MIZAR: Ton) xi di LSNt wi và Ù MOLTO SEPARA I = FAUNA UND FLORA DES GOLFES VON NEAPEL UND DER ANGRENZENDEN MEERES-ABSCHNITTE HERAUSGEGEBEN VON DER ZOOLOGISCHEN STATION ZU NEAPEL. II. MONOGRAPHIE: FIERASFER von DR. CARI9 EMERY. MIT 9 TAFELN IN LITHOGRAPHIE UND 10 HOLZSCHNITTEN. LEIPZIG, VERLAG VON WILHELM ENGELMANN. 1880. e 9 e AO) 2 ) 209) RA e BIST INIZI A AI TAN eo ETERNI I PRI IAT I IRIS I FIRE III NI TI 830, di 3 - : = Lilli E mi ili ccp ITA pra RARA peppers iena fi Lrrnibbpbi ibi ibiirisriaipliubibriclibiboiipbt po EEDLEZEE di tx A AA {ee . L 23 "di he sia ea, * Sinn - FAUNA UND FLORA DES GOLFES VON NEAPEL UND DER ANGRENZENDEN MEERES-ABSCHNITTE HERAUSGEGEBEN VON DER ZOOLOGISCHEN STATION ZU NEAPEL. II. MONOGRAPHIE: FIERASFER von DR. CARLO EMERY. LEIPZIG, VERLAG VON WILHELM ENGELMANN. ==> 2 ginsoni an ‘natia aabest Sation I Muse gt» 7, 1SS0. Subscriptionspreis jahrlich 50 Mark. A eta Tp \ m RAV. DI) () LE SPECIE DEL GENERE FIERASFER NEL GOLFO DI NAPOLI REGIONI EIN IEEO E DR CARLO EMERY, IS PROFESSORE NELLA R. UNIVERSITÀ DI CAGLIARI. CON 9 TAVOLE LITOGRAFICHE E 10 INCISIONI IN LEGNO. 2 EMITHS NDR dina \ AUG211984 i LEIPZIG, VERLAG VON WILHELM ENGELMANN. 1880. Ladenpreis 25 Mark. der P- bibi si. #0 so; x E Ù x a Loi RPRTRLONTI 3° te = ba A ca Rn “» (È: ; Le MOR n ii Si. MOIZIATI se a, Mc PASS îi VORWORT DES HERAUSGEBERS. Dua die Publication des vorliegenden zweiten Bandes der »FAUNA UND FLora ETc.« erfillt die Zoologische Station ihre im Vorwort zum ersten Bande gegebene Zusage. Zufolge freundlicher Uebereinkunft mit dem Prisidenten der Reale Accademia dei Lincei in Rom, Herrn QuinTINo SELLA, erscheinen alle in ‘italienischer Sprache publicirten Arbeiten der Zoologischen Station, somit auch die vorliegende Mono- graphie, gleichzeitig in den Atti jener Akademie, welche die Kosten der Herstellung der Tafeln trigt. Auf diese Weise wird es der Zool. Station wiederum erleichtert, die Drucklegung mit der rasch in der Ausarbeitung fortschreitenden Production der Monographieen gleichen Schritt halten zu lassen, und den Subscribenten eine gròssere Anzahl von Werken im Jahre vorzulegen. Fiir das Jahr 1SS1 sind in Aussicht genommen: Band III. Die Pantopoden (Pycnogonidae). Von Prof. Dr. ANTON DOHRN in Neapel. ca. 30 Bogen mit 16 Tafeln. » IV. Die Corallineenalgen. Von Prof. Dr. Graf SoLms-LAuBACcH in Gottingen. ca. $8 Bogen mit 2—3 Tafeln. » VV. Die Gattung Balanoglossus.. Von Dr. J. W. SpeNGEL in Got- tingen. Bogenzahl noch unbestimmt; mit S—10 Tafeln. Neapel, Zoologische Station, October 1850. ANTON DOHRN. NECA) pi ‘AN RA Tai” Aia) ni si Pi Sa no ie Vul He | ® 4 dA [pa 14 md td or pri È | 1 e ì 8° li pil TINI! 0799 RI Celi i n ss RL \r dii. ue î il di Y Bi - % I ® ) _ Ù i : Ò 1a ° PO) el [oa i 2 2 n D) è î LEI ino INBI Ra, PORT, tf si ;i ) Den bE i n INDICE. pag. (CS AILITERIGRE. è. 6 Lo ST eg dI IRR o 0 CERRI TAPIRO RR O I Pe pistomatica,gpiolopiagermMotaMorfosiana te Rn n TN MA II i (Gioni. TRIO ARR I RONSON PRE O OA Ha 0 w IRCRASCEREI CIS SINONIMI NO 0 TT NI » ana d'e serizionegd elia dp RINO 5 » DEGNO Flag RN n n 6 » IMESVA] up. poesie tam orfoniat i RESA MINI ) PI SPALASSItI A A e NOA I RIA O Hi'eraste redenta buste SAMOA IR N OI 6 » » d'eserizionende la dt 0 RE I TIT ) » biologia. e TIE MEn o be 6606 Seo o eo 0 eee o DE 20 20 20 24 26 28 33 36 36 II. Anatomia 1) Scheletro. CI AIPLO E ER LI TM NT NZ III n) SI RO I TN fa cclamie da ppareCChIoMbrAnChia le s9Me re NOISE N colonna vertebrale CINLOR SCA polare RCA PINNaGpe(0r21C MR INTÌ I ESISEEMARIAIUSCO lA LOR RR NARA I 3) Sistema nervoso e organi dei sensi . Aeanlo Gringazl gd ala o o (pia in rogige Lene dios ano o. aLe dolo 0 dt 0 o nervo laterale e sistema della linea laterale. . (Dai © occhio L2 APPILECCIIOLCIECOTITOLLONRAt e in TN NI (SI ua pa ui cuore e arterie . ut ww vene. ut _ 5) Apparecchio digerente 6) Vescica natatoria. DIREI cal o a o A RO 8) Apparecchio sessuale maschile; spermatogenesi . i... Sb So © Ut o w I 9)EApparecchiofsessualerfemminule:F00g@ DES. Sr NS VIPRCONSIAOrAZIONIA SF ONCLAli Cee e ae ce e e eat e Me TR E SR e È aa Ta VT î PO e * BtPUTTLO ATA : y MRI LAY 6 VI AU ; ù 9 sa n n î ‘ vai A MS È rr, i h ate ; | È si i Lh (ft ° î Do = STU RI È LI AT IT ua? La Di î bi 4 I mà imp » i = i Ì Ù Li Ù » di \ - i oa i ì Di LI Î NO1 | |a bi ìi Î N i 1 ì RR) Ù sh, i e big 7 i \ AECERETORE Scrivere una monografia completa intorno a qualche specie di vertebrato, studiandone l'anatomia e la biologia, in tutti i loro particolari, sarebbe compito assai vasto e tale da richiedere un lavoro continuo di parecchi anni. La morfologia è, al giorno d'oggi, in un periodo di continuo rinnovamento, e le dottrine evolutive, risorte sono vent’ anni appena, ed ora predominanti, sono tuttavia troppo nuove perchè le innumerevoli quistioni, nate sotto la loro influenza, abbiano potuto ricevere soluzioni, che possano dirsi in aleun modo definitive. Quindi l’anatomico si trova, ad ogni pie’ sospinto, innanzi a problemi generali e deve abbandonare l’argomento limitato che si era proposto di trattare, per imprendere ricerche comparative. Con ciò cresce, è vero, l'interesse della ricerca ma crescono del pari la mole del lavoro e la difficoltà di eseguirlo. Queste difficoltà sono viemaggiori, se l’animale impreso a studiare appartiene ad uno di quei gruppi, i quali, o per la vastità e per la diversità delle loro forme, o per i pochi lavori che vi si riferiscono, offrono ancora molti punti problematici. E tali difatti sono i Teleostei. Gli Elasmobranchi, i Dipnoi, i Ganoidi, a cagione della loro antichità e delle condizioni primitive che offrono, in molte parti del loro organismo, hanno richiamato a sè l’attenzione dei zoologi, perchè possono fornire punti di confronto con altre classi dei vertebrati; i Teleostei invece, ramo terminale dell’albero zoologico, sono rimasti relativamente negletti dai recenti investigatori, mentre l'immensa varietà delle forme e delle strutture richiedeva numerose e lunghe ricerche. Avrei potuto limitarmi a descrivere esattamente i reperti anatomici dei Fierasfer e riferire i fatti della vita di questi animali che fossi giunto a riconoscere, lasciando ad altri la cura di stabilire confronti e paragoni. Non ho creduto dover seguire questa via schiettamente empirica, e, dove le condizioni speciali degli animali impresi a studiare me ne porgevano l’occasione, ho cercato di estendermi a considerazioni generali, riguardanti la morfologia dei Teleostei, di stabilire ricerche comparative atte a far conoscere meglio le affinità del genere, infine di mettere in rapporto, per quanto ciò fosse possibile, le disposizioni anatomiche con Pauna & Flora del Golfo di Napoli. II. Fierasfer. 1 le condizioni di vita e i costumi. Tenendo di mira principalmente la possibilità di siffatti risultati, anzicehè l’aumento puro e semplice dei fatti empirici, ne segue che non tutti i capitoli dell'anatomia siano stati svolti con eguale ampiezza, e qualcuno lasciato quasi in disparte. Ciò avvenne quando le difficoltà tecniche della ricerca mi sembrarono fuori di proporzione coi risultati attendibili, o quando i materiali opportuni mi mancarono ; tale fu il caso per quel che riguarda l’ontogenia. Ben comprenderà il lettore che, ad estendere anche di poco l'ambito dei miei studî, avrei dovuto prolungare il lavoro per qualche anno ancora, senza essere certo neppure di raggiungere la meta desiderata. Le ricerche i cui risultati saranno esposti in queste pagine sono state compiute, parte nella Stazione zoologica in Napoli, parte in Cagliari, durante gli anni 1876-79. Al sig. comm. Dohrn e al personale direttivo della Stazione zoologica esprimo pubblicamente la mia gratitudine, per la liberalità con la quale si compiacquero fornirmi la massima parte dei materiali e dei mezzi bibliografici necessarî. Marat? de ce "ini el E CI i IL id a ST SISTEMATICA, BIOLOGIA E METAMORFOSI. Gen. FIERASFER Cuv. Règne animal, II. p. 359. Echiodon Thompson, Proceed. Zoolog. Soc. 1837 p. 55. Diaphasia Lowe, Proceed. Zoolog. Soc. 1843 p. 92. Oxybeles Richardson, Voyage of Erebus and Terror, Zool. pag. 73. Caratteri del genere. — Corpo privo di squame, gradatamente assottigliato indietro, senza pinna codale. Tutte le pinne costituite da soli raggi molli, articolati, dorsale e anale lunghe, estese fino all’estremità del corpo; pettorali deboli, rotondate all’apice: ventrali affatto mancanti. Premascellari, vomere e palatini armati di denti. Quattro archi branchiali guarniti di branchie; pseudobranchie. Aperture branchiali ampie, le membrane bran- chiosteghe riunite fra loro nella linea mediana, non saldate con l’istmo; sette raggi branchiosteghi. Vescica aerea chiusa, con apparecchio muscolare fissato al cranio. Due appendici piloriche rudimentali. Ano situato molto innanzi, vicino alla sinfisi delle clavicole. Il genere Fierasfer appartiene alla famiglia degli Ofidiidei (') la quale, secondo Giinther, comprende cinque gruppi: Brotulini, Ofidiini, Fierasferini, Ammoditini Congrogadini. I tre primi gruppi sono fra loro molto affini, mentre gli altri due sono più divergenti. I Fierasferini comprendono i soli generi Fierasfer e Encheliohpis ; quest’ultimo caratterizzato soltanto dalla mancanza delle pinne pettorali. (') Artedì, e più tardi Cuvier collocavano questi pesci tra gli Apodi, con gli Anguilliformi, dai quali però differiscono no- tevolmente, se non fosse per altri caratteri, per avere il cinto scapolare sospeso al cranio. J. Miller, adottando la famiglia degli Ofidiidei proposta dal Richardson, la collocava tra i fisoclisti, separandola dagli Auguilliformi che rientrano nei fisostomi. Canestrini. creando l'ordine degli Aplotteri che comprende i teleostei con raggi molli non ramosi vi collocava, gli Ofidiidei in vicinanza dei Gobioidei. Poco più tardi Troschel, modificando il sistema di Miiller, sulla base delle ricerche di Kner intorno alle pinne dei pesci, separava dagli Aplotteri di Canestrini, col nome miilleriano di Anacantini, i gruppi forniti di soli raggi articolati, cioè i Gadoidi, Ofidiidi e Pleuronettidi. Così gli Ofidiidi venivano allontanati dai Gobioidi, solo perchè non hanno raggi semplici nelle pinne ZA Le due specie mediterranee, allo stato adulto, possono riconoscersi facilmente dai caratteri seguenti : 4 È Coda acuminata; corpo con macchie nebulose, brune e rosse, lati dell'addome con una serie di macchie ” CT'OTZUO E I UR SERATA CE RTRT ORIO gie SE Re ta VE HM A0US: Coda troncata all’ apice, con una falsa pinna codale, corpo senza macchie di pigmento . F. dentatus. pal EF. ACUS. Gymnotus acus Briinnich. /ehthyologia massiliensis etc. p. 13 n. 24 (1768); Linné (edit. Gmelin) I p. 1140 ; Artedì, Genera piscium, p. 164; Bloch-Schneider p. 522. Ophidium puncetatum Rafinesque, Caratteri ecc. p. 19 tav. XV. fig. 4 ('); O. Costa, Annuario zoologico 1834; Delle Chiaje, Animali senza vertebre, IV. p.3 tav. 117 fig. 9. Notopterus Fontanesii Risso, /chthyolog. de Nice, p. 82 pl. IV. fig. 11. Ophidium fierasfer Risso, Mist. nat. des princip. product. de l'Europe mérid., II. p. 212. Fierasfer imberbis (*) Cuvier, Règne animal, 1. c., Mém. Museum, I. p. 320; J. Miller, Abhand!. Berl. Akad., 1843. p. 153 tav. IV. fig. 6 (vescica aerea). Fierasfer Fontanesii 0. Costa, Fauna del Reg. di Napoli, pesci, tav. XX bis. Fierasfer acus Kaup, Catalogue of apodal fishes, p. 155. Archiv. f. Naturg, 1856 p. 97; Giinther, Catalogue of fishes, IV. p. 381: Canestrini, Fauna d’Italia, pesci, p. 191. Diaphasia acus Lowe, I. c. Forme larvali. Porobronchus linearis Kaup, Ann. and Mag. of nat. hist. 3 ser. VI. 1860 p. 272 tav. III. fig. D.; T. Gill. Ann. and Mag. ecc. 3 ser. XV. 1865 p. 48 (larva di Fierasfer); Giinther Catalogue offishes VIII. p. 145 (id.). Helminthostoma Delle Chiaje (Cocco) Ginther 1. c. (*). verticali, e situati in vicinanza dei Gadoidi, coi quali banno, è vero, una certa rassomiglianza nelle forme esterne. Nel Catalogue of fishes, Giinther si ascrive a questo modo di vedere e colloca gli Ofidiidei dopo i Gadoidi. Attenendomi ai risultati delle mie ricerche anatomiche, io debbo, tra le due opinioni, adottare quella del Canestrini e conside- rare gli Ofidiidei come affini ai Gobioidi, coi quali hanno caratteri comuni assai importanti, in ispecie nella struttura del cranio. La presenza di raggi semplici nella pinna dorsale dei Gobii, per la quale Troschel colloca questi pesci in altro ordine non è, a mio parere, un carattere di valore eguale a quelli che possono trarsi dall’architettura del cranio e dalla disposizione dei suoi forami. E d'altronde, nello stato larvale, il Mierasfer acus ha un primo raggio dorsale semplice che sparisce più tardi. In questa nota mi sono limitato ad esprimere un giudizio intorno alle opinioni finora da altri espresse, nè pretendo che gli Ofidiidei non possano avere altre più strette affinità finora ignote, le quali però saranno svelate soltanto da ulteriori ricerche osteologiche. Li A (') Nella figura di Rafinesque, la pinva anale incomincia troppo indietro; nella descrizione non si fa parola delle macchie dorate dei fianchi, per cui non è escluso ogni dubbio intorno alla specie cui debba questo nome riferirsi. Kanp e Giinther citano aucora tra i sinonimi del F. acus un Ophidium fulvescens Rafinesque (Caratteri ecc. p. 88 n. 282); Swainson (Cyel. f. 77, 130). Io non ho potuto riscontrare il Swainson. ma non ho trovato nell'opera citata di Rafinesque nessun pesce descritto sotto il nome indicato. 3 (*) L'Ophidium imberbe di Linneo e di altri autori è certamente diverso dal fierasfer, come ha dimostrato il Kaup. Forse Rondelet potrebbe aver avuto per le mani un vero /erasfer, ma lo descrive troppo brevemente (p. 398) e non gli dà nome. (*) Questo nome non si trova in nessuna delle pubblicazioni del Cocco. nè pure nell'ultimo Catalogo dei pesci di Sicilia, rimasto inedito, il cui manoscritto trovasi attualmente in possesso del prof. Doderlein in Palermo. Credo verosimile che il Cocco, se mai è autore del nome citato, abbia dovuto applicarlo piuttosto al pesce figurato dal Delle Chiaje, a tav. CXVII. fis. 8, che è forma lar- vale del /. denlalus. ire Vexillifer de Filippi Gasco, Bullettino Naturatisti e Medici. Napoli 1870 p.59; A. Costa, Annuario del Museo Zool. di Napoli. Anno V. tav. I fig. 1. Fierasfer acus (larva) Emery, Atti Soc. ital. di sce. nat. XXI. 1878 p. 38 tav. I fig. 1, 2, 3. DESCRIZIONE DELL’ ADULTO. Il corpo è allungato e si restringe insensibilmente verso l’estremità codale che termina a punta aguzza. La lunghezza del capo è compresa 7!/;, ad 8 volte nella lunghezza totale. L’ano si apre verso l’ottavo anteriore, o poco più in avanti o più indietro; sempre più innanzi della punta del subopercolo. La cavità viscerale ha termine poco dopo il terzo della lunghezza totale. Il muso è alquanto ottuso; le aperture delle narici piccole e quasi rotonde: la rima hoccale estesa indietro oltre gli occhi; i premascellavi e le mandibole hanno denti eguali, senza denti canini. L'opercolo è ampio, con margine libero sinuoso. Il canale laterale segue il setto fibroso che sta tra il muscolo laterale dorsale e il ventrale, e svanisce verso il limite posteriore. Le pinne pettorali hanno il margine rotondato. La dorsale comincia poco oltre il quinto della lunghezza totale; l’anale quasi immediatamente dietro l’ano; la prima è molto più stretta dell’altra; entrambe vanno assottigliandosi indietro, per scomparire proprio alla estremità codale del corpo: i loro raggi si fanno sempre più sottili indietro ed è molto difficile contarli. La formola delle pinne è la seguente: D. 170-185; A. 200-210; C. 0; P. 20-22; V. 0. Tutto il pesce è trasparente, con leggera tinta giallognola, forse dovuta al sangue che corre nei. capillari, Sotto la cute sono sparsi gruppi di cellule pigmentate rosse e brune, immensamente ramificate, con rami lunghi sottilissimi, generalmente una cellula rossa ed una bruna sono assai vicine, in parte sovrapposte, l’una all’altra, costituendo un gruppo che può giungere a coprire uno spazio del diametro 1-1 !/, mill.; spesso la cellula rossa è sola, senza cellula bruna. Siffatti elementi pigmentati costituiscono sul tronco e sulla coda macchie trasversali e perfino fasce trasversali irregolarmente disposte, isolate o riunite a formare fasce più larghe. Dette fasce traversano di rado tutta l’altezza del pesce, ma si estendono per lo più soltanto dal margine dorsale o ventrale alla linea laterale. Sul capo, le macchie di pigmento assumono una disposizione più irregolare ancora, Oltre questa pigmentazione della cute, la trasparenza dei tessuti lascia vedere la colorazione delle parti più profonde. La colonna vertebrale vedesi, come linea fosca, interrotta da macchie chiare che rispondono ai dischi intervertebrali, e al disotto di essa, corre come linea rossa l’aorta codale, accompagnata dalla vena codale. Il pigmento bruno che circonda la colonna vertebrale si continua dietro la vescica natatoria con quello del peritoneo, ma ivi assume un carattere proprio. Il peritoneo stesso ha un rivestimento argenteo continuo assai brillante con riflessi dorati, coperto di numerosissime macchiette brune, per cui ha un aspetto nuvoloso, rimanendo alcune grandi chiazze argentee immacolate o sparse di poche macchiette isolate. Ciascuna macchietta bruna ha nel centro un punto argenteo ed è costituita da una cellula sola, che ha il suo corpo al lato interno dello strato argenteo, mentre i suoi processi, perforando questo strato, divengono visibili di fuori. Queste cellule, vedute dall’interno della cavità peritoneale, sono piccolissime e stellate (tav. IT. fic. 12), all’esterno fanno vedere Te ie N Yi TO l'espansione dei loro processi, mentre il loro centro rimane invisibile (fig. 11), disposizione che si riscontra nell’iride di molti pesci, e dello stesso Fierasfer. Al livello del limite dorsale della cavità addominale, al disotto del canale laterale, si estende una serie di 15 a 18 macchie argentee o -dorate, situate nel connettivo sotto- cutaneo ed aventi l'aspetto di squame di grandezza decrescente d’avanti in dietro: queste placche argentee portano qualche volta una macchietta centrale ocellata, pari a quelle del peritoneo, e costituita come esse da una sola cellula, il cui corpo è celato dallo strato argenteo. Il capo ha pure alcune grandi placche argentee, le quali hanno sede sulla superficie delle ossa che costituiscono l'apparecchio sospensorio della mascella ed ancora sul preopercolo, sul subopercolo e sulla base del mascellare e della mandibola; su quelle placche stanno pure macchie nere ocellate. L’iride è argentea, con poche cellule pigmentate rosse e nere; la pupilla strettissima, puntiforme, quando il pesce è esposto alla luce. Intorno al muso, sono molte cellule pigmentate rosse e brune. Guardando il pesce dal dorso, vedesi, nel cranio, il cervello circondato dalle meningi pigmentate, come macchia fosca allungata, molto ristretta indietro. Ai lati di questa parte ristretta, veggonsi gli otoliti, come macchie bianchissime, ed all’esterno di questi traspariscono le branchie, rosse pel sangue che contengono. Gli occhi veduti da sopra sonò nerissimi, pel pigmento abbondante che sta fuori l’argentea della coroidea. La cavità addominale e la colonna vertebrale veggonsi da sopra, come parti brune, un po’ velate dalla leggera fluorescenza degli strati soprastanti. Non in tutti gli individui la pigmentazione è eguale; vi sono esemplari pallidi, in cui domina il pigmento rosso; in essi, la colonna vertebrale non apparisce come fascia fosca, ma semplicemente bigia, con un orlo superiore scuro : il cervello, veduto da sopra, sembra grigio brunastro. Alcuni altri esemplari sono notevoli per la scarsezza delle cellule brune nel peritoneo, le cui chiazze argentee sono assai più estese. Tutte queste varietà non hanno nessun rapporto col sesso, nè con l’età. L’asserzione di Kaup che le macchie del peritoneo siano più visibili nei maschi proviene senza dubbio dall’esame di esemplari alcoolici. I maschi sono in generale più piccoli, per cui le pareti dell'addome sono più sottili e trasparenti. Gli esemplari conservati in alcool perdono la trasparenza dei tessuti e, dopo qualche tempo, il pigmento rosso; le sole macchie della cute restano ben distinte; la pigmentazione delle parti profonde è più o meno com- pletamente celata dai tessuti soprastanti divenuti opachi. La lunghezza degli esemplari osservati oscilla tra 100 e 195 mill., senza che le proporzioni del corpo varino in modo notevole. x Questo pesce è stato rinvenuto finora nel Mediterraneo e a Madera. . BICLOGIA. Singolarissime condizioni di vita sono quelle del /. acus e delie altre specie del genere, di cui siano noti più o meno i costumi. Questi pesci vengono trovati entro il corpo di diversi animali inferiori. Il nostro. acus vive in alcune oloturie di maggior mole (Holothuria tubulosa e specie affini, Stichopus regalis), cosa nota ai pescatori fin da gran tempo. Fabio Colonna (') è il primo che, quantunque poco disposto a prestarvi fede, (') Aquatilium el lerrestrium Animalium observationes, p. 27 (cito secondo Delle Chiaje, non avendo potuto aver nelle mani il libro del Colonna): AMiunt ex illo (Oloturia) oriri pisces illos oblongos, rubentes veluti fascia; quos ipsi Cipolle, a colore forsitan ap- pellant, nos Tenias denominamus; an vera referant credulorum arbitrio sit. e gg riferisca il fatto, certamente senza averlo mai lui stesso osservato, e confonde il Zierasfer con la Cepola ru- bescens, che vive negli stessi fondi ove rinvengonsi le oloturie. L'opinione volgare menzionata dal Colonna rimase incognita ai naturalisti e Risso (') dice che il fie- rasfer abita i fondi limacciosi. Nel secondo decennio di questo secolo, i naturalisti dell’Astrolabe (*) scopriro- no, con non poca meraviglia, un /ierasfer (F. Homei) vivente nelle grosse oloturie del Pacifico, e quasi con- temporaneamente H. Mertens (*) trovava presso le coste del Giappone due specie di pesci intestinali (Eingeweide- fische), viventi, l’uno nelle grandi oloturie, l’altro in talune asterie globose. Altri naturalisti (‘) hanno poi ritrovato il FM. Homei nelle asterie del genere Culcita e Doleschall (") vi ha osservato il /. gracilis. In Europa, le prime osservazioni dirette furono fatte nel 1834. Il colonnello De Bosset (°) vedeva a Nizza un fierasfer uscire da una grossa oloturia e comunicava il fatto al Verany e al Risso, ai quali giungeva cosa nuova ed inaudita. Nell'anno istesso O. G. Costa (") si occupava del nostro pesce e constatava la verità del- l'opinione volgare dei pescatori ed il fatto veniva poi confermato da altri osservatori. Ma le oloturie ed altri echinodermi non hanno il privilegio esclusivo di dare albergo ai Fierasfer. Secondo Putnam (°) il F. dubius delle coste americane dell'Atlantico vivrebbe ordinariamente tra le valve della Meleagrina margaritifera e qualche volta nelle oloturie; a questo proposito, egli descrive un oggetto assai singolare esistente nel museo di Cambridge in America, cioè una valva di Meleagrina col cadavere di un Fierasfer coperto di uno strato di madreperla (°). Sono tuttavia divise le opinioni intorno alla sede del ierasfer nel corpo del suo ospite. Mertens e i naturalisti dell’Astrolabe aveano rinvenuto i loro esemplari nella cavità del corpo. O. G. Costa, dopo aver ritenuto da prima ('°) che il pesce vivesse nell’intestino dell’oloturia, più tardi ('') mutò parere e si convinse aver sede nella cavità perienterica: intanto egli non seppe farsi un concetto del come potesse penetrarvi, senza grave danno dell’oloturia stessa, per la qual cosa, egli suppose che il Fierasfer fosse generato dentro l’oloturia; in qual modo poi ciò potesse avvenire, egli non giunse a spiegare. Ma già nel 1841, Delle Chiaje ('°), parlando di un’altra forma, che ritengo essere larva del F. dentatus, dice averla trovata « entro l'albero respiratorio » dell’ oloturia tubulosa « anzichè nelle budella, sempre piene di sterco ». Del F. acus ('°) dice averlo rinvenuto nell’oloturia triquetra (Stichopus regalis) ma non indica in quale organo. Giinther ('*) riferisce che il F. Zomei entra nelle cavità respiratorie di Oloturie e di Asterie (?); non so (') Ichthyologie de Nice p. 83. (*) Voyage de dicouvertes del ‘ Astrolabe. Zoologie par Quoy et Gaymard. Tom. IV. Zoophytes p. 17. (*) Froriep, Notizen n. 495, 1829 XXIII. col. 164. (‘) P. Blecker, Jets-over Visschen levende in Zeesterren ete.; Natuurk. Tijdschr v. Nederl. Ind. VII. 1854 p, {162. 163. — Nog jets over Visschen levende in Echinodermen; ibid. p. 495,496. Gli stessi articoli sono tradotti in tedesco in Arch. f. die Hol lindischen Beitrige z. Natur u. Heilkunde. I. p. 255. : (°) Veber Oxybeles gracilis; Archiv. f. Naturgesch. 1860 p. 319 (tradotto dall'olandese dal Natuurk. Tijdschr v. Nederl. Ind XV. p. 163). (°) Mémoires de la Société des Sciences naturelles de Neuchàtel II. (7) Annuario zoologico per l’anco 1834 (citato secondo la Fauna del regno di Napoli dello stesso autore). (*) Notes on Ophidiidae and Fierasferidae ete.; Proceed. Boston Soc. of nat. Hist. XVI. 1874 p. 339-443 (*) Ibid. p. 343. (te) BILC* ('') Fauna del regno di Napoli, Apodi, Fierasfer p. 6. ('*) Descrizione e Nolomia degli animali invertebrati della Sicilia citeriore, IV. p.-3 ('°) Ibid. ("‘) Catalogue of fishes, IV. p. 382 CENA d'onde abbia ricavato queste indicazioni che non ho ritrovate negli originali citati di Blecker. Questi dice (') essere stato trovato il pesce vivente in una Culcita discoidea, e propriamente nella cavità del corpo. Secondo Doleschall (*), il /. gracilis vivrebbe nello stomaco della Culcita. Nella relazione del suo viaggio alle Filippine, Semper (°) riferisce aver trovato l'Encheliophis generalmente nella cavità del corpo, e una volta sola nel tronco respiratorio destro dell’ oloturia. La stessa osservazione trovasi ripetuta nella grande opera di Semper intorno al suo viaggio (‘). Infine citerò soltanto per memoria il Kollmann (°), che, avendo visto, nell'acquario della stazione zoologica di Napoli, la testa di un /ierasfer sporgere dall’ano di una oloturia, ritiene come sede del pesce la cloaca e nega che possa trovarsi nella cavità del corpo. Si vedrà in appresso come queste diverse opinioni possano, fino ad un certo punto, conciliarsi e non si escludano assolutamente. Per procacciarsi il Mierasfer acus, bisogna cercarlo nelle oloturie pescate in luoghi profondi. Quelle raccolte sulle rocce del lido non lo contengono mai. È egualmente frequente nello Stichopus regalis, come nell’Holothuria tubulosa, e in altre specie di questo genere. Esce talvolta spontaneamente dalle oloturie, quando queste sono ac- cumulate entro piccoli recipienti. Io ho aperto parecchie centinaie di oloturie e vi ho trovato sovente il pesce, quasi sempre nelle cavità del corpo, qualche volta soltanto nell’albero respiratorio (9); questi fatti ricevono la loro spiegazione dal modo in cui il Fierasfer penetra nel suo ospite, cosa che non era stata prima diretta- mente osservata in Europa. Però nel 1859, Anderson (") aveva veduto presso le isole dei Coccos un pesce pa- rassita (FP. Homei?) entrare, con la coda innanzi in una oloturia, non ostante gli sforzi dell’ echinoderma che, per espellerlo, si contraeva fino al punto di evacuare parte degli organi interni. E già prima, Doleschall (8) avea visto il F. gracilis entrare nello stomaco della Culcita, lungo i solchi ambulacrali: lo stesso osservatore argomentava ancora che questo pesce, essendo carnivoro, deve certamente uscire qualche volta dal corpo del suo ospite in cerca di alimenti, cosa che probabilmente avviene durante la notte. Quando è libero nell’acqua, il Fierasfer acus nuota per lo più in posizione obliqua, col capo in giù e la coda in alto (*) questa alquanto ricurva verso il dorso, come lo rappresenta la fig. I. (tav. I.); in tale posizione, la parte posteriore della pinna anale, con le sue ondulazioni, viene a supplire la codale che non esiste ('°). (a) gle: (Ae (*) Zeitschr. f. wiss. Zoolog. XI. 1862 p. 105. (*) Reisen in Archipel der Philippinen, 1 p. 96. (*) Zeitschr f. wiss. Zoolog. XXVI. p. 6. (£) I risultati di queste ricerche furono già riferiti in parte nelle mie Note i/liologiche. Atti della Soc. ital. di sc. nat. XXI. 1878 p. 38. (7) Natuurk. Tijdschr. v. Nederl: Ind. XX. p. 243. (Malte: (*) Anche dopo che sta da più giorni nell'acquario e il suo peso specifico è divenuto di poco inferiore a quello dell'ambiente; nel quale caso è da escludersi il pensiero che la vescica natatoria sia dilatata per mancata pressione e che la posizione del pesce HH — dipenda dagli sforzi dell'animale per stare al fondo. ('°) Siffatto modo di nuotare mi suggerisce alcune considerazioni intorno all’origine della pinna codale, che, come hanno di- mostrato le ricerche embriologiche (si riscontri A. Agassiz. On the young stages of some osseous fishes: Proced. Amer. Acad. of. Art and Science XIII. 1. 1877 p. 117-127), deriva dall’ ultima porzione dell’ anale. Per mancanza di sviluppo della pinna codale, il Fierasfer si trova in condizioni analoghe a quella dei pesci con coda difiocerea (0eratodus, Polypterus ece. cec.): per supplire alla mancanza della codale, rivolge altra pinna in modo da farne le veci. Supponendo che, in un pesce essenzialmente nuotatore, gli ultimi raggi dell’ anale, per l’uso prevalente, acquistassero maggiore sviluppo sicchè da essi sorgesse un lobo, non moltò distante dall'apice della coda, e il resto della pinna venisse ridotto di ampiezza, si avrebbe già una coda eterocerca, paragonabile a quella di molti Selacii. E tale può ben supporsi sia stato il momento che abbia dalla coda difiocerca primitiva, fatto sviluppare le code eterocerche, dalle quali è poi facile il passaggio alle forme tipiche, esternamente omocerche, dei Teleostei. RAME Berg Così facendo, il pesce si muove lentamente innanzi, rimanendo al medesimo livello, 0 pure più velocemente, in direzione obliqua in giù, cioè nella direzione dell'asse del corpo. Altre volte si muove orizzontalmente e qualche volta guizza rapidissimo, mediante movimenti ondulatorî di tutto il corpo. Insomma però il Fierasfer è debole nuotatore e, messo in una vasca con altri pesci, è inevitabilmente divorato, incapace di fuggire, di difendersi o di nascondersi, in un ambiente che per esso non è abitabile. Forse anche la sua vista non è molto acuta, in ispecie alla luce del giorno. To ritengo che il Fierasfer sia animale notturno: quando sta nell’oloturia, le sue pupille sono piuttosto ampie; così pure se lo si tiene in un luogo scuro; esposto alla luce, le pupille si ristrin- gono gradatamente (') e, a capo di mezzo minuto, sono ridotte a punti piccolissimi. Questo è un caso molto evidente di contrattilità dell’iride in un pesce. » Fierasfer acus in atto di penetrare nelle oloturie: */, di grandezza naturale. Nuotando col capo giù, come è stato detto sopra, il Fierasfer esplora il fondo e i corpi che vi poggiano. Se in questa esplorazione incontra un’oloturia, manifesta tosto una certa agitazione, poi, muovendosi sempre nello stesso modo al disopra dell’echinoderma, lo percorre longitudinalmente finchè giunga ad una estremità che attentamente esplora. Riconosciuto, per caso, che sia questa l'estremità cefalica, torna in dietro, fino al capo ') Fatto già notato dal Costa e dal Doleschall. n Fauna & Flora del Golfo di Napoli. Il. Fierasfer. Me) ba CU, — 10 — opposto. Ivi trova l’ano rivolto in su, che si apre ad intervalli, per lasciar passare la corrente respiratoria. Il pesce si ferma un istante innanzi all’orificio, poi, nel momento in cui l’oloturia spinge fuori l’acqua per l’ano ('), ad un tratto vi poggia il muso e, incurvando la coda acuminata, la fa strisciare con la punta lungo un lato del proprio corpo (d’ordinario il lato destro), per la quale manovra, questa viene ad essere introdotta per un tratto più o meno lungo, nel corpo dell’oloturia: ed allora il /ierasfer, con maestoso movimento, rialza la parte anteriore del corpo, rimanendo ferma la coda nell’ano dell’ospite. Tutto ciò avviene in meno che non si possa dire, con tale rapidità e precisione da destare le meraviglie di quanti lo vedono per la prima volta. Dopo questo colpo di destrezza, il pesce s’introduce lentamente più innanzi, nel corpo dell’oloturia, con progresso intermit- tente, profittando, a quanto pare dei momenti in cui l’animale rilascia i muscoli dell’orificio anale per respirare. Durante questo tempo, il Fierasfer si sta col capo in alto, placidamente respirando, quasi a godersi la nuova situazione. Finalmente anche la parte più grossa del pesce è avviata attraverso il foro, ed allora, con alcuni energici movimenti ondulatorî, vi penetra tutto quanto e sparisce alla vista. Questa scena ha durata molto variabile: qualche volta un piccolo Fierasfer, cogliendo il momento oppor- tuno, giunge ad introdursi, in un tempo solo, in una grossa oloturia; altra volta il progresso del pesce è tanto lento da stancare la pazienza dell'osservatore, in ispecie quando sì tratta di un grosso esemplare che voglia penetrare in una oloturia non proporzionata alla sua mole. L’oloturia non rimane inerte e, contraendosi, in ispecie nella sua parte posteriore, mostra di risentire uno stimolo. È assai raro che giunga a rigettare i visceri: ciò devesi probabilmente più che all’introduzione del /ierasfer ad altre circostanze indefinite, probabilmente alla mancata pressione, nè ho mai notato questo fatto adoperando oloturie pescate a poca profondità. A_qual- cuno, osservando i movimenti dell’oloturia, è venuto in mente che il progresso del pesce fosse dovuto ad aspi- razione da parte dell’echinoderma; a togliere ogni dubbio, ho fatto penetrare i /ierasfer entro oloturie la cui cavità era stata messa in comunicazione con un manometro ad acqua; ho visto allora la pressione, già cresciuta mentre l’animale mandava fuori la sua acqua, aumentare sempre, fino alla completa intromissione del pesce, per poi rapidamente ricadere. Nell'estate del 1877, ricevendo tutti i giorni numerosi /ierasfer, ho ripetuto moltissime volte l’osserva- zione del loro ingresso nelle oloturie ed ho potuto studiarne a sufficienza le varietà ed anomalie. Una volta ho visto un piccolo Fierasfer, dopo diversi tentativi infruttuosi per entrare nel modo solito, con la coda in- nanzi, slanciarsi disperatamente col capo nell’ano dell’echinoderma e riuscire a forzare l’ingresso. Questo Fie- rasfer avea la coda guasta all’apice, coi lembi iniettati di sangue e sparsi di ecchimosi. Siffatta lesione non è rara ad osservarsi nel nostro pesce, che allora incontra grande difficoltà ad introdursi: la coda striscia per un tratto lungo il corpo, ma poi devia, invece di entrare nell’ ano dell’ oloturia. Falliti più tentativi inutili, il pesce finisce ordinariamente per stancarsi e rinunziare ad ulteriori prove; altre volte persiste a tentare, finchè per azzardo il colpo gli riesca. Altra volta ho visto un Fierasfer introdurre la coda nella bocca di un’oloturia, ma senza riuscire a pene- trarvi molto innanzi. Potrebb'essere che questa manovra, eccezionale nel nostro Fierasfer fosse normale in altre specie. Così Quoy e Gaymard parlano di un /erasfer che s° introdurrebbe dalla bocca nella cavità del corpo dello Stichopus tuberculatus, forando le pareti dell’ esofago (°); non risulta però chiaramente dal testo se questo fatto sia stato realmente osservato o sia invece una mera supposizione degli autori. (') Pare che lo zampillo d'acqua che percuote la faccia del pesce sia il momento che lo eccita ad eseguire la manovra per la quale entra nel suo ospite: porgendo ad un Zierasfer un tubo di cautsciù dal quale usciva una corrente d’acqua, io sono riuscito più volte a indurlo a far tentativi per penetrarvi: ciò non avveniva mai quando, comprimendo il tubo in un punto superiore, io inter- rompeva il corso dell'acqua. (*) Voyage de l'Astrolabe, 1. c. —, Mr Dopo un primo fierasfer, può in una oloturia penetrarne un secondo, e così un terzo, un quarto e più ancora. Nelle oloturie recatemi dai pescatori non ne ho mai trovati più di tre insieme ('), ma nei bacini dell’ acquario, ne ho veduti entrare fino a sette successivamente in un medesimo individuo. Mentre la presenza di un solo fierasfer pare non sia molto dannosa alla vita di un’ oloturia, invece, quando molti pesci vi hanno eletto domicilio, l’echinoderma non tarda a deperire, rigetta i visceri, sì avvizzisce e l’ano si dilata enormemente, lasciando sporgere le teste dei /ierasfer che vengono fuori a respirare. Aprendo un’ oloturia, dopo che un fierasfer vi è entrato, lo si trova quasi costantemente nei tronchi dell'albero respiratorio : d’ordinario nel tronco libero, ma sovente pure nell’ altro. Quella è dunque la sua sede primitiva, e, se lo si vede spesso nella cavità del corpo, è certamente per rottura delle fragili pareti dell’albero branchiale. L’intestino non è adatto a ricevere il Fierasfer, perchè, come giustamente osservava Delle Chiaje, sempre pieno di sabbia ed escrementi; però, due volte, aprendo oloturie, nelle quali avea veduto entrare più di un pesce, ne trovai uno dentro il tubo intestinale, per un tratto vuoto di feccie, casi eccezionali, che potrebbero aver tratto in errore qualche naturalista, rispetto alla vera sede del Zierasfer. Io diceva pocanzi che il /. acus non può trovarsi nella cavità perienterica, fuorchè dietro rottura delle pareti branchiali, e ciò perchè mancano aperture naturali che possano dar passaggio al pesce. Questo d’altronde, come acconciamente osserva Doleschall pel /. gracilis, ha bisogno di uscire ad intervalli non lontani per prendere cibo ed evacuare i residui della digestione. Difatti, aprendo lo stomaco dei Fierasfer, vi ho trovato costante- mente crostacei, più o meno alterati dalla digestione, ma sovente riconoscibili, ed erano schizopodi e piccoli caridei; per procurarsi questo cibo, il pesce ha dovuto certamente abbandonare, per un tempo, il corpo del- l’ospite, o almeno far sporgere il capo e parte del tronco. Negli acquarî della stazione zoologica; mi è occorso più volte osservare il capo di un Fierasfer uscir fuori dall’ano della sua oloturia. Se ciò sia cosa normale e avvenga anche nelle condizioni ordinarie è cosa che non saprei dire. La posizione dell’ano del Fierasfer, tanto vicino all’ estremità anteriore delì’ animale , accenna alla possibilità di evacuare le feccie e anche i prodotti sessuali, senza cacciar fuori molto più della testa. Stando in questa posizione in agguato , potrebbe pure chiappare di passaggio qualche crostaceo che troppo gli si avvicinasse. Il /ierasfer, nella sua oloturia, sarebbe paragonabile ad uno di quei piccoli paguri che si annidano entro tubi di serpule, o alla serpula stessa nel suo tubo. | Questo paragone parmi esatto, ancora in quanto alla funzione delì’ oloturia rispetto al suo ospite: l’oloturia è la casa del Fierasjer, il quale vi trova non altro che un riparo sicuro contro la voracità di altri pesci; vi sta come le murene entro i cocci sommersi, come i lombrici alla bocca dei loro canali sotterranei, e, se fa sporgere parte del suo corpo, stando in agguato, è sicuro contro ogni attacco nelle parti posteriori del suo corpo, pronto a ritirarsi rapidamente innanzi al pericolo. Ma, se pure fosse costretto ad uscir fuori tutto quanto, per andare in cerca di cibo, perciò non verrebbe a modificarsi essenzialmente il concetto che dobbiamo formarci del suo rapporto con l’oloturia. Il nostro Fierasfer acus non potrebbe quindi dirsi veramente parassita, nè pure commensale o mutualista, secondo il significato dato a queste parole dal van Beneden, e lo stesso varrà pure delle altre specie del genere. Volendo definire questo rapporto con una parola, io direi il Fierasfer « inquilino » dell’oloturia. Però le osser- vazioni di Semper sull’Encheliophis vermicularis (*) proverebbero che questa specie è divenuta realmente parassita, (') Quoy e Gaymard (1. e.) hanno ripetute volte trovato due pesci in una sola oloturia. (7) Zeitschr. f. wiss. Zool. XI. 1862 p. 104. ES Ri PAN Z alimentandosi dei visceri dell’oloturia in cui vive. Nondimeno, anche 1’ EncheZiophis esce fuori dal suo ospite e lo stesso Semper mi scrive averne trovato una volta un piccolo esemplare libero nel mare. L’Encheliophis è molto affine al F. acus per la struttura anatomica ed offre caratteri che rivelano una riduzione più avanzata degli organi locomotori; così ad es. la mancanza delle pinne pettorali. ì SVILUPPO E METAMORFOSI. Le uova del Fierasfer vengono deposte di notte ; è da supporsi che i pesci escano fuori dalle oloturie per questa funzione, o almeno facciano sporgere parte del loro corpo; ma intorno a ciò mancano osservazioni dirette. Nei mesi di luglio, agosto e parte di settembre, si trovano galleggianti in forma di masse di mucoj/(tav. IX. fig. 96) contenenti aleune migliaia di uova, masse già descritte da Risso (') e figurate dal Cavolini (?), attribuite però da questo naturalista ad altro pesce. Descriverò altrove la struttura di questi cumuli. Le uova di un cumulo sono tutte nel medesimo periodo di sviluppo, perchè fecondate contemporaneamente: quelle deposte nella notte si rinvengono la mattina col disco blastodermico non molto esteso e nel corso della giornata vi si sviluppa il primo accenno dell'embrione. Il giorno seguente, l'embrione è già pigmentato, alcune vertebre primitive e gli occhi sono visibili. Infine il terzo giorno, il muco è quasi tutto disciolto dall'acqua del mare, e dalle uova, ora isolate e galleggianti alla superficie dell’acqua, cominciano a schiudere gli embrioni. Però l'organismo di questi pesciolini (tav. II. fig. 5) è tuttavia assai imperfetto. La bocca è chiusa, non vi sono fessure branchiali, nessun vestigio di cartilagine, il cuore pulsa, ma non contiene sangue (°), nè sì vedono vasi sanguigni in nessun punto ; il tubo digerente semplice, senza glandole e senza accenno della vescica natatoria, contiene ancora una considerevole massa di vitello: i reni sono ridotti ai soli tubi di Wolff, con un breve tratto comune che sbocca dietro l’ano; gli occhi non hanno pigmento nell’epitelio retinico e, sulla cornea , corrono prolungamenti di cellule pigmentate. La pinna verticale embrionale circonda la coda, ma, un poco indietro del capo, mostra, nella parte dorsale, una depressione, ed in quel punto è notevolmente ispessita. In conseguenza della posizione dell’ano, situato non molto indietro, manca ogni traccia di pinna prea- nale. Le pinne pettorali non sono ancora visibili e sì sviluppano soltanto nei giorni successivi. Il cangiamento di forma più notevole che si abbia a constatare il giorno seguente (fig. 6) è l’allunga- mento del corpo, per la espansione delle cellule della corda dorsale, le quali, da prima disposte come pila di monete nella guaina della corda, assumono poi, gonfiandosi per sviluppo di vacuoli, forme poliedriche irregolari, Però, all’ estremità posteriore della corda, per alcuni giorni ancora, le cellule serbano la disposizione a pila, probabilmente per contribuire all’ allungamento del pesce nei giorni che seguono. Quel punto depresso e ispessito della pinna dorsale è cresciuto considerevolmente e sporge come un bitorzolo allungato. La massa vitellina incomincia a diminuire nell’ intestino. I mutamenti iniziati al secondo giorno si continuano ; al terzo giorno (fig. 7), il bitorzolo dorsale si ( allunga e si fa pigmentato all’ apice, con forma clavata. Al quarto giorno (fig. 8) 1’ estremità pigmentata ()lc® (*) Memorie sulla generazione dei pesci e dei granchi. Napoli 1787 tav. L. fig. 5. (°) Condizione trovata pure in altri pesci e descritta da Kupffer nell’ aringa (Veber das Laichen u. Entwicklung des Herings p. 34; Jahresh. d. Commiss. 