MEG dA RT TWO è tf ALI I dry ii ui mi di S ‘— cL = < —l nl UJ a ui z 2 N e A o) id o ee < da Castracane — Rate No] CA pi i CA pei? #7 Pa LAI Ò eta : a i LAN si NI . So BACO, 4 SS dalle Memorie di e per i uo fi T ni N "40% LI LE DIATONER ella Pontificia Accademia sa ‘Nuovi Lincei, vel; VITI. . rig A RINO A. ’ BRARY NEW YORK BOTANIGAL GARDEN "K Lal | ba af n AB. FRANCESCO CASTRACANE duole OteA Estratto dalle Memorie della Pontificia Accademia de’ Nuovi Lincei, vol. VIII. ROMA TIPOGRAFIA DELLA PACE DI FILIPPO CUGGIANI Piazza della Pace 35 1892 «* Lara è Lo st © è n E { 00 i = BAILAR DR PD Disraeli ie DIAP SOI Mec* » x % too SS uf EE e e e ate 4 SUE OD NL DELL’ABATE FRANCESCO CASTRACANE Chiunque sia per dedicarsi allo studio del grande libro della natura, in qualunque ordine di organismi voglia istituire speciali ricerche, deve precipuamente mirare a indagarne il processo di riproduzione e le leggi della esistenza, su cui soltanto si potrà stabilire un sistema naturale e razionale di classificazione da servire di fondamento alla adeguata conoscenza di quelli. Una classificazione fondata su i caratteri esterni non può essere ac- cettata se non che provvisoriamente e in attesa di altra che poggi specialmente su la biologia, mentre non si può tenere giusto conto delle modificazioni morfologiche, ignorandosi la latitudine di quelle, cui può essere soggetto l'organismo dentro i limiti della specie, sia per il diverso stadio di sviluppo, sia per l’in- fluenza degli agenti esterni, o per casi teratologici. Così più clas- sificazioni vennero proposte nell'ordine delle diatomee in vista di eliminare qualche difetto delle antecedenti, ma tutte, qual più qual meno, riconosciute affette dal comune difetto di essere di sistema artificiale, ebbero esistenza effimera, però senza che ciò che veniva sostituito potesse essere definitivamente accettato, man- cando esso pure di solida base. Per ricordare soltanto le prin- cipali classificazioni proposte per le diatomee, per ordine di epoca della pubblicazione, la più antica ebbe autore il professore Fede- rico Traugolt Kitzing, che la fece conoscere nel 1844. L’insigne microscopista inglese Guglielmo Smith modificò alquanto la clas- sificazione di Kiitzing, costituendo più generi per la presenza di speciale fronda membranosa o muccosa racchiudente diatomee, o per l’aderire di talune a cuscino, o a pedunculo o a stipite unico o ramoso, costituendone altrettanti generi ad onta che quelle de 490 » Dee d sca 4 AB. FRANCESCO CASTRACANE diatomee fossero perfettamente identiche ad altre libere da ogni aderenza e ad onta fosse provato, che quelle aderenze e quei | pedunculi siano decidui in modo che gli individui non più ade- | renti non siano per alcun modo distinguibili dai liberi: così an- che questa classificazione ad onta della incontrastabile autorità; del suo autore non venne accettata. Nel 1882 il ch. professore ‘americano Hamilton Laurence Smith propose altro sistema di classificazione fondandolo su un carattere del frustulo o indivi- duo diatomaceo nettamente. distinto, cioè su la presenza di una linea centrale saliente o rafe, che divide la valva in due parti, e di questi tipi costituì la prima sezione, e li nominò rafidee. Nella seconda sezione riunì quelle forme che in luogo di vero rafe saliente longitudinale hanno una linea di divisione segnata dalla interruzione di costole o di ranghi trasversi di granuli o punti, e queste diatomee designò con il nome di pseudorafidee. La terza sezione finalmente fu formata da tutti quei generi, che non presentano nelle loro valve alcuna apparenza di rafe o di linea qualunque di divisione longitudinale, e tale classe nominò delle criptorafidee, che sarebbe stato meglio, secondo me, dire anarafidee, ù cioè senza rafe o divisione, che lo sostituisca. Questa classifica- $ zione quantunque anche essa sia artificiale, ha però il merito in- contrastabile della massima semplicità, così che nessuno potrà ts mai esitare nel riconoscere a quale sezione debba essere ascritta una diatomea, benchè gli si presenti per la prima volta, nè quindi fa meraviglia che la suddetta classificazione sia la più general- mente seguita, quantunque debbasi ritenerla soltanto in via prov- visoria. Circa un anno prima che H. L. Smith producesse la sua clas- sificazione, il dott. Pfitzer di Bonn aveva proposto un altro sì- o stema, il quale aveva il merito di fondarsi su la disposizione, nella quale si presenta l’endocroma nei diversi tipi generici delle diatomee, per cui tale classificazione si fonderebbe su una con- dizione inerente alla vita della diatomea. Tale nuova classifica- zione in seguito venne completata dal distinto micrografo Paolo Petit. Senza dubbio la disposizione dell’endocroma nella cellula Bet diatomacea non può non essere consentanea alle leggi della specie, — vr alla quale appartiene; la disposizione deve essere comune ad ogni tipo specifico di un dato genere; però venne notato in diversi | 1 { È (i J Mei < LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 5 Ra) tipi che quella disposizione non era sempre costante ed uniforme, cosicchè una medesima specie nelle diverse epoche del suo ciclo | vitale presentava l’endocroma ora in una o due masse informi o placche, ed ora vedevasi diviso interamente in numerosi cor- picciuoli o granuli perfettamente distinti, la quale diversa modi- ficazione a mio modo di vedere, allude al processo di riprodu- zione, e quindi il sistema di classificazione fondato su la dispo- sizione dell'endocroma non lo credo opportuno, non quasi che | non sia legata quella disposizione alla idiosincrasia del tipo or- ganico, ma perchè è troppo difficile alla determinazione, e per- chè si dovrebbe rintracciare nella disposizione dell’endocroma qualche carattere più specializzato. Ma ognuno di leggieri inten- derà quanto debba riuscire arduo ai sostenitori di quel sistema di classificazione il renderlo pratico senza tener conto unicamente della disposizione dell’endocroma in una o due masse informi o in moltissimi granuli, posto che ogni diatomea placocromatica, cioè con l’endocroma riunito in una o due grandi masse informi sì può presentare coccocromatica, cioè con l’endocroma diviso in numerosi piccoli granuli, e questo, secondo me, ad ogni volta che la diatomea sia in stato di sporulazione o si disponga a quello. Della sporulazione delle diatomee intendo parlare, ossia della riproduzione delle diatomee per mezzo di spore, la quale teoria il ch. sig. Giuliano Deby in una breve rivista della bibliografia delle diatomee a proposito di un mio lavoro — Su il deposito di Jackson's Paddok. Oamaru nella Nuova Zelanda: osservazioni bio- logiche — dice giustamente essere questa ma chère iéorie. Ed è così precisamente come ne fanno fede non poche mie pubblica- zioni su tale argomento, essendomi apparso sin dal principio, che presi a coltivare lo studio delle diatomee, essere somma la im- portanza della elucidazione della riproduzione, e quindi ripetu- tamente provocai la discussione su quella, invocando dai più au- torevoli nella scienza un giudizio, che valesse a disingannarmi se fossi in errore. Ad onta di questo le mie opinioni disgraziata- mente non furono discusse, e quindi nè accettate nè rigettate con danno della scienza, contentandosi tutti quelli, che devono pure accennare alla vita delle diatomee, di ripetere unicamente ciò che fu scritto sin dai primordi di tale studio; quando lo stato delle cognizioni su tale argomento erano nell'infanzia, e l’efti- 6 AB. FRANCESCO