Macchie sparse o confluenti, giallo-ver- dastre, limitate da zona decolorata : inferiormente con punticini grigiastri Cfr. Cercospora Fraxini (pa- gina 885). 00 Del leccio e dell'ontano. § Leccio. Macchie aride, rotondate, a mar- gine bruno su cui minuti puntini neri Cfr. Seccume delle foglie di leccio (pag. 349). §§ Ontano. Macchie irregolarmente rotonde, rossastre, a margine più scuro, epi- fille, su cui stipati punti nero-lucenti Cfr. JOeptothyrium alneum (pag. 815). -| — |- Sugli amenti femminei dell'ontano, svi- luppo di lamine spesse, allungato-cla- vate, striate, contorte od arricciate . Cfr. JBozsacchioni dell' ontano (pag. 247,. />. Sui rami o sul tronco, a. Sui rami del leccio, sviluppo di rami de- formati, affastellati, volti in alto a scopazzi, portanti foglie floscie e gial- lastre Cfr. Scopassi del leccio (pa- gina 246). (3. Sui tronchi di faggio o di ontano. -f- Faggio. Marciume bianco del legno: al- l'esterno del tronco sviluppo di grossi corpi fungini a zoccolo, grigi superior- mente, gialli e porosi inferiormente (fig. 151,3) Cfr. Fungo deWesca (p. 719). -] — j- Ontano. Cancri o ferite da cui flusso mu- coso biancastro Cfr. Mucosità bianca degli alberi (pag. 109). II. Sulla regione del colletto o sulle radici. a. Al colletto delle giovanissime piante di faggio, frassino nei semenzai : rigon- fiamento sotto al quale depressione e seccume corticale con sviluppo di pu- stoline nere Cfr. Pestalossia Hartigii (pa- gina 837). />. Sulle radici di ontano. ?.. Rigonfiamenti tubercolari, coralloidi, ra- mificati, nerastri Cfr. Ernia delle radici del- Vontano (pag. 63). 1006 GUIDA PER LA FACILE DETERMINAZIONE, ECC. p. Presenza dei rizomi squarniforrui, succosi della fanerogama parassita . . Lathraea squamarla (p. 937). 2-7. Alterazioni del pioppo e del salice. I. Sulle foglie, ri. Presenza di rigonfiamenti bollosi, di tac- che crostose nere oppure di chiazze effuse bianco-polverulente. a. Pioppo. Rigonfiamenti bollosi in pagina superiore , inferiormente concavità giallo-dorata Cfr. Bolla delle foglie del pioppo (pag. 248). p. Tacche crostose nere oppure chiazze ef- fuse bianco-polverulente. -j- Tacche crostose nere. 0 largamente effuse, fuligginee, facilmente staccabili, annerenti la lamina fogliare (pioppo, salice) Cfr. Fumaggine (p. 454). 00 determinate, epifille, convesse, colore nero-lucente, assai aderenti (salice) . Croste nere delle foglie del salice (pag. 309). -| — \- Chiazze effuse bianco-polverose o ragna- telose su cui poi puntini gialli o neri staccabili (pioppo, salice) . . . Mal bianco delle foglie (pa- gina 499). b. Presenza di pustoline giallo-polverose oppure di macchie fogliari con pun- ticini neri, a. Pustoline talora assai numerose, gialle, polverulente. — Su foglie dei pioppi. 0 Pioppo tremolo. Pustoline giallo-polve- rose talora numerosissime cui si con- sociano talora piccole tacche nerastre. crostiformi (fig. 140,4) . . . Muggine del pioppo tremolo- (pag. 666). 00 Pioppo comune, piramidale, ecc. Pusto- line e. s. in pagina inferiore. Croste puntiformi, rossastre poi brune, talora consociate (fig. 141 , 1-2) . . . Ruggine del pioppo comune (pag. 669). +-f- Su foglie dei salici: pustole giallo-ros- sastre talora numerosissime, polveru- lente. (Miste puntiformi nerastre, ta- lora consociate Muggine del salice (p. 671).. p. Macchie fogliari di vario colore, presen- tanti per lo più. verso il centro pun- jgiature scure. GRUPPO Vili: PIANTE FORESTALI 1007 0 Pioppo. Macchie numerose piccole, cir- colari, bianche o cenerine, con zona più scura. Al centro corpiccioli punti- formi neri, minutissimi . . . Cfr. Septoria JPopvli (p. 808). 00 Pioppo. Macchie irregolari piccole poi larghe, confluenti, grigiastre al centro. con orlo più scuro, al centro con pun- teggiature nere ..... Cfr. Hadrotrichum Populi (pag. 863). II. Sui rami o sul tronco. a. Sui rami presenza di tumori oppure sec- cume con apparsa di tuhercoletti rossi. a. Tumori mollicci, spugnosi, talora assai grossi (pioppo) Xeoj)lasie del pioppo (p. 84). 3- Seccume dei rami con annerimento del legno. Tubercoli rossi erompenti dalla scorza salice Cfr. Xecrosi del legno (p. 322). b. Sul tronco o nel legno. a. Ferite o cancrene sul tronco con flusso di mucillagine biancastra 1 pioppo, sa- lice) ....... Cfr. Mucosità bianca degli ali" pag. 1 [i. Alterazioni della massa legnosa. + Con colorazione rosso-bruna del legno e presenza in esso di lamine fungine bianche. 0 All'esterno del tronco sviluppo di plac- che crostose a superficie porosa pori angolosi) (pioppo . . . ■ Cfr . Marciume rosso del legno (pag. Ti '7 . 00 All'esterno del tronco sviluppo di mas^e concrescenti, grosse, carnose, giallo- ranciate. inferiormente giallo-solfo ed ivi porose (pioppo) (fig. 149) . . Cfr. Ma rei» me rosso del legno (pag. 7"- . Con colorazione bianchiccia e carie del cuore del legno. Sviluppo all'esterno di masse fungine persistenti, grosse a forma di zoccolo, bruno-grigie supe- riormente, inferiormente finemente po- rose, color cannella fig. 151,1 pioppo. salice) C tv. Fungo del sai '_ . 6. Alterazioni delle qnercie. I. Sugli organi aerei. a. Sulle foglie, sui rami o sul tronco, a. Sulle foglie. -j- Tacche effuse, ragnatelose, bianche poi polverulente (fig. 107.1-2) . . . Cfr. Oidio della quercia (pa- gina r>17>. 1008 GUIDA l'Kil r,A FACILE DKTBRMINAZIOXE, ECC. _| — 1_ Macchie giallo-brune in pagina superiore, inferiormente efflorescenza candida assai effusa ...... Cfr. Microstroma album (pa- gina 845). p. Sui rami o sul tronco. -j- Sui rami sviluppo di un arbusto cespu- glioso assai ramificato, simile al vischio, ma a foglie caduche in autunno (raro in Italia) Vischio quercino (pag. 923). -| — (- Sul tronco. 0 Ferite o cancrene con flusso di mucilag- gine bianchiccia ..... Cfr. Mucosità bianca degli alberi (pag. 109). 00 Alterazioni del corpo legnoso. $ Imbrunimento della massa legnosa in cui spiccano chiazze o cavità bianche (nella sezione del legno). ! Chiazze bianche nel legno. Sai legno morto all'esterno corpi crostosi, aur- eolati, superiormente bruni e zonati, inferiormente lisci e giallicci (fig. 146) Marciume dèi legno di quercia (pag. 694). !! Cavità bianche nel legno che diventa lacunoso. Sul legno morto all'esterno croste fungine bruno-giallastre, scre- polate, aderenti, non auricolate (fi- gura 146,2-5) Occhi di pernice del legno di quercia (pag. 695). §§ Color rosso-bruno della massa legnosa in cui spiccano lamine bianco-feltrose. ! All'esterno del tronco placche crostose a superficie porosa (pori angolosi) . Marciume rosso del legno (pa- gina 707). !! All'esterno del tronco masse concrescenti, carnose, grosse, color giallo-ranciato, inferiormente giallo-solfo ed ivi porose (fig. 149) Marciume rosso del legno (pj^ gin a 708). II. Sulle radici. a. Marciume radicale delle giovani piante con sviluppo di abbondante multa bianca o di cordoni miceliari (fig. 70,1) Marciume radicale delle quer eie (pag. 369). h. Presenza sulle radici più superficiali di rizomi forniti di squame grosse bian- chiccio embriciate rappresentanti il sistema vegetativo della . . . Lathraea squamaria (p. 937). INDICE a) Abete 154, 297, 298, 310, 312, 321, 346, 411, 435, 448, 655, 661, 678, 703, 707, 715, 724, 730, 742, 794, 838, 919, 1000. Abies (cfr. Abete). — alba 297, 312, 411, 435, 661, 674, 697, 717, 723, 724, 730, 782, 920. — balsamea 661, 716, 717. — cephalonica 661, 920. — Douglas) i 267. — excelsa 310, 413, 653, 655, 673, 697, 717, 724, 730. — Nordmanniana 661. — pedinata (cfr. A. alba). — Pinsapo 661. Acanthostignia 411. — para8itieum 411 (412*) Acer (cfr. Acero). — campestre 307, 500, 814, 832. — Negundo 322. — opulifolium 307, 814. — platanoides 307, 756, 814. — pseudoplatanus 307, 309, 322, 500, 884. Acero 324, 372, 511, 714, 816, 838, 848, 919, 998. Acervolo 235, 748. Aconitum 571. Aeremoniella occulta 862. — verrucosa 862. Aerosporium Cerasi 388. Actaea 571. Actinonema 787. — Rosae 787. Adonis 571. Aecidium 677. — abietinum, 654. — Anchusae 611. — asperifolii 611, 677. — Berberidis 9, 602. — Catharticae 617. — Clematidis 677. — columnarc 674. — corruscali» 678. — elatinum 661. — Frangulae 616. — leucospermum 624, 660. — Magelhaenicum 677. — Oxalidis 620. Aecidium penìcillatum 616. — punctaium 625. — strobilinum 673. — Violae 628. Aegopodium Podagraria 213, 236. Aesculus (cfr. Castagno d'India). Agaricacee 727. Agaricus campesiris 320, 846, 852. — mellcus 730. Aglio 114, 229, 267, 129, 620, 621, 889, 897, 976. Agropyrum 343, 605, 615, 616. Agrostis 331, 334, 616. Agrumi 107, 452, 462, 742, 756, 808, 820, 825, 838, 887, 963. Ahornrunzelschorf 307. Ailanthus glandulosa 322. A.TUGA 911. Albicocco 107, 264, 345, 352, 478, 624, 709, 720, 732, 753, 755, 795, 848, 872, 873, 882, 958. Albugine dei cereali 502. Albugo candida 150. Alchemilla 230. Alghe 910, 946. Allantospore 125. Allium 620, 621, 669, 671. — Cepa (cfr. Cipolla). — fistulosum 887. — sativum (cfr. Aglio). Alnus glutinosa (cfr. t. Ontano). — lucana 64, 24 7, 815. Alopecurus 334, 440, 617, 993. Altea 627. Alternaria 889. — Brassicae 889 (890 *). — — v. exitiosa 422 (423 *). — — v. macrospora 889. — — v. nigreseens 890. T. p'haseoli 890. — Solani 892. — tennis 429, 891. — — v. cluilaroides 891. — Violae 892. Amadouvier 719. Amarantus 153. Amelanciiier 477. 