I ^P-2 HARVARD UNIVERSITY mm LIBRARY OF THE Museum of Comparative Zoology v« vy 5) « (? S6 SJJ i^) § ?pk I I-SI © — . urìtfT< -oSS£ 1£,1U> ITTIOLOGIA VERONESE AD USO POPOLARE E l'Eli SERVIRE ALLA INTRODUZIONE DELL! PISOIGULTURA Milk PROVINCIA ni EDOARDO nob. de BETTA eJlveiMc&g <)i più i/ioccaceitue a ho ci eia, AaeMwflCBt Seconda Edizione Tipografìa Vicenlini e Franchini > 4e n3( ?>^^^©Wo>3f|? «C — £ /? 9 © - T1 a) -B PER SERVIRE AMI INTRODVZIONE DELLA PISCICULTURA NELLA PROVINCIA DI EDOARDO de BETTA, E SOCIO ATTIVO DELL* ACCADEMIA DI AGRICOLTURA ARTI E COMMERCIO DI VERONA, SOCIO CORRISPONDENTE DELL' 1 I!. ISTITUTO VENETO, SOCIO ONORARIO DELL'ACCADEMIA OLIMPICA DI VICENZA. SOCIO CORRISPONDENTE DELL' ATENEO DI BASSANO, DELL'ACCADEMIA DEI CONCORDI DI BOVOLENTA, MEMBRO DELL' I. R. ACCADEMIA ROVERETANA, DELL'l R. SOCIETÀ ZOOLOGICO-BOTANICA DI VIENNA, DELLE SOCIETÀ* DI SCIENZE NATURALI DI BAMBERGA, HERMANNSTADT, PRAGA ECC. ECC. Seconda Edizione VERONA TIPOGRAFIA VICENTINI E FRANCHINI 1862. (Letta all' Accademia di Agricoltura Arti e Commercio di Verona neW adunanza del giorno 21 Agosto 1862). J_j accoglienza benevolissima per Voi fatta al mio scritto sulla Piscicultura (4) con cui ebbi l'onore di intrat- tenervi nello scorso Dicembre, e più di tutto l' interesse vivissimo che pronto spiegaste per la novella industria che io Vi proponeva di promovere e favorire nella nostra Pro- vincia, mi aveano lasciato persuaso d'aver trovato in Voi quanto di meglio avessi potuto augurare a quei scarsi miei studii ; ed indubbia prova di vostro favore mi fornì poi la immediata istituzione per Voi decretata di una Commis- sione Accademica, a cura della quale dovessero promoversi ed attivarsi gli esperimenti di Piscicultura propostivi. Questa valida protezione vostra ha anche già dato utile frutto: ed è con vera soddisfazione che io Vi posso annun- ziare destatosi già subito fra noi un particolare interesse per tal sorta di studii e sperienze, cui se a me resterà la compiacenza d' aver dato un primo impulso, vostro tutto sarà per essere il merito dei vantaggi che dalla pratica (1) Sulla Piscicultura in generale e sulla possibilità ed utilità della sua introduzione nel Veronese, con una tav. litogr. Verona, gennajo 1862. Memoria estratta dal Voi. XLI. degli Atti Accademici, e premiata con medaglia d' oro. 4 applicazione delle teorie, da Voi statuita e sostenuta, ne ridonderanno all' economia del paese con una industria la quale, e desidero vivamente di non illudermi, potrà tro- varsi stabilita fra non molto anche in questa Provincia. Se non che, nel mentre mi andava rallegrando della buona sorte toccatami, era ben naturale che arrestassi in- certo ancora il mio pensiero sulla possibile scarsezza delle nozioni presentatevi, dacché per gli stessi limili impostimi dalla natura di quel mio scritto, io non vi aveva potuto contenere ed esporre che le principali norme per procedere nella fecondazione artificiale dei pesci e nella piscicultura; e di qualche particolarità non mi fu concesso di più este- samente e più utilmente trattarne. A ciò ponendo riflesso, sentiva quindi più stretto l'obbligo mio di darvi compiuto il più sollecitamente possibile il promessovi lavoro sulla Ittiologia veronese per servire alla introduzione della piscicul- tura nella provincia nostra; lavoro, che in oggi appunto Vi presento accompagnato dalla speranza che io tengo di of- frire con questo una facile guida a chi, amoroso del paese o mosso da altre ragioni, volesse portare in pratica fra noi le teorie della novella industria, levandolo così anche dalla necessità di ricorrere a libri in lingua forse a lui sconosciuta, che in lingua che non è la nostra sono tutti i completi trattati di piscicultura fin qui venutici a mano, quando si eccettui una memoria di piscicultura marina del Prof. Raffaele Molin pubblicatasi negli atti dell'Istituto Veneto (4), e sulla quale ci occorrerà dire più avanti. Annunziandovi allora il presente mio lavoro, Vi dichia- rava avreste trovato in esso anche le più importanti no- (1) Tomo VI. Serie III. Dispensa IX. pag. 711 a 720, Dispensa X. pag. 7'?1 a T93. zioni sui particolari costumi di ogni specie, sulle rispettive abitudini, sul tempo della sua frega nelle acque nostre, sui migliori mezzi da adottarsi per rispetto a ciascuna nelP intento della fecondazione artificiale e moltiplicazione, e su quant' altro mai potesse avervi relazione. Io non mi sono punto dipartito da tale proposito; e tutto ciò Voi qui troverete trattato colla enumerazione di tutti i pesci indi- geni della Provincia, colla aggiunta di quelle specie clic ci pervengono avventizie da altre acque e dal mare, e colla indicazione di quelle poche altre che per qualche autore sarebbero attribuite alle acque nostre, ma delle quali per fede altrui, e mie proprie ricerche, non sarebbe ancora constatata l' esistenza fra noi. Mi tengo però in debito di farvi tosto presente come, avendo pur voluto con questo lavoro servire benanco alla scienza, ho creduto nonostante di ommettere in esso particolareggiate descri- zioni specifiche, discussioni di sinonimia, e quant' altro ancora mi parve potere tornarvi superfluo od arido, o riuscirvi forse di noja, riflesso anche fatto che in fin fine Vi parlo di animali troppo noti, e distinti in generale per T uso stesso cui essi ci servono. E tutto ciò quindi sorpassando ho preferito invece, come Voi già lo comprendete,, di conformare questi miei studii, qual eh' essi siensi, ai veri bisogni popolari, collegandoli per quanto meglio mi seppi alle viste d' un materiale pro- fitto, e svolgendoli nel modo che più adatto stimai per iniziare, per agevolare, e per rendere un giorno indubbia- mente proficuo un ramo d' industria, che altre nazioni hanno già saputo rendere sorgente vitale di lucro e di spe- culazione, e presso le quali, entrala già la piscicultura fra le fonti di pubblica economia, si ottennero vantaggi ed interessi tanti e tali, che non sarebberonsi attesi giammai fino a che le fondamentali teorie di essa si rimanevano senza pratica ed estesa applicazione fra le carte, e nei modesti ga- binetti dei dotti. II. Superfluo tornerebbe senz' altro che io qui riportassi dall'antecedente mio scritto le norme dalle quali è in ge- nerale regolata e diretta la fecondazione artificiale delle uova dei pesci, la loro incubazione, il loro schiudimento, ed il successivo primo allevamento dei pesciolini. Si in- tende da sé che chi si varrà del presente lavoro a guida di proprie esperienze, dovrà aver prima consultata quella Memoria, alla quale precisamente mi riporto, e della quale quanto in oggi Vi espongo non è che continuazione neces- saria ad un più utile e particolareggiato sussidio per lo scopo prefissomi, e da Voi ampiamente compreso e favorito. Sopra alcuni estremi delle norme espostevi mi gioverà nonostante richiamare 1' attenzione vostra, nel duplice in- tento di far ora ragione o schiarimento per alcuni di essi, e di raffrontarne altri e sorreggerli, ove occorra, con quanto sta esposto nella sopra accennata Memoria del Prof. Molin, la quale, sebbene dedicata alla piscicultura marina, potrà benissimo consultarsi per la fecondazione e moltiplicazione artificiale dei pesci di acqua dolce, mentre sono le stesse norme ed istruzioni date dagli autori per questi, che il Molin riporta ed espone nel proprio elaborato applicandole per induzione alle specie marine, salva soltanto qualche pic- cola modificazione voluta dalia diversa natura delle acque, dalla loro temperatura, da alcune differenze nelle epoche di prolificazione dei pesci di mare, e dalle speciali condizioni ed esigenze locali delle valli salse dell' Estuario veneto. 7 Che se nel ricordare parte di quanto già Vi esposi per notarvene poi le alcune discrepanze con quanto si legge scritto dal Prof. Molin, potessero a taluno per avventura sembrare dirette le mie parole a censura come che sia di quel dotto autore, io devo tosto premunire ben lontana da me ed affatto estranea ogni idea a ciò fare; ma sibbene ed unicamente trovarmi eccitato ad occuparmene e breve- mente ragionarne, per sceverare quello scritto da quelle poche mende, ma tali che basterebbero forse da sole a lasciar senza effetto gli esperimenti, se chi vi si accinge Io scegliesse a sola norma di essi. E confido che di tanto se ne convincerà lo stesso chiarissimo autore, quando, neir occuparmi del suo lavoro, troverà del resto essermi giovato io stesso della sua dottrina in fatto di fisiologia animale, e di qualche utilissima osservazione sua, per qui ampliare e rendere cosi più profìcue e più opportune le nozioni e le norme presentate nella mia prima relazione sulla Piscicultura. Ciò premesso, e riassumere volendo in brevissime parole quanto Vi dissi relativamente alla fecondazione delle uova nello stato di natura, e sul modo di artificialmente eseguirla, ricorderete certo avervi io esposto: che dopoché la femmina ha deposte le uova, il maschio va tosto a fecondarle, spruz- zandole del proprio sperma o latte; che volendo ese^ire la fecondazione artificiale, devonsi prima far sortire le uova dall' orifizio anale della femmina, per raccoglierle in oppor- tuno vaso contenente una quantità d'acqua che ne copra il fondo con una altezza di circa iO centimetri; che subito dopo visi farà colare per entro il seme fecondante del maschio; che ciò fatto si dovrà mescolare queir acqua colle dita, col rovescio d' una penna, o colla coda stessa del pesce, onde lo sperma vi si espanda e venga a contatto con tutte le 8 uova; e che finalmente, scorsi 5 a JO minuti dopo tale opera- zione la fecondazione è ottenuta, e le uova potranno quindi essere passate con certo successo negli apparati di incuba- zione, facendo prima colare l'acqua dal vaso in cui si operò. Quanto al modo nel quale verificasi la fecondazione delle uova, è bene che a lume di chi lo ignorasse, od in ogni caso a maggiore chiarezza delle nozioni premessevi, ed a ragione delle successive operazioni consigliate per procedere alla fecondazione artificiale, io qui esponga alcune particolarità in proposito, prevalendomi in ciò delle osservazioni degli autori e di quanto ci espone benanco lo stesso Prof. Molin. Lo sperma è un fluido denso, bianchiccio, contenente una quantità innumerevole di corpuscoli microscopici che, osservati a forte ingrandimento, hanno forma di filamenti, con una estremità ingrossata a guisa della capocchia d'uno spillo, e che con movimento anguillare vivacissimo nuotano e si agitano nel fluido spermatico. Sono le uova composte di varii strati, cioè di una tonaca esterna molto igroscopica e che può assorbire Y acqua mediante piccoli forellini dei quali è tutta trapunta; di una sottostante membrana vitel- lina esilissima, senza struttura, punteggiata, e la quale fino che 1' uovo sta nell' ovaja aderisce a perfetto contatto colla teca esterna; e finalmente del tuorlo che è una sostanza pellucida, ora perfettamente incolore, ora giallastra o ran- ciata, e persino rossa, composta di due fluidi densi; albu- minoso l'uno, e che a contatto dell'acqua coagula e si fa bianco -latteo; oleoso l'altro e che come più leggiero oc- cupa sempre la parte superiore dell' uovo. Appena le uova sono depositate nell'acqua l' assorbono alacremente, penetrando questa per la teca esterna che si gonfia e distende, e raccogliendosi fra la teca stessa e la membrana vitellina. La impermeabilità di questa non per- mette poi, finché V uovo è sano, che 1' acqua penetri nel tuorlo; che se mai vi giunge, il colorarsi questo in bianco di latte è sicuro indizio del suo deperimento. Perchè abbia luogo la fecondazione, è indispensabile che uno almeno di quei corpuscoli guizzanti nello sperma penetri per la micropila nella sostanza del tuorlo, e con questa si immedesimi. Ed a ciò giova appunto il rapido assorbimento dell' acqua per la teca esterna dell' uovo che determinandovi così varie correnti, servono queste come altrettanti centri di attrazione per determinare e facilitare la penetrazione degli spermatozoidi. Dopo pochissimi minuti che lo sperma è a contatto col- 1' acqua, i corpuscoli spermatici rallentano le loro oscilla- zioni, si gonfiano, perdono quindi affatto ogni mobilità, e con questa la vitalità loro. Se l'uovo non è fecondato prima che la teca esterna sia giunta al mcdofiin*o grado della sua tensione, e sia perciò cessato V assorbimento dell' acqua, Y uovo stesso si guasta e deperisce. Tutto questo fa ragione senz' altro al precetto di dover procedere con ogni possibile sollecitudine a far cadere lo sperma nelP acqua dopo avervi raccolte le uova; né saprei consigliare ad alcuno la pratica opposta di spingere dapprima nell'acqua lo sperma, e dopo averla mescolata per qualche secondo, le uova, mentre se in poco tempo cessa in queste T assorbimento dell'acqua, in tempo molto più breve perde il seme la proprietà fecondante. La quale opposta pratica, benché suggerita dal Prof. Molin pel solo caso che l'opera- tore non possa essere assistito da altri, e sia molto eserci- tato, e maneggi pesci non molto grandi, potrebbe nonostante lasciare senza buon esito l'operazione, quando per ini ac- cidente qualunque possibile o fosse tarda la sortita delle uova dall'apertura anale della femmina, o non si determi- nasse l' assorbimento di queste in quel rapido spazio di tempo che ancora può rimanere di vita agli spermatozoi già vibranti nel liquido. Sarà sempre pratica d' altronde contraria a quanto si co- stuma e si insegna dai più esperti piscicoltori e, se vogliamo dirlo, starebbe anche in opposizione a quanto succede in natura, della quale tornerà sempre più utile seguire ed imitare le operazioni, di quello che eseguirle a rovescio. A sostenere il nostro partito ci giovano poi assaissimo le importanti ricerche del Sig. de Quatrefages, il quale per pazientissime e svariate esperienze giunse a stabilire gli estremi di durata della vitalità per gli spermatozoi di alcuni pesci di acqua dolce (4). Secondo i risultati che egli ne ottenne abbiamo infatti che, operando nelle più favorevoli condizioni, cessa ogni vitalità degli spermatozoi nel Luccio * < in minuti 8, loV-nèlla Carpa o Raìna in m. 3, nel pesce Persico in m. 2, 40", e nel Barbio in m. 2, 10"; e questi estremi sarebbero ancora troppo alti mentre, al dire dello stesso autore, prima benanco che scorra quel tempo, gran numero di spermatozoidi sono già morti o si affievoliscono, di modo che di un solo minuto pel Barbio e pel Pesce Persico, di uno od al più due minuti per la Carpa, stabi- lirebbe lo spazio di tempo utile all' esperimentatore per compiere la sua operazione. Egli è così che, volendosi fe- condare le uova di quelle specie, dovrebbe darsi la prefe- renza al più vantaggioso partito seguilo dal Sig. Millet, di far cadere cioè simultaneamente e nello stesso vaso le uova e lo sperma, mescolando nello stesso tempo l'acqua per scio- (1) Reclierches sur la vitalìté des spermatozoides de quelques pois- sons d' eau douce. Aimal. Scienc. Nat. Zoologìe. Serie III. Tom. XIX. Anno 1853, pag. 341 a 369. a gliervi questo ed assicurare il contatto fecondante. Questo modo di operare è trovato anzi commendevole ed assai ra- gionato anche dallo stesso Sig. Quatrefages per le uova di quei pesci, come il Persico e la Carpa, che invece di sortir libere, come sarebbero quelle del Luccio, della Trota e di altri, sono avviluppate in una materia glutinosa di natura eguale a quella che avviluppa le uova della rana, e come questa facile essa pure e prontissima ad imbeversi d' acqua, a gonlìarsi, ed a rendere così impossibile la fecondazione. Tornando a ripetervi alcuni dei precetti da seguirsi nella fecondazione artificiale, io Vi dissi che 1' altezza dell' acqua nel vaso sia almeno di 10 centimetri; Vi dissi che fatavi colare per entro lo sperma debbasi mescolare tutto il li- quido colle dita della mano, col rovescio d' una penna o colla coda stessa del pesce; e Vi dissi finalmente che scorsi 5 a 40 minuti dopo tale operazione, la fecondazione è ot- tenuta e le uova possono con certo successo essere passate negli apparati di incubazione. Queste sono precisamente le norme dettate e seguite dai migliori pratici piscicoltori. Non saprei quindi, ed il chiar. Prof. Molin mi conceda dirlo, il perchè mai stia scritto nei suo lavoro di piscicultura marina doversi ver- sare nei vasi « tant1 acqua di mare quanta è appena suffi- ciente a coprire quella quantità d' uova da fecondarsi che si vuol far capire in un recipiente » — Che l'acqua non sia in ogni caso in tanta quantità da sperdere e diluire di troppo lo sperma, e da non riescirne quindi satura come si esige per avere un utile risultato, questo ben si comprende da ognuno. Ma che quest' acqua sia appena quel tanto che basta a coprire le uova, non può certo aversi per buona regola, né sarà mai consigliabile 1' adottarla. Ed in vero, come crederebbe possibile il Prof. Molin che con tanta scar- 12 sezza d' acqua, si determinassero nel liquido quelle correnti o centri di attrazione da lui stesso tanto opportunamente notate, e che tanto favoriscono V atto di fecondazione? Come mai gli spermatozoidi, o come egli chiama zoospermi, po- tranno distribuirsi omogeneamente in tutto il fluido, e più facilmente venire così a contatto colle uova? Come mai finalmente potrebbesi agitare e mescolare il liquido, in quantità cosi scarsa, senza esporsi al pericolo certo di por- tar guasto e schiacciare le uova stesse, tanto più poi se per questa operazione si volesse usare, invece che la mano od altro oggetto cedevole, un corpo duro e resistente quale un. cucchiaio, come egli suggerisce? Altro punto di disaccordo fra quanto e' insegnano i pra- tici e quanto stabilisce il Prof. Molin, quello sarebbe del tempo nel quale, avvenuta già la fecondazione artificiale delle uova, debbansi trasportar queste negli apparati di incubazione. Convengono tutti gli autori ed i pratici nel dirle fecondate dopo brevi istanti, ed io ve ne indicai il tempo fra i 5 ai 10 minuti. Un minuto o due basterebbero secondo Jourdier (1), qualche minuto appena secondo Go- denier (2), 5 minuti ed anche meno secondo Fraas (3), 5 a 40 minuti secondo Koltz (4), 6 a 40 minuti secondo Lamy (5), e cosi via discorrendo. E tutti poi ci dicono che scorso tale breve spazio di tempo, possono le uova levarsi dal- l' acqua spermatizzata per essere collocate, e con successo, negli apparati di incubazione. (1) La Pisciculture pag. 34. (2) De la fécondation et de V éclosion artificielle ecc. pag. 8. (3) Die Kiinstliche Fischer zeugung ecc. pag. 11. (4) Multiplication artificielle des poissons, pag. 41. (5) Eléments de pisciculture ecc. pag. 12. 19 Nulla ci direbbe esplicitamente il Prof. Molin sul tempo nel quale pensa egli avvenuta la fecondazione, ma mostra certamente di ritenerla molto più tarda prescrivendo che do- po mescolato il fluido « si lasci l' apparato in riposo per » un'ora, conservando una temperatura costante, eguale prcs- » so a poco a quella dell'acqua dove vivevano i pesci ». Con- chiude poi subito colle precise parole « ed ecco compiuta la » fecondazione; fecondazione più perfetta di quella che opera » la natura » . Lascio ad esso lui tutta la responsabilità di questa sentenza che posporrebbe le operazioni della natura a quelle dell' arte in un fatto fisiologico di tanta importanza, ma non posso a meno di mettere in avvertenza gli esperi- mentatori contro un insegnamento che porterà sempre al- meno una inutile perdita di tempo, se pur non arrecasse anche danno alle uova stesse che egli vorrebbe lasciate per un'ora nello scarsissimo liquido spermatizzato. Il Sig. Millet, assai benemerito pei non pochi progressi e vantaggi da esso lui introdotti nella pratica piscicultura, raccommanda assai al contrario di non lasciar 1' acqua spermatizzata che alcuni minuti soltanto in contatto colle uova, le quali devono poi essere lavate con altr' acqua prima di essere collocate negli apparati d' incubazione. Il celeberrimo Sig. Coste insegna e scrive anche assai di recente (1), che dopo un minuto circa di riposo le uova, già sufficientemente impregnate, si lavano rinnovando più volte 1' acqua del vaso, e senza ritardo si collocano nei predisposti apparati. E tutto ciò non è forse ancora una imitazione di quanto succede in natura, alla quale, lo ripeto, dobbiamo più che mai è pos- sibile tenerci ligi nel riprodurne le operazioni? In natura (1) Voyage d' exyloration sur le littorale de la France et de V Ita- lie ecc. — ed. II. Paris 1861. 44 difatti, o 1' ampiezza del bacino delle acque stagnanti, o la corrente deli' acqua non permette alle uova fecondate che un contatto di breve durata collo sperma spruzzatovi dal maschio, e la corrente stessa opera immediatamente la la- vatura suggerita dal Millet, dal Coste, e da altri ancora. Per tutto ciò che riflette V incubazione delle uova ed i relativi apparati; le cure che devonsi avere per impedire o togliere prontamente le cause di deperimento delle uova stesse; l'allevamento dei pesciolini nel primo tempo della loro vita; la successiva loro disseminazione nelle acque che devono popolare, e tutto quant' altro ha rapporto colle varie esigenze della piscicultura in generale, Vi ho già pre- sentate le più necessarie istruzioni nell' antecedente Me- moria; né occorre che io qui ritorni su questi argomenti o che qui altro vi aggiunga, tanto più poi che troverete meglio a suo luogo esposte quelle maggiori e più utili in- dicazioni che la specialità dei casi o delle circostanze, o particolari abitudini dei pesci nostrali esigono pel buon successo della piscicultura. Permettete piuttosto che abbandonando per ora tale ma- teria, io Vi conduca con poche generali nozioni a quella parte del mio scritto che ad istruzione popolare io destino, e nella quale tratto dei pesci per metterne in vista e farne apprezzare le utilità tante che ci procacciano. III. Chi mai sarà per disconoscere la bellezza, le particolarità, e sovratutto l'importanza dello studio dei pesci, quando solo rifletta niun' altra classe zoologica meritare più di questa 1' attenzione e 1' ammirazione del naturalista e del filosofo? io Quali altri animali hanno infatti meno circoscritto do- minio che i pesci, abitatori in tutti i climi di un elemento di superlicie ben maggiore che quella non è dei continenti cui bagna? Noi li troviamo numerosi tanto nelle più rigide latitudini, quanto ai tropici. Popolano essi tanto i vasti mari, che i più alti laghi delle alpi. I fiumi, le riviere, i ruscelli, le fontane, le paludi, gli stagni, i vivaj e persino le pozzanghere servono loro di dimora. E l'elemento stesso in cui vivono, meno soggetto ad istantanei e forti cambia- menti di temperatura; e la facilità dei pesci di avvezzarsi alle differenze di caldo e di freddo, fanno sì che non legati ne a determinate latitudini né a ristrette zone, possono, se non tutti ben molti, spingersi anche alle più lontane ed opposte regioni. Quali altri animali fra i vertebrati presentano con una relativa maggiore semplicità di organizzazione, tante varietà di forme congiunte al più alto grado di agilità e velocità nei movimenti? Mirisi l'Esoceto volante delle Indie (Exo> coetus volitansj provveduto di pinne pettorali della lun- ghezza del corpo e conformate a guisa di ali, in modo che coli' ajuto di queste può slanciarsi fuori dell' acque fino all' altezza di cinque o sei piedi, ed a quanto ne scrivono gli autori scorrere anche nell'aria un tratto lungo 450 piedi, e ripetere poi il volo subito dopo toccata l' acqua ! Quanto non è ricca di stravaganti forme la famiglia dei Loricati, e fra questi qual mai più bizzarro del mo- struoso Pelore filamentoso (Pelor friamcntosum Cuv. Val.) delle coste dell'isola di S. Maurizio? Vedete qual differenza di forme fra lo stranissimo pesce Luna (Orthagoriscus mola Schn.J giustamente paragonato ad una lesta circondata da pinna; e il pesce Zigena (Zùjaena maleus Val.J a testa allargata a forma di martello; e il curiosissimo Pegaso 46 dragone (Pegasus draco) ; e la nostra anguilla a forma quasi di un serpe; e la famiglia intera dei Sogli così ecce- zionale, ed unica fra tutti i vertebrati, pel corpo tanto schiacciato e non simmetrico, cogli occhi posti sopra uno solo dei lati della testa, come più volte avrete osservato nei pesci di mare che al nostro mercato si conoscono coi nomi volgari di Pàssera, di Rombo, e di Sfojo! E chi mai non è sorpreso della velocità dei pesci quando sa fra gli Squali essersi, a modo di esempio, vedute delle Lamne seguire senza mai stancarsi una nave veleggiante dall'Eu- ropa fino alle Indie orientali ; e potere il Salmone scorrere nuotando in un minuto secondo 24 piedi, in un ora 86,400; velocità questa che gli permetterebbe di compiere in poche settimane il giro del mondo ! Ai pesci non manca poi certo nò vivacità né bellezza di tinte, dacché il colorito di alcuni giunge a superare persino lo splendore dei colibrì e delle farfalle. E come quelli e queste, formerebbero sicuramente anche molti pesci il più beli' ornamento dei gabinetti se per la natura stessa dei loro colori, o forse solo per la imperfezione delle nostre cognizioni tassidermiche, non si alterassero tosto e svanissero in breve, tolti che sieno dal loro elemento. Quanto non fu prodiga Natura, e sarei quasi per dire capricciosa, nella forma delle armi e dei mezzi di difesa accordati a questi abitatori dell'acqua, quasi sempre voraci e crudeli, sempre in guerra tra loro, sempre inclinati e pronti a vicendevole distruzione ? Acutissimi denti, disposti a molti filari, uncinati, seghettati, inselvati fin nel palato, armano la bocca del pesce cane. Il pesce spada ed il pesce sega portano sulla superiore mascella un'arma, colla quale possono attaccare e sventrare i più formidabili mostri ma- rini. Nessuno ignora il terribile e portentoso apparato offen- il sivo delle Torpedini e sovrattutto dei Gimnoti, che con scariche elettriche atterrano, shalordiscono, ed uccidono i loro nemici. E per parlare anche di pesci nostri, ognuno conosce gli acutissimi denti del Luccio, l'acuta pinna dorsale del Persico, i hrevi ma rohusti aculei dello Spinarello (volg. Roncone), il più piccolo dei pesciolini nostri, e che sa così bene vendicarsi della voracità del Luccio coli' eriggerli e fìg- gerglieli nel palato nell' alto stesso in cui diventa sua preda. Dissi i pesci in continua guerra fra loro; ed in quale altra classe ha meglio provveduto Natura, opponendo ap- punto a questo sanguinario istinto di reciproca distruzione altrettanta prodigiosa fecondità degli individui e così facile moltiplicazione in tutti i climi, quanta osserviamo nei pesci? Ci è constatato da più autori ascendere dalle 400,000 alle 300,000 le uova nella Tinca; se ne contarono fino a 166^00 in un Luccio del peso di 10 chilogrammi; da 70,000 a 282,000, ed anche a 380,650 fu trovato il numero delle uova del pesce Persico; e di 200,000 a 600,000 nella Carpa comune 0 Raìna. Rousseau (1) porta a 7,625,200 il numero delle uova dello Storione, ed il celebre Leu- wenhoeck ne contò fino a 9,344,000 in una femmina di Merluzzo. Si calcolò che se tutte le uova dell' Aringa ( Clupea harengus L. ), che sono dalle 20 alle 30 mila per ogni femmina, (e secondo Block anche fino alle 68 mila), restassero tutte fecondate e nessuna perisse, non ci vor- rebbero più di otto anni perchè la specie giungesse ad empiere a trabocco Y Oceano, e che se il globo fosse tutto coperto di acqua sarebbe in non molto tempo anche troppo ristretto per contenere la specie (2). (1) Qnatrefages, Comptes rendus ecc. Tom. XXVIII. 