GA 44 d- \ ct € li € CC i (na (Cid @ CC l ' t - TS ( i $i at € rr Cl TC dd, mer POSE - EE Li; a CC GI €«<« (IAT TT «TE. È €« o a «€ @ur«« «(T&T Ca ge ea; "dc, GI «€ CATS < S < MG € A dota WC MT HE Gar € « C | (@ (a « ( d (€ € € « GN N dC TC(( (CC Cic n «e Xe 9 - Cat L «i € (tre ae? a > sò, @& ( ( tar Pr — dr rr >_> € S_ DL poec DL L£ a b siro eb pi Pn = i È C_S (€: _d (Cad L_ Ue (VAL €. (i GECO: («E ( (MIC € CREMA € «Ie. E « te (€ (((C 7 € CX "& ‘€ € [o { ((:« € CT Eee cC (Cal (' (e (€. GL (ec e €: —- € sal È su L@NC.« (( ( PNT «€ EC ( ; , A ; (| EC Ta (A dd: eta € € Cer € CCG: 4 «OR € au E WX Ce u@l (« A È dt LC Gi Ie (ECT CGIE UT EC dat € CC | ‘ @ Gi (. ra (| dd da K€ AUG x ce Qu € € Pa na CITE UM Wa Td IT LG <€ Gi Ti (0° ATC «€ da Gel GM I € ast CTC. 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Inoltre in alcuni di questi animali fu ripetuta la prova con la stricnina a tempo lontano per vedere se e quanto durava la resistenza del medesimo animale contro Ja m. d. m. di stricnina. Nella seconda serie sono riportati gli esperimenti nei quali gli animali iniettati con lo stesso siero dei precedenti, ricevevano in un tempo piuttosto lontano, variabile nei singoli casì, la prima iniezione con la m. d. m. di stricnina. Il risultato di tali prove fu molto chiaro ed assai interessante. Si trovò infatti che il siero debitamente controllato ed avente il necessario potere antistricnico determina una resistenza contro la stricnina, di non lunga durata, e assai minore di quella che nella stessa cavia o coniglio si riscontra quando le iniezioni della m. d. m. di stricnina si ripetono più volte ad intervalli. non successivamente lunghi. Il limite massimo di resistenza contro la m. d. m. di stricnina da noi constatato fu di giorni 20; cioè si ebbe un termine eguale a quello che si trova nella resistenza con- ferita con lo stesso siero contro la m. d. m. di tossina tetanica, il quale non eccede, come abbiamo veduto, i 20-25 giorni. Invece gli animali preparati allo stesso modo con siero antitetanico, ma iniettati con la m. d. m. di stricnina, dopo un tempo assai più lungo, di 32-36-50 giorni, morirono tutti al pari dei controlli. Bastava peraltro che tali animali avessero avuto una iniezione di stricnina dopo 24-ore da quella del siero, perchè la resistenza contro la m. d. m. dell’ alcaloide fosse assai maggiore di quella di giorni 20 aa conferita solamente col siero, arrivando fino a 32 giorni (esperimento 5°), salvo poi ad essere del tutto scomparsa dopo 50 giorni (esperimento 4°). Che se poi le iniezioni di stricnina erano ripetute più volte, ma con intervalli non eccedenti un determinato limite, come accadeva negli esperimenti riportati nella prima parte di questo lavoro, allora l’animale poteva resistere a tali prove per un tempo anche più lungo senza risentirne grave danno. Si deve perciò concludere che anche la durata del potere antistricnico posseduta dal siero antitetanico è assai limitata ed è uguale a quella che lo stesso siero possiede contro la tossina tetanica; l'una, come l’altra, arrivano a 20 giorni circa. Risulta inoltre da tutto quanto è stato sopra riferito che la resistenza di lunga durata la quale si osserva negli animali sottoposti ad iniezioni multiple con la m. d. m. di stricnina praticate col voluto intervallo, resistenza che, come abbiamo visto, è assai più lunga di quella conferita con una semplice iniezione di siero, trova la sua ragione in due coefficienti distinti; da un lato nell’ azione antagonistica del siero che arriva a far sopportare all'animale una prima iniezione con la m. d. m. di stricnina, e dall’ altro nell’abitudine al veleno che la prima o le prime iniezioni di stricnina determinano, in modo che l’animale finisce con l'essere per lungo tempo meno sensibile alla medesima dose di tale veleno, la quale perciò può essere iniettata più volte senza grave danno. In altre parole nelle iniezioni in serie, nelle quali molte volte e per lungo tempo la m. d. m. di stricnina viene ad essere tollerata, solo la prima parte della resistenza a questo veleno è da attribuirsi all’azione del siero precedentemente introdotto; invece la seconda parte di tale resistenza deve ascriversi esclusivamente all’ abitudine al veleno che si manifesta appunto negli stessi animali dopo che sono riusciti a sopportare con la iniezione del veleno una m. d. m. di stricnina, In ultimo, al fine di meglio illustrare quanto è stato esposto intorno alla resistenza degli animali alle iniezioni più volte ripetute di stricnina, abbiamo voluto ricercare con appositi esperimenti se effettivamente esistesse negli animali convenientemente trattati un'abitudine a tale veleno, la quale come è noto, viene negata da scrittori autorevolissimi, Con questo intendimento abbiamo praticato in tre cavie iniezioni con dosi submortali di stricnina non eccessivamente frazionate, operando precisamente nel modo seguente : Una prima cavia ebbe 1/3 4- 1/3 4-1/2+#+ 1 m. d. m., con intervallo] di 5-6-8 giorni. Una seconda cavia riceve 1/2 + 1/2 + 3/44- 1 m. d. m. con intervallo di 5-4-8 giorni. Una terza cavia ebbe 2/3 + 2/3+1 m. d. m. con intervallo di 5-6 giorni. La prima e la seconda risposero alla iniezione della m. d. m. di stricnina con leg- gero e transitorio aumento della eccitabilità; la terza ebbe accesso stricnico, non grave e di breve durata, rimettendosi subito in perfetta salute. In questo animale si osservò in modo evidentissimo che erano stati attaccati dal veleno solamente i centri spinali, mentre quelli bulbari, a differenza di quanto comunemente si verifica, non apparivano menomamente turbati. Il controllo iniettato con la stessa soluzione di stricnina che aveva servito per gli esperimenti sopra riportati, ebbe accesso stricnico grave dopo 11’ dalla iniezione e morì al 15° minuto. SE La prima e la terza cavia sopportarono poi successivamente altre iniezioni con la m. d. m. di stricnina, praticate rispettivamente con intervallo dalla prima di giorni 5-12 e 6-12-16-57. Praticando queste iniezioni nella cavia n.° 3, si ebbe ad osservare che essa alla seconda ed alle seguenti iniezioni con la m. d. m. di stricnina presentò un quadro morboso assai più mite di quello che seguì alla prima; cioè mentre dopo questa si pro- dusse un accesso stricnico di mediocre intensità, dopo le altre si osservò solamente un lieve aumento della eccìtabilità generale. Quindi non solo gli animali dopo breve prepa- razione con dosi submortali di stricnina arrivano a resistere ad una intera dose mortale, ma anche a più iniezioni della stessa dose praticate successivamente, al seguito delle quali si verifica pure un notevole miglioramento del quadro morboso presentato dall’ ani- male stesso rispetto a quello osservato dopo la prima iniezione. Da tutto questo si deve concludere che nella cavia è possibile 1’ abitudine alla stricnina, contrariamente a quanto universalmente si ammette sulla assoluta renitenza dell’ organismo animale per questo alcaloide; anzi tale abitudine si ottiene in breve tempo (10-16 giorni), con poche dosi e con dosi non eccessivamente frazionate. Ciò illustra e mette fuori di discussione quanto è stato sopra affermato riguardo al significato della resistenza contro la stricnina che si osserva in secondo tempo negli animali preparati con siero antitetanico, fuori del limite nel quale questo siero esercita la sua azione. Sembra poi che questa resistenza alla stricnina costituisca una forma tutta speciale di abitudine al veleno in quanto non occorre per determinarla, come ordi- nariamente avviene, un lungo tempo di preparazione e dosi di veleno molto frazionate e progressivamente crescenti, ma bastano poche dosi submortali di stricnina e dosi rela- tivamente grosse, perchè l’animale possa senz'altro resistere alla m. d. m. che uccide i controlli in 15-25 minuti. E se vogliamo da questi dati di fatto sull’abitudine degli animali alla stricnina risa- lire a concetti teorici informati alla teoria di Centanni-Ehrlith, possiamo dire che la iniezione nelle cavie della dose submortale della stricnina medesima, o quella della intera dose mortale resa sopportabile da precedenti iniezioni di siero antitetanico, hanno per effetto di distruggere buona parte dei ricettori del sistema nervoso e particolarmente quelli relativi alla porzione bulbare, per i quali il veleno sembra avere una maggiore affinità; cosicchè le iniezioni successive con la stessa dose mortale riescono senza effetto o quanto meno determinano solo fenomeni di aumentata eccitabilità spinale. In ragione poi della lenta riproduzione di tali ricettori, le iniezioni della m. d. m. di stricnina pos- sono essere ripetute più volte, purchè la distanza fra luna e l’altra non superi un deter- minato spazio di tempo che è quello necessario per la riproduzione completa dei ricettori che andarono precedentemente perduti. Che se poi si lascia trascorrere un intervallo maggiore fra le singole iniezioni, dando così il tempo necessario per aversi la rigenerazione completa dei ricettori stessi, allora l’ animale torna ad avere la sensibilità normale per la stricnina e muore come i controlli alla iniezione della m. d. m. di questo alcaloide. La rapidità con la quale avviene la rigenerazione dei ricettori è maggiore nel coniglio (15 giorni), minore nella cavia (51 giorni), ossia sta in ragione diretta della sensibilità dell’ animale per la stricnina. Se dar Quindi nel mitridatismo il tempo per la ricostituzione dei ricettori seguirebbe la stessa legge che presiede nell’immunità alla riproduzione dei ricettori stessi. Infatti, quanto più l’animale è sensibile alla stricnina, tanto più rapido è il ritorno della sensi- bilità per questo alcaloide, quindi tanto più rapida è la riproduzione dei ricettori che erano andati perduti; precisamente come nella immunità nella quale tanto più un ani- male è sensibile ad un dato antigene, tanto più pronta, più attiva, più esuberante è la produzione ela superproduzione dei ricettori, rispettivamente maggiore l'accumulo di anticorpi nel sangue. Così le differenze che si osservano nelle iniezioni in serie praticate con la stricnina e con la tossina del tetano sono tutte relative alla differenza di natura e di costituzione di questi veleni ed al modo col quale l’ organismo ad essi risponde, e non riguardano affatto il meccanismo col quale il siero antitetanico esplica la sua azione contro i due veleni, meccanismo che in ambedue i casi sarebbe sempre lo stesso. Risultano quindi da un particolare esame di confronto da noi esteso a tutti i punti della questione, le seguenti conclusioni finali : Il siero antitetanico si comporta contro la stricnina in modo perfettamente identico a quello col quale esso agisce contro il veleno del tetano e salvo piccole varianti di poca importanza, da attribuirsi interamente al diverso grado di sensibilità che gli animali sperimentati offrono rispettivamente contro la stricnina e contro il veleno del tetano, in nulla può distinguersi l’azione che il siero dispiega nel primo caso, da quella che dispiega nel secondo. Riguardo al modo col quale il siero esplica tale sua azione, dopo queste nuove esperienze rimane fermo e nuova- mente provato tutto quanto il Lusini ha ammesso per primo sull’ azione antagonistica fra il detto siero e la stricnina e quanto fu stabilito prima di altri dal Prof. Tizzoni e dalla Dott.® Cattani intorno al meccanismo d’ azione fra il siero stesso e la tossina tetanica. Data la grande diversità di natura e di costituzione dei due veleni, rimane esclusa ogni possibilità di azione diretta, di ordine puramente chimico, fra siero antite- tanico da un lato e stricnina e tossina del tetano dall’ altro; bisogna invece pensare esclu- sivamente ad un'azione fisiologica che il siero antitetarico, coll’ intermezzo dell’ orga- nismo esercita sui due veleni, fissandosi saldamente in punti determinati dell'arco diastal- tico, ed in tal modo impedendo o frenando gli effetti nocivi dei veleni tetanizzanti, qualunque sia la loro natura, siano cioè rappresentati da tossine batteriche che agiscono come enzimi, oppure siano dati da alcaloidi vegetali di natura ben definita come la stricnina. Per completare poi il presente argomento rimane ancora da stabilire se è effettiva- mente lo stesso anticorpo contenuto nel siero antitetanico che, come sembra, dispiega azione antagonistica contro la stricnina ed immunizzante contro il veleno del tetano; se e quali rapporti esistano nel siero di animali a vari gradi di vaccinazione fra la curva anti- stricnica e quella antitossica contro il veleno del tetano. Tutto ciò formerà oggetto, più tardi, di speciali pubblicazioni. ERE BIBLIOGRAFIA Almagià. — Sul rapporto fra la sostanza nervosa centrale e la tossina del tetano. 1° Comu- nicazione. « Lo Sperimentale », 1906, fasc. V. TA. — Nuove esperienze sull'azione che la colesterina e la lecitina esercitano sulla tossina tetanica e sul virus rabido. « Boll. della R. Accademia Med. di Ruma », 1908, fase. V. Id. — Ricercho sulla possibilità di neutralizzare la stricnina con la colesterina, lecitina, ecc. ‘« Ibidem », fasc. 3° e 4°. Brunner — L’intoxication par la Strychnine et le tétanos. « Russiches Arch. f. Path. », Marzo, 1398. Buchner. — Ueber Bakteriengifte und Gegengifte. « Munchener Med. Wochenschr. » nn. 24-25, 1893. i Lusini. — Sul meccanismo d’azione dell’ antitossina Tizzoni e della stricnina. Nota pre- ventiva. « Riforma Medica », Agosto 1897 e « Arch. Ital. di Biologia », T. XXVIII, fasc. 1°. Ti. — Sull’antagonismo d’azione dei sieri antitetanici Tizzoni, Behring e Roux « Arch. di farmacologia e terapeutica », Vol VIII, fasc. 8° e 9°. : Tizzoni. — Vaccinazione e sieroterapia contro il tetano. Vallardi, Milano. Tizzoni e Cattani. — L’immunità contro il tetana studiato negli animali molto recettivi per questa infezione. « Riforma Medica », 1891, nn. 183 e 184. Td. — Alcune ricerche relative all’immunità per il tetano. « Riforma Medica », nn. 192 e 193. Tizzoni e Perrucci. — Intorno ai criteri scientifici per giudicare in modo rapido e sicuro sulla reale efficacia del siero antitetanico. « Il Policlinico », 1915, Vol. XXII, M. - Comptes rendus, T. 160, p. 845. Séance du 28 Juin 1915. Id. — Sulla determinazione del potere immunizzante del: siero antitetanico a mezzo della stricnina. « Il Policlinico ». Sez. Medica, 1909. - Ann. Istituto Pasteur. T. XXXIII, p. 723. i) v . adi a rp. i eboli i por: È Aia 50 agi (21 SERIE crd: bjscior Pi ADITO, Mii DIRPRESI SA TERI SI n i 3 RA), asrvare ) i RIS AAA = IE MSZAAGSI siva © i 44 pen x ù B A vat cv pe ar o e Tad SPILLE e by pento e ite gii i ST aiar IMAA EN i det srt o : i Si i A BE, ti: A dee x (ATTRA % ENEA I ZII d@ y i (* A Ù n J I 6 i "UO eo ULTERIORI RICERCHE INTORNO ALL'AZIONE DEGLI ELEMENTI RADIOATTIVI SUL CUORE MEMORIA DEL PRroF. LODOVICO BECCARI letta nella Sessione del 29 Aprile 1923 Le osservazioni ed esperienze, che riferisco nella presente nota, costituiscono la continuazione di ricerche già da me iniziate intorno all’ importante problema dell’azione biologica dei corpi radioattivi. I risultati dello Zwaardemaker relativi alla funzione dei metalli radioattivi nell’ attività cardiaca (ai quali mi riferisco già nella mia precedente memoria) (') sono stati ottenuti in condizioni sperimentali così speciali, che mi è parso utile tentare altre vie di esperimento per chiarire il problema. E per verità i detti risultati, pur tanto interessanti, sono stati ottenuti sul cuore di rana isolato e sottoposto a circolazione artificiale con pure soluzioni saline isotoniche (soluzione di Ringer), la cui composizione veniva opportunamente modificata sottraendone l’ elemento fisiologico indispensabile, il potassio, per sostituirlo con altri elementi radioattivi o per fare agire poi sul cuore così disturbato nella sua ritmica funzione influenze radioattive dall’ esterno. Ho già accennato nel citato lavoro alle critiche mosse da altri e da me alle interpretazioni dello Zwaar- demaker, le quali appunto, senza negare l’importanza dei fenomeni, mettono in rilievo l'incertezza dell’ ipotesi di quell’ Autore. Penso che anche il metodo seguito non vada esente da critiche, quando si consideri la profonda modificazione imposta agli elementi funzionali con la circolazione artificiale di una semplice soluzione salina. Non basta il fatto, che il cuore isolato ed irrigato con soluzione di Ringer conserva le proprietà automatiche e contrattili per un certo tempo, per provare che esso non sia affatto modificato nei più delicati processi trofici e funzionali; e tale dubbio sarà tanto più giustificato quando, per di più, eliminiamo dal liquido circolante l uno o 1 altro dei componenti indispensabili. Onde è a ritenersi che questo metodo non possa applicarsi sempre senza riserve; giacché la semplificazione che esso arreca è più apparente che reale, inquantochè introduce nel quadro funzionale elementi ignoti (costituiti dalle predette (4) Azione degli elementi radioattivi sul cuore. Memorie della it, Accademia delle Scienze, 28 maggio 1922, Bologna, Serie VII, omo IX, p. 115, 1921-22. elicogie immancabili modificazioni di ambiente interno), che piuttosto complicano il problema. Sarebbe desiderabile