647. Amerospore 125. (1) Il segno (*) collocato dopo un ninnerò indica la pagina in cui parassita. figurata la malattia od il 1010 INDICE Ampklopsis quinqucfolia 356. Anabaena Cycadacearum 910. — Azoìlae 911. Ananasziekte 366. Animi y 422. Anchusa arvensis 612. — officinalia ti 12. Anbmonk .",70, 624, 625,' 660. Anemouenrosl 624. Anethum graveolena 630. Angelica 213. Annerimento dei culmi 433. delle foglie di bietola 431. — delle piante ortensi 429. Antennaria 458. — elaeophila 459 (460*). — pi impilili! 448. Anteridio 122. Anthoxanthum 331, 334. Anthracnose de la Vigne 764. — du Haricot 822. — du Pois 788. Anthriscus cerefolium (cfr. Cerfoglio). Antracnose of the Beau 822. Autracnosi dei fagioli 822 (823 *). — dei frutti 367. — dei Limoni 825. — del Mandorlo 819. — del Melone 825, 869. — del Pero 863. — del Pisello 788 (789 *). — del Trifoglio 820. — della Vite 764 (766 *). Apiosporium 448. — Citri 452. — pinophilum 448. — Rhododendri 448. Apium graveolens (cfr. Sedano). Apotecio 126, 234. Apple powdery mildew 479. — Scab 386. — Scurf 753. — tree Canker 785. Arachis hypogaea 277. Aralia 445. Arancio 296, 407, 433, 449, 730, 82.",, 846, 851, 901, 963. Arenaria 623, 662. Arisarum 911. Armillaria 730. imi ini 7S0 (734 ). Arnica 567. Arrossamento dello cariossidi 109. delle foglie di Pino 311 (312*). Aki.m 912. Asdii 124. Ascochyta 788. — hortorum 791. — piniperda 79 I . — Piai 788 (789 I. Ascochyta populorum 792. Ascomi 250. Ascomiceti 232, 944. Ascospora 352. - Beyerinckji 352 (353*). Aseospore 124. Asparagio 429, 621, 698, 889, 909, 983. ASPARAGUS (cfr. Asparagio). Asparagus-brand 621. Aspenrost 666. Asteroma Rosar 787. Astemia Beyerinckji 352. Atriplex hoi-tensis 225. Atrofie 39. Aubernage 88. Aureoba8Ìdium 685. — Fitta 685 (686*). Austorii 130. Autoamputazione 32. Avena 173, -102, 436, 502, 539, 542, 602, 617, 764, 800, 849, 875, 965. Avvizzimento del Cocomero 341. Cotone, 341. Azalea 684, 810, 994. Azolla Caroliniana 911. Bacillus ampelopaorae 80. — amylobacter 110 (111*). — amylovorus 107. — Apii 102. — Baccarinii 88. — Betae 105. — caulivorna 96. - Cubonianua 98 (99 *). — Hyacinthi-aepticua 114. — Mori 101. — Oleae 74 (75 *). — Oryzae l05. — Phaseoli 104. — Pini 84. — Populi 84 — radicicola (87 *). — solanaccarum 97. — sola» incoia 96. — solaniperda 110. — Sorghi 97. — sp. ' 102, 103. — tracheiphilua 97. — Trifolii 101. — uvae 104. — vaacularum 98. — vitivorua 88 (89*). Bacterium Fici 95. — gummÌ8 107. — Hyacinthi ll">. - Mali 326. — Mori 101. — Snhuii 86. INDICE 1011 Barley smut Basid'ii 124, Basidiomiceti Balais de sorcière du Cerisier 246. Barbaforte 150, 853, 881, 889, 978. 533, 542. 521, 679. 520, 944. Basidiophora entospora 153. Basidiospore 124, 679. Batterii 65 (66*). — croniogeni 69. — fotogeni 69. — patogeni 69. — saprogeni 69. — tiogeni 69. — zimogeni 69. Batteriocecidi 73. Batteriogommosi della bietola 105. Batteriosi delle crocifore 196. — dei Fagioli 104. — del Fico 95. — delle Fragole 106. — del gelso 98 (99 *). — dei grappoli 104. — del pomodoro (103 *), 941. — del Riso 105. — del Sedano 102. — del Trifoglio 101. Baumsamliugstodter 154. Beanrust 593. Beet-leaf rnst 590. Begonia 270, 445, 757, 994. Bellevalia 554. Berberis vulgaris (cfr. Crespino). Beta (cfr. Bietola). Betula (Betulla) 322, 499, 501, 511, 673, 711, 719, 724, 730, 741. Benlenbraud des Mais 547. Biancospino 248, 477, 645, 646, 919, 999. Bibitziekte 172. Bietola 105, 140, 146, 221, 267, 373, 399, 431, 590, 698, 758, 763, 851, 873, 880, 908, 925, 928, 929, 980, 985. Birch brand 672. Birkeurost 672. Bitter-faiile der Apfel 367. Bitter-rot 829. — — of Apples 367. Black stem Rnst of Wbeat 602. Blak knot 344. Blak rot della Vite 355 (357*). — — russo 365. Blanc de l'Anne 500. — des céreales 502. — du Cbène 517. — du Groseillier 500. — du Houblon 474. — du Peuplier 499. — du Rosier 469. Blast 855. Blattbraiine der Niisse 348. Blattbraune der Siisskirsken 346. Blattflekenkraukb. d. Klees 303. Blattscborf der Graser 343. Bleuissement des rdsinenx 346. Bligbt of Cotton 341. Watermelon 341. Blossom end rot 903. Bobnenrost 595. Bois de perdrix 695. Bolla delle foglie 239 (240"), 917. — — — del pioppo 248. — nera delle foglie di pero 247. Botri/osporium 819. — pulchrum 8 19. Botrytis 6, 850. — ■ acinorum 280, 851. — cana 181, 268, 273. — cinerea 280, 851. — citricola 296, 851. — Diospyri 295, 851. — Douglasii 271, 273. — l'arcata 273. — parasitica 294, 851. — plebeja 273. — viticola 181. — vulgaris 266, 273, 851. Bozzaccbioni dell'Ontano 247. — del Susino 243 (244*). Brachypodium 331, 419, 800. Brassica campe8tri8 106, 267. — Napus 60, 150, 220, 267, 422, 760, 761. — oleracea (cfr. Cavolo). — Rapa (cfr. Rapa). Braunrost der Gerste 613. Braunspitzigkeit 402. Br ernia 217. — Lactucac 217 (218*). Briosia 895. — ampelophaga 895. Broccolo 60. Bromus 331, 334, 343, 419, 502, 800, 993. Broussins 80. Broussonetia 322. Brown rot 106, 175. — rnst 612. Bruciatura del Sorgo 97. — della Vite 685 {6H6"). Brùlure 280. — du Lin 665. — du Sorgilo 97. Brun de PEpicea 310. — du Sapin 312. Brusca degli Ulivi 299 (300 |. Bruscatura 299. Brusone del Melo 386. — del Pero 381 (382 ). - del Riso 1. 855 (856*). Buckenkeimlingskraukbeit 154. 1 12 INDICE Bud rot 850. Bnrn-rot 280. Bcxus 629, 009. Tìi/ssoth ecium ci rei inni* 12' Cabbage pcronosporn 220. Cactacke 154. Caeoma 678. — alliorum 669, 671. — confluens 678. — Larici* 669. — Mercuriali» 671. — pinitorquum Otiti. Cai ■te 600, 985. Calamaorostis 410. HI li. Calendula 567. Caliciaceo 301. Calycanthds 322. Calyptrospora Goeppertiana 674. Cam.ki.ina saliva 60, 146, 150, 220, 985. Camellia (Camelia) 838, 011. Campanula 659. Canapa 223, 267, 778, 802, 851, 925, 936, Os;,. Cancrena dell'Abete bianco 601 (662"). — dei fusti di patata 06. — dei Giacinti 202. — umida delle patate 110 (111*). — delle patate 157. Cancro delle Brassicacee 760 (761 *). — della Canapa 266. — delle Cicoriacee 236. — del Fagiolo 266. — del Girasole 206. — del Larice (252 *). — del Maggiociondolo 434. — del Melo e Pero 324 (325 #). — delle ombrellifere 236 (237"). — delle patate 266. — del Pioppo canadense 816 (817*). — dei rami di Abete 321. di Castagno 793 (794 "). di .Melo 785. — dei tuberi di patata 138. Canna da zucchero 98, 300, 085. Cannabis saliva (cfr. Canapa). Capnodium 453. — atri ini. — elaeophilum 159. — dmi ga hi in 158. — .1/..)-/ 152. — Nerii 458. — Persoonii 458. — (lucri illuni |.-)S. — tu! ii ninni 153 ( 155 i. — Tiliac 458. CAPPARIS rupestri* 150. Cnppello 126. Capsella Imrsa-pastoris 60, 150, 220. Capsicum (cfr. Peperone). Carbonchio 533. Carbone dell'Avena 539 (540*), 542. — delle cariolillacee 554. — della Cipolla 569 (570). — del culmo (di segala) (568 ). — del Grano (533*). — del Granturco 547 (548*). — del Miglio 544 (545 *). — dell'Orzo (coperto) 542 (543 *). (nudo) (54:: *). — del Panico 510. — della pannocchia 507. — delle Ranunculacee 570. — del Sorgo (55;!