1848. pag. 113. (2) Jourdier, Piscicullure, pag. 2G. 2 48 Tale e tanta è poi T importanza e V utilità dei pesci nei rapporti economici ed industriali, che senza tema di esa- gerazione può dirsi nessuna altra classe zoologica, dopo i mammiferi, averne tanta quanto questa per l'uomo. Oltrec- chè infatti da essa soltanto può dirsi dipendere l'esistenza degli abitatori della Siberia settentrionale, della Groenlandia e di altri paesi, sappiamo essere stata la pesca ed essere tutt' ora viva sorgente di ricchezze e di potenza per alcuni popoli d' Europa. La pesca infatti delle Aringhe è, a modo di esempio, una delle industrie europee la più lucrosa; e gli Olandesi venerano tuttora la tomba innalzata alla me- moria del loro pescatore Guglielmo Buckalz o Benckals, o come altri chiamano Denkelzoon, che primo inventò nel secolo decimoquinto l' arte di salare e conservare quel pesce. L' aringa compare talvolta in tale quantità e sì fitta, che molti scrittori ci assicurano non potere allora le pic- cole lancie dei pescatori aprirsi che a molto stento la via tra di esse. Nel 4784 potè la Scozia in soli 55 giorni pe- scare tanta quantità di aringhe in un solo braccio di mare, che dalla vendita se ne ricavarono 56,000 lire sterline. E che non diremo del prodotto quasi favoloso del Mer- luzzo, tanto commune sulle coste della Norvegia e d'Irlanda, ma sovratutto nell'America settentrionale sui famosi banchi di Terranova ? Cinque a sei mila sono i navigli che ogni anno movonsi alla sua pesca, e questi navigli recano al commercio 200 millioni circa di Merluzzi che vengono preparati e conservati in diverse maniere. La sola Francia vi manda ogni anno circa 400 navi (I) impiegandovi da oltre dodici mila marinaj ; e senza tener conto dell'origi- nario acquisto dei navigli, mette in moto dai 12 ai 43 (1) Chenu, Encycloptdie d' hist. nat* — Rcptiles et Poissons. pag. 319. 19 niillioni di capitali. Il prodotto della pesca francese fornisce a quella nazione 30 rnillioni di chilogrammi di pesce, dei quali più della metà è portato all'estero costituendo un ramo importantissimo d' industria commerciale e marina. Dicesi che un solo pescatore possa prendere da 400 a 500 Merluzzi in un giorno ; nò la continua persecuzione del- l' uomo, nò quella che gli movono una quantità di pesci rapaci ebbe ancora il potere di diminuire il numero dei Merluzzi. Secondo i ragguagli di Macculloch la Gran Brettagna può fare assegnamento siili' annua rendita di oltre 4 rnil- lioni di lire sterline per prodotto delle sue pescagioni: rendita che Barrow calcolerebbe anche del doppio. E Londra sola consuma annualmente 420 mila tonnellate di pesci. Secondo una citazione di Jourdier (Piscio, p. 82.) la sola città di Parigi avrebbe nel 4853 consumato pesce di mare venduto sui mercati pel valore nientemeno che di 7,874,030 franchi, (d) — Prodotto rilevantissimo per la Sicilia, per la Liguria, per la Sardegna e per altri paesi, è la pesca del Ton- no nel Mediterraneo, di cui non ò raro prendere fino a mille individui in una sola volta coli' uso delle Tonnare, ossiano reti a robustissime maglie con varie camere communicanti fra esse, e nell' ultima delle quali, chiamata camera della (1) Secondo i risultati esposti nel Eapporto generale statistico- eco- nomico della Camera di Commercio e df Industria di Verona pel quin- quennio 1857-18G1 diretto all' I. R. Ministero del Commercio in data 1. Agosto 18G2, la quantità media annuale di pesce clie si consuma nella nostra città sarebbe calcolato di Chilogrammi 55000 per quello d' acqua dolce, e di Chilogrammi 80000 per quello d' acqua salata -, ed il prezzo adequato relativo sarebbe stabilito di soldi 60 il Chilogrammo. Quindi un consumo annuo pel valore complessivo di fiorini 81000. 20 morte, succede la così detta mattanza o macello dei Tonni i quali, freschi o tagliati a pezzi e salati, o preparati con olio in barili, vengono poi mandati in commercio. Le An- guille fresche o preparate in diverse maniere costituiscono un ramo di importantissimo ed esteso commercio. Il mer- cato di Londra (i) ne è fornito da due compagnie olandesi, ciascuna delle quali possiede cinque navigli atti a conte- nere dalle 4 5 alle 20 mila libbre di Anguille vive. Ed ognuno di Voi sa della vistosa rendita delle lagune di Comacchio, ove si raccolgono e mandansi in commercio annualmente dai 200 mila ai 500 e più mila chilogrammi di Anguille. Venezia ha pure smercio notevole di pesce ammarinato che si prepara alla Mira ed a Treporti colle anguille che si ritraggono dalle valli dell' estuario veneto, e particolarmente da quelle presso Chioggia (2). Le Sar- delle formano una delle pesche più lucrative sulle coste della Gran Brettagna, e salate e conservate nell' olio ven- gono spedite per tutta Europa. Le Alici sono uno dei prin- cipali prodotti del Mediterraneo, e vengono salate in grande quantità nel Nizzardo, in Corsica, e nella piccola isola di Capraja. Nò i pesci forniscono solamente un mezzo di nutrimento all'uomo, ma utili si dimostrano per altri scopi ancora. Ad esempio, la membrana della vescica natatoria dello Storione dà l' ittiocolla, o colla di pesce, di migliore qualità. Colle sue uova si prepara il così detto caviale che forma una importantissima speculazione segnatamente per la Russia, e che salato viene spedito in commercio come (3) Chenu, l. e. pag. 329. (2) Tomasoni, Venezia e le sue Lagune* 1847. Voi. II. Parte I. pag. 521. 21 ghiottornia in quasi tutta 1' Europa. Il fegato di Merluzzo somministra una qualità d'olio ricercato ed indispensabile per usi tecnici, e che in oggi è tanto prezioso anche per la medicina. Le squame dei pesci argentini, e particolar- mente quelle del piccolo Ciprino alburno di Linneo, arti- ficiosamente preparate, forniscono una materia madreper- lacea che applicata per lo addietro sopra una piccola palla di cera, e per più recente industria introdotta ora in piccoli globetti di vetro, dava a quella come dà a questi il colorito ed il fuoco delle perle preziose. La pelle granulata degli Squali suscettibile del più bel pulimento, è impiegata nelle arti a copertura di astucci, di scattole, di bastoni ed altri oggetti di galanteria, e serve inoltre alla pulitura dei legni. Tutte queste utilità di prodotto, e tant' altre ancora che in aggiunta Vi potrei mettere sott' occhio, hanno però i loro rapporti estesi su tutta la scala del mondiale com- mercio ; e circoscriverò ora invece più opportunamente il mio dire a vantaggi che più davvicino ed in particolare anzi potrebbero rifletterci, e che, quando l'industria nostra lo volesse, potrebbero, aumentando il prodotto delle acque nostre, divenire anche fonte di vistosa rendita per la pro- vincia, siccome già mostra di divenirlo per altri paesi, nei quali la moltiplicazione e lo allevamento del pesce eguaglia già quasi in importanza quello del pollame domestico. Da tutto quanto Vi esposi nella precedente Memoria, Voi avete senza dubbio rilevati già i sommi vantaggi che ci arrecherebbe 1' introduzione fra noi della piscicultura; ma non sarà forse mal fatto che qui di più ne porga qual- che dato parziale per convincere anche colui, se vi fosse, che dubbio od incertezza sentisse ancora nel riconoscere questa novella industria feconda di tutti quelli utili eh' io venni accennando. 22 Fra i pesci che ci sono communi abbiamo la Carpa, la Tinca, il Luccio, il Persico, li quali servono di cibo ordi- nario; fra i pesci destinati alla tavola dei più agiati ab- biamo la Trota; possediamo quindi appunto le specie che offrirono ovunque i più favorevoli risultati nelle esperienze dapprima, e nella pratica applicazione dappoi, della indu- stria di cui è parola. La Carpa o Raìna depone ogni anno mediamente dalle 200 mila alle 250 mila uova; ma ritengasi pure una cifra anche minore, e siane il numero di sole 450 mila. Se in un vivajo o in un bacino d'acqua adattato si pongono 50 Rame, supposto che 25 siano femmine, queste vi de- positerano 3,750,000 uova, delle quali dato anche che un terzo, una metà, due terzi avessero a perire per cause di- verse, si avrebbero nonostante 4,250,000 piccole Ralne che, guardate dai loro nemici e ben nutrite, raggiungerebbero entro quattro o cinque anni il peso di libbre una ed an- che due per ciascuna. Voglio per poco concedere che, sebbene sia già molto forte la detrazione fatta tanto sul numero delle uova quanto su quello dei pesciolini, molti altri di questi periscano ancora prima di raggiungere il peso ordinario che si ricerca sul nostro mercato, e stabi- liamo pure che delle 4,250,000 Retine non ne sorvivano che sole 600,000. Perchè pesce di qualità ordinaria, basso è anche il suo prezzo, e se qualche rara volta pagasi in ragione di 40 a 45 centesimi la libbra, stiamo pure nella via media ed ordinaria di cent. 30; anzi ribassiamolo a centesimi 20 per libbra. Queste 600,000 Rame, ammesso pure che fossero del peso di una libbra soltanto, non da- rebbero forse dopo quattro anni la rendita di lire 4 20 mila? E quanto maggiore non sarebbe il ricavato se invece che con sole 25 Rame si operasse con 50, con 400, con 200? 23 Non sarebbe compensata con esuberanza anche quella qua- lunque spesa di riduzione o manutenzione locale, o di sorveglianza annua che si esigesse? Il povero non potrebbe meglio sopperire ai proprii bisogni, e trovare così a basso prezzo quel cibo ora ancora superiore alle sue forze eco- nomiche, ed al quale è pur troppo costretto il più delle volte a sostituire cibi grossolani, indigesti e malsani? Il ricco non avrebbe anche la soddisfazione di aver impie- gato qualche soldo per diffondere questo facile nutrimento, e di aver contribuito così al benessere della popolazione? Quello che si disse della Rama può essere ripetuto per gli altri pesci sunnominati. La femmina del Luccio depone per lo meno 60,000 uova; da cinque femmine se ne avreb- bero quindi 300,000; e trecento mila Lucci bastano certa- mente a popolare un fiume, se pur tale cifra non fosse già troppo forte per dover temere le conseguenze della voracità di questo pesce. — Il Persico depone dalle 4 50 mila alle 200 mila uova ; ma calcoliamo pure mediamente il loro numero in sole 80,000. Cinquanta femmine dareb- bero quindi nientemeno che 4 millioni di uova; e posto anche che con tutte le cure possibili non ne nascesse che una metà, non è forse vero che disseminando poi a tempo opportuno questi due millioni di pesciolini in qualche fiume, o meglio ancora nel nostro lago, e ripetendo così per qual- che anno tale operazione giungeressimo in breve tempo ad avere una forte abbondanza di un pesce sano e saporito? Che diremo poi, passando a specie più ricercate, degli utili che la piscicultura può prestare favorendo colla fecon- dazione artificiale la moltiplicazione e quindi V allevamento della saporitissima Trota? Venticinque Trote possono dare 1,500,000 uova e da queste avremo certamente, se ben sorvegliate, oltre un millione di piccole trotelle, che collo- 24 cate in opportuno bacino o vivajo, e mantenute come si dirà più avanti nel relativo articolo, darebbero in circa ire anni un prodotto rilevantissimo per causa dello stesso alto prezzo al quale è fra noi venduta la Trota. Qual vantaggio non sarà poi per noi se, come non dubito, ci sortiranno favorevoli gli esperimenti di acclima- tazione e moltiplicazione nelle acque nostre di specie estra- nee ma ricercatissime, e superiori per la qualità della carne a qualunque delle nostrali? Se alla vostra Commissione riuscirà di introdurre in Provincia il Salmo salvelinus od il Salmo lacustri*, specie eccellenti di Trote dei laghi del Tirolo, Svizzera, e Germania, non credereste Voi che sa- rebbe assicurato a qualunque speculatore una rendita che ad usura lo compenserebbe delle spese da sostenersi? La somma facilità della raccolta e del trasporto delle piccole Anguillette, che come altrove Vi dissi a miriadi ed a masse compatte rimontano il corso dei fiumi poco tempo dopo la loro nascita, non può a meno d' invogliarci a pen- sare, e con molto vantaggio, anche per lo allevamento di questo pesce. A persuadercene basterà che io vi citi il fatto seguente esposto in un certo articolo pubblicatosi dal gior- nale di Vienna la Presse del 28 Dicembre 4861, fattosi poi anche ripubblicare tradotto in qualche periodico italiano. Con notizie che riguardano Y allevamento artificiale dei pesci nell'Austria, ve ne troviamo riportate altre riferentisi alla piscicultura nella Francia, nella Scozia ecc., ed in proposito dello allevamento delle Anguille vi leggiamo esistere nella palude torbosa di Clairefontaine una piscina dell'ampiezza di due ettari (1) e della profondità di Metri (1) I Francesi chiamano Ettaro un quadrato di cento metri di lato, contenente 10000 metri quadrati. 25 \, 35, nella quale vivono presentemente circa 300,000 An- guille dell'età di 4 anni e del peso medio di Chilog. ì y2, le quali rappresentano sul mercato di Parigi un valore di 6 ad 8 franchi V una. Queste Anguille erano pervenute quattro anni addietro da Cherburgo col mezzo della ferrovia, erano state in viaggio ben 28 ore, altrettanta quantità ne era perita, ed il prezzo del loro acquisto importava fran- chi 2000. Un' egual somma importava l'acquisto del fondo e la escavazione dello stagno; e circa 500 franchi all'anno si dispendiarono per il mantenimento delle Anguille; per cui la passività complessiva era di franchi 6000. Ma questo capitale dopo soli 4 anni, e non volendosi calcolare il va- lore di ogni Anguilla che a soli due franchi, si è commu- tato in un capitale di franchi 600,000; e quel meschino tratto di terreno torboso venne recentemente stimato fran- chi 190,000. Con questi quasi prodigiosi risultati, chi mai sarebbe tra noi che ancora esitasse a riconoscere possibile, anzi immancabile una vistosissima risorsa all' economia nostra nella piscicultura? Quasi ovunque troviamo oggimai scien- ziati, e persone d' ogni classe, e speculatori che se ne occu- pano a tutta possa, ed il più vivo interessamento spiegasi ovunque per una industria che ha già dato le più luminose prove di risultati fecondi di lucro e di benessere pei popoli. Anche nella vicina Lombardia si diede mano a speri- menti; ed a Milano il Chiarissimo Prof. Cornalia tenta e fin' ora, per quanto so, con buon esito 1' allevamento del Salmo lacustri* che destinerebbe, giunti che sieno i pescio- lini a sufficiente grandezza, per qualche laghetto della Brianza; intenzionato poi di darsi ad altri tentativi di pi- scicultura su più estesa scala nel lago Maggiore ed in quello di Como. 26 Voi tutti avete letto senza dubbio la dotta ed eloquente dissertazione che fece il ministro Cordova sulla piscicultura in generale e nelle acque lombarde in particolare, nelle tornate 40 ed 11 gennajo p. p. del Parlamento italiano (I), ed è certo da attendersene le più favorevoli disposizioni ed utili provvedimenti da parte di quel governo, cui non può sfuggire il bene che si farà al paese coir entrare nelle sapienti vedute, e col seguire le dottrine di queir illustre uomo di Stato. Mettiamoci ora dunque all'opera noi pure, o Signori; diffondiamo cognizioni ed insegnamenti nel popolo; prece- diamolo con sperienze e con fatti; animiamolo e sorreg- giamolo con consigli e colle istruzioni; e siate certi che ne avremo fra poco la riconoscenza del paese e le bene- dizioni del povero, accompagnate dalla giusta compiacenza della nostra buona azione. IV. Sono finalmente all' ultima parte del mio discorso che precede la enumerazione dei pesci viventi nelle acque nostre, colla indicazione delle rispettive abitudini e costumi, e colla esposizione delle particolari norme e del partito da seguirsi per ogni singola specie, nella pratica applicazione della pi- scicultura. Per non abusare però della sofferenza vostra, mi terrò in questo periodo il più conciso che mi sia possibile,, nò mi estenderò oltre quanto strettamente esigesi dal natura- ci) Atti del Parlamento nazionale. Camera dei Deputati. N. 403 a 407. 27 lista per servire ad alcune leggi della scienza, e dalle quali non può esso oggimai dipartirsi quando si faccia ad enu- merare e descrivere i prodotti naturali di un paese. L' Ittiologia veronese non ha certamente camminato di pari passo, e non ò giunta a quella meta di sapere cui furono portate fra noi le altre parti della zoologia, e delle quali nessuna delle consorelle provincie può forse vantare 1' abbondanza dei materiali raccolti, quanta della veronese provincia ne possiede e ne illustra nei propri Atti questa patria Accademia. Colpa siane la difficoltà di diligenti ricerche per 1' ele- mento stesso in cui vivono i pesci; colpa siane benanco il rapido e continuato progresso della scienza e le conse- guenti esigenze sue, questo è certo che noi non abbiamo ragioni da opporre al lagno che a nostro carico fu già ripetuto da più autori, sulla poca o nessuna cura prestatasi nello scoprire e determinare i pesci indigeni. E benché tal lagno non si versi fortunatamente tutto e solo su noi, nò ci ferisca quindi esclusivamente, ò però intanto a confes- sarsi come a sottrarci da tale censura non valga nò punto nò poco il fin qui fattosi, nò i limitati lavori scientifici sortiti fra noi: mentre al contrario per quanto poco aves- simo a prenderne disamina, ci troveressimo senz' altro condotti noi pure a dichiararli scarsi, insufhcienti, per molte indicazioni persino fallaci, e per nulla quasi giove- voli alli studiosi se non venissero sussidiati dalle notizie che sui pesci nostrali si ponno raccogliere qua e colà nei lavori e nelle opere di dotti e chiarissimi autori, quali ad esempio fra i più recenti il Bonaparte, il De Filippi, l'HcckcI, il Nardo, ed altri ancora. E dell' aggiustatezza di questi giudizi i io Vi offro tosto la prova coli' annoverare (senza però che io pretenda for- 28 nirvene completa bibliografica serie ) i pochi lavori speciali che io conosco pubblicati per la nostra Provincia, ristretti quasi tutti a semplici ed aride nomenclature, e le quali in ordine di tempo mi risulterebbero essere: 4. Una indicazione nominale dei pesci del Benaco, data nel 4788 da Serafino Volta nelle sue Osservazioni intorno alla fisica costituzione del Lago di Garda ed intorno ai pesci ed alle piante che in esso vi allignano. 2. Lo stesso elenco di 21 specie del Benaco, pubblicato nel 4795 dall'abate Tommaselli al foglio 236, Voi. I del Compendio della Verona illustrata, ove però è da notarsi come per colpa probabilmente dell'amanuense che dispose il manoscritto, o dello stesso tipografo nel collocamento delle cifre numeriche, risulterebbero per alcune specie le più esagerate e fallaci indicazioni del peso cui giungono in quelle acque (1). Taccio poi degli errori non pochi che vi si trovano occorsi nell' applicazione del nome scientifico ad ognuna delle specie elencatevi in ordine alfabetico e sotto il nome loro volgare. 3. L' identico catalogo, e quindi gli stessi errori di scientifica nomenclatura leggonsi ripetuti a pag. 21 del Viaggio al Lago di Garda pubblicatosi dal Pollini nel 4816, il quale autore vi aggiunge però l' indicazione e le frasi specifiche di due altri piccoli pesci del Benaco da lui dati per nuovi, il Blennius vulgaris cioè f Blennius cagnola Cuv,), ed il Cyprinus Benacensis, e vi aggiunge un cenno sul Tè- (1) Si trova, p. es.; il peso del Vetrone indicato in libbre 6, quello del Magnarone in libb. 1, quello della Strega libb. 5, quello del Roncone di libb. 4, quando tante non sono neppure le oncie di peso cui giungono. Particolarmente poi pei due ultimi dei quali oltre una decina d' individui occorre ordinariamente per arrivare all' oncia della libbra nostra. 29 molo che pescasi nell' Adige, e su di un pesce di mare che egli indica per Pleuronectes flesus, ed è la Platessa passer di Bonaparte, che pescasi qualche rara volta nel Tartaro ed in taluna delle nostre acque tributarie del Po. 4. Alla pagina 205, Voi. II. della Descrizione di Verona e delle sue Provincie, pubblicatasi nel 1820-21 per cura del Da Persico, trovansi indicati col solo nome volgare ed in ordine alfabetico 21 specie del Benaco, compresavi la Boza non prima avvertita dal Pollini, ed il Gambero, fattosi en- trare fra i pesci. Questo elenco apparisce tolto dal manoscritto di un Leonardo Gamba di Sermione; manoscritto del quale sor- tirono a vuoto alcune mie ricerche dirette a scoprire 1' at- tuale possessore, ma che pure importerebbe assai di tro- vare e consultare se il Gamba, al dire di chi scrisse quel- l' annuncio, aveva in quello raccolte ed esposte interes- santi notizie su cadauna delle specie, e vi trattava inoltre degli uccelli e dei vegetabili di quei luoghi. 5. Nel 4823 comparso alla luce il Saggio di ima Statistica della citici di Verona del Conte Ignazio Bevilacqua Lazise, vi troviamo nell' articolo Idrografia del fiume Adige elencati (pag. 48 e 49.) i pesci che vi sono comuni, frequenti, o meno frequenti. Ventisei sarebbero le specie enumerate, comprese però tre di Storioni, la grande Lampreda, ed il marino Pleuronectes flesus del Pollini, i quali dal mare rimontano più o meno raramente fino a Verona. Anche in questo Catalogo ripetonsi i varii errori di nomenclatura scientifica degli autori precedenti, e fra i 26 pesci elencati vi figura come specie distinta anche qualche sola varietà. G. Penultimo fra i lavori che all' Ittiologia nostra pos- sono essere riferiti, è una non troppo esatta indicazione delle specie del Benaco dataci con alcune poche osserva- 30 i zioni da pag. 8 fino a pag. di della Descrizione del Lago d Garda e dei suoi contorni del prelodato Monsignor Serafino Volta, pubblicatasi a Mantova nel 4828. Anche qui figurano elencate varie specie sotto le erronee denominazioni ante- riori, e sono poi a torto compresi ed indicati fra i pesci del Benaco il Salmo lacustris ed il Salmo Umbla. 7. Finalmente nella seconda edizione compendiata della Descrizione di Verona, pubblicatasi nel 1838 per cura an- cora del Da Persico, troviamo a carte 269 ripetuto parola per parola la stessa enumerazione delle specie e gli iden- tici cenni che già stavano nella edizione del 1821. — E questo è anche 1' ultimo lavoro che io conosca riferibile alla ittiologia della nostra provincia. Se negli accennati limiti mi fu quindi possibile di sta- bilire portato fra noi lo studio dei pesci, io vo confidando nò di aver sprecato tempo, nò di demeritare del vostro suffragio se in oggi, col presentarvi il risultato delle mie ricerche e de' miei studii su questi animali, intendo sopperire almeno in parte alla troppo manifesta lacuna, portare neces- sarie emende alle poco accurate determinazioni anteriori, ed aggiungere poi in ogni modo altri materiali ai già disposti per lo scopo di una desideratissima Fauna Veronese. Trentadue sono le specie che io conosco ed enumero come indigene, e tre sarebbero quelle che enumero come avventizie, e più o meno frequentemente pescate nelle acque nostre; in tutto quindi trentacinque sono i pesci dei quali troverete trattato nel mio lavoro. Che se a questi si potranno aggiungere le tre altre specie, Lucioperca Sandra Cim., Carpio Rollarli Ileck., e Loia vulgaris Cuv. che V Heckel ci darebbe come trovate nell'Adige le due prime, vivente nel Benaco la terza, ma delle quali non mi fu ancora possibile consta- tare l'esistenza (che anzi da taluno ò negata), avressimo 31 in lai caso elevato già a trentotto li pesci nostri che in addietro ci erano limitati ad una ventina circa. Nò credo che ancora si possa dire completa la cognizione dei pesci nostrali, andando al contrario io stesso persuaso che il loro attuale numero potrà venire ulteriormente aumentato da chi più assiduamente se ne occupasse, e si trovasse in condizione di scoprire più riposti materiali. lo non Vi do che quanto mi fu possibile raccogliere in poco più di un anno e mezzo dacché mi dedicai a questo diflìcile ramo della Zoologia, al quale Vi devo anzi confes- sare che, se non fosse stato per 1' interesse e nelle viste dell' industria di cui Vi parlo, non avrei forse mai, ma certo poi non così presto, diretti i mici studii e le mie ricerche. E questa ragione, e la ristrettezza del tempo impiegatovi, mi valgano in ogni caso di scusa se nella rivista delle specie restasse a desiderarsi a rigore di scienza qualche maggiore illustrazione o qualche più accurata indagine; né si voglia poi dimenticare che io qui scrissi nel precipuo intendimento di sopperire a' bisogni materiali del paese per avvantaggiarne benanco l'economia; e che scrivendo non poteva, né doveva scordare che questo libro era particolar- mente destinato agli usi della piscicultura, ed alle intelli- genze del popolo. — Che il mio scritto possa corrispondere ora al prefissomi scopo; che un utile io vegga presto stabilito fra noi dalla novella industria; che non mi manchi in fine il vostro aggradimento, e tutto questo sarà la più bella corona che io possa augurare per compenso alle mie fatiche. E qui credo servire ad obbligo particolare informandovi come alla vostra Commissione instituita sul cadere del p. p. Dicembre, non sia riuscito allora possibile l'esecuzione degli esperimenti di piscicultura pei quali aveva Y incarico. La stagione già troppo avvanzata per poter operare la fé- 32 condazione artificiale delle uova di qualche nostro Salino- mele ; V impreveduto ritardo frappostosi nell' invio degli apparati d' incubazione commessi a Parigi ed a Monaco; e V essere quindi intanto spirato il tempo utile per la spe- dizione delle uova domandate ad uno degli stabilimenti esteri di Piscicultura, sono le ragioni che mandarono a vuoto il progetto delle sollecite esperienze. Ora però Vi posso annunciare, e questo a nome anche dei due egregi colleghi, e miei dilettissimi amici, Dottor Pietropaolo Martinati e Dott. Giulio Gamuzzoni, che furono prese in questo frattempo tutte le opportune disposizioni per la prossima incubazione delle uova che saranno fecon- date all'epoca della frega della nostra Trota, e di quelle del Salmo salvelinus che già furono commesse e che a tempo opportuno ci saranno anche spedite dal sig. Kuffer di Mo- naco, unitamente forsanco ad altre del Salmo lacustri^, spe- cie eccellentissime delle quali per prime desidera la Com- missione vostra tentare l' acclimatizzazione nelle acque della Provincia. Verona 6 Luglio 1862. EDOARDO de BETTA. 