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LA VILLA

DIALOGO DI M.

BARTOLOMEO

T A E O,

AirinuittifTimo;, 6c gloriofinimo Imperatore F E R D I N A_N DO PRIMO»

F E, R D I N A N^D O

r

Dalla Stamp4 di Francejco Mofckni\

IN ME LA N 0 ^

M D 1, 1 X.

J L T ^ E G I 0,

Q H* intender uuol^qudntogìoui i ueiere J^epiiggìe, cr quanto (ia do/cr, e fecur^ ì.a viUa^cr fuor difofi' argin' ò mura Seguir cacciando le ueloci fiere*

chi nuoue lodi brama di fapere

De rutile^ cr antica Agricoltunt, Come l' arte foccorri àia natura. Et faccia ti cultor lieto ilfuo podere*

Chi ueder uuol, come tutti colóro.

Che con rara uertu poggiano al Cielo, Non U città, ma i campi hebbero inpregid

Chi de le facre mufe al fommo coro Defìaferutre, e algranfìgnor di Deh, hegg4 U Villi M Paftor T A E G 1

Aii'lnuittiùimo^ 61 gioriofifsfmo Tmpèfatorc FERDINANDO PRIMO,

BARTOLOMEO TAEGIO.

O I :,che d tutto mondo è chiaro Qlnuit/ ttJ?imo:,^gIonofif?mo C e s a k e ^chc l^ , M . per Ihnnata bontd delVanimoftiOy fopra d'ogni altra cofa attende alla Jalute^ dcjuoipopuli^y uofipOjJoJe non credere :,ch'ella caminando per Vorme di Ciro potèttj^mo de Verji.huomo di ai/ tif?tmo inaiegno^ CT dt gloria illiiflre^ metta ogni cura per tenere ifigg^ttifnoi Jìcuri dalli nemici col ualor delle ar/ miy Cr abondanti delle coje neceffarie^col tenere in pregio la nobile :>et utilij?ima arte deir,,l^gricoltura:,no men ap/ prezzando che fieno gli huomini fuoi ottimi nella coltura, delle uiìle loroj, che ualenti delle coje della guerra^Jip de» pender da qiiella Vabondanza de paejt ^ come da cpiejla la faluezza de popoli*y^perJapere lajeruitu^cbe teneua con f^^ A/, la felice memoria di i^mico Taegio ^ che fi mio "^io \ hauendo io composìo un Dialogo in lode della T^iUa;>0' deir<^gricoltura:,giudico:>che adaltri:,che d Lei:> più propriamente dedicar non fi pojfa ^fi per Vobli/ go^ ch'io ho per her edita aUwJìnite corte jte di (Quella;, co» me per trattar egli di cofa;,cheper tre rifletti Qdgiudicio mio )fommamente U diktta-^Vuno per lafcrtilitd;,0" abo»

\^^ ij danz<t

danza dcpdtfi :, che najce dall ' agricoUiira ♦^ l ' altro per

VamicUìUp ZfX fontiglianz<tp t hanno tra loro la miUtta^ CT

l'arte di coUiuarei cafltpi ^ // terzo per la cognition del

Cielo ;,Q?' Cuoi ordinati corjl ^ la cluale e anima deWagri^

coltura C CT per qiieU ch'intendo^ motto cara d /^* Af .

come d colei:, che per le Jingolanj'ue ucrtù ha da pojjèder^

eternamente il Ctelop la cui faenza (fecondo V opinione de

gli antichi faui^ è lapin nobde ;, lapin uerm^ CT lapin cer

ta di tutte ([ueUe:, che da noi imparar fi pojfano\ ^ la na/

tura fra tutti altri animali ^fcce folamente llmomo con la

ficcia riuolta al Cielo ^per darci ad incendere :,che dourem*

mo uolgergli occhi della mente d coje alte^^ alla coment

platione de i corjìcele/lh O* delle jlelle :, la cpuule non fola

ci moftra la gloria ;, CT Veccellenza del fommo ^ CT im/

mortale Creatore ddVuniuerfo :, guidandone felicemente

mila conoscenza della fua diuina MaeHd'y ma ejja è an^

Cora mezzana fa le cofe caduche :,et fempiter ne. Et per^

che fon certifimo^che s'io hauefi mille lingue:,^ mille an»

ni ra^ionafi delle meritisfime lodi delVi^jlrologta p che

de corfi de cieli tratta:, più toflo mi macherebbe il tempo ^

che la materia p più oltre no miflendo\ma tornando al prò

pofìto miOp dicoj che Theocrito indirizzò tifo ruftca»

no Poema d Verfajuo amatipmo fatcllo ^fe P'^ergiho

conferò taf a diuimfima Georgica al fuo ^uorito Afc-

cenate p Crje CVlmio dedicò la fa naturale Htjloria ,

douc

doue attamente parla dcW^^^gricoìmrd aljuo V^cjpajia* no Jmperatorcyperche no debbo anchw offerire il mio ru^ Jlicano Dialogo aWlmperatore Ferdinando mio Signo» re f Et più oltre Je tutte V opere ^ che trattano di uertù d per Jone uertuojc dedicar JldeonO;>d c^ualpiu uertuojo Vrè cipe:,C^ protettore de ijacerdoti delle jacre muje pfipoj^ fono offerirei parti dello ngegno;, che d l^ . Af , lac^ialt nonuplamente aggradtjce quegli ^ che con Vali della nertm cercano di poggiare al cielo ;>ma Q come dtjje il maeflro di color :^ che fanno ^^rijlotile ad L^lejjandro Magno ) Jltma^che non per altra cagione la fortuna gli habbiapo» fio in mano il fieno quafi di tutto il mondo ^je non pergio^ uar d tutti gli huomini. Ilche chiaramente Jiconojce dal uè* derejch'ella adimitatione di quel buono :,^ nero prencipe^ che firma ^enofinte:>come pietofij et legitimo padre am monendojtCT' caligando ifiioifidditi^Q^ figliuoli;, proceda tempre con amore :,clementia;>QX' configliO;,mettendo ad efi fitto quello y che dinotano le tre corone;, d'oro ^ darqento j, et di firro p di che per antico ordine de R omani fi foglio* no cingere Ihonorate tempie de Cefari, Ilche fi dimoflra ancora per la fiatila di Gioite filminatore ;, ilquale finfc Vantiquitdjche tenefje trefaette degli tjlefii metalli ;, mille» riofamente velando fiotto talfittione quella idea del bengo* uernare;,che perfittisfiimafi uede in f^^.M Jaquale ad al* tro noattendepche d cojèrudre ifudditifuoi in una aurea ;,et

c^ Hi fiUcfiima

jftlicij^intct pace ^ inuitando con ìefue mdQ^nanìtne :, O* gìo^ riojc imprefe tutti i uertuofi d celebrarla;,ad ejjaharla^ CT d darle dtuini bonori'^no altrimenti ^che gid fi ficejjc d Ce» fare L^ugujlo;, ilcjuale;yoltre^ che per la uertùjùa ?Jegli cojacrauano de gli altari:, gli porgcuono de notile fi gin rana per lo nome di cpiello^per ejjer anch* egli fato jàuore^ uole allifudiofidellagricoltura ^ P^ergiho nel principio della fua Georgica^^come nuoua deitd lo chiama in aiuto fuo in compagnia de gli altri TDì) ^ CT TJee della uilla. ^^ 'K^.M, ,adun(^^come d cofa dimna^nf^gno della daiotio/ ne dellanimo mio^confacro (puejia mia humde:,^ rificana tìtica Qcpiiale ella fi fa^ aficurandola;, che tato più uoluntie» ri mi muouo d Jarle dono di tal maniera :,iy.ianto conofo ^ ch'ella nel congiugner felicemente j<fT con dolce nodo lar* te mditare con Ihonoratifimofudio de i corfi celfi^da i quali depède ogni ragione :,et nero gouerno dell^^gricol tura j, non folo gloriofamente contende con la uertù di Ci» ro/D* degli altri antichi JO* ottimi Vrencipv-^ma poggian* do per le lor pedate ^ e peruenuta d tanta altezx^^ dbono» re^ et lode^ eh ella gli lafcia d dietro, T^ renda aduncpìc V^.M ,(piefo miopicciol dono;, imitando cofi ella nellac» cettarlo ilgrandifimo Iddio :> che le uittimefima per laf fétta j, C?" pnritd della mente de facrif canti pO^ non per lo pregio di cpielle ^ come io imito nel oferirlo coloro ^ che: non potendo accendere un torchio difacri altari^accendo^

no una

no una piccioU cattdcU ) doue più riJJ^kttJe la fiamma del lor inno amorcych la ì^ualttd della coja omertà . Et per^ che confido , che dalla grandezza dellanimo fuo mi fard coptacciuto in cofi honejlo deJlderioMtgià Jentendo Vobìi* qO:,col (filale ho da reflar perpetuamente legato alla ben» td (Ila p conojco che l uolerla hor ringraticir con parole ^ altro non farebbe :, che fciemare il debito mio con uergo» gna ^ qiieto intra me jlejfo attenderò d contemplare Vhu^ manitd p la genttlezz^t ^^la cortefla di V^. M. llch^ fard effetto della gratitudine mia;, CT (Quella e fa di magm gior pregio ^ & più conueniente alle celefltfte qualità :, chHo dar le poffa p per effere Vanimo la più nobile ^ C^ più diuina parte delthuomo. Et cofi Scendo fine a lei prego felicita ^ CT uo^ia di comandarmi.

Alli faggi , 6c giudiciofi lettori Bartolomeo Taegio,

B L Mandare qite/Jo mio Uialoi^o (^hun matii/?tmi lettori ') dalle tenebre alla luce ^ parmi dintrar in unalto^ <^ perigliQJo ma^ re dmuidia^ d'odiose di dt/]yrezZ0:> colmo di mali^nitdjdi pareri;, CT* di biajimi. Onde non jia poco yji difendere mi potrò dallempito dell onde Jue tempeflofe^ JM a fendo io nato huomo atto naturalmente aljallire ^ co" me Jia maipoJ?tbde ^ ch'io nonfia biafimato ^ anzi in fin al uiuo traiptto dalle polenti lingue de maldicenti^fe l'i/l^JJ^ natura^ch'è pur guidata da uno infillibile ordine d Iddio , tden biajtmata da i temerari/ giudici^ degli huomini ì Gid mi ricordo d'hauer letto apprejjo d'uno antico poeta ^ che la natura non fece mai animale più cattiuo dellbuomo'^per* cioche egli per difjnezzo uitupera Vtnfèriore:,per odio il pare^et per inuidia il maggiore. Et cpieflo Qp mio auifo^ fon delle cofèjchegid mofjero dfdegno il diuintfimo Ho» mero contra la natura ^ cpuandó ei chiamò Vhuomo animai le de tutti altri inJvhciJ?mo. Quanto più noijì sforziamo di uiuere uertuofamente^ effercitandoji intorno d cojè alte^CT eccellenti , tanto più nemica ne mojlra la fortuna:,^ con maggior empito jlleua contra di noi ^ il rabbiojo uento della nuidia^ Onde Simonide poeta ^ effendo addimandato

in che

in eh tftatùerafuggirjtpotejje Iodio de gVinuidiofi^rinìOm nonfificendo coja uertuofaj,'<:^ mag.^^ chefir dio adutf que debbo marcir nellociO;,fer no jottopormi allanuidia^ CT d guifa di bejlia trapajjare il breue corjo della mia vi» ta conjilentiof noH uoglia Iddio ;,cbe dal proponimèto mio mi rimoua^ne il gracchiar del uolgo ignorante;>ne il uele^ no delle cattine lingue de gVinuidiofi et maligni maldicenti^ Il biajmenole aff'itto dellanuidia tutto chejia mala cojajja pur quejlo di buono inje;, che afflige ti peccatore:, ^ non Vinuidtato. Onde Socrate Fdojojo di aitiamo inge/ gno;, il cui petto fii chiamato tempio diJàpientiaJolea dt^ re:,che uolontieri haurebbe uoluto Cj^'fijpjli^to poJ?tbtle^ che gli occhi ;, ^gli orecchi deglmuidiofi ji)J?ino jlatiin ogni città p accioche daluedert:, Crjentire le grandezze , C^Jilicitd de cittadmi la pena loro accrejciuta uenejje'^im» f er oche ^(luanti fono i diletti degli huomini filici ^ tanti fo* no i pianti delle per fone inuidiofi;,alcuni altri Q non per in» tiidia^ ma per una loro maligna natura di controllare ad ogni cofa ^uitup erano fenza ri/J^etto tutti gli altrui com» fonimenti.Isle ui mancano etiandio di qtteglis^che per mera ignoranza>V poco giudicio dicono cofe da^rfmafcella/ re delle rifa Democrito : CT (^ue/ìi tali per la fomiglian» za e hanno gli efremi col mezzo p Cr per confeguente il tiitio con la uirtute *yfe uno nel dire fard dolce ^ diranno , cKegli è bajfo;,fe maturo gli daranno delfiuero;>fe grauc

B del

deldur0;,fe alto dtì gonfio :,je fententiojo deljilofofi , O"

jefard imitatore^ chiamer annoio robbatore t^je pictofo in'»

^lufto :,fcgiujlo rigor ojo. £t perche fi jempre naturai

co/lume del uitiofo Cper coprire il proprio diffnto^ dare.

alla uertà il nome del uitio contrario alfioJe Ihnomo fo/

Urte ^fagace ^ CT ddtgente ne fiuoi maneggi mojìrera di^

fior Co ygiudicio;, CT integrità- d' animosi melenfio ^ trafcu^

rat0:,O* neghittofio ^chiamer allo importuno ., Cr mahtiofio.

Et da l altra parte dfiodolente ^ CT precipitofio:, uorrd ,

che lajhto ^ CT aecurratofia un codardo;,^" gocciolone.

Et fie liberalmente fipend^rd le ficultd per fiyjlenimento

della cafafiay degli amici ^ de % par enti Ae uertuofii JCD* di

coloro p che fiior de i lor meriti ^ per colpa della nemica

firtuna in pouertdfaranno uenuti\ Il prodigo lo biafmerd

per aliar 0 ^ GT Vauaro lo uituperard per dtfiipatore del

patrimonio Etfie per fola uertilfirtemente fiy/ìenerd la

morte )Cht pender d neirejlremo del poco gli dard dell'alt»

dace^et l eccedente nel troppo lo noterà per timido ^et fie te»

aeratamente ufierd i diletti delguilo^^ del tattOy quello ,

che difouercho per fola ingordigia , CT sfienata libidine

di loro feruirafiene:,chiam era la continenza col nome della

(lupidezz<'- - E't dall altra parte linfienfato d tutti i conti

uorrd ^ chel temperato fia incontinente. Et fi meritando

conoficerd i meri-i fioi y CT qnafii pregato abbracciando

cofie importanti ^ CT docili p prenderà gli honort con tè»

Iterato

perato paJ?o moflrando ^ che nonfolamente r/Ii conuen^ aono p ma artcora^che minori jìtno di ciucilo ^ che merita ^ lo sficciatOpfimoJoyCt prefomuojo iChefi trouerd nellejlrc mo del troppo ^fcnza alcun rojjore della propria indi^ gttitdj temerariamente chiedendo i primi honori y lo repii^ ter a per per fona uile , abbietta;, C?* trajcurata, DaWal^ tra parte poi ,-> (Quello j che per qualche jua rara nertù ^ e jcienza Java in civetto di gran merito y non conhjcendo il proprio ualore ^ pieno di uilta d animo prejo perjejlejjo fi renderà ^ CT* per coprir la bajjezz^^ delVanimo fuO:,cól uitio d lui contrario chiamerà la magnanimità sjacciatag;» giney<^ prejontione^ Etje non come magnanimo ;,ma pur come dejìofo dhonore ;, mediocremente abbraccierd quelli honori ^ che tutto il giorno naccajca di riceuere ^ ^ non riceuere ^ de quali ne fia neramente degno il pujillanimo ^ codardoMinhfimo mormorator del uolgO:»che conuerfe^ ràfe non co per Jone baf?ijìime:>et in luoghi dishonejlifimi ^ chiamerà il defiofo dhonore ambitiofo. Et daW altra par^ te quello;, ilquale non per uia della uertù ^ ma per lejlradc di uituperiO;,con mille inganni;>0" infidie ^ procacciando ogni minimo honoruzzo ^ reputerà il dejìofo dhonore per perjona uolgare CT bajja. Et ueihrà dun habito non men leggiadropche ricco ^^ fiudierà di tener e la cafafta polita y^ ripiena di belle majjeritie p ornata dt uaghe pit» ture;,Jlatue^O' difmtuof^Z^^Jjdendtdigiardini^talche pa^

B i i ia nellìn^

id nellinttdYui dentro ^ eh ogni coja riia, ([iieìlo che inji fitte politezza palJerd nellejlremo del troppo ;, uorrd:>chc lo fplendidofia unhnomofordtdo ^ /porco :>k3^ amico fola^ mente dell utile *, daWahra parte il jordido ^ ^JJwrco in effètto y dtrd^ejjer la fplendidezz^ t^na jouerchici politez:^ za y ZfJ* uanitd di coje^ che jolamente dilettano all'occhio^ Et nelle comierjationijard tutto dolcej^aifabiìc;, etgrdt^ tiofo p talché fecondo il grado ^O" decoro di ciajcunoyjap^ pia uiuerepCT pratticare:>in modo^che mantenendo la pro'» pria dignità > communemente accunjliapprejjo d'ognuno > O" gratiaj,^ beninolenz^S ^we//o poi ^ che per la contra/ riajlrada uiene;, O* che per lo dejìderi0;^chd d'ejjer tenu^ io per grane pfaputOj C p^'^figg^^^ ajpro^ O" difficile fi mojlrerd Tempre neluolto^cole rughe allajrotejadogni coja contra[lerd;,0" ogni operatione;,che Jtia no [iafenzct rifletto uitupererdy dando il nome di adulatore allapfona a-fàbde ^ GTgratiofa. Dall'altra parte poi uerfo lejlre» mo del troppo jCluello che armato di uile adulatione^ ogniun loda.ogni operatione ejfalta^dogni parola fi merauigliaj fempre riderne dice mai cofa^ che non ritorni in lode di chi gli è innanzi fenza hauer riguardo alla qrauitdfua^ alla qualitd delle perfone \ CJ* delle occaJioni,chefe gli offerii fono, dir d.che Vajfabile è troppo grane, feuerO;, C^ poco conuerfatino. Etf d Vira tanto oltre dard loco :> che ba^ Jli d difènder la uertù delle ignominie ^^ ingiurie del uitio^

fo;,talcl?c

fojtal che meriti ti nome di manfuetO;, il colerico lo chiame^» rd Jreddo , aghiacciato ^ C^ perfotta di pocojpirico ; O* dalialtra parte ([uejlo tale ^ che peccherà neWejlremo del poco per fcioccbezz^ > ò injima bajpzz^ d animo ^ dirà , che'l manjueto è troppo iracondo yfocojo;, <0* uendtcatiuOi Btje in ognijJia couucrjatione ^ operatione ^ CT par ola Ji mojir era (incero^ leale ^O" uerace ^accordando Jempr e in» Jleme i concetti ;, le parole :,0" le attioni ^ talché ad un fot cenno :>alcun non fia:,che ogni jlio hauere nonglijìdi^il bii^ giardo uantadore ^ Jicendo fempre le coje maggiori di (j^ueltoj^che le fono '^ tiorrd ad ogni patto ^ che ^uejio talefict undiJ?imiilatore:,un doppio;, un hipocr ito. Et dalialtra par te il aero hipocritOy che pende nelle^remo del poco ^ et che per ilualcbefuo dtjegno d utile ^ ò d'bonorefa le coje mino» ri di (Quello, che lejono^^ che con Varmi dcirhumiltdfi la, Juperbia di gran logijìtperiore ^ lo accufèrd digloria;,^^ uantamento. Et d certi tempi in compagnia Jt ritrouerdj O" injìeme con alcuni honejli g-inochi^e motti^e burle ^ alle^ gramente:, con gran ricreation d'animo trapajprd il tem» , hauendojempre riguardo al loco :, al tempo ^ C^ alla qualitd delle perjonej CT ctrconjlantie y fecondo lequali nel motteggiar Jl ^ouerni ;, in maniera^ che ciò che dice 0"fd nonfolamente dtlettO;,ó rifo commcua^mafecondos^che Voc» cafion comporta p mantenga ancora la grauitd del grado fuo. chinilo che eccederà nel confine del troppo ^che d nojlri

B iii tempi

tempi e domandato bu^ont^non fi curando d'altro ;, che di £r ridere con atti dishomjliy et parole indegne dellhuomo ciuilep ingiuriando ;>o offendendolo come fi uoglta altrimèti ciò Seda Jo biafmerdper zotico ;,agrejle :,<0' huomo di uiU la. Et citiellojche mancherà nelleflremo del focoj, C9" che infitti fard rozzO;>CT*fi malcreato;, che odendo alcun bd motto arQiìtoj^D' ingeniofo:,mai non riderà per la tardan* za delfao rintuzzato ingegnoyche non uillafcierd intende» re:,o per innidia:y6 per qtial fi noglia altra caufa ^ rnujiado come crucciato ;>et recando pw^hdiO:,che piacere d quegli;, che lo uedrannophattczz^^d Vurbanitd^uertù nobihfima ^ per bufoneria. Et pajjando dalle uertù morali^ d i puri afetti dell animo :>fe Ihuomo da bene fi contrijlerj^ per le proJ])eritd de i rei:,co rallegrarfhche puniti fieno :^uorrdn^ no i maldicenti^chel lodeuole a f etto della indignatione al^ tro nonfia ;, che inuidta C^ malignitade , Et per tems del patir mllhonore mojlrajje alcun rofore neluolto :,da un canto, quello:» che eccedendo nel poco ^fard un sficciato infame ;> CT'Jènza uergogna yfenza alcun riguardo ;> biaf mera il uer^ognofo ^ daWaltro canto poi ne fono alcuni tanto timidh che per ogni picciola cofafificciano;, ò dica/ no yfubitof arroffconojO* rejlano mutoli ;, sbigottiti ;,0* balordvyZ!^ quejli tali per coprir la lor balordaggine :,non fi uergo(rnano poi di chiamare la lodeuole mediocrità deU la uergogna p sficciataggine, TDi maniera;>che operi pur

uertuofametc

mrtuojamente Vhuomo ([uattfo sa y che maifiggir nonpo^ trd le reprenjioni, Socrate ^ Vlatone ., L^rijlotele p con quanti dotti Jiirono mai ^ hebbcro^chcfirc d poterfi difiif dere da una certa generatione dhuomini increCceuoli ^ che nod uerop dubitar e :,ma il dubitare per lo uero^sHngegmt no di guadagnar e ;,<D' fanno delfici nò^come i angari nel giuoco della correggiuola^^nonfapendo infelici ^ che gli antichi finfèro Vallade hauer in odio ^.^ rugane ^ per di^ mojlrarciyche la troppa jottigliezz^ dello'ngegnofiijentm pre odnfa alla fapienza ;> CT" cofa degna di grandif?imo biafimo. Et oltre quejh tali:, fono generalmente gli htiomi* ni tanto inuolti nella perfuafione di lorflefìi:, che ognuno fi ferfuade difaper:,et di hauer più bello intelletto lun dell al tro^onde ne procedono giudici) temerari);, C^ biafimifuor d'ogni douere, Tal che ne mai fu , ne per lauemrfard ^ che quejìo mondo nonfia una gabbia dt pazzi maldicenti^ CT' che i calonniatori non ufino lucido loro^et operi cia^ fcuno fecondo lafua natura. Onde yfe riguardo hauer fi dnueije al dir de reprenditori ^ non fitrouarebbe alcuno , che per commune utile > molìrafìe mai al mondo le fuefaii» che;>bifngna aduncj^ue chiudergli orccchijafiado a og^niun gracchiare quanto uuole ;»C^ m quel modo;,che una R epu^ blica :> laquale tende d ^radezz^i > prefupone per incornici niente neceffario la confifione^ fimilmente ^li huomini^ che. uagti difupplire con la fama all'accorciamento della uita;^

mandano

manicano Vopért loro al cojjyetto de mortali ^ deotto tenu re per un necejjario inconueniente Vejpr traffìtto dalle uè» letto fc lifigue de tnaligtti calori filatori^ da i ([uali non tiorrei anco ejjer lodato >p^rfiggir djof^etto d'ejjer tenuto co» me loro. lyla ditemi 6 tniei riprenjori ^ che uendetta pen» fate noi ^ che Jacejje il Taegio ^ (piando ben hauejje auto» r ita [opra dt uoi^per (pianto male potejle mai dir di lui:, m dtfuoifcrittiìcertamente^ch^gli 6 tolerarebbe patiètemen» te il tieleno delle uojlre maldicenti lingue ^ imitando Vejjèm» pio del Émojtjìmo Virrojigliuolo di Eacide ^ aguale di^ cendogli un giorno alcuni jtioi y ch'egli doueJ?e cacciar di K^tnbracia un nonjo chi;>cbe diceua mal di hi 5 io uogho più tojlo j, rijpoje y eh' eglififlia (pii:>che non habbia agire errando;, e parlando mal di noi prejjo più gente , O nera» mente ;>chefeguendo dconjìglio di Diogene honorati/?ma» mente fi uendicarebbe cotra di noi;, col cercar dt uenir me» ^liore di (piel p ch'egVè ^ riconoscendo gli errori Cuoi da i biafimi uojlri, Etje uale d dire il nero ^ d mal dire ci ap» portapiu di giouamento :> che di danno ^ conciona che una perdona mordace ^col dir male accerbamente :, riprenden/ doci d'ogni minimo errore^genera in noi un habito di pru» dentia , che tteja dijcorrer ben le cofe prima ^ch e le mettia» mo in efpcutione. Et per lo contrajio:,chejuolfir la mala lingua p Vhuomo diueta cauto nel parlar e ^pronto tielrif^o» dere ^ acuto nello accufare^fagace ttel difendere;, Cr pru»

dente

dtnti nel rifpondcre, una mala lingua^ fecondo^ che/pejje uolte chiama la mrtà per lo nome del uitio) dijlingne al^ trefi rinppocrefia dalla bontà , la malitia dallajiutia ^ & la Jraude dalla jagacitd. Et mentre le male lingue de. Greci^O* Cartaginejìcontrajlaronocon Romanica glo» ria del nome Romano andójempre accrefcendo^ come eU le taci^uero per la dejlrution loro la grandezza de Ro» mani comincio d declinare. X enojonte huomo prudentij?i^ mo dice :,che gli huomini gitidiciofi dalli nemici ne traggo*» no molto utile :,et ciò penjo dicejje \ perche il nemico col dir male delle operationi nojlre ci amja dt quanto shabbiamo d guardare^ Il perche K^ntijicne ajferma p che per dififa della jalnte nojlra^fd di mejlieri;,che habbiamoj, 6 de ueri amicipó degradi ncmici^percioche (Quelli con le ammonitio^ ni;>et cjuejli col mal dire ci ritraggono da i uitij.Et ejjendo (come dice Vlatone^ lamor cieco^et (come afferma Tlu* tarco ') Iodio di acutij^ima uijla per uenire in cognition del nero è piujicura uia quella del nemico maldicète^^che quella del lamico. Il maledico è un uigilante ojjeruatore denoftri cojlumi:>et come Vauoltoiojentejtibito l'odore de corpi fra^ cidi ^ co/z d nemico ^fe ne cojlumi nojlri è qualche co fa di male odore ^jubito lafente;, ^ pcnfando di offenderci col publicarla:,ci apporta giouamentOj^comeJi può uedere nel^ Vejjempio di Vrometheo di Theffaglia^ilquale penfando di uccidere il nemico gli tagliò unapujìema ^ CT g;uarinnelo^

C Dal

'Daìfopportare te porgenti pdrok de maldicenti s'impara dfo^crire patientementc le perturbationi^chefi hanno nel gouerno della cajuydije jlejjoy CT della republica* per la^ qiial cofa^fi come i cacciatori ^ nonjolamentefi aJ?tcurano dalle o^eje delle fiere^ma fi pajcono ancora delle lor car» ni ueììonCi delle lor pelli ^fijernono delfcle ^ del latte ^ CT de i denti per rimedi d dinerjì malv^ cojì ijaiii nonjola^ mente fi junno guardare 3 che i nemici maldicenti non gli pojjano offendere :,ma da loro ne canario anco utile gran^ dfmo. Il che per auentnra potrebbe interuenire al Tae^ gio ;, ili.jiiale non fola fi dijindcrd gag-hardamente dalle fondenti hnque de^^h imàdiofi maldiccrdijet dagli acuti de» ti delle mordaci penne :> majard conofcer al mondo ^che nel giardino della fua Fatila dalle Jjnne fi coq^lieranno la rofe, Utca adutKjiie ogniuno ciò che mtole contra di me ^ che d riparo ^ chojatto contra Vempito delle male lingue ^ e tale ;> chioJj)ero ^ dguifa di cjiiadrato dado ^ di non pò» ter cadere non in piede.

AL MOLTO ILLVST. MONS.

IL 5. GIVLIO SIMONETTA ABBATE DI GRATTASVOLO»

BARTOLOMEO TAEGIO,

L^ che fili con V^. S. mi diffèpje penfauo d'ha* uer poca impreja alle mani ^ hauendo io tolto d lodar la Prilla ;,0" biajmar la città ^al che non hauendo io potuto rij^ondert in quella per lo impedimento chejoprauennejjora le dico^che di grande ardire^ CTyS» tica fu qudla impreja dHercole il Thebano ^ (Quando le fette tefie tronco allHidra lernea 5 trajfe Cerbero dalle mejle ombre delle Tartaree portet^ammazzò alFMefpe^ ride d Drago difcnfore delle mele d'oro ^ tolfe (forzai tamente il balteo à Menaltppé\fvce morire il crudel Bu» firv^ per coffe con la mazza il Leon nemeo \ uccife d Cin^ ghiaie d'Eritmantho'^ atterrò la Cerna nel bofco di Me^ nelaoyfice nelle braccia fcoppiar e t^nteo gigante^ pian tale colonne neWOcceano *j rubbó icauallidt Diomede'; nccfe Caco alla fpeloncat^ ammazzò IHarpie in ^^Tr^ cadta ; uinfe ^\helao ♦^ Domo d Jvcofo Toro'^rotò Lì^ co ali aria \fuperò Gerione t^fofìenne il Cielo^^O' fìnaU mente Jpenfe I\lefo Centauro'-^ma bora di molto più ardia re ^ QT'^tica e Vimprefa mia d uohr io foto combattere contra tutti gli babitatori delle Citta p^ prender Varmi

C a contro.

coftira la vita ciuiìe in fuor e della rtjjlicatta. Già tnitttro^ tta ti capo :, ^par di Jtntirini intorno un uejpaio de Cit/ tadini^ che mi trajjiganojinal uiuo O" che con lafuper^ èia , Vamhitione ^ Vauaritia:, CT lanuidia caccino la quiete dell'animo fior delie lor fiuorite Città, Si che i giudici delle miefitiche potranno uedere d quanti pericolilo mi Jla poflo : nondimeno J^cro d\ijcirne dfaluamento ppur eh eglino pacientemente comportando la ueritd^ CT po/Io giù lanuidia^Ji mettano con animo lincerò d leggere quejlé mieifcritti;,^ d considerare ^che ejpndo nato Ihuomo non tanto per attendere algouerno di Jèfiejjòj^delle co fue ^ O* della republica^ quanto per ejjèrcitar le firze dellm^^ telletto intorno agli ej^ettijche dependono (non da noi aU tri mortali ) ma dalla natura;, ^ dal gr andiamo Iddio j loco alcuno non fi può trouar più accomodato per tale ef jercitatione dt mente ^ che tamena;, etjolitaria Fatila ^ oue reggiamo , che tutte le coje dalla natura create non fola'» mente de/ìano in noi il defiderio di faper le canfe de i we- ^uti effetti :, ma incaminandoji con temperato paffouerfo la lor perfttione ^ cinuitano d mettere ancora noi tutti i no/ìrijludff:, tutte leftiche:>0" tutti ipenfieriper ueder di confeguire il no/ir ofommo bene. Et t tre f ni delle hu* mane operationi jono la gloria ;, V utile ^'O' ilddettO:,fe con dritto occhio mirar uogliamo la jilicitd della uita ruflica^ na^trouaremo in lei quc^i trefni uniti di maniera ^ che la

gloria

ghria fard diUtteuoh;, O* utile ^ lutile gloriofo O" dilet^ tcuole^<!y ti diletto utile :> O* gloriojo^Z^ cominciando daU la gloriarlo jludio che fi fi in uilla delle cofe naturali;,et di^ ulne non è e^li de tutti altri il più gloriofo ff per la no^ biltd della potenza dell anima in cuifitroua la felicità co^ templatiua y come per la grandezza delVoggiettofuo^ch'c effo Iddio. Circa airunhtdpclualjludio è più utile di (J^uejlo? Te col mezzo fuo V anima nojlra confieguela perfttionfua, CT di nudaj ignorante :,^fimtle alla tauola rafa d'ieri'» jlotelefi riuejle di cogmtione;,et d'habiti intellettuali. Quan^ io al ddetto jludto più diktteuoh non fi troua di cliiefo per ejjer il conofcimento delle cofe;, per le caufe il uero cibo dell'animo ^ che fempre lo tienpafciuto ^ Z^fatio di celejlc ambrofa.Mor che diremo della i^gricoltura^non è et la parimente gloriofap utile ;> C^ dtletteuoleìEt cominciane do dalla gloria ^ chi mi negherà:, che Vu^gricoltura non fia honorata:,nobile, (CJ'glorioft :,fe gV Imperatori jRo- mani;, i potenti fimi pi ualorofi Capitani;, et i degnifi» mi Senatori la effer citarono ^fe (come ajfermajyl . Ca^ tone') (Quello huomo :^che gli antichi Romani chiama^ vano buono coltiuatore:, pensavano di hauerlo grandemen^ te lodato , Quanto ali utilità di lei ;, che diremo noi ;, quando la terra uiene da maefreuol mano purgata tanto fi tnoflra cortefe ^ benigna p ^ liberale uerfo di noi ^ che ci rende affli più che non riceue*^^fe àguifa di nouellajjpo»

C Hi fa di

ja ii fir Ménti ^ di uith O" di uarie forti ài frutti ^ (^tiafijtit Gcmtm ornata^ radoppia i receuuti bemjìcìj Qpur che da i ceU/ìi injltj^i non uenga impedita ') circa al ddetto ^ non (ente laaricoltor e piacere inejiimabde dal tierdeggiar deU la terra ;, dal nafcer de Jrutti ;, dal moltiplicar de gliar/ menti ydal germogliare delle gemme :, CT inne/lati rapoU lische qiuìfifiie creature crejcer iiede di man in manoìOn^^ de molti honorati personaggi tirati dal diletto di cpiiejla de» gnif?tma arte:, lajciarono le degnitày igouerni;, i regnilo* i trionfi yper darli al coltiuar de campi ^^ taccio d bel tra» flullo:>cbe rhnomo di Potila fi prende dalla caccia ^ dalla pefcaggione ^ daWuccellare'-^^S^ concludo ^ che cefi infni» ta e la q^loria p infinito l'utile ^ O" infinito il diletto della tiita ruflicana p come infntte fono le miserie del uiuer cit^ tadinefco.

LA VILLA

DIALOGO DI M.BARTO.

LOME O T AEGIO,

HE F^itaéjlatalauo/lrada che ragionamo injiemme? J^.Son Jlato continouamente in F^tlla^^ pertjo tornami di corto (je potrò Jpedirmi d^unct miajacèda)che {Jvr j zittamente nt ha fitto uenire alla cit td. Dun(^ue penjàte noi di j^endere la maggior parte del tempo in villa f l^ .Cofi penjo;,^ ne fono rejolutif?i^ vto.'P. Molto mi merauiglio ^ che unbuomo come uoi tut» to ciuile p affabile :> dolce nelle conuerfationi p C7^ ricco di maniera j che aggiatamente può uiiiere nella città p uoglia. jlarjcne d più del tempo in uilla. p^ . Et io della meraui» glia p che del fitto mio prendete pper ejjer uoi perjona di molta ijjjerienza p di fodo giudicio p C^ di buone lettere p molto mi merauiqlto t perche dimojlrate non japcre quan^ tofia grande lafilicitd della uilla. P. l^ me ba/ìa /i« psr quanto fia grande la mijeria della mila, p^ , ha mila

none

LA VILLA, DIA.

non è mijcria yjiior che d ([uegh ^ che uijlanno ocioQt^ mente ^ O* che chiudendogli occhi della mente nel jango deWignoranz^ dormanogli anni loro. V,L^ncor:,cKio

jappia^che noi non potete ejjer nel numero di que tali ^ pur haurei caro intendere ;> in che maniera nejltate in T^il» la y C^ come ji dtfpenjtno Vhore uojlre. J^^Non pò» tendo io mancar di compiacerui in coji honejlo defiderio ^ Ut dico^chein Votila principalmente mi godo dellhonora» to odo di (Quelle lettere ^ che fono conformi al genio mio ^ dapoi mi bora allt^gficoltura 3 bora alla caccia ^ quando aWuccellare , (jitando alla pejcaggione ^ O" ahh na uolta ad altri honejli piaceri della Prilla ^ O" contento di poco più di ([uello;, chefolo il nojlro femplice^& natu^ ralejiato conferua;, lontano dalle ambitioni ;> dalli tumuU ti :,0" dalle Jrecpuentie delle citta j me ne uiuo d'una affai tranquilla ^ V ripofata uita ^Jènza nuocer ad alcuno ^ O*

fenz<t uedere i maluaggi co fiumi de cittadini. P, Se non uedete in Fatila i uitij de cittadini ^non uedete ancora le uir tu loro. P^. Le uertà de cittadini dguifa doro in arena fono accompagnate ;,<ZT contaminate da mille injvlicitd^^ prometto ^ che Ci poco è Voro della uertà rifpetto allajab» hia de uitij ^cl) egli è quali incomprenfibile^O^ per me conm fèllo liberamente ^ ch^ nelle cittd altro non ueggio ;, che

Jùperbia^ambitioncp auaritia p inuidia^fimulatione^^ ido^

latria^

DEL TAEGIO. 5

latria. P, Perche dite uoi idolatria. Jy^ . Ver che in vece della verità s adorano filfi QT bugiardi TDij, "P^^^nco nelle città fi trouano degli hominh che innocentemente ut» uendop hanno per lor jìne il Japere la tieritd delle coje^ T^ . Qjie^i ;, che uoi dite ;> hanno dirizzata dentro della lor -^ntafia la deità di Pallade ^ laiptale non folamente ej?i adorano ^ ma uorrehhono per tjuella da gli altri ef? jer adorati ) Di maniera ^ che adorando uno idolo della dottrina loro ^ e hanno fitto dentro di y CT non il nero ^ folo Iddio :, ancKeft iianno nel numero de gli idolatri:, CT de gli ambitiofi.V. K^orreiftperej^i^uali C^ qnuti ere» dete uoi ;, chefianogV idoli de cittadini. /^. GUdoli de cittadini fono treja gloria J Mie:, O" d diletto, alcuni per lo sfrenato defiderio channodifalirealli maggiori fq^ gi delle città loro ^ comettono infinite fceleratezz^ 5 & ficendofi di Uberi Jer ut ;> mai non hanno ripofo alcuno ^ O* qiiefti in uece del nero Iddio portano nel cuore Vhonor del mondo, x^ltri ad altro non attendono:, che adammaj^ far oro :, C^T* per arricchire non fi uergognano dingan» tiare hor cpuefloMr (Quello) e à rifchio di mille morti cor^ rono per li gonfiati mari à i più lontani lidi ) ne per lo iempeflofo Orione^ neper lo mortifero Cane resiano di fguire il loro malageuole camino j^C^la ricchezza ("- il berzagUo^uer cui fi dirizzano tutti ipenfieri:, CT defderif

D dicluejli

4 LA V I L L A, D I A.

di ipejlé tali molti adorando K^cnere;,^ Bacco ^ ad altro non attendono :, eh d lajciui amori ^ delicate uiuande j freciofi tiini :, carte , dadi^ cani ;, fparuieri ;, caualliyfia^ gie :> canti y filoni ^ O" cofejìmiti) O'jlimandojh che quejla la nera uita dd gentil huomO;0rezZMO tutti cluellh cha uiuono altrimenti. Talché adorando il piacere ;, lutde , O" la gloria i cittadini fi fittamente uiuono ^ che lor mede^ fimiji finno indegni delpreciojb dono de IF intelletto ^ non neferuendo d (^uelfine ^ d che egli ce dato. "P. L^p^ ponto fopra di quefìo ho caro ragionar con ejjo noi p O" uorrei ;, che dejcendendo un poco più olii particolari ;, mi dicefle^ d che cofa uorrejle uoi ^ che sapplicajp ^intelletto nojlro, J^.u^lle diuine^V Immane Ryeculattoni.V, Ver ejfer noi huominijojpeculare alle uolte le cofe bimane non mi par dtJdiceuole:,ma il uolere inueiìigare ijegretid'ld^ dio mi par temerità :,et un uoler mettere la Matura d jin» dicato :, comegid fecero mfolenti ^ Z^ pazz't JilofoJì\ /^, P^oi nonjapete^ che Vinteli etto e cofa diuina^ & che ìhnomo e lanello della catena che lega le cofe mortali con le diuinef V. In che modo fi fa cotejlo uojlro legament o? T^. P^^oi douete Japere p che gli elementi hanno Vejjèrc folamente :> Cr le piante la uita jC^ lo effere con gli eie» menti communi :, le beflie ilfenfo ;, C^ leffère commune con gli elementi^O' la uita^che participa con le piante ; Et gli

buomini

DEL TAEGIO. ^

hiomini hanno leffere commum con gli elementi p la tiita con le piante ^ iljenfo con ìejìere:, CT ImellettOp che coni'» munica con gli L^ngeli . Onde fi prona VimmortaUtd delle anime no/ire^ Emendo adumpie l intelletto cojadi^ uina :, perche col mezzo fno non debbiamo noi intendere Iddio ejjer Jomma ejjentta :, da cui tutte Vejjentie ^ Comma vita y da cui tutte le iute :, ^jommo intelletto :, da cui tutti altri intelletti dependonof Et perche non debbiamo noi con^ templare lejoflanze incorporee ^eterne:,prodotte dalla pri" ma intelligentia p C^ infieme cofiderare le Idee ^ i concuti tmiuerjalhimoti de cieli :,Q^ come ([uè fio mondo inferiore Jia continouamente Jotto la rota della demojlratìone:,^ del najcondimentoì V, Io non uoglto bora contendere con uoi circa allufficio dell'intelletto no/ìro j ma ben ut dico y che più huomini contemplatila fi trouano nelle città ;> che nelle utile, l^^ i^nzi non è fi proprio Ihumor allacdua ^ (guanto è proprio la folitudme della Filila agli huomini contemplatiui, V. Se cote fio è nero? è un chiaro Q^ uiuo argumento della pazzia de Filofojì perche nelle lorfo/ litudini fuggono :,come coja mala la conuerjatione dellhuon mo ;, il quale nella natura è pur un miracolo grandif?imo , CT animale degno di reuerenza : conctojia ch'egli Qcome uoi pur dianzi hauete detto^ con Veccellèza dell intelletto pajjando alla dima naturaci fa fomiglidte ad ejjo Iddio^