*), 555 (556*). — del tùtolo 552. — delle Viole 571. Carbonella 560. Carboni delle spiche 533. Carciofo 217, 854, 082. Cardo 217, 980. Carex 554, 558. Carie bianca degli acini 414 (416*). — du blè 560. — del Frumento 560 (561*), 566. — della Segala 566. — dello Zafferano 759. Carolo 855. Carota 213, 236, 698, 762, 908,928, 978. Carpino 324, 501, 511, 720, 730, 937. Carpoasci 248, 944. CAHuriJO 514, 709, 720, 849, 854, 962. Carum carri 236. Castagno 392, 462, 694, 709, 730, 741, 742, 743, 757, 793, 813, 828, 832, 909, 023, 961. Castagno d'india 109, 322, 714, 999. Castanea satira (cfr. Castagno). Cause parassitarie 15. — non parassitarie 18, Cavolfiore 60, 150, 220, 760, 889, 982. Cavolo 60, 136, 150, 220, 510, 760, 889, 982. — di Bruxelles 60, 150. — rapa 60, 150. Cece 788, 972. Cecidi 32. Cedro (citrus) 449. Celtis australi» 862. Cenangium Abietis 298. — populneum 818. Centaurea 152, 510. Cerastium 559, 623, 662. Ckratonia siliqua (cfr. Carrubo). Ceratostomatacee 346. Ccratostomella 316. — pilifera 346. Cercoapora 879. — acerina 884. INDICE 1 13 Cercospora Apii 885. — Armoraciac 881. — beticpla (880 *). — Bolleana 879. — cerasella 396, 883. — Cheiranthi 881. — eircumscixsa 751, 882. — /V(/w 883. — Fraxini 885. — ttcriella 8St>. — Resedae 883. — rosicala 883. — Fiolae 884. — — tricolori* 884. — r, Ilenia 884. — coHrtirt 883. Cercosporella 860. — persica 860. Cerinthe 677. Cerfoglio 213. Cetriolo 474. Chancre du chanvre 266. — dn Mélèze 252. — . — Rododendri 653 (654*). Chry8ophlyctis endobiotica 138. CiCkr arietinum (cfr. Cece). Cichorium endivia 217, 635. Cici mi oboi U8 781. — Cesata 468, 472, 485, 781. Cicoria 432, 510, 634, 763, 929, 980. Ciliegio 107, 246, 262, 319, 344, 345, 346, 352, 372, 388, 396, 626, 709, 720, 730, 753, 796, 827, 848, 868, 872, 883, 958. Cineraria 217, 991. Cintractia 558. (Hntractia Carici» 558. Cipolla 114, 229, 267, 429, 569. 621. 671, 821, 887, 889. 976. ClRSlUM 152. 217, 633. Cistidii 688. ClTRILLCS 341. Chris 296, 4(17, 911. Cladochitriacee 138. Cladochytrium ara mi nix 138. — ì'ioiae 138. Clarfvxpiiriitm 869. — carpophilum 872. — Citri 798. — condylonema 870. — ■ fasciculatum 431. — fulvum 870. — graminum 402, 871. — herbarum 402, 871. — Pisi 870. Clamidospore 124, 524. Clasterosporium 872. — amygdalearum 872. — carpophilum 352, 872. — putrefaciem 431. 873. Clavariacee 698. Claviceps 333. — purpurea 334 (335 *). Clematis 677. Cloque du pècher 239. Cloatridium Persicae-tubercolosis 85. Clubbiug 59. Cochlearia armoraeia (cfr. Barbaforte). Cocomero 341, 691, 869. Coffea (cfr. Caffè). CoLcmccM 570. Coleosporiacee 657. Ciileosporium 657. — Campanulae 659. — Senecionis (658 *). Colletotrichum 821. — caricae 822. — eircinaus 821. — glocosporioides 825. — lagenarium 825. — Lindemuthianum 822(823*). — oligoehaetum 825. Colletotricosi del fico 822. Collybia 740. — rclutipes 740. Colpo delle Cucurbitacee 97. Conidii 123, 748. Conidiofori 123, 748, 839. Coniothyrium 787. — diplodiella 111. 787. — melasporum HH6- CONVOLVULUa 559. Copulazione 123. Corniolo 511. CORNUS mas (cfr. Corniolo). Corpi fruttiferi (dei funghi) 126 (127 >. 1014 INDICE Corpi fruttiferi miliari 426. — tuberoidi 426. Corticium 692. — ragum v. Solarti 693. Colivi. cs (ci'r. Nocciolo). Coryneum 832. — Beyerinchji 352, 837. — Kunzei 836. — pernicio8um 832. Cotogno 108, 256, 404, 645,816, 847, 848, 956. Cotone 341. cotoneaster 404. Crini berry 25"). Crassulacee 154. Crataegus oxyacantha (cf. Biancospino). Crepis 138, 567. Crespino 8, 19, 344, 602, 677. Crevasses des poiros 381. — des poimaes 386. Crisantemo 633, 806, 994. Crittogama della Vite 480 (481*1. Crocifere 106. Crocus 293, 759. Cronartiacee 648. Cronartium 648. — asclepiadeum 649 (650*). — flaceidum 649. — ribicola 652. Croste nere delle foglie di Acero 307, (308 *). - di Salice, 309. — rosse delle foglie del Pruno. 317. (318*). Crown rust 616, 617. < 'njptosporium 828. — leptoatromiforme 828. COCUMIS 215, 826. Cucurbita 215. Ci curbitacee 97, 215, 758, 825, 905. Cucurbitaria 431 . — Lai) unii 434. — pithyophila 434 (435*). Cuscuta 924. — arvensis 929. — eorymbosa 929. — epilinum 929. — epithymum 928 (925*). — Europaea (925 ; I. — in o ikk/i/ ii a 929. — racemosa 929. Cuscuta d'America 929. — del Lino 929. — del Trifoglio 928. Cycas revoluta '.HI, 999. Cyclambn 270, I 15. Cycloconium 864. ■ oleaginum .siil (865 ' i. donia (cfr. Cotogno). 'indrosporium 827. Cylindroaporium castanicola 392, 828. — Mori 388. — Oìivae 827. — Padi 827. Cynanchum vincetoxicum 649. Cyxara cardimeli] ux 217. — scoti/ ni ux (cfr. Carciofo). Cynodon dactylon 343. Glint opus 149. — £/(« 153. — candidus 150 (151*). — Portulacae 153. — Iragopogonis 152. CytiSUS Laburnum (cfr. Maggiociondolo). Cytospora 785. — rabescai* 315, 785. CytosporeHa 783. — damnosa 783. Dactylis glomerata 138, 331, 334, 343, 440, 605, 6 Iti, 851, 993. Daedalea 708. — qaerchm 708. Dahlia rariabilis 267, 851, 994. Dasyscypha 251. — caliciformis 783. — Willkommii (252*). Datura 892. Daucus Carota (cfr. Carota). Degenerazioni 40. Delphinium 508. Dematopbora glomerata 380. — necatrix 372. Demaziacee 860 (861*). Dendrophoma 778. — Marconii 778. Dermateacee 298. Deuteroiniceti 746, 945. Dianthus 554, 559, 623. — caryophyllv,8 (cfr. Garofano). — sineii8Ì8 593. — superbus 593. Dictiospore 125. Didi niospore 125. D'idi/ nutria 852. — pr unico! a 852. Didymella 406. — G7l. — Persicae 796. — l'nt ni 795. Diplodina 793. — Castaneae 793 (794*). — para8itiea 794. Diplotaxis tenui/olia 422. Diradamento ilei grano 4 36. Disco 126. Discomiceti 249, 944. Dothichiza 816. — populea 816 (817"). Dotideacee 342. Downy Mildew 171. — — of Cucumber 215. DrAba 220. dulcamara 157. Durra 557. Earlv blight 892. Echevekia 260, 657. Ecidii 576. Ecidioli 574. Ecidiospore 576. Eczema delle albicocche 873. Edelfatile 287. Effetti meccanici 38. — teratologici 38. Eichenwurzeltoter 369. Elicospore 125. Elinintosporiosi 875. Elymus 615. Embriofite 946. Eoiiasci 236, 944. Emibasidl 522, 945. Emi basidio 527. Emiparassiti 16. Einipaiassitismo 915. Empita Grylli 231. Endivia 980. Endoeonidium temulentum 264. EndopTiyllum 656. — Sempervwi 657. Endosporio 125. Enoteracke 154. Entomosporìum 816. — Mespilì 404, 816. Entyloma 567. — Calendulae 567. — crepidicola 567. — Minili ii sii 567. — Ranunculi 567. Epichloe 331. — li/ phina 331 (332'). Episporio 125. Erantuis 571, 625. Erba medica (cfr. Medicago satira). Erbseurost 598. Ergot 334. Erigeroni canadense 153. Erisifacee 163. Erkrankhung der Weisstanne 434. Ernia dei cavoli 59 (61*). — delle radici dell'Ontano 63. Erpete farfuracee dello pere 888. Ervum 593. Erysiphe 502. — cichoriacearum 510 — coni in il ni* 507. — (inli ojisidis 511. — graminis 502 (503*). — lamprocarpa 510. — Poi ij goni 507 (508 i. Erythraba centaurium 911. Escrescenze delle foglie di Trifoglio 137, Eterogameti 122. Eteroicisiuo 131. Eubasidii 679, 945. Eumiceti 117, 943. Edphorbia Cijpari88ias 598, 599. Eu8clerotinia 266. E ut y peli a 345. — pruna.8tri 345. Evernia vulpina 914. Evonymus japonicus 515, 849, 999. Excipulacee 816. EXOASCI 237, 944. Exoascus alni tori i n im 217. — Ce rasi 246. — deformane 239 (240*). — Kruckii 246. — Pruni 243 (244*). Exobasidiacee 68 1 . Exobasidiali 681. Exòbasidium 682. — discoideum 684 (683*). — Bhododendri (683*). — raceinii 682 (683- |. — Vaccinii uliginosi 682. Eziologia 14. Facidiacee 303. Faggio 154, 321, 511, 694, 697. 701, 708, 712, 714, 719, 720, 724, 730. 740, 837, 939, 1004. Fagiolo 104, 267. 37:;. 124, 595, 758, 788, 822, 851, 890, 894, 972. Fagiolo ih Lima 171. Fallacee 7 11. Falloidali 711. Fallsuchl 760. Falsche Mehlthau 175. Fanerogame parassite 915, 946. Faulniss d. Fruente 259. Rebentriebe 280. Rube 908, 1016 INDICE Fanx Amadouvier 720. — Mounier du Blè 409. Fava 228, 267, 373, 424, 593, 789, 883, 925, 935, 972. Feigen-Anthracnoae 822. Feodictie (spore) 12">. Feodidime (spore) 125. Feofragmie (spore) 12r>. Feospore 12~>. Persa del Gelso 389 (390*). Festuca 334, 343, 440, 616, 617, 993. Fiamma 935. Fichtenuadelrost 655. Ficbtenrindenpilz 321. Fichteuritzeuschorf 310. FichtenzapfenroBt 673. Fico 95, 372, 678, 730, 822, 879, 886, 962. Ficomiceti 134, 943. Ficus carica (cfr. Fico). Fieno greco 990. Fillilesia 239. Fillorisema 239. Finocchio 762, 928, 980. Fistulina 727. — hepatiea 727. Fitopatologia 2. Flax brand 66ó. Flngbrand der Gerste 533, 543. FOENICULUM (cfr. Finocchio). Fomes 718. — annosus 723 (72.r>*). — fomentarius 719 (721"). — fulvus 722. — Hartigii 723. — ignarius 720 (721*). — ulmarim 721. Fragaria cosca (cfr. Fragola). Fragmospore 125. Fragola 106, 230, 397, 474, 808, 831, 854, 973. Frassino 154, 322, 324, 511, 712, 838, 868, 885, 919, 925, 937, 983, 1004. Fkaxinu-S (cfr. Frassino). Fritillaria 293. Funiaggiiic 449, 453. — fieli' Abete 448. — degli Agrumi 449 (450*). — del Gelso 452. — dell'Olivo 459 (460*). — del Rododendro 448. — della Vite 453 (455*). Famago 872. — vagane 153, 872. Fungili del carb 523. — ectoparassiti 130. — endoparassiti 130. — eteroici 131. — imperfetti 71(1. — omoici 131. Funghi parassiti 129. — saprofiti 129. — simbiotici 129. Fungo dell'esca 719 (721*). — del Salice 720 (721*). Fiisarium 898. — auranfiacum 906. — culmorum 341, 899. — Dìanthi 900. — erubescens 903. — lieterosporum 899. — lagenarium 825. — lateritium 327, 900. — maculati» 390. - nivale 899. — niveum 905. — peslis 903. — reticulatum 906. — roseum 329, 899. — — v. Lupini albi 901. — sarcochrouvi 901. — Solani 901. — sp. 902, 904. — rasinfcctum 341, 905. — TVillkommii 326. — Zavianum 901. Fusicladium 868. — Cerasi 388, 868. — dendrìticnm 386, 868. — pimnum 381, 868. — Trenini ae 408. Fusicoccum 781. — abieiinum 781 (782*). — pernicio8um 836. Fusskrankheit des Getreides 436. Gaggia (cfr. Kobinia). Gàie de la pommo de terre 86. Galeopsis 511. Galium 929. Galle 6, 32. Galle fogliari dell'Azalea 684 (683*). Garofano 593, 678, 802, 850, 878, 900, 994. Gelbe rot d. Hyacinthen 115. Gelbrost 614. Gelso 98, 322, 327, 371, 372, 389, 453, 712, 720, 731, 742, 813, 832, 900, 913, 983. Gentiluomo del riso 296. Geranium 474. Gerstonbrand 542. Giacinto 114, 115, 293, 373, 430, 995. Giaggiolo 293, 877, 995. Gibbera 407. — Vaccinii 407. Gibbcrclla 327. — moricola 327 (328*). INDICE 1017 Gibberella Saubinetii 329. Gibellina 409. — cerealia 409 (410 |. Gigantismo 39. Girasole 267, 631, 851, 985. Gitterrost der Birnba'ùme 640. Gleba 128. GlomereUa 367. — fructigena 367. — rufomaculans 367. Gìoeosporium 819. — ampelophagum 764, 821. — amygdalinum 819. — caulivorum 821. — Fragariae 830. — fructigenum '.W>~ . 