2. wissensch. Untersuch. d. deutschen Meere i. Kiel 1878. SIE si allarga e si appiattisce a mo’ di foglia, e un altro ispessimento si mostra sul tratto che unisce la foglia al corpo del pesce. Più tardi questo ispessimento sì pigmenta anch’ esso e diviene una seconda foglia, mentre, allungandosi il tratto che sta tra esso e il corpo, incomincia ad accennarsi una terza foglia. e così via. Mentre i tratti che separano le singole foglie si fanno sottili, flessibili, filiformi, la parte che trovasi tra l’ultimo ispessimento formato e il corpo dell’animale diventa più spessa, rigida e costituisce come un gambo che sostiene un lungo flagello, al quale sono attaccate le foglie pigmentate (fig. 9). In ragione dell’ ordine in cui si sviluppano, le foglie più giovani sono le più vicine alla base del flagello e nuove foglie continuano sempre a svilupparsi alla estremità del gambo, per cui il flagello cresce indefinitamente. In quanto a struttura istologica, tutta l’appendice è costituita da sottile scheletro di connettivo, sparso di cellule pigmentate, ricoperto dall’epidermide. Nel gambo formasi un asse rigido omogeneo, ma non osseo nè calcificato. Lo sviluppo di tutta l’appendice è molto variabile e non sempre proporzionato a quello del resto del corpo. Pare che la tranquillità dell’acqua in cui stanno i pesci sia condizione favorevole ad uno sviluppo maggiore di tale fragilissimo ornamento. Le pinne pettorali cominciano tosto a far sporgenza, e al quarto giorno sono già bene sviluppate, ma non mostrano nessuna traccia di uno scheletro cartilagineo. Il tuorlo diminuisce presto nell’ intestino; contemporaneamente l’apertura boccale diviene pervia e, sviluppandosi le trabecole del cranio e le cartilagini di Meckel, nonchè alcuni muscoli, il capo e la mascella acquistano maggiore solidità, e, verso il quinto giorno, la bocca può essere attivamente aperta e chiusa. Mentre la bocca si sviluppa, l’occhio sì perfeziona, la cornea si spoglia dei prolungamenti pigmentati, il pigmento retinico si forma e il bulbo vien circondato da uno strato argenteo. Così al quinto o sesto giorno i pesciolini sono usciti dal periodo in cui hanno per alimento il tuorlo ; incominciano ad aver bisogno di prendere cibo dall’ ambiente, ed in questo punto, a me, come ad altri che si sono provati ad allevare embrioni di pesci marini, non è riuscito farli sviluppare ulteriormente ('); essi perivano sempre in breve tempo e ben di rado ho potuto mantenerne qualcuno fino all’ottavo o al nono giorno, però senza che il loro sviluppo s’inoltrasse maggiormente. Fin dallo schiudere, le larve del Fierasfer, quando stanno immobili nell’acqua, serbano una posizione verticale, coì capo giù e la coda in alto; il loro peso specifico, quasi identico a quello dell’acqua marina fa sì che discendono nell’acqua assai lentamente, per cui hanno appena bisogno di agitarsi un poco di quando in quando, onde non cadere al fondo del recipiente. Sviluppandosi l’ appendice dorsale descritta sopra, vista la posizione del pesce, essa pende innanzi al capo, come vedesi nella fig. 9. In quanto alla funzione di quest’ appendice singolare, non ho argomenti positivi da riferire, però mi trovo indotto a supporre che dessa possa, come il raggio dorsale anteriore del Lophius, servire di esca per attrarre piccoli animali pelagici che formano l’alimentazione del giovane pesce. A tale funzione, sarebbe assai confacente la posizione dell’appendice; visto il modo di accrescimento del flagello, è chiaro che, venendo a perdersene una parte, verrebbe tosto sostituita da nuove foglie. Uno stadio ulteriore di sviluppo è rappresentato da due pesciolini, lunghi 10-11 mill., pescati alla superficie del mare col retino di Miller. Per la forma, non differivano essenzialmente da quelli ottenuti dalle uova. Il corpo era meno pigmentato e il pigmento accumulato principalmente nel peritoneo ; nell’uno esemplare, che vidi fresco, le cellule pigmentate della regione codale erano divise in gruppi sparsi lungo il corpo: alcuni di questi gruppi stavano ciascuno in mezzo ad una zona di pigmento rosso; queste zone disposte ad intervalli quasi regolari. La forma del capo era già ben determinata, in relazione con lo sviluppo dello scheletro cartilagineo. Il gambo (') Si riscontri in proposito Kupffer 1..c. p. 35 MI dell’appendice dorsale era più lungo, sostenuto da un’asta di sostanza rigida, ialina, con un capo cartilagineo, articolato sopra un pezzo di cartilagine, impiantato con larga base, come una piccola gobba, sul dorso. Tra questa cartilagine e la cute, stavano muscoli per muovere il gambo della bandiera. In entrambi gli esemplari, la bandiera era guasta, priva di foglie. Le pinne verticali del pesce aveano raggi distinti, ma sempre raggi fibrillari embrionali, senza accenno dei raggi ossei definitivi. La coda mostrava l’estremità acuminata, e, dall’apice della corda dorsale, sporgeva entro la pinna un breve prolungamento filiforme, coma primo accenno della coda nema- tocerca della forma larvale più sviluppata di cui in appresso ('). Bellissima forma larvale del #. acus è l’animale descritto dal Gasco col nome di Vezillifer De Filippi. (Questo pesce pelagico è molto raro e gli esemplari finora conosciuti sono pochi. Io ne ho veduto un solo individuo (tav. I. fig. 2) recato nel febbraio 1877 alla Stazione zoologica, ove ebbi agio di osservarlo vivente; ora si conserva nella collezione di quello stabilimento. Eccone le dimensioni più importanti (*): Lunghezza totale del corpo, compreso il filamento codale . . . . 76 mill. » dels lamento sco dI RR N OE, Dal.muso alla punta dell'opercolo (i. n... » FEE E E TUO et E eo Lunghezza deltcambordelbvessilo RE e e oo Numero delle vertebre 130 almeno; però non mi fu possibile numerarle esattamente. Tutto il pesce era trasparentissimo, ad eccezione degli occhi con iride argentina e delle vicinanze della vescica aerea, che, di forma cilindrica, con gli estremi rotondati, splendeva con riflesso metallico per l’aria contenutavi ed era circondata da elementi pigmentati bruni e rossi. Macchie di pigmento rosso notavansi sul muso e sulla regione opercolare, con qualche cellula bruna. Cellule pismentate scure erano sparse sul peritoneo, che però non avea ancora iridociti. Dietro l'ano, cioè al disotto del gambo del vessillo, ha termine la cavità viscerale, il corpo si ristringe ad un tratto, e, da quel punto, comincia la regione codale, lungo la quale corrono, fino all’apice, le pinne verticali. L’asse della coda si assottiglia sradatamente, e infine si riduce ad (‘) Avendo eseguito una serie di sezioni sagittali su di una di queste larve, indurita nell'acido osmico, posso dire qualche cosa dell’ anatomia di questo stadio di sviluppo. Le cartilagini del cranio sono assai più sviluppate : le capsule uditive offrono un sottile strato cartilagineo, e da queste, le trabecole si estendono fino alle cartilagini nasali, con cui sono continue; la cartilagine di Meckel è sospesa all’io-mandibolare, su cui si articola; quella presenta già tracce di differenziazione, però il processo pterigo-palatino è appena accennato : il pezzo superiore dell’ ioide è già distinto dal ceratoioide; gli archi branchiali cartilaginei sono ben formati, il primo molto più robusto degli altri; su di essi, incominciano a formarsi le lamelle branchiali, come semplici anse vascolari. Il cinto scapolare non ha ancora nessuna traccia di cartilagine. L' intestino forma due anse, e la sua mucosa è provvista di villi molto sviluppati, coperti di un epitelio con strato cuticolare molto spesso ; alla estremità anteriore dell’ intestino aderisce ancora il fegato ; lo stomaco non esiste ancora, come organo differenziato. La vescica aerea ha forma ovale e sembra già staccata dall’ intestino; non so se, in vita, contenesse aria. L'apparecchio urinario consiste, come nelle piccole larve, dei due condotti di Wolff, essi sono però più contorti all’ estremità avteriore che risponde al rene cefalico : alla estremità posteriore, formano ciascuno un’ ansa diretta indietro, prima di congiungersi col condotto escretore impari che sbocca all’ esterno. Mancandomi molti stadii prima e dopo questo, non mi è possibile seguire lo sviluppo graduale degli organi. (°) I due esemplari descritti dal Gasco e dal Costa non esistono più; questo, secondo la figura datane era assai grande e misurava 82 millimetri. Il Museo di Torino ne possiede un esemplare poco più piccolo del nostro (63 mill.), intorno al quale mi diede vagguagli precisi il dott. L. Camerano, assistente in quel Museo. Quattro individui meno perfettamente integri si conservano nel Museo britannico, dei quali ebbi le misure precise, grazie alla gentilezza del dott. Giinther; essi differiscono poco fra loro nelle dimensioni che oscillano da 50 a 66 millimetri; le proporzioni del corpo sono quasi come nell’esemplare della Stazione zoologica : manca in tutti il filamento codale e l° appendice vessilliforme è più o meno lesa: sono questi ornamenti tanto fracili da resistere lifficilmente ai lunghi trasporti. ili ra nati MOI, a it. i SE un filamento sottile, che parmi essere un prolungamento della guaina della corda dorsale; ho proposto altra volta (') di chiamare nematocerca questa forma di coda, che ritrovasi ancora nelle larve dei Macruridei. La pinna dorsale incomincia dal gambo del vessillo che ne costituisce il primo raggio; l’anale dietro l’ano; entrambe si assottigliano gradatamente indietro e mancano sul filamento terminale; i loro raggi si fanno man mano più sottili e finalmente mancano. Le pinne pettorali hanno forma rotondata, con raggi appena accennati. La regione codale dell'esemplare osservato offriva una pigmentazione caratteristica, che ricorda quella del Fierasfer adulto. Otto zone trasverse di pigmento rosso segavano ad intervalli eguali la parte assile della coda, lasciando libere le pinne, e, in ciascun intervallo tra queste zone, notavasi, verso il ‘lato ventrale, una macchia dello stesso colore. Lungo la coda, erano sparse piccole cellule pigmentate brune, riunite a gruppi nelle zone e macchie rosse: più indietro dell’ultima zona rossa vedevansi ancora gruppi di queste cellule brune, che sembravano rappresentare altre zone appena accennate; infine, cromatofori bruni isolati erano sparsi lungo il filamento terminale. Del pigmento rosso del capo e della regione codale non fanno parola nè il Gasco, nè il Costa, e le loro figure, eseguite, per quanto ho saputo, dopo la morte dell’animale, non ne mostrano nessuna traccia. S'intende giù che gli esemplari alcoolici di musei non possono, su questo punto, fornire nessuna indicazione. Offre un interesse speciale lo studio dell’appendice dorsale vessilliforme. Il gambo è ora notevolmente allungato e solido, costituito da una sostanza rigida, ialina, senza cellule nè canali, che può dirsi una forma del tessuto osseo, forma diffusa nello scheletro dei pesci, dove costituisce pezzi sottili, come ad es. raggi di pinne. Il flagello è molto lungo, e, per propria elasticità, vedevasi tortuoso nell’animale vivente, ma non mi parve che fosse contrattile. Le foglie che vi sono attaccate differiscono da quelle delle giovani larve, non solo per la grandezza, ma perchè la loro parte apicale, quasi per metà nel mio esemplare, per un terzo circa in quello di Torino, è priva di pigmento. Nella parte pigmentata si vedono piccoli cromatofori bruni, densamente stivati, i quali però lasciano fra loro piccoli spazî bianchi (tav. II. fig. 10). Alcuni eromatofori sono sparsi lungo il filamento che porta le foglie. Anche qui le foglie apicali sono più grandi di quelle vicine al gambo e for- mano una serie graduata di diversi stadî di sviluppo, a partire da una foglia appena accennata che occupa l’estremità del gambo. Senza dubbio, continuano a rinnovarsi le foglie, mentre le più vecchie, situate all’estre- mità dell’appendice, vanno logorandosi per attriti o sono strappate per diversi accidenti. Secondochè riferiva il pescatore che avea preso l’animale (il ben noto Giovanni), esso stava in mare col capo giù e con la banderuola pendente, quindi nella stessa posizione delle piccole larve schiuse dalle uova. Nei nostri recipienti era in agitazione continua. Quando nuotava, l’appendice, per la resistenza offerta dall’acqua alle foglie, restava indietro, nella posizione in cui ho rappresentato il pesce nella fig. 2. In quanto alla possibile funzione di quest’organo, mi richiamo a quello che ho detto sopra. Non ho potuto studiare l’anatomia di questa forma larvale. Ignoro affatto in qual modo e in quale età abbia luogo la perdita della banderuola e del filamento codale, in qual punto la larva acquisti le forme definitive del Fierasfer, abbandoni la vita pelagica per entrare nelle oloturie. Il più piccolo Fierasfer ch’ io abbia visto misurava appena 85 millim. ed avea 126 vertebre; la lunghezza del capo, dal muso all’estremità dell’opercolo era di 9 millim.; la coda già molto spessa alla base, la cavità viscerale estesa indietro oltre l’ano, fino alla 17." vertebra. La figura del pesce era già in tutto quella del- l’adulto. Stadî intermedî mancano affatto, e non è da recar meraviglia, considerata la rarità estrema del Ve- rillifer e delle forme pelagiche di pesci, in senerale. (*) Note ittiologiche ecc. p. 40 = = Paragonando le misure del piccolo Fierasfer ora menzionato con quelle del Vezi/lifer, è possibile in qualche modo formarsi un concetto dell’accreseimento delle diverse parti, nell’atto della metamorfosi. Quello che ha dovuto crescere di più è il eranio, che, con l'estremità posteriore dell’opercolo (situata poco più indietro dell'articolazione occipito-vertebrale, fig. 22 tav. IMI), trovasi ora quasi sulla trasversale che passa per l’ano, mentre la distanza dal muso all’ano è poco cresciuta, quasi in pari proporzione con l’accrescimento della lunghezza totale del corpo (bisogna considerare il Vezillifer senza filamento codale). Im conseguenza di ciò, la colonna vertebrale e la cavità viscerale trovansi respinte indietro, rispetto all’ano che serba la sua po- sizione. Il gambo della banderuola trovasi inserito nel Vexillifer in corrispondenza della 7° alla 9* vertebra; nel Fierasfer, la pinna dorsale incomincia al livello della 9* alla 10* vertebra; in quest’ultimo, la cavità del corpo si estende molto più indietro, fino alla 17°18® vertebra. Con l’estendersi indietro la cavità del corpo, la muscolatura della regione codale ha acquistato un notevole sviluppo, in ispecie alla sua base, che, senza distacco, si continua con le parti che stanno più innanzi. I mutamenti nella pigmentazione sono pure assai rilevanti e quasi tutto lo sviluppo della sostanza argentea devesi riferire al periodo della metamorfosi. PARASSITI. Diesing segnala come parassiti del . acus il Distonum sinvatum Rud. nell'intestino e l’Ascaris ophidii imberbis Rud. nel mesentere: ho trovato quest’ultimo assai frequente; oltre questi due parassiti ho rinvenuto, una volta sola, una forma incistata di Tetrarinco, entro la massa muscolare della base della coda, ove, per la trasparenza dei tessuti, era assai appariscente. EF. DENTATUS Fierasfer dentatus Cuvier, Règne animal, Il; Kaup, Catalog. apod. fish. p. 158; Arch. f. Naturg.' 9 1856 p. 98; Ginther, Catalogue, IV. p. 383. Echiodon Drummondi Thompson, Proceed. Zoolog. Soc. 1837 p. 55; Trans. Zoolog. Soc. II, p. 207 pl. 38; Yarrell, Proceed. Zoolog. Soc. XX. 1852 pag. 14; Yarrell, Brit. Fishes. 2.° edit. IL, p. 417; 3.° edit. I. p. 82. Echiodon dentatus ('), Putnam, Proc. Boston Soc. of nat. hist. XVI. 1874 p. 346. Forme larvali. Oplaicbimite soc Delle Chiaje, Anim. senza vert. IV. Tal. CXVII. fig. 8 (senza nome). Encheliophis tenuis Putnam, Proceed. Boston Soc. ete. XVI. p. 347. Fierasfer acus (larva) Emery, Atti Soc. ital. di sc. nat. XXI. 1878 p. 38 tav. I. fig. 4. (', Putnam ha voluto ristabilire il genere Echiodon e si fonda sulla esistenza della pinna codale nel #. dentatus. Le ragioni dell'autore cadono da sè, poichè ho dimostrato la non esistenza di questa pinna. Diversi caratteri anatomici separano nondimeno il F. dentatus dal F. acus: ad apprezzare il loro valore, sarebbe d’uopo studiare l'anatomia di altre specie, per la qual cosa mi manca il materiale necessario. vai gas en A i a CRgao DESCRIZIONE DELL'ADULTO. x . Il corpo è più stretto che nel /. acus, meno assottigliato indietro , troncato all’ apice (tav. I. fig. 3). La lunghezza del capo è compresa più di dieci volte nella lunghezza totale; 1’ ano si apre poco innanzi del- l’ottavo anteriore, indietro della punta del subopereolo; la cavità viscerale si prolunga un poco oltre il terzo ante- riore.Il muso è un po’ meno ottuso che nel F. acus. I premascellari e le mandibole aveano, nel mio esemplare, ciascuno un dente più grande degli altri, all'estremità anteriore (v. fig. 23): così pare che fosse negli esemplari ‘inglesi di Thompson e di Yarrell; Kaup, che ne vide molti esemplari, ha trovato diverse disposizioni, e per lo più due denti canini nel premascellare e nella mandibola di ciascun lato; egli dà per queste disposizioni dei denti canini le formole seguenti: DELO A RO LO Ml mel) egilezà oa egli » Ii canale laterale cessa già nella regione addominale; segue d'altronde, come nel /. acws, il setto fi- broso tra i miocommi dorsali e ventrali. La pinna dorsale comincia poco indietro dell’anale, questa quasi im- mediatamente dietro l’ano. La formola delle pinne è la seguente ('): D. 144, A. 165, C. 0 (9), P. 16, V. 0; non vi è una pinna codale omologa alla codale di altri pesci, ma gli ultimi raggi dorsali e anali, retratti sulla troncatura della coda, simulano una pinna; si riscontri la parte anatomica di questa Memoria. In vita, il pesce doveva essere trasparentissimo, morto, i muscoli sono di un bianco latteo per coagula- zione (il colore rossastro descritto da Kaup è dovuto certamente all’azione prolungata dell’alcool e si mani- festò pure più tardi nel mio esemplare). Il peritoneo è argenteo, nella parte anteriore, fin oltre la metà, cosperso di macchie argentee nel resto della sua estensione, senza cellule pigmentate brune; l’apparecchio opercolare e l’iride egualmente argentei; la pupilla larga (forse contrattile in vita come nel F. acus?). Non vi è nessuna traccia di pigmento cutaneo (Kaup dice però « the sides dotted » ).-Attraverso la parte posteriore trasparente, non argentea, del peritoneo vedesi trasparire la massa posteriore deî reni, come organo vascolare rosso; dalla superficie dorsale si veggono pure rosse le meningi del cervello, e probabilmente dovevansi vedere, in vita, le branchie piene di sangue. La colonna vertebrale ha poco pigmento nella sua metà anteriore; andando indietro, appariscono, sui corpi delle vertebre, zone di pigmento bruno, sempre più ravvicinate, e più scure fino all’estre- mità della coda. Lungo la base della metà posteriore della pinna anale, si estende una serie di piccolissime macchioline brune. Le pinne sono trasparenti, fuorchè l’estremità pigmentata dell’anale e della dorsale, nonchè la porzione dell'una e dell’altra pinna che formano la falsa codale. La descrizione che precede è stata fatta sugli appunti presi intorno ad un esemplare femmina, lungo 180 millim. trovato in Napoli nell’aprile 1877, morto, ma fresco ancora, alla superficie del mare, dopo una tempesta; è il solo individuo ch'io abbia veduto. Due altri individui farono comperati sul mercato di Napoli dal Bel- (') La formola data da Kaup e da Giinther è: D. 180, A. 180, C. 12, P. 16; Vertebre 98. Pauna & Flora del Golfo di Napoli. Il. Fierasfer. 5 Ri lotti ed ora trovansi nel Museo di Firenze. L’esemplare di Thompson e quello di Yarrell furono trovati morti sulle coste britanniche dopo tempeste; il primo era grandissimo e misurava 11 pollici. Kaup ne vide parecchi nel Museo di Parigi, provenienti dal Mediterraneo e perciò crede erroneamente che il pesce sia comune in questo mare. BIOLOGIA E METAMORFOSI. Non si conosce il modo di vivere del /. dentatus, per la sua rarità, forse non fu visto ancora vivente da nessun naturalista. Si può ritenere che la sua coda troncata, non molto flessibile, debba renderlo poco atto ad entrare nelle oloturie, almeno mediante la manovra del suo congenere. È certo però che un pesce che ritengo essere la sua larva ha abitudini somiglianti a quelle del Y. acus. Delle Chiaje l’osservò pel primo nell’Holo- thuria tubulosa e ne fa menzione ('). Più tardi Putnam (*) lo descrisse sopra un individuo raccolto a Messina dall’Haeckel e, non riconoscendovi le pinne pettorali (forse mutilate nel suo esemplare), lo descrisse col nome di Encheliophis tenwis. Io stesso l’ebbi in due esemplari nell’ottobre 1877, proveniente da Holothuria tubulosa. pescate nel golfo di Napoli (*). Se il pesce adulto serbi lo stesso modo di vivere è cosa che nuove osserva- zioni avranno a decidere. Ai due esemplari da me osservati si riferiscono i numeri seguenti : Lunghezza totale. i. > e o i 205 ie Dal muso alla punta dell’opercolo. . . . . . . 5» GI» » AE ER Ro Ta e cet bolo SR 8» Hinogallag95#Sverte 12 MSA e O o, 123. > NUMero RACE vertere Re LO 175 » dei raggi della dorsale Cinca ge 0 RM Entrambi i pesciolini erano trasparentissimi (tav. I. fig. 4), con poco pigmento rosso e nero nel capo, alcune cellule brune sparse lungo la colonna vertebrale, l’occhio argenteo. La bocca avea denti minutissimi, un pajo un po’ più grandi in ciascuna mascella, principio dei canini dell’adulto. I tubi mucosi del capo disposti come nell’adulto (si vegga la parte anatomica). La cavità addominale era estesa per poco oltre l’ano. La ve- scica aerea cilindrica, circondata da pigmento. La pinna dorsale molto bassa al principio, sempre meno svi- luppata dell’anale; questa incominciava subito dietro l’ano; entrambe, ristringendosi gradatamente indietro, giungevano fino all’estremo codale, ridotte ivi ad un lembo strettissimo; la coda però, almeno negli esemplari osservati, non terminava con un filamento, come quella del Vezd/lifer, invece era evidentemente troncata, cioè avea dovuto perdere un certo numero di segmenti terminali. Siffatta troncatura della coda io ritengo sia fatto normale, nello sviluppo di questo pesce; l’esemplare più lungo aveva il capo appena un po’ più grande; era quindi più avanzato nel suo sviluppo, e le vertebre erano in numero di poco maggiore che nell’altro esemplare, (060 a) IL e. p-r847- (*) Io avea creduto da prima che il pesciolino in parola fosse una forma di passaggio tra il Vesi/lifer e il F. acus, ed appartenesse al ciclo evolutivo di quest'ultimo (v. Atti Soc. ital. sc. nat. XXI. p. 40). Più accurate indagini mi hanno convinto della impossibilità di questo rapporto ed hanno rivelato intime affinità anatomiche col /#. dentatus. —. IE) — però notevolmente più lunghe nella metà anteriore del corpo; in entrambi, il numero delle vertebre era supe- riore a quello del F. dentatus adulto. Riducendo a 95 (cifra del /. dentatus) il numero delle vertebre, il nostro pesce si ridurrebbe alla lun- ghezza di 10 a 12 centimetri ed avrebbe così spazio per crescere e svilupparsi in tutte le sue parti fino a rag- giungere forma e dimensioni definitive. La metamorfosi del F. dentatus, per quanto mi è nota, cioè nei suoi ultimi stadî sarebbe ben diversa da quella del Y. acus, ma non meno singolare. Non vi sarebbero appendici da abbandonare, ma invece andrebbe perduta una parte della coda, comprendente colonna vertebrale, mu- scoli e pinne verticali, e così verrebbe a formarsi quella singolare falsa codale, di cui in appresso. Probabilmente il f. dentatus non è il solo, in cui avvenga la perdita di parte della coda. Bleeker descrive un F. [umbricoides (') che rassomiglia molto alla larva del F. dentatus e di cui dice « mancare una porzione della coda », cosa che forse devesi considerare come normale in quella specie. (') Natuurk. Tijdschr. Nederl. Ind. VII. p. 163. SANA IO MA Nella parte sistematica e biologica ho trattato separatamente quel che riguarda ciascuna delle due specie di Fierasfer. Non ho creduto dover tenere il medesimo metodo in questa parte anatomica; per ciascun organo o sistema organico, ho descritto il modo di comportarsi in entrambe le specie, prendendo pure a confronto _ altri pesci. - 1. SCHELETRO Cranio. (1) Lo studio del cranio essendo il più importante.»per la sistematica, ho dovuto, oltre a descrivere questa parte dello scheletro e la sua composizione, cercare di riconoscere i rapporti anatomici tra il cranio del Fierasfer e quello di altri generi di pesci. E qui la scarsezza degli studî fatti finora intorno alla morfologia del cranio dei Teleostei mi si è fatta sentire tanto più che, non disponendo di una numerosa collezione di scheletri, ho dovuto limitare le mie comparazioni a pochi tipi. Il cranio del Fierasfer e di altri Ofidiidei (Encheliophis, Ophidium, Pteridium) offre caratteri abbastanza spiccati; anzitutto lo sviluppo singolare dell’occipitale basilare, dell’intercalare e del petroso, che comprendono l'organo dell’udito assai voluminoso e fornito di enormi otoliti. Onde lasciare maggior spazio ancora al disotto (') Per la nomenclatura delle ossa del capo ho seguito quella del Vrolik (Synonymie der Schadelhnochen der Teleostier. Niederl. Arch. f. Zoologie, I. 1872-73 p. 228, adottata pure dal Gegenbaur (Grundriss d. vergl. Anatomie 2° ediz. 1898). e? (Bi SNA AI = bad è 4 1 9 i fp Zio — dell’encefalo per le cavità uditive, il forame occipitale è situato molto in alto, perchè i condili degli occipitali laterali si ricongiungono nella linea mediana, al disopra dell’occipitale basilare; così il forame occipitale tro- vasi limitato in tutta la sua circonferenza dagli occipitali laterali, fatto ovvio in molti altri pesci (Percoidi, Labroîdi ecc.). Non vi è canale pei muscoli dell’occhio. Il forame d’uscita del trigemino e del facciale (tav. II. fig. 19. V. VZI.) è diviso in due da un largo ponte osseo formato dal petroso; il glosso-faringeo esce per un forame dell’intercalare; il primo nervo spinale per un forame completo dell’occipitale laterale. L'occipitale basilare ha, in ciascun lato della sua estremità posteriore, una fossetta per l'attacco di un ligamento che va al cinto scapolare. Veduto da sopra, il cranio degli Ofidiidei ha la forma di un rettangolo, terminato ai suoi quattro angoli dai frontali posteriori in avanti, dagli squamosi in dietro, con un prolungamento anteriore costituito dai frontali principali e dalla regione etmoidale, ed un prolungamento posteriore formato dagli occipitali (v. tav. III. fig. 18, 23, 26). Per la forma generale e la disposizione delle ossa e dei forami nervosi, il cranio degli Ofidiidei si avvicina a quello dei Gobioidei ( Gobius capito, tav. III. fig. 23), come già acconciamente osservava il Dareste ('). Ancora qui troviamo l’intercalare forato dal glosso faringeo, il forame del V° e VII° pajo diviso in due, quello del 1° spinale chiuso dall’occipitale laterale. Però il cranio dei Gohii è molto più appiattito, vi manca la cresta occipitale media e la posizione degli occhi, diretti in su, ha determinato lo strozzamento di quella parte dei frontali principali che forma il tetto delle orbite; i condili degli occipitali laterali sono disgiunti e quindi il forame occipitale non è circondato esclusivamente dagli occipitali laterali. Anche nei Gobii, il cinto scapolare è unito al cranio per mezzo di un ligamento. Nei Gadoidi, che soglionsi porre nel sistema vicino agli Ofidiidei, l’intercalare è sovente molto svilup- pato, spesso anche forato dal glossofaringeo (Merlucîus, Brosmius); però il forame del trigemino e del facciale non è mai diviso in due (tav. III. tig. 30, V. VZZ) e il primo pajo di nervi spinali passa in una incisura dell’occipitale laterale, qualche volta però quasi interamente trasformata in forame. Il ligamento del cinto sca- polare si attacca, non più al cranio, ma alla prima vertebra. La forma generale del cranio è molto variabile; così pure il grado di ossificazione delle parti che stanno innanzi al forame del trigemino, per cui l’alisfenoide può talvolta mancare (Lota secondo Vrolik). Nonostante queste differenze, la disposizione generale delle ossa nei'Gobioidi, Gadoidi e Ofidiidei mostra una certa conformità di struttura, per cui questi pesci sembrano costituire un gruppo di cranî depressi, opposto ai cranî compressi del maggior numero degli Acantotterigî. Probabilmente altri pescì verranno ancora a rannodarsi a questo gruppo, cosa che, coi materiali attualmente e mia disposizione, non è possibile riconoscere. Tra gli Ofidiidei, il Pteridium atrum oftre maggiore analogia con i Gobî, per la forma larga e alquanto depressa del suo cranio, ristretto fra gli occhi e per la brevità della regione etmoidale; però lo sviluppo con- siderevole del parasfenoide, che come larga piastra protegge la faccia inferiore del cranio, si accompagna a defi- ciente ossificazione delle parti della base soprastanti ad esso (°). L’intercalare presenta un debole accenno di quel processo che, in molti Gadoidi, si dirige verso l’angolo posteriore dello squamoso (Lota (*), Motella, Brosmius). Il cranio del Pieridium sembra essere grandemente modificato dall’adattazione, nella sua forma generale. (") Etudes sur les types ostéologiques des poissons osseur. 5.