33 ITTIOLOGIA VERONESE. Neil' accingermi ora a dare la enumerazione e la storia dei pesci da me fin qui osservati nella Provincia, e di quei pochi altri che qualche autore ci indica come viventi anche nelle acque nostre, devo premettere qualche parola a più esplicita ragione del modo tenuto nel trattare di questi animali. Lo scarso numero delle specie che vivono fra noi, comparativamente alle molte che si potrebbero enumerare e disporre allargandoci a tutte le venete provincie, od a tal' altro dei paesi contenuti nei confini dell' Italia nostra, rende forse di nessun conto, o di ben poca importanza il seguire per esse una sistematica distribuzione. E taluno potrebbe anzi per avventura desiderare di qui trovare indicate ed esposte le specie in ordine alfabetico; e meglio ancora coli' alfabeto dei nomi italiani o volgari sotto i quali sono conosciuti in paese, per la ragione anche che in questo modo mi sarei più opportunamente prestato alla intelligenza del popolo, al quale riesce troppo sconosciuto il linguaggio della scienza. Se ciò nonostante io adottai il partito di esporre li pesci nostrali con una sistematica distribuzione, questo si fu, fra altri motivi, per certa ripugnanza dalle alfabetiche enumerazioni che mi provarono riavvicinate talora per 3 34 esse, e 1' una all'altra seguentesi, specie troppo lontane e disparate di forme non solo, ma di famiglie e di ordini, come ad esempio sarebbe precisamente accaduto col qui nominare e descrivere la nostra piccola argentea Avola del Benaco subito dopo V Anguilla; la Lampreda, poi il Luccio, e poi il piccolo nostro Magnarone; lo Spinarello coll'avventizio Storione, e così via. E nell' adottato partito trovo poi anche quel!' ordine più naturale di distribuzione delle specie, che meglio servendo ai precetti della scienza può facilitare benanco, e sebbene scarso di rappresentanti intermedii, la classificazione stessa delle specie. Ai possibili bisogni di taluno fra coloro che consulte- ranno questo scritto per lo scopo della piscicultura, sup- plisco poi coli' aggiungere in fine un' indice esatto che in ordine alfabetico ne riporti cogli opportuni richiami i nomi italiani, quelli volgari, e per sovrabbondanza anche alcuni francesi e tedeschi, di ciascheduna delle specie descritte. Fra i varii sistemi ittiologici conosciuti, mi adattai più volontieri con quello recentemente esposto dall' Heckel nella sua opera sui pesci d' acqua dolce della Monarchia Austriaca, perchè a più ristretti confini accomodato, e per- chè per esso non si verificano quei forti sbalzi che agli occhi di ognuno si farebbero palesi, quando le nostre specie avessi voluto distribuire col sistema ad esempio, (riconosciuto del resto fino ad ora il più completo e natu- rale) stabilito per i pesci d' Europa dal Principe di Canino. Distribuisco le specie nostrali in tre gruppi, compren- dendo nel primo quelle che ci sono indigene, nel secondo le avventizie, ed accennando nel terzo le poche specie la cui esistenza fra noi esige conferma. Fra le avventizie non annoverai che quelle le -quali con qualche frequenza ci visitano e si pescano nelle acque nostre, senza quindi 35 tener calcolo di tal' altra che per un accidente od assai di rado vi si lascia trovare, come p. es. , la Passera di mare (Platcssa passer Bonap.), detta dal Pollini il Passero fluvia- tile, che dall' Adriatico rimontando a grandi distanze nei tributarli liumi, entro i quali depone le uova, viene qual- che rara volta alle reti in primavera, in estate, od in autunno nel Tartaro e suoi confluenti; e che, stando a quanto scrisse il Co. Bevilacqua Lazise (1), sarebbesi fatta vedere anche neli' Adige. Lo stesso dico pei Cefali, volg. Cievoli, specie marina del genere Mugil, rarissimi nelle piene delle nostre acque, ed alcuni dei quali sarebbero stati presi in Tartaro nel maggio dell' anno decorso. Come in appendice a tutte le specie elencate per nostre, do poi qualche notizia anche sul Ciprino dorato della China, la cui propagazione ed il cui allevamento offre cer- tamente qualche vantaggio a chi se ne occupa, sebbene destinato del tutto ed esclusivamente ad uso ornamentale delle fontane e delle vasche dei nostri giardini. I nomi volgari apposti alle specie sono quelli stessi usati comunemente sul nostro mercato, o quelli sotto i quali le conoscono e me le inviarono pescatori o qualche persona dei nostri dintorni. Non mi fermai molto nelle descrizioni specifiche per la ragione, già in addietro avvertita, che certe minuziosità sarebbero tornate superflue ed anche nojose, parlando di animali che più o meno tutti conoscono. Mi limitai quindi in genere a chiamare V attenzione su quei pochi partico- lari caratteri soltanto, li quali possono anche da soli ba- stare al riconoscimento della specie. Piuttosto esteso mi tenni nel parlare dei costumi e delle abitudini partico- (1) Statistica della città di Verona, ecc. pag. 19. 36 lari a ciascuna specie, come di cognizioni indispensabili per lo scopo della piscicultura. Ebbi poi sempre cura di stabilire, verificandole anche presso esperti pescatori, le varie epoche della frega nelle nostre acque; e di esporre le particolari circostanze che accompagnano e che sono richieste da questo grande atto della Natura. Accennai sempre, ove mi fu possibile, gli utili speciali di taluno fra i nostri pesci; e per ciascuno di questi esposi quelle migliori norme di fecondazione artificiale e di alle- vamento che trovai dettate dai molti autori consultati, e confermate dai più esperti e riconosciuti pratici. A completare la Bibliografia in argomento di piscicul- tura presentata nella mia antecedente Memoria, aggiungo in fine la nota di quei pochi altri scritti che, venuti troppo tardi a mia cognizione, non potei in essa comprendere; fra i quali mi gode V animo di trovare e di poter annun- ziare anche un lavoro del nostro socio onorario sig. Vin- cenzo Fusina, intorno alle cause che possono aver influenza sulla scarsezza dei pesci in alcuni laghi e fiumi. Accenno pure gli articoli di piscicultura che trovai pubblicati in qualche recente giornale, avvisando però che tornerebbe oggimai più che difficile il voler tenere dietro a tutto quan- to viene scritto al presente su di un' industria, la quale guardata anche solo pochissimi anni or sono come campo piuttosto di esperimenti e di studii per gli scienziati, di quello che di pratica applicazione e di pubblica utilità, fa ora di sé e dei proprii favorevolissimi risultati parlare la stampa di ogni nazione e di ogni paese. PROSPETTO SISTEMATICO DEI PESCI DELLA PROVINCIA DI VERONA ' Ord. I. TELEOSTEI. (Subclassis IV. — Pomatobranehli Bonap. ) A. s. ord. ACANTHOPTEIÌl. 4. Pam. PERCOIDEI. (Fam. Percidae — Subfam. Percini Bonap,) 1. Perca fluviatilis Linn. ** 2. Lucioperca Sandra Cuv. Val. ( Adige, fide Heck. ) 2. Fam. CATAPHRACTI. (Fam. Triglidae — Subfam. Cottini Bonap.) 3. Cottus gobio Cuvier. 4. Cottus ferrugineus Heckel. (1) Sono segnate con f le specie annoverate soltanto come avven- tizie; e sono distinte con doppio asterisco (**) quelle, la cui esistenza nelle acque della Provincia esige conferma. 38 3. Fam. SCOMBEROIDEI. (Fam, Gasterosteidae — Subfam. Gasterosteini Bon.) 5. Gasterosteus aculeatus Biodi. 6. Gasterosteus bracliycentrus Cuv. Val. 4. Fam. BLENNIOIDEI. {Fam. Blenniidae — Subfam. Blenniini Bonap.) 7. Blennius cagnota Cuvier (Heckel). 5. Fam. GOBIOiDEI. (Fam. Gobiidae — Subfam. Gobiini Bonap.) 8. Gobius fluviatilis Bonelli. B. s. ord. MALACOPTERL 6. Fam. CYPRINQIDEI. (Fam. Cyprinidae — Subfam. Cyprinini Bonap.) 9. Cyprinus carpio Linn. **10. Carpio Kollarii Heckel (Adige presso Verona, fide Heck.) 11. Tinca vulgaris Cuvier. 12. Barbus fluviatilis Agassiz. 13. Gobio Pollimi de Betta. (Subfam. Leuciscini Bonap.) 14. Alburnus alborella De Filippi. 15. Scardinius erytliroplitlialrnus Cuv. Val. 16. Leucos pauperum De Filippi. 39 17. Lencos rubella (Bonap.) Heckel. 18. Leuciscus pigus De Filippi. 19. Squalius caveclanus Bonaparte. 20. Tclestes Savignyi Bonap. 21. Phoxinus laevis Agassiz. 22. Chondrostoma Genei Bonap. 21. Chondrostoma soetta Bonap. 7. Fam. CLUPEOIDEI. (Fam. Clupeidae — Subfam. Clupeìni Bonap.) 24. Aiosa finta Cuvier. 8. Fam. SALM0N0IDEI. (Fam. Salmonidae ■ — Subfam. Salmonini Bonap.) 25. Thymallus vexillifer Ag. 2G. Salmo fario Limi. 27. Salmo carpio Linn. 9. Fam. ESOCINl. {Fam. Esocidae — Subfam. Esocini Bonap.) 28. Esox lucius Linn. 10. Fam. ACANTHOPSIDES. (Fam. Cobitidae — Subfam. Cobitini Bonap.) 29. Cobitis barbatula Linn. 30. Cobitis taenia Linn. II. Fam. GADOIDEI. (Fam. Gadidae — Subfam. Lotini Bonap.) **31. Lota vulgaris Cuv. (Lago di Garda, f. Heck.) 40 42. Fani, MURAENOIDEL {Fara. Muraenidae — Sabfam. Anguillini Bonap.) 32. Anguilla vulgaris Cuvier. Ord. II. GAMDEI. ( Subclassis Epitranchii — Sect. Ganoidel — Ord. SLuriones Rmap.) 43. Fara. ACIPENSERINI. (Fam. Acipenseridae — Subfam. Acipenserini Bon.) f 33. Acipenser Naccarii Bonap. f 34. Acipenser sturio Linn. Ord. III. CYCLOSTOMI. ( Suicl. Marsipobranchii — Sect. Cycloslomi — Ord. Hyperoartii Bonap.) 44. Fam. PETROWIYZONINI. (Fam. Petromyzonidae — Subfam. Petromyzonini Bon.) f 35. Petrornyzon marinus Linn. 36. Petrornyzon fluviatilis Linn. 37. Petrornyzon Planeri Bloch. {Sabfam. Ammocaetini Bonap.) 38. Ammocaetes branchialis Cuvier. 41 ù, 8 Mirri t PERCA FLUV1AT1LIS LINK. Italiano, Perca, o pesce Persico — V7e?-o?ie5e, Persego, o pesce persego. Francese, Perche — Tedesco, Flussbarch. (Bonaparte Fauna (1) et tab. fig. 1 ; Cat. tnet. (2) pag. 55. n. 476 — De Filippi Cenni (3) patf. 592 — Heckel S. F (4) pag, 3. /?#. 1 — Nardo Prosp. (5) par/. 76. 92. 100). Il carattere delle due pinne dorsali pochissimo discoste fra loro, delle quali la anteriore più lunga, a 13 o 15 raggi tutti spinosi, mentre ramosi e molli sono quelli della po- steriore; non che i vaghi colori che tingono il corpo di questo pesce, valgono senz' altro più minuto esame a ri- conoscerlo e distinguerlo fra tutte le specie nostrali. Bruno giallastro, più intenso sul capo, verdastro sul dorso, dorato (1) Iconografia della Fauna italica. T. III. Pesci — Roma 1832-1841. (2) Catalogo metodico dei Pesci Europei — Napoli 1846. (3) Pesci finora osservati in Lombardia. Cenni del Prof. Filippo De Filippi inseriti nel Voi. I. pag. 389 a 406 delle Notizie naturali e civili su la Lombardia — Milano 1844. (4) Heckel und Kner, Die Siisswasserfische cler Ostreichischen Monarchie ecc. Leipzig 1858. (5) Prospetti sistematici degli animali delle Provincie Venete (estratti dal Voi. IV. Serie III. degli Atti dell'Istituto Veneto) — Ve- nezia 1860. 42 sui fianchi, è il colore del corpo. Cinque ad otto, ma più ordinariamente sei fascie perpendicolari, nericcie, e disu- guali, ne ombreggiano i fianchi; una bella macchia nera sopra un fondo cinereo -violaceo spicca verso gli ultimi raggi della pinna dorsale anteriore; giallo -verdastra è la pinna dorsale posteriore; rossiccie le pettorali; colorate di rosso di minio vivace le ventrali e la anale; di un rosso più cupo la caudale; e tale colorazione che rende bellis- sima fra i pesci nostri la Perca, non manca poi mai sebbene venga a modificarsi nella vivacità delle tinte se- condo le diverse acque in cui vive. La Perca trovasi sparsa in tutta 1' Europa, ed in gran parte dell' Asia settentrionale. Dimora a preferenza nelle acque limpide, e prospera meglio nei laghi che nei fiumi; non abita che a mediocre profondità, tenendosi quasi sem- pre a due o tre piedi sotto il pelo dell' acqua. Ordinaria- mente rimonta i fiumi fin presso la loro sorgente; ed evita poi sempre Y acqua salsa. È comune nelle acque nostre, e pescasi particolarmente nell'Adige, nel Tartaro, nella Molinella, e nelle valli. Molta parte però di quelle che sono portate al nostro mercato ci perviene dal Mantovano. Fu sempre creduto dagli autori che mancasse al Benaco; mancanza che veramente era degna di nota, essendo invece copiosa la Perca in tutti i piccoli e grandi laghi d' Italia, compresi quelli della Lom- bardia. — «E singolare che nel Benaco ossia lago di Garda, scriveva nella sua Fauna il Principe di Canino, non si trGvì affatto, non facendosene parola neW enumerazione dei Pesci del Pollini » — - Forse sulla fede dello stesso Bonaparte ci dava poi il De Filippi la notizia che nel Benaco sembra mancare affatto; ed anche da qualche pescatore del lago che io in- terrogai nell'argomento, mi sarebbe stato positivamente 43 assicurato non esservi mai stato pescato il Persico. Non fui però ancora contento di queste nozioni, e pensai quindi rivolgermi al zelantissimo e dotto nostro Socio corrispon- dente sig. Francesco Fontana di Lazise, il quale in più e più anni occupossi di osservazioni anche sui pesci del Lago di Garda. Né credo di potere ora mettere in dubbio Y esi- stenza di questo pesce anche in quelle acque, ma solo di ritenerlo invece piuttosto raro, dacché gentilmente prestan- dosi quel mio caro amico a riscontrare alcune recenti mie inchieste, mi scrive fra altre cose « la Perca fliwiatilìs vive nel Benaco, ed io la riscontrai nel 4843, e nel 1844 a Torri e Sermione, e del 1847 e del 4856 fu presa a Bar- dolino. Finalmente in quest' anno, ai 6 di marzo, fu presa in Lazise una femmina di libbre tre (1) che io acquistai Di queste prese io ne fui testimonio oculare » — (2). La Perca è pesce carnivoro e molto vorace; nutresi d tutti i piccoli animali che incontra, ma particolarmente di vermi, di larve d' insetti, di crostacei, di ranocchie ed altri piccoli batraci, e di pesciolini d'ogni specie, compresi quelli della propria. È sempre ingorda di preda, e per ciò stesso ò facile preda al pescatore che all'amo l'attendi. Va in fregola soltanto all' età di tre anni, fra 1' aprile ed il maggio, e straordinariamente prodigiosa è la sua fe- condità. Harmer contò in una femmina 281,000 uova, e (1) La libbra usata dai pescatori del lago, è la libbra piccola. (2) Nota. L'avviso di qualche Perca pescata quest'anno nel Be- naco, mi fu anche dato pochi giorni dopo la presentazione di questo mio scritto all' Accademia "Veronese, da un vecchio pescatore del lago, il quale nel recarmene il premuroso annuncio, continuava però a mara- vigliarsi della comparsa di questo pesce in quelle acque, che vorrebbe attribuire soltanto al caso di individui fuggiti da qualche vivajo o pe- schiera. 44 Picot fino quasi ad un milione; gli autori ne determinano il medio numero in almeno 80,000 per ogni femmina. Da questo solo può scorgersi quanto più comune sarebbe la Perca se, e nonostante le ottime sue armi difensive delle quali sa anche convenientemente valersi, non divenisse poi facile preda di altri pesci più grossi, come il Luccio e la Trota, o di varii uccelli acquatici, come gli Smerghi e le Anitre. Una continua distruzione delle sue uova, na- tanti sulle erbe, in vista ed alla portata quindi dei tanti suoi nemici succede poi non meno per parte dei ratti d'acqua, delle stesse anitre, dei lucci, delle anguille; e buon numero di Perche vengono tratte a morte dai molti e diversi vermi intestinali che furono trovati vivere nei visceri di questo pesce. Le uova della Perca, di colore leggermente citrino, grosse quanto un seme di papavero, sono riunite e contenute in una mucilagine foggiata a cordoncino della lunghezza di uno od anche due metri, aggruppato a più cappi ed a più ri- prese, ed in cui si vedono disposte le uova come in una specie di elegante coroncina, o rosario. Air epoca degli amori, la femmina soffogandosi sulle erbe acquatiche vi depone questi cordoncini, che con ripetute girivolte vi attortiglia ed avviluppa in mille guise, lasciando al maschio, che sempre la segue e le sta presso, di operarne la fecon- dazione colla pronta emissione del liquido seminale, o latte, di cui intorbida Y acqua agitando opportunamente la coda. Secondo quanto ci avvisa Y Heckel, il numero delle femmine è sempre superiore a quello dei maschi; ed un esperto pescatore di Salisburgo, certo Aigner, assicurerebbe che sopra 100 individui appena 40 sarebbero maschi. Fra noi, come generalmente nelle altre contrade tem- perate, non perviene mai che a mediocre dimensione, non 45 sorpassando i 20 a 25 centimetri di lunghezza, col peso di libbre una o poco più. Acquista invece considerevoli dimensioni verso il nord, come nell' Inghilterra, nella Sve- zia, nella Russia, nella Lapponia, ove si pescano Perche del peso persino di otto a dieci libbre. La sua carne, ap- prezzata già tanto dagli antichi (4), è bianca, polposa, sa- porita, e facile a digerirsi. Nella Francia è assai ricercata, e la si vorrebbe anzi la più delicata dopo quella della Trota. Anche in Lombardia è tenuta certamente in mag- gior pregio di quello che sia fra noi, rinomate essendovi le Perche che copiosamente popolano i laghi di Como e Maggiore, e che vengono imbandite come squisita frittura tanto in olio che in burro. Vivendo e sviluppandosi bene in tutte le acque, non però torbide, tornerebbe utilissima fra noi la propagazione di questo pesce, pel quale attesa la sua grande fecondità ed il pregio delle carni, si otterrebbe sempre largo profitto in confronto delle poche brighe e del tenue dispendio richiesto. Senza bisogno di ricorrere alla fecondazione arti- ficiale delle uova (per la quale al caso ho già esposte al- trove (2) le norme) potrebbesi come suggeriscono Jourdier e Koltz, e come utilmente fu praticato da Lamy (3), rin- chiudere dalle 400 alle 200 Perche, maschi e femmine, in un piccolo braccio di fiume, o in uno stagno, o in una peschiera, colla cura di segarvi le erbe acquatiche del fondo (1) Anche Ausonio, fra i latini, cantava nella sua Mosella, u Nec te, delicias mensarum, Perca, silebo, Amnigenos intcr Pisccs dignande marinis, Solus puniccis facilis contendere mullis ». (2) Sulla piacicidtura in cjcucralc ecc. pag. 23. (3) Elcments de yiscicullure ecc. pag. 122. 46 per non lasciarne che qua e colà alcuni cespuglieti : o se non vi sono erbe acquatiche coi collocarvi a varie distanze alcuni f regolato] artificiali, sui quali le femmine vanno a deporre le uova. I cordoncini che vi si troveranno na- tanti ed appiccicati, saranno ogni giorno raccolti per sot- trarli ai tanti pericoli di distruzione cui sono esposti, e collocati in apposite ceste di vimini (1), od in cassettine di tela metallica (2), della lunghezza di 30 centimetri, colla larghezza di 10 e profondità di 8 centimetri. Queste ceste o cassette saranno situate al sicuro in qualche spazio del fiume o nella peschiera, mantenendo coli' uso di pesi le prime, coli' uso di pezzi di sovero le seconde, sotto alla superficie dell' acqua in modo che questa le bagni per ogni lato, e vi possa entrare e sortire liberamente. Servono a ciò opportunamente i vasi di terra cotta e le scattole di zinco foracchiate ai fianchi, e sotto e sopra, delle quali parlai altrove (3). Si avrà sempre poi Y avvertenza di moderare la corrente dell' acqua, e di non collocare troppo numero di uova nel recipiente, onde non vengano dalla corrente stessa spinte e rammassate in una sola parte, e per tal modo non siane difficoltato o ridotto a mal esito lo schiudimento delle uova stesse. Del resto la incubazione di queste non esige altre cure tranne quella importante della temperatura dell' acqua la quale non deve essere, per quanto ci avvertono i pratici, né minore di IO né molto maggiore di 15 gradi sopra 0°. Un'acqua rigida, o di corso troppo rapido, guasterebbe (1) Lamy l. e, pag. 26. fig. 3. — Koltz, Multiplication artlficid- le ecc. pag. 60. fig. 15. (2) Laniy, pag. 27. fig. 4. — Koltz, pag. 59. fig. 13. (3) Sulla piscicultura ecc. pag. 27. 28. fig. 3. 4. 5. 47 tutte le uova, e Lamy ci avverte accadere Io slesso se fos- sero collocate in una tinozza esposta ai raggi del sole. Le piccole Perche potranno poi essere lasciate libere nel corso dell' acqua, od opportunamente disseminate in altre acque, senza però che mai vogliasi scordare come, qual pesce vorace e carnivoro, non potrà la Perca che con grave danno essere messa e lasciata a compagna di altre specie più ricercate, o di pesci più giovani. IL COTTIIS GOBIO CUVIER. ìtal: Ghiozzo. Veroni Magnarono e Magnerone. Frane: Chabot. Ted: Koppe, Groppe. (Bonap. Cat. mei pag. 62. n. 545. — De Filippi Cenni pag. 392. — Heckel S. F. pag. 27. fig. 9. — Nardo Prosp. pag. 78. 92. 100). Chi mai non conosce fra noi questo piccolo pesce, cosi singolare per la sua testa assai grossa, orizzontalmente ap- pianata, armata di spino od uncinetto sul davanti dell'oper- colo; a corpo molto vischioso, con scaglie appena visibili, e colorito di bruno e di nero? — 0 chi mai non ha sen- tito almeno a decantare per bontà e sapore di carne i magnaroni di Monlorio? Abitatore delle acque limpide a fondo sabbionoso o seminato di sassi, sotto i quali sta assai volontieri, non sorpassa questo pesce la lunghezza di centimetri 12 a i5, col peso al più di un' oncia circa della libbra nostra. Ha movimenti molto rapidi; è vorace, e si nutre di mondi- glie, di insetti, e particolarmente delle larve delle Libellu- 48 le, non risparmiando però i piccoli pesci (1) che avida- mente si ingoja. Vive in moltissime delle acque nostre, e nell' Adige. Va in frega nel marzo ed aprile, deponendo le uova sotto i sassi in una buca che appositamente si scava. A quanto narraci Heckel sulla fede di esperti pescatori, to- stochè abbia la femmina deposte le uova, il maschio si colloca vicino a queste e vi resta a guardia con coraggio e perseveranza per quattro o cinque settimane, cioè sino a che siano nati i pesciolini, mordendo persino il bastone col quale lo si volesse allontanare da quel posto, che non sa decidersi di abbandonare se non che nel momento del più grave pericolo. Il Ghiozzo possiede la singolare facoltà di allargare di molto la sua testa, facendo per aspirazione entrare nelle branchie una certa quantità di aria; ed è anzi con tal mezzo che si difende da' suoi nemici ai quali presenta così più spiegate, e pronte a ferire, le punte od uncinetti che armano le sue branchie. Questo pesce è molto gradito alla Trota, alla Perca ed al Luccio, e potrebbe quindi utilmente essere usato pel loro nutrimento, assai bene vivendo e prosperando nelle acque volute appunto da quelle specie. Il sig. Prevót ne fecondò artifìcialmenle le uova, e ne ottenne anche lo schiudimento; ma non crederei ciò nò conveniente, nò utile a praticarsi per la piscicultura, potendosi all' invece, e facilmente, favorire la sua propagazione e moltiplicazione coli' opportunamente disporre sul fondo delle acque alcune (1) Conservo nel mio Museo un Cottus gobio pescato a Montorio, il quale tiene appunto ingojato fino all' occipite un Phoxinus laevis, volgarmente Bressanella. 49 pietre, dei sassi e della sabbia, acciò i Ghiozzi vi deposi- tino le uova, pescandone poi i pesciolini all' uso sopraccen- nato mano mano che si fanno grandicelli; oppure se vuoisi, raccogliendo dal letto ghiajoso delle acque i ciottoli ed i sassi sui quali si vedono appiccicate le uova stesse per farle nascere in altro opportuno apparato. III. COTTUS FERIUJGLXEIS IIECKEL. hai: Ghiozzo. Veron: Magnarone e Magnerone. (Bonap. Cai. met. pag. 62. n. 548. — Heckel S. F. pag. 34. fìg. U — Nardo Prosp. pag. 78). Distingucsi questa specie dalla precedente per statura minore, per corpo più esile e più allungato, per testa in proporzione meno grossa, e per le due pinne dorsali sepa- rate tra loro da breve spazio, invece che contigue. I sigg. Heckel e Kner ce la avvisano propria più particolarmente dei paesi meridionali della Monarchia Austriaca, e ce la descrivono sopra esemplari pervenuti loro anche dal Lago di Garda, da Milano, da Treviso e dalla Dalmazia. Il eh. Dott. Nardo la enumera esso pure fra le specie del Veneto, sottoponendola nei suoi Prospetti (pag. 78) al Cottus gobio, del quale pare però la sospetti sola varietà. Per gentilezza del ricordato sig. Fontana io ebbi diversi Ghiozzi del Benaco, e quantunque tutti in giovane età vi troverei alcune differenze di forma per le quali sarei incli- nato a tenerli appartenenti a questa specie piuttostochè alla precedente. Se veramente lo sieno, non mi azzardo 4 50 però di pronunciare, e lascerò ai dotti il decidere anche sulla bontà specifica del C. [errugineus, il quale, quando così fosse, sarebbe sfuggito certamente alle ricerche del eh. Dott. De Filippi non dandoci esso della Lombardia che 1' unico gobio, mentre da Milano dichiarano Heckel e Kner d' aver avuto esemplari di tutte due le specie. IV. GASTEROSTEIS ACILEATUS BLOCH. Ital: Spinarello. Veron: Spinarello, Roncone, Pesce spin. Frane: Epinoche. Ted: Stichling. (Bonap. Cat. met. pag. 71. n. 662. — De Filippi Cenni pag. 403 — Beckel S. F. pag. 58. fig. 16. — Nardo Prosp. pag. 81). Il nome stesso di questo piccolo pesciolino ci mette tosto sott' occhio due particolari suoi caratteri, che sono: l'avere esso il ventre guernito di una piastra ossea o co- razza, e l'essere armato di spini od aculei che, non costi- tuenti natatoje né ad esse aderenti, ma liberi e collocati al di sopra ed al di sotto del corpo, gli servono di ottima difesa contro i suoi nemici. Lo Spinarello trovasi abbondantemente sparso in tutta Europa, e vive nei ruscelli, nei fiumi, nei laghi. Noi l'ab- biamo in quasi tutte le acque correnti e nel Benaco. Ha movimenti assai agili e pronti, e non è raro il caso di vederlo slanciarsi fuori dell' acqua all' altezza di tre a cin- que centimetri sopra la superficie. Ha vita molto tenace, e la sua durata sarebbe secondo Bloch di tre anni. Va in frega nei mesi di aprile a giugno, depone le uova a più 51 riprese ed a diversi intervalli di tempo, ed è perciò molto fecondo. Per la sua piccola statura, e per gli spini del dorso e del ventre non è punto stimato nò ricercato come alimento, sebbene a testimonianza di taluno la sua carne possa dirsi molto buona, e se ne ottenga un brodo molto grato e saporito. Sul nostro mercato Vendesi sempre misto ad altri minuti e spregiati pesciolini che servono di nutri- mento al basso popolo. La lunghezza del suo corpo non oltrepassa gli otto centimetri,, ma di ben più breve statura (4 a 5 ccntim.) sono comunemente gli Spinarelli che ven- gono recati alla nostra piazza. È pesce molto vorace, e quantunque così piccolo ca- giona gravi danni nutrendosi, oltrecchò di vermi, di larve d' insetti, di molluschi nudi ed altri animaletti, anche delle uova dei pesci, e degli stessi pesciolini appena nati. Non teme alcun nemico, al quale sa in ogni caso opporsi col presentargli inarcati e pronti a ferire i brevi ma robusti ed acutissimi aculei. Che se qualche ingordo e più grosso pesce, sprezzando questa difesa, lo vuole sua preda, a ben caro prezzo paga la^ propria voracità mentre il più delle volte gli restano fitti nel palato quegli stessi aculei, e non di rado gli costano anche la vita quando non sappia altri- menti liberarsi dal corpo della vittima. Ma lo Spinarello è però alla sua volta molestato da due nemici dai quali non può liberarsi, e sono questi: un piccolo crostaceo parassita che gli si attacca al corpo, suc- chiandone il sangue; ed un verme intestinale, il Botroce- phalus latus, che giunge talora ad occupargli tutto l' interno del corpo. L' abbondanza di questo pesce in alcune località, ed in certe epoche, ò tale che raccolto in cumuli viene adoperato utilmente come letame nei campi; ciò che p. cs. succede 52 qualche volta intorno a Parigi nei mesi di luglio ed agosto (i). Se per tutto quanto si disse non può questo pesciolino avere per noi qualsiasi importanza né darci utile alcuno, la sua storia offre però un fatto curioso ed eccezionale, costruendosi gli Spinarelli un vero nido per deporvi le uova. La nidificazione di alcuni pesci, della quale vagamente ne avevano anche già parlato gli antichi, fu constatata recentemente ed in modo sicuro dal sig. Coste in due spe- cie del genere Gasterosteus, una delle quali ò appunto quella che ci occupa. Possono leggersi in Ghenu (2) molti parti- colari in proposito: per noi hasterà estrarne che, al con- trario di quanto succede nei mammiferi e principalmente negli uccelli, non è già la femmina ma bensì il maschio degli Spinarelli che costruisce il nido. All' epoca della frega va esso in cerca di ruscellini di erbe di ogni sorta, di pa- glie, di pezzettini di legno od altro, che riunisce ed accu- mula nel punto del ruscello scelto a tale scopo, e li quali materiali per impedire che sieno via trascinati dalla cor- rente e dai movimenti dell' acqua, sa yrovvidamente ren dere fermi sovrapponendovi al momento della sabbia che vi porta colla bocca, e connettendoli poi meglio ed agglu- tinandoli colla mucosità che fa sortire dalla propria pelle nel mentre vi passa sopra più volte, e lentamente vi si strofina con movimenti serpentini e vibrati. Costruita così la base del nido, si occupa nell' egual modo delle pareti e del tetto, lasciandovi ad un lato una piccola apertura che dilata e regola frequentemente coli' introdurvi la pro- (1) Hcckel. pag. 41. (2) Encyclopcdie cV Hist. nat. — Ecptiles et Poìssons, pag. 21U, Tav. XXVIII. % 2 — Paris 1857. 