821. — Iicspi riileariim 820. — lagenarium 821, 825. — nerrise5'_', 557. 61S. Ni:!. S76. 928, (! rapii kit licci il ni' plii/l/oijcii uni 398. (Iraphinm necator 378. Grass blighfc 5(12. Grassume del fagiolo UH. Gre* ncria fuliginea 829. Grey-rot 175. Grind d. Crocnszwieboln 759. Grongo 925. Gros pied 59. (ini 919. Guignardia 365. 402, 502, 761. SUL'. 330, 9117. Guignardia Bidwellii 355 (357 |. — rat i/tir ini* 365. Gummosis «1. Kirshbaiime 352. Gymnosporang inni 639. — olavariiforme 616 (647 ). (■uni listini 645. sl(i, inac 610 (641'). — trcmclliiiilrn (115. Gyroceras Cellidis 862. Radrotrichum si;:;. — Fapnli 863. Haferflngbrand 539. Haufkrebs 266. llaniluiiy 59. Hauftod 935. Hartbrand der Gerste 512. Hausachwamm 703. Hkdysarum (cfr. Sulla). Hklianthus annuii* \cL Girasole). — tuberosus (cfr. Topinambur). Eelleborus 571. Relmintliospori u in 87 I . — Arenae-satirae 875. — granii neum 874. — Icrcs 875. — inreiciint 876 (877 ). Helvellacee 296. I frinii eia 600. — vastatrix 600. llenilcrsiinia 799. — sarmentorum 799. Heracleum Sphondylinm 236. Hernie du Chou 59. Eerpotrichia 113. - iMjra 413 (Tab. 1 |. FTerzfaiile d. Zuckerriiben 399. Hcterosparium 877. — echi nula! uni 878. — gracile 877. Hexenbesen der Kirskbaiime 246. — des Pfirsicbbaliine 239. Weisstanne 661. HlBISCUS escitlcntiis 311. Hieracium 217. 510, 567, 634. 1 [imbeerenrosi 638. Hirsebrand 511. Holcus 331, 440, 616, 617. 993. Hopblight 474. Hopfenmehltau 474. Hordeijm (cfr. Orzo). — muri u uni 502. Hormodendron 871. — Bordei 871. Ih'Mi i.rs Lupulus (cfr. Luppolo), li YAciXTiirs (cfr. Giacinto). Ifi/ihitini 700. - — (lirerHÌ(lens 701. — Schiedermayeri 700. 1018 INDICE JJydrodictyon reticulatum 912. Hi osciamus 892. jjypholoma 743. _ fascienlare 743. ffypochnus 691. — Ciiiinin >-is 691. — ocliroleucua 692. — ,So/«»; 691. lì ijpo ni )!•>:■ 319. p< rnicì'o8M8 (320 ). Hyaterium macroaporum 310. — Pinastri 311. lalodictie (spore) L25. [alodidime (id.) 125._ [alofragmie (id.) 125. [alospore (id.) 125. Iberis 60. Idnacee 700. ll'ali 839, 945. [fé 119. [fé fruttifere 123. Ifenchima 120. Ifomiceti 117. 839. Imbrunimento delle foglie di Abete 312. di Pero mi (405'). — delle ispighe sol. [meniali 688 (689 i. [menio basidioforo 521, 679, 680. Immunità 29. Immunizzazione artificiale 47. Imotzi 855. Impatiens Balsamina 649. Insetticidi 50. Iperplasia 39. Ipertrofìa 39. Ipocnosi delle patate 691. — delle pomacee 692. Ipocreacee 316. I| ioti posi SO. Ikis (cfr. Giaggiolo'). Isariopsis grieeola 894. Isogameti 1-'-'. Isteriacee 310. li h il ph. — future 11. — nuove 11. — steniche 7. — vecchie 1, 11. Malva 627, 985. Malvenrost tì27. Mandarino 449, 891. Mandorlo 107, 239, 319, 34:,, 372, 624, 626, 720, 819, 872, 882, 913, 919, 958. Manginia 764. — ampelina 764 (7tì6*). Marciume amaro degli acini (829*). delle mele 367. - annidare del legno di Pino 717. — apicalc del Pomodoro 903. - bianco del legno di Abete 723. - di Quercia 691 (695*). radicale 730 (734*). — dei boccioli di Dahlia 266. - di Rosa 266. — delle Carote 908. — dei frutti degli agrumi 296. — dell'insalata 217. — del Kaki 295. — del legno di Melo 700. delle patate 110 (1114). — delle piante erbacee 266. - delle piantine di Cavolo 136(137*). — — — nei semenzai 146, 411. nero degli acini 355. radicale dei gelsi 371. delle Quercie 369 (370 ). del Tabacco 444 (4 l.".4). della Vite 372 (373*). rossi, del legno 703 (704*). di Pino 707. - di Pioppo 708 (709*). B6CC0 dei tuberi 901. Marino della Vite 480. — nero 764. Marasonia 830. — Juglandis 348, 831. — Panattoniana 831. — Potentiìlae 830. — Boxar 830. Medicago falcata ."'99. lupulina 303. — media 599. sativa L39, 227, 277. 303, 121. 129. 508, 599, 848, 891, 928. 929, 935, 999. Mehltau auf Weiden 499. - des Apfelhannies 479. — der Gnrken 215. — des Weinstockes 180. Mehltanscliinimel d. Mohns 226. — d. Eosen 221. — d. Spinats 225. Melampsora 661. — aecidiòides 671. - Allii-populina 6b'9 (670"). — Allii-SalicÌ8 albae 671. — betulina 672. — caryophyllacearum 661 (662"). — Laricis-Tremulae 669. — Lini 665. — pinitorqua 6b'6 (667 t. — Bo8trupii 671. Melanipsoracce 661. Mei ampaor ella 661. Melampsoridi u m 673. Melampyrum 917. — arrense 918 (917*). — vemorosum (v. pratense) 918. Melanconiacee 818. Melanconiali 818, 945. Melanconia modonia 836. — perniciosa 836. Alelanconium 829. — fuligineum (829""). Melanomma Gibe^lianum 834. Melanosi della Vite 809 (810*). Melanospora 339. — damnosa 340. Melanzana 791, 973. Melasmia 815. — acerìna 307, 816. — 8alieina 309, 816. Melilotus 227, 508. Meliola Camelliae 449. — Citri 452. — Mori 452. — Penzigii 449. Melo 108, 109, 259, 324, 367, 386. 179, 616, 660, 692, 700, 712. 720, 722, 730, 753, 78.",, 821, 818. 863, 868, 913, 919, 956. Melone 97, 510, 869, 890, 905, 906, 973. MKNTHA piperitd 631, 985. — rotundifolia 631. — silvestri^ 631. — r iriditi 631. Mercuriali* 671. Mei'uliua 703. — Iacryman8 703 (704* i. Metamorfosi 40. Metaxphai ria 111. — I>i pi adirila 111 (416*). Mkim athamanticum 236. Mennier des laitues 217. INDICE 1021 Mounier tlu Pècher 469. Mezzi di lotta curativi 48. ■ — preventivi 45. Micelii sterili 907. Micelio 119. Miconiiceti 231, 944. Mieoplasuia 9, 35, 582. Micorrize 131. Micosi dei chicchi di Segala 264 (265 ). - del colletto dei Cocomeri 691. - delle spighe 440 (441*). MicrococGU8 amylovoru8 108. — dendroporthos 109. — sp. 106. — Tritici 109. Micro8phaera 500. — Alni 500. — Grossulariae 500 (501*). — Lonicerae 501. — quercina 502. Microstroma 843. — album 845. — Juglandis 843 (844*), Miglio 146, 334, 420, 544, 968. Mildew 175. Mildiou 175. - de la Betterave 221. — de PÉpinard 225. — de POeilette 226. — de POignon 229. — du Persil 213. — des Pois 228. — de la pomine de terre 157. Miliare del Castagno 392. Millet Smut 544. Mint brand 631. Mistel 919. Mixomiceti 54, (56*), 943. Moehringia 623, 662. Molinia 334. Mouiification des fruita 259. Monilia 847. — cinerea 263, 848. — fu» itola 846. — fructigena 260, 848. — laxa 264, 848. — IAnhartiana 258, 848. — necans 817. Morbo bianco dei Giacinti 114. — giallo dei Giacinti (115*). — nero dei Giaciuti 292. Morfea 449. - Krankheit 449. Moria dei Castagni 832. — delle piantine nei semenzai 444. - dei piantoni di Gelso 327 (32* I. Morille do la Vigne 302. Mortkiera Mespilì 404. Morus alba, migra (cfr. Gelso). Morve uoire d. Hyaciutbes 292. Mosaico del Tabacco 102. Mosaik-Krankeit 102. Mostruosità il. funghi mangerecci (320"). Mucedinacee 810 (841). Mucor Mueedo 231. — racemo8U8 231. — 8tolonifer 231. Mucosità bianca degli alberi 109. — bruna degli alberi 109. Multa degli agrumi 162. — delle albicocche 264. — delle castagne 462. — delle frutta 258 (259*). — dei frutti a nòcciolo 262 (263*). — grigia dell'Uva 280 (281*). — della neve 899. Mummificazione dei frutti di Cotogno 256 (257"). Muscari 554, 570. Mutterkorn 334. Mycelophagua Caataneae 835. Mycogone 852. — perniciosa 320, 852. ìlycoidea parasiiiea 911. Nanismo 39. Napicladium Tremulae 407. Narcissus 293, 854, 877, 995. Nassfaiile 110, Nasturtium officinale 150. Navone 978. ' Nebbia dell'Albicocco (478*). - della Barbaforte 881. — del Biancospino 477. - della Bietola (880*). — del Carrubo 514. — del Ciliegio 346 (347*). - del Fico 879. - dello foglie di Canapa 802. — dei frutti degli agrumi 433. — del fusto della Canapa 778. - del Grano 502 (503*). — del Granoturco 876 (877*). — delle Labiate 511. — del Luppolo 171 (475*). — del Nespolo 477. - del Nocciolo 511 (512*). — del Noce 348 (349*). delle Patate 892. — del Pesco 469 (471*). - del Pioppo 669 (670"). — del Ribes 476. - delle Rose 469 (471*). del Susino 178. — della Violaciocca 881. Nécrose du l>ois 322. Necrosi del legno 322 (323*). — del Pero L07. Neetria 321. [022 INDICE \, , fria cinnabarina 322 i 32.3* . — cucurbilula 321. _ ditissima 324 (32 Nectrioidacee 813. Nemesia 649. Veocosmospora 341. — vasinfecta 341. Neoplasie del Pioppo 84. NTerium oleander 74. Nero degli agrumi 1 19 i 150* . _ dei cereali 102 I 103*). — del colza 422 (423*). — del Garofano 878. — ilt-i Giacinti 430. - delle Pesche 873i Nerume delle Castagne 909. Nespolo 104, 477. 