CASTRACANE cacia degli istrumenti di ricerca e specialmente del microscopio era tanto poco progredita al confronto di ciò che è al presente. Come però il sullodato sig. Deby si esprime su questo argomento dicendo: — Nous ne voulons pas nier la probabilité d'une génération sporifere chez le bacillarites — tali espressioni mi servono di in- coraggiamento a ritornare sul tema in quanto che l’ammessa pro- babilità costituisce un primo passo alla ricognizione di ciò, che costantemente mi apparve quale verità da non ammettere alcun dubbio, quantunque io sia abituato (forse anche soverchiamente) a richiamare ad esame quanto già mi si presentò con le parvenze di verità. Attirato dalla maravigliosa scoperta di Fox Talbot in Inghil- terra, di Niepce e Daguerre in Francia, sin dall'inverno del 1841 presi a sperimentare i diversi processi di fotografia, seguendone l'ulteriore sviluppo, e adoperandomi alla divulgazione di quella arte prodigiosa, per la quale costringiamo la stessa natura a di- pingersi da se stessa, ritenni per me conveniente a preferenza l’applicare la fotografia in cosa che riuscisse utile alla scienza. Intanto gli ulteriori perfezionamenti nella parte ottica e nei chi- mici processi si succedevano incessanti a misura che più consi- derevole facevasi il numero dei cultori della fotografia. Questo mi fece risolvere a dedicarmi ad utilizzare la fotografia in al- cuna seria applicazione, e quindi riflettendo alla necessaria fe- deltà delle immagini per tal modo ottenute, volli provarmi ad ottenere dalla fotografia una autentica rappresentazione di ogni minima particolarità, che in qualsiasi organismo potesse venire svelata dal microscopio. Non posso in modo certo precisare l'epoca, dalla quale datano i miei primi saggi di fotomicrografia, però ri- scontro nelle mie memorie che ai primi del 1862 mi andavo eser- citando a ritrarre microrganismi. 1 buoni risultati ottenuti in quei miei tentativi fatti su diversi ordini di organismi, a non vagare fra mille diversi soggetti disparati, mi prefissi il ritrarre unicamente le diatomee, che allora allora vennero a mia cogni- zione. Un tale indirizzo dato alla mia geniale occupazione fece che si augurasse bene di me, percui inopinatamente mi vidi ono- rato dalla nomina di Socio Ordinario dell’ Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei nel 1867, e così mi trovai in obligo di far co- noscere il risultato dei miei tentativi. LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 7 Ed in fatto la prima volta che ebbi l'onore di parlare in Ac- ‘cademia, mi trattenni ad accennare l'argomento speciale propo- stomi a studiare discorrendo delle diatomee, delle quali diedi un cenno storico, accennando la loro natura e i loro uffici nella prov- videnziale economia della natura, e ne feci notare la singolare picciolezza loro insieme alla maravigliosa ricchezza dei dettagli ed eleganza delle forme. Nel secondo anno che sedevo in Acca- demia, nella Sessione IV che ebbe luogo al 19 di Aprile 1868, leggevo una memoria — Su la moltiplicazione e la riproduzione delle diatomee — nella quale, riferito lo stato delle nostre cogni- zioni su un ordine così interessante di organismi, parlo di alcune esperienze ed osservazioni da me fatte in talune colture di dia- tomee. In quelle io riconobbi i primordi della vita delle diatomee, mentre avevo occasione di osservare minutissime e numerose forme diatomacee perfettamente identiche ad altre molto maggiori ivi presenti e perfettamente sviluppate da considerare quali individui adulti della medesima specie, dalle quali le prime differivano non solo nella grandezza, ma altresì per il colore verde turchiniccio dell’endocroma, che nei frustuli adulti vedesi di tinta olivastra tirante su l’ocracea. Le medesime colture mi presentarono favo- revole occasione di vedere le diatomee racchiuse dentro cisti, le quali nel maggior numero vedevansi quiescenti, e soltanto due mi si mostrarono mobili, ed il movimento vedevasi aver luogo per mezzo di due tenuissimi fili flagelliformi, che movevansi di- sposti nella direzione polare. Simili osservazioni mi sembrano dar prova della buona direzione fortunatamente presa nel mio studio, preoccupandomi sopra tutto e sin dal principio di istruirmi su i processi di riproduzione delle diatomee in luogo di tentare di guadagnarmi la lode di scopritore di nuove specie. Nel seguire tale direzione, che imposi a me stesso sin dai pri- «mordi dello studio speciale delle diatomee, al quale con serio proposito mi dedicavo, potei nel seguente anno essere fortunato testimonio della emissione di numerose forme embrionali per parte di una Podosphenia, nel qual caso ebbi agio di vedere svolgersi nel campo del microscopio, e sotto i miei occhi quei medesimi fenomeni che osservati da Rabenhorst in una Melosira varians, Ag., e da 0° Meara in un Pleurosigma Spencerii, Sm., furono registrati dalla scienza senza una vera spiegazione e quale strana anomalia, AB. FRANCESCO CASTRACANE che altri vollero spiegare interpretando quelle forme emesse dalla cellula diatomacea come animalculi parassitici della diatomea. Della osservazione da me fatta resi conto dettagliato alla Acca- demia nella Sessione V tenuta il 18 Aprile 1869, con riferire minutamente quanto avvenne sotto i miei occhi, valendomi della particolareggiata relazione scritta al cessare del fenomeno, a sup- plire la mancanza di una rappresentazione grafica resami disgra- ziatamente impossibile per difetto congenito di tremore della mano. Nella relazione letta alla Accademia io dimostravo la perfetta consonanza della osservazione mia con quelle dei due celebri na- turalisti micrografi, per cui tutte si completano scambievolmente. Così la circostanza da me notata nella uscita di quei minuti or- ganismi dalla cellula diatomacea, che su i primi momenti vede- vansi rivolgersi su il loro asse mostrando alternamente profilo rotondo e lineare, esclude in tutti tre i casi il poterli interpre- tare per animalculi parassitici. Confortato pertanto dalla persuasione indottami da quelle osservazioni, che siamo ancora ben lontani dal dover credere, che in fatto di processi di riproduzione si sia detta l’ultima parola, e persuaso della imperfezione delle nostre coguizioni su un ar- gomento di tanto interesse, mi prefissi di profittare di ogni oc- casione a riunire fatti e osservazioni, che o confermassero il mio modo di vedere o valessero invece a dimostrarmi d’essere in er- rore. Ed in fatti la mia diligenza ed assiduità venne compensata. in più circostanze, e ad ogni occasione che potei registrare qual- che nuovo fatto ad elucidazione dell'argomento, mi feci un do- vere di comunicarlo ai miei amici e corrispondenti, alla Acca- demia e quindi a tutti gli studiosi che si interessassero alle dia- tomee, provocandone il giudizio, e promovendo la discussione. Non sono scorsi meno di 24 anni da che mi persuasi, che la vera e propria riproduzione nelle diatomee ha luogo per spore o forme embrionali o germi, e che la moltiplicazione per divisione, oltre che non può essere intesa per riproduzione, è propria non di tutte le diatomee quale regola generale, formando invece l'eccezione. Queste opinioni ho pubblicamente e costantemente professato, ho sempre stimolato e promosso la discussione su quelle, assicurando pi i ciascuno come, mosso unicamente dall’interesse del vero, lungi dal sentirmi mortificato dalla critica mi professerò grato a chi sia0 aa, pr 4 Mu È LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 9 Dt ai aa ; MU 3 : e