"D a Queflo

6 LA V I L L A, D I A.

Qjfflo è pur colui , d cui Vtnuifibih del Ciclo per cf» (aitarlo togliendolo daljeruitio della natura ^ ha fitto do*^ no della libertà del uolerc ^ CT della fignoria jopra gli altri animali. Qj^e/lo è pur quel mira bde^<<:D^jacro ani^ tnalcyin cuij, come in lucido criiiallo ^fi uede una picciolo, imagine di tutta la machina del mondo ma d dina d uero quejli tali Fdofojì d me paiono per Jone ociojè ^ QT dapo^ CO;, che per coprire la uiltd dell animo loro^con una appa» renza di uirtih dij^rezz^no con parole :, CT non confitti^y le ricchezze ?gli honoris G^i piaceri del mondo ^ comeji nofojjero di carne ^ ma pure intelligenza Ondh per Va=» mor p ch'io porto alle uertù uo/ìrc ^ uorrei ^ che ad o^ni uoflro potere ui fjvrzafle di allontanami più che potete dalla Ulta di cluejli Hipocriti ;, CT ociofi Fdofotì ^ CT la^ Jciando i campii le piante? (3" le fiere della Prilla j^uenejle djlaruenejragli huomini nella cittd. T^ Vìoue fi tro^ nano gli huomini nelle città ? non ui fouiene d'hauer letto ^ chel buon Diogene andando un giorno per lo foro di L^^thene con una lucerna accefain mano ? gli fii addi ^ mandato:, perche ciòfàceffe ^ al che egli rijpofe ? io uo cer» cando unhuomO:,per dimofJrare ;, che molte bejlie in f^r» ma humanafi trouano nelle cittd , ma pochi ;,ò niuni chefie^ no neramente huomini ? Et feuolete confano occhio mirar loflato della cittd;,uoi uederetCp che quanto di male fi troua

negli

DEL r ^ E G 1 O. 7

negli animali brutti^ tutto qiiafi in un corpo è raccolto nel gregge de cittadini ^ ivi è la crudeltà della Ti^re ^ la im» fietd ddl^OrfoJa bejlialitd del Cinghiale^ lajirocitd del Leone ^ la fiperbia del Cauallo 5 la rapacità del Lupo ^ lojlinatione del Bue :> Vmg^anno della F^olpe ;, la malitia del Cameleonte ;, la uarietd del Pardo ^ la mordacità del Cane ^ la dtJJ)erattone delVElejante 0 la uendetta del Ca^ mcllo ;, la pctulantia del Becco :, la bruttezza del Porco ^ la pazzia deW^^fino^ la bujjxineria della Scimia;, la ri^ balderia delle Sirene ;> la furia de Centauri ^ la ingordi^ già delle Llarpieja lujjuria de Satiri^ C^ Quanta niaha^ gitd d'animali irragionetioliJO^ fj^ìauentojl mojlri creò già mai la natura'^ Il perche ^c^uado uengo dalla città alla F^il lapparmi di uenire dalla Jeruitù alla libertà y dalla guer^ ra alla pace ^O^ da un perigliojo^ CT* adirato mare ad un Jìcuro :, Cr tramj^uillo porto, P. v^* mal porto diriz" Zate la uoftra uela^Je penjate difiggir la tempefla delle mijerie Immane :> per nir itene in Prilla:, doue non fi tieg^ gonojè non infelicità 'y Et fi a le altre mi negar eie uoi^ che quefle non fieno tre infelicità grandj?me dcirbuomo ^ che tiiue nelle fylitudini della Fatila ;, d trouarfì priuo della dolce conuerjatione degli amici :> delle gradezze?comodi^ et delitie delle città p et della prattica di uarie maniere di genti;, che (^uiin concorrono :>Jenz(t laquale l'huomo non può

D Hi faperche

« LA VILLA, DIA.

faper che crjajia ^fìo modo;,m^r acipiflo dell' honoKitif^i ma etfplèdidifima uertù della prude lavande depèdc lafc licita bumanay et ^^pria dellhiiomo. l^ .Quanto d (Quella far te y che dite :, che Vbuomo ^ chejla in Fatila non g;ode la dolce conuerjdtione degli amici^ che habbitano alla cit^ td p ui rtfl^ondo ;, che hi gioia degli amici è pojia jolamcn^ te nella uertù ^ latjuale mojlrandofi in ogni luogo ;, caufa ^ che oimndue rhuomo troni poi] a godere delle dolcezze dcllamicitia *y ma che più *j non Jolamente aliammo non Jl toglie per la allontananza piacere alcuno t ma ne dglioc^ chi ancoraiyperche i neri amici Qcomeji ferine diEuandrO:, CT Vallante^ in ogni cojàjlanno limo negliocchi dellal^ tro :, il che uien conjirmato da Af Tullio:, ihpjale jcrU uendo a Balbo juo amico , che era in Pranza con Ceja<^ re y dice, che non JolarHente loportaua nell animo ; ma ne gli occhi ancora ^ tal che cpuando io jono lontano dal mio Partenio iol ueggio ;, iojcherzo ;, CT io ragiono con ejjo lui. Circa d quel che dite ^ che fìando in Prilla non fi go^ de delle grandezza :> commodi ;, CT delitie delle città \ ri^ Jpondoy ch'd me più dolce e Ihauere intorno Faggi^Quer» cie^L^beti/Dliui^Lauri^^ Ginebri;,che una qran copia di Jer Ultori ^piu mi dilettano le nouelle fondi de gli albe^ ri y^ i uaqhi fon de prati:» che abbellifcono la Prilla ^ che i panni doro ^ CT d argento ^ che nelle citta adornano

lepompofe

DEL TAEGIO. ,

k pompofe camere de l^rettcìpi ) più grette mi fono le cap* panne , le ualli ;, i monti ;, QT le pi<tg^^ie , che i fu/ perhi pdUaxxi pimerauigliofitheatri ^leampie piazze ^ t^ gli honnratijeggi. Viu in pregio ho Vkerhe:,ijrutti;, il latte p C}* fintili cibi ;, che altri non hanno i fig^iani ^ le le/ fri 5 C lojlree C tutto ^ cFio alle volte pefchi :, cacci ^ CT uccelli \ nondimeno ciò jaccio non per cag^ion di gola ^ ma per recrear Vanimo nelle joliteCue attioni affa» ticato.L^^lla partituoche dite ^ che non pratticando nelle citta con diuerje maniere di genti ^ Vhuomo non può Capè» re :, che cofajia ipefìo mondo ^ rifj^ondo :, chejlando io in Filila falò nel mio tugurio p uengo per auentura in mag^ gtor cognitione del mondo ;, che nonfinno quegli ^ che neU le citta comierjano con più Jorti di perjone. P. In che modo ? T^ , Con Vanimo ^ non mouendoji alcuna parte del corpo ;, cerco tutte le parti dellOceanO:>circondo tutta que/la rotonda palla:,che terra fi chiama uo a trouare quanti mari la innondino :> quanti laghi la bagnino ^ quauti fumi la irrighino :> quante ifole^ porti yfcogU:, monti;, pia» ni p caf iella ^ città;, promncie p CT regioni fi trouino. Et più adentro penetrando uo a trottar le tiene delloro ^ dcl^ V argento ^ CT degli altri metalli ^ infieme col centro deU la terra. Et non contento di quelle cofe hafJeyWi leuo con Vali del penfiero d nolo \ Et pajfando per tutte le regioni

dellaria

ro LA V I L L A. D I A.

delluria^O* laJJ^hera del fico entro nel cielo ;, CT con la

mente (correndo dijjiheyct infj)hera p^ da una pura in»

telligenza dllaltra ^ finalmente mi conduco ad elfo Iddio^

Et ([Hindi tutto ripieno di meraviglia comincio ordinata/

mente a ritornare alla con fideratione delle coje da luipro^

dotte 'y CT in tal manierajàlendo ^ O^fcendendo^ uengo in

fernetta cog^nitione di qiieilo mondo *^ CT con gran con»

tentezz<t pctjjO i giorni miei ^^ da> questa contempla»

iione deriua la frlicitd humana , CT non dalla prudenza

come noi dite. "P. U humana felicità conjìjle nelloperare:,

CT non nello Jpeculare ♦, perche Vhuomo ( come afferma

^^^ri/ìotele) nonperjèfolopma ancora per gli altri vie»

ne in due fio mondo : tlperche io dico ^ che più honore y <D*

maqoior ftltcitàjarebbe allhuomo il uiuere alla cittd^ CT

ingegnarfi digiouar agli amici) a i parenti:>et alla repu»

blica p che andarjene ^ come nemico di tutti altri ^ Z^ ami»

co Col dijejlejjo ^ à uiuere rinchiudo nelli jludip ó difperjo

per lejelue. p^ , Io ui nego^ che più honorata^ CT* piuji»

licefia la uita attiua:> che la contemplativa ^ perche lojpe»

calare ^ ^ intendere è coja diuiniftma ^ cr* e ([uello ^ che

ite jìmili d gli K^ngeli * douetepur jlipere ^ che la

fclicitd contemplatiua è più degna^ CX più nobile della ciui»

te-) fi per la nobdtd della potenz<t dell anima:, in cui fi tro»

va;,fi ancora per la grandezza dell'oggetto fuo;, eh è ejjo

Iddio

DEL T A E G I O. ^t

Jddio.Donete purjapcre ancora^come lojpectilar nojlro e un faggio dt (Quello ^ che^remo poi nella patria del eie/ lo ^^ che noifiamo huomini per lo intelletto^ la cui per» fìttione è l intendere la ueritd delle cofe ; onde poi ne deri^ la falute della republicd "P. i^nzi nelle citta fi trouafe gran copia di qtiefi ocinfi Fdofof\ne feguirebbo» ito le routne delle republicbe ^ non altrimenti ;, che interue» fterebbc del corpo :, tutti i membri fuoiuolejjerojlarc ociofi ^ // che ejjendo conofciuto fn da pagani gli indujji ad ^Jjergli nemici ;, ^ chel fia nero domandatene a gli i^^thcniefi ^ i quali jicero morir Socrate f domandatene d Lacedemoni;, CT d i Meffani;, i (jualt nelle lor republi» che non uollero ammettere i Filofof contemplatiti '^ i quali ancora al tempo di Domiciano fiirono baditi da tutta Ita^ lia\0" il re s^ntiocofce una legge contra d ipadri;>che lafciauano imparar flof fa dfuoi figliuoli. Et non fola/ mente quefi tali fiirono cacciati da i ^ da Impera/ tori ^ er dalle republicbe ;, ma L^riflofine ^ Thimone ;, CT s^rifltde fcrifero libri contra di loro ;, conftcran^ do aWimmortalitd lafneria di qucfii nemici capitali della £tica^ CT* dellopèratione ;>fenza la quale nelle citta non ui farebbono mura ^ che ci riparajpro da uno improuifo af falto de nemici^nefi uedrebbono nauilìj;> onde ne nafce tan» ta commoditd alla republica j ne ui farebbono cafe ;, che ci

E dijfendefero

n LA V I L L A> D I A.

dt-ffettdejjero daljreddo;, dal caldo y^ daliempito de uett» ti y tton uedrebbono tanti magnijichi pallazzi ;> theatri , amfìtheatri ^ jcene: , archi trionjàli ;, piramidi ^ temfij ^ portici :, CT infinite altre jìiperbejabriche ^ che danno pur mae/ldj^CT' ornamento grandij^imo alle cittadi^ J^.Que^ tic fon coje ^ che l'ingiuria del nemico ^ iljvco y ò altra calamità non le diflrugge ^ nondimeno il tempo le con fu» merci , però iojlimo y che U falute della republica confi^ Jia y non negli edijìcij y ma nei buon coiìumi;, ZT nel uer» tuofo uiuere de cittadini.P. Qticjlo è uero: ma la lode dcU la uertàQcome a^erma M. Tullio^ non rifiede ella neU Vattione, T^ . V^ ditemi ciò ^ che uo dire, CT poi rtfpon^ dete. P* Seguite adumpe. l^ , I buoni cojlnmi de citta^ dini j onde nafcono? P. dulie buone leggi. ì^^ * Chi dif^ Jvnde;,(3^ mantien uiue le buone leggi? T^.La uertù di ([uem gli y che le ufano. l^ . ha uertù di coloro p che ufano h leggi^onde nafceì V Sballa ragione^ 1^ Mt la ragione^ onde piglia ilfuo uigore. P. Dairejjircitio. T^ . La per» jittione delleiferciiiO;,onde procedei P* dalla ueritd. p^ , Et la ueritd;,gid che non Ji può hauerefe non col me» Zo del dfcorfoy'O' ocio^chefi mette per lac^uiflo di lei? P. K^ncor queflo è cofa chiara. J^ . \^dun([ue dal difcorfo:, C?* daWoccio deriua la falute della Republica. P, P^'oi m'hauete pian piano condotto d un pajjo ^ ch'io

fon

DEL TAEGIO. 15

fon forzato d dir come uoi\E^h è ben ueroj^chejt poireb» be dire ^ che c^uefto e eletto dellintelletto prattico^^ non del contemplatiuo. /^< Mentre ^ che quello intelletto , che noi chiamate prMico inuelìigando qnal neramente fia il gi^jio ;, ihone/lo ;, C rutile , egli é fj^ecidatino , ma, qiìado l applica poi aUattione^et particolari douenta prat^ tico. T* Mor pojh :, che cofifiu:, mi negherete noi:, che più non habbia del uerijìmile j che le coje uicine d Iddio gli fieno più care ^ che le lontane f l^. Et che uolete uoi dir per cpuejloì P. Dico ^ che tutte le cofe dalla natura crea» te;,(ptanto più iauicinano al grandij^imo Iddio fono più at» tuoje;, et nemiche delFociOjQT' cominciando dall' huomo:,non ueggiamo noi ^ ch'egli é più in potenza :> che in atto ^ paj^ fando poi dgli elemett non trouiamO:iCh' eglino per lagene ratione:,^ corruttione oprano continouamentef O" uenen» do finalmente d i cieli y che fono più uicini alle diuine inteU Jigenze :> O* primo motore ^ non trouiamo ^ chej^iper lo continouofi mouono ^ CT mouendoji caujano il moto degli elementi^. T^ . Qjjeélo è nero \ ma ditemi;, qual è più aui» cinarji al grandifiimo Iddio :, ó neramente unirli con ejjo lutf P. Monfì può negare ^ che non fia più Vunirfi con lui,che laccoflarfegli. l^ . Hauete dfapere ^ che Ihuo» PIO quando rotti i legami de lifin^heuoli fenfi :, con la vit/ toria dijejlejjo p s'innalza allajfpeculatione delle cofe na^

U il turali^

14 LA VILLA, DIA.

turali ;> GT* indijvlicemente pajja alla contempladone delle [piriti cde/ìi y doue limagim d'Iddio ^ come in un lucido jpecchio rtfpledcytntto fi accendere infiama nel uero amor ditiino \ CJ^Jalendo poi con la mente alla prima inteUt^en^ Z^ gouernatrice deltutto^con ejjo lei s*unijcey CT" di nettai rej^fy ambrojta con Comma dtlettatione fipafce, V.Que^ èia uojlra unione mi pare un fogno ;, C (^uejle Jono delle chimere de FiUjofi contemplatim ^ la cui pazzia è tanto grande :, che l Elleboro di tutta la terra non bajlerebbe d purgarla. Il qiitdtciofo Homero landò f'^lijje^non per» chejiajlato in ocio^ma perche fice hauere diGreci lejaet te di Filolette pfenza le eguali Troia non poteua ejjer prc fi ^ diflrujp il jep olerò di Laomedonte "^ uccife Rhejo , entrò nella regnai corte d\^lcinoo :, guerreggiò con h cicoiyney andò dtrouar i Lotopigi ^ accecò Volijimo:, na» ui^ò alli Le/ìrigoni :> dtfcefe allo infimo :ifcce refijìenz(t d g^Vincanti della uenejica Circe ypaj?ò per me zoSilU CT Cariddhuenne per fortuna di mare d Calijo con Val» bero della naue;, trouò Eolo re de uentiy entròjcognojciu^ to O* ueflito da medico in Troia ^ rubbò il PalladiOjetfi» n^ilmente ritornato nella patria y ninfe i riualu l^ . Q^ie» (la è una fttione d' Homero ^ ihpiale mente altro per lei din^flra . fi non, che l'huomo trafcorrcndo per molti uiti) ^ s^ dipoi purgandofene arriua alla ffeculationc, ne pen*

fate.

t) E L T A E G I Ò. ,r

fate^ ch'altro dinoti V^hjjlj^quando per Io dono da A/er* curio riceuuto rejijle d qI incantamenti di Circe ;, non Vanima hnmana ^ cj^iiando con crii bahiti delle uertih ^ con Vaiato della rcigione d lei da Iddio conceduta :>Jì da altct contemplazione in maniera , che più nonjente le perturba» tioni dell animo. VeròM mio dolce "Partenio^uorrei^che ad imttatione dP^lijje Hogq^imai domajlc j,^ fggiogajic gliijfptti dell animo ;, accioche in libera;, & tranquilla pa^ ce ui pojstate dare alla contemplatione, P, Et io ;, ti mio doictJ?mo F^itaurO:,uorret:iChe hormai vi rijolue/ìe di la» Jciare ([nefle uojlre mule in T^amajo^et di ritornamene ad kabitar alle cittadi :> lequalifon jatte per albergo :,commo^ ditd^^ comercio degli huomint ^ C^JonO:, come fchole di buone creanze ^ honoratejcienze ^ C^ lodevoli uertiì ^ c^ui» uijìortjcono tutte le arti , CT' lanimo duro ZD^filuejlre de» fojla ogni rujlicana afj)rezza p di ciuile delicatezza fi ri» ve/ìe*y^per dir breue le cittdfonjatte per g^li huominhO^ le uille per le bejhe, T^ . V^'oi mi dipingete la città per un VaraJtfo terrefìre:>C9' pur in quel loco aprico^ Ò" ri» fieno di tutte le delitie ^ che dal grand f?imo Iddio fii dfi» gnato al noftro primo padre per habitationefua^non uent alcuna di quelle uoflre Jiuorite cittd \ Icquah nonfarebbo^ fio elle fate giamai fondate yfe nonfjp crefciuta la mali^ tia degli huomim V entrata lufperbia^C^ nata lauaritia*^

B Ili ^chel

i^ L A V I L L A, D I A;

CT" chelfia nero lo dica lattar o ^ crudele ^ CT" maluitgio

Cain Jigliuolo di indarno ^ iLjualc fii ti primiero ^ che

edijicajje città con mura in Oriente ^^ nominolla Enoch

dafuofìgliHolo^che cofi chiamaiiajìynjzce habitare dogni forte dt fcelerati. Onde mai non jofero fate edificate

ne citta y ne caflella , gli httomini uiuendo alla campagna

con fomma concordia ^ C^ trancpiillità d animo pajjerieno

gVatini nella maniera , cheficeuano le antiche ^enti ndf»

colo deWoro ;, nel iettale ( come dice Ottidio^ LfL^ F E DE ^ela bontà candida eptira

L^lbergaitano allhor in ogni petto ;>

]S/on ti era error ^ ne pena ^ ne paura ^

JVe defio^ nejperanza p neffpetto j

iS/on legge ancor ^ ne digtudicio cura t

JMa tutti hauendo il cuorfincero e netto p

S ecuri da Vo^efe p e dagl'inganni

V\ueano quieti^ e ripofatigli annì^ jSJon era ancor dal fio natio terreno

Tagliato in cima àgli alti monti il Vino 5

Con che poi Ihuomo d'auaritia pieno

Cercò, del mondo ogni lontan confino 5

l^ a contento goder Ci il bel freno

'Del patrio del ^fnz'ejje r peregrino ^

^ojjcdca con la moglie il proprio fto ;

2>7econofceua.

DEL T A E G I 17

iViJ conojcetia altro paeje ^ 6 lito^ Is/on erari cinte k citta d'intorno

JDigrojJe mura > e di projondejojp, t

J^on era tromba ;> 6 beìlicojo corno ^

Che ifreddi cuori d Varme accender pojja^

JS/onfJ-iade ^ onde ha ueduto ^ e uede d giorno

SpeJJo di fanone human la terra rojja 5

Islon usberghi ;> non elmi o e maglie p e feudi J

I^on petti cofi iniilui ^ e co fi erudii Senza ejjer rotto ;, e lacerato tutto

T)al P^omero y dal raflro p e dal bidente p

Ognifoaue ^ e delicato Jrutto

TDaua d grato terren Uberamente 5

Et (puah e^li nenia da luiprodutto

Se lo gode a la Jortunata gente ^

Che fjirecriando condir le lor uiuandè

Mangiauan come ^ e more ^ ejraghe p e ghiande^ Febojemprepiu lieto iljùo maggio

Facea girando lafupernaffira ^

M conjicondo p e temperato raggio

Recaua al mondo eterna "Primauera ^

Zefiro ijior di^prilc ^ e ijior di Maggio

JSfutria con aura tepida p e leggiera ,

Stillaua il mei da gli clcipC 4^ gli Oliui

Correan

rg LA V I L L A, D I A.

Correan nettare ^ e latte ^ e fiumi ^ e riuU Ojortuftata età pfhlice gente ;, Che ti trouaSh in coji nobili anni;, C halle fìi ti corpo libero^ e la mente;, Qjwfla da reipenfìer^ ([tiel da tiranni^ JDotie era almenficuro Vinnocente TDagli odìjy dalle inuidie^ e dagVinganni 5 3eato neramente Jècol d'oro y JDone fenx^ alcun mal tutti i ben foro.

"P. qiiefla iio/lra etd delloro d me pare^chejojp tetd della poltroneria;>^ ignoranza*-) O' jìtmo^ che tanto obli' gato non fieno gli armenti d ipafcoli ^ l herbe alle piog^ cie:>et le pecchie al timo^^uantofiiamo noi mortali alla //e« cefittdjO* alla fina fidinola indijlria. Onde nacc^ue la beh la arte del nauigare^ s'imparò d menar le mercatantie fin da le parti dlndia ;, procedette lauo/lra fiuorita arte dellL^gricoltura ^ uenne il bel artificio della lana:,deri» fio la necejjària arte delledficare \, quindi :,qtiafii in un par» tOp nacquero alle nojlre republiche tutte quante le arti me^ canice :> quindi nacquero le liberali ;, quindi le leggi ^ quin^ di i co fiumi :> quindi la libertà della tiita CT quindi finaU mente p come riuo dafiòntederiuò tutto Vhonore ^ ^ luti» le della uita bimana ^ il perche noifiiamo tenuti d'un lega» me di perpetuo obligo d Gioue ^ il quale non filf^^fi^ ^^^

gli

DEL TAEGIO 19

gh huomini del fecola fuo uiuejpro ociofamentCp V in con^ tittoua notte d'ignoranza^ il che mojiró V^ergilio in ^tieU le parole^ ESSO padre del del ejjer non uollc Del coltiuar la uia/acile^ ei primo IPer arte mojje i campi;, d Vafpra cote De le curejollecite i mortali Cuori aguzzando;, nèjoj^erfe ijuoi R egni uia trappajjarc e pigri e tardi. Innanzi Gioue nulla agricoltore Conjlrigneua le terre d dar lor frutti \ JN^e lecito era dipartir i campix F^iueuajiin commune,^ et ejja terra Senza alcun Cerne produceajuoi parti; E (empre pronta Jènz altrui richiejla "Porgea con larga mano il uitto d tutti^ Egli 7 crudo uelen diede d ifer penti 5 Commijè d i lupi andar predando ; e al mare Gonfiar ji;, QT agitato ejJer da uenti^ S coffe giù da le foglie 7 mele ; e 'Ifoco Tolfe d mortali ^ e poi di mano in mano Ritenne ifumi ;, che correan di uino ^ Solo perche penfandotufo humano Viarie arti partorijje ; e del far mento

F Uherba

■jo LA V I L L A, D I A,

'Zj'herba cercando per It falchi andajjct X)e le felci e trahejje il foco fuor e. s^lhorfentiro i fiumi i canati alni : i^lbor conobbe ti numer de lejlelk Il buon nocchier ^ e die lor prima il nome Tleide ([liefle chiamando ^ Mtade Quelle *> t^rtho e di Licaon più chiara prole * ^^Tbor per prender ^uefia e quella fera Fur prima ritrouaù lacci ^ e uijco 'Per ingannar ifemplicetti augelli : £ Icgranfelue circondar coreani, Qn^gli col giacchio 'Ifume alto percuote Quefli tragge per mar gli humidi lini : K^ llhor fi ritrouato il duro ferro ^ E la (tridente lama de lafega j Che pria s fender folean con z^pe il legno, V^enner arti diuerfe , l^ince Y tutto Uafpr a fatica :,ela neccjftade;, Chefiol ne caCi auuerft altrui premendo , Spejfo dtjlargli addormentati ingegni.

Bt in oltre ui dico p che qiiegli kuomini ^ chefttrouaro^ no nella prima età di Saturno non fi poteuano neramente chiamar f liei t per che non gujlauano :, ne conofceuano la lor felicità;, per non hauer alcuna conojcenz^ del male, fa»

petc

D E L T A E G I O. ' u

petehefi^che la fatica rende qt cito il ripojo ^ lajetefa pa^ rerefaporitc lac^ue ^ C^* chel ctbofigujìa per la fame,

T^ , per tutto qticjlo^uoi non prouate^che le Città non habbiano hauuto origine dalla malitia degli huowinij eguali fejojero uijfuti^ comejìfcea nelfecolo:,non che di^Satur^ nO;, ma di Gioue^nel quale nacque lindiiflriapcbe dite;>cer» tamente:^che non farebbono (late necejjarie le citta per fai ^ uezz^ della uita^ddrhonore:,et delle foflanze no/lre^per» che niitendo del nojlro [udore ficuri Jaremmo flati nelle ca» panne d'alberij^O" di falche intejjutuma poi che gli huomi* nifi diedero alle armi CT diuennero fodoletti^ et malttio^ fi;, mutandofi lorO;> CT argento in rame O^firro ^f irono trovate le citta ;> C^ come dice Ouidto«

ì^4^ UHO R nel mondo d larga fchiera entrar o I uitij tutti abominofi e rei : 'Dhonefldpfde^ e ueritd lafciaro 'Priua la terra;, e n andar fa i Dei : La ucr gogna figgi :, figgi di paro I buon co fiumi : ne contar potrei Le faudi p che tii uennero;, e inganni ^ Empiendo tutto di perpetui a f anni.

Col firro adunque il cieco mondo infetta^ Si f per tutto d le rapine uia : Merce di quella ingorda ^ e maladetta

F ti Sete

xt L A V I L L A, D I A

Sete d'haucr imperio e Jtgnoria La terra:, che dal mar gli era interdetta ^ T^ago di c^uel ^ che io fio figge uia Cercò l aliar o a picciol legno drentot, Che ancor non conojcea Jlella ne nento,.

S cojl prilli gli alberi di fiondi j JL pojcia fitti mondi e ficchi legni In tiarie firme furpofli neVonde^^ JEfilcar di Nettungli Immidi re(^ni\ O per condur da le più ricche Jponde Lauori e merci dartificij degni ^ E gemme CJ* oro e predo fi odori ; O per torre ad altrui [lati e thefiri^

Onde la terra pch^era d ognintorno

Ugualmente comune d cjuello^ed (jtteflo\ Si come é d tutti noi la luce e'I giorno^ Fu poi diuija e terminata pre/ìo^ E tal fin già di real pompe adorno ^ \^ lontani e d uicin grane e mole fio , T'alp onero e mendico hebbe fipoco^ Che dpena dfipellir gli re fio loco^

l>7e filper fioflentar queilo terreno 'Pefi-^ eh' d morte per uariejlrade ♦, i^l caldo ;, al gelo p al torbido p alfereno

Valla

DEL TAEGIO.

JDalU terra cercò Infate biade

Lf'tuomo p ma dentro al Jiio profindojeno

'Permontiyeperfolinghe ajpre contrada

h'oro cauò ^ cKal maggior fondo interno

Sepellito giacea prejjo d Vinjirno^ bratto fi lorO;, CT tratto il ferro poi

7Da la ejecrabil cura de mortali ;

L^mbi nocini al mondo p & ambedoi

Sola cagion di tutti i noflri mali*y

IDa c^ueflt bebber V origine fi a noi

Le guerre al cor fio human graui e mortati :

Que/ìi lor danno firz<t - ma di loro

'Ptu noce al mondo e più dannojo i toro^ Di ^ui per terminar Ihumano efiglio

T^iujpedtto camin trono la morte ;

T^redan l'altrui co'l finguinojo artiglio

Ubar pie ^ clnficir da le tartaree porte.

/^on è Ipatrefiicur dal proprio figlio ^

Il marito non è da la confirte

Sono ijoceri d generi rubellt 5

E di raro e concordia tra fiatelli iVe Vetd uie più bella e più fiorita ,

Quando Vi^prd de gli anni è più ridente^

La matrigna crudd toghe di vita

^ F Hi Jlfigliallro

.♦ L AVI L L A. DIA/

Il figliailro mefchino O" innocente ^ 'Per quefli? laginfJitia sbigottita Fuggendoti mondo y e la profana gente ^ Onde dtjcejèpria ^ ritornò in cielo ^ TDi lei c^ui non lajciando orma ne uelo^

Di maniera^ il mio Dolce Partenio ^ che felici fa^ rcm^nojlatt :>fe mai non Jojje nata Voccafione dt edificar fortezze;, ne cittd\ le quali Q algindicio di S olone ) nonfo» no altro che ricetti delle mifarie Immane. V. In che modo di^Je qiieflo S olone ^ /^^ J^^^eggiendo S olone uno de. fuoi amici grauemente attri/larji ^ loprejè per mano ^ O* conduttolo in cima della Rocca di-s^^thene ;> lo pregò, che guardaf?e tutti i cafamenti^ ch'erano dattorno^yCT' poij ch'egli Vhebbefitto^ difje 5 penfa hora tcco medejimo ([uan/ ti affiinni:^ mijèrie;, O* infihcitd per Vadietro fojjero^ hog;* gi fieno, 0"per lauenir faranno fotto quejli tetti, CT la/ fcia horamai di piangere gVincommodi communi, come tuoi proprijST al che con i-lueflanuoua maniera di coflationc uuolle dimojlrare il prudentif?imo greco ;,che le citta erano alberghi mifer abili delle affltttioni degli huomini. E in nero pochi, CT per auentura^ niunifono qiie cittadini, d cui gli animi non fieno incpnieti ^ CT trauagliati , ò d'ambitio/ ne, oda inuidia , ò da (Quella ingorda , ^ efecrabilefete. di hauere ^ Cr usurpar Valtrui^da le (^uaU trepeflilenz^

dellanimo

DEL T A E G I O. t^

deiranimo lotitavh fi ne trottano i firtunati agricoltori ^ cui già mai non moJ?e;>come afferma F^'crgiho. D / V^^ N O Honor

JDeJìr alcun ;, non porpore regali j JNon la discordia inicpia ^che jouentc Uun frate dX altro fuol render nemico^y IVon Daco ;, d Scitha;, che da Vl^ro altero K^ i noUri danni congiurato fcenda : JSlonlecoJe Romane p non di regni Alutationi p 6 roine ^ ejfo non mai O' dela pouertd trifìa ji duole ^ O porta inuidta a le ricchezze altruK EJJo c^ue frutti p che porgono i rami , E di fua uoluntd propria la terra Coglie y e di cpueifipafce ^ ei mai non vide p I^e conobbe già mai le dure leggi La pazza corte ^ 6 ipublichi cancelli^ Sollecitano alcuni i ciechi mari Co remi ^ CT altri da furor fojpinti Corron precipitojamente d larme^ 'Penetran quefii le regali jale 5 l[^ongon (pielli d ruina^ djacco in preda Qjie/ìa e quella cittd^ quefìo e quel regno ^ Sol per poter ne le dorate tazz^

Trarji

u E A V I L L A. D I a:

'jTrarJlIajete •) e per dormire in ojlro^ Sotterra ajconde altri ltheJòrO;,eJopra QjjieU che toltogli fia temendo giace^ Stuptfce orando quei ne rofìrij c[ue^h JDal doppio plaujo ne tbeatri è prejo De i ^raiii Senator ^ dtl popol lieue* Godon dcljangue de fratelli fj)drfi\ E con amaro ejilio le lor dolci "Proprie cafe cangiando^ un'altra patria , Sottanco un altro Sol ^ cercando uanno^ Muoue laqricohor col curuo aratro Ls terra ognanno^jìta dolce Jitica, Qjnnci la patria ^ e i pargoli nepoti, Qjiincijojlien gli armenti :> e l^fi^gf^^g^^ iS/e mai sarrejlaj, 6 poja infin ;, che Vanno Fertile non li renda frutti in copia ♦, O de le pecorelle i parti ^ ò ch'empia JDi biade ijolchi prima ^ e i granar poL T^ienjene Y uerno :>ji^i loglio ;, e i porci Riedon ^raj?i di ghiande p dan lejelue Seluaggi frutti :, ©" nari parti *^'utunno ]Sìe colli aprici fi matura luua^ ^endon in tanto i cari figli intorno \^ dolci bafci de parenti loro:,

La calla

DEL TAEGIO. 27

IjU cafla cafa pudtcitiajèrua ,

l^icn di latte le mamme han legiouenche p

Sin d terra pendenti ^ urtan Vun V altro

I^e uerdi prati con le corna Jpejjo y

Scherzando infieme i teneri capretti 4>

Ej^i le felle Ju per Vherbafj^arjl

Col fuoco in mezzo incoronan le tazz^ ^

Sacrificando d Bacco'y cn cima àgli olmi

"Pongonfegno ^ u drizz^v pojjangli ilrali^

JSIefenza premio pa fiori ^ e bifolchi

Esercitano ancor nudi d la lotta

Le forti membra ;, e lor robufli corpi *

Et in oltre ui dico ^ che lauita riiHicana è molto più nobile della ciiiile Cje nero è;, che tanto più nobile Jìa una co ftp (J^uanto é più antica ^ percioche nella prima etd del mondo gli huomini habitauano alla campagna;, O" Vagri^ coltura trajje Voriginefua dal no flro primo parete;, quan^ do per lajtia difubidienza fu cacciato da i giardini ueSìiti di eterna Trimauera ; il diuin 'Platone hebbe d dire p che la più utikpGT più dolce cofa di tutte Valtre èduiuerfenc alla mila. Il che ejjendo conofciuto da P^crgilio-y lo in» dujje ad ejclamare Fortunati e felici agricoltori ^ E molto più filici e fortunati ^

G Se

18 LAVILLA, DIA*

Se ddtto hauejje lor natura j ol cielo T^oter cottojcer (guanto defuoi betti Lor fi tnojlrò cortefe e qiiella e qiiello ^ K^ cui da le dtjcordi armi lotttatio ^ La^ujla terra il fidi tatto porge . Se bett tra lor le caje alle eJJiperbe JSlotiJì ttedort Q^ettarfiorjìgrattdofida Di c^ue;, chafalntarj & riuerire La mattina ne uanno ilor maggiori /^e bramano agognando le gran porte Ricche di molti uarif ^ e bei lauori ; iVe le d'oro uergatC;, ^JJ^arJe gonne 5 £t di Corintho ipretiofi uaji^ iVe bianca lana uijirio color tinta \ JSIe con la cajjìajì corrompe Voglio , JMaficuro ripoji) ^Jenza inganno Semplice uita iuijiuiue \ ricca Di uarie coje ^ iui non mancan mai Gli ocljficuri p e lej^eloncbe prate,

I uiui laghi y ijreddi ombrojì bojchi^

II mugito de buoi ;, foaui i fornii , Sott'alberijrondoji d laura ejliua^ JS/onfelue e grotte ;, non ampie campagne i^iftte d le caccie di diucrje fiere

um

DEL TAEQIO 19

Funi la giouetttù gagliarda^ auezza i^ Miutr parcamente d le fatiche j HeUgiofa la uecchiaia^ e patita.

Della medefima opinione mofìrod'ejjer Horatio^ ([uando dijje

^ ^ ^^ r O chi lontan da lefacende , jv^^m^ '"^^^/^.^-^-^ Senza debito alcun (lalìi d la lutila \ ''^^^-^^l^ .y::^^^^

•n n X, , * ^ /r^^n^ /vo^^rxL o-^yp^^>^^

ntji comepcea la gente antica .j^Ur}^^^Ì^^^^

Co bouifiioi coìtiua i propri campi y "^'^"^^JxS'^T^ Ne fentemaiVhorribil firn di tromba, t^" '""""'^'^ife,. l\e teme l alto mar^ quando s adira . p \M^-^ -r^, cuu^

t ugg, l r ornar del conietttiofofiro > ^., ^^^^ .^.^^^^ Ut bfiperùe cafe de potenti . , ^tJ'r/lS^^

i^dundue^ 6 ch'ei conaionae con ipopoli . ^ i

L/a ere ciuta propacrin de le uttt^ ^ ^ ^^.«xWc^^,.^^

O che igiouenchm (pialche chiufa ualk ^^^T^^^^cS^}^ P^a riguardando con IWrantegregge^'^^'^^^^^^^^'^ Ouer che inneja lefeluaggie piante, ^^J^f^r2CÌ7'i O ne i politi fi il mei ripone ^ """^ '^Z^^'^-XÌt^^

O le pecore tonda humili e inferme , '''^^^'^^C^^Hr''

Ouer quando ne campi i^utonno innalza ^^^y:^^^::^ Il capo ornato di mature mele r^^^- ^^^^£w^

ode jpiccando innejtatiperi ; ^^^^.'^^^ ù:u:rr ^i^

Et luua^ che contende con la porpora,

G a

?o LA VILLA, DIA.

Con che Vriapo d te fi fanno i doni , £ d te Siliian padre:, e tutor de campi .

Idor gli piace dijlarfenfottim Elee ^ /j^i^r^^ <^ u. '--^^/^^

l-ìor di giacer ne qratimnofi prati ^ /-w^-6. ^. /^,^ccV<*^/.-. L^adonfra tanto da le balze iacdue^ ^ y^y^''' 'J^^'^a

St lamentan ali uccelli per le (elue^ .^^wfe^w^ ^^^j cr^(f^1.,j^

jP^'^« mormorando gli correnti ionti ^'^-^^^ ^--^^^ ---^r>w^^.,^ J mutando ciaìcuno d dolci fonni % ^ , [óy^^^^-^ -y^^y

£q-/ì co/ molto numero de cani . L^*^<^ ^ .-.^^^^^ ''7'"^

J. porci caccia ne le reti te kj <^-^ <c^^xx/jl. ^^ .r^^^r^^/^j:^

Ouer.chaitordiuatendendoinfidie, 7Cll.r:ZÌ::t^ i £: pre J^/ de la timida lepre, J^^ZXTZ;^^

E la gru peregrina in laccio accoglie ; ^'^Ji"^ '.^Z^ÌTZjì^^ ' Chi duncluefa colui;, che in ([uè Zìe gioie ^"^^ ^^Cl^^w^'^ * JNonfgombri da la mente ipenfer tri/li ?

Et perche égiuslop che da i nobili huominé^ efcr citate fieno le nobili cofe :,gV Imperatori Romanici potcntif^i^^i He, e ijamofi Capitani, non fi sdegnarono di Umor are i campi:,inmjlare gli alberi, et tagliar con la falce i ranui» felli inutili : Etf di ciò dubitate , domandatene d Diodi/ tianoy che depo/ìo Vlmperio fi diede aWagricolturaf Di/ calo K^ttolo, che lufciato il gouerno del Re^no fice il mcdefimof fide nejaccia Manto Curio Dètato, che dopo

le uittoric

ì

DELTAEGIO.

le uìtioric hauute cotta di Virro con tutte lejvrze del cor et ddVanimo s applicò al lauorard [olito juo terreno^ che diremo noi di M.^^ttilio Serrano:, CT di Cincinna/ to huomini eccellenttj?imi:, i quali da i campi;, C3" dallara/ tr 0 furono chiamati a i maggiori;, O" più honorati JNta/ gi/lrati;, Et poi uoluntariamente depoflij, ritornauano al coltiuar le proprie terre;, CT pojjeftoni loro ? non dobbia^ mo metter nel numero di qtiefti Mario B.eguloj ilquah curò più di tornar algouerno delfuo terreno^ che dijìare in L^Jjrica Capitano generale degli ejfercitiì che diraj?i di L^ tttlio Colatino;, che per la uertufua dalVaratro^ et dalla zappa Ju fitto il primo huomo di Romat^ Della qual coja nejàcea poco contot^ percioch'egli era più vago della* gricoltura;>che della DittaturaìDoue lafciamo noi il gran Scipione x^ffricano^ ilpale molte uoltefe n andava in uil la à traflullarfi con V agricoltura ì con quai parole loderà io la indugia CT ddigenza di Seneca;, il quale difua ma/ no piantò de i platani;, cauò uiuai;, O" condufje acque? ver/ gogna del pr ef ente [ecolo ;, che quello, che Vanttco d hono» refi reputò, queflo d uituperio iarreca^Da quello nobile ejjercitio dell agricoltura uennero i cognomi di quelle no» biltpmefimiglte de Fahij, Lentuli;, Tifoni, CT Ciceroni:^ ^ in tanto pregio &honore eraqucfa arte apprejjo de gli antichi^ che nonfolamentehaueuanoper cofa hono'»

G Hi rata

,1 LA V I L L A> D I A.

rata, O* magnijica lojcriuere Parte delcoltiuare i campii come fece Hierone , Epicarmo , '^^ttalo;, Ftlometore, JDiodorOj, c.yfrchela0j Mago , Filone ;, i^riiìandroj Lifimaco^ Fiefiodo^ Marco K^arrone;, Columella;, Ca tonej l^ergiho;, VliniOj V tetro CrcfcenzO;, "Palladio^ et molti altri più noni di cpiefliy ma eticidio i Vrencipi uoìfero roper col raflro le dure zolle della terra^ et maneggiar VaratrO;, la jàlce^ la marra;, la uag-d;, il nomerò ;, i carri;, i triboli^ le treggie:,gli arpici:> le corbe:, il vaglio ^ C^ altri ruflicani injlr amenti^ perche douete noi dubitare della no/ biltd dellagricolturaf P* ancora che noi altamente ragia» niate dell'agricoltura;, ^ che tanti illuflri Contadini hab» biano con le inuittC;, O'JiloJoJiche mani^ con le cpiiali con* feguirono tante uittorie^ CT tanto JcrijJerO:> gouernato Va» ratro^ O* élimulato i buoi ^ nondimeno ^uejla arte non mi può uenire in gratia^ considerando lajaticojit uita^ ^ h mi ferie degli agricoltori^ d cui hor la temperagli rouina i campi;, hor qU moiono i buoi p hor ijoldati gli menano tiia le beflie : Onde la sbigottita fimiglia ne more di fi» me 3 et i mejchini da capo ritornano d certa Jadca con dub» bioja/j^eranza:, et q^ueflifono i vantaggi;, cpiefli i comodi j CT ([uefe le fclicitd de contadini. P^. JVon Japete^ che dalla necij^itd nafce linduflria(come pur dianzi ho detto^ cy chele fitiche^ che fo^rono gli agricoltori Vejlate in

campagna^

DELTAEGIO. ^

campagna^ fono cjudle^cbe glijattno guflar Vocio O" ripom Co del uertto? la doue godono non altrimenti^ che bedano i ìiauiganti;, (Quando dopo unfiticojo uiaggio allegri fi ridu^ cono in porto) in confr mattone della ^ualcofa dice l^er^ gilio

I riLLWNl

Rende ociofi il pigro inuerno;^ ond'eJ?i laci^uijiato bcngodonfi allegri ; Fanno d vicenda lor conviti infieme^ %^ ciòfir lajlagionjredda glmita^ 'Piti de piaceri^ e del ripofo affair Che del difàgiO;, e de travagli amica ^ horficendo obliar ognalira cura^ Si come aVhor^chegid toccaro il porto Sbattuti^ esanchi i legni^foglion lieti I navicanti coronar le naui^

Dalla fitica ne deriva ancora la ^vieté deiranimo;, ep fendo daWamhitione;, dalVaiiaritia:, O" dallinvidia rimoti^ ex lontani gli agricoltori. IP, Fior mai io non vi Co più ^ che rif^ondere;,fe non;, che Vagricoltvra O* vita rurale ut rejlan debitrici di molto ;, innalzando voi tanto^comejàte le fue lodtyfolui ricordo;, cheljoverchio amore;, che portate alla villa ;,ui fa dir co dal nero molto lontave, P^^ s^nzi (jvelcho detto è uero^come Jojfe vfcito dalle

cor^

3+ LA V I L L A, D I A,

cortine di Febo ; Et tanto Jono alti i meriti di ([uejla non mai d bajlanza lodata arte dell agricoltura;, CT baffè le Jvrz^ del mio debole ingegno^ ch'io Jon sfirzato d dire in^ fieme conV^ergilio

p7 O N abbracciar defio co uerjì miei

\ Il tuttOp ne potrei uolend'ancora^

\ Che cento lingue hauej^i e cento bocche^ Con le noci d'acciar fonanti efirti.