645. 692, 709, 816, 847, 919, 956. Nicottana Tabacum 102, 172. Niello des feuilles d. Tabac 102. Nocciòlo 324, 458, 501, 511, 730,815, 937, 961. Noce 501, 709, 712. 711, 720, 831, 843, 919, 937, 961. Noir des céreales 402. - «In Citronnier 449. — de l'Olivier 4.r,9. — de la Vigne 453. dea Hyacintìies 430. No8toc commune 910. Nonile des céreales 799. — des Melons 825, 869. 1 Icchio «li pavone 864. Ochrospora 660. — Sorbi 660. Oedomyces ìeproides 140. Oidio della Vite 480. dos carvalhos .".17. Oidium 848. — Aceri» 500, 848. — alphitoides 517. ( 'i ratoniae .">l 1 . 849. - eryaiphoides 507, (508*), 848. — Evonymi japonici 515, 849. fai in iixir, ii 179, *18. leucoconium 469, (471*), 848. monilioidea 502, (503*), 849. quercinum - gemmiparum .".17. (518*), 781, 849. — Tabaci 510, 849. 181*), 781, 848. ntrù 08um ."> 1 7. i >ìdium dea pois 508. de la Vigne 480. • »i i \ i uropaea (cfr. Ulivo). Oli >mii:i, 71. 458, 811, 886, 996. Olmo L09, 248, 71 1. 721, 722. 711. 913, 919, 937, 999. Oloparassiti 16. ( tloparassitismo 915. Olpidiacee 136. Olpidium Bras»icae 136 (137*). — Trifola 137. Onion Mould 229. Onobkvchis salini (cfr. Lupinella). <>m kxu 64, 217. 324, 501, 511, 709, 720, 730, 815, 937, L004. Oochitriacee 138. Oogouio 122. Oomiceti L41, 944. Oosfera 122. Oospora 845. — citri-aurantii 845. — lì Miccia 846. — Scabies 845, 941. Ophiobolus 436. — graminis 436 (437*). — herpotrichus 439. Orobanca della Canapa 935 (933" . — del Trifoglio 9:;".. Orobanche 932 (93:; . — aciiala 935. — lutea 935. — minor 935. — speciosa 935. ortica 925. Orzo 330, 334, 340, 402, 433, 436, 439, 502, 542, 543, 602, 613, 614, 849. 871, 874, 875, 965. ORYZA saliva (cfr. Riso). Ostiolo 128, 314. Ovularia 851. — circitmscisxa 754. — Citri 798, 852. — ìieca>i8 84 7. — pulchella 851 . — sphaeroidea 852. Ovìdariopsis 512. Oxalis 620. Oxycoccus quadripetalus 256. PaeONIA (cfr. Peonia). Panico [Setaria Italica] 172. 546, 800, 968. Panicum 146, 334. 343. — m iliaci uni (cfr. Miglio). Papa ver Argentone 226. — diihìitiit 226. — i?7*of«? 226. — su in nifi rum 226, 985. Paralisi 126, 234, 248, 315. Parassiti 15. — eterofagì 17. — facoltativi 16. — isofagi 16. - obbligati 16. specializzati 16. INDICE 1023 404, 511, 610, 645, 616, TOM. TU', 711, 720, 756, 811, 816, 848, 863, 868, 888, 913, 919. 937, 956. Peronoapora 220. — arboj:esceii8 (226 ). — cannabina 223. — cubensis 215. — effusa 225. — gangliformis 217. — Maydia 230. — paralitica (220*). — Potentillae 230. — Schachtii 221 (222* . — Schleideni (229*). — sparsa (22 1 ' i. — Trifoliorum (227*). — Valeria iielhtc 230. — Hciae (22S"). Peri spora della Barbabietola 221. — della Canapa 223. — dello Cipolle 229. - delle Composite 217, (218*). — delle Cruci fere 220. Parassitismo 15. Paris quadri/olia 570. Parsnip Monld 213. Pastinaca sativa 213. 885, 978. Patata 64, 86, 96, 110, 138, 119. 157, 267, 372, OHI, 693, 762, 845, 892. 901, 902, 903, 928, 929. 977. Pittografia :;7. Patogenia 11. Patologia vegetale 2. Peach leaf curi 239. Peage Rust 598. Pear blight 107. — leaf blight 101. Pelargonium 270, 935. Penicillium 161, 849. — crnstaccnm | 162 ' ». 843, 850. — glaucum 162. Peonia 649, 996. Peperone 791, 905, 973. Pepper brand 560. Peridermium Corniti 649. — Larici* 672. ■•— ob'ongisporitim 658. — Strobi 652. Peridio 128. Perisporiacee 142. Perisporium crocophilum 759. Periteci gregarii 314. — liberi 128. — rostrati 314. — sparsi 314. — strematici 128, 314. Peritecio 128, 234, 313. ■•— astomo 128. — ostiolato 128. Pero 108, 248, 259, 324, 372, 381, 395, Peronospora delle Cocurbitacee 215. — del Paggio 154. — dei Fagioli di Lima 171. - della Fragola 230. del Frumento 173. (174*). delle Ombrellifere (213 . - del Panico 172. — dei Papaveri 226. delle Patate e d. Pomidoro 156(161*). — dei Piselli 228. - delle Rose 224. — degli Spinaci 225. — del Tabacco 172. — del Trifoglio 227. — della Vite 17.". (177 ). 946. Perouosporacee 112 (141*). Pesco 85, 107, 108, 239, 262, 345, 352, 372, 169, 177. 624, 626, 719, 730, 755, 796, 837, 848, 860, 872, 882, 913, 958. Pestaìozzia 837. — (impilili s:;s. — Hartigii 837 (838*). Petecchia 764. Petersilierost 630. Petroselinum aativum (cf. Prezzemolo). Peziza bulborum 294. — ciborioides 279. — Faci, liana 284. — Kauffmanniana 271. — laricina 252. — nébulae 390. 1. — sclerotiorum Pezizacee 251. Pfefferminterust 631. Pnaurneurost 624. Phaeoi8ariop8Ì8 894. — griseola (894 i. PHALARIS 331, 6 16. PHASEOI.fS 101. 267. Fagiolo). — lunatua 171. Phialea temulenta 264. Phleoapora 812. — castanicola 392, 813. — Mori 388, 813. Phleum 331. 313. 92S. Pholiota 712. — adiposa 712. — (ìestrnenx 712. f'Iioina 759. — abietina 781. — albicali* 132. 763. tictac 398, 76:;. — Chryaanihemi 807. — crocophila 759. — flaccida 365. — la li ai. is ima 762. — lophio8tomoide8 763. — Napobraasicae 760. 372 (cfr. anche L024 INDICE Phoma oìeracea 760 (761 i. — sanguinolenta 762. l'ìmmit solanicola 762. — uricola 355, 763. — c/'/ix 703. Phragmidium 635. — ;,'iri>Hi 75(3. — Platanoidis 756. — Populorum 792. — prnnicoìa (753*). — Pruni -domesticae 754. — /«/<-/;<„ 398, 75*. — viiiiiiibiiiH iix'ts 755. — ritienili 355. 757. — Pi<Ì8 757. I'mvsai.is alkekengi 79J . Physalospora 364. — laccar 366. — ìirm -sanili liti 'Miti. — UiToiiinii :\i\:<. l'in ikim\ 659. Phytophthora 15:;. cut,, rum 154. inf, hIii un 156 (161 Xicolianat 17-'. omniroia 151 (155*). l'inis, nli 171. Picchiola 761. Picnidio 235, 748. Piétin 136. Pileo 126, 689. PlMPINEI LA aiiixnm 213. Piue-Apple (lis,-:1>,- :.i;i;. 666, 199, 711'. 1)06. Pino 154, 311, 321, 346, 44S. 723. 730, 713. 838, ioni). — d'Aleppo 84, 658, 999. — marittimo 297. 658. PiNUS austriaca 6.~>s. — Cembro 652. - Lurido 658, 730, 920. — montana 413. 658, 659, 066. — Pinastri- 783. — sili-estri* 297. 311. 649, 65S, 659, 697, 707. 717. 724. 730. 920. Strobus 652. 716, 717. 721, 730 Paninoti s y06. — CV*«//7 906. Pioppo 84, 85, 108, 109, 248, 153. 670, 691. 707. 7ii0. 720. 730, 743, 808, 863, 913, 919. 939. 1 Fileni, mieti 313, 94 1. Pirìcularia 855. — Ori^ae 855, (856 i. PlRUS <(y/ff fi 16. 660. — aucuparia 646, 660. , limili a n is (cfr. Pero). — Cydonia 256. — Maìus (cfr. Melo). — torminalia 647, 660. Pisello 228, 145, 508, 598, 788, 848, 870, 935, 972. Pistacchio 929. Pisum (cfr. Pisello). Pittima 925. 928. Plaeosphaeria 78 1. — Onobrychidis 3 lo. 784. Planoblaste (Peronosporee) 145. Plantago 474. Plasmodiophora Alni 63. — Brassicae 59 (61 >. — cali fornica 59. — PiYis 58. riitsmupara 175. — Cuben8Ì8 215. — atre» (213*). — citicola 175 (183* |. Platano 350, 821, 1000. Pkitre 84 6. Pleospora 428. — albicati* (132' |. — alter n ariat 130. — herharnm 429. — Hespcridrarnm 433. — E, iacinti 130. — in/c, torio 130. 1:ì3. — pntn faeiais 151 . — sarcinula 4 30. — trichostoma 875. Pleitrotus 741. — ostri ntiis 74 1. — ulmarius 741. Ploirrii/ìitia 34 4. — Berberidis 34 4. INDICE 1025 Plonorigiia morbosa 344. — ribesia 344. Pluuietree brand 624. Plani pockets 243. — Wait 344. Poa 331, 334, 502, 849, 928, 993. Pochettes du Prunier 243. Podospliaera 477. — leueotricha 479. — oxyacanthae 4 77. — tridactyla (478"). POLIGONACEE 154. Poliporaeee 701. Pollinodio 122. Polyde8tnu8 exitiosus 422. Polygonlwi aviculare 508. — Bistorta 558. — Concole iti tts 508. — Fagopyrum 508. — Hydropiper 558. — mite 558. — viviparum 558. Polyporus 708. — betulinus 711. — boreali* 715. — Dryadeti8 710. — hispidus 712 (713*). — molli* 716. — Sehweinitzii 716. — squamosus 714. — sulphureus 708 (709*). — raporarins 707. Poli/stigma 317. — oeliraceum 319. — r t/brum 317 (318*). Polystigmìna 813. — - rubra 813. Polythrirtcium 872. — lYi/oKi 342, 872. Pomi di galla del Rododendro (683*). Pomodoro 97, 103, 157, 271, 508, 791, 805, 848, 870, 892, 903, 904, 936, 973. Popone 474. Populus alba 85, 666, 669, 671. — balsami/era 670. — canadensis 670, 792, 808, 816, 863, 983. — italica 248, 499. — nigra (cfr. Pioppo). — piramidali* 407. 