pr dimostrarmi essere io in errore. Più volte e inopinatamente ‘venni rimunerato per avere senza interesse dedicato il mio tempo in servizio della Scienza con dimostrazioni di onore, oltre al ve- . dermi di quando in quando ricordato fra i cultori della Scienza, «ma ad onta di ciò non ottenni ancora da alcuno che le mie opi- — nioni su la sporulazione delle diatomee fossero prese ad esame, rimanendo così il nostro studio allo stato di infanzia, e mancante di solide basi, ripetendosi da tutti generalmente quanto venne | stabilito nel momento che le diatomee vennero per la prima volta conosciute. Riflettendo a questo stato di cose e non avendo potuto ot- tenere quell’intento che nell’interesse della Scienza mi ero pro- posto, oltre che al ristretto numero dei cultori della diatomologia e all’essere questi generalmente di preferenza occupati a ricercare nuove forme da nominare, credo che sia da attribuire alla poca attenzione a quanto viene pubblicato in Italia, sia per la scarsa conoscenza della nostra bella lingua presso gli stranieri, sia per la poca diffusione dei nostri lavori scientifici. Nel mio caso poi questa difficoltà si aggrava perchè la mia tesi non è unicamente fondata su la fortunata osservazione di una Podosphenia, la quale è esattamente parallela alle osservazioni di Rabenhorst su la Melosira varians, Ag., e di O’ Meara su il Pleurosigma Spencerii, Sm., mentre il mio modo di vedere su l'argomento della riproduzione delle diatomee venne da me confermato con un seguito di osservazioni fatte in diverse circostanze e con diversi generi diatomacei le quali mi porsero replicatamente l'opportunità di ritornare su l'argomento con di- verse note, illustrando ad ogni volta il processo e le circostanze che l’accompagnano. Quindi (come sopra indicavo) circostanza sfa- vorevole ad attuare il mio intento di ottenere che le mie opi- nioni siano discusse, è la difficoltà di riunire i diversi miei lavori in più circostanze pubblicati, ritornando su l'argomento nel ri- portare nuove osservazioni in proposito. Perciò voglio sperare che riunendo qui quanto ho potuto trovare a convalidamento della | mia tesi, alcuno voglia su tali documenti prendere quella ad esame unicamente nell'interesse della verità e della scienza. Venendo pertanto ad esporre quanto potei fare di esperienze _ e di osservazioni intorno ai processi di riproduzione delle dia- tomee, ed in particolare su la sporulazione ossia riproduzione a 2 10 AB. FRANCESCO CASTRACANE } mezzo di germi, di spore e di forme embrionali, la prima volta che ebbi opportunità di parlarne fu (come già ricordai) al 19 di Aprile del 1868, allorchè presentai all'Accademia una nota — Su la moltiplicazione e riproduzione delle diatomee — nella quale fatta una breve rivista di quanto su tale argomento ci lasciò scritto il celebre micrografo inglese Guglielmo Smith nella sua classica — Synopsis of britisch diatomaceae — che se non tutto è quanto di meglio sin ora avemmo su l'argomento della riprodu- zione delle diatomee oltre quanto ne scrisse il dott. Carpenter nella sua opera — The Microscope and its Revelations. — Lo Smith dopo avere ragionato del processo di fissione o temnogenesi, che non può dirsi riproduzione, ma unicamente deve riguardarsi quale moltiplicazione, riportate alcune osservazioni sue e dei sigg. Thwai- tes, Griffith, Carter di casi di diatomee conjugate simili a ciò che avviene nelle desmidiee, dà come risultato di tal processo la formazione di uno o di due sporangi o di uno o due frustuli spo- rangiali, dei quali ci lasciò disegnate le figure. Carpenter a pag. 298 della succitata opera, edizione 3°, $ 187, così si esprime: “ È in- certo se anche le diatomee moltiplichino per il dividersi del loro endocroma in gonidi, e con la liberazione di questi in attiva condi- zione di zoospore, o nello stato di spore dormenti. Alcune osserva- zioni di Foke (Physiogisch Studien, Heft Il, 1853) però, prese in connessione con l’analogia di altri protofiti, e con il fatto che in- dubitatamente i frustuli sporangiali così moltiplicano per gonidi, sembra giustificare la sentenza che tal metodo di moltiplicazione ha luogo in questo gruppo ,. Appoggiato a tali autorità francamente mi ascrissi a questa opinione, e quindi la confermai con richia- mare le interessantissime osservazioni di Rabenhorst e di 0’ Meara, nelle quali fu realmente veduta la emissione dei gonidii. Ad ul- teriore conferma di questo ricordai le osservazioni del sullodato Smith di cisti racchiudenti numerosi esemplari di Cocconema Ci- stula, Hamp, di Cristoforo Johnson su altra cisti con frustuli di Synedra radians, Kz., riferendo come anche io incontrai simili cisti inchiudenti individui del tipo Cocconeis Placentula, Eh., che vedevasi attorniata da moltissimi altri fiustuli del medesimo genere e specie e di diverse grandezze, che così rappresentavano i diversi stadi — successivi di sviluppo, come egualmente era stato osservato dai due inglesi naturalisti, LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 11 Nella medesima mia nota resi conto di altra osservazione, _ che mi avvenne di fare in una coltura di diatomee di acqua dolce. _ In questa vedevansi insieme numerosi organismi rotondi verdi rac- chiudenti sostanza granulare; questi vari in grandezza e in aspetto mi sembrarono fare scala a più cisti jaline rotonde, nelle quali vedevansi incluse alcune ben definite naviculette ad endocroma — verdeglauco, e ognuna con due rotonde goccioline oleose, quale le dimostrava la forte refrazione della luce. Da queste cisti ja- line sotto pressione ad arte esercitata sul vetrino coprioggetto ve- devansi sfuggire le naviculette, le quali travolte dalla corrente alternamente presentavano profilo ora elittico ed ora rettangolare, e fu allora che fra le molte cisti quiescenti ne vidi due mobili a mezzo di due processi flagelliformi. Dopo tali risultati non farà maraviglia ad alcuno che non mi sia arrestato in così bel camino, e che invece mi proponessi di non mai cessare dal fare ogni diligenza a continuare tali ri- cerche, che mi apparvero il lato più nobile e più interessante nello studio delle diatomee, e che come tale mi veniva insinuato dalla autorità del nostro sommo naturalista professore Giuseppe Meneghini, al quale debbo l'avere intrapreso con tutto l'impegno tale studio. Così nel prossimo anno ebbi la sorte di. essere spet- tatore di un caso perfettamente parallelo ai due già registrati dalla Scienza l'uno in una Melosira varians, Ag., riferito da Ra- benhorst, l’altro in un Mleurosigma Spencerii, Sm. avvenuto al mi- ‘crografo irlandese Eugenio 0’ Meara, e ai quali si è di sopra accennato. Da me fu veduta una Podosphenia emettere delle forme organizzate rotonde che prima avevo veduto all’intorno della cel- lula madre, egualmente a quanto fu veduto dai due sunnominati ; e la circostanza da me notata, che quelle forme organiche ai primi momenti di loro emissione erano travolte in un movimento di rotazione che li presentava alternamente a profilo rotondo e rettangolare, toglie che si possano interpretare per infusori pa- rassiti di quelle diatomee. Quantunque questi tre casi siano as- solutamente identici, e quindi vicendevolmente si confermino in modo da portare quasi necessariamente alla interpretazione, che quelli fossero altrettanti esempi di vera e propria riproduzione, pure la mia osservazione differì dalle antecedenti per due circo- stanze. L'una fu il moto di formicolamento notato antecedente- ai] i si ua ii 12 AB. FRANCESCO CASTRACANE mente