53 pria testa e parte del corpo; e per la quale dovrà poi en- trare la femmina per deporvi le uova. Il nido così prepa- rato non ha che una sola apertura: ma una seconda dal lato opposto viene fatta in seguito o dallo stesso maschio, o dalla femmina all' atto del parto ; in modo che quando questa vi sta per entro non vedonsi sporgere fuori che la testa da un lato e la estrema parte della coda dall' altro. Depositate le uova, la femmina sorte dal nido e lascia che il maschio vi entri tosto a fecondarle, e questo le feconda collo strisciare sopra di esse nel mentre vi spruzza il liquido seminale. Questa operazione ripetesi per più volte ed anche con diverse femmine, sino a che il nido contenga quella quantità enorme di uova di cui è capace. Spetta poi al maschio di assiduamente invigilare e far da custode alle uova, le quali sarehbero persino divorate dalle stesse femmine se esso non lo impedisse, o non le assicurasse col fortificare e ricoprire di pietruzze il nido che le contiene. In dieci o dodici giorni nascono i pescio- lini, ma il maschio non li abbandona ancora nò li lascia allontanare dal nido che dopo quindici o venti giorni dalla loro nascita, quando cioè sparita la vescicula ombelicale e fatti abbastanza forti, possono da se stessi bastare ai bisogni della propria conservazione. Questo Gasterostcus fu scambiato dal Pollini col Cyprinus aphya di Linneo, e sotto tale denominazione figura appunto nel suo Viaggio al Lago di Garda, siccome già prima era stato così nominalo dal Tommaselli, e si continuò poi er- roneamente a nominare, come fecesi di molte altre specie, nei posteriori elenchi dei pesci veronesi enunciati nella mia Bibliografia ittiologica. 54 V. GASTEROSTELS BRAGHYGEKTRUS CIV. VAL. Hai: Spinarello. (Bonap. Cab met. pag. 71. n. 661. f. — Heckel S. F. pag. 41. fig. 17. — Nardo Prosp. pag. 81. 92. 95. 98. {G. brachyocentrus et brachiocentrus). Fra i caratteri pei quali si vuole specificamente distinto questo pesciolino dal precedente, havvi quello particolar- mente di testa più lunga, e Y altro di tutti gli aculei più brevi di quello che sono nell' aculeatus. V Heckel dà questa specie come avuta dal Lago di Garda e da Treviso; ed il Narr do la enumera pure nei suoi Prospetti fra le specie venete (pag. 81), collocandola poi più avanti fra quelle che trovansi in quasi tutte le acque dolci di queste provincie (pag. 92), fra quelle che vivono anche nelle acque miste (pag. 93), e fra i pesci di mare (! ?) che più frequentano le venete la- gune e prolificano in esse (pag. 93). Fra tutti i moltissimi Spinarelli che io ebbi dal Benaco non mi fu mai possibile riconoscere in essi diversa specie dall' aculeatus, e lo stesso dico per quelli avuti da varie altre località, fra i quali meritano una particolare men- zione quelli di Zevio per la loro maggiore statura e per le macchie brunastre, così bene spiegate sulla parte poste- riore del dorso. Probabilmente non sarà il brachycentrus che sola varietà dell'antecedente; così almeno mi farebbe supporre il tro- vario non già nominato distintamente, ma con altre spe- cie del Cuvier sottoposto esso pure all' aculeatus nel Cata- logo metodico dei Pesci Europei del Principe Bonaparte. 55 iMa non potendo per mia parte proferire un giudizio in proposito, mi riserverò ad altra occasione di meglio occu- parmene. VI. BLEKN1CS CAGNOTA CUV. VAL. (IIECK.) Ital: Cagnotta. Veron: (Benac) Cagnette, Cabazze. (Blennius vulgaris Pollini Viaggio pag. 20, tav. fig. 1. — Blennius anticolus Bonsp. Fatma et lab. fìg. h. — De Filippi Cenni pag. 592. — Ichthyocoris pollimi Bonap. Cai. met. pag. 68. n. 033 — Ichthyocoris polinii Nardo Prosp. pag. 80. 92. — Blennius Petteri Heck. m. s. — Blennius capota Heck. S. F. pag. hh. fig. 18). È vanto particolare del nostro Benaco il possesso di questo elegante pesciolino che vi costituisce una colonia lacustre di un genere marino; siccome proprio e distintivo mostrasi d' altri laghi benanco più meridionali d' Italia. Ha corpo conico, con testa grossa ed ottusa; fronte verticale, con due piccoli cornetti o tentacoli sopra gli oc- chi; una cresta cutanea protratta fino all'occipite. La pin- na dorsale nasce sopra il termine dell' opercolo, si avvalla leggermente nel mezzo, e finisce con maggiore altezza poco innanzi alla caudale. L' ano si apre nel mezzo del corpo, e subito dopo di esso nasce la pinna anale che va pure a terminare poco avanti la caudale. Le ventrali hanno sol- tanto due o tre raggi; la. caudale è cuneiforme troncata. Il corpo, onninamente privo di scaglie e coperto di densa ed abbondante mucosità, è superiormente di un colore lurido fosco minutamente punteggiato di nero, e sparso di varie macchie scure che si espandono anche sulla base 56 della pinna dorsale; al di sotto ò giallognolo o bianchic- cio. La pinna anale ha presso il suo margine una linea di tinta brunastra, e qualche macchia o linea oscura vedesi pure sulla caudale. Questo pesciolino non oltrepassa fra noi la lunghezza di 8 centimetri; è molto commune in tutti i porti ed i seni del Benaco, ma quantunque di carne bianca e sapo- rita è poco ricercato come alimento. Vive in piccoli grup- pi; ama il fondo sassoso, ed è molto agile nei suoi movi- menti. Va in frega nell' estate. Heckel direbbe pescatosi questo Blennio anche nell' Adi- ge, oltrecchè nel Benaco. A me non fu però possibile di constatare la verità di questo secondo habitat nella nostra Provincia. La determinazione di questa specie e della relativa si- nonimia è stabilita sulle descrizioni date dal Bonaparte e dall' Heckel, e dietro esame e confronto benanco di esem- plari autentici del Pollini, che io possiedo ancora per som- ma cortesia usatami dal perduto amico, e nostro distinto naturalista Luigi Menegazzi. VII. G0B1US FLUVIATIUS BONELLL hai: Ghiozzo (De Fil.) Veron : Bottola, Bottasoi, Boza, Ma- gneroni. Frane: Goujon. (De Filippi Cernii pag. 592. — Heckel S. F. pag. hi. fig. 19. — Gobius bonelli (Bonap.) Nardo Prosp. pag. 79. 92. 100). Pesce di piccola statura (centim. 6 a 8 di lunghezza), a corpo rotondo, tozzo, ingrossato verso il capo; colla ma- 57 scella inferiore più arrotondata, e che sopravvanza la su- periore; con due pinne dorsali, 1' una all'altra seguente; di color bruno o bruno-verdastro sul dorso più o meno scarsamente punteggiato o macchiettato di scuro; grigio ai fianchi; coi raggi delle pinne alternati di bruno e di bianca- stro ; e che facilmente sarà poi da ogni altro pesce nostrale distinto pel proprio carattere, che è pur quello del suo gene- re quasi esclusivamente marino, delle pinne cioè o natatoje ventrali toraciche riunite in una sola a guisa d' imbuto. Dimora, e se non ò inquietato sta sempre nascosto sotto i sassi, alla cui superficie inferiore la femmina sospende le uova. Vive di vermi e di insetti acquatici ; la sua carne è salubre, molto saporita e ricercata, e si mangia fritta. A quanto scrive il De Filippi le uova, per la figura che prende la membrana esterna, sembrano fusiformi, e avvicinate in un solo strato, tutte insieme ondeggiano coli' acqua. Que- ste uova si possono facilmente trovare e raccogliere nel giugno, e sul loro sviluppo il predetto chiarissimo autore consegnò alcune interessantissime notizie ed osservazioni negli Annali universali di Medicina dell'agosto 4841. Sebbene stazionaria e comunissima nei fossati e fiumi- celli della Lombardia, e sebbene molto comune anche nel limitrofo territorio Mantovano, ove è conosciuta come pres- so i litorani del Benaco sotto il nome volgare di magneronc, io non potei avere ancora questa specie che soltanto dal Lago di Garda, dall' Adige, e da Mon torio da dove mi fu spedita col nome volgare di Bottola e Botiasoi, Certamente deve però essere molto sparsa anche fra noi, ed abbon- dantissima in altre acque come si dimostra nel Benaco ed a Molitorio: e questo dico tanto più, perchè anche il Nardo la enumera fra le specie abitanti in quasi tutte le acque del Veneto. 58 A questo pesciolino come al precedente, può essere ri- petuta l' indicazione sottoposta al Cotlus gobio, tornare cioè questa specie al pari di quello utilissima come nutrimento da darsi alle Trote e ad altri pesci che si allevano artifi- cialmente. III. CYPRINUS CARPIO UM. lied: Carpa. Veron: Raìna, Gobbo, Bulbero. Frane: Carpe. Ted: Karpfe. (Cyprinus carpio et C. regina Bonap. Fauna ital. et tab. fìg. 1. 2; Cat. met. pag. 26. n. 140. ihi. — Cyprinus carpio De Filippi Cenni pag. 395. — Heckel S. F. pag. M. fig. 21, pag. 62. fig. 26. — Nardo Prosp. pag. 72. 91. 99). Chiunque avrà anche solo per poco dedicati i suoi stu- dii a qualche ramo della storia naturale, e si sarà posto a determinare gli oggetti che gli appartengono, avrà in qualche caso certamente trovata la più grave difficoltà per stabilire il genere, e molto più la specie; e non di rado si sarà anche e senza dubbio infastidito per certa invalsa smania di creare specie sopra le più insensibili differenze, o su caratteri modificabili per circostanze variabilissime; ed avrà chiusi o gettati da se più volte i libri scelti a consulta e l'oggetto stesso da classificarsi, perchè mai non gli era possibile di sortire sicuro dal labirinto della specio- logia e della sinonimia. Questo è quanto presso a poco avvenne a me lorchè mi posi a studiare la nostra Carpa, o Raìna, per stabilire indubbiamente se al Cyprinus carpio di Linneo od al Cypri- 59 mis regina di Bonaparte dovesse essere riportata, non dif- ferendo V una dall' altra che per pochissimi e sfuggevoli caratteri, ma particolarmente per la maggiore o minore curva della parte anteriore del dorso. I primi esemplari che io ebbi fra mano tenevami certo appartenessero alla specie del Bonaparte ; ed erano del- l' Adige e del Lago di Garda. Procuratimi altri dalle valli veronesi, chiamati colà Gobbi per la loro maggiore curva del dorso la quale fa anche sembrare il corpo meno al- lungato, io doveva sospettarli invece pel carpio di Linneo. Un terzo esame sopra individuo dell' Adige mi confermava in questo secondo giudizio. Più tardi lo studio di varii esemplari, ancora dell' Adige e delle valli, tornava a ren- dermi incerto sulla specie, che questa volta riteneva dover piuttosto chiamare regina; e titubante lasciava ogni volta la penna e la carta senza mai poter essere tranquillo sul mio giudizio. In tale esitanza ricorreva quindi ai pochi autori che teneva a consulta, ma sempre me ne ritraeva sconsolato nel trovarli così poco d' accordo che, mentre uno sosteneva a forza la bontà specifica dei due Ciprini, pensava un se- condo che l'uno non fosse dell'altro che mera varietà, e voleva un terzo che l'identica specie fossero ambedue, sol- tanto distinguibili fra essi da una maggiore o minore curva del dorso; carattere variabilissimo pur anco questo nei li- miti stessi della specie. Un giorno, deciso di sortire da tanta ambiguità mi re- cai al nostro mercato, e passate colà in rassegna più cen- tinaja di Raìne provenienti da diverse località, dal Benaco, dall'Adige, dal Tartaro e dalle valli, me ne ritornai per- suasissimo di accomodarmi finalmente alla sentenza che la nostra Raìna sia il C. carpio di Linneo, o certo poi il 60 €. carpio e C. regina di Bonaparte, giacché aveva rilevato ap- punto che anche in esemplari della stessa località stavano alcuni cui benissimo corrispondeva la figura del C. regina, ed altri cui meglio quadrava la figura del carpio, dateci ambedue dal Bonaparte nella bellissima Tavola della sua Fauna; ed aveva trovato, e si possono trovare sempre tutti i passaggi intermedii che 1' una all' altra collegano. Ed in questa sentenza rimango poi più fermo dopoché F Heckel stesso confessò di non trovare differenza nò li- miti fra le due specie del Bonaparte, facendoci noto inol- tre (1) non corrispondere alla figura del regina ma sibbene a quella del carpio i due esemplari spediti al Museo Impe- riale dallo stesso Bonaparte sotto il nome di C. regina. È bensì vero che nell' opera dell' Heckel troviamo poi descritta e figurata questa specie separatamente dal Cy primis carpio £., ma egli stesso ce la dà per distinta con molta riserva e sopra esemplari avuti da Treviso ; e qui ci soccorre poi validamente per non allontanarci neppure per questo dal nostro giudizio, il trovare indicata dal Nardo per sola ed unica specie del genere nelle provincie venete il Cyprinus carpio L. Non vi è alcuno che non conosca e non distingua la Carpa, il più abbondante e prolifico fra i pesci nostri. Varia assai nel colore del corpo, ora verdastro bronzino, ora pressoché nereggiante, ora di un castagno olivastro dorato sul dorso, che degrada sui fianchi ed ingiallisce a mano a mano che invecchia. Ha il capo molto più oscuro, colla fronte e colle guancie turchinastre ; giallognole le labbra e le due paja di barbette carnose o cirri, pendente 1' anteriore dalla mascella superiore, 1' altro più lungo dall' angolo della (1) Heckel, pag. 63, in nota. 61 bocca. Bianco-giallastro è il ventre; una serie di piccoli punti neri corre sulla linea laterale; dorata è l'iride; tinte di pavonazzo le pinne ventrali e la caudale, di rossastro 1' anale. Il corpo ò coperto di scaglie molto grandi e perciò poco numerose, leggermente striate, cigliate ed embricate, che l' animale perde od incanutisce invecchiando. La pinna dorsale e la anale sono anteriormente difese da grosso e robustissimo raggio osseo tutto dentellato all' indietro, e che nei grandi individui del Benaco, detti Bidberi, e da me esaminati, trovai della lunghezza di centimetri 7 ad 8 XA collo spessore alla base di millimetri 40 a 42. La Carpa vive in quasi tutte le acque dolci ed è pesce essenzialmente onnivoro, nutrendosi di insetti, di vermi, di granaglie, briccioli di pane, pesci, ed una quantità di altre sostanze animali e vegetabili che trova nel limo, e che quasi sempre sono corrotte od anche putrefatte. Nuota con molta agilità, ed è difficile a prendersi pei salti che sa fare quando incontra pericoli, e coi quali rie- sce anche a scampar fuori dalle reti per ri tuffarsi nel- T acqua. Alle reti sa non meno e benissimo sottrarsi col- l' appiattarsi al fondo e col cacciare la testa nel fango lorchè queste le vengono gettate, lasciando così che passino sopra il proprio corpo senza per nulla incapparvi. Neil' inverno, quando la superficie delle acque comincia a gelarsi, cala al maggior fondo di esse per garantirsi dal freddo, e col muso e colle natatoje vi pratica delle buche a foggia di vasche, dove con molti altri della sua specie si aduna, si ammucchia e si serra, passando l' inverno in profondo letargo e quindi senza nutrimento qualsiasi. Va in frega fra il maggio ed il giugno, anticipando o ritardando ancora più i suoi amori secondo che più o 62 meno elevata è la temperatura. In questo tempo maschi e femmine si ricercano e si inseguono con vivissimo ar- dore, sbalzando anche a qualche altezza fuori dell' acqua. Le femmine continuamente perseguitate dai maschi si ri- fuggiano fra i giuncheti ed i cespi acquatici, sopra ed attraverso i quali scorrono, ripassano, e si soffregano, nuotando talvolta anche alla superficie dell' acqua e con metà corpo fuori di questa, che vedesi agitata dai forti e frequenti colpi di coda dei maschi. È fra questi dibatti- menti che sono deposte e fecondate le uova, le quali re- stano appiccicate alle erbe stesse, non senza però che moltissime vengano a perdersi o sieno tosto divorate da altri pesci che fanno scorta e sono testimonj di questi amorosi combattimenti li quali, secondo le pazientissime osservazioni di Lamy (1) (dal quale riporto queste notizie) durano dalle cinque alle sei ore, succedendovi poscia la più perfetta calma. Ogni femmina depone una quantità considerevole di uova, e qualche autore ebbe la pazienza di annoverarne fino oltre a 600,000 in una Carpa di libbre dieci. Media- mente può stabilirsene il numero dalle 200,000 alle 250,000; ed in alcune acque è tanta la quantità dei pesciolini che nascono, che il loro numero impedirebbe e riuscirebbe anzi nocivo allo stesso loro sviluppo se non fosse diminuito per lasciar prosperare soltanto quelli che restare vi devono. Questo pesce cresce rapidamente nei primi anni della sua vita. Dicesi che di sei anni ed anche prima possa pesare tre libbre e più, e che prima dei dieci giunga alle sei. Secondo un prospetto offerto da Koltz (2), una Carpa (1) Eleni, de Piscicult. pag. 29. (2) Pisciculture pag. Ili* 63 ben nutrita la quale nel primo anno pesa 8 grammi, giunge a pesarne 32 nel secondo, 500 nel terzo; arriva al peso di un chilogrammo (1) nel quarto anno, di 2 a 4 nel quinto, di 4 a 5 nel sesto, di 7 ad 8 nel settimo, e finalmente di chilogrammi 9 a 10 nell' ottavo, dopo la quale età 1' accrescimento va sempre più rallentando. Il peso ordinario delle Rame portate al nostro mercato è dalle 3 alle 6, ed anche alle 8 libbre veronesi; ma nelle acque delle nostre valli, e particolarmente poi nel Benaco ne troviamo del peso di libbre 20, 22, 24 e lino anche 30. Questi ultimi casi sono però rari, ed ancora più che raro, rarissimo e fors' anco unico è quello della Ràìna presa circa vent' anni sono nella valle detta Borghesana, comune di Casaleone, dopo una straordinaria piena del fiume Tar- taro. Secondo quanto mi informava il gentilissimo Sig. Pie- tro Finato di Casaleone (al quale devo molte altre notizie e varii esemplari dei Pesci e Rettili di quella località), tale Raìna rimasta in secco nella valle stessa e raccolta da certi pescatori Àccialin di Macaccari, dipendenti dalla famiglia Maggi affittuali di quel fondo di proprietà Michiel di Venezia, pesava niente meno che libbre veronesi 86, e tagliata in pezzi dalli stessi Maggi fu poi distribuita in dono a parecchie famiglie. L' ordinaria lunghezza del corpo della Rama è dai cen- timetri 30 ai 50, ma come in peso cresce altresì in di- mensioni e giunge fino ai 60 ed anche 90 centimetri. Ottantaquattro ne misura un B albero del Benaco che ho sott' occhio, del peso di libbre 22, presentemente di ra- gione del sig. Gaetano Perini, e che fu pescato poche set- (1) 11 chilogrammo si divide in 1000 grammi, e corrisponde ad una libbra metrica. 64 limane or sono presso Sermione, ove sembra che i B àlberi amino abitare a preferenza, mostrandosi colà anche meno rari che presso le spiagge del lago a noi più vicine. La Carpa vive lunghissimo tempo, e pretendesi perfino centinaja d' anni. Chenu (!) citerebbe le vecchie e gros- sissime Carpe del bacino di Fontainebleau che diconsi esistervi fino dai tempi di Francesco I. di Francia; quelle di Chantilly e di Ponchartrain che sarebbero contempora- nee del Gran Condè; e quelle finalmente degli stagni del giardino di Charlottenbourg, presso Berlino, le quali con- terebbero V età di oltre 200 anni. Colpa le sostanze per lo più malsane delle quali si nutre ed i gas mefitici che si svolgono nelle gore delle materie putrefatte, va la Carpa soggetta a varie malattie. Una tra queste si sviluppa con pustole che molto si ras- somigliano a quelle del vajuolo umano. Altre si manife- stano con escrescenze sulla testa e sul corpo, o sono ac- compagnate da ulcerazioni al fegato, o da una idropisia addominale. Per cui tutto non sarà mai raccomandata abbastanza la cura che le acque ove si vuole artificial- mente allevare la Carpa, sieno guardate e purgate da tutto ciò che può nuocerle. Anche alcuni vermi intestinali furono scoperti in que- sto pesce, e fra gli altri la Ligula simplissima, il Cariophylhis mutabilis ecc. La Carpa ha vita tenacissima, talché può vivere qual- che tempo fuori dell' acqua; e fatta in pezzi dà ancora per qualche ora segni di vitalità. Può sopportare senza alcuna conseguenza forti e repentini cambiamenti di tem- peratura; e le esperienze di Valenciennes riportate dal (1) Encyelop. pag. 287. 65 Dottore Chcnu ne danno la più sicura prova. Una Carpa da esso lui collocata in un vaso con acqua all' ordinaria temperatura e questa poi repentinamente elevando, soffriva senza perire il calore di 35 gradi centigradi: a 40.° si la- sciava cadere su di un fianco e le branchie si aspergevano di sangue: a 45.° cadeva in una specie di catalepsia da sembrar morta. Ritirata dopo qualche tempo da così alta temperatura e messa, o sopra freddo marmo, o in acqua fredda riprendeva in pochi secondi i suoi movimenti. E dalla sorprendente tenacità di vita della Carpa sono da ripetersi i buoni risultati ottenuti nella loro castrazione, col qual mezzo si giungeva ad ingrassarle molto ed a ren- dere migliori le carni. Come a questa tenacità devesi ascri- vere la facilità di conservarle vive per qualche giorno fuori dell' acqua, tenendole solo fra muschi inumiditi e nutrendole con latte rappreso, pane inzuppato nel vino, o granaglie; mezzo del quale si serve anzi taluno in Francia per far loro sostenere un viaggio prolungato, e recarle ai mercati di diversi paesi. La carne è salubre e buona, quantunque non molto pre- giata a causa dell' odore di fango che sempre vi si sente. I testicoli, detti volgarmente latte di maschio, sono di sa- pore gradito, e gradite sono pure le ovaje benché di non sempre facile digestione. Delle uova soleva impastarsi il caviale rosso in cibo degli Ebrei, a' quali era inibito man- giare quello di Storione, come di pesce senza scaglie. Alle Raìne delle valli nostre si preferiscono e con ra- gione quelle dell' Adige e di altri fiumi, e più ancora poi quelle del lago perche quasi affatto prive d' ogni cattivo odore, e di carne molto migliore. La grande fecondità di questa specie e la notevole sua facilità di crescere e prosperare in quasi tutte le acque 5 66 dolci, la raccomandano particolarmente all' attenzione no- stra nelle viste della piscicultura; tanto più che come esposi nel principio di questo scritto, il dispendio rela- tivo sarebbe assai limitato ed esuberantemente compen- sato dal prodotto per l'aumento del quale, grande van- taggio ne ridonderebbe anche alla parte più bassa del popolo che a buon mercato potrebbe nutrirsi di cibo sano e gradito. Per la fecondazione artificiale delle uova della Carpa servono le norme già esposte nella mia precedente Memoria, avvertendosi che pel prodigioso numero loro contenuto in ogni femmina, e perchè al sicuro dai danni e dalle perdite che ne avvengono sempre allo stato libero, basta operare con quattro, cinque, o sei femmine ed altrettanti maschi, per avere una quantità d' uova fecondate da coprire più centinaja di piccoli ruscellini di erba, ed averne dopo la incubazione quanti pesciolini bastano a popolare anche una assai vasta peschiera. Senza bisogno però di ricorrere alla fecondazione ar- tiGciale, si supplisce col raccogliere le uova già fecondate naturalmente, collocandole, colle stesse erbe sulle quali sono appiccicate, negli apparati di incubazione. La depo- sizione delle uova si otterrà facilmente procedendo come si disse per la Perca, cioè o procurando che nell' acqua ove sono le Baine trovinsi anche gli opportuni cespuglietti di erbe acquatiche, o supplendovi coli' uso degli indicati frego- latoj artificiali. Per lo schiudimene delle uova esigesi una temperatura piuttosto alta, non dovendo, secondo Jourdier e Lamy, essere minore di 16, 18, o 20 gradi se pur vuoisi ottenere buon risultato. Il tempo dello sviluppo dell' embrione ò assai breve, giacche sul terzo giorno se ne scorgono già gli 67 occhi attraverso della membrana dell'uovo, e sul sesto o settimo giorno sono anche già nati i pesciolini. Volendosi allevare le Carpe in una peschiera od in qualsiasi altro bacino d' acqua, si avrà cura che la tem- peratura di questa non sia mai troppo bassa, giacche ripe- tesi che tale specie ama piuttosto il caldo; e si nutriranno con pezzi di pane, di pomi di terra, di barbabietole, con granaglie, con legumi d' ogni sorte, piselli, fave e simili, essendo poi molto ghiotte dello sterco di pecora. Il sig. Lamy (i) ha trovato potersi sostituire ad ogni altro apparato di incubazione, uno ben più semplice e meno costoso, quello cioè di tinozze tenute prima nell'acqua per due o tre mesi allo scopo di far perdere al legno tutto il tannino od acido tannico che può contenere, senza la quale precauzione assicurerebbe vedersi morire i pesciolini mano mano che nascono. Queste tinozze, od in loro sostituzione anche alcuni vasi grandi di terra cotta, si pongono al sole e si riempiono d'acqua tenendoli convenientemente discosti 1' uno dall' altro perchè il sole vi cada e Y aria vi circoli liberamente per ogni lato. Alcuni fili o piccoli bastoncini posti a traverso del vaso servono a sospendervi i cespu- glietti d'erbe carichi delle uova, aggravandoli con qualche pezzetto di piombo o con piccoli sassi nel caso che per la loro leggerezza non rimanessero completamente tuffati nel- V acqua. Restando 1' acqua nel tinozzo o nel vaso senza essere rinnovata, e contenendo le materie animali sospese, ver- rebbe anche in breve a corrompersi sotto l' influenza dei raggi solari. A ciò si rimedia, continua ad insegnarci Lamy, col disporre qua e là per entro al vaso e frammezzo agli (1) PlscicuUure, pag. 33. 