scostarsi quanto meno si può dalle condizioni normali di nutrizione dei protoplasmi. O almeno è indispensabile che i fenomeni verificati nelle condizioni artificiali suddette, si verifichino pure e trovino conferma in condizioni sperimentali più vicine alla norma. In base a queste considerazioni generali ho diretto le ulteriori mie ricerche sull’ azione delle sostanze radioattive. x E anzitutto ho iniziato ricerche sull’influenza diretta delle radiazioni. Esse non sono che un tentativo preliminare, i cui risultati, per quanto in gran parte negativi, ritengo utile comunicare. L'azione diretta delle radiazioni sulla funzione cardiaca non è stata oggetto di indagine se non per parte dello Zwaardemaker e suoi allievi nel modo che ho sopra indicato. Io ho voluto tentare l’ applicazione di esse al cuore nelle condizioni di maggiore integrità nutritiva e funzionale, quale è quella che si presenta quando esso conservi i suoi rapporti normali e sia tuttora irrigato dal sangue. Tuttavia è lecito già a pr/0ri dubitare che sul cuore normalmente funzionante le radiazioni possano manifestare effetti immediati e visibili, come invece fanno altri agenti, i quali producono fenomeni di eccitamento o di paralisi degli elementi funzionanti. E ciò perchè l esperienza medica sull’ applicazione del radio ci avverte già che gli effetti non sono immediati e non sono dello stesso ordine di quelli che consideriamo o utilizziamo come stimoli. Eppure possono esistere manifestazioni funzionali capaci, per la loro delicatezza, di rivelarci gli intimi cangiamenti, che senza dubbio l energia raggiante determina nei protoplasmi. ì Allora ho pensato di valermi bensì del cuore di rana in condizioni di massima integrità funzionale, ma dopo averlo reso atto, mediante la legatura del seno e la sepa- razione funzionale della regione atrio-ventricolare, a rivelare i più piccoli stimoli eccitomotori, come ho già avuto opportunità di provare nello studio dei cardiocinetici (‘). Ho sottoposto quindi l’ animale così preparato all’ irradiazione per periodi di tempo vari osservando come si comportava il cuore. Nella rana, immobilizzata con la distruzione del midollo spinale, mettevo a nudo il cuore, liberandolo pure del pericardio; indi praticavo la classica legatura di Stannius nel solco seno-atriale, la quale produce l’ arresto diastolico della regione atrio-ventricolare: . Tolta poi con cautela la legatura stessa, si ristabiliva il circolo nelle cavità cardiache, le quali quindi venivano a trovarsi nelle condizioni più propizie di nutrizione e di eccitabilità. Come ho già altrove provato, si ottiene così un eccellente preparato fisiologico, sensibilis- simo ad ogni stimolazione capace di mettere in attività il centro atrio-ventricolare isolato. Ho potuto usufruire di un buon preparato di bromuro di mesotorio (*) gentilmente messo a mia disposizione dall’ egregio collega Prof. A. Masotti, a cui rendo vivi ringra- (4) Memorie della R. Accademia delle Scienze, 1920 e 1921. (*) Esso ha il peso di 28 milligr.: il suo elevato potere radioattivo è stato anche confermato dagli ottimi e rapidi risultati ottenuti con lo stesso apparecchio dal Prof. D. Majocchi nella sua Clinica Dermosifilopatica in varie dermopatie. RE RISE ziamenti. Esso é contenuto in un apparecchio metallico a placca di 15 mm. circa di diametro. Posta la rana operata sopra un piano orizzontale in posizione supina sospendevo la placca al disopra del cuore stesso, alla distanza minima possibile (circa 1 mm.) ed in modo che il centro della placca corrispondesse alla base del ventricolo. Come ho già descritto in altri miei lavori il cuore con legatura del seno presenta a considerare: il seno, le cui contrazioni ritmiche riproducono il ritmo primitivo del cuore stesso intatto; la regione atrio-ventricolare, la quale resta in riposo diastolico per periodi di diversa durata da animale ad animale, ma abbastanza uniformi e costanti nello stesso individuo, e presenta dei gruppi di contrazioni atrio-ventricolari a tipo nodale, per lo più in numero limitatissimo (da 1 a 3 0 4) ed abbastanza costanti ed uniformi essi pure; e ciò per molte ore, anche 24 e talora 48 ore. Le modificazioni che si possono verificare per azioni di sostanze o altri stimoli applicati al cuore riguardano da un lato il seno, dall’ altra la regione atrio-ventricolare; e in questa può trattarsi di alterazioni delle pause o dei gruppi di contrazioni atrio-ventricolari. Nei cuori sottoposti all’ irradiazione determinavo con un cronometro la durata delle pause — e il numero delle contrazioni atrio-ventricolari dei singoli gruppi — potendo in tal modo avvertire le più tenui alterazioni funzionali del cuore in rapporto alla ecci- tabilità del centro atrio-ventricolare. Le osservazioni fatte fino ad ora non sono, per numero e per armonia di risultati, sufficienti a trarre conclusioni generali e definitive. Esse richiedono lungo tempo e ripetuti controlli; e per ora mi limito a darne notizia succinta e preliminare. In nessun caso, anche per una irradiazione prolungata (da wn' ora fino a tre ore) ho mai osservato fenomeni di stimolazione del centro atrio-ventricolare isolato. I gruppi di contrazioni suddette non si modificano in genere nè per numero nè per carattere. Nemmeno ho notato fatti di depressa funzionalità; anzi la durata della vitalità del cuore o il modo di reagire di questo a stimoli chimici specifici (es.: potassio, digitalina) non sono modificati. Al contrario ho notato in vari casi (ma non sempre) una tendenza all’abbreviarsi delle pause diastoliche dell’ atrio-ventricolo fino alla metà circa del valore primitivo; tale abbreviamento non è in genere proporzionale alla durata dell’ irradiazione, e non cessa immediatamente con qnesta, ma persiste talora per ore; il ritorno alla lunghezza primitiva delle pause è un argomento a conferma che molto probabilmente l' irradiazione è stata la causa della modificazione predetta. E, se il fatto risultasse costante starebbe ad indicare che l’ energia raggiante, mentre non provoca alterazioni apprezzabili dell’eccitabilità del centro atrio-ventricolare, esercita un’ azione acceleratrice su quegli intimi processi del chimismo: protoplasmatico, da cui quasi sicuramente si generano gli stimoli, che determinano la ritmica attività del centro atrio-ventricolare stesso (gruppi di contrazioni nodali). Sg Azione dell’ uranio e del torio sul centro atrio-ventricolare isolato. La stessa metodica mi ha servito per istudiare l’ azione diretta sul cuore del torio e dell’ uranio, come già feci per il potassio e i suoi omologhi. La sostituzione di questi due metalli radioattivi al potassio nel liquido di circolazione pel cuore isolato ha per verità confermate in linea generale le osservazioni di Zw aar- demaker. Ma #8 è già notata la notevole differenza che essi presentano rispetto al potassio nel determinare la ripresa del ritmo cardiaco ('). E, come ho già rilevato, sarebbe assai più importante riconoscere la loro azione sul cuore in condizioni di maggiore integrità fisiologica. Auzitutto ho sperimentato sul cuore preparato con la legatura del seno per applicazione diretta su di esso di una soluzione isotonica di ni/7a/0 di torio e di nitrato di uranile. Come risulta dai miei lavori antecedenti basta versare una o due gocce di soluzione isotonica di cloruro di potassio o di rubidio sul cuore così preparato per vedere istan- taneamente entrare in attività l’ atrio-ventricolo, che era in arresto diastolico. Se il cuore è sospeso per la punta alla leva serivente il contatto della soluzione col ventricolo e con l'atrio è brevissimo perchè esso vi scorre sopra e si raccoglie, sul piano della cavità toracica, a contatto col seno e con le grosse vene cave. Torio — La soluzione isotonica di nitrato di torio versata a goccia a goccia sull’atrio ventricolo non manifesta nessuna azione stimolante immediata nè tardiva. Il liquido, raccoltosi intorno alle vene ed al seno, può venire assorbito attraverso le pareti di queste parti ed esercitare l’azione sul cuore entrando nelle cavità di questo, come si verifica con la digitalina ed altre sostanze, ma ciò non avviene nemmeno dopo un tempo assai lungo. Si osserva anzi che al contatto con la soluzione di torio i tessuti si. modificano presentando un aspetto opaco e i liquidi organici lentamente intorbidano per la formazione di coaguli. Il sale di torio possiede un'azione locale precipitante e coagulante, il che spiega bene la sua poca diffusibilità nei tessuti e l'impossibilità di studiarne lazione col metodo della diffusione nelle cavità cardiache dall’ esterno. Se poi si immerge per qualche minuto tutto il cuore nella detta soluzione, allora si nota anche più spiccatamente sul ventricolo l’azione alterante diretta sui tessuti viventi: il ventricolo si raggrinza, entra in una specie di contrattura e perde più o meno rapidamente la proprietà di contrarsi; qualche volta prima qdella finale rigidità si possono osservare gruppi di contrazioni, che attestano una stimolazione del centro atrio-ventricolare. Adoperando soluzioni di questo sale diluite con diversi volumi di Ringer non si hanno migliori risultati; le alterazioni locali sono minori o mancano, ma non si manifestano modificazioni dell’ attività dell’ atrio-ventricolo. Come si vede l’azione tossica locale del nitrato di torio, per alterazione dei tessuti e massime delle fibre muscolari cardiache, prevale e maschera le possibili influenze di esso, in diluizione conveniente, sugli elementi nervosi intracardiaci. (4) Vedi il lavoro mio citato, pag, 117-118. o Uranio — Anche il nitrato di uranile in soluzione isotonica ha azione precipitante sulle proteine ed a contatto prolungato dei tessuti altera il protoplasma. Dalle mie osser- vazioni risulterebbe però che questa sua azione locale è meno intensa e deleteria di quella del torio. Anch’ esso applicato a gocce sul cuore sospeso non dà mai effetti paragonabili a quelli del potassio; anzi per lo più manca ogni effetto anche se la soluzione resta a contatto col seno, massimamente se l’animale non ha perduto sangue nella preparazione e legatura del seno, e le cavità cardiache sono ripiene di esso. Immergendo in detta soluzione tutto il cuore, si notano, specie nel ventricolo, alterazioni simili a quelle determinate dal sale di torio, ma in un tempo più lungo e con intensità minore. Per l’ uranio però non è impossibile osservare anche con l’ applicazione dall’ esterno un’ azione specifica sul cuore preparato, e ciò quando l’ organo sia esangue 0 quasi. Allora o per breve immersione diretta del cuore nella soluzione isotonica o per diffusione attraverso il seno e l’ atrio si manifesta una spiccatissima azione eccitomotrice sul centro atrio-ventricolare isolato, sì che può ristabilirsi un ritmo uniforme € prolungato per notevole tempo. Tutte queste difficoltà, quasi assolute nel caso del torio e molto frequenti nel caso dell’ uranio, dovute all’ azione precipitante e tossica locale dei loro sali, poterono essere eliminate introducendo direttamente nelle cavità cardiache la sostanza in esperimento. Questo potei fare iniettando con un sottilissimo ago-cannula le soluzioni nella cavità del seno attraverso una delle grosse vene cave. È inutile ch'io mi dilunghi sulle necessarie cautele da aversi per non ledere in alcun modo il cuore e per non avere emorragia Fig. 1. Nitrato di torio. Guore di rana; centro atrio-ventricolare isolato. I. Effetto eccitomotore dovuto all’iniezione nella cavità del seno di ce. 0,2 di soluzione isotonica di nitrato di torio diluita a 1:10 con Ringer. Tempo in secondi, copiosa. La soluzione isotonica dei rispettivi nitrati veniva diluita circa 10 volte con liquido di Ringer allo scopo di evitare azione tossica esagerata. Sarebbe stata mia inten- zione precisare meglio la dose minima attiva tanto del nitrato di torio che del nitrato di uranile; ma il metodo seguito rende malagevole questa operazione. Del resto i risultati ottenuti sono così manifesti e costanti, che Ja questione della dose passa in seconda linea. VIAGRA Tanto il nitrato di torio (Fig. 1°) che quello di uranile (Fig. 2" e 5*) arrivando in contatto delle cavità atrio-ventricolari esercitano un’ immediata azione, che, per le dosi impiegate, è in parte tossica in parte eccilomotrice. L' azione tossica è immediata ed è più o meno intensa a seconda che la soluzione iniettata arriva nelle cavità cardiache più o meno mista al sangue. Essa si manifesta in prevalenza sul ventricolo, che entra in contrattura e presenta una particolare rigidità della fibra muscolare; più resistente è l’atrio il quale per lo più entra in funzione ritmica da solo mentre il ventricolo. pare totalmente ineccitabile. Il seno venoso (come del resto si può bene osservare anche per applicazione della soluzione isotonica dall’ esterno) è il più resistente; il ritmo con tinua regolare, soltanto l’ energia delle contrazioni diminuisce molto. (il i pdl | Fio. 2. Nitrato di uranile. Cuore di rana; centro atrio-ventricolare isolato. Effetto immediato del- iniezione nella cavità del seno di ce, 0,8 di soluzione isotonica di nitrato di uranile diluito a 1:10 con Ringer. Azione tossica contratturante iniziale ed eccitomotrice insieme: a contrazione atriale, v con- trazione atrio-ventricolare. Tempo in secondi. Ma contemporaneamente si stabilisce un 77020 atrio-ventricolare, il quale prova un’ azione eccitante sul centro relativo isolato. A poco a poco il movimento del sangue nelle cavità cardiache, operando una specie di lavatura del tessuto muscolare, attenua i fenomeni tossici, contratturali, ed il ventricolo riprende gradatamente la propria contrattilità. Allora si hanno vere contrazioni nodali, frequenti e ritmiche, come per tutti gli stimoli continuati che agiscono sul centro atrio-ventricolare isolato. Quando le proprietà dell’ atrio e del ventricolo sono ridivenute normali (per eliminazione dell’ eccesso di torio o di uranio, che intossicavano il miocardio) allora la proprietà eccito-motrice di questi due elementi apparisce evidentissima. Si ha un ritmo atrio-ventricolare regolare e prolungato. L'esame dei tracciati relativi è molto interessante. Con lo stabilirsi di questo ritmo regolare il rinnovamento del sangue nelle cavità cardiache si fa più attivo; così procede l’azione svelenatrice che a poco a poco attenua pure l azione eccitante sui centri intracardiaci; riappariscono le pause diastoliche pur conservandosi lunghi e regolari gruppi di contrazioni atrio-ventricolari; infine anche questi decrescono di ampiezza e dopo un tempo variabile, che può essere anche notevole (es.: un’ ora) riappare il ritmo consueto del cuore che abbia il centro atrio-ventricolare isolato del seno, BETTI Con questo metodo e con gli speciali accorgimenti richiesti dalle proprietà chimiche dei sali di torio e di uranile, mi è stato quindi possibile dimostrare direttamente lazione eccito-motrice di questi due importanti elementi radioattivi sul cuore fisiologicamente intatto per quanto riguarda la nutrizione e la condizione di eccitabilità dei suoi elementi. In quale rapporto possa stare questa loro azione eccito-motrice con le loro proprietà radioattive non è possibile affermare per ora. Ma è d’ altra parte interessante notare Fig. 3. Nitrato di uranile. Lo stesso preparato della Fig. 2. Dopo 22’ dall’iniezione nella cavità del seno. Gli effetti tossici si sono dileguati; quelli eccitomotori persistono bene evidenti come dimostra il presente gruppo spontaneo di contrazioni atrio-ventri- colari. Tempo in secondi, che fra il torio e l’ uranio da un lato ed il potassio dall’ altro esiste anche un’ altra analogia, ed è che tutti sono anche veleni muscolari, contratturanti, e poi paralizzanti, e Che queste azioni tossiche possono essere tolte mediante la lavatura degli elementi contrattili e l’ asportazione del veleno; cioè si tratta di processi reversibili, dovuti alla presenza ed alla concentrazione di dati principi nell’ ambiente in cui si svolgono i fenomeni .più intimi del protoplasma. Istituto di Fisiologia della BR. Università di Bologna Diretto dal Sen. Prof. P. Albertoni : ' ha : ” e TE DIEROI it, al OTO tell TOSI IT Tr Ls x A, SULLA COMPENSAZIONE SPEDITIVA DI UNA POLIGONALE NOTA DEL Pror. FEDERICO GUARDUCCI letta nella Sessione del 10 Dicembre 1922 Ricorre talvolta nella pratica della Geodesia di dettaglio e, spessissimo, in Topografia di dover determinare la relazione di posizione fra un certo numero di punti rendendoli vertici di poligonale chiusa della quale si misurano tutti i lati e tutti gli angoli. Come è noto, a causa degli errori inevitabili che si commettono in queste misure, la figura che ne risulterà non sarà, in generale, geometrica, ossia i suoi elementi osservati (lati ed angoli) non sodisfaranno esattamente nè alla condizione di chiusura angolare, la quale esige che la somma degli » angoli interni misurati uguagli esattamente 2(n — 2) retti, nè a quella così detta perdmetrale, per la quale occorre che le somme algebriche delle proiezioni dei lati sopra due direzioni qualunque (che, in generale, si assumono fra loro perpendicolari), siano separatamente nulle. Le discordanze che vengono a