ad ogni altro fenomeno nella cellula diatomacea, per il quale dallo stato di divisione e direi di emulsione la sostanza — oleosa si riunì in due o tre goccioline avanti che avesse luogo la sortita di un certo numero di corpicciuoli rotondi, eguali e ben — definiti, ossia delle forme embrionali: dalla quale circostanza de- dussi la congettura che la sostanza oleosa possa servire a faci- litare la formazione della parete delle celluline embrionali. L'altro punto in cui il caso della Podosphenia ditferisce dagli altri due esempi, fu la turgescenza delle due linee divergenti nel lato zo- nale, (front view per gli inglesi) e la frattura prodottasi alla metà di quelle, per cui sortirono le forme embrionali. Però pro- pendo a credere che tutto questo, benchè venisse perfettamente accertato, non fosse un fenomeno normale della riproduzione, ri- guardandolo invece come effetto di pressione esterna esercitata dal vetrino per l’evaporazione dell’acqua interposta e trattenuta per capillarità fra i due vetri. | Ma per quanto le addotte mie osservazioni ed esperienze mi convincessero che le diatomee si riproducono da germi o spore, e che in tale sentenza venissi confortato da consone osservazioni di persone di riconosciuto valore e autorità, è egualmente incon- trastabile che un immenso numero di diatomee provengono da autofissione o fissiparità, detta pure temnogenesi, e di tale pro- cesso abbiamo numerosi esempi e perfettamente accertati. Ma un tale processo non può dirsi riproduzione, come non può dirsi di vegetali che moltiplicano per cipolle, per bulbi, per stoloni o per marcotte, mentre tale moltiplicazione non è altro che una esten- sione della vita individuale della pianta ‘dalla quale derivarono. Però come fra le diatomee è molto più ovvio il processo di au- tofissione che quello di riproduzione, e quindi tanto più facile ad incontrare, così si è creduto contentarsi di riguardare tutte le diatomee come provenienti da divisione cellulare. Questa però è triste prova dello stato di infanzia (mi si permetta il dirlo) del nostro studio, per cui dedicatomi a questo in modo speciale, mi proposi profittare di ogni occasione per indagare il vero pro- cesso di riproduzione fra le diatomee tutte di acqua dolce e ma- Pa rine. Ma il litorale Adriatico dell’Italia centrale e in special modo la spiaggia arenosa di Fano, ove nacqui, sì presta male a tale studio, non trovando le diatomee stabile appoggio, per cui in più * (ESA sù È LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 13 $) volte mi portai su le coste dell'Istria e della Dalmazia, località — favorevolissima agli studi della storia naturale e della vita del è | mare. Il mio primo viaggio fu nel 1869, nel quale direttomi a Trieste, fermatomi qualche tempo a Pirano, ne percorsi le vici- ‘nanze, e tale viaggio mi fornì l'opportunità di fare diverse os- | servazioni riflettenti la biologia delle diatomee, come riferii alla — Accademia nelle adunanze del 27 Aprile e del 25 Maggio 1873. A Pirano, piccola città dell'Istria, trovai ovunque diffusa e in piena vegetazione la Striatella unipunctata, Ag., diatomea a valve ellittiche e zona quadrata o rettangolare costituita, come nei thabdonema, dalla sovrapposizione di molti anelli o diaframmi. — Il nome specifico fu imposto a questo tipo per la singolare di- | sposizione che ha il suo endocroma, Questo in luogo di essere «0 più o meno diffuso a piccole masse, o formante due grandi «masse o placche amorfe disposte lungo le valve, è invece riunito in massa informe nel centro della cellula e mostrasi come una «macchia nel mezzo del lato zonale. Moltissimi esemplari di questa F diatomea vedevansi in tale condizione, ma contemporaneamente numerosi erano quelli che presentavano l'endocroma distinto in tanti oblunghi corpicciuoli fusiformi disposti in gruppo stellare, e di in alcuni casi distinguevansi altrettanti tenuissimi fili radianti, - chesi protendevano sin al perimetro della cellula. Se al momento rimasi incerto ed esitante nella interpretazione di quella diversa disposizione e figura dell’endocroma, pure dal primo istante fui nella persuasione che il fenomeno avesse relazione con la ripro- duzione della specie. Ora poi per le moltiplicate osservazioni da me fatte su grande numero di forme diatomacee e con tutta l’asseveranza ritengo, che quando l’endocroma delle diatomee ._vedesi disporsi in più eguali, distinte, regolari forme si deve ri- d tenere per fermo essere tale fenomeno il segno prodromo della Pe riproduzione o sporulazione. Sono circa due anni che nel ragio- «nare su quella mia opinione con un giovane professore, al quale i facevo appunto osservare la Melosira varians, che sul declinare da dell'inverno vedevasi ripiena di endocroma in condizione di eguali . ben definite masse rotonde, che riguardavo quali nuove cellule perfette destinate a riprodurre la forma della cellula madre, mi | sentii fare una giusta obbiezione, che cioè per riconoscere quelle forme rotonde per vere cellule, e a togliere ogni dubbio che non o = î = n rà, | ITA È 7A 14 AB. PRANCESCO CASTRACANE b fossero meglio granuli di clorofilla, si dovrebbe potere constatare = in quelle la presenza del nucleolo. Grato a chi mi fece quella obbiezione, nel concentrare convenientemente l’illuminazione del microscopio, ebbi la massima soddisfazione di riconoscere chiara- mente e far vedere a più testimoni e a chi aveva mosso l’ob- biezione, la presenza del nucleolo in ciascuno di quei corpicciuoli, in modo da doverli riguardare con tutto il rigore scientifico quali entità distinte dalla madre cellula ed autonome. Nella medesima Memoria letta alla Accademia nel 1873 ri- ferii quanto mi fu dato di osservare nell’antecedente anno in Dalmazia e precisamente a Lesina, ove dimorai qualche tempo allo scopo di proseguire le mie ricerche su la vita delle diatomee marine. Anche quì fui favorito dalla sorte, che mi pose sott’oc- chio una di quelle osservazioni, che dimostrano nel modo più certo le evoluzioni progressive di una diatomea con presentarne tutti gli stadi della vita. Avendo colà incontrato sotto il mede- simo tetto ospitato il professore Grube di Breslavia ivi recatosi a studiare specialmente gli anelidi marini, al quale scopo facevasi apportare da un marinaio il prodotto bruto ricavato a mezzo di una draga, fra quello attirò la mia attenzione un frammento di Zostera Oceanica, alla di cui superficie erano talune protuberanze traslucide di colore olivigno, che portai al microscopio per esame. Asportatane con una lancetta una sottile particella, la sottoposi al microscopio, e così riconobbi che la massa era di natura ge- latinosa compatta racchiudente numerosissime cisti ovali di dif- ferenti grandezze. Le cisti più grandi contenevano una coppia di perfette Mastogloje adulte, evidentemente riconoscibili, mentre tutte le altre vedevansi racchiudere ciascuna due forme naviculoidi eguali disposte nel centro l'una di fianco all'altra: però ogni coppia vedevasi degradare sin alle adulte perfettamente svilup- pate e riconoscibili a colpo d'occhio da vedere nelle più piccole cisti due minimi corpicciuoli verdastri oblunghi, che necessaria mente si interpretavano per embrionali Mastogloje, mentre la con- dizione gelatinosa del materiale involvente non avrebbe permesso il passaggio ad alcun minimo estraneo organismo. Considerate pertanto le circostanze della condizione della massa gelatinosa, involvente unicamente numerosissime cisti jaline ovali di tutte SÒ le grandezze e tali da presentare una serie