"P, Io mi dubito p che uoi non habbiate tolto d confettai re un flerco) uoi nonfirete maij che Vejjercitio di lauorar la terra nonfia uile*^^ mi rido di ([uegl Imperatori;, Re;, Cr nobilipmi Cauallieri^ che con cpaelle i^ìejje mani;, con le (piali combattendo lanciauano dardi;, Cr conjèguiuano tante honorate vittorie j^ z^pp^ :>f^^ci;, CT aratri adopera^» feroy et /limulajfero i buoi;, cofe(cK al parer de Saui)pon^ to nonflconuengono ad animo nobde O" generofot^ Cr di pocogiudicio mi paiono cptelli^ che prepongono Vagricol/

tura alle arti liberali^ ancora^ che gV Imperatori antica^

I mente rhauejjèro in tanto pre^io'y circa alla qual cofa udì» te ciò;, che ne dice il Petrarca in perfona della ragione;^ doue tratta de rimedi deWuna;, e Valtrafirtuna.

\HO Rs^^ io ritorno allarte deWagricoltura^la cpiah

\ ejjendo operata da grandi huominij CT' da grand ingegni fu gid in pregio^ nella (piale p come in molte altre cofe il

primo

DEL T A E G I O. ?r

primo loco tiene Catone Cenjorino;, di cui j bkhejiajcrit» io con ueritd;, ch'egli foifè ottimo Senatore^ ottimo Orato^ re^ O^ ottimo Capitano :,Jìnalmcnte alla moltitudine delle fue lodi fu agg^ionto agricoltore al jiio tempo,^fenza emolo C^fènza ejjempio. Chi fi uergognerebbe adun.pic lauorar la terra con Catone ^ Chi fi penferebbe:, che ffe brutto quello :, ch'egli fi imagmò bellifimo;, haucndo e^li oltre h iiertà del corpo '^ dcllanimo:, CT la gloria delle imprefc fatte, triofto della Spagna ì Chi fi uergognerebbe di fh^ mulare^ CT ammonire i buoiyi quali drizz^ua quella uoce^ che haueua accefi tanti ejferciti alla guerra:» C^^ che hauea elegatifimametejnodate mille dubbio je caufeìChi haureb<^ be in odio O^ Varatro el rafìro y ejjendo Jìati tocchi da quella dotta O" uittoriofa manO;, la quale haueua riportate tante uittorie de fuoi inimici:, CT haueua fritto tanti ottimi libri appartenni allafloffa^ alla hifioria;, 6 allufo deU la uita\ come fon quelli:, ch'egli frife di colui, che noi bora ragionamo ^ ^^pprefo di noi egli primo diede i precetti del coltiuar la terra, ^T gli mfe m fritto, il quale fii poi feguitato da molti, de quali certi inalzarono quellhumile et bafo ejjercitio, con nobilfimi, ZfT^altifimi uerf) de quali ricordandomi, CT con quelli della necefitd della natU" ra humana non biafimò Vag^ricoltura. JSfientedimeno non fa^ che 6 la chiarezza de gli fcrittori^ 6 la paura della

l'i pouertd

3^ LA VILLA, DIA.

foiicrtd mi sforzi d dire :,ch^ ([liejla debba ejjer prepofla alle arti liberali^ ne anco farla loro uguale ^ benché quegli hnomini fojero infieme CT illuHri Imperatori , CT buoni agricoltori '^ perche per amor del tempo la coja è mutata^, ne ancora gl'ingegni nofìrifono b^Jleuoli d tate uarie ope<» rationi^per ejjer la natura diuentata menfirte ^ <C^ in que» /Il tempi no permette dgli huominidi qualche ingegno at/ tendere ali agricoltura;, come d principale arte *y ma ben per fuggir lodo p et per un certofgrauamento dipenjìeri^ C?* lajciogli qualche uolta annejlar i teneri rami in fu legiouani gemme , C^ tagliar le inutili foglie con la falce ^ CT piantar igiouani tralci nelle cauatejvjjiy perche elleno ' facciano fitto :, O" uolger i riui d gli affettati prati *y ma arare ^ CT zappare pertinacemente o C9" uolqerfi tutto d queflojludio Cfgtd la neccfitd non ne sfrza) non è con^ veniente ad animo tarile O" dotto ^ non potendoqli d fatica mancar più nobile efjercitio\ la madre natura;, quando ella diede larte dgli huominij^fcegltngegni diuerfi ^ accioche ognuno defe opera d quello d che egli era più atto. Et uè» drai qualch'unodi mediocre inge^noy il quale tanto mae^ Jlreuolmente folcherd i marij et arerd le terre;, che lacu^ tezz^t dellmgegno diqual fi uoglia flofof non gfi potrà in quejla cofa porgere induflria alcuna) <fr farebbe cofa pazza ^fiocca cotenderc non nella tua arte\ ma nellaU

trui^

DEL TAEGIO. 37

trui, potendo rimaner vinto in cojafi mIe;>eJJendoJiato nelle arandtj?ime uincitore. p^ ^ Il Vararci ^ucfto dijje più per dimojlratione d'ingegnO;, che di neritd:> CT noi potete, dire ciò che ui piace J bajìa che igitifli /limatori delle cojc confijjano;, che Vane del coltiuar i campi è molto nobile, utile:, CT* necejjaria. P. Se nero è:, che una coja tanto più nobile fi reputa;, qiuito ella e più antica:,per ejjerjlato pri» ma la uita rujlicana:,che la citale ^la ragion uojlra haureb» becpualche colore \ pur non jir eternai :>chel uo/Irofiuo» rito l^ergilio nel fuo ruiìicano poema non la /limi coJa da per Jone tali , rozz^ , O* di pigro ingegno j> c^tian^ do dice S E fieddo (angue intorno al cor mifiede , ^ Si ch'io non pojpt intender di natura Q^e/h belli y e glorio fi ejfetti , Grate mifìan le uille^ el ueder d'alti Monti cadendo;, andar rigando ijiumi , Con grato mormorar Vherbofe ualli 5 Senz<^ gloria amerò lejelue e ijiumi *

Et per ejjèr anco iljoggetto dell'agricoltura la terra^ la quale è di natura fredda CT pigra;, molto per lejùe qua» htdfi conforma al freddo et j^igro ingegno de zottchi con» tadmi, P^^ Ver que/lo p^ergiho non intende :,che Vartc del coltiuar e i campi nonfia nobile ^ ma uuol Jlgntfcare,

Id ti che

38 LA VILLA, DIA.

che fe'lfuo ingegno non fard atto alla cognitione delle cofc naturali:, clregli fi dard allagricoltura \ j^cr ejfer la uifa degli agricoltori innocenti/Sima;, CT* priua dognipertnr^ batione : ben é nero, ch'egli prepone la Fijica alVarte deU Vagricoltura t ma tutto ^ ch'egli dejìderi la cognitione delle cofc naturali;, CT chiami filici quegli ^ d cui lalte cagioni delle cofe non fon nafcojle*^ pur apprejjò allafilicitd delji» lojofipone quella dcWagricoltore^ dicendo B Q^J^ EGLI ancora firtunatO;, d quale Tutti gli agre/h Dei conobbe y come ^an^ eluecchio Siluano^ e le (or elle V^ezzofe Nmfi leggiadrette e cajle.

2^. Horpojlo;, che Vagricoltura fi Je arte nobile :,per^ che la chiamate uoi tanto utile & neceffariaì l^ ^ "Perche fia tutte le arti cojl liberali^ come mecanìche niuna ne ha;, cFd mortali apporti più digiouamentOp 6 fia più necef faria ali ufo della uita loro. P* Qjiefla ragione non uale per effere una cofa ifleffa col detto ito/ìro. T^ ^ Senza Vagiuto di cojlci;, come potrebbero gli artefici continouare nelle fitiche^ come Voratore per fuader ebbe y 11 poeta imi« terebbe;,^ il dialetico difìinguefebbe d uero dal filfof come letico cojlumatamente menerebbe la uita > liconomi» co reggerebbe la famiglia;, et il politico gouerner ebbe le cofepubhchc f come il filofofi naturale con felice odo uà/

chcrcbbe

DEL T A E G I 0. 59

chrcbbe intorno alla cognitione di quelle cofcp che fono

cojìfomerje nella materia;, che ne trovare;, ne intendere

jipojjonojenza ejjagiamai ? come il M athematico jilojo»

farebbe circa allmtendtmento di quelle coje^ che Ce ben ri»

trouare nonjì pojjonojenza materia^ pur colno^ìro inteU

letto poJ?iamo dalla materia Jjiogliarh et intenderle fenza

qiiella^Et finalmHe come jur ebbe il Metajijlco ad alzar»

Jìcon la mente alla contemplatione di quelle coje;,chefenz<t

materia (ono:,&jcnza quella intendere Ji pojjono :> dal

tiigore er uertu dell'agricoltura i corpi non uenejprojo^

Jlenuti? M^ Terentio F^arrone dice :> che nonjenza cau»

Ja i no^ìri maggiori dalla città d i campi mandavano ijiioi

cittadini \ per Cloche ne' tempi di pace eglino erano panciuti

da i ruflichi Romani^ & ne tempi di guerra da loro era*

fio difcjìjl Platonico MafimoTirio con molte uiue ra*

gioni :> Z^ jirtij^imi argomenti proua :> che alle cittadijono

più utiligh agricoltori;, che ijoldati. Ciro infegnaua dfuoi

Joldati la militia;, O" Varte di colmar i campi, accio chej^i

con quella fi potejjero dtjindere, C^ con queJlafoflenerf\

Gelone Tiranno dell fola Focaia;, dopo chebbe vinto i

Carthaginefi mandò ijoldati di Siracfa d lauorar t cam»

fi, ajjine, che con la fatica Zf^ tj] eremo f jàc effe ro più ro»

bufìt et forti per le cofe della guerra. Gli Setti g-iudicado

Varte dell'agricoltura necejjaria alla uita dellbuomo^in

H ili hi

40 LA V I L L A, D I A.

hifolamente mettono le lor fatiche ^ Cr fiudij*^ O" per Vu^ tik:>che tiajce da (^ucfla arte apprejp) de Romani Ju in tan» ta reputatione V agricoltura;, che bavendo ^id preja Car^ thagine:, donarono uia ad altri Re amici loro tutte le li^ brarte^ che ni ritrouarono ; ne altro di cpielle riportarono dRoma:>per far tradurre in lingua latina;, non certi libri della^ricoltura :, et delle facultd delle piante di Ma^ gone Carthagineje, Et nolete più chiaramente uedere, quanto fia utile qiiefla piaceuole C7" honorata arte deWa^ gricokura udite cpueU che dice Socrate apprejjo di JCe^ nofonte.Qf^ EST B cofe Critobolo tho dettoflamete^ perche tu tieggU;, che i grandi j e i potenti hanno in pregio Vagricolturay però che conofcono;, ch'ella ha in f un non fo che di fatica ddetteuole^ che augwnenta le cafc;, e le fo^ jlanz^ merauigliofamentep ejjìrcita i corpi;, egli ajjuefd d poter foUener ;, occorrendo tutte cpielle fitiche , che fi con^^ vengono ad un huomo ;, che habbi l'animo libero ^ gene^ rofo) oltre d c^ueflo^ cpiel di che noi uiuiamo;, najce dalla terra^ tutte cptelle cofe;, con le eguali noi adorniamo gli alta» ri, e leflutue;, e noi medefimi^ come fono ghirlande p odori di più forti, efimili cofe, uengon dalla terra ^ gli ofonlj, t X altre cofe necejjariey la terra folo^ ò le produce, 6 le nu^ trifcey però che la cura ancor de be/liami fi può chiamar Jpecic di agricoltura^ dalla quale habbiamo con chefacri/

fcando

DEL TAEGIO. 41

jicando poJ?iam mitigar Vira degli TDij'y EJc ben la terra,

è coti liberale al tenerci abondanti di tutti i beni ^ non per

duello ci lajja goder (Jruttijuoi;, viuèdo noi infingati nelVo^

cio^ e nella pigritia? anzi itjjuefa gli huominipche la godo*

no dfopportar ageuolmente caldi e freddi;, dando jorza è

ga^liardix d coloro ^ che con le man proprie Vejjercitano^

jàcendo diligenti;, ejolleciti cluegli altri ^ e hanno cura^ cht

lafia coltiuata^peròp che fi sforza d leuarfi la mattina d

grand bora y et andar confollecitudine d procurar gli ope»

ratori faccino rujfcio loro*^peró:>che nella udla;,comc

nelle città gli ejfercitr/ hanoi tepi loro determinatiti oltre d

^ueiìo;,fe noi occorrendo;, poter aiutar;, e dtfnder la cit»

td tua^ a cauallo^ 6 d piedi;, la terra è ([uella^che ti porge»

rd da poter nodrir caualliy e ti fardfanifimO;, e rfijientc

alle fatte he. Ejp, tinuita alle caccie-^ dandoti da nodrir

cani y e porgendo nodrimèto alleferet^ e i caualli ^ei cani

medefimamente fi godono dd futto della terra;, & delle

fatiche tue ti rendono il cambtot^ però;, chel cauallo ti dard

comoditd di poter andar la mattina d riueder le cofe della

uilla;,elaferamedefimatornarfcnealla cittd ^ Et i cani

guardano amoreuolmente^ che ne dfutii tuoi;, ne d befti<tn

mifaccin danno le fere;, 6 altri : rendono altrui ficuro in

ogni loco quantunc^ue fclitarior^ peró^ che occorrendo fue^

glian chi diafoccorfo al patron loro; oltre d ([uefìo;,q^ualc

ejprcitio

41' LA V I L L A, D I a;

effercitio più dcllagricolturu ;, rend^ gii buomini dt/pofli al correre :> falur e ;> lanciar dardh efunili altre belle;, O* utili operationi ? Qj^^l arte ricompenja più le fatiche^ che fi durano in ejjercitarla? Qjiale è. di più contentezza^ d chi è auido diguadai^nOj che cpuejla ;, la cpuale porge d clualun» que fi impaccia con ejjaj tutto quel eh' è neceOarioì Qual fa riceuer più copiojamente ijvre/ìieri:, douejtpuo la uer^^ nata hauer più comodità di buon fiochi^edi caldi bagni, che nelle mlk;, douè lajlate poi fi può goder più beli ombre e dolci aure;, e fiefche acque f dout fi pofan porgere d g^li Dij primitie più conueneuoliy efarfifle più allegre f dbe cofa può tenere i ferui più lieti;, e la moglie;, i fìgli ^ egli amici più contenti ? d me certo parrdfempregran meraiii^ glia quelli;, chefn liberi di mede fimi p fìimerano;, che altra uita apporti più dolcezza ^ commoditd^ et utde infe» me;, che quejla dhauer cura;, che le cofe della uillafien ben gouernatep e cujlodite.Si uedepoi^ che la terrafj)ontanea» Piente ;,dd effempi d glihuomini nella giu/litia;, pero che fecondo ;scbe 6 trafcuratamente;, ò con ddigenza è coltiuuta, cofi rende il cambio ;> ò buono ;, 6 cattiuo co frutti fuoi ^ E je accade y che da nemici in tempo di guerra fia impedita la fia coltura ^ ejja ha coft nodriti CT" auezzi :> animofi e uà» lenti ifuoifeguaci :, che e fi prontifimi ^ GT con gli animi;, e co' corpi p pofon facilmente Qf Dio non gli è cotrario^

ricacciar

DEL T A E G I O. 45

ricacciar in dietro i nemici;> e predar j^^r lo continuo^ fan*» tOj^che ne uiuatto abondantemente.Verò;, che in fai tempii è piuficuro procacciarjl il vitto con Vurme p che congVin^ linimenti della udla. Var :,ch'ammomjca medefitnamentc clihuomim V agricoltura:, non men^che la guerra;, adaiu» tarji^ ejouenirji lun laltroj ejpndo;, che qiirjle due cojè hanno in molto del fimdc:, per ciò:, eh' è necejpiri0;,che colui:, che uuol firjrutto nella udla jiia vfi ogni ingegno di procacciarci^ e mantenerfi i lavoratori amici) e preiìi;, e/pontanei ad ejjerh obedienti:,e donile rimeriti ipellhchc diligentemente fin cjueUchefe li conuicne:,e pumjca gli ociofi &* negligentiMR^effe uoltegli eserciti con parole-^ QJ^inanimiJca;, egli empi di fj^eranze j conciojìa che non men giovino lejperanze a fervi ^ che d liberi : anzi molto piUp e cofi li ficea volvntariamentefir Vujjicio loro. Tutte quefle cof;,medeJìmamente fi appartengono dfirad vn buon Capitano;, verfo de faldati fuoi ^ onde fauiamente giù» dicava c^uello^ che difc;, che Vagricoltvra è matre:,<0' nv» trice di tvtte altre arti : la quale ^ s'ella e ben efjer citata ^ tutte altre pigUanfir za:, e per lo cotrario ella éjj^rez'* Zata:, et abandonata ^ Valtre medefimamente ji corrompo^ no^ e dormono inutili^ cofi di mare^ come di terra, "P, Io non SO) che cofafipojfa dir di più di ^vello^ che dtjje JCe» nofonte in fiuor ddragricoltura, l^ , Qji^unto più fi

1 parla ^

44 1- A VILLA, DIA.

farla p fili crejce materia da diret^ non fapcte noi;, che Ca^ ione apprejjo di Af , Tullio dice coje merauiglioje in fi^ uor di ([nella ùelli/sinta arteì P, Si come mi hauete recita'^ to liflejje parole di ^enojvnte^doue altamète parla deU Vagricoltura;, iiorrei;, cheficefle il medefimo di Cicerone^ l^, M. Tullio nel Uh, chejece della uecchiezza in per^ fona di Catone ragionando con Lelio ;> et Scipione;, parla in ([ue/lo modo . P^ E JSlG O bora alle uoluttd degli agricoltori y di che prendo diletto incredibile ;> li qnai da ninna uecchiezz<^ impediti non fono ;, C^ mi paiono acco^

Jlarfi alla uita delfauioy perciò che hanno comercio con la terra;, la ([naie mai non rijtnta lo imperio;, ne mai cjncly che ha ricenuto rende fenz^ tijìira ♦^ ma talhor con minor e, CT molte uoltecon maggior guadagno*^ benché nonfolo il frutto certamente^ ma la uertù etiandiop CT la natura di cjfa ter rami diletta;, lagnale;, poi che lojparfofeme nel fio intenerito j C coltinato grembo ha ricenuto^ quello pri^ mieramete coperto confiringet^ onde la copertura y la qiia^ le fi tal effetto è nominata;, dapoi daluapore, ^ abbrac^ ciamento di lei r faldato difonde;,0' trahe da lui la her» bfcente uerdezza;> la quale frmata alle fremita delli crani a poco a poco crefe ^ CT drizzato lo annodato gitmbopgid qua fi mettendola prima barba nelle vagine s inchiude;, dalle quali ella^poi chef ori ifcita la biada

d ordine

DEL TAEGIO. 4r

d ordine dijjnca tejjìita nejparge:^ et con lojleccato dalli minori uccelli fi difende. \^ che tnijléderò io in dirui per quante maniere fi piantino ^ et come toflo naJcano:> et ciuan* io grandemente crescano le uitif non pojjo per la molta di» lettatione di cotai cojefatiarmi;, accio che conojciate óiial jìa il ripofo:> Z^ refrigerio della mia uecchiezza ^ perciò ^ eh w pofpongo la propria frza di tutte quelle cofe^che, nafcono dalla terra ^ la quale da uno fi picciolo granucciO;, quanto e quello del fco^ 6 pur deWuuUj, ouero dalle minu^ tifime femenze degli altri futti ^ tanto gran tronchi ^ C?* rami produchi. Li maioli:> le piante ;> gli far menti;, le uiti^ le radici;, gli rajfofi nonjanno cotai cofe ;, che ciafcuno con ammiratione dilettino f la uite^ che per natura è cadu^ ca^fe non èfoftenuta per la terra fi fende p accio ch'ella ff^ff^ f dirizzi ?^l^^^^ccia con fuoi caprioli;, CT* quafi mani qualunche co fa ritroua*y la quale mentre con uario et errante tracorfofe ne ud aggrappando ^ Varte de gli agricoltori col taglio la ritiene;, accio ;, dulia riempiendo^ fi di rami y non infelui^ne troppo fi diifonda in ogni par ^ te. Il perche in quelli rami;, che alla Vrimauera rimando*» no ecci quafi;, come dgli nodi quel;, chef chiama Vocchio^ dal quale Vuua nafcendo fi dimoJlra;,che per lo fucco della terra;, CT per lo caldo del Sole crefcendo;, prima è acerhifima algufìoy poi maturata fi addolcifce;, et ueflita

la de

4€ LA VILLA, DIA.

de pampani di moderataJl<tgiom non mancup et dagli ec» cej?im ardori del Sole fi difende. TDdla quale ^ che coft può ejfere;, 6 di frutto più lieta^ 6 piuformofa d'a/petto ^ di lui certamente nonjolo Vutilitd (come di [opra io di^i;, ma etiandiola cultura ^O* la propria naturami diletta:, gli .ordini delle piante;, lo accompagnar degli capi^ la relt^a* tioney lo rejojjarey il tagliar de far menti :, ch\o dtfh C^ lo injerire.y^ che dirò adunc^ue delle adacc^uationi^ delfof fadare;, O^ del zappare;, Z^ ammotar le uiti:y per le quai cofe la terra fi fa molto piufrtilefd che etiandio dirò deU Vutilitd del ledamare f perciò che ne ho detto in quel libro ^ ch'io fcrifi delle cofe da uilla^ della quale il dotto Hfio^ dofcriuendo del coltiuamento della terra non ne fece men» tione alcuna'-^ ma Homero^ il quale (per la mia opinione^ fii molti fecoli innanzijif^troduce Laerte padre di P^life, per mitigar il dolore deWaJJenza del figliuolo acoltiuar la terra:, <0" ledamare, Ne perciò le cofe della uillafono diletteuoU folo per cagion delle biade ;, de prati ^ delle uigne^ CT* ddle piante \ ma ancor per li giardini;, f^^S^^ hortij, per li pafcoli degli animali ;, per la congregatione delle api;, ^ per la uarietd de fiori. Mefolamente lo in^ calmar à tagliatura;, ma etiandio a fijjura diletta , delle quali niuna cofa più artificioja Vagricoltura ritroua . Io potrei per molte dilettationi di cofe da mila difcorrere;,ma

quelle

D E L T A E G I O. 47

quelle:, che ho raccontato conojco ejpr Jlate longUJ?me*^ CT nondimeno mi perdonerete:, perciò ^ chw mi fono inuec» chiato nello jludio delle cofe della mlla:> CT la mcchiezza etiandio è per natura loc^uace^ acciò:, eh io non appaia lei da tutti i uitìj hberare, Qjiinci adunque ne auuenne^ che Marco CuriOy pojcia;, ch'egli hebhe de Sanniti? de Sabi^ ni;, O" di Tirro trionfato:, conjimò in tal uita Vultimo tem» de fuoi giorni. La mila del quale in nero? mentre io la contemplo Cperciò:, creila da me non è molto dijlante^non fojjo d bajlanza bora la continenza di quello huom0;,hora la regola di que tempi lodare. Gli Sanniti hauendo d Cu^ rio? che al fiiocofedeua portato grande quatitd di oro^jii^ rono da luiJ]^rezzati?percioche non bauere oro^ma com» mandar d quegli? che nhaueffero ? dijje parergli co fa ho^ noreuole. "Poteua uno tanto animo non haiiere gioconda la uecchiezzaf certamente. Ma io ritorno d gli agricoU tori della terra? accioche da me mede fimo io non mi partii. Habitauano nelle uille d que tempi gli Senatori ? cioè li vecchi t^ percioche d Lucio Q^unto Cincinato arante fu nunciatofe ejjerfato fitto Dittatore per commandamèto del quale? Caio Seruilio Mala Sinifcalco del noflro Cam* fo uccife Spurio MeliO;, mentre attendeua d confeguir et occupar l Imperio. Erano Marco Curio? CT molti altri uecchi chiamati dalle utile al Senato? dal che quelli? che gli

I Hi andd*

48 LA V I L L A, D I A\

andauano d domandare fiir otto detti uiatori, Tartn adun^

qiie^ eh la mcchiezza de fi fitti hnomini:, che fi fieno dtht»

tati del coltiuamento della terrafijje mirabde f Io per me

certamente non so;, uita alcuna più beata poft ejjere^^ ne

ciò folamente per la cj^ualitd del benefìcio;, che da cotal co»

fa ne rifilta;, perciò cheì coltiuamento della ter rafia fi^

lutare d tutta Thumanageneratione^ ma etiandioper queU

la ddettatione^ cFio ho raccontatolo" per lafocietdO*

abondanza di tutte Quelle coje^ che al vitto de gli huomini^

O' al culto etiandio delli TDlj appartengono *) ma perche

queflo alcuni defiderano torniamo hoggimai àgli agì CT*

piaceri della uilla ^ perciochejempre la cella del uino;, C?*

quella dell olio ^ CT lafaluarobba del buono etfollecitopa»

trone è piena^ O' la ca^a della uilla è tutta ricca 5 perche

ahonda di porci ^ becchi p agnelli p galline p latte ^ cafo,

CT* mele Qli horti neramente ([uanto fieno utili p gid è

manififlot^conciofia che (Quella contadini un altra carne

folata ejjer dicono. Et oltre d ciò Yuccellare & il cac»

dare (cofe tuttauia di opera ejlraordinaria ')finno cotai

colè effer piufiporite* che debbo dire della uerdura de i

prati.) ouer amente degli ordini degli alberi ^ 6 pure della

bellezza delle uigneJO' degli oliueti ? Io cochinderò bre»

uemente che della terra ben coltiuata niuna cofa può efere

ne alhfo più graffarne di bellezx^t più ornata, T. Per

guanto

DEL T A E G I 0. 49

quanto potejjc mai dire Senofonte, CT Cicerone in lode dell'agricoltura, CT della tiita rufìicana con quanti pre^ giati, ^ frmofifcrittori le habbiano nell'opere loro loda^ te:> Cr celebrate, nonfia mai, cFio non /ìimi gran biafi^ mO;,^fommoiiituperio di quelli:, che con le proprie ma^ ni maneggiando la terra fi danno d quejlajaticofa O* ma^ ledetta arte, la quale(come uoi diteggia fi cotanto lodata^ Cr esercitata dagli antichi. />^, Nefolamentefi quejla bella, nobde, CT gloriola arte dt coltiuare i campi in» fieme con laurea, Cr dolcifima libertà del iiiuer rurale anticamente da honoratiJ?imi perjònìtggi cr lodata^, O* ejprcitata) ma non le mancò ancora chi di leifigloriajfej &dfommalodefitenejJe VeJJercitarla bene ^ come chia^ Ktmentejipuo uedere nellejjempio di Ciro de Terfi^ il quale ejjendo uenuto da lui Lijjandro Lacedemonio con doni in nome de' confederati C^ legati con ejjo ^ dapoi che amoreuolmente Ihebbe accolto nelfuo Regale albergo^, lo meno in un belli/^imo giardino dfollazzop il quale haueua in Sardi \ doue ueggiendo Lijjandro lordine merauiglio» foj, la leggiadria^ ^ il compartimento delle piante ^ che u erano pojle tutte infirma di quinconce^ cioè con una pa» ritd ^tnifira angolare ^^ dirittezza da non credere C come più chiaramente Jl può uedere nella fig^ura, che fegue ;,^la quale è la nera pianta del detto quinconce^

cr

LA VILLA>DIA.

CT* infinite altre meratii^he ^dijfe al Re;,uerametite Ciro, confiderando la uaghezz^ et ordine di ipicjlo giardino ^ mi

Jl^ipijco delVecceìlezct di ciucili^ che coji rnijiiratamete^ et co tao ordine hapojlo ciajcuna cojà.al che Ciro rallegrado^

Jì^ rifhojè^ c^uejie coje, LiTandro^ iojlejjo le ho ordinate e

dtlpojle.

DEL TAEGIO. n

dijj^ojle^ a una buona parte piantate con le mie mani pro^ prie. Meraui^UandoJì LiJJandrOp e mirando la ricchez^ za dclueftirjìio^ O* ue^giendolo pieno di gioie di gran^ dtJ?imo pregio ;> e di riccami^ tutto ripieno di delicatura;, et di buono odore gli dijje ^ che coja mi dici Ciro^ come può ejjìre^ che cotejle mani habbin piantato alcuna di c^uefla cofe ^Ciroriprefe le parole e dijpyd merauigli forfè. Lijjandro ^ ti giuro per quel Sok:, che cpuando io mi fento ben difj^ojlo della perfona non ojo di mangiar mai^Je pri/ ma non m^ affatico jin al pudore:, ò in (gualche ejjercitio uti» le alla militia ^ ouero in (jualche operatone ddlagricoltu» ra :, delle quali due cofe fono principalmente defiderofo il cbefentendo Lifàndro^ rallegradofi con efjo dilp;, hor conofco;, che giujlamente puoi ejjer chiamato beato :> perciò che alla tua uertù ne fono aggiorni i beni della fortuna ^^ IDt maniera ;, il mio caro Tartenio p uedete , che oltre alFejfere Vagricoltura utiltfma ella è ancor diletteuoh nelloperatione gratijfima apprejjo a Dio^ è fumata da i jRe, Cr che più, ageuolifimamentefi lajfà imparare j ^ hauere da chi la uuole \ Il perche o chi dubita ( come dice. Ifcomaco ci Socrate apprejjo di JCenofonte^ che Fagri» coltura nonfipojfa chi^mareficnza magnanima egene^ rofaffi come noi chiamiamo generofi quelli animali ^ che ejjendo bdlifimi et utili agli huominifno ancora manjiieti

K e dome-

rz L A V I L L A, D I A*

e domeiìici. P x^^nco hancteche dire in ftuorc delVa^ gricolturaìf^. Come non fapete^ che i Mikfij ordinai rono^ che (Quegli douejjero gouernar le cittd:, i cui poderi haneano trottati ben cohitiati f O* Romulo prepojefempre ijaticofi agricoltori agli ocioji cittadini . Non ui ricor* date d'haiier letto nelle hiflorie^come MumaVomptlio con doni CT carezza Jenzu fine honoraiia ijollecitip dili^ gentil CT tndii/lriojt lauoratori ^ nonjàpete uoi^ che anti^ camente fokuajì dire in prouerbiO;, che male agricoltore era colidj che comprafje co fa;, che'ljìto terreno baueffe po^ Vito produrre :y CT che pej^imo era c^iiel padre di famiglia:, che nel tempo Jereno luuorajje più toiio in caja ;, che alla campagna? Marco Catone a^erma^ che i noflri mag» giori;, quando uoleuano grandemente lodare unhuomojo= leuano dire;,egli è buono agricoltore*yet in oltre dice^ chel guadagno ;, che najce daWagricoltura èpio^jlabde > ZD" ' jenz<t inuidia. M. Tullio anch^egli uuole ;, che ninna jortt di guadagno più honeflo;, CT degno di per fona libera ji pojjatrouare^che quello^ che Ji trahe daWagricoltura^ Tal che per tutte quejle ragioni;, ejjempi;, QT auttoritatiy concludo^ che Vagricoltura è un arte diletteiiole :,nobiliJ?i» tna:,iitde;» necefjaria, maejlra di dilK^enza^eJ] empio di giuélitia^^ Jj)ccchio di perjimonia. IP^Hora d citta» dmo potrebbe ragioneuolmete dire al uillano^ come dijje il

magno

DEL TAEGIO. r?

ntdQ^fio L^lejpindro nellctrriitar^ eh ficc alUJèpoItum

O jortunato^ che fi chiara tromba Troua^h ^ chi di te fi altofcrijje^

T^^ x^nzi trattando io un talfog^etto col mio baf» fo iìdefcemo le lodi dell'agricoltura^

Ciy è dHomero degmfima^ e d Or fio ^ O* del Vaiìorp eh ancor JMantoua honora^

/da fi come L^lejjandro gionto^ ch'egli fu alla Jà^ mofa tomba d's^chille:,ffjnrandoy et dandogli delfor^ innato mo/lró d'hauer hauuto dolore della forte di qiiello\ cofi il cittadino guflajfe un trattole dolcifime amari^ tiidini della uita contadmefcafon certtftmo:, che ancFe^ gli porterebbe inuidta al contadino^ P, Ejfcndo Vinui^ dia dolore del bene altrui j^et r agricoltura cofi mala, come porterà mai inuidia Vhuomo ciuile allagar icoltur a ? p^^ V^oi^teun prefupofitojaifo'^ perche ìagricoltu^, ra non è cofa mala. P. Se V agricoltura non fnjje cofa mala^ ella non farebbejlata effetto del peccato;, QT male^ dittione del grande Iddi0;> ti quale cacciando \^ damo dal Varadfo delle delitie, dtjje maledetta fa la terra, nellopera, C^ nelle fitiche tue mangerai de ifuttifuoi : Et la pena del peccato fife peccato^ lagricoltura:} che fi pena della dfubidienza d^.^ damo farebbe cofa mala'y

K i i per»

M LA VILLA, DIA.

fer cloche folamente il peccato è male : ma fendo il cafli* go del peccato cojagiu/ìi^ima efufifaj^feg^ue ^ che lagri* coltura e coja buona j O^fe nonfijp tale indarno con le fitiche:, etjlidore del noltojiio^ nonhaurebbe ricouraia la grada delgarde Iddio ^ che perdette nelle dcltcie del ter» rejireVaradtfo;,le cpuali delitie:>cht le aj>imighajje alle delicatezza de gliocioji gentdlmomini^che uiiiono alle città:, non commetterebbe errore :,Ji come anco non erre» rebbe chi dtcejp lejàtiche de contadmi ejjèr Jreno al pec^ catO;, O* gli ocij de cittadini JJ^rone aljallire ^ Jr adim<^uc Vagricolturafii cailigO;, V purgationc del male;, uoi non dourejle dir mal di lei:, anzi chef te tenuta d lodarla:, per lo buono effetto y che da lei nac([nt. P. Io non pofo loda^ re un arte :, che nf gai ad offender la natura p Vfr molti mali e f etti, l^ ^ In che manierai P. In che maniera ahi non ne mofra cojlei molte mojlruofe fbricbe di piante^ Jlrani inne/h , & methamorffi d alberi :, non ne infgna rinchiuder nelle gabbie:, nelle pefchere:, C^ ne'uiuai quegli ammali, che dalla naturafronojatti hberifOnde habb:a=» vto noi imparato ilfr congiungere i caualli con Vafne, e i lupi con le cagne^ onde mule C^ Ucifche ne nafcono con» tra la legge di Matura, non da (pie fa arte? con la (pia» h:, CT' la pajlnrap CT la pefcagionC:, C la caccia vanno* Che cojafìf non Vagricolturap che ci ajjotttgliafe Von»

gegno

DEL T A E G T O; sf

gegno nel linOy il ([uale di piantajauo uela coljìato de uen» ti sforzagli hnommi ad affogare in tnare^^ come fojji foco d morire in terrafAIa che fittagli agricoltori Jii» ferflitioji:, CT contrarli alla legge divina^ credono con certi lorjegrefi) ojjeruationi p C incanti di poter accre» (cere ijcminatip acquetar le tempcjle^ cacciar i lupi^fèr'^ mar lejiiggitiuejiere^ incantar le infìrmitd delle pecore ;, CT altre cofe merauigltofe. l^ , P^oijate:, che molte co^ je fieno male^, CTfn buone ;> C^ molte altre ne attribuite d glt agricoltori:, che non appartengono al loro ufficio \ ma quanto a miracoli;, che dtte credere gli agricoltori di pò» tcrflr con certi loro incanti ^ ui rtjpondo;, che dal uoU go molte cofe fono tenute per miracoli^ le quali f no pe^ r 6 naturali t,Jè noi hauefe quella gran cognition della JSIatura^che anticamente haueano i Verfiy Indiamogli JSthiopi;, C3" i Caldei;, non parler ejle in quello modo '^ non fapete uoi^ che i diligentifimi ej^loratori della natura;, conducendo quelle cojè;, che fono da lei preparate p CT* ap^» flicando gli attiui d pafiuip molte uolte innanzi al tempo ordinato dalla natura ^producono e^etti^che dalla gente ^ d cui fi £ notte innanzi fera^fono tenutijlupcndi miracoli^ ^ pur fono cofe naturali p non uinteruenendo altro^che lafolaanticipatione del tempo ^ come s'alcuno di M arzo facejfc nafcer rofe^ ò crefcer Vuue mature inpocofjiatio

jK iti d'b ore

LA V I L L A , D I A .

dhore^ CT* dipiufàcejp tiajcer nuuoIe:,pio^giep tuotth O" animali di dtuerfe forti t ma lajciando ^ue/ìi fegreti di natura;, uoktCj clno ui dica ([uaUJieno le malie^ CT incan^ ti;, che tifano i buoni agricoltori per accrejcer i lor jemi^ natii P. Qjialtfono ÌP^ ^ La^tica;,Vinduflria^ C^ la diligenza'-) cr /e d me non credete^ domandatene d C.Fu» rio CreJìnO;,il([uale ejpndo inuidiato :, perche traheua maggior frutto dhm fio picciolo campicello;, che nonface^ vano gli molti del gran terreno^fu accufato da Sp, t^U bino per incantatore ^ che difruggefe le altrui biade ; on^ de egli nel giorno ordinato al giudicio p s'apprefento in piazza con tutte Var mi rnflicane :, con una fia figliuola giouane^ C^ robujla;, CT* con un paio di buoi ben pafiuti^ CT (gagliardi;, O"poi riuolto uerf i giudici dife i^^- (li fono Romani ^ ([uefli fono gfincanti ;, con i (puah ho danncQ-j^iato la mejjóne altrui ♦, mi duole di non hauer pò* tuto condur qui al uoiìro cojpetto lefitiche^ ifudori ^ CT le uiqilie;, ch'io ho durato per render fcrtde il mio terrea no. P. ^dunque anticamente fi JàceU'ino giudicij fopr a la maniera di coltiuar la terra, l^* Senza dubbio^ non fapete uoi;, cKappreffo Romani;, nera una legge;, che da^ auttoritd al Cenfore di cafligar ([uegli;, chejvjjero nC" gligenti nella coltura defuoi poderi. Gran diligenza cirm ca al coltiuar della terra fi ufaua ancora apprefodc

Pcrfi,

D E L T A E G I O. ^7

Terfi^nel tempo :, che regttauaCiro^comefi puouedere in qitejle parole di J^enojvnte dette per bocca di Socra^ te ^ Qjianiopoi alla faluexx^ depopoli:>0' abondan^ za delle città:, e contadi;, noi fappiamo;, che cjnei luoghi ^ ch'egli iflejjo poteva ricercare y lojaceuaprontiJ?imamen^ te \ ne gli altri poi teneva del continuo perjone di gran credito:, chejàcefjero cine fio medcfimo^ e Ivoghi vedeva^ 6 intendeva ejjer Jrecpnente d'habifatori p O* di inlle ben coltivate p C^ arborate^ e Jrvttifvre honorava ^vegli^ che uhavevanopo/h principi in nomefvo in tai Ivoghi p C3" gli accresceva dominio:,^ di doni:>^J])ecialmente di (edie. honorateìi rimeritava: ^ per lo contrario pvniva^ e pri^ tiaua di principato c^velUp che lavavano le città;, C?" // con^ tado mancar dlmotnini;, e difvrtilitd;, e nodrirfi neWocio^ 'P, Guai d me anco hogqidi uivejjero cotejle leg-gip C?" cojlumip perciò p chw non vado mai d uifitare i campi miei^ ne mi curop che uadtno inculti *, purp che da tal negli(renza ne nafca la coltvra delVanimo mio\ meglio è Q come folca diri^^ ri/lippo^che'l poder uadi mal p me^ duo per lui, P^. F^'oi in vdla commodamente potrefe attendere alla coltvra del campo O" dell'animoypercioche quefli due uf fctj non fono tncompatibdi. "P. Se circa cìlagricoltura anco hnggidt fi feruafjero le lepgi de Romani p C^T de Perfi^ non farebbe meglio fir e attendere alle uojlre pof

ffioni

rs LA V I L L A > D I A.

jej^toniper un diligerne jattore^ ^Jlaruene mi alla citta\ dotte celiando pur uolefle ancor dar opera allijludf/ di Fi/ lojofìa ;, trouarejle maggior comntoditd ^ che in mila ^ T^ , Cote fio p perche lo JlrepitO;, CT* comercio delle città è capital nemico deHijiiidif delle buone lettere:, i quali con Vagricolturafilicemente fi congiongonO;> O' il filen^ tio delle campagne piacque fempre alle perjònejludioje^ C^ chel jìa nero lo dica Marco Tullio ^quando con grandi/?imo ddettojilojofaua hor nel TuJculano;> bor mi Cumanoy bor nel Formiano;, CT hor nel Vompciuno *, lo dica Seneca^, quando nel fuo Sabino con fvlice ocio:,0' gran quiete d'animo attendena dfuoi honoratifimi jludij \ CJ* quando con mirabile artificio conduceua acque ;> e bei Cuoi giardini irrigajjèro) lo dica M . Caton Cenjorino^ che tanto Jii uaqo della uilla:, chebbe d dire non poterai frollar uita più beata di quejla*^ Traccio L/. Lucullo;, Ta* rio Rufo^ Q^SceuoUyC. Martio :y Cr molti altri;, che godettero lafilicitd della uilla t della quale nonfola^^ mente ghbuomini;, ma anco i Di/;, &" le Dee ne furono JludiofiJ?imi ;, come fi' Bacco ^ Tan ^ Saturno ^ Cerare^ Diana j Flora;, Vale ^ Satiri 3 Fauni ^ Siluani ^ Driadh Oriadi :, Mapecp^^madriadi^ Naiadi;,^ altre tali Ddtd. P. Ver dar opera allijludij più commodi fono le città ^ che k uille^ del che ne può dir teflmonio lajludioja

y^thena^

DEL T A E G I O. n

K^thena. P^ . Se cofifijp il diuin Tlatone non hanrcb^ belafciato i^thenepcrIauiUa:,che elefjc per la tanto fua celebrata y^cademia^^ Is/onjàpete tioiy che lajolitu^ dine delle campag^nefufempre amica delle perjone lette/ rate:, dijpirito^ CT di ualoreì non in ricordate noi d'hauer letto ^ che Seneca;,Jcriuendo d Lucilio Balbo ;, lo auerti/ (ce p che desiderando dt coglier Jriitto dalle letterejì debba Jèquejlrar dalla moltitudine de gli huomini;, CT da i tumuU ti delle cittdp CT ritirarji in loco remoto^ oue non uegga^ ne oda coj}^ che lo ritraghino daljiio propojìto ? il mede/ fimo ricordo diede Vlinio nipote aljuo Fondano'^ in con» jirmatione della celiai cofa il dotto Filone Hebreo dice ejjer necejpirio d chi uuol caminare per lo jaticofo calle delle uertà il lajciar d dietro dpenjiero dogni altra cofat^ fer (juello i poeti non jìnjero^ che le mujè habitajpro ne romori delle citta, ma nella jolitudine del monte Varnafo^y per ^uejlo il Tetrarca;, flore, per cui fempr e fiorirà Fio^ renxct confumò la maggior parte defuoi giorni in uilla j oue (^ come egli folca dire ') non u erano 3^ u^ L L^ Z'Z/ 1 , non theatro, ò loggia , hi a in lor uece un l^ bete, un Faggio, un Tino Tra Vherba uerde , el bel monte uicino^ Ondefifcende poetando e poggia , Leuan di terra al del noflro intelletto,

L Ter

XI L A VILLA, DIA.