risultare si debbono, in generale, ripartire in qualche modo su tutti gli elementi (lati e angoli) del poligono, ed il procedimento rigoroso che si dovrebbe seguire per fare ciò, è dato dal calcolo di compensazione secondo il metodo dei minimi quadrati, il quale consiste, come è noto, nel calcolare pei lati e per gli angoli delle correzioni tali che, mentre riducono il poligono ad essere rigorosamente geometrico, sodisfano al tempo stesso alla condizione che la somma dei loro quadrati sia un minimo. Se non che, una compensazione eseguita con tal metodo riesce, in generale, una opera- zione assai lunga e prolissa che, se è necessaria nei calcoli geodetici vasti e di alta pre- cisione, non è sufficientemente giustificata nei piccoli lavori correnti della bassa geodesia e della topografia pei quali è più opportuno seguire invece un procedimento più semplice e sommario, per quanto un poco empirico. IE Consideriamo dunque un poligono chiuso avente per vertici V, V.... (V. figura) ed assumiamo uno di questi vertici (p. es.) V,, come origine di un sistema di coordinate retti linee ortogonali prendendo per asse delle y la direzione V, V, e, per asse delle x, la perpendicolare ad essa condotta per V,. Indichiamo inoltre con Z,, /,, Z3,.. respettivamente i lati partenti da V,, V., V,,&& i cui orientamenti 9,, 9,, 9,, .. rispetto all’ asse delle 7 si otterranno aggiungendo succes- sivamente all’ orientamento del lato precedente il supplemento dell’ angolo interno del poligono nel vertice che si considera; sarà così . tai o O,=0 fr= 0 180—TRE Re La somma degli angoli interni del poligono risulterà, a causa degli errori di osser- vazione, un poco diversa da 2(2 — 2) angoli retti, e noi ripartiremo questa differenza in parti uguali e col dovuto segno su ciascun angolo; verremo così ad ottenere una com- pensazione angolare alquanto sommaria, ma sufficiente, se gli angoli sono stati osservati tutti presso a poco colla stessa precisione. Potremo così facilmente formare le prime quattro colonne dell’unito modello; nella quinta formeremo i supplementi degli angoli interni (corretti) dei vertici del poligono e, dopo aver posto 0° gradi per 6 nel primo vertice V,, formeremo nel modo anzidetto i successivi orientamenti 9 dei lati /, , 4... rispetto all'asse delle 7. Come abbiamo accennato, per la chiusura perimetrale, dovrebbero risultare nulle le somme algebriche delle proiezioni dei lati sugli assi delle x e delle 7; si dovrebbe, cioè,. avere : X(/, sen 0,)=0... per l’asse della x (1) Ai cost) » "INNER, in ciascuna delle quali però, a causa degli errori di osservazione, la somma dei termini positivi non uguaglierà precisamente quella dei termini negativi; e, nei secondi membri, otterremo, anzichè zero, dei residui in più o in meno; residui che ridurremo a zero modificando leggermente -l’ unità di misura dei termini positivi e dei termini negativi; in altri termini, divideremo tutti i termini della somma più grande in valore assoluto per una costante &R>1 (da determinare) e moltiplicheremo invece per la medesima costante tutti i termini della somma più piccola; si avrà così la relazione 1 FA Brmnaiiore —="#k DEDE v ° 9 Amaggior da cui h° = ZURESTiÌ 4A minore Sì e log k = 9 [log DICArI api log Zmin.] e questa correzione logaritmica costante (calcolata per ciascuna delle (1)) aggiunta ai logaritmi delle proiezioni parziali nelle somme che risultano (in valore assoluto) più pic- cole e sottratta invece dai logaritmi di quelle che compariscono nelle somme più grandi, modifica ogni proiezione proporzionalmente alla sua grandezza rendendo in pari tempo sodisfatte rigorosamente le (1) e, perciò, geometrico il poligono. Nella colonna 7° del modello sono calcolati, per ogni lato partente dal vertice V,, i logaritmi delle respettive proiezioni (per ora scorrette) py = sen? sull'asse delle 4 e i loro numeri corrispondenti (quelli positivi separati da quelli negativi) figurano nelle successive colonne 8° e 9"; altrettanto dicasi per le proiezioni / cos 6 sull’ asse delle 7 alle quali si riferiscono le colonne 14°, 15% e 16°%. In fine alla pagina figurano le somme dei termini positivi e dei termini negativi nonchè i loro logaritmi, la cui semidifferenza, in valore assoluto, ci dà il logaritmo di & il quale, come abbiamo detto, deve essere aggiunto ai singoli logaritmi di quelle parziali che appartengono alla somma minore in valore assoluto e sottratto (oppure aggiunto sotto "forma di complemento aritmetico) alle altre. Si hanno così ancora nelle colonne 7% e 14% i logaritmi delle parziali corrette i cui numeri corrispondenti si riportano nelle analoghe colonne che contengono gli elementi corretti e pei quali la somma dei positivi deve risultare uguale a quella dei negativi, con che il poligono risulta compensato e geome- trico. Il modello che è del resto semplicissimo, ci rende conto del procedimento senza bisogno di ulteriori spiegazioni (*). JIDE Col modello così compilato riesce assai semplice anche il calcolo dell’area racchiusa dal poligono. Si osservi infatti che, in qualunque caso, anche se i lati del poligono traversano gli assi coordinati e purché si tenga conto scrupolosamente dei segni delle coordinate, si ha Area= trapezio V, V, V,im + trapezio m- V, V,n 4- trapezio (intrecciato)nV,V.p+... =i(W+ + + 900 2) +.) per cui calcolando nel modello oltre le coordinate #, e y, che occorrono per definire la posizione relativa dei punti anche la quantità y,4,#+Ys € %; +, %; abbiamo tutto quanto ci occorre pel calcolo dell’area come mostra chiaramente il modello stesso. (*) Se le proiezioni parziali sono state ottenute mediante tavole tacheometriche, ossia senza l’uso dei loga- / magg. ritmi, si deve moltiplicare ogni parziale appartenente alla somma più piccola per & =| , e le altre, per x? Imin. il che si fa molto speditamente calcolando delle tabellette dei prodotti di & e di 7 LOI RULMGA! interi 1, 2, 3,... 9. î Made i sarai IS pIdl A slug noti | iso pr; feti rini ri INTE f | DDA MATA Ish " ana i 7 sro gt Tor ONE Goro alibi ingl, FRODO Hison Linfa ero PI | alii Ul fr VO Le At ft pri Le du ti ano Eh) dano sl ddr ii h- ankftes BE Quattrane Hriaas] atta i i fi sro NI. dala er; EVO “ost Hb vinbid de ‘a i ia auisa si oli NILNT) . n MT: SETAITÀ: cipria MIS IITTIOA ATA dalia STAN da tot P Î xp A foglio als” 19 uilraiunde ESENTI VILHT(I MO Pia g lt è Bit PU ad AL ian Mii MTA i fida Alireeziae| Lai uu aiar po prete (HOT ia) , - eri SAI i MIBNI 0 1-03 ‘© TEATRI A PITT IT 19 tia ariani = 09 ifiatufto n: 114980 int uipii [ POTT TEVUAT + ; i +20 SE L'ALO, Tai patio } 6 * | volare Ae porone 16 3 s È lo NI. Di î Tail ) i ARIA ù { i Boe FEREI STTANE [ba dl L (00 i . “di UGIItÀ pure DI a PNT I SEP mf (big: DIAL i MILLA pi fe } 006180 }i IM SA I 08 wi, DI TISARLE PRE PRERE TI, f i SA o 7 Ro AI si Add . fn \ i SE dara i EVS 9 i MATTO 5° va GIA Mec 1 Tot Atac Si Sine 1 ix e Age LS cogli ONALE CHIUSA V.VWV., Vv, VW Calcolo dell’ area (Xs4t4= Ls)(Ys +44 Ys) | Ys Ys+a + Ys lowky = scorrette corrette | log pe = E ca sl | = 5 SE 2, 47158 0. 00000 2 47158 | 296.20 | 296.21 | 296 21 eV 47160 mm I DI TS D o 261147. 9060 2. 58223 9. 62840 21063. 162. 42 162.43 458 64 +2 21065 DO [94 I (0.0) ND ts DN 398658. 6384 2 (2181 9 40811, 2212.9927 134 87 .| 134.86 323. 78 —2 2. 12990, : 126. 78 37945 2540 2. 77851 93816, | 716677 520 80 | 520.78 |— 197.00 de ° 2. 71665 [978] So) — 197.78] 110001. 2804 - | 2 BO4I5 196.99 197. 00 0. 00 ® pos. = | 655 61 655 67 655. 64 | 655 64 769807, 8248. | 37945. 2540 neg. = | 655.67 37945. 2540 Errore — — 0.06 log 2° pos = 2. 81665 2 Area = 731862 5708 log X neg. = 2.81669 Area = 365931 2854 2 log ky = 0. 00004 log ky = 0.00002 Ludo È ae E be RETE È Val irita ad A De Ù n ETA Se (NA Vertici Un Cortez. pi | Supple- menti degli angoli corretti convetti | ossservati ska | Ì m LISI (E 295 20 | 109 31.00. Î B82 15 | LI5 10.00, Ì | Ì 527.00 | 140 02.10 | Î Î 100, 50 (4, 59) 20 | | 590. 10. | 100,22 10 ne: = | 540. D4 40 540 00.00 sen | Enore = + 4.40] | — + 280% | | er ogni nugolo, == — 56% 109. | = 115.09. 04 | (4,50 66 | | | | ni = 140 0) 14 | 39,55.46 Î ti ari 74 98 24 | 105 01,36 | 100,21 14 79 38 46 I° Sopp = 7029 55 540,00 00 (®) Si sottrae sempre il logaritmo minore dal mag- Orient ° dei Inti rispetto all'asse delle 7 n 64 50 56 104 45 42 259, 30,04 i x | 860.00 00 Calcolo dell’area or (Cene OAESINE RITA] Usi + Val mq. mq. 261147, 9060 182, 42 BISGHS 6884 126.78 — 197.78 110001 2804 Tog sen 0. Pa log cos 6 Py log po IEEE IA ID Ds Ts +1 x; logpy = == —_———_ —— i log kx = Scorpelte | vorrete bogky = scorrette corrette e log Po = tr | = ci = Il | Jog = + x o 21) ES I = _———————;.—__|—__ —__—____ |__|! } Ì il li Il 2.471 2: A7158 — co Ì 0, 00000 Sio m CAAM si m m mo | CSAR | Sep NT 2 DI Ni Blllico. 0.00 000 0.00 2 47158 | 296,20 296, 21 | 296 21 +6 +2 | ln 247160 ce BGÒA 716 2; 58228 845, 52 845 96 345,96 162 42 | 458 64 | | 509, 52 | 272181 4 40811, 509. dI 509, 52 855 AdS 2. 12992, | 184/87 | 184.86) | 323.78 —0) | 2, 12990, | — 299,30. 2,77851 9.98816n | 299 84 299.30. || 556 18 520 80 | 520,78 |— 197.00 6 247611 - 550 18 2. 77098 9197434 2 5 356, 25 556 1S | 0.00 196,99 197.00 ti) 274521 S pos. 855.59 | 825/48 3 pos. — 655 67 | 655,64 ® neg — Y neg. — frrore = — 0,23. Il log Xipos. = 2198215 Birore = — 0.06 | log Y pos = 281665 log Dueg.= log Sneg = 2, 81669 2log he = 0 00012 (*) 2 log ky = ().00004 log Rx giore e la costante log % si aggiunge ni logaritmi delle p che danno (in valore assoluto) Jn somma minore sì sottrae dagli altri, 000008 log %y 0. 00002 37945. 2540 = 865981 e —______——, bd a i i (ea RO e RD IE Las BI red ip Sa arene aa — nen rm driatanina —il Ja “ASL ada Cat 3 Cd È: IRPI "i Alba MARR nia TON ca via i n 1 ale ) i acta ri rata ott | : tia pe ER L'EQUAZIONE DI CONTINUITÀ PEI CANALI DI BONIFICA MEMORIA DEL PROF. UMBERTO PUPPINI letta nella Sessione del 13 Maggio 1923 1. — Il problema del calcolo dei canali di bonifica, sino ad ora trattato col proce- dimento del così detto coefficiente udometrico, procedimento mancante di base razionale, può essere risoluto seguendo una via analoga a quella già segnata dal Paladini e dal Fantoli per i canali di fognature. Si considera, cioè, la rete dei canali, dai più piccoli elementi (i fossetti tra gli appez- zamenti di terreno) sino al grande collettore, non solo come una rete di vie di deflusso, ma anche come un grande serbatoio raccoglitore. Indicando allora con £ la portata affluente alla rete dei canali al momento # a monte di una determinata sezione di canale (9 è la vera portata affluente diminuita della portata perduta per evaporazione dallo specchio d’acqua dei canali e di quella perduta per filtrazione attra- verso il fondo e le sponde), Qq la portata defluente dalla detta sezione pure al momento #, dv l’aumento, nel tempo infinitesimo d# successivo al momento #, di volume di acqua contenuto nei canali tutti fino alla detta sezione, si ha l'equazione ? 1) pdt = qdt 4- dv. 2. — Per espressione della portata affluente, in questo caso delle bonifiche sotto certi rispetti diverso da quello delle fognature, si può assumere, in base a considerazioni utilizzanti i pochi dati sperimentati conosciuti, quelli del Pasini specialmente : a) durante la pioggia: 2) put = 0,56 /Adt, dove A è l’area scolante sino alla considerata sezione di canale, l l'intensità della pioggia; b) dopo la pioggia: una portata decrescente con semplice legge esponenziale colla condizione che in un tempo illimitato dopo la pioggia si abbia come afflusso totale 0,14hA, PEDANE essendo /% la precipitazione totale durante la pioggia. Questa portata affluente dopo la pioggia proviene dall’ esaurimento dei terreni che durante il periodo di precipitazione si sono imbevuti di acqua. 3. — Quanto al termine dv dell'equazione 1), posto che, quando l’ area generica © della sezione cui nella 1) si riferisce la portata g abbia un dato valore 2, il valore generico v di acqua contenuto nella rete di canali assuma un valore noto V, ammetteremo 0A ORELOL e perciò : 3) = Li do È dv=gz do. 4. — Riterremo inoltre la 9g quale risulta dalla equazione di regime uniforme, cioè ammettendo il pelo libero parallelo al fondo, ipotesi che porta di fatto errore tanto meno sensibile quanto più è piccola la pendenza del fondo, ipotesi perciò bene adatta alla pendenza piccolissima dei canali di bonifica. E allora, mentre pei canali di fognatura scaturisce in via di approssimazione una legge di diretta proporzionalità fra 9g e ©, pei canali di bonifica si ha invece una scala di deflusso del tipo più generale 4) i q=uo, con f= n ed m interi positivi e n >M+ 1. n mil 5. — Sostituiti nella 1) i valori 2), 3), 4), e chiamata @ la portata che corrisponde all’area , la 1), ponendo genericamente & in luogo del fattore numerico 0,56, prende la forma: Vv 5) RlAdt= qui4- — . CD 808 ql E, posto SI AO Le LE mar En s@B(RLA) si ha: ° ada (RESO ‘ legni e, definendo fra i limiti #,, #, di tempo cui corrispondono i valori ®,, x,, si ottiene: Ca d * a”da 6) RIA Vi SRO 6. — L’integrale al secondo membro della 6), integrale di funzione razionale fratta, con mn, n positivi e interi e m < 7, è conosciuto. Esso è: pe =2 RAR ada il (— Îl fees 41 1 Ba ———- ="—-log(a—1)— —- log.(c 4-1) = i È — a" n Bc ) n Bel ) TOSI con T x — cos|2k—- 2k(m4-1)m 7 2kr 2kR(mA4- 1)n | = Bl=cos-————_—__-logJx° —2xcos +1 2 sen ‘arc tang - ; n n n 2k sen . ; È TO RI se sia n pari, consistendo la sommatoria di D termini. È invece = a"da 1 1 vB i IE 1a" n 8e( ) n KC=1 RARO , ? ; ., n—l Quo con Bz come sopra, se n è dispari, consistendo la sommatoria di 9 termini. 7. — Il caso dei canali di fognatura può trattarsi con n=1, m=0 (8=1). Questo, invece, dei canali di bonifica può trattarsi generalmente con n= 3, #m = 1, essendo presso a poco il 8 della formula 4) uguale a 9° Si ha allora, tenendo anche conto di considerazioni di ordine fisico per cui non risulta possibile il passaggio da x<1 a x>L1 e viceversa: 2x4 1 V3 dove per log. |e — 1| si intende il valore aritmetico del logaritmo del valore assoluto di (£ —1), mentre la parte immaginaria del logaritmo di (2 —1) è conglobata nella costante C. .Sostituendo nella 6), si ha: alal; fe lla ii (d4+x+1 ER tang ea 3 De |° 6 De x ) V3 e 6 I i I tin 1) DA dii 3 108% le 1] 4 3108e(7 +%+1) Vai ele Va |. Ad agevolare l’uso della 7) e la risoluzione dei: problemi inerenti è stata costruita una tabella e anche un grafico. 8. — L'applicazione della 7) ai casi pratici dà luogo a varie interessanti conside- razioni, a seconda che si tratti del periodo della pioggia o di quello successivo alla pioggia (al quale pure la 7) si adatta decomponendo esso periodo in brevi tratti, di un giorno di durata per esempio, in ognuno dei quali la portata affluente si ritenga sensi- bilmente costante), come pure a seconda delle condizioni di reciproca autonomia o meno dei singoli canali e dell’intera rete nei riguardi del bacino di versamento, e a seconda che la bonifica sia a scolo naturale continuo, o a scolo naturale intermittente, o a solle- vamento meccanico. atm ala è , DdeTa PA a, dA do AS Lido RETTE o Si MENO È sli VO ta eta: PA | ja Serna > Sar IRBER FR O ui ip es Di presa à 4 LAN l Aa E ì | > Di, ; a i DI fe a pè a Î , 33 quite, li Jefadetar è ite afislatignne skrvbastaletooaa8 \ : da 7 i SE si 3 P cia ti CES p:3) i dute i nd s fo ph» i hg : È asd di "e i E, Led 5 Sella] partie » STRA MUTI, 6 1 VIA Puro aite i) # = : i (Ganz e s AR ‘plessi Ng j "4 xs ho bb (tte sLIsr È rim tf vitae tab Dili i me è Le 0) ‘dia calamna intati 3 AI dip MOB dl = ‘ae > Ù é A ale 10 nia mbe ì, ti î sive dae) % vira mattoni 11 nà run oben 19 IAT LAO ri DIRE Veltroni, à4 al FARI Re, Fi DI a aes "tl sti 2A | en sod tb Fata poteri ste gi PETENE ho. pete ia i LO i.e iL 1 (101088 e, e tan Giles: al #)+11 MARA RA CIOLS i Ps Iran aaosndacr i fa E Db sa ‘ed ali gigi av x î ; ° VEN. ses n; Dà ? ò Ù i Ls Fa £, PICUDILIA I he (bist sa tetotaa ‘87 ala, STO ce alate A) ani tottota “pat again tosti NM 1 sU MU gt feta H sibile è OT Mito Dare atrio. 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ALFREDO CAVAZZI letta nella Sessione del 15 A prile 1923 Dispiacente di non poter più eseguire nuove. ricerche sperimentali, come fu mia doverosa consuetudine negli anni trascorsi, ho passato in rivista i miei lavori inediti, specialmente quelli di chimica analitica, al fine di ricercare e persuadermi se fra essi ne trovassi uno almeno di manifesta utilità e non indegno di figurare negli Atti della nostra Accademia. E se non giudico male, tale è, a mio avviso, l’ analisi chimica che feci nel 1918 della pozzolana di Mugnano per incarico dello spettabile Sodalizio di S. Mar- tino in Perugia, nel cui territorio trovasi appunto il giacimento di detta pozzolana, e precisamente, secondo le informazioni ricevute dal gentilissimo Presidente del Sodalizio, in località Casabranca-Manocchio alla sponda destra del fosso confluente di quello deno- minato di Montali. Da particolari sondaggi risulterebbe che il deposito della pozzolana ha forma lenticolare e un volume di circa m.