863, 1000. — tremula sì, 499, 666, 669, 671. Poria 706. — vaporarla 707. Portulaca oleracea 153. Potato biight 892. — niould 157. — Scab 86. Potenti lla 230. Pourridiè des arbree 730. — du Chèue 369. Pourridiè da Mùrier 371. — de la Vigne 372. Pourriture de la Betterave 431. — bianche da Sapin 723. — noble 287. — de la Ponnne de terre 110. — des raisins 280. — ronge da Pia 717. Powdery mildew 480. Prataiolo (coltivato) 983. Predisposizione 24. Prezzemolo 213, 630, 804, 885, 980. Primula 270. Processi isfcolitici 10. Profilassi 45. Promicelio 125. Protobasidi 571, 945. Protobasidio 571. Protomyces 236. — macrosporus 236 (237). — pachydermw -36. Prugne del diavolo 243. Prunus 107, 239, 246, 262, 317, 477, 4 78. 624, 720, 722. 730. 785, 813, 827, 852, 870, 882. — Amygdalus (cfr. Mandorlo). — Arme uiaca (cfr. Albicocco), — Ccrasus (cfr. Ciliegio). — domestica (cfr. Susino). -- insititia 317. — Lauroceraso.» (cfr. Lauroceraso). — Padus 244, 256, 319, 674, 827. — Persica (cfr. Pesco"). — spinosa 244, 317, 345. Psathj/rella 743. — ampelina 743. Pseiidocomini* l'iti* 58. Psciidomonus campestris 106. — Bi/acinthi (115*). Pseudoparenchiina 120. Pseudoperonospora cubensis 215, 942. Pseudopeziza 303. — Kibis 305 (30fi*). — traeheiphila 305. — Tri/olii 303 (304*). Puceinia 6, 601. — Agropyri 677. — Alliì 620. — Apii 629. — Arenaria! 623. — Asparagi 621. — litui 629. — Caryophyllearum 623. — Cerasi 626. — Chrì/santkemi 633. — Cichorii 634. — coronata 9, 616. — coroni fera (617 . — di82>ersa 611 612). — Endiviae 634. 1026 INDICE Puccinia fioca 624. — glumarum (61 T). — Graminis 9, 602 (603*). — Helianthi 631. — ffieracii I — AfaJtfacearum 627 (628' , — Maydis 618 (619* . — Me, Unii 631. — Petrose li ni 630. — fwTi 621. — l'runi-spino-in 624 (625*). — /.'(7)i8 626. — rubigo-vera 9, 611, 613. 614. — Scorzonerae 632. — simplex 613. — «Sorghi 618. — 8uaveolt a* 633. — Tragopogonis 632. — triticina 613. — Rofae 628. Pucciniastrum 673. — Goeppertianum 674 (675* — Parti 67:;. Polmonaria 677. Pantatura do] frumento 402. Pythium De Baryanum 146 (147' . — Equiseti 149. Quenouille dea graminées 331. Quercia 248, 324, 369, 372, 458, 501, 502, 511, 517, 679, 694, 695, 701, 71 ::. 707, 708, 709, 710, 712, 720, 722, 724. 727, 730, 740, 741, 743, 837, 845, 849, 919, 923, 937, 1007. Qukrcus llex 246. 349, 679, 694, 710, 722. Rabbia del Cece 788. Bamalina 914. Ramularia 853. — ampelophaga 768. — armoraciae 8S — australi* 854. — Cynarae 854. — lleraelei 854. — lattea 853. — rosfa 854. — Tulasnei 397, 854. — VallÌ8umbro8at 854. Ranttncdlus 571. — «e/- 567. — miri' <>in a s 567. — l'icaria 567. Rai x 60, 150, 220, 422, 510, 978. Raphanus rapini ni*trum 60, 422. — .■«itici* 60, 267. Rapskraukbeit 220. Rapsveiderber 422. Rauschbrand 305. Rayure ronge 703. Ravizzone 220. Rebbnbnbolz 695. Recettività 24. Reseda 883, 996. Reticularia May* 547. Ehacodium 909. — «-/fare 909. Rhamnus 9. — cathartica 618. — fruii gal a 616. RHINANTHUS 918. — alectorolophtts 918. — major 918. — minor 918. Rhizina infoia (297*). Iìhizobium Leguminowrum (87*). Rbizoetone de la Luzeme 424. Rhizoctonia 908. — Medicaginis 424. — ,So/««) *693, 909. — violacea 693, 908. — — var. Asparagi 909. var. 7,'e<«f 908. — — var. Crocorum 909. — — var. Dauci 908. var. Medicaginis 424 (425*), 908. Rhizomorpha 908. — frogili» 735, 908. — necatrix 375. — subcorticali» 'MI, 735, 908. — subterranea 377, 908. Rhododendkon 448, 654, 683, 838, 911, 996. Rhynchodiplodia 796. — Cifri 796 (797*). Rhytisma 307. — acmwM«i 307 (308*). — Onobrychidis 309. — punctalum 309. — salici mi ni 309. Ribes 678, 821. — alpinum 652. — aure u m 652. — grossularia 306, 476. 500, 626, 652, 964. — nigrum 306, 476, 652. — >•(('&>•««) 306, 322, 344, 500, 626, 652, 821, 964. Rig disease 366. Rindeublasenrost der Kiefer 649. Ringelkraukheit 292. Ringfaiile 717. Ringseuelie 297. Ripe rot 367. Riso 105, 296, 334, 855, 912, 967. Rizomorfe 120. indici: 1021 Robinia 709, 722, 730, 710, 919, 925. Roesleria della Vite 302. Roealeria pallida (302 ). lioestelia cancellata 643. — lacerata 648. Roggenbr.iunrost 612. Roggenhalinbrecher 121. Roggenkornbraud 566. Roggeusteugelbrand 568. Rogna dei frutti di Albicocco 7 ."> r> . — delle Patate 64. — del Susino 84 1. - dei tuberi di Patata 86, 941. — dell'Ulivo 74. — della Vite 80 (81*). Roud 297. Roofc rot of Tobacco 414. Rose bligbt 469. Rose brami 636. Roseli iuta 369. — aquila 371. — bt/ssiscrìa 371. glomerata 380. — ìiecatrix 372 (373*). - quercina 369 (370*). Rosenrost 636. Rosenscbimmel 169. Rossore delle foglie di Vite 395. Rost der Zuckerriibeu 590. Rot anier 201. — bianco 414. — Liane 414. — bruii 175. Roter Brenner 305. Rot fatile der Kieferu 723. Rot gris 175. — livide 414. Rouge du Pin 311. Rouille des aiguilles du Pin 658. — de l'Ai] 620. — de l'Asperge 621. — de la Betterave 590. — bianche d. (Jrticifères 150. — brune 612. - brune du Ble 613. - du Buleau 672. — du Caféier 600. — du Celeri 629. — de la Chicorèe 634. — des Chvsantliemes 633. — courbense du Pin otiti. à couronne 616. de l'Avoiue 617. — des feuilles de Mùrier 389. de la fève 593. — du framboisier 638. — des Groseilliers 626. — des baricots 595. — jaune 614. Rouille du Lin 665. - lineane 602. — du Mais 618. — des Mauves 627. — naiue 613. des Oeillets 623. du Persil 630. — du Poirier 610. du Pois 598. — du Prunier 625. — du Rosier 636. du .Sanie 671. — du Trèfle 597. vtsiculaire des aiguilles de l'Epicéa 653. - — de Pécorce dn Pin 649. ROVO 230, 985. Riiboufaiile 266. Riibeuschwarzfaule 105. Rubus 230, 639. — Idaeua (cfr. Lampoue). Ruggine dell'Abete 674(675-). — dell'Abete rosso 655. — dell'Aglio 620, 621. — dell' Anemone 624. — dell'Asparagio 621. - della Barbabietola 590 (591 ). — della Betulla 672. — bianca delle Composite 152. - delle Crodifere 150 (151*). - dei Limoni 796 (797" i. - del Biancospino 646 (647 . — del Bossolo 629. — bruna del Grano 613. - dell'Orzo 613. — del Caffè 600. - della Cicoria 634. - del Ciliegio 626. — coronata 616. - dell'Avena (617 . — del Cotogno 645. - dei Crisantemi 633. - curvatrice dei rami tititi (667" i. - del Fagiolo 595 (596*). - della Fava 593 (594*). — delle foglie del Larice 669. - del Garofano 593, 623. . — del Girasole 631. - del Granturco 618 (619*). — del Lampone 638. lineare del Grano 602 (603*), 917. — del Lino 665. delle Malve 627 (628*). — della Medica 599. — del Melo 645. della Menta 631. delle Peonie 649 (650*). perforatrice delle foglie di Pruno (753*). del Pero 640 (641 ). 1028 INDICE Ruggiue del Pino (foglie) (658*). ,1,1 Pioppo 669 (670 i. — del Pioppo tremolo 666 (667*), «569. del Pisello (598*). — del Porro 621. del Prezzemolo (ì 3 0 . — del Ribes 652. del Rododendro 653 (654*). — delle Rose (636' |. — del Salice 671. — della Scorzonera 632. — del Sedano 629. — dei Semprevivi 657. striata de] Gratin i 614*). della Segala (612*). - degli strobili «li Abete 673. - del Susino (625*). - del Tri Inolio 597. del Vaccinio 07 1 (675' |. vescicolare delle foglie di Abete 653 (654*). vescicolosa della scorza di Pino li li» (650 i. — della Viola 628. Ruggini 572. Russtau ir,:;. — der Alpenrosen 448. dei- Pfirsiche 873. — der Tanne 448. Rye -iiiut 568. Saccharomycea Ludwigii 109. Saccharum officinarum (cfr. Canna da Zucchero). Sagina 623. Saggina 502, 553, 555. 967. Salice 309, 332. 153, 671, 703, 709, 714, 720, 710, 816, 854, 872, 913, 919, 929, 939, 1006. Sai.ix 322. 671 (cfr. pure Salice). — alba l'ili. — cuprea 309. — purpurea 499. Sambuco 925. Sang 305. Sanguisorba 230. Saponaria 554, 559. Saprofiti 15. — facoltativi 16. — obbligati Hi. Scab 64. Ina delle Patate 093. 845. Schinzia Alni 63. Schizomiceti 65, (66*), 943. Schizonella 558. mi ìanogramma 558. Schizophyllum 711. — communi 7 11. Schneescbimmel 899. Schorf 64. Schorfkrankhpiten d. Kartoffeln 138. Schupijenwui'z 937. Sehiittepilz 311. Schwarze Brenner 701. - der Gartennelken 878. — der Getreides 402. - der Hvaciuthen 430. S,li walzer Krebs 344. Schwarzfaiile der Trauben 355. Sehwarzrost 602. Schwarzwerden des Klees 312. SCILLA 293, 554, 570. Sclere-spora 172. — graminicola 172. - macro-spora 173 (174*), 942. Sclerotienkrankheit d. karrolreln 200. — d. Preif'selbeeren 255. — d. Quitte 256. Sclerotinia 254. — baccarum 256. — bulborum 292. — cinerea 282 (263'). - fructigena 258 (259"). Fuckeliana 280 (281*). — Idra 204. Idbertiana 266 (267*). — Linhartiana 256 (257). — megalospora 256. — Oxycocci 250. — Patii 256. — secalincola 266. — temulenta 264. Trifoliorum 277 (278*). — Vaccinii 255. Sclerotium 908. — ambiguum 897. Brassicae 266, 908. cepivorum 268, 273. 