\Pcr c^uefli njpettifu molto amico della mila il dottif^

fvnoVolitianO;,in jrdc della c^ual cojlt^nditc duel^^ctni

dijc Quanto èpin dolce y e c^nanto e pitijictiro

Seguir kJiereJuQ^gitliic in caccia

Fra bofchi antichi fiior dijvjja:, 6 muro p

E /piar lor coiài per Unga traccia ;

Feeder la tialle:> e7 colle;, e Vaer puro^

L'berbe:> ejìor;, Vaccjiia uiuay chiara;, e ghiaccia^

T^^dir qli atigeifuernar^ ribombar Vonde^

E dolce al uento mormorar le fronde. Quanto gioua dueder pender da un'erta

Jue capre;, e pajcer c^ueflo^ e (juel uirgulco^

El montanaro d l'ombra più conjerta

JDejlar ìa(liajampogna;,eluerfo inculto ;,

feeder la terra di pomi coperta ^

E ogni alber dafuoi Jriitti c^uajì occulto^

V^eder cozzar monton^ uacche mughiare^

E le biade ondegg^iar^ come fai mare , J-Ior delle pecorelle d rozzo mailro

Si ucde d lajìia torma aprir la sbarra^

"Poi quando mone lor colfuo uincafiro;,

IDolce é d notar come d ciajcuna garra^

JHorfi uedc il uillan domar col rafìro

Le dure

DEL TAEGIO. ;?

Le dure zolle , hor maneggiar la marra ^ J-Ior la contadinella (cinta ejcalza Star con lacche ci filar Jotto una balza ^

'Perjimtl cagione il F teina ritiro nel fua monte iiec^ chio . Il Vico della Mirandola habitaua uolemi^i mila villetta Fcjulana. Il Sannazaro je ne (lana al ftamnorito l^avjllipo. Il medejimofcce il Bembo ;, ([ucl inr^MÌo fvn» te dijcicnza. Ma pialleremo naigli ejjempijoìa^mite da i morti ì IVon hubbiamo noi boQgidi il prudeniìj^o S * Gio. i^ngelo de Medici Cardinale jamojijùnip ^ C^ tetnpio di Santità ^ religione f nelle cui lodi non vaglio entrare al preQnte^ potendo pia agevolmente trovarne il principio^, che'ljìne:, bajla^ che in vero fi può ben dtre^ ch'egli fia uno de' primi protettori;, Z^ ferme colonne, dcl^ la Chrislianafcde. Qjieslo nobile;, ^ generofofpirito anch' egli è fi vago della villa;,che nel tempo ;, che l'alta fia mente da luogo d i pia gravi pensieri ;, lafcia Melano per godere il giocondij^imo^ anzi beato loco di Frafcarolo, ove gli antichi marmi;, lefuperbe muraglie;, lampiejlrade;, Je vive fontane^ anzi lucenti O" pungimi crijìaUr^ i lieti CT felici giardini^ gli ameni Q^fultif^imi bofchi;, ravrafoave^ che levando la rabbia del celejle Cane ammolhfcc ilgravt^ G" acuto caldo del Sole :, quando ritorna ad albergare col fero Leone j la bella vifia^ et naturale perfj-ettiua del

L a verde

^^/4 LA VILLA. DIA.

uerde ^ fiji^ggi^tntc colle :>con tutte altre doti della l^a^ tura e dell'arte;, che defiderare fi pofpino:, riempiono gli

JJ)ettatori della gratioja mila di gioia;, CT di meratiiglia infinita. Qjn uiene ilfiggio O' gran T'atierna^Jiipremo Cancclliero del Sereni^. di Spaqna;, CT chiarifima luce della gloria AI ilaneje ;, quejli quelle poche hore^ che può rubbare da gVtmportantifimifuoi negotij ^le dtjpenja bora nejtioi uagbi giardini di Melano p hora nelfccondij^

Jìmojìio cotado di Landriano, et più nelVaprica mila della

Jamofa Canonica^ per la cui uicinanza il Labro et JMon^ Zaje ne vano tanto altieri, Qjjift^ luogo è fi allegro gio^ condo^ et merauigliofo;, che quanto fcrijje già mai la Gre^ eia ;, er P^oma ^ delle fiperbe fabriche ;,C^ de ^li ameni giardini di L^lcinoo^ di i^\lante^ ©^ degli antichi Re di Media è nulla d paragone del liUo> <fy ridente col^ le chHui fiuede ^ la cui uaghezz^ e tale^ che mifijlupire, quaVhor di lui confiderò laprefenxa ^ Varte^gli honori . i

Jrtitti peregrini^ gli arbufcelli^i fiori^Vherbe ;, gli odori ^ i ben mifuratifentieri ^ l'acque chiare;, chef orrendo per gli herbofi calli y uanno a trar la fete alla ucrde famiglia di "Priapo conffoaue mormorio ^ che fanno inuidia ci quelle ^ che in Helicone fono tanto pregiate J' ^^ pollo CT dalle dotte for elle. T accio le folte feluc;, oue i Satiri et Vani con k Driadi fanno lieti d cantare i pregi^ le pompe ^ CT le

ricchezza

D h L TAECilO. ^;

ricchezza dell'ameno luogo. Traccio V herbe;, le radici;, O* ìjrutti portati da i longhi confini di Terfta;> d^ndta^ZD" di Libia-^i quali menano felice uita tra noi;, no temèdo iljrcd^ dofpirito di u/TilmlonC;, ne la mutatione dell aria ^ cr del terreno *y onde chiaramètefi uedc come la natura cede alla indu/ìria:, CT per longo ufo muta copume. Taccio infinite altre coje degne di confideratione O" merauigliap ehm fi ueggono:, er coeludo che tanta è la piaceuolezz<t di queiìo amenifiimo colle;, che quelli che ui uègonogli fare di ueni» re in luogo fimile d quello;, oue dicono habitar gli animi no^ firi p quando partiti di qua come da un tempejlofo mare arriuano in parte ;,doue fermati ^ per non ejlenderfi più oltre ildefderio loro;, contenti godono una tranquillità in» finita. Hor doue lafcio il mio VadronC;, CT uertuofifimo Monfignor Boromeo^Jf^ecchio neramente di bontà O* di uertùt, qucfi alle uohe per ricreare lanimo affaticato udii fiiOi honoratfimijìudfj C^ dfcorfi di cofe di gran^ didima importanza pluf ia Melano per andarfene d ui» fitare la Regina del laco M aggiore ;, dico K^rona contado fiO;, CT luogo fi ameno ^ gratiofo per la bontd dell aria;, per la uicinanza dell acqua p<2" per la ferii» litd del terreno^ che la bella riuiera non che di Lario^ CT Benaco :, ma di Vartenope ^ C^ Gaieta con la uà/ ghezz^f del lor tnareThirreno ^^ cmtinoua uerdura

Li ili di

j^ LA V I 1. JL A , U I A .

di aranzh litnoni et cedri :, portano graJifSinta imddia alle fronde del ricco yfamofo:, & beato I^er batto. Ma doue Cete uoifirjnor Gio Battijla Ratnoldo Senator merttij^i^ mo f a udì tocca pur di honorare (jueslo TDialogo del uo^ tiro alfutionatif^iino Taegio con la chiarezza del uojlro nome ;, d noi tocca di abbellire c^uejla fiia Filila ;, anzi *Parnafo^ che (Ite Qfe la uojlra modestia cottjentep. cìno il dica ^fipremo ornamento delfacro coro delle Mujc:, O* amictJ?imo della uilla. hlor nenga il mio leale^jìnccro;, et cortefe Monjtgnor Ennio Riccio meco congionto in le^ gami dWo d amore, O" tale^ ch'ei uiue nel imoler mto^ O* io neljìio di maniera;, chejra noi due fi uerificano ([uè ner^ fi d'I-Joratio p doue dice alJJio amato ^^ritio l ciuel ;> che limo uuole ^ e laltro ancora f^uol parimente p e nega ciò ch\i nega ^ Efjendo in ambi un animo fraterno E uiuendojra noijchictti efinceri Si come puri e candidi colombi

In due fio honoratifimo gètiVhuomo è ima cortejla in* •finita puna bontà fondata con altifime radici^ una dottrina uaria degna neramente d'huomo noLilc y et tutte (Quelle ho» fiorate (^ualitdfipojjono defiderare ^ cpiefii e fi amico deU la inlla:>chefouéte figge la città di Melano per andarfe^» ne d jy^illantefuo feudo p Cr loco fi piaceuok p Cr orna»

todi

DEL TAEGIO. r?

to difuperhe fibriche ^ C^ delie afij?imi giardini ^ (guanto altro fia nello (lato di Melano, Tra quejli honoratiJ?imi perjòna^gi uictte il cortcjh C^ dottij^imo Monfìrrnor Sfindrato grande O" illujlre Senator di Melano^ CT" rarijstmo ej] empio di uertiif (incili dopale moke cure^ che ^li apporta VhonoKitiJ^tmo grado Jìio lajcia JJicjJe volte la città per godere l'aperto cielo^ ^ amenità della J^lendidij^imi mila di BellaJìo.JMa douc refla il dottij^i^ vtOy CT* giudiciojìjjìgnor Cejare Simonetta;, il quale con grandtj?ima recrcatiofte d'animo conjuma i Giorni Cuoi nella piaceuoh mila del Cajlellazzo> douefra infinite co» je degne di meraniglia:, ha d più bello & delicato qiardi^ nO:> duo mi uedej^i mai. P. Deh non in annoia ^ ditemi come é fitto quello bardino, J^ . Il loco è cinto d'attor'^ no duna pongettftma^Jvltay CT larga f epe:, la civaie noti Jolamente lo difende dalle greggiC;, CT dalfiror d\^ ^ (^uilone : ma allajlagion nouellayjjiargcndojoaue odor e ^ allegra d ben piflofentiero ;, CT prejla il nido d nulle tia^ gin augelletti^ che con noue C dolci rime Varia adolcen^ do cantano i lor c^mori. Ejjo ha d'intorno da fe^^ per lo mezzo in molte parti itie con dritta Taglione fi ben mifurate:, C^' a dritto occhio tirate:, che effendopari i can* toni:, O" leficcic uguali;» l occhio al mirar non nefente of^ fifa alcuna;, ne fono kflrade troppo ampie ^ ne fretti/ti^

me^y

rs I^ A V I L L A> D I A.

tm i mu tali, che ben confinno al delicato giardino. Valirt parti poi di clucflo piaceiiol locoj oue deono albergarci Jìori;>^rherbeJJtrgono(luadratc con uag^oaJpetto-^O* tra lor diftinte^ et pari, Longo i calli y che iauolgono in» torno d detti iptadri s'alza la palidetta faluia , il uerde rofmarinoj Volente fpigo, il iiago mirto ^ il crefpo hujjoj il tenerd lenttjcojl pongente genebro;,d parnafìco alloro, Yhumd corbaxzolo;, CT altri fUnili arbiifcelli;, che ordina» tamente pofliyO^ tenuti ba/?t dalla maejlreuol mano del faggio cultore sferrano tutti i jentieri del felice giardi» no. Il camino principale ;y che parte d luoQ^o in croce:>è coperto di pergolati di nouelle uiti^icui lati jono cpiiaji tutti chiufidi rofai;, Q^ gelfomini;> che fi grande C^ grato odore: rendono per lo giardino^ che in nero parc;, che tèi fieno tutte lefpecierie dcllOriente, Et le flrade fono fi ben difhCe dal Sole^ che dognhorajotto odorifera et pia» cerni ombra fenz^ ^jpr tocco da raggi di (Quello ui fi può per tutto andare. Le piante poi fi)no con merauigliofo or» dine pofìe, O* di ([uelh;, che fono tanto lodeuoli^che Vaer noflro patifcono cjuiui grandtfitma copia, j qiiiui fono fenz<tfine gVingeniofi innefh ^ che confi gran memuiglia al mondo mofirano^ guanto fia Vindufìria d'un accorto giardiniero, che incorporando Varte con la natura fi ;> che damendnc ne riefce una terz<t natura^ la ([ual caufa ;, che i

frutti

DEL T A E G I O. e^

Jriitti fieno iluiui piujap oriti ^ che ahroue, v-^' fftati delira in Ciapo del giardino un praticello dipinto di milk ua^ rida di Jìorh oue Vaurcjoaui ^ cpiajì Jra lor Jcherzando dolcemente finno tremolar le tenere et minutijùme hcrùct» tCp O* in oltre qiieflo ameniJ?imo prato è chiujo intorno di verdi C^ mi limoni;, aranzij ^ cedri;, che pendenti ^frep chip acerbiy^ maturi haueano i pomi loroinjìeme con i fuoijiori.T accio gli odorati^pretiofi^ O" rari arbufcelli^

portati fin dalle parti d'India ^ che illijlrano la hellezz<^ di c^ueflo aprico loco, Taccio uno ombrojop CT diletteuole boschetto p oueforgerfiuede il drttttfimo i^yfùete^ la ro» hujla (^uerciay Valto/raj^inop il nodorojo cajlagno^ lecceU

jo pinop Vombrojo-^ggiOp il Jragde tamarijcop Vincorrut" tibdtigltap lOriental palma p il fiinebre ciprejfo^ il durif

Jimo corniOp Vhumil falcio^ VameniJ?imo platano ^ CT altri bellifmi alberi^ i quali non fono fi dfcortefi^ che con le lo» ro ombre uieténo del tatto intrar i raggi del Sole nel bel bofchettOp anzi l'herba^ che neper dètroper diuerfepar'^ tigratiofamètegli riceue, Quindipoi nafcono diuerfe ma^ nieredi canti d uccelli;, i quali fi dolcemente cantano^ che mentre Vhuomojla intento alla loro harmoniajj^ejje fata non s'accorge p chel loco épienojorfe di mille varietà d'w nimaluli accio mille rijpnfli recefi dellamenifimo giar^ dinop intorno al quale acanto allafiepe con foaue mormo»

M rio

rio dtfcorre un rujcello d'achilia procedente da una chiara ■fontana;, che forge nel mezzo d'una grotta^ che giace dal canto fini flro del giardino ^ CT* dell accana:, chefaprabon^ da dal pieno della fontana;, parte attornia il giardino ;, ZT parte intra in una belltf^ma pefchiera intorno cinta di iiogQ-ioli di marmo bianckij^mo^ CT ornata di merauigho» fi intagli , marmoree figure^ CT* infinite belltfime unti» chaiej che par C;, chejliano d contemplar la uaghezz<^ deU la notabile pefchiera t^ oue fi ueggono i pejci tn frotta andar notando;, C?" talhor fguizZ(^ndo ufcir agalla ^ CT* Vaccina è fi pura^ tran^uilla^ CT chiara^ che gli occhi c/e riguardanti fenz^ impedimento alcuno mirano la diuerfttd delle pietruzz^^ che fono al fondo '-^ C lejiatucj che fono intorno ;,come in un ben polito fpecchio fi ueggono parimen te nellaccluai^ ondHo ui prometto e giuro ^ che alcuna uolta nel nafcere;, ^ tramontar del Sole^ ho uiflo cofefi belle ^ CT merauigliofe nella detta pefchiera ;, che mi parea uifp un altro mondo *y ^fi dolce m'era ([ueflo errore^ che non certezza;, che l'^ggf^a^J^<^fJ^* Taccio infniti altri miracoli di cine fio loco \ Et non foffe^ ch'io non uoglio mefcolar le fiuole col tieroj dirrei^ che cpuiui :> CT non in Cipro Joffe il regno di f^enere ^ CT delfuofigliuol Cu/ pidot^ ([uiui ogni cofa ridcp C?" e ripiena d'amore y di gioia, er diìlupon^'y c^uiuifempr e fi ueggono nuoue merauighe et

piaceri^

DEL TAEGIO. 69

piaceri. Ma eh piti ;, (J^mi ijiori CT l herbe nonfolamen/ te dilettano qli occhi corporei dejjiettatori ^ ffia d'un foa^ ui/^imo cihopajcono ancora cptiegli della mente ^ perciò che dentro de quadri fi ueggono di belhj?tme impreje con motti Viotto arguti j CT ingenioji*^ O" cofi quelle come cpie/ìijo^ no compo/ìi dijìori, CT di minute ber ietterai che bijogna ben chejìano ddigenti quegli occhia che per f]iejJo ^ ch'ini Ji torni non ritrouinojempre cojè noue;, CT* degne dicovjide* ratione, JDi maniera;, che ragioneuolmente a que/ìo ame» mJ?imo giardino ceder deonogli horti dellHcfJperide;, et di^^donip et infua lode J])argerji dourebbono tutti i pia purgati inchio/Jri. P* J^oi hauete detto di gran coJe\ ma (^ come fi dice') mi dubito ;,che non fiate Jlato per un porro dfare un bel mazzo : ma (Jè non uincrefce^feguite d dir» mi quali fieno quegli huomini diJpiritO;, che lafcino le citta. per le uille. J^ ^ Qonofcete il S, .Aurelio Cattaneo* "P. Conofcolo per un gentiliJ?imof^iritO;>et huomodibuo» ne lettere, T^ , hlon ne lafcia egli la città di Milano 3 doue puojlarjene agiatamète^per uiuer nella fua amenifi^ ma uilla di Cernujchio, Et che dirò dt mejpr Gio^^^m* brogio Monetai^ Ferrante:,^ Lodouico;>frateUi^ i qua» li, mercé di quegli animi:, chef per tempo hanno dato luo» go d i maturi Z^fintipenferij lafciandogli amori? le fi* Jie^ e i giochi;, che la fcapeflrata giouanexz<t porge innan»

M il zid

70 LA VILLA, DIA.

Xiii vìi altri} nella pidceisoliiilla di V onte di Seufiapaf/ tendono d ([uella nera FiIofoJìa;,che non s'innalza con men tite penne :, ne s aggira per le uaniui delle inutili qiieflioni 5 ma con certi? & jiiati paj^t nefcorge allajalute . Che di^ remo noi di Monsignor Giulio Simonetta;, chiarìj^ima hi» ce della gloria Italiana , non lajcia egli jouente la citta di Melano per goder la dolcij^ima compagnia d'^^ pollo ^ Cr delle JMiije ncllamena etfiltcifstma mila di TorefeU lardone egli per lajoauifd della do trina :>^ candore deU la elocpienzafua c/pejje iiolte uifitato da i dotti ingegni? et pellegrini giudici). T>oue lajcio il gentil? cor teje et uertiiojo Jìgnor Felippo Rainoldo*y d ([uale nella cognitione della buone lettere non folo contende con la gloria degli antt/ chi j ma poggiando per le 1 or pedate é pervenuto d tanta altezza di lode^ V honore? che gli lajcia d dietro ; (jiiefli è amico della dolce: libertd della uilla ^ che fi come il Sole co' r aggi jla in terra? non partendofi dal cielo ?coJì e^lifta co'penjìeri allajiiajàuorita uilla di Mo» nato? non partendofi dalla cittd di Melano Jn (pieslo nu^ nterouiene il Jìgnor Camillo Cafligltone Jpecchio della prudeza M ilanf:,il cpiah?tutto che Ihonoratifimogra'» dojuo Io tenga occupato in un cupo pelago de negoCì)?pur robba cpialcbe bora per goder un fio amenifimogiardinoj e ha poco difcoflo di Melano. Ver che taccio ilgenerofo^

DEL TAEGT O.-, y^

O* magnammo Conte Lodouico Secco^ il (^uak e fi vago della mila:, etjludio dille belle lettere cotato amiche del Ji» lentia delle campagne :> che Jpejje fiate abbandona M cla^ neper la fua ameniftma mila di F^tmercato ? In ([ttcjla nobile compag;ma mene il uertuoJij?imo fignor "Pomponio Cotta:, hiceniij?, lume di dimnità ;, il quale figgèdo talvolta dalle noioje carceri di JM ciano ^ hor cerca nelle jolitudini della fi ^ mila di V^arè di perder glialtri huominiper ri» tr Oliar Jlejjo:, hor fi alla caccia ^ hor al legger cofe appartened all'agricoltura:, et quando aljSr dipingere im^^ prefe con motti tutti pieni dij^irito et argiitia;, che al mon^ do fin chiara fede della bontà del fio for ito ingegno'^ O" fa le mirabili pitture;, che uifonO;,fi iiede lalta^ et incom^ parabilefbrica del merauigliofo theatro dcireccellentifi^ mo Giulio Camillo) doue egli con longa fatica nelle fette fpraceleiìi mifure rapprefntate per liftte pianeti:, tra» ordine capace ^ bafante:,diflinto^ et tale? che tiene fem^ pre ilfenfofuegliato , GT la memoria percoffa ^ <f^fd non folamente ufficio di confruarci le affidate cofe ;, parole? CT* arti? che a man faina ad ogni noflro bifog^no Ci pojfa» fio trouare^y ma ci da ancora la uera fapientia? ne i fonti della quale ueniamo in cognitione delle cofe dalle cagioni^ ^ non dagli effetti P* Fra le notabilcofe ^ che dette mi bauetedi hauer uifio nelle uilledauoi nominate ? quefljo

M Hi artif/f ^

7c L A V I L L A, D I A.

ardjiciojo;, mirabile p C^ dwitio trovato di Giulio Camillo

ottiene il prittcipato^y ma (Je per corte fia mi concedete^ che

Jìjìccia una breue digreJ?ione^ uorrei^chc con uno ejpm»

fio pili chiaramente mi cjjmmejle Vultimo effetto ;, che dite

fire (^ueflo tanto celebrato ^ jamofo Theatro. J^ ^ L\^

Jlejp> Giulio Camillo ui rijponde cojt dicendo.Se noiJvJ?i»

mo in un gran bojco^ ^ haueJ?tmo dejìderio di ben ueder^

lo tnttO:> in cpuello jlando ^ al desiderio no^ho non potremo

Jodtsjare : percioche la uifla intorno uolgendoy da noi non

ne potrebbe uedere^Je non una piccola parte ^ impeden»

doci le piante circonuicine^ il uedere delle lontane t ma

uicino d cpuello tnfife un erta;, la quale ci conducete foprd

un alto colle ^ del bofco tfcendo, dall'erta^ cominciaremo d

uedere in gran parte la forma di quello ^ poifopra il colle

if cefi ;, tutto intiero il potremo rafjigurare , Il bofco è

queflo noflro mondo infhriore^ Verta fono i deh j CT il

colle ilfpracelefle mondo. Et d uoler bene intendere cpie*

(te cofe injiriori:, è necejjario di afendere alle fuperiori^

CT* di alto in g-iu guardando di cpief e potremo hauere più

certa coqnitione. V, Gran cofe in nero fi contengonofotto

la granitica di queflo Theatro : ma perche gli occhi

del mio intelletto non pojjonofo-^erir e la luce de i diuini

concetti di Giulio Camillo^ uorrei^ che tornando al uojlro

f^ropofito perfeuerajle nella nominatione di quelli^ ch'ama^

noia

DEL TAEGIO. 7}

fto la dolaj^ima lihertd della uilla, P^ . i^pprejfo il mio dolcij^imo S. Vomponio Cotta viene il ^entile^ cort:j}^ O* amoreuok S. Iacopo Felippo Scrcgno^di^iutle con lo JJdendore della prejenzajua /J^eJ?i/^inte volte tllujlra la florida uilla di Caponago, Quello ijleffofì il mio ca^ roj CT dolce S, Girolamo da Elio con lafuajàuorita iiiU la di I^iguardd ; Et (guanto credete uoi che fiano amici della mllaj il S. Vietro i^ntonio Chiocca^ O* ilS.Fer» rame d'<^ da^fe Jèquejirati dalla Jrec^iientia degli huo^ ntini;, et tumulti:, che fono nelle cittd^je nejlanno continua^ mente in uillaMtj, perche lafcio d dietro ilcorteJe,et amo» reuole Monjìgnor K^ntonello ^^^rcimholdo^il eguale gran parte della Jtia uita conjiima in uilla'^ neji de tacer il S*^^lejj andrò Viola;, che tutto cj^uel tempo ^che può ruh» bare dajuoi negocvj lo difpèja ne' piaceri della uilla din» zago. Et quanto douemo noipenjar^ che ila ardente Vani» mo del gentiltj?imo S. Gio, "Paolo Cafato ne' piaceri della mila;, s'egli ha fio tutto il ripojo^ C^ tutto il contento dell animo nel goder fi la piaceuol^ima udla di Roiecco^ l^otrei addurui lejjèmpio delgenerojo S^ Pietro IVoua» to^ della cui uertute mijì di me éìieri^ ch'io taccia;, per non dir daltofoggettOj ^ roco^ O* poco ; que/li è tanto ami» co della uilla ^ che jolamente mette à conto di uita quegli annip chejlando ne Juoi poderi^ trapajja con molta fa Jò*

disfittionc^

74 t A V I L L A> D I A.

disfattione^Votrei qiieflo ijlejp) dirui del S. Enea Tor^ inello acadcmico pa flore;» alia ad zampognila più d gloria mi terrei di poter metter la bocca;, ch'alia Tibia di 'PaU ìadcyper cui Vinfolentc Satiro con fuo danno prouocò L^pollo< Ma dono rejla il nobile ^ uertuofo S. Gio, Francesco T orniello Giureconjidto eccellett/^imo^ il qua* hj come può sbrigar ;y 6 per dir megltOyjar un poco di trecrua con i negocij;, che cpuaji continuamente lo tengono occupato in NouanXy per rifJKtto del fuo bonoratifmo gradone nefiigge ali aprico ;,et filicijùmo colle di V^er^ gano^ doue con qran trancpiillitd d'animo gode la libertà^ C7* i piaceri della uilla f Che debbo dire del giudtciojo Zfy amoreuok S . Camillo GallaratO;, il quale col corpojld in jN Oliar a:, CT con la mente Jilopfindo per li ripofli lochi del monte Varnajo f Et perche non illuflro il mio ragionamento con lofplendore del chiaro nome della Si,^ gnora Vaiolante Sforza;, la quale tra le donne è un Solc^ the con la uertu de ragghi jJwi accende;, C^ infiamma ciaf cuno;, che per fa buona forte lauede a nero defio d'hono» re\ quejìa genero ja TDonna è fi uaga degli hone/li dipor» ti della uilla;, che Jpejfe uolte lafcia M elano per uiftare gli ameni giardini di Caranaggio. Dopo lei uiene la nobi^ Itftma:, ^ magnanima Contejja Mafimigliana;, la qua^ h^mtìjcom^ donna j m^t come cofa non mortale riuerir fi

DEL TAEGIO. jy

delie 5 predo eh ella di nera rehqione ornata e tutta piena del titnor di DiO;, CT o^nijita parola :,ge/lo^ ^ atto è chiaro te flitnonio dt jomma mode fiiUjZfT' di quella tanto lodata honeilàj che tra le uertù delle donne ottiene il pri^ mo loco) Qj^ejla miracoloja donna^ perjapere quanto fia accomodata la uilla all'altezza de jiioijanti pejieri:,et qtian to Dngegno juegliato dal locojjnnga gli fjnrti generoji alla cotempla(ione;,Jonente cangia Melano colfuo-jilicif?^ Cujago . Hor doue lajcio l honoratijlima S Gineura Bètiuoglia;, che in compagnia di Diana^ CT delle cajle fue. ìtinjvper collie piaggie;, uallij ^ bofchi tutto difeguen» do le figgitiueJiereflVefi de lajciar d dietro la dtuiniCsi^ ma Caualliera F^tfcontc C^ Fiejca;, rarijsimo ef[empio di hone/ldycon la quale coronando et adornando lincom» prenfibde bellezza fia;> che dal uoltO;, dalle parole :, O" dalle maniere fiilgentifsima jjdende :> rende felice que/Ia nojlra etadet^ CT d quelli;, che hanno fi fir te intelletto:, che. non fi abbagliano nellojjìlendore delle uertù CT bellezze ^ che fono in lei, fd palefe quanto in donne pojja porre di perfcttione la natura ♦, Et per che ^ come buona moglie ar^ de nella uoglia delfuo amatfsimo conforte agghiacciando ne' propri/ alfetti:,conofcendo:,chel magnammo CauaU Itero F^ifconte è molto uago della caccia ^^de qli altri bonefli trajlullt della mila p anch'ella uuole ciò cliei uuole*y

N ^lufcia

7^ LA VILLA, DIA.

Cr lafcia uohntieri Melatio per goder infieme con ejjo lui VatneniU della jilicij?imct uilla dt Groppello t^ ne di ciò mi merauigliOy fendo ella un ricchifmo CT abondantì/?tmo Jvnte d'ogni uertih CT per ejjer nata CT nodrita nello alle^ groyJiorUO;, QT bea.tiJ?uno colle di Crauacuore ^ doue la bontà deWaricty lo perpetuo uerdeggiar delle cofliere^ la. uagbezx^ di fiorii la uiuezz^ de jontij lombra delli bof^ chetti:, la piaceuolezz^ delle grotte^ il refrigerio deWau» ra^ il mormorar delVacc[ue:> il lamentar de g^li uccelli;, con infinite altre cofe jirftiliyferbanofempreQ^giouanij^O' lieti gli habitatori del flicifimo colle j CT per me certa^ mente metto folamente d conto di uita quel tempo ;, che (gid fug-gitoper le guerre ^fletti nel caf elio di Crauacuore in compagnia del gentilif^tmo et uertuojìfimo S. "Pietro Lu^ ca FiefcO:,lucentifimoJ^ecchio di diuinitd;,^ huomofi amico della quiete della uilla ;, che lafcia laforidtfima cit' td di Genouaper uiuere nelfuo piaceuolcj, et non mai d ha* flaz^ lodato colle di Crauacuore. Et perche taccio la bel^ lifima O' hone^tftma S.Fauflina:,chefu moglie delibo^ noruta et felice memoria del S.Feltppo Sacco Vr efidente delleccellètifimo Senato di M ciano ^ quejla rara QT'glo» rio fa donna il più del tempo nefla in una fua florida O^ Jplèdidfima uilla\ doue ha un belhfimo;, et mirabdegiar* dtno copiofo di pellegrine piante^ 0^ pretiofiforij, che da.

ma

DEL TAEGIO. yr

urta chiarij?ima fontana per ditierjì rujctlli uègono bagnai uMt perche pajjo confikntio la bella ^ leggiadra C^ «er« tuofij^ma SJfabella P^ijlarina ^ nella (^uale rijj^lende un ramaio di diuinitd j onde non jolamente cpiahmche gran donna de noftri tempi ^ ma ciajcuna delle antiche Q al giii^ dicio mio ) agguaglia di ualore^ bellezz^^-) CT leggiadria^y qiiejlajapendo quanto meglio l ingegno fiorifca nelle jio^ ritc CT apriche piaggie:, che nelli chiufi alberghi delle cit^ tdj buona parte dell'anno dtjpenja nelle jìie amenij?tme uiU le.T accio la gentilij?ima S.Giouanna de Bojij :,che ogni anno lafcia la citta di t^igeuano per uenir in compagnia del Jtio dolctjsimo conjorte d godere Vamenitd della gio^ conda O* gloriofa uilla di Robecco, Taccio la nobiltjsi» ma O" uertuojifsima S.V^ittoria K^madea^ O" QriueU lai^ la quale parte dell anno dtj^enfa nella uaga etgratioja uilla d Imago infieme colfuo caro conforte. Taccio Vho<» noratijsima C?* ualoroja S. Bianca Vanfana C arcana;, la quale coljuo amatissimo confortejpende la maggior parta del tèpo nelfuofiuorito Tajerra^ CT amenijsxolle della Tieue d'^^nzino^y ouefi ueggono merauiglie injìnite;, O*

Gratie^ch'd pochi ti del largo de flina^ Taccio infinite altre Illufl. belle;, er honefìfsime donne ^ che nominar potrei '-i le quali fono più amiche della quiete della uilla^ che del romore della cittd;, er uengo algiudim

iV a ciofo

78 LA V I L L A. D I A.

ciofo S,FranceJco Suoli ^ ilcluale^ oltre Ve(Jer noùthfsi/ mo:, Cr de ipiu chiari lumi della fta patria ^ tale fi dttno^ Jlra ttefioi componimcmi tutti ripieni di dottrina ;, di/Jnri= tO;, C7* d" artificio ^ che non è^ che non prezzi :> O" ammiri i pretiofi frutti della fia dotta penna ^ ^uefii anch'exit lajcia Jpejjejìate i lajciui amori delle città per trajlullarfi in uiU la-i (pi^i^io co libri , C3" quando con la caccia. Ma voi Monfignor Tcrracina;, douejete ì d noi piace pur lajo» ìitudtne delle campagne^ d noi diletta pur la coltura^ C?* R)lendtdezz<t de giardini^ ^ duoi le fiere Mujeprejla^ no pur i calami jiioi bagnati ne dottipimi inchio/lri^che Cogliono temprare nell acque Cajlalie;, quando dalle lor •Qticbe uengono ajciugati) CT chi m'allontana dalla memo^ ria lofuegliato ^ pellegrino ingegno del S. Giulio Cla^ ro grande CT iWtjlre Senator di Melano y ornato di bel' Jif^ime lettere ;, ZfT' huomo tanto uniuerjale , che quegli^ che leggono glijcrittijiioip dubitano s'egli più Jtlojojojìa^ che oratore;, pia l^g<^tjl^:> che mathematico ^ più mathema^ tiC0:> che naturale^ più naturale;, che theologo^ più theolo^ gOy che profeta :,QrJinalmente più projvta.che miracol di natura ^ quefli anch'egli è tanto amico della uilla y che. buona parte deWanno uiconjumerebbeyje nonjvjje l'impe» dimento deljùo honorattjsimo grado , Et perche non uiene in compagnia di que^ijpiriti generojl Vhonoratifsimo CT

diuino

DEL T A E G I O. 79

diuino S. Gabrio Vanigaroìa^Joggetto da fcancdr tutte h dotte pene de i più pregiatijcrittori ^ (J^uesìi con una mi» rabil uaghezxa parole^ V* regal ntae/ìd dijententie^ pajjando per tutte le me degli Immani ajfetii ^ con piaceuol mouimento C^ dolcezza in maniera tnjignorijce delVaU trui uoclie^ CT reQ;ge il freno de gli animi noiìri;, che jS Jltipir il mondo con lagranfrza della fua fltce lingua^ qtiefli ancFegli è fi uago de i piaceri della uilla;> CT de i giardini;, che dallo JjAendore C9" uaghezz<t de fioi ameni poderi;, ben fi conofce (guanto fia rara la ballezz^ dellV^ nimofio. Hor uenga il Conte Girolamo Grotto GauaU Itero honorato^ Giureconjldto eccellente^ oratore meraui* gliofo;, ^ illiijlre agricoltore*^ (^tiefli^ nella fua bellifsima uilla di Robbio ha fitto jar giardini delicatifsimi^doue Jpiegatefi ueggono tutte le pompe della nobile arte della» gricoltura. Ma che dirò di uoi S. ^^nnibal carro ^ che per le merauigliofe uojlre qualità in luogo d'incenfi meri/ tatefempre ifoauijsimi odori di cptie fiori;, che tutto di co» gltono le dotte ninfv nellafommud di Varnafoyd uoi piace purfommamente la liberta della uilla ^ come quella^ che è molto più atta olii uo/lri honoratifimijludij pche la feruta tu della città. In queflo numero uiene il S. s^ le jj andrò 'JPiccofominiflofJo eccelld qual copofe la maggior par» te delloperefue in uilla^ V in quel fio felle e C^ tanto me»

iV i i i ntuigliofo

80 LA V I L L A, D I A.

rauigìiojo giardino di Siena;, delcluak éfj)iirfa la fitna fer tutta Italia, Mot uenga il diuimJ?mo S.Spron Spro» tii^ il quale in fi fitta maniera Vanima dejuoi uaphi C Jor- ti componimenti toglie da ijacri finti della filosofia ^ CT* il corpo da i fioriti giardini della poefia^,^ dell arte orato^ ria^ e he:, fi (come dice Vithagora^ Vanirne nojlre jPW/^* ro dullun corpo aWaltro dirrei ^ che TDemoflbene;, Cice^ ronep Homero^ GT P^ergtliofijfiro tutti infiieme in lui, ferlamerauigliaoche al mondo dellaltezza del fio diuino ingegno ^^ quefli anclngli è tanto amico della uilla, che niente più . Ma perche pajjo confilentio Veruditi/ìtmo S.Claudio Tolomeiy il cjuale gran parte dellannofieqtte^ (Irato dalli romori delle cittd;>fie ne gode ilfilentiO;, (^fi* Ittudine della uilla;^rinfirzando la fua uecchiezz^ con lo accrefier de i beni dell animo, Hor douefite noi il mio S^ Giofippe Bettufi, noi chiamo in te/limonio delVamicitia, che fii fcmpre tra la uilU;, CT la uita contemplatiua ^ noi prouate pur tutto di cpttantofiia dolce la liberta delle cam* pagnc;, ^fioaue lojìudio della filofiofia. Ma doue rejla il dotto C^ ualorofio S* Conte Clemente da "Preda:, il (puah èfii uago della uilla;>cha lafiiato Melano :,Z^ Vauia^per andarfine d goder gli ameni colli di Firenze in copagnia del dottifimop <D" ficondifiimo S, Lodouico Domenichi:, il (jiiah s'è procacciato uita dopo la morte con Vanima degli

inchioflri^

DEL TAEGIO. gt

inchioflri, CT" con loj^irito delle penne ^ ne manca tutto il giorno di Jìr cojè:, che al mondo janno chiaro te fiimonio della finezza ddjiio ingegno ^^ danno altrui f)iutoflo caujk dt werauigharj'h che ardire di poterle imitare*^ c^ue^ ìli anch'egli è molto amico della uilla^ et ddiallegria delle campagne Et perche taccio il nobile :, C gentilipma lylonjtqnor Landriano con lajtja tìuorita mila dt F^idi* golfi:, doue ha un florido O" incomparabde giardino^ nel quale oltre l'altre infnite merauiglie^ ehm fono ;, in mez/ zo duna bellif^ima pefchiera giace una fi molle y delicata^ ^ piaceuoleifoletta:, copiofa d'aranzh cedri;, O" limonh CT ripiena di diuerfi ^ CT manfueti animali ^ che ragione^ uolmente alla uaghezza di lei ceder dourebhe la bella ifo* la di Citharea:>diColcO:,d7thicaydiOgigia:,di Baia^ d*^ndro ^ di Cipro :, d Fatica ;, di Etalia > di Leno^ d'IJchta^ con quante altre fimofe i fole furono maiìEt per^» che non fi mette in queflo rollo il diuino ingegno del mio S. .Antonio ì^olpe y il quale ha con la dottrina delle, buone arti accompagnato ti conofcimento delle poetiche ^ et oratorie dtfcipline in fi fitta maniera;, che non huomo^ per dotto ^ficondo;, ^giudiciofo;, che fa, che fi bene^ co» me eglh Ihumtli cofe alzando^ le alte abbacando ;> le lafci» uehonejlandoy^ allelieui dando grauita^ i fuoi concetti fp^^g^>i":> ^we/?/ qualhorfi tregua con leficendefuefi ritira

in udla

LA V I L L A> D I A.

in tiilla) oueramenfe al Jamojo mufeo della fzlice memorici del dottiJ?mo Giouio^ CT qiiiui ( con gran ([uiete d'animo) Ce ne gode i piaceri della uilla. Et dove rejlalojuegliato^ raro^ CJ* dtiiino ingegno di Alonji'gnor di Brera;, il t^io» uane dico, il ij^uale ne iprctiojijrnttt deljlio pellegrino in» gegnopCon una jior ita V rimaneva di parole JcieltepO* con iinfruttijiro ^^futonno di leggiadri cocetti p fi ben tejpndo rutile col ddettO:, cb'ei uiuerci immortale nella ///e- moria degli huomini CT tuttO;, ch'egli habbia nel più alto loco deWanimaJìia la deità di Vallade;> uonjìjcorda però di Diana j in compagnia della q^uale/pejje uolte cacciando le fiere d uifttarje ne tutti gli bojcarecci T)ij , Et per^ che pajfo con filentio lo Jllujl. f]^lendidoj CT ltberalij?imo jMonJìgnor Ottauiano ^^rcimboldo;, huomo di lettere^ & cojlumi;, tempio di nera religione;, Z.Tji raro esempio di bontd^che ognuno ama;,oJJeruapZlT*(J^uaJi adora la bellezz^t-^ candore dellanimojuot^ cine fli ancFegli è ji ajfettionato alla mila di F^iboldone-^ che'lpiu del tempo ut dimora con tutti Quelli hone/li piaceri;, che fi pojjanopi.^ gliare in Cimili luoghi. Hor doue rejla d ualorojo S J"^i» cenzo Falcutio Senator eccellente;, CO" per fona di gran merito;, O' tanto uaga della utllap che tutto il tempOy che gli auanzct dairujpciofuo lo Jpende nello piaceuoh;,^ jilice M ir abello neramente bello da mirare ;>^uanto altro

ameno

DEL T A E G I O. jj

ameno luogo ji troni ncirinjubvia. Et perche non fi de ajcriuere d que/ìo h onorato rollo il gentiìifmo;, CT dot^ ttfimo S, Gio, Francesco Sormano f^icario generale dellL^rcinefcouo di Afelano^Z^ amici/Simo della tiillaì Et che diremo del M agnijico ^ liberale S.Gio. Taolo Cofano colfofimofoj^fegnalatO;, C!^ fèlicif imo giardino j e ha nella Jplendida O' jloridifima uilla dt Gujano^ doue tutta la nobiltà d'Italia concorre d vedere le merauiglie delVamemf imo loco :,iluiui lordine merauigìiofo^la eh^ ganza CT nouitd de fiorii le zifere:, ZD^ groppi fitti di mi^ nutij?ime ber bette ;> la bella difpofitione delle piante for e ^ Jliere tutte pofte con una paritd^ ordine;, mifura^ CT dirit* tezx<t incredibile 5 ipretiojì fmplici:, chwi fi ueggonofi perdi O" lieti d'ogni tempo ^ che (jtiafi dir fi potrebbe^ cKiui entro fvffe