68 stessi cespuglietti alcuni ruscellini di stella cV acqua (i) (Callitriche aquatica L.\ la quale continuando a vegetarvi, purifica l'acqua coli' assorbire ed assimilarsi tutte le mo- lecole putride che si staccassero, od altri principii nocivi che si svolgessero. Con questo semplice processo V acqua si conserva pura per otto o dieci giorni, e colla tempera- (1) Pianta aquatica, annuale, a fiori verdi o bianco-sporchi che tro- vasi in quasi tutti i nostri fossati e ruscelli. Potrebbero essere usate anche altre piante aquatiche siccome: la Vallisneria spiralis (volg. àlcrja, erba cortellina) che vegeta nel Benaco, nel Tartaro, nella Molinella, ed anche nei fossati di irrigazione delle risaje: le nostre due specie di Myriopìiyllwm, cioè il M. spicatum che può raccogliersi in quasi tutti i fossi e nelle acque di lentissimo corso o stagnanti, ed il M. verticil- latum che vive nel Mincio, nel Tartaro, nel Fibio: e servirà anche benissimo il Ceratophyllum, demersioni L. (volg. gratta) che trovasi in quasi tutti i ruscelli, fossati ed altre acque di lento corso. Sono queste le piante che meglio vegetano nell'acqua; e la ragione del loro collocamento in quei tinozzi si trova nel fatto che all'aria aperta e sotto l' influenza della luce I" acido carbonico, cosi nocivo alla respirazione degli animali, viene scomposto dalle parti verde delle piante, ritenendo queste il carbonico, e rimettendo libero l'ossigeno*, onde l'acido carbonico che viene emesso dagli animali è ricevuto dalle piante, e queste ritornano a quelli 1' ossigeno che avevano fatto scomparire. È anzi su questo principio che si basa l'uso da qualche tempo in- trodotto dei così detti aquarii, ossiano vasi di cristallo empiti d'acqua pura, e nei quali si collocano alcune delle piante accennate, qualche pietruzza, e dei piccoli animaletti per goderne o studiarne lo sviluppo ed i costumi. Questi aquarii, di varia forma ed eleganza, stanno pre- sentemente sul tavolo di molti naturalisti, ed ornano non meno i gabi- netti delle dame. L'acqua vi si mantiene pura per molti mesi, senz'altro bisogno che di quando in quando rimettervene quel tanto che viene a mancare per l'ordinaria evaporazione: e col sussidio di questo apparato quante utili scoperte non si potranno fare per la scienza sullo sviluppo e sulle abitudini degli animaletti che vi si contengono! 69 tura di 48 a 20 gradi. Se il sole fosse troppo caldo occor- rerà riparare i recipienti con tela, o con altro mezzo che serva ad ombreggiarli; se le notti fossero troppo fredde, e potesse temersi che discenda il termometro dai 20 ai 44 o 10 gradi, bisognerà durante la notte coprirli e ripararli con stuoje. In questo modo e con queste poche cautele si ottiene benissimo lo schiudimento delle uova, e si vedranno più migliaja di pesciolini a guizzare in quei recipienti. Potrebbe anche servire una vasca dei nostri giardini, bene esposta ed alimentata dalle acque piovane, purché la si difenda con rete o con altro mezzo dagli animali, come anitre e ratti d'acqua, che potrebbero in poche ore distrug- gere le uova. In ogni caso si terrà attenzione di non ammassare nelle tinozze, nei vasi, o nelle vasche una quantità tale di cespuglietti da impedire il libero influsso su di essi del sole e dell' aria. Del resto esposi più addietro nella prefazione di questo scritto, alcuni dati che devono certamente invogliare molti ad occuparsi della propagazione e moltiplicazione di questo pesce ; e ne abbandono quindi V argomento per passare ad altra specie la quale, e per fecondità e per utilità di prodotto può benissimo tener dietro alla Carpa, mentre le va innanzi pel sapore della carne. 70 IX. TINCA VOLGARI» CDVìER. hai. Tinca. Veron. Tenca, Tencone. Frane. Tanche. Ted. Schleihe. (Tinca italica et T. chrysitis Bonap. Fauna et tab. ficj. 1. 2; Tinca vulgaris Bonap. Cat. met. pag. 28. n. 104. — De Filippi Cenni pag. 596 — Heckel S. F pag. 75. fig. 54. — Nardo Prosp. pag. 72. 91. 99). Per la piccolezza delle scaglie, così minute che se ne contano varie migliaja disposte in quarantanove file, si fa la Tinca distinguere dalle altre specie della stessa sua fa- miglia dei Ciprini, coperte come sono tutte da scaglie più grandi e quindi assai meno numerose, li suo corpo è spal- mato di un' umore più viscido e più fitto che in qualun- que altro pesce. Una piccola e tenuissima harbetta fornisce l'uno e l'altro angolo della bocca. Del resto non aggiun- gerò altri caratteri perchè pesce ancor questo ben cono- sciuto da ognuno, e dirò solo quanto al colore del corpo variarne assai le tinte secondo anche la maggiore o minore purezza dell' acqua che abita. Dal color giallo verdastro passa infatti al verdastro scuro od anche nerastro sul dorso, col verde più deciso sui fianchi, e questo pure de- gradantesi in giallo al di sotto della linea laterale, ed in bianco più sotto ancora. Le gote sono sempre di un bel verde, e l' iride di un bellissimo giallo-ranciato. Vario è il colorito del ventre, ora biancastro, ora giallastro, ora ran- ciato e qualche volta persino violaceo. Tutte queste tinte sono sempre più chiare nei maschi, e variano anche se- condo l'età e la stagione. 71 A pure variazioni nel profilo e nelle proporzioni, giun- gendo queste a produrre forme le più disparate, appog- giavano le due specie T. italica e T. chrysilis date da Bo- naparte nella sua Fauna, e lo stesso autore si convinse poi della identità loro specifica comprendendole più tardi sotto la sola denominazione di Tinca tulgaris. La Tinca, diffusa in tutta Europa, abita anche in quasi tutte le acque nostre, prediligendo però quelle stagnanti ed a fondo melmoso, e rara mostrandosi nei fiumi, mai poi nelle acque di forte corso. È pesce onnivoro ; nutresi di piccioli animaletti, di vermi, e di vegetabili ; ma è tanto vorace che in breve tempo priva dei buoni cibi tutti gli altri pesci che seco convivono. È pigra, e resta quasi sem- pre vicina al fondo delle acque, non alzandosi che nel caldo e nell' epoca della frega. Secondo Heckel non vive che sei o sette anni soltanto, ma ha vita tenacissima e resiste anche sotto al ghiaccio. Raggiunge in breve sensi- bili proporzioni arrivando, secondo il predetto autore, nel primo anno ad un quarto di libbra, nel secondo a tre quarti;, e nel terzo anno a tre libbre di peso. Ordinaria- mente non sorpassa fra noi il peso di libbre 6, che anzi si ha già per stupenda quella Tinca che ne pesi dalle quat- tro alle cinque. Va in frega nel giugno e nel luglio, ed abbonda tal- mente di uova che il Bloch ne avrebbe, con veramente mirabile pazienza contate 300,000 in una femmina di lib- bre quattro: Jourdier dà il numero di esse non minore di 400,000 in una Tinca del peso di seicento a settecento grammi. Le uova sono piccole, di color verdognolo, e ven- gono deposte al fondo dell' acqua fra le piante acquatiche e sulla melma. Neil' inverno la Tinca penetra nella melma, vi si sprofonda, e quasi immobile vi passa tutta la cattiva sta- 72 gione. La sua carne ù bianca, molle, grassa, ma piena di spine e non molto saporita, né sempre di facile digestione; meglio si aggradisce cotta in umido, e giustamente si pre- feriscono poi le grosse tinche, o Tenconi di lago perchè prive di quel disgustoso sapore di fango di cui sono com- pcnctrate le carni di quelle delle acque stagnanti. Qualunque bacino con acqua tranquilla e melmosa può servire per lo allevamento della Tinca. Volendo procedere alla fecondazione artificiale delle uova si avrà L'avvertenza di abbondare col numero dei maschi in proporzione delle femmine, giacché a quanto ci avviserebbe qualche autore, sembra che il maschio di questa specie abbia comparati- vamente meno quantità di latte che gli altri pesci. Ese- guita la fecondazione artificiale colle norme già altrove espresse, si collocano le uova in un vaso o tinozzo esposto al sole come si indicò per le Carpe, pieno d'acqua per tre quarti, e con uno strato di argilla sul fondo per collocarvi sopra le uova stesse, imitando così (pianto succede in natura. L'acqua dovrà mantenersi sempre alla temperatura di 20 a 25 gradi, e perchè non si guasti vi si immergerà alcuna delle piante acquatiche suggerite al precedente ar- ticolo. Sul quinto o sesto giorno si vedranno già nascere i pesciolini simili a piccole linee nerastre e molto svelti; e dopo cinque o sei giorni si trasporteranno in un vivajo, o si dissemineranno nelle acque che devono popolare. Non ommetterò di osservare che se si volesse lasciare alla natura la fecondazione delle uova, correrebbesi pericolo certo di scarsissimo raccolto mentre sono desse pronta- mente divorate da molti altri pesci non solo, ma dalle stesse Tinche. Torna perciò preferibile l' accettare il con- siglio di Lamy, di chiudere alcune ccntinaja di Tinche in un piccolo ramo d' acqua od in un vivajo in cui si avrà 73 avuto 1' avvertenza di predisporre alcune isolette di erbe acquatiche fra le quali trovano sempre rifugio e nutri- mento. Giunta l'epoca della frega, nò potendo le Tinche sfuggire dallo spazio chiuso, facilmente saranno pescate per procedere alla fecondazione artificiale. La moltiplicazione della Tinca porterebbe anche il van- taggio di potersi servire dei pesciolini per nutrire ed ingras- sare le specie carnivore. Su questa specie versano le diligentissime ricerche em- briologiche del Dott. Mauro Rusconi pubblicate nel 4835 nella Biblioteca Italiana Voi. LXXIX. pag. 424 e 250. X. BARBIS FLUV1ATILIS AG. hai. Barbo, Barbio. Veron. Barbio. Frane. Barbeau. Ted. Barbe. (Bonap. Fauna et tal), fig. 1. (?) — De Filippi Cenni pag. 59/+ — Heckel S. F. pag. 70. f. 30 (?) — Barbus plebejus (Bp.) Nardo Prosp. pag. 72. 91. 99). Le labbra crasse e carnose, ed i quattro cirri pure carnosi che a guisa di barbe gli pendono dalla mascella superiore, presso l' apice di questa il primo pajo, 1' altro più lungo agli angoli della bocca, lasciano tosto distin- guere fra i pesci nostrali il Barbio, così appunto nominato per tali caratteri, e sotto lo stesso nome quasi da per tutto conosciuto. Ha il muso allungato, ottuso all'apice,, colla fronte che quasi perfettamente continua la linea del dorso e discende con dolce curva. L' occhio può dirsi piccolo in proporzione 74 del capo. La pinna dorsale, collocata poco innanzi alle ventrali, ha il primo raggio brevissimo, il secondo metà del terzo, e questo più lungo di tutti, osseo, robusto e se- ghettato. Il suo corpo è coperto da scaglie piccole, nume- rose, leggermente striate, e profondamente infitte nella cute. Il colore è di un verdastro bronzino sul dorso, che in al- cuni individui trapassa al grigio chiaro o grigio -olivastro, con molte ed irregolari macchiette fosche sui lati. La testa è olivastra; il ventre bianco; le pinne pettorali, le ven- trali e 1' anale tinte in giallo ranciato. Fuvvi sempre grave questione fra gli ittiologi nella determinazione specifica dei Barbi d' Italia, mentre se Bo- naparte volevali distinti e li distinse nella sua Fauna in quattro separate specie sotto i nomi di Bar bus fluviatili* , B. eques, B. plcbejus, e B. caninus, fu d' altra parte sostenuto dal De Filippi e dal Gene (1) che una sola specie fossero le tre prime, ritenendosi soltanto per distinta la quarta, vivente nel Piemonte propriamente detto e probabilmente anche nel Ticino. Nella enumerazione dei pesci di Lombar- dia il De Filippi non vi comprende che una sola specie, e la nomina per Barbus fluviatili* Ag., esponendo la sua ferma persuasione che tutti i Barbi di quella provincia deb- bano rientrare nella specie Linneana Cyprinus barbus, e dichiarando il plcbejus mera varietà del fluviatilis. L' Heckel riterrebbe per distinto il B. fluviatilis dell' Agassiz dal B. plebejus di Bonaparte; e direbbe anzi questa specie sostituire la prima in tutto il mezzogiorno d' Europa. Il Nardo non ci dà fra i Barbi del Veneto che un' unica specie, da lui determinata per Barbus plebejus Bonap. (1) Atti della Sesta Riunione degli Scienziati Italiani, pag. 383. Mi- lano 1344. 75 Fra le discussioni ed i pareri di sì autorevoli ittiologi certo che io non mi posso azzardare di pronunciare sen- tenza : e mi limito quindi ad osservare che, dovendo ripe- tere per gli esemplari del Veronese quanto già dichiarava il De Filippi per quelli di Lombardia, che cioè nessuno si conforma in particolare ad alcuna delle quattro specie de- scritte dal Bonaparte, io sto del resto coli' opinato di quello stesso autore e comprendo quindi il Barbio nostro nella spe- cie dell' Agassiz, avvertendo solo che se pure qualcheduna delle descrizioni e figure date dai Principe di Canino volesse essere riferita alla specie nostra, quella non potrehbe es- sere che del suo B. plebcjus. Lo stesso non potrei dire delle figure date dall' Heckel, giacche ai nostri esemplari corri- sponderebbe molto meglio quella del B. fltwiatìlìs Ag. che non 1' altra del B. plebcjus Bp. , la quale presenta una curva pronunciata del capo e del dorso, e forme di pinne che non hanno certamente i nostri Barbi, particolarmente poi quelli dell' Adige. Il Barbio abita le acque limpide e correnti dei fiumi e dei laghi, preferendo sempre le più profonde. È fra i pesci meno carnivori, e nutresi particolarmente di molluschi, di insetti e di avanzi vegetabili ed animali, compresi in que- sti i cadaveri degli animali sommersi. Dice Marsili che il Barbio sia assai ghiotto di carne umana ; e si notò che durante l'assedio di Vienna fatto dai Turchi nel 4683 una grande quantità di Barbi fu pescata attorno e persino nei cadaveri umani gettati nel Danubio, mentre trovavansi intatte le spoglie dei cavalli ed altri quadrupedi che vi erano insieme confusi. Il Barbio cresce assai presto, ed arriva fra noi al peso di 5 o 6 libbre. Ama nuotare contro corrente, e di starsene lungo le rive. Neil' inverno si raduna con molti compagni 76 della sua specie in qualche cavo o fenditura, e vi si ap- piatta per restarvi fino a che sia cessato il freddo. Suole fecondare nel terzo o quarto anno di età, e va in frega tra T aprile ed il maggio. Dove Y acqua è poco profonda ma di corso rapido, e soffogandosi col ventre contro la sabbia, depone le uova, le quali vengono poi trasportate dalla corrente sotto le pietre e fra le erbe, non senza che moltissime siano divorate e distrutte da molti altri pesci. La sua carne è bianca, saporita, ed anche di facile di- gestione; ma fra noi ha quasi sempre qualche cattivo sa- pore dipendente dalla qualità dell' acqua, o dalle immon- dezze, e corrotte sostanze delle quali si nutre. L' uso delle sue uova è ritenuto pernicioso, specialmente di maggio, potendo produrre tormenti di basso ventre, superpurgazioni ed anche vomiti dolorosi. Questo fatto messo in dubbio da Bloch, è però confermato da troppi esempii per doverlo credere vero, e ce lo confermano poi pienamente Rondelet, Frank, Vallot, Venel, Lacépcde, Platina, Dulong d'Astafort, Vogt e moltissimi altri autori. La fecondazione artificiale del Barbio può farsi con tutta facilità giacche sotto la più leggiera pressione le uova, che sono di un bel colore lanciato, sortono in abbondante getto. Pare, a quanto osserva Lamy, che il latte del maschio sia più denso che quello degli altri pesci. Con una dozzina di femmine si ottengono circa tre litri (1) di uova le quali, eseguita la fecondazione artificiale, si collocano in casset- tine simili a quelle che si usano per Y incubazione delle uova di Trota, e si fanno schiudere negli stessi apparati ; ovvero si spargono in cassettine di tela metallica senza però ammassarvene troppe, e si collocano in acqua cor- ei) Il litro corrisponde ad una pinta, ossia ad un palmo cubico. 77 rentc a fondo sabbioso. Fra il decimo o dodicesimo giorno nascono i pesciolini, i quali se si volessero allevare ed ingrassare in stagni o vivaj riuscirebbero a carne meno saporita di quello che disseminandoli in acque correnti. XI. GOBIO POLLIMI DE BETTA. Ilal: Gobione. Veron: [Isola della Scala e Molitorio) Veccie, (Benaco) Temalo. (Cyprinus Benacensis Pollini Viaggio pag. 21. tav. fig. 2.(1816) — Gobio venatus Bonap. Fauna et tab. fig. 5; Cat. mct. pag, 27. n. 1G2. — Gobio lutescens De Filippi Cenni pag. 593. — Gobio venatus Nardo Prosp. pag. 72. 91. 99). Alla premura di due defunti ma sempre carissimi amici, io devo i primi esemplari che di questa specie ebbi fra mano. Quattro autentici del Pollini, cedutimi dal già ricor- dato zelantissimo cultore delle scienze naturali Luigi Me- negazzi, provenienti dal Benaco ; ed otto delle acque di Isola della Scala, avuti sotto il nome volgare di Veccie dal Prof. Àbramo Massalongo, del quale piangesi tuttora e me- ritamente la perdita come di colui che fu il primo fra i Paleontologi, ed altro fra i più celeberrimi Lichenologi dell' Italia. Dalle dette due località, e recentemente anche da Moli- torio ove pure è conosciuta sotto il nome di Veccie, io tengo quindi questo Gobione che il Nardo colloca fra le specie viventi in quasi tutte le acque del Veneto, ma che io non potei ancora avere nò conoscere che esista in altre parti del Veronese. 78 Pescasi anche nel Mantovano, ove riceve il nome di Borbio. Nella Lombardia, a quanto scrive De Filippi, questa specie che egli chiamò Gobio lulescens, e che volgarmente vi è chiamata Bertone, non è molto comune, nò accade di colà trovarne molti individui uniti, pescandosi avventizia con altri pesci e massime coi Barbi coi quali alcuni la confondono. Non molto comune la disse pure il Pollini nel Benaco, ove suole pescarsi nella stagione invernale. È questo Gobione un piccolo pesce che secondo gli autori non oltrepasserebbe la lunghezza di centimetri 13, e che ne misura soli 10 od 11 fra noi, e soli 8 centimetri quelli del Benaco chiamati dal Pollini Cy primis Benacensis. I suoi caratteri sono precisamente quelli dati dal De Filippi pel suo G. lulescens, cioè: bocca piccolissima che cogli an- goli non raggiunge le perpendicolari calate dalle nari: una barbetta a ciascun angolo della bocca: fronte e muso molto convessi : un' avvallamento nella parte superiore anteriore del capo: dorso appianato, e così pure i fianchi e l'addo- me: la pinna dorsale inserita poco più avanti delle ven- trali : le pettorali toccanti quasi coli' apice Y attaccatura delle ventrali. Il corpo è colorato superiormente di un giallo-olivastro cupo: una fascia grigio-ferrea scorre d' ambo i lati: alcune macchiette irregolari bruno-cupe sono sparse sul fondo del corpo, e si estendono anche alla parte supe- riore del capo : le pinne sono di un colore ranciato assai pallido, e sulla dorsale e sulla anale stanno alcuni punti e striscie fosche. La carne di questo pesce dicesi di un sapore delica- tissimo. Nulla potei raccogliere in particolare sui suoi co- stumi e sulle sue abitudini; ma applicando alla specie quanto è proprio dei Gobioni in generale ripeterò con Bonaparte, pascersi questi pesci di insetti acquatici, di 79 vermi, di uova, di avanzi di corpi organizzati. Amare dessi 1' acqua pura, siccome quella che scorre placidamente so- pra un letto sabbioso e non inquinata per mistura di sostanze estranee. Essere copiosa la loro moltiplicazione, all' epoca della quale vanno i Gobioni a deporre le uova nei luoghi più solitarii ed ombrosi dei fiumi, abbandonando coi primi tepori della primavera quei laghi nei quali ù loro costume di ritirarsi e ripararsi sul cominciare del- l' autunno. Scoperto questo pesce nel Benaco dal Pollini e da lui pubblicato nel 4816 sotto il nome di Cy primis Benacensis, l'u ben assai più tardi, cioè dopo il 4 830 che dal Piemonte e dal Bolognese avutolo il Principe di Canino, lo illustrò questi nella sua Fauna italica sotto il nome di Gobio venatus, dolente mostrandosi di non aver potuto mettergli a con- fronto il C. benacensis che del resto riconosceva tosto per un Gobio, e del quale veniva di tal modo a spiegare il maggior sospetto di somiglianza col suo venatus. E questo sospetto mantenne ed espresse poi anche nel suo Catalogo melodico dei Pesci Europei, pubblicato a Napoli nel 4846, in cui al suo G. venatus sottoponendo per Sinonimo il lutescens del De Filippi, vi sottopose pure e dubitativamente ancora il Cyprinus del Pollini. La descrizione e la figura data dal Bonaparte pel proprio Gobio, non lasciano però dubbio alcuno sulla sua identità specifica col Denacensis; e V uno e 1' altro non risultano poi che giovani individui della nostra specie. Questo Gobio, dopo le denominazioni avute dal suo sco- pritore e dal Bonaparte, una terza ne ebbe ancora più tardi dal De Filippi, il quale nei suoi Cenni del 4841 sui pesci della Lombardia enumera come specie nuova un suo G. lutescens stabilito sopra un piccolo pesce che non ere- 80 deva di poter riferire al venatus di Bonaparte, differenzian- done pel carattere sovrattutto della pinna dorsale che in luogo d' essere sovrapposta alle ventrali, era nei suoi esem- plari lombardi collocata appena più avanti di queste. Ma anche il Gobio del De Filippi fu poi giudicato non diverso da quello del Bonaparte, ed il Prof. Gene convalidò tale giudizio assicurando essere desso nuli' altro che V adulto di quello. Per tutto ciò vorrebbe ragione che al nostro pesce fosse restituito il nome impostogli da chi pel primo lo pubblicò, passando invece nella sua Sinonimia i due posteriormente applicatigli dal Bonaparte e dal De Filippi. Come però non può essere la specie del Pollini mantenuta nel genere Cyprinus quale è attualmente stabilito e ricevuto dagli ittiologi; ma più di tutto perchè la denominazione di Cyprinus benacensis non potrebbe essere rigorosamente rife- rita che ai giovani individui della specie, così mi credo autorizzato a designare questo nostro pesce colla nuova denominazione di Gobio Pollimi intitolandola così anche per giustizia al nome del suo scopritore che fu illustre no- stro botanico. Nel chiudere il presente articolo non posso però dissi- mulare il sospetto in cui sono che la specie nostra sia fors'anco lo stesso Gobio vulgaris di Cuvier (G. fluviatili* Ag.), e lo sarebbe infatti quando, come parrebbe propenso a credere V Heckel (1), da esso non differisse veramente il Gobio lutescens De FU. riportato nella nostra Sinonimia. (1) Heckel, Gobio venatus ecc. pag. 93, in nota. 81 XH. ALBURNUS ALBORELLA DE FILIPPI. Jtal: Aspio, Alborella. Veroni Avola, Aola. Frane: Abiette. Ted: Laube. (Cyprinus alburnus Pollini (nec. Linn.) Viaggio pag. 21. — Aspius alborella De Filippi Cenni pag. 402. — Alburnus alborella Bonap. Cat. met. pag. 33. n. 257. — Heckel S. F. pag. 137. fig. 71. — Nardo Prosp. pag. 73. 92. 100). La specie che ora ci occupa è quel vivacissimo pescio- lino che abita a stuoli le nostre acque, e delle argentee e brillantissime sue squame le adorna e rallegra. Copiosissi- ma nel Benaco, ove è conosciuta sotto il nome di Àvola, fu creduta dai Pollini il Cyprinus alburnus di Linneo, specie però questa d' oltremonte soltanto, e dalla nostra distinta. Perchè pesce a ciascuno di noi già troppo noto, non occorre che qui spenda parole nel descriverlo. Dirò sol- tanto giungere desso alla lunghezza di centimetri 40, ma il più ordinariamente non misurarne che dagli 8 ai 9; vivere raccolto sempre in forte numero di individui, e propagarsi, per quanto ci dicono gli autori, nel giugno e luglio. Come nutrimento pochi si danno cura di racco- glierlo perchè pochissimo apprezzata la sua carne, lasciata a cibo della classe povera. Usasi invece moltissimo come ottima esca al Luccio ed al Persico. Di nessun interesse torna 1' Avola pel piscicoltore, se pur non volesse usarne in certi casi per alimentare i pesci carnivori, ghiotti come sono quasi tutti di tale preda. 6 82 XI1L SCARDIMI» ERYTIIROPHTHALMUS CUV. VAL, hai: Scardafa. Ver: Scardola, Sgardola, Scardova, Coe-rosse. Frane: Meunier rotengle. Ted: Rothauge. (Bonap. Fauna et tab. fig. 2. — De Filippi Cenni pag. 401. — Heckel S. F pag. 153. fig. 79. — Scardinius hesperidicus Bonap. CaL met pag. 32. n. 234. — Nardo Prosp. pag. 72. 