° 1500000. Nel punto dove se ne fa l’ estra- zione il banco ha uno spessore di m. 6 circa ed è costituito da strati di altezza variabile fra 20 e 80 centimetri, intercalati da strati sottilissimi di pozzolana più biancastra. La pozzolana da me analizzata, di origine vulcanica, si presenta in masse di colore grigio leggermente giallastro, di facile frantumazione e molto friabili, i cui blocchi però stando esposti all’ aria, se specialmente molto umida, acquistano in poco tempo notevole indurimento. Sottoponendola ad accurata levigazione con blando confricamento, si ottiene un residuo piuttosto abbondante che il Chiar.mo e competentissimo Collega ed amico Prof. Vittorio Simonelli con obbligante cortesia sottopose ad accurate osservazioni microscopiche, di cui mi favorì il seguente riferimento : « Al microscopio la sua pozszo- lana apparisce come un agglomerato di minutissimi frantumi angolosi di scorie nerastre, associate con cristalletti e granuli di orneblenda, di augite e di sanidino. Compar'isce di rado qualche squametta di mica biotite. Non escludo e non assicuro la presenza di olivina. Frequentissimi piccoli grumi caolinizzati ». Siccome la pozzolana di Mugnano contiene una quantità rilevante di ossidi alcalini (4,70 °/,), laddove l’augite e l’olivina ne sono prive e l’orneblenda e la biotite ne con- tengono sempre poco, così vien fatto di pensare che pure in essa, come nella pozzolana di S. Paolo colla quale ha comunanza di origine e lievi differenze di composizione, esi- stano quantità ragguardevoli di elementi feldspatici o feldspatoidi in parte non più repe- ribili al microscopio in causa di profonda caolinizzazione, di cui danno segno non dubbio i numerosi punti o grumi bianchi sparsi nella massa della pozzolana. Non è quindi improbabile che in questi grumi si trovino pure gli avanzi della alterazione della leucite (K,Al,Si,0,,= K,0-A1,0,-4Sî0,) che è l elemento caratteristico delle pozzolane romane, mentre in quelle napoletane è l’ortose vitreo o sanidino (KX,A4/,8;,0,, = X,0-A4/,0,-6S70,): ma nelle une e nelle altre non sono di certo i soli, nè tutti elementi di natura feldspa- tica o feldspatoide. Come vedesi nel seguente quadro analitico la pozzolana di Mugnano differisce poco nella composizione centesimale da quella romana di S. Paolo, ma si distinguono netta- mente luna dall’ altra per struttura e soprattutto per il colore che nella pozzolana di S. Paolo è il rosso mattone più o meno scuro, tendente talvolta al rosso violaceo. Pozzolana di Mugnano (1918) Pozzolana di S. Paolo (1875) (seccata a 100°) Siliceg(S20)) Sen et ROSA: AA E 000. ATTIMI A60) ES SR 0 ER NO Calce (CAO) e CRAONOE ERIN 0300 Magnesiai(M9 0) TE MEA I ASI 005 Ossido ferrico (Fe, 0,). Sn TZI0 I i TRE A 12,050 | Na,0— 2,154 Ossidi.alcalini, (Na, 070) L4MD scr let Aria; 996 Ù E : i | ol K,0 — 3,782 Ossido Zdiigman zan eserRttA. 0 AULA CCORE RE ONELO H Carbonatotdalica cio rane ua Acqua combinata . ....... 6,00 Acqua combinata Sostanze non dosate e perdite 0,34 e sostanze non dosate 8,458 100, — 100,— Peso specifico 2,632 Peso specifico 2,285 In quanto ai dati relativi alla quantità delle anidridi fosforica e titanica esistenti nelle due pozzolane e comprese nel peso della silice e dell’ossido ferrico del presente quadro vedi pag. 52." La mia relazione sull’ analisi della pozzolana di S. Paolo, la quale oltre i dati ana- litici contiene la descrizione del processo chimico seguito, fu pubblicata 48 anni or sono, ossia in quel periodo di tempo in cui pur troppo le sorti della chimica analitica nel nostro Paese erano molto depresse, con grave danno delle stesse ricerche scientifiche generali e soprattutto allo studio degli urgenti e molteplici quesiti incombenti alla chimica appli- cata e industriale. Dopo non pochi anni la vecchia analisi, mio primo lavoro sperimentale, fu riportata in parecchie pubblicazioni, nelle quali non sempre si fece rilevare che io determinai gli alcali, potassa e soda, soltanto nella parte della pozzolana solubile nell’acido cloridrico bollente, ma sono di parere che ben poco mancasse alla loro totalità. AE Nella pozzolana romana, che analizzai per desiderio dell'amico Ugo Brunelli, in quel tempo Ingegnere presso l’ Ufficio tecnico della nostra Provincia, feci la ricerca e deierminazione degli alcali colla quasi certezza di trovarne in essa quantità considerevole, essendo inoltre del parere che alla loro speciale azione siano da attribuire uffici impor- tantissimi nella formazione e proprietà delle pozzolane e non trascurabili nella presa e indurimento delle relative malte. ì Ebbi in passato e conservo ancora opinione che specialmente dall’ azione degli ossidi alcalini derivi quello stato particolare che la silice e l’ allumina assumono nelle condizioni di alta temperatura in cui le pozzolane sono generate, dal quale stato ne consegue la facoltà di questi prodotti vulcanici di assorbire la calce in presenza dell’acqua e quindi la idraulicità degl’impasti o malte di uso comune. Silice e allumina nelle nostre pozzolane vulcaniche. sono insieme presi i costituenti predominauti e, all’ infuori di essi, nulla o ben poco, sia per loro natura che per quantità, possono conferire all’azione pozzolanica gli altri componenti, non escluso l’ ossido di ferro. Non ostante l’ opinione sopra espressa, io pure non sono del parere dei chimici che hanno creduto di poter stabilire il valore tecnico delle diverse pozzolane in base alla quantità degli ossidi alcalini in esse contenuti, i quali dovrebbero essere determinati a questo fine nelle pozzolane non alterate dagli agenti atmosferici, i cui effetti sono, com’ è noto, una perdita di questi ossidi e di energia, ossia del loro valore come materiali acconci alla formazione di buone malte idrauliche. Come dimostrano poi i saggi chimici e le osservazioni microscopiche, gli ossidi alcalini, dopo aver esercitato la loro azione specifica durante il periodo di naturale fusione o di scorificazione delle pozzolane, restano nella massa raffreddata in forma di elementi feldspatici o feldspatoidi e di altri silicati insolubili nell’ acqua. Non sono poi lontano dal credere che ad analoghe considerazioni fatte da altri chimici sulle pozzolane, si debbano i tentativi che da alcuni anni si vanno facendo per preparare buoni cementi a presa lenta e in particolare il così detto cemento bianco, cuocendo a debita temperatura mescolanze formate di argilla carbonato di. calcio e feldspato, oppure di argilla carbonato di calcio e granito, od anche di argilla carbonato di calcio ed acido borico: mescolanze fatte all'intento di introdurre in esse degli ossidi di sodio e di potassio, o altri corpi, come l’acido borico, atti a favorire e facilitare durante la loro cottura quel conveniente grado di scorificazione che sembra essere la condizione necessaria ed essenziale ad ottenere cementi forniti delle migliori qualità del portland. Ammessa questa particolare efficacia degli ossidi alcalini sarebbe opportuno e buon consiglio di determinarli nei calcari naturali o nelle mescolanze artificiali da cemento, e particolarmente in quelli che oltre l’ argilla e.il carbonato di calcio contengono detriti di granito o di rocce consimili più o meno complesse : operazione lunga e non facile che, per quanto io sappia, non.viene mai eseguita nelle fabbriche da cementi e tanto meno richiesta ai chimici dai privati. Senza dubbio la presenza degli ossidi alcalini in un calcare da cemento portland 0 RO porterebbe alcuni vantaggi, fra cui quello di abbassare la temperatura necessaria alla conveniente scorificazione del materiale. A questo proposito vale il pregio di ricordare che il Kulmann, pur non escludendo che le calci idrauliche possano esistere o formarsi senza il concorso degli ossidi di potassio e di sodio, ammise che per effettuare la trasformazione di grandi quantità di calce in silicato non è necessaria una grande quantità di questi ossidi, il cui particolare ufficio, durante la cottura dei calcari argillosi, sarebbe quello di faczlitare il trasporto successivo della silice sulla calce. Egli fece inoltre osservare che quando gli ossidi alcalini si associano, sia alle calci idrauliche che ai cementi, le proprietà idrauliche di questi prodotti aumentano. Si ponga mente che nella cottura dei calcari argillosi o delle mescolanze artificiali ben dosate di argilla e carbonato di calce, atti a produrre cemento portland, la silice e l’allumina diventano attive, ossia acquistano i caratteri della idraulicità alla temperatura di scorificazione combinandosi particolarmente alla calce e producendo silicati, alluminati e silico-alluminati, i quali durante la presa e l’indurimento delle malte del cemento vanno soggetti, come fenomeno principale, alla idratazione; alcuni con eliminazione di calce (esempio, silicato tricalcico), altri con assorbimento di questa base (esempio, allumi- nato mono- bi- e fors’ anche tri-calcico). L’idratazione è accompagnata da altri fenomeni in parte ancora misteriosi e argomento di discussioni difficili e di giudizi talora opposti più che discordi. Nelle malte invece di pozzolana, impasti di pozzolana e di calce, questa base, come fu dimostrato e avviene di fatto, è assorbita dalla silice e dall’ allumina, generando per via umida composti che probabilmente sono simili a quelli che hanno nascimento nella presa e indurimento delle malte di cemento. Ad ulteriore conferma della formazione di questi composti mi sia lecito ricordare che sottoponendo entro grande bottiglia di vetro all’ azione dell’acqua di calce satura un sottile strato della pozzolana di S. Paolo finamente polverizzata e rinnovando nei primi giorni la soluzione poche volte a lunghi intervalli, dopo dodici mesi circa di riposo assoluto potei non solo confermare la sua agglomera- zione o indurimento conseguente all’ assorbimento della calce, ma apparvero pure sulle pareti del recipiente tre zone circolari: nella inferiore poco estesa e nella superiore le pareti della bottiglia avevano conservato la loro trasparenza, laddove nella intermedia le pareti stesse assunsero l'aspetto del vetro smerigliato per lievissimo deposito di cristal- lini microscopici, nei quali, dopo accurato lavamento, trovai silice, calce e allumina e molto probabilmente formati da una mescolanza di silicato e di alluminato di calcio, non potendo essere, per le peculiari condizioni dell’esperimento, di silico-alluminato di calcio. Di questo saggio diedi riferimento in una brevissima e modestissima nota pubblicata nelle Memorie della nostra Accademia: Osservazioni preliminari intorno all’ azione dell’acqua di calce sulla pozzolana (Serie VI, Tomo VI, 1908-09). È mio dovere di aggiungere che anche nella citata relazione sull’ analisi della poz- zolana di S. Paolo io parlai degli effetti che ottenni facendo agire l’acqua di calce satura sulla polvere finissima della stessa pozzolana, ignorando che il medesimo esperimento AE era stato fatto molto prima del 1875 dal celebre Ingegnere francese, il Vicat, con inten- dimenti riguardanti la misura del valore tecnico o energia delle diverse pozzolane. Nella stessa relazione, parlando di materiali cementanti tanto complessi, quali sono le pozzolane vulcaniche, dissi, a lume di semplice buon senso, che la conoscenza della composizione centesimale, in ogni caso importantissima, è insufficiente quando si voglia dar ragione almeno probabile degli effetti che si produrranno o di quelli che si sono già ottenuti praticamente nel loro uso. Ecco perchè volendo fare nel 1875 il debito confronto nel comportamento della pozzolana di S. Paolo col materiale che mi fu dato erroneamente sotto il nome di Pozzolana delle Maremme toscane, io pensai di sottoporre l'una e l’altra in condizioni identiche, prima all’ azione dell’ acido cloridrico bollente, poscia il residuo ben lavato all’ azione di una soluzione pur bollente di idrossido di potassio; e ciò all’ intento di scoprire lo stato chimico dei loro principali costituenti (silice e allumina) e quindi la loro attitudine a partecipare più o meno facilmente ed efficacemente ai feno- meni chimici che accompagnano e producono la presa e l’indurimento delle ordinarie malte di pozzolana. Con tale procedimento o saggio chimico nella pozzolana di S. Paolo trovai nella soluzione cloridrica piccolissima quantità, sì può dir tracce, di silice e uffa 1’ allumina, laddove nel trattamento successivo del residuo con soluzione di idrossido di.potassio passarono nel solvente 39,94 parti di silice su 45,50 esistenti in 100 di pozzolana. Si può presumere con fondamento di ragione che di due pozzolane vulcaniche, simili perciò per origine e composizione, analizzate in condizioni identiche, sia per finezza del materiale, sia per qualità e concentrazione dei reattivi impiegati, sia per durata e intensità di riscaldamento, la più attiva e preferibile sarà, almeno nel massimo numero dei casi, quella che contiene la maggior quantità di silice e di allumina solubili nell’ acido clori- drico e nelle soluzioni di idrossidi alcalini. Ben inteso che questi saggi chimici non possono tener luogo, nè portare alla esclu- sione delle prove di presa e di resistenza delle malte di pozzolana, come nel caso dei cementi. A proposito di questi saggi dirò che da pochi giorni ho riletto con attenzione la pregevolissima Memoria dei Proff. Giorgis ed Alvisi sulle Pozzolane naturali ed . artificiali (v. Gazzetta Chimica Italiana, 1899-900) in cui ho trovato notizia del saggio chimico delle pozzolane proposto dal Rivot, di cui non avevo conoscenza nel 1875, e del saggio del Landrin pubblicato nei Comptes Rendus, vol. I, 1883, p. 491. I due reattivi scelti ed impiegati dal Rivot, operando in condizioni a dir vero non soddisfa- centi, sono: 1° l’acido nitrico concentrato; 2° una soluzione di idrossido di potassio, con cui cimentò il residuo lasciato dall’ acido e calcinato dopo accurato lavamento. I reattivi proposti e usati dal Landrin sono invece l’acido cloridrico e 1’ acqua idi calce che fece agire sul residuo lasciato dall’acido, ben lavato e calcinato al rosso scuro. In verità la proposta di impiegare come primo reattivo l'acido cloridrico, molto più acconcio all’ uopo del nitrico concentrato, è piccolo merito che non spetta al Landrin, giacchè nel mio saggio sopra descritto la feci e applicai sulla pozzolana di S. Paolo nel 1875, SOS ossia otto anni prima del chimico francese. Come secondo reattivo preferii io pure, come il Rivot, la soluzione di idrossido di potassio all’ acqua di calce, ma 70m calcinai il residuo lasciato dall’ acido, in considerazione della poca solubilità di quest’ ultima base e della lenta azione dell’acqua di calce sulla silice se specialmente riscaldata ad alta temperatura. Infine, come già dissi, questi saggi chimici hanno più che altro per intento o effetto di far conoscere lo stato chimico o mobilità chimica dei costituenti delle diverse pozzolane e soprattutto quello della silice. A questo unico fine il saggio da me proposto mi sembra perciò razionale, semplice e breve. Naturalmente io pure avrei preferito di usare come secondo reattivo l’acqua di calce se questa base fosse stata m0//0 più solubile nell'acqua pura o nella zuccherata e quindi possibile di rendere il suo assorbimento da parte della silice assai più rapido, completo e sicuro. A mio giudizio questi saggi di confronto hanno un valore indiscutibile quando ven- gono applicati a gruppi di corpi aventi origine comune e composizione non molto diversa, com'è appunto il gruppo delle pozzolane vulcaniche. Un metodo acconcio per esse non sarebbe applicabile, per esempio, a certi e semplici silicati che dopo trattamento a caldo con acido cloridrico cedono alle soluzioni degl’ idrossidi o dei carbonati alcalini più silice di una eccellente pozzolana senza possederne le qualità idrauliche quando sono impastati colla calce. Non vorrei essere involontariamente ingiusto nel far considerare che soltanto da pochi anni nelle Riviste tecniche italiane e nel Laboratori per le prove dei materiali da costruzione si parla, e piuttosto vagamente, di silice attiva, di silice solubile negli acidi e nelle soluzioni di carbonato sodico, di silice idraulica, ossia si parla infine dello stato chimico del costituente cui si deve principalmente l’idraulicità e I energia delle malte di pozzolana e dei cementi; dico principalmente perchè alla presa e all’indurimento di esse partecipa pure, particolarmente in quelle dei cementi a presa rapida, l’ allumina più solubile negli acidi della silice. Tutti gli alluminati ottenuti per sintesi dal Le Chatelier fanno presa rapida al contatto dell’acqua. Giova però aver presente che la silice dei silicati facilmente attaccabili dagli acidi, e resa con ciò più o meno facilmente solubile a caldo nelle soluzioni degl’ idrossidi o dei carbonati alcalini, non sempre possiede il carattere della idraulicità, come quella, ad esempio, contenuta nelle zeoliti, le quali mescolate con calce danno malte che, secondo le esperienze conosciute, non induriscono. nell’ acqua. Se ciò è vero, il fatto probabilmente avviene perchè nelle zeoliti sodico-calciche o calciche-potassiche e specialmente nelle calcifere, ossia a base di sola calce (come l’okenite H,CaSi,0, (priva di allumina), la scolesite, la laumontite, la prehnite) la silice e l’allumina sono nelle prime in parte e nelle ultime in totalità già combinate colla calce. Considerata la facilità con cui le zeoliti sono attaccate dagli acidi forti, sarebbe inte- ressante sapere quali di esse sono state sottoposte ad esperimento, sembrandomi poco verosimile che le zeoliti prive di calce e contenenti silice e allumina combinate al solo non abbiano da far presa ossido di sodio o di potassio, come il mesotipo H#,Na,A/,Sé,0,,, quando sono impastate colla calce. Caen Fra i costituenti delle pozzolane vulcaniche, che per loro natura e soprattutto per trovarsi in esse in piccola quantità non possono avere apprezzabile efficacia sulla energia delle malte di questi prodotti naturali, sono da annoverare l'anidride fosforica e l' ani- dride titanica. Secondo Ie notizie riferite nella già citata Memoria dei Proff. Giorgis ed Alvisi, l’ anidride fosforica sarebbe stata determinata in pochissime e più raramente ancora l’ anidride titanica. Di guisa che in generale le analisi vennero eseguite come se gli elementi fosforo e titanio non esistessero nelle pozzolane vulcaniche: errore che nel. 1875 ebbi in comune cogli altri chimici, mentre sarebbe bastata un po’ di riflessione per scoprirlo, considerando che i fosfati erano già stati trovati in altre rocce vulcaniche e che il titanio è bensì un elemento poco abbondante in natura, ma diffusissimo tanto nel regno minerale, come nel regno organico. Basterà dire che tutte o quasi tutte le argille contengono titanio. Rispetto a questo argomento mi è caro di significare che non sono stato insensibile al premuroso interessamento addimostratomi dall’ apprezzatissima Aivista di Geologia di Liegi riguardo ai processi da me proposti e seguiti nella determinazione quantitativa del fosforo e del titanio in alcune pozzolane italiane: processi descritti nelle due seguenti Memorie pubblicate negli Atti della nostra Accademia delle Scienze: Sulla presenza e determinazione dell’ anidride fosforica in alcune (4) pozzolane italiane, Serie VII, Tomo V, 1917-18; Determinazione quantitativa del titanio in alcune pozzolane italiane, Serie VII, Tomo VI, 1918-19. Fra le quali pozzolane compresi appunto quelle di S. Paolo e di Mugnano. Applicando questi processi trovai : Anidride fosforica P,0; Anidride titanica 770, DEll'a pozzolana dis ARA 00093 RR 09205 nella pozzolana di Mugnano... 