897, 908. - clarus 334, 908. - compact uni 266, 273, 279, 908. - echinatum 280, 284, 908. — Oryzae 296, 908. — semen 699. 8phaeriaeforme 27:',. — Tulipae 294, 908. - Tulipano» 294, 908. valium 266, 273, 908. Sclerozii 120. Scolecospore 125. Scolecotrichum 888. — Fraxini 868. — melopthorum 869. Scopazzi del Ciliegio 246. — del Leccio 246. Scorzonera 152, 510, 555. 032. 978. Secale cereale (cfr. Segalai. — monlanum 612. Seccume circ. d. rami di Abete 781 (7*2' I. INDICE 1029 Seccume del Castagno 392 (393*). — delle foglie dell'Abete 411 (412*). — — — di Fagiolo 758. — del Grano 419 (420*), 799. — — — di Leccio 349. di Noce 843 (844 |. di Platano 350. - — di Pomodoro (805* |. - del Ribes 305 (306*). — primaverile della Patata 892. - dei rametti di Acero 832. — ■ dei rami di Ciliegio 345. — dei rami di Pioppo 407 (408*). Sedano 102, 630, 804, 854, 885, 980. Segala 334, 421, 433, 436, 43o' 440, 502, 566, 602, 642, 614, 764, 813, 849, 899, 965. Segala cornuta 334 (335 I. Seigle enivrant 264. Sellerierost 629. Skmpjsrvivum 657. Senecio 217, 658. — elegana 444. Septocylindrium 860. — disaMena 860. Septogloeum 831. — Sartigianum 832. — Mori 388, 832. Septoria 799. — ampelina 809 (810*). — Azaleae 810. — Cannatiti 802. — Chry8anthemella 807. — Chrysanthemi 806. — Citi-i 808. — Cucurbiiacearum 806. — Dianthi 802 (803*). — Fra gari a e 397, 808. — - glumarum 801. - Gramin uni 419, 800. — Limonimi 808. — Lycopersici (805*). — Mori 390. — Oleandrina 811. — paralitica 794. — Petroaelini 804. — Pini 312. — piricoìa 395, 811. — Populi 808. — Tiliae 808. — Tritici 799. SksamUM orientai)' 341. Setauia Germanica 546. — Italica (cfr. Panico). — verticillata 172. viridis 4 72, 546. Sferiacee 350. Sferioidacee 750 (749*). Sferopaidali 749, 945. Sieroterapia 48. Sifoblaste (Porouo.sp.) 145, 217. Sii.k.vk 554, 559, 623. Simbiosi 15. — micoplasmatica 35. Simbioti 16. Sinapis arvenaia 60, 146, 150, 220, 122. Sincbitriacee 138. Siiin.ma li':;, ,X39. SlSYMBRIUM 220. Small pox 764. Smilax 838. Soft-rot 870. Sói.am.m Dulcamara 157. Lycopersicum (cfr. Pomodoro). — Melongena (cfr. Melanzana). — titberoeum (cfr. Patata). SONCHUS 217, 929. Sonuenbhunenrost 631. Sootj niobi 449. Sorbus (cfr. Pini*). Soredi 913. Sorghum cernuum (cfr. Durra). - Baccharatum 98, 553, 555, 557. — vulgate (cfr. Saggina). Sorgbnm-bligbt 97. Soro&porium 559. — Saponariae 559. Spaccatura (Mal della) 88. Spargelrost 621. Speculakia 659. Spermogonii 574. Spezzamento dei culmi di Segala 421. Sph acelia 897. — Allii 897. - aegctum 334, 898. — typhinao3l, 898. Sphaceloma ampelinum 761. Sphaeelotheca 555. — Hydropiperis 558. — Beiliana 557. — Sorghi 555 (556*). Sphaerella 388. — Bellona 756. — cerasella 396. — exitialis 801. — Fragariae (397"). — Fraxini 886. — maculiformia 392 (393 ' i. — Mori 388 (390*). — sentina (395 ). — tabifica 398 (399*). — Tulasnei 4 02 (403 |. Sphaeria Bidwellii 359. Sphaeroderma 339. — damnosum (340" \. Sphaeropsia 785. — Malmii ni 785. Sphaerotheca l(>:». — Caetagnei 4 71. — llumuli 474 (475*). 1030 INDICE Sphaerotheca Mors-Uvae 170. panno8a I 69 (471*). Spiuac]] Mould 225. Spinacia oleracea 225, i'80. Spiraea 322, ITI, 177. 660. Spitzenfalile 98. Spongospora Solani 01. Sporangi 1 li l . Sporaugiospore 1 - I . Spore 121, 125. Sporisorium Mayàis 842. Sporodesmium 886. — exitiosum 423. piriforme 433, 8S7. — sicynum 886. Sporodocbio 839. Sporofite 943. Sporotrìchum 850. — anthophilum 850. Spotting of peaches 873. 8 proli ili Gallo 334. Stachelbeer Meliltau 476. Staubbrand der Hirse 544. der Sorgliobirse 553, 555. dea Weizens 533. Staurospore 125. s i i.i.i.a i;i a 623, 662. Stengelbi'enner 66 (561*). — Secali* fi 06. — Tritici 560 (561*). IX DICK 1031 Tilletiacee 559. Top-rot 98. Topinambour 267, 632, 851, 977. Tonila di88iliens 860. — exit iosa 834. — monilioides 109. — Rhododendrì 448. Traoopogon 152, 554, 632. Trametes 717. — Pini 717. — radieiperda 723. Trichoseptoria 812. — Alpei 812. Trichosph aerici 366. — parasi t ita 411. — Sacchàri 366. Ira hosporiutn fuseum 372. Trifoglio 101, 137, 227, 271, 277, 303, 342, 508, 597, 599, 820, 848, 872, 888, 891, 925, 928, 929, 935, 999. Trifoliitm (cfr. Trifoglio). — hybridnm, 211, 342, 424, 597. — incarnatum 277, 303, 342, 597. — medium 342, 597. — nigrescens 303. — ochroleueum 597. — pratense 277, 303. 342, 424, 597. — repen» 101, 137, 146, 277, 303, SU'. 424, 597. — scahrum 342. Trigonella 277, 445. Trocken faille der Kartoffeln 901. Triticum (cfr. Grano). — amyleum 566. — durimi 560, 566. — monococcum 566. — Spelta 560, 566. — turgidum 566. — vulgare (cfr. Grano). Tsuga 411. Tubercoli miliari 426. — radicali delle Leguminose (87*). Tubercolosi dei Cavoli 59. — del Pesco 85, 940. — dell'Ulivo 74 (75*). — della Vite 80 (81*). Tubereularia 896. — aciiiorum 896. — vulgaris 322, 897. Tuberculariacee 895. Tuberosk 270. Tulipa 293, 294, 851, 997. Tumeurs cbarbouneuses de la Betterave 140. Tumori dell'Abete 434 (435*). — del Pino di Aleppo 84. Typkula 698. — variabili» 698 (699*). Ulivo 74, 299, 459, 722. 730. 827, 861. 983. Ulml-s 109, 322, 501. Uncinula 179. — Aceri» 500. — americana 480. — necator 480 (48T . — Salici» 499. — spiralis 480. Uredinales 572, 915. Uredinee eteroiche 580. — omoicbe 580. Fred,. 678. — dianthieola 678. — Fir>4. — violacea 554. Uva infavata 288. Y.\c ( ixiim 177. — Myrtillus 25(3, 682. — uligino8um 256, 682. — ni/* Maea 255, 407, 67."-. 682. Vaiolatura della Bietola (880*). — 'del Fico 879. — dei frutti degli Agrumi 433. — nera delle Graminacee 343. dei Trifogli 342 (343*). — rossa delle Fragole (397*). — del Trifoglio e d. Medica 303 (304*). Vajnolo della Melanzana 791. — del Melone 825. — dell'Ulivo 864 (865*). — della Vite 764. Vai.eiuanei.la olitoria 230. Valsacee 34 5. Veilchenrost 628. Veilchensfcengelbrand 571. Venturia 381. — Girasi 388. — inacquali* 386 (387*). — pirina 381 (382*). Verbena teucrioides 649, 997. Verderame del Granturco 843. Vermicularia circinans 821. Vicia 228. 267, 373, 593, 598, 599, 789, 851, 925, 990. — Faba (cfr. Fava). — satira 593. Vigna sinensis 341. Vine disease 480. Viola 138, 445, 571, 628, 884, 997. — odorata 571, 628, 853, 884, 892. — tricolor 571, 853, 884. ViOLACiOCCA 150, 220, 881, 998. Vischio (919*). Vischio quercino 923. VlSCUM 919. — album (919*). — laxnm 92(1. Vite 80, 88, 104, 107, 175, 302, 305, 356, 366, 372, 380, 414, 453, 480, 679, 685, 730, 743, 744, 756, 757, 763, 761, 779, 780, 821, 829, MS, 851. 895, 896, 901, 906, 929, 937, 951. Vi 1 1- cordi/olia 356. — Labru8ca '■•■<<>. 810. 100, 787, 799, 809, 860, 872, 884, 913, 919, 925, VlTiS monticola 356. — riparia 356, 810. — rini fera (cfr. Vite). Volva 126. Volpe 533. 560. Weidenrost 671. Weidenschwamiu 720. Weinstockfaule 372, 730. Weise Rotz d. Hyacintben 114. — rosi 150. Weissfaiile der Tanneu 723. — der Weintrauben 414. "Weisspfeifìges Eiehenholz 694. Weisstannenritzenschorf 312. Weizenblattpilz 419. Weizenbraunrost 613. Wheat-blight 329. scab 329. White rot 414. — rust 150. Wickenrost 593. Willow Blight 499. — Brand 671. AVithertip 825. Wurzelbraud d. Keimpflanzeu 146. Wurzelbraiine der Lnpiuen 444. Wurzel faille 302, 730. AVnrzeltoter der Luzerne 424. Xanthoria parietina 914. Yellow rust 614. Zafferano 759, 909, 985. Zea Mays (cfr. Granturco). Zigorniceti 230. Zigosi 123. Zigospora 123. Zinnia 270. Zoosporangi 143. Zoosporangiolori 143. Zoospore 124. Zucca 97, 474, 510, 806, 826, 905, v 906, 973. Zunderschwamm 719. Zweigdiirre des Feldahorns Zwiebelbrand 229, 569. Zwiebelrost 620. 