91). Il Principe Bonaparte che descrivendo e figurando nella sua Fauna 1' attuale nostro Scardinius, avevagli anche sot- toposto come sinonimo il Cyprinus erylhrophthalmus di Linneo,, li separò invece più tardi specificamente, e nel suo Prospetto metodico, mentre troviamo V erylhrophthalmus enu- merato come specie dell' Europa settentrionale e media, vediamo assegnato invece all'Italia settentrionale uno Scar- dinius hesperidicus Heckel cui fa poi corrispondere V ery- throphthalmus descritto e figurato nella sua Fauna. E questa è fors' anco la ragione per la quale il Nardo non ci dà fra le specie venete del genere Scardinius che il solo hesperi- dicus. Dal momento però che lo stesso Heckel, autore della specie, ci avvisa nella sua opera sui pesci della Monarchia Austriaca d' essersi dovuto convincere dopo molti esami fatti, non potersi ritenere lo S. hesperidicus che per mera varietà di colorazione, e solo un poco più panciuta della specie Linneana colla quale anzi la riunisce, non ci è più lecito di adottare la specifica separazione del Principe di Canino: e tanto più sicuramente possiamo riferire il no- stro pesce all' erythrophlhalmus di Linneo, in quantochè 83 abbiamo nei nostri esemplari anche il caratteristico color rosso di cui vanno tinte le pinne di tale specie, e del quale il Prof. De Filippi lamentava al contrario la man- canza nel suo Leuciscus erythrophthalmus della Lombardia. È questa senza dubbio la specie che il Pollini, caduto negli stessi errori di determinazione nei quali caddero diversi autori, enumera fra i pesci dei Benaco sotto i nomi di Cy primis grislagine e C. rutilus. La nostra Scàrdola si fa particolarmente distinguere per corpo alto e compresso: per dorso gibboso: per capo pic- colo in proporzione del corpo : e per lo squarcio obbliquo della bocca, la cui mascella inferiore sopravvanza di poco la superiore. Bruno-verdastra è la tinta della fronte e del dorso; grigio d' acciajo traente al giallo quella dei fianchi, ed argentina quella dell' addome. Una linea di color piom- bino segna quasi il contorno dell'opercolo: la pinna dor- sale è inserta nel punto più alto del dorso ed alquanto più indietro delle ventrali. Il colore delle pinne trae al piom- bino o brunastro: e tinte di rosso purpureo, soprattutto poi neir inverno, vedonsi le ventrali, l' anale e la caudale. Questo colore presentasi anche già nei giovani di un anno; la sua intensità è però varia secondo le acque e la sta- gione, più che altrove mostrandosi forse spiegato nelle piccole Scardole delle valli, del peso di circa mezza oncia, e distinte col nome appunto di Coe-rosse. La Scardola abbonda in tutte le acque nostre, compreso il Benaco e l'Adige; e nella parte bassa della provincia la possedono copiosissima anche tutte le acque delle risaje. Tenacissima di vita, e quindi facilmente trasportabile per popolare piscine, preferisce li fondi erbosi e le acque tor~ bidè. Vive da quattro ai cinque anni, e sempre scontrasi riunita in forte numero di individui, facendosi anche com~ 84 pagna di molti altri pesci affini. Nutresi di piante acquati- che, di insetti e di vermi. Va in frega nell' aprile o nel maggio, e depone le uo\a in numero stragrande ed a più riprese sui fondi erbosi. Giunge fra noi fino al peso di libbre una ed anche una e mezza, ma ordinariamente non ve- donsene al nostro mercato che individui del peso di poche oncie, ed anche sotto all' oncia. Serve di nutrimento al po- vero soltanto, giacché nessun' altro saprebbe adattarsi alla sua carne poco saporita e molto spinosa; qualità queste anzi che in Lombardia le meritarono il nome di pesce del diavolo. In molti paesi e soprattutto in Germania si fa ser- vire di abbondante cibo ai majali. Il piscicoltore non potrebbe trarne utile partito che rac- cogliendo buon numero di individui in qualche vivajo per usarne poi quale mezzo di nutrimento per pesci più grandi. XIV. LEUCOS PAUPERUM DE FILIPPI. Fero/i. Brùffolo. (Leuciscus pauperum De Filippi Cenni pag. 401 — Leucos paupe- rum Bonap. Cat. met. pag. 29. n. 186. — Leucos aula Heckel s. F. pag. 162. fig. 86?) Confuso colle Scàrdole ed abbondantissimo nelle acque della parte bassa della provincia, scontrasi un piccolo pesce che giunge al peso di un' oncia, la cui carne è assai poco stimata, ed il quale sanno quegli abitanti particolarmente distinguere sotto il nome volgare di Brùffolo. Ha per colori il verdastro chiaro sul dorso, il grigio sui fianchi e 1' ar- gentino verso 1' addome. 85 Per la complessiva forma del corpo avvicinerebbesi molto allo Squalius elatus figurato da Bonaparte nella sua Fauna senza però averne data descrizione specifica. Po- trebbe anche essere riferito al Leucos aula dell' Heckel, ma non vi corrisponderebbero esattamente tutti i caratteri assegnatigli, e meno ancora la forma del muso, quale ri- sulta dalla relativa figura/ Per quanto mi sia dato cura di consultare attentamente gli autori, non mi trovo ancora però molto sicuro della adottata determinazione specifica sulla quale mi devo anzi fare riserva di migliori studii, allogando intanto questo Leucisco sotto la specie che più gli si avvicinerebbe, cioè col Leuciscus pauperum nominato e descritto dal De Filippi nei suoi Cenni sui pesci di Lombardia. XV. LEUCOS RUBELLA (BONAP.) HECKEL. Itaì. Lasca rovella (Bonap.) Veron ? (Leuciscus rubella Bonap. Fauna et tab. fig. 1. — Leucos henlei Bonap. Cut. met. pag. 29. n. 185. — Leucos rubella et cisalpinus Heckel S. F. pag. 164. fig. 87. — Leucos cisalpinus Nardo Prosp. pag. 72. 92). Il Benaco solo fra le acque nostre possiede, per quanto imo ad ora mi consta, questo elegante Ciprino segnalato pel colore più o meno rosseggiante delle pinne in tutte le stagioni, e notevole per la emissione di alcune piccole spine sul capo e sul dorso del maschio nei mesi degli amori, il che dicesi comunemente fioritura delle squame. 86 I Esclusivo del Benaco nelle provincie venete lo dà anche il Nardo, nominandolo per L. cisalpinus Ifeck. Questo pesce misura ordinariamente la lunghezza di centimetri 12 a 43 dall'apice del muso al termine della pinna caudale, coir altezza del corpo di centim. 3 % circa, e giunge al peso di due o tre onde. La sua grossezza è poco meno della metà dell'altezza; ed il suo capo misura un quinto appena di tutto il corpo. La pinna dorsale spun- ta alla metà del pesce, esclusa la caudale; le ventrali sono sottoposte alla dorsale; la caudale è un poco più lunga del capo. Ha il dorso di color bruno grigiastro, più scuro sul capo, e degradantesi sui lati con cangianza madreperlacea fino a comparire argenteo sul ventre. L' iride dell' occhio è dorata. La pinna dorsale è di un bruno assai pallido, e la caudale tende più al giallognolo : le pettorali, le ventrali e l' anale sono di color rosso di cinabro più o meno spiegato. Io ho ricevuta questa specie confusa con altri pesci del Benaco, nò ho potuto constatare sotto quale denominazione volgare sia conosciuta da quei litorani. Mi si dice essere la sua carne abbastanza saporita, ma nonostante poco ri- cercata; e questa sarà la ragione benanco per la quale non mi accadde trovarla mai sul nostro mercato. Se ho indicato questo Ciprino per Leucos rubella can- giando la denominazione data dal Nardo, ciò faccio perchè lo stesso Heckel pose recentemente il proprio L. cisalpinus fra i sinonimi di quella specie, colla quale crede poi an- che debbansi riunire il Leucos rubellicus ed il Leucos Henlei del Bonaparte. 87 XVI. LEICISCIS PÌGUS DIÌ FILIPPI, ftal. Pigo (?). Veron. Orada dell' Adese. — Dorata? (Poli.) (Cyprinus rutilus Scopoli — Leuciscus pigus De Filippi Cenni pag. 397. — Heckel S. F. pag. 175. fig. 95. — Gardonus pigus Bonap. Cat mei. pag. 29. ». 192. — Nardo Prosp. pag. 72. 92. 99). Orada dell' Adige chiamasi fra noi un pesce, che non raro del resto a trovarsi nel fiume in taluna località dei vicini dintorni, lasciasi vedere ad ogni primavera nell' in- terno stesso della città, e facilmente viene pescato nel po- sto del Ponte Nuovo, ove con singolare costanza, ed in quell' epoca, ponesi a dimorare ogni anno. E desta sem- pre curiosità e meraviglia il trovarne alcuni individui a corpo come armato di bottoni cartilaginei, acuti all' apice, sparsi in linee irregolari lungo i lati del dorso, e più co- piosi sul capo ove si mostrano a base circolare, mentre larghi ed elittici alla base sono quelli invece del corpo: bottoni, o spini che attaccati come per semplice adesione alle squame sono poi anche molto facilmente decidui. È questo pesce il famoso Pigo del Verbano e del Lario, già noto allo stesso Plinio, e che gode di antica celebrità pel fiorire appunto del maschio in primavera, che così chiamasi 1' accennata espinescenza la quale sviluppandosi all' epoca soltanto degli amori, sparisce poi dopo questa in periodo più o meno breve di tempo non lasciando gli spini che una semplice traccia della loro attaccatura sulle squame. 88 Per quanto io so, sembra che il Pigo dimori soltanto nell' Adige od almeno, e dirò forse meglio annunziando che tutti gli individui avuti fra mano, e quelli non pochi che sono portati d' inverno al nostro mercato, pervengono tutti dall' Adige, in cui con più frequenza forse che altrove sono pescati nel tratto fra il porto di S. Pancrazio ed il vil- laggio di S. Michele. Il corpo del Pigo è allungato e piuttosto compresso, con profilo regolarmente curvo dal dorso all'apice del muso. La testa può dirsi piuttosto piccola, e V occhio forma la quinta parte del capo. La pinna dorsale si eleva sopra l'origine delle ventrali; la coda è forcuta. Le squame sono piuttosto grandi, e la linea laterale scorre parallela alla curva del ventre. Il colore del dorso ha una tinta can- giante fra il nerastro e l'azzurrognolo: i fianchi sono ver- dastri degradanti in bronzino, e quindi all'argento verso V addome. Le pinne sono grigiastre. Ha carne bianca ed abbastanza saporita ma piena di reste, per cui anzi non ha adito che alle mense di chi ag- gradisce la Rama ed il Gavazzino, al quale secondo però è sempre e senza confronto da preferirsi. La lunghezza or- dinaria del nostro Pigo è di centimetri 27 ai 40, con peso vario dalle oncie 10 a libbre una ed anche una e mezza, al massimo poi e molto raramente libbre due. Secondo De Filippi non sarebbero invece rari gli individui del peso di tre libbre, nel qual caso, scrive egli, gareggiano per delicatezza di carni coi migliori pesci fluviali di colà, dove pare che il Pigo abiti soltanto nel Verbano e nel Lario. Va in frega di primavera, ma nessun' altra notizia più precisa ho potuto raccogliere nò sui costumi nò sulle abi- tudini sue. Questo pesce potrebbe avere anche maggiore importanza pel piscicoltore di quanta ne ha qualche specie 89 affine; ed importerebbe verificare positivamente se, come Jo banno i laghi lombardi, non lo possegga fors'anco il nostro Benaco, nelle cui acque acquisterebbe del resto si- curamente più delicato sapore di quello che ci abbiano offerto gli individui dell' Adige. La quale differenza fra la carne di questi e la carne di quelli decantati dal De Filippi, unitamente a quanto di conforme troviamo pel nostro Per- sico in confronto di quelli saporosissimi e squisiti de' la- ghi lombardi, ci è sicuro dato per giudicare e far calcolo della varia influenza delle acque secondo la varia qualità ed i varii principii loro. Ho qualche sospetto che il Cyprinus orfus notato dal Pollini fra i pesci del Garda possa essere forse lo stesso nostro Pigo: e mi avrebbe dato motivo di ciò sospettare, r avere trovato così classificato nel Gabinetto di storia na- turale di un pubblico Istituto un' esemplare preparato a secco assai di recente, e proveniente dall' Adige. Ma non posso però farmi certo che così sia, mentre i pescatori del Benaco coi quali parlai, né conoscono il Pigo in quelle acque, nò saprebbero dire che sia la Dorala, nome volgare dal Pollini contrapposto al suo Cyprinus orfus. XVII. SQUAL1US CAVEDANUS BONAP. Hai. Lasca cavedo (Bp.). Veron. Cavazzino. (Leuciscus cavedanus Bonap. Fauna et tab. fig. 3. — De Filippi Cenni pag. 398. — Squalius cavedanus Bonap. Cat. met. pag. 31. n. 222. — Heckel S. F. pag. 184. fig. 110. — Nardo Prosp. pag. 72. 91. 99). 11 dover parlare di questo pesce subito dopo il celebrato Pìgo, ed il rammentare tosto la triviale ed insipida carne 90 del Gavazzino, mi fa pentito di averlo in certa quale ma- niera citato a confronto di sapore con quello, il quale per quanto risentasi dei cattivi principii delle aeque che abita, è però sempre di gusto assai migliore, e sempre più gradita la sua carne. Nelle acque tranquille e profonde è solito vivere il Gavazzino, molto volontieri tenendosi ascoso fra le pietre. Nell'Adige è molto comune, e trovasi soltanto più raro nelle acque correnti della parte bassa della provincia. Lo possiede pure il Benaco, e come di altri pesci, vanta anche di que- sto una carne migliore in confronto dei Cavazzini di altre acque. Sempre però poco pregiato quale nutrimento nostro, potranno invece benissimo servire i giovani a cibo dei pe- sci carnivori che si allevano dal piscicoltore. Ha corpo oblungo, non molto compresso : il dorso è convesso sul davanti, tendente al retto nella parte assotti- gliata dei tronco. La maggiore altezza del corpo, doppia della grossezza, trovasi poco avanti le ventrali ed è un quarto della totale lunghezza. Il profilo del capo è quasi retto con pochissimo risalto dalla linea del dorso, e tutto il capo entra quasi cinque volte nella lunghezza totale del corpo: la bocca è alquanto inferiore, alquanto obbliqua e grandicella: la mascella inferiore è più breve dell'altra: l'occhio dista dall'apice del muso quasi due diametri e mez- zo. La pinna dorsale è inserta alquanto più indietro delle ventrali. Le squame sono grandette, di forma elittica e rag- giate a ventaglio. Il colore del Gavazzino è verde olivastro sul dorso con riflessi d'argento, e degradando mano mano verso la linea laterale si fa poi grigiastro argentino sui fianchi, più netto verso 1' addome. Le pinne sono di color pallido all' inserzio- ne loro, ma plumbee ed anche nerastre verso i loro margini. 9i Il peso ordinario di questo pesce è di una libbra ed anche meno, ma trovasi frequentemente anche di libbre due, e qualche rara volta di tre e persino di quattro libbre, XVIII. TELESTES SAVIGNYI BOMP. hai. Mozzetta (Bonap.). Veron. Vaironi, Varoni. (Bonàp. Fatma et tab. fig. 1.; Cat. mei. pag. 30. n. 201. — Heckel S. F. pag. 208. fig. 117. — Nardo Prosp. pag. 75. — Leuciscus mu- ticellus De Filippi (nec Bonap.) Cenni pag. 399). Con questo e coi tre che seguono ritorniamo alla serie dei piccoli pesci nostrali, 1' uso dei quali pel piscicoltore non potrebbe essere che quello di fornire con essi nutri- mento a pesci più ricercati e più utili. Il nostro Vairone è comune nell'Adige e nelle valli ve- ronesi, tenendosi anche in acque basse fra le pietre ed i legnami delle sponde. Si propaga nel maggio e nel giugno, coprendosi di bottoncini come il Pigo ed il Lcncos rubclla in addietro descritti. Ha una carne molle, insipida, e piena di lische, per cui è lasciato a cibo dei poveri. I maggiori esemplari misurano la lunghezza di centimetri 14 a 15, ed è raro che giungano fra noi al peso di un'oncia. Il corpo di questo pesce è fusiforme allungato, e piut- tosto compresso. Il profilo del dorso è convesso dall'occi- pite fino alla pinna dorsale, e continua poi concavo sem- pre più che si accosta verso la parte assottigliata del tronco. Quello del ventre è pure molto convesso dalla gola fino alla pinna anale, ove tostamente salendo si assottiglia come 92 quello di sopra. Il capo è conico, leggermente declive lino oltre la regione nasale, ove avvallandosi scende rapida- mente obliquo in modo che il muso riesce tumido ed ot- tuso. La bocca è angusta, alquanto obliqua, e situata molto inferiormente: l'occhio è grande ed occupa un quarto del capo. La pinna dorsale spunta poco avanti la metà del pesce, e le ventrali sono quasi perpendicolari alla dorsale. La caudale, più breve del capo, biforcasi oltre la sua metà. Le squame sono piccole e striate a ventaglio. Il colore del corpo è grigio d' acciajo sul dorso, e gial- liccio con riflessi di madreperla sui fianchi. Una fascia nerastra, sempre più cospicua nell' inverno, sta sovrappo- sta alla linea laterale e corre dall'opercolo fino all'origine della coda. Le pinne pettorali, le ventrali, e 1' anale sono gialliccie, tinte di grigio alle loro estremità, e di un giallo più o meno ranciato secondo la stagione nel punto della loro inserzione. Il Leuciscus muticellus del De Filippi va senz' altro sot- toposto alla nostra specie, ma non così il L, muticellus del Bonaparte che a giudizio benanco dell' Heckel sarebbe spe- cie distinta e particolare dell'Italia media e meridionale. 03 XIX. PHOXINUS LAEV1S AGASSIZ. Hai. Sanguinerola, Paretela (Diz. Se. Natur.). Veron. Bres- sanclla, — (Benac.) Varone (Poli.). Frane, Vèron, Vairon. Ted. Pfrille. (Cyprinus phoxinus Linn. — Phoxinus laevis Bonap. Cat. met. pag. 28. n. 171. — De Filippi Cenni pag. 396. — Heckel S. F. pag. 210. fìg. 119. — Phoxinus lumaireul Bonelli). Piccolo ma elegantissimo pesciolino della lunghezza di otto od al più dieci centimetri: a corpo allungato, coperto di squame assai piccole e minutissime: con muso grossetto e molto ottuso: occhio grande: pinne ventrali piccole, e pinna caudale piuttosto grande, leggermente incavata nel suo margine posteriore. Verde aurato è il colore del suo dorso, coi fianchi ce- ruleo-argentini, minutamente punteggiati di nero, e con una bellissima fascia argentea ai lati, cui sta sovrapposta per lo più altra fascia grigiastra o nerastra, interrotta o continua, più o meno spiegata, la quale va poi a terminare con una macchia isolata, sempre più oscura, alla base della pinna caudale. Se bello a vedersi è in ogni tempo dell'anno questo pesciolino, bellissimo si mostra particolarmente in prima- vera e tale anzi da vincere per varietà ed eleganza di co- lori ogni altro pesce nostrale, giacché alle tinte più vive e distinte dei soliti suoi colori si aggiunge quella di un vi- vissimo color rosso di fuoco che a macchie ed inegualmente si spiega e si stende sull'addome, sul dorso, sull'opercolo, 94 sulle mascelle, sul contorno delle labbra e persino neir oc- chio. Ed in tale abito di nozze può divenire certamente gradito ornamento delle nostre vaschette e dei vasi di cri- stallo od aquarii, in cui benissimo vive per vario tempo nutrendolo di bricciole di pane, di pezzettini di ostie, ecc. Questo pesciolino ama le acque limpide e correnti a fondo sabbioso o ghiajoso, ma non è raro trovarlo anche nei fontanili e persino negli stessi tini delle sorgenti. Vive in numerose famiglie, ed a stuoli va spesso costeggiando le rive; timido però talmente che al più lieve rumore fugge e si allontana quanto più gli è possibile. Nutresi di piccoli insetti acquatici e di semi di piante. Va in frega fra il maggio ed il giugno, ma anche molto più presto di tal epoca, soprattutto poi nelle acque di Montorio, trovasi già in pieno abito di nozze. La sua moltiplicazione è grandis- sima, e le uova appena deposte vengono trascinate dalla corrente fra gli interstizii dei sassi e delle pietre, ove per la stessa loro piccolezza possono più facilmente che non quelle di altri pesci sfuggire alle molte cause di distruzio- ne. L' accrescimento dei pesciolini è poi così lento che solo dopo il terzo o quarto anno sono atti alla generazione. Mangiasi fritto, ma la sua carne non è molto pregiata. È invece nutrimento gratissimo alla Trota, al Persico, ed al Luccio. Pollini dà per questa specie il nome volgare di Vetrone (affine al véron dei francesi), e lo enumera fra i pesci del Benaco, da dove io però non V ebbi ancora. Non so poi psrchè il nostro Phoxinus non figuri fra le specie venete elencate dal Nardo; ma tale ommissione ritengo dipenda da semplice svista, giacché una specie tanto co- nosciuta e così comune in questa provincia ed altrove (Vicenza, Treviso ecc.), non può essere certo sfuggita 95 alle ricerche ed agli sttulii di quel dotto ed illustre ami- co mio. Il Phoxinus Lumaircul del Bonclli non è che il nostro pesce in abito di nozze. XX. CHONDROSTOM GENEI (BONAP.) UECKEL hai. Lasca. Vcron. Strigio dell' Adese. (Leuciscus Genei Bonap. Fauna — Chondrostoma jaculum De Filippi Cenni pag. 597. — Chondrostoma Genei Bonap. Cat. mot. pag. 28. n. 170. — Heckel S. F. pag. 220. fig. 126!) Anche questa e altra specie da aggiungersi al catalogo dei pesci delle provincie venete del Dottor Nardo, in cui figurerebbe soltanto la seguente congenere soetta, e dalla quale si fa tosto distinguere per la propria forma allun- gala e sottile, che forse le valse il nome di jaculum datole dal De Filippi. Ritengo per questa specie la denominazione anteriore del Bonaparte, appoggiato alla autorità di varii autori che assicurano identico ad essa e tutt' uno il Ch. jaculum De Filippi; ma devo però avvertire poco esatte, od almeno poco corrispondenti ai nostri esemplari le figure date dal Bonaparte, delle quali molto migliore e ad essi più conforme riesce invece quella sopra citata dell' Heckel. Lo Strigio pescasi nell' Adige presso Verona, ove però in genere si fa vedere e si lascia trovare unicamente nella primavera e solo in clù giovane, mentre se in Lombardia, al dire del De Filippi, tocca questa specie una lunghezza vicina ai centimetri 31 e 32, fra noi non giunge che a soli 96 centimetri 13 a 15 col peso di oncie d od oncie 1 %, e rarissimamente sorpassando tale lunghezza giunge al peso massimo di oncie due. Il colore del suo dorso è grigio-verdastro chiaro sfu- mante in argentino sui lati, e cosperso lungo il mezzo di minutissimi punti nerastri, i quali più distinti e copiosi nella stagione invernale vi figurano allora una fascia oscura sfumata, simile quasi a quella del nostro Phoxinus laevis. Le squame dei lati e del ventre risplendono di minuti ma distinti raggi argentini. Le pinne sono biancastre, e la base di ciascuna è segnata da una traccia più o meno giallastra. La bella macchia giallo-ranciata che vedesi alle ascelle lo distingue poi anche a prima vista dalle specie più affini. XXI. CHONDROSTOMA SOETTA BONAP. hai. Lasca. Veron. Saetta, Savetta. (Chondrostoma soetta Bonap. Fami. (Ch. rysela); Cat. met.pag. 28. n. 169. — Nardo Prosp. pag. 72. 91. 99. — Heckel S. F. pag. 221. fìg. 128. — Chondrostoma nasus De Filippi (nec Linn.) Cenni pag. 596). In generale è soltanto di primavera e nell' Adige che viene pescata anche la presente specie, la quale portasi al nostro mercato confusa con altri fra i pesci di carne in- sipida destinati esclusivamente a cibo della classe più po- vera, cui tocca questa ed ogni altra minuta ed ordinaria specie compresa sotto la volgare denominazione di pesce popolo. La Chondrostoma soetta lasciasi distinguere facilmente dalla precedente per la forma del corpo ovato-oblunga, col 97 profilo del dorso molto convesso dall'occipite fino alla pinna dorsale, e col profilo del ventre pure sensibilmente con- vesso dalla gola fino all' origine dell' anale. La testa che può dirsi piccola in proporzione del corpo, declina dolce- mente fino alle narici d'onde scende poi obliqua al suo termine: 1' occhio è grande ed occupa una quinta parte del capo: la bocca è angusta: la mascella ha il margine concavo tagliente. Le squame sono quasi rotonde e segnate da quattro o cinque raggi. Il colore più costante è il cinericcio sulla testa e sul dorso, che va sfumando verso la metà del corpo e prende un argentino pallido. Le pinne sono velate di ranciato più o meno sbiadito. Ordinariamente noi troviamo la Saetta del peso di oncie 5 o 6, ma si pescarono e furono venduti al nostro mercato alcuni individui del peso anche di libbre una e persino di libbre una e mezza. Secondo Heckel vivrebbe questa specie anche nel lago di Garda. Secondo Nardo (pag, 91), sarebbe tra i pesci che trovansi in quasi tutte le acque dolci del Veneto, e che prediligono le stagnanti. XXII. ALOSA FINTA CUV1ER. hai. Aiosa, Cheppia. Vcron. Agone, Sardena, Scarabina, Ceppa, Frane. Alose. (Clupea (Aiosa) finta De Filippi Cenni pag. 402. — Aiosa finta Bo- nap. Cat. met. pag. 34. n. 281. — Alausa vulgaris (Val.) Heckel S. F. pag. 288. fig. 133. — Aiosa finta Nardo Prosp. pag. 73. 92. 100). Pesce che tutti conosciamo, a corpo allungalo, forte- mente schiacciato, col ventre a carena dentellata, con pinne 7 98 nioìto piccole in proporzione, particolarmente le ventrali ed anale; e colla caudale forcuta. Il dorso è di un bellis- simo verde mare cangiante in celeste, traentesi all' argen- tino sui fianchi, ed ovunque di vivo splendore metallico con riflessi d'oro e d'argento. La testa è superiormente verde brunastra : una macchia nera si fa scorgere verso le branchie, accompagnata nella prima età da quattro o cin- que altre sul dorso. Le pinne sono grigiastre. Lascerò agli ittiologi la disputa, credo ancor sempre mantenuta, se la Clupea finta del Lacépéde e di Cuvier possa veramente tenersi distinta dalla Aiosa communis Yarr., come per separate specie le avrebbero accettate fra altri autori il Bonaparte ed il Nardo. Io mi sto contento d' aver potuto stabilire che la nostra A Iosa del Benaco, e quella che pescasi qualche volta nel Tartaro, conosciuta sotto il nome volgare di Ceppa, sono precisamente un' unica specie, cioè la C. finta di Cuvier od Alausa vulgaris del Valenciennes e dell' Heckel; confutata così anche pei miei studii 1' opi- nione di qualche autore il quale, oltre all' essersi mostrato contrario alla congiunzione specifica della aiosa e della finta, pretenderebbe benanco doversi riconoscere una terza specie nel pesce abitante i laghi nostri. La Aiosa riceve dai pescatori del Benaco, e quindi anche da noi diversi nomi secondo la diversa sua età. Chiamansi agoni gli individui più grandi ed il cui peso arriva da oncic otto a libbre una od anche, benché raramente, a libbre una e mezza; ed i mesi di ottobre e di novembre sono le epoche nelle quali vengono particolarmente ricercati per la squisitezza maggiore della loro carne. Ai nostri agoni corrisponde la ceppa, che qualche volta si prende nelle acque grosse delle piene tanto nel Tartaro quanto nei cavi delle valli. Il loro corpo misura la lunghezza di 99 centimetri 30 a 40 colla maggiore altezza di centimetri 7 a dO. Diconsi Sardene gli individui della lunghezza di centi- metri 45 a 20 col peso di una ed anche due oncie; ed il tempo in cui migliore trovasi la loro carne è da mezzo il settembre a tutto gennajo. Sono finalmente indicati sotto il nome di Scarabine tutti gli individui più giovani, e quindi di più piccole dimen- sioni. La pesca della Aiosa può dirsi continuata tutto V anno, meno qualche tempo della primavera, in cui succedendo la frega poco saporita è la sua carne. Questa specie vive tanto nel mare quanto nelle acque dolci, e nel discendere da queste a quello osservasi man- tenere precisi e costanti periodi di tempo. Vive di vermi, di insetti e di pesciolini. Nel tempo della frega rimonta i grandi fiumi, ove depone le uova, e si sparge così anche nei laghi di quasi tutta 1' Europa. È questa senz' altro la stessa specie che vive nel Lario ove pescasi copiosissima nel maggio e nel giugno particolarmente, e che in Lom- bardia riceve secondo la maggiore, media, e minima sua statura i nomi di ceppa, di agone e di ceppino, nella quale minore sua età, come ci avverte il Prof. De Filippi, pescasi in buon numero fin sotto le mura di Milano, nella sua di- scesa verso il mare, in settembre. 100 XXIIL THYMALLUS VEXILLIFER AGASSIL hai. Temolo. Vcron. Tèmolo. Frane. Ombre commune. Ted. Aesche. (De Filippi Cenni pag. 405. — Bonap. Cat. met. pag. 23. n. HO. — Heckel S. F. pag. 242. fig. 137. — Nardo Prosp. pag. 71. 91. 