92308 0;83% In ragione del processo che, salvo lievissime modificazioni, fu seguito nell’ analisi delle due pozzolane non ho potuto aggiungere questi dati al primo quadro analitico, in quanto che il titanio rimane in parte nella silice e in parte nell’idrato ferrico insieme all’ anidride fosforica. E qualora fossero fatte le debite correzioni, si avrebbe una piccola diminuzione nella quantità centesimale della silice e dell’ ossido ferrico: dico piccola, perchè la somma dell’anidride fosforica e dell’ anidride titanica è di 1,513 °/, nella poz- zolana di S. Paolo e di 1,06 in quella di Mugnano. Se, come è quasi certo, ciò avviene in misura poco diversa in tutte le pozzolane vulcaniche, l’ errore che si commette col processo d’analisi da me e comunemente seguito, è trascurabile, ossia non è tale da poter influire sul giudizio che il chimico crede di dare di una pozzolana e degli effetti probabili del suo impiego come materiale cementante. In riscontro delle esigue quantità delle due anidridi si ha che la somma della silice e dell’ allumina nelle due pozzolane in discorso giunge in ognuna al 60 circa per 100. Nel quadro analitico precedente si scorge che nella pozzolana di S. Paolo determinai singolarmente la quantità degli ossidi di potassio e di sodio, e in quella di Mugnano, — = rispetto al suo impiego come materiale cementante, ho credùto bastevole di deter- minarne la somma. La qual cosa non è del tutto rigorosa, perchè si potrà ammettere sino ad un certo punto che i due ossidi tanto nella formazione delle pozzolane, quanto nei fenomeni che avvengono nelle loro malte, agiscano - ugualmente per quantità chimi- camente equivalenti, ma non per quantità in peso uguali. Ora, dalle formole Na,0 e K,0 si ricava che 62 parti in peso di ossido di sodio sono equivalenti a 94,2 di ossido di potassio. D'altra parte, quando pur fossero conosciute della pozzolana di Mugnano le quantità singole dei due ossidi, quali deduzioni utili e certe avrei potuto trarre rispetto al suo impiego come materiale cementante ? Nell’ analisi della pozzolana di Mugnano per maggiore semplicità di operazione pre- ferii di determinare la quantità complessiva dei due ossidi alcalini in forma di solfati neutri, i quali, a differenza dei cloruri, hanno il doppio vantaggio di non essere volatili anche a temperatura elevatissima e di contenere ad un tempo, dualisticamente conside- rati, i due metalli allo stato di ossidi. L’ operazione era naturalmente iniziata cimentando a caldo gr. 2 o più di pozzolana con una mescolanza di acido fluoridrico e solforico. Volendo poi determinare in una pozzolana la quantità totale e distinta dei due ossidi alcalini si preferisce con ragione di condurre i due metalli in forma di cloruri: opera- zione lunga, delicata e non facile, ma in molti casi necessaria, come appunto nell’ analisi delle pozzolane vulcaniche che si volessero spargere abbondantemente sul terreno colti- vabile per somministrare ad esso quantità ragguardevoli di potassa e non trascurabili di anidride fosforica con effetti senza dubbio lentissimi, ma sicuri e vantaggiosi, parti- colarmente nella coltura delle piante che dimorano molti o parecchi anni sul terreno, come quelle di alto fusto, la vite, l'erba medica ed altre. Pratica possibile nei terreni posti in prossimità delle cave o dei giacimenti di pozzolana; gravemente invece ostaco- lata nei terreni lontani, perchè, oltre le spese di estrazione e di polverizzazione, aumentano fuor di misura quelle di trasporto. Le quali spese e la grande diffusione delle fabbriche di cementi hanno ridotto in proporzione rilevante 1’ uso delle pozzolane anche nelle opere murarie sottomarine o esposte alle onde del mare. A questo fugace accenno la mente ricorre con ammirazione alle grandiose opere romane costrutte con malte di pozzolana, le quali da parecchi secoli resistono all’azione disgregatrice e dissolvente dell’ acqua e e delle onde del mare. Sarà altrettanto delle opere murarie costrutte con malte di cemento o con mescolanza di cemento e pozzolana? Dal canto mio lascio ai posteri l’ardua sentenza, augurando che 1’ esperienza dimostri ancora una volta che non è sempre vero il vecchio proverbio: Chi lascia la via vecchia per la nuova, mal si trova. Non per minore importanza ho lasciato di dire quasi per ultimo che similmente a quanto feci nel 1875 colla pozzolana di S. Paolo, sottoposi quella di Mugnano al mio saggio chimico, cioè al trattamento con acido cloridrico bollente e il residuo con solu- zione di carbonato sodico, perchè più comoda delle soluzioni di idrossido di potassio; e scoprii che la silice, come lo stesso costituente nella pozzolana romana, era nello stato chimico confacente ai fenomeni chimici che producono l’indurimento delle malte ordi- narie. E nella debita considerazione di questo fatto scrissi al Presidente del Sodalizio che molto probabilmente la pozzolana di Mugnano avrebbe fatta buona prova nelle sue applicazioni come materiale cementante. Nella quale opinione mi confermarono dipoi Je seguenti prove soddisfacenti eseguite, per incarico del Sodalizio, dal Chiar.mo Collega ed amico Prof. A. Landini nel Laboratorio sperimentale della nostra Scuola per gl’ Inge- gneri, seguendo le norme governative approvate con R. Decreto 18 Giugno 1911. m Prove di presa. Per malta normale e dopo 7 giorni di stagionatura, penetrazione mm. 4 dell'ago di Vicat del peso di Kg. 1, fatto cadere dall’ altezza di mm. 30. Prove di resistenza. Della malta normale dopo soli 28 giorni di stagionatura, dei quali i primi 7 in luogo umido e i rimanenti sott’ acqua. Resistenza alla trazione . . . Kg. 4,80 per cm Resistenza alla compressione Kg. 20,25 » In quanto riguarda gli usi che si fanno di questa pozzolana, sono lietissimo di por termine alla mia Memoria trascrivendo le informazioni ricevute con lettera, in data 13 Marzo dell’anno in corso, dal gentilissimo Presidente del Sodalizio: « IZ Sodalizio di S. Martino impiega la pozzolana per i lavori murari dei proprii fabbricati di campagna e prossimi alla cava, con esito ottimo. Per i pavimenti sul terreno si fa un impasto di calce, pozzolana e breccia e, senza alcuna aggiunta di cemento, si ottiene un calcestruzzo durissimo. Viene impiegata anche per fondazioni con esito ottimo. Se ne è impiegata nella città di Perugia per intonachi allo scoperto che hanno fatto una presa veramente speciale ». Così le mie previsioni sui buoni effetti che si sarebbero ottenuti colla pozzolana in discorso trovano valida conferma nelle esperienze pratiche dei costruttori, delle quali non avevo conoscenza quando nel 1918 diedi al Sodalizio relazione dei risultati della mia analisi. Se A 1 a LS MTILINIIO at: Ae a 4 TRENO ia UT N tai ni vt PER VA N IN DESCOTaT: 6 AIRONE a ALONE, POI Pri e alia tg i N PO i i TIA a (4 2A att tatami vet. Forre MORE gg REIT eg IENe LEN i Li ‘ H119 Di i hi fas "At Vi Tab: na SUE Lili Ha ostia n terr lt panta rav LCNEITI PRVEGE Ritiro Ribbon rd i EIDOS ta. 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BARBIERI) letta nella Sessione del 18 Febbraio 1923 Come è ben noto, Plancher (') ha dato il nome di indolenine ai derivati della forma tautomera dell’indolo (I) (O) H E x corpi di natura basica, che si formano nella metilazione dell’indolo e dei suoi omologhi e anche per sintesi diretta dai fenilidrazoni di chetoni aventi un atomo di carbonio terziario immediatamente attaccato al carbonile. Ripetutamente egli (@) ha messo in evidenza che le «-alchilindolenine (II) potevano reagire anche secondo la forma tautomera di x-alchilidenindoline (III) es. (CH,), (CH), 3% C i \ . N ( Je H, C. CH, Ce H, = CH, NE NA N IN Bit 1 (LIL) ed ha sostenuto questo concetto con fatti ben accertati di fronte ad A. Konschegg (°) che riteneva di dover dare la preferenza esclusiva alla formula (III). (1) Chemiker Zeitung 22 (1898) I, pag. 37. (£) Rend. Soc. Chim. di Roma, III, 152 e 156 (nota). — Plancher e Carrasco, Rend. Ace. Lincei, vol. VIII, serie V, 2° sem., fasc. 8°, pag. 274. (3) Monatshefte f. Chemie XXVI, 937; XXVII, 253. Se Siccome, in seguito, uno dello stesso laboratorio del Konschegg, lo Zangerle, molto tempo dopo, senza che nè lui, nè il Konschegg, abbiano ribattuto in alcun modo alle argomentazioni su citate, in una sua pubblicazione del 1910, senza portare alcun fatto nuovo, continua ad attribuire ad alcune di queste basi della serie della naftalina il nome di metilenindoline anzichè quello di indolenine (‘), coll’apparenza di escludere in via assoluta quest’ ultima formola, pubblico queste esperienze, che hanno formato l’ oggetto della tesi di laurea in Chimica, discussa dalla nostra collaboratrice signorina Ombellina Barbieri nell’anno 1909-10 presso la Facoltà di Scienze di Parma, che cioè furono ese- guite contemporaneamente a quelle dello Zangerle, che valgono a completare quelle da lui pubblicate ed a rettificare anche alcuni dei suoi dati numerici. Partendo dalla naftilidrazina, attraverso al f-naftilidrazone del metilisopropilchetone, fu preparata la Pr --p-trimetil-g-naftindolenina : H Il H H C (9) C, C / / È VS ZA CHIEN HU (0) C_-C:(CH,), HC C CH | | | | oppure | | | HU G (COMROS(GIE HU C C (5 (0 Vv N C7 N CNN H (aa Dis H | (CH); C C-CH, Questa base ridotta assume due atomi di idrogeno e dà la Pr.x-g-p-trimetilnaftindolina corrispondente. Trattata invece con cloruro di benzoile, col metodo di Schotten e Baumann, dà un benzoilderivato della formola €,,H,,N-0,H,C00H, che come. quello delle altre indolenine contiene una molecola di acido benzoico in più della base, vale a dire una molecola di acqua in più dei comuni benzoilderivati; la nostra base cioè non si comporta come secondaria, ma come le basi terziarie chinoliniche di Reissert. Con acido nitroso reagisce facilmente, non dà una nitrosoammina, ma, come le altre indole- nine, dà una ossima col gruppo — CH=NOH attaccato in posizione a. La costituzione di queste ossime è accertata per le esperienze di Plancher e Giumelli (?). Questa aldossima, a riprova di questa sua costituzione, con anidride acetica dà un nitrile, che fornisce a sua volta una amidossima. Resta così provato che questa base non: reagisce come base secondaria, né col clo- ruro di benzoile, nè coll’ acido nitroso (III). Il lavoro fu completato identificando questa base con quella che Fischer (*) ottenne dal Pr.x-p-dimetil-B-naftindolo per azione del joduro dì metile. A questo uopo fu riottenuto il predetto naftindolo, preparandolo dal naftilidrazone del metiletilchetone, e lo si metilò. (') Monatshefte tf. Chemie XXXT (1910) 123-134. (*) Rend. Ace. Lincei (1909) vol. XVIII, serie V, 2° sem., pag. 393 e seg. (8) Lieb. Ann. 242-364. SRI (IA Le esperienze che esporremo provano che in queste reazioni questa base reagisce secondo la struttura indoleninica. Le sue proprietà di resistere all’ ossidazione confermano tale formola, giacchè invece le metilenindoline sono tutte molto ossidabili e si colorano rapidamente all’ aria. Abbiamo già detto le ragioni per cui l’azione del joduro di metile su questa base, non conclude in nessun modo nè prò, nè contro la struttura secondaria o terziaria (‘). Del resto la base non si metila procedendo nel modo comune; il prodotto cristallino che si ricupera dalla metilazione fonde alla stessa temperatura del jodidrato cioè a 232°-233° e con ogni probabilità è identico a quest’ ultimo. Condensazione del B-naftilidrazone del metilisopropilchetone con cloruro di zinco. Pr.a-8-g-trimetil-z-naftindolenina edo (CH), AZZ | CHI | | | Wet NH: N:C- CH | e: COC J- NA 5 INAONAENZAME PE IVAAZEN N | oppure o—C- CH, (CH). La a-naftilidrazina fu da noi preparata secondo le norme di E. Fischer (*) e fon- deva esattamente a 124°-125°; il chetone proveniente dalla fabbrica F. Kahlbaum bolliva a 96°. ) Il naftilidrazone del metilisopropilchetone si forma alla temperatura ordinaria con spontaneo riscaldamento; per completare la sua reazione si scalda per 3 ore circa a bagno maria. Il prodotto della reazione, un liquido fortemente colorato in rosso, dopo raffreddamento, viene diluito con etere e, separato dall’ acqua formatasi mediante imbuto a rubinetto, viene seccato con carbonato potassico calcinato. Per eliminazione dell’ etere si ottiene il naftilidrazone in forma di una massa bruno-rossastra. Il prodotto venne impie- gato per la condensazione, così grezzo, onde evitare notevoli perdite nella purificazione. Per eseguire la condensazione furono impiegati circa 50 gr. di naftilidrazone con 250 gr. di cloruro di zinco granulato sciolti in 250 cc. di alcool assoluto e il tutto fu scaldato a bagno maria in corrente d’idrogeno per 60 ore circa. La miscela divenne dopo qualche ora torbida ed alla fine del tempo stabilito si era convertita in una massa cristallina che probabilmente è il composto doppio della base formatasi, con cloruro di zinco, come si verifica in reazioni analoghe (°). (') Rend. Soc. Chim. di Roma, III, 156 (vedi nota). — Plancher e Carrasco, Rend. Acc. Lincei, (1909) vol. XVIII, serie V, 2% sem., pag. 235. (2) Lieb. Ann. 232, 242 (1886). (3) Plancher. — Gazz. Chim. XXVITI, 1898, Parte II, pag. 427. si RA Diluendo con acqua e trattando con eccesso di pot ssa acquosa sì separa la base impura che, allo stato solido, è di un color bruno. Venne estratta con etere, la soluzione eterea fu estratta ripetutamente con acido cloridrico fumante previamente diluito con 5 volumi di acqua distillata. Dalla soluzione cloridrica, limpida e colorata in rosso, trattandola con ammoniaca si separa la base allo stato cristallino. Per evaporazione della parte neutra, indolica, rimasta nell’etere si ottiene una quantità piccolissima di sostanza che pel momento non credemmo opportuno di prendere in esame. Fonde a 145°147°. î La base venne purificata per ripetute cristallizzazioni dall’ etere di petrolio (bollente a 90°-120°) e per l’analisi fu distillata al vapor d’acqua: si presenta in forma di belle tavolette prismatiche leggermente colorate in giallo, fondenti 114°-115°. All’analisi ha dato numeri concordanti per la formula (€,,H,.N. I gr. 0,2526 di sostanza diedero gr. 0,7516 di CO, e gr. 0,1574 di 7,0 II » 0,1823 » » cc. 11,4 di N, misurati sull’/7,0, a 21° e 733,5 mm. III » 0,2838 » » » 17,5 » > 22° e 131405 Calcolato per CH, N Trovato I II II (OR 86,12 85,78 — _ H 7,18 7,51 _ _ N 6,10 _ 7,00 6,86 Piccole quantità della base pura si possono preparare anche per prolungato riscal- damento del sudetto naftilidrazone e successiva distillazione nel vuoto. Bolle a 215° circa e 40 mm. Jodidrato della base C,,H,.N Pochi grammi della base secca e pura sciolta in alcool assoluto furono trattati con HJ. La miscela si scalda spontaneamente e, dopo poco tempo, si separa una sostanza cristallina fortemente colorata. Per ripetute cristallizzazioni dall’ alcool assoluto bollente si decolora fino a rimanere leggermente