completa degradante — Ri-< RE TO pi IE DU si i 4, à Di #0 3 l ha 6$ cs r ‘ Ae: LR ed : } LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 15 — dalla maggiore alla minima, aventi ciascuna nella identica posi- | zione due organismi naviculoidi riconoscibili per frustuli di Ma- |_—stogloje sin che l’eccessiva minutezza impediva il caratterizzarli | genericamente, chi potrà negarsi a riconoscere nella predetta os- servazione la perfetta rappresentazione dei diversi stadi della vita "di quel genere, e ciò con la medesima evidenza che si avrebbe | isolando di quelle la minima forma, e seguendola in ogni fase | progressiva? Nel mentre che le molteplici osservazioni intorno i processi di riproduzione delle diatomee mi confermavano nella primitiva idea che in questo ordine di esseri la vera e propria riprodu- zione ha luogo per germi o spore o forme embrionali, l’illustre D.' Pfitzer di Bonn dava alla luce un lavoro sotto il titolo: Un- tersuchungen iiber Bau und Entwichlung der Bacillarien, del quale presi cognizione da una elaborata analisi pubblicatane dall’ ir- landese micrografo Eugenio O°Meara nel Quarterly Journal of Mi- eroscopical Science, vol. X, N. S. pp. 240, 384; vol. XIII, p. 9; vol. XIV, p. 81, non potendo profittare della pubblicazione ori- ginale, ignorando la lingua tedesca. Così venni a conoscere e a profittare della dottrina di quel rimarchevolissimo lavoro, che costituisce la migliore contribuzione che da molto tempo venisse prodotta alla elucidazione delle diatomee, e della loro teoria. In quello il ch. Pfitzer inconsciamente combinandosi con quanto qual- che mese avanti veniva pubblicato nel 1869 dal D.° M’ Donald nel suo interessante lavoro: On the structure of the Diatomaceous Frustule and its Genetic Cycle, stabilisce, che nelle diatomee la ri- produzione asessuale ha luogo unicamente per fissiparità, altri- menti detta temnogenesi, mentre dalla condizione bivalve della diatomea, e dell’invaginamento o incapsulamento delle due mezze cellule per mezzo dei relativi loro anelli, nella successione delle divisioni, necessariamente i nuovi frustuli andranno diminuendo sin ad arrivare alle minime dimensioni ammesse dalle leggi del- l’esistenza della specie. A questo punto l’autore fa intervenire la coniugazione di due individui della progenie e da tale unione bisessuale risulta la formazione della cosiddetta auxospora, dalla quale hanno origine due frustuli sporangiali di grandezza doppia . degli altri, che sarebbero destinati ad iniziare una nuova serie discendente di diatomee, ti ue bal, at pere. "e 9 | ARE » rate È È ‘ - Kg ,, 0° dr 16 AB. FRANCESCO CASTRACANE Una tale teoria è veramente seducente, nè è da meravigliare del favore con cui fu accolta dovendo riconoscersi ingegnosamente escogitata su l'appoggio di osservazioni registrate dalla Scienza, e risultante dal fatto della progressiva diminuzione dei nuovi frustuli conseguente dall'invaginamento delle due valve del fru- stulo. Ad onta di tutto questo mi apparve che tale teoria non poggiasse su fondamenti ben solidi, ma che invece fossero ecce- pibili su più rapporti, e quantunque riconoscessi di osar troppo, pure volli redigere una nota, nella quale presi ad esporre quegli argomenti che mi vietavano d’accettare l’ingegnosa teoria. In- tanto, invitato dal ch. prof. Parlatore a prender parte al Con- gresso Internazionale Botanico, che si tenne in Firenze ne] Maggio del 1874, risolvetti sottoporre le mie idee su l'argomento all’au- torevolissimo giudizio di quell’Areopago. Inscrittomi nell’elenco di quelli che proponevansi fare qualche comunicazione al Con- gresso, seppi che il D." Pfitzer era del numero degli invitati, così che mi affrettai a procurarmene la personale conoscenza, e a prevenirlo che unicamente amore del vero che deve animare chi sì dedicò alla cultura della Scienza mi induceva a presentare delle obbiezioni alla sua teoria su la riproduzione delle diatomee per provocarne una dimostrazione, che mi convincesse. Senza stare qui a ripetere quanto ebbi l'onore di esporre al Congresso mi limiterò a fare osservare come la suaccennata teoria sia precipuamente fondata su punti, che nella loro generalità non sono affatto accertati, e che non possono ammettersi, o che per lo meno sono tutt'altro che ben provati. Ed in fatto la teoria . dell’auxospora fu dedotta dalle condizioni d’invaginamento delle due valve della cellula diatomacea, il quale è dimostrato con ogni evidenza aver luogo nelle naviculacee, ed in altri generi; ma l’invaginamento o incapsulamento si può asserire e provare che © abbia luogo in tutti i generi indistintamente? Per parte mia dico non aver mai riscontrato la minima traccia di tale invagina- pi mento p. e. in alcuna delle Melosiree, che continuamente si in- | Co contrano, tra le quali le specie a profilo lineare sarebbero in con-. E. LI Rai dizione da far vedere agevolmente il sovrapporre dei due anelli delle valve, e questo per lo meno sarebbe indicato da due linee equidistanti dalle dne valve come avviene colle navicule. Ho an-. cora da ricordare, che una volta m'incontraì a osservare una li bi Y LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 17 lunghissima serie di Fragilaria, e ne contai i frustuli sin a set- Parc tantadue senza che in così lunga sequela si potesse riconoscere «la minima variazione nella misura del loro asse longitudinale; «ora questo come si potrebbe intendere nel processo di divisione © fissiparità senza ammettere o supporre che dopo la divisione della cellula primitiva in due nuove cellule e così di seguito abbia luogo una dilatazione e distensione periferica nell’anello giovane e nelle valve? E tale dilatazione delle pareti silicee della cellula diatomacea viene dichiarata inammi-sibile dal Pfitzer, e così fu condotto a stabilire la teoria dell’auxospora intesa alla formazione dei fru- stuli sporangiali di dimensioni doppie delle diatomee ultime della serie, i quali inizierebbero una muova successione di individui. So che il naturalista di Bonn viene confortato nella opinione della inestendibilità della cellula silicea dall’autorevolissimo parere di alcun altro insigne micrografo; ma ad onta di questo mi sento costretto a rifiutare tale sentenza ripetendo il detto di Aristo- tile: Amicus Plato, sed magis amica veritas. Infatti non so intendere, come possa rimanere in alcuno la più piccola esitazione a riconoscere che le pareti silicee della _ cellula diatomacea siano soggette a dilatazione ed aumento, quando sì prendano in considerazione gli argomenti da me addotti nella comunicazione, che presentai al Congresso di Firenze. Fra i di- versi argomenti che addussi, mi contenterò ricordare quello solo che si riferisce alla Orthosira Dickicii, Kz. In questa specie è fre- quente l’incontrare frustuli sporangiali, i quali furono perfetta- mente disegnati nella tavola LII, fig. 335 della classica Sinopsi delle diatomee britanniche di Guglielmo Smith. In questa Ortho- sira i frustuli disposti in serie o catena sono perfettamente ci- lindrici e tutti presentansi identici in larghezza. In questo però fanno eccezione i frustuli sporangiali, i quali si presentano ri- «gonfi nel centro quasi per sforzo esercitato nell'interno dalla massa del protoplasma. Ma enormemente più notevole vedesi es- sere l'aumento della cavità della cellula nella direzione dell'asse longitudinale, e tale aumento non può per alcun modo intendersi che abbia avuto luogo dal primo momento, in cui venne formato il frustulo sporangiale per parte dell’auxospora secondo la teoria di Pfitzer. Il vedere come l’aumento assiale del suddetto frustulo 3 i ti 4 w ra 30. sat n è 18 AB. FRANCESCO CASTRACANE forzando il fondo del frustulo vicino lo obbligò a ripiegarsi su se stesso sin a esercitare sul fondo del frustulo susseguente la medesima violenza, che prima fu fatta a lui, e così oltr’oltre dall'uno all’altro, implica evidentemente un’azione progressiva di dilatazione delle pareti, che iniziata dal frustulo sporangiale venne egualmente ad aver Juogo in più cellule susseguenti, e questo in ambedue le direzioni opposte. La fedeltà scrupolosa dell'immagine di tale processo, oltre al non essere contestata da alcuno per la nota esattezza delle illustrazioni della Sinopsi di Smith, venne autenticata dal confronto da me fatto con la preparazione della Orthosira Dickieti, Kz., quale si ha sotto il n.