° communication. Comptes rendus de l'acad. LXXV. p. 1254, 18 novembre 1872. (€) Simile sviluppo del parasfenoide con atrofia delle parti scheletriche da esso coperte riscontrasi nei Discoboli (Mirbelia Decandollei). (*) Vrolik, 1. c. p- 273. DO ei Più allungato, più solido e ricco di sporgenze e creste ossee è il cranio degli Ophidiwm. I frontali sono più estesi, meno ristretti tra gli occhi, per la qual cosa la porzione anteriore del cranio ristretta in avanti (regione orbitale ed etmoidale) predomina sulla posteriore quasi quadrata (tav. III. fig. 26); sporgenze ossee danno appoggio ai canali mucosi. Alla faccia inferiore, l’intercalare non si prolunga verso l’angolo dello squa- moso; il parasfenoide è robusto, ma non oltremodo esteso nel senso trasversale; manda un processo ascendente, che, correndo innanzi l’alisfenoide, raggiunge un processo discendente del frontale principale. Da questi cranî, il cranio dei /ierasfer differisce per caratteri di molto rilievo; per maggiore chiarezza descriverò anzitutto il cranio del F. acus; quindi sarà facile con poche parole accennare le differenze che caratterizzano il W. dentatus. Il cranio del /. acus è costituito da ossa dure, levigatissime, sottili, con poche sporgenze e queste deboli e poco prominenti (tav. III fig. 18, 19, 20, 21). La regione occipitale è poco prolungata indietro. I margini laterali degli squamosi convergono leggermente innanzi, fino al punto in cui s'incontrano con i frontali poste- riori che sporgono in fuori. In avanti di questi, i frontali principali, che formano il tetto dell’orbita, vanno vistringendosi gradatamente, e ricoprono in parte la regione etmoidale. La superficie dorsale del cranio del Fierasfer è caratterizzata principalmente dalla grande superficie oecu- pata dai parietali, i quali si estendono in avanti fino a raggiungere i frontali posteriori e s'incontrano sulla linea mediana, ricoprendo quella porzione dell’occipitale superiore che s’interpone ad essi; così questa parte dell'osso rimane scoperta, soltanto per un piccolo spazio triangolare, tra gli angoli posteriori dei parietali. Sotto il margine posteriore del parietale evvi un piccolo forame, onde esce il ramo dorsale del trigemino. Gli squa- mosi molto allungati e stretti fiancheggiano i parietali; il loro angolo posteriore è rotondato, appena sporgente. Sono pure deboli e rotondate le sporgenze degli occipitali esterni; ridotta di molto la cresta dell’ occipitale superiore. I frontali posteriori hanno ciascuno un forame pel passaggio di un ramo del trigemino che va alla faccia superiore del cranio per distribuirsi ai canali mucosi. I frontali principali molto ampî, offrono deboli curvature e poche sporgenze per sostegno dei canali mucosi; poco innanzi la metà hanno, nella linea mediana, una sporgenza troncata in avanti, innanzi alla quale passa un canale mucoso trasversale; alla estremità anteriore s'innalzano ancora a ricoprire in parte la sporgenza formata dall’etmoidale medio; ciascun frontale è forato da due rami nervosi che vanno ai canali mucosi, ed ha, a livello dei frontali posteriori, una piccola sporgenza a forma di dente triangolare. Della regione etmoidale, sono visibili superiormente l’etmoidale medio quasi tutto, elevato a cresta ed ossificato soltanto alla superficie, nonchè le corna degli etmoidali laterali. Sulla faccia inferiore pel cranio (fig. 19), è notevole lo sviluppo veramente enorme dell’occipitale basilare e dei petrosi che, con gl’interealari, formano in ciascun lato una grande sporgenza levigata e convessa che occupa quasi tutta la base del cranio, estendendosi fino all’articolazione dell’ io-mandibolare, e che racchiude gli otoliti (*). Il volume di questa parte del cranio è molto maggiore che non sia negli Ophidium e dà al cranio del Fie- rasfer un aspetto tutto proprio; in avanti di questa specie di bolla ossea, veggonsi le aperture di uscita del trigemino e del facciale, separate da nn largo ponte appartenente all’osso petroso; l’apertura posteriore sta interamente nel petroso, l’anteriore è chiusa in avanti dall’alisfenoide; in vicinanza immediata di quest’apertura trovasi il forame cennato sopra del frontale posteriore. Il petroso e l’alisfenoide intanto non hanno parte al mar- gine dell'apertura anteriore del cranio; questa è situata molto più innanzi, perchè la cavità del cranio si prolunga in avanti, limitata da un’ampia lamina discendente dei frontali principali che si ricongiunge col (') Gli otoliti del F. acus sono stati descritti dall'O. Costa negli Atti della vr. Accad. di Scienze fis. matem. di Napoli, vol. IT. n. 15 p. 27. O E parasfenoide (v. fig. 19 e 20). Quest'ultimo è molto stretto nella sua parte posteriore, ove termina a punta in un soleo dell’occipitale basilare; si allarga verso gli alisfenoidi; ivi le carotidi, invece di entrare nel cranio, tra il petroso e il parasfenoide, come negli Ophidium e in altri pesci, perforano quest’osso; più innanzi ancora, il parasfenoide manda lamine ascendenti che raggiungono le discendenti dei frontali, comprendendo fra loro uno spazio aperto in avanti, ove passano arterie; l’apertura di questo spazio è separata dalla grande apertura anteriore del cranio, circondata dai soli frontali. Tra le lamine ascendenti del parasfenoide, che vanno abbas- sandosi da quel punto innanzi, vedesi, guardando il cranio di fianco, un basisfenoide poco elevato, perforato pel passaggio di rami anastomotici tra le due vene ottalmiche e tra i vasi reduci dalle pseudobranchie che vanno agli occhi. Innanzi all'apertura anteriore del cranio, la faccia inferiore dei frontali principali ha un solco poco profondo in cui passano i nervi olfattivi, che entrano poi nelle capsule olfattive per un forame degli etmoidali laterali. Questi presentano le solite facce articolari per le ossa palatine e mascellari, situate l’una innanzi all’altra; mandano inoltre un processo diretto indietro che si applica sotto le parti laterali dei frontali, limitando un canale, in cui passano vene e rami del trigemino diretti al naso e al muso. L’etmoidale medio è coperto inferiormente dal vomere: la superficie inferiore di questo ha forma ellittica allungata ed è coperta di denti conici acuti, che sono i più grossi fra i denti del /. acus. Veduto di profilo (fig. 20), il eranio offre un contorno dorsale interrotto per un tratto, nella sua metà anteriore, dal passaggio di un canale mucoso trasversale, innanzi alla sporgenza mediana dei frontali. Nella metà anteriore della faccia inferiore, la veduta di profilo non fa riconoscere nulla di nuovo; non così nelia metà posteriore: vi si vede la superficie dell’articolazione io-mandibolare molto allungata e stretta; l’intercalare assai esteso e forato dal glosso-faringeo; nell’occipitale laterale, i due forami del vago e del 1° nervo spinale assai ravvicinati fra loro. Infine, al disotto del forame occipitale, due sporgenze, costituite. l'una dai condili riuniti degli occipitali laterali, l’altra dall’occipitale basilare; tra le due sporgenze, un’incisura in cui, a mo’ di cuneo, s’introduce il corpo della 1° vertebra. Ma le condizioni dell’articolazione occipito-vertebrale si riconoscono meglio sulla faccia posteriore del cranio (fir. 21). L’aspetto di questa fa comprendere ancora come dall’unione degli occipitali laterali, al disopra del basilare, risulti una elevazione del contorno inferiore del forame occipitale, sicchè rimane maggior spazio tra l’encefalo e la base del cranio, per comprendere i voluminosi otoliti. In una sezione longitudinale del cranio, si vede come, dal contorno inferiore del forame occipitale, una lamina ossea si prolunga dentro la cavità del cranio e si continua con un setto membranoso su cui poggia l’encefalo. Se potesse rimanere alcun dubbio intorno al significato delle parti che compongono le superficie articolari dell’occipite con la colonna vertebrale, questi verrebbero rimossi facilmente, prendendo in considerazione altri pesci, nei quali si hanno disposizioni simiglianti ma meno esplicate, ad es. il Pteridium atrum (fig. 27); in questa specie, i condili degli occipitali laterali, quantunque ravvicinati fino al mutuo contatto, pure ser- bano ancora quasi il loro aspetto ordinario e le loro faccie articolari separate. La sezione longitudinale del cranio dimostra l’esistenza di residui cartilaginei piuttosto ragguardevoli in due punti soltanto, cioè: nell’etmoidale medio e alla base del cranio tra le due capsule uditive: un altro pezzo di cartilagine sta in avanti degli etmoidali, fra i capi articolari dei mascellari (tav. VIII. fig. 80 ca. ca.). La levigatezza del cranio del Fierasfer, come il poco sviluppo delle sue creste e sporgenze gli danno un aspetto embrionale. Per simili condizioni, il cranio di una giovane Motella tricirrhata (larva pelagica) (fig. 31), fatta astrazione di alcuni caratteri che ricordano l’adulto, non è senza analogia col teschio del Fierasfer. Ma quest’ultimo, per l’ossificazione completa e per la compattezza delle ossa, come per i caratteri che dipendono dall'enorme sviluppo delle capsule uditive, mostra di essere altamente differenziato ; dallo ‘sviluppo singolare SOA delle capsule uditive, sembrami dipendere, almeno in parte, l’estensione dei parietali; perchè tutta la parte posteriore è notevolmente allungata. La piccolezza o la mancanza delle sporgenze è un fenomeno regressivo (ri- torno a forme embrionali) in relazione col debole sviluppo dei muscoli che si attaccano dietro il capo, resi inutili dalla poca mobilità dell’occipite sulla colonna vertebrale. Quasi tutti i caratteri del cranio del F. acus ritrovansi esagerati nel F. dentatus (fig. 23). Il teschio è an- cora più allungato nell’insieme, più stretto e parallelo; la parte posteriore predomina ancora maggiormente ; le sporgenze dei frontali per sostegno dei canali mucosi sono quasi scomparse; i frontali posteriori sono poco sporgenti, senza forame pel passaggio di nervi; gli angoli degli squamosi appena sensibili, la loro cresta laterale tanto debole, da rendere visibile da sopra parte dell’ articolazione dell’ io-mandibolare. Il forame occipitale è riportato ancora più in su (fig. 24), le superficie articolari degli occipitali ancora più sviluppate, per cui il cranio trovasi soli amente fissato sulla colonna vertebrale. Sulla faccia inferiore si notano differenze corrispondenti a quelle della faccia superiore; inoltre l’apertura anteriore del cranio trovasi riportata ancora più innanzi, quindi i nervi ottici e olfattivi corrono per lungo tratto entro un canale formato dalle lamine discendenti dei frontali principali. Faccia e apparecchio branchiale. Lo scheletro della faccia (fis. 22) offre nel Fierasfer un carattere proprio, che consiste nella lunghezza dell’ articolazione dell’ iomandibolare col eranio; da ciò risulta pure la forma larga e appiattita di quest’osso. L'io-mandibolare , insieme coi tre pterigoidei (ectopterigoide, entopterigoide, metapterigoide), col quadrato e con parte del simplettico, formano una lamina ossea ampia e sottile che presenta un largo forame pel passag- gio di vasi e del ramo io-mandibolare del facciale: il margine posteriore di questa lamina sì unisce al preopercolo Non.vi sono forami per attacco o passaggio di fasci muscolari. L’ entopterigoide s’ inoltra molto in avanti, lungo il margine dell’ ectopterigoide, e su di esso si avanza notevolmente 1’ estremità inferiore-anteriore del- l’io-mandibolare. Il metapterigoide trovasi quindi compreso in mezzo alle altre ossa della faccia, cioè tra io- mandibolare, entopterigoide, ectopterigoide, quadrato e simplettico. L'unione del palatino con l’ectopterizoide ha luogo secondo una linea molto obliqua, onde per lungo tratto le due ossa corrono insieme, rinforzandosi a vicenda. Tutto ciò vale tanto pel F. acus quanto pel F. dentatus; in quest’ultimo però, il metapterigoide perde ogni rapporto con l’ectopterigoide; altre piccole differenze di forma si rileveranno meglio dalle figure (fig. 22 e 25). Il margine dell’apertura boccale è formato superiormente soltanto dagl’intermascellari (*) che sono ar- mati di denti mentre i mascellari che sono loro paralleli non ne hanno. La mandibola è molto robusta e solcata pel passaggio di un canale muceoso; la porzione dentale è molto elevata in dietro, anzi, nel F. dentatus in parte staccata alla estremità posteriore. I premascellari, le mandibole e‘i palatini sono armati di denti, meno robusti di quelli del vomere e della stessa forma conica, disposti irregolarmente e piuttosto stivati, in più di un ordine. Quelli della mandibola sono i più robusti. Nel F. dentatus tutti quei denti sono più piccoli e meno sporgenti ad eccezione di uno o due grandi denti (canini) situati all'estremo mediano di ciascun premascellare e di ciaseuna mandibola (veggasi sopra la de- serizione specifica del F. dentatus). (1) Secondo G. Winther (Kroyer Naturhistorisk Tidsskrift X. 1875-76 p. 208 e 354) i pesci non avrebbero mascellari nè in- termascellari, e le ossa conosciute sotto questi nomi dovrebbero dirsi labiali e interlabiali. La forma dell’apparecchio opercolare, meglio che da una descrizione, sarà fatta conoscere dalle fig. 22 e 25; dirò soltanto che l’opercolo, quantunque robusto, è sempre piccolo e rinforza il subopercolo, che, con la sua estremità, costituisce la punta sporgente che vedesi nell’animale. Il preopercolo ha un solco profondo, per un canale mucoso, sul quale manda qualche dente sporgente, come accenno dei ponti ossei tanto frequenti in altri pesci Le ossa sottorbitali sono rappresentate nei Fierasfer da delicatissime squame situate nelle pareti del canale mucoso sottorbitale. La riunione obliqua tra ectopterigoide e palatino nel Fierasfer ritrovasi nei Gobioidi; così pure l’avanzarsi dell’io-mandibolare fin sull’entopterigoide lungo il margine anteriore del metapterigoide. Questa rassomiglianza diviene più evidente ancora segsi prende a paragonare la faccia di un Fierasfer e quella di un Gobius (fig. 33) non direttamente fra loro, ma con la faccia del Pteridiun atrum (fig. 32) o di un Ophidium, cioè con una forma intermedia. Si vede allora nel Pteridium l’entopterigoide ritirarsi dal margine interno dell’ectopterigoide e, nel Gobius, avanzarsi verso la base dell’io-mandibolare: il forame del nervo io-mandibolare avviarsi in basso e indietro e trasformarsi in un canale obliquo. Prescindo da altre particolari disposizioni delle specie prese a con- siderare (ad es. del largo spazio non ossificato che, nel Gobius, rimane tra metapterigoide, quadrato e sinplettico). I rapporti con i Gadoidi sono molto meno evidenti; in questi pesci, il palatino si umisce con l' ectopteri- goide per una sutura quasi trasversale e il metapterigoide ha libero il suo margine anteriore, perchè l’ io- mandibolare non raggiunge l’entopterigoide; questo si estende in avanti, come nel fterasfer, lungo l’ectopteri- goide e, nel Brosmius brosme ('), è ridotto ad una lamina che s’innalza al margine interno, di quest’ osso, presso la sua estremità anteriore (fig. 34). In generale, nei Gadoidi, l’io-mandibolare è breve e poco avanzato , per cui i nervi e vasi, che lo traversano negli Ofidiidei e nei Gohbî, passano innanzi il suo margine anteriore. Tra le specie da me esaminate, nel solo Brosmius l’io-mandibolare fa vedere in vicinanza del suo margine an- teriore un forame omologo a quello degli Ofidiidei. Vengo ora allo scheletro dell’ apparecchio branchiale. Nel F. acus (fig.47) l’arco ioideo è largo e molto appiattito; dalla sua copula parte un uro-ioide sottile, carenato sulla faccia dorsale; vi si attaccano muscoli di cui costituisce il tendine ossificato. Il glosso-ioide è sottile, quasi cilindrico. Gli archi branchiali portano, sulla superficie che guarda la cavità boccale, due serie irregolari di tubercoli ossei sporgenti, coperti di piccolissimi denti conici assai stivati; questi tubercoli appartengono alla mucosa e si distaccano facilmente con essa dagli archi branchiali. I tubercoli del primo arco sono maggiormente sporgenti e tre di essi, assai più lunghi e quasi cilindrici, s'innalzano come aste, ruvide pei denti di cui sono coperte. Dall’estremità superiore del segmento principale del 1° arco parte una sottile steeca ossea che corre nella mucosa , parallelamente al margine anteriore del primo osso faringeo e che porta due tubercoli dentigeri simili a quelli degli archi branchiali. Le ossa fa- ringee superiori sono ridotte a due e portano ciascuno una placca coperta di denti ad uncino, diretti indietro. Il pezzo copulare del 2° arco è assai lungo e coperto di denti minutissimi sulla faccia boccale; vi sono pure denti consimili sul pezzo inferiore del 3° arco. Il 5° arco (osso faringeo inferiore) è stretto, appiattito e coperto di denti uncinati rivolti indietro, come quelli delle ossa faringee superiori. La medesima struttura dello scheletro branchiale trovasi nel F. dentatus, se non che tutti i pezzi sono più gracili, il glosso-ioideo relativamente più breve, mentre mancano i denti sul copulare del 2° arco e sul pezzo inferiore del 3°. () Debbo alla gentilezza del sig. prof. de Rougemont di aver potuto esaminare questo pesce. Noterò qui di passaggio come nel Brosmius (almeno nel mio esemplare) manchino i denti palatini descritti dagli autori. Probabilmente questi denti non saranno stati studiati sullo scheletro e sarà stato considerato come appartenente al palatino un processo laterale del vomere, prolungato più che negli altri Gadoidi e fornito di denti su tutta la sua lunghezza (veggasi fig. 30). Oltre i limiti di questo processo e lungo l'osso palatino, la mucosa boccale era ruvida al tatto, per piccole scabrezze dure, ma non aveva veri denti attaccati all'osso. Fauna & Flora del Golfo di Napoli. Il. Fierasfer. | 4 Colonna vertebrale. La colonna vertebrale è composta di 125 a 144 vertebre nel Y. acus, di cui 17-18 appartengono al tronco, il resto alla coda. I corpi delle vertebre sono notevolmente ristretti nel mezzo, ispessiti agli estremi, le loro apofisi laterali, nella regione del tronco, ampie e appiattite, le coste nulle o ridotte a piccolissimi pezzi quasi saldati alle apofisi anzidette ('). Le apofisi spinose sono dirette assai obliquamente indietro. Le quattro prime vertebre hanno subìto considerevoli modificazioni, per dare appoggio alla vescie® aerea: le loro apofisi laterali sono piccole ed invece sono assai sviluppate le costole, che assumono forme svariate. Nel /. acus (fig. 48, 49) il corpo della prima vertebra è breve e presenta anteriormente una specie di cuneo che s’infossa tra l’occipitale basilare e i condili riuniti degli occipitali laterali, applicandosi sulla faccia articolare di questi. Siffatto cuneo non appartiene al corpo della vertebra, ma, come si riconosce fa- cilmente sopra un taglio longitudinale, proviene da ossificazione di tessuti soprastanti al corpo vertebrale. La parte che sta al disotto del cuneo anzidetto si applica alla faccia posteriore dell’occipitale basilare e contiene il residuo della corda dorsale che si continua nella base del cranio. Le neuro-apofisi si applicano ai contorni del forame occipitale; non vi è apofisi spinosa. Le apofisi laterali sono quasi nulle. Il corpo della seconda vertebra è assai breve, depresso posteriormente dal lato ventrale; sulle neuro-apofisi sta un’apotisi spinosa, più delle altre, elevata e prominente. Le costole di queste due vertebre sono allungate, alquanto mobili, la 1° munita di una dilatazione lami- nare, che corre lungo tutto il margine anteriore, ad eccezione della sola estremità apicale. La 2* costola è sottile, appiattita come lamina, Entrambe sono ravvicinate tra loro e danno inserzione a muscoli provenienti dagli occipitali laterali, i quali saranno descritti in appresso. . Il corpo della 3° vertebra presenta anteriormente, sulla faccia inferiore, due infossamenti, per attacco dei muscoli retrattori delle ossa faringee superiori; l’apofisi spinosa differisce poco dalle seguenti ed è soltanto un po” meno obliqua; le costole inserite a rudimenti di apofisi laterali sono enormemente sviluppate, incavate a cucchiaio ed abbracciano la dilatazione anteriore della vescica natatoria che aderisce strettamente alla loro su- perficie interna. Queste costole si prolungano indietro fin oltre il limite posteriore della vertebra seguente ed hanno perduto ogni mobilità, essendo anchilosate, non solo con la vertebra cui appartengono, ma ancora con la faccia ventrale del corpo della quarta vertebra e con la costola rispettiva. La 4° costola è breve e robu- sta, a forma di lamina triangolare, applicata sulla faccia dorsale della 3%; la 4° vertebra non offre d’altronde nessun carattere proprio. Nel /. dentatus (almeno nell’esemplare esaminato) la colonna vertebrale ha sole 95 vertebre, delle quali 26 addominali; le vertebre anteriori sono modificate in modo rassomigliante (fig. 50, 51), anzi, le modifi- cazioni del corpo della 1% vertebra sono ancora maggiormente pronunziate, ma le tre vertebre seguenti sono molto meno differenziate; la 2° è meno breve e non depressa in dietro, la sua apofisi spinosa inclinata è meno sporgente; la 3% senza infossamenti marcati. La 1° costola è meno lunga, con un’espansione laminare proporzio- nalmente assai più larga. La 2% costola, è poi quasi diritta ed è fornita indietro di un’espansione stretta alla base e all’apice larga nel mezzo. Queste due costole serbano una certa mobilità. Invece la 3* costola, quantunque (') Essendomi mancato il materiale opportuno per studiare lo sviluppo della colonna vertebrale negli Ofidiidei, non posso, senza molte riserve, pronunziarmi intorno al valore morfologico delle appendici delle vertebre e delle costole. Queste pagine varranno soltanto come descrizioni esatte delle parti. opa debolissima e laminare, corre lungo il margine laterale del corpo della vertebra, con cui è anchilosata e se ne distacca in dietro obliquamente, come nastro osseo a margini paralleli, dilatata soltanto all’apice. La 4* costola infine, veduta d'innanzi, ha forma allargata alla base, mentre, veduta di fianco, è stretta e parallela. Le costole seguenti, sono come nel /. acus, ridotte a piccolissimi pezzi attaccati alle ampie apofisi laterali. Se ora ci facciamo a confrontare fra loro le modificazioni delle prime vertebre nei due Fierasfer da una parte, negli Ophridium dall’altra, risulta carattere comune a tutti la forma del corpo della 1° vertebra, adattata alle condizioni dell’articolazione occipito-vertebrale; il poco sviluppo delle apofisi laterali delle prime quattro vertebre e la dilatazione della 1° costola e della 3°; quest’ultima però ha forme molto differenti. Caratteristica dei Fierasfer è l’anchilosi dellag8* costola col corpo della sua vertebra (ed ancora della seguente nel Y. acus ). — Nel F. acus, l'enorme sviluppo della 3° costola conduce finalmente alla riduzione della 4° costola, la quale, invece di sporgere libera, è divenuta un pezzo di sostegno che rinforza la 3* costola; questa, sostenendo la vescica natatoria, può opporre valida resistenza alla trazione dei muscoli anteriori della vescica. — È propria del F. dentatus l'espansione laminare della 2* costola; il poco sviluppo della 3° costola, associato alla sua an- chilosi col corpo della vertebra m’induce a supporre che questa[costola siasi ridotta nella sua ampiezza, in rap- porto con lo sviluppo maggiore della precedente. Nella porzione addominale della colonna vertebrale, le costole, già piccolissime a partire dalla 5* vertebra, gradatamente scomparisconò, e ciò tanto nel F. acus, qnanto nel F. dentatus (negli Ophidium sono notevol- mente più sviluppate). A partire dalla 18°-19a nel F. acus, dalla 27° nel F. dentatus, le apofisi laterali si ricongiungono in sotto e costituiscono il canale in cui corrono l’aorta e il prolungamento codale della vena cardi- nale destra. Verso l’estremità della coda, le apofisi superiori e inferiori spariscono gradatamente e i corpi stessi delle vertebre sono, in parte soltanto, rivestiti d’osso. Ciò si vede meglio nel F. acus, ove le ultime vertebre non hanno più apofisi di sorta e la colonna vertebrale termina con una parte costituita da cartilagine e rivestita quasi soltanto dall’epidermide (fig. 16). Nel /. dentatus, la colonna vertebrale termina tronca (fig. 17) e l’ ultima vertebra, che non differisce dalla precedente, sostiene un simulacro di pinna codale. Come è stato detto sopra, il N. dentatus, du- rante la sua evoluzione, perde una parte della sua coda, quindi della sua colonna vertebrale; così l’ultima vertebra dell’adulto non è l’ultima della larva. Gli ultimi raggi delle pinne verticali vengono retratti sulla su- perfice apicale dell'ultima vertebra rimasta. La falsa pinna codale che ne risulta (descritta come codale da tutti gli autori) rimane quindi scissa in due metà ineguali che appartengono alle pinne dorsale e anale, come era fu- cilissimo osservare nel mio esemplare. Alle condizioni della colonna vertebrale corrispondono quelle dei raggi delle pinne verticali. Nel genere Fierasfer, come in tutti gli Ofidiidei, tutte le pinne hanno raggi articolati; però nel /. acus, verso l'estremità della coda, i raggi si fanno singolarmente sottili e finalmente visibili soltanto con lente d’ingrandimento; allora non mostrano più nessun vestigio di segmentazione in articoli distinti. Invece, nel F. dentatus, i raggi verticali si fanno bensì un po’ più sottili verso l'estremo della coda, ma non cessano di essere tutti distintamente articolati. È difficile a spiegarsi l’origine del pigmento della falsa codale del Y. dentatus; si potrebbe supporre che abbia parte alla sua formazione un processo infiammatorio e forse anche emorragie che avvengono quando il pesce perde gli ultimi segmenti della sua colonna vertebrale. Cinto scapolare e pinna pettorale ('). Lo scheletro della pinna pettorale dei Fierasfer offre alcune particolarità assai interessanti, per le quali gioverà stabilire alcuni confronti con le parti corrispondenti degli Ophidium e di altri pesci, in diversi stadi del loro sviluppo. La clavicola del F. acus, come quella degli Ophidium, è larga e appiattita, però, nella sua parte superiore, non presenta nessuna di quelle espansioni foliacee tanto diffuse e svariate ne Gadoidi e negli Ophidium; invece un processo analogo si mostra nel sopraclavicolare inferiore; manca il pezzo accessorio (?). Esaminando un individuo giovane (lungo 87®" fig. 36) si vede che questo pezzo sopraclavicolare (Sel. 72) è ancora intimamente aderente alla clavicola, e che un’appendice membranosa, la quale incomincia ad ossifi-. care, parte: da queste due ossa, dirigendosi indietro. L’appendice del sopraclavicolare inferiore si adagia sulla costola modificata della 3° vertebra, alla quale è congiunta per tessuto fibroso. Un robusto legamento parte dalla porzione mediale della faccia posteriore di questo sopraclavicolare inferiore, per attaccarsi in una fossetta del bhasi-occipitale. Questo ligamento si ritrova in tutti i Teleostei che ho esaminati e si attacca, sia al cranio, sia. al corpo della 1° vertebra (°). Con Bandelot (‘) io ritengo che questo ligamento sia certamente l’omologo di un processo osseo, il quale, nei Silurcidi, partendo dal sopraclavicolare unico, si articola con l’occipitale basi- lare o con la prima vertebra (°). Il sopraclavicolare superiore (fig. 35, 36 Scl. /) non hala forma a forca ovvia nei Gadoidi, ma il solo ramo superiore è sviluppato; il ramo inferiore della forca è assai breve e ridotto ad un tubercolo sporgente; tuttociò per adattarsi al punto dell’osso intercalare del cranio al quale si attacca. Le ossa primarie del cinto scapolare hanno una disposizione che può dirsi quasi embrionale, e, se vanno studiate nel giovane esemplare di cui sopra (fig. 36), avendo pure forma quasi identica a quelle dell'adulto, sono ancora cartilagine e la scapola non è ancora separata dal coracoide (°); la linea di separazione è però accennata dalla distribuzione delle cellule cartilaginee, che vi si osservano più stivate e allungate, nel senso della futura scissura. La scapola ha forma irregolarmente quadrangolare, che le figure faranno intendere meglio di qualsiasi lunga descrizione. Vi si nota il solito forame pel passaggio di nervi. Il coracoide ha una massa basale anch’essa quadrilatera, con un angolo sporgente poggiato alla clavicola (m); da questa massa parte un processo lungo, stili- forme (i) il quale è diretto indietro ed in basso. Non lungi dalla base di questo processo, notasi un piccolo forame. Le differenze che si rilevano nell’adulto (fig. 35) sono di poca importanza. La scapola e il coracoide sono separati e in parte ossificati, cioè ricoperti di uno strato osseo, sotto il quale persiste una porzione della cartilagine. Il forame (') Seguirò in generale la nomenclatura di Gegenbaur, per quanto è adattabile alla lingua italiana. (?) Questo pezzo osseo che trovasi in moltissimi T'eleostei e manca negli Ofidiidei sembrami essere una porzione specialmente dif- ferenziata delle appendici posteriori della clavicola. (') Ligamento seapolo-vertebrale di Baudelot (Bull. Soc. sc. nat. de Strasbourg, 1868, secondo Troschel: Bericht ete. 1869 p. 474): secondo l’autore citato, si attaccherebbe sempre alla 1° vertebra. () Lc. . i (}) Si riscontri: Mettenheimer, Disquisitiones anatomico-comparativae de membro piscium pectorali: dissert. inaug.: Berol. 1847 p. 43 tab. II. fig. 10. (5) La cartilagine del cinto scapolare, nei giovani Teleostei, è rappresentata in principio da un pezzo unico, che secondariamente si divide in due. Fino a qual punto le cartilagini basali abbiano origine indipendente è cosa che non ho studiato finora abbastanza. In parecchi casi ho trovato la cartilagine del cinto scapolare ben formata, e con limiti precisi (fig. 38), mentre i pezzi basali erano appena confusamente accennati. della scapola è relativamente più ristretto, circondato da un angusto cercine di osso secondario, di origine fibrosa. L'angolo basale del coracoide è meno pronunziato, due incavi più profondi fiancheggiano la base del processo stiliforme e sono riempiti da una lamina ossea secondaria. Il processo stesso è proporzionalmente più breve, ma rimane pure cartilagineo per tutta la vita. Il cinto scapolare del /. dentatus (fig. 37) presenta notevoli differenze di forma. La clavicola è meno larga e appiattita, la sua estremità dorsale fornita di un processo foliaceo diretto in dietro, che corrisponde al processo similare degli Ophidium, mentre l’osso sopraclavicolare inferiore (Scl. 77) è quasi retto, privo di processi, carattere che ricorda ancora gli Ophidium, e i Gadoidi. Il sopraclavicolare superiore è anch’esso alquanto modificato, il suo tubercolo inferiore quasi scomparso. Le parti primitive del cinto scapolare, scapola e coracoide, sono in massima parte cartilaginee ei due pezzi ossei, non discreti ma riuniti da una zona di cartilagine; la scapola ha una punta ancora più sporgente che nel giovane F. acus; la base, con la quale poggiano sulla clavicola scapola e coracoide, è più ristretta, il processo stiliforme di quest’ultimo più sottile. Le cose sono hen diverse se ci facciamo a considerare il cinto scapolare larvale del F. dentatus (fig. 38). Nell’esemplare che ho esaminato, la forma della clavicola unita al sopraclavicolare inferiore rassomiglia molto a quella che si trova nel giovane /. acus. La scapola e il coracoide sono rappresentati da un pezzo solo di cartilagine notevolmente allungato, che poggia sulla clavicola per due punti discosti l’uno dall’altro ; il processo stiliforme è enormemente allungato. ° i Nell’Encheliophis vermicularis ('), che non ha pinne pettorali, il cinto scapolare persiste allo stato cartilagineo (fic. 39), in una forma molto rassomigliante a quella che si osserva nella larva del 7. dentatus. Se ora ci facessimo a paragonare il cinto scapolare di un Fierasfer, con quello di altri pesci adulti, sarebbe ben difficile formarcei un concetto della omologia delle parti ; questa comparazione viene però agevolata di molto dall’esame di forme giovanili ed embrionali. E da prima consideriamo lo scheletro della pinna pettorale di un giovane Gadoide (Merlucius?) lungo 21 mill. (fig. 40). Le parti secondarie del cinto scapolare sono appena accennate e non sono rappresentate nella figura. La parte basale dello scheletro della pinna è rappresentata da uno strato di cellule che hanno assunto il carattere cartilagineo, interposto ai due strati muscolari. La cartilagine del cinto scapolare è però già sviluppata, in una forma che ricorda nel suo insieme quella del cinto scapolare di un /ierasfer, con gli stessi processi e gli stessi forami; ma il processo basale del coracoide (m) è molto più sviluppato e prominente. Confrontando questa forma col cinto scapolare di uno Sturione o meglio del Polyodon folium (fig. 45) (€) e facendo astrazione dalla mancanza dell’arco precoracoide (*) nella nostra larva, è evidente che la base del cora- coide rappresenta il processo medio (procoracoide Gegenb.) del Polyodon e che il lungo processo stiliforme delle larve di Gadoidi e del Fierasfer equivale al processo inferiore (coracoide) del Polyodon. Ora, passando dalla larva del Merlucius ad una giovane Motella tricirrhata (lunga 60 mm.) (fig. 41), : è facile riconoscere le diverse parti di cui sopra. La divisione fra scapola e coracoide è già ben marcata, ma le due parti sono ancora cartilaginee. Il forame nervoso della scapola è divenuto assai ampio ed ha invaso pure il coracoide, in cui forma una profonda incisura. Il processo inferiore (i) del coracoide è ridotto ad un lobo (1) Debbo alla cortesia del sig. prof. Ehlers di Gottingen l'aver potuto sezionare un esemplare di questo raro pesce (provenienta dalle raccolte fatte dal Semper nelle isole Filippine). (®) Figura riprodotta dall’ opera di Gegenbaur; Unfersuchungen sur vergleichenden Anatomie der Wirbelthiere, Il. Heft, taf. VI. fig. 3 A. (*) Praecoracoid er parte (Parker); Spangenstiick (Gegenbaur). poco sporgente, e al suo lato esterno poggia una lameila ossea di origine fibrosa, che sporge verso la base della pinna. Invece il processo basale del coracoide (m) è assai lungo, si avanza contro la clavicola; con cui però non si congiunge. Il piccolo forame inferiore della cartilagine del cinto scapolare non si riscontra più ed è probabilmente scomparso in alcuna delle profonde incisure del corocoide. Infine, nella Motella o nel Merlucius esculentus adulti (fig. 42) è difficile riconoscere un residuo apparente del processo inferiore, il quale si riduce ad un leggiero ispessimento dell’ osso (?), in un punto che corrisponde al lobo cartilagineo della larva della Motella. Ma questo ispessimento è nascosto in una massa di osso secondario che forma un robusto processo diretto alla base della pinna. Ed a questo proposito, gioverà notare come parti dello scheletro primitivo della pinna pettorale, quando diventano ossee, non è soltanto per ossificazione delle cartilagini o per semplice rivestimento delle loro superficie, da lamine ossee che ne serbano la figura; il processo è molto più complicato e degno di particolare studio. La cartilagine è da prima rappresentata da cellule stivate, che hanno già l’ aspetto di cellule cartilaginee, ma non costituiscono ancora un tessuto consistente., Formandosi la sostanza intercellulare, la quale subisce diverse metamorfosi (‘), la figura delle parti scheletriche si delinea, esse divengono meglio isolabili dai tessuti vicini; poi, secondo determinate linee, le cellule si fanno più stivate e si ordinano in una data direzione, che accenna alla divisione della cartilagine in singoli pezzi, ì quali, più o meno tardi, saranno separati gli uni dagli altri. Avviene pure che si avverino nella cartilagine erosioni locali, le quali determinino in essa perforazioni e incisure: in queste lacune, potrà più tardi formarsi tessuto osseo, il quale però non sarà prodotto dalla ossificazione della cartilagine o del pericondrio, ma bensì dalla ossificazione di lamine fibrose, che prendono il posto un tempo occupato dalla cartilagine (si confrontino fra loro le scapole delle fig. 41 e 42). Oltre ciò, mentre lo scheletro primario è ancora cartilagineo, e la cartilagine non ha cominciato ad ossificare, si può osservare l’apposizione di lamine ossee derivate dalle membrane fibrose atticue (Motella, fig. 41), onde risultano poi nell’adulto forme complicate, che difficilmente potrebbero essere confrontate fra loro, se sporgenze, o solchi, o punti opachi contenenti qualche residuo di cartilagine, 0 meglio ancora lo studio delle forme embrionali non venissero a rendere palesi le forme primitive, e con esse le omologie speciali delle parti. Così, egli sarebbe impossibile scoprire, nel cinto scapolare del maggior numero dei Teleostei tracce del processo inferiore del coracoide; ma negli esemplari giovanissimi, quando il cinto scapolare è quasi interamente cartilagineo, allora, in molti pesci, e forse in tutti, si riesce a trovare questo processo più o meno sviluppato. Oltre il Gadoide descritto sopra, io l’ho riscontrato ancora nei generi Bclone, Mugil, Atherina e Gobius, anzi, in quest’ ultimo, è ancora ben riconoscibile (fig. 43) non ostante la singolare piccolezza, si potrebbe dire l’atrofia, delle parti del cinto scapolare, rispetto ai pezzi basali della pinna. Lo sviluppo delle parti d’origine connettivale, nello scheletro del cinto scapolare può, in alcuni casi, rag- giungere tale ampiezza da celare interamente la forma delle parti cartilaginee: così p. es. negli Ophidium (fig. 44), ove tutto lo scheletro della pinna pettorale è divenuto quasi una lamina ossea unica, in cui le suture sono appena riconoscibili e il processo inferiore del coracoide è nascosto entro una larga lamina che sporge sotto l'espansione della clavicola. Non è dunque lecito, a mio parere, considerare come osso di origine cartilaginea (*) (*) Si riscontri Hasse, Zoolog. Anzeig. II. 1879 n. 31-33. \°) Ammetto con Vrolik (1. c. p. 237) e Gegenbaur (Morpholog. Jahrb. IV. supl. p. 37 e seg.) che non è possibile tracciare un limite assoluto tra osso primario (di origine cartilaginea) e osso secondario (di origine connettivale o spicolare) ; ciò nonostante, egli è agevole, mediante lo studio dello sviluppo, distinguere, nelle forme dell'osso, quelle disposizioni ch’'erano già segnate nella cartilagine preesistente, dalle modificazioni successivamente sopragiunte per ossificazione di aponevrosi, tendini, ligamenti ecc. Anzi, sovente è possibile riconoscere, ancora nell'osso adulto, profondamente trasformato, alcuni lineamenti più o meno confusi del suo contorno primitivo e perfino la cartilagine inalterata, conservatasi in parte entro gli strati ossei sovrapposti. PE 2 n), VEV A TT Titicaca iii dA PE Wi “e V| i PSI e] OT e IRE SREUEIRA 1 MSPORT 1 3 « » Ia tutto quello che spetta alle parti cosidette primarie del cinto scapolare. Qui, come altrove, è d’uopo seguire lo sviluppo embrionale. Il processo medio del cinto scapolare o procoracoide, atrofico nel Fierasfer dentatus e nel F. acus adulto, è già più apparente nel giovane di quest’ultimo; meglio ancora in altri pesci, ove può prolungarsi dal lato ventrale, fino a ricongiungersi con quello del lato opposto, avvolto nell’ossificazione della clavicola (Gobius, Atherina ecc.) e può persistere fino nell’ adulto, sotto forma di un avanzo di cartilagine contenuto nell’estremo mediale di quest’osso (Gobius, Trigla ('), Lophius ecc.). Questo fatto ricorda le condizioni della clavicola in molti vertebrati superiori. (*) Pertanto da queste osservazioni emerge un punto importante, cioè che lo sviluppo del cinto scapolare dei Fisoclisti sì abbia a far derivare da una forma in cui il processo inferiore del coracoide esisteva, non solo, ma aveva probabilmente un volume ragguardevole. Ciò in opposizione all’opinione di Gegenbaur (*) che fa provenire il cinto scapolare degli Esoci e di tutti i Fisoclisti da una forma affine a quella del Polypterus, cioè deficiente del processo inferiore. Questo processo trovasi, in proporzione, tanto più vistoso nei Teleostei per quanto sì prendano a disamina forme larvali più giovani, anche di pesci che ne sembrano affatto privi nello stato adulto. Se l’arco precoracoide (Spangenstick, Gegenb.) dei Ganoidi e di molti Fisostomi abbia un omologo nel cinto scapolare degli altri Teleostei, è cosa intorno alla quale non sono, per ora, in grado di pronunziarmi. Mentre il cinto scapolare dei Zierasfer si rannoda a forme embrionali e in ispecie (tra i pesci a me conosciuti) a quello di larve di Gadoidi, negli Ophidium (fig. 44) e nel Preridium, sembra avvicinarsi un poco più per la struttura a quello dei Gobii, da cui però differisce sempre grandemente, per lo sviluppo assai maggiore delle parti primarie del cinto, la piccolezza del procoracoide, e la forma larga e ‘appiattita della clavicola, che non contiene nessun residuo di cartilagine. I pezzi basali che sostengono i raggi della pinna sono, in generale al numero di quattro nei Teleostei, ma qualche volta si rinviene un quinto pezzo, situato all’estremità dorsale della serie; nel /. acus (fig. 35 e 36, n) questo rudimento è molto sviluppato e rappresentato da un pezzo di cartilagine che poggia sulla estremità superiore della ‘scapola, inclinandosi lungo il margine dorsale del quarto basale, fin sotto i primi raggi ossei, quasichè dovesse da esso far capo una seconda serie di pezzi basali di cui ritroviamo difatti l’altro estremo in forma di piccola cartilagine (2) sull’ apice del primo basale: ciò tanto nel giovane quanto nell’adulto. Nel F. dentatus (fig. 37), questa disposizione è meglio accentuata, e, al primo membro (n) della serie, fa seguito un secondo (n) poco più piccolo, quindi alcuni altri piccolissimi, irregolarmente ordinati ; nulla ho potuto riscontrarne nella larva del Y. dentatus, non essendo ancora, nell’esemplare esaminato, distinti i contorni dei pezzi basali. Il primo basale del /. dentatus è notevolmente più spesso dei due seguenti, carattere che ritrovasi nel /. acus giovane, non nell’adulto. (') Gegenbaur, 1. c. p. 126. (@) Ho serbato al processo medio del cinto scapolare dei Pesci il nome di procoracoide, non volendo, per ora, entrare nel merito della quistione relativa alle omologie di questo pezzo con le parti corrispondenti dello scheletro dei vertebrati superiori. Parker (Structure and development of the Shoulder-girdle; London 1868, p. 10-57) ne fa una parte del suo praecoracoid nello Sturione, mentre lo chiama invece coracoîd nei Teleostei, identificando il processo medio di questi col processo inferiore dello Sturione. Con ciò egli si trova indotto ad altro errore, e chiama epicoracoid la cartilagine racchiusa nell'estremo ventrale della clavicola dei Gobii, che certamente non è omologa al pezzo da lui designato con lo stesso nome nello Sturione. Secondo il concetto di Goette (Archiv. f. mikr. Anat. XIV. 1877 p. 502) e di C. K. Hoffmann. (Beitrdge sur vergl. Anat. d. Wirbelthiere XI. Zur Morphologie d. Schultergùriels ete. Leiden 1879), il processo medio del cinto scapolare primitivo dovrebbe essere considerato come una clavicola cartilaginea, anzichè come un procoracoide. (©) 1. c. p. 16 e p. 125 e:seg. LarHoggeo Nell’ Encheliophis tutti i basali sono rappresentati da un pezzo unico di cartilagine, appena separato dal cinto scapolare. Quale sia il significato del quinto basale e dei pezzi cartilaginei che vi fanno seguito è cosa che i materiali attualmente a mia disposizione non permettono di stabilire, non volendo, su dati scarsi, edificare una troppo fragile teoria. Non posso intanto disconoscere una singolare rassomiglianza con disposizioni conosciute nei Silu- roidi, come mostra la fig. 46, tolta dal Gegenbaur (*), ove, al basale superiore (n), fa seguito una serie di pezzi cartilaginei (n1, na, #3 .....) sui quali poggiano le basi dei raggi ossei. Nella giovane Motella (fig. 41) vedesi pure accennato il 5° basale. La pinna pettorale ha, nei Fierasfer, forme rotondate, e i raggi più lunghi sono i medî; sono brevi invece i raggi estremi. Tutti sono gracili e deboli, i primi e gli ultimi semplici, gli altri articolati (fig. 35). Nell” Encheliophis, nonostante la mancanza di pinna pettorale, evvi qualche vestigio della base di raggi ossei, nè mi parrebbe improbabile che, in uno stato giovanile, la pinna esistesse ancora, in forma rudimentale. La debolezza dei raggi ossei e della muscolatura, la persistenza nel cinto scapolare di forme embrionali e di struttura in parte cartilaginea induce a ritenere che la pinna pettorale dei Fierasfer sia un organo in via di riduzione e ciò in rapporto con la vita quasi parassitica di tali pesci. Anche in questo senso, il /. dentatus ‘ sembra essersi più profondamente modificato del /. acus, come dimostra l’ esistenza di qualche carattere, proprio delle forme giovanili di quest’ ultimo (forma del 1° basale, punta della scapola). (') I c. tav. VIIL fig. 8. 