paglierina e si presenta in forma di aghetti fondenti a 232°. (Zangerle lo dà come fondente a 224°225°). All analisi ha dato numeri concordanti per la formula C,,H,,N-HJ. I gr. 0,2798 di sostanza diedero gr. 0,5439 di CO, e gr. 0,1322 di 4,0 II » 0,4638 » » » 0,3233 » » » Calcolato per C,,H,.N-NJ Trovato C°%, 53,40 53,02 H 474 5,24 Ji 37,68 37,67 SSA Riduzione della Pr.x-f-f-trimetil-x-naftindolenina con SH ed Hel. — Trimetilnaftindolina — È vg 7a ( CHo6 a) CH, ! ) led i N H Grammi 2 di base furono sciolti in 100 cc. di acido cloridrico fumante e scaldati con gr. 50 di stagno granulare per circa 2 giorni. Il liquido si colora in rosso bruno e la colorazione va man mano scomparendo. La riduzione è terminata quando il liquido si è cecolorato completamente. Per raffreddamento si separa una massa bianca cristallina costituita senza dubbio dal composto doppio di stagno e della base ridotta, la quale da esso si separa per prolungata ebollizione con potassa. La base estratta con etere venne seccata su potassa fusa e si presenta come una sostanza densa dell’ aspetto sciropposo. Distillata nel vuoto passa a 241°242° e 70 mm. e, lasciata a sè per qualche tempo, solidifica. Jodidrato della base diidrogenata. C,,H,,N. Sciolta in poco alcool e trattata con HJ dà immediatamente un composto bianco cristallino che ancora grezzo fonde a 258’-260°. Purificato dall’ alcool assoluto si presenta in forma di aghi bianchissimi fondenti a 264°. All’ analisi ha dato numeri concordanti per la formula, C,,7,,N-4J. Infatti : I gr. 0,1749 di sostanza diedero cc. 6,8 di N misurati sull'acqua a 17° e 737,6 mm. IO TA » gr. 0,5180 di AgJ. Calcolato per C,,H,,N-HJ Trovato N°), 4,12 4,44 p J 37,57 37,57 Benzoilderivato: C,.H,.N-C,H,COOH. Agitando la base non idrogenata con cloruro di benzoile e idrato sodico si forma una massa bruna che sciolta in etere e lavata con soluzione di carbonato potassico viene poi seccata su 4, C0, calcinato. (#) A questa formula e a quelle successive si possono sempre sostituire quelle in cui il nucleo indolico si forma invece a spese, anzichè dell’ atomo f, dell'atomo x del nucleo naftalinico adiacente a quello che porta l’azoto, mon essendo deciso se la condensazione avvenga da una parte o dall’altra (vedi le formole della Pr.x--S-trimetilnaftindolenina a pag. 57). = BOS Per evaporazione dell'etere si ottiene un residuo ancora colorato in bruno, solubile in alcool dal quale si purifica per ripetute cristallizzazioni. Allo stato puro è ancora leggermente colorato e forma dei piccoli cristalli granulari fondenti a 175°177°. Sottoposto all’ analisi ha dato i seguenti risultati : I gr. 0,2431 di sostanza diedero gr. 0,1413 di 7,0 e gr. 0,7070 di CO, II » 0,2365 » » cc. 8,7 di N misurati sull'acqua a 18° e 747 mm. di pressione. Ed in 100 parti OS931 H 6,45 N 4,24 Questi numeri concordano con una formula C,,H,,0,N che corrisponde a quella di un benzoilderivato comune, più una molecola d’acqua. Infatti : Calcolato per 0,,H,,N0, Calcolato per C,,H,,N0 Trovato CAO 79,76 84,34 79,31 H 6,54 6,07 6,45 N 4,23 4,47 4,24 Lo Zangerle crede di aver ottenuto un benzoilderivato col punto di fusione 114°, ma evidentemente si tratta di un prodotto non puro. Azione dell’ acido nitroso sulla trimetil-z-naftindolenina 8B-dimetil-2-indolenil-Pr.2-formossima — | e; | dop MT 4 \N4 N Grammi 7 di trimetil-a-naftindolenina sciolti in 70 ce. di acido acetico al 90 °/, ven- nero trattati, raffreddando, ed a piccole porzioni, con la quantità calcolata di nitrito sodico (gr. 2,14) sciolti in pochissima acqua. Quasi subito cominciò a separarsi un preci- pitato microcristallino colorato in rosa. La separazione fu completa per aggiunta di piccole quantità di acqua. Fu filtrato alla pompa, lavato con acqua acidulata con acido acetico e seccato nel vuoto su calce. Tale sostanza è poco solubile in acqua, molto in alcool ed abbastanza in benzolo da cui fu cristallizzata. Si separa in aghi setaceiffinissimi colorati lievemente in giallognolo fondenti a 211°212°. È solubile in potassa diluita da cui si può riprecipitare con anidride carbonica. Naturalmente non dà la reazione delle nitrosammine del Liebermann. E E Sottoposta all'analisi ha dato numeri concordanti per la formula C,HuN,0. Infatti : I gr. 0,1385 di sostanza diedero gr. 0,3839 di CO, e gr. 0,0831 di 7,0 I » 0,2149 » » cc. 21,5 di N misurati sull’ acqua a 20° e 732,5 mm. MET OE » > CCNIVOZII CIANI » » a 24° e 740,8 mm. Calcolato per C.3H,,jN,0 Trovato I II III CO 15,65 15,60 = _ H 5,88 6,51 -- — N 11,76 Ss 11,34 11,75 Azione dell’ anidride acetica sulla 88-dimetil-a-naftindolenil-Pr.a-formossima — pp-dimetil-x-naftindolenil-Pr.a-nitrile — ANT Ne I0E((CH.), | C-CN INA vi Grammi 8 di ossima e gr. 80 di anidride acetica, in un pallone munito di refrige- rante a ricadere, furono scaldati a bagno ad olio alla temperatura di 150° per circa 40 ore. Il liquido freddo si diluì con acqua e quindi si trattò con carbonato sodico fino a debole reazione alcalina. Il nitrile si separò allo stato solido e venne estratto con etere. Per eliminazione dell’ etere, il residuo bruno venne cristallizzato dall’ alcool bollente, dal quale si ottenne per raffreddamento in grossi aghi o tavole, non completamente incolori. Puro fonde a 130°. i All’analisi ha dato risultati concordanti per la formula 0,,H,,N, 15 I gr. 0,2872 di sostanza diedero gr. 0,8580 di CO, e gr. 0,1468 di 4,0 II » 0,2332 » » ce. 26,5 di N a 18° e 736,7 mm. Calcolato per C,,H,,N, Trovato i I II C°) 81,81 81,49 sa H D,4D 5,68 N 12,75 == 112592 Azione dell’idrossilamina sul nitrile precedente — pp-dimetil-x-naftindolenin-Pr.e-formamidossima — (0) NOH ST La natura nitrilica del prodotto sopra descritto fu constatata preparandone la corri- spondente amidossima per azione della idrossilamina. Grammi 1 di nitrile vennero sciolti in circa 50 ce) di acqua: alcoolica e addizionati di gr. 0,83 di cloridrato di idrossilamina e gr. 0,2, di carbonato sodico secco. La soluzione venne scaldata alla temperatura di 50°60° a bagno maria per circa 24 ore. Dopo raf- freddamento e per aggiunta di poca acqua si separa un prodotto leggermente colorato che per cristallizzazioni dell'alcool diluito si ottiene allo stato di purezza in forma di prismetti fondenti a 182°. Una determinazione di azoto ci ha mostrato che è l’ amidossima C,,H,;,N-(NH,)(NOH) corrispondente al nitrile : gr. 0,2148 di sostanza diedero cc. 32,5 di N misurati sull’ acqua a 23° e 729,1 mm. Calcolato per C,,H,,0N, Trovato NICO 16,61 16,76 Identificazione della Pr.x88-trimetil-z-naftindolenina con la base preparata da Fiseher per azione dell’ joduro di metile sul dimetil-x-naftindolo Fischer facendo agire l’joduro di metile sul (2,3)-dimetilnaftindolo (') ottenne una base che analizzata mostrò di avere la composizione €,,H,,N ed a cui, per analogia ai suoi lavori sulla metilazione degli indoli, diede il nome e la costituzione di una dimetil- diidronaftochinolina CH5 Ta NC CH, | x CH; N H Ma dopo di lui, per tali basi, Plancher, coi suoi numerosi lavori sulla metilazione degli indoli, dimostrò una costituzione ben differente; esse sono cioè derivati di quella pseudoforma degli indoli cui egli diede il nome di indolenina, come fu già detto. Perciò la base C,,H,,N (dimetildiidronaftochinolina di Fischer) doveva essere invece trimetilnaftindolenina, identica a quella ottenuta condensando il naftilidrazone del metili- sopropilchetone. Ciò infatti abbiamo verificato. Fischer dà per la sua base un punto di fusione 115° che corrisponde esattamente a quello della base da noi preparata, ma noi abbiamo anche voluto identificarlo a mezzo dei jodidrati. Egli non dava il punto di fusione del suo jodidrato, quindi abbiamo dovuto prepararlo; esso fonde come il nostro a 232°233° e le due sostanze mescolate finamente fondono alla stessa temperatura. Non v'è quindi alcun dubbio sulla identità delle due sostanze. (!) Lieb., Ann. 242 (364). MS CON Tl 2-5-dimetilnaftindolo Fischer l’ ottenne condensando il naftilidrazone dell’ acido levulinico; noi invece abbiam creduto più conveniente prepararlo condensando il nattili- drazone dal metiletilechetone. Il prodotto ottenuto fonde esattamente a 124° ed esso è identico a quello preparato da Fischer. Il rendimento non è molto buono, ma è certo migliore che con l'acido levulinico, e il prodotto che si ottiene è sensibilmente più puro. Condensazione del «-naftilidrazone del metiletilehetone con eloruro di zinco anidro Il vaftilidrazone del metiletilchetone si forma scaldando a bagno maria per qualche ora il miscuglio in quantità molecolari dei due componenti. È un liquido denso fortemente colorato in rosso che diluito con etere e seccato con carbonato potassico calcinato, e distillato nel vuoto, passa quasi tutto (sebbene con molta difficoltà) a 270° e 50 mm. Il prodotto non venne ulteriormente purificato e fu condensato scaldandolo a bagno ad olio per ‘/, ora circa, a 180°, con 5 volte il suo peso di cloruro di zinco anidro. Dopo raffredda- mento, la massa fusa dall’ aspetto pecioso fu ripresa con acqua e trattata con H,S0, diluito per sciogliere tutta la massa. Estratto con etere e seccato, il prodotto fu distillato nel vuoto. Passa, a 290°295° e 100 mm. circa, un olio denso, colorato in verde rossastro che si rapprende in una massa semisolida che ripresa con poco alcool cristallizza. Il prodotto greggio si rammollisce a 114° circa e fonde a 118°-119°, ma purificato per cristal- lizzazioni ripetute dell’ alcool si porta a fondere a 124°. Esso è il 2-3-dimetil-e-naftindolo. Azione dell’ joduro di metile sul 2-3-dimetil-2-naftindolo Grammi 1 di (2-5)-dimetilnaftindolo furono scaldati con 4 gr. circa di C4,/ in tubo chiuso per 15 ore a 100°. Si ottiene una massa cristallina che lavata con etere e ricri- stallizzata dall’ alcool fonde a 232°235°. Bei aghi leggermente colorati che divengono perfettamente incolori per trattamento con tracce di anidride solforosa. È identico allo odidrato di trimetil-maftindolenina, preparato da noi per sintesi. tHiotheoft6ghN stia “ab AE 3 PA (47 nb ici anar H) 190481 MM LIFE RZAI Mr Ù Li dalla (3) segue de, v in modo che la parte ©’ della curva che termina tenente all’ intorno (p,: in Q' e la parte rimanente C(Q', P.) SA rispetti- vamente, agli intorni (p,)° di C.(P,, 2) e C,(0, P.). Il punto & appartiene certamente all’intorno (g,) di 0, e, per quanto sopra si è detto, possiamo determinare l’estremale E, x; che ora indicheremo semplicemente con €, soddisfacente alle Se=te, IeTe,: se non è €©=@,. Con ciò è dimostrato il teorema enunciato, per quanto riguarda il minimo debole. 4. — Passiamo ora al minimo forte. Im virtù di proposizioni note ('), possiamo determinare due numeri positivi è e g,, in modo che, se © è una qualsiasi curva, continua e rettificabile, avente per rappresen- tazione parametrica le (4), avente il primo punto terminale sulla T ed il secondo in Poi appartenente all’intorno (g,) della ©, e soddisfacente alla disuguaglianza |L— Z| <3, qc PISP F L dCI C IG] che ha il suo primo punto in P, e lunghezza uguale a ZL,8:Z. Abbiamo pure che, per le condizioni di Legendre e di Weierstrass dell enunciato del nostro teorema, il si abbia, per ogni s di (0, L), 0 (quando non sia g;= (5), d= y(8)), e quindi Je > Te,, se non è ©C=©,. D°’ altra parte, un noto teorema (*) e la condizione di Weierstrass già ricordata, ci danno, in corrispondenza del numero è, già fissato, un numero positivo p,, tale che, per ogni curva ©, continua e rettificabile, avente il primo punto terminale sulla © ed il secondo in P,, appartenente all’intorno (g.) della ©, e soddisfacente alla disuguaglianza |2=L|=ò, sia {+00 —(r+ X,G)ds; e da questa disuguaglianza, se si sup- e i Ci pone, inoltre, che sia Te = Fe, si deduce Je > Je,. Con ciò il teorema enunciato risulta dimostrato anche per quanto riguarda il minimo forte. (4) Cfr. L. Tonelli, Fondamenti di Calcolo delle Variazioni, vol. I, n.i 114 e 123. (2) Cfr. loc, cit., n.i 120 e 123. bro. iu stro "i n) sione i. E) it 5 È, ; None hi p% SEE Ere pai Priano, Vasi rara ao 1) C MESTRE RECATO IS PIZALO, Feb TR Viski i) sla ru Ve azian i Li ae anse spetti au ASI PRETE ae a as A Misia] La Ma 3 eil lia rela na). aipiotii Î } RARO Li . bi; | FRYIOTICI # VE ANT] ai cina } sir but Ditàh "hi VET (IAT AT toi] rino Drelanti ty ; Li Ual CRAL abito, ue eda aio pe vetri o16a) rio 20 il ti iv I GI intra) 19) RESTARE ty PNIVIIIT ) RFI OY9 io agito ora spl TRENI, LV ) DARITAT a i REP (IF, CUD Keiotti Stara 4768 ATI i dbuarggitoi di put al PES ind 13 Rettili cati : i tata LINTIE loi 4 seria it VR F ARG €] dat sl 3A {i i id «*Y\i terr IRA croità H; STA OSELETRaRI ] fi 4 Ra î pile Fal tI % TL Si i î hi "45 | IRE Red Pri Di Uilptao a Dil 8 LA ali REA VO LLUBR la Sy sd î i so tt MATURARE ALIENA II VA PASTE I 4 MINER VIE IR “RAS dio Muta SITore Tio IO MAS YET gen n RICERCHE SULLE VARIAZIONI DI ECCITABILITÀ DEL VAGO E DELL'APPARECCHIO VASOMOTORE E CONTRIBUTO ALLA FISIOLOGIA DEL DIGIUNO I. MEMORIA DEL Pror. PIETRO ALBERTONI letta nella Sessione del. 15 Aprile 1923 L’eccitabilità dell'apparecchio moderatore del cuore e dell’ apparecchio vasomotore subisce continue variazioni in rapporto a condizioni intrinsiche ed estrinsiche per servire allo scopo di soddisfare al delicato autogoverno della circolazione. L'importanza di questa complessa funzione si comprende facilmente quando si pensa che la frequenza del polso, l'intensità dell'impulso cardiaco, la circolazione della pelle e dei visceri subiscono continui cangiamenti per la temperatura esterna, per il lavoro, per l'assunzione dei cibi, per le emozioni piacevoli e dolorose. Cyon (') ha fondato un’intera dottrina a spiegare siffatto autogoverno che ritiene funzione delle ghiandole a secrezione interna. Le tiroidi, le paratiroidi darebbero una sostanza atta a mantenere ed aumentare, secondo i bisogni, l’eccitabilità del vago; l’ipofisi e l’epifisi governerebbero la circolazione cerebrale, la pressione intracranica, e quindi indirettamente agirebbero sull’ apparecchio moderatore. Tre miei allievi Barbera (*?) Coronedi (*) Beccari (') hanno portato contri- buti importanti di fatti a detto argomento. Si tratta di ormoni veri regolatori chimici della circolazione (°). D’ altra parte nel campo fisiopatologico Eppinger e Hesse hanno fondato la dottrina della vagotonia e della simpaticotonia, sulle variazioni di eccitabilità di questi apparecchi nervosi che governano la funzione del cuore e dei vasi. Il problema è assai complesso e difficile e richiede molteplici ricerche. Porto alla sua illustrazione il contributo delle esperienze da me raccolte in questi ultimi anni, senza preten- dere di giungere a conclusioni definitive. Riferisco prima mano mano i vari gruppi di espe- rienze colle conclusioni da esse dedotte, facendoli seguire da brevi considerazioni critiche. Tiroide e sistema vasomotore. L’iniezione intravenosa di estratti di tiroide secondo numerosi autori (°) produce una diminuzione della pressione sanguigna, che Rahe e Beebe per grosse dosi hanno veduto scendere quasi a zero. Questi fatti porterebbero ad ammettere un'influenza della tiroide ge sui complessi meccanismi che regolano la pressione sanguigna e la funzione del cuore. Io riferisco alcune esperienze le quali sono appunto dirette ad approfondire questa que- stione e sopratutto i rapporti fra tiroidi e capsule surrenali che hanno così grande impor- tanza nella regolazione del circolo. 1. Azione del sangue di cane tiroidectomizzato e della iodotirina sulla pressione arteriosa. 1* ESPERIENZA, 5 Aprile 1913. - Cane sano, di kgr. 9,500; si applica il manometro a mer- curio nell’arteria carotide. Pressione arteriosa normale: massima 160-170 mm., minimo mm. 140; oscillazioni respi- ratorie regolari e di ampiezza normale. Nella vena giugulare vengono /entamente iniettati cc. 25 di sangue defibrinato cavato dalla carotide in un piccolo cane operato di tiro-paratiroidectomia dal 26 Marzo 1913 e pre- seutante già da alcuni giorni fenomeni spiccati di tetania, con dimagramento. Dopo alcuni secondi si nota un notevole abbassamento della pressione fino a mm. 94, che però dura poco, rialzandosi tosto a mm. 130 per poi abbassarsi di nuovo; ritorna quindi a mm. 130-138 con andamento regolare, poi si ha un nuovo abbassamento dopo del quale la curva di pressione risale e torna regolare ma non raggiunge il livello primitivo. Durante abbassamento della pressione le oscillazioni respiratorie sono più ampie, le oscillazioni sisto- liche più piccole che di norma. La frequenza del polso non si modifica in modo apprezzabile. 