La Sythiap VEthiopia^ i Gadtj, e g;VIndi 5 Lepiaceuoli uerdure intejjutedi buffot^lartificiofo mon» ticello;, dùuefi ueggono tanti pa fiori :, luoghi di Hercmi^ ti^ grotte;, Satiri;, Fami;, Seluani;, Driadij et acque chia» ridirne;, che da tutti i lati furgendo porg-ono allifhettatorì non manco merauiglia^^ piacere;, che gid fi ficejfe d Lijjandro Lacedemonio lo mirabile ^ Z^ celebratiftmo giardino di Ciro de Verfi, Hor doue lafcio il gene» rofo S.GioMattiJla "Zarbellone'yhuomoji ripieno di uer*

84 JL A V 1 L i. A, DIA.

tih CT ^entilezz^^ ckejjnrafemprefior qtialche bello e/^ fvtto confirmc alla nobiltd dclV animo juo:, qucfli mena parte de Jiioi giorni trauqinlli nella gratioja. uilla di Gor* gonzolaj locoji bello 27' amno^che^ ijliiptre chi lo uede^ In quefìo numero laene il magnanimo C ilhjjlre Conte Mauritio da "Preda F^cjcouo di F^tgeuano^ CT Sena^ tor di Melano;, il canale non è meno amico de gli honefli piaceri ddla uilla ^ cKeifia degli honoratij^imt jìudt delle belle lettere. Hor doue hjcio il gentile^ corteQ:, ^ tier^ tuo(iJ?imo (ignor Camillo Porro Giureconjulio eccell O* hiomo di fi gran nalorey CT configlio :> cìno non m^aj^icu* ro entrar nel campo dille fie lodi^ anzi > come notturno augello;, non pofjo Jrrmar gli occhi nel Sole de i meriti fuoi degni neramente della dotta penna di MjTullio^ ò di Demojlhene'yMaficomegid nonfi lecito ad alcuno dt^ pintore^ nefcultore dt rapprcfntar Vimagine di u^/rp^ fandro M agno ^ fuor eh a LifippOp CT Z^ pelle, O" pur non rejlauano perciò ^li altri dipintori di ridurre il regio ajpetto ne i loro ejjempi ; cofi bora interuiene al mio doU cif?imo S, Camillo :, foggiato folamente degno del detto Gr eco ;, slatino Oratore;,^ pur Vamore CJ'feruitù^ eh IO porto alla uertùfua mi sjorza a dirC;, ch'egli ha la^ nimofuo adorno di tutte ciucile lodeuole partii ch^fi ricer^ cano nella uera^ bonorata^ V felice uita dclVhuomo nata

nobile^

DEL TAEGIO. gy

nobile > et che fupem nella nertà I-^Icroica nonjlAo c^uahif due gran perfoiiaq^iO;, che ne i tempi nofìrijì troni j m<t cujcheduno degli antichi : onde ejjendo egli ar rinato ali* indiutfihil ponto :> doue cojijle il mezzo di tutte le uertù^ reti defvliceyjamojliy C dtuina la citta di. Melano infiammatt do ognuno col fio raro ejjempio d uero defio disonore et gloria*^ f^e/ìi anch egli prende un diletto incredibile dine» dcre le uillejìie belle:, liete ^ ^ ben colduate'^TDcl che ne fi chiara fède lo ivlice e beato loco di Qaluairato ^ douei ogni coft ride:» O" fi mojlra di gioia;, et d'amor ripiena^ C^ doue laCipiaQch'é l'anima:, et lofpirito del terreno^ è fi abondante^ che da ogni banda frgcr fi ueggono uitiefn^ tane, che f or redo per diuerfi rujcelli confane mormorio hanno irrigando tutte le parti dell ameno giardino. Quiui ritratti dalla natura;, CT dallartefi ueggono ifuperbi ut* tiai-di Lucullo*^ ijamojì bagni di Gordiano j rameni/ìimo bofchetto di Tibet io^ CT il luogo ripo/Io della Capriolaci gli uccellatoi di Cefare u^ngtfo:, ipomi d'oro delVHe^ fjreridc:, ^finalmente tutte ([nelle dclitie^ che anticamente, f irono ne i delicati giardini di Media. Tra qvefii uiene il molto illujlrc CT ualorofo S, ,^lef andrò Cafttglione Caualhero di gran nome^ ornato d'armi;, di Uttere^ CT di coflumi^ zrfopra tutto d'una dolcfima honcfìà;.C" d'unti honcflifima doIcezz.^?aI(^ualcp mentre jludiauo in Tauict

O ti fono

ger LA VILLA, DIA.

fortojlato amico :, QT bora per le fue rartfime^ CT merdm m^liofe qualità Iho infomma rUierenza;, ZT tanto più Va» mo C7 Ojjeruo;, ([nattto intendo cìùgli è amici/?tmo di tutti i trajlulli ddla uilUp che fi conuengono ad Imomo nobile C^ ben creato, Q^e/lo ijlejjofi può dire del fuo gcntiìij^imo

JratcUo il S.Gio, Francefco CafligUone huomo parimen te digran merito, CT* uago anch^e^li della uilla^ & dell^ amenità- O* allegria delle campagne. Ne fi dèpajjarcon

Jìlentio il mio dolcif^imo;,^^' cortefefignor Giojeppe Giof»

jano rariJ?imo esempio di utrtà C7" bontà '-^ ijue^i quelle poche bore;, che gli auanxano daljuo bonoratij^tmo ufficio del dottorato le di/J)enfa nelVameniJ^ima inlla di Gtojjano^ hom in compagnia d'i^pollo;, O" delle Mufe:, bor con la caccia;, alcuna uolta con Vuccellare y/}>effo con la pej^ caggione;, quando con Vagricoltura d'un (ito aprico et fio* rido giardino^ C7* quado nel corner tio d'altri honoratif?imi aentilhuomini, Q^e/io ijlejjofì nella piaceuole uilla di i^rluno il gentiliJ?imo fignor Gio, Battijla Litta:igio/ nane difpirito-^ CT digrandij^imajperanza:, O" molto ua^ go della caccia C^ dell uccellar e. Me pajpró con filentio il mio caro O^ generojo fignor t^lejjkndro Concilo* nero ;, d quale tutto quel tempo ;, che può ruhbar dal jlio fublico ZT honoratij^imo ufficio;, lofpende nella deUtioja^ V felice uilla di Senago^ et della Confllonera-^ oue mer»

ce della

DEL TAEGIO. 87

ce della ftta induilria hajatto iwiidia d molti col ridurre grhifpidt dumi.ipofigetitijlecchiy kjj^inofe vepri;, itiete* nofijterpij gli acuti primi:, gli aJJ)eri rujchipglioffenjiui triboli:^ ^k arride Jabbie in fiorite piagge;, uerdeggian» ti prati:, amenij?imi giardini^ dikttemli ingncpaprici colli;, liete coiìtere:, ampli edifici/;, ^ fuperbe peschiere Jn cpue» Jlagenerofafclnerauiette il gemili/ìtmo Jtgnor Frattce^ ^0 Bernardino Riuolta con la Jtia piacenoli/sima villa di L^Cipiabella , luogo molto ameno fi per la bontd dell'aere p eluvi é perfittif^imo ^ come ancora per ogni' altra dote della natura^ che nella villa defiderar fifvole^ come fono accpiie chiare :, frutti pregiati ;, collie valliyfelue^ fiumi y prati p e giardini ripieni d'ogni vaghex<<t *^ doiic ihanno mille comodità per trattar ingannile cogiur e con* tra lafemplicitd de i pejci, C^ degli uccelli t ma qiialhora in ([ueilo JDrtunatifimo loco entra la donna;, nella cui «o- glia arde il detto Rivolta^ manifxflamente fi uede^ dulia col Sole degli occhi fuoi nuovo vigor porgendo alle pian» tC:, C?* allberbeyfubito le Ja fiorire;, ^ riempie Vaer d^at^ torno di tal dolcezza :> che bajlerebbe d ritenere il tempo ^ che mai non recajje la uecchiezx^t dgli hahitatori dififi» lice villa, Dove refia il dotto O' elocluente S. Gio. Pietro 'jTeJla;, il quale tutto che lEcclefiaìlico grado fuo lo ten^ ga occupato in Novara ^ la natura lofice però fludioflf*

O iti fimo

83 LA V I L L A, D I A.

fimo della uiìla CT ddlc lettere \ perche non ponao io in qi'ejh nobile ^ gaierofa compagnia il S. Gio. Iacopo T orniello^ d .piale mila dolce CT amatajolitudme rima* trnd) O' lutgundo per gli ameni colli;, et apriche piaggia di f^ergartO:,Jidd alpcnfar coje alte^ C7" eccellenti. JSlc fi de: tacere dgcnulJ?imo S . Gio.BatttJia TerzagO:,pf cerdote anclùgU d\^^poUoy O" delle Alujè , Ojf? ami* co della lidia ;,Z^ della caccia;, chejouente abùadona Afe* latto per lo Juo KojatcMt che dcbbiamonoi dire del mio dolct/^tmoyCJ* dotnj^imo fignor "Preciuallo Bejózzo^il quale tutte le uolte;, che puo-^r tregua con lefìcendefuefi ritira al fio amatìJ?imo Befozzo ^ ([uefio ifcejjò fi il mio car 0 /dolce :,^ amorenole S.FranceJco Tanigarola^ amatore de i piaceri della mila;, et degli honoratijùmi jh* dij difihfyjia^ J>erchc d cpteflo rollo non mette il tio^ bik;,^ pellegrino ingegno del S* Jacopo FelippoCri* nello ;, il (piale (j>ejjO uifita lafaa cara iiilla di i\/eruiano4. JVefi de tacere il magnammo S* I^Iarc^^ntonio Boj^ foj il quale col corpojla in Melano :, C^ con la mente jìlofyjìrìd(y:,0^ poeteggiando per liriposh lochi del fio monte Parnajo di ^ZZ^> terra cofi atta d fimili jludij chel S. Girolamo Bojjojiftco eccellenttpmo;, CT Vocia rarrJ?iino non fi fa partire dalla Jolitudine dt ^uella^ QjA mne dgenerofo;^ cortejc;^ ugètihjsimo S^Carlo da Ca^^

patto

DEL TAEGIO. f^

(latto non men cacciatore p che perfhttipimo Corti^iano^ JSlefi de tacere ti dotto O'ficondiptmo S. Felippo Tie^ trafantay trtfieme col S, furio Camillo jratdlh ^ amen^ dnefi ahi della uilla:, che quelli uijla continuamente:, O* duegli per lofommo piacere:, e ha del cacciare ha cowpo» Ilo nella uilla di Marcatutto un opera neramente dilette^ uole^ dentro la quale utjonojeminatt molti ragionamenti^ e (opra ogni cofajì ha tolto di lodare con dottojlile la cac» cia^ &'t piaceri j che da leijt prende. Hor doue fono gli non mai d bajlanz^ lodatijratelli il S* <^ lejptndro:, CT SXjio.Baltijla Cafìiglione amici amedne della uilla ^ per ejjer quegli cacciatore :,Zfy quefli poeta eccellenttjsimo^ Ut che diremo delPkonoratrfsimoJIgnov Girolamo Tofo^ il quale tatogradtjce Vamenità delle campagne:, che vicino al nauilio maggior di Melano j ha ^tto fir un loco^ che cimata aljìlojojareì Qj^e/loijleJJoJi può dire del noi ile j CT* corteje S. Iacopo Briuio^ il quale anch'egli tanto pre» già la uilla:> che in Carpianello hatìttofire i più belli g^iar dmi^cheuederjlpojfano. Et perche non pongo in qucjlct (jonorata compagnia lo fpleridtdtjlimo S. Ottaviano Cujcf no^ che quatunque alla Citta habbia un delicati fUmo 0ar^ dino, 0*fia occupato dalle infinite ficende :, che gli da ti vicariato di prouijione;, nondimeno tutte le i ohe :, che può ne a godere anco i piaceri della uilla. Il medefimofd^

lamoreuoh

90 LA VILLA>DI A.

Vamorcuoìe^ CT magnifico S. GaJ^ar Birago t^O'ilS^ Lodouico s^madeo;, amcndue amicij?iwi della uilla * ma doue lajcio ([nel ttolnlc:, C^ pellegrino ingegno del S, JS/^i* colò Secco ^ anzi uerde perpetuamente nella memoria, de gli huomini^per lefne rare ^ merauigUofe qualità ^ que» ìli e fi amico delle buone Ietteremo' dell amenità delle cam^ '(<^gtte^ che buona parte dellannoje nejla àtìlojofare ne i ripolìi recejìt della Jua aprica:, & ftlictfsima uilla. Et che fi dirà del dottissimo 3 ZT eloquentijsimo S. Gto.L^ngeh RitiOp il quale tutto il tempo^ che può rubbare daljuo ho» ttomto ufficio lo conjuma in compagnia delle Mufc negli ameni giardini del jiio amatissimo Caflelletto*^ ma doue la» (ciò VaccortO;, Z^Jaqace S* Lucio Cotta con lajiiafiuori^ ta terra di Olbia-, nome in nero conueniente ali amenità del loco'y perciò che Strabone non uuole ^ch'altro fignifichi duella noce;, che loco beatot^O* certamente ^je Vlinio nipo» teamicijsimo anchegh deljìlentioy & dellajolitudine del* la uilla ^come io bauefse uiflo la delicatezza di queflopia-» ceuollocoyla bellijsima firma delledijicioja uaghezza del Cito, l'allegria del uerdeg^iante terreno;, la chiarezza del lucido CT aperto cielo j chHiii fi uede:, i fioriti colli;, le ombrofe ualli^ V le fefche fontane -^ chefoauemente mor^ Plorando circondano Vaprico loco j gli farebbe uenutoin dijhratia ilfuo Laurentino, Il medefimo haurebbono fìtto

Marco

D E JL T A t fjf 1 O. sx

Marco Catone Cenjorino col jìto ameno Sabino, hi ^ Tullio col (ito fiiiorito Tujculano ♦, O" Herode filojojo L^thmeje con la Tua cara CephiJìa.Et che diremo dello iìlijjlre:, & dottij?imo S^ Marc .Antonio Calmo Sena^ tor de^nij^vno di Melano \ del iiertuoJiJ?Lmo 5* t^lef^ fandro'^ delgentihj^mo S,Gio.Battifla\ O" delcortefe et amorevole S. Gio, .Alberto ^fuoi honoratij^imi fratelli ; nelli primi tre di [[tiefìi quattro pellegrini ingegni jiortj^ cono le belle lettere *yoltre^ che del detto S. ^^lejj andrò la profonda cognitione dellajilojojia mathematica ^ dima CT naturale accompagnata dalle dijcipline oratorie^ et il^ lujlrata dalla bellezza de cofliimiy non Jolo rende chiara C^ fortunata la citta nojira di Melano ^ ma ha fio an» Cora laJSmafua in camino;, che uelocemente battendo lali^ porta il Juo gloriojo nome a consacrare al tempio delVe^ ternitd. P, Meritamentefì conjacra alla immortalità il nome d'ejjo S.^^lefjandro Caimo;, perche intendo;, ch'e« gli è ancor perfctttf^imo architetto:, CT che tra Vopere fue merauigliofe ha fabricato in un fuo bellif^imo giardi^ no una fontana :> la quale per fDrz<t d'ariamo fia di uento getta acqua quafi di continouo, f^. Io ho uiiìo quejla ar'» tificiofa et notabile fontana^ O" ho ancora difcorjo con lui intorno alla cauja de fi lodeuole effetto, V. Dch:>fe mi amate ;>infegnatemi quejlo bello artefìciOjCT di quello^

P ched

9t L A VI L L A, D I A*

DEL TAEGIO. 5^5

che d noi il cielo :,itijieme col detto S.Caimofii tanto corte'» Je;, non ne fiate fcarfo al uojlro a-ffettionatifimo ^^arteniò, il (J^ualejommamente defidcrajarne fibricar una fintile nel Tuo giardino, l^ . ISlonpoJJofir^ ch'io non ni compiaccia in cofi hone/ìo defiderio ; Vero hauete dfapere^ che tutto il corpo di qtiejlajontana;, che qui prefènte uedetC;;, ignuda prima:,et poi uejlita, fi parte in tre uafifegnati u^pB^C. C^ in tre canne gnate Dy E^ F* Dal primiero uafofc^ gnato L^". quale èfcoperto efce la canna E, onde forge Vaccpia:, CT dalle bande di detta canna fonoci due buchi^ Vuno de quali rifponde nel uafo B, neferue ad altro ;, che a poter riempir d'acqua efjo uafo B. Et laltro per la can*» na F^ mena l'acqua nel uafo inferiore fegnato C, Flora d uolcre:, che quefla fontana;, òfia machina di FFerone Q co= me la chiama il dottifimo Cardano '^ getti acqua '^ Vri» mieramentejà di meflieri^ che delli detti due buchi fi ferri quello ;y^ondepajfa Vacqua dal primo uafo <^, al uafo C^ dapoi bifogna che! uafo i^fi riempia d'acqua due^ 6 tre uoltefn d tanto^ chel uafo /l fia colmo della detta acqua j che inlui difende per lo buco aperto del uafoL^f^. qnal pofcia turato riempir fi deue il uaf^^.Zf^ aprire il chiù» fo buco della canna F. Il chejattofibitoforgere fi uedrd t acqua ^ pur che la fontana (ìa con tal proportione Jabri^ cata^ che la fa dtfcefa dal uafo w^\ al uafo C.fia mag»»

"P a giore^

54 LA VILLA, DIA.

giore^ eh la fahta dal Jondo del uajo B. alla Jòmmitd della canna E, 1>, "Perche cote fio f T^ , Perche natu^ Talmente non può montar più in su luna accana ^ che l altra (benda ingiù) onde procede ^ che (guanto maggior e fard la dtjceja deWaccptia del uajo \^ .al uajo C. CT minor laja» lita del uajo B. allajommitd della canna E. tanto più ^a» gltardamentcìy^ con maggior empito Vaccpiiafalirdjiior della canna E. C^ di quefh bijogna hauer gran cura^^^J" nonje nejcordare ^ perche io uijo dire;, che molti non ha^ ucndo hauuto alcun riguardo d quefìo principale:, anzi in^^ fiero fondamento di qtie/li mouimenti ji jono ritrouati nel tìrfibricar tale injlrumentOj hauer con li danari il tempo^ <fy il frutto del lor jludio perduti. V. U effetto di c[uejla fontana mi par miracolojo:, uorreip che degnaje firmi ca» pace della Jua cauja. Jy^. Haucte djapere^ che ([ui jono tre moti, due naturali;, C^ uno uiolento-^ Vuno de eguali e la djceja deirac(lua^ che per efjer graue naturalmente tende al centro:, et Valtro è lajalita dellaeret, ti eguale per ejjere di natura leggero $ innalza uerjo la jua regione^ il moto uiolento è iljalirc dellac(lua:,il eguale jicauja dalli due mo^ ti naturali dell'aere^ O* del^ac^a, P. In che modolj^ . tiauete djapere^ che prima il uajo C. è tutto ripieno di aereo ne hajc non duefpiraglio Vuno^ che ri/ponde nel uà» jo w^t per uia della canna F, CT laltro nel uajo B. per

mezzo

DEL TAEGIO, ^f

mezzo della canna D* onde lacc^ua^ che dentro ni cade dal uajò ^^ . èfirza:> chefpin^a raere:>cbe chiù fo Ci tra» nella canna F. la quale arriua jin apprejjo al Jonda del uaCo C*Cr rijoluendofi d detto aere in uento per la ca» duta etfjnnta dcllacqua*y ne hanendo altra ufcita^che c[ueU la della canna D, per hi afcende nel uaJo B. ripieno dac^ (^ua^ la quale jentendofi cacciata dalVempito del uentOj, che Cale per la canna D* ne hanendo altra uia da ufcire:, che la bocca della canna E. èfirza;, che per leifalendo^ccia leffetto^ che fi tiede*^ il qual piacere ha tanto di uita;, quan^ to dura Vacqua;, che fi troua ejjere nel uafo B, !P. Verche hanete noi detto :, che£ di meìlieri^ che la canna F, arriui jin apprejfò aljondo del uafo C? J^ ^ liollo detto :> per che la canna F, nonfojje tanto longa;, che arriuajje fin al detto fendo y doue lacqua chiude la bocca difetto d'efe fa canna :, fi che Vaere per lei più entrar non potejje ;, molto piufcdmente per ejja l aere falirebbe^che per la cana D* il che impedirebbe il defiato effetto della fentana^ P, Fi perche più fàcilmente ufeirebbe da qwejla^che da quella? f^. Ver che non puofehr per quella prima;, che non cacci fuor V acqua ^ che troua nel uafo B. per la canna E. il che è di maggior sferzo ^ chefecèdofiuia per quefla ufire per lo uafo i^^ T, Hor fi;,ch\o re fio ben rfoluto de i dubbi, che nfuegliati mi s'erano nella mente y CT benifeuno

2P i i i hinuets

96 LA V I L L A, D I A.

hauete fciolti i nodh che germogliauano da fi fitto ramo» ftamento) onde Vanimo mio^^cFera accejo di fi ardente de» fiderio d intender la caufa ^ onde fi riconojce ti bel effitto della fintana, bora s^a(lueta:,godc;, Z^Tjlima un bora mille anni:, che ne uenga alla pr oita, ^,u^ ciò uerrafi^ quando minor rete. P. Qjuejla i/])erienza diffcrfcoad Wialtrajidtay bora uorrei;, che rientrando nel uojlro prò» pofito tornajle agli honorati perfona^giy che tanto ara» difono lauojlrafiuorita udlapche lafciano le città per lei. P^. Conofcete il S. Conte Giulio Cefare Boromeo f P, Conofolo per huomo dotato di raro in^egno^ O" di aene* rofacortefia. /^* V^oi dite il nero ;>Z3^ hauete dfapere^ che (pie fio rartf imo gentiV huomo per effer non men flo^ fojo eccellente :,chefegnalato Caualliero è molto uago del» la uillay doue horfi da alla caccia ;, bor alVuccellarep (^ Jl^ejfe uolte alla contemplatione dt cofe alte O" eccellenti. Et doue laccio il S, Fracefco della Torre:, il S. "Pietro sintomo Fofjano;, CT il S. Gio. Batttjla i^rconato qiiefli tre cognati:, CT Cauallieri di gran fj^irito CT* ualo» re lafciano jl^ejj e uolte gli amorij lefvfe:, e i giuochi delle cittdper darfi alla caccia;, C2^ agli altri infiniti piaceri della uilla. Qjteiìo ifl^Jfo fi fouente il corag^iofo Conte JSdanfiè T orniello^ ©" tifo cortef:, C?" amoreuole cti^ gtno il S, Cefare Cafato ) cjtiesìi come e baggiano tutti

qiie

D b J^ T A Jb U 1 U. ^7

due commodi nelle città;, che defiderar fi poj?ino ^ j^ur jono fi tidghi della caccia, CT delle campagne p che gran parte della uita loro confumano luno nella piaceuole terra di Brtona, C?" l'altro neWamenipma mila di Contorbia, Et che dirò del S.Gio.Francefco CafttO:, il (gitale éfl inna^ morato della uilla^che c^uafi ordinariamente fla nel fuo JDeirago.Qjte/ìoifleJJo^ il mio S , Conte Dionigi Bo» romeo nella fa ^uorita pcfchiera.L^ i piaceri della mila fp^jjofi danno ancora il Conte Francefco, il Conte Fe^ drigO:, CT* il Conte Gio, Battifa Boromeip cauallieri di gran nome O^ ualoreJn qiieiìo numero uiene Vafentito et uertuof S.Carlo P^ifconte;, amico della villa:, della Ro» mana eloi^uenza chiarifimo lume;, et protettore de ifacer^ doti delle fiere JMuf non altrimenti, che già fijjerogli antichi Af ecenati. Fior doue lafcio Ihonoratifimo CT uà» lorofo S, Cefare da Carcano;, gentil buomo di gran me» rito, di gloria illujlre, CT tanto amico della uilla, che tut^ te le uolte, chef può sbrigare dalle cofe pertinenti algo/ verno della Republica,fe ne in uilla d trafullarfi con i libri, con la caccia, col pefcarft^ con Vuccellare^^!^ con Vagricoltura in cjiuel modo, che gidfolcuafire il gran Sci» pione ^^jfricano nel buon tempo de Romani. Qjée/Io iflejffi il prudente Conte ^^^nnibal F^ifconte Cattala liero^ V cacciatore fingolarifimoMt che dirò io dèi ma»

gnanimo

9 s i- A V 1 L L A> U I A.

gnanimo 5, Ferrante CaJlaìdo:,gioiiam di grandif^ima Jpcranza*-) ([uefii p^r /iìggir gli ociofi^ CT lafciui amori delU cittd.Jpefjefiatefak alla campagna^O* nella caccia Jegumdo le fuggitine jier e mojlra la grandezza del Jiio ualore. Q ueilo ijìejjojl può dire del S. Francefco Ca^ jldlanz^^T accio il S. Conte ^^lejjàndro Criuellojljt» gnor Guido Galtarato^ ti S. Conte s,^luigi F^tjconte^ il S. Dionigi BriuiOp il S. Conte Hippolito del MainOy il S. Baldejar Tu[lerla^d S. Conte Lodouico Belzo-» iojo) il S^ Gio, Batttjla Castiglione^ il S. Conte SJorc za JMoronep il S* Ce fare Tauerna^ il S* Conte Fran» cejco Borella^ il S, t^^lejjandro Cafliglione^ ilfignor Conte ^^IJonfo della Sodaglia ^ il Jig^nor L^lejjan^ dro Lampugnano;,il ualorofo fignor Capitano Girola^ mo Simonetta ytl fignor Vietro (.Antonio Lonato ^d fignor Fabritio F errar Opti fignor G$o. Battifla F^if» conte p il fignor Cojlanzo d'^^^da^il Jìgnor Girola» ma ^ il fignor Giouan Vaolo^ & ilfignor ^^lejjandra Simonetti fratelli^ ilfignor Hermes F^ifc onte ^ il fignor Giouan Maria F^tfconte^ il fig^nor HcrcoU Vagna^ no ^ il fignor Giouan Maria della Croce p il fignor L^lejjandro Graffo ^ il jìgnor Vietro Francefco ^f/» conte p ilfqnor Giouan Vaolo^^ fignor Giouan laco^ jpo Barzip^i fignor i Spetiani Jratellip il fignor Gio^

i^ndrea

DEL T A E G I O. 99

i^ndrea Torfiiello;, ilfignor Giouanni i^^rcimboldo^ il S. Criftofi.ro L^ppianOy il fignor Girolamo Mar^ lianoy ilfignor Lodouico Borroy ilfignor Camdlo Gal» larato :>il fignor Giouatt Batttjla S eregno ^ ilfignor Gio. Francefco V ir ottano ;^ il fignor FrancejcoCaimo, il jìgnor Camillo BiQ^lia^il jignor M ario i^rrigo» no? ilfignor SaJJo F^ifconte^ ilfignor Cefar F^tfcontc^ ilfignor Cauallier F^ifontC;, il f gnor Guido Boromco;, ilfignor Camillo CaJlellazZ0;> ilfignor Gio, Battijla Ca Jlel Mollato :, ilfignor Francefco Bar zu;, Ilfignor Con^ jlandno de Inarchi;, il Jìgnor Gio. Battijla Criuelloy ti fignor Gto.L>fn^elo Triuultio^ ilfignor Mario Bira» go^ il fignor L^ ntonio de JSfarchij il f gnor Camillo Cajlellazzo^ il fignor Gio^ì^^ngelo Coiro-y il Jìgnor Felippo Candtano;, il f gnor Vietro Francefco Reina ^ il Capitano Reinino;, il f gnor Lodouico del Conte^ il (i^ gnor Marc ^^ntonio CaJiellcttOpil fgnor Baldefkr da Ro;, il f gnor Manfedi da Rop ilfignor SaJJo Ri^ fo;, ilfignor Giulio Mouato^ il fignor MarCi^ntonio i^r conato:, ilfignor Gio, Battijla;^ Zf^ Jìgnor L^lef fandro Carcanifratelli^ ilfignor Caualliero della Tela;, il Jìgnor Giijjjar K^ifconte^ il fignor Otto F^ifonte;, il fignor i^nnibal Gallar atO;, iljignor Gio, Marco Fa" gnanop il Jìgnor Marcantonio Mugiano;, ti fignor

100 LA VILLA. DIA.

'Pietro Barbohj^iljignor Cefarcj CT* ^^IJonfo Barha^ uarifratellh ilfignor GioMattiJla Gufano ^ iljignor Va» rfs Burbauara ^ ilfignor Francejco Bernardino Ferrai ro yil jignor Lodoiiico Brebbict :,il fignor K^ntonio Francejco MagnO;, ilfignor Pompeo della Croce;» il fi* gnor Gio , (Alberto Vietrafanta yil fignor Giofeppc Sirtoriy il fi(^nor Ccfare Pictrafanta :>il fignor Gio^ sintomo :, O'fignor Pietro Georgia Borri;, ^ fateU li:> il f^nor Teodoro Terz^go^ il fignor Nicolò;, Cr* Opecino T" ornielli;, il f gnor Gio. Bernardino Caxz^:> il Ji^nor Rinaldo T or niello ;,ilfignor Gio Jacopo Onga» refe :> ilfignor t^lejfandro BriuiOp il f gnor Gio, Battiti (la Calhglionep il f gnor Bartolomeo da Locamo^ il fi^ (rnor Gio. Batti fla PiottOp il f gnor Marco ^^ntonio Bri! fato p il f gnor L^lticonte Caimo\Et infiniti altri aentilhuomini honoratifimi;, che fono amici/^imi della cac» eia? O" altri piaceri della mila, St i aiardinifono imagini delle uille? perche non abbelUfco il mio ragionamento col cbiarojplendore del uertuofftmo S. Pietro Paolo t^rrigono Prendente delì'cccellentif fimo Senato di Melano p huomo di altifimo ingegno ;, O* di gloria illuflrtfimo 5 quefli tutto il tempo ^ che può rubbare dalpro^ndo^ CT ampio mare de fot negotif:, Io fpende ne gU honcfli trajlulli dmfuo ameno cr delicato

luogo)

DEL T A E G I O. loi

liiOQ^o \ doue coji nella mirabile:, O* bene intej^ajahrica d'un

fuperbo palazzo :> come nel compartimento :> nelVordine ^ nella uaghezz^-^ CT nella leggiadria d)ifi jiio belliftmo giardino ^ moflra chiaramente la fplendidezza ^ ^ ma^

gnificenza dell'animo fw: Qjnui tra le g^randij?ime mera* uigliCy che fi iie^^ono apertametejì conojce ^ che il Grato ^ CT il Latto f])oliaronofeJlef?i di doriche colonne:, dt archi ampìj^imi:, CT dijlatue antiche per ritte {lime CT adornar» ne qiiefto reale albergo , E-t che Giunone priuò di pomi d'oro il florido giardino :> e ha nelle ejlreme parti deWOc» adente j per illiijirarne quello fvlice terreno 5 (^uiui è uenuto ad habitare ^^ pollo con le dotte The/piadh ^ lejìori» te Napee lor compagne^ le cptialijra ruggiadoje C uer^ di her bette:, anzi lucèti ^ jinij?imifmeraldi accompagnati da topazip zapkiri:, rubini <T perle ^ uanno tejjèndo belltp

Jìme ghirlande per adornarne le tempie del minacciojo Iddio degli horti) cpiitti cptiando nel cielo intorno all'auro» ra in Oriente appare d pietofo Delfino con Vi^^qutla ce» lejle^ Cr lafaetta d'Hercok:, V che F^erttmno ha prefo

firma di V^erno y "Pomonajà germorjliar le piante ;, G/ prignia dona uertn a mdle lajciue ber bette ^ CT Flora

Jj^argendo nouelli fiori non altrimenti :, che fogliano fare nel ritorno del dolce O* defiato ^^prile\Et quando il Sole Jfiega gli aurati fuoi crini fopra d feroce Leone^ C?*

Q^ i i che al

,01 LA V I L L A, D I A.

eh al primo imbrunir della notte la bella i^Jlrea fra le

Jalje onde attii^Jur fi uede \ cj^mi non Borea ;, non k^u»

Jlrojlride^ ma Zefiro jl)auetnèce fJ)irando tempra Var»

dorè di quella celeiìe caqnuola ^ che da Gioue fu pofìa

nel cielo ;, perche antiuide il mio uag^o p ki^rqiadro:, & uez*

Zojo cagnuolino : Et oltre i detti miracoli nello JJ)lendidip

Jìmo giardino Ji uede ancora un-folrij^imo;, ameno ^ C^Jvr*

innato bojchetto con certi fuoi beatijeggiy <^ coperti jcn^

tieri;, done pare^che neramente alberghi la quiete C^ tran^

qudlitd deWanimo :y C^ che per Jlanza tu jita Diana con

tutto il [acro coro delle Jue caiìe ninji in compaqma della

diuini/?.SA SS AB ELLk ARRIGONA

moglie honoratij^ima d'ejjo. Ss Vr e fidente;, la quale per ef* fere bellifima,honejltj?ima^ C^ in ognigrado di perjvttio^ ne perjvttifima y é forza :, ch'ella partmète infieme colfuo amatif?imo conforte ami C^gradifa il fio piaceuolegiar^ dmo p come uiuo CT naturai ritratto della uilla ^ nel qual loco da una fontana di bianchi/?imo marmo forge acqua chiarif?tma ^ che con grato f farro dtjcor rendo per dentro dellamenif?imo bofchetto y che accordandofi con lui il mormorar della dolce aura:, C^ ti cantar de gli uccellet» ti ne riefce una armoma;>che Varia addolcifce di maniera^ cluui mai non swueccbia : Delle quali qratie V* priuilegi le uaghc Driadc accompagnate da i lor fcltfaggi Dif mo*»

Jlrano

D E L T A E G I O. lot

tirano aperti fc^qni di allegrezza :> empendo con hojcarec^ ci canti d cielo ddjiio honorato O" gloriojo nome.T accio infinite altre mcraiiiglie di (lue fio beato locO:, CT concludo che lamemJ?imo giardino CT d magnifico Valazzoy coma due amanti:, d prona Vun dcll'altrojloprono i pregila pompe :, O" le ricchezza ^^^'^^ i -Qj^!/^'^^ f ^^ ejjìre adorno dellopere migliori ^ e bcbbero ji w pregio Vrajttele^ CT T^bidiaymojlra dejjcre contento d pieno d'bauere un com» pagnoft lieto :, fior Ito CJ" ftjìeggiantep et qiidlo aWincon» tro rallegrando fidi hauere unjt tiobde et pregiato vicinò ^ negli abbracciamenti di lui dolcemète impltcandnjija mille ripoiìi recefih che riempiono Vanima de riguardanti diitt merauig^Uojo piacere. P. Voeticamente CT molto gentiU mente hauete descritto quefto giardino^ ma non so coma comporteremo i dóiti;> che in proja nei vjiate h figure^ che fono proprie del iierjo. T^ . Ciò non faccio fenza ragion ne;» della c[uale ne parleremo altroue.V. Ripigliate adun^ qiie d proposito iioftro, l^ , Dopo il S. Vrehdente ueng^o algiudiciojo^ dottifiimo:, et corteje S. Scipione Simonetta ^ huomo di tanto ff)iritO:y conJì^liOj et valore ;> che mente /:try; Qjie^h ha> un/pledido^ fvlice^ et aureo giardino in Afe* lano vestito di eterna Vrimaucra^ oveji veggono cole ra» re;, meraviglìoje;, CT none ; (puiui larte^ <^ la natin-a bora dgarra luna dell'altra mollrano l'ultime lor prove ^ bora

Q^^ ili amenduc

loi LA VILLA, DIA.

amettiiie incorporate:, unite:, ^ ricocihate infiewejanno cofc Jlnpende, Et la tiatin-a tanto cortefc:, Z^jàuoreiiok fi mo/ Jlra à {[ueólo ben nato terreno^ che fi come diindctidofi le patrie delle radici^ de W herbe:, de fori j O" de gli alberi^ ad alcuni da lei per patria è data V^fia:, ad altri lEu^ rapa:, CT d molti V^jfrica \ cofi qtieììogloriofo et pri'^ tnìegiato loco e dato fio per patria commune d tutti ipre^ giati.^moJiyO" pellegrini f empiici. Qjjìuì uerdeggia d Rheubarbaro di Tur chiama colocafia di Cecilia Ja pia ta dello forace di Vanfliaj l Erica di Grecia ^ laloe deU la Celeforia :,il fco d' India :> il gelfo muto di Sp&gna:, Ihelleradi Cilicia:,il cipero di ^4^ Ufandria:,la ftaphi d'Iflria^ lo f or dio di Candia:, il Tkimo di Cappadocia^ Valipo di LeuantC:, Velleboro di Goritia Ja fìella di u^- thene:, V apocino di Soria,^ il tajjo di i^rcadia;, la M an<» dragora di Vaglia^ la grana di Cojlantinopoh;, la radice Hhodta di Macedonia:, il medio di Mcdia^ il ffamoidc di K^nticira:, Vamomo di \^rmema: il co fio di t^^i'a^ hiS> il balfamo di Giudea:, VaJJialatbo di Rhodi:, la pian^ ta del mojco di Vhenicia^ lacantho di Cirema:,la(:fallo^ co di Qalecnty il platano di Lidia ^ il na[lurtio di Babdo^ ftia^ d terebintho delVifole Ctcladi , il cedro di Cipro^ il Cif d'Egitto j il croco d'i^u/lria^ il qionco odorato di J^abathea^ dphu di Tonto^ con guanti femplici fi troua^

no defritti

DEL T A E G I 0. ' \o^

no defcritti da McjiiCy L^uiccnnu;, J-Jtppocrate ^ T)iof* coridc:, GdletiO:, Theophraiìoj CT Phnio con tutti altri tìfnoji O^feQytalati fempltciiit *y Et perche in que fio Jor/ innato loco tra ifemplici incogniti appreso di noij^Ci trotta VEmpetrOy il chrijogono^ il lagopo^, rhokiìiO;, il filibo^ la Voligala^ il Glauco^ la phiteuma ;, la chamcleuca^ la cacaltay rijopiro C^ lonagra\ ben ji potrebbe dirC;, che que/ìojojje quel Jegr età et Jauor ito giardino della natura;, che fi rijerba dtjemplici incogniti per non fi privar d'ogni cofa^ ^jarm ognunfignore ; ma d ciò contrajìa lagett» al natura dello J])!cndido CT* hberaliJ?imo Simonetta ^ il quale nonjolamentefi contenia di mojlrarc cortefemente il tutto d ciiìjcnnoy cheji diletti della ficultd defemplici 5 ma ancora di partecipar con tutti delle piante rare;, eh wiji frollano. Del che ne rifulta non men gloria d que/Io pen/ tihJ?imoflnritO:>cke faceta aWillufìrifimo Crjèrenì/ìimo Senato K^eneiiano deWamphf imo giardino^ che per co^ modo publico;, C ornamento della medicina^ ha fitto fi^ bricar ndlafloridifima citta di Vadoua^ oueramente aU VeccellentifimoCofmo Duca di Fiorenza del giardino^ e ha fitto edificare nellanttchifima città di Tija^ oue uer» deggiarjiueggono infinite rare piante j che altroue in ItUn liajin bora non fono uedute;,fiior che nel giardino del mio dolcifiimo Simonettaj il quale come che fa occupato nel

gouerno

loj LA VILLA, DIA.

gommo delle cofe puhìichc 5 non rejla però di mandare

fer diuerfe. C9" lontane regioni non riguardando d JpHa

alcuna per hauere le piante Jore^iere lc(^itime<T uere^ ci

per acclaijlare glt aromati prctiojìjsim ^ eletti C finceri :

onde fj)ejje uoltejì richiamano in ulta molti di coloro la cui

falutegid diJJKratafi uedea da tutti i medici, i eguali infinito

obligo hauer dourcbbono d queflo honoratij^imo gentil buù

ino^ che tanto accrejce^ ^ ilhijlra la merauiglioja Jàcultd

dejempliciy d imitatione degli antichi Imperatori ;, i (juali

Q come afferma Galeno^ c^uantnncjiie jojero occupati per

lo ffouerno;, che teneuano della P.eputhca:,0" detrimptf'ro

loro^ tanto hebbero in pregio quejla diuina CJ^glorioJa

jcienza^che per hauere ije:nplici neri teneuano pronifio*

nati in dtuerfe parti del mondojempticiili accurattj^imi, et

medici eccellentifiimi per lo dejlderio ddla gloria infitiita^

che cpnindi loro ne rijultana^ per lo beneficio uniuerfale de

gli huominiy ^ per la memoria de i chiari ejjempi de fuoi

antichi padri;, i quali nonfAutnente portauano ne i trionji

lejpoglie de i reami accpnjlati:, O" i Ke priQ^ioni alianti d

loro*^ ma etiandio varie O" pelleg^rine piante t de (puah non

frendeiiano minor gloria hauendole poi d Roma negiar»

dinij cheji prendejjero de i trojii:, delle jlatue ;, ^ degli

archi trionphali^ che in perpetua lor memoria fi dirizza"

nano dal popolo CT Senato Romano, Mor partendomi

da

n E L T A E G I O. ro5

da cjticjlo uertuojtj^tmo gètilhuomo uengo alfag^act etge^

mrojo. S.Gio. Jacopo Raitioldhd cjiiale in M elatio ha un

aUrdinoji tiaqo €tjzjlrggiante:,'che mijento riempir latti*

ma ditn mcrauigltojo piacere cjualhor mi uiene alla mète la

delicatezza di cpiiello. Tra ([tfejli uiene il noùilifimo et dot»

uJ?imo. S. Galeazzo Brugora ^ ti quale ^Ji come ha Vanim

mo jìioben coltiuato :,^ ripieno di lodeuohCT' diuerji

ptenze : cofi ancora ha il jiio ampio ^ delicato g^iardi*

no ben colmato :,^ ripieno denari CT pregiati frutti.