99). Siamo al primo dei tre soli rappresentanti che nelle acque nostre abbiamo della ricca ed importantissima fami- glia dei Salmonidi, di tanta utilità per Y uomo, di tanto interesse per F economia pubblica, e così distinta fra tutti gli altri pesci nostrali per una seconda pinna dorsale, piccola ed adiposa, vale a dire formata semplicemente di una pelle ripiena di grasso e non sostenuta da raggi. Il Temolo somiglia alla Trota, dalla quale può però tosto distinguersi per la propria pinna dorsale anteriore molto alta e molto larga. Ha corpo allungato, dorso di color bruno verdastro, ai lati grigiastro, bianco argenteo sull' ad- dome : la testa è brunastra pel di sopra, giallognola dalle parti, e con piccole macchiette nere: macchiette simili o punti nerastri mostransi anche sulla metà anteriore del corpo. L' iride è di color giallo doralo punteggiata di scuro. La pinna dorsale è grigio-brunastra con striscie transver- sali interrotte e fosche. Le pinne ventrali e 1' anale di color violetto, le pettorali giallognole. Tutti questi colori variano però molto nella loro intensità secondo la stagione, la lo- calità, e la stessa età; così è che p. es. nei giovani tutte le tinte sono pallide, e tendono piuttosto al grigio bianca- 401 stro, compreso anche 1' ampia pinna dorsale che mostrasi trasparente e poco o nulla macchiata. É pesce vivacissimo e hello, di carne molto saporita e salubre, abbastanza copioso nell' Adige, rarissima invece nelle acque di Molitorio. Giunge al peso di libbre una ad una e mezza. Ama le acque chiare, correnti, non troppo profonde. Nutresi di insetti acquatici e loro larve, di mol- luschi, di pesciolini, e di uova di altri pesci, particolar- mente di quelli della Trota. Nuota con grande agilità, e qualche volta lo si vede saltare al di sopra dell' acqua per dare la caccia agli insetti. Va in frega coi primi tepori della primavera, solitamente nel marzo: ed allora vedesi riunito a paja, mentre in altri tempi vive sempre solitario. Depone le uova sul fondo dell' acqua in appositi canaletti che sa praticare nella ghiaja coli' uso delle pinne e del ventre, il che forse non è che l' effetto naturale del solito soffregamento usato dalle femmine di molte specie contro corpi duri ed estranei per facilitare la sortita delle uova. Il maschio ne opera tosto la fecondazione; e la nascita dei pesciolini succede nel giugno. L' accrescimento è assai ra- pido, giacché con una buona nutrizione può, secondo Heckel, giungere al peso di libbre una ad una e mezza anche nel secondo anno di età. Ha vita delicata, e gli fanno guerra moltissimi nemici, siccome i pesci più grossi ed alcuni uccelli acquatici. L'esperienza ha provato che il Temolo può mantenersi bensì nelle peschiere e nei vivaj, ma che, esigendosi a ciò moltissime cure, non è mai tale allevamento compensato abbastanza utilmente: nò prospera poi mai, nò prolifica nelle acque stagnanti. 102 XXIV. SALMO FABIO LIKN. ItaL Trota. Veron. Truta, Trota. Frane. Truite. Ted. Forelle. (Salmo trutta Pollini Viaggio pag. 31. — Salmo marmoratus et S. punctatus Cuv. (fide Heck.) — Salmo fario De Fil. Cenni pag. 405. — Bonap. CaU met. pag. 25. n. 102. — Nardo Prosp. pag. 71. 91. 98. — Salar Ausonii (Val.) Heckel S. F. pag. 248. fig. 158). La Trota ha veramente una storica importanza per V in- dustria della piscicultura, perchè fu su di essa appunto che vennero tentate ed eseguite le prime esperienze di fecon- dazione e di incubazione artificiale: e fu colla pazientissi- ma ed assidua osservazione e consulta de' suoi costumi e delle operazioni della natura nella riproduzione di questa specie che, come altrove (4) accennai, riesci a Remy, sem- plicissimo pescatore della Eresse nei Vosgi, di stabilire le principali norme e di mettere sott' occhio le utilità ed i favorevolissimi risultati della fecondazione artificiale. Credo superflua qualunque descrizione tanto di questa come della specie seguente, le quali già tutti conosciamo e sappiamo ravvisare e bene distinguere. Mi limiterò quindi e soltanto a poche parole sui colori del corpo, qui osservando quanto alla Trota essere dessa ordinariamente di un grigia- stro, o di un brunastro, o di un verde nerastro sul dorso,, che passa a tinta molto più chiara sui lati del corpo e della testa, e che finisce in bianco argentino sul petto e siili' ad- (1) Sulla Piscicultura in generale ecc. pag. 14. 103 dome. Piccole e lucidissime sono le squame, e coi loro vivi riflessi d'argento altri se ne frammischiano qua e là di aura- ti e di tinta cangiante. Tutta la parte superiore del corpo ed i fianchi sono seminati di piccole e numerosissime mac- chiette bruno-nerastre o rossastre,, contornate per lo più da un cerchietto od aureola di color più chiaro del fondo od anche biancastro. Le pinne sono grigiastre o biancastre: la dorsale ha le stesse macchiette del corpo, e la caudale ha lembo nerastro. Se questi sono i colori ordinarli della nostra Trota non è però a tacersi come tanto variabile ne sia 1' intensità, e tanto variabile la tinta, il numero e la forma delle mac- chiette, che può dirsi difficilissimo il rinvenire due indi- vidui perfettamente uguali; presentandosi poi anche il caso di esemplari affatto o quasi affatto mancanti delle mac- chiette, di altri macchiettati soltanto sulla metà del corpo (var. semipunctala), di altri in fine a fondo cosperso di mi- nutissimi punti che vi sostituiscono le macchie solite (var. parcepunclaki). A queste facili variazioni dovute a circostanze di loca- lità ed all' acqua in cui vive la Trota, od alla qualità stessa dell' ordinario nutrimento che vi trova, voglionsi appunto attribuire alcune specie create dagli autori, come la Trulla nirjra Mars., il Salmo alpinus di Bloch, il Salmo marmoratus e S. punciatas di qualche autore, e stando all' Heckel, anche di Cuvier; le quali specie con diverse altre non devono aversi che per mere varietà della nostra Linneana (i). (1) Non credo inutile di riportare a prova di ciò alcune delle prin- cipali varietà accennate dall' Heckel, le quali sarebbero in Germani; i distinte anche comunemente con nomi particolari. Sono desse: a) la so- lita trotella dei ruscelli (Dachforelle) con macchie rotonde bruno-nerastre 104 La Trota ama V acqua fredda, chiara, e corrente, ed è perciò che nei piccoli laghi vive di preferenza là dove en- trano i ruscelli, i fiumicelli, ed i torrenti; e nei grandi laghi vive in prossimità alla loro scarica. Nuota con molta celerità, e sa in alcune circostanze superare ostacoli e pic- cole cadute d' acqua coli' eseguire slanci e salti. Ama te- nersi ferma anche per qualche tratto di tempo in siti bassi ed ombreggiati. È pesce carnivoro, e nutresi di altri pesci, di vermi, di molluschi, e di insetti, alcuni dei quali sa anche afferrare saltando fuori dell'acqua. La sua ingordi- gia cresce sempre più in ragione dell'età, e quando abbia raggiunto il peso di libbre due è anzi tale, che non la cede in questo rapporto allo stesso Luccio. Non è atta alla ri- produzione che all'età di due anni: va in frega nell'autunno, e rimontando allora il corso dei fiumi si porta a deporre o rossastre ai lati e sulla pinna dorsale : b) la Waldf orette o Steinforelle {Trutta nigra Mars. — Salmo farlo Bloch tab. 23.) che abita nei ru- scelli ombreggiati dei boschi, e che ha colori molto oscuri, colla parte superiore del dorso bruno-nerastra, colle macchie rotonde e punti rossa- stri ai lati circondate da cerchio più chiaro: può giungere questa trota al peso di 4 o 5 libbre : e) la Bergforelle od Alpenforelle (Salmo alpinus Bloch) seminata di piccolissime ma più numerose macchiette rotonde brune o rossastre anche sulla testa, ed a ventre bianchiccio: ci) la Goldforelle o Teichforelle che vive nei ruscelli e nelle peschiere con acqua di sor- gente a fondo sassoso, e che presenta il dorso bruno carico, coi lati giallo-dorati, coperti di macchie rotonde rossastre circondate spesso da un'anello azzurrognolo, e colla pinna dorsale ornata frequentemente di macchie purpuree: e) e finalmente la Seeforelle a colori meno vivi, più grigiastra, a macchie irregolari, grandi e nere, che vive nei laghi e nelle sorgenti, ed arriva al peso di 10 libbre. Lo stesso autore ci da- rebbe anche l' assicurazione che tutte queste varietà quando fossero tra- sportate e tenute in una peschiera, assumerebbero ben presto i colori stessi delle Trote che già vi preesistevano custodite. 105 le uova sui fondi argillosi e fra i sassi, ciò che succede in settembre ed ottobre, od anche più tardi, in novembre. Le uova sono giallastre, grosse quanto un pisello, e la fem- mina se ne sgrava sollVcgando il ventre contro corpi duri, pietre, sassi od altro che trova al fondo dell' acqua. L' ac- crescimento dei pesciolini, purché favorito da una buona e conveniente nutrizione, è sollecito molto e tale che, secondo Coste, dai 4 5 millimetri di lunghezza che avrebbero al momento della nascita, giungerebbero ai millimetri 20 ne! primo mese, ai 30 nel terzo, ai 04 nel sesto, a millimetri 125 in dodici mesi, ed a centimetri 25 in ventotto mesi. Che se in proposito volessimo anche soltanto ritenere i ri- sultati stabiliti con qualche differenza di estremi da Sivard de Beaulieu (1) e dietro sue proprie osservazioni, starebbe sempre che una Trota la quale sugli otto giorni dalla na- scita presenta secondo lui una lunghezza di millimetri 24, raggiunge i millimetri 28 nel primo mese, i 117 nell'anno, i 178 in due anni, e centimetri 22 nel terzo. La Trota è in ogni luogo ricordata fra i pesci di carne la più delicata e saporita, e la sua pesca è perciò anche fra noi una delle più interessanti e lucrose. Per squisitezza e statura maggiore si preferiscono sempre le Trote del Be- naco a quelle che pescansi in altre acque siccome nell'Adi- ge, nel Tartaro ecc., le quali raggiungono al più il peso di libbre 4 a 6, mentre le prime pervengono alle libbre 4 5 e persino alle 20, senza tener conto di qualche raro indi- viduo che avrebbe sorpassato anche tal peso. La vita della Trota sarebbe dall' Heckel stabilita della durata di circa 20 anni, almeno per quanto potò arguire collo studio, osser- vazione, e confronto dei più vecchi individui. (1) Essai sur la multiplication des poissons ecc. pag. 10. Caen 1851. 106 Alle poche parole dette più sopra sul tempo e modo della frega di questo pesce, qualche altra notizia trovo di aggiungere a più precisa istruzione di chi sarà per porre in pratica le norme di fecondazione e moltiplicazione ar- tificiale. La Trota, venuto il tempo della frega, rimonta il corso dei fiumi in cerca di un luogo rapido, poco profondo, disco- sto da ogni rumore, e trovatolo, lo percorre in tutti i sensi quasi che vi praticasse la più minuziosa ispezione. Poco dopo vedesi la femmina a fortemente agitarsi e smovere i sassi e le pietruzze del fondo, praticando anche diversi solchi nella sabina sulla quale passa soffregandosi il ven- tre: ed è appunto per effetto di tali sforzi e di questa pres- sione che fa sortire e depone le uova. Il maschio che con una tal sorta di ardore segue sempre la femmina, va agi- tando la coda colla quale batte 1' acqua e la satura del proprio latte, che nel momento opportuno gli cola copioso a fecondare le uova mano mano che sono deposte. Terminata questa operazione, la quale non essendo di- sturbata da qualche accidente compiesi al solito nello spa- zio di poche ore, la Trota si allontana dal sito abbando- nando le uova alla corrente dell'acqua ed alle molte cause di distruzione cui sono esposte, potendosi asserire che almeno due terzi ne vanno sempre perduti perchè divorate dalle anguille, dai ghiozzi, dai gamberi e dalle Trote stesse. Egli è per evitare una così sensibile distruzione e per- dita delle uova, che altro rimedio non può trovarsi che nella piscicultura, eseguendosi la fecondazione artificiale nei modi e colle condizioni indicate nella mia antecedente Memoria; giacché penoso sempre e con ben scarso risul- tato, ma talvolta anche impossibile tornerebbe la pratica che si volesse seguire di cercare fra le pietre, i sassi; e le 407 sabbie, e raccogliere le uova fecondate dalla natura, le quali dopo tale fecondazione non si trovano che sparse qua e là a grandi distanze, e per ogni dove anche scarsamente per effetto della stessa corrente che le trasporta, e per effetto della strage che già subito ne fanno i molti loro nemici. A disporre per la fecondazione artificiale occorrerà avanti tutto sorvegliare il momento della frega per sorpren- dere le Trote prossime a quest' atto e tosto pescarle, per essere così sicuri di avere le uova ed il latte allo stato perfetto di maturità, ed ottenerne i più utili risultati. Non sarà poi difficile certamente il cogliere la Trota nell'oppor- tuno momento, quando si conoscano i luoghi che solita- mente frequenta all' epoca della frega, che tale sarebbe, per es., per le Trote del Benaco il fiume Sarca in cui esse rimontano sperdendosi poi a deporre le uova persino in ogni affluente ed anche basso ruscello. La maturità delle uova può scorgersi eziandio per al- cuni segni esterni del pesce stesso, quali l' orifizio anale molto gonfio e rosso: il ventre della femmina molto teso e fluttuante al tatto: la pronta e facile sortita delle uova e del liquido seminale: il che tutto con ogni relativa av- vertenza e precauzione da aversi, trovasi compendiato già neir articolo della fecondazione artificiale del precedente mio lavoro. Fatte sortire e raccolte le uova di due o tre femmine nell' opportuno vaso, e fecondatele col latte di altrettanti maschi, si collocano poi negli opportuni apparati ; e da quel momento ne sarà diligentemente sorvegliata la incu- bazione per la quale, oltre quanto già raccomandai altro- ve (1), esigesi qualche attenzione per la temperatura del- (1) Sulla pisckultura in ge?iercde ecc. pag. 22 e seguenti. 408 l'acqua che non vuole essere né minore di 4 gradi nò maggiore di 8 all' incirca. Fra gli apparati già descritti e figurati, saranno prefe- rite le scattole di zinco od i vasi di terra cotta (1) ogni qualvolta si possa attendere alla incubazione delle uova in acque chiare, a fondo sabbionoso, ed a corso non troppo rapido. Ma in caso diverso, cioè se mancasse l' opportunità di operare in ruscelli, se l'acqua fosse rapida troppo, o sopratutto quando fosse torbida od a fondo melmoso, sarà sempre ed unicamente da preferirsi l'apparato del signor Coste od altro consimile (2), se voglionsi salvare le uova dal guasto fortissimo che ne avverrebbe, in particolare poi per gii insetti acquatici e per le muffe che con tanta facilità si sviluppano e crescono nelle melme e nel fango. Questi apparati si prestano infatti ad ogni bisogno possibile, men- tre l'acqua che prima di sortire dalla botte o serbatojo deve passare per un filtro dello spessore di circa 25 cen- timetri, è certo che sarà limpida e pura da ogni elemento nocivo: cadendo essa dalla botte nella prima cassettina, da questa nella seconda, dalla seconda nella terza e cosi via, vi costituisce una correntia che supplisce benissimo a quella naturale ed indispensabile dei ruscelli: le uova collocate e disposte lungo gli interstizii dei tubi di vetro che formano il fondo del telajo mobile delle cassette, pos- sono essere continuamente sorvegliate, e con tutta facilità si possono levare e gettare le guaste: e finalmente può ognuno assistere così all' importante spettacolo della na- scita delle piccole trotelle, la quale succede in maggiore o (1) de Betta l e. fig. 3. 4. 5, (2) de Betta l e. fig, 8. 9. 10. 100 minore spazio di tempo secondo i rigori della stagione e la temperatura stessa dell'acqua. In via ordinaria gli autori determinano la durata della incubazione fra il mese e mezzo ed i due mesi, ma può benissimo essere ritardata anclie agli ottanta, ai novanta e persino a cento giorni (1) quando la temperatura atmo- sferica sia molto bassa, e molto fredda sia 1' acqua nella quale si opera. Nò per questo sarà mai però da sollecitarsi lo schiudimento delle uova coli' elevare la temperatura dell'acqua al di sopra degli estremi di calore in addietro stabiliti, mentre così facendo sarebbe lo stesso che esporsi ai gravi pericoli nei quali si cade ogni qualvolta vogliansi forzare le operazioni della natura col procurare un precoce sviluppo dell'embrione. Sui quindici ai venti giorni circa dopo la nascita, es- sendosi già assorbita la vescicula ombelicale che provve- deva al primissimo loro nutrimento, le Trotelle sentono la necessità di un cibo, e comincierebbero allora veramente e brighe e pensieri molti per chi volesse continuare a te- nerle rinchiuse in vasche, e dovesse nutrirle di carni bol- lite, di legumi cotti, di vermetti, o di quant' altro avrebbe necessità di provvedere e tener sempre in pronto. Tornerà quindi sempre da preferirsi il partito di avventurare a di- rittura i pesciolini nelle acque che devono popolare, non appena è in essi sparita la suddetta vescicula, trovando in esse quel cibo che più loro conviene, e potendo poi così subito avvezzarsi alla temperatura ed alla qualità delle acque stesse per le quali sono destinati. Benché per lo allevamento della Trota debbansi sce- gliere sempre di preferenza le acque limpide e correnti, e (1) Ilaxo, Guide de pisciali teur ecc. pag. 57. 110 le peschiere debbano avere il fondo sabbioso e sassoso con sorgenti che vi entrano e ne sortano, non è però che essa, qual pesce carnivoro, non possa crescere bene e prosperare anche in altre acque purché vi trovi un buon nutrimento, e non vi scarseggino gli altri piccoli pesci a ciò destinati. Occorre nonostante di osservare che non tutte le acque nelle quali può crescere e prosperare sono poi opportune per la sua riproduzione, e che se anche in queste succede la frega, le uova, non trovandosi nelle condizioni volute, si guastano però ben presto e si corrompono, o sono di- vorate da altri pesci, o distrutte per altre cause, ragione per cui riuscirà indispensabile ricorrere ogni anno alla fe- condazione artificiale ed eseguire così in tali acque una continuata annua disseminazione, se non vorrà vedervisi ben presto esaurito il numero e la quantità delle Trote. XXV. SALMO CARPIO LIKi\. j Hai Carpione. Veron, Carpione. (Carpione Salviani. — Carpio Benaci lacus Gesn. — Trutta lacus Emaci Aldrov.) (Salmo carpio Pollini Viaggio pag. 21. — Bonap. Cat. met. pag. 23. n. 98. — Nardo Prosp. pag. 71. 92. 99. — Salmo trutta De Filippi Cenni pag. 403? — Fario carpio Heckel S. F. pag. 271. flg. 151). Qui ripetendo quanto già dissi nel precedente articolo, osserverò non occorrere neppure per questo pesce alcuna particolare descrizione, giacche ognuno di noi sa ricono- scere e bene distinguere dalla Trota il Carpione del Benaco, Ili questa antica e celebre specie italiana la quale poco mancò non sparisse persino dai cataloghi, a causa delle confusioni moltissime di nomenclatura in cui fu avvolta da autori che ne parlarono senza forse averla mai avuta sott' occhio. Quanto al colorito del corpo può dirsi essere lo stesso che nella Trota, meno però il dorso che per lo più è sfu- mato in verde azzurrognolo. Le macchie non offrono le molte e svariate configurazioni che si osservano in quella specie, ma sono invece più regolari, più minute, e più scarse, sebbene talvolta di una tinta molto più carica ed anche nerastra: ed è poi raro che queste macchiette sparse suir opercolo e sul dorso, si estendano molto sotto alla linea mediana. Le squame sono fors' anco più argentine che non nella Trota. I costumi di questa specie sono quelli dei Salmonidi in generale. A differenza della sua congenere non vive però che sempre a grandissime profondità, e frequenta più che altrove le vicinanze di Torri, e le coste bresciane e tren- tine fra Gargnano, Limone e Riva. Va in frega fra la fine del novembre ed i primi del gennajo, e mi sarebbe assi- curato non scorgersi mai altrove il suo fregolo che rim- pctto a Malcesine sull' opposta spiaggia bresciana, e precisa- mente ed unicamente a Campione. II Carpione non giunge mai alle dimensioni della Trota, ed i più grandi individui non oltrepassano la lunghezza di centimetri 50, col peso al più di libbre due e qualche ra- rissima volta di libbre due e mezza. La sua carne è molto pregiata e saporita. Nella Sinonimia non ho potuto collocare che dubitati- vamente il Salmo trutta del De Filippi mentre, quantunque elencandolo esso fra i pesci lombardi siasi mostrato pro- penso a crederlo non dissimile nò distinto dal nostro Car- 112 pione del Bcnaco, io devo però dubitare assai della loro identità specifica trovando quella sua trota « segnalala per la mole a cui giunge, toccando non di rado 16 chilogrammi » ■ — li Dott. Nardo colloca il S. carpio L. fra le specie venete che discendono all' imboccatura dei fiumi e vanno anche in mare. XXVI. ESOX LUCIUS uni. hai. Luccio. Veron. Luzzo. Frane. Brochet. Ted. Hecht. (Bonap. Cat. met. pag. 25. n. 133. — De Filippi Cenni pag. 403. — • Heckel S. F. pag. 287. fig. 157. — Nardo Prosp. pag. 72. 91. 99). 11 Luccio vive comunissimo in presso che tutte le acque nostre, nei fiumi,, nei laghi e negli stagni, e da tutti co- nosciuta è la proverbiale sua voracità e la sua audacia che gli meritarono i nomi di lupo dei fiumi e di pesce cane delle acque dolci. Agilissimo nei suoi movimenti: con armatele mascelle di forti ed affilati denti, e di numerosissimi denti provve- duto il palato e l'esofago, nessuna preda può sfuggire a questo tiranno, che sempre avido e feroce divora e lacera tutto quanto può trovare e sorprendere, non risparmiando alcun pesce, neppure della propria specie. Il Luccio si sviluppa e cresce molto rapidamente, e giunge d' ordinario fra noi al peso di libbre G a 9 ed anche alle 12. Non sono però molto rari i casi di peso mag- giore, e si hanno anche esempii di Lucci del peso di 18 113 e persino di 22 libbre. La sua carne è bianca, saporita, e di facile digestione; ed è sempre migliore in ragione delle acque più limpide e più popolate di pesce. Le sue uova sono invece malsane, e mangiate fresche eccitano nausee ed agiscono anche talvolta come un violento purgante. Vive moltissimi anni, e va in frega fra il marzo e l'aprile, anticipandola anche nel febbrajo quando sia fa- vorita da una mite temperatura. La femmina seguita da un maschio, di statura talvolta ben molto inferiore, si al- lontana in queir epoca dalle acque profonde e rimontando il corso dei piccoli confluenti, i ruscelli, i fossati, recasi dove l'acqua è tranquilla, poco profonda, ed ombreggiata. Là, soffregandosi il ventre contro il fango o le erbe acqua- tiche, depone le proprie uova che il maschio tosto feconda; ed in tre o quattro ore è compiuto quest'atto, dopo il quale restano le uova stesse abbandonate, disperse qua e là sul fondo e fra le erbe, ed esposte alla distruzione che se ne fa poi largamente dai molti pesci che vi accorrono sopra. Il numero delle uova è mediamente dalle 50,000 alle 60,000 per ogni femmina, avendone però Boldner contate fino a 148,000 in una femmina del peso di circa otto libbre. Volendosi allevare ed ingrassare i lucci converrà tenerli in apposite peschiere o vivaj, nutrendoli con altri pesci, con ranocchie, con pezzetti di carne od altro; ovvero pò- trebbesi anche tenerli rinchiusi in casse di legno forac- chiate per ogni parte, assicurandole nel corso dell' acqua con catene fermate alla riva, e gettandovi in esse il nu- trimento opportuno. Seguendosi il primo partito si avrà però sempre presente di escludere il Luccio, particolarmente se già fatto grandicello, dai vivaj destinati all' allevamento 8 114 di altri pesci, mentre il consumo e la strage che ne fareb- be, sarebbe tale da vederli in brevissimo tempo affatto spopolati. La fecondazione artificiale di questo pesce non pre- senta alcuna particolarità, potendosi procedere come pre- cisamente si pratica per la Trota. Nò può mancarne certo il tornaconto giacché, sottratte in tal modo le uova alle cause di vastissima distruzione cui sono soggette, si avrà maggiore abbondanza di un pesce di carne saporita, e che in brevissimo tempo raggiunge vistose proporzioni. Col parto di quattro o cinque femmine si ha quanto basta per popo- lare ogni anno un fiume intiero: e si può disporre per la fecondazione artificiale collocando già nel mese di novem- bre un dato numero di Lucci in un vivajo od in un brac- cio di fiume, ove sia poi facile sorvegliarli e raccoglierli nel momento della frega. Eseguita la fecondazione si col- locano le uova in cassettine di finissima tela metallica, e queste si assicurano in qualche luogo opportuno del fiume ove l'acqua sia chiara, poco profonda, e poco corrente. La temperatura dell'acqua non deve essere al di sotto di gradi 4 sopra zero, e quando sorpassasse i 10 gradi occorrerà tra- sportare le cassettine in qualche posto più ombreggiato. Verso il nono giorno si scorgono già gli occhi delF em- brione attraverso la pellicola dell' uovo, e dal dodicesimo al diciottesimo giorno di incubazione nascono i pesciolini. Dopo otto a dodici giorni dalla loro nascita sentono già il bisogno di cibo, e devesi dar loro un nutrimento conve- niente all'età loro, che può consistere in carne cotta di bue, o di cavallo, o di rana, o di pesce, in vermi di terra, in interiora minuzzate di altri animali e simili. Ma con- verrà sempre meglio il lasciarli liberi subito nel corso del- l' acqua, ove trovano cosi tosto una infinità di animaletti 415 microscopici e di altre materie, che meglio convengono al loro nutrimento. Le uova di Luccio possono benissimo essere anche poste negli apparati di incubazione che si impiegano per quelle della Trota, moderando però in tal caso di più la corren- tia dell'acqua che deve bagnarle e scorrere di cassetta in cassetta. XXVII. C0BIT1S BARBATULA UNN. hai. Cobite barbatello. Veron. Streghe. Frane. Loche franche. Ted. Bartgrundel. (Bonap. Cat. met. pag. 26. n. 157. — Heckel S. F. pag. 301. fig. 162. — Nardo Prosp. pag. 72. 91). Il genere Cobitis ha per caratteri: corpo allungato con una sola pinna dorsale: testa piccola: bocca piccola fornita di cirri e senza denti: occhi riavvicinati al vertice: pelle viscosa ed apparentemente priva di scaglie. E riuniamo in esso due piccoli e comunissimi nostri pesciolini, che qual- che moderno autore vorrebbe invece collocati distintamente sotto i due generi Cobitis ed Acanthopsis. Il Cobite barbatello, della lunghezza fra noi di otto od al più dieci centimetri, e provveduto di sei cirri alla ma- scella superiore: non ha aculei presso rocchio; ed ha il corpo quasi esattamente cilindrico, a fondo giallognolo sparso di macchie sfumate e di punti bruni, con mac- chiette simili sulla pinna dorsale e sulla caudale. Vive sui fondi sassosi, e sta sulla ghiaja come se vi fosse attaccato. 116 Nutresi di insetti, di piccoli vermi, e del fregolo benanco di altri pesci. Pescasi nell' Adige, nel Fibio, nel Benaco, ed in molte altre delle acque nostre, scansando però a quanto pare, quelle stagnanti o di troppo rapido corso. La sua carne ha sapore gustoso, particolarmente poi nell' autunno e nella primavera, nella quale succede la sua frega sopra le piante acquatiche. Le piccole dimensioni del Barbatello fa sì che non usasi come cibo che dal basso popolo, cui si vende confuso col suo non meno copioso congenere e con altri piccoli pe- sciolini, tutti compresi sotto la volgare denominazione di pesce popolo. XXV1H. COBITIS TAEMA LIM\. hai Cobite fluviale. Veron. Cagnole, Foraguada. Frane. Loche de riviere, e volgami, mord-picrre, satouille, Ted. Steinbeisser. (Acanthopsis taenia Ag. Bonap. Cat. mei. pag. 20. n. 159. — De Filippi Cenni pag. 595. — Nardo Prosp. pag. 72. 