2% ESPERIENZA, 29 Aprile 1913. - Cagna di kgr. 7, tiroidectomizzata da circa un anno senza avere presentato alcun fenomeno. Si applica il manometro nell’arteria carotide. Pressione arteriosa normale piuttosto elevata, media mm. 170 (massima mm. 180, minima mm. 160). Si iniettano /entamente nella vena giugulare cc. 25 di sangue defibrinato tolti da una cagnetta di kgr. 4,700 operata di tiro-paratiroidectomia dal 22 Aprile e presentante già da 4 giorni sintomi manifesti di tetania. ì Già durante l'iniezione la pressione presenta un abbassamento evidente (alla media di mm. 155), con aumento di frequenza del polso, diminuzione delle oscillazioni respiratorie ; alla fine dell'iniezione la pressione scende a mm. 140, con polso piccolo e frequente alternato con qualche polso del vago, e scomparsa delle oscillazioni respiratorie. Ma risale e si man- tiene a lungo fra mm. 150 e mm. 160, coi detti caratteri. A poco a poco le oscillazioni respi- ratorie ricompaiono, poi crescono; così pure diminuisce la frequenza ed aumenta l'ampiezza del polso, finchè l’ altezza della pressione arteriosa raggiunge quasi il livello precedente all’iniezione. Azione della iodotirina, 7 Febbraio 1896. - Cane di kgr. 5,300, manometro nell’ arteria carotide destra. Pressione media arteriosa mm. 131-140, frequenza del polso 90-114 al minuto. Iniezione nella vena giugulare di !/, grammo di iodotirina pura Baumann sciolta in solu- zione fisiologica. Si ha lieve aumento della pressione media (a mm. 144), notevole aumento della frequenza del polso (138 al minuto). Dopo una seconda iniezione la pressione media aumenta fino a 148, e la frequenza del polso sale fino a 216 al minuto e si mantiene a 162-174. L’iniezione di soluzione isotonica di cloruro di sodio non modifica nè la pressione nè la frequenza. Il sangue di cani tiro-paratiroidectomizzati determina nell’animale sano sopratutto una diminuzione della pressione media arteriosa che talora è accompagnata da aumento da frequenza del polso, e da modificazioni delle oscillazioni respiratorie. 4 4 SERI Probabilmente sì tratta di un accumulo di sostanze tossiche, quali furono trovate da Vassale e Rossi (°) nel succo muscolare preparato da carni di cani tiroidectomizzati. Invece l'iniezione di vodotirina pura di Baumann e di endotiroidina non determina diminuzione di pressione, ma aumento di frequenza del polso; per cui si deve ritenere che i veri ormoni della tiroide non abbiano influenza nociva sul sistema cardiovascolare. Solo Ì’ alterata funzione della tiroide può avere quest’ effetto. Nella cachessia strumipriva i prodotti tossici che si trovano in circolo tendono a diminuire la pressione e il tono dei vasi e la loro azione viene neutralizzata da maggiore attività funzionale dell’ipofisi e delle surrenali. Invece l'iniezione intravenosa di 2 cc. del sangue defibrinato, cavato da una malata di acromegalia, ripetuta nel coniglio per alcune volte ad intervalli di alcuni minuti deter- minava un lieve aumento della pressione arteriosa. 2. Azione dell’ adrenalina sulla pressione in animali tiro-paratiroidectomizzati. Eppinger, Falta e Rudinger (") hanno ammesso un antagonismo fra tiroidi e paratiroidi in base alle loro osservazioni sull’ azione dell’ adrenalina in animali privati di tiroide e di tiroparatiroide. Il secreto della tiroide ecciterebbe il simpatico e quindi l'adrenalina in questo caso produrrebbe glicosuria e notevole aumento della pressione sanguigna; le paratiroidi paralizzerebbero il simpatico; e quindi mancherebbe l azione dell’adrenaHna sulla pressione e sulla glicosuria. Invece secondo Pick e Pineles (*) l’ estirpazione della tiroide nei conigli non impe- disce nè la glicosuria, nè l'aumento di pressione, nè l’azione diuretica dell’ adrenalina. Questa importante questione dei rapporti fra funzione della tiroide e azione dell’ adre- nalina venne da me esaminata con un duplice ordine di esperienze in cani tiro-paratiroi- dectomizzati e in'cani sottoposti all’ azione contemporanea di adrenalina e endotiroidina. Quattro esperienze di cui #'e in animali con sintomi spiccati di tetania, e una in un animale che non presentava sintomi anche dopo più di un mese dall’ operazione. 1® EsPERIENZA, 8 Giugno 1918. - Cane di kgr. 6, operato il 4 Giugno. Tetania con dispnea intensa, tremori, accessi convulsivi. Manometro nell’arteria carotide destra. La pressione arte- riosa media è di mm. 145-150, la frequenza del polso di 120 al minuto. Dopo iniezione nella giugulare di !/, cc. adrenalina 1:1000 Clin la pressione sale a un massimo di 198-234 mm. (media mm. 216), con un aumento di mm. 66-70, e si ha un breve periodo di polso del vago; dopo una seconda iniezione di adrenalina (?/, cc.) la pressione sale da mm. 180 a un mas- simo di 192-232 (media mm. 212) con un aumento di mm. 32 e un ‘nuovo periodo di polso del vago. Quindi la pressione scende in breve alla misura primitiva. 2% ESPERIENZA, 20 Ottobre 1918. - Cane di kgr. 8, operato il 16 Ottobre. Tetania con dispnea. Manometro nell’ arteria carotide destra. Pressione media arteriosa mm. 131, frequenza del polso 120-125. Iniezione di !/, cc. adre- nalina 1:1000 Clin nella giugulare. La pressione sale a un massimo di mm, 216-224 (media mm. 220) con un aumento di mm. 89, e prolungato polso del vago (frequenza minima 40 al minuto). La pressione scende in breve all'altezza primitiva e poi al di sotto (mm. 80-86). i ggee 3% EsPERIENZA, 27 Novembre 1918. - Cane di kgr. 6,300, operato l’ 11 Novembre. Dima- gramento e dispnea. Manometro nell’ arteria carotide. Pressione arteriosa media mm. 174; frequenza del polso 77 al minuto. Iniezione nella vena giugulare di !/, cc. adrenalina 1:1000 Clin. La pressione sale a un massimo di mm. 236-280 (media mm. 258) con un aumento di mm. 84; si ha pure forte e prolungato polso del vago (frequenza scesa a 17-20 al minuto). Dopo 8 minuti la pressione è ridiscesa a mm. 140-158, la frequenza a 111 al minuto. Atropina. Si inietta nella giugulare 1 milligr. di solfato di atropina; la pressione arteriosa è di mm. 130-146 (media 138), la frequenza del polso 133 al minuto. L’iniezione di !/, cc. adrenalina 1:1000 Clin provoca un grande aumento della pres- sione; questa sale al massimo di mm. 310, con un aumento di 164 (più che raddoppiata) e ridiscende molto lentamente. La frequenza del polso aumenta fino a 170, poi si mantiene fra 150 e 140 al minuto. 4% EsPERIENZA, 29 Novembre 1918. - Cane di kgr. 9,200, operato il 25 Ottobre. Dopo 35 giorni non ha presentato nessun fenomeno di tetania. Manometro nell’ arteria carotide destra. i Pressione arteriosa media mm. 188, frequenza del polso 112 al minuto. Iniezione di !/, ce. adrenalina 1:1000 (Meister Lucius). La pressione sale ad un massimo di 340-356 (media mm. 348) con un aumento di mm. 160; si ha polso del vago solo a brevi tratti con abbassamento contemporaneo della pressione. Questa ritorna alla norma ed anche al di sotto (mm. 132-150). Atropina. Si inietta nella giugulare 1 mgr. solfato di atropina. La frequenza del polso (148) diviene altissima; la pressione arteriosa è di mm. 150-184 (media mm. 167). Iniezione di !/, cc. adrenalina 1:1000 (c. s.). La pressione sale ad un massimo di 308-338 (media mm. 323) con un aumento di mm. 156. Lentamente la pressione ritorna al livello primitivo e al di sotto (mm. 140-158). Nei cani tiro-paratiroidectomizzati con manifestazioni di tetania, l'adrenalina non provoca che un aumento modico della pressione (mm. 66-86). La comparsa del polso del vago e il fatto che dopo la somministrazione di atropina (esp. 3°) l'aumento di pressione da adrenalina è invece notevolissimo (mm. 164) pare dimostri che l apparecchio mode- ratore cardiaco sia il fattore principale del comportamento di tali animali verso 1’ adre- nalina. Nel cane operato in cui mancarono i fenomeni tireoprivi, l'adrenalina ha provocato un forte aumento di pressione sia prima che dopo l’atropina (mm. 160 e mm. 167). 3. Azione combinata dell’adrenalina ed endotiroidina. Se si esagera l’azione della tiroide iniettando in circolazione i prodotti della mede- sima, come per es. l’ endotiroidina dell’ Istituto Sieroterapico Milanese, aumenta l’ eccita- bilità del vago per cui la pressione cresce poco durante il polso del vago, ma poi si innalza bruscamente e.cresce la frequenza del polso. Lo stesso fatto si è osservato in un cane in istato di ipertiroidismo per somministrazione orale continuata della ghiandola, 1* ESPERIENZA, 25 Febbraio 1919. - Cane di kgr. 8, normale. Manometro nell’ arteria caro - tide destra. Pressione media mm. 180; frequenza del polso 87 al minuto. Iniezione nella vena giugulare di una miscela di 1 cc. adrenalina 1:1000 Clin e 1 cc. endo- tiroidina del Sieroterapico milanese. Si ha immediatamente polso del vago e la pressione si innalza poco (mm. 184-250; media mm. 217); dopo 30” bruscamente cessa il polso del vago, la pressione si innalza di colpo a mm. 330 e più, il polso si fa frequentissimo (200 al minuto). 9% EsPERIENZA, 1° Marzo 1919 - Cane di kgr. 11, normale. Manometro nell’ arteria caro- tide sinistra. Pressione media mm. 193; frequenza del polso 78 al minuto. Si inietta nella vena giugulare 1 cc. di endotiroidina del Sieroterapico milanese. La pressione non si modifica (diminuisce di 3-4 mm.), nè si modifica la frequenza del polso. Iniezione nella vena giugulare di 1 cc. adrenalina 1:1000. Si ha immediatamente polso del vago, che dura 18‘, e modico aumento di pressione (mm. 200-268; media mm. 234). Anche qui bruscamente cessa il polso del vago, la pressione sale a mm. 340 e più, la frequenza del polso aumenta a 168 al minuto e più. La endotiroidina iniettata in circolo poco prima dell’ adrenalina o contemporanea- mente ad essa non modifica l’ azione di questa; però pare che favorisca il polso del vago, il quale per breve tratto riesce a moderare l'aumento della pressione. In complesso si può dire che non esiste antagonismo fra tiroide e capsule surrenali; ma i principi attivi della tiroide aumentano l’ eccitabilità del centro moderatore cardiaco e non influenzano l’azione dell’adrenalina specialmente sul tono vasale. Ono Sadae (‘°) ha di recente sostenuto che l’ estratto di tiroide aggiunto all’adrenalina sensibilizza l’azione di questa ® sul cuore e sui vasi. CONCLUSIONI Il sangue di cani tiro-paratiroidectomizzati determina nell’ animale sano sopratutto una diminuzione della pressione media da accumulo di sostanze tossiche. Nella cachessia strumipriva l’azione di questi prodotti viene neutralizzata da maggiore attività funzionale dell’ipofisi e delle surrenali. Invece l'iniezione di iodotirina pura di Baumann e di endotiroidina non determina diminuzione di pressione, ma aumento della frequenza del polso; per cui si deve ritenere che i veri ormoni della tiroide non abbiano influenza nociva, ma favorevole, sul sistema cardiovascolare. Il sangue di ipermegalici può conte- nere sostanze pressorie. Non esiste antagonismo fra tiroide e capsule surrenali; ma i principi attivi della tiroide aumentano l’ eccitabilità del centro moderatore cardiaco e non indeboliscono l’azione dell’adrenalina specialmente sul tono vasale. (1) (9) (°) PIOUNE LETTERATURA E. De Cyon -—- Le ghiandole sanguigne. Traduz. del Prof. P. Albertoni Zanichelli, 1913. A Barbera. — Ueber die Erregbarkeit von Herz- und Gefàssnerven nach Injection von Jod una phosphorsaurem Nation. Pfliiger’ s Arch., BI. LXVIII, p. 434. G. Coronedi. — Uno sguardo d’insieme ai miei attuali esperimenti su la glandola tiroide. Boll. delle Scienze Mediche. Bologna 1911. L. Beccari — Ueber die Beziehungen von Nebenschildritssen zn Schilddriisen. Centralbl. f. Phys, Bd. XXVI, p. 161, 1912. P Albertoni. Regolatori chimici della circolazione. Milano, marzo 1912. R. Tigerstedt. — Physiologie des Kreislauf. Bd. IV, p. 126 e seguenti. H. Eppinger, W. Falta u. C. Rudinger. — Ueber die Wechselwirkungen der Driisen mit inneren Secretion. Zt. f. KI. Med. 1908, LXVI; Ueber den Antagonismus sympathi- sche und autonomer Nerven in der inneren Secretion. Wr. KIl. Wochens. 1508. E. P. Pick und F. Pineles. — Ueber die Beriehungen des Schilddriise zur physiologi- schen Wirkung des Adrenalins. Biochem. Zeitschr XII, p. 473. C. Vassale e C Rossi. — Sulla tossicità del succo muscolare degli animali tiroidecto- mizzati. Rivista di Freniatria. Vol. XIX, 1893, p. 403 e 676. Ono Sadae. — On the sensitizing action of thyroid extract for adrenalin. Berichte ueber Phys. Bd. XV, 1923, p. 274. INDICE X. Tizzoni e P. ‘delli — idio comparativo sull'azione che il siero anti- G. Tizzoni e P. Bardelli Studio comparativo sull’ azio 7 l t tetanico dispiega contro la stricnina e contro la tossina del tetano. L. Beccari — Ulteriori ricerche intorno all’ azione degli elementi radioattivi sul cuore (con 3 figure) F. Guarducci — Sulla compensazione speditiva di una poligonale . U. Puppini — L'equazione di continuità pei canali di bonifica. A. Baldoni — Ulteriore contributo sulle ectopie testicolari e sui tumori dei testicoli ectopici nel cane. A. Cavazzi -- Sopra la composizione chimica della pozzolana di Mugnano G. Plancher — Sulla Py.a-8-B-trimetil-B-naftindolenina e sulla forimula delle indolenine D. Majocchi — Prime ricerche intorno alla struttura istologica delle stigmata ocellata penis. Memoria III (con una tavola e 2 figure). A. Baldacci — Le piante di Leonardo da Vinci nei Codici della Biblioteca Reale del Castello di Windsor. Parte prima. T. Tonelli — Su! problema isoperimetrico con un punto terminale mobile. P. Albertoni Ricerche sulle variazioni di eccitabilità del vago e dell’ appa- vecchio vasomotore e contributo alla fisiologia del digiuno (I Memoria) \ FINITO DI STAMPARE DICEMBRE 1923 . Pag. y Gi î i dai | DEI DIECI [PONENTI LA SERIN SETTIMA il K ì S BLL'ISTITUTO DI BOLOGNA LASSE DI SCIENZE FISICHE da 1914-1924 IPOGRAFICA AZZOGUIDI _ ec ia INDICE GENERALE | DEI DIECI TOMI COMPONENTI LA SERIE SETTIMA DELLE MEMORIE DELLA li. ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL'ISTITUTO DI BOLOGNA CLASSE DI SCIENZE FISICHE 1914-1924 BOLOGNA COOP. TIPOGRAFICA AZZOGUIDI È 1924 120) INDICE ALFABETICO PER AUTORI (il numero romano indica il Tomo e il secondo la pagina) Albertoni Prof. Pietro — Ricerche sperimentali sull’iperthyreosis e l athyreosis e su alcune azioni dell’ adrenalina. (con 16 figure). III. 23. — I fermenti protettori per gli idrati di carbonio nell’ organismo vivente. V. 155. — Sullo sviluppo della funzione vasomotoria negli animali. (con una figura nel testo). VALTZST — Alterazioni termiche e lesioni trofiche nei processi morbosi. (con 8 figure). VII. 213. — Alterazioni termiche e lesioni trofiche nei processi morbosi. (con 10 figure). Seconda comunicazione. VIII. 105. — Ricerche sulle variazioni di eccitabilità del vago e dell’ apparecchio vasomotore e contributo alla fisiologia del digiuno. (I Memoria). X. 89. Albertoni Prof. Pietro e Dertil Luisa — I fermenti diastasici e la mobilizzazione dello zucchero nell’ organismo. IV. 113. Albertoni Prof. Pietro e Monetti Prof. Giuseppe — Glucosio e glicogene dei muscoli viventi e loro importanza per la contrazione muscolare. II. 291. Albertoni Prof. Pietro e Tullio Pietro — L'alimentazione maidica nel sano e nel pellagroso. I. 59. Amaduzzi Prof. Lavoro — Effetti di scarica laterale in liquidi. (Con 10 figure). III. 223. — Stratificazioni e temperatura. (con figure). IV. 125. — Temperatura, stratificazioni e intensità di corrente in tubi a vuoto. (con 10 figure nel testo). V. 91. — Ricerche di magnetoionizzazione nelle fiamme. (con 6 figure). VI. 75. — Intorno all’ influenza del riscaldamento sul potenziale esplosivo e sul processo prepa- ratorio della scintilla. (con 4 figure nel testo). VI. 145. — Intorno all'influenza del campo magnetico sul getto a mercurio di Lippmann. (con 10 fisure nel testo). VI. 153, ST Amaduzzi Prof. Lavoro — Una particolare manifestazione di scintilla continua. (con 8 figure). VIII. 89. — Sulle scariche globulari. (con 7 figure). IX. 9. Baldacci Prof. Antonio — Leonardo da Vinci botanico e fondatore del metodo speri- mentale. I. 225. — La botanica di Leonardo da Vinci desunta dai manoscritti della Biblioteca dell’ Istituto di Francia. II. 267. — La botanica nel codice atlantico di Leonardo da Vinci. III. 169. — Intorno al Bosso di Orico. IV. 205. -— Nota storica intorno al terebinto di Orico. V. 61. — Intorno all’ ’Igtis “Dupri dei Greci o Iris Illyrica dei romani. VI. 187. — Il viaggio botanico del Pancich nel Montenegro (1873). VII. 179. —- La risicoltura in Albania. VIII. 133. — Le condizioni dell'Agricoltura nel Montenegro al principio del secolo. IX. 85. — Le piante di Leonardo da Vinci nei Codici della Biblioteca Reale del Castello di Windsor. Parte prima. X. 77. Baldoni Prof. Angelo — Contributo all’ esofagotomia nei solipedi. (con una tavola doppia). I. 177. — Contributi alla chirurgia dell’ esofago. Postumi delle fistole esofagee. Applicazione del bottone di Murphy nelle ferite trasversali complete dell'esofago. (con una tavola doppia). II. 259. » — Contributo all’ ernia perineale ed alla cisto-isteropessia. (con una figura). III. 145. — Sugli insuccessi della nevrectomia del tibiale anteriore e posteriore nei solipedi. IV. 127. — Sopra una alterazione della deglutizione e sopra una complicanza tardiva, osservate in solipedi operati di corneggio col metodo di Williams. (con una tavola). V. 141. — Sulla amputazione del corpo delle ossa intermascellari nel cavallo. (con 4 figure). VIB59: — Contributo alla patogenesi ed alla terapia degli empiemi circoscritti, cronici, conse- cutivi a ferita penetrante delle pareti toraciche, nel cavallo, con due casi clinici. (con 3 figure), VII. 221. — Sulla utilità della faringotomia io-tiroidea nella diagnosi dei vari processi morbosi delle tasche gutturali. VIII. 97. — Ulteriore contributo sulle