Hor che diremo dei S, Marc't^^ntonio Vorrò ;, raro

esempio di Jf)lendidezza ♦j Qjue/ìi in M^ ciano ad imita*

tione de Babiloni ha fatto fubricare un g^iardtno mWarict

fi merauigliofo ;, che chiunque lo uede non fi può fatiare di

fafceregli occhi di fi raro p nuouo ^ CT diletteuolefpetta*

colo : Et dallo flato diquejlo aprico giardino ben fi cono*

fce quanto fia que/ìo Caualliero amoreuolc cortefe^fO'

liberale^ percioche Iha pnjlo:, oue chi uuolepuo ^oder della

bella uiò^a di quello. Ne fide tacere Vhonorattj^.S.Fran*

cefco Bo^jo Giureconfuko eccellètif^imo;, C rartfimo ep

m pio di bontà ^ ti quale in Melano ha un aprico > uagOj

CT beato giardino ;, doueper cofa notabile fi uede ondcQ*

giare d bujjo non altrimeti :, ch'ei faccia nel monte Citerete

Etchediraf?i del giardino e hall S, Tietro IVouato in

f'^oghiera ^ oue fra laltre cofe degne di mag^gior meraui*

glia, fi

'fc4 LA V I L L A> D I A.

glia :,Jìuede unfohiJ?imo boschetto di nocciuoli fitto infor^ ma di laberinto ;, ttdle cui corteccie intagliate ^ C7" itìjicme crejciute con le piante fi veggono (Quelle lettere^ Quinci efce il Is/occiuolin chel cor mi rode

Et tn mezzo di cjiieflo ameniJ?imo luogo euui un l^ pollo

di hianchi&mo mar m0;>chejiede (opra un rozzo et humido

fafjo^ ondejale una fontana ^che d^aa^ua chiarij?ima J^ruz

za ciascuno che Vauicina:,ct (jUeJlo Iddio p latìitto ch'egli

ntojlra nel uolto fàfegno che per la dolce memoria della

Jua amata Dafne goda ancora di contemplar la bclkzz^^

d'alcuni giouinetti lauri;, che in ^uija di corona (^lifurgono

dattorno^ Et fi come già fi trouaua in focide fi monte

l^arnafo unjpeco entro del eguale chiunque guardava ri*

ceueua lo Jpirito profetico 5 cojl quiui chi mira il det/

to ^^pollo:>^ fnte tlrefigerio del Laura clnuifoaue/

mente Jjnrafubito riempier fi fente di diuinitd :,Z^ poetig^

giando dice cofe merauegliofe in honor dVfjo JJnrito deU

L'aura^ O' della uacrhezza della IVicola ho uoluto dir

JSIocciuola frutto preciofif imo di cpuel felice giardino:, del

che chiara fede ne fanno le dotte CT* dolci rime d'ef/

fo gentihfimo ^ S . I^ouato ^ da cui partendomi uen^o

al miracolo del giardino del uertuoffimoi C?* honorattf

fimo Signor Giuliano Gojfelini^ doue la C H I ^^^

jRu^ luce del Sole porgendo nuouauertu alle piante^

dforip

DEL TAEGIO. '%

d fiorii CT airherbe^caiija in ejjo ma continoua Trimam tiera^ il perche non Solamente in qitejla parte cedergli do» urebbono gli altri giardini di Melano ^ ma come dice V^ergilio parlando di Italia I^ E ancor de AI edi le gran feluc;, terra Ricca e beatati nelfimofo Gange ISle de Vharene d'or torbido ^ Ihermo \ I\lon qtiei di Battra;, ne qiie'dlndia^ 6 tutta Grajja d^ncenjt;, e fertile Vanchaia

Con le lodi contendino di cjueflo auenturato^ O* bea»

tijsimo luogo. Taccio il vago C3" notabile giardino del fa»

gace^ cortejè C" dottijsimo S.Lodouico Maggienta ;, iU

lu[lre Senator di Melano, Taccio iljtgnor Domenico

Saoli abondanttjsimojonte degni uertù coljìio amenifsimo

giardino. Taccio d cortejè ^ et gentihfsimojtgnor Bernar

do Brebbia:, che nel mezzo del fuo filicijsvno giardino ha

unafintana^bricata per mano di Bramante;, O* Jregia»

ta da una giocondifsima felua di aranzi? limoni^ CT cedrù

Taccio lo molto dlujlre et uertuofifsimo Vrejidente Grajl

foy il dottifsitno Senator Maritano ^ il cortejè -^ O^ genti»

Itfsimofignor JDanefe Figltodono Senator degnifsimop il

Jìgnor Tietro Georgia F^ifcotite;, iljìgnor Gio. Batdjla

Tanigarola ;, d Jìgnor i^ntonio Francejco Cre/]^Op il

Jìgnor L/fleJJandro K^rchinto ^ il fignor Benedetto

Vecchio^

io(^ LA V I L L A, D I A.

pecchia ;, il Jìgnor Girolamo P^ifcontC;, il S, Girolamo JMoniiOy il S\ Francesco Lodouico FaJJatOy il S, Fran^ cejco LandrianO;, il S.^^Tgoflo de Capitani injteme col S. "Pirro Jratelloptl S, Vietro Frattcejco;,^ L^ntottio Ilaria Calchi et fratelli^ ilS. Gio, Battigia ^madeo^ il S.Gottardo et Cefare Reini efatelli^il S.Gio.Fran» ceJcoCazz<t^il S. Cejare Lamptigano;,il S. Marco Marcello Rincio^ il ^.Girolamo Capra^ il S.Q uinti* liano Afettdojìo;, il S.Vomponio Cujàno;, il S.Franctjco Malumbra^ col S^ Vietro Iacopo Jratello;, il S. 'Pietro K^rriQ'onO;, il S.CaradojJo Foppay il S.Gio.FrattceJ^ co T orniello :, il S.Giulio Schiafinato-^ il S.CeJare Can» diano^il S.Cefare i^uogadro^il S^Horatio Carpano, il S.Girolamo F^erffO;> il S. Marct^ntonio s^re^ fio, il S.Damiano tejla, il S.\^Jcanio Mozzone, il S^ Benedetto Longo, il S. Gio. Battijla Saluatorino, il S^ Cefare V^ignarca,il S.Gio. MatheoCataneo,ilS ^ Gio. Francesco Cauagliano, 0^ S\ Gio* Sterpino fi ateU lo, il S, Camillo Traiano, il S.Gto. Battijla della Tua, il S.Gio.<^ntonio V^tmercato, il S.k^ luigi Marita'^ no, il S, GaJJ)ar Cafuto, il S.^^ luigi da Lodi. Et inji» Ititi altri honordtij^.et uertuofijsimi (^entiVhuomini vaghi di heigiardini) non per altro no perche rapprefentano la uilla cotanto amata da tutte k^erfone dij^irito et ualore^

Ma

DEL T A E G I O. ''^ ic7

Ida oltre gli eQ empi di tanti honorati perjottaggi^ch perfejlej^i doiirebbono bcjlare per mettere iti j;ratia di ciajciino la libcrtd dolici mila:, et in odio UferuHù della cit* td. Che diremo noi del piacer :> che Ihuomofi piglia alla mila del uederforger da un uiuofajjo ima chiara^, Z^yfref» cdjontana'y la quale non ahrimentiycheje di puro crijiallo io.] e àgli occhi de riguardanti manifvjla ifegreti del fuo lucido Jondo, Qjiali occhi fon cluelli;, d cui no piaccia la vi* Jla dun dtletteuole boschetto j, le cui piante fi gratiojamentc riceuano i raggi del Soky che Vherba da loro ne prenda grandtfima recreatione ì chi non gode deluedere;, (Quando Jpirano i tepidi zephiri j germogliar gli alberi ^ O" (j^uaji d ^arra lun delValtro riue/lirji di uerdijrondi f chi non è uago del uederforger e in alto ilfiggio;, et Veliera co'pie^ di torti andar carpone f d cui non è dolce il ueder ifiumi^ (Quando cadendo dagli alti monti j con piaceuol mormorio vanno rigando Iherbofe ualli^ et ipefij, quando hor nota^ no in f otta ^ hor intorno al fonte girando guidano ddet^ tofo ballo^ O" hor Vun V altro feguendo guizzano per Vacqua? d cui nongioua lafoauitd degli odori;, che dolce^ mente da i uarij fiori Jpirarffnte f chi non (i trajlulla del ueder cozzar montoni dauanti alle amorofe fue pecOi^ relleì chi nonuede uolontieri i paurojt daini;, quando per laprefnza deWamata druda fi fanno arditi^ ^ i timidi

R. conigli^

log LA VILLA, DIA.

conigli:, ([lunlo fi accouacciano Vun con Vultro:, oue fitti rU de Vrvnaueraì chi non ^ioifce del correr delle orecchiute lepri? chi non s'allegra dal vedere i ruQmadoji fiorii Quando per la nenuta del Sole fi cominciano ad aprire:, CT ijronztiti rami:, (piando ondeggiano al uentoì d chi non di^ Iettano i dolci accenti de i uaghi uccelletti ^ (piando piajl d prona Vun dell altroy cantano i lor amori? oue lajcioh qemme:, di che la notiellajlagione riuejle Iberbe di nerdi prati ? oue ilpollular de gVinnefiati rampolli:, i qualip co» me noflre creature con piacer fingolarif imo crejcer ueg» giamo? oue la pampinea uite^ quando racpuifla i perduti tralci:, O' maritandofi con gli olmi dirami juoi sauitic^ chia ? ó quando ella^ 6 Y albero d cui sappogia é ( come dice P^ergdio ) C O ISI jl^atio ugual Dino da Valtro po/Io "Per tratte ri^he ginjlamente lungi \ Come talhor perfir giornata injieme Con Valtro ungrojjo ejjercitojìjìende 'Per aperta campagna;, ej^atioja In dritte tìla :, CT ordtnatefchierc Stan con le jr orni agli nemici uoltc L'ardite genti ^ e dal lucido ferro Tutta la terra d'ogn intorno JJdende^ Jsle s appicca la z^^ffa ancor ^ ma in mezzo

^ tarme

DEL r \ B G I O. f^3 109

v^' Varme incerto Marte horribd erra.

Is/e crederò iogiamai;, che alcuno Jì) tanto indtjcreto;,

che mi neqhi^ che in mila non fi prenda un piacer incili^

viabile da un cielo aperto^ et chiaro ;, che con un uiuo/Jilen»

dore;,(luaJi con unfuorijo cinuiti alla allegria^ G" che

non goda del uedere un lieto :iJruttijiro^ ^ fijleggianiz

colle:, con mille ripofli recefh doue paia:, che la quiete;^ et

la felicita tendanola loro habitatione;,0' dal fentire k

filuejlrc canzoni delle fempltci villanelle:, O" ilfuono delle

incerate canne de pafioriMt che dirò della uifia de i roz^"

zi bij6lchi:>quando ornandogli aratri di nouellijiori, dan^

nofegno di piaceuoleocioì Et perche taccio i cacciatori^

quando feguono le figgitiue Jìere:,C^ ([uando nel rojjeg^

giar dell Oriente :ytendono k reti f doue lafciole diuerjc

maniere danimali^ quando a lor diletto ne uannofolaz»

zando per li prati dipinti di mille varietà di colori:, ove

laure efliue fcherzando tra fiori finno dolcemente tre^

molar le tenere her bette, Jopajfo confikntio molte altri

cofefimilije quali dilettano ifenfi^r ecreano glijlnrti :, de»

flano lo'ngeqno:, ©" raccendono in noi ildefiderio di cer^

car le cai de i ueduti effetti, T, L'ingegno fiegliato daU

Vamenitd del loco cofijpìnge gli huomini alla lajciuia:, co^

me alla inuefhgatione delle cofe naturali :, G^ le perfine

fante hanno fior ito più nelle deferte rupi, che negli ameni

K ti lochi;

no

M^

LA VILLA. DIA.

lochi \ ma lajciattdo (Quello da canto ^ hor che battete con^ tato le gioie della uilUpfonete anco all'incontro i piaceri della citta, l^ ^ Le gioie^ C7* piaceuoli /pettacoli della

; citta fono ruhbariejflatrocini/^ afjafsinamentip parcialita^ conjjnrationiyingiuriey tradimenti ;>filji giuramenti di re» jhmonij :>jàljijicamenti de notari,preuaricationi d'auuocath corruttioni de giudici ^ ambitioni de configlieri y conjì^ nsmenti de buoni y coniennationi d'innocenti;, e oppre/?wni dipoueriydi uedoueyQT'di pupdlt. Taccio la bella tnjla

del boidy del bargello;, de birri, delie Jorche^ de ceppi, delle catene , CT de prigioni. Taccio i crudclh O" borri/ btltjpettacoli;, chefijanno de i condonati d morte pergiu^ Jittia. Taccio ilpiaceuole incontro dt certi cancbcrojì jor/ &ntip che Jìngendo lo Jlr oppiato lanciano il fico di janto i^ ntonio addojjo d chi non compiace aWimportumtd lo/ ro. Taccio d grato JJ)ettacolo degli ammorbati JJ^cdaK Taccio la bella perfpettiua del puzzolente borgo ta noce. Taccio la dolce bar monta delle tioci dolenti de poueri , i duali per le cittdfe ne morono dtjàme in imperio deliba^ tnanitd.T accio tigrato concento delle tncrejceuoli fcam/ pannate^ che fi fanno nella morte de gran p^f^^^ggi* Taccio la melodia de noio fi ciabattini , CT altri Jciagura» ti:, che dgttifa depazzi> ò anime dannate iianno gridando per kjlrade, P* F^oi hauete detto tutte le miferie delle

citta.

DEL T A E G I O;

^

III

città j V tacciute hfvlicitd loro;, come fono i tnagnijìchi^ i^fuperbi palaxztj coti k predofe waJjàritiC:, C?^ thejorh che ut fon dentro^ le diucrje^ CT artificiofe (lattie^ le degne CT merauigliofe pitture Je piaceuokzz^ de Hi/lrionij, i dtuerjì fpettacoli:, la uifla delle vaghe <T ornate genttU donne;, le pompofe corti de Vrencipi ^O'ie belle cre^ anz^ de Cortegianiy CT altre cofefimili. T^ . Cotejle co* fe^ che noi dite fono felicità apparetip et non uere. V. Ter* che cai ft fono tali? f^. Xslon fapete cominciando dalla magnificenza delle cafe^ pretto maj?aritie;> ^ thefori^ che ti più delle uolte nei palazzi de igran Rèfitroua la fitica^ CT il dolore^ O" ne i baft tuguri) depoueri la quie* te? O" ralle^rezz<i S^ fi ^^^ ^^^ credete à F^itauro^ udite ([uelj che dice F^alerio Mafimo, Gige infuperbito affai per trouarfi di Lidia? abbondantifùmo d'armi^ & di ricchezza? effendo andato in IDelJo à domandar lo* racolo d'ampolline? fc trai mortali alcuno più felice di luijl trouaua? hebbe per rtjpojla del facratiftmojj^eco di qiicllo Iddio? che u^glaojilofojoy era di luipiujvlice? et fin beato. Era coflui d'^^rcadia pouertfimofpra tutti gli altri? ne mai era ufito fuori de i confini d)wfuo pode* retto :t contento de i frutti? e dei piaceri ? che gli porgeua quella fa picciolapojpfione. Et certamète ^ pollo con fie^a afiuta maniera di ^arlare^ uenne alhora à defcri^^

a Hi uercy

ftT^'L A V I L L A, D I A.

ver e, Zf^ determinare ([^ial fijje la uera felicita j O^ non Tappar ente ^ onde rifpondèdo d Gige^, ch'abbagliaua neU lofplcndore ddlafuajvrtuna^in cotalguija uenne dfi^ni» jìcarli;, che più approiiaua una capanna pailorak;, riden» te;, Vficura^ che ipalUzzi:^ CT h corti de Vrencipi pie» ne di mille cure^, O* follicitudini ; più un poco di terreno pojjìdiitofenza paura V'foJ^etto ^ che i Jvrtilij?imi campi di Lidia ripieni di molto timore *^ più ti pojpdere unojyò due para di buoip che ficilmente fi guardano ^ ^ cufiodij^ cono 3 che gli ejjerciti^ Varmi;, CT la caualkria^ tutte coje dijpefa^ CT trauaglio grandifimo*ypiu un picciolo grana* io all'ufo necejjarto hajlante:> C da niuno cerco ^ ò defide» ratOj, che i thejori efJooHi alle infidie^ d i tradimenti;, et al» le rapacità dognuno.Qjianto alle uaghe pitture ;, CT ar» tifìciojejlatue;, che dite;, ut rifpondoy che s'ellc fono antiche (^ benché delle pitture poche ne trouino ^fono chiarifimQ argomento delgua/lo mondo ^ Cr del uituperìo della pre» (ente etdy nella quale gli huomini. d gran prezzO:> ^ con JJ)efe traboccheuoli comprano le antichaie:, O" de lodeuoli cofiumi;,^ uertuofe operationi de gli antichi;, alle quali ac» cendere^ O' infiammargli dourebbono le fatue;, non ne curano ponto ;, anzi diff)rezz<tno ogni uertih ^ ddlanti» co altro non hanno p che qualche fragmento d)ina fatua di Cefare^ ó di ScipioneMtflefatuep che dite fono modcr»

' nef^

DEL TAEGIO. -^^7 nj

ne^ Cr rapprejentanog-li huomini del fecola prefcnte di^

jJiUccionofommamente d^U occhi delle perfone giudicio^

jc^ conojcendo^cbe hoggidi per lordtttariojì pongono le

(latue d i rtcchh che con gran pregio pojjono comprarci

jìm felini marmi;, C7 non d (jtiegli ^ che fono uertuojì. come

jokuanojàr qli antichi ;»appr e jjo i (luali lejiatue erano te»

(limoni della tiertù^ mjìdirizz<tuanofe non d coloro;, che

fijlero dotti <^ ingentojt;, come fu fatto d F^ittorino;, ò d

quegli ^ e bauejjero liberato la patria;, come d Scipione

L^f/ricanojòchejojjeromorti per lei ^ come d quegli

K^ mbajciatori;, che fiirono morti dal Re deT^ehietij^

cuer amente adaltri^chauejferofitteimprefe qrandtfime^

P, Tutto ;, che le imagini^ C^ antic baie p per ejpr incita^

mentO;, C^J])rone alla uertih facciano chiara al mondo la

figritia^ C3" dapocaggine di quegli;, che dilettano d^ha»

uerlejempre innanzi^ CT per loro ponto non fi movano ad

imitar lopcrationi uertuof degli antickiiet che le moderne

fatue fieno teiìimonijnon della uerirhma della ricchezza^

O" prefotnione degli huomini ; per quejlo non rejìa^ ch'eU

le infieme con le uagbepitture^ CT altri belhftmi fpettaco»

li non fieno grande ornamento delle cittd;, ^ che non dl^

lettino cofigli occhi de riguardanti;, come ficciajto ti uer»

deggiar delle campagne;, la vaghezza de i fiorii il ger»

mogliar delle piantegli naferdejrutti^la mezza de i

Jonti

'"iT4 LA VILLA>DIA.

finth Ict chiarezza de ifùmij Ut fj^ejfezza de i bofchi, la fiaceuolezZ(t de i collie lotnbra delle ualli ^ ramcnttd de i frati;, O" altre cofefimtli. T^ . lo ut confvjfo;, che le belle pitture j et le arttjiciojejiatiie allettinogli occhi de r irritar danti X ma ben ut nego^ che le coje dalla natura prodotte^ tanto aggradino dgli occhi nofiri ^ (guanto ([uelk;, che na» (cono dalVarteJa qiiale non darà mai j come la natnntjjn» rito^ O* anima alloperefue, V, i^nchora;, che l pittore nonjaccia Voperefue animate'^ nondimeno mojlra nella pit» tura Jùa coja;, che Jommamente diletta j la quale ueder non fi può negli efjvtti di natura, l^ . Che coja è coteJla:> che uoi ditef P.E'la uertà delimitare;, la eguale e di tanta jorzap dulia fa, che le cofe brutte;, et dt/piaceuoli piaccia» fto^ come per ejjempiofi può ueder e nella figura di Lao^ coonte;, il cui dolore, il morir delVun de figliuoli, la paura dell altro, con Vauinchiarfì de ifer penti, cotanto di diletto ci porge, O'pur la morte, ijojjnri, le /Irida, i morfl, et il timore fono cofe trifiifime, CT odiofe. Il che parimente ha loco nelle fittioni poetiche'-^ onde è, che molti molto mag» gior diletto prendono da i pianti, dalle di/perationi ^O* dalle morti delle tragedie, che non janno da i giuochi, da i rifi, CT da i contenti delle comedie. T^, L^JJai mag^ gior diletto nafce dalle cofe belle, che produce la natura, che non fi dalla uertà di colui;, che le imitando. Il che

chiaramente

DEL T A E G I O. ^^^ ut

chiaramente lo dimojlra la dtffrrenxa^cb'è dctim^jotttana naturale ad ima artifìacitaj, CT* da un paefe dipinto ad uno^ chejìa nero. P* Mor fio ^ che cofijìu mi negherete noi;, che da i giardini delle città non fi piglino molti de' piacer ri^ che uoijSte propri^ della uilla . l^ . Cotejlo non ut ne* got^ ma ben ut dico^ che negli antichi Jecoli nelle citta non u erano giardini^ ^ che Epicurojtl quale fu il primo j che tronajje i giardini in v^thene non gli hebbe in tanto pre^io^Jè non perche rapprejentauano un naturai ritrat^ to della uillay i cuipiacert uanno molto più dguflo^ Z^piti longo tempo ddettano;, che non janno qtielli delli giardini delle città. P. Perche caujaf f^. Ver la uicinanza del lor contrario ; perciò chejj:ejje tiolte in uilla fi uecrgono minaccio fi monti, tanne duferpi^ ojcure cauernc;, horridc balze jjlr ani greppi, dirupati bricchi;, rouinati faf^i^ aU berght dheremiti ^ ajjne rocciC;, alpe/ìri diferti ^ CT cofè fimilt :, le quali:, cluantumpiefenxa horror e rare uolte ri^ guardar f pofjano^ nondimeno più compiuta rendono la gioia ^ f licita della uilla*^ ma;, che più ^ negli horti delle città folamente fi gioifce della uijla degli alberi dome/ìi^ ci :,0* da maejlreuol mano coltiuati j ma nella mila figo» de ancora del uedere le feluaggie piante dalla natura prò» dotte negli alti monti:, le quali fuogliono cofe recar più de» gne O" memorabili^ che nonfinno le colttuate uiti degiar^

S dmi. Et

ii^^^e^L A VILLA, DIA*

dtfii. Etj} fijp Jlato addimatìdato d LiJJandro L acede ^ money cj^uado andò da Ciro per ambajciatore ^quali fojìero di maggior ddettOyò gli alberi ugualmente con beli ordi^ ne Din dull altro Jeparady durano nel deliciojo giardino dejjo CtrOy oueratnente lejelue di bujjo del monte Citho^ roy (J^tiando nelVari^ ondeggiano non altrimenti^ cheficcict il mar e y Quando dal uento quinci ^ e quindi uiene agitato ^ fon certiJ?tmoj cKegli haurebbe rifpoflo in^uor delle [iU ne di Cithoroyjtcome anco F^crgilio dtjje D I L ET T <^ molto d riguardar Cithoro JDi bit/?i ondante , e di JSlaritia i bojchi Carchi di pece^ O' tteder qioua i campi JSlon adaratriy odarpicifoggettiy JSlon obligati d'alcun huomo d cura. E (ce del gran Caucajo in Valta cima Sterili felucy che gli animojì euri Soplion conflati lor piegar crollando^ E ferendo jchiantar continuamente y feltri danno ^ altri parti y quefle i pini V^'til legno d nauigiy djoflenere Le cafey quelle alti cuprej?i y e cedri y Qmncififinno O" d le ruote i raggi , Timpani d i carriy CT d le nani iljòndo^ Son di uimine^ e Calici Jicondi ^

Di

DEL TAEGIO. '^'117

D/ fiondigli olnih ^ di fitte hajle il mirto

JDa tjjar in guerra è buono il cor niO;, fono

L^ttijstmi dpiegarjì i tafii in archi ^

3 h pulite tiglie^ eljacil Svjjo :,

E d riceuer;, qtiaV huom uuolp firma attorno.

Si cauan tutte con acuto firro

L^ncora ilfiagtl alno in fiume fio

'Per le precipiteuoli onde nuota ^

K^ncora dentro d le corteccie cauc

Del putrido elee fin lor cafe Vapi ^

Q^al cofii memorabile^ 6 fi degna

Coja recar le uiti ad alcun mai ?

TDiede Bacco d la colpa le cagioni p

Egli col filo licor condujje d morte

J gran Centauri d'alio fiir or pieni ^

E RhetO;, e Tholoj, e con gran tazz^ i^ ^^^o

Minacciante i Lapithi il fiero Hileo*

"P, Se nelle uillegioua anco d iteder gli alberi fieluag^ giy che non fi ueggono ne i delicati giardini delle cittdj, aU rincontro fii ueggono nelle citta de i merauigliofii /pettacoli O^ giochi;, che non fi ueggono nelle uille , C^ mafiimamen» tealCarnouale. /^* I publichi JpettacoliC^ giochi;, che noi ditefiironofiempre contrarij d i buoni cofiumi;, ^ chi d loro fi n andrà cattiuo ne ritornerd peggiore *^ ciuiui s'è 1

S il perduto '

118 L A VILLA. DIA.

jperdufo Vhonore di molte honorate gentildonne ^ O" (Quindi molte ne fono partite impudiche ;,molte dubbioje'^nta ninna itone tornò mai cafta.V. F^oi biafmatc liJ])ettacoli;,etgh antichi Romani^ ch'erano pur fior de gli hnomini;, tanto Je ne ddettauano^ che da loro andauano non Jolamente il popolo Romano*y ma etiandto il S enato ^gVImperato^ ri del mondo\ più dicoj che gli Jpettacoli tanto haueuano di qioia con loro^ ch'eglino menauano in publiconon purh mogli de i Ce fari:, ò le figliuole , ma le uergini uc fiali an» Cora, Jy^ ^ Lagrandezza dt chi erra non emenda l'erro» re^fecondo i giudici) migliori^ Roma non hebbe cofapiu biajmeuole^ che la dtjcordia ciuik;, Zf^ la uanitd de giochi ^ io trouo;, che nonfolamente d ([ueflij^ettacohfi a peri» colo di perder Vhonore^ ma la uita ancora^ P. In che ma» nieraì f^, ISlon ui ricordate d'hauer letto nelle JFIt/ìoi^ rie;, che in Fidenaal tempo di Tiberio Imperatore per la caduta del i^^nphitheatro morirono uetimila perjone^y JEtje non bajla della perdita della vita:, C^ dellhonore^ che s'aipijla in fimdijf^ettacoli^fjoejje fiate fi perde anco» ra la robbaf P, Et (pie fio uorrei intendere. P^^ M.en» ( tre y che glihuomini priuati fiono tenuti dal defiderio de gli Jpettacolhpoco ricordeuoli del guadagno ordinario;, non jentono il giorno, che pajja^, CT* la pouertd che viene C^ cofi duicenda il mal priuato nel publico^ CT ti publico nel

prillato

DEL T A E G I O. n^

f rinato ji cangia. V, Certamente:, ch'io conojco^ che mi dite ti uerop V mi ricordo dhatier Qtdmfìo^iu uolte in Melano alcuni uccellacela che ahbandonauano le bolechc lorO:> per andar dietro deerti carri infrcjjcatiyfopra de qnaliji recitauano le più gojj} jilo^rochene del mondo; ma circa alle donne:, io ui dico^ che più diletta lo fJ)ettaco* lo :,Cr bella uijla delle vaghete leggiadre gentildonne delle citta :, che (guanto veder pojja in uilla, l^ .he don^ ne della valla jono più belle ^ amabili ^ C^ ca^Cy che (Quelle di Ila citta ;, nelle quali non fi uedc altroché artifìcio :,ZD^ torto j chejijà alla natura, P, i^nxi è il contrario:, C?* fi come unfinìf^imo diamante più bello riefce dallartifcio» fa manO:, che Vhaurà polito j che dalla natura:, che Ibaurd prodotto *, cofi unagiouane donna è molto pili grata àgli occhi de riguardanti^ ([uando ornata O" polita ne uiene. dallo IpecchiOj che quddof apigliata Crfnnnacchiofa efct dJ letto. T^ . \>fnxi una bella k^^ jr e fc a fanciulla :,(puan^ do uien tinta d alcun lijcio^ pare m n ua^adafai^^ la ragione é:, perche la natura alle uolte per mene a un certo fegnop oltre d ij^uale il nojlro deftderio non fttnde:, & althora pare:, cFella rifiliti Fopera dell arte t^ C^ oltre ce ciò (li dico:, che lo fludiofo ornato per la ffpettione ^ che nafce dalla molta indijìria alle belle fema la gratta della bellezza^ et alle brutte fcopre le mende loro colfioffhn^

S Hi dorej

I20

LA V I L L A, D I A.

dorc:, il perche le donne di mila fono più gratio(è;,Jìncerc

& leali;, che le cittadine,-, le quali ( per la maggior parte^

mojlrano incanno fin nella pcciaj douejotto mi biacca^ et

jolimato (epe Ulta fi uede la lor natia uiuacitdp effe ne tro=

nano di quelle tanto ua^he d'ingannar altrui con quejla ma

ladctta majchera^ che tutto che fieno inferme? magare:, O*

Jecche^ di bianco :, e roCjojì dipingono il uijo:, come fof^

fero di quegli mamolini:, che per ornamento fi mettono jo^

fra gli altari ^ Et per far più bel fpettacolo alcuni altri

vioflri di cinquanta anni fi trottano :y che fui uolto s'accon»

ciano quel lorofmerdamento di belletto in manient^che per

entro lui la carne uecchiafi ucde^ non altrimenthchefijàc»

eia la litiiJez^d dun muro afjumatofotto poca calcina. Et

uogliamo noi confrjjar il nero non e più tofto un fimil

f)ettacolo degno dodio^ che d'amor P, Qjianto d que»

(lo io fon qua fi della uojlra opinione ; ma circa allefer le

lìillane più cajle:, che le cittadine ^ io fono di contrario pa=

rere^ CT* uorrei^ che mi dicejh la ca^ione^ che ui ha ntojjo

d cofi dire, l^ ^ ha cagione è rinimicitia^ che fuole efjere

tra Vocio^ et la cafiud'y O" le nobili^ et ricche donne delle

citta [tanno uolontieri ociofe. V. Che uolete noi ^ chejacci^

nojìmile donnei che uadino d 'z<^ppare^ come le uillane^ 6

che fi guadagnino il pane con la^Op 6 la conocchia. T^^

ha buona mogliere perfuegliare in altrui il dfiderio di

operare^

DEL T A E G I O. m

o^trart;, mone alle mite cofi le mani :, come la lingua ^ ^

fi mojlra nemicif?ima ddlociO:,il quale e radice di migliaia

dtnjrrmicdy cojì dellammo;» come del corpo ^ perciò che i

fenfieri della perjona ociofa (^ ninfa da i piaceri del mon^

do) iiincono qualji uoglia proponimento^ la qnal coja^ pp»

fendo inteja da poeti^glindujje d finger Diana ca/ìtfima

iDea cacciatricc:, per dimojlrare:, che in un medejìmo pet/

io non fi concordano infieme Vocio :, CT la cafìitax ma neU

le donne per l or dinar io cai fa più maU che bene. Et di qui

viene ^ che communemente i hanno inffj-^etto le donne lette»

rate, V, Et perche coteftoì J>^ . Ver che alla malitia na»

turale delle donne:, le agg;ionqe lartifcialey che fi ap^

prede dalle dottrine:^ Et uoUte uedere^ che rare uolte le.

lettere s'accordino con la ca/ìitàfpecchiateui nellefemm

pio di Sajo, quella dico^chefii di tanto grido nella poefia,

la quale tanto lafciuamente amò FaoncNe minor Liafimo

fi da ii Sempronia da Salu/ìio in un medejìmo tempo hia^*

Jimata d^mpudicitia:, CT* lodata di dottrina^ nepaffèrò con

filcntio Leontia:, la quale fu concubina di Metr odoro da

cui appref la dottrina Epicurea. Et per nonfajhdirui con

la moltitudine degli ejjempi, ui dicoj che infinite f irono le.

donne dotte:, CT impudiche. V, Sanclùo ui uolefi mettere

innanzi la glorioja fhiera delle donne letterate:, C^ cafe^

forfè ^ che maggior farebbe il numero loro ^ che quejlo del»

le d:tte^

^121 LA VILLA>DIA.

k JfftCj O' dishonejl^t^ma hfctanJo^It ejjempi da banda^ vorrei faper da uoi , la donna che leqqe le cofe mora^ h non impara /prezzar il tiitiOs^GrJe mlle buone lettere C comedi Sole nel cielo) non rifjdende la luce della uertù ? l^. Et per auentira qualche donna non credejje ciój che uoi ditC:, l^gg^ l^ nouelle del Boccaccio:, ^ maj?ima» Piente cjuelle^ che tnjcgnano alle mogli pr la be-ffa ci t ma^ riti;, <0" trouerdj che tn ejje:, come nel tempio dt Frenerà arde unajìamma dijènfitiuo amore ballante d raccendere di pellegrina lujj uria (^ual Ji uoglia ca fio petto. Taccio quelle amoroje lettere ^ eh' ardono:, piangono :, J^yJJnr ano ^ <^fi difperano in maniera, che bajlerebbono d corrompe^ re qualunque fcmina per uer^ognoja^ timida:, C honejla, ch'ella fiJe.Taccio i lajciui uerjì de poeti atti d mettere fojjopra la ca fìtta. P, La lettione de buoni libri ammae/ Jlru:, ^ non corrompe^ porge Far me della ragione ^^ non quelle dell'appetito^ CT da quefio le donne imparerie/ no d conoscere quanto bello ^ CT pretiofo thejorojia la ca» Jlitd. J^^"^* "Perche dt natura le donne Jono più Jragdi p che glt huomini:, G^jono naturalmente più inclinate al mah che al bene:, tii dicO:, ch'elle hanno più tofìo bijogno di fieno ^ che dijl^rone^^ dt^eruitiUche dt lthertà:,la donna^che l^gg^ d troppo gran pericolo fi mette^^ Et io ne conojco di qiielle^c hanno un gentil J^iritO;, pur quando leggono la

inflitutione

DEL T A E G r O. 125

inflitntione delle d^ynne fi faiìidifcono d un tratto^ 0"fi la» {ciano uinccre daljonno, ^ (filando leggono le nouelle del\ Boccaccio;, mai non fi fallando di IcgQ^ercp nefentono una ^ dolcezz<^ infinita;, di maniera:, che per tutte le fudette ra^ gioni;, ZT ejpmpi io conchiudo ^ che Vocio delle lettere è de gli hnomini;, CT non delle donnet^Vuffìcio delle quali è dm» farar dgouernar ben lafuajamiglià;, CT" non di legqere^ "P. Certamente, chHo credo :, che qucjla uoflra conci f ione * fa nera : ma hora^ che habbiamo ragionato dell odo let^ terato^ V deWociofenx^ lettere ^ uorrei:, che ragionafi» mo ancora delfuo contrario;, cioè deWejJercitiO:, che feruc alla finita del corpo ^ Z3* alla recreatione deWanimo^ V^. Che ì uolete noi firf dire^ che più commoda non fa la uillaperfir efercitio^ che la città f P^ Et noi penfatc di poter fof enere il contrario f l^ ^ lo ne fonofcuro. !P. Perche caufa non ne habbiamo noi nelle città delle piazza :> ^ delle f rade più belle^G^ accommodate perfr effercitio^ che non fi ueggono nelle ville f /^* Uejjercitio delle citta uiene impedito da molti Jiftidiof incontri^ i qua» liJJ^^Jf uolte riempiono gli animi nofìri di triftitia y CT in quel ponto uorremmo ejjer ciechi-^ cofa^ che non internici ne alla uillat doue in qualunque parte ni trouiate^ uedetc una giocondiftma uerdura;, la quale nonflamentc ddetta Vecchio^ O'fieglia la mente j ma conforta^ O^giouafom»

T mamente

124 LA VILLA, DIA.

"^ matftete la tdiìa. P, In che modo? l^ , "Perche la natura del uedere e lucida CT* uaga della luce^ e molto ageuole ad allargarjì^ O^/pargerfi ♦^ onde auiene;, cKella cofi fi dif* (ohe tropico rigtiardMo nelle coje lucide j come fi rejlrin» uedendo le Cenebrojè^ di maniera;, eh e'I uedere brama di fruir la luce in modi^ che'l piacere non lo dtjperda:, CT nelle tenebre^ doue non uifipuo dilatare ;,non ha godimene to alcuno ) il color uerde^ perche participa temperatamene te del chiaro^ O* dellofcuro^ non dilatandofi troppo in lui il uedere^ ne uenendo impedito il piacere per le fouerchie tenebre:^ ddetta la uifla^ CT la conjerua con una piaceuoh alteratione^ non altrimenti che feda lojpUndido delicato dmfpecchiOy 6 la chiarezza dunafntana:, chefenza of^ fcfa alcuna refijla d i raggi degli occhi nojlri, V. Qjie^ Jta e una ragion fi iiiua^cKionon faprei mai^che dirle contrai^ etpenfoy che di c[ui uenga^che igentiVhuomini or» ninolejlanzelorodi panni uerdipò di pitture di paefi^ l^ , V^oi dite il uerox ma le uerdi CT uiue piatite non fa» lamente confrtano la uifla *, ma con Vodore^ che /girano aiutano molto gli /piriti uitali deWhuomot^ cofa che non pof fono fare i panni uerdi de cittadini. V. Io nonfaprei mai che dirui contra \ ma circa alle corti de Signori;, CT lor ben creati Corte^iani;, che rispondete uoiì f^. Io ui con» {cfo trouarfi de Signori uertuofi/?imi^ CT delle corti;, che

fono

DEL TAEGIO. 12^

fono honoratiJ?ime:, dove fi coglie il flore d^ ogni gentil cre^ i anz^^ CT doue concorrono tutti i ^pellegrini ingegni d di^ | moflr are il lor valore dgarra Dm dellaltro^^come fér ejpfftpiofueded tempi noflri nella corte dcllinuittif imo Cefare:, del Serenif?tmo dt Spagna:, del Cbri/hanij^ fimo di Francia y k^ d'alcuni altri Trencipi degni uè" rumente del prencipato loroì, ma ben ui dicO;, che quefìoji \ vede in pochi lochi , CT che nella maggior parte delle cor^ ti Q colpa del corrotto mere di hogqidi ^fi trovano tante felerapg^iniy (Quante ne fieno nel reéh del mondot^ et thuo^ mo per buona fruiti/ cb\i tìccia^ non folamete da Signo» \ ri non ne può hauere ; ma ne R^erare ancora premio ;, che fa di longheJatiche:> O^ di rifchio di morte:, nonfriuoU ad aci^uifare per mezzo uìtuperofox perciò chefi Qper Vordtnario^ non effaltanof non quegli;,che non meritano^ fte uogliono uederf avanti;, non chi per aljabeto sd le / flanze^ le pr attiche j €9" le qiialitd delle meretrici :,CT' dei \ ganimedi ] ne premiano non buifoni ^ CT miniiìri della \ lor lujjvriat, ne £nno grate accoglienze sfitti:, non d : chi gli sd trovare piufegrete vie per accpnifar danari \ ne carezz^tnofe non quegli :> che con più colorate fife fanno torgli dalle j])alle i creditori ;, CT per fa cai fa mancar di \ fede d ognuno ^ ne portano innanzi et f^nno grandi f non ' certi lor nemici fimigliari^ amici di firtuna^ nemici della

jT i i ueritd

,2^ LA VILLA, DIA.

'ueritd^jaljejìrenep etjcimie di corte :,chc adulatori fi chicf matto ;, Cr in ([ue/ìi tali fi ueggono le belle creanza ?che uoi dite. "P. Che creanze fon cotejle, J^. Come che creanze^ non facete :> che altre uolteoccorfe in Franza^chel ^ Luigi:, per hauer brutta gamba;, uefliua confaghone lott^ gofn alle calcagna^ CT indi d pochi giorni fii imitato da tutto d Regno in maniera^ che (non ojlante la bruttezz^t dellhabito') tutti i Cortegiani uefltuono Jtmdmente;, anco» \ r^yche dalla natura Jojpro dotati d'un beli fimo corpo^, ' Succedendo poi d Luigi Francefco^ il quale ^ perche ha^ ueua bella dffpofidon di uita;, O" proportionattfime mem» ' Bra;> uefliua di corto in modo;, che cjiiafi tutte le parti del corpo fcoperte gli uedeuano )Jìibito i Cortegiani ^ cor^ rendo da uno ejlremo allaltrop quantunque hauejjero h gambe torte fi ueilirono di corto^come il Rè: Et tanto oltre pafò quejla adulatione in quella corte^ che ejjendo flato ueduto il caualcar più duna uolta un ronzino con la coda tagliata^ d un tratto fi videro tutti i Cortegiani d cauallo de ronzinifenza coda. Et ciò non ui bafiaper intender le fciocchezz^?^ adulationi de Cortegiani ^ui doucte pur ricordare:, che CUfojo adulator di Felippo di Macedonia Jifngeua zoppo ^y perche Feltppo ha-* ueua una gamba rotta;, e jlorceua la bocca;, egli occhi in quel modop cheficeua Vifiejjo J* X^on uifouiene ancora

di

DEL TAEGIO. 127

di ([nello ^ eh occorje d T^ionigh il ([uak una uolta ridett/\ do vide CariTofi para fitOy che da Ungi rideua ancFegli^y \ onde addimandato perche ridfjje^ rijpojèp perch'io penjo ' quelle coJe;> che noi dite ejjer degne di rtjo, iSla che piu^ quejlefcimie cortegiane nonfolamente imitano la indrjpojt^ tione del corpo p Vimperfittione del ueilire^ le maniere O* i capricci de Signori : ma etiandio le qualità dellanimo^ onde i eglino far anno vitiojì l'adulatore sjorxerd di ap^ parer Villejjo uitio^ negli errori delpatrone\ ne con par 0^ le-^ ne con jàtii gli fard mai noiofo:> anzi al canto di quello firdfempre tenore foauifimo^ CT loderd il uitio col nome, delle uertà propinque ;,chiamando ifimofi magnanimi;,i he* filali animofip i licentiofi buon compagni ^ ^ i prodighi li^ berali.Et talhora^per acquijlar mag;gior cr edito yfingen^ dofiuinti da troppo amore riprenderanno d Signore con tajjarlo di troppa cortefia^ liberalitd:,jatica;y animojìtd;, 6 d altre cofefimili 5 talché uno fard un codardo:, CT uilif fimo d animo col tajjarlo di troppo ardire ^ pafjare lo fì/ ranno da una mltd grande ad una poltroneria grandtf?i» ma^ O* infimiafia perpetua. P, // riprender di queiìi tali èfimih al grattar della rogna;, che par che doglia ^et pur dilettata ne credo ;, che più tri/ìa generatione d'huomini fi troui al mondo di queili ajjentatori ^ O^ domeflici nemi» ci, J^^ Et che fiauero coteéh domandatine ad^^na*

zdo

128 LA V I L L A, D I A.

ZilofilofofD:, il ([uale folcita dire Vadulatore cjjlr fimiU al

uermc nato mljrumento'^ perche mai non Vabbandonafìn

d tantOy che non l'ha corro fo tutto dentro perloche Dio»

gene dicena ejjer manco male jlare fra i comi;, che fra gli

adulatori:^ percioche Quelli mangiano i corpi morti p et que*

'fi confumano i nini , Mor qnejfii fonagli huomini de quali

abondano le cittd*^ CT quefie fono le belle creanze de i no»

Jlri guariti Cortegiani,T accio laferuitihglifentiy C7* la

reufcita deglialtri injvlicifùmi Cortegianij che non fanno,

6 non uogltono adulare :, O" che uiuendofotto Vimpero du»

ito infoiente maftro caft mangiano al fon di campaneU

la:, Cr dormono allo altrui fonno. T accio gli odio fi mira»

coli della cortCp Q^ mafune quando fi uede confettare un

Jlerco, Taccio il uedere chi hieri era falito fopra delle

felle ^ hoggi efjer caduto nelVabijfo^ O" ali incontro uolar»

fene bora fin al ciclo^, chi pur dianzi erafpolto nel centro

della terra. Taccio VodiOy che ordinariamente portar Ji

fiole alleperfone uertuofJT accio li fcherzi^che usói^yf»

leffaniro d Lifimaco^ CT Tiberio d Sciano fuoijàuor fi»

mi Cortegiani:, & concludo la corte;, CT la città efer non

altrimenti da fuggir;, che fieno gli per igliofi fogli di Sii»

la O* Cariddi. P* Jhlor ben conofco chiaramente ;,che noi

dite il uero;, & che tanto deue effer dolce la libertà della

V uilUp guanto in effetto è amara la fruita della città:, O"

della

DEL T A E G I O. 119

della Corte. T^ ^ Se uoi g^ji^Ji^ tm tratto la dolcezz^t della inta riifficale-y fon certi^tmo;, che d guifa del topo ruflicano dt Horatio^ dtrejle d Dio cittadmhwai più non mi uedretejra le uojlre tnurct^ V^ Ricordatemi per uita vojlra:, come fu lajàuola dt cote fio topo. T^ . Irloratio in unafta Satira;, douè grandemente loda la uita ruflicana^ dice in (pie fio modo G / \^' un topo de la uilla inulto feco L^ * dejinar neljJto pouero albergo F^n^chenelacittade era nutrito: Si come amico inuitarjJiol lamico^ Il topo contadino era tenace TDdJii0;> ma non però;, che ne' contati JSlon dimojlrajp un animo corteje ^ TD ir olio in breue^ Ejjoglipofe innanzi Ceci da lui jèrbati ^ e lunga auena , E diedegli portando feco in bocca t^cinijecchi duua:, ejrufli ancora Di mezo rofo lardo;, dijìojo Con nari cibi dijgombrar la noia Deljiio compagno^ che mal uolontieri M^angiaua de le date d lui uiuande ^ Toccando ognuna confuperbo dente : Egli p chelpadron era de la cafa

Mangiane

130 LA VILLA>DIA.

]M anelando Jarro^ e loglio^ e d lui lajciando I miglior cibi : e tuttauia g-iacena Sopra un poco di paqlia di qucllanno x c^' cui il topo ciuil parlo in talguija Caro mio amico , eh ddetto prendi TD'halntar c^ueélo bojco erto ejduaggio^ donerò ejolitario ? uoi tufirjh ì^^nteporre il comertio de le genti ^ lE^ le adorne cittadi d rajprejèlue f V^ien meco in compagnia;, poi^ che benjai^ Che dt noi beflie Vanirne mortali Sono;, e conuien^ cKognun per tempo^ 6 tardi Gionga d la morte;, che non p^^o fuggirli Onde mentre p che poi ^ uiue fvltce Godendo di quel ben^ chauer fi puote t V^iui te dico:, Et haggifempre d mente p Ch'i la uita di noifiiggace e breue ì 'Poij che (puejle parole il contadino Topo mojpro d uoglta dt cangiare Jj oJlatojJio con miglior uita ^ ratto f^Cci del tetto uilc;, in che albergala p iBt antbeduifi mtjero in camino ^ T>efideroji dajcender di notte De k cittd le mura^ egid la notte

Teneua

DEL TAEGIO.