° 3 della prima cen- turia delle Diatomacearum species typicae del dott. Eulenstein. Dimostrata pertanto la proprietà di aumentare e di disten- dersi della silice nelle diatomee (la quale silice vi si ritrova allo stato organico e non puramente in condizione minerale) cessa l'opportunità di fare intervenire il processo dell’ auxospora per provvedere per mezzo dei frustuli sporangiali all’ eccessivo rim- picciolimento dei frustuli, i quali se privati della facoltà di cre- scere, di cui godono generalmente tutti gli organismi viventi, di- mostrerebbero la decadenza della specie. Però vi è pure da os- servare che per quanto speciosa si presenterebbe quella teoria nel supposto del rimpicciolimento dei frustuli e insieme data la inestensibilità della silice, occorrerebbe provare che realmente i frustuli sporangiali siano i prototipi della specie e gli iniziatori della nuova progenie. Invece che sia data tale prova sì ritiene che quei frustuli siano da considerarsi quali esseri mostruosi ed imperfetti, e nientemeno che privi della facoltà di procreare. In natura quei frustuli sarebbero unicamente ordinati ad accogliere fra le loro pareti un numero di germi ove svilupperebbero sin al punto di potere sortire da quell’asilo a provvedere alla pro- pria esistenza e alla diffusione della specie, alla quale viene a contribuire in modo indiretto e subalterno senza farsi stipite. E tale cosa per quanto a prima vista possa apparire strana, che cioè una forma organica non sia dotata della facoltà di ripro- dursi, non è cosa affatto nuova fra le diatomee. Il tipo Goniothe- cium, che su le prime si credette costituire un genere, incon più volte incluso in ciascun frustulo di Chaetoceros venne cancellato | dall'elenco dei generi, e fu riconosciuto quale frustulo sporan dE: NS IV > "ie > 3 PNT i Pr è È % : Magnano - Cal TA Ser ie le Pe Y (7 e n a 4 Î hd er Hi * ere pedi / J LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 19 | giale subordinato al tipo generico Chaetoceros. Lo stesso deve a cao pari titolo dirsi della Dicladia Capreolus, Eh., mentre fra le dia- tomee riportate dalla spedizione oceanografica inglese del Chal- lenger vidi e riportai alla tavola XIX, fig. 7 e 8 una colonia di Chaetoceros, i di cui frustuli contenevano egualmente inclusa la Dicladia, che riconobbi per forma sporangiale, la quale qualifica- zione per argomento di analogia dissi essere da estendere alla forma Syndendrium, che venne già riconosciuta quale forma ap- pena da distinguere dalla Dicladia. Quello che portò a formulare la teoria dell’auxospora oltre che venne suggerita dal bisogno di provvedere alla supposta ine- stendibilità della silice nelle pareti delle diatomee, fu il riguar- dare quale processo più comune se non esclusivo di riproduzione fra le diatomee la temnogenesi o fissiparità. La mia risposta a questo fu che l’autofissione o divisione cellulare o temnogenesi non può chiamarsi riproduzione, ma unicamente moltiplicazione, mentre quella implica l’idea di un seme o un germe, che svi- luppa e cresce sin a riprodurre la propria specie, e invece la moltiplicazione al punto di vista biologico non è niente più che la estensione o emanazione della vita individuale non altrimenti di ciò che accade di una pianta, la quale si moltiplichi per bulbi, per marcotte, per tuberi, stoloni e simili. Ma oltre a questo vuolsi aggiungere che il processo di divisione cellulare è meglio l'eccezione di quello che la regola. Dal vedere che le due nuove val- ve, nei casi di fissiparità si vanno formando nel mezzo della cellula primitiva, quelle debbono stereotiparsi su le valve originali che loro sono di fronte, quindi ne arguii che la divisione cellulare non possa aver luogo se non quando il frustulo suddividentesi consti di due valve perfettamente simili, e fra loro simmetriche sotto ogni rapporto. Quindi azzardai la proposizione che la di- visione cellulare nelle diatomee non può aver luogo in quei ge- neri ‘nei quali le due valve non sono perfettamente simili come p. e. nelle Cocconeis e negli Achnantes; nè in quelli che quantun- que abbiano valve simili e simmetriche sono però accoppiate in modo da alternare le loro parti omologhe, come è degli Asterom- _ phalos, Asterolampra ed altri: nè finalmente si avrà nei tipi a valve ‘simili, ma che incrociano i loro assi di figura, come arriva negli __ Campylodiscus. Non so se io mi sia partito da un principio solido ge de A Ri Fal leg N d A 20 AB. FRANCESCO CASTRACANE ! e ben fondato nello stabilire a priorì la impossibilità della divi- sione cellulare nelle suddette tre categorie di diatomee; però è di fatto, che sin ad oggi per quanto giunse a mia notizia fra i tanti casi che si hanno registrati di processi di moltiplicazione per fissiparità, non un solo caso si conosce, che faccia eccezione a quanto azzardai determinare su la possibilità o meno di quel processo nelle serie contemplate. i Mi sia permesso aggiungere altro argomento, che mi sì pre- sentò dopo avere esteso la presente memoria, e ciò a proposito della teoria di Pfitzer, nella quale si fa procedere la formazione dei frustuli sporangiali dalla conjugazione dell’atto copulativo. E prima di tutto, lo stato di conjugazione si fa intervenire al punto che per la successiva divisione cellulare i frustuli degra- darono sin a non comportare ulteriore divisione come che sa- rebbe incompatibile alla idiosincrasia della specie: ma è poi vero che la diminuzione dei frustuli abbia sempre luogo per tale suc- cessivo processo di moltiplicazione? Per esempio, si può dimo- strare nelle Melosire, nelle Ortosire, nei Schetonema? in questi ge- neri non vidi mai tale degradazione, e se talvolta vi è diminu- zione questa ha luogo di subito e in modo abrupto, continuando in modo che in seguito fra l’uno e l’altro frustulo l’asse tra- sverso è uguale. Lo stesso dicasi di molti altri generi; ma credo che sarà sufficiente l'esempio, che già citai, di un filamento di Fragilaria di ben settantadue frustuli il quale non mostrava la minima diminuzione. Ma se l’auxospora è intesa per la produ- zione dei frustuli sporangiali più grandi, iniziatori e restauratori di nuova discendenza e progenie, come accade che nella Melosira varians Ag. un frustulo sporangiale si incontri talvolta non alle estremità della serie o catena ma nel mezzo fra due frustuli co- muni? e come sarà da spiegare il prodursi di forme cilindriche direttamente dal frustulo sporangiale che è di forma globosa? Tutto questo io ebbi l’onore di accennare al Congresso di Firenze. Però quantunque mi sentissi certo di essere nel vero in forza degli argomenti addotti e della ineluttabile logica dei fatti, nel continuo meditare su quel punto mi avvenne di riu- nire nuove prove a convalidare la mia opinione, e non mancai addurle allo scopo di determinare su quella la discussione o l’as- senso degli studiosi, Così nella Sessione IV dell’anno XXIX del- LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 21 l'Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei tenuta il 19 Marzo 1867, lessi una notarella con il titolo: Nuovi argomenti a provare che le diatomee riproduconsi per mezzo di germi. Con quel lavoro volli confermare la mia tesi con un argomento tratto dalla autore- vole testimonianza di un illustre biologo troppo presto rapito alla scienza, di Giulio Schumann. Questi nel bel lavoro: Die diatomaceen der hohen Jatra, alla tav. 1.