92. — Cobitis taenia Poli. Maggio pag. 21. — Heckel S. F. pag. 503. fig. 165). Distinguesi a tutta prima dalla precedente specie per statura minore ; pel corpo molto compresso ; per 1' aculeo biforcato e mobile che sorge da ambo i lati della testa, la quale è pure compressa lateralmente ed inclinata anterior- mente ; e per le serie di macchie brune o nerastre disposte sui fianchi in quattro linee longitudinali, nella inferiore delie quali le macchie mostransi più grandi e quindi meno numerose, più regolarmente distribuite, e spesse volte di forma quadrata. Il colorito del dorso e della nuca ù bruno o bruno-ros- sastro ; i lati sono di un giallo pallido; biancastro l'addo- me. La pinna dorsale e la caudale hanno fascio o mac- chiette brunastre ; le altre sono di color giallastro uniforme. Gli occhi sono molto piccoli : il labbro superiore munito di due corti barbigli o cirri, e di quattro V inferiore. Questo Cobite ha la lunghezza di centimetri 6 y2 a 9. Vive nel Benaco, nell'Adige ed in altre acque, compresevi anche quelle pantanose. Soggiorna fra le pietre, e si ciba di larve, di insetti, di vermi e di piccolissimi pesci. Va in frega neli' aprile e nel maggio. Ha vita così tenace che re- siste per più ore fuori deli' acqua, e quando vien preso fa sentire un grido o mormorio suo particolare. La sua carne è magra, coriacea e quindi poco pregiata, né si mangia fritto che dalla povera gente. XXIX. ANGUILLA VULGàRIS CUVIER. [tal. Anguilla. Veron. Anguilla; e Bisaii i giovani. Frane. Anguille. Ted. Aal, Flussaal. (Bonap. Cat. met. pag. 38. ri. 316. — De Filippi Cenni pag. 403. — Nardo Prosp. pag. 73. 92. 93. 94. 98. — Anguilla fluviatilis Heckel 5. F. pag. 519. fig. 167. — Anguilla acutirostris et obtusirostris Yarrel). Tanto nota è la forma del corpo dell' anguilla che af- fatto superfluo tornerebbe farne parola, e segnerò soltanto il particolare suo carattere della riunione delle tre pinne dorsale, caudale ed anale in una sola, la quale come quasi un nastro verticale e continuo cinge una parte del dorso, la coda, e la parte del di sotto del corpo fino all'ano. Il corpo molto viscido, di pelle grossa ed apparente- mente priva di scaglie, ha piuttosto tetri colori, verdastro carico o nerastro mostrandosi il dorso, e piombino il ventre, più o meno però questo traente all' argentino se- condo che più o meno chiare sono le acque in cui vive. L' Anguilla abita indifferentemente le acque correnti o le stagnanti: è molto vorace e nutresi di piccoli pesci, di vermi, di insetti, di molluschi, di rettili, e vuoisi anche di materie animali in putrefazione. Lunghissima è la durata della sua vita, ma piuttosto lento il suo sviluppo. Nuota colla massima agilità anche contro le correnti, abbando- nandosi invece il più delle volte nel discenderle alla cor- rente stessa, e senza alcun particolare suo sforzo. Nei calori estivi, favorita in ciò dalla stessa sua organizzazione e dalla forma delle pinne, esce dall' acqua e strisciando come le serpi attraverso le erbe, recasi a distanze talvolta assai considerevoli o per passare in altre acque, od a preda di piccoli animaletti terrestri. Al sopravvenire del freddo si affonda nella melma degli stagni, ove sta poi ricoverata durante tutta la rigida stagione. La sua carne è salubre e gradita ma di difficile digestione, specialmente quella delle anguille che vivono nei luoghi fangosi. L' ordinario peso cui giunge fra noi è dalla libbra una e mezza alle due ed anche alle tre; ma talvolta lo sorpassa, e particolarmente nel Benaco furono pescate anguille del peso di quattro, di sei e persino di sette libbre. Singolare nelle anguille è Y istinto della migrazione che eseguiscono ogni anno a tempi periodici e sempre di notte, movendosi in primavera dal mare verso i fiumi ed i laghi, 449 e ritornando poi ncll' autunno dai laghi e dai dumi al mare. Ognuno sa di quante favole sia stato argomento lino dai tempi più antichi la propagazione delle anguille, che Aristotile voleva generate dalla melma, Plinio dai fram- menti stessi del loro corpo, Helmont dalla rugiada che cade nel maggio sull' erha, e così via. In oggi però, e nonostante che la scienza stia in attesa di vedere tolto il bujo in cui stanno tuttora alcuni altri particolari della storia naturale di questo pesce, è constatato recarsi le anguille al mare per procedere alla loro generazione, in ciò quindi differenziando da quanto succede per molti pesci che dal mare si recano sempre nelle acque dolci a deporvi e fecondarvi le uova. Non a tutte però le anguille abitanti i nostri fiumi, i laghi, e gli stagni offresi questa occasione, e quindi sarebbero costrette di propagarsi nella loro patria. 11 periodo della loro frega dipende dalla abitazione, perchè molto prima delle altre depongono le uova quelle anguille che abitano le foci dei fiumi. Sembra abbastanza provato non essere 1' anguilla erma- frodita ma con sessi separati e distinti, e fu accertata T esistenza di un apparato femmineo con ovuli organizzati come negli altri animali : scoperta, che mise così fuor d' ogni dubbio essere 1' anguilla ovipara e per ciò stesso assai più feconda di quello che lo avrebbe potuto essere quando fosse stata vivipara, come per lungo tempo era stato asserito e creduto. Avvertirò anzi in proposito non essere molti mesi che un pescatore di Casaleone, certo Paolo Ricchi, sosteneva di aver preso due a tre volte delle anguille gravide, e precisamente di aver trovato nel loro ventre all' atto di aprirle gli anguillini vivi in numero di dieci od undici per ogni individuo; illuso forse egli stesso 420 dalle otto specie di vermi intestinali che secondo gli autori allignano nelle anguille, e che trassero in inganno quegli stessi naturalisti che dichiararono viviparo questo pesce. Con tutto ciò l' anguilla appartiene ai pesci che depongono le uova nel modo solito e le quali, per quanto può rac- cogliersi collo studio di diversi moderni autori, sono riu- nite fra esse da una viscosità analoga a quella che avviluppa le uova della Perca, e disposte in gruppi sferici; i piccoli sbucciano poi in brevissimo tempo, restando però nei primi giorni dalla nascita riuniti in quella stessa glutinosa cu- stodia, della quale non si sbarazzano che allorquando ab- biano toccata la lunghezza di quattro a cinque centimetri. Dopo tutto, si comprende tosto come i processi di fe- condazione e di incubazione artificiale non abbiano potuto ancora essere applicati alla moltiplicazione di questo pesce; ina questi processi sono anche in qualche modo resi inu- tili dalla estrema facilità colla quale può esservi supplito colla raccolta delle anguillette. Il celeberrimo sig. Coste nel suo rapporto sulla Pisci- cultura del 20 dicembre 1850, e nel suo Viaggio di esplo- razione sul littorale della Francia e dell'Italia, nel quale occupossi in modo particolare e diligentissimo dello studio e della esposizione di tutto quanto si riferisce alla impor- tantissima industria esercitata nelle lagune di Comacchio, ci dà alcune interessanti notizie le quali gioverà assaissimo di qui riportare, a prova appunto della facilità di potersi pure fra noi procedere ed attendere all' allevamento delle anguille, che possono prosperare in tutte le acque e che ci offrono uri abbondante e gradito nutrimento. Tutti gli anni verso il marzo e 1' aprile all' imbocca- tura di tutti i fiumi, delle riviere, e dei canali, ed al so- pravvenire della notte, si vedono elevarsi alla superficie 421 dell' acqua più miriadi di piccoli animaletti filiformi, dia- fani, lunghi dai sei ai sette centimetri, che a masse più o meno compatte rimontano le correnti, ed innoltrandosi per queste sperdonsi poi in tutte le confluenti. In certe loca- lità, come per es. nella Francia gli abitanti delle rive del- l' Orne, attratti dallo spettacolo di questa notturna appari- zione e dalla speranza di abbondante raccolta, accorrono ai posti e provveduti di lunghe aste sulle quali stanno raccomandati diversi setacci, si danno ad una pesca resa più curiosa perchè fatta al lume di fiaccole. Immersi i se- tacci nell' acqua fino ad un terzo circa del loro diametro, e dopo averli per qualche momento fatti girare attorno per raccogliervi tutto ciò che vedesi natante, sono quegli stru- menti ritirati pieni di una materia viva che viene versata ed accumulata in piccoli bariletti, e che altro non è che un ammasso di giovanissime anguillette che abbandona- vano il luogo della loro nascita per disperdersi nei canali, nei laghi, negli stagni, nei ruscelli, ed in tutte le acque comunicanti col fiume del quale rimontavano il corso. A queste periodiche migrazioni che durano circa due mesi, si dà il nome di montata, la quale è tanto abbon- dante da potersene popolare tutte le acque della terra, e potrà per conseguenza divenire una sorgente inesauribile di nutrimento, se trasportata in opportuni bacini, ciascuno degli individui che la componevano vi raggiunge lo stato adulto. L' abbondanza della montata e tale infatti che fu calcolato contenersi in un litro dalle 5000 alle 6000 an- guillette, le quali non si fanno pagare in Francia che un solo franco ; ed a Parigi ed a Versailles trovansi anche persone che fanno commercio di piccole anguille a pochi franchi per mille, o secondo la grossezza a 5 o 10 cente- simi per ogni individuo, garantite vive fino al luogo della 422 loro destinazione, potendo con tutta facilità essere traspor- tate ed inviate anche a grandi distanze coli' uso di reci- pienti o di ceste in cui si pongono involte fra tela bagnata, e mantenuta umida col porvi attorno e sotto e sopra erbe e muschi. Le anguille, quando toccano la lunghezza di 10 a 42 centimetri sono grosse quanto un tubo di penna, e di co- lore giallo sulfureo. La minore statura sotto cui principiasi a trovarle ordinariamente nelle nostre acque è dai 28 ai 30 centimetri di lunghezza, e ci presentano già allora la colo- razione degli adulti. Cosa sia di esse, e dove si stieno a dimorare prima che raggiungano tale dimensione, è quanto noi ignoriamo. Dei sommi vantaggi dello allevamento di questo pesce panni siane luminosissima prova quanto già esposi nella introduzione a questo scritto; ed ognuno sa come le an- guille costituiscano anche presso noi un ramo lucroso di pescagione, particolarmente nel Benaco ove presso 1' emis- sario del Mincio se ne pescano talvolta più centinaja in una sola notte di autunno. Volendosi allevare le piccole anguille, basterà per averne buon risultato di scegliere un' acqua in sito opportuno a fondo fangoso od anche sabbionoso, nutrendole, secondo quanto suggeriscono Jourdier e Lamy, con molluschi pe- stati, con limaci, con vermi di terra, con mondiglie e rifiuti di cucina ecc., con che si vedranno le anguillette ben presto a crescere ed ingrassare. Delle tre specie stabilite dal sig. Varrei sull' unica no- stra, le quali non sono ad aversi che per semplicissime varietà, quella che vive fra noi e vedesi sempre sui nostri mercati è la sua acutirostre. Due giovani individui fra le centinaja di anguille da me osservate, mi vennero però fra 423 mano, i quali pel loro muso molto ottuso ed arrotondato potrebbero essere riportate all' altra sua obtusirostris. XXX. PETROJIYZOJi FLUVIATILIS LINK. Ital. Lampreda di fiume. Veron. Lampreda, Lampredone. Frane. Lamproie de rivière, Pricka. Ted. Neunauge, Pricke. (Bonap. Cat. met. pag. 91. n. 822. — De Filippi Cenni pag. UOb. — Heckel S. F. pag. 377. fìg. 202. — Nardo Prosp. pag. 86. 92. 99). Siamo finalmente ali' ultimo dei tre ordini nei quali sono distribuite le specie nostrali , all' ordine cioè dei CYCLOSTOMI nel quale stanno i pesci di bocca rotonda; a corpo lungo e cilindrico, simile quasi a quello dei serpenti e dei vermi; con pelle nuda, liscia e viscosa; mancanti di ogni traccia di pinne pettorali e ventrali, e con una od anebe due pinne dorsali, le quali formano quasi una cresta longitudinale, molle, e senza raggi visibili. La loro testa è ottusa, di forma conica, e la bocca diviene sucebiante me- diante le labbra carnose sostenute da una cartilagine. I denti, di forme diverse, sono posti sulla lingua e sul pa- lato. Sette piccoli orifizii trovansi ai lati del collo, disposti in linea longitudinale ed equidistanti, clie mettono ad al- trettante borse ebe racchiudono le branchie, le quali rice- vono V acqua per mezzo di un canale comunicante colla cavità della bocca, o per un' apertura del palato o dei fori della fronte. Questa particolarità di organizzazione che valse appunto alle piccole nostre specie il nome volgare di bisaio flauto, è anche conforme alle abitudini in genere di tali pesci 424 che soliti ad attaccarsi fortemente colla bocca a corpi stra- nieri, non potrebbero assorbire l' acqua per le vie ordinarie. Le Lamprede sono pesci molto voraci, e si nutrono di materie animali viventi ed anche morte. La loro bocca ha neir interno un disco rotondo cartilaginoso ed irto di denti, il quale sostituisce in certo modo le mascelle ed è trafo- rato nel mezzo da un canale che conduce air esofago. È appunto con tale apparato che si attaccano fortemente ai sassi e ad altri corpi, compresivi i pesci più grandi ai quali si attaccano succhiandoli tanto da formarvi un foro che finisce agli intestini della vittima; e gli umori assor- biti dal corpo straniero costituiscono il nutrimento delle Lamprede. Nuotano celermente con moto ondeggiante ; de- pongono le uova in primavera; hanno vita tenacissima, e facilmente guariscono anche dalle più gravi ferite. Abitano i mari, i fiumi, i laghi: e quelle dei mari risalgono i fiumi spesso quasi fino alle loro sorgenti. Una fra queste è il Pe- tromyzon marinus del quale si dirà parlando più avanti delle specie che ci sono avventizie, ed il quale colle due nostre fluviali forma tutto quanto abbiamo di questo ge- nere in Europa, che molto è a dubitarsi e dubito sulla bontà specifica delle due altre lamprede, P. adriaticus Chìer. e P. argenteus Chier., che il Nardo enumera in aggiunta fra i pesci veneti. La Lampreda di fiume ha il dorso di un color verde nerastro o grigio tendente al turchino, con splendore di acciajo : i lati sono giallastri; bianco argenteo il ventre: le pinne tinte di violaceo. La prima pinna dorsale è sepa- rata e bene distinta dalla seconda. L' iride è di color d' oro con tre piccoli punti neri. Abita nei laghi, nei fiumi, nei ruscelli, ed anche in qualche acqua fangosa ; ma fra noi non mi consta vivere 42Ò clic nel Benaco. Nutresi di insetti, di vermi, di carne e di sangue di altri animali, non risparmiando di avventarsi anche sui più grossi pesci. Va in frega dal marzo all' aprile, abbandonando allora i laghi e gli stagni per deporre le uova nei fiumi e nelle acque correnti. Sebbene sia pesce molto fecondo, scarsa però è la sua moltiplicazione a causa dei suoi molti nemici. Piuttosto lento è il suo sviluppo, ed ha vita tanto tenace che anche tagliato a pezzi si agita e si move per qualche tempo. La sua carne è molto sapo- rita, particolarmente dal dicembre al marzo; ed ammari- nata costituisce per alcuni paesi esteri oggetto di un non indifferente commercio. Benché possa giungere alla lun- ghezza di un piede ed anche di un piede e mezzo, i varj individui che sono qualche volta portati al nostro mercato, forse perchè ancora giovani, non hanno però mai una sta- tura maggiore dei centimetri 28 a 30 di lunghezza. XXXI. PETROMYZON PLANERI BLOCH. hai. Piccola lampreda. Vcron. Lampreda, Bisatto flauto. Frane. Petite lamproie , Sucet. Ted. Kleines Neunauge, Kleine Pricke. (Bonap. Cat. mct. pay. 91. n. 824. — De Filippi Cenni pag. hOU, ~ Heckel S. F. pag. 380. fig. 203. — Petromyzon planerii Nardo Prosp. pag. 8G. 97). Specie affatto simile alla precedente, della quale ha però sempre più piccole dimensioni non sorpassando i centime- tri J8 a 24 di lunghezza: Anche il colorito è lo stesso, 126 solo che il suo dorso tende più all' olivastro. Le pinne dorsali sono fra esse meno distinte, e ponno dirsi piuttosto contigue e riunite. Questa specie è commune, ed abita quasi tutte le no- stre acque, compreso il Benaco. La sua carne è molle, grassa, e saporita, particolarmente poi quella degli individui del lago e di quelli che pescansi nelle acque di Montorio. Dicesi che possa vivere assai più lungo tempo fuori del- l' acqua che non le altre sue congeneri. XXXII. AMMOCAETES BRANCIHALIS CUVIER. Ital. Àmmoceto. Veron. Lamprede, Bisatti flauti. Frane, Lamprillon. Tecl. Uhlen. (Bonap. Cai met. pag. 42. n. 825. — De Filippi Cenni pag. 404. — Heckel S. F. pag. 382. fig. 204. — Nardo Prosp. pag. 86. 92). Gli Ammoceti si fanno tosto distinguere dalle Lamprede pel loro labbro carnoso, il quale non è che semicircolare e non ricopre che la parte superiore della bocca, Y aper- tura della quale è priva di denti, ma fornita invece ali' in- torno di piccole ciglia ramose. Sono inoltre sprovveduti del canaletto che si trova nei Petromizoni. Hanno 1' occhio piccolissimo ed appena esternamente visibile; le pinne dorsali riunite fra loro; colla caudale in forma di piega bassa e sinuosa; ed i sette orifizii laterali del collo sono in un piccolo seno o canaletto longitudinale formatovi a quel punto dalla pelle. 427 Questo pesce vive nei fiumi e nei ruscelli, ed ò molto comune fra noi come in tutta Europa. Nutresi di vermi, di insetti acquatici, e di materie animali; e col piegare le sue labbra a guisa di grifo mobile grufola con molta rapi- dità nell' arena e nella fanghiglia, restandovi immerso an- che intiere giornate. Il suo corpo ò tinto di verdastro sul dorso, di giallognolo sui fianchi, e di biancastro sul ventre. Non sorpassa mai la lunghezza di centimetri 48 a 20, e la estrema sua somiglianza coi lombrici fa sì che pochi aggradiscano servirsi della sua carne per cibo, usandosi piuttosto per prendere gli altri pesci che amano far preda di soli animali vivi; al che si presta assai bene TAmmo- ceto perche può anche lungamente resistere alla morte. Secondo le osservazioni del sig. Augusto Muller, tanto questa specie quanto la precedente non sarebbero che larve o stadii di sviluppo della grande Lampreda, e chi volesse prendere cognizione delle pazienti ricerche e degli studii fatti nell' argomento da queir autore, potrà consul- tare la sua Memoria sullo sviluppo delle Lamprede, inse- rita nell' Archivio di Anatomia e Fisiologia, Anno 4856, n.° 4. pag. 324 (4). E con questo pesce chiudesi la serie delle specie indi- gene; alle quali si faranno ora tener dietro le avventizie, ripetendo però quanto già dissi sul principio di questa Ittiologia, vale a dire che fra esse io non enumero nò descrivo che le tre sole le più frequentemente solite a trovarsi nelle acque nostre. (1) Ueòer die Entwickelung der Neunaugen. Questa Memoria tro- vasi anche inserita negli Annales de Sciences naturelles, Serie IV. Zoo- logie. Tom. V. Anno 1856, pag. 374, sotto il titolo di Noie sur le deve- loppement des Lamproies par M. A. Muller. 4 28 B. Svisila àVTiOVSB» XXXIII. ACIPENSER STORIO LINK. hai. Storione. Vcron. Sturion, Porzella, Porzelletta. Frane. Esttirgeon. Tecl. Stor. (Bonap. Fauna et tab. fig. 1.; Cat. met. pag. 21. n. 89. — De Filippi Cenni pag. 592. — Heckel S. F. pag. 362. fig. 194. — Nardo Prosp. pag. 71. 92. 94. 98). Quantunque vi fosse taluno cui piaceva di sostenere tre diversi Storioni essere stati pescati e pescarsi di quando in quando nel nostro Adige, ho potuto però convincermi e stabilire che due soltanto sono le specie che ci visitano, cioè T attuale A. sturio di Linneo ed il seguente A. Naccarii del Bonaparte: conosciuta questa seconda specie sul nostro mercato sotto il nome volgare di Cópese; distinta invece la prima coi nomi di Porzella e di Porzelletta nella sua giovane età, e con quello di Sturion quando più adulta; differenze di denominazioni alle quali devo appunto attri- buire la confusione specifica avvenuta in chi, non cono- scendo le diverse età alle quali quei diversi nomi sono applicati dai pescatori, sosteneva l'esistenza fra noi delle tre specie distinte. V Acipenser sturio abitatore dell'Adriatico, del Mediter- raneo e di altri mari, rimonta verso il maggio la corrente 129 del nostro fiume e solitamente fa sosta presso Zevio, non senza però che individui più giovani si innoltrino ancora più verso di noi, e restino poi nel fiume quasi tutto il tempo dell' anno. A Zevio è dove furono presi gli indivi- dui di mole maggiore, e non sono rari i casi di storioni colà pescati del peso di oltre le 60 e le 70 libbre grosse, di qualche altro che oltrepassava le 100 e le 150, e di uno che pesava 384 libbre piccole. Qualche volta questa specie trovasi anche nel Tartaro; e nel decorso anno ne furono presi due, uno del peso di 30 libbre grosse l'altro di 24, ed un terzo molto più grosso riuscì a sottrarsi rom- pendo le reti. La carne dello Storione è di un delicato sapore, ed ha un grado di compattezza simile a quella del vitello. Gli Storioni nutronsi di molluschi, di vermi, di pesci che sanno adescare con le loro barbette, e di uccelli acquatici che ingiottiscono intieri; ma pare che più d'ogni altro cibo appetiscano le uova di altri pesci, le quali sanno tro- vare penetrando col duro ed acuto loro rostro fra i fondi limacciosi e fra le piante palustri. È inutile la descrizione di questo pesce che tutti co- noscono, e soltanto per farne risultare le differenze fra le due nostre specie basterà quanto a\Y A. sfurio notare al cimi dei suoi particolari caratteri, quali sono: un muso molto allungato ed acuto, colla fronte alquanto turgida e risentitamente saliente verso il dorso: le grandi piastre ri- levate nel centro: le piccole piastre del muso decisamente radiate: le lunghe piastre parietali strette: la piastra sopra- scapolare ovale, rigonfia, e non molto dissimile da quelle che coprono il capo: le barbette tutte eguali fra loro, e piuttosto corte in modo che ripiegate e distese in senso parallelo al muso non arrivano al margine anteriore della 9 430 bocca: pinna dorsale molto erta, a forma di trapezio, col lato superiore assai ricurvo, col posteriore assai breve, ed alta due quinti meno della totale sua lunghezza. Ha colo- rito foscastro sul dorso sino agli scudi laterali, e nel ri- manente del corpo è di un bianco argenteo splendente, smaltato per ogni dove come di acciajo: gli scudi sono di color corneo. I giovani, o Porcellette, si distinguono per molti caratteri, ma principalmente pel muso molto più affilato ed acuto, leggermente ricurvo all' insù, e per gli scudi ossei del dorso più prossimi fra loro e muniti di uncino più pronunciato. I loro colori sono più oscuri; ed è precisamente in questa età che i piccoli Storioni ricevono fra noi il nome volgare di porzella o di porzelletta, la cui statura è ordinariamente dai 30 ai 60 centimetri di lunghezza, col peso di varie onde sino a libbre una, una e mezza, ed anche due. Perchè pesce di mare, come lo sono pure li due che seguono, noi non possiamo estendere sopra, di essi la nostra industria di piscicultura; e desidero almeno che gli abi- tanti delle valli salse dell' estuario veneto possano met- tere in pratica e trarre profitto dalle norme stabilite ed esposte (1) per la moltiplicazione artificiale ed alleva- mento degli Storioni dal eh. Prof. Molin, nella più volte ricordata sua Memoria di piscicultura marina. (1) Atti dell'I. R. Istituto Veneto. Tomo VI. Dispensa X. pag. 731. 131 XXXIV. ACIPENSER NACCARH BONAP. Ital. Storione, Storione del Naccari. Veron. Cópese, ed an- che Sturion. (A. Naccarii (in parte) Bonap. Fauna et tab. fig. 2; Cat. met. pag. 21. n. 91. — Heckel S. F. pag. 353. fig. 187. —Nardo Prosp. pag. 71. 92). Benché forse non così abbondante come VA* sturio, pe- scasi però anche questa specie assai di frequente nell'Adige, del quale rimonta il corso fino oltre a Parona, venendovi dall'Adriatico nell'epoca del maggio, dopo avere cioè de- poste le uova sul principio di primavera al pari dell' altro congenere. Resta fra noi fino ad autunno avvanzato, e nei mesi di settembre ed ottobre si lascia trovare più frequen- temente presso Legnago. I nostri individui non sorpassano d'ordinario il peso di libbre una e mezza a due o tre, ma se ne pescano anche di libbre sei, e non sono rari i casi di individui trovati del peso di venti libbre. Alcuni dei principali suoi caratteri differenziali dalla precedente specie sono: fronte piuttosto piana: muso molto più breve e più grosso, largo assai e rotondato ed ottuso al suo termine: grandi piastre del capo pochissimo rilevate nel centro: le piccole piastre del muso quasi liscie: le lunghe piastre parietali larghe: la piastra soprascapolare rotonda: le barbette lunghe, colle interne più brevi delle esterne, e ripiegate e distese giungono a lambire il mar- gine anteriore della bocca. La pinna dorsale è poco erta, 132 alta un quinto meno che non è lunga. 1 colori del corpo sono un cenerino » 84 Ceppa .... » 97 Avola » » 84 Coe-rosse ... » 82 Barbio . . ■ » 73 Cópese .... » 431 Bisatti . . . » » 447 (?) Dorata (Poli.) . » 87 Bisatto (lauto . 425 .426 Fot aguada . . » 446 Bottasoi . . . » » 56 Gobbo .... » 58 Béttola . . . , » 56 Lampreda 4 23. 425.426. 432 Boza .... » 56 Lampredone . . 4 23. 4 32 Bressanella . . . » 93 Luzzo . . . . » 442 Brùffolo . . . ■ » 84 Magnarono . . » 47.49 Bùlbero . . . . » 58 Magneroni . . 47. 49. 56 Cabazze . . . , » 55 Orada dell' Adesc » 87 Cagnette . . . , » 55 Per sego ... » 44 Cagnole . . . . » 446 Pesce de//a 67*ma « 439 452 Pesce don pag- d39 Streghe . • • • P^g- 445 Pesce pcrscgo , » 44 Strigio dell' Adcse . » 95 Pesce spin . , » 50 Sturion . . . . 4 28 .434 Porzella . . » 4 28 Subiol . . » 432 Porzelletta . » 4 28 Supiotto . B 432 Raìna . , . » 58 Temalo . » 77 Ronconi , » 50 Tèmolo . » 400 Saetta . , » 96 Tenca » 70 Sardena . » 97 Tencone , » 70 Savetta » 96 Trota . , 9 402 Scarabina. » 97 Truta » 402 Scàrdola . » 82 Varone i » 93 Scdrdova . » 82 Varoni ► » 94 Sgàrdola . » 82 Vaironi . . » 94 Spinarello . » 50 Veccie > » 77 (d) Nomi francesi. Abiette .... pag. 84 Loche franche . pag. 445 Alose . • # . » 97 » 437 Anguille • • . » 447 Meunier rotengle . n 82 Barbeau • • • » 73 Mord-pierre . » 446 Brochet • • » 442 Ombre commune . * 400 Carpe • • • • 58 Perche . . . . ■ 44 Chabot • • . » 47 Pricka . . . . * -423 Epinoche • * . » 50 Sandre d' Europe . » 435 Esturgeon • • . » 4 28 Satouille . . » 446 Goujon . • • . ■ 56 » 425 Lamprillon • • . * 426 Tanche . . . , » 70 Lamproie de rivière » 423 Truite . . . . » 402 Lamproie (grande) » 432 Vairon . . . . » 93 Lamproie (petite) » 4 25 Véron . . . » 93 Loche de ri vie ire » 446 153 (e) Nomi tedeschi. Aal . . Aalrutte . Àesche . Barbe Bartgrundel Flussaal . Flussbarch Forelle . Groppe . Hecht Karpfe . Koppe Laube P*g. 117 » 137 s 100 ■ 73 » 115 » 117 » 41 » 102 » 47 » 112 » 58 » 47 » 81 Neunauge . • * Pag- 123 Neunauge (kleines) » 125 Pfrille . . • , » 93 Pricke . . • . 123 .132 Pricke (kleine) . » 125 Rothauge • > » 82 Sander . . • » 135 Schiel . . • « » 135 Schleihe . . • > » 70 Steinbeisser • • » 116 Stichling • • » 50 Stor . . . » 128 Uhlen . . • » » 126 PB-32960-SB 5-17T Jpr Prezzo Soldi 65. *é&) M^ 3 2044 072 193 055 Date Due