Tettcua la metd deicida^ ([uafido L'uno e Falcro arriuaro entro una caja T)' un gran ricco p Et in cj^uejlajopra letti JDauvrioJì ucdean ricche coperte "Di purpureo colore;, CT" auanzaua JD)4nagran cena Jatta il giorno innanzi i^jjaigran quantità di nari cibi ;, / eguali eran repofli in più cancflri ; "Pojcia^ ch'aduncpue il ctml t.)po mijjl Il contadm jopra il purpureo panno T)i qiid^ dt Id leg^riadretto preflo Continuando le uiuande ^ e fice Ojjicio dt buonjeruop la credenza Facendo d'ogni cojày che gli reca Egli fedendo adagio fi rallegra D'hauer cangiato fjr te ^ ef dtmojlra x^Uegro conuitato : Et ecco s'ode K^ngran rumor ^ ejlrepito di porte Che Dino e laltrofuor de' kttifcojje ^ Cominciar efi d correr d'ognintorno Timidi pe'l tinello;, e fcmpre crefcc Lor la paura ^ CT* eran mezi morti ^-^gg^^f^gi d ([uè fio ^ che la cafa tutta JDe Vabbaiar de can rifuona intorno .

r^ K^lhom

i}i LA VILLA, DIA.

* ^ l^lhora il topo ruflico al compagno

JDtjJe:, non fi per me cotefla uita ^

c^ Diojratello, Me lejèlue;> e un buco

Con un poco di uil legume O* ejca

Terrà pajciuto efatiO:,fenza tema ^

Ch'alcun uenga djbtrbar la mia (Quiete

T. Bella cr artificiofajìttione fi cjuejla di Horatio:,

/^perche in uero gli agi delle città fono accompaqnati da

[ infinite vtijerie, ^giudico uita injvlicij^ima di quelli;> che

I hauendo tanto ^ quanto gli bijogna per Tufo del lor uiuerc

nece^ario\ malcontenti della Jua firtuna;, per arricchire

diliberifijìnnoferui;, ne mai hanno ripojo alcuno. l^Jn

conjirmation di cote fio ^ udite quel^ che Jcriue Horatio

a Fojco u^ritiofuo compagno V^ hJ ceruofiy ch'd unpouero cauallo ,

T^erch'era più di luigagliardo ejorte ^

ISJon lajciaua mangiar Vherbe communio

OndeJJopoi;, che combattuto ajjai

fiebbe con quel maluagio ^finalmente

V^eggiendofl da lui battuto e uinto ^

Hicorjè humile per aiuto d Vhuomo 5

T^a cui pofloglifijiibito iljreno ^ ì

Eri hebbe la uittoria del nimico 5

JS£a rimafe di luifemprefoggetto ^

Bfemi

DEL T A E G I 0 : ij,

E (ènti grane poi la bocca ti dorfo > Cofi rhiiom;, che teme fido pouertade ^ Ciyauanza di ualor Vargento e Voto p \ Ter le ricchezze s'affatica e fida ^ j

I-Iaurdfempre ilpadron^ che lo caualchi^i Efia uiuendo eternamente ferito , .'

Chi delpoco^ ch'egli ha non sa ualerf^ \ X^efi troiia di lui contento e pago ^ \

s^ * cui fa jacultd non è conforme ^ \

Leiden ^ ^ual de la f arpa : che s'è grande \ IT^ia più del pie;, cader fi fj^e^o Vhuomo : S'è troppo corta;, e fretta lo tormenta Tu de lo fato tuo mi contento K^ritio;, e far ai faggio : ef tu uedi ^ Chh uoglia più raccor di quel che bafi , Riprendemi con grani af^r e parole // danaio éfgnor^ òferuo altrui % Ma più conuiene d Phnom^ che pieno impero JHabbia di quel^ chef lojaccia donno ,

"P. Ben dice in nero d prudentifimo HoratiO;, che Ihuomo dourebbe accommodar lafarpa al piede;, et con^ tentarfl della fa fortuna;, altrimenti mai nonhauerd Va^ nimo tranquillo. T^, Hor noi l intendete ^ ZfT aficurate^ m;, cFé felice Ihuomo^ che f comèta di queU che bafia alla

f^ a natura^

IJ4. oL A VILLA, DIA,

natura. Il perche dijfe Horatio aijuo ibrido Fiig^i l'altezxcty che ben lice d rimomo Sotto pouero tetto j e in flato humih F^incere i ricchi ^ e i Jortiinati Reg^i ,

Et appa^andoji noi di qiiel pocoj, che hahùiamoj che loco poj^tamo trouarc più al propojìto noiìro ^ che la uilla f ^ chel fia uero^ domandatene alltjlejjo poetai il cpidl dice H O R w^ noi uogliamo ejpr contenti JDi (putì;, che bajla dia natura j e hauendo T) il jabricar ci una magione honejia ^ E da cercar primieramente il luogo ♦, F^oi ne riconoscete alcun migliore "De la gioconda ^ anzi beata uilla l Ouefi troua più tiepido il uerno ì Et oue laura piufoajiiep e grata Leua la rabbia del celejle cane ^ Et ammollijce ilgraue acuto caldo TJel Soh (Quando egli ne la caja alberga JDelJier leone ^ v la noiofa cura , O' lainuidia nemica del ripojo X^Ieno già mai ci turba^ ò rompe iljonno f

Con ([uel chejieguey doue pojponendo i finti O* igiar/ dini di Roma alle piaggie;, et fiumi della uilla;, dice

Majàr

DEL T A E G I O. ij;.

iVf ^^ jàr fìoftfi può forza d la natura , Che calca jempre uincitrice Varie

"P. Hot ben conojco^ che Horatio non fi men prom tettore della uilla^ che fiate noi . l^. i^nzi Horatio^ come più dotto O" eloqtiente di me fi ancora più naiorofoj & gagliardo difinfore della mila di cjuello:, che fono tot ma circa al dejiderto di uiuere in una gioconda et lieta uiU la po(Jo dire uer amente injieme con ejjò lui

K^ LT RO ne uoti miei non fi già mai ^

C'hauerfolo un poder non molto grande p uifsuc^'u^ Oue cifijJeunhortO;,epre(Joalmio l i

Tetto un perpetuo finte dacc^ua chiara p \ ,

£ un poco difeluctta, Eccogllddij \^

Mifiir più larghi di cj^uel , ch'io bramai , Tanto j ch'i mi contento^ ne più cheggio Figlinol di M aia \fiior che mi conjerui Qjjefìi de ifommi Dei graditi Doni

Et fin nei più teneri anni della mia Janciullezza fin / Jempre vtolto più uag^o de i piaceri della mlla^ che di (Quelli della città y C^ cofi crescendo da una età nell'altra crebbe parimente in me il defiderio di consumar i giorni miei nella dolct/?ima liberta delle campagne ydouc più grato m'é il Jìiono dellhumili zampo^rnepcbe nelle citta lojlrepito deU k tragiche trombe. Eternando partito dalla citta giongo

l^ Hi alla

ij^ / LA V I L L A, D I A.

alla mlUp dolciJ?imo porto de tnmpèjicri^ alhora uftpro^

Joftdo O' largojojfjirare^ eh mi s'apre dal cuore da me

discaccia tutti i mali humori p O' Vattimo mio rajjeretia di

ffiamera;,chead altro non penfo;, che d goder lietamente

la dolce liberta dell ameno loco. 'P, Dejìdero Japer da

uoiyfiior de iuoflrijludipqiial fia quella cofa^che piuui

diletti in uilla. l^. IJ uccellare m'aggrada Sommamente ^

'P. L^menduefiamo dWifìeJJo uoleret, perlochè uorrei^

che mi dicejle di che tempo ^ C7" con cptiali ingegni andate

uoi injidiando alla liùertd de ijèmplici ^ innocenti ucceU

li, l^ , Uhore^ ZD" le ajlutie^ che ufo neiruccellare:>fono

(Quelle ijlejjì;, che dice il Sannazaro per la bocca di Sincf

ro in ([uelie parole

XsfOI alcuna uolta in sulfir del giorno^ quando appéna

fparite Ujlelle^per lo uicinoSole uedeuamolOriente,

tra uermig-li nuuoletti rojpggiare^ nandauamo in qualche

9 halli lontane dal conuerjar delle gentit^ O* quiuijra due aU

^ tì/^imi :, Z3^ dritti alberi tendeuamol ampia rete^, la quale

JottiliJ?imapche appena tra le fiondi fcerner fi potea^

\^ ragne per nome chiamauamo^ CT qutjla ben maejlre^

uolmente p come fi bifogna^ordinata^ne moueamo dalle

remote parti del bofco:,^cendo con le mani romorijpa^

uenteuoli;, O" con basloni;, CT con pietre di paffo in puffo

'battendo le miiicchie'j uerfo quella parte ^ oue la retejlaua i

tordi ^

DEL T A E G I O. rj7

tordh h mcrtik p ^ gli altri uccelli fgridauano^ li ([uah ' dinanzi a noi fanrojip figgendo difanedutamente dauano tipetto nelli teji inganni^ C7" in Quelli inuillupati , cjiiafi in pinfaccuU diuerjamentc pendeuano;,ma al Jì'ne ucggendo la preda ejjer bajleuole allentauano d poco d poco i capi. " delle maejirefiinipcluelli calando^ oue quali trouati pian^ * gere^quali perniimi giacere in tata copia ne abbondauano^ che molte uoltefi/ìiditi di ucciderli;, O" non hauendo luogo oue porgli;, conjujàmente con le mal piegate reti gli por» tauamo infino dgli tifati alberghi, salirà fiata;, (piando ftelfuttijcro L^futonno lejoltecaterue di forni uolandor- in drapcUo raccolte fi mcfrano d riguardanti ;>cptafi rom ? tonda palla nelVaria-y ne ingegnauamo di hauer ducp 6 tre ! di quelli;^ la (piai cof di leggeri fi poteua trouare ^ d i pie^ di de i (piali un capo di (^aghetto fottiltf imo onto dutdifom lubil ufo legauamo longo tanto^ quanto ciaf uno dfopo* teua portare^ CT ipiindi come la notante fchiera uerfo noi fi approfimaua;, cofi li lafciauamo in lor liberta andar e^ li ' quali fibitamente d compagni figgendo;, ^fra quelli (f come e lor natura^ mefcolando conueniua^ che dfirxa con lo inuefato canape una gran parte della r fretta molti» tudtne ne tirajferofco;,per la qualcofa mferi ;,fntendof a bajfo tirare^ C^ ignorando la cagione^ cheluolar lò'm» fedina gridauanojortif imamente^ empiendo Varia di do»

lorofc

158 . L A V I L L A> D I A.

lorofe uoch^ di pajfo in pajjo [)cr le late campagne tic

It uedeuamo dinartzi di piedi cadere ♦j onde rara era quclU

uoka;, che con li jaccln colmi di caccia non ne tornaJ?vno

alle nojlre cajl\ Ricordami batter ancora;, non poche uolie

y^rijo de cali della male augurata cornice^ C7* tidito come

f ogni fiata;, che tra le mani (Ji comejpejjo attiene ) alcuna

di (lucile ne capitana^ noijltbttamente ne andatiamo in ([ual»

che aperta pianura j CT qutuiper le ejlr ente ponte delle ali

la ligauamo rijupina in terra^ ne più ne menO;, come Je i

corti delle Jlelle hauejje hauuto d cotemplare;>la cjitale non

\ frima fifcnttua co fi ligata^ che con [Iridenti noci ^ gridaua

1 iS" palpitauafifirte^ che tutte le contiicine cornici Jacena

\ intorno afe ragunarc;, delle ([uali alcuna Jorjè più de mali

della compagnia pietofa^che de Jitoi auedufa:,fl lafciaua

^ alle uolte di botto in quella parte calare per aitttarla;, <T

/peffò per bentìre riceueua malgitiderdonc;, conciojìa co^

jet;, che non fi toflo ueragionta;, che da qtielU;, cbel foc^

corfo afJKttaua Qfi come defiderofa di jcampare ')Jtibito

con le oncinute unghie abbracciata;, CT* rijlretta nonfifjey

per maniera;, che forfè uoluntieri haurebbe uohtto (fé poj^

fitto hauej^e^juilupparfi dajuoi artigli \ ma ciò era niente^

però^ che cjuclla lafijlringeita? CT riteneua fi forte ^ che

non la lafciaua ponto da Ce partire;, onde haurejlein quel

ponto ueduto najcere una nona pugna^quefla cercando di

figgire.

DEL T A E G I O. 1^9

jitQgirep ([tiella di aiiitarfi:, Vana C5^ laltra egualmente fin della propria;, che dell olir ni fallite folUcita 7 procacciarci il fio (campo ^ Ver la qtialcofa noi^ che in occulta parte dimorauamo^ dopo longa fjlajopra diciòprcJayUi anda^» uamo , C?" ra^uetato alcluanto il romore ne riponeua^ mo aWuJato luogo y da capo attendendo-, che alcuna al^ tra uenijje con Cimile atto d rappiarne h hauuto pici» cere. Fior:, che ut diro io della cauta grua f non gli ua^ leuap tenendo in pugno la pietra jarji le notturne ejcubie, però;, che da i noflri ajjalti non uiueua ancora di mezzo giorno ficura^ Et al bianco ci^no:, che giouaua habitare nelle humide acque per guardarci dal fioco p. temendo delle coje dt F etote :,Jè in mezo di quelle nonfipoteua egli dal» le noflre infidie guardare ? Et tu mifera^ et cattiuella per^ dice dche fchi^auigli alti tetti penjando aljìero auueni^ mento dellantica caduta^je nella piana terra^ quando piit jicurajlar ti credeui nellinoUri lacciuoli inciampaui ì chi crederebbe pofibde^ che lajagace occhajollecita paleja^ trice delle notturnejfrode nonjàpeua medefima le nojlre infidie palefareffimilmente defiggianij, delle tortore ^deU le colombe^ delle fluuide anitre ^ C^ de gli altri uccelli ni dico^niuno non fi mai di tanta ajlutia dalla natura dotato;^ il quale da noflri ingegni guardandofi;, fi potef e longa li* ber td promettere, V, Ter mia fi;, che nel fentir contarui

^ quejle

146 L A VILLA, DIA.

^tiefle piaceuolezze :> io godo, io giubilo^ io triotì/op O" di qtìi chiaramente conojco ipatttojìa bella j^giaìoQi:, CT bea/ ta la aita rufhcana ^ ondio mi rijoliiO:, Crfon determina/ tiftfuo contetatìdomi della miajortuna;, di uiuer giocodij^t^ ma vita:, hor con la caccia^ bor con la pcfcaggionc^ duati'' do con Vuccellarcy ©" quando con [agricoltura dm mio amenij^imo giardino. J^ . V^oi uolete uccellare y caccia/ rejpejcare:^ irrigare :,fcminar e;, innejlare^ O" coltiuarc il uoflro giardino perjeruitio del corpo , CT la cura dclVa/ ^mm(\douehtlaJciate uoi; lutile, ^ e il diletto è il fine della mcn nobil parte di noi^ cioè del corpo, il cj^uale é terrejlrcp CT mortale'^ ma il fin dellanima^ch'é la più degna parte dellhuomo per ejjer celejle CT immortale^ è la cognitionc del nero p alla quale non pojjendo noi accollarci Jen za Vaiuto dejentimèti delcorpo'^neja mejlieri anco tener con* to d'elio corpO:^ la bontà del cuijangue riCchiaragli f^iri^ (i^ e tanto LphitogU /piriti fono più chiari ifcnttmert meglio fnno Vuftìcio loro *, ma non douemo però tanto attendere al corpo 3 che fi [cordiamo di noijìcfii ;, €7* del nofìro nero fine* T.Se la coja é come noi dite:, onde procede;, che l hu» mane operationi per la maggior parte s'inchinano alDiti» le 7 C^ diletto^ l^ . Queflo procede per la merauigliofa unione e ha Vanima col corpo ^ la quale fidata dalle lufiin* ghc de i fienfii di quello ;> corre dietro d i ben mondani^ i

quali

DEL TAEGIO. ^"^m

quali nonjono ueramente beni ; ma apparenti per (gualche utile p ò diletto ) che fitroua in loro) Et di (ptii procede Vin» Jatiahilttd degli huomini^ chefejojjero neri beniportereb^ beno con ejjo loro la quiete dell'animo, P. K^dunqua dairejjer Vanima di natura diuerfa dal corpo najce la uà» rietd delle Immane operationi^ ^ diuerjìtd de no/lripen» fieri *y onde ipartegiani del corpo corrono dietro airutih Cr diletto;, O" ignoriti dell anima cercano dtfapere;, ^ dhtender le cauje delle cojèy per conseguire , 6 auicinarjl almeno piUpche pojjono alla lor perj^ttione, l^ . V^oi Vtntendete:,Z^ da qual parte uirijjoluete noi d'ejjèref P. Dalla parie dellanima;, EtperògiontO;, chhfia in uilU;, uoglio darmi tutto d gli h onorati Jludi) di Jilojojia:,0* mi rijoluo di Jludiar Jempre f^. JVe que/io uo/lro proponimento mi piace 5 per cloche VaJ^iduitd dello Jludio lena il giudiciOp C^Ji come la injìrmitd delVanimo najcc dalla tirannia del corpOj, cofi anco Vanimop quando tiran» neggia il corpo dtjìriigge lajanitd di quello. V.Onde na-* fce q^icjia tiranidef ^ , Ella najce per inganno ;y^ per troppa eccellenza deiranima^ la quale per ejjer diuinaj, Jj>^jfc uolte:, quando piglia qualche ajpggio della fua diti» nita tanto je ne inuaghifce:, che laltra parte mortale;, CT lontana da ogni diuimtd :>odiaj^ brama jepararfene^ Il troppo Jtudtar guajla t^ corrompe ancora la fatntd

J^ i i del

,42 L A VILLA. DIA.

del corpo , perche ti profindo pettfiero p et malinconia deU lojludtojo tirando gli fjnr iti al capo ;, irli kua da quelle farti, doue eglino hanno djar Vopere:,che appartengono alla conjeruatione del corpo humanoj^onde poi fi caufa Fin» dtJJ)ofitione de ifentimenti :> che per fertiitio dell intelletto;, non po^'ono poi fir bene Diffido loro t, tal che V anima fi riduce d termine^ che uorrebUp CT non può mojlrar la uertufua;, non altrimenti;, che foglia fir e un buon fonatori di lento ;, che defideri mojlrar leccellenzct delVartefua^ CT troni alle mani un kutaccio rocoy mutO;, C^ di nejfun ua^ lore\ Cr inoltre ni dico ;, che cofi lanimo come il corpo neUc attionifue affaticato fi jlracca^^onde per ricrear fi gli fi di meflieri ;, che ricerchi (lualche^quiete^per la quale ri^ JloratopoJJa dapoi ritornar più gagliardo^ che mai alle fue uertuofe operationi, V. l^ dunque allo jludtofo è cofi necejjaria la recreatione dell animo ^ come alle membra per le attionifiticate ilfonno, P^ , Cofi è. P. Et che ma* niera di recreation danimo;, mi configliate noi duo mi dia dopo lijludij miei? J>^ , Gli honeiìi piaceri della uillafono molti ^ pur fagli altri ui laudo la caccia p la pefaggione;, V uccellare p O" l agricoltura;, pur ^ che i canile reti;, i lac» cip ^gli aratri non ui uengano tanto ingratia-, che uific* date foJ])etto per la fimilitudinep che fole efere tra Va^ mante^ e la cofa amata, T. Di cote fio non dubito ponto ^

perche

DEL T A E G I O. ^^> 14}

perche non conojco piacere jopra (Quello dell imparar e ^ CT* mentre :>cìno l^ggo (gualche Itbro^ che mi piaccia ctunji nobilcibo:,jento pajcerji la mente mia;, che ne il nettare;, ne Vambrofia inuidio a Gioue, Fior uorrei per cortefia;, che raaionajte un poco di tutte le maniere de piaceri;, che pi* aliar iiifolete nella uillat^ O" che mi dicejle;, che cojajra le altre io debbajludiare. p^ ^ "Per Vamor ch'io ut porto non pojjo mancar di compiaceruh p^rò ni dico^ che tutti i dilet»^ tifi riducono d tre forti di piacere. "P. Et i^ualijon (^uejle? P^ . F^oi douetejapere ;, che fi come Ihuomo è compo/lo d'anima O' di cor ;> coli Timo de i tre piaceri èfolamentt del corpO;>^ chiamafi fnfitiuo^Zfy (Quello è (juellopchc mi dite;, il quale io laudo ^ pur che fia dalla ragione tem* peratO;, & che nontìccia^ che l corpo ^ come bo detto ;> do*^ uenti tiranno dell ammontai che rhuomo non penfi mai in altro ^ che ne i godimenti de i piacerifenfitiui ^ laltro éfo» lamente dell'animo j quale è quello di colui^ che contemplan do i mirabili ejfetti di natura trappajja Vhore miglioria Il terzo diletto participi delfnfitiuo^ O" dellwtellettua^ UpCome e quello della poefia/della rethorica;,^^ della mnfica^ percioche di ejjogode lanimo^ et VorecchiOp quel* lo per larte:, C7" queìio per lo numero, J-Jor queflifono i ire modi di piaceri;, che noi douete pigliare nella uojlra {iaceuokuilla^la bellezza della quale col puro jf leu»

J^ i i i dorC;,

144 2 L A V I L L A , D I A .

dorcj, O' tiino lume delle cofe dalla natura create^ uorrch che ui fijjiro guida per condurre il uo[lro intelletto alla Jl^eculatione delle cofe naturali;, alla eguale uinuita V^er^ gilto doue dice T^ E prima innanzi ^ ciascun altra cojà Hiceuin Ialine e dolci mufc;, ondio Tiagrandamorp chh porto lorjojfdnto^ Songid molti anni jacer dote ^ quelle Zie vie del del mi moflrino^ e le (Ielle : JDel Sole i uarij mancamenti j, e ([uali Sian le fatiche de la Luna'y come Tremin le terrcp ([ualjegretajorzct TDi natura il mar gonfi;, e gonfiato éjca Da i r otti Jcher mi y fior del proprio letto*, 'Pojcia di nouo in medefmo torni Cerche tanto s affretti ne lOceano Tuffar il Sole a- lajlagion piufiedda > JE ne la calda^ qual longa dimora F ciccia le notti d noi uenirfi tarde

Gran contento CT utile certamente noi trouiamo nel contemplar le caufe, e la uertih e la natura di tante cofe tnerauigliof:, che nella terra;, nellaccpia ^ e nellaere fi producono continuamente^ ma gioia et profitto a[fai mag» giore noi prouiamop quando alzando d uolto ci fi appre^

fintano

DEL T A E G I O. ^vs i4r

Centuno cigli occhi iconjinh ^ /^ ff^tira di q^iiejla granfia-

bricadifi ricche^ fregiate gemme ornata^ che con lo

fhkniore:, CT lor continuo girare :, concorrono alla uita^

Cr alle,! ere di tutte le cofe^ intorno d cheJJ-^eculando;, C?"

di camone in cagione discorrendo perueniamo alla primie^

racaufa:, nella quale e Jorza^che ci ipietiamotemendoy

dmando:,<^ riuerendo rwfinitafua pojjanza, P. l^»

dundtie f opra ogni altra coja mi eshortatc d darmi alli

jiudij della jilojcjia naturale , J^ . Cofi ni eshorto. V^

Et io prometto di attenderuii^ma circa d quella terza

Jjutiedi ddettO:>che pur dianzi haiiete detto ^ come uolete

uoh che migouernif l^ . V^oglio^ chel uoflro intelletto :^

poi fard grauido dwjìnitejcienzc y partortfca qualche c/e-

gho poema;, ò bella profa: C^ che de fi nobili parti nefic»

eia anco partecipeuoligli amici:, ilcheficendofon certij?i^

inoy che nonjolamente haurejle d uile tutti altri ddetti ^ ma,

che li terrejle per nulla^ rifletto d quella dolcezza^ che

frouarejle nelfentir lodare i uojìri componimeti da iper»

fitti giudici^. P. L^ncora^ che in ciajcuno naturale fia il

ddetto dijèntirjì lodare^ et naturahJ?tmo il dejtderio dim»

mortalarjU nondimeno per ejjere Vtmpreja del compone^

re dtjjicde:,^ penculojaj^^ coja da huomini;, che fieno

nati d queiloj CT" che dalla lor ■fimullezz<t fieno auezzi d

legger gli ottimi Scrittori 5 C per efjer io nuovo nelli

Jludij

r^ LA V I L L A> D I A.

Jlitdi) delle lettere :, mi rijoluo di non mettermi d cojt ardi»

ta intprefay accioche d me non interuenga^ come d Feton»

te dellufurpatct Incedi Febot^^ poflo:,chHofiJ?t nato d

tuie eJJcrcitiOp et chhjo^i non men dotto ;, che facodo;, non

uorrei componer libro alcuno, l^ Jo non mi so imaginar

la caujd;> che ut moua d dir qiiefto:, ejjendo come dice ti di»

ìiin Telatone Vbuomo nato per giouar all'altro huomo^ uoi

dourejle pur ySr parte del uoflrojapere ancora dgli aU

tri^ CT per ejjèr uoi nato allofcriuere non e il douere;, che

con c^uefio uoflro proponimento ficciate ingiuria alla na»

tura;, CT che fiate fi nemico della gloria;, la quale è pur

guiderdone della uertiL P. u^ me bajla il piacer di leg«

gere C^ intender e fenz^ :> che la prefontuofa mano prenda

y la penna perjar acq^ttifìo d'un poco daura populare, J^^

^ Se tutti Jojjero del uoilro parere ninno fcriuer ebbe;, O*

perire bbono tutte le belle faenza ?^ le nobili arti. V.MoU

ti penfano d'aCipJijlarf honore col componer e CT mandar

in luce i fioi componimenti^ CT actpnflano uer^ogna C7*

JcornaMtfe il rubbarejoje co fi drffcile^ come e l imita'»

re, forfè:, che hoggidi nonfitrouarieno tatui componitori,

i (^uali trafcriuendo le co altrui^ a-^afciano libri ^ ^fen»

za uergogna lodando h or qtie fio :,hor quello;, uccellano

conjimd rete alle lodi proprie ^non saccorqendo ipazziy

che mentre uanno cercando il uento della gloria^ il tempo

atto

DEL TAEGIO, 147

atto a più bonejle jacendc ^fe ne figge C^Jopraghnge la uecclnezz<^y l^ pouerta;»& il dijprezxoy tale chefìnalmètt i mejchifìifi trouano hatier accjMi flato in uece di finta famt fimo ^ infamia^ T^ . ^ghi uno dourebbe mijurar bene le forze fne ^ pur fii jempre coja lodeuole il cercar nome in (puefla uita :, et uita apprejjo alla morte con Vajfaticarji in coje honorate C7" eccellenti ♦^ E il metterfi d fi alte inf prejè 3 che quafi lefirze no/ìre non ba/ltno per condurle al fio debito fine ;, e un difetto degno di lode ^ il quale ageuolmente da ogni nobile animo uien perdonato ;> et mafi fimamente da quelli ^ che più degli altri fono dotati di ra^ ro intelletto ^ C di generofa cortefia ;, CT per me com^ pongo alle uoltenon tanto per j^eranza ? chwm'hab^ bia di trovare ageuolmente perdono del mio troppo ar^ dire 0 quanto perche con lo fcriuere CT memoria delpaf^ fatofiiggo la pr e finte noia ^ C^ col cercar di fapere ^ me ne caccio uia Vocio p Vambitione ^ Vauaritia ^ & altre fin 1 miti fieleratezze p conofcendo per lo mezzo fio quanto ( fieno le ricchezze ^ ^ gli honori di poco mometo^ et quan^ ^ to breue ^ O' fiagil cofa fa Ihuomo ^ tolta, quella parte ^ che ci rimane immortale t ma tornando alla filofofia na» turale pdicoui p ch'ella è appontocibo per la mente uo» Jlra< V^ Gid ardo di defiderio dhauer in mano la fifica d'u^rijìotik J ma ditemi (se hi piace) poi^ chaurògran

Y pezzo

148 j^f ^ VILLA, DIA.

pezzo ragionato con la natura ^ QT con i morti ;. non dd» bo anco ragionar co uiui ì l^ . K^nzi m laudo d fare eletuonc dun compagno fimdc a uoi ^ CT* conjirirc con ejjo lui ([uanto banrete O^Jlttdtato ^,0" fcritto . ^^rchi^ ta T harentino Jiloffo ecc.^^folcuadire^^cbefeunofa^ hjje al cielo :,<:Tdtla fi confiderajjc U natura delle coji di ([ne fio mondo , CT la bellezza ddlejlelle :,& la if?flu/ enz^ dellt pianeti j, non parerebbe d lui cofajoaue ^ /e (eco non bauejje un compagno dcui lopotejje conferire /P^ F^orreì Caper da uoi je mi è licito d comparir alle uolta fu per le piazza tn compagnia de gli altri gentilbuomini , cbe babitano la uiìla f p^ , Come Je ui è lecito ^ effendo Ibuomo animale per fua natura conuerjatiuo ;, come fi co^ ttojcerebbe Vaffabilitd ^ CT urbanità ^ due uertu fplendi^ dtfime yje tolta ne fojje la conuerjatione f anzi meritare^ te gran lode (e nelle conuerjationi ui renderete grato ^afi fabile p ^ gratiofo giouando ? ddettando ^ CT godendoti injìeme con alcuni hone/ìigiuocbi , motti ^ C burle p auer^ tendo però fempre di non ingiuriare , 6 ofjindcr il com^ pagano con giuochi :, O" troppo mordenti motti :, Vargutia^ C uiuacitd de i (piali p non ui dcue trasportar d far torto ad alcuno , ben euerò > cbe epuelle bore ^ cbe dfjptnjar fi ì^ourebbono d piubonorate tmpreje ;,non uorrei^cbe Ji fonjtimajjero ingiochi^O* burle fu per le piazza- Jfocratc

DEL T A E G I 0/ 14^

filojofì dt alttJ?tmo ingegno ejjendo addimandato da Gor/ già perche non conuerjuua in piazza con qli <iltri ^ rif^o* Jc:, perche c[uello che fi fi in piazza io nonjirrei^ ZT queU lo e he fi IO non fi può fare in piazza* P* Ifcrate (^ d gium dicio mio ) intende di ipielle piazze :> dotiefono le perfoncjl malcreate :, che non fanno mai dir cofa ^ che non rifca in uituperio dt qualcun ^ che prefente , ò ajjentefia j ouera^ mente ^ che non fanno far altro o che biaflemar :, muocar CT* dtr parole indegne delgentd^huomo. P^ ^ V^oi Vintene dtte:> Cr C per quel ch^io mi creda ) tale fu la mente d'Ifo^ orate t ma il comierfare alle tiolte tra perfine hònorate^ et per recreatione d'animo ritrovar fi d certi tempi infieme con giuochi , motti ^ CT burle honefle p d me piace fimma» mente ^ perche Vanimo affatigato nellijludij delle lettere itf quefla maniera recreandofi prende qualche quiete;, la qua* le è poi cagione ^ ch'egli ri fiorato più uehemente ^ che mai ritorni alle uertuofi fue operationi . P. Mor circa al conuerfare co gentilhuomini so come reggermi debbiai ma fendo in uilla maggior copia di uillani p che di gentil Vhuomim p come uolete noi ^ eh 'io migouerni circa alprat» ticare con loro f P^^ Non mi dijj)iace ^ che alle uolte uè* ^ niate a parlamento con i contadini.V. c^' che tempo fa* te mi cotefto quando fete in F^illa, P^ , Ne giorni fcfli ui O'piouofi^ <ZT nellajlagionepche i uillani dmenuti ociofi

Y i i per la

1/0 L A V I L L A, D I A.

fer la umiltà del pigro l^trno attendono d godere alle/

gramète ijrutti delle pajfatejatiche.V. 'Ditemi per uita no»

Jtra (gualche particolare delle coje ^ che rag^ionate con effo

loro. T^ ^ Ragiono della maniera ^ che deono tener gli

i,^ffricoltori nel rompere O" arare delle terre -^ deltem»

dwgrajjarle ^ del modo d inastare i prati ^ della ([uà»

litd del terreno ^ della bontà de femi ^ delle coflellatio/

ni :, Cotto le eguali fi deggtano jàr le facendo rufìicane^ de

i legni y per li cj^uahfi pojjano antiuedere lepioggie pi

uenti y CT i tempi fereni ;, parlo delle diuerfe maniere del

coltiuar delle piante ^ delle ulti ^ de ifilueflri uirguU

ti ;, O' del come :, CT quando piantino ^ s'inne/lino p CT

fitrappiantino gli alberi. V. P^oikamte detto ^ che ra»

gionate couillani delle coflellationi sfotto pali lopre ru»

Jlicanefar fi deggianoj O" de ifgni p per li (pali fi anti^

veggano i buoni et cattiui tempii circa al che to ui dico p che

luna e V altra cofa d me pare fi appartenga agli ajlrolo^

ghi p d marinari ^ e non d contadini p ipali non hanno che

fare con le (Ielle, l^.^^nzi la cognitione dcllejielle non

è men necejfaria d contadini ^ ch'ella fifa d naiiiganti ^ C?*

il cognofcere gli orti ^gli occafi loro ^ i tempii Z3" i uenti y

affine ^ che quellifappiano il pando sha da nauigare p O*

(pefli di arare ^ eCeminar le terre, llche uien confirmato

da f^ergilio la doue dice.

Oltre ciò

DEL T A E G I O. i;i

Oltre ciò debbiam noijcruar d't^rturo^ TDel lucido Serpente :,ede capretti Il najcev:, el morir ^ non altrimenti Che s'ojprinn color ^che Jan ritorno 'Per perigltofo mare al patrio albergo^. E in nero i contadini fenza cognitione del cielo finno infì^ ftiti errori^ CT uengonoJ]:>ejJe uolte ingannati da tempi ;, il che non auerrebbej^Je hauejjero intendimento dellejlelle^ et Japejpro lamicitia^ chat culo con la terra fP^ K^orrei^ che con (gualche effempio mi rendere più chiaro della men» te uoflrat, perche diffìcilmente mi muouo d credere p cVal villano appartenga il conofcer delle flelle ^ C3" prono/li» car de tempi. T^ . Sei contadino antiuedejp il mal tempo ;, che minaccia il mattutino apparir della Lira circa d mez* zo Maggio;, oche egli fi affretterebbe di ridurre iljieno al coperto , ouer amente resìarebbe dijcgare j CT s'egli uolejjeJUrpar la gramigna ^ non pen fate, che gli giouajjc iljaper y che le radici di talherba mai non fi dtftruggono del tutto -yfuor ^ che (Quando ti Sole alberga col Cancro j O" che la fe/ìa luna èpofla neljrgno di Capricorno? Et ^'^glifipejje p che tutte le cofe ;, che najcono il quinto gior^ no dopo la congiontione della Luna diuentanojlerili p ere» detep che d que/lo non auertirebbe nelfeminare ffapendo^ che lorzo Qcome afferma Plinio) najce iljettimo di dipoi^

. Y Hi ch'i

iriifbL A V I L L A^ D I A.

cKèfeminato ^ CT i legumi il (Quarto , 6 al più tardi il /etti» ino ^ Et sci contadino antiuedejfe le battaglie de uenti che JJìejp fiate in ejja riccolta concorrono ^O* £nno ,co^ me dice F^ergilio in ([uefle parole^ Spejp) uidh quando ne campi intrato Il mictitor p con luna mano hauendo %^' pena Jlr ette al gran le bionde chiome;, E con l altra d tagliarle incominciato , JDe tienti tutte le battaglie infieme i^ffrontarjl^ e combatter con tal forza? Che legrauide biade da radice Suelte gettar 0 in alt0:>O* con ruina "Portarne il nero e tempejlojò turbo Le fottil gambe ^ è le uolanti paglie ^ Spejjojcender dal del gran Jguadre d acque ^ E le nugole ad un rejlrette ^ hor renda Sparger grandine ;, e pioggie ojcure e folte j Precipiteuolmente d terra cade Sublime il cielo e lejemenze liete , E de buoi le fatiche innunda e lana ^ Empionji ijoJ?i p crtjcon con gran rombo J cauijiumi ^ bolle irato il mare

E quel cbefegue ^ non penjate noi ^ che egli reflarebbe dijèminare o di mietere f ^feluillan antiuedejje lapiog^

gia^

DEL T A E G I O. ir,

gi<tptr ìiCegni ddleflelle non credete che egli Jojje utile

per lo piantar dclli canneti y ^ je minar dAle biade f con/

ciofia:, che quelli no fi pongono jc nonjoprajld la pioggia^

CT ijiiefii fi fc minano (Quando dipoi ha dpiouere\nonjape^

te , che Democrito ^ mietendo iljuo Jratel Datnajio ^ gli

dtjje :, che reftajje dalloperUp Z^ che conducejje al coperà

io quello y che haueua mietuto ^ ^ poche bore dipoi uennc

grandij^ima pi'^ggi^ ? l^ {^ale approuò il fuo detto ^ Cjc

Jinal mente il contadino antiuedejjè per uertu delle Jlelle la

fitura ingiuria del tempo ;, penjate noi ^ eh' egli perdejje ti

feme ^ CT /e etiche Jtie ^ che jorje non fi ualejje d'una

tale occafione per douentar ricco. P,que/ta è una occa^

(ione per douentar pouero;, ^ non ricco, p^. udite circa

d quello ^ che ne dice Plinio nella fua naturale Hifioria,

Dicono, che Democrito ^ il quale primo inteje 3 GT

dimoflrò lafocietà del cielo con la terra d ricchifimi cit»

tadini^ chejpezz^^ano quejla cura :>hauèdo preuifia la ca^

rejtia dell olio dui fituro najcere delle P^ergiUeyper quel»

la ragione;, che noi dicemmo p C^ demojlreremo più piena»

mète con grande utilità hauere coperato tutto Folio de quel»

la ragione^ quadofi credeua^ che ne hauefje ad e^Jer abon»

dunza:, merauigliandofi quegli, che japeuano;, che tale huo»

mo amaua grandifimamente la pouertd ^ la quiete delle

dottrine;, ma come apparue la cauJa^Z3" il gran corjo delle

rich^ZZ^

i^44SÌL A VILLA>DIA.

ricchezza ? dicono hauer reflituito la mercede d Quegli y che acidamente Ji pemirotto di hauer uenduto ^ contento di hauer cojì prouato poter facilmente arrichir ogni uolta che uokjje ; ma poniamo calo j chel uillano p per ejjer.di grojjapafìa compoflo nonpotejje penetrar tanto adentro nelle cojè di ^^Jlr elogia;, non dourebbe egli almeno Jape» re accommodar l'opere ruflicane d fuoi debiti tempi mo^ pratici dalle Jlelk;, CT antiuedere lepioggie ., i uenth ^ le tepe/ìe , che caujano ejjejlelle aJ?tcurandofi in quejlo modo da inganni de tempi f 'V,x^dun(^ue le (Ielle causano le mutationi de'tempif l^ , Come p nonjapete;, che alcune de loro fono fredde nella refolutione ddlbumore;, alcune nel condensarlo in pruine ^ alcune in conftringerlo in neue p al» tre in congelarlo ingrandini^altrejanno uento^ altre tem» peramento d'aria;, alcune uapori^alcune rugiada^ GT alcu» ne altrejreddof "P. P^oifigentdmente ragionate delh uertù delle Jlellep^ dell'agricolturaj, che nonjolamète ha^ uete dejlo nell animo mio uno ardete dcjìderio dt Capere per quali jegni antiuederfipojja ti mal tempo ^ CT d'intendere Jotto eguali cojlellationi farji deggiano Vopere ruflicane^ V ipelche renda i campi f^rtiliJO" lieti: ma de fiderò an* corafommamente di conojcer come fi debbiano coltiuar le piante ^ curar le uiti ^ regger gli armenti ^ CT" finalmente gouernar Vapi, f^^ Coteflo uojlro defiderio comprende

tutta

DEL TAEGI O..^^ irr

fatta Varie ddV agricoltura ^ aìc^uale prometto dijodiff^r/

in parie (e per bora mi Ujciera jar tatto di panja ;, ch'io

poffa andar douejono ajpetiato par una miajacenda d'irne

portanza* V. Deh mi amate :, fitemi gratta ^ di tndu»

giarui un poco ^ ^ datemi per cortesia ahnen (gualche bel

ricordo circa aira^ricohura de giardini, f^, i^^nco»

ra chiofia ^agricoltore di poco pregio ^ Z2" mal pojjà

Jodiffare al dejìderio uoflrot, pur Q qual io mi fia ) uoletie^

ri co noi participerò il ragionamèto di i^ gricoltura;, che

fi hierjera dopo cena nel giardino del Vili J^ S. Camillo

"Porro p perche maggior piacer non prendo^chejàre c^ua»

to porta la natura mia, d cui aliro^che qiouar non aggra»

da*-, pero come ^ cheltetnpo Jiabreue: nondimeno ac»

cenando i uofiri prieghi ^ ui dico ^ chel detto S. Camillo^

come ([nello p che sa (guanto fi conuenga d un JJ^irito gene^

rofo la Magnificenza p Z^ liberalità ^ due JJ^lendidìfima

verta :>J]^cJJe uolie dun fw giardino difco(lo un miglio da

Melano d mangiar f co inuita gli atnici fuoi , tra i eguali

tr Oliandomi ancKio conuitaio hierfera^molto piactre prefi

de i uarij ;, ingegnofi ^ dotti ^ ^fìlofofci difcorfi^chefii^

rono hauti bor da queflo ^ hor da quello-,0^ mafimamentc

della piaceuolezza dellhortolano d'ejfo loco J(^ de i mera»

uigliofi fegr etiche da i cornatati gli fir otto infegnatu P.

Hor c[ue[lo é Quello ^ che uorreifaper da noi, t^ ^ Intor»

2/ tio al

(

fy6 LA VILLA, DIA.

' no al fìtte della cena Q qtiafi in atto di comedia ) s*appre^

jèntò alla tauola detto giardiniero dijcinto ^ (^ [calzo con

una ghirlanda in capo di figlie di vite ^ onde tra i pampi^

ni y ^ tralci pendevano i grappoli delluua matura con un

bronco di pero in mano ;, e he poco dianzi hauetia rotto Vem^

fito del uento y CT* con mito tutto fì/leuole (CT'follazzofo

parlo in ([uefla maniera, f^oi hauete dfaper Signor i;,ch'io

^fono Vortolano del S . Camillo Torro ^ CT /e piante ^

che uedite qui intorno fono mie creature;, C^ tutti quelli beU

li inne/ìi ^ che ui sapprefentano innanzi fiirono jàttt dalle

ì mie ijlejje mani;, CT le belhpme ortaglie;, ^J* fiori ;, che ri*

dono fi a que/le uezzofe her bette fono proceduti dalla mia

^ induflria O' fudore ^ Et perche fopra ogni altra cofa de»

fiderò far mi eccellente nelDfiicio mio dell'ortolano fi per

fodisfiatione del mio Signore j, còme anco per interejje deU

Vhonor mio , ^fapendo che uoi (^entiVbuomìni hauete uolti

molti libri, CT che dovete fipere tutti if greti delli antichi

^agricoltori ji quali ( per quel chwtendo ^firono mefi

in fritto da un certo Marco J^aroneX^olumella/Theo

fia/ìoy ValladiO;, CT altri;, che non mi ricordo ^ il perche

1 con tutti quelli più caldi CT uiuiprieghi duo pojjo, uifup.^

flico d firmi tanta parte della uoflra dottrina ^ quanta ui

firo io de i preciofi fiuta di qveflo fvlicifimo giardino^

Laiche rifpofilS. "Pomponio Cotta, Gran fc or tefia

certamente

DEL T A E G I O. iry

certamente farebbe la ttofìra haucndo noi goduto de ijrut» ti di queò% ^tardino ^ d non uoler compiacere al giardr^ mero in cola tanto houejla \ l^erò^hortolano mio ^ djodtp jàtione d. 1 iioflro dejiderio ^ io cominciero d pagare d de* bito col dirui y cheje ueder uokte rijttrgere uerde ;yfrejca , CT lieta lajlicra ruta^fd de mejlierh cbejc U dica oltrag» gi0:,O^ s'auuertifca ben ^ che nel piantarla non fio, vifla ne tocca dalla mano di dona immoda^ ^Je unarborejrutnji ro tarda troppo d cominciar difirjrutto ^ficciafi nellao» tunno un buco con una triuelU nell'una delle fue pili grofje radici in modo ^ che non paj?i di la ^ CT in ej[o cacctji una cauigha di legno Jecco chiudendo bene di fiori con cera:,poi ricoprendo di terra y c^uellanno ijlejjo al Juo tempo jìrd jrutto. Et io ui dico y dijje il S. Vreciuallo Bejozzo p che Je bramate ueder e nelle zucche marinerò cedri Qje nhaue» re) nouiy O^ flrani nolti p debbiate far fibricare un uafo di crijìallo di (Quella firma p che più ui piace p CT* poi chiuder^ le dentro cj^uandojono nella loro più acerba etd p onde ue^ drete dpoco d poco la z^icca crejccdofirjì Jimile al uajop Cr reujcir V effetto chUo ui dico ^ 0"fe d qualche arbore nel uo^ro giardino cajcano jacilmeme i fiori fi fird ^ che produca il fiuttojènza fiorire pfi uoi linne/ìarete infico^. Et io uifijaperepjoggionje d S. Camillo Vorrop chefo» pra di ^uc fio pero et di quel uer miglio morojipojjono in»

Z I é nejlar

l^j^ LA VILLA. DIA.

neéìargli aranzij'ag-rezz^^ de quali tiolendola mi addoU

ciré fi di mefite ri ^ che -foriate mezzo il tronco da ba(\o ,

dando m que/ìa maniera luogo al trijlo bimorefin tanto :>

che i pomijì ueggano ben {ormati, poi bijogna con lotojèr»

rar la piaga loro *, onde ne uedrete effetto memuigìiofo ;

O" in oltre ui dico ^ chefir et e Urna mojcatellafe tagliate la

vite che fi pianta in maniera che ne reflino tre occhi di ef»

fajopra terra ;, CT canatolefiiori con un filo dijirro tutta

la medolla riempiraj?i quella canna di poluere di noce mo^

jcada p chiudendo poi il buco di fepra molto bene di cera ^

fi che acqua alcuna non ui pojja entrare. Et io uijojàp^rc

dijje il S. Iacopo Briuio;, che fi come in Fraza d'ogni jla^

gione fi uede una gran copia di car chiodi :, il medejimo

uedrete nel uoflro giardino;, auer tendo noi d cinque cofe^ la

prima delle quali fera un muro ;, che gli difenda da tra^

montanara feconda che fieno ejpojli al meriggio fenza ha*

uer cofa auati che glimpedfca dfoleja terza medicare al

freddo deluerno colfmo O* con l'acqua tepida p la quarta

inafftarli ben Vejlate ^ la quinta ^ CT ultima tramutar eia*

fcun me gli occhi fuoi *, il che tìcendo haurete neluojlro

giardino carchioffi d'ogni hora\ et di più ui^ofapere^^chel

pefco maturerà molto per tempo fard innejlato in moro^

onero in uite. <^l chefoggionfe d S. Caradojfo Poppa;,

et io uijiccio intèdere^che l'ortaglie uojlrefi uogliono femi*

nare^ <T

DEL T A E G I O. ir9

tiare ^et trappiatìtare nel primo quarto del crejcer della /w- n^ p Cr quando un'arbore non ritiene il fiuto > ò che auan* ti alla maturitdfopra (luelloficorrumpa.fegli defire nei tronco un buco con una triuella grojja circa un dito ^ che faft dètrofin al mezzo alto da terra circa un braccio;, et quello jerr art ^^ impire dt una cauiglia di legno fecco^chc ut entri per jorxa ^ chiudendo ancora la parte di fiori di cera, perche non ui entri humore - che pojjajar corruttio^ neJDoucte ancofapere.dijfe ti S. Giulio Schiaffijtato^cht Ce noi piantate una cipolla con dentro feme dt lino , che na^ [cera drcigoncdlo^'<J"io ui dico ( dijjè il S.Giofeppe GioJ^ fano^ che Ce una donale habbia ilfuojiore due ò tre uoU te intorno e p mezzo del uojlro giardino Jubito cader ano d terra le ruche p O" altri uermicelh ;, chefuogliono rouina» re Fortag^lie ^ al che fegui dicendo il S. Cejare Landria^ no ;>^ io ui dico :, che canate la medolla dalla uitejìibito tiataj'uua nafcerdfenzagranaj.CT' hauete anco a fapere^ che ogni frutto d'arbore matura più per tempo inne» flato in ciregio j in una fjnna ;, CT in moro negro ;, che in qualfi uoglia altra pianta, ^^ llhorajoggionje il S. Ca^ millo F^aiano ^ hauete afapere che ipini cresceranno più in uno anno ^ che in quattro Ce nel piantarli gittarete nella fiija loro due^ò tre grani d'orzo^ZT di più ui dicO;,cFogni frutto d'arbore fi f più dolce ^ faporito bagnando ilfòrm.

Z iti colo

j^o LA V I L L A, D I A.

colo in mele ([uanJo smne(la^CT' più odorato ponèdouipoì^

nere dtgarojam ^ noce mofcata ^ C^ cofejtmih.ma chefiem

no ben pefle. Et io Mortolano;, dijje il S.Lodouico Lo»

mazzo ^ vififaperep che noi piantate ^ cogliete Vagito

mentre la Luna alluma Valtro hemfjpero, ch'egli perderci

Vacutezz<t dclfuo moleslo odore^<^ m oltre ut dicop che le

fir miche figgiranno p Z^ morir ano Ce canato un poco di

terra al pie dAlarboreJe gli metterà attorno della calige»

ne del camino ^ ouero della fe^atura di (guercia . Soggio^

Je d S. Francesco Biancardo ^ Et io ni dico che la noce Ce

prima che fia fiatata Jèrd tenuta d molle cinque gliomi nel

Vorina d)mfinciuUop produrrà noci con la coccia tatojot*

tde 0 che ogniuno con le dita jacilmente le potrà rompere ^

Et io dijp il Taegio ;, perche neggio ^ chel piano dejln»

tìeri del uojlro giardino non e uguale ^ onde Vocchio de ri^

guardanti ne Jente non picciola oiftja ;> ui uoglio infegnarc

con ([uejlaguajladetta d'accpua ;, che qui uedete y dliucllare

giitjlif^imamete un piano^yil che ui fruirà no Colo per la ua^

ghezz^ del giardino y ma ancora per la comodità del co»

dar ddlacque d i luochi dejìderati. Et per uenire alla prò*

va ui dico ;, che primieramente pigliar deue una in^hifla»

ra di uetrofottile C chiaro^<:!T empitane la metà dt acqua^

0 altro licpiore con ejfa ui porrete nelVuno de capi del loco^

che noi uorrete liuellarc pficendo che un altro fi metta neU

laltro

DEL T A E G I O. i^i

laUro di efi campi con una hafla in mano ;, CT* una carta bianca) poi ferrando un occhio ^ come fichi mira di archi^ bugilo ;, 6 altra Cimile coja ^ porrete Valtro cjpti prejjò di ejja inahislara ^ ^O' guardar eie diritto per longo delpia^ no dtllaCilua ucrjo Vhajìa^ che 1 altro hauera in manojcr» mata con il calce in terra;, ^ farete p che appoggiata rjja carta allhajla ^ ciucila tanto uadt alzando C^ abhajjandoj fin che uoi Jcorgerete detta carta al diritto del piano deU Vacqua , auertendo che non uediate ponto di ejjo pfanOj, ma che luna ^ O" laltra eflr entità di qua. e di Id del detto pia* no dell acqua tupaia ima jol linea ^che iiadid tagliar d tra uerjo eJJa carta ; Jl che fitto mifur erete quanto ejjo piano della detta acqua (la alto da terra :, O" il me defimo farete della carta:,^ quanta differenz<t trouarete dalVuna ahez za ali altra p di tanto fard più baffo Vuno capo di efofto^ che Valtro p come fc per cafo dal piano dcUacqua d terra Jojjero due braccia ^ et dalla carta d terra tre^ dun brac» ciò farebbe più baffo illoco doue foffe quello dell hafla <CT la carta ^ che quello doue fofìc uoi con linghiflara. Queflo ètm bellifiimofegretOp il quale dourebbe effer molto carogna fio d igiardinterip perche pojjano colfo mezzo render uguale ilpianode fuoifentieri\ma ancora d tutti gli habitatori della uilla^doue^ come alla cittade^non slia corn moditddingegnieriperhuellare lina campagna^ per cai fa

del

i6i LA V I L L A> D I A.

dd condurre dell 'accjtia. p^ , Egli e ucro^et d^iti cf)iara intelhgenz^ d^ognuno ficeU ^rejente figura.

"P.Cbefeginpoi, P^ .Ubortolano redette ^llegratie che douea d i nomittati getti huotniith et p guidar dotte de iti* tejifegreti protnijje dtjar ci parte defuoi ìttejli. Et qiiejio è quoto fu detto hierjera in ^pojìto dellagricoltura^ et prò» jìtto delgiardimero, Lrlor jlate felice;, ch'io tne ne uoglio andare p più pojjo differire ^ perche la pofta e alle x x. bore p CT credo chepaJ?ino anzi che P* «Se la papa e alle X X. bore :, potete indugiare anco un bora p perche noti arriuano alle diecinoue, /^* F^oi digran longa utngan^ nate p perche Vombra mia dimojlra ^ che pajiino x x, hore^ 3^* y^doncpue Vbore pojfono conoscere allombra del/ Ihuomo, l^ . Chi nba dubbio. "P. "Partenio ne dubita ne fi sd imaginar comepojja ejfer cotejlo f^, Mor ut uo^

glio

D E L T A E G IO. i^j

^lio anco injcgtmre cjuejlohdhfimofegreto comecofacltia^

fi ttecejjaria allbuomo:,chahitt in mila ^ doueJ})ejJe volte no

ni fono borioliy et efendoinfonoJalffimi.V.x^^nco in vii»

la lenza tanti horioli fi pojfono conofcerc Ihore dairarco

che cani atomo dfegna il fole girando dalloriente aWcc^

adente . l^ . Egli é nero pur che s'habbia cognitione della

sfera del mondo ^ doue ciucilo ah fimo i^^frchitetto^che la

Jàbricò rachiife qiiàto lafciar uolle al reggimèto della na/

tura uniuerfale. V . Senza cognition di sfira fi jàllireb'^

he di poco \ ma lafctando ^uejlo da banda ^ ingegnatemi ui

pregio d greto ddl ombra ^ ch'io ne rejìaró con obli»

co. J^ . Non corre obligofa noij CT ([uado ui cor refe

farebbe dal canto mio ^ che hoggimai dourei haueruifor^

dito con tanti cicalamenti ^ ma in ([uejlo la colpa mia a noi

me defimo perdonar ete. Hauete adun(][ue dfapere ;,che

dal moderno ^^rchimede d S. i^lejjandro Calmo ho

imparato (jiiejlo bellipmof greto ;, per chiarezza del c^iia»

le copojia lafeguente tauola ;, che non ùflende fuor del

tiojlro clima p la quale contiene li dodeci mefi delTanno ^ ne

li quali ad uno ad uno:, di cinque in cinque giorni p per non

ejjer in fi poco tempo mutatione che importi fi uede d tut'»

te Vhore del (giorno quanti piedi;, CT oltre alli piedi quante

onderò fa dui pollici fia longa in terra ben piana lombra

del corpo di ciafcuno dalla cima del capo fin d terra co»

i^^a minciado

1^4. LA VILLA, DIA.

minciandola dmifurare dalla cauiglia dell'uno ali altro piede:, per ri/Jwndere al piombo ^tiel loco a chijld ben rit^ toalla detta fommitd del capo fin al fine d^ejja ombra ^fi cheponiam cafo che allt ifji Maggio doppo mezzo crior no io dejìderifapere che horafia^uado al fole iloco piano ^ et uoltatogli lafchiena ^ come nella prefente figura uedete^

'Pongo mente Jin dove arriui la mia. ombra et quella mifu* rata trouo creila è longa fette piedi et fette dtta^ che fono un dito più di mezz(^ piede'^ perche la longhezza del piede cotiene dodeci oncie^òfia come ho detto dodeci pollici in tra uerfo, guardo nel mefe di Maggio fotto allt lyJi Mag^ gio quale fia ql numero ;>che più sapprej?i di queflo et trouo d man dritta delle io, bore ?♦ piedi Cr 6. dita^fiche dico, che fono tato più di io, bore quato importa quel dito dipiu^

G E N A I

D E L T A E G I O. i^r

G E N A I O.

Giorni V X - XV XX xxv xxx

15-00 O - 1S$ 1 - 11^ 8 -^8 I - 50 2 - 53

Itf 44 ^ ^^ loè 31 ^ 2.5 9 22 5 l^ IO

I7_ 29 - 21 5 - IS - 17 45- 15 P - 14 25

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Giorni V X XV xx xxv xxx

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7^. Io seggio (indio che dite nella prejènte tauolat^ ma non

so perche detto tnhabhiate ;, che fieno pia lofio i^.hore^at»

tejò che nella linea di ejjì hore i^.fotto il detto irJi Mag

gio fi ueggono appoto 7, piedi:,V 7. onde, P" , per (piie*

fio hopoSÌo il cafo j chefùjfe dopo mezzogiorno. P. Cht

fia pajjato meriggio 6 farà fidi cofa ilfaperlo d cpneU

le hore che gh fono molto lontane ^ come la mattina innan^

zi Vhont comune del dfinarc , C^ uerfo il uefjuro :,ma d

Quelle hore che gli f no prejjo ^ come fifapera chefiapaf

fatOy 0 nò. P^ . M oltojàcilmente ponendo mente dipo»

co in poco Vomhrafi uaficendo piti longa^òpiu corta;, per»

che fn che fia mezzo giorno V ombra di ciaf ima cofa in

piano fi uajàcendo più corta ^ O* dopo fnhito comincia ai

allongarfi, P* Ii[or fn ben rifiuto d'ogni dubbio., P^ ^

s^ccontètateui aduncpie darmi licèz^ di andare d/pedirc

il negotio^che pur dianzi uho detto. T. Che negotio è (pue»

fio uofìro di tanta importanza:, che non pofiate dimorar^

tii anco una mezza hora meco ì l^ , L'indugiar potrebbe

portarmi danno ) perche è morto il miojàttor di mila p CT

hifogna che (pianto prima me ne prouegga dWaltro C^

la fia data èfolamente per tale effetto. V. x^ ' pon^

tofopra (piefla materia ho caro ragionare un pochetto con

tfjo udì. P^ . L^- un altra fata prometto di attenderla:,

bora partir miuoglio ad ogni modop d Dio. V. Dehfr^

mateui;,

DEL T A E G IO. lyr

matcui^fcrmateui uifuppliC0;>ct mo/lrate^ che in noi nonfia morto (^ueljeme della dolce ;> ^ fiagheuoh bumanitd ;, che dalle natura fi Jparfo nelle radici de nojlri cuori ^ crje purjlate anco jìil duro di non uokr piagar l animo uojlro dji honejla domandatatelo ui (congiuro per la luce dt cjue» oli occhi j, chefironojoggetto delle uoslre rime^'^ chan» nofiuo mille uolte inutdia al Sole* l^ , Qjl^^ animo non piegherebbe dfinnl incanto^ poi che tato con la uojira cor/ tejia mi honoratc :> C^ col pregar m'offendete quagliami Vubedtre al mio gentiltj^imo Vartenio 5 Vero ditemi quel che da me intendere dejiderate delittore di uilla. P, Prz» mierarnete uorreifaperèfe noi pigliate tljàttore dotto et ec^ celiente nellarte jua;> 6 uer amente Unflituiie noi à modo no» flro, Jy^ . ^<^Ji^j]^ mifj^orxo dwfegnarli Tuificio juo pe» ro ch'egli non ha dajar altro ([uando io fono ajjentefe non quello iliejjo ck\ojarreis\o uifijje prejente , il che Japen^ dojir IO :yfard ageuolcoja ancora ch'io lojappia injegna* re ad altrui. V, Bijogna adunque chel jittore ch'entra in uoslro luogo fia molto beniuolo et affitttonato d noi C aU le coje uojìre ^ che altrimenti ^ quantunque ejpertifìimofijje non Japrei conojcere qual utilitd da lui trar ne potejjè^ J^. Gli e nero , ma quejla aj^ttione uerfo me ^ è la prima co fa nella quale iolin^itufco. "P. Et come fi può una tal cofa infegnare ì P^ * Rimeritando è graitjicandcwclo ^

B b ficendol

171 LA VILLA, DIA.

jacendol partecipe di quei berlicche Dio mi concede^ et c^uè»

Ita e una buona uia :, CT ottimo flr omento per accluijlarjl

beniuoleza. V.Qj^ado poi ve lo jete fitto amico J?iijla ([ue^

Jlo d farlo diligente in quel che gli ha dafaref noi fu p e te pur

che infiniti fono gli huomini y i quali tutto che naturalmente

fieno amici di lorjlefi ^ nondimeno ifano negligentia infir

quelle cofy onde dtpcde tifine del defiderio loro, l^ . Fat^

io ch^io me lo fono amico ^ io Vinjlitmfco poi nella follicitu^

dine CT dìUgenxa^tT moflrogli minutamete;, come ciaf una

co fa habbia daguidare^ prouedere. P. Io non peifauo^

che quella accutezx<t fi potejjl molto bene infegnare dchi

naturalmente non g-li è inchinato. T^ . E aero cKo^ninno

non è idoneo, P. Qj^alifono quegli y che fono più atti che

gli altri ? Is/on farebbe maipo/?ibile y che glin^ordt del

ttino Q ancor che uolefjero )ffero atti a quejla cura et di/

li^enz^ > ch\o dico y che per lo inebriar f tutto ti giorno fi

fcorderebbonofempre quello yC hanno daJare^Oltre d que»

Jlo quelli chefnofchiaui delfonno^malpofonofir cofa al»

cunayche buona fia^ne ejjere intorno d chi la£ccia. P. Va

re d mey che bafi reijer continente in quefle due cofyO pur

bif^na altro f l^ . JS7on ba/la y perche Ihauer lanimo

prefo ne lacci d'amore y leua merauiglif amente il petficr

dog-ni altro neg-ocio.percioche nonfitroua al modo wa^»

gior dolcezi:a di cjlla ci) è nelle prattiche d'amor e;,ne mag*

gior

DEL T A E G I O, 175

0or pcij^tone di (fucila dell amante quado è poco (limato dal la cnfà amataci che in man di tali huoinini no è da porre in m(]ìin modo tlgouerno delle cojejue. P, Q^ielli che fono amici dd guadagno Jlimate noi;, che jhno atti allufpcio del fittore de mila i l^ . I^ejjiwajorte d))nomini è più atta d ciòcche qnejìi che in dici, perche bajla J^damente d mojlrar loro:,che dalla fua diligenza uifia per nafcer ti guadagno^ "P. Horjejara alcuno continente di tinte le coje e hai dct* to et amico mediocremente del guadagnare ^ che lia tenete perjarlo curio f) &follecito. 1^ . E ageuolcoja^ perciò che quando io treggia ch'egli hablna tifata jollccttudine in qualche coja io lo lodo^O" mi(J\)rzo di honorarlo ^ CT sio conojco il contrario nùtigegno di morderlo ^ 6 con parole 6 con jirlo in qualche modo tiergo^nar dhauer mancato, "P, Poi che noi detto tnhauete le parti che fi ricercano itt un buon jattor di uilla ^ tiorrei bora che noi mi dicefie dal» Idltra parte quale ha ejjer colui ^ che lo injlitmfce ^ <^ po'» nejbpra alle ccjè della uillafiia p Z^ prima (egli épojbibi» le p che un neghittofo 'O* trascurato pojjafir altrui dtlig^e^ te ? l^ . Mon altrimenti:, chepoffa uno ignorante nellar» chitettura jàr un perfittiJ?imo architetto 5 perciò che tien dcll\mpoJ?dnle p che Jendo il maejìro ignorante fieno mai dotti lijcolari ^ CT che Ce un padrone e ociofo^ e infìngar* dopficno iferuijolleciti e curioji) Et mjomma chi uuolfar

Bb li altrui

174 LA VILLA, DIA.

aìtriiij^iej^liato e diU^etiteJJnJogna frima che fi mojlri eg-U Ji^ifo hauer cura de le cofe ^ O^ dkatier curo\i che ciafcimo fia premiato fecondo i meriti^ CT hauer d flegno che aìcu/ no porti guiderdone non lo meritandolo' bellijsima riJJ'io» Jla giudico ciucila di colui j^ che fendo addimandato , che co/ fa in poco tempo jaccia grafjo un cauallo , rifpoje l occhio del padrone ; cojì dico io ^ che la cura del padrone è c^uel/ la y che guida bene ogni co fa. !P, Hor pojlo che noi bah» biate jatto diligente a bajìanz^t ^ue/Io uojlro fetore ftrd perciò idoneo àfir compitamente l officio juo > ó pur fi di mejlieri ;, che uoigVinfegnate (gualche altra cofa ^ l^ .ISIo bajla questa a/fettione CT diligenz<t :,fe non Je gli mojlra ancora;^ come e cjuando s'ha da&re ciafcuna coja^ altrimè^ ti no farebbe egli d altro giouamento alla uilU;, chejijia un medico ad un infirmo^ ilpalejia diligente in uijìtarlo mai» Una eJera^O" nonfappia poi conoscere quel che pojfagio/ uar d quella injìrmita, P* Dapoi che gli haurai mojlra» to minutamente in che modo CT d che tempo debba far le facendefuchara egli b fogno d altro f l^ * B fogna dopo que/lo che impariate dfapere comandare d lauoratori eferui della uilla ch'egli hafottolgouerno fo^ P. Et chi gli mojlra quejlof l^ , Mi (forzo dt mojlrarglielo io più ch'io poijo. V. Ditemi per corte fia ^ come noi facciate ad infegnarc il faper comandare, f^. Si uedc chiaramente

Tartcnio

DEL T A E G I O. 171-

Tartcnio :, che itHutti altri ammali due co fono cagioni frincip^Itf?ime che Ji foitomettano C ubedfchano d gli huomtni ;, ciò è ctuando ubedendofono accarezzati^ e repi» cnando fon purdn ) non fer altra uia un domator d'un ca^ uallofe lo fard man feto non hor con lufinghe ^ hor con battiture y fecondo ti bifogno \ e parimente ancora con Jì» md arte fi rendono i cani CJ" altri animali ubedienti ad un cenno QT aduna noce nofira\ cofi interuiene ancora dfer^ uiy O" d lauoratori ^ i quali con le ragioni CT con le paro* Ufi lajjàno perfuader e;, facendoli noi conofcere^, che ilfer* tur uolontierifia il meglio loro^ gafligandogli noi fan/ nos.O' accarezzandogli fecondo i meriti ^fecondo la na* tura CT appetito loro ^ percioche altri fono chauendo pò/ (lo d ufo di fiere tuttol fommo bene nel piacer della gola , bifogna premiargli di cofe ^ che f disfacciano d (jueflo ap/ petito *, altri per ejpre ambitiofi CT" inuidtofi uogliono ejjer ri fiorati con lodi O* honori ; queile auertenze conofcendo io 3 ho fempre infegnato d i mici fattori di utUa p accioche fapeffero con l'^ff^fgiufi C^ humani render fi ubedienti CT CT beniuoli i lauoratori ^ O* altri fer ui oltre d queflogli mojlrauo con Vejjempio mio p che shan da guardare ^ che, le uefli p CT altri premi ^ e mercedi ^ che d diuider ihan/ no fra ferui ^ non fieno d tutti uguali O'fmdi ^ ma fé* condo i meriti 0 migliori ^ 0 peggiori ^ però che molto fi

Bh iti dfferaro.

r^tf^rt^ LA VILLA, DIA.

Jifjjcrcire et auilire i buoni il uedere ^ che ucrualmente fie/ fio premiati coloro c'hanno joggitaìa fatica e fono jlafi negli^euti ndlujjicio loro , CT .^tìdli che con pericolo CT fudove fono fluii dilige ntifmvy CT* fer cine fio quando ueg» aio che unfuttor mio habbia haiwto que/ìa auertez^ iti ri^ meritar Qiuftamentc lo lodo C^ honoro "y è parimente lo riprendo qiundo jenza caufa hahbta honorato alcuno tnde^ inamente. P. K^oi li parete di tale ingegno ncll infime» re d /attor uoftro neljaper dominare C comandare;, che non dubito ponto ^ che noi parimente Japejleinfìruere un "Prencipe tt un Ré*^ma dapoi^chegh haurete mi)jlro limo do del comandare hara bifogno d'altro ad ejjer perfetto ì l^ . Bifìgna che fia fidato al padronfuo^ CT* non fi faccia parte nafcofamente delle fojlanze che gli nengonoin ma^ no ;> perche ahrimenti^d che giouer ebbe egli al padronfuo con Utjua diligèza? P. K^oi adunque gV infognate ancora il f mar la giufitiaìt-^. M'aiuta infcr quejlo il mojlrar» (tU quai fieno le leggi che punifcano i ladri ;, C^ qtiai fieno quelle^, che promettano premio agli huomini da bene % Ut poicheunauolta barò ufato benignità tierJoalcimO;,ne per duello farà ponto megìiore come inutile me lo tolgo dman» Zi> quelli altri poi duo li^ggioy che non tanto per lo fimo-» lo detlauaritia quanto per affettar da me lodo O" honore fiaffatigano uertuofamente ^quefi come Uberi tengo ap^

prejjo

DEL T A E G I O. 177

preffo me p CT* gh honoro. P. f'^ olendo aduncjtic tìege»

re uno che gouerni k cofc della villa hijogna hauere auevm

tenza d cimjue coje che Jia aifcttionato al patrone ;, che/ìct

diligente y che Coppia il tempo el modo di far ctajcunct open

ratione della udlu:>che fappia comandare ^^ chejlajìda^

io al padrott Ino '^ Ma ditemi Je nel fermare un perjrti^

tofattor dt uilia bifognaauertir ad altro f l^ . Fa di me/

(Iter ancora ^ ch'rqhjia nato in mila et non in cittade^ per»

chefj'fejje uolte y^jerebbe i campi per ritornar aljuo natio

loco, bipygna ancora ctùgli Jia di Jangtie rujlico ^ C9" che.

gujlato non hag^ia Vombra ^ il rtpojo ^ C^' le dclitie delle

città.neji de lajciar di pigliare unfattore^ perche nonfap»

pia far conto ^ icriuere ^ perche tale ha maggior memo/

ria :> ne sd come un dotto ^fìnger menxcgne per ingannar

il patrone :> al cpiale piufpeijo porta danari che libri, letd

Cua deue ejjer uinle :, <f^jo^girji de lafouerchiagioninez^

za^ et la troppa uecchiezz^ parche alluna maca la degni*

tdy C^ all'altra lajorz^* conuiene ancora ;, ch'egli haggia

moglie^ ma non fi bella^ che amore 6 gelofìa hficcia aba^

donare il laiioro ;, ne fi brutta che fas^tidiofo della fìiafia

sforzato d cercar raltrui.fogqir deue i conuiti;, e le frjle^.

X^on s'at lontani dulie f^e terre ;>Jè non per comprar 0 uè»

dcrc be filami biad^\ Il cercar di far- fi noni amici non gli

conuiene^^ di spello e ha in cafa deue cjprfarfò. In caft

fianon

r7^( L A V I L L A> D I A.

Jua non de inuitare et accarezzare non gli amici delpa* trone^ ne laj?tfir nuouejlrade ne Jlioi campi ] ma tenga ri'

Jlrette ne gli antichi confini quelle eh' ci trottò con fife CT*

fiepity ddle cofe ^ cheferuonofolamente ad konorcy gratta^ & bellezza nonficciafe non c[ucltantO;,cbe comandatogli tierrd dal padrone :, Crjà/a egli intenda alle cofc di prò/

fito.fiafempre il primo a metter mano nellopera trafuoi lauoratori;, di (piali fia largo di mercede O^farfì di tem^ per ciafcunaflagione. Et fi come il faggio Imperato^ re^che uede figgendo tornar in drieto la ^ente fta pallida CT ajjlitta p CT* che non gli ual confino ne priego alcuno per Jjnngerla inanzi eghjlefo tutto difdegno accefo prè» de la trepidante infgna ^ Z3" con noce piena d'bonore ;> ^ di dijjyetto a uiua fòrza pajft per mezzo delle inimichi

fcbiere^Onde Vabaietta gente riprende ardire;, C^ Cfp^^ uergogna ;> come per dejìo di raccptiflar Vbonore ) fifir^ tefegue il fio f gnor e combattendo ualorofamente ^ che la perdita fi conuertifce in vittoria o co fi il buon fittore di uiU la ueggendo i lauoratori fuoi pigri nel lauoro con Vefem^ pio di fefiejjo deue fpronargh alle fittcbc\ancora mancar negli deono Tarme contro aluerno per non bauer occafio* ne dtjlarfi al fico (piando fa uentOj piog^gia^ o gielo. JSlc deue bauer uiuande diifcrenti da quelle de i lor lauoratori j tra i duali de mangiare j perciò che bauendo il fittore

compagno

D E L T A E G IO. 175^

compagno più contenti fj^ejjo refìano del poco p cheljèn^

za lui dd molto. Me lajci tifare i lauoratori il confine da

Cuoi terreni Jènza licentia ;, ne anche ejjojuor di necej?ita

deue mandargli altrove. Deuc ancora uenderc ajjai più

che comprare ancora che certo uedejje ti guadagno'-^ per»

ciò che tal cura foucnfe lo fi obliare quello che più im»

porta. Il tempo ^ che gli auanzalo de j^endere mWim»

parare dal uicino qualche bel fegreto di agricoltura

De anco il buonfittore ej?er denoto CT oj^eruatore delle

le^Q^iy ne contro ai comandamenti della Janta chiefauen»

ga aWopere ne giorni f^fliui ^ ne i quali Jènza offcja del

cielo potrebbe jeccare un riuo che potejp inondare ti qra»

no 0 dirizzare una Jiepe per aj^icurare il giardino dal

uento p dal uiatore p ZT dal cattiuo uicino . Me i tempi poi

che non fi può lauorare alla campagnia ^ fi de fuggir /o-

cio col Jgombrar le corti p nettar lejlalkp condur la pa»

glia nel jvjfo d macerare arrotare il uomero pCompor

laratro CT uifitare tutte Tarme ru/licane p O" per la

uignia ordinare i uinciqli del falcio p ^ fir per la fua

fimiglia hor cefle hor corbe p hor feggi hor archep che

fieno ricetto del uillamfco theforo p^ altre cofe fimi»

li per fuggir Vocio p ti quale è il tardo cheinfiemero»

de le ricchezza p il cuore p CT Ihonore p C^ e padre di

tutti i uitij. V, Io conofco che noi dite il nero ma cir^ 1

Ce ca al come '\

igo LAVILLA, DIA.

ca al come e al quando ilfittore babbiadfìre le f cefi/

dt della mila voi mi corjo delle parole Jète (lato (rop^

breiie^n ipiefla e quella parte che delle altre è più im»

portante però che poco giouarebbeVamore:,Vaccnratez'^

\ za :>VubidtenzayO' la jvdcltd con Valtre qualità cha^

; uetc dette fenza la dottrina particolare delle cofe chejò»

\ no necejjarie alla villa e fi contengono nella Jcienza deU

\ l'agricoltura ^ // perche iiorrei che di queìlo partico/

\ lare ;, come di coja pia necejjaria CT" importante ^ me ne

1 ragiona/le d pieno. T^ , S io guardaci allappetitouo/

(Irò le coje mte andar ebbono male :> noi mi fate Joueni^

re di Socrate quando apprejjo Xenofinte ra^ionan/

l do con Critobolo ^gli conta il difcorjo ^ cFei fece con

Jfcomaco :>il quale mentre nel portico di Giout Eleute»

rio flaua appettando certi negocianti ^ dalle parole dep

Co Socrate quaji non fene accorgendo Ju tirato a ragio»

tiare di quelle coje e ho^gi fia noi fono (late trattate ^et

finalmente fi indotto a parlare dellarte di coltiuare i

campii ma inquefla ultima parte ^ noi fete Socra»

te p io non uoglio ejjer Ifcomaco ;, CT mi rifoluo dif^

frire il ragionamento deWagrtcoltura d più common

da occafione ^ in que/lo mezzo uiuete ZT amatemi . 'P^

l^oi fcte pazzo d partimi per quello caldo. T^^ . Se

la pazzie^ fijj^ dolore in ogni cafa fi fentirebbe Jlrt»

dere^nc

DEL T A E G I O.^^^ isi

dere^nc conojco dijj^crenxd dal pazzo al Jauio fc non che Vinto fi le pazzie in palejè CT Faltro in occulto^ ^^i^dun^ tutti gli huomini jono pazzi* J^"^* co fi è CT chi fauio ejjer fi crede e più de gii altri pazzo^ Morjlate fano , d Dio^

IL F I N B.

M. D. LIX:. a di XXX:. Maggio. Con Vriuilegio dell E ce. ^^ Senato. y^ida^ Cr fottojcritta.

Fran. Tetramera ^

F. Io. Bapt. eia. G, 7//^*

Io, Fran, Sor, l^.

Ce a

TAVOLA DI TVTTE LE COSE

T^otahtìi eh fi contengono nella ^rejènte opera.

ARTIFICIO Dt jave una fontana che getti aCi^ua per forza di uenio. foL $i

^^^uertenza nel piantar della ruta, fU ir 7

i^ nticamente fi jaceuano giudicij fopra la maniera di coltiuar la terra, fL y6

K^ jir che un arbore futtifcro tardo d fruttare comin» eia d far frutto quello anno che fi uuole^JoL ir 7 x^ f,r chel pefco maturi per tempo. fòL ijg

y,^ jàr che gli alberi ritengano i fori CT che ifutti fai il peruengano alla Jua debita maturezz^^fil* ^T9

\ >L^ jàr nafcer Vuuafenza grana, fU is9

\^^ far ch'ogni arbore ficciafutto per tempo, fi, ifp L^jSr che Vaglio non habbia alcun molejlo odore f Li 60 u^ fr che i pini erefcano pre/ìo,fiL is9

K^^jar nafcere le noci con la coccia fottdif ima, fU 1 60 Bnonfutto tallbor nafce da mala radice, nel principio. Brutta cofa è alle donne limbelletarfi.fiL 1 21

Come le grandezze delle città fono miferic O* non hcitd,fL III

Come più ddettino le donne delle uille che quelle delle citta, fi 1 20

Come il corpo tiraneggi Vanima et V anima il corpo f, 141

Come il dra^

/^

Conte il dragoncello tiafca dalfcme del hno^jol. is9

Come dolce etfaj^oritofijaccict ognifiutto d'alùcro^Jo, it9 TDellatuLpita della tuta rujiicatìa.fiU 27

IDellct nobiltd dcll\tQ;ricoltora. jvL 50

Dejcritione d^un bellif^imo giardino, jvì^ s 7

'Della conuerjatione del gcntilbuomo di tiilla.joU i48 'Delle corte C^ ulti) de cortegiani, foL i if

Delle qualità che deue hauer un pjzttojattor dimlla.Jc.i'ji Forma del qiUnconce,jDÌ yo

Forza dellimtatione.foh 14.

Jn che modo i cittadini fi ^o^ano chiamar idolatri, foL j In quali alberiji pojjano innc/ìar gli aranci limoni O*

cedri, fiL ijy

Le perfone uertuo furono femore ami che della villa fy z L'odo letterario fi couiene dglihuominiet noalledone^nA- Li'huomo dotto può arricchire quando uuole.JoL lyz

L'opere ruflicaneje deonojìr e fecondo ilnafere O* tra^

montar delle felle* fiL i jo

L'agrezza daranzi comefipojft addolcire* if g

M ohe cofe fono tenute dal uulgo per miracoli che fono

naturali, joL jy

J^otabile giardino defmplici.foL loi

Ogni uua fi può far douentar mofcatella,foL i/g

Noetica defcittione d)in giardino. foU 100

Tiaceuokzzc della mlla.foU 109

Ce i a Cerche il

\Ptrche il color uerìegioui alla uifla.foL 1 24

Qual intafia più degna ò Vaitiua 0 la contepladua.foL io Qjkil uiiicrfia megliore al rvflicatto ol ciuile.foL 2

Quanto fia commoda la mila alhjludij dijilojojìa.fo. s% QjiaIJia dfitic del Theatro di Giulio Camillo, foL 71 Quanto più dillctci una coja naturale che una arttjì/ cioJa^foL li 9

Qjianto fia necejjaria la cognitiont delle Jlelle a gli ( agricoltori. fòL ifi

y^ Rimedio contra iuermicelli che fuogUono diflrvggerc V or taglie. foL iS9

y Rimedio da dtjindere le piante dalle formiche. foU 1^0

Ragioni da liuellarc un piano con una inghiftara dac^

qua.foL '^^

y Ricetta d'hauer carchioff'i tutto Vanno. foL iJ8

RaQ^ione da conofcer Ihore d^ogni tempo dell'anno in ([ut*

'^ éìo clima all'ombra dellbuomo . foL i^4

Segreto di dar che frmafi uuole alti cedri. foL 1/7

Sotto qualjlato dellahna feminare O' trappiantare fi

debbiano l ortaglie. foL iS9

Tutte le uertn morali con gli eflremifuoL nel principio^

IT re fo rti di piace ri. fol 1 43

IL FINE.

Gli errori correggili cofh

A c4rtà d prima faccia duerjì 4. leggi [opra ogni aUr<t* à carte s* ^tfic» 2. ìiinf, 12. leg. apprejjo t4no* cr poco di fotta Ug, il pari y cr cantra noi* i 16 s. a faci, agggiongi fotto G E N A 1 O, 1 folto fignati numeri. 21-17. I 16 8 i^ I 15 5 14 IO I4 2~

22 2^ ik 22 8 22 I 21 ^ 20 7^ 20 I

2^-44 ^è-45 3- 42 5è-4i " - 41 - ?^ nd mefc di MARZO, fotto i XXX. giorni per mezzo Vhore ip, Uggì d. o. V fotto igiorni S*aggiongi al numero 7* $> un ^, nel mefe di APRILE, fotto il giorno XX di rimpctto aUe io»

hore leggi lyS* 9k> nel mefe di MAGGIO, [otto i giorni XV. per mezzo Ihore 2i«

leggi n. ce. nel mefe di L v G L I O, fotto XXX» giorniper mezzo le u.hore

Ifggi 3 4è« CT fotto igiorni XX. per mezzo le i-j.hore leggi 55, nel mefe il AG O ST O, fotto y:XX, giorni per mezzo le bore 11,

leggi IO* 105. nel mefe di SETTEMBRE, fotto igiorni :^KX, p mezzo aUe 21^

^or 4,, leggi 11, I* nel mefe di OTTOBKEjotto igiorni X,p mezzo Vhore isJeggi 11. 4 carte 49./4C. i. uerfo ultimo la parentejiche è appreffo alia uoce

fgue^ leuala cr mettda dopo la uoce quinconce^ i ar^ I, 4 fac, u i uer^ 1* leggi infitme.

Gli iltri errori fi lafciano al giudicio del difcreto lettore» Reg;i/ìro ddlo^era,

^BCDEFGHIKLMNOVQ^ Tutti Jono Duerni;, eccetto Q. cfuaVè Terno,

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