ectopie testicolari e sui tumori dei testicoli ectopici nel CANCARAGNONE Beccari Prof. Lodovico — Contributo allo studio delle funzioni dei cationi Na, K e Ca nel tessuto muscolare striato. (con 34 figure). I. 359. — Sui fenomeni d’inibizione motoria del tubo gastro-enterico. (con 43 figure). II. 407. — Sulla eliminazione dell’ammoniaca nei grossi erbivori. III 253. Pi Po ve iz Sepe Beccari Prof, Lodovico — Sul comportamento dell’ammoniaca nell’ organismo. IV. 213. — Azione del potassio e degli omologhi rubidio e cesio sul cuore. (con 13 figure nel testo). V. 215. — Sulla fisiologia dei centri intracardiaci. (con 21 figure nel testo). VI. 129. — Sulla fisiologia dei centri intracardiaci. Ancora dell’ azione dei cardiocinetici sul centro atrio-ventricolare isolato. II Comunicazione. VIII. 127. — Azione degli elementi radioattivi sul cuore. IX. 115. — Ulteriori ricerche intorno all’azione degli elementi radioattivi sul cuore. (con 3 figure). x IL Bortolotti Prof. Ettore — Sulla rappresentazione assintotica di integrali divergenti. WAIDE Ab, Burgatti Prof. Pietro — Sulle deformazioni finite dei corpi continui. I. 237. — Osservazioni sull’ origine delle comete. II. 305. — I teoremi del gradiente, della divergenza, della rotazione sopra una superficie e loro applicazione ai potenziali. IV. 103. — La teoria del triedro mobile. in rapporto all’ analisi vettoriale. VI. 195. — Dell’azione delle stelle sui perieli dei pianeti e delle comete. IX. 55. Brazzola Prof. Floriano — Contributo allo studio dell’ Idrocefalo fetale in rapporto alle alterazioni di sviluppo del cervello. (con tavola doppia). II. 475. Canevazzi Prof. Silvio — Sulla conservazione delle opere cementizie in presenza degli oli e dei corpi grassi in genere. I. 37. -- Determinazione grafica dell'asse neutro nei solidi molto curvi soggetti a flessione. (con una tavola). II. 51. — Metodo abbreviato di calcolo per le travi quadrangolate ad asse rettilineo e ad altezza costante o variabile. (con una tavola). III 3. — Archi elastici ribassati. Metodo abbreviato di calcolo. (con una tavola). IV. 43. — Sulle linee d'influenza nella scienza delle costruzioni. V. 135. Capellini Prof. Giovanni — Elefanti fossili nel R. Museo Geologico di Bologna. I. 45. — Meteoriti senesi nel R. Museo Geologico di Bologna. II. 123. — Elefanti fossili nel R. Museo Geologico di Bologna. Parte IL-III. 55. — Avanzi fossili di cetacei a fanoni del R. Museo Geologico di Bologna. IV. 155. Cavani Prof. Francesco — La regola della simmetria in Geometria pratica. I. 353. — Sulla verticalità della stadia nella determinazione delle quote altimetriche. (con una figura). II. 353. — Sulla verticalità della stadia nelle operazioni di livellazione. (con una figura). III. 209. PEA; APeS: Cavani Prof. Francesco — Sulla pendenza delle principali Torri di Bologna, Modena e Pisa. IV. 187. — Su alcune questioni relative alla pendenza delle torri. V. 159. x — Sul livello ad acqua. (con una figura nel testo). VI. 175. — Sulle condizioni di esattezza degli istrumenti di Geometria pratica. VII. 191. — I collegamenti delle stazioni in Celerimensura. VIII 121. — I collegamenti delle stazioni in Celerimensura. IX. 121. Cavazzi Prof. Alfredo — Determinazione dell’ anidride carbonica nei carbonati decom- posti dalle soluzioni di cloruro di ammonio. I. 93. — Osservazioni e proposte intorno ai saggi chimici del gesso. I. 105. — Sui cambiamenti di volume che avvengono nella soluzione dell’ossido e dell’idrato di calcio. II. 47. — Determinazione dell’ anidride carbonica nelle acque naturali comuni. (con una figura). II. 1453. | i — Sulla composizione e solubilità del carbonato acido di calcio. III. 87. — Sulla determinazione del fosforo nella ghisa. IV. 25. — Di un errore non lieve sulla solubilità del carbonato di calcio nell'acqua bollente. ING STE — Semplificazioni e modificazioni. al mio processo sulla determinazione del fosforo nella ghisa e determinazione del silicio. V. 49. — Sulla presenza e determinazione dell'anidride fosforica e del titanio in alcune pozzo- lane italiane. V. 149. — Determinazione quantitativa del titanio in alcune pozzolane italiane. VI. 67. — Effetti dell'aggiunta di parecchi sali ad una soluzione satura di cloruro di sodio. VII. 89. — Sui punti termometrici di ritardo e di arresto durante il riscaldamento lento o rapido della selenite. VIII. 45. dA — Considerazioni sul calorico specifico dei gas perfetti. IX. 21. — Sopra la composizione chimica della pozzolana di Mugnano. X. 45. Ciamician Prof. Giacomo e Galizzi Prof. Alberto — Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali. XIV Memoria. (con una tavola). IX. 61. Ciamician Prof. Giacomo e Ravenna Prof. Ciro — Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali. VII Memoria. I. 359. — Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali. VIII Memoria. II. 71. — Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali. IX Memoria. (con due figure). IV. 71. 3 — Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali. X Memoria. V. 15. — Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali. (con 20 figure nel testo). VI. 3. 4 4 EMO Ciamician Prof. Giacomo e Ravenna Prof. Ciro — Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali. (con una figura nel testo e 3 tavole). XII Memoria. VII. 17. — Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali. (con 3 figure). XII Memoria. VII. 55. Ciamician Prof. Giacomo e Silber Prof. Paolo — Azioni chimiche della luce. VIII Memoria. (con 2 figure). IL. 187. Chisini Prof. Oscar — La risoluzione delle singolarità di una superficie mediante trasformazioni birazionali dello spazio. VIII. 3. — La determinazione di quota mediante le proiezioni bicentrali. (con 6 figure). IX. 3. ù = RE : È ; — 1 Enriques Prof. Federico — Sul teorema d’invarianza della serie canonica 9, SU; appartenente ad una curva algebrica di genere p. I. 189. Enriques Prof. Paolo — Intorno alla deposizione e crescita delle uova nelle mosche (Calliphora erytlrocephala Mgn.). (con una tavola). IT. 285. — La coniugazione e il differenziamento sessuale negli infusori. VI. Condizioni che deter- minano la coniugazione ripetuta nel Chilodon uncinatus. INIL 49. Galdi Prof. Ing. B. — Sui calcare di Cresta del Gallo nell’ Avellinese. I. 137. Ghigi Prof. Alessandro — Ricerche sulla eredità nei piccioni domestici. I. Eredità di caratteri cranici in rapporto alla origine delle razze domestiche. (con due tavole e 5 figure nel testo). I. 303. — Ricerche sulla eredità nei piccioni domestici. II. Eredità di caratteri vari nell’ibri- dismo reciproco, doppiamente reciproco e nel reincrocio. (con due tavole). II 3. — Ricerche sull’incrociamento del gallus sonnerati con polli domestici. (con una tavola). ID0C “(Ck — Ricerche sulla eredità nei piccioni domestici. III. Formazione di nuove razze da incrocio e successiva selezione. V. 261. — Osservazioni sull’ alimentazione del pollame e sulla produzione delle uova. VI. 119. — Vertebrati di Cirenaica raccolti dal Prof. Alessandro Ghigi nell’escursione orga- nizzata dal Touring Club Italiano (15-24 Aprile 1920). VII. 197. Giacomini Prof. Ercole — Sui resti epiteliali nel meccanismo di chiusura del palato secondario in embrioni e feti di maiale. (con due tavole doppie). II. 461. — Sui canali pleuropericardiaci in embrioni di Muletia (Tatusia, Dasypus) novemcincta. TIT. 307. Guarducci Prof. Federico — Determinazione di latitudine astronomica a Modena. JE dhe — 8 Guarducci Prof. Federico - Sul ripristinamento del centro trigometrico di 1° ordine. sul nuovo campanile di S. Marco di Venezia. I. 165. ; — Sopra un caso speciale di determinazione geodetica di un punto. (con 4 figure). II, 251. — Sul trasporto delle coordinate geografiche lungo archi di geodetica dell’ Ellissoide ter- restre. (con una tavola e due. figure nel testo). III. 195. — Sui triangoli formati da tre geodetiche sull’ Ellissoide terrestre. IV. 99. 1 — Sulla determinazione speditiva della direzione del Meridiano svincolata dall’ uso del Cronometro. V. 275. — Sopra la determinazione di un’ellissoide locale. VI. 205. — Sul « problema inverso » delle coordinate geografiche. (con una tavola). VII. 253... — Sulla funzione della Geodesia nel passato e nel presente. IX. 45. — Sulla compensazione speditiva di una poligonale. X. 24. Majocchi Prof. Domenico — Il Demodex folliculorum sulla pelle dei Leprosi. (con una tavola). I. 395. — Sopra una singolare impronta ocellata congenita del prepuzio con ipospadia balanica e sul simbolismo fallo-ofico. (con una tavola e 6 figure intercalate). II. 433. — Sul significato della tavoletta preistorica « La Femme au Renne ». (con 3 figure). III. 261. — Sulla trasmissibilità della sifilide al coniglio mercè l’innesto di condilomi acuminati provenienti da soggetti sifilitici. (con una tavola). IV. 231. — Di alcune notabili forme di Favus e in ispecie del F. Spongiformis e F. Turriformis. (con due tavole). V. 227. — Sopra due casi di Dermato-myiasis muscosa da Lucilia Sericata. Contribuzione clinico- | istologica. (con 4 figure). VII. 237. — Sopra alcune varietà delle due ‘impronte ocellate congenite del prepuzio con ipospadia balanica. « Stigmata Ocellata penis ». (con una tavola). VIII. 147. — Prime ricerche intorno alla struttura istologica delle stigmata ocellata penis. Memoria III. (con una tavola e 2 figure). X. 65. Martinotti Prof. Giovanni — Sulla vaccinazione antitubercolare. VII. 59. — Francesco Dal Pozzo e la sua critica di Vesalio. (con una figura). IX. 31. Morini Prof. Fausto — Sull’ eteromorfismo delle foglie dell’Abies Alda e della Picea Excelsa considerato principalmente sotto il punto di vista biologico. I. 391. Novi Prot. Ivo — Determinazioni qualitative e quantitative dei lipoidi cerebrali nella narcosi cloroformica. I. 245. — Rapporti della lecitina con la narcosi cloroformica ed eterea. II. 367. — Eliminazione dell'acido urico e ricambio inorganico nella cura antirabica di un urice- mico. III. 287. — Effetti di acqua distillata circolante nel sangue sui lipoidi del cervello. IV. 245. Dil stracci ni È 4 ne Novi Prof. Ivo — Assorbimento di sali inorganici dal tubo gastro-enterico e meccane- simo della loro azione purgativa. V. 199. - La lecitina nella profilassi e cura dell'influenza. VI. 101. — Un trentennio di servizio antirabico nell’ Istituto di Bologna. VII. 129. Peglion Prof. Vittorio — Intorno ad alcune infezioni diffuse di Cuscuta racemosa Mart. osservate in Italia. VII. 105. Plancher Prof. Giuseppe — Sulla Pr.x-f-f-trimetilp-naftindolenina e sulla formula delle indolenine. X. 55. Poggi Prof. Alfonso — La neoformazione della cistifellea si ha nell'uomo dopo la colecistectomia? (con tre figure). I. 331. Puppini Prof. Umberto — Regola per il tracciamento approssimato di traiettorie di proietti nell’ aria. V. 67. — Utilizzazione di serbatoi con portata estiva maggiore della portata invernale. VI. 81. — La resistenza trasversale degli scafi. (con due figure). VII. 115. ; — Le grandi dighe nelle zone sismiche. (con una figura). VIII. 85. — Modelli elettrici per lo studio del moto delle acque filtranti. IX. 79. — L’equazione di continuità pei canali di bonifica. X. 33. Rajna Prof. Michele — Osservazioni meteorologiche dell'annata 1913, eseguite e cal- colate dall'astronomo R. Pirazzoli e dall'astronomo aggiunto G. Horn nell’ Osser- vatorio della R. Università di Bologna. I. 195. — Passaggio di Mercurio sul disco solare a di -7 Novembre 1914 osservato nella Specola della R. Università di Bologna. I. 185. Osservazioni meteorologiche dell’ annata 1914, eseguite e calcolate dall’ astronomo ' \ ì R. Pirazzoli e dall'astronomo aggiunto G. Horn nell’ Osservatorio della R. Uni- versità di Bologna. II. 313. — Osservazioni meteorologiche dell’annata 1915, eseguite e calcolate dall’ astronomo R. Pirazzoli e dall’ astronomo aggiunto G. Horn nell’ Osservatorio della R. Uni- versità di Bologna. III. 113. — Tavole per calcolare il levare e tramontare della Luna a Bologna ed a Roma e per ridurre il levare e tramontare del Sole e della Luna da Roma a un altro luogo qua- lunque in Italia e nelle regioni circonvicine. III 229. — Osservazioni meteorologiche dell'annata 1916, eseguite e calcolate dall’ astronomo R. Pirazzoli e dall’ astronomo aggiunto G. Horn nell’ Osservatorio della R. Uni- versità di Bologna. IV. 155. — Osservazioni meteorologiche dell’ annata 1917, eseguite e calcolate dall’ astronomo R. Pirazzoli e dall'astronomo aggiunto G. Horn nell’ Osservatorio della R. Uni- versità di Bologna. V. 169. Rajna Prof. Michele — Osservazioni meteorologiche dell'annata 1918, eseguite e cal- colate dall'astronomo R. Pirazzoli nell’ Osservatorio della R. Università di Bologna. VI. 207. — Osservazioni meteorologiche dell'annata 1919, eseguite e calcolate dall’ astronomo R. Pirazzoli nella R. Università di Bologna. VII. 185. Razzaboni Prof. Amilcare -- Sulle superficie nelle quali i circoli osculatori delle linee di curvatura di un sistema tagliano un piano fisso sotto un angolo costante. T-A103. — Sulla trasformazione delle curve a flessione costante. II. 345. — Considerazioni sulla trasformazione delle curve a flessione costante a centro di cur- vatura ideale in Geometria iperbolica. III, 201. — Sulle superficie con un sistema di linee di curvatura a flessione costante. IV. 29. — Sulla trasformazione delle superficie con un sistema di asintotiche a torsione costante negli spazi di curvatura costante. V. 105. — Sulla trasformazione delle curve del Bertrand. VI. 165. — Sulla trasformazione delle curve a torsione costante in Geometria iperbolica. VII. 83. Righi Prof. Augusto — Ricerche sperimentali sui raggi magnetici in diversi gas e miscugli gassosi. (con 19 figure). I. 3. — Sul moto dei ioni (ed elettroni) in un campo elettrico e magnetico e su diversi feno- meni che ne dipendono (con 10 figure). II. 153. — Sulla fase iniziale della scarica in campo magnetico. (con 11 figure). III. 93. — Sulla ionizzazione prodotta dai raggi X nel campo magnetico. (con figure). IV. 53. — Sulla ionizzazione prodotta dai raggi X nel campo magnetico. (Seconda Memoria). (con 4 figure nel testo). V. 3, — L'esperienza di Michelson e la sua interpretazione. (con 7 figure nel testo). VI. 37. — L'esperienza di Michelson e la sua interpretazione. Memoria II. (con tre figure nel testo). VI. 55. — Sulle basi sperimentali della teoria della relatività. (con una figura). VII. 3. — Sulla teoria della relatività e sopra un progetto di esperienza decisiva per la necessità di ammetterla. (con una figura). VII. 69. Ruggi Prof. Giuseppe — Intorno alla nefroptosi teoricamente e praticamente consi- derata. (con 6 figure nel testo). I, 145. — Dopo oltre venti anni dall’ asportazione di metri tre e trenta centimetri d’ intestino tenue. (con due figure). II. 139, — Contributo all'uso della medicatura asettica nei feriti di guerra. (con 3 tavole). III. 157. — Patogenesi e cura delle lesioni del nervo radiale, consecutive a ferita d’arma da fuoco del plesso vascolo-nervoso-ascellare e della parte alta ed interna del braccio. (con undici figure a colori). IV. 199, Spa Ruggi Prof. Giuseppe — Storie relative a quattro casi di aneurisma arterioso-venoso fra la carotide primitiva e la giugulare interna. (con una figura nel testo). V. 79. — Calcoli delle vie urinarie. VI. 95. — Ancora dei taglio ad U rovesciato delle pareti addominali. (con una figura). VII. 49. — Ancora del metodo inguinale nella cura radicale dell’ ernia crurale. (con una figura). WIDDE UT Simonelli Prof. Vittorio — I mammiferi fossili della caverna di Monte Cucco. (con una tavola). II. 271. — Spigolature paleontologiche. (con tre figure nel testo). VI. 181. Tizzoni Prof. Guido — Relazione sulla campagna pellagrologica per l’anno 1914 con osservazioni sulla pellagra in Bessarabia (Russia). (con quattro tavole). IT. 59. Tizzoni Prof. Guîdo e De Angelis Dott. G. —- Ricerche microscopiche sui conge- lati. Contributo alla patogenesi della congelazione (con due tavole). IV. 3. Tizzoni Prof. Guido ec Perrucci Prof. P. — Sulla conservabilità del potere immu- nizzante del siero antitetanico e sulle cause che possono limitarne la durata. V. 115. — Sulle differenze nel comportamento della colesterina e del siero antitetanico, nell’ avve- lenamento da stricnina. VI. 109. Tizzoni Prof. Guido e Bardelli Prof. Plinio — Studio comparativo sull’ azione che il siero antitetanico dispiega contro la stricnina e contro la tossina del tetano. X. 3. Tonelli Prof. Leonida — Sul problema isoperimetrico con un punto terminale mobile. X. 83. Valenti Prof. Giulio — Sopra un caso di sutura anomala dell’ osso parietale nell’ uomo. (con una tavola). II. 403. , ( Ne» Ti DNLRAGON SI a) Dos Pa aftica RE RAUL A AL “ROBE 90 th ch i SAVA nali ) EL ì TRIVOT OTT SAI fOTVOI i nei ni sO % iCoAa NUR ID | Dipi Hi NR NINNI Ù} Ne Ma î ma SENESI IMI o LI nil) po QUA MITI (GI ) ?D x > ‘i dn _ w- P << «di e {ni =... "= do PODI PSE) BUZO D lp > gue: TR )D)O I )b ) PI I) 8; 22» Pre 77” >D_® 5 4% SS Da n" < D 0». 20 OP) Mo PAMD )D PLY : BI)» 3); 1) DI) PI) bb» > >> fill ‘> wi »)> p) MB»! > vi BE CE ; bi» )d bill pp)» eo » 33 sa TONI 338, REAL mp»: »». 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