832. TRATTATO DI PATOLOGIA E TERAPIA VEGETALE AD USO DELLE SCUOLE D'AttRUOLTURA I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI PEL Dott. TEODORO FERRARIS PROFESSORE Di PATOLOGIA VEGETALE PRESSO LA R. SCUOLA DI VITICOLTURA " UMBERTO I „ DI ALBA LIBERO DOCENTE DI FITOPATOLOGIA PRESSO LA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA Fascicolo II (fogl. G-10) cou 16 figure nel testo ALBA TIPOGRAFIA SINEO & GAULAHOI 1909 CONDIZIONI DI ABBONAMENTO. L'Opera completa riguardante i parassiti vegetali delle piante costituirà un volume di circa 600 pagine 17X25 con oltre 200 figure in gran parte originali e disegnate per mano dell'autore ed uscirà completo entro il prossimo anno. Un numero limitato di copie, non superiore alle duecento, specialmente destinate ai Laboratori fìtopatologici delle Scuole Agrarie ed alle Cattedre Ambulanti di Agri- coltura per sottoscrizione verrà distribuito a fascicoli (con copertina) di 80 pagine l'uno, al prezzo di L. 0,40 il foglio di stampa (16 pagine) e quindi a lire DUE al fascicolo. Rivolgersi per abbonamenti all'autore : r>ott. Prof, tkodoro xm&rrariìs R. Scuola Enologica, ALBA (Cuneo) PREZZO DEL PRESENTE FASCICOLO LIRE DUE // presente fascicolo è uscito addì 28 Luglio 1909. Il terzo fascicolo uscirà verso la Une di Ottobre. TRATTATO DI PATOLOGIA E TERAPIA VEGETALE AD USO DELLE SCUOLE D'AGRICOLTURA I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI PEL Dott. TEODORO FERRARIS PROFESSORE DI PATOLOGIA VEGETALE PRESSO LA R. SCUOLA 31 VITICOLTURA " UMBERTO I ,, DI ALBA LIBERO DOCENTE DI FIT0PATOL0GIA PRESSO LA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA Fascicolo IH (fogt. 11-15) con 17 figure nel testo ALBA TIPOGRAFIA. SINEO & GALLAHDI 190!) 0t #* CONDIZIONI DI ABBONAMENTO. L'Opera completa riguardante i parassiti vegetali delle piante costituirà un volume di circa 600 pagine 17X25 con circa 200 ligure in gran parte originali e disegnate per mano dell'autore ed uscirà completo entro il prossimo anno. Un numero limitato di copie, non superiore alle duecento, specialmente destinate ai Laboratori litopatologici delle Scuole Agrarie ed alle Cattedre Ambulanti di Agri- coltura per sottoscrizione verrà distribuito a fascicoli (con copertina) di 80 pagine l'uno, al prezzo di L. 0,40 il foglio di stampa (16 pagine) e quindi a lire DUE al fascicolo. Rivolgersi per abbonamenti all'autore : Dott. Prof. TEODORO FERRARIS R. Scuola Enologica, ALBA (Cuneo) PREZZO DEL PRESENTE FASCICOLO LIRE DUE // presente fascicolo è uscito addì 30 Novembre 1909. Il quarto fascicolo uscirà entro il mese di Gennaio. TRATTATO DI PATOLOGIA E TERAPIA VEGETALE AI) USO DELLE SCUOLE D'AGRICOLTURA I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI PEL Dott. TEODORO FERRARIS PROFESSORE DI PATOLOGIA VEGETALE PRESSO LA R. SCUOLA DI VITICOLTURA " UMBERTO I „ DI ALBA LIBERO DOCENTE DI FITOPATOLOGIA PRESSO LA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA Fascicolo IV (fogl. 16-20) con 21 figure nel testo ALBA TIPOGRAFIA SINEO & GALLAUD1 1010 CONDIZIONI DI ABBONAMENTO. L'Opera completa riguardante i parassiti vegetali delle piante costituirà un volume di oltre 700 pagine 17 X 25 con circa 200 figure in gran parte originali e disegnate per mano dell'autore ed uscirà completo entro il corrente , anno. Un numero limitato di copie, non superiore alle duecento, specialmente destinate ai Laboratori fitopatologici delle Scuole Agrarie ed alle Cattedre Ambulanti di Agri- coltura per sottoscrizione verrà distribuito a fascicoli (con copertina) di 80 pagine l'uno, al prezzo di L. 0,40 il foglio di stampa (16 pagine) e quindi a lire DUE al fascicolo. Rivolgersi per abbonamenti all'autore : JOott. Prof. TEODORO FERRARIS R. Scuola Enologica, ALBA (Cuneo) PREZZO DEL PRESENTE FASCICOLO LIRE DUE il presente /«svicolo è uscito addì 1 Jtfarzo 1910. In fascicolo doppio (100 pàgine) uscirà verso la fine di jTprile. TRATTATI) DI PATOLOGIA E TERAPIA VEGETALE AD USO DELLE SCUOLE D'AURK OLTURA I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI PEL Dott. TEODORO FERRARIS PROFESSORE DI PATOLOGIA VEGETALE PRESSO LA R. SCUOLA DI VITICOLTURA " UMBERTO I „ DI ALBA UBERO DOCENTE DI FITOPATOLOGIA PRESSO LA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA Eascicoli V e VI (fogl. 21-30) con 42 figure nel testo ed una Tavola ALBA TIPOGRAFIA SINEO * GALLAUDI 1910 V « CONDIZIONI DI ABBONAMENTO. L'Opera completa riguardante i parassiti vegetali delle piante costituirà un volume di oltre 700 pagine 17x^;> con circa 200 ligure in gran parte originali e disegnate per mano dell'autore ed uscirà completo entro il corrente anno. Un numero limitato di copie, non superiore alle duecento, specialmente destinate ai Laboratori fìtopatologici delle Scuole Agrarie ed alle Cattedre Ambulanti di Agri- coltura per sottoscrizione verrà distribuito a fascicoli (con copertina) di 80 pagine l'uno, al prezzo di L. 0,40 il foglio di stampa (16 pagine) e quindi a lire DUE al fascicolo. Rivolgersi per abbonamenti all'autore : IDott. Prof. TEODORO FERRARIS R. Scuola Enologica, ALBA (Cuneo) PREZZO DEL PRESENTE FASCICOLO DOPPIO LIRE QUATTRO Il presente fascicolo doppio è uscito addì 15 Qiugno 1910. Il fascicolo VII uscirà entro il mese di Ottobre. TRATTATO DI PATOLOGIA lì TKIIAPIA VAGITATI AD ISO DELLE SCUOLE D' AGRICOLTURA I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI PEI Dott. TEODORO FERRARIS PROFESSORE DI PATOLOGIA VEGETALE PRESSO LA R. SCUOLA DI VITICOLTURA " UMBERTO I ,, DI ALBA LIBERO DOCENTE DI FITOPATOLOGIA PRESSO LA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA Fascicolo VII (Tosi. 31-35) con lo figure nel testo. ALBA TIPtJCKAFIA 8TNEO » 1 H > 1910 ..#«. « CONDIZIONI DI ABBONAMENTO. L'Opera completa riguardante i parassiti vegetali delle piante costituirà un volume di oltre 700 pagine 17 X 25 con circa 200 figure in gran parte originali e disegnate] per mano dell'autore ed uscirà completo entro il prossimo j anno. Un numero limitato di copie, non superiore alle duecento, specialmente destinate ai Laboratori fìtopatologici delle Scinde' Agrarie ed alle Cattedre Ambulanti di Agri- coltura per sottoscrizione verrà distribuito a fascicoli (con copertina) di 80 pagine l'uno, al prezzo di L. 0,40 il foglio I di stampa (16 pagine) e quindi a lire DUE al fascicolo. Rivolgersi per abbonamenti all'autore : E>ott. Prof. TEODORO FERRARIS R. Scuola Enologica, ALBA (Cuneo). Depositario per l'estero: OSWALD WEIGEL, Kiinigstrasse 1, LEIPZIG. PREZZO DEL PRESENTE FASCICOLO LIRE DUE // presente /«scivolo è uscito addì 1° Dicembre 1910. Il fascicolo VII] uscirà entro il mese di Febbraio 1911. TRATTATO DI PATOLOGIA E TEMPIA VEGETALE AD ISO DELLE SCUOLE D»lGELCOttURA I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI PEL Dott, TEODORO FERRARIS PROFESSORE DI PATOLOGIA VEGETALE PRESSO LA R. SCUOLA DI VITICOLTURA " UMBERTO I ., DI ALBA LIBERO DOCENTE DI FITOPATOLOGIA PRESSO LA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA Fascicoli TIII e IX (fogl. 36-46) con 38 figure nel testo TlHOl'.HAFIA SINEl) *t &0 1911 * * CONDIZIONI DI ABBONAMENTO. L'Opera coni pietà riguardante i parassiti vegetali delle piante costituirà un volitine di oltre 800 pagine 17X25 con circa 200 figure in gran parte originali e disegnate per mano dell'autore ed uscirà completo entro il corrente anno. Un numero limitato di copie, non superiore alle duecento, special inente destinate ai Laboratori fitopatologici delle Scuole Agrarie ed alle Cattedre Ambulanti di Agri- coltura per sottoscrizione verrà distribuito a fascicoli (con copertina) di 80 pagine l'uno, al prezzo di L. 0.40 il foglio di stampa (1(3 pagine) e quindi a lire DUE al fascicolo. Rivolgersi per abbonamenti all'autore : I>ott. Prof. TEODORO IcERRAKI» R. Scuola Enologica, ALBA (Cuneo). Depositario per l'estero: OSWALD WEIGEL, Kbni^strasse 1, LEIPZIG. PREZZO DEL PKESEXTE FASCICOLO DOPPIO LIRE QUATTRO. // presente fascicolo 'loppio è uscito addì 13 Luglio 1911. I completamento dell'opera uscirà un ultimo fascicolo doppio, salvo imprevedibili ritardi, nel Dicembre 1911 corredato di chiave analitica la facile classificazione delle malattie ed indice (/eneraìe. TRATTATO DI PATOLOGIA 15 TERAPIA VEGETALE Al) USO DELLE SCUOLE D'AGRICOLTURA I PARASSITI VEGETALI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI PEL Dott. TEODORO FERRARIS pfi hlssore di patologia vegetale presso la r. scuola di viticultura " umberto i ,, di ai ba libero ducente di fitopatologia presso la r. università di geb Guida analitica per la classificazióne «Ielle malattie ed indici (do pay. 94ò u pai/. 1032) ALBA frPOQHAFIA SINEO it lii > 1913 AVVISO Essendo esaurita l'edizione a fascicoli tirata in numero limitato di copie, si ricevono ordina/ioni per il volume completo del Trattato (pagg. 1032 con 184 fig. ed 1 tav.) che è stato ora ultimato, dirigendo vaglia di L. 25,00 al Prof. Teodoro Ferraris, R. Scuola Enologica - Alba (Cuneo). DEPOSITARIO PER L'ESTERO OSWALD WEIGEL, Kònigstrasse, 1 - LEIPZIG Ure 25 DEPOSITARIO PER L'ESTERO Ò8WALD WÉIGEL, Kònigstrasse,! - LEIPZIG New York Botanical Garden Library SB733 .F4 gen Ferraris, Teodoro/I parassiti vegetali d 3 5185 00120 5424