* con la figura 15 rap- presenta una Nitzschia media, Hantsch, che come viene figurato sotto la lettera C, fra i due anelli del frustulo abbracciantisi e costituenti la zona connettente ha incastrate due piccole Navicule, che obbligarono una delle valve con il suo anello a crescere ir- regolarmente contornando l'ostacolo, che cresceva esso pure si- multaneamente. L'autenticità di tale rappresentazione è garantita dal noto merito scientifico dell'autore che la copiò dal vero; quantunque io non sappia sottoscrivermi alla sua opinione, quando interpreta questo fatto come un caso di eterogenia. Non posso intendere come Schumann invece non abbia riconosciuto in quella irregolarità un caso fortuito di introduzione di due germi estranei fra i due anelli della Nit:zschia, la quale non potendosi liberare dalle incomode ospiti in sviluppo, dovette adattarsi contornando l'ostacolo. Quella interpretazione è tanto più inattesa e strana, inquantochè nel parlare di quella singolarissima anormalità l’au- tore (pag. 59) dice espressamente di avere non di rado osservato dei frustuli vivi includenti dei nuclei con corpi granulari, dai quali si producevano nuovi individui, e ne adduce un esempio nella Niteschia sigmoidea Sm., e così parmi aver dovuto riconoscere nel caso sopraccitato un caso di fortuita intrusione di due germi di Navicule. Altro argomento e più diretto presentai nel medesimo lavoro, il quale mi fu suggerito da una raccolta assolutamente pura di una forma naviculare incontrata in un fontanile ai cosiddetti Campi di Annibale presso Rocca di Papa, nella quale forma ri- conobbi la Pinnularia stauroneiformis Sm. (= Brebissonii Rab.) che però variando notevolmente nella striazione dalla forma tipica determinai per varietà dicendola Pinnularia stauroneiformis, Sm., var. Latialis. I frustuli in questa raccolta e di questa specie erano numerosissimi e di tutte le grandezze, differendo in tale riguardo gli uni dagli altri notevolmente, benchè si riconoscessero con cli i e _ w ° "se - ata uit 29 AB. FRANCESCO CASTRACANE ogni certezza appartenenti tutti alla medesima specie, e alla me- desima progenie. Che in grandissima parte quei frustuli prove- nissero da divisione cellulare si sarebbe potuto credere per l’uni- formità dei profili, e perchè si osservavano di tutte le misure, come avverrebbe in un tipo diatomaceo degradante nella succes- sione delle divisioni, nella ipotesi però che il nuovo frustulo non potesse aumentare e distendersi. Ma sembrami che quando per autofissione si abbia una lunga progenie di frustuli dalla gran- dezza del frustulo sporangiale sin alla minima che possa darsi secondo le leggi della specie, e tutto questo in conformità alle opinioni del D." Pfitzer, la striazione dei frustuli più giovani e quindi più piccoli dovrebbe essere notevolmente più minuta in modo che il numero totale delle strie e non la misura dovrebbe essere identico. Però questo non si avverava nella raccolta in discorso, mentre confrontata la striazione dei frustuli più grandi e dei minimi per mezzo della proiezione di immagini a identico ingrandimento ottenuta con la fotomicrografia, si rinvenne sem- pre in ciascuna eguale numero di strie per un dato spazio. Nella seconda sessione dell’anno XXX dell’Accademia al 24 gennaio 1877 venni di nuovo sull'argomento con lo scritto por- tante il titolo di Osservazioni e note ad elucidazione dello sviluppo delle diatomee. In quello, dopo avere a lungo ragionato su l’argo- mento, eccitato da alcune osservazioni del socio corrispondente professor Giuseppe Gagliardi dell'Istituto della Carità, trassi ma- teria a confermare le mie opinioni dalla straordinaria straboc- chevole riproduzione di Cymbella pisciculus Gregory, osservata nel lasso di poche ore. Erano due piccole masse rotonde, muccose, jaline riscontrate in una fontana al fianco della Chiesa di San Pietro in Montorio, nelle quali una lievissima sfumatura bru- nastra mi fecero pensare a diatomee, e però raccoltele subito le riportai a casa per esaminarle. L'osservazione microscopica con- fermò il mio giudizio, presentandomi in grande numero Cymbelle vivacissime immerse nella massa gelatinosa. Avendo giudicato la cosa degna di ulteriore osservazione posi le due masse in va- setto di cristallo con acqua. La mattina seguente con mia me- raviglia ritrovai la superficie dell’acqua nel vasetto ricoperta di | spuma, e le pareti di quello cosperse di nubecole di colore oera- — ceo. Le due masse jaline poi presentavano aspetto assolutamente 5: x ABILE ide n Vara Las vo Tia Dei C. e gt i i 3 n pi % dI, A 1 hi si | E 9 14 +01 È _ y hi i . LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE Si is ila formò rotonde, che mi avvenne osservare nell’ esame di ioni di depositi convenientemente trattati ad eliminarne w tuttociò che non fosse siliceo. Ritengo che, chi è uso a simili esa- _ mi di preparazioni di diatomee fossili specialmente se fatte dal ‘medesimo osservatore, potrà facilmente ricordare di avere veduto | simili agglomeramenti, dei quali non potè riconoscere il signifi- | cato. Al presente non mi pare potere dubitare che quelle agglo- - merazioni di forme piccolissime rotonde sono le spoglie di dia- tomee che in condizione primitiva ed embrionale erano rinchiuse in uno sporangio, il di cui sacco membranoso fu distrutto dal tempo senza lasciare alcuna traccia. Di tale osservazione più volte fatta non resi conto prima di ora perchè prima dovetti accertarmi che la silice esiste nelle pareti della cellula diatomacea sin dai primi — momenti di sua esistenza, benchè in quantità incalcolabile e da non poter determinare per mezzo dell'analisi più squisita, mentre pure la silice vi sia egualmente certa anche nelle forme embrio- nali, come si deduce dalle osservazioni sopracitate. Dopo tutto ciò che ho sin qui narrato e per i molteplici ar- gomenti, che ne ho dedotti, parmi emergere ad evidenza dimo- strato che nell'ordine delle diatomee la riproduzione precipuamente — ha luogo per spore o forme embrionali. Riconosco che talvolta si può essere tratti in errore da ovuli di insetti e da infusori | introdottisi o aderenti alla cellula diatomacea o volteggianti in giro. Mi è noto essersi per l’appunto interpretato quali infusori o simili organismi inferiori ciò che da Robenhorst, da 0'Meara, e da me fu veduto, e ritenuto essere una positiva emissione di spore o forme embrionali destinate a riprodurre la forma della cellula madre. Tale, a mio modo di vedere, falsa interpretazione venne da me preventivamente esclusa con l'osservazione che i corpicciuoli da me veduti sortire ad uno ad uno dalla madre cellula nel primo momento mobili ad uso di monadine, mostra- | vansi alternamente a profilo rotondo e lineare, ciò che non av- | viene con infusori e molto meno con spore di alghe e di cloro- ficee. Ma quello che confuta assolutamente quella interpretazione è l'aver dovuto convincermi, ad onta della contraria opinione che mi si era fitta in capo, che le diatomee in condizione di 5, forme embrionali hanno già le pareti silicificate, ciò che mi venne sa rivelato da osservazioni diverse fatte su diatomee fossili sorprese 28 AB. FRANCESCO CASTRACANE dalla morte in stato di gestazione. Più volte infatti mi avvenne di riconoscere nel deposito di Monte Gibbio in quel di Mo- © dena frustuli di Coscinodiscus punctulatus con impressioni rotonde in giro prodotte dall’essere rimaste rinchiuse le.forme embrio- nali nella cellula madre. Lo stesso dicasi di ciò che non è in- frequente nel giacimento diatomifero di Jackson's Paddock, 0a- marw nella Nuova Zelanda, cioè di frammenti di diatomea di forma canaliculata che spesso incontransi, inchiudenti piccole forme discoidali, che come silicei resistettero all’azione di acido solforico bollente, e che pure vedonsi evidentemente granulati. Queste osservazioni io pubblicai volta per volta insieme alle riflessioni che parvero opportune, traendone analoghi insegna- menti, mentre mi avrebbe sembrato mancare a un mio dovere tacendo i risultati ottenuti in un argomento di così evidente im- portanza. Nè mancai a tale mio obbligo dichiarando contempora- neamente di assoggettare le mie opinioni agli uomini di scienza, protestando anticipatamente la mia riconoscenza a chi fosse per dimostrarmi essere io in errore, e che mi avesse indicato il lato debole della mia teoria. Avendo avuto la sorte di fare la cono- scenza di illustre e notissimo botanico tedesco, tenni con lui lungo ragionamento su la mia tesi senza indurlo a pronunciar su l'argomento, non accontentandosi che la cosa fosse dimostrata con deduzione logica tratta da positiva osservazione ed esperienza, ma esigendo la prova di una spora isolata, della quale vengano registrate le successive evoluzioni sin a seguirla nella condizione di frustulo adulto, e perfetto: ma di tale esperienza chi conosce la minutezza di tali spore sentirà la quasi impossibilità d’isti- tuirla. Nè miglior sorte ebbi con altri, non avendo alcuno maj risposto al mio replicato invito di istituire su l’argomento rego- lare discussione con vantaggio della scienza, mettendo in luce un argomento di tanto rilievo. È facile l'intendere quanto io sia stato contrariato da tale risultato negativo, con cui fu corrisposto il mio invito, per il danno che ne venne alla scienza, vedendo | che in tale stato di cose se alcuno viene a trattare delle diatomee dandone nozioni o diffuse o elementari non fa che semplicemente trascrivere quanto nei primordi di tale studio e con mezzi im perfetti di ricerca venne asserito su i processi di riproduzione. — Ho dovuto attribuire tale risultato alla poca diffusione che sin ILS è De DI LA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE 29 ora ha avuto quanto in argomenti di scienza viene prodotto in Italia per ignorarsi la nostra bella lingua, e alla difficoltà di | procurarsi le diverse note e publicazioni da me prodotte su l’ar- | gomento inserite negli Atti dell’Accademia dei Nuovi Lincei, e in diversi giornali scientifici. Perciò ho giudicato atto ad indurre “alcuno a prendere la cosa a maturo esame aprendo quindi una | seria discussione su le opinioni da me esposte, quando si possa ottenerne piena cognizione dal trovare riuniti e concentrati in un solo lavoro gli argomenti tutti da me prodotti e le osservazioni . fatte a stabilire e a confermare la teoria della sporulazione delle diatomee e la loro blastogenesi. Quello sopra tutto mi fa insistere ad invocare che tale teoria sia alfine presa a serio esame è certamente l’interesse vivissimo che porto a quello studio che in modo speciale coltivai per più di trenta anni, e che pure vedo così poco progredito. Però devo ancora confessare non essere in questo interamente estraneo il mio amor proprio, mentre dopo tutte le osservazioni da me fatte e gli argomenti addotti a conferma delle mie opinioni su la spo- rulazione delle diatomee fui colpito nel leggere ciò che in una breve rivista critica della bibliografia delle diatomee scriveva il ch. Ingegnere belga Sig. Giuliano Deby notissimo cultore della diatomologia a proposito di una mia publicazione, della quale furono speciale argomento talune particolarità osservate nel de- posito di Jackson's Paddock, Oamaru nella Nuova Zelanda, rife- rentisi alla riproduzione. Dalle espressioni usate da quel genti- lissimo signore dovetti accorgermi che, se gli ero noto come | seguace della teoria della sporulazione, conoscendo la molteplicità delle osservazioni da me fatte in proposito e delle dimostrazioni in più occasioni publicate a conferma della mia opinione, avrebbe dovuto riconoscere in me non solamente il merito di aver ad- dotto una osservazione esattamente parallela a quelle fatte da Rabenhorst nella Melosira varians e da 0° Meara nel /?eurosigma Spencerii, ma avrebbe dovuto darmi il qualunque merito di avere con replicate osservazioni e publicazioni varie formulato e pro- fessato una teoria, alla quale i due primi per quanto mi è noto | soltanto accennarono. Però se credo competermi l'essere ricono- Ro: ‘ sciuto quale sostenitore se non anche autore della teoria della sporu- vi lazione delle diatomee, l’amore vivissimo che porto a tale studio, al a i 30 AB. FRANCESCO CASTRACANE quale consacrai buona parte della mia vita, è ciò che mi mo Mi, a riunire in questo solo lavoro ciò che feci e scrissi su l'argo- mento, come altrettanti documenti di quel processo, che invo i me delidarato caldamente ed atteso con ansia; se per il mio amor proprio lo spero favorevole, non mi turberà se diverso d quello che attendo; mentre confido che verrò per lo meno scusato se ad onta di non essere munito di studi preparatori, e senza. alcuna guida, non spinto da alcun dovere, ma solo animato da quella scintilla che ci fa anelare alla cognizione del vero, 0s i abbordare argomento di tanta difficoltà dal quale ebbi più sod- disfazioni, che nel mentre che mì serbarono invariabilmente fedele all'impegno assuntomi, a chi mi invidiava trovandomi ino tento al libero mio studio geniale io soleva ripetere con il detto | di Virgilio ha. 5 é Deli ... + Deus nobis haec otia fecit. st i È 20 . e de} ? Anno 1868. 1876. 1877. 1885. 1890. | PUBBLICAZIONI RELATIVE ALLA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE Sl PUBBLICAZIONI DELL'AUTORE RELATIVE ALLA RIPRODUZIONE DELLE DIATOMEE Su la moltiplicazione e la riproduzione delle diatomee. Atti dell’Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. Sessione IV del 19 Aprile. . Osservazioni sopra una diatomea del genere Podosphenia. Atti detti, Sess. V del 18 Aprile. . Diatomee delle coste dell’ Istria e della Dalmazia. Atti detti, Sess. V e VI del 23 Aprile e 25 Maggio. . La teoria della riproduzione, note critiche ed osserva- zioni. Atti detti, Maggio. Note critiche alla teoria del dott. Pfitzer. Atti del Con- gresso botanico internazionale di Firenze nel Maggio. Nuovi argomenti a provare che le diatomee riproduconsi per germi. Atti dell’Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. Sess. IV del 19 Marzo. Osservazioni e note a elucidazione dello sviluppo delle diatomee. Atti detti, Sess. II del 24 Gennaio. Osservazioni su una diatomea fossile relativa al processo di riproduzione. Atti detti, Sess. VI del 17 Maggio. Sul deposito di Jackson's Paddock, Oamaru, osserva- zioni biologiche. Atti detti, Sess. IV del 19 Marzo. si