990 2. SISTEMA MUSCOLARE. La muscolatura dell’apparecchio boccale e opercolare offre pochi fatti degni di nota: gli elevatori della mandibola sono tutti quanti inseriti sulla cresta dello squamoso e sulla faccia esterna del preopercolo e dell'ap- parecchio sospensorio della mandibola, perchè questo, disteso a forma di lamina continua, non offre aperture pel passaggio di fasci muscolari che si attacchino sulla faccia opposta. La gran massa di questi muscoli ricopre l'inserzione dei due muscoli del mascellare superiore e degli elevatori dell’ apparecchio sospensorio e opercolare. Sulla faccia inferiore del capo, i genio-ioidei, molto sviluppati, raggiungono coi loro fasci esterni la base dei raggi branchiosteghi 2°, 3° e 4°; dietro gli adduttori incrociati dei raggi branchiosteghi, sporge l'osso uro-ioideo, che, come tendine osseo, dà inserzione alla massa muscolare omozonoioidea ('), sotto la quale trovansi nascosti alcuni muscoletti appartenenti agli archi branchiali 3°, 4° e 5°, i quali, inseriti anteriormente alle copule e posteriormente ai pezzi ventrali degli archi, funzionano come abduttori ; un altro muscoletto va dall’uro- ioide all’ ultimo (5°) arco branchiale (osso faringeo inferiore). Questo ha inoltre i soliti due muscoli che lo uniscono al cinto scapolare. La muscolatura della estremità dorsale degli archi branchiali presenta, nel Fierasfer acus, una grande complicazione e riunisce in sè disposizioni che si ritrovano in diversi altri pesci. Le ricerche comparative non hanno finora fatto conoscere abbastanza i rapporti che presentano questi muscoli nei diversi gruppi dei Teleostei e non è possibile ancora accennare la via per la quale hanno potuto differenziarsi; perciò debbo limi- tarmi a descrivere il mio reperto anatomico, senza aggiungervi altre considerazioni. Tolta la mucosa boccale e faringea e spianate, per quanto è possibile, le parti, si vede la muscolatura superiore delle branchie, velata ancora indietro dalle fibre muscolari proprie del faringe, longitudinali e trasversali, queste in parte inserite al quinto arco branchiale (tav. II. fig. 13, mcf). I muscoli visibili sono: 1° Un muscolo trasversale (adduttore dei faringei, maf) che è in certo modo continuazione del costrittore del faringe, ed è separato in due metà laterali da un rafe mediano. Ciascuna metà si divide in tre fasci che si attaccano, l’uno al primo osso faringeo, i due altri alle basi del secondo e terzo arco branchiale; queste inserzioni si veggono meglio dalla faccia dorsale dell’apparecchio (fig. 14). 2° s'intrecciano con essi i muscoli i quali dalle ossa faringee vanno agli archi (*), che dirò adduttori superiori dagli archi, cioè: al primo arco due fasci dalla faccia dorsale e laterale del primo faringeo (masi) ; al 2° arco, un muscolo inserito ai lati dell’osso suddetto e al margine posteriore del primo arco (masa) ; al terzo arco, un muscolo proveniente dal secondo faringeo e dal margine dell’ arco precedente (mas3); il 4° e il 5° arco ricevono un complesso di fascetti più o meno distintamente separati (masi) provenienti dal secondo faringeo e dal margine del terzo arco. 3° Dal margine interno del secondo P. Albrecht, Beitrag sur Morphologie des M.omo-hyoides und der ventralen inneren branchial-Musculatur in der Reihe der Wirbelthiere. Diss. inaug. Kiel. 1876. (#) Questi muscoli e i precedenti sono riuniti da Cuvier sotto il nome di adducleurs supérieurs (Anatomie comparte, 2° édit. VII. p. 279); la loro distribuzione varia molto nei diversi pesci. Si riscontrino in proposito Cuvier, 1. c. p. 275 e seg. e Agassiz et Vogt, Anatomie des Salmones p. 67, nonchè altri trattati generali. Fauna & Flora del Golfo di Napoli. II. Fierasfer. i 5 Me a a Miozzi TO, PE a © na — 34 — ; faringeo, parte il retrattore dell'apparecchio branchiale (') o retrattore dei faringei (mf), che si attacca al corpo dalla terza vertebra entro speciale fossetta. Altri muscoli, inseriti al cranio (ai lati dell’ osso petroso), sono gli elevatori delle ossa faringee superiori (*) al numero di due (mefi, mefa), che si attaccano al primo e secondo osso faringeo, e gli elevatori degli archi (med), uno per ciascun lato, diviso in quattro fasci di lunghezza crescente, per i quattro archi forniti di lamelle branchiali; il primo di questi fasci si separa dagli altri fin dalla base. Tutti questi muscoli costituiscono un intreccio assai complicato. L'apparecchio muscolare ora descritto è distaccato dalla base del cranio, per la presenza di due podero- sissimi muscoli parallelli (mav), inseriti anteriormente ai lati del parasfenoide, immediatamente dietro il bulbo dell’ occhio e diretti alla parete anteriore della vescica natatoria (°). L’ inserzione anteriore di questi muscoli è coperta da quei muscoli piatti, i quali, dai lati del parasfenoide vanno alle ossa palatine e pterigoidee (mps). Per la loro posizione e pel loro volume, questi muscoli della vescica natatoria esercitano una influenza preponderante sulle condizioni anatomiche del Fierasfer. Sulla loro estremità posteriore poggiano i reni cefalici (v. fig. 65); i cui condotti escretori devono avvicinarsi di molto fra loro, per passare nell’angusto spazio rimasto fra essi, ed in questo spazio stesso si allogano le vene cardinali, l’aorta addominale e i muscoli retrattori dell'apparecchio branchiale, i quali vanno a raggiungere indietro la colonna vertebrale. Le fibre dei muscoli anzidetti, che chiamerò muscoli anteriori della vescica natatoria (mav) seguono un decorso in certo modo ritorto a spira, e le loro estremità anteriori si curvano in dentro, verso l'attacco al parasfenoide. Le singole fibre (fascetti primitivi) presentano una struttura, per quanto io sappia,non osservata finora nei vertebrati e assai rara anche in altri animali, cioè la striatura spirale (*); le singole fibrille primitive che compongono il fascetto sono come torte insieme a mo’di corda , sicchè la striatura longitudinale è disposta ad elica destrorsa di passo allungato, e la striatura trasversa rappresenta un’ elica sinistrorsa di passo più breve. Il senso della torsione delle fibrille è lo stesso nei due muscoli ed è costante in tutti gli esemplari osservati. E quasi inutile dire che questo fatto è stato constatato parecchie volte, tanto sul muscolo fresco, quanto su muscoli induriti în situ, quindi non può dipendere da torsione accidentale nell'atto della preparazione. I muscoli anteriori della vescica si ritrovano similmente disposti nell’Encheliophîs (*), ove li ho trovati pure composti di fibre ritorte a destra. Nel /. dentatus, serbano bensì la stessa disposizione anatomica (fir. 15 mav), ma le ‘fibre muscolari sono fibre striate ordinarie a striatura longitudinale e trasversale non spirali. : Altri muscoli agiscono indirettamente sulla vescica natatoria, perchè vanno dal cranio all'estremità della prima costola, cui la vescica è fissata. Nel F. aus, nascono dai lati degli occipitali laterale e basilare, dietro il forame di uscita del vago; si dividono in due fasci che abbracciano il ligamento di Baudelot e raggiungono l’apice della prima costola (fig. 14m/v). La loro direzione è obliqua in dietro e in fuori. Nel F. dentatus (fig. 15 mlv), hanno direzione più parallela, s’ inseriscono al cranio più in avanti, sull’occipitale laterale e fanno riconoscere ad evidenza essere fasci differenziati dei muscoli laterali del corpo. Questi muscoli sono descritti da Miller negli Ophidium ma non nei Fierasfer (°). Della funzione dei muscoli della vescica sarà fatta parola in altro capitolo. (') Rétracteurs: supérieurs ou sous-vertebro-pharyngiens (Cuvier 1. c. p. 282). (*) Elévaleurs des plaques (Cuvier 1. c. p. 281). (*) Questi muscoli sono descritti da J. Miller (Eingeweide derPische ; Berl. Akad. d. Wiss. 1848 p. 153, tav. IV. fig. 6). (‘) Flogl descrive e figura, nelle fibre muscolari di un acaro, una striatura quasi spirale (Archiv. f. Mikroskop. Anat. 1872. VIII. p. 73, tav. III. fig. 5).« (jd Miiller, 1. c. p. 154. (°) 1. c. p. 151, 152, tav. IV. fig. 1-5. . — 559 — La comparazione dei muscoli della vescica natatoria dei Fierasferini con quella degli Ophidium fa rico- noscere la loro omologia. Nei due gruppi abbiamo un paio di muscoli diretti dal cranio alla parete anteriore della vescica (provvista o no di pezzi ossei proprî) ed un altro paio che va all’ apice delle prime costole. Mentre negli Ophidium Rochei (') e barbatum i muscoli anteriori partono dagli occipitali laterali e dai petrosi, nell’ 0. Vassalli si attaccano al parasfenoide (*). Presenterebbero dunque in questa specie maggiore analogia con le condizioni dei Fierasfer; dico soltanto analogia, perchè quei fasci muscolari non possono dirsi completamente omologhi, come dimostrano le relazioni con le carotidi. Difatti, nell’O. Vassalli quei muscoli passano fra le due carotidi, le quali, senza deviare dal solito cammino, penetrano nel cranio sotto il margine del parasfenoide ; nei /ierasfer, invece, i muscoli suddetti decorrono fra il cranio e le carotidi, lateralmente a questi vasi, i quali devono circondare la superficie ventrale e mediana dei muscoli, per giungere, molto rav- vicinati l’uno all'altro, sul parasfenoide, e quindi penetrare in forami speciali di quest’osso. Se perciò è d’uopo far derivare i muscoli anteriori dell'O. Vassalli da un fascio mediano di muscoli simili a quelli dell’ 0. Rocheî, che siasi avanzato lungo il parasfenoide fra le due carotidi, si dovrà ritenere invece che i muscoli dei Fie- rasferini, nella loro evoluzione da un tipo affine agli Ophidium siansi da prima avanzati lateralmente, tra la base del cranio e le carotidi e poi, accostatisi l’ uno all’altro per potersi inserire più in avanti sul parasfe- noide, abbiano stretto fra loro le arterie anzidette, modificandone il decorso e il modo di entrare nel cranio. Quel che è stato detto sopra dei muscoli laterali della vescica e la inserzione laterale dei muscoli anteriori in taluni Ofidiidei inducono a supporre che anche questi possano essersi, in origine differenziati dalla muscola tura laterale del corpo. La muscolatura delle pinne pettorali non offre nulla di molto notevole: essa è, nell’ insieme, debolmente sviluppata, in conformità con la condizione regressiva dello scheletro. (') Comprendo, sotto il nome di 0. Rochei, anche lO. Broussoneti di J. Miller, essendomi convinto che le differenze della vescica aerea che caratterizzano queste due forme non sono specifiche, ma soltanto sessuali : 1 0. Rochei è il maschio, 1° 0. Brous- soneti la femmina; queste differenze sessuali furono giustamente apprezzate dal Dufossé, (Comptes rendus 1858. tom. XLVI. p. 353) il quale però sembra non aver conosciuto le ricerche di J. Miller. (*) Condizioni consimili si hanno nel Pleridium atrum (De Filippi, Zeilschr. f. wiss. Zoolog. VII. p. 170) e probabilmente in altri Brotulini e Ofidiini. eee e = e A 5. SISTEMA NERVOSO E ORGANI DI SENSO. Encefalo e nervi ('). Il cervello del Fierasfer occupa piccolissima parte dell'interno del cranio e trovasi posteriormente solle- vato sugli enormi sacchi che contengono i voluminosi otoliti (tav. V. fig. 52, tav. VIII. fig. 80 Ce); è rivestito di una pia ricca di pigmento, per cui, nell’ animale fresco e ancora trasparente, vedesi come massa scura. Come caratteri esterni del cervello (?), sono da notarsi: 1’ epifisi e 1’ ipofisi piuttosto voluminosi, quella però non visibile da sopra; il solco fra le due metà del loho centrale (fig. 52 le) poco profondo; i corpi restiformi (cr) molto sporgenti ai lati del cervelletto. Sta in rapporto col volume considerevole del nervo vago lo sviluppo dei lobi di questo nervo, che, come due sporgenze ellittiche (20), coprono la base della midolla. Dietro il cervello, il” cranio contiene ancora un tratto considerevole del midollo spinale, sicchè i due primi nervi spinali hanno ori- gine ancora nel cranio e, mentre il primo, assai voluminoso, esce per un foramedell’occipitale laterale (tav. III fi. 20, 1), il secondo passa, col midollo, attraverso il forame occipitale. I bulbi-olfattivi (20) sono piuttosto piccoli, il nervo olfattivo molto lungo, e ciò in rapporto con l’allun- gamento della regione anteriore del cranio. Le due branche ottalmica e mascellare del trigemino escono unite per una incisura del petroso, chiusa anteriormente dall’ ali-sfenoide (fig. 20, V), mentre il facciale (*), con la por- zione del trigemino che l’accompagna, esce per un altro forame del petroso (VZ2). Il ramo laterale del trigemino è ridotto ad un sottilissimo filamento, il quale corre sotto la volta del cranio e fuoriesce dietro il margine posteriore del parietale (fig. 18 Ad), per continuarsi, senza ramificazioni, sotto i muscoli della pinna dorsale; non ho veduto anastomosi di questo nervo col vago. L’acustico, molto sviluppato, discende immediatamente giù per distribuirsi all’organo uditivo sottostante. Il glosso-faringeo, assai sottile, sorge indipendente vicino all’acustico, ma si riunisce alla radice del nervo laterale del vago, da cui si stacca nuovamente più tardi; dopo di essere passato al disopra del maggiore otolite, esce per un minuto forame dell’osso intercalare e, non avendo ramo ioideo, si distribuisce esclusivamente al primo arco branchiale e ai suoi muscoli. Le due radici del vago formano il tronco del nervo, che corre indietro accanto al midollo spinale, per poi inflettersi in giù a rag- giungere il suo forame. Uscito fuori, si divide tosto nei suoi due rami principali, il ramo branchio-intestinale che provvede i tre ultimi archi branchiali e i visceri, e il nervo laterale, il quale proviene essenzialmente (‘) Per la preparazione dei nervi periferici, mi sono avvalso con molto vantaggio della macerazione în acido nitrico diluito, secondo il precetto di Schwalbe (Das Ganglion oculomotorit; Jenaische Zeitschr. XIII. 1879). (5) Per le parti del cervello, ho seguito la nomenclatura del Fritsch (Untersuchungen ueber den feineren Bau des Fischgehirns. Berlin 1878). (*) Sotto il nome di facciale, intendo quel nervo che da Stannius, da Gegenbaur e dal maggior numero degli autori va designato in tal modo; nè mi pare potersi accettare, senza ulteriore discussione, 1’ opinione del Friant (Recherches anatomiques sur. les nerfs trijumeau et facial des poissons osseur; thèse Naney 1879, p. 84 e seg.), il quale, poggiandosi su considerazioni esclusivamente fisio- - logiche, riguarda come corrispondente al facciale un nervo finora confuso dagli autori con la branca ottalmica del trigemino. FR dr — 57 — dalla prima radice del vago e dalla suà anastomosi col trigemino : il nervo laterale verrà descritto in altro luogo. Il primo nervo spinale (nervo ipoglosso di Cuvier e di Biichner) segue, per un tratto, il vago, ed esce per un forame dell’ occipitale laterale ; esso nasce per due vistose radici posteriori ed una radice anteriore molto più sottile. Ciò nonostante, è nervo essenzialmente motore e si distribuisce al muscolo omozono-ioideo e alla musco- latura della pinna pettorale ; ma, poco dopo la sua uscita dal cranio, manda uu grosso ramo che innerva il mu- scolo anteriore della vescica. Questo ramo corrisponde probabilmente al ramo vescicale di Cuvier che, nel genere Trigla ('), provvede il muscolo interno della vescica, al quale, secondo le ricerche del Dufossé, sono dovuti i suoni emessi da questi pesci. i ; I nervi spinali, ad eccezione del primo, nascono con le solite due radici (anteriore e posteriore) e non presentano quella disposizione speciale descritta da Stannius (?) nei Gadoidi. Nervo laterale e sistema della linea laterale. Il nervo laterale merita di fermare specialmente l’attenzione. Nel F. acus, poco dopo di essere uscito dal cranio, si separa dall’ altra branca del vago e tosto manda un ramo ascendente (fig. II. ra), che comprende i rami sopra temporale e opercolare di altri pesci e si distribuisce al canale Fig. IL mucoso della regione temporale, a quello che corre trasversalmente sull’occipite e infine alla parte superiore del canale che discende sul preopercolo (si riscontri la fig. IIL Ae Ba pag. 38). Proseguendo il suo cammino indietro, il nervo laterale passa entro il cinto scapolare e si colloca profondamente tra le masse dorsale e ventrale dei muscoli seg- mentali, correndo in vicinanza della colonna vertebrale. In questo tragitto, manda rami segmentali, i quali passano nei setti che divi- Decorso del nervo laterale del vago /. acus. e as SE } mr ; Spiegazione delle lettere nel testo. dono i miocommi, dirigendosi alla superficie, e si sfioccano al canale la- terale e agli organi di senso della cute, che, come vedremo, appartengono pure al sistema laterale. Spicca inoltre, nelle parti anteriori del corpo, due o tre rami superficiali dorsali (rs) assai sottili, non segmentali, omologhi ai.rami superficiali di altri pesci. Infine, dietro la pinna pettorale, manda un ramo discendente (rv) il quale, per lo più, risulta dalla riunione di due filetti separati: questo ramo si mette nel connettivo sottocutaneo e discende fino sui muscoli della pinna anale, ove corre poi longitudinalmente: cor- risponde al ramo del nervo laterale, che, secondo Stannius (*), si distribuisce alla cute della pinna pettorale e ‘dell’addome, nel Silurus glanis(*). Tutti questi rami sono esclusivamente impiegati alla innervazione di organi di senso, appartenenti al sistema della linea laterale, organi che ora dobbiamo passare a studiare. Ho potuto sempre accompagnare i ramuscoli nervosi fino agli organi terminali, avvalendomi dei mezzi di cui dispone l’istologia odierna e in ispecie dell’acido osmico, che annerisce le fibre midollari. Il ramo dorsale superficiale, il tronco del nervo laterale e il ramo discendente corrispondono a nervi che (') Stanius, Das peripherische Nervensystem derFische, p. 123. °) ibid. p. 113. P *) Lc. p. 166. 1 n (‘) Rami ventrali comparabili a questo sono stati osservati nel Mugine da Fée (Recherches sur le système latéral du nerf pneumogastrique des poissons: Bull. Soc. se. nat. Strasbourg 1869 p. 175). sì ritrovano nel sistema laterale degli Anfibî perennibranchi e nelle larve degli altri, e che furono chiamati dal Fischer «nervo laterale supe riore superficiale, n. laterale superiore profondo e n. laterale inferiore superficiale (Ob Non è qui il luogo di fare la storia di quel che si sa intorno agli organi della linea laterale. Il canale laterale, con le sue ramificazioni, che sono i canali mucosi del capo, rappresenta soltanto una parte del sistema della linea laterale e questo sistema, nel suo insieme, costituisce un apparecchio di senso, proprio dei ver- tebrati acquatici. L'opinione degli autori che vollero considerare i canali laterali come organi glandolosi tro- verà difficilmente al giorno d’oggi nuovi aderenti. Alcune quistioni morfologiche e fisiologiche dovranno essere discusse in appresso; a ciò è d’uopo premettere l’esposizione dei fattt anatomici, quali si riscontrano nei Fierasfer. Nel /. acus (tig. II. Ae B), il canale laterale sta per tutta la sua lunghezza, sulla linea che corrisponde al setto che divide la massa muscolare dorsale dalla ventrale, e si sposta appena un poco verso dorso, alla {sua Fig. III. estremità anteriore, ove si congiunge con i canali mucosi del capo. Indietro, si prolunga sulla coda, fino ai due terzi almeno della re- gione codale,ove cessa di essere chiuso e finalmente manca. Sul capo, dall’estremità posteriore dell’osso squamoso, si continua in avanti, ip linea retta, fin dietro l'orbita (canale temporale); da questa stessa estremità dell’osso squamoso, parte un canale che si diri- ge in giù sul preopercolo, e, dopo un decorso tortuoso che presenta alcune insaccature, s’inflette, per continuarsi lungo la mandibola (canale opercolo-mandibolare) ; un canale, che sembra continua- zione del precedente, si estende trasversalmente sull’occipite, tra i canali temporali, e presenta due piccole dilatazioni simmetrica- mente disposte (canale occipitale); dietro l’orbita si distacca il canale sottorbitale, che, nel suo tratto discendente, ha aspetto varicoso ; passando sotto l’occhio e sotto la narice, si ricongiunge x col canale sopra orbitale; questo è continuazione del canale tem- Canali mucosi del F. acus. porale; dal suo principio, manda indietro un prolungamento a A dal dorso, 8 di fianco. fondo cieco ; al disopra dell'occhio, si anastomizza con quello del- l’altro lato e finalmente, passando sopra la narice, raggiunge il canale sottorbitale. Condizioni molto simiglianti si hanno nel F. dentatus (fig. IV. Ae B), però il canale laterale è assai breve e cessa prima di giungere nella regione codale ; i canali del capo sono più stretti, meno tortuosi; il canale occipitale e il sopraorbitale non hanno appendici, e questi sono più ravvicinati fra loro e si fondono insieme per breve tratto al disopra degli occhi. | I canali mucosi comunicano con V’esterno, per mezzo di molte aperture, in numero eguale a quello dei bottoni nervosi in essi contenuti. Nel ‘canale laterale, queste aperture stanno lungo il contorno ventrale del canale e sboccano in fuori, con breve condotto rivolto indietro. Tutta questa disposizione dei canali mucosi non differisce sensibilmente da quanto riscontrasi generalmente in quei teleostei che sono forniti di siffatti canali. In altri pesci (Gobivs), come nelle larve di batracii e di pesci, mancano in tutto o in parte il canale laterale e le sue ramificazioni, e gli organi di senso del sistema laterale sono sparsi, sia liberi sulla cute (Gobius e tuttii giovani Teleostei), sia entro infossamenti più o meno superficiali dell'epidermide (Perennibranchi e larve di altri anfibii), sia infine al fondo di lunghi tubi (Pla (') Cit. secondo Malbrane (Zeitschr. f. wiss. Zool. XXVI. p. 49-50), non avendo a mia disposizione la monografia del Fischer. E 3 PO (7 M ì Î \ ” È j — 39 — giostomi); qualche volta ancora il canale laterale non è continuo ma interrotto, in ispecie verso l’ estremità posteriore (Ophidium), per cui trovasi diviso in piccoli tratti, contenenti ciascuno uno o pochi bottoni ner- ; era vosi. Però, in mezzo a tutte queste modificazioni, gli elementi es- 0 «di , senziali dell’apparecchio, cioè i bottoni di senso, rimangono costanti, e “eg così si spiega come il nervo laterale possa essere bene sviluppato, anche quando il canale laterale manca affatto. Il canale laterale è forma- zione secondaria ed anche quei bottoni nervosi che stannò nei canali sono stati in origine isolati sulla cute. Sulla coda del Fierasfer acus può vedersi benissimo come il canale laterale, chiuso in avanti, diventa più in dietro una gronda (') e finalmente non è più riconoscibile, mentre non mancano i bottoni di senso al di là della fine del canale. Però, in questo pesce, l’estremità del corpo offre tuttii segni di uno sviluppo ridotto e gli organi laterali sono assai scarsi e afrofici, verso cani SE o l’apice della coda, la qual cosa dipende forse ancora dagli attriti cui questa parte va incontro, quando il pesce entra nelle oloturie. “Forse il F. dentatus offrirebbe a questo riguardo condizioni interessanti, perchè il suo canale laterale è, per la massima parte, aperto; però, nel solo esemplare che io avessi a mia disposizione, l’epidermide era assai maltrattata e non mi riuscì ottenere buoni preparati. I bottoni nervosi del canale laterale sono distribuiti in modo segmentale, in corrispondenza con i setti dei miocommi e così in generale nei pesci che hanno un canale laterale. Quando manca il canale, gli organi sono disposti in gruppi segmentali; così ad es. nei Gobî (*) o possono esistere in piccolo numero e non in tutti i segmenti (Mirbelia), o ancora mancare affatto (Lofobranchi). In generale, nei pesci, è difficile ottenere un’ immagine della distribuzione complessiva degli organi laterali, perchè le squame e ila pigmen- tazione della cute fragilissima e spesso piena di cellule iridescenti rendono questa opaca je non permettono taluni artifizî di preparazione. A ciò sì presta, al contrario, molto bene il Fierasfer, per la mancanza di squame, la tenacità del derma e la scarsezza del pigmento. Se si esamina, per trasparenza, la cute del Fierasfer trattata con acido osmico, sarà facile riconoscervi, sul decorso del canale laterale, gli organi di senso in esso contenuti ed i forami segmentali, che fanno comunicare il canale con l’ambiente; si riconosceranno ancora, fuori del canale laterale, piccoli forami dell’epidermide, dai quali sì penetra in piccole cavità disposte con ordine più o meno regolare, ciascuna delle quali racchiude un organo di senso alquanto differente da quelli del canale. In un preparato cosiffatto, o pure nell’epidermide staccata da un pesce macerato nell’acido nitrico, si avranno immagini assai chiare e complete della distribuzione topografica. Molti particolari interessanti saranno però celati dagli strati superficiali dell'epidermide, che gioverà allontanare per riconoscerli. A questo scopo, si potrà raschiare cautamente, con un coltellino, la cute trattata con l’acido osmico. Ho ottenuto preparati ancora migliori, giovandomi del metodo seguente: rammollisco nel- l’acqua un Fierasfer conservato nell’alcool, e ne tolgo un pezzo di cute con i muscoli sottostanti, lo distendo sopra una lastra e raschio con precauzione l'epidermide; immergo quindi il pezzo per poco tempo in una solu- zione di ematossilina fortemente colorata e, dopo averlo lavato, preparo la cute, togliendo mediante una pinzetta tutti i muscoli. Ottengo così un preparato colorato da un lato solo, in cui, se il raschiamento non è stato troppo violento, sono rimasti aderenti, in parte, gli elementi più profondi dell'epidermide, in ispecie quelli che (') Nella Chimaera il canale laterale serba in modo permanente e per tutta la sua lunghezza la forma di gronda. (*) Si riscontrino pure le figure di G. Winther in Naturhistorisk Tidsskrift 1874, IX. tav. VII. fig. 4 e 6. — 40 — stanno entro piccoli infossamenti del derma, come sono appunto gli organi laterali. Spesso ho trovato utile far precedere alia ematossilina una debole colorazione a carminio. Fig. V. La fig. V. è ricavata da un preparato così ottenuto dalla ci } è ; base della coda di un giovane F. acus, lungo 11.centim. Accanto al canale laterale (aa) veggonsi, dal lato dorsale e ventrale, gruppi segmentali di organi laterali, intorno a ciascun bottone del canale. Il gruppo dorsale è composto di tre bottoni, ordinati in una serie parallela al canale laterale. Questi bottoni sono riuniti fra loro da una striscia di elementi cellulari allungati, che formano un cana- lino, per mezzo del quale le cavità, in cui stanno i singoli bottoni, comunicano fra loro. Il gruppo ventrale è più complicato: vi si riconosce un bottone unico, con due appendici dirette perpendico- 7 e #=____________ 3 larmente al canale laterale; queste appendici sono vuote ed hanno la stessa struttura del canaletto che mette in comunicazione le #05 AIAR cavità del sruppo dorsale. Oltre questo bottone unico, ve ne sono Disposizione degli organi laterali,alla base dellaresio- @ltri quattro, con canalini orizzontali, disposti come vedesi nella fi- ne codale destra di un giovane 7. acusluneo 110 mil.: o Sia 3 i i ici g aC SS "a a [ o 9 îV a r aa,canale laterale con de bottoni di engae gura. Siffatti sistemi segmentali sono innervati ciascuno da un ramo segmentali dorsali e due ventrali: 5, serie laterale seomentale del nervo laterale; ramo che si distribuisce al bottone di ventrale, distribuita secondo i raggi della pinna i A È x anale; cc, organi laterali dorsali; 00,aperture segmen- senso del canale laterale e a quelli dei gruppi dorsale e ventrale. Si ne Ve gno Oltre questi sistemi segmentali, osservansi ancora, più verso il dorso, singoli bottoni (c c), distribuiti uno per segmento; hanno anch'essi appendici canalicolate, dirette perpendi- colarmente alla linea laterale. Sono innervati dai rami dorsali superficiali del nervo laterale. Infine, lungo la base della pinna anale, trovasi una serie di bottoni (è d), ricongiunti da un canalicolo longitudinale; questa serie segue il decorso del ramo ventrale del nervo laterale : partendo dalla linea laterale, discende, col nervo, dietro la pinna pettorale, fin dietro l’ano, quindi si dirige indietro, in quella zona di cute | che ricopre i muscoli proprî della pinna anale. Questo sistema di bottoni laterali non sì distribuisce secondo i segmenti dei muscoli laterali, ma sequela divisione dei raggi della pinna anale, di modo che a ciascun Fig. VI. raggio corrispondono due bottoni. Abbiamo qui adunque una distribuzione com- plicata, comparabile alle tre linee laterali delle larve degli anfibî ('), come i rami descritti sopra del nervo laterale possono riferirsi ai tre nervi laterali degli stessi anfibî. Un preparato tolto dalla base della coda di un Fierosfer adulto (fig. VI.) mostra meno manifesta la Disposizione degli organi laterali nella linea laterale principale e distribuzione segmentale. I gruppi dorsali comuni- nella serie dorsale di un F. acus adulto (base della regione codale x È 3 È IA : 9 a destra); i limiti dei gruppi segmentali sono scomparsi e i gruppi 20° fra loro, formando una serie continua, con tre a superiori sono riuniti da un canalicolo -epiteliale continuo. quattro bottoni per segmento ed ancora i bottoni dei n i [e] (') Veggasi, Malbrane, ]. e. tav. II. fio. 17. 22. SE gruppi ventrali hanno acquistato rapporti di continuità per mezzo di canalini epiteliali. Il sistema del ramo ventrale non è alterato. Quello del ramo dorsale superficiale mostra, allungati e ramosi agli estremi, i canalini che partono da ciascun organo di senso, ma non fanno riconoscere nessuna nuova comunicazione. Ho preso come tipo della distribuzione dei bottoni pella linea laterale quello cheriscontrasi sulla base della coda. Sul tronco, vi è poca differenza; però il numero dei bottoni della serie dorsale è aumentato e ve ne ha, per lo più, due per segmento, disposti in due serie alterne. Se, invece, si va dalla base della coda verso l’apice della stessa, la disposizione diventa a gradi più sem- plice : anzitutto sparisce il sistema del nervo dorsale superficiale; poi diminuisce il numero dei bottoni di ciaseun sistema segmentale; più indietro ancora, spariscono i gruppi dorsali, sicchè resta soltanto il canale laterale, coi gruppi ventrali, ridotti ciascuno a due bottoni con i prolungamenti perpendicolari fra loro. Il sistema del ramo ventrale non ha più che un bottone solo per ciascun raggio della pinna anale. Questa disposizione, che regge in una determinata zona della coda del Fierasfer acus, è normale alla base della coda dell’Encheliophis vermicularis (fig. VII). Fig. VII. Seguendo il sistema laterale del F. acus, fino al punto in cui cessa il canale laterale, veggonsi sparire totalmente i gruppi ventrali e finalmente anche il sistema del ramo ventrale; i bottoni del canale laterale si sono fatti più piccoli e, dove si trovano fuori il canale, si approfondano nell’epidermide e comunicano fra loro per mezzo di un canalino epiteliale longitudinale simile a quelli descritti sopra: questo canalino, infine, manca anch’esso e i bottoni di senso, ridotti, a pregi SÈ Se È cumuli epiteliali imperfetti, divengono più scarsi e spariscono nella Encheliophis vermicularis: distribuzione degli cr- ar auto gani laterali sulla base della coda a sinistra: L'esistenza di un canalino epiteliale o almeno di un accenno di aa, canale laterale con due bottoni di senso e " . : ; due gruppi segmentali ventrali, composti cia- @$S0 è fatto ovvio nelle larve di pesci che non hanno ancora un canale scuno di due organi orientati perpendicolarmente x » O ; ; ; P, L . . n 4 È A D "1 O 6 "vw e 9 fra loro; bb, serie ventrale, distribuita secondo I2terale. Così l’ho riscontrato in una larva di gadoide (Merlucius?), i aaggi della piuna anale. in giovani Mugini ece., come pure nella Mirbelia Decandollei allo stato adulto (qui sono appena tracce di prolungamenti dei bottoni di senso), e perfino mi è sembrato ricono- scerlo entro il canale laterale dell’Ammodytes tobianus (piccolo esemplare di 70 mill.); però lo stato imperfetto Fig. VII. di conservazione del pesciolino non permetteva di riconoscere la strut- tura istologica della linea, che, nel preparato colorato, congiungeva fra loro i singoli bottoni entro il canale laterale. L'origine dei gruppi segmentali è tuttavia in molti punti oscura. Amumodytes tobianus lungo 70 mill. estre- Ho potuto convincermi che gli elementi di un gruppo si moltiplicano mità della linea laterale sinistra: «aaa, WE i en , È È organi di senso del canale laterale; bbb, per scissione; almeno io non saprei interpretare diversamente l’osserva- organi laterali liberi; c, gruppo di due 6 S È ECG P mo È organi laterali appena separati che cor- zione fatta più volte di due bottoni incompletamente separati o assai rispondono ad un organo del canale e Sagra , Seat 5, . FORNIRE oo N ad organo libero; d, organo laterale unico vicini fra loro, nei gruppi segmentali ventrali di giovani /ierasfer. sep ya ono so made A questa osservazione vengono in appoggio i fatti descritti da Mal- due precedenti: 000, aperture segmen- tali del canale laterale. brane (') negli anfibî. Mi mancano, nel fFierasfer, gli stadî in cui i gruppi segmentali si separano dal bottone corrispon- dente del canale laterale. Un fatto osservato nell’Ammodytes m’induce a ritenere come assai verosimile che (") Je: p. 77 e seg. Pauna & Flora del Golfo di Napoli. \l. Fierasfer. (8 SIMO i bottoni dei gruppi siano derivati per scissione da quelli del canale: nel preparato rappresentato dalla fig. VIIL, veggonsi, al disopra del canale, bottoni segmentali esterni (b 6); oltre l’estremità del canale, sta un gruppo di due bottoni vicinissimi (c), separati appena da un sottile sepimento ; l’uno di essi corrisponde ad un bottone del canale, l’altro ad un bottone libero; infine, dietro questo gruppo, evvi ancora un grosso bottone unico (d). Nulla di più naturale che vedere qui rappresentati stadî successivi di un processo di sviluppo, e supporre il gruppo di due bottoni generato per scissione da un bottone segmentale unico, infine l’ultimo bottone del canale separato secondariamente dal bottone libero del medesimo segmento, quando la cute s’innalza a chiudere il canale laterale. Abbondano, anche sulla cute del capo, gli organi laterali situati fuori i canali. Due serie corrono lungo la mandibola, sulla cute che ricopre il canale mucoso; similmente nelle altre parti, i bottoni cutanei séno aggruppati lungo i canali, ma non formano d’ordinario serie così regolari; gruppi seriali si riscontrano ancora lungo il canale temporale, e in qualche modo pure, lungo il canale che discende dietro l'orbita; i gruppi principali stanno lungo questo canale e sull’opercolo, cioè dietro il canale opercolo-mandibolare; questi due gruppi si avanzano l’uno verso l’altro, lungo il canale temporale. Un altro gruppo meno nùmeroso sta innanzi l’occhio, intorno alla narice, cioè al confluente dei canali sopra-orbitale e sotto-orbitale. I bottoni cutanei sono assai scarsi lungo quest’ultimo canale e mancano quasi affatto lungo il canale occipitale e in vicinanza dell’ana- stomosi dei due canali sopra-orbitali. Anche sul capo gli organi laterali che stanno fuori i canali mucosi trovansi ciascuno in una cavità coperta dall’epidermide e comunicano fra loro, mercè canalicoli epiteliali; ma questi canalicoli hanno direzione più irregolare; i gruppi seriali comunicano, per un canalicolo longitudinale comune, parallelo al canale mucoso vi- cino, ma, nei gruppi irregolari, ad es. dietro l’orbita, i canalicoli sono ramificati, e qualchevolta formano ma- glie chiuse, o pure mandano rami a fondo cieco che non vanno a nessun bottone di senso (tav V. fig. 60). Quale è ora il significato dei canalini che fanno comunicare fra loro i singoli organi laterali? Sono dessi residui di una primitiva continuità dei bottoni vicini, derivati dalla segmentazione di un bottone unico, o sono invece produzioni secondarie? Non escludo assolutamente la possibilità del primo caso; sono convinto però che il secondo caso sì avvera difatti, e a provare ciò basterà considerare i mutamenti che si osservano nel sistema del canale laterale, quando sì viene a confrontare il giovane Zierasfer (fig. V) con l’adulto (fig. VI). I gruppi. segmentali dorsali, discreti nel giovane, si riuniscono in una serie continua, e simili comunicazioni si sta- biliscono fra i gruppi segmentali ventrali; infine, nella stessa regione, i canalini trasversalmente diretti degli or- gani unici dei gruppi ventrali e quelli degli organi appartenenti al sistema del nervo superficiale dorsale sono più lunghi nell’adulto, e si ramificano all’apice, la qual cosa implica necessariamente un accrescimento secondario. D'altronde, io non saprei spiegarmi, in altro modo che con uno sviluppo secondario, la formazione di maglie chiuse e di rami ciechi, frequenti nei canalini degli organi laterali del capo. A mio parere, i canalini epiteliali in parola sono formazioni analoghe per funzione al canale laterale, ma sono costituite dalla sola epidermide, mentre alla costituzione del canale laterale prende parte anche il derma. 4 3 4 cileni Ani sa. «= due oa Nelle larve del F. acus, gli organi laterali si formano assai presto, ma in piccolo numero (fig. IX), e sono già sviluppati, quando il pesciolino è pronto ad uscire dall’uovo. Ve ne sono tre paia sul capo, che, dalla Fig. IX. Larva di F. acus lunga 2,822, da due giorni schiusa; sul capo tre bottoni laterali. aaua organi non ancora segmentali della linea laterale principale Db organo laterale della pinna verticale ventrale t » » » » » dorsale. loro posizione, possiamo dire nasale, soprorbitale e temporale; le due ultime paia si ritirano alquanto indie- tro durante lo sviluppo e vengono ad occupare presso a poco quei punti, onde, nell'adulto, partono i due canali trasversali del capo (sottorbitale e opercolo-mandibolare) e intorno ai quali stanno i gruppi principali dei bot- toni di senso situati fuori i canali mucosi. Non vi sono organi laterali sul tronco, che è brevissimo; invece, sulla coda, notansi, lungo ciascun lato del corpo, quattro a cinque bottoni (a, @,@,) che occupano la linea laterale e sono distribuiti senz’aleun rapporto con la segmentazione del corpo. Essi rappresentano, senza dubbio, gli organi del canale laterale e dei gruppi segmentali dell’adulto. Le pinne verticali superiore e inferiore hanno ciascuna un paio di organi laterali (b, c) dai quali veggonsi partire sottilissimi filamenti nervosi, ben distinti nei tessuti trasparenti della pinna. Questi organi corrispondono evidentemente al sistema del ramo superficiale dorsale e del ramo ventrale del nervo laterale, ossia alle linee laterali dorsale e ventrale degli anfibî. I bottoni di senso del canale laterale e dei canali mucosi del capo hanno forma romboidale, con la diagonale maggiore disposta perpendicolarmente alla direzione del canale, con gli. angoli rotondati. Il canale «laterale è dilatato nei punti che corrispondono a ciascun bottone. I bottoni dei canali mucosi del capo sono più grandi e più larghi di quelli del canale laterale. In una sezione trasversale e sottile del canale laterale (tav. V. fig. 54, preparato indurito con soluzione picrico-solforica di Kleinenberg), si riconosce assai bene la struttura di tutto il bottone nervoso, il quale trovasi tagliato secondo la sua diagonale maggiore. La superficie libera tagliata presenta nel mezzo una depressione ed, in questo punto, la struttura dell’organo è notevolmente diversa: ivi trovansi gli elementi sensitivi (a), e0è le piccole cellule descritte da F. E. Schulze, delle quali ciascuna si prolunga all'estremo distale in un filamento rigido 0 pelo di senso, dilatato a cono all'estrema base, gradualmente assottigliato alla punta. Al disotto dei nuclei delle cellule epiteliali sensitive veggonsi, nel taglio, i nuclei di altri elementi (b), che sì pro- lungano in sottile processo fra gli elementi sensitivi, fino al livello della estremità distale, di questi; li chiame- remo cellule di sostegno ('). Le cellule sensitive e le cellule di sostegno costituiscono la parte più importante e centrale dell’organo, una specie di bottone, nel quale si distribuisce un fascetto di fibre nervose. Ai lati del bottone centrale, cellule epiteliali molto allungate e stivate (c) formano la massa principale dell'organo; sono molto più allungate e sottili quelle che sono vicine al centro, più brevi e più tozze verso le estremità del taglio. ') Queste cellule sono descritte specialmente bene dal Langerhans, negli organi larvali della Salamandra: Archiv. f. mikr. Anat. IX. 1873 p. 749. O I loro nuclei, più piccoli e più fortemente colorati dal carminio e dall’ematossilina, occupano l'estremità ba- sale delle cellule e, per la lunghezza maggiore di esse, stanno più profondamente di quelli delle cellule di sostegno. Verso il centro dell'organo, queste cellule sono inclinate sopra il bottone centrale, quasi a costituirgli un mantello; le dirò cellule parietali ('); però, qualunque sia la direzione che hanno, sempre le loro estremità libere si rivolgono in su, dirette quasi perpendicolarmente alla superficie dell'organo, e quelle estremità sì mostrano più rifrangenti del resto della cellula, per cui quella superficie trovasi segnata nel preparato da un contorno assai marcato. Tutto l'organo poggia sopra un debole strato di tessuto mucoso, il quale sta in conti- nuità col tessuto che limita il canale laterale ed è esso stesso derivato da un ispessimento del derma. Quel tegsuto mucoso contiene alcuni vasi sanguigni, e, al disotto del bottone centrale, si eleva a mo’ di papilla appiattita e vascolare, percorsa dal nervo (n) che si sfiveca all’organo. Al disotto di ciascun organo del canale laterale, trovasi una sottile squama (s), costituita da una sostanza ialina, molto rifrangente ma non calcificata. Io ritengo quasi certa la terminazione di fibre nervose entro le cellule piriformi di F. E. Schulze (°), nè mi sono affaticato a ricercarla, essendo scopo del mio lavoro studiare piuttosto la topografia degli organi laterali, anzichè la minuta struttura dei loro elementi istologici. I peli terminali delle cellule sensitive si conservano assai bene per mezzo dell’ acidopicrico-solforico e con essi una specie di cupula terminale (fig. 54, cu), nella quale questi peli sono impigliati. La cupula in parola è costituita da una serie di lamelle molli sovrap- poste 1’ una all’ altra, traversate dai peli, in modo che le estremità di questi non sporgano libere, ma si fermino alla superficie dell’ultima lamella. Nel preparato picrico, questa cupula è raggrinzata, per cui le lamelle che la compongono sono accartocciate e i peli convergono verso l’apice. Mi è riuscito osservare, allo stato fresco, i peli e la cupula, praticando sezioni trasverse del canale laterale alla base della coda, sul Fierasfer quasi vivente ancora, e osservando le sezioni in acqua di mare (fig. 55). In questo stato, i peli sono meno convergenti e la cupula più piana; le sue lamelle sono meno distinte nella parte centrale e non tanto accartocciate e crespe sui margini. È dunque dimostrato che quell’apparecchio complicato esiste naturalmente, con la struttura descritta sopra, e non è un artefatto. Ho riscontrato tracce della medesima struttura in un esemplare alcoolico dell’Encheliophis vermicularis. Solger (*) ha veduto una cupula terminale 1 ialina sugli organi dei canali mucosi del capo e della linea laterale nell’Acerina cernua e in diversi altri pesci; la descrive come strato ialino gelatinoso, come fu già descritta de Leydig (*), molti anni addietro, in un Macrurus. P RI Recentemente lo stesso Solger ha riconosciuto la medesima formazione nella Chimaera (°). Sembra adunque che la cupula terminale sia generalmente diffusa nei pesci, forse con strutture diverse nei singoli generi. Per ben comprendere il valore morfologico e la genesi della cupula terminale, bisogna studiare le pareti del canale laterale e la superficie degli organi di senso in esso contenuti. La superficie interna dei canali mucosi è rivestita da un epitelio pavimentoso semplice (fig. 53, 54 e 56 e), che è continuazione dell’epidermide; in mezzo a questo epitelio stanno sparse cellule mucose (m). Vicino agli organi di senso, le cellule mucose si (') Queste cellule sono state confuse dagli autori con le cellule di sostegno e F. E. Schulze comprende: entrambe sotto il nome di cellule cilindriche. Difatti, questi elementi non differiscono essenzialmente dalle cellule di sostegno, negli organi meno sviluppati degli embrioni e in quelli che etanno fuori il canale laterale; vi esistono però, in uno stato più indifferente, come uno strato esterno del bottone di senso ; si confronti in proposito la mia fig. 61 con quella di Langerhans (1. c. tav. XXXI. fig. 8). Bugnion (Organes sensitifs etc. Lausanne. 1873. Bull. soc. Vaudoise des se. nat. p. 285) ha distinto col nome di cellules fusiformes elementi, i quali, nel Proteo e nell’ Axolot, rappresentano le mie cellule parietali. (3) Terminazione contestata però recentemente da Leydig (Neve Beifrige zur anatomischen Kennlniss der Hautdecke u. Haut- sinnesorgane der Fische. Festschr. z. Feier d. 100. Jihr. Bestehens d. Naturf. Gesellsch. zu Halle; Halle 1879 p. 165). (*) Zur Kenntniss der Seitenorgane ; Centralbl. f. d. med. Wissensch. 1877, n. 37, 15 Septemb. p. 657. (*) Lehrbuch der Histologie p. 204. (*) Archiv. f. mikr. Anat. XVII. 1 Heft 1879. ii et (E Le PIC (EA ù adi fanno più rare e finalmente l’epitelio si continua per un poco sullo spazio oceupato dal corpo delle cellule parietali, inclinate sul bottone centrale, ma si ferma ad un tratto laddove i capi delle cellule parietali vengono alla superficie. Ciò si riconosce bene nelle sezioni dirette secondo la diagonale minore degli organi di senso, cioè secondo l’asse del canale laterale. In siffatto taglio (fig. 56), si vede inoltre che le cellule epiteliali del canale sono sempre separate dalle cellule parietali per un sottile strato di tessuto mucoso e non poggiano mai su di esse, ma si fermano laddove vengono ad incontrarle. I capi delle cellule parietali, come quelli delle cellule del bottone centrale, rimangono dunque scoperti. Lo spazio occupato da essi rappresenta un’ area romboidale assai allungata (fig. 53), con gli angoli acuti aguzzi, gli angoli ottusi rotondati. Ora la forma delle lamelle che costituiscono la cupula corrisponde precisamente alla figura di quel rombo, ed io ritengo che siano formà- zioni cuticolari successivamente distaccatesi dall’insieme delle superficie libere delle cellule parietali e di soste- gno: anzi, nella sezione rappresentata a fig. 54 si vede una lamella appena staccata dalla superficie matrice. Se ora si ammette che i peli di senso siano anch’essi formazioni cuticolari, ma di natura fisico-chimicamente diversa, e che il loro accrescimento proceda di pari passo con quello della cupula, si comprenderà di leggieri come la cupula stessa trovisi traversata dai peli di senso e come questi non ne oltrepassino la superficie esterna. I peli di senso occupano un'area più o meno ovale, allungata nel senso della direzione del canale, cioè perpendicolarmente alla lunghezza dell'organo di senso (fig. 57); le lamelle della cupula aderiscono fra loro in quest'area, rimanendo libere fuori di essa. Ho premesso la descrizione di questi organi complicati, perchè da essi sarà facile discendere alla struttura più semplice degli organi che stanno fuori i canale laterale e finalmente agli organi larvali del pesce appena schiuso. La struttura degli organi laterali che stanuo fuori il canale (fig. 58, 59) è molto più semplice. Ciascuno di questi organi sta entro una fossetta del derma; al disopra di esso, trovasi una cavità ricoperta dall’epidermide e comunicante con l’esterno, per mezzo di un foro centrale (fig. 59). Le cellule epidermiche si modificano nella loro forma, in vicinanza della cavità, si fanno più piccole e più allungate e le cellule mucose vi scarseggiano e sono ridotte a poche, situate in vicinanza del forame centrale. Alle due estremità di un diametro, la cavità si pro- lunga in un canale (fig. 58, 59 c a) che sta sotto l’epidermide, in un solco del derma, rivestito di cellule epiteliali allungate. Questi canali sono, nel /ierasfer, come abbiam visto, un attributo costante degli organi laterali situati fuori del canale mucoso e seguono direzioni diverse. Come è stato detto sopra, possono termi- nare a fondo cieco, o piuttosto perdersi nell’epidermide (così negli organi appartenenti al sistema del nervo superficiale dorsale); possono, invece, mettere in comunicazione serie di organi disposti in fila, costituendo così una specie di canale laterale accessorio (serie dei gruppi segmentali dorsali, serie del ramo ventrale): infine costituire reti irregolari che fanno comunicare fra loro organi vicini (gruppi di organi laterali del capo). L'organo di senso che sta in fondo della cavità ha una struttura simigliante a quella degli organi del canale, ma meno complicata. Il bottone centrale è più piccolo e, composto degli stessi elementi, ma sporge alquanto sulla superficie del resto dell’organo: le cellule parietali (c) sono meno numerose, ma serbano i caratteri cennati sopra, in quanto al nucleo e alla forma allungata; sono però meno diverse fra loro, e meno sottili di quelle che stanno addossate al bottone centrale negli organi del canale laterale. Le loro estremità libere vengono ad occupare parimenti uno spazio romboidale, però meno allungato e meno regolare (fig. 58), la cui diagonale maggiore è sempre perpendicolare alla direzione dei canalini epiteliali che partono dalla cavità. L’epitelio che riveste i canalini in parola è continuazione delle cellule parietali; è costituito da cellule più o meno fusiformi i cui nuclei, fortemente colorabili con l’ematossilina, sono, in ciò, identici a quelli delle cellule parietali. Anche qui evvi una cupula terminale (cu), la quale però assume la forma di un cilindro, o meglio di un dd = cono allungato, assai molle e poco rifrangente, che sta inpiantato sulla superficie del bottone centrale e si continua, assottigliandosi, attraverso la cavità, fin dentro il foro di comunicazione della cavità con l'esterno. Nella base della cupula si riconoscono pure i peli sensitivi, però assai sottili e delicati, e possono seguirsi solo per breve tratto, entro la massa omogenea. Se vogliamo paragonare questa cupula con quella descritta sopra, vi riconosceremo due differenze: anzitutto la mancanza della struttura speciale stratificata; poi la strettezza della base; mentre, nel canale laterale, la cupula è una formazione cuticolare delle cellule di sostegno e delle cellule parietali, qui le cellule parietali non hanno parte alla secrezione della cupula, la quale è prodotta esclusivamente dalle cellule di sostegno. Quest'ultima condizione si avvicina viemaggiormente a quella degli. organi laterali embrionali. Una sezione attraverso un organo laterale di giovane larva di Fierasfer (fig. 61) fa vedere un bottone nervoso costituito, pressochè come nell’adulto, da cellule sensitive e cellule di sostegno; però tutti questi elementi sono molto più piccoli, e l’estremità del bottone nervoso sporge liberamente alla superficie del corpo. Sui fian- chi del bottone poggiano poche cellule parietali ancora assai piccole e finalmente, al disopra di queste, l’epi- dermide inalterata, con le sue cellule mucose. Resta libero uno spazio circolare occupato dall'apice del bottone. Su questo s’innalza, nell’animale fresco, un cilindro ialino, come lo descrivono F. E. Schulze ed altri, e nel quale si riconoscono pure i peli sensitivi (fig. 62). Io non sono meglio degli altri autori in grado di asserire, per osservazione diretta se quel cilindro ialino sia pieno o tubulare, nè mi è riuscito ottenere sezioni di un organo così delicato e caduco. Però non mi sembra che il cilindro in parola possa ritenersi cosa diversa dalle cupule terminali descritte sopra, quindi, se quelle sono pezzi solidi, io propendo a ritenere, con Leydig ('), che anche il cilindro ialino degli organi larvali sia una formazione cuticolare, derivante dalle cellule di sostegno del bottone nervoso: perciò non può essere un tubo. Considero pure come formazioni cuticolari delle cellule piriformi i peli delicatissimi che partono da esse. La secrezione dei cilindri ialini e dei peli di senso incomincia assai presto, mentre il pesce è ancora nell'uovo, come dimostra la fig. 62, tratta da un em- brione tuttavia impegnato nelle membrane dell’uovo, nell’atto di schiudere. L’epidermide del /zerasfer non contiene organi ciatiformi simili a quelli della mucosa boccale: almeno io non li ho riscontrati nei miei preparati, neppure nelle sezioni, fatte a questo scopo, della cute delle labbra. Sulla mucosa del palato, sono assai piccoli e piuttosto abbondanti. Vengo ora a discutere talune quistioni teoriche relative alla morfologia e alla fisiologia degli organi laterali. Anzitutto dichiaro non volermi elevare a giudice della quistione tuttavia pendente, se gli organi laterali e gli organi ciatiformi siano formazioni recisamente differenti, o se possano confondersi, sia dal punto di vista mor- fologico, sia dal fisiologico. Nel Fierasfer non v ha dubbio che gli organi ciatiformi sono localizzati sulla mu- cosa boccale (in altri pesci si trovano pure all’esterno) e che gli organi laterali delle due forme non hanno nulla di comune con essi. Recentemente ancora, Leydig (*) ha sostenuto la sua antica opinione della identità o quasi identità di questi organi, poggiandosi su nuove osservazioni riguardanti la cute del Luccio. Oggigiorno la quistione è giunta a tal punto da non poter essere sciolta senza estese ricerche comparative, fatte col soc- corso dei mezzi più delicati della tecnica anatomica, quali sembrano non essere stati adoperati dall’illustre anatomico di Bonn. Altro punto importante è quello di sapere se gli organi laterali siano o no segmentali e se siano omologhi a taluni organi degli Anellidi. Tale quistione è stata ampiamente discussa dall’Eisig (*) in un recente lavoro. (') Morpholog. Jahbrb. II. p. 298. — (°) Newe Beilrage ete. p. 161. (*) Die Scilenorgane u. die becherforwmigen Organe der: Capitelliden: Mitth. aus d. Zool. Station I. 2 Heft 1878 p. 310 e seg. hr i Mi Egli trova, nei Capitellidi, bottoni retrattili, comunicanti con un nervo e coperti di peli rigidi delicatissimi; in altri termini, organi di senso rassomiglianti sotto molti riguardi a quelli della linea laterale degli anamnii, ai quali li ritiene omologhi. Lo stesso autore dice aver osservato, in alcuni giovani pesci la distribuzione seg- mentale degli organi laterali ('), e cita osservazioni conformi di Malbrane (*) fatte sopra larve di Salamandra di 30 millim. To stesso posso confermare le osservazioni di Eisig sopra giovani Atherina da 15 millim. in su, e sopra diversi altri pesciolini più grandi; sempre però sopra larve di sviluppo piuttosto avanzato, con coda eterocerca e con raggi definitivi nelle pinne. Nelle larve di organizzazione inferiore, ad es. in quelle del Fierasfer e del Labrax lupus, la distribuzione dei primi organi laterali non è segmentale. D'altronde, F. E. Schulze ha osservato e figurato la stessa cosa in una larva di Triton di 15 millim. (*). Se dobbiamo dunque argomentare dai fatti noti finora, è d'uopo ammettere che gli organi laterali dei vertebrati hanno in origine una distribuzione irregolare, la quale, più tardi diventa segmentale; più tardi ancora il carattere segmentale può obliterarsi, formandosi gruppi segmentali che finiscono per confondersi insieme. Su questi punti, gioverebbe ricevere nuovi lumi dall’embriologia. Però il processo sì spiega benissimo; quello che costituisce la segmentalità, nel corpo dei vertebrati, sono le vertebre primitive, cioè una parte determinata del mesoderma, con gli organi che ne derivano; altre parti di questo foglietto e degli altri foglietti embrionali sono influenzati meccanicamente dallo sviluppo dei derivati delle vertebre primitive, in ispecie dei muscoli segmentali: così la corda dorsale, l’asse cerebro-spinale, la cute. Nei giovani embrioni e nelle larve di pesci poco sviluppate, come mostrano bene i tagli trasversi, lo strato lalino che sta sotto l'epidermide ha spessezza ragguardevole, rispetto allo strato muscolare, poco cresciuto ancora. Organi epidermici che si sviluppano in questo periodo avranno a risentire poco l’influenza dei segmenti ver- tebrali, mentre, se, più tardi, questi stessi organi si suddividano per moltiplicarsi, o pure se ne formino nuovi, quando le masse muscolari abbiano acquistato maggior potenza, la distribuzione di questi organi dovrà risentire l'influenza dei miocommi e dei loro setti che si attaccano alla cute, dovrà quindi divenire segmentale. La distribuzione degli organi laterali sarebbe verosimilmente fin da principio segmentale, qualora questi organi venissero ad accennarsi, per la prima volta, in un periodo meno precoce dello sviluppo embrionale. L’anatomia del Fierasfer ci porge una prova manifesta dell'influenza della segmentazione muscolare sulla distribuzione degli organi laterali. Difatti, mentre gli organi appartenenti al nervo laterale principale e quelli del ramo superficiale dorsale, poggiando sulla massa dei grandi muscoli laterali, sono distribuiti secondo i seg- menti del corpo, gli organi della linea laterale inferiore, ossia del ramo ventrale, poggiando sui muscoli propri della pinna anale, sono distribuiti a norma dei raggi di questa pinna, cioè secondo un multiplo del numero dei raggi. Potrebb'essere intanto che, nei pesci primitivi, gli organi laterali fossero distribuiti secondo i segmenti; però, ad asserire ciò, bisognerebbe avere in appoggio dati di fatto, che finora mancano, tratti a preferenza dalla ontogenia dei Fisostomi addominali o meglio ancora dei Ganoidi e degli Elasmobranchi. Con ciò, non è quindi esclusa la possibilità della omologia degli organi laterali dei vertebrati con quelli descritti da Eisig nei Capitellidi. Per me, ritengo questa omologia soltanto possibile, ma tutt'altro che dimo- strata. L’affinità dei vertebrati con gli anellidi deve essere cercata molto più indietro e, se esiste realmente, in forme animali in cui la metameria era appena accennata (*). Non mi sembra ammissibile che la metameria (') Ibid. p . 311. (3) 1. c. p. 38. (*) Miiller's Archiv; 1861. 'l'av. XX. fig. 4. (') Si riscontri in proposito Balfour, Development of Elasmobranch fishes. London 1873 p. 171. = 48 degli anellidi sia andata dileguandosi successivamente durante lo sviluppo filogenetico dei- vertebrati primitivi, alla qual cosa contradicono alcuni fatti della ontogenia; difatti, lo sviluppo degli organi, i quali assumono, nei vertebrati, un carattere segmentale, accenna ad una doppia evoluzione, cioè: in un primo tempo. si sviluppa una metameria uniforme, partendo da uno stato indistintamente metamerico: più tardi si avvera una riduzione della metameria, per differenziazione di singoli segmenti o di gruppi di segmenti. Così il condotto di Wolff precede i tubi segmentali, che poi cedono il posto ad una distribuzione dismetamerica dei canalicoli renali. Così gli organi laterali dei pesci e degli anfibî (per quanto è noto finora), da prima distribuiti irregolarmente, divengono poi segmentali e più tardi i gruppi segmentali sì confondono insieme. Infine gli studî importanti di Hasse (') sulle vertebre degli Elasmobranchi viventi e fossili appoggiano il mio modo di vedere, mostrando che la segmentazione della colonna vertebrale, da prima irregolare (Onchus, Chimaera ecc.), ha acquistato soltanto successivamente la sua regolarità e la sua perfezione. Per ritornare al nostro caso speciale, se l’omologia messa innanzi da Eisig è vera, bisogna far risalire l'origine degli organi laterali degli Anellidi e dei Vertebrati a forme debolmente segmentate, che sole potrebbero riguardarsi come quei vermi dai quali abbiano potuto derivare i vertebrati. La linea laterale principale è probabilmente primitiva rispetto alle altre, e a questa sola si potrà riferire una omologia con organi esistenti nei vermi, sia che si voglia cercare questa omologia negli organi di senso segmentali dei Capitellidi, sia che la si riponga nella « linea laterale » descritta da Semper (°) nei Naidi e negli Irudinei. Difatti, nel Fierasfer (fig. IX), le linee laterali dorsale e ventrale sono, in origine, formazioni locali e constano ciascuna di un solo organo di senso isolato. La figura citata di F. E. Schulze ci mostra un fatto consimile in una larva di Triton, in cui il nervo superficiale dorsale era ridotto a cinque fibre, le quali innervavano altret- tanti piccoli bottoni di senso. Ma, secondo le osservazioni del Balfour (*), negli Elasmobranchi, il primo accenno della stessa linea laterale principale sarebbe un ispessimento locale dell’ectoderma, assai breve e situato verso il limite posteriore del capo; questo fatto sembrami piuttosto contrario anzichè favorevole alla ipotesi della segmen- talità primitiva degli organi laterali. Se pertanto non posso accettare, senza le massime riserve, le omologie dell'Eisig, ritengo assai verosimile l’analogia degli organi da lui descritti con quelli della linea laterale dei pesci: sono organi che devono essere adattati ad una condizione importante e finora non certamente definita della vita acquatica. Non ho istituito sperimenti che possano far conoscere la funzione del sistema degli organi laterali. Sem- hrami però che la conoscenza precisa della struttura e della topografia di questi organi possa spargere qualche luce sulla loro funzione probabile. Anzitutto l’esistenza di una cupula terminale, che ricorda quella descritta da Lang e da Hasse ('), sulla crista acustica dei Ciprinoidi, induce a pensare ad una qualche reale analogia di funzione fra il labirinto acustico e gli organi laterali, chiusi o no entro canali. Un’altra rassomiglianza con i canali semicircolari sta nella disposizione dei canali mucosi del capo, i quali corrono in tre direzioni pressochè perpendicolari fra loro, secondo i tre assi di un sistema di coordinate ortogonali, come i tre canali (') Das natitrliche System: der Elasmobranchier, auf Grundlage des Baues und der Entwicklung der Wirbelsaule; Zoolog. Anzeiger, I. 1878 p. 144. (*) Die verwandischaftlichen Beziehungen der gegliederten Thiere: Arbeiten aus dem Zoolog. Zootom. Instit. Wiirzburg. III. p. 215 e seg. La critica delle speculazioni del Semper è stata fatta con molta severità dall'’Eisig (1. c. p. 320 e seg.); io sono d’avviso che gli argomenti di Eisig non possono avere tutto il valore distruttivo ch'egli vi attribuisce, finchè il significato morfologico di quella cosidetta linea laterale non sia stabilito da nuove osservazioni in altre forme di Anellidi. Siffatte osservazioni sarebbero. poi viemaggiormente necessarie per poter confermare in qualche modo l'opinione affermativa del professore di Wiirzburg. (#) Lc. p. 141, 142. (*) Anatomische Studien, Heft I. p. 1. L'esistenza di questa cupula terminale è stata recentemente negata da Hensen , il quale, non avendola trovata nel genere Gobius, la crede un artefatto (Archiv. f. Anat. u. Physiol.; Anatom. Theiì 1878 Heft VI.). — dO — semicircolari stanno nei tre piani coordinati del medesimo sistema. E similmente si comportano, nel Fierasfer gli organi laterali che stanno fuori dei canali, in ispecie quelli del tronco e della coda. Ivi i canalicoli epiteliali sono diretti sempre perpendicolarmente alla diagonale maggiore del rombo occupato dalle estremità delle cellule del bottone di senso, e seguono due direzioni fra loro perpendicolari. Fatti consimili sono stati pure osservati da Malbrane (') negli anfibî, ove i gruppi disposti in serie degli organi laterali sono orientati secondo due direzioni fra loro perpendicolari e l’asse longitudinale di ciascuna serie perpendicolarmente alla direzione del gruppo: egli pertanto non riconosce cavità intorno ai bottoni, nè canalicoli che partano da essi. Se dunque sì tien conto di queste rassomiglianze con gli organi uditivi dall’una parte e della posizione superficiale dall’altra, non parrà strana l'ipotesi che gli organi laterali abbiano una sensibilità speciale, intermedia fra il tatto e l’udito, alla quale si può acconciamente dare il nome di un sesto senso; e così, fin dal 1825 si esprimeva il Knox (*) molti anni prima che Leydig avesse scoperto i bottoni nervosi dei canali mucosi. L'autore inglese supponeva che i tubi mucosi dei Plagiostomi fossero organi di senso atti a percepire talune onde del liquido ambiente: secondo lui, le sensazioni trasmesse da questi organi avrebbero, per i pesci, un significato analogo a quello delle senzazioni, per mezzo delle quali i pipistrelli acciecati di Spallanzani si dirigevano, volando in una camera, senza urtare contro nessun ostacolo. La diversa orientazione dei singoli organi laterali, in rapporto con la direzione delle serie o dei canali sembrami atta a rendere ciascun bottone laterale impressionabile piuttosto ai movimenti dell’acqua che abbiano una data direzione. I canali e canalicoli coi quali gli organi laterali sono in rapporto agevolerebbero il trasporto del liquido contenutovi, secondo la direzione serbata da ciascuno di essi. Una considerazione interessante è stata fatta ultimamente da F. Dercum (°) riguardo ai tubi laterali più o meno chiusi. Egli suppone che la parete esterna di quei canali, dove è membranosa, agisca come un tim- pano, ricevendo la pressione delle onde liquide, per trasmetterla, attraverso il fluido intracanalicolare, alle terminazioni nervose. Agirebbero più intensamente quelle pressioni che sono perpendicolari alla membrana. L’autore vorrebbe escludere l’idea di un movimento d’insieme del liquido nei tubi, la quale esclusione non parmi ammissibile quando si consideri che non vi è limite preciso fra organi laterali chiusi e scoperti; certo quei movimenti saranno minimi e quasi nulli nei tubi chiusi; ma con ciò non cangia essenzialmente il significato degli organi; come negli organi uditivi dei crostacei, vi sono organi chiusi e organi aperti, i quali hanno strutture consimili e funzioni certamente non molto diverse. Il medesimo autore paragona le terminazioni nervose del sistema laterale con quelle dell'organo uditivo e propone il nome di maculae laterales (parallelo a quello di maculae acusticae) per i bottoni nervosi di Leydig. La funzione dei tubi mucosi dei Plagiostomi potrebbe essere alquanto diversa. Qui certamente non è possibile un movimento in massa del loro contenuto, ma soltanto un’oscillazione della gelatina che li riempie. Questa gelatina sarebbe probabilmente omologa alla cupula terminale degli organi laterali; anche negli organi laterali (almeno in molte forme), i peli sensorî non vengono mai a contatto con l’acqua, ma sono compresi nella massa molle della cupula terminale. Che, negli anfibî, la sensibilità degli organi laterali sia piuttosto tattile anzichè chimica, dimostra uno sperimento di Bugnion sul proteo (*) che contraddice, a sentenza dell’autore stesso, l'opinione preconcetta ch'egli (Ml ep99! ° (7) On the theory of the crislence of @ sicth sense in fishes etc. Edinburgh Journ. of science Vol. II. 1825; secondo un estratto in Froriep. Notizen N. 187, 1825; T. IX. p. 164. *) The lateral sensory apparatus of fishes; Proceed. of the Acad. of nat. sc. of Philadelphia 1879 p. 152-154. (‘) 1.c. p. 302. Pauna & Flora del Golfo di Napoli. \l. Fierasfer. CE ne aveva. E d’altronde il Todaro (') ritiene doversi considerare come organi tattili quelli in cui i peli di senso assumono forma conica. S’intende bene che alla parola « tatto » devesi qui attribuire un significato molto generale, non escludendo modificazioni profondissime del genere di percezione. Lo stesso autore (*) ammette poi analogia fra gli organi laterali dei vertebrati acquatici e i bottoni di senso della cute degli Ofidî e dei Saurî: il criterio di analogia ‘sarebbe qui, da una parte, quello della forma dei peli, dall’altra, la terminazione entro cavità chiuse. Debbo soggiungere che quest’ultima considerazione perde molto del suo valore per la esistenza di organi laterali liberi nelle larve di pesci e di anfibî e nel genere Gobius allo stato adulto. Notevoli differenze sussistono certamente fra gli organi di senso della pelle dei rettili e gli organi laterali degli anamnî e, se fra tutti questi organi, evvi una certa analogia, è necessariamente un’analogia piuttosto remota, essendo, gli uni come gli altri, organi di tatto, differenziati per rispondere a determinati eccitamenti; e questi, senza dubbio, non sono gli stessi in animali nuotanti e in animali che strisciano sul suolo. Che vi sia differenza di funzione fra le due forme degli organi laterali del Fierasfer adulto è cosa probabile, che, per ora, sfugge totalmente all’analisi. Resta del pari problematico il valore funzionale della cupula terminale trovata dappertutto da Solger negli organi laterali dei pesci, di struttura tanto complicata nei canali mucosi del Fierasfer. - ©cehio! Rileverò soltanto alcune particolarità anatomiche più interessanti dell'occhio del /. «cus. La cornea è stata già studiata e descritta da me in altro luogo (*). Basterà ricordare che la congiuntiva corneale, ispessita sui margini e sottile nel mezzo, è tesa sull’occhio, continuandosi, senza plica marginale, con la cute circostante. La porzione sclerale della cornea è sottile e si muove sotto la congiuntiva corneale, seguendo le escursioni del bulbo. Questo è quasi sferico, con pareti sottili; la sclerotica è membranosa, senza cartilagine. L’iride è inserita lungo il contorno della cornea pel solo margine, per cui il ligamento annulare è quasi nullo. Come è stato detto sopra, l’iride del Fierasfer è manifestamente contrattile sotto l'influenza della luce ed è capace di ridurre la pupilla a strettissima apertura puntiforme. Questa circostanza mi ha indotto a cercarvi una muscolatura; però, non ostante le ricerche più accurate, non ho potuto trovare elementi simili alle fibre muscolari lisce ordinarie. Soltanto, intorno al forame pupillare, fra l’argentea e l’epitelio uveale, corre una zona circolare di elementi fusiformi allungati, intensamente pigmentati, con un piccolo punto bianco che corri- sponde al nucleo. Io ritengo essere questi gli elementi contrattili dell’iride, che sarebbero fibro-cellule muscolari pigmentate. Ho veduto elementi assai rassomiglianti in alcuni squali (ScylWliwm, Mustelus), esaminando sezioni radiali del segmento anteriore dell’ occhio fatte allo scopo di studiare la cornea, nè potei rinvenirvi fibre muscolari di forma ordinaria; l’iride dei Selacî meriterebbe sotto altri riguardi di essere fatta oggetto di speciali ricerche, le quali, ne son certo, darebbero interessanti risultati. L'occhio riceve sangue da un ramo della carotide e inoltre dal vaso reduce dalla pseudobranchia, il quale forma una piccola glandola coroidea. Un ramo arterioso centrale traversa la retina, all'ingresso del nervo ottico e forma una rete ialoidea a maglie allungate nel senso radiale (fig. 70); al limite anteriore della retina, i vasi della rete ialoidea sboccano in un vaso circolare venoso che comunica, per molti piccoli rami, con le vene dell’iride. I muscoli oculari sono gracili, in proporzione della grandezza mediocre del bulbo. 1) Gli organi di gusto e la mucosa bocco-branchiale dei Selacî p. 52-55. (") (3) Sulla struttura intima della pelle dei rettili. Roma 1875. Accad. dei Lincei; p. 29. (*) La cornea dei pesci ossei. Giornale di scienze naturali ed economiche XIII. Palermo 1878. 25 tav. IVbis fig. 77. È dI = bill — lt. APPARECCHIO CIRCOLATORIO ('). Cuore e arterie. Il cuore del Fierasfer acus non ha vasi proprî; l’atrio (tav. VI. fig. 65 e tav. VIII fig. 8000) si estende a mo’ di cappa sulla faccia dorsale del ventricolo (v.), e, quando è pieno di sangue o di massa colorata injettatavi, fa riconoscere che la sua cavità si estende con numerosi prolungamenti entro î margini laterali assottigliati. Le pareti del ventricolo sono spugnose (fig. 80), come negli anfibî, fatto osservato pure in altri pesci. Al bulbo aortico (0) segue il tronco dell'aorta, il quale, manda le quattro paia di arterie branchiali (fig. 64 ad, — abi). Delle quattro vene branchiali, Ie due prime (fig. 64 vd, 002) prendono parte alla formazione del circolo cefalico, ma prima di ciò danno sottili rami arteriosi al voluminoso muscolo anteriore della vescica aerea. Dalla estremità della prima vena branchiale in avanti, il circolo cefalico segue il margine esterno del muscolo anzidetto, indi s’inflette per costituire la carotide anteriore (ca), passando sulla faccia ventrale del muscolo. Nel punto d’inflessione manda la carotide posteriore (cp) (*), che si divide tosto in due rami, l’uno posteriore, l’altro (') Lo studio del sistema vascolare del Fierasfer mi ha offerto non lievi difficoltà, ed anzitutto mi si faceva incontro l’impos- sibilità di adoperare i mezzi ordinarî d’iniezione, in ragione della sottigliezza e della fragilità dei vasiin cui doveansi introdurre le cannule; io non era dunque in grado di applicare molti dei precetti dati dagli illustri maestri dell’arte anatomica. Dopo diversi tentativi, mi sono appigliato a due vie per la iniezione: il bulbo aortico, iniettando attraverso le branchie, per ottenere iniezioni arteriose; la vena codale, per le iniezioni venose. Sempre io cominciava con dissanguare il pesce, recidendogli la coda con un colpo di forbice. Apparecchio d’iniezione era una cannula di vetro, fatta con un cannello stirato in punta sottile alla lampada; sulla estremità larga del cannello un pezzo di tubo di cautsciù chiuso ad un estremo. Riempito in parte l'apparecchio con la massa d’iniezione e introdotta la cannula nel vaso, bastava premere il tubo di cautsciù fra il pollice e l'indice per spingere il liquido colorato. Le iniezioni per la vena si facevano sul pesce ancora vivente. La cannula veniva introdotta semplicemente fra le apofisi inferiori delle vertebre della coda recisa; s'intende che non sempre riusciva entrare nella vena: ma, dopo un tentativo fallito, si poteva farne un secondo e un terzo, avendo cura di recidere ogni volta un tratto di coda. Il pesce moriva durante l’iniezione, e forse le contrazioni del cuore contribuivano ancora a spingere la massa. Per iniettare dal bulbo aortico era necessario immobilizzare il pesce, la quale cosa io otteneva tenendolo qualche tempo in acqua ove avea versato alcune gocce di cloroformio. Non potendo senza inconvenienti riscaldare l’animale ho dovuto far uso di masse liquide a freddo. Quella che mi ha dato i migliori risultati è una soluzione neutrale di carminio (sciolto in ammoniaca) al 10 °. Questo liquido piuttosto denso penetra facilmente nei vasi più sottili, senza diffondersi attraverso le loro pareti. Immergendo il pesce nell’alcool, subito dopo l'iniezione, il carminio precipita e i vasi restano abbastanza pieni, perchè il preparato possa servire anche a ricerche microscopiche (tutte le figure delle tav. VI. e VII., ad eccezione delle fig. 76, 77, 78, sono ricavate da preparati così ottenuti). Se la soluzione contiene sottili granuli di carminio precipitato, questi si fermano in parte nei capillari e si ottengono allora preparati in cui le vene sono -più chiare delle arterie o viceversa, questi preparati sono buoni soltanto per l'esame macroscopico. Mi sono pure giovato alcune volte di una massa all’azzurro di Prussia solubile, con 4 °/, di gelatina, secondo il precetto di Ranvier; questa massa, una volta fusa, rimane liquida per lungo tempo e può adoperarsi a freddo. Queste ricerche si riferiscono al solo F. acus. (#) Chiamo questi vasi coi nomi di carotide anteriore e posteriore, nel senso di. Hyrtl (Beobacht. aus d.iGebiet d. (reftisslehre, in Medie. Jahrb. d. Oesterr. Staates XXIV. 1837 p. 69 e seg.): secondo Stannius (Zootom. d. Fische 2° ediz. p. 144), entrambi sarebbero rami della carotide posteriore e il nome di carotide anteriore rimarrebbe riservato ad un ramo proveniente dalle pseudo- branchie, il quale manca nei Teleostei. Forse sarebbe più acconcio dare alle carotidi anteriore e posteriore di Hyrtl i nomi di carotidi interna ed esterna. SOR anteriore. Il ramo posteriore segue il decorso della branca io-mandibolare del facciale, e traversando col nervo il forame dell’osso di questo nome, si distribuisce ai muscoli che stanno all’esterno del sospensorio e alla cute della regione opercolare, mentre un ramo terminale segue l’osso ioideo e provvede la parte superiore della mem- brana branchiostega. Il ramo anteriore passa innanzi all’osso io-mandibolare e provvede i muscoli e la cute della regione sottorbitale e della mascella inferiore. Le carotidi anteriori raggiungono la base del cranio, pas- sando fra i due muscoli anteriori della vescica e, traversando un forame del parasfenoide, penetrano nel cranio ove si anastomizzano fra loro: ivi, oltre i rami all’encefalo e agli organi dell’udito, danno le arterie ottalmiche (a0t), le quali passano per un canale scavato nel parasfenoide, ed, esternamente a queste, le arterie etmoidali (ae), che accompagnano il nervo olfattorio e si distribuiscono all'organo dell’olfatto e alle parti anteriori della cute del capo e della mucosa boccale. | Oltre a prendere parte alla costituzione del circolo cefalico, la prima vena branchiale manda dalla sua estremità ventrale la solita arteria ioidea (a 4) diretta alla pseudobranchia (pd), ramo sottilissimo ‘che attraversa l’osso ioide e, nel suo decorso, dà ramuscoli ai raggi branchiostegali inferiori e alla mucosa del palato. La pseudobranchia ha due piccoli lobi coperti da sottile mucosa. Uscendo da quest’organo, l’arteria si dirige in linea retta verso lo sfenoide basilare, e, dopo di essersi anastomizzata con quella del lato opposto, attraverso il forame dell’osso, entra nell'occhio a formarvi una piccola glandola coroidea. Dall’estremità posteriore del circolo cefalico parte l’aorta (fig. 64e 660), la quale subito manda, da ciascun lato, un’ arteria che possiam dire occipitale (a0c) che dà rami al muscolo anteriore della vescica, indi ascende innanzi al tronco del vago, per provvedere i muscoli profondi della base del cranio e i motori del- l'opercolo e finalmente si dirama alla cute delle regioni occipitale e opercolare. Seguono le arterie ascellari (aax), molto sottili, le quali passano tra il rene cefalico e il muscolo anteriore della vescica per recarsi alla pinna pettorale. Poi l’aorta riceve da ciascun lato un grosso vaso che reca il sangue delle due ultime vene branchiali (0 d3, vb). Poco più giù si distacca l’arteria celiaca (ac), di volume non inferiore al resto dell’aorta; questa si approfonda dietro la vescica aerea e raggiunge la colonna vertebrale per seguire poi il lato interno del rene sinistro e della vena cardinale corrispondente (fig. 66), quindi passa dietro la massa posteriore del rene, per entrare con la vena codale nel canale formato dalle apofisi inferiori delle vertebre codali. In tutto quel decorso, l’aorta dà rami segmentali ai muscoli e alla cute delle pareti del corpo. L’arteria celiaca manda una mesenterica superiore (ams) e altri piccoli vasi per i mesenteri e per la superficie della vescica aerea, quindi si divide in due grossi rami; l’uno di essi si distribuisce all’apparecchio digerente, alla milza e agli organi sessuali; l’altro penetra nella camera media della vescica aerea e provvede di sangue le pareti della vescica e gli organi rossi in essa contenuti. Dal tronco comune delle due ultime vene branchiali di destra parte un’arteria mesenterica inferiore (amd), la quale, per la situazione dell’ano nel Fierasfer, trovasi effettivamente anteriore alla mesenterica superiore ; essa si distribuisce agli ultimi tratti dell’intestino. Vene. Le vene del capo accompagnano in generale i nervi, di cui seguono il decorso. Quelle delle regioni etmoidale e sottorbitale e della mascella inferiore, seguendo i rami del trigemino, entrano nel cranio, pel forame anteriore dell’osso petroso (fig. 65). Le ottalmiche seguono le arterie corrispondenti, dopo di essersi ici bn ST 0 DAS anastomizzate insieme, attraverso il forame dello sfenoide basilare. Riunite insieme, tutte queste vene formano un tronco che raccoglie il sangue del cervello, del saccus vasculosus (fig. 65 sv) e della parte anteriore dell'organo dell'udito (nei preparati iniettati, i vasi del sacco vascoloso e delle cavità uditive si veggono benissimo attraverso le ossa trasparenti della base del cranio, fig. 65 ) ed esce dal cranio insieme col nervo facciale; in questo punto, accoglie ancora alcuni piccoli vasi provenienti dalle parti vicine, e, come vena giugulare (v va), decorre quasi in linea retta indietro, verso il tronco di Cuvier. Durante quel tragitto, segue profondamente il margine esterno del muscolo anteriore della vescica e riceve una grossa vena ioidea (vh) proveniente dalla membrana branchiostega e dai muscoli dell’opercolo, vene bronchiali dagli archi branchiali, vene del muscolo anteriore della vescica e una vena che esce dal cranio pel forame del vago e reca il sangue delle parti po- steriori dell’organo dell’udito. Le vene cardinali (tig. 66, vvp) sono di calibro disuguale. La destra è la più grossa: essa comincia come vena codale, e, correndo nel canale formato dalle apofisi inferiori delle vertebre, al disotto dell’arteria codale, giunge nella massa posteriore del rene (Rp) che attraversa, accogliendone le vene reveenti. Appena uscita dalla massa del rene, riceve una grossa vena dell’organo rosso posteriore della vescica aerea (vena vescicale posteriore) e si continua al lato mediano del cordone renale destro; indi passa, insieme col rene e altri organi nell’angusto spazio che resta tra i muscoli anteriori della vescica, e, correndo sulla faccia ventrale del rene cefalico (R.c), s'inflette per continuarsi direttamente col tronco di Cuvier destro. In questo tragitto accoglie vene reduci dal rene e dalla massa linfatica che circonda il condotto di Wolff (vena porta renale di Jacobson). Le vene aveenti di questo sistema (var) provengono dalla muscolatura del corpo e si distribuiscono nelle parti vicine del rene e della massa linfatica che lo circonda (si riscontri il capitolo che riguarda i reni). La vena cardinale sinistra è più sottile, e il suo sangue proviene esclusivamente dalle vene reveenti renali : il suo decorso è d’altronde identico a quello della vena cardinale destra. Il tronco di Cuvier destro riceve isolatamente una vena mesenterica che non si versa nel sistema della vena porta. La vena epatica sbocca nel seno venoso con brevissimo tronco. Le vene del sistema della porta epatica accolgono il sangue dell'apparecchio digerente, della milza, degli organi sessuali (in parte) e dell’organo rosso anteriore della vescica aerea. Le vene dell’uretere, della vescica urinaria e dei mesenteri comunicano col sistema della vena porta e con quello delle vertebrali. Un'altra comu- nicazione più diretta ha luogo per due piccoli vasi che dalla parte venosa dell'organo rosso posteriore della vescica aerea portano sangue alla vena dell’organo anteriore. Una piccola parte dei vasi delle glandole genitali, seguendo il rispettivo mesentere, si versa nel sistema delle vene cardinali (vene aveenti del rene posteriore). Non ho istituito ricerche intorno ai vasi linfatici, che, per la piccolezza dell’ animale facevano presagire difficoltà tecniche fuori proporzione con i risultati attendibili. 5. APPARECCHIO DIGERENTE (°). Il tubo gastro-enterico ha una disposizione assai semplice nel Fierasfer acus: dal largo faringe sì passa, senza limite distinto, allo stomaco, il quale ha forma subcilindrica o fusiforme, secondo che è vuoto o pieno di alimenti e termina in dietro a punta; al lato destro e nella sua metà superiore, lo stomaco ha un prolungamento ascendente ch’è il piloro e sul quale s’innesta l’intestino, con due saccocce poco sporgenti, che rappresentano appendici piloriche rudimentali (tav. VIII. fig. 82 py). A partire dal piloro, l’intestino si dirige innanzi per breve tratto, strettamente addossato allo stomaco, indi s’ incurva ad arco e forma due anse longitudinali, per poi dirigersi all’ano situato molto innanzi, poco dietro la sinfisi delle clavicole. Lo stomaco è fornito di robusta tunica muscolare, che, contratta, riduce in strette pieghe la mucosa. Questa è fornita di glandole tutte simili fra loro, nè mi è stato possibile riconoscervi differenza di glandole mucose e peptiche (°). Le glandole dello stomaco (fig. 83) sono tubi semplici o lobati, non ramosi, i quali, con la loro estre- mità aperta, convergono a gruppi, per sboccare in brevi condotti escretorî comuni che si aprono alla superficie della mucosa. Questi condotti escretorì, che possono considerarsi, con Edinger (*), come cripte della mucosa, sono rivestiti di un epitelio a cellule cilindriche poco diverse dalle cellule più alte (a) della superficie della mucosa e formano il passaggio a cellule cilindriche piccolissime (b), le quali appartengono ai condotti escretorî proprî dei singoli tubi glandolari (porzione intermedia, Schaltstck dei tedeschi). Questi epitelî differiscono da quello della superficie dello stomaco, per la forma soltanto, mentre restano identici i caratteri di struttura: così i contorni ben marcati, il plasma quasi omogeneo ed i piccoli nuclei, che si tingono fortemente con l’ematossilina (preparato indurito in acido picrico-solforico, poi in alcool). Invece le cellule della parte terminale secernente (fig. 83 c e fig. 84) sono più grandi, con plasma pallido e granelloso, nuclei più grandi di aspetto vescicolare che, si tingono debolmente dall’ematossilina e con nucleoli ben distinti. Come Edinger, io non ho trovato più di una sola forma di cellule speciali nelle glandole dello stomaco. Nella porzione dell’esofago che confina con lo stomaco, vi sono cripte più o meno profonde, in cui però l’e- pitelio non differisce da quello delle parti vicine della mucosa; è però più basso di quello della superficie dello stomaco. Nel F. dentatus, la mucosa dell’esofago e dello stomaco ha uno strato profondo (sottomucosa) pigmentato. Le cripte dell’esofago non si approfondano in questo strato, in cui penetrano invece, per tutta la loro porzione specificamente differenziata, le glandole dello stomaco. (') La figura data dall'O. G. Costa (Fauna del regno di Napoli ecc: tav. XXbis fig. 2) dei visceri del Fierasfer acus è difficile a comprendere e certamente, in molti punti, inesatta: lo stesso dicasi della descrizione anatomica. Pare che l’autore ritenga come stomaco il retto, dilatato per accumulo di fecce, e, come esofago, l'intestino, mentre lo stomaco vero non è rappresentato nella tigura. Si potrebbe forse ritenere che lo stomaco sia figurato come vescica natatoria, ma ciò male si accorderebbe con la descrizione dlatane a p. 3. Forse il Costa avrà avuto a sezionare qualche esemplare che avesse rigurgitato lo stomaco, caso che, in questa specie, non mi è mai occorso osservare. Che cosa siano le glandole pancreatiche dell'autore, io non ho saputo riconoscere. (*) Nel Zophius piscatorius, Ricci (Intorno alla speciale forma e struttura dello stomaco di alcuni pesci. Rendiconto dell'Acc. di sc. fis. e mat. di Napoli 1875 p. 124), descrive glandole peptiche e glandole mucipare. (°) Ueber die Schleimhaut des Fischdarms. Archiv. f. mikroskop. Anat. XIII. 1877 p. 6. — 55 — & AI piloro, la parete dello stomaco penetra a forma d’imbuto nella cavità ampia del duodeno ed ivi forma così una specie di valvola. Da quel punto, il carattere della mucosa cangia: non vi si riscontrano più glan- dole, ma soltanto un epitelio poco elevato, avente i soliti caratteri dell’epitelio intestinale e sparso di cellule caliciformi. Im tutto l'intestino, la mucosa forma ‘pieghe ele vate, discontinue (villi), disposte a meandri e di altezza molto variabile; più sviluppate nel duodeno, assai basse negli ultimi tratti. La struttura delle due bozze che rappresentano le appendici piloriche non differisce per nulla da quella delle parti vicine dell’intestino; al principio dell’intestino terminale, che comprende soltanto il braccio ascendente dell’ultima ansa, evvi, come di solito, una valvola ad imbuto, ma da questo punto non cambia nè l’aspetto nè la struttura del tubo intestinale. La vascolarità del tratto intestinale dei pesci è stata finora assai poco studiata e rimane tuttavia isolato il lavoro di Melnikow (') sui vasi intestinali della Lota vulgaris. Nel Fierasfer acus, î vasi dello stomaco si comportano come nella Lota: anche qui le arterie e le vene cor- rono insieme nella sottomucosa e sono riunite da una capillarità che si distribuisce fra i tubi glandolari. La muscolare ha pochi sottili vasi, che corrono tra lo strato longitudinale e lo strato circolare. In quanto all’ intestino, non sembra che i risultati di Melnikow possano accettarsi senza riserva, in ispecie per quel che riguarda le glandole vedute da quest’osservatore nella Lota, le quali, secondo le ricerche) di Edinger (*) e le mie proprie, mancano in generale nei pesci. Riguardo ai vasi delle pliche meandriformi che - rappresentano i villi, ho ottenuto risultati alquanto diversi da quelli di Melnikow. Questi ritiene che rami arteriosi e venosi ascendano insieme nelle pliche villiformi, ed ivi sì ricongiungano in una rete capillare a maglie allungate, senza che arterie o vene presentino disposizioni proprie, nel loro decorso. Nel Fierasfer (tav. VII. fig. 79), si può riconoscere, lungo il margine libero delle pliche mucose dell'intestino un vaso più largo che ne segue il contorno e che sta in comunicazione più con vene anzichè con arterie, per cui lo considero come un collettore venoso. Lungo la base della plica, corrono insieme un’ arteria e una vena: quella manda rami che ascendono, formando una capillarità a maglie allungate, la quale versa poi il suo sangue nel collettore venosol; da questo, partono grossi rami discendenti che vanno a sboccare nella vena. Questa disposizione, sviluppata al massimo nel duodeno, diviene semprepiù confusa, a misura che si discende verso le parti terminali dell'intestino, ove le pieghe si fanno sempre più basse e finalmente appena sensibili. Il fegato (fig. 64, 65 e 80 F), appiattito e piuttosto voluminoso, ricopre dal lato ventrale il duodeno e parte dello stomaco e del pacchetto intestinale. La cistifellea (fig. 81 e 82 cf) sta ferma fra l’arco del duo- deno e l’esofago; il dutto cistico, piuttosto lungo, si riunisce al dutto epatico, poco prima di sboccare alla su- perficie posteriore, inferiore del duodeno. Il pancreas esiste nel Fierasfer in forma di cordoni glandolari più o meno ramificati e lobati (fig. S1 e 82 Pa) i quali accompagnano vasi venosi del sistema portale, fatto conforme a quanto è stato osservato da Legouis (°) in altri pesci ossei. Io ho constatato nel Labrax lupus i principali fatti descritti dal suddetto autore e non dubito della esattezza delle sue osservazioni. In molti Teleostei, il pancreas, invece di costituire una massa compatta, si diffonde lungo le vene dei mesenteri, fino a grandi distanze, in forma di cordoni talvolta esilissimi e ') Archiv. f. Anat. u. Physiol. 1866 p. 587-591. 3) Recherches sur les tubes de Weber et le pancréas des poissons osseur. Ann. d. se. nat. VI. sér. tom. XVII. e XVII. ( (}) L cit. ( . — si — difficili a seguire, che sono stati confusi con organi linfoidi (‘). Nel Fierasfer acus seguono le vene dello sto- maco e dell'intestino, la vena splenica, che conduce anche sangue proveniente dalle glandole sessuali, le vene della cistifellea ece.; sotto l’arco del duodeno, i cordoni pancreatici s'intrecciano fra loro e con rami più brevi spiccati in quella regione, circondando il dotto colecodo. ‘In quella regione devono sboccare nel duodeno; però non mì è riuscito scoprire il punto preciso dello sbocco. Im alcuni pesci (Ciprinoidi, Sparus), Legouis ha con- statato la penetrazione di tratti panereatici lungo le vene nella sostanza del fegato. Così verrebbe a spiegarsi la esistenza di fermenti pancreatici nel fegato di alcuni pesci (Cyprimus, Perca, Serranus ecc.) come fu rico- nosciuta dal Krukenberg (*). Nella sezione (fig. 85), i tubi pancreatici mostrano di essere rivestiti di cellule cilindriche, con nuclei pallidi è nucleoli ben distinti, con plasma piuttosto trasparente alle base delle cellule, molto torbido e con granuli rifran- genti all'estremità libera di esse. Quei tubi hanno diametro molto variabile e incostante; il loro lume è nullo o è molto stretto; hanno parete propria assai sottile e si addossano intimamente alla parete della vena vicina, oude forse traggono il materiale per la secrezione, e da quella vena si scostano di rado e per poco; d’altronde mancano di vasi proprî, come da accurate indagini ho potuto rilevare. Non è possibile confondere i cordoni pancreatici con i veri organi linfoidi del mesentere (*) (che potrebbero dirsi glandole linfatiche), i quali, nel Fierasfer, sono al numero di due, assai costanti, quantunque piccolissimi, situati in vicinanza della cistifellea o del culto cisitco. Questi organi hanno forma ovoide e sono provvisti di una rete di vasi capillari molto fitta. Oltre i due cumuli suddetti, se ne osservano , nella medesima regione, alcuni altri molto più piccoli e affatto microscopici, visibili in ispecie nei preparati iniettati, a cagione della loro speciale vascolarità. (') Furono veduti nelle 7rigla dal Leydig (Miiller's Archiv 1854 p. 324); questi descrive tratti che involgono le vene, costi- tuiti di cellule di aspetto epiteliale e racchiudenti nel loro interno sostanza granulare che ricorda il secreto del pancreas. Però l'au- tore considera quei tubi glandolari come spettanti all’apparecchio linfatico. (*) Untersuchungen aus dem Physiolog. Institut, Heidelberg. I. p. 389 II. p. 41-43. Krukenberg propone di chiamare « Epato- pancreas » il fegato dei pesci, quando contiene elementi pancreatici. Egli ha constatato, nei Ciprinoidi, che Ia bile contiene fermenti diastatici o n'è priva, secondo che i canali del pancreas confluiscono col coledoco prima di versarsi nell'intestino, o pure ne restano separati fino allo sbocco. (°) Descritti da Stannius (Zootomie d. Fische 2% ediz. p. 261) nel mesentere di diversi pesci. ti i ST i Na 6. VESCICA NATATORIA La vescica natatoria del Fierasfer acus (tav. VI. fig. 64 e 65, tav. VIII. fig. 80 V.), singolarmente sviluppata. sì estende per quasi tutta la lunghezza della cavità del corpo, occupandone la massima parte e ricoprendo il tratto dorsale dei reni e la colonna vertebrale. Veduta dalla faccia ventrale (fig. 64 e 65), vi si nota una dilatazione anteriore, le cui pareti laterali sono rinforzate dalle prime costole modificate e specialmente dalle lamine a cucchiaio della terza costola, alla quale aderiscono solidamente; dall’estremità della prima costola di ciascun lato,,parte un breve e robusto ligamento, che, allargandosi un poco, viene ad inserirsi alla faccia ventrale della Vescica. Alla parete apicale anteriore, si attaccano i due voluminosi muscoli a fibre ritorte (mav). Andando indietro, la vescica si ristringe notevolmente, per continuarsi in un tratto meno ampio, che va diminuendo ancora un poco di ampiezza. fino ad un punto più ristretto, dal quale fa capo un rigonfiamento terminale di forma ovoide allungata ('). In una sezione longitudinale (fig. 80), si viene a riconoscere che i tre tratti della vescica mentovati sopra sono, per mezzo di strozzamenti interni, separati inc ompletamente, da formare tre camere successive comuni- canti fra loro. Lo strozzamento posteriore è maggiormente pronunziato, anzi talvolta strettissimo; l'anteriore è più lieve. Le pareti della vescica sono elastiche, piuttosto rigide, quantunque deboli, di consistenza cartacea, poco . tenaci, di spessezza quasi uniforme; hanno aspetto sericeo e sono costituite principalmente da fibrille facil- mente isolabili, elastiche, piuttosto spesse, fortemente rifrangenti (*), disposte in senso longitudinale e trasver- sale, ma non sempre a strati regolari: predominano le fibre longitudinali; intrecciate ad esse stanno, a fasci, le fibre trasversali, che, in alcuni punti, formano uno stato circolare interno, in qualche altro punto, anche uno strato esterno. In mezzo alle fibre, stanno numerosi elementi cellulari piccolissimi, con muelei allungati nel senso della direzione di quelle; da non confondersi però con fibrocellule muscolari. Le superficie laterali e la ventrale sono ricoperte dal peritoneo, che, dalle pareti del corpo, si avanza a formare i mesenteri; le cellule pigmentate, che veggonsi alla superficie della vescica, appartengono appunto al peritoneo. L’interno della vescica è rivestito da una membrana sottile di connettivo molto fragile, composto di lamelle tenuissime e fortemente rifrangenti la luce, di aspetto quasi madreperlaceo, contenente molti elementi cellulari piccoli, incolori e cellule pigmentate, distribuite principalmente in vicinanza dei vasi della vescica, nonchè iridociti disseminati. Im un segmento terminale, che corrisponde quasi all'estensione dell’organo vascolare pesteriore della vescica, la mem- brana interna cangia natura, s’ispessisce , diviene trasparente e acquista la struttura di tessuto mucoso assai molle e povero di cellule, in cui corrono i vasi dell’organo rosso. Su questa membrana interna poggia l’epitelio, composto di cellule pavimentose estremamente appiattite e sottili, con nuclei appena visibili. (') Con questa deserizione e con i miei disegni, mal si accorda la figura data dal J. Miller (1. c.) che invece si appliche- rebbe abbastanza bene alla vescica dell’Encheliophis. Se non si voglia supporre un errore nel testo, bisogna ammettere che la figura del Miiller sia stata ricavata da qualche sehizzo molto imperfetto. (î) Menzionate da Leydig (Zistologie p.379) nella vescica di molti pesci. Fauna & Flora del Golfo di Napoli. Fierasfer. \I. SSN Le pareti della vescica sono singolarmente povere di vasi sanguigni, che vi formano reti a larghe maglie, di capillari sottilissimi; però, in due punti, vi si notano organi speciali vascolari molto ricchi di sangue e di struttura molto diversa. L'uno di essi sta nella camera media della vescica, l’altro nella camera posteriore. En- trambi ricevono sangue da un ramo principale dell’arteria celiaca, il quale penetra nella vescica al livello dell’organo anteriore, traversando obliquamente, insieme con la vena corrispondente (tav. VII. fig. 72), la parete della camera media. Giunta nella vescica, l’arteria si divide in due rami: l’uno brevissimo che tosto si sfiocca nell’organo vascolare vicino, l’altro che segue la parete ventrale della vescica, lungo la linea mediana, per andare all'organo posteriore. Lungo il loro tragitto, entrambi inviano rami sottilissimi alle pareti della vescica. L'organo vascolare anteriore è costituito da una rete mirabile arteriosa e venosa, dalla quale fa capo la circolazione di un disco circoscritto che sporge nella cavità della vescica. La struttura della rete mirabile non si può ad altro paragonare meglio che alla glandola coroidea: l’arteria si divide rapidamente in rami sottilis- simi (fig. 71 e 72); che corrono paralleli in avanti e, giunti all’estremità della rete mirabile, si riuniscono nuovamente, a formare piccoli tronchi; pari decorso, ma in senso inverso, hanno le vene, le quali finalmente si raccolgono in una vena unica che esce dalla vescica pel forame istesso dal quale è entrata l’arteria., Campo della vascolarità che sorge dalla rete mirabile è un disco alquanto smarginato indietro, che ha il suo centro all’estremità anteriore della rete mirabile e sporge debolmente nella cavità della vescica. Questo disco è un ispessimento dell’epitelio vescicale, costituito da una massa di cellule epiteliali, in mezzo alle quali cor- rono i vasi arteriosi e venosi. Come l’epitelio delle regioni vicine, il disco vascolare è sostenuto dalla membrana interna della vescica che vi passa sotto, e ne sostiene i margini assottigliati , separandone ancora il lembo posteriore dalla rete mirabile sottostante. I vasi arteriosi e venosi decorrono raggianti intorno al centro del disco (fig. 71) (cioè intorno al capo anteriore della rete mirabile): le arterie sono più sottili e, in preparati in cui esse sole sono injettate, si vede (fig. 74) che formano qua e là come gomitoli di capillari (') dai quali fanno capo piccole vene; le vene, ampie e numerose, si ricongiungono ad arcate lungo il contorno del disco (fig. 71 e 73), ed in queste arcate, si versano ancora sottili venuzze, provenienti dai capillari più lontani dal centro. Nei preparati completamente iniettati, le arterie quasi spariscono fra la massa delle vene e non possono seguirsi, in mezzo a queste. Ma di tuttocio, meglio che più lunghe descrizioni, daranno contezza le fig. 71-74. Tutto questo apparecchio vascolare, nel suo insieme, corrisponde precisamente a quella forma dei corpi rossi della vescica aerea, sulla quale J. Muller (°) ha stabilito il suo terzo tipo: rete mirabile arteriosa e venosa, dalla quale ha origine la vascolarità di un’ area circoscritta. Una sezione attraverso il disco dell’organo vascolare (preparato indurito nella soluzione di acido picrico e solforico, poi in alcool e colorato con ematossilina) ne farà riconoscere, a forte ingrandimento, la struttura (tav. VIII. fig. 86): qua e là veggonsi sezioni longitudinali, trasversali e oblique di vasi arteriosi venosi e ca- pillari; tutti con pareti sottilissime, prive di elementi muscolari. Quei vasi sono circondati immediatamente da cellule epiteliali di diversissima grandezza (da 15 a 60 p), di forme svariatissime, stivate e pigiate fra loro, da riempiere lo spazio rimasto fra i vasi. Le cellule si colorano poco, sono più o meno granulose, ma un esame accurato fa vedere che quei granuli sono per la massima parte l’espressione ottica di strie, le quali percor- rono il plasma delle cellule e sono dirette al vaso sanguigno più vicino (fig. 86 verso v'); poche cellule però le mostrano distinte, vista la disposizione irregolare dei vasi, per cui è difficile che il taglio cada parallelo alla (') Questi gomitoli furono già osservati dal Rathke (Millers Archiv., 1838, p. 426) nell'organo vascolare dalla vescica del- l’Ophidium barbatum. (*) Vergleichende Anatonie der Mycinoiden; Berlin. Akad. d. Wissensch. 1839. p. 263. — 59 — direzione delle strie. I nuclei sono vescicolari, più grandi nelle cellule maggiori, e il nucleolo, piccolo e sferico nei piccoli nuclei, diventa grande e stellato (forse artificialmente ?) nei grossi nuclei; il nueleolo si colora sempre intensamente dall’ematossilina. In generale, le cellule epiteliali più grandi sono quelle degli strati profondi; gli strati superficiali risultano principalmente di piccole cellule. Un preparato di superficie, tolto dall’ estremo margine del disco (fig. 87), farà riconoscere il passaggio graduale alle cellule piatte sottilissime dell’epitelio che, separate da contorni appena visibili, rivestono la parete della vescica natatoria. La transizione è manifesta, tanto nella forma degli elementi cellulari quanto in quella dei nuclei e dei nucleoli. In questa zona marginale, si trovano ancora elementi cellulari zon nuclei piccolissimi, forse forme meno sviluppate (giovani ?) degli epitelî del disco; ma fin da questo margine incomincia ad accen- tuarsi la differenza, fra gli elementi più grandi e solidi che circondano i vasi profondi e le cellule più piccole della superficie, le quali in questa regione assumono forme appiattite. L'organo vascolare posteriore è costituito su tutt'altro piano. L’arteria che vi si reca corre sulla mem- brana interna della vescica, lungo la linea mediana della parete ventrale , inviando sottili rami laterali alle membrane: finalmente si divide ad angoli acuti (tav. VI. fig. 64; tav. VII. fig.75) in diversi rami, che poi decorrono paralleli, in direzione longitudinale, come meridiani della estremità posteriore della vescica, dando numerosi ra- moscelli e assottigliandosi successivamente. Alternano con questi vasi arteriosi e decorrono paralleli ad essi altri vasi che potremo dire venosi, i quali convergono ad un polo situato all’apice della vescica, onde parte una vena che perfora la parete della vescica e si versa nella vena cardinale destra. Fra questi vasi arteriosi e venosi, esistono, in alcuni punti, anastomosi non capillari che sono continuazione dell’apice delle arterie e versano il loro sangue nei tronchi venosi (fig. 75), o pure, partendo dalle arterie, si continuano con l’apice delle vene. Però la maggior parte del sangue passa per una capillarità molto fitta, ma composta di vasi tanto larghi da non meritare quasi il nome di vasi capillari. Questa capillarità forma una rete quasi piana nei piccoli esemplari (fig 75), e, negli esemplari più grandi, sembra raccogliersi a ciuffi; ma, già nei piccoli individui, trovasi accennata la divisione a ciuffi e vi si notano pure qualche volta piccoli vortici, 0, come vorrei dire piuttosto, piccoli gomitoli, ben diversi però dai gomitoli dell’organo rosso anteriore. Dall’apice dei vasi venosi partono due sottili rami (l’uno di essi è disegnato in rosso chiaro nella fig. 75; si vegga pure la fig. 64) i quali accompagnano l’arteria, raccogliendo sangue dalle pareti della vescica, e si versano nella vena dell'organo vascolare anteriore. Per struttura istologica, quest’organo vascolare differisce pure molto dall’altro: l’epitelio della vescica non sa speciale; i vasi sanguigni non hanno relazione con esso, e corrono, ituito da un ispessimento della membrana in- è modificato e non forma quindi una mas come fu sopra cennato, entro quello strato di tessuto mucoso, cost terna della vescica. Tutta questa vascolarità si può dire quindi mor o vasi che da essa si dipartano, per ramificarsi in un territorio proprio. secondo l’illustre ana- fologicamente equivalente alla sola rete mi- rabile dell’organo anteriore, mancand A 3 i o î L'organo vascolare posteriore si avvicina molto al secondo tipo di J. Miller (‘), che, tomico, dovrebbe riguardarsi come il principio dello svolgimento dei corpi rossi, come forma intermedia fra le reti diffuse e i corpi vascolari localizzati: vasi arteriosi che si ramific o circoscritto , per poi raccogliersi in vene similmente distribuite. Le due pareti della vescica, che partono da questa e ano in ciuffi, e, senza riunirsi nuova- mente in tronchi, irrorano un camp vene che, nel nostro caso, accompagnano l’arteria, e i vasi delle i; 5 ‘imitivo . in cui lore: î sterior era © la si versano in quelle, accennano ad uno stato primitivo, in cui l’organo vascolare posteriore non era ancora differenziato dalla capillarità della vescica aerea. ') Lc. p. 263 (Esox lucius). — (Ae È certamente un caso singolare e molto interessante quello della esistenza di due organi vascolari di diversa struttura nella vescica del medesimo pesce, e non mi è noto che ciò sia stato osservato in altri pesci. Se veramente il caso sia unico, è quistione che ulteriori indagini potranno risolvere. Gli sperimenti di Moreau (‘) hanno messo fuori dubbio che la funzione degli organi rossi della vescica è di segregare i gas in essa contenuti e rispettivamente riassorbirli, onde mantenere le pareti della vescica nelle condizioni normali di tensione, regolando così il peso specifico del pesce perchè rimanga costante, non ostante le variazioni della pressione esterna; anzi, questo sperimentatore ha dimostrato nella Tinca (*) l'influenza del gran simpatico su questa funzione. Il gas segregato rapidamente contiene sempre prevalentemente ossigeno; l'azoto e l'acido carbonico vi si trovano in piccola quantità, la qual cosa parla in favore della sua provenienza dai gas del sangue. Però, il meccanismo fisiologico elementare di questa secrezione non è ancora studiato, e a me sembra verosimile che gli epitelî degli organi vascolari, che presentano, come fu detto sopra, struttura speciale e stanno a contatto immediato con i vasi, debbano rappresentarvi una parte attiva. D'altronde all'ipotesi di una vera secrezione gassosa non mancherebbe l’appoggio di fatti analoghi osservati: così la formazione di holle gassose nel protoplasma di amibe e rizopodi d’acqua dolce (*). La vescica natatoria del F. dentatus (tav. II. fig. 15) ha forma molto più allungata e stretta, quasi cilindrica, fortemente dilatata e. appiattita anteriormente, dove è sostenuta dalle 2° costole e da ligamenti robustissimi che partono dall’estremità delle 1° costole. All’estremità posteriore, la vescica ha una leggiera di- latazione quasi fusiforme. Le sue pareti hanno la medesima consistenza come nel F. acus. Evvi un organo vasco- lare anteriore; è incerta l’esistenza dell’organo posteriore; lo stato di conservazione dell’unico esemplare a mia disposizione non permette di dir nulla della loro minuta struttura. Dei muscoli della vescica è stato detto sopra. Nell’Encheliophis vermicularis, la vescica ha forma più semplice: alla dilatazione anteriore, che ricorda il F. dentatus, segue un tratto quasi cilindrico, separato dal primo, per lievissimo strozzamento. La disposizione singolare della vescica e dei muscoli che, partendo da essa, si attaccano al cranio, negli Ofidiidei, ha dato luogo a diverse supposizioni intorno alla loro funzione. i Rathke (*), pur senza parlare dei muscoli, suppose che la disposizione della vescica dell’ Ophidivm barbatum potesse stare in qualche rapporto col senso dell’udito. J Muller (°), ritenne che i muscoli anteriori dovessero avere per funzione di dilatare la parte anteriore della vescica, spostando il centro di gravità del pesce e nega ogni rapporto con la produzione di suoni presunta da altri. Invece Dufossé (°) ammise, come aveva già supposto Delaroche (*) molto tempo addietro, che tutto l’appa-. recchio dovesse servire alla produzione di suoni; però non intese quei suoni e non ebbe a riferire osservazioni altrui in proposito. Intanto in un lavoro ulteriore, pubblicato molto più tardi ("), lo stesso Dufossé non fa più menzione (') Recherches expérimentales sur les fonclions de la vessie natatoire. Ann. se. nat. VI. Sér. tom. 4. art. 8. (Area (®) Th. W. Engemann, Beitrige zur Physiologie des Protoplasma. PAiger's Archiv, IT. 1869 p. 307.— Id. Veber Gasentwicklung im Protoplasma lebendelr Prolozoen. Zoolog. Anzeiger. I. 1878 n. 7 p. 152. (') 1. e. p. 425. (5) Eingeweide der Fische, p. 154. (°) Des différents phénomènes physiques nommés voix des poissons. Comptes rendus 1858, tom. XLVI. p. 353. (?) Observations sur la vessie aérienne des poissons. Annales du Muséum, 1809. tom. XIV. p. 275 e seg. (Citato secondo Milne Edwards. Physiologie comparée XII., o. 640) () Aunales des sc. nat. Ve se. XIX. 5, XX. 3. — bl — degli Ophidiwm tra i pesci di cui ha studiato gli organi sonori. In favore della ipotesi di Delaroche parla cer- tamente il fatto delle differenze sessuali riconosciute dal Dufossé nella forma della vescica natatoria. A me mancano pure osservazioni dirette intorno alla funzione dei muscoli della vescica degli Ophidium: però propendo molto per la opinione emessa dal Delaroche e seguita dal Dufossé nel suo primo lavoro. Debbo dire che ho potuto avere una sola volta un Ophidium vivente (0. Vassalli) e che non mi è riuscito fargli emettere nessun suono. In quanto ai /ierasfer, siccome provengono da notevole profondità, la loro vescica aerea era quasi sempre crepata, anzi, sovente tutto il tronco era enfisematoso, in seguito alla rottura della vescica, per mancata pressione esterna. Nondimeno, molte volte mi sono applicato ad ascoltare attentamente, applicando l'orecchio sulle pareti di recipiente in cui erano /ierasfer viventi, in apparenza sani, ho cercato di stimolarli, sia direttamente, sia attraverso le pareti del corpo di oloturie in cui li aveva fatti entrare, sempre però con risultato negativo. Non ho inteso mai neppure un Fierasfer emettere alcun suono, quando, vivente ancora, gli faceva subire qualche operazione a scopo anatomico. È certo però che i muscoli anteriori non possono tirare innanzi la vescica, e neppure dilatare in modo notevole l'estremità anteriore di essa: ciò è dimostrato dal fatto, quando si eccitano quei muscoli. D'altronde la vescica, è tanto solidamente fissata alle prime costole, e la sua parete anteriore gode di una mobilità tanto ristretta da rendere assolutamente insostenibile l'ipotesi di J. Miller. Si avrebbe uno sviluppo straordinario delle potenze muscolari dall'una parte e delle resistenze dall’altra, cioè due disposizioni i cui effetti vengono a distruggersi a vicenda. Quella ferma aderenza alla colonna vertebrale, congiunta alla poca mobilità dell’articolazione occipito- vertebrale, sarebbe invece una condizione favorevole perchè i muscoli anteriori, tesi fra il cranio e la vescica, potessero, contraendosi, tendersi e vibrare, mentre i muscoli che dall’occipite vanno alla estremità della prima costola impedirebbero i movimenti laterali del capo. Ed a questo riguardo, giova notare che l’articolazione occipito-vertebrale, per la sua grande estensione dorso-ventrale, e il piccolo diametro traverso, serba una mobilità assai. maggiore nel senso laterale, anzichè nel senso verticale: ciò dicasi con più ragione ancora del /. dentatus. La vescica farebbe funzione di cassa di risonanza alla qual cosa la rigidezza ed elasticità delle sue ‘pareti la rendono adatta. Non sarebbe inammessibile neppure l’ipotesi del Rathke, di una relazione con gli organi dell’udito, tanto sviluppati negli Ofidiidei e specialmente nel /ierasfer. Se intanto io mi trovo condotto a supporre che l’apparato osseo e muscolare della vescica natatoria sia organo di suono, giungo a questa ipotesi, piuttosto per ragioni negative , e specialmente per la grande spro- porzione fra le potenze muscolari messe in giuoco e gli spostamenti possibili, per la contradizione manifesta tra la disposizione dei muscoli e la solida fissazione della vescica. Merita pure di essere preso in considerazione il fatto che il muscolo anteriore della vescica è innervato da un ramo del 1° nervo spinale, lo stesso che, nel genere Trigla, provvede il muscolo intrinseco della vescica natatoria (') muscolo al quale debbonsi i suoni emessi da questi pesci. Riconoscendo pure quanto sia facile ingannarsi, quando dalla struttura anatomica si vuol trarre conclusioni intorno alle funzioni fisiologiche degli organi, sottopongo le mie ragioni al giudizio imparziale del lettore. E se mi è lecito andare oltre nel campo delle supposizioni, vorrei rilevare come un organo sonoro possa essere vantaggioso ad un pesce che vive quasi sempre nascosto nel corpo delle oloturie, ad es. per i rapporti ses- suali: nè a ciò mancherebbero casi analoghi nel regno animale. Resta pure problematico il significato della disposizione ad elica delle fibrille e dei fascetti primitivi nei ') Stannius, Peripherisches Nervensyslem der PFische p. 123. GONE muscoli anteriori della vescica del F. cus e dell’ Encheliophis. Sembrami essere espressione più avanzata della stessa differenzazione per la quale il muscolo, attaccato al cranio negli Ophidium, è venuto ad inserirsi in avanti al parasfenoide. In questa trasformazione, fascetti e fibrille sono divenuti più lunghi e si fanno più lunghi ancora, quando, la inserzione del muscolo non potendo venire più innanzi, i fascetti assumono un decorso elicoide e quando in essi le fibrille divengono torte insieme a mo’ di corda. Comunque siasi, l’apparecchio muscolare della vescica e lo sviluppo singolare dell’organo dell’udito mo- dificano profondamente tutta l’architettura del capo dei Fierasfer e perciò devono avere importanza grandissima nell'economia di questi animali. Che questi due apparecchi abbiano fra loro qualche rapporto fisiologico è pensiero ben naturale, in ispecie dopo che i lavori citati del Moreau hanno ridotto al loro giusto valore le teorie che attribuivano alla vescica aerea la funzione di un apparecchio idrostatico attivo e dopo che lo stesso autore, e con esso il Dufossé (') hanno dimostrato ad evidenza che la muscolatura della vescica dei pesci, anzichè servire a comprimere i gasin essa contenuti ha valore di organo sonoro (rigla, Dactytopterus, Zeus). (') Recherches sur les bvruils, et les sons expressifs que font entendre les poissons d'Europe. Ann. se. nat. Ve sér., XIX art. 5, XX. art. 3, 1873-1874. — 655 — 7. RENI. ; I reni del Zierasfer acus (tav. VI. fig. 66; tav. VIII. fig. 80 R.) si estendono lungo la colonna vertebrale, dietro la vescica natatoria, come due sottili cordoni, che, in avanti, passano fra i due muscoli anteriori della vescica e divergono poi applicandosi, con le loro estremità anteriori dilatate e appiattite (reni cefalici fig. 66 R c.), sulla faccia ventrale di quei muscoli. Indietro, i due cordoni confluiscono in una massa posteriormente rotondata (fig. 66 R p.), convessa dalla parte dorsale, concava dal lato ventrale e anteriore che si applica contro l’estremità della vescica natatoria. Si possono dunque distinguere nei reni tre porzioni: anteriore o cefalica, media 0 dorsale, en- trambe pari; posteriore unica, comune ai due organi. Da quest’ultima ha origine l’uretere unico, il quale, sospeso in un mesentere, fa un lungo tragitto quasi rettilineo nella cavità addominale, per sboccare al poro anale, immediatamente dietro l’intestino. Nel suo tragitto, 1’ uretere si dilata a formare una vescica urinaria (fig. 65 vu). Simili condizioni si hanno nell’ Encheliophis e nel F. dentatus; in quest’ultimo (tav. II. fig. 15), la massa posteriore del rene è più sviluppata e si ripiega sotto la ‘vescica natatoria, involgendone l'estremità apicale: manca la vescica urinaria. La porzione anteriore dilatata di ciascun rene contiene un solo voluminoso glomerulo di Malpighi, con un tubolino renale aggomitolato. Questo tubolino (condotto di Wolff) si continua, leggermente sinuoso in tuita la porzione dorsale del rene, senza ramificarsi, nè ricevere sbocco di altri tubolini. La porzione dorsale è quindi priva di elementi glandolari, all'infuori del tubo unico, proveniente dalla porzione cefalica, il quale è circondato da un tessuto densamente infiltrato di cellule linfoidi. Questo tessuto non può rappresentare le capsule surrenali, o almeno non può rappresentarne che una parte soltanto, perchè non contiene cellule mi- dollari (caratterizzate negli altri vertebrati dalla loro colorazione bruna nelle soluzioni cromiche): mancano pure rapporti di continuità col gran simpatico: forse potrebbe essere paragonato, come fa Stannius (‘), con le glandole lombari e vertebrali dei mammiferi: ma ciò è semplice supposizione non fondata sopra alcun criterio valido di omologia. Questo tessuto è fornito di una vascolarità venosa tutta propria, perchè le vene che provengono dalle pareti del corpo (fig. 67, var) si ramificano in esso, formando reti quasi capillari per riunirsi poi in tronchi brevissimi (vrr), che sboccano nella vena cardinale adiacente. La massa posteriore contiene numerosi tubolini contorti che formano un labirinto e molti glomeruli malpi- ghiani, assai più piccoli del glomerulo solitario della porzione cefalica. La sua vascolarità venosa è assai fitta e i vasi ampî, quasi cavernosi (fig. 69), si versano nella vena cardinale destra. Lungo le vene maggiori, s'incontrano isole di un tessuto linfoide che rassomiglia a quello che involge il condotto della porzione dorsale: però la vascolarità di queste isole è più fina, a maglie un po’ più strette e la loro sostanza pare più pallida, nei tagli di preparati injettati. (*) Zootomie der Fische 2. ediz. p. 260. Ro Non ho fatto ricerche sulla istologia sottile del rene e dei suoi epiteli. Nelle mie injezioni, non mì è mai riuscito ottenere il riempimento dei vasi dei glomeruli; suppongo che debbano ricevere sottilissimi rami dalle arterie di organi vicini, come Hyrtl ha osservato in altri pesci. Qualche volta vi ho trovato qualche poco di massa colorata, penetratavi dalle vene vicine. Pertanto è chiaro che il rene del Fierasfer comprende, oltre la glandola renale una massa linfoide, che ne accresce il volume e ne modifica la forma. Questo fatto, giù riconosciuto da Stannius ('), si ripete in molti pesci, come io stesso ho potuto osservare. i Hyrtl descrive i reni e la vescica urinaria di un ierasfer delle Indie (°) di specie indeterminata. I reni sarebbero rappresentati da strisce sottili posteriormente acùminate, onde partono due brevi ureteri, convergenti all'apice della vescica urinaria; quest’ultima assai lunga e incurvata ad S. L'autore non parla della porzione cefalica (che senza dubbio esisteva). La massa posteriore pare non fosse sviluppata. Forme di rene più affini a quella del nostro Fierasfer si troverebbero, secondo le descrizioni dell’Hyrt] nell'Ophidium barbatum e nella Lepola rubescens (°). La disposizione semplicissima dei reni dei Fierasfer adulti ricorda le forme embrionali descritte sopra, specialmente nel caso descritto dell’Hyrtl, caratteristico pel difetto della porzione posteriore. (') Lc. p, 263; nota: Die Niere der Teleostei scheint mir zwei, bei Acipenser getrennte, Kirper zu repraesentiren : eine schwam- mige blut-und gefissreiche Masse und die eigentlich harnbereitenden Gebilde. (*) Uropoetisches System den Knochenfische p. 64, tab. IX. fig. 6. (*) Ibid. p. 63 e 37. pae a rs ha DAI ea o) 1) 4 $. APPARECCHIO SESSUALE MASCHILE; SPERMATOGENESI. I testicoli del Fierasfer acus (tav. VI. fig. 65 7) sono piccoli, riuniti insieme longitudinalmente in un corpo solo che sta fermato sulla vescica natatoria da lasso connettivo, ma non sospeso in un mesentere. Il testicolo sinistro è maggiore del destro; le estremità anteriori delle due glandole fanno sporgenza a mo’ di lobi; dall’incisura che separa questi lobi parte un solco, il quale, correndo sulla faccia ventrale, separa l’uno dall’altro i due testicoli; in questo solco, corrono i vasi sanguigni principali. I testicoli si assottigliano gradatamente indietro e le loro estremità posteriori, insieme, s’incurvano a destra e si riducono finalmente a punte sottili che si continuano con un deferente comune. Questo condotto strettis- simo, dopo lungo decorso, sbocca subito dietro l'apertura anale, senza formare papilla genitale. La struttura del testicolo è molto semplice: la capsula muscolare comune dei due testicoli ha un setto mediano che li separa l’uno dall’altro; come vedesi nella sezione trasversa (fig. 88), partono dalla capsula altri setti che dividono larghi ciechi o follicoli poco ramificati; questi convergono verso il canale deferente (d), il quale corre, a fianco di quello dell’altro lato, lungo il solco che divide i due testicoli, e sboccano in quel canale. Siffatta struttura rimane» quasi la stessa in tutte le stagioni; il testicolo del Fierasfer varia poco nella gran- dezza secondo i tempi e non presenta quelle differenze di struttura che, secondo le osservazioni di Brock ('), .sî riscontrano in altri pesci. Il deferente e i follicoli sono pieni di sperma, che, in questi ultimi trovasi in diversi stadî di sviluppo. ° Come esattamente descrive il Brock (*) le pareti dei follicoli sono rivestite daxun epitelio a cellule granellose, senza membrana apparente, con un grosso nucleo che, a fresco e nei preparati osmici (fig. 92 a), riempie quasi tutta la cellula; nei preparati trattati con acido picrico (fig. 89,90 a) il nucleo è più piccolo. Quei nuclei con- tengono d’ordinario più nucleoli. Sui na di testicoli induriti, si vede il luogo di singole cellule occupato da gruppi di cellule più piccole (fig. 89, 90 è c), con nuclei meno grandi contenenti un solo nucleolo; i limiti di queste cellule non sono molto netti, però sono riconoscibili, nè mi sembra giusto quanto dice Brock che gli epitelî, proliferando, producano grosse cellule piene di corpuscoli dai quali si generano gli spermatozoidi. I gruppi di cellule in parola aumentano di volume per proliferazione, mentre i loro elementi si fanno sempre più piccoli; crescendo, sporgono sempre di più nel lume dei follicoli (fig. 88 s) e finalmente si distac- cano dalla parete, come sfere piuttosto voluminose, composte di numerose cellule (fig. 88 s'). Queste sfere trovansi in mezzo al contenuto dei follicoli, ove, anche a piccolo ingrandimento, spiccano come nubecole scure. Le cellule che compongono queste sfere sono quelle che formeranno ciascuna uno spermatozoide, per cui possono (') Beitràge zur Anatomie und Histologie der Geschlechtsorgane der Knochenfische, Morphol. Jahrb. IV. 1878 p. 521. Secondo l’autore, negli Acantotterigi, la struttura follicolare del testicolo, al tempo della fregola, diverrebbe tubulare, per accrescimento “in lunghezza dei ciechi glandolari. (3) I c. p. 628. Pauna & Flora del Golfo di Napoli. Il. Fierasfer. Me dirsi nematoblasti o spermatoblasti. I loro limiti si fanno poi più marcati, e allora si distaccano a sole o a piccoli gruppi (fig. 92 5) per andare poi incontro a successive metamorfosi. Il processo di formazione degli elementi spermatici, quale ho potuto studiarlo sui preparati trattati con ‘acido osmico, concorda nei suoi punti principali con le osservazioni di Owsjannikow (') sul testicolo del Salmone: questo autore. è il solo che abbia descritto finora la formazione dello sperma nei Teleostei. Ancora io ho costa- tato che il capo del zoosperma deriva dal nucleo e la coda deriva dal protoplasma: però, alcuni particolari di questa metamorfosi meritano di fermare l’attenzione. Gli spermateblasti, che da prima serbavano forme poliedriche o sferoidali (fig. 92 d), sviluppano un prolunga- mento (c, d) che successivamente sì allunga: più tardi, il nucleo si avvicina alla base del prolungamento codale (e), acquista un contorno più netto, sì distacca un poco dal plasma cellulare che diviene più trasparente e la - cellula sembra circondata da distinta membrana. Andando oltre, la coda si allunga, il nucleo si fa sempre più piccolo e più rifrangente, fino a ridursi alla grandezza della testa degli spermatozoidi (f) mentre il contenuto cellulare sparisce, rimanendo la membrana quasi vuota. Finalmente lo spermatozoide maturo rigetta quell’inviluppo e rimane libero (9); le bucce rigettate (4) si trovano numerose, insieme con gli spermatozoidi maturi e in via di sviluppo, nel liquido che riempie le cavità del testicolo. Gli spermatozoidi maturi (fig, 93) hanno una testa molto rifrangente, quasi triangolare, con lati curvilinei e angoli rotondati, però il lato al quale s'inserisce il filamento sembra alquanto scavato, per cui sì può, con Owsjannikow, paragonare la forma della testa a un cuore di carte da giuoco: non vi è porzione intermedia; il filamento codale è tenuissimo e riesce difficile determinarne esattamente la lunghezza. Tutto il processo di formazione dello sperma è semplicissimo e molto concludente a favore della natura cellulare degli elementi spermatici, quale è sostenuta dal maggior numero degli odierni anatomici. Conformemente ai trovati di Sertoli (°) nei mammiferi, in un primo periodo dello sviluppo degli spermatozoidi, si forma la coda; segue la formazione della testa: un terzo periodo, nei mammiferi, darebbe luogo allo sviluppo della parte inter- media (corpo). Questa parte non esiste negli spermatozoidi del Frerasfer e forse potrebbe considerarsi come omologa a quella porzione della cellula, la quale, accumulatasi alla estremità opposta alla coda, viene eliminata, mentre, nei mammiferi, venendo a raccogliersi alla base della coda stessa, resta a far parte del zoosperma. Però a questa omologia ipotetica io non vorrei dare nessun valore e mi basta averla enunciata. . (') Ueber die Entwicklung und den Bau der Samenkòrperchen der Fische. Bull. de l’Acad. de S' Petersbourg tom. XIII. 1868 p. 246, 247. ì (*) Sulla struttura dei canalicoli seminiferi dei testicoli, studiata în rapporto allo sviluppo dei nemaspermi. Archivio p. le scienze mediche II. 1878 p. 268 e seg. SS IS 9. APPARECCHIO SESSUALE FEMMINILE; OOGENESI. Li L’ovario del Fierasfer acus è stato acconciamente figurato dal Costa; le due metà di esso sono fuse insieme, in modo da dargli tutta l’apparenza di un organo impari (tav. VI. fig. 64, tav. VIII fig. 80, 81, 82 0v); appartiene alla categoria degli ovarî chiusi in un sacco, come sono, in generale, quelli dei Fisoclisti. Il sacco ovarico si continua con un ovidutto diretto innanzi che sbocca immediatamente dietro l’ano. La parete del sacco ovarico e dell’ovidutto è muscolare ed è assai contratile, come si rileva dall’accorciarsi rapido di questo ultimo, quando si viene ad aprire l'addome del pesce. L’ovario è sospeso da un mesentere molto lungo, che parte dallo stomaco e dal lato destro della vescica natatoria e nel quale sono compresi l’uretere e i vasi arteriosi e venosi dell’ovario stesso ('). Una larga zona longitudinale, nella parete posteriore del sacco ovarico, porta alla faccia interna numerose papille villiformi, le quali sporgono nella cavità e rappresentano propriamente l’ovario (tav. VIII. fig. 80, sezione longitudinale; tav. IX. fig. 94, sezione trasversale ; tav. VII. fig. 76, tre papille injettate). Ciascuna di queste papille è rivestita di un epitelio (epitelio germinale) che poggia sopra uno strato connettivale sottilissimo ; nell’interno stanno le uova, di tre dimensioni almeno, che matureranno in successive stagioni. Nel centro della papilla, evvi un asse di tessuto connettivo con fibre muscolari che diramasi tra i follicoli, fin sotto l’epitelio germinale, ed in cui corrono alcuni vasi principali (*), mentre altri stanno nella parete, quasi immediatamente al disotto dell’ epitelio. Questi vasi sono i tronchi di una capillarità, ricchissima nei mesi che precedono il tempo della fregola, si estendono ramificandosi fino all’ apice delle papille, dove terminano con anse delica- tissime, mentre, lungo il loro decorso, danno vasi ai follicoli ovarici e comunicano fra loro per numerose anastomosi (tav. VII. fig: 76). La sezione trasversa di una papilla ovarica (tav. IX. fig. 95 ) fa riconoscere facilmente queste disposizioni. Le uova più piccole stanno alla periferia; le più grandi sono più profondamente situate. Quando le uova maggiori si approssimano alla maturità, queste si ravvicinano di nuovo all’epitelio, spostando lateralmente le uova più giovani che stanno loro d’innanzi. Così vengono alla superficie delle papille, ove fanno sporgenza e di cui dovranno poi lacerare le pareti per venire fuori. Aprendo un ovario che contenga uova quasi mature, le singole papille si troveranno, non più libere, ma impaniate da muco denso, che parmi segregato principalmente dalle pareti del sacco ovarico, il quale lascia riconoscere, nel suo epitelio, molte cellule mucose, mentre l’epitelio delle papille non ne ha. Questo muco, (‘) La medesima disposizione si trova nel #. dentatus e nell'Encheliophis vermicularis. In quest'ultimo pesce, l’ovidutto è molto lungo e sottile, probabilmente trasparente nell’animale fresco: forse perciò sarà sfuggito al Semper, il quale (Zeitschr. f. wiss. Zool. XI. 1862 p. 104) nega l’esistenza dei condotti escretori delle glandole sessuali. (*) Brock. l. c. p. 547. LG modellandosi sulla figura degli spazî liberi, circonda le singole papille, le quali si trovano quindi situate in altrettanti buchi della massa gelatinosa; le uova mature, rompendo i loro follicoli e la parete delle papille, Fig. X. vengono naturalmente a stare nei buchi o canali anzidetti le uova rimangono libere o appena aderenti al muco, ma non circondate da un inviluppo gelatinoso proprio. Da un ovario maturo, si potrà esprimere, come ho fatto due volte, un cumulo di uova avvolte nel muco, che, messo in acqua di mare, si rigonfia in poco tempo e diviene iden- tico a quei cumuli natanti cennati sopra (fig. 96), tanto per l'aspetto d'insieme, quanto perla struttura della massa mucosa e per l'apparenza e la dimensione delle singole uova ('). Queste sono perfettamente trasparenti, sferiche (fig. X.), costituite da uno strato sottile di protoplasma (p) ispessito ad un polo dell’uovo (germe), in cui sta racchiuso, come massa omogenea e trasparente, il tuorlo di nutrizione (vî) ed infine, al polo opposto al germe, una goccia d’olio gial- lognola (a), che dà all’uovo e a tutto il cumulo una tinta gialla pallida. La goccia oleosa è fermata al suo posto da Schema dell'uovo maturo del F. acus: 100:1; zp, zona pel- uno strato sottilissimo di protoplasma, continuo con lo lucida ; p, protoplasma; vi, vitello di nutrizione: @, sfera ; adiposa, strato che ricopre il vitello di nutrizione e pare che funzioni da galleggiante, mantenendo in su il polo dell’uovo sul quale è fissata, per quanto glielo permette la massa di muco, cui le uova aderiscono un poco. La membrana dell’uovo maturo non lascia vedere striatura radiale, la quale però è bene evidente nelle uova immature (fig. 107 zp). Ecco le dimensioni dell’uovo maturo. Diametrogtota crei e OO » . della goccia oleosa. . . . 0.m® 18 — 0.20 Spessezza della membrana . . . . Omm 004 Il micropilo è strettissimo, appena allargato all’orificio esterno; la membrana è alquanto ispessita in vici- nanza di esso. : Le masse mucose galleggianti (fig. 96), come quelle che possono ricavarsi dall’ovario maturo, hanno forma ovale, convessa da un lato (che d’ordinario sta in giù), scavata a gronda dal lato opposto: le uova vi sono di- sposte in file irregolari che, dalla gronda superiore, vanno alla faccia convessa e stanno entro canali scavati nella massa del muco; questi possono rendersi più evidenti, facendovi penetrare un liquido ‘colorato, che viene allora a circondare le uova. Tutta questa struttura vedesi meglio sopra una sezione trasversale di un cumulo d’uova (fig. 97), come è facile ottenerla, tagliando il muco con la forbice. Paragonando la fig. 97 con la fig. 94, che rappresenta la sezione trasversa dell’ovario, il lettore potrà riconoscervi una perfetta identità nella disposizione generale. Riconosciuta la struttura delle uova mature e la loro distribuzione nell’ovario e nei cumuli galleggianti, vengo ora a studiare il processo dell’oogenesi e l’origine delle diverse parti costituenti dell’uovo. Debbo pre- (') Un tentativo di fecondazione artificiale non mi riuscì, nè potei ripeterlo, per mancanza del materiale opportuno. 9 mettere che non ho potuto studiare lo sviluppo embrionale dell’ ovario, mancandomi il materiale necessario, perchè le larve che ho potuto esaminare non mostravano ancora nessun accenno degli organi sessuali. Nell’ adulto, i primi stadî dello sviluppo delle uova si riscontrano fuori il tempo della fregola: così nel mese di ottobre e nella primavera, probabilmente quindi anche durante l'inverno. Ho studiato questi fatti sopra preparati induriti nella soluzione picrico-solforica (soluzione di Kleinenberg) e colorati con solu- zioni alcooliche di cocciniglia e di ematossilina. Il primo accenno della formazione di uova vedesi, meglio che in altro modo, esaminando pezzi sottili strappati dalla superficie delle papille ovariche (fig. 100). In mezzo alle cellule dell’ epitelio germinale, veggonsi, quasi sempre in vicinanza di un vaso sanguigno (v v), alcune cellule (0) ingrandirsi notevolmente, tanto il nucleo quanto il plasma granelloso che l'involge; siffatti elementi possono essere riuniti a gruppi piuttosto numerosi, 0 pure rimanere isolati in mezzo all’epitelio, raggiungendo anche una dimensione maggiore; sono però privi di membrana, finchè rimangono al livello dell’epitelio (fig. 101). L'esame di sezioni perpendicolari alla superficie delle papille (fig. 98 e 99) fa riconoscere viemeglio queste condizioni, una volta che siano state osservate sui preparati di superficie. L’epitelio germinale ha forme molto variabili, secondo i siti, più alto e a palizzata negl’infossamenti e nelle pieghe rientranti, più basso e quasi cubico sulle sporgenze. Quando una di queste pieghe si approfonda di molto, può mentire l'aspetto dei cosidetti tubi di Pflùger; veri tubi epiteliali che penetrino nella sostanza delle papille ovariche non esistono nell’ ovario del Fierasfer adulto. Sulla superficie dell’epitelio si estende una sottile cuticola, che apparisce come contorno netto e marcato, mentre le cellule, essendo prive di membrana sul resto della Joro superficie, sono separate da contorni assai deboli, quasi confusi. Gli ovuli ancora privi di membrana, che potranno dirsi ovuli primitivi (0 0) sono ancora, in parte, coperti dalla sola cuticola, in parte si trovano già sotto l’epitelio, che, con elementi appiattiti, si avanza a ricoprirli (fig. 98 e e). Al disotto dell’epitelio, trovansi altri ovuli (fig. 99 0' 0') che differiscono dai primi, perchè hanno un contorno netto, che accenna già alla formazione di una membrana alla loro superficie, mentre manca ancora ogni vestigio di epitelio follicolare, e gli ovuli sono ancora stivati fra loro entro nidi contenenti un numero variabile di essi. Gli ovuli forniti di membrana potranno dirsi ovuli definitivi, quantunque nen sia possibile segnare un limite preciso fra questi e gli ovuli primitivi. Il processo di formazione di questi ovuli, nel Fierasfer, è dunque molto più semplice che non sia negli Elasmobranchi e nei Mammiferi, secondo le osservazioni di Balfour ('): in questi animali, gli ovuli definitivi sarebbero derivati dagli ovuli primitivi, per un processo complicato di fusione e di proliferazione (*). I miei risultati si accordano però con quelli di Balfour, nel provare non solo l’origine epite- liale degli ovuli, ma ancora l’ accumulo di essi entro nidi, dove sono stivati fra loro, senza accenno Veruno dell'epitelio follicolare, e infine nel dimostrare che una membrana si forma intorno all’novo, prima che esista alcun vestigio di follicolo nè di granulosa. Ovuli un po’ più avanzati lasciano riconoscere la membrana a fresco assai facilmente, anzi, aggiungendo sul margine del preparato una goccia di acido acetico concentrato, si vede, sotto il microscopio, il contenuto dell'uovo raggrinzarsi e staccarsi dalla membrana. Le più piccole uova sulle quali ho potuto osservare questo fatto misuravano meno di 15 wu. In questo punto dello sviluppo, all’incirea, incomincia la formazione dell’epitelio follicolare. Elementi pic- colissimi, dei quali sì vede quasi soltanto il nucleo (fig. 106) s’ interpongono agli ovuli e sembrano essere gli (') On the struclure and developinent of the vertebrale ovary. Quarterly journ. of microscop. science 1878 pag. 383 e seg. (*) È interessante la coincidenza dello sviluppo più semplice delle uova del £Zierasfer con la semplicità singolare della evo- luziore degli spermatozuidi dei eleostei, quale risulta dalle osservazioni di Owsjannikow e dalle mie. Lg agerti della separazione di essi gli uni dagli altri; hanno tutto l'aspetto di cellule migranti linfatiche e sono. stati considerati come tali da His (‘).Io non voglio essere così affermativo e non negherò la possibilità di una origine epiteliale di questi elementi; però mi pare inverosimile che provengano direttamente dall’epitelio germi- nale; preferisco, con Brock (*), non pronunziarmi su questo punto. Debbo rilevare però che Waldeyer (*) crede aver riconosciuto nel Luccio, la derivazione diretta dell’epitelio follicolare dall’ epitelio germinale , il quale, in quel pesce, è assai delicato e sottile, costituito da elementi appiattiti. Ritornerò in appresso sullo sviluppo ulteriore dell’epitelio follicolare e delle membrane dell’uovo. Cangiamenti importanti hanno luogo intanto nel nucleo e nel protoplasma dell'uovo. Quello s’ingrandisce, diventa sempre più chiaro e trasparente, acquista una membrana d'’invoglio ben visibile; il nucleolo unico centrale cede il posto a più nucleoli periferici che stanno aderenti alla parete del nucleo, il quale, con questa metamorfosi, ha acquistato i caratteri definitivi della vescicola germinativa. Tl protoplasma, prima d’intorbidarsi, si modifica nella sua natura chimica e assorbe più intensamente le materie coloranti, in ispecie l’ematossilina, per cui riesce assai difficile studiarne l’ulteriore evoluzione sulle uova intere. L’esame di preparati freschi (i quali sono ancora trasparenti), da una parte, e quello di sottili sezioni attraverso ovarî induriti e colorati, dall’altra, saranno soli presi in considerazione in quel che segue. Esaminando a fresco, senza reagenti, un preparato tolto da un ovario che non contenga uova molto svi- luppate (fig. 109), si osservano taluni ovuli (a) presentare intorno al nucleo una zona di puntini assai rifran- genti, riuniti a gruppi, che, a più forte ingrandimento, hanno l’aspetto di gocce oleose e sono stati figurati assai bene dall’His (*), nell’uovo del Salmone. Questi puntini confluiscono talvolta insieme, formando gocciole più grandi. Più tardi il protoplasma s’intorbida e si riempie successivamente di granelli che aumentano di volume, dando origine ai globuli vitellini , e celano allo sguardo il nucleo con le goccioline adipose che lo circondano. Quando 1’ uovo si è completamente intorbidato (fig. 110), rimane però nel centro una macchia chiara, circondata da una zona oscura, la quale corrisponde al nucleo e agli strati che lo circondano e contengono le gocciole adipose. Alla periferia del tuorlo torbido, vedesi uno strato trasparente e più omogeneo (strato zonoide, His). Passando ad uova molto più grandi e assai vicine alla maturità, cioè prese in ovarî, in cui incomincia la secrezione del muco, le sfere di grasso, divenute voluminose e in piccol numero, tornano a comparire alla superficie, dell'uovo (fig. 111), mentre le sfere vitelline molto rigonfiate e debolmente rifrangenti cominciano a confluire fra loro. L'uovo diviene sempre più trasparente. Infine le sfere grasse si riuniscono in una sola (fig. 112), e un vasto spazio chiaro, dovuto alla confluenza di molte grosse sfere vitelline occupa successivamente tutto il volume dell’uovo, mentre il protoplasma si raccoglie alla superficie ove forma uno strato continuo, ispessito in un’area circoscritta che è il germe. L’uovo viene così ad assumere la struttura descritta sopra e rappresentata schematicamente nella fig. X. Lo studio delle sezioni di ovarî induriti permette di seguire meglio lo sviluppo delle granulazioni vitelline e di riconoscere il loro punto di partenza da un corpo, non visibile allo stato fresco, ma che si rende evidente dietro l’azione dei reagenti: intendo dire del nucleo vitellino (fig. 102 nv), scoperto da v. Wittich nell'uovo dei (') Untersuchungen iber das Ei und die Eientwicklung bei Knochenfischen. Leipz: 1873 pag. 38. Già molto tempo innanzi, Schrén avea sostenuto l'origine connettivale della membrana granulosa dei follicoli di Graff dei Mammiferi (Zeitsehr. f. wiss. Zool. XII. 1863 p. 417). (6) ep R566: (") Eierslock und Ei p. 80. (*) 1. cit. tav. IV. fig. 32. RETTO 0 E CL del ‘iter i rit t solista l tata ei Kad dii + a a cai i RA E o ragni e da Cramer nella rana, studiato più esattamente da V. Carus ('). Balbiani (*) ha ritrovato questo corpo in molti altri animali e in quasi tutte le classi dei vertebrati. v. Siebold (*), Carus e altri tedeschi hanno considerato il nucleo vitellino come il centro della formazione del vitello di nutrizione e ritengono che, dalla superficie di quel corpo, sì distacchino granuli, che poi si diffondano nell’ uovo e, rigonfiandosi, diano origine alle sfere vitelline ; anzi Ecker (') lo figura e descrive col nome di « Dotterkugel » come il principio della formazione del vitello. Secondo Carus, il nucleo in parola avrebbe origine, in sito, da una specie di condensazione del protoplasma. Invece, Balbiani, ammettendo pure la formazione di granuli vitellini intorno al nucleo vitellino, nega che la sua sostanza si consumi a formare questi granuli. Secondo l’autore francese, il nucleo vitellino, che chiama « cellule embryogène », sarebbe una cellula dell’epitelio follicolare penetrata nell'interno dell’uovo, un elemento maschile (*), che, unendosi all’uovo, gli dà un primo impulso evolutivo, bastevole in taluni casi a determinarne lo sviluppo partenogenetico. Nei vertebrati, Balbiani non ha seguito ulteriormente le sorti della sua cellula embriogenica, che tosto si cela allo sguardo, in mezzo alle granulazioni vitelline. Egli figura, intanto (°), giovani uova di Teleostei, con la cellula embriogenica, in atto di penetrare nel vitello; le sue iigure però non sono conciliabili con le mie; debbo dunque ritenere che Balbiani o abbia avuto di mira cosa diversa da quella da me studiata, 0, invece, che tali divergenze dipendano da diversità di metodo di preparazione, o forse anche da errori di osservazione. Sul primo apparire, nelle uova del /ierasfer, il nucleo vitellino è assai poco vistoso (fig. 102 A, nv) e, nei preparati induriti col liquido picrico-solforico, ha l’aspetto di un piccolo ammasso di granulazioni situato eccentricamente che si colora intensamente con la tintura di cocciniglia; non ha dunque affatto 1’ aspetto di una cellula nucleata, come lo figura il Balbiani. Più tardi, il nucleo vitellino, rimanendo pure nel medesimo sito, aumenta di volume, diviene più denso ancora, ma il suo contorno non è mai una linea marcata e precisa; sovente si vede intorno ad esso una zona chiara (fig. 102 8) che però potrebb’essere un artefatto, tanto più che talvolta manca. Quando questa zona chiara raggiunge la superficie dell’uovo, si ha una immagine che ricorda la fig. 138 di Balbiani, salvo la struttura diversa del nucleo vitellino, che non ho visto mai assumere i caratteri di una cellula. Lo studio delle ulteriori metamorfosi del nucleo vitellino mostra che esso si scioglie successivamente, con la formazione delle sferule vitelline. La fig. 103 mostra il principio di questa trasformazione. Il nucleo vitellino granuloso (nv) assume forma irregolare, più o meno stellata, e mostra sovente, nel suo interno, una 0 due piccole vacuole chiare. Intorno al nucJeo vitellino, si estende una zona scura di sezione semilunare, in cui veggonsi piccolissimi granuli, il principio della formazione dei globuli vitellini. Questa zona si estende sempre più e tende a circondare l’uovo; mentre i globuli vitellini si fanno più grossi intorno al nucleo vitellino, questo finisce per sparire, o pure vedesi soltanto come piccolo spazio chiaro, in mezzo alla zona semilunare del vitello già formato. Non apparisce chiaramente da ciò se i globuli vitellini si formino esclusivamente a spese del nucleo vitellino, o se in parte da esso e in parte direttamente dal plasma dell’uovo, o se infine il nucleo vitellino si formi e sparisca senza che la sua sostanza contribuisca alla produzione del vitello di nutrizione. Comunque (') Zeitschr, f. wiss. Zool. II. 1850, p. 103. (î) Lecons sur la génération des vertébrés.. Paris 1879, pag. 260 e seg. Per ulteriori ragguagli e perla storia e la letteratura dell'argomento, rinvio il lettore a questo esteso lavoro. (*) Lehrbuch der vergleichenden Anatomie der wirbellosen Thiere. 1848 p. 543. .(*) Zcones physiologicae. Tb. XXIII, fig. 1. (5) Si riscontrino le teorie di Balbiani sulla partenogenesi degli Afidi: 1. ep. 260. (°) 1. c. p. 260 fig. 138, 139. SETTORI siasi, i globuli vitellini incominciano sotto forma di minutissimi granuli, fortemente rifrangenti, che, appro- fondandosi nel protoplasma dell’uovo, s’ingrandiscono, divenendo ad un tempo meno densi (fig. 104). Più tardi, tutto l’uovo è pieno di questi globuli vitellini che divengono sempre più voluminoSi e meno rifrangenti, separati da sottili setti di protoplasma, che, sulle sezioni, rappresentano come una rete (fig. 105). Finalmente le sfere vitelline enormemente rigonfiate incominciano a confluire fra loro e formano una massa vitellina trasparente (fig. 105 mv), che finisce per riempire tutto l'uovo. Non ho veduto mai nulla che accennasse alla formazione dei globuli vitellini da cellule linfatiche penetrate attraverso le membrane dell'uovo, come vuole His. Le gocciole adipose, durante questi cangiamenti, subiscono diverse vicende. Sparse da prima intorno alla vescicola germinativa (fig. 103, 104 a), s’ingrandiscono poi e si accumulano ad un lato del nucleo, separate. da setti di protoplasma (fig. 105 @); quiudi le singole gocciole incominciano a confluire, finchè, nell'uovo maturo, si riuniscono in una sola, come fu detto sopra. Fino allo stadio rappresentato dalla fig. 105, che è poco meno avanzato di quello della fig. 111 ('), la vescieola germinativa persiste, ridotta poco di volume, con la stessa struttura che avea negli stadî precedenti. Se, più tarli, sparisca nell’uovo maturo, e si trasformi soltanto, in modo da non essere visibile a fresco, è . cosa che non ho potuto ricercare, essendomi mancati, in quest’ ultima stagione, i materiali opportuni. Nelle fig. 103, 104, 105 e 110, si vede che i granuli o globuli vitellini incominciano a formarsi ad una certa distanza dalla parete dell’uovo, rimanendo, alla periferia, uno strato quasi omogeneo, che ha ricevuto da His il nome di strato zonoide. Questo strato può riconoscersi a fresco e meglio ancora sulle sezioni di uova indurite. Nelle sezioni (fig. 108), è facile riconoscere che lo strato zonoide si divide, a sua volta, in due strati, separati da un contorno delicato, più o meno preciso, qualche volta assai marcato; lo strato profondo è omogeneo, appena sottilmente granelloso, mentre lo strato superficiale, che dirò zona corticale (fig. 108 sc) offre una stria- tura radiale distintissima, a quanto pare, un po’ più grossolana di quella determinata nella membrana dai pori- sanali che l’attraversano. Lo strato corticale striato diminuisce successivamente: in spessezza, e sparisce nelle uova vicine alla maturità: su questo strato, che Balfour (*) chiama zona radiata, poggia la membrana dell’uovo. Mi associo pienamente al Brock (*) nel riconoscere una sola membrana intorno all’uovo dei Teteostei; anzi, nel Fierasfer, la struttura di questa membrana è più semplice che in molti altri pesci e non offre nessun vestigio di villosità esterne. Essa incomincia a svilupparsi sull’uovo (come fu detto sopra), prima dell’esistenza dell’epi- telio follicolare, e cresce, in modo continuo, finchè l'uovo si avvicini alla maturità, per poi assottigliarsi nuo- - vamente un poco, in un ultimo periodo dello sviluppo ovarico, mentre il tuorlo di nutrizione diviene omogeneo. Poichè incomincia a formarsi indipendentemente dal follicolo, potrebbe pur dirsi membrana vitellina come la chiamano Waldeyer(*) e Balfour. Con Kélliker e altri, Brock la chiama zona radiata (che non è la zona radiata di Balfour), a causa dei pori-canali che la traversano: io preferisco dirla zona pellucida (fig. 104, 105, 107 e 108 zp), ritenendola omologa alla formazione di questo nome dell’uovo dei mammiferi. Quando ha acquistato uno sviluppo sufficiente (nelle uova di 0,3"" di diametro e al di là), vedesi distintamente punteggiata, per effetto dei suoi pori-canali. Una vera membrana vitellina, distinta dalla zona vellucida, non esiste nel /ierasfer nè l'ho vista mai in altri Teleostei. x (') Le uova indurite con acido picrico, conservando pure la loro minuta struttura, si riducono notevolmente di volume, tanto maggiormente per quanto sono più grandi, cioè più vicine alla maturità. Poichè le gocce adipose non subiscono retrazione, per effetto dell'acido, avviene spesso che, stando esse in vicinanza immediata della vescicola germinativa, v'imprimano fossette e ne alterino grandemente la figura sferica. (3) 1 e. p. 402. (*) 1. c. p.551. Si riscontri pure l'opera citata, per la letteratura delle membrane dell'uovo e per la storia delle nozioni che si ebbero a loro riguardo. (°) Ezerstock und Ei p. SO. dpi alti Potrebb’essere che la zona corticale del plasma avesse con la zona pellucida rapporti genetici, cosa che non sono in grado di giudicare; il fatto che la zona corticale si assottiglia e sparisce nell’ uovo vicino a matu- rità potrebbe spiegarsi con la formazione centripeta della zona pellucida a spese di quello strato; però manca finora una prova decisiva. Un fatto che posso avvalorare con novella osservazione è l’esistenza di pro- lungamenti sottilissimi, che, dal plasma dell’ uovo, penetrano nei pori-canali della zona pellucida; avendo compresso alquanto un preparato fresco di un ovario, con uova dello stadio rappresentato a fig. 110, rilasciando la pressione, vidi, nella sezione ottica di un uovo, il plasma separarsi dalla membrana, rimanendovi attaccato da filamenti paralleli delicatissimi, i quali, per sottigliezza e reciproca distanza, corrispondevano benissimo coni pori-canali della zona pellucida (fig. 107). Ho già detto sopra dello sviluppo dell'epitelio del follicolo e della sua origine. Questo epitelio rimane sempre costituito da uno strato solo di cellule pavimentose, come è il caso in generale nei Teleostei, e, quando l’uovo è quasi maturo, mostra piccole vacuole, che sembrano accennare ad una metamorfosi regressiva. La membrana propria del follicolo (fig. 108 mf) rimane sempre sottilissima, però acquista una vascolarità assai sviluppata. Nei follicoli piccolissimi, la vascolarità è costituita ad una o due maglie di una rete capillare ('), ma, con l’ingrandirsi successivo dell’uovo, vi si può riconoscere (tav. VIL fig. 77) come un'ansa, maggiormente sviluppandosi, si applica sul follicolo e, per mezzo di vasellini che raggiano dalla sua convessità, sì mette in rapporto con i vasi vicini, i quali tendono a formare un’altra ansa che circonda la prima. Infine questi rami vascolari si moltiplicano, e formano nuove maglie nell’interno dell’ansa primitiva (fig. 78). In qual modo avvengano la deiscenza del follicolo e la fuoriuscita dell'uovo maturo, dall’interno della papilla ovarica, non ho avuto agio di riconoscere. Diamo ora uno sguardo alla evoluzione dell’ ovario nel periodo annuo. Dall’autunno inoltrato, fino alla fine della primavera, troviamo nell’ovario uova trasparenti, le. più grosse fornite ancora del nucleo vitellino, senza granuli vitellini, con poche gocciole adipose; nell'epitelio e al disotto di esso, ovuli primitivi isolati 0 riuniti a gruppi e ovuli definitivi giovanissimi. Con l'avvicinarsi del tempo della fregola, che ricorre durante i mesi di luglio, agosto e settembre, si forma rapidamente il vitello negli ovuli maggiori, mentre non sì osserva più lo sviluppo di ovuli primitivi dall’epitelio germinale, e tutta l’attività dell’ovario si concentra nella rapida maturazione delle uova già inoltrate nello sviluppo. Deposte le uova mature, l’ovario sembra avvizzito, vi sì trovano le tracce di piccole emorragie, sotto forma di sangue travasato o di cumuli pigmentati in rosso 0 in giallo, e, accanto ad ovuli giovani, se ne veggono altri che, non avendo raggiunto in tempo opportuno la maturità perfetta, non furono espulsi, ed ora soggiacciono a degenerazione adiposa. Se da quanto ho riferito intorno alla genesi dei prodotti sessuali maschili e femminili nel Fierasfer è lecito trarre conclusioni che valgano per tutti i Teleostei, è d’uopo ritenere che, în quest’ ordine di pesci, ì pro- cessi in parola sono assai meno complicati che non siano, nei Vertebrati superiori dall'una parte, negli Elasmo- branchi dall’altra, almeno a voler argomentare dalle osservazioni dei più recenti investigatori. Se abbiamo qui, innanzi a noi, condizioni primitive o invece un ritorno regressivo a forme più semplici è quistione che conviene lasciare del tutto riservata. ') Sehran, (1. e. p. 419) ha ottenuto risultati consimili ai miei per lo sviluppo dei vasi del follicolo ovarico dei mammiferi. Fauna & Flora del Golfo di Napoli. Fierasfer. Il. AU == ing: CONSIDERAZIONI GENERALI L'organizzazione dei /ierasfer, in quello che ha di più caratteristico, parmi determinata da due fattori principali, che sono: 1° la vita parassita o piuttosto in via di adattarsi al parassitismo: 2° lo sviluppo singolare dei muscoli anteriori della vescica e dell'organo dell’ udito. Stanno in rapporto col primo di questi fattori la forma del corpo e la disposizione dell’apparecchio loco- motore : la coda acuminata, senza pinna codale, la cute priva di squame, condizioni indispensabili per introdursi senza difficoltà nel corpo delle oloturie. Nel F. dentatus, la coda è troncata all’ estremo, e questo carattere induce a supporre un genere di vita alquanto diverso : però il fatto che forme giovanili di questa specie vivono nelle oloturie è prova che le condizioni anatomiche del pesce adulto, almeno in quantochè si rassomigliano a quelle dei congeneri, hanno dovuto risentire l’ influenza della vita parassitica. L’ano trovasi al limite anteriore del tronco, per cui il pesce può evacuare gli escrementi senza far sporgere fuorchè la sola testa dal corpo dell’ospite. Le pinne ventrali, già molto ridotte e trasformate in barbigli negli altri Ofidiidei, mancano del tutto e le pettorali sono in via di atrofizzarsi. La loro ampiezza, ancora ragguar- devole nel /. acus, è già minore nel F. dentatus : nel F. parvipinnis Kp. ('), sono ridotte a minime dimensioni e finalmente, nell’ Encheliophis vermicularis, sono del tutto scomparse. Con quest’ atrofia delle pinne, si con- giunge il ritorno di forme embrionali, nello scheletro del cinto scapolare, la ricomparsa, allo stato adulto, del processo inferiore (coracoide), che non trovasi tanto sviluppato, nei Fisoclisti, fuorchè in alcune giovani larve. È ben naturale supporre che, con l’atrofia delle pinne, progredisca parallelamente l’adattazione sempre più completa alla vita parassitica, e finora nessun dato di fatto si oppone a tale veduta. Anzi, le osservazioni di Semper mostrano che l’Encheliophis si ciba dei visceri del suo ospite, mentre il nostro Fierasfer acus, meno avanzato nel regresso delle sue pinne, deve ancora uscir fuori per procacciarsi i granchi che sono ìl suo alimento. Ma qui mancano cognizioni sufficienti intorno ai costumi delle forme affini. Il rapporto d’ inquilino del Y. acus, con le oloturie in cui vive, apre la via ad indurre in qual modo questo genere di vita abbia potuto avere origine. Specie di pesci, che vivessero ad es. nelle fessure delle rocce, (‘) Kaup, Apodal fishes, p. 160, tav. XVI. fig. 2 xo pre e ‘x sari siberiano A rà Milù sita abi tese în cavità di corpi inerti sottomarini, avranno potuto cercar ricovero nelle cavità naturali di organismi viventi atti a proteggerli o a nasconderli (lamellibranchi, oloturie, asterie) ; l’adattazione al nuovo genere di vita avrà poi dato origine a molte nuove modificazioni dell'organismo. E non mancano esempî di pesci trovati entro gusci di lamellibranchi vuoti o contenenti residui dell'animale morto ; anzi, in qualche caso, non è escluso il sospetto che il pesce vi sia penetrato mentre il mollusco era ancora vivente ('). Tali fatti acquistano maggiore importanza, poichè sappiamo che il Fierasfer dubius delle coste americane dell’Atlantico si trova, non solo nelle oloturie, ma pure entro le conchiglie delle meleagrine. Molti pesci degli alti fondi hanno la coda acuminata, senza pinna codale : così ad es. i Macruridi e. diversi generi singolari di altre famiglie, in ispecie generi di Ofidiidei pescati dalle drashe del Challenger (*); qualcuno di questi ultimi ha pure l'apertura anale assai rav- vicinata all’estremità anteriore del corpo (Typhlonus, Acanthonus); sventuratamente non si sa nulla delle abi- tudini di questi pesci. È lecito supporre che la coda acuminata serva loro a conficcarsi nel fango, o a penetrare entro fessure o cavità. Se il genere Fierasfer deriva da forme cosiffatte, potrebb’ essere che la coda acuminata- fosse anteriore alla vita parassitica o inquilina e fosse stata appunto il momento che rese possibile il passaggio a nuovo genere di esistenza. Tuttociò valga come semplice ipotesi, cui pur troppo mancano finora basi di fatto; ma lo studio della biologia dei pesci è ancora tanto poco avanzato e offre tante difficoltà che non recherà meraviglia, se le nostre cognizioni sono tuttavia singolarmente scarse. Non mancano intanto esempî di altri pesci che vivano in condizioni di parassitismo più o meno avanzate. Così Collingwood (°) ha osservato, nei mari della China un pesce che vive nello stomaco di un attinia colossale, e, anche nei nostri mari, alcuni Scomberoidi (Schedophilus, Stromateus, Caranx) vivono sotto l' ombrella delle grandi meduse, di cui mangiano le appendici urticanti, mentre dalla stessa proprietà urticante degli ospiti sono forse protetti. Mentre questo primo fattore modifica essenzialmente le forme esterne, l’altro agisce sulla disposizione interna degli organi. i Come ho detto sopra, i muscoli anteriori della vescica del /ierasfer corrispondono ad uro sviluppo molto più elevato di muscoli, i quali esistono negli Ophidium e in altri generi ancora ; alla modificazione anatomica, è seguita in alcuni (F. acus, Encheliophis) una modificazione speciale degli elementi istologici del muscolo, onde hanno avuto origine i singolari fascetti primitivi a striatura spirale. Ho descritto gli spostamenti che quei voluminosi organi determinano in altri muscoli, come ancora nei reni e nel decorso delle arterie del capo. Per la presenza di questi stessi muscoli, si modifica pure la vescica natatoria, tanto nella sua figura, quanto nei suoi attacchi alla colonna vertebrale, mentre viene a stabilirsi un nesso solido della colonna vertebrale col cranio. Tutte queste parti costituiscono allora un apparecchio complicato, la cui funzione rimane tuttavia pro- blematica. Per le considerazioni addotte sopra, io vorrei. rinnovando la vecchia opinione di De la Roche, considerare quest’apparecchio come un organo sonoro, quantunque finora non mi sia mai riuscito ottenere dal pesce vivente l'emissione di alcun suono sensibile. “ E, con lo sviluppo della vescica natatoria, si connette quello dell'organo dell’udito, voluminoso già negli Ophidium, più ancora nei Fierasfer. In questi, le parti posteriori del cranio si allungano straordinariamente, (') Saint Amand, Sur un poisson trouvé dans une luitre (in Observ. sur la physique par Rozier tom. XII. 1778 p. 276, 278 con fis. (Blennius). — Detlof Heyke, Fishur fundne i Ostronskal. Kongl. Swenska Wetensk. Acad. Handlingar. Stockholm 1744. V. p. 128, 129-(Gunnellus). (5) Giinther, Ann. and Mag. of nat. hist. 5, ser. II. p.20 e ses. (°) Ann. and Mag. of nat. hist. 4 ser. I p. 31. Loro per racchiudere enormi otoliti, e il forame occipitale si sposta in alto, nel modo descritto sopra, mentre il principio del midollo spinale, coi nervi vaghi e coi primi spinali, corre sotto la volta del cranio, in una gronda che sta sul setto membranoso, il quale separa i due organi uditivi o piuttosto i due sacchi degli otoliti principali. La correlazione di sviluppo fra l'apparecchio uditivo e 1’ apparecchio vescico-muscolare degli Ofidiidei mi s’ impone talmente alla mente da convincermi della esistenza di un nesso fisiologico fra queste due categorie di organi. Organi, la cui situazione e il voluminoso sviluppo recano tali e tante modificazioni nell’architettura anatomica di un animale non possono non avere, per esso, somma importanza e divengono tanto più inte- ressanti, per quanto la loro funzione, nonostante assidue ricerche, è rimasta finora incerta. In questo punto, come in altri molti, non posso lusingarmi di avere esaurito l’argomento impreso a trat- tare: rinfane aperta la via a chi, disponendo di nuovi materiali e armato forse di metodi perfezionati. vorrà rivolgervi l’attenzione e istituirvi più profondi studî. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. TAVOLA I. Fig. l. — Merasfer acus: grande esemplare femmina; ritratto dal vivente in atto di avvicinarsi ad una oloturia; dimensioni naturali » 2. — Fierasfer acus: larva pelagica (Verillifer) lunga 76 millim., alquanto ingrandita; da uno schizzo fatto dal pesce vivente » 8. — Fierasfer dentatus: femmina adulta; grandezza naturale; secondo uno schizzo fatto dal pesce morto, ma ancora fresco. » 4 — Ficrasfer dentalus: forma larvale di 205 millim. trovata in una Molothuria tubulosa; da un disegno fatto dal vivo. Favola IE. N.B. T'ulte le figure di questa tavola e di quelle che seguono sono state eseguite, almeno in quanto ai contorni principali, col $06COrSO | della camera lucida. Fio. 5. — Larva del /. acus di fresco schiusa: 40: 1: dal vivente. esa o dopo 24 ore. » id. DI IE » 2 giorni; parte anteriore; 40: 1. » 8 — » » » DINE Ad: » » » 9. » » » DIMORA :e 401115 î > 10. — Una foglia dell’appendice dorsale della larva vappresentata a fig. 4, nella tavola precedente 20: 1. » ll. — Cellule pigmentate del peritoneo del F. acus, vedute dalla faccia esterna; 30::1. 4 » 12. — Cellule consimili vedute dalla faccia interna; 80: 1 : » 13. — Muscoli della vescica natatoria e dell'apparecchio branchiale del F. acus, tolti via la mucosa boccale e, a destra della dea il m. palato-sfenoidale e la parete muscolare dell’esofago: 4 : 1. >» l'apparecchio branchiale, per mostrare i muscoli della sua faccia dorsale. A queste due figure si riferiscono le lettere seguenti : pmx osso premascellare inps ‘muscolo palato-sfenoidale mE » mascellare Man » anteriore della vescica pal » palatino mv » laterale della vescica md » mandibolare . maf » adduttore dei faringei vo » vomere nas, h » ioide mas, { muscoli adduttori superiori degli archi di masg branchiali dz mas Ug archi branchiali mf muscolo retrattore dei faringei U mef » costrittore del faringe Ina A mel è muscolielevatori dei faringei 1.°e2 * li ligamento di Beaudelot mefa V vescica natatoria meb muscolo ‘elevatore degli archi bran- Re rene cefalico chiali 06 occhio mf » retrattore dell'osso faringeo Xx nervo vago inferiore (5° arco br.) » 15. — Vescica natatoria del F. dentatus coi rispettivi muscoli e coi reni; 2?/y: 1. Rp rene posteriore | ur uretere le altre lettere, come nelle figure precedenti. >» 16. — Estremità codale del #. acus; 55: 1. Pa » » >» » dentatus; 17 :1. 14. — Lo stesso preparato, asportato il muscolo anteriore della vescica a destra della figura, e rovesciato sul cin o Fauna n. Flora d Golfés v. Neapel Il Fierasfer: — x - TAVOLA HI. Fauna & Flora del Golfo di Napoli. Fierasfer. Il. Fic. 1S. 1:95 20. ZIl 29) S x Y * % % vv VV % v % * DIE 24. 25. 26. Dai 28. 29. 30. 31. Sul cranio larvale è — Cranio veduto dalla faccia dorsale. ventrale. » » » » ZO EVI VI. » Tavola EIN. Spiegazione dei segni per tutta la tavola. ob occipitale basilare | pal ol » laterale eep 0s » superiore | enp 0e » esterno mp col condile dell’occipitale laterale Li | SY cob » » » basilare 0] pa parietale md È frontale principale pop fp frontale posteriore | sOp sq squamoso top î intercalare op pe petroso hm as ‘alisfenoide Vi bs basisfenoide I VII ps parasfenoide IX vo vomere X el etmoide laterale Rd em » medio mar mascellare To pma premascellare » » » di fianco. » dall'occipite. A e scheletro facciale e opercolare, veduti obliquamente di fianco e un poco da sopra. veduto dalla faccia dorsale. » dall’occipite. 18-22. Mierasfer acus:": 1. palatino ectopterigoide entopterigoide metapterigoide simplettico quadrato mandibola preopercolo subopercolo interopercolo opercolo iomandibolare forami d'uscita dei rispettivi nervi cerebrali forame d'uscita del ramo dorsale del forame del 1° nervo spinale. trigemino 23-25. Fierasfer dentatusz 7 s: 1. e scheletro facciale e opercolare di fianco. dell’Ophidium Rochei, dalla faccia dorsale ; 2 '/3: 1. del Preridium atrum, veduto dall’occipite: 3 '/3: 1. » Gobius capito dalla faccia dorsale; 2 ‘/3:: 1. » » » di fianco. 4 » Brosmius brosme di fianco; grandezza naturale. di giovane Motella tricirrhata; larva pelagica; 11:1. disegnato con grossa linea il contorno del cranio della .Motell« adulta. 12. — Porzione dello scheletro facciale e opercolare del Pleridium alrumi; 6:1. 33. 34. — » » del Gobius capito; 3 V/g:1. del Brosmius brosme: 1 !/g:1. Fisuna u Flora di Golfosv Neapel 1 Fierasfer | I ì Tap MI Fio. %“ 5 5 % % % % N.B. La tinta neutra segna î pezzi preformati allo stato cartilagineo; le parti ancora cartilaginee alla superficie, nel preparato, Tavola 3. Segni comuni alle figure 35-46. SU sopra-clavicolari Sc scapola do II. lo S. processo superiore del cinto scapo- (014 clavicola m » medio lare cartilagineo. Co coracoide î » inferiore ] i n pezzo basale accessorio n 2 n'n' n!" pezzi che seguono al basale acces- Vi 3 pezzi basali della pinna pettorale SS Te 4 x cartilagine terminale deli serie n n'. (20 sono punteggiate. La tinta gialla segna le parti ossee apposte per ossificazione di tessuto fibroso. Tutte queste figure si riferiscono allo scheletro della pinna pettorale destra, veduta dalla faccia posteriore: fanno eccezione: la preparato del lato sinistro e rovesciata nel disegno, nonchè Ja fig. 46, copiata a rovescio dalla figura 42. 44. 45. 46. fig. 39 tolta da un del Gegenbaur. Cinto scapolare e scheletro della pinna pettorale del F. acus adulto; 9: 1. Cinto scapolare e pezzi basali della pinna pettorale di un giovane /. @cus lungo 87 millimetri: 20: 1. Cinto scapolare e scheletro della pinna pettorale del /. dentatus adulto; 11:1 Parte del cinto scapolare e pinna pettorale del F. dentatus; forma larvale di 180 millimetri; 37 : 1. hi; Parte del cinto scapolare dell’Encheliophis vermicularis; 23:1. . — Cinto scapolaze cartilagineo e pinna pettorale di giovane larva di gadoide (Merlucius?): 40:1. Parte del cinto scapolare di giovane Motella Iricirrhata, forma pelagica; 30 : 1. » » » della Mozella adulta; 5:1 » » » di un giovane Gobius; 25: 1. » » » dell'Ophidium Rocheis 3 ‘fs: 1 » » » del Polyodon folium (secondo Gegenbaur). Scheletro basale della pinna pettorale del Silurus glanis (secondo Gegenbaur). » PIG. 47. — Apparecchio ioideo e branchiale del £. acus. » » » » » » » » » » » Favola VW. osso faringeo superiore 1° ° h joide 5 ; fa, a, arco branchiale 1° face, » PAZ È da » » De gh glosso-ioide a a OS» n 30 cor copula dell’osso ivide CIAO » 4° 004 » del primo arco ° U5 > » 5° C03 » del 2° e 3° arco. (osso faringeo inferiore) dio? 45. — Le prime sei vertebre del #. cus, vedute dal fianco sinistro: 6.:1. a done » SH VETRI » » © dalla faccia ventrale ; 7 Dif UN Ug SAS US NELLE DIOR re sr; MERCE MORE GUsiCot Ca G4l (Cgis Cai costole lata SOL aa. 30. — Le prime cinque vertebre del /. dentalus, dal Rae IRE 10:1. 5l.— >» » » » » » dalla faccia ventrale Lettere come nelle figure precedenti. Sh) 52 — Encefalo del f. acus: . bo bulbo olfativo Le cifre romane segnano i nervi cerebrali le lobo centrale i i ce cervelletto Le cifre arabe si riferiscono ai nervi spinali. : SZ RENE er corpo restiforme z RIE lv lobo del vago Segni comuni a tutte le figure che seguono in questa tavola: e a cellule sensitive (neuro-epitelio) im cellule mucose b » cellule di sostegno n nervo e » parietali ; v vaso sanguigno Ma : d tessuto mucoso s__squama , ; i e epitelio del canale laterale cu cupula terminale 3 "a f epidermide ca canalicolo epiteliale. 53. — Un organo di senso del canale laterale del / acus veduto di prospetto; l’epitelio pavimentoso del canale laterale è se- gnato solo sul lato della fisura che guarda in basso. Preparato trattato con soluzione picrico-solforica di Kleinenberg e colorato a ematossilina: 250 : 1. d4. — Sezione trasversale del canale laterale e di un organo di senso in esso contenuto (l'organo nervoso è tagliato secondo la sua. 250: 1. I contorni dell'insieme sono disegnati secondo un preparato piuttosto” lunghezza) ; giunti, dietro esame di una sezione sottilissima. spesso; î particolari istologici vi sono ag 55. — Cupula terminale di un organo cousimile a fresco; 170: pl 56. — Sezione di un organo del canale laterale, secondo la lunghezza del canale, ossia secondo la piccola diagonale dell'organo. Acido picrico-solforico ematossilina; 250 : 1. 57. — Area centrale di un organo del canale laterale, spogliata della cupula e veduta di prospetto ; i punti neri sono le basi dei peli del senso: 250:1. 58. Un organo di senso della serie longitudinale di ‘un gruppo segmentale ventrale del sistema laterale, messo allo scoperto, ugo togliendo gli strati superficiali dell’ epidermide: alcool, carminio, ematossiliva: 250: 1. : 59. Sezione di un organo consimile, secondo la direzione dei canalicoli epiteliali: acido pierico solforico, ematossilina; 2501. 60. 61. 2, 63 acido picrico solforico, ematossilina: è È pred — Un gruppo di organi laterali della cute dietro l'orbita, con camalini confluenti a rete; alcool, carminio, emato:silina; 40: 1. — Organo laterale della pinna inferiore di una larva di /erasfer di 2 giorni; sezione; acido picrico solforico, cocciniglia; 700 : 1. — Organo laterale nasale di una larva di Fierasfer sul momento di schiudere; dall’animale vivente: 450: 1. — Gruppo segmentale di organi laterali del Gobius capito, col tronco nervoso che vi si ramifica. Acido osmico; 30 :1. tap: i ] GEmegi fe. Verlag ila Egea lazzo LiAnstr Perner & Winter Frazrkfierzs one : : x ia w Ml ti Lo x pa) = > = ia favola VI. : ra Segni per le fig. 64-68, tutte le figur: si riferiscono al #. aeus, ato atrio . ve vena codale v ventricolo vh » ioidea b bulbo aortico vv » vescicale posteriore : ab, var » aveente renale ; - abs 4 arterie branchiali i SIA abz È vbr » bronchiale È ab, sv sacco vascoloso © È La vb, eva corpo vascolare anteriore | Do vene branchiali SULDO? si posteriore ; a vbs i ve occhio i, vb, 1 mav muscolo anteriore della vescica ; ah arteria ioidea \ Re rene cefalico s pb pseudobranchia lip rene posteriore, ca carotide anteriore FP fegato È Ù cp » posteriore St stomaco a " aol arteria ottalmica MU milza 3 b da ae » etmoidale Ov ovario ; { ao aorta + T testicolo t aoc arteria occipitale de deferente aat ,» ascellare V. vescica aerea ae » celiaca Vu vescica urinaria È, ams » mesenterica superiore ur uretere i ami » » inferiore w condotto di Wolff vva vena giugulare I tessuto linfoide che circonda questo canale. y vp » cardinale | î i Fig. 64. — Sistema arterioso di un individuo femmina. Sono asportati: in ambo i lati, i reni cefalici e le ossa faringee col rispettivo + » » » » » ‘apparecchio. muscolare: a destra della figura, il bulbo oculare, l'apparecchio branchiale. l'osso palatino e parte dell'io-mandibolare, et onde seoprire il circolo cefalico e alcuni rami della carotide posteriore; escissa, dallo stesso lato, parte del muscolo anteriore della vescica, per mostrare l'arteria occipitale; è aperta in avanti la cavità del cranio ed escissa parte del parasfenoide, per lasciar vedere l'origine delle arterie ottalmiche ed etmoidali, nonchè le anastomosi fra le carotidi anteriori e frai vasi reduci dalle pseudobranchie. La vescica aerea è spostata un poco verso sinistra, onde porre in evidenza la vena vescicale posteriore che si versa nella vena cardinale destra. I vasi dell'organo vascolare posteriore si veggono attraverso la parete trasparente dell'estremità della vescica: vedesi pure, come macchia rosea diffusa, la rete mirabile dell'organo vascolare anteriore. 4:1. 65. — Sistema venoso di un esemplare maschio; preparazione come sopra, salve le differenze seguenti: sono rimasti in sito i reni cefalici, l'osso palatino e l’io-mandibolare: il cranio non è aperto, ma lascia vedere per trasparenza le vene in esso decorrenti. E asportata parte dei muscoli anteriori della vescica, onde scoprire la base del cranio e le vene principali: è tolto il bulbo oculare di sinistra, invece di quello di destra; la vescica non è spostata, 4: 1. LS 66. — Reni. aorta addominale e vene cardinali: 31/,: 1. È ; 57. — Porzione del tratto dorsale del rene destro iniettato: 30:1. 68. — Sezione trasversale del medesimo organo; 80: 1. = 69. — Parte di una sezione attraverso il rene posteriore iniettato per le vene: 90:1. | e canalicolo renale | v vene capillari g glomerulo di Malpighi | v'—sezione di vene più grosse. 70. — Porzione della rete ialoidea dell'occhio; 15: 1. acer arteria centrale della retina | cv. collettore venoso. V7 AVI Fauna u. Flora d. Golfes v Neapd KFirasfeo: var do De Tavola VII. Mii, i 'Putte le figure si riferiscono al /. acus. pia” pen a arteria al v vena d Li a Biede "2 — Sezione longitudinale di quest'organo vascolare; iniezione CARA 2481. >» >» 73. — Porzione del disco dell'organo suddetto; iniezione principalmente venosa; 30 :1. D » 74 — » » » ; iniezione arteriosa; 30: 1. 5 E È » 75. — Porzione dell'organo vascolare posteriore di piccolo esemplare; 30: 1. » 76. ‘re papille ovariche iniettate; ovario con uova torbide ma lungi dalla maturità; 24: 1. , » 77.78.— Dal medesimo preparato; follicoli ovarici iniettati, con vascolarità in diverso grado sviluppata 50: 1. 5 i i » 79. Rilievi della mucosa FREROtED (villi intestinali) iniettati; 50 : 1. È v. Neapel. Il Fierasfer: Fina u. Flora d Coffés gr’ —_P__CÒ Sa h CN o “tun: PP SRSKKNSIEùR SZ ENVNRTETERT Di YVYTSNTFTKBYdFrb: N nTESSTTIZAE i MASZIEZAI SEZ si, IU 4 AA = ALAN, IS == ESZLCAN RAD: TNA A SZIA NIE NS Ù DI e, OS MA TOSSSÀ > tetti è DIS ® -- " / cv SÒ VISA È) Ata (IIMETL ut STO Tae i NV LIS , X hay 3 — a SÒ er = = == (e: Vas si a a e ® RSS ve ZA Pesa ATA I _ % U/ = = < È = ” _ vv vasi sanguigni. b » del disco vascolare 88. — Sezione trasversa dei testicoli: acido picrico solforico, ematossilina ; 63:1 FR disegnato solo uno dei testicoli. d deferente e epitelio germinale ssî cumuli di spermatoblasti. 89 90.. — Sezioni sottilissime della parete di follicoli del testicolo; acido picrico solforico, ematossilina: 750; L. Tavola VELI. Frammento . del margine assottigliato del medesimo disco bpiteliale, veduto di prospetto: 450: 1. a epitelio pavimentoso della vescica a epitelio germinale. be lo stesso epitelio in atto di proliferare per formare gli spermatoblasti. 91. — Sezione di un cumulo libero di spermatoblasti; trattamento come sopra: 7001. +2. — Evoluzione degli elementi spermatici; acido osmico, glicerina: 700: 1. Ti) cellule normali dell’epitelio germinale. b spermatoblasti. ed » con coda in via di sviluppo. e » con la coda formata e il nucleo divenuto eccentrico. f spermatozoidi quasi perfetti, ancora aderenti ai residui degli spermatoblasti. g » maturi. h residui rigettati del corpo degli spermato blasti. 93. — Due spermatozoidi maturi a fresco: 900:1 (oggettiva a immersione J. di Zeiss.). Tutte le figure si riferiscono al /. ueus. 16. 80. — Sezione sagittale del capo e del tronco di un individuo femmina; 31/s : 1. Ce cervello I B cavità boccale op nervo ottico | St stomaco ol » olfattorio Î l intestino cu ca cartilagine | 4, ano mauv muscolo anteriore della (scia! [fegato mrf muscolo retrattore dei faringei Uv ovario li cuore h rene al atrio VW vescica aerea DI ventricolo Î lo corda dorsale b bulbo aortico | » 81. — Visceri di un esemplare femmina, meno il fegato, dal lato destro-anteriore; 5: 1. 82. — Lo stesso preparato dal lato sinistro-posteriore. SI Stomaco | Pa Pancreas PY ciechi pilorici | 0v ovario ef cistifellea M milza » 83. — Sezione della mucosa gastrica: acido picrico-solforico, ematossilina: 250 : 1. a epitelio cilindrico dello stomaco Ù b » del condotto escretore delle glandole e cellule glandolari specifiche. E 84. — Sezione trasversale di un tubo glandolare della mucosa gastrica: trattamento come sopra; 450: 1. 85. — Sezione di un lobulo pancreatico: trattamento come sopra; 450: 1. ; 86. — Sezione del disco epiteliale nell’orsanovascolare anteriore della vescica aerea: acido picrico-solforico, ematossilina: 450: 1. vv Sezioni trasverse di vasi sa guigni . v Sezione longitudinale di un vaso: le cellule epiteliali adiacenti mostrano una striatura perpendicolare alla parete vasale. » ST. TAVOLA IX. i Tavola IX. Tutte le figure si riferiscono al F. acus. Fi. 94. — Sezione trasversa di un ovario quasi maturo, in cui è incominciata la secrezione del muco; aleool: 5 1. » 95. — Sezione trasversa di una papilla ovarica, nello stesso periodo di sviluppo; alcool: 50 : 1. e epitelio germinale sell a asse centrale. i P » 96. — Cumulo di nova trovato galleggiante sul mare; dimensioni naturali. Ì ì PINA » 97. — Sezione trasversale di un cumulo consimile. 3 : dr » 98. 99. — Sezioni normali alla superficie delle papille ovariche: acido picrico solforico, cocciniglia: 700: 1. o ovuli primitivi e epitelio germinale. of » definitivi v v. vaso sanguigno. » 100. — Frammento della superficie di una papilla ovarica: acido picrico solforico, ematossilina : 700::° I. Segni come sopra. » 101. — Singoli ovuli primitivi ancora situati nell’epitelio: dal medesimo preparato; 700 : 1. ù Ì 102. — Sezione di due uovicini. A e B, in cui sta per cominciare la formazione del vitello di nutrizione: acido picrico solforico. ni cocciniglia: 150:1. vg vescicola germinativa | nv nucleo vitellino » 103. — Sezione di un uovo più avanzato: nueleo vitellino meno distinto, circondato da granulazioni vitelline ; incomincia la K formazione di goccioline adipose: 150:1. a gocciole adipose. n Le altre lettere come nella figura precedente. «>» 104. — Sezione di altro uovo ancora più avanzato; 150:1. qv globuli vitellini sp zona pellucida. Le altre lettere come sopra. d à > 105. — Sezione di un uovo vicino a maturità (incomincia a formarsi il muco tra le papille): preparazione come sopra : 100 : 1. mv massa vitellina formata dalla confluenza dei globuli vitellini rigonfiati. 5 Le altre lettere come sopra. > 106. — Frammento della superficie di una papilla ovarica; acido picrico solforico, ematossilina ; 700: l.. J DIA o ovuli definitivi su cui incomincia a formarsi l'epitelio follicolare. Intorno ad altri ovuli maggiori, lo stesso epitelio sì vede in diversi periodi di sviluppo. ; » 107. — Sezione ottica del contorno di un uovo, del medesimo ovario onde proviene il preparato della fig. 104; a fresco senza near genti: l'uovo essendo stato compresso e rilasciata poi la pressione, il vitello si è staccato meccanicamente dalla zona pellucida, cui ; rimane aderente per sottili filamenti; 250 :1. ù sz stato zonoide | 3p zona pellucida. : ne » 108. — Sezione dello strato corticale e delle membrane di un uovo indurito: da un ovario quasi nello stesso stadio di maturità: s acido pierico solforico; cocciniglia: 250 : 1. vi vitello sp zona pellucida ss strato zonoide ef epitelio del follicolo ze zonacorticalestriata dello strato zonoide mf membrana del follicolo. » 109. — Frammento di un ovario in cui incomincia la formazione delle goccioline adipose: a fresco; 100: 1. » 110. — Un uovo pressochè nello stadio di sviluppo della fig. 104; a fresco; 100:1. » 111. — Uovo vicino a maturità ; le gocciole adipose si raccolgono alla superficie; 100: 1. » li2. — Uovo quasi maturo: le gocciole adipose si sono riunite in una sola; i globuli vitellini rigonfiati confluiscono a formare la massa vitellina omogenea: 100 : 1. De & | | a CER Ì Sa TRITO Ro 0a “sroRag ri fer ; 2 ù S 3) Ì S hi S È | BS i S r S "9 3 a i î K [CI È IS IL Liste der Subscribenten zu Anfang 1SSI. Se. MayestAT DER DeurscHe KaIsER unD KONIG von PREUSSEN. Se. MaysestAT DER KONIG von ITALIEN. Tare MasestiT DIE KONIGIN von IPALIEN. Se. MayestATr DER KONIG von BAIERN. Se. MaysestAT DER KONIG von WURTTEMBERG. Se. KarserL. unD Ké6NnIGL. Honrir peR KroxnprINz DES DeuTscHEN ReEICHES UND von PREUSSEN. Tare KarserL. unp K6xNIGL. HoneIrt DIE RRONPRINZESSIN DES DEUTSCHEN REICHES UND von PREUSSEN. KoxIicL. HoneIT DER GrRrossHERZOG von BADEN. KoxIGL. HoneIrr DER GrossHERZOG von HesseN. SE. SE. SE. SE. HonsIT DER HERZOG von SACHSEN-ALTENBURG. SELGIEN. Briissel. Herr Gustave Magolez, Verlagsbuchhindler. | Liittich. Laboratoire de Zoologie de l’Université. DANEMARK. Kopenhagen. Buchhindler Hagerup. ) Oberarzt Dr. Bergh. DEUTSCHLAND. Aschaffenburg. Prof. Ludw. Graff. Berlin. Akademie der Wissenschaften. (2 Expl.) » 3ibliothek der kaiserl. Admiralitàt. ) Bibliothek des kaiserl. hydrographischen Amtes. » Aquarium. » Asher & Co., Buchhandlung. ) 3ibliothek des landwirthschaftl. Ministerii. » Herr Geh.-Rath Dr. Werner Siemens. » Herr Stadtverordneter Paetel. » —Buchhandl. R. Friedlinder & Sohn. (2 Expl.) | Bonn. Herr Geh. Med.-Rath Prof. Dr. Busch. Bremen. Der naturwissenschaftliche Verein. | Breslau. Das Zoolog. Institut der Universittit. | » Hirt'sche Sort.-Buchhandlung. CarlIsruhe. Bibliothek des Polytechnicum. | Cassel. Die Landesbibliothek. | Darmstadt. Buchhandlung Diehl. Erlangen. Ed. Besold, Buchhandlung. Essen. Frau Geh. Comm.-Rath Krupp. ) Herr F. A. Krupp. Frankfurt a. M. Buchhandlung Keller. | Kiel. RéonIGL. HonriTt DER GrossHERrzoG von SACHSEN- WEIMAR. KéoxIeL. Honrirt Herzoc CarL THeoDOR IN BAIERN. Freiburg i. Br. Die Universitàtsbibliothek. » » » Herr Prof. Dr. Weismann. ) » » Herr Dr. Aug. Gruber. Herr Dr. W. Retzer. Die Universititsbibliothek. Gotha. Herzogl. Sichs. Staatsministerium. Gottingen. Die Universititsbibliothek. » Buchhandlung Peppmiiller. (2 Expl.) Greifswald. Kéonigl. Universitàts-Bibliothek, Halle. Buchhandlung Anton. » Buchhandlung Lippert. Hamburg. Die Stadtbibliothek. » Herr von Ohlendorf. Hannover. Herr Prof. Dr. W. Hesse. Hildesheim. Verein fir Kunst und Natur. Bibliothek der kaiserl. Marine-Akademie. » Kénigl. Universitits-Bibliothek. Konigsberg i. Pr. Die Universitits-Bibliothek. Giessen. Leipzig. Buchhandhmg Voss. » Buchhandlung Simmel & Co. (2 Expl.) » Buchhandlung Alfr. Lorentz. Liibeck. Senatsbibliothek. Miinchen. Buchhandlung Palm. | Rostock. Grossh. Universitàts-Bibliothek. Stettin. Herr Geh. Comm.-Rath Brumm. ) Herr Dr. Delbrick. » Herr Dr. Dohrn. » Herr Reichtags-Abgeordneter Schlutow. » Herr Comm.-Rath T6pfer. Stuttgart. Das kgl. Polytechnicum. ) Die offentliche Bibliothek. Wiesbaden. Die kgl. Landes-Bibliothek. Wilhelmshafen. Bibliothek der Kaiserl. Marine-Sta- tion in der Nordsee. EGYPTEN. Cairo. Bibliothèque Khédiviale. » Institut Egyptien. ENGLAND. Birmingham. Prof. Bridge, Mason's College. » the Natural History Society. Cambridge. F. M. Balfour F. R. S. Trinity College. » Library of the University (Williams & Norgate). Down (Kent). Charles Darwin Esq. Edinburgh. Prof. Sir Wyville Thomson (Williams & Norgate). Halifax. Wm. Cash, Esq. » James W. Davis, Esq. » W. Percy Sladen, Esq. : Huddersfield. George Brook. Esq. Liverpool. 'The Public Library (Williams & Norgate). London. Dulau & Co., Booksellers. » Zoological Society (Williams & Norgate). » University College (Williams & Norgate,. » William Siemens, Esq. » Williams & Norgate, London. ) L. Dreyfuss, Esq. (2 Expl. Manchester. Prof. Milnes Marshall. » Owens College Library. Murthly. Prof. Mac Intosh. Newcastle up. Tyne. Revd. A. Oxford. Prof. George Rolleston. F. » Parker & Co., Booksellers. Merle Norman. Ri S- FRANKREICH. Lyon. Librairie Georg. (2 Expl.) Marseille. Prof. Marion (Librairie Georg). Paris. Librairie Klincksieck. Vesoul (Haute Saòne). Dr. Campana. HOLLAND. Amsterdam. Natura Artis magistra. ) Buchhandlung von Johannes Miiller. Haag. Herr Dr. Voesmaer. Haarlem. Nederlandsche deerkundige Vereeniging. » ‘T'eylers Genootschap. Leiden. Universitàtsbibliothek. » Herr Dr. Hoek. Utrecht. Universitàtsbibliothek. INDIEN. Calcutta. Prof. Anderson of the Government Museum. ITALIEN. Cagliari. R. Museo Zoologico dell’ Università. Firenze. Libreria Loescher. Genova. R. Museo Zoologico. Milano. Libreria Hoepli. (2 Expl.) Napoli. Bibliotheca dell’ Università. » Sign. Duca d’Eboli. » Sign. Conte De la Feld. » Sign. Raffaele de Rosa. » Sign. Barone Raf. Valiante. » Sign. Comm*® Vonwiller. Roma. Se. Excellenz Botschafter von Keudell. Torino. Libreria Loescher. OESTERREICH-UNGARN. Budapest. Bibliothek des Polytechnicum. Graz. Buchhandlung Leuschner & Lubensky. Innsbruck. Universitàtsbibliothek. | Triest. k. k. Zoologisches Institut. | Wien. Zoolog.-botanische Gesellschaft. » Zoolog. Institut der Universitàt. » Buchhandlung Gerold & Co. (2 Expl.) » Hofbuchhandlung Wilh. Braumiiller & Sohn. RUSSLAND. Moskau. Académie pratique des Sciences commerciales. » Herr Michel Gorboff. » Herr Ilia Ostrosukoff. St. Petersburg. Zootom. Cabinet der Universitiit. Warschau. Herr Prof. Ganin. SCHWEDEN - NORWEGEN. Bergen. Zoolog. Museum. Stockholm. Buchhandlhmg Samson & Wallm. SCHWEIZ. Basel. Herr P. Merian. Bern. Die Stadtbibliothek. Frauenfeld. Die thurgausche Naturforschende Ge- sellschaft. Genf. Laboratoire Zoologique de l’Université. » Mr. Maurice Bedot. » Librairie Georg. (3 Expl.) Lausanne. Société vaudoise des Sciences naturelles. Schaffhausen. Das Naturhistorische Museum. Ziirich. Buchhandlung Orell, Fiissli & Co. | VEREINIGTE STAATEN VON NORD-AMERIKA. | Cambridge. Prof. Al. Agassiz. » Stechert. Bookseller. New- York. Westermann & Co., Booksellers. e Druck von Breitkopf & Hartel in Leipzig. Die »Zoologische Station zu Neapel« hat neben ihren iibrigen Publicationen die Herausgabe eines grossen, fortlanfenden Werkes begonnen, das unter dem Titel FAUNA UND FLORA DEGLI O NANA EIA UND DER ANGRENZENDEN MEERESABSCHNITTE in einzelnen Monographieen von verschiedenem Umfange nach einander alle Gattungen, Familien und Gruppen der Thiere und Pflanzen, welche in dem Golfe von Neapel und den benachbarten Golfen von Salerno und Gaéta leben, zur wissenschaftlichen Darstellung bringen soll. Wihrend die Zoologische Station ihre eignen Mittel dazu verwenden will, durch Ver- vielfiiltigang der Untersuchungsmethoden, durch Herbeischaffung des Materials, durch Aus- dehnung der Arbeitszeit die Intensitit und Extensitàt der einzelnen Arbeiten so hoch als méglich zu steigern, hofft sie durch die Theilnahme weiterer Kreise in der wiirdigen Ausstattung des ganzen Werkes unterstiitzt und durch Subscription auf eine hinreichend grosse Anzahl von Ewemplaren in den Stand gesetzet zu werden, in der Drucklegung gleichen Schritt mit der Ausarbeitung der einzelnen Monographieen zu halten. Wie bei ihren ibrigen Publicationen hat sie auch fiir die Abfassung dieser Monographieen die Deutsche, Englische, Franzòsische und Italienische Sprache als gleichberechtigt zugelassen. Subscriptionspreis jàhrlich 50 Mark. Man subscribirt auf mindestens drei Jahre bei der Verlagsbuchhandlung von Wilhelm Engelmann in Leipzig, oder direct bei der »Zoologischen Station zu Neapel« durch Ausfiillung und Einsendung des beifolgenden »Subscriptions-Scheines«. Die Versendung der Publicationen erfolgt von Leipzig aus. Uehersicht der in Ausarbeitune sonommenen Monoeraphicen. I. Monographie der Cterophorae. Von Dr. Carr CHux, Privatdocent an der Universitàt Leipzig. 39 Bogen, 18 Tafeln. (Buchhéndlerpreis 75 Mark.) 2. Monografia delle specie del genere ierasfer. Dal Dr. Carro Emery, Prof. di Zoologia all’Università di Cagliari. 10 Bogen, 9 Tafeln. (Buchhindlerpreis 25 Mark.) Diese beiden Binde sind den Subscribenten fir 1880 geliefert worden. DD 10. RE 12: 13. 14. 15. 16. Tg 18. . Monografia delle Eolidie. Dal Dr. TrixcHese, Professore d’Anatomia Comparata nell’ NO) Se I Mm > (SO) SI Monographie der Pantopoda (Pycnogonidae). Von Prof. Dr. Axrox Donrx in Neapel. 32 Bogen, 18 Tafeln. (Buchhindlerpreis 60 Mark). Die Corallineen. Von Graf zu Sorms-Laupac®, Professor der Botanik in Gòttingen. 8 Bogen, 3 Tafeln. (Buchhéndlerpreis 12 Mark.) Monographie der Gattung Balanoglossus. Von Dr. J. W. SpenceL, Director der Natur- wissenschaftlichen Sammlungen in Bremen. Mit 10 Tafeln. ) Diese drei Binde werden voraussichtlich fur das Jahr 1881 geliefert werden kònnen. Die Bangiaceen. Von Dr. BertHoLD, Assistent an der Zoologischen Station zu Neapel. ca. 10 Bogen, 5—7 Tafeln. Monografia delle Attinie. Dal Dr. AnceLo Anpres di Tirano in Valtellina. ca. 20 Tafeln. Monographie der Planarien. Von Dr. Arnorn Lane, Assistent an der Zoologischen Station zu Neapel. Mit ca. 20 Tafeln. Monographie der Caprelliden. Von Dr. PauL MayER, Assistent an der Zoologischen Station zu Neapel. Mit ca. 12 Tafeln. Monographie der Gorgoriden. Von Dr. von KocaH, Professor am Polytechnicum in Darmstadt. Le Cistosire dal Barone Rarr. Variante a Napoli. Monographie der Sipunculoiden. Von Dr. J. W. Spencer, Director der Naturwissenschaft- lichen Sammlungen in Bremen. A Monograph of the Nemerteans. By Dr. A. A. W. Husrecat of the Zool. Museum of Leiden. Monographie der Capitelliden. Von Dr. Huco Ersie, Assistent an der Zoologischen Station zu Neapel. Monographie der Asteriden. Von Dr. Huserr Lupwic, Professor der Zoologie in Giessen. Monographie der Holothurien. Von Dr. Huserr Lupwie, Professor der Zoologie in Giessen. Die Cryptonemiaceen. Von Dr. BertHoLD, Assistent an der Zoologischen Station zu Neapel. Die Gattung HWdebrandtia (Squamarieen). Von Dr. Scamrz, Professor der Botanik in Bonn. Università di Napoli. Monografia degl’ Amfipodi. Dal Dr. Delta Varre a Napoli. Le genre Doliolum par le Dr. ULianiN de Moscou. . Monographie des Ascidies simples et sociales par le Dr. Ep. van BexepEN, Professeur de Zoologie à l’Université de Liége. Monographie der Aplysiaden. Von Dr. J. Brock, Privatdocent an der Universitiit in Erlangen. Die Ausarbeitung weiterer Gruppen wird in dem Masse erfolgen, als der Druck der vollendeten Arbeiten fortschreitet und die Zahl der Subscribenten resp. das Absatzgebiet des gesammten Werkes sich vergròssert. TO ULI Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig. î È; > E WECTOSITE du; : as e Fauna und Flora Zoologische Ergebnisse va i des Golfes von Nea p el einer im Auftrage der Kola Piadono der Wissenschaften | und der ausgefùhrten 4 angrenzenden Meeresabschnitte ico in dio Vi > "aggio Rolse n die Kiistencehiete des Rothen Meeres. Zoologischen Station zu Neapel. Herausgegeben mit Unterstittzung der Kéniglichen Academie von I. Monographie: Ctenophorae von Dr. Carl Chun. Mit 18 Tafeln in Lithographie und 22 Holzschnitten. Ladenpreis 4 75. MI ateln in Lithogr A} 1e un ( sennitte J Robby Kossmann, î . 4 e ® % Ù ni ui Il. Monographie 2 Di ierasfer von Pi of. E mer y. a Dr. phil. und Professor a. d. Universitàt Heidelbers. Mit 9 zum Theil color. Tafeln und 10 Holzschnitten. Ladenpreis 4 25. pie Im Laufe des Jahres 1881 werden erscheinen: Erste Halfte. 1. Prof. Dohrn, Monographie der Pantopoden (Pyenogoniden). circa | Inhalt: I. Pisces, bearbeitet von Kossmann und Réuber. 30 Bogen Text mit 16 Tafeln. II. Mollusca, bearbeitet von H. A. Pagenstècher. 2. Prof. Graf zu Solms, Die Corallinenalgen. ca. 8 Bogen Text mit II. aperta (1. Theil: Brachyura), bearbeitet von K.0ss- 2-3 Tafeln. È IV. Entomostraca (1. Theil: Lichomolgidae), bearbeitet von 3. Dr. Spengel, Monographie des Balanoglossus. Mit ca. 10 Tafeln. ORA Subscriptionspreis fiìr simmtliche erscheinende Monographien = ermuale Mit 12 Tafeln. 4. 1877. 425. jahrlich 4 50. Man abonnirt fir mindestens drei Jahre beim Verleger oder beim | Zweite Halfte, erste Lieferung: Herausgeber. III. Malacostraca, (2. 'Theil Anomura), bearbeitet von Koss- È mann. * > RO V. Echinodermata, bearbeitet von Ludwig. Zoologischer Jahreshericht CO ci Mit afeln. 4. 1880. 4 12. fur 1879. Herausgegeben von der Zoologischen Station zu Neapel. Der Redigirt von Prof. J. Vict. Carus. | U LS P run g d er W ir b e lt h i ere Lwei (ilften. gr. $ 880. HM 32. | o . . Uwei ca CA CRE li | und das Princip des Functionswechsels. 2 5 Geneslogische Skizzen Mittheilungen RA aus der ì i Dr. Ant. Dohrn, Zoologischen Station zu Neapel. 8. 1875. 42. Zugleich ein si Repertorium fiur Mittelmeerkunde. D G M In Banden è 4 Hefte. gr. 8. | as Genus Myzostoma I. Band. Mit 18 Tafeln, 4 Holzschnitten und Beilage: Nachtrag zum a e; }ibliothekscatalog. 1878. .4 29. (F. S. Leuckart) IT. Band. 1. Heft mit 7 Tafeln und 14 Zinkographieb. 1680. M8. 2. Heft mit 4 Tafeln und 3 Holzschniten 1850. 4/7. È ETICA LR Dr. Ludwig Graff, | Docent der Zoologie an der Kònigl. Bayer, Central-Forstanstalt Aschaffenburg. Vergleichende Anatomie x | Mit 11 Tafeln. Fol. 1877. 4 25. —. des Nervensystems und Phylogenie von Moll ci Zur Histologie' der Radiolarien. i “ o cd Untersuchungen Hermann von her, Dr. med. iiber den Bau und die Entwicklong der Sphaerozoiden und Thalassicolliden Mit 8 lithographirten Tafeln und 16 Holzschnitten. von Fol. 1877. Kartonnirt. 4 36. —. Dr. Richard Hertwig, Privatdocenten an der Uniyersitàt Jena U Ri DL aa Mit fiinf lithographirten Tafeln. 4. 1876. 24 10. —. Die Lepidopteren | una der Leitfaden fiir das Aquarium =schweiz. O, Von Ò U Ple Professor Dr. Heinrich Frey. Zoologischen Station zu Neap gr. 8. 1880. .4 10. 8. 1880, .4 1, 60, — -—-- —- Druck von Breitkopf & Martel in Leipzig. n EC - 053> (35 7 17, bn = | si Tui i tn Ci uni i 1a Li i i NT] bi | Um) sti o (eo Meri fi (0) Ì I IRINIITTI 00051 9736 | Il | SMITHSONIAN